Kuroko no stories

di usotsuki_pierrot
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rana} Midorima x Takao ***
Capitolo 2: *** Panino} Hitomi e Kiyoshi ***



Capitolo 1
*** Rana} Midorima x Takao ***


RANA - Midorima x Takao.

Midorima Shintarou e Takao Kazunari. Solo un pazzo delirante avrebbe mai potuto scommettere sul loro rapporto. Perché, era inutile negarlo, sarebbe risultato complicato a chiunque immaginare due ragazzi con caratteri così… opposti come i loro andare d’amore e d’accordo.

Il primo era così distaccato, chiuso e “strano”, quasi complicato; il secondo molto più solare, amichevole e aperto. Erano come il fuoco e l’acqua, il giorno e la notte, l’estate e l’inverno.
Insomma, erano l’uno il contrario dell’altro, ma proprio per questo erano così… compatibili?
I loro primi giorni furono un vero inferno, soprattutto per il più alto, che dovette subirsi le chiacchiere infinite del nuovo compagno di squadra dai capelli neri. Quest’ultimo continuava a parlare e a parlare, a presentarsi, a farsi conoscere, a rompere i timpani al verdino, che finiva per rincasare con la testa dolorante, le orecchie praticamente in fiamme, la mente confusa e traboccante delle parole e della voce inconfondibile del ragazzo.
Ma a Midorima… piaceva. Sembrava essere quasi confortato dalle chiacchiere sconfinate del più basso, come se bastasse la sua voce per rilassarlo e fargli dimenticare tutto il resto. Beh, non che fosse difficile, visto il tono incredibilmente alto che si ostinava a mantenere.
Del resto, anche Takao sembrava incuriosito dal verdino. Non per i motivi futili degli altri giocatori; non gli interessava che fosse uno dei membri della famosa Generazione dei Miracoli, non lo ammirava per quello, o almeno non SOLO per quel motivo. Si era reso conto fin dall’inizio, quando si limitava ad osservarlo allenarsi, che era indubbiamente degno di essere considerato uno dei giocatori di basket più forti e famigerati della loro generazione, ma sentiva che c’era qualcos’altro in lui. Qualcosa che andava oltre alle semplici capacità in partita.
Takao sapeva, era certo, che quel ragazzo avesse un’aura diversa da quella di tutti gli altri.


E man mano che passavano le settimane, i mesi, gli anni, quell’aura non spariva. Anche al termine del primo anno delle superiori, quando alcuni dei compagni di squadra più forti e abili, loro senpai, si diplomarono e lasciarono l’istituto, Takao continuò a considerare Midorima sempre allo stesso identico modo. Un modo che non riusciva a spiegarsi. Sapeva di non essere in grado di dare una definizione a quella sensazione, non ancora. Così continuò a guardarlo, ad osservarlo diventare un giocatore sempre più abile nonostante fosse già un ragazzo incredibilmente talentuoso agli inizi, e a mascherare ciò che provava tramite il velo dell’ammirazione. Ogni qualvolta un compagno di squadra, un kouhai, un amico si avvicinava a loro, che erano diventati praticamente inseparabili, come se fossero stati una cosa sola, e chiedeva come facessero ad andare così d’accordo, il ragazzo dai corti capelli neri sfoderava un sorriso, un misto tra malizia e simpatia, con un pizzico di rabbia, e rispondeva che erano semplicemente uniti dal desiderio di giocare a basket come mai nessuno aveva fatto.


Il giorno in cui i due si diplomarono, Midorima pianse. Nessuno si aspettava di vederlo in quello stato, nemmeno Takao, nonostante non fosse la prima volta. Già era successo, che in preda allo sconforto a seguito di una sconfitta particolarmente pesante, il verdino si sfogasse con lui, rivelando unicamente al ragazzo le sue paure, le sue incertezze, il suo lato più “umano”, che poco o niente aveva a che fare con il fatto di essere un membro della Generazione dei Miracoli.


Non fu un problema per loro iscriversi alla stessa Università e affittare un appartamento in comune, per dividere le spese e stare in compagnia per abbattere la solitudine degli studi e del passaggio all’età adulta. Fu anzi un sollievo per Takao, che quando si sentì accettare la proposta dal più alto avrebbe voluto saltare di gioia.
Anche Midorima si ritrovò a dover ammettere che vivere insieme a Takao era molto meglio di come si aspettasse. Non che avesse molti dubbi, dopotutto. Gli piaceva tornare a casa la sera, anche piuttosto tardi, e trovarlo sul divanetto in sala a dormire, magari con un libro sul viso o sulla pancia, una gamba a penzoloni e l’altra appesa allo schienale del divano. E, cosa molto importante, sebbene il verdino stentò a crederci i primi giorni di “convivenza”, il ragazzo era incredibilmente… silenzioso, quando dormiva. I mesi precedenti al trasferimento non faceva altro che immaginarselo sdraiato in posizioni improponibili, anche a terra se necessario, a russare come mai nessun umano avrebbe potuto fare; già aveva messo in programma innumerevoli notti insonni a tentare di soffocarlo nel sonno, escogitando piani per far sembrare il suo omicidio un incidente.
Takao, d’altronde, adorava svegliarsi la mattina, molto spesso sullo stesso divano su cui era crollato il giorno prima, e sentire il profumo incredibilmente buono della colazione preparata dal verde. Sarebbero potuti passare mesi e mesi, ma non si sarebbe mai abituato a quella situazione. Come il più alto, anche lui aveva trascorso il periodo prima dell’inizio dell’Università a progettare veri e propri piani di sopravvivenza, soprattutto legati al cibo. Non aveva mai imparato a cucinare veramente, perciò come avrebbero fatto a mangiare? O perlomeno, a preparare pranzi e cene decenti? Sarebbero morti di fame, pensava. E invece, si era innamorato fin dal primo pasto della cucina di Midorima, che anzi sembrava abituato. Che avesse fatto pratica prima di trasferirsi? Che fosse già un “esperto” anche alle superiori? Di certo il ragazzo non dava modo praticamente a nessuno di conoscere aspetti privati della sua vita, perciò Takao non si addossò mai la colpa per non aver scoperto prima il talento culinario del più alto. Non che gli interessasse impicciarsi, dopotutto; a lui importava solamente avere qualcosa da mettere sotto i denti. Solo dopo qualche mese di convivenza si rese conto di quanto pian piano quel bisogno mutò fino a diventare un forte desiderio di avere davanti agli occhi unicamente i piatti di Midorima.


Non fu tuttavia un sentimento unilaterale. Man mano che il tempo passava, anche quest’ultimo capì che Takao era l’unica persona che avrebbe voluto mai avere in casa, il solo con cui avrebbe mai voluto parlare praticamente di tutto, dalle cose più banali a quelle più serie e che richiedevano una certa attenzione. Takao era diventato un punto di riferimento per Midorima, che, non lo avrebbe mai ammesso, era l’unico che l’aveva “salvato” dall’ansia che lo aveva attanagliato nel momento in cui ai due era stato chiesto di andare avanti da soli, nella vita, e di continuare con autonomia e libertà il proprio percorso. Alla fine delle superiori si erano ritrovati catapultati nel mondo degli adulti senza che nessuno lo volesse veramente, e Takao era stato il solo ad offrire al ragazzo una luce da poter seguire, seppur inconsapevolmente.


Furono quegli stessi sentimenti che portarono entrambi a fare sesso per la prima volta nella loro vita, in quello stesso appartamento, nella camera del più scuro. Erano impacciati, in preda alla confusione, all’imbarazzo e alla timidezza, ma sapevano entrambi che sarebbe dovuto accadere; non che stessero cercando di nascondere l’evidente desiderio che li stava man mano trascinando, anzi. Si mostrarono per la prima volta nudi; dal punto di vista fisico ed emotivo.


E fu qualche tempo dopo quella notte così intima che…
“Shin-chaaaan!!”.
“Mh? Takao? Che ci fai qui, non dovresti essere a lezione a quest’ora?”.
“Insomma, Shin-chan! Ti ho già detto che mi fa strano sentirmi chiamare ‘Takao’, ‘Takao’ dopo quello che abbiamo fat-”.
Il ragazzo non fece in tempo a finire la frase, dato che il verdino, con una rapidità eccezionale, posò la mano sulla sua bocca, premendo per non far uscire nessun suono. Era visibilmente rosso in viso, e non osava guardarlo negli occhi, dettagli che fecero ridacchiare l’altro non appena fu nuovamente libero. Nonostante Takao adorasse guardare da lontano il ragazzo ogni qualvolta si metteva seduto sul prato, vicino al piccolo laghetto dell’Università, sotto uno dei grandi alberi che offrivano una tenera e accogliente ombra quando in quei mesi il sole picchiava più del solito, quel giorno non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione e si era avvicinato, rompendo il magico silenzio in cui Midorima si rintanava di solito.
“Shin-chan, ho una sorpresa per te!”. Quel tono malizioso fece subito capire a Midorima che doveva aspettarsi uno scherzo da parte del più basso. Tuttavia non riuscì a resistere alla curiosità e, ingenuamente, domandò di mostrare la cosiddetta “sorpresa” che aveva preparato.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, e solo allora il verdino notò che aveva una mano dietro la schiena, quasi a proteggere qualcosa, che non si mosse minimamente e che solo allora cominciò a spostare, rivelando una piccola… rana.
Rana che dopo qualche secondo saltò sul viso del ragazzo, facendo scattare in lui quasi una molla che lo fece alzare di colpo dalla sua solita postazione. Midorima si portò le mani sul viso per poter acchiappare l’animale, che però avvertì il pericolo e salì sulla sua testa, mentre Takao rideva a più non posso e si piegava sulle ginocchia con le braccia avvolte intorno alla pancia e le lacrime agli occhi.
Il verdino gli lanciò un’occhiata fulminea e intimidatoria, occhiata che però non fece altro che far ridere ancora di più il ragazzo a causa del piccolo animale che ancora non si accingeva minimamente a lasciare i capelli del più alto.
Quest’ultimo tirò un lungo sospiro, si portò le dita agli occhiali per poterli sistemare come al suo solito e afferrò con delicatezza la piccola rana che questa volta si fece acchiappare, presa alla sprovvista. Dopodiché si avvicinò al piccolo laghetto dietro di loro e posò a terra l’animale, che saltò via finalmente libero.
Midorima si lasciò andare ad un altro lungo sospiro, era da tanto che non subiva uno degli scherzi di Takao, e doveva ammettere che si era divertito un po’ anche lui.
Ma non sapeva ancora che la sorpresa citata dal ragazzo non era quella. Faceva tutto parte del piano di Takao.
Non appena il verdino si voltò per avvicinarsi nuovamente all’albero a cui si era in quei mesi affezionato, trovò subito un ostacolo di fronte a lui.
Takao si era inginocchiato davanti a lui, e aveva in mano una scatolina blu, piccola, che aveva nascosto nelle tasche dei pantaloni e che, Midorima l’aveva capito ormai, era riuscito a prendere nel momento in cui si era voltato per avvicinarsi al laghetto.
Lo guardava con un sorrisetto evidente dipinto sul volto, gli occhi ancora lucidi dalle risate, e Midorima capì che stava cercando di trattenersi per non scoppiare di nuovo e rovinare il momento.
Il verdino si stava facendo sempre più rosso, e man mano che i secondi passavano il suo sguardo cercava punti sempre più lontani dal viso di Takao su cui posarsi.
“Shin-chan, vuoi… essere il mio fidanzato?”. Il ragazzo inginocchiato aprì la scatola, rivelando un “anello” un po’… insolito. Midorima non osò posarci sopra gli occhi, così annuì senza pensarci due volte, sentiva dal tono di voce quanto il compagno fosse serio.
Gli occhi del più basso cominciarono a brillare, il viso si fece sempre più rilassato, il sorrisetto malizioso scomparì lentamente per lasciar posto ad uno sguardo commosso, imbarazzato e sincero.

 


“… Takao, quello è solo un biscotto con un buco in mezzo”.
“Esatto Shin-chan! Ti starebbe benissimo al dito, dovresti provarlo~~”.

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Capitolo 2
*** Panino} Hitomi e Kiyoshi ***


PANINO - Hitomi e Kiyoshi.
(Hitomi è l'oc di una mia cara amica, OTP con Kuroko e BROTP con Kiyoshi).

Non capita molto spesso che un’amicizia nasca in un’età compresa tra la nascita e i dieci anni e continui anche fino all’adolescenza e oltre. Insomma, non capita molto spesso di avere un’amicizia come quella tra Hitomi e Kiyoshi.

Tra i due le cose andarono bene fino da quando erano molto piccoli; si conobbero grazie al fatto che abitavano vicini, si approcciarono con entusiasmo al basket insieme in tenera età e continuarono ad amarlo anche quando cominciarono a crescere.
Hitomi non avrebbe mai potuto dimenticare i momenti spensierati in cui uscivano a giocare insieme, lasciando all’immaginazione il compito di creare passatempi sempre nuovi e divertenti.

“Teppei!!”.
“Mh? Hitomi-chan! Hai finito presto di fare i compiti oggi!”.
“Mh! Esatto, non vedevo l’ora di giocare~”.
Hitomi era un vero e proprio maschiaccio. Nonostante i genitori facessero di tutto per farle indossare vestiti più femminili, gonne, calze alte, capelli sciolti, anche in vista delle divise scolastiche che avrebbe dovuto mettersi in futuro, la bambina proprio non ne voleva sapere. Teneva sempre i capelli legati, vestiva con le magliette semplici (a maniche corte la maggior parte del tempo), i pantaloncini e le scarpe da ginnastica. Il lato positivo, pensava la madre, era che almeno avrebbe evitato di sporcare abiti più eleganti.
Kiyoshi era stato praticamente cresciuto dai nonni, che venivano invitati dai genitori della bambina a pranzo e/o a cena innumerevoli volte, ma non passava un giorno senza che le due coppie parlassero dei bambini. Di quanto fossero felici insieme, di quanto andassero d’accordo, di quanto fosse bravo Kiyoshi a sistemare i continui danni di Hitomi, che ne combinava sempre una per colore. Tutti ricordavano il giorno in cui la bambina si era messa in testa che voleva imparare già a quella tenera età a cucinare. “Voglio diventare una cuoca famosa!” continuava a ripetere. Cominciò a usare ogni cosa come strumento da cucina, come ingrediente immaginario.
E nessuno si sarebbe potuto dimenticare del giorno in cui la coppia più giovane li aveva portati in un piccolo parco giochi, in cui riposava, in un angolo, un quadrato di terra riempito di sabbia, con cui i bambini avrebbero potuto giocare. Hitomi era entrata, aveva costruito un minuscolo “panino” con la sabbia, o così lo aveva definito lei più volte, e l’aveva fatto mangiare con la forza al povero Kiyoshi che, non in grado di dire di no, si limitò a trattenerlo per un po’ in bocca per poi, ovviamente, sputarlo a terra. I genitori si accorsero subito dell’accaduto, e Hitomi venne rimproverata duramente, ma nella testa della bambina vagava ancora il desiderio di diventare brava a cucinare.
“Ti preparerò un panino così buono che ne vorrai cento!”, aveva urlato a Kiyoshi in segno di sfida, mentre quest’ultimo la guardava divertito.
“Certo, certo! Non vedo l’ora!”.

Da quando poi i due avevano cominciato a giocare a basket, per divertimento, per semplice svago, per passare il tempo, la bambina cominciò ad ammalarsi; erano piccole influenze che svanivano di norma in pochi giorni, ma iniziarono a colpirla fin troppo spesso.
I dottori dissero che era di salute cagionevole. Che il minimo sforzo l’avrebbe resa scoperta a qualsiasi tipo di infezioni e malattie. Che non avrebbe dovuto esporsi più per molto tempo alla luce del sole.
Fu un duro colpo per i genitori, che non sapevano come convincere la loro figlia, ancora troppo giovane per quel tipo di problemi, a smettere di giocare. Tutto fu pressoché inutile; Hitomi non diede ascolto nemmeno a Kiyoshi, che provò incessantemente a farle capire quanto la situazione fosse grave.
“Teppei, io non smetterò! Anzi, giocherò nella squadra di basket alle medie!!”.
“Cos- Hitomi, sei impazzita?! Hai sentito cosa ti hanno detto i dottori, no? Non devi fare il minimo sforz-”.
La bambina si voltò verso il ragazzo e alzò lo sguardo per far incrociare gli occhi con i suoi. Era sempre stato più alto di lei, e nonostante la cosa non le andasse giù per niente, era consapevole che sarebbe cresciuto ancora e che doveva approfittare finché possibile dell’ancora piccola differenza di altezza.
“Teppei, non mi importa di quello che dicono. Io giocherò, diventerò più forte, così nessuna malattia potrà prendermi! Mi allenerò tanto da essere così forte che l’influenza avrà addirittura paura di avvicinarsi!”.
Quella volta, Kiyoshi si limitò a guardarla in quegli occhi color del ghiaccio e a sospirare dopo qualche istante. Sapeva benissimo che una volta presa una decisione, la bambina era irremovibile. Non sarebbe bastato di certo avvertirla sulle sue condizioni per poter farle cambiare idea. E il bambino era consapevole che la sua non era semplicemente testardaggine dettata dal fatto che, essendo ancora troppo piccoli, non avrebbe potuto sapere fino in fondo cosa le sarebbe capitato di così brutto; il suo era un puro e semplice desiderio di poter sconfiggere quella sua condizione nel modo che più la divertiva: giocare. Giocare a basket insieme a lui.
E così fece, continuò a seguire la sua strada, la sua decisione, a testa alta nonostante la debolezza che sentiva ogniqualvolta esagerava fosse evidente anche a lei.

“Hitomi-chan, come ti sembrano le medie?”.
“Mmh, niente di che”.
“Beh, è ovvio, sei ancora ai primi giorni!”.
“Stai cercando di farmi notare quanto tu sia bravo e grande solo perché sei in seconda e io in prima, Teppei?”.
“… Assolutamente no, cosa te lo fa pensare? E comunque stai benissimo con quella gonna, sai?”.
Quella piccola pausa prima di rispondere, quel tono scherzoso, quel sorriso fin troppo innocente di Kiyoshi fecero capire subito alla ragazza quanto la stesse prendendo in giro. Mise il broncio. Il ragazzo era un libro aperto per lei, ma ancora non riusciva a sopportarlo quando cominciava a fare battutine e ad evidenziare l’anno d’età di differenza che avevano.
“Hitomi, davvero sei entrata nella squadra di basket?”.
“Ovvio che sì, non ho cambiato idea. Tu più di tutti sai quanto io sia ostinata, Teppei”.
Il ragazzo la guardò. Hitomi incrociò il suo sguardo, e non poté non notare la visibile preoccupazione che albergava in quegli occhi. Ma si limitò a posare i suoi altrove, non sarebbe bastato quello per impedirle di continuare a seguire la sua passione.
Non importava quanto le facesse male, quanto stesse soffrendo fisicamente; non le importava il fatto che la maggior parte dei giorni l’allenamento la mettesse quasi completamente fuori gioco. Poteva sentire il suo corpo diventare pian piano più forte, era convinta che dovesse continuare così cercando di non badare a nient’altro se non a fare del suo meglio.

“KIYOSHI!!”. Un urlo si levò dagli spalti, quel giorno. Il ragazzo era a terra, in mezzo al campo, lo sguardo perso sul pavimento lucido della palestra, su cui ormai non correva più nessuno. La partita era terminata. Si voltò, solo per ritrovarsi davanti agli occhi il gigante dai capelli viola della Teiko, la squadra che stavano affrontando prima che finisse tutto. Non aveva il coraggio di posare lo sguardo, pesante come non mai in quel momento, sul cartellone su cui erano fissati i numeri digitali che indicavano il punteggio raggiunto.
Il corpo gli faceva male, non riusciva ad alzarsi, sentiva un peso incredibile sulle spalle, sulla schiena, sulle gambe. Non riusciva a smettere di tremare, gli occhi lucidi iniziavano a pizzicare, sentiva un dolore lancinante al ginocchio.
La ragazza strinse le mani alla ringhiera che delimitava lo spazio dedicato agli spalti, e si voltò cominciando a correre.
“E’ stato messo fuori gioco, eh..? Non poteva essere altrimenti...”.
Hitomi posò per qualche secondo lo sguardo su quella ragazza dagli occhi spenti che li stava guardando esattamente come lei. Dove l’aveva già vista? Scosse la testa e riprese a focalizzarsi sulla corsa verso l’uscita.
Quando venne portato in ospedale, la ragazza dai capelli viola lo seguì a ruota, così come i suoi genitori e i nonni di lui. Fu la prima ad entrare nella sua stanza. Era incredibilmente spoglia, provvista solo dei materiali utili alla cura dei pazienti, era bianca, senza vita, in contrasto con lo scopo della struttura. I macchinari che riempivano un lato del letto erano grigi, emettevano rumori quasi robotici, semplici e brevi suoni che indicavano lo stato di salute del paziente, che mai la ragazza avrebbe desiderato fosse proprio Kiyoshi.
Quest’ultimo, d’altro canto, era steso sul lettino che non aveva l’aria di poter essere definito comodo, la testa sul cuscino, i capelli corti scompigliati per via del trambusto, gli occhi stanchi ma il sorriso onnipresente sulle labbra. Si voltò a guardare Hitomi, che si era seduta sulla sedia accanto a lui e gli aveva preso la mano, guardandolo negli occhi con un’espressione decisamente preoccupata e carica di agitazione, come mai il ragazzo le aveva visto su quel dolce volto.
“Hitomi-chan, sto bene… Non ti devi preoccupare...”, disse lui, la voce a malapena udibile. Hitomi l’aveva capito, che stava soffrendo come non mai.
“Kiyoshi, non mentirmi, come stai? Ti fa molto male? Dove senti il dolore di preciso?”.
Il ragazzo la guardò negli occhi. I suoi erano pieni di sofferenza, e il lieve sorriso che aveva dipinto sul volto non era altro che una maschera. La giocatrice l’aveva intravisto fin da quando era entrata in quella stanza. Le prese entrambe le mani con le sue, nonostante facesse un’enorme fatica a muoversi. Il sottile tubo della flebo seguiva i suoi movimenti, minaccioso.
“Hitomi-chan… Da quant’è che hai smesso di chiamarmi Teppei..?”.
Un colpo al cuore. Ecco come descrivere la sensazione che provò la ragazza a quella domanda insolita ma lecita. Ciò che feriva maggiormente quello che aveva iniziato a chiamare “gigante buono” non era tanto il ginocchio, nonostante dire che fosse in pessime condizioni sarebbe stato un eufemismo. Ciò che sembrava ferirlo di più in quel momento erano il suo tono e il suo atteggiamento.
Ma come avrebbe potuto agire come se nulla fosse successo, se in quell’istante poteva chiaramente vedere con i suoi occhi il suo migliore amico ridotto in quel modo, con una gamba che non l’avrebbe fatto camminare bene per chissà quanto tempo, quello sguardo carico di dolore, quelle mani che stringevano sempre di più le sue in preda alla paura, alla paura di non poter più essere come prima, di non poter più giocare?
Poteva percepire la tristezza nel suo tono di voce come se volesse entrare nelle sue orecchie per imprimersi nel suo cervello, quella stessa tristezza che il ragazzo stava tentando invano di nascondere da ore, da quando era caduto a terra, ferito in tutti i sensi, e aveva osservato il punteggio sul cartellone che dichiarava la loro pesante e clamorosa sconfitta.
Hitomi sentì gli occhi pizzicare, cominciava a far fatica a distinguere chiaramente le forme degli oggetti che aveva davanti a causa delle lacrime che minacciavano di scendere sulle sue guance da un momento all’altro.
Qualche tempo dopo, Hitomi uscì dalla stanza del ragazzo, chiuse la porta, si appoggiò al muro quasi come se fosse stata privata di tutte le sue forze, si portò le mani al viso e si lasciò andare ad un pianto liberatorio ma silenzioso. Avrebbe mantenuto la sua promessa ad ogni costo.


Teppei…”, gli strinse ancora di più le mani cercando di avvolgerle quanto più possibile con le sue, più piccole. Lo guardò negli occhi, la voce che le tremava, la vista sempre più appannata, le mani che tentavano in tutti i modi di stringere le sue quasi per proteggerlo.
Giuro, lo giuro, che ti preparerò il miglior panino che tu abbia mai mangiato, e te lo porterò qui..! Guarirai in un istante!!”.
Kiyoshi la guardò sorpreso per qualche secondo, dopodiché sorrise intenerito, e annuì.
Non vedo l’ora, Hitomi-chan...”.


ANGOLO DELL'AUTRICE
Che velocità! Mi stupisco da sola! Bene bene, grazie come sempre per essere arrivati fin qui, spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo ;;
Come vi ho scritto in cima, sotto al titolo, Hitomi è l'oc di una delle mie più care amiche, Melissa. Si è da poco appassionata a Kuroko no Basuke e in questo breve lasso di tempo ha già creato un suo pg che a mio parere è meraviglioso. Dato che è bravissima a disegnare, non ha perso tempo e si è subito messa all'opera. Si è affezionata fin da subito a Kuroko, tanto che ha deciso di farlo fidanzare con Hitomi, mentre con Kiyoshi è più una Brotp, bellissima anch'essa.
Se volete dare un'occhiata alla sua pagina facebook, e conoscere Hitomi (ultimamente si sta cimentando molto spesso nel disegnarli), il link è questo: clicca qui per passare a "Heartspowl's Art".
La ringrazio ancora una volta per avermi concesso di inserire il capitolo nella fanfic, e soprattutto per pubblicare le mie storie riguardanti i suoi oc insieme ai suoi disegni. Grazie infinite!
Alla prossima :3

(*) Il pg che compare per pochissimo e che parla poco prima che Hitomi corra via è il mio oc, Yuki, di cui spero di scrivere qualcosa presto!

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