Notre Dame de Paris

di E Kerstberg
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parigi 1483 ***
Capitolo 2: *** Italiani a Parigi ***
Capitolo 3: *** De Chateaupers e Valois ***



Capitolo 1
*** Parigi 1483 ***


Anno domini 1483.
Dopo la vittoria riportata nella guerra dei Cent’anni contro l’Inghilterra, la neo rinata monarchia francese stava vivendo un periodo di rinascita grazie agli sforzi di tutti di poter cancellare le migliaia di vite cadute al servizio della corona gigliata; il defunto re Luigi XI dispose che nelle regioni turbolente ci fosse una serrata sorveglianza tramite i vari ministri di giustizia per ristabilire l’ordine dato che moltissimi nobili regnanti in quelle zone avevano versato il loro sangue per la libertà. Una delle città dove c’era maggiore concentrazione di guai era Parigi; un tempo città religiosa per eccellenza ora capitale della monarchia ma divenuta corrotta e pericolosa anche a causa dell’aumento della criminalità causata secondo molti dagli zingari arrivati dalla Spagna; così per contrastare la crescente ondata di criminalità il defunto re decise di chiamare vent’anni fa come giudice della città Claude Frollo, un uomo timorato di Dio noto per il suo pugno di ferro con i criminali. Ma purtroppo questi oltre a essere minaccioso, odiava a morte il prossimo e, una volta insediatosi nel suo nuovo lavoro, si macchiò di un grave crimine: una delle spie del re gli aveva rivelato che un gruppo di zingari avrebbe attraversato il molo della città di notte per non essere notati così il giudice tese una trappola ai gitani.
Una volta arrivati, stavano per pagare il traghettatore per il suo disturbo ma le guardie li stavano aspettando; Frollo arrivò a bordo del suo Friso nero Snowball gustandosi la sua vittoria per aver messo in carcere altri pezzi della “feccia” gitana, un altro passo verso la vittoria finale ma mentre i suoi uomini portavano via gli uomini, uno di loro cercò di portare via dalle mani della donna un fagotto a lei prezioso ed importante. “Ehi tu cosa nascondi?” “Merce rubata senza dubbio. Levategliela dalle mani!”.  La giovane gitana così corse via inseguita dal giudice quasi fosse un demone a bordo del suo cavallo; riuscì a scavalcare un’inferiata rallentando la corsa del suo assalitore arrivando alle porte di Notre Dame sbattendo la mano con tutte le sue forze gridando “Asilo! Per pietà dateci asilo!” ma purtroppo Frollo riuscì ad arrivare sul sagrato della chiesa ingaggiando una piccola lotta con la giovane. Alla fine Frollo le dette un calcio facendole sbattere la testa contro gli scalini in marmo lasciandola morire al freddo per prendere il fagotto che iniziò a piangere.. Frollo realizzò che non era un fagotto pieno di monete d’oro.. “Un bambino?” deciso a scoprire l’entità del fagotto scostò leggermente il lenzuolo che l’avvolgeva ed esclamò inorridito “Un mostro!”. No, quel bambino non era bello; aveva la faccia semi deformata, aveva una piccola chioma di capelli rossi e una gobba sulla schiena. Era un segno del demonio e doveva liberarsene; si guardò attorno cercando un arma o un luogo dove compiere il “sacrificio”, infine notò un pozzo.. Quale luogo migliore per affogare un piccolo demone..
Mentre stava per compiere l’empio gesto, un uomo, sfidando la bufera di neve, uscì dalla cattedrale e gridò “Fermatevi!”. Era l’arcidiacono De Fleuris. “Questo è un empio demone, voglio rispedirlo all’inferno da cui proviene” disse il giudice tenendo sospeso il piccolo, Fleuris tenne tra le braccia il corpo esanime della povera gitana “Ha tutto il sangue versato per voi sul pavé di Notre Dame” “Sono senza colpa, è scappata e l’ho inseguita”disse il giudice cercando di non prendersi le sue responsabilità “Ci aggiungereste anche il sangue di un bimbo innocente a Notre Dame?” “Ho la coscienza pulita” Infuriato, De Fleuris gl’intimò con una voce simile a quella del Padre eterno “Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi! Ma scappare però non potrete giammai perché là vi sta guardando Notre Dame” e indicò con l’indice le statue possenti che adornavano il frontone della cattedrale gotica. In un istante, la spavalderia fu sostituita dalla paura; non era paura di prendersi le proprie responsabilità ma era paura del divino. Ogni statua di santo,profeta ed evangelista lo scrutò con occhio critico quasi fosse davanti al Divino a rispondere dei suoi peccati ma fu la Madonna Regina con il Bambino in braccio a farlo scuotere di paura.. Paura di finire all’Inferno. Infine chiese “Che cosa faccio adesso?” “Occupatevi del piccino, crescetelo come vostro” “Cosa? Devo addossarmi questa storpiatura?” disse guardando il piccolo in braccio “Molto bene. Ma che viva con voi nella vostra chiesa.” De Fleuris era meravigliato “Vivere qui? E dove?” “Dove volete.” In quel momento gli venne un’idea: nasconderlo alla vista di tutti così nessuno saprà che esiste “Magari nel campanile. E chissà il signore opera in modo imperscrutabile” Intanto lo guardò e pensò tra sé e sé con un sorriso crudele: Io vedrò se mi potrà servire anche così.. Così com’è.. Due giorni dopo al bambino gli venne dato il nome di Quasimodo e da allora visse come un recluso nella cattedrale suonando le campane e scrutando il mondo dalla sommità della sua prigione di pietra mentre il suo “padrone” e salvatore continuava imperterrito a dare la caccia alla "feccia" della città.

Tutto questo stava per cambiare.




E' da tanto che avevo in mente di scrivere una fanfiction sul Gobbo di Notre Dame perché mi ha sempre intrigato la trama sin da piccolo divenendo uno dei miei film preferiti; cos'ha da nasconderci il nostro caro Victor che non ci ha mai fatto vedere in questo libro poi divenuto film? A voi cari lettori l'ardua sentenza.
A presto, sperando che possa piacere

E. Kerstberg

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Capitolo 2
*** Italiani a Parigi ***


30 agosto 1483, il re Luigi XI detto “il Prudente” esalò l’ultimo respiro nella sua reggia a Plessis-Les-Tours affidando la sua anima al Signore. La notizia ebbe grande eco nel paese, ogni cittadino pianse il sovrano e ognuno di loro si chiedeva chi avrebbe preso il suo posto, il cognato Piero di Borbone assieme alla moglie Anna di Beaujeau, l’impetuoso duca di Orléans Luigi che vantava una discendenza importante o il giovane unico figlio del Prudente, Carlo?

Mentre a palazzo si decideva il nuovo sovrano,a Parigi la vita scorreva normale come solito; in una bottega vicino alla cattedrale, un uomo di circa 40 anni dall’aspetto imperioso simile a un Mosè stava aspettando che il suo apprendista tornasse.. Sentì il rintocco della campana grande di Notre Dame, era mezzogiorno.. Come mai non tornava? Si vestì in fretta e si diresse verso il centro ma qualcosa attrasse la sua attenzione: tre uomini stavano discutendo animatamente con un gruppetto di guardie che gl’impediva di passare perché pensava che trasportassero dei gitani. “Sentite, siamo solo semplici artisti di ritorno da Firenze!” “Trasportiamo solo materiale che ci serve, abbiamo anche una lettera scritta da Lorenzo de’ Medici in persona” disse il biondo porgendo a una delle guardie la lettera.
La guardia ignorandola completamente e ridandola al biondo, disse “Prendete la roba!” “No, fermi!!” il più giovane dei tre prese un martello e uno scalpello “Dovrete prima passare dal mio martello!” Una delle guardie prese dei vasi contenenti polvere per la pittura e stava per romperla quando l’uomo tuonò “Fermi!” Tutti si voltarono “Mastro Andrea! Finalmente!” “Per l’amor del cielo Donatien, posa quel martello! E voi, messeri posate quei vasi..” Le guardie riposero delicatamente i vasi e lasciarono andare i tre uomini senza neanche chiedere loro scusa.. “Diamine chi si credono di essere?” “Persone senza un briciolo di buone maniere.. Seguitemi” I tre uomini seguirono l’uomo dirigendosi verso la bottega a bordo dei loro cavalli “Ci avevano detto che Parigi era diventata turbolenta, ma non a questi livelli” “Quante povere anime smarrite!” “Svelti affrettiamo il passo, non manca molto” “Grazie a Dio, ho una fame..”.
Una volta scesi, l’uomo riaprì la bottega e diede mano all’apprendista e ai suoi amici a portare dentro il prezioso carico; finito questo lungo lavoro finalmente pranzarono accompagnando un po’ di selvaggina portata dalla città toscana con dell’ottimo vino fermentato nelle botti del De’ Medici. Lì iniziarono le presentazioni: l’uomo imperioso rispondeva al nome di Andrea Saracchi detto Del Ghirlandaio, nomignolo scelto per ricordarsi del suo amico di una vita Domenico; l’apprendista impetuoso e giovane era Donatien Philippe de’ Bardi, un ragazzo di 19 anni figlio di un mercante italiano e di una poetessa francese entrato a 5 anni in bottega dal Ghirlandaio dopo la morte dei suoi genitori, mentre i due stranieri venuti da Firenze assieme a Donatien erano due artisti sconosciuti cresciuti nella bottega del maestro del Ghirlandaio, Andrea del Verrocchio desiderosi di fare carriera a Parigi: il biondo Alessandro di Mariano Lippi era stato per un breve periodo allievo di Fra’ Filippo Lippi nonché suo figlioccio mentre il prete era Fra’ Giovanni da Fiesole meglio noto come Fra’ Giovanni Angelico, all’inizio allievo del Beato Angelico e cresciuto nelle fila dei Domenicani. “Allora com’è stato il viaggio? Spero che Donatien non vi abbia importunato troppo” “Oh,no al contrario è stato di grande compagnia. Gli abbiamo fatto vedere la città..” “Dovreste vedere maestro, la cupola del Brunelleschi.. Com’era imponente! E il De’ Medici dovevate vederlo.. Un uomo di tale sapienza, ora capisco perché l’hanno sempre chiamato il Magnifico.. E ser Della Mirandola...” Sandro e Giovanni ridevano mentre Donatien raccontava eccitato le meraviglie che aveva visto a Firenze; mastro Andrea dentro di sé era contento perché finalmente il suo ragazzo aveva visto un pezzettino di mondo uscendo per la prima volta da Parigi. “Ok, ok, Doni ora calmati per cortesia.. Sento dai vostri racconti che Firenze è diventata ancora più bella. Ah, mi ricordo che quando vivevo lì, era un cantiere aperto pieno di artisti come noi sovrastato dalla magnifica cupola di Ser Filippo; per noi significava un impresa ai limiti dell’impossibile ma voleva dire anche avere dei modelli a cui ispirarsi.. Avevo solo 11 anni quando entrai a bottega da Ser Verrocchio come messaggero ma poi, un giorno, disegnai un fauno senza che nessuno me l’avesse insegnato e sfortunatamente mi scoprì.. Stavo per essere punito ma fra’ Angelico vide la mia opera suggerendo a Ser Verrocchio che sarei diventato un artista” “Davvero Fra’ Angelico suggerì al Verrocchio di prendervi come apprendista?” “Sì, mi ricordo ancora quel prete vestito come voi Giovanni, un uomo pieno di saggezza che ne sapeva una più del diavolo” Tutti, a quella battuta, risero. “Giovanni, per caso appartenete alla confraternita di San Marco?” “Sì, ser Andrea, Praedicare benedicere et laudare” Donatien si spazientì “Domenicani.. Inquisitori della prima ora” Giovanni rise “Sono un domenicano molto diverso.. Non seguo alla lettera ogni parola del mio maestro perché trovo insensato che un uomo di chiesa imponga un pensiero diverso a chi non vuole seguire la fede cristiana o che questo venga perseguitato perché ha idee diverse. Credo invece che bisogna parlare al cuore delle persone non tenerle nell’ignoranza perché porta a produrre una massa di fanatici.. L’unico modo è fare arte” “Per poter insegnare loro il Vangelo?” “No, Sandro; fare arte è l’unico modo per entrare in sintonia con ogni cosa vivente di qualsiasi credo possibile..” “E Dio? I domenicani non praticano per caso l’astinenza e la castità per poter arrivare a Dio?” “Sì, Donatien, questi erano i precetti portanti della nostra religiosità creati da San Domenico ma ultimamente molti di noi non la seguono fedelmente o ha un modo tutto suo di arrivare a Dio.. Pensiamo per esempio a Ser Alighieri” tirò fuori una copia della Commedia, la aprì a una pagina qualsiasi e iniziò a leggere un passo “Quella circulazion che sì concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da sé, del suo colore stesso,mi parve pinta de la nostra effigie: per che ‘l mio viso in lei tutto era messo” “E’ un bellissimo passo;ora capisco come mai Dante era il migliore dei poeti della sua generazione. Mi chiedo Giovanni:perché hai tirato fuori questo canto? Non parla forse di Dio” “Sì, mastro Andrea, ma non solo di Dio ed è qui che si basa la mia filosofia di vita: non rinnego i precetti primi del fondatore del mio ordine ma cerco di curare non solo le anime di chi ha più bisogno ma anche la mia grazie all’arte perché è tramite essa che si riflette la nostra vita e ciò che ci circonda. Dante, in quest’ultimo passo del suo capolavoro, incontra Dio ma quando egli si riflette nella sua luce, non vede un uomo minaccioso con la barba che chiede a ogni uomo di pentirsi e di aver paura di lui ma vede se stesso” “Come se fosse uno specchio?” “Esatto, quest’opera la scrisse in un momento buio della sua vita e, scrivendo tirò fuori i mali di cui soffriva usando questo strumento potente quale è la scrittura come terapia. Per me è la stessa cosa l’arte.. Nessuno si cura con le preghiere, curi solo l’anima ma fino a che punto? Mentre se crei, se fai qualcosa anche dipingere un solo quadro catalizzi l’energia vitale in qualcosa di produttivo e stai meglio.. Può essere vista come eresia ma per me non lo è” “Ricorda molto la filosofia platonica,mio caro Giovanni. Sono lieto che tu non sia come molti preti e riesci ad esprimere il vero te con l’arte..”
A Sandro sovvenne qualcosa mentre beveva “Oh, a proposito di Platone, le abbiamo portato un regalo prima che ce ne scordassimo” Prese una delle bisacce che contenevano libri e gliene porse uno a Mastro Andrea. “Grazie mille ragazzi” lesse il frontespizio “Oh, mio dio.. E’ la Theologia platonica di Messer Marsilio Ficino” “Ser Marsilio voleva tanto che ne avesse una copia in segno di rinnovata amicizia” “Gli scriverò una lettera per ringraziarlo. Ma vi prego fatemi vedere cos’altro avete portato con voi”. I due ospiti gli mostrarono cosa era stato portato da Firenze: vesti nuove, nuovi attrezzi tra i quali un trapano creato da un ramo di salice molto resistente, alcune piccole opere create da alcuni artisti in segno di amicizia verso Mastro Andrea tra i quali figuravano un gruppo di ninfe del suo amico fraterno Domenico, un gruppo di musici realizzato dal Perugino, un’Annunciazione fatta dal suo maestro il Verrocchio con l’augurio di proseguire una lunga e fruttuosa carriera a Parigi e per ultimi una Ninfa e un gruppo di filosofi realizzati dai nuovi allievi del Verrocchio: il sensuale Botticelli e l’enigmatico ma geniale e giovane Leonardo Da Vinci. A Mastro Andrea vennero le lacrime agli occhi, non meritava così tanto onore da così tanti artisti ma gli ricordava perché era venuto a Parigi: voleva aprire una bottega al fine da seguire le orme del suo maestro portando oltralpe l’arte italiana e insegnare alle future generazioni un mestiere da portare avanti. “Non ho parole, veramente.. Manderò una lettera a tutti per ringraziarli..” “Ah, abbiamo portato anche questi” disse Giovanni trionfante “Un regalo modesto da parte di Lorenzo de’ Medici in persona” dalle bisacce vennero fuori tanti libri da crearci una biblioteca, alcuni a sfondo sacro come la Vulgata di San Gerolamo la maggior parte erano a sfondo storico-filosofico partendo da una copia della Commedia dantesca arrivando all’Essere e l’uno del genio dell’Accademia neoplatonica Giovanni di Pico della Mirandola, un carissimo amico. Donatien rimase sorpreso da quanti libri si trovava davanti.. Pensò che finalmente avrebbe portato avanti la sua conoscenza grazie a tutto quel ben di dio che aveva portato da Firenze. “Nella vostra lettera, accennavate anche a vostri lavori.. Posso vederli?” “Certo.” Sandro e Giovanni tirarono fuori i loro lavori: due pitture che erano il loro biglietto da visita. Sandro aveva eseguito una Madonna della Scala mentre Giovanni un’Annunciazione.. Mastro Andrea esaminò i due lavori con molta attenzione ed infine disse “Sì, sono meravigliosi.. Non potevo chiedere artisti migliori” Sandro e Giovanni erano sollevati e contenti per il responso favorevole: il Verrocchio gli aveva detto che mastro Ghirlandaio aveva un occhio particolare per riconoscere il talento di un artista e che era molto esigente. Fortunatamente le loro fatiche erano state ripagate.. Donatien era contento per loro ma si sentiva come escluso dal suo maestro così silenziosamente salì le scale ritirandosi nella sua stanza; mastro Andrea notò la sua sparizione e, congedandosi dai suoi nuovi allievi, bussò alla porta di Donatien. “Donatien?” Non ricevette risposta in cambio ma notò che il ragazzo era seduto sul letto con il capo posato sulle mani.. Stava piangendo.. Mastro Andrea era rattristato così entrò nella sua camera e l’abbracciò dicendogli “Non ti rimpiazzerò mai, ragazzo.. Sei come un figlio per me e sei importante così come Sandro e Giovanni..” “Come avete fatto a capirlo?” “Sai anch’io alla tua età avevo paura che il mio maestro mi mettesse da parte ma poi mi rincuorò parlandomi e mi spronò a fare meglio..” “Perdonate la mia reazione sciocca, maestro!” “Ahhh, mio caro Donatien, non hai nulla di cui scusarti.. E’ più che comprensibile. Però non lasciare che questa invidia prenda il sopravvento sul tuo lavoro”. Qualcuno bussò alla porta. Erano Sandro e Giovanni “Tutto bene Donatien?” “Sì, sì, tutto ok, grazie.” “Ci eravamo preoccupati” Donatien uscì dalla stanza assieme a Mastro Andrea “Mi scuso profondamente della reazione che ho avuto prima” Giovanni gli diede una pacca sulla spalla e disse “Vai tranquillo, ti capiamo.. Sai anche noi abbiamo vissuto con altri colleghi pensando che erano più bravi di noi ma questo non ci ha mai abbattuto.” “Sì, ora capisco. Scusatemi.” Sandro rise “Sbagliamo tutti, non te ne fare un dramma Donatien. E poi, hai una predisposizione fantastica per la scultura; è come se rendessi la materia viva” “Davvero?” “Sì, credici di più nelle tue capacità” Mastro Andrea batté le mani dando istruzioni ai suoi allievi “Bene, signori. Ora basta con le chiacchiere, abbiamo un lavoro che ci aspetta. Su prendete la roba e andiamo” “Dove maestro?” “A Notre Dame”.
Intanto nella grande cattedrale gotica, le campane suonavano fiere grazie alle possenti mani del giovane campanaro di nome Quasimodo; egli aveva vissuto lì tutta la sua vita nonostante bramasse da sempre di andare fuori dal suo rifugio per vedere com’è vivere assieme alla gente “normale” e godersi il resto dei suoi giorni. Sceso dalla grande corda che animava le campane, il giovane si diresse a una delle terrazze dove, all’interno di un gargoyle, viveva un piccolo piccione “Buongiorno” disse il ragazzo tutto contento al pennuto. Il piccolo si svegliò come dirgli “Oh ciao Quasimodo” “E’ il grande momento. Sei pronto a volare?” L’uccellino sembrò dirgli “Eh,sì” “Sei sicuro? Bel giorno per volare.” Lo prese gentilmente tra le sue mani grandi “Se dovessi scegliere un giorno per volare sarebbe questo. La festa dei folli” Il suo sguardo si diresse alla piazza che si stava addobbando per l’annuale festa che coinvolgeva tutta la città ogni 3 settembre: la Festa dei Folli. L’uccellino guardò il vuoto sotto le grandi mani che lo tenevano, inghiottì e guardando Quasimodo gli disse nella sua lingua “Sei sicuro?” “Sarà divertente, i giocolieri eh, la musica e le danze..” Quasimodo lasciò andare il piccolino che iniziò a sbattere le ali nonostante avesse gli occhi chiusi per via della paura. Poi gli aprì e vide Quasimodo che gli fece vedere le mani vuote come a dirgli “Hai visto? Non hai più bisogno di me” il piccolino cinguettò felice “Sì, evviva, volo!” poi ricadde dolcemente nelle mani del gentile gobbo; all’improvviso uno stormo di piccioni suoi simili volò non distante da dove si trovava e pregò il suo amico umano di lasciarlo andare con i suoi nuovi amici di volo “Su, vai. Nessuno vuol rimanere rinchiuso quassù per sempre” disse infine Quasimodo lasciando che il suo amico sparisse all’orizzonte del nuovo giorno con lo stormo. Al campanaro dispiaceva che il piccolino fosse volato via ma i suoi pensieri erano rivolti a se stesso; quanto voleva “volar” via lui dal suo rifugio di pietra. All’improvviso un gargoyle si animò e sputò il nido “Cavolo! Non se ne andava mai, sputerò penne per una settimana” “E’ quello che ti capita a dormire con la bocca aperta”disse un altro gargoyle più secco dell’altro “Ehheh,vai a spaventare le suore. Ehi Quasi, che c’è là una rissa con i bastoni?”si avvicinò a Quasimodo e l’altro lo seguì “Un festeggiamento?” “Cioè la festa dei folli?” Quasi annuì tristemente e il primo gargoyle disse contento “Bene, benissimo versa il vino e taglia del formaggio!” L’altro iniziò a dire “E’ una delizia osservare lo sfarzo pittoresco dei semplici contadini” “Un bel posto in galleria per guardare la vecchia festa?” “Già guardare” disse Quasimodo sconsolato mentre se ne andava via dalla terrazza principale mentre il gargoyle di nome Hugo tutto preso dall’idea di vedere la festa disse infine “Toh, vedi un mimo” ma mentre stava per sputare al povero saltimbanco Victor,l’altro gargoyle, lo fermò appena in tempo indicandogli con il capo  il povero ragazzo che stava tornando dentro la chiesa “Ehi,ehi, cos’hai?” “Non vuoi guardare la festa con noi?” Quasimodo se ne andò triste non proferendo parola. Questo intristì anche i due gargoyle dispiaciuti di vedere così il loro amico di lunga data. “Non capisco” “Forse sta male” “Impossibile”disse una voce che si diresse verso gli altri due gargoyle “Se dopo venti anni che vi ascolta non si è ancora sentito male, non accadrà più” “Ma guardare la Festa dei Folli è sempre stato l’avvenimento dell’anno per Quasimodo” “Se sai che non potrai mai andarci a che serve guardarla?”disse la vecchia gargoyle “Sparite di corsa branco di avvoltoi. Non è di pietra come noi”.
I tre gargoyle si diressero nel piccolo rifugio del ragazzo che egli chiamava “casa”: era un piccolo ambiente a misura di persona contornato dalle campane e dalle statue, non tanto distante dalle scale che conducevano al plastico realizzato dal giovane c’era la sua camera da letto. Salite le piccole scale, c’era il suo “studio”: lì il giovane realizzava piccole statue in legno poi colorate, scacciapensieri in vetro e altri oggetti che riempivano la sua giornata; ma guardando quel piccolo studio, egli desiderava ardentemente una cosa sola: andare un giorno fuori e poter stare con la gente “normale” ma temeva l’ira del suo padrone, il ministro Frollo. Si sedette vicino al suo plastico e guardò con aria sconsolata le sue statue: la sua riproduzione, la prima che fece quando era un bambino, era sopra la cattedrale e tutte le altre incluso quella che riproduceva il suo padrone erano in basso. La vecchia gargoyle gli si avvicinò e dandogli un buffetto sulla spalla gli chiese “Quasi, che cos’hai? Vuoi dire alla vecchia Laverne di che si tratta?” “Ecco, è che quest’anno non ho voglia di guardare la festa tutto qua” “E non hai mai pensato di andarci invece?” “Sicuro ma non potrei mai integrarmi.. Non sono normale” disse sconsolato il ragazzo “Oh, Quasi,Quasi” un piccione le si sedette sul naso e disturbata scacciò via i piccioni dicendo “Vi dispiace? Vorrei parlare un momento con il ragazzo se non vi disturba” “Ehi non menarla troppo per il campanile.. Che vuoi da noi? Che ti dipingiamo un affresco?”disse Hugo prendendo la sua statuetta e la pose in mezzo alle altre “Come tuoi amici e guardiani, insistiamo che tu partecipi alla festa.” “Io?” “No, il papa. Ma certo tu” “Sarebbe un autentico pout pourri d’esperienze istruttive” continuò Victor con fare da maestro “Vino, donne e canzoni” “Impari a riconoscere i vari formaggi regionali” “A cogliere le lumache” “A suonare musica popolare” “A giocare a “inzuppate il frate” disse il gargoyle tirando un secchio d’acqua in testa a Victor “Quasi, dà retta ad una vecchia spettatrice: la vita non è fatta per gli spettatori, se osservi e non fai nient’altro tu osserverai la tua vita che passa senza di te” “Sei un essere umano fatto di carne,capelli, peletti sull’ombelico, noi siamo parte dell’architettura eh.” Victor ritornò con il secchio in testa “Eppure se ci scheggi, non ci sfalderemo, se ci rendi umidi non produrremo muschio” e tirò in testa a Hugo il secchio vendicandosi per lo scherzo di prima “Quasi afferra una tunica nuova, una calzamaglia pulita e..” “Grazie ragazzi ma vi state dimenticando di un particolare”disse Quasimodo “Quale?” chiesero in coro i tre gargoyle “Il mio padrone, Frollo” rispose infine il ragazzo prendendo la statuina di legno che ritraeva il suo padre adottivo. “Oh, già”dissero sconsolate le tre statue “Ecco, quando dice che non dovrai mai lasciare la cattedrale intende forse “mai e poi mai”?” “Mai e poi mai e detesta la Festa dei Folli, s’infurierebbe se glielo chiedessi” A Hugo venne un idea subdola ma che poteva permettere al giovane di andarci “Chi parla di chiederglielo?” “Oh, no” “Sì, strisci fuori..” “Solo per un pomeriggio” “Io non potrei” “E ristrisci dentro piano” “Non se ne accorgerà mai” “E se dovesse accorgerne?” “Meglio implorare il perdono che chiedere il permesso” Hugo prese una cappa e se la infilò addosso mimando una possibilità per Quasimodo “Ci va mascherato, solo per questa volta. Ciò che Frollo non sa non ti danneggia” “Beata ignoranza” “Senti chi parla”, infine Laverne disse dall’alto della sua saggezza “Nessuno vuole confinarsi quassù per sempre”. A quelle parole, il giovane si riempì d’energia e determinazione alzandosi all’improvviso ed esclamando “Avete ragione ci vado!” “Bravo!” “Mi ripulirò” “Così si fa” “Affronterò quelle scale e..” L’entusiasmo del ragazzo durò poco perché all’improvviso comparve il suo padrone “Buongiorno Quasimodo” “Buongiorno padrone” “Mio caro ragazzo con chi stavi parlando?” “Con i miei amici..” “Vedo” disse Frollo picchiettando sui gargoyle “E di cosa sono fatti i tuoi amici?” “Di pietra” Frollo gli tirò su il mento chiedendogli “La pietra può parlare?” “No, non parla” “Esatto, sei molto intelligente.. E ora il pranzo” disse il ministro appoggiando il suo cestino in terra sedendosi su una rozza sedia aspettando che il ragazzo apparecchiasse per tutti e due. Una volta fatto, Quasimodo si sedette e Frollo aprì un grande libro “Vogliamo riprendere il tuo studio dell’alfabeto quest’oggi” Il ragazzo,con la testa china, disse “Oh,sì padrone mi piacerebbe moltissimo” “Molto bene. A?” “Abominazione” Il ministro versò del vino per lui e per Quasimodo“B?” “Bestemmia” “C?” “Contrizione” “D?” “Dannazione” “E?” “Eterna dannazione” Frollo iniziò a bere “Bravo, F?” “Festa” Il ministro sputò il vino e pulendosi con un fazzoletto chiese “Come prego?” Quasimodo non sapeva cosa fare e si riprese in fretta continuando l’alfabeto “F..Falsità” “Hai detto festa” disse chiudendo immediatamente il libro “No” “Stai pensando di andare alla festa” “E’ solo che voi ci andate tutti gli anni e..” “Io sono un pubblico ufficiale e devo andarci, ma non mi diverto neanche un momento. Ladri e tagliaborse, la feccia della società tutti mescolati in un turbinio d’ubriacatura” disse Frollo dirigendosi verso il cornicione centrale seguito fedelmente da Quasimodo “Non intendevo sconvolgervi padrone” “Quasimodo, non riesci ancora a capire? Quando la tua disamorata madre ti ha abbandonato chiunque ti avrebbe affogato. E’ così che mi ringrazi per averti accolto e allevato come figlio?” Il ragazzo, preso dai sensi di colpa, chinò il capo implorando perdono “Chiedo scusa padrone” “Ah, caro ragazzo, non sai com’è il mondo là fuori. Io lo so, io lo so” Frollo ribadì una volta per tutte al ragazzo che era diverso dagli altri dicendogli che era un mostro e che avrebbe voluto che rimanesse lì per sempre all’oscuro da tutto e da tutti privandosi della vita per divenire uno spettatore. “Siete molto buono con me padrone” “Rammenta bene le mie parole Quasimodo, è questo il tuo rifugio” disse Frollo sogghignando andandosene via per espletare le sue funzioni di ministro lasciando il ragazzo nei suoi pensieri. Infatti Quasimodo da sempre sogna la libertà ma non riesce ad imporsi con il suo “padrone”, oh quante volte l’avrebbe voluto chiamare padre perché in definitiva l’aveva cresciuto lui ma egli come gli rifiutava questa possibilità; voleva essere libero ad ogni modo così dopo una scalata benefica per tutto il complesso decise che sarebbe andato alla festa mascherato nonostante il parere contrario di Frollo.
Intanto Mastro Andrea e i suoi ragazzi arrivarono con il loro carretto davanti alla cattedrale. “Ok, fermiamoci qui” Sandro e Giovanni rimasero impressionati dall’imponenza che emanava la cattedrale, non sarà stata come Santa Maria del Fiore ma anche questa emanava un grande fascino verso chi scrutava il suo sguardo per la prima volta “E’ davvero magnifica, sembra San Martino a Lucca” “Ti riferisci alla cattedrale di Matilde di Canossa?” “No a quella di Santa Reparata, sì a quella mi riferisco..” disse in tono sarcastico il frate. Mastro Andrea disse infine “Ora prendete gli attrezzi e le pitture che li portiamo dentro” “E il carretto?” “Il carretto lo lasciamo lì, pensate davvero che qualcuno lo possa rubare?”disse sorridendo l’artista “Sì” dissero in coro Sandro e Giovanni “Ok, ragazzi, andiamo” disse Donatien prendendo due cassette per volta e si diresse all’interno della chiesa assieme al suo maestro, Giovanni li seguì con una cassetta piena di contenitori pieni di pittura mentre a Sandro toccò di portare una cassetta piena di attrezzi pesanti. Egli provò a tirarla su ma senza successo così, una volta tornato Donatien, gli chiese “Donatien potresti darmi una mano per cortesia?” Egli rise “Non sei buono di portare una cassetta? Non sarà neanche 10 chili” “Quando ero a bottega dal Verrocchio portavamo sì delle cassette ma non così pesanti” “Bene” Donatien prese Sandro assieme alla cassetta e lo portò di volata all’interno della chiesa “Ma sei matto?Ti farai male” “Sono abituato a prendere il doppio del mio peso sin da quando avevo 6 anni,signorino Lippi” Entrarono a perdifiato in chiesa neanche portassero chissà quale reliquia e Mastro Andrea si girò assieme a uno preti regali “Donatien! Era proprio necessario portare di peso Sandro e gli attrezzi?” disse ridendo “Ha una forza incredibile maestro, sembra Ercole” Donatien pose a terra Sandro con la cassetta “Tu in un'altra vita t’eri una nobildonna perché non muoveresti neanche un dito!” Giovanni iniziò a ridere come un matto “Che c’hai da ridere Giovanni?” “In effetti, Donatien ha ragione. Coi modi di fare tu pari una nobildonna fiorentina” “Ah,ah, ha parlato Santa Castità”disse Sandro dando uno scappellotto a Giovanni “Buoni ragazzi..” “Ah,Mastro Andrea che piacere vederla!”disse l’arcidiacono De Fleuris avvertito dal giovane prete dell’arrivo di Mastro Andrea e dei suoi allievi “Padre De Fleuris come sta?””Bene, mio caro amico è da tanto che non ci vediamo” “L’ultima volta ci siamo visti è stato settimana scorsa quando ho fatto la lezione di scultura a Quasimodo” “Ah, già giusto” il religioso si girò e vide i tre artisti “Sono i tuoi ragazzi?” “Sì..” “Ma quello è Donatien?” egli si avvicinò al ragazzo rosso “Donatien?” “Padre de Fleuris che bello rivederla!” “Giorni celesti, quanto sei cresciuto! Prima ti vedevo come un bambino e ora sei un uomo” L’arcidiacono si commosse “Aw, diacono, non pianga per cortesia” “L’unica cosa che non è cambiata sono i tuoi riccioli ribelli!” disse scuotendo con affetto i capelli del giovane. In quel momento passò vicino a loro il giudice Frollo. “Eccellenza, buongiorno” “Mastro Andrea, come state?” “Bene grazie” Sandro chiese sottovoce a Giovanni “Chi l’è quel barbagianni?” Giovanni iniziò a sghignazzare piano per non farsi sentire “Ma l’hai visto i’ su’ naso? Sembra quello dello Strozzi dopo una caduta da un’impalcatura” Giovanni iniziò a ridere assieme a Sandro mentre Donatien e Mastro Andrea parlavano con Frollo ma egli incuriosito dalle risate si girò e chiese con il suo vocione “Scusate voi cosa avete da ridere?” I due amici smisero subito di ridere cercando di darsi di nuovo un contegno, mastro Andrea disse “Sono i miei nuovi allievi provenienti da Firenze” “Ah, molto interessante” Frollo si avvicinò e i due ragazzi si presentarono “Sandro Lippi, lieto di conoscerla” disse stringendogli la mano “Altrettanto” “Fra’ Giovanni da Firenze” “Mmmh,” disse il giudice squadrandolo “Domenicano?” “Laudare cum benedicere” “Molto interessante. Siete il primo domenicano che vedo qui a Parigi, ditemi siete qui per studiare in seminario?” “No, sono qua per lavorare in veste di artista” Frollo inarcò il sopracciglio meravigliato “Ah, siete un artista e un frate?” “Sì, certamente. Vedete ministro, Dio lo si può raggiungere in molti modi e per me uno dei migliori è fare arte, inoltre con ciò che creo posso insegnare a molti ciò che ho imparato dai miei maestri” Il giudice colpito da quelle parole disse infine “Siete un uomo interessante Fra’ Giovanni, ma scusatemi devo andare ora.. Vi auguro una buona giornata” “Anche a voi, giudice” dissero in coro i tre artisti  “Della malora” aggiunsero sottovoce Sandro e Giovanni ridendo di sottecchi, ma Frollo che aveva l’udito peggio di una delle migliori sentinelle del re si girò di scatto quasi cogliendo i due artisti sul fatto che ripresero una posa abbastanza seria; infine convintosi dell’innocenza di quei due stranieri, Frollo se ne andò borbottado sottovoce “Fiorentini, loro e i loro malcostumi”.

Una volta andato via, Sandro e Giovanni tirarono un sospiro di sollievo “Fiuu, c’è mancato poco” “Sì che vi linciasse, ma voi un attimo buoni no?” I due artisti si guardarono e dissero all’unisono “No” “Quel tipo è veramente strano eh; secondo me è nato già adulto e senza sorriso!” “A me invece è sembrato un tipo molto.. come si potrebbe dire?” “Severo? Pronto a mandarti sulla gogna?”disse ridendo Donatien  “No, stoico. Come Seneca” “Sì, pronto a tagliarsi le vene!” esclamò Sandro e tutti scoppiarono a ridere. Due monaci che erano lì a pregare sentirono i loro discorsi e se ne andarono via facendosi il segno della croce shockati da ciò che hanno dovuto sentire e Donatien assieme a Giovanni guardò male un attimo Sandro che cercò di discolparsi “Che c’è? E’ solo una citazione storica mica ho detto una blasfemia!” “Signori, vogliamo muoverci di grazia?” disse infine Mastro Andrea con la sua voce possente “Abbiamo tanto lavoro da fare e il tempo è contro di noi” “Sì maestro” dissero in coro i tre artisti pronti a mettersi in gioco con le loro abilità al fine da creare un qualcosa che sarebbe rimasto impresso nella memoria dei parigini per sempre.


Scusate la ipermega lunghezza di questo capitolo, ma era abbastanza essenziale come missing moment; nuovi personaggi sulla scena e che cosa creeranno i nostri artisti di così straordinario? Cosa accadrà?
Molte delle parti citate sono storiche per davvero(nonostante l' "invasione italiana artistica" a Parigi sia iniziata con Leonardo.. diciamo che sono precursori..); spero vi piaccia. Ringrazio SLVF per la bellissima recensione.

Al prossimo capitolo
E. Kerstberg

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Capitolo 3
*** De Chateaupers e Valois ***


Intanto per le vie della città animata non solo dal continuo via vai di gente ma anche dagli spettacoli che ogni giorno i gitani creavano per intrattenere i parigini, arrivò accompagnato dal suo bianco destriero un uomo vestito con una scintillante armatura quasi fosse venuto fuori da una favola dei cantastorie dove salvano la principessa dal perfido drago per poi farne la sua sposa; ma quest’uomo non aveva visto principesse, né perfidi draghi ma solo orrore, sangue ed eventi indescrivibili con le parole.
Stava ricontrollando la mappa per essere sicuro di andare nella direzione giusta ma riguardando le strade si accorse che tutto lì segnato era sbagliato, così la appallottolò e si rivolse al suo cavallo “Uno lascia la città per qualche decennio e quelli lì ti cambiano tutto”; rassegnatosi provò a chiedere indicazioni per il palazzo di giustizia a qualche guardia che passava per di lì ma non ricevette alcuna risposta.
Rimessosi in cammino, s’imbatté in un gruppettino di gitani che si stava esibendo in un angolo della strada e una bambina,affascinata da quei suoni intriganti, voleva andare da loro data la sua curiosità ma sua madre la strattonò via dicendole di stargli alla larga perché,secondo molti, erano gente che rubava; incuriosito dalla musica che stava attirando i vari passanti, lasciò qualche monetina nel cappello e ad un tratto la ragazza che stava danzando si girò nella sua direzione, l’uomo rimase semplicemente incantato non tanto dalla grazia dei suoi movimenti ma da quel viso semplicemente delicato dal quale risplendevano quei meravigliosi occhi verdi paragonabili agli smeraldi del sultano ottomano; lei,notato il suo sguardo, si voltò piano di lato e battendo un piccolo colpo al tamburello, invitava il gentil straniero a cercare di scoprire i suoi segreti ma quel piccolo corteggiamento venne interrotto da un ragazzino che li avvisò dell’arrivo delle guardie. Loro cercarono di andare via assieme alla loro capretta che prese il cappello ma sfortunatamente, le monete caddero e,avvisando prontamente la sua padrona/amica, la ragazza dagli occhi verdi si chinò per raccoglierle; improvvisamente due guardie le si pararono davanti.

“Coraggio zingara dove hai preso questi soldi?”disse la guardia prendendole il cappello “Per tua informazione li ho guadagnati” ribatté la ragazza riprendendo il maltolto “Gli zingari, i soldi non li guadagnano” “Li rubano”aggiunse l’altra guardia da dietro la ragazza cercando di prendere il cappello pieno di soldi “E voi sapete tutto sul rubare?” “Una piantagrane,eh?”aggiunse il collega cercando di prendere ciò che era della ragazza ma lei gli tirò un calcio e l’altra disse “Forse un giorno ai ceppi ti calmerà i bollori!”; ad un tratto la capretta tirò due incornate alle malcapitate guardie al fine di liberare la sua amica per allontanarsi da loro.
Le guardie partirono all’inseguimento ma il cavaliere biondo prese le redini e strattonò il suo cavallo al fine da bloccarle riuscendoci meravigliosamente e aggiunse sottovoce “Achille, seduto!” così Achille fece ciò che gli aveva chiesto il suo padrone sedendosi direttamente sulla povera guardia scatenando le risa dei passanti che assistettero alla scena. “Oh, cielo mi dispiace.. Cattivo cavallo, cattivo. E’ davvero impossibile, non posso portarlo da nessuna parte” ogni singolo passante inclusa la ragazza risero alla scena buffa e,nonostante il suo collega stava chiedendo aiuto per liberarsi del cavallo, la guardia preoccupata per la loro credibilità, sguainò il piccolo coltello verso l’uomo per infliggerli una lezione ma il cavaliere estrasse la spada dicendo “Dicevate.. tenente?” e l’uomo, riconosciuto chi fosse davvero il cavaliere, si mise molto ingenuamente sull’attenti battendosi la testa e condussero il capitano verso il palazzo di giustizia ma egli, lasciati un momento quei due soldati davanti a lui che intimavano ai passanti di spostarsi per fare largo al capitano, vide due scudi d’oro e li mise nel cappello di un mendicante intento a fumare una pipa e ripartì infine alla volta della sua meta; se solo fosse rimasto qualche minuto di più avrebbe scoperto sotto quel pesante manto la giovane gitana e,attaccatele, la sua capretta.
Davanti a lui, si ergeva il palazzo di Giustizia; fatto costruire dai primi giudici della città nel 1110 per onorare la giurisprudenza e poi rimaneggiato nel 1240 per volere di Luigi il Santo ponendolo vicino alla reggia reale, questo luogo non era solo un tempio dove il re si riuniva con la sua corte di avvocati, giuristi, glossatori e giudici ma anche dove essa veniva rispettata seppur in maniera spietata; dalla nomina di Monsieur Bernard de Beauvoir avvenuta il 23 aprile 1433 e rimasto in carica fino alla morte nel 1463, il palazzo era divenuto un luogo di sofferenza e depravazione dove nessuno era al sicuro: qualsiasi persona che avesse commesso un crimine anche il più banale, veniva rinchiusa nelle segrete dove le guardie di Bernard il Bello così come lo chiamavano i gitani, si divertivano ad infliggere le torture più terribili ai poveri malcapitati e c’è chi riuscì a fuggire come il precedente re dei gitani Amis Deneau che portava uno squarcio sulla schiena inflittogli di persona dal giudice per aver rubato,secondo lui, un prezioso gioiello mai ritrovato alla principessa Iolanda regalatole da sua madre, la regina Maria d’Angiò, in occasione del suo matrimonio con il duca Amedeo IX di Savoia. Tutti pensavano che con la morte di Bernard il Bello, il regno di terrore poteva finire ma dopo pochi mesi in cui il suo successore Claude Frollo era stato nominato formalmente dal re, egli mostrò la stessa identica natura del suo predecessore. Forse anche peggio.

Il cavaliere biondo entrò nelle segrete dove Frollo stava dando l’ordine a uno dei suoi tanti torturatori di fustigare il precedente capitano delle guardie,rivelatosi a suo dire una delusione ma pensava che questo nuovo capitano delle guardie sarebbe stato migliore del precedente; il giudice,avvertita la presenza del giovane cavaliere, si girò e disse “Ah, così questo è il valoroso capitano Febo di ritorno dalle guerre” Febo si mise sull’attenti “Convocato a rapporto come da ordine, signore” “Il vostro stato di servizio vi precede Febo, non posso che aspettarmi il meglio da un eroe di guerra del vostro calibro” “E lo avreste, signore. Ve lo garantisco” “Sì, sapete il mio ultimo capitano delle guardie è stato.. un pochino deludente per me” Ad un tratto si sentì un urlo disumano che fece sobbalzare il capitano e quando questo era cessato nell’oscurità delle mura fredde, Frollo lo accompagnò verso la balconata del palazzo per redarguirlo sulla situazione attuale; gli zingari o gitani erano considerati la feccia della città perché,secondo il giudice, infiammavano i parigini dei loro più bassi istinti con i loro modi barbari e si è rivolto proprio al capitano e alla sua esperienza per fare fronte alla minaccia. “Mi hanno richiamato dalla guerra per catturare indovini e chiromanti?” “Ah, la vera guerra capitano è quella che sta di fronte a voi. Per vent’anni non ho fatto altro che occuparmi degli zingari sistemandoli uno per uno” disse schiacciando tre formiche che si trovavano sul granito della balconata “Eppure, nonostante i miei sforzi hanno prosperato. Ritengo che hanno un luogo sicuro entro le mura di questa città.. Un nido se così si può dire.. Lo chiamano la “Corte dei Miracoli”” “Che cosa dovremo fare al riguardo signore?” Frollo non si espresse con mezzi termini prendendo un pezzo movibile della balconata che rivelò al suo interno una piccola colonia di formiche e lo schiacciò uccidendole; davanti a quell’esempio, De Chateaupers aggiunse infine “Vi siete espresso in maniera esaustiva signore” “Sapete, mi piacete capitano. Andiamo?” chiese il giudice dirigendosi verso il lungo corridoio che portava al palazzo reale dove i due uomini erano attesi in udienza assieme ad altri membri della corte.
Una volta arrivati nell’immenso salone, un’enorme folla era riunita attorno alla camera dove l’ex segretario del defunto sovrano stava leggendo le sue ultime volontà, tutti intenti ad ascoltare per capire cosa avrebbe riservato loro il futuro e sotto quale nuovo re, i membri del consiglio avrebbero giurato fedeltà; “Allora, cancelliere.. Novità?” chiese Frollo ad uno dei membri “No, monsieur Frollo, siamo tutti impazienti di sapere..”. Ad un tratto dalla stanza, uscì un uomo alto sulla quarantina che altri non era che Pietro II di Beaujeau, duca di Borbone noto per essere stato un tempo un combattente formidabile e un genero impagabile secondo le parole del defunto re; “Signori, la smettete di girare come se foste degli avvoltoi attorno ad una carcassa? Lo so che siete impazienti di sapere chi sarà il vostro nuovo re e vi sarà detto a..” ma non ebbe tempo di finire la frase che un altro uomo uscì assieme a una donna iniziando a discutere di fronte alla corte “Ve l’ho già detto cara cugina, se il mio caro defunto zio avesse scelto me, il regno sarebbe stato in mani più capaci!” “Dubitate che il mio operato come reggente possa essere di poco conto, caro Luigi?” “Non ho detto questo, dico solo che voi non avete tanta esperienza e..” “Certo, capisco! Se io fossi nata con un paio di calzoni e un’armatura forse mi avreste dato un po’ più di spago, magari dicendo che ero capace di guidare un regno, come se io non vi conoscessi!” L’uomo giovane rivelò essere Luigi duca d’Orléans nonché cugino della donna, Anne de Beaujeau moglie di Pietro e reggente del successore scelto dal sovrano; il duca si girò verso la corte la quale s’inchinò dandogli riverenza e disse infine con tono solenne “Mio cugino, Carlo sarà il vostro nuovo re e finché non avrà raggiunto la maggiore età, saranno mia cugina Anne e suo marito il duca di Borbone a reggere il trono in sua vece. Così è stato stabilito dalle volontà del re e guai chi osi opporvisi”. Detto ciò s’incamminò velocemente con passo spedito ritornando nei suoi alloggi accompagnato dal segretario Beaujour dove li aspettava il nuovo incarico assegnatoli dalla reggente; mentre suo marito era intento a parlare con i vari membri della corte Frollo e De Chateaupers inclusi, Anne andò in cerca del fratello per dargli la notizia.

Non trovandolo né in biblioteca dove era solito stare né nella sala delle mappe, infine lo ritrovò nei suoi alloggi seduto alla finestra a guardare il cielo terso di nuvole; Carlo di Valois non ha mai pensato di diventare re perché suo padre adorava suo cugino il quale gli assomigliava anche nel modo di guidare la politica del regno e pensava che sarebbe stato lui il nuovo sovrano che tutta la Francia paventava nonostante sin dall’infanzia era stato educato come un futuro re. Appena sentì entrare sua sorella, capì subito com’erano andate le cose e le corse incontro piangendo a dirotto. “Ho paura, sorella cara! Non sono pronto!” Lei lo rassicurò abbracciandolo più forte che poteva e gli disse tristemente“Lo so, caro fratello, lo so.” Oh, se solo avesse avuto dei poteri magici, avrebbe voluto cambiare il destino del suo amato fratellino che ad appena 13 anni era diventato in maniera ufficiosa il nuovo sovrano del Giglio splendente, ma purtroppo lei sapeva che, anche se si sfuggiva al proprio destino, questi come un cacciatore sapeva come trovare le anime sfuggenti per porle davanti ciò che era stato riserbato per loro.
E intanto nell’ombra, si stavano componendo delle trame alquanto pericolose..


Nuovo capitolo della storia, scusate il ritardo nella scrittura ma sono impegnato con un esame alquanto tosto..  Ecco a voi vostra Maestà Carlo di Valois con il suo seguito che aveva davvero 13 anni quando divenne re di Francia; chi starà tramando nell'ombra? Scopritelo nel prossimo capitolo! Ringrazio ancora SLVF per le bellissime recensioni!

A presto

E. Kerstberg

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