Il meno inetto fra gli inetti e il più bugiardo fra i tanti

di GioTanner
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tu Menti col Sorriso ***
Capitolo 2: *** Di quando Scotland Yard non sa ***
Capitolo 3: *** Sguardi Appannati ***
Capitolo 4: *** Il Mare È Pieno Di Pesci ***



Capitolo 1
*** Tu Menti col Sorriso ***


Tu menti col sorriso



«Lei sta mentendo.- Affermò, abbassando il capo e scuotendolo immediatamente dopo. -E mente con una superbia ed un'audacia che-... che supera quella di suo fratello.-
L'uomo dinanzi a lui sorrise ancora, perciò l'ispettore continuò sospirando: -Lei mente col sorriso ed è insopportabile.»
«Le sono già insopportabile?» Chiese con voce melliflua l'altro, facendo un passo avanti. Le poltrone dinanzi a loro rimasero vuote perché nessuno dei due accennò a sedersi.
«...»
«Su, lei faccia quel che le ho chiesto e non si domandi altro, non c'è molto che potrebbe capire d'altronde.»
«Senta-... Lei dice che è per il bene di Sherlock e a me non serve altro. Ma non si illuda che sia
così remissivo, così sciocco solo perché non sono all'altezza dei fratelli Holmes. L'intuito, l'impegno e la tenacia mi hanno portato dove sono.- Doveva ribadirlo, anche se poteva sembrare banale, anche se poteva sembrare patetico; doveva prendere posizione perché gli sembrava giusto. Alzò i tacchi, mise le mani nelle tasche e con un movimento del capo fece segno all'assistente personale di quell'uomo di non voler essere riaccompagnato in auto. -E ora vi lascio ai vostri affari Mr. Holmes. Arrivederci.»
«Cosa ha compreso Ispettore?- Chiese Mycroft Holmes alzando leggermente il tono di voce e appena appena ridacchiando, -Cosa?» Ma non ottenne risposta perché Gregory Lestrade era ormai fuori dalla stanza del Diogenes Club e il silenzio ne aveva inghiottito i passi.

Passarono esattamente due settimane prima che l'Ispettore Lestrade ricevesse proprio sotto casa un invito formale a ritornare in quel luogo silenzioso e particolarmente di lusso: una macchina nera con un solo finestrino oscurato abbassato gli si affiancò poco prima che prendesse le chiavi dall'impermeabile; gli si affacciò il volto di una donna dallo sguardo serafico, la stessa donna che aveva visto in compagnia di Mycroft Holmes l'ultima volta e Greg si ritrovò a guardarsi attorno, per poi entrare a disagio nell'auto.
«Sono anni che Sherlock aiuta Scotland Yard nei casi di maggior rilievo. -Cominciò precisando Greg, mentre la macchina sfrecciava fra il traffico londinese. -Ma il massimo c'abbia ricevuto da suo fratello sono state telefonate criptiche in cui mi chiedeva informazioni su Sherlock, informazioni dettagliate come-... come avesse avuto già sulla sua scrivania fascicoli e rapporti dei casi che seguivo. Erano domande a cui potevo rispondere perché non compromettevano il caso, puntavano su ciò che faceva Sherlock.- Prese un respiro. La donna al suo fianco, nel bell'abito nero, non schiodava gli occhi dal cellulare. -Mi insospettì, ma non ebbi nulla da recriminare. Mi disse di non parlarne con Sherlock e io non ebbi nulla da obbiettare; eppure due settimane fa Mycroft Holmes chiama il mio Capo e riesce a farmi avere un permesso oltre la già agognata vacanza solo per-... solo per farmi controllare suo fratello...- A quel punto Lestrade vide un sorriso spuntare sul viso della donna e perciò continuò: -Ah, mi sta ascoltando, fantastico. Beh, ecco, mi dico-... mi dico che avrei dovuto saperlo che un Holmes non può essere una persona normale. Ma- ma che fosse invischiato nel Governo Britannico davvero mi mancava all'immaginazione.» La donna di riflesso a quell'affermazione puntò lo sguardo verso il finestrino e lì rimase in attesa, così l'ispettore fu certo di aver fatto centro.
Arrivarono all'entrata del club che era sera inoltrata, la macchina accostò lentamente e poi spense il motore. Greg si sentiva particolarmente ispirato a non fare silenzio quel giorno, così non appena giunse dinanzi alla scrivania dell'uomo e le porte si chiusero dietro di lui, non tergiversò con un saluto arrendevole a quell'atmosfera sfarsesca che sembrava opprimerlo l'ultima e unica volta in cui v'era entrato: «Sa una cosa?- Si rivolse senza indugio alcuno all'uomo sedutogli dinanzi, incrociando le braccia. -È stata proprio una brutta mossa andare a Baskerville. Avrei chiamato John per sapere cosa stesse facendo Sherlock, ma no. Il governo inglese voleva che andassi lì per tenere sotto controllo il suo fratellino. Bene, ho detto, lo faccio. Sicuro del fatto che Sherlock avrebbe scoperto immediatamente cosa stessi facendo lì e per chi. -Strizzò gli occhi un momento. Mycroft Holmes piegò appena il capo all'indietro sulla comoda sedia, mentre nella mano destra tintinnava nel bicchiere qualche cubetto di ghiaccio. -Io avrei controllato lo stesso Sherlock Holmes così come era mia intenzione fare, ma non mi sarei preso nessuna responsabilità sul perché stessi lì, anzi. Avrebbe scoperto il controllo di suo fratello che tanto mi chiedeva di tener nascosto nelle telefonate, ah!
-Sherlock doveva aver fatto qualche sgarro alla sicurezza nazionale, suo fratello doveva proprio essere occupato o... disperato per mandarmi. Ma io non prendo ordini da suo fratello, se non è quello che voglio anch'io.»
«Lei non ha pensato tutto questo. Ma- Pronunciò sicuro e flemmatico Mycroft curvando la schiena in avanti e flettendo le mani per poi unirle sotto il mento. -...Ma gli ha fatto comodo, un tornaconto personale. Sherlock non smette di scrivermi che non vuole più che io la costringa a stargli fra i piedi.
Bella mossa... accettare.» E a quel punto fu il turno dell'Ispettore di sorridere di fronte a quell'uomo. Un sorriso genuino prima di ascoltare ciò che il maggiore dei fratelli Holmes aveva da dirgli.

Gli anni erano passati come pagine di un libro di storia e Greg Lestrade ne sentiva su di sé l'effetto ad opera di chi la storia l'aveva fatta davvero: Sherlock Holmes, quel consulente investigativo dalla mente geniale e dal tatto di uno spillo. Un po' come se chi gli fosse accanto si ritrovasse malgrado tutto a subire l'esito delle sue mirabolanti azioni; si era ritrovato sull'orlo del suo precipizio personale anche Lestrade del resto. Ma cosa era poi mai il rischio di perdere il lavoro della tua vita e perdere la donna della tua vita con la vita stessa? Non c'erano paragoni, solo un divario di intenzioni e misteri, come sempre.
E come sempre l'ispettore ci sarebbe stato per Sherlock Holmes, alle volte lamentandosi, alle volte applaudendo, alle altre abbassando lo sguardo e a premere i denti sulle labbra screpolate, altre volte ancora con una malinconia negli occhi, una nostalgia deleteria delle precedenti volte.
Fu proprio mentre Sherlock gli chiese di occuparsi di suo fratello che provò quella malinconia. Un'amarezza nostalgica nello sperare che fosse come tutte le altre volte, quando il suo nome era solo un guazzabuglio di lettere fra Graham, Gavin, Geoff e Giles.

«Ho dovuto forzare con il mio distintivo per arrivare fino a qui senza invito. Spero mi permetterai di rimanere!» Salutò con ironia l'ispettore mentre un lacchè si congedava chiudendo la porta dell'unica stanza del Dioges Club dove si potesse parlare liberamente.
Mycroft Holmes, poltrona rivolta dalla parte opposta alla porta e bicchiere da Brandy nella mano ancora intatto non fece una piega, anzi aspettò che Lestrade arrivasse dinanzi a lui per poi parlagli.
Non dovette aspettare troppo, al silenzio dell'uomo Greg rispose con l'incedere dei passi nella sua direzione e guardandosi in giro, pensando che non era cambiato nulla dall'ultima volta che era venuto qui a dialogare con il maggiore degli Holmes: era stato piacevole. Non particolarmente divertente, ma stimolante. Non erano amici, ma non erano neppure conoscenti; di certo non erano colleghi, ciò nonostante si ritrovano più di una volta al mese a conversare in quella stanza. Di cosa precisamente? Di Sherlock i primi incontri, di casi promettenti e di indicazioni per arrivare alle giuste conclusioni per risolvere casi poi, di buone deduzioni e decisamente ottimi spunti per conoscersi in fine. Finché qualcuno dei due non si sarebbe semplicemente disinteressato all'altro -e Greg era quasi sicuro che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato e non avrebbe più trovato nessuna macchina nera governativa ad aspettarlo dopo il lavoro, vicino la cancellata, con i fari spenti per non dare nell'occhio, ma quel giorno non arrivava mai.-
«Posso offrirti un bicchiere di Brandy? So che preferisci servirti da solo perciò ho lasciato una bottiglia basquaise di Armagnac, lì sul tavolino. Prendi pure.»
Greg si ritrovò a puntare gli occhi prima su Mycroft Holmes, elegantemente abbigliato come sempre, per poi far saettare lo sguardo sulla bottiglia pregiata e nera e quell'unico bicchiere poggiato sul tavolo in legno alla sua destra. Sapeva che sarebbe arrivato? O semplicemente se lo aspettava? Cercò di cacciare via quelle domande, non era lì per sorprendersi dopotutto, non questa volta per lo meno.
«Credo di dover rifiutare, sono in servizio teoricamente.» Si ritrovò a dissentire col capo.
«Che peccato.» Rispose senza particolare intonazione nella voce Mycroft.
«Mycroft. - Lo chiamò dopo un marginale lasso di tempo e sperando che l'uomo alzasse la testa per guardarlo almeno un momento, certo così di avere la sua attenzione. -Ho una domanda.»
«Hai sempre delle domande per me, Gregory.- Mycroft alzò lo sguardo e lo invitò con un gesto della mano a sedersi sulla poltrona di fronte a lui. -Deformazione professionale, immagino.» Neanche adesso l'intonazione era cambiata.
«Come posso aiutarti?» Greg si sedette mentre pronunciava quelle parole, senza alcun disagio e poggiò le mani sui braccioli morbidi della poltrona.
L'altro rimase un attimo più del dovuto in silenzio, interdetto, per poi reclinare il capo sulla morbida poltrona: «Sherlock è fastidioso.» Pronunciò facendo scoccare appena la lingua sul palato.
«Sherlock è fastidioso. - Acconsentì tenendo il contatto visivo, così come era abituato nel farlo per lavoro. -Ma è anche preoccupato. Sai quella storia del “mi preoccupo costantemente per mio fratello” che mi hai ribadito più volte? Credo si sia invertita. Credo beh-... perché mi ha dato il tuo indirizzo di casa via sms.»
Mycroft non ne fu colpito o comunque non lo diede a vedere; si alzò compostamente e avvicinandosi al tavolino si versò nel bicchiere vuoto che aveva in mano due dita di Armagnac. Prima di bere si assicurò di sottolineare che no, lui non era in servizio, con un un pizzico di sarcasmo.
«Ora ti vedrò sotto casa mia a chiedermi se sto bene?» Fece una smorfia Mycroft tornando accanto alla poltrona, ma non sedendosi bensì guardando dall'alto in basso l'ispettore.
«No.»
«No?»
«No.- Confermò di nuovo Lestrade. -Ti ho chiesto come posso aiutarti perché
so che non stai bene; perché ti ho recuperato io lì a Sherrinford. Ma non verrò sotto casa tua a disturbare la tua privacy e il tuo dolore.- Decise di spiegargli. -Non ne sapete poi molto di sentimenti e rispetto voi Holmes, eh.» Un velo di ilarità gli invispì gli occhi stanchi.
«È passato.- Cercò di ragionare Mycroft. -Non posso permettermi il lusso di rimuginarci troppo, ho davvero poco tempo da dedicargli. Perciò sto bene. Professionalmente sono al massimo.» Aggiunse poi, decidendo di risiedersi con placida calma e un sorriso irrisorio ad incorniciargli il volto.
Fu il turno di Greg di alzarsi, al contrario del politico in un modo piuttosto irruento: «Oddio. -Puntò il dito contro Mycroft e curvò la schiena in un moto di risa -Tu menti. E menti piuttosto male quando fai così. Che diamine! Per fortuna che di politica non ne capisco niente, giuro, o con tutti quei sorrisi ci ricamerei un calendario di menzogne.»
L'altro sembrò non dedicarci più di tanto attenzione fino a quando Greg non sentì una mano sulla sua spalla e si intimò di smettere di ridacchiare.
Mycroft aveva smesso di guardarlo appena aveva sentito quelle parole, ma poi si era alzato perché gli era tornato in mente qualcosa, una frase precisa: «“
Lei mente col sorriso ed è insopportabile”.» Recitò. Le labbra non più represse in un sorriso, ma appena aperte in un sussurro.
«Come?» Non capì subito Lestrade che di scatto aveva assunto un'aria sorpresa.
«È quello che mi dicesti la prima volta che ci siamo parlati di persona.»
«Oh.- Recepì allora mentre l'uomo gli toglieva la mano dalla giacca un momento prima che potesse lui stesso distaccarsi. -È stato tanto tempo fa.» Confessò.
«E io faccio sempre lo stesso errore con te.»
«Quando si sottovaluta una persona succede questo, sai.» Concordò l'ispettore che di risiedersi proprio non aveva più voglia. Quelle giornate erano passate pesanti anche sulla sua testa e recepire ciò che era accaduto in poche settimane non era stato poi così facile da mandar giù; se da una parte c'era il caso mediatico di Culverton Smith che l'aveva tenuto sveglio per ore interminabili di interrogatorio, dall'altra parte c'era un abisso di misteri che aveva condotto John Watson dentro un pozzo, Molly sull'orlo delle lacrime e Mycroft rinchiuso in una cella di una fortezza che manco sapeva esistesse prima d'allora. Non era stato narcotizzato, ma la febbrile paura, sempre elegantemente mascherata sotto un'autorità prorompente, era decisamente alla mercé di tutti. Per farlo uscire dalla stanza gli aveva dovuto stringere una mano, lì dove teneva l'anello, ed era un contatto piuttosto informale.
«Succede anche quando voglio che accada Gregory.- Interruppe il filo di pensieri di Greg. -È un errore che voglio concedermi.»
Lestrade non volle replicare, aveva ben inteso. E quello che aveva inteso gli era piaciuto forse più del dovuto. Mycroft voleva che lui comprendesse da solo se era la verità o solo parole. Voleva vedere se si sarebbe arreso, in pace con la sua coscienza, con un blando assenso al suo fermare ogni proposito d'aiuto con parole rassicuranti o se invece sarebbe rimasto, accorgendosi ancora una volta del suo comportamento, una sottigliezza che nel primo incontro gli era piaciuta che Greg avesse notato.
L'ispettore gli mise entrambe le mani sulle spalle, a mo' di incoraggiamento e poi si voltò, dandogli la schiena, pronto ad andarsene: «Mi sarebbe piaciuto prendere un Armagnac.»
«È importato direttamente dalla Guascogna.» Rispose, come non fosse accaduto nulla.
«Accidenti.- Sospirò con una delusione divertita. Mise mano alla maniglia, ma non aprì la porta: -Ero venuto qui per farti una domanda, ma non mi hai risposto.» Abbassò il capo e aggrottò le sopracciglia in uno sbuffo.


«Non mi piace, no, non mi piace proprio per nulla ingrigire le giornate di una sofferenza latente e cialtrona che mi perseguita.- Dichiarò Mycroft, controllando il polsino destro dove svettava uno dei gemelli color nero pece. -Ma al contrario mi piace che tu ne sia preoccupato, non solo sotto consiglio del mio caro fratello.» Controllò l'orologio da taschino e prese nota dell'orario in cui era in pausa l'ispettore.
«Soddisfa un po' il tuo ego.» Non c'era accusa in quell'intervento. Lestrade aspettò un attimo per ascoltare cosa gli avrebbe risposto.


Mycroft si costrinse a non ridacchiare, si avvicinò all'ispettore e poi concluse: «Puoi
aiutarmi tornando al Diogenes Club quando potrai accompagnarmi nel bere un Cognac o un Armagnac. Prometto di mentirti solo col sorriso
Greg fece scattare la maniglia, Mycroft lo lasciò andare sicuro che sarebbe tornato. Sicuro come era sicuro lui che non si sarebbe disinteressato alla sua compagnia.






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Buon lunedì (?) Buona sera -o qualsivoglia!-

Sono un po' arrugginita nello scrivere, magari anche un po' troppo prolissa. Pff. Ma spero vi sia piaciuto il legame che volevo si sciorinasse nel racconto. Per me Mycroft e Greg è probabilissimo che si siano incontrati, all'inizio al telefono e poi di persona. Ancor più probabile è che siano più che conoscenti, ma non amici. Un bilico di 'forma'. Così come non si può classificare il legame che unisce Sherlock e John, perché 'amicizia' sarebbe quasi offendere tutto l'ardore e la sofferenza che hanno patito. (E non per forza shippando la johnlock eh!)

Mi sto dilungando. Aiuto. Si può considerare un inizio. Un continuo (?) di una brotp o di una otp questa one shot. Volevo collegarmi al finale della 4x03 e rapportarmi di conseguenza. Io spero solo che vi piaccia, che si capisca e che, se avete pazienza, vi vada di recensirmi. ♥ (O se volete di lasciarmi un KUDOS su AO3, l'ho pubblicata anche lì: http://archiveofourown.org/works/9587192 )


*Gregory credo sia un headcanon, ma mi piaceva l'idea che Mycroft odi l'abbreviato di un nome, perciò non lo chiami Greg. (Gregson era fuori discussione! Molti lo chiamano tale, ma io ho in mente solo l'altro personaggio e non G. Lestrade così, dai!)

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Capitolo 2
*** Di quando Scotland Yard non sa ***


Summary: Sebbene non sia la sua divisione, l'ispettore Lestrade si ritrova a dare la caccia ai ladri del diadema di berilli. Ma anche un pedinamento può divenire letale quando c'è di mezzo un ricatto e i Servizi Segreti. Quando c'è di mezzo Mycroft Holmes poi, una situazione semplice si rivela fastidiosamente fuori scala per Scotland Yard. E Greg, seduto in un letto d'ospedale, lo sa bene.


Di quando Scotland Yard non sa



«“[...]segreteria telefonica dell'ufficio di Mycroft Holmes, al momento non posso rispondervi per tanto vi chiedo di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico e uno dei miei assistenti vi ricontatterà quanto prima. Buona giornata.”»
beep”
«Uhm, sì ciao, salve sono l'Ispettore Lestrade-... Greg; beh spero di non disturbare sulla linea ufficiale, ma ho solo il tuo numero di lavoro Mycroft e ho chiamato per scusarmi- mh... se oggi non potrò raggiungerti al Diogenes Club, ma sono-... impossibilitato. Mi hanno trattenuto all'ospedale più del dovuto dopo la sparatoria di Finsbury Park e appena potrò andarmene dovrò fare rapporto; come minimo non avrò tempo neanche per prendermi qualche ora di sonno e... oh-
«Ispettore si giri su un fianco
-Okay, io è meglio che chiuda qui. Non-... ahi, mi giro d'accordo, sta più attento, maledizio-...»
«“Il messaggio è stato registrato ed inoltrato con successo”.»

L'assistente personale di Mycroft Holmes dopo aver ascoltato il messaggio prese immediatamente la cartellina che aveva sistemato poco prima dentro il secondo scompartimento della scrivania in legno di mogano, si alzò dalla comoda sedia girevole e tolse l'auricolare che aveva nell'orecchio destro per chiamare al cellulare privato il suo capo, percorrendo nel frattempo il lungo viale che portava agli ascensori.
La linea era libera e dopo tre squilli l'uomo seduto comodamente su una delle poltrone del Diogenes Club, in compagnia di Lady Smallwood e di un bicchiere di Cognac, accettò la chiamata.
«Mr. Holmes le sto inviando la registrazione dell'ultimo messaggio sulla sua segreteria telefonica. È dell'Ispettore Gregory Lestrade, credo lei voglia ascoltarlo.» Le porte dell'ascensore si chiusero non appena la donna pigiò il pulsante per arrivare al piano terra dell'edificio dalle grandi vetrate a specchio e che fungeva da ufficio in trasferta quando Mycroft doveva ospitare o semplicemente parlare con qualche ministro estero o ambasciatore.
Pochi minuti dopo una chiamata accese il display del cellulare dell'assistente che istantaneamente rispose mentre entrava in una delle auto nere messe a disposizione del governo inglese ed indicava all'autista l'indirizzo in cui avrebbe dovuto portarla.
«Mi raggiunga qui al Diogenes Club con i file che le ho chiesto questa mattina sulla sparatoria. Li ha non è vero?» Questa volta Mycroft non si era limitato ad annuire col capo senza rispondere, come per la chiamata precedente, segno che si era allontanato da una delle innumerevoli stanze in cui vigeva la regola del silenzio assoluto ed era entrato nell'unica stanza in cui potesse parlare liberamente.
«Certamente, sono già in viaggio. -Di riflesso strinse i documenti che aveva ancora in mano per poi poggiarli sulle gambe. -Vuole altro signore?»
«In che ospedale si trova?» Il soggetto della discussione era chiaro.
«Al Wellington hospital, stanza 14c. Vi è stato un incidente sulla A503/Isledon Rd le consiglio di optare per un'altra strada se si recherà in ospedale.» La telefonata terminò e l'uomo che pigramente si era adagiato solo poche ore prima sulla sua poltrona in pelle ora con un gesto repentino guardò l'orario sul suo orologio da taschino e, prendendo l'ombrello nella mano destra, aspettò in piedi l'arrivo della sua assistente premendo la fronte contro il vetro della finestra della stanza, tradendo con quel gesto il suo stato di celata impazienza.

L'aria pomeridiana fuori era fresca, appena appena poco umida per la pioggia che in mattinata aveva raffreddato i già fiochi bagliori del sole che s'erano permessi di accarezzare la capitale i giorni precedenti.
Quella stessa mattina che, placida e uggiosa col solito indisponente guazzabuglio di strade trafficate e chiacchiericci molesti, aveva seguitato ad andare avanti anche dopo la sparatoria delle 11.37 ad opera di un uomo e di una donna noti alla polizia di Londra giacché, nelle settimane precedenti, si erano trovati invischiati nel furto del prezioso diadema di berilli¹, furto tenutosi nascosto alla stampa e ai civili poiché appartenente ad un esponente di spicco del governo inglese, noto non solo nel Regno Unito, ma anche all'estero. Vi era andato di mezzo un innocente, tale Arthur Holder che era il figlio del banchiere a cui, in maniera segreta e piuttosto sbrigativa il distinto uomo aveva prestato come garanzia il prezioso gioiello per avere immantinente la somma di 50.000 sterline. La discrezione era stata di vitale importanza per non far trapelare che l'altolocato signore avesse dovuto chiedere un prestito di una cifra così irrisoria e garantire con quel diadema dal valore inestimabile; grazie all'aiuto di Sherlock Holmes poi, Scotland Yard aveva potuto far luce sull'intera faccenda. Certamente una volta giunto alla dinamica del misfatto e recuperata la refurtiva Sherlock aveva ritenuto il caso chiuso e non più di suo interesse, non per questo però il lavoro della polizia poteva definirsi concluso: doveva acciuffare i due ladri latitanti.
George Burnwell era un giovane di mondo, un dongiovanni senza scrupoli e un affabile manipolatore, Mary era la nipote del banchiere e ne era rimasta affascinata, tuffandosi a capofitto in una relazione assai pericolosa. Insieme avevano progettato il furto del diadema dai trentanove berilli, cui somma era incalcolabile e sempre insieme avevano tagliato la corda dopo che Sherlock Holmes aveva iniziato a fare le domande giuste e la situazione s'era fatta irrimediabilmente più drastica.
La polizia aveva ottenuto tutte le prove per incastrarli e non solo di quest'ultimo furto, così segreto e tacito, ma anche di altri piccoli crimini avvenuti prima. Una escalation di azioni disoneste che s'era arrestata solo quella mattina quando gli uomini di Scotland Yard avevano trovato la donna, segnalata da una pattuglia in ricognizione che l'aveva riconosciuta, intenta a girovagare verso la Finsbury Park Station. L'ispettore Lestrade si era così avvicinato alla sospettata, cercando di non metterla in allerta per non far correre rischi ai cittadini che erano in attesa alla banchina della metropolitana, affiancato alla lontana da un suo collega in borghese.
Il piano era di seguirla e vedere se, una volta uscita dalla stazione, li avrebbe portati dritti dritti da Burnwell, altrimenti di arrestarla ciononostante, sperando che parlasse in centrale. In entrambi i casi l'attesa e la calma erano fondamentali poiché una sola mossa avventata in uno spazio chiuso avrebbe potuto causare incidenti; George Burnwell era conosciuto nel giro del malaffare per la sua indole rissosa e pessima compagnia di Arthur Holder, la giovane invece aveva avuto la fedina penale pulita, ma era divenuta in tutto e per tutto sua complice. Perciò sempre a distanza i poliziotti controllarono Mary scrivere qualcosa al cellulare e posarlo nella piccola borsa a tracolla, camminare a passo misurato e controllarsi attorno in modo guardingo, sistemandosi ogni tanto i capelli neri dietro le orecchie.
Giunse indisturbata nell'angolo sud-est del parco e scrisse un nuovo messaggio: lì l'area diveniva leggermente più isolata e decisamente più spaziosa se ci fossero state complicazioni di ogni sorta e il raggio d'azione e le eventuali problematiche non avrebbero coinvolto civili troppo vicini; sebbene ci fosse l'attenzione al dettaglio, l'azione in sé poteva ritenersi semplice e più volte Greg aveva alzato gli occhi al cielo in quei giorni poiché era stato assegnato a capo di quel caso solo perché i due ladri avevano tentato di trafugare un gioiello 'che scottava'. Non era la sua divisione, che cavolo.
Una volante della polizia era parcheggiata lungo la strada che portava alla fontana di Tom Smith con altri due agenti di pattuglia all'interno. Prendendo in considerazione questo, Lestrade che era il più vicino alla donna, si premurò di afferrarle un braccio e fu in quel momento che accadde l'inaspettato: da una macchina grigio metallizzato parcheggiata poco più avanti spuntò dal finestrino del conducente una pistola che fece fuoco sull'ispettore e sull'agente poco distante, i due poliziotti si abbassarono di riflesso al rumore dei colpi e Mary ne approfittò per sgusciare via dalla stretta di Lestrade; mentre anche gli agenti dentro la volante avevano acceso i motori comprendendo la gravità della situazione, altri spari provennero dalla pistola custodita nella borsa a tracolla della donna, la quale lasciò dietro di sé un morto ed un ferito prima di dileguarsi entrando alla svelta nella macchina dove alla guida risiedeva George. Non avevano fatto che pochi metri quando vennero bloccati definitivamente, da una parte la volante della polizia e dall'altra Lestrade che aveva sparato più di quattro colpi alle ruote posteriori.
Ci fu un ulteriore sparo che provenne dall'ispettore, questa volta facendo partire il colpo verso l'alto come avvertimento e fu in quel momento che dalla macchina, che aveva perso il controllo e s'era fermata per non schiantarsi, uscirono fuori la donna e l'uomo con una ferita sulla fronte data dalla brusca frenata che sbraitava nei suoi confronti, accerchiati dai due poliziotti in ricognizione.
In quel momento che, persa l'adrenalina, Lestrade accusò il dolore per il colpo inflittogli al braccio e si accasciò seduto sul marciapiede, sempre in quello stesso momento che vide l'agente in borghese lungo disteso sul brecciolino, una mano ancora sulla fondina e l'espressione sul viso innaturale.
I curiosi, i cittadini allarmati, altre auto di Scotland Yard e l'ambulanza arrivarono poco tempo dopo, fra uno scroscio di rumori e chiacchiere che faceva annegare Greg in un terribile mal di testa.
Non ci furono abbastanza parole di conforto e di rassicurazione in quegli attimi da parte dei soccorritori che poterono rinfrancare la mente dell'ispettore: una variabile non considerata aveva ucciso un suo collega e ferito lui stesso. Perché quella coppia aveva sparato? Qual era l'urgenza che aveva fatto di loro degli omicida piuttosto che dei ladri?
Solo quando gli avevano tolto il proiettile e stava aspettando di avere una fasciatura adeguata Donovan si era permessa di disturbarlo di persona, appoggiandosi con la schiena sul muro accanto al letto d'ospedale in cui Greg sedeva: «Hanno trovato tre valigette piene di denaro sotto i sedili dell'auto. -Aveva iniziato, con un accenno del capo come saluto.- E se ci sono di mezzo così tante banconote signore, il ragionamento ci conduce in due direzioni: la vendita illegale o il ricatto.»
«Il ricatto.»
«Come capo?»
«La vendita illegale George Burnwell l'aveva già fatta con i tre berilli del diadema, recuperati poi da Sherlock.- Sospirò a denti stretti, le fitte al braccio facevano dannatamente male. -No Donovan, qui lo schema è cambiato e non c'è bisogno di Sherlock Holmes per capire che se spari agli agenti di Scotland Yard, quando sei sempre e solo stato un truffatore, stai nascondendo più di un crimine che hai già commesso più volte.»
Donovan aveva annuito e sotto ordine di Lestrade si era congedata per saperne di più e supervisionare le indagini fino a che lui non sarebbe stato dimesso e avrebbe fatto ritorno in centrale.
Respirò sgraziato stringendo appena il pollice e l'indice sulla radice del naso e, nel mentre un infermiere iniziava a togliergli la benda per fare una nuova e durevole medicazione, s'arrischiò a chiamare Mycroft ricordandosi che era martedì pomeriggio e che non avrebbe potuto sostare al Diogenes Club come era ormai di sua consuetudine. Poco male, si disse, il suo umore era sotto un treno e di certo non sarebbe stata una buona compagnia nel cercare di distrarre il governo inglese dalla sua amarezza composta dopo le vicissitudini accadute neppure un mese prima a Sherrinford.

Fu così che lo trovò Mycroft Holmes un'ora dopo, ancora con lo sguardo accigliato e qualche sospiro di troppo, seduto a gambe incrociate sul letto della stanza 14c del Wellington Hospital. Una stanza bianca opaco, con la finestra aperta e separata con un paravento da un altro paziente. L'assistente di Mycroft aveva aspettato fuori, mentre l'infermiera di reparto aveva dovuto acconsentire, non senza qualche sonoro sbuffo, a far entrare l'uomo nella stanza anche se l'orario di visite si era concluso una mezz'oretta prima.
«Non dirmi che c'entra il governo, Mycroft.»
«Stai meglio?» Chiese invece serafico il maggiore dei fratelli Holmes. Era in piedi, l'ombrello stretto fra le sue mani come fosse stato un bastone da passeggio e lo sguardo leggermente torvo, crucciato.
Greg prese un lungo respiro e buttò fuori aria prima di ricominciare a parlare: «Sebbene il telegiornale non abbia ancora dato la notizia,- e qui Greg puntò gli occhi verso la piccola televisione presente nella stanza.- Sui social immagino che lo scontro a fuoco e le relative informazioni stiano rimbalzando più o meno da quando sono stato portato in ambulanza. Credo, quindi, tu sappia già tutto da questa mattina, no?-
«Non ho bisogno di leggere su Twitter per sapere che è caduto un tuo uomo.» Inclinò appena il capo.
-È morto. -Ribadì il concetto l'ispettore. -No, non ne hai bisogno. Ma appunto non era che mezzogiorno quando fui portato via dai soccorritori e... se sei venuto solo ora che è pomeriggio inoltrato, posso permettermi di pensare che non sei giunto qui solo per... sapere se sto meglio?»
«Avrei potuto avere qualche incombenza da sistemare o essere stato trattenuto.» Si avvicinò di un passo, portando la gamba destra avanti.
«Avresti potuto. -Acconsentì l'ispettore. -Ma non è così, vero?» Digrignò un poco i denti perché sentiva ancora il dolore vibrargli dal braccio.
«Non è neanche quel che stai pensando tu, Gregory. O almeno non è stato quello il motivo che mi ha portato qui un'ora dopo che mi hai chiamato.»
«Io ti ho chiamato perché non sarei potuto venire al Diogenes Club.» Commentò con una chiara rappresentazione dell'ovvio. Ma già era abbastanza sconquassato di suo, se poi ci si metteva pure Mycroft Holmes con le sue mezze frasi, non ne sarebbe uscito più.
«E io sono qua, allo stesso orario in cui saresti dovuto arrivare.» Gli fece notare, con un movimento leggero della testa in direzione dell'orologio, appeso al muro, che ticchettava accanto alla televisione spenta. Poggiò l'ombrello vicino alla parete bianca e si sedette in fine sulla scomoda sedia in ferro, accavallando le gambe; con una mano sbottonò la giacca lasciando intravedere la camicia bianca e il panciotto nero con sottili strisce grigie, oltre la sempre impeccabile cravatta, questa volta di color giallo con piccoli pois più scuri.
In un primo momento Lestrade lo guardò stranito, poi si massaggiò il braccio ferito e anche lo sguardo di Mycroft si puntò sulla fasciatura.
«Oh.- Esalò alla fine. -Ma non sarò di buona compagnia. Non credo proprio di-
«Lo so. -Lo interruppe l'altro. -Non sono arrivato prima perché qualcuno un giorno mi disse “Non ne sapete poi molto di sentimenti e rispetto voi Holmes, eh.²” Così ho rispettato i tempi, non sono un tuo familiare né un tuo collega e mi sarei preso un diritto che non mi apparteneva venendo subito dopo che eri stato ricoverato. Non ho voluto informarmi, ho piacevolmente trascorso la giornata con una mia collega e ho aspettato fino a che non saresti stato tu a chiamarmi.»
«Non ti ho invitato.- Biascicò sorpreso Lestrade, un leggero divertimento dolceamaro nella voce. -Sempre se si possa mai 'invitare qualcuno in ospedale'.» Rincarò, continuando a massaggiare il braccio.
«No. Ma avevamo un incontro e io volevo vederti.» Rispose schietto Mycroft, il tono che non ammetteva repliche.
Il silenzio che ne seguì fu un silenzio confortevole e appropriato. Greg si sistemò meglio poggiando il cuscino sulla testata del letto e si trascinò fino a far aderirne la schiena, mentre le gambe rimanevano incrociate. Aveva la camicia sbottonata e irrimediabilmente rovinata, poiché avevano dovuto tagliarla di netto per poter offrirgli le prime cure in ambulanza e i pantaloni grigi insozzati di brecciolino e polvere. Mycroft posò le mani sulle gambe, abituato com'era a schiarirsi le idee nel silenzioso Club di cui era fondatore; appoggiato sulla stessa sedia nella quale risiedeva stava il trench di Lestrade.

«Per un attimo ho pensato: ecco, ora mi portano al St Caedwalla's hospital.» Una risata di scherno verso se stesso proruppe dalle labbra dell'ispettore.
«Paura del tutto ingiustificata Gregory. Culverton Smith è dietro le sbarre e quell'ospedale ora è semplicemente un mediocre ospedale.» Si premurò di rispondergli pacatamente, con il tono che solitamente usava quando voleva scandire per bene un errore.
«Questo non mi ha tranquillizzato affatto. Non con un proiettile nel braccio che bruciava come l'inferno e la mia coscienza che gridava quanto è pazzo e furioso questo mondo!» Al contrario del tono iniziale con cui era iniziata quella discussione, le parole uscirono con un lamento ironico e piuttosto smussato.
«Hai ragione. - Concesse incrociando le mani e chiudendole appena. -Quando mio fratello e il suo Dottore mi hanno fatto un prank, per scoprire se esisteva davvero una sorella Holmes, la paura ha preso le redini della mia coscienza.» Oh, e la paura l'aveva decisamente reso stupido quando aveva provato a farsi sparare, facendo scoprire le sue intenzioni sentimentali dopo poche crudeli parole.
«Quello è stato un maledetto scherzo davvero, Myc.» Al diminutivo Mycroft alzò un sopracciglio, ma non glielo fece notare, preferendo annuire.
Nelle stesse settimane in cui la coppia era latitante il martedì pomeriggio, quando il cielo iniziava a tinteggiarsi di viola, Mycroft Holmes e l'ispettore Lestrade si incontravano al Diogenes Club; dopo quello che era accaduto con Eurus Holmes, Greg aveva voluto ascoltare il consiglio di Sherlock ed aiutare come poteva Mycroft, perché lui stesso ne era preoccupato. Già si vedevano abbastanza spesso, ma ora si erano dati una sorta di 'giorno promemoria'. Una serata all'insegna di poche formalità, il solito Armagnac in bicchieri costosi e la reciproca compagnia che a quanto pare era l'unica cosa che sembrava reclamare il più grande dei fratelli Holmes. La solitudine era diventata una presenza tetra... dopo la cella a Sherrinford, dopo le macchinazioni di sua sorella, dopo lo sconforto con i suoi genitori, dopo la rabbia per aver fatto quel tanto che non era mai abbastanza in casa Holmes.

«Credo sia giunta l'ora di andarmene da questo ospedale.- Continuò franco l'ispettore, puntellandosi con una mano e allungando le gambe per alzarsi dal letto. -Non so te, ma io ho bisogno di caffeina. Tanta caffeina. Quindi andrò alla macchinetta del caffè prima di firmare le maledette carte e andarmene.»
«Non- Non dovresti rimanere qui per la notte?» Chiese Mycroft, non tradendo un certa preoccupazione insita.
Lestrade gli scoccò uno sguardo poi aggirò il letto, la sedia su cui era seduto l'uomo e prese con il braccio buono il suo trench scuro: «Per una pallottola che non ha colpito nient'altro che carne?- Rispose alla fine sistemandosi sulle spalle l'indumento, senza l'intenzione di indossarlo. -No, no. Questi ospedali scoppiano di pazienti che stanno aspettando un letto e io ho avuto tutte le cure che dovevo; mi hanno prescritto qualcosa per il dolore dopo avermi fatto una lastra, sai. L'unica motivazione per cui mi hai trovato ancora qui a quest'ora è che il medico mi ha concesso qualche ora per riassestarmi, niente di più.»
E doveva essere chiaro il moto di sorpresa che accentuava le sopracciglia di Mycroft all'insù mentre lo guardava dal basso della sedia in cui era ancora seduto, tanto che Greg si sentì quasi costretto a sogghignare: «Non smanio all'idea di andarmene da un ospedale come fa tuo fratello,- poi divenne serio, prendendo il cellulare e il portafogli sul comodino.- Ma neppure mi crogiolo nell'idea quando c'è del lavoro da fare e un morto da seppellire con tutti gli onori.»
«Ti accompagno.» Furono le uniche parole che Mycroft Holmes fece uscire dalla sua bocca, prima di dirigersi a riprendere l'ombrello e seguire l'ispettore fra i corridoi bianchi, vuoti per l'orario e lucenti per quelle fastidiosissime luci a neon.
Dentro di sé invece Mycroft ingaggiava una chiara ramanzina nei suoi stessi confronti, rivangando nella memoria a tutte quelle volte che Sherlock gli aveva rinfacciato quanto fosse pigro, sonnolento, quanto gli piacesse crogiolarsi nel mondo di un'aristocrazia ormai persa fra le pieghe del tempo e solo vezzo di ricchi politici annoiati.
Le cose erano cambiate, certamente, eppure il suo atteggiamento riferiva superficialmente proprio quel comportamento sonnacchioso e arrogante.

Dopo aver sorseggiato avidamente un po' di quel caldo liquido scuro l'ispettore puntò gli occhi sul suo accompagnatore e decise di riformulare la prima domanda che gli aveva porto, togliendoci quel tono stanco e indispettito con cui aveva accompagnato quelle parole appena l'aveva visto entrare nella stanza 14c: «C'entra il governo con quello che è capitato oggi?»
Mycroft Holmes fece oscillare brevemente il proprio ombrello prima di annuire: era arrivato il momento della domande. C'era sempre il momento della domande con l'ispettore Gregory Lestrade, deformazione professionale che occupava tutta la sua vita.
«Sapevate che erano armati? Che avevano cambiato il loro modus operandi?» E con “sapevate” Lestrade intendeva i servizi segreti o chi diamine c'entrasse in quella storia di cui il maggiore degli Holmes era a conoscenza.
«Sì. E no. Perché non ve n'era stata occasione prima di oggi.» “Occasione”. l'aveva chiamata proprio così e l'ispettore lo guardò in tralice, si morse la lingua, ma continuò: «Dimmi quello che sai.»
Il sorriso mellifluo e a tratti irrisorio spuntò sul viso di Mycroft e Greg non poté fare a meno di pensare che, ecco, era da punto a capo; perché quando sorrideva a quel modo con lui, voleva dire soltanto che stava per raccontargli frottole. Ma Mycroft fece di più, glielo disse apertamente: «Posso dirti poche cose Gregory, ma guardami ora, perché se vuoi davvero delle risposte a tutte le tue domande, allora non saprai mai quando ti dirò il vero e quando ti darò una versione di fantasia. Vedi l'avvertimento che ti ho dato
Lestrade contrasse le labbra un momento e buttò il bicchiere di plastica vuoto nel cestino vicino la macchinetta, prima di azzardare a rispondergli. L'avvertimento era chiaro: se avesse voluto tutte le risposte che voleva lui gliele avrebbe date; ma non avrebbe fatto nessun sorriso, nessun gesto inconsulto e non avrebbe saputo cos'era vero e cosa non lo era. Sherlock l'avrebbe saputo, ma non era lì, accidenti a lui.
Proprio in quel momento la suoneria di un cellulare vibrò nel corridoio vuoto, Mycroft lo tolse dalla tasca interna e portò il suo apparecchio telefonico all'orecchio; tempo un paio di secondi e qualche assenso e chiuse la chiamata.
«Facciamo così, perché il mio intento è solo sapere per quale motivo ho un agente all'obitorio e una fascia a reggermi il braccio, -e s'indicò il braccio bendato. -Dimmi quello che puoi, per il resto tralascia. Non chiederò di più, non oggi almeno. Ora voglio risposte sensate.» C'erano volte, proprio come quella, in cui gli sembrava davvero di parlare con un politico corrotto. Mycroft si aggiustava la cravatta e sembrava che dietro quell'abito a tre pezzi nascondesse segreti inenarrabili; a quel punto si sentiva proprio un poliziotto scemo e incazzato, come quando stava a contatto con Sherlock.
Ma poi, una questione di istanti, Mycroft Holmes si divideva dalla figura del fratello minore e tutto, o almeno la gran parte, ridiveniva equilibrato: «D'accordo. Farò proprio così.- Ricambiò lo sguardo. -Hai ragione a pensare che sia un ricatto. Effettivamente è proprio un ricatto perpetrato ai danni di un uomo.» L'ombrello dondolò appena stretto fra le mani sicure dell'uomo.
Greg trasalì, aveva dato ordini a Sally di indagarci solo poche ore prima su sua supposizione. Quindi Mycroft sapeva anche cosa stava accadendo in quel momento in centrale, d'accordo; non gli importava come avesse avuto l'informazione, si disse, quello che gli premeva era altro: «C'è un'indagine interna... quindi l'MI5, oltre che la nostra a Scotland Yard, è così?»
«Esattamente.- Rispose con un tono di voce mite. -Ma non crucciarti più del dovuto; noi abbiamo seguito gli spostamenti della coppia senza interferire, fino a quando la polizia non ha riconosciuto la donna. A quel punto vi abbiamo lasciati da soli.» Greg abbassò lo sguardo e si sentì parecchio frustrato per un attimo. La polizia c'aveva messo settimane per rintracciarli! E, senza le informazioni del'MI5, ecco com'era finita.
«E perché mai?» La domanda sorse spontanea.
«Gregory, -e qui ci tenne a sottolineare con maggior enfasi il nome. -Ne valeva la segretezza del nostro caro uomo.» Alzò gli occhi verso l'alto.
«Se voi l'aveste presi-... se voi l'aveste presi avrebbero spifferato il motivo del ricatto e addio segretezza.» Si ritrovò a constatare. Ma era anche quella una supposizione senza uno straccio di prova.
«Non hai indovinato, ma non sei distante dalla verità. -Tralasciò, senza mentire, come gli aveva chiesto l'ispettore. -Noi seguivamo voi e voi seguivate loro per il furto del diadema di berilli. Il nostro caro uomo, di cui non mi è permesso dire il nome, è proprio il possessore del diadema.- Puntò il suo sguardo sull'anello che portava, considerando che Lestrade aveva deciso di interrompere il contatto visivo. -Comunque, l'importante era che voi avevate un mandato per arrestarli senza farli “cantare” sul ricatto. Voi non lo sapevate e loro si sarebbero presi meno anni di prigione, quindi sarebbero stati in silenzio. Ma è quello che faranno anche ora che hanno l'aggravante dell'omicidio: staranno in silenzio.» L'ultima frase sembrò più una minaccia che un'alta probabilità.
Greg si ritrovò a pensare che molto probabilmente il giorno dopo le tre valigie sarebbero sparite dal banco delle prove. Poi gli venne in mente che qualcosa non tornava: «Credo che la situazione sia più complessa di così. -Lestrade portò la mano del braccio sano fra i capelli, uno sguardo di confusione era ben visibile sul viso tirato. -Mary e George non sapevano il nome dell'uomo quando hanno tentato il colpo. Il banchiere l'ha assicurato al dedective che ha preso le deposizioni; non l'ha detto a nessuno e neppure a noi di Scotland Yard chi era il possessore del diadema dai trentanove berilli.»
Mycroft ridacchiò sommessamente, poi rimase con gli angoli della bocca alzati per un po' e Greg cercò di non farci caso. A quanto pare la coppia un po' inesperta aveva scoperto l'identità dell'uomo per vie traverse, fantastico... più efficienti di Scotland Yard.
«Il massimo che posso presumere è che il ricatto c'entri con le 50.000 sterline chieste in prestito. Sono un segreto che neppure il giornalista più promettente è riuscito a scovare... mh, merito del Security Service, immagino. 50.000 sterline, una vergogna aver bisogno di una somma così ridicola, per un uomo così importante. Oppure 50.000 sterline e quello che c'ha fatto sono una vergogna da non far chiacchierare.»
«Onestamente Sherlock pensa troppe volte male di te. Sei competente.»
«Sono nella polizia da un po', Mycroft. In più avere a che fare negli anni con Sherlock Holmes ha solo messo a dura prova la mia pazienza, non il mio impegno.- Un sorriso gli increspò le labbra, forse il primo così duraturo in quella brutta giornata. -E beh, grazie.»
«Hai assegnato importanza al dato sbagliato, ma sei competente sì.»
Lestrade fece schioccare la lingua sul palato e si rassegnò, negando con evidenza il capo. S'incamminò in fine con un'alzata di spalle verso l'atrio in cui avrebbe firmato l'uscita, sicuro che da lì a poco Mycroft l'avrebbe seguito e raggiunto.
I giorni a venire sarebbero stati pesanti, terribilmente pregni di lavoro e di preghiere e cordoglio, il braccio gli avrebbe ricordato quanto poco poteva fare Scotland Yard se c'erano di mezzo segreti che dovevano rimanere celati, ma un altro martedì sarebbe arrivato presto.

«Era il diadema?- Greg aveva rimuginato e riflettuto finché non erano usciti entrambi dall'ospedale. Una leggera pioggerellina sopra le loro teste e l'auto governativa ad aspettare il maggiore degli Holmes. -Ha sempre avuto tutto a che fare con quello stramaledettissimo diadema.³ Un buon agente morto, un buco nel braccio e insabbiamenti dell'MI5 per un gioiello... dimmi che mi sbaglio Myc.» Guardò il cielo plumbeo e si fermò davanti all'auto governativa dove l'altro uomo stava salendo.
Mycroft non rispose, ma si mosse sul sedile e gli offrì volentieri un passaggio fino in centrale per terminare quell'orribile giornata in buona compagnia.


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¹: Ho voluto omaggiare (?) Una delle storie più famose di 'Le avventure di Sherlock Holmes' ovvero 'L'avventura del Diadema di Berilli'. È come se fosse un proseguimento di ciò che accade nel finale; Mary è, nelle ultime righe della storia, latitante con Sir George Burnwell e qui si scopre che fine fanno. In più il tutto è avvenuto davvero a Febbraio, almeno secondo il racconto del Dr. Watson, perciò visto che quando l'ho postata su AO3 era questo mese... mi sembrava azzeccato!

²: Questa frase proviene direttamente dalla mia prima one shot (cui è collegata, almeno per il fatto che i fatti si susseguono dopo quella storia).

³: La trama si sviscererà in una terza one shot che posterò. Di certo ho voluto collegare questa alla mia prima storia su Lestrade e Mycroft e mi serviva un tramite per un continuo! Però seppur collegate da leggeri riferimenti, possono essere lette singolarmente.

Buon venerdì e buona sera! Sono prolissa, ma spero vi siano piaciute le interazioni fra questi personaggi che apprezzo tantissimo! Se vi fa piacere scrivetemi cosa ne pensate, se non sono stati chiari dei passaggi o se volete leggerne ancora(!) Anche solo un KUDOS su AO3 sarebbe tanto per me (la serie, link: http://archiveofourown.org/works/9811709). ♥
ps: Gregory è sempre un headcanon che oramai prendo per valido.


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Capitolo 3
*** Sguardi Appannati ***


hk


Summary: È passato un mese dalla sparatoria di Finsbury Park quando Mycroft scombina i piani dell'ispettore Lestrade per accompagnarlo alla prigione di Pentonville. La pioggia cade inarrestabile sul suolo londinese e due uomini si ritrovano ad avere conversazioni sempre più futili, ma sempre più amichevoli.

Sguardi appannati



Il trench era irrimediabilmente zuppo d'acqua, a tal punto che quando l'ispettore alzò il braccio, per bussare contro il vetro del finestrino, una sottile linea d'acqua attraversò il polso e s'infiltrò sotto la camicia provocandogli un brivido sulla pelle bagnata; bussò una, due volte prima di vedere dei movimenti all'interno dell'auto e decidere così di aprire lo sportello per accomodarsi in fretta sul sedile, del tutto intenzionato a non prendersi fino all'ultima goccia di quel diluvio che imperversava sulla città di Londra.
Una volta dentro l'abitacolo Greg strizzò leggermente gli occhi e sfregò le mani l'una contro l'altra sentendo ancora l'umido penetrargli nelle ossa: la pioggia non aveva risparmiato nessun centimetro della sua pelle scoperta e neppure avendo alzato il bavero del suo trench si sarebbe salvato dall'avere una brutta cervicale il giorno dopo.
«Buona sera Gregory.»
L'ispettore salutò l'uomo con un cenno del capo, battendo appena i denti: «Spero di non rovinarti la tappezzeria.» Aggiunse prendendo un lungo respiro, mentre appoggiava le mani su uno degli aeratori di aria calda presenti nella macchina.
Mycroft arricciò un poco le labbra, rafforzando la presa che aveva sul manico del nero ombrello: «Non guardi mai il meteo? Eppure il clima di Londra è spaventosamente abitudinario.»
«Fai poco lo spiritoso, non credevo di dover essere di nuovo io ad interrogare Mary e George Burnwell.- Rispose con un sospiro malcelato nel tempo in cui Mycroft si sporse appena verso l'autista intimandogli di partire. -Hai questa brutta abitudine di non avvertire mai e che uno debba sempre essere disponibile.»
«Non ti eri mai lamentato.»
Greg negò col capo: «Non mi stavo lamentando. Sono abituato alle improvvisate di Sherlock e alle tue chiamate sui casi che seguivamo io e lui prima ancora che ci conoscessimo di persona.- Cercò invano di non far cadere le goccioline d'acqua che gli rigavano le tempie dentro gli occhi, tamponando la fronte bagnata con una mano. -Ma è un dato di fatto Mycroft. E io non organizzo le mie giornate pensando a quando farai la tua comparsa scombinandomi i piani, ecco.»
«Avevi da completare qualche rapporto sulla tua scrivania.- E non era una domanda; abbassò appena il capo e prese dal taschino della giacca il fazzoletto con le iniziali M.H. ricamate sopra, porgendolo all'ispettore. -E non è martedì sera, perciò avevi in mente di dormire in centrale.» Solo il martedì sera si incontravano al Diogenes Club. Uno rinunciava alla Champions League, l'altro a qualche ora di silenzio e solitudine: quello era preventivato, quello regolava i loro rapporti in modo equo, sì; non il Governo Inglese che lo chiamava quando gli faceva più comodo, non un poliziotto di NSY che doveva scattare alla chiamata.
«Già.» Assentì questi e sorrise un attimo, il tempo di capire che nel gesto dell'altro c'era una ragionevole ammissione di colpa; perciò prese senza reticenza il fazzoletto bianco offertogli e si asciugò la fronte e la nuca mentre l'auto sfrecciava veloce nel traffico della piovosa metropoli, verso le prigioni dov'erano incarcerati la coppia del furto del diadema di berilli e della sparatoria di Finsbury Park: un furto segreto e taciuto alla stampa e una sparatoria che gli era costata un morto, un proiettile conficcatogli nel braccio e un indigesto umore nero per settimane.¹


«Quindi ficcanaserò nei servizi segreti col tuo consenso? Devo- devo sentirmi onorato o cosa?»
«Non ficcanaserai, non più del necessario almeno; e come sai l'interrogatorio è videoregistrato, ma- e qui fece schioccare la lingua sul palato Mycroft, l'ombrello al suo fianco ticchettava puntellando a terra mentre i due uomini camminavano a passo svelto nei corridoi vuoti e claustrofobici delle prigioni, scortati da alcune guardie carcerate. -Eri-... sei a capo del caso e ci serve la tua presenza, almeno una tua firma, per mostrare che l'MI5 è collaborativa quando dei poliziotti vengono uccisi. Tendenzialmente, almeno per mantenere i rapporti civili, cerchiamo di non calpestare più del dovuto Scotland Yard.» Il sorriso affabile che s'affacciò sul volto dell'uomo con l'ombrello era di pura cortesia. Non perché ce l'avesse con Lestrade, lo capì bene quest'ultimo, ma perché era lavoro e sul lavoro erano distanti mille miglia e su binari opposti. Perché per il Governo Inglese il lavoro erano affari e strategia, non lavoro sul campo e aspirine che ti aspettavano la sera sul comodino.
Il disappunto era comunque piuttosto evidenziato nei lineamenti contriti dell'ispettore: «
Certo. Questo quando per colpa di informazioni segretate e non condivise... Scotland Yard brancola nel buio e puff! proprio senza quelle informazioni i suoi agenti si ritrovano un buco in fronte.- Sebbene la frase fosse pregna di un'iraconda ironia, non era colma di risentimento verso Mycroft, l'esponente lampante di quell'ingranaggio di sotterfugi e decisioni pragmatiche che potevano affondare un uomo, un partito o una nazione. -Ma le insinuazioni sono cose che non mi competono. Ti serve l'ispettore che ha sbattuto in cella quei due, ti darò l'ispettore che cerchi e non un piantagrane.» Anche perché, appunto, il lavoro per Lestrade era proprio lo sporcarsi le mani e friggere nei problemi che gli si presentavano davanti.
«Bene.»
«Bene.- Silenzio. Anche il rumore delle scarpe sul pavimento lucido risultò ovattato. -Saprò anche che fine hanno fatto le valigette piene di soldi?»
«Gregory. -Un rimprovero con una punta di sarcasmo nel tono in cui aveva pronunciato il suo nome. -Non ti arrendi mai?»
«Al limite della legge, no. Mai.»
E le leggi chi le faceva? Davvero non poteva vincere contro Mycroft, non in uno scontro diretto versato sul potere che avevano. Ma almeno aveva la decenza di non accartocciarsi su se stesso non appena la situazione in cui gravava si rivelava più grande di lui. Beh, del resto era anche per questo che tanti anni addietro si era ritrovato a consultare un ragazzo dal comportamento impossibile e dalle maniere sgraziate e allucinanti, un ragazzo che era col tempo divenuto un uomo buono oltre che un grande uomo e che gli aveva permesso di risolvere crimini impensabili invece che archiviarli come l'ennesimo cold case. La decenza Lestrade se la portava dietro come un sassolino nella tasca, la decenza di non stringersi nelle spalle e scrivere il rapporto di un caso senza risoluzione, ma credere in un ragazzo e nelle sue abilità, credere nella seconda opportunità se con la prima non si arrivava da nessuna parte.
«Se avessi interpellato mio fratello ti avrebbe già spiegato ogni cosa. Del resto ha avuto a che fare con questi due criminali e sa abbastanza sul loro conto.» Greg non si meravigliò quando Mycroft pronunciò quelle parole. Anche non avesse visto le labbra appena morse in un gesto di stizza o le sopracciglia aggrottate dell'ispettore, quella affermazione portava con sé una logica quasi infantile: se credeva nella seconda opportunità e quella opportunità era proprio il fratello del Governo Inglese che l'aveva fagocitato in un caso che era diventato un affare dei servizi interni da chissà quando, sapendo solo che i ladri del diadema erano divenuti ricattatori, ricattatori poi di cosa non si sapeva, e in fine loro mal grado degli ottusi assassini pur di non farsi scoprire per quel dannato ricatto che aveva fruttato loro tre valigette di soldi fatte sparire dal banco delle prove, allora perché non l'aveva chiamato? Perché non aveva chiamato Sherlock Holmes?
Lestrade continuò ad incedere con passo sicuro verso la sala interrogatori, un piede dopo l'altro, girandosi con la testa solo un paio di secondi in direzione di Mycroft che gli era affianco e guardava dritto davanti a sé; alzò le spalle e provò a spiegarsi: «Non voglio. - Certamente c'erano più motivazioni nel voler contattare Sherlock che nel non farlo. Ma semplicemente avere a che fare con due Holmes nel medesimo caso non era una mossa saggia, no davvero; e poi... -Non è un caso attivo, faremo questo interrogatorio solo per prassi prima del processo a porte chiuse e Sherlock ha bisogno di riprendersi da Sherrinford.»
«Io no?»
«Non intendevo- oddio, non intendevo questo. Sherlock lo coinvolgo su casi attivi, su qualcosa che gli interessi e non chiedo una consulenza per delle mie curiosità perché non... poi...- Incespicò. -Mycroft tu-... tu mi hai chiamato qui.»
Mycroft abbassò cautamente il capo prima che un cenno di risata potesse scomporgli quella compostezza innata, quell'espressione algida che indossava come una maschera di ceramica.
Oh, gli piaceva prenderlo in giro facendolo cadere in imbarazzo su un argomento delicato, molto maturo per un Holmes. E dire che Lestrade gli aveva anche offerto una mano per uscire fuori da quell'orribile esperienza e i martedì sera al Diogenes Club erano il risultato di quella volontà accettata.
«Potrai sapere altri particolari; saprai delle valigette, ma firmerai un accordo di riservatezza, Gregory.» E lì finì la discussione perché il rumore del cancello automatico che s'apriva infranse ogni altro pensiero potesse aleggiare.


Riprendere la pistola d'ordinanza, infilarci i proiettili in un gesto abitudinario, automatico, far tintinnare le chiavi con il metallo della sua Glock 17, prendere le chiavi, il cellulare, il fazzoletto e in fine il portafoglio: una manciata di secondi di troppo nell'afferrare l'ultimo oggetto e Greg Lestrade poteva definirsi pronto per abbandonare il carcere.
«Sembri turbato. -Osservò Mycroft con noncuranza, come stesse parlando ancora del tempo e di quanto fosse stato sbadato l'ispettore a non chiedere a Sally Donovan il suo ombrello, sicuramente blu o marrone se era ancora nostalgica di Anderson, vicino alla scrivania e sul lato destro. -Ti stai anche toccando la ferita al braccio.»
«Ricattato e con lui ricattata l'integrità professionale di un intero paese perché aveva lasciato quattro giorni- Dio, solo quattro giorni un diadema dal valore inestimabile nelle mani di un banchiere! Scotland Yard non è riuscita a scoprire il nome del politico, ma Mary con l'inganno l'ha estrapolato allo zio banchiere. - Un fischio provenne dalle labbra di Lestrade. -Se le sorti dell'Inghilterra stanno in mano a politici così imbecilli e ladruncoli così perspicaci, mi sento... turbato sì, Mycroft.» E continuò a massaggiarsi il braccio dove aveva ancora una cicatrice rotonda e una benda leggera. Una volta all'aria aperta, dinanzi a loro si manifestò il paesaggio che avevano lasciato poche ore prima: la pioggia che non accennava a diminuire e anzi, con l'arrivo della sera, aveva portato con sé un freddo umido ed intenso; a destra dell'ala A della prigione di Pentonville dove erano rinchiusi i nuovi prigionieri e vi erano le uscite Greg potette notare le basse palazzine in cemento scolorite dal buio e dalla pioggia scrosciante, gli alberelli e i cespugli, le macchine parcheggiate in fila e alcune in doppia fila, pali della luce e alcune telecamere di videosorveglianza.
Aveva un freddo tale da bloccargli le articolazioni e non appena prese un respiro non si ritenne sorpreso nel vedere un piccolo sbuffo di aria condensata uscirgli dalla bocca, i vestiti gli si erano asciugati addosso e adesso che era di nuovo alla temperatura esterna si permise di rabbrividire.
Si ritrovò a guardare con un misto di stizza e di incredulità come Mycroft Holmes fosse ancora perfettamente presentabile, con le guance appena arrossate dal freddo e i capelli dai riflessi rossastri ben ordinati, la giacca come sempre leggermente più larga della sua corporatura e non perché non fosse fatta su misura, ma per un suo vezzo personale, la cravatta ben visibile sulla camicia beige chiaro e le scarpe marroni in pelle con punta rotonda. I due uomini non potevano essere più diversi in quel momento, mentre sostavano ancora oltre le porte dell'uscita e sotto la tettoia che li riparava dal temporale in atto.
La mano bianca e pallida di Mycroft scattò verso l'impugnatura dell'ombrello per poterlo aprire, ma si arrestò quando s'accorse di essere osservato con assai interesse.
Di riflesso quindi si girò verso il volto dell'ispettore che non si preoccupò di cambiare espressione o di abbassare lo sguardo, tanto era assorto e oggettivamente sfiancato dalla giornata per permettersi di alzare gli occhi al cielo con rassegnazione per essersi fatto scoprire.
Al che Mycroft accettò quell'accurata osservazione e aprì l'ombrello portandosi sotto la pioggia e invitando l'altro a raggiungerlo, seppur non sotto lo stesso riparo; del resto non era particolarmente avvezzo ai gesti di cortesia che potessero rasentare il contatto umano e l'auto governativa li aspettava pochi metri più in là.
«“
Politici così imbecilli”?- Domandò Mycroft ricordando le ultime parole pronunciate da Greg prima di quell'insolito gioco di sguardi.
Dovette socchiudere gli occhi e poggiarci una mano sopra, mentre gli si increspava un sorriso che avrebbe definito lui stesso poco intelligente. -Non starai mica commettendo vilipendio² Gregory?»
Lestrade sgranò un attimo gli occhi, ma poi quello che non si permise di fare Mycroft, lo terminò lui, non prima però di aver risposto con un'altra domanda: «Dici che dovrei arrestarmi secondo te?» Allo sguardo accigliato del maggiore dei fratelli Holmes allora Greg incominciò a ridere con sentimento, lasciandosi trasportare dal genuino divertimento. Seguì a pochi centimetri di distanza Mycroft e poi salì per primo nella macchina, quasi scapicollandosi, poco importandogli della carica sociale o di qualsiasi altra regola sulle buone maniere dinanzi ad una carica governativa... era lui che rasentava il ridicolo, fradicio dalla testa ai piedi, l'altro avrebbe capito.


«Non portarmi a Scotland Yard,- enunciò Greg che da quando era entrato nell'automobile aveva iniziato ad assopirsi, forse anche complice la poca caffeina in corpo e quel caffè che non ne voleva sapere di uscire dalla macchinetta del penitenziario di Pentonville, oltre alla già citata umidità dell'acqua che gli premeva sulle membra accaldate. -Sarebbe inutile a quest'ora. I piani sono saltati, ricordi?» Ma non glielo stava rinfacciando, anzi Mycroft s'accorse come fosse solo una frecciatina scherzosa quella, senza cattiveria.
«D'accordo, a casa tua allora.» Un semplice assenso all'autista davanti.
Un paio di secondi e Lestrade sussultò decisamente sul sedile, per poi girarsi accigliato e a metà fra il confuso e il sorpreso verso Mycroft, non proferendo parola però.
Rimuginò bensì fra sé e sé che quello di fianco a lui era il Governo e sapere dove abitasse lo poteva scoprire facilmente per fino un tabaccaio leggendo sull'elenco telefonico.
Allo sguardo di Lestrade stavolta così facile da leggere il politico accennò uno dei suoi soliti sorrisi supponenti, non ricambiando lo sguardo, puntandolo invece verso il panorama piovoso che si intravedeva veloce al di fuori del finestrino della vettura: «Del resto Sherlock ti ha dato per messaggio il mio indirizzo di casa, direi che siamo pari.» Quel messaggio che l'ispettore non aveva cancellato dal suo cellulare e che gli aveva mandato Sherlock dopo gli orrori accaduti a Sherrinford, ma che non s'era azzardato a leggere più d'un paio volte, perché gli era sin da subito sembrato scorretto presentarsi nell'abitazione dell'uomo; glielo aveva anche detto e aveva notato una certa forma di sollievo nel comportamento di Mycroft, così Greg aveva brontolato che il rispetto per il dolore doveva essere cosa nuova ai fratelli Holmes. Poi, molto più naturalmente e docilmente aveva acconsentito all'appuntamento fisso al Diogenes Club, meno intimo, ma comunque privato.
Lestrade annuì distrattamente, anche se l'altro non lo stava guardando e aspettò che l'auto nera giungesse dinanzi al piccolo condominio in cui risiedeva da quando aveva lasciato la moglie. Sebbene fosse lei in torto al momento della separazione, la casa era stata comprata da entrambi i coniugi e, non avendo figli, dovettero venderla per ottenere il denaro da dividere; la paga da ispettore di Scotland Yard gli era più che sufficiente e in più dormiva o sostava raramente in casa, troppo assorbito dal suo lavoro.
Quando l'auto parcheggiò dinanzi al cancelletto in ferro dell'abitazione, la pioggia serale era divenuta sentitamente più leggera e poteva quasi intravedersi qualche stella lì fra le nuvole scure e lo smog della City. Vi era traffico due strade più in là, ma esattamente nella via dove risiedeva l'ispettore solo qualche macchina passava di tanto in tanto.
Greg aprì lo sportello e si piegò poi da fuori sul finestrino che Mycroft aveva abbassato: «Beh, buona dormita Mycroft. A meno che non lavorerai durante la notte su come evitare la seconda guerra fredda!»
Mycroft arcuò le sopracciglia: «Era una battuta?»
«Non lo so, è una battuta?- Gliela rigirò lui, sorridendo. Si girò un solo momento per starnutire e stramaledirsi. -Oh dannazione! Non ho neanche un giorno di malattia da poter sprecare, stramaledizione.- Pausa. -Senti vuoi salire per un caffè?»
«Come?» Il politico istintivamente indietreggiò col volto.
Greg starnutì nuovamente, poi si fece avanti col capo poggiando la mano sul finestrino dove si intravedeva la mezza figura dell'uomo: «Ti ho chiesto se vuoi un caffè. Io decisamente! Mi offri sempre Cognac e Armagnac e non ho privacy che tenga con i fratelli Holmes, perciò- e starnutì girandosi un'altra volta per poi tornare a guardare Mycroft. -Se vuoi..?»
«Ti prenderai un malanno qua fuori, Gregory.» La voce risultò più fredda di quello che avrebbe voluto.
«Oh. Uhm- scusa, non ti ho mai neanche visto prendere caffè in vita mia, hai ragione. Pessima idea, ci vediamo!» E batté due volte il palmo bagnato sul vetro del finestrino.
La macchina sostò ancora qualche altro minuto nel tempo in cui Lestrade s'affrettò a cercare le chiavi e, mentre il poliziotto finalmente apriva la serratura del cancello, sparì dal quartiere confondendosi fra la luce tenue ed opaca dei lampioni e il buio penetrante della fosca notte.
Mycroft fece qualche chiamata nel frattempo che l'auto governativa si dirigeva verso la sua residenza e, dopo un breve dialogo anche con la sua assistente fidata per riconfermare gli appuntamenti che l'indomani l'avrebbero tenuto impegnato, si permise di sospirare: era stato sciocco per un dialogo così poco inusuale
per lui. Già con Lady Smallwood, che era quanto di più vicino ad una buona presenza femminile prima di Sherrinford avesse, quando gli aveva chiesto di andare a bere qualcosa era rimasto inebetito, perché di fingere fra sorrisi e favori era splendidamente acculturato, ma di comunicazione verbale e comportamenti consoni fra amici poco aveva esperienza; col risultato di sembrare impacciato, troppo preso al pensiero che chiunque gli avesse rivolto la parola gentilmente, se non a scopo lavorativo, avesse sbagliato soggetto e di certo non volesse trascorrere tempo con lui.
Non aveva neppure salutato Gregory, aveva semplicemente rialzato il vetro del finestrino e guardato la schiena dell'uomo che s'affaccendava ad entrare a casa sotto la pioggerellina.
Che maleducato! Pensò rimproverandosi. Si ripromise così di far portare del caffè di ottima qualità e di berlo insieme a lui al Diogenes Club il prossimo martedì sera, dove l'avrebbe senz'altro rivisto.
D'altra parte, e qui fu il pensiero di Greg a prevaricare intanto che saliva le scale del secondo piano, aveva ancora il suo fazzoletto.

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¹: La seconda storia che ho pubblicato si basa proprio su questo; questa one shot ne è la diretta successione, ovviamente però si può leggere anche senza aver letto le precedenti one shot, essendo una raccolta.

²: Reato sul disprezzare verbalmente istituzioni, defunti etc. O anche detta 'Lesa Maestà', che nel Regno Unito esiste ancora da quanto mi sono documentata.

Buon mercoledì sera! Spero vi piaccia questo continuo e scusate se faccio passare così tanto tempo, ma mi piace elaborare per bene i dettagli. Ho una domanda per voi: è troppo confusionario lo sfondo della vicenda? O meglio, il crimine dei due ladri, seppur in background, è troppo soffuso? Volete saperne di più in una prossima one shot con Mycroft e Greg o va bene così?
Tralasciando ciò SE volete lasciatemi un commento qui e/o un KUDOS su questa storia (se vi sono piaciute le dinamiche, se sono IC i personaggi), mi farebbe troppo piacere ♥
RINGRAZIO di cuore tutti coloro che hanno speso belle parole nelle recensioni e hanno messo fra i Preferiti/Seguite questa mia raccolta!

Alla prossima,
Giò.



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Capitolo 4
*** Il Mare È Pieno Di Pesci ***


Summary: È il compleanno dell'Ispettore Lestrade e una macchina nera governativa l'aspetta all'uscita da lavoro: Mycroft ha un regalo per lui, ma è quest'ultimo che gli regala un legame di cui il maggiore degli Holmes ne ha sempre fatto a meno.


Il Mare È Pieno Di Pesci

Le lancette dell'orologio posto sul muro bianco riverniciato da poco segnavano le ventuno e qualche minuto: fermarsi in centrale più del richiesto era ormai da prassi per l'ispettore Lestrade, ma non tutte le serate passate in quell'ufficio dalla fastidiosa luce a neon nelle ore più buie erano state tranquillamente piacevoli come quella per l'uomo. Non c'era stato alcun omicidio degno di nota, qualche rapporto da compilare e alcuni sopralluoghi di prassi certo, ma niente di più. La divisione H¹ aveva chiamato al centralino e Greg aveva fatto rispondere Sally all'ennesimo schiamazzo dei dedective di White Chapel; lui non ne avrebbe voluto sapere nulla almeno fino all'indomani.
Era un giovedì monotono, quanto di più lontano dalla normale amministrazione potesse esserci nella centrale di NSY, pur comunque accompagnato dal ricorrente chiacchiericcio dei colleghi, gli ormai noti passi frettolosi e strusciati dell'agente nuovo e i sempre fissi e chiassosi ordinari telefoni che non la smettevano di squillare neanche per la pausa pranzo; Lestrade stava contando i soldi rimastigli nel portafoglio, chiuso e seduto nel suo ufficio con la schiena leggermente chinata in avanti e una macchia di caffè sulla camicia, ricordo di uno dei bicchieri di Starbucks che s'era ingurgitato solo poche ore prima e di cui rimanevano in un angolo della scrivania tre bicchieri di carta vuoti e qualche bustina di zucchero strappata.
I colleghi gli avevano fatto gli auguri appena era giunto in centrale quel giorno, regalandogli un biglietto in posizione ottima per il Derby di calcio che si sarebbe giocato la settimana prossima e una camicia celeste scuro dal taglio improponibile che non avrebbe messo mai, ma contava il pensiero; la giornata era trascorsa senza nessun intoppo, piatta a tal punto che verso le sette del pomeriggio molti poliziotti avevano lasciato la sede finite le ore di servizio senza aver fatto alcunché. Greg si era fermato più del necessario in centrale nell'aspettare un orario consono per andare ad un pub a brindare al suo anno in più sulle spalle, per nulla infastidito nel rimanere ancora qualche ora rinchiuso nel suo ufficio personale, con meno rapporti da firmare del solito e un inguaribile senso di beatitudine sul volto stanco. Si ritrovò a pensare a quanto fosse stato graziato per quel giorno e a ridacchiare pensando a Sherlock Holmes e a come lo avrebbe rimproverato di star battendo la fiacca.
Si alzò pigramente dalla sedia, prese la scatola contenente la camicia sotto braccio, il biglietto del Derby se lo infilò in tasca, s'infilò la giacca nera e salutò gli agenti che stavano prendendo servizio in quel momento prima di lasciarsi alle spalle Scotland Yard. Fuori di lì la quiete ovattata che sembrava circondare la sua sezione si piegò su se stessa dinanzi alla moltitudine di taxi che sfrecciavano sull'asfalto e auto in doppia fila, clacson e turisti concitati che camminavano e discutevano animatamente prendendo il bus notturno, colori sgargianti delle insegne ad intermittenza e semafori impazziti che facevano correre a perdifiato l'agglomerato di persone poste sul marciapiede in attesa di attraversare. Greg pensò quanto Londra fosse uno spasso, così adrenalinica e sfuggente e piena di vita a qualsiasi ora del giorno. Ricordava ancora quando aveva dovuto lasciarla per fare servizio obbligatorio fuori dalla sua residenza e quanto gli era mancata, così come ricordava, e tutt'ora glielo ricordavano le sue occhiaie e l'esaurimento nervoso, come fosse rimasto impressionato dall'alto tasso di crimini brutali accertati nella capitale, una volta divenuto a capo della sezione di crimini violenti di NSY; col tempo non si era comunque mai stancato di apprezzare il suo lavoro né quella città che alle volte lo aveva semplicemente schiacciato sotto il peso degli eventi.
Tirò giù un sospiro e non appena il semaforo divenne verde guardò prima a sinistra e poi a destra prima di attraversare e raggiungere il marciapiede dall'altro lato della strada, andando nella direzione opposta agli autobus e ai pullman del concitato gruppetto di turisti. Neanche il tempo di fare cinquanta metri che riconobbe una macchina decisamente a lui familiare che a quanto pareva lo stava aspettando, poiché l'autista proprio in quel momento si decise ad aprire lo sportello posteriore per far uscire l'elegante figura di Mycroft Holmes fortemente illuminata dall'insegna blu di un fish & cips e dal lampione dalla luce alogena.
L'ispettore Lestrade si fermò lì sul marciapiede e un sorriso spontaneo piuttosto curioso gli spuntò sul volto: «Che fai ora mi aspetti dopo il lavoro?- Fece un cenno col capo in segno di saluto, il sorriso ad ammorbidirgli i tratti del viso.- A quando il primo appuntamento?» E qui lo oltrepassò mentre un accenno di risata gli gorgogliò nella gola.
Mycroft si girò a guardarlo senza fiatare, solo dopo un paio di secondi in silenzio fece un cenno con la mano all'autista che gli consegnò prontamente una busta color argento opaco prima di sparire nuovamente nel sedile riservato all'autista: «Il caffè è una cosa importante per te.» Affermò il maggiore degli Holmes con una tonalità perentoria.
Greg si grattò la testa con la mano che non stringeva la scatola sottobraccio, un po' spaesato da quella affermazione e un po' perplesso dal tono di voce serioso con cui Mycroft s'era presentato: «Il caffè? Non più di tanto... cioè... è una bevanda di cui abuso, perché mi tiene sveglio, mi piace e... beh...-
«Sei disposto ad averlo freddo, pur di averne uno di qualità migliore a quello della macchinetta nella sede di Scotland Yard, quando è chiaro che preferisci il caffè caldo con mezza bustina di zucchero, come lo hai preso al Diogenes Club questo martedì. Hai smesso di fumare per poi avere una ricaduta durata tre anni, ad ora sei pulito dalla nicotina, ma il vizio del caffè ti sembra accettabile e ti aiuta nel lavoro invece che rallentarti. Così ne bevi in quantità maggiore a quanto dovresti perché ti è rimasta la consuetudine di berne uno prima delle tue sei-... no, sette sigarette durante l'arco della giornata. Quindi la mattina hai preso l'abitudine di andare dallo Starbucks e di farti dare due bicchieri “tall”, più un altro nella pausa pranzo che consumi durante le successive ore lavorative. -Il politico ciondolò appena, senza il solito supporto dell'ombrello; poi lo indicò brevemente. -La prova del nove è quella chiazza che hai sulla camicia che s'intravede sotto la giacca: è recente, fredda, poiché se fosse stata bollente non te ne saresti accorto dopo un paio d'ore, avresti invece provato a smacchiarla subito e avresti avuto un alone; ma anche senza il tuo goffo tentativo di bere caffè mentre tenti di chiamare il sergente Donovan per non rispondere alla polizia della sezione H avrei comunque costatato un dato di fatto. Tutto questo infatti è...-
«D'accordo, perché mi stai deducendo a voce alta? -Greg tornò indietro di qualche passo, incrociò le braccia per quanto gli era possibile con la scatola e puntò gli occhi nocciola verso il maggiore degli Holmes, incespicando appena nel continuare. -Tu non sei Sherlock e il suo ostentare le sue deduzioni. Tu sei quello che ha già risolto tutto nella sua testa e sorridi irriverente a chi t'è davanti per quanto sia sciocco a non stare al tuo passo. Insomma, lo hai- lo hai fatto innumerevoli volte con me! Quindi mi chiedo, cosa è cambiato? Cosa ti innervosisce dal voler svelare le tue doti blaterando come tuo fratello?» Greg mise le mani avanti, quasi in segno di scuse per poi far scorrere una mano sulla radice del naso strizzando gli occhi, come quasi ogni volta che si trovava a discutere con Sherlock Holmes sulla scena di un crimine di cui aveva compreso un quarto di quello che era accaduto.
A Mycroft non piaceva essere interrotto: solitamente era lui che interrompeva gli altri per esporre i suoi ordini senza ulteriori seccature da parte di qualche pesce più piccolo. L'ispettore Lestrade allo stesso tempo però non lo faceva con cattiveria, bensì con quell'urgenza tipica di un poliziotto che vuole la confessione del sospettato in meno tempo possibile e non per la poca pazienza, ma per la soddisfazione di comprendere il perché del misfatto.
Il politico quindi storse appena la bocca in una smorfia, poi depositò di getto nelle mani di Gregory la busta che teneva saldamente fino ad un momento prima. Stette nuovamente in silenzio, in attesa che l'uomo davanti a lui aprisse l'argentata carta e scoprisse il contenuto; al contrario di suo fratello, con cui sin da bambini facevano a gara a chi prima deduceva cosa si erano donati senza neppure degnare di uno sguardo il corrispettivo pacchetto regalo -oh perché era tutto lì il divertimento e non lo stupido dono-, con l'ispettore Mycroft doveva portare pazienza per costatare la sua reazione, positiva o negativa che fosse.
Greg non comprese immediatamente in verità, tutto quel passare di mano in mano di quella busta anonima l'aveva confuso; poteva contenere, per quanto lo riguardava, pure un pacco bomba, tanto sembrava misterioso e senza uno straccio di spiegazione verbale tutta quella pantomima.
Ma del resto di tante cose poteva nutrire dei dubbi, non di certo però dimenticarsi di chi avesse davanti e quanto ogni azione di quell'uomo avesse sempre un chiaro disegno e un meticoloso senso. Perciò si disse che, se quella busta adesso era riposta nelle sue mani e non stava forse pensando troppo scioccamente, poteva significare che era per lui.
«Cos'è?» Azzardò a chiedere il poliziotto.
«Aprilo.» Concesse l'altro guardandolo negli occhi mentre Lestrade puntava lo sguardo sull'argento opaco della busta.
«Non contiene rapporti, né fascicoli.- Scartò l'ovvio, giusto per essere certo di non essersi fatto un'idea sbagliata. La sua voce aveva assunto un tono altamente interrogativo:-E fa rumore?!» Con una mano scosse la carta argentata, più pesante di una qualsiasi dispensa di carta a4.
«È un regalo Gregory, non farmi pentire di avertene fatto uno proprio adesso.» Incrociò le dita in grembo con un certo nervosismo celato dal solito sorriso irritante e mellifluo. Il sorriso da “uomo con un piccolo incarico governativo” che tanto urtava l'ispettore.
«Lo sospettavo.- Soppesò le parole Greg, stringendo d'istinto il braccio al corpo per non far scivolare la scatola della camicia celeste. Gli occhi concentrati a scartare il pacchetto mentre la luce del lampione aveva iniziato ad illuminare la via ad intervalli sempre meno regolari, segno che si stesse fulminando. -Ma un regalo per me... fatto da te...- Sbuffò stranito.- Permettimi di essere restio a credere che te ne freghi qualcosa.»
«Al contrario di mio fratello so cosa siano le buone maniere e le consuetudini. Poi che io le ritenga prive di qualsivoglia significato è un altro-
«Sono capsule per il caffè! Capsule originali, di marca... e sono più di settanta, Buon Dio Mycroft!- Interruppe Greg, con la faccia più straordinariamente sbalordita che potesse fare. -Ma quanto diamine hai speso! Hanno... che razza di nomi sono questi?! Fortissio lungo, Vivalto lungo, Envivo lungo e Linizio lungo.» Elencò con tono stupito e gradevolmente colpito, leggendo ciò che era scritto in sovrimpressione sulle quattro scatole, concedendosi di rimanere sgomento ancora per un po'. Era un povero poliziotto ignorante su qualità e marchi di fabbrica, l'unica accortezza che si premeva di fare era quella d'andare allo Starbucks per non morire avvelenato dalle cialde sottomarca stagnanti della macchinetta del caffè di NSY.
Mycroft si decise a fare un passo indietro dinanzi all'entusiasmo stravagante dell'ispettore che, e se l'era annotato, l'aveva interrotto una seconda volta nel giro di pochi minuti: «Ovviamente non hanno niente a che spartire con un ottimo caffè di specie Arabica o Canephora, allo stesso tempo però queste capsule potranno essere un discreto rimpiazzo, usandole nella macchinetta del caffè che hai nella tua sezione. Unirai così l'utile col dilettevole: avrai il tuo vizio, ma potrai risparmiare tempo, restando in sede senza andartene in giro, rimanendo alla scrivania a lavorare.» E un'occhiata eloquente fu tutto quello che ottenne Lestrade prima che lo sguardo guardingo del politico non si posasse su altri lidi.
«Non ti troverò sgradevole per la tua ultima insinuazione Mycroft. Non ti darò questa soddisfazione. -Dichiarò Greg per niente irato, anzi con una vibrante risata a scaldargli il cuore ed ad imporporargli le guance. -Non dopo che mi hai fatto questo regalo! Grazie, davvero.- Poi alzò il braccio destro per stringergli la mano che non ricevette immediatamente e che si premurò di allacciare con forza una volta ottenuta. -Non credevo che un Holmes potesse ricordarsi il mio compleanno. E perdonami se faccio paragoni, penso sia ingiusto da parte mia, però Sherlock da poco ricorda il mio nome... e tu mi fai questo bel gesto... umano. C'è qualcosa di inquietante- ma ehi, va benissimo così, eh!» Scherzò l'ispettore piegando appena la testa in avanti stringendo fortemente fra le mani il dono ricevuto.
Mycroft Holmes dovette far capo a tutte le sue buone intenzioni per non scoppiargli a ridere in faccia per quanto quell'ispettore gli sembrasse ridicolo e patetico dinanzi ad una stupida convenzione sociale che a quanto pareva tanto gli premeva: un uomo grande e grosso, ferito dalla sua vita familiare, sfibrato dal lavoro che aveva scelto in gioventù che riusciva ancora a sorprendersi per un gesto così abitudinario, così dozzinale.
Però fu anche per quella banale gratitudine genuina e profonda, quella sorpresa sincera che gli lesse in volto senza alcuna difficoltà, fu proprio per quella grama emozionalità che gli ricambiò la stretta di mano, lui così intollerante ai contatti fisici, e si sentì sereno con se stesso per aver deciso di fargli un regalo e di aver trovato un po' di tempo libero per consegnarglielo di persona. Non era più solo uno sdebitarsi per la piacevole compagnia farneticante e senza scopi lavorativi che Gregory gli offriva, non più solo uno scambio di favori, un prezzo da pagare, un risarcimento per quel volenteroso poliziotto di Scotland Yard che aveva cercato di tenergli testa negli anni passati dichiarandogli quanto non apprezzasse la sua facciata da politico cortese e manovratore di folle, ma che dopo il tracollo di Sherrinford gli aveva alleggerito la mente porgendogli un aiuto, no. Era... era perché lo riteneva corretto. Non stava pagando l'idiozia comunicativa di un uomo con un dono, bensì aveva comprato un dono perché trovava sempre più indispensabile quella comunicazione.
Ovviamente erano solo fugaci pensieri di un uomo che forse dopo Eurus, dopo Sherrinford aveva rigurgitato una dose di autocommiserazione non indifferente che gli giocava brutti scherzi sull'empatia e l'emotività; pensieri decisamente puerili seppur sempre più insistenti. Mycroft decise dunque di congedarsi poiché il motivo per cui era giunto sulla strada ad est di Scotland Yard dove Gregory aveva parcheggiato l'auto l'aveva adempiuto e si era trattenuto anche oltre quello che aveva stabilito nel dover compiere quell'azione.
«Allora auguri e arrivederci Gregory. E fai attenzione con la Tequila, domani non hai il giorno libero.» Si congedò con, più che una raccomandazione, una vera e propria ammonizione, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni color grigio ardensia.
«Aspetta.- Indugiò Greg, il lampione smise di far luce ed entrambi gli uomini si ritrovano ad una penombra ancor più fitta, colorata solo dai riflessi di luci più lontane. -Aspetta.- Ripetette e fece un passo avanti sul marciapiede. -Vieni, ti offro una birra. Una birra- una birra o qualsiasi altra bevanda vendano a The Old Star².» E il tono di voce non ammetteva un rifiuto, seppur contornato da una bonaria inflessione, così comune quando parlava con Sherlock, ma decisamente poco avvezza a venir fuori quando c'era di mezzo il maggiore.
Greg aspettò però che l'altro annuisse, invece Mycroft Holmes lo sorpassò in due falcate con un'espressione abbastanza esplicativa e procedette in direzione del locale. L'ispettore rimase perplesso per una manciata di secondi di troppo, poi accelerando il passo lo raggiunse.
«Non puoi dire solo nella tua testa e sperare che gli altri lo capiscano!»
«Il mondo è pieno di pesci rossi, Gregory...»
« “Il mare è pieno di pesci, Greg.” Diceva mio padre. “Il mare è pieno di pesci, fai le tue esperienze e cresci.” Ho bisogno di una pinta. E di salatini!» Il senso della frase poteva definirsi quasi l'opposto rispetto a quello che aveva affermato Mycroft, ma semplicemente non aveva voglia di sentirsi dire ancor più chiaramente quanto fosse un uomo nella media o giù di lì. Aveva preferito per questo deviare il dialogo e poi accantonarlo non appena giunti di fronte al pub al 66 di Broadway.
Mycroft ammutolì e arricciò appena il naso, entrando dopo Greg nel locale, abbastanza affollato e angusto. Di certo non si aspettava quelle parole dall'ispettore: deviare la discussione certamente, sentendosi attaccato, ma non quelle parole. Traviare una frase negativa con un corrispettivo molto più piacevole eppur adeguato al contesto... scacco alla sua logica veritiera e altezzosa.


«Beh, buon compleanno a me.- Sussurrò Lestrade accostando il boccale di birra vicino al lato destro del labbro senza berne il contenuto. -Non avrei scommesso una sterlina che saresti mai andato a bere qualcosa con me, sai.»
«Perché?» Si allarmò l'altro uomo, alzando il capo che, fino ad un momento prima, era impegnato nell'osservare il movimento della sua mano che roteava il liquido dello Jägermeister nel bicchiere di seconda mano.
«Le persone, il popolo...- calcò mentre sventolava appena una mano in un gesto teatrale. -Il rumore!»
Mycroft annuì e bevve un sorso del suo amaro: «È vero. Allo stesso tempo però avrei potuto accettare non per l'ambiente, ma per la differente compagnia.»
«Disse colui che è cliente abituale del Diogenes Club!» Dovette rispondere d'impeto Greg perché le gote gli si erano leggermente imporporate di rosso per il velato complimento, o almeno lui lo aveva interpretato come tale; ma con Mycroft Holmes non si sapeva mai e forse quello era stato solo un furbo escamotage per togliersi dall'impasse di una scelta su cui si era già pentito.
«Co-fondatore.» Corresse l'altro.
«Come?» E finì la seconda pinta che aveva ordinato.
«Sono co-fondatore del Diogenes Club, non un cliente.» Tenne a precisare alzando le sopracciglia e stirando le labbra in un sorriso eloquente.
«...» Greg smise di rispondere affogando i suoi pensieri nella prima Tequila della serata. Una grande dote che avevano entrambi i fratelli Holmes era quello di lasciarlo troppe volte senza parole e... intimidito. Lui, un ispettore di Scotland Yard con la rassegnazione nel cuore solo nella sua vita familiare...


«Ero quasi certo che non avresti più preso la Tequila dopo le due birre chiare, visto che mi avevi invitato e volevi fare buona impressione perché ti mette ancora in soggezione la mia carica governativa.» Mycroft aveva notato immediatamente come il dialogo si era spento ancor prima che si sfiorasse la sciatteria delle chiacchiere da bar. Avrebbe dovuto esserne contento, ma non lo era mai con Gregory.
Accadeva sempre più raramente ormai, certo, e negli anni inizialmente si era divertito a osservare le sue reazioni così colorite dopo essere stato messo a tacere con troppa facilità.
Ma Mycroft non era Sherlock, non parlava quasi mai a sproposito turbando involontariamente, ne valeva il suo mestiere. E che quindi qualcosa sfuggisse al suo controllo e che non ne avesse il pieno potere non lo arrabbiava... gli dispiaceva. Non voleva il silenzio di Gregory e non aveva il minimo senso che lui avesse troncato così il discorso buttando giù un bicchiere di Tequila in pochi secondi.
Lestrade si morse appena la parete interna della guancia sospirando su quanto ci vedesse lungo il politico, ma si disse che non era il caso di essere troppo assoggettati e inquieti solo perché Mycroft Holmes l'aveva lasciato senza argomentazioni il giorno del suo compleanno, perciò rispose sincero con una scrollata di spalle: «Non mi impressiona più da anni la tua figura, Mycroft. Al massimo mi incupisce... La Tequila è stata un'emergenza dove pararmi prima che rimanessi a fissarti a bocca aperta come uno dei tuoi dannati pesci rossi. -E qui sorrise, ma non era un sorriso d'accusa, bensì un sorriso genuino. -Puoi biasimarmi?» Fece tintinnare il bicchiere con quello di Mycroft con poca convinzione.
Mycroft si mosse leggermente a disagio sulla sedia e incrociò solo dopo un po' lo sguardo dell'ispettore: «Dammi le chiavi della macchina, le darò al mio autista che parcheggerà la tua auto davanti a casa tua pronta per domani mattina. Se vuoi andarte-»
«Ehi, ehi non correre! Senti, come prima uscita fra amici in un luogo che ti mette a disagio... direi che va bene.- Greg marcò ancor di più il concetto di rimanere togliendosi finalmente la giacca e poggiandola sullo sgabello accanto.- E accetto ben volentieri il mio stato d'animo perché son fatto così: guardo partite, urlo ai miei uomini e mi dà fastidio quando rimango a corto di parole. Ma tu non lo fai per offendermi, non negli ultimi tempi almeno, lo fai perché sei fatto così: autoritario e disastroso nei rapporti con i comuni mortali. E se tu accetti il mio essere... uhm... che dire, un po' scontato... allora io brindo alla salute del mio pescatore!»
«Sì.» Questa volta Mycroft si premurò di rispondere prima di ordinare anch'egli una Tequila. Questa volta Mycroft sentì per la prima volta il termine 'amici' riferito alla sua persona senza che gli procurasse noia.
Sherlock avrebbe avuto qualcos'altro su cui sogghignare, ma in cuor suo lui ne era immensamente soddisfatto.




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1: La divisione H in realtà non so se in data odierna esista ancora. Era la famosa divisione piena di guai e rocamboleschi crimini di White Chapel, dove Jack lo squartatore operava. Adorando Ripper Street non potevo non citarla.

2: È un pub che si trova a neanche 10 minuti da Scotland Yard. È carinissimo, ma angusto e i prezzi sono più che decenti. Certo non è uno squallido pub londinese, ma se ce lo vedo Greg da solo a bere alcolici in una bettola, questo non posso dire di Mycroft(!)


Buona sera!
Ve n'eravate accorti? Ebbene sì, non ho mai scritto il termine 'amico/amici/amicizia' nei capitoli scorsi, perché volevo dare finalmente la terza tappa: stranieri, colleghi/conoscenti, amici. In realtà forse lo sono da un bel po', ma semplicemente ora Mycroft tende ad accettarlo.
Sapete qual è l'ultima tappa? Yo. Bene, benissimo ♥ Spero di rendere il tutto più naturale possibile. Come vi è sembrato questo capitolo? Vi ringrazio per i consigli e le belle parole delle scorse recensioni e spero ne riceva altre SE vi piace questa one shot.


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