Moonflower

di Cara93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Madre Depositaria ***
Capitolo 2: *** Invito a Camelot ***
Capitolo 3: *** Le Terre Centrali ***
Capitolo 4: *** Presentazione ufficiale ***
Capitolo 5: *** L'attacco ***
Capitolo 6: *** Sorprese e piani ***
Capitolo 7: *** Relazioni pericolose ***
Capitolo 8: *** Nella foresta-parte 1 ***
Capitolo 9: *** Nella foresta-parte 2 ***
Capitolo 10: *** Barriere, dimensioni e un terribile segreto ***
Capitolo 11: *** Lunga notte ***
Capitolo 12: *** Risveglio ***
Capitolo 13: *** Intermezzo ***
Capitolo 14: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 15: *** Dubbi ***



Capitolo 1
*** Madre Depositaria ***


Kahlan Amnell correva in un bosco, inseguita da un quadrato di soldati. Mentre cercava di evitare le radici sporgenti e i rami bassi, malediva il suo destino e mentre una sorta di deja-vu la coglieva, si sentiva morire dentro. Perchè non ci sarebbe stato Richard a salvarla, questa volta. Arrivò ad una radura e, non sentendo i passi dei suoi inseguitori, si appoggiò ad un albero per riprendere fiato. Subito, un fruscio di foglie la fece tornare in allerta. Estrasse i pugnali che portava al fianco, dando le spalle al tronco dell'albero che, solo pochi secondi prima, l'aveva sostenuta. Era stremata, ma non aveva alcuna intenzione di arrendersi. Si aspettava l'attacco dei soldati di Richard e invece, un ragazzo, vestito da servitore, con il viso da folletto e con gli occhi azzurri, le capitò davanti. Le dava la schiena e stava borbottando sottovoce. A quanto poteva capire, qualcuno lo aveva incaricato di cercare ciocchi da ardere. Kahlan esitò solo un secondo, poi lo prese di sorpresa, alle spalle, puntandogli uno dei pugnali alla gola.
-Non fare un fiato-gli sussurrò.
-Iiio..chi..chi siete? E che..che vo..volete?-balbettò lo sfortunato ragazzo.
-Che tu stia zitto, per il momento-
-Il mio pa..padrone si acc..accorgerà della mm..mia assenza e..-
Altro fruscio, stavolta dalla parte opposta a dove si trovavano loro. Kahlan ebbe appena il tempo di liberarsi del ragazzo, che i soldati la attaccarono, urlando. Si sapeva difendere bene, ma sapeva che non poteva resistere all'attacco di un quadrato di soldati. Inaspettatamente, però, il ragazzo prendendo un bastone da terra, le venne in aiuto. Le parate e le stoccate che metteva a segno, non erano sufficienti. Come non era sufficiente l'aiuto del ragazzo, che con quel bastone, riusciva solo a difendersi dall'assalto degli omaccioni che l'avevano prima inseguita e poi attaccata. Le facevano male i polsi, la forza dei colpi avversari erano troppo forti e se la battaglia si fosse protratta troppo, avrebbero perso, lei sarebbe morta e con ogni probabiltà anche il ragazzo. Quel pensiero la fece infuriare, facendola attaccare con più foga, disperata. Ma era stanca e perse la presa su un pugnale. Non aveva più la possibilità di difendersi, non completamente. Poteva solo evitare i colpi, ma il suo fisico stava cedendo, oramai, riusciva solo a schivare per un soffio la lama degli avversari. Sentì il ragazzo borbottare parole inintelleggibili, poi un ramo cadde sulla testa di uno dei suoi avversari, stupita, ma non troppo, perchè aveva visto cose più strane, schivò il corpo del soldato svenuto. Erano ancora in tre, le sue forze e quelle del ragazzo, che appariva un po' provato, stavano calando drasticamente. Soppesò le opportunità, poi prese la sua decisione. Lottò con tutte le sue forze contro l'altro soldato che la stava attaccando, con il solo scopo di riuscire a toccarlo. Toccarlo con il suo potere. Finalmente, riuscì a prenderlo per la gola e a costringerlo a guardarla negli occhi. Il tempo sembrò fermarsi, poi, mentre lei si accasciava, stremata, l'uomo si voltò e attaccò i suoi compagni. Il ragazzo strabuzzò gli occhi alla vista di quella defezione improvvisa da parte di uno degli avversari, ma corse ugualmente verso la donna che credeva volesse uccidelo e la aiutò a rialzarsi, portandola vicino ad una quercia. Gli ultimi due soldati rimasti, si ritirarono, correndo da dove erano arrivati, mentre l'altro trafisse senza pietà quello svenuto. Poi si avvicinò a loro. Il ragazzo, tremante, si rialzò dalla sua posizione, accucciato accanto alla donna, e, sempre con il suo bravo ramo si frappose fra lei e il soldato. Arrivato a pochi centimetri, con il ragazzo pronto a caricare, il soldato lo ignorò smaccatamente, appoggiò la spada a terra e si inginocchiò.
-Ma cosa..-mormorò, roco e pieno di sorpresa, il ragazzo.
-Ai vostri ordini, Madre Depositaria. La mia spada è al vostro servizio, fino alla morte- 

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Capitolo 2
*** Invito a Camelot ***


-Ma cosa diavolo...Madre Depositaria?-si voltò verso la donna, squadrandola da capo a piedi. Era vestita di bianco, una fattospecie di tunica, come quella dei sacerdoti, ma aperta sul davanti per darle modo di muoversi a suo agio, pantaloni di pelle, scuri e stivali alti. Una cintura alla vita, con delle aperture per riporre i pugnali e, da un lato della stessa, pendeva una corda con un medaglione argentato. La tunica aveva un cappuccio molto lungo e la parte superiore le lasciava scoperte le spalle, le maniche larghe. Notò solo in un secondo tempo lo zaino che portava sulle spalle. Certo che è stanca, chissà come peserà, pensò. Un pensiero strano e fuoriluogo, ma era abituato a fare pensieri strani e fuoriluogo. La donna, la Madre Depositaria, lo guardò. Era alto, magrissimo, di una bellezza particolare e delicata. Qualcosa passò negli occhi del ragazzo. Qualcosa che aveva già visto negli occhi di Zedd. Magia e potere. Il ragazzo era un mago. Ecco come aveva fatto a cadere quel tronco. Si fissarono, occhi azzurri e occhi verdi. Ha degli occhi stupendi, quasi come quelli di Morgana, pensò il ragazzo.
-Perchè mi hai aiutato?-chiese, diretta.
-Io..non lo so..non mi piace lasciare sola una donna in difficoltà, mi sembra..non so..sbagliato-
La donna inarcò un sopracciglio, scosse la testa:-Uomini..- poi, -Grazie. Dopo il modo un po'..rude in cui ti ho trattato, non mi aspettavo il tuo aiuto. Sei stato molto gentile-
-Grazie-si portò un braccio dietro il collo, sfuggendo il suo sguardo, imbarazzato.
-Come ti chiami? Non dovrò chiamarti "ragazzo", vero?-
-Merlino, voi?-
-Kahlan Amnell-poi si voltò verso il soldato-tu, invece?-
-Johnathan Bowell, Madre Depositaria-
-Hai famiglia?-chiese, con voce strozzata.
-Solo mia madre, Madre Depositaria-la donna sospirò di sollievo, provocando lo sguardo perplesso di Merlino. Il giovane mago non riusciva a capire il senso del dialogo fra la donna e il suo ex nemico. Sembrava affranta, come se si sentisse in colpa.
-Non voglio che tu uccida nessuno, né nel mio nome nè per nessun altro motivo, se non per difesa-
-Ai vostri ordini, Madre Depositaria-
-E non mi chiamare Madre Depositaria, solo Kahlan-
-Ai vostri ordini, Madre Depositaria...Kahlan-la donna sospirò, sperando che il soldato avesse un po' di sale in zucca e che, soprattutto, il suo potere non l'avesse obnubilato troppo.
-Madre Depositaria?-chiese Merlino. -Cosa significa?-
-Te lo spiego dopo che mi avrai detto dove ci troviamo-
-Albion, più precisamente a Camelot-
Il nome del luogo non diceva nulla a Kahlan. Come Madre Depositaria, conosceva ogni angolo delle Terre Centrali, eppure non aveva mai sentito parlare di quel posto. Come c'era arrivata? Si rivolse al soldato.
-Sai dove ci troviamo?-
-In un altra dimensione, Ma..Kahlan. Il Maestro Rahl ha fatto in modo di stregare i confini con le Terre Occidentali. Nessuno può più attraversare il confine. Non si rischia più di entrare nelle terre del Guardiano, perchè, come ben sapete, il Guardiano non esiste più.-
-Quindi?-
-Non so dove siamo. Non so quanta distanza ci separa dalle Terre Centrali e non so come tornare-
-Magnifico-borbottò la donna, ignorando la fitta di dolore che  provava ogni volta che sentiva chiamare Richard "Maestro Rahl".
-Perchè mi avete seguita, allora?-  
-Gli ordini erano di uccidervi, ad ogni costo. Il resto non aveva importanza-
-Perchè non vi siete opposti agli ordini?-
-Opporsi? Il Maestro Rahl è il nostro Re. Perchè dovremmo opporci?-
Kahlan inorridì. Non capiva la risposta del soldato. Non sognavano di essere liberi? Di poter prendere decisioni autonome? Era quello il loro obbiettivo, suo, di Richard e di Zedd, quando avevano liberato il D'Hara. Durante tutto questo discorso, il povero Merlino non poteva fare altro che voltarsi da l'una all'altro, stranito. Dimensioni? Terre Centrali e Terre Occidentali? D'Hara? Guardiano? Maestro Rahl? Che diavolo?? Non fece in tempo a porre una delle tante domande che gli frullavano nel cervello, quando una voce, arrabbiata, giunse da fuori la radura:-Merlino! Dove accidenti ti sei cacciato? Quanto ci vuole a raccogliere un po' di legna, accidenti a te, pigrone!-
Artù.
-Chi?..-
-Il mio padrone, Artù Pendragon, principe di Camelot-
Merlino non ebbe quasi il tempo di rispondere alla domanda di Kahlan, che entrarono nella radura i Cavalieri di Camelot: Artù, Percifal, Galvano, Elyan e Lancillotto. I Cavalieri, armati, con le loro belle armature e cavalcature aspettavano solo Merlino per tornare al castello, non si sarebbero mai aspettati di vedere il servitore in compagnia. -Merlino, chi sono queste persone? Cosa sta succedendo?-chiese un uomo biondo, bello, con occhi scuri. Probabilmente il principe Artù, pensò Kahlan.
-Il ragazzo, Merlino, ci ha aiutato nel momento del bisogno, Vostra Maestà-disse Kahlan, inchinandosi. Merlino la scrutò a lungo. Aveva adattato velocemente il suo modo di fare alla situazione. Era acuta ed intuitiva, forse troppo e ciò fece riflettere Merlino. Se non stava attento, non sarebbe riuscito a ricevere le risposte che cercava.
-Voi chi siete, mia signora?-domandò Artù.
-Kahlan Amnell, Vostra Maestà. Io e il mio soldato ci siamo trovati momentaneamente in difficoltà, in quanto siamo stati attaccati da dei briganti. Merlino ci ha aiutati a non soccombere e a difendere i pochi averi che abbiamo con noi-si sentiva profondamente in colpa, a mentire così, ma si trattava di una situazione nuova e non sapeva se poteva fidarsi di quelle persone.
-Merlino, è vero?-
-Certo, Vostra Maestà-confermò il ragazzo, un po' titubante. Non poteva certo spiegare ad Artù quello che non riusciava a spiegarsi lui stesso. La defezione del soldato e la sua estrema devozione verso la Madre Depositaria e quei luoghi oscuri. Doveva chiedere consiglio a Gaius, prima di prendere qualsiasi decisione. Kahlan era sorpresa. Non credeva che il ragazzo avrebbe sostenuto la sua menzogna. Gli doveva un favore. O almeno una spiegazione.
-Lady Kahlan, vorreste farci l'onore di passare una notte a Camelot?-chiese Artù.
La donna, sorpresa, soppesò le alternative. Per prendere tempo chiese:-Perchè?-
-Perchè non credo che Merlino possa esservi stato veramente d'aiuto-Merlino gli lanciò un'occhiata seccata.
-Sto scherzando, Merlino. Mi dispiace che siate stata attaccata nei boschi del mio regno. La sicurezza di queste foreste è un dovere nostro, e, l'attacco alla vostra persona è una mia responsabilità-
Il discorso del principe Artù toccò Kahlan nel profondo. Le ricordava un po' Richard, prima che cambiasse. Erano rare le persone con un animo così puro. Non era colpa sua se era stata attaccata e non lo sarebbe stata neppure se la sua bugia fosse stata vera. Sorrise alla volta di Artù.
-Ne sarei lieta- 

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Capitolo 3
*** Le Terre Centrali ***


Era una donna stupenda. Artù non poteva fare a meno di guardarla, mentre cavalcava al suo fianco. Percifal, il più forte e robusto fra i suoi cavalieri, le aveva ceduto la propria cavalcatura. Cavalcava fiera e sicura. Emanava un'aura d'autorità, probabilmente è una principessa, pensò. Il suo invito non era propriamente disinteressato. Voleva conoscerla meglio. Il soldato che la accompagnava, guardava ringhiando sospettoso tutti gli uomini che si avvicinavano a Kahlan. Forse erano amanti, pensò, infastidito il giovane principe. Nessuna donna, tranne Gwen e, quando era più giovane, Morgana, aveva risvegliato in lui una così profonda e istantanea gelosia. Merlino osservava attentamente il soldato. Il comportamento dell'uomo non era esattamente devozione. Sembrava amore. Il tipo di amore ossessivo che, appena qualche tempo prima, avevano avuto modo di sperimentare in prima persona: l'elisir d'amore che era stato somministrato ad Artù e a Lady Vivian, affinchè si "innamorassero" e come conseguenza, si scatenasse una guerra. Capì, in quel momento, che, qualunque cosa la Madre Depositaria avesse fatto, era magia. Se quella donna, Kahlan Amnell, era un essere dotato di magia, doveva proteggerla. Proteggerla da Uther Pendragon e dalla sua caccia alle streghe.

Arrivarono al castello. A Kahlan venne assegnata una stanza, al soldato una branda in caserma. Venne presentata al re sommariamente, visto che si era fatto tardi, quindi una presentazione ufficiale sarebbe stata fatta l'indomani. Merlino, finalmente, potè ritirarsi nella sua stanza e confidarsi con il suo mentore, il vecchio medico di corte, Gaius.
-Ti vedo inquieto, Merlino-
-Gaius, io..si tratta di quella donna, Kahlan-
-Cosa ti preoccupa?-
E Merlino raccontò tutto. Quello che era successo, il dialogo a cui aveva assistito e la scusa che la donna aveva dato ad Artù per spiegare la sua presenza nel bosco. Confessò di non sapere se fidarsi di lei, dei suoi sospetti. Gaius ascoltò lo sfogo del giovane. I nomi che Merlino aveva riportato, non gli dicevano nulla, tranne il riferimento alle dimensioni. Sapeva che esistevano vari piani del reale. Sapeva che esistevano mondi al di fuori di Albion. Avalon ne era un esempio. E l'unico modo per entrare in questi mondi, era creare una sorta di campo di energia. Spiegò il tutto al giovane mago, senza sapere di essere ascoltato. Ascoltato proprio dalla giovane. Kahlan, infatti, era scesa a cercare Merlino. Aveva chiesto al servitore che le avevano assegnato, ed era venuta a sapere che Merlino dormiva in uno sgabuzzino nelle stanze del medico di corte, il vecchio che aveva visto di sfuggita, all'angolo del trono del re di Camelot. Dopo aver ascoltato questo discorso aveva capito una cosa: poteva fidarsi di Merlino e del vecchio medico. Come le aveva insegnato Zedd, chi dubitava, specie delle tue intenzioni, meritava la tua fiducia. Sì, era un pensiero contorto, ma Zedd era contorto. Pensare al suo vecchio amico, appannò il sorriso che le era spuntato sul viso. Non sapeva dove si trovasse, ma sperava stesse bene. Prese coraggio, poi bussò. Non aspettò la risposta degli uomini all'interno. Entrò e si trovò addosso gli occhi di Merlino e dell'anziano guaritore.
-Buonasera-disse, imbarazzata.
-Buonasera, mia signora-salutò Gaius, alzandosi e inchinandosi-avete bisogno di qualcosa?-chiese.
-No..cioè si..io..-si interruppe, non sapendo come continuare. Sentiva su di sè gli sguardi dei presenti, si schiarì la voce e si buttò:-Non ho potuto fare a meno di sentire e..-gli sguardi dei due si fecero spaventati, Kahlan se ne accorse, perciò disse in fretta:-no, non voglio mettervi nei guai o farvi sentire a disagio...vorrei spiegare-
-Volete spiegare?-chiese Gaius, diffidente.
-Devo a Merlino la vita e il suo silenzio. Il minimo che possa fare è dargli una spiegazione.-
La guardarono. Sembrava sincera.

-Perchè volete dare delle spiegazioni proprio a me?-chiese Merlino. Era ancora sospettoso e sapere di essere stato ascoltato, non aiutava a diradare la sua diffidenza.
-Un amico, una volta, mi ha consigliato di fidarmi di chi diffidava delle mie intenzioni, nonostante fosse pronto a salvarmi anche a costo della vita, come hai fatto tu. Secondo lui, solo le persone dall'animo puro possono essere lo specchio del tuo animo e si riconoscono in questo modo. Nonostante la fiducia, una dose di diffidenza può solo migliorare il rapporto, diceva-mentre riportava le parole di Zedd, aveva lo sguardo perso, sognante, nostalgico. Gaius se ne accorse e addolcendo il tono:-Siamo pronti ad ascoltare la vostra storia, Lady Kahlan-la esortò -e se potremo esservi d'aiuto, siamo pronti a darvelo-
Kahlan si preparò, chiuse gli occhi, poi volse lo sguardo lontano dai suoi interlocutori.
-Sono originaria di un luogo chiamato Terre Centrali, perchè delle barriere magiche lo divideva dai Territori dell'Ovest e da un altro regno, il D'Hara. Il sovrano di quest'ultimo regno, Darken Rahl, proveniva da una stirpe di maghi e, stringendo un patto scellerato con il Guardiano, l'essere a capo del Mondo Sotterraneo, il luogo dove riposano i morti, guadagnò enorme potere. Tanto da abbattere le barriere che separavano il D'Hara dalle Terre Centrali. Invase il regno, anzi, la Federazione di regni, da cui provengo. Le Terre Centrali sono governate da un Consiglio di Pace, composto da tutti i regnanti dei regni, presieduto dalla Madre Depositaria, la detentrice della pace, l'ago della bilancia durante le discussioni. Purtroppo, l'influenza di Lord Rahl aveva infettato molti regnanti e, per evitare la catastrofe, la vecchia Madre Depositaria impose a me e a mia sorella, Denee, di varcare i confini dei Territori dell'Ovest, alla ricerca del mago più potente ancora in vita, Zeddicus Zul' Zorander, Mago del Primo Ordine. Perchè solo un Mago del Primo Ordine poteva ritrovare la Spada della Verità e con essa, designare il Cercatore. Si diceva che il Cercatore dovesse essere l'uomo più puro dei tre regni e che avrebbe ristabilito la Verità. Lord Rahl, poi, temeva la venuta di un Cercatore, perchè, secondo una profezia, l'Ultimo Cercatore lo avrebbe ucciso. Durante il mio viaggio, dovetti abbandonare Denee al suo destino e, da sola, varcai il confine. Dall'altro lato, venni aiutata da Richard Cyper, un guardiacaccia del villaggio. Con il suo aiuto trovai il mago ed egli nominò proprio Richard, Cercatore. Le ragioni di Zedd, all'inizio casuali, si rivelarono l'avverarsi di un' ulteriore profezia riguardante Darken Rahl. Essa diceva che il sangue del suo sangue, lo avrebbe deposto. Richard si rivelò essere figlio di una sguattera, Grace, e di Panis Rahl, padre di Darken, che aveva violentato una notte, senza pietà. Panis, venuto a sapere della profezia, decise di mettere in guardia la povera Grace, che non potè far altro che rivolgersi al padre, il grande Zeddicus Zul' Zorander. Nel tentativo di salvare il piccolo dalla persecuzione del fratello maggiore, ormai salito al potere, varcò il confine e nascose il nipote, affidandolo ad una coppia di boscaioli. Richard adempì alla profezia, riunendo i tre scrigni dell'Orden, tre scatole il cui potere avrebbe reso chi le avesse unite invincibile. In questo modo, Richard liberò il D'Hara da Darken Rahl, non senza enormi sacrifici. Ma non poteva sapere che questo sarebbe stato solo l'inizio.-
-Mmm..è una storia carina, ma cosa ha a che fare con voi?-chiese Merlino, non riuscendo a capire il nesso della storia di questo Cercatore con quella di Kahlan.
-Merlino!-lo riprese Gaius, fuminandolo con lo sguardo.
-Ha ragione. Non mi sono spiegata. Il destino del Cercatore è legato a quello della sua Depositaria, cioè a me. A maggior ragione, perchè Richard e io intendevamo sposarci-
-Oh..-rispose Merlino. Testa di fagiolo che sono, imbecille e stupido, si rimproverò mentalmente il giovane mago.
-Cos'è accaduto, poi?-si intromise Gaius.
-Il Guardiano-
-Il Guardiano?-
-Il Guardiano del Mondo Sotterraneo da tempo tramava per insorgere e conquistare il Mondo in Superficie. La morte di Darken Rahl fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il Guardiano riuscì, grazie ad una spaccatura tra i mondi, causata dal potere scatenato dagli scrigni dell'Orden, a scatenare la furia dei suoi mostri. Solo la Pietra delle Lacrime avrebbe potuto sanare la frattura fra i mondi. Il nostro viaggio continuò, senza poter coronare il nostro sogno d'amore. Vissi anche un periodo duro quando Kara si unì a noi.-allo sguardo interrogativo di Gaius e Merlino spiegò:-era l'ultima reduce di una squadra speciale di assassine che Darken Rahl aveva personalmente addestrato. Kara, durante una visione in cui, venne mostrato cosa sarebbe successo al nostro mondo se Darken Rahl avesse vinto a lei e a Richard, scelse di tradire il suo signore e per questo venne allontanata dalle sue sorelle, che non accettavano Richard come nuovo Lord Rahl e auspicavano il ritorno del loro vecchio signore. Kara si unì a noi e la sua devozione a Richard mi fece ingelosire, che stupida che ero... Però, sorse un problema, un enorme problema. I poteri di Richard, assopiti fino alla morte del fratello, si risvegliarono. Ci raggiunse una donna, una Sorella della Luce. Le Sorelle della Luce sono una setta di donne che hanno il compito di aiutare i maghi a sviluppare i loro poteri e custodire il Bene Superiore. Non sapevamo che il Guardiano era arrivato anche lì. Creò in seno alle Sorelle della Luce un suo gruppo, le Sorelle dell'Oscurità. Una di esse, Nikki, riuscì a rubare il potere di Richard con l'inganno, che era enorme, in quanto discendente di due linee magiche. Nel frattempo, Darken Rahl, risorse, ingannando lo stesso Guardiano. Lui e Richard convinsero Nikki a non utilizzare il suo potere a fianco del Guardiano, così riuscimmo a recuperare, a fatica, la Pietra e a usarla. Nonostante Darken Rahl remasse contro, spaventato dalla possibilità di perdere nuovamente la vita e passare l'eternità a fianco del Guardiano, che aveva tradito e ne temeva la punizione.-
-Sembra che tutto si sia risolto per il meglio-commentò Gaius.
-Si, sembra. La pace era stata ripristinata, e io decisi di rientrare nel cuore delle Terre Centrali per ristabilire l'ordine. Zedd mi avrebbe accompagnata, mentre Kara avrebbe seguito Richard nel D'Hara, dove avrebbe assunto il ruolo di nuovo Lord Rahl. Arrivammo ad Aydindril, la fortezza dei maghi e il palazzo delle Depositarie, casa mia. Sapevo di essere l'ultima della mia specie, perchè prima di sconfiggere Darken Rahl la prima volta, egli aveva mandato i suoi migliori soldati ed assassini a sterminare quante di noi erano rimaste. Proprio Kara uccise Denee, la mia coraggiosa sorellina, non potete immaginare quanto l'abbia odiata ma, conoscendola poi, non ho potuto far altro che perdonarla. Aydindril era rimasta quella di sempre. Io e Zedd restammo lì per qualche mese, poi partimmo alla volta del Palazzo del Popolo, la capitale del D'Hara. Già durante il nostro viaggio, potemmo constatare che qualcosa non andava. Solo poi, capimmo cosa. Richard. Era cambiato, diverso. Si comportava come il fratello, anzi, si rivelò essere più sanguinario del precedente Signore del D'Hara. All'inizio ci accolse bene, poi, una notte, Kara mi svegliò. Mi disse che Richard aveva ordinato la mia morte e chiunque mi avesse difesa, avrebbe pagato a caro prezzo il tradimento. Non ci potevo credere. Richard era il mio amore. La mia vita. La mia ragione di vita. Decisi allora di affrontarlo, mi incamminai verso le sue stanze, e fu allora che li vidi. Richard, il mio Richard, con un'altra donna. Non l'avevo mai vista prima. Era bellissima, alta e affusolata, con enormi occhi scuri. I suoi lunghi capelli castani le accarezzavano le spalle e la schiena. Lei, che mi aveva vista, mi sorrise, schernendomi. Poi mi indicò al suo compagno. Sguainò la spada, la stessa Spada della Verità che tante volte mi aveva protetta. La stessa spada che aveva difeso il suo popolo. A quella vista, scatenai tutto il mio potere e, solo grazie a questo, riuscii ad uscire viva dal Palazzo del Popolo. Zedd mi aiutò a sopravvivere nei boschi, poi decise di tornare da Richard. Voleva provare a farlo ragionare, a tornare ad essere l'uomo di un tempo. Da allora non ho più sue notizie, sue e di Kara. Temo per la loro vita. Io non potei far altro che tornare ad Aydindril. Che, nel frattempo, era stata invasa dai soldati di Richard. Avevano l'ordine di arrestare la Madre Depositaria, scortarla al Palazzo del Popolo dove era stata approntata una forca. Per lei. Per me. Raccolsi le mie cose e scappai. Ero una nomade, ormai. Quelli che avevano conosciuto Richard come Cercatore non riuscivano a far combaciare l'immagine che avevano di lui con quella del nuovo, spietato Lord Rahl. I mostri che il vecchio signore del D'Hara aveva mandato contro il suo vecchio avversario, ora erano i mostri di Richard e si abbattevano sui villaggi mietendo morte e distruzione. Intorno alla mia persona, nacque un piccolo, ma compatto gruppo di ribelli e per questo, Richard, revocò l'ordine di ridurmi all'impotenza e condurmi da lui in quello della morte a vista, a qualunque costo. Per ottenere consensi, disse che ero io il pericolo per tutti i popoli, che, con il mio potere, intendevo penetrare nel suo regno e ucciderlo, per creare una mia dittatura. Molti gli credettero, specie chi già era spaventato da me e gli abitanti dei Territori dell'Ovest, poco avvezzi alla magia. Non so in che modo, ma riuscì ad erigere delle barriere ai confini delle sue terre e io, fuggendo da un quadrato dei suoi ricognitori, ci sono finita in pieno. Non so cosa sia successo poi. O quanto tempo sia passato da quando varcai il confine. Ricordo solo una cosa. La mia fuga.-
I due uomini la fissarono in silenzio. Poi, Merlino domandò:-Come ha fatto questo Cercatore a convincere il popolo della vostra colpevolezza?-
Tristemente, Kahlan rispose:-Il mio essere, il mio potere, spaventa alcune persone-
-Avete detto di appartenere ad una determinata specie magica, mi pare-intervenne Gaius.
-Nei tempi antichi, i maghi decisero di creare una specie di ibrido magico, con lo scopo di dispensare la giustizia e mantenere l'ordine nelle Terre Centrali. Così nacque l'Ordine delle Depositarie, una congrega di donne votate alla verità e con il potere necessario ad ottenerla. Infatti, attraverso il tocco, possiamo creare nel Confessato una sorta di devozione, tale per cui esso desidera compiacerci in tutto e per tutto, perfino confessando le azioni più bieche.-
-Avete detto donne?-
-Si. Nel corso del tempo, i Depositari maschi hanno sviluppato una sorta di pazzia, quindi per la sicurezza di tutti, si è deciso per il sacrificio dei figli maschi-
-Ma è una barbarie!-esclamò Merlino.
-Lo so-rispose tristemente.
-Ma, se il vostro potere è così completo, come potete crearvi una famiglia?-chiese Gaius.
-Tradizionalmente, viene scelto un uomo con determinate caratteristiche, con lo scopo di avere figlie forti. Non aveva importanza il suo consenso.-
-Ma è spaventoso! Come potevate voi e il vostro Cercatore stare insieme, a queste condizioni?-intervenne ancora Merlino.
-Richard è stato un caso eccezionale. Mi amava davvero e il suo amore lo proteggeva dal mio potere-sorrise, amara.
-Mi dispiace per la vostra sorte, davvero-rispose mesto il giovane mago.
-Come siete diventata Madre Depositaria?-chiese Gaius, nel tentativo di alleggerire l'atmosfera.
-Per elezione. L'ultima volta che mi sono riunita alle mie sorelle, alla morte della vecchia Madre Depositaria, le mie sorelle decisero di eleggere me, anche se di solito si preferiva una canditata più anziana e saggia-
-Voi non siete affatto vecchia-intervenne Merlino.
-Grazie, lo spero-sorrise. Merlino, per reazione, arrossì vistosamente, mentre Gaius sorrideva sotto i baffi, divertito.
-Perchè la scelta è caduta su di voi?-riprese l'anziano medico di corte.
-Perchè i tempi erano bui e necessitavano di una guida potente, ed io ero la più potente fra le mie sorelle-rispose, semplicamente.
-Da cosa dipende la forza del vostro potere?-chiese ancora Gaius, curioso. Era affascinato da quella vicenda, da quei luoghi che non conosceva e da quella creatura misteriosa.
-Non lo sappiamo di preciso, ma ci sono differenze da Depositaria a Depositaria. Più la Depositaria è debole, come il caso di mia sorella Denee, più avrà bisogno di tempo per riprendersi allo scatenarsi del potere. Denee aveva bisogno di giorni, io di poche ore. Più il potere è debole, più il Confessato impiegherà tempo a manifestare la sua devozione-
-Come sapevano che eravate la più potente, nel gruppo?-
Kahlan esitò. Non sapeva se confessare la verità a quelle persone. Aveva bisogno della loro fiducia, no, sentiva di volerla, di meritare la loro amicizia, come un tempo aveva desiderato quella di Zedd e l'amore di Richard. Era un sentimento che non credeva di provare tanto presto. Così, optò per la verità. Distogliendo gli occhi dagli uomini, rispose:-Quando ero più giovane, ho ucciso un Confessato solo ordinandogli di morire. Il suo cuore si è fermato, così, al mio comando-
Altro silenzio. Kahlan temeva la loro reazione. Aveva paura di risultare malvagia ai loro occhi, un mostro. Gaius era rimasto scosso, non tanto per la rivelazione della ragazza, quanto per il peso del suo potere. La responsabilità che esso richiedeva. Merlino, invece, era sconvolto. Provava pietà per la ragazza, per il senso di colpa che ancora manifestava verso quell'avvenimento lontano.
-Perchè l'avete fatto?-chiese Merlino.
-Mi avevano chiamato per Confessare un assassino. Era sospettato di aver commesso un'altro crimine, anche se continuava a ripetere di essere innocente. Dalla Confessione, risultò effettivamente, innocente, verso quel crimine. Ma mi rivelò di aver abusato e ucciso due bambini: i suoi figli. Non ero abituata a certi racconti, non ancora ed agii d'impuso. Nessuno si aspettava la sua morte.-
-Non è colpa vostra. Una casualità. Non potevate saperlo.-cercò di consolarla Gaius.
-Siete molto gentili-sorrise, debolmente.
-Lady Kahlan-riprese il più anziano-saremmo onorati di esservi d'aiuto. Troveremo il modo di farvi tornare nelle vostre terre-
-Vi ringrazio-sorrise-tutti e due-
-Andate a ritirarvi per la notte-continuò Gaius, appoggiandole una mano su una spalla-la giornata di domani sarà molto lunga-
La ragazza annuì. Poi uscì dirigendosi verso le sue stanze.
-Andiamo anche noi, Merlino, è tempo che la notte ci porti consiglio-disse, avvicinandosi al suo pagliericcio.
-Ma..-
-Domani, Merlino, domani-
Il giovane mago non potè fare altro che obbedire.

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Capitolo 4
*** Presentazione ufficiale ***


All'alba, il giovane mago si svegliò, come di consueto, pronto a riprendere i suoi impegni verso il principe. Si diresse, dunque, verso le stanze di Artù, fischiettando. Ripensava al racconto di quella strana donna. Allo stesso tempo fragile e forte, autorevole e amichevole. Arrivato davanti alla porta di Artù, esitò. Aveva dimenticato la sua colazione e, non conoscendo l'umore del giovane principe, non sapeva se temere una ramanzina oppure no. Decise di rischiare. Bussò alla porta, aspettandosi di trovare il principe sotto le coperte, a poltrire, come al solito. Invece, inaspettatamente, lo trovò alzato, già vestito di tutto punto, armatura completa e stava canticchiando tra sè. A parte la stanezza della situazione, l'umore del ragazzo rasserenarono il giovane servitore.
-Finalmente, Merlino!-lo apostrofò Artù-non capisco perchè debba continuare ad averti come servitore, se sono costretto a vestirmi da solo-
-Non è mai capitato, tranne in questa occasione-rispose, per le rime Merlino.
-Avere un cervello minuscolo neppure in grado di ricordare deve essere piacevole-rispose, quasi con disattenzione, il principe.
Merlino lasciò correre il commento del suo padrone, ma, incuriosito domandò:-Come mai così di buon umore oggi? E così mattiniero, per di più-
-Io sono sempre mattiniero, Merlino. Non sono pigro come te-rispose il principe, corrucciando le labbra in un grazioso broncio-ma oggi, caro il mio servitore, Lady Kahlan sarà presentata formalmente al re. Probabilmente le farà delle domande e le offrirà protezione e ospitalità-
Merlino inorridì. Ecco cosa cercava di dire a Gaius la sera precedente. Avevano dimenticato di avvisare Kahlan della situazione a Camelot riguardo la posizione della corte nei confronti della magia. E se la donna, anche se fino ad allora, si era dimostrata molto prudente, dopo la loro conversazione, avesse deciso di abbassare la guardia? Se si fosse qualificata come praticante della magia, o comunque una creatura magica, poteva rischiare la morte. Doveva trovarla e avvertirla.
-Lady Kahlan, certo-sorrise, rigido.
-Cosa c'è Merlino? Mi stai nascondendo qualcosa?-
-No, assolutamente-rispose, troppo in fretta, Merlino.
-Merlino..-
-Non volevo smorzare il vostro entusiasmo, ma Lady Kahlan, forse, non potrebbe essere ben disposta..-
-Ben disposta?-
-Insomma, è venuta da Gaius a chiedere non so quale tonico..-
-Stai dicendo che è malata?-chiese, con una nota di delusione e di preoccupazione nella voce.
-Non saprei..-
-Forse dovrei..-
-No, no..assolutamente-
-Merlino..-esclamò, seccato.
-Dicevo solo presentarsi così, nella stanza di una signora non è...consono..come dire..-
-Hai ragione, Merlino. Chiederò a Gwen di passare da lei a controllare.-
-Gwen?-
-Certo, chi se no?-chiese, inarcando le sopracciglia.
-Ma, se Gwen dovesse credere che voi abbiate un interesse particolare verso...-
-Ma quale interesse! Ti è dato di volta il cervello, per caso? Lady Kahlan è un ospite..è normale che mi preoccupi per la sua salute-
-Solo sembrava..-
-Merlino!-
-Vado..vado-

Uscì di corsa dalle stanze di Artù, non aveva alcuna intenzione di chiedere a Gwen di passare dalla loro ospite. Non voleva creare attriti tra il principe e la sua innamorata, dandole motivo di dubitare del loro amore; anche se vista l'espressione di Artù mentre parlava di Lady Kahlan non lo rendeva tanto sicuro del giovane principe. Sembrava stregato da Kahlan. Come lui, del resto, riflettè. Si ritrovò a pensare che, forse, il potere della Depositaria fosse superfluo per una donna come Kahlan Amnell. Si avviò, correndo verso le stanze di Kahlan. O almeno verso quelle che credeva fossero le sue stanze. Solo in quel momento si rese conto di non sapere dove andare. La sera prima non aveva chiesto in quale ala avessero alloggiato la donna, perciò cominciò ad aggirarsi per il castello, disorientato. Non poteva neppure chiedere informazioni, perchè questo avrebbe richiesto una spiegazione, che non avrebbe potuto fornire. Durante questo vagabondaggio, quasi si scontrò con Gwen.
-Oddio, Merlino! Mi hai spaventata!-
-Scusami! Non sapevo fossi qui-
-E dove dovrei essere, scusa?-
-Nelle stanze di Lady Morgana, credo...-
-Lady Morgana ha rinunciato ai miei servigi, oggi. Per rispetto verso la nostra ospite, ovviamente-
-Ovviamente...e-deglutì-come l'hai trovata?-
-In che senso, Merlino?-
-Solo che è scesa da Gaius ieri sera e..-
-Sta benissimo, anzi..non ha neppure voluto che la aiutassi...perchè questa preoccupazione verso questa donna?-
-Io..-
-Ho capito! Ti sei innamorato!-Gwen si illuminò, entusiasta.
-Ma cosa?...no!-rispose, arrossendo.
-D'accordo, magari non ti sei innamorato, ma ti piace..e molto-concluse, ridendo.
Merlino stava per ribattere, poi pensò che forse, era meglio così. Almeno Gwen non si sarebbe ingelosita.
-Dovrei andare da lei..per Gaius, ovvio-disse poi, velocemente, in risposta all'espressione compiaciuta di Gwen.
-Sta andando verso la sala del trono-
-La sala del trono?-chiese, allarmato.
-Merlino, cosa c'è?-
-Niente, Gwen, niente-
Gwen lo guardò sospettosa, ma non chiese nulla, lasciandolo correre verso la sala del trono.

Arrivato alla sua destinazione, quasi si scontrò con Gaius.
-Calma, ragazzo, calma-
-Gaius, Lady Kahlan sta per essere presentata al cospetto del re-
-E quindi?-
-Non sa delle..idee di Uther-
Gaius riflettè poi, prese una decisione.
-Vediamo cosa succede, se dovesse esserci qualche problema, interverrò-
-Gaius..-
-Fidati, Merlino. Non lascierò quella donna nelle mani di Uther, se dovesse scoprire la sua natura-

Nella sala del trono erano presenti tutti i Cavalieri e i servitori del castello. Uther sedeva sul suo scranno intarsiato, bardato con due dei simboli del potere, il mantello e la corona. Alla sua destra, Artù, vestito della sua migliore armatura, la spada al fianco. Alla sua sinistra, invece, Morgana, i capelli corvini raccolti in un morbido chignon, lo sguardo di ghiaccio, freddo. Indossava un abito rosso acceso, di seta pregiata. Il vestito aveva un taglio semplice, che le sottolineava la figura sottile. Aspettavano solo l'entrata della loro ospite. Che non tardò ad arrivare. Avanzava altera, vestita sempre di bianco. La differenza stava nel fatto che il vestito che portava somigliava sempre più ad una tunica sacerdotale, senza spacchi. I capelli, sciolti le cadevano come spuma sulle spalle. Sembrava molto più bella della sera precedente. La seguiva il suo leale soldato. Arrivata a pochi metri del trono, si inchinò profondamente.
-Vostra Maestà-
-Lady Kahlan, è un piacere avervi come nostra ospite-
-Il piacere è mio, Vostra Maestà. La vostra casa è molto accogliente-
-Vi ringrazio-
-Lady Kahlan, saremmo lieti di ospitarvi per tutto il tempo che riterrete opportuno-
-Siete molto gentile, Vostra Maestà-
Uther Pendragon scrutò la donna inginocchiata davanti a lui. Era molto bella e si poteva capire dal suo atteggiamento che era di nobili origini. Il suo sguardo si soffermò sul corpetto dell'abito, l'unico elemento del suo vestiario che esprimesse una certa femminilità. Infatti, le sottolineava la vita sottile e la scollatura squadrata dell'abito invitavano l'occhio a suggere della pienezza contenuta al suo interno. I suoi pensieri stavano virando verso una direzione per lui inaspettata. Da quando la madre di Artù, Igraine, era morta non aveva più guardato una donna con interesse. Quella donna, Lady Kahlan, era la prima che suscitasse in lui una sorta di interesse.
-Da dove venite, Milady?-
-Non credo che il nome della mia terra natia vi possa aiutare, mio signore. Vengo da un posto molto lontano da qui-
-Come siete giunta a Camelot, allora?-
-Probabilmente, io e il mio accompagnatore ci siamo perduti, sire-
-Siete una donna colta, istruita. Se siete originaria di una famiglia nobile, dovrei conoscerla..oppure il vostro nome rientrerà nei registri-
-Mi spiace deludervi, mio signore, ma non ho origini altolocate-
-Ma il vostro contegno, il modo di parlare..-intervenne Artù.
-Ho ricevuto una buona istruzione. Questo è uno dei fondamenti del mio Ordine-
-Ordine?-chiese il re.
-Faccio parte di un Ordine religioso, votato alla giustizia.-
-Una setta dell'Antica Religione?-domandò, freddo. Il tono di Uther suggerì alla Depositaria di rispondere in modo negativo, guardinga.
-No, mio signore. Il mio Ordine è totalmente autonomo. Rispettiamo rigide regole, dateci e imposteci da noi. Il nostro Ordine è votato solo e semplicemente alla Verità.-
-Avete altre regole, in questo Ordine?-domandò, Morgana, prendendo parola per la prima volta.
-Si: obbedienza, giustizia e castità-rispose, la donna, semplicemente.
Dopo un minuto di silenzio, Uther chiese:-Vorrei mettermi in contatto con la vostra...Somma Sacerdotessa, se possibile-
-Lo state già facendo, mio signore-
-Volete dirmi che siete voi?-chiese, stupito il re.
-Si, Vostra Maestà. Il mio è un Ordine giovane-rispose, con un mezzo sorriso.
Schiarendosi la voce, il re di Camelot, disse:-Saremo ancora più onorati di ospitarvi, mia signora-
Sia il re che suo figlio erano stupiti e delusi. Non poteva essere vero. Come poteva quella donna, essersi votata alla castità? Merlino, invece, sospirava di sollievo. Dopo quell'esperienza capì che per Kahlan non era una novità doversi presentare sotto mentite spoglie, il che era ironico visto che, in origine la sua razza era nata in difesa della verità. Scambiò uno sguardo con Gaius, che gli fece l'occhiolino. Allora, capì che il vecchio medico aveva, anche se solo sommariamente, spiegato la situazione alla giovane. Kahlan si voltò nella loro direzione, rivolgendo loro un lieve sorriso.
 

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Capitolo 5
*** L'attacco ***


Erano ormai passati giorni dal suo arrivo a Camelot. Aveva osservato come era organizzata la vita di corte, con le esercitazioni dei soldati, le udienze ordinarie che il re presiedeva, il via vai di servitori, sempre diversi e sempre disponibili. Poi, la lotta contro la magia. La caccia infinita che Uther Pendragon combatteva contro quella che lui definiva un'aberrazione. Dalla sua presentazione ufficiale, non aveva più avuto modo di rivolgere la parola al re, aveva soltanto incrociato il principe Artù di sfuggita e il ragazzo non l'aveva quasi salutata. La giovane Morgana, la pupilla di Uther, non si era neppure incuriosita, addirittura passava le giornate evitando l'ospite straniera. Dal canto suo, Kahlan non aveva cercato la compagnia della famiglia reale, ma aveva passato buona parte del suo tempo con i servitori, Gwen e Merlino, e con Gaius. Era estremamente curiosa e "la biblioteca di Gaius", come aveva cominciato a chiamarla, esercitava su di lei parecchio fascino. Credeva di essere scortese o troppo indiscreta ma, il vecchio medico era compiaciuto dalla curiosità della giovane donna ed era felice di prestarle i suoi amati tomi; soprattutto voleva conoscere, attraverso i racconti, le fiabe e le storie della Depositaria, quella terra che stava esercitando su di lui lo stesso fascino che la ragazza esercitava su chi incontrava. Anche Gwen era affascinata da Kahlan, ma al contrario degli uomini, non poteva fare a meno di paragonarla a Morgana. Infatti, Lady Kahlan le ricordava la giovane Morgana; la giovane un po' capricciosa e snob, ma gentile e con un grande senso della giustizia e del sociale. Ora, invece, la sua padrona era cupa e indifferente. Fredda e altera, Morgana la spaventava, come non avrebbe mai pensato potesse fare. Erano sempre state legate, ma ora sentiva la differenza; era Morgana che gliela ricordava: Morgana era la padrona, la nobildonna, lei solo una servetta ingenua. Il suo amore per Artù rappresentava una speranza che il confronto con Morgana mitigava. Merlino era contento della felicità di Gaius. La complicità dell'anziano guaritore e della giovane ospite all'inizio l'avevano infastidito, poi, capendo l'importanza che questa rappresentava per il suo mentore aveva cominciato ad interessarsi, senza invadere il loro spazio, allo studio, come non aveva mai fatto. Voleve dimostrare alla Madre Depositaria di essere in grado di aiutarla, ma soprattutto, di non essere un maghetto da quattro soldi.

Un pomeriggio, mentre Kahlan e Gaius passeggiavano conversando amabilmente nel cortile del castello, erano osservati dalle finestre della torre, proprio da chi cercava di ignorare l'estranea nella corte. Morgana, dalla sua finestra della torre est, fissava, gli occhi d'acciaio, la nuova venuta. Quella donna, la priora, non le piaceva. Aveva notato la "fascinazione" che la donna esercitava, sembrava che nessun uomo potesse non rimanere intrigato da lei. Aveva rinunciato a cercare di sedurre Artù, perchè il principe, che ormai non considerava più un fratello ma un rivale, non la riteneva più seducente. Era stato un colpo al suo ego sapere che Gwen aveva preso il suo posto nel cuore di Artù. Perciò, vedere che quella sconosciuta riusciva a fare breccia nel loro amore anticonvenzionale le risvegliava un odio profondo, che alimentava lo sdegno che provava per Uther e suo figlio. Aveva anche notato l'interesse di Uther, subito velato dalla rivelazione che la donna era votata ad una religione indefinita che le impediva di crearsi una famiglia. Non aveva mai visto Uther interessato ad una donna. E voleva sfruttare quella novità. Il re, anche lui affacciato ad una delle finestre della torre ovest, osservava la giovane donna. Aveva fatto di tutto per evitarla, perchè non si fidava del proprio autocontrollo. Dal loro primo incontro, non faceva che tormentarlo. La pensava, la sognava in continuazione e sapere che era irraggiungibile lo faceva infuriare. Si ritrovava a immaginare situazioni, anche violente, in cui la obbligava a piegarsi ai suoi desideri, progettava sistemi, modi per conquistarla pienamente e averla tutta per sè. Nel suo intimo, il re di Camelot era spaventato dalla forza magnetica della sua ossessione. Neppure con la regina, Igraine, aveva sperimentato sentimenti simili. Una simile riflessione lo portò inevitabilmente a ripensare alla sua sposa e alla sua sorte. E alle sue conseguenze. La persecuzione della stregoneria e dei suoi praticanti. A volte si chiedeva se tale accanimento fosse giusto, ma ogni volta che riceveva notizie riguardanti la magia, la furia si impossessava di lui. Si rendeva conto di non ragionare più come un sovrano, ma come un inquisitore. Ma non poteva farne a meno. Non sapeva che alla finestra direttamente sotto la sua, suo figlio stava facendo riflessioni che avevano come protagonista il medesimo soggetto. Anche Artù aveva evitato di proposito la giovane, ma, a differenza del padre, non ne era ossessionato. Aveva notato che la sua lontanaza aveva mitigato quell'attrazione immediata che aveva provato per la giovane priora. Certo, sapere che era intoccabile era stata una doccia ghiacciata per il principe. Oltre all'indifferenza con cui la donna lo guardava, cosa a cui non era abituato. Aveva cominciato a provare una sorta di gelosia verso Merlino e il vecchio medico, per il calore che ricevevano dalla loro ospite. Rifletteva spesso sulla misteriosa donna ed era giunto alla conclusione che il suo magnetismo fosse magico. Il sospetto che Lady Kahlan fosse una strega lo tormentava. Tuttavia non aveva prove e se anche le avesse avute, non avrebbe avuto cuore di condannare a morte la donna, innanzitutto non credeva fosse malvagia e in secondo luogo per amore di Merlino. Il principe, infatti, era convinto chee il suo servitore fosse innamorato della donna e non voleva essere la causa della sua delusione. Il comportamento di Merlino, poi, era sempre stato strano, ma dall'arrivo di Kahlan la stranezza si era, in modo indefinibile, accentuata, perciò si convinse sempre più che tale cambiamento fosse causato dai sentimenti romantici del servitore.

Quel pomeriggio, la conversazione fra Kahlan e Gaius venne interrotta: una donna del villaggio chiedeva aiuto a gran voce. Suo marito, uno dei battitori autorizzati dal re a sorvegliare i boschi posti ai confini del suo regno, era tornato portando con sè, appoggiato alle sue spalle, un altro ricognitore, morente. Gaius, aiutato da Kahlan e da un Merlino agitatissimo, portò il morente nelle sue stanze. L'uomo era una guardia di Camelot, un soldato addestrato e allenato, eppure sembrava lo avessero colpito ripetutamente. La pelle, i vestiti, la cotta di maglia erano laceri. Le ferite sul corpo dell'uomo profonde e, probabilmente troppe per poter essere salvato.
-Come ti chiami?-domandò Gaius.
L'uomo tentò di rispondere, ma dalla gola uscì solo un suono soffocato. Le sue labbra si muovevano senza che il pover'uomo riuscisse ad emettere suono, tranne ansiti, gemiti e guaiti soffocati e terribili, come indice della sua sofferenza.
-Si chiama Dagal-rispose per lui il suo compagno.
-Cos'è successo?-
-Stavamo pattugliando il bosco, quando abbiamo sentito un fruscio. Due uomini ci hanno attaccati, combattevano bene, però siamo riusciti a batterli, li abbiamo disarmati e stavamo per legarli quando, con uno stratagemma sono riusciti a fuggire. Li stavamo inseguendo e, visto che erano disarmati, abbiamo deciso di dividerci. Quando sono arrivato al luogo in cui avevamo pattuito di reincontrarci, Dagal non c'era, così sono andato a cercarlo. E l'ho trovato così-
-Grazie, soldato. Vai dal re e spiegagli cosa è successo-
Quando il soldato si allontanò, l'anziano medico guardò preoccupato Kahlan e Merlino.
-Non ho mai visto nulla del genere-ammise.
-Credete che i soldati che hanno attaccato le guardie siano gli stessi che vi inseguivano?-chiese Merlino.
-Molto probabilmente si-rispose, cauta la donna. Le ferite riportate dalla guardia non le erano estranee, ma prima di esternare i suoi sospetti voleva esserne certa. Slacciò, quindi il giustacuore che proteggeva la gola dell'uomo. Un segno circolare, grande quanto una moneta, di carne bruciata. Notando l'espressione cupa della donna, Merlino chiese:-Sapete cosa gli ha provocato quelle ferite?-
-Si-Kahlan si voltò verso i due-ho già visto questi segni nel mio mondo-
-Quindi è un mostro proveniente dalle Terre Centrali?-domandò Gaius.
-Non un mostro. Una Mord-Sith-
-Cos'è una Mord-Sith?-chiese Merlino, deciso.
-Ricordate, quando vi ho parlato di Kara? La donna che aveva tradito Darken Rahl e le sue sorelle assassine?-
-Si-rispose sicuro il guaritore.
-Il gruppo delle assassine, si chiama così, Mord-Sith-
-Ma delle donne, anche se addestrate, non possono provocare questo-il povero Merlino era sconcertato, mentre Gaius, confuso.
-Gaius, Merlino, non sono delle assassine comuni. Sono state addestrate in modo particolare, non sentono empatia, non sentono dolore. Ma gli strumenti di cui sono dotate, le Agiel, sono l'arma più dolorosa delle Terre Centrali. Non sono solo assassine: sono torturatrici-
-Se quest'uomo è stato torturato da una Mord-Sith, come ritenete, vuol dire che quei soldati non erano i soli mandati al vostro inseguimento-esclamò Merlino, angosciato.
-Lo so. E la Mord-Sith sa anche dove mi trovo-
-Come potete esserne sicura? La guardia, non tradirebbe mai Camelot. E nuocere a chi è all'interno delle mura è tradimento-disse Gaius, ragionevole.
-Ho visto le Mord-Sith in azione, Gaius. Ho subito io stessa il potere dell'Agiel. Pur di far cessare la tortura, confesseresti tutto-
-Le Mord-Sith, in un certo senso, sono delle Confessore, come voi-disse Merlino, in tono leggero, per risollevare il morale della govane.
-Infatti, è così-
-Cosa intendete?-domandò il medico.
-Darken Rahl, non potendo piegare il nostro Ordine al suo potere decise di creare un suo Ordine di Depositarie. Donne da cui poter ottenere ciò che voleva, non con la devozione ossessiva del Confessato, ma con la tortura sistematica. Le Mord-Sith. Anche se nel corso del tempo, cercò di acquisire il nostro potere e creare altre creature come noi-
Si sentì un tramestio confuso. Poi, la porta venne spalancata da Artù e da Uther.
-Gaius, potete fare qualcosa per questo poveretto?-domandò il re.
-Mi dispiace, sire. Le sue ferite sono troppo profonde. Non vedrà la prossima alba-
-Cosa vi ha riferito?-chiese Artù.
-Nulla. Non può comunicare in alcun modo-spiegò Merlino.
-Non è possibile-il re si fece largo tra Gaius e Merlino, alla sinistra di Kahlan. La criticità della disperazione gli aveva fatto dimenticare per un istante il suo trasporto verso la giovane, ma bastò il suo profumo per confondere il  potente sovrano-dimmi...quello che puoi-quasi balbettò.
Gaius e Merlino fissarono il re sbalorditi. Uther Pendragon che si comportava come un giovincello timoroso? Anche Artù guardò il padre, confuso. Ma non aveva tempo di riflettere sulle reazioni di Uther e dei loro significati. Si voltò verso la guardia, che cercava di comunicare, ma dalla gola, come poco prima, non riusciva ad emettere suono.
-Sai cosa volevano i tuoi aggressori?-domandò il giovane.
Con un ultimo sforzo, prima di svenire, l'uomo indicò Kahlan.   
 

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Capitolo 6
*** Sorprese e piani ***


Su richiesta di Uther, si trovarono tutti nella sala del trono. Il re sembrava come intontito, non riusciva a capacitarsi della sua reazione alla vicinanza di Lady Kahlan e ai sentimanti contrastanti che saperla in pericolo erano stati risvegliati in lui. Artù guardava suo padre, preoccupato. Era nervoso, come un uomo di potere non dovrebbe essere mai e tutto per la confessora. Kahlan si sentiva a disagio, in quella sala. Percepiva le sensazioni dei presenti e non tutti le trasmettevano positività. Gaius, come il principe, era preoccupato per Uther. Forse Kahlan, nel loro mondo, aveva capacità che neppure lei conosceva e che avevano toccato il monarca. Merlino era gravato da una duplice preoccupazione: Uther e la nuova minaccia. A rompere il silenzio fu proprio la causa di tanta preoccupazione, Pendragon: -Lady Kahlan, sapete perchè il nostro cavaliere vi ha indicata? E anche chi vi starebbe cercando?-
-Mi dispiace, sire- rispose, contrita per quella bugia.
-Forse i briganti che hanno attaccato Lady Kahlan non erano semplici briganti-intervenne Gaius, in favore della donna. Nel frattempo, l'anziano cerusico aveva elaborato una scusa per diradare eventuali dubbi, leciti, di Uther.
-Forse, gli uomini che hanno attaccato la nostra ospite erano soldati o mercenari al soldo di re Olaf e hanno deciso di lanciare un messaggio- il povero vecchio sudava freddo. Sapeva che così rischiava di sedimentare l'odio tra i due monarchi, ma data la loro inimicizia, era l'unica possibiltà.
-Un soldato, anche se ben addestrato, non potrebbe produrre ferite simili, Gaius. Mi dispiace contraddirvi-intervenne Artù.
-Il principe ha ragione-concordò il re -solo la magia, può questo. Probabilmente, qualche sacerdote dell'Antica Religione ha scoperto l'esistenza del vostro Ordine, mia signora, e tenta di debellarlo, eliminandovi-concluse.
E certo, sempre colpa della magia, pensò il giovane mago, guardano il re con astio. Kahlan sapeva che ciò che Uther stava dicendo era vero in parte, in quanto l'Agiel era uno strumento magico, ma trovava l'ossessione del sovrano insana e spaventosa.
-Voi rimarrete qui, non uscirete dal castello senza scorta-riprese Uther, rivolgendosi a Kahlan -Artù, voi e un gruppo di soldati pattuglierete il perimetro del castello. Cercate questo mago e uccidetelo-
-Ma..-tentò di obbiettare la donna.
-Si, padre-si inchinò il principe.
Senza attendere la reazione dei presenti, il re lasciò la sala, seguito a breve distanza dal principe.

Merlino camminava infuriato per i corridoi, avviandosi verso le stalle, per approntare il necessario al principe. Ribolliva di rabbia, anche se non sapeva verso chi riversarla. Contro la Madre Depositaria, che aveva portato tutti quei problemi? Verso Uther e la sua ottusità? Verso la vita, in generale?
-Merlino, aspetta!-
-Cosa volete?- chiese, duro.
-Merlino, mi dispiace. Non pensavo che il re...-lo sguardo dispiaciuto di Lady Kahlan colpì il mago. Sospirò.
-Non è colpa vostra. Ora tornate nelle vostre stanze, vi prego.-
-No. La Mord-Sith sta cercando me, non voi-ribattè, irremovibile.
-Non vi preoccupate, Artù è un ottimo combattente e, nel caso, la mia magia lo aiuterà..come ha sempre fatto-e mentre lo diceva, cercava di superarla per adempiere ai suoi compiti.
-Merlino, la tua magia è inutile.-con quella frase, attirò l'attenzione del servitore
-Cosa?-
-Le Mord-Sith hanno la capacità di assorbire la magia e scagliarla contro chi la utilizza-
-Maledizione!-imprecò -Cosa possiamo fare? Se quella riuscisse a fare del male ad Artù non potrei mai perdonarlo-
-Distrailo, fai in modo che non si avvicini alla Mord-Sith, al resto penserò io-
Si sentì un rumore.
-Voi cosa vorreste fare, esattamente?-domandò una voce. Ser Lancillotto.

Kahlan si immobilizzò, poi, in un attimo, sguainò i pugnali e li puntò contro il cavaliere. Lancillotto riuscì velocemente a evitare le lame della donna prima che raggiungessero la gola. Si stupì della velocità e dell'abilità del gesto. La donna stava per ritentare, ma Merlino la fermò dicendo:-Kahlan! No! Lancillotto è un amico, sa chi sono!-
Rigidamente, con lentezza, Kahlan abbassò i pugnali e guardò il mago negli occhi per un istante.
-Stai dicendo la verità-dichiarò, sorpresa. Nessuno dei due si preoccupò di chiederle come lo sapesse.
-Ve lo ripeto: cosa pensate di fare?- il cavaliere aveva molte domande da porre sia all'amico che alla dama, ma preferì partire dalla più innoqua, almeno secondo il suo parere.
-Vi seguirò da lontano, cercando di non farmi scoprire ulteriormente-dichiarò, sarcastica.
-Non so perchè dovreste farlo, ma non sarà un'impresa facile. Avrete bisogno di aiuto-replicò il cavaliere con un sorrisetto. Merlino osservava lo scambio fra i due, interessato.
-Sono perfettamente in grado di seguire una pista senza farmi scoprire. E so difendermi da sola-proclamò, scandendo le parole.
-Non lo metto in dubbio. Ma dovrete nascondervi dai migliori cavalieri di Camelot. E se veniste scoperta non credo che il vostro bel corpicino resterebbe tale-aggiunse, sempre più divertito Lancillotto. Era la prima volta che il giovane mago sentiva parlare l'amico in quel modo. Era sempre stato cortese e rispettoso verso chiunque, in particolare verso le dame. Forse è  stato posseduto da Ser Galvano, ridacchiò fra sè, pensando allo sfrontato e spregiudicato cavaliere.
-Ma come osate!-si imbestialì la donna, arrossendo alla velata affermazione del Prode. Alla vista della giovane, che la rabbia rendeva scarmigliata e ancora più attraente, l'uomo tacque, riflettendo su quello che Artù aveva rivelato ai suoi cavalieri poco prima: i suoi sospetti sulla donna. Si era deciso che Ser Leon dovesse restare al castello a sorvegliarla, ma forse, considerata la sua determinazione a seguirli, ciò non sarebbe stato necessario. Un altro sorrisetto spuntò sulle labbra dell'uomo. Aveva un piano, o perlomeno un'abbozzo di piano.

-Non se ne parla neppure!-sbottò il biondo principe, irritato. -Non andrò contro il volere di mio padre in questo modo! Mettendo consapevolmente in pericolo una dama indifesa, per giunta!-
Kahlan ribolliva di rabbia. Come osava quel principattolo paragonarla ad una donnetta indifesa? Era da quando il principe aveva cominciato la sua filippica di fronte ai suoi più fidati cavalieri, che aveva radunato attorno ad una tavolata rotonda, che fremeva dalla voglia di schiaffeggiarlo. In quel momento capì che Merlino aveva ragione, Artù Pendragon era un asino testardo e arrogante, come suo padre. Quando aveva esposto il suo progetto, Ser Lancillotto sapeva che avrebbe  trovato ostacoli, ma l'intransigenza di Artù era esagerata. La sua idea, geniale nella sua semplicità, almeno dal suo punto di vista, conciliava i deisideri dei due protagonisti di quella situazione intricata: da un lato, avrebbe permesso alla testarda donna di seguirli senza rischiare di essere uccisa accidentalmente proprio dai cavalieri di Camelot, gli stessi che dovrebbero proteggerla, e dall'altro, permettere ad Artù di controllarla, se non proprio da vicino, almeno sarebbe stato a conoscenza dei suoi spsotamenti, visto che l'avrebbe avuta accanto. Non era ancora riuscito ad ottenere spiegazioni da Merlino su quanto aveva sentito, ma l'avrebbe fatto al termine della riunione.
-Artù, non siate così testardo. Per prima cosa, non è la prima volta che trasgredireste un ordine del re; Uther non lo verrebbe mai a sapere, non dai presenti almeno e poi, Gwen e Morgana hanno preso parte a missioni più pericolose di questa, pur essendo ugualmente indifese!-argomentò Ser Galvano.
-Gwen e Morgana non sono questa donna!-rispose Artù, piccato.
-E cosa avrei di speciale?-domandò la Depositaria.
-Mio padre è attratto da voi! Non posso credere che non ve ne siate accorta!-sbottò, arrossendo il principe. Tutti tacquero. L'imbarazzo fra i presenti era palpabile, ma tutti erano consapevoli della verità. Ogni abitante del castello si era accorto del cambiamento del loro sovrano e l'avevano attribuito alla loro ospite, ma nessuno aveva il coraggio di dirlo a voce alta. Persino Artù si pentì di quello sfogo. L'amore, no, amore era la parola sbagliata, la lussuria repressa di Uther nei confronti della giovane priora si era palesato davanti agli occhi del giovane principe, che fino all'ultimo sperava di sbagliarsi. Conosceva la potenza dell'ossessione paterna. Conosceva il suo carattere focoso e temeva la sua reazione se alla loro protetta fosse accaduto qualcosa. Dopo un istante di silenzio, la donna raddrizzò le spalle e, orgogliosa disse:-Non sono proprietà del re! Non può decidere al posto mio, non sono sottoposta alla sua autorità! Io verrò con voi, che lo voglia o meno. Che lo sappia o meno. A domani-
Dopo aver concluso, uscì, sbattendo la porta dietro di sè e lasciando il gruppo di coraggiosi, sgomenti.

Lady Morgana si agitava nel sonno. Goccie di sudore le colavano dal viso tormentato. Era in preda ad uno dei suoi incubi. Con un urlo soffocato, la donna si svegliò, alazandosi a sedere di scatto sul letto, affannata. Da quando aveva riallacciato i rapporti con Morgause, sua sorella, non aveva più accusato problemi di sonno. Si passò una mano sulla fronte. Qualcosa era cambiato. E sapeva cosa: l'arrivo della priora l'aveva turbata. Doveva fare qualcosa, chiedere aiuto, ma a chi? Ormai non poteva più rivolgersi a  Gwen o a Gaius, com'era solita fare un tempo, quindi restava solo Morgause. Con uno scatto, si alzò dal letto sfatto, che agli occhi di un osservatore casuale, arrivato in quel momento, poteva sembrare il risutato di un focoso incontro tra amanti, incuranti di tutto, nell'impeto della loro passione. Si avvicinò allo specchio, la sua immagine scarmigliata, gli occhi fiammeggianti, spalancati avrebbe spaventato il più coraggioso dei soldati. Sembrava un'apparizione demoniaca. Pronunciò poche parole, in una lingua sconosciuta. Pochi secondi dopo, al posto della sua immagine comparve quella di una donna bionda. Subito, la fronte aggrottata di Morgana si spianò, rilassandosi. Sorrise, un sorriso aperto e felice, lo stesso sorriso che un tempo aveva rivolto a Uther e ad Artù e agli altri abitanti del castello, a cui, ora rivolgeva solo lo spettro freddo e falso di quel sorriso, necessario per celare i suoi tempestosi sentimenti.
-Sorella!-Morgause l'avrebbe aiutata. Avrebbe saputo cosa fare. Era il suo porto sicuro. Da quando l'aveva ritrovata, sapeva che qualcosa in lei era cambiato. Perchè Morgause era diventata il suo tutto. Morgause l'avrebbe salvata. Perchè l'aveva già fatto.
-Mia dolce sorellina, cosa ti turba?-la risposta le giunse lontana ed attutita, ma era la rassicurante voce dell'Ultima Sacerdotessa.
-Sono tornati. Gli incubi-
-Cos'è successo?-chiese, preoccupata. -Qualcosa ti ha turbato?-
-Oh sorella! Al castello è giunta una donna. Non riesco a inquadrarla e questo mi agita- poi raccontò alla bionda sia l'incubo sia ciò che era accaduto a Camelot. Alla fine del racconto, la sacerdotessa scoppiò in una risata argentina  e felice.
-Esulta, sorella mia! L'era di Uther sta per giungere alla conclusione. E sarà proprio quella donna la causa della sua rovina- Morgana era sconcertata dal repentino cambio d'umore della sorella. Solo poche settimane prima, avevano fallito un attentato alla vita del re e, nonostante Morgause avesse cercato di rassicurarla sulla giustizia della Dea, lei stessa sembrava abbattuta.
-Cos'è cambiato? Hai un nuovo piano?-domandò, impaziente la mora.
-Non io. Lui-accanto alla bionda comparve un uomo. Dietro di lui, per un fugace istante, scorse una donna, dai capelli e gli occhi scuri, bellissima. Le sorrise candidamente, poi scomparve dalla sua visuale. L'uomo cominciò a parlare e man mano si addentrava nelle spiegazioni, Morgana sorrise. Morgause aveva ragione. Tra poco, tutto sarebbe stato suo.

Richard Rahl, dopo aver congedato le due sorelle, si rivolse alla donna che, mentre dava le sue spiegazioni, si era eclissata dal raggio dello specchio, andando a sdraiarsi sull'immenso letto della sua camera. Gli sorrise dolcemente, giocando con la sua veste. Richard, si voltò verso il tavolinetto vicino, per versarsi da bere.
-Sei felice?-chiese. -Tutto sta procedendo come desideravi-disse, senza emozione.
-No, amore mio. Non è un mio desiderio, ma il tuo-rispose, roca.
-Io non desidero la sua morte, la amo!-rispose, voltandosi verso di lei, che, nel frattempo aveva smesso di giocare. Si era seduta sul letto, appoggiata all'asta del baldacchino. Vederla così lo distraeva, ma quello che aveva da dire era troppo importante.
-Ah no? Allora perchè hai ordinato la sua morte?-chiese ancora, dolcemente.
-Per farti felice-fu la sua risposta.
-Amore mio, io sono felice solo se lo sei tu-disse, avvicinandosi.
-La mia felicità è lei-
-Allora perchè sei qui con me, ora?-chiese languida a un passo da lui. I suoi capelli lo sfioravano, provocandogli brividi di piacere e disgusto.
-Perchè lei non è qui. La amo, ti dico-
-La ami così tanto che non ti fidi di lei-ora la sua bocca era ad un soffio dal suo orecchio. Deglutì, cercando di mantenere il controllo.
-Mi fido di lei-fu la sua risposta, spezzata.
-Ma non del suo potere-con la lingua percorse la sua mandibola, baciandogli il mento.
-Se ci fosse un modo per ottenere ciò che voglio senza ucciderla, lo farei-rispose, avvicinandosi alla sua bocca. Ottenuta la risposta che voleva, la donna si allontanò, leggiadra. La sua lontananza provocò un moto di fastidio in Richard.
-Dio, come ti odio!-esplose. Lei si voltò e, sempre candidamente rispose:-Ma tu non mi odi, Richard. Non puoi vivere senza di me, così come io non potrei senza di te-
-Dove stai andando?-chiese, muovendosi verso di lei. Aveva ragione. Non poteva odiarla perchè era parte di lui. Voleva che restasse. Aveva bisogno che restasse.
-Non ti preoccupare, amore mio. Vado a far visita ad un amico e sono subito da te-

In un angolo della sua cella, nella profondità delle segrete, il mago del Primo Ordine Zeddicus Zul' Zorander sedeva a gambe incrociate, gli occhi chiusi. Cercava di rilassarsi, nonostante l'ingombro delle catene, da cui era avvolto, pesanti e in quantità industriale. Per lui sarebbe stato molto semplice liberarsi delle catene, non fosse per un piccolo paricolare. il Rad'Han che aveva al collo, che gli impediva di usare la sua magia, creato appositamente per lui. Infrangibile. Un rumore lo distrasse. Qualcuno aveva aperto la porta che separava le segrete dai piani superiori. Tese l'orecchio. Lievi passi si avviavano verso di lui. O almeno così credeva. Era separato dagli altri prigionieri, ma sapeva che esistevano, li sentiva, sentiva le loro urla e i gemiti di dolore. Lo stesso dolore che provava lui ogni volta che pensava al nipote e a cosa era diventato. Si scervellava cercando di capire cosa fosse successo. I passi si fecero più vicini. Il visitatore era diretto verso la sua cella.

La porta si aprì e una donna, bellissima dai lunghi capelli castani, gli occhi scuri, espressivi, la pelle d'alabastro, esile, quasi evanescente, si avvicinò alla sua cella. La veste che portava era sottile, impalpabile. Era un sogno, un'apparizione. L'unica spegazione logica. Sorrise.
-Il grande Zeddicus Zul' Zorander, finalmente-la sua voce era pulita, diversa da quella che si era aspettato. Rilassante, ma schietta. Era un controsenso, ma lui viveva nei controsensi.
-In persona, mia signora. Scusate la mia scortesia-si alzò, lentamente e con un sorriso beffardo, si inchinò alla volta della donna, che non smise di sorridere, inchinadosi lievemente a sua volta.
-Voi conoscete il mio nome, io no. Sono in svantaggio-replicò, adattandosi al tono della sua interlocutrice.
-Potete chiamarmi Ravenna, se proprio volete. Sono felice di incontrarvi, ancora-
-Ravenna. Non mi pare di conoscervi, anzi, non credo di avervi mai incontrata-rispose, perplesso.
-Mi conoscete molto bene, invece. Mi avete forgiata voi-rispose, conturbante.
-Forgiata?-dopo aver ripetuto quella parola, un lampo di consapevolezza colse il mago, che indietreggiò, inorridito.
-Vedo che hai capito. Sei sempre stato il più brillante-disse, dondogli del tu. Perchè si conoscevano, da tanto, troppo e poteva considerlo quasi un amico.
-Non può essere!-quasi balbettò, il prigioniero. Il sorriso della donna non si scompose, rendendo la figura ancora più inquietante. La sua espressione non era minimamente cambiata, innaturale.
-Io sono qui, mago-
-Tu non dovresti esistere!-quasi urlò.
-Se non fossi esistita, Richard cosa avrebbe fatto?-chiese, logica, reclinando il capo.
-Tu non dovresti essere una donna!-sbottò il mago, sgranando gli occhi ancora sorpreso, affannato.
-Io sono quello che il mio Cercatore desidera-
-Richard non...-cercò di dire.
-Richard è parte della mia vita e io della sua. Il suo desiderio mi ha formata-spiegò, calma.
-Va bene-sospirò, cercando di affrontare quelle rivelazioni. -Richard ti ha formata, ma perchè tutto questo?-
-Perchè ha paura di perdermi-disse, come se fosse ovvio. Zedd tacque. Il peso del mondo sulle sue spalle. Adesso sapeva.
-Perchè sei qui, Ravenna?-domandò, stanco.
-Sono venuta a salutare e a ringraziare il mio creatore-sorrise, accarezzandogli una guancia, dolcemente. Poi si voltò, aprì il portone e scomparve dalla sua vista, lasciando dietro di sè il profumo inconfondibile di fiori. Nella mente di Zedd, quel profumo evocò l'immagine del suo fiore, un fiore notturno chiamato "Bella di notte", un fiore impossibile, come lei.    

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Capitolo 7
*** Relazioni pericolose ***


Poche ore all'alba. Kahlan si stava preparando, da sola, come aveva sempre fatto, per quella spedizione. Aveva l'aria decisa, le labbra stirate, severe, la fronte leggermente aggrottata. Non sarebbe rimasta in quel castello un'ora in più, cascasse il mondo. Un re reso folle dalle sue ossessioni, una giovane altera e strana al tempo stesso, un principe idiota quanto pieno di boria e muscoli. No, i Pendragon non meritavano alcuna considerazione o un suo solo pensiero. Dopo aver contrastato la Mord-Sith, se ne sarebbe andata e tanti auguri a tutti. Come si permettevano quei due di pretendere di tenerla segregata? Non era colpa sua se quell'essere che si faceva chiamare re aveva sviluppato un'ossessione per lei, avvenimento che era già di per sè un sinistro presagio. Le occhiate che quella ragazza le rivolgeva, la freddavano al punto tale che avrebbe preferito essere imprigionata in una lastra di ghiaccio, piuttosto che incrociare il suo sguardo. Freddo che quell'insopportabile principe riusciva subito a scaldare, con quel suo sorrisetto di scherno e quell'aria di pretesa assoluta che lei disprezzava, si pentiva di averlo paragonato a Richard, la prima volta che lo aveva visto, anzi, il suo modo di fare la irritava proprio perchè somigliava in modo inquietante a quella di qualcun altro: Darken Rahl. Le sarebbe dispiaciuto solo per Gaius, il gentile medico di corte, Gwen, la solare serva di Lady Morgana e per quel pasticcione di Merlino, che, in poco tempo, aveva imparato a conoscere e ad apprezzare, oltre che a provare dell'affetto e stima profondi nei loro riguardi. Vestita con una variazione sul tema della tenuta della Depositaria, cioè la stessa tunica ma di color verde bosco, prese con sè la sua sacca e si avviò. Un improvviso pensiero la bloccò: accidenti! Il maledetto soldato che ho Confessato appena arrivata conosciuto Merlino!, pensò. Si lanciò per le scale che ospitavano la sua stanza, diretta a quella del soldato: sarebbe venuto con lei, la sua mente era piuttosto debole, il suo potere era penetrato troppo in profondità e temeva che la sua lontananza lo avrebbe fatto impazzire. Arrivata all'atrio principale, si dovette nascondere dietro una colonna, stavano facendo il cambio della guardia e Gwen era comparsa proprio in quel momento, nervosa. Non voleva che nessuno la vedesse, perchè aveva automaticamente deciso che non si sarebbe unita alla carovana di cavalieri: avrebbe fatto di testa sua. Quell'imprevisto poteva costarle caro.

Gwen aveva saputo, indirettamente, ascoltando le conversazioni dei cavalieri, tra loro e con Merlino e le discussioni tra il giovane e Gaius, che ci sarebbe stata l'ennesima spedizione a cui Artù avrebbe fatto parte. Sapeva che il suo principe era giovane, forte e valoroso, ma la preoccupazione del medico e l'ombra che compariva sul volto di Merlino, più cupo del suo solito umore quando doveva prender parte a simili eventi, avevano acuizzato il suo, già di per sè sviluppato, senso del pericolo. Voleva salutare Artù prima che partisse: aveva bisogno di farlo. Si era appostata nell'atrio principale, in attesa del suo cavaliere. Mentre lo aspettava, si mordeva le labbra, sfregava le mani e le braccia, camminava in circolo: non era mai stata più nervosa. Sentì dei rumori, il cambio della guardia era appena finito; sperava fosse Artù, invece, verso di lei, veniva un'altro cavaliere: Ser Lancillotto, un altro, seppur diverso, amore. Ammirava il suo essere, la sua persona e la sua intelligenza; si sarebbe affidata a lui, ma quel calore che avvertiva, quella gioia spontanea che aveva conosciuto con il principe di Camelot, erano su un piano completamente diverso. Il Prode venne verso di lei, avendola scorta: non era difficile, era talmente agitata che spiccava nella calma della stanza, dopo il cambio della ronda.
-Gwen!-disse-cosa ci fate qui?-
-Io...-cominciò la ragazza -io so cosa state per fare-rispose fiera.
-Un semplice soppralluogo nel bosco, Ginevra. Non siate così nervosa-
-No- rispose lei, decisa -c'è qualcosa. La preoccupazione di Gaius e Melino, la vostra e l'uomore del principe smentiscono la vostra affermazione: non c'è nulla di semplice- dichiarò, mentre lacrime involontarie, dovute alla tensione, le brillavano negli occhi.
-Ginevra..- Ser Lancillotto sapeva a cosa era dovuta l'emozione della donna: Artù. Le prese le mani tra le sue.

Kahlan aveva assistito a quello scambio, trattenendo il respiro. Aveva capito che Gwen aveva un segreto, un romantico segreto. Non immaginava che fosse Ser Lancillotto. Ovviamente, era preoccupata per lui, come si sarebbe sempre preoccupata, com'è nel destino delle donne. Quello che si aspettava ancora meno, fu la fitta che la colse quando l'uomo le prese le mani tra le sue. Turbata, smise di ascoltare il dialogo tra i due. Cosa mi sta succedendo?, si chiese, confusa. Io amo Richard, si disse. Sì, amava Richard era quella la verità. Ma allora, cosa causava quel disagio, quella delusione che aveva avvertito quando le mani del cavaliere e quelle della serva si erano unite? Confusa dalle sue reazioni e temendo un bacio fra i due, senza farsi sentire, si eclissò verso le camerate dei soldati.

-Ginevra...non gli succederà nulla-disse, serio.
-Lancillotto, io non posso...-
-Ginevra, io e gli altri cavalieri, persino Merlino lo proteggeremo a costo della vita-dichiarò. -Io, lo proteggerò a costo della vita-
Silenzio. Poi, con le lacrime che ormai scendevano impunite: -Lancillotto, non sai quanto mi dispiace-
-Lo so-
Un lieve fruscio, richiamò l'attenzione del cavaliere, che sciolse le mani da quelle di lei, guardandosi attorno. Nulla. Eppure avrebbe giurato...

Finalmente, il pricipe varcò l'atrio del suo palazzo. Anche lui aveva scorto Gwen, ma a differenza di Ser Lancillotto, non voleva avvicinarla. Ne aveva paura. Era spaventato da quello che sentiva per la giovane serva, era spaventato dalle differenze tra loro: lei era così radiosa, umile e senza preoccupazioni, non perchè non ne avesse, ma perchè sperava che una soluzione esistesse. Era così...speranzosa. Anche verso di lui. Con lei, anche lui poteva sperare. Sperare di diventare un uomo migliore, più simile a lei. Ora Gwen l'aveva scorto. Non poteva più nascondersi.
-Gwen..- un nome, che conteneva tutto.
-Shh..tornate da me, vi prego-rispose, sfiorandogli una mano.

-Bowell, con me-
-Ai vostri ordini, Madre Depositaria- rispose il soldato, scattando in piedi.
-Ti ricordi la radura dove ci siamo scontrati, quando ti ho Confessato?-
-Certo, Madre Depositaria-
-Incontriamoci lì fra due ore. Prendi tutte le tue cose, qui non torneremo-

Kahlan doveva ancora fare una cosa. Non aveva il coraggio di affrontare mago e cerusico assieme, come non aveva il coraggio di andare da Gwen, non dopo averla vista con Ser Lancillotto. Voleva chiederle di recapitare una missiva a Gaius e a Merlino, in cui spiegava le sue ragioni. Arrivata davanti alla porta, esitò. Non poteva entrare nella stanza, di sicuro uno dei due uomini era sveglio. Piegò il foglio e lo infilò sotto la porta.

Morgana, silenziosa, si aggirava per il castello. Doveva trovare il modo di effettuare il suo piano. Le informazioni che l'uomo dello specchio le aveva dato, oltre a delle direttive e la promessa di un'enorme potere sconosciuto ad Albion, le avevano fatto scattare, come alla sorella, dopo che le aveva raccontato tutto, una molla. Aveva solo bisogno di...qualcosa. La scorse. Era davanti alla stanza del medico. Aveva piegato un foglio e infilato sotto alla porta. Aspettò che se ne andasse, poi lo prese. Si nascose dietro un altro portone, leggendo. Ecco il suo qualcosa.

Uther si rigirava nel letto, insonne. Mancava poco all'alba, suo figlio sarebbe partito con una guarnigione di soldati al seguito e lui sarebbe rimasto solo. Solo con la priora, senza nessuno che lo giudicasse, come gli occhi del figlio facevano ogni volta che guardava una donna anche solo per un secondo di troppo. Doveva averla, ormai lo sapeva. Il piccolo corteo lasciò la corte un po' in ritardo, ma alla fine se ne andò. Decise di aspettare ancora, non poteva presentarsi alla sua porta così e poi doveva presentarsi nel modo migliore, perciò si preparò. Dopo un paio d'ore, uscì dalle sue stanze diretto a quelle di Lady Kahlan. Senza bussare, era il re ed era casa sua, poteva fare ciò che voleva, pensò. La stanza era vuota, anzi spoglia. Come stordito, l'uomo uscì, prese fiato.
Poi: -Guardie!-

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Capitolo 8
*** Nella foresta-parte 1 ***


Artù camminava nervoso tutt'intorno il cortile del castello. Quella dannata donna! Dove diavolo è? Non potevano aspettarla tutta la mattina! Aveva detto di voler andare con loro e allora? Dov'era, maledizione?
-Merlino! Dove diavolo è quella donna?-ruggì alla volta del povero mago.
-Io non lo so, sire-era confuso. Non sapeva che dire. La Madre Depositaria aveva sorpreso anche lui.

Kahlan raggiunse il soldato nella radura. L'aveva aspettata. Sospirando, insieme si avviarono alla ricerca della Mord-Sith.

-Quella maledetta donna!- continuava a borbottare il principe, sempre irritato. Erano partiti in ritardo, dopo che Artù era giunto alla conclusione che quella pazza era partita da sola e questo avrebbe compromesso la spedizione. Infatti, più tardi si fossero avviati, più possibilità il mago o la creatura che cercava Lady Kahlan avrebbe avuto di ucciderla, considerato che con ogni probabilità, la ragazza gli stava andando incontro a braccia aperte. Non l'avrebbe mai ammesso, ma era preoccupato. Nonostante lo guardasse con disprezzo e non avesse la minima fiducia in lui, nonostante lo scontro che avevano avuto riguardo il suo rifiuto di portarla con loro, Artù non avrebbe potuto abbandonarla. Non era capace di abbandonare nessuno. Merlino, confuso e amareggiato, gli camminava al fianco. Accidenti, avrebbe almeno potuto avvisarlo! Erano amici, no?
-Merlino!-si sentì dire da un irritato Artù -guarda dove diavolo stai andando!-infatti, non fosse stato per il ferreo braccio del principe, che si era sporto dalla sua cavalcatura rischiando di cadere, il servitore sarebbe finito in una trappola, probabilmente lasciata da qualche cacciatore disattento.
-Io...grazie, sire-lo ringraziò, imbarazzato. Possibile che quella donna l'avesse destabilizzato a tal punto?
-Fermi!-ordinò, allora il biondo.
-Cosa c'è?-chiese, spazientito il mago. D'accordo, aveva rischiato grosso, ma non occorreva fermare tutti per questo.
-Lancillotto, voi avete mai visto una trappola del genere?-
In effetti, ora che guardava meglio, Merlino si accorse che i nodi che calibravano la trappola nascosta erano particolari. Non ne aveva mai visti di simili. Come non aveva mai visto il materiale che la componeva: il materiale delle funi era dello stesso colore delle foglie e resistente come quello del ferro, ma maneggievole.
-No, sire-rispose il Prode. Anche lui era sbalordito come Merlino e, come Merlino, malediva in silenzio la sorte che aveva fatto sì che la priora decidesse di partire senza di loro: sarebbe stato comodo sapere se quel materiale proveniva dalle Terre Centrali e cosa fosse.
-Galvano? Percifal?-chiese ancora il principe agli altri cavalieri che, come Lancillotto, avevano un'esperienza varia, dato il loro passato di soldati di ventura. Entrambi scossero il capo. Artù, allora, estrasse la spada. Con un colpo secco, questa si abbattè sulle funi, ma nulla: anzi, la lama rimbalzò, rischiando di far cadere il reale, che dopo il primo attimo di sbalordimento, si ribilanciò borbottando epiteti poco signorili. Merlino avrebbe riso, se la situazione fosse stata diversa. A cosa erano di fronte?

Kahlan camminava spedita, il soldato a fianco. Improvvisamente, sentì dei rumori: i cavalieri di Camelot, pensò. Dando istruzioni all'uomo, si nascose dietro un cespuglio. Ma non erano i cavalieri. Era Kara. Trattenne il respiro. Kara era lì, in tenuta da Mord-Sith completa, i capelli lunghi intrecciati come si confaceva alla sua gilda e come non portava mai, da quando la conosceva; la divisa rosso-sangue, aderente e chiusa al collo. Le due Agiel al fianco, lo sguardo freddo, morto. Capì in un lampo cosa doveva essere successo: Richard l'aveva rieducata, come aveva fatto Darken Rahl. Chissà come l'aveva fatto. Rabbrividì al solo pensiero. No, non doveva pensare a Richard come al suo Richard, ma ad un pazzo sanguinario. Sì, doveva prendere le distanze, solo così quell'incubo sarebbe finito. Ma come fare? Forse Merlino avrebbe potuto aiutarla. Ma ormai aveva deciso, non sarebbe tornata a Camelot. Ma forse, un modo c'era..

All'ordine del re, Uther Pendragon, le guardie si mossero. Avevano una missione: ritrovare Lady Kahlan e riportarla al castello, immediatamente.

Kara aveva capito che c'era qualcosa di strano in quel bosco. Sì, c'era qualcuno. Ma doveva far finta di nulla, se non voleva che l'osservatore scappasse. Si trovava lì su ordine del suo signore, Richard Rahl. Aveva giurato di obbedire a scapito della vita e quello avrebbe fatto, perchè, come ben sapeva, cercare una Depositaria, significava la morte. O con la possibilità di non rivedere le sue sorelle. A dire la verità, non le importava molto delle sue sorelle. Erano separate da tempo, da quando loro non erano molto convinte di Lord Rahl: aspettavano solo il ritorno del precedente, Darken. Peccato che ora si trovasse senza poteri, in una cella e lei e le altre Mord-Sith fossero state piegate. Le più intransigenti rieducate e utilizzate come esempio per le altre. Una cosa Kara non capiva: perchè Lord Rahl voleva uccidere a tutti i costi la Madre Depositaria? Era l'ultima della sua specie ed era finita in quel luogo fuori dalla loro dimensione, forse fuori dal loro tempo. Non era più una minaccia immediata. E allora? Un dolore alla testa la fece distogliere da questi pensieri: ciò che faceva Lord Rahl era giusto.

Elyan era stato costretto da Uther a guidare le guardie alla ricerca della sacerdotessa, non che ne avesse questa gran voglia. Tra i suoi compagni, lui e ser Leon erano gli unici che non sarebbero partiti per la spedizione: alla fine, Artù aveva deciso, su insistenza di Merlino, di lasciarlo a casa. Non voleva che Gwen perdesse in un sol colpo fratello e innamorato. Poteva capirlo, da una parte e dall'altra no: se il principe ragionava in quel modo, perchè diavolo nominarlo cavaliere? Certo, gli aveva salvato la vita ed era bravo con le armi, conosceva il rituale meglio di tutti gli altri, visto che aveva servito come scudiero tutta la vita, come si confaceva alla sua posizione sociale. Non chiedeva di più, eppure era stato orgoglioso della carica. Un pensiero orribile gli attraversò la mente: e se Artù l'avesse fatto per amore di Ginevra? Certo, se sua sorella avesse avuto una posizione sociale leggermente più elevata sarebbe stata meno scandalosa una loro unione... No, non poteva continuare a tormentarsi con certi pensieri: quando tutto sarebbe finito, avrebbe chiesto al diretto interessato.

Senza preavviso, la Mord-Sith si alzò e si diresse dove il soldato era nascosto. Rapida, un Agiel alla mano, lo infilò in direzione del petto dell'uomo che, al contatto della bacchetta, ululò di dolore. La donna premette più forte, finchè, con un gemito, morì.
- Madre Depositaria, so che sei qui. Affrontami, se sei così coraggiosa come si dice...-
Kahlan rimase impietrita. La sua amica non si ricordava di lei.

L'urlo del soldato raggiunse sia le guardie capitanate da Elyan, sia i cavalieri in missione. Con uno scatto, tutti si avviarono verso il suono della voce del disperato. Artù, senza curarsi di aggirare la trappola, ci cascò direttamente nel mezzo, attivando il meccanismo che, poco prima, aveva fatto evitare a Merlino. La prima fune gli colpì violentemente il mento, disorientandolo. La seconda attivò un meccanismo ancora più complesso: un ramo, sottile come una frusta, lo colpì da dietro, tra capo e collo, tramortendolo, mentre l'ultima corda, quella sospesa e che aveva cercato di tagliare, si mosse scoprendo un cappio largo che si andò ad annodare sulla caviglia del reale. L'albero non era alto e la corda non era lunghissima, perciò il principe si ritrovò semi-disteso in una posizione piuttosto scomoda, senza appigli per appoggiarsi. In più, Galvano e Merlino si erano già lanciati verso la voce. Solo Lancillotto e Percifal avevano assistito al suo "incidente". Non sapeva se imprecare contro la sua sorte o sospirare di sollievo: almeno nessuno l'avrebbe preso in giro.

Kahlan emerse dal suo nascondiglio. Ora che aveva modo di vederla bene, si accorse che Kara era diversa, più nodosa e magra, meno atletica. Di sicuro, solo la forza di volontà feroce della Mord-Sith la sosteneva. Le occhiaie scure che le solcavano il bellissimo volto e gli sciupati capelli biondi fecero capire alla Depositaria che la tortura doveva essere stata continuativa, lunga e finita da poco. Una gelida ondata di rabbia fredda nei confronti di Richard la investì. Perchè? Perchè aveva trattato Kara in modo così orribile? Kara, che aveva già sofferto abbastanza. Kara, che lui aveva promesso di non far soffrire più. Più ci pensava e più la rabbia fredda che covava si accumulava. In un lampo di consapevolezza, si chiese come sarebbe sfociata.

-Allora, Depositaria...vediamo cosa sai fare...- le disse Kara, sorridendo. Per lei, la Madre Depositaria era un'estranea. La scrutò a lungo, non un segno di riconoscimento negli occhi. Facendo roteare le Agiel, usando la corda di metallo che era attaccata ad un'estremità della bacchetta, unico espediente usato per dare un po' di sollievo alle Mord-Sith, cominciò a girare attorno alla bruna.
-Sai già cosa so fare, Kara- rispose la confessora.
-Come sai il mio nome?- era sospettosa e confusa. Cos'era quella donna? Una veggente, forse, oltre ad appartenere a quella disgustosa specie? Ecco, allora, spiegato l'interesse che nutriva Lord Rahl per quella donna e perchè la voleva morta. Sì, la voleva morta anche lei, ora.
-Kara, so il tuo nome perchè eri, sei mia amica-disse, sguainando i pugnali. Certo, Kahlan voleva convincere la Mord-Sith della sua buona fede, ma non era così idiota da non difendersi.
-Ahahahah, buona questa- rise sardonica, la biondissima Mord-Sith.
-Kara, ti sei ribellata a Darken Rahl e ti sei unita a Richard, a Zedd e a me per sconfiggere il Guardiano- continuò, seguendo i movimenti dell'altra, che continuava a girarle attorno, sempre roteando le Agiel.
-Stai mentendo. Lord Rahl ha sconfitto il Guardiano con l'aiuto di Lady Ravenna e di nessun altro. Io non ero neppure presente, ero con le mie sorelle, con il falso Rahl-
-Cosa...-stava per rispondere, ma l'attacco feroce della Mord-Sith non le diede modo di continuare. Era forte, molto forte, lo sapeva. Ed era determinata. Sapeva che Kara era la migliore e quindi la favorita di Darken Rahl, insieme a Denna. Riuscì a bloccare il colpo di una delle due Agiel con entrambi i pugnali, dando modo a Kara di colpirla con l'altra al fianco. Un'ingenuità, lo sapeva, ma non voleva rischiare di ferire Kara. Piuttosto, avrebbe sofferto lei. Un dolore acuto le attraversò il fianco, con una fitta infuocata tra le costole. Lanciò un urlo acuto, ma rimase in piedi. Chissà quante fitte del genere aveva dovuto sopportare la donna che aveva di fronte, durante la rieducazione di Richard. Il freddo della rabbia contrastò il fuoco dell'Agiel. Bastava poco, lo sapeva.

I cavalieri inviati da Uther arrivarono per primi alla radura e videro le due donne fronteggiarsi: una scena per loro surreale. Uno di loro sguainò la spada e si lanciò contro quella vestita di cremisi, la divisa che somigliava in modo inquietante ad un'armatura leggera. La bionda, con un movimento rapido, senza staccarsi dalla Depositaria, diede un colpo violento al collo dell'uomo con la sua arma fatale, uccidendolo all'istante. Gli altri uomini ammutolirono, poi, tutti assieme, attaccarono la Mord-Sith.

Kahlan non poteva sopportare che succedesse. Doveva salvare Kara, era tutta colpa di Richard, sono troppi, pensò contemporaneamente. Disperazione e rabbia si mescolarono, come aveva provato solo una volta, per salvare Richard proprio da Denna. Un fiotto diverso di calore la colpì tutta e lanciando un altro urlo, molto diverso stavolta, si gettò su uno dei soldati. Lo sfiorò solamente, ma era abbastanza.
-Muori- ordinò, senza emozione. E quello si accasciò su se stesso. Stessa sorte toccò al successivo. Era svuotata di tutto. Tutte le emozioni che provava e aveva provato erano state convogliate nel suo potere. Kahlan aveva risvegliato il Con-Dar, la Furia del Sangue. Ancora. E questa volta non ci sarebbe stato Richard a salvarla. Ma non le importava.

Galvano e Merlino sentirono prima un urlo di dolore, femminile, che li portò ad accelerare, poi un altro, agghiacciante. Nessuno dei due avrebbe voluto proseguire, ma era il loro dovere. E così fecero. Quando arrivarono alla radura, si trovarono davanti una scena che li fece impallidire: una decina di soldati si trovavano ai piedi di Lady Kahlan e della bionda statuaria che le stava vicino, morti. Solo Elyan era in piedi e, livido, attaccò, non la bionda, come si aspettavano, ma la confessora che, tranquillamente, lo prese per la gola. Contemporaneamente, la bionda, calò una delle bacchette che aveva tra le mani sul collo della Depositaria, che, distratta, le aveva dato la schiena. Contemporaneamente, Merlino pronunciò l'incantesimo più potente che conosceva, incurante di Galvano, che si allontanò da lui, quasi cadendo. Sia la Mord-Sith che la Depositaria vennero sbalzate lontano, Elyan crollò a terra come una bambola inerte, mentre Merlino si accasciava urlando dalle fitte dolorose che gli trafiggevano la testa. Aveva capito che il suo intervento aveva provocato qualcosa, ma non sapeva cosa. Più tardi, pensò, prima di crollare svenuto come le donne ed Elyan, non avere fretta, ragazzo: quello che avrebbe detto Gaius.

Il principe gemette, irritato dalla propria sfortuna. Aveva tratto in salvo quello stupido di Merlino per restare ingabbiato lui, il colmo! In più, i suoi due cavalieri sembravano completamente impotenti, infatti, non l'avevano ancora liberato. Mentre trafficavano con i nodi, che sembravano impossibili da sciogliere, Percifal avvertì qualcosa tra le foglie. Troppo lieve per essere una presenza, ma sapeva, sentiva che era qualcosa. Con un segnale, comunicò il tutto a Lancillotto, che si irrigidì, in ascolto, senza, però, distogliersi dal suo compito. Lo sentì anche lui e, anche lui, segnalò il fatto a Percifal. Quando il suono si fece più vicino al nerboruto cavaliere, Percifal sguainò la spada e lanciò una stoccata nella direzione del suono. Con sua sorpresa, la stoccata venne parata da qualcuno. Un omone con un'ascia si palesò davanti a loro: entrambi i cavalieri lo fronteggiarono, ma l'uomo, con voce profonda disse:-Se volete che liberi il vostro amico, visto che non siete in grado di farlo da soli, come vedo, abbasserei le lame-
-Chi siete?-domandò Lancillotto.
-Chase, un guardiacaccia-rispose, scrollando le spalle.
-Ehi, voi!- interloquì il biondo, interrompendo l'interrogatorio del Prode -io vorrei essere liberato!-
L'omone, vestito di cuoio, con un'ascia al fianco e una spada in un fodero sulla schiena, rise sguaiato, spianando le rughe che erano comparse sul suo viso eburneo.
-Cosa avete da ridere, bifolco! Io sono il principe di Camelot!- continuò Artù, tra l'arrabbiato e l'imbarazzato.
L'uomo rise ancora di più, mentre gli altri cavalieri cercavano di contenersi. Era una situazione assurda e paradossale, ma avevano un compito da portare a termine.
-Signore, Chase..-chiese Pecifal, la voce roca -potreste liberare il principe Artù dalla vostra trappola, per favore?- dopo pochi minuti, un indispettito Artù si ritrovò disteso a terra, senza troppe cerimonie, libero.
I due cavalieri, rassicurati dall'atteggiamento dell'omone, riposero le armi nel loro fodero.
-Cosa ci fate nel mio bosco?-chiese, brusco, Artù.
-Il vostro bosco?-domandò ironico, Chase.
-Sono il principe di Camelot, certo che è il mio bosco!- gli uomini lo scrutarono, poi cavalieri e guardiacaccia assieme scoppiarono a ridere di gusto, irritando il reale ancora di più che non aveva sentore di assomigliare ad un gallo arruffato e sdegnato. Appena si calmarono, l'omone chiese ai cavalieri perchè fossero lì, dopo aver spiegato loro di vivere di soppiatto nel bosco da settimane, ormai e di non aver mai visto alcun soldato aggirarsi da quelle parti. Percifal, che si sentiva stranamente a suo agio e loquace con l'enorme moro, spiegò in poche frasi la situazione. Chase impallidì; aveva capito. Stava per chiedere ai tre il permesso di unirsi a loro, quando uno strillo acuto squarciò l'aria. I quattro uomini si precipitarono verso il suono, quando, neppure a metà strada, sentirono un altro urlo. Chase rabbrividì. Sapeva cosa significava quell'urlo, l'aveva già sentito: la Furia del Sangue. Sperò che Kahlan stesse bene, ma, memore delle spiegazioni del vecchio mago del Primo Ordine, si avviò dietro i cavalieri con la morte nel cuore, senza speranza.


Nota:
Ho segnalato come contesto la 3a stagione, anche se Percifal ed Elyan non erano ancora comparsi tra i cavalieri di Artù in Merlin. Per ragioni di trama, ho reso Morgana più dipendente da Morgause di quanto fosse e più...influenzabile, a partire da questa contestualizzazione, la fedeltà alle stagioni successive di Merlin sarà quasi nulla.
Per quanto riguarda La Spada della Verità, ho reso Richard il cattivo, nonostante chi abbia seguito la serie, saprà che è l'eroe buono e puro e bla, bla, bla...non che Richard non mi piaccia...però volevo sperimentare qualcosa di diverso. In generale, la contestualizzazione di questa serie è un'ipotetica 3a stagione. Il racconto della Depositaria nel cap.3 "Le Terre Centrali", può più o meno, aiutare chi non ha seguito la serie tv, anche se è un riassunto veloce e all'osso il più possibile, non volendo dilungarmi troppo. Per eventuali domande o chiarimenti o anche solo commenti o suggerimenti potete contattarmi, risponderò più velocemente possibile.
P.S. La lunghezza dei capitoli è voluta: fissare a lungo uno schermo può essere stancante e anche capitoli troppo lunghi possono annoiare... detto questo cercherò di non rendere la storia infinita ;) 

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Capitolo 9
*** Nella foresta-parte 2 ***


Quando arrivarono, Artù e gli altri trovarono solo Galvano, in piedi e tremante. Il cavaliere raccontò al principe ciò che era successo, tentando di calmarsi. Incredulità e rabbia travolsero Artù: Merlino gli aveva mentito per tutto quel tempo! Merlino faceva parte di quella razza bastarda che gli aveva portato via la madre, Merlino doveva pagare, pensava, la mente confusa. Poi, lo guardò, lì a terra, indifeso. Quante volte lo aveva salvato? Quante volte lo aveva fatto sorridere, facendogli dimenticare i suoi pensieri? Quante volte si era dimostrato un amico con lui?
-Pecifal, aiuta Merlino. Mettilo in una posizione...un poco più comoda-disse, poi. Il giovane mago, infatti, quando era crollato a terra, svenuto, era caduto a faccia in giù, gli arti scomposti, il collo in una posizione strana, tanto che i cavalieri avevano creduto fosse morto. Poi avevano rivolto l'attenzione al resto della radura. Due donne e decine di morti. Poi c'era Elyan. Anche lui svenuto. Galvano aveva raggiunto il compagno e lo aveva allontanato dalle due donne. Dopo quello a cui aveva assistito, il povero cavaliere non aveva avuto il coraggio di toccarle, perciò ancora giacevano a terra, ciascuna ad un lato della radura. Distolti i pensieri dal suo servitore, si accorse che l'omone del bosco, Chase, si era avvicinato a Lady Kahlan e che la scrutava senza toccarla. Incuriosito, si avvicinò.
-Dovremmo spostarla, vedere come sta e portarla al castello-parlò quasi tra sè, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Infatti, la mente di Artù era dominata dalla preoccupazione per suo padre e dai suoi sospetti. Aveva scoperto che Merlino era un mago e che aveva lanciato un incantesimo contro le due donne, mentre la bionda stava attaccando Lady Kahlan. Ma Elyan? Galvano gli aveva raccontato che il fratello di Gwen aveva attaccato la priora e non l'altra donna. Perchè mai? Che fosse successo qualcosa?
-No, sire, è meglio non toccarla. Almeno finchè non sarà sveglia-disse Chase. Il principe, incuriosito, lo guardò di sottecchi. Cosa sapeva?
-Non è morta, se è questo quello che temete-rispose l'uomo al suo sguardo. Un movimento attirò la sua attenzione: la bionda. Estrasse subito la spada e la puntò alla gola della donna, che si stava mettendo seduta. Alla vista dell'uomo sopra di sè, Kara sbuffò irritata.
-Ben svegliata, Mord-Sith-la salutò il guardiacaccia, ironico. Un silenzio stupito colse i cavalieri. L'omone e la donna in rosso si conoscevano. Il principe si spostò, dando modo al gigante nero di tenere sotto controllo l'altra. Kara ne approfittò per tentare un movimento verso le Agiel, che giacevano a terra, poco lontano da lei. L'uomo, accortosi del gesto, sguainò l'ascia e rapidamente, spinse via le bacchette rosse di Kara lontano da lei, mentre la donna seguiva ogni suo movimento, i gelidi occhi azzurri sprezzanti e pieni d'odio verso quelli che considerava suoi nemici.
-Sei ancora qui, pezzente? Credevo di averti ucciso-chiese, sprezzante.
-Credevi male, ragazzina. Non ti hanno insegnato a controllare, prima di definire un lavoro concluso?-
-Non mi importa della feccia-disse, irosa. Chase stava per ribattere ancora, quando la bionda emise un gemito, tenendosi la testa.
-Tu...-riprese la donna. -Io ti ho già visto. Sei un amico di Lord Rahl. Ma come posso riconscerti? Non sei mai stato al Palazzo del Popolo... non ti ho mai visto lì- era confusa e gemeva di dolore. Chase aveva giò visto la Mord-Sith e la conosceva semplicemente perchè Richard, quando era ancora l'uomo di un tempo, gliel'aveva presentata come una cara amica e anche la Madre Depositaria e il mago avevano fatto altrettanto: fosse stato per lui, la donna in rosso sarebbe marcita all'Inferno insieme al Guardiano e a tutti i suoi mostri. Un altro gemito distolse l'attenzione di Artù dalla bionda e dalle domande che il principe si preparava a fare. Merlino era sveglio. Sempre con la spada spianata, si avvicinò al mago e gliela puntò contro, incurante dei suoi uomini, a cui aveva ordinato chiaramente di trattare Merlino normalmente: era un mago, certo, ma era anche un loro amico. Il giovane spalancò la bocca, gli occhi sgranati. Artù gli stava puntando la spada al petto, lo sguardo duro.
-Perchè?- gli chiese il biondo principe.
-Cosa? Artù, non capisco...-
-Ora basta, Merlino! So cosa sei!-
-E allora? Cosa avete intenzione di fare? Imprigionarmi? Esiliarmi? Oppure consegnarmi a vostro padre, che sono sicuro, farà preparare una pira alta quanto me?- Artù non aveva mai visto il suo servitore così deciso e sicuro si sè. Era la magia a renderlo tale, o era già così?
-Artù, io...so che riderete di me, che mi prenderete in giro a vita, ma io vi considero un fratello! Sono un mago e non ve l'ho detto. Se l'aveste saputo, cosa avreste fatto? Mi avreste dato modo di spiegare, di farvi capire che, nonostante i miei poteri, io non sono malvagio?- Il principe abbassò la spada. Merlino aveva ragione. Se, quando si erano conosciuti, gli avesse rivelato la sua natura, di sicuro ora non sarebbe stato il suo servitore, ma cenere. Sapeva che Merlino non era cattivo, anzi, che gli era fedele. Mai come in quel momento il principe era consapevole della fiducia che provava verso il ragazzo. Gli altri cavalieri sospirarono di sollievo, temevano per la vita di Merlino, ma soprattutto che il loro principe facesse qualcosa di cui si sarebbe poi pentito.
-Allora non siete così arrogante come volete far credere!- intervenne una voce roca e contrariata, alle loro spalle. Kahlan si era ripresa e osservava attentamente gli uomini mentre stavano "regolando i conti" a modo loro. Merlino, che la poteva vedere bene, emise un gemito strozzato, mentre gli altri si voltarono verso la donna in verde. Involontariamente, i baldi cavalieri arretrarono dalla donna, seduta ai piedi di un albero.

Perchè si stavano comportando in quel modo? Kahlan non sapeva darsi una spiegazione. Mentre stava riprendendo conoscenza, aveva sentito le voci dei cavalieri. Subito, il suo pensiero era volato a Kara. Era sveglia, con un omone nero che le faceva da guardia, le Agiel lontane da lei. Guardò il profilo dell'uomo, sì, pensò, lo conosceva.
-Chase!-chiamò. L'uomo, senza distogliere l'attenzione dalla Mord-Sith, fece un gesto alla volta della Depositaria, senza guardarla. Aveva notato l'atteggiamento dei cavalieri e del ragazzo che loro chiamavano "mago", ma non ci aveva dato molto peso. Lui doveva sorvegliare quel demonio biondo. Fu la Mord-Sith a parlare, la fronte aggrottata:-Depositaria, sicura di stare bene?-

Ma che razza di domanda era? Si chiese Kara, appena l'ebbe pronunciata. Perchè mai dovrebbe preoccuparsi della mora? Dopotutto, il suo compito era ucciderla! Ma c'era qualcosa, che le diceva che era sbagliato, come una vocina dentro di lei che le chiedeva di aspettare. Il dolore alla testa era diminuito e riusciava a pensare abbastanza lucidamente. Perchè la Madre Depositaria era corsa in suo aiuto quando quei soldati l'avevano attaccata? Cosa non sapeva?
-Sto benissimo! Perchè non dovrei?- risposa, piccata.
-Da quando in qua, una Mord-Sith si preoccupa della salute della Madre Depositaria?-chiese Chase, ironico alla bionda, che gli rivolse uno sguardo disgustato, senza rispondere. Solo allora Artù si riscosse, fece per dirigersi alla volta di Lady Kahlan, quando una spada sguainata gli sbarrò la strada. Alzando un sopracciglio, il principe osservò l'uomo che gliela puntava contro, incredulo. Elyan. Come avevano potuto dimenticarsi di Elyan?
-Elyan, lasciami passare! Devo parlare con Lady Kahlan-disse, cercando di scostare la spada dal suo petto.
-No!- urlò il cavaliere -Nessuno si deve avvicinare alla mia Signora! Nessuno!- Gli occhi del principe incontrarono quelli del suo cavaliere. Era deciso, sembrava lo stesso Elyan di sempre eppure... eppure, il suo cavaliere, il fratello di Gwen gli stava puntando contro una spada, intimandogli di stare lontano da Lady Kahlan.
Percifal, Galvano e Lancillotto si avvicinarono al loro signore e al loro amico, guardinghi. Gli altri osservavano la scena: Kara indifferente, Chase curioso, Kahlan confusa e Merlino impaurito e in ansia per la sorte dei suoi amici. I cavalieri circondarono il loro compagno, la spada in mano, ma molle nella presa; non avevano alcuna intenzione di usarla contro Elyan se non fosse stato necessario.
-Elyan, smettila! Devo parlare con Lady Kahlan- continuò il principe.
-Lo potete fare anche da qui- ringhiò Elyan, spingendo la spada sempre più contro il petto del principe.
-Ma cosa..-
-Ora basta! Rimettete quelle spade al loro posto!- esplose Kahlan, abbastanza forte da farsi sentire da tutti. Con enorme stupore di tutti i presenti, tranne Kara e Merlino, Elyan obbedì, poi, voltandosi verso Kahlan:-Come desiderate, mia Signora- Non volò una mosca, Kahlan impallidì.
-Cosa gli hai fatto, strega?-urlò Galvano, pronto a balzare sulla Depositaria, se Lancillotto non l'avesse trattenuto.
-Io...mi dispiace, non..-tentò di dire, sempre pallida.
-Kahlan- intervenne, allora, Merlino, dolcemente, notando la confusione della donna -quando ho lanciato l'incantesimo che ci ha stesi, tu stavi Confessando Elyan-
-Cosa? Io...non-
-Ha ragione il mago da strapazzo, Madre Depositaria. Credi che quegli uomini si siano decimati da soli? Certo, avrei voluto prendermi tutto il merito, ma non sono così brava-intervenne, secca Kara. Il respiro si mozzò in gola alla Depositaria. Cosa era successo?

Confessare? Cosa diamine voleva dire Merlino? E perchè tra tutti solo la priora, la donna bionda, il gigante e Lancillotto avevano capito a cosa si stava riferendo il mago? Si sentiva inadeguato, terribilmente inadeguato, come gli capitava solo durante le feste di rappresentanza di suo padre, dove doveva sorridere e fare moine alla volta di nobili di cui non ricordava il nome e di cui non gli importava nulla e quando si trovava solo con Gwen. Doveva capire cosa stava succendendo, solo così, forse, quella sensazione di disagio sarebbe svanita.

Percifal percepì dai movimenti del guardiacaccia che voleva voltarsi in direzione della strega, la donna che era stata ospite al castello, ma che non voleva perdere di vista la donna in rosso. Si fidava del gigante, anche se non capiva il perchè. Come non capiva le battute che aveva rivolto alla bionda o al fatto che non si fosse scomposto alle parole di Merlino. Decise di seguire l'istinto, quello che tante volte lo aveva salvato in battaglia e con un cenno e una mezza pacca sulle spalle, fece capire all'omone che poteva distogliere l'attenzione dalla bionda: ci avrebbe pensato lui.

Chase si voltò verso Kahlan. Aveva sentito la conversazione, ma non aveva mai distolto l'attenzione dalla Mord-Sith, quindi non aveva avuto modo di vederla bene. Poteva immaginare perchè il cavaliere che li aveva ragguagliati, Galvano, l'avesse definita strega. Oltre a ciò che aveva fatto al loro amico, anche involontariamente, a quanto sembrava, e agli uomini ormai morti, nella radura, la donna aveva un aspetto tremendo, spaventoso. Guardandola, capì che le sensazioni che aveva provato nel bosco erano giuste: la Madre Depositaria aveva gli occhi iniettati di sangue, vermigli; le vene del viso ben visibili e la pelle tirata la rendevano simile ad uno spirito maligno o ad un demone e in più era pallida come una morta. L'aveva vista in quello stato quando aveva scatenato il Con-Dar nelle segrete del castello di Denna, ma c'era una differenza: si rendeva conto di quello che stava facendo, almeno in quel momento, cosa che la Furia del Sangue non rendeva possibile.
-Kahlan-la chiamò, come se dovesse domare una puledra selvaggia -Madre Depositaria, vi siete resa conto di aver scatenato la Furia del Sangue?-chiese, circospetto, cercando di non irritarla.
-Il Con-Dar? E perchè usi queste formalità con me, Chase?-domandò, come se non sapesse cosa fosse. Rassicurato, l'uomo continuò, descrivendole il suo aspetto. Dopo un attimo, la donna prese a tremare, incontrollata.
-Interessante-commentò con voce incolore la Mord-Sith -sapevo che era una prepogativa delle Depositarie, ma non ne avevo mai visti gli effetti. Siete più distruttive di un esercito, ecco perchè Lord Rahl vi vuole morte- all'ultima frase, un lampo le squarciò la testa, un dolore più forte di prima che quasi la stordì. Ma nessuno era interessato a Kara. Tutti gli abitanti di Albion cercavano di capire cosa fosse questo Con-Dar, la Furia del Sangue, che tanto aveva sconvolto la priora.

-Quello che non capisco-continuò il gigante -è perchè sei consapevole di quello che ti sta attorno.-
-Io...non lo so. Forse l'incantesimo di Merlino ha provocato qualcosa-disse, stanca. Fece per alzarsi, ma le forze le vennero meno. Tutto in lei era stato concentrato per scatenare il suo potere e ora il suo corpo stava chiedendo il conto, forse troppo salato, questa volta.
-Cosa sta succedendo?-si intromise Artù -Che strega siete?- le parole le giunsero all'orecchio attutite, stava per svenire di nuovo. Non sentì la spiegazione che Lancillotto, che era stato informato da Merlino riguardo alla sua natura e alla sua provenienza, stava dando al principe. Prima che cadesse a terra, di nuovo, delle braccia la sostennero e la adagiarono dolcemente su un materasso di felci.

-E voi sareste i miei amici fidati?-sbottò, contrariato. Non solo Merlino era un mago, ma ora scopriva che anche Lancillotto ne era a conoscenza!  Lo avevano raggirato, preso per stupido! Odiava sentirsi uno stupido.
-Quanti al castello sanno della tua natura? Gli stallieri? Le sguattere di cucina? Morgana? Gwen?- chiese, sperando che gli rispondessero che Gwen era, come lui all'oscuro di tutto.
-Soltanto Gaius-soffiò Merlino, piano.
-Certo. Gaius. Avrei dovuto immaginarlo-borbottò Artù, corrucciato.
-Anche lui era un mago, un tempo-si lasciò sfuggire il ragazzo.
-Un tempo? Che stai dicendo? Se si è servi della stregoneria, si è servi per tutta la vita!-continuò, freddo Artù.
-La magia non è un padrone severo, sire. Essa è paziente e consapevole dei limiti dei suoi adepti. Siamo noi esseri umani a sfruttarla, a non capire quando essa è utile oppure no, cercando sempre di fare di più perseguendo i nostri scopi, quali che siano. La magia non ha obbiettivi, la magia non dà restrizioni. Solo quello in cui crediamo lo può fare.-rispose il mago, parafrasando gli insegnamenti di Gaius e del Grande Drago, sperando che Artù capisse. Il principe fece per rispondera a tono, quando si accorse dello sguardo velato dell'omone.
-E tu, che diavolo hai?-gli domandò, sgarbato.
-Come è possibile?-chiese Chase, alla volta del mago, ignorando il principe -avete toccato la Madre Depositaria e siete ancora voi stesso!-
-Perchè non dovrei?-adesso era Merlino incuriosito.
-Giusto, voi non sapete cosa sia la Furia del Sangue-mormorò tra sè, prima di riprendere in tono che gli ricordava tanto il vecchio mago, che a sua volta gli aveva spiegato di cosa fosse in grado la donna in verde -in determinate situazioni, le Depositarie più potenti hanno la capacità di scatenare il loro potere tutto in una volta, senza bisogno di pause. In questi casi, è come se la loro magia si impossessasse di loro, come se solo lo scopo che le avevano portate a scatenare tanta potenza le potesse sorreggere-
-Quella cosa che voi avete chiamato Furia del Sangue-intervenne Lancillotto. Galvano e Percifal, poco interessati a quelle questioni erano uno intento a sorvegliare Elyan, l'altro Kara, che sembrava come svuotata, la testa tra le mani.
-Esatto, Cavaliere. Non è una capacità alla portata di tutte. Ci vuole molta forza, determinazione e, soprattutto, spirito di sacrificio. Di solito, la Depositaria che scatena il Con-Dar non soppravvive a lungo. Kahlan è l'unica eccezione-
-Quindi, ha già scatenato questa forza?-chiese Merlino. Il gigante annuì. -E come è sopravvissuta?-
-Richard-rispose, sospirando triste.

-Chissà cosa l'ha portata a questo-borbottò Lancillotto. Dopo un momento di riflessione, avevano deciso che Merlino, con l'aiuto di Elyan, che si era agitato alla vista di un altro uomo che sfiorava la mora, l'avrebbero portata al castello, da Gaius. Stessa sorte sarebbe toccata alla Mord-Sith, solo che avrebbe affrontato il viaggio da prigioniera, scortata da Percifal e Chase.
-Credo che l'abbia fatto per me. Per difendermi-rispose la bionda, alla domanda retorica del Prode.
-E perchè avrebbe dovuto?-domandò Chase, anche se immaginava la risposta. Sapeva che la Madre Depositaria sarebbe morta, pur di aiutare i più deboli, soprattutto se questi erano suoi amici. E in qualche modo, aveva giudicato debole la donna in rosso, anche se non si spiegava come quella definizione potesse essere applicata ad una Mord-Sith.
-Non lo so, pezzente. Ma lo scoprirò, dovessi morire-gli rispose, gelida. Non si rese conto che il suo tono aveva fatto rabbrividire Galvano, che tra sè pensava che non avrebbe mai più guardato una donna attraente nello stesso modo, dopo quell'esperienza.

-Mio signore!- al suono della voce della sua pupilla, Uther si voltò. Stava camminando per i corridoi, impaziente. Voleva che le guardie riportassero al castello Lady Kahlan al più presto, ma sapeva che i suoi desideri non potevano essere realizzati con uno schiocco di dita. Poi, Morgana lo aveva chiamato. La scrutò a lungo: non aveva lo sguardo accigliato e freddo che aveva notato in lei dalla comparsa di sua sorella; Morgana credeva di averlo nascosto bene, ma una durezza nuova nello sguardo aveva fatto capire all'acuto re che qualcosa non andava. Si era sempre fidato di lei, sicuro del suo affetto, ma quel cambiamento improvviso l'aveva preoccupato non poco. Quel giorno no. Sembrava la ragazzina che aveva cresciuto alla morte di Gorlois, allegra e solare. La ragazzina che aveva sempre considerato una figlia.
-Posso camminare con voi?-chiese, sorridendo, per una volta sincera. Aveva i capelli neri sciolti sulle spalle, un abito blu con decori dorati, a maniche corte, con una cintura di tessuto blu che le sottolineava la figura sottile. Era bella, Morgana. Bella quanto sua madre, pensò, scacciando quel pensiero molesto. Non gli capitava mai di ripensare alla madre di Morgana, mai. Allora perchè lo stava facendo in quel momento? Prima di acconsentire, si passò una mano sulla fronte sudata. Cosa gli stava succedendo? Da quando la sua mente si faceva dominare così facilmente da desideri e ricordi diversi da quelli che lo tormentavano dalla nascita del suo unico figlio? Stava forse impazzendo?

Richard Rahl, come Uther camminava spedito per i corridoi del Palazzo del Popolo. E come Uther venne fermato da una persona, nel suo caso Lady Ravenna.
-Tutto sta procedendo secondi i piani, amore mio. Ancora poche ore e la Madre Depositaria e quella fastidiosa Mord-Sith saranno solo un ricordo-alitò la donna al suo fianco.
-Credi davvero che le due sorelle siano in grado di sostenere la loro parte fino in fondo?-chiese, incolore.
-L'Ultima Sacerdotessa, Morgause, sembra decisa, molto più di quell'altra. Morgana si affida troppo alla sorella, se dovesse accaderle qualcosa, chissà come reagirebbe-rispose, pensierosa.
-Hai intenzione di far del male all'Ultima Sacerdotessa?-domandò, disinteressato. Non gli importava della sorte delle due donne. L'unica di cui gli imporatava era lì, al suo fianco.
-Non vorrai davvero dare a quelle due il Libro, vero? Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto...-chiese, stupita.
-Certo che no! Solo che non pensavo volessi liberartene così presto- Ravenna gli sorrise, radiosa.
-Io non farò niente, Richard. Faranno tutto da sole.-

Un rumore distolse Zedd dalle sue riflessioni. Ancora. Solo che questa volta era attutito dalle pareti della cella. Cosa poteva mai essere? Limitato dalle catene, il vecchio mago prese a ispezionare le spesse pareti, alla ricerca di qualcosa, ancora non sapeva cosa. Dopo ore, che parvero al vecchio interminabili, sentì uno spiffero freddo provenire dalla parete di fondo. Lentamente, con un unghia cominciò a grattare il muro. Poteva pazientare. Tanto non sarebbe uscito presto da lì. Aveva tutto il tempo del mondo, o per lo meno quello che Ravenna e Richard gli avrebbero concesso. Si domandava spesso perchè non l'avessero messo a morte, specie dopo quella conversazione con Ravenna. Ma sapeva che, nonostante la clemenza momentanea del nipote, doveva muoversi. Perchè i suoi veri nemici erano l'immobilità e l'inerzia; forse, se si fosse occupato in qualche modo, il tempo sarebbe stato dalla sua parte.

Nota: un ringraziamento a chi sta seguendo, leggendo e a chi ha recensito la storia. Grazie di cuore!

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Capitolo 10
*** Barriere, dimensioni e un terribile segreto ***


Il viaggio verso il castello fu per i cavalieri più lungo e tetro del solito. Artù non riusciva ancora a scendere completamente a patti con le novità, che li avevano colpiti tutte assieme. Cosa avrebbe dovuto fare? Il dovere gli imponeva di denunciare tutti gli stregoni e gli insegnamenti di Uther erano impressi a fuoco nella sua mente: la magia è malvagia e ciò che è malvagio deve essere estirpato. Ma Merlino era un mago e non era malvagio, o almeno non aveva prove in tal senso. Come non lo era Gaius, che lo aveva medicato, fasciato e curato fin da quando era bambino. Almeno su una cosa aveva avuto ragione, si consolò il principe, Lady Kahlan è una specie di strega. Riguardo a quella donna, i suoi dubbi erano più pratici: rivelare o tacere a Uther ciò che aveva scoperto? Condannare a morte la donna, che possedeva un potere spaventoso, quello di privare una persona del libero arbitrio, oppure tenerla in vita per amore di suo padre e del suo equilibrio mentale? Merlino camminava vicino al suo signore, in silenzio, lo sguardo basso. Tutti si comportavano in modo leggermente diverso con lui, tranne Lancillotto e gli originari delle Terre Centrali e questo gli faceva male. Più di quanto avesse potuto immaginare. Era preparato ai giudizi, lo era sempre stato, fin dai tempi di Eldor. Solo che non aveva considerato un piccolo particolare: quando chi ti giudica sono le persone a cui hai affidato la vita, a cui l'affideresti senza esitazione e per cui ti batteresti; ecco, in quel caso, un responso negativo brucia più del più rovente rogo. Galvano sopportava a malapena la presenza di quegli esseri non completamente umani e, per la prima volta nella sua vita, concordò con il re di Camelot e suoi metodi. La magia lo stava privando di un amico e poteva uccidere lui e i suoi cari senza che se ne accorgesse. Si sentiva impotente e questo alimentava la sua paura. Sì, Galvano lo sfrontato, Galvano lo sprovveduto, Galvano l'incosciente aveva paura. Paura della magia. Ma era anche Galvano il cavaliere e non avrebbe giudicato Merlino e quelle persone solo sulla base di quel sentimento sgradevole. Percifal, invece, era totalmente disinteressato alla questione della magia. A lui non era mai importato, anzi, nella sua terra natia si diceva che la sua forza fuori dal comune fosse dovuta all'intervento di qualche fata o strega benevola o che fosse il figlio segreto di un gigante. Aveva sempre sorriso di quelle sciocchezze, aveva sempre ritenuto la magia una superstizione assurda e solo rare volte si era dovuto ricredere. Era ferito più dal silenzio dei suoi amici che dalla scoperta della natura di Merlino. A differenza di Artù, che combatteva contro la sua educazione e il senso del dovere verso il padre e il suo regno, Percifal aveva un solo pensiero in testa: non essere stato abbastanza.  Non si erano fidati di lui e lui, lo sapeva bene, se in una battaglia la fiducia tra i compagni non esiste, allora essa può considerarsi perduta.

Chase controllava la Mord-Sith da vicino. Era stata quella sensazione che lo aveva spinto lontano dai suoi compagni e dalla sua famiglia. Non l'avrebbe mai ammesso con nessuno, forse solo con Kahlan e, probabilmente, solo sotto Confessione. Aveva visto Kara aggirarsi per il bosco, dove un tempo c'erano le barriere che delimitavano le Terre Centrali dai Territori dell'Ovest, le stesse foreste che lui pattugliava da anni, ormai. Si era spinta fino ai confini a nord, dove un paio di settimane prima era scomparsa la Madre Depositaria, inseguita da un quadrato mandato da Richard. Inizialmente, quando aveva trovato Kahlan ferita ed affamata, che vagava sola per le Terre Occidentali non aveva creduto al suo racconto. Richard, il suo amico, il ragazzo che aveva istruito, non era come la donna lo aveva dipinto e mai lo sarebbe stato, ma si era dovuto ricredere prima di quanto si aspettasse. Prima un esercito di D'Hariani aveva invaso le Terre dell'Ovest, prendendo con la forza i poli politici delle città più importanti e stabilendo una ferrea dittatura militare. Tutti gli abitanti dovevano essere censiti, ai giovani era stata imposta la leva obbligatoria, pena la morte. I contadini dovevano pagare tributi assurdamente alti al D'Hara, senza ottenere in cambio il minimo servizio. Gli oppositori venivano arrestati e puniti pubblicamente, chi con la morte, chi con la mutilazione e chi con la tortura. Le Mord-Sith erano tornate, più numerose e crudeli di prima; erano loro ad avere il controllo militare, mentre quello politico, almeno all'apparenza era nelle mani dei generali del D'Hara. Poi, arrivarono i predicatori, o così li chiamarono i cittadini. Erano persone mandate ad osannare Richard, a proclamare la giustizia di quella situazione e a combattere contro i dissidenti. All'inizio i ribelli erano molti, ma bastarono poche settimane nelle mani delle Mord-Sith più esperte per trasformarli in altrettanti predicatori, che si moltiplicavano a dismisuara, sempre più convincenti, fino a rendere gli abitanti dei Territori dell'Ovest degli schiavi consapevoli, ma felici della loro condizione. Solo piccoli gruppi ben nascosti osavano ancora opporre resistenza al sovrano del D'Hara, che per stanarli usava qualunque mezzo, umano e magico. Solo quando anche i suoi figli vennero catturati dalle Mord-Sith e obbligati, i maschi all'addestramento militare, le più piccole a soddisfare le esigenze dei soldati, solo allora Chase e la sua famiglia avevano deciso di unirsi ai ribelli, dalla parte di Kahlan, che, nonostante le dure parole che le aveva rivolto quando ancora non le credeva, lo aveva aiutato a liberare e nascondere i suoi figli. Lui conosceva i boschi di confine, altri uomini e ragazzi, tra cui i suoi figli, lo avrebbero aiutato a pattugliarli, mentre sua moglie, insieme alle altre donne e ai più piccoli sarebbero state mandate in un luogo sicuro, di cui nessuno, nemmeno Kahlan, sapeva l'esatta ubicazione, per evitare che esso venisse scoperto, in caso di cattura. Poi, un giorno, Kahlan era sparita. Ed era comparsa Kara. Dal racconto della Depositaria, sembrava che la bionda l'avesse aiutata, ma da quel che aveva potuto vedere di persona, non era così. L'unica volta che l'aveva vista, prima di quella storia, la donna aveva cercato di liberarsi di tutti i simboli che caratterizzavano le Mord-Sith, a parte le Agiel e la divisa rosso-sangue. Ora quei simboli erano tornati al loro posto: lunga treccia, colletto dorato e una frusta al fianco. La sua espressione, poi, era, se possibile, più dura e inespressiva delle sue compagne, come se quello che aveva affrontato la rendesse ancora più impassibile verso il male e le ingiustizie della vita. Sembrava piegata. Aveva notato il suo strano comportamento, non poteva sapere che Richard le aveva ordinato di pattugliare i boschi in cerca del quadrato che stava inseguendo la Madre Depositaria, di farsela consegnare e ucciderla. Così Chase aveva deciso di seguirla, chissà come lei lo aveva sentito, si erano affrontati e lo aveva quasi ucciso. Poi, come la Depositaria era sparita anche lei. Sempre più preoccupato per Kahlan, era tornato al luogo in cui aveva affrontato la Mord-Sith, in cerca di qualunque cosa. Arrivato ad un ruscello, aveva sentito come uno strappo, come se qualcosa lo trascinasse lontano. La pressione era stata così forte, che era svenuto e, al suo risveglio, si era trovato in una terra straniera. L'aveva capito subito: l'aria non era più la stessa, il terreno, gli alberi, persino l'acqua era ostile ed estranea. A poco a poco si era adattato al cambiamento, il suo unico scopo era sopravvivere, solo poi avrebbe cercato Kahlan e un modo per tornare a casa. Vivendo al limitare della foresta, nei pressi del castello, spesso aveva dovuto evitare i ricognitori di Uther, aveva imparato a trattare con i commercianti dei villaggi limitrofi barattando o comprando, quando poteva, ciò di cui aveva bisogno. Non aveva mai trovato resistenza fra i bottegai e nemmeno curiosità, forse per la sua mole, forse per il suo silenzio ostinato ogni volta che qualcuno gli chiedeva di raccontare qualcosa di sè, Chase non lo sapeva dire, ma gli andava bene così. Non si era mai spinto fino al castello e non aveva mai nominato la Madre Depositaria, nonostante tutto, aveva tenuto le orecchie bene aperte, cercando di scoprire il più possibile, certo che una donna come Kahlan, inseguita da quattro soldati e da una donna in rosso fosse difficile da ignorare. Solo la fortuna gli aveva fatto incontrare i cavalieri di Camelot. O sfortuna, a seconda dei punti di vista.

Uther stava ancora camminando con Morgana, quando una serva li raggiunse. Una ragazzina che, muta e tremante, consegnò al monarca un biglietto. L'uomo non riconobbe la scrittura, ma una volta letto, il suo volto si adombrò. Rigido, salutò Morgana, pregando la ragazza di perdonarlo per la sua maleducazione. Lei lo fissò interdetta per un istante. Solo quando il re fu abbastanza lontano, Morgana si arrischiò a sorridere soddisfatta.

Morgause stava cavalcando verso le terre di re Cenred. L'ultima volta che era stata da quell'inetto si era sentita rifiutare il suo aiuto per recuperare il Calice della Vita, che avrebbe reso il suo esercito immortale. Aveva un altro piano, ma sapeva che sarebbe riuscita a convincerlo, nonostante le precedenti sconfitte. Perchè questa volta aveva tra le mani qualcosa che nessuno avrebbe potuto contrastare ed era certa che il suo alleato avrebbe preferito stare dalla parte dei vincitori, la sua, piuttosto che subire la sorte dei perdenti.

Dopo l'inaspettato rifiuto di Cenred, l'Ultima Sacerdotessa aveva cavalcato fino all'Isola dei Beati, nel tentativo di riorganizzarsi e trovare qualcosa o qualcuno che la aiutasse a far rinsavire l'uomo che fino a poco tempo prima poteva chiamare alleato. Era troppo arrogante e sicura di sè per ammettere che forse, le lusinghe non bastavano più e Cenred aveva bisogno di rassicurazioni. Aveva perso buona parte del suo esercito nella lotta contro Camelot e i suoi soldati avevano minacciato un ammutinamento. Non poteva rischiare di nuovo. Le sue patetiche scuse le risuonavano nel cervello, ma non poteva fare a meno di maledire Uther e suo figlio. Era tutta colpa loro. A metterla maggiormente in difficoltà, Morgana aveva cominciato ad avere ripensamenti. Quell'ingenua credeva davvero che bastasse contrattare con Uther per ottenere il rispetto che la loro gente meritava. Per rimetterla in riga, aveva dovuto inventare una piccola bugia: le aveva rivelato che Uther era in realtà suo padre. Non era affatto vero, ovviamente, anche se il potente re aveva avuto una relazione segreta con la loro madre, Lady Vivian. Lei era venuta a conoscenza, oltre che della loro tresca anche di un altro particolare: tutti credevano che fosse la madre di Artù, Igraine a non poter avere figli quando in realtà era lo stesso re sterile. Nimueh, che l'aveva istruita, le aveva confessato che Uther lo sapeva, ma che aveva incolpato la moglie della mancanza di eredi. In realtà, l'incantesimo era stato compiuto sullo stesso re e avrebbe dovuto ucciderlo, non fosse stato per il sacrificio di Igraine, che, da donna generosa e grande regina qual'era, si era sacrificata per il bene del regno, non ancora pronto alla perdita del suo sovrano. Il peso delle sue colpe aveva schiacciato Uther, portandolo ad un odio contro la magia, lo stesso odio che provava verso se stesso.

Arrivata all'Isola dei Beati, aveva percepito una forza diversa, che forse avrebbe potuto sfruttare. Cercando di imbrigliare quell'energia, si era ritrovata in un luogo estraneo: se prima era cicondata da rocce e vette impervie, ora si trovava in un deserto. Morgause, lo avrebbe scoperto fin troppo presto, si trovava nel D'Hara, il regno di Richard Rahl.

Durante i mesi di assenza di Kahlan e Zedd, Richard, su consiglio di Ravenna, aveva radunato tutti i libri di magia presenti nella biblioteca di Darken Rahl e, minacciando una Sorella della Luce, aveva appreso tutto quello che poteva sapere, anche se ancora non gli bastava. Come Zedd aveva sempre affermato, era un talento naturale e impiegò pochissimo ad apprendere quello che normalmente avrebbe imparato in una vita intera. Però, ora aveva tutti i mezzi a disposizione per legarsi al suo unico vero amore, quella che era la vera parte di lui: Ravenna.

Dopo la fuga di Kahlan, avvenuta perchè Kara, la sua fedele Mord-Sith lo aveva tradito, Richard la punì duramente, imponendole un giuramento di fedeltà che lei aveva ignorato alla prima occasione. L'obbiettivo di Kara era liberare Zedd, che era stato tanto stupido da tornare al Palazzo del Popolo dopo aver aiutato Kahlan a fuggire. Il vecchio mago era stato catturato e Kara sapeva che non sarebbe stato facile liberarlo. Dopo aver formulato e scartato piani, soppesato i pro e i contro di ogni sua idea, alla fine decise di fare quello che avrebbe ritenuto impensabile: stringere un patto con l'uomo che aveva tradito, Darken Rahl. Sapeva che le sue sorelle non l'avrebbero accolta bene, ma doveva tentare.

Kara lo aveva doppiamente deluso, aveva stretto un patto con Darken Rahl e le sue Mord-Sith, che lo avevano attaccato, incuranti delle raccomandazioni di Kara. Suo fratello era stato incarcerato, mentre Richard aveva altri piani per le Mord-Sith. Le avrebbe piegate, sfruttandole come il suo predecessore aveva fatto, ma per poterlo fare aveva bisogno del loro appoggio incondizionato. Non gli restava altro da fare che non rieducarle. Essendo, ormai, abituate al dolore dell'Agiel, avrebbe dovuto trovare un altro modo. Con l'aiuto di Ravenna, complice anche l'instabilità del Mondo Sotterraneo, che senza il Guardiano era andato alla deriva, liberando sulla terra gli spiriti che vi erano imprigionati, Richard li aveva incatenati e sfruttati per far impazzire le Mord-Sith. Le più resistenti vennero tenute in isolamento, rinchiuse nelle grotte disseminate per tutto il territorio, senza cibo nè acqua, con a guardia alcuni soldati. Private delle loro armi e della libertà, molte si erano arrese di buon grado alla seconda parte della sua rieducazione, che consisteva nella modificazione della memoria. Richard, da Cercatore, sapeva per esperienza che uno schiavo reso tale per costrizione, prima o poi si sarebbe ribellato al padrone, mentre chi avesse scelto di sua volontà di servire, più difficilmente lo avrebbe fatto. Per questo, le Mord-Sith ricordavano di aver tradito Darken, essendosi rese conto della verità delle azioni di Richard. Solo Kara rappresentava per lui un problema. Non era come le altre e temeva un'altra sua ribellione, nonostante le premesse. Il suo legame inaspettatamente forte con la Madre Depositaria la rendeva priva di fiducia. Sempre guidato da Ravenna, Richard decise di tentare un esperimento estremo: le cancellò la memoria, sostituendala con quella di una Mord-Sith che non aveva retto alla furia degli spiriti e si era tolta la vita. Temendo che quella soluzione non fosse abbastanza, per un ulteriore sicurezza, Lord Rahl le ordinò di inseguire Kahlan e ucciderla, anche se già sapeva che la donna aveva attraversato le barriere che aveva eretto ai confini delle sue terre. Ravenna aveva ipotizzato che fossero un portale dimensionale e che bisognava essere cauti, ma Richard non vi aveva dato molto peso, almeno finchè non arrivò dall'altra parte l'Ultima Sacerdotessa.        

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Capitolo 11
*** Lunga notte ***


Era calato il buio, quando Kahlan, ancora incoscente, venne portata nelle stanze di Gaius, che agitatissimo, si apprestava a cercare segni vitali, quando, con un gesto brusco, Galvano lo allontanò dalla paziente.
-Ser Galvano, vorrei farvi notare che non posso fare il mio lavoro, se voi me lo impedite- commentò, seccato, dopo aver constatato con un'occhiata che gli altri presenti stessero bene. Arrivati al castello, il gruppo si era nuovamente diviso: Artù, Percifal, Lancillotto e Chase avevano portato la Mord-Sith nelle segrete, mentre Merlino, Galvano ed Elyan avevano scortato la Depositaria dal cerusico.
-Gaius, ser Galvano ha ragione. Starete meglio se non la toccate-intervenne Merlino.
-Ragazzo, cosa sta succedendo?- a questa domanda, Merlino non potè fare altro che spiegare.
-E così adesso, tutti in questo castello sanno chi sei-borbottò il medico, accigliato.
-Beh, proprio tutti non direi...- tentò di scherzare il giovane mago.
-Vuoi dirlo tu a Uther?-rispose, scontroso. Merlino sospirò, sapeva che il vecchio aveva a cuore lui, il suo destino e la sua sicurezza, ma avrebbe preferito non vedere la disapprovazione sul viso del suo mentore.
-Gaius, scusate se mi intrometto nella vostra disputa magica, ma io preferirei andare- chiese Galvano, sarcastico. Con un cenno, il vecchio cerusico congedò il cavaliere, per poi tornare a rivolgere la propria attenzione al suo protetto
-Cos'ha ser Galvano?-
-Credo che quello che è successo ad Elyan e la questione della magia l'abbiano scosso-rispose, mesto.
-Pensi che potrebbe...non saprei esprimermi in modo migliore...tradirci in qualche modo? Metterci in pericolo?-chiese ancora, preoccupato.
Gli risposero contemporaneamente il: -No! Galvano è un amico! Non potrebbe mai..- di Merlino e il ruggito di Elyan:-Se osa fare del male alla mia Signora se la vedrà con me!-
I due si guardarono in cagnesco, cominciando a discutere tra loro.
-Sarà una lunga notte...- commentò Gaius, sospirando sottovoce.

L'unico pensiero che aveva era uscire dalla stanza di Gaius. Non riusciva a rimanere nella stessa stanza con quelle persone un minuto di più, poi, sentire parlare il vecchio medico in modo così disinvolto dei poteri di Merlino e delle varie implicazioni magiche, lo avevano sconvolto. Galvano, uscito precipitosamente dalla stanza incriminata, vagava a capo chino per i corridoi del castello, senza curarsi della direzione che stava prendendo o delle persone che incrociava. Il suo conflitto interiore stava acuendosi. Non credeva di poter rimanere ancora alla corte di Camelot a quelle condizioni, non poteva mentire al suo re, non avrebbe sopportato di sentire i suoi amici estranei, come in quel momento e tuttavia sentire verso di loro quel senso di lealtà e calore così inteso che provava in loro compagnia. Era una situazione inconcepibile. Tutta colpa di quella donna, pensò rancoroso. Poi, senza rendersi conto, sbattè contro qualcuno.
-Maledizione! Prestate attenzione a dove state andando! Ho mandato servitori alla gogna per molto meno!- Galvano riemerse dal suo stato meditativo di scatto. Era finito addosso al sovrano, re Uther in persona.
-Mio signore, scusatemi...ero distratto- si scusò, inchinandosi e cercando di nascondere l'imbarazzo.
-Ser Galvano! Se siete qui, significa che siete tornati dalla spedizione. Ebbene? Perchè non ne sapevo nulla?- domandò il re, infastidito.
-Mio signore, il principe Artù ha portato una prigioniera nelle segrete, per interrogarla. Voleva aspettare di avere più informazioni, prima di coinvolgervi- rispose, senza chiedersi perchè il re girovagava per il castello a quell'ora tarda.
-Bene, bene. Lady Kahlan è scomparsa, avevo mandato delle guardie a cercarla. Ne sapete qualcosa?- il tono con cui pronunciò quelle parole, estraneo all'impulsivo sovrano che aveva imparato a rispettare, misero in guardia il cavaliere che rispose di non saperne niente.
-Mio figlio mi aveva informato del desiderio di Lady Kahlan di unirsi alla vostra impresa. Era con voi? L'avete vista?-
Quella domanda fece capire ancora di più all'uomo che qualcosa non andava. Sapeva per certo che Artù non avrebbe mai raccontato al padre del "piano" di Lancillotto, specie perchè era convinto che la donna sarebbe andata con loro contro il volere del re, che la voleva al sicuro al cstello, mentre invece aveva deciso in favore di una missione suicida che era costata molte vite e il suo amico, Elyan.
-Allora, ser Galvano?- dopo un attimo di esitazione, Galvano fu costretto a rispondere. Disse al suo re che Lady Kahlan aveva contratto una non precisata infezione e l'avevano portata da Gaius. Con un cenno del capo, il re si congedò dal cavaliere e si diresse in direzione delle stanze del medico di corte. Quando Uther girò l'angolo, Galvano prese a correre verso le segrete. Doveva avvertire Artù, forse era l'unico che avrebbe potuto capire qualcosa e forse, salvare Elyan, perchè, lo sentiva, il suo amico era in pericolo.

Kahlan sentiva delle voci indistinte, in lontananza, come se provenissero da un'altra stanza, oppure da un'altra vita. Voci liquide, che scivolavana via veloci, prima che lei riuscisse ad afferrarle. Aveva ancora gli occhi chiusi, come una bimba che si illude che, non potendole vedere, le brutte cose non potessero ferirla. Non credeva di avere in sè un lato infantile, visto che un'infanzia le era stata negata tempo fa. Pian piano, i suoni di fecero più distinti e lei potè distinguere le voci dei suoi compagni di stanza: Merlino, Gaius e l'uomo che aveva confessato, Elyan. Mentre la discussione continuava, una porta si spalancò. I tre uomini ammutolirono. Poi, un'altra voce, quella di Uther Pendragon, risuonò nella stanza.
-Gaius, amico mio, una mia ospite sta male, in casa mia e io, il proprietario della casa, io, il re non ne sono a conoscienza?-
-Sire, non so da cosa sia affetta Lady Kahlan, ma temo sia un'infezione contagiosa. Fareste meglio a non avvicinavi-
-Davvero, amico mio? E da che morbo sarebbe stata colpita?- anche senza vederlo, il tono del re non le piacque affatto. Sembrava che fosse arrabbiato per quanche oscura ragione.
-Non lo so, mio signore-
-Ma siete voi che conoscete Lady Kahlan. La conoscete intimamente- le ultime parole ebbero l'effetto di uno schiaffo o di un pugno violento su tutti i presenti. Gaius deglutì, Merlino impallidì, Elyan digrignò i denti, cercendo di tenere a freno la furia. Mentre Kahlan si irrigidì. Voleva capire dove l'uomo volesse andare a parare e perchè avesse fatto quel commento sgradevole. Sentì, per la prima volta di essere in pericolo, in quella corte.
Uther estrasse un foglio da una tasca, era molto spiegazzato, come se l'uomo l'avesse letto e riletto un milione di volte.
-Mio buon amico, so che se avessi avuto il coraggio di parlarti di persona, mi avresti dissuasa, perciò ho deciso di non farlo. Quando leggerai questo misero foglietto, sarò già lontana, alla ricerca della creatura che mi sta cercando. Lo so, non è una mossa intelligente, ma è l'unica che posso fare. La mia natura magica può salvare Artù e tu lo sai. Sei stato molto buono con me, spiegandomi le leggi della vostra terra e nascondendo al re il mio segreto. Mi hai trattata come il tuo allievo, il paziente servitore del principe Artù, Merlino. Sono certa che, con il tuo aiuto, diventerà un uomo forte e saggio. Già è coraggioso e capace, anche se molto insicuro delle sue potenzialità. Ti prego, perdonami, se puoi e cerca di spiegare le mie ragioni anche a quel caro ragazzo: mi sento in trappola, qui. Il re e i suoi fantasmi. Il principe e il suoi capricci. La pupilla e il suo sguardo freddo. Cercherò un modo per tornare a casa, da sola. Tua, Kahlan Amnell-
Nessuno, tranne Uther, sapeva che dire.

Merlino pensò che il suo rimprovero mentale alla Depositaria era sbagiato: un biglietto lo aveva lasciato, certo, indirizzato a Gaius, ma le parole della donna erano state lusinghiere nei suoi confronti. Poi, cosa più importante, Kahlan non lo aveva tradito come invece aveva fatto con se stessa. Ora nelle mani di Uther c'era la sua condanna a morte. Della Madre Depositaria e del medico di corte. Doveva trovare una soluzione. Per Elyan, invece, il messaggio della Depositaria, anche se era stato letto da Uther Pendragon, era giunto come un ordine. Certo, un desiderio della sua signora, un po' contorto ma pur sempre un obbligo per lui. Doveva proteggere la sua signora, Merlino e Gaius da tutti i reali di Camelot.

-Allora, chi ti ha mandato? Cosa vuole e perchè?- chiese, per l'ennesima volta ad una muta Kara il principe Artù.
-Rispondi!- continuò a chiedere, esasperato. Lancillotto e Percifal, a braccia conserte, aspettavano anche loro una risposta, anche se, a differenza del principe, erano consapevoli che l'ostinata donna non avrebbe aperto bocca. Entrambi gli ex soldati di ventura sapevano riconoscere la testardaggine dell'eroe guerriero, l'uomo capace di decidere una battaglia, il carattere inflessibile come la migliore delle lame capace di vincere non per abilità, ma per semplice volontà. Entrambi gli uomini avevano riconosciuto tale spirito nella Mord-Sith. Chase poco lontano, osservava la scena, altrettanto silenzioso.
-Tu, pezzente- tutti e quattro gli uomini sussultarono al suono della voce che non pensavano di udire.
-A chi ti riferisci, donna?- prese parola, per la prima volta Percifal.
-A Chase, la guida-
-Cosa vuoi, Mord-Sith?- le chiese, il nominato.
-Spiegami-
-Cosa dovrei spiegarti?-
-Cosa c'è di sbagliato-
-C'è quelcosa di sbagliato?-
-Sì. Non avrei dovuto attaccare la Madre Depositaria, lo sento, ma non so il perchè-
Chase, stupito, cercò di capire se fosse un trucco, un espediente della bionda per farsi liberare, quando Galvano, boccheggiante, entrò nelle segrete.
-Artù-
-Galvano, non dovresti essere di sopra?- chiese il principe.
-Il re si sta dirigendo nelle stanze di Gaius. Ha qualcosa di strano, non saprei spiegare. Temo che la donna, Merlino ed Elyan siano in pericolo-
-Non dire sciocchezze!- lo rimproverò Artù.
-E invece ha ragione, mio principe. Cosa succederebbe se vostro padre vedesse Elyan e Lady Kahlan in quello stato?-intervenne Lancillotto, già pronto a lanciarsi verso le stanze del medico. A quelle parole, Artù lo seguì. Non ci fu bisogno di chiedere a Percifal e a Chase di rimanere.

-Mio signore, cosa volete dire?-si azzardò a chiedere Gaius.
-Mio signore? Mio signore? Quando sono stato il tuo signore, Gaius? Io, che ti ho promesso grazia, in cambio della rinuncia dei tuoi poteri. Io che ti ho dato fiducia, vengo ripagato in questo modo, dimmi vecchio, sono mai stato il tuo re?-chiese, amaro.
-Lo siete tuttora. Voi siete il sovrano, il padre di tutti noi, lo sapete- Merlino non riusciva a credere che Gaius potesse avere la freddezza necessaria ad un dialogo pacato con Uther, eppure era quello che stava avvenendo.
-Lo sai, vero che è solo colpa tua?- esplose, il re. Uther era evidentemente tormentato. Dopo aver letto il biglietto della Depositaria, aveva respirato forte dal naso, stropicciandosi nervosamente il viso. Aveva le labbra secche, quindi era costretto ad inumidirsele spesso, dando a quel gesto il sapore di un tic nervoso.
-Cosa volete dire, sire?- cauto, Gaius.
-Che se mi avesti avvertito della natura di quella donna, non me ne sarei innamorato!- urlò, il re.
-Quale natura, maestà? O forse è il fatto che potrebbe essere vostra figlia a infastidirvi? O che non sarebbe potuta esserlo mai?- Merlino trattenne il fiato. Il suo mentore, dopo aver pronunciato tale caustica risposta, attendeva l'esplosione di collera del sovrano, che non tardò ad arrivare.
-Ti farò impiccare! Anzi, perchè dovrei perdere il piacere di ucciderti con le mie mani?- sguainò la spada, ansante di rabbia, e la puntò contro il cerusico. Elyan, come aveva fatto con Artù, sguainò la propria e si frappose fra il re e il suo obbiettivo. In quel momento entrarono Artù e Lancillotto, apparentemente calmi, come se fossero entrati solo per fare una visita a Kahlan, alla scena che videro, sguainarono le spade, coprendo la porta.
-Padre, mettete via la spada, ve ne prego. Possiamo ancora risolvere la situazione-
-Cosa vorresti risolvere, figliolo? Il tuo uomo, anzi, un uomo di Camelot mi sta puntando contro una spada. Lui dovrebbe indietreggiare-
-Voi state minacciando il vecchio!- rispose Elyan.
-Padre, perchè?-
-Ha trovato un messaggio che Lady Kahlan ha lasciato per Gaius, facendo intendere, anche se non l'ha mai scritto, di essere una strega- rispose, velocemente Merlino.
-Hai sentito il tuo servitore, no? Ha aiutato una strega, deve morire-
-Padre..-
-Cosa avreste fatto oggi se Kahlan fosse stata al castello? Le guardie non avrebbero fatto domande, Lady Morgana non cerca la vostra compagnia da mesi e vostro figlio lontano..- riprese, duro, Gaius.
-Gaius...-lo implorò Merlino.
-No, Merlino. Deve rendersi conto di cosa è diventato. Non è più un uomo, figuriamoci un re!- Tutti si impietrirono per un istante, mentre Gaius esprimeva a parole ciò che tutti, Uther compreso, pensavano. Con un urlo rabbioso, Uther disarmò Elyan e, deciso, infilzò il povero cerusico.
Un -No!- collettivo si levò nella stanza, mentre il sovrano lasciava l'impugnatura e si allontanava dal suo fidato consigliere, ansante. Kahlan, che nel frattempo aveva aperto gli occhi e aveva assistito alla scena, si precipitò dal vecchio. Merlino era già a terra, in lacrime, mentre il suo mentore, la spada nel petto, il sangue attorno, respirava pesantemente. Senza un intervento drastico, sarebbe morto. Kahlan gli si avvicinò, toccando gentilmente il vecchio. Era ancora pervasa dal Con-Dar, lo sapeva, ma non le importava. Gaius doveva vivere a costo di impiegare tutta la sua volontò e la sua magia. Tanto lei era condannata, no?
-Gaius, ascoltami!-
-Hai vostri ordini, Madre Depositaria- disse il vecchio, in un soffio.
-Cosa state facendo?- chiese Lancillotto, mentre Artù cercava di tirare via Merlino dal fanco dell'uomo.
-Gaius, non devi morire. Io non voglio che tu muoia-
-Hai vostri ordini, Madre Depositaria- rispose, il respiro più forte.
-Ma cosa...- mormorarono i due cavalieri.
-Voi- disse rivolgendosi a Uther, gli occhi fiammeggianti -siate maledetto!- poi, di nuovo, svenne.
La vista della donna, gli occhi rossi, le vene in evidenza e il pallore cadaverico, riscossero il sovrano, che accasciato in un angolo, si guardava le mani, stranito.
-Cosa ho fatto...cosa ho fatto..-continuava a mormorare. 

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Capitolo 12
*** Risveglio ***


Quando si risvegliò, di nuovo, Kahlan trovò vicino al suo capezzale Lancillotto.
-Il principe vi ha mandato a controllarmi?- chiese, acida. Non capiva perchè fosse così poco amichevole con il cavaliere, considerato che non le aveva fatto nulla.
-No, è una mia iniziativa-
-Gaius come sta?-
-Non volete sapere come state voi?- domandò lui, ironico.
-Cosa volete dire?-
-Che il vostro aspetto è...normale. Non avete più gli occhi rossi e le vene del vostro viso sono tornate al loro posto.-
-Mi state dicendo che il Con Dar è sparito, così, in un giorno?-
-Veramente siete rimasta priva di coscienza per quasi una settimana. Vi abbiamo vegliata a turno-
La donna lo guardò a bocca aperta. Una settimana! Era rimasta stesa su un letto, inerme per una settimana.
-Comunque- riprese Lancillotto -Gaius sta bene. Anzi, lui e Merlino passeranno da voi tra pochi minuti. Sono certo che sapranno spiegarvi cosa è successo molto meglio di me- la Depositaria annuì, mentre l'uomo si alzava lentamente dalla sedia di legno accanto al suo giaciglio.

Morgause e Cenred guardavano con soddisfazione la marea di soldati schierati, che attendevano un loro ordine, pronti a dare la vita in cambio del dono più prezioso: Camelot. La Somma Sacerdotessa era riuscita a convincere il recalcitante re con un incantesimo che il suo nuovo alleato, Richard Rahl, le aveva insegnato. Era composto in due parti, molto complicato, per questo aveva bisogno dei soldati come diversivo. Aveva spiegato a Cenred per sommi capi in cosa sarebbe consistito e ne aveva descritto le conseguenze. All'inizio, l'uomo non voleva avere a che fare con quella pazza, che, ne era convinto, lo avrebbe portato alla rovina, però Morgause era stata più convincente. Oltre all'incantesimo speciale per Camelot, nel D'Hara aveva appreso anche il modo per piegare la mente; lo aveva mostrato al suo alleato, che per timore di subire lo stesso trattamento, era stato forzato alla resa. Poi, a poco a poco la sicurezza della donna e le notizie filtrate da Morgana, avevano definitivamente convinto l'uomo: Camelot sarebbe stata presto nelle sue mani. Era successo qualcosa, neppure Morgana lo sapeva esattamente, che aveva fatto definitivamente uscire di senno Uther Pendragon. Ora, il re viveva rintanato nelle sue stanze, borbottando maledizioni e comandi prima, scuse e pianti poi. Il suo comportamento era imprevedibile, tanto che il suo isolamento era totale. Il principe aveva preso il posto del padre, però molti nobili non ne erano particolarmente felici. Uther aveva concesso loro favori e denari che Artù, di sicuro si sarebbe ripreso per quel suo stupido senso di giustizia, quindi si era creata una fazione di aristocratici insoddisfatti che Morgana aveva saputo manipolare con maestria, irretendo ora uno, ora l'altro, creando scompiglio in un regno già allo sbando. Molte compagini militari erano di proprietà dei nobili e se questi avessero deciso di non appoggiare il principe nelle sue decisioni, la difesa di Camelot sarebbe stata gravemente compromessa. Era questo ciò che si aspettava Morgause.

Tentò di rialzarsi lentamente, ma la testa le girava talmente forte, che dovette ricredersi. Cosa aveva provocato una reazione simile nel suo corpo? E, domanda più importante, perchè non era morta? La Furia del Sangue avrebbe dovuto consumarla, eppure era sparita. Sapeva che Lancillotto aveva ragione, si sentiva diversa, più forte, almeno emotivamente. I sentimenti corrosivi che aveva provato entrambe le volte in cui era entrata in quello stato particolare, erano svaniti, lasciando il posto alla confusione. La porta delle stanze del medico di corte, si aprirono e comparvero Gaius e Merlino, come aveva annunciato Lancillotto. Il primo sorridente, il secondo corrucciato.
-Buongiorno, mia cara. Come vi sentite, oggi?- chiese il vecchio. Merlino sospirò, sollevato e l'ombra di preoccupazione sul suo viso venne sostituita da un sorriso luminoso.
-Io sto bene, ma voi?..- la confusione della priora era evidente: l'ultima volta che aveva visto Gaius era stato trafitto dalla spada di Uther e lei, per tentare di salvarlo lo aveva Confessato. Se lo ricordava nitidamente, ma allora perchè l'anziano medico non sembava sotto l'influsso della Confessione?
-Sappiamo che siete un po' smarrita, Lady Kahlan, ma state tranquilla, va tutto bene-
-Ma...Uther vi aveva ucciso... e io...-
Le spegarono che la Confessione aveva dato a Gaius qualche minuto in più, il tempo per cauterizzare la ferita e guarirla con la magia, però la lama era penetrata in profondità, provocando una grave emoraggia interna, solitamente fatale.
-Ma Gaius è...siete vivo!- esclamò la donna, sempre più confusa.
-Sì, lo sono grazie a Kara- Kahlan sbarrò gli occhi. Cos'era successo mentre lei dormiva?
Gaius raccontò ad una sempre più stupita Kahlan che la Mord-Sith e Chase avevano avuto una lunga chiacchierata in cui la ragazza aveva espresso qualche perplessità sui propri ricordi e i propri sentimenti. Chase l'aveva riferito a Merlino e, grazie anche ad una pozione del fornito dispensario del suo mentore, aveva riacquistato parte di ciò che aveva perso. Non ricordava come lei e la mora si fossero conosciute, ma sapeva di averla aiutata e di essere sua amica. Ricordava anche ciò che il Lord Rahl ha fatto, sia a lei che agli altri innocenti e si era scusata con tutti per il suo comportamento. C'era stata una discussione con Galvano sulla magia e sulla presenza inopportuna e sfortunata di creature estranee al castello, che aveva creato tensioni tra i cavalieri, compreso Elyan, a cui era stato negato il permesso di vedere la sua signora e che si trovava in cella per aver minacciato Uther. Purtroppo, il piccolo scontro avvenuto in quella stanza, aveva attirato l'attenzione di mezza corte e moltissime persone avevano assistito a ciò che era successo dopo il suo svenimento: Elyan aveva tentato di uccidere il vecchio re e solo l'intervento di Artù aveva evitato un regicidio. Le accuse erano state formulate, nonostante il dissenso dei più fedeli cavalieri del regno, ma così era la legge. La tensione era acuita da Gwen, che aveva insistito per vedere il fratello, con cui aveva uno splendido rapporto ed essere rimasta ferita dalla freddezza con cui l'aveva accolta. Dopo averle spiegato la situazione, si era temuta una reazione pari a quella di Galvano, ma la ragazza, anche grazie all'aiuto di Artù e Lancillotto, l'aveva perdonata, facendo le veci del fratello al capezzale della Depositaria. Mentre avveniva tutto ciò, Gaius giaceva ancora tra la vita e la morte. Poi, Lancillotto, che era di guardia a Gaius e a Kahlan era corso nella sala del trono, dicendo che Gaius stava male. Non aveva potuto fare nulla, il cuore del medico aveva smesso di battere tra mille sofferenze e frasi sconnesse in cui l'uomo si auto puniva per non aver esaudito i desideri della sua Signora, ma Kara aveva sorpreso tutti, che non credevano a pieno in suo "ravvedimento" così, per cercare di lenire il dolore che lei stessa aveva provocato, aveva usato sul cerusico il Soffio della Vita. Aveva specificato a Merlino che il suo potere poteva riportare indietro l'anima, non sanare il corpo e che poteva farlo solo una volta. Il giovane mago aveva annuito e si era industriato per rimettere in sesto il medico, che si era ripreso in fretta, ma altrettanto velocemente si stancava. Infatti, la spiegazione sommaria degli avvenimenti della settimana, estranei alla Depositaria, lo stavano spossando.
-Quindi Kara vi ha salvato- mormorò la giovane, sorridendo -sapevo che sarebbe tornata in sè, anche se credo di dover ringraziare te, Merlino- concluse, appassionata. Il giovane mago arrossì, protestando. In effetti lui non aveva fatto nulla, pensava. Gaius si ritirò, il viso tirato mentre la Depositaria e Merlino discutevano. Kahlan aveva una sua idea su quello che era successo nella radura, ma Merlino non ne era molto convinto. Nel mezzo della discussione, una visita del re venne annunciata da uno dei tanti valletti della corte. La Madre Depositaria cambiò espressione, pronta a dar battaglia, se non uccidere lei stessa Uther, sprezzante delle conseguenze. Le sorprese di Kahlan non erano ancora finite: il re era Artù.

Zedd pensò che aveva fatto notevoli progressi nel, relativamente, poco tempo che aveva trascorso a grattare il muro. Sorrise, aggiungendo tra sè che nessuno avrebbe potuto affermare che Zeddicus Zul' Zorander non fosse un ottimista. Il foro, infatti, era piccolissimo e permetteva una visuale limitata su ciò che si celava dall'altra parte e nessuno che non fosse il grande Mago del Primo Ordine avrebbe pensato a quel buco come ad un progresso. Si avvicinò al pertugio, scrutando ciò che poteva intravedere, forse una cella, forse un corridoio, poi qualcosa attirò la sua attenzione: sembrava l'anello di una catena, ma si trovava al limitare del suo campo visivo. Ebbro di entusiasmo, l'uomo prese a chiamare, urlare  e parlare in direzione del foro, con la speranza di ricevere risposta. Che venne. Un grugnito, ma quel suono era miele per il vecchio mago, che continuò a fare rumore.
-Maledizione, vecchio, tacete!- gli rispose una voce. Purtroppo una voce fin troppo famigliare: Darken Rahl.

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Capitolo 13
*** Intermezzo ***


Darken Rahl, seduto al centro della sua cella, fissava il punto in cui, lentamente, si ingrandiva il minuscolo foro scavato nella pietra friabile. Aspettava con trepidazione di scoprire chi fosse il prigioniero dall'altra parte, confinato anch'egli nella parte più oscura delle segrete, protetta da antichi incantesimi. Provava una sorta di perverso compiacimento nel sapere di essere prigioniero di Richard, che non era più l'odiosamente giusto e perfetto Cercatore, che aveva tanto odiato. Era quasi invidioso, non del suo potere, anche se, di primo acchito, sembrava sconfinato, ma piuttosto della perfetta malignità della sua condotta. Aveva tradito le persone che diceva di amare, le stava torturando e uccidendo, utilizzando metodi finora ignorati dai grandi tiranni, suo padre e lui stesso compresi. Era riuscito a piegare i ribelli, portandoli dalla sua parte e, forte della considerazione che il popolo aveva un tempo di lui, aveva aizzato la folla contro i suoi nemici. Un po' lo ammirava e quest'ammirazione comportava una discreta dose di rabbia: mai e poi mai avrebbe provato sentimenti diversi dall'odio verso quel fratello disperso, verso l'eroe di tutte le profezie, verso colui che lo aveva sconfitto.

Ecco, cominciava a sentire dei suoni. Una voce. No, non era possibile. Non poteva essere vero: l'uomo dall'altra parte della parete, colui che stava aspettando, era Zeddicus Zul'Zorander, Mago del Primo Ordine.

Kahlan non riusciva a crederci. Il principe Artù era diventato Re Artù. Era stato tremendamente gentile con lei e, grazie alle spiegazioni di Merlino e Gaius, aveva capito che non era pericolosa. Sapere che Artù non la riteneva una minaccia e che la scontrosità che aveva riscontrato in lui derivava da una sorta di diffidenza volta alla protezione del padre, smussò un po' la freddezza della Madre Depositaria. Le chiese se voleva salvare Elyan e, alla risposta affermativa della giovane, le spiegò che il giorno successivo il fratello di Gwen sarebbe stato giudicato da un consiglio di nobili per tentato regicidio. Questo crimine era solitamente punito con la morte, ma forse la testimonianza di Kahlan avrebbe potuto fare la differenza. Se avesse spiegato che la mente di Elyan era ottenebrata dalla magia, lui sarebbe stato assolto. Inoltre, se avesse confessato di non aver stregato consapevolmente Elyan, non ci sarebbero state conseguenze neppure per lei.

Jennsen Rahl, in viaggio da settimane alla ricerca della Madre Depositaria, si fermò al limitare di una radura. Era stata testimone delle crudeltà di Richard. Non avrebbe mai potuto credere che sarebbe potuta accadere una tragedia simile. Conosceva Richard, era il fratello buono, quello che non l'aveva ingannata, al contrario di Darken Rahl, l'altro fratello. In un colpo solo, aveva scoperto di avere una famiglia, nonostante non andasse molto fiera del padre e del fratello maggiore. Per lei, cresciuta solo dalla madre di Richard, che aveva subito la stessa sorte della sua madre biologica, ma che a differenza di Grace, era morta partorendola e che aveva pregato l'ostetrica e amica di crescere sua figlia al posto suo, per lei, scoprire di non essere sola era stata la gioia più grande. Non poteva credere che Richard fosse cambiato così tanto. Dopo aver ripreso le forze, Colei Che è Priva Del Dono, raggiunse il varco magico di cui le aveva parlato Kahlan un tempo, il luogo in cui tutti i bambini speciali venivano cresciuti da un gruppo di donne ugualmente speciali. Non era lì per divertimento. Jennesen cercava un bambino in particolare, l'unico che avrebbe potuto aiutarla a scoprire la verità.

Lancillotto camminava tra gli spalti del castello, ufficialmente per ottemperare al proprio turno di guardia, ufficiosamente per pensare. Da un certo lasso di tempo, l'unico pensiero al centro del suo cervello era la Madre Depositaria. Le aveva mentito, non era rimasto al suo capezzale perchè obbligato da Artù, ma perchè lo aveva chiesto lui stesso. Quello che era Kahlan turbava il Prode, rendendolo incredibilmente insicuro. Le conversazioni avute con Gaius, poi, non avevano migliorato la situazione, anzi. Gaius era convinto che il potere di Kahlan, nel loro mondo agisse diversamente rispetto alle Terre Centrali e sembrava che il gigante, Chase, concordasse con lui. Era l'unica spiegazione che avevano trovato per spiegare l'infatuazione di tutte le persone che entravano in contatto con la priora e l'insana ossessione di Uther, che si era trasformata in pazzia. A Camelot, il potere di Kahlan Amnell era, se possibile, più forte che nella sua terra d'origine e se questo fosse stato vero, avrebbe potuto avere forti ripercussioni. Poteva esaminare i propri sentimenti nei confronti della donna all'infinito, ma il dubbio sarebbe rimasto sempre vicino al suo cuore.

Da quando era stato colpito dal contraccolpo del proprio incantesimo, Merlino aveva incubi tremendi, in cui ricorrevano filastrocche, stralci di frasi per lui incomprensibili. Non ne aveva parlato con Gaius, non aveva intenzione di preoccuparlo eccessivamente. Che ironia, disse a mezza voce, pensando a Morgana. Ora era il suo turno, a quanto pareva. Sapeva di avere bisogno d'aiuto e l'unico che avrebbe potuto farlo era Khilgarra, il Grande Drago. E forse, ora che Artù era sul trono, avrebbe potuto mantenere la lontana promessa che aveva fatto alla nobile creatura: la libertà.

Nell' arena dove i cavalieri si allenavano abitualmente, Kara e Galvano si guardavano negli occhi, pronti a duellare. Alla Mord-Sith era stato proibito l'uso delle sue armi, quindi al posto delle Agiel, impugnava una spada, come il suo avversario. Si era tagliata la treccia e ora i biondi capelli le ricadevano sulle spalle, come un tempo. Aveva tolto il collare rivestito d'oro, simbolo della supremazia delle Mod-Sith, ma non aveva rinunciato ai suoi abiti particolari e alle sue armi. Se Kahlan avesse potuto vederla, avrebbe sicuramente detto che la sua amica era rinsavita. Quando Percifal, che si trovava tra i due sfidanti dette il via, lo scontro ebbe inizio, tra le urla degli uomini presenti. Le spade di Kara e Galvano si incrociarono, due, tre volte, prima che, con una finta l'uomo riuscì a far perdere l'equilibrio alla donna. Un boato si levò tra il pubblico, che incitò Galvano ad attaccare. Quel giorno, Galvano aveva fatto l'ennesima osservazione nei confronti della donna, che era risuonata offensiva alle orecchie della guerriera. Infatti, il cavaliere aveva asserito che nessuna donna, se non con l'aiuto della magia, avrebbe potuto sconfiggere un uomo e aveva lanciato un'occhiata eloquente verso Kara. Da quando aveva recuperato parte della memoria, la Mord-Sith, con l'aiuto di Merlino, Gwen e di un riluttante Chase, aveva cominciato a vivere libera al castello. Certo, la diffidenza nei suoi confronti era tanta, le occhiate di sbieco e le male parole sussurrate dagli altri abitanti non erano una sorpresa per lei, che era abituata a simili comportamenti. Ciò a cui non era abituata erano le parole di conforto e il sostegno da parte di altri. Fino a quel momento, aveva sopportato e lasciato correre, ma l'affermazione di Galvano era troppo. Non poteva lasciar correre. Dalla sua posizione semi accasciata, facendo leva con le braccia, la spada al suolo, Kara calciò con forza. Il piede sinistro colpì con forza il ginocchio destro del cavaliere, mentre il destro finì sulla mano con cui l'uomo impugnava la spada, facendogliela cadere. Senza lasciare a Galvano il tempo di assimilare l'accaduto, calciò lontano la spada caduta, si rialzò con un agile balzo e, fendendo la spada che aveva ancora in pugno, l'avvicinò al collo dello sfidante. Percifal con un fischio dichiarò la donna vincitrice, mentre un silenzio innaturale eccheggiò nell'arena. Poi, urla di delusione e lamenti si levarono dagli uomini, che come Galvano, avevano scommesso metà della propria paga sulla sconfitta della Mord-Sith.

Morgana aveva ricevuto ordine da Morgause di tenersi pronta. Avrebbero attaccato presto. Un sorriso freddo spuntò sulle labbra della donna, mentre congedata quasi con disprezzo Gwen, prese a spazzolarsi da sola i lunghi capelli corvini.

Angolo dell'autrice:
Piccola precisazione sulla storia di Jennsen: è una mia rivisitazione, realizzata per spiegare meglio il ruolo della ragazza nella mia storia, più avanti. Ringrazio chiunque abbia letto e recensito la storia e mi scuso del prolungato silenzio. Per qualsiasi info, sono disponibile e cercherò di rispondere il più velocemente possibile.
Grazie a tutti.

 

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Capitolo 14
*** L'inizio della fine ***


Il Consiglio dei nobili di Camelot era schierato nella Sala del Trono del castello. Dovevano prendere una decisione terribile: decidere della vita di un uomo. I nobili e i dodici rappresentanti degli altri regni presero posto negli scranni preparati per loro, a lato della sala, a destra dello scranno reale. Alla sinistra era stata posizionata un'altra seduta, da cui Morgana avrebbe assistito al processo. A fronte del trono erano state approntate delle panche in cui curiosi, cavalieri e chiunque avesse voluto intervenire avrebbe potuto prendere posto. Tra le panche, gli scranni e la struttura in cui erano seduti i nobili vi era un semicerchio, in cui i partecipanti avrebbero perorato le loro ragioni. Un araldo annunciò l'entrata di Artù, nella sua argentea armatura. Successivamente, venne annunciata l'entrata di Morgana, che altera raggiunse la sua postazione, poi, a un cenno del sovrano, le guardie poste all'entrata della sala aprirono le porte. Una fiumana di persone, più o meno silenziose, fece il suo ingresso e presero rumorosamente posto sulle scomode panche. L'araldo suonò due volte il corno e Artù, si erse in tutta la sua altezza.
-Miei sudditi, miei nobili, oggi io, Artù Pendragon con l'aiuto del Consiglio, deciderò se Sir Elyan, figlio di Tom il fabbro è reo del crimine a lui prescritto: tentato regicidio. Verranno presentate prove e testimonianze a riprova o a discolpa di quest'accusa e alla fine udrete la sentenza. A sostegno dell'accusa, mio zio, Sir Agravaine, si premunirà di fornire le prove necessarie alla sua tesi. A sostegno della difesa, Gaius si premunirà di smentire tale accusa. Vi ricordo, inoltre, che chiunque voglia prender parola, in favore o contrario all'accusato, è libero di farlo.-
Un mormorio passò per la sala, all'udire il nome del medico di Corte. Già un processo ad un cavaliere era un evento di per sè incredibile, ma la difesa dello stesso da parte di un popolano, anche se illustre, era un evento eccezionale. Sir Agravaine, con il suo naso a becco, i flosci capelli corvini, dalla struttura robusta si erse in tutta la sua altezza al centro del semicerchio. Era vestito di tutto punto, un mantello di pelliccia gli copriva le spalle, chiusa con dei bottoni di madreperla, lunga fino alle ginocchia. Una pesante catena dorata, con un rubino al centro, svettava in mezzo al petto, risaltata dal pelo scuro dell'indumento. Chi avesse incontrato Sir Agravaine alcune settimane prima, non avrebbe potuto credere al suo cambiamento. Era il fratello maggiore di Igraine, madre di Artù e non aveva mai perdonato ai Pendragon la morte dell'adorata sorella. Dopo un'accesa lite avuta con Uther poco dopo la nascita del piccolo Artù, in cui accusava il re di omicidio, era stato esiliato e le sue ricchezze espropriate. Da allora, era vissuto come mercenario a fianco dei sovrani avversi al potere del re di Camelot, era stato amante della Regina Amris, donna bellissima e selvaggia, molto pericolosa che in un primo momento, aveva appoggiato le mire espansionistiche di Cenred, prima che questi decidesse di allearsi con la Somma Sacerdotessa. Anch'ella, come Uther, era una dei sovrani intolleranti nei confronti della magia, al contrario di Agravaine, che cambiava posizione a seconda del vento favorevole ai suoi egoistici scopi: la rovina dei Pendragon e di Camelot. Alla notizia della pazzia di Uther e della reggenza di Artù, aveva scritto al nipote, aveva ottenuto la grazia, gli erano stati restituiti i beni sequestrati ed era diventato il suo braccio destro. Artù non era a conoscenza di tutta la storia, ma Gaius sì e aveva trovato curioso che proprio Agravaine si fosse reso disponibile nel ruolo di accusatore di Elyan. Infatti, proprio per questo aveva chiesto e ottenuto di presentare le prove in sua difesa.
-Fedeli sudditi del regno, gentili nobili e voi, mio re- cominciò, con voce vibrante, da attore consumato. Il suo accento era particolarmente curato, i suoi vezzi, nel parlare, erano calcolati alla perfezione, studiati al solo scopo di ingraziarsi la folla -dovreste riflettere su una questione vitale: quest'uomo, un cavaliere che ha giurato fedeltà a Camelot ha compiuto un gesto imperdonabile. Quest'uomo, Sir Elyan, ha alzato la propria mano, quella mano che aveva baciato l'anello del re, quella mano promessa alla difesa del suo re, del suo regno e del suo popolo, ecco, con quella mano, Sir Elyan ha deciso di colpire l'uomo che aveva giurato di proteggere. Ma cosa ha provocato l'ira di questo cavaliere? Cosa, nella sua mente ha scatenato l'estrema azione? Ebbene, questo nessuno può saperlo. Io, da essere umano come voi, posso solo fare delle congetture. Ora, cosa sappiamo del giovane Elyan? Non appartiene alla nobiltà, essendo figlio del fabbro di Camelot. Non ha avuto un'istruzione da nobile, non ha appreso i doveri di un cavaliere, le sue uniche prospettive militari erano assai limitate, poteva aspirare ad essere un comune fante, o al limite, uno scudiero. Solo la fortuna e la sua intraprendenza ha regalato a questo giovane una brillante svolta nel suo oscuro destino. Salvando la vita al nostro re, all'epoca principe, Artù Pendragon, si è guadagnato il cavalierato. E se questo fosse stato il piano originario? Guadagnarsi la fiducia del principe allo scopo di raggiungere una posizione nel castello tale da permettergli di compiere il suo progetto, uccidere un re scomodo? Oppure, e secondo me più probabile, un segnale. C'è un motivo, se il mondo è diviso in gerarchie. C'è una ragione se il popolo non governa direttamente se stesso: non ne ha le competenze. Cosa c'è di più pericoloso di un uomo che sfida il proprio posto nel mondo? Esistono uomini nati per regnare, uomini nati per dirigere e uomini nati per eseguire. Sovvertire quest'ordine naturale, può portare ad azioni funeste. Come questa.- detto ciò, si congedò con un inchino. Verso la fine del suo discorso, Artù, dall'alto del suo scranno, sussultò visibilmente. Se Agravaine avesse vinto la diatriba con Gaius, non solo Elyan sarebbe stato condannato a morte, ma anche il suo regno e i suoi ideali avrebbero subito un forte scossone. A Merlino, invece, non era sfuggita l'occhiata che Agravaine aveva scambiato con Morgana. Che ci fosse lei dietro all'accusa ad Elyan?

Gaius entrò e prese il posto di Agravaine senza clamori. La differenza tra i due strideva notevolmente. Se Agravaine aveva approfittato della generosità di Artù e aveva cominciato a godere dei lussi che la sua posizione comportava, il vecchio medico di corte aveva un contegno e un abbigliamento modesti. La sua voce pacata e al contempo autoritaria, da cui la sincerità traspariva naturalmente, era un ulteriore contrasto con il suo avversario. Nonostante il suo viso segnato non lo lasciasse tasparire, l'esposizione di Agravaine era preoccupante e estremamente diversa da quella che si sarebbe aspettato. Aveva pensato che la presenza di Kahlan e del suo potere avesse inasprito la posizione della corte nei confronti della magia. Come lei stessa aveva ammesso, la sua natura portava la gente di ogni ceto a sospettare il peggio e a guardarla con occhi guardinghi. Camelot era da tempo un baluardo della lotta contro la magia e, ancor prima della morte della regina, chi praticava l'antica religione era guardato con sospetto e chi possedeva la magia doveva sopportare il peso di una sconfinata solitudine, bisbigli e pettegolezzi. Su questa base, aveva preparato la sua difesa, ma il suo avversario l'aveva stupito. Non solo sarebbe toccato a lui tirare in ballo quell'argomento scottante, ma avrebbe dovuto difendere Elyan da se stesso ed anche le scelte di Artù. Se avesse fallito, Artù sarebbe stato probabilmente detronato, e Camelot sarebbe stata più indifesa che mai, priva del suo re. Scambiò uno sguardo con Merlino, che gli sorrise cercando di incoraggiarlo. Mestamente, Gaius prese parola:-Signori della Corte, mio Sire e miei cari concittadini, ciò che dobbiamo prendere in esame è un caso spinoso. Un cavaliere del regno ha puntato la propria lama alla gola del re Uther Pendragon. L'accusa che gli è stata mossa, giustamente, è di tentato regicidio. Tentato, non perpetrato. Innanzi tutto, Sir Elyan non ha ucciso Uther Pendragon. Il mio predecessore, Sir Agravaine, ha prima affermato che i motivi che hanno spinto Sir Elyan a compiere questo gesto sono stati dettati dalla sua posizione. Quanti di noi appartenenti al popolo desideriamo o abbiamo desiderato la morte dei nostri sovrani? Sovente, ogni volta che un'ingiustizia nei nostri confronti veniva perpetrata, ogni volta che una tassa troppo alta ci è stata imposta, ogni volta che un uomo innocente doveva pagare per peccati commessi da altri. Cosa ci ha impedito di scatenare una rivolta? Il rispetto e l'amore nei confronti del nostro sovrano, che siamo educati a nutrire fin da piccoli. Ora, Sir Elyan è originario di una famiglia povera, ma molto rispettata nella nostra città. Suo padre godeva del rispetto del re e della corte e lo ha ricambiato. Lui e i suoi figli hanno sempre servito la famiglia reale e gli sono rimasti vicini più di qualsiasi nobile segga in questa assemblea. Quanti di voi, nobil signori, hanno porto il cavallo al principe Artù o hanno servito un piatto di carne ad Uther Pendragon? Pochi, forse nessuno. L'amore che Sir Elyan prova per questo regno e la famiglia reale è innato, è l'amore del contadino che protegge le proprie terre da un'invasione, l'amore di una madre verso il proprio figlio, incondizionato. Sir Agravaine ha, inoltre, affermato che Sir Elyan non era degno di essere un cavaliere perchè non ne conosce i dogmi e le regole. Ma le azioni di Sir Elyan smentiscono questa affermazione. Un cavaliere è disposto a rischiare la vita per il proprio re, ed Elyan l'ha fatto, in più di un'occasione. Un cavaliere deve essere giusto verso gli indigenti, chi poteva essere più giusto di lui nei confronti dei più poveri avendo sperimentato anch'egli la povertà? Un cavaliere deve proteggere i più deboli e Sir Elyan in quell'occasione l'ha fatto: ha difeso un uomo anziano e una donna dalla furia ingiustificata del proprio sovrano. La questione che voglio porvi è questa: un re può uccidere impunemente i propri sudditi, senza giudicarli per un crimine? Un re può essere boia, giudice e giuria? Se la risposta è sì, questo procedimento non ha da esistere.- Tacque. Dopo le parole di Gaius, un silenzio innaturale invase la sala. Il cerusico deglutì, certo di aver esagerato. Infatti, con uno scatto, Sir Talbott, uno dei nobili si alzò e, indignato gridò:-Ma questo è un oltraggio! Alto tradimento ed istigazione ad una rivolta!- Il nobile avrebbe voluto continuare, quando, dal fondo una voce si levò:-Voi nobili siete tutti uguali. Siete sicuri della vostra posizione e siete convinti di essere sempre nel giusto. Ma non è così. Nessun uomo, manco un re può prendersi la libertà di uccidere un uomo e restare impunito di fronte alla legge. Quando un criminale viene arrestato, si portano le prove contro di lui e il re avrebbe dovuto fare lo stesso! Elyan non ha tentato di uccidere il re!- Altre voci si levarono, favorevoli o contrarie, gli araldi cercavano di calmare i presenti, ma senza successo. Nessuno, neppure Artù riuscì a superare quella cacofonia, per quanto si sforzasse. La sala venne sgomberata a forza e il processo rimandato di qualche ora.

Cenred girava irrequieto intondo, le braccia conserte. Non riusciva a capire perchè l'Ultima Sacerdotessa avesse preteso che radunasse tutto il suo esercito se non dovevano ancora marciare alla volta di Camelot. Erano fermi da giorni nel loro accampamento, a due giorni di cammino rispetto alla città. I soldati fremevano, l'impazienza li rendeva rissosi e indisciplinati e temeva che, se non fossero partiti al più presto, la situazione potesse peggiorare. Doveva parlarne con Morgause. Aveva appena espresso questo desiderio, quando Morgause apparve, in tutto il suo malefico splendore. I biondi capelli al vento, gli zigomi alti taglienti quanto i suoi occhi, l'espressione feroce. Cenred capì subito che qualcosa non andava. La Somma Sacerdotessa era irritata.
-Qualcosa vi preoccupa, mia signora?- domandò, beffardo. Il tono dell'uomo non passò inosservato alla donna, che ricambiò con una smorfia sprezzante.
-Quello che non va, mio caro, è che non siete in grado di controllare i vostri uomini. Ho appena assistito ad una scena alquanto sgradevole, qui fuori: una rissa. Ma non un'oziosa scazzottata, no. Una rissa all'ultimo sangue.Sarete contento di sapere che l'ho sedata.- Qualcosa, nello sguardo della donna indusse il re a uscire di corsa dalla sua tenda. Fuori, lo spettacolo che si gli si presentò davanti ebbe il potere di ghiacciargli il sangue nelle vene, a lui, al potente e sadico Cenred. Tutti i soldati erano immobili e silenziosi, quasi senza vita. Due di loro, due fanti senza alcun grado, pesti e sanguinanti si guardavano fissi, immobili. Tutta quell'immobilità innaturale per un esercito. Si avvicinò a quelli che riteneva essere i responsabili della rissa, i due fanti pesti e domandò loro cosa fosse successo. I due uomini si ostinarono a rimanere immobili, senza guardarlo e senza rivolgergli un cenno di riconoscimento o di rispetto. Infuriato, il re colpì al volto uno dei due, che, con suo sommo orrore, si incrinò e cominciò a sgretolarsi con un rumore lacerante, simile a quello del cristallo. L'altro, lanciò un gemito e fece per slanciarsi verso il suo compagno, ma anch'egli si ruppe in mille pezzi. Sentendo dei passi alle sue spalle, Cenred si voltò, gli occhi sbarrati.
-Mi sono dimenticata di avvisarvi, mio caro. Ho lanciato un incantesimo a tutto il vostro esercito, che annullerò quando ci metteremo in marcia. Se tenteranno di muoversi o se verranno toccati si romperanno come il cristallo più delicato. Ovviamente, è un provvedimento provvisorio. Che senso ha avere un esercito che non può muoversi e si rompe al minimo contatto? Ah, con muoversi intendo, ogni minimo movimento. Sarà... temprante.- Sorrise, un orribile sorriso crudele. La Somma Sacerdotessa si avviò verso la sua tenda, camminando lentamente tra le file di uomini.
-Voi siete pazza!-ruggì Cenred, pronto a lanciarsi verso la donna. Con un gesto aggrazziato, Morgause si volse verso di lui, sempre con quel sorriso crudele addosso.
-Anche vostro fratello fa parte dell'esercito, vero Cenred?- Uno spasmo comparve sul viso del re. -Lo immaginavo- disse, poi, con l'indice sfiorò la spalla di uno degli uomini, che si distrusse all'istante.
-Ops... Non era vostro fratello, vero? Beh, chissà, il prossimo potrebbe essere lui... Ora, Cenred, abbiamo cose più importanti di cui preoccuparci.- Senza attendere una risposta, Morgause si avviò verso la sua tenda, lasciando Cenred solo che urlava il suo pentimento e la sua rabbia contro il cielo.

Il Mago del Primo Ordine, Zeddicus Zul'Zolander, irritato dalla piega presa dalla situazione, cominciò a lamentarsi a gran voce, dando fiato a qualunque pensiero balenasse nella sua mente. Tutta quella confusione non fece altro che rendere Darken Rahl più rabbioso che mai, tanto che giurò di uccidere il vecchio mago alla prima occasione. Il tempo sembrava interminabile, il vecchio faceva così tanto rumore che non riusciva a sentire i propri pensieri. Si era rassegnato alla sua sorte, ma i lamenti del vecchio ebbero l'effetto di svegliarlo dal suo torpore. Non aveva tentato di opporsi al destino che il fratello gli avrebbe riservato, certo che, al momento opportuno Richard si sarebbe mostrato per quello che era e l'avrebbe risparmiato. Nelle farneticazioni del vecchio aveva colto un senso di urgenza e di pericolo, che non poteva ignorare. Ogni essere dotato di buon senso non avrebbe ignorato le sensazioni di pericolo imminente di un mago del Primo Ordine, anche se farneticanti. Lui di buon senso e istinto di auto conservazione ne aveva in abbondanza. Perciò, con uno strappo deciso, saggiò le catene. Sì, in un modo o nell'altro, lui, Darken Rahl, se ne sarebbe andato da quel luogo maledetto.

Sentendo il cigolio delle catene, con un sorrisetto sul volto, Zeddicus Zul'Zolander lanciò un ultima frase farneticante, prima di sedersi composto, nella sua posizione consueta, a occhi chiusi, visualizzando. Forse c'era un modo alternativo per evadere. Forse.

      

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Capitolo 15
*** Dubbi ***


Merlino decise di approfittare della pausa per scendere nelle segrete e chiedere l'aiuto del Grande Drago. Non sapeva come sarebbe stato accolto, perchè aveva tradito la fiducia della nobile creatura. Infatti, dopo la morte di suo padre e dopo aver preso il titolo di Signore dei Draghi, Merlino aveva ordinato a Kilgharra di arrendersi al principe di Camelot, così il Grande Drago, che aveva assaporato la libertà per un flebile momento, fu costretto a tornare nella sua cella. Trepidante, Merlino, camminava guardingo per i corridoi, quando sentì delle voci provenire da una nicchia nascosta, in direzione delle segrete.
-L'intervento del vecchio ha rovinato tutto- disse la prima voce, bassa e maschile.
-Non essere così fatalista, mio caro. Una rivolta ci può tornare utile- rispose una fredda voce femminile.
-Faceva parte del vostro piano, mia signora?-
-Non esattamente. Ma va bene così. Abbi fede, Camelot cadrà e la stirpe dei Pendragon perirà-
Sentì uno scalpiccio provenire dal vano, le voci scemare. Merlino fece appena in tempo a nascondersi dietro una colonna, quando i proprietari delle voci comparvero.
Erano Agravaine e Morgana.

Gaius si prese un momento per aggiornare Kahlan. La donna, infatti, non aveva il permesso di assistere al processo, se non come testimone. Gaius aveva cercato di spiegare alla priora la portata del suo gesto: la morte o l'esilio. Ma alla donna non importava. Voleva solo rimediare al suo errore: aver confessato Elyan e messo in moto quel meccanismo diabolico.

-Gwen, aspetta!- Artù aveva appprofittato della pausa fuori programma per raggiungere la sua amata, ma la ragazza era fuggita via alla sua vista. Dopo averla rincorsa per i giardini del castello, finalmente la raggiunse.
-Gwen, ti prego- la implorò. Ginevra si voltò verso il suo re, lo sguardo duro.
-Mi dispiace- continuò il cavaliere. La ragazza continuava a tacere, lo sguardo fisso negli occhi del re, che sentiva il vuoto della mancanza del calore che di solito gli riservavano quegli occhi. -Non credevo che Agravaine...-
-Non mi importa niente di Agravaine!- sbottò Gwen.
-Mi avevi promesso che Elyan sarebbe stato al sicuro, se avesse ricevuto la nomina a cavaliere. Che si era meritato la tua fiducia e il tuo affetto e che questo sarebbe bastato. Non è bastato, Artù e non basterà mai, in questa città maledetta!-
-Elyan è al sicuro qui- intervenne il cavaliere, con voce incerta.
-Non mi mentire, Artù! Prima Elyan resta sotto l'influsso di un qualche magia sconosciuta, le sue emozioni, il suo affetto e il suo amore sono svaniti; il suo cuore è nelle mani di quella strega, anche se non è stata un'azione volontaria. E ora, è sotto processo e rischia di morire per il volere di un manipolo di nobili pomposi!-
-Non morirà, Gwen! Credimi!- Artù appoggiò le mani sulle sue spalle, ma Gwen se le scrollò di dosso.
-Non lo capisci, Artù? Non ha alcuna importanza! Ma ti giuro, Artù Pendragon che, qualunque esito abbia questo processo, noi, io e mio fratello, ce ne andremo per sempre da questo regno- poi se ne andò, lasciando il re solo, con il cuore spezzato.

Galvano raggiunse Lancillotto sugli spalti delle città. Il Prode aveva deciso di disertare il processo, non era sicuro del motivo di questa rinuncia, ma sapeva che assistervi non gli avrebbe fatto bene. Galvano si appoggiò alla barricata e guardò in basso, sospirando.
-Come mai qui, Galvano?- esordì Lancillotto
-Avevo bisogno d'aria- rispose il cavaliere, amaro. Non era il solito Galvano bonaccione e allegro. 
-Cosa sta succedendo?-
-Molto probabilmente, non sarà solo la strega a bruciare, dopo la sentenza del Consiglio-
-Cosa vuoi dire?- in uno slancio, il Prode sbattè Galvano al muro, premendogli il gomito sul collo nudo.
-Il processo va male, Lancillotto. I nobili ritengono Elyan un agitatore. Nel migliore dei casi, gli si prospetta l'esilio a vita; nel peggiore l'impiccagione. Se ciò non dovesse accadere, i nobili si rivolteranno contro Artù-
-Sembra tutto già deciso- commentò il Prode.
-La posizione di Artù non è delle migliori. Se Elyan verrà impiccato, ci sarà una rivolta popolare, se deciderà per l'esilio, i nobili vorranno la sua testa. Nonostante si sia all'inizio del dibattito, sembra che si giochi tutto sui piani della politica-
Silenzio.
-Vuoi dire che la testimonianza di Kahlan non servirà?- gli domandò Lancillotto, lasciando la presa. Qualcosa si sciolse nel petto del Prode, un sollievo che non provava da tempo.
-Al contrario, fratello. La tua strega è già condannata. Guarda, stanno già preparando la pira per lei-
Lancillotto seguì le indicazioni di Galvano e abbassò lo sguardo. Nel cortile esterno della costruzione, uomini e soldati stavano portando bracciate di legna da ardere.
-Non è possibile, non può essere vero- mormorò
-So che provi dei sentimenti per quella donna, è palese, già da prima di quella disgraziata spedizione. Sapevi già cos'era eppure non avevi paura di avvicinarti a lei-
-Kahlan è una bellissima persona e merita tutto ciò che il mondo può darle- gli rispose Lancillotto.
-Per ora, il mondo le riserva il rogo- commentò Galvano.
-Com'è possibile?-
-Alcuni la ritengono la mandante del tentato omicidio di Uther. Altri un pericolo per gli uomini del regno. In ogni caso, per tutti, la strega deve morire-
-Da dove vengono queste voci?-
-Non lo so. Penserai che sia colpa mia, quella donna non mi è mai piaciuta e ritengo che la sua amica assassina debba ricevere la giusta punizione, ma non farei mai del male a mio fratello-
Lancillotto lo guradò fisso.
-Sì, sto parlando di te, testone-

-No, tu non puoi arrenderti così- Kara non faceva altro che girare per la stanza, impotente.
- Va bene. Così è come tutto come dev'essere- la confortò la Depositaria.
-Cosa? Ma ti ascolti quando parli?- la Mord-Sith sgranò gli occhi. Non capiva.
-Elyan e tutte le persone che ho confessato in questi anni meritano la libertà, finalmente-le rispose.
-E io? Io ti ho appena ritrovata. E le Terre Centrali? Vuoi abbandonare la tua patria così?-
-No. Tu farai ciò che è necessario- 
Le due donne si guardarono.
-No, Kahlan. Tu vivrai- affermò la bionda Mord-Sith con convinzione.
-Ti prego, promettimi che non farai niente-
-No-
Kara se ne andò, lasciando l'altra sola nella sua stanza.

Jennsen arrivò al limitare della radura, poi si guardò intorno. Ad un certo punto, davanti ai suoi occhi prese forma una scena idilliaca. C'era una casetta sperduta nel mezzo di un prato verde luccicante di rugiada. Dei bambini giocavano felici, mentre una donna la osservava.
-Tu devi essere Jennsen- la apostrofò, avvicinandosi.
-Voi come fate a saperlo?- chiese, spaventata.
-Michael sa sempre chi sta arrivando, molto tempo prima che quella persona arrivi. Vieni, devi essere affamata- 

Shota dormiva nascosta nel suo umido rifugio, rannicchiata sulla roccia nuda. Una goccia d'acqua tamburellava a pochi metri di distanza, senza però disturbarla. Anzi, lo sgocciolio riusciva a conciliarle il sonno e la concentrazione, quando ne aveva bisogno.
-Shota- una voce lontana la chiamò. La donna aprì gli occhi. Sapeva a chi apparteneva e che cosa doveva fare.

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