L'agente della Gestapo

di Akira Yuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


È l'anno 1938. La primavera è appena arrivata anche nella fredda città di Berlino, capitale della Germania, capitale di un governo totalitario che si fa temere da ogni altra nazione a causa delle sue risorse in ambito di guerra. Non sono passati neanche cinque anni da quando la Germania ha un nuovo comandante, o meglio, un nuovo Fuhrer, e tutto pare cambiato così in fretta. I cittadini tedeschi si trovano bene con le nuove leggi, ma vi sono vari aspetti negativi: il coprifuoco da rispettare, una costante paura quando si avvicinano le forze dell'ordine, anche quando si è innocenti, ed episodi di sfratti e violenze che turbano non poco i cittadini.
È in questo periodo che ogni anno sempre più persone "non ariane" vengono portate via. Tenere in casa uno di questi potrebbe comportare una grave denuncia, si arriva all'arresto immediato e a pagare una cara multa. Come se non bastasse, se si è solo sospettati di aiutare queste genti, si devono sopportare giorni e giorni di controlli, irruzioni improvvise in casa e la costante osservazione da parte di uomini addestrati a scovare qualsiasi cosa che non sia al proprio posto. 
In questa città, vive uno dei più bravi e temuti agenti della GESTAPO, ovvero la polizia segreta di stato. Di origine prussiana, questo ragazzo di soli venticinque anni si è fatto strada da solo, attraverso le sue grandi capacità. È impossibile non riconoscerlo quando passa per le strade: nonostante la nera divisa, niente può nascondere i suoi capelli bianchi. Di carnagione chiarissima, era un albino. Gli occhi di un colore vicino al rosso avevano accentuato le varie storie che giravano su di lui. Era da nove anni che abitava in Germania, assieme al suo fratellastro, ma prima di entrare nella GESTAPO, era già molto conosciuto nella precedente polizia segreta di stato prussiana; ed è proprio per questo che nessuno, tra i comuni cittadini, sapeva poco o nulla di lui. 
Quella mattina di una solare giornata di primavera, il ragazzo si stava vestendo con la sua divisa, pronto per il nuovo incarico: la sera prima era stato informato che un certo Roderich Edelstein , un uomo che godeva di una grande fortuna economica, era stato visto in atteggiamenti sospetti e una fonte anonima lo ha accusato di nascondere degli ebrei nella sua grande casa. Era compito dei membri della GESTAPO indagare se tali voci erano fondate o no.
Roderich non aveva avuto precedenti, anzi, la sua infanzia e la sua vita fino a quel momento erano state perfette, degne di un fiero tedesco.
Tuttavia certe accuse erano troppo gravi per lasciar perdere e così il compito di indagare era stato affidato al giovane albino, Gilbert Beilschmidt.

Una volta pronto, uscì di casa e si fece portare da un collega davanti l'enorme casa di questo signore. La casa si trovava nella periferia di Berlino, nella parte dove stavano tutti i ricconi con le loro ville. Arrivato, scese dalla macchina e bussòforte alla porta. Gli aprì una giovane ragazza dai lunghi capelli marroni e dagli occhi verdi. 

"Sì. .?". Fece lei, un po' intimidita dalla alta e tetra figura che si trovava davanti.

"Sto cercando Roderich Edelstein. È in casa?". Gilbert era freddo e diretto. Aveva vissuto questi episodi da anni, sempre la stessa storia. 

"Sì, glielo chiamo.. Vuole entrare?".
Gilbert annuì ed entrò in casa mentre la ragazza andava in un' altra stanza a chiamare il padrone di casa, salendo le scale. Il prussiano iniziò a guardarsi intorno, osservando la casa e tutti gli oggetti di lusso che possedeva. Questo Roderich se la viveva proprio bene.

"Cercavate me?". Una voce fece distogliere lo sguardo del prussiano dalle decorazioni della casa. Gilbert si girò per guardare l'uomo che stava scendendo le scale. 

"Siete voi Roderich Edelstein? ". Chiese Gilbert. 

"Sì. Cosa desiderate da me?". Il padrone di casa si avvicinò all'albino e solo a quel punto Gilbert poté vedere meglio le caratteristiche dell'uomo. Uomo.. meglio dire ragazzo. Aveva la stessa età di Gilbert, o addirittura era poco più piccolo. Era poco più basso di lui, i capelli erano marroni con uno strano ciuffo. Aveva degli occhi davvero peculiari: erano viola, ma coperti da occhiali da vista. Questo Roderich aveva tutta l'aria di essere un ragazzino viziato.

"Siete stato accusato di protezione illegale di ebrei. Sono qui per verificare questa accusa. A momenti arriveranno altri soldati, che controllersnno casa vostra da cima a fondo". Gilbert guardò il giovane ragazzo, serio, senza provare la minima emozione. "Se li state nascondendo, ditemelo ora e subito, così potrà non subire conseguenze".

"Controllate pure casa mia.. Io non sto facendo alcuna attività illegale". La tranquillità del ragazzo quasi disarmava Gilbert. 
Non passò molto che un gruppo di soldati raggiunse l'albino e, sotto un suo comando, iniziarono a controllare ogni centimetro di ogni stanza, mentre Gilbert rimaneva nella stessa stanza del giovane. Roderich non sembrava agitato, anzi, più passava il tempo e più sembrava perdere la pazienza e la calma.
Gilbert rimase a osservarlo. Perché quella reazione?
Ma non passò molto che Roderich si avvicinò a Gilbert e gli parlò: "Oi! Vedi di dire ai tuoi uomini di tenere le mani a posto e di non mettermi tutta casa a soqquadro! ".
Gilbert rimase a guardarlo sorpreso. Tuttavia quell'espressione sorpresa non ci mise molto a trasformarsi in un ghigno divertito. 

"State tranquillo.. Sanno cosa fare". 
Roderich sembrava non avere molta pazienza. Era alterato dal fatto che qualcuno stesse toccando tutte le sue cose. Gilbert invece rimase a guardarlo con la coda dell'occhio, in un certo senso divertito. Quel ragazzo sembrava proprio un signorino viziato.
Dopo qualche minuto gli uomini tornarono da Gilbert, riferendo di non aver trovato nulla. Fatto ciò uscirono di casa dopo un veloce saluto al proprietario. Il prussiano guardò il signorino.

"Non pensate che finisca qua. Continueremo i nostri controlli". Disse Gilbert.

"Fate pure.. Non ho niente da nascondere". 
Gilbert lo guardava ancora un po' divertito, il che non era proprio un buon segno, poi si allontanò verso la porta.  

"Per ora abbiamo finito qui. Grazie per la vostra disponibilità".

"Aspettate." Esortò Roderich. "Non ho fatto nulla di illegale, eppure sono comunque stato accusato di ciò. Potrei almeno sapere chi è stato? E come posso provarvi che non nascondo niente?".

"Beh..". Gilbert si girò verso di lui. "La denuncia è stata anonima. Per quanto riguarda la seconda domanda, voi lasciateci fare il nostro lavoro. Se deciderò che è tutto apposto, allora sarà tutto finito qui. Altrimenti continueremo con metodi sempre più duri". Gilbert pronunciò quell'ultima frase con un tono strano: più basso, più serio. Eppure era un tono che lasciava intravedere una certa carica. Anche Roderich se ne rese conto e rimase a guardarlo, riflettendo su che tipo di persona avesse davanti. 

"Beh, alla prossima, signor Edelstein". Gilbert uscì di casa, tornando alla vettura e allontandosi dalla casa. 



Nota dell'autore: Questo è solo il primo capitolo, per introdurvi un po' nella storia. Spero di continuarla e di aggiungere scene più interessanti già dal prossimo capitolo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


L'ispezione a casa del signor Edelstein non aveva portato a nulla. I sospetti rimanevano, ma Gilbert doveva indagare più a fondo. Il suo collega lo portò al quartier generale. Scese dalla macchina nera e entrò. Nella prima stanza c'era una sorta di reception: era una stanza spoglia, col minimo indispensabile, ovvero un cattedra dove vi era un soldato che lavorava come segretario, altri due uomini che lavoravano per la sicurezza del luogo, così da controllare chiunque entrasse; una pianta in un angolo e delle sedie, sempre vuote. Non mancavano ovviamente stendardi con il simbolo del nazionalsocialismo e un piccolo ritratto appeso al muro del Fuhrer. 

Gilbert passò indisturbato da quella stanza, anzi, i soldati gli fecero il solito saluto, ma lui non ci diede peso e continuò per il corridoio. Salì le scale fino al quarto piano, dove si trovava il suo ufficio. Si tolse la lunga giacca nera e la appoggiò su una sedia, poi si sedette sulla sua scrivania e prese in mano i documenti che aveva richiesto riguardo al signor Edelstein e iniziò a leggere. 
Età: 23 anni.
Altezza: 1.75
Padre: Samuel Edelstein. 
Madre: Clara Wagner Edelstein.
E così via.
Nessuna nota rossa, questo signorino pareva non aver mai avuto nessun problema con nessuno. 

Gilbert iniziò allora a controllare nei documenti dei suoi genitori. Molto probabilmente la madre era imparentata con Richard Wagner, un famoso compositore morto nel 1883. In questi anni la musica di Wagner ebbe molta fortuna, poichè era usata per accompagnare le grandissime parate del nazionalsocialismo, in onore di Fuhrer, il quale amava le sue composizioni per varie ragioni.

I profili individuali dei suoi genitori erano immacolati. Nulla da ritenere sospetto. 
Gilbert si alzò allora e portò con sè i fascicoli dei genitori del signorino Edelstein. Camminò per il corridoio dove si affacciavano le porte di vari uffici e bussò ad uno. Entrò e guardò il diretto interessato: era un uomo grande, sui trent'anni, che si occupava di ricerche su persone morte anni fa. 

"Mh? Hei Gilbert!", esortò l'uomo, evidentemente felice di vederlo. 

"Klaus ho bisogno che tu faccia delle ricerche per me". Gilbert lasciò i due fascicoli sulla sua scrivania. 

"Informati sui loro genitori e sui loro nonni. Avvertimi se trovi qualcosa di strano".

"Eh? Va bene.. Ma ora non posso, devo già informarmi su quest'altra gente. Tsk, tuo fratello li ha portati qui, ora devo tracciare tutte le loro dinastie per vedere se i suoi sospetti erano giusti". Disse Klaus.

"Mio fratello è stato qui?". Gilbert lo guardò interessato.

"Sì, gli è stato ordinato di portare qui una coppia di sposini. Ora si trovano nella gabbia che teniamo all'ultimo piano", disse divertito. Poi continuò: "Tuo fratello penso sia tornato in servizio, ora sarà tornato a fare dei giri di controllo per la città".

Gilbert annuì. "Va bene".

"Ahaha, hei non sei curioso di assistere al loro interrogatorio? Magari potresti imparare qualcosa dai migliori!".

"So come fare e supero molti degli uomini che si trovano qui. Non credo potrei imparare", poi sorrise. "Al massimo posso insegnargli io".

"Ahahaha, interessante. Beh, vai a insegnargli allora no?". Klaus sorrise divertito. "L'uomo è gia stato interrogato, ma non ha detto nulla. Ora dovrebbe essere il turno della sua mogliettina. Sicuramente con lei sarà più facile, poverina, dovevi vedere come tremava quando l'hanno portata qui".

"Andrò a controllare allora.. Tu sbrigati a fare il tuo lavoro e passa a fare le mie cose". Gilbert sorrise, mentre Klaus sospirava, stanco già.

Si salutarono, poi l'albino decise di andare a dare un'occhiata all'interrogatorio. 
Scese le scale e arrivò all'ultimo piano, che si trovava appena sotto terra. Percorse il corridoio e entrò in una stanza.

"Oh, guarda chi si vede". Esortò uno dei suoi colleghi.

"Giusto in tempo, Gil!". Un'altro gli sorrise, ponendogli una mano sulla spalla. "Ora è il turno della moglie, Dedrick sta andando a interrogarla". 
Tutti e tre si misero a guardare attraverso un vetro scuro: dall'altra parte vi era una piccola stanza con un tavolo e due sedie, su una delle quali era seduta questa giovane donna. Era visibilmente preoccupata, molto probabilmente aveva anche pianto, ora tremava un po'. 

Uno dei suoi colleghi si mise comodo su una sedia, mentre Gilbert e l'altro si misero a guardare mentre Dedrick entrava nella stanzina. Dedrick se la prese comoda e si sedette.
"Allora, signorina Maria. Lei lo sa perchè si trova qui, vero?". Disse Dedrick.

La donna tremava, aveva paura, ma comunque rispose. "Sì..".

"Sì?". Disse l'uomo. "Allora prego, fareste il piacere di dirmelo?".

Lei esitò un attimo, ma poi parlò. "Sono sospettata di essere di origini ebree..".

"Esattamente". L'uomo lesse alcuni dei fascicoli che aveva in mano. "Tutti i documenti riguardanti la sua famiglia sono spariti inspiegabilmente. E lei afferma di aver perso i suoi documenti d'identità. E' vero?"

Lei annuì. "Si.. Pochi giorni fa io e mio marito siamo andati in un'altra città, devo averli persi lì".

"Li ha persi? Non li avrà mica nascosti o bruciati quindi?".

"Non lo farei mai.! Non ne ho alcuno motivo poi..". Lei ancora tremava un po'.

"Tsk, continuando così non andremo da nessuna parte", disse l'uomo vicino a Gilbert.

"Lo penso anche io. Dedrick ci sta andando troppo piano. Beh, divertitevi con loro, io devo tornare a lavorare". Gilbert fece per andarsene ma il suo collega lo fermò.

"Aspetta Gil. Anche noi siamo pieni di compiti, per questo vorremo finire in fretta. Che ne dici di prendere il posto di Dedrick e sbrigare questa faccenda?". L'uomo sorrise divertito.

"Devo proprio?" Gilbert sembrava quasi scocciato di dover far sempre lui il lavoro sporco.

"Beh, ci faresti a tutti un grand piacere. Prima finiamo qui e prima possiamo tornare ai nostri compiti". Il collega lo guardò. Gilbert alla fine sospirò e annuì.

"Ottimo! Grazie!". Era felice, sia perchè sarebbe potuto tornare presto al suo lavoro, sia perchè voleva vedere la scena: era risaputo che Gilbert non ci andava piano, purtroppo non godeva di molta pazienza.

Gilbert uscì dalla stanza e entrò in quella dell'interrogatorio. Posò una mano sulla spalla del collega. "Prendo il tuo posto". Bastarono quelle parole a convincere Dedrick, che si alzò e uscì dalla stanza.
Gilbert rimase in piedi e guardò la donna, che ora si sentiva ancor più in difficoltà. Vedendolo alzato, quella figura davanti a lei le faceva troppa paura.

"Facciamo così. Tu mi dici subito la verità e io non ti farò del male. Anzi, potrei mettere una buona parola e farvi andar via dalla Germania senza nessun problema. Vi faremo portare in Francia, o in Olanda se preferite". Gilbert era terribilmente serio.

La donna era quasi tentata dall'offerta, ma sapeva che questi uomini mentivano e facevano di tutto pur di ottenere le informazioni che cercavano. "Io non sono ebrea.. Ho semplicemente perso i miei documenti e quelli dei miei genitori.. Vi prego, non fatemi del male". I suoi occhi si riempirono di lacrime.

Gilbert prese i fascicoli dalla scrivania e iniziò a leggere. "Come pensavo..". Disse. La donna si allarmò ancor di più, ma cercò di non darlo a vedere.

Gilbert lasciò i fascicoli e fece il giro del tavolo. Lei tremava sempre di più. La prese per i capelli e la costrinse ad alzarsi in piedi. Lei urlò terrorizzata.
"Abbiamo le prove che ci servivano. Quindi ora su..". Con una mano le schiacciò la testa contro il tavolo, spingendo per farle male. Lei piangeva disperata. "Ammetti la tua colpa e facciamola finita". Con l'altra mano le aveva preso il polso, e le stava rigirando il braccio dietro la schiena, facendole male.

Lei piangeva e urlava dolorante ma poi si arrese e urlò: "Va bene va bene! Lo ammetto! I miei genitori erano ebrei!".

Nell'altra stanza i colleghi di Gilbert lo guardavano divertiti, sorpresi da tanto coraggio. Ma poi uno di loro guardò Dedrick. "Abbiamo davvero le prove? Perchè è qui se sapevamo già tutto?".

Dedrick guardò il collega, ancora sorpreso per i modi di Gilbert. "In realtà non abbiamo prove.. Avevamo solo sospetti".

Il collega lo guardò sorpreso ma poi si mise a ridere. "Ahahah! Beh, quel ragazzo ha avuto fortuna! Ora abbiamo la sua confessione, quindi abbiamo finito. Dedrick, vai a chiamare la squadra che la porterà via di qui".

Dedrick annuì. L'uomo poi tornò a guardare nella stanzina. Gilbert l'aveva lasciata e se n'era andato, lasciandola a piangere.
Gilbert non voleva usare le maniere forti, ma le aveva dato un ultimatum e lei non ha voluto rispettarlo. Non era stanto fortunato però: lui aveva capito che con moltissime probabilità quella donna era ebrea solo guardando il suo comportamento durante l'interrogatorio con Dedrick. 

Gilbert tornò nel suo ufficio, rimettendosi a lavorare.


Si fece sera quando lui finì di lavorare. Si alzò dalla scrivania e si rimise la lunga giacca. Uscì dall'edificio e si diresse a piedi per la sua strada. Dopo qualche minuto arrivò a casa sua ed entrò solo per perndere un binocolo. Uscì poi subito di casa e prese la sua macchina, recandosi nella vicinanze della casa di Roderich. Parcheggiò e si avviò nei dintorni della casa. Si fermò dove non c'era tanta luce e col binocolo si mise a controllare cosa succedeva in casa: vedeva solo che le luci di una grande stanza erano accese, lì vi era la sala da pranzo, quindi sicuramente stava cenando. A quel punto si ricordò che da quella mattina lui non aveva mangiato nulla. Rimase però a controllare un po' la situazione, ma non vedendo comportamenti sospetti decise di tornarsene a casa. 

Parcheggiò la macchina e scese. Entrò poi in casa e notò che le luci erano già accese. 
"Gil sei tornato?". Un soldato alto e muscoloso si affacciò alla porta della cucina elo guardò. I capelli biondi e gli occhi azzurri: suo fratello era la rappresentazione vivente dell'uomo ariano per eccellenza.

"Sì.. stai facendo da mangiare? Preparane tanto, ho una fame da lupi!". Gilbert posò la giacca e lo raggiunse in cucina, sedendosi a tavola.

Mentre il fratello finiva di preparare la cena, parlò: "Gil dovremo assumere una donna per farci le pulizie e cucinare.".

"Già.. Sono d'accordo con te Lud, ma lo sai che non possiamo".
Il loro lavoro spesso li portava a portarsi del carico a casa. Quelle informazioni erano spesse segrete, quindi non potevano correre il rischio che qualcuno ne venisse in possesso.

"Beh mettiamo tutte le cose importanti in camera tua e la chiudiamo a chiave, così non ci andrebbe nessuno. Ma non ho più voglia di cucinare". Disse il fratello.

"Sarebbe un'idea!". Gilbert si alzò e circondò il collo del fratello con un braccio, divertito. "E bravo il mio fratellino!", gli scompigliò i capelli per scherzare.

"Oi non toccarmi i capelli!". Replicò Ludwing, ma nonostante quel gesto gli desse un po' fastidio, era comunque felice. Lui e il fratello non potevano passare molto tempo insieme a causa del loro lavoro, quindi entrambi si godevano quei pochi momenti insieme.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Quella mattina Gilbert si alzò prima del solito, tanto che persino suo fratello ancora  dormiva. Il sole non era ancora salito, era ancora notte praticamente, mentre lui si preparava, vestendosi e sistemandosi. Uscì di casa e prese la macchina, partendo. C'era solo lui a giro, le luci nelle case erano tutte spente. Si diresse verso la periferia e parcheggiò in un piccolo parcheggio. Scese dalla macchina e si diresse nelle vicinanze della villa del signorino Edelstein: se era davvero coinvolto in operazioni illegali, la mattina presto e la sera tardi erano i momenti più adatti per poterlo colpire sul fatto. Si avvicinò alle sbarre del cancello della villa e si mise a  guardare la casa: nulla di sospetto per ora, tutte le luci erano spente, com'è giusto che fosse. Gil si poggiò contro le sbarre con una spalla e prese da una tasca della sua giacca un panino rinvolto in alcuni tovaglioli: quella sarebbe stata la sua colazione che si era preparato la sera prima.

I minuti passarono e il sole sorse. Nelle case vicine c'era chi già si stava svegliando per andare a lavoro, tuttavia Gilbert dovette aspettare fino alle sei e mezza di mattina per vedere qualcosa: la ragazza che gli aveva aperto la porta il giorno prima stava uscendo di casa, aveva una giacca e un cestino con sè. Forse si stava dirigendo al mercato.

Gilbert si nascose dietro un muro per non farsi vedere dalla ragazza e questa, senza accorgersi di nulla, se ne andò verso il centro della città a piedi, tranquilla. L'albino si avvicinò allora al cancello notando che la ragazza lo aveva lasciato aperto. Entrò e si diresse verso la casa. Bussò alla porta.

Roderich aprì con aria seccata. "Sì? Chi è-?". Si bloccò quando vide che era l'uomo della mattina precedente. "Voi.. Che ci fate qui?", chiese il ragazzo.

"Un giro di controllo. Posso entrare?". Gilbert lo guardò. Roderich non potè far altro che annuire e farlo entrare.

"Perchè così presto oggi?". Roderich richiuse la porta e tornò a guardarlo, mentre Gilbert si guardava attorno.

"State nascondendo qualcosa?". Gil smise di guardarsi attorno e guardò il ragazzo dritto negli occhi, togliendosi il cappello.

"No, certo che no".

"Allora smettete di fare domande". L'albino tagliò corto e si incamminò verso il grande salotto. Roderich si era offeso per quel tono e quella risposta, quindi se ne tornò in cucina a finire il suo thè. Gilbert controllò la casa, ma solo il piano terra. Dopo mezz'ora tornò in salotto, trovandovi Roderich che leggeva un libro sulla sua poltrona.

"Che cosa fate esattamente voi tutto il giorno?", chiese Gilbert curioso, ma sempre serio. In realtà non poteva immaginarsi quel signorino alle prese con qualche lavoro.

Roderich fece passare un minuto di silenzio, finendo di leggere il paragrafo, poi alzò la testa e lo guardò. "Molte cose".

"Ovvero?".

"La mattina faccio colazione, poi leggo, in seguito suono il piano forte". Roderich era fiero di dire ciò che faceva, ritenendo che quelli erano i compiti di un aristocratico.

"Tutto qui?". Gilbert lo guardava, non riuscendo a credere che il ragazzino non facesse nulla di produttivo la mattina.

Roderich si alzò dalla poltrona offeso. "Come sarebbe a dire "tutto qui"?? Guarda che nessuno a Berlino è abile come me nel suonare il pianoforte o il violino".

"Sì ma non fai nulla di produttivo. Di pomeriggio che fai di solito?". 

"Non cambiate discorso!", Roderich si avvicinò all'albino. "Esercitare la mente è molto più importante che esercitare i muscoli!". 

Gilbert lo guardava seccato: sì, davanti a sè aveva decisamente un principino viziato. "Anche se esercitate la mente, voi non fate nulla di utile per la società", gli rispose.

Roderich si offese ancora di più e, una volta davanti a lui, gli puntò il libro che stava leggendo davanti. "Ascoltatemi bene voi, il solo avermi qui come cittadino tedesco fa alzare di molti punti la reputazione tedesca riguardo la musica".

Gilbert lo guardava, aveva capito che non c'erano tante speranze con lui, ma poi guardò il libro che gli stava puntando contro e gli prese un polso, bloccandolo. "Questo libro è..", disse, strappandogli il libro di mano e lasciandolo. Guardò meglio la copertina del libro leggendo. " "Gente di Dublino", di Joyce".

Roderich indietreggiò di un passo. "Si.. è un libro interessante, particolare nel suo genere", disse.

"Con particolare intendete "proibito"?". Gilbert guardò il principino con fare arrabbiato. "Questo scrittore non merita nulla e tutti i suoi libri sono stati dati alle fiamme. Dove avete trovato questa copia?".

Il ragazzo ora era preoccupato. "Me lo ha venduto anni fa un signore in un mercato..".

"Quanti anni fa?", chiese l'albino.

"Due se non sbaglio.. L'ho ritrovato solo poco fa e ho deciso di leggerlo".

"Beh, mi spiace per voi ma credo proprio che non lo finirete". Gilbert si rimise il cappello tipico degli agenti della Gestapo e strinse il libro in una mano. "Questo libro è sequestrato".

"Cosa? Non potete farlo!". Esclamò Roderich, anche se in realtà sapeva che lui poteva eccome, anzi, era fortunato se il nazista non gli avrebbe fatto di peggio che solo sequestrargli un libro.

"Devo. Ora scusatemi".

Gilbert si avvicinò alla porta d'ingresso ed uscì dopo averla aperta, ma prima di richiuderla alle sue spalle guardò Roderich con la coda dell'occhio. "Non mi dimenticherò di questo episodio, signorino Edelstein. Se avete altri libri proibiti vi consiglio di farli sparire prima che i miei uomini tornino, o prima che torni io stesso".

Gil chiuse la porta e andò via, superando il giardino e il cancello. Vide che la ragazza che abitava nella villa stava tornando dal mercato e anche lei lo notò, poichè si fermò di scatto a guardare nella sua direzione preoccupata. L'albino si allontanò, tornando alla macchina. Per quella mattina aveva fatto abbastanza, in casa sua, almeno nelle stanze del piano terra, non c'era nulla di strano. Accese la macchina e si diresse al quartier generale della Gestapo. 

Una volta arrivato, parcheggiò e scese dalla vettura, prese il libro e entrò nel palazzo. Appena entrato però, un soldato, dopo avergli fatto il saluto, gli parlò urgentemente: "Tenente Beilschmidt! Ci sono dei problemi. Nel quartiere di Mitte qualcuno ha distribuito e sparso tantissimi volantini contro la nostra Patria. Gli ufficiali sono già andati a controllare e sgomberare il posto, ma pare stiano avendo dei problemi".

"Problemi di che tipo?". Chiese Gilbert.

"Dei ragazzi stanno protestando, studenti universitari, ma sono stati avvistati anche molti studenti di famiglie ebree".

"Ho capito". Gilbert lo guardò e gli si avvicinò. "Ponetemi la mano, soldato". Il soldato lo guardò sorpreso, ma fece come ordinato. Gil poggiò il libro trovato da Roderich sulla sua mano e con un accendino gli diede fuoco. Il soldato era preoccupato che anche la sua mano avrebbe finito per bruciare. "Sbarazzatevene", gli ordinò Gilbert prima di andar via. Il soldato fece un sospiro di sollievo e corse a gettare il libro in fiamme. 

Dopo pochi minuti le volanti della SS arrivarono nel quartiere. Molti soldati stavano cercando di fermare i ragazzi, ricorrendo anche alle maniere forti. Gilbert si ritrovò nel mezzo del caos. Prese allora la sua Luger P08 e sparò un colpo in aria. Tutti i civili, spaventati si fermarono immediatamente, calmandosi momentaneamente. In quell'esatto istante i soldati ne approfittarono per arrestare i ragazzi che avevano a portata di mano e poco dopo iniziò un fuggi fuggi generale da parte degli studenti, che ora pensavano bene a ritirarsi e non farsi arrestare.

Tra le truppe di vigilanza intervenute vi era anche quella dove lavorava Ludwig. Nel caos c'era chi ancora non si era arreso: qualcuno lanciò un grande sasso appuntito ferendo proprio il fratello di Gilbert. Colpito alla testa da dietro, con tale forza, lui perse i sensi per un attimo e cadde in ginocchio. Si passò una mano dietro la testa appena si riprese, sentendo un fortissimo dolore, e riportandosi la mano davanti vide che stava sanguinando molto. 

Gilbert aveva assistito a tutta la scena da qualche metro di distanza. Preso da una rabbia esplosiva, si diresse verso il colpevole, del quale era riuscito a vedere i lunghi capelli biondi. Un collega stava aiutando Ludwing ad allontanarsi di lì per portarlo da un medico. 

A causa delle troppe persone in mezzo, il ragazzo non riuscì a fuggire in fretta che qualcuno lo afferrò per i capelli, tirandolo in dietro e costringendolo in ginocchio. 

Intanto la folla di ragazzi si era dispersa, erano rimasti solo i soldati che stavano portando via i ragazzi arrestati e altri soldati che si stavano occupando di ripulire le strade dalla confusione che si era creata, raccogliendo anche i volantini stampati dalla Resistenza. 

Ludwig si era rifiutato di andare da un medico subito, allora si era appoggiato al muro di una casa. Guardando davanti a sè vide Gilbert, a vari metri di distanza da lui, che teneva per i capelli un ragazzino inginocchiato davanti a lui.

"Se sei stato tanto avventato da fare una cosa del genere allora immagino tu sia uno dei responsabili della distribuzione di quei volantini". Gilbert non ci vedeva dalla rabbia e continuava a tirargli i capelli mentre con un piede lo costringeva a terra.

"Argh! Sì! Sono stato io contento?!". Il ragazzo sputò verso di lui. "Porco nazista. Dovete morire proprio come avete ucciso mio padre!".

"Oh, immagino allora tuo padre fosse ebreo..". Gilbert aveva un tono di voce calmo ora, ma sempre carico di una strana tensione.

"Tsk. Lunga vita alla Rivoluzione, figlio di puttana".

"Ebreo e anche comunista. Quale feccia ho davanti?". Gilbert accennò un sorriso mentre poggiava la canna della sua pistola contro la testa del ragazzo. 

Il ragazzo iniziò a sudare freddo sentendo il freddo metallo contro la sua tempia.

"Non meriti nulla di più della morte". Gilbert premette il grilletto.

Ludwig guardò la scena sorpreso, quasi impressionato e spaventato da come facilmente suo fratello avesse ucciso una giovane vita. Tutte le persone nelle vicinanze si girarono per vedere cosa era succeso.

L'albino lasciò i capelli del ragazzo e questo cadde a terra morto. Attorno a lui si stava allargando una pozza di sangue.

"Gilbert! Che hai fatto?!". Un suo collega gli si avvicinò. 

"Mh?". Gil si tolse col dorso della mano un po' di sangue che gli stava macchiando il viso. "Il mio dovere". Detto ciò gli passò accanto e senza fermarsi disse: "Ripulite voi qui", dirigendosi verso il fratello. Una volta davanti al soldato biondo parlò di nuovo. 

"Fratello, stai bene?", ora era preoccupato.

Ludwig rimase a guardarlo, ancora sorpreso. "Tutto a posto.. Sto bene, è solo un graffio", gli rispose.

Gilbert lo guardò, poi guardò il soldato accanto al fratello. "Tu. Portalo da un medico". Il soldato annuì, ma Ludwig si alzò dal muro, protestando: "Sto bene, davvero!".

"Lud, non si discutono gli ordini". Gilbert gli lanciò un'occhiata gelida, tanto che il fratello non ebbe il coraggio di protestare oltre. Mentre Ludwig si dirigeva verso l'ospedale più vicino, Gilbert se ne andò, facendosi riportare a casa da un collega.

Tornato a casa, poggiò la giacca e il cappello all'appendi abiti, per poi sedersi sul divano e riposare. 



Si risvegliò quando era ormai ora di cena. Il fratello stava entrando in casa in quel momento.
"Ah, Gil.. ", fece Ludwig appena lo vide. Entrò e chiuse la porta, per poi poggiare il cappello su un mobile vicino.

"Lud, come va la testa?".

"Tutto apposto, il dottore mi ha messo dei punti". Il soldato aveva una fascia bianca attorno alla testa, così che le bende tenessero. Ludwig andò davanti al fratello.

"Gil.. Non c'era bisogno di ucciderlo".

"Invece c'era. Tanto se non lo avessi fatto io lo avrebbe fatto qualcun'altro". Disse l'albino con non curanza.

Il fratello lo guardò sorpreso. "Come può importarti così poco? Non lo hai ucciso.. Gli hai fatto un'esecuzione!". 

"Che servirà di lezione a tutti gli altri che ci vorranno riprovare a fare quei casini". Gil lo guardava tranquillamente, mentre il fratello non capiva come potesse essere così freddo di fronte ad un'azione così violenta.

Il biondo rimase in silenzio, poi il fratello maggiore decise di parlare, alzandosi dal divano. 

"Lud vai a riposare, ci penso io alla cena". Il fratello rimase in silenzio, annuendo solo dopo. 

"Ti chiamo quando è pronto", detto ciò Gilbert si avviò in cucina.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Quella sera Gilbert e Ludwig non si erano scambiati nessuna parola. Il ragazzo biondo non se la sentiva di parlare, mentre il fratello era semplicemente stanco. Cenarono insieme in silenzio, ma una volta finito di mangiare Gilbert si alzò da tavola.

"Io esco stasera. Vuoi venire con me?".

Il fratello scosse la testa. "No.. Va pure, ci penso io a sparecchiare". 

Gilbert annuì e andò in camera sua a cambiarsi. Si tolse la divisa, ma vestì comunque elegante. Una volta pronto tornò al piano di sotto e salutò il fratello, dicendogli di non aspettarlo alzato, ma di andare a riposare presto. 

L'albino uscì di casa, con la sua solita giacca nera e lunga a coprirlo dal fresco della sera. Si diresse verso il teatro. Aveva da poco scoperto che gli spettacoli musicali che davano lo aiutavano a rilassarsi, ma ci andava sempre solo, rifiutando le poche volte che qualcuno lo invitava.
Si avvicinò all'entrata e lesse gli spettacoli musicali che ci sarebbero stati quella sera, ma lesse solo i titoli delle musiche, disinteressandosi di chi le avrebbe suonate. Non le conosceva tutte, ma le poche melodie che conosceva e che sarebbero state suonate quella sera gli piacevano, quindi entrò e, pagato il biglietto, andò a sistemarsi tra gli spalti più alti della grande sala teatrale, quelli riservati solo a persone di un certo livello. Le luci non ci misero molto a spengersi, per illuminare solo il palcoscenico.

La prima ad esibirsi fu una giovane ragazza, che suonava l'arpa, accompagnata da un ragazzo col flauto traverso e tre cantanti. Tutti insieme intonarono una bellissima "Ave Maria" di F. Schubert. L'esibizione durò vari minuti, ma era meglio così: era una melodia talmente bella accompagnata da delle voci così angeliche che pareva di essere in paradiso. 

Finita l'esibizione, i ragazzi furono accolti da un grande e generale applauso, che durò molto. Poi i ragazzi lasciarono il palco e un uomo presentò il prossimo musicista, assieme alla melodia che avrebbe suonato.

"Ora salirà sul palco il signorino Edelstein Roderich". Disse sorridendo e lasciando il palco mentre in molti stavano già applaudendo.
Gilbert rimase bloccato per qualche minuto. Quel Roderich Edelstein? Il principino? Ci mancava solo che se lo dovesse sorbire anche fuori dall'orario di lavoro.

Roderich salì sul palco come se fosse la cosa più normale del mondo. Era calmo, rilassato. Aveva tirato i capelli in dietro ed era vestito molto elegantemente. Prima di sedersi, fece un lieve inchino al pubblico e una volta seduto si tolse i guanti neri e suonò.

La sua melodia era qualcosa che Gilbert non aveva mai sentito. Era calma, ma incredibilmente bella, sembrava raccontare una storia. Dopo pochi minuti il tono e la velocità della melodia che il ragazzo stava suonando aumentarono, il cuore di tutti sobbalzò, come se quella storia avesse raggiunto il punto più alto di climax. 

L'albino guardò meglio il pianista, il quale stava suonando ad occhi chiusi, poche volte li socchiudeva per guardare i tasti e le sue mani che insieme creavano quella bellissima musica.

La musica tornò a calmarsi poco dopo, ora era di nuovo quieta, ma proprio come un campo dopo una tempesta, qualcosa nella melodia era cambiato. Anche la musica aveva risentito di quel climax precedentemente raggiunto. Roderich continuava a suonare, riscaldando il cuore di tutti i presenti.

Di nuovo, la musica raggiunse un climax ancora più alto del precedente. 

Gilbert girò la testa, vedendo una ragazza, qualche posto distante da lui, piangere in silenzio, ma sorridendo. L'albino tornò a guardare il pianista. Nonostante tutto, era davvero bravo.

Dopo quel lungo e profondo finale, Roderich finì di suonare. Con calma si rimise i guanti mentre la folla lo acclamava, c'era chi gli aveva lanciato delle rose. Il ragazzo si alzò e fece un inchino al pubblico, per poi dileguarsi dietro le quinte.

Il tedesco seguì ogni sua mossa, quasi volesse studiarlo, ma quando sparì dietro le tende rosse, si mise il cuore in pace. 

Gilbert restò un'altra intera ora a guardare altri spettacoli, ma nulla poteva battere l'esibizione del principino. Alla fine decise di andarsene e uscì dal teatro. Tornò a casa a piedi, in silenzio, ma continuando a sentire nella sua mente quella bellissima melodia.

Quando tornò a casa il fratello era già a dormire in camera sua. Si preparò per dormire anche Gil, ma quella sera sapeva che non si sarebbe addormentato velocemente. 


Quella mattina si svegliò all'alba. Si preparò in fretta e fece colazione assieme al fratello, che ora sembrava più rilassato rispetto al giorno prima, ma anche questa mattina non si scambiarono tante parole.

Ludwig lasciò casa prima del fratello per andare ad allenarsi prima del turno di guardia.

Gilbert, una volta pronto, prese la macchina e andò nei pressi della villa di Roderich. Parcheggiata la macchina, si avvicinò al cancello e vide la ragazza dagli occhi verdi che annaffiava un cespuglio di piccole rose.

"Potrei entrare?", le chiese.

Lei sobbalzò nel vederlo, ma gli aprì il cancello. "Il signorino Edelstein è in casa.. Vi accompagno". Lei lo accompagnò alla casa e gli aprì la porta, facendolo entrare. Il suono del piano si sentiva già pochi metri prima delle mura della villa. 

"Si sta esercitando nella sala per gli ospiti", disse lei. 

Il nazista annuì e si avviò verso la sala, mentre lei rimase lì per poi andar via. Entrato nella sala, vide Roderich intento a suonare e si avvicinò in silenzio per poi fermarsi e rimanere ad ascoltare.

Quando però Roderich si accorse della sua presenza si fermò e lo guardò.

"Siete venuto anche oggi?", gli chiese, seccato che ogni mattina dovesse vedere quell'uomo.

"Sì, devo controllarvi". Gilbert lo guardò, poi uscì dalla stanza e salì le scale.

Roderich si alzò e lesto lo raggiunse. "Oi! Non potete fare come se foste a casa vostra!".

"Invece posso se devo controllare ogni stanza di questa casa". Il tedesco girò per un corridoio, entrando in ogni stanza, mentre Roderich lo seguiva. Il ragazzo non stava nascondendo nulla, solo voleva controllare che non gli mettesse a soqquadro qualche stanza.

Dopo aver controllate cinque stanze, Gil non aveva trovato nulla di compromettente.

"Non vi siete stancato ancora di cercare a vuoto?", chiese il ragazzo.

"No. Come ti ho già detto devo controllare ogni stanza". 

La stanza successiva su la camera di Roderich: aveva un letto a baldacchino in mezzo alla stanza, un grande armadio e vari mobili. L'albino controllò ogni mobile, ogni cassetto. Poi si avvicinò al letto e si abbassò a guardare sotto, non trovando nulla. Notò poi un comodino accanto al letto e controllò nei cassetti di questo.

Dopo aver aperto l'ultimo cassetto Gil rimase in silenzio.

Roderich lo vide e si avvicinò di scatto, chiudendolo. Lo guardò spazientito.

"Non frugate nelle mie cose personali!".

Gilbert lo guardò sorpreso, ma poi scoppiò in una grassa risata.

"Ahahaha! Chi l'avrebbe mai detto!". Disse, ridendo di gusto. Roderich era imbarazzato.

"Non ho mai usato nulla del genere se è quello che state pensando!". Protestò.

"Ahaha! E allora che ci faceva quella roba lì?". Gilbert lo guardò, ridendo ancora, coprendosi la bocca con una mano. In quell'ultimo cassetto aveva trovato una corda e una sorta di mini flagello.

"Non apro quei cassetti da anni. E prima questo mobile si trovava in un'altra stanza, quindi penso sia per questo che siano li..". 

"Oh, quindi c'è una stanza dove ti diverti così male con le donne? Ahaha!". Gilbert non riusciva proprio a vederlo fare certe cose.

"Ti ho già detto che non ho mai fatto nulla del genere!", Roderich era sincero, ma spazientito dal comportamento del nazista. In realtà non aveva idea del perchè quella roba fosse lì.

"Ahahaha come vuoi, come vuoi". Gilbert lo guardò divertito, con un'espressione strafottente.

Roderich lo guardò arrabbiato, ma poi si sorprese: era la prima volta che lo vedeva così sciolto, non più serio. Rimase a fissarlo in silenzio.
L'albino si guardò attorno poi si avviò per uscire dalla stanza. "Qui ho finito, passiamo alla prossima".

Il giro e il controllo della casa durò quasi due ore. Ormai era quasi ora di pranzo. Roderich tornò, assieme a Gilbert, in salotto e si lasciò cadere sul divano, sfinito.

"Mh? Sei stanco?". L'albino lo guardò sorpreso.

"Sì.. Mi hai fatto andare in stanze nelle quali non entravo da anni!". 

"Non eri obbligato a seguirmi", disse Gil guardandolo. Roderich sembrava davvero stanco solo per essergli stato dietro e non aver fatto nulla.
"Invece sì. Non si sa mai con voi, non ti avrei mai permesso di incasinarmi una stanza".

Gil lo guardò tranquillo, per nulla stanco, poi guardò l'ora.  "E' praticamente ora di pranzo.. Oi, principino, facciamo una cosa: io rimango a pranzo qui".

"Eh?? Scordatevelo", protestò Roderich. "E non chiamatemi principino..".

"Mh.. Va bene, non rimango a pranzo, ma devi fare una cosa per me". Gilbert lo guardò.

"E, per l'amor del Cielo, cosa?".

"Tornerò questo pomeriggio e dovrete suonare per me". Gilbert era tornato serio.

Roderich lo guardò sorpreso a causa di quella ambigua richiesta, ma poi annuì. Sapeva che era meglio non discutere troppo con un tenente della Gestapo. 

"Va bene.. A che ore verrete?", chiese cordialmente il ragazzo.

"Quando mi pare". Gil lo guardò e Roderich gli lanciò un'occhiataccia. Vedendolo così, l'albino sorrise, divertito. "Allora affare fatto, a dopo". Gilbert se ne andò, soddisfatto di aver ottenuto quel che desiderava.



Quel pomeriggio Gilbert si recò da Roderich alle cinque e mezza, ma quando si avvicinò alla porta d'ingresso notò che quasi tutte le luci della casa erano accese e vi erano varie voci in casa. Il nazista comunque bussò alla porta.

La solita ragazza dagli occhi verdi gli aprì, guardandolo però preoccupata. Lui non si curò di lei e entrò, vedendo che Roderich stava parlando con qualcuno che Gil conosceva bene: era un collega dai capelli neri, gli occhi azzurri e con una carnagiona leggermente abbronzata. Questo era seguito dai suoi sottoposti. 

"Ora siete pregato di andarvene però". Disse Roderich a braccia incrociate, guardando l'uomo.

"Che succede qui?". Gilbert si avvicinò a entrambi, ma guardò il collega, con fare serio.

"Oh, tenente Beilschmidt, che sorpresa vedervi qui", il nazista dagli occhi azzurri lo guardò, strafottente. "Ci stai mettendo troppo con questo caso, quindi ti stavo facilitando il lavoro".

"E come? Entrando in casa e controllando tutto? Arrivi tardi, ho già controllato io". Gilbert lo guardava serio, ma con fare superiore. Odiava quell'uomo semplicemente perchè pensava di essere migliore di lui.

"Beh, un controllo più approfondito non fa mai male", rispose il moro. "Potremmo comunque arrestarlo". L'uomo prese Roderich per un polso, costringendolo a girarsi.

Roderich protestò, mentre l'albino prontamente gli aveva bloccato il braccio.

"Perchè mai dovrebbe essere arrestato?".

"Beh, controllando in casa abbiamo trovato queste lettere", l'uomo le alzò con una mano. "Queste sono la prova che ci serviva". Il nazista ammanettò Roderich, che protestava dimenandosi.

Gilbert prese le lettere e si mise a leggere di fretta.

"Oi! Lasciatemi! Io non ho fatto niente! Non ho idea di cosa ci sia in quelle lettere!", Roderich protestava. "Non le ho mai viste in vita mia!".
"Sta zitto", il moro era divertito e con forza lo portò fuori di casa.

"Non puoi arrestarlo così. Lascialo subito, Hugo!". Glibert li seguì fuori. "In quanto cittadino tedesco ha diritto alla verifica delle sue parole. Potrebbe dire la verità e non averle mai viste queste lettere".

"Con tutti i sospetti che ha su di lui? Ahahah, andiamo Tenente. Davanti a noi c'è un traditore e come tale deve essere portato via". 
"Il caso era ed è ancora mio". Gilbert si avvicinò ai due e prese Roderich per un braccio. "Lo porterò io in caserma e controllerò il suo caso e queste lettere. Se poi dovesse venir fuori che avevi ragione, ti potrai prendere tutta la gloria. Ma ora tornatene a fare il tuo lavoro".

"Mh.. Sì, ci sto". Hugo pareva divertito e sicuro. Se lui avesse avuto ragione, Gilbert avrebbe perso grand parte della sua fama e lui lo avrebbe superato in abilità. Tra i due c'era sempre stata una grande rivalità, ma solo dalla parte di Hugo. Gilbert semplicemente non lo sopportava. 

Mentre Hugo faceva sgomberare la villa dai suoi uomini, Gilbert portò Roderich alla sua macchina e lo fece entrare nel posto davanti con forza, evidentemente arrabbiato. Chiuse con forza la portiera poi entrò in macchina, ma senza mettere in moto.

"Dimmi la verità, Edelstein. Queste lettere sono tue?", Gilbert lo guardò paurosamente serio.

Roderich guardò le carte poi lui. Scosse la testa in un "no".

"Tsk". Gilbert mise in moto e partì.

"Giuro che non le ho mai viste in vita mia", disse il ragazzo.

"Allora che ci facevano in casa tua?".

"Non lo so! Non so neanche dove le abbia trovate". Roderich pensò, ma dopo poco tornò a guardare l'SS accanto a sè. "Che mi succederà ora?".

"Starai un po' al fresco mentre io mi occuperò di queste lettere".

"Potrò tornare a casa entro sera almeno?".

"Negativo. Visto che ora sei agli arresti dovrai essere sorvegliato costantemente. Ti faranno dormire nella cella". 

Roderich era disgustato dall'idea, non accettava che lui, un cittadino di così alto rango, venisse trattato così, ingiustamente.

Arrivati al quartier generale, Gilbert lo fece uscire dalla macchina e lo portò dentro, tenendolo per un braccio, mentre Roderich aveva ancora le mani legate dietro la schiena. Lo portò al piano sottoterra e lo mise in una stanzina da interrogatorio. 

"Aspetta qui. Tornerò tra un'ora probabilmente. Nel frattempo schiarisciti le idee e vedi di dirmi qualcosa di utile quando tornerò". L'albino uscì dalla stanza, chiudendola a chiave e tenendole con sè. Si avviò nel suo studio e si mise a leggere le lettere con più attenzione: vi erano le date e i luoghi dove si sarebbero dovuti incontrare. Alcune date erano passate, ma quella più vicina riguardava il giorno di domani. 

Dopo aver svolto i suoi compiti e firmato dei fogli, Gilbert tornò da Roderich, con in tasca le copie delle lettere. Entrò nella stanza e lo guardò, richiudendo la porta.

"Finalmente! Hai idea di quanto mi hai fatto aspettare??", Roderich era spazientito.

"Fa silenzio", gli disse in risposta l'albino. "Allora, che mi dici riguardo quelle lettere?".

"Ti ho già detto che non ne so nulla".

Gilbert spazientito lo prese per il colletto e lo alzò a forza dalla sedia. 

"Mi sono stufato di giocare, signorino! Muoviti a dirmi quel che mi serve! Riformulerò la mia domanda: cosa sai su quelle lettere?".

Roderich era preoccupato per la reazione del tenente, ma continuò a parlare. "Non so niente, te l'ho già detto!".

Gilbert lo schiantò contro il tavolo, continuando a tenerlo contro questo. "Sto perdendo la pazienza. Su quelle lettere ci sono date e luoghi. Tu non esci molto spesso per andare in città o in altri luoghi eppure delle fonti confermano di averti visto lì in quegli orari. Ultima possibilità, Edelstein. Dimmi tutto quello che sai".

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Roderich respirava affannosamente, col viso schiacciato contro il tavolo e costretto in quella scomoda posizione dall'albino dietro di lui. La situazione era precipitata: l'uomo dietro di lui ora non assomigliava minimamente al ragazzo dall'aspetto sfacciato e dalla risata fragorosa che quel pomeriggio era andato a casa sua; ora vi era un assassino dietro di lui, un uomo in uniforme nera e circondato da un 'aura di pericolo. Roderich era preoccupato di ciò che avrebbe potuto fargli, ma allo stesso tempo non voleva mentire.

"E' vero che non esco spesso, ma non mi sono mai incontrato con nessuno, se non con dei vecchi amici, ma quest'anno ci siamo visti solotre volte e l'ultima risale a un mese fa", disse Roderich.

Il ragazzo austriaco sentiva la forte presa del nazista sulla sua testa, che continuava a pigiargli la testa contro il tavolo, ma anche se provava a ribellarsi era tutto inutile: Gilbert era troppo forte a confronto.

Gilbert gli alzò la testa dal tavolo per poi risbatterlo contro questo.

"Basta menzogne!", gli urlò. Roderich teneva gli occhi chiusi per il dolore alla testa causato da quello schianto, ma non si arrese e continuò a parlare.

"Non sto mentendo! Chiedete a chi vi pare! A parte loro, io non ho mai incontrato nessun altro, ne tanto meno mi sono sbambiato lettere con qualcun'altro!".

Roderich guardò il nazista dritto negli occhi, arrabbiato e deciso. Gilbert rimase in po' a guardarlo, pensando, ma dopo poco lasciò la presa sulla sua testa e sul suo polso, allontanandosi mentre Roderich si accarezzava la testa dolorante.

"Allora come mi spieghi queste 'coincidenze'?", chiese l'albino incrociando le braccia.

"Non me le spiego. Potrebbero avermi incastrato..". Roderich pensò un po' ma poi si girò a guardare l'SS davanti a sè, che ora se ne stava fermo a braccia incrociate.

"Appena verrà fuori che io con questa storia non c'entro nulla, vi denuncerò per violenza". Roderich guardò Gilbert, arrabbiato.

Gilbert rimase a guardarlo, l'ombra che il cappello gli faceva sugli occhi lo rendeva ancora più spaventoso, ma Roderich non si sarebbe lasciato impaurire così, ne andava del suo orgoglio.
Rimasero per un po' in silenzio, ma poi Roderich parlò.

"Ora che devi fare?", chiese.

"Buttarti al fresco e tornare a casa. Sono le quasi le undici di sera".

Gilbert si avvicinò e prese il ragazzo per un polso. Roderich aveva ancora le mani ammanettate.

"Io non voglio dormire in quei posti sudici".

Gilbert lo guardò. "Non hai altra scelta", gli rispose.

Roderich scosse la testa, testardo e si sedette sulla sedia dietro di lui.

"Io non mi muovo da qui se non mi porti in qualche posto decente per dormire".

Gilbert lo guardò malissimo. Questo principino era davvero troppo viziato. L'albino rimase però a guardarlo e pensò.

"Mh... Beh, ho una soluzione se proprio non vuoi dormire qui", disse.

Roderich lo guardava, anche se non si fidava affatto delle sue parole, tutto era meglio di quei posti freddi e sudici.

"Va bene. A me basta non dormire lì".

Gilbert lo guardò e lo fece alzare a forza, tenendolo per un polso e portandolo via, mentre Roderich lo guardava sorpreso e un po' arrabbiato dai suoi modi bruti.

"Dove mi stai portando?", chiese.

"A casa mia. Ci viviamo io e mio fratello, così potremo tenerti d'occhio in due. E poi mi servi per fare una cosa". Gilbert portò il ragazzo in un ufficio, dove lavorava già un altro delle SS. Si fece dare un foglio e lo firmò: era un permesso per portare con sè il ragazzo; visto che ancora non era certo se fosse colpevole o no, rimaneva solo un sospettato, quindi in quanto tale poteva scarrozzarselo dove voleva a patto di accettare ogni tipo di responsabilità. 

Il tenente portò il ragazzo fuori dall'edificio e lo fece entrare in macchina. Insieme partirono.

Dopo pochi minuti, Roderich guardò l'uomo alla sua sinistra.

"A cosa ti servo, per l'esattezza?".

"Uno degli incontri è fissato per domattina. Tu ci andrai e io ti controllerò da debita distanza. Ti darò i dettagli domani mattina".

Roderich rimase a guardarlo, ma poi si mise il cuore in pace e rimase a guardare la strada.

Poco dopo arrivarono e, dopo aver parcheggiato, Gilbert portò il ragazzo in casa sua e accese le luci. Il fratello non era ancora tornato.
Roderich si guardò intorno, mentre il nazista si toglieva giacca e cappello.

"Mph", fece Roderich. Gilbert subito lo guardò offeso.

"Che c'è?", chiese irritato.

"No, nulla". Il ragazzo lo guardò tranquillo mentre l'albino già si pentiva di averlo portato a casa sua.

"Allora, non ci sono molte stanze, quindi non puoi andartene tanto a giro", disse Gil mentre gli toglieva le manette. "Mangeremo appena mio fratello sarà a casa, nel frattempo siediti sul divano e sta buono un attimo". Gilbert posò le manette aperte e girò per ogni stanza della casa, sigillando le finestre del piano terra, così che il ragazzino non provasse a scappare. Fatto ciò, tornò in salotto a controllare il principino che si era messo a leggere un libro sul divano. 

Il prussiano si avvicinò meglio e guardò che libro stesse leggendo: 'Strategie militari. Sezione terza: la guerra di trincea'. Gil rimase a guardarlo, stranito, ma almeno il principino se ne stava buono. Decise allora di andare in cucina e preparare qualcosa in più visto che a cena sarebbero stati tre. 

Roderich dopo poco posò il libro, andò in cucina e guardò l'uomo intento a cucinare qualcosa.

"Cenate sempre così tardi tu e tuo fratello?", chiese.

"Beh, capita. Io preferisco aspettarlo che farlo mangiare da solo.. E lui fa lo stesso".

Roderich rimase a guardarlo poi guardò la cucina: era tutto in ordine, rigorosamente pulito e ordinato.

"Avete una brava donna delle pulizie..", disse il ragazzo.

"Mh?", Gilbert si girò a guardarlo curioso. "Veramente non abbiamo nessuna donna delle pulizie. Semplicemente amiamo l'ordine e non potremmo sopportare che qualcosa sia sporco". Il prussiano guardò Roderich leggermente divertito.

Roderich lo guardò leggermente sorpreso: non si aspettava affatto che due soldati avessero una casa così in ordine e pulita. Roderich sbuffò leggermente e tornò in salotto.

Passarono i minuti. Ludwig finalmente tornò a casa, ma rimase fermo sul ciglio della porta, osservando uno scenario particolare: suo fratello su una poltrona, seduto a braccia incrociate, che fissava un ragazzo seduto sul divanetto, davanti la poltrona di Gil. Il ragazzo pareva intento a guardare qualcosa tra le sue mani. Quando l'albino si accorse del ritorno del fratello sorrise e si alzò, andando davanti a lui.

"Ben tornato fratellino!", lo guardò divertito. "La cena è pronta e abbiamo un ospite". Gilbert si diresse verso la cucina, andando ad apparecchiare.

Roderich posò il libro e si alzò per poi guardare l'uomo in divisa che si stava togliendo guacca e cappello.

"Io sono Edelstein Roderich. Piacere".

Ludwig lo guardava un po' stranito dalla sua presenza. "Ah, piacere. Io sono Ludwig Beilschmidt, fratello di Gilbert".

Roderich annuì e si avviò in cucina, seguito dal tedesco. Entrambi si sedettero a tavola e Gilbert potè servire loro da mangiare. Appena iniziarono a mangiare, Gilbert diede delle spegazioni riguardo la presenza del ragazzo.

"Il principino deve essere tenuto d'occhio. Visto che non ci voleva stare in cella a dormire l'ho portato qui". L'albino guardò il fratello.
Ludwig annuì mentre Roderich  protestò con: "Ti ho detto di non chiamarmi principino!". Gilbert, in risposta, rise divertito vedendolo irritato.

A parte ciò e poche altre parole, non si dissero altro. Ludwig, quando tutti ebbero finito di mangiare, si alzò e sparecchiò. 

"Lavo io i piatti", disse.

Il fratello annuì e si alzò. 

"Allora noi andiamo a dormire. Principino, tu dormirai sul divano".

Roderich lo guardò di nuovo irritato. "Non chiamarmi così. E poi io sul divano non ci dormo". Detto ciò, incrociò le braccia.

"O sul divano o in terra. Scegli te". Gilbert lo guardò tranquillo, senza un filo di pietà.

Roderich lo guardò un po' arrabbiato, ma poi si dovette arrendere e annuì silenziosamente.

Gilbert sorrise nel vederlo arreso. "Bene allora. Vado a prenderti un cuscino e una coperta". L'albino andò di sopra e tornò da lui in salotto col necessario. Buttò la roba sul divano mentre Roderich lo guardava.

"Che c'è?", chiese Gil.

"Non posso dormire con i vestiti che ho addosso e anche se lo facessi, domani dovrei cambiarmeli".

"Tsk. Puoi anche dormirci per una notte", rispose l'albino, seccato dal comportamento del ragazzo.

"No non posso. Sarebbe orribile". Roderich era deciso: non avrebbe dormito con gli stessi vestiti con cui si sarebbe vestito il giorno dopo.

"Tu sei orribile", disse a bassa voce il prussiano, pensando a bassa voce.

"Scusatemii?!", Roderich lo sentì e si arrabbiò, offeso. 

Gilbert sospirò e lo guardò. "Nulla.. Tsk, come vuoi. Ti darò uno dei miei pigiami, basta che stai buono e dormi".

Roderich lo guardò ancora offeso, ma almeno avrebbe avuto un ricambio di vestiti. Annuì.

Gilbert tornò al piano di sopra, in camera sua.
Ludwig aveva assistito a tutta la scena, stranito, ma finito di lavare si avviò per le scale, in camera sua.
Gilbert tornò dal ragazzo pochi minuti dopo con un pigiama bianco in mano che gli lanciò contro. Roderich prese i vestiti, sorpreso dai modi del nazista.

"Ora mettiti a dormire", disse Gilbert. 

Roderich, con camminata regale, andò in bagno a cambiarsi. Qualche minuto dopo tornò in salotto e si sedette sul divano. Gilbert lo guardò per tutto il tempo. I suoi vestiti gli stavano evidentemente grandi.

Roderich si tolse gli occhiali, poggiandoli sul tavolino davanti al divano e si sdraiò, coprendosi con la coperta dopo aver sistemato il cuscino. Gilbert pensò allora che poteva andare a dormire anche lui; tuttavia, prima che potesse fare più di quattro passi, le parole di Roderich lo fermarono.

"Beilschmidt...", disse il ragazzo, sdraiato e avvolto dalla coperta.

"Mh?". Gilbert si girò verso di lui sorpreso.

"Promettete che mi tirerete fuori da questa assurda storia prima possibile".

Passarono dei secondi, durante i quali Gilbert rimase a osservare verso Roderich. Quella era una richiesta curiosa, che dimostrava che in fondo quel ragazzo era innocente. Ma servivano delle prove e lui le avrebbe trovate. L'albino annuì piano.

"Voglio levarmi anche io il tuo caso velocemente", con un sorriso strafottente, Gil se ne andò in camera sua.



Quella mattina Roderich fu svegliato da Gilbert, che lo smosse un po'o con una mano.

"Principino, svegliati". Gilbert lo guardava.

Inizialmente il ragazzo fu spaventato da quello sguardo e dagli occhi rubino del prussiano, ma poi si calmò, ricordando perchè si trovava in casa sua. Si alzò a sedere e si rimise gli occhiali, guardandosi attorno. Nel frattempo Gilbert teneva una mano davanti alla bocca, ridendo sotto i baffi.

Roderich se ne accorse e si girò offeso verso di lui.

"Che avete da ridere??".

"E' che.. sembri un pulcino appena sveglio. Ahhaha!", con una mano, il prussiano gli scompigliò i capelli, già scompigliati di loro dopo la notte passata su quello scomodo divano.

Roderich cercò di staccarsi dalla presa rozza dell'uomo e Gilbert lo lasciò presto, divertito.

"Preparati in fretta poi fai colazione", gli disse Gilbert andando in cucina per mangiare. 

Del fratello non vi era ombra. Roderich pensò che forse era già uscito per lavorare. Il ragazzo si alzò e andò a cambiarsi, sistemandosi con i vestiti del giorno precedente. Si recò poi in cucina, facendo compagnia a Gilbert a colazione.

"Ti ho lasciato il pigiama in bagno", disse Roderich.

"Mh, va bene. Ci penso io poi". Gilbert finì il suo caffè e lavò subito la tazzina, rimettendola poi al suo posto. A Roderich aveva preparato del latte caldo, accompagnato da alcuni vari biscotti. Lui e Ludwig erano abituati a mangiare abbastanza a colazione, visto che la consideravano il pasto più importante e perchè spesso, a causa del loro lavoro, non riuscivano a pranzare a orari decenti.

Appena ebbe finito, Gilbert lo fece alzare e si avviò verso la porta, mettendosi la giacca, lasciando il cappello in casa.

"Su andiamo. L'incontro è fissato per le nove di mattina, davanti al bar della piazza a sud da qui". Gilbert lo guardò e lo portò in macchina. Roderich assecondava ogni sua decisione, deciso a liberarsi di questa spiacevole situazione. L'albino mise in moto e iniziò a guidare.

"Starai lì davanti e attenderai lì che arrivi qualcuno. Se vedi chiunque che ti guardi e ti faccia dei segni, va verso di lui direttamente, ma con passo lento. Così potrò capire anche io da chi stai andando. Parla con naturalezza e se ti fa domande a cui non sai rispondere inventa qualche scusa, di quelle semplici. Non destare sospetti e non comportarti in modo sospetto". L'agente delle SS gli stava spiegando ogni dettaglio e regola da seguire.

"Se vi dovete spostare in qualche altro posto, cammina normalmente, ma non veloce. Se ti perdo, giuro che ti uccido appena ti rivedo". Gilbert guardava la strada. Roderich lo guardava un po' preoccupato: poco prima era così tranquillo, ora invece sembrava essere un mostro che non provava alcuna pietà nell'uccidere qualcuno.

"Non fare troppe domande o desterai sospetti. Ah, vedi di ricordarti ogni singola parola che ti diranno. Ogni minimo indizio è fondamentale".
Dopo pochi minuti arrivarono in una strada non troppo vicina alla piazza. Gil parcheggiò, ma rimase in macchina. Guardò Roderich e parlò.

"Ora va e fa come ti ho detto".

Roderich annuì e si alzò, uscendo dalla macchina.

"Ah, principino", fece Gilbert. 

"Mh?". Roderich, che ancora non aveva chiuso la portiera, si girò a guardare l'albino.

"Vedi di non farmi arrabbiare. Ti controllerò ogni secondo". Gilbert sorrideva, mentre gli puntava contro la sua Luger P08.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Roderich stava attendendo davanti al bar nella piazza. Si guardava intorno per vedere se qualcuno lo stesse osservando, ma non notava nulla di strano. La piazza si stava piano piano riempiendo di gente, nel bar vi era già un gran via vai di gente che si preparava per la giornata lavorativa. Gilbert era lì da qualche parte, ma Roderich non riusciva a vedere dove fosse, anche se sentiva che lo stava osservando.

L'austriaco restò in piedi, tranquillo per vari minuti, ma la sua pazienza stava iniziando a vacillare.

Dopo poco però un giovane ragazzo tedesco si avvicinò a lui, aveva degli occhiali da sole e un cappello nero. Questo gli andò accanto e guardò altrove.

"Eldestein, giusto?".

Roderich guardò il ragazzo sorpreso, in qualche modo preoccupato. Non lo aveva mai visto in vita sua, ne era sicuro. Annuì.
Il ragazzo parlò di nuovo. 

"Bene.. Allora seguitemi". Il ragazzo iniziò a camminare a passo svelto e entrò in una via e poi in un vicolo.

Roderich lo seguiva a passo svelto per non perderlo, ma poi iniziò a rallentare di poco: doveva fare come Gilbert gli aveva detto o ne avrebbe pagato le conseguenze.

Nonostante il suo passo risultasse normale, il ragazzo non si accorse di nulla. Poco dopo giunsero nel retro di un palazzo e il ragazzo si fermò.

"Eldestein.. In questi giorni tu ci hai aiutati tanto e per questo te ne siamo immensamente grati, ma ora dobbiamo collaborare per colpirli nel centro delle loro operazioni".

Roderich lo guardava, nascondendo dietro il suo viso tranquillo la sua sorpresa.

"Ora venga con me.. Vi farò incontrare i miei compagni".Il ragazzo continuò per poi aprire la porta del retro dell'edificio ed entrare, tenendo la porta aperta per far entrare l'austriaco.

Roderich esitò per qualche secondo. Se fosse entrato molto probabilmente il prussiano avrebbe perso le sue tracce e non voleva essere una sua possibile vittima, anche se entrando avrebbe potuto cadere vittima di quel ragazzo e dei suoi amici. Tuttavia se non fosse entrato avrebbe attirato sospetti su di sè e non avrebbe potuto completare la sua missione.

Vedendo che l'uomo non si muoveva da lì, il ragazzo parlò, con aria un po' preoccupata.

"Qualcosa non va Eldelstein?".

Roderich si rirprese e scosse la testa, impegnandosi per inventare al più presto una qualche scusa.

"State tranquillo. Come già detto voi avete fatto tanto per noi e non potremo mai ripagarla abbastanza per ciò.. Quindi veite, nessuno vi farà del male". Il ragazzo sorrise, tranquillo.

Roderich si fece coraggio e lo seguì dentro.

Entrambi salirono le scale di sicurezza del palazzo e arrivarono al quinto piano. Il ragazzo bussò a una delle porte con un certo ritrmo: sicuramente era un modo che avevano per riconoscersi tra loro.

Gli aprì una ragazza dai capelli castani, legati a due piccole treccine. Lei li fece entrare velocemente e chiuse poi la porta. 

Roderich si guardò attorno: era un appartamento. Si trovavano nel soggiorno dove vi era un divano e due sedie. Sul divano vi erano un ragazzo e un'altra ragazza.

Il ragazzo che lo aveva portato fin lì si tolse cappello e occhiali: aveva i capelli neri e gli occhi marroni. L'altro ragazzo sul divano era invece biondo con gli occhi verdi, mentre l'altra ragazza aveva i capelli marroni, lunghi.

"Io sono Johan, quello a cui hai scritto fin'ora". Il ragazzo dai capelli neri gli porse la mano, cordiale e sorridente.

Roderich la strinse. Johan passò a presentare gli altri tre.

"Lei è Maria", la ragazza con le treccine sorrise a Roderich, "Lui è Adrian e lei Berta". I due ragazzi seduti sul divano salutarono Roderich con la mano.

"Prego, sedetevi..", Maria invitò Roderich a sedersi sul divano e lui annuì, sedendosi.

"Non abbiamo proprio tutti i tipi di agi.. Ma ce la caviamo così", disse Adrian.

"Beh, se per voi va bene, io passerei subito agli affari!", esordì Johan, sedendosi su una sedia. "Visto che negli scorsi incontri voi non siete potuto venire, dobbiamo recuperare e decidere in fretta".

Roderich lo guardò, nascondenso la sua sorpresa. "Decidere cosa?".

I ragazzi lo guardarono e lui sentì che era vicino a farsi scoprire.

"Su come organizzarsi per la prossima protesta. Ricordi l'altro giorno? Tu ci hai aiutati a stampare tutti quei volantini.. Purtroppo non è andata benissimo..", Johan sembrò rattristato.

"Perchè..?", chiese Roderich.

"Oh, non lo hai saputo?", chiese Maria. "Uno di quei bastardi ha preso il cugino di una nostra amica e lo ha ucciso. Un colpo di pistola alla testa lì davanti a tutti".

Roderich la guardò sorpreso. Aveva sentito della protesta davanti all'università, ma non si era informato più di tanto.

"Già. E da quel che so non ha pagato nulla per quell'omicidio!", Adrian incrociò le braccia indignato. "Tsk. Giuro che se vedo quell'albino a giro e da solo lo uccido con le mie stesse mani!".

Roderich guardò Adrian sorpreso. Albino? C'era solo un uomo con quella caratteristica nella polizia segreta o nelle armi in generale. E quello era Gilbert.

"Per questo dobbiamo stare più attenti", disse Berta. "Dovremmo informarci sui suoi turni o su di  lui in generale, almeno così sapremo come agire meglio". Lei poi si girò verso roderich. "Tu per caso sai qualcosa?".

Roderich la guardò e mentì. "No.. Non ne ho mai sentito parlare".

"Beh, comunque pensiamo con attenzione alla nostra prossima mossa. Berta aveva pensato addirittura ad usare la frza.. Ma non è il nostro stile", fece Adrian.

"Beh, potremo vendicare la morte di Mathias! Se davvero quell'agente non è stato punito allora ci penseremo noi a farlo", esordì Berta.

"Oppure potremo pensare in grande", fece Maria. "Dobbiamo smuovere tutta la popolazione.. Di volantini ne sono rimasti molti, potremmo diffonderli in luoghi diversi della città contemporaneamente. Volendo possiamo usare il caso di Mathias..".

Roderich rimase ad ascoltarli, annuendo solo un parte, ma non disse quasi nulla. Questi ragazzi non stavano fingendo o recitando, erano sinceri. Vista la loro capacità di organizzare proteste in grande come quella avvenuta pochi giorni fa, molto probabilmente facevano parte della Resistenza.

Roderich rimase ad ascoltarli e interagì con loro per due ore. 

"Beh.. Ti abbiamo trattenuto anche troppo.. Grazie mille per essere venuto oggi. Ti manderò altre lettere così ti terremo informato", Johan lo guardò contento e si alzò per accompagnarlo alla porta.

Roderich salutò i ragazzi e una volta davanti alla porta, Johan lo abbracciò. Roderich rimase fermo, sorpreso.

"Grazie per tutto ciò che fai per noi e per la nostra nazione".

Roderich rimase fermo per un po', ma poi annuì. Lo salutò e andò via.

Nel scendere le scale un dubbio lo assalì: cosa doveva fare ora? Completare la missione e dire tutto a Gilbert, così che la sua vita potesse tornare normale a costo di mandare in prigione quei giovani ragazzi; oppure mentirgli, assecondando la Resistenza che in fondo voleva solo il bene per questo paese e per la loro gente?

Era anche vero che lui non c'entrava nulla con tutto ciò. Non sapeva chi fossero e, anche se loro insistevano sul fatto che loro si scambiassero molte informazioni e soldi per i loro piano, Roderich non aveva mai scritto lettere con qualcuno di loro e tanto meno scambiato soldi con loro. Tutto questo poteva essere un grandissimo teatro messo in piedi da chissà chi.

Roderich uscì dall'edificio e andò nella via per tornare verso la piazza.

Tuttavia qualcuno da dietro lo spinse contro il muro, costringendolo a girarsi per poterlo guardare: era Gilbert. L'austriaco lo guardò preoccupato ma poi arrabbiato per i suoi modi.

"Che razza di modi!".

"Zitto e seguimi". Gilbert iniciò a camminare a passo veloce e presto si ritrovarono in un parcheggio. Lo fece salire in macchina e si sedette anche lui al suo posto. Bloccò le portiere della macchina e lo guardò, ma prima che potesse parlare, Roderich lo fermò.

"Ascolta, so che non sarei dovuto entrare però altrimenti si sarebbe insospettito! Quindi non farmi la predica..". Roderich non voleva sorbirsi una sgridata riguardo ciò.

Gilbert lo guardò sorpreso. "Perchè dovrei farti la predica? Hai fatto bene ad entrare. Mi sono assicurato personalmente che non ti stessero facendo del male.. Altrimenti sarei intervenuto, ovviamente".

Roderich sospirò, sollevato.

"Tuttavia..", a quella parole, il ragazzo tornò a guardarlo preoccupato. "Quei ragazzi parevano conoscerti. Ho ascoltato la prima parte della vostra conversazione. Tu li stai aiutando a stampare volantini eh?". Gilbert guardò il ragazzo, terribilmente serio.

"No! Io non ho detto nulla e ho annuito tutto il tempo come mi hai detto tu. Ma io non li conosco minimamente e non mi sono mai scritto con loro!".

Gilbert incrociò le braccia. "Quindi stai insinuando che ti stanno usando? Oppure qualcuno vuole farti un  brutto scherzo?".

Roderich annuì. "Io non lo so ma.. Sono sicuro che non ho mai avuto nulla a che fare con loro".

L'albino rimase a guardarlo, una parte di sè credeva nella sua innocenza, ma ogni prova era contro di lui.

"Tsk". Gilbert mise in moto e iniziò a guidare. "Passando ad altro. Ho sentito che stavate organizzando dei nuovi piani di rivolta. Dammi i dettagli".

Roderich esitò per qualche secondo. "Non hanno deciso ancora nulla di preciso.. Solo vogliono di nuovo usare i volantini. Nient'altro".

"E tu sei stato lì due ore per nulla? Vedi di dirmi la verità".

"Te l'ho detta! Hanno solo pensato a dei piani.. Ma non hanno deciso nulla di preciso". Roderich rimase a guardare la strada. In realtà un piano c'era, ma dovevano perfezionarlo. 

Arrivati, dopo aver parcheggiato entrarono in casa. Gilbert si tolse la giacca mentre Roderich lo guardava.

"Gilbert..".

"Mh?", l'albino si girò verso di lui.

"E' vero che hai ucciso un ragazzo durante la protesta l'altro giorno?".

Gilbert lo guardò curioso ma poi annuì. "Sì".

"Perchè? Era solo una protesta! Non stavano usando armi o nulla! Non c'era bisogno di arrivare a tanto!".

"Perchè dici?". Gilbert si avvicinò a Roderich prendendolo per il colletto. "Quel bastardo ha ferito mio fratello. Io l'ho semplicemente punito. Anzi, dovresti ringraziarmi perchè gli ho risparmiato tante sofferenze.. Uno come lui lo avrebbero mandato in posti che non immagini", Gilbert sorrise e lasciò il ragazzo. Riprendendo il controllo di sè, andò in cucina.

Roderich si rimise a posto il vestito. Quella reazione da parte dell'albino lo aveva lasciato ancora senza fiato e col cuore che gli batteva a mille. Piano piano cercò di calmarsi. Guardò l'orologio e notò che era quasi ora di pranzo, quindi raggiunse Gilbert in cucina che si stava facendo un panino.

"Che fai? Così ti rovinerai l'appetito..", Roderich si avvicinò a lui e gli tolse il panino dalle mani.

Gilbert lo guardò sorpreso. 

"Beh.. Non è che mangeremo molto oggi. Mio fratello torna stasera, quindi il mio pranzo è quel che hai in mano. Se vuoi lo preparo anche a te".

"Scherzi? Un semplice panino sarebe il nostro pranzo?", Roderich era indignato all'idea. Posò il panino sul paniere e guardò Gilbert. "Preparo io il pranzo".

Gilbert lo guardò sorpreso ma alzò le mani, lasciandolo fare e sedendosi su una sedia del tavolo di cucina.

Roderich si mise subito a lavoro, rimboccandosi le mani e iniziando a preparare qualcosa.

Gilbert rimase a guardarlo, poggiando la testa sulla sua mano. Notò solo ora che Roderich era davvero magro: i suoi bracci sembravano delicati come quelli delle ragazze. Dopo poco fu preso ache da altri pensieri. Si alzò si scatto, buttando in terra la sedia sulla quale si era precedentemente seduto e andò al piano di sopra, in camera sua.

Roderich si spaventò al suono della sedia che colpì il pavimento e lo guardò andarsene su, in silenzio. Non gli fece nessuna domande però, capì che non era il caso e continuò a cucinare.

Finì dopo una mezz'ora. Mise il cibo caldo in tavola e apparecchiò. Si sedette poi compostamente, aspettando che Gilbert tornasse in cucina. Ma anche dopo vari minuti, l'albino non uscì, mentre in tavola, il pranzo si stava raffreddando. Il ragazzo decise allora di alzarsi e andarlo a chiamare. Salì le scale.

"Gilbert.. E' pronto", disse senza avere alcuna risposta. Decise allora di andarlo a chiamare in camera direttamente.

"Gilbert, è pronto il pranzo", disse aprendo la porta e facendo dei passi dentro.

"Si.. Arrivo", rispose Gilbert alla sua sinistra. 

Prima che Roderich potesse girarsi per guardarlo, scivolò sul pavimento bagnato e nel tentativo di aggrapparsi a qualcosa, portò Gilbert in terra con sè.

"Ah!".

Roderich riaprì gli occhi dopo la caduta. Inizialmente vide sfocato, avendo battuto la testa, ma poi mise a fuoco.

"Oi, stai bene?". Chiese Gilbert. 

Roderich arrossì quando si rese conto che aveva combinato: scivolando, aveva tirato Gilbert su di sè. Ora lui si trovava su di lui, a petto scoperto e con solo un asciugamano alla vita.

"Scusa.. Dovevo avvertirti che mi era gocciolata dell'acqua in terra dai capelli. Oi, tutto apposto?". Gli occhi rossi di Gil erano puntati in quelli viola di Roderich.

Roderich lo spinse via e si affrettò ad alzarsi. "E'.. Pronto il pranzo", disse girandosi e sistemandosi.

Gilbert annuì e si alzò. "Mi cambio e arrivo".

Roderich annuì e corse giù in cucina.

L'albino lo guardò correre via, incuriosito da repentino cambio di comportamento da parte del ragazzo.




Nota dell'autore: che ne dite? Come vi pare per ora questa storia?

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Gilbert raggiunse Roderich in cucina per pranzare. L'austriaco sedeva composto e quando lo vide arrivare distolse lievemente lo sguardo. Appena il prussiano si sedette, iniziarono a mangiare, avvolti da un imbarazzante silenzio che l'albino non si spiegava.

Una volta finito di pranzare, Gilbert si alzò e sparecchiò.

"Ci penso io a pulire i piatti".

Roderich annuì e si alzò per andare poi andare in salotto. Si sedette e rimase a pensare. In poco tempo Gilbert finì di lavare i piatti e lo raggiunse in salotto, sedendosi sull'altro lato del divano.

Roderich rimase in silenzio per un po ' prima di parlare.

"Beilschmidt.. Posso farti una domanda?".

"Mh? Si fa pure", Gilbert lo guardò tranquillo.

"Voi cosa credete? Che io sia davvero immischiato con questa faccenda o che sia innocente?". Roderich si mise a guardare il prussiano, deciso ad avere una risposta.

L'altro lo guardò per un po', pensando per pochi secondi, ma poi gli rispose.

"Tutte le prove sono contro di te. Tuttavia ci sono delle cose che non mi tornano.. Tra un'ora mi avvio per andare a controllare personalmente la residenza di quei ragazzi".

Appena sentì quelle parole, Roderich si allertò e guardò Gilbert con fare serio e preoccupato.

"Che intendete dire?".

Gilbert girò la testa per guardarlo e vedendo il suo sguardo preoccupato sorrise, con una luce strana negli occhi che ora sembravano ancora più rossi, come il sangue vivo.

"Cosa?", disse strafottente. "Davvero pensavi che li avrei lasciati fare i loro comodi? Grazie a te abbiamo scoperto dove si nascondono alcuni dei membri della Resistenza e certamente ciò non passerà inosservato. Tra poco andrò al quartiere e avvertire i miei uomini che faranno irruzione in casa loro".

Roderich lo guardava preoccupato e contrariato.

"E cosa gli accadrà?", chiese.

"Perché ti preoccupi per loro ora? Tanto, secondo le tue stesse parole, tu non hai mai avuto nulla a che fare con loro", precisò l'SS.

"È vero però.. sono solo ragazzi e vogliono solo il bene per questo paese. Quindi, dimmi Beilschmidt, che cosa gli succederà?". Roderich fissava gli occhi cremisi dell'uomo davanti a sé, deciso.

Gilbert lo guardò, incuriosito e allettato da quel suo lato più deciso.

"Verranno arrestati. Io stesso gli farò un interrogatorio, visto che devo seguire il tuo caso. In seguito verranno imprigionati e la multa che avranno da pagare sarà molto alta".

"Non c'è un modo per evitarlo..? Insomma-". Roderich non fece in tempo a finire la sua frase che il sangue nelle sue vene si gelò all'istante. Gilbert lo stava guardando con uno sguardo talmente serio che pareva preannunciare il terribile futuro di Roderich se avesse continuato a parlare. I suoi occhi rubino erano di nuovo scarlatti, ma il suo viso si era oscurato, mentre guardava truce il ragazzo davanti a sé.

L'austriaco rimase in silenzio, sudando freddo. Non riusciva a pronunciare altre parole.

Per fortuna, se così si può definire, fu Gilbert a parlare.

"Perché ora vuoi proteggerli? Sai vero che immischiarsi non ti porterà a nulla di buono?".

Roderich riflettè. L'uomo davanti a lui aveva ragione: se aveva esse provato ad aiutarli molto probabilmente sarebbe stato arrestato anche lui con la gravissima accusa di proteggere dei traditori del Reich.

Il ragazzo rimase in silenzio ma cercò di calmarsi. Si sistemò la camicia e si alzò.

"Sì. . Hai ragione. Come non detto allora". Voleva allontanarsi da lui e dalla spiacevole piega che stava prendendo il loro discorso. Si avviò in cucina a bere un bicchiere d'acqua, ma si sentiva comunque a disagio, sentiva lo sguardo di Gilbert su di sé.

"Sai.. Pensavo a che strana piega sta prendendo questo caso". Gilbert iniziò a parlare e si alzò dal divano. Roderich gli dava le spalle, bevendo lentamente dal suo bicchiere, ma sentiva i passi del prussiano mentre si avvicinava.

"Prima vieni accusato di tenere in casa tua degli ebrei e ora sembra che tu faccia parte della Resistenza.. Un caso interessante il tuo, no? Come se non bastasse, ti trovai a leggere uno dei libri proibiti qui in Germania".

Roderich non fece in tempo a protestare che si ritrovò bloccato contro il tavolo della cucina, davanti il quale stava bevendo. Gilbert gli cingeva la vita con un braccio, con l'altra mano invece gli aveva bloccato una mano sul tavolo, mentre stava premendo il ragazzo contro il tavolo con il suo corpo. Roderich era quasi sconvolto per come si era ritrovato in quella posizione.

La mano che gli cingeva la vita salì, accarezzandogli da sopra la camicia il ventre e il petto, passando poi sul collo e fermandosi a reggergli il mento, così da farlo stare fermo.

"Beilschmidt..?". La sua voce tremava, così come il suo corpo.

Gilbert sorrise e avvicinò il suo viso a quello del ragazzo. Roderich poteva sentire il fiato dell'albino contro il suo collo.

"Principino.. Non verrai ora a dirmi di essere anche gay, vero?". Gilbert sorrideva divertito mentre Roderich sudava freddo, preoccupato dal comportamento del prussiano.

"Io non sono omosessuale..!", Roderich cercò di liberarsi dalla sua presa, agitando, ma ciò peggiorò solo la situazione: Gilbert aumentò la forza nella sua presa e lo piegò sul tavolo con una spinta, mentre con una mano gli teneva i capelli da dietro.

"Ah no? Vorresti dirmi che almeno su questo sei innocente?".

Roderich cercò ancora di liberarsi, ma sapeva che l'albino era troppo forte per lui.

"Ti ho detto che non lo sono!".

Gilbert lo guardò e gli morse un orecchio abbastanza forte da fargli male e fargli uscire una piccola goccia di sangue.

Roderich si trattenne dall'urlare, ma aveva tutti i muscoli tesi e gli occhi spalancati per lo stupore.

Quando Gilbert lo lasciò lui si abbandonò per un attimo sul tavolo, ancora in shock e col fiatone. Poco dopo si alzò e si diede una sistemata. Con coraggio si girò a guardare Gilbert, arrabbiato ma ancora agitato.

"Che ti è saltato in mente?!".

Gilbert rimase a guardarlo, tranquillo, lievemente divertito. Roderich lo guardava ma non riusciva a sostenere il suo sguardo in quel momento.

"Vado in bagno a sistemarmi". Disse il ragazzo dirigendosi verso il bagno e chiudendocisi dentro.

Si abbandonò contro la porta, ancora agitato. Il suo corpo e la sua mente ancora ne risentivano di quel trattamento. Ripensandoci, si portò una mano sul suo orecchio sinistro e si avvicinò allo specchio per guardarsi. Il suo viso era rosso, soprattutto sulle gote. Si guardò l'orecchio: il segno del morso era reso ancora più evidente dalle piccole gocce di sangue su di esso. Roderich rimase a pensare a quel momento, per poi accorgersi che qualcosa nei suoi pantaloni si stava muovendo.

Appena si rese conto di cos'era iniziò a tremare. No, non poteva essere eccitato per quello che era successo. Con le braccia si resse al lavandino, poi si sedette al bordo della vasca cercando di scappare a certi pensieri.

Respirando piano piano cercava di calmarsi. Dopo qualche minuto iniziò a prendersi cura del morso che aveva: nonostante avesse tolto il sangue, il segno era evidente. Decise che avrebbe fatto attenzione a coprirlo con i capelli.

Appena tutta questa storia finirà, Roderich gliela farà pagare. Così aveva deciso.

Quando uscì dal bagno si incamminò verso il soggiorno, trovandovi Gilbert che si stata mettendo la lunga giacca nera. Roderich si fermò appena lo vide, a debita distanza.

"Perché lo hai fatto?", gli chiese, ancora arrabbiato.

"Mh?", Gilbert alzò lo sguardo sistemandosi in testa il capello da SS. Lo guardò tranquillo, ma poi sorrise.

"Volevo vedere come avresti reagito".

"Mi hai morso!".

"Sì, e allora?", Gilbert sorrise, divertito. "Non ti hanno mai morso?".

"Ovvio che no". Roderich era serio.

"Mh.. A me piace un po' di violenza", sorrise sistemandosi. "Io devo andare. Fa in modo che quando tornerò tu sarai ancora qui".

L'austriaco rimase a guardarlo in silenzio.

"Ho molti libri se vuoi leggere, il cibo in cucina c'è e dovrebbe esserci anche del the, principino". Gilbert sorrise nel pronunciare quella parola, sapendo che il ragazzo non la sopportava quando riferita a lui.

"Perché devo restare qui?".

"Perché non devo perderti. Starò via per un paio d'ore, quindi trovati qualcosa da fare. Se succede qualcosa di grave, vieni a cercarmi al dipartimento". Gilbert lo guardò poi dopo un breve saluto, se ne andò.

Roderich si ritrovò da solo in quella casa. Decise allora di cercare un libro e mettersi a leggere.


Passò un'ora. Gilbert guardava i due giovani ragazzi che si agitavano tra le braccia degli agenti della Gestapo mentre li portavano nelle vetture, per portarli al quartier generale.

I ragazzi si agitavano e urlavano, contrari ai modi bruti degli agenti. 

Gilbert li guardava, tranquillo, in silenzio. Appena la casa fu liberata dalla loro presenza entrò insieme a due dei suoi colleghi e iniziò a guardare in ogni angolo e in ogni cassetto, non doveva sfuggirgli nulla.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Gilbert iniziò ispezionando il salotto dell'appartamento di quei ragazzi. Il luogo era piccolo, sui divani vi erano dei lenzuolo, c'era diversa polvere sui mobili. Gilbert, che era abituato all'ordine e alla pulizia, riteneva quel posto una sorta di topaia, un luogo sudicio come le persone che ci potevano vivere. 
L'albino controllò i cassetti del mobile del salotto, trovando solo cose inutili.

Uno dei suoi uomini lo chiamò dalla cucina. "Signore, qui ci sono solo carte inutili e medicine".

Gilbert annuì e andò a controllare in una delle due camere, mentre un terzo uomo stava controllando l'altra camera. Questa era la camera di una femmina: piuttosto ordinata, ma piena di stracci. L'albino controllò tutta la stanza, senza trovare nulla di interessante. Stranito dal fatto di non aver trovato nulla di compromettente neanche in questa stanza, si abbassò per controllare sotto il letto, non trovando nulla.

L'uomo che aveva controllato l'altra camera chiamò l'albino. "Signore, l'altra stanza è vuota".

"È impossibile che non ci sia nulla. Ricontrollate bene tutti e due!", urlò Gilbert. I due uomini corsero a ricontrollare le stanze.

In uno scatto d'ira, Gilbert tirò via i cassetti del mobile nella stanza della ragazza, così che tutto il loro contenuto si riversasse in terra. Vi era tutta roba inutile, eccetto per un interessante particolare: sotto uno dei cassetti vi erano delle carte attaccate con del nastro adesivo. Egli prese il cassetto e tolse le carte, rigettando il casetto in terra. Le carte erano in realtà delle lettere.

Gilbert uscì dalla camera e guardò i suoi uomini.
"Voi finite qui e vedete se trovate altro".

Detto ciò uscì dall'appartamento e dal palazzo, tornando verso il quartier generale delle SS.

Mentre si faceva strada tra gli uffici del palazzo, una delle SS lo fermò e, dopo il saluto, lo aggiornò sulla situazione dei ragazzi:
"Signore, sono entrambi nelle stanze d'interrogatorio. Appena darete l'ordine inizieremo".

Gilbert ricambiò il saluto e annuì al soldato, avvertendo che sarebbe arrivato da loro in pochi minuti. Si allontanò verso il suo ufficio e, una volta dentro, iniziò a leggere le lettere.



Roderich si ritrovava in una casa che non era la sua bellissima villa e non era 'sua'. Non si sentiva a suo agio quando doveva stare in un posto senza il proprio proprietario, ma doveva mettersi il cuore in pace. Si guardò attorno e notò una piccola libreria su uno dei muri del salotto, quindi si mise a guardare che libri ci fossero. Molti erano dei classici, altri erano libri riguardanti la storia o l'arte della guerra. In sintesi: non c'era nulla che lo potesse interessare.

Sospirò e si guardò di nuovo attorno. In seguito si avviò per le scale, salendo piano piano. Non era buona educazione andare a curiosare in case altrui, ma non voleva stare con le mani in mano e voleva sapere di più su questo strano albino. In casa non c'era nessun altro, quindi poteva guardare a giro senza aver paura di essere scoperto. 

Una volta al piano di sopra, entrò nella stanza di Gilbert: era perfettamente in ordine. La scrivania vicino al letto era piena di fogli, ma comunque ordinata. 

Roderich guardò qualche foglio sulla scrivania: erano rapporti, informazioni su missioni, su operazioni e su persone. Su altri fogli vi erano degli schizzi. Il ragazzo fece attenzione a rimettere tutto esattamente com'era dopo averla letta. 

Tra i tanti fogli trovò una lettera speditagli da qualche persona molto vicina a Himmler, capo supremo delle SS. Nella lettera questa persona informava Gilbert di cosa aveva provocato quell'esecuzione durante la rivolta degli studenti e chiedeva di non ripetere il gesto, altrimenti ci sarebbero state conseguenze anche per lui.

Roderich mise la lettera al suo posto, ma trovò un'altra lettera sempre da parte di qualche persona molto influente: stavolta era scritta aveva mano, quindi doveva essere una cosa non ufficiale. Era strano trovare una cosa così tra tutti quei rapporti e missive, così Roderich la lesse.

Nella lettera, questa persona si congratulava con Gilbert, usava un vocabolario ampio, sembrava una vera e propria lode in onore dell'albino. Tuttavia, presto Roderich capì il perché di quella lode: a quanto pare Gilbert aveva ucciso un gruppo di anarchici, ma non uccisi dopo un processo o altro. Nella lettera, l'uomo stava raccontando, con tono quasi divertito, il modo in cui l'albino si era liberato di quei ragazzi: rinchiusi nella loro stessa casa, li aveva lasciati bruciare vivi ed era rimasto ad aspettare finché non fu sicuro che erano tutti morti.

In quel momento, Roderich sentì la porta del piano terra aprirsi. Il sangue gli si era gelato nelle vene. Doveva uscire subito, prima che qualcuno lo scoprisse. Rimise il foglio sulla scrivania e si sbrigò ad uscire dalla camera. Si affacciò alle scale e vide che Ludwig era tornato a casa. 

Tirò un sospiro di sollievo e scese le scale, cercando di rimanere calmo.

Quando il biondo lo sentì, si girò.
"Mh? Sei ancora qui?".

Roderich annuì. "Sì.. Vostro fratello vuole che rimanga qui mentre lui è via".

"Capisco.. Va bene. Io vado in cucina a mangiare qualcosa, tu vuoi nulla?", chiese il soldato.

Il ragazzo scosse la testa. "No, grazie".

Ludwig si diresse in bagno per lavarsi le mani, poi andò in cucina e si preparò qualcosa di veloce da mangiare. Si sedette a tavola e iniziò a mangiare.

Roderich lo guardava, aveva molti pensieri in testa. Decise allora di parlargli. Si avvicinò e si sedette a tavola anche lui.
"Posso farvi delle domande?".

Ludwig lo guardò un po' stranito dalla richiesta, ma annuì.

"Ecco, qual'è esattamente il lavoro di vostro fratello?", chiese Roderich.

"Lui comanda varie squadre di ricerca al momento. Deve controllare tutti i casi maggiori che gli vengono presentati e, se è importante, indagare su essi lui stesso. Si, direi che più o meno è questo il suo lavoro".

Ci fu un po' di silenzio, Roderich stava pensando alla sua prossima domanda, mentre Ludwig mangiava tranquillo.

"Tuo fratello è un tipo..violento? Intendo con le persone in generale", chiese Roderich, facendosi coraggio.

"Mh.. Beh, no", rispose Ludwig. "Tuttavia.. È bene non farlo arrabbiare".

Roderich rimase a guardare il biondo per qualche secondo, poi parlò. "Cosa intendete..?".

Ludwig guardò il ragazzo dritto negli occhi. "Mio fratello è una persona rispettabile, è il migliore nel suo campo, ha fatto molti sacrifici per arrivare dov'è adesso. Tuttavia, ci sono volte in cui fa totalmente di testa sua". Ludwig guardò il ragazzo con maggior intensità. "Non so tutti i dettagli delle sue missioni o di ciò che ha fatto e non voglio saperli. So solo quello che le voci fanno girare ed io non sono d'accordo con mio fratello per i suoi modi". Il tedesco, finito di mangiare si alzò in piedi e sparecchiò.

"Faresti bene a sperare di liberarti presto della situazione in cui sei. Così sarai di nuovo libero e salvo", Ludwig diede un'ultima occhiata a Roderich. "Io devo uscire. Ti serve qualcosa?"

Roderich scosse la testa.

"Va bene.. A dopo allora". Ludwig si mise una lunga giacca e uscì di casa, lasciando di nuovo Roderich da solo.

Il ragazzo ora aveva freddo. Aveva i brividi sulla pelle e non capiva perché. Si sedette sul divano e aspettò di riscaldarsi, ma i suoi pensieri non gli davano tregua. Ora aveva quasi paura del luogo in cui si trovava, ma soprattutto della persona che lo abitava.

Alzò una mano per toccarsi l'orecchio che gli aveva morso Gilbert. Sentiva ancora un po' di dolore. Si strinse tra le braccia, cercando di darsi calore.

Dopo qualche minuto si calmò finalmente è guardò l'orologio, non era passato molto tempo, Gilbert sarebbe tornato tra qualche ora. Decise di alzarsi e di tornare in camera sua, voleva sapere di più, voleva sapere se era davvero così crudele o se aveva anche un lato più umano. 
Una volta in camera sua, si mise a curiosare. Osservò le poche foto che aveva di lui e suo fratello insieme; per curiosità guardò nell'armadio che vestiti portava di solito. Purtroppo non c'era molto altro e Roderich non se la sentiva di leggere altri fogli sulla scrivania, decise quindi di smettere e tornò in salotto, al piano di sotto. 

Stranamente aveva ancora freddo, fu preso da qualche brivido. Vedendo un giaccone sull'appendiabiti, pensò che non avrebbe dato fastidio a nessuno se lo usasse solo per qualche minuto. Lo prese, mettendoselo sulle spalle e si sedette sul divano. 

Nonostante fosse assillano da vari pensieri, il calore che si era creato dentro quel giaccone era piacevole e rilassante, tant'è che Roderich non resistette e si addormentò.



Gilbert aveva assistito e partecipato all'interrogatorio dei ragazzi ed una era la cosa certa: loro non avevano mai incontrato l'autore delle lettere che gli arrivavano, eccetto per l'episodio con il signorino Eldestein. Gilbert avrebbe potuto verificare che le lettere inviate ai ragazzi non erano da parte di Roderich confrontando la scrittura di esse e quella del ragazzo, tuttavia le lettere potevano essere state scritte da qualcuno che semplicemente scriveva un dettato. Quindi, il fatto che la scrittura delle lettere non corrispondente a quella dell'austriaco non era una prova sufficiente per liberarlo dalle accuse. 

Eppure, c'era un particolare che aveva colto la sua attenzione: le lettere che arrivavano ai ragazzi davano luoghi e orari precisi, affinché essi potessero fare proteste o attacchi contro qualche figura statale. Questo era un particolare molto curioso, Gilbert sapeva che non poteva essere un caso e proprio per questo si fece consegnare i turni di ogni squadra di ricognizione di ogni data segnata sulle lettere. 

Si chiuse nel suo ufficio per controllare ogni turno e luogo di pattugliamento.

Dopo più di un'ora venne ad una conclusione: in ogni luogo descritto sulle lettere, alla rispettiva ora, risultavano o poche o nessuna pattuglia a controllare il posto. Ciò non poteva essere un caso.

Gilbert mise le carte da parte dopo aver visto che erano passate varie ore da quando aveva lasciato casa. Era meglio allora che tornasse, così per controllare che il principino stesse ancora lì.
Prese la giacca e andò via, tornando a casa.

Una volta dentro, si tolse la giacca e accese la luce. Si guardò attorno cercando il ragazzo, ma fu sorpreso da quel che vide: Roderich stava dormendo serenamente sul divano, circondato dal suo giaccone. 

Rimase a guardarlo per un po', ma decise di non svegliarlo. Si recò quindi in cucina per preparare qualcosa.

Dopo pochi minuti, Roderich fu svegliato da un buon odore proveniente dalla cucina. Si stropicciò gli occhi leggermente e si alzò, andando verso la cucina per vedere chi stava cucinando. Gilbert stava preparando della carne per cena.

"Scusa, ho usato il tuo giaccone", disse Roderich.

"Mh?", il prussiano si girò verso il ragazzo. "Ah, tranquillo, faceva un po' freddo in casa, quindi va bene", detto ciò tornò a cucinare.

Roderich si tolse il giaccone dalle spalle e andò a rimetterlo al suo posto. 
In quel momento rientrò in casa anche Ludwig.
"Ben tornato, Beilschmidt", disse Roderich.

Ludwig annuì al ragazzo e si tolse la giacca. "Cosa hai fatto fin'ora?".

"Nulla di che.. Mi ero solo addormentato sul divano".

Ludwig lo guardò tranquillo e si sedette sul divano, sospirando stanco.

Roderich invece tornò in cucina e si avvicinò a Gilbert, che indossava ancora la camicia bianca, i pantaloni e gli stivali della sua divisa, a quanto pare non aveva avuto tempo di cambiarsi.
"Cosa avete fatto a quei ragazzi?", chiese il ragazzo.

"Un semplice interrogatorio. Ora dovranno rimanere in carcere per un po'".

"E cosa hai scoperto?"

"Beh..", Gilbert si girò a guardarlo, con una faccia divertita e con un tono strafottente parlò. "Sicuramente la persona con cui avevano contatti non eri te. Tu non saresti mai stato così attento nei particolari".

Roderich cercò di mantenere un tono calmo, sapeva che l'albino si divertiva a farlo arrabbiare e per questo non gliel'avrebbe data vinta.

Tuttavia, detto ciò, Gilbert tornò serio e continuò. "Temo che le cose siano anche peggiori. Il loro contatto aveva accesso ai turni delle squadre di ricognizione. Quindi, o è un militare, oppure qualcun'altro gli ha dato quelle informazioni. Ma penso sia più probabile la prima ipotesi".

"Quindi, stai dicendo che c'è qualcuno che sta aiutando la Resistenza proprio dall'interno dei vostri dipartimenti?".

Gilbert annuì. "Sì. E questo atto di tradimento dovrà finire presto".

Roderich rimase un po' in silenzio ma poi il suo sguardo parve illuminarsi. Si avvicinò a Gilbert e parlò entusiasta. "Quindi non avete più motivo di sospettare di me, potete lasciarmi libero! Ormai non vi servo più per le vostre immagini, quindi lasciatemi andare".

Gilbert rimase ad ascoltarlo, ma quando Roderich finì, egli sorrise, con uno di quei sorrisi affatto non rassicuranti. "Oh, non è così facile principino. Tu rimani ancora un sospettato. Fammi terminare questo caso e solo allora sarai libero".

L'austriaco lo guardò ora arrabbiato, ma il prussiano parlò ancora prima che potesse farlo il ragazzo.

"Cos'è? Non ti piace qui?", chiese divertito l'albino.

Roderich strinse i denti, non voleva cedere alla rabbia solo per dargli soddisfazione. Si girò e fece per tornare in salotto, se non che il prussiano gli prese un braccio con una mano e lo tirò verso di sé, in modo da averlo davanti e aderente al proprio petto. Gilbert si abbassò leggermente e, mentre lo teneva fermo con le sue braccia, con una mano gli spostò dei capelli dall'orecchio che portava ancora il segno del morso e gli sussurrò: "ricorda che noi due non abbiamo ancora finito".

Roderich si dimenò per farsi lasciare. "Lasciatemi!".

Gilbert lo lasciò subito e rimase a guardarlo divertito. Roderich lo guardava con odio e dopo essersi sistemato tornò in salotto. 

Ludwig si stava dirigendo in cucina in quel momento. Il biondo guardò il fratello un po' contrariato.

"Non trattarlo male.. Ricorda che è un ospite alla fine".

"Sì sì, tranquillo Lud, stavamo solo scherzando", disse Gilbert divertito. Tuttavia il suo sorriso non bastò per non far preoccupare il fratello minore, il quale si limitò a sospirare.





Nota dell'autrice: Scusate se vi ho fatto aspettare tanto per aggiornare >.<


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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Quella sera cenarono tutti e tre insieme. Di nuovo ci fu silenzio a tavola, i due fratelli non si scambiarono molte parole e Roderich non aveva molto da dire.

Quando tutti finirono di mangiare, Ludwig si alzò e sparecchiò la tavola. "Ci penso io ai piatti", disse per poi mettersi a rigovernare.

Gilbert annuì al fratello e si stiracchiò pigramente per poi alzarsi e guardare l'ora. "Mh, è ancora presto per andare a letto.." .

Roderich si alzò dalla sedia in silenzio e Gilbert lo guardò. Roderich si diresse in salotto, seguito dallo sguardo attento dell'albino. Il ragazzo si sedette sul divano.

"Ah già, io ho una cosa da fare", fece Gilbert e salì le scale andando in camera sua, chiudendo la porta.

Roderich lo guardò salire le scale e fu raggiunto in salotto da Ludwig, che si sedette su una poltrona accanto al divano sul quale era l'austriaco.

"Comunque non puoi continuare a stare qui senza fare nulla. Dopo parlerò con Gilbert e lo convincerò a riportarti a casa", disse il biondo.

Roderich si sorprese da tale frase. "Davvero? Pensate che domani potrò tornare a casa mia?".

"Beh, se riesco a convincere Gilbert si".

"Allora convincilo. A me non dà retta, forse ascolterà te..".

Il biondo scosse la testa. "Te l'ho detto, fa di testa sua.. Non ti assicuro nulla". Ludwig rimase a guardare il ragazzo.

Roderich ora sperava che il tedesco riuscisse a convincere il fratello, ma aveva anche lui paura che non ci sarebbe riuscito. "Tsk, ma chi si crede di essere? Per fare così e trattarmi in quella maniera!". Roderich stava ripensando al momento in cui Gilbert lo aveva bloccato sul tavolo e al morso che gli aveva leva dato.

Ludwig guardava il ragazzo con aria un po' arresa. Sapeva che non era facile sopportare le angherie del fratello. 

"Beh, è fatto così. Gli piace assoggettare chi è più debole..".

"Io non sono debole". Fece seccamente Roderich.

"Ah...", Ludwig lo guardò, pensando però che in confronto a lui e a suo fratello, quel ragazzo Era debole. "Fa finta non abbia detto nulla..".

Roderich lo guardò ancora un po' offeso. Ma poi si calmò e si alzò dal divano. "Beh non fa nulla", disse sistemandosi la camicia.
Roderich fece per camminare che inciampò dell'angolo del tappeto davanti a lui, finendo addosso a Ludwig. "Ah!".

"Oi!". Fece Ludwig, cercando di non farlo cadere in terra.

"Mh? Che combinate?", disse Gilbert mentre scendeva le scale per raggiungerli in salotto. Si fermò quando vide i due, nascondendo la sua sorpresa dietro una viso sereno.

Ludwig era seduto sul divano a gambe aperte, mentre Roderich era praticamente sdraiato su di lui, una mano su una spalla del biondo e l'altra sul suo ventre. Ludwing con una mano stringeva un braccio dell'austriaco, a causa di un precedente tentativo di non farlo cadere in terra.

Gilbert rimase a guardarli, in silenzio, poi finì di scendere le scale.

"Ah, scusate Ludwig", fece Roderich rialzandosi e risistemandosi.

"No.. Non fa nulla", disse il biondo, che si alzò dal divano. "Io vado a dormire, buonanotte a entrambi", dopo aver ricevuto una risposta da entrambi Ludwig se ne andò al piano di sopra, in camera sua.

Gilbert guardò il ragazzo, ora sorridendo divertito, anche se non era un sorriso che presagiva belle cose. "Vedo che ti stavi divertendo qui..".

"Stavo cadendo e sono finito addosso a lui per errore", fece Roderich leggermente irritato dal tono del prussiano.

"Già.. A proposito, in camera mia ho notato che alcuni fogli non erano come li avevo lasciati. Tu ne sai qualcosa per caso?".

Roderich sentiva lo sguardo predatore dell'albino su di sé e iniziò a sudare freddo. "No.. Non ne so nulla".

Gilbert lo guardava divertito mentre il ragazzo gli dava le spalle. "Che ne dici di aiutarmi a rimettere a posto le scartoffie in camera mia?".

Il ragazzo di girò sorpreso da tale richiesta. "Eh..? Mh.. Va bene..". Accettò, anche se sentiva che forse non era stata la migliore delle idee.

Gilbert si avviò in camera sua ed entrò, seguito da Roderich. Una volta entrambi dentro, il prussiano chiuse la porta.

Il ragazzo si avvicinò alla scrivania. "Da dove iniziamo?".

"Beh, io partirei dal dirmi cosa hai letto", disse l'albino guardando il ragazzo in modo strafottente. Era ovvio che era andato a curiosare, ma voleva sapere cosa aveva letto tra tutti quei fogli.

Roderich iniziò a sudare freddo e il trovarsi dentro la sua stanza lo faceva sentire ancora più a disagio. "Io.. Non ho letto nulla".

"Non ci credo.. Su, dimmi cosa hai letto. Quanti fogli, quali informazioni e quant'altro".

"Ti ripeto che non ne so nulla!". Fece Roderich cercando di difendersi e rimanere calmo. Tuttavia il suo cuore batteva a mille, soprattutto quando vide il prussiano avanzare verso di lui, l'austriaco fece un passo in dietro.

"Sono sempre felice di sentire queste parole.. Perché vuol dire che devo estrarre la verità con la forza". Gilbert lo guardava divertito, i suoi occhi rossi rilucevano più del solito mentre si avvicinava al ragazzo.

"Non vi avvicinate oltre!". 

Fece il ragazzo. Roderich stava iniziando ad avere paura, sapeva che in fatto di forza fisica il prussiano lo superava di molto e non voleva finire come la volta prima.

"Hai paura, Roderich?", Gilbert lo guardava con un ghigno divertito. "Su, dimmi quel che voglio sapere".

"E va bene.. Va bene, ho guardato qualche lettera, ma ne ho letta solo una.. Quella scritta a mano da un alto esponente delle ss". Roderich distolse lo sguardo.

"Mh.. ". Gilbert si avvicinò alla scrivania e prese una lettera, mostrandola al ragazzo. "Questa?".

Roderich la guardò. "Sì.. ".

"Oh..", Gilbert si rimise a leggere qualche riga della lettera. "Quindi sai cosa ho fatto..".

Roderich annuì e lo guardò con sguardo duro. "Siete solo un mostro. Prima avete ucciso quel ragazzo, poi quelle persone.. Siete spregevole!".

Gilbert posò la lettera al suo posto e tornò a guardare il ragazzo. "Persone? Erano solo animali, bestie che meritavano la morte". Il prussiano piano piano stava camminando verso il ragazzo.

Roderich fece dei passi indietro, finendo spalle al muro. "Le vite umane non contano nulla per te?".

"Non tutte. Alcune si.. Altre no", disse l'albino con tono tranquillo, arrivando davanti al ragazzo. Alzò una mano a toccargli il collo, passando le dita sopra la giugulare.

Roderich lo guardava con odio. "Non mi toccate oltre".

"Oh..", Gilbert lasciò il collo del ragazzo e passò a toccargli una ciocca di capelli. "Non posso?".

Roderich gli schiaffeggiò una mano, costringendolo a lasciarlo. "No".

Gilbert rimase a guardarlo. In silenzio quegli occhi rubino scrutavano quelli viola del ragazzo. Gilbert stava per ritoccargli i capelli che Roderich si allontanò, sfuggendo alla sua presa e andando verso il centro della stanza.

"Basta giocare. Se mi toccate ancora vi denuncerò alle autorità". Roderich era serio e deciso, ma a quella frase l'albino sembrò divertirsi ancor di più.

"Eldestein.. Io sono le autorità", rispose il prussiano.

Il ragazzo rimase qualche secondo in silenzio, riflettendo. Gilbert stava per avvicinarsi di nuovo, ma fu interrotto dal bussare alla sua porta.

"Fratello, posso scambiare due parole con te?", era Ludwig che parlava dall'altra parte della porta.

Gilbert andò ad aprire e lo guardò. "Ma certo", divertito uscì dalla camera allontanandosi col fratello.

"Perché non lo fai tornare a casa? Ormai non ti serve a molto. Dagli l'ordine di non uscire di casa, ma lascialo tornare dove abita".

Gilbert lo guardò, ora più serio. "Beh, effettivamente non è più un sospettato principale, ma potrebbe ancora tornarmi utile".

"Ti sarà utile anche se lo lasci tornare a casa", esortò il fratello.

Gilbert incrociò le braccia, "Tsk".

Roderich approfittò della distrazione dei due per uscire dalla camera e scendere al piano di sotto. Non voleva più stare con quel prussiano, non voleva più vivere sotto il suo stesso tetto. Prese una decisione avventata, ma necessaria secondo lui: uscì di casa di corsa, deciso a tornare alla propria.

I fratelli sentirono la porta principale aprirsi e chiudersi. Gilbert si precipitò a controllare che nessuno fosse entrato; non vedendo nessuno però capì che probabilmente il principino se ne era andato. Corse in camera a cercarlo, senza trovarlo.

"Merda!", Gilbert corse giù per le scale e con fretta si sistemò il cappotto addosso.

"Che succede?", fece il fratello.

"Il principino se l'è data a gambe. Vado a riprenderlo". Detto ciò Gilbert si precipitò fuori casa, cercando il ragazzo.


Roderich stava correndo tra le semi illuminate vie della città, andando nella direzione dove dove trovarsi casa sua. Benché piuttosto lontana da lì, era disposto a raggiungerla a piedi pur di non tornare dove era prima.

Dopo pochi minuti di corsa però era già stanco e fu costretto a rallentare, limitandosi a camminare. 
Doveva stare attento: il coprifuoco sarebbe arrivato presto, doveva andarsene presto.

Poco dopo le prime gocce di pioggia iniziarono a scendere. Roderich accellerò il passo, voleva evitare di bagnarsi. Tuttavia la pioggia si fece da subito più forte e fu costretto a ripararsi sotto la tettoia di un qualche negozio. Bagnato e infreddolito, si strinse tra le braccia, tremante a causa del freddo della notte.

Un uomo uscì dal negozio e lo guardò. "Va via, non voglio senza tetto davanti al mio negozio".

Roderich si sentì subito offeso per come lo aveva definito. "Non sono un senza tetto.. Sto cercando di tornare a casa ma questa pioggia è arrivata all'improvviso, stavo aspettando che rallentasse un po'..".

L'uomo stette per pochi secondi in silenzio, ma poi mosse la bocca in qualcosa che sembrava un sorriso. "Vuoi entrare a riscaldarsi?", con una mano gli indicò la porta del negozio.

"Davvero? Oh grazie..", Roderich si fece accompagnare nel negozio, che sembrava un alimentari, anche se un po' squallido per i suoi gusti, ma almeno era al caldo e all'asciutto. "Mi dispiace recarvi disturbo..".

"Oh no tranquillo.. Potete anche dormire da me, abito al piano di sopra..", fece l'uomo.

"Beh, non voglio recarvi troppo disturbo.. Spero solo che questa pioggia finisca presto".

"Mh..". L'uomo gli si avvicinò e con una mano gli alzò il mento per guardarlo meglio in viso.

"Oi..! Che fate??", fece Roderich preoccupandosi.

L'uomo guardò con attenzione il ragazzo, notando la sua bellezza particolare, i suoi occhi unici e alcuni tratti tipicamemte femminili. Sorrise con un ghigno. "Facciamo che resta qui per stasera.. E in cambio chiedo solo una cosa..".

Roderich lo guardava preoccupato, cercando di liberarsi dalla sua presa. L'uomo lo spinse contro il banco del negozio, cercando di togliergli via i vestiti. L'austriaco, spaventato, cercava di liberarsi dalla sua presa, agitandosi e cercando di combattere; tuttavia l'uomo era molto più forte. L'uomo gli tolse la giacca e la camicia, lasciandolo a petto nudo. Iniziò a toccargli il petto, fermandosi sui capezzoli, stuzzicandoli.

Roderich era in preda al panico, perché gli stava succedendo tutto ciò?
"Lasciatemi!", il ragazzo ancora cercava di controbattere, ma l'uomo lo teneva saldamente. Una delle sue ruvide mani passò nei pantaloni del ragazzo, dietro, accarezzando ciò che trovava.

"No! Smettetela! Lasciatemi!". Roderich era spaventato, tremava, i suoi occhi erano riempiti di lacrime.

"Oh no.. Nessuno tanto verrà a cercarti. Ci divertiremo un po' stasera poi sparirai per sempre.. Ahahaha!". L'uomo spinse Roderich ancora di più contro il balcone con i fianchi, divertito.

Il ragazzo in un disperato tentativo di liberarsi afferrò un vaso li vicino, colpendo l'uomo in testa con quello. L'uomo in preda al dolore lo lasciò, coprendosi il viso graffiato e dolorante. Roderich ne approfittò per correre fuori dal negozio e fuggire. Fuori ancora pioveva. Roderich cercava di essere veloce ma sentiva l'uomo che lo inseguiva.

"Bastardo.. Vieni qui! Mi divertirò a ucciderti dopo aver giocato un po'!".

Roderich camminava veloce per scappare all'uomo, girando spesso gli angoli delle piccole vie per cercare di sfuggirgli così. Tuttavia, girando l'ultimo angolo si ritrovò in una delle vie principali e dovette resistere al non cedere in terra. Non era abituato a correre o muoversi così tanto e anche a causa della paura le sue gambe sembravano cedere. Roderich respirava affannosamente cercando di riprendere fiato, mentre sperava che l'uomo non girasse quel vicolo o che qualcuno potesse correre in suo aiuto.

"Piccolo bastardo, ora ti riporto nella topaia da dove vieni". L'uomo lo aveva raggiunto e solo ora Roderich si era accorto che tra le mani aveva un coltello.

Roderich cercò di alzarsi per fuggire ma l'uomo lo colpì con un calcio allo stomaco, che costrinse il ragazzo a stare a terra rannicchiato. Con una mano lo prese per i capelli e cercò di tirarlo via.

"Che succede qui?". Gilbert si avvicinò ai due. Non indossava il capello della divisa, tuttavia faceva comunque tremare la sua figura.

L'uomo, sapendo che si trovava davanti un agente delle SS rimase immobile per un po', pensando. "Oh, solo una questione da risolvere.. Nulla di cui vi dovete preoccupare", cercò di sorridere per sembrare convincente.

Roderich guardava con occhi socchiusa per il dolore l'albino, serio e testardo, non gli avrebbe mai chiesto aiuto così esplicitamente.

"Lascia il ragazzo", fece Gilbert.

L'uomo non poté fare altro che lasciarlo. Roderich si accasciò a terra, ma piano cercò di rialzarsi.

Gilbert si avvicinò avvicino due e tirò fuori la pistola, sparando al piede dell'uomo. Roderich fu costretto a pararsi le orecchie con le mani.

"Argh!", l'uomo cadde in terra per il dolore. "Che fate?!".

"Beh, tu hai cercato di attaccarmi col coltello e io mi sono semplicemente difeso", Gilbert sorrise strafottente. Stava in un certo senso abusando della sua posizione, tuttavia nessuno avrebbe mai creduto a un uomo invece che a un lungotenente quale era Gilbert.

"Principino", ora l'attenzione dell'albino era rivolta al ragazzo, che cercava di coprirsi dal freddo e dalla pioggia con una camicia rotta. Roderich non lo degnò di uno sguardo.

Gilbert sospirò e si tolse la giacca, mettendola sul ragazzo. Lo prese tra le braccia, alzandolo senza il minimo sforzo.

"A te penserà la squadra di ricognizione che sta arrivando", Gilbert guardò con uno sguardo freddo e tagliente l'uomo ancora a terra. In seguito si avviò verso casa, portando il ragazzo, il quale se ne stese buono e calmo.


Tuttavia, Roderich sapeva che aveva fatto davvero arrabbiare il prussiano.

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