I racconti di Cassiopea

di Yugi95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fine è… solo l’inizio ***
Capitolo 2: *** Il peso della solitudine ***
Capitolo 3: *** Il Fiore delle Anime ***



Capitolo 1
*** La fine è… solo l’inizio ***


La fine è… solo l’inizio

 
Era un tardo pomeriggio d’inizio settembre e su Andros la natura sembrava non volersi ancora separare dall’abbraccio dell’estate. Il sole, ormai prossimo al tramonto, si stagliava con maestosità nel limpido cielo azzurro, lasciando cullare il proprio riflesso dalle placide onde dell’oceano. Una leggera brezza spirava tra i rami degli alberi e scombussolava il verde prato fiorito, che ricopriva il tratto più alto della scogliera. Uno nutrito stormo di gabbiani, approfittando della tranquillità del luogo, si era da poco stanziato sulle spigolose rocce, che, quasi fossero una barriera naturale, delimitavano gli irregolari bordi di quel precipizio. D’un tratto però gli uccelli, intenti a consumare le loro prede appena pescate, furono spaventati dal rumore di rametti spezzati e, temendo per la loro sicurezza, volarono via. Un giovane ragazzo dai capelli a punta rosso scuro, giunto dalla spiaggia attraverso un ripido sentiero, si avvicinò lentamente al limitare della scogliera fermandosi all’altezza di un roseo ciliegio. Lasciò cadere per terra un’ingombrante sacca bianca, che portava in spalla, e, mettendo le mani nelle tasche di una leggera giacca nera, guardò verso il basso. Ai suoi piedi, posta a pochi centimetri di distanza dall’albero, vi era una candida lapide di marmo decorata con lapislazzuli e intarsi dorati. Il ragazzo fissò per alcuni minuti la pietra e il nome inciso su di essa, poi abbozzando un triste sorriso incominciò a parlare a bassa voce:
«Ehi… …amico… …come va? È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che sono venuto a trovarti. Dì la verità. Hai pensato che mi fossi dimenticato di te, non è vero? Beh… sappi che non potrei mai dimenticarmi di te… nessuno di noi potrebbe farlo. Vedi… in quest’ultimi mesi siamo stati abbastanza impegnati. Le Trix, come loro solito, si sono divertite a portare il caos nella Dimensione Magica, creando casini un po’ dovunque. Fortunatamente le ragazze sono riuscite a fermarle… sono state eccezionali… come sempre del resto.  Avresti proprio dovuto vederle, non vi è stato nemico che non abbiano saputo fronteggiare: alberi giganti, lupi mannari, vampiri, spettri e tanti altri… sono stati tutti sconfitti. Giorno dopo giorno si sono battute come delle vere e proprie guerriere… anche Aisha… anche Aisha ha dato tutta se stessa. Sai… erano anni che non la vedevo così serena… così spensierata. Quando ci lasciasti, attraversò davvero un brutto periodo… pensammo di aver perso anche lei quel giorno a Tir Nan Og. Fortunatamente sembra che il peggio sia passato e che la nostra amica sia pronta ad aprire il suo cuore per una seconda volta. So bene quanto tenessi a lei e sono sicuro che saresti il primo a gioire nel vederla nuovamente felice insieme a qualcuno».
All’improvviso il ragazzo girò la testa e posò i suoi occhi viola sul grande sacco bianco posato sul terreno. Subito dopo si voltò nuovamente verso la tomba e, indicando il borsone con il pollice destro, esclamò:
«Come dici? Non ho capito… Ah… perché ho portato questa borsa? Ecco… sono… sono in partenza, lascio la scuola di Fonterossa. No… non chiedermi dove vado… tanto non te lo dico!».
Il ragazzo, allora, incrociò le braccia e iniziò a battere nervosamente la punta del piede sinistro sul soffice manto erboso. Tuttavia pochi secondi dopo con fare rassegnato sbuffò:
«Uff! Va bene, va bene… ti dirò la verità. Certo che a te non si può nascondere proprio nulla. In realtà non so nemmeno io dove sono diretto. Sto per compiere una sorta di “salto nel vuoto”.  Ho bisogno di allontanarmi… di vivere per un po’ di tempo in solitaria. Ho già salutato tutti i nostri amici, anche lei… … …l’ho lasciata, le ho detto addio. Diciamo che la decisione è stata presa insieme... di comune accordo. Forse è meglio così per… entrambi».
Non appena ebbe pronunciato quell’ultima parola, il ragazzo cadde in ginocchio e scoppiò a piangere. Il suo era un pianto silenzioso, quasi impercettibile. Si sforzò di trattenere le lacrime… si sforzò di trattenere il dolore, che dall’interno lo dilaniava. Stanco e oppresso dal senso di colpa, si accasciò sulla lapide e, stringendola a sé, tra i numerosi singhiozzi biascicò:
«Mi manchi… Nabu, amico mio… mi manchi più di ogni altra cosa al mondo. Da quando non ci sei più sono tornato ad essere il fallito di un tempo. Senza i tuoi rimproveri, senza i tuoi consigli ho perso… ho perso Musa per sempre. Non hai neanche idea di quanto l’abbia trattata male nell’ultimo periodo. Pensavo solo a me stesso… a miei stupidi allenamenti. Volevo diventare il più forte della squadra, volevo prendere il posto di Sky come leader degli Specialisti. Ho fatto di tutto per guadagnarmi il rispetto e la stima degli altri perdendo di vista la cosa più importante… perdendo l’amore della mia Musa. Io non la merito… non l’ho mai meritata. Due anni fa… in quel freddo giorno sull’Isola di Tir Nan Og sarei dovuto morire io… non tu… Aisha, perdendo te, ha perso l’amore della sua vita. Musa, al contrario, ne avrebbe ricavato solo giovamento. Nabu… io devo… devo andarmene… devo ritrovare me stesso. Forse Musa non tornerà mai più da me… ma almeno io avrò il coraggio di guardarmi allo specchio e dirmi che la colpa di tutto ciò è solo mia».
Il ragazzo, a quel punto, estrasse da una delle tasche una sorta di spilla circolare di colore rosso e, dopo averla portata all’altezza del cuore per alcuni secondi, la posò sul basamento della lapide. Fatto ciò, si asciugò rapidamente gli occhi con la manica della giacca e si rimise in piedi. Fissò intensamente un’ultima volta la pietra commemorativa, poi, prendendo da terra la propria sacca, si voltò per andarsene. Tuttavia prima di lasciare quel luogo, dando le spalle al piccolo monumento, si rivolse ancora una volta al suo interlocutore:
«Sai… non è che non abbia proprio una meta. Codatorta, prima che andassi via dalla scuola, mi ha consigliato di fermarmi in un posto… un posto particolare. Mi ha detto che lì avrei trovato tutte le risposte alle mie domande. Penso… penso che seguirò il suo consiglio. Non so quanto tempo starò via, quindi ti chiedo di farmi un favore. Vedi l’oggetto, che ho appena poggiato sul basamento? È la mia prima e unica spilla da Specialista… non l’ho mai voluta sostituire… ha sempre tenuto il mio mantello attaccato all’uniforme. Diciamo che è una parte di me, come io lo sono di lei. Nabu per favore… tienila tu… custodiscila per me… abbine cura fino al mio ritorno… fino a quando non sarò diventato un uomo. Addio… amico mio».
Il ragazzo, terminata la frase, s’incamminò nuovamente lungo il sentiero e, senza mai voltarsi, scomparve all’orizzonte.
 
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Note dell’autore: Buonsalve a tutti!!! Allora… sinceramente non so neanche io da dove iniziare, perché è la prima volta che pubblico una raccolta XD. Facciamo così: andiamo con ordine. Innanzitutto cosa sono “I Racconti di Cassiopea”? È presto detto: “I Racconti di Cassiopea” saranno un gruppo di brevi one-shot incentrate ovviamente sull’universo Winx e collegate direttamente con la serie “Winx Club – Cassiopea’s Chronicles”. A questo punto vi starete chiedendo: “D’accordo, ma a cosa caspiterina ti servono queste storielle?”. La risposta, anche in questo caso, è molto semplice: alcuni racconti andranno a coprire determinati “buchi di trama”, che ho lasciato appositamente durante il cammino; altri, invece, rappresenteranno dei “missing moments” della serie originale. Posso dirvi fin da ora che la raccolta non terminerà con la Rinascita della Fenice, ma accompagnerà tutti i sequel e le altre fanfict. Ovviamente molte storie, soprattutto in futuro, per essere comprese appieno necessiteranno di una conoscenza delle altre fanfiction. Tuttavia, poiché non voglio obbligare nessuno a leggere le altre pubblicazioni, quasi tutte le one-shot dedicate esclusivamente alla serie originale saranno slegate totalmente dal resto ;D. Per quanto riguarda le modalità e le tempistiche in cui saranno pubblicate le diverse storie della raccolta, ho deciso di cambiarle rispetto a quelle delle altre due fanfiction. I Racconti di Cassiopea, infatti, sebbene usciranno sempre di lunedì, non avranno cadenza settimanale ma bimestrale. In questo modo non vi appesantirò inutilmente con un numero spropositato di storie XD. Le one-shot, infine, saranno sempre pubblicate con una o due settimane di anticipo sul forum “Winx Luci e Ombre”. Questa stessa prima storia, infatti, fu pubblicata diverso tempo fa sul sito e, essendomi particolarmente affezionato al forum e ai suoi utenti, ho deciso di dare loro un’esclusiva XD. Detto questo, veniamo al “succo” di questa prima one-shot. Personalmente ho amato fin da subito il rapporto di amicizia instauratosi tra i due protagonisti. Nabu era un po’ la voce della coscienza di Riven e ha sempre cercato di aiutarlo nel suo rapporto con Musa. Il ragazzo, grazie all’aiuto del giovane mago, ha compreso ampiamente i suoi errori ed è andato in contro ad un processo di maturazione. Quest’ultimo, se non fosse stato bruscamente interrotto, lo avrebbe reso, a mio parere, uno dei personaggi meglio caratterizzati della serie. Purtroppo nella serie, dopo la morte del fidanzato di Aisha, Riven ha subito una drastica involuzione e in seguito è stato messo da parte. Diciamo che con questa breve storia ho cercato di focalizzarmi soprattutto su questa “rottura”… sulla fine di un rapporto, che ne ha inevitabilmente compromesso un altro. Scusate se vi ho annoiato con queste note infinite e arrivederci alla prossima uscita :D :D :D.
Yugi95

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Capitolo 2
*** Il peso della solitudine ***


Il peso della solitudine
 
Le lancette dell’orologio color pesca si erano appena posate sul numero 12, quando un rumore di passi echeggiò per la stanza. Un’aggraziata figura femminile, lasciando ondeggiare i suoi lunghi capelli verdi nell’aria, si mosse lentamente verso una delle finestre della camera. Una volta che l’ebbe raggiunta, si appoggiò languidamente ad essa e, incrociando le braccia all’altezza del petto, iniziò a scrutare l’esterno. Il cortile della scuola era avvolto dalle tenebre della notte e una pallida falce lunare si stagliava mestamente nel cupo cielo di Magix. Una leggera pioggerellina d’inizio autunno si lasciava accompagnare verso il basso da una fredda brezza, che con estrema delicatezza, quasi avesse paura di farle del male, la adagiava al suolo e sui vetri di Alfea. Le goccioline, simili alla fresca rugiada mattutina, scivolavano sulla liscia superfice della finestra disegnando tortuosi e incomprensibili percorsi. La ragazza, ipnotizzata da quel movimento involontario e casuale, seguì con la coda dell’occhio quello “spettacolo”, che la natura sembrava aver messo in scena esclusivamente per lei; finché una lacrima, dopo averle rigato una guancia, non si staccò dal suo viso cadendo sul dorso della mano. Quell'improvvisa sensazione di umido la ridestò immediatamente dalla trance, nella quale sembrava essere rimasta intrappola, e la spinse a distogliere lo sguardo. Staccò la fronte dal vetro e, volgendosi nuovamente verso l’interno della stanza, concentrò la propria attenzione sulla scrivania in legno posta a qualche metro di distanza. Senza indugiare oltre, dopo aver preso un profondo respiro, la raggiunse e, sedutasi sulla comoda sedia con le ruote, estrasse da uno dei cassetti un foglio di carta. A quel punto la ragazza prese dal portapenne metallico situato alla sua destra una matita colorata e, una volta accesa la lampada della scrivania, con mano tremante iniziò a scrivere:
Cara Eldora…
Era da tanto tempo che desideravo avere tue notizie! Di conseguenza non puoi neanche immaginare la gioia che ho provato nell’apprendere dell’arrivo di questa tua lettera. Nonostante sia sempre stata consapevole dei numerosi impegni che il tuo ruolo di Fata Madrina comporta, speravo con tutta me stessa che riuscissi a trovare un po’ di tempo anche per la tua vecchia allieva. Speranza che fortunatamente non hai disatteso. Ad essere sincera anch’io avevo pensato più volte di contattarti in qualche modo, ma il non sapere in quale luogo della Dimensione Magica ti trovassi, a causa dei tuoi continui spostamenti, e la tua totale avversione per i moderni palmari tecnomagici me l’avevano impedito. Adesso è però superfluo rimuginare su queste sciocchezze: l’importante è che siamo nuovamente riuscite a metterci in contatto l’un l’altra. Venendo al contenuto della tua missiva, sarò più che felice di accontentare la tua richiesta. Allora… …vediamo un po’… sai, sono successe così tante cose in questi primi due mesi che non saprei proprio da dove iniziare. Forse… forse dovrei semplicemente dirti tutto, lasciare che la matita segua i pensieri e i ricordi, che senza un ordine preciso si affollano nella mia mente. Forse dovrei e… non trovo alcun motivo valido per agire diversamente. Alfea è un posto bellissimo e fin da subito mi sono sentita a mio agio, quasi come se fossi predestinata a studiare in questa scuola. Faragonda è sempre gentile con me e allo stesso modo gli altri professori sono disposti ad insegnarmi tantissime cose. Ho conosciuto numerose studentesse di Alfea con le quali ho ben presto stretto un saldo legame di amicizia e fiducia. Le Winx, infine, mi hanno aiutata ad inserirmi in questo nuovo contesto e Bloom… …mi ha… Bloom mi…”.

La ragazza dai capelli verdi lasciò cadere la matita colorata e, portandosi le mani al viso, iniziò a singhiozzare. Le lacrime ricaddero sulla lettera bagnando in più punti il sottile foglio di carta e sbiadendo conseguentemente le scritte in grafite. Non riuscendo più a trattenersi, si piegò in avanti e, nascondendo la testa tra le braccia, si abbandonò ad uno straziante pianto silenzioso. Per diversi minuti la ragazza alternò rapidi respiri irregolari a profondi gemiti sommessi, il cui rumore era coperto dal continuo ticchettio della pioggia sulle lastre delle finestre. Poi… il tutto si fermò. Smise di colpo di piangere e, dopo aver rialzato il suo viso divenuto ormai rosso per lo sfogo emotivo, si asciugò con le mani gli angoli degli occhi. Quest’ultimi si posarono nuovamente sul bagnato e stropicciato pezzo di carta, che aspettava soltanto di conoscere quale destino la sua “autrice” gli avesse riservato. Questa, allora, mordendosi nervosamente il labbro inferiore, riprese la matita colorata e con estrema decisione ne posizionò la punta sul foglio:
Perdonami Eldora, l’ho fatto anche questa volta… anche questa volta ti ho mentito. Non è vero! Nulla di tutto ciò che ti ho appena scritto è vero. Per tutto questo tempo ho sperato più e più volte che tu non mi scrivessi, che non cercassi di contattarmi. Avrei preferito che tu ti dimenticassi di me… avrei preferito che mi abbandonassi qui ad Alfea senza tornare più a prendermi. In cuor mio però sapevo bene che questo non sarebbe mai potuto accadere: sapevo che non mi avresti mai lasciata da sola. Eldora, tu sei troppo buona e io non mi merito affatto né il tuo amore né la tua gentilezza. La verità è che non avevo… anzi non ho tutt’ora la forza di affrontarti, di dirti come stanno realmente le cose. Tu hai fatto tanto per me, ci sei sempre stata anche quando ho deciso di voltarti le spalle. Mi hai salvata da un tragico destino, ti sei battuta per me nonostante non lo meritassi. Fosti così orgogliosa nel vedermi trasformare per la prima volta in una Fata Enchantix. Mi hai iscritta ad Alfea perché volevi che mi fosse assicurata la migliore istruzione possibile. Avevi puntato tutto sulla tua amata studentessa e quest’ultima aveva giurato a se stessa di non deludere le tue aspettative. Purtroppo non sono riuscita a mantenere questa promessa e ho fallito ancora una volta. Questi mesi sono stati… sono stati orribili. La maggior parte delle studentesse mi odia e mi considera una sorta di mostro. Le altre, invece, sono così spaventate dalla mia “fama” e dalle continue dicerie sul mio conto che il solo rivolgermi la parola le terrorizza. I professori non sono per nulla d’aiuto: sembra quasi che il mio disagio non gl’interessi affatto. Per di più sono restii ad insegnarmi determinati incantesimi e a darmi suggerimenti sul come sviluppare al meglio i miei poteri: hanno paura che possa usare entrambi a scopi malvagi. Anche le Winx mi hanno abbandonato: Bloom e le altre sono sempre in missione e non hanno mai del tempo per me. Ad eccezione dell’appoggio di Faragonda, sono completamente sola. Tuttavia, nonostante la situazione mi faccia estremamente soffrire, penso di meritarmi tutto questo. Dopotutto nella mia vita ho combinato solo guai e ho causato del male a molte persone. Io, però, non ce la faccio più a sopportarlo… non riesco a tollerare gli sguardi inquisitori, le risatine di scherno e la solitudine alla quale mi sono condannata. Io… …io… …io sono troppo fragile per farcela da sola, sono troppo debole per poter affrontare il mondo che mi aspetta senza il tuo aiuto Eldora. Per questo motivo ti prego… ti prego vienimi a prendere, riportami a casa con te. Non voglio diventare una potente fata se poi non mi è permesso di mettere la mia forza a difesa della Dimensione Magica; preferisco tornare ad essere la tua apprendista. Ti scongiuro Eldora non lasciarmi anche tu… non permettere che la solitudine mi dilani l’anima.
Per sempre tua allieva e amica, Selina”.

A quel punto la ragazza posò la matita alla destra della lettera e, grattandosi con fare maniacale le cosce con le unghie delle mani, rimase ad osservare quanto aveva appena scritto. In quei momenti una miriade di pensieri, emozioni, paure e rimpianti si affollarono nella sua mente e nel suo animo. Desiderava che la sua Fata Madrina fosse orgogliosa di lei, desiderava che la Dimensione Magica la perdonasse per tutti i crimini commessi in passato. Non voleva più essere sola, non voleva che un errore di gioventù la facesse soffrire per il resto di tutta la sua vita. Non voleva… perdere quella battaglia. Selina si alzò dalla sedia e, prendendo tra le mani il foglio di carta, si diresse nuovamente alla finestra. Questa volta però ne spalancò l’anta venendo immediatamente investita dalla pioggia e da una fredda raffica d’aria. La ragazza dai capelli verdi, allora, piegò più volte la lettera su se stessa, poi, dopo averle dato un’ultima triste occhiata, la strappò in pezzi sempre più piccoli. Infine aprì il palmo della propria mano e lasciò che il vento portasse via quei frammenti, mentre lei rimaneva immobile ad osservarli alzarsi sempre più in alto e lontano nel cielo stellato.
 
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Note d’autore: Buonsalve a tutti!!! Dite la verità: pensavate che fossi stato rapito dagli alieni, non è vero? Diciamo che in queste due ultime settimane sono stato abbastanza influenzato e conseguentemente non ho avuto la forza di dedicarmi alla storia. In verità avevo già iniziato a scrivere il capitolo 32 della Rinascita, ma, poiché mancano ancora delle parti importanti, non ho avuto la possibilità di pubblicarlo XS. Lunedì prossimo, dopo questa lunghissima e asfissiante pausa, entrambe le storie riprenderanno la loro consueta “serializzazione”. Tuttavia, non volendo lasciarvi a bocca asciutta anche per oggi, ho deciso di anticipare il secondo Racconto di Cassiopea. Come avrete sicuramente capito, la one-shot è incentrata su Selina (ovviamente la Selina di questo arco narrativo e non quella della serie originale) e sul suo primo periodo ad Alfea. La ragazza ha una sorta di monologo interiore (la lettera indirizzata ad Eldora), attraverso il quale cerca di dar sfogo a tutte le sue paure e preoccupazioni ;D. Ovviamente il problematico approccio tra Selina e Alfea non si chiude di certo qui: altre one-shot torneranno ad approfondire l’argomento XD. Beh… oggi voglio essere breve, quindi concludo qui. Un saluto e arrivederci ai prossimi aggiornamenti 😃 😃 😃.
Yugi95

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Capitolo 3
*** Il Fiore delle Anime ***


Il Fiore delle Anime
 
Una navetta spaziale di colore bianco atterrò silenziosamente sul vasto prato, che circondava quella graziosa casa di periferia. Era buio, le stelle erano coperte da pesanti banchi di nuvole e, conseguentemente, la loro luce risultava fioca, quasi impercettibile. Un debole vento spirava tra gli alberi agitandoli giusto quel po’ che bastava per turbare il sonno degli uccelli, placidamente appollaiati sui loro rami. Voci concitate si accavallavano nella notte, mentre lingue di fuoco nere come la pece si alzavano alte e minacciose nel cielo. Il portello posteriore dell’astronave si aprì consentendo agli occupanti del veicolo di uscire. Tra di essi si fece largo una possente e austera figura maschile, vestita con una pesante armatura bronzea sulle cui spalle ricadeva un lungo mantello color porpora. Il suo viso, segnato da una profonda cicatrice, era torvo, la fronte corrugata. I profondi occhi celesti scrutavano attentamente la zona, soffermandosi su ogni singolo dettaglio, anche quello più insignificante. Rowarir fu immediatamente circondato da un manipolo di giovani in uniforme che, mettendosi in ginocchio, rimasero in attesa di un qualcosa.
«William…» sibilò, improvvisamente, l’umo al centro - «Esigo un rapporto dettagliato della situazione, adesso».  
In quello stesso istante un muscoloso e possente soldato dai lunghi capelli castani si rimise in piedi e, affiancandosi al suo Comandante, gli bisbigliò nell’orecchio:
«È complicato, Signore».
«Quanto complicato?».
«”Molto”… sarebbe un eufemismo».
«Capisco» concluse Rowarir con fare ermetico.
Senza aggiungere nient’altro il Comandante fece un cenno con la mano destra. Gli altri soldati, allora, si misero sull’attenti in attesa di ordini. Lo stesso William si posizionò davanti al suo superiore in modo tale da poter essergli utile in qualche modo. Rowarir prese un profondo respiro e, dopo essersi massaggiato pensierosamente la crespa barba, disse:
«Vyserys, Tyrion e Jorah, a voi affido il controllo dell’Eagle, mi raccomando… trattatela bene. Jaime, Rhaegar e Khal, a voi il compito di coordinare il pattugliamento del perimetro: nessuno deve uscire o entrare senza il mio permesso. William e Jon, voi siete con me!».
«Signorsì signore!» esclamarono in coro i Templari al suo servizio.
Subito dopo i soldati si adoperarono per mettere in pratica gli ordini del Comandante; quest’ultimo, seguito dai due sottoposti, si diresse verso il centro di quel vasto prato. Il suo era un incedere lento ma deciso, la mano era poggiata sull’elsa della spada che gli scendeva lungo il fianco destro. Tutt’intorno vi era un grande via vai di persone: soldati, funzionari governativi e civili affollavano quel luogo un tempo così tranquillo. Autobotti magiche piene d’acqua e stregoni esperti nel controllo dei liquidi, intanto, combattevano una strenua lotta con gli ultimi residui di quello che doveva essere stato un vasto incendio. Nonostante i Templari di Roccaluce cercassero di mantenere il più possibile l’ordine, il caos regnava sovrano e la tensione era palpabile. Ciononostante compostezza e la tranquillità di Rowarir sembravano non essere minimamente scalfite da quella confusione assordante. L’uomo, infatti, continuava ad avanzare in maniera imperterrita, lasciandosi scivolare addosso qualsivoglia distrazione. D’altra parte i presenti, non appena scorgevano l’imponente sagoma del Lord Comandante, si facevano immediatamente da parte al fine di non intralciarne il cammino. I tre procedettero spediti per una cinquantina di metri finché, ormai giunti in prossimità dell’abitazione semidistrutta, non si fermarono all’altezza di un cordolo di sicurezza. William e Jon si affiancarono al loro Comandante, intento ad osservare con maniacale attenzione i danni all’abitazione. Questi, però, dopo aver fatto cenno ai suoi sottoposti di mantenere la posizione, oltrepassò da solo il limite di sicurezza e varcò il cancelletto del giardino. Al suo interno vi erano alcune squadre di agenti, appartenenti ai diversi dipartimenti governativi interessati da quel disastro, che si affannavano a svolgere il loro lavoro. Rowarir non prestò la minima attenzione a quelle persone considerate nulla più che seccatori e, proseguendo per la sua strada, si diresse all’ingresso dell’abitazione.
«Comandante» esordì la squillante voce di un soldato dai capelli rossi e vestito con un lungo camice bianco.
«Robert, rapporto…» sibilò l’altro con un filo di voce.
Il giovane, allora, si fece consegnare da un suo compagno una sorta di cartellina di metallo con dei fogli di carta spillati; poi, sfogliando le pagine con fare certosino, disse:
«Non vi sono dubbi che si è trattato di un caso di omicidio: un’intera famiglia assassinata da non più di tre soggetti ignoti. In particolare le vittime sono due adulti e una ragazzina di età compresa tra i quattordici e i sedici anni. Marito e moglie sono stati ritrovati in cucina, entrambi presentavano profonde ferite al torace e diversi traumi alla testa. Tuttavia non sappiamo ancora di preciso quale sia stata la causa della morte. Il corpo della figlia, invece, si trovava al primo piano, quando la squadra del Dipartimento per l’uso improprio delle arti magiche ha fatto irruzione. A differenza dei genitori, che sembrano essere stati presi alla sprovvista, la ragazzina ha cercato di difendersi ma… ma sono stati spietati: non ha avuto alcuna possibilità. Sebbene solo un’autopsia dettagliata sarà in grado di confermarmelo, sono convinto che i tre siano deceduti prima che fosse appiccato l’incendio. Molto probabilmente gli assassini avevano un unico scopo: uccidere queste persone, il resto è venuto dopo. Stando ai rilievi della squadra inviata dal Dipartimento per l’uso improprio dei manufatti magici, l’attacco è avvenuto presumibilmente verso le dieci di sera. Tuttavia, a causa della distanza, i vicini si sono resi conto dell’incidente soltanto alle dieci e mezza… in pratica quando le fiamme hanno minacciato le loro abitazioni. Sempre secondo le testimonianze raccolte dai nostri uomini e dagli ufficiali del Dipartimento, nessuno avrebbe visto i presunti responsabili dell’accaduto. Per quanto riguarda l’incendio la squadra, inviata dall’Istituto per la Sanità Pubblica, ha ormai la situazione sotto controllo. Ciononostante le cause e la natura di quelle fiamme nere risultano ancora adesso ignote. Il responsabile dell’Ufficio Misteri ha azzardato l’ipotesi che si tratti di magia nera, molto oscura… molto potete. Personalmente non avevo mai visto nulla del genere».
Rowarir si portò la mano al mento barbuto e, massaggiandolo tranquillamente, iniziò a riflettere sulle informazioni appena ricevute. Far quadrare quei pochi indizi non era affatto facile e, come se non bastasse, la smodata quantità di “risorse umane” coinvolte non faceva altro che peggiorare la situazione. Il Comandante dei Templari era ben consapevole che più persone avessero maneggiato prove delicate più queste si sarebbero potute rovinare. Allo stesso tempo l’avere tanti agenti, appartenenti a numerose squadre tra loro indipendenti, comprometteva anche la raccolta delle testimonianze. Queste, infatti, sebbene fossero state ottenute dallo stesso gruppo di civili, risultavano contraddittorie, incomplete e, soprattutto, fuorvianti. Di conseguenza l’uomo, non volendo che un’indagine già di per sé abbastanza difficile si complicasse ulteriormente, convocò William e Jon. I due si presentarono immediatamente al suo cospetto e esclamarono all’unisono:
«Comandi, Signore?!».
«Solo uno: allontanate tutte le altre squadre governative!» replico, lapidariamente, l’altro.
«È… è sicuro di ciò che dice?» mormorò, timidamente, William tenendo lo sguardo basso - «Non penso abbiamo l’autorità per un’azione del genere».
Rowarir, allora, infilò la sua mano sotto la corazza della spessa armatura al fine di estrarne una pergamena, chiusa con un vellutato nastro rosso. Subito dopo consegnò il rotolo al suo secondo dicendogli:
«Questo è un ordine esecutivo firmato da Arcadia e dai restanti membri del Consiglio degli Anziani. Data la gravità della situazione, hanno deciso di scavalcare l’autorità della “Commissione di Sicurezza Esterna” e della Grande Assemblea. Ci hanno conferito piena libertà d’azione e l’esclusiva assoluta su questa caso. Quindi… non farti troppi problemi nel congedare gli altri funzionari e i loro agenti».
«D’accordo… sarà fatto» concluse William a denti stretti, per poi uscire dall’abitazione seguito da Jon.
Rowarir e Robert rimasero per alcuni secondi con lo sguardo fisso sui due che si allontanavano, finché il capo della Divisione Medica non si rivolse al suo Comandante:
«Signore… sul serio Arcadia ha fatto questo? Ha davvero scavalcato la Commissione e l’Assemblea?».
«A quanto pare si».
«Non sapevo il Consiglio avesse questa facoltà».
«Infatti… non c’è l’ha!» concluse, secco, il Signore dei Templari, mentre la sua fronte si corrugava ulteriormente.
Robert fu spiazzato da quell’ultima affermazione. Gli risultava davvero difficile credere che Arcadia e i suoi più stretti collaboratori potessero essere arrivati a tanto. Certo, sapeva bene che quella non era la prima volta che il Consiglio andava ben oltre le proprie funzioni, ma che esautorasse addirittura la Grande Assemblea… era impensabile. Rowarir, notando lo stupore impresso sul volto del giovane, gli mise una mano sulla spalla e, come era solito fare quando dispensare consigli ai suoi uomini, gli disse con fare paterno:
«Robert, non crucciarti per queste cose. La politica è sempre un brutto affare, ma fortunatamente è un affare che non ci riguarda. Piuttosto perché non continui a parlarmi del rapporto che hai redatto. C’è altro che dovrei sapere?».
«Beh… …ecco…» balbettò, timidamente, il soldato non sapendo cosa rispondere - «Siamo… siamo arrivati alla conclusione che l’aggressione ai danni della famiglia non sia la conseguenza di una rapina finita male. Infatti, sembra che non manchi nulla: tutti gli oggetti di valore sono stati lasciati al loro posto. Anche dal giardino e dalla serra, adiacente al lato sinistro della casa, non è stato prelevato nulla d’importante. Tuttavia…».
«Tuttavia?!» insistette Rowarir alzando un sopracciglio.
Robert, allora, si avvicinò ad un tavolino, bruciato in più punti, sul quale era poggiato un grosso tomo con la copertina in pelle. Dopo avere preso il libro, lo consegnò a Rowarir spiegandogli cosa fosse.
«Questo è una sorta di registro, un libro mastro sul quale la coppia annotava quali e quante piante fossero presenti all’interno della serra. Vi sono dettagliate descrizioni sulle proprietà dei fiori e le loro fotografie. Una di queste, però, non corrisponde ad alcun tipo di pianta, cespuglio o arbusto rinvenuto dalla nostra squadra. È come se si fosse volatilizzato nel nulla. All’inizio avevo pensato che l’incendio l’avesse distrutto, ma la serra non risulta minimamente danneggiata dalle fiamme. Perciò è altamente improbabile che sia stato bruciato».
«Sappiamo come si chiama questo fiore?».
«Mallothea».
Rowarir divenne improvvisamente pallido, mentre le sue mani iniziarono a tremare debolmente. Era come se quel nome l’avesse turbato, quasi spaventato. Il suo stato d’agitazione, però, durò solo alcuni secondi. Dopotutto era pur sempre il Signore dei Templare di Roccaluce: non poteva mostrarsi debole o intimorito. Come se non bastasse, il suo interlocutore aveva immediatamente notato la paura impressa su quel volto segnato dai ricordi di mille battaglie. Così, cercando di assumere un atteggiamento distaccato e di recuperare il proprio contegno, il Comandante prese il registro dalle mani del suo sottoposto e, dopo aver eseguito un incantesimo di rimpicciolimento, lo pose sotto la corazza.
«Signore…» bisbigliò, confuso, il capo della Divisione Medica.
«Voglio solo dargli un’occhiata più accurata» si giustificò l’altro con tono scherzoso - «Non appena avrò finito lo consegnerò agli addetti del deposito prove».
«D’accordo… come vuole lei».
Rowarir, allora, tirò un profondo sospiro di sollievo. Detestava il dover mentire ai suoi uomini, ma quella faccenda stava diventando sempre più complicata e pericolosa. Conosceva Robert ormai quasi da dieci anni, l’aveva visto crescere, migliorarsi, maturare; era fiero del soldato e, soprattutto, del medico che era riuscito a diventare. Non poteva fargli correre quel rischio, non poteva permettere che altri soffrissero a causa di quei mostri. Preferiva tenere i suoi fedeli sottoposti all’oscuro di alcuni dettagli, piuttosto che vederli preda di un qualche cosa che nessuno comprendeva appieno. Una volta recuperato il libro, Rowarir si apprestò ad uscire dall’abitazione per far ritorno alla sua navetta. Tuttavia Robert lo afferrò per un braccio e, avvicinandosi il più che poté, gli bisbigliò nell’orecchio.
«Signore, prima che vada ci… ci sarebbe una questione che richiede la sua attenzione».
«Quale?».
Il responsabile della Divisione Medica, però, non rispose nulla e, limitandosi a trascinare con sé il Signore dei Templari, sempre più confuso da quella situazione, lo condusse ad una piccola porticina in legno posta sul lato opposto della casa. A quel punto il giovane la aprì lentamente e i due si ritrovarono dinanzi un grazioso giardinetto privato, al cui centro erano posti una fontana marmorea e un paio di panchine in legno. Su una di queste era seduta una ragazza dalla pelle olivastra e dai lunghi capelli castani. Era piegata in avanti, la sua fronte poteva quasi toccare le ginocchia mentre le braccia erano strette al petto. Sembrava che stesse male, sembrava che stesse soffrendo… soffrendo terribilmente. Al suo fianco si trovava un ragazzo che le massaggiava la schiena. Era alto, robusto e di bell’aspetto; i suoi capelli neri erano lunghi fino alla schiena, mentre gli occhi, anch’essi di colore nero, erano stranamente lucidi e arrossati. Nonostante avesse assistito moltissime volte a scene del genere durante la sua lunga carriera, Rowarir fu profondamente scosso da ciò che si mostrava ai suoi occhi. L’esperienza e la consapevolezza che la morte è pur sempre una costante della vita umana, non furono in grado di rendere quella situazione meno struggente. Dopotutto quella ragazza avrebbe avuto potuto avere la sua età… un’età alla quale lei non era mai arrivata. Inspirò profondamente al fine di farsi coraggio, al fine di trovare la forza per fare ciò che andava fatto. Non era mai facile, ma qualcuno doveva assumersi quella responsabilità… doveva parlare con quella persona. Dopo aver fatto segno a Robert di non seguirlo, si avvicinò ai due ragazzi, i quali non si erano ancora resi conto della sua presenza. Mentre camminava sul manto erboso, lasciando dietro di sé profondi e sproporzionati solchi, rimuginò più e più volte su cosa dire; ma, avendo realizzato che in quelle situazioni non si può seguire una specie di “copione”, preferì concentrarsi esclusivamente sull’aggraziata figura della ragazza e sul suo immenso dolore. Il giovane fu il primo ad accorgersi dell’arrivo di Rowarir, seguito pochi secondi dopo dalla sua compagna, che non ebbe però la forza di alzare la testa e di guardarlo negli occhi.
«Lei… lei chi è?» bisbigliò il ragazzo dai capelli neri con voce tremula.
«Il mio nome è Rowarir, Signore dei Templari di Roccaluce» rispose, dolcemente, l’altro cercando di mettere i due a loro agio.
«Cosa possiamo fare per lei?».
«Dovrei parlare in privato con… con Flora».
In quello stesso istante la Fata della Natura, colpita dall’ultima parola dell’uomo, rialzò la testa e, cercando di trattenere le lacrime e i singhiozzi, piagnucolò:
«Come fa a conoscere il mio nome?».
Il Comandante sorrise e, prendendo il viso della giovane tra le sue grandi ma delicate mani, le disse:
«Mia cara, non c’è abitante della Dimensione Magica che non conosca te e le tue amiche. Noi vi dobbiamo molto…».
A quel punto Flora chiese ad Helia di lasciarla sola con Rowarir in modo tale che potesse ascoltare cosa aveva da dirle. Lo Specialista, sebbene avesse preferito di gran lunga rimanere al fianco della sua fidanzata, fece come gli era stato detto. I due parlarono per circa una decina di minuti, mentre Helia e Robert li osservavano da lontano senza riuscire a capire cosa stessero dicendo. Una volta che ebbero terminato Rowarir si congedò dalla ragazza e tornò alla piccola porta di legno.
«Signore, credo sia ora di andare» esclamò il soldato.
«D’accordo» sentenziò l’altro.
Tuttavia prima di lasciare definitivamente quel luogo, si rivolse un’ultima volta allo studente di Fonterossa e gli disse:
«Mi raccomando, resta al suo fianco… lei ha bisogno di te, ha un disperato bisogno di tutti voi».
«Signorsì, Signore» replicò Helia portandosi la mano destra al cuore e facendo una sorta di giuramento.
L’Eagle era pronto per la partenza, il vasto prato verde era stato ormai del tutto sgomberato. I civili e i membri delle altre squadre governative avevano lasciato campo libero ai Templari, i quali si apprestavano a trascorre una lunga notte di indagini. Rowarir, avendo dato le ultime disposizioni ai suoi uomini, era pronto per salire sulla navetta, quando una fioca luce argentea, proveniente dal folto della foresta, richiamò la sua attenzione. Il Comandate capì immediatamente il significato di quel bagliore e, dopo aver ordinato ai William e Jon di aspettare ancora un paio di minuti, si diresse verso la fonte del segnale. Percorse un centinaio di metri lungo un impervio sentiero finché non raggiunse un’ampia radura illuminata dalla fioca luce della luna.
«Lo sai che dovrei arrestarti, vero?» esclamò, divertito, il Signore dei Templari, mentre fissava un punto ben preciso di quello spiazzo.
«E quali sarebbero le accuse?» replicò, sarcasticamente, una voce maschile che sembrava provenire da ogni direzione.
Quella domanda così impertinente e canzonatoria suscitò le risate di Rowarir, che, mettendosi a contare le dita delle sue mani, disse:
«Vediamo… appartenenza ad un ordine segreto illegale; partecipazione ad operazioni di spionaggio; contaminazione di una scena del crimine; disturbo della quiete pubblica; offesa a pubblico ufficiale e… e devo continuare?».
«D’accordo, d’accordo hai reso l’idea» concluse un uomo anziano dalla pelle scura, apparso improvvisamente alle spalle del soldato.
«Dopo tutti questi anni riesci ancora a trarmi in inganno».
«Sei tu ad essere troppo cocciuto per imparare».
A quel punto i due si strinsero in un forte e sincero abbraccio per alcuni secondi. Una volta separatisi, il Signore dei Templari, assumendo quel suo atteggiamento di austera serietà, sospirò:
«Azekel, amico mio… è bello vederti, ma non dovresti esporti così tanto, non con me».
Il maestro di Aenuashiba annuì debolmente con la testa. Dopotutto il Comandate dei Templari aveva ragione: uscire allo scoperto ed immischiarsi in faccende che riguardavano il Consiglio degli Anziani, non era molto saggio. Ciononostante Azekel, sebbene fosse consapevole dei rischi, non sembrava essere troppo preoccupato per la sua sorte. L’anziano membro dell’Ordine di Agador, infatti, sapeva bene che un qualcosa, di gran lunga più importante della sua stessa vita, era minacciato da un grave pericolo… un pericolo chiamato Ksendras.
«Rowarir…» sibilò Azekel con voce greve - «Se sono qui, se gli abitanti della Dimensione Magica continuano a sparire, se quella povera famiglia è stata brutalmente assassinata, c’è un solo motivo e tu sai bene a cosa io mi stia riferendo».
«Azekel, credimi ci sto provando, ma è difficile» mugugnò il Signore dei Templari con tono dispiaciuto.
«Lo so, ma… ma il tempo a nostra disposizione scarseggia e questa sera ne abbiamo avuto la prova».
«Secondo te per quale motivo hanno rubato un esemplare di Mallothea?».
Il Maestro di Aenuashiba si portò la mano chiusa a pugno al mento e iniziò a riflettere sulle possibili implicazioni di quella pianta. Allo stesso modo anche Rowarir cominciò a camminare avanti e indietro per la radura, al fine di ragionare meglio. Trascorsero alcuni minuti di assoluto silenzio, scanditi dal roco rumore metallico prodotto dall’armatura del Comandante; finché Azekel non si pronunciò in merito a quella spinosa questione.
«Il “Fiore delle anime” possiede della proprietà uniche, quasi miracolose; che nelle mani sbagliate potrebbero causare non pochi problemi alla Dimensione Magica. Tuttavia il suo potere non è sufficiente a rompere i sigilli che imprigionano Ksendras. L’unico modo per spezzare l’incantesimo, eseguito da Acheron e dalla Custode della Fiamma del Drago, consiste nell’utilizzare il potere delle due Fiamme. No… deve esserci dell’altro, deve esserci un altro motivo che li ha spinti a rubare la Mallothea, che li ha spinti ad uccidere quelle persone».
«Li hanno massacrati. Quella povera ragazza non aveva speranze» sibilò Rowarir stringendo i pugni per la rabbia.
Il maestro di Aenuashiba, comprendendo e condividendo il dolore dell’amico, gli poggiò una mano sulla spalla e, sfoggiando un luminoso sorriso d’incoraggiamento, gli disse:
«Purtroppo tutto ciò che possiamo fare è continuare a combattere. Certo, le vite che sono andate perdute e che continueremo a perdere lungo la strada, non potranno mai esserci restituite. Ma è proprio per questo che lottiamo… lottiamo per evitare che altre persone soffrano a causa di Ksendras, lottiamo per assicurare ai nostri giovani un futuro migliore. Questa sera quella ragazza ha perso tutto, il suo mondo è finito, svanito nel nulla. Il dolore e la rabbia che in questo momento le stanno devastando l’animo sono per noi incomprensibili. Questo è il motivo per cui continuiamo a rialzarci, lo facciamo per lei… lo facciamo per la sua famiglia e per tutti quelli che sono stati vittima dell’Oscurità. Andremo avanti finché potremo, finché non saremo soddisfatti di ciò che abbiamo fatto. Poi, quando sarà giunto il nostro momento, lasceremo il nostro posto a quei due ragazzi. Dopotutto è per questo motivo che li stiamo addestrando, è per questo motivo che continuiamo ad infondere in loro le nostre speranze».
«Come sempre non ti sfugge mai nulla» esclamò, sarcasticamente, l’altro.
«Beh… ormai mi conosci, ho occhi dappertutto» sentenziò Azekel allontanandosi di alcuni passi al suo amico.
«Secondo te hanno qualche possibilità?».
«Non saprei, l’unica cosa che possiamo fare è aspettare» concluse, amaramente, il membro dell’Ordine di Agador - «Fino ad allora… continuiamo a combattere».
Non appena pronunciò quelle ultime parole, Azekel fu avvolto da un’accecante luce bianca per poi scomparire sotto lo sguardo dello stesso Rowarir. Questi, per nulla sorpreso dall’accaduto, ridacchiò soddisfatto e, voltante le spalle alla radura, sibilò:
«La guerra è appena cominciata».
 
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Note dell’autore: Ben ritrovati a tutti!!! Eccoci giunti al terzo capitolo della raccolta XD. Alloooora, come promisi diverso tempo fa, questa storia è dedicata alla tragica morte della famiglia di Flora. Tuttavia, a differenza di quanto qualcuno di voi aveva immaginato, ho preferito descrivere la scena da un punto di vista differente. Infatti, tutta la narrazione è incentrata su Rowarir e i suoi uomini, intenti a risolvere questo caso di omicidio. Ho preferito seguire questa strada perché il descrivere la tortura e la morte di personaggi, ai quali noi tutti siamo particolarmente affezionati, non mi andava proprio giù XD. Di conseguenza ho preferito che si assistesse alla scena da una prospettiva diversa. Spero che questa mia scelta sia stata di vostro gradimento 😊. In secondo luogo ho preferito omettere (lasciandolo conseguentemente alla vostra immaginazione) il dialogo tra Rowarir e Flora. Ad essere sincero ho agito in questo modo, perché non sapevo proprio cosa scrivere. Cioè… avevo paura di risultare banale trattando in maniera troppo semplicistica una tematica così importante. Dopotutto non è per nulla facile trovare le parole quando il tuo interlocutore ha appena perso tutta la sua famiglia. Di conseguenza ho pensato fosse meglio tacere che scrivere fesserie ^_^.  Un altro paio di cose e ho finito, giuro. I diversi “uffici governativi”, nominati all’interno del capitolo, non sono stati chiamati in causa per puro caso. Con il capitolo 6 della Rinascita, infatti, caricherò sul Drive e (qualora mi decida finalmente ad aprirla) la pagina Facebook lo schema (corredato di spiegazioni) delle istituzioni presenti nella Dimensione Magica. Vi avviso, non è semplice da capire… ma è necessario perché queste istituzioni e dipartimenti saranno presenti in tutta la saga. I nomi dei diversi soldati, ai quali Rowarir da ordini, (ad eccezione di William e Robert) sono stati intenzionalmente presi da Game of Thrones, mentre il Fiore delle Anime o Mallothea deriva dal nome elfico Malloth, che significa “fiore giallo” 😉. Infine, prestate attenzione alle ultime battute di Azekel. Il saggio membro dell’Ordine di Agador, infatti, fa riferimento a due giovani (rispettivamente il discepolo di Azekel e quello di Rowarir). Del primo conosciamo bene l’identità e sappiamo che ha un nome incomprensibile XD; però adesso vi chiedo: chi potrà mai essere il preferito del Signore dei Templari? William e Robert… li escludo io (lo so, sono cattivo ahahahahahahahahah). Beh… penso di avervi detto tutto. Come sempre un grazie ai lettori silenziosi e ai recensori 😉. Vi dò appuntamento alla settimana prossima 😊 😊 😊.

Yugi95

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