My heart foreseeing your condemnation

di lallaharley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Camille ***
Capitolo 2: *** Reza ***
Capitolo 3: *** Erik ***
Capitolo 4: *** La Khanum ***
Capitolo 5: *** Il tramonto e la rosa ***
Capitolo 6: *** Il vero nemico ***
Capitolo 7: *** Inferno ***



Capitolo 1
*** Camille ***


Gennaio 1850

Mentre scendevo dal' imbarcazione che mi ha portato dalla Francia in Persia un solo particolare mi saltò alla vista: il colore oro. Ogni cosa sembrava fatta d'oro, dalle case ai tappeti, dalla luce del sole alla sabbia del deserto.Era così diverso da Parigi, dove tutt'e le costruzioni sono regolari e distinte che, a contatto con queste città dell'oriente tutto appare esotico è anormale. Diverso.
Mi chiamo Camille de Moerogis de la Martyniere, moglie del conte Auguste de Chagny. Viaggiai alla volta della Persia in qualità di ambasciatrice francese, date le mie capacità nelle lingue e la mia vasta conoscenza delle culture orientali. Lasciai la mia famiglia, mio marito è il mio piccolo Philippe, per avventurarmi nella primitiva Persia e instaurare, secondo il ministro degli Esteri francese (un ciarlatano a mio avviso), rapporti con lo Shah in Shah ( Re dei Re). Ero stata affidata alle cure del Daroga di Mazenderan ( una delle capitali del paese ), un certo Nadir Khan, un membro della famiglia reale, che aveva dato prova di lealtà e fedeltà alla corona dello Shah.
Parlando di Nadir Khan, a quel punto avrei dovuto già incontrarlo, se non fosse per la folla che mi circondava. Mi sentivo sperduta in quella terra straniera. Era affascinante, questo sì, ma mi mancava comunque il profumo della mia Francia e ancor di più mi mancava il mio Philippe. Ovviamente mi mancava anche mio marito, pur non amandolo. Ero andata in sposa del conte De Chagny a sedici anni e avevo partorito Philippe a diciassette. Allora ero ancora una bambina sperduta usata come pedina da una madre troppo ambiziosa. Tuttavia devo ammettere che avevo preferito sposare un perfetto sconosciuto piuttosto che rimanere nella casa materna con quello zotico di mio padre. Il suo puzzo di tabacco e alcol e il suo tocco stomachevole infestavano ancora i miei incubi, incubi che solo le carezze di Auguste e l'amore per Philippe erano riusciti ad attenuare. Io non amavo Auguste e lui non amava me; tuttavia ci rispettavamo a vicenda ed eravamo diventati ottimi compagni di vita. Persa in questi pensieri, sussultai quando sentii una mano che si posava sulla mia spalla.
"Voi dovete essere Madame de Chagny?" Mi chiese l'uomo che ovviamente mi aveva riconosciuto per i miei singolari tratti europei. " io sono Nadir Khan , Daroga di Mazenderan e vostro  accompagnatore in questo paese". 
Aveva detto queste parole in uno stentato francese, del quale sorrisi.
" Non sapete quanto mi senta sollevata dall'avervi incontrato monsieur, mi sentivo un poco spaesata tra questa folla" risposi nel mio impeccabile persiano.
Il Daroga mi rivolse un sincero sorriso e disse:
" Sua Maestà imperiale lo Shah vi riceverà tra una settimana, nel frattempo vi offro la mia umile ospitalità nella mia dimora.
" Ne sarei onorata monsieur" risposi con un sorriso. Quell'uomo mi ispirava fiducia, non solo per l'amabile sorriso che gli solcava il volto ma anche per la generosità nei suoi occhi. 
Mi scortò fuori da quello che scoprii essere il mercato della città e mi condusse vicino a quella che sapevo essere una lettiga. Mi fece salire ( con non poca difficoltà devo aggiungere, data la lunghezza del mio vestito) e ci incamminammo verso Arshraf, 
la capitale persiana. Durante il viaggio Nadir ( mi aveva pregato di rivolgermi a lui con il suo nome di battesimo, come avevo fatto anche io), mi chiese della mia famiglia e io gli raccontai di Philippe e di Auguste e del mio ruolo nella società francese. Conversammo anche di musica, arte, letteratura e religione ( essendo lui musulmano e io cattolica).
" Siete sposato Nadir?" chiesi con semplicità, pentendomi tuttavia data la tristezza che si era posata nel suo sguardo.
" Mia moglie è morta di parto. Dopodiché non mi sono più sposato".
" Perdonatemi se vi sono sembrata indiscreta, non era mia intenzione turbarvi" risposo con tono colpevole.
"Oh Camille non vi preoccupate, non potevate sapere. Comunque conoscerete presto mio figlio di otto anni Reza" disse con semplicità.
Cercai tuttavia un altro argomento per distrarlo e così chiesi:" dove avete imparato il francese?"
Lui spostò lo sguardo verso il paesaggio e disse, con imbarazzo:
" Non siete la prima francese che incontro. Un... uomo a corte è francese come voi e mi ha insegnato un po' della vostra meravigliosa lingua".
Mi sentivo un po' allibita: non ero stata informata della presenza di un altro francese alla corte dello Shah. " Qual'è il suo nome?" Chiesi curiosa.
"Erik".
Prima che potessi aggiungere altro, Nadir mi informò che oramai eravamo arrivati davanti alla sua dimora. Non appena riuscii a scendere dalla lettiga mi accorsi subito della bellezza della " villa" del Daroga. Non era maestosa, come molti palazzi che mi aveva indicato durante il viaggio, ma ugualmente ricca e con una veranda immensa che trasmetteva pace e tranquillità. Non feci in tempo a fare i complimenti a Nadir che da dietro di noi una piccola voce esclamava eccitata:
" Papà!"






Nota dell'autrice

Salve ragazzi! È la mia prima fanfiction perciò siate clementi. L'idea per questa storia mi è venuta mentre rileggevo ( per la decima volta) il libro di Leroux e mi sono imbattuta nella presentazione dei genitori di Raoul, tuttavia non vi avevo prestato particolare attenzione. Poi mentre rileggevo il romanzo di Susan Kay mi è venuta questa idea : e se uno dei motivi per cui Erik non fosse riuscito ad uccidere Raoul, oltre a Christine ovviamente, fosse stato il ricordo di questa fantomatica donna? Da qui mi sono fomentata e ho cominciato ad organizzare la storia che è ambientata nel periodo della permanenza di Erik in Persia. Consiglio, soprattutto nei prossimi capitoli, di non sottovalutare il rapporto tra Cami e il piccolo Reza, perché ho in mente di utilizzarlo ( soprattutto in relazione agli eventi descritti dalla Kay) per un avvenimento della storia originale di Leroux.
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e sappiate che ho già scritto il secondo e devo solo correggerlo. Fatemi saper cosa ne pensate e a presto!

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Capitolo 2
*** Reza ***


"Papà!"
Un bambino arrivò zoppicando e si avvicinò a Nadir. Pensai che questo dovesse essere il piccolo Reza e, notai subito, anche molto malato. Il bambino oltre a zoppicare, sembrava non sapere dove stesse andando.
" Reza." Disse Nadir abbracciando il bambino, poi si rivolse a me " Camille questo è mio figlio Reza".
"Salaam Reza" risposi con un sorriso.
" Possa la vostra permanenza in questa casa essere piacevole" mi rispose. Mi sorprese il tono con il quale il bambino si era rivolto a me ( oltre ovviamente al fatto che il bambino balbettasse e non riuscisse a parlare correttamente): era un comportamento un po' troppo adulto per un bambino di otto anni, e infatti il bambino cambiò subito espressione : " Madame siete francese come Erik." Chiese tutto eccitato.
Io rivolsi uno sguardo confuso a Nadir che mi rispose con un gesto di accettazione.
" Si Reza, è francese come Erik.
Per il momento non chiesi nulla, avendo già intuito che si trattasse della stessa persona di cui mi aveva parlato Nadir durante il nostro viaggio. Spostai L' attenzione verso Reza e dissi : " Mi chiamo Camille, ma tu puoi chiamarmi Cami", gli rivolsi un sorriso e lui mi ricambiò con uno sguardo sognante " Siete così bella Cami".
Quel bambino... così dolce eppure così sfortunato. Notai che Nadir non aveva avuto il cuore per rimproverare il figlio per un commento poco consono. Tuttavia disse:
" Lasciamo riposare la nostra affascinante ospite, deve essere molto stanca". Vidi la delusione sul volto di Reza e mi affrettai a rispondere " Vi ringrazio Nadir, gradirei farmi un bel bagno caldo  e poi mi piacerebbe passare un po' di tempo con il piccolo Reza".
Il bambino sembrò soddisfatto e se ne andò via mezzo saltellando ( per quanto le sue piccole gambe glielo permettessero). Non appena il bambino si fu allontanato Nadir mi disse: " Grazie Camille" . Non aveva bisogno di aggiungere altro. Dopo poco un servitore mi condusse nelle mie stanze e mi indicò la sala da bagno. 
Mentre mi rinfrescavo, riflettevo sulla mia situazione. Ero in terra straniera, nella casa di un perfetto sconosciuto. Tuttavia la gentilezza di Nadir mi aveva colpito : nonostante le sue disgrazie,  aveva accolto in casa sua una francese, esponendo di conseguenza al mio giudizio anche il piccolo Reza. Persa nei miei pensieri osservai meglio ciò che mi circondava. Era la sala da bagno più maestosa che avessi mai visto. Era ornata da arazzi che richiamavano luoghi naturali, aromi di vari incensi profumavano la stanza e l'acqua che riempiva la mia vasca era un miscuglio di vari sali che rendevano morbida e lucida la mia pelle e la epuravano da ogni sporcizia che, ahimè, si era accumulata durante il mio lungo viaggio. Rimasi nella vasca per più di un' ora. Quando uscii mi asciugai in fretta e mi vestii comodamente e, non appena misi piede fuori dalla porta, un servitore si avvicinò e disse nervosamente: " signora, il padroncino Reza chiede di voi". Sorrisi pensando al bambino che probabilmente stava assillando il padre e i servitori ripetendo il mio nome. " Vi ringrazio portatemi pure dal vostro padroncino" dissi al servitore che mi guardò come se si aspettasse di essere frustrato. " come ti chiami?" chiesi
" Darius mia signora " rispose lui con tono imbarazzato.
" Darius, non dovete temere di parlare in mia presenza." dissi gentilmente.
"Scusate signora, spero solo che la vostra presenza porti conforto al mio padrone e al bambino ". Darius mi guardò intensamente poi si girò e cominciò a camminare e io lo seguii. Provai istintivamente una simpatia per questo servo che teneva molto alla felicità dei suoi padroni. Preoccupazione che lo aveva spinto a superare la timidezza e a parlare con una donna di rango superiore, rischiando di essere punito ( cosa che non avrei mai fatto essendo stata sempre contraria alla violenza).
Quando arrivammo davanti alle stanze di Reza incontrammo Nadir che ne stava uscendo.
" Camille, vi ringrazio per essere venuta da mio figlio, come avrete capito non ha molti amici" notai che non aveva ancora accennato alla malattia del figlio.
" Nadir, è per me una gioia trascorrere del tempo con vostro figlio" risposi cordialmente.
Detto ciò salutai l' uomo ed entrai nelle stanze di Reza. Sembrava il paese dei balocchi: la camera era piena di giocattoli di ogni sorta, molti dei quali non ne capivo l'utilizzo.
Attirò la mia attenzione un carillon a forma di donna con un violino, particolarmente bella. Aveva lunghi capelli castani e tratti europei.
"Cami! Siete venuta!" Esclamò Reza da dietro di me.
"Certamente Reza come stai passando il pomeriggio?". Dopo avermi detto che fino a quel momento aveva studiato alcuni passi del Corano, cominciò a spiegarmi, sotto mia richiesta, il funzionamento dei suoi giocattoli: dei giochi con le carte, pupazzi di varia natura, piccole carrozze e così via. Quando arrivammo al grande carillon disse:
"Questo me lo ha costruito Erik, comincia a suonare soltanto se si battono le mani!".
Ah,ecco di nuovo Erik. Adesso tuttavia non c'era Nadir a distogliermi dalla mia curiosità e ne approfittai : "Mi potresti spiegare chi è  questo Erik? Nessuno vuole parlarmene" gli chiesi.
"Erik è il più grande mago del mondo!Ma non è  solo questo... è anche un grandissimo architetto -infatti sta costruendo un palazzo per lo Shah-, un meraviglioso musicista... un inventore... un genio!" Il bambino saltellava sulla sedia mentre parlava di quest'uomo. Questo Erik cominciava davvero ad incuriosirmi perciò dissi
"Allora non vedo l'ora di conoscerlo".
Con mia grande sorpresa il bambino si rabbuiò e disse con una smorfia: " Non so se vi piacerebbe conoscerlo... non è molto gentile con gli altri adulti anche se con me lo è. Poi ho sentito dire dai servitori che fa per la Khanum cos'è molto brutte. E poi indossa sempre una maschera".
Non ebbi il tempo per rimuginare su queste parole perché il bambino cominciò a tossire in modo tremendo "Reza!", la tosse era talmente forte che il povero Rezastava per scoppiare in lacrime. Lo presi in braccio e lo cullai fino a quando non si fu calmato , dopodiché lo misi a letto e, per rassicurarlo, gli cantai delle ninnananne fino a che non si fu addormentato, come di solito facevo con Philippe quando si svegliava da un brutto sogno. Quando tornai nelle mie stanze era già notte. Visto che non avevo sonno uscii in veranda dove trovai Nadir. Gli raccontai cosa era successo con Reza.
"Mi sorprende tuttavia, amico mio, che voi non mi abbiate ancora spiegato che tipo di malattia abbia Reza" azzardai.
Lui si fece scuro in volto: "Non lo sappiamo bene neanche noi, sappiamo solo che sta peggiorando... cerco di non pensarci per evitare di stare male. Dopo la morte di Rookheeya, Reza è diventato l'unica ragione della mia vita. So che anche voi avete un figlio Camille, perciò spero mi possiate capire... fino ad ora soltanto Erik è riuscito a farlo stare bene".
Capivo fin troppo bene ciò che mi stava dicendo, il solo pensiero della morte di Philippe o di altri miei futuri figli era insopportabile. Tuttavia in quel momento avevo anche altre domande per la testa: " Reza mi ha parlato di Erik... e mi ha detto che oltre ad essere un genio fa anche cose molto brutte".
Lui mi lanciò uno sguardo impenetrabile e disse: " È vero, Erik compie ogni giorno gesti terribili per compiacere la Khanum. Tuttavia non me la sento di giudicarlo un mostro solo per questo. Ho passato un po' di tempo con Erik e penso ci sia anche del bene in lui. Ricordatevi Camille che nessuno nasce un mostro ma l'odio e il disprezzo dell'uomo possono trasformare un'anima pura distorcendola in un miscuglio di rancore e dolore."
Sinceramente mi sentivo confusa: " Ma perché le altre persone dovrebbero odiarlo? Per il suo genio forse?" chiesi dubbiosa
" Se avrete modo di conoscerlo lo capirete" mi rispose, dopo una breve pausa continuò: "vi sto dicendo queste cose perché, ripeto, se avrete modo di incontrarlo spero che terrete a mente le mie parole: Erik non è un mostro è soltanto un ragazzo che ha sofferto molto e che si è costruito una corazza fatta di magia, musica e ironia per proteggersi".
Volevo chiedergli di più ma notai la sua -e la mia- stanchezza, perciò risposi:
"Vi ringrazio Nadir, terrò a mente le vostre parole"
Detto ciò, prima di scambiarci la buonanotte, mi informò che il mio incontro con lo Shah era stato confermato e che, nel frattempo, potevo godere ancora un po' della piacevole ospitalità di Nadir.




Note dell'autrice:

Salve! La storia va avanti.... nel prossimo capitolo incontreremo finalmente Erik.
Mi sto divertendo molto a scrivere e a programmare questa storia. Ho già fatto un programma per tutti gli altri capitoli e mi sento fiera di me!
È stato abbastanza difficile scrivere della malattia di Reza... povero bambino e povero Nadir! Nei prossimi capitoli scopriremo (uso la prima persona plurale perché queste sono scoperte anche per me) un po' di più sulla storia di Camille. 
Cronologicamente Camille ( o comunque la contessa de Chagny) ha già partorito Philippe da una decina d'anni, perciò Raoul ancora non viene menzionato ( avendo i due fratelli venti anni di differenza).
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e alla prossima!

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Capitolo 3
*** Erik ***


Capitolo 3

Il mio incontro con lo Shah si avvicinava. Avevo trascorso una settimana molto piacevole in compagnia di Nadir e Reza. Le mie giornate erano diventate una routine: durante la mattina controllavo i miei documenti, spesso traducendoli dal francese al persiano, consumavo un semplice pasto nelle mie stanze e poi mi recavo da Reza. Avevamo trascorso interi pomeriggi immergendoci nelle fiabe francesi più e meno conosciute e piccoli avvenimenti della mia vita; molto spesso si univa a noi anche Nadir e, entrambi, mi guardavano con occhi sognanti e consideravano fantastiche le storie che raccontavo loro (anche grazie alla mia capacità oratoria, modestamente). In quella casa si respirava un'aria di freschezza e di tranquillità. Non avevo più chiesto a Reza di parlarmi di Erik (anche perché era lui a parlarmi direttamente di lui) per non rovinare, con le mie domande, il mito di questo fantomatico genio. Per Reza ero diventata una seconda madre tanto che, una sera, addormentato tra le mie braccia mormorò "mamma", stringendosi ancora di più a me. Come era prevedibile, la sera prima della mia partenza, Reza scoppiò in lacrime Darius dovette portarlo via a forza. Per quanto mi dispiacesse lasciare quella casa, sapevo che il vero motivo del mio viaggio era per parlare e stringere accordi con lo Shah. Per incontrare quest'ultimo, la seguente mi preparai al meglio, per sembrare maestosa e regale. Indossai un abito da cerimonia, con colori che richiamavano la bandiera francese, dei gioielli di diamanti e rubini, aggiungendo un velo di stampo persiano, per mostrare rispetto per le tradizioni di questo paese. Quando incontrai Nadir, pronta a partire, era ormai mezzodì.
Per arrivare al palazzo dello Shah ci mettemmo più di un'ora, passando per il bazar (il mercato) della città, gremito di gente che camminava velocemente. Come nel giorno del mio arrivo mi sentivo spaesata e confusa, tuttavia la presenza di Nadir mi rassicurava. Finalmente arrivammo davanti al palazzo reale. Se la dimora di Nadir mi era sembrata ricca, quella dello Shah era assolutamente maestosa. Circondato da cancelli d'oro, sembrava di entrare in un altro mondo, mettendo in suggestione gli estranei e delineando il doloroso confine che, in Francia si cercava di dissimulare, mentre qui in Persia si accentuava, che era quello tra nobiltà e popolo. Questo confine e secondo mondo era messo in risalto dal contrasto tra lo splendore del palazzo reale e la decadenza del resto della città. Non che in Francia questa diversità non esista, anzi, come ho detto prima, da noi si cercava (e si cerca ) di nascondere la povertà e illustrare il mondo di bellezza di palazzi come Versailles o i castelli di noi nobili.
Una volta entrati nel palazzo, Nadir mi condusse attraverso grandi saloni, fino ad arrivare in un'anticamera con due grandi entrate.
"Queste due porte si aprono una sulla sala del trono, dove si riunisce il gran consiglio, e l'altra sulla sala delle udienze, dove verrete ricevuta dallo Shah in persona tra un'ora" mi informò, dopodiché fece per andarsene, non prima di aver aggiunto:
" Camille, ascoltatemi, lo Shah è un ragazzo capriccioso e altezzoso, tuttavia non dite mai niente che possa offenderlo, ne vale la vostra vita".
Aveva detto queste parole in francese. Evidentemente anche solo sussurrare poche parole che criticavano il sovrano era considerato un alto crimine. Nadir aveva rischiato molto per avvisarmi così lo rassicurai e, dopo che se ne fu andato cominciai a guardarmi intorno. Inutile dire che dopo un quarto d'ora ero già annoiata, così decisi di entrare nella sala del trono, giusto per fare qualcosa. Vi entrai e notai subito il possente trono collocata su un'alta pedana, impreziosito da un'immensa quantità di gemme preziose, come a indicare la superiorità dell' uomo che vi si sedeva.
Improvvisamente sentii la porta sbattere da dietro di me e mi voltai di scatto: la porta si era semplicemente chiusa, tuttavia tirai un sospiro di sollievo quando mi accorsi che niente era fuori dal normale. Proprio in quel momento sentii una voce provenire da dietro di me dire:
"Non è educato girovagare in casa altrui"
Mi voltai e vidi un uomo seduto comodamente sul trono, vestito con una lunga tunica blu notte e con il volto coperto da una maschera. "Erik" pensai.
Dopo aver riflettuto sulla mia risposta dissi : " Potrei dire la stessa cosa a voi signore".
Lui mi scrutò con uno sguardo gelido e rispose con tono gelido:
"Credete che faccia caso a simili sciocchezze umane?"
La sua voce gelida mi aveva sconvolto: era una voce naturalmente molto bella e impostata con un suono dolce e piacevole all'orecchio; tuttavia il gelo che aveva provocato ne aveva oscurato la bellezza.
Tenendo a mente le parole di Nadir cercai di essere il più cortese possibile: " Credo sia opportuno presentarci, anche se per voi, come avete detto, non valgono le regole di noi comuni mortali..." cominciai a dire, ma lui mi interruppe subito con un gesto noncurante e dicendo:
" Evitiamo i convenevoli petite comtesse , io so chi siete voi, e voi sapete chi sono io".
Sinceramente ero interdetta: come faceva a sapere chi fossi? Ma questa domanda era sovrastata dalla mia curiosità per la maschera. Non riuscivo a capire il perché dovesse nascondere il suo volto. Prima che potessi rispondere lui riprese la parola dicendo con tono minaccioso: " Confido nel fatto che non mi darete noia durante la vostra permanenza, poiché mi dispiacerebbe spezzare il vostro bellissimo collo con il mio cappio".
Provai istintivamente un moto di paura e mi maledissi per questa mia debolezza: mi ero ripromessa, dopo ciò che era successo con il mio odiato patrigno, di non provare più paura e timore nei riguardi di un uomo. Erik dovette accorgersi di questa mia esitazione e aggiunse con tono estremamente e pericolosamente dolce " Ma credo che non sarà  necessario, vedo che siete una piccola creatura indifesa petite comtesse".
Ok. Adesso ero veramente infastidita; passi il fatto che conoscesse già il mio nome, passi la sua arroganza, ma non potevo tollerare questo suo pregiudizio infondato. Cercando di mantenere la calma risposi gelida:
" Non credo abbiate il diritto di esprimere questa vostra affermazione, dato che io non sto esprimendo nessun giudizio sulla vostra persona, pur avendone ascoltati molti".
Lui cominciò a ridere, umiliandomi ancora di più, " Ma ciò che avete sentito sul mio conto non sono semplici storie o giudizi ma verità. Comunque perdonatemi se questo mio commento vi è sembrato inopportuno. Tuttavia devo presupporre che sia fondato, altrimenti non ve la sareste presa così tanto". 
Detto questo mi rivolse un inchino insolente e io ebbi la faccia tosta di rispondere: " Se vi ritenete tanto gentiluomo perché non vi togliete la maschera?".
Prima che potesse rispondere, certamente adirato, sentii la voce di Nadir dire:
"Camille!  Lo Shah è pronto per ricevervi... ma cosa ci fate qui dentro?"
Mi affrettai a rispondere con tono colpevole : " Perdonatemi Nadir, ma mi annoiavo".
Lui mi sorrise, poi finalmente si accorse della presenza di Erik che lo salutò:
"Salve Daroga! Ho voluto conoscere di persona la nostra piccola francese."
Nadir lo ignorò e mi condusse fuori dalla sala, tuttavia prima di uscirne mi voltai e dissi:
" Adieu monsieur" ma notai che Erik era già sparito. Senza commentare seguii Nadir che mi condusse nella sala adiacente che notai, era molto meno maestosa della precedente. Forse gli ambasciatori di altre nazioni non avevano bisogno di essere introdotti a tanta sfarzosità. Al suo interno vidi un uomo vestito pomposamente e, notai , molto giovane. Era Sua Maestà Imperiale lo Shah di Persia al quale venni presentata ufficialmente. Discutemmo dei rapporti delicati tra Francia e Persia. Gli espressi le più sincere speranze del mio ministro per un' eventuale alleanza. Una volta finito lui mi guardò con tono insolente e disse:
" Mi stupisce il fatto che una donna possa essere stata scelta per un ruolo così importante".
Cercai di non mostrare la mia irritazione verso questo suo commento sessista e risposi educatamente:
" Sono onorata di questo mio privilegio Maestà ".
Lui mi sorrise con uno sguardo che esprimeva il suo evidente interesse fisico nei miei confronti, tuttavia disse: " Spero possiate mostrarvi più di una... come vi ha descritto Erik? Ah si... come una arrogante debole creatura che crede di sapere tutto su come gira il mondo".
Ammetto che, contrariamente a ciò che conveniva al mio carattere, dimenticandomi per un momento tutto ciò che mi aveva detto Nadir, in quel momento riuscivo a descrivere Erik nella mia mente con un solo appellativo, che vi potrà rendere semplice capire il mio stato d'animo in quel momento:
"Stronzo".





Note dell'autrice:
Eccomi qua! Buonasera a tutti!
Finalmente Erik è arrivato. È stato molto divertente e interessante scrivere di lui.
In questo capitolo ci sono dei riferimenti al passato di Camille che descriverò in seguito. Ho aggiunto un commento sulla maschera di Erik ( quando Camille gli chiede di togliersela) per fare un paragone con ciò che dice Christine nel romanzo di Leroux.
Il soprannome petite comtesse è un richiamo al modo in cui Erik si rivolge a Raoul.
Da qui in poi le cose cominceranno a movimentarsi e a farsi ( spero) interessanti. 
Spero di poter aggiornare presto :)
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** La Khanum ***


Capitolo 4

Una volta terminato il mio incontro con lo Shah, arrivò un servitore che annunciava il desiderio della Khanum di conoscermi. La Khanum era la madre dello Shah e, da ciò che avevo sentito, anche molto influente. Si mormorava che fosse lei a tirare le redini dello stato e che suo figlio fosse totalmente succube di questa donna. Reza aveva anche accennato alle atrocità che faceva commettere a Erik e alla sua leggendaria bellezza. Lo Shah mi guardò deliziato e disse:
" È un grande onore, ciò che vi sta offrendo mia madre, spero mostrerete obbedienza e riconoscenza".
Detto questo se ne andò, lasciandomi nelle mani del servitore, senza neanche avermi dato il tempo di salutare Nadir. Mi incamminai per raggiungere la zona del palazzo dedicato all'harem.
Il confronto con Erik mi aveva riportato alla mente ricordi che pensavo di aver seppellito nei meandri della mia mente.
Ciao Camille... una voce roca, rovinata dal l'alcol e dal tabacco faceva capolino nella mia stanza ogni sera, anticipando una figura bassa e spiacevole alla vista. 
" No, lasciami stare" ripetevo come una nenia ogni sera, cercando di impedire ciò che inevitabilmente sarebbe accaduto dopo. Non ci riuscivo mai. Ma la cosa che mi ripugnava di più era il timore che provavo di fronte a quel' uomo e il senso di piacere che, inevitabilmente instaurava nel mio corpo. La mamma ovviamente  che non sospettava niente...
Fui riportata al presente dal nostro arrivo. Non appena attraversai la porta, il miscuglio di vari incensi colpì il mio naso e fui inondata da una tenue luce rossa. Ero entrata in un ampio cortile sul quale sovrastava un elegante balcone. Vidi distintamente alcune donne coperte da veli che bisbigliavano tra loro e mi guardavano. Cercai di non essere indiscreta e le ignorai. Tuttavia, dopo un quarto d'ora di attesa chiesi:
"Perdonatemi, potreste informare la vostra padrona che la contessa de Chagny è arrivata?".
Inutile dire che le donne mi guardarono come se fossi pazza. In quel momento si udirono delle risate cristalline, provenire dall' interno. Dopodiché si affacciò una donna vestita riccamente: in vita mia non avevo mai visto ne tessuti più pregiati dei suoi, ne anelli più belli, ne occhi più freddi. Questi occhi mi squadrarono dall'alto verso il basso e io mi ricordai di trovarmi di fronte alla madre dello Shah; così mi inchinai rispettosamente. Lei, mi sembrò, sorrise e prese la parola dicendo:
"Allora sei veramente così bella come tutti dicono petite comtesse. Avete conquistato tutti fino ad adesso... Nadir Khan, mio figlio... e da quanto ho sentito anche il mio amico Erik è rimasto sorpreso da voi."
Quest'ultimo fece il suo ingresso e mi guardò sprezzante, rivolgendosi tuttavia alla donna:
"Sorpreso dalla sua inaspettata arroganza Madame. Certamente non dalla sua persona mediocre".
Lei fissò per un attimo Erik con uno sguardo languido, lui tuttavia sembrò non accorgersi di niente. Poi la Khanum si rivolse a me contrariata:
"Hai per caso offeso il mio amico, ragazza?" chiese con tono imperioso.
Io guardai in alto e finalmente capii tutto. Erik era l'uomo più potente in quel paese; non perché fosse particolarmente ricco o nobile, ma perché aveva conquistato talmente tanto la Khanum che ormai ogni sua parola era legge. Tuttavia non avevo alcuna intenzione di sopportare ingiustizie da parte sua, così risposi rispettosamente:
"Maestà, io mi sono semplicemente limitata a rispondere alle provocazioni del vostro... amico... tuttavia non ho mai avuto intenzioni di offenderlo, casomai di proteggere la mia persona".
Lei sembrò soddisfatta e cambiò argomento dicendo con tono, questa volta annoiato:
"Così avete trascorso del tempo con quello sciocco del Daroga?"
Io mi ritrassi istintivamente nel sentir parlare così  male del mio amico. Erik ovviamente era stato in silenzio per troppo tempo per non aggiungere un commento:
"Ah adesso capisco da chi ha preso le sue maniere! Vi consiglio, mia cara, di scegliere più accuratamente le vostre amicizie!"
Quanto era odioso! Senza guardarlo gli risposi con tono secco:
"Sono perfettamente in grado di scegliermi gli amici da sola, la ringrazio."
La Khanum rise e si rivolse a me dicendomi:
"Dovresti ascoltare il mio amico. Così hai anche conosciuto quello storpio di suo figlio!"
A questa osservazione sia io che Erik ci irrigidimmo. Con quale crudeltà si poteva parlare di un bambino malato in quel modo? Non mi sfuggì lo sguardo d'odio che Erik lanciò alla sua signora, e in quel momento ricordai che quell'uomo era probabilmente uno dei pochi ad essere veramente affezionati al bambino. Tuttavia non riuscivo ancora a conciliare l'immagine di un uomo che rideva e scherzava con un bambino e l'arrogante uomo che mi stava davanti. La Khanum si accorse del mio sdegno (ma non di quello di Erik) e mi chiese di raggiungerla sul balcone.
"Anzi no!" esclamò " lascia che sia il nostro amico a portarti qui!".
Detto questo batté le mani imperiosamente e Erik si sporse dal balcone. Poi mi raggiunse saltando dal parapetto e atterrando con mosse aggraziate. Si avvicinò a me e mise una mano intorno alla mia vita. Era ossuta e fredda, oh molto fredda, ma nonostante ciò riuscivo ad avvertire come un'esitazione ed un senso di disagio da parte sua. Non che lo mostrasse, ma un'osservatrice attenta come me è in grado di capire certe cose. Senza guardarmi mi tirò su di peso e si avvicinò ad una corda che non avevo notato. In meno di due secondi mi trovavo davanti alla Khanum e Erik mi lasciò andare con uno scatto nervoso, come se temesse una qualche reazione da parte mia. Non appena mi lasciò provai una strana sensazione mista tra il sollievo e l'indignazione. Anche se tutt'a questa situazione puzzava di marcio. Erik non mi sembrava il tipo che assecondava senza battere ciglio agli ordini di qualcuno.
La Khanum nel frattempo si era tolta il velo, rivelando un volto estremamente bello:non doveva avere più di 35 anni. Tuttavia la freddezza degli occhi rendeva difficile definirla "bella", ma affascinante e inquietante.
"Lascia che ti spieghi una cosa bambina: esistono due tipi di donne in questo mondo, alcune sono fragili e belle come la porcellana, totalmente succubi di uomini che le considerano bambole, poi ci sono quelle forti, simili a pezzi di legno,che rivendicano là propria forza e la propria indipendenza. Ma una vera donna è colei che riesce a combattere le debolezze del proprio sesso, trasformandole in forze. Come me".
Dove voleva andare a parare quella donna? Per un momento pensai che tutte le storie che avevo sentito su di lei non fossero altro che assurdità. Poi però mi rivolse un ghigno e si avvicinò a d Erik.
" Adesso mi darai prova del tuo coraggio piccola..." detto questo sussurrò qualcosa ad Erik è questo si irrigidì. Improvvisamente vidi un lampo omicida nei suoi occhi e le sue mani stringevano pericolosamente una piccola corda legata sul suo fianco.
" Adesso Camille, avrete l'onore di assistere alla mia attrazione principale. Avanti Erik sbattile in faccia il volto della morte" disse ridendo.
Io finalmente avevo capito a cosa si riferisse e, devo ammettere, la curiosità mi stava mangiando viva. Mi avvicinai a lui... cercai di togliere la maschera e vedere il volto di quell'uomo. Ma lui mi fermò.
"Non vedrete mai il mio volto. Madama" disse rivolgendosi alla Khanum " mi ritiro".
Lei lo guardò indignata " Assolutamente no! Non ti muoverai da qui fino a quando non le avrai mostrato il tuo volto altrimenti... altrimenti quel tuo piccolo amico storpio finirà in pasto ai serpenti!".
Lui si avvicinò pericolosamente alla donna mentre io li guardavo disgustata.
"Voi... osate minacciare me? Perché vi assicuro Madame che potrei rompervi l'osso del collo quando voglio" sibilò in faccia alla donna.
"Perché non lo fai ?" Disse lei " o dovrei pensare che finalmente provi affetto per una donna?"
Intuii che aveva appena toccato un tasto dolente perché Erik si voltò schifato verso di me e si avvicinò dicendo:
"Questa... donna... non è altro che una piccola nobile senza storia e dignità, che non è mai uscita dal suo piccolo giardino incantato! Non potrebbe mai interessarmi! Io sono al di sopra di questi sciocchi sentimenti umani!".
Dentro di me nacque una rabbia sorda, che mi comandava di fare del male a quell'uomo che osava maltrattarmi in quel modo

Camiiiille...

Rabbia...

Vieni dal tuo paparinoooo

Improvvisamente mi avvicinai ad Erik e gli strappai la maschera. Lui si voltò ringhiando e infine lo vidi. Tutta la mia rabbia si dissolse e si trasformò in disgusto e orrore. Orrore per la.. cosa.. che si era mostrata ai miei occhi. Sentii la bile salire per la gola ma , non so per quale miracolo, riuscii a cacciarla indietro. Una faccia, se si può definire cosi, fatta di morte... senza un naso e senza occhi... un teschio. Improvvisamente mi si annebbiò la vista e cominciai ad indietreggiare... ad indietreggiare, fino a quando non arrivai fino al parapetto e li i sensi mi abbandonarono. Ma prima di chiudere gli occhi mi sembrò di scorgere, su quel devastato volto, una singola lacrima. 
Tutto divenne buio e l'ultima cosa che percepii fu la risata acuta e fredda della Khanum.









Note dell'autrice 
 Salve! Chiedo perdono per il ritardo ma tra campo scuola a Berlino e febbre non ho avuto molto tempo. Questo capitolo è stato particolarmente difficile da scrivere perché non riuscivo a descrivere bene lo smascheramento. Lo so, è molto breve, ma ho pensato che una donna che stesse per svenire non avesse il tempo di fare profonde riflessioni sull'essere umano.
In questo capitolo vediamo Erik sempre strafottente, ma anche, a mio parere più umano. La Khanum è perfida e stronza, ma in fondo, me la sono sempre immaginata un po' femminista.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e alla prossima!

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Capitolo 5
*** Il tramonto e la rosa ***


Capitolo 5
Il tramonto e La Rosa 

Mi risvegliai nel mio letto, nella casa di Nadir. Fu proprio quest'ultimo che trovai al mio fianco, seduto su una sedia.
"Ben svegliata" disse con tono gentile " sei stata incosciente per otto ore."
Io lo guardai confusa e non fu necessario esprimere la mia domanda a voce.
"Sei svenuta negli appartamenti della Khanum che ha ordinato di portarti qui." disse senza guardarmi.
Improvvisamente ricordai il motivo del mio svenimento e mi sfogai con il mio amico:
"Oh Nadir... è stato orribile. Non solo il suo viso, ma anche la sua persona. È stato così scostante e così arrogante! E la Khanum... è stata terribile! Come possono esistere persone tanto crudeli?" avevo cominciato a piangere.
Nadir mi guardò con compassione poi si alzò e si sedette sul mio letto e mi ci se le spalle con un braccio.
"Mia cara. Per quanto riguarda la Khanum posso dirti che non è sempre stata una donna crudele. C'è stato un tempo in cui ella addirittura amava la gentilezza e l'amore. Ma questo è stato tanto tempo fa. Adesso è soltanto una donna crudele e ti consiglio di non contrariarla mai. Molti uomini sono morti per molto meno."
Io lo guardai spaventata e dissi balbettando:
"Non può toccarmi, sono protetta dall'ambasciata francese, lei..." ma non riuscii a finire la frase che Nadir mi interruppe dicendo:
"No Camille,lei può fare quello che vuole qui e non c'è niente e nessuno che ti potrebbe salvare dalla sua ira. Neanche lo Shah". 
All'improvviso entrò un servitore -Darius- che sussurrò qualcosa a Nadir. Questo chiuse gli occhi e lo congedò. Io lo guardai; fino a quel momento mi ero concentrata sulle mie emozioni e non mi ero accorta del turbamento del mio amico.
"Nadir, è successo qualcosa?" Chiesi osservandolo bene.
Improvvisamente lui mi guardò con gli occhi lucidi.
"Pensa a riposarti" disse con voce rotta.
"È successo qualcosa a Reza?" chiesi.
In quel momento Nadir scoppiò a piangere e io pensai subito al peggio.
"Ha la febbre alta... il medico dice che potrebbe non superare la giornata" disse singhiozzando.
Versai anche io qualche lacrima pensando al bambino. Nadir mi guardò con il volto rigato dalle lacrime, prese fiato e disse:
"Per tutto il giorno ha chiesto di te Camille, posso chiederti di andarlo a trovare?".
Povero Nadir; stava accanto a me invece di stare con suo figlio, così risposi:
"Ma certo amico mio, anzi posso andarci anche adesso..."
Ma Nadir mi bloccò dicendo:
"No Camille, è soltanto l'alba e devi ancora riposare,potrai andare da lui dopo.
"Ma se tu sei qui, chi sta tenendo compagnia al bambino?"
Lui sembrò indeciso se rispondere sinceramente o no. Evidentemente propese per la prima opzione poiché disse:
"Darius mi ha informato che Erik è giunto da Tehran. Adesso è con Reza."
Nel sentire il nome di quell'uomo ebbi un brivido. Nadir se ne accorse e aggiunse con tono scherzoso: " tuttavia mi ha assicurato che non si avvicinerà a voi se non sotto vostra richiesta".
Io risi, non solo per il tono che Nadir aveva usato - molto simile a quello di Erik- ma anche per l'assurdità della situazione. Nadir rise con me per poi aggiungere con tono serio:
"Ti ricordo che Erik sa essere sia un uomo terribile sia molto affascinante. Non dimenticartelo."
Io non sapevo cosa rispondere, tuttavia optai per la risposta più ovvia: " Lo farò."
Nadir mi sorrise e si alzò dalla sedia.
"Allora ti lascio riposare Camille". 
Io lo guardai scettica e dissi:
"Non penso che riuscirò a dormire"
Lui sembrò illuminarsi e indicò una piccola bottiglietta sul mio comodino e disse:
" Quello è un infuso preparato da Erik in persona per farti dormire senza incubi. Ne dovresti prendere tre gocce diluite nell'acqua".
Detto questo se ne andò.
Io guardai la bottiglia come se si trattasse di veleno. Tuttavia una piccola voce dentro di me mi spinse a fidarmi, se non di Erik almeno di Nadir. Dopo averlo bevuto mi sentii subito molto stanca e mi misi a dormire.
Effettivamente dormii tranquillamente fino a tarda mattinata. Quando mi svegliai mi sentii decisamente riposata e -dovevo ammetterlo- era solo merito di Erik. Mi alzai e feci un lungo bagno. Mi vestii e mangiai qualcosa per colazione. Dopodiché mi precipitai negli appartamenti di Reza. Ancora prima di entrare, potevo sentire risate provenire dal l'interno della camera. Aprii piano la porta e vidi Erik e Reza ridere davanti ad un nuovo giocattolo. Oltre al sollievo -dovuto alla ripresa di Reza- provavo anche un po' di tenerezza: era una scenetta davvero commovente. Il bambino stava seduto sulle gambe di Erik che indossava - al posto del grande mantello che aveva indossato alla corte dello Shah- una semplice camicia bianca. Indossava la maschera. Sinceramente ero molto indecisa se entrare nella stanza o no, poi ricordai la supplica di Nadir e mi feci forza. 
"Buongiorno Reza, come ti senti?" chiesi dolcemente.
Il bambino si girò di scatto e si precipitò tra le mie braccia quasi svenendo a metà strada. Sia io sia Erik ci precipitammo d lui che però sembrò star bene. 
"Camille! Sei tornata! Mi sei mancata tanto!" disse con le lacrime agli occhi.
Erik lo prese in braccio e lo fece stendere su un piccolo divano. Notai che evitava volontariamente il mio sguardo,come se non esistessi.     Ovviamente anche io ero in imbarazzo ma, per il bene del bambino non dissi niente. 
"Mio piccolo Reza, mi hanno detto che sei stato molto male" dissi con tono amorevole.
"Oh si" disse lui " mi faceva tanto male la testa... non riuscivo a respirare... ma poi è arrivato Erik che mi ha guarito. È fantastico, non è vero?" mi chiese con occhi sognanti.
"Si... davvero particolare" risposi sorridendo. Particolare così come spaventoso e irritante, ma mi trattenni. Tuttavia dal mio tono di voce si percepiva una certa ironia che non scappò dalle orecchie sensibili dell'uomo. In quel preciso istante Erik si avvicinò con passo felino alla porta, salutò Reza e se ne andò. Improvvisamente mi sentii terribilmente in colpa, sembrava che quel l'uomo si vergognasse anche della sua stessa ombra vicino a me. Ed era tutta colpa mia. Non avrei dovuto strappargli la maschera, non avrei dovuto insultarlo -come lui aveva fatto con me-, ma avrei dovuto cercare di conoscerlo meglio.
Fui scossa da questi pensieri dal bambino che portò la mia attenzione su un nuovo giocattolo. In quel momento, con Reza sulle mie ginocchia, sentivo terribilmente la mancanza del mio piccolo Philippe. Mi sembrava così lontano e irraggiungibile,  che mi si riempiva il cuore di angoscia. Nel pomeriggio, dopo aver lasciato Reza per un sonnellino andai a cercare Nadir. Lo trovai sulla veranda ma , prima di avvicinarmi, sentii un'altra voce; e notai che stava discutendo animatamente con Erik. In situazioni normali, mi sarei ritirata discretamente, tuttavia fui trattenuta dell'argomento della loro discussione: io.
"Erik, non puoi ignorarla per sempre! Devi spiegarle la situazione." disse Nadir con forza.
"Daroga, tu non capisci! Non potrò più guardarla in faccia! Non dopo ciò che ha visto. Quella donna mi considera un mostro! E sinceramente sono stanco di dovermi giustificare con tutti." rispose Erik sdegnato.
Nadir cominciò a passeggiare
"Non ti considera un mostro e lo sai bene. È soltanto spaventata e confusa. E dopo il tuo comportamento di ieri non me ne stupisco, ma puoi benissimo farle cambiare idea." Si fermò credo per osservarlo e, vedendo che il suo amico non rispondeva continuò:
"È una brava ragazza, gentile ed onesta. Devi soltanto mostrarle il tuo lato buono e vedrai che si aprirà e  vorrà anche diventare tua amica."
"Non lo so Nadir, a me è sembrata una bambina insolente..." cominciò a dire Erik ma Nadir lo interruppe dicendo:
"Dalle un po' di fiducia e vedrai che cambierà idea su di te."
Ci fu un attimo di silenzio, poi sentii Erik dire:
"Io sono un mostro sia dentro che fuori... una creatura come lei non si avvicinerebbe mai ad un essere miserabile come me".
Mi sorprese il tono con cui pronunciò queste ultime parole: pieno di dolore e tristezza. Forse mi ero sbagliata su di lui e dovevo dargli una possibilità, come mi aveva suggerito Nadir. Risuonavano nella mia mente le parole che Auguste mi disse dopo che gli ebbi raccontato la mia storia: " Nessuno sceglie il proprio destino e molto spesso sono le opinioni della gente a farci diventare ciò che siamo". Saggio Auguste.
Dopo qualche secondo sentii il passo felpato di Erik allontanarsi e io aspettai qualche minuto prima di presentarmi davanti a Nadir che nel frattempo si era seduto a leggere un libro. Parlammo del più e del meno. Tutto intorno a noi era calmo e tranquillo e noi ci godemmo la calda serata sulla veranda di quella casa incantata. Prima di salutarlo dissi con tono sicuro:
"Ho pensato a ciò che hai detto questa mattina e ho riflettuto; ammetto di aver avuto qualche dubbio sul poter di nuovo parlare con Erik, ma dopo averlo visto con Reza mi sono ricreduta, dopotutto un uomo che ottiene un simile affetto da un bambino non può essere del tutto malvagio,no?"
Lui mi sorrise e io continuai:
"Per questo ho deciso di dargli un'altra possibilità... sai per caso dove posso trovarlo?"
Lui sembrò pensarci su e poi disse:
"Lo troverai di sicuro nel giardino ad ammirare le rose, è il suo posto preferito."
Salutai il mio amico e mi diressi verso il giardino. Stranamente, in quel momento non riuscivo a pensare a niente : la mia mente era completamente vuota. Finalmente arrivai davanti al giardino e mi avviai verso le rose tanto amate dalla moglie di Nadir. Più mi avvicinavo e più cominciavo a sentire una voce che intonava una melodia. Oh che voce: la più dolce che avessi mai sentito, così chiara e gentile, pura e fresca. In url momento lo notai: Erik stava ammirando una rosa, facendo scorrere le sue dita su di essa. Non mi ero ancora accorta del fatto che fosse attraente: alto, eccessivamente magro ma decisamente sensuale. Con quelle sue mani così sottili quanto delicate   che si muovevano quasi a ritmo di musica.
Stava cantando una ninnananna francese ma quando si accorse di me smise immediatamente. Io mi avvicinai trattenendo un sospiro mentre lui rimaneva immobile come una statua. 
"Sono molto belle queste rose non è vero?" chiesi con tono innocente.
Lui rispose con voce bassissima: "si".
Io lo osservai meglio, presi un grande respiro e dissi:
"Mi dispiace".
Lui si voltò come se avesse preso uno schiaffo: " come?"
"Ho detto: mi dispiace. Non avrei dovuto strapparvi la maschera ieri. Avrei dovuto capire il vostro disagio e comportarmi di conseguenza. Mi dispiace."
Lui abbassò la testa e mormorò:
"Sono io che mi devo scusare con voi. Non avrei dovuto parlarvi in quel modo."
Io lo guardai commossa: si era veramente scusato. Io cercai un altro argomento da affrontare e gli chiesi esattamente quale fosse la malattia di Reza.
"È una malattia molto rara, tra un po' di tempo rimarrà paralizzato e cieco. Purtroppo non c'è cura. Temo che tra qualche tempo Nadir dovrà subire una perdita molto grande."
Improvvisamente ricordai lo sguardo che aveva lanciato alla Khanum dopo che aveva insultato Reza.
"Siete molto affezionato al bambino  non è vero?" chiesi, ricordando la scena commovente che avevo visto quella mattina nella camera di Reza.
"È l'unico essere umano che mi ha amato da subito e senza fare domande. Per lui sono un angelo e un mago." disse ponendo lo sguardo su una rosa che, ancora non completamente fiorita, accoglieva i raggi del tramonto. 
Erik non si fidava ancora di me. Lo vedevo dalla sua posizione rigida e dal fatto che non incontrasse mai il mio sguardo.
"Potete anche guardarmi, non vi mangio mica." dissi sorridendo.
Lui finalmente mi guardò negli occhi:
"Oh petite contesse, un piccolo essere mediocre come me non è degno di ammirare la vostra magnificenza!" Eccolo di nuovo quel tono ironico e strafottente che tuttavia adesso mi fece sogghignare e non irritare.
"E anche io non sono degna di stare accanto ad un simile signore, con una così singolare personalità e aspetto." dissi io imitandolo.
Scoppiammo entrambi a ridere e fu in quel momento che vedemmo Nadir guardarci con soddisfazione e dire:
"Siete due testardi cocciuti, ve lo avevo detto che sareste andati d'accordo!"
Erik gli rivolse uno sguardo a metà tra il divertito e l'insolente e disse:
"Beh Daroga, la signora è sicuramente particolarmente sorprendente. È riuscita a cogliermi di sorpresa e a non farmi fuggire."
Io cominciai ad ammirare il tramonto. Forse una piccola luce nella mia piccola vita monotona si stava accendendo. Nadir ci salutò e io ed Erik rimanemmo per più di un'ora in silenzio, tra le rose illuminate dal tramonto rosso sangue. Poi ci ritirammo e io, nel letto, finalmente riuscii a trovare un po' di pace dalla lontananza da casa e, poco prima di addormentarmi, mi sembrò di sentire una soffice voce cullarmi con nelle braccia di Morfeo.





Note dell'autrice:
Salve a tutti! In questo capitolo vediamo Erik un po' troppo umano e comprensivo. È una scelta ragionata. Nella dimora di Nadir Erik si sente più umano e amato. Credo che questo influisca anche su suo umore e comportamento. Mentre al palazzo reale, viene trattato come un animale da circo e di conseguenza si comporta come un animale. Camille si rende conto di aver sbagliato e gli chiede scusa. Lo tratta da umano. Inizialmente ho pensato che il cambiamento di Camille nei confronti di Erik fosse stato troppo repentino, ma poi, riflettendo, mi sono resa conto di aver fatto la scelta giusta: Camille (come Raoul) ha un carattere dolce e docile. Tuttavia (sempre come Raoul) non è debole: è totalmente consapevole di aver sbagliato. 

Grazie mille e alla prossima!

lallaharley

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Capitolo 6
*** Il vero nemico ***


 Capitolo 6

 

Qualche giorno dopo, Erik partì per Arshaf, per continuare la costruzione del palazzo dello Shah, mentre io rimasi a casa di Nadir ad occuparmi dei miei documenti.

Mi era appena arrivata una lettera del Ministro che mi informava della razzia di una nave francese da parte di pirati persiani. Un evento purtroppo normale, essendo il tratto del Mediterraneo che andava dalle terre dello Shah fino alle terre Europee, continuamente attraversato da questi miserabili uomini che saccheggiavano e distruggevano navi che portavano un po’ di luce orientale ( attraverso profumi, spezie e stoffe) al mondo freddo e casto europeo. 

Tuttavia questa volta, i miei compatrioti si erano imbattuti in una nave pirata assoldata dallo Shah stesso. Il ministro richiedeva spiegazioni e io, in qualità di ambasciatrice, dovevo chiedere spiegazioni e ricordare al Re dei Re la supremazia della Francia. Una seccatura che mi avrebbe costretto a tornare davanti a quel viscido ometto. Amareggiata, passai ad una lettera di Auguste, nella quale mi raccontava le sue giornate e quelle di Philippe, sempre tranquille e piene di spensieratezza . Molto differenti dalle mie giornate. Insieme alla lettera, Auguste aveva aggiunto una foto di Philippe: era cresciuto di qualche centimetro negli ultimi mesi, tuttavia la foto non rendeva possibile vedere la luce negli occhi del bambino, di color nocciola e sempre allegri, ne i bei capelli ricci, di un bel castano chiaro tendente al biondo. 

Mentre osservavo con nostalgia la foto, qualcuno bussò alla porta. Un qualcuno che si rivelò essere Nadir. 

“ Buongiorno Camille” disse sorridendo “ti vedo un po’ preoccupata, è forse successo qualcosa?”

“Puoi ben dirlo amico mio” dissi io con voce tombale “ dei pirati assoldati dallo Shah hanno attaccato una nave francese. Oggi dovrò chiedere un’udienza ufficiale per ottenere spiegazioni”.

Nadir mi lanciò uno sguardo intenso, senza lasciar trasparire alcuna emozione.

“ Ma è proprio per questo che sei qui, no? Per risolvere queste controversie. Non puoi rimanere rinchiusa qui con Reza e dimenticarti chi sei.” disse sorridendo.

Sapevo che ciò che stava dicendo Nadir era giusto, tuttavia il palazzo reale mi faceva davvero paura.

“Non voglio tornare in quel nido di serpi. La Khanum, lo Shah... mi sembrano tutti dei mostri dai quali è impossibile sfuggire. Che ti controllano ad ogni passo, pronti a farti crollare.” Dissi sull’orlo delle lacrime. Mi stavo comportando da bambina e lo sapevo.

Stranamente, Nadir non sembrò molto  sorpreso e fece un sorriso di circostanza.

Allora una strana rabbia si accese dentro di me e non potei fare a meno di sputargli in faccia: “Tu lo sapevi già, vero?”

Lui abbassò lo sguardo e disse: 

“Avrei dovuto dirtelo prima lo so. Lo Shah ha richiesto la tua presenza davanti al Consiglio Reale. Molto probabilmente hanno intercettato le tue lettere...”

“Come è possibile!” esclamai adirata “ Erano lettere private,  non avevano alcun diritto di leggerle!”

Come osavano! Non solo eravamo nel bel mezzo di una crisi diplomatica, ma ero anche circondata dalla più totale ipocrisia.

Tuttavia, lo sguardo che mi lanciò Nadir fu freddo e di rimprovero.

“Ti avevo avvertito Camille. Lo Shah e sua madre hanno occhi ovunque. Ogni cosa che accade nel paese è un libro aperto per queste persone. Non si fanno scrupoli. Mi stupisci Cami, sei molto intelligente e avresti dovuto capire con chi avevi a che fare” .

Lo avevo capito, tuttavia mi ero lasciata trasportare dalla bellezza del paese e dall’infondata sicurezza che sarei stata protetta dalla mia patria. Mi voltai verso la finestra e vidi il Sole alto nel cielo e mi domandai come, in quel paese dimenticato da Dio, potesse esistere tanta bellezza. Finalmente avevo aperto gli occhi sulla realtà di quel paese: luci e ombre piene di ragni, spie e serpi. Ovunque girassi lo sguardo vedevo lo sguardo freddo della Khanum e l’insolenza lasciva dello Shah. Tuttavia era inutile continuare a parlarne. Mi congedai da Nadir e cominciai a prepararmi.

Non ricordavo di essermi mai preparata tanto velocemente. In meno di mezz’ora fui pronta e scesi nella veranda in attesa di essere scortata a Corte. Sentii dei leggeri passi dietro di me che si rivelarono essere di Darius che sussurrò:

“Signora, il mio padrone desidera donarvi questo” aprì la mano rivelando una piccola fiala.

“Cos’è?” chiesi tranquillamente.

Darius abbassò lo sguardo e, con voce tremante disse: “ per proteggervi dal veleno. Se a palazzo, dopo aver bevuto o mangiato qualcosa, vi doveste sentire male, ingeritene subito due  gocce e dovreste essere fuori pericolo”.

Improvvisamente quella fiala mi sembrò orribile. Ringraziai Darius e inserii la fiala in una tasca interna della gonna. Stranamente , mentre mi avvicinavo alla porta non riuscii a pensare a niente. Salii sulla lettiga con molta calma e tra me e Nadir, il mio unico compagno di viaggio, ci fu un insolito silenzio. Chiusi gli occhi, pensando alla mia famiglia e al mio giardino a Parigi. In questo periodo dovrebbero essere già sbocciate le primule e le violette che avevo piantato l’anno precedente.

Improvvisamente la lettiga si fermò, destandomi dai miei ricordi. 

Non appena entrai nel palazzo reale, due guardie si avvicinarono per scortarmi nella Sala del Trono e, nonostante tutto, mi sentivo tranquilla. Le grandi porte si aprirono per rivelare il Consiglio dello Shah al completo. 

Lo Shah mi squadrò dalla testa ai piedi con un ghigno malizioso.

“Mi è stato riferito che il vostro caro Ministro ha avuto da ridire sul mio comportamento, signora” disse educatamente.

Un modo gentile per accusarmi di aver messo in discussione il suo operato.

A questo punto prese la parola il Gran Vizir chiedendo umilmente a Sua Maestà la parola che fu concessa.

“Voi, mia signora, pretendete per caso di venire qui ed insegnarci come mandare avanti un reame? O forse volete addirittura mettere in discussione le parole del Re dei Re”.

“Veramente, mio signore, è stato questo Consiglio a convocarmi” risposi stizzita “ e mi sento profondamente offesa dalle vostre parole. Io sono qui come ambasciatrice, non come consigliera e sono perfettamente consapevole che non ho alcun diritto di parlare di questioni interne in questa sede. Tuttavia vorrei ricordarvi, Gran Vizir, che sono qui per parlare con Sua Maestà lo Shah di Persia e non con voi”.

Mirta Taqui Khan era il marito della sorella dello Shah e il suo primo consigliere ed era famoso per la sua disapprovazione alla politica della Khanum. Tuttavia, per quanto lo si potesse considerare coraggioso e pieno di sani principi, non lo si poteva certo ritenere una persona gradevole. Anche se forse la mia opinione era influenzata dalle frecciatine di Erik, il quale non poteva sopportare la moralità eccessiva del Gran Vizir.

Improvvisamente lo Shah si mise a ridere e mi ringraziò della mia onestà.

“Tuttavia dovremmo comunque chiarire la questione: sono stato io ad abbattere la nave francese e non me ne pento; ho sentito il bisogno di ricordarvi la potenza del Re dei Re, potenza che neanche i francesi possono offuscare” disse tutto ciò come se avesse imparato tutto a memoria. “ tuttavia, per compiacervi, punirò i responsabili questa sera al tramonto. Così voi e i vostri compatrioti sarete soddisfatti e non ne parleremo più “.

Praticamente ci aveva dato il contentino e io non potevo assolutamente ribellarmi e pretendere di più. Tuttavia questa situazione puzzava ancora di marcio: perché assoldare dei pirati per poi punirli subito? Ci doveva essere qualcos’altro sotto e io dovevo scoprirlo.

In quel momento capii che non potevo cavarmela con la gentilezza e la pazienza. Era necessaria l’astuzia e l’intelligenza. Non volevo dargliela vinta, perciò  diedi allo Shah l’impressione della vittoria di una battaglia, ma la vera guerra era appena incominciata. Avrei mentito se necessario, avrei tradito e (perché no) avrei ucciso, se necessario. 

pensai < per tutto il male che avete fatto>.

Così mandai il mio più dolce sorriso verso lo Shah dicendo:

“Ringrazio Vostra Maestà per la concessione, ritengo sia molto importante continuare a...” venni interroga dall’apparizione del vero sovrano di quel maledetto paese.

“Chiedo perdono per l’intrusione figlio mio, ma volevo proporre una punizione più che adeguata per quei pirati” disse la Khanum sorridendo.

“Ma certo madre, ascolterò il vostro consiglio molto volentieri” disse il figlio adorante.

“Perché non li mandiamo dal nostro Angelo della Morte, sarebbe una punizione adeguata non credi?”

Lo Shah fu subito d’accordo con lei e fu tutto deciso.

La Khanum mi guardò con i suoi occhi di ghiaccio che sembravano volermi congelare. Aveva capito il mio gioco e io avevo appena trovato il mio vero nemico.

“Questa sera... amica mia... avrete l’onore di partecipare al mio personale svago” disse con voce malefica.

“Ne sarò onorata Madame” risposi con lo stesso tono di voce.

Era deciso. Avrei partecipato alle famose Ore rosa di Mazenderan.

 

 

 

 

Note dell’autrice:

Chiedo umilmente perdono per la prolungata assenza dovuta alla mancanza di ispirazione. Tuttavia eccomi qui, più carica e agguerrita di prima. 

Cami sta finalmente capendo il grande gioco e sta cominciando a giocare. Ammetto di aver preso spunto anche un po’ dal Trono di Spade sotto questo punto di vista e Cami sta anche cominciando a pensare come il nostro amico mascherato. Non ho inserito Erik di proposito in questo capitolo dato che è fondamentale la sua assenza per il prossimo capitolo. Il prossimo sarà più movimentato di questo anche perché inizialmente doveva essere un unico capitolo, tuttavia questo è uscito molto lungo.

Scusate ancora per il ritardo e sappiate che apprezzo qualsiasi recensione vogliate lasciare :)

Alla prossima.

 

lallaharley 

 

 

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Capitolo 7
*** Inferno ***


 
Capitolo VII
Non appena uscii dalla sala del trono, mi trovai davanti un Nadir alquanto adirato.
"Sfidare così apertamente la Khanum! Non sapevo, cara signora, che avessi un tale istinto suicida. Uomini più influenti di te hanno perso la testa per un affronto simile. Ringrazia  che lo Shah sembri essere invaghito di te, altrimenti sua madre ti avrebbe fatto sparire immediatamente quel sorrisino di scherno che le hai rivolto."
Incassai silenziosamente il colpo, dato che conoscevo le sue buone intenzioni. Tuttavia, quando gli risposi, il mio tono era freddo e distaccato:
"Pensi che non sappia come ragioni la Khanum? Secondo te perchè io, una donna francese con una famiglia, sono riuscita ad avere un incarico così importante? Perchè, nostante il mio aspetto innocente, sono molto più forte di quanto sembri. La Khanum è spregevole, ma su una cosa ha ragione. Noi donne dobbiamo utilizzare qualsiasi arma a nostra disposizione in questo mondo. La sua arma è il potere, la mia l'intelligenza."
Nadir mi guardò sbalordito e, in qualche modo, deluso.
"Se ciò che dici è vero, dov'è la differenza tra voi due? Sei una brava persona Camille, ma non entrare in questo gioco di potere e vendette. Sei sul suo territorio adesso".
Era inutile discutere. "Ti ringrazio, amico mio, per i tuoi consigli, ma ormai quel che è fatto è fatto. Puoi dirmi qualcosa su queste Ore Rosa di Mazanderan?".
Lui fece una smorfia e disse: " Purtroppo anche il solo descriverle è contro la legge. Non posso parlartene ma ti posso dire questo: preparati al peggio."
Una risata cristallina uscì dalle mie labbra: " Sono preparata al peggio dal momento in cui sono sbarcata in questo paese".
Lui ovviamente non potè rispondere ma sembrava alquanto contrariato.
"Mantieni un profilo basso e comportati a modo, la Khanum è già abbastanza gelosa di te".
" Gelosa?" questa proprio non me l'aspettavo.
In silenzio, Nadir mi condusse in un giardino alquanto bizzarro: le piante erano ben più alte di noi.
"Da quando sei arrivata, il palazzo intero parla di te: dagli eunuchi ai nobili. Le stai portando via tutti e perfino suo figlio si è lasciato sedurre dalla tua bellezza occidentale" disse con voce talmente bassa che faticavo a sentirlo.
" Perdonami, amico mio, ma credo che ci sia un grosso errore. Da quando sono qui, ho parlato con pochissime persone, ma soprattutto, ho visto pochissime persone. Se ciò che dici è vero, allora questo palazzo deve essere infestato dai fantasmi."
Nadir chiuse un attimo gli occhi; sembrava profondamente stanco e sofferente. Di sicuro discutere con una testarda come me non lo stava aiutando.
"Questo palazzo ha occhi e orecchie ovunque. Già da prima che arrivasse Erik, il palazzo era infestato da fantasmi, per seguire la tua metafora".
Per la prima volta quel giorno, vidi l'ombra di un sorriso sul suo volto. Ne approfittai per cambiare discorso, facendolo così rilassare.
" Parlando di Erik, sai dove si trova in questo momento?"
" In questo momento si trova con la Khanum." Silenzio.
Rassegnata al suo malumore, osservai con più attenzione quel meraviglioso giardino: un paradiso terrestre in miniatura, con ogni sfumatura di verde possibile ed un meraviglioso profumo di fiori freschi. Tuttavia, sembreva tutto così finto! Troppa perfezione per nascondere l'ipocrisia che emanava il palazzo. Niente a che vedere con il magnifico giardino di rose nella casa di Nadir.
Fui scossa dai miei pensieri da Nadir, che improvvisamente disse:
"La Khanum sa dell'affetto che tu ed Erik provate per mio figlio. Quella donna potrebbe aggrapparsi a qualunque cosa per vincere".
In quel momento, mi risuonò in testa l'insulto che la Khanum aveva rivolto al piccolo Reza, durante il nostro primo incontro. Quello storpio.
"Nadir, ti prometto che non accadrà niente a Reza. Dovessi perdere tutto, il tuo bambino non verrà toccato".
Povero Nadir. Sia io che Erik stavamo continuando a metterlo in pericolo, nonostante tutto ciò che aveva fatto per noi. Il solo pensiero che quel piccolo bambino sarebbe potuto finire nelle grinfie di quella donna, mi fece rivoltare lo stomaco. Erik stesso si era mostrato più dolce verso quel bambino che con chiunque altro. E di sicuro la Khanum ne avrebbe approfittato.
Forse era anche per questo che, in pubblico, Erik continuasse a schernire Nadir.
"Starò molto più attenta ai miei comportamenti e alle mie parole. Te lo prometto".
Nadir sembrò sul punto di dire qualcosa, ma un servitore giunse, di corsa, a chiamarlo.
Tuttavia, rimasi sola per pochi minuti, prima che un'ancella mi chiese di seguirla. Mi stava portando nella famosa sala dei giochi della Khanum.
La quale, ovviamente, si trovava dall'altra parte del palazzo e la strettezza del mio corsetto cominciava a farsi sentire. Scendemmo una quantità infinita di scale, per arrivare negli estremi sotterranei del palazzo. Mi trovai davanti ad un enorme portone, decorato con immagini tremende di teschi e demoni, che portavano delle povere anime nel fuoco eterno.
Sentii la ragazza mormorare spaventata: "jahannam". Inferno.
Mi scortò quindi su una piccola scala che terminava con una piccola porticina. La aprii e mi ritrovai in un piccolo balconcino, nel quale già si trovavano lo Shah, le sue due mogli, la sorella e la Khanum.
Quest'ultima disse subito: " Vi stavamo aspettando petite comtesse,spero che non vi impressionerete troppo".
Lo spero anche io. "Non temete Madame".
Mi affacciai per un attimo dal balconcino e fui sorpresa nel vedere la luce del tramonto esattamente al centro di una grande fossa. La parte razionale di me stessa mi continuava a ripetere l'impossibilità nel vedere la luce del tramonto metri e metri sotto terra.
Lo Shah mi invitò a sedermi dato che lo spettacolo stava per iniziare.
Dopo un sonoro rullo di tamburi, entraronoquei poveri sfortunati che erano stati usati come burattini dallo Shah.
" Sono 40" mi mormorò quest'ultimo all'orecchio "temo che il nostro carnefice avrà un bel pò da lavorare".
Improvvisamente tutte le luci si accesero, rivelando un grande baratro, sovrastato da dieci balconcini come il nostro. Guardando bene, notai che quella specie di fossa, fosse in realtà una foresta. Prima il tramonto, poi una foresta nei sotterranei.
Notando la mia espressione sbalordita, la Khanum disse malignamente: "Il mio Erik me l'ha costruita un paio di mesi fa e adesso non riesco più a separarmene".
In quel preciso momento, si aprì il grande portone ed entrò la morte. La morte era tutta nera ed aveva il volto di Erik. Senza maschera. Dunque era questa la punizione della Khanum: farmi vedere di cosa era capace Erik.
40 condannati... e li ucciderà tutti lui.
Erik si avvicinò al nostro balconcino e ci rivolse un aggraziato inchino. Quando alzò lo sguardo su di noi, trasalì; i nostri sguardi si incontrarono e, quando vidi nei suoi occhi una furia cieca, capii che non era al corrente della mia presenza.
Dopo qualche secondo staccò lo sguardo da me e cominciò ad avvicinarsi ai condannati, guardando ciascuno negli occhi.
Più o meno verso il ventesimo, la Khanum esclamò spazientita: "Basta con questi giochetti, comincia!".
Per tutta risposta, Erik freddò il primo sventurato. Con una pugnalata nell'occhio destro, senza staccare gli occhi dalla sua padrona. Il sangue schizzò a fiotti sul suo volto, ma lui non sembrò curarsene.
Erik trascinò lo sventurato al centro della foresta, esattamente dove, poco prima, si trovava la luce del tramonto. Quella luce, adesso, era rosso fuoco ed emanava un calore intenso. Non appena Erik si avvicinò alla luce, si aprì una botola, nella quale venne gettato l'ormai cadavere del condannato.
Improvvisamente, sentii la Khanum sospirare e, girandomi verso di lei, notai che la sua espressione si era notevolmente addolcita.
La mia attenzione fu immediatamente richiamata da un sonoro colpo di frusta.
Erik aveva tirato fuori una lunga corda che terminava con un cappio. Più gli sventurati si allontanavano da essa, più Erik si avvicinava a loro. Li braccava come un gatto che gioca con la sua preda. Con un movimento impercettibile all'occhio umano, il cappio si chiuse intorno al collo di un uomo, il quale cominciò ad urlare spaventato. Il cappio era talmente strette che lacrime di dolore cominciarono a rigare le sue guance.
A questo punto Erik si chinò sull'uomo e sussurrò: "chiedi pietà". Lo disse con voce fredda, diversa dalla sua solita voce meravigliosa anche nel mezzo della collera.
Lo trascinò sotto il nostro balconcino e l'uomo gridò tra le lacrime: "Pietà!"
Lo Shah, con un gesto annoiato, diede il suo consenso. Il collo del povero pirata venne spezzato di netto, grazie ad uno scatto di polso del carnefice. E questo fu solo l'inizio.
La carneficina andò avanti per ore con la stessa modalità: braccamento, cattura, tortura, richiesta di pietà e morte.
Gli spettatori negli altri balconcini cercarono di mantenere un'espressione neutra, ma non riuscirono a nascondere il loro disgusto. Perfino lo Shah dovette distogliere lo sguardo, quando un condannato, avendo rifiutato di chiedere pietà, venne torturato per più di mezz'ora.
Io mi costrinsi a guardare fino alla fine per non dare soddisfazione alla Khanum, la quale sembrava star traendo un enorme divertimento dalla serata.
Erano rimasti 5 condannati quando Erik, all'improvviso, si fermò. Dalle pareti della foresta cominciò ad essere emesso un calore intenso e i condannati cominciarono ad implorare una morte veloce.

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