La Scelta

di SantaStyles
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prequel ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Prequel ***


Prequel
58 anni dopo.
A distanza del tempo, ho capito di aver fatto la scelta sbagliata. Io, Louis William Tomlinson ho ammesso di non aver scelto bene. Rimpiango tutt'oggi di non aver scelto l'amore. L'ho lasciato da solo, preferendo vivere la vita. 
Ho avuto l'amore tra le braccia, ed io come a uno sciocco, me lo sono fatto scappare. Per paura. Perchè sono un vigliacco. Per codardia, come preferite, fa lo stesso.
Ho sempre messo lui al primo posto, ho sempre messo l'amore della mia vita al primo posto. Ho sempre messo Harry Styles al primo posto, tranne quando ho dovuto fare la scelta, lì ho messo me stesso al primo posto.
Ed ora me ne pento, e me ne pentirò sempre. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
Mi ero appena trasferito nella nuova casa a Holmes Chapel. Un piccolo paesino tranquillo, senza pirati della strada, senza spacciatori, senza stupratori. Senza ladri, beh... almeno così volevo pensarla. 
In quella nuova casa, vi eravamo trasferiti io e mia madre, Johannah. Eravamo sempre stati io e lei. Solo mamma e il suo piccolo bambino. Nonostante tutto, io le volevo bene. E lei, nonostante mi aveva avuto da giovane, non mi aveva mai fatto mancare niente.
Ogni cosa che volevo lei me lo concedeva. Per esempio: io le avevo chiesto di cambiare casa, città, voglio precisare. Ed eccoci, ero stato accontentato alla grande.
La casa era grande, rossa. Era a due piani, con un giardino immenso ed un balcone al piano di sopra enorme. Vi erano tre bagni in quella casa e ben sette camere da letto. Io avevo scelto la camera più grande. Era al piano di sopra, ed aveva, appunto il balcone. 
Inutile dirvi che ero al settimo cielo. Avevo sempre sognato una casa del genere. L'unica pecca era che, nel casa accanto, vi fosse una casa alquanto mal ridotta. O almeno credevo che lo fosse, boh. La mia vista a volte andava a puttane.
"Louis?"Mi chiamò mia madre.
Mi voltai verso di lei, e le sorrisi. Era già dentro casa, mi stava aspettando per portare dentro le scatole. Così, mi piegai in avanti per prendere una scatola sopra con su scritto: scarpe di Lou! Ma, sentii qualcosa di freddo toccarmi la schiena. 
Voltai lo sguardo dietro di me: non c'era nessuno. Scrollai le spalle, e iniziai a portare le scatole per tutta la casa. Ovunque andassi, c'erano scatoloni. Persino nella vasca da bagno. Eh beh, da qualche parte dovevo metterle.

***

"Allora, Louis, come ti sembra?"
"Mamma, io amo questa casa!"Esclamai. 
"Sono contenta che ti piaccia. Ora va a dormire, è tardi. Domani abbiamo una giornata impegnativa."
Risi, e alzandomi da una sedia di plastica, mi avvicinai a lei, dandole il bacio della buona notte. Con questo, andai al piano di sopra, facendomi una rapida doccia fredda. Mi misi un semplice pantaloncino blu poco elegante; alla quale aveva un buco sulla chiappa destra: ma dettagli.
Mi sdraiai sul materasso a terra, fortuna che avevo lasciato la finestra aperta. Era Giugno e si schiattava dal caldo. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2 
Quando mi svegliai il giorno dopo, avertii in primis il caldo del lenzuolo che mi copriva il corpo. Non ricordavo però di averlo preso. A dire il vero non ricordavo neanche quello che mi ero sognato. Mi capitava spesso questi piccoli ‘incidenti’ notturni.
Mi alzai dal materasso, avvicinandomi alla finestra, aprendola. Ecco, non ricordavo neanche di averla chiusa. Forse faceva un pò freddo. Boh, non lo sapevo con certezza. Uscii dalla stanza, andando fuori al balcone. 
C'era un sole che spaccava le pietre. Un cielo limpido, senza nessuna traccia di nero o di grigio. Sarebbe stata una giornata senza pioggia. Una giornata tranquilla e molto calda. Prevedevo già un bagno di sudore. 
Solo dopo aver visto mia madre che puliva il giardino mi svegliai dai miei pensieri. Entrai in casa, facendomi un bagno, come la sera precedente, con l'acqua fredda. 

***

Ora erano le quattro pomeridiane. Avevo pulito la mia stanza, il balcone, il bagno, insomma tutto il piano di sopra. Una faticaccia, ma almeno, non dovevo respirare la polvere. E come avevo detto quella mattina, ero pieno zeppo di sudore. Puzzavo peggio di una puzzola. 
"Louis, mi faresti un favore?"
«Parla pure, mamma»
"Andresti da Tesco a prendere qualcosa da mangiare. Siamo denutriti!"
Risi alla parola ‘denutriti’. E' vero, non mangiavamo da stamattina, però non è che sembravamo anoressici. In fondo si vedeva ancora un pò la mia pancia che non voleva proprio andarsene. E pensare che avevo fatto anche attività fisica!
"D'accordo, cosa dovrei prendere?"Chiesi.
"Un pò di frutta, qualche bevanda. Del cibo insomma. Oh, anche dei detersivi. Ecco, ti ho scritto qui quale detergente prendere."E mi porse un foglio di carta.
Lessi qualche parola, prima però di andare da Tesco, mi sarei fatto un'altra doccia. Non volevo mica far morire la gente facendo sentire la puzza di sudore. Del mio sudore!
"D'accordo, posso prendere delle birre?"
"Ugh... sì, ma solo una o due confezione. Dopo niente più alcolici!"
"E va bene!"
Con questo andai a farmi la seconda doccia della giornata. Fortuna che avevamo l'eletricità e l'acqua. E per fortuna, mamma aveva pulito la cucina. Sennò gli alimentari sarebbero andati a male in poche ore. 

***

Dire che era stato facile trovare Tesco sarebbe stato impossibile. Mi ero perso una volta, il bello che avevo la bicicletta con me. Sennò avrei fatto notte nel trovarlo. Legai la mia adorata bici ad un palo della luce ed entrai nel market. 
Mi guardai un pò in torno, prendendo un carrello da spesa, dirigendomi nel reparto ‘igiene per la casa’. Presi la lista, prendendo quello che vi era scritto sopra. Misi tutto ordinatamente nel carello, e dopo aver preso quello che mi serviva, andai alla ricerca del banco ortofrutta.
Presi della frutta a caso, non ero vizioso, mi accontentavo di tutto quello che riguardava il cibo, senza mai lamentarmi.
E dopo aver preso anche delle bibite, andai alla cassa, trovandomi di fronte un ragazzo alto e muscoloso, dai capelli castani e dagli occhi color cioccolato. Misi tutto sul nastro trasporttatore. Aspettando che Liam - lessi il nome dal cartellino che aveva attaccato sulla divisa da lavoro-, battesse i prodotti. 
"Sei nuovo per caso? Non ti ho mai visto!"Disse, mentre batteva alcuni cose.
"Si, mi sono trasferito ieri, piacere, sono Louis."Risposi, porgendo la mia mano.
"Piacere, sono Liam!"Afferrò la mia mano, con un gran sorriso. 

***

Ritornai a casa in bici, senza perdermi. Era un pò difficile pedalare con quelle buste, c'era il rischio di poter cadere e di rompermi un piede. Fortuna che mia madre era un' infermiera. Arrivai nel io quartiere, guardando la casa accanto alla mia. 
Era così sporca e così misteriosa. Il mistero mi affascinava. 
Arrivai di fronte casa mia, scesi dalla bici, legandola alla staccionata verde. Afferrai le buste e bussai alla porta. Vi abitavo, ma non avevo ancora le chiavi!
"Louis, sei tornato! Avevo il terrore che ti fossi perso!"
"Non mi sono perso neanche una volta!" 
Mia madre mi guardò come per dire: ‘perchè non ti credo?!’
"D'accordo. Mi sono perso sola una volta!"Ammisi.
Lei rise, ed entrammo in casa. Stranamente avertii un brivido alla colonna vertebrale. Pensai che era stata una folata di vento. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3  

Erano quasi le due del mattino, mi ero svegliato da un incubo. L'incubo però non lo ricordavo. Meglio per me, almeno non ci avrei pensato per ore. Però, restava il fatto che ora non riuscivo a dormire. Così, rinunciai.

Però non volevo stare sul letto, o meglio, sul materasso. Così, mi alzai da esso, ed escii in balcone. Guardai il panorama di fronte a me, e respirai a pieni polmoni. Pace. 

Sorridendo, voltai il mio sguardo verso quella casa abbandonata dal mondo. La cosa strana che un luce era accesa. Eppure credevo che non abitasse nessuno lì dentro. 

Feci gli occhi a due fessure per vedere meglio, ma non vidi un cazzo. Corsi in camera a prendere gli occhiali da vista, per poi uscire di nuovo fuori al balcone. Guardai di nuovo verso quella casa, ma 'sta volta la luce era spenta.

Mi grattai la testa confuso. Non ci capivo più niente, ad un tratto, sentii un rumore in casa mia. Misi solo la testa in camera, e mi pentii subito. Perchè, all'improvviso un sasso mi colpii la schiena, facendomi piegare. 

La porta della mia camera si aprii.

«Louis? Cos'è tutto questo rumore? Oddio perché stai a Terra.»

«Qualcuno mi ha lanciato un sasso! Cazzo, la mia schiena brucia.»

***

«Non è nulla di grave, tra quattro o cinque giorni passerà.»

Mamma mi passò qualcosa sulla schiena, per alleviare il dolore. Lei mi aveva anche detto che nessuno mi aveva lanciato un sasso. Perchè fuori non c'era nessuno. Aveva detto che era caduto dal tetto. Le credetti. 

«Bene, cerca di non dormire sulla schiena. Buonanotte.», e mi diede un bacino in testa.

«'Notte.»

Mi misi su un fianco, sbuffando rumorosamente. Quando mamma ritornò in camera sua, aspettai mezz'ora prima di uscire dalla mia camera da letto. Lentamente scesi le scale, e quando arrivai alla porta di casa, l'aprii così lentamente che sembrava in stile Baywatch.

Uscii di casa, chiudendo la porta, senza farla sbattere contro lo stipide. Con un passo svelto andai in quella casa abbandonata, o meglio, nel giardino. 

Era un normale giardino non curato, andai dietro la casa guardandomi le spalle. Non potevo sapere se mi sarebbe arrivato un altro sasso dietro alla schiena. Però, quella sera Dio non era dalla mia perchè, mentre guardavo dietro di me; non mi accorsi di un enorme masso lì a terra. Caddi, facendo la capriola.

Per giunta, mi ritrovai con la schiena a terra, un dolore lanciante mi colpii subito. Solo quando mi ripresi, mi voltai a pancia in giù, ritrovandomi di fronte quel masso che mi aveva fatto cadere.

Ma quello, non era un masso. Era una fottuta lapide!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Mi alzai come ad un fulmine, e quasi caddi di nuovo al suolo. Managgia a me e alla mia fottuta curiosità del cazzo. Ma non potevo farmi i cazzi miei pr una volta. Preferivo mille volte non sapere quello che c'era dietro a quella casa di merda.

Però, lo stesso, guardai quella lapide. Era un marmo grigio un pò vecchiotto. C'era poi una cornice in oro sporca e un pò arruginita, dento d'essa vi era una foto di un ragazzo. Non potevo vederla con certezza perchè ella era sporca di polvere. 

Avvicinai la mia mano a quella foto, e con un pò di ribrezzo la pulii, sporcandomi la mano. Guardai quella foto un pò. Era a colori, un pò ingiallita per colpa del tempo o dalla sporcizza; non potevo dirlo con chiarezza.

Guardai quella foto, fortuna che avevo gli occhiali da vista. In quella foto vi era ritratto un ragazzo abbastanza giovane, almeno credevo così. Era un ragazzo abbastanza affascinate, da lunghi capelli castani e dai occhi verdi smeraldo che sembravano due dimanti.

In quella foto sorrideva, aveva due fossette e quel sorriso da invidia. Non sapevo chi era. Così mi tolsi la maglia di dosso e la usai per pulire quel marmo. Così avrei potuto leggere il nome di quel ragazzo oramai morto. 

Harry Edward Styles, 

Nato il 01/02/1994

Deceduto il 07/ 09/ 2013 

Oh,  era morto molto giovane, all'età di diciannove anni. 

«Perchè le persone migliori se ne vanno prima del tempo? Aveva tutta la vita davanti.»,mi ritrovai a dire da solo.

«Forse non mi sono meritato di vivere.», mi sentii dire.

Oh cazzo!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5      

Sentii chiaramente il sangue gelarsi nelle vene. La paura crebbe, ed iniziai a tremare di brutto. Il cuore batteva fortemente, a momenti mi usciva dal petto.

Ero ancora di spalle, avevo paura di voltarmi verso quella voce. Forse me lo ero immaginato, poteva succedere no?! Quel fantasma non era dietro di me, non stava parlando a me. Me lo stavo immaginando, era solo il frutto della mia immaginazione.  

Lentamente, mi voltai, e lo trovai lì, dietro di me, che mi guardava. Era alto, molto alto, era come in quella foto, solo che era leggermente trasparente. Potevo chiaramente vedere la staccionata dal suo addome.

«C-ciao, son-o L-Lou-is.», dissi a fatica.

«Lo so.», disse.

«Mi sono trasferito da poco.»

«Lo so.», disse ancora. 

«C'è qualcosa che non sai?», chiesi.

«Perchè sei qui?», chiese lui. 

«Beh, tu mi hai lanciato un sasso.», risposi.

«Sì, scusa per quello, non volevo.»

Era stato abbastanza facile. Lo aveva ammesso, era un pò strano che un persona fatta d'aria potesse prendere un oggetto e lanciarlo. Insomma, era impossibile no?! Daltronde, io che cazzo ne potevo sapere, non ero morto, e, cosa più importante, non ero un fantasma.

Fantasma... fantasma... fantasma... 

“Mi sto cagando sotto!”, pensai.

Non so perché ero rimasto lì, a parlare con lui, però quando pensai più volte che lui era un fantasma, mi terrorizzai ancor di più. Per questo, scappai più velocemente possibile da lui. Arrivai vinico alla porta di casa mia, e quando tentai di aprirla, non vi riuscii. Era chiusa da dentro.

Mi maledissi per non aver preso le chiavi, e mi maledissi anche per il fatto di essere un stronzo troppo curioso. Per colpa della mia curiosità, avevo scoperto una cosa che avrei preferito non sapere, come già avevo detto.

Quando mi voltai verso la casa dove abitava il fantasma, lo trovai lì che mi fissava. Mi stava guardando in modo triste, non sapevo il perché però a guardarlo così, mi si spaccò il cuore. In fondo, era un' anima che vagava sulla Terra. 

Non prendetemi per scemo ma, lo chiamai facendogli il segno con la mano. Mi fece un sorriso enorme, e venne da me, fluttuando. L'aria intorno a noi, era diventata fredda. Era lui. Non mi feci problemi con questo, morivo dal caldo!

«Puoi aiutarmi?», chiesi.

Feci sì con la testa, ed entrò in casa, attravensando la porta. Dopo circa cinque secondi dopo essa si aprì. Lui era lì, che mi guardava con lo stesso sorriso. Ricambiai leggermente il sorriso, ed entrai in casa.

Chiusi la porta lentamente, cercando di non far rumore. Mamma quando si svegliava con il rumore era peggio di quando aveva il ciclo.


«Grazie!», dissi.

Diedi un colpo sulla spalla del fantasma, ma essa lo attraversò. Sbarrai gli occhi e ritirai la mano. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 7 
Quando mi svegliai il giorno dopo, avertii subito una gran fame. Avevo così fame che mi sarei mangiato volentieri la polpevere sopra ai mobili in casa. E non solo la polvere avrei mangiato. A momenti avrei mangiato anche le dita della mia mano. 
Già mi mangiavo le unghie, anche se avevo provato a smettere. Ovviamente, non ci ero riusciuto. Eppure avevo provato di tutto, davvero.
Mi alzai, averteno un dolore sopportabile alla schiena. Il livido. Feci una smorfia degna di un bambino di cinque anni. 
Sbadigliando, mi guardai intorno, era tutto normale. La stanza era illuminata dal sole potente e allegro che giaceva in cielo. Wow, ero diventato un filosofo!
Con una grande sorpresa, notai che il fantasma non era lì con me. Non sapevo quando era andato via, ma ero certo che era andato a casa sua dopo essermi addormentato. 
***
«Ecco fatto, la casa è pronta!»
E che dire, eravamo stati veloci. Va bene, va bene, avevano aiutato me e mia madre con tutto il resto. C'erano stati almeno una trentina di persone, alla quale la maggior parte donne. Le signore avevano pulito, e gli uomini avevano messo i mobili. 
Volete tutta la verità? Io non avevo fatto un cazzo, ero andato a farmi un giro in bici, per non sporcarmi le mani. Intelligente, non trovate anche voi?
Solo dopo essermi scocciato ero ritornato a casa, e l'avevo trovata accettabile all'occhio umano. Un momento, anch'io ero umano, quindi era accettabile anche per i miei occhi. Occhi umani. Avevo due occhi umani. 
Era meglio ricordarmelo.
***
Erano giusto giusto le due del mattino, e sorseggiavo la mia birra in balcone. Non ero ubriaco, se ve lo state chiedendo. Avevo bevuto solo una bottiglia, niente di più. 
Quindi basta giudicarmi! Plebei. 
Mi portai la bottiglia alla bocca ed entrai in stanza. Andai in dieci secondi vicino alla camera di mia madre, sentendo che lei dormiva, e russava come ad un trattore difettoso. 
Ha-Ha. Buona questa!
Non so come, ma mi trovai in giardino di casa mia, osservando l'altra parte della strada. Le strade erano illuminate da solo cinque lampione. Cinque lambione su venti! 
Eh, adesso sono anche un matematico.
Voltai lo sguardo verso la casa del fantasma, lui non c'era. Allora, incuriosito andai a casa sua, o quello che era. 
«Fantasmino?», chiamai.
«Lewis!»
Già.

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