Il sole e la luna

di Dian87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - La notte della Signora ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Il giorno del Signore ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Il tramonto della caccia ***
Capitolo 4: *** Epilogo - L'alba di una nuova era ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - La notte della Signora ***


CAPITOLO 1 - LA NOTTE DELLA SIGNORA

«Candida, argentea, luminosa ma al contempo oscura e misteriosa. Oh, signora della notte, che questa tua figlia possa attraversare il giorno luminoso quanto le insidie notturne che a te si rivelano.»

La voce cavernosa riempiva l'aria notturna e la sagoma nera si stagliava contro il cielo stellato. Irsuta, maestosa, la figura si voltò verso un altare di pietra dove giacevano due oggetti: un arco e un diadema formato da una semplice fascia liscia d'argento sormontata da esili corna di cervo dello stesso materiale che risplendeva alla luce notturna.

«Ka'han è stata da te scelta, Maestosa Signora, per affrontare il popolo della luce.»

La sagoma prese con entrambe le mani l'arco, un'arma all'apparenza liscia, ma le sue nodose mani percepivano i leggeri solchi del corno che formava la parte centrale. Sollevò l'arco alla luna piena l'arma e poi si voltò.

Alle sue spalle si trovavano molte persone raccolte in semicerchio attorno ad una singola figura, non troppo esile. Non vi erano torce, soltanto la luminosità dell'astro faceva distinguere i suoi lunghi capelli sciolti e le robuste della media.

«Ka'han, la Sacra Signora ha scelto te per salvare il popolo. Accetti il tuo compito?» chiese la figura, avvicinandosi a quella al centro.

Ka'han annuì, con le labbra così strette che a malapena si poteva distinguerne la linea di separazione. Aveva visto l'anziano sciamano della sua tribù, Aknos, preparare lo zaino dei rituali tre giorni prima e sapeva che ogni volta che accadeva non era mai per qualcosa di piacevole.

«La Sacra Madre mi sorreggerà nel mio compito.» Ka'han chinò lievemente il capo.

«Non è sufficiente avere le proprie mani pure, bisogna avere lo spirito puro.» recitarono le persone attorno a lei.

Ka'han non spostò lo sguardo sulla sua tribù, le bastava ricordare il nome di ognuno per visualizzarne il viso.

«Per dieci anni il popolo della luce ha invaso la nostra terra e strappato i suoi frutti. Hai il coraggio di fare ciò che dev'essere fatto?» il tono di Aknos era fermo, nonostante l'età gli facesse tremolare le mani.

«La Sacra Madre mi è testimone: farò ciò che dev'essere fatto.» lo sguardo fermo si fissò sul vecchio avvolto nella pelle d'orso cui restava ancora attaccata la testa, tenuta fiera su quella dell'uomo.

«Non è sufficiente avere le proprie mani pure, bisogna avere lo spirito puro.» la preghiera si levò nuovamente attorno a loro.

Aknos porse l'arco a Ka'han, la quale lo afferrò con entrambe le mani. Lo sguardo della giovane accarezzò l'arma, ma poi tornò sul vecchio dai radi e lunghi capelli bianchi che erano sfuggiti alla fascia di cuoio con cui era solito raccoglierli.

«L'Argentea Padrona della Notte ha ancora un dono per te, sua figlia prediletta.» riprese il vecchio.

Ka'han l'osservò zoppicare verso l'altare e prendere il diadema e si ritrovò a pensare a quanto tempo lui avesse ancora a disposizione.

«La Sacra Signora ha infuso in questo diadema il potere di celarti al popolo della luce. Sempre veglierà su di te e ti potrà raggiungere ed infonderti la fermezza.» mentre parlava, sollevò al cielo il diadema e si voltò verso di lei.

«Sacra Madre, accetto umilmente questo tuo dono, sarò il tuo braccio e la tua volontà, la tua difesa per il tuo popolo. Sia lavato via il nome che la mia madre terrena mi diede, giunga quello che tu, Madre Celeste, hai scelto per me.»

«Non è sufficiente avere le proprie mani pure, bisogna avere lo spirito puro.» la preghiera si levò ancora una volta alla luna che stava giungendo al termine del suo percorso.

Il silenzio calò intorno a loro, una lieve bava di vento si levò mentre una civetta faceva risuonare il suo lugubre verso. Ka'han spostò lo sguardo dalla cima della montagna sulla quale si trovavano alla valle dove, in lontananza, brillavano alcuni minuscoli fuochi. Laggiù, lo sapeva, c'era l'accampamento di coloro che tagliavano e bruciavano i boschi della sua terra per spostarsi l'anno successivo, il popolo della luce.

Non ricordava il loro arrivo in quelle terre, da quel che sapeva vagavano da sempre senza meta, ma conosceva le storie del loro arrivo.

«Olai.» il nome uscì in un soffio dalle labbra di Ka'han senza che lei se ne rendesse cono. «Questa mia figlia si chiama Olai.»

Il brusio che si levò fece tornare lo sguardo di Ka'han sulle persone attorno a lei. La giovane vide la piccola Ofea vestita di una semplice gonnellina di cuoio allungare la mano verso di lei e ritrarla subito.

«Olai.» la chiamò Aknos. «La Sacra Madre ti ha concesso il nome ed il compito di colei che, sola, potesse il suo popolo dagli spiriti della notte e donò loro un mondo dove vivere. Raccogli le tue cose, Olai, e solo quando l'avrai compiuto, se lo vorrai, tornerai ad essere Ka'han, figlia di Sura e Komesh, sorella di Gadeh e Buret, cercatrice dei Nattmänniskor.»

Olai s'inchinò allo sciamano e poi al popolo.

«Non è sufficiente avere le proprie mani pure, bisogna avere lo spirito puro.» salutò la sua gente, prima di allontanarsi nella notte.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Il giorno del Signore ***


CAPITOLO 2 - IL GIORNO DEL SIGNORE

«Cade!»

Un crepitio, uno schiocco, e il pino finì a terra.

«Eh, Andoren, stavolta stavi per prenderne uno.» rise un'altra voce maschile.

Il sole stava baciando la radura dove le capanne di tronchi erano circondate da campi recintati. Ad est dell'accampamento, cinque giovani uomini si stavano affaccendando attorno ad un tronco caduto, con asce la cui lama brillava bronzea.

«Mi sottovaluti, Caspian.» rise uno degli uomini, spostando lo sguardo sull'uomo che aveva accanto. «Se avessi voluto colpirti, a quest'ora staresti camminando così.»

Andoren, un giovane nel pieno delle sue forze, lasciò il lavoro all'albero per mimare un individuo più basso di lui, con le gambe larghe. Si passò una mano tra i corti capelli castani mentre i pantaloni corti di leggera lana grigia risalivano le cosce muscolose.

«Ciao a tutti, sono Caspian e sono un po' tocco.» scimmiottò l'uomo, facendo ridere i compagni.

Caspian si chinò a raccogliere una pigna caduta dall'albero e la lanciò a Andoren, prendendolo sulla nuca.

«Oh... sono diventato più intelligente!» scimmiottò ancora l'uomo, portando la mano alla testa.

«Meno male...» rise Caspian, scuotendo la testa e facendo ondeggiare i capelli biondi, lunghi fino alle spalle. «allora ho qualche altra pigna per renderti così intelligente da capire che devi finire il lavoro. Madrikel vuole abbastanza legna per concimare il terreno e teme che gli spiriti possano attaccarci.»

Un altro dei compagni sbuffò, facendo sollevare la ciocca rossa.

«Quel vecchio babbeo teme sempre gli spiriti...» commentò, acido. «da quando siamo qui, non si sono mai manifestati.»

«Tobral, non dovresti parlare così.» ribatté Caspian, serio. «Stanotte ho visto anch'io qualche riflesso dalla montagna della notte... è sicuramente un segno.»

«Eh, no, ora non ti ci mettere anche tu.» Tobral puntò il manico dell'ascia di bronzo verso Caspian, fissandolo con i suoi occhi verdi. «Kün è dalla nostra parte e finché terremo acceso il fuoco nessuno spirito si potrà mai avvicinare.»

Caspian scrollò le spalle.

«Oggi non me la sento di andare contro il nostro sacerdote.» tagliò corto, affondando l'accetta in un ramo del pino. «Tra pochi giorni sarà Jaz Üzülüşü, Madrikel potrà chiedere a Kün la protezione per un altro anno e non penseremo più agli spiriti.»

I colpi delle asce di bronzo che calavano divennero l'unico rumore di quella parte della radura, mentre gli uomini si immergevano nel loro lavoro.

Caspian ripensò alla primavera di dieci anni prima, quando da poco aveva raggiunto lo status di uomo e aveva celebrato lì il suo rito della pubertà, quando le donne stavano ancora organizzando le tende. Gli uomini vedevano che le loro cacce venivano vanificati all'ultimo, nonostante le attente pianificazioni, mentre le donne dovevano rinchiudersi in casa la notte perché frecce dalla punta di pietra raggiungevano chiunque tentasse di avventurarsi all'esterno.

Spiriti... non potevano essere altro che spiriti coloro che si affannavano ad usare armi così rudimentali eppure così affascinanti per il fabbro dei Künbaldarı...

Aveva passato anni a cercare di catturarne qualcuno, ma ogni notte le ronde ritornavano a mani vuote e di giorno non si riuscivano a vedere.

Assorto nei suoi pensieri, non si era reso conto che i suoi compagni avevano ricominciato a parlare, ma udì il rumore di un ramoscello rotto e si fermò, voltandosi di scatto per guardare alle proprie spalle. I suoi occhi incontrarono un paio di occhi neri e liquidi, incorniciati da un muso color terra e sormontati da un paio di maestose corna. Il cervo agitò un orecchio, osservandolo negli occhi, e spostò lo sguardo alla propria destra, saltando via in un lampo.

«Hai visto qualcosa, Caspian?» chiese Andoren.

«No, no... solo un cervo.» rispose Caspian, tornando a voltarsi verso i compagni.

«I cervi sono un segno, dovresti raggiungerlo.» la voce roca si levò in un sussurro da uno dei due che non aveva ancora parlato, un uomo dai corti capelli mori che presentava una lunga cicatrice

lungo il collo. «Vai, Caspian, noi ti aspetteremo.»

Caspian spostò lo sguardo anche sull'ultimo che non aveva parlato e questi annuì semplicemente, allora prese un sospiro e si allontanò verso dove si trovava il cervo.

Impugnò meglio il manico dell'ascia e si guardò con attenzione attorno. Aveva seguito solo qualche volta i cacciatori e sapeva di non avere la loro stessa esperienza, riusciva a distinguere il punto in cui era scappato il cervo da pochi steli piegati e soltanto perché l'aveva visto andare via, ma il sottobosco, fitto di erba alta e rovi dalle more ancora piccole e verdi, celava qualsiasi informazione per lui.

Non tutte, però, si rese conto notando un frammento di pelle conciata tra le spine di un rovo accanto a sé. Allungò la mano e ne sentì la morbidezza ed il colore terra che ricordava...

Si voltò verso il luogo in cui era sparito il cervo.

«Gli spiriti sono qui...» mormorò.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Il tramonto della caccia ***


Nota dell'autrice pre-capitolo: questo è un esperimento, se mettete il mouse sopra alle scritte che non capite, vicino al numerino della nota, vi si aprire il tooltip con la nota relativa invece di andarla a cercare in fondo al capitolo

Olai rimase acquattata in silenzio.

Si rimproverava per aver attirato così l'attenzione su di sé, ma doveva studiare il suo nemico prima di poterlo cacciare. Aveva tanto desiderato poter capire la loro lingua per sapere cosa si stessero dicendo, ma l'arrivo di quell'uomo robusto dagli occhi azzurri, dai capelli biondi e i pantaloni di un materiale strano le aveva fatto capire quanto fosse vicina... per fortuna la Signora della Notte l'aveva aiutata come promesso qualche notte precedente.

Quando aveva visto l'uomo raccogliere il frammento del suo vestito di pelle aveva stretto forte l'arco con una freccia dalla punta di selce, pronta a difendersi, ma la Dea doveva averlo ammaliato.

«Ti ringrazio, Sacra Madre.» mormorò, rivolta all'astro pallido in cielo, quando l'uomo aveva cominciato a tornare indietro, portando la mano al diadema.

Studiò ancora con attenzione e un peso nel cuore i cinque uomini che avevano abbattuto il vecchio pino che ogni anno aveva sempre fornito molte pigne: due uomini dai capelli mori, più tarchiati rispetto agli altri tre, ma i pantaloni di tutti, gli unici abiti che stavano indossando, erano diversi rispetto a quelli che il suo popolo indossava, c'era qualcosa di strano che non riusciva a decifrare.

Aspettò che facessero a pezzi l'albero e portassero il primo carico per spostarsi. China fra gli alberi, sfruttando un nascondiglio dietro l'altro, si allontanò da quel posto seguendo le tracce del cervo.

«Eski akkordeon menen kelişimder bir sırduu, bir az romantikaluu ünü Al Hrebet jana öröönünö Eho alat bir kaygıluu serenada gana belgiler.1» sentì cantare e si fermò, acquattandosi vicino ad un albero.

Nella radura c'erano delle donne intente a cantare e alzare e abbassare ritmicamente dei bastoni sul terreno. Notò che ogni volta che il bastone si alzava, questo mandava un lampo come se il sole si fosse trasferito lì un istante prima di tornare alto nel cielo. Spostò lo sguardo al cielo, ma il sole era sempre al suo posto, anche durante i lampi dei loro bastoni.

Osservò anche gli abiti di queste donne: dalle spalline la stoffa di un materiale ignoto scendeva morbida e alla vita era legata da una cinghia di cuoio fatta in modo che la stoffa stessa creasse una tasca in cui mettevano la mano e lanciavano fuori quelli che, dal suo punto di vista, erano piccoli puntini che si alzavano in cielo e poi cadevano al suolo.

Decise di aspettare la notte, studiando il loro modo di fare.

 

***

 

Caspian appoggiò il primo carico ai piedi del sacerdote.

«Madrikel, dovrei parlarti.» disse, con nervosa deferenza. «Da solo.»

L'uomo chinò appena il capo e fece un cenno iniziando a dirigersi verso la capanna più grande. Caspian osservò l'uomo dai capelli mori con lunghe e ampie ciocche argentee vestito da un lungo abito bianco dalle maniche lunghe e privo di qualsiasi cintura.

Madrikel gli fece strada all'interno della capanna, dove avevano posto solo un focolare, un tavolo e qualche sgabello di legno.

«Cosa ti preoccupa, figliolo?» chiese l'anziano, indicandogli con un semplice cenno della mano gli sgabelli.

Caspian si sedette su uno sgabello e appoggiò il brandello di pelle sul tavolo. Lo sguardo di Madrikel s'indurì.

«Temo che gli spiriti malvagi siano già di ritorno» ammise Caspian, abbassando il capo.

«Dove l'hai trovato?» chiese Madrikel.

«Vicino al sito di disboscamento.»

Madrikel si massaggiò il mento glabro.

«Bisogna agire prima che sia troppo tardi... l'hai mostrato a qualcuno?» mormorò il sacerdote

prendendo tra le mani la morbida pelle.

«No, perché?»

In un movimento fluido, Madrikel gettò nel focolare la stoffa e sorrise a Caspian.

«Non preoccuparti, stasera officerò dei rituali per tenere lontani gli spiriti,» lo rassicurò, con un sorriso affabile in volto. «ma non parlarne con nessuno, mi raccomando.»

Caspian non riuscì a non lanciargli un'occhiata dubbiosa e a guardare il pezzo di pelle che si stava annerendo nelle braci.

«Torna pure ai tuoi lavori, sono sicuro che tutti si staranno chiedendo dov'è il nostro fabbro.»

Madrikel aiutò Caspian ad alzarsi e con una pacca sulle spalle lo accompagnò all'uscio, sbattendolo letteralmente fuori dalla capanna.

 

***

 

Olai era rimasta tutto il pomeriggio ad osservare le donne al lavoro, quasi ipnotizzata dai loro movimenti ritmici, ma vide del fermento nel villaggio.

Alcuni uomini si erano riuniti presso una casa e si stavano mettendo delle cose rigide che brillavano alla luce del sole morente e nel frattempo dei bambini stavano correndo loro intorno. Uno di loro prese quello che sembrava un bastone piatto lungo quanto un avambraccio, ma, quando fece per estrarlo, Olai lo vide brillare come i bastoni delle donne.

«Armi...» sussurrò.

«Kızıl karap baştayt, anda biz kurçap turgan kilem menen küröşöt.2» il vento le portò quelle parole molto affievolite, ma nonostante tutto non fu in grado di capirle.

Vide il gruppetto terminare di prepararsi e dirigersi verso il luogo dove si trovava il pino. Li studiò con attenzione: tutti avevano quel bastone piatto al fianco, sopra all'oggetto duro e brillante, e due su quattro avevano un arco.

Non ci volle molto per capire che erano sulle sue tracce, soprattutto quando si fermarono per studiare il rovo dietro al quale si era nascosta. Portò la mano alla faretra con una ventina di frecce che aveva legata al fianco e accarezzò le piume di un'asta, quindi si mosse nel sottobosco per nascondersi dietro un cespuglio di lamponi.

Gli uomini stavano seguendo le sue impronte e non ci avrebbero messo molto a trovare il punto dov'era stata appostata fino a poco prima.

«Dolce Madre, guida le mie frecce.» mormorò, incoccandone la prima.

Tese la corda dell'arco, vedendoli ancora tutti in gruppo, e mirò all'occhio di uno di quelli dotati di arco. La loro arma sembrava più semplice ma al contempo più complessa, piena di curve di cui ignorava l'utilità.

Trattenne il respiro per un secondo e scoccò verso l'uomo, chinandosi velocemente.

La caccia era iniziata.

L'urlo dell'uomo fendette l'aria, seguito dal tonfo del corpo.

«Alar Adrekel aldı!3» gridò uno di quelli senz'arco.

L'uomo si voltà e fece per chinarsi per prendere l'arco dal caduto, ma una nuova freccia della donna fendette l'aria e s'infilò sotto al costato, facendolo stramazzare al suolo.

«Biz ruhtu öltürüp...» sibilò l'altro arciere. «jay...4»

Ad Olai non servì la traduzione per sentire l'odio ed il veleno del loro tono, lo stesso veleno che spargevano sulla terra... uno per volta li avrebbe abbattuti tutti o quanto meno quelli necessari a convincerli ad andarsene per sempre.

L'uomo senz'arco estrasse il bastone luminoso dal fodero mentre il sole si avvicinava all'orizzonte e l'altro incoccò una freccia, scoccandone un paio nella direzione dalla quale supponeva fossero giunte le frecce. Olai sentì il dolore morderle la spalla e non riuscì a trattenere un mugolio di dolore al vedere l'asta perfettamente dritta con la strana punta sbucarle dall'articolazione destra, quella con

cui teneva l'arco.

«Uşunday jol menen!5» l'arciere indirizzò il suo compagno che si slanciò verso il cespuglio.

Olai indietreggiò di un passo e strinse tra i denti una freccia per cercare di attenuare il dolore. L'uomo con il bastone fece il giro del cespuglio, arrivandole addosso, e sferrò un colpo in sua direzione. Con un passo laterale Olai riuscì a schivare l'attacco e contrattaccò cercando di colpirlo alle parti basse... ma con sua sorpresa fu lei a farsi male sullo stinco.

L'arciere approfittò della sua sorpresa per scoccare nuovamente e la freccia si conficcò nel suo braccio sinistro, strappandole un urlo di dolore.

Olai non ci vide più. Socchiuse gli occhi ed indietreggiò di un passo, estraendo al contempo una freccia e incoccandola. I muscoli le facevano male nel tendere nuovamente l'arco e puntò la freccia verso l'aggressore più vicino, alla testa... e scoccò.

Tra gli occhi stretti dal dolore vide l'uomo cadere indietro con la freccia che gli fuoriusciva dal cranio, mentre il braccio con il bastone cercava di colpirla.

Un'altra freccia fendette l'aria, sfiorandola, e si voltò verso l'arciere che stava incoccando una nuova freccia.

Olai si sentì estremamente lenta mentre estraeva la nuova freccia dalla faretra.

Una freccia la colpì al ginocchio, che crollò sotto al peso del corpo.

Incoccò ancora, ma la presa la tradì e, mentre tirava la corda, la freccia le scivolò a terra. Annaspò alla ricerca della presa di un'altra freccia e riuscì a trovare le penne di un'altra.

Una freccia si conficcò nel suo fianco sinistro.

Alzò lo sguardo sull'arciere, arrivato a pochi passi davanti a lei, incoccò la freccia e scoccò ancora.

Un urlo... il suo mentre sentiva un'altra freccia straziarle le carni o quello dell'altro? L'unica cosa che percepì fu che entrambi caddero pesantemente al suolo.

NOTE:
1) La canzone è “Langarola Vagabonda” tradotta in kirghiso con Google Translate come tutte le frasi del popolo della luce
2) «Cominciamo a cercare dal pino, poi batteremo a tappeto i dintorni»
3) «Hanno preso Adrekel!»
4) «Ammazziamo lo spirito...» «lentamente...»
5) «Da quella parte!»

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Capitolo 4
*** Epilogo - L'alba di una nuova era ***


N.d.A.: potete leggere le note anche soltanto appoggiando il mouse sul testo cui si riferiscono

EPILOGO - L'ALBA DI UNA NUOVA ERA

Olai sentì un tocco delicato. Si sentiva cullata come quando era tra le braccia di sua madre.

«Madre Celeste, mi stai portando a casa?» mormorò, con gli occhi ancora chiusi.

Nessuno le rispose, ma quel moto ondeggiante stava continuando. Si fece forza ed aprì gli occhi, vedendo gli alberi che ondeggiavano davanti a lei alla luce della luna piena.

 

***

 

Cercò di riaprire gli occhi, stava ancora ondeggiando, ma non vi erano più alberi e la luce lunare illuminava un prato.

Sentì che chiunque la stesse portando la stava per appoggiare al suolo.

Il movimento di un'asta causò un dolore così forte che perse di nuovo conoscenza.

 

***

 

«Azır men ölgön jok, gu...6»

Non riuscì a comprendere le parole, ma il tono era sicuramente sarcastico.

«Sen men üçün çeçüü kerek.» continuò la voce. «Siz mergençinin kurman bolup, ayılga alıp eç kanday kajeti jok.7»

Aprì gli occhi l'ennesima volta e vide un uomo chinato su di lei. Era alto, dannatamente alto... e la luce lunare che stava morendo illuminava il capo biondo.

L'uomo del pomeriggio...

«Beata Madre, dammi la forza...» sibilò, portando la mano al fianco nonostante il dolore.

L'uomo intercettò la sua mano, stringendola con forza.

«Ey, ey! Sen men üçün abdan oor, anı kabıl aluu üçün eç kanday kajeti jok!8» ribatté l'uomo.

Olai si cercò di puntare con un braccio al suolo, osservandolo negli occhi chiari, esattamente gli stessi di quel pomeriggio.

«Eger ruh bolso, men oylogondon alda kança köp adam bar... 9» l'uomo portò la mano sul petto. «Caspian.»

Olai rimase immobile al vedere l'atteggiamento calmo e pacato dell'uomo... eppure avrebbe dovuto approfittarne visto che aveva ucciso i suoi compagni e lei non aveva armi.

«Madrikel seni abdan jek emne üçün ruh emes, bar?10»

«Perché non mi finisci?» gli chiese, sospettosa.

«Ah, karışkır tilin jep sen.11» rispose, portando la mano a scostarle una ciocca di capelli dal viso.

Olai lentamente si rimise in ginocchio, cauta, anche se il dolore era sempre più forte. Riuscì a portare la mano alla faretra sul fianco e ad estrarre una freccia, impugnandola con decisione.

Caspian alzò le mani e scosse la testa.

«Jok.12»

La giovane alzò lo sguardo alla radura e vide ad oriente il cielo tingersi di rosso. Decise di alzarsi in piedi.

«Non posso lasciarti in vita.» alzò la freccia verso l'uomo che restava con le mani in alto. «Distruggerete tutto quanto. Dovete andarvene o morire.»

Una fitta si levò dalla gamba ferita, facendola crollare in ginocchio. Non riuscì a toccare il suolo perché si ritrovò tra le braccia dell'uomo, il cui sorriso era rassicurante. Spostò lo sguardo sui dintorni e vide un cervo brucare tranquillo ai margini della radura.

«Olai.» si decise a presentarsi, spostando lo sguardo sull'uomo.

«Caspian.» ripeté l'uomo, tenendola stretta.

Levò una delle mani che la tenevano e prese in mano il bastone che lei aveva visto al fianco degli uomini. Caspian sentì irrigidirsi Olai e scosse la testa.

«Kanjar.13» indicò, porgendoglielo.

«Kanjar.» ripeté lei, prendendolo in mano.

Olai indicò il cervo.

«Cervo.»

Le stava balenando in mente un'idea, forse uccidere ed essere uccisi non era la sola cosa che poteva fare per salvare il suo popolo.

«Ka'han dei Nattmänniskor.» abbassò la mano che teneva sia la freccia che il pugnale.

«Caspian dei Künbaldarı.»

***

NOTE:
6) «Non morirmi proprio ora, eh...»
7) «Devi accontentarti di me.» «Non è il caso di portarti al villaggio, visto che hai ucciso i cacciatori.»
8) «Ehi, ehi! Non c'è bisogno che te la prenda così!»
9) «Se sei uno spirito, sei decisamente più umano di quanto pensassi...»
10) «Non sei uno spirito, come mai Madrikel vi odia tanto?»
11) «Ah, il lupo non ti ha mangiato la lingua.»
12) «No.»
13) «Pugnale.»

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