Glicine, un racconto

di psikodelizia
(/viewuser.php?uid=73872)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima, di Doctor Voodoo ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda, di Psikodelizia ***



Capitolo 1
*** Parte Prima, di Doctor Voodoo ***


Praga. Nastro quasi finito. Il tramonto è agli sgoccioli. Il libro è ancora da scrivere. 5 novembre. La camicia è sporca, bisogna cambiarla. Cammino da due giorni su e giù per i vicoli di questa città, ripetendo e ripetendo storie e annedoti vecchi e ritriti al registratore. La gente mi squadra, parlo da solo e cammino senza meta, è freddo e non mi sono ancora deciso a comprarmi una giacca più pesante. Brrrr......... pochi spiccioli. Almeno un thè...
Sul ponte la nebbia comincia ad avvolgere le statue. Mi sento la gola bruciare, non so che darei per qualcosa di caldo.
Ancora un giorno e me ne torno a Londra.
Un fumo blu, brillante sale da sotto un lampione. Mi sporgo e vedo una barca capovolta usata come tetto, là a bordo del fiume, sulla piccola banchisa. Piccoli mattoni rossi sporchi e una chiglia come tetto, un comignolo buffo, quasi a fungo, nel mezzo. Da lì il fumo saliva sottile verso il bordo del ponte.
Una locanda penso, la scritta al neon è mezza spenta, si legge appena “ ..leone”.
Ok scendo, qualcosa di veloce, e poi a letto. Speriamo di trovare un taxi....
le pietre della banchisa sono scivolose, qualcosa di scuro le avvolge.
Davanti alla locanda non c'è nessuno, nessun rumore, lamento, appena quello dell'acqua che si addormenta lentamente. Non c'è porta. Entro e ho paura di fare rumore. Un silenzio sbronzo, stanco, e un po' nervoso. Su dai, voglio solo qualcosa di caldo, ora ordino, bevo, pago e via a letto.
Il bancone è piccolo di legno nero, due sgabelli imbottiti. Nessuno.
Ecco a sinistra, quattro, cinque persone, cinque. Due uomini, pantoloncini corti, maglietta tirata un po' su, sudati, addormentati, dalle bocche penzolano dei bocchini senza sigarette. Gli altri tre, tutte donne, sono vestite di un rosso un po' scuro, i vestiti vecchi con dei pizzi neri pesanti. Una in particolare, una finta bionda, è triste con le rughe che tagliano l'abbondante trucco rosso sulle guance.
Attorno a loro migliaia di piccole foto. Affogate in piccoli fiocchi e fiori e addobbi e icone dorate. Solo un paio di televisori vecchi, a 4 colori, senza audio interrompono la distesa di ritratti.
Un cristo cangiante su uno sfondo celeste è lasciato in un angolo. Nuvole gli passano di fianco e si notano alcune gocce di caffè rappreso sullo schermo al plasma.

Dylan si avvicina al bancone, non c'è nessuno. Non ci sono bicchieri o bottiglie. Solo un vecchio campanello.
Si guarda indietro. Ha troppo freddo. Suona il campanello ma non fa troppo rumore.
Un cigolio. Compare la testa di un ometto, che monta un cric e sbuffando e sbuffando arriva al bordo del bancone.
-prego, desidera??- dice l'ometto mentre si aggiustava la tutina grigia e una grossa cintura gialla.
-un...thè...è possibile?- dylan si sforzò.
-un momento e  la serviremo subito- biascicò l'ometto mentre si metteva un mantello nero al collo.poi scese dal cric e scomparve di nuovo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Parte Seconda, di Psikodelizia ***


Dylan sente dei passi provenire dall'alto. Una scala in penombra, la vede profilarsi dietro un angolo. Tocco leggero di piedi nudi su vecchie travi di legno.
Profumo forte e dolce.. come di glicine in fiore in una sera di maggio... o forse?
Scende un fiore, lei bellissima. Avvolta in una stola di seta floreale, lillà come i suoi capelli.
Scende le scale, scosta veloce la lunga treccia, pelle bianchissima.
“nuriko!!!” escalma dylan cercando i suoi occhi ramati.
“dylan...ne è passato di tempo..” lei prende uno sgabello e gli siede accanto.
“bruce, hai già offerto un thè al nostro ospite??” l'omino ripulendo un bicchiere le risponde: “il signore aveva appena ordinato, arriva subito, lei prende il solito??”
nuriko annuisce, dylan la cerca con gli occhi.
Lei sfuggevole ”...si”.
“quando me ne sono andata sono venuta qui. Ora mando avanti questa vecchia locanda, affittiamo anche qualche camera, ma i viaggiatori si vedono sempre meno..”
“nuriko mi sei mancata” l'interrompe dylan.
Ecco il thè fumante e del sakè. Silenzio., ricordi galleggiano a mezz'aria nella stanza, finalmente qualcosa di caldo da bere.
“nuriko sembra un po' vaga, si vede che è imbarazzata” dylan pensa. Lei posa la tazzina ormai vuota. Ormai un filo di rosso sulle sue labbra di ciliegia.
Lei lo guarda. Guarda la sua camicia e ride. “sono rimaste ancora le macchie di sugo...” “si quelle di ferragosto” termina lui. “sarano un paio d'anni” “tre” precisa nuriko.
“L'atmosfera si sta facendo un po' troppo sul malinconico-vecchia telenovela-sudamericana” pensa Bruce.
“dai lo sapevo!! non ti stacchi mai da quel clarinetto!!”
dylan prende la custodia di pelle enra un po' sgualcita. L'aveva posata per terra, dentro c'erano anche tredici ore di parole in cassetta, inutili.
“scommetto che ancora non hai imparato quel...coso..il campanello di satana??”
“il trillo del diavolo...” la corregge breve. Dylan inizia a suonare. Qualcosa di dolce e sfuggevole....”ti piace??” cerca il suo sguardo.
E così continuano a parlare, il tempo scandito solo dallo scoppettio del fuoco....
“vieni..” lo invita una mano sottile e affusolata.
Si siedono sul tappeto rosso, di trame dorate, pesante.  Ancora una volta in silenzio, fissando il fuoco finchè la fiamma non si indebolisce. I loro occhi sono stanchi.
Lui sente ancora il forte profumo della ragazza. Ora non percepiva solo il glicine, era come un prato fiorito...sotto la luce, il caldo,  del sole d'estate.
Voleva come sprofondare in un lungo sonno, finalmente si sentiva a suo agio, era felice, e non aveva freddo.
“si è fatto davvero tardi !” esclama nuriko quando l'ultimo tizzone si sta spegnendo.
“rimani qui per la notte....”
dylan non dice niente, ma nuriko vede  la risposta nei suoi occhi color cobalto.
Si alzano, nuriko si avvicina alla scaletta.
La stanza ora era  buia, dylan riusciva a vedere solo i piedi bianchissimi di lei.
Salgono le scale.
Arrivano all'inizio di un corridoio rischiarato da qualche molte candele alle pareti.
Qui le pareti sono spoglie, di legno grezzo come le porte.
Ninfee si fanno il bagno sotto una cascata di fiori. I colori sono freschi, si può percepire sulla pelle. La vetrata è molto grande.
“la mia è in fondo a sinistra...le altre sono tutte occupate” sussurra nuriko vicino all'orecchio di dylan.
Lui la guarda, entrano nella stanza.
Nuriko accende una vecchia lampada ad oliod'ottone e la posa su un comodino accanto alla porta. Davanti una finestra, si vedono le stelle e il fiume..tutto tace.
La stanza è spoglia, un letto matrimoniale, una grande coperta patchwork sopra, una baccinella e un lungo specchio scheggiato, in fondo a sinistra.
“ma le tue labbra sono dolci come un tempo?” balbetta un po' dylan.
“solo te, puoi dirlo” nuriko lo guarda con aria di sfida.
Lui l'abbraccia forte a sé, gli occhi si incontrano, un bacio forse dimenticato.
Il letto sembra più piccolo ora, sotto loro due.
“la tua pelle è calda, ma mi da i brividi” sussurra dylan, togliendole la seta di dosso.
Nuriko si ritrae in un angolo del letto vicino ai cuscini “pensavo che...” piange.
“io non giudico, io so... ti amerò sempre”
un bacio. Nella notte.
Sottile profumo di glicine


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=363034