andare a caccia

di Lilith_Baudelaire_LuPa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** caccia ***
Capitolo 2: *** seduzione ***
Capitolo 3: *** omicidio ***



Capitolo 1
*** caccia ***


La luna rischiara il bosco con una luce intensa, mi guarda dall’alto mentre mi muovo senza fare rumore.
Immersa nella natura, fusa con essa.
La lieve pressione della faretra sulla spalla, seguo le tracce di un branco di cervi tenendo l’arco con la mano sinistra, mentre la mia mente, svuotata da ogni pensiero, si sofferma sulle venature delle foglie iridescenti, il terreno morbido sotto i miei piedi e il profumo selvatico della libertà.
Giungo in un’ampia radura occupata dall’animale che stavo seguendo, che sto cacciando.
Mi avvicino lentamente, tendo le orecchie per captare ogni suono e fare attenzione a non farmi percepire dal cervo. Sento il suo respiro, sento il frusciare delle fronde e un po’ più lontano lo scrosciare di un ruscello che si immerge pigramente in un lago tranquillo, placidamente in contemplazione della luna argentea.
L’esemplare a cui sto puntando, un maschio di circa due metri di lunghezza che sta brulicando dell’erba a poca distanza da me, non si è ancora accorto della mia presenza: tiro fuori una freccia, tendo la corda dell’arco e lascio la presa nel momento stesso in cui il cervo mi scorge.
La freccia gli si conficca nel cervello, subito sotto i palchi a nove punte.
Riesco quasi a vedere il suo essere che scivola via dal suo corpo vigoroso, mentre il mondo continua a girare intorno a lui e la foresta pullula di vita.
Spezzo la freccia infilata nella sue carni e nel farlo mi sporco le mani di un rosso intenso, brillante; un liquido che la luna fa risplendere sulle mie mani, senza accusarmi né confortarmi.
Caricandomi sulle spalle i duecento chili dell’animale, della carcassa di quello che fino a qualche minuto fa era un maestoso ed elegante animale, seguo il richiamo dell’acqua trovandomi di fronte al lago.
L’acqua calma e scura, così profonda e misteriosa sembra quasi avvertirmi di non avvicinarmi troppo e al contempo mi chiama suadente, ipnotizzandomi. Sulla superfice danzano argentei luccichii, bagliori che calamitano il mio sguardo, costringendomi ad ammirare la luna attraverso gli occhi del lago.
Poso l’animale sull’erba morbida e bagnata di rugiada mentre mi avvicino alla riva: ho le mani sporche di sangue. Ho le mani sporche del sangue di una vita che IO ho spento. Le immergo nel liquido freddo che lava via il colore rosso dalle mie mani, ma non dalla mia coscienza.
Accarezzo la morbida lanuggine sul corpo del cervo, la criniera sul collo e i palchi ricoperti di velluto.
Questa vita, nata dal grembo della natura selvaggia e indomabile è stata presa dal ciclo vitale del bosco; il ciclo in cui la vita viene donata e poi pretesa e in cui tutti noi, prima o poi, nutriremo con il nostro corpo altre forme dell’ecosistema. Il bosco continua vivere, il mondo continua a girare e un giorno anche io morirò nutrendo la terra e le piante, e restituendo alla natura la linfa vitale che mi ha donato.
Ma per ora sono io a nutrirmi di questo corpo, a vivere mentre l’acqua del fiume continua a scorrere, la luna continua a brillare e il lago continua ad osservarla innamorato.
“Non è sufficiente avere le proprie mani pure, bisogna avere lo spirito puro.”
 

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Capitolo 2
*** seduzione ***


La notte è serena e luminosa e il silenzio è rotto solo dal rumore dei miei tacchi sul marciapiede. Avvolta nel mio lungo cappotto nero, mi dirigo a passo spedito verso il locale, “the wood”, la scritta al neon che campeggia in alto, è l’unico segno di vita nella cittadina ormai dormiente. L’interno è tutto verniciato con i toni del verde e ricorda un bosco. Lo trovo appropriato visto che sto cacciando proprio come una sinuosa leonessa, in cerca del mio cervo, di una preda da consumare e abbandonare. Poco distante da me un ragazzo dai capelli ricci e biondi balla sensuale e bellissimo, attorniato da ragazze ingioiellate, strette in abiti succinti. Gli leggo nello sguardo la sua presunzione da leone, la consapevolezza di essere bello e di poter avere chiunque… Ma non sa di essere invece la mia prossima preda. Mi tolgo il cappotto rivelando un lungo abito blu, con una lunga scollatura sulla schiena. Il mio unico gioiello è un ciondolo argentato a forma di cervo che cattura le luci del locale, gettando attorno a me riflessi ammiccanti. Mi basta guardarlo negli occhi e sorridergli leggermente per attirarlo a me, come sotto l’effetto del richiamo ipnotico di una sirena. Mi faccio offrire un paio di drink troppo dolci che mi fanno venire il voltastomaco, mentre faccio finta di ascoltare le sue noiosissime chiacchiere autoreferenziali. Crede di impressionarmi e di farmi cadere ai suoi piedi, pensa che io possa pregarlo per rivederlo ancora e sentirmi dire che appartengo a lui. Un’altra anonima conquista ad accrescere il suo già più che smisurato egocentrismo. E invece questa volta è lui la preda. Mentre torno verso casa, il sole che sorge alle mie spalle, e i soldi presi dal suo portafogli mentre giaceva svenuto per l’alcool, nella mia borsa, non posso che provare un leggero senso di pena verso quel gattino che pretendeva di ruggire. Mi guardo le mani perfettamente curate e smaltate di argento. Ma non è sufficiente avere le proprie mani pure, bisogna avere lo spirito puro. Mentre infilo la chiave nella toppa del portone di casa mia, lancio una breve occhiata alla luna che sta via via scomparendo, coperta dalla luce solare. In fondo lei è l’unica mia complice, l’unica a conoscere il mio segreto; e come lei, la luce del giorno cancellerà via anche le mie colpe. In fondo non mi interessa avere lo spirito puro. Voglio solo brillare, essere me stessa: incontrollabile, volubile e padrona di me stessa.

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Capitolo 3
*** omicidio ***


Le tenebre della notte mi nascondono complici, mentre con l’anima assetata di sangue inseguo l’oggetto della mia bramosia. Quando il disgraziato che sto cacciando saluta i suoi amici e si incammina da solo per una stretta via, ignaro di star per espiare le proprie colpe, allungo il passo e stringo forte il pugnale nella mano destra. Ha il manico d’argento intagliato con il disegno di un cervo, me lo ha regalato mia sorella per il mio compleanno. Il sangue del mio sangue che ha macchiato le mani di questo bastardo. Ma quelle mani se le è lavate, e nessuno ha fatto giustizia. Ma non è sufficiente avere le proprie mani pure, bisogna avere lo spirito puro. Ed io sto per aiutarlo a liberarsi delle sue colpe. Lo afferro per una spalla sbattendolo violentemente contro il muro, beandomi della sua espressione scioccata. Percepisco la confusione dentro di lui mentre nei suo occhi la sorpresa lascia il posto alla consapevolezza e poi, con mio sommo piacere, al terrore. Prima che riesca ad emettere un suono gli conficco il coltello nella gola morbida, così arrendevole da sembrare fatta di burro. Il sangue che ne sgorga copioso sancisce la mia vendetta e macchia il mio viso di rosso caldo e brillante; con questa maschera io non sono più io: sono uno spirito cacciatore di anime e mi nutro delle colpe che escono dal suo corpo, assaporando sulla lingua il suo dolore e annientando la sua identità. Ma ancora non basta e con la mente libera e lucida affondo il coltello nel suo petto, gli buco il cuore e lascio che il caos di cui è saturo abbandoni il suo involucro. Non ero solo a caccia della sua vita, ma del suo intero essere, volevo privarlo delle sue emozioni e rubargli l’anima come lui ha fatto con mia sorella. Giustizia è stata fatta, e il suo spirito può volare via, libero dal ricordo della violenza. E così anche io, dopo aver dato sfogo al mio bisogno di morte, seppur coperta di sangue, sono libera di tornare di nuovo alla tranquillità. Rivolgo il mio sguardo speranzoso alla luna, che sembra rispondere promettendomi la quiete. Finalmente.

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