To Shape and Change - Modellare e cambiare

di Blue Owl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Chiacchierate ***
Capitolo 3: *** Cose da fare ***
Capitolo 4: *** È meglio che sia ***
Capitolo 5: *** Lezioni ***
Capitolo 6: *** L’ira del Preside ***
Capitolo 7: *** Guarigione ***
Capitolo 8: *** Contraccolpo ***
Capitolo 9: *** Remus ***
Capitolo 10: *** Più che solo somiglianti ***
Capitolo 11: *** Visite con scopi grandiosi ***
Capitolo 12: *** Festività e regali ***
Capitolo 13: *** Tesoro Nazionale ***
Capitolo 14: *** Maledizione, dissolviti ***
Capitolo 15: *** Magia Bianca ***
Capitolo 16: *** Attacco ***
Capitolo 17: *** Lite ***
Capitolo 18: *** Diversivo ***
Capitolo 19: *** L'eroe inaspettato ***
Capitolo 20: *** Scopo ***
Capitolo 21: *** Dormiente ***
Capitolo 22: *** Sangue ***
Capitolo 23: *** Duello dei Duelli ***
Capitolo 24: *** Una questione di pensiero ***
Capitolo 25: *** Causa ed effetto ***
Capitolo 26: *** Pedine in movimento ***
Capitolo 27: *** Vera Natura ***
Capitolo 28: *** Conquista ***
Capitolo 29: *** Perdita ***
Capitolo 30: *** Ultimatum ***
Capitolo 31: *** Cicatrici ***
Capitolo 32: *** Piano d'emergenza ***
Capitolo 33: *** Superando il limite ***
Capitolo 34: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.


Note: Il futuro da cui l’autrice ha fatto partire Piton è diverso da quello immaginato dalla Rowling. Non ci sono Horcrux.

Capitolo 1: [A New Beginning] Un nuovo inizio


Severus Piton aprì gli occhi con un singulto. Aveva funzionato? Era tornato indietro? Aveva avuto quello che poteva essere considerato un sogno in cui volava al di sopra di Hogwarts e veniva scagliato all’interno del proprio corpo, ma pregò Merlino che non fosse stato un sogno. Sperò disperatamente che fosse successo davvero. Tirandosi su a sedere e spostando le coperte, guardò l’ambiente che aveva intorno.
Non si trovava più nello stanzino di una fabbrica babbana fatiscente ai margini di una città in rovina. Invece, era nei propri vecchi alloggi ad Hogwarts.
Severus guardò sopra il suo comodino e trovò il calendario. Era il primo agosto del 1991.
Aveva funzionato.
Un sollievo inimmaginabile lo inondò, un sentimento così estraneo e potente che ne fu quasi sopraffatto. Era passato così tanto tempo da quando aveva avuto qualcosa per cui sentirsi sollevato o felice. Sollevando la mano destra, si strinse la base del naso, ricacciando indietro delle lacrime indignitose, e respirò profondamente per qualche minuto.
L’ultima cosa che aveva visto, prima di svegliarsi qui, nove anni nel passato, era stato Harry.
Un viaggio nel tempo di questa portata richiedeva un’elevata concentrazione di magia. Molto elevata. L’ammontare che può essere dato soltanto da un Arcimago risvegliato e completamente sviluppato. E così, Harry aveva prosciugato il proprio nucleo magico e lo aveva riversato nel circolo runico, fornendo tutto il potere necessario per rimandare indietro l’anima di Severus. L’insegnante di pozioni deglutì. Alla fine, per garantire un nuovo inizio, Harry aveva sacrificato la sua vita.
Dopo un altro istante, Severus ebbe la meglio sulle proprie emozioni e si alzò, richiamandosi la bacchetta nella mano.
Non aveva tempo da perdere. C’erano molte cose da cominciare oggi.

O o O o O

Severus si trovava davanti alla Farmacia, in attesa che la larga figura di Hagrid entrasse a Diagon Alley con al seguito il piccolo Harry. Non ebbe bisogno di aspettare a lungo, così li guardò avvicinarsi tenendo il proprio nervosismo accuratamente celato. Harry saltellava felice dietro il mite mezzogigante, assorbendo gli incredibili panorami e suoni della strada affollata.
«Buongiorno, Hagrid.» Esclamò tranquillamente Severus, scivolando nella loro traiettoria e rimanendo in attesa.
Hagrid si riscosse, leggermente sorpreso. «Ah, buongiorno, Professore,» rispose giovialmente. «Stavo soltanto aiutando il nostro Harry, qui, a prendersi le sue cose per la scuola.»
«Vedo,» replicò Severus bruscamente, mantenendo i propri vecchi atteggiamenti. Guardò Harry e quindi rispostò lo sguardo su Hagrid, sollevando un sopracciglio.
«Oh! Oh, mi scusi, Harry, questo è il Professor Piton. Lui sarà un altro dei tuoi insegnanti. È pure Capo della Casa di Slytherin*. Professore, questo qua è Harry Potter.»
Harry gli porse la mano. «Salve, Professor Piton.»
Severus gli prese la mano, stringendola strettamente per un intero momento prima di lasciarla. «Salve, Signor Potter.» Si voltò con gli occhi nuovamente ad Hagrid, decidendo di essere anche più diretto di quanto fosse usualmente. «Hagrid, capisco che tu abbia una commissione da sbrigare. Se vuoi, potrei accompagnare io Harry a munirsi della sua attrezzatura scolastica. Così sarebbe, oltretutto, molto più efficiente. Lo accompagnerò anche a casa nel caso in cui tu non riuscissi a tornare in tempo.»
Hagrid sbatté le palpebre, un po’ confuso. «Ehm, beh, il Professor Silente mi ha chiesto-»
«Di prenderti cura in modo sicuro di quella faccenda e di assicurarti che Harry avesse il suo materiale scolastico prima di far dilungare troppo i tempi. Quindi, non vedo alcun problema in ciò che ho proposto. Avrò soltanto bisogno della chiave del Signor Potter e del suo biglietto. Ti dò la mia parola che il Signor Potter avrà tutto ciò di cui ha bisogno per Hogwarts prima della fine della giornata.»
Harry seguì attentamente la loro conversazione, guardando alternatamente Severus e Hagrid.
«Uh, beh, se lei è sicuro, Professore. Grazie. Rende tutto un po’ più facile.» Hagrid abbassò lo sguardo su Harry. «Harry, starai a posto col Professor Piton e lui ti saprà rispondere a qualsiasi domanda sulle lezioni. Ok?»
Harry scrutò Severus, incerto, quindi tornò a guardare Hagrid. Sentiva con evidenza di non avere una reale possibilità di scelta. Annuì lentamente.
«Bravo ragazzo. Proverò a tornare per salutarti, ma se non ci riesco, ci vediamo a Hogwarts.»
Harry provò a sorridere, ma era comprensibilmente un po’ sopraffatto e abbastanza ferito dall’essere mollato con così tanta rapidità e facilità a quel professore vestito di scuro e dall’aria severa. Ma che cos’era quella faccenda?
«Okay, Hagrid. E, grazie per avermi portato via da quell’isola e per avermi accompagnato qui.» Disse Harry.
«Nessun problema, Harry, e se i tuoi parenti ti danno qualche altro problema, scrivimi pure.»
Hagrid sorrise, come se avesse appena formulato un pensiero meraviglioso.
«Okay» rispose Harry, al momento senza pensare al fatto che non aveva alcun mezzo per contattare Hagrid.
Con un cenno del capo, Hagrid si tirò fuori dalla tasca la chiave e il biglietto di Harry e li porse a Severus prima di affrettarsi giù per la strada.
«Allora, Signor Potter, andiamo?» Domandò Severus, fermandoglisi accanto e posandogli gentilmente una mano sulla spalla.
Harry deglutì - Severus si sarebbe potuto spingere fino a classificarlo come un singulto. «Sì, Signore.» Harry sollevò la propria lista scolastica. «Um,che dovremmo prendere per primo dalla lista, Signore?»
«Non c’è bisogno della lista. La conosco a memoria, e vi aggiungerò alcune cose che più tardi ti renderanno la vita più facile, quindi puoi anche metterla via.» Affermò Severus mentre lo guidava nell’odorosa Farmacia. Harry non fece resistenza, probabilmente non volendo correre il rischio di far arrabbiare l’intimidatorio Professore.
Mentre stavano percorrendo un corridoio, tutti gli altri occupanti del negozio guizzarono via al vedere Severus. Per fortuna, non c’erano molte persone, ma Severus era certo che Harry avesse notato lo sfacciato spostamento. Nessuno fece caso al ragazzo al suo fianco, perché i capelli di Harry coprivano la famosa cicatrice.
Severus si fermò, voltandosi verso uno scaffale. Harry osservò il negozio, talvolta facendo una smorfia al notare bizzarre parti di animali chiuse nei barattoli o storcendo il naso quando vide qualcosa dall’aspetto particolarmente ripugnante.
«Secondo la lista dovresti procurarti un kit con ingredienti per le pozioni basilari, ma voglio che tu prenda due dosi di tutti gli ingredienti che trovi etichettati qui con il colore bianco, per farti il tuo kit personale. La lista comprende tutte queste cose, ma prevede una sola dose per ciascuna. Le prime volte gli studenti commettono errori, ma poi, a causa del fatto che non possiedono ingredienti in più, non si preoccupano di correggere i propri errori e di fare le cose nel modo giusto. Non voglio che tu faccia in questo modo.»
«Sissignore, ma allora perché la lista non dice direttamente di prendere due dosi?» Chiese Harry, con la tensione sulle sue spalle che si allentava un po’ grazie al tono calmo e gentile di Severus.
«Perché il Consiglio di Amministrazione riteneva che così i costi si sarebbero alzati troppo, invece di capire che i pochi Zellini risparmiati dai genitori stavano ostacolando la capacità di imparare degli studenti.» La mascella di Severus si serrò con oscuro risentimento. Il Consiglio aveva di sicuro mandato in malora le cose nel futuro, e lui sapeva che lo avrebbero fatto di nuovo se non fosse cambiato presto qualcosa.
«I pochi Zellini?» La fronte del ragazzo si aggrottò al di sotto dei capelli al sentire il termine sconosciuto.
«Ah, vedo che Hagrid non aveva ancora provveduto a insegnarti il valore del denaro.» Severus si mise la mano in tasca e ne tirò fuori alcune monete. Spiegò rapidamente quanto valeva ognuna.
Dopodiché, Harry impallidì. «Che cosa c’è?» Chiese Severus.
«Beh, io non ho soldi.»
«Sì che ce li hai. I tuoi genitori te ne hanno lasciati molti alla Gringott, ma pagherò io per te adesso. Potrai ripagarmi più tardi.»
Gli occhi di Harry si spalancarono. «Lo farò, Signore, lo farò! Grazie!»
«Non c’è problema, ora smettila di smaniare.» Affermò piattamente Severus, poiché l’enfasi del ragazzo gli aveva ricordato che quello non era l’Harry che lui aveva lasciato - o almeno non lo era ancora.
Harry si zittì all’istante e arrossì. Fu molto grato ora che fossero soli nel retro del negozio.
Severus guidò Harry verso i contenitori vuoti messi a disposizione accanto agli scaffali. In un silenzio confortevole, iniziarono a mettere gli ingredienti necessari in singole ampolle (due dosi in ognuna), prima di sistemarli in una valigetta che sarebbe stata il kit di pozioni di Harry.
«Non lanciare incantesimi vicino agli ingredienti se puoi evitarlo. Potrebbe contaminarli inavvertitamente. È un’altra delle ragioni per cui serve la valigetta - agisce come una barriera magica,» lo informò mentre richiudeva la valigetta di pelle nera.
«Sì, Signore.»
Quindi si diressero alla cassa dove Severus pagò, poi uscirono per entrare nel negozio di calderoni dall’altra parte della strada, il kit di pozioni rimpicciolito così da entrare in una tasca.
«Ora, bisogna prenderti un buon calderone. Non uno di peltro, quelli si squagliano con una facilità ridicola. Che Consiglio idiota. Per te ci vorrà ottone o rame,» disse Severus, dirigendosi in un’area tranquilla del negozio.
«Quale sarebbe meglio, Signore?» Chiese Harry con curiosità.
«Beh, dipende se vuoi un calderone che sia più stabile nel mescere le pozioni - ottone, oppure un calderone che aiuterà a produrre pozioni più potenti - rame.»
«Um, probabilmente preferirei un calderone d’ottone che aiuterebbe la stabilità,» ammise Harry.
«Mmm, non ne sono così sicuro. Tua madre aveva talento per le pozioni.» Commentò Severus frettolosamente.
«M-mia madre?» Domandò Harry.
«Oh sì, era piuttosto portata in Pozioni, anche se era leggermente più dotata negli incantesimi.»
«Lei conosceva mia madre?» La voce di Harry era lieve, come se avesse timore di sperare. Il verde dei suoi occhi sembrò scurirsi di emozione al di là degli spessi occhiali.
Severus lo guardò negli occhi per un momento, decidendo qualcosa. «Eravamo nello stesso anno e siamo cresciuti nello stesso quartiere.»
«Wow. Eravate amici?» Chiese Harry ansiosamente.
Severus fece un piccolo, triste sorriso. «Sì.»
Harry deglutì, fissando Severus. «Allora prenderò un calderone di rame.»
«Molto bene. Sento che troverai Pozioni molto naturale se vi metterai un adeguato impegno.»
«Davvero?»
«Fidati di me, Signor Potter, ho un sesto senso per questo genere di cose,» affermò misteriosamente Severus.
Nel futuro, Severus e Harry avevano messo da parte le animosità reciproche e avevano lavorato assieme. Presto, erano diventati buoni amici ed erano stati entrambi sorpresi nello scoprire che Harry era piuttosto dotato in Pozioni, oltre che nella magia in generale. Nel diciannovesimo anno di Harry, la sua magia si era totalmente risvegliata, ma era oramai troppo tardi per salvare il Mondo Magico, che era rapidamente caduto sotto Voldemort e i suoi potenti alleati già alla fine del sesto anno scolastico di Harry.
Guardando il ragazzo davanti a lui ora, Severus si domandò quanto prima si sarebbe potuta svegliare la magia di Harry con il suo aiuto.
«In che materie andrò male, Signore? Può percepirlo?» Domandò Harry, inconsapevole dei pensieri di Severus.
Severus si sentì un po’ riportato indietro nel presente, alle parole del ragazzo, ma era anche compiaciuto. Mettendo da parte i vecchi rimpianti col ragazzo, afferrò l’opportunità che gli si presentava.
Severus tirò fuori la bacchetta e la agitò al di sopra di Harry, non senza prima aver alzato delle barriere per la privacy, di modo che nessuno facesse caso a loro.
Harry provò una sensazione di calore che lo avvolgeva, prima che fosse risucchiata nel centro del suo corpo. Severus quindi diede un colpetto alla fronte di Harry con la bacchetta.
Le sopracciglia di Harry si sollevarono e sparirono sotto il margine della frangia mentre sentiva un’invisibile bolla che gli spuntava proprio in mezzo agli occhi, al di sotto della cicatrice, e che poi scoppiava.
Severus mostrò di proposito un sussulto d’impressionata sorpresa. Aveva un piano e doveva seguirlo per bene.
«Interessante.»
«Signore?» Chiese Harry, esitante.
«Quello che ho fatto era un incantesimo che rivela, a colui che lo lancia, il potenziale di un individuo nelle cose e talvolta alcune parti importanti del suo lignaggio. L’incanto dell’Eredità. Apprezzerei il fatto che tu non dicessi a nessuno che l’ho eseguito. Per qualche ragione, alcuni trovano che sia un potere oscuro conoscere le possibili abilità di qualcuno e cose del genere.» Severus roteò gli occhi. «Come se saperlo incatenasse l’essenza della persona a ciò che ha trovato, invece di capire che a renderci le persone che siamo veramente sono le nostre scelte, molto di più di quanto possano influire le nostre abilità o il sangue.»
Harry annuì lentamente, assorbendo le sue parole. «Beh, volevo solo sapere se ci sarebbe stata una materia in cui mi sarei dovuto impegnare di più. Capisco che il solo sapere ciò in cui sarò bravo non mi modellerà in modo assoluto.»
Severus dedicò ad Harry un sorriso d’approvazione. «Ed è proprio per questo che ho fatto ciò che ho fatto.»
Harry sollevò lo sguardo verso di lui con aspettativa, e Severus si fece molto serio e si inginocchiò per mettersi a livello dei suoi occhi.
«Non ti mentirò, Harry, quindi ascolta bene che cosa devo dirti, perché quell’incantesimo mi ha detto un sacco di cose. La tua magia è molto forte, e hai un potenziale quasi illimitato, ma è… sigillata, in qualche modo.»
«Sigillata?» Chiese Harry, con voce tremante. «Perché? Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
«No, non hai fatto nulla di sbagliato, e che sia bloccata in realtà è una cosa buona, se agirai nel modo giusto.»
«Che cosa intende?»
«Beh, se il tuo corpo non avesse posto inconsciamente un sigillo su parte della tua magia, potresti trovare quasi impossibile controllarti. Il fatto che sia sigillata ti permette di sviluppare la magia rimanente e affinare il tuo controllo, rendendolo più forte. E questo è il punto. Devi imparare a padroneggiarla prima di avere la reale possibilità di usarla tutta, e per acquisire il necessario controllo devi allenarti e lavorare duramente per imparare tutto ciò che puoi sulla magia.»
«Farò del mio meglio, Signore. Ehm, ha scoperto qualcos’altro?»
Severus fece un sorriso molto tenue. «Hai molti talenti magici, anche se molti di essi saranno fuori dalla tua portata ancora per un po’. Te ne parlerò quando sarai diventato più forte. Comunque, ci sono alcune abilità di cui puoi usufruire già da ora. Puoi parlare il Serpentese, che è la capacità di parlare ai serpenti e di capirli; lo sapevi?»
«Sì, sono andato allo zoo quest’estate. Ho parlato con un Boa Constrictor e… l’ho più o meno aiutato a scappare.» Harry abbassò gli occhi, e le orecchie gli si tinsero di rosa.
Severus sollevò un sopracciglio. «Aiutato a scappare?»
«N-non volevo. Dudley mi ha spinto e il vetro è semplicemente sparito!»
Severus represse una risatina divertita. Harry sembrava pietrificato. «Non preoccuparti, Signor Potter, si è trattato solo di magia accidentale, posso capirlo. Ma torniamo al parlare con i serpenti. Tu parli il Serpentese, che è un’abilità fraintesa dal Mondo Magico. Le persone qui ne hanno paura, a causa del Signore Oscuro. Confido che Hagrid ti abbia parlato di lui, no?»
Harry annuì e i suoi occhi si spalancarono. «Vuole dire che lui sapeva parlare con i serpenti come me?»
«Sì, quindi io credo che sarebbe saggio da parte tua comportarti con prudenza a questo proposito, ma Signor Potter?»
«Sì, Professore?»
«Pondera su quando mostrare le tue capacità, ma non metterti in mostra. E non tentare nemmeno di occultarle o nasconderle per paura che siano scoperte.
Farlo non aiuterà te né nessun altro.»
«D’accordo, Professore. Quindi questa capacità può essere positiva?» Chiese Harry a disagio.
«Molto positiva. I più potenti incantesimi di guarigione e protezione sono i Serpincanti**, e solo i Rettilofoni possono usarli. Ti darò un libro sull’argomento se sei interessato.»
Harry sorrise e annuì. «Mi piacerebbe leggerlo.»
«Penso anche sarebbe meglio per te se avessi un serpente. Possono aiutare nel focalizzare i Serpincanti.»
«Voldemort usava i Serpincanti?»
Severus fece una smorfia. «Non aveva la pazienza né il desiderio di impararli. I Serpincanti si focalizzano sulla cura e sul manipolare la magia a beneficio degli altri. Il Signore Oscuro si interessa solo di sé stesso, perché avrebbe dovuto sprecare del tempo in una magia devota al prossimo?»
«Oh,» disse Harry, pensieroso. «Crede che la gente avrebbe ancora paura del fatto che parlo con i serpenti se aiutassi le persone?»
Severus sorrise. «Speravo che ci avresti pensato. Il simbolo Babbano per la medicina è il Caduceo - due serpenti che si arrotolano a un bastone alato - per una ragione. Penso che se imparassi i Serpincanti e li usassi, ciò aiuterebbe gli altri ad accettare la tua abilità.»
Harry sorrise.
«Il che ci porta alla prossima cosa che ho scoperto e che dovresti sapere. La tua abilità di Rettilofono non proviene da ciò che ti è accaduto quando eri un neonato.»
«Che cosa vuole dire?»
«Non hai ottenuto quell’abilità dal Signore Oscuro, come alcuni facilmente saranno portati a credere quando scopriranno che ce l’hai. Essa proviene dal tuo lignaggio.»
Era stato solo dopo la morte di Silente che avevano scoperto il lignaggio di Harry e l’eredità che esso gli aveva portato - quando avevano scoperto l’Incanto dell’Eredità. Silente non lo conosceva ed era giunto a delle conclusioni sbagliate, nonostante i suoi sforzi. Severus pensava alla futura reazione di Silente quando avrebbe scoperto la verità questa volta.
«Mio padre o mia madre potevano... ?»
«No. È qualcosa che viene innescato da alcuni fattori individuali.»
«Vuole dire come la genetica,» disse Harry, prima di continuare, al sollevarsi delle sopracciglia di Severus. «Ho visto mia zia che guardava un documentario sulle malattie genetiche e cose simili. Alcune cose succedono solo se un bambino ottiene un certo tratto genetico sia dalla mamma che dal padre. Se lo riceve solo da uno dei due, il tratto rimane dormiente, o una cosa così.»
Severus annuì. «Sì, è una cosa del tutto simile. Il gene del Rettilofono, per così dire, è attivo in te grazie al fatto che lo hai ottenuto da entrambi i tuoi genitori. Ci sono eccezioni alla regola, ma non ci inoltriamo in questo.»
«È strano.»
Severus fece un piccolo cenno col capo. «La genetica e il lignaggio lo sono spesso.» Severus fece una pausa, tentando di decidere come manovrare la discussione nella direzione che desiderava.
«Signore?»
Severus sapeva che stava mettendo molto peso sulle spalle di Harry e tutto in una volta, dandogli molto materiale su cui riflettere… ma aveva poca scelta. Se voleva salvare il futuro, doveva offrire ad Harry tutte le opzioni che aveva a disposizione non appena esse si presentavano.
Prima che tornasse indietro nel tempo, Harry glielo aveva chiesto espressamente. Gli aveva detto che voleva che Severus facesse tutto quello che poteva per dare al suo sé più giovane gli strumenti per essere tutto ciò che era in grado di essere, per essere pronto e allenato. E così, Severus aveva giurato che lo avrebbe fatto.
Con questo proposito ben chiaro in mente, Severus andò avanti, decidendo di affrontare per primo l’argomento cruciale.
«Tu sei una celebrità qui, Signor Potter. Le cose che farai saranno osservate molto da vicino. La gente avrà fatto delle supposizioni su di te e si aspetterà determinate cose. Voglio che tu ne sia consapevole.»
Harry represse uno sbuffo. «Hagrid mi ha detto che sono famoso. Non gli credevo, finché siamo entrati al Paiolo Magico. Il “Ragazzo-Che-è-Sopravvissuto”.» Harry scosse la testa. «Io sono solo Harry.»
«Mi spiace dirti che non sarai mai “solo Harry” per il Mondo Magico, Signor Potter, e dovrai accettarlo.»
«A lei però non sembra che importi chi sono. Non mi tratta come una celebrità.» Harry fece una smorfia, come se stesse cercando di immaginare le motivazioni di Severus o classificare il modo in cui Severus lo stava trattando.
Vedendo ciò, Severus decise di commentare, con sincerità evidente nella sua voce tranquilla: «Voglio aiutarti perché tua madre era una mia amica, e ho capito che investire su di te sarebbe di beneficio per te e per il suo ricordo. Sono molto… esigente sulle persone con le quali spendo il mio tempo. In te, vedo un futuro mago di cui i tuoi genitori sarebbero orgogliosi, e voglio far parte di tutto questo.»
Harry era visibilmente toccato. Nessun adulto gli aveva mai detto una cosa del genere prima, e sebbene Hagrid sembrava preoccuparsi per lui e lo aveva trattato con gentilezza, non era davvero la stessa cosa rispetto a questo.
«Grazie, Signore.»
«Prego, Signor Potter.» Rispose lui, prima di voltarsi verso lo scaffale e di prendere un calderone di rame.
Con ciò, Severus rimosse la barriera per la privacy ed andarono entrambi a pagare il calderone, prima di rimpicciolirlo e uscire.
Appena giunti vicino alla porta, Severus ingoiò una maledizione nel notare qualcuno che aveva sperato di evitare. Fermandosi all’improvviso, strinse forte la spalla di Harry.
«Nasconditi dietro di me, vai nel retro del negozio e rimani fuori dalla visuale fino a che verrò io a prenderti, adesso!» Sussurrò precipitosamente.
Harry fece all’istante quello che gli era stato detto, senza alcuna intenzione di disobbedire all’uomo che parlava in tono così autoritario. Sparì dietro gli scaffali così in fretta che nemmeno il proprietario del negozio lo notò.
«Ah, Severus!» Lo chiamò una voce maschile.
«Lucius,» salutò lui con tono neutro, allontanando con forza il ricordo del corpo esanime del purosangue accartocciato davanti a un piangente, ma furioso Draco.
«Hai bisogno di qualche altro calderone?» Domandò, con la voce pomposamente levigata.
«Sto solo controllando la qualità di quelli in commercio. Avrò bisogno di prenderne qualcuno non molto tempo dopo l’inizio delle lezioni, come ogni anno.» Severus sogghignò.
«Mi chiedo quale sarà la sfortunata anima che squaglierà il primo quest’anno. Io punto sul ragazzo dei Paciock. Piccolo maghetto pietoso come non ne ho mai visti. Non riesco a credere che abbia ricevuto la lettera. Silente deve aver dato qualche spintarella a causa dei genitori del ragazzo,» si lamentò Lucius.
«Probabile,» affermò Severus, apparentemente del tutto d’accordo.
«Bene, devo andare. Draco ha appena ottenuto la sua bacchetta ed è andato via con Narcissa. Ho ancora delle faccende da sbrigare a Nocturne prima di tornare a casa.»
«Molto bene. Non vedo l’ora di vedere Draco a lezione.» Disse lui, le sue parole genuinamente sincere stavolta.
Lucius sorrise e se ne andò con un cenno di commiato.
Non appena Lucius se ne andò, Severus si diresse sul retro del negozio dove aveva detto ad Harry di andare. Lo trovò non lontano dal retro, vicino abbastanza da ascoltare ciò che era stato detto.
«Signor Potter,» disse, «suppongo che tu abbia ascoltato tutto?»
«Sì Signore. Mi scuso se non avrei dovuto farlo.»
«Fintanto che segui le mie istruzioni e usi il cervello, non mi interessa tutto il resto di ciò che fai.»
Harry inclinò la testa di lato al sentire ciò. «Okay.»
«Quell’uomo era Lucius Malfoy. Stai alla larga da lui se puoi, ma se lo incontri e non puoi svignartela educatamente, sii fermo e cortese.»
«Perché Signore? E perché non voleva che mi vedesse?»
«Te lo spiegherò più tardi oggi, basta che ti fidi di me se ti dico che non è un uomo con cui scherzare.»
Harry annuì mentre gli camminava accanto, e Severus lo condusse al negozio di animali - il Serraglio Stregato.
«I serpenti sono laggiù,» disse piano Severus, e Harry lo sentì a stento al di sopra di tutto il rumore del negozio.
Arrivando davanti alle teche di vetro, Harry si fermò, prima di lanciare un rapido sguardo a Severus.
«Ma la lista menziona soltanto gufi, gatti e rospi, sarà permesso un serpente?» Chiese Harry.
«E non so se i Dursley saranno felici se porto un animale in casa.»
«Gli animali esotici sono permessi se vengono approvati da un Capo-Casa.»
Harry fece un piccolo sorriso. «E lei è un Capo-Casa.»
«Sì, lo sono,» affermò lui con semplicità, prima di continuare. «Una volta che avrò approvato il tuo animale, avrò bisogno di lanciare degli incantesimi su di lui - per impedirgli di avvelenare un altro studente, nel caso in cui fosse un serpente velenoso, e cose del genere. Ma riguardo alla tua… famiglia… non c’è bisogno che ti preoccupi. Avrò una conversazione con loro.»
Gli occhi di Harry si spalancarono, ma venne confortato da quelle parole; comunque, non poté evitare di sentirsi un po’ in ansia riguardo a cosa questa ‘conversazione’ avrebbe comportato. Harry aveva la sensazione che a Severus non piacessero così tanto i Dursley e si chiese il perché. Non poteva mica sapere che cosa succedeva in quella casa, giusto? Però le lettere erano state indirizzate allo sgabuzzino del sottoscala…
Harry rivolse nuovamente lo sguardo ai serpenti che sibilavano al di là del vetro prima di darsi un’occhiata intorno.
«Ti avverto se qualcuno si avvicina tanto da poterti sentire.» Affermò Severus.
Harry lo ringraziò con un cenno del capo, prima di sibilare qualcosa a uno dei serpenti, fatto che portò tutti i rettili a voltarsi verso di lui e a sibilare in risposta.
Harry ridacchiò, e Severus desiderò, non per la prima volta, conoscere il Serpentese.
«Professore, mi piacerebbe quello lì,» disse Harry dopo un momento, indicando un serpente rosso, nero e dorato.
Severus lo riconobbe come un serpente corallo magico. I serpenti corallo magici avevano, accanto alle bande rosse, delle bande dorate al posto di quelle gialle. Questo serpente era lungo soltanto 25 centimetri, e Severus sapeva che ci sarebbe voluto un po’ di tempo prima che si allungasse oltre i 60 centimetri. Bene, sarebbe stato in grado di nascondersi facilmente sotto gli abiti del ragazzo.
«Maschio o femmina?» Domandò.
«È una lei, Signore. Si chiama Coral,» rispose Harry.
Severus sogghignò. Veramente? Coral il serpente corallo magico. Giusto.
«D’accordo, dai un’occhiata alle lucertole laggiù, mentre la prendo.»
Harry sorrise e si voltò verso le lucertole mentre Severus fece cenno al commesso.
«Salve Professore, come posso aiutarla?»
«Vorrei quel serpente, laggiù. La piccola femmina di serpente corallo.»
«Sì, Signore,» replicò l’altro, non domandando come Severus sapesse che il serpente era femmina.
Severus si chiese se l’uomo pensasse che avrebbe usato l’animale in una pozione. Beh, gli avrebbe lasciato credere quello che voleva. Severus acquistò anche quello che occorreva per prendersi cura del serpente. Una volta finito, fece cenno a Harry di avvicinarsi.
Mettendosi da parte e fuori dalla visuale delle persone vicine, Severus fece sparire la teca. Tenendola gentilmente, ma proprio dietro la testa, per precauzione, Severus agitò la bacchetta su di lei, lanciando i necessari incantesimi di protezione.
«Eccoci qui, Signor Potter. Tienila sempre con te e fuori vista se puoi. Le persone hanno paura dei serpenti, sfortunatamente.»
Harry la prese con gioia, lasciando che gli si arrotolasse intorno al polso sinistro e coprendola facilmente con la manica.
«Grazie, Professore. Che tipo di incantesimi le ha fatto?»
«Un leggero incantesimo di protezione, così se qualcuno la urtasse accidentalmente non verrebbe seriamente danneggiata, e un incantesimo di intenzione. Confido che tu possa dirle che inietterà il proprio veleno in ciò che morde solo se desidera realmente uccidere la propria vittima.»
Harry annuì, sibilando brevemente nella propria manica per dirglielo.
«Molto bene. Procuriamoci il resto dei tuoi materiali scolastici.»
Presero rapidamente il resto delle cose necessarie, sebbene Severus insistette perché Harry prendesse anche dei nuovi abiti babbani, scarpe e un cappotto invernale.
Si sarebbero sbarazzati il prima possibile degli abiti smessi dei Dursley. Aiutò anche Harry a scegliere un libro che lo avrebbe aiutato a prendersi cura di Coral e un altro che avrebbe cominciato ad assisterlo nell’ottenere un maggiore controllo sulla sua magia. Severus confidava che Harry sarebbe stato in grado di leggerli prima dell’inizio della scuola, come anche i primi capitoli dei suoi libri di testo - specialmente dopo che lui avesse parlato con i Dursley.
Harry però lo sorprese quando scelse e aggiunse ai libri da comprare anche un piccolo libro di pozioni. Era una guida approfondita per principianti per capire le reazioni delle pozioni e descrivere le qualità di una pozione.
«Beh, devo iniziare da qualche parte, giusto?» Chiese Harry, vedendo la reazione di Severus e sperando di ottenere la sua approvazione.
«Sì, devi.»
«Quindi, um, chi insegna Pozioni? Spero che non siano troppo duri, ma suppongo che debbano esserlo se le pozioni possono anche esplodere o roba del genere. Lei prima ha detto che i calderoni si possono squagliare?»
«Sì, lo fanno, e troppo spesso perché gli studenti non sanno come seguire le semplici istruzioni scritte alla lavagna o stampate sui loro libri. Non so quante volte ho dovuto dire alla classe di mettersi in piedi sulle sedie mentre una pozione rovinata si spargeva sul pavimento, rischiando di erodergli le dita dei piedi.»
Gli occhi di Harry si spalancarono comicamente. «È lei il professore di Pozioni?»
«Sì, e mi aspetto che i tuoi voti in Pozioni siano delle E e delle O, quindi usa bene quel libro e leggi un capitolo del tuo libro di testo prima di ogni lezione,» disse Severus severamente, desiderando imprimergli, ancora una volta, l’importanza dei suoi studi. Non avrebbe accettato dal ragazzo un rendimento al di sotto degli standard, specialmente perché conosceva il suo vero potenziale. Harry sarebbe stato messo alla prova e, quando assolutamente necessario, allenato sin dall’inizio. Era cruciale.
«Sì, Signore.» Rispose rapidamente Harry, sentendosi un po’ stupido a non aver realizzato prima quale materia insegnasse Severus.
«Ti darò quel libro sui Serpincanti di cui ti ho accennato prima quando ti riporterò dai Dursley.»
Harry annuì, avvicinandosi alla loro ultima tappa a Diagon Alley.
Entrando da Olivander, Severus si diresse verso uno degli scaffali e ne prese due oggetti.
«Userai questi. I foderi per bacchette sono importanti e ogni mago o strega saggio li usa.» Affermò Severus.
«D’accordo, Professore,» rispose Harry, prima di guardarsi davvero intorno nel negozio.
«Buongiorno, Signor Olivander,» esclamò Severus, decidendo di apostrofarlo prima che l’uomo potesse cominciare la sua spaventosa presentazione.
«Ah, Severus Piton. Quercia, corde di cuore di drago, 12 pollici. Ti ha trattato bene, spero?»
«Sì,» replicò semplicemente, il tono che indicava in modo esplicito che ogni ulteriore conversazione non era desiderata.
Olivander guardò Harry, cogliendo saggiamente il messaggio silenzioso.
«Mi domandavo quando l’avrei vista, Signor Potter. Sembra solo ieri che diedi a sua madre e suo padre le loro bacchette,» disse, mettendo via una delle strette scatole prima di venire vicino al bancone principale del negozio.
Severus si appoggiò al muro mentre Olivander blaterava a proposito delle bacchette dei genitori di Harry. Sapeva che ci sarebbe voluto un po’, così iniziò ad avventurarsi mentalmente tra le cose che doveva fare una volta che avessero terminato a Diagon Alley.
«No, non questa bacchetta,» disse Olivander per la quinta volta.
Harry alzò lo sguardo nervosamente verso Severus, mentre una bacchetta dopo l’altra non si dimostravano adatte a lui.
«Va tutto bene, Signor Potter; per alcuni maghi ci vuole più tempo che per altri.» Lo rassicurò Severus.
Harry annuì, sebbene apparisse ancora un po’ a disagio mentre Olivander spariva nel retro.
«E Signor Potter, una volta che avremo preso la bacchetta, andremo in banca.»
«Sì Signore.»
Poco dopo, Harry finalmente trovò la sua bacchetta, la bacchetta sorella a quella di Voldemort, proprio come l’ultima volta - con scintille rosse e dorate. Sopportando la filippica di Olivander, pagarono la bacchetta e i due foderi. Olivander non fece domande sul secondo fodero.
«Quell’uomo è inquietante,» affermò Harry mentre si dirigevano alla banca, la bacchetta riposta nel fodero sul suo braccio destro.
«Abbastanza.»
Harry camminò più vicino a Severus quando entrarono nella banca, guardando a disagio verso i folletti.
«Questi sono folletti. Gestiscono la banca e il sistema finanziario del Mondo Magico. Trattali con grande rispetto e fai loro un piccolo inchino prima e dopo avergli rivolto la parola. Non ringraziarli mai, di’ solo che è stato un onore scambiare affari. Puoi approfondire che cosa sia stato un onore, ma non fare il lecchino.»
Harry annuì, cercando di mandare tutto a memoria.
Con la chiave, andarono alla sua camera di sicurezza senza problemi. Una volta lì, Harry fu irremovibile nel ripagare il professore di tutto, e avrebbe voluto pagare anche degli interessi (dopo aver realizzato che aveva di che spendere), ma Severus rifiutò di prendere più di quanto avesse speso. Fatto ciò, Severus si voltò verso il folletto che li accompagnava. «Suggerisco di condurre il Signor Potter alla sua camera blindata di famiglia. Ho fondata ragione di credere che ci sia un oggetto che possa ritirare prima di diventare l’erede del Casato dei Potter.»
«Se insiste, Signore,» replicò lui piattamente, ma non rudemente.
«Insisto.»
«Molto bene, da questa parte.»
Harry guardò Severus mentre seguivano il basso folletto, ma la sua attenzione fu rapidamente rapita dall’aprirsi della sua camera blindata di famiglia.
«Dovrebbe esserci una scatola piccola e sottile decorata con una scritta dorata da qualche parte lì dentro. Entra e prendila, ma non toccare nient’altro.» Disse Severus.
«Okay, Signore. Che cosa c’è dentro?» domandò lui, entrando nella camera mentre Severus e il folletto rimanevano indietro. A loro non era permesso entrare, poiché era accessibile solo ai discendenti dei Potter.
«La bacchetta di tua madre. Sfortunatamente, non è stato possibile recuperare quella di tuo padre da Godric’s Hollow.»
Al sentire questo, Harry raddoppiò gli sforzi nel trovare la scatola.
«L’ho trovata!» Esclamò, la sagoma nascosta dietro una larga pila di vecchie scatole.
«Bene, Signor Potter. Ora esci e portala con te.»
Harry lo fece, portandola con evidente reverenza.
Severus rimosse gentilmente il coperchio dalla scatola. «Prendila, Signor Potter. Dovrebbe essere un’ottima seconda bacchetta per te.»
Harry la prese lentamente, dando a Severus la metà inferiore della scatola mentre lo faceva.
Un fascio di scintille colorate sfiammò dalla punta della bacchetta non appena le sue dita si avvolsero attorno al manico, leggermente differenti da quelli rossi e oro della bacchetta di fenice che aveva preso da Olivander.
«Wow» alitò Harry.
«Voglio che tu ti allacci questo al polpaccio destro e vi riponi questa bacchetta. Usala solo per le emergenze,» affermò Severus, tirando fuori il secondo fodero che avevano comprato.
Harry si inginocchiò e obbedì. «Pensa che ci saranno delle emergenze?»
«Non fa mai male essere prudenti, e i maghi sottovalutano gli avversari che sono convinti di aver disarmato.»
«Ok. Um, sa che cosa c’è nella bacchetta di mia madre? Olivander non ha parlato del nucleo, solo che era di salice e buona per gli incantesimi.»
«Non lo so, sfortunatamente. Olivander non ha creato la bacchetta di tua madre. Gliel’ha solo venduta. Da chiunque abbia avuto la bacchetta, non gli ha detto che cosa c’era nel suo nucleo, o almeno questo è quello che tua madre mi disse.»
Harry si morse le labbra, prima di carezzare piano la bacchetta di sua madre e di tirare giù la gamba dei pantaloni per coprirla.
«Voglio che tu porti entrambe le tue bacchette sempre, anche mentre dormi. È una buona abitudine da prendere. Ho messo alcuni incantesimi di sicurezza sui foderi prima di darteli. Nessuno oltre te può rimuovere o sfoderare le tue bacchette. I foderi sono anche a prova d’acqua, quindi assicurati di lavarli occasionalmente. Le bacchette funzionano meglio se sono tenute pulite.»
«Sì, Signore.»
«E se vuoi che ripeta qualunque cosa di ciò che ti ho detto oggi, basta che tu lo dica. So che è una gran quantità di informazioni da assorbire.»
Harry annuì, mentre la porta della camera si richiudeva dietro di lui.
«Il resto del contenuto di questa camera lo potrai prelevare solamente quando sarai più grande. La camera altrimenti non si sarebbe richiusa,» lo informò Severus, prima che uscissero dalla banca e tornassero al Paiolo Magico.
«Adesso mi riporterà dai Dursley?» Chiese Harry mentre il muro di mattoncini si sigillava dietro di loro e i due lasciavano rapidamente il pub prima che qualcuno potesse riconoscere di nuovo Harry.
«Dopo che avremmo mangiato, sì,» rispose Severus, ora accompagnandolo attraverso la Londra babbana e puntando verso un piccolo ristorante. «Abbiamo saltato il pranzo, dopotutto.»
«Oh, non ci avevo fatto caso,» disse Harry, impacciato.
Severus sollevò un sopracciglio. «Hai bisogno di mangiare di più. Quello che mangi influenza la forza della tua magia.»
«Davvero?» Harry apparve un po’ preoccupato, e Severus sapeva il perché.
Ecco un altro fatto che avrebbe dovuto correggere. L’ultima volta, l’alimentazione scarsa di Harry (a causa dei Dursley) aveva avuto conseguenze nefaste sulla sua magia.
Ogni estate, la mancanza di pasti buoni e consistenti aveva impedito al suo nucleo magico di svilupparsi appieno. L’estate era un periodo importante per lo sviluppo dei bambini magici. Essa forniva il tempo necessario al loro nucleo per riposarsi e rigenerarsi dopo nove mesi di esercizio magico e apprendimento, ma questo periodo di pausa poteva produrre beneficio soltanto se il corpo riceveva il nutrimento appropriato per procurarsi gli strumenti di guarigione. Nella linea temporale originaria, Harry non aveva ricevuto un vero riposo, e il suo nucleo aveva dovuto resistere nell’affrontare un anno dopo l’altro di allenamento senza alcun periodo di recupero.
Era come un culturista che si allenasse mangiando soltanto riso e qualche carota. Non poteva funzionare.
Se Harry avesse avuto ogni anno ciò di cui aveva fisicamente bisogno durante i suoi anni a Hogwarts, forse la guerra sarebbe potuta andare diversamente. Dopotutto, vitamine e minerali non solo abilitavano il corpo a usare appropriatamente la magia, ma contribuivano allo sviluppo fisico e mentale. Per fortuna, Severus era certo che stavolta sarebbe stato in grado di far regredire il danno già fatto e di prevenire quello futuro - che ai Dursley piacesse o no.
Severus pose una mano salda sulla spalla sottile di Harry. Non era esattamente denutrito, ma Severus sarebbe stato sorpreso che non fosse anemico.
Dubitava che i Dursley fossero preoccupati del livello di ferro di Harry, probabilmente non davano al ragazzo molta carne, per non parlare di un pasto completo.
Si diressero a un tavolino all’angolo del locale casalingo, indirizzati da un’attempata cameriera dal sorriso gentile. «Sarò subito da voi,» disse, prima di sparire nella cucina.
«Harry, a partire da oggi, le cose andranno in modo diverso. Avrai quello che avresti dovuto avere da sempre, e non ti mancherà mai più ciò di cui hai bisogno - non se posso evitarlo.» Severus pizzicò l’abito di Harry all’altezza della spalla, lasciandolo poi lentamente con una smorfia disgustata. «I Dursley hanno molto di cui rispondere.»
Gli occhi di Harry si spalancarono e Severus sentì il senso di disagio crescergli internamente mentre delle lacrime iniziarono a scintillare nel verde brillante.
Rendendosi conto che gli si stavano riempiendo gli occhi di lacrime, Harry se le asciugò bruscamente e abbassò lo sguardo, con le orecchie che si tingevano di rosa mentre si sedeva al tavolo. Severus gli diede un momento e fu grato che Harry riuscì a ricomporsi prima dell’arrivo della cameriera.
«Che cosa desiderate?» Chiese la donna con un sorriso.
Severus rispose per primo, affermando che voleva una tazza di tè nero bollente con una zolletta di zucchero, prima di suggerire a Harry di prendere del latte al cioccolato. Con un sorriso, Harry chiese proprio quello.






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Note della Traduttrice:

* Ho deciso di mantenere i nomi delle Case in lingua originale, per l’uso che se ne fa in seguito nella storia. Per chi avesse dei dubbi, sono: Grifondoro = Gryffindor, Serpeverde = Slytherin, Corvonero = Ravenclaw, Tassorosso (o Tassofrasso, nella più recente traduzione) = Hufflepuff.
** Ho scelto la parola “Serpincanti” per tradurre l’originale “Parselmagic”, in affinità con la traduzione ufficiale italiana “Serpentese” per “Parseltongue”, mentre “Rettilofono” è quella ufficiale per “Parselmouth”.

Nota a parte: per chi conoscesse già l’originale, mi sono permessa di adattare leggermente i font allo stile italiano, mettendo ad esempio il corsivo per i pensieri diretti, con lo scopo di agevolare la lettura e l’interpretazione.

Nota finale:

Hey lettori!
Benvenuti, questo è l’inizio della fanfiction che volevo tradurre da tanto tempo! Spero che vi piaccia, e soprattutto, spero di riuscire a mantenere un ritmo regolare di pubblicazione, visto che studio e lavoro, ma davvero non potevo più aspettare per cominciare a far scoprire anche in italiano questa storia che ho amato molto. Per ora punto a una cadenza di 7/10 giorni, proprio per tenermi larga, e in ogni caso vi terrò aggiornati.
Per critiche, domande e altro la sezione Commenti è disponibile (e anch’io)!

A presto con il prossimo capitolo,Chiacchierate.

Mezzo_E_Mezzo



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Capitolo 2
*** Chiacchierate ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 2: [Chats] Chiacchierate

Camminando al fianco di Harry in strada nel Surrey, Severus sapeva che ciò che stava per accadere avrebbe avuto un grande impatto sul futuro. Sperava di non trovarsi costretto a essere troppo duro con i Dursley… Beh, questa era una bugia. Sperava di doverlo essere, ma doveva rimanere di loro quel poco che serviva a mantenere attivi gli Scudi del Legame di Sangue, anche se solo un pochino.
Nell’arrivare alla porta d’ingresso, Harry appariva ansioso, e Severus non poteva biasimarlo. Prima di suonare il campanello, Severus tirò fuori dalla tasca interna del mantello il materiale scolastico miniaturizzato di Harry.
«Qui ci sono le tue cose. Per ingrandirle di nuovo, basta che le tocchi con la bacchetta, ma ricorda che non puoi lanciare incantesimi al di fuori della scuola.»
«Sì, Signore.»
«Quando entreremo, voglio che tu vada nella tua stanza e che mi aspetti lì, con la porta chiusa. Voglio avere una chiacchierata in privato con tua zia e tuo zio.» Le labbra di Severus si incurvarono con disprezzo. Forse una maledizione sola sarebbe andata bene. Qualcosa di piccolo, di non rintracciabile anche dai maghi normali. Magari una maledizione di flatulenza?
Poteva durare per mesi, e qualsiasi trattamento per l’odore l’avrebbe solo resa peggiore. Oppure poteva essere un po’ più aggressivo? Non sarebbe stato niente di più di quello che si meritavano.

«Signore?»
Severus abbassò lo sguardo su Harry, che lo stava guardando con intensità.
«Um, non gli faccia del male, okay? Per favore?»
Non cessava mai di meravigliarlo quanto di Lily ci fosse in Harry. Anche dopo tutto quello che avevano fatto, o meglio che non avevano fatto, lui ancora non voleva che gli si facesse del male.
«Proverò a non fargliene.» Affermò. Non avrebbe promesso niente di più di questo.
Con questo, Severus suonò il campanello.
La porta si aprì, rivelando la faccia cavallina di Petunia.
«Tu!» Boccheggiò, il volto che le si contorse rapidamente dalla rabbia.
«Sì – io» replicò Severus tranquillamente, facendo un passo in avanti e mettendo il piede saldamente oltre l’entrata, così che lei non potesse chiudere la porta.
Lei rimase al di là dell’uscio, fissandoli.
«Petunia, chi è alla porta?» Chiese Vernon dall’altra stanza.
«È il ragazzo e... uno di quelli.» Rispose bruscamente.
Vernon si precipitò subito dopo, il faccione che diventava rosso proprio dietro la spalla di Petunia.
«Continuerete a stare lì davanti, o ci fate entrare? Sapete, la gente può vederci da qui.» Ghignò Severus, indifferente alla stazza imponente di Vernon e al suo volto ora violetto. Harry si nascose un po’ di più dietro Severus.
«Perché dovremmo? La tua razza ci ha perseguitato senza sosta! Prima coi gufi, e poi la notte scorsa!» Vernon fece una smorfia. «Quell’uomo enorme che ha portato via il ragazzo ieri notte ci ha rotto la porta!»
«Dubito che la porta fosse questa gran cosa,» replicò Severus.
«Come osi! Dudley è stato segnato a vita!»
«Ne sono sicuro. Ora, vogliamo restare qui tutto il giorno, facendo da spettacolo per i vostri vicini, o ci lasciate entrare?»
Petunia sbuffò. «D’accordo.» Si fece da parte, lasciandoli passare, prima di chiudere rapidamente la porta con un tonfo. «Che cosa volete?» Chiese ostilmente.
Vernon stava imbronciato accanto a lei, i pugni serrati.
«Signor Potter.» Severus guardò le scale.
«Sì, Signore.» Harry si affrettò, senza arrischiarsi a guardarsi indietro, sebbene avesse visto Dudley nascosto dietro il sofà.
Severus e i Dursley sentirono la porta chiudersi.
«Non vi annoierò chiedendovi di sederci, perché sarò breve. Capisco il vostro odio per il mio mondo e forse riuscirei a... comprendervi, ma ora come ora il fatto è che – no, non ci riesco, perché non me ne frega niente. Da ora in poi, voi tratterete il Signor Potter come un essere umano e non come un ospite indesiderato che nascondete in cantina o in... un ripostiglio.» Severus guardò verso la piccola porta sotto le scale con un’occhiataccia. «Non mi aspetto che siate gentili, ma semplicemente adulti responsabili. Riuscite ad essere responsabili, no? Gli darete dei pasti completi e bilanciati da ora in poi, non lo rinchiuderete da nessuna parte - che sia un ripostiglio o una stanza. E non toccherete le sue cose e le lascerete nella sua attuale camera. Non farete fare al Signor Potter più di tre ore a settimana di faccende domestiche - suggerisco che apparecchi la tavola e si occupi del giardino, sarebbe abbastanza. Se scopro che lo state trattando come avete fatto in passato, ho sistemi segreti e irrintracciabili per rendere miserabili le vostre vite. Lo prometto.»
Vernon ora tremava dal furore, mentre Petunia stava impallidendo.
«N-non hai alcun diritto di dirci certe cose!» Dichiarò Vernon. «Abbiamo protetto, vestito e nutrito il ragazzo per anni e ora dobbiamo avere a che fare con la sua mostruosità
Severus sollevò sarcasticamente un sopracciglio. «Tutto per pura bontà di cuore, ovviamente.»
«Non ci è stata data alcuna scelta! E poi si è messo lui in quel ripostiglio, di sua spontanea volontà, poco dopo essere arrivato qui! Non si riusciva a farlo andare nell’altra cameretta senza che piangesse!» Strillò Petunia.
«E hai mai pensato al perché, sciocca donna? Aveva assistito all’omicidio dei suoi genitori in un posto simile, e il ricordo era ancora fresco! Ovviamente avrebbe cercato rifugio in un luogo piccolo e appartato. Qualsiasi bambino lo avrebbe fatto!»
Petunia inspirò a fondo e anche Vernon esitò. Severus udì Dudley ansimare da dietro il sofà.
«Ma quindi voi avete trasformato il suo rifugio, che sarebbe stato temporaneo se vi foste premurati di aiutarlo, in una prigione - mettendoci dei lucchetti per amor di Merlino! E giudicate barbarica e medievale la mia gente. Patetico.» Scuotendo la testa, Severus fece alcuni passi nel salotto, sfoderando la bacchetta.
«Non cominciare a fare nessuna mostruosità qui dentro!» Ululò Vernon.
Severus non gli fece caso e agitò la bacchetta verso la figura rannicchiata dietro il divano. «Finite
Dudley strillò, tenendosi il sedere e saltando fuori.
«Dudley!» Gemette Petunia, correndo verso di lui mentre Vernon diresse un pugno carnoso verso Severus. Severus si scansò facilmente.
«È s-sparita!» Strillò Dudley, gli occhi spalancati dallo stupore. «Non c’è più, l-la coda*!»
Vernon inciampò in avanti dopo essersi slanciato nel tentativo di colpire Severus.
«Ora che avete una “mostruosità” in meno di cui occuparvi, prometterete di comportarvi come ho detto nei riguardi del Signor Potter, o altrimenti rimetterò la coda dov’era e porterò avanti la mia promessa. Chiaro?» Chiese Severus, lasciando fluire un po’ di magia fuori dal proprio nucleo per ottenere maggior enfasi.
«D’ac-accordo, promettiamo.» Disse Petunia, spaventata. «Ora vattene!»
«Vi ringrazio. Me ne andrò dopo che avrò parlato col Signor Potter.»
Detto ciò, Severus salì le scale.

O o O o O o O o

Severus aprì la porta e trovò Harry con una civetta bianca come la neve e una breve, piccola lettera. Le cose del ragazzo erano ancora miniaturizzate ed erano posate sulla piccola, sporca scrivania accanto al letto bitorzoluto.
«Signore, era già qui quando sono entrato, e guardi, Hagrid mi ha scritto!» Disse Harry, piuttosto eccitato. «Guardi, ha scritto che la civetta è un regalo di compleanno in ritardo per me!»
Severus tornò a guardare la civetta, che riconobbe come Edvige. Harry seguì il suo sguardo, e la sua eccitazione si spense all’improvviso.
«Posso tenerla, vero?» Chiese, sebbene il suo sguardo si fosse già intristito. Sospirò. «La lista diceva di un solo animale per ogni studente. Non posso averne due, giusto?» La sua voce era rassegnata.
Severus strinse gli occhi, riflettendo. «Parlerò col Preside e gli spiegherò la situazione. Coral è l’eccezione. Se il Preside potrà vedere quanto ne hai bisogno e quanto ti sarà utile, potrebbe acconsentire a fare un’eccezione e permetterti di avere due animali. Sono state fatte delle eccezioni per degli studenti in passato, quindi tu non saresti il primo.»
Harry lo guardò pieno di speranza.
«Ma non ti prometto nulla. Se non acconsentisse, non c’è nulla che posso fare, ma sta’ sicuro che la civetta verrà accudita. Potrai occuparti di lei per il resto dell’estate, ma a Settembre dovrai accettare la decisione del Preside, qualunque essa sia.»
Harry annuì, abituato alle delusioni ma desideroso di sperare. La civetta fece un fischio.
«Non voglio incoraggiarti ad affezionartici, ma avrà bisogno di un nome,» affermò Severus dopo un momento.
«Capisco che potrei non avere la possibilità di tenerla, e anche lei lo capisce,» disse Harry, guardando la civetta. «Vero?» La civetta annuì.
«Vede?»
«Ho visto. Bene, per qualche idea sul nome, ti suggerisco il libro di storia che abbiamo acquistato oggi.»
«Ok, Professore,» replicò Harry, prima di guardare la porta della sua camera. «Um, come è andata la...»
«La chiacchierata?» Finì Severus con un ghigno.
Harry annuì.
«Come avevo previsto,» rispose. «Sono incolumi e tuo cugino è stato de-codato.»
Gli occhi di Harry luccicarono di divertimento. Severus fu impressionato dall’autocontrollo del ragazzo.
«Ti invierò presto il libro sui Serpincanti, e anche alcune pozioni che mi aspetto che tu beva.»
«Pozioni? Che cosa mi faranno?»
«Sono pozioni per un piano di nutrizione che ho progettato per te. Quando leggerai il tuo testo scolastico sulle pozioni, troverai due delle tre che ti manderò.»
«Perché devo berle, Signore?» Chiese Harry con una smorfia.
«Hai davvero bisogno di chiederlo? Quanti ragazzi della tua età sono più bassi di te? Quanti sono più forti?»
Harry chinò la testa con vergogna e imbarazzo.
«La colpa non è tua, Potter,» continuò Severus, facendo marcia indietro. Doveva ricordare a sé stesso di essere onesto, non completamente brutale.
«La mia magia è stata danneggiata, con il… quello che ha detto prima? Per il cibo?» Domandò piano Harry, sconfitto.
«No, ma se avessimo ignorato il fatto, lo sarebbe stata. Mi aspetto da te che tu mangi a sazietà durante i pasti da ora in poi, e se i Dursley ti razionano il cibo come hanno evidentemente fatto in passato, lo saprò. E rettificherò rapidamente la situazione, se dovesse presentarsi.»
Harry sbatté le palpebre.
«I Dursley sanno che le conseguenze saranno… spiacevoli se faranno qualcosa che gli ho detto di non fare. Gli ho dato un chiaro avvertimento.» Severus scosse la testa. «È vergognoso che abbiano bisogno di una tale coercizione per fare ciò che sarebbe loro dovere, ma le persone sono egoiste, spaventate e orgogliose. A tal proposito, vorrei darti qualcosa.»
«Mi ha già dato un sacco di cose, Professore,» esclamò Harry, stupefatto che il professore stesse chiedendogli di dargli qualcos’altro, qualunque cosa fosse.
«Questo non riguarda solo i Dursley, Signor Potter. Riguarda chiunque volesse farti del male o avesse cattive intenzioni.»
Harry fece una smorfia. Non era sicuro che gli piacesse dove si stava dirigendo il discorso.
«Di che cosa sta parlando, Signore?»
«Quanto ti ha detto Hagrid a proposito del Signore Oscuro?»
«Beh, ha detto che era molto malvagio. Ha riunito dei seguaci e robe del genere, ha ucciso coloro che gli si opponevano. Mi ha detto della… di quella notte di Halloween.» Harry si toccò la fronte, le dita che strofinavano la cicatrice. Harry chiuse gli occhi, prima di riaprirli e alzare lo sguardo a Severus. «Ma questo è tutto. C’è qualcosa che non mi ha detto? Non era molto entusiasta. Ho dovuto insistere perché mi dicesse quello che ho saputo.»
«Il Signore Oscuro non è morto.» Severus decise di andare subito al punto, poiché Harry sembrava pronto per la verità - forse l’avrebbe apprezzata.
«Anche Hagrid pensa che non lo sia.»
«Io non penso soltanto che non sia morto. Io so che non lo è.»
Harry deglutì, realizzando rapidamente le implicazioni delle parole del professore.
«Non ti sto dicendo questo per spaventarti, ma per prepararti, perché ci sono persone nel Mondo Magico che vogliono che lui ritorni e che tu sparisca.»
Harry fece una smorfia, le sopracciglia aggrottate. «Come Lucius Malfoy? È per questo che non voleva che mi vedesse?»
«Sì.»
Harry inclinò la testa, ancora pensieroso. «Ma, che cosa avrebbe potuto fare se mi avesse visto? Voglio dire, c’era lei e anche altra gente. Avrebbe fatto qualcosa allo scoperto davanti a tutti?»
«Non volevo che lui ti vedesse insieme a me. Sono il Padrino di suo figlio. Ci sarebbero state complicazioni.»
Severus riusciva a vedere la mente di Harry che digeriva quello che gli aveva detto, che provava a immaginare quali implicazioni avesse e che cos’altro ci fosse dietro. Bene. Voleva che Harry usasse il cervello e che prendesse l’abitudine di dedurre le cose. Cose al di là della prima ragione o causa apparente. Così gli sarebbe stato anche d’aiuto in seguito se Harry avesse mai scoperto tutta la verità.
«Okay, Professore. Che cosa vuole darmi?» Chiese Harry, un po’ incerto.
«Questa,» rispose lui, porgendogli una semplice catenina d’argento.
«Che cos’è, Signore? Voglio dire, che cosa fa?»
Severus fece un piccolo sorriso. Il ragazzo stava imparando in fretta.
«Mi avvertirà se sei in pericolo e mi segnalerà il luogo in cui ti trovi nel caso una situazione pericolosa si verificasse.»
«Oh. Beh, suppongo sia una buona idea,» fece Harry, prendendo la catenina. «Um, immagino che con questa sarà come con i foderi delle bacchette?»
«Sì, tienila sempre addosso. Sei anche l’unica persona che può rimuoverla, o anche sollevarla, una volta che l’avrai indossata.»
«Sollevarla?»
«Non vorrai mica che qualcuno la usi per strangolarti, no?»
Harry fece velocemente di no con la testa, ricordando quanto spesso Dudley gli tirasse la maglietta da dietro quando cercava di acchiapparlo, e quanto fosse difficile respirare quando il colletto della maglia gli tirava strettamente la gola. Preferiva essere preso a pugni da Dudley che essere strozzato dalla maglietta in quel modo, ma preferiva essere strozzato per la maglietta da Dudley piuttosto che da zio Vernon. Harry si portò inconsciamente l’esile mano alla gola, toccandosi gentilmente la pelle pallida. Gli occhi di Severus si assottigliarono un po’, ma non fece commenti.
«Ricorda che non puoi usare la magia fuori dalla scuola, a meno che la tua vita non sia in pericolo, ma questo non significa che tu non possa leggere libri sulla magia,» disse Severus, decidendo che la conversazione aveva bisogno di spostarsi su argomenti meno preoccupanti.
«Sì, Signore. Leggerò tutto quello che posso.»
«Molto bene. Sarà anche di beneficio per te se farai pratica nell’usare la piuma. Dopo che hai letto un capitolo, riassumilo sulla pergamena. Trovo che gli studenti nati da babbani, o che vengono dal mondo babbano, abbiano inizialmente molte difficoltà nello scrivere bene. Che è una sfortuna per loro, perché assegno delle penalità per i compiti su pergamene graffiate e ricoperte di macchie d’inchiostro. Se vuoi dimostrarmi che ti meriti una O o una E, oppure anche una A, devo almeno essere in grado di leggere la tua calligrafia.»
«Capisco, Signore, ma… » Harry fece una pausa, organizzando i propri pensieri. «Non conosco la scala dei voti. Avrei dovuto chiedere prima, mi scusi.»
«Sei perdonato, Signor Potter,» rispose tranquillamente. «I voti, in ordine crescente, sono: T - Troll, D - Desolante, S - Scadente, A - Accettabile, O - Oltre ogni previsione, E - Eccezionale.»
Harry annuì, mentre Severus si guardò intorno di nuovo nella piccola stanza. Sarebbe stata un’esistenza spartana quella di Harry prima dell’inizio della scuola, ma era meglio della vita nel ripostiglio che aveva appena lasciato.
Severus meditò sul lanciare qualche incantesimo che migliorasse gli oggetti nella stanza, ma decise per un’azione più pratica.
Agitando la bacchetta, l’insegnante di pozioni lanciò un silenzioso reparo. Fu rapidamente ricompensato da uno stupefatto singulto di Harry quando il vecchio letto traballante si rinsestò, la scrivania recuperò la propria finitura originaria, la gamba della sedia si rinforzò e altre piccole cose nella stanza si ripararono da sole. La camera era ancora tetra, ma non era più patetica.
«Wow! Grazie Professore!» Esclamò Harry. «Questa è la cosa più strana che io abbia mai visto!»
«Stai smaniando di nuovo, Signor Potter,» lo ammonì, sebbene il lieve sorriso ammorbidisse la severità nella sua voce. «Ma… prego, non c’è di che.»
Harry sorrise, impacciato.
«Hai qualche altra domanda prima che me ne vada?» Chiese Severus mentre tirava fuori il biglietto del treno e lo porgeva al ragazzo.
«Dove si trova questo binario nove e tre quarti?» Chiese Harry, leggendo l’elaborato biglietto e inclinando la testa al leggere i “tre quarti”.
«È tra il nono e il decimo binario. Quando arriverai alla stazione di King’s Cross, devi semplicemente camminare verso il muro tra il nove e il dieci. La parete è un’illusione, quindi devi solo andarci addosso. Ti porterà all’Espresso per Hogwarts.»
«Okay,» replicò Harry, cercando di non sembrare incredulo.
«Va’ in anticipo, così potrai prendere un buon posto ed evitare la folla.»
«Sì, Signore.» Harry raddrizzò un po’ la schiena, sembrando leggermente più alto. Non aveva altre domande e stava facendo sapere al professore che ora poteva andare. «Grazie, Professore.» Ringraziò sinceramente.
Severus fece un breve cenno del capo, riconoscendo i ringraziamenti e il commiato rispettoso. «Ci vedremo il primo di Settembre, Signor Potter. Aspettati l’arrivo del libro sui Serpincanti e quelle pozioni entro qualche ora. Se hai delle preoccupazioni riguardo qualsiasi cosa, mandami una lettera tramite la tua civetta. Lei saprà trovarmi.»
Harry annuì, sentendosi un po’ incerto su cosa dovesse fare ora che il professore stava andando via. Doveva accompagnarlo alla porta?
«Me ne andrò da me. Non credo che ai tuoi zii importerà se resterai qui fino all’ora di cena,» disse lui.
«D’accordo, Signore. Arrivederci, e grazie ancora.»
Severus respinse i suoi ringraziamenti con un cenno della mano, e uscì dalla porta. «Arrivederci a Settembre, Signor Potter.» Con questo, chiuse la porta della camera e scese di nuovo dai Dursley.
Dopo un rapido scambio con Vernon, con cui lo informò che avrebbe portato Harry alla stazione di King’s Cross il primo di Settembre a qualsiasi ora Harry avesse deciso di partire, l’insegnante di pozioni vestito di scuro finalmente uscì - col sollievo dei Dursley.

O o O o O

Severus sapeva che ci sarebbero state ripercussioni che avrebbe dovuto affrontare per essere andato a Diagon Alley ed essersi coinvolto con Harry come aveva fatto.
Così, non fu sorpreso quando un elfo domestico apparve davanti a lui poco dopo il momento in cui era tornato nelle sue stanze con la metropolvere da Hogsmeade.
«Padron Severus Piton Signore, il Preside Signor Silente chiede che facciate rapporto nel suo ufficio.»
«Certamente,» rispose con voce vellutata. «Arriverò in un momento.»
Con un inchino, l’elfo di Hogwarts scomparve.
Severus corse al suo scaffale delle pozioni e prese le pozioni nutrienti per Harry prima di evocare il libro sui Serpincanti che gli aveva promesso.
«Muffola,» chiamò piano.
-Pop-
«Sì, padrone?» Chiese lei mentre Severus scriveva su un foglio.
Muffola** era un’esile elfa domestica che, per qualche ragione, si era affezionata a Severus. Era stata un elfo di Hogwarts, ma subito dopo che Severus era diventato un insegnante, aveva deciso di servirlo e di diventare il suo elfo personale.
«Metti questi oggetti in una scatola e allegaci questo foglio. Quindi porta il pacco a Furia e digli di recapitarlo a Harry Potter nel Surrey,» disse, dandole gli oggetti.
Furia era la sua ulula*** che viveva nella guferia, dato che i sotterranei non erano adatti a un gufo.
«Sì, padrone,» rispose lei con un saltello. Non era cosa da tutti i giorni che Severus avesse un incarico per lei, poiché non era incline a chiedere ad altri di fare qualcosa che poteva farsi da solo. «Sarà fatto come il padrone desidera.»
«Grazie, Muffola.»
Lei si inchinò e scomparve.
Severus si raddrizzò e si voltò verso il camino, preparandosi mentalmente a ciò che stava per affrontare.
L’ultima volta che aveva visto Silente… vivo… Severus si riscosse. Non poteva permettersi di indugiare sul passato. Non era successo in questa linea temporale - non sarebbe successo.
Ma Severus non poteva impedire alla propria mente di ricordare, le scene di quel giorno lampeggiavano violentemente negli occhi della sua mente. Dovette combattere contro la bile che gli risaliva in gola. Nessuno dovrebbe morire in quel modo, men che meno un leader come Albus.
Espirando lentamente, si occluse la mente, riportò la calma e solidificò le proprie barriere mentali mentre seppelliva i dolorosi, orridi ricordi. Gli eventi non si sarebbero ripetuti; sarebbe morto prima di permetterlo.
Sicuro di avere sé stesso sotto controllo, prese una manciata di Polvere Volante e fece un passo nel camino, sparendo in una fiammata di fuoco verde.

O o O o O

Mise piede nell’eccentrico ufficio, l’intera atmosfera adesso a lui estranea. Erano passati più di due anni da quando vi era stato e aveva visto l’ufficio tutto intero.
Guardò la scrivania, trovando il Preside a firmare alcuni documenti.
«Voleva vedermi, Preside?» Chiese, annunciando discretamente la sua presenza - anche se sapeva molto bene che Albus era già consapevole del suo arrivo.
«Ah! Severus! Sì, per favore, siediti.» Sollevò lo sguardo, fissandolo al di là dei suoi occhiali a mezzaluna. I suoi occhi erano gentili come al solito, ma c’era anche qualcos’altro.
Confusione?
L’insegnante di pozioni fece come richiesto, sedendosi come aveva spesso fatto in precedenza. A schiena dritta e rigido.
Mettendo da parte un mucchio di fogli, Albus tirò fuori la ciotola dei dolcetti. «Caramella al limone?»
Severus fu molto tentato di prenderne una, ma sarebbe stato così fuori dal personaggio che a Albus sarebbe venuto un colpo. Rifiutò educatamente.
Facendo finta di essere deluso, il Preside mise via la ciotola dopo essersi preso una caramella.
«Bene, ho avuto una conversazione molto interessante con Hagrid qualche ora fa,» cominciò l’uomo più vecchio, molto più vecchio.
«Posso immaginarlo,» Severus affermò laconico.
«Sono curioso, Severus, perché sei andato a Diagon Alley?» Continuò, indisturbato dai modi bruschi del professore più giovane.
Severus non rispose subito, pensando a come meglio gestire la situazione. Non poteva rivelare ad Albus la verità, questo era certo. Avrebbe cominciato a fare troppe domande e ciò avrebbe complicato delle cose di cui sarebbe stato meglio che se ne occupasse Severus per conto proprio.
«Ero… curioso.» Rispose finalmente.
«Su di Harry?» Gli occhi di Albus diedero un rapido scintillio.
«Sì.»
«Allora sei andato a incontrarlo di persona? Ma allora perché poi hai deciso di congedare Hagrid e di portare tu stesso Harry a comprare il suo materiale scolastico? Eri così curioso da trascorrere una giornata intera con il ragazzo?»
Severus sapeva che doveva muoversi con cautela. Doveva rendere tutto credibile. Molto credibile.
«All’inizio, volevo semplicemente farmi un’idea dell’atteggiamento del ragazzo per poi andarmene, ma dopo aver visto le sue condizioni fisiche e il suo abbigliamento...»
Il tono di Severus si fece più cupo e pericoloso.
Albus si chinò velocemente in avanti, lo sguardo gli si fece preoccupato. «Per favore, continua, Severus.»
«Il ragazzo è sottopeso ed era vestito con vecchi abiti stracciati che erano almeno di tre taglie di troppo per lui.»
Gli occhi del Preside si spalancarono.
«Ho sentito che la cosa migliore da fare fosse di farmi avanti e di assicurarmi che le cose non fossero peggiori di quanto fossi già stato in grado di capire.»
«Che cosa hai scoperto?» Domandò Albus, spaventato dal sentire la risposta ma col bisogno di sapere.
«Abbastanza da aver già spedito al ragazzo diverse pozioni,» Severus fece una smorfia, «gliene manderò tre da bere ogni settimana.»
Albus espirò lentamente, le rughe rese più evidenti da una smorfia. «Quanto è grave?»
«Niente a cui non possa rimediare, ma se avessimo ignorato la cosa, tra un anno a quest’ora non avrei potuto dire la stessa cosa.»
Albus chiuse gli occhi con sofferenza e il senso di colpa, più forte di un Ungaro Spinato furioso, si levò dentro di lui. Avrebbe dovuto dare ascolto a Minerva, ma non poteva farci niente al momento.
«Ho già avuto una… chiacchierata con i Dursley. Il loro maltrattamento del ragazzo non continuerà. Il Signor Potter mangerà pasti completi e dormirà in un letto vero da ora in poi.»
«Un letto vero?» Gli chiese il Preside in allarme, riaprendo di scatto gli occhi mentre un’altra emozione cresceva dentro di lui.
Indignazione.
Sfortunatamente, Severus non comprese l’estensione della furia che ora brillava negli occhi del vecchio, e rispose prontamente. «Oh sì, il Signor Potter ha vissuto in un ripostiglio negli ultimi dieci anni. I Dursley lo hanno spostato nella camera degli ospiti dopo la prima lettera.» Affermò con voce piatta, dovendo controllare il proprio stesso disgusto fino a quando non fu istantaneamente dimenticato nel momento successivo.
La magia eruppe, e fu solo grazie a un secolo di uso della magia che tutti gli oggetti del Preside evitarono di essere scagliati giù dalla scrivania e dagli scaffali e di essere fatti in mille pezzi. Ad ogni modo, l’autocontrollo di Albus non fu abbastanza e lo scaffale di libri proprio dietro di lui esplose, con le pagine che ora svolazzavano dappertutto attorno a lui in una possente e intimidatoria dimostrazione del suo vecchio potere.
Albus si inclinò in avanti, con la testa china mentre recuperava il controllo della propria magia - magia che si stava ancora spargendo nell’aria muovendogli i capelli e i vestiti, mutandosi in una brezza pulsante. La sua mano sinistra era appoggiata alla scrivania, mentre la destra era serrata in uno stretto pugno al centro del suo petto. Fawkes**** emise un verso preoccupato e rapidamente volò verso di lui, poggiandosi sulla sua spalla sinistra prima di abbassare la testa piumata e di seppellire affettuosamente il becco tra i bianchi capelli dell’uomo.
Severus era senza parole.
Non aveva mai visto il proprio mentore così… furioso.
Alle lettere degli studenti l’indirizzo veniva apposto in maniera automatica, e fu solo dopo che Harry non ebbe risposto alla prima, che la McGrannitt guardò che cosa c’era scritto. La prima lettera che vide era indirizzata al: “Signor H. Potter, Cameretta piccola, n°4 Privet Drive”. Non aveva mai saputo del ripostiglio, e così non poteva averlo detto al Preside.
Nel futuro di Severus, il Preside sapeva che le cose non andavano bene nella famiglia Dursley, ma non aveva idea di quanto. Aveva avuto dei sospetti, ma a quel tempo la guerra era in pieno avvio e non c’era nulla che potesse realmente fare.
«Come sta Harry?» Sussurrò il vecchio mago mentre calmava la propria magia, le pagine che ora si posavano attorno a loro.
«Mentalmente?» Chiese piano Severus, un po’ nervoso sul poter causare un altro scoppio di magia accidentale dal vecchio. Il suo mentore doveva ancora sollevare lo sguardo, ma annuì rigidamente, esortandolo a rispondere. «Sano e forte per quanto posso dire.»
«Sei… compiaciuto di ciò che hai trovato,» commentò Albus, mentre le spalle gli si rilassavano un po’, ma la sua voce rivelava sorpresa mentre sollevò il volto. Fawkes si raddrizzò un po’, ma rimase sulla spalla del suo umano.
Severus non negò l’affermazione, ma andò oltre, decidendo di allontanarsi rapidamente dal modo in cui i Dursley trattavano Harry. Non avrebbe gradito vedere un Silente furibondo.
«Ho scoperto che il ragazzo è un Rettilofono,» disse con calma.
Quella piccola informazione l’ultima volta non aveva sconvolto il vecchio, perché avrebbe dovuto farlo ora?
«Cosa?»
Se la situazione fosse stata differente, avrebbe sogghignato all’esterrefatto Preside, ma non riuscì a trovarvi alcun divertimento ora, perché notò un baluginio di paura negli occhi azzurri normalmente scintillanti.
In quell’istante, Severus seppe che doveva cambiare il suo approccio, e più in fretta che poteva. Apparentemente, deviare dai maltrattamenti sul Ragazzo Sopravvissuto non era stata una buona idea.
Sollevò le mani nel tentativo di calmare il proprio mentore, gli occhi nerissimi incatenati a quelli azzurri, cercando di convincerlo che non era come lui stava immaginando che fosse. Harry non era un mostro.
«L’ho portato a interessarsi dei Serpincanti e sono sicuro che si sia già fiondato sul libro che gli ho mandato.»
«I Serpincanti? Lui… lui sa che cosa implicano?» Chiese Albus, chiaramente cercando un segno che Harry non fosse un altro Riddle.
«Conosce il loro scopo - guarire e proteggere. Era molto intrigato e spera che il suo studio di essi aiuterà ad attenuare la paura verso la sua abilità. Lui è… come Lily,» ammise dolcemente.
Il Preside si calmò, con gli occhi che gli brillavano nuovamente, stavolta di gioia e di sollievo.
«Il che mi porta ad un piccolo problema che è sorto,» continuò Severus, il tono di voce che indicava ad Albus che non era una questione urgente, pulendosi con un gesto la manica nera da un brandello di stoffa.
«Oh?» Il Preside si spostò in avanti sulla sedia, ignorando i pezzi di libri e di carta su di lui e tutto intorno.
«Sì. Gli ho dato il permesso di avere un animale esotico - un piccolo serpente corallo magico.»
«Per i Serpincanti?»
«Sì, ma non avevo previsto che anche Hagrid avrebbe preso un animale al ragazzo.»
Beh, lo aveva previsto, ma non doveva dirlo al Preside.
«Ah.»
«Gli ho detto che potrebbe non avere il permesso di tenere la civetta che Hagrid gli ha regalato, a causa delle regole scolastiche, ma che le avrei sottoposto la questione. È pronto per qualsiasi decisione lei prenda.»
«Beh, non vedo alcun male nel fare un’eccezione per il Signor Potter, a patto che acconsenta a imparare i Serpincanti. Se il Consiglio viene a sapere dell’eccezione che è stata fatta per lui, vorrà un’ottima ragione per questo permesso. Non riesco a pensare a un motivo migliore di un giovane mago che impari una forma benefica di magia rara.»
«Ho pensato la stessa cosa,» confermò Severus.
«Sono orgoglioso di te, Severus,» esclamò improvvisamente il vecchio, osservandolo con intensità. «Dai tuoi passati commenti su Harry quest’estate, ero… preoccupato che tu non lo trattassi...» Si interruppe e sospirò, come vergognandosi di se stesso per non aver avuto fiducia nella sua spia.
Severus abbassò lo sguardo, ora vergognandosi parecchio per il suo precedente comportamento con il figlio di James, sapendo che Albus aveva avuto un’ottima ragione per essere preoccupato. L’ultima volta aveva agito in modo molto sciocco. La sua rabbia contro James aveva oltrepassato il suo amore per Lily per lungo tempo, fino a quando erano stati sopraffatti dalla realizzazione che Harry non era suo padre - o sua madre. Era il loro figlio, sì, ma era una persona a sé stante, e sebbene avesse molti tratti caratteriali che a Severus ricordavano Lily, il ragazzo era inspiegabilmente anche uno dei più forti e saggi guerrieri al fianco dei quali Severus avesse mai avuto l’onore di combattere. Era cresciuto fino a diventare un suo fratello d’armi… e, poteva osare dirlo, un amico.
Il Preside deglutì pesantemente. «Ciò che mi hai detto oggi… so che non deve essere stato facile scoprirlo direttamente. Io… ammiro il tuo autocontrollo. Non potrei dire che sarei stato capace di gestire la cosa in modo così onorevole.»
«C’è... mancato davvero poco, Preside. E in realtà, è stato lo stesso Signor Potter che mi ha impedito di annientare con una maledizione i suoi zii.»
«Oh? E come?»
«Mi ha chiesto di non fare loro del male. Ha anche detto ‘per favore’.»
Le sopracciglia del vecchio mago si sollevarono, con gli occhi umidi. «Notevole,» sussurrò.
I due scivolarono in un silenzio confortevole, anche se bizzarro.
«Severus?» Chiese Albus dopo un momento.
«Sì, Preside?»
«Qual’è la tua opinione sul ragazzo per il prossimo trimestre? Seriamente?» Domandò Albus, l’espressione triste dei suoi occhi che chiedeva a Severus di essere completamente onesto nel rispondere.
«Lui ha...» Severus unì le mani, un’ombra di sorriso sulle labbra. «… Un gran potenziale.»


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Note della traduttrice:

* La coda di maiale che gli era stata “messa” da Hagrid.
**Muffola è la traduzione letterale dell’originale “Mittens”, ho cercato di mantenere la delicatezza del nome.
***L’ulula (Surnia ulula) è una specie di uccelli dall’aspetto a metà tra i falchi e i gufi (il nome inglese è “northern hawk owl”).
****Ho deciso di lasciare in originale il nome della Fenice, dato l’infelice significato inglese della parola usata per la traduzione ufficiale (almeno la prima).


A presto con il prossimo capitolo, Cose da fare.





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Capitolo 3
*** Cose da fare ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di BlueOwl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 3: [Tasks] Cose da fare

Severus entrò nella Stanza delle Necessità, bacchetta alla mano. Oggi, non ci sarebbe stato più alcun Armadio Svanitore. Hogwarts non sarebbe caduta dall’interno. Se il Signore Oscuro voleva conquistarla, avrebbe dovuto farlo nella maniera più difficile.
Chiuse gli occhi ed espirò.
Un centinaio di Mangiamorte avevano invaso Hogwarts, fluendo da quel passaggio. Avevano ucciso ogni studente che avevano incontrato.
Sessantasette studenti erano stati assassinati quel giorno, e anche Filius era caduto.
Beh, stavolta non sarebbe accaduto. Severus riaprì gli occhi, concentrandosi sul suo compito e le scene di quel giorno si riproposero nella sua mente.

Era la fine del sesto anno di Harry - l’inizio della fine.
Le urla echeggiarono nei corridoi, i ragazzi correvano, terrificati mentre gli incantesimi sfrecciavano sulle loro teste. Filius Vitious corse avanti, zigzagando tra gli studenti per intercettare gli invasori. Affrettandosi dietro di lui, Severus svoltò l’angolo e vide il basso insegnante di incantesimi che dispensava Imperdonabili. Quattro Mangiamorte giacevano già dietro di lui, inermi.


Severus puntò la bacchetta contro l’Armadio, gli occhi scuri osservarono le magnifiche incisioni sulla superficie.

«Filius!» Urlò, lanciando anche lui degli incantesimi, cercando di aiutare il Professore di Incantesimi a trattenere i Mangiamorte per prendere più tempo.
La copertura di Severus era saltata qualche minuto prima.
«Mira alle pareti!» Gridò Filius, lanciando un’enorme maledizione esplosiva contro un muro qualche metro in alto alla sua sinistra.
Comprendendo il suo piano, Severus lanciò cinque incantesimi simili alle pareti e al soffitto, vicino al punto in cui Filius aveva lanciato il suo primo incantesimo, ma non fece abbastanza in fretta.
Il Professore più anziano bloccò due delle maledizioni che erano state lanciate contro di lui, e ne schivò altre quattro, ma non poteva evitarle o deviarle tutte. Un -diffindo- oltrepassò le sue difese e lo colpì tra il collo e il petto. Ci fu uno spruzzo rosso.
L’ultima cosa che Severus vide di Filius fu la sua figura lacerata che crollava in avanti, prima che le rocce e la pietra del soffitto e delle pareti lo seppellissero.


Rilasciando la sua rabbia, la bacchetta eruttò fuoco, fiamme rosse incandescenti crebbero nell’aria prima di schizzare verso l’alto Armadio nero, e lo consumarono con una vendetta di proporzioni sovrumane.

Il corridoio ora era bloccato, ma un rimbombo dall’altra parte delle macerie avvertì Severus che i Mangiamorte erano ancora in arrivo.

Le lingue di fiamma s’incurvarono, Severus tirò indietro la bacchetta prima di spingerla nuovamente in avanti e in basso all’improvviso, liberando la sua furia sull’armadio ora bruciante.

Era riuscito a oltrepassare la Sala Grande, i corpi degli studenti e dei Mangiamorte identici tutt’intorno.

Urlò, la sua magia s’intrecciò al rogo divampante mentre la sua mente continuava a rivivere quel giorno.

Silente finalmente arrivò, era stato trattenuto dall’attacco al Ministero.
«Severus! Da questa parte!» Gli indicò, nel momento in cui la parete dietro Severus esplose, scagliandolo a gambe all’aria attraverso la stanza.
Lottando per rialzarsi, Severus si voltò per vedere il suo ex-Signore in piedi sulla soglia. Albus fece un passo in avanti, muovendosi tra la sua spia ferita e Voldemort.
«Tom.»
«Non chiamarmi con quel nome!» Sibilò il Signore Oscuro, muovendo la bacchetta, e un’ombra di fiamma demoniaca si sollevò davanti a loro.
«Scappa, Severus!» Ordinò Albus mentre colpiva di lato il mostro di fiamme crescenti con una pulsazione della sua magia bianca.
Severus si mosse per andarsene come gli era stato detto, voltandosi indietro per vedere Albus che incurvava le fiamme nere in alto e lontano da sé, fino a far loro sfiorare il soffitto, cercando di strappar via da Riddle il controllo del fuoco.
BOOM!
La vista gli si oscurò.


Col sudore sul viso, si piegò sulle ginocchia e svuotò i polmoni in un solo rapido respiro. Si era svegliato in un ospedale improvvisato qualche giorno dopo. Aveva saputo da Albus che Hogwarts era stata completamente distrutta. Rasa al suolo.
Le fiamme collassarono, condensandosi intorno a un’esile rimasuglio rimanente, prima che anche quello fosse annientato, lasciandosi dietro le ceneri dell’Armadio.
Severus sorrise.
Sarebbe riuscito a dormire in pace questa notte.

O o O o O

Harry fece una smorfia verso la piuma testarda che non voleva saperne di obbedire ai suoi comandi. Era come se fosse determinata a lasciare chiazze d’inchiostro su tutta la pergamena, qualunque cosa lui facesse. Sospirò, ricordando che cosa il Professor Piton aveva detto - “gli studenti provenienti dal mondo babbano inizialmente hanno grandi difficoltà a scrivere bene”.
Beh, almeno tutta la pratica che stava facendo gli avrebbe evitato di prendere una S, o peggio. E riassumere quello che aveva appena letto man mano che faceva esercizio era davvero una trovata ingegnosa. Il Professor Piton era stato davvero grande a dargli un incarico che lo aiutasse a imparare due cose contemporaneamente.
Aveva letto tre capitoli di tutti i suoi libri di testo. Era l’inizio della seconda settimana di agosto e sapeva che, una volta arrivato a scuola, sarebbe stato grato di tutto il lavoro che stava facendo.
Gli piaceva anche molto il libro di pozioni in più. Si intitolava “Guida per principianti all’arte del tramare pozioni: ingredienti.” Gli ricordava un libro di cucina, ma in maniera più specifica su quali ingredienti facevano cosa per arrivare al prodotto finito. Si domandava se sarebbe stato capace di incorporare insieme la cucina e le pozioni per preparare un pasto di proporzioni epiche. Avrebbe dovuto ricordarsi di chiederlo al Professor Piton più tardi.
Anche gli altri due libri che aveva preso al negozio col professore si stavano rivelando molto utili - “Prendersi cura dei serpenti” e “Controllare la propria magia interiore”. Coral rideva di alcune cose scritte nel libro sui serpenti, trovando esilarante che gli umani si facessero così tanti problemi per fare cose che pensavano piacessero ai serpenti, quando in realtà ai serpenti non gliene importava davvero nulla. Harry era molto grato di poter semplicemente chiedere a Coral che cosa volesse, invece di dover indovinare. L’altro libro era un po’ meno semplice e chiaro, ma almeno ora sapeva perché la sua magia accidentale si manifestava in alcune situazioni e non in altre. Forse poteva imparare a richiamare la sua magia ‘accidentale’ e usarla per fare ciò che voleva, quando voleva. Ecco un’altra cosa da chiedere al Professor Piton quando fosse arrivato a Hogwarts.
Riguardo ai suoi altri libri scolastici, Incantesimi e Difesa contro le Arti Oscure sembravano i più interessanti, e sebbene Trasfigurazione sembrasse molto figo, non aveva in programma di trasfigurare degli animali. Sembrava una cosa così crudele. Comunque, poteva essere un’impressione data dal fatto che lui sapeva come ci si sentiva a essere trattati come un oggetto.
Ma il suo libro preferito in assoluto era “L’arte dei Serpincanti”. Era fantastico, e non vedeva l’ora di cominciare a fare delle prove con Coral, e lei anche. Il libro era stato scritto da un uomo che aveva un amico Rettilofono. Non conteneva esattamente degli incantesimi in Serpentese, ma solo quello che il suo amico gli aveva riferito a proposito di come faceva determinate cose, che cosa provava, e che limiti aveva riscontrato riguardo alcuni metodi.
Il libro era una lettura piacevole per chi fosse incuriosito dai Serpincanti e una guida a coloro che lo imparavano autonomamente. Da quello che Harry era riuscito a capire finora, quello che doveva fare era dire in Serpentese ciò che voleva che accadesse, mentre manipolava la propria magia o quella del paziente. Per esempio, se voleva far guarire il braccio distrutto di un paziente, avrebbe dovuto dire :Osso distrutto, riparati:, e sarebbe successo (solo se forniva abbastanza magia alla zona che doveva essere guarita).
Leggendo il libro, Harry imparò che, una volta ottenuti i concetti base dei Serpincanti, sarebbe stato in grado di guarire le persone senza usare nemmeno la bacchetta!
Tutto ciò di cui aveva bisogno erano le sue mani e che Coral fosse arrotolata al suo polso. Avrebbe potuto, eventualmente, curare malattie di tutti i tipi, anche cose normalmente non trattabili con la magia o con le pozioni. Si chiese se avrebbe potuto saltuariamente fare da volontario nell’Infermeria, se la scuola ne aveva una. Ma perché non avrebbe dovuto averla?
-Tap tap tap-
Harry sollevò lo sguardo e vide l’ulula dall’altro lato della finestra, prima di aprirla velocemente per farlo entrare. Edvige si raddrizzò.
Prese il pacco, sapendo già che cos’era. Era la dose settimanale di pozioni. Indirizzò l’ulula verso la ciotola dell’acqua di Edvige per farlo bere. Lei non fece storie, infatti lo aiutò a sistemarsi le piume. Harry sogghignò. Era certo che Edvige avesse una cotta per l’affascinante ulula.
Scuotendo la testa, si rivolse al pacco e lo aprì. Facendo ciò, bevve immediatamente la prima pozione, e poi ad essa fece velocemente seguire le altre due, nonostante il loro sapore orrido. Lo fece a causa di quello che il professore gli aveva scritto nella sua prima lettera il primo di agosto…

Signor Potter,
in questo pacco ci sono le tre pozioni che ti avevo promesso e il libro sui Serpincanti: “L’arte dei Serpincanti”.
A proposito delle pozioni, dovrai sempre bere per prima la fiala rossa. Farà sì che il tuo corpo sia più ricettivo del nutrimento ricevuto dal cibo che mangi e dalle pozioni che bevi. È chiamata Pozione Assorbente*. La troverai citata nel capitolo quattordici del tuo libro di pozioni.
La seconda fiala che berrai è quella blu, bevila immediatamente dopo quella rossa. È una variante del Distillato del Nutrimento, che troverai nel capitolo diciannove. Nota che non è la stessa cosa che una Pozione Nutriente.
La terza è una pozione che io chiamo Pozione dell’Utilizzo. Permetterà alla tua magia di fluire nel tuo corpo con più efficienza. Questo diminuirà i tuoi tempi di recupero e soprattutto aiuterà la crescita muscolare.
Aspettati l’arrivo di queste pozioni ogni settimana e BEVILE non appena arrivano! Ho messo un incantesimo di stasi sulle ampolle ma, una volta che le avrai toccate, svanirà. Più la pozione è fresca più ti aiuterà. Ignora meglio che puoi il sapore. I benefici superano di gran lunga il retrogusto.

Professor Severus Piton, Insegnante di Pozioni


Harry sorrise mentre sentiva ancora una volta gli effetti delle pozioni.
Gli davano una sensazione molto piacevole, una sensazione che stava rapidamente imparando a riconoscere come quella che uno prova quando ha mangiato in un pasto quello di cui aveva bisogno.
Harry aveva deciso che era una delle sensazioni migliori che uno potesse mai provare, anche con il sapore orribile che gli rimaneva sulla lingua.
Mettendo da parte il pacco, rimosse la piccola nota attaccata in cima ad esso. Ancora una volta, vide la calligrafia del professore.

Signor Potter,
confido che tu abbia già bevuto le tue tre pozioni. Se non lo hai fatto, BEVILE ORA. Confido anche che i Dursley si stiano comportando bene, perché non sono stato allertato di una qualche loro mancanza.
Continua a leggere i tuoi libri e a scrivere con la piuma. Non mi piacciono gli scansafatiche.

Professor Severus Piton, Insegnante di Pozioni


Harry sorrise, trovando stranamente confortante che il professore sprecasse il proprio tempo di dirgli di continuare a lavorare.
Guardando di nuovo la propria scrivania, dove l’ulula si stava godendo le attenzioni di Edvige, Harry decise di provare a rispondere.

Caro Professor Piton, ho preso le pozioni che mi ha inviato. Grazie.
I Dursley mi stanno lasciando in pace. È piacevole. Ho potuto leggere molto perché non mi hanno ordinato di pulire la casa, cucinare, o altro!
Bene, ora tornerò a leggere “L’arte dei Serpincanti.” È fantastico! Grazie per avermelo prestato. Voglio imparare tutto ciò che posso e lavorare molto duramente come lei ha detto che dovrei fare. Voglio aprire quel sigillo che lei ha detto che ho.
Grazie di tutto! (Mi scusi, sto cercando di non smaniare.)

Harry Potter


Harry si morse un labbro rileggendo la sua lettera. La sua calligrafia non era brutta come quella della settimana scorsa. Comunque, aveva la sensazione che il professore non avrebbe apprezzato il modo in cui alcune delle lettere erano casualmente più spesse delle altre, ma era il meglio che gli era riuscito di fare ora come ora. Sapendo quello che doveva fare, piegò la lettera e si voltò verso l’ulula.
«Potresti portare questa al Professor Piton, per favore?» Chiese.
Ebbe in risposta un verso affermativo, prima che l’animale prendesse la lettera e volasse via dalla finestra.
:Ti rimetterai a leggere, ora, Harry?: Domandò Coral, sollevando la testa colorata dal suo polso.
:Sì. Dovrei riuscire a finire il prossimo capitolo prima di pranzo:
Coral sibilò di approvazione.

O o O o O

Severus guardò i progressi della Pozione dell’Utilizzo che stava tramando per Harry. Mentre mescolava, lasciò vagare la propria mente.
Che avrebbe dovuto fare del suo tempo libero? Che cosa poteva fare per aiutare i preparativi della guerra ormai prossima, oltre a quello che stava già facendo?
Forse poteva dare dei suggerimenti nascosti ad Albus? Sì, poteva funzionare. Ma che cosa fare esattamente? Poi c’era la questione di Sirius Black. Era una bella gatta da pelare. Doveva cominciare da solo? O forse doveva trovare prima Remus?
Davvero non ne aveva idea.
Ad essere del tutto onesti, Black non era stato molto d’aiuto nel futuro, e Severus non era molto sicuro che sarebbe stato più utile anche adesso se lo avesse tirato fuori di prigione due anni prima. Innanzitutto, poteva rovinare il lavoro che stava provando a fare con Harry. Di sicuro lasciare un uomo innocente ad Azkaban era una cosa pessima da fare. Aveva bisogno di più tempo per pensare a che cosa fare con Black.
Lupin, d’altra parte, era stato molto più, beh, utile. Forse poteva coinvolgerlo nella vita di Harry un po’ prima, dando al ragazzo un altro adulto su cui potesse fare affidamento, e fare in modo che fosse Lupin a riconoscere il ratto. In quel modo, lui si sarebbe tenuto alla larga dalla confusione quando avrebbero scoperchiato il vaso di Pandora e sarebbe rimasto a guardare dagli spalti. Ma… era davvero l’opzione migliore? Permettere al ratto di racimolare informazioni su Harry da dare a Voldemort?
Hmm, se la mettevamo su questo piano… non poteva permettere a Peter Minus di restare il ratto di Ronald Weasley.
Smise di mescolare, aspettando la reazione proteica mentre pensava a cosa fare con Minus.
Scuotendo la testa e decidendo che aveva bisogno di meditare più a fondo anche su questa questione, ammise con sé stesso che aveva un problema più grosso tra le mani.
Raptor.
Sarebbe tornato al castello in un paio di settimane, così Severus aveva abbastanza tempo solo per prepararsi per lui, e preparare con dei sotterfugi il Preside e il resto dei professori.
Sapeva che non sarebbe stato in grado di sbarazzarsi di lui. Voldemort era troppo bravo a nascondersi in piena vista, e anche se Silente poteva sospettare di lui (come aveva fatto originariamente, alla fine dell’anno), lo avrebbe comunque fatto rimanere nei paraggi per poterlo tenere d’occhio.
Tieni stretto gli amici, ma tieniti più stretto i nemici… Era una buona filosofia.

O o O o O

Severus si sedette nell’ufficio del Preside. I Capi-Casa stavano per avere la loro riunione annuale col preside riguardo l’incipiente anno scolastico.
«Severus, come stai? Non ti vedo da qualche giorno,» squittì amichevolmente Filius. «Stai tramando qualche pozione?»
«Sto bene, e sì, sono stato impegnato con delle pozioni,» rispose con semplicità.
«Non vedo l’ora che arrivino gli studenti. Questo posto è troppo tranquillo senza di loro,» continuò Filius.
«Hmm» Mugugnò Severus, con vago sarcasmo.
«Oh, avanti, Severus, anche per te i sotterranei dovranno essere un po’ troppo silenziosi adesso,» esclamò Minerva, unendosi alla conversazione.
«Non molto.»
Minerva assottigliò gli occhi. «Beh, io di certo non vedo l’ora che tornino gli studenti. Sono anche in attesa di vedere i nuovi arrivati.» Fece un sorriso dolce, gli occhi le brillarono di aspettativa. «Dovrebbe essere un anno interessante.»
Severus non replicò per un lungo momento, ma poi sussurrò: «Forse.»
«E sono sicura che il Signor Baston sarà un gran capitano di Quidditch! Quest’anno Slytherin non avrà possibilità!» Fece Minerva, impettendosi.
Severus lottò contro l’urgenza di roteare gli occhi.
Davvero erano stati così competitivi? C’era stata così tanta rivalità tra loro che lui avrebbe immediatamente replicato a quell’affermazione con una frase infantile del tipo: “Non è vero! Slytherin batterà la tua Casa!”...?
Se doveva essere sincero con sé stesso, la risposta era sì.
Ma la guerra lo aveva cambiato. Non gli importava più nulla del Quidditch, e ora che ci pensava, non sapeva nemmeno perché vi avesse posto tanta attenzione in passato. Di sicuro avrebbe sempre sostenuto i suoi Slytherin, ma essere così infervorato da dare del filo da torcere a Minerva in questa ossessione…
Era soltanto triste.
Quanto aveva peggiorato l’attrito tra le loro Case questa loro competitività? Quanto sarebbe potuto essere diverso se avessero sostituito la loro passione per il Quidditch con un’impresa più lungimirante - come ad esempio… il benessere e il futuro dei loro studenti?
Severus scosse la testa. «Oh, sono sicuro che avranno una possibilità, proprio come Hufflepuff o Ravenclaw.»
Minerva e Pomona Sprite si guardarono l’un l’altra, sollevando le sopracciglia. Vitious quasi cadde dalla sedia. Si erano aspettati un rimbecco di qualche tipo, non una deviazione e una chiusura del discorso.
«Buongiorno!» Salutò Albus, entrando nell’ufficio dai propri alloggi privati.
I professori ricambiarono rispettosamente il saluto mentre lui si sedeva dietro la scrivania.
«Allora, c’è qualcosa di cui qualcuno vorrebbe discutere per prima? Abbiamo un sacco di cose di cui parlare,» iniziò Albus.
«Madama Bumb ha chiesto un finanziamento per comprare nuove scope per le lezioni,» rispose Minerva.
Albus apparve contrito. «Invierò la richiesta al Consiglio, ma sinceramente dubito che lo includeranno nel budget di quest’anno.»
Minerva sospirò. «Proprio come l’anno scorso.»
«Temo di sì,» concordò lui, prima di guardare gli altri professori per invitarli a esporre le loro questioni.
Vitious parlò, chiedendo che cosa avrebbero fatto con la pietra, poiché Hagrid l’aveva da poco portata nella scuola. Questo li portò a discutere sui metodi di protezione e di come avrebbero dovuto cominciare a metterli subito in pratica. Fu menzionato il terzo piano, perché era la parte più antica del castello e gli studenti non la frequentavano spesso. Severus vide un’opportunità e la colse.
«Perché tenerla così lontano da dove starebbe normalmente?» Chiese Severus. «Se vuole la mia opinione, Preside, il posto più sicuro sarebbe qui, nel suo ufficio.»
Filius mugugnò, calcolando mentalmente le implicazioni di una tale manovra. Sapevano che Voldemort era a caccia della pietra, glielo aveva rivelato l’assalto alla Gringott. L’ufficio del Preside era il posto più sicuro? Oppure anche… nei suoi alloggi?
«Questa è… una proposta interessante, Severus,» ammise Albus, «non so perché non ci avevo pensato.»
Severus si strinse nelle spalle, ignorando le occhiate curiose indirizzate verso di lui.
«Se il Signore Oscuro riesce ad entrare a Hogwarts, cosa che, sono sicuro, tutti sappiamo essere possibile se è abbastanza determinato - e lo è, allora mi sembra solo sensato mettere la pietra in un posto in cui lui eviterebbe di entrare,» continuò Severus, prima di modulare un’espressione pensierosa sul suo volto. «E poi, per fare ancora meglio, perché non usiamo il terzo piano come diversivo? Possiamo comunque mettere là tutte queste protezioni fantasiose e dire agli altri professori che la pietra è lì, perché sia ancora più convincente. Nessuno oltre a noi cinque deve sapere dove si trova la vera pietra. In questo modo sarà più sicuro per tutti. Suggerisco anche calorosamente di porre una Linea dell’Età** all’entrata del terzo piano, così nessuno studente sarà a rischio di mettersi in pericolo più di quanto farebbe normalmente.»
Ci fu un minuto di silenzio mentre gli altri ponderavano il suo suggerimento, prima che il Preside lo rompesse.
«Eccellente piano, Severus. Qualcuno ha qualcos’altro da aggiungere?» Chiese Albus.
«Quali saranno le vere protezioni?» Domandò Filius.
«Beh, di sicuro metterò degli scudi protettivi in più attorno ai miei alloggi e al mio ufficio,» affermò Albus. Pomona Sprite annuì, prima di chiedere: «Perché non usare la protezione assoluta? Perché non usiamo il Fidelius
Severus avrebbe quasi voluto baciarla. Aveva desiderato suggerire la cosa, ma aveva già parlato abbastanza, e (con il suo passato riguardo ai Potter), se avesse menzionato qualcosa anche solo minimamente legato a Lily, sapeva che un’idea del genere avrebbe portato il Preside e i suoi colleghi a dubitare di lui.
Al sentire la proposta di Pomona, gli occhi del Preside brillarono. «Dovrò parlarne con Nicholas, ma sono sicuro che non si farà scrupoli.»
Pomona s’illuminò.
«Bene, credo che dovremmo affrontare l’argomento dei nuovi studenti in arrivo,» continuò Albus. «Trentotto bambini hanno accettato la convocazione. Quattro hanno educatamente declinato a causa di precedenti soluzioni educative e cose del genere.»
I professori annuirono, avendo già sentito la cosa molte volte. Non tutti erano convinti che Hogwarts fosse il meglio per i loro figli, ed era nei loro diritti.
«Bene, sono sicuro che tutti voi sappiate che quest’anno Harry Potter farà ritorno nel Mondo Magico,» iniziò Albus.
«Mi è parso di capire che ci siano state delle difficoltà all’inizio per fargli avere la sua lettera?» Chiese Filius. «Che problema c’è stato?»
Gli occhi del Preside si intristirono. «Ho errato gravemente nel giudicare la situazione.»
«Situazione, Albus?» Domandò Minerva.
«Mi dispiace, Minerva. Avrei dovuto darti ascolto anni fa,» affermò piano Albus.
Gli occhi di Minerva si spalancarono, prima che il suo carattere scozzese cominciasse a irradiarsi dalla sua figura. Pomona e Vitious si guardarono a vicenda. Che stava succedendo?
«Albus, che cosa gli hanno fatto?» Chiese lei, la voce pericolosamente bassa.
Severus decise di avere pietà del suo mentore e prese la parola. «La situazione è stata risolta. Il Signor Potter avrà con sé al suo arrivo tutto quello di cui avrà bisogno. Andiamo avanti.»
Questo fece sì che tutti fissassero il professore di Pozioni.
«È stata risolta, Severus?» Domandò Minerva, confusa. «E come sai che il Signor Potter sarà pronto il primo di settembre?»
«L’ho aiutato a prendere il suo materiale scolastico.»
Filius sbatté le palpebre, Minerva sollevò un sopracciglio, e Pomona guardò verso Albus.
«Ma pensavo che lo avesse portato Hagrid a Diagon Alley,» fece Filius.
«Lo ha fatto, ma da lì in poi l’ho accompagnato io.» Severus tornò a guardare il suo mentore, non molto sicuro di quanto dovesse rivelare. Non voleva rendere loro ancora più difficile trattare Harry come uno studente normale.
«M-ma cosa?» Balbettò Minerva.
«Lui com’é?» Chiese Filius con entusiasmo, indisturbato dalla condizione della McGrannitt. «È come i suoi genitori?»
«Lo è… un po’.» Severus non volle commentare oltre. Voleva lasciare che traessero le loro conclusioni una volta incontrato il ragazzo.
«Davvero? Oh, spero che gli piaccia Incantesimi,» intervenne il Professore di Incantesimi.
«Ha mostrato dell’interesse in Pozioni e-» Cominciò Severus, solo per essere interrotto.
«Beh, non è una gran sorpresa, sicuramente gli hai dato una spintarella in quel senso,» disse Minerva.
«Gli ho solo detto che sua madre aveva del talento in Pozioni, così anche lui potrebbe averne.»
«Un complimento, Severus?» Chiese lei, esterrefatta.
«Il ragazzo ha… potenziale,» affermò lui.
«Sono sicura che ce l’abbia, ma quanto hai potuto capire in un solo giorno con lui?» Lo interrogò lei, frastornata dal nuovo atteggiamento di Severus ma non volendolo dare a vedere.
«Parecchio.»
«Ah, a proposito,» fece Albus, interrompendoli, «Severus ha dato al Signor Potter il permesso di avere un animale esotico; però Hagrid non lo sapeva quando ha mandato al Signor Potter una civetta come tardivo regalo di compleanno. A causa di ciò, ho fatto un’eccezione per lui, concedendogli di tenerli entrambi.»
«Entrambi? Due famigli?» Chiese Minerva, la voce leggermente più acuta.
«Un animale esotico?» Squittì Filius.
«Che animale è quello esotico?» Chiese Pomona.
Severus si preparò per la reazione imminente.
«Oh, un serpente corallo magico,» replicò Albus tranquillamente, come se l’animale fosse un coniglio morbidoso invece che un serpente velenoso.
«Cosa?» Urlò Minerva, prima di lanciare un’occhiataccia a Severus, credendo che stesse cercando di trasformare Harry Potter in uno Slytherin.
«Non guardarmi male. Ho giudicato che fosse la cosa più giusta da fare quando ho scoperto che era un Rettilofono, e dato che il ragazzo ha mostrato grande interesse nei Serpincanti quando glieli ho menzionati.»
«U-un Rettilofono?» Boccheggiò Filius, la voce così acuta che non poteva essere definita nemmeno uno squittìo - era un rantolo.
«Com’è possibile, Albus?» Chiese Minerva, guardando il proprio vecchio amico.
«Deriva dall’anatema mortale. In qualunque modo sia accaduto, parte del potere di Voldemort si è trasferita sul ragazzo,» rispose lui.
Severus si tenne la verità per sé. Per ora gli avrebbe lasciato credere che la verità fosse questa. Non era così importante da far sapere loro che aveva lanciato su Harry l’Incanto dell’Eredità. Avrebbe reso le cose troppo complicate.
«Oh mamma mia,» sussurrò Filius.
«Quindi è interessato ai Serpincanti?» Chiese Pomona, con voce dolce e felice. Conosceva il potere di tale magia, e che il ragazzo dei Potter ne fosse un detentore…
«Sì. Gli ho mandato il mio libro su di essi e sembra che gli piaccia molto,» rispose Severus.
«Gli hai mandato “L’arte dei Serpincanti”?» Domandò Minerva, sapendo quanto l’insegnante di pozioni fosse geloso di quel libro.
«L’ho letto abbastanza volte,» replicò lui con semplicità. «Il ragazzo saprà farne buon uso.»
«Chi sei tu e che cosa ne hai fatto di Severus?» Chiese Minerva.
Severus e gli altri non erano sicuri del fatto che stesse o meno scherzando. Il Capo di Slytherin sollevò un sopracciglio verso di lei, guardandola come se pensasse che la donna avesse perso la testa.
«Bene, credo che abbiamo abbastanza questioni a cui badare quest’anno,» se ne uscì Filius, saggiamente deviando la conversazione.
Severus lo apprezzò molto.


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Note della traduttrice:

* Per questa, come per le altre pozioni citate, non ho trovato una traduzione ufficiale, quindi mi sono limitata a tradurre letteralmente.
**Come quella che era stata posta intorno al calice di fuoco.


A presto con il prossimo capitolo, È meglio che sia.



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Capitolo 4
*** È meglio che sia ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 4: [Better be] È meglio che sia

Harry riuscì a conquistare uno scompartimento vuoto, avendo seguito il consiglio di Severus ed essendo arrivato molto in anticipo. I Dursley si erano comportati bene durante il mese passato, sebbene lo avessero del tutto evitato o ignorato.
Harry gliene era grato. Aveva avuto un sacco di tempo per leggere tutto quello che voleva e per prepararsi all'incipiente anno scolastico.
Aveva giurato a sé stesso che avrebbe fatto del suo meglio in ogni aspetto delle sue lezioni, se solo avesse potuto dimostrare al professore che non aveva sprecato il proprio tempo nell'investire su di lui - e, per una sua ragione più importante e privata, forse… forse sarebbe riuscito a rendere il professore fiero di lui.
Si sarebbe fatto trascinare per il retro della maglietta per tutto il cortile piuttosto che deludere l'insegnante di pozioni, soprattutto dopo che aveva ottenuto dal Preside il permesso per Harry di tenere due famigli.
Harry si raddrizzò, riaprendo “L’arte dei Serpincanti” per continuare a leggerlo. Gli mancavano solo quattro capitoli.
T-toc.
Harry sollevò lo sguardo, non avendo mai sentito prima in vita sua un esitante bussare.
«C-ciao. H-hai visto un rospo?» Domandò un ragazzo paffuto e impacciato.
«Um...»
:C’è un rospo nella tasca sinistra del suo mantello: affermò Coral, facendo scattare la lingua, nascosta dalla manica sinistra di Harry. :Riesco a sentirlo da qui:
Harry le toccò gentilmente la testa.
«Hai guardato in quelle tasche laterali?» Chiese Harry, indicando la bitorzoluta tasca sinistra del ragazzo.
«Oh!» Esclamò Neville, ficcandosi la mano in tasca e tirandone fuori un anfibio dall’aria patetica. «Grazie! Ti dispiace se resto con te?»
«Per niente,» rispose Harry. «Siediti pure,» aggiunse vedendo che il ragazzo esitava sull’entrata.
«Grazie.» Si sedette, girandosi i pollici dopo aver richiuso la porta scorrevole. «Allora, uh, come facevi a sapere dov’era Trevor?» Domandò, sollevando il rospo.
«Beh, me l’ha detto il mio famiglio,» rispose Harry, prima di tendergli la mano destra così che Neville la stringesse. «Sono Harry, Harry Potter.»
«H-Harry Potter?» Boccheggiò lui, e gli occhi gli si spalancarono a dismisura.
Harry sospirò. «Sono solo un altro mago come te, per favore non… non...» Agitò le mani, tentando di trovare le parole giuste. «Non diventare tutto strano.»
Neville deglutì, ricomponendosi. «Scusa, è solo che io...» S’interruppe, prima di prendere semplicemente la mano tesa di Harry e schiarirsi la gola. «Sono Neville Paciock.»
Harry sorrise.
«Allora, hai detto che è stato il tuo famiglio a indicarti dov’era Trevor?» Chiese Neville dopo un momento, azzardando un’occhiata brevissima alla fronte di Harry.
«Sì, ma… mi hanno detto che qualcuno potrebbe innervosirsi un po’ al primo impatto. Puoi promettermi di non dare di matto? Prometto che non farà del male a te né a Trevor. In realtà è molto gentile, e spero che tra non molto riuscirò ad aiutare le persone tramite lei,» fece Harry, mettendo un dito nella manica per carezzarle la testa.
«Uh, okay,» rispose l’altro, tenendo Trevor un po’ più vicino mentre Harry muoveva la mano e alzava lentamente la sua manica sinistra. Neville fu troppo sbigottito per sussultare o avere una reazione fisica di qualsiasi tipo.
«Il suo nome è Coral. Mi aiuterà con i Serpincanti,» disse, incoraggiato dalla mancanza di reazioni di Neville. «È un tipo di magia che si focalizza sul guarire e sul proteggere. Vedi?» Sollevò il suo libro sui Serpincanti, che aveva messo sopra un libro di anatomia che aveva preso in una libreria vicina nel Surrey. Harry lo aveva trovato utile per controllare termini e concetti che aveva trovato nel libro dei Serpincanti. «Il Professor Piton mi ha dato il libro ed è fantastico. Lui mi ha anche aiutato a comprare le cose per la scuola e tutto il resto.»
«Il P-professor Piton? Ho sentito che può essere molto severo,» disse Neville esitante, scoccando un’occhiata incerta a Coral.
«Oh, lo è, e mi ha detto che non gli piacciono gli scansafatiche e che devo lavorare duramente e imparare tutta la magia che posso,» riferì Harry, curiosamente compiaciuto di sapere che il nome del professore era ben conosciuto - sebbene sapesse che un uomo come Severus Piton lo sarebbe stato.
«Ti ha detto così?» Domandò Neville, mentre Coral saettava la lingua verso di lui. Si strinse Trevor più vicino al petto.
«Uh-uhu. Quindi ho fatto proprio così, portandomi avanti coi libri e il resto così potrò capire quello che faremo una volta che saremo arrivati al punto di lanciare incantesimi.»
Neville abbassò lo sguardo, rattristato. «La nonna non mi ha lasciato leggere i libri di testo, dice che potrei fare qualcosa di stupido e farmi del male.»
«Oh,» fece Harry, sentendosi dispiaciuto per lui. «Beh, perché non inizi a leggere adesso? Ho i libri di Pozioni e di Incantesimi qui con me se ne vuoi leggere uno. La scuola è ufficialmente cominciata, dopotutto.»
Neville si tirò su. «Penso che leggerò il libro di pozioni, visto che il Professor Piton è davvero severo.»
Harry sorrise. «Ti suggerisco anche di ordinare questo libro,» disse, mostrandogli la “Guida per principianti all’arte del tramare pozioni: ingredienti.”
«Okay, lo farò,» concordò in fretta.
Qualcuno sorpassò il loro scompartimento, ma li lasciarono stare, mentre sempre più studenti salivano sul treno. Poco dopo, il treno iniziò a muoversi. Il carrello dei dolci passò un po’ dopo la partenza, e i due si presero qualche snack, entrambi occupati a leggere; occasionalmente parlavano di qualcosa che trovavano nella lettura e che ritenevano interessante o di che cosa avrebbero voluto fare. Spesso, Neville affermava di non voler deludere sua nonna.
«Allora, in che Casa pensi che andrai?» Chiese Neville, un po’ più a suo agio ora che sapeva che Coral non si sarebbe mossa dal polso di Harry.
«Casa? Beh, il Professor Piton è il Capo-Casa di Slytherin. Non mi dispiacerebbe essere nella sua Casa, almeno so che lì imparerei delle cose,» rispose Harry stringendosi nelle spalle.
Neville deglutì, ma guardò Coral. «Suppongo che ti troveresti bene in Slytherin, hai già più o meno la loro mascotte,» affermò con un sorriso nervoso.
«Oh?»
«Sì, il simbolo di Slytherin è un serpente. Salazar Slytherin era un Rettilofono, lui poteva parlare con i serpenti.»
«Oh, posso farlo anch’io. Il professor Piton ha detto che la gente penserà che ci riesco a causa di Voldemort-»
Harry fu interrotto dal gemito terrificato di Neville.
«Che c’è?»
«H-hai detto il suo nome!»
«Beh, è il modo in cui si faceva chiamare. Perché dovrei chiamarlo “Tu-Sai-Chi” o quello che è?»
Neville non aveva una vera risposta; era troppo sorpreso per pensarne una.
«Comunque, il professor Piton ha detto che la gente penserà che posso farlo a causa sua, ma in realtà, è nei miei geni. È capitato che entrambi i miei genitori avessero quel gene e loro due messi insieme hanno attivato l’abilità in me. Non è davvero una gran cosa. La roba genetica succede in continuazione. Il dottore in tivù lo ha detto. Probabilmente la genetica avrà anche qualcosa a che fare col fatto che uno sia in grado o no di usare la magia. Avrebbe senso,» spiegò.
Neville annuì, perplesso. «A-allora riesci a parlare a C-Coral?»
«Sì!» :Puoi agitare la coda verso Neville, Coral?:
Coral lo fece, facendo sparire le sopracciglia di Neville sotto la frangetta. «Ehm, ciao?» Rispose, incerto.
:Il ragazzo paffuto di sicuro si spaventa facilmente, eh? Ma ha un buon odore, e la sua magia è piuttosto forte: sibilò lei.
Neville deglutì rumorosamente. Harry ridacchiò.
«Non preoccuparti, ha solo detto che hai un buon odore e che la tua magia è forte,» riferì Harry.
Neville sbatté gli occhi. «La mia magia?»
Harry annuì, non notando il cambiamento nella postura di Neville. «Mi ha detto che può sentire questo genere di cose, mi aiuterà dopo se avrò bisogno di curare qualcuno. Potrà dirmi quanto ammalata o ferita è veramente una persona e se posso usare la loro magia per aiutarli o se avrò bisogno di usare la mia.»
«Wow,» sussurrò lui, una parte di lui ammorbidendosi nei confronti del piccolo serpente colorato. «Così ti aiuterà a guarire le persone?»
«Già. Non sono ancora molto sicuro di come farlo, ma grazie a questo libro, me ne sto facendo un’idea. Spero di dare una mano nell’Infermeria a un certo punto, se la scuola ne ha una.»
«Oh, ce l’hanno. Madama Pomfrey è l’infermiera della scuola. Ha visitato mia nonna qualche volta,» spiegò Neville, prima di arrossire. «Ha dovuto anche sistemarmi il braccio perché sono caduto dalle scale durante la visita al castello.»
Harry annuì. «Gli incidenti capitano qualche volta. Tutti cadono.»
«Sfortunatamente, ho una propensione per gli incidenti,» mormorò Neville.
«Beh, è una buona cosa allora che io stia imparando a curare, eh?» Disse Harry con delicatezza.
«Sì, probabilmente,» acconsentì Neville, sorridendo appena prima di farsi pensieroso. «Hey, ho un piccolo livido sul polso. Quanto sei avanti con quel libro?»
«Vorresti che provassi a guarirti adesso?» Chiese Harry, un po’ sorpreso.
«Beh, solo se vuoi. Se hai in programma di curarmi quando mi farò male in futuro, allora penso che fare un po’ di pratica prima possa...»
Neville s’interruppe, facendosi insicuro della sua stessa idea.
«Certo, posso provare. La cosa peggiore che può succedere con questa magia è che non funzioni. Finché non sei in punto di morte, non rischio di fare nulla che peggiori le cose.»
«Oh, okay. È buono a sapersi, credo.»
«Allora… polso?» Domandò Harry, mettendosi già in ginocchio sul pavimento di fronte a Neville e arrotolandosi la manica per scoprire del tutto Coral.
Neville tese lentamente il braccio destro, tenendo Trevor con la mano sinistra. Il livido era delle dimensioni di una palla da baseball. Stava guarendo piuttosto bene ed era solo un po’ bluastro al centro, comunque Harry si domandò come fosse un livido ‘grosso’ se questo era ‘piccolo’.
«Dimmi se senti qualcosa,» fece Harry, mettendo il polso di Neville nella sua mano destra e coprendolo con la sinistra, proprio come aveva letto.
Anche Coral ci si mise sopra, la lingua saettò in direzione del livido. «Okay… :Muscoli e tessuto, guarite:» Disse Harry, mentre la porta dello scompartimento si apriva…
Ci furono diversi sussulti rumorosi mentre Coral abbassò la testa sul livido, facendogli emettere un breve scintillio. D’improvviso, il livido prese a rimpicciolirsi… fino a quando non ce ne fu più traccia.
«Wow» esalò Neville.
«Porca miseria!» Esclamò qualcuno.
Harry e Neville si voltarono verso la porta ora aperta, trovandovi tre ragazzi affacciati.
«T-tu parli Serpentese!» Il ragazzo al centro gridò. Era il più basso dei tre e aveva dei biancastri capelli unti.
I due ragazzi più grossi ai suoi due lati lo guardarono stupidamente.
«Sì,» replicò Harry, rialzandosi in piedi e rimanendo dritto davanti a loro, mentre Coral sollevò la testa per guardarli.
«Che figo! Hai anche un serpente! Andrai di sicuro in Slytherin,» affermò lui.
«Anche Neville ha detto qualcosa del genere,» fece Harry.
Draco fece un passo in avanti, tendendogli la mano. «Sono Draco, Draco Malfoy. Questi sono Tiger e Goyle.»
I due ragazzi dietro di lui fecero brevi cenni col capo. Harry li osservò, prima di rifocalizzarsi su Draco, perché il suo cognome gli aveva fatto suonare un campanello in mente. Malfoy...
Lucius Malfoy. L’uomo sul quale il Professor Piton lo aveva messo in guardia. Questo ragazzo doveva essere suo figlio, e se non sbagliava, doveva anche essere il figlioccio del professore.
«Hanno solo i cognomi?» Domandò Harry, sebbene non fosse sicuro che quelli fossero i loro cognomi.
«Vincent e Gregory,» rispose Draco alzando le spalle.
«Io sono Harry Potter,» replicò lui, prima di fare un cenno verso Neville dopo aver stretto la mano di Draco e averla lasciata.
«Oh, e io sono Neville Paciock,» affermò Neville, realizzando che li stava fissando e basta. Provò a offrire la mano.
«Paciock, eh?» Chiese Draco, la voce che prendeva uno strano tono che Harry non riuscì a identificare. Non gli piacque, comunque. Draco strinse rigidamente la mano di Neville prima di concentrarsi di nuovo su Harry. Harry aveva l’impressione che l’unica ragione per cui l’altro aveva stretto la mano a Neville fosse solo per essere educato. «Abbiamo uno scompartimento più vicino alla locomotiva. Vuoi unirti a noi?» Chiese Draco, senza guardare Neville.
Harry guardò Neville, prima di rivolgersi di nuovo allo strano ragazzo biondo. «Che c’è di male se restiamo qui? C’è abbastanza spazio per tutti, e ho ancora qualcosa che possiamo mangiare.»
Draco arricciò un po’ il naso, come se fosse una decisione difficile da prendere e avesse bisogno di pensarci. «Suppongo,» affermò alla fine, «che potremo prendere le nostre cose più tardi.»
Neville si spostò più vicino al finestrino per fare spazio, mentre Harry sedette di fianco a lui, lasciando liberi i sedili di fronte a loro. Draco fece cenno a Tiger di prendere l’altro posto vicino al finestrino, mentre lui si sedette direttamente di fronte ad Harry e Goyle si mise più vicino alla porta.
Draco si guardò intorno, prima di notare i libri. «Vedo che state studiando in anticipo.»
«Un pochino,» ammise Harry stringendosi nelle spalle.
«Mio padre mi ha fatto iniziare a leggere qualche mese fa. Non mi ha lasciato fare nessun incantesimo, ma mi ha fatto vedere alcuni incantesimi con la sua bacchetta,» si vantò Draco.
«Quanto hai letto?» Chiese Harry, curioso.
«Oh, solo alcuni capitoli di ogni libro,» replicò, cercando di essere noncurante ma senza riuscirci. Era piuttosto orgoglioso dei suoi risultati ed era contento di avere l’opportunità di vantarsi davanti al Ragazzo-Che-è-Sopravvissuto. «Tu?»
«Ho iniziato a leggere quando sono tornato da Diagon Alley. Ho occupato la maggior parte del mio tempo libero leggendo,» fece Harry, non volendo rivelare troppo.
Draco annuì. «Quindi, uh, che cosa stavate facendo esattamente quando siamo entrati?»
«Praticando i Serpincanti. Il Professor Piton mi ha inviato questo libro fantastico quando ha scoperto che potevo parlare con i serpenti. Mi ha anche dato il permesso di avere Coral.» Affermò Harry.
«Serpincanti?» Chiese Vincent Tiger con un grugnito.
«Già. Il Professor Piton mi ha detto che gli incantesimi di guarigione e di protezione più potenti sono dei Serpincanti, e solo i Rettilofoni possono usarli. Ha anche detto che Voldemort-»
Harry si fermò con un sospiro quando Draco e gli altri trasalirono. «Sul serio? Faranno tutti così ogni volta che dico il suo nome?»
Draco e gli altri si strinsero nelle spalle con aria di scusa. «Siamo cresciuti senza averlo mai sentito, e è una sorta di… tabù, hai presente?»
«Non molto,» rispose Harry, prima di continuare quello che stava dicendo. «Comunque, ha detto che anche Voldemort era un Rettilofono ma non aveva né la pazienza né il desiderio di impararli perché Voldemort non era proprio un tipo altruista.»
«E tu lo sei?» Chiese Draco, intrigato, provando a non sussultare troppo forte ogni volta che Harry ripeteva il nome del Signore Oscuro.
Harry lo guardò, confuso. «Beh, certo, tu no?»
Draco agitò la mano in un gesto sprezzante. «Ci sono persone che lavorano, persone che obbediscono, e persone che comandano.» Dal modo in cui lo disse, Harry fu certo che stava ripetendo qualcosa che sentiva spesso.
«Hmm, se è come dici tu, sarei felice di essere uno che lavora e di aiutare la gente,» rispose Harry con onestà, ripensando al libro sui Serpincanti e immaginando se stesso nel fare le cose di cui aveva letto - guarire le persone e facendo la differenza, salvando vite.
Avrebbe dimostrato che i Dursley si sbagliavano. Avrebbe reso orgoglioso il Professore. Avrebbe lavorato duramente e avrebbe tolto il sigillo alla propria magia. Avrebbe raggiunto il suo potenziale.
«Davvero? Avrei detto che sei uno di quelli adatti a comandare,» aggiunse Draco, guardando per un attimo la fronte di Harry.
Harry si strinse nelle spalle. «Comandante o no, c’è sempre del lavoro da fare. Preferisco fare qualcosa che mi piace.»
«Non vuoi comandare?»
«Non proprio. Perché?»
«Beh, avevo solo pensato, che siccome sei… quello che sei, avresti voluto farlo.»
Harry roteò gli occhi. «Non sono una specie di salvatore che è venuto a comandare. Sono solo uno del primo anno che vuole imparare la magia, proprio come te.»
Impressionato, Draco sorrise. Vince e Greg apparvero confusi e sorpresi. «Mi piaci, Potter. Non sei come mi aspettavo che fossi. Se non capiterai in Slytherin, rimaniamo comunque amici.»
«Essere amici con qualcuno che non è della tua Casa è un altro tabù?» Domandò Harry, incredulo.
Draco ridacchiò. «No, non esattamente, ma io sarò in Slytherin. Lo so.»
«E quindi?...»
«Beh, alle altre Case non piace molto Slytherin,» replicò Draco.
Harry guardò Neville.
«È vero, Harry. In passato, molti maghi o-oscuri sono venuti da quella Casa,» disse Neville, rispondendo alla sua domanda implicita.
Harry fece una smorfia.
«È stupido,» Draco continuò. «Gli altri odiano Slytherin perché sono gelosi del fatto che non sono altrettanto forti o potenti.»
Harry sollevò un sopracciglio.
«Uh, Harry, penso che siamo quasi arrivati. Dobbiamo metterci i nostri mantelli,» esclamò Neville.
«Okay.»
«Ci vediamo dopo. I nostri mantelli sono nel nostro scompartimento,» affermò Draco, alzandosi.
«D’accordo. È stato un piacere conoscervi,» fece Harry.
I tre ragazzi se ne andarono, Vince e Greg facevano scudo a Draco. La porta si chiuse.
«Beh, è stato interessante, no, Neville?»
Neville annuì, un po’ sopraffatto.
«Il Professor Piton mi ha detto di tenermi alla larga dal padre di Draco. Non dire a nessuno che te l’ho detto.»
«Okay, Harry, prometto.»
«Ma Draco non sembra troppo male, no? Voglio dire, anche se è sembrato un po’ rigido con te e un po’ snob.»
«Sì, ma penso ancora che noi dovremmo stare attenti,» lo avvisò Neville. «La nonna mi ha detto che il Signor Malfoy è un uomo molto malvagio.»
Harry sorrise quando Neville disse ‘noi’, ma era un po’ preoccupato per l’avvertimento.
«Beh, allora dovremmo guardarci le spalle l’un l’altro.»
Neville si raddrizzò un po’, gonfio d’orgoglio perché il Ragazzo-che-è-Sopravvissuto diceva una cosa del genere… a lui. Fu in quel momento che decise qualcosa. Sarebbe stato al fianco di Harry, qualunque cosa accadesse.

O o O o O

Entrarono a Hogwarts dopo aver attraversato il lago, dal quale una professoressa più anziana aveva preso il posto di Hagrid.
Presentandosi come la Professoressa McGrannitt, gli parlò un po’ delle Case prima di andarsene. Harry e Neville rimasero vicini mentre aspettavano l’arrivo di Draco coi suoi due compagni.
«Pronto, Potter?» Chiese Draco.
«Sì, e tu?» Replicò lui, ignorando le reazioni delle persone attorno a loro.
Molti li stavano fissando, mentre alcuni si tenevano proprio alla larga, come se fossero nervosi.
«Ovviamente,» rispose Draco a Harry, mentre qualcuno comparve proprio accanto a Neville, avvicinandosi.
«Hey, ho sentito che hai un famiglio serpente, posso vederlo?» Chiese eccitato un ragazzo dall’aria semplice.
Qualcuno strillò al sentirlo e si tirò indietro, mentre altri vennero avanti dicendo cose come “Davvero?” “Figo!” “Oooh, posso vederlo anch’io?”
Harry si portò il braccio sinistro al petto con fare protettivo. «Uh...»
Neville si mosse improvvisamente al suo fianco, senza pensare a quello che stava facendo, mentre anche Draco e i suoi due amici si fecero avanti in aiuto di Harry. Era chiaro che a Harry non piacesse essere circondato da una folla di persone sconosciute e invadenti e che apprezzava il loro supporto.
Coral si affacciò dalla sua manica, volendo sapere che cosa stava succedendo.
:Harry, che cosa succede?:Chiese.
Neville era alla sinistra di Harry, più vicino a lei. Draco era alla sua destra e un po’ più avanti di lui, mentre Vince e Greg erano dietro. Tutti e quattro creavano una barriera arrangiata attorno a lui.
«Ma che gran figata! Che tipo di serpente è?» Chiese lo stesso ragazzo, indisturbato dalle guardie del corpo di Harry.
«Lei è un serpente corallo magico. Il suo nome è Coral,» rispose Harry.
«Pensavo che fossero permessi soltanto gatti, gufi e rospi,» disse una ragazza dai capelli crespi, meditabonda. «Come hai fatto a portare un serpente?»
«Ho avuto il permesso,» fece Harry, un po’ infastidito. Perché non si facevano gli affari loro?
Proprio allora, fortunatamente, la Professoressa McGrannitt tornò. «Siamo pronti per farvi entrare ora. Seguitemi.»
La seguirono, Neville al fianco di Harry, Draco e Vincent ai lati e Goyle dietro.

O o O o O

Severus emise un sospiro interiore. Sapeva che la faccenda sarebbe potuta eventualmente venire fuori, ma il primo giorno? Prima ancora che il ragazzo venisse sorteggiato in una Casa?
Poco dopo che gli studenti furono entrati nella Sala Grande, un Prefetto Slytherin venne da lui e affermò che aveva ottenuto un’informazione che pensava di dover condividere con lui. C’era una voce che girava sul treno, secondo la quale non solo Harry Potter si trovava lì, ma che era anche un Rettilofono, e che, evidentemente, aveva un famiglio serpente.
Severus non fece nemmeno finta di apparire sorpreso, ma disse semplicemente al Prefetto, il Signor Terence Higgs, che lo sapeva già ed era stato lui a dare il permesso al Signor Potter di avere un serpente come famiglio. Disse anche al Prefetto che ne avrebbe parlato nella Sala Comune di Slytherin dopo cena e, se qualcuno aveva una qualsiasi domanda, di riferirgli semplicemente questo. Il Prefetto e Cercatore di Slytherin annuì, prima di tornare al tavolo.
Un momento dopo, entrarono i ragazzi del primo anno, ed egli fu alquanto compiaciuto di ciò che vide. Avere Neville al fianco di Harry poteva essere solo una buona cosa per il futuro, e avere Draco e i suoi amici che li attorniavano poteva essere altrettanto benefico se indirizzato correttamente. In qualunque Casa Harry sarebbe stato sorteggiato, Severus avrebbe dovuto dare degli appropriati consigli a Draco.
Sorrise, sapendo all’istante al vedere l’espressione di Neville che non avrebbe avuto bisogno affatto di interferire. Harry aveva già ottenuto l’immortale lealtà di quel ragazzo. Il viaggio in treno doveva essere stato molto interessante.
Severus passò in rassegna il gruppo di nervosi ragazzi del primo anno mentre si radunavano lì davanti. Ron era accanto a Dean e Seamus, tutti e tre fissavano Harry e guardavano in continuazione la sua manica sinistra. Ah, allora avevano già intravisto Coral…
Si domandò se Ron sarebbe diventato amico di Harry questa volta, ma decise che non si sarebbe intromesso in quell’ambito. Avrebbe lasciato che Harry e il destino si muovessero senza la sua interferenza.
Hermione era tutta sola, mormorando tra sé, senza dubbio ripassando a mente tutto quello che aveva letto sul Mondo Magico, nervosa riguardo al sorteggio delle Case. Severus si chiese se la ragazza avesse aiutato Neville con la faccenda del rospo. Dall’apparenza delle cose, probabilmente no.
Severus sbatté gli occhi, realizzando che aveva perso l’inizio della canzone del Cappello Parlante. Nessun problema, non era nulla che non avesse già sentito prima.
Finalmente, Minerva si fece avanti e iniziò a chiamare gli studenti per nome.
Mentre il sorteggio continuava, tutti gli studenti venivano assegnati alle Case in cui lui ricordava che fossero, fino a che giunse il turno di Neville.
Si sedette lì in silenzio, agitandosi di continuo finché il cappello sembrò annuire, come se avesse deciso qualcosa, e gridò: «HUFFLEPUFF!»
Severus sbatté le palpebre. Il viaggio in treno doveva essere stato molto interessante per aver fatto sì che il cappello parlante si soffermasse più sulla lealtà del ragazzo che sul suo coraggio nascosto.
Neville si affrettò verso il tavolo degli Hufflepuff, scoccando ad Harry una lunga, dolorosa occhiata. Harry agitò la mano con fare incoraggiante e gli sorrise gentilmente. Questo sembrò calmare Neville abbastanza da farlo sedere con il resto dei ragazzi del primo anno di Hufflepuff, per farlo assistere al resto del sorteggio.
Hermione e Ron furono entrambi messi in Gryffindor, e Draco venne ovviamente assegnato a Slytherin.
Finalmente, fu il turno di Harry, e, come l’ultima volta, ci fu uno scoppio di sussurri quando venne chiamato il suo nome.
Teneva il braccio sinistro vicino al corpo mentre camminava in avanti, facendosi strada nel gruppo dei ragazzi non ancora sorteggiati. Minerva gli mise il cappello in testa dopo che si fu seduto.
Severus avrebbe dato quasi qualunque cosa per origliare la conversazione che si stava ora svolgendo nella testa di Harry, ma ovviamente non poteva.

O o O o O

“Ah, Signor Potter.”
“Umh, sì?” disse Harry, rispondendo mentalmente alla voce. Sapeva che era il cappello parlante, ma era comunque bizzarro.
“Hmm. Fammi dare un’occhiata, sei difficile da decifrare. Hai molti tratti stratificati.”
“Um, okay. Ehm… se hai qualche domanda su quello che trovi, sentiti libero di farmi domande. È la mia testa, dopotutto.”
Il cappello ridacchiò nella sua mente. “Lo è di certo, Signor Potter.”
Harry stette seduto in silenzio, mentre l’intera sala lo stava fissando, domandandosi perché ci metteva tanto tempo.
“Hmm. Beh, devo dire, è passato un po’ di tempo da quando ho calzato una testa di questa complessità, Signor Potter,” disse il cappello dopo un momento. “Vedo che hai una mente acuta. Veloce ed entusiasta di imparare, ma non penso che Ravenclaw faccia per te. Possiedi dei tratti più profondi che sono più forti di quello che richiede Ravenclaw.”
«Hmm,» mugugnò il cappello, ad alta voce questa volta mentre si spostava, ondeggiando sulla testa di Harry.
Questo, ovviamente, fece impennare di nuovo i sussurri nella sala. Harry si domandò se il cappello gli avrebbe ulteriormente spettinato i capelli.
“Sei abbastanza astuto quando ne hai bisogno, ma non hai il cuore di uno Slytherin; ad ogni modo, ne hai gli istinti. Hmm.”
“Mettimi dove avrò una maggiore possibilità di raggiungere il mio pieno potenziale. Il potenziale di cui ha parlato il Professor Piton. Per favore,” chiese Harry con sincerità, mentre una larga parte di lui sperava di essere assegnato alla Casa dell’insegnante di pozioni.
“Hmm. Che cosa interessante che mi hai chiesto. Va bene, fammi vedere...”
Il cappello divenne di nuovo silenzioso, e Harry poté sentire una strana pesantezza nella mente, sebbene non sentisse altro.
Il cappello parlante allora emise un’esclamazione di sorpresa, ad alta voce. Harry sperò disperatamente che non fosse troppo forte, ma dai sonori sussurri nella sala, ne dubitava.
“L’Incanto dell’Eredità, Signor Potter? Severus Piton lo ha fatto su di te?” La voce del cappello tremò nella sua mente, sbigottita.
Harry gelò. Non aveva davvero idea di che cosa dire. Non voleva provare a mentire, ma non voleva nemmeno mettere nei pasticci il professore. “Non lo metterai nei guai se lo ha fatto, vero?”
“No, non lo metterò nei guai, Signor Potter. Scoprire che ha usato quell’Incanto mi ha solo colto di sorpresa,” disse lui, addolcendo il tono mentre si ricomponeva. “Mi chiedo dove lo abbia imparato...”
“Perché?” Domandò Harry.
“È un antico incantesimo proibito. Molte famiglie di maghi sanno ancora cosa sia e sono terrificate al solo sentirlo nominare in una conversazione, ma pochi conoscono l’incantesimo vero e proprio.”
Harry fece una smorfia, confuso. Non prestava più attenzione ai bisbigli nella Sala Grande adesso.
“È un altro ‘tabù’, come direbbe il giovane Malfoy, perché ha un passato molto oscuro.”
“Che cosa è successo?” Chiese Harry.
Il tempo a questo punto non aveva consistenza per Harry e il cappello. Erano talmente assorti nella conversazione che non si preoccuparono di quanto tempo ci stessero mettendo.
“Secoli fa, al tempo dei Fondatori, era un incantesimo comune usato sui nuovi nati. Era un incantesimo dettato dalla necessità, che aiutava i genitori a capire i punti di forza e debolezza dei loro figli per poterli crescere ed educare meglio. Era una magia buona e utile, usata con amore e lungimiranza da un genitore o da un tutore. Ma poi le cose cambiarono. Vennero alla luce delle rivalità tra famiglie, e la forza delle discendenze di sangue divenne l’interesse focale delle famiglie purosangue.”
“Che cosa fecero?” Domandò Harry, aspettando col fiato sospeso.
“Se un bambino non possedeva abbastanza potere magico, o non era all’altezza degli standard o delle aspettative della famiglia, veniva ucciso oppure scacciato. I pochi bambini scacciati scomparvero nel mondo Babbano, rinnegando la loro magia o vietando ai loro figli di entrare nel mondo magico, avvisandoli delle atrocità che lì venivano commesse. L’orribile uso dell’Incanto dell’Eredità continuò nel 1800, e finì intorno al periodo in cui il Preside era un bambinetto.”
Harry deglutì pesantemente, provando a digerire la lezione di storia che gli era appena stata impartita.
“Signor Potter, come molti incantesimi, esso non è buono o cattivo. È il mago o la strega che li pratica che ne determina la natura. Non dimenticarlo mai,” affermò il cappello molto severamente e con serietà.
Harry annuì, sbattendo le palpebre un paio di volte per scacciare l’umidità che vi si era radunata.
“Ora, che ne pensi se torniamo alla faccenda del tuo sorteggio, e lasciamo che il passato resti passato?” Suggerì il cappello.
Harry sorrise dolcemente. “Okay.”
Ci fu un lungo silenzio, mentre il cappello ricominciava a rovistare nella sua testa, prima di fermarsi.
“Scendi dallo sgabello,” ordinò il cappello a Harry, all’improvviso.
Non avendo una ragione per non obbedire, Harry lo fece. Stando ora in piedi ad alcuni metri dalla McGrannitt e a un passo dallo sgabello, aspettò ulteriori istruzioni.
La McGrannitt e tutti gli altri nella sala aspettavano, con curiosità meravigliata.
“Per favore, cammina avanti e indietro per me, Signor Potter. Per questa decisione dovrò usare ogni tecnica di cui abbia mai avuto bisogno in passato, e poi,” riferì, “Albus lo fa sempre e sembra che lo aiuti a pensare.”
Harry si sollevò con la mano destra il bordo del cappello al di sopra degli occhi, così da poter vedere dove stava andando. Quindi cominciò ad andare avanti e indietro davanti al tavolo degli insegnanti.
Camminava avanti e indietro per circa tre metri.
La McGrannitt guardò Silente per avere delle direttive. Doveva fermare Harry e chiedergli che cosa stava succedendo?
Albus scosse la testa in risposta, dicendole silenziosamente di lasciar stare Harry e il cappello per ora.
“Okay, Slytherin non fa per te. Sebbene faresti delle buone cose lì, non c’è dubbio.” Il cappello quindi annuì tra sé, bilanciandosi precariamente mentre Harry continuava a fare avanti e indietro. “Okay, basta camminare. Puoi ondeggiare un po’ adesso… Sto cercando...”
Harry fece come richiesto, ondeggiando da un lato all’altro con gli occhi chiusi. Non voleva vedere che lo fissavano tutti. Si sentiva abbastanza ridicolo.
“Sei molto coraggioso, ma… hmm. No, quello non andrebbe bene,” continuò, parlando a sé stesso ora, prima di irrigidirsi. “Ah-ha!” Evidentemente il cappello era giunto a una decisione. «Quindi, allora… Giusto! Okay...» Disse il cappello ad alta voce. «È meglio che sia… HUFFLEPUFF!»
Harry smise di ondeggiare, aprendo di scatto gli occhi.
“Lavora duramente e fai sempre del tuo meglio, Signor Potter, perché Severus aveva ragione. Il tuo potenziale è quasi senza limiti. Il suo limite… sei tu,” affermò il cappello, riuscendo a malapena a finire la frase prima che la McGrannitt lo sfilasse dalla testa ora sudaticcia del Signor Potter.*
Harry raggiunse Neville al tavolo Hufflepuff, con gli studenti intorno che gridavano incoerentemente. Erano piuttosto eccitati che Harry Potter fosse stato sorteggiato nella loro Casa. Anche la Professoressa Sprite applaudiva eccitata, felice di avere un altro Hufflepuff.

O o O o O

Severus non sapeva se doveva sentirsi gratificato o inorridito.
Questo poteva essere una cosa molto buona, o una cosa orribile orribile. C’erano così tanti pro e contro che sapeva di non avere alcuna speranza nel determinare le conseguenze di tutto ciò.
Da una parte, Harry aveva Neville al suo fianco e non ci sarebbe stata tutta la faccenda della rivalità Slytherin-Gryffindor con cui avrebbe dovuto avere a che fare. Questo avrebbe permesso a Severus di aiutare Harry più facilmente e poteva fornire al ragazzo una più ampia base di supporto.
Dall’altra parte, Harry non sarebbe stato così vicino a Ron e Hermione come era stato l’ultima volta, almeno così credeva Severus. Sapeva che Ron era il tipo che si attacca alla propria Casa, e dal momento che non sembrava che ci fosse stato un incontro precedente con Harry… come per Hermione, sarebbe stata troppo occupata con le lezioni per fare attenzione ai compagni di classe, figuriamoci i compagni che non erano nella sua stessa Casa. Era davvero triste, ma lui non poteva davvero farci nulla.
Che sarebbe venuto fuori da tutto questo? Come sarebbero stati gli anni a venire senza il famoso Trio Dorato?
Severus guardò gli studenti di fronte a lui, notando che Draco salutava Harry dal tavolo degli Slytherin e Harry contraccambiava, sebbene con un po’ meno energia. Al momento doveva affrontare l’incombenza maggiore degli innumerevoli sguardi fissi su di lui e dei sussurri.
Osservando Neville, fu di nuovo compiaciuto del timido, nervoso ragazzo. Ignorando il proprio stesso disagio, stava facendo del suo meglio per essere il supporto silenzioso di Harry.

O o O o O

«Benvenuti in Hufflepuff,» salutò un ragazzo più grande, parlando a tutti quelli del primo anno. «Io sono Cedric Diggory.» Tese la mano verso Harry visto che era per caso quello direttamente di fronte a lui.
«Ciao, sono Harry,» disse incerto lui.
«Sono curioso. Perché camminavi avanti e indietro mentre venivi sorteggiato?» Chiese Cedric, decidendo di non fare domande sulle altre stranezze manifestate dal cappello, come quell’esclamazione che aveva gridato.
«Mi ha detto il cappello di farlo. Mi ha detto che lo avrebbe aiutato a sorteggiarmi,» rispose Harry con un’alzata di spalle.
«Interessante. Non gliel’avevo mai visto fare, ma suppongo che abbia senso visto che ci ha messo un po’ a decidere dove sorteggiarti.» Fece Cedric, intrigato, prima di guardare verso Neville.
«Neville Paciock,» disse lui.
E così continuò, tutti si presentarono mentre si cominciava a mangiare.
«Così tu sei Harry Potter, vero?» Chiese un ragazzo alto. «Io sono Zacharias Smith.»
«Ciao,» fece Harry, cercando di essere gentile, ma trovandosi per qualche ragione irritato dalla presentazione invadente del ragazzo. Aveva quasi spintonato la persona che sedeva accanto a Harry per poter avere la sua attenzione.
«È vero che hai la cicatrice?» Chiese Smith, mentre alcuni dei ragazzi più grandi lo fissavano male per i suoi modi sfacciati e indelicati.
Harry si mise una mano sulla fronte, coprendosi la cicatrice. Era chiaro che stava tentando di decidere se sollevare o no i capelli, ma una ragazza seduta lì accanto, più grande della maggior parte di quelli attorno a loro, gli toccò il gomito.
«Non ce n’è bisogno, Harry. Non devi mostrarla se non vuoi,» gli disse.
Smith sbuffò di irritazione, ignorando la breve occhiataccia che gli scoccò la ragazza.
«Sono la Caposcuola per quest’anno. Maggie Tolbert,» fece lei.
Maggie era una ragazza dai corti capelli castani. Era carina, ma non uno schianto. Aveva pallidi occhi azzurri e un naso esile.
Harry sorrise timidamente, accarezzando inconsciamente Coral che riposava sotto la sua manica sinistra. Maggie seguì il suo movimento e provò senza successo a mascherare il suo improvviso senso di disagio. Harry lo notò.
«Hai paura dei serpenti?» Chiese gentilmente.
«Uh, beh, un po’ credo,» ammise lei dopo un momento.
Molti degli Hufflepuff intorno li stavano ascoltando, sperando di intravedere il supposto serpente e sapere se quello che avevano sentito sul treno era vero o no.
«Coral non farebbe del male a nessuno, a meno che non provassero a far del male a lei o a me,» disse Harry. «Ti piacerebbe vederla?»
Maggie aveva l’aria un po’ pallida, ma annuì. Era una Caposcuola, non poteva mettersi a gridare! Non poteva comportarsi come una bambina!
Harry mosse lentamente la manica, rivelando la forma di Coral arrotolata attorno al suo polso e un po’ su per il braccio.
«Oooo» Fecero in molti, sporgendosi in avanti, mentre alcuni altri gemettero.
Coral rimase con la testa posata sul polso di Harry mentre lui muoveva la mano al di sopra del piatto per mostrarla ai suoi compagni curiosi.
«È bellissima!»
«Adorabile!»
«Chi immaginava che un serpente potesse sembrare così indifeso?»
«Ma non è… velenosa?» Chiese Cedric, accostandosi un po’ per guardarla da vicino.
Harry sorrise, grato di vedere che il ragazzo più grande era abbastanza fiducioso che lui non avrebbe lasciato che Coral lo mordesse.
«Sì, ma il Professor Piton le ha fatto un incantesimo. Non può avvelenare nessuno a meno che non debba farlo,» spiegò.
«Il Professor Piton?» Domandò lui, sorpreso quanto diversi altri studenti attorno a lui.
«Sì. È stato lui che mi ha dato il permesso di avere un animale esotico.»
«Beh, è stato… carino da parte sua.»
Harry annuì, felice, accarezzando Coral.
«Ma perché lo ha fatto? Ci deve essere una ragione,» continuò Cedric.
«Sì, certo. Ha detto che sarebbe stata una buona idea che io la prendessi perché lei renderà più forti i miei Serpincanti.»
«Serpincanti?» Chiese Susan Bones. Era seduta dall’altra parte rispetto a Neville.
«È una magia curativa e protettiva. Solo i Rettilofoni possono usarla.»
Quasi l’intero tavolo degli Hufflepuff divenne assolutamente immobile, i loro occhi (eccetto quelli di Neville) si spalancarono mentre capivano che cosa comportasse quell’informazione. Il Ragazzo-che-è-Sopravvissuto era un Rettilofono!
«C-cosa?» Chiese Ernie Macmillan, con voce rotta.
Harry sospirò. «Non è davvero niente di speciale. Non capisco perché siano tutti così sconvolti nel sapere che parlo il Serpentese. È proprio snervante come tutta la faccenda di Voldemort-»
Alcuni ragazzi strillarono, due di loro caddero dalla panca, uno quasi svenne, metà tavolo gemette, e la maggior parte dei rimanenti fece un salto spaventato.
Era totalmente ridicolo.
Harry gemette.
«H-harry, non sei sicuramente come mi aspettavo che fossi,» riuscì a dire Cedrid con un sorriso gentile, riuscendo a riprendersi prima degli altri.
Harry abbassò lo sguardo sul piatto e iniziò a piluccare il cibo. Coral sollevò la testa, guardando Harry con quella che gli altri attorno al tavolo avrebbero definito come preoccupazione.
:Tutto bene, Harry?: Gli chiese, dandogli un colpetto alla mano con la testa.
:Penso di sì:
Sfortunatamente, la sua risposta causò ulteriori reazioni da parte di quelli del tavolo, e anche da alcuni Ravenclaw dietro di lui che stavano origliando.
:Ci si abitueranno: lo confortò lei.
«Sai, è davvero molto figo,» disse Justin Finch-Fletchley. Era una ragazzo dall’aria aristocratica seduto accanto a Ernie. «Allora questi Serpincanti, li hai mai usati?»
Essendo un nato Babbano, Justin era uno dei pochi al tavolo che non era disturbato dall’abilità di Harry o dal suo uso del nome di Voldemort. Infatti, era confuso e infastidito come Harry dalle reazioni di tutti gli altri.
Harry sollevò lo sguardo, smettendo di giocare col cibo, e annuì.
«Li ha usati su di me sul treno!”» Esclamò Neville, più che felice di dire loro quello che Harry aveva fatto per lui. «Ha guarito un brutto livido che avevo sul polso. Era così grosso-» Mostrò loro il polso e fece vedere con l’altra mano quanto era stato grande il livido.
«-E lo ha fatto sparire. Adesso mi sento molto meglio.»
Gli Hufflepuff lo fissarono, interessati al racconto di Neville prima di tornare a guardare Harry.
«Wow.»
«Cacchio, fantastico.»
«Dovresti aiutare Madama Pomfrey nell’Infermeria.»
«Puoi curare anche gli animali?»
«Hey, ho un taglio sul braccio, puoi curarlo?»
«Puoi curare le cicatrici?»
«Che sensazione dà?»
«Puoi far ricrescere una cosa come un braccio?»
«Puoi curare le malattie?»
«Ehi, ehi. Non bombardiamolo con così tante domande,» fece Maggie, sollevando le mani e interrompendo l’interrogatorio. «Soprattutto domande a cui probabilmente non ha ancora una risposta.»
Harry la guardò con gratitudine e riprese a mangiare.
Vedendo che non avrebbe risposto ora alle loro domande, e che anche loro avrebbero dovuto mangiare qualcosa prima della fine della cena, gli Hufflepuffs lo lasciarono in pace. Lo sguardo severo di Maggie aveva solo poco a che fare con la ritirata.

O o O o O

«Hmm, forse dovresti andare laggiù, Pomona,» suggerì Filius vedendo la reazione del tavolo al serpente di Harry.
«No, sono convinta che Miss Tolbert abbia la situazione sotto controllo,» rispose lei con calma. «Ma terrò una lunga riunione di Casa stasera. Sarebbe una negligenza da parte mia se non lo facessi.»
Filius annuì, solo per guardare rapidamente di nuovo quel tavolo al sentire degli studenti che strillavano.
«Che cosa in nome di Merlino?...» Chiese Minerva, ora guardando anche lei.
Vedendo che due degli studenti erano finiti sul pavimento a causa di quello che stava succedendo là, Minerva stava per alzarsi e andare a vedere che cosa diavolo stessero combinando.
«Aspetta, Minerva,» esclamò Albus, mettendole delicatamente una mano sul braccio prima di indicare con un cenno del capo il serpente di Harry.
Da dove si trovavano, potevano a malapena vederla, ma era chiaro che Coral e Harry stavano avendo una conversazione, anche se molto breve. E quindi un ragazzo del primo anno parlò, cosa che fece prendere la parola a Neville. Era evidente che, qualunque cosa avesse raccontato Neville, aveva trasformato la paura degli Hufflepuff in curiosità, e avevano iniziato a riempire Harry di domande, finché Maggie li aveva interrotti e aveva riportato la calma.
«Bene, Pomona, non vedo l’ora di sentire la faccenda da te dopo che avrai avuto la riunione con la tua Casa,» disse Filius.
«Concordo,» si accodò Minerva.
Severus nascose un sorriso.


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Note della Traduttrice
* Nella scena del sorteggio di Harry l'autrice fa un po' di confusione sul fatto che il cappello gli copra o meno gli occhi, ma niente di terribile, a mio parere :)


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Lezioni.




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Capitolo 5
*** Lezioni ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 5: [Lessons] Lezioni

Harry si svegliò il mattino seguente, desiderando di avere ancora qualche ora di sonno ma sapendo che era ora di prepararsi. Stiracchiandosi, si sporse ad accarezzare la testa di Edvige prima di prendere i propri vestiti. Come il Professor Piton gli aveva raccomandato, portava sempre addosso i suoi foderi con le bacchette e anche Coral. La catenina d’argento era intorno al suo collo. Harry non se l’era mai tolta da quando l’insegnante di pozioni gliela aveva data.
Prima di andare a letto la sera prima, avevano avuto una riunione nella Sala Comune, che era situata nei sotterranei del castello. Avevano incontrato la Professoressa Pomona Sprite, e ad Harry era piaciuta immediatamente. Era diretta e gentile, e aveva chiarito che loro erano tutti Hufflepuff, e come tali dovevano trattare tutti correttamente ed equamente. Harry aveva apprezzato lo sforzo della professoressa per far sì che la Casa lo trattasse normalmente, sebbene sapesse che ci sarebbe voluto del tempo prima che smettessero di fissarlo. Sperò che non ce ne sarebbe voluto troppo.
La colazione era una faccenda interessante, la varietà di cibo lo sorprese. Si domandò quanti cuochi avesse Hogwarts, ma poi suppose che tutto questo poteva essere frutto di magia. Ignorando gli sguardi curiosi e i sussurri non proprio discreti, Harry si portò la tazza alle labbra.
«Urgh,» boccheggiò, mentre il saporaccio della Pozione Assorbente gli riempiva la lingua.
Si voltò immediatamente e guardò il Professor Piton che era seduto al tavolo degli insegnanti. Il professore stava già guardando dritto verso di lui. I loro occhi si incrociarono, l’insegnante di pozioni mimò molto chiaramente una parola con le labbra: “bevi”.
Harry obbedì rapidamente, scolandosi la pozione. Mentre rimetteva giù la tazza, la guardò con meraviglia mentre si riempiva di un altro liquido. Certo che fosse il Distillato del Nutrimento, lo bevve tutto di nuovo, e ripeté la cosa quando si riempì ancora con la Pozione dell’Utilizzo.
«Wow, Harry. Molta sete?» Chiese Cedric, avendo visto che beveva la seconda e la terza tazza.
«Già,» rispose, prima di bere una quarta volta per togliersi il saporaccio dalla bocca.
Neville scoccò ad Harry un’occhiata curiosa, ma non disse nulla. Poco dopo, la Professoressa Sprite venne al tavolo e diede loro il programma delle lezioni.
«Fantastico, abbiamo Pozioni per prima!» Esclamò Harry piuttosto allegramente.
Ricevette diversi sguardi orripilati e confusi.
«Che c’è?» Chiese, adesso anche lui confuso.
Molti dei ragazzi più grandi scossero la testa. «Vedrai,» disse uno di loro.
Harry osservò Cedric, volendo una spiegazione. Esitando, Cedric replicò. «Beh, vedi, Harry, il Professor Piton è… beh, può essere molto severo e talvolta… un po’ rude. Non penso che ci sia mai stato un anno in cui non abbia fatto scoppiare a piangere qualche ragazzino del primo anno. Qualche volta riesce a scombussolare anche qualcuno degli studenti più grandi.»
Harry fece una smorfia. Il Professore gli era sembrato severo a Diagon Alley, certo, e alcune delle cose che gli aveva detto erano state molto dirette e brutalmente oneste, ma non riusciva davvero a immaginare che quell’uomo potesse essere del tutto spregevole. Beh… forse poteva esserlo con qualcuno come Dudley, ed era stato probabilmente aggressivo con i Dursley in quella piccola discussione a cui Harry non aveva assistito. Loro l’avevano sicuramente lasciato in pace in seguito e gli avevano dato un’alimentazione completa ad ogni pasto. Ed Harry suppose che l’insegnante di pozioni dovesse apparire un po’ intimidatorio, alto e vestito tutto di nero.
Osservò Neville che aveva uno sguardo abbastanza orripilato.
«Dovremo solo fare del nostro meglio e vedere,» fece Harry. «Ma credo che il Professor Piton sia grande.»
«O-okay, Harry,» disse Neville, sebbene apparisse ancora un po’ a disagio.

O o O o O

Severus aspettò che tutti i ragazzi del primo anno fossero entrati prima di fare un passo fuori dal suo angolo nascosto ed entrare nella stanza, il mantello che si gonfiava dietro di lui.
«Siete qui per imparare la delicata scienza e l'arte esatta delle Pozioni,» iniziò. Scannerizzò le facce davanti a lui, il cuore che gli si serrava leggermente mentre ricordava alcune delle loro morti.
Susan Bones era stata assassinata da Voldemort stesso dopo che aveva tirato giù due dei suoi vice.
Era accaduto quasi un anno dopo la caduta di Hogwarts.
Justin Finch-Fletchey era stato morso da Nagini dopo aver difeso la sua famiglia in un attacco.
E Hannah Abbott aveva ceduto a una maledizione ricevuta da Lucius Malfoy tre giorni prima.
Si schiarì la gola, riuscendo in qualche modo a guardare severamente tutti loro. «Poiché non ci sarà alcuna sciocca bacchetta da sventolare qui, la maggior parte di voi troverà difficile credere che questa sia magia. Dato ciò, non mi aspetto che molti di voi capiscano la bellezza di calderoni che sobbollono piano con le loro esalazioni luccicanti o il delicato potere dei liquidi che scorrono nelle vene umane con l’abilità di salvare una vita o prenderla… Posso insegnarvi come imbottigliare la fama, la gloria, e anche… mettere un limite alla morte. La sola domanda è… siete dei fannulloni buoni a nulla, o avete la volontà e la capacità di imparare una delle magie più potenti che esistano?»
Severus quasi sorrise. Aveva la loro totale e indivisa attenzione, sebbene notò che solo Harry stava prendendo appunti su ciò che diceva.
Ricacciò indietro con forza il rimpianto che formicolava in fondo alla sua mente. Il ragazzo era stato interessato anche la prima volta all’inizio, e lui aveva rovinato tutto – solo a causa di un insignificante litigio adolescenziale che non era riuscito a perdonare o a buttarsi alle spalle quella volta.
Andò avanti con l’appello, senza fermarsi per niente quando lesse il nome di Harry, come aveva fatto l’ultima volta. Quindi iniziò la lezione, spiegando che cosa avrebbero dovuto fare dopo aver preso l’equipaggiamento ed essersi messi in coppia. Fortunatamente, non avrebbero fatto pozioni in quella lezione. Avrebbero imparato come usare gli strumenti e le tecniche necessarie a tagliare appropriatamente gli ingredienti a pezzi grossi, a cubetti, a fette e a pezzettini.
Harry e Neville stavano lavorando bene insieme, ma Severus sapeva che invece Zacharias Smith, che stava lavorando dietro di loro con un Ravenclaw, avrebbe avuto bisogno di essere osservato con attenzione. Era un ragazzo malvagio il cui solo tratto dominante era la codardia.
Severus decise di rivelare un po’ della propria stessa malvagità se il Signor Smith avesse deciso di agire scioccamente durante la sua lezione. Lo aveva fatto l’ultima volta, dopo tutto, e almeno lui avrebbe potuto liberarsi di un po’ delle proprie emozioni negative senza sentirsi troppo in colpa.
«P-professor Piton?» Chiese un Ravenclaw, alzando la mano.
«Sì, Signor Duncan?» Domandò, voltandosi verso il banco dove si trovava lo studente.
«Questi coltelli perderanno mai l’affilatezza? I coltelli Babbani si consumano e mi chiedevo...» Si interruppe e deglutì. Evidentemente, aveva sentito voci sui presunti legami del Professore coi purosangue e su pregiudizi contro i nati babbani e tutti i non-Slytherin.
«No, Signor Duncan, normalmente rimangono affilati. Potrebbero corrodersi, però, se li userai per tagliare alcune piante acide o se ci versassi sopra delle pozioni aggressive.»
«Oh, okay, Professore, grazie,» fece lui, col sollievo che rifluiva in lui quando l’insegnante di pozioni non reagì come si era aspettato.
Il Professore si voltò, camminando intorno agli altri banchi per assicurarsi che gli Hufflepuff stessero tagliando gli ingredienti correttamente.
Sorpassò Harry e Neville, cogliendo di sfuggita Coral che si affacciava dalla manica di Harry mentre il ragazzo cominciava a usare la tecnica necessaria a rompere una certa noce. La osservò mentre sibilava qualcosa al ragazzo, e lui annuì con un piccolo sorriso, aggiustando un po’ la presa sullo strumento in un gesto più corretto. Harry sibilò una risposta che Severus interpretò come un ‘grazie’.
Tornando sul davanti dell’aula, Severus corresse alcuni degli studenti mentre passava.
«Professor Piton?»
Si voltò, stavolta trovando il Signor Smith con la mano alzata.
«Sì, Signor Smith,» disse.
«Potter ha portato il suo famiglio serpente. Ma non sono vietati gli animali a lezione?» Fece la spia lui.
Severus assottigliò gli occhi. Smith ghignò, inconscio del fatto che aveva appena invitato l’ira del Professore, credendo di aver messo Harry nei guai.
«Signor Smith, dimmi, hai forse l’impressione che io non sappia ogni singolo fatto che accade nella mia aula, minuscolo o grande, nascosto o evidente?» Domandò, il tono di voce pericolosamente senza emozione.
«Ehm… no, Signore. Ho solo pensato-» Si fermò quando l’insegnante di pozioni fece un passo in avanti, torreggiando sul suo banco e chinandosi su di lui.
«O forse trovi divertente essere un insopportabile spione?»
«N-no, io ho s-solo pensato che l-lei dovesse s-sapere che P-potter-» Cominciò, volendo tirarsi indietro, ma incapace perché troppo spaventato.
«Non-dirmi-bugie,» Disse il professore pericolosamente, l’aria intorno a lui formicolante di magia rabbiosa. «Volevi metterlo nei guai, niente di più. Non c’era alcun pensiero giudizioso o nient’altro di simile. Non tollero un comportamento del genere. È deplorevole.» Severus osservò il banco di lavoro di fronte a Smith, trovandolo confusionario, e gli appunti che il ragazzo aveva preso erano orrendamente disordinati. Smith non aveva nessuna scusa per tutto ciò. Era cresciuto in una casa di maghi, e una anche prestigiosa.
Era ora di mettere alla prova questo principino viziato.
«Dimmi, Signor Smith, che cosa ottengo se verso della radice di asfodelo in polvere dentro un infuso di artemisia?»
Smith deglutì, incapace di rispondere. Non ne aveva idea.
«Non lo sai? Bene, proviamo di nuovo. Dove guarderesti se ti dicessi di trovarmi un bezoar?»
Smith abbassò gli occhi.
«E qual è la differenza tra l'Aconitum napellus e l'Aconitum lycoctonum?»
«I-io non lo so, Signore.»
«Peccato. Chiaramente, dovresti concentrarti sui tuoi studi invece che sugli animali dei tuoi compagni,» affermò, prima di voltarsi ad affrontare Harry.
Harry si raddrizzò, preparandosi per una ramanzina. Sì, il professore gli aveva detto di portare Coral ovunque, ma forse avrebbe dovuto assicurarsi che Coral rimanesse nella sua manica così non avrebbe distratto altri studenti.
«Signor Potter, dove cercherebbe un bezoar?»
Harry si morse il labbro inferiore. «Nello stomaco di una capra, Signore.» Lo aveva letto verso la fine del primo capitolo del testo di pozioni.
«Aconitum napellus e Aconitum lycoctonum – qual’è la differenza?»
«Solo il nome. Sono la stessa pianta, professore.»
«Che cosa ottengo se aggiungo radice di asfodelo in polvere in un infuso di artemisia?»
«Una potente pozione soporifera, si chiama...» Harry fece una pausa, chiudendo gli occhi per provare a ricordare. Lo aveva letto diverse settimane prima.
«Distillato della… Distillato della Morte Vivente.»
«Corretto, Signor Potter. Un’altra domanda. Dove hai ottenuto queste informazioni?»
«Nel primo capitolo di “Infusi e pozioni magiche”, Signore.»
Severus annuì con approvazione. «Quindici punti ad Hufflepuff per non essere uno stupido.»
La lezione continuò e finì senza ulteriori incidenti.

O o O o O

«Hey, Potter, come è andata a Pozioni?» Chiese Draco quando Harry entrò nell’aula di Incantesimi con Neville.
«Alla grande,» rispose Harry, «Anche se ho capito che cosa intendono quando dicono che lui può essere molto severo.» Draco rise. «Sì, ma è bravo, vero?»
Harry annuì, mentre alcuni degli Slytherin guardavano Draco sorpresi. Aveva detto loro che era amico di Harry Potter, ma non gli avevano creduto.
Harry e Neville finirono per sedersi dietro Draco, Vincent e Greg. Erano in fondo all’aula e vicino al muro. L’aula aveva i banchi posti su delle gradinate che scendevano verso la cattedra, per far sì che gli studenti guardassero verso il basso dove il professore poteva più facilmente fare dimostrazioni di incantesimi.
Draco si girò sulla sedia, visto che la lezione non era iniziata e il professore non si era ancora visto. Salutò Coral, che si stava affacciando con la testa fuori dalla manica di Harry.
«Ho sentito che qualcuno si è messo nei guai per aver segnalato Coral al Professor Piton,» fece Draco.
«Oh, si è già saputo?» Domandò Harry, sporgendosi sul banco per parlargli meglio visto che era un po’ più in basso rispetto a lui.
«Stai scherzando? Un ragazzo del primo anno di Ravenclaw rideva così forte raccontandolo durante la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure che è stato facile capire che cosa era successo mentre lui e i suoi amici rifacevano la scenetta.»
Harry allungò un’occhiata a Zacharias Smith, che si trovava vicino al fondo dell’aula. Era chiaro che non fosse allegro e che in realtà stava ribollendo. Per fortuna, era abbastanza lontano da non poter sentire la loro conversazione, ma probabilmente sapeva che la storia stava già circolando.
Harry annuì piano, prima di decidere di cambiare argomento. «Com’era Difesa Contro le Arti Oscure?»
«In realtà è stata davvero deludente. Raptor ha paura della sua stessa ombra, e balbetta così tanto che è quasi impossibile capire qualsiasi cosa dica, e quello che sono riuscito a capire è noioso. Penso che mi metterò a leggere solo il libro e ignorerò qualsiasi cosa provi ad insegnarci,» rispose Draco. «Il Professor Piton ci ha detto che qualche volta è la cosa migliore da fare; garantito che stava parlando di Storia della Magia.»
«Okay, grazie dei consigli,» fece Harry.
«Figurati. C’è qualcosa che dovrei sapere su Pozioni?»
«Assicurati di leggere il primo capitolo prima della lezione. A Diagon Alley, il professore mi aveva avvisato di leggere sempre un capitolo prima di ogni lezione.»
Draco annuì. «Lo farò.»
Proprio allora, il Professor Vitious entrò, facendo iniziare la loro prima lezione di Incantesimi.
Draco e i suoi due amici si voltarono in avanti mentre il professore faceva l’appello.

O o O o O

Severus si sedette per pranzo mentre gli studenti iniziavano a riversarsi nella Sala Grande. Non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, ma era bello avere di nuovo il castello pieno… Per lui, erano passati quasi tre anni da quando Hogwarts era stata così. Gli era mancata.
Profondamente.
Tornare alla routine dell’insegnamento poi era proprio un’altra cosa. Sapeva che i suoi studenti più grandi avevano notato che c’era qualcosa di diverso, ma sperò che fosse un cambiamento non troppo grande da fargli fare commenti con gli altri professori.
Si riscosse, realizzando che anche se lo avessero fatto presente ai suoi colleghi, non c’era niente di male nel cambiamento. L’unico fattore negativo era il fatto che avrebbe attirato su di sé dell’attenzione indesiderata. Avrebbero cominciato a fare domande, chiedendosi come mai aveva alterato il suo programma delle lezioni e aveva aggiustato il modo in cui insegnava determinate cose.
Erano già diventati abbastanza sospettosi durante la riunione dei Capo-Casa qualche settimana prima. Non voleva davvero affrontare ulteriori complicazioni. Ma, ammise con riluttanza, avrebbe dovuto farlo a breve, e non poteva evitarlo. Perché il cambiamento maggiore, che avrebbero senza dubbio notato, anche se nessuno studente gliene avesse riferito, era la mancanza di ragazzi del primo anno in lacrime.
Di sicuro, aveva fatto a pezzi Smith come una tigre spietata, ma era stato giustificato (almeno più di quanto fosse stato in passato con altri studenti).
Non era stato come uno dei suoi antichi assalti verbali, in cui avrebbe schiantato l’autostima dello studente contro il muro e l’avrebbe martellata fino a far rimanere nient’altro che lacrime.
Sospirò silenziosamente. La mancanza di matricole piangenti sarebbe stata la sua rovina.

O o O o O

Harry entrò nell’aula di DADA* seguendo Neville e Susan Bones. Rapidamente, l’aula si riempì di ragazzi del primo anno di Hufflepuff e Gryffindor.
Era il secondo giorno di lezione e Harry era impaziente di imparare di più sulla magia.
Harry si guardò intorno, notando un ragazzo dai capelli rosso fiamma che sedeva vicino a un altro dai capelli castani, al banco accanto al suo e di Neville. C’erano altri due ragazzi Gryffindor dietro di loro. Le ragazze Gryffindor avevano preso le sedie nella parte più remota dell’aula, e l’unica cosa che Harry riuscì a vedere di loro era che stavano tutte evitando una ragazza dai capelli crespi, che finì per mettersi più vicino ai ragazzi Gryffindor. Stava al momento leggendo il testo di DADA ed era la stessa ragazza che aveva detto che i serpenti non erano sulla lista degli animali permessi.
«Davvero, Weasley, non riesco a credere che tu abbia portato il tuo ratto in classe,» esclamò la ragazza dai capelli crespi, smettendo di leggere il libro e guardando il ragazzo coi capelli rossi al banco di fianco al suo.
«Fatti gli affari tuoi, Granger, non sto infrangendo le regole,» rispose lui, irritato.
Lei sbuffò. «Onestamente, vorrei non aver detto nulla sulle regole che ho letto,» sbuffò.
Harry sollevò un sopracciglio.
«Sarà meglio se il tuo ratto non disturberà la lezione,» continuò lei. Harry si chiese se si rendeva conto di quanto era dispotica. «Altrimenti, potresti far perdere dei punti a Gryffindor.»
«Sta solo dormendo, quindi piantala di essere così assillante. E comunque non è il tuo animale,» disse lui, voltandole la schiena e accarezzando il suo ratto - che mise sul banco vicino al libro di testo.
Harry tornò a guardare Neville, vedendo che entrambi trovavano interessante lo scambio tra i due Gryffindor.
«Mi chiedo a quali regole si riferisca esattamente,» disse Harry piano.
«Padma Patil di Ravenclaw mi ha detto che la Granger ha controllato le regole sugli animali dopo che ha sentito che il Professor Piton ti aveva permesso di tenere Coral in aula,» disse Susan Bones, sporgendosi verso di loro dal banco che condivideva con Justin.
«Questa cosa l’ha preoccupata così tanto?» Domandò Harry a bassa voce.
Susan fece spallucce. «Così sembra, e poi ha informato i Gryffindor che il regolamento dice che gli animali sono permessi in aula, ma non possono interrompere la spiegazione o disturbare la lezione.»
Harry annuì. «Grazie, Susan.»
«Figurati.»
Harry si voltò verso il davanti dell’aula mentre il professore di DADA usciva dal suo ufficio e si metteva davanti alla lavagna.
«B-buon g-giorn-no rag-gazzi.» Cominciò.
Harry ricordò all’istante l’avvertimento di Draco di ignorare la spiegazione e di mettersi a leggere, invece.
«Q-questa s-sarà la v-vos-tra p-p-prima le-lezione in D-difesa C-con-tro le A-arti O-oscure.»
Harry sbatté le palpebre. Draco aveva ragione. Guardò Neville, che stava senza dubbio ricordando le parole di Draco del giorno prima.
La lezione, o piuttosto il caos balbettante, continuò da lì. Harry riuscì a malapena ad aspettare fino all’ora di pranzo, specialmente quando cominciò ad avere mal di testa. Si domandò se fosse causato dall’ascoltare il balbettio del Professor Raptor o se fosse qualcos’altro, sebbene il fatto che gli dolesse la cicatrice non aveva alcun senso.
Finalmente, la lezione finì, e tutti si alzarono e iniziarono ad uscire.
Harry udì brevemente il balbettante professore chiamare il nome di Weasley, e si chiese se fosse a causa del ratto - dopotutto, i ratti non erano nella lista canonica degli animali e poteva essere considerato esotico. Senza guardarsi indietro, Harry si diresse alla Sala Grande con gli altri Hufflepuff, sperando che la sua emicrania svanisse.

O o O o O

La prima settimana giunse al termine e Harry non riusciva a credere a quanto fosse passata in fretta. Era particolarmente grato ora di essersi portato avanti con lo studio e di aver fatto come il Professor Piton gli aveva suggerito. I compiti erano molto più facili con quel lavoro alle spalle, e la sua calligrafia era di gran lunga una delle migliori di tutti i suoi compagni di anno. Era abbastanza sicuro che avrebbe preso almeno un Accettabile in tutti i suoi compiti.
Gli piaceva la maggior parte dei suoi corsi. Trasfigurazioni, aveva deciso, era divertente solo se si trasfiguravano oggetti ed elementi. Non era entusiasta della prospettiva di incantare animali e trasformarli. Gli sembrava che fosse sbagliato, per qualche ragione. Incantesimi sembrava piuttosto promettente, e non vedeva davvero l’ora di addentrarsi negli incantesimi più avanzati, come quelli che animavano gli oggetti. Erbologia era rilassante. Gli ricordava le giornate trascorse nel cortile dei Dursley a fare giardinaggio. Neville aveva un talento naturale, e i due lavoravano felicemente in coppia durante le lezioni con Ravenclaw. Pozioni era ovviamente la sua materia preferita, e anche Neville si scoprì interessato, specialmente quando il Professor Piton commentò che Erbologia era molto utile per Pozioni, e che qualcuno che desiderasse essere un esperto in pozioni avrebbe dovuto essere preparato in Erbologia, o altrimenti sarebbe stato destinato al fallimento.
Le due materie che non gli piacevano erano Difesa Contro le Arti Oscure e Storia della Magia. Entrambe erano incredibilmente noiose, e, soprattutto, continuava a soffrire di strani mal di testa in DADA. Strani perché sembrava sempre che il dolore fosse accentrato nella sua cicatrice.
Non lo aveva ancora realmente detto a nessuno, eccetto Coral, sebbene avesse brevemente menzionato con Neville che aveva delle emicranie, ma senza approfondire oltre. Coral gli aveva detto che doveva parlarne con qualcuno, ma onestamente lui non sapeva come, e poi a chi avrebbe dovuto dirlo? E che cosa gli avrebbe detto - “Ogni volta che entro nell’aula di DADA mi fa male la cicatrice, oh, e qualche volta anche nella Sala Grande?”
Ma, suppose che avrebbe potuto dirlo al Professor Piton. Lui lo avrebbe perlomeno ascoltato e forse sarebbe stato in grado di dirgli che cosa fare. Auspicabilmente. Voleva anche chiedere al professore altre cose su cui era curioso. Coral era del tutto d’accordo.
Forse sarebbe potuto andare da lui l’indomani, dopo aver fatto visita ad Hagrid? Hagrid gli aveva mandato una nota il giorno prima, invitandolo per il tè.
«A che cosa pensi, Harry?» Domandò Neville, avvicinandosi e sedendosi vicino a lui sul sofà.
La Sala Comune era vuota perché erano quasi tutti usciti fuori visto che le lezioni per quella settimana erano finite.
Harry si strofinò brevemente la cicatrice. Neville vi scoccò una breve occhiata, un po’ preoccupato.
«Stai bene? Hai di nuovo mal di testa?» Domandò.
Harry annuì. Erano appena tornati dal pranzo. «È davvero strano. Ho notato che succede solo a DADA e qualche volta nella Sala Grande. Non so che cosa lo stia causando.»
«Magari sei allergico a qualcosa. Forse a un certo tipo di cibo o a qualcos’altro che c’è anche in DADA? Sai, c’è un sacco di aglio in quell’aula, e l’aglio è spesso usato in cucina,» disse lui.
Harry scosse la testa. «Non penso che sia l’aglio. L’ho usato per cucinare un sacco di volte. Ma forse è qualcos’altro di simile. Ma non è solo un mal di testa. È la mia cicatrice. È come se mi pulsasse, e poi il mal di testa si diffonde da lì. Non lo so, magari è un avvertimento di qualche tipo.»
Neville fece una smorfia. «Beh, non pensi che dovresti dirlo a qualcuno? Ti ha mai fatto male prima?»
«Non mi ha mai fatto male prima, ma sì, lo dirò al Professor Piton quando ne avrò l’opportunità. Forse lui può spiegarmi che cosa significa. Chi lo sa, magari è un’erba strana che reagisce alle cicatrici maledette o una cosa del genere?»
«Forse. Ma magari dovresti dirlo anche alla Professoressa Sprite. Voglio di-»
«Dirmi che cosa, cari?» Una voce gentile domandò da dietro di loro.
«Professoressa Sprite!» Harry non riuscì a evitare di gemere mentre si voltava.
«Scusatemi se vi ho spaventati, Signori Potter e Paciock, e non avevo intenzione di origliare, ma che cos’è che dovreste dirmi?» Chiese lei, l’espressione dolce che le dava un’aura amorevole.
Neville guardò Harry, incerto.
«Ho bisogno di parlare col Professor Piton a proposito di una cosa,» disse lui evasivamente.
Non voleva dire tutto così, adesso, lei avrebbe pensato che era pazzo!
«A proposito di che cosa, caro?» Domandò lei, girando attorno al sofà per sedersi sulla poltrona davanti a loro.
«Beh, umh...»
Perché era così difficile? Si chiese. Non voleva mentire, ma non si sentiva davvero a proprio agio nel dirglielo. Aveva già avuto abbastanza fegato da dirlo a Neville qualche minuto prima.
:Chiedile di accompagnarti quando andrai dal Professor Piton: Suggerì Coral, spuntando con la testa fuori dalla manica.
Harry fu piacevolmente sorpreso dalla mancanza di sorpresa della Sprite. Al contrario, lei li guardò come se si aspettasse che Coral sarebbe improvvisamente comparsa. Aspettò pazientemente.
:Pensi che lei mi crederà?: Chiese Harry piano.
:Non le hai dato alcuna ragione per non farlo: puntualizzò Coral. :Percepisco che lei è una persona di cui ti puoi fidare per questa faccenda:
Harry tornò a guardare la sua Capo Casa. Era davvero una figura confortante. Certo, non appariva forte o intimidatoria come il Professor Piton, ma sembrava qualcuno che potesse essere coraggioso e potente quando era necessario che lo fosse, a dispetto della bassa statura e della corporatura grassottella.
«Potrebbe accompagnarmi a parlare dal Professor Piton?» Chiese Harry. «Io-uh… non voglio spiegare la cosa più volte.»
«Certo,» acconsentì lei, alzandosi. «Che ne dici se andiamo ora? So che al momento è nel suo ufficio, e adesso sarebbe un buon momento per fargli visita.»
«Oh, okay.» Anche Harry si alzò, guardando Neville.
«Penso che sarà meglio che io aspetti qui, Harry,» disse lui, timidamente.
«D’accordo.» Harry non sapeva se sentirsi sollevato o no per la ritirata di Neville.
«Finirò i miei compiti di Pozioni, così quando torni possiamo riguardarli insieme e sarò sicuro di non aver dimenticato niente,» commentò lui con un sorriso esitante.
La Professoressa Sprite li guardò orgogliosa. Amava quando vedeva i suoi ‘Puff’ che lavoravano sodo per i loro compiti.
Harry annuì, prima di guardare la Professoressa di Erbologia. «Sono pronto, Professoressa.»
Così uscirono dalla Sala Comune gialla e nera e scesero nei sotterranei verso l’ufficio di Piton.

O o O o O

Harry guardò la Sprite mentre scendevano.
:La professoressa gentile è curiosa nei tuoi riguardi: Disse Coral. :È anche preoccupata:
Harry abbassò gli occhi a Coral, trovandola che saettava con la lingua al di sopra della sua mano. Teneva spesso inconsciamente il braccio sollevato contro di sé ora, così Coral era sempre molto vicina. Non voleva che qualcuno la urtasse accidentalmente quando entrava e usciva dalle lezioni.
«Che cosa ne pensi di Hogwarts, Signor Potter?» Chiese la Professoressa Sprite.
«È grandiosa, anche meglio di quanto avessi letto in “Storia di Hogwarts”,» rispose lui.
La Sprite sorrise. «Vedo che stai stringendo amicizia col Signor Paciock. Lo hai incontrato sul treno?»
«Sì. Aveva perso il suo rospo, Trevor, e Coral mi ha detto dov’era.»
La Sprite guardò Coral, che aveva la testa visibile, scoccandole un’occhiata. «È un serpente magnifico,» disse, ridacchiando quando Coral sollevò la testa con orgoglio.
«Sì,» concordò Harry, «anche se un po’ vanitosa.»
:Ehy, non è vero:
Okay, allora ti infatui con facilità:
:“Infatui”? Non è una parola grossa per un ragazzino della tua età?:
:L’ho letta nel libro sul controllo della magia interiore che mi ha dato il Professor Piton: Fece spallucce, prima di accorgersi che stava avendo una conversazione esclusiva e stava ignorando la paffuta professoressa al suo fianco. «Mi scusi, Professoressa.»
«Oh, non c’è problema, caro. Suppongo che non le sia piaciuto essere stata chiamata vanitosa?»
Harry rise. «No.»
Mentre parlavano, arrivarono nell’aula di pozioni ed entrarono, prima di dirigersi verso destra dove si trovava l’ufficio di Piton. Indirizzando a Harry un sorriso rassicurante, la Sprite bussò.
«Avanti,» sentirono il Professore attraverso la porta.
Harry entrò per primo, con la professoressa subito dietro. Severus alzò gli occhi dal proprio lavoro. Con una spintarella, Harry continuò ad avanzare fin quando giunse davanti alla scrivania.
«Signor Potter?» Chiese il Capo di Slytherin, facendo diverse domande solamente con quelle due parole.
Harry scoccò un’occhiata alla sua Capo Casa, a disagio. «Um… Sto avendo dei mal di testa… strani mal di testa,» cominciò.
Severus fece una smorfia.
«Oh caro, davvero?» Chiese la Sprite, preoccupata. «Perché non sei andato in Infermeria?»
«Questi… sono diversi,» mormorò Harry.
«Che cosa intendi?» Domandò Piton.
«Beh, mi succede solo nella Sala Grande o a Difesa Contro le Arti Oscure, ed è...» Harry fece una pausa e si toccò la cicatrice. «È la mia cicatrice. Mi fa male e poi il dolore si allarga. L’ho detto a Coral e Neville, e loro mi hanno detto che avrei dovuto dirlo a qualcuno, così io...» Harry arrossì. «Ho pensato che avrei dovuto dirlo a lei. Magari lei può capire a che cosa sono allergico, essendo un Insegnante di Pozioni e tutto il resto.»
«Possibile.» Severus incrociò lo sguardo con la Sprite e tirò fuori la bacchetta. «Signor Potter, gira intorno alla scrivania per me.» Harry lo fece, del tutto fiducioso, sebbene curioso.
«Ora lancerò su di te alcuni incantesimi diagnostici,» affermò, prima di farlo.
La Sprite guardava attentamente.
«Hmm, sì, rilevo prove residue di un’emicrania recente, ma non assomiglia ad alcun mal di testa che abbia mai esaminato prima. E la tua cicatrice è indubbiamente la fonte del problema.»
La Sprite fece un passo in avanti. «Ma che cosa lo sta causando, Severus? Non penserai…?»
Harry osservava la loro interazione con interesse. Severus non rispose, ma assottigliò gli occhi, sollevando di nuovo la bacchetta. «Vorrei provare una cosa, Signor Potter, ma ho bisogno del tuo consenso.»
Le sopracciglia della Sprite si sollevarono moltissimo. «Severus, di sicuro questo non è necessario.»
«Mi permetterà come minimo di identificare le possibili cause come lo stress, l’affaticamento, dei danni cerebrali, veleno, maledizioni, e anche alcune magie oscure.» Severus riportò gli occhi a Harry.
«Che cosa mi farà?» Chiese Harry, incerto.
«Sfiorerò la superficie della tua mente. Non entrerò nei tuoi ricordi, ma coglierò un accenno di ciò che è accaduto alla tua mente da quando la scuola è iniziata. Immaginalo come un ispettore che cammina intorno al perimetro di una casa - e la casa è la tua mente.»
Harry sollevò lo sguardo alla Sprite.
«La decisione è tua, Signor Potter,» disse lei, «potrebbe darci delle risposte, ma potrebbe anche rivelarsi un approccio abbastanza invasivo. Dai il tuo consenso solo se sei a tuo agio.»
Harry guardò Coral.
:Mi fido del Professor Piton: Affermò lei.
«Bene, se ci aiuterà a capire che cosa sta succedendo… okay, acconsento.» Disse Harry, guardando Severus prima di mordersi un labbro. Sperò di non star commettendo uno sbaglio.
«Molto bene. Ti avverto, avrai mal di testa dopo, ma sarà peggiore se cercherai di opporti - quindi non farlo. Pronto?» Severus fissava Harry dritto negli occhi e lui annuì. «Legilimens.»
Harry sentì una pressione crescergli davanti alla fronte, prima che la pressione si diffondesse. Si sentì confuso, lucido, ma non del tutto. Dovette combattere con il senso di allarme crescente in lui mentre sentiva una presenza solidificarsi nella sua mente, simile al cappello parlante, ma molto, molto più forte. Sapeva che era il Professor Piton, ma questo non rendeva la cosa meno strana. Sentiva il professore sfiorare la sua mente, muovendosi sulla superficie come lui aveva detto che avrebbe fatto. Era l’esperienza più bizzarra che Harry avesse mai provato. E quindi finì. Gli occhi tornarono a fuoco, e trovarono l’Insegnante di Pozioni che si fregava le tempie con un’aria molto sospettosa e sconvolta.
«Professore?» Chiese Harry.
La Sprite osservava con ansia.
Finalmente, Severus parlò. «Qualcuno ha tentato di entrare nella mente del Signor Potter, e hanno già fatto allarmanti progressi.»
La Sprite boccheggiò, posando rapidamente una mano rassicurante sulla spalla di Harry. «Devo chiamare il Preside, Severus?»
L’insegnante di pozioni annuì senza esitazione. «Sì, deve sapere subito di questa faccenda.»
«Qualcuno sta tentando di entrare nella mia testa?» Gridò Harry, comprensibilmente sconvolto.
:Chi sono? Li ucciderò! Nessuno può provare a fare una cosa del genere al mio Harry! Li morderò! Gli caverò gli occhi! Come osano?: sibilò Coral, livida.
Harry era innegabilmente terrificato. Come si supponeva che si proteggesse da ciò? E chi lo stava facendo, e perché?
«Non preoccuparti, Signor Potter, il Preside risolverà tutto,» disse la Sprite, prima di dirigersi al camino e a chiamare: «Ufficio del Preside!» Scomparve in un lampo di fiamme verdi.


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Note della traduttrice:

* La sigla inglese per “Difesa contro le Arti Oscure” (Defense Against Dark Arts).


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, L’ira del Preside.




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Capitolo 6
*** L’ira del Preside ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 6: [The Headmaster's Ire] L’ira del Preside

«Siediti lì, Signor Potter,» ordinò Severus a Harry, guidandolo verso la poltrona di pelle nera vicino al camino. «Il Preside sarà qui tra poco.»
Severus stava pensando furiosamente, cercando di manipolare la situazione secondo i suoi gusti. Aveva visto l’opportunità che gli si presentava nel momento in cui Harry gli aveva parlato delle sue strane emicranie ed aveva agito immediatamente. Ora, era grato di averlo fatto, perché aveva appena visto il danno che il Signore Oscuro aveva fatto alla mente del ragazzo in una singola settimana.
Non c’era da meravigliarsi che era stato così difficile insegnargli l’Occlumanzia al suo quinto anno! La mente di Harry era stata sotto assalto senza sosta durante il suo primo anno, quando la sua magia era in uno stadio primitivo e fragile dello sviluppo. E poi, dopo, c’era stato quello che era successo al quarto e al quinto anno…
La mente di Harry era stata senza dubbio indebolita, e poi, sopra ogni cosa, c’era stato il trattamento che aveva ricevuto dai Dursley.
Severus si sentiva un idiota assoluto. Naturalmente, nel futuro, aveva capito che la mente di Harry aveva patito a causa del Signore Oscuro, rendendo l’insegnamento dell’Occlumanzia estremamente difficile da parte sua, ma era solo ora che comprendeva appieno l’estensione del danno mentale con cui l’Harry originale aveva dovuto avere a che fare.
Il rispetto che aveva per il suo giovane, vecchio amico crebbe, e una parte di lui si rattristò, sapendo che non lo avrebbe mai più rivisto - almeno, non esattamente.
Severus guardò il ragazzo di fronte a lui, notando i brillanti occhi verdi pieni di preoccupazione. La tristezza recedette in lui, sapendo che l’Harry che aveva lasciato avrebbe voluto che lui guardasse al lato positivo delle cose, e riconoscendo l’opportunità che gli era stata data di rendere il futuro migliore, non solo per il Mondo Magico, ma per Harry e… sì, anche per sé stesso.
«Gli impediremo di continuare, Signor Potter,» affermò Severus, decidendo che aveva bisogno di offrirgli un po’ di conforto. «Hai la mia parola.»
Questo sembrò allentare parecchio la tensione nelle spalle di Harry, cosa di cui Severus fu grato.
Proprio allora, un lampo verde proruppe dal camino, e il variopinto Preside ne uscì con la Professoressa Sprite dietro di lui.
Severus desiderò sapere che cosa stesse pensando Silente in quel momento. Non era cosa da tutti i giorni che un Capo Casa arrivasse direttamente nel suo ufficio e gli chiedesse di andare con lei nell’ufficio di un altro Capo Casa - figuriamoci quello di Slytherin.
Severus si domandò improvvisamente che cosa la Sprite avesse detto al Preside.
«Preside,» Iniziò Severus, chinando appena la testa e facendo un passo accanto alla larga poltrona di pelle, che sovrastava il piccolo Harry. I piedi del ragazzo ciondolavano oltre il bordo della sedia, la sua esile figura completamente nascosta dietro il bracciolo e il pannello laterale. Era messa di lato, quindi non si affacciava direttamente davanti al camino.
«Severus, che cosa è successo? Pomona mi ha detto che hai scoperto che uno dei suoi Puff è stato mentalmente attaccato,» fece Albus immediatamente, mantenendo la calma all’esterno, sebbene i suoi occhi ne rivelassero l’allarme.
«Sì, Preside.» Severus si voltò verso Harry, segnalando a Silente la sua presenza.
Harry si morse un labbro quando gli occhi azzurri del vecchio mago si spostarono su di lui. «Salve, Preside,» riuscì a dire, facendo del suo meglio per imitare il rispettoso cenno del capo di Severus.
L’insegnante di pozioni sapeva che Harry era nervoso, e, forse, intimorito dal mago di cui aveva senza dubbio letto nei suoi studi estivi. Oppure, poteva star confondendo l’espressione di Harry - poteva anche solo essere gratitudine, poiché il Preside gli aveva dato il permesso di avere due animali. Alcuni istanti dopo, Harry dimostrò che era la seconda opzione.
«Grazie per avermi permesso di tenere due famigli, Signore. Non ho avuto modo di ringraziarla nel modo più appropriato,» disse Harry subito dopo.
Albus sorrise. «Prego, ragazzo mio,» rispose mentre Coral sollevava la testa e lo guardava.
Harry sorrise di rimando timidamente mentre il piccolo serpente agitò la punta della coda. Il vecchio mago sbatté le palpebre, sebbene i suoi occhi scintillarono brevemente prima di tornare a guardare Severus con aspettativa.
«Non so quanto la Professoressa Sprite sia stata in grado di dirle, ma ho motivo di credere che qualcuno stia tentando di invadere la mente del Signor Potter. Hanno già fatto un disturbante grado di progressi, dato che la giovane mente del Signor Potter non ha difese per tali attacchi.»
Le sopracciglia di Silente si sollevarono, prima che l'uomo guardasse Harry con preoccupazione, non facendo alcuno sforzo per mascherare le sue emozioni.
«Ha sofferto di forti mal di testa durante Difesa Contro le Arti Oscure e occasionalmente nella Sala Grande. Emicranie che iniziano dalla sua cicatrice e poi si diffondono al resto della testa,» spiegò ulteriormente Severus.
Albus si inginocchiò sul pavimento per mettersi allo stesso livello visivo di Harry. «Harry, dimmi quando è iniziata questa cosa e che cosa hai provato,» chiese.
Harry gli parlò della sua prima lezione di DADA, e quindi di come aveva iniziato ad avere mal di testa anche nella Sala Grande. Gli disse delle emicranie che cominciavano come una pulsazione sorda nella cicatrice prima di diventare un dolore bruciante che attraversava tutta la fronte. Disse che era sempre peggio in DADA.
Muovendosi in avanti, il preside guardò con intensità la cicatrice di Harry, sollevando piano la sua vecchia mano rugosa prima di fermarsi. «Posso, Harry?»
«Sì, Signore. Capisco che stia cercando di capire la cosa. Non voglio più avere questi mal di testa,» disse Harry con onestà.
Albus sorrise, prima di scostare i capelli di Harry così da avere una vista chiara della cicatrice. Quindi strofinò il pollice sul leggendario marchio, gli occhi azzurri che lo fissavano intensamente mentre mormorava alcune parole che Harry non riuscì a identificare, ma erano di sicuro in una lingua straniera. Latino, se doveva indovinare.
Dopo che ebbe mormorato quelle parole, una gentile freschezza si sprigionò dal pollice del vecchio mago e spazzò via l’emicrania crescente che il Professor Piton aveva involontariamente causato. Non appena accadde, Harry vide il Preside chiudere gli occhi per la concentrazione.
Harry scoccò un’occhiata a Piton accanto a sé, senza muoversi, non volendo interrompere il Preside. Notò che il professore vestito di nero era intrigato, prima di guardare la Professoressa Sprite. Lei appariva ansiosa e un po’ preoccupata mentre guardava Silente che faceva qualunque cosa stesse facendo.
Harry era certo che il Preside non stesse facendo nulla nella sua mente. Non sentiva alcuna pressione né percepiva alcuna presenza o pulsazione crescente che aveva associato con un’invasione mentale. Invece, c’era un’energia che danzava sulla sua pelle, lasciando una sensazione formicolante sulla sua cicatrice prima di dissiparsi con un battito vellutato.
Con gli occhi ancora chiusi, Silente diede un tenero buffetto sulla guancia di Harry prima di abbassare la mano. Harry ebbe la strana impressione che il Preside stesse cercando di contenere le proprie emozioni.
«Pomona, informa Minerva e Filius che tutti gli studenti devono rientrare nei loro dormitori immediatamente e rimanerci fino a ulteriori disposizioni, senza eccezioni. Di’ ai Prefetti che è un mio ordine diretto e questo ordine deve essere rispettato come un coprifuoco,» affermò lui piattamente, senza ancora aprire gli occhi. «Va’ ora.»
Pomona fece un cenno con la testa prima di sparire nel camino con un lampo verde.
«Preside, se questo è ciò che sembra, non dovrebbe affrontarlo da solo. Potrei suggerire di chiamare gli Auror? Madama Bones è degna di fiducia e la sua assistenza potrebbe essere preziosa se si arrivasse a uno scontro,» disse Severus saggiamente.
Harry voleva domandare che cosa stesse succedendo, ma dall’espressione sul volto di Severus sapeva che doveva restare tranquillo. Non era il momento ora di chiedere chi fossero gli Auror o chi il Preside dovesse evitare di affrontare da solo. Forse avrebbe potuto chiederlo dopo.
«Concordo, Severus.» Aprì gli occhi, guardando dritto Harry. «Grazie per aver avuto fiducia nella tua Capo Casa e nel Professor Piton abbastanza da esternare a loro la tua preoccupazione e da essere onesto con loro. Non posso dirti quanto sia stato importante, almeno, non ancora.»
Harry abbassò gli occhi, un po’ imbarazzato da ciò che provava.
:È molto arrabbiato, Harry. Qualunque cosa abbia capito dall’averti toccato… è davvero furioso. La sua magia sta ribollendo furiosamente al centro del suo essere. Riesco praticamente ad assaporarla: Sibilò piano Coral. :Riesci a sentirla?:
Harry sbatté le palpebre, tornando a guardare il Preside. Sì, riusciva a sentire qualcosa. Era caldo e pulsava molto piano intorno a loro. Era magia questa? Era la magia di Albus Silente a stento trattenuta e controllata?
«Volevo solo che queste emicranie finissero, Signore, e speravo che loro sarebbero stati in grado di aiutarmi,» ammise Harry.
«Va bene, è lo stesso. Avresti potuto ignorarle e sperare che il dolore passasse,» fece Silente gentilmente, prima di alzarsi in piedi. «Credo che sia meglio per te usare la polvere volante e tornare alla tua Sala Comune, Harry. Una volta che sei lì, non muoverti. La Professoressa McGrannitt dovrebbe fare presto l’annuncio.»
«Sì, Signore,» disse Harry, dirigendosi verso il camino dove il Professor Piton gli tese una boccetta di polvere.
«È polvere volante, Signor Potter. Prendine una manciata, fai un passo nel camino, di’ chiaramente ‘Sala Comune Hufflepuff’ e getta la polvere. Arriverai nel tuo dormitorio. Stai attento, l’atterraggio potrebbe essere un po’ precipitoso se non te lo aspetti.» Lo avvisò Severus.
«Sì, Signore.» Salutandosi con i Professori con dei cenni del capo, Harry fece come gli era stato detto, e sparì in un lampo verde.

O o O o O

Nel momento in cui Harry fu lontano e al sicuro, Albus si voltò verso Severus, i suoi occhi ora di un pericoloso azzurro glaciale. «Sapevo che c’era qualcosa che non andava... » Scosse la testa, le mani chiuse in stretti pugni rabbiosi. «Raptor è stato in contatto con Voldemort; la sua magia è stata pesantemente contaminata dalla magia oscura di Tom. In un modo o nell’altro, quell’uomo sarà fuori da Hogwarts prima che la giornata sia finita.»
Severus sbatté le palpebre, senza nemmeno il bisogno di simulare sorpresa, mentre Silente prese una manciata di polvere e si inginocchiò, lanciandola nel camino per fare una ‘chiamata volante’.
«Dipartimento di Applicazione della Legge Magica!»
Severus osservò Silente che parlava chiaramente a Madama Bones, il capo del dipartimento, dandole rapidamente un breve resoconto di quello che stava succedendo. Non disse chi era l’Hufflepuff, ma rese chiaro il fatto che era furioso per l’accaduto e che voleva che il colpevole fosse catturato e giudicato dalla piena forza della legge.
Proprio allora, la McGrannitt parlò attraverso gli interfoni magici, informando gli studenti, senza mezzi termini, che dovevano tornare ai loro dormitori immediatamente. Severus era sicuro che nessuno avrebbe disobbedito a quell’ordine dopo aver sentito il tono rigido della voce di Minerva.
Concentrandosi nuovamente sul proprio mentore, Severus non poteva sentire che cosa stesse dicendo Madama Bones dall’altra parte del camino, ma si fece un’idea della conversazione dal solo ascoltare le risposte di Albus.
«Sono sicuro che sia Quirinus Raptor. Sono stato in grado di percepire la magia di quell’uomo sullo studente,» affermò con voce piatta, contenendo a stento il suo furore. «Ho già ordinato un coprifuoco e voglio che questa faccenda venga gestita immediatamente. Non voglio che quell’uomo resti un solo minuto più del necessario nel mio castello e vicino ai miei studenti!»
Un momento dopo quell’affermazione, doveva aver ottenuto la risposta che voleva perché si rialzò e si diresse alla porta. Severus stava per seguirlo, quando il camino lampeggiò, facendo uscire tre persone: Madama Bones, Kingsley Shacklebolt, e un mago che Severus era sicuro si chiamasse Markus Aralium. Era un mago potente me era stato sfortunatamente ucciso all’inizio della guerra, non molto prima che Hogwarts cadesse.
Madama Bones e i due Auror si accodarono rapidamente ad Albus, salutando Severus solo con un cenno del capo mentre passavano.
«Lui si trova nel suo ufficio.» Affermò Silente.
Nessuno chiese come faceva a saperlo.
Severus sapeva che Albus poteva dirlo perché era il Preside. Mentre si trovava entro i confini della scuola, il Preside poteva chiedere alla magia di Hogwarts di informarlo su dove fossero determinate persone, specialmente se erano sospettate di atti efferati.
Scendendo lungo i corridoi privi di tutti gli studenti, si diressero verso l’aula di DADA. Una volta che la porta fu in vista, poterono improvvisamente sentire il potere della magia di Albus che si irradiava da lui. Severus ricordò brevemente lo scaffale di libri che esplodeva e sperò che il suo mentore avesse un maggiore controllo di sé questa volta - sebbene una parte perversa di lui sperava di vedere Raptor spiaccicato contro un muro.
«Non sottovalutatelo,» affermò Silente. «Dubito che si consegnerà senza resistenza.»
Aprì la porta e fece un paio di passi all’interno, gli altri entrarono dopo di lui.
Raptor era sul fondo della stanza, sistemando degli oggetti sulla sua scrivania.
«P-Preside, è s-suc-cesso qu-qualcosa? Ho s-sentito la P-Professores-sa M-McGrannitt p-prima.» Disse lui. «C-c’è qu-qualche p-p-problema?»
Silente si fermò nel mezzo della stanza, fissando piuttosto duramente il balbettante professore.
Severus chiuse a chiave l’aula dietro di sé e prese rapidamente la bacchetta in mano, con un gesto facilmente nascosto dalla manica del suo mantello.
«Quirinus, dovresti consegnare la tua bacchetta ed andare con Madama Bones e con questi due gentiluomini,» fece Silente.
«C-cosa? Io n-non c-capisco, P-preside,» continuò a balbettare lui.
Severus avrebbe voluto zittirlo con una maledizione.
«Hai mentalmente assaltato uno studente. Non posso sopportarlo e non ti permetterò di rimanere nei confini di Hogwarts, men che meno di essere un professore all’interno delle sue mura. Ora vattene.» Ordinò Silente, gli occhi azzurri che lampeggiavano rabbiosamente.
E fu allora che il balbettante professore perse la sua espressione confusa e preoccupata.
«Non posso farlo,» disse, la voce rotta tra rabbia e terrore.
«UCCIDILI!»
La voce estremamente carica d’odio sembrava venire da Raptor stesso, ma le sue labbra non si erano mosse. Comunque, sia il Preside che Severus riconobbero la voce.
Severus agì istintivamente non appena Raptor sollevò la bacchetta verso Madama Bones. Evidentemente, non era abbastanza sicuro di sé per puntare a Silente, che era il bersaglio più vicino.
Un fulmine verde saettò verso Madama Bones, solo per essere intercettato da un tavolo che Severus aveva fatto volare davanti a lei. Il tavolo esplose, schegge di legno si sparsero ovunque, e il pezzo più grosso finì addosso a lei. Doveva essere doloroso, pensò Severus, ma almeno sarebbe sopravvissuta.
Albus e Kingsley risposero al fuoco, ma Raptor non era il portatore di Voldemort per niente. Li evitò, agitando la bacchetta intorno a sé e rilasciando un orribile fumo nero.
«UCCIDILI!» La voce gridò di nuovo, questa volta un sibilo aspro.
«Severus, sigilla la stanza!» Ordinò Silente mentre muoveva la bacchetta in avanti e passava davanti a Markus, che stava aiutando la Bones.
Severus fece come gli era stato detto, sapendo che il fumo nero era una condanna a morte per chiunque lo avesse toccato o respirato. Non potevano permettere che si spargesse nel resto della scuola, non importava a quale costo. L’insegnante di pozioni si voltò indietro dopo aver chiuso tutto per vedere che cosa stava facendo Silente.
Aveva creato una bolla che stava assorbendo il fumo, muovendosi sotto il comando della mano libera del Preside.
«UCCIDI!» Strillò ancora la voce.
«Sto tentando, Maestro!» Rispose Raptor, con la bacchetta che spargeva l’onda nera tutto intorno.
Ma Silente la trattenne tutta, senza permettere che si avvicinasse a loro, fino a che Raptor abbandonò il tentativo, e si mosse per fare qualcos’altro.
«Basta con tutto ciò!» Ruggì Albus, totalmente furioso, la barba che gli si arrotolava intorno mentre sbatté la punta della bacchetta sul palmo della propria mano.

KAHBOOM!

Severus e gli altri furono catapultati all’indietro, mentre le pareti e il pavimento tremavano violentemente per l’esplosione che partì dal centro della stanza. Con il risonante boato, l’insegnante di pozioni fu certo che tutta la scuola lo aveva sentito. Sforzandosi di mettersi seduto, aprì gli occhi e vide che il fumo nero era sparito e un liquido blu era sparso a macchioline sul pavimento. Spalancò gli occhi. Silente aveva appena praticato dell’Alchimia. Alchimia Avanzata.
Muovendosi per rialzarsi, sentì all’improvviso qualcosa che gli solleticava l’orecchio destro. Sangue. Con un sussulto, Severus si rese conto che gli si era rotto un timpano per l’improvvisa differenza di pressione causata dalla reazione Alchemica. Era certo che non fosse il solo a cui era scoppiato un timpano, ma fortunatamente l’orecchio sinistro era a posto, e Madama Pomfrey avrebbe potuto curare il destro abbastanza facilmente.
Riscuotendosi, guardò dove doveva essere il suo mentore, trovando Albus ancora audacemente in piedi di fronte a Raptor, che era tornato dietro la cattedra.
«Non potete fermare il Signore Oscuro,» disse l’uomo non più balbettante.
Albus non disse nulla, ma assottigliò gli occhi e inclinò la bacchetta, sebbene di poco.
«Lui tornerà! E ucciderà il marmocchio dei Potter!» Inveì Raptor, ogni indizio di lucidità mentale completamente svanito ora.
«Sssssì, lo farò,» Acconsentì la voce.
Kingsley e Markus furono raggelati ai due lati di Bones, che stava ora riaprendo gli occhi. Severus era sull’altro lato della stanza, più vicino alla porta. Silente rimase dov’era, nel bel mezzo della stanza, bloccando la fuga di Raptor.
«Smetti di nasconderti, Tom,» fece Albus piattamente, sventolando rapidamente la bacchetta di lato e facendo svolgere il turbante di Raptor.
Raptor boccheggiò e cercò di fermarlo, ma fu troppo lento. Madama Bones e i suoi due Auror ebbero una chiara visuale del suo maestro da dove si trovavano.
«Voldemort...» Esalò Madama Bones. Kingsley e Markus erano senza parole.
«Ssssì, vedete? Non sssono morto… non posssso morire….» Disse lui, facendo voltare la testa a Raptor così che potesse guardarli meglio.
Non appena il suo volto orribile li fronteggiò direttamente, Raptor vacillò, le gambe che cedevano sotto di lui.
«M-maestro!» Gridò Raptor. «N-non riesco a s-sentirmi più le gambe!»
«Sei uno stupido!» Strillò Voldemort.
«Ti sei avvelenato da solo, Quirinus,» affermò Albus, gli occhi scintillanti di magia. «Saresti dovuto essere più prudente mentre lanciavi l’incantesimo. La Morte Oscura si sta diffondendo nel tuo corpo adesso.»
«No!» Gemette lui, mentre il suo corpo continuava a cadere, facendolo riversare su un lato della sua scrivania rotta.
«Vecchio,» fece Voldemort, senza più curarsi dello stato di Raptor mentre manteneva il contatto visivo con Silente, «Tornerò, aspettami. Nessuno me lo impedirà.»
«Ed io rimarrò qui, sulla tua strada,» replicò Albus, «nessuno mi sposterà.»
Voldemort fece una smorfia, prima che il suo sé incorporeo si sollevasse dal corpo ora immobile di Raptor. Silente reagì scagliando vari incantesimi luminosi con la bacchetta, che portarono immediatamente Voldemort a fuggire…

O o O o O

Severus si abbandonò nella sua poltrona di pelle, grato che la giornata frenetica fosse giunta al termine.
Madama Bones aveva parlato al Wizengamot e gli aveva fatto rapporto su Voldemort e Raptor. Aveva consegnato loro i propri ricordi del fatto. Kingsley e Markus si offrirono per fare lo stesso, ma non ce n’era bisogno.
Il Mondo Magico avrebbe avuto uno shock il giorno seguente, ne era certo.
Grazie alla presenza di Madama Bones con Albus Silente durante lo scontro, l’intero Wizengamot accettò il fatto che il Signore Oscuro non fosse completamente scomparso. Questo, comprensibilmente, risultò in una votazione per implementare le misure di sicurezza nel Mondo Magico e per far sì che Hogwarts avesse gli strumenti per creare dei nuovi scudi più potenti, cosa che Albus aveva richiesto molte volte in passato, ma che gli era stata sempre negata per la convinzione che tali precauzioni fossero innecessarie ed esagerate.
Beh, adesso decisamente non erano né innecessarie né esagerate.
Severus fece roteare il liquido nel suo bicchiere, tentando di calmarsi.
L’unica sfortuna in tutto ciò, a parte dei piccoli danni strutturali (dovuti all’incantesimo Alchemico di Albus), il decesso di Raptor e i loro timpani rotti (che Pomfrey aveva immediatamente curato quando erano andati da lei), era il fatto che i nuovi scudi potenziati non potevano essere posti fino alle vacanze estive. Ci sarebbero volute settimane per apporre le rune e le pietre protettive sul castello e su tutto il territorio circostante, e quindi un’altra settimana per attivare pienamente gli scudi nuovi al di sopra di quelli vecchi.
Severus avrebbe preferito che li mettessero prima, ma non ci si poteva fare nulla. Comunque, c’era speranza nel sapere che, una volta posti gli scudi, oggetti pericolosi (come quel maledetto diario) non sarebbero potuti entrare nelle mura di Hogwarts. Questi oggetti sarebbero stati immediatamente rilevati e messi in quarantena, fino a quando se ne sarebbe occupato il Preside. Questo tipo di informazioni era riservato solo ai Capi Casa e al Preside stesso.
Severus ghignò.
Lucius avrebbe fallito molto più in fretta stavolta.
Ma Severus si riscosse rapidamente. Non poteva permettersi di dimenticare il presente. Stava cambiando le cose; così tanto del futuro era già nullo e vano. Doveva essere cauto e molto vigile. Fatto che gli ricordò che doveva parlare al più presto con Draco, e assicurarsi che gli eventi si sviluppassero come dovevano. Non voleva un piccolo Lucius, e non voleva che Draco provasse la sofferenza di quello che aveva sperimentato l’ultima volta… uno straziante rimorso.

O o O o O

Il Mondo Magico era in uno stato di shock. Il Wizengamot aveva rivelato i fatti che erano accaduti il venerdì precedente.
Il fatto che Voldemort fosse fisicamente sulla nuca di Raptor non era stato reso di conoscenza pubblica. Comunque, quello che il pubblico sapeva includeva come Raptor fosse stato catturato, il fatto che fosse un devoto seguace del Signore Oscuro, e che era stato portatore dello spirito di Tu-Sai-Chi, il quale non era morto come si pensava. Qualcuno non sapeva a che cosa credere, ma molti altri ci credettero. Per loro, era sufficiente che il Wizengamot lo dichiarasse come vero, e che il Ministero stesse prendendo provvedimenti contro il non-così-morto Signore Oscuro.
Una cosa era certa, comunque, nessuno poteva mettere in dubbio la devozione e la protezione di Albus Silente verso i propri studenti. Non appena poterono, gli studenti scrissero alle proprie famiglie, raccontandogli della violenta esplosione che avevano sentito e di come era rimbombata nell’intero castello. Quello stesso giorno, al Wizengamot, Silente fece una dichiarazione, dicendo che era stato lui a causare l’esplosione, e che era accaduto durante il combattimento con Raptor. Non entrò nel dettaglio, ma in seguito gli Auror riportarono che Madama Pomfrey aveva medicato i timpani del Preside, come quelli degli altri che erano stati presenti, e che lei aveva affermato che il Preside le aveva riferito di essere stato costretto a usare l’alchimia per contrastare l’incantesimo della Morte Oscura, che aveva usato Raptor. Con tali notizie, la stampa impazzì, speculando sulla grandiosità del duello tra il Preside di Hogwarts che si era sollevato ancora una volta contro il male, proteggendo i suoi studenti.
Silente non era presente per commentare.

O o O o O

Il fine settimana passò in un soffio. La scuola era in subbuglio per ciò che era accaduto e per come gli Auror si erano mossi in seguito, subito dopo il fatto, cercando altre prove nel castello o facendo domande ai professori. L’unica cosa che gli studenti sapevano per certo era che l’ex-professore aveva assaltato mentalmente uno studente Hufflepuff, e che quello studente era stato abbastanza sveglio da dire della strana sensazione alla Capo Casa, che aveva poi portato il fatto all’attenzione del Preside.
Ovviamente, le voci su chi fosse questo studente corsero sfrenate. Alcuni credevano che fosse Cedric Diggory, poiché in precedenza quella settimana era stato trattenuto in aula dopo la lezione di DADA, ma lui negava di avere niente a che fare con quello che era successo. Altri pensavano che fosse Harry Potter perché, beh, era il Ragazzo Sopravvissuto e sarebbe stato un obiettivo ovvio per una spia di Colui-che-non-deve-essere-nominato.
Harry imitò Cedric e negò tutto ugualmente, specialmente dopo che ebbe sentito tutta la storia dal Professor Piton.
«Signor Potter, confido che terrai per te quanto ti ho detto,» gli aveva detto dopo avergli fornito una versione mitigata di quanto era accaduto venerdì dopo che aveva lasciato il suo ufficio.
«Sebbene puoi condividere queste informazioni solo con il Signor Paciock, se proprio devi.»
«Certo, Signore.» Harry rabbrividì, nonostante fosse vicino al camino nell’ufficio di Piton.
«Lo aveva davvero sul retro della testa?»
«Sì, ed è il motivo per cui credo che la tua cicatrice abbia reagito come ha fatto. Essendo una vecchia ferita inferta da lui, è sensibile alla sua magia.»
«Quindi quando ha tentato di entrarmi nella mente…?» Chiese Harry, prima di mordersi un labbro, a disagio.
«Esatto. Il che mi porta alla ragione per cui ti ho fatto venire qui.» Severus prese un libro da uno degli scaffali sulla parete e lo tese a Harry. «Voglio che inizi a leggere questo. Non è particolarmente importante che tu lo finisca prima della fine della scuola, perché avrai delle priorità maggiori, come gli impegni scolastici, ma sento che apprezzerai di averlo a disposizione.»
Harry abbassò gli occhi alla copertina e lesse: “L’arte dell’Occlumanzia: le proprie difese mentali”. Spalancò gli occhi mentre muoveva la mano sulla rilegatura. «Grazie, Signore.»
«Leggerlo solamente non ti proteggerà. Per quello, avrai bisogno di un’istruzione personale in Occlumanzia, di cui c’è una dettagliata spiegazione lì dentro.»
«Mi insegnerà lei?» Chiese Harry all’improvviso, avvicinandosi il libro al petto. La lingua di Coral saettò verso il titolo.
«Forse, ma la tua magia deve essere un po’ più matura di come è ora. Insegnarti questa materia troppo presto potrebbe interferire col tuo sviluppo, e siccome devi ancora superare il tuo sigillo magico e il precedente trattamento dei Dursley, penso che sarebbe poco saggio iniziare un serio allenamento in Occlumanzia prima del tuo terzo anno.»
Le spalle di Harry si afflosciarono un po’, ma il ragazzo capì che cosa intendeva il professore. «Okay, allora mi sta dando questo libro per prepararmi a quando sarà il momento di impararla?»
«Sì. Il libro ti aiuterà a prepararti per i tuoi studi futuri, e ti servirà per iniziare il processo di costruzione delle tue difese mentali. Ovviamente, non è un sostituto di un vero allenamento.»
«Capisco, Signore. Grazie.»
«Un’altra cosa, Signor Potter. Non leggerlo allo scoperto. Non è… esattamente un libro molto accettato. Alcuni credono che sia un’entrata alternativa per le Arti Oscure. Certo, può rendere una persona interessata al lato offensivo della mente, la Legilimanzia, ma esso di per sé difficilmente è Oscuro. Dopotutto, è il modo in cui viene usata che rende la magia buona o malvagia.»
«Quindi Voldemort ha usato la Legil...»
«Legilimanzia,» Severus sillabò.
«Sì, l’ha usata su di me?»
«Lo ha fatto, ma poi l’ho usata anch’io per scoprire che cosa stava succedendo. Capisci ora, Signor Potter?»
Harry inclinò la testa di lato. «Credo di sì, Signore.»
«Molto bene; comunque, se hai domande, non trattenerti dal chiedere a me. Sarò sempre onesto con te, Signor Potter. Potrei non essere sempre in grado di rivelarti tutto, ma quello che ti dico sarà sempre la verità.»
«Okay, Professore. Um, anche io sarò sempre onesto con lei,» rispose Harry.
«E questo è tutto ciò che mi aspetto in cambio, Signor Potter,» fece lui, gli occhi neri che ospitavano una rara dolcezza.

O o O o O

Harry entrò a Pozioni lunedì, sentendosi ancora un po’ sovraccarico da tutto ciò che era successo. Aveva raccontato a Neville quello che era accaduto nell’ufficio del Professor Piton, e quello che Silente aveva detto e fatto. Gli aveva anche fatto un breve riassunto di quello che Piton gli aveva detto su Raptor.
Era tutto molto strano. Stava ancora tentando di capacitarsi del fatto che Raptor aveva fatto da guscio per lo spirito di Voldemort, e più ci pensava, più era grato a Neville e Coral per averlo convinto ad andare dal Professore.
Sapeva che gli avevano salvato la mente, forse anche la vita.
Si sedette al suo solito posto e Neville si sedette accanto a lui.
Non avevano potuto far visita a Hagrid durante il fine settimana a causa delle indagini degli Auror, ma gli avevano mandato un messaggio con Edvige per avvisarlo che avrebbero provato a venire il week end successivo.
«Dovremmo studiare l’utilizzo del rosmarino oggi,» sussurrò Neville. «Mi chiedo se parlerà di come usarlo con le altre piante.»
Harry fece spallucce, pensando anche lui alla lezione. Era speranzoso del fatto che le lezioni potessero riportare le cose come erano prima della settimana precedente. Voleva solo passare oltre tutto quello che era successo e il suo ruolo in esso. Voleva tornare a lavorare sodo e imparare la magia.
Il desiderio di Harry si realizzò, mentre la giornata proseguiva, le chiacchiere su Raptor divennero meno frequenti e incontrollate. Gli studenti tornarono a parlare delle lezioni e dei crescenti e inutili pettegolezzi su chi piaceva a chi e che cosa avevano fatto tizio e caio durante quel matto fine settimana.
Si presentò anche l’argomento delle lezioni di volo. Sarebbero state tenute in contemporanea per tutte le Case, più tardi in settimana, di giovedì.
Entrando in DADA, Harry sperò che la settimana continuasse senza incidenti.
«Sei sicuro che non è solo nascosto nel nostro dormitorio?» Chiese un ragazzo al Gryffindor dai capelli rossi.
«Sì, non è da nessuna parte,» mormorò Weasley affranto. «Ho guardato dappertutto. Non so dove sia. È proprio sparito.»
«Sono sicuro che il tuo famiglio spunterà fuori presto, Ron. Insomma, dicono che il rospo di quel Paciock sparisca in continuazione, ma poi ritorna sempre.»
Weasley sospirò. «Lo spero.»
Harry si dispiacque per il ragazzo. Non sapeva che cosa avrebbe fatto se Coral o Edvige fossero scomparse. Sperò che Weasley trovasse presto il suo famiglio, anche se era un ratto.
«Buon giorno,» il Preside salutò i ragazzi Gryffindor e Hufflepuff del primo anno con un sorriso, mentre entrava nella stanza. «Vi insegnerò Difesa Contro le Arti Oscure fino a quando troveremo un sostituto permanente.»
Silente li guardò tutti, facendo una minuscola pausa su Harry.
I ragazzi lo guardavano meravigliati. Nessuno aveva detto loro che il Preside avrebbe fatto le supplenze per DADA.
«Bene, penso che oggi una dimostrazione pratica possa essere di beneficio. Due volontari, per favore?»
Immediatamente, una dozzina di mani si alzò. Harry notò che la Granger era una di loro, come la maggior parte dei Gryffindor. Solo alcuni Hufflepuff alzarono la mano. Harry e Neville non lo fecero.
«Ah, Signorina Bones e Signor Thomas. Grazie.» Disse lui, facendoli avanzare sul davanti della stanza. «Ora, oggi lavoreremo su un semplice incantesimo di difesa che è ancora usato da molti auror. Il movimento della bacchetta è così,» e lo fece vedere, mostrandoglielo da molte angolazioni diverse. «Dopo che lo avrete lanciato più volte, il movimento della bacchetta non sarà più così importante, e potrete imparare a lanciarlo silenziosamente, con la pratica.»
Molti degli studenti fecero ‘oooh’.
«La formula è: “Expelliarmus”,» continuò, pronunciandola chiaramente. Quindi li fece ripetere dopo di lui. «Molto bene. Ora, Signorina Bones, vorrei che ti mettessi qui,» disse, incantando silenziosamente le pareti dietro di lei e Thomas, per far apparire cuscini e imbottiture. Assicurandosi che non c’era nulla vicino a loro che potesse ferirli, annuì. «Mettetevi uno di fronte all’altra e lanciate l’incantesimo quando siete pronti.»
Dean Thomas guardò Susan Bones, ed entrambi si raddrizzarono quando furono pronti a scontrarsi.
Sentendosi entrambi pronti, li lanciarono, provando a muovere nel modo giusto la bacchetta mentre pronunciavano la formula.
L’incantesimo di Dean deviò dalla traiettoria, colpendo la parete dietro Susan nel momento in cui lei scagliò il proprio. Questo colpì Dean al gomito e la sua bacchetta volò in aria.
«Eccellente!» Si congratulò Silente. «Tutti e due, siete stati bravi per essere la prima volta. Signor Thomas, lavora sulla mira e sarai favoloso. Signorina Bones, lavora sulla velocità e sarai un avversario temibile.»
Compiaciuti dei complimenti, entrambi esultarono.
«Ora, voglio che il resto di voi si divida in coppie e faccia come hanno fatto loro,» ordinò, mentre tutti i muri diventavano imbottiti. Quando gli studenti lasciarono i banchi, questi sparirono e le loro borse si ammucchiarono in fondo alla stanza.
«Wow» sussurrò Harry, affascinato dalla magia, prima di voltarsi verso Neville.
«Pronto, Harry?» Chiese lui nervoso, bacchetta alla mano e in posizione.
Harry annuì con un sorriso. Con ciò, lanciarono l’incantesimo, o, nel caso di Neville, ci provarono. Neville rinculò all’indietro e cadde mentre la sua bacchetta cadeva accanto a Harry. Harry accorse verso l’amico.
«Neville, stai bene?» Domandò.
Neville annuì, imbarazzato. «Sì, anche il pavimento è imbottito.»
Rialzandosi, Neville vide il Preside che si era avvicinato di fianco ad Harry. Neville decise silenziosamente che Silente poteva essere una figura spaventosa se voleva esserlo, per il modo in cui stava in piedi ora vicino ad Harry, e non sembrava più solo un puntiglioso preside scolastico. Neville ricordò che questo era il mago che aveva dato ascolto al Professor Piton e aveva sconfitto il balbettante professore che li aveva ingannati tutti.
«Tutto bene, ragazzo mio?» Chiese Silente, aiutandolo a rialzarsi.
«Sì, Professore,» Riuscì a dire Neville deglutendo pesantemente.
«Stavi tenendo la bacchetta troppo forte, Signor Paciock,» disse lui gentilmente, prima di tendere la mano verso la bacchetta di Neville e richiamarla a sé. La porse quindi a Neville, che ora aveva gli occhi di fuori per aver visto della magia senza bacchetta. «Ecco, lascia che ti aiuti,» disse lui, muovendosi alle sue spalle.
Neville sbatté le palpebre, prima di guardare Harry.
«Signor Potter, per favore torna alla tua precedente posizione e lancia l’incantesimo quando sei pronto.»
Harry annuì e obbedì.
Gli altri studenti avevano smesso di esercitarsi e ora stavano guardando con curiosità.
Silente era in piedi dietro Neville e la sua mano era su quella destra di Neville, con cui impugnava la bacchetta.
«Meno strettamente, ora. La tua bacchetta non è una spada con cui dare fendenti, ma un pennello da passare su una tela,» disse il vecchio mago.
Neville annuì, prima di iniziare il movimento, la mano di Silente che lo aiutava e lo guidava.
«Expelliarmus!» Gridò Neville, mentre Harry faceva lo stesso.
Due bacchette caddero sul pavimento subito dopo, essendo volate via dalle mani dei loro proprietari.
«Ben fatto,» affermò il Preside, prima di sollevare lo sguardo agli altri studenti e facendoli tornare al lavoro.
Neville e Harry si scambiarono un largo sorriso mentre si preparavano a farlo di nuovo. Dopo che la lezione fu finita, tutti gli studenti stavano pensando la stessa cosa. Albus Silente era definitivamente un insegnante migliore di Raptor.
Sperarono anche segretamente che passasse molto tempo prima che fosse trovato un sostituto.

O o O o O

Severus aprì la porta, facendo entrare Draco.
«Voleva vedermi, Signore?» Chiese Draco, un po’ incerto sul motivo per cui il suo Padrino gli aveva detto di passare nei suoi alloggi dopo cena.
«Sì, Draco,» fece lui, senza usare il cognome, per fargli capire che era lì come suo figlioccio, non come suo studente.
Il ragazzo sorrise appena e guardò Severus sentendosi più a suo agio, mentre lui gli faceva cenno di sedersi sul suo divano.
I suoi alloggi privati, cioè dove si trovavano ora, erano aperti ai suoi Slytherin, anche se solo nel caso in cui sentissero il bisogno di parlargli di qualcosa. Non era un luogo di studio o un luogo di relax. Era un luogo per parlare.
«Ho visto che ti sei fatto almeno un amico al di fuori della tua Casa,» iniziò con leggerezza.
«Se stai parlando di Potter, Padrino, può darsi.»
Severus scoccò a Draco un piccolo, raro sorriso. «Sono lieto di sentirlo.»
Draco sbatté le palpebre, non esattamente sorpreso, ma incerto. «Davvero?»
Alcuni tra gli Slytherin avevano riso di lui quando avevano saputo che era amico di Potter, il Ragazzo-che-è-Sopravvissuto che era stato assegnato alla Casa degli avanzi.
«Il Signor Potter sarebbe fortunato ad avere al suo fianco un amico come te, e lo saresti anche tu se potessi annoverarlo tra le tue amicizie.»
«Allora lui diventerà un mago potente?» Chiese Draco, la mente allenata a ragionare secondo quello che il padre gli aveva detto a proposito di farsi alleati e ‘amici’ utili.
Severus assottigliò gli occhi, aggrottandosi abbastanza da mostrare a Draco che non approvava la direzione che stavano prendendo i suoi pensieri.
«Che lo diventi o no non ha importanza. Quello che ti sto dicendo è che la vostra amicizia potrebbe essere molto potente, e non mi sto riferendo a un’amicizia che arrechi potere nel modo in cui lo intende tuo padre, ma in qualcosa di molto più duraturo.»
Gli occhi di Draco si spalancarono.
«Sto parlando di un’amicizia autentica, una in cui lui ripone incondizionata fiducia in te, e tu ricambi quella fiducia in egual modo.»
«Vuoi dire del genere che gli affiderei la mia vita, e lui affiderebbe la sua a me?»
«Sì, e anche le vite di altri, se ce ne fosse bisogno.»
Draco fece una smorfia. «Che cosa vuoi dirmi, Sev?» Chiese, usando il soprannome che gli aveva dato da piccolo.
Severus sapeva che a questo punto doveva muoversi con cautela. Doveva ricordare a sé stesso che Draco era solo un ragazzino, e non l’adulto che lui aveva lasciato. Non conosceva gli orrori della guerra e della morte, non conosceva il prezzo del tradimento o della sconfitta, e nemmeno la salvezza racchiusa nella compassione sincera e nel perdono.
«So che sarà difficile per te capirlo adesso, ma ho bisogno che tu abbia fiducia in me e che tu tenga per te le cose che ti dico. Sto riponendo in te la mia fiducia del fatto che lo farai.» affermò, guardando Draco negli occhi.
«Sì, Padrino.»
«Includendo anche tuo padre, Draco. Per la sua protezione e per la tua,» disse con tono molto serio.
Draco deglutì, annuendo. Dopo anni di conoscenza di Severus, Draco aveva imparato che le parole dell’uomo erano migliori di quelle di suo padre, e che le cose che gli diceva meritavano considerazione.
«Che cosa ha a che fare tutto questo con la mia amicizia con Potter, però?» Domandò Draco dopo un momento.
«Tuo padre vedrà solamente come Potter potrà essere usato. Non vedrà mai i reali benefici di una vera amicizia. Sono sicuro che riconosci la natura di tuo padre al riguardo.»
Draco annuì saggiamente a quelle parole. Si era spesso domandato perché suo padre fosse com’era. Perché non avesse amici, ma solo ‘alleati’ e ‘lavoratori utili’. Certo, usava la parola ‘amico’, ma non ne comprendeva il vero significato.
«Tu puoi crescere e diventare un uomo migliore di tuo padre, Draco. Puoi diventare un uomo migliore anche di me. Devi solo renderti conto, un po’ prima di quanto ho fatto io, di dove risiede il vero potere.»
«Credo di capire, Padrino.»
«Spero che tu lo faccia, Draco. Il mio più grande desiderio è che tu diventi tutto quello che dovresti diventare. Non solo vorrei che diventassi un grande mago, ma che diventassi grande e, sì… anche un uomo onesto a cui tutti possano portare rispetto.»
Draco inclinò la testa di lato. «È successo qualcosa? Perché mi stai dicendo queste cose?»
«Ho scoperto alcune cose.»
«È a causa di Raptor e di Tu-Sai-Chi?»
Severus trattenne un sospiro. Draco era davvero un ragazzo curioso.
«Quello è solo una parte del tutto.»
«Ma non puoi dirmi di più,» capì Draco, un po’ depresso.
«Non ora.»
«Ma me lo dirai un giorno, vero?» Chiese lui, improvvisamente serio.
Severus sorrise tristemente. «Spero… un giorno.» Ed era la verità.
«Okay,» fece Draco, non sapendo davvero che cosa pensare di questa conversazione, ma lieto di seguire le istruzioni del Padrino.
Sev non gli aveva mai dato suggerimenti sbagliati… al contrario di suo padre.


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Grazie a chi legge e a chi recensisce!

A presto con il prossimo capitolo, Guarigione.




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Capitolo 7
*** Guarigione ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 7: [Healing] Guarigione

Severus fu piacevolmente sorpreso e meravigliato di quanto in fretta la popolazione studentesca fosse passata oltre l’intera bravata di Raptormort. Suppose che il detto: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore” fosse vero. Senza nulla che ricordasse loro quello che era accaduto, andarono avanti, tornando a chiacchiere su argomenti triviali, come chi aveva detto che cosa, e che cosa il tal dei tali aveva deciso di indossare quel giorno.
Fu grato che i ragazzini fossero fatti così.
Il personale, sfortunatamente, non faceva lo stesso.
«Siamo sicuri che non tenterà qualcos’altro?» Chiese Minerva.
Stavano tenendo una riunione non ufficiale. Era mercoledì sera.
«Non possiamo esserne sicuri, Minerva, ragion per cui non abbiamo cambiato nulla nei nostri precedenti piani e preparativi,» rispose Albus.
«Oh, sono grato del fatto che abbiamo optato per il Fidelius,» affermò Filius.
«Anch’io,» mormorò Severus.
«Bene, gli scudi saranno posti quest’estate, ho la parola del Consiglio che ci daranno i permessi e forniranno i fondi necessari non appena saremo pronti,» affermò il Preside, proseguendo.
«Era ora. Anche senza la minaccia di Voi-Sapete-Chi, è da troppo tempo che gli scudi avevano bisogno di essere rafforzati,» disse Minerva tirando su col naso.
«Sì, ma non ci limiteremo a rafforzarli, ne aggiungeremo altri,» si inserì Filius.
«È stato deciso che cosa aggiungeremo esattamente?» Chiese Pomona, prendendo la parola.
«Ho alcune idee, oltre al semplice rafforzamento degli scudi esistenti, ma vorrei le vostre opinioni in proposito prima di dirvi le mie,» rispose Albus, guardandoli tutti.
Prima di riuscire a fermarsi, Severus parlò. «Scudi anti-travestimento, inclusi quelli che individuano gli animagus e l’uso di Pozione Polisucco.»
«Sì, sono d’accordo,» confermò Filius, comprendendo al volo i meriti di una tale precauzione, mentre Severus si rilassò internamente.
Non aveva parlato troppo all’improvviso.
«Molto bene,» disse Albus, scrivendolo su un foglio di pergamena davanti a sé.
«Hmm, forse anti-Passaporta, per prevenire partenze non autorizzate da Hogwarts?» Chiese Pomona.
«Sì, ma avendo qualche Passaporta permessa da lei o da un professore autorizzato, con cui poter entrare,» aggiunse Minerva.
Silente annuì, scrivendo anche quello.
Stettero seduti in silenzio per un po’, pensando a qualsiasi debolezza che Hogwarts potesse avere. Rimasero così per un minuto buono, tutti tentando di pensare ad altri modi di implementare le protezioni.
Severus stava pensando furiosamente a come far aggiungere un altro scudo che desiderava disperatamente, senza attirare di nuovo l’attenzione su di sé.
«Dissennatori,» sussurrò tra sé.
«Che cosa hai detto, Severus?» Chiese Albus.
Severus si sforzò di non sollevare gli occhi con improvviso allarme. Invece, guardò lentamente Silente con un’espressione pensierosa sul volto.
«Dissennatori. Stavo solo ripercorrendo mentalmente tutti gli alleati che il Signore Oscuro avrebbe se ritornasse alla sua forza originaria. Se dobbiamo creare gli scudi per lo scenario peggiore possibile, allora sarebbe saggio averne anche contro di loro. E, ora che ci penso, perché non uno scudo che avverta lei, Preside, su chiunque abbia un Marchio Nero?»
«Ma i Dissennatori sono sotto il controllo del Ministero,» puntualizzò Filius.
«Le parole ‘Ministero’ e ‘controllo’ sono mai state bene insieme?» Rimbeccò Minerva.
Silente si tirò la barba, guardando intensamente Severus.
«È solo un suggerimento, Preside,» affermò lui.
«Un suggerimento molto curioso,» replicò Albus, fissando ancora Severus pensierosamente. «E anche molto saggio.»
Severus decise di tentare una nuova tattica e abbassò lo sguardo, come se esitante. Voleva deviare i sospetti del Preside da dovunque si stessero dirigendo. «Dopo quello che è da poco accaduto… Credo che dovremmo prepararci a tutto. È stato… molto frustrante per me che un uomo come Raptor sia stato capace di… ingannarci. Mi sentirei più al sicuro sapendo che siamo equipaggiati nel modo migliore per proteggere Hogwarts da qualunque cosa il Signore Oscuro potrebbe essere in grado di usare contro di noi, a prescindere di quanto improbabile possa sembrare.»
Silente continuò a fissare Severus per un istante, prima di annuire, adesso capendo le motivazioni della propria spia. «Sono d’accordo, Severus. Forse se fossimo stati così attenti e cauti, questo primo incidente non ci sarebbe stato.»
Severus rilasciò mentalmente un sospiro di sollievo. Crisi evitata, per ora.

O o O o O

Harry e Neville si unirono agli altri ragazzi del primo anno fuori dal castello per la loro prima lezione di volo. Molti tra loro erano eccitati e volevano già volare, mentre il povero Neville era fuori di sé dalla paura.
«Andrai bene, Neville,» lo rassicurò Harry. «L’insegnante è qui e non lascerà che ci succeda nulla.»
«Sono portato per gli incidenti, Harry. Nessuno mi salverà.»
«Oh, piantala di essere così drammatico, Paciock,» fece Draco, raggiungendoli alle spalle. «Non morirai. Fa’ solo quello che ti dicono e andrai bene.» Aveva sul serio un tono rassicurante - o almeno stava tentando di averlo.
Neville e Harry si scambiarono una breve occhiata. Draco stava davvero facendo il gentile…con Neville? Non che fosse stato mai esattamente sgarbato con lui; lo aveva solo snobbato un po’ e in altre occasioni lo aveva ignorato. Forse Draco non aveva voluto comportarsi così apposta, finora. Forse era stato nervoso per l’inizio della scuola e non era molto consapevole degli altri finché non attiravano la sua attenzione, come Harry. Forse?
«G-grazie, Malfoy.» Riuscì a farfugliare Neville.
Draco agitò la mano in un cenno di noncuranza verso il ringraziamento e guardò Harry. «Tuo padre era Cercatore per Gryffindor, lo sapevi?»
Harry spalancò gli occhi. «Davvero? Wow.»
«Già,» rispose lui mentre Madama Bumb diceva a tutti di avvicinarsi alle scope.
Neville rimase al fianco di Harry, che era a fianco a Draco. Vince e Greg erano dall’altra parte vicino a Draco.
Dopo aver sentito le istruzioni e essere riusciti a richiamare la propria scopa nella mano, erano pronti a volare.
«Al mio fischio, tre-due-uno-» Madama Bumb soffiò nel fischietto, e la maggior parte degli studenti si sollevò da terra.
Dopo alcuni momenti, l’insegnante annuì e disse che potevano volare lentamente se lo desideravano.
«Neville, perché non provi?» Chiese Harry, poiché Neville non si era ancora nemmeno sollevato da terra.
«Scusa, Harry, t-tu va’ pure avanti. Ho bisogno di un momento per riprendermi.»
«Okay, Neville.»
Con ciò, Harry iniziò a volare lì intorno, ma continuò a guardare Neville sotto di lui, che era troppo nervoso anche per mettersi correttamente sulla scopa. Ogni volta che provava, inciampava e per poco non cadeva.
Harry si abbassò e atterrò accanto a lui. «Neville, che c’è che non va?»
«Mi dispiace, Harry, ma guardandovi tutti volare… non posso fare a meno di immaginarmi mentre schizzo in alto e poi precipito. Sul serio, non amo l’altezza.» Ammise, per la quarta volta quel giorno.
«Beh, allora fai molto piano e prova,» lo incoraggiò Harry.
Madama Bumb stava aiutando alcuni Gryffindor ad aggiustare la presa sulla scopa, una decina di metri più in là, ma si era accorta di loro e stava per venire ad aiutare Neville.
Neville sospirò, le mani tremanti mentre cercava di tenere la scopa.
Draco volò improvvisamente verso il basso e atterrò accanto a lui, prendendo la scopa di Neville. «Ecco, Paciock, Potter e io ti facciamo vedere,» disse. «Fammi usare la tua scopa. Ti mostrerò che non hai niente di cui avere paura.»
Esitando, Neville permise a Draco di scambiare la propria scopa con la sua. Harry guardò Draco, domandandosi se il suo piano avrebbe funzionato. Apprezzò comunque lo sforzo che stava facendo, anche se magari non sarebbe stato veramente d’aiuto.
«Bene, Paciock, dovresti usare una scopa che conosci,» fece Draco con tono scherzoso, ma non troppo duramente.
Neville fece come gli era stato detto, dopo aver ricevuto un cenno da Harry.
«D’accordo, decolliamo tutti insieme, facile facile,» disse Harry.
Contarono fino a tre e si diedero la spinta.
Neville e Harry riuscirono a sollevarsi, mentre Draco schizzò improvvisamente in alto e in avanti.
«Ahhhhh!» Draco non poté evitare di gridare dallo spavento per la repentina accelerazione.
Al sentire la paura nella voce del giovane Slytherin, Harry gli sfrecciò immediatamente dietro.
«Draco!» Urlò Harry, spingendo la scopa a volare più velocemente per raggiungerlo.
«AAAIIIUTOOO!» Gridò lui. «NON SI FERMA!»
:Vai, Harry!:, lo esortò Coral, mentre il vento le sferzava le squame colorate, e faceva svolazzare furiosamente i vestiti di Harry.
Harry non sapeva che cosa fare, ma pregò che Draco riuscisse a resistere abbastanza da dargli il tempo di avvicinarsi a lui e aiutarlo. Pensò di tirare fuori la bacchetta, ma decise rapidamente di no. Non conosceva nessun incantesimo che potesse davvero essere d’aiuto, e non voleva fare nulla che potesse far del male a Draco o peggiorare la situazione.
«Resisti, Draco!» Urlò Harry, prima di boccheggiare sonoramente quando si accorse che Draco stava andando dritto contro una delle torri di Hogwarts. «STERZA, DRACO, STERZA!»
«NON RISPONDE AI COMANDI! AAAAIUTOO!» Gridò Draco, provando tutto quello che poteva per far girare la scopa, ma senza risultato.

CRASH!

Harry non si fermò quando vide Draco schiantarsi violentemente contro la pietra, non rallentò quando vide la scopa distruggersi contro la parete, e non batté ciglio quando il corpo di Draco si accartocciò e cominciò a cadere. Mantenne la rotta, forzando con la magia la scopa a volare più velocemente di quanto i suoi creatori avessero creduto possibile.
«RESISTI!» Urlò, senza pensare al fatto che probabilmente Draco non poteva sentirlo mentre il suo corpo continuava a precipitare.
D’improvviso, Harry lo raggiunse, e acchiappò immediatamente col braccio destro la figura inerme di Draco.
«Ti ho preso,» disse Harry, mentre il peso del secondo ragazzo tendeva in aria la scopa intatta, mentre Harry rallentava la caduta di Draco.
Harry controllò rapidamente le condizioni di Draco, capendo con facilità che il braccio destro dell’amico si era rotto perché aveva cercato di ammortizzare con esso l’impatto contro la parete, ma quella non era la ferita più grave. No, era il volto di Draco.
:Coral! Coral, dimmi tutto quello che riesci a sentire!: Sibilò Harry, sull’orlo dell’isteria.
Madama Bumb e alcune matricole disobbedienti si stavano avvicinando a loro, ma Draco e Harry si erano allontanati molto.
:È ancora vivo, ma la sua forza vitale è debole. La sua magia sta cercando di aiutarlo, ma…: Coral non finì la frase e proseguì. :La testa è messa molto male. La sua magia sta provando a radunarsi lì per cercare di guarirlo, ma il danno…:
Harry respirava affannosamente ora, tamponando il sangue che fuoriusciva dalla testa di Draco e dal largo taglio sulla sua guancia destra. L’occhio da quel lato si stava già chiudendo per l’eccessivo gonfiore, e sembrava che gli zigomi fossero storti. Harry fece una smorfia mentre continuavano a scendere. Era certo che Draco si fosse fratturato, se non rotto, le ossa facciali.
Con l’adrenalina che pompava ancora e la magia che gli fischiava nelle orecchie, atterrarono dopo quelli che gli erano sembrati minuti di discesa, ma in realtà si trattava di secondi.
Accovacciandosi accanto a Draco dopo che lo aveva gentilmente adagiato a terra, Harry non esitò a sfilarsi il mantello di Hufflepuff e iniziò a pulire con prudenza la faccia di Draco dal sangue, così da poter vedere dove fossero le ferite peggiori.
:Preparati, Coral: Sibilò Harry appoggiandosi con la mano destra alla parete della torre, e prendendo un respiro profondo.
:Sono pronta, Harry. Non possiamo aspettare. Sta già cominciando ad andarsene. Riesco a sentire la sua magia diminuire ora:
Harry annuì e spostò la mano insanguinata dalla parete, per metterla dietro la nuca di Draco prima di chinarsi su di lui.
Non sapeva del tutto che cosa stava facendo, ma sentì che era la cosa giusta e Coral non gli suggerì di fare nulla di diverso, così proseguì. Chiudendo gli occhi, fece del suo meglio per ricordare tutto quello che poteva del libro e di quello che diceva sulle ferite gravi. Serrando la mascella, seppe che non poteva usare la magia di Draco - avrebbe dovuto usare la propria. Stavolta non sarebbe stato come quando aveva curato Neville. Stavolta sarebbe stato pericoloso. Ma che altro poteva fare? Sapeva che Coral aveva ragione. Se non avesse fatto nulla, Draco sarebbe morto. Era meglio tentare e fallire piuttosto che tirarsi indietro e non fare nulla.
Focalizzandosi su quella che pensava fosse la sua magia, sentì Coral sibilare d’approvazione mentre si srotolava un po’ dal suo polso e sfiorava il volto ferito di Draco con le squame inferiori. Incoraggiato, Harry continuò a richiamare la propria magia.
Nessuno di loro udì le grida di Madama Bumb “Sta’ indietro, Signor Potter, sta’ indietro!” Mentre correva verso di loro, essendo ora a portata d’orecchio, e nemmeno quelle di Neville a lei “Lasci che lo aiuti! Lasci che lo aiuti!”
Mentre si metteva in mezzo tra lei e loro.
Coral e Harry erano già troppo concentrati, come dovevano essere.
:Squarci e fratture, aggiustatevi; tagli, chiudetevi; ferite, guarite!: Urlò Harry, spingendo tutta la magia che poteva nella sua mano destra e poi nella testa e nel collo di Draco, in quello che credeva fosse un incantesimo più controllato.
Coral brillò intensamente, e le sue squame divennero bollenti intorno al suo polso. Così roventi, infatti, che una parte di lui voleva togliersela di dosso, ma non lo fece. Poteva e voleva resistere, perché sapeva che Draco al momento non ne era in grado.
Harry aprì gli occhi, guardando il profondo taglio sulla guancia dello Slytherin e le altre ferite sul lato della sua testa che si chiudevano, senza lasciare nemmeno una cicatrice. E poi il gonfiore intorno all’occhio sparì e l’orrendo livido scomparve poco dopo. Ma Harry sapeva che non era finita.
Harry non smise di riversare la propria magia, anche quando sentì Draco irrigidirsi e lo vide riaprire gli occhi.
Abbassando la mano sinistra sul volto quasi guarito di Draco, facendo attenzione alla guancia ancora distrutta, Harry continuò a guidare la propria magia.
:Guarisci: sussurrò.
E allora vide lo zigomo, al di sotto della pelle ricostruita, che si rimetteva nella posizione corretta con un rumore attutito. Draco urlò, ma il suo grido si spense subito mentre boccheggiava per la sensazione della sua propria magia che tornava dentro di lui.
Harry lo prese come un segnale per spostare le mani e metterle invece sul braccio contorto, inconsapevole della piccola folla a bocca aperta che si stava radunando qualche passo dietro di lui.
:Fermati, Harry: Disse improvvisamente Coral, strizzandogli il polso infiammato.
Harry la guardò, confuso, sbattendo le palpebre per scacciare l’oscurità che formicolava ai margini del suo campo visivo.
:Anche il suo braccio: Protestò Harry, indicando l’arto leggermente accartocciato.
:Hai fatto il necessario. L’infermiera può curare il resto: gli consigliò Coral, :non ti permetterò di farti del male se non ce n’è bisogno:
Harry fece una smorfia, prima di ondeggiare all’improvviso, chiedendosi come mai si sentiva la testa così leggera e le braccia così pesanti.
«Harry!» Gridò Neville, il suo volto apparso all’improvviso al suo fianco mentre Madama Bumb incombeva ai piedi di Draco. C’erano altre figure tutto intorno, ma Harry era troppo confuso per riconoscere chi fossero.
Cercando di girarsi verso Neville, Harry finì per crollare tra le braccia incerte, ma volenterose dell'amico. Poco dopo, gli si chiusero gli occhi e l’oscurità lo reclamò. Non sentì nemmeno che veniva sollevato da un paio di braccia morbide.

O o O o O

«Notevole,» sussurrò Albus.
Severus fece un breve cenno d’assenso col capo mentre continuava a guardare Harry, che dormiva nello stesso letto che aveva reclamato nel futuro, se Severus ricordava bene.
I genitori di Draco se ne erano appena andati. Erano stati comprensibilmente in allarme al sentire che il figlio si era ferito in un incidente, ed erano immediatamente arrivati a scuola. Furono orripilati al sentire quali ferite avesse subito Draco, ma erano rimasti confusi quando avevano visto che Draco stava già bene e in stadio avanzato sulla via del pieno recupero.
Severus aveva quindi sostituito Pomfrey nel parlare con loro, raccontandogli brevemente che era stato Harry Potter che aveva guarito Draco e gli aveva salvato la vita. Li informò che Pomfrey non avrebbe fatto in tempo a riparare il danno e a fermare l’emorragia. Draco sarebbe deceduto a causa delle sue ferite, se non fosse stato per l’Hufflepuff Rettilofono.
Narcissa era chiaramente più che colma di gratitudine, e sebbene Lucius fosse sollevato che suo figlio fosse sopravvissuto, Severus sapeva che era preoccupato. Suo figlio ora doveva la vita a Harry Potter, di tutti i maghi possibili, e così voleva dire che anche tutta la famiglia Malfoy era in debito con Harry.
L’insegnante di pozioni sapeva che Albus era un po’ compiaciuto dalla cosa, e, se doveva essere onesto con sé stesso, lo era anche lui. Comunque, aveva altre cose per la mente piuttosto che le conseguenze del fatto che Harry avesse salvato la vita a Draco.
Continuò a guardare il figlio di Lily, ben consapevole che il Preside li stava guardando entrambi, lui e Harry. Coral sibilò piano, ancora arrotolata attorno al polso di Harry nonostante i timori di Pomfrey.
«Avrà bisogno di un addestramento vero.» Affermò Severus dopo un lungo momento.
Erano da soli nell’Infermeria; beh, erano i soli due maghi svegli, comunque. Harry e Draco dormivano sonoramente, e con il leggero incantesimo fatto da Severus, non avrebbero comunque sentito nulla anche se si fossero svegliati casualmente.
«Sì, un talento così grande come il suo non dovrebbe essere trascurato,» concordò Silente con un cenno. «Ma sfortunatamente, non ci sono altri noti Rettilofoni qui intorno che potrebbero fargli da insegnante.»
«Allora suggerisco la pratica.»
Il Preside si voltò totalmente verso di lui. «Che cosa stai suggerendo esattamente, Severus?»
«Gli dia l’opportunità di insegnare a sé stesso, gli permetta di svilupparsi -qui,» disse, indicando il pavimento dell’Infermeria. «Pomfrey sarà in grado di prevenire l’occorrenza di qualsiasi danno serio, anche se con il suo talento naturale nella magia, credo che l’unico che avrà bisogno di essere monitorato sarà il Signor Potter stesso, dato che è chiaro che non sa quando è ora di fermarsi e deve essere il suo famiglio, Coral, a dirglielo.»
«Un talento naturale nella magia, Severus?» Chiese Albus, sollevando un sopracciglio, il suo interesse chiaramente stuzzicato.
Severus avrebbe voluto prendersi a pugni da solo per aver fatto uno scivolone del genere. E ovviamente doveva succedere col suo mentore che lo aveva sentito e colto immediatamente.
Avrebbe dovuto dire, “talento naturale nella magia curativa”. Si sforzò di non mostrare alcun segno esteriore di auto commiserazione. Adesso doveva pensare in fretta. Che cosa avrebbe dovuto fare? Deviare i sospetti di Silente? Che cosa sarebbe stato sufficiente a soddisfare la curiosità del Preside? Improvvisamente, seppe la risposta; sperò solo che non gli si sarebbe ritorta contro.
«Io ho...» Si concesse di interrompersi. Doveva fare le cose per bene. Doveva sembrare abbastanza esitante da suscitare la preoccupazione di Silente, ma non così tanto da renderlo sospettoso di qualunque cosa stesse per rivelargli.
«Sì, Severus?» Lo incitò il vecchio mago, come parlando a un bambino spaventato.
Severus aveva voglia di ghignare di trionfo; invece, scostò il viso e guardò la forma addormentata di Harry.
«Quando ho accompagnato il Signor Potter ad acquistare le sue cose per la scuola, abbiamo iniziato a… parlare, discutendo delle lezioni che avrebbe frequentato e simili.» Severus continuò a evitare il contatto visivo, come se fosse un po’ nervoso su quale sarebbe stata la reazione di Albus a quello che stava per dire. «Beh, mi ha chiesto se sapessi in quali materie sarebbe andato male, perché io gli avevo suggerito che sarebbe potuto andare bene in Pozioni. Con questa domanda, ho visto un’occasione. Lo ammetto, ero anche curioso, e, visto che lo aveva richiesto specificamente, non ho visto alcun male nel fare ciò che ho fatto. Anche ora, sono convinto che sia stato per il meglio,» disse, ora fissando una Coral assopita, che teneva la testa nascosta tra il pollice e l’indice di Harry.
«Severus?» Domandò Silente, la voce che ora rivelava una leggera preoccupazione per il suo ex-studente.
«So che ora è diventato proibito, cancellato da tutti i libri di incantesimi da quando lei era un bambino, ma ha i suoi benefici, Preside. E sono convinto che, in questo caso, i benefici sorpassino di gran lunga la sua orribile storia.»
Silente fece una smorfia, provando a seguire il discorso del suo insegnante di pozioni.
Severus sospirò, come se stesse trasportando il grande peso del suo segreto dalla propria mente fino alle labbra.
«Ho lanciato su di lui l’Incanto dell’Eredità, Preside.»
Ci fu una lunga pausa. Severus non riusciva nemmeno a sentire il suo mentore respirare.
«Hai informato Harry che lo stavi lanciando?» Chiese Albus dopo un lungo istante.
«Sì, e gli ho chiesto di tenere il fatto per sé. Gli ho anche detto che gli avrei parlato delle sue capacità quando fosse stato pronto. Ha accettato.»
«Hai corso un grande rischio, Severus. Se qualcuno nel Ministero scoprisse quello che hai fatto...» Albus scosse la testa. «Dove hai imparato la formula, comunque?»
Severus provò a sembrare offeso. «Sul serio, Preside, chiunque con una basilare conoscenza del Latino potrebbe ricostruire la formula. Devi solo sapere che esiste e lanciarla tenendo in mente lo scopo.»
«E con quale scopo l’hai lanciato tu?» Chiese dolcemente Silente. Non era un’accusa, ma una semplice domanda.
«Per capire quali fossero i limiti del potenziale del Signor Potter,» rispose Severus dopo una breve pausa.
Albus sbatté le palpebre. «E questo… potenziale, che cosa hai scoperto su di esso?»
Severus spostò gli occhi da Harry e incrociò quelli dell’uomo più vecchio, tentando di decidere come meglio rispondere a questa domanda. Stava entrando in un territorio pericoloso adesso, ma forse sarebbe stato meglio avvertire Silente di quello che aspettava Harry - di ciò di cui sarebbe stato capace. Naturalmente, Severus non avrebbe rivelato che possedeva conoscenze del futuro, sarebbe stato da pazzi, ma forse mostrargli che sapeva più di quanto avesse detto finora sarebbe stato adatto ai suoi piani?
«Il Signore Oscuro aveva ragione nel.. nell’essere allarmato dal ragazzo,» affermò.
«Come mai?»
«È un Arcimago Dormiente.»
Silente spalancò gli occhi guardando Harry, che stava ancora dormendo sonoramente con Coral accoccolata accanto a lui. Era così piccolo nel letto dell’infermeria, così insignificante che era difficile immaginare che un ragazzo del genere potesse diventare il più potente tipo di mago che esistesse - un mago così in sintonia con la magia che non la maneggiava soltanto, ma era fatto di essa.
«E questo è solo una parte del suo essere,» aggiunse piano Severus.
Albus espirò lentamente.
«Sono stato… riluttante a dirglielo, Preside, non solo a causa dell’illegalità dell’incantesimo, ma perché credevo che il Signor Potter non dovesse essere trattato in maniera differente rispetto agli altri più di quanto sia già, anche da lei.» Continuò Severus.
«Tu ‘credevi’, allora che cosa è cambiato ora?*» Chiese Silente perplesso, chiedendosi se aveva sentito bene le parole di Severus.
«Il Signor Potter non è uno studente comune, e non lo sarà mai, con o senza l’appellativo idiota di ‘Ragazzo-che-è-Sopravvissuto’.»
«Sfortunatamente, sono d’accordo con te. Speravo di dargli un’infanzia normale con i Dursley, ma ho fallito. E prima che arrivasse, ho sperato, per il suo bene, che gli sarebbe stato permesso di essere solo uno studente come gli altri, con niente che attirasse ulteriore attenzione su di lui. Ma sembra che non fosse proprio destino che accadesse.» Albus guardò tristemente Harry prima di tornare a guardare Severus. «Parlerò con Madama Pomfrey per permettergli di assisterla nei fine settimana. Se lei acconsente, informerò io stesso Harry della cosa, e gli farò scegliere se desidera trarne vantaggio.»
«Accetterà,» commentò Severus con sicurezza.
«Sono sicuro che lo farà, ma è bello avere la possibilità di scegliere.»
L’insegnante di pozioni annuì. «E per le sue altre necessità, Preside?»
«Quando comincerà a mostrare i segnali, gli procurerò ulteriore addestramento.»
«Gli insegnerà lei?»
«Potrei.»
«Non credo che sarebbe saggio affidare un tale compito a nessun altro oltre a lei.»
«Che mi dici di te, Severus? Sono convinto che saresti un’ottima scelta.»
«Gli darò istruzioni avanzate in Pozioni quando sarà il tempo giusto. Sta già eccellendo, molto di più di quanto mi sarei aspettato inizialmente,» disse lui, ed era la verità. Chi poteva immaginare che un piccolo incoraggiamento e delle aspettative espresse in maniera esplicita avrebbero portato un ragazzino a impegnarsi così duramente come stava facendo Harry?
«Oh, davvero?»
«Sì.»
«Che cos’altro hai scoperto con l’incantesimo?» Domandò Albus, decidendo di spingersi oltre.
«Come è noto per gli Arcimaghi, ha alcuni doni,» fece Severus, la voce calma come se stesse parlando di qualcosa di normale. «Ma… il suo corpo ha inconsciamente messo un sigillo sulla sua magia. Credo che scomparirà quando il ragazzo avrà raggiunto un controllo magico e una forza adeguati; comunque, a causa dei Dursley, quel sigillo potrebbe rimanere più a lungo.»
Silente spalancò gli occhi. «Le pozioni. Sono più che mere pozioni nutrienti, vero?»
«Sì.»
«Quando pensi che potrai fargli smettere di prenderle?»
«Forse per le Vacanze di Natale, ma non ne sono ancora sicuro.»
Albus annuì. «Quali sono i suoi doni?»
«Preferirei non dirlo, Preside.» Severus osservò lo sguardo del vecchio che si incupiva. Deglutì, non per paura o nervosismo, ma cercando di mascherare le sue vere emozioni sul modo in cui si stavano mettendo le cose, perché era estremamente compiaciuto. Aveva portato Silente dove voleva, e gli stava facendo fare dei ragionamenti nelle direzioni di cui lui aveva bisogno.
«Severus...» Non era minaccioso, ma la sua postura era quella di un mago potente. La magia del vecchio rimase calma, come Piton si era aspettato, ma aveva su di essa una strana sensazione. La sua magia era… inquisitoria, forse?
Severus non poté evitare di essere impressionato. Era già cambiato così tanto che Silente stava rivalutando sé stesso per le situazioni in cui era coinvolto?
«Per favore, Severus. Perché ti ha toccato così tanto?»
Piton sbatté le palpebre. Forse il suo approccio stava funzionando un po’ troppo bene. Beh, un altro po’ di recitazione avrebbe dovuto sistemare le cose. Raddrizzò la schiena. Era il momento di utilizzare tutto quello che aveva imparato dall’essere una spia.
«Non posso spiegarle come è successo, ma attraverso l’incantesimo mi è stata data un’immagine del potenziale futuro del Signor Potter, un’immagine di chi potrebbe diventare.»
Albus fece una smorfia. Anche se ciò di cui stava parlando Severus non era senza precedenti (in quanto dei genitori anticamente avevano detto di aver avuto una visione di coloro che i loro figli sarebbero potuti essere se avessero raggiunto il proprio pieno potenziale), era piuttosto raro. Oh, come avrebbe voluto lanciare lui stesso l’Incanto dell’Eredità su Harry, ma il vero svantaggio dell’incantesimo era che poteva essere lanciato su un individuo una sola volta. Evidentemente, per leggere la magia di una persona si doveva avere una singola occasione.
«Ho visto un grande uomo, Preside,» affermò Severus, non sicuro se dovesse esporre una descrizione oppure no. Non sapeva fin dove poteva spingere questa parziale bugia.
Aveva avuto una visione di chi e che cosa Harry sarebbe potuto diventare, ma era una sua ricostruzione personale. Quello che lui sperava che Harry diventasse, quello che lui pregava disperatamente che sarebbe diventato.
Silente tornò a guardare Harry, che si era mosso nel sonno, inconsapevole del mondo e della loro conversazione.
«Dimmi, Severus.» Sussurrò dopo un momento.
Severus espirò lentamente, sapendo che ora si stava spingendo davvero in fondo, e non sarebbe potuto tornare indietro. Quello che avrebbe detto ora avrebbe ulteriormente modellato l’opinione che Silente aveva di Harry e il modo in cui lo avrebbe trattato e in cui avrebbe interagito con lui.
«L’ho visto come un saggio guerriero di pace, e un Arcimago che superava lo stesso Merlino.»
Albus si tirò la barba, ora profondamente assorto. Dopo un lungo momento, parlò, avvicinandosi al letto di Harry e dando le spalle a Piton.
«Grazie per essere stato sincero con me, Severus. Ho commesso abbastanza errori riguardo il giovane Harry. Sono grato che tu sia qui per impedirmi di farne ancora.» Si voltò e guardò negli occhi il suo insegnante di pozioni, lo sguardo colmo di una grande riconoscenza. «Forse, insieme, aiuteremo il Signor Potter a diventare quello che hai visto.»
«Questo è il mio desiderio, Preside. Da quando mi è stato mostrato che cosa potrebbe divenire, questo è stato il mio principale obiettivo,» disse Severus con sincerità.

O o O o O

La Sprite sorrise ai propri studenti, all’apparenza come se non ci fosse nulla che non andava, all’apparenza come se la sua mente non fosse presa dalla dozzina di altre cose che avevano catturato la sua attenzione.
Era appena tornata dall’Infermeria e aveva appena finito di parlare col Preside a proposito del suo Hufflepuff più giovane. Sì, il Signor Potter era in realtà il più giovane della sua Casa e quasi il più giovane studente in tutta la scuola.
Si sedette al suo solito posto nella Sala Grande, mentre Albus era in piedi e dava il via alla cena.
Le voci su quanto era successo durante la lezione di volo delle matricole si erano già diffuse come un incendio, e le era stato chiesto già molte volte dove potevano essere spedite delle cartoline di auguri di buona guarigione per Harry. Sorrise. I suoi Hufflepuff si prendevano davvero cura l’uno dell’altro… beh, di solito.
Si riscosse mentalmente, concentrandosi su tutto quello che Albus le aveva detto.
La magia di Harry era parzialmente sigillata, era un Arcimago Dormiente, e avrebbe probabilmente aiutato Pomfrey all’Infermeria nei fine settimana dopo che le cose si fossero sistemate. Albus le aveva anche detto quello che Harry sapeva e quello che non sapeva su sé stesso, in particolare che non era al corrente del suo stato di Arcimago Dormiente.
Per Pomona, era un po’ troppo da digerire, e sebbene avesse acconsentito ai piani di Silente per l’educazione del ragazzo, era leggermente insicura su come metterli in atto. Harry era un gran lavoratore, questo lo aveva reso evidente sin da quando era arrivato. Svolgeva sempre tutti i compiti a lui assegnati, a detta dei suoi compagni, e non solo, ma si portava anche avanti con lo studio. Neville imitava il suo comportamento, cosa che ricordò a Pomona di un’altra questione sollevata da Albus.
Doveva parlare con Augusta Paciock della bacchetta di Neville. Evidentemente, la bacchetta che gli era stata data non era adatta a lui. Silente se ne era accorto durante la lezione di DADA tenuta in precedenza quella settimana. Pomona era grata che Silente avesse scoperto il problema e che se ne fosse preoccupato. Nessun ragazzo sarebbe mai dovuto essere costretto a usare una bacchetta inadatta, in particolare un ragazzo che avesse già problemi di autostima.
Gli occhi le caddero su Neville che ora sedeva tra Justin Finch-Fletchley e Susan Bones. Era preoccupato per Harry e stava cincischiando con il suo purè. Vide che alcuni degli altri Hufflepuff cercavano di tirarlo su, ma non erano realmente d’aiuto.
Sperò che Harry potesse lasciare presto l’Infermeria, ma finché Pomfrey non avesse deciso che stava bene, non gli sarebbe stato permesso di andare da nessuna parte.
La spossatezza magica poteva essere un problema difficile da risolvere; l’unico fattore positivo era che non si era spinto troppo oltre nello sfinimento. Per quello ci sarebbe voluta almeno una settimana prima di riprendersi.
«Come sta il Signor Potter, Pomona?» Chiese dolcemente Minerva.
«Starà bene. Si è solo stancato un po’ troppo,» replicò Pomona, improvvisamente ricordandosi di come aveva sollevato Harry dalle braccia tremanti di Neville e di come lo aveva portato lei stessa in Infermeria.
«C’era da aspettarselo, dopo quello che ha fatto. Devi essere molto orgogliosa di lui.»
Pomona sorrise. «Sì.» Lanciò un’occhiata a Severus, che sembrava assorto nei propri pensieri. Si domandò a che cose stesse pensando.
«Si è già risvegliato?» Chiese Filius, attirando la sua attenzione.
«Non ancora. Poppy ha deciso che fosse meglio per lui restare addormentato,» rispose Pomona.
Filius annuì con comprensione. «È stata davvero un’impresa notevole per un mago così giovane e inesperto. Sono grato che sia stato capace di aiutare il giovane Malfoy.»
«Non lo ha solo aiutato, gli ha salvato la vita,» precisò Minerva. «Le sue ferite erano davvero gravi. Un secondo più tardi e credo che non ci sarebbe stato più niente che nessuno potesse fare.»
«Merlino,» sussurrò Filius.
Pomona prese una cucchiaiata di cibo dal piatto, pensando silenziosamente a cosa avrebbe dovuto fare in futuro con Harry Potter. Albus aveva ragione, aveva bisogno di una seria formazione, ma Pomona sapeva anche non doveva sentirsi accerchiato.
Doveva trovare un intermediario ideale.
Deglutendo, guardò nuovamente verso Severus, decidendo qualcosa. Il Capo Casa di Slytherin sembrava avere sempre l’idea giusta quando si trattava di Harry. Forse era arrivato il momento di allearsi veramente con lui, almeno in questo.


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Note della traduttrice:

* Non ho capito il senso della frase originale, forse c’è un errore di digitazione ma probabilmente è solo ignoranza mia ("You 'believed,' as in used to?"), quindi ho reinterpretato basandomi sul contesto del discorso.


Grazie a chi legge e a chi recensisce! Siete una grande motivazione per me :)

A presto con il prossimo capitolo, Contraccolpo.




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Capitolo 8
*** Contraccolpo ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 8: [Backlash] Contraccolpo

Silente abbassò le mani in una carezza sulla schiena di Fawkes, assorto nei propri pensieri.
E così, questo quadrimestre si era rivelato l’inizio scolastico più strano e impegnativo che avesse mai vissuto. Mai.
Non solo si era dovuto ridurre a duellare con un professore, ma aveva anche combattuto un Signore Oscuro che possedeva il suddetto professore, e aveva dovuto gestire le conseguenze derivanti dal fatto che tali eventi (riguardanti il prima-creduto-morto Signore Oscuro) diventassero di conoscenza pubblica.
Era stato movimentato, a dir poco.
Fortunatamente, Madama Bones e i suoi due Auror erano rimasti saldi e avevano testimoniato la verità. Il Wizengamot, come anche il Ministero, non poteva rinnegare i ricordi di diversi agenti onesti. Scosse la testa, ricordando il rifiuto di Caramell, nonostante le indiscutibili prove, tra cui era incluso il cadavere di Raptor. Come fosse stato eletto quell’uomo, era al di fuori della sua comprensione. Comunque, c’erano voci che molti nel Wizengamot e nel Consiglio avessero un po’ perso fiducia in Caramell per come aveva gestito la situazione. Silente sperò che venisse qualcosa di buono da tutto ciò.
Anche Severus gli dava parecchio da pensare. C’era qualcosa di diverso in lui, qualcosa… Ma non riusciva esattamente a identificare che cosa fosse. Era ancora il suo insegnante di pozioni e la sua spia, ma era… diverso. Non credeva nemmeno che Severus stesso si fosse reso conto di quanto strano fosse il suo comportamento più recente, e questo era ciò che disturbava di più Albus.
Severus era sempre stato cauto e molto vigile, ma ora, se lo si guardava con molta attenzione, il giovane uomo era del tutto calcolatore.
Era diventato quasi più paranoico di Malocchio, almeno lo era tanto da far preoccupare Silente. Quando stava in una stanza, aveva sempre le spalle rivolte al muro, e quando si muoveva, lo faceva con una fluida grazia che era sempre rapida ed efficiente. Non era mai stato così, nemmeno quando era stato una spia operativa. Dal mantello fluttuante, sì, ma praticamente perfetto in ogni movimento? No.
Forse derivava dal fatto di aver incontrato Harry? Quella dell’Incanto dell’Eredità era Magia Antica, e talvolta quel tipo di magia portava delle insospettabili conseguenze a chi la praticava. Forse la magia dell’Incanto dell’Eredità lo aveva contaminato più di quanto gli avesse detto, o più di quanto la sua spia riuscisse anche solo a capire?
Silente aveva anche notato il cambiamento nei metodi di insegnamento dell’uomo. C’era stato un calo drastico di matricole piangenti in confronto agli anni precedenti, cosa che era quantomeno strana, sebbene fosse un cambiamento piacevole. Alcuni studenti avevano anche commentato i programmi modificati delle lezioni con altri professori. Non erano alterazioni drastiche, ma erano definitivamente degne di nota. Certo, tutti i cambiamenti erano in meglio per gli studenti, e quindi Albus non aveva alcuna ragione per richiamare Severus sulla questione. Voleva comunque parlarne con lui, eppure non voleva dare alcun indizio di aver notato la faccenda. Severus era strano per quel genere di cose. Non desiderava parlare di qualcosa se la stava facendo bene. Talvolta quell’uomo era talmente umile da dare fastidio.
I suoi pensieri si fermarono su Harry. Quando lo aveva visto per la prima volta nella Sala Grande, aveva supposto che sarebbe stato sorteggiato in Slytherin.
A essere sinceri, Albus non avrebbe voluto che fosse assegnato lì, ma sapeva che Severus sarebbe stato in grado di vegliare su di lui e quindi l’eventualità non lo preoccupava eccessivamente. Aveva, comunque, sperato che il cappello parlante mettesse Harry nella Casa dei suoi genitori, a prescindere dal fatto che lui li ricordasse o meno. E poi il ragazzo era stato assegnato a Hufflepuff… dopo sedici lunghissimi minuti sotto il cappello. L’attesa più lunga che ci fosse mai stata nei precedenti tre secoli.
Il cappello parlante non era stato molto loquace quando Albus, più tardi, dopo la festa, lo aveva interrogato sul sorteggio di Harry. Ad ogni modo, aveva fatto alcune affermazioni che avevano catturato il suo interesse…

«Non rivelo quello che trovo nelle teste degli studenti, Preside, gliel’ho già detto prima,» Disse lui, con sufficienza.
«Lo capisco, cappello parlante, ma non avevi mai chiesto prima a uno studente di camminare su e giù per te, per fartelo sorteggiare, senza parlare delle tue reazioni durante il sorteggio. Hai mugugnato e hai anche fatto un urletto.»
«Era… difficile da inquadrare, all’inizio.»
«Perché?»
«Possiede molti tratti caratteriali distintivi. Ho dovuto esaminarli tutti con attenzione per determinare quale Casa fosse meglio per lui.»
«Capisco. Ce n’era una che è arrivata seconda di poco dopo Hufflepuff?»
«Beh, senza rivelarti i particolari, ti dirò che il ragazzo è il più astuto, razionalmente coraggioso Hufflepuff che abbia mai sorteggiato. E poi, non credo di aver mai esaminato un’anima così determinata a dare il meglio di sé come la sua.»
Silente fissò il cappello per un momento, sperando che gli dicesse di più. Il cappello sospirò per la fastidiosa pazienza e la silenziosa insistenza del vecchio.
«Un’ultima cosa, Preside - farebbe bene a essere sempre onesto e aperto col ragazzo. La sua fiducia è difficile da riconquistare ed è molto preziosa.»
Albus sbatté le palpebre. «Lo… terrò a mente. Grazie, Cappello parlante.»
«Prego, Preside. Felice di condividere.»


Il Cappello sapeva? Silente guardò la cima dello scaffale dove il cappello stava dormendo. Molto probabile, a giudicare dall’esclamazione che aveva urlato nel bel mezzo del sorteggio.
Il vecchio mago scosse la testa e permise ai propri pensieri di vagare ancora.
Aveva già informato Pomona della situazione, e anche Poppy Pomfrey. Avevano preso la notizia piuttosto bene, sebbene era chiaro che ci sarebbe voluto del tempo per loro per assorbire tutto quello che gli aveva detto su Harry. Non aveva detto loro come avevano fatto a scoprire quello che sapevano sul ragazzo, e le due donne non lo avevano chiesto. Albus era sicuro che avessero i loro sospetti, ma non volevano saperlo.
Sorrise. Ora aveva una vera squadra messa su con l’obiettivo di aiutare Harry, e una parte di lui si domandò se fosse stato secondo i piani di Severus fin dall’inizio, quando gli aveva finalmente detto con chiarezza dell’Incanto dell’Eredità e di quello che con esso era stato in grado di vedere. Quell’uomo non era il Capo Casa di Slytherin per niente, dopotutto.
E ora, doveva solo andare nell’Infermeria non appena avesse avuto notizia che Harry era sveglio e che poteva parlare con lui. Non vedeva davvero l’ora, sebbene si domandasse che cosa sarebbe venuto fuori da tutto questo, e più ci pensava più diventava preoccupato.
Stavano facendo la cosa giusta con Harry? Era davvero questo il miglior piano d’azione? Dovevano aggiungere ancora peso al suo percorso di sviluppo come stavano facendo, rubandogli parte dei weekend per far migliorare i suoi Serpincanti? Era giusto spingerlo a lavorare ancora più duramente di quanto stava già facendo, nella speranza di raggiungere la ‘visione’ di Severus?
Lui, Albus Silente, stava commettendo un altro errore?

Silente si riscosse, ricordando a sé stesso di guardare le cose da una prospettiva più ampia, ma quindi si gelò. Questo era il modo in cui aveva commesso il suo errore precedente. Aveva guardato la prospettiva da lontano quando aveva posto Harry con i Dursley. Ma questa era una cosa diversa, no?
Fawkes emise un trillo leggero, sollevandogli il morale e facendogli capire che questo era il sentiero giusto.
«Grazie, mia vecchia amica,» sussurrò lui, desiderando di aver ascoltato Fawkes dieci anni prima, quando era stato indeciso su dove far stare Harry.
Ma era stato troppo fiducioso, fiducioso che la sorella di Lily avrebbe avuto un cuore e che avrebbe finito per volergli bene, rendendo così gli Scudi del Legame di Sangue ancora più potenti di un Fidelius per la protezione del ragazzo. Ma ora, erano solamente scudi. Certo, erano ancora molto forti, e per Voldemort sarebbe stato impossibile penetrarli, ma non erano potenti come avrebbero potuto essere.
Avrebbero potuto essere una fortezza; avrebbero potuto dotare Harry di una protezione totale contro Voldemort ovunque egli andasse. Ma il suo piano era fallito. L’assalto mentale subito da Harry ne era la prova. La magia di Voldemort, attraverso Raptor, aveva potuto toccare Harry - e sarebbe stato impossibile se gli Scudi del Legame di Sangue fossero stati infusi dell’amore con cui Petunia avrebbe dovuto accudire Harry nei dieci anni passati.
Avrebbe dovuto saperlo, ma la speranza che Harry ricevesse la protezione assoluta contro Riddle lo aveva accecato.
Beh, il passato non poteva essere cambiato. No davvero. Era inciso sulla pietra. E sebbene desiderasse tornare indietro e fare le cose diversamente, la sua unica speranza risiedeva nel presente.
La speranza che ora lui stesse aiutando a modellare il futuro in uno che sarebbe stato felice, forse orgoglioso, di lasciare alla generazione successiva.
Silente si raddrizzò. Il piccolo indicatore sulla sua scrivania si era acceso, segnalandogli che Harry stava per svegliarsi.

O o O o O

Harry aprì gli occhi, sentendosi come se avesse appena superato un’influenza molto brutta. Spostò inconsciamente la mano per recuperare gli occhiali dal comò, prima di indossarli.
:Sei nell’Infermeria, Harry. Hai dormito per poco più di due giorni: fece Coral sollevandosi dal suo braccio.
:Come è…:
«Buon pomeriggio, Harry.»
Harry spostò rapidamente lo sguardo da Coral verso chi aveva parlato. Era il Preside. Indossava un mantello arancione brillante e viola. Harry si chiese improvvisamente se la vista dei maghi peggiorasse con l’età, offuscando i colori vivaci e facendogli credere che l’arancione fluorescente fosse in realtà un delicato marrone chiaro.
Spingendo da parte quell’interrogativo mentale, Harry si sedette alla svelta.
«Draco? Lui è… lui sta bene?»
Silente sorrise. «Sì, sta piuttosto bene, grazie a te. Gli hai salvato la vita.»
Harry si rilassò, sollevato, e prese un paio di respiri per calmarsi.
«È stato dimesso stamattina, sebbene Madama Pomfrey gli abbia ordinato di andarci piano nei prossimi giorni.»
«E il suo braccio? Non sono riuscito a curarglielo,» fece Harry.
«Madama Pomfrey lo ha sistemato, non ti preoccupare,» rispose lui, tranquillizzandolo.
Harry si rilassò contro i cuscini, sentendosi ancora un po’ disorientato. Silente approfittò di quel momento per prendere una sedia e metterla ai piedi del letto.
«Mentre eri addormentato, mi sono preso la libertà di assegnare ad Hufflepuff cento punti per le tue azioni di giovedì. Riceverai personalmente anche un premio per i servizi resi alla scuola.»
Harry spalancò gli occhi. «Uh, grazie, signore, ma davvero non è… insomma, non dovete-»
«Harry, non credo che tu capisca quello che hai fatto. Hai salvato una vita, e senza alcun riguardo per la tua sofferenza. Lo sai che sei arrivato in Infermeria con ustioni di terzo grado sul polso sinistro, dove la tua magia era così concentrata attraverso Coral che le sue squame sono diventate roventi come il fuoco? Eri così impegnato a curare il giovane Malfoy che, qualsiasi dolore tu abbia provato, lo hai messo da parte.»
Harry sollevò il braccio e Coral gli scivolò sul petto così che potesse guardarsi il suddetto polso.
C’era una cicatrice che si arrotolava intorno al suo polso e finiva verso il retro del suo palmo. Guardando da vicino, poteva realmente distinguere la forma delle squame di Coral nel punto in cui gli avevano bruciato la pelle.
«Madama Pomfrey ha provato a minimizzare la cicatrice, ma siccome era un’ustione magica grave, non è stata in grado di curarla come avrebbe voluto,» continuò Silente, la voce smorzata mentre Harry seguiva il contorno della cicatrice col pollice destro.
«Va bene così. Sono solo grato che abbia potuto guarire l’ustione vera e propria,» affermò Harry piano, ritenendo la cicatrice piuttosto bella.
Una parte di lui ne era addirittura orgogliosa, anche se poteva suonare strano, perché per ottenerla aveva dovuto fare qualcosa. Certo, questa era solo la seconda delle sue cicatrici, ma non gli era stata inferta; invece, se l’era, in mancanza di una parola migliore, guadagnata. Tutte le altre sue ferite erano guarite senza lasciargli un segno. Forse era la sua stessa magia che lo aveva curato così bene? Forse.
«Harry,» riprese il Preside, ottenendo di nuovo la sua attenzione, «Ho parlato con il Professor Piton e con la Professoressa Sprite, e anche con Madama Pomfrey, e ci stavamo chiedendo se desiderassi un po’ di assistenza nello sviluppo dei tuoi Serpincanti.»
Le sopracciglia di Harry si sollevarono. «Assistenza?»
«Beh, so che il Professor Piton ha già iniziato ad aiutarti, dandoti “L’Arte dei Serpincanti”, ma l’assistenza di cui ti sto parlando ora è un po’ più pratica.»
Harry attese un’ulteriore spiegazione.
«Madama Pomfrey ha già acconsentito al permetterti di aiutarla nei fine settimana qui, nell’Infermeria, se lo desideri.»
«Vuole dire, userei i Serpincanti per guarire quelli che vengono qui?» Chiese Harry, ovviamente diventando eccitato.
«Sì, ma solo nei fine settimana, a meno che lei non ritenga che la tua abilità sia specificamente necessaria durante la settimana.»
«Sarebbe grandioso! Comincio oggi? Oggi è sabato, giusto?» Chiese entusiasta lui.
«Oggi è sabato, ma dubito che lei ti farebbe curare qualcuno così presto dopo esserti ripreso dalla spossatezza magica.»
«Oh.» Harry si sgonfiò.
«Ma sono sicuro che il prossimo fine settimana andrà benissimo,» lo rassicurò Albus.
«Che cosa andrà benissimo la settimana prossima?» Domandò Pomfrey mentre entrava dal suo ufficio.
«Che Harry inizi ad aiutarti nel weekend,» rispose il Preside.
La donna guardò Harry, assottigliando gli occhi nell’osservare lo stato assonnato del ragazzo e nel notare il suo colorito migliore. Era stato terribilmente pallido quando lo avevano portato la prima volta nell’Infermeria.
«Vedremo. Se vedo che la sua magia è tornata come dovrebbe essere, non vedo nessun problema nel lasciare che mi aiuti.» Disse, prima di dedicare ad Harry un piccolo sorriso.
Harry non poté impedirsi di esultare.
Silente sorrise dolcemente, gli occhi gli brillarono intensamente mentre si sentiva più sicuro di aver fatto la scelta giusta.
Con ciò, la Professoressa Sprite entrò, dirigendosi rapidamente verso il suo più giovane Hufflepuff.
«Come ti senti, caro?» Chiese, prendendogli la mano mentre Silente faceva un passo indietro per darle spazio.
«Bene, Professoressa,» rispose Harry, provando a non arrossire per la preoccupazione mostrata dalla donna.
«E Coral? Lei come sta?» Domandò lei, guardando il serpente colorato già di nuovo arrotolato al polso cicatrizzato di Harry.
:Coral?: Chiese Harry, rendendosi improvvisamente conto che il pensiero non gli aveva nemmeno attraversato la mente. Era stato troppo occupato a pensare a Draco e poi a quello che gli aveva detto il Preside.
:Sto bene, Harry. Essendo un serpente magico, la tua magia incanalata attraverso di me non può farmi del male. Sono molto simile a una bacchetta in questo senso: affermò lei. :Tuttavia, se fossi stata un serpente normale, non me la sarei passata così bene:
:Sono felice che tu stia bene:disse Harry, interamente sollevato.
«Harry?» Chiese la Sprite, un po’ preoccupata dal non poter capire che cosa si dicevano.
«Oh, sta bene. Mi ha detto che la mia magia non può ferirla mentre passa attraverso di lei. È come se fosse una bacchetta. Ero solo sollevato,» rispose Harry, diventando leggermente rosa.
«Straordinario,» commentò Silente. «Suppongo che sia perché è un serpente magico?»
«Sì, Signore. Non crede che un serpente normale avrebbe-»
:Un serpente normale plausibilmente sarebbe morto, Harry:
Harry deglutì pesantemente. «Un serpente normale sarebbe probabilmente morto.»
Silente annuì, lo sguardo pieno di comprensione, come se Harry avesse avesse appena risolto un mistero nella sua mente.
«Bene, Harry,» fece Silente, rompendo il silenzio che stava per frapporsi tra loro. «Prenditi tutto il tempo che ti serve per riposare. Se vuoi raggiungere ciò di cui ti ha parlato il Professor Piton, hai bisogno di permettere al tuo corpo e alla tua magia di ristorarsi. Quello che hai fatto è stato piuttosto estenuante, dopotutto.»
Harry spalancò gli occhi, domandandosi improvvisamente che cosa il suo professore preferito avesse detto al Preside e che cosa sapevano o non sapevano Madama Pomfrey e la Professoressa Sprite.
Sapevano dell’Incanto dell’Eredità? Il Professore era finito nei guai?
Sapevano del sigillo?

La sua faccia doveva essere stata come un libro aperto, per Silente, che si mosse rapidamente verso di lui. «Non hai bisogno di preoccuparti. Il Professor Piton ha parlato con me, e io ho creduto che fosse meglio informare Madama Pomfrey, perché è colei che ti ha curato, e la Professoressa Sprite, la tua Capo Casa. Quello che il Professor Piton mi ha detto resterà tra di noi. Capisco che questo genere di cose sia molto personale,» disse Silente piano. «Harry, come il Professor Piton, siamo qui per aiutarti.»
Harry sbatté le palpebre, prima di guardare la Professoressa Sprite e Madama Pomfrey.
Le donne annuirono, e Harry fissò lo sguardo sul volto sorridente della Sprite, che era luminoso di sincerità. Harry ebbe lo sfuggevole pensiero che forse era così che ci si sentiva ad essere amati.

O o O o O

Draco rallentò il suo andirivieni e si avvicinò alle porte dell’Infermeria. Vide Neville e alcuni altri Hufflepuff che aspettavano fuori, nel corridoio.
«Paciock,» disse, fermandosi vicino a loro.
«Ciao, Draco,» salutò Neville calmo.
Cedric Diggory, Susan Bones, Hannah Abbot, Justin Finch-Fletchley, e Ernie Macmillan erano con lui.
Draco e Neville non avevano ancora avuto davvero l’opportunità di parlare dopo l’incidente, e non erano proprio sicuri di cosa dovessero dirsi l’un l’altro ora.
«Ho sentito che si è svegliato,» disse Draco, decidendo che questo sarebbe bastato come spiegazione del perché si trovasse lì.
Annuirono.
«La Professoressa Sprite ci ha detto che si è svegliato circa mezz’ora fa,» affermò Cedric.
«Non sono permesse visite?» Chiese Draco, vedendo che erano tutti ancora nel corridoio e che le porte erano chiuse.
«Il Preside e la nostra Capo Casa stanno parlando con lui,» fece Susan.
Draco spalancò gli occhi. «Oh.»
Rimasero lì e si guardarono a vicenda per qualche secondo.
«Quindi, uh, come stai? Voglio dire...» Fece Ernie, provando a rendere il momento meno imbarazzante.
«Sto molto meglio. Potter… ha fatto un buon lavoro,» rispose Draco, un po’ imbarazzato dall’essere così sincero. Non era abituato a gestire o ammettere debolezze, in nessun modo e con nessuno, ma non poteva negare quello che Harry aveva fatto per lui. Riusciva ancora a ricordare la sensazione della propria magia che rientrava dentro di lui. C’era mancato veramente poco.
Stava ancora comprensibilmente tentando di venire a patti con la cosa. Il pensiero della morte non era una cosa molto tangibile per lui, e capire che vi era stato così vicino era sul serio molto difficile da concepire e accettare.
«Bene. Sembravi davvero molto grave,» disse Justin, ricordando che cosa aveva visto quel giorno.
Non erano arrivati davvero molto vicini, ma avevano seguito tutti gli altri dietro Madama Bumb, e il rosso del sangue era facile da distinguere anche da più lontano.
«Sì, beh...» Iniziò Draco, inconsciamente fregandosi il braccio che Pomfrey gli aveva curato.
«Com’è stato?» Esclamò all’improvviso Hannah, prima di ritrarsi imbarazzata dietro Susan quando tutti la guardarono.
Draco si schiarì la gola. «Beh, non è stato… molto piacevole, ma è definitivamente meglio che essere morti.»
«Quindi è stato doloroso?» Chiese Ernie, intrigato.
Era chiaro che Draco non apprezzava affatto la loro curiosità. «No, è stato una meraviglia. Per Merlino, come pensi che possa farti sentire un osso seghettato che scava in mezzo ai nervi scorticati? E poi sentire questi pezzi di osso che si raddrizzano e si riuniscono per ricostruire il tuo cranio distrutto? È stato maledettamente doloroso!»
«Oh,» mormorò Ernie, piuttosto imbarazzato. «Scusami, Malfoy. Ero solo curioso. Non volevo fartelo ricordare.»
Malfoy continuò a fissarlo risolutamente per qualche altro secondo, prima di addolcire la propria espressione. «Probabilmente io avrei fatto la stessa domanda,» borbottò dopo un momento.
Improvvisamente, le porte dell’Infermeria si aprirono e ne uscirono il Preside e la Professoressa Sprite.
«Ah, in attesa di fare visita al Signor Potter, presumo?» Chiese Silente, con gli occhi scintillanti.
«Sì, Signore.» Rispose Cedric.
«Sono sicuro che Madama Pomfrey vi permetterà di entrare,» fece lui, mettendosi di lato per farli passare.
«Grazie, Professore,» disse Cedric, prima di guardare la propria Capo Casa.
«Andate, sono sicura che sarà felice di vedervi tutti,» affermò lei, prima di proseguire insieme al Preside lungo il corridoio.
Con questo, i ragazzi si affrettarono nell’Infermeria.

O o O o O

Severus scrutò al di là del tavolo degli insegnanti e guardò gli studenti al di sotto. Harry era stato dimesso dall’Infermeria poco prima quel giorno, e, d’accordo con Hagrid, era andato immediatamente nella casupola del mezzo gigante a prendere un tè con Neville e Draco.
Abbassò lo sguardo al suo figlioccio, che stava chiacchierando allegramente con Nott e Zabini. Tiger e Goyle erano davanti a loro, ascoltando la conversazione. Severus si domandò che sentiero avrebbero scelto. Sperò che non avrebbero seguito quello dei loro padri.
Decidendo che avrebbe dovuto aspettare e vedere, spostò gli occhi verso il Signor Potter, che era ancora una volta sotto l’intenso scrutinio dei suoi compagni.
Tutti si stavano stirando il collo per allungargli un’occhiata, e molti di loro stavano facendo del proprio meglio per vedere il polso a cui Coral era ora arrotolata.
Le voci della nuova cicatrice erano già diventate leggenda, preceduta a stento da quella sulla sua fronte. I giorni precedenti erano stati come Severus si era aspettato che fossero in seguito alle azioni eroiche di Harry, anche se c’erano alcune cose che nemmeno lui era stato in grado di prevedere.
Fu un Lucius Malfoy livido che si presentò all’ultima riunione del Consiglio, e, a detta dei presenti, che fece a pezzi il comitato finanziario senza alcun riguardo su quanto potesse sembrare minaccioso e spaventoso (o forse era proprio questa l’intenzione).
Era giunto all’attenzione del Capofamiglia Malfoy il fatto che il Preside avesse richiesto dei fondi per delle scope nuove ripetutamente negli ultimi sei anni, e gli erano stati negati ogni singola volta. Una richiesta così semplice, che era stata reiterata negli anni, era stata messa da parte per paura che fosse innalzata la retta scolastica di Hogwarts. Di conseguenza, la loro attitudine alla taccagneria era quasi costata la vita a un ragazzo.
Lucius era furioso e lo fece vedere. Neanche a dirlo, il Consiglio immediatamente aveva provveduto a revisionare e riorganizzare i finanziamenti per Hogwarts.
Severus guardò Silente.
Albus era stato compiaciuto dalle novità, specialmente quando il Consiglio gli aveva richiesto una lista di cose che a suo parere avessero bisogno di un maggior apporto di fondi.
Il Preside aveva inviato loro tramite Fawkes, quindici minuti più tardi, un dettagliato rotolo di pergamena lungo un metro.
Severus si domandò se in quella lista fosse stato incluso un lotto di ingredienti freschi per pozioni.
Auspicabilmente.
Si riscosse mentalmente, rimproverandosi di essere tanto egoista. Non è che non avesse dei risparmi da parte per comprarsi quello che voleva, parlando di ingredienti… beh, fatta eccezione per parti di basilisco, sangue di unicorno, occhi di drago, zanne di vampiro e capelli di Banshee, ma a parte queste cose era in grado di acquistare ciò che desiderava.
Allungò lo sguardo attraverso il tavolo principale, verso Madama Pomfrey.
Harry l’avrebbe aiutata il prossimo fine settimana. Si chiese se l’Infermiera avesse già qualcosa di specifico da fargli fare. Beh, qualsiasi fossero i suoi piani, Severus era sicuro che il famoso Hufflepuff avrebbe complessivamente migliorato le proprie capacità curative, proprio come era accaduto con lei nel futuro.

O o O o O

Harry fece un grattino sulla testa di Coral, proprio come piaceva a lei, mentre si avvicinavano all’Infermeria.
La settimana passata era stata un po’ difficile per lui. La gente era più curiosa che mai su di lui, e i loro bisbigli continui… lo stavano facendo impazzire. Non si accorgevano che lui era proprio lì vicino e riusciva a sentirli? Era fastidioso.
E in aggiunta a tutto quanto, aveva anche scoperto all’inizio di quella settimana che sul Profeta, il giornale dei maghi, ci era finito diverse volte dall’inizio della scuola. Avevano informato il pubblico del suo sorteggio, del fatto che era un Rettilofono, e ora delle sue azioni nel salvataggio della vita di Draco.
Si chiese seriamente con che coraggio credevano di avere il diritto di scrivere tutte quelle cose senza chiedergli il permesso. Oh beh, non c’era davvero nulla che lui potesse farci, e voleva che la gente si abituasse al fatto che fosse un Rettilofono. Forse questo era stato il modo migliore.
Proprio come un cerotto. Strappalo via e non pensarci più. E almeno non stavano dicendo nulla di malizioso. Erano rimasti fedeli alla verità, beh, per la maggior parte dei casi. Il pezzo in cui affermavano che lui aveva rubato parte dei poteri del Signore Oscuro quando era un neonato era un po’ una forzatura (era un tentativo di spiegare da dove gli veniva l’abilità di parlare Serpentese). Poteva soltanto scuotere la testa.
Harry aveva continuato a leggere i libri che gli aveva dato il Professor Piton, e aveva riletto alcuni passi di ‘L’Arte dei Serpincanti’. Voleva arrivare preparato nell’Infermeria per aiutare Madama Pomfrey.
Sospirò tra sé, ricordando che cosa aveva capito rileggendo uno degli ultimi capitoli del libro sui Serpincanti. Evidentemente, non avrebbe avuto bisogno di pompare Draco con così tanta magia come aveva fatto. Il suo metodo aveva funzionato, ovviamente, e al momento era l’opzione migliore poiché non sapeva/capiva nessun'altra tecnica, ma aveva reso le cose più difficili per sé stesso. Beh, era una lezione che aveva imparato, di sicuro. La prossima volta (certo, sperando che non ci sarebbe stata una prossima volta) avrebbe manipolato e controllato meglio la propria magia mentre la usava sul paziente, invece di limitarsi a spingerla fuori e sperare per il meglio. Entrò nell’Infermeria, e la porta si chiuse lentamente dietro di lui.
«Signor Potter, in perfetto orario,» affermò Madama Pomfrey, muovendosi intorno a un letto vuoto.
Harry avanzò e si fermò a qualche passo da lei.
«Di solito solo uno o due studenti vengono nel fine settimana, per piccole cose, come mal di stomaco, o maledizioni e ferite minori, quindi ho recuperato alcuni dei miei vecchi libri di testo di guarigione dall’Università di MediMagia che ho frequentato.»
Harry guardò oltre il letto dietro di lei. C’erano effettivamente quattro pesanti volumi sul tavolo di fianco.
«Mi pare di aver capito che il Professor Piton ti abbia già dato del materiale extra da leggere?» Chiese lei.
Harry annuì. «Sì. Li ho quasi finiti tutti, però, quindi se lei vuole posso cominciarne qualcun altro, Signora.»
Lei scosse la testa. «No, non voglio assegnarti delle letture da portarti via. Leggerai mentre starai qui. Ero solo curiosa di che cosa ti avesse dato e di quanto fossi andato avanti.»
«Oh, beh, ho finito di leggere "L’Arte dei Serpincanti", "Prendersi cura dei Serpenti" e “Guida per principianti all’arte del tramare pozioni: ingredienti”. Poi ho quasi finito con “Anatomia Umana” e “Controllare la propria magia interiore”. Ce n’è un altro, ma non sono ancora andato molto avanti in quello.»
Harry sperò che non gli facesse domande sull’ultimo libro. Era quello di Occlumanzia.
«Capisco,» fece lei con un sorriso, piuttosto compiaciuta. «A proposito di “Controllare la propria magia interiore”, ti suggerisco di considerare una priorità il finirlo, rispetto agli altri.»
«Sì, Signora.» Acconsentì lui.
«Bene, d’accordo, perché non iniziamo dalle basi?» Chiese lei, voltandosi e dirigendosi verso la pila di volumi. Ne prese uno dalla cima prima di sedersi sul bordo del letto e facendo cenno ad Harry di sedersi accanto a lei.
Harry obbedì, domandandosi se voleva leggerglielo a voce alta. Arrossì al pensiero. Nessuno aveva mai letto per lui prima.
Poppy si aprì il libro in grembo, mostrandogli le pagine di testo e le immagini animate. Guardando il titolo del capitolo, trovò le parole: “Nucleo e Sistema interiore”.
Vedendo che aveva la totale attenzione di Harry, iniziò a spiegare, usando il libro come guida invece che come un dettato da leggere.
«Quest’immagine mostra uno schema basilare di come la magia scorre all’interno del corpo, comunque, devi ricordare che il flusso si adatta ai bisogni del paziente. La magia di una persona si concentrerà automaticamente nell’area ferita per aiutare le difese fisiche del corpo e la guarigione.» Disse lei.
Harry annuì, tentando di fare del suo meglio per assorbire tutto quello che gli stava dicendo.

O o O o O

«Hey, Neville,» esclamò Harry, entrando nel loro dormitorio e diretto al suo letto. Anche Ernie e Justin erano lì, stavano giocando a Spara Schiocco sul pavimento. Era pomeriggio, Harry aveva pranzato con Madama Pomfrey.
«Hay Harry,» rispose Neville, eccitato. «Ho appena ricevuto una lettera dalla Nonna. Mi porterà da Olivander per Natale e mi prenderà una bacchetta!»
Harry fece una smorfia, confuso. «Non ne hai già una? Ne prenderai una secondaria?»
Neville scosse la testa. «No. La bacchetta che ho è quella di mio papà, ma lei mi ha detto che ha deciso che dovrei prenderne una soltanto mia.»
Harry annuì, tentando di capire. Perché la nonna non lo aveva portato da Olivander prima dell’inizio della scuola? «È fantastico. Ognuno deve avere una bacchetta che lo ha scelto.»
Neville sorrise.
«Quindi, uh, come è stata l’Infermeria?» Domandò Neville.
Ernie e Justin rallentarono un po’ il gioco per origliare.
«Beh, è venuto solo uno studente da Madama Pomfrey. Doveva annullare una piccola fattura. Ad ogni modo, abbiamo studiato come la magia fluisce attraverso il corpo e come le ferite interferiscano col flusso.» Rispose Harry.
«Figo. Quindi ci torni domani?»
Harry annuì. «Sì, stessa ora, alle 9.»
Proprio allora entrò Smith, lasciando la porta leggermente socchiusa come aveva fatto Harry.
«Oh, Potter è tornato dal suo giro di miracoli,» affermò Smith, incrociando le braccia non appena entrato nel dormitorio.
Harry sollevò un sopracciglio, ma decise di rimanere in silenzio perché niente di quello che avrebbe potuto dire avrebbe funzionato per far calmare il ragazzo arrogante. Smith gli aveva lanciato occhiatacce per tutta la settimana.
«Non hai niente da dire?» Continuò Smith con disinvoltura, prima di abbassare il tono, la faccia che si aggrottava in uno sguardo rabbioso. «Figuriamoci.»
«Smith, che problema hai?» Chiese Justin, avendone avuto abbastanza dei modi del ragazzo leggermente più grande.
«Oh, lo devi anche chiedere? Pensavo che fosse chiaro,» riprese lui, guardando Justin con una smorfia per poi tornare a Harry. «Non mi piacciono i cocchi dei professori. Le persone che ottengono tutto senza nemmeno bisogno di chiederlo.» Guardò Coral la cui testa spuntava dalla manica di Harry.
Harry cambiò leggermente posizione, trattenendo l’urgenza di roteare gli occhi. Smith portava ancora rancore per quello che era successo a Pozioni?
«Smith, devi piantarla. Harry non ti ha fatto niente.» Esclamò Ernie, alzandosi dal pavimento e abbandonando il gioco di carte.
«Voi altri non lo vedete, vero? Sta giocando con tutti voi, come fa col resto della scuola. Il grande e potente Harry Potter, il Ragazzo-che-è-Sopravvissuto salvandoci tutti da Voi-Sapete-Chi! Dovremmo venerarlo! Inchinarci a lui e servirlo! Pfffft! Patetico.»
«Lascia in pace Harry, non ha chiesto niente di tutto questo!» Prorruppe Neville, facendo un passo davanti a Harry.
«Non ne ha bisogno,» Smith praticamente lo ringhiò. «Ha tutti quanti sotto il suo controllo. Scommetto che non ha mai dovuto chiedere nulla in tutta la sua vita!»
Harry assottigliò gli occhi, adesso non più solamente infastidito. Ora poteva sentire realmente il tocco della propria rabbia che cresceva dal centro del suo essere. Smith non sapeva niente.
«Scommetto che a casa non ha bisogno di alzare un dito per fare nulla, scommetto che i babbani sono estasiati dal fatto che è quello che è,» continuò, guardando attentamente l’espressione di Harry. Smith ghignò per quello che vide, e decise di proseguire lungo quella direzione. «Ha avuto senz’altro una vita nel lusso, dolcetti e complimenti per le sue orecchie, e non è nemmeno un purosangue!»
«Come te, immagino?» Lo intercettò sarcasticamente Justin.
«La mia famiglia ha accertate radici che risalgono fino alla stessa Helga Hufflepuff, che è molto di più di quanto so che possa dichiarare Potter. Suo padre discendeva da una dinastia minore, anche se veniva rispettata non era particolarmente potente. E per sua madre...» Gli occhi di Smith si acuirono come quelli di un predatore, avendo notato la mascella serrata di Harry.
Gli occhi verdi di Harry forarono quelli marrone pallido di Smith, la sua rabbia cresciuta in una furia calma che, non notata dagli occupanti della stanza, cominciò a far vibrare, anche se leggermente, alcuni oggetti da sopra i comodini.
«Non farlo,» affermò Harry, la voce densa di una furia a stento trattenuta.
Smith non lo ascoltò.
«Sua madre era una sporca, buona a nulla, sanguesporco
Neville e Ernie boccheggiarono, come se avessero appena sentito la parola più orrenda che fosse mai stata creata. Justin sbatté le palpebre, un po’ confuso. Harry, comunque, era furioso.
Non conosceva il significato della parola, ma ovviamente era un insulto. Sentì un acuto dolore nel cuore che non aveva mai provato prima e lottò per tenere le emozioni sotto controllo. Certo, era stato già vittima in passato di assalti verbali, specialmente da parte di Dudley, ma anche suo cugino non aveva mai toccato l’argomento di sua madre. Di sicuro era dovuto al fatto che zia Petunia aveva bandito anche la più piccola menzione della propria sorella, ma Dudley non aveva mai coinvolto la madre di Harry negli insulti.
Le mani di Harry si serrarono in due pugni mentre Smith apriva di nuovo bocca.
Smith aveva preso il via e non si sarebbe fermato volontariamente.
«Però devo concederglielo; sapeva come acchiapparsi un marito ricco. Che sfortuna che la sanguesporco non sia stata abbastanza sveglia da evitare di essere ammazzata.»
«Stai zitto!» Gridò Harry all’improvviso, la voce distorta dalla tensione nel suo petto, avendone finalmente avuto abbastanza. Sollevò la mano sinistra in avanti e indicò Smith, mentre Coral da essa sibilava sonoramente, e ogni oggetto di vetro della stanza andò in pezzi. «Non mi importa di quello che dici su di me, ma lascia fuori la mia famiglia! Non sai niente!»
Un magico vento tagliente si avvolse intorno ad Harry, i capelli e i vestiti svolazzavano in tutte le direzioni, mentre i tavolini nella stanza presero a tremare e le tende dei baldacchini scivolarono violentemente lungo i sostegni, allontanandosi da Harry.
Smith era troppo scioccato per muoversi, troppo spaventato per indietreggiare, troppo sconvolto per fare nient’altro che fissarlo ad occhi spalancati mentre Harry abbassava il braccio.
E quindi la porta del dormitorio si spalancò.
«Che cosa sta succedendo qui, in nome di Merlino?»
Harry non si mosse. Era ancora troppo furioso e poteva ancora sentire i capelli che gli si scompigliavano magicamente.
«P-Professoressa Sprite!» Riuscì a dire Neville voltandosi verso la nuova voce.
Là c’era la Professoressa Sprite, in piedi sulla porta con Cedric che sbirciava da dietro di lei.
Harry deglutì, gli occhi ancora fissi in quelli di Smith mentre si sforzava di rilassarsi. Non doveva far succedere nient’altro. Dai Dursley, aveva sempre dovuto sopportare di costringere la sua magia a tornare velocemente dentro di lui subito dopo un incidente. Non riuscirci significava subire disastrose conseguenze.
«Smith ha un problema,» spiegò Justin gentilmente, assolutamente disgustato da quell’idiota arrogante. «Ha chiamato la madre di Harry ‘sanguesporco’ e detto delle altre cose molto crudeli.»
«Lui cosa?!» Interrogò la Sprite, orripilata.
Neville e Ernie annuirono, confermando la versione di Justin mentre Harry rimase fermo dov’era, inconsapevole delle lacrime che non era riuscito a trattenere e che ora si accumulavano sotto i suoi occhi.
«Ho sentito una parte, Professoressa. Per questo sono venuto a chiamarla,» disse Cedric. «Quando ho sentito...» Si interruppe, non volendo ripetere la parola che sua madre gli aveva proibito di pronunciare.
«Signor Smith, che cosa hai da dire in tua discolpa?» La Professoressa Sprite non era più né dolce né gentile. Era un Capo Casa che esigeva risposte.
Smith deglutì, sapendo che non c’era alcun modo per tirarsi fuori da questo guaio. Perché non aveva richiuso quella porta?
La Sprite scosse la testa. «Vieni con me, Signor Smith,» affermò severamente prima di guardare Cedric. «Grazie per avermi chiamato, Signor Diggory. Capisco che non c’erano prefetti nelle vicinanze quando è accaduto, così sei venuto direttamente da me. Dieci punti a Hufflepuff.» Quindi spostò l’attenzione su Harry, che era riuscito a malapena a tornare sotto controllo. Stava ancora lì in piedi, rigido. «Signor Potter, tornerò per parlare con te, quindi non lasciare il dormitorio, per favore.»
«Sì, Signora.» Riuscì a dire, voltando brevemente la faccia verso di lei mentre la donna si rivolgeva a Neville, Ernie e Justin.
«La stessa cosa vale per voi. Manderò anche un prefetto per aiutare a riparare la stanza,» aggiunse, prendendo nota con lo sguardo dei vetri rotti e degli arredi strapazzati. «Fate attenzione ai vetri.»
«Sì, Professoressa.» Disse Justin, mentre gli altri annuivano.
Con questo, lei e Smith uscirono.

O o O o O

La Professoressa Sprite scosse la testa, mentre pensava a Smith.
Sarebbe stato in punizione con Gazza per i prossimi quattro giorni, e poi con lei per l’ultimo. Le piaceva assicurarsi personalmente che i suoi Hufflepuff avessero imparato la lezione.
Si era fatta raccontare da lui quello che aveva detto a Harry e che cosa avevano detto gli altri, prima di portare anche loro nel suo ufficio e farsi dare la loro versione. Fu un’estenuante ora e mezza, ma quando ebbe finito, aveva una piena visione dell’accaduto e sapeva esattamente chi era nel torto. Da qui i cinque giorni di punizione.
E ora stava aspettando l’arrivo di Harry. Gli aveva chiesto di venire nel suo ufficio dopo cena per discutere meglio di quello che era successo nel pomeriggio.
Il ragazzo aveva chiaramente molto potere a disposizione, più di quanto fosse possibile immaginare per la sua età e il tipo di vita che aveva avuto a casa. Pomona suppose che fosse in parte dovuto al regime di pozioni di Severus, oltre allo status del ragazzo di Arcimago Dormiente.
Chiuse brevemente gli occhi, ricordando che cosa aveva visto non appena aveva aperto quella porta.
Non aveva mai visto prima una tale furia sul volto di un ragazzino, e ne aveva visti parecchi di ragazzi arrabbiati in vita sua a Hogwarts. E il potere che si riverberava da lui… era stato quasi innaturale, eppure la magia era stata così pura. Ma non era stato solo l’ammontare e il tipo di magia che aveva catturato la sua attenzione. Era stato il controllo del ragazzo. Il fatto che fosse stato capace di trattenerlo come aveva fatto, senza permettergli di causare ulteriori danni, era considerevole, specialmente poiché la causa della sua manifestazione era ancora nella stanza.
Ovviamente, c’erano cose che Harry avrebbe potuto fare in modo diverso per mettere fine alla scenetta senza dar corda a Smith, ma era ancora un ragazzino, e le cose che Smith aveva detto sarebbero state difficili da ignorare anche per un adulto. Pomona sapeva anche che doveva aiutare Harry con la sua rabbia. Dopo aver parlato con Neville e gli altri, aveva capito che Harry era rimasto calmo per la maggior parte del tempo, fin quando era scattato all’improvviso.
Era sicura che la sua capacità di seppellire le emozioni gli derivasse dalla vita con i Dursley, ma non era salutare per il ragazzo, e non era assolutamente utile a evitare gli scoppi di magia accidentale nel momento in cui le sue emozioni diventavano finalmente troppe per essere trattenute. Era sicura anche che questa notevole abilità nel calmare la propria magia rapidamente fosse dovuta ugualmente alla sua vita familiare.
Il ragazzo aveva certamente del potenziale, e ora era il momento che lei lo guidasse… e in più modi che solo nella magia.
«Voleva vedermi, Professoressa?» Chiese Harry, entrando nel suo ufficio dopo aver bussato leggermente alla porta per annunciare la sua presenza.
«Sì, Signor Potter. Per favore, siediti.»

O o O o O

Severus resistette all’impulso di sbattere il pugno rabbiosamente sulla propria scrivania, ma poi si arrese ai propri sentimenti e abbassò con decisione la mano chiusa contro il legno di mogano, con un rimbombo.
Avrebbe dovuto agire. Avrebbe dovuto trovare un modo per agguantare il ratto, catturarlo, smascherarlo. Con tutto il bene che era riuscito a fare da quando era tornato indietro, non era stato in grado di prevedere tutte le conseguenze.
Era un contraccolpo.
Uno dei tanti che erano saltati fuori da quando aveva iniziato a cambiare le cose.
Ovviamente, i primi contraccolpi era riuscito a controllarli e a far sì che si muovessero nella direzione che lui voleva, come Voldemort che aveva un interesse più attivo in Harry, probabilmente perché la sua natura di Rettilofono era comparsa prima. Ecco perché la cicatrice del ragazzo aveva iniziato a fare i capricci molto prima di quanto avesse fatto nella linea temporale originaria. Per fortuna, Harry aveva avuto fiducia in lui ed era venuto a raccontargli delle sue emicranie, così lui era stato in grado di reagire di conseguenza. Era stato piuttosto fortunato finora, adesso che ci pensava.
Ma che cosa aveva fatto sì che il ratto sparisse come aveva fatto? Era stato sapere che il Signore Oscuro era là fuori? No, non aveva senso. Minus aveva avuto abbastanza indizi per giungere alla stessa conclusione già da tempo. No, qualcosa era stato cambiato, qualcosa era accaduto in maniera diversa e aveva portato Minus a rischiare, abbandonando la sicurezza dei Weasley due anni prima del dovuto.
Severus si riscosse. Poteva non arrivare mai a sapere che cosa aveva innescato il cambiamento nelle azioni del ratto, ma era chiaro che la cosa era partita tutta dal suo ritorno nel passato.
Con un sospiro, si rese conto che era diventato troppo sicuro di sé, certo che il ratto restasse nei paraggi ancora per un po’, come aveva fatto l’ultima volta. Dov’era andato? Quando era sparito? Per quel che ne sapeva Severus, poteva essersene andato prima della scomparsa di Raptor, quindi adesso poteva trovarsi ovunque.
Minus era scappato per paura del Signore Oscuro, o era corso da lui? Si stava nascondendo o lo stava servendo?
Severus non sapeva che cosa sarebbe stato peggio.
Se si stava nascondendo, potevano non esserci mai più speranze di riuscire a ritrovarlo, e provare l’innocenza di Black.
Se lo stava servendo… chi poteva immaginare quali danni poteva portare al Mondo Magico?
Severus chiuse gli occhi, sapendo che non doveva rimuginare troppo sull’errore che aveva commesso.
Aveva troppo da fare per crogiolarsi nel disprezzo di sé. Doveva concentrarsi nel preparare Harry al futuro, qualunque cosa esso gli riservasse.


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Nota della Traduttrice
Mi sono appena resa conto di una svista sciocca, scusatemi. Il fatto è che ormai leggo fanfiction indifferentemente in inglese e in italiano, e mi capita di fare confusione. Quindi mi sono resa conto solo ora che, contrariamente a tutti gli altri nomi di persona che ho riportato nella versione tradotta, ho lasciato quello dell'Infermiera di Hogwarts nella versione inglese. La verità è che, che Madama Pomfrey fosse stata tradotta come Madama Chips, me lo ero completamente dimenticato, quindi scusate davvero.
Ora che me ne sono resa conto, però, penso che lo lascerò in originale, in primis per non creare ulteriore confusione, e seconda cosa perché in realtà non sono così entusiasta di come l'editoria italiana abbia tradotto i nomi... già la Professoressa Pomona Sprout è diventata 'la Sprite'! Se contiamo che spesso i due personaggi compaiono insieme in questa storia, potrei trovarmi a dover dire "Chips e la Sprite".. che sembra che stiamo parlando di bibite gassate e patatine, e preferirei di no :P
Non vogliatemene, non è stato intenzionale.
E comunque... BUONA PASQUA A TUTTI, LETTORI!!!


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Remus.




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Capitolo 9
*** Remus ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 9: [Remus]

Halloween si stava avvicinando e le lezioni proseguivano bene quanto Harry aveva sperato, e anche meglio. Pozioni rimaneva la sua preferita, ma Difesa Contro le Arti Oscure, tenuta ancora da Silente, era seconda di poco. Silente aveva dato loro un’intensa istruzione su una varietà di incantesimi difensivi, e Harry si chiedeva quante cose si sarebbero persi lui e i suoi compagni se Raptor fosse riuscito a continuare a ‘insegnare’. Anche gli incantesimi offensivi erano inclusi nelle lezioni del Preside, ma in primo piano rimaneva l’evitare di essere colpiti da maledizioni e fatture.
Il Preside ripeteva anche che scansare gli incantesimi poteva essere efficace quanto il deviarli o l’assorbirli con uno scudo, fisico o evocato magicamente.
Anche Trasfigurazione e Incantesimi stavano andando bene, sebbene ognuno a modo proprio. Gli incantesimi che stavano imparando erano di base e per principianti, ma erano ovviamente il fondamento per quelli più avanzati. Harry si domandò quando avrebbero iniziato ad animare gli oggetti. Aveva anche scoperto di avere un talento per i dettagli, come il produrre un particolare aspetto su un oggetto in Trasfigurazione, o nell’aumentare la potenza e la durata di un incantesimo. Non era esattamente un prodigio, però. La facilità con cui lanciava gli incantesimi era probabilmente dovuta ai suoi studi nel controllare la propria magia interiore e il fatto che si portava avanti con il programma.
La sua magia interiore… Non molto dopo il suo incidente con Smith, la Professoressa Sprite lo aveva chiamato nel suo ufficio. Evidentemente, la sua magia accidentale aveva richiamato la sua attenzione e la donna voleva sapere se era interessato ad alcune lezioni private con lei dopo le Vacanze invernali. Senza perdere un’altra occasione di migliorarsi, aveva subito accettato, sebbene avesse domandato se questo tipo di lezioni a quattr’occhi fossero cosa comune.

«Ogni anno circa, dò delle lezioni private a uno studente che potrebbe aver bisogno di particolare assistenza in qualcosa, sia per venire a capo di una debolezza sia per valorizzare un punto di forza. L’anno scorso, ho dato a Cedric Diggory delle ripetizioni in Trasfigurazione. Ho visto che aveva del potenziale per la materia, ma si stava trattenendo per qualche ragione.»
«E allora lei lo ha aiutato a migliorare?»
«Sì, e ora è uno dei migliori studenti di Trasfigurazione del suo anno,» rispose lei con orgoglio. «Ora, sono sicura che ci sarebbe anche potuto arrivare da solo, ma perché impelagarsi da soli quando si può ricevere aiuto?»
Harry non poté replicare alla sua saggezza, così annuì.
«Volevo anche parlarti a proposito del perché la tua magia accidentale sia esplosa in quel momento e di come lo abbia fatto.»
Harry abbassò lo sguardo, vergognandosi di se stesso. Di solito era molto bravo a restare calmo, anche se dentro stava ribollendo. Aveva dovuto imparare a controllare la propria ira molte volte a casa dei Dursley, o l’avrebbe pagata dopo.
«Non sono arrabbiata con te, Harry; voglio solo che tu sappia che è giusto provare della rabbia. Smith ha detto delle cose orribili, e, considerando tutto, hai fatto molto bene a trattenerti dall’attaccarlo in modo esagerato. Sono orgogliosa di te. Comunque, voglio che ti ricordi che dovresti sempre avere il controllo di te stesso, non della tua rabbia. Capisci?»
Harry annuì, parte della sua mente che andava a una serie babbana. Star Wars.
«Posso immaginare che tu abbia fatto un sacco di esperienza nel costringerti a tenere nascoste le tue emozioni, e sono convinta di aver ragione di credere che sia lo stesso per la tua abilità di trattenere la tua magia?»
Lui annuì ancora, ricordandosi che, poiché la Professoressa sapeva del sigillo, aveva senso che sapesse anche dei Dursley.
«L’ira può essere una cosa potente; dobbiamo trattarla con cautela. Può portare ad altre cose più difficili da gestire.»
«Vuole dire una cosa simile al sentiero del Lato Oscuro di Star Wars,» fece lui all’improvviso.
La Sprite sbatté le palpebre, confusa. «Star Wars?»
«Sì, è una serie di film Babbani. “La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all'ira, l'ira all'odio; l'odio conduce alla sofferenza.” L’ha detto il leader dei Jedi. Yoda.»
«Hmm, mi piacerebbe vedere questa serie,» disse lei, intrigata.
«È la serie più bella che abbia mai visto,» replicò Harry, aggiungendo silenziosamente che era anche l’unica serie che avesse mai visto.
Era riuscito a vederla dopo aver fatto un patto con Dudley. Gli aveva promesso di servire biscotti e bevande a lui e ai suoi amici durante il film così non avrebbero mai dovuto alzarsi durante l’intera visione. Si era perso qualche scena, ma lo aveva ascoltato tutto, che era più di quanto avesse mai potuto fare se fosse stato rinchiuso nel sottoscala o a lavorare fuori.
«Beh, troverò di certo un modo per vederlo allora,» affermò lei con un sorriso, prima di continuare il discorso nel dettaglio su quando e dove avrebbero fatto le loro lezioni.
Harry lasciò il suo ufficio qualche minuto dopo, non vedendo l’ora che arrivasse gennaio.


Le sue lezioni con Madama Pomfrey con i Serpincanti avevano fatto qualche progresso. Ora riusciva a curare fiduciosamente ferite minori senza problemi di nessun tipo. Aveva curato sei studenti dal suo inizio all’Infermeria. Due erano state ferite da Quidditch, niente di più di graffi e lividi; una era stata una caviglia slogata, causata da uno scalino truccato; e le altre tre erano il risultato di litigi interni alle Case o da sciocche rivalità tra Case. Madama Pomfrey si era occupata delle fatture, ma gli aveva mostrato come trattarle, visto che non aveva visto nulla di male nel farglielo vedere. Quando non stava curando una ferita (cioè la maggior parte del tempo), Madama Pomfrey gli faceva leggere i suoi vecchi libri di anatomia e di magia curativa. Spesso, percorreva il capitolo con lui e gli raccontava di quando aveva dovuto usare una certa tecnica per curare un paziente. Harry non avrebbe mai immaginato che la donna avesse avuto una vita così interessante prima del suo lavoro ad Hogwarts. Chi avrebbe detto che era stata infermiera al San Mungo negli anni della guerra contro Grindelwald? Era stata una delle infermiere che si erano assicurate che Silente stesse bene dopo il famoso duello contro il malvagio mago. Harry non avrebbe potuto chiedere un’insegnante di guarigione migliore.
Neville e gli altri suoi compagni di dormitorio, eccetto Smith (ovviamente), erano diventati suoi grandi amici nelle settimane che erano trascorse. Anche altri Hufflepuffs gli diventarono amici, come Susan, Hannah, e anche Cedric, anche se lui per Harry era più simile a un fratello maggiore che a un amico. C’erano anche altri Hufflepuff ovviamente, ma Harry non li conosceva abbastanza da considerarli più di piacevoli conoscenti. Maggie Tolbert, la Caposcuola, e un’altra del settimo anno, che si faceva chiamare solo Tonks, erano due di questi.
Harry era affascinato da Tonks, perché lei era un Metamorfomago. Entrambe le ragazze del settimo anno spendevano del tempo per preoccuparsi che Harry e gli altri del primo anno avessero tutto ciò di cui avevano bisogno, ma nulla più di questo in realtà, a causa della differenza di età.
Tra i suoi amici al di fuori della sua Casa, Draco Malfoy era di certo il più stretto. Nelle lezioni in cui le loro Case erano insieme, sedevano spesso in banchi vicini. Vince e Greg si accodavano a Draco di solito, rimanendo come una coppia di guardie del corpo. Sebbene all’inizio potesse essere facile pensare che erano solo due Slytherin tutti muscoli e niente cervello, in realtà erano più pigri che ottusi. Non che fosse una buona condizione, ma erano così. Sembrava che fossero migliorati a partire dalla terza settimana di lezioni, comunque, e Harry si chiese se fosse stato Draco a dire loro qualcosa a proposito della loro inattività in classe.
Un’altra cosa che aveva colto la sua attenzione era il cambiamento della ragazza Gryffindor dispotica. Harry non era sicuro di come si chiamasse, Herminny o una cosa simile, ma già dall’inizio di ottobre non era stata più invadente come prima. Non sapeva che cosa pensare dell’improvviso cambiamento della ragazza, ma si era senz’altro addolcita, e tutti gli altri erano fin troppo grati della faccenda per chiedersi che cosa l’avesse provocata.
Forse aveva finalmente capito che il suo atteggiamento la stava isolando, o forse uno degli studenti più grandi l’aveva presa da parte e le aveva detto di smorzare i toni. Qualunque fosse il motivo, Harry era sicuro che avesse risparmiato alla ragazza parecchi problemi con i membri della sua Casa. A nessuno piaceva che gli si dicesse quello che doveva o non doveva fare, e a nessuno piacevano i so-tutto-io.
Il ragazzo Gryffindor coi capelli rossi, Ron, rimase tetro per il suo famiglio perduto, e diventava brusco quando qualcuno gli chiedeva se avesse ritrovato il ratto.
«No, non ancora,» rispondeva. «Crosta ha iniziato a comportarsi in modo strano già dalla prima settimana di scuola, e poi è scomparso. Mi manca.»
A Harry dispiaceva veramente molto per lui e si chiese se potesse chiedere a Ron di far cercare il ratto da Coral, ma le poche volte che provò a parlargli, altri ragazzi della Casa lo interruppero per chiedere di Coral. Era piuttosto fastidioso. Oh beh, anche se Ron avesse acconsentito, aveva dei dubbi di poter ritrovare il ratto. C’erano ampie possibilità che avesse lasciato il castello, e anche se Harry odiava ammetterlo, probabilmente il ratto era diventato il pasto di qualche predatore.
Riguardo ad altre matricole al di fuori di Hufflepuff, Harry non aveva avuto delle reali opportunità di consolidare ulteriori conoscenze, figuriamoci amicizie. La maggior parte dei suoi coetanei era troppo impressionata da lui per riuscire a sostenere una conversazione normale. Harry sperò che non sarebbe sempre stato così.
Smith rimase un idiota arrogante, ma non aveva più portato avanti mosse contro Harry da dopo lo scontro nel dormitorio. Per Harry andava bene così, ma Smith continuava a lanciargli occhiatacce e Harry era certo che sarebbe stata solo una questione di tempo prima che il ragazzo tentasse qualcos’altro. Nessun problema, sarebbe stato pronto. Erano lontani i giorni in cui avrebbe sopportato il bullismo, verbale o fisico. Non sarebbe mai più rimasto passivo né avrebbe permesso a sé stesso di accusare i colpi senza lottare per sé stesso, perché...

Qui non era un mostro.
Era un Hufflepuff.
Qui non era “ragazzino”.
Era Harry Potter.
E, cosa più importante, qui non era solo.
Era tra amici leali.

O o O o O

Severus prese un profondo respiro ed espirò lentamente.
Aveva fatto un’altra mossa, alterando di nuovo il futuro di un altro individuo, prima di quanto gli sarebbe piaciuto, ma ora non poteva più farci nulla.
Remus Lupin sarebbe arrivato a Hogwarts ad Halloween per diventare il nuovo professore di DADA.
Severus aveva parlato con Silente e si era ‘lasciato sfuggire’ che Lupin sarebbe stato un sostituto tollerabile, più di quel Gilderoy Allock comunque, al quale aveva pensato Albus Silente, data la mancanza di candidati professori disponibili.
Tra tutto quello che aveva fatto Voldemort, quella maledizione sulla posizione di professore di DADA era stata una delle sue malefatte peggiori. A quante generazioni aveva causato un deleterio, se non irreversibile, danno nel privarle di una consistente istruzione in Difesa? Quante persone erano state penosamente impreparate per gli assalti dei Mangiamorte, perché non gli era mai stato insegnato a lanciare un incantesimo protettivo decente, senza parlare di un Expelliarmus?
Troppe, Severus ne era certo.
Severus si riscosse, decidendo di pensare a qualcos’altro.
Si era preso la responsabilità di parlare con Hermione. Era venuta nel suo ufficio per sapere di un particolare effetto di un ingrediente, quando lui aveva deciso che l’avrebbe salvata da qualche futura tristezza. Non aveva gradito particolarmente il compito, ma doveva essere fatto. Qualcuno doveva dirle, a parole chiare, che il suo comportamento dispotico non era d’aiuto a nessuno. Lei l’aveva presa piuttosto bene, pensava Severus, e aveva dovuto trattenere solo qualche lacrima e non anche singhiozzi (come si era aspettato lui).
Alla fine, aveva annuito con comprensione ed era scappata dalla stanza.
Severus era compiaciuto dei risultati, ed era sicuro che non ci sarebbe stata alcuna Gryffindor in lacrime nel bagno delle ragazze, questo Halloween. Che sollievo.

O o O o O

La scuola era in fermento per la novità per cui presto Silente non avrebbe più insegnato DADA. Evidentemente, aveva trovato un sostituto e avrebbe presto annunciato il nuovo professore.
Harry non poteva dire di provare piacere a questa notizia. Che sarebbe successo se il nuovo professore fosse stato (Voldemort a parte) pessimo come Raptor? Certo, auspicabilmente era stata posta maggiore attenzione nel trovare una sostituzione di quanta ne fosse stata messa nell’assumere Raptor, ma si sentiva ancora a disagio.
Entrando nella Sala Grande con Neville e gli altri, la trovarono ampiamente addobbata con decorazioni di Halloween.
Harry era ancora un po’ incerto su che emozioni avrebbe dovuto provare riguardo a quel giorno. Certo, era un giorno di vacanza e divertimento e prometteva di essere molto più piacevole dei suoi Halloween precedenti, ma era anche quel giorno. Il giorno in cui i suoi genitori gli erano stati portati via. Il giorno in cui Voldemort lo aveva marchiato.
«Tutto ok, Harry?» Chiese Neville mentre si sedevano davanti a Susan e Hannah.
«Sì, stavo solo pensando.»
Neville annuì. «Capisco.»
Harry non gli chiese se capiva per davvero, ma sembrava di sì, per cui Harry gliene fu grato.
La festa passò in fretta, e presto si ritrovarono a sollevare lo sguardo al Preside che si era alzato in piedi.
«Bene, ora che ci siamo abbuffati adeguatamente, vorrei avere il piacere di presentarvi il vostro nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure,» disse, indicando la fine del tavolo dov’erano seduti Madama Pomfrey e Filius.
Il corpo studentesco seguì il cenno del Preside e i loro occhi si fermarono su un uomo dall’aspetto piuttosto misero. Certo, a un’occhiata più ravvicinata, era ben rasato e aveva i capelli pettinati, ma i suoi abiti… Avevano visto giorni migliori.
Harry fece una smorfia, domandandosi perché Hogwarts non avesse dato un anticipo a quell’uomo in modo da fargli acquistare una tenuta più dignitosa all’ingresso nella scuola. Aveva capito che era cosa comune una pratica del genere nel mondo Babbano. Serviva anche a mostrare la professionalità di un’azienda. Zio Vernon si era dilungato tanto nel parlare dell’importanza dell’immagine di un’azienda e di come i suoi impiegati fossero parte di quell’immagine. Aveva iniziato quella tirata dopo aver trovato una macchietta minuscola sulla punta della sua cravatta da lavoro.
Quel giorno Harry aveva dovuto strofinare quella cosina per più di un’ora per riuscire a farla sparire.
Harry riemerse dal proprio ricordo e si focalizzò nuovamente sull’uomo dall’aria esitante, che si era alzato in piedi quando Silente lo aveva indicato.
Nonostante il suo abbigliamento, il nuovo professore aveva una certa sicurezza che Harry riconobbe subito. Era evidente dal modo in cui si teneva dritto nonostante, credeva Harry, il suo apparente desiderio di tornare a sedere, lontano da occhi scrutatori. Ad Harry ricordò il custode della sua vecchia scuola, quando il direttore lo aveva presentato al corpo studentesco durante un’assemblea tenuta nel Giorno della Memoria. Era un veterano della seconda guerra mondiale.
:Sembra più capace di quel tipo col turbante pieno d’aglio: Sibilò piano Coral.
:Speriamo: Replicò Harry.
«Il Professor Remus Lupin,» lo presentò Silente.
La scuola applaudì educatamente, domandandosi se quest’uomo sarebbe stato un buon insegnante, o se sarebbe stato come tutti gli altri prima di lui.
Lupin tornò a sedersi con un breve sorriso a tutti loro subito dopo, senza dire una parola.
Harry non poté evitare di essere ansioso per la prossima lezione di DADA che ci sarebbe stata la settimana successiva.

O o O o O

Severus era distaccato nei riguardi di Remus (per non dire della gente in generale). Remus non ci aveva fatto caso e sembrava contento della nuova sistemazione; comunque, Severus sapeva che la calma non sarebbe durata a lungo visto che Harry sarebbe stato coinvolto.
Se Harry rimaneva costante nei suoi sviluppi e agiva come aveva già fatto durante le lezioni di DADA di Albus, Remus lo avrebbe notato. E quindi sarebbe andato da Minerva, la sua ex Capo Casa, e le avrebbe chiesto la sua opinione su Harry. Da lì, le cose avrebbero subito un’accelerazione.
La domanda che ora Severus stava facendo a sé stesso era… Doveva cercare di fermare la cosa o far sì di essere coinvolto quando fosse accaduta? Doveva farsi avanti e guidare la situazione? Oppure sarebbe stato meglio per lui rimanere nelle retrovie in quel caso e guardare come si svolgevano gli eventi?
Non lo sapeva.
Albus aveva ammesso con lui, in precedenza durante quella settimana, prima di contattare Remus, che Harry stava mostrando sorprendenti abilità nella magia ed era arrivato davvero molto avanti in tutte le sue lezioni.
La sua dedizione e determinazione era evidente in ogni tentativo di incantesimo che faceva, e che il primo tentativo fosse efficace o meno, era sempre entusiasta di migliorare. Il suo entusiasmo per questi miglioramenti era oltretutto unico. Al contrario degli studenti più appassionati (come Hermione), non era esplicito riguardo alle sue abilità o alle sue crescenti conoscenze. Era raro che alzasse la mano volontariamente per rispondere quando un professore faceva una domanda alla classe; al contrario, teneva la testa bassa. Le uniche volte in cui rispondeva era quando veniva interrogato in maniera diretta, ma quando lo faceva era sempre accurato e rapido.
Era come una spugna, e più Severus udiva i commenti dei suoi colleghi riguardo al ragazzo, più una parte di lui si gonfiava d’orgoglio per il suo vecchio amico, mentre un’altra parte si rattristava. Erano stati così ciechi l’ultima volta da non essersi resi conto di uno studente così insaziabile?
Certo, doveva ricordare a sé stesso che le interazioni dei professori con Harry non erano l’unica cosa diversa stavolta. Harry era in una Casa diversa e aveva amici differenti, e il fatto che Neville Paciock fosse il suo migliore amico aveva sicuramente cambiato le cose. Invece che Ronald Weasley, che era stato un amico totalmente leale ma una distrazione costante, ora aveva Neville, a cui non interessava il Quidditch o altre amenità inutili. Neville bramava rendere orgogliosa sua nonna, e, ora che aveva acquisito un po’ di fiducia in sé stesso, grazie a Harry, in cambio stava contribuendo a mantenere Harry concentrato.
Ma anche così, erano stati veramente ciechi l’ultima volta. E non è che a lui e agli altri professori non fossero stati elargiti indizi delle abilità di Harry, durante la vecchia linea temporale. Era riuscito in cose in cui la maggior parte degli adulti si sarebbe ritrovata impotente, e poi al suo terzo anno… Aveva speso quante ore con Remus per imparare l’Incanto Patronus? E poi quello stesso anno aveva scacciato violentemente centinaia di Dissennatori. Quell’impresa non era stata ovviamente normale. Non per un adulto e di certo non per un ragazzino di tredici anni.
Come avevano fatto a non accorgersene? Come avevano fatto a non notarlo e a non segnalarlo agli altri? E poi al suo quarto anno… Harry si era dedicato a innumerevoli libri, assorbendo più che poteva nel breve tempo che aveva. E per coronare tutto ciò, era riuscito a diventare un avversario alla pari con i suoi competitori. Certo, era stata anche una questione di fortuna, ma alla fin fine aveva avuto successo dove molti altri avevano e avrebbero fallito.
Aveva vinto il torneo, prima di fronteggiare Voldemort e scappare salvando la propria vita e il corpo del suo amico.
Cedric.
Severus si chiese se le cose sarebbero state diverse dall’ultima volta. Il fato sarebbe stato così crudele e avrebbe scelto di nuovo quel ragazzo per il torneo?
Il torneo stesso sarebbe stato organizzato? Lui di sicuro sperava di no.
Allontanò i pensieri da tali cupi ragionamenti e si focalizzò sul presente. Pomona aveva parlato con lui qualche tempo prima quel mese, a proposito di Harry e del suo incidente con Smith. Era stato piacevolmente sorpreso che la donna fosse venuta da lui, invece che dal Preside, ma era successo proprio così.

«È stato stupefacente, Severus,» disse lei, sedendosi sulla sua poltrona.
«Oh?»
«La sua furia era comprensibile. Quello che Smith aveva detto era del tutto riprovevole, ma il controllo di Potter… Era sbalorditivo.»
«Immagino.»
«Avresti dovuto vederlo, Severus, dubito che perfino Albus abbia tanto controllo nel trattenere la propria magia.»
Severus annuì, pensieroso, ripensando all’incidente nell’ufficio del vecchio mago quando gli aveva detto della vita di Harry dai Dursley.
«Beh, il motivo per cui sono venuta è di farti sapere quello che è successo e di informarti che inizierò a dare al ragazzo delle piccole lezioni dopo le vacanze.»
«Piccole lezioni?» Chiese Severus, improvvisamente domandandosi che cosa avesse in mente esattamente la donna paffutella.
«Per sviluppare il suo controllo. Mi è parso di capire che tu gli avessi dato delle letture extra a proposito di questo argomento?»
Lui annuì.
«Beh, i libri possono portarlo solo fino a un certo punto, e, con quel tipo di controllo, un’istruzione è necessaria. Se ho visto giusto, ha già iniziato a usare le tecniche descritte in quel libro sulla magia interiore. Avrà bisogno di ulteriori indicazioni o il suo controllo si fossilizzerà su come è adesso, e non evolverà affatto. Certo, il suo controllo è già straordinario, ma ha grandi possibilità di crescere. È a malapena a metà strada verso il pieno potenziale della sua magia, dopotutto.»
Severus sbatté le palpebre, capendo il suo punto di vista per cui era necessario fare quella mossa.
«Ne hai già parlato col Preside?» Domandò.
«No, non ancora. Ho immaginato che sarebbe stato meglio chiedere il perdono che il permesso in questo caso, e lo farò se, quando lo scoprirà, dovesse trovarsi in disaccordo con la mia decisione.»
L’insegnante di Pozioni ghignò. Chi poteva immaginare che il Capo di Hufflepuff potesse essere così subdolo?
«Molto bene. Dopo le vacanze allora,» disse lui. «Oh, e gli ho dato un libro di Occlumanzia. È ancora troppo giovane per iniziare davvero a praticare l’arte, ma alcuni degli esercizi calmanti del libro potrebbero essere utili con qualunque cosa tu abbia pianificato per lui.»
«Grazie, lo terrò a mente.»


Severus sorrise, molto grato del fatto che Harry fosse stato sorteggiato nella Casa di Pomona.

O o O o O

Harry e gli altri Hufflepuff entrarono nell’aula di DADA con i Gryffindor, e tutti loro si domandavano come sarebbe stato questo insegnante. Andando a sedersi, volsero rapidamente l’attenzione al Professor Lupin, che era appena entrato dal suo ufficio.
«Buon pomeriggio,» fece lui. «Ho visto che il Preside è stato interrotto mentre vi stava insegnando a difendervi da fatture semplici e a come contrattaccare, giusto?»
Ricevette in risposta alcuni cenni di assenso.
«Molto bene. Allora aprite i libri al capitolo otto. Inizieremo uno studio approfondito degli incantesimi scudo.»
La lezione continuò, e i ragazzi furono contenti di constatare che riuscivano a capirlo e che gli stava veramente insegnando qualcosa.
«Più tardi questa settimana, proveremo a lanciare gli incantesimi scudo basici, ma sono convinto che in questo caso sia importante avere in precedenza una salda comprensione della teoria,» affermò, camminando tra i banchi e assicurandosi che nessuno stesse battendo la fiacca o leggendo qualcosa che non doveva.
Harry aveva già letto quel capitolo, ma le illustrazioni al suo interno erano interessanti e così era appagato dallo studiare il movimento della bacchetta e dal ripetere mentalmente la formula necessaria.
All’improvviso, Coral si irrigidì attorno al suo polso, stringendosi attorno alla bianca cicatrice. Harry si piegò rapidamente in avanti, abbassando il volto verso di lei.
:Che c’è che non va?: Chiese Harry mentre il Professore lo sorpassava e poi continuava verso Susan che aveva alzato la mano.
:Il Professore. Lui… è difficile da spiegare, sento solo che…: Sibilò piano lei.
:Cosa senti?: Chiese Harry, non notando che il Professor Lupin si era voltato di nuovo verso di lui dopo aver risposto alla domanda di Susan.
:È pericoloso. Mi sento… quasi minacciata:
Harry fece una smorfia, sollevando il volto verso il professore, solo per raggelare al vedere che lui lo stava fissando. Incontrò il suo sguardo e non poté evitare di mantenere gli occhi fissi nei suoi.
Harry lasciò che la sua magia fluisse dal suo nucleo e gli fluisse dentro, come era scritto nel libro quando uno doveva tranquillizzarsi, cercando di restare calmo mentre fissava di rimando i profondi occhi nocciola del nuovo professore.
Coral aveva ragione.
Quell’uomo era pericoloso.
Non sapeva come lo sapeva, ma lo sapeva.
Il professore si voltò e tornò verso il davanti dell’aula.
«Per giovedì, vorrei un rotolo di pergamena di un metro sugli incantesimi scudo, che esponga le loro forze e debolezze,» disse Lupin, al termine della lezione.

O o O o O

«Qualcosa in lui non va,» affermò Harry con calma.
Erano fuori, vicino alla capanna di Hagrid.
«Però sembra gentile, ed è molto meglio di Raptor, e a sentire gli studenti più grandi è uno dei migliori che abbiano avuto da anni. È quasi bravo quanto Silente nell’insegnare la materia,» commentò Susan.
«Sono d’accordo con te, ma qualcosa… non lo so.» Harry sospirò, desiderando di sapersi spiegare.
«Beh, è un bravo insegnante. Chissà che cosa ha passato per imparare quello che sa sulla Difesa,» suggerì Neville. «Voglio dire, ha un sacco di cicatrici.»
«Che cosa senti, Harry?» Chiese Susan.
«Sento come se fosse pericoloso. Come, se potesse… non so, essere sguinzagliato.»
«Così lo fai sembrare quasi un animale,» fece Susan con una smorfia.
Harry sbatté le palpebre. «Hai ragione, ma è proprio quello che sembra.»
«Come se fosse un animale selvaggio?» Domandò Neville, confuso.
«Beh, una specie.» Harry ammise, provando anche lui a venirne a capo. «Non sto dicendo che sia malvagio, ma lui è… Molto più di ciò che sembra, credo.»
«Come un Animagus?» Chiese Susan.
«Come la McGrannitt?» Domandò Harry. «Hmm, penso che potrebbe essere.»
«Già, e forse è un orso gigante o una tigre, e per questo senti che è pericoloso per te e per Coral,» acconsentì Neville.
Harry assottigliò un po’ gli occhi, non del tutto convinto. «Forse.»

O o O o O

Remus riusciva a stento a credere a quanto fosse cambiata la sua vita nella settimana appena trascorsa. Ora aveva un posto bello e caldo in cui stare, un lavoro ben pagato nel suo posto preferito al mondo, e insegnava al ragazzo del suo migliore amico!
Non avrebbe mai immaginato di poter essere così appagato.
E Harry, wow, quel ragazzo era strabiliante. Era proprio figlio di Lily. Eccelleva in tutte le materie e lavorava con fervore come se dovesse dimostrare qualcosa.
Remus si domandava che cosa fosse a spingerlo.
«Come è stata la tua prima settimana come professore, Remus?» Gli chiese Filius entrando nel suo ufficio.
«È stata davvero grandiosa,» rispose lui, non troppo sorpreso che il basso professore fosse passato a trovarlo.
«Bene, bene. Così, nessun problema, suppongo?»
«Cioè con gli studenti? No, non ancora. Sono rimasto impressionato da alcuni di loro, comunque.»
«Oh?»
«Cedric Diggory sembra avere un buon intuito nell’afferrare i concetti, e Penelope Clearwater è molto arguta.»
Filius si inorgoglì al sentir parlare di uno dei suoi Ravenclaw.
«Ma sono ancora più sbalordito da Harry Potter. Essendo il figlio di James, confesso che mi ero aspettato qualcuno di diverso; certo, ha preso da Lily.» Disse, facendosi malinconico alla fine.
«Sì, è piuttosto notevole, non è vero? Sono certo che Albus ti abbia parlato della sua speciale situazione quando sei arrivato.»
Remus annuì, ricordando la propria sorpresa al sentirsi dire di Coral e dei Serpincanti di Harry. Aveva letto il Profeta, certo, ma era diverso sentirlo dal Preside. Aveva anche trovato strano il fatto che il Preside non avesse menzionato affatto i Dursley. Voleva chiedergli lui qualcosa al proposito, per sapere se Harry era felice lì, ma era stato distratto dai programmi delle sue future lezioni e da tutto il resto dopo che Silente gli aveva dato una panoramica dei recenti eventi riguardanti Harry. Un Rettilofono… wow.
«Allora, che cosa pensi del ragazzo finora?» Chiese Filius con curiosità. «Mi piacerebbe un’opinione da occhi nuovi.»
«È molto attento e capisce rapidamente le cose. Però, non sono sicuro se questo sia una conseguenza del fatto che si porti avanti rispetto al programma. Non si mette in mostra, ma risponde sempre alle domande che gli faccio, senza problemi. Lui...» Remus si interruppe, incapace di nascondere una smorfia.
«Cosa? Che c’è, Remus? Lui… cosa?» Chiese Filius poiché Remus non continuava.
«Sembra che stia in guardia. In guardia… da me. E non capisco perché.»
Filius annuì lentamente con cupa comprensione. «Ho capito.»
«Sai il perché potrebbe essere così? O me lo sto solo immaginando?»
«Sfortunatamente, è probabile che tu non te lo stia immaginando. Dopotutto, ha un’ottima ragione per essere sospettoso verso di te, in quanto sei il nuovo professore di DADA e quello vecchio non è stato esattamente piacevole.»
«Ma perché lui è l’unico a comportarsi in questo modo? Nessuno degli altri studenti cerca di non perdermi mai di vista quando entro in aula, nessun altro si irrigidisce, anche se quasi impercettibilmente, ogni volta che gli sono più vicino di un metro e mezzo.»
Filius sospirò. «Sai che lo studente preso di mira da Raptor era un Hufflepuff?»
«Sì, ma che vuol di- Oh, Merlino. Era lui? Era lui l’Hufflepuff?»
Filius annuì gravemente.
«Ora capisco tutto.»
«Sono sicuro che col tempo vedrà che non intendi fargli alcun male. Ha partecipato ancora solo a poche delle tue lezioni, dopotutto.»
Remus annuì, ora molto pensieroso.
«Bene, allora ci vediamo domani,» salutò Filius, decidendo di andare via.
«Sì, a domani. Grazie per essere passato.»
«Prego, e se hai qualche domanda, sai dove trovarmi.»

O o O o O

«Si sta ammalando di nuovo,» sussurrò Neville a Harry quando entrarono nell’aula di DADA.
Harry annuì, gli occhi stretti con leggera preoccupazione ma anche con lieve sospetto.
A metà del mese precedente, il professor Lupin si era ammalato e il Preside aveva dovuto sostituirlo per due giorni interi. Ora, un’altra volta, sembrava che il professore stesse ammalandosi di nuovo, e esattamente allo stesso modo dell’ultima volta.
«È strano.» Mormorò Harry.
«Sì, lo è. I maghi non si ammalano spesso. Non siamo come i babbani,» replicò Neville piano mentre il professore diceva alla classe di tirare fuori i libri. Evidentemente, si sentiva troppo male per tenere una lezione pratica quel giorno, e voleva che lavorassero sulla teoria.
Harry era ancora guardingo nei confronti di Lupin. Da un lato, gli piacevano le sue lezioni e stava imparando molto da lui, ma, dall’altro, non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che quell’uomo stesse nascondendo qualcosa. Qualcosa di pericoloso.
Si ritrovò a preoccuparsi per la salute dell’uomo, comunque. Ma poi non poteva fare a meno di chiedersi se il malanno ricorrente di Lupin fosse un trucco per nascondere qualcosa di sinistro, come il balbettio di Raptor era stato una maschera della sua vera natura. Certo, si era ammalato solo due volte finora, ma sembrava come se il Professore fosse abituato ad ammalarsi.
I conti non tornavano. Naturalmente, Harry era sicuro che il Preside avesse infuso una particolare cura nel trovare il sostituto per DADA, e di sicuro il Professor Piton non avrebbe permesso che qualcuno poco raccomandabile si avvicinasse a lui e agli altri studenti, considerando quello che era accaduto prima. Ma, lo sapeva, nessuno era infallibile. Il personale di Hogwarts era già stato ingannato una volta; potevano essere stati ingannati di nuovo.
Passando a un altro argomento, le vacanze di Natale si stavano avvicinando, e Harry si chiedeva dove sarebbe andato nel frattempo. Sapeva che Neville e Draco tornavano a casa per la pausa scolastica, come la maggior parte degli studenti; ad ogni modo, sapeva che lui non poteva proprio… beh, sapeva che non sarebbe tornato dai Dursley per Natale, non che avesse niente da dire in contrario.
Supponeva che rimanere a Hogwarts non sarebbe stato così male. Avrebbe potuto dare un’occhiata alla biblioteca senza nessuna distrazione e leggere quanto gli pareva. Si chiese quali dei professori sarebbero rimasti. Sperò che uno fosse il Professor Piton. E forse Madama Pomfrey avrebbe avuto altri progetti per lui. Recentemente, gli aveva fatto cominciare a fare diagnosi sui pazienti che venivano in Infermeria, cosa che gli aveva permesso di usare un’altra abilità inclusa nei Serpincanti. Era brevemente menzionata ne “L’arte dei Serpincanti”, ma non nei particolari. Harry imparò presto che era una tecnica molto ovvia.
Mentre toccava un paziente e chiedeva quale fosse il problema, gli veniva mostrato…

«Vai, Harry,» lo incitò Madama Pomfrey, indicandogli il Gryffindor di terzo anno.
Harry annuì e poggiò la mano sul braccio di Lee Jordan. :Qual’è il problema?:
D’improvviso, visibile solo a lui, il ginocchio destro del ragazzo più grande emise un lento luccichio, e, con un’immagine mentale, Harry vide un primo piano di muscoli e tessuti sotto la pelle in quel punto. Sembrava che fosse un po’ gonfio, e riusciva proprio a vedere il sangue che era filtrato nell’area circostante.
Harry guardò il ginocchio del ragazzo, che era coperto dai jeans. «Qualcosa ti ha colpito al ginocchio di recente?»
Il ragazzo di colore fece un fischio. «Eccezionale! Come lo sapevi?» Chiese Jordan. «Sono stato colpito da un bolide durante un allenamento di Quidditch qualche giorno fa. Quel coso si era allontanato dai gemelli per un momento.»
«Bene, hai ancora un po’ di gonfiore, e ho ragione se dico che lì hai anche un brutto livido?»
Jordan annuì, impressionato, mentre Harry mise Coral più vicina e parlò in Serpentese.
«Proprio eccezionale,» sussurrò Jordan, mentre sentiva guarire il proprio ginocchio.


Anche Harry pensava che fosse una tecnica eccezionale, e si domandava che cosa gli sarebbe stato mostrato se avesse praticato una diagnosi del Professor Lupin.

O o O o O

Le settimane trascorsero rapidamente, e Severus riusciva a stento a credere che si stessero preparando per le vacanze invernali.
Era molto strano. L’ultima volta, era stato preoccupato che Raptor rubasse la pietra e frustrato dai risultati di Quidditch. Stavolta, le sue preoccupazioni si concentravano su cose completamente diverse.
Silente aveva dei sospetti, sebbene Severus fosse certo che le sue congetture fossero del tutto fuori strada, cosa che rappresentava l’unica fortuna in tutto quel macello. Il Preside era chiaramente preoccupato per il suo benessere, per qualche ragione, e glielo aveva inconsapevolmente fatto sapere ad ogni occasione. Una parte di Severus desiderava solo gridare tutta la verità per porre fine alle occhiate preoccupate di Albus verso di lui, a stento celate. Ma poi, ammetteva Severus, rivelare la verità gli avrebbe portato solo più problemi e avrebbe reso tutto più complicato.
Così, decise di resistere.
Resistere. Sembrava che fosse l’unica cosa in cui era veramente bravo. Certo, era uno stratega dotato, una spia astuta, e il più giovane Insegnante di Pozioni da oltre due secoli, ma in fondo, si sentiva… sospettoso, vecchio, e teso. Non era riuscito a dormire bene nelle ultime notti, e non sembrava che questa notte le cose sarebbero state differenti.
Poteva vedere i cambiamenti che aveva operato in Harry, ed era orgoglioso del ragazzo, lo era davvero, ma aveva… paura. Paura che sarebbe stato tutto inutile. Una parte di lui sapeva che era troppo duro con sé stesso, troppo negativo, e sapeva che l’Harry che lui aveva lasciato non avrebbe approvato i suoi pensieri pessimistici, ma non riusciva a farne a meno. Era nella sua natura. Ogni minimo bene che avesse mai compiuto gli si era solo ritorto contro prima della fine. Nulla di ciò che aveva fatto era mai durato, e nessuno di quelli che aveva tentato di aiutare si era davvero salvato.
Severus colpì forte col palmo della mano la parete della sua stanza privata. Gli piacque l’eco che si creò, e si permise di focalizzarsi sul dolore che gli formicolò nella pelle dopo che scomparve il suono della sua carne che colpiva la pietra.
Stava facendo davvero lo stupido. Lo sapeva. Harry non lo aveva rimandato indietro solo per farlo rimuginare su domande del genere. Il suo amico non aveva prosciugato il proprio nucleo magico, dandogli una seconda possibilità, solo perché lui si tormentasse nella sua miseria e si rodesse per un possibile futuro di morte e senza speranza.
Severus si raddrizzò e tirò via la mano dolorante dal muro, rimproverandosi per essere scivolato in una disperazione così sciocca. Lui era meglio di così! Era il Capo di Slytherin, un membro dell’Ordine della Fenice, un combattente segreto della Resistenza di Potter!
Espirando, Severus chiuse brevemente gli occhi.
Riscuotendosi, si mosse e si sedette nella sua confortevole poltrona, ricordando quello che Harry gli aveva detto proprio prima di rimandarlo indietro…

«Mi fido di te, Severus,» disse Harry, facendo un passo indietro e entrando nel cerchio di rune disegnato sul pavimento. «Se c’è qualcuno che può farcela, sei tu.»
«Hai davvero una gran fiducia in me, Harry, più di quanto avrei mai immaginato di ricevere da te… o da chiunque altro. Cercherò di non deluderti, anche se -non lo sapresti mai, anche nel caso in cui io fallissi.»
«Silente aveva la stessa fiducia in te che ho io,» puntualizzò Harry. «E tu non fallirai. Sei troppo testardo.»


Severus sorrise dolcemente nel buio dei suoi alloggi, ricordando che anche se lui non aveva fede in sé stesso, Harry l’aveva avuta e, forse, l’avrebbe avuta ancora.
Con questo, l’Insegnante di Pozioni chiuse gli occhi, e il sonno lo trovò…

L’aria della notte era densa di nebbia nera. Piccoli incendi erano disseminati tra i mucchi di macerie che una volta erano stati gli edifici di Diagon Alley.
Le colonne della banca erano crollate, e tra le rovine c’erano cadaveri di folletti e maghi.
«Siamo arrivati troppo tardi,» affermò un uomo, cadendo in ginocchio.
«No, non del tutto.» Replicò una voce più vecchia. Silente.
Severus fece un passo al fianco dell’ex-Preside, gli occhi rivolti all’uomo inginocchiato. «Alzati, Lupin,» gli ordinò. «Dobbiamo trovarlo.»
Questo fece evadere Remus dal suo stato di trance, e l’uomo si tirò subito in piedi.
«Alla banca, andiamo adesso,» asserì Silente, muovendosi tra i detriti e passando al di là dei corpi freddi con grave facilità.
Arrivarono alle pareti devastate della Gringott, le grandiose porte in pezzi sparsi ovunque. La soglia stessa ora era inclinata, lungo gli stipiti c’erano le cicatrici di marchi a fuoco. Entrarono in quel luogo silenzioso, domandandosi se avrebbero trovato un qualsiasi tipo di vita. C’era così tanta morte intorno a loro. Questo era uno dei luoghi peggiori che avessero visto in quel mese. I seguaci di Voldemort stavano davvero diventando essi stessi dei Signori Oscuri.
Con le bacchette sollevate e luminose, continuarono ad addentrarsi nella banca, inoltrandosi nelle viscere buie dell’edificio distrutto. Ad ogni passo, la loro speranza diminuiva e il dubbio cresceva. Potevano non riuscire mai a trovarlo.
Bussare. Sentivano bussare.
«Severus,» fece Silente, la sua voce che echeggiava attorno a loro. «Da questa parte.»
Il bussare diventò più forte, più urgente, mentre si inoltravano più a fondo nella banca. Severus non era sicuro di dove si trovassero ora, ma era certo che avrebbero dovuto incontrare dei draghi qualche piano più in su. Che cosa era successo qui?
La distruzione era senza eguali, ma non era chiaramente stata tutta causata dai Mangiamorte, perché ora loro stavano trovando alcuni Mangiamorte tra i cadaveri, alcuni anche di alto rango. Il simbolo serpentino a “V” sui loro mantelli, seguito da più o meno onde, rappresentava il loro grado. Più erano le onde dopo la V, più erano in alto.
Continuando, trovarono molti altri Mangiamorte, e sempre meno folletti. Chiunque aveva fatto tutto ciò doveva essere stato molto rapido e deciso nella propria opera. Non erano stati usati degli Anatemi mortali, ma qualcosa di altrettanto potente.
«Severus!»
Severus si voltò verso la voce scioccata di Silente e trovò il proprio mentore che puntava la bacchetta verso una tra i più temuti di tutti i Mangiamorte.
«Bellatrix,» esalò Remus.
«È morta,» affermò Silente dopo un momento, avendo superato la sorpresa nel vederla.
«C-come?» Chiese Remus, tremando.
«Non lo so,» rispose Silente, prima di sentire bussare di nuovo.
«Da questa parte,» disse Severus, dirigendosi verso uno dei corridoi più angusti.
Scendendo lungo di esso, arrivarono fino a un crollo. Bloccava l’intero passaggio.
«Harry?» Gridò Remus.
Ancora quel bussare, più agitato di prima.
«Severus, crea uno scudo su di noi mentre finisco l’incantesimo,» fece Silente.
«Sì, Pres- Albus,» replicò lui, facendo una piccola smorfia nel correggersi troppo tardi.
Silente non voleva più essere chiamato Preside. Hogwarts era caduta, e a lui non piaceva ricordarlo.
Ignorando l’errore di Severus, Silente fece loro cenno di stare indietro mentre sollevava la bacchetta.
«Harry, stiamo per tirarti fuori!»
BOOM!
Scagliò le macerie all’indietro, verso di loro, così da non ferire Harry. Severus creò lo scudo e li protesse.
«Harry!» Gridò Remus, affrettandosi in avanti con Silente e Piton subito dietro.
Harry si era rannicchiato contro l’angolo più lontano. Non aveva nulla in mano, e Severus si chiese che fine avesse fatto la sua bacchetta. Guardandosi intorno e facendosi luce con le bacchette, videro che l’area era una piccola stanza. Non era stata una camera blindata, ma sembravano i resti di una camera cerimoniale dei folletti.
Severus si concentrò su Harry, che ora era crollato su un fianco, col sangue che gli usciva dal naso.
«Harry, che cosa è successo qui?» Chiese Silente mentre si inginocchiava di fianco a lui. Remus era ai suoi piedi, mentre Severus era alle spalle di Silente.
Harry scosse la testa, chiudendo gli occhi. «Io...» La sua voce tremò, e una strana sensazione magica si levò nell’aria.
«Harry, per favore...» Silente insisté gentilmente. «Per favore, dicci che cosa è successo qui.»
Guardarono il giovane uomo che prendeva diversi respiri per calmarsi, prima di riaprire gli occhi e sollevarli verso di loro. «I-io ho provato ad aiutare i folletti, ma i Mangiamorte ci hanno spinto indietro, e lei… il drago… e poi hanno sfondato le porte. Ho pensato che stavo per morire, e...»
«Cosa, Harry? Che cosa è successo?» Chiese Silente, afferrando la mano tremante di Harry.
«La mia bacchetta si è spezzata,» disse all’improvviso Harry.
«Bella ti ha spezzato la bacchetta?» Chiese Remus dolcemente, non così sorpreso che la donna potesse fare una cosa del genere.
«N-no, sono stato io. Ho lanciato un incantesimo e lei… mi si è sbriciolata in mano.»
Remus sbatté le palpebre, confuso, Severus fece una smorfia, e Silente spalancò gli occhi.
«Va bene, ragazzo mio, andrà tutto bene,» mormorò Silente, chinandosi in avanti e posando l’altra mano sulla spalla del giovane.
Harry s’irrigidì completamente e sollevò il viso,lo sguardo gli divenne estremamente e terribilmente a fuoco.
«Li ho uccisi, Signore. Li ho uccisi io. Li ho uccisi tutti.»
«Lo so, Harry,» sussurrò Silente, tirando Harry verso di sé. «Lo so.» Con questo, Harry svenne addosso all’ex-preside, e il vecchio voltò gli occhi alla sua spia. «Severus-»


«Severus? Severus?»
Severus aprì gli occhi di colpo, sentendo una mano estremamente ferma sulla propria spalla mentre si svegliava di soprassalto. Non si fermò a pensare, non usò quel minuscolo secondo per determinare dove o quando fosse, ma reagì e basta.
Sollevando il gomito, colpì il braccio dell’individuo e lo spinse in alto e lontano dalla propria spalla, prima di distendere completamente il braccio e chiudere la mano in un pugno ferreo, che scagliò addosso al petto dell’invasore per spingerlo via.
Udì l’ospite indesiderato che gemeva di sorpresa per l’impatto che senza dubbio gli aveva tolto il fiato. Severus non aspettò che gli altri rispondessero al suo attacco a sorpresa e balzò via dalla sedia, si allontanò roteando, e puntò loro contro la bacchetta.
Raggelò.
Là, nel buio del suo salotto, c’era Albus Silente, che cercava di riprendere fiato con la mano destra appoggiata al petto e quella sinistra sollevata in segno di resa.
«Diavolo! Non lo faccia mai più! Le ho quasi fatto saltare la testa!» Si ritrovò ad esclamare Severus.
Silente si raddrizzò, ripresosi a sufficienza dall’attacco di Severus. «Chiedo scusa, Severus, ma dopo aver bussato molte volte alla porta, e averti chiamato per nome, non ho ricevuto risposta. Di solito sei molto sollecito nel rispondere, quindi non ho potuto fare a meno di preoccuparmi. Non sono nemmeno le dieci di sera, e ho saputo che difficilmente ti ritiri a letto prima delle undici. Essendo il Preside, mi sono preso la libertà di entrare per vedere se stessi bene.»
Severus fece una smorfia, ripensando a quello che aveva sognato e capendo il modo in cui aveva fuso la realtà col suo rivivere il passato… o futuro. Era stato fortunato a non aver chiamato Silente ‘Albus’ qualche istante prima, perché in quel momento non era stato abbastanza sveglio da realizzare dove si trovasse, e quando.
«Stai bene, ragazzo mio?» Chiese Silente dopo un momento.
Severus annuì. «Sì, Preside. Solo che non sono abituato a essere svegliato dallo spavento in quel modo.»
«Mi scuso ancora. Non intendevo allarmarti.»
Severus minimizzò la cosa con un cenno, prima di tornare alla sua poltrona e sedersi, invitando silenziosamente Silente a fare lo stesso.
«Sei incredibilmente veloce ed agile, Severus. Sarebbe impossibile pensare che qualcuno possa riuscire a muoversi in modo così rapido immediatamente dopo essersi svegliato da un sonno profondo,» aggiunse Silente mentre si sedeva.
«Abbastanza. Quindi, deve avere avuto una ragione per venire qui così tardi,» fece Severus, decidendo di allontanare il discorso da quello che era successo.
Silente fece una smorfia al cambio repentino di argomento da parte di Severus, ma decise di lasciarlo correre. Non era la prima volta che Severus veniva svegliato violentemente, e non sarebbe probabilmente stata l’ultima.
«Beh, sono venuto per avere un tuo parere su una cosa,» affermò Silente.
Severus sollevò un sopracciglio. «E questa, suppongo, è una questione così importante che doveva parlarmene ora?»
«Non è un’emergenza, quindi non allarmarti, ho solo pensato che sarebbe stato saggio che cominciassi a pensarci, considerando le tue precedenti interazioni con il ragazzo, prima che le vacanze siano troppo vicine.»
«Il ragazzo? Vuole dire Harry Potter.»
«Sì.»
«Allora? Che c’è di nuovo? Ha fatto qualcos’altro che richiede la nostra attenzione? Madama Pomfrey le ha detto qualcosa?» Chiese Severus, improvvisamente molto interessato.
«No, nulla del genere. Ho solo ricevuto una chiamata tramite Polvere volante da Augusta Paciock. Mi informava che Neville le ha chiesto se poteva invitare Harry da loro per le vacanze.»
«E lei vuole sapere se penso che sia una buona idea permetterglielo?»
«Sì, per dirla in parole povere.»
«Beh, lei che ne pensa?» Domandò Severus, rigirandogli la domanda. Era curioso di quali fossero al momento i pensieri di Albus.
«Non ne sono sicuro. Credo che sia Harry che Neville possano trarre beneficio da una visita così lunga, ma non so se varrebbe la pena di rischiare la sicurezza di Harry. Non abbiamo più visto tracce di Voldemort, e sarei sorpreso se rimanesse nascosto ancora così a lungo. Era molto contrariato l’ultima volta che ci siamo incontrati.»
Severus scosse la testa. «Il Signor Potter non sarà mai completamente al sicuro da nessuna parte. Non può rinchiudere il ragazzo in una stanza imbottita ed aspettarsi che diventi un individuo saggio e rispettabile.»
«Sì, Severus, lo so, ed è questo il motivo per cui sono venuto da te. Se permetterò al ragazzo di andare dai Paciock, vorrei qualche assicurazione che tutto vada per il meglio.»
«Non creda che mi metterò a far loro da baby sitter o che li segua ovunque, Preside, perché se è a questo che sta pensando, farà meglio a inventarsi qualcos’altro.»
«No, no, nulla del genere. Vorrei solo alcune idee per delle linee guida da dare ad Augusta così che le usi con Harry. Lei si aspetta già qualcosa di simile, sono sicuro, perché capisce il pericolo che il ragazzo si porta potenzialmente dietro ovunque. Il ragazzo è un bersaglio, dopotutto.»
«Sono sicuro che Augusta sarà in grado di tenere i ragazzi in riga e al sicuro quanto possibile, senza alcun bisogno di linee guida esterne. E in quanto a garanzie, sarebbe saggio usare una Passaporta, come ultima risorsa. Mi sono già preso la responsabilità di dare al ragazzo una catenina di sicurezza,» fece Severus prima di riuscire a censurarsi da solo.
Severus resistette all’urgenza di sbattersi una mano sulla fronte. Era troppo stanco per tutto questo!
Silente sollevò un sopracciglio. «Una catenina di sicurezza, Severus?»
Severus riuscì a mantenere un tono casuale. «Ho sentito che era la cosa più saggia da fare. Ho detto al Signor Potter di tenerla sempre addosso, e lui lo sta facendo. Non ho mai rilevato che se la fosse tolta, e lui è al corrente del suo funzionamento. Non credo che, per quanto possa ricordare consciamente, abbia mai ricevuto da un adulto un regalo del genere.»
Gli occhi di Silente brillarono di tenerezza. «Grazie, Severus. Sapevo che venire da te sarebbe stata la scelta giusta. Chiamerò Augusta come prima cosa domattina e le farò sapere che avrà un ospite per le vacanze.»
«Sono lieto di essere stato d’aiuto.» Disse Severus piattamente.
Il Preside sorrise.


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Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Più che solo somiglianti.




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Capitolo 10
*** Più che solo somiglianti ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 10: [More Than Simply Similar] Più che solo somiglianti

«Certo, Neville!» Rispose Harry eccitato quando Neville gli chiese se voleva passare le vacanze con lui a Villa Paciock. «Grazie mille! Sarà grandioso!»
Neville arrossì. «Sono felice che tu abbia detto di sì. Quando ho chiesto alla Nonna il permesso di chiedertelo, non era sicura che avresti accettato.»
«E perché no? Sei il mio migliore amico!» Esclamò Harry, ancora elettrizzato dall’essere stato invitato e un po’ più a voce alta di come parlasse normalmente. Erano soli ai margini del giardino, fuori, quindi non c’era problema.
Neville esultò, un piccolo seme d’orgoglio che gli cresceva nel petto. Era il migliore amico di qualcuno!
«Quindi, dov’è che vivi?» Chiese Harry, un po’ più calmo, ora.
«Nella periferia del Wiltshire, in Inghilterra, con mia nonna.»
«È quella di cui parli sempre, giusto?»
Neville annuì.
Gli occhi di Harry si spalancarono all’improvviso, mentre abbassava lo sguardo a Coral. «Um, Neville, lei sa di Coral, vero?»
Neville annuì. «Sì, lei legge la Gazzetta del Profeta, anche se non ha una buona opinione di alcuni dei loro giornalisti. Le ho detto che Coral e Edvige sarebbero venute con te se avessi detto di sì.»
«E non avrà problemi con Coral?»
«Ha solo detto di farti sapere che Coral è una tua responsabilità.»
Harry annuì. «Okay.»
Neville sorrise, prima di farsi serio e preoccupato.
Harry fece una smorfia. «Neville, che c’è?»
«Beh, durante le vacanze, a un certo punto, andremo… a fare visita ai miei genitori, e io, beh, la nonna mi ha detto che tu dovresti saperlo...» Neville sospirò, trovando difficile aggiungere altro.
Harry sbatté le palpebre, un po’ confuso. «Okay, va bene, ma non capisco. Pensavo… beh, quando ho saputo che sei cresciuto con tua nonna, ho pensato che tu fossi… beh, come me.»
Neville sorrise tristemente. «Lo sono. I miei genitori vivono al San Mungo.»
Harry fece una smorfia; non gli piaceva dove stava andando a parare il discorso.
«Dieci anni fa, i miei genitori sono stati torturati dai Mangiamorte con la Maledizione Cruciatus. Non sono… beh, non sono più loro stessi,» continuò Neville piano. «E non lo saranno mai più.»
Harry deglutì. «Mi dispiace, Neville.»
Neville si strinse nelle spalle, incerto. «Non li ho mai conosciuti per davvero.»
«Comunque deve essere dura.»
«Lo è,» ammise Neville.
«Grazie per avermelo detto, Neville.»
Dopo di ciò, rimasero a lungo senza parlare.

O o O o O

Harry si fece strada fino all’ufficio del Preside. Le vacanze sarebbero cominciate l’indomani, e non vedeva l’ora di partire con Neville. Aveva già finito di fare le valigie, inclusi i libri di medicina che Madama Pomfrey gli aveva dato in prestito.
Non sapeva perché il Professor Silente lo avesse fatto chiamare, ma Neville aveva detto che forse era perché stava per andare con lui per le vacanze. Secondo quello che gli aveva detto Neville, sua nonna aveva ritenuto necessario chiarire le cose col Preside ancora prima che lui potesse invitarlo. Seguendo le istruzioni della Professoressa Sprite, si ritrovò di fronte a un gargoyle di pietra.
«Um, sorbetto al limone?» Chiese Harry, sentendosi un po’ stupido a parlare al gargoyle. Comunque, con sua sorpresa, quello scivolò di lato e una scalinata roteò comparendo alla vista.
Salì su e bussò alla porta.
«Entra, Harry.»
Harry obbedì, riconoscendo la voce di Silente.
Entrando nell’ufficio, ne fu subito rapito. C’erano così tanti aggeggi e cose scintillanti da guardare, ma non sembrava affatto un vecchio museo come qualcuno poteva pensare. No, aveva un’aria molto calorosa.
«Ciao, Harry.»
Harry guardò al centro dell’ufficio, trovando una larga scrivania di legno di fronte a un Albus Silente dall’abbigliamento variopinto. C’era un uccello rosso addormentato su un trespolo accanto alla scrivania.
«Salve, Signore,» tentò lui, venendo avanti.
«Caramella al limone, Harry?» Offrì lui, indicandogli la ciotola sul bordo della scrivania.
Harry sorrise. «Grazie, Signore.» Disse, fermandosi lì davanti.
«Prego, siediti, Harry. Se non l’avevi ancora capito, non sei nei guai.»
Harry fece un sorriso sollevato. Era stato piuttosto sicuro di non essere nei guai, ma era comunque bello sentirselo dire per certo.
«Bene, mi è stato detto che trascorrerai le vacanze con Augusta e Neville Paciock.»
«Sì, Signore.»
«Suppongo tu abbia finito le valigie?»
«Sì, Signore.»
Silente annuì, gli occhi scintillanti, prima di farsi leggermente più serio.
Alzandosi in piedi, si mosse verso uno degli scaffali dietro la sua scrivania.
Mentre sollevava la mano verso una delle scatole finemente decorate, Harry notò che la mano del Preside era premurosamente bendata con una benda bianca.
:Riesco a sentire lievi tracce di sangue secco nell’aria: Sibilò Coral piano. :Credo che il Preside si sia ferito in qualche modo:
Harry annuì silenziosamente, domandandosi che cosa fosse successo e perché il Preside non si fosse già curato da solo. Di certo il Preside era in grado di lanciare un semplice incantesimo di guarigione, no?
Silente si voltò verso di lui, tenendo in mano un piccolo, semplice medaglione che poteva essere attaccato a una catenina o a un braccialetto. C’era una fenice al centro del metallo bianco e delle incisioni in uno strano linguaggio sul bordo.
«Mi piacerebbe che tu indossassi questo d’ora in poi, Harry. È una Passaporta di emergenza. Si attiverà se la tua forza vitale dovesse abbassarsi all’improvviso per qualche ragione, o se dirai “Base di Fawkes”. Ti porterà qui e allerterà me e Madama Pomfrey del tuo arrivo.»
Harry sbatté le palpebre.
«Questa è solo una precauzione, Harry. Il Professor Piton ti ha parlato della necessità di cose del genere, vero?»
Harry annuì lentamente, prendendo il medaglione e notando un piccolo uncino su di esso che poteva facilmente attaccare alla catenina che gli aveva dato Piton. Rapidamente, lo allacciò alla catenina argentata che aveva attorno al collo, prima di seppellire di nuovo tutto quanto sotto i vestiti.
Silente sorrise, posando la mano sulla scrivania. Ancora una volta, lo sguardo di Harry fu calamitato dalla benda bianca sulla mano del vecchio mago.
Il Preside vide dove lui stava guardando e sorrise dolcemente.
«L’altra ragione per cui ti ho fatto venire qui era perché volevo vedere di persona quanto stessi andando avanti con i Serpincanti.» Mosse la mano ferita e iniziò a svolgere la benda.
«Che cosa è successo, Signore?»
«Sono stato un po’ troppo inaccorto mentre mi muovevo nella foresta qualche giorno fa. Normalmente, avrei curato subito il taglio, ma poi sono diventato curioso. Se non ti dispiace, vorrei che lo curassi. Madama Pomfrey mi ha detto che hai già curato alcuni dei tuoi compagni, e, siccome sono i miei studenti, mi piacerebbe fare esperienza del tuo buon lavoro di prima mano.»
Harry si alzò dalla sedia e si avvicinò alla scrivania per dare un’occhiata più da vicino. Silente girò la sedia e fece cenno ad Harry di girare intorno alla scrivania.
Guardando la mano del Preside, che era ora completamente scoperta, Harry trovò un lungo taglio lungo la parte inferiore del vecchio palmo. Era rosso e gonfio intorno ai margini frastagliati, e Harry seppe all’istante che si era infettato. Harry fu anche capace di concludere che, qualunque cosa avesse causato il taglio, era stata non troppo affilata, e seghettata.
«Beh, Signore, sembra infetto, ma non dovrebbe essere un problema. Vuole che le addormenti la mano quando la curerò?» Chiese Harry, scivolando nella “modalità professionale” che Madama Pomfrey gli faceva assumere quando curava qualcuno.
«Puoi farlo?» Chiese Silente, un po’ sorpreso.
Harry annuì. «Non è così difficile. La mia magia si limita a coprire temporaneamente i nervi, bloccando i segnali di dolore.»
«Capisco. Beh, non ti disturbare nel farlo. Starò bene anche senza,» disse con leggerezza.
Harry annuì, non così sorpreso che il Preside declinasse l’offerta. La maggior parte dei ragazzi che aveva curato aveva rifiutato di ricevere l’anestesia. Quando aveva curato Fred Weasley la settimana prima, George, il suo gemello, aveva detto che accettare una cosa del genere sarebbe stato da femminucce.
Harry sollevò lo sguardo verso il volto di Silente prima di prendere la mano ferita nella sua mano destra e muovendo su di essa la sinistra con Coral attorno al suo polso.
«Probabilmente pizzicherà un po’ quando la mia magia si occuperà dell’infezione, ma non dovrebbe fare molto male,» disse con semplicità.
Silente annuì, guardando attentamente.
Harry si chiese se questo fosse più un test che una richiesta curiosa. Certo, suppose che fosse un diritto del Preside di assicurarsi che lui stesse facendo sufficienti progressi nei Serpincanti. Chi lo sapeva quanto poteva essere interessato della cosa il Consiglio, e lui non voleva che qualcuno pensasse che non si stava impegnando più che poteva nella magia.
:Ferita, purificati; taglio, guarisci: Sibilò.
Sentì i muscoli della mano di Silente irrigidirsi appena quando tese la propria magia e si servì di quella del Preside, sconfiggendo rapidamente l’infezione e facendo guarire la ferita. Vide la carne ricucirsi insieme, senza lasciare alcuna cicatrice né alcun segno del taglio che c’era stato.
Silente chiuse gli occhi e riaprì la mano, testando il lavoro di cura. Sorrise.
«Molto impressionante, Harry. Ben fatto.»
«Nessun problema, Signore.»
Silente guardò Coral. «E grazie, Madama Coral.»
Coral si raddrizzò con evidente orgoglio, apprezzando le attenzioni. Harry ghignò, divertito.
«Lei ha detto “prego”,» tradusse Harry.
Silente fece un breve cenno d’apprezzamento verso di lei, prima di tornare a guardare Harry. «Bene, ragazzo mio, goditi la pausa invernale, e buone vacanze.»

O o O o O

Il viaggio in treno fino alla stazione passò velocemente, e prima che Harry se ne accorgesse, stavano già scendendo dal vagone e dirigendosi verso un’anziana donna dall’aria spettrale che li aspettava in piedi vicino la zona in cui gli studenti si riunivano alle proprie famiglie per le vacanze.
«Quella è la mia nonna, con il cappello con l’avvoltoio impagliato. Vieni, non le piace aspettare.» Disse Neville senza fiato, tirandosi dietro il bagaglio mentre cercava di far rimanere Trevor nella sua tasca anteriore.
Harry riuscì a stargli dietro, trascinando la valigia dietro di sé con la gabbia di Edvige in equilibrio su di essa.
«Buona sera, Nonna,» esclamò Neville, stando sull’attenti, a un metro di fronte a lei.
«Neville,» replicò lei, sollevando appena il naso.
Neville si schiarì svelto la gola, posando a terra le sue cose mentre si voltava verso Harry.
«Nonna, lascia che ti presenti Harry Potter, mio amico e mio compagno Hufflepuff. Harry, questa è mia nonna, Augusta Paciock, la matriarca della mia famiglia.»
Harry tese la mano destra, tenendo Coral dietro la schiena e fuori vista. La donna gli strinse la mano mentre lo misurava con lo sguardo. Harry si tenne dritto e composto. «Piacere di conoscerla, Signora Paciock. Grazie per l’ospitalità di queste vacanze.»
Lei annuì rigidamente, ma sembrò approvare quello che aveva visto.
«Lasceremo le vostre cose alla Villa, prima, e poi andremo a Diagon Alley,» fece lei, tirando fuori un fazzoletto.
«Tenetelo stretto, tutti e due, e assicuratevi di avere una buona presa sulle vostre cose. Non torneremo qui se vi lascerete indietro qualcosa.»
Harry e Neville fecero rapidamente quanto gli era stato detto, sebbene Harry scoccò a Neville uno sguardo interrogativo.
Non appena strinse il fazzoletto, Harry riuscì a interpretare il labiale di Neville “Passaporta” in risposta alla sua silenziosa domanda. Improvvisamente, con tutti i suoi bagagli, si sentì strattonato con forza prima di atterrare precariamente sulla ghiaia.
«Prima volta, vedo,» fece la Signora Paciock mentre Neville aiutava Harry.
«Sì, S-signora,» gli riuscì di dire, massaggiandosi il braccio che gli aveva urtato contro lo spigolo della valigia. Edvige era arruffata e scontenta di stare nella gabbietta che ora era caduta su un lato. Harry la raddrizzò al volo prima di rialzarsi e guardarsi intorno.
Erano su un viale di ghiaia che portava a una grande villa al centro di una pianura erbosa. Era un posto magnifico, e Harry poteva vedere degli edifici che si ramificavano dall’imponente, ben tenuta proprietà.
«Hai reagito molto meglio di quanto abbia fatto Neville la sua prima volta, Signor Potter,» affermò la Signora Paciock, prima di guardare i loro bagagli. «Lasciate tutto qui. Gli elfi domestici se ne occuperanno. Ora, tutti e due. Prendete il mio braccio. Dobbiamo Materializzarci a Diagon Alley.»
Ancora un po’ intontito dalla Passaporta, Harry riuscì a fare come gli veniva detto assieme a Neville, sebbene non avesse idea di che cosa significasse ‘Materializzarsi’.
«Tieniti forte,» sussurrò Neville, e poi tutto prese a vorticare come un orrido caleidoscopio di caos mulinante che semplicemente gli fece venire voglia di vomitare mentre veniva sballottato da tutte le parti.
Atterrarono, sebbene Harry non sapesse quando fossero stati lanciati.
«Tutto bene, Harry?» Chiese Neville, dandogli un colpetto sulla schiena.
Harry deglutì, ritrovandosi chino su sé stesso, combattendo per ricacciare giù la bile che gli era risalita dalla gola. Lentamente, annuì. «S-sì, anche se penso che mi è quasi scappata quella Cioccorana.»
«Non avrei mai immaginato che un Hufflepuff avesse uno stomaco di ferro, Signor Potter,» commentò la Signora Paciock, con un tono né grave né leggero mentre abbassava lo sguardo su di lui.
«Già, beh, i più non avrebbero mai immaginato nemmeno che un Hufflepuff potesse essere un Rettilofono, ma eccomi qua,» replicò, ancora ingobbito e cercando di calmare il proprio stomaco.
:Stai attento, Harry. Modera i toni, Non penso che abbia apprezzato un tale rimbecco: Gli disse Coral da dentro la manica.
:Non era un rimbecco, è un fatto: Sibilò Harry sottovoce.
Sembrava che stesse rantolando, quindi la Signora Paciock non ci fece caso. Neville, invece, riconobbe il suono e seppe che stava parlando con Coral nella sua manica.
Finalmente, Harry si raddrizzò, non più preoccupato di buttar fuori ovunque il contenuto del suo stomaco. Riconobbe in fretta che erano ai margini di Diagon Alley, fuori dai sentieri coi negozi e vicino all’entrata dove si trovava il Paiolo Magico.
«Bene, ora che ti sei sufficientemente ripreso, abbiamo una cosa da prendere,» disse la Signora Paciock, portandoli lungo la strada verso Olivander.
Gli occhi di Neville si spalancarono di felicità e Harry riuscì a sentire la magia del suo amico che si impennava di gioia.
«Ah, Signor Potter. Ammetto che non mi aspettavo di rivederla tanto presto,» fece il signor Olivander, spuntando apparentemente dal nulla non appena furono entrati.
«Buonasera, Signor Olivander,» salutò Harry mentre l’uomo inquietante rivolgeva la sua attenzione ai Paciock.
«Signora Paciock, è bello vederla di nuovo. Pino, corde di cuore di drago, tredici pollici. Confido che la sua bacchetta si stia comportando bene?»
«Sì, Signor Olivander, ma possiamo passare agli affari? Mio nipote ha bisogno di una nuova bacchetta. Quella di suo padre non è adatta a lui, sfortunatamente.» Disse lei, la voce sempre più gelida, come se fosse colpa di Neville se la bacchetta non era appropriata a lui.
Neville abbassò gli occhi, con vergogna. Harry serrò la mandibola.
:Calma, Harry: Sibilò Coral.
«Sì, beh, è la bacchetta che sceglie il mago, sa. Non che ci si possa fare nulla.» Affermò Olivander, leggermente a disagio.
«Sì, già.» Mugugnò la Signora con uno sbuffo a stento trattenuto.
Olivander quindi si mosse verso di loro, cominciando a misurare Neville come aveva fatto con Harry mesi prima.
«Io ho dovuto provare un sacco di bacchette diverse, Neville. Ci è voluto molto tempo, ma il Professor Piton ha detto che per alcuni maghi ci vuole semplicemente un po’ di più.»
Neville annuì tetro, mentre Olivander iniziò a fargli provare una bacchetta dopo l’altra, mentre la Signora Paciock rimase tutto il tempo impazientemente sulla porta.
Harry si avvicinò al raccoglitore dei foderi di bacchetta e ne prese uno di pelle nera simile al suo.
«Hey Neville, la terrai lo stesso la bacchetta di tuo padre?» Chiese Harry d’un tratto.
Neville esitò, guardando sua nonna. «Ehm...»
«Tornerà in magazzino. Forse un futuro Paciock riuscirà a fare un degno uso della bacchetta di mio figlio,» disse lei bruscamente.
Neville abbassò gli occhi e si posò gravemente una mano sulla tasca. Harry sapeva che era lì che teneva la bacchetta di suo padre.
«Hmm, beh, perché non lascia che Neville la tenga come bacchetta secondaria per ora?» Chiese Harry, facendosi coraggio. «Almeno così sarà usata occasionalmente e non prenderà polvere.»
«Forse una tale sistemazione non sarebbe sbagliata,» affermò lei.
Harry prese un secondo fodero dal raccoglitore.
«Signor Potter, che cosa stai facendo?» Chiese la Signora Paciock, notando i due oggetti nella sua mano.
«Il Professor Piton dice che è importante avere dei foderi per le bacchette e che ogni mago o strega sensibile li usa,» fece Harry, dirigendosi alla cassa e tirando fuori un galeone per pagarli. Venivano 9 falci l’uno e un galeone per due.
Olivander fece un cenno di approvazione ad Harry, vedendo che posava la moneta davanti alla cassa, mentre andava nel retro a prendere altre bacchette da far provare a Neville.
«Tieni, Neville, metti questo nella parte interna dell’avambraccio con cui usi la bacchetta, così,» disse, tirandosi su la manica per mostrargli il fodero che conteneva la sua bacchetta primaria. «E questo,» iniziò, inginocchiandosi e sollevando l’orlo dei pantaloni di Neville dalla caviglia sinistra, per allacciargli il secondo fodero, senza notare che la Signora Paciock lo stava osservando. «Te lo metti sul polpaccio. I maghi sottovalutano gli avversari che credono di aver disarmato.»
«Harry, non avresti dovuto comprarmeli,» iniziò Neville, imbarazzato, mentre Harry si rialzava dopo aver allacciato il fodero alla gamba di Neville. «Cioè, ti ringrazio, ma-»
Harry lo interruppe con un cenno di noncuranza. «Considerali un regalo di Natale in anticipo, Neville. Sei mio amico, figurati.»
La Signora Paciock batté le palpebre, e Neville annuì passivamente.
«D’accordo!» Esclamò Olivander, tornando indietro con un po’ di altre scatole. «Proviamo queste.»
Neville ne provò alcune, e nessuna sembrava adatta, finché alla fine… prese una bacchetta scura.
Scintille dorate eruppero dalla punta, la reazione più forte che Neville avesse mai ottenuto da qualunque altra bacchetta, e tutti seppero subito che aveva trovato la sua.
«Wow,» sussurrò Neville.
«Agrifoglio, undici pollici, crine di unicorno,» annunciò Olivander, guardando intensamente la bacchetta prima di scoccare un’occhiata a Harry. «Molto adatta.»
«Anche la mia bacchetta è di Agrifoglio, undici pollici, Neville,» fece Harry.
«C’è un po’ di più di una semplice somiglianza, Signor Potter,» disse Olivander. «Vedi, questa bacchetta e la tua bacchetta sono state fatte dallo stesso identico albero e tagliate della stessa lunghezza. Oserei dire che voi due sarete connessi per il resto della vostra vita.»
«Quindi, le nostre bacchette sono sorelle?» Chiese Harry, un po’ a disagio, pensando che la sua bacchetta era già sorella di quella di Voldemort.
«Oh, direi ancora di più, gemelle. A differenza di altre bacchette sorelle che hanno nuclei provenienti dallo stesso animale, l’Agrifoglio preso e usato per le vostre bacchette non veniva solo dallo stesso albero, ma anche dallo stesso ramo. Questa cosa è piuttosto rara, perché di solito da un ramo può essere fatta una singola bacchetta, non due. Sarebbe interessante vedere dove sarete entrambi tra vent’anni.»
Harry e Neville si guardarono, non sapendo cosa pensare. Con ciò, la Signora Paciock pagò la bacchetta di Neville, non dicendo più nulla fino a quando li fece rimaterializzare alla Villa.
«Mostragli la casa, Neville, e assicurati che nella sua stanza non manchi nulla. Chiama uno degli elfi domestici se serve qualcosa,» disse la Signora Paciock, già uscendo dalla stanza.
«Sì, nonna,» disse Neville con obbedienza prima di guardare Harry. «Da questa parte.»
Harry lo seguì allegramente.
La villa aveva un’atmosfera piuttosto rigida, e Harry si chiese se tutte le ville sembrassero così fredde. Non era un freddo relativo alla temperatura, ma emozionale. L’intero posto emanava questa inquietante sensazione, e il fatto che vi fossero dei ritratti semoventi non aveva niente a che fare con la cosa.
Era l’atmosfera. Tutto era perfetto e pulito, al punto che Harry fu portato a dubitare che qualcuno ci vivesse davvero. Era un po’ snervante.
Neville gli mostrò il salotto e la sala da pranzo, poi la cucina e la biblioteca, e quindi finalmente le camere da letto e i bagni.
Neville gli fece vedere solo i primi due piani, dicendo a Harry che all’ultimo piano c’erano solo altre camere da letto e degli studi.
«E questa, è la mia camera,» fece Neville, con l’orgoglio che gli si faceva strada nella voce per la prima volta da quando Harry lo aveva conosciuto.
Era una stanza piccola, semplice, ma ordinata e confortevole. C’erano delle cassettiere contro il muro con un armadio nell’angolo e una finestra a qualche metro sulla destra. C’erano due ritratti immobili accanto alla porta, leggermente nascosti da una delle alte cassettiere, di modo che per vederli uno doveva mettercisi direttamente davanti. Le cose di scuola di Neville erano sul letto.
«È fantastica,» disse Harry, notando i libri di piante impilati sulla cassettiera più bassa e alcuni oggetti sparsi su di essi.
Neville sorrise, felice che la sua stanza avesse avuto l’approvazione del suo amico.
«Tu dormirai nella stanza a fianco, adesso te la mostro. Il bagno è di fronte al corridoio,» continuò Neville, cominciando a uscire dalla stanza.
Harry fece per seguire Neville, ma si fermò a guardare i ritratti immobili, riconoscendo al volo la somiglianza con Neville.
«Oh,» fece Neville, tornando indietro. «Questi sono i miei genitori. Si erano fatti fare questi ritratti qualche settimana prima che.. accadesse.»
Harry annuì lentamente, domandandosi all’improvviso che aspetto avessero i propri genitori. Non aveva mai visto una loro foto.
«Io non ho una foto dei miei genitori,» ammise Harry piano. «Probabilmente i Dursley non ne hanno, o almeno non me le hanno mai mostrate. Mph, probabilmente hanno bruciato tutte quelle che avevano.»
Neville si raddrizzò, e Harry si chiese se l’amico si fosse arrabbiato con lui. Dopo un momento, Neville parlò. «Beh, non penso di averne nessuna di tuo padre, ma credo di averne qualcuna di tua madre. Uh, le nostre madri erano amiche, o almeno è quello che mi ha detto una volta la nonna.»
Harry spalancò gli occhi. «Hai qualche foto? Vorrei tanto vederle.»
«Chiederò alla nonna dove sono le vecchie foto scolastiche di mia madre; ce ne dovrebbero essere alcune di tua madre lì,» promise Neville.
Harry non riuscì mai a ringraziare abbastanza Neville quando poté avere le foto dalla mansarda, il giorno dopo. Era sicuro, le loro madri erano state amiche, e, se la quantità di foto di loro due insieme poteva suggerirlo, erano migliori amiche.
«Uh, Neville, sono curioso, hai ancora la bacchetta di tua madre?» Chiese Harry quando si incontrarono nella sua stanza, dopo aver disfatto i bagagli.
Neville scosse la testa tristemente. «No, uno dei Mangiamorte l’ha spezzata quel giorno.»
«Oh. Anche la bacchetta di mio padre è andata distrutta. Il Professor Piton mi ha detto che non sono riusciti a recuperarla da Godric’s Hollow.»
«Hai la bacchetta di tua madre?» Chiese Neville, improvvisamente curioso.
Harry sorrise. «Sì, è la mia bacchetta secondaria, ma non dirlo a nessuno. Ce l’ho attaccata al polpaccio.»
«Non preoccuparti, non lo dirò a nessuno. Ricorda che anch’io ne ho una secondaria,» disse Neville con un sorriso. «Penso che sia proprio fico che abbiamo delle bacchette gemelle.»
Harry annuì. «Sì, e penso che tua nonna fosse sorpresa quanto noi.»
Neville rise. «Già, ho visto la sua faccia. Lo sai, quando le ho scritto la prima volta che volevo invitarti per Natale, non penso che credesse che fossimo amici.»
«Lei ti sottovaluta, lo sai, vero?»
Neville si strinse nelle spalle. «Per un periodo ha avuto paura che fossi un Magonò. Il mio prozio Algie continuava a cercare di farmi fare della magia accidentale. Una volta sono quasi annegato.»
Harry fece una smorfia. «Madama Pomfrey mi ha detto che i bambini magici mostrano segni della magia in modi diversi, non sempre in maniera ovvia. Quanto spesso ti ammali di solito?»
«Hmmm, beh, non tanto. Forse una volta all’anno, seppure.»
Harry annuì pensieroso. «E quando ti fai male, quanto tempo ci metti a stare meglio?»
Neville aggrottò gli occhi per ricordare. «Sai, in realtà non tanto. Mi sono rotto il polso una volta, ed era a posto dopo qualche giorno.»
Harry sorrise. «La tua magia è quella che Madama Pomfrey chiama “introversa”. Lei mi ha raccontato queste cose mentre leggevo “Controllare la propria magia interiore”. Puoi leggerlo se vuoi. Io l’ho finito.»
«Okay, grazie.»
«In alcune persone, la loro magia si manifesta occasionalmente, in situazioni di stress; per altri, come te, si rivolge all’interno.» Harry fece una pausa, prima di fare un risolino. «Sai, forse è il motivo per cui sei così bravo con le piante. Le cose con cui lavori usando le mani possono essere influenzate dalla magia che ti scorre sotto la pelle.»
«Grande!» Commentò Neville, prima di inclinare la testa di lato. «Che tipo di magia hai tu?»
Harry sbatté le palpebre. «Hmm, non lo so. Non mi sono mai ammalato sul serio. Raffreddori e cosette simili, ma niente di grave, il che è stata una fortuna. Non riesco a immaginare Zia Petunia che si mette a fare la minestra col brodo di pollo per me. E quando mi faccio male guarisco molto in fretta. Quindi in questo sono come te, ma ho avuto anche degli incidenti un po’… importanti con la magia accidentale.»
«Oh?» Chiese Neville, incuriosito.
Harry fece spallucce. «Sono apparso sopra a un tetto dopo essere stato inseguito da mio cugino e dai suoi amici; mi sono fatto ricrescere i capelli in una notte, e ho tinto quelli del mio insegnante di blu. Quel genere di cose.»
«C’è stata anche quella volta con Smith nel nostro dormitorio,» gli ricordò Neville.
«Ah sì, anche quella.»
«Forse tu le hai tutte e due,» suggerì Neville.
«Suppongo che sia possibile. Oltre al bianco e al nero, c’è anche il grigio.»
«Beh, la cena sarà pronta fra poco. Dovremmo darci una lavata,» disse Neville, alzandosi in piedi.

O o O o O

Severus tappò la prima delle fiale per Harry prima di colpirla con l’incantesimo di preservazione. Mettendola con attenzione nel pacco che più tardi, prima di un’ora, avrebbe spedito, Severus sorrise dolcemente mentre si voltava per mettere la prossima pozione nella seconda fiala.
Queste sarebbero state le ultime dell’aggressivo regime di pozioni che aveva preparato per Harry. Finalmente, dopo cinque mesi di pozioni, Severus era sicuro che Harry si fosse pienamente ripreso dal trattamento subito dai Dursley e non avrebbe sofferto alcun effetto collaterale negativo fisico né magico.
Severus aveva già visto uno sviluppo nel ragazzo, e se gli altri professori lo avessero guardato da vicino anche loro lo avrebbero visto. Harry aveva messo peso. Le sue braccia erano apparse fragili prima, ma ora aveva giovani, slanciati muscoli puerili. Era ancora magro, ma era una magrezza naturale. Aveva la corporatura di suo padre alla sua età, tonica e sana.
Severus sentì una bizzarra sensazione d’orgoglio salirgli nel petto. Era stato lui a farlo.
D’improvviso, sentì bussare alla porta.
«Avanti,» disse, sapendo già chi fosse.
«Ciao, Severus,» disse Remus, entrando con cautela nel suo laboratorio.
«Lupin,» replicò, prima di voltarsi per prendere la pozione Wolfsbane per Remus.
Severus sapeva che Remus stava avendo grosse difficoltà a interpretare il suo atteggiamento, e la cosa gli piaceva così com’era. Sì, aveva fatto il gentile sin dall’arrivo di Remus, ma non era stato nemmeno caloroso e invitante. Sapeva che sarebbe risultato sospetto se fosse stato troppo amichevole, anche se a una parte di lui non sarebbe dispiaciuto stringere di nuovo amicizia col licantropo, come era accaduto anni dopo, nel futuro.
«Grazie, Severus,» disse Remus, prendendo la pozione che gli stava porgendo.
Severus annuì, prima di concentrarsi di nuovo sul pacco che avrebbe presto inviato a Harry. Mise dentro la seconda fiala, dopo aver mosso la bacchetta intorno ad essa.
Remus si schiarì la gola, ovviamente volendo dire qualcosa.
«Sì, Lupin?» Chiese Severus, la voce né fredda né cordiale. Ferma.
«Non sarebbero davvero affari miei, ma sono curioso… Ogni volta che vengo quaggiù, ti vedo preparare queste pozioni, come stai facendo ora, anche se finora non ti ho mai visto metterle in delle fiale. Prendi ordinazioni da persone al di fuori del castello?» Domandò. Evidentemente, l’atteggiamento neutro che Severus aveva tenuto nei suoi confronti negli ultimi mesi lo aveva invitato ad essere un po’ ficcanaso.
«Questa è un’idea interessante, ma no, non è un ordine che ho preso per qualche tipo di affare nascosto che sto portando avanti nonostante sia un professore,» rispose Piton, prima di fare una pausa, domandandosi che cosa avrebbe dovuto rivelare, se proprio doveva.
«Oh, capisco,» fece Remus, un po’ deluso che non gli fosse detto altro.
«Se proprio vuoi saperlo, sono per uno studente, e no, non me le sto facendo pagare.»
Remus sbatté le palpebre. «Uno studente? E le deve prendere tutte le settimane? Non è un po’... voglio dire, queste pozioni sembrano molto serie.»
«Sono create per curare e prevenire problemi seri,» affermò semplicemente Severus, dedicandosi all’ultima fiala.
«Il Preside lo sa?» Chiese Remus all’improvviso, sebbene fu ovvio che rimpianse le parole frettolose non appena gli uscirono di bocca.
Severus lo fissò, sollevando un sopracciglio. «Sì. L’ho informato che avrei portato avanti questo regime per lo studente, e sul perché. Ha avuto fiducia nel mio giudizio e mi ha affidato la cura del ragazzo nelle modalità che ritengo più opportune. Infatti, questa è l’ultima serie che lo studente dovrà prendere, almeno per quanto posso dire al momento.»
«Beh, è ottimo,» disse Remus, leggermente a disagio, timoroso di aver offeso l’insegnante di pozioni e aver distrutto qualsiasi speranza di diventare un conoscente amichevole piuttosto che un collega malsopportato.
«Sono un po’ sorpreso che tu non me lo abbia chiesto prima,» affermò Severus dopo un momento, chiudendo il pacco dopo averci messo dentro la fiala, insieme a una lettera sigillata.
Remus sembrò sorpreso dall’affermazione. «Beh, me lo stavo chiedendo da un po’, ma siccome non era affar mio chiederlo...»
«Ma lo hai chiesto oggi.»
«Er… sì. Suppongo che la mia curiosità abbia avuto la meglio su di me.»
«Non… era una domanda irragionevole.» Disse Severus, un po’ esitantemente.
Remus sorrise appena. «Sono felice di non averti offeso.»
«Non mi offendo facilmente come facevo una volta, Lupin.»
Remus lo fissò per un istante, con una strana espressione negli occhi che Severus non riuscì a identificare.
«Sì, ho notato,» rispose lentamente, prima di scuotere la testa. «Alla fine hai dimostrato di essere l’uomo migliore. Dubito che io, James o...»
Sospirò, incapace di menzionare Sirius. «Beh, dubito che noi saremmo stati così… gentili come sei stato tu con me, se le parti fossero state invertite.»
Severus voltò le spalle a Remus, legando il pacco alla propria ulula.
«Forse,» bisbigliò.
«Grazie ancora per la pozione, Severus,» disse Remus, prima di andar via.

O o O o O

Harry bevve le tre pozioni che si era abituato a prendere ogni settimana. Dopo aver finito l’ultima, spostò l’attenzione alla lettera del Professore.

Signor Potter,
sono sicuro che ti farà piacere sapere che non riceverai più le tre pozioni che hai senza dubbio già bevuto.
Sono certo che tu ti sia rigenerato e che non ci sia più pericolo che tu soffra degli effetti collaterali dalla tua precedente vita familiare. Comunque, questo non significa che voglio scoprire che ti stai rilassando nella cura di te stesso e che stai ostacolando il raggiungimento del tuo pieno potenziale. Se questo accadesse ne sarei estremamente deluso.

Professor Severus Piton, Insegnante di Pozioni

Harry ripiegò la lettera e la rimise nel pacco con un sorriso.
«Mi prenderò cura di me stesso e raggiungerò il mio potenziale, Professore, lo prometto,» disse piano, da solo nella propria stanza.
D’improvviso, bussarono alla porta.
«Avanti,» fece Harry, mettendo il pacco nel proprio baule.
«’Giorno Harry,» salutò Neville, «Oh, hai ricevuto della posta?»
«Sì, è arrivata stamattina dalla finestra,» rispose lui, spostandosi verso l’involucro verde scuro che aveva tralasciato per aprire prima il pacco del Professor Piton.
«La nonna voleva che ti dicessi che andremo al San Mungo domani a fare visita ai miei genitori,» disse Neville, molto più a suo agio nel dirlo a Harry che con chiunque altro.
«Okay,» replicò Harry, non sapendo davvero che altro dire.
Harry cominciò ad aprire la lettera, guardando il proprio nome scritto in maiuscolo sul davanti.
Neville trascinò nervosamente i piedi. «Um, Harry?»
«Sì, Neville?» Chiese lui, sollevando lo sguardo.
«Io mi stavo chiedendo se… beh, potresti fare qualcosa per me?»
«Sì, certo, che cosa?»
Neville si fece rigido e distolse gli occhi da quelli di Harry. «I miei genitori. Tu riesci a percepire che cosa non va nelle persone. Mi piacerebbe che tu...»
«Facessi una diagnosi ai tuoi genitori?»
Neville annuì. «Non mi aspetto che tu sia in grado di farli stare meglio. Dozzine di Guaritori hanno provato a curarli, ma...» Sospirò, sconfitto.
«Vedrò che cosa c’è che non va in loro, e, se penso di poterci riuscire, cercherò di aiutarli. Lo prometto.»
Neville sorrise, ricacciando indietro le lacrime. «Grazie, Harry. So che è ridicolo, ma… io… nonostante tutto quello che so, penso che i Medimaghi si sbaglino, e una parte di me spera che ci sia qualcosa che possiamo fare.»
«Che cosa ti fa pensare che i Medimaghi si sbaglino?»
«Mia mamma, lei reagisce con me. Lei mi… dà anche piccole cose. Non ha mai riconosciuto nessun altro. Questo deve significare qualcosa.»
Harry annuì, comprendendo. «Okay, Neville. Domani, vedrò che cosa riesco a scoprire. Forse ai Medimaghi è sfuggito qualcosa, e io potrei dirglielo.»
Neville sorrise, incapace di dire altro. Harry abbassò gli occhi alla lettera e l’aprì.

Al Signor Harry James Potter
Lei è cordialmente invitato a unirsi alla Famiglia Malfoy per il loro annuale Party di Natale
Il 23 di dicembre
Lucius e Narcissa Malfoy
Tenuta Malfoy
Wiltshire, Inghilterra
16.00 - 23.00
Saranno serviti cena e bevande
Abito da cerimonia richiesto


Harry sbatté le palpebre, prima che un altro foglio di carta cadesse dalla busta.

Hey Harry,
spero che le vacanze ti stiano andando bene, e spero di vederti alla festa. Di solito sono piuttosto noiose, ma se ci sarai sono sicuro che sarà molto meglio, quindi per favore rispondi entro la prossima settimana nel caso venissi.
Il tuo amico,

Draco


«Beh, questo è interessante,» esclamò Harry.


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Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Visite con scopi grandiosi.




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Capitolo 11
*** Visite con scopi grandiosi ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 11: [Visits of Monumental Purpose] Visite con scopi grandiosi

Harry e Neville corsero per stare dietro alla Signora Paciock.
Il giorno precedente era stato un po’ bizzarro, ma dopo aver scritto al Professor Piton dell’invito ricevuto per il Party di Natale dei Malfoy, Harry non ne era più preoccupato…

Signor Potter,
hai fatto bene a scrivermi, ma non credo che tu debba preoccuparti per questa cosa come stai facendo. Anche io sono stato invitato e parteciperò alla festa. Se lo desideri, posso organizzare le cose e venirti a prendere dai Paciock a mezzogiorno, così non dovrai occuparti del viaggio. A quell’ora, potrò portarti a Diagon Alley per procurarti un abito formale, dato che sono sicuro che non ne possiedi già uno.
Per le domande che mi hai posto, ritengo ci sia bisogno di qualche spiegazione prima di dartele. Hai salvato la vita dell’erede della Famiglia Malfoy. Non hai salvato semplicemente la vita di un amico o di un compagno di scuola, ma quella di una delle più prestigiose famiglie Europee.
Devi ricordare questo fatto, e capirne le implicazioni magiche e politiche. Draco Malfoy ora ha un Debito di Vita nei tuoi confronti, proprio come accadrà per ogni vita che salvi in modo diretto. Non c’è nulla che tu possa farci. Non puoi ignorarlo o dimenticarlo. Si tratta di un Debito di Vita magicamente vincolante che può essere ripagato solo nel caso in cui Draco ti salvasse la vita.
Ora, c’è dell’altro da dire sulla relazione tra il debitore e il beneficiario (tu), ma per adesso, questo è quello che ti serve davvero sapere e capire…
Essendo tu il beneficiario del Debito, la Famiglia Malfoy sarà incline a onorarti nelle maniere più pubbliche, come ci si aspetta da loro, e se si rifiutassero di farlo non sarebbero visti per nulla di buon occhio nella società Magica. Di contro, ci si aspetta che tu riceva gentilmente gli onori che ti sono offerti. Se non lo facessi, invieresti un messaggio molto forte ai Malfoy e alle altre famiglie. Diresti loro che non credi che la vita che hai salvato sia degna di tanta gratitudine, e questo è un grave insulto che porterebbe conseguenze di lunga portata. Potrebbe finanziariamente e politicamente danneggiare la posizione della famiglia Malfoy nel Mondo Magico, vanificando la loro influenza e distruggendo il lavoro dei loro antenati. Per farla breve, rifiutando la loro gratitudine, potresti distruggere il futuro della discendenza Malfoy. Lucius Malfoy farà qualsiasi cosa in suo potere per prevenire ciò, come dovrebbe.
Capisco che molte di queste cose ti suoneranno un po’ estreme, e sono d’accordo con te, ma il Mondo Magico è basato sulle tradizioni e spesso questo sorpassa ogni ragione o logica. Capisci, tu stesso sei l’erede di una famiglia prestigiosa, e la tua parola ha del peso a causa di questo.
Quindi, con questa spiegazione, posso ora rispondere alle tue domande. Sì, credo che dovresti accettare l’invito e partecipare alla festa.
No, non puoi portare Neville con te. Non ha ricevuto un invito e dubito altamente che la Signora Paciock gli avrebbe permesso di andare anche se lo avesse ricevuto. Sì, la Signora Paciock ti permetterà di andare. Lei comprende la situazione e sa (come ogni capofamiglia influente nel Wizengamot e nel Mondo Magico) del Debito che i Malfoy hanno verso di te. Sarebbe disonorevole per lei se non ti ci mandasse.
Sì, sarebbe appropriato portare un piccolo regalo. Sì, porta Coral con te. Come ti ho già detto, devi averla con te ovunque tu vada (insieme a quella catenina e alle tue bacchette). Questo include in special modo i posti fuori da Hogwarts. Credo di aver risposto a tutte le tue domande ora. Se ne hai delle altre, non esitare a inviarmele.
Fammi sapere non appena avrai deciso se andare o no alla festa, così potrò organizzare il viaggio in modo appropriato.

Professor Severus Piton, Insegnante di Pozioni


Harry fece come aveva suggerito il Professor Piton, accettando l’invito dei Malfoy e informando il professore e la Signora Paciock che avrebbe partecipato alla festa. La Signora si limitò ad annuire, come se quello che le diceva fossero notizie vecchie.
Neville aveva già espresso le sue preoccupazioni, ma si calmò rapidamente quando capì che il Professor Piton sarebbe stato alla festa con lui.
E quindi ora erano in viaggio verso l'Ospedale di San Mungo per le Malattie e le Ferite Magiche, camminando lungo una strada londinese. Finalmente, arrivando a un grande magazzino in mattoncini rossi abbandonato, chiamato Purge & Dowse Ltd., la Signora Paciock si fermò e condusse i ragazzi alla vetrata di fronte, dove c’era un manichino. Era vestito con abiti bizzarri e vecchi, ma si mosse appena quando la Signora Paciock si fermò davanti a lui.
«Siamo qui per fare visita a dei familiari,» affermò lei.
Il manichino fece un leggero cenno con la testa, e con ciò, lei fece un passo attraverso la vetrata. Harry si riscosse alla svelta prima di seguire Neville un istante dopo.
Harry si ritrovò in un’area d’accoglienza piuttosto disorganizzata, che sembrava essere sia una sala d’aspetto sia un ingresso per i visitatori. Era ovvio che quel posto fosse un ospedale, ma era il più bizzarro che Harry avesse mai visto, di persona o in televisione.
Le persone stavano sedute su delle sedie allineate al muro, senza dubbio in attesa di cura, e molte di loro avevano evidentemente bisogno di assistenza.
In particolare l’uomo con un braccio che gli spuntava dalla testa. Altre persone vestite in uniforme verde lime si muovevano attraverso la stanza con fare occupato, spostando le persone dalla sala o dicendogli di continuare ad aspettare lì dov’erano. Era l’operazione più caoticamente organizzata che Harry avesse mai visto.
D’improvviso, una donna bionda e grassottella vestita di bianco apparve accanto a loro, salutando la Signora Paciock.
Aveva un aspetto un po’ tirato, come se stesse lavorando lì da prima di mezzanotte, ma parve sforzarsi di essere gentile e attenta verso la Signora Paciock. Harry non poté biasimarla. Era certo che anche lui sarebbe riuscito a fare un saluto educato, anche con la schiena rotta, se questo voleva dire evitare cha la Signora Paciock diventasse maldisposta nei suoi confronti.
Finora lei era stata cordiale con lui, ma Harry era sicuro che la Signora Paciock fosse una donna da non intralciare o offendere in nessun modo. Non se volevi vivere.
«Ovviamente, Signora Paciock,» disse la donna con un cenno di benvenuto, «restate in visita tutto il tempo che desiderate.»
Harry e Neville la seguirono in silenzio, sorpassando le persone malate, ferite o confuse che aspettavano nella sala.
Dirigendosi all’ascensore, Harry notò una mappa dei piani appesa alla parete.

Piano terra: Incidenti da manufatti
(esplosione di calderoni, ritorno di fiamma di bacchette, scontri tra scope, etc.)
Primo piano: Lesioni da creatura
(morsi, punture, scottature, ragni incarniti, etc.)
Secondo piano: Batteri magici
(malattie contagiose: vaiolo di drago, nausea da svanimento, scrofungulus, etc.)
Terzo piano: Avvelenamento da pozioni e piante
(eruzioni, rigurgiti, risa incontrollabili, etc.)
Quarto piano: Lesioni da Incantesimo
(fatture ineliminabili, maledizioni, applicazione errata di incantesimi, etc.)
Quinto piano: Sala da tè per i visitatori e Negozi


«Noi andremo al reparto Janus Thickey, al quarto piano,» disse Neville mentre l'ascensore iniziava a muoversi.
Harry annuì.
«Quand’è che Neville ti ha detto dei suoi genitori, Signor Potter?» Chiese la Signora Paciock.
«Circa una settimana fa,» rispose onestamente Harry, non vedendo una reale ragione per non farlo.
Lei si voltò d’improvviso verso Neville. «Seriamente, Neville, ti vergogni così tanto dei tuoi genitori che hai aspettato così a lungo per dirlo al tuo amico? Mi hai molto deluso.»
Neville chinò la testa e prese a fissare il pavimento. L'ascensore aveva appena raggiunto il secondo piano.
«Sono sicuro che non sia stato quello il motivo, Signora Paciock,» fece Harry, provando a distogliere lo sguardo penetrante di lei dal povero Neville. «A m-me non piace per niente raccontare agli altri quello che è successo ai miei genitori. Alla mia scuola babbana, non avevo detto proprio a nessuno che erano morti. Non volevo che provassero pietà per me. Non aveva nulla a che fare con quello che provavo verso ciò che gli era accaduto.»
«Fa lo stesso. Sapendo che i tuoi genitori avevano sofferto una sorte simile, avrebbe dovuto capire che non doveva nascondere ciò che era accaduto ai suoi, soprattutto a te. Sarebbe stato un comportamento giusto e gli ho scritto nella mia ultima lettera che doveva farlo, anche se ero convinta che l'avesse già fatto.» Scosse la testa e guardò la porta dell’ascensore che stava già iniziando ad aprirsi, comportandosi come se Neville non fosse lì.
Harry guardò Neville che era ancora con gli occhi a terra. Gli toccò gentilmente il braccio con la mano, lasciando che Coral lo sfiorasse appena, così da ricordargli la loro promessa. Con questo Neville si raddrizzò, sollevando la testa e guardando dritto avanti a sé, mimando con le labbra un “grazie”.
Percorrere il corridoio del quarto piano fu strano. C’erano alle pareti ritratti di vecchi Guaritori e porte con delle finestrelle. Harry non tentò nemmeno di affacciarsi a nessuna di loro. Aveva sentito delle storie a proposito dei manicomi e non desiderava elementi per confermare nessuna delle cose che aveva immaginato.
«Buongiorno, Signora Paciock, che piacere vederla, cara. Alice è stata un po’ ansiosa ultimamente. Forse vedere lei e Neville le sarà d’aiuto,» esclamò una Guaritrice dall’aria affettuosa, venendo loro incontro nel corridoio. «Oh, e chi è questo ragazzo?» Chiese, guardando Harry.
«Questo è Harry Potter, un amico di mio nipote,» fece la Signora Paciock semplicemente.
La Guaritrice spalancò gli occhi. «Il Signor Potter?» Si spostò rapidamente in avanti e gli prese la mano. «Io sono la Guaritrice Miriam Strout. Sono a capo di questo reparto. È meraviglioso conoscerti.»
«Grazie,» rispose Harry, incerto. «Anche per me è un piacere conoscerla.»
«Ho sentito dire che hai già iniziato a fare pratica di guarigioni. Se hai qualsiasi domanda su che cosa vuol dire essere un Guaritore, puoi chiedere a me. Sarò felice di raccontare.»
«Grazie, forse lo farò.»
Lei sorrise, prima di lanciare un’occhiata alla Signora Paciock. «Bene, ora vi lascio stare. Avete delle visite da fare.»
Con questo, tolse il sigillo alla porta e si fece da parte per farli passare.
La stanza era immacolata, ma non del tutto spoglia. C’erano alcuni vecchi disegni attaccati alla parete. Harry fu in grado di riconoscere delle piccole N e L scribacchiate sotto dei variopinti omini stilizzati e altre figure simili. Capì al volo che erano vecchi disegni che Neville aveva fatto quando era molto piccolo.
C’erano due letti, in uno giaceva un uomo. Fissava il soffitto, completamente assente.
«Ciao, mamma,» disse Neville.
Harry si voltò, notando una donna che stava in piedi accanto alla parete in fondo, che si dondolava leggermente sui piedi. Harry guardò Neville che le si avvicinava mentre la Signora Paciock rimaneva silenziosa accanto alla porta.
«Abbiamo le vacanze di Natale, e la Nonna ha portato me e il mio amico, Harry Potter, a farvi visita,» le disse dolcemente, «vuoi incontrarlo?»
Lei rimase dov’era ma si fermò lentamente. Neville fece cenno a Harry di avvicinarsi.
«Mamma, questo è Harry, il mio migliore amico.»
Harry si fermò al fianco di Neville, quasi direttamente di fronte a lei. «Salve, Signora Paciock.»
Lei non alzò lo sguardo, non disse nulla, e non rispose in nessun modo visibile.
Neville si voltò a guardare sua nonna e i Guaritori lì accanto. Nessuno di loro stava davvero prestando attenzione. Guardò Harry.
Harry annuì leggermente.
«Harry ti stringerà la mano, mamma. Volevo che ti incontrasse sin da quando gli ho parlato di te e di papà,» fece Neville, prendendo la mano sinistra di sua madre e muovendola verso Harry.
Harry la prese, lasciando che Coral scivolasse in avanti di pochissimo.
:Che c’è che non va?: Sussurrò Harry, prima di essere investito da una dozzina di immagini tutte in una volta, ma erano tutte stranamente chiare, ognuna di esse passava davanti al suo occhio interiore e l’intero corpo di lei emanava per lui un lieve bagliore.
Strizzando gli occhi, Harry si focalizzò per puntare al problema principale, desiderando che la sua magia gli mostrasse il modo migliore per aiutare la donna. Era anche vagamente consapevole che Neville gli stava molto vicino, lo teneva fermo mentre le immagini gli riempivano la mente.
A Harry furono mostrate istantanee in primo piano delle terminazioni nervose delle dita di Alice, fasci di nervi che risalivano il braccio e si ricollegavano nella spalla e nella schiena, prima di vedere il suo midollo spinale. Lungo tutti i nervi c’erano tracce di tessuti cicatrizzati, e in alcune aree del suo corpo i nervi stessi erano completamente distrutti.
Continuando la sua ricerca, finalmente gli fu mostrato il cervello di lei. Avendo una conoscenza molto scarsa dell’organo, Harry poteva solo mandare a memoria tutto quello che stava vedendo al meglio delle proprie possibilità. Non sapeva quanto di tutto ciò fosse importante, e non sapeva che cosa avrebbe potuto farci lui - non ancora, ma continuò a guardare, concentrandosi sugli ammassi scuriti di fili dall’apparenza fibrosa che attraversavano il suo cervello, vicino a vasi sanguigni contornati da minuscole gocce sporgenti che, Harry fu in grado di capire, erano molteplici strati di tessuto cicatrizzato.
Come sarebbe mai riuscito a guarire una cosa così?
Sbattendo gli occhi, fece un passo indietro e deglutì. Quello che era riuscito a capire con ciò che aveva visto era che la madre di Neville aveva subito un ampio danno ai nervi e un grave trauma cerebrale.
«Harry?» Sussurrò Neville.
Harry scosse leggermente la testa. «Mi ci vorrà del tempo per studiare tutto quello che ho visto, Neville,» rispose a bassa voce.
«C’è un sacco di danno ai nervi e al cervello.»
«Signor Potter?» Chiese la Guaritrice Strout, venendo verso di loro. «Spero… spero che tu non stia tentando alcun tipo di trattamento con i Serpincanti?»
«Uh... » Riuscì a bofonchiare Harry, sperando che Coral non fosse visibile.
«No, Guaritrice Strout,» rispose Neville al volo, «Certo che no. Gli ho detto che la condizione dei miei genitori è… intrattabile. Stavamo soltanto facendo le presentazioni.»
«Oh, beh… molto bene allora. Dovevo assicurarmene, capite. Non posso rischiare alcun tipo di incidente che potrebbe verificarsi per un tentativo del genere,» disse lei mentre la Signora Paciock guardava verso di loro, domandandosi il motivo di tutto quell’interesse.
«Lo capiamo, Signora. Mi stavo solo presentando,» echeggiò Harry, segretamente sollevato dalla risposta rapida di Neville.
Lei annuì e si fece di nuovo da parte, così che potessero continuare la visita senza intrusioni.
Harry non tentò di fare una diagnosi del padre di Neville, e Neville non cercò di fargliela fare. Per i successivi trenta minuti, Harry restò seduto tranquillo accanto a Neville mentre quello parlava e basta con i propri genitori. Raccontò loro della scuola, includendo quando Harry aveva salvato la vita di Draco. Loro non lo guardarono e non sembrava che stessero ascoltando, ma questo non pareva disturbare affatto Neville.
«Neville, Signor Potter. Credo che sia ora di andare,» esclamò la Signora Paciock, interrompendo a metà una frase di Neville.
Neville si alzò e annuì, abituato a essere interrotto. Harry lo imitò in fretta e iniziò a seguire la Signora Paciock fuori dalla stanza, ma si voltò quando notò che Neville non era con lui.
Sua madre si era alzata e stava tenendo in mano qualcosa, perché lui la prendesse. Neville prese con calma l’oggetto e se lo mise in tasca prima che sua nonna potesse notarli.
«Vieni, Neville,» chiamò la Signora Paciock dalla porta.
«Sì, nonna,» rispose lui obbediente.
Harry non disse nulla.
Uscendo dall’ascensore, iniziarono a dirigersi di nuovo verso l’ingresso per andare via, quando un uomo corse dritto verso di loro.
«Signora Paciock!» Esclamò, scansandosi giusto in tempo, solo per finire invece addosso a Harry.
Harry cadde all’indietro, ma riuscì a reggersi contro la parete.
«Oh! Mi dispiace così tanto, giovanotto!» Prorruppe, affrettandosi a spolverare i vestiti di Harry, sebbene lui non si fosse sporcato.
«Sto bene,» disse Harry, sperando che Coral non avrebbe interpretato le azioni dell’uomo come ostili.
«Guaritore Smethwyk,» disse la Signora Paciock, indisturbata dal suo arrivo burrascoso.
L’uomo provò a calmarsi e ad apparire presentabile sotto il suo sguardo, mentre si voltava verso di lei.
«Sì?»
«È inconsueto vederla correre in modo così sconsiderato, e per aver travolto l’amico di mio nipote, spero che abbia una buona spiegazione,» affermò lei.
L’uomo apparve assolutamente pieno di vergogna.
«Mi scuso, Signora,» replicò. «Mi è stata riferita una cosa e io volevo-» Si fermò e abbassò gli occhi a Harry. «Harry Potter?»
Harry si trattenne a malapena dal sospirare pesantemente.
«Sì, è lui,» confermò la Signora Paciock.
L’uomo apparve d’improvviso dieci volte più contrito. «Oh, mi dispiace così tanto! Non posso credere che sono andato a sbattere, tra tante persone, proprio contro di te!»
«Va tutto bene, Signore, davvero. Nessuno si è fatto male,» disse Harry, imbarazzato e nervoso per tutta l’attenzione che ora stava improvvisamente attirando da tutti coloro che si affacciavano dalla sala d’aspetto e dai corridoi.
«Oh, devi assolutamente lasciare che io ti ripaghi in qualche modo,» continuò l’uomo. «Ti farò fare un tour dell’ospedale! Sì! Ho sentito dire che stai praticamente facendo da apprendista a una mia vecchia amica, Poppy Pomfrey, usando la tua abilità nei Serpincanti per guarire. Sì! Devi lasciare che ti faccia da guida, per lo meno. Potrei anche riuscire a farti fare un po’ di pratica. È il minimo che posso fare per te, dopotutto. Poppy e io andavamo all’università insieme, capisci, e sarebbe disdicevole per me non offrire quest’opportunità a te, suo studente,» affermò rapidamente prima di sollevare gli occhi alla Signora Paciock, un po’ nervoso.
Harry sbatté gli occhi, mentre Neville tentò di non fare una smorfia divertita.
«Sta al Signor Potter decidere,» fece lei.
«Mi piacerebbe molto, Signore,» disse Harry. «Solo se per lei va bene, Signora Paciock?»
«Va bene, Signor Potter. È bello vedere un giovane uomo capace di fare qualcosa di sé stesso.» Rispose lei.
Le spalle di Neville si piegarono all’ingiù. Harry si sforzò di non guardarla male, desiderando che ci fosse un modo di farle cambiare idea su Neville.
«Grazie, Signora Paciock,» fece Harry, prima di concentrarsi sull’amico. «Vieni, Neville, magari vedremo alcune piante usate in un trattamento.»
«Talvolta usiamo piante e erbe,» confermò eccitato il Guaritore, prima di voltarsi verso la signora. «Saranno al sicuro con me, Signora Paciock, se lei non ha voglia di unirsi a noi; ha la mia parola.»
Lei annuì brevemente.
«Per favore, seguitemi. Inizieremo da questo piano,» disse lui allegramente.
Senza preoccuparsi di guardare la Signora Paciock, Harry prese il braccio di Neville e lo tirò in avanti.
«Mi troverete nella Sala da tè del quinto piano,» affermò lei mentre i ragazzi si allontanavano.
«Sì, nonna.» Rispose Neville mentre lei entrava nell’ascensore.
«Donna formidabile, tua nonna.» Commentò il Guaritore Smethwyk.
Neville annuì mentre si fermavano in un incrocio tra corridoi non troppo affollato.
«Bene, questo è il piano terra, ovviamente, e qui trattiamo gli incidenti da artefatti. Cose come incidenti sulla scopa fino al contraccolpo da bacchetta e tutte le occorrenze nel mezzo. Ne curiamo oltre tre dozzine al giorno, sebbene la maggior parte non sia molto grave.»
Cominciarono a percorrere i corridoi, osservando alcuni pazienti che venivano curati o esaminati.
Tutto sembrava sotto controllo, quindi Harry non fu sorpreso che Smethwyk non gli chiedesse se voleva curare qualcuno.
Salendo le scale, arrivarono al primo piano: Ferite indotte da Creature.
«Questo è il mio piano. Sono il capo di questo reparto, il reparto Dai Llewellyn. Qui arrivano alcuni casi gravi, e spesso sono una questione di vita o di morte,» disse cupamente.
Harry e Neville rimasero vicini, sentendo alcuni lamenti provenire da qualche camera. D’improvviso, sentirono della confusione dalla fine del corridoio.
«Guaritore Smethwyk! Guaritore Smethwyk!» Gridò un’infermiera, correndo fuori da una delle stanze più lontane. «Codice Lilla!»
Con un’imprecazione, il Guaritore si fermò all’improvviso e si girò per guardare in faccia Harry e Neville, dopo aver dato un’occhiata al cartello sulla porta di fianco a dove si trovavano. «Devo occuparmi di questa cosa,» affermò, prima di aprire la porta e di affacciarsi con la testa dentro la stanza. «Signori Hovel, so che questa è una richiesta strana e improvvisa, ma potreste tenere d’occhio un momento questi due ragazzi per me? Il trattamento per vostro figlio oggi sarà gratuito.»
«C-certo, Guaritore,» fu la risposta.
Smethwyk si voltò nuovamente verso i ragazzi. «Rimanete in questa stanza fino al mio ritorno. Non dovrebbe volerci molto.»
«Sì, Signore,» rispose Harry, sentendo l’urgenza nella voce dell’uomo.
Con questo, Harry e Neville furono spinti nella stanza con gentilezza ma con decisione. La porta venne richiusa dietro di loro.
«Uh, ciao,» Disse un uomo che stava accanto a un letto, alzandosi.
C’era un ragazzino allungato nel letto con un libro in grembo. Aveva un grosso bendaggio intorno al braccio. Dall’altra parte del letto c’era una donna in una sedia a dondolo, che cullava un neonato.
«Ciao,» rispose Harry, facendo alcuni passi nella stanza.
«Io sono Jake Hovel. Questa è mia moglie, Mary, e i nostri figli, Andy e la piccola Ann,» disse l’uomo, andando verso di loro e tendendogli la mano.
Harry la strinse.
«Io sono Harry Potter, e questo è il mio migliore amico, Neville Paciock. Scusate per l’intrusione,» disse, imbarazzato.
«Il Signor Potter?» Domandò la Signora Hovel mentre il Signor Hovel stringeva la mano a Neville. «Il bambino guaritore?»
«Beh, sì, suppongo che si possa dire così,» riuscì a dire Harry, a disagio.
Il Signor Hovel si schiarì la gola. «Scusateci. Siamo rimasti fuori dal Mondo Magico per qualche tempo, e lei è una babbana, quindi non siamo molto al passo coi tempi. L’unica ragione per cui siamo qui ora è per quello che è successo a Andy.»
«Che gli è accaduto?» Chiese Harry, mentre Andy si voltava verso di lui, fissandolo a occhi sgranati.
Il Signor Hovel sospirò stancamente. «È stato morso da qualche bestia selvatica. In realtà, l’unica ragione per cui siamo qui e non in un ospedale babbano è che ha praticato della magia accidentale. È riuscito a respingere l’animale, e ha fatto volare tutta la spazzatura che era andato a buttare nel bidone.»
Harry sollevò le sopracciglia.
«Io non ho visto l’animale, ma ho sentito l’urlo e il forte scoppio causato dall’energia con cui lo ha scacciato.»
«Il morso era brutto?» Chiese Harry, seguendo il Signor Hovel più vicino al letto. Neville era accanto a lui.
Giungendo ai piedi del letto, mentre la Signora Hovel stava ancora cullando la piccola Ann, Coral si strinse forte attorno al polso di Harry.
:Harry:
Non ebbe bisogno di aggiungere altro. Nel momento in cui gli aveva strizzato il polso, Harry emanò della magia per perlustrare la stanza intorno a lui e trovare che cosa l’aveva disturbata.
Gli occhi di Harry si concentrarono sul ragazzino.
La sensazione era… come quella che gli dava il Professor Lupin, ma… più leggera, più debole.
Harry deglutì, abbassando gli occhi sulla ferita. Se fosse riuscito ad avvicinarsi abbastanza da fargli una diagnosi, forse avrebbe avuto un indizio sul motivo per cui il ragazzino gli dava una sensazione di pericolo. E forse avrebbe anche avuto un indizio per Lupin.
«Signori Hovel...» Cominciò Harry, guardando la donna. «Vi dispiacerebbe se io… beh, se provassi a curare la sua ferita? Potrei anche assicurarmi che il morso dell’animale non abbia causato nient’altro.»
«Oh, lo faresti?» Chiese lei, sollevata. «So che gli causa molto dolore. Arriva a ondate.»
Il ragazzino si sollevò un po’, d’improvviso apparendo speranzoso, mentre metteva da parte il libro. Doveva avere circa otto anni.
«Un Guaritore mi ha parlato di te,» disse piano, «mi ha detto che hai salvato la vita di un ragazzo alla scuola di magia. È vero?»
Harry annuì. «Sì. È vero.»
«Wow. Quindi puoi davvero guarirmi il braccio?»
«Sì, dovrei esserne capace,» rispose Harry, girando intorno al letto quando il Signor Hovel gli fece spazio.
«Allora, che cosa hai bisogno che facciamo?» Chiese il Signor Hovel, abbastanza bendisposto a far guarire il figlio da Harry. Aveva letto che Harry Potter faceva dei miracoli ed era capace di padroneggiare le potenti abilità curative dei Serpincanti.
«Niente, ma se avete paura dei serpenti, dovete dirmelo adesso,» disse Harry, provando a non mostrare quanto fosse sorpreso della loro disponibilità a fargli usare i Serpincanti su loro figlio.
«I serpenti sono fantastici!» gridò Andy, prima di lamentarsi poiché aveva mosso il braccio.
«Beh, se il serpente non morde...» Riuscì a dire a disagio la Signora Hovel, alle spalle di Harry.
«Oh, lei non morde. È molto gentile,» la rassicurò Harry mentre si sollevava la manica per rivelare la testa di Coral.
«Magico,» sospirò Andy, fissando Coral mentre scivolava sul braccio di Harry fino alla sua mano con la cicatrice. Andy e la sua famiglia notarono la cicatrice ma non dissero nulla al proposito.
«D’accordo, um, quando vuoi,» disse il Signor Hovel, curioso e interessato.
Harry annuì. «Okay, per prima cosa, farò una piccola scansione e una diagnosi di qualsiasi problema potrebbe esserci. Madama Pomfrey dice che è sempre meglio andare sul sicuro,» fece Harry, ora appoggiato al letto.
«Okay,» rispose Andy, mentre suo padre si sedeva dall’altra parte del letto e gli teneva la mano sana, confortandolo.
Harry mosse lentamente la mano sinistra con Coral intorno, e la mise sulla spalla di Andy. Sembrava quasi che Coral avrebbe dato un bacino sul collo del bambino.
Andy ridacchiò. «Mi fa il solletico.»
Harry sorrise, prima di concentrarsi sul suo compito. :Che cosa c’è che non va?:
Immediatamente, gli fu mostrato il braccio del bambino, terribilmente squarciato e ferito. La carne era stata strappata e tirata a tal punto che era un miracolo che il bambino avesse ancora una speranza di tenere qualcosa attaccato al gomito. Harry trattenne un’ondata di nausea mentre l’immagine cambiava, focalizzandosi su qualcos’altro. C’era un residuo nero di magia che saturava la ferita, e l’oscurità stava già scorrendo nelle vene del bambino.
Concentrandosi, Harry permise alla sua magia di analizzarlo, per cercare di capire cosa fosse. Era aggressivo e selvaggio, ma non particolarmente malvagio, solo spietato. Pericolosamente spietato.
Una pulsazione rimbombò all’improvviso nelle orecchie di Harry, come se l’oscurità fosse una cosa viva. La visione di Harry lampeggiò in un’esplosione di grigio, il suono nelle sue orecchie cambiò fino a diventare un lungo e forte ululato, più profondo e potente di quello di qualsiasi lupo.
:Licantropo: Sibilò Coral.
E Harry, d’un tratto, capì. Era questo il motivo per cui questo ragazzino e Lupin gli sembravano così pericolosi. Erano licantropi.
:Che dovremmo fare? Che possiamo fare?: Chiese Harry a Coral, ignorando i gemiti soffocati degli Hovel che lo sentivano parlare Serpentese.
:La maledizione non ha ancora sopraffatto il bambino. Potremmo essere in grado di sconfiggerla:
:Sconfiggerla? Come?:
:Beh, è una maledizione, quindi…:
:Potremmo usare le indicazioni del libro per trattare le maledizioni. Dissolverla: Rispose Harry.
:Sì, però non sappiamo che fine farà la magia rimasta, o che cosa causerà. Certo, non sarebbe più una maledizione, ma la magia sarà ancora lì: lo allertò Coral. :La magia non può essere creata né distrutta:
:Beh, non possiamo lasciare il bambino in questo stato: affermò Harry.
:Sono d’accordo:
«Signor Potter?» Chiese incerto il Signor Hovel. «Qualcosa non va?»
Harry deglutì, guardando negli occhi blu dell’uomo. «Sapete che cosa lo ha morso?»
Il Signor Hovel divenne molto rigido. «I guaritori non lo sanno ancora, stiamo ancora aspettando i risultati. Dovrebbero averli presto, comunque.»
Harry chiuse gli occhi, ricordando le poche cose che sapeva sui licantropi, quelle che aveva letto. Erano temuti dalla società, odiati e discriminati. Non era una vita piacevole. Un licantropo non poteva sposarsi, non poteva possedere alcuna proprietà, e faceva fatica anche a trovare lavoro.
E ora questo bambino aveva un futuro del genere – questo, se Harry non lo avesse fermato.
«So che cosa lo ha morso, ma penso di poterlo trattare e curarlo. Se mi lasciate provare,» affermò Harry.
«Cosa? Che ha che non va il mio bambino? Che cosa lo ha morso?» Gridò la Signora Hovel, cercando di non alzare troppo la voce per non spaventare la neonata.
«È stato un licantropo, vero?» Sussurrò Andy.
Harry voltò la faccia verso di lui e incontrò i suoi occhi. «Sì.»
Beh, qualunque compostezza la madre avesse, volò via dalla finestra, e la bambina seguì presto il pianto della madre.
«Silencio!» Urlò il Signor Hovel, silenziando magicamente la moglie e la figlia, con uno sguardo addolorato ma serio, mentre si chinava sul letto e afferrava fermamente il braccio destro di Harry. «Fallo, Signor Potter. Fa’ qualunque cosa pensi che possa aiutare mio figlio. Fallo ora.»
Harry aveva il cuore in gola mentre fissava gli occhi disperati del padre spaventato.
Suo padre sembrava così sconvolto quando Voldemort era arrivato dentro casa? Era stato così deciso nel parlare a sua madre? Le aveva tenuto il braccio così forte mentre le diceva di andare nella stanza di Harry?
Harry deglutì pesantemente e guardò Neville, che ora era bianco come un lenzuolo.
«Dimmi se si avvicina qualcuno, Neville, e non lasciarli passare,» disse deciso, non molto sicuro di quello che sarebbe successo durante il suo tentativo e ancora senza alcuna idea di che cosa sarebbe successo alla magia della maledizione se e quando quest’ultima fosse stata dissolta. «Signora Hovel, tenga sua figlia e stia indietro. Signor Hovel-»
«Nessuno ti interromperà, Signor Potter,» disse lui, già alla porta con Neville. «Starò io qui.»
Harry annuì, prima di voltare le spalle a tutti loro.
:Penso che prima dovrei curare la ferita: disse Harry a Coral.
:Sì:
«Bene, Andy, ora avrò bisogno di rimuovere le bende così ti guarirò il braccio prima di occuparmi dell’altro problema. Adesso ti addormenterò il braccio,» fece Harry, decidendo che fosse meglio annunciare quello che stava per fare prima di agire.
«Okay,» rispose Andy, deglutendo.
«Puoi chiudere gli occhi se vuoi,» suggerì Harry, ma lo sguardo del bambino rimase fisso su Coral e sulla mano di Harry.
:Nervi, dormite: sussurrò, strofinando la mano sull’intero braccio bendato del bambino.
Andy diede un’esclamazione di sorpresa, e poi si rilassò, chiaramente più a proprio agio di quanto fosse prima.
Lentamente, Harry iniziò a svolgere le bende, togliendole a poco a poco.
«Questa non è una bella ferita,» affermò Harry, ora parlando non solo direttamente a Andy, ma a tutti i presenti nella stanza. «Potete chiudere gli occhi o guardare da un’altra parte in qualsiasi momento.»
Rimosse il resto della benda. Era intrisa di unguenti e sangue e puzzava per un materiale ceroso e amaro. Mettendola da parte, Harry espose completamente la ferita. Sembrava proprio come era stata mostrata a Harry. Sembrava come se un animale selvaggio avesse serrato le fauci e poi avesse scrollato la testa più forte che poteva avanti e indietro, peggiorando la ferita.
«Mi ha preso proprio bene, uh?» Sussurrò Andy.
«Lo ha fatto,» disse Harry, sollevando con cautela il braccio del bambino con la mano destra, mentre portava la sinistra con Coral al di sopra della ferita. «Va bene, pronto?» Chiese, guardando il bambino.
«Pronto,» rispose Andy.
:Tagli e squarci, riunitevi; ferita, guarisci: ordinò Harry, muovendo la propria magia intorno a quella di Andy e usando entrambe per nutrire il processo di guarigione.
Osservarono il muscolo che si riattaccava a sé stesso, e i tessuti che lo circondavano che si ricomponevano, mentre il gonfiore spariva intorno alla ferita.
La pelle raggrinzita si spianò e si allungò al di sopra della carne guarita, fino a che si rincongiunse con quella guarita dalla parte opposta. E là, impercettibilmente, residuo dell’orrenda ferita, c’era una lunga cicatrice a malapena visibile. Si allungava dal polso del bambino al gomito, curvando in modo irregolare fino all’inizio dell’avambraccio.
Harry fece una smorfia.
:È una cicatrice maledetta, Harry; questo è il meglio che possiamo fare: disse Coral, mentre Harry cancellava l’anestesia.
«È una cicatrice maledetta. Avevo dimenticato che non posso toglierle,» disse Harry con un piccolo sorriso, toccandosi brevemente la fronte, dove c’era la sua cicatrice maledetta.
«Va benissimo, è una cicatrice fichissima,» disse Andy, abbastanza compiaciuto. «Nessuno a scuola ne avrà una più fica!»
Harry sorrise, prima di tornare serio, e una parte di lui si chiese dove fosse il Guaritore Smethwyk. Poteva tornare in qualsiasi momento, e chissà se gli avrebbe permesso di fare quello che stava facendo. Doveva fare questa cosa, subito.
Harry si mise sul letto, inginocchiandosi di fianco a Andy.
:Penso che sarebbe meglio se mettessi la mano destra sul suo petto e la sinistra e me sulla sua fronte, il palmo al di sopra del suo naso:
:Il terzo occhio, giusto: acconsentì Harry. «Okay Andy, ora per favore sdraiati sulla schiena per me.»
Andy obbedì senza esitazione, e guardò il padre che gli fece un cenno incoraggiante. Sua madre cullava la piccolina, teneva strette le labbra mortalmente pallide dall’ansia, e aveva gli occhi pieni di lacrime.
Facendo come Coral gli aveva suggerito, Harry si posizionò di fianco a Andy, chinandosi su di lui e mettendogli una mano sul cuore e una sulla fronte.
«Voglio che ti rilassi. Voglio che la tua magia sia calma e ferma quanto più possibile, perché la userò insieme alla mia per distruggere la maledizione. Puoi restare calmo per me?» Chiese Harry.
Andy annuì rigidamente al di sotto della sua mano sinistra e chiuse gli occhi.
«Non lasciate avvicinare nessuno a questo letto,» Harry ordinò, non volendo alcuna interruzione o distrazione.
:Pronta, Coral?:
:Pronta:
Harry inspirò, raccogliendo la propria magia al centro del suo essere, come aveva già fatto dozzine di volte nell’infermeria sotto l’occhio di Pomfrey. La lasciò scendere, facendola colare lentamente giù, verso le mani, e allungandola per prendere di nuovo il controllo di quella di Andy.
:Maledizione, dissolviti: Ordinò con fermezza mentre rilasciava una pulsazione della propria magia e l’avvolgeva intorno a quella di Andy per combattere la maledizione.
Gli occhi di Harry erano aperti, fissavano il volto del bambino, quando entrò in contatto con la maledizione, sentendola pulsare nel sangue di Andy. Senza alcuna esitazione, la sua magia puntò verso ogni minima parte della maledizione, circondandola con denso potere e con intenzione.
Harry sentì Andy irrigidirsi, ma lo trattenne, improvvisamente sentendo la maledizione che si sgretolava all’interno della loro magia.
Rilasciando il respiro, Harry iniziò lentamente a tirare indietro la propria magia dopo un lungo istante, sentendo che non era rimasto alcun frammento della maledizione.
:Fermati: Disse Coral, e Harry capì presto il perché.
La magia che era all’essenza della maledizione era ancora lì, ribolliva al centro del bambino, minacciando di traboccare e inondare il suo nucleo magico. Harry fece rapidamente l’unica cosa a cui riuscì a pensare e inghiottì la massa con la propria magia.
:Calma… calma…: sussurrò Harry ancora e ancora, fino a quando finalmente...
Si impennò.
«Harry!» Gridò Neville.
La vista gli lampeggiò di bianco, e sapeva che non era più sul letto. Però, dove fosse esattamente, non lo sapeva.
La cosa successiva che Harry seppe fu che era sdraiato a pancia in su sul freddo pavimento dell’ospedale.
«Harry, stai bene?» Chiese Neville, inginocchiandosi accanto a lui, con il Signor Hovel dietro di lui, che esitava, e aveva un’aria terribilmente preoccupata.
:Coral?:Boccheggiò Harry.
:Penso che tu stia bene, Harry, sebbene la magia residua della maledizione sia stata assorbita da te e dal bambino:
:Stai bene?:
:Sì, grazie:
«Sto bene,» disse Harry finalmente, tirandosi a sedere, proprio nel momento in cui la porta venne aperta di schianto.
«Che avevate in testa chiudendo la porta?» Chiese con intensità il Guaritore Smethwyk, con lo sguardo fiammeggiante.
«Sono stato io, Guaritore Smethwyk,» confessò il Signor Hovel, frapponendosi tra lui e il resto della stanza.
Il Guaritore Smethwyk, ora raggiunto da altri tre guaritori, osservò rapidamente la camera, provando a capire tutto quello che poteva.
«Perché?» Chiese, entrando nella stanza mentre il Signor Hovel si tirava indietro per raggiungere la moglie e la figlia, a sinistra.
«Mi ha guarito, guardate!» Esclamò Andy, in piedi sul letto e agitando il braccio guarito con orgoglio, senza badare al fatto che indossava solo una sottana dell’ospedale.
I guaritori boccheggiarono, prima di accorrere verso di lui.
«Com’è possibile?» Chiese uno, afferrando il braccio del bambino e indicando la lunga, sottile cicatrice frastagliata.
«Ma era in conflitto con i nostri incantesimi curativi,» affermò un altro.
«Questo è un miracolo!»
«Come ti senti?» Chiese Smethwyk a Andy.
«Bene! Ma ho fame. Mamma, posso avere la torta?» Rispose lui.
Harry e Neville si allontanarono il più velocemente possibile dai confusi dottori, fermandosi di fianco al Signor Hovel. Harry sentì che l’uomo gli metteva una mano sulla spalla, mentre Andy riuscì a sollevare la voce oltre tutto il chiacchiericcio e indicò fermamente Harry.
«Ve l’ho detto! Lo ha fatto Harry!»
Con ciò, tutti si zittirono e si voltarono verso quello che Andy stava indicando.
Harry deglutì.
«È vero, Signor Potter?» Domandò lentamente il Guaritore Smethwyk.
«S-sì, Signore,» rispose lui.
Tutti erano completamente immobili, e lo fissavano. Coral scelse quel momento per spuntare fuori dalla sua manica.
Un’infermiera dietro Smethwyk gemette, mentre un’altra mise una mano sulla spalla della donna per calmarla.
«È il suo famiglio. Lei lo aiuta a praticare i Serpincanti,» disse calmo il Guaritore più anziano. «L’ho letto sulla Gazzetta del Profeta.»
«E che cosa hai fatto esattamente?» Chiese Smethwyk a Harry.
«Ho curato il suo braccio, e mi sono sbarazzato della maledizione prima che potesse sopraffarlo del tutto,» affermò Harry.
«Maledizione?»
Harry si raddrizzò, non apprezzando gli sguardi che ora gli stavano indirizzando alcuni guaritori.
«La creatura che lo ha morso,» iniziò Harry, e lentamente scoccò uno sguardo al Signor Hovel, che gli teneva ancora la mano sulla spalla.
«Il Signor Potter si è offerto di provare a guarire la ferita di mio figlio. Prima di farlo, ha affermato che avrebbe cercato qualunque altro problema. Ci ha detto di aver trovato una maledizione, che proveniva dal morso, ma ha detto che era fiducioso di poterla rimuovere se glielo avessimo permesso. Gli abbiamo dato il nostro permesso.» Riassunse rozzamente il Signor Hovel.
Smethwyk ora stava fissando Harry, evidentemente innervosito. Con quello sguardo, Harry seppe che Smethwyk sapeva. Sapeva che Andy era stato morso da un licantropo.
«Credi di esserti sbarazzato di questa maledizione?» Domandò Smethwyk senza fiato, decidendo di non identificare la maledizione.
«So di esserci riuscito. La maledizione è stata completamente dissolta e-» Harry sentì Coral che stringeva la presa sul suo polso, ricordandogli di pensare bene a quello che stava dicendo. Si schiarì piano la gola. «E sono fiducioso che Andy sia perfettamente a posto ora.»
Aveva deciso di tenere per sé il fatto che lui e Andy avessero assorbito la magia residua. Rivelare quella parte di informazione non sarebbe stato d’aiuto per nessuno.
La Signora Hovel emise un grido di gioia prima di voltarsi verso Harry e di abbracciarlo, mentre la bambina si agitava.
«Grazie, Signor Potter, grazie davvero!» Pianse lei, stringendolo contro di sé.
Dopo un momento, venne tirato via dal Signor Hovel, a cui Harry fu molto grato, Coral era divertita.
D’improvviso, il Guaritore Smethwyk fu proprio di fronte a lui. «Signor Potter, non so se tu sia davvero riuscito a curare il braccio di Andy e quella maledizione, ma credimi quando ti dico che hai reso a questa famiglia un servizio incalcolabile. La ferita avrebbe avuto bisogno di diverse settimane per guarire completamente, e sarebbe stato solo grazie alla luna piena, che non è esattamente una benedizione per coloro che sono portatori di quella maledizione.»
«Lui non è un licantropo,» disse Harry con fermezza, «non più.»
Smethwyk e gli altri guaritori lo guardarono con scetticismo.
«Se non mi credete, esaminatelo di nuovo, ma ve lo dico, non è un licantropo,» ripeté Harry.
«Non è possibile,» disse Smethwyk.
«Lo è. L’ho fatto io.»
«Rifate i test,» disse il Signor Hovel. «Esaminate di nuovo mio figlio.»
Smethwyk si voltò verso il padre di Andy. «Molto bene.»

O o O o O

Severus entrò nella Sala Grande, e una parte di lui non vedeva veramente l’ora che arrivassero le vacanze. Era passato molto tempo da quando era stato davvero in grado di godersi un Natale, uno senza guerra e la paura costante della morte dietro ogni angolo.
Ma non tutto andava bene. Era stato ricordato a Severus quando era andato nell’ufficio del Preside qualche giorno prima che iniziasse la pausa invernale.
Albus gli aveva detto che c’era qualcosa nella foresta che attaccava gli unicorni. Addirittura, uno era stato ucciso ed era stato dissanguato. In non molte parole, Silente aveva ammesso che credeva che fosse Voldemort. Con quell’ammissione, Severus scoprì anche che Silente aveva affrontato qualcosa nella foresta mentre Hagrid aveva trovato l’unicorno.
La battaglia era stata breve, e l’essere era scappato in fretta, ma non prima di aver fatto esplodere la radura in cui era stato Silente.

«Sono sicuro che, qualsiasi sia la cosa con cui mi sono scontrato, è ciò che sta minacciando gli unicorni, Severus. E lasciamelo dire, se è ciò che temiamo, ha rapidamente accumulato forza, e questo è preoccupante,» Silente gli disse, avvolgendosi con cura la mano ferita in una benda bianca.

Severus era ancora meravigliato che il vecchio fosse riuscito a cavarsela con una sola ferita. Non molto dopo che gli era stato detto ciò che era successo, andò a investigare la zona. Trovò la radura completamente carbonizzata e annerita, gli alberi totalmente disintegrati in un’area di dodici metri quadrati. Arrivato ai margini, Severus si era fermato.
Sapeva chi aveva scagliato quell’incantesimo, e non era stato Voldemort, o, almeno, non solo lui.
L’incantesimo preferito di Peter Minus era una variante di Bombarda. Un incantesimo i cui effetti erano esattamente uguali a ciò che lui aveva trovato nella Foresta Proibita.
Peter era nella foresta, e lavorava per il Signore Oscuro.
«Tutto a posto, Professor Piton?» Gli chiese Hagrid mentre si avvicinava al tavolo degli insegnanti.
«Sì, Hagrid; buongiorno,» fece lui con tono formale, sedendosi tra lui e il Professor Vitious.
Hagrid ne fu estasiato.
C’erano pochi studenti nella Sala Grande, rimasti per le vacanze, inclusi i Weasley.
Severus abbassò lo sguardo al tavolo semivuoto dei Gryffindor, per trovarci i ragazzi Weasley. Ron sembrava essersi adattato molto bene alla vita scolastica, sebbene fosse ancora abbattuto per aver perso il suo ratto. I gemelli erano sempre gli stessi, occupati in scherzi innocui. E Percy rimaneva, beh, Percy.
Con un sospiro celato, Severus scacciò dalla propria mente le loro future morti e si concentrò sulla sua colazione, mentre il giornale del mattino veniva consegnato dai gufi. Prese il suo giornale e lo lasciò accanto al piatto senza aprirlo. Lo avrebbe letto più tardi.
«Oh! Signor Potter, ti strozzerò!» Ruggì all’improvviso Pomfrey dalla fine del tavolo.
Tutti nella Sala Grande si voltarono a fissarla.
Là, con il fumo che praticamente le usciva dalle orecchie, c’era Madama Pomfrey, che ribolliva mentre guardava la prima pagina della Gazzetta del Profeta, borbottando tra i denti mentre leggeva.
Con un presentimento che gli si agitava nelle budella, Severus afferrò rapidamente il suo giornale e lo aprì.
«Oh, Merlino misericordioso,» esalò Vitious accanto a lui, al vedere il giornale di Severus e leggendo il titolo dell’articolo di testa.
La presa di Severus si serrò, al vedere le parole in grassetto stampate lungo tutta l’ampiezza della prima pagina.

HARRY POTTER CURA UN BAMBINO DALLA LICANTROPIA AL SAN MUNGO - I GUARITORI CONFERMANO!

E al di sotto di quelle parole c’era la foto del bambino curato, Andy, dritto in piedi nella vestaglia da ospedale e che metteva in mostra il braccio cicatrizzato per la macchina fotografica, con la famiglia che stava alle sue spalle.
Severus non riuscì a fare altro che guardare. Come era possibile? Nel futuro non ci era mai riuscito. Però di certo… non ci aveva mai provato.
«Oh mamma,» fece Silente piuttosto piattamente, sollevando la propria copia con un sopracciglio alzato.


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Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Festività e regali.




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Capitolo 12
*** Festività e regali ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 12: [Festivities and Gifts] Festività e regali

Il resto della settimana prima del 23 dicembre passò velocemente per Harry e Neville. Protetti nella Villa Paciock, i ragazzi furono liberi di rilassarsi e divertirsi lontano dal resto del mondo, beh, dalla maggior parte di esso.
La Signora Paciock non era stata molto compiaciuta dagli eventi che, pochi giorni prima, erano risultati nella necessità per loro di fuggire dall’ospedale. Sebbene non poté evitare di essere impressionata da ciò che era accaduto, non le era piaciuta l’attenzione che avevano attratto. Lasciare l’ospedale era stata un’impresa. Non molto tempo dopo che i Guaritori erano entrati nella stanza e avevano trovato Andy guarito, la voce sul fatto si era sparsa in tutto l’ospedale. Nel tempo che aveva impiegato a raggiungere il quinto piano, dove si trovava lei, le persone dicevano che Harry Potter stava passando stanza per stanza, guarendo i malati di tutte le ferite, i malanni, e i morbi immaginabili.
Queste voci, ovviamente, erano false; tuttavia, per quando lei scese al primo piano dove si trovavano Harry e Neville, Harry stava effettivamente andando nelle stanze vicine per curare “semplici” ferite sotto l’occhio curioso dei guaritori. Era impressionante. Nemmeno Augusta Paciock poté dire il contrario.
Fu solo quando i pazienti degli altri piani iniziarono a provare a raggiungere Harry che la Signora Paciock decise che era ora per loro di andare via, senza discussioni. E così, erano partiti dal camino nell’ufficio del Guaritore Smethwyk.
La Signora Paciock non toccò l’argomento di quanto era successo nell’ospedale né con Harry né con Neville dopo che furono tornati alla Villa.
A suo giudizio, sembrava, l’intera faccenda era nel passato e doveva rimanerci. Non voleva averci a che fare, così la ignorò.
Sia Harry che Neville furono grati per il suo silenzio sull’argomento, sebbene il giornale del giorno seguente era stato uno shock per tutti. Il pubblico andava matto per Harry Potter adesso, più che mai prima. Ogni giorno c’era un articolo su di lui, che speculava su che cosa avrebbe fatto la comunità dei licantropi alla luce di ciò, se il Signor Potter si sarebbe offerto di guarire altri licantropi, e se avrebbe curato qualcos’altro. Era tutto molto surreale. La gente, a quanto diceva la Gazzetta del Profeta, stava mandando centinaia di lettere al San Mungo cercando Harry Potter per delle cure. E questo era solo pochi giorni dopo che aveva curato Andy.
Una parte di Harry si aspettava che le persone cominciassero a comparire alla villa, o che centinaia di lettere gli venissero recapitate, ma ciò, fortunatamente, non avvenne.
«Quindi il Professor Piton ti verrà a prendere a mezzogiorno oggi e ti porterà a Diagon Alley?» Chiese Neville a Harry mentre entravano in biblioteca.
Avevano letto tutto quello che erano riusciti a trovare sui nervi e il cervello, provando a capire di più su di essi e che cosa si poteva fare per curarli. Finora non avevano trovato molto, ma erano passati solo pochi giorni.
«Già. Ho bisogno di comprare degli abiti formali,» rispose Harry.
Neville annuì. «È un peccato che non ti entri il mio, te lo avrei prestato. Diagon Alley nel periodo di Natale può essere affollata.»
Harry sospirò. «Sì, non mi piacciono molto le folle. Ma il Professor Piton sarà con me,» disse fiducioso.
Neville ghignò. «Nessuno ti darà fastidio mentre lui sarà con te.»
«Assolutamente no.» Harry sorrise.

O o O o O

«Albus, devo parlare con lui,» disse Caramell, parlando con Silente dal caminetto.
Aveva contattato il Preside tramite la metropolvere circa mezz’ora prima, disperando di ricevere una guida.
«Credo che la Signora Paciock abbia reso chiaro che non permetterà che si disturbi il Signor Potter mentre si trova sotto la sua tutela,» affermò Silente.
Caramell sospirò. «Sì, ma tu non capisci. Al San Mungo stanno arrivando dei rappresentanti da altri paesi, per verificare i risultati. Sarà solo questione di tempo prima che chiedano un incontro col ragazzo stesso!»
«Cornelius, non sappiamo se il caso di Andy Hovel sia unico oppure no. Ci sono un sacco di fattori da considerare. Sì, il Signor Potter ha guarito il giovane Hovel, ma non significa che sia in grado di curare chiunque sia infetto dalla Licantropia. Forse il Signor Potter può curare solo coloro che sono stati morsi da poco.»
«Bene, questo è il motivo per cui devo parlare col Signor Potter, così possiamo decidere un piano per capire i limiti delle sue capacità. Ho già ricevuto alcune lettere da leader politici di altri paesi, che mi chiedono che cosa ho accertato esattamente finora. Non posso lasciare le loro domande senza risposta, Albus!»
Silente si tirò la barba. «Andrai alla festa dei Malfoy, vero?»
Caramell spalancò gli occhi. «Oh, avevo dimenticato che ci sarà anche il ragazzo...»
«Allora è fatta. Sono sicuro che non si offenderà nessuno se parlerai con lui per qualche minuto mentre siete lì, e sono certo che il Signor Potter sarà disponibile ad ascoltarti.»
«Grazie, Albus. Devo essere preparato. Ho bisogno di mostrare al Signor Potter quanto abbiamo bisogno di lui!»
Il volto di Silente si fece improvvisamente serio. «Cornelius.»
Caramell si immobilizzò, il volto fiammeggiante nel camino che fissava il Preside, sorpreso dal mutamento di tono.
«Il Signor Potter ha solamente undici anni. Se dovessi sospettare anche una minima manipolazione, non ne sarò compiaciuto. Sì, il Signor Potter merita di sapere che cosa ha comportato il suo atto di guarire il giovane Hovel, ma non lascerò che lo trasformi in una qualche sorta di premio da sventolare sotto il naso delle altre nazioni. Chiaro?»
«Sì, Preside, capisco,» rispose Caramell deglutendo pesantemente.
«Bene,» fece Silente, la voce nuovamente leggera, «Sono felice che abbiamo avuto questa piccola chiacchierata.»
Caramell annuì prima di salutarlo e chiudere la comunicazione.
Silente sospirò, prima di tirarsi su da dove si era inginocchiato e allontanandosi dal camino.
«Sarò assieme al Signor Potter quando il Ministro gli parlerà,» affermò Severus, facendo un passo al di fuori di un angolo nascosto.
«Sì, il che è l’unica ragione per cui ho ricordato a Cornelius che aveva questa opportunità alla festa.»
L’insegnante di pozioni annuì.
«Spero che Harry sarà in grado di gestire la sua accresciuta fama. Non è più soltanto il Ragazzo-Che-è-Sopravvissuto adesso,» disse piano Silente.
«Sono convinto che il Signor Potter la gestirà senza problemi, ma devo ammettere che non sono entusiasta della prospettiva di portarlo a Diagon Alley,» replicò Severus.
«Comunque, sono d’accordo sull’opinione che hai espresso tempo fa. Non possiamo nascondere Harry Potter dal mondo intero. Una mossa del genere peggiorerebbe solo le cose, aggiungendo del mistero a tutto il resto.»
«Sì, potrà anche non piacerci, ma non c’è molto che possiamo fare al riguardo,» affermò Silente.

O o O o O

Severus si materializzò vicino ai confini della proprietà coperta da un manto di neve, vestito con i suoi abiti da cerimonia.
Da quando lui e gli altri nella Sala avevano tutti ricevuto il notevole shock dalla lettura del giornale, qualche giorno prima, le cose erano diventate un po’... familiari.
Era tutto molto simile ai giorni seguenti all’Halloween del 1981, quando il Mondo Magico aveva scoperto che Harry Potter aveva in qualche modo fatto sì che il Signore Oscuro svanisse senza lasciare tracce. Proprio come allora, le persone ovunque parlavano del ragazzo, sussurrando agli angoli delle strade, discutendo di lui durante i pasti, e includendolo nelle storie che raccontavano ai bambini per metterli a letto. Ancora una volta, Harry Potter aveva catturato l’immaginazione della gente.
Severus sperava solo di riuscire ad accompagnare il ragazzo dentro Diagon Alley senza che nessuno gli si avvicinasse per un autografo o cose simili.
Severus scosse la testa, avvicinandosi al portone della villa dei Paciock, e bussò.
«Buon pomeriggio, Professor Piton. Il Signor Potter è pronto ad andare con lei,» affermò la Signora Paciock, aprendo la porta.
«Grazie, Signora Paciock,» rispose Severus con un cenno del capo. «Sarà di ritorno prima di mezzanotte. In caso contrario, avvisi il Preside immediatamente.»
«Naturalmente,» replicò lei.
«Vieni, Signor Potter,» lo chiamò il Professore, guardando Neville che salutava Harry con la mano dall’ingresso, mentre Harry correva al suo fianco.
«Prima Diagon Alley. Resta sempre vicino a me.»
«Sì, Signore.»
Con Harry al suo fianco, si voltò e iniziò a tornare indietro, lontano dalla villa e oltre gli scudi. Sentì la Signora Paciock che chiudeva la porta.
«Andremo da “Madama McClan: abiti per tutte le occasioni”,» fece Severus, il fiato reso visibile dall’aria fredda.
«Sì, Signore.»
Severus abbassò lo sguardo ad Harry. «Quello che hai fatto al San Mungo è stato notevole, ma Madama Pomfrey non è stata esattamente felice di averlo scoperto dal giornale.»
Harry lo guardò, un po’ preoccupato. «Quanto era arrabbiata?»
«Oh, credo che le sue esatte parole siano state: “Signor Potter, ti strozzerò.”»
«Molto arrabbiata quindi,» bofonchiò Harry.
«Signor Potter, non ti dirò che quello che hai fatto è sbagliato, perché non lo era, ma è stato pericoloso. Che sarebbe accaduto se non fossi stato capace di rimuovere la maledizione? E se ti avesse contagiato? E se qualcosa fosse andato storto e quel bambino ne avesse sofferto?» Chiese il Professor Piton con aria grave.
Harry sospirò. «Non potevo non tentare. Lei ci riuscirebbe? Se fosse in grado di usare i Serpincanti, sarebbe capace di starsene senza fare niente, sapendo che potrebbe essere d’aiuto?»
L’espressione di Severus si addolcì. «No. Ma voglio che ti ricordi che non andrà sempre tutto bene come stavolta. Le cose possono andare male.»
Harry annuì, mordendosi il labbro inferiore. «Capisco, Signore.»
«Non sto tentando di scoraggiarti, Signor Potter, voglio solo che tu sia prudente quando tenti qualcosa che non hai mai fatto prima. Ma voglio anche che tu sappia che sono compiaciuto dei tuoi progressi. Ammetto che hai oltrepassato le mie aspettative. Quando ti ho dato “L’arte dei Serpincanti” all’inizio, non avrei mai immaginato che avresti curato un bambino dalla Licantropia qualche mese dopo.»
Harry arrossì. «Non è stata davvero una gran cosa. Ho fatto solo quello che potevo per aiutare Andy.»
«Lo hai curato dalla Licantropia, Signor Potter. È stata una gran cosa. So che lo troverai molto difficile da credere, ma per secoli è stato creduto che fosse impossibile curare la Licantropia. Infatti, in molti libri, è asserito come un fatto,» lo informò Severus.
«Non penso che la gente dovrebbe decidere cose del genere, specialmente se la cosa “impossibile” può aiutare qualcuno.»
«Questo è un ottimo modo di pensare, ma molti direbbero che è irrealistico,» disse Severus mentre camminavano nella neve, lasciando le loro impronte nella proprietà dei Paciock.
«Forse, ma se nessuno va contro i dubbi della gente, non arriveremo mai da nessuna parte, no? Sono convinto che nulla sia impossibile - nulla che valga la pena, comunque.»
Severus sorrise dolcemente, ricordando parole simili pronunciate dal futuro Harry. «Hai ragione, Signor Potter. Il che mi ricorda che la tua guarigione del piccolo Hovel ha creato delle conseguenze. Non essere sorpreso se stasera ti si avvicinerà un uomo chiamato Cornelius Caramell.»
«Il Ministro della Magia?» Chiese Harry, curioso.
«Sì.»
«Non le piace molto, vero, Signore?» Domandò Harry con cautela.
«Non è una cattiva persona, ma può essere piuttosto sciocco e codardo. Sembra anche molto determinato a parlare con te. Se non fosse stato per la Signora Paciock, ci sarebbe già riuscito.»
A ciò, Harry sollevò le sopracciglia.
«Stai attento a quello a cui acconsenti quando parli con lui. Non si fa scrupoli ad usare le persone per ottenere ciò che vuole. Riguardo a questo, è molto simile a Lucius.»
«Come il Signor Malfoy?» Chiese Harry.
«Sì, molto simile a Lucius, ma non è neanche lontanamente altrettanto astuto, per fortuna. Comunque, la sua ottusità non gli ha impedito di arrivare dov’è ora, quindi sii prudente.»
«Ok, lo sarò,» affermò Harry mentre si fermavano. «Ora ci smaterializzeremo?»
«Sì. Ci materializzeremo a Diagon Alley. Una volta finito lì, passeremo dal Paiolo Magico e prenderemo il Nottetempo fino a Villa Malfoy.»
«Il Nottetempo?»
«Voglio che tu faccia esperienza di tutti i tipi di trasporto magico. Credo che sia una conoscenza necessaria che dovresti acquisire il prima possibile,» commentò lui mentre si avvicinava ad Harry e gli offriva il braccio per la Materializzazione. Harry lo afferrò e svanirono con un quasi inudibile crack.
Riapparvero vicino allo stesso punto in cui la Signora Paciock aveva portato lui e Neville.
Severus mise in fretta una mano sulla spalla di Harry, tenendolo vicino mentre iniziavano a dirigersi verso Madama McClan.
Il posto era affollato, e Harry suppose correttamente che fosse perché tutti stavano facendo gli acquisti dell’ultimo minuto. Così, siccome erano tutti occupati a procurarsi i regali per le proprie famiglie, non fecero caso a Harry, che veniva spinto tra loro a testa bassa al fianco del Professore vestito di scuro.
Entrando nel negozio, che non era estremamente affollato, Severus lo guidò verso il retro.
«Posso aiutarla, Professore?» Chiese Madama McClan, avendo notato il loro ingresso e la loro frettolosa deviazione verso un’area del suo negozio meno esposta.
«Sì,» rispose Severus, facendo un passo indietro rispetto ad Harry e mettendo entrambe le mani sulle spalle del ragazzo. «Questo giovanotto ha bisogno di un abito da cerimonia e di un paio di scarpe. Confido che possano essere preparati e pronti da indossare in qualche ora?»
«Certo,» rispose lei, facendo un passo avanti e tirando fuori il suo metro da sarta, scoccando un’occhiata alla fronte di Harry ma rimanendo professionale. «Quindi, i colori?»
Quasi un’ora e mezza dopo, Harry aveva un nuovo completo elegante. Sotto la parte superiore del mantello nero ce n’era un’altra di uno scuro verde bosco con ricami giallo-dorati lungo i bordi. Il ricamo dorato era stato aggiunto anche agli orli del mantello, e appariva molto brillante. Con i suoi occhi di un verde smeraldo, Harry ammise che sembrava molto bello, quasi formidabile.
:Harry, potrei fare una richiesta?: Chiese Coral mentre Madama McClan faceva alcuni ritocchi finali al mantello di Harry.
:Certo:
:Mi raffreddo molto in fretta in questo periodo quando mi allontano da te. Ci sarebbe un modo per… forse...:
Harry sorrise prima di guardarsi intorno. Non c’era nessun altro a tiro d’orecchio o che stesse prestando loro attenzione.
«Um, Madama McClan, potrei farle una richiesta strana?»
«Certamente, signorino,» rispose lei. Avendo notato che il Professor Piton non voleva attirare l’attenzione della gente, non stava usando il nome del Signor Potter.
«Um, potrebbe cucire uno stretto tubo di tessuto che si intoni a questo mantello? È per...» Harry sollevò appena la manica per rivelare la testa di Coral.
La donna fece un piccolo sorriso, avendola già vista da prima ed essendo piuttosto affascinata dall’amichevole serpente. «Certamente. Impiegherò solo una decina di minuti per cucirlo. Seta o cotone?»
:Ooo, seta: rispose Coral.
«Seta, per favore.»
Lei annuì e si mise subito al lavoro su di esso una volta finito l’ultimo orlo.
Quindici minuti più tardi, sia Harry che Coral erano pronti per la festa. Harry prese anche un bel paio di guanti in pelle nera con una M ricamata sul polsino, da dare al Signor Malfoy come un piccolo ma elegante dono per la festa. Il Professor Piton glieli aveva suggeriti, poiché sapeva che era il tipo di regalo che Lucius preferiva. La ‘M’ ricamata era stata un’idea di Harry.
«Grazie, Signora,» disse Severus chinando appena la testa, mentre Harry la pagava. Harry indossava il suo abito elegante, e i suoi abiti normali li aveva in tasca, miniaturizzati, mentre Coral aveva indossato il suo piccolo ‘maglione’. Era incantato per adattarsi alla sua crescita nel tempo, e se ci fosse stato un improvviso calo di temperatura intorno a lei, il maglione si sarebbe riscaldato, compensando la differenza di calore. La seta era tessuta in modo speciale per permettere libertà di movimento. Non la copriva completamente, ma abbastanza da impedirle di raffreddarsi quando non era a contatto con Harry. Era inverno, dopotutto.
«Oh, è stato un piacere,» disse Madama McClan con orgoglio. «E se avete bisogno di qualche altro capo d’abbigliamento speciale, fatemelo sapere. Sarò felice di realizzarne altri per la piccola cara.»
Harry sorrise con un cenno del capo. «Grazie, questo già lo adora.»
Uscendo dal negozio, Severus scrutò i paraggi. Alcuni stavano allungando il collo verso Harry, cercando di guardarlo meglio, come tentando di capire se era in effetti chi speravano che fosse. Severus era in realtà piuttosto sorpreso che la gente avesse impiegato così tanto a notare il ragazzo. Certo, non erano stati a portata d’occhio per la maggior parte del tempo, perché Harry era in camerino a provare l’abito.
Harry rimase vicino a lui, avendo chiaramente notato come la gente iniziava a guardarlo ora. Presto, fu evidente che sapevano chi fosse, ma non si avvicinarono a lui. Invece, rimasero a fissarlo, prima di girarsi l’uno verso l’altro con bisbigli eccitati.
Severus scansionò la folla intorno a loro mentre continuavano a muoversi verso il Paiolo Magico.
Qualcosa non andava.
Poteva sentire un lieve formicolio alla base della nuca. Una sensazione che provava sempre quando c’era qualcosa fuori posto, fin quando capì.
Qualcuno li stava seguendo.
Appoggiandosi leggermente a Harry, senza rallentare né cambiare andatura, sussurrò: «Qualcuno ci segue. Usa quella passaporta se ti dico di attivarla o se vengono scagliati degli incantesimi.»
Harry annuì.
Finalmente, arrivarono al Paiolo Magico passando per il muro di mattoncini, ma Severus sapeva che erano ancora seguiti da qualcuno.
Entrando nel pub, passarono tra i tavoli e si diressero verso il davanti del locale per uscire. Il posto non era nemmeno mezzo pieno, ma c’erano parecchie persone. Harry tenne la testa bassa, cercando di non attirare maggiore attenzione, quando, all’improvviso, accadde.
«Signor Potter!»
Un uomo dietro di loro gli corse incontro, la mano tesa verso Harry. Il ragazzo sentì che Severus lo tirava di lato, il professore si mosse alla velocità della luce.
L’uomo venne scagliato all’indietro, e Harry non riuscì nemmeno a vedere Severus tirar fuori la bacchetta mentre veniva nascosto dietro l’oscura figura dell’insegnante di pozioni. L’uomo cadde di schianto di fianco al bancone e tutti nel Paiolo Magico si immobilizzarono, fissando Severus Piton che torreggiava imponente tra la figura a terra e Harry Potter. L’altro si mosse, e videro che era un uomo vestito con abiti stracciati, coperto di cicatrici. Sembrava messo dieci volte peggio di Remus Lupin.
«Signor Potter!» Gridò l’uomo, ora bocconi. «Per favore, per favore aiutami!»
Evidentemente, non aveva visto o non gli importava che proprio davanti a lui ci fosse un mago molto protettivo con una bacchetta puntata alla sua testa.
Nessuno si mosse, mentre l’uomo continuava a supplicare.
«Per favore, per favore aiutami come hai fatto con quel bambino al San Mungo. Ti prego, non riesco più a sopportarlo...»
Harry si affacciò dalla intimidatoria figura di Severus e guardò con serietà il patetico uomo, emanando un po’ della propria magia per valutare la situazione.
Harry spalancò gli occhi, e Coral si strinse ancora una volta intorno al suo polso.
«Lei è un licantropo,» affermò con calma.
L’uomo annuì e un gran numero di persone nel locale gemette.
«Non so se posso curarla, Signore. La maledizione non era da molto tempo nel corpo di Andy, nemmeno da tre giorni,» Harry affermò alla fine, con la voce che riecheggiava nel pub shockato.
«Ti prego, non potresti provare comunque?» Scongiurò l’uomo. «Farò qualsiasi cosa.»
Harry sollevò lo sguardo a Piton, che stava ancora puntando la bacchetta contro l’uomo. Severus non era certo che fosse o meno una buona idea, ma sapeva che Harry avrebbe fatto ciò che riteneva giusto, e cioè avrebbe provato a curare quest’uomo, se proprio doveva anche qui e ora. Con o senza la dozzina di persone che li guardavano.
Severus sospirò internamente mentre Harry fece un passo in avanti portandosi al suo fianco e gli mise una piccola mano sul braccio.
Harry lo aveva fatto centinaia di volte nel futuro.
Quando la battaglia era finita.
Quando il nemico era sconfitto.
Quando non c’era alcun nemico da uccidere.
Quando c’era qualcuno da aiutare.
«Va’ avanti, Signor Potter. Non ti fermerò. Ma sappi che interverrò se sospettassi che le sue intenzioni siano qualsiasi altra cosa che essere curato da te,» affermò Severus.
L’uomo sollevò lo sguardo con occhi sgranati e pieni di speranza, mentre Harry gli si avvicinò e si fermò proprio di fronte a lui.
«Si sieda e si appoggi al muro,» gli disse Harry, decidendo che non c’era bisogno che l’uomo fosse sdraiato come Andy. Quello obbedì senza fare domande, e Harry si inginocchiò accanto a lui e sollevò la manica sinistra per rivelare Coral.
Severus tenne la bacchetta puntata sull’uomo, ma sapeva che non c’era pericolo. Quest’uomo voleva davvero solamente essere curato. Non c’erano cattive intenzioni.

O o O o O

Harry fissò l’uomo per un lungo momento, guardando il suo volto pieno di cicatrici.
«Professore, potrebbe lanciargli un incantesimo che lo tenga fermo? Sono riuscito a tenere Andy, ma...» Fece Harry.
«Petrificus Totalus» Disse semplicemente Severus.
«Grazie,» sussurrò Harry, provando a decidere come affrontare esattamente la cosa.
Nessuno nel pub pronunciò una parola mentre Harry metteva la mano destra sul petto dell’uomo e la sinistra sulla sua fronte.
:Porta la maledizione da molto tempo, Harry: disse Coral.
:Lo so:
:Stavolta potrebbe non funzionare. Riesci a sentire quanto in profondità questa maledizione si sia radicata in lui. Non sono sicura che dovremmo provarci:
Harry si morse il labbro, prima di decidere qualcosa. :Dobbiamo provarci comunque:
:Molto bene:
«Signore, potrei non riuscirci, ma tenterò,» disse Harry, raccogliendo la propria magia al centro del suo essere. Incapace di muoversi, l’uomo continuò semplicemente a fissarlo con occhi disperati e supplicanti, mentre tutti gli altri nel pub si limitarono a guardare.
Harry lasciò che la propria magia gli scendesse nelle mani, come aveva fatto quando aveva curato Andy, prima di attingere a quella dell’uomo perché lo aiutasse.
Espirando e rilasciando una pulsazione della propria magia, sussurrò :Maledizione, dissolviti:
Immediatamente, Harry capì che questo non era la stessa cosa che curare Andy. La maledizione era più profonda, più densa, e più forte. Molto più forte. Serrando la mascella, Harry spinse la sua magia con più forza, non volendo neanche considerare di poter fallire. Sentì la propria magia che si intrecciava nel sangue dell’uomo e che si raccoglieva nel suo cuore dove risiedeva la radice della maledizione.
Harry chiuse gli occhi, concentrandosi più che poteva per circondare con la propria magia ogni minima parte della maledizione nell’uomo. Sentì i muscoli di lui che si irrigidivano, nonostante l’incantesimo del professore, mentre si sforzava di combattere la maledizione.
Sentì degli ululati che gli echeggiavano nelle orecchie, prima distanti, ma poi crebbero sempre di più, fino a fargli rimbombare la testa.
Questa maledizione non sarebbe stata sconfitta facilmente come quella di Andy.
La paura sorse in Harry mentre le parole del Professore ricomparivano nella sua mente. Le cose possono andare male.
:No, no, non andrà male. Funzionerà!: Sibilò Harry furiosamente mentre una magia differente si levava dal suo petto e gli scorreva lungo le braccia e nell’uomo.
La magia che aveva ottenuto da Andy nel dissolvere la sua maledizione.
Gli occhi di Harry si spalancarono di scatto, sorpresi, mentre sentiva la magia bianca innalzarsi, rinforzare il suo attacco contro la maledizione, fino a che, finalmente, essa fu sopraffatta e dissolta. Istantaneamente, molta della magia residua della maledizione appena distrutta si riunì rapidamente alla magia bianca e tornò nel nucleo magico di Harry.
«Tutto bene, Signor Potter?» Chiese il Professor Piton, cercando con lo sguardo gli occhi di Harry.
Harry sbatté le palpebre e lo guardò, rendendosi conto che era fermo accanto all’uomo con le cicatrici, e non era stato scagliato all’indietro come gli era successo con Andy.
«Sto bene, Signore. È stato solo un po’ più difficile che curare Andy,» disse, tirando indietro le mani e rialzandosi lentamente, mentre riportava gli occhi sull’uomo che stava ancora seduto contro il muro, immobilizzato.
«Finite» Mormorò Severus, liberandolo.
L’uomo scoppiò in lacrime di gioia e, in ginocchio, si avvicinò a Harry. «Grazie, Signor Potter, grazie! Ti sarò per sempre debitore,» disse, prendendo la mano destra di Harry e stringendola tra le sue.
Harry notò che gli occhi dell’uomo erano diversi. Le pupille sembravano essersi fuse con le iridi. Era piuttosto particolare.
«L-lui è davvero guarito?» Chiese Tom, il proprietario del pub.
«Sì, è guarito.» Disse Harry con sicurezza, poiché non percepiva più alcuna traccia della maledizione all’interno dell’uomo.
«Però mi dispiace che i suoi occhi siano stati cambiati dalla cura, visto che è stato un licantropo per tanto tempo,» aggiunse, tornando a guardare l’uomo.
«Oh, non mi importa. Anche se la cura mi avesse reso cieco, proverei per te la stessa gratitudine che sto provando ora!» Esclamò l’uomo, chinando la testa e poggiando la fronte sul dorso della mano di Harry.
«Lei non è più affetto dalla maledizione, né ne è più portatore. Lei non è più un licantropo,» disse Harry.
L’uomo emise un singhiozzo di felicità. «Non lo dimenticherò mai, Signor Potter. Sarò per sempre a tua disposizione. Il mio nome è Walter McCaffrey. Tu di’ una parola e ci sarò dove e quando ne avrai bisogno. Lo giuro. Ti ringrazio così tanto!»
«Prego, Signore,» rispose Harry, non sapendo cos’altro dire.
«Signor Potter,» esclamò Severus, facendo un passo accanto a lui. Harry ricevette il messaggio. Dovevano andare.
Harry annuì, prima di guardarsi intorno, e vedendo che tutti nel pub lo fissavano meravigliati e stupefatti.
Severus non aspettò che si riprendessero tanto da avvicinarsi, e portò rapidamente Harry verso la porta. Harry non si oppose.
«Uh, Buon Natale, Signor Potter!» Gridò Tom mentre Harry e Piton uscivano in tutta fretta.

O o O o O

Continuarono a camminare per le strade di Londra per qualche minuto in silenzio. Severus sapeva che Harry si stava innervosendo. Senza dubbio, si stava chiedendo se il suo professore era arrabbiato con lui o qualcosa di simile. In realtà, Severus era un po’ sconvolto da ciò a cui aveva assistito.
Nel futuro, aveva visto Harry curare molte persone con i Serpincanti, ma non aveva mai visto nulla di simile a questo.
Gli occhi verdi di Harry erano diventati bianchi, brillando intensamente di potere.
«Quanto è stato difficile?» Domandò, rompendo il silenzio mentre sorpassavano alcuni negozi babbani.
Harry sobbalzò all’improvvisa domanda, prima di guardare esitantemente verso di lui. «Molto, Signore. Per un momento… non sapevo se ci sarei riuscito, ma poi la magia rimasta dall’ultima volta-»
Severus sollevò un sopracciglio. «La magia rimasta dall’ultima volta?» Interrogò.
Harry deglutì e Severus udì un leggero sibilo provenire dalla sua manica. Ovviamente, Coral gli stava dando un qualche consiglio. Auspicabilmente, un buon consiglio.
Harry sospirò. «Quando ho curato Andy, un po’ della magia residua della maledizione distrutta è entrata dentro di me.»
«E il resto?»
«È entrato dentro Andy.»
Severus fece una smorfia. «Hai informato qualcuno di questa cosa?»
Harry abbassò gli occhi, sapendo che stava per ricevere un rimprovero, mentre si fermavano di lato ad una strada vuota. «No.»
L’insegnante di pozioni represse un ringhio. «Signor Potter, ti è mai venuto in mente che questa potrebbe essere un’informazione che i Guaritori potrebbero voler sapere per le loro analisi di Andy, o che questo potrebbe essere dannoso per la tua salute e il tuo sviluppo magico?»
Harry continuò a guardare in basso verso il marciapiede innevato. Severus sentì la frustrazione ribollire dentro di lui.
«Dannazione, Harry, guardami!»
Sorpreso, Harry sollevò il volto, a occhi sgranati.
Severus avrebbe voluto schiaffeggiarsi. Non aveva avuto intenzione di farsi trascinare e di chiamare Harry per nome, ma c’erano cose più importanti per cui essere sconvolti al momento.
«Capisci quanto è stato pericoloso? Non riesco a credere che tu sia stato così sciocco! Da quanto tempo sei consapevole della magia che hai ottenuto dalla maledizione?»
«L’ho sentita entrare dentro di me poco dopo aver curato Andy. Sapevo che non era dannosa. Sentivo che era buona e pulita. Pura.»
«Non è questo il punto! Perché non lo hai detto a nessuno?»
«Sapevo che non sarebbe stato d’aiuto proprio a nessuno. I Guaritori stavano già dando di matto per quello che avevo fatto. Non volevo che pensassero che la maledizione fosse ancora lì in Andy o che mi avesse contagiato o cose simili. Volevo solo che la situazione si calmasse,» disse velocemente Harry, lottando con il magone che aveva in gola.
Non aveva voluto deludere il professore, ma evidentemente lo aveva fatto.
«Per favore, professore, mi dispiace. Non pensavo che fosse una questione importante.»
Severus chiuse brevemente gli occhi e si calmò, sapendo che sconvolgere il ragazzo non li avrebbe portati da nessuna parte. Li riaprì e lo guardò, ricordando a sé stesso che Harry era ancora solo uno del primo anno, nonostante l’avanzamento delle sue abilità magiche.
«I tuoi occhi hanno brillato di luce bianca quando hai curato il Signor McCaffrey, Potter. Ho ragione nel dedurre che la magia che hai ottenuto dalla maledizione è bianca?»
Harry sbatté le palpebre prima di annuire.
«Hai ottenuto ulteriore magia bianca dalla cura del Signor McCaffrey?»
«Sì, anche se un po’ è rimasta dentro di lui, come è successo con Andy.»
Severus annuì, cercando di farsi un’idea di che cosa esattamente stesse facendo questa magia.
«Mi ha aiutato, Signore. Quando ho iniziato a combattere contro la maledizione, la magia si è intromessa e se ne è sbarazzata molto in fretta,» disse Harry, sperando che il professore non fosse arrabbiato con lui tanto quanto aveva temuto all’inizio. «È stato come se fosse la kryptonite* della maledizione.»
Severus fece una pausa, riflettendo sulle parole di Harry.
«Avremo bisogno di controllare questo fatto, Signor Potter. Siamo in territorio sconosciuto qui. Non ho mai sentito prima di una cosa del genere.»
Harry annuì silenziosamente, guardandolo con occhi contriti che si riempirono lentamente di lacrime.
Ovviamente, il pensiero di aver deluso il suo professore era un duro colpo per lui.
Severus sapeva che aveva bisogno di alleggerire la questione, e allo stesso tempo assicurarsi che Harry avesse capito perché si era arrabbiato così tanto al sapere che il ragazzo aveva tenuto per sé la conoscenza di questa magia bianca. Certo, era sicuro che Harry avesse compreso il motivo durante la sua breve ramanzina.
«Signor Potter, hai capito perché mi sono arrabbiato con te?» Chiese lentamente, controllando il tono della voce.
Harry deglutì e annuì rigidamente.
«Perché?» Domandò Severus, volendo sentirlo da lui.
«P-perché ho tenuto segreto qualcosa che poteva essere importante che gli altri sapessero.»
Severus annuì, piuttosto soddisfatto di non aver dovuto estorcergli la risposta in modo aggressivo, e che Harry fosse capace di rispondere con compostezza. Non voleva una matricola piagnucolante.
«Capisco che in quel momento ti è parso più saggio non rivelare l’informazione, ma avresti potuto inviare un gufo all’ospedale più tardi, così avrebbero esaminato Andy con più cautela, dopo essersi accertati che la maledizione era svanita. Sono sicuro anche che Andy vorrebbe sapere che questa magia bianca è entrata in lui, e i suoi genitori hanno il diritto di saperlo.»
«Gli invierò un gufo domani,» disse piano Harry.
Severus annuì. «Comunque, penso che, tutto considerato, hai fatto bene a non dire loro che un po’ di essa è entrata dentro di te. Ma avresti dovuto comunque dirlo a qualcuno. E con ‘qualcuno’, intendo un adulto.»
Harry sollevò un sopracciglio prima di potersi trattenere.
Severus sospirò. «Possano essere maledetti i Dursley,» sussurrò velenosamente, prima di tornare concentrato. «Potevi mandare un gufo a me o a Madama Pomfrey.»
Harry abbassò gli occhi.
«Guardami, Signor Potter,» disse gentilmente. Harry lo fece. «Impara da questa esperienza. È tutto ciò che ti chiedo. Ricorda che ci sono adulti che vogliono e hanno bisogno che tu gli dica tutto quello che ti riguarda, anche se non credi che sia importante.»
Harry fece un piccolo cenno col capo, ma per il Professore fu abbastanza.
Severus mise una mano forte ma gentile sulla spalla di Harry. «Bene, sono sicuro che la Gazzetta del Profeta sia stata già informata della tua impresa. Andiamo a Villa Malfoy prima che qualche giornalista riesca a raggiungerci.»

O o O o O

«È stato incredibile! Ha solo toccato l’uomo, sussurrando qualcosa, e poi c’è stato un lampo di luce bianca!»
«I suoi occhi brillavano di bianco quando lo ha fatto.»
«Oh, non posso credere che c’ero anch’io! Si poteva sentire la magia innalzarsi nell’aria mentre lo ha fatto!»
In tutta Diagon Alley e al Paiolo Magico la gente parlava eccitata. Ci vollero solo alcuni minuti perché comparissero i giornalisti, incitando le persone a raccontare di nuovo tutti gli eventi.
Quel giorno gli affari di Tom ebbero un picco. Tutti volevano vedere dove si fosse svolta la guarigione e inginocchiarsi dove c’era stato Harry Potter.

O o O o O

Harry e Severus scesero dal Nottetempo e camminarono sulla strada vicino al cuore del Wiltshire.
Il viaggio era stato come Severus si era aspettato, sfortunatamente. Severus aveva dovuto tenere su Harry per la maggior parte della corsa, ma ottenne ciò che voleva. Ora il ragazzo conosceva tutti i modi magici tradizionali per viaggiare e come usarli. Era un piccolo dettaglio, ma poteva rivelarsi importante per Harry in caso di emergenza.
«Così, qui è dove vivono i Malfoy?» Domandò Harry, camminando più vicino al professore.
«Sì, Signor Potter. La proprietà appartiene alla loro famiglia da molti secoli,» rispose Severus, grato che Harry si fosse ripreso così rapidamente dopo la loro discussione. Risalendo il lungo sentiero che portava all’entrata principale, Severus poggiò la mano dietro la schiena di Harry. «Ricorda, le tue parole hanno un peso.»
«Lo ricordo, Signore,» disse Harry.
«Resta sempre dove posso vederti,» ordinò Severus.
«Lo farò, Signore,» promise Harry mentre arrivavano davanti al portone.
Con questo, Severus bussò all'uscio decorato.
Si aprì un momento dopo, e dietro di esso comparve una donna benvestita.
Indossava un abito verde molto fine, fatto di veli. Portava un lucidalabbra rosso accesso e abbondante ombretto, aveva capelli biondi con riflessi castani.
Harry la comparò subito con un personaggio di una delle soap opera preferite di zia Petunia. Sembrava molto… ricca.
«Buon pomeriggio, Severus,» disse, chinando la testa in un saluto formale verso il professore prima di voltare lo sguardo a Harry.
Harry le fece un piccolo sorriso, decidendo che sarebbe stato educato da fare, e si mosse per allungare la mano tesa verso la donna e presentarsi; non fece in tempo però a finire il gesto.
«Signor Potter,» sussurrò lei, facendo un passo in avanti e poggiandogli la propria mano morbida su una guancia.
Harry rimase lì, raggelato.
Lei abbassò la mano dopo un momento, sembrando leggermente imbarazzata, cosa curiosa da vedere.
«Scusami, Signor Potter. Ero davvero impaziente per il tuo arrivo e non sono riuscita a trattenermi. Sono Narcissa Malfoy, la madre di Draco,» disse lei, gli occhi che le scintillavano intensamente mentre continuava a guardarlo.
Harry sollevò le sopracciglia, comprendendo. «Piacere di conoscerla, Signora Malfoy,» affermò.
Lei sorrise e si spostò di lato per farli entrare. «Prego, venite.»
Harry e Severus entrarono, seguendola nell’atrio, sugli scalini di pietra a destra e nella sala da pranzo formale. La sala aveva un tavolo molto lungo e stretto posto vicino a un largo caminetto. Dall’altra parte del tavolo, lontano dal camino, c’era uno spazio libero per ballare o per altri tipi di socializzazione. Su tutto il tavolo c’erano già degli snack, e più o meno due dozzine di persone mescolate nella sala decorata. C’era un albero di Natale in un angolo con molte decorazioni fluttuanti che gli svolazzavano intorno.
Harry e Severus entrarono e si fermarono.
Harry notò Draco, che parlava con suo padre e con un uomo che lui non conosceva. Aveva un cappello a punta e indossava il più orrendo vestito verde che Harry avesse mai visto. Notò anche Gregory Goyle, Vincent Tiger, Theodore Nott, Pansy Parkinson, e Daphne Greengrass che sgranocchiavano biscotti e cracker accanto ai loro genitori vicino al tavolo.
«Lucius, il nostro onorato ospite è arrivato,» annunciò Narcissa, interrompendo le conversazioni che si stavano svolgendo nella stanza.
«Ah!» Disse Lucius, voltandosi verso la voce della moglie. «Eccellente!»
Harry rimase esattamente dov’era. In piedi accanto a Severus. Coral strinse la coda intorno al suo polso con fare confortante, mentre il Signor Malfoy si avvicinava a loro.
Draco seguì il padre, sorridendo ampiamente ad Harry mentre tutti si giravano a guardare.
«Signor Potter! Lucius Malfoy. Ci incontriamo, finalmente,» affermò l’uomo, venendo davanti ad Harry e stringendo la sua mano tesa.
Harry ricambiò la stretta e la scossa di mano, facendogli un cenno di saluto col capo prima che Lucius gli lasciasse la mano e desse il benvenuto al Professor Piton. Harry approfittò del momento per prendere il suo regalo per il padrone di casa e, quando il Signor Malfoy ebbe spostato nuovamente lo sguardo su di lui, gli tese il dono. «Mi è stato detto che fosse appropriato portare un dono in occasioni del genere,» disse Harry. «Spero che le piaccia.»
Lucius lo prese e trovò un paio di guanti di pelle nera con una M ricamata sui polsini. Fece un piccolo sorriso, sinceramente piuttosto colpito dall’utile dono.
«Grazie, Signor Potter, e sebbene io sia felice di ricevere questo dono, confido che tu sappia che sono io che dovrei onorarti con dei doni per ciò che hai fatto per la mia famiglia,» disse, con voce dolce. Pericolosamente dolce, pensò Harry.
Harry guardò Draco, trovando che il suo amico sembrava improvvisamente molto serio. Si ricordò della lettera e del consiglio del Professore.
«Sì, Signor Malfoy,» rispose Harry, decidendo di farla semplice.
Lucius sorrise, sebbene Harry avesse la sensazione che per lui fosse uno sforzo. «Prego, Signor Potter, prendi e mangia qualsiasi cosa desideri. Narcissa non si è risparmiata per preparare ogni cosa per oggi,» lo esortò, guidandoli verso il lungo tavolo imbandito di stuzzichini. «Ora, lascia che ti presenti ai miei ospiti.»
Harry prese educatamente un piccolo pacchetto di cracker per tenersi occupato prima della cena, e rivolse l’attenzione al gruppo più vicino di invitati.
«Sono sicuro che hai già conosciuto il Signor Vincent Tiger a Hogwarts,» cominciò Lucius. Ricevendo un cenno da Harry, continuò. «Questi sono i suoi genitori, Markov e Deborah Tiger.»
Tutti gli altri nella sala rimasero fermi e in attesa, guardando lo scambio tra di loro.
Harry fu quindi portato da tutti e presentato agli altri ospiti, inclusi i Goyle, i Parkinson, i Nott, i Flint, i Greengrass, e alcuni rappresentanti del Governo con le loro mogli.
Harry tentò di ignorare i loro sguardi sbalorditi mentre il Signor Malfoy presentava i Capifamiglia e quelli presentavano il resto della famiglia.
Greg Goyle era apatico come sempre. Theodor Nott era colpito da Harry, ma rimase impassibile come suo padre. Marcus Flint fu freddo ma scosse la mano di Harry con vigore. Pansy Parkinson gli fece un cenno timido e molle. Daphne Greengrass e la sua sorella più piccola, Astoria, fecero una piccola riverenza, sebbene Daphne sembrasse più entusiasta di conoscere Harry. I politici e le loro mogli furono curiosi nei suoi riguardi, ma cortesi.
Poco dopo, Harry fu condotto verso l’uomo che aveva visto parlare all’inizio con il Signor Malfoy, quando era entrato nella stanza.
«Signor Potter, questo è Cornelius Caramell, il Ministro della Magia,» lo presentò il Signor Malfoy.
«Ministro, Harry Potter.»
Caramell afferrò entusiasta la mano di Harry. «Sono felice di incontrarti finalmente, Harry. Posso chiamarti Harry?»
«Certo,» rispose Harry con un’alzata di spalle, mentre Caramell scoccava un’occhiata a Piton accanto al ragazzo.
«Professor Piton,» lo salutò Caramell.
«Ministro,» replicò Piton con un cenno del capo.
Caramell si concentrò nuovamente su Harry, istantaneamente ignorando la presenza del Professore. «Harry, potrei avere una parola?» Chiese, facendogli cenno di allontanarsi dal resto degli invitati.
«Certo. A proposito di cosa, Signore?» Chiese Harry, seguendo il Ministro in un’area più tranquilla della stanza.
Il Professor Piton li seguì, ma tenendosi a una certa distanza. Era abbastanza vicino da poter sentire e, se necessario, intervenire.
«Ho incontrato gli Hovel di recente,» iniziò Caramell, «ti sono davvero molto grati.»
Harry pensò in fretta, domandandosi se in questo caso sarebbe stata meglio l’umiltà o no. «Sono stato felice di curare il loro figlio,» rispose semplicemente.
Caramell sorrise. «Sono sicuro che tu lo sia,» disse, con una pacca sulla spalla di Harry, e una pausa.
«Voleva parlarmi di qualcosa, Ministro?» Chiese Harry, visto che Caramell non continuava.
«Sì, sì, ecco, Harry. Dopo ciò che hai fatto per il piccolo Andy, mi stavo chiedendo se avessi voglia di provare ad aiutare qualcun altro. Vedi, ci sono persone che stanno venendo da me a chiedere di te, e… beh, non posso semplicemente rifiutarmi di rispondere alle loro domande - sono il Ministro, dopotutto.»
«Che cosa vuole che faccia, esattamente?» Chiese Harry, ricordando l’avvertimento del professore riguardo al Ministro.
«Beh, vorrei che fissassimo un appuntamento per determinare i limiti delle tue capacità di curare la Licantropia. Per esempio, puoi anche curare i Licantropi adulti? Puoi curare coloro che sono stati morsi molto tempo fa, o puoi solo far guarire quelli morsi di recente?»
«Ho curato un adulto circa un’ora fa,» rispose Harry facilmente. «Era stato un licantropo per molto tempo e ha delle cicatrici che lo dimostrano.»
Caramell fu colto di sorpresa. «Un adulto? Qualche ora fa? Dove?»
«Al Paiolo Magico.»
«Ti ha visto qualcuno?» Chiese Caramell, sbalordito.
«Oh sì, certo. Tutti quelli che erano presenti al momento al Paiolo Magico.»
«E l’uomo è del tutto guarito?» Domandò Caramell.
«Sì,» rispose Harry, guardando gli occhi di Caramell che si allargavano a dismisura.
«Ti prego di scusarmi, Signor Potter. Devo tornare al Ministero.»
«Certo, Signore. È stato un piacere conoscerla.»
Caramell salutò frettolosamente Lucius e schizzò via tramite il camino.
«Gli hai parlato del Signor McCaffrey, vedo,» disse il Professor Piton, divertito, mentre Harry gli tornava accanto.
«Sì, Signore, ma perché se ne è dovuto andare così in fretta?»
«Deve verificare quello che gli hai detto, e una volta che lo avrà fatto, immagino che dovrà prepararsi per la stampa.»
«Oh.»
«Non preoccupartene,» lo rassicurò Piton, mentre si riavvicinavano alla festa. «Ormai è fatta. Nessuno può farci nulla ora.»
Harry sospirò. «Sarà una faccenda ancora più grossa che con Andy, vero?»
«Senza dubbio, ma si risolverà di certo e, si spera, potrai essere in grado di aiutare più persone,» sussurrò il professore.
Harry sorrise leggermente.
«Hey, Potter,» lo chiamò Draco, arrivando accanto a lui.
«Ciao, Draco,» fece Harry, sollevato che ci fosse almeno una persona (a parte il Professore) che si comportava normalmente con lui.
«La cena sta per essere servita. Mio padre vorrebbe che ti sedessi accanto a lui, alla sua destra,» affermò, «io sarò alla sua sinistra.»
«Va bene.»
«Daphne Greengrass sarà vicino a te, dall’altro lato. Ti va bene?»
Harry annuì, domandandosi perché stavano chiedendo a lui per la disposizione a tavola.
Cinque minuti dopo, il tavolo si svuotò e il Signor Malfoy chiamò tutti perché si sedessero a cena, mentre spostava una delle sedie a capotavola per far sedere Harry.

O o O o O

«Si chiama Walter McCaffrey, Ministro,» gli disse il Guaritore fuori dalla stanza al San Mungo. «E sui nostri registri risulta come licantropo.»
«Avete già fatto il test? È ancora un licantropo?» Chiese Caramell.
«Abbiamo fatto gli esami e abbiamo appena avuto i risultati. E no, non è un licantropo… non più.»
«Voglio parlare con lui.»
«Certamente, Ministro.»

O o O o O

Tutti presero posto, senza sedersi ma restando in piedi dietro la propria sedia. Il tavolo si era svuotato e ripulito, e ora era ricoperto solamente da un’elegante tavaglia verde scuro.
Il Signor Malfoy era a capotavola con Harry alla sua destra e Draco alla sua sinistra. Pansy Parkinson era vicino a Draco e il Professor Piton era dopo di lei. Vicino ad Harry c’era Daphne Greengrass, e dopo di lei c’era il Signor Greengrass. Narcissa era dall’altra parte del tavolo con la Signora Greengrass alla sua destra e la Signora Nott alla sua sinistra.
Lucius Malfoy richiamò nella propria mano il suo bicchiere dal tavolo**, e lo picchiettò leggermente con la bacchetta, facendolo risuonare magnificamente.
«Prima che ci sediamo a cena, vorrei ringraziarvi tutti per essere venuti stasera. Spero che finora vi siate goduti la serata,» disse Lucius con un sorriso subdolo, prima di volgersi a Harry, accanto a lui. «Vorrei anche ringraziare di nuovo ufficialmente il Signor Potter per ciò che ha fatto per la mia famiglia. Grazie per essere venuto, Signor Potter, è un onore averti qui.»
Harry inclinò la testa con rispetto. «Sono felice di essere qui, Signor Malfoy.»
Lucius sollevò il bicchiere alla sua salute, prima di fare cenno a tutti di sedersi. Una volta che ebbero tutti preso posto, il cibo e le bevande apparvero e il Signor Malfoy fece il primo boccone, permettendo l’inizio della cena.
«Come hai maturato l’interesse nelle pratiche di guarigione, Signor Potter?» Domandò il Signor Greengrass per iniziare una conversazione.
«A scuola, mi è sempre piaciuta l’idea di diventare un dottore, cioè un guaritore babbano, così quando il Professor Piton mi ha dato un libro sui Serpincanti e mi ha detto che è la magia protettiva e curativa più potente che esista… è partito tutto da lì,» rispose Harry.
«Quali sono i tuoi piani futuri?» Chiese Lucius.
«Continuare Hogwarts, ovviamente, e sviluppare i Serpincanti.»
«Finora ti piace Hogwarts?» Chiese un Consigliere del Governo.
Harry non riusciva a ricordare il suo nome per intero, ma il suo cognome era Perkins.
«Mi piace molto. È diventata come una seconda casa per me,» disse Harry sinceramente.
«Sei cresciuto nella casa dei tuoi parenti, con la sorella di tua madre, giusto?» Chiese Lucius, prima di prendere un boccone dalla sua pietanza.
«Sì, Signore, i Dursley.»
«Babbani?» Domandò, anche se non lo stava chiedendo per davvero, e il suo tono rivelò una smorfia.
«Sì, Signore. A loro non piace molto la magia, ad essere sinceri. Hanno provato a impedirmi di frequentare Hogwarts, ma Hagrid mi ha raggiunto lo stesso,» disse Harry con un sorriso.
«Non gli piace la magia?» Domandò Draco, stupito. «Sarebbe ovvio pensare che, essendo babbani, dovrebbero essere meravigliati e impressionati dalla magia.»
Harry scosse la testa, senza vedere il Professor Piton che interiormente era sulle spine, desiderando che la conversazione cambiasse argomento. «Sarebbe ovvio pensarlo.»
«Sciocchi babbani,» praticamente ringhiò Lucius, prima di cambiare elegantemente argomento. «Quindi come ti trovi in Hufflepuff, Signor Potter? Ammetto che non era quella la Casa che mi aspettavo dal Ragazzo-Che-è-Sopravvissuto.»
«Non è il solo, ma credo che il Cappello parlante abbia avuto ragione. La Professoressa Sprite è grandiosa!» Rispose Harry, prima di finire l’insalata.
Conversazioni leggere proseguirono mentre la cena andava avanti, i piatti usati sparivano prima che apparissero quelli puliti, pieni della portata successiva. Harry rispose a domande occasionali, ma fu un po’ sorpreso perché nessuno gli fece domande su Andy o sul fatto che curava i licantropi. Forse non era appropriato per l’etichetta che si affrontassero determinati argomenti?
Finalmente arrivò il dessert.
«Signor Potter,» disse il Signor Nott, cominciando a mangiare la sua fetta di torta. «Sono curioso, da quanto pratichi i Serpincanti?»
«Beh, ho curato Neville sul treno per Hogwarts e lui è stato il primo che avessi mai curato.»
Lucius sollevò un sopracciglio. «Quindi avevi iniziato a usare i Serpincanti solo qualche settimana prima dell’incidente?»
Era ovvio che l’incidente a cui si riferiva era quello che era quasi costato la vita a Draco.
«Sì, Signore,» rispose Harry.
«Incredibile,» sussurrò Marcus Flint. «E usi un serpente per farli?»
«Sì, Coral mi aiuta.»
«Dai, Potter, mostragli Coral,» insistette all’improvviso Draco. «So che mamma voleva vederla fin da quando ha lasciato l’infermeria quel giorno.»
Lucius e gli altri si raddrizzarono sulle sedie e alcuni si chinarono un po’ in avanti mentre Harry si tirava su la manica, rivelando Coral arrotolata intorno al suo polso e alla mano segnati dalle cicatrici.
«È fantastica,» disse Perkins, lanciando un’occhiata alla cicatrice di Harry ma decidendo di non fare commenti.
Coral si sollevò, orgogliosa.
«È un serpente corallo magico, vedo,» disse Lucius con approvazione. «Una magnifica creatura.»
«È eccezionale.» Harry le posò gentilmente un dito sulla testa. «Se volete accarezzarla, potete farlo,» propose Harry.
«Em, no, gra-» Iniziò Pansy, ma venne interrotta da Daphne.
«Voglio farlo io,» disse Daphne, allungando la mano verso Coral.
Coral offrì allegramente la testa e fu gentilmente accarezzata.
:Lei mi piace, e anche il suo cognome. Greengrass. Perfetto: Sibilò Coral.
Harry sorrise.
«Ha detto qualcosa, Potter?» Chiese Draco, un po’ più abituato rispetto agli altri ad accorgersi quando si parlava in Serpentese, poiché era amico di Harry.
«Sì, le piace il nome ‘Greengrass’. Riconosce che è un buon nome, forte,» rispose Harry.
Daphne e la sorella arrossirono. Il Signor Greengrass si raddrizzò, compiaciuto, e la Signora Greengrass fece un dolce sorriso d’approvazione.
Poco dopo, la Signora Malfoy si alzò e sollevò il proprio bicchiere, attirando rapidamente l’attenzione. «Vorrei rubare un minuto per fare un brindisi,» iniziò, prima di sollevare il bicchiere verso Harry. «Signor Potter, possano la magia e la fortuna sorriderti sempre, e possa la tua vita essere lunga e soddisfacente. A Harry Potter.»
«A Harry Potter» ripeterono tutti tranne Harry, sollevando i bicchieri e facendo un sorso assieme alla Signora Malfoy.
Narcissa sorrise, abbassando il bicchiere ma rimanendo in piedi.
«Signor Potter, mio marito ed io vorremmo ora darti un regalo per ringraziarti di aver salvato la vita di nostro figlio,» disse, scoccando a Lucius uno sguardo significativo.
Lucius si alzò.
«Dobby,» chiamò.
-Pop-
Harry sobbalzò appena all’improvviso rumore e all’apparire della strana creatura che ora stava tra lui e il Signor Malfoy. Harry sbatté le palpebre, provando a capire che cosa fosse esattamente la cosa che stava guardando. La creatura era avvolta in una vecchia, cenciosa federa di cuscino, aveva orecchie enormi e un largo naso a punta.
«Dobby è qui, padrone. Che cosa può fare Dobby per il padrone?» Chiese Dobby con un profondissimo inchino.
«Signor Potter, per favore, vieni qui,» disse Lucius, indicando un punto vicino allo spigolo del tavolo, accanto a Dobby.
Harry fece come gli venne richiesto, ottenendo un impercettibile cenno dal Professor Piton.
«Io, Lucius Malfoy, in segno di gratitudine, cedo ora la completa proprietà di Dobby l’elfo domestico al Signor Harry James Potter. Signor Potter, accetti questo trasferimento del possesso dell’elfo domestico come regalo gradito?»
Harry sbatté le palpebre, guardando l’elfo che lo fissava con occhi incredibilmente enormi, prima di tornare a guardare il Signor Malfoy. «Lo accetto. Grazie, Signor Malfoy, è veramente un dono generoso.»
D’improvviso, Coral ebbe un sussulto. :Harry, lo hai sentito? C’è stato un passaggio di energia magica!:
Lucius fece un breve cenno col capo ad Harry, prima di indicargli di tornare a sedersi.
Dobby rimase fermo dov’era, fissando ancora Harry a occhi sgranati. Harry lo guardò dalla sedia, poi gli tese la mano.
«Padrone?» Chiese Dobby, incerto, mentre prendeva la mano destra di Harry.
«Piacere di conoscerti, Dobby.» Disse Harry gentilmente.
«Puoi ordinargli di fare qualsiasi cosa tu voglia. Sei il suo padrone; è legato a te ora,» spiegò piattamente Lucius. «Puoi dirgli di aspettarti fuori, se lo desideri.»
Harry ebbe la netta sensazione che il Signor Malfoy non volesse più Dobby in casa sua.
«Um, va’ avanti e aspettami alla villa dei Paciock, Dobby, se non è un problema,» gli disse Harry.
«Certo, padrone, non è un problema. Dobby aspetterà lì il padrone,» disse Dobby rapidamente, prima di sparire con un pop.
«Ti piacerà avere Dobby, Potter,» disse Draco. «Può essere molto divertente certe volte.»
Harry sorrise, sebbene interiormente fosse sbigottito. Aveva appena ricevuto uno schiavo?

O o O o O

Severus fece un sospiro di sollievo quando la festa finalmente finì.
«Grazie per la piacevole serata, Narcissa,» disse.
«Oh, il piacere è stato nostro, Severus,» fece lei.
Lui e Harry erano all’ingresso con i Malfoy. La maggior parte degli altri ospiti se ne era andata qualche minuto prima attraverso il camino.
«Signor Potter, grazie di essere venuto,» disse la Signora Malfoy con sincerità. «Spero che tu ti sia divertito.»
«L’ho fatto, Signora, grazie,» rispose Harry. «E anche Coral. Ha gradito le attenzioni.»
Narcissa sorrise, guardando il polso ora coperto di Harry, sebbene notò la lingua di Coral che fuoriusciva da sotto la manica del mantello.
«Signor Potter,» disse Lucius, facendo un passo in avanti e tendendogli la mano.
«Grazie per avermi invitato, Signor Malfoy,» disse Harry, stringendo la mano offerta da Lucius.
«Il piacere è stato mio, Signor Potter.»


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NOTA
Il dono dei Malfoy: l’autrice ci tiene a precisare che regalare Dobby NON ha rimosso il debito che la famiglia deve ad Harry. Draco è ancora in debito di vita con Harry. Dare Dobby a Harry era solo un gesto di gratitudine, come ci si aspetta dalle famiglie purosangue rispettabili.


Note della traduttrice:

* Assumendo che Piton abbia abbastanza cultura babbana da sapere che cosa sia la Kryptonite, visto che non fa domande :)
** Piccola svista dell’autrice, come appena detto il tavolo era vuoto.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Tesoro Nazionale.




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Capitolo 13
*** Tesoro Nazionale ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 13: [National Treasure] Tesoro Nazionale

«Che cosa ne pensi della tua prima cena formale?» Chiese Severus mentre camminavano verso la villa dei Paciock.
Erano quasi le undici e mezza di sera, e la notte era fredda. La neve iniziava a cadere. «È stata… interessante,» fece Harry, ripensando a Dobby.
Severus ghignò. «Sì, lo è stata.»
«Signore, Dobby è… uno schiavo?» Chiese Harry con esitazione, rallentando il passo.
Il professore trattenne un sospiro. Sapeva che avrebbe dovuto trattare l’argomento con cautela. Dobby e Harry avevano molte cose in comune.
«Dobby è un elfo domestico, e sì, era uno schiavo dei Malfoy.» Severus si fermò e si pose di fronte ad Harry. «Devi capire, Signor Potter, che nel Mondo magico, gli elfi domestici sono servi delle antiche famiglie magiche. Sono legati ad esse, e molta della loro magia viene dall’essere connessi al capofamiglia. Molti elfi domestici prosperano quando gli viene dato del lavoro, e cadono nella disperazione quando gli viene impedito di prestare servizio. Amano davvero il lavoro; trovano uno scopo in esso. Ricorda, lo scopo è una cosa importante per tutti gli esseri senzienti. Senza di esso, si sentono persi e cadono in depressione, o diventano cose che non dovrebbero. Molti maghi oscuri sono soltanto individui che cercano di trovare una ragione alla propria esistenza, e non capiscono che una vita di gentilezza e servizio possa essere più soddisfacente di una vita di conquiste.»
Harry deglutì. «Questo è il problema di Voldemort?»
Severus serrò la mascella al sentire che Harry usava il tempo presente -è-. Il ragazzo aveva capito.
«Non lo so. Molto tempo fa è stato uno studente di Hogwarts. Il suo nome era Tom Marvolo Riddle. È stato Caposcuola e ha ricevuto pieni voti in quasi tutte le materie. Anche il Preside deve ammettere che Voldemort possa essere stato lo studente più brillante che Hogwarts abbia mai visto.»
Harry sollevò le sopracciglia.
«Sfortunatamente, sembra che alcuni degli individui più dotati abbiano grandi difficoltà a trovare uno scopo adatto a loro. Forse è perché non hanno mai davvero faticato, e molte cose gli vengono facili, quindi raramente fanno esperienza del sentimento che si ha quando si raggiunge un traguardo - e ciò rende la loro ricerca di uno scopo sempre più difficile. Ma mi sono allontanato dal discorso - tornando al nostro argomento… Hai qualche domanda in particolare sugli elfi domestici?»
«Beh, quanto sono intelligenti? So che possono parlare, ma, voglio dire… sono come dei cani intelligenti o qualcosa del genere?»
Severus ghignò. L’unica ragione per cui non ridacchiò fu che era una domanda ragionevole, specialmente per qualcuno cresciuto nel mondo babbano. «No, sono intelligenti quanto la maggior parte delle persone, e hanno dei sentimenti come noi. A proposito - i vestiti. Se un padrone dà dei vestiti al suo elfo domestico, egli libera l’elfo dal servizio. Ora, devi capire che la maggior parte degli elfi domestici crede che questa sia la cosa peggiore che un padrone possa fare loro. Per la maggior parte di quelli della sua specie, è la cosa più orrenda che un elfo domestico possa sperimentare in tutta la sua vita.»
«Quindi, servire un padrone è un onore per loro?» Chiese Harry.
«Sì.»
Harry guardò la villa dei Paciock. «Ma io non voglio uno schiavo.»
«Chi ti dice che deve essere il tuo schiavo? Io ho un’elfa domestica, e per me è una disponibile amica più che qualsiasi altra cosa. E credo che anche i Paciock abbiano alcuni elfi domestici. Sì, Dobby ora è legato a te, ma questo causa dei benefici a lui quanto a te. Capisci?»
«Io… penso di sì, Professore.»
«Bene,» fece lui, prima di mettersi una mano in tasca e di tirarne fuori un piccolo pacco miniaturizzato. Ingrandendolo, lo porse ad Harry. «Questo è da parte degli Hovel. Lo hanno spedito ieri e, siccome la Signora Paciock non vuole essere sommersa dai gufi, è stato consegnato ad Hogwarts con il resto della tua posta.»
«Il resto della mia posta?»
«Ti hanno spedito un po’ più di una dozzina di lettere. Non preoccuparti, nessuna era urgente, e aspetteranno per quando tornerai a scuola. La maggior parte sarà sicuramente di fan che ti chiederanno un autografo. Non hai nemmeno bisogno di rispondergli - forse sarebbe meglio se li lasci proprio perdere.»
«Ma non è scortese?»
Severus scosse la testa. «Forse, ma fin da quando eri un neonato hai ricevuto delle lettere. Fortunatamente, alcune persone di fiducia se ne occupano, mettendo le lettere in un archivio speciale e recuperando qualsiasi oggetto di valore che poi mettono nella tua camera blindata di famiglia.»
«Le persone mi hanno mandato delle cose?» Domandò Harry, a occhi sgranati.
«Denaro soprattutto. Per fortuna i maghi sono molto pratici a questo proposito. I pochi oggetti che hai ricevuto sono nella tua camera alla Gringott - oggetti magici adatti a un mago adulto.»
«Per esempio?»
«Beh, se ben ricordo, qualcuno ti ha mandato un’armatura magica. È troppo grande per te adesso, ma quando diventerai maggiorenne certamente ti starà bene.»
«Wow,» fece Harry mentre arrivavano davanti al portone.

O o O o O

Silente sospirò, sollevato che la giornata fosse finalmente finita, ma non entusiasta alla prospettiva del resto della settimana.
Cornelius aveva indetto una riunione di emergenza subito dopo aver scoperto che Harry aveva, effettivamente, curato un licantropo adulto. La riunione del Wizengamot era durata più di due ore, e l’avevano trascorsa parlando del Signor Potter. Si era acceso un dibattito sulla possibilità di chiedere o meno al Signor Potter di curare altre persone e di come organizzare le cose se lo avessero fatto. Comunque, tutte le discussioni si interruppero e la riunione fu sciolta quando giunse notizia che alcuni leader dei paesi vicini stavano facendo richiesta di parlare col Ministro a proposito delle notizie che avevano ricevuto su un certo Walter McCaffrey.
Questo aveva fatto sì che Silente indicesse una riunione della Confederazione Internazionale dei Maghi (ICM) un’ora dopo.
Essendo il Supremo Pezzo Grosso dell’ICM (titolo del Presidente, NdT), era stato suo compito riportare ordine nel caos che era stato rapidamente causato da Caramell quando aveva annunciato che cosa il Signor Potter era stato in grado di fare. Molti erano stupiti, e poi avevano iniziato subito a sparare domande, chiedendo ad esempio se il Signor Potter avrebbe messo in vendita i suoi servizi, mentre altri erano increduli, e chiedevano se questo ‘miracolo’ fosse stato verificato da qualcun’altro oltre che dal Ministero.
Era stato tutto molto stressante, ma alla fine, dopo un lungo e arduo procedimento, i presenti giunsero a una decisione, un corso d’azione su cui erano tutti d’accordo, almeno fino a un certo punto.
Presto, probabilmente dopo Natale, ma sempre durante la pausa invernale, il Ministro, in nome del Mondo Magico -non solo a nome del Ministero- avrebbe chiesto al Signor Potter di partecipare a una riunione internazionale. Anche se il San Mungo e un Guaritore esterno al Ministero avevano verificato il successo della cura, molti avevano ancora dei dubbi e volevano che il Signor Potter curasse un licantropo del loro paese come prova. Dopo molto dibattito, era stato deciso che quattordici nazioni avrebbero portato ognuna un licantropo del proprio paese come ‘verifica della cura’.
Silente pensava che fosse un buon compromesso, almeno comparato ad alcune delle altre proposte. Comunque, non gli piaceva ancora l’idea di esporre Harry ad altra pubblicità e che dovesse usare un’arte magica che era ancora per lo più sconosciuta. Ma la questione era fuori dal suo controllo. Certo, era a capo dell’ICM, lui manteneva l’ordine e si assicurava che ogni opinione fosse ascoltata e discussa, ma non aveva potere di voto, a meno che non ci fosse parità di opinioni.
Fawkes emise un calmo trillo incoraggiante.
«Grazie, vecchia amica mia, ma vorrei davvero poter cambiare le cose. Harry dovrebbe essere un ragazzino spensierato. Non voglio che sia scaraventato in tutto questo, sotto lo scrutinio delle nazioni.» Albus scosse la testa. «Ma credo che lui sia davvero unico e straordinario. Nulla potrebbe cambiare questo fatto. Vorrei solo che potesse essere sé stesso senza che ciò causasse gli sguardi fissi degli altri intorno a lui, pieni di stupore o di rifiuto.»
Fawkes emise un altro dolce trillo, quasi di consenso.
Il Preside guardò l’orologio. Severus sarebbe ritornato presto. Sperava che la festa dai Malfoy fosse andata più liscia rispetto alla sua giornata.
Finalmente, mentre si stava quasi appisolando da dietro la scrivania, il camino diede una fiammata e ne uscì l’insegnante di pozioni.
«Preside.»
«Ah, Severus, la festa è stata priva di eventi di rilievo, spero?» Domandò, facendo cenno di sedersi all’uomo più giovane. Avevano molto di cui parlare.
«È andata meglio di quanto mi aspettassi, sebbene il Signor Potter potrà trovare difficoltoso l’accettare completamente il regalo dei Malfoy, nonostante sia già diventato ufficiale.»
Silente sollevò un sopracciglio, interrogativamente. «Quindi si tratta di un regalo sofisticato?»
Severus sogghignò. «Non credo che ‘sofisticato’ sia la descrizione più adatta. No, il Signor Potter è ora il padrone di Dobby, l’elfo domestico.»
Il Preside sgranò gli occhi. «Questo è… inaspettato.»
«Abbastanza.»

O o O o O

Harry entrò nella sua camera. Il Professor Piton se ne era già andato, sebbene avesse informato la Signora Paciock su Dobby, dopo averla rassicurata che non c’erano stati problemi alla festa. Gli aveva creduto sulla parola, prima di mandare Harry a letto.
Neville dormiva già, il che non era una sorpresa perché la Signora Paciock aveva affermato che gli avrebbe fatto seguire il suo solito orario, non permettendogli di restare alzato fino al ritorno di Harry. Andava bene così. Era tardi e Harry voleva solo andarsene a dormire. Avrebbe aperto il pacco degli Hovel la mattina dopo.
Chiuse la porta, voltandosi esitante a guardare la stanza. Sembrava vuota.
«Dobby?» Sussurrò Harry.
-Pop-
Harry fece un salto, con gran divertimento di Coral, poiché Dobby apparve proprio a fianco a lui.
«Il padrone chiama Dobby?»
«Ehm, sì. Io, uh, volevo solo dirti buonanotte ed essere sicuro che non avessi bisogno di nulla. Ti serve un letto? Dove dormirai?»
Harry non ricevette risposta, ma gli occhi di Dobby si allargarono esponenzialmente, come se avesse appena avuto prova di qualcosa di completamente impossibile, come se avesse visto degli unicorni che saltellavano su Marte.
«Dobby?»
Gli occhi dell’elfo domestico cominciarono a riempirsi di lacrime, e Harry seppe subito che non gli sarebbe piaciuto quello che stava per arrivare. Dobby scoppiò a piangere.
«Dobby, shht, scusami, non volevo offenderti o qualcosa del genere,» disse Harry rapidamente, non essendo sicuro se dare delle piccole pacche sulla spalla dell’esserino avrebbe reso la situazione peggiore o migliore.
Dobby riuscì a calmarsi, tirando su col naso e pulendoselo sulla sudicia federa di cuscino che indossava. Harry riuscì a nascondere il suo disgusto per l’abbigliamento di Dobby. Quello che stava indossando l’elfo era peggio degli abiti smessi di Dudley! Harry decise che avrebbe dovuto fare qualcosa in proposito il più presto possibile.
«Offendere Dobby? Il padrone chiede se Dobby ha bisogno di qualcosa… Dobby ha sentito della sua grandezza, Signore, e della sua bontà, ma Dobby non avrebbe mai pensato che il Padrone fosse così generoso. Dobby non sapeva...»
Harry era rosso come un pomodoro. «Generoso? Ti ho chiesto solo se avevi bisogno di qualcosa. Qualunque mago decente lo avrebbe fatto. E qualsiasi cosa tu abbia sentito sulla mia grandezza è stata esagerata.»
«Il padrone è anche umile e modesto,» disse Dobby con reverenza, gli occhi scintillanti di ancora maggior ammirazione. «Il padrone non parla del suo trionfo su Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato né della sua cura dei licantropi.»
Harry si dondolò sui piedi, a disagio. «Beh, si sta facendo tardi, Dobby,» disse dopo un momento.
«Certo, padrone,» disse Dobby, affrettandosi verso il letto di Harry e sprimacciandogli il cuscino.
Harry sbatté le palpebre. «Uh, grazie, Dobby.»
Gli occhi di Dobby si spalancarono di nuovo, e per un momento Harry temette che avrebbe ricominciato a piangere.
«Prego, padrone,» disse finalmente Dobby, ricacciando indietro le lacrime. «C’è qualcos’altro che Dobby può fare per il padrone? Prendere un bicchiere d’acqua?»
«No, grazie, Dobby.»
Dobby annuì, con le orecchie sbatacchianti. «Dorma bene, padrone.»
-Pop-
:È davvero un tipo strano: Disse Coral.
:Sì, beh, ha vissuto con i Malfoy, e anche se Draco e sua madre non sono cattivi, il Signor Malfoy lo è.:
:Giusto:
:Dormiamo un po’: Disse Harry, finalmente mettendosi a letto.

O o O o O

Remus mise giù lentamente il quotidiano.
Stava succedendo per davvero?
Harry, il figlio del suo migliore amico, poteva curare la Licantropia. Era stato in grado di curare anche Walter McCaffrey, che era stato un licantropo per oltre il novanta per cento della propria vita.
Remus conosceva Walter personalmente. Era un uomo solitario, simile a lui stesso, ed era assolutamente terrificato all’idea di poter mordere qualcuno un giorno, proprio come suo padre aveva fatto con lui.
Walter era stato morso quando era ancora un bambinetto, capace appena di camminare e parlare. Una notte, suo padre si era liberato dal luogo in cui si era rinchiuso e lo aveva morso prima che sua madre avesse potuto interferire e fermarlo. Sfortunatamente, la storia era ancora più triste di così, perché quella notte Walter aveva perso anche sua madre. Nel proteggerlo, era stata uccisa dal marito - l’uomo che amava e cui aveva giurato di restare unita, a qualunque costo, anche dopo che era stato infettato dalla Licantropia. Il padre di Walter era rimasto stravolto e si era suicidato ancor prima che il Ministero potesse iniziare un’investigazione. La vita di Walter era precipitata da lì in poi, era finito da un istituto all’altro, prima di raggiungere la maggiore età.
Remus scosse la testa. Anche lui aveva avuto un’infanzia migliore di quella di Walter. Almeno gli era stato permesso di frequentare Hogwarts, grazie ad Albus Silente. Walter, invece, era già stato riconosciuto come licantropo anni prima di compiere gli undici anni, e non aveva nessuno che parlasse in suo favore con Silente - e non aveva avuto nemmeno il coraggio o la sicurezza di cercare il famoso Preside per conto proprio.
Remus era sinceramente felice per Walter. Se c’era qualcuno che meritava di essere curato, era quell’uomo.
«Dubito che il Signor Potter rifiuterebbe di guarirti, se glielo chiedessi, Lupin.»
Remus fece un salto, dimenticando che si trovava nella Sala Grande e che non era da solo. Si voltò verso Severus, che aveva parlato.
«Sospetto che lo sappia già, comunque,» continuò semplicemente il Professore di Pozioni.
Remus sbatté le palpebre e deglutì pesantemente, mentre i pensieri gli tornavano alle molte volte in cui Harry si era irrigidito in sua presenza. Allora lo sapeva già?
Aveva percepito il lupo e scoperto la verità?
Che cosa deve pensare di me?
Si chiese Remus. Insegnare in una scuola in una tale condizione…
I suoi sentimenti dovevano essere visibili sul suo volto, perché Severus lo guardò, con una strana, sincera comprensione che gli compariva negli occhi, e che alterava di molto la sua espressione normalmente vuota.
«Credi che abbia gli occhi di sua madre per niente? Lui vede le cose come le vedeva lei,» disse lui con molta calma, prima di alzarsi e di lasciare la Sala Grande senza un’altra parola.
Remus lo fissò, senza parole, non vedendo l’espressione pensierosa del Preside poco lontano da lui.

O o O o O

Giunse il giorno di Natale, e fu la festa più bella che Harry avesse mai vissuto, nonostante la presenza severa della Signora Paciock; comunque, in un certo senso, il fatto che lei fosse lì rese tutto molto più reale. Non incombeva su di loro ma era sempre con loro. E, in un certo senso, Harry si chiese se la donna stesse cercando di ammorbidire i propri modi usuali. Non sapeva che cosa pensare al proposito.
Dobby rimase il suo servo ossequioso, impaziente di compiacerlo e terrorizzato di fare anche il più minuscolo errore.
Aveva aperto il pacco degli Hovel il giorno prima. Era una lettera di ringraziamento dai Signori Hovel con un disegno fatto da Andy, e anche un piccolo lupo di peluche. Harry pose felicemente il lupo sul proprio letto - il primo animale di peluche che potesse ricordare di aver mai ricevuto da qualcuno.
Aveva risposto con una breve lettera, ringraziandoli per il pacco e dicendo loro della magia bianca di cui non aveva parlato loro prima. Sperò che non si arrabbiassero con lui. Beh, era troppo tardi adesso.
Harry non ricevette molti regali, non che se ne aspettasse una montagna, ma erano stati tutti perfetti. Ne aveva ricevuto uno da Hagrid, uno dalla Professoressa Sprite, un altro dal Professor Piton, e l’ultimo da Neville.
Hagrid gli aveva fatto un flauto, la Professoressa Sprite gli aveva mandato una cioccorana, il Professor Piton (con una nota in cui gli diceva di tenere per sé l’informazione sul regalo) gli mandò un set di strumenti molto belli per fare pozioni e alcuni ingredienti rari, e Neville gli regalò una piccola pianta. A Harry ricordava una piccola piantina di pomodoro che zia Petunia gli aveva fatto piantare in giardino diversi anni prima - prima che morisse all’istante quando Dudley ci passò sopra con la bicicletta.
Anche Neville ricevette una cioccorana dalla Professoressa Sprite. Supposero che la Capo Casa ne mandasse una a tutti i suoi Puff.
Harry diede a Neville alcune caramelle che sapeva gli piacevano. Lui fu sorpreso che Harry gli facesse un altro regalo, visto che gli aveva già preso i foderi per le bacchette. Harry respinse le proteste con un gesto noncurante.
Dopo essersi scambiati i regali, la giornata continuò felicemente, sebbene Harry avesse preso una decisione riguardo qualcosa.
Dopo cena, e quando era ora di andare a letto, Harry chiuse la porta e chiamò Dobby.
Dobby era stato presente allo scambio dei doni, ma era svanito subito dopo, e l’unica ragione per cui era stato presente era che Harry glielo aveva chiesto.
«Il padrone ha chiamato Dobby?» Chiese l’elfo.
Harry lo guardò per un momento, provando a decidere come iniziare la conversazione.
«Dobby, tu lavori per me ora, e stavo pensando...» Harry fece una pausa, mentre i larghi occhi spalancati di Dobby lo fissavano. «L’unica cosa buona che mio zio mi ha mai insegnato è il fatto che i lavoratori rappresentano coloro per cui lavorano, quando vengono visti dagli altri. Il modo in cui le persone li vedono si riflette sui loro capi e su tutta la compagnia. Per te è la stessa cosa con me. Tu ti rifletti su di me e sulla famiglia Potter.»
«Il p-padrone è deluso da Dobby?» Chiese lui, orripilato.
«No, no, affatto. Infatti, mi hai reso orgoglioso di averti come elfo domestico, e questo è il motivo per cui vorrei cambiare qualcosa.» Harry fece un passo in avanti e pizzicò il tessuto sulla spalla di Dobby, sollevandolo appena mentre tratteneva una smorfia molto ‘Pitonesca’. «Puoi dirmi, onestamente, che ti piace indossare questo?»
Gli occhi di Dobby si spalancarono di nuovo.
«Beh, Dobby? Ti piace indossare questo?» Interrogò Harry.
«N-no, padrone. A Dobby non piace per niente,» disse finalmente, scuotendo la testa e facendo sbatacchiare le orecchie.
«Allora, perché non prendiamo qualcosa di diverso da farti indossare? Qualcosa di appropriato per un buon lavoratore della Famiglia Potter?» Harry non avrebbe mai usato la parola ‘schiavo’ o ‘servo’ o nulla di simile. Stava anche evitando la parola ‘vestiti’.
«Il padrone intende… come un’uniforme?» Chiese Dobby, sollevando gli occhi.
«Beh, sì, a meno che sia qualcosa che non vorresti avere,» disse Harry, domandandosi se avrebbe dovuto scrivere al Professor Piton prima di fare una cosa del genere. Quest’idea era un altro tabù?
«No-no, padrone, Dobby amerebbe un’uniforme!» Esclamò onestamente.
Harry sorrise. «Bene, allora penso di sapere esattamente a chi scrivere per fartela fare.»
Si sedette e iniziò a scrivere una lettera a Madama McClan.
«Beh, nero, rosso e oro mi sembrano dei colori forti,» disse Harry, mentre buttava giù la richiesta e dava un’occhiata a Coral, che stava sonnecchiando. «Hmmm, la mia famiglia ha uno stemma?» Mormorò tra sé Harry.
«Oh sì, la famiglia del padrone ha uno stemma,» rispose rapidamente Dobby.
«Allora le chiederò di mettertelo sulla manica e all’altezza del cuore. Lei dovrebbe conoscere il mio stemma, giusto?»
«Sì, padrone, è molto conosciuto.»
«Hmm, suppongo che dovremo dirle le tue misure.»
«Dobby può andare da lei per farselo fare, signore. Posso comparire nel suo negozio. Dobby lo ha fatto per la sua precedente famiglia per ritirare i loro acquisti.»
«Perfetto. Sembra che vada bene; puoi portarle questa lettera più tardi in settimana e magari lei potrà iniziare subito,» esclamò Harry, finendo la lettera prima di metterla in una busta con cinque galeoni. Harry immaginò che sarebbero stati abbastanza. In caso contrario, aveva scritto nella lettera di farglielo sapere.
«Il padrone è così buono con Dobby,» disse l’elfo dopo un momento, con un leggero nodo alla gola.
«Ho deciso che sono solo buono quanto serve,» replicò Harry.

O o O o O

C’erano cinquantasette licantropi registrati in Inghilterra, sebbene si supponesse che fossero almeno una settantina in totale.
Severus ipotizzò che Harry, se gli fosse stato permesso, avrebbe potuto curarli tutti con facilità entro un mese. Però, se Madama Pomfrey glielo avesse lasciato fare o no era tutta un’altra questione. Severus non aveva dubbi che Harry ne fosse capace, ma sapeva anche che aveva solo undici anni, e la sua magia doveva ancora andare incontro a un grande sviluppo. Non sarebbe stato saggio metterlo a rischio, ma sarebbe stato altrettanto irresponsabile impedire qualcosa che poteva rivelare una sana crescita e un’espansione.
Così, non fu una sorpresa quando il Preside gli chiese di partecipare a una riunione nel suo ufficio riguardante proprio questo. Madama Pomfrey e la Professoressa Sprite erano già state convocate.
«Va tutto bene, Preside?» Chiese Madama Pomfrey, mentre la Sprite appariva ugualmente preoccupata.
Apparve improvvisamente chiaro a Severus che le due non avevano alcuna idea di che cosa il Ministro avrebbe presto chiesto a Harry.
«Sì, certo, tutto a posto. Volevo solo discutere alcune questioni riguardanti uno studente.»
«Si tratta del Signor Potter?» Chiese la Sprite.
«E della sua cura della Licantropia?» Aggiunse Pomfrey.
«Sì. A un certo punto nella giornata di oggi, il nostro Ministro contatterà Harry e gli chiederà di partecipare a una riunione dell’ICM che si terrà nel fine settimana.»
Pomfrey e la Sprite spalancarono gli occhi.
«Per quale motivo?» Domandò Pomfrey.
«Per una ‘verifica della cura’. Quattordici paesi sono stati selezionati per portare un individuo infetto dalla Licantropia che servirà da prova. Comprensibilmente, ci sono alcuni dubbi sul metodo di Harry e sul successo del trattamento.»
«Quattordici?» Fece Pomfrey.
«Perché non si accontentano di uno?» Interrogò la Sprite.
«Non si fidano abbastanza uno dell’altro per farlo. Se ci fosse una sola ‘prova’, la gente si chiederebbe se la persona sia stata davvero infetta, tanto per cominciare,» rispose Silente.
«Che fesserie,» esclamò Pomfrey.
«All’inizio, erano più di venticinque. Per fortuna, alcune nazioni hanno fiducia che altre porteranno autentici casi di Licantropia, e così non avranno bisogno di portare la propria cavia.»
«Oh, beh, grazie al cielo,» fece Pomfrey con sarcasmo.
«Poppy, forse tutto questo sarà per il meglio. Pensa a cosa può voler dire per altri… come Remus,» disse gentilmente la Sprite.
«Non sappiamo nemmeno come Harry ci riesce. Il processo potrebbe privarlo della sua energia vitale, per quanto ne sappiamo,» continuò Pomfrey.
«Non è così,» affermò Albus, decidendo di interrompere per impedire a Pomfrey di agitarsi troppo.
«Oh, e lei come lo sa? Non credo che sia andato dai Paciock per esaminarlo,» disse Pomfrey. «Il Ministro non dovrebbe presentare il Signor Potter come una sorta di Tesoro Nazionale da usare sul palcoscenico mondiale!»
«Severus mi ha detto quello che ha saputo da Harry quando lo ha portato alla festa di Natale dei Malfoy,» rispose Silente semplicemente.
«Che cosa hai scoperto, Severus?» Chiese curiosa Pomfrey.
«Che il ragazzo ottiene una magia pura e bianca dal dissolvimento della maledizione. Non sono certo della sua natura, ma lui ha affermato che l’ha aiutato a curare il Signor McCaffrey,» Severus rispose.
«Lo ha ‘aiutato’?» Domandò Pomfrey.
«Penso che agisca come un antidoto o un vaccino di qualche tipo contro la maledizione. Spesso, queste cose provengono proprio dallo stesso malanno che curano.»
Pomfrey fece una pausa, pensandoci su. «Quindi forse potrebbero esistere dei sistemi per ottenere questa ‘magia bianca’ e usarla per curare altri licantropi.»
«Forse,» concordò Severus.
«Bene, suppongo che non ci sia nulla che possiamo fare a proposito della riunione,» aggiunse Pomfrey, calmandosi. «Di che cosa volevi parlare con noi esattamente? Penso che vada oltre la questione della riunione?»
«Harry continuerà a lavorare nell’Infermeria nei fine settimana e tu, Pomona, gli darai lezioni private sul controllo magico?» Chiese Silente.
«Sì,» rispose la Medimaga, mentre la Sprite annuiva con orgoglio.
«Voglio che mi informiate dei suoi progressi. Ha già sorpassato le mie aspettative per il suo primo anno, e sono certo che continuerà a svilupparsi a passi da gigante non appena ne sarà in grado. Voglio assicurarmi che rimanga preparato - fisicamente, emozionalmente e magicamente.»
«D’accordo, Albus, ma che cosa intendi fare dopo? So che è un po’ presto per pensarci, ma in pochi anni, come minimo, avrà bisogno di espandersi oltre ciò che possiamo insegnargli io e Pomona,» affermò Pomfrey.
«Gli impartirò lezioni di Pozioni avanzate a un certo punto. Forse nel semestre precedente a quando prenderà i suoi GUFO, dipende dalla sua attitudine per la materia col passare del tempo,» fece Severus, «sono già abbastanza fiducioso di poter dire che sarebbe capace di realizzare una pozione del secondo anno, solo usando il libro di testo e con una piccola guida da parte mia, se glielo permettessi.»
«Io sto pensando alle sue abilità come Arcimago. A un certo punto, specialmente considerato quanto avanti è già arrivato, le sue abilità cominceranno ad emergere. Non so molto di Arcimaghi dormienti, ma di sicuro ci sono dei segni che compaiono prima del loro risveglio?» Chiese Pomfrey.
«Sì, ci sono,» disse Silente. «E onestamente ha già iniziato a mostrarli, ma sono sottili. Se non avessi saputo che è un Arcimago dormiente, non li avrei riconosciuti.»
«‘Li’, Preside?» Domandò Severus.
Questo era una novità per lui. Harry stava già manifestando dei segni, più di uno? Certo, stava mostrando una grande attitudine per la magia, ma, come per lui, era lo stesso per altri studenti della sua età, come Granger e Paciock.
«Non sono sicuro se questo sia dovuto al regime di pozioni a cui lo ha sottoposto Severus, oppure anche al suo famiglio, Coral, ma il ragazzo ha una capacità di sintonizzazione con la magia effettivamente percepibile. Prima della pausa invernale, l’ho convocato nel mio ufficio e gli ho fatto curare una piccola ferita che mi ero fatto nella Foresta Proibita. Volevo vedere di persona quanto si erano sviluppate le sue capacità nei Serpincanti,» spiegò prima che Pomfrey potesse protestare chiedendogli come mai non era venuto da lei. «Il suo controllo è straordinario, e il modo in cui ha usato la mia magia per curarmi la mano… Ha controllato la mia magia come se fosse la sua.
Capisco che i Serpincanti tendono a usare la magia del paziente nel trattamento, ma per avere una tale precisione… è il segno di un Arcimago in boccio.»
«Hmm, hai ragione, Albus. Gestisce la magia altrui considerevolmente bene, anche coloro che sono nervosi, che è anche più notevole, ora che ci penso,» concordò Pomfrey.
«È stato anche capace di trattenere la sua magia accidentale,» ricordò loro la Sprite.
«Questo è un altro segno. Anch’io, con oltre un secolo di esperienza e pratica nel controllo della mia magia, ho qualche difficoltà a trattenerla quando sono particolarmente arrabbiato,» ammise Silente, evitando di guardare verso Severus che aveva assistito alla sua ultima scenata.
«Ha mostrato qualche altro segno?» Chiese la Sprite.
«Non che io sappia,» rispose lui. «Ma è certo che ne mostrerà altri col passare del tempo. Uno dei segni prevede che le creature magiche reagiscano verso di lui in modo particolare. Spesso saranno più disponibili ad accettarlo, mentre altre saranno molto più aggressive.»
I pensieri di Severus andarono a Fierobecco, ai Thestral, e ai Dissennatori. Di sicuro aveva senso.
«Un altro indizio è l’abilità di lanciare incantesimi molto potenti nonostante non abbia ancora del tutto, o nemmeno in buona parte, sviluppato le potenzialità del proprio nucleo magico.»
Ancora una volta, l’insegnante di pozioni ricordò del terzo anno di Harry, quando aveva eseguito l’Incanto Patronus. E Harry ci era riuscito nonostante le sue condizioni indebolite dal regime dei Dursley. Di che cosa sarebbe stato capace ora?
«L’altro segno è la resistenza contro certi tipi di magia. La sua magia combatterà in modo naturale contro gli incantesimi che vogliano danneggiarlo o tentare di controllarlo.»
Severus spalancò gli occhi al sentire ciò, mentre Pomfrey e la Sprite sbatterono le ciglia.
La sua capacità nel futuro di contrastare l’Imperio. Come avevano fatto a non pensarci? Nessuno studente del quarto anno normale o anche dotato sarebbe stato in grado di annullare l’Imperio. E ancora tutti loro lo avevano sottovalutato come un’altra delle stranezze di Potter, senza darsi tanto pensiero.
«Potrebbe essere il motivo per cui… con l’anatema mortale?» Chiese la Sprite.
«Non sono sicuro,» ammise Silente, pensieroso, «ma è possibile.»
«Staremo attenti a questi segni, ma Preside, quando dovremmo dire al Signor Potter della cosa?» Domandò Pomfrey.
«Questo è il vero motivo per cui avevo bisogno di parlare con voi, poiché non ne sono sicuro. Una parte di me crede che sarebbe meglio non dirglielo - permettergli di svilupparsi senza saperlo. almeno finché non inizierà a fare domande. Ad ogni modo, un’altra parte di me vuole che lui ne sia informato, che sappia almeno una parte di ciò che è magicamente in serbo per lui; ma poi inizio a chiedermi come poter meglio introdurre il ragazzo alla cosa,» iniziò Albus.
«Sono convinto che dovremmo dirglielo quest’estate, prima del prossimo anno,» affermò Severus.
«Sì, sono d’accordo con Severus. Il Signor Potter deve saperlo, e aspettare fino all’estate è ragionevole. Ha già avuto abbastanza a cui pensare per ora. Aspettare l’estate sarebbe la cosa migliore, penso.» Confermò la Sprite.
Anche Pomfrey annuì. «Il Signor Potter sa già che non è al pari dei suoi coetanei. Penso che dirgliene il motivo sarebbe la cosa migliore per lui, alla lunga.»
«Molto bene,» disse Silente. «Glielo diremo quest’estate.»

O o O o O

«Signor Potter, c’è qualche problema?» Domandò la Signora Paciock.
Harry si fermò, rendendosi conto che stava giocherellando col cibo. «Mi scusi, Signora Paciock, è solo che oggi mi è arrivata una lettera - dal Ministro.» Aggiunse le ultime parole mentre lei sollevava un sopracciglio.
Evidentemente, non le andava a genio che lui avesse ricevuto qualcosa nonostante lei avesse specificamente richiesto che le sue lettere fossero reindirizzate a Hogwarts, salvo messaggi dal Professor Piton o dal Preside.
«Capisco. Di che cosa parlava, se posso chiedere?» Domandò con franchezza.
«Il Ministro vuole che vada a una riunione dell’ICM per la faccenda del… beh, lo sa.»
Neville guardò contrito Harry. L’amico glielo aveva detto prima di cena mentre stavano facendo delle ricerche sui nervi e il cervello.
«E tu hai risposto?» Chiese lei, dopo un momento, visto che lui non continuava.
«Beh, non posso esattamente dire di no. Ho risposto e ho detto che sarei andato, ma non sono sicuro di come ci arriverò. Ho scritto una lettera al Professor Piton al proposito.»
Lei annuì, come se questo risolvesse il problema. «Informami non appena saprai i dettagli.»
«Sì, Signora,» replicò Harry, non sapendo cos’altro dire.
Tornò a mangiare, sforzandosi di pensare ad altro. La ricerca sua e di Neville era a un punto morto, ad essere onesti. Il fatto era che i maghi non sapevano granché sul cervello e il sistema nervoso. Certo, avevano incantesimi che potevano influenzare la mente e tutto il resto, ma non sembrava che capissero davvero come funzionasse realmente il cervello. Harry aveva ordinato dei testi di guaritori poco dopo aver promesso a Neville che avrebbe fatto delle ricerche, ma erano risultati deludenti. A dirla tutta, a Harry ricordavano i secoli bui del medioevo, per quanto poco ne capiva il Mondo Magico. Sembrava che i Babbani ne sapessero molto di più rispetto ai maghi sul corpo umano e sull’impatto che il cervello aveva su di esso.
I Babbani avevano anche dei metodi per guardare realmente nel cervello, attraverso le risonanze magnetiche e le TAC. Ne aveva sentito parlare in televisione mentre suo zio faceva zapping. Sì, i maghi potevano fare delle scansioni, gli incantesimi dicevano loro più o meno che cosa succedeva, ma non ricevevano delle immagini che permettessero loro di capire realmente il problema. Questo problema faceva anche sì che i maghi non usassero altri metodi di trattamento, come gli interventi chirurgici.
E questa era un’altra questione. Era chiaro che il Mondo Magico non fosse aperto all’idea di operare qualcuno. Lo vedevano come un atto barbarico, invece che necessario e valevole del rischio, come era spesso nel mondo babbano. Non capivano che talvolta c’era bisogno che uno entrasse dentro e rimuovesse fisicamente qualcosa, non che semplicemente lo facesse sparire magicamente. Dopotutto, come si poteva far sparire qualcosa in modo sicuro se non si sapeva appieno che cosa lo circondava?
Harry si domandava che immagini avrebbe ottenuto se avesse fatto fare delle TAC ai genitori di Neville. Beh, con l’arrivo dell’estate, sapeva che cosa voleva fare - andare nella biblioteca babbana e leggere testi sul cervello umano, e, forse, cercare i possibili medici che potevano dargli un indizio su come avrebbe potuto eventualmente aiutare i Paciock.

O o O o O

Harry si svegliò al suono di un gufo che bussava alla sua finestra.
:Harry, un altro uccello ha qualcosa per te: Disse Coral, semi addormentata.
Il giorno prima, aveva ricevuto una risposta dal Professor Piton, che gli diceva che il Preside lo avrebbe contattato per l’organizzazione del viaggio.
Harry si alzò, aprì la finestra, e prese la lettera prima che il volatile volasse rapidamente via.
Aprendola, trovò una larga calligrafia piena di curve.

Caro Harry, Verrò alla villa dei Paciock alle 8 di domattina per portarti al Ministero per la riunione dell’ICM. Per favore fatti trovare pronto per quell’ora con tutte le tue cose, perché non tornerai dai Paciock per il resto delle vacanze, ma invece verrai ad Hogwarts con me, dopo che la riunione sarà finita. Spero che tu abbia trascorso delle piacevoli vacanze finora. A domani.

Albus P.W.B. Silente


:Allora torneremo a scuola un po’ prima della fine delle vacanze?: Chiese Coral.
:Sembra di sì:
Con questo, il ragazzo iniziò a fare le valigie, solo per fermarsi poco dopo ricordando che a Dobby avrebbe fatto piacere se gli avesse chiesto di aiutarlo.
«Dobby?» Chiamò Harry.
-Pop-
«Sì, Padrone?» Chiese Dobby, indossando ora una magnifica uniforme.
Indossava abiti neri con ricami rossi e bordatura dorata. Sulla manica destra c’era lo stemma del Casato dei Potter*, con colori abbinati, e un altro più largo stava all’altezza del cuore.
Harry non ne era certo, ma gli sembrava che l’uniforme avesse reso Dobby più sicuro di sé e meno… stralunato. Forse era perché iniziava ad abituarsi ad Harry, o forse aveva qualcosa a che fare con quello che il Professor Piton aveva detto a proposito dello scopo.
Ad ogni modo, il cambiamento era piacevole.
«Potresti aiutarmi a fare le valigie? Dovrò partire domattina con il Preside, e voglio essere pronto.»
«Certamente, Padrone,» esclamò allegramente Dobby, schioccando le dita e facendo volare le cose di Harry nella valigia aperta.
Harry sorrise. «Grazie, Dobby.»
«Dobby è felice di aiutare il grande padrone Harry Potter, Signore,» disse Dobby con orgoglio, mentre il suo cappello nero dall’orlo dorato restava chissà come in equilibrio tra le sue orecchie.

O o O o O

«Penso che sia arrivato, Harry,» disse Neville, poggiando la gabbia (vuota, NdT) di Edvige sopra la valigia vicino alla porta, mentre Harry si voltava verso la Signora Paciock dopo avergli dato conferma con un cenno del capo.
«Grazie per avermi permesso di stare qui, Signora Paciock. Mi sono divertito molto, è stato fantastico,» disse Harry onestamente.
«Beh, Signor Potter, sono contenta che tu sia stato bene. Forse possiamo organizzare qualcosa per quest’estate? Sarà certo un modo per impedire a Neville di passare tutto il suo tempo nelle serre,» replicò lei.
Harry sorrise, mentre Neville sembrava piuttosto speranzoso alla prospettiva che il suo migliore amico tornasse per l’estate.
«Mi piacerebbe molto,» fece Harry.
Con ciò, Silente raggiunse la porta d’ingresso e bussò.
«Buongiorno, Augusta,» salutò Silente mentre la Signora Paciock apriva la porta.
«Buongiorno, Albus. Il Signor Potter è pronto ad andare,» disse lei.
«Molto bene,» affermò Silente, entrando nella villa e guardando le cose di Harry vicino alla porta. «Questo è tutto, Harry?»
«Sì, Signore,» disse lui.
Silente tirò fuori la bacchetta e miniaturizzò tutto, richiamò gli oggetti nella propria mano e se li mise in tasca. Edvige era andata già a Hogwarts insieme a Dobby.
«Ciao, Neville, ci vediamo a Hogwarts,» salutò Harry, andando accanto al Preside.
«A presto, Harry,» rispose Neville. «Continuerò a leggere.»
Harry annuì, sapendo che l’amico si riferiva alla loro ricerca, quindi seguì Silente fuori dalla porta.
«Prenderemo una Passaporta, Harry. Ne hai già usata una prima, giusto?» chiese il vecchio mago mentre iniziavano a dirigersi verso i confini degli scudi della proprietà.
«Sì, Signore, con i Paciock.»
Silente annuì, tirando fuori qualcosa dalla tasca anteriore. «Questa è una Passaporta potente, creata specificamente per portare chi la usa ovunque nel mondo. Oggi, ci porterà a Vaduz, in Liechtenstein, il posto concordato per la riunione dell’ICM di quest’anno.»
«Cambia ogni anno, Signore?» Chiese Harry con curiosità, guardando il capo d’abbigliamento nella mano di Silente.
Un calzino?
«Oh sì, Harry. È di aiuto, trattandosi di cooperazioni internazionali. Certo, ci sono alcuni che non sarebbero d’accordo con me in questo.»
«Dove si è tenuta l’anno scorso?»
«In Paraguay, che si trova in Sud America. Spero di tornare a farvi visita molto presto.»
«Dev’essere bello andare in un posto diverso ogni anno. Io non sono mai andato davvero da nessuna parte, a parte Hogwarts, certo. I Dursley non mi portavano con loro quando viaggiavano e mi facevano stare con la Signora Figg dall’altra parte della strada. Aveva un sacco di gatti, ed erano spaventosamente intelligenti. Giuro che capivano l’inglese meglio di Dudley - certo, non è così difficile, ma comunque...»
Silente nascose una smorfia, domandandosi quali altre cose avessero negato ad Harry.
«Ma suppongo che me la passavo meglio con la Signora Figg,» continuò Harry. Il Preside non era molto sicuro che Harry stesse ancora parlando con lui. «Almeno non dovevo preoccuparmi che Dudley mi incolpasse per qualunque cosa, e la Signora Figg una volta ha lasciato che la aiutassi a fare i biscotti. Non erano davvero molto buoni, ma penso fosse perché lei risparmiava sullo zucchero.»
«Quanto spesso stavi con la Signora Figg?» Chiese Silente.
«Oh, non tantissimo, solo quando i Dursley volevano andare fuori città e fare cose. Sa, l’estate scorsa, siccome la Signora Figg si era rotta una gamba, mi hanno dovuto portare allo zoo. Lì ho parlato con un boa constrictor e sono successe delle cose, e io… beh, questa cosa l’ho già detta al Professor Piton… in qualche modo ho fatto sparire il vetro e il serpente è scappato. Mi ha detto che la sua famiglia era del Sud America. Mi chiedo se sia riuscito a tornarci...»
«Avevi mai parlato con un serpente prima?»
«No. Ne ho visti alcuni in cortile mentre strappavo le erbacce, ma allora non sapevo di poter parlare con loro,» rispose, mentre si fermavano e Silente gli porgeva il calzino così che lo afferrasse.
«Questo viaggio sarà un po’ più duro di quello di una Passaporta normale, quindi avvicinati a me,» lo avvisò il Preside. Harry obbedì. «D’accordo. Un due tre...»
Harry sentì qualcosa che lo agganciava e lo tirava verso destra, e non poté evitare di andare addosso a Silente mentre atterravano.
«Piano, Harry. Ora prendi dei lenti, profondi respiri,» fece lui, impedendo a Harry di inciampare in avanti e cadere.
Harry annuì, frastornato. Le Passaporte facevano schifo, decise.
«Loro non… loro non migliorano mai?» Riuscì a dire Harry tra un respiro e l’altro.
:Mamma mia, spero di sì: Sussurrò Coral. :È stato assolutamente orribile:
«Un pochino, sebbene la verità è che dopo un po’ sarai tu ad avere uno stomaco più forte e un equilibrio migliore.»
«Buono a sapersi,» disse Harry deglutendo pesantemente, pregando di non dover svuotare lo stomaco proprio in quel momento.
Finalmente, con un altro paio di respiri, Harry si raddrizzò, essendosi ripreso.
«Grazie,» disse Harry, imbarazzato, rendendosi conto che si era appoggiato al braccio destro di Silente per tutto il tempo in cui stava cercando di non vomitare.
«Hai retto il viaggio piuttosto bene. La maggior parte delle persone se la passa molto peggio dopo la loro prima Passaporta di lunga distanza.»
«Come è stata per lei?» Chiese Harry prima di riuscire a trattenersi.
«Io? Beh, il mio stomaco non era per niente contento di me. Non si è sentito abbastanza stabile da lasciarmi mangiare qualcosa per tutto il resto della giornata,» rispose semplicemente prima di rivolgere la propria attenzione al luogo attorno a loro.
Harry lo seguì, osservando la stanza in cui erano comparsi.
«Bene, Harry, benvenuto all’attuale quartier generale dell’ICM a Vaduz, in Liechtenstein,» gli disse Silente.
Evidentemente, erano comparsi in una stanza specificamente dedicata agli arrivi tramite Passaporta. Ad Harry ricordò l’atrio della Signora Paciock. Dava un’impressione molto fredda - molto pulita e dall’aria di museo.
«Rimani sempre vicino a me. Non ci vorrà molto perché le persone ti riconoscano mentre andiamo nella sala delle riunioni.»
«Che cosa devo aspettarmi, Signore?» Domandò Harry, improvvisamente desiderando darsi un pugno.
Avrebbe dovuto fare domande del genere mentre andavano via dalla villa dei Paciock, invece che parlare della Signora Figg e dei suoi gatti pazzi.
«L’ICM è un po’ più diretto rispetto al Ministero nel modo in cui fa le cose. È d’aiuto in certe situazioni, poiché a volte permette loro di raggiungere più velocemente i loro obiettivi, ma in altri casi essere diretti comporta anche l’essere aggressivi e questo disturba le persone riguardo certi argomenti. Non essere allarmato quando le persone alzeranno la voce oggi, perché probabilmente lo faranno. Se qualcuno ti porge una domanda diretta, sii diplomatico, ma ricorda, ti hanno invitato qui e non eri obbligato a venire. Non rispondere a domande per cui senti che non dovresti rispondere o a quelle per cui non ti senti a tuo agio nel rispondere. Se ci sono problemi, li gestirò io.»
Harry sollevò le sopracciglia a quell’affermazione, sentendo che il Preside abbassava il tono di voce verso la fine. Era ovviamente molto serio nel dire che avrebbe gestito qualsiasi problema potesse sorgere.
«Quindi, lei mi presenterà e poi dovrò solo curare quelli che hanno portato?» Domandò Harry, mentre una parte di lui si domandava quando dovessero iniziare a dirigersi verso il luogo della riunione, ma decidendo che Silente sapeva a che ora sarebbero dovuti andare.
«Sì, sebbene alcune nazioni probabilmente insisteranno nel farti alcune domande rispetto al tuo metodo.»
«Okay,» rispose Harry, non vedendo alcun problema in quel caso. Non aveva nulla da nascondere.
«D’accordo. Pronto?» Chiese Silente dopo un momento.
«Sì, Signore.»


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L’autrice si ‘scusa’ perché si rende conto che questo è un capitolo di transizione, ma le molte informazioni che contiene sono necessarie al prosieguo della storia.


Note della traduttrice:

* L’autrice ci informa che lo Stemma della Famiglia Potter ha un drago su una metà, sull’altra una fenice, con al centro un albero di Agrifoglio, molto semplice ma potente.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Maledizione, dissolviti.




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Capitolo 14
*** Maledizione, dissolviti ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 14: [Curse, Be No More] Maledizione, dissolviti

Albus guidò Harry attraverso la folla nell’edificio dell’ICM. Era molto simile al Ministero a quel proposito - così tanta gente, che correva a una riunione o a un’altra.
Le persone si scansavano velocemente dalla loro strada, riconoscendo Silente come il Supremo Pezzo Grosso, ma presto la loro attenzione si spostò.
«Quello è Harry Potter!» Molti iniziarono a bisbigliare eccitati, mentre altri lo indicavano e lo fissavano.
Harry tentò di ignorarli meglio che poteva, ma Silente sapeva che era molto difficile.
Finalmente, arrivarono in un corridoio meno affollato, ma le occhiate e i bisbigli li seguirono.
«Ah, Albus! Eccovi, allora,» rimbombò una voce alle loro spalle.
Silente si fermò e si voltò, riconoscendo la voce di Aage Brown. Era un gentiluomo alto, di colore, un rappresentante dell’Etiopia, e anche un rispettato Guaritore.
Anche Harry si voltò, guardando l’impressionante figura che praticamente stava sfrecciando verso il Preside.
Albus non parve allarmato e offrì la mano all’uomo che si avvicinava.
«Sì, Aage,» disse Silente mentre l’uomo gli afferrava la mano e lo stringeva in un mezzo abbraccio.
«Allora come ti sta trattando il Ministero, vecchio mio?» Domandò lui, la voce profonda e intensa che echeggiava intorno a loro.
«Gentilmente come sempre,» Silente rispose, prima di abbassare lo sguardo a Harry. «Harry, questo è Aage Brown. È uno dei rappresentanti dell'Etiopia ed è uno dei Guaritori che sono stati selezionati per monitorare te e coloro che curerai oggi. Aage, questo è Harry Potter.»
«Quindi, sei tu il giovanotto che ha causato il recente pandemonio di qui. Molto piacere di conoscerti,» disse Aage con un sorriso, prima di tornare a guardare Silente. «Bene, stanno aspettando te e il ragazzo. Stavano fremendo per l'inizio della riunione.»
«Posso immaginarlo.»
Con ciò, arrivarono alla sala della riunione e si avvicinarono alla porta laterale verso l'area frontale dove sedevano coloro che presiedevano alla riunione. C'erano due guardie, una su ogni lato, ritte sull'attenti. Fecero dei brevi cenni del capo al Supremo Pezzo Grosso.
Il posto era enorme e pieno di sedie, molte delle quali erano già occupate da un mago o una strega.
«Rimarrai davanti, accanto a me, Harry,» disse Silente, fermandosi sulla soglia prima che coloro che si trovavano nella sala potessero vederli. «Se in qualunque momento vorrai fermarti, perché ti stai stancando o per qualunque altra ragione, ti basta dirmelo. Non fare nulla che non vuoi fare o che senti che non dovresti fare, d'accordo, Harry?»
Harry annuì. «Capisco, Signore, comunque dubito che Coral mi lascerebbe fare nulla di stupido, ad ogni modo.»
:Ci hai preso in pieno: Disse Coral, strizzandogli il polso.
Silente sorrise, prima di fare un cenno a Aage, che quindi li annunciò agli altri membri.
Tutti si alzarono in piedi, voltandosi in avanti. Harry sbatté le palpebre, abbracciando con lo sguardo il vasto ambiente. C'erano più di cento nazioni rappresentate qui nella stanza. C'erano sei lunghe file con una dozzina di tavoli, separati da corridoi, tra loro e le pareti. I tavoli allineati erano tutti rivolti verso la parete davanti, dove c'era il tavolo centrale. Harry provò a non spostare nervosamente il peso da un piede all'altro, sentendo che la maggior parte dei presenti lo stava fissando. C'erano altre due persone al tavolo centrale, ma lui e Silente si sedettero nel mezzo. Aage Brown andò all'estremo del palco dove altre due persone erano in piedi, in attesa (Harry dedusse che erano anche loro Guaritori).
Lo spazio sul palco di fronte al tavolo centrale era stato liberato, a parte per una sedia che poteva essere reclinata o distesa in un lettino. C'era un piccolo tavolino accanto ai tre guaritori con sopra alcuni strumenti, ma Harry non riuscì a riconoscerli. Suppose che servissero a monitorare il processo curativo, o almeno era quello che sperava.
«Vorrei richiamare all'ordine questa riunione, e iniziare nel presentare il Signor Harry Potter, che ha gentilmente acconsentito a venire per chiarire ogni dubbio a proposito della cura della Licantropia,» iniziò Silente, dopo aver preso posto al tavolo centrale. Fece cenno a Harry di sedersi sulla sedia accanto alla sua.
Ci furono alcuni mormorii dubbiosi alle sue parole, ma nessuno parlò abbastanza forte da essere sentito chiaramente.
«Essendo io la sua scorta, il ragazzo è anche sotto la mia protezione.»
«L'Assemblea riconosce il Signor Harry Potter,» disse una voce. Harry non sapeva chi avesse parlato.
«Grazie. Vorrei anche ringraziare il Guaritore e Rappresentante Aage Brown, il Guaritore Timothy Chekhov, e il Guaritore Mathew Garson per il loro monitoraggio del procedimento di oggi.»
Anche loro vennero riconosciuti dall'Assemblea.
«Ora, presentiamo le nazioni che hanno precedentemente acconsentito a partecipare alla verifica della cura e diamo inizio al motivo di questa riunione,» continuò Silente.
Con questo, i rappresentanti delle quattordici nazioni, che avevano acconsentito a portare un individuo con Licantropia, si alzarono e presentarono se stessi e i volontari della loro nazione. Comunque, Harry notò che alcuni 'volontari' non sembravano troppo entusiasti. Infatti, alcuni avevano lo sguardo basso e sembravano pietrificati, come se non avessero alcuna idea nemmeno del perché erano lì. Ad ogni modo, altri erano chiaramente ansiosi, e lo fissavano con dolorosa speranza. Che cosa avevano detto a queste persone, o, meglio, che cosa non gli avevano detto?
Una volta che furono presentati i partecipanti, Silente si alzò e guidò Harry di fronte al tavolo centrale e nell'area libera. Gli astanti li guardarono.
Aage gli strinse nuovamente la mano, per dare spettacolo, prima che Harry si voltasse verso l'uomo accanto a lui.
«Ciao, Signor Potter, sono il Guaritore Chekhov,» disse il russo, un uomo piccolo e più vecchio, mentre gli tendeva la mano. «Mi hanno detto che riesci a fare miracoli?» Harry non era sicuro se lo stesse prendendo in giro, o se volesse solo fare conversazione. Con il suo accento, era difficile a dirsi.
«Mi è stato detto che posso farli,» disse Harry, stringendogli la mano. «Ma provo solo a fare del mio meglio per aiutare.»
«Come facciamo tutti,» disse il Guaritore lì a fianco, inserendosi. «Sono il Guaritore Garson. C'è qualcosa che dovremmo sapere prima che inizi?»
«Beh, quando la maledizione viene distrutta, la maggior parte della magia rimasta da essa fluisce dentro di me. Io la chiamo Magia Bianca,» rispose Harry, mentre stringeva la mano dell'uomo.
«E il resto che fine fa?» Chiese lui.
«Rimane nel paziente. Ora sto usando la magia bianca per aiutarmi a distruggere la maledizione. Credo che agisca come una sorta di antidoto contro di essa.»
«Hmm, capisco,» commentò Garson, interessato.
«Questo ha molto senso. Ogni volta che una maledizione viene distrutta, rimane un residuo magico. È il modo in cui possiamo tracciare determinati incantesimi e cose del genere,» aggiunse Chekhov.
«Bene, c'è altro, Signor Potter?» Chiese Aage.
«No, ma non toccatemi mentre effettuo la cura. Mi distrae e non so che cosa vi accadrebbe.»
«Sembra una minaccia,» disse Chekhov.
«Sei pronto, Signor Potter?» Chiese Silente.
Harry annuì, tirandosi su la manica per rivelare Coral. «Siamo pronti.»
Rivelare Coral fece all'istante reagire molti nella sala e i sussurri eruppero, fin quando Silente sollevò una mano per riportare il silenzio. I Guaritori sbatterono le palpebre e la fissarono con curiosità; ovviamente si aspettavano di vederla.
«Questa è il famiglio del Signor Potter, Coral. Lo aiuta nel suo metodo di cura, lo dico per coloro fra voi che non lo sapessero. Ora, i quattordici che devono essere curati potrebbero avvicinarsi, per favore?» Chiese Silente, guardando verso i paesi che avevano portato i 'volontari'.
Metà di loro venne volentieri, mentre alcuni altri dovettero essere sollecitati, non troppo gentilmente, da alcuni individui dall'aria piuttosto aggressiva. Ad Harry non piacque, ma tenne la bocca chiusa. Notò anche che alcuni erano legati e avevano delle guardie ai lati, mentre altri non avevano costrizioni, né magiche né altro, e sembravano un po' come il Professor Lupin - diffidenti e agitati.
I quattordici individui formarono una riga davanti al palco, la prima era una donna sui trentacinque. Sembrava piuttosto tesa e la mano sinistra le tremava leggermente nei legacci che aveva intorno ai polsi, mentre sollevava il volto per guardare Harry. Aveva una guardia accanto a lei che le puntava contro una bacchetta. La guardia sembrava crudele e rude, e il suo sguardo non conteneva pietà o comprensione per la donna, ma solo odio.
Harry serrò la mascella al vedere il modo in cui la guardia trattava la donna. Qualunque fosse la ragione, gli fece ribollire il sangue. Anche se Harry non sapeva nulla della donna, solo che veniva dalla Lituania, non gli sembrava giusto che qualcuno venisse trattato così quando era già vittima della propria condizione.
:Credo che stiano aspettando te, Harry: gli sibilò Coral dopo un momento.
Harry carezzò la testa di Coral, capendo, prima di fare un passo verso la donna.
«Non troppo vicino, ragazzino,» lo avvertì la guardia, raddrizzandosi in preparazione.
In preparazione di cosa, Harry non lo sapeva.
«Non posso curarla se non la tocco,» affermò Harry, senza interrompere il contatto visivo con la donna. «Venga e si sieda, se vuole essere curata,» le disse, tendendole la mano.
Silente si portò al fianco di Harry, sebbene fosse certo che la donna non avrebbe tentato di fare nulla. Era più una scena per coloro che guardavano.
«Mi assicurerò della sicurezza del Signor Potter,» disse alla guardia, «permetta al Signor Potter di fare ciò che gli è stato chiesto da questa Assemblea.»
La guardia indietreggiò e la donna salì sul palco e sedette sulla sedia reclinabile.
«Per quanto è stata malata, Signora?» Chiese Harry, decidendo che non l'avrebbe definita 'licantropo'.
«P-per diciassette anni,» disse lei, il suo inglese era un po' rozzo.
«Ho curato un uomo che era stato malato per la maggior parte della sua vita,» le disse Harry. «Sarà presto libera da questa maledizione. Ora, vorrei che si rilassasse. Chiederò a Silente di applicare su di lei un incantesimo immobilizzante, ma lo annullerà quando avrò finito.»
Lei annuì tremando, un po' sopraffatta da tutto ciò che le era accaduto negli ultimi giorni.
«Professore?» Chiese Harry, guardando Silente mentre si metteva di fianco alla donna.
Il Preside annuì e agitò rapidamente la bacchetta verso la donna, immobilizzandola silenziosamente con lo stesso incantesimo che Piton aveva usato sul Signor McCaffrey.
«Signor Potter, perché immobilizzarla?» Chiese Aage mentre il Guaritore Garson annotava qualcosa su un taccuino che aveva appena fatto apparire.
«Quando ho curato Andy, ho dovuto tenerlo fermo perché i suoi muscoli avevano delle specie di... spasmi, penso che sia la parola giusta. Ho dovuto chiedere a qualcuno di immobilizzare il Signor McCaffrey quando l'ho curato, e anche con l'incantesimo, potevo sentire i suoi muscoli che cercavano di muoversi mentre distruggevo la maledizione. Dopo che ho finito, però, i loro muscoli sono a posto. Penso che sia la maledizione che si ribella. La maledizione è una cosa... molto violenta.»
«Sì, lo è. Beh, non appena sei pronto, Signor Potter,» disse Aage gentilmente, avendo già fatto una scansione della donna da comparare con quella 'dopo-la-cura'.
Harry annuì e si avvicinò alla sedia con la donna, arrotolandosi la manica e rivelando appieno Coral, che stava indossando il suo 'maglione' di seta, che le copriva dieci centimetri del corpo a partire da un paio di centimetri al di sotto della testa.
Tutti nella sala guardarono col fiato sospeso mentre i Guaritori si preparavano a documentare l'evento.
Harry mise la mano al centro del petto della donna, concentrandosi su quello che stava facendo mentre posava l'altra mano sulla sua fronte. Lei seguì con gli occhi la sua mano sinistra, incrociando gli occhi al vedere Coral sul suo polso sinistro.
Harry espirò, ancora una volta concentrandosi sul proprio nucleo magico e chiudendo gli occhi, ma stavolta richiamò volontariamente prima la magia bianca, invece della propria magia normale. Forse in questo modo non si sarebbe stancato tanto velocemente quanto nel modo normale.
:Maledizione, dissolviti: sibilò, con l'orrificata curiosità di coloro che guardavano, mentre riapriva gli occhi che ora brillavano di bianco, e fissavano quelli blu, terrorizzati, della donna.
La magia bianca si innalzò e si irradiò da Harry, irrefrenabile nel suo attacco alla maledizione, annichilendola senza sforzo all'interno della donna, fino a che... altra magia bianca sorse dalle ceneri della maledizione. Fece la stessa cosa che aveva fatto in Andy e Walter, la maggior parte di essa andò dentro Harry mentre una piccola parte rimase nel nucleo magico della paziente.
Harry chiuse gli occhi, volendo far calmare la magia, e quella lo fece obbedientemente.
«La liberi, professore. La maledizione è sparita,» affermò, dopo aver emanato parte della propria magia per assicurarsene. La donna era pulita.
Silente la liberò, ma, prima che la donna potesse alzarsi, Harry le prese i polsi legati.
«Lasci che mi occupi anche di questi, visto che è qui,» le disse. «Posso percepire che uno è stato per lo meno slogato.»
Lei lo fissò, senza parole, mentre lui le curava rapidamente il polso danneggiato dal rozzo legaccio che le era stato fatto dalla guardia.
Con questo, Harry fece un passo indietro e la donna si sciolse in silenziosi singhiozzi mentre tornava verso la guardia sbigottita. I Guaritori avevano fatto una scansione del suo corpo prima di lasciarla scendere dal palco.
Il Guaritore Chekhov si mise velocemente al lavoro per comparare le due scansioni, ma ci sarebbero volute alcune ore per avere i risultati. Innanzitutto, voleva una prova che questa fosse o meno una cura. Se alla prima scansione la donna risultava un licantropo e alla seconda che non lo era... beh, ecco qui.
Harry guardò al prossimo della fila, ignorando gli sguardi sbalorditi di tutti gli altri nell'ICM. Evidentemente, la luce bianca, i suoi occhi luminescenti e la donna in lacrime erano stati impressionanti.
Il prossimo era un giovane del Nepal, non molto più grande di lui. Era affiancato da una donna, ma lei non sembrava essere come l'uomo a guardia della paziente lituana.
«Devo essere immobilizzato?» Chiese il ragazzo, guardando nervosamente Silente.
«Così è più facile per me curarti. Altrimenti, dovrei tenerti fermo fisicamente,» disse Harry con sincerità.
«Oh.. ok. Non fa male, vero?» Al ragazzo ovviamente non importava che tutta la sala lo sentisse, o che una domanda del genere potesse farlo apparire debole.
Harry si voltò verso la donna che aveva appena curato, con lo shock dei più. «Le ha fatto male?»
Lei scosse la testa, ancora troppo sopraffatta dalle emozioni per parlare.
Doveva essere tutto quello di cui aveva bisogno il ragazzo, perché prese posto sulla sedia e annuì verso Harry.
Harry lo curò, tutto il processo fu più facile del precedente.
E così proseguì. Guarì il successivo, e il successivo. Ogni paziente andava e veniva così in fretta che Harry non doveva nemmeno richiamare nel proprio nucleo la magia bianca dopo ogni cura, lasciando che i suoi occhi brillassero di un bianco rovente mentre i pazienti si sedevano. Per tutto il tempo i Guaritori presero appunti, fecero scansioni, e documentarono i fatti.
Giunse la nona persona, dritta e orgogliosa. Veniva dalla Nuova Zelanda e non aveva guardie né era legato, ma aveva una specie di collare intorno al collo. Sembrava che fosse magico.
«Mi aspettavo un uomo, non un bambino,» disse mentre saliva sul palco e si sedeva sulla sedia. «Ma va bene lo stesso.»
:Quest'uomo sembra accettare di più ciò che gli ha fatto la maledizione: affermò Coral.
«Per quanto tempo è stato in questa condizione?» Chiese Harry. Trovava che porre la domanda aiutava a preparare la sua magia. Se fosse una cosa conscia o inconscia, non lo sapeva.
«Per centosessantasette lune,» rispose lui.
«Sembra che sia molto tranquillo al riguardo, Signore,» osservò Harry.
«Sono giunto ad accettare ciò che sono, ma ora che esiste un modo per farla finita, per me è benvenuto.»
«Bene, perché non curerò coloro che non vogliono guarire,» affermò Harry.
«Io voglio essere curato,» asserì lui.
Così Harry lo curò.
Ne curò alcuni altri, ma quando arrivò il tredicesimo, si fermò mentre il vecchio si avvicinava e si sedeva.
Sembrava essere in condizioni pietose. Harry era davvero stupito che fosse riuscito a fare i pochi passi sul palco, ma non appena il fragile uomo si avvicinò, Harry fece una smorfia.
«Lei non è un licantropo,» esclamò Harry.
Ci fu un vociare improvviso. La gente prese a gridare contro il vecchio, mentre altri gridavano verso Harry, dicendogli che stava mentendo e che l’uomo doveva essere un licantropo - altrimenti non sarebbe stato portato. Altri gridavano di rabbia, dicendo che era un comportamento vergognoso per i rappresentanti e i membri dell’ICM.
«Deve essere un licantropo!»
«Questo è un oltraggio! Come ha osato il vostro paese portare qualcuno che non è un licantropo! Questa riunione è stata indetta per provare che il Signor Potter può realmente curare i licantropi, non per ingannare l’ICM con sciocchi trucchi!» Disse un altro, gridando verso il vecchio.
«Il ragazzo è ovviamente in errore,» disse un altro rappresentante.
«I vostri leader hanno acconsentito a prelevare un licantropo e a portarlo qui per provare o meno questa fantomatica cura, non per perdere il nostro tempo!»
Harry rimase lì, fissando il vecchio che non era un licantropo.
«SILENZIO!» Ruggì Silente, lanciando un massiccio incantesimo silenziante su tutta la sala. «Ora, discutiamo della cosa come persone civili,» affermò, voltandosi al vecchio sulla sedia. «Signore, lei è o non è un licantropo?» Domandò.
«No, non lo sono,» rispose burbero il vecchio, raddrizzandosi e d’improvviso apparendo meno patetico.
Ci fu qualche rumore di movimento, ma nessuno nella sala poteva parlare, a causa dell’incantesimo del Supremo Pezzo Grosso.
«Quindi perché è venuto qui?»
L’uomo guardò verso il rappresentante del suo paese, che stava sulla destra della sala. Silente agitò la bacchetta verso il rappresentante che il falso licantropo stava indicando, annullando l’incantesimo su di lui.
«Credo che molti qui vogliano una spiegazione, Signor Lee,» affermò il Supremo Pezzo Grosso.
«I miei superiori e i loro alleati hanno deciso che questa sarebbe stata una buona opportunità per ottenere la verità, e abbiamo comunque rispettato la nostra parte del patto.
La mia nazione ha condotto qui un licantropo che deve essere curato, ma voleva vedere se il Signor Potter sarebbe stato in grado di riconoscere o no se stava curando un individuo affetto da Licantropia. Dopotutto, se non riesce a riconoscerli, come può questa cura essere veritiera?» Disse quello.
Harry era in grado di capire che l’uomo fosse molto rispettato. Era intelligente e aveva un carisma che si irradiava da lui. Le sue parole avevano di fatto spento la rabbia di molte persone. E, anche Harry doveva ammetterlo, era un buon test. Non esattamente un test leale e gentile, ma raggiungeva il loro scopo e poteva capire perché lo avessero fatto.
«Capisco. Quindi dov’è il licantropo del vostro paese?» Chiese Silente.
«Da qualche parte in questa stanza. Chiedo, in qualità di rappresentante della mia nazione e portavoce di altre quindici in questa prova, che il Signor Potter venga qui e li trovi.»
Gli sguardi della sala tornarono su Harry.
Harry fece un passo in avanti, con un aspetto piuttosto impressionante dato dal suo atteggiamento e dalla magia bianca che ancora pulsava nei suoi occhi. Scese dal palco, con Silente che lo seguiva assieme ai tre Guaritori. Harry si fermò accanto all’ultima persona della fila dei volontari della cura.
«Nemmeno lei è un licantropo,» disse.
La donna scosse la testa.
«La sua nazione è uno dei paesi che ha acconsentito a mettere in atto questa prova,» disse il Signor Hubble, sentendo che alcuni sguardi rabbiosi si voltavano verso di lui. «Anche il vero quattordicesimo si trova in questa sala.»
Era una buona cosa che Silente non avesse ancora del tutto annullato l’incantesimo di silenzio. La gente era furiosa, ma non tutti per la stessa ragione. Alcuni erano molto arrabbiati per l’inganno, altri perché c’erano dei licantropi nascosti tra loro!
Harry continuò ad andare avanti, ignorando quelli che intorno a lui osservavano ogni suo passo.
:Coral?:
:Non ne percepisco nessuno qui. Continuiamo lungo il corridoio:
:Già, non ne sento nessuno vicino nemmeno io: acconsentì Harry, senza preoccuparsi del fatto che aveva spaventato un vecchio gentiluomo, passandogli accanto mentre parlava serpentese.
Harry continuò giù per il corridoio successivo, risalendo la sala verso sinistra. Rallentò, sentendo la familiare sensazione che aveva in aula con il Professor Lupin.
Si voltò verso una giovane tirocinante, l’assistente del rappresentante francese.
«Lei ha la Licantropia,» disse Harry.
Molte persone gemettero, sebbene non potessero essere sentite.
Lei sbatté le palpebre e deglutì pesantemente, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime di stupore e di contrizione. Silente sollevò da lei l’incantesimo di silenzio.
«Sì. Mi dispiace per l’inganno, ma… volevamo essere sicuri che fosse vero,» affermò lei.
«Vuole essere curata?» Chiese Harry, non molto sicuro di come si sentiva a proposito di tutta quella confusione. Voleva solo arrivare alla fine della giornata.
Stava davvero iniziando a sentirsi stanco degli sguardi fissi su di lui e non vedeva l’ora di tornarsene a Hogwarts.
«Sì! Sì, per favore,» disse lei onestamente.
Lui le fece cenno di sedersi e la curò lì dov’era, dopo un rapido incantesimo di immobilizzazione da parte di Silente, che poi venne rilasciato quando la donna venne curata.
Non c’era più nessuno che dubitasse di Harry, e presto, una volta che avessero avuto i risultati da quelli appena curati, nessuno al di fuori dell’ICM avrebbe potuto avere alcun ragionevole dubbio contro di lui.
Harry finì di percorrere quella parte della sala, senza ancora aver trovato il licantropo nascosto.
Alla fine, cominciò a percorrere la parte destra della sala.
:Lo sento: Affermò Harry.
:Sì,: concordò Coral. :È vicino:
Harry si fermò davanti al Signor Lee.
«Lei,» fece Harry, sorprendendo se stesso.
L’uomo sorrise tristemente. «Sì, io.» Sussurrò, ma la sua voce era densa di potere e autorità.
Tutti coloro che conoscevano il rispettato rappresentante lo fissarono con assoluto stupore.
Come avevano fatto a non sospettarlo mai? «Sono stato un licantropo per cinque anni. Sono diventato un rappresentante del mio paese nella speranza di aiutare i miei compagni licantropi nella società, ma ora sembra che avrò bisogno di un’altra ragione per rimanere un rappresentante, poiché credo che la maledizione della Licantropia abbia realmente incontrato la sua fine in te, Signor Potter. Mi inchino alla tua abilità e spero che tu possa continuare a condividere il tuo dono con me e con i miei fratelli.»
Tenendo le gambe tese, l’uomo dai capelli neri si inchinò, chinandosi all’altezza della vita.
Harry non sapeva che cosa lo stesse guidando. Forse era la magia bianca, ma sollevò la mano e la mise sulla testa dell’uomo, e, senza l’immobilizzazione, sibilò :Maledizione, dissolviti:
La magia bianca che aveva accumulato nella giornata annullò la maledizione nell’uomo così in fretta che i suoi muscoli non ebbero il tempo di reagire. Un istante più tardi, dopo l’ampio lampo di luce bianca, l’uomo libero dalla maledizione si raddrizzò, diventando un altro individuo che sarebbe stato un alleato a vita del… dell’Arcimago Dormiente.

O o O o O

Dopo aver ottenuto i risultati dai primi pazienti, un’ora dopo, che provavano tutti che Harry aveva curato con successo la loro Licantropia, era stato quasi impossibile andarsene educatamente. Fu solo grazie a Silente, che disse che aveva una scuola di cui occuparsi, che riuscirono finalmente a convincere tutti a salutarli con riluttanza.
I Guaritori erano estatici con ciò che avevano ottenuto dalle scansioni, e speravano di iniziare ad analizzare la ‘magia bianca’ il prima possibile per riuscire forse a sintetizzarla e curare altri anche senza Harry.
Harry e Silente gli augurarono buona fortuna, prima che la riunione fosse conclusa e che tutti se ne andassero ognuno per la propria strada, impazienti di condividere le notizie di ciò a cui avevano assistito.
«Penso che Madama Pomfrey vorrebbe esaminarti prima che facciamo qualunque altra cosa,» disse Silente.
«Sto bene, Signore, davvero. Non sono davvero così tanto stanco. Penso sia perché ho lasciato che la magia bianca facesse tutto il lavoro, invece di usare la mia magia come ho fatto con Andy e poi all’inizio col Signor McCaffrey,» rispose Harry, dopo essersi ripreso. Avevano usato una Passaporta di lunga distanza per tornare nell’ufficio del Preside.
«Hmm. Beh, è lo stesso. Dubito che Madama Pomfrey sarebbe contenta di noi se non ti portassi subito in Infermeria, e non vogliamo che si arrabbi con noi, vero?» Chiese il Preside.
«Suppongo di no,» concordò Harry.
«Comunque, un altro paio di minuti non faranno male a nessuno,» disse Silente, girando intorno alla sua scrivania e aprendo un cassetto. «Volevo darti questo per Natale, ma ho deciso che era meglio aspettare. Non sono troppo sicuro che la Signora Paciock avrebbe apprezzato l’idea di vederti ricevere una cosa del genere mentre ti trovavi sotto la sua responsabilità,» disse lui, tirando fuori un tessuto ripiegato di qualche tipo.
«Che cos’è?» Chiese Harry, avvicinandosi lentamente.
«Tuo padre me lo aveva prestato, ma non sono stato in grado di restituirglielo. Credo che sia ora che lo abbia tu.»
Silente glielo porse, senza dire nient’altro.
Harry lo prese, sentendo il fresco e liscio tessuto di seta tra le dita. Lo lasciò cadere lentamente per svolgerlo.
«Un mantello?» Chiese Harry.
«Va’ avanti e indossalo,» disse Silente, gli occhi che gli brillavano di una qualche monelleria.
Harry obbedì, chiedendosi che cosa ci fosse sotto.
Abbassò gli occhi su di sé, domandandosi come gli stava, solo che…
«Il mio corpo è sparito!»
Silente non poté trattenere una risata. «No, è solo invisibile,» disse con dolcezza, adesso solo ridacchiando. «È un mantello dell’invisibilità. Sono piuttosto rari, e il tuo in particolare è molto speciale.»
«Wow.»
«Tuo padre lo ha avuto da suo padre, e lui da suo padre e così via. Credo che possa essere stato tramandato per almeno una dozzina di generazioni.»
Harry spalancò gli occhi, passando le mani sul tessuto invisibile, domandandosi quanti Potter lo avevano indossato prima di lui, e assimilando il fatto che l’ultimo era stato suo padre.
«Grazie, Signore,» riuscì a dire Harry.
«Non c’è di che, Harry. Usalo bene.»

O o O o O

Severus fece un sospiro di sollievo quando seppe che Harry e il Preside erano nell’Infermeria, e che Madama Pomfrey senza dubbio si stava assicurando che Harry non si fosse stancato troppo nel curare i quattordici licantropi.
Severus scosse la testa. Come aveva fatto l’ICM a pensare che fosse una buona idea far curare a Harry tutti quei licantropi in un solo giorno era qualcosa a cui non arrivava, ma fortunatamente era andato tutto bene e non era accaduto nulla di orribile.
Suppose che lo avrebbe verificato a cena. Si chiese se Harry e il Preside avessero pranzato. Non lo avrebbe sorpreso il contrario.
Si stava avvicinando il tardo pomeriggio, e se l’ICM era stato fedele a se stesso, erano stati troppo tirchi per fornire il pranzo per tutti i membri della riunione e i visitatori - e poi la gente era sempre così schizzinosa su che cosa dovesse mangiare.
Severus uscì dai propri sotterranei, decidendo che aveva lavorato ad abbastanza pozioni per oggi.
«Buonasera, Professore,» lo salutò passando uno dei suoi Slytherin, che era rimasto durante le vacanze.
«Buon pomeriggio, Signor Huller.»
Era rimasta meno di una settimana di vacanza, e Severus in realtà non vedeva l’ora che le lezioni ricominciassero. Voleva tornare in una buona routine, e voleva che Harry fosse incluso in quella routine, invece di doversi chiedere che cosa accadeva intorno al ragazzo e che cosa avrebbe fatto dopo. Almeno qui ad Hogwarts, Severus e gli altri professori avevano un qualche controllo su qualunque cosa gli capitasse, a patto che fossero vigili - cioè dovevano essere molto più percettivi dell’ultima volta.
E disponibili ad ascoltare.
Ma a parte ciò, l’unica cosa che ora pesava grandemente sui suoi pensieri era il risultato degli eventi all’ICM. Sapeva che molto probabilmente avrebbero voluto che Harry cominciasse periodicamente a curare grandi assembramenti di licantropi. Comunque, se Harry ne sarebbe stato capace o no non era la sua preoccupazione maggiore.
Erano le reazioni dei licantropi che non volevano essere curati.
Dubitava altamente che Fenrir Greyback sarebbe venuto allegramente a chiedere di essere curato. Era più probabile che il mostro stesse attualmente ribollendo da qualche parte, cercando di pensare a un modo per impedire a Harry di curare altri licantropi.

O o O o O

«Mi chiedo che cosa ci abbiano preparato gli elfi stasera,» disse Silente.
«Albus, chiedi sempre loro di non dirtelo,» replicò Minerva mentre si dirigevano alla Sala Grande. «Ti piacciono le sorprese, se ben ricordo.»
Harry era tornato al dormitorio Hufflepuff per disfare le valigie prima di cena. Voleva anche assicurarsi che Dobby e Edvige si fossero sistemati bene. La sua visita da parte di Madama Pomfrey era andata liscia. Sembrava che avesse avuto ragione: lasciare che la magia bianca facesse tutto il lavoro gli aveva risparmiato l’affaticamento. Era di certo una buona notizia, specialmente se avesse mai avuto bisogno di curare di nuovo molti licantropi in un solo giorno.
«Spero che abbiano preparato qualche bistecca stasera. Abbiamo saltato il pranzo, e una bella bistecca al sangue sarebbe terribilmente buona,» disse Silente.
La McGranitt gli allungò un’occhiata di sbieco. «Al sangue? Da quand’è che hai preso gusto a mangiarla così?»
«Hm, di recente, suppongo,» rispose lui con un’alzata di spalle, entrando nella Sala Grande con lei.
Minerva scosse la testa verso di lui, prima di concentrare la propria attenzione su quelli presenti nella Sala. C’erano i Weasley e altri due della sua casa, alcuni da Slytherin, cinque Ravenclaw e tre Hufflepuff - beh, quattro adesso, contando Harry. Le vacanze raramente vedevano più di trenta studenti rimanenti tra le mura di Hogwarts, e quest’anno non faceva differenza.
Il suo sguardo cadde su Harry, che si era seduto accanto a un suo compagno Hufflepuff che gli era più vicino come età - Mara Gates, una ragazza del terzo anno.
La McGranitt fece un tranquillo sorriso mentre guardava Harry che presentava Coral a Mara.

O o O o O

«Come è andata, Albus?» Chiese Vitious mentre iniziava la cena.
«È andata piuttosto bene, Filius. Tutti e quattordici sono stati curati, e prima che partissimo, i Guaritori sono stati già in grado di determinare che la cura era stata un successo per i primi che erano stati trattati da Harry,» rispose lui, mettendosi allegramente nel piatto una bistecca succulenta.
«E Harry? L’ho visto uscire dall’Infermeria prima,» affermò Filius.
«Sta bene. Ha ammesso con me che quando ha curato Andy e il Signor McCaffrey aveva usato principalmente la propria magia. Evidentemente, usare la magia bianca gli richiede davvero un minimo impegno, così non è affatto stanco come mi sarei aspettato.»
«Oh, splendido!» Disse lui, guardando brevemente Remus, che doveva ancora alzare gli occhi dal piatto.
«Sì, sono davvero splendide notizie. Ero preoccupato che si stancasse troppo oggi,» ammise Silente, prima di dare un morso alla propria bistecca sanguinolenta. «Mmm, gli elfi domestici si sono davvero superati stasera. È eccellente. Comunque, ero ansioso per come sarebbero andate le cose oggi. Sono grato che tutto sia finito come doveva.»
«Sa che cosa pianifica di fare l’ICM ora?» Chiese la McGranitt.
«No, ma credo che molti di loro vogliano dare un’occhiata più da vicino a questa magia bianca.»
«Comprensibile. Immagino che abbia un grande potenziale,» commentò Filius.
Silente annuì, prendendo un altro morso.
La conversazione si disperse da lì in poi, parlarono dell’anno incipiente e di come programmavano l’inizio delle lezioni. Dopo non molto, la cena finì, e gli studenti tornarono nei loro dormitori mentre anche i professori lasciavano la Sala Grande.

O o O o O

Severus capitò accanto a Silente mentre lasciavano la Sala Grande.
«Ah, Severus. Beh, credo che sarai compiaciuto di come Harry si sia comportato oggi all’ICM.»
«Il fatto che sia tornato privo di affaticamento è un sollievo sufficiente,» replicò Severus, con franchezza. «Comunque, sa bene che rapporto ho io con i dignitari.»
Silente sorrise dolcemente. «Sì, sono piuttosto sospettosi nei tuoi riguardi.»
«Non tanto quanto lo sono io verso di loro,» replicò lui mentre continuavano a camminare lungo il corridoio, Silente più vicino alla parete.
«Sì, beh, ci sono alcuni che cercano proprio di-»
Il Preside vacillò, dovendo immediatamente appoggiarsi con una mano alla parete per stabilizzarsi.
«Preside?» Domandò Severus, muovendosi velocemente in avanti e prendendo il braccio dell’uomo più vecchio per sostenerlo nel caso gli cedessero le gambe.
Silente chiuse strettamente le palpebre, prima di sbatterle diverse volte, rivolto al pavimento, come se cercasse di scacciarsi qualcosa dalla vista.
«Sto bene, Severus, mi sono solo sentito frastornato per un momento,» fece lui, non più appoggiandosi alla parete. Comunque, aveva decisamente un colorito pallido.
«Andiamo in Infermeria e si faccia fare un controllo da Madama Pomfrey.»
«No, sto bene adesso. È stata una giornata lunga, e l’età, sembrerebbe, ha iniziato a darmi noia. Sono a posto.»
Severus aggrottò gli occhi, ma non riuscì a spuntarla con l’altro. «Molto bene, ma se non si sentirà bene domani, chiamerò l’Infermiera.»
«Ho preso nota.»
Severus scortò il Preside fino ai suoi alloggi prima di augurargli la buonanotte, e il fatto che il suo mentore non avesse opposto resistenza all’essere accompagnato lo preoccupò.
Non era accaduto nulla del genere l’ultima volta e, per quanto ne sapeva Severus, il vecchio non si era mai ammalato, mai una volta in tutti gli anni che lo conosceva. Di certo, aveva sentito Madama Pomfrey raccontare di quando aveva preso il Raffreddore dei Maghi, ma era stato al tempo in cui era appena diventato Preside, che era stato anni prima che Severus fosse anche solo nato.
Stava succedendo qualcosa di serio. Qualcosa che non doveva essere ignorato.
Dopo anni di sopravvivenza in una guerra orribile, Severus aveva imparato a non ignorare certi presentimenti, e quello che provava ora gli stava urlando di agire. Non era mai accaduto che lo inducesse in errore, così Severus decise subito che cosa fare.
Chiudendo gli occhi e sperando che nessuno mai lo scoprisse, chiamò la propria elfa domestica nel momento in cui fu all’interno dei propri alloggi privati.
«Muffola.»
-Pop-
«Sì, Padrone?»
«Ho un’importante missione per te, qualcosa di cui nessuno dovrà mai scoprire nulla.»
Muffola rimase sull’attenti, in tutti i propri 76 centimetri. «Cosa deve fare Muffola?»

O o O o O

Altrove…
«Stai bene, Timothy? Sembri un po’ sciupato.»
Timothy Chekhov si sedette sul divano accanto alla moglie.
«Sto bene, tesoro. Oggi è stata una lunga giornata, ecco tutto.»

O o O o O

«Lui com’era, nonno? Era davvero come dicono? Può davvero curare le persone?» Chiese un bambino.
«Sì, li ha curati tutti, e mentre lo faceva ha emanato un grande lampo di luce bianca,» rispose l’uomo più vecchio, scivolando impazientemente nella sedia e chiudendo gli occhi.
«Nonno?»
«Uh?»
«Stai male?»
«No, no. Ma è stata una giornata molto faticosa. Ho dovuto vedere Harry Potter, lo sai,» lo disse con tono scherzoso, ma era chiaro che fosse molto stanco.
Stanco, e si sentiva sottotono, proprio come una dozzina di altre persone che erano state presenti alla riunione dell’ICM quel giorno, e vicine a Harry Potter mentre curava i quattordici licantropi…


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Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Magia Bianca.




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Capitolo 15
*** Magia Bianca ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 15: [White Magic] Magia Bianca

Muffola apparve silenziosamente nelle stanze private del Preside, Era comprensibilmente nervosa. Normalmente, solo gli elfi domestici personali del Preside entravano lì, ma il suo padrone le aveva assegnato una missione, e lei doveva portarla a termine!
Entrando senza far rumore in una stanza di servizio, usata come salotto, aspettò, sapendo che Calzetto*, l’elfo domestico preferito di Silente, avrebbe presto percepito la sua presenza, e sarebbe venuto da lei per chiederle il motivo della sua visita.
Non dovette aspettare a lungo.
-Pop-
«Muffola? Perché sei venuta qui? Il padrone di Muffola ha un messaggio da consegnare a padron Silente?»
«No, Padron Piton ha dato a Muffola una missione importante da delegare a Calzetto, perché Muffola non ha alcuna speranza di farcela.»
«Oh?»
«Il tuo grande padrone è malato, il mio padrone ne è sicuro. Ha chiesto a Muffola di assicurarsi che Calzetto e gli altri elfi domestici lo sapessero. Vuole anche che tu gli procuri qualcosa.»
Calzetto spalancò gli occhi, annuendo ferventemente. «Calzetto e gli altri si prenderanno cura del grande padrone Silente. Grazie, Muffola, per averci avvertito. Il padrone era sembrato stanco. Noi ci assicureremo che il padrone stia di nuovo bene. Che cosa desidera il padrone di Muffola?»
«Una ciocca di capelli del padrone di Calzetto e una fiala di sangue. Padron Piton vuole trovare che cosa sta causando la malattia del Preside prima che possa peggiorare.»
Calzetto fece una smorfia.
Quello che lei gli stava chiedendo era roba grossa. Sangue e capelli potevano essere usati in un’ampia serie di incantesimi e pozioni, la maggior parte di essi molto potenti e potenzialmente pericolosi e anche dannosi per il donatore. Molta della magia del sangue era proibita, e per una buona ragione. Comunque, a Calzetto il padrone aveva ordinato -ordinato, che era qualcosa che raramente lui faceva- di fare qualunque cosa l’Insegnante di Pozioni credeva fosse meglio fare per la salute e il benessere degli abitanti di Hogwarts, incluso lui stesso.
Calzetto prese la fiala vuota che Muffola gli porgeva. «Calzetto ora capisce perché Muffola non avrebbe potuto farcela da sola. Calzetto vedrà quello che può fare. Aspetta qui.»
«Oh, e per favore, Calzetto, non dire a nessuno di tutto questo. Il mio padrone vuole che rimanga segretissimo.»
«Rimarrà segretissimo, Calzetto lo giura.»
-Pop-

O o O o O

Calzetto osservò la stanza intorno a sé, in cui aveva prestato servizio per quasi mezzo secolo. Con la fiala in mano, fece un passo avanti con determinazione.
Avvicinandosi al letto del suo padrone, sbirciò dal bordo per vedere il suo vecchio padrone che dormiva.
Il suo sonno non era tranquillo, notò rapidamente Calzetto. Faceva delle smorfie e aveva delle gocce di sudore sulla fronte. La sua cuffia da notte a strisce era storta, e le coperte erano per metà rivoltate fuori dal letto. Non si agitava né tossiva, ma era, se possibile, troppo immobile.
Annuendo tra sé, Calzetto prese una decisione e si arrampicò abilmente sul letto.
L’insegnante di pozioni era nel giusto. Il suo padrone era malato, ma malato di cosa, Calzetto non lo sapeva. Non aveva mai visto né percepito una cosa così. Sembrava… viva, ed era molto molto potente, il che aveva senso, ammise Calzetto. Doveva essere una cosa potente per far ammalare il suo padrone.
L’ultima volta che il suo padrone si era ammalato era stato quando era diventato per la prima volta Preside. Il passaggio di potere degli scudi lo aveva esaurito, poiché aveva dovuto rinforzarli a causa della mancanza di cura del Preside Dippit.
Calzetto scosse la testa. Il Preside Dippit era stato davvero un mago debole, e non in senso magico, poiché magicamente era stato leggermente al di sopra della media. No, Dippit era stato debole nel carattere. A Calzetto non piaceva pensare cose del genere a proposito di nessuno, ma era vero. Hogwarts aveva sofferto sotto la guida di Dippit, e al suo padrone ci erano voluti anni per correggere e curare il danno che Dippit aveva causato ad Hogwarts. Per alcuni ambiti, Silente stava aggiustando le cose, ma, sfortunatamente, Calzetto dubitava che il suo padrone sarebbe stato in grado di riportare Hogwarts allo stato in cui sarebbe dovuta essere, in particolare nel modo in cui veniva governata. Era a causa di Dippit che Hogwarts ora aveva un Consiglio di Amministrazione.
Prima, il Preside decideva tutto – rette scolastiche, richieste di ammissione, borse di studio, programmi estivi… tutto. E l’unico modo in cui poteva essere rimosso dalla sua posizione era tramite voto unanime dei Capo-Casa.
Rifocalizzandosi sul suo compito, Calzetto ricompose magicamente il letto, avvolgendo affettuosamente nelle coperte il suo padrone. Calzetto si era preso cura di Silente sin da quando era piccolo, e non avrebbe mai smesso di tenere a lui così tanto.
Facendosi determinato, Calzetto agitò la mano al di sopra del proprio padrone, ponendo su di lui una magia che non era stata più necessaria da quando era un bambinetto. Magia soporifera. Se l’Insegnante di Pozioni diceva che aveva bisogno di capelli e sangue per aiutare il suo padrone, Calzetto li avrebbe presi. La spia del suo padrone lo avrebbe aiutato a sistemare le cose.
Calzetto tirò con fare esperto un lungo capello argentato, prima di guardare la mano di Silente.
Con la piccola fiala, si chinò in avanti, prima di fare un piccolo taglietto sull’indice del suo padrone e di farlo sanguinare nel piccolo contenitore lungo 9 centimetri fino a riempirlo.
Con ciò, Calzetto curò rapidamente il taglietto, sperando di non aver causato alcun disagio al suo padrone, anche nel sonno.
Calzetto sigillò la fiala e scese dal letto, mettendo fiala e capello nella federa di cuscino blu che indossava, prima di dirigersi verso la porta.
«Hmm.» Silente si mosse, aprendo appena gli occhi per vedere che cosa lo aveva svegliato. «Calzetto?»
«Calzetto è qui, padrone,» fece lui dolcemente, non così sorpreso che il suo padrone fosse riuscito a interrompere il sonno indotto magicamente. Doveva tenerlo addormentato solo mentre si procurava ciò di cui aveva bisogno.
«Che ore sono?» Chiese con voce impastata.
«Sono le due del mattino, signore. Calzetto ha pensato che il padrone aveva bisogno delle sue coperte. Il padrone ha caldo?»
«No, ma penso di volere qualcosa da bere. Andrò alle cucine e mi farò fare una cioccolata calda.»
Calzetto accorse rapidamente al suo capezzale, mentre lui si stava tirando su – più o meno.
«Calzetto può portare da bere al padrone, signore. Il padrone vuole doppio o triplo cioccolato?»
«Va tutto bene, Calzetto. Ce la faccio,» disse Silente, mettendosi una mano sul lato della testa, cercando di raddrizzarsi la cuffia da notte mentre si sforzava di scacciare l’improvviso stordimento che lo annebbiava e che stava aumentando rapidamente in un capogiro malsano. Ricadde di nuovo sui cuscini. «Urgh.»
«Padrone? Il Padrone sta bene?» Chiese Calzetto, facendosi subito molto preoccupato. «Calzetto deve chiamare Madama Pomfrey?»
Silente fece diversi respiri per calmarsi, prima di rispondere. «Sembra che restare sdraiato sia d’aiuto. No, non chiamare Madama Pomfrey. Probabilmente mi sentirò meglio in mattinata. Non voglio svegliarla a quest’ora della notte. Come direbbero i babbani, questo è solo un malessere di ventiquattr’ore, comunque.»
Chiuse gli occhi, mentre lo stordimento passava.
«Calzetto allora deve portare al padrone da bere?»
«Sì, ma dell’acqua, per favore. Sfortunatamente, non credo che sia saggio assumere zuccheri al momento.»
«Sì, padrone. Calzetto la porterà subito al padrone.»
-Pop-

O o O o O

-Pop-
«Padrone, Muffola ce l’ha!» Disse Muffola, affrettandosi verso Severus che aveva già preparato il necessario nel proprio laboratorio.
Severus sorrise. «Grazie, Muffola. Puoi mettere tutto qui.»
Muffola obbedì allegramente, prima di fermarsi e di guardare gravemente il suo padrone. «Calzetto ha detto a Muffola che il Preside non è riuscito ad alzarsi dal letto per prendersi della cioccolata calda. Era troppo stordito.»
L’insegnante di pozioni fece una smorfia. Allora aveva ragione. Stava succedendo qualcosa di serio.
«Allora devo mettermi subito al lavoro. Se vuoi, Muffola, puoi iniziare a scaldare questo per me mentre preparo una parte del suo sangue che ci ha procurato Calzetto.»
«Sì, padrone.»
E così, il padrone e l’elfo si misero al lavoro, provando a venire a capo di qualunque cosa stesse affliggendo il Preside.
Diverse ore dopo, il sole si levava all’orizzonte, e Severus fissò i suoi risultati.
«Muffola, andresti a vedere se Lupin è già in piedi? Penso che potremo aver bisogno di qualcosa da lui, se vorrà. Forse ho capito che cosa sta succedendo. Spero solo di aver ragione.»
«Sì, padrone.»
-Pop-

O o O o O

ore 08.00 – Hogwarts

Remus non sapeva che cosa stesse accadendo, ma il fatto che l’elfo personale di Severus fosse venuto da lui gli fece capire al volo che la faccenda era importante. E così, si trovò presto a bussare alla porta del laboratorio personale di Severus nei sotterranei.
«Avanti,» la voce fonda di Severus giunse dall’altra parte.
Esitando, Remus entrò.
«Chiudi la porta dietro di te,» affermò l’insegnante di pozioni, senza alzare gli occhi, ma guardando attraverso una qualche sorta di strumento che aveva sul proprio tavolo.
Un microscopio?
«Severus, c’è qualche problema?» Chiese Remus, chiudendo l’uscio prima di farsi avanti.
«No, non c’è niente che non va, almeno non credo. Comunque, ti ho chiesto di venire per aiutarmi a provarlo. Ho bisogno di un campione del tuo sangue.»
«Un campione del mio che? Di che cosa si tratta?» Chiese Remus, diventando rapidamente sospettoso.
Chiedere il sangue di qualcuno era una richiesta molto personale, dopotutto. Poteva essere usato per fare un sacco di cose, buone e malvagie.
«Lupin, è importante. Non te lo chiederei altrimenti. Non preoccuparti, non sarà usato in nessuna pozione.»
Remus rilasciò il fiato. «Molto bene. Quanto te ne serve?»
«Solo una goccia. Mettila su questo vetrino, per favore,» disse Severus, porgendogli una piccola lastrina di vetro rettangolare.
«Che cosa sta succedendo?» Chiese Remus mentre si puntava la bacchetta contro un dito, facendosi un taglietto sottile da cui poi poté far stillare una goccia di sangue sulla lastrina.
«Te lo dirò mentre guardiamo,» fece lui, prendendo la lastrina da Remus. Quindi mise una goccia di liquido rosso, da una fiala di 9 cm, proprio accanto al campione di sangue di Remus, e li mescolò.
Remus prese la fiala di sangue dal tavolo, mentre Severus metteva la lastrina sotto il microscopio magico per esaminarla.
«Oh, e adesso di chi è questo sangue? E perché lo hai mescolato al mio?» Chiese Remus, ora volendo davvero arrivare in fondo alla faccenda.
Severus non gli rispose, così Remus annusò il sangue.
«Che cosa stai facendo, in nome di Merlino, con una fiala del sangue del Preside?!»
Severus alzò lo sguardo dal microscopio, senza rivelare nulla con l’espressione del viso. «Che cosa ti fa pensare che sia del Preside?»
«Ho i miei metodi,» affermò Remus, aggrottando gli occhi.
«Beh, se proprio devi saperlo, sì, è del Preside.»
«Come diavolo lo hai avuto?»
Severus tornò a guardare nel microscopio. «Ho i miei metodi.»
«Severus, ti giuro che se non mi dici subito che sta succedendo, dovrò-»
«Il Preside si è sentito male ieri sera, sul tardi.»
Questo modificò rapidamente i sentimenti di Remus sulla situazione. «Oh no, sta bene?»
«Sono convinto che starà bene, ma il suo organismo si è dovuto abituare a qualcosa, che è il motivo per cui ho avuto bisogno di chiamarti qui.»
«D’accordo...» iniziò Remus, provando a seguire il discorso. «Ma questo ancora non spiega cosa speri di ottenere con quello che hai appena fatto.»
«In qualche modo il Preside ha assimilato la magia bianca di Potter nel suo organismo. Credo che ne sia stato esposto abbastanza all’ICM per far sì che la magia bianca fosse concentrata a tal punto da entrare in lui. E ora sembra che questa stia tentando di incorporarsi nel suo nucleo magico, proprio come ha fatto con quelli che Potter ha guarito.»
«Questo ha a che fare con la licantropia?»
«Guarda qui. Ti sarà tutto chiaro,» affermò Severus, sospingendolo verso il microscopio.
«Questo è uno strumento babbano,» affermò Remus, confuso.
«Sì, che ho alterato leggermente perché mi aiutasse nel creare pozioni. Questo microscopio più vedere la magia a livello microscopico, proprio come tutte le cose che i babbani possono vedere con esso. C’è più nelle pozioni che un semplice mescolamento degli ingredienti, sai. C’è proprio una scienza di esse, e guardando al cuore degli ingredienti- oh, lascia perdere. Guarda e basta.»
Remus sbatté le palpebre, prima di fare come gli era stato detto.
«Um, che cos’è che sto guardando?»
Poteva vedere dozzine di piccole cosine a forma di ciambella che galleggiavano in mezzo ad altre forme. C’erano alcune ciambelline con una strana nebbia nera intorno, mentre altre sembravano solo delle semplici ciambelline rosse.
«La maggior parte di ciò che vedi sono i globuli rossi del Preside e i tuoi - quelli a forma di ciambella. I tuoi sono quelli con il residuo oscuro,» spiegò Severus mentre Remus continuava a guardare.
«Che cosa sono queste cose bianche di forma sferica?»
«Questi sono i globuli bianchi del Preside. Continua a guardare.»
«Oh,mio Dio!»
Un globulo bianco, che sembrava pulsare di luce bianca, improvvisamente puntò alcuni dei suoi globuli rossi e succhiò via la nebbia nera, assorbendola e diventando ancora più lucente prima di continuare verso il successivo gruppo di globuli rossi infetti, lasciandoli poi guariti nella sua scia.
«È quello che penso che sia?»
«Se pensi che sia una cura alla Licantropia, hai probabilmente ragione. Ma credo che sia più di questo. Credo che sia anche un vaccino. Credo che se il Preside dovesse essere morso da un licantropo, non dovrebbe preoccuparsi e temere di diventare uno di loro. Lui è immune.»

O o O o O

ore 10.00 - Ministero

«Signora, questo potrebbe essere l’inizio di un’epidemia!» Esclamò il Ministro.
«Non giungiamo a conclusioni affrettate, Ministro. Facciamo solo un passo indietro e guardiamo i fatti,» affermò Madama Bones, prima di voltarsi verso un guaritore. «Quanti si sono ammalati?»
«Beh, è solo che, quando glielo chiedono, dicono che non si sentono proprio male, solo un po’ sottotono. La maggior parte di loro non ha nemmeno la febbre, hanno solo un aspetto orribile e non hanno energie,» rispose lui.
«Chi si sta ammalando? C’è qualcosa in comune tra loro a parte l’essere stati presenti alla riunione ICM di ieri?»
«Sono tutti al di sopra dei sessant’anni, sebbene alcuni individui più giovani abbiano ammesso di sentirsi un po’ giù, ma non hanno altri sintomi considerevoli.»
«Quanti sono?»
«Solo quindici, senza contare quelli che si sentono un po’ “giù”. Non sembra diffondersi per niente, ed è già qualcosa.»
«Siete stati in grado di rilevare qualcosa? Una maledizione, una pozione, una malattia?» Disse velocemente la Bones.
«No, nulla. Non sappiamo che cosa lo stia causando, ma alcuni dei pazienti sembrano già stare meglio. Al momento, non pensiamo che sia una minaccia letale, ma il fatto che sia comparso così in fretta è preoccupante, ipotizzando che sia stato causato da qualcosa alla riunione dell’ICM.
Un’altra cosa strana è che sembra essere più grave con coloro che sono più anziani o con coloro con una magia particolarmente potente.»
La Bones fece una smorfia. «Abbiamo la mappa dei posti a sedere della riunione? Potremmo vedere se queste persone erano sedute vicine. Magari c’è una connessione.»
Riuscirono rapidamente a rimediare una mappa dei posti assegnati e iniziarono a evidenziare coloro che si erano ‘ammalati’. Di certo, c’erano indizi notevoli.
Le prime file, più vicine al tavolo principale, avevano la maggior parte delle persone evidenziate. Ma, più lontano sulla sinistra, vicino alla tirocinante Francese, ce ne era un altro gruppo, un po’ più piccolo dell’ultimo gruppo, che era posizionato a destra in fondo, intorno alla sedia del Signor Lee.
Madama Bones alzò gli occhi dalla mappa. «Penso che abbiamo capito tutti che cosa vuol dire questo. Il Signor Potter è in qualche modo la causa.»
«La magia bianca?» Chiese il guaritore.
«Deve essere quella.»

O o O o O

ore 10.00 - Hogwarts

Il Preside aveva saltato la colazione. Aveva saltato la colazione e non aveva inviato una nota né nient’altro. Anche Severus e Remus avevano mandato una nota, dicendo che stavano lavorando a qualcosa giù nei sotterranei e che non sarebbero venuti a colazione.
Era molto poco da Silente il non inviare una nota, anche se non erano coinvolte lezioni, così Minerva decise di andare nell’ufficio del Preside per vedere se per caso aveva perso il senso del tempo ed era rimasto alzato tutta la notte o qualcosa di simile. Era già successo in precedenza, il Preside era stato sommerso dalle scartoffie e aveva del tutto dimenticato la colazione.
Salite le scale, superato il gargoyle che scivolò rapidamente di lato, bussò alla porta del suo ufficio prima di entrare, come faceva spesso, entrando dopo aver annunciato la propria presenza. Il posto era silenzioso e non vide il mago alla propria scrivania o da nessun’altra parte nell’ufficio. Guardò sulla scrivania, sperando in una nota indirizzata a lei, che le dicesse dove era andato o altro.
Niente.
«Hmm.» Guardò i ritratti lì intorno, la maggior parte dei quali la guardava con aspettativa. «Avete visto il Preside oggi?» Domandò.
«No, non lo abbiamo visto. Speravamo che lei sapesse che sta succedendo. Pensiamo che sia ancora nei suoi alloggi privati, comunque.» Disse Quentin Trimble, un ex Preside.
Minerva fece una smorfia, camminando verso le stanze di Silente. Ricomponendosi, aprì la porta ed entrò, richiudendo quella che dava verso l’ufficio.
«Albus?» Chiamò, la voce che echeggiò sulle pareti. «Sei qui?»
-Pop-
«Oh! Calzetto, mi hai spaventata.»
«Calzetto è spiacente, Professoressa, ma Calzetto pensava che la Professoressa McGranitt avrebbe voluto sapere che il Padrone sta dormendo e non dovrebbe essere disturbato.»
«Dormendo? Sono le dieci passate.»
«Il Padrone… non si sente bene, così Calzetto ha insistito che rimanesse a letto per farlo stare meglio. La sua febbre si è abbassata ora.»
«Quell’uomo. Non lo sa che abbiamo Madama Pomfrey per una ragione?» Domandò la McGranitt, guardando oltre Calzetto verso la camera di Silente. «Quando ha iniziato a sentirsi male, quali sono i sintomi?»
«Ieri sera, pensa Calzetto. Il Padrone ha detto a Calzetto che il Professor Piton lo ha accompagnato fino alla sua camera.»
«E i sintomi?»
«Per lo più debolezza e vertigini, ma il Padrone dice che stare sdraiato aiuta e che non c’è niente di cui preoccuparsi.»
«”Per lo più debolezza e vertigini”, “niente di cui preoccuparsi”? Se non fosse malato, lo trascinerei in Infermeria per la barba.»
«Oh, per favore, Professoressa McGranitt, lasciatelo dormire. Calzetto è sicuro che starà meglio molto presto.»
La McGranitt sospirò, incapace di continuare la sua tirata vedendo quanto disperatamente Calzetto volesse permettere al suo padrone di continuare a dormire.
«Molto bene, ma dovrò avvisare Madama Pomfrey. Sarebbe molto in disappunto con tutti noi se lo scoprisse più tardi.»
«D’accordo, Professoressa, Calzetto capisce.»
«Fammi sapere quando si sveglia.»
«Sì, Professoressa McGranitt.»

O o O o O

Silente si svegliò al suono di… qualcosa fuori dai suoi alloggi. Nel suo ufficio, forse? Sembravano delle voci. Guardò l’orologio sul suo comodino.
Le 11.14 del mattino. Wow, aveva davvero dormito per mezza giornata in più?
Tirandosi su a sedere e compiacendosi di non sentirsi ancora frastornato, si alzò e iniziò a prepararsi; comunque, scoprì che gli dolevano i muscoli, come se fosse nel bel mezzo di una brutta influenza. Mettendosi il cappello da mago in testa, sentì che aveva bisogno di sedersi per un momento prima di andare nel suo ufficio.
«Padrone?»
Si voltò e trovò Calzetto che lo guardava dall’altra parte della stanza.
«Sì, Calzetto?»
«Come si sente il Padrone?»
«Non sono ancora del tutto a posto, ma mi sento meglio di prima,» rispose.
«Calzetto è molto grato. Calzetto era molto preoccupato.»
Silente gli dedicò un sorriso dolce prima di richiamarlo a sé con un gesto. Calzetto abbracciò le ginocchia di Silente, le sue larghe orecchie a sventola abbassate.
«Sto piuttosto bene, amico mio. Ogni tanto, ci ammaliamo tutti, anche io.»
Calzetto annuì, ricomponendosi. «La Professoressa McGranitt e alcuni altri sono nel suo ufficio, Padrone. Devo andare lì e dirgli di andare via? Calzetto sa che hanno svegliato il Padrone.»
«No, devo andare a vedere come mai stanno discutendo. Prima mi è sembrato che discutessero. Spero che Cornelius non abbia di nuovo fatto qualcosa di sciocco.»
«Il Padrone è sicuro che non dovrebbe tornare a letto? Il Padrone è ancora pallido,» insistette Calzetto, andando verso il letto e scostando le coperte, provando a incoraggiare il Preside a tornare a stendersi.
«Calzetto, prometto che non mi affaticherò. Basta preoccuparsi.»
«Va bene, Padrone,» sospirò Calzetto.
Con questo, Silente arrancò attraverso i propri alloggi e entrò silenziosamente nel proprio ufficio attraverso la porta laterale che spesso non era notata dai suoi visitatori. Nel tempo che impiegò a raggiungere l’ufficio, parte di lui si domandava se avrebbe dovuto seguire il consiglio di Calzetto e tornare a letto, ma tali pensieri svanirono rapidamente quando vide che nel suo ufficio si stava tenendo una discussione. Rimase dov’era, in grado di vederli ma senza essere notato.
«Sta ancora riposando, Madama Bones,» stava dicendo Minerva, in piedi al centro del suo ufficio.
«Vuol dire che anche lui si è ammalato?» Domandò Madama Bones, in piedi accanto al camino. «Quanto sta male? Noi abbiamo verificato più di una dozzina di casi, e abbiamo scoperto che i sintomi sono più gravi proporzionalmente a quanto il mago è più anziano e più potente, magicamente. Madama Pomfrey lo ha visitato?»
«Non ancora. Abbiamo dato per buone le affermazioni del suo elfo domestico, e siamo fiduciosi che lui stia bene, solo stanco. Non vogliamo svegliarlo innecessariamente, e Severus ha confermato le parole dell’elfo,» spiegò Minerva.
«Il Professor Piton? Senza offesa, ma perché la sua parola dovrebbe avere tanto peso?» Chiese la Bones, voltandosi verso l’insegnante di Pozioni.
«Sono stato in grado di studiare determinati aspetti riguardanti la magia bianca del Signor Potter, che è chiaramente la causa degli eventi attuali. Credo che non venga causato alcun danno permanente a coloro che vengono a contatto con essa, e le sue affermazioni sul fatto che coloro che si sono ammalati si stanno ora riprendendo supportano le mie ipotesi.»
La Bones scoccò una penetrante occhiata a Severus, come valutandolo. «Molto bene. La sua teoria sembra avere dei meriti. Ha altre considerazioni insieme a questa?»
«Se vuole la mia umile opinione, credo che coloro che assorbono in sé questa magia bianca divengano immuni alla licantropia. Sono anche certo che questo potrebbe essere trasformato in una cura e in un vaccino distribuibile, se dovesse essere trasfuso direttamente nel flusso sanguigno da un individuo che ha già ottenuto l’immunità.»
«Una trasfusione di sangue? Non credo che il Mondo Magico considererebbe sicura questa scelta,» affermò la Bones.
«Ovviamente bisogna considerare i gruppi sanguigni, come fanno i Babbani, e partire da lì, ma non è difficile. Anche alcuni dei miei alunni del primo anno potrebbero capire un concetto del genere e metterlo in pratica, avendo gli strumenti.»
«Comunicherò quest’idea ai Guaritori e vedrò che cosa ne pensano.»
«Beh, se è d’aiuto, abbiamo un volontario per un esperimento di prova.»
«Quest’individuo è un licantropo?» Chiese la Bones, incredula.
«Sì. Comprende i pericoli e vorrebbe che l’esperimento si tenesse qui, se questo fosse in accordo con le pratiche dei guaritori e potesse essere organizzato,» continuò Severus, ignorando l’espressione stralunata di Minerva e voltandosi verso l’angolo più lontano della stanza.
«Che cosa ne pensa, Preside?»
«Penso che sia una splendida idea, Severus,» rispose Silente, affatto sorpreso dall’essere stato improvvisamente incluso nella conversazione.
La Bones e la McGranitt si voltarono rapidamente, trovando il Preside sulla soglia della porta che era nell’angolo nascosto da una delle molte librerie di Silente.
«Albus, che cosa fa alzato?» Chiese Minerva, sinceramente un po’ preoccupata per l’aspetto del Preside.
«Beh, l’ultima volta che ho controllato, questo era il mio ufficio,» replicò lui con un sorriso, facendosi strada verso la propria scrivania.
Gli altri lo osservarono, notando come avanzava i passi con cautela prima di sprofondare, sollevato, sulla propria poltrona.
«Come si sente, Preside?» Chiese Madama Bones, cogliendo con lo sguardo il pallore delle sue guance.
«Oh, sono stato meglio, lo ammetto, ma sono sicuro che sopravviverò. Ma a parte la mia salute, non vedo alcun problema in fare ciò che ha suggerito Severus, sebbene non ho ben capito come sarà portato avanti esattamente questo esperimento.»
«Sinceramente dubito che potrà essere organizzato prima dell’inizio delle lezioni, ma vedrò che cosa posso fare. Per il modo in cui sarà condotto l’esperimento, lascio questo aspetto a Severus, questo se i Guaritori acconsentiranno a una tale operazione, in primo luogo.» Disse la Bones.
«Allora dovremmo semplicemente aspettare e vedere,» replicò Silente.
«Beh, spero che si senta meglio presto, Preside. Ora devo andare. Il Ministro sta senza dubbio diventando impaziente,» fece lei, prima di andar via subito.
Severus e Minerva si concentrarono su Silente.
«Allora, come si sente davvero, Albus?» Chiese Minerva, e il suo tono da solo diceva a entrambi gli uomini nella stanza che una risposta parziale o una balla non sarebbe stata ben accolta.
Le spalle di Silente si abbassarono lentamente. Ora che la Bones se ne era andata, non pensava di dover più mantenere le apparenze. «Come una caramella al limone ciucciata,» disse alla fine.
Minerva ebbe una contrazione all’occhio, e Severus trovò difficoltoso mantenere un’espressione seria.
«Un… interessante descrizione, Preside. Ha ancora le vertigini?» Chiese Severus.
«Non proprio, un po’ di capogiri, ma niente di più.»
«Quanti sono “un po’”?» Interrogò Minerva, assottigliando gli occhi.
Silente la guardò sollevando le sopracciglia. Chiaramente non si aspettava di essere sottoposto a un tale scrutinio. «Abbastanza da essere considerati, ma non soverchianti. Davvero, Minerva, sto bene, starò bene.»
Lei incrociò le braccia, e Severus dovette trattenere un ghigno divertito.
«Beh, sembra proprio che lei abbia bisogno di qualche altra ora di sonno prima di poter anche solo avvicinarsi allo stare “bene”. Penso che dovremmo chiamare Poppy. Lo sa che il suo piccolo elfo domestico non ha lasciato entrare nessuno nella sua stanza, anche dopo che gli abbiamo spiegato che volevamo solo assicurarci che lei stesse bene?»
Silente sbatté le palpebre, decidendo che doveva al suo piccolo amico qualche caramella al limone. «Davvero? Beh, mi scuso da parte sua. Sono sicuro che stava soltanto facendo quello pensava fosse meglio, e non intendeva fare alcun male.»
«Allora, devo chiamare Poppy?»
Albus annuì, scostando la sedia dalla scrivania con una smorfia a stento celata.
«Ha bisogno di aiuto, Preside?» Chiese Severus, gli occhi allenati che guardavano con attenzione i movimenti cauti del suo mentore.
Severus ignorò il curioso sguardo che gli rivolse Minerva e si sforzò di non reagire o di non accorgersi dell’improvvisa espressione commossa di Albus.
«Sì, grazie, Severus,» disse Silente dopo un momento, alzandosi lentamente dalla sedia.
Severus si mosse elegantemente attorno alla scrivania e si mise al suo fianco.
Fortunatamente, Severus non ebbe bisogno di dargli molto aiuto, sebbene il Preside ebbe qualche altra vertigine sulla strada che li portò fuori dall’ufficio.
«Sono curioso, Severus,» fece Silente mentre si avvicinavano alla sua camera. «Da chi Remus riceverà il sangue della trasfusione? C’è qualcun'altro oltre a me ed Harry che è stato esposto a questa magia bianca tanto da aver ottenuto quello che hai detto che ho io - l’immunità?»
Severus allontanò lo sguardo, pensando velocemente. «Veramente, Preside… io avevo… sperato che lei sarebbe stato il donatore...»
Silente si fermò, poggiando una mano alla parete per tenersi dritto mentre fissava l’insegnante di pozioni.
«Io? Ma da quanto ho capito, ci sono da considerare i gruppi sanguigni. Non ne so molto dei tipi di sangue umano, ma questo lo so. Che cosa ti fa pensare che l’organismo di Remus accetterà il mio sangue?»
Severus abbracciò la propria abilità nella recitazione e riuscì ad arrossire. «Preside...» Si fermò, facendo sembrare di proposito che si stesse realmente vergognando di se stesso.
«Severus, c’è qualcosa… qualcosa che vuoi dirmi?» Chiese Albus con cautela.
«Ho creato un incantesimo qualche tempo fa. In quel momento era solo una cosa personale, per vedere se ero in grado di farlo.»
Non era una bugia. Per Severus era stato qualche tempo prima… nel futuro. L’incantesimo era diventato una necessità. Con la guerra, talvolta dovevano affidarsi a metodi babbani di cura, e quando qualcuno veniva ferito, e le Pozioni di Rinsanguamento erano scarse, beh… dovevano aiutarsi l’un l’altro reciprocamente.
«Un incantesimo?»
«Mi dice il gruppo sanguigno delle persone.»
Silente sollevò un sopracciglio. «E?»
«Beh, l’ho provato su me stesso prima, e ho verificato che funziona. Sono A negativo.»
«E suppongo che tu lo abbia poi provato su di me senza che lo sapessi?» Continuò Silente. La sua voce non era arrabbiata né accusatoria. In realtà era divertita.
«Mi spiace, Preside.»
Albus lo scusò con un gesto. «Non è stato fatto del male a nessuno, Severus. Allora? Che gruppo sanguigno ho?» Chiese, riprendendo a camminare.
«O negativo.»
«E Remus?»
«B positivo.»
«E posso dargli il mio sangue?»
«In realtà, Preside, lei è un donatore universale. Può donare sangue a chiunque. Nel mondo babbano, le pagherebbero un bel po’ per farle donare sangue ogni mese.»
Silente sbatté le palpebre. «Interessante.»

O o O o O

11:30

Harry si stava godendo la prima giornata ad Hogwarts, inconsapevole del caos che al momento c’era a Vaduz, nel Liechtenstein, e al Ministero.
L’unica cosa che Harry notò fu il fatto che il Preside aveva saltato la colazione quella mattina, ma se lo spiegò pensando che l’uomo avesse molto da fare.
Dopotutto era Stregone Capo del Wizengamot, Preside, Supremo Pezzo Grosso dell’ICM, e tutto il resto.
Dobby era elettrizzato dall’essere con Harry a Hogwarts e brillava d’orgoglio nella propria nuova uniforme. Harry era felice di vedere Dobby contento e continuò a trattarlo come un amico più che come un servo, sebbene si ricordasse dell’avvertimento del Professor Severus e gli desse cose da fare ogni tanto.
Aveva già trascorso la maggior parte della mattinata in biblioteca, leggendo a proposito della magia curativa e della medicina conosciuta dal mondo magico.
Comunque, finora, come per gli altri libri che aveva già letto prima insieme a Neville, era deluso. Non c’era quasi nulla che mostrasse come funzionavano le cose nel corpo umano. Era piuttosto frustrante, a essere onesti, ma avrebbe continuato a cercare. Dopotutto aveva solo appena iniziato a guardare tra i libri della scuola, ma anche se non avesse trovato nulla, giurò a se stesso che avrebbe fatto una seria ricerca quell’estate per ottenere qualche informazione utile, anche se doveva ottenerla da un libro di medicina babbana o da un dottore babbano in persona.
Harry sospirò, chiudendo il libro che stava leggendo.
Era strano. Non gli era mai davvero importato molto di leggere su qualche argomento e di fare ricerche, poiché non aveva mai avuto uno scopo. Ma questo…
Il desiderio di aiutare il suo migliore amico a ottenere qualcosa che lui stesso non avrebbe mai potuto avere era come un carburante inesauribile, una guida, uno stimolo che non aveva mai avuto prima. Certo, c’era il desiderio che aveva di raggiungere il proprio pieno potenziale e liberarsi del sigillo che il Professor Piton aveva detto che aveva, ma questo era diverso.
Aveva perso i propri genitori, e Neville, in un certo modo, aveva perso i suoi. Ma non permanentemente, o almeno questo era quello che Harry si era detto. Era fiducioso che sarebbe riuscito a fare qualcosa che avrebbe non solo cambiato la vita del suo amico, ma che avrebbe ripristinato quella dei due individui che erano proprio simili ai suoi genitori.
Nella mente di Harry, se fosse riuscito a guarire i Paciock, avrebbe fatto onore al sacrificio dei suoi genitori. Ma era più di questo. Sarebbe stata una prova.
Una conferma a se stesso.
Scopo.
Dopo la conversazione che aveva avuto con Severus, i suoi pensieri erano tornati di nuovo allo scopo, e al fatto che apparentemente Voldemort non aveva mai scelto o trovato il suo. Harry aveva paura che nemmeno lui ci sarebbe riuscito, e di condannare se stesso a una vita di errori o senza utilità.
Una parte di lui sapeva che stava esagerando. Sapeva che era ancora giovane e che aveva anni di vita prima di avere il minimo bisogno di preoccuparsi con simili pensieri, ma non poteva negare la paura che provava quando si domandava se Voldemort era mai stato come lui, simile a lui più che nel solo fatto di essere un Rettilofono.
Il Professor Piton aveva detto che Voldemort era andato a Hogwarts, quindi voleva dire che era stato Sorteggiato e che aveva frequentato le lezioni, proprio come lui.
Voleva dire che aveva dormito nei dormitori, visitato la biblioteca, girovagato intorno al castello, e fatto tutte le altre cose che faceva uno studente.
Harry si chiedeva se Voldemort si era mai seduto al tavolo al quale era seduto lui ora.
Era una strana sensazione, sapere che il mostro che aveva assassinato i tuoi genitori e aveva cercato di ucciderti era andato nella stessa scuola che stavi frequentando tu adesso.
Quand’è che le cose erano andate male? Quando era scattato qualcosa in lui, rendendolo Voldemort? Oppure era sempre stato così corrotto?
Harry non era sicuro di voler sapere la risposta.

O o O o O

Remus guardò l’entrata della biblioteca. Un elfo domestico gli aveva detto che Harry si trovava lì, senza dubbio in cerca di qualcosa da fare nell’attesa che ricominciassero le lezioni. Remus si raddrizzò, richiamando il proprio coraggio Gryffindor, e entrò nella biblioteca.
Remus era nervoso. Sinceramente non aveva idea di che cosa dire al ragazzo. Lui era fantastico, e Remus si sentiva davvero entusiasta di essere uno dei suoi insegnanti.
Remus scorse attentamente gli scaffali, provando a dare l’impressione di essere venuto per un libro, invece che per conoscere il figlio del suo perduto migliore amico.
Gli occhi di Remus scansionarono la biblioteca, trovando subito il ragazzo dai capelli scuri in un angolino in disparte, circondato da spessi volumi.
Scuotendo la testa, divertito e un po’ rattristato mentre ricordava quanto spesso Lily era stata in una posizione simile, si avvicinò con calma.
Non appena Remus si avvicinò, tenendo per lo più gli occhi sulle copertine sopra gli scaffali, notò il modo in cui la testa di Harry si sollevò dalle pagine e si voltò nella sua direzione.
Deve aver percepito la mia presenza, ragionò Remus. Avrei dovuto prevederlo.
Remus si voltò e lo guardò, decidendo di lasciar perdere il suo approccio furtivo.
«Ciao, Signor Potter,» disse lui, decidendo che un professore che salutava uno studente non era una cosa anormale.
«Salve, Professore,» replicò Harry, muovendosi sulla sedia per mettersi più dritto.
Remus approfittò di quel momento per guardare i libri sparsi intorno ad Harry. Sbatté le palpebre per ciò che trovò. Questi erano testi medici molto avanzati. Che stava facendo Harry?
«Madama Pomfrey ti fa fare delle ricerche?» Chiese, provando a capire come mai Harry poteva star guardando tali volumi.
Harry scosse la testa. «No, sto soltanto cercando alcune cose per conto mio, professore.»
Remus prese l’iniziativa e si sedette al tavolo, sebbene decise di tenere una sedia vuota tra lui e il ragazzo, mentre permetteva al suo sguardo di scivolare sui titoli dei libri che erano stampati in cima alle pagine.
«Questi sono parecchio avanzati, Harry. Hai bisogno di aiuto?»
Remus sentì alcuni brevi sibili provenire dalla manica di Harry, e gli fu chiaro che Harry stava riflettendo su quello che il suo famiglio gli aveva appena detto.
«Non ne sono sicuro. Sto cercando un libro che mi dica come il corpo funziona davvero, e sto avendo dei problemi nel trovare una qualsiasi cosa che vada un po’ più nel dettaglio,» disse Harry dopo un momento. «La maggior parte di quello che trovo è troppo generica e intacca solo la superficie.»
«Hmm, beh, non so molto di medicina magica, ma ho avuto qualche esperienza con la medicina nel mondo babbano. Ma non penso però che ti sarebbe molto d’aiuto.» Remus si schiarì la voce quando vide che Harry non si era scoraggiato nell’ascoltarlo. «Ho trascorso qualche tempo nella Londra babbana e ho avuto bisogno di farmi vedere da dei dottori.»
«Davvero?» Chiese Harry, tirandosi su all’istante.
Remus fu un po’ sorpreso dalla reazione di Harry, poiché aveva supposto che il ragazzo volesse restare più nell’ambito magico del curare gli altri.
«Sì, ho avuto un incidente con un’automobile una volta, e… beh, i babbani mi hanno recuperato per primi. Chi immaginava che i loro servizi di soccorso potessero reagire così in fretta? Suppongo che abbia a che fare con la loro tecnologia.»
«Wow. Si era ferito gravemente?» Chiese lui.
«Una gamba rotta e una commozione cerebrale. Mi hanno portato di corsa in uno dei loro ospedali, mi hanno passato ai raggi X e hanno fatto una dozzina di altri test per assicurarsi che stessi bene. Suppongo che tu sappia che cos’è una macchina per radiografie, vero?»
Harry annuì.
«Molto bene. Beh, una volta che mi sono svegliato, mi hanno mostrato alcune delle ‘scansioni’ che avevano ottenuto da me. I dettagli erano piuttosto impressionanti, devo ammetterlo. Qui nel mondo magico non abbiamo niente del genere, di sicuro, ma credo che forse non ne abbiamo realmente bisogno.»
«Quindi queste scansioni… erano della sua testa?»
Remus notò il modo in cui lo sguardo di Harry scintillava di serio interesse alla domanda. Strano.
«Volevano tenersi sul sicuro, quindi mi hanno fatto una scansione di tutto il corpo. Erano preoccupati che potessi avere delle gravi ferite interne, per i racconti che avevano ottenuto dai testimoni dell’incidente. Fortunatamente, la mia magia interiore era già intervenuta e mi aveva salvato dai danni peggiori, ma loro non lo sapevano.»
Harry annuì, riuscendo facilmente a immaginare una tale situazione. La magia di un mago adulto poteva salvarlo da molte cose, incluso un impatto violento. Un altro vantaggio di avere un nucleo magico completamente sviluppato.
«Quindi, Harry, ho sentito che sei un vero guaritore,» disse con un sorriso, felice che la loro conversazione stesse andando così bene.
Harry fece un piccolo sorriso timido, ma Remus poteva dire che c’era un salutare ammontare di orgoglio dietro di esso, come doveva essere.
«Mi piace aiutare,» rispose il ragazzo alzando le spalle, mentre la sua umiltà veniva fuori.
Remus non poté evitare di ricordarsi di Lily.
Rimasero seduti in silenzio per un po’, e Remus stava trovando difficile decidere che cosa dire dopo. Guardò Harry dopo aver dato un’altra occhiata ai libri, e gli era chiaro che anche Harry non sapeva che cosa dire, sebbene il ragazzo riuscì per primo a ritrovare la voce.
«Non è venuto qui per prendere un libro, vero?» Chiese Harry.
«Beh,» fece Remus, esitando per un attimo. «Sarò sincero con te, Harry. No, non sono venuto in biblioteca oggi per prendere un libro.»
Harry non poté fare a meno di sollevare Piton-escamente un sopracciglio verso di lui, mentre Remus rilasciava il fiato, come se quello che aveva appena detto fosse stato molto da dire.
«Se vuole che la curi, ne sarò felice, lo sa,» fece all’improvviso Harry, mentre Remus doveva ancora elaborare come mai era venuto in biblioteca.
Remus sobbalzò al sentirlo, prima di dedicare a Harry un sorriso dolce e scuotere la testa.
«Per quanto mi piacerebbe che tu mi curassi, ironicamente, devo rispondere “no, grazie.” Ho già provveduto perché qualcun altro si occupi del mio… uh, piccolo problema peloso. Comunque, devo ringraziare te per la cura che riceverò dal Professor Piton.»
Harry spalancò gli occhi, non sapendo nulla sulla possibilità che ci fosse una cura alternativa, sebbene immaginava che avrebbero indagato la magia bianca per sintetizzare un antidoto.
«Il Professor Piton? Ha trovato un modo per estrarre la magia bianca e usarla su altri?» Domandò Harry, stupito.
Era passato solo un giorno dalla riunione dell’ICM. L’insegnante di Pozioni era stato davvero straordinario a trovare una cura così in fretta. Di certo era una spiegazione del perché lui e il Professor Lupin non c’erano stati a colazione. Forse questo era il motivo per cui anche il Preside non c’era stato?
«Forse, che è il motivo per cui non posso accettare la tua offerta. Ho acconsentito a essere l’individuo di prova per questo metodo alternativo. Se funziona, saremo in grado di cominciare a debellare la Licantropia… forse per sempre.»
Harry sbatté le palpebre, confuso, cercando di capire che cosa ciò significava esattamente, fin quando spalancò gli occhi. «Un vaccino?»
«Il tuo Professore di Pozioni pensa di sì,» disse dolcemente Remus.
«Ma è fantastico! Quando lo faranno?» Chiese Harry.
«Beh, Madama Pomfrey vuole aspettare la fine di questa settimana a causa del,» Remus si schiarì la gola prima di continuare. Harry notò che lo faceva spesso. «A causa del donatore.»
Remus non voleva dire a Harry che Silente e altri si erano ammalati. Sentiva che ciò avrebbe preoccupato il ragazzo innecessariamente, visto che la maggior parte di coloro che si erano sentiti male stavano già iniziando a riprendersi.
«Il donatore?»
«Il Professor Piton pensa che la cura possa essere somministrata tramite una trasfusione di sangue, poiché la magia bianca si è depositata nelle cellule sanguigne degli individui proprio come nel loro nucleo magico.»
Harry annuì, comprendendo. «Questo ha senso, perché anche la maledizione si deposita in questo modo.»
Cadde fra loro un altro momento di silenzio, prima che Remus lo spezzasse.
«Sono venuto qui oggi perché volevo parlare con te da un po’ di tempo,» disse Remus, tornando all’argomento precedente.
«Oh, e di che cosa, Professore?»
«Anche se mi imbarazza ammetterlo, sono stato insicuro su come parlarti, e non per il motivo che potresti pensare. Vedi, sono… ero un amico intimo dei tuoi genitori.»
Non era per niente quello che Harry si era aspettato, e non sapeva cosa dire.
Remus sorrise tristemente. «Frequentavo lo stesso anno dei tuoi genitori ed ero in Gryffindor con loro. I tuoi genitori mi hanno aiutato molto, e sono onorato di averli conosciuti.»
«Quindi, loro sapevano?» Chiese Harry, esitando.
«Del mio problema?»
Harry annuì, un po’ imbarazzata dalla sua schiettezza.
Remus rise. «Oh sì, lo sapevano di sicuro, ma… come sapevi che ho avuto quel problema così a lungo?»
Harry si strinse nelle spalle. «Posso percepirlo. All’ICM, sono stato in grado di comparare la sensazione che mi dà a seconda di quanto tempo è stata in una persona. Per lei, non è come il Signor McCaffrey, ma lo è stato per molto tempo.»
Remus scosse la testa, sorpreso. «Sei davvero speciale, sai?»
Harry non aveva una replica, così non rispose.
Remus sospirò piano e guardò Harry con sguardo contemplativo. «Beh, volevo solo che lo sapessi. Quindi… se hai una qualsiasi domanda su di loro, hai un’altra persona a cui chiedere,» continuò, sperando di non essere stato penosamente goffo.
Apparentemente no, perché Harry sorrise. «Grazie, Professore.»
Il cuore di Remus si gonfiò. «Di niente.»

O o O o O

Harry andò verso il tavolo Hufflepuff, non vedendo l’ora di tornare in biblioteca una volta finito il pranzo, per trovare forse qualcosa che avrebbe aiutato i genitori di Neville, e forse Remus sarebbe stato lì e gli avrebbe parlato ancora. Avrebbe visto poi.
Si sedette, guardando il tavolo principale. Il Professor Piton e il Professor Lupin erano presenti, e c’era la maggior parte degli altri professori, ma Madama Pomfrey non c’era, e nemmeno il Preside.
Sedendosi, prese un sandwich al tacchino dal piatto davanti a lui, prima che un movimento svolazzante attirasse la sua attenzione. Un gufo. Alzò gli occhi e guardò il rapace sconosciuto atterrare davanti al suo piatto e tendergli la zampa a cui era attaccata una lettera. I pochi altri al tavolo guardarono verso di lui, curiosi di vedere che cosa aveva ricevuto Harry Potter, e da chi.
Harry prese la lettera, inconsapevole che il Professor Piton lo guardasse mentre il gufo volava via.
C’era uno stemma dall’aria ufficiale sul davanti con le parole: Confederazione Internazionale dei Maghi.
Curioso, Harry strappò la cima della busta, e la lettera all’interno si sollevò magicamente subito dopo.
Con la lettera tra le mani, Harry sentì un’ondata di magia spargerglisi sulla pelle scoperta.
:Harry!:
Il sibilo allarmato di Coral fu l’unico avvertimento che ricevette prima che una voce profonda e pulsante gli rimbombasse davanti, rilasciando una potente pulsazione che lo spinse giù dalla panca e lo fece cadere sulla schiena.

«CURA QUESTO.»

Un dolore che non aveva mai sentito prima gli filtrò nella pelle e gli sprofondò nelle ossa delle mani, un nero fuoco visibile che gli scintillò attraverso la pelle.
Urlò, la sua magia scattò contro la lettera e la spinse via, ma era troppo tardi, perché la fattura, maledizione, o qualsiasi cosa fosse, era già entrata in lui.
Coral cadde mollemente sul pavimento al suo fianco.
:Coral!:
Lei non rispose.
Ancora sulla schiena, gridando mentre le lacrime gli salivano agli occhi, si divincolò muovendo le mani, cercando, disperatamente, di spegnere le fiamme oscure che sentiva bruciare come se gli stessero bollendo le ossa.


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Note della traduttrice:

* Il nome originale è “Socky”. Dalle riflessioni che fa non si capisce bene, sembra sia stato un elfo di Hogwarts da prima dell'arrivo di Silente, ma contemporaneamente anche l'elfo di famiglia di Albus.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Attacco.




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Capitolo 16
*** Attacco ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Nel Capitolo precedente...
Con la lettera tra le mani, Harry sentì un’ondata di magia spargerglisi sulla pelle scoperta.
:Harry!:
Il sibilo allarmato di Coral fu l’unico avvertimento che ricevette prima che una voce profonda e pulsante gli rimbombasse davanti, rilasciando una potente pulsazione che lo spinse giù dalla panca e lo fece cadere sulla schiena.
«CURA QUESTO.»
Un dolore che non aveva mai sentito prima gli filtrò nella pelle e gli sprofondò nelle ossa delle mani, un nero fuoco visibile che gli scintillò attraverso la pelle.
Urlò, la sua magia scattò contro la lettera e la spinse via, ma era troppo tardi, perché la fattura, maledizione, o qualsiasi cosa fosse, era già entrata in lui.
Coral cadde mollemente sul pavimento al suo fianco.
:Coral!:
Lei non rispose.
Ancora sulla schiena, gridando mentre le lacrime gli salivano agli occhi, si divincolò muovendo le mani, cercando, disperatamente, di spegnere le fiamme oscure che sentiva bruciare come se gli stessero bollendo le ossa.




Capitolo 16: [Assault] Attacco

Severus scattò saltando oltre il tavolo degli insegnanti, senza badare ai piatti che cadevano al suo passaggio. Si richiamò istantaneamente in mano la bacchetta mentre si dirigeva verso Harry, non preoccupandosi di quanto furioso e spaventoso apparisse. Gli studenti urlavano, terrificati da quanto stavano vedendo, mentre Filius e alcuni altri insegnanti si mossero per accompagnare gli studenti fuori dalla sala. Nel frattempo, Harry gridava mentre le mani gli venivano divorate da un'orribile fiamma nera. Ma, stranamente, non stavano bruciando.
«Potter!»
Harry sollevò lo sguardo, ingoiando un singhiozzo mentre il Professore di Pozioni si inginocchiava vicino a lui. Severus notò Coral arrotolata accanto al fianco di Harry.
Sperò che non fosse morta.
«Non muoverti!» Ordinò Severus mentre metteva con fermezza la mano sinistra sulla fronte del ragazzo e iniziava immediatamente a roteare in cerchi rapidi la bacchetta intorno alle mani fiammeggianti di Harry.
Severus non pensò a quando nel futuro non era riuscito ad agire in tempo per salvare un padre da questa stessa maledizione. Invece, si sforzò di concentrarsi su quello che doveva fare in quel preciso istante.
Harry provò a rimanere più fermo che poteva, le lacrime ora gli scendevano dagli occhi mentre un dolore furioso continuava a pulsargli nelle mani, ma non riuscì a smettere di tremare, chiuse gli occhi e si morse il labbro così forte da farlo sanguinare.
Severus fu rapidamente raggiunto dalla Sprite e dalla McGranitt. Sperò che non tentassero di fermarlo. Doveva occuparsi della maledizione subito. Aspettare avrebbe messo a rischio le mani e le braccia di Harry, e anche la sua stessa vita. Questa era una maledizione spietata, che attaccava il midollo osseo della vittima. Se non riusciva ad annullarla in tempo, le ossa di Harry sarebbero diventate fragili come quelle di un vecchio babbano con una grave osteoporosi, e solo se era fortunato.
«Severus?» Chiese preoccupata la McGranitt, fermandosi alle sue spalle.
Piton non interruppe il suo controincantesimo, i suoi occhi si scurirono e iniziò a muovere le labbra, mormorando parole in un linguaggio che nessuno degli altri presenti riconobbe. Severus fu sollevato dal fatto che Minerva non lo interruppe ancora.
La Professoressa Sprite si fece avanti, volendo prendere Coral dal pavimento, ma si fermò prima di toccare le sue squame. Tirò fuori la bacchetta e la agitò al di sopra di Coral, con una smorfia. La fece levitare gentilmente e la mise in una morbida scatola che la McGranitt aveva rapidamente fatto apparire.
Harry aprì appena gli occhi quando la mano della Professoressa Sprite si posò sulla sua spalla.
Col sudore che gli inondava la fronte, Severus concentrò la propria magia, ricoprendo le mani di Harry di magia protettiva quando finalmente fu riuscito a estinguere il fuoco oscuro e a rimuovere la maledizione.
Harry fece un profondo, gutturale sospiro di sollievo.
«Non muovere le mani e non sforzarle in alcun modo, Potter. Sono estremamente fragili,» lo ammonì Severus.
«Coral?» Domandò Harry, con la voce rotta.
Severus guardò Pomona, che teneva la scatola con dentro Coral. Pomona tese lentamente la scatola perché Severus la prendesse.
Harry si tirò lentamente a sedere con l’aiuto della Sprite, guardando gravemente il Professor Piton. Severus agitò la bacchetta al di sopra del serpente, timoroso di ciò che avrebbe trovato. Quando ottenne la scansione di Coral, non poté evitare di contrarre il viso.
«Professore?» Chiese Harry, gli occhi ora pieni di lacrime per un dolore di tipo più profondo. Coral era morta?
«Non sono sicuro, Potter. È viva, ma… non ottengo nessun altro segnale da lei. Qualcosa blocca la mia magia.»
In quel momento, Madama Pomfrey e il Professor Lupin giunsero nella sala. Evidentemente, Remus era subito corso a chiamare Pomfrey che si trovava negli alloggi del Preside.
«Che cosa è successo?» Chiese Pomfrey, tirando fuori la propria bacchetta.
Severus si alzò, mentre Harry rimaneva a terra con la Professoressa Sprite, le mani abbandonate in grembo, senza alcun segno del fuoco che lo aveva appena colpito. Il danno era all’interno.
«Qualcuno ha inviato una lettera maledetta al Signor Potter camuffandola come un messaggio dell’ICM,» rispose Severus, con l’orrore di Pomfrey e Remus. «Sono riuscito ad annullare la maledizione, ma mi spiace di non essere stato in grado di impedire che Potter venisse ferito.»
«Che maledizione era?» Domandò lei.
Severus non rispose subito, sapendo che questa maledizione non era ben conosciuta e che Madama Pomfrey e gli altri probabilmente non ne avevano mai sentito parlare. Ammettere di conoscere l’incantesimo sarebbe risultato sospetto; ad ogni modo, lo era anche la sua capacità di contrastarlo, ma poteva spiegare la cosa con una sua sufficiente conoscenza delle Arti Oscure, che gli aveva permesso di sconfiggerla in quel modo.
Era una maledizione che era diventata conosciuta e temuta più tardi nel futuro. La Mangia Ossa. Voldemort la usava come incantesimo per la tortura, per ottenere informazioni in modo ‘divertente’. L’Ordine non aveva mai scoperto dove Voldemort l’avesse trovata, ma il Lord iniziò a usarla mesi dopo che aveva conquistato il Ministero. Severus sospettava che fosse conservata nella Biblioteca Proibita, che si trovava nelle viscere sotterranee al di sotto del Ministero.
Severus represse un brivido prima di concentrarsi di nuovo su Pomfrey.
«Non lo so,» mentì Severus.
Pomfrey fece una smorfia, prima di far levitare Harry, sollevandolo e toccandogli il braccio con cautela per farlo rimanere steso supino. «Andiamo in Infermeria.»
Harry chiuse gli occhi in risposta.

O o O o O

Severus si passò la manica sulla fronte mentre lavorava. Era riuscito a convincere Pomfrey che questo sarebbe stato il miglior corso d’azioni da intraprendere per assicurarsi che Harry riprendesse il pieno uso delle mani. Fargli svanire le ossa delle mani e dargli l’Ossofast era di sicuro la cosa peggiore che potessero fare in questa situazione, come aveva scoperto nel futuro. Ovviamente, non poteva spiegarlo a Pomfrey, che gli aveva domandato spiegazioni quando l’aveva fermata dal lanciare l’incantesimo per rimuovere le ossa, ma il suo sguardo duro aveva funzionato e lei aveva ammesso che il processo sarebbe stato estremamente doloroso per Harry, dopo tutto quello che aveva già passato.
Sebbene lei non l’avrebbe mai saputo, Severus le era eternamente grato per non avergli fatto ulteriori pressioni e per avergli invece creduto quando le aveva detto che il suo piano iniziale di trattamento non sarebbe stato saggio.
Severus sospirò, i suoi pensieri tornarono al futuro che aveva vissuto con Harry…

«È stato rischioso, ma lo abbiamo preso,» disse Malocchio.
«Oh, sia ringraziato Merlino,» Gridò Molly, sollevata prima di diventare di nuovo preoccupata. «Come sta? Quanto è ferito?»
Remus fece un passo in avanti mentre l’occhio buono di Malocchio guardava la donna con una traccia di pietà, mentre l’altro occhio si rivoltò e guardò verso la stanza in cui si trovava attualmente il marito.
«Non sono un guaritore, Molly, ma… è grave,» disse Remus.
«Mio marito vivrà?»
«Lo hanno maledetto con qualcosa di nuovo, Molly. Severus è riuscito a fermarlo poco dopo che lo abbiamo tirato fuori di lì, ma è tutto quello che siamo riusciti a fare al momento,» replicò Malocchio burberamente.
Molly stava per chiedere qualcos’altro ma fu improvvisamente interrotta da delle urla che echeggiarono dalla stanza di Arthur, le persone gridavano l’una all’altra con urgenza. Severus corse in avanti, quasi sbattendo Remus sul pavimento mentre lo sorpassava. Entrò nella stanza, la porta si richiuse con un colpo dietro di lui.
«Che cosa è successo?» Domandò Severus.
«Abbiamo provato a fargli sparire le ossa della mano, così avremmo potuto iniziare il trattamento con l’Ossofast, come si era discusso, ma poi… poi...» Il giovane guaritore era disorientato.
«Togliti di mezzo,» ordinò Severus, facendosi strada a forza verso il capezzale di Arthur.
Quello che vide lo terrorizzò. Le fiamme oscure, che pensava di aver completamente estinto quando Arthur era arrivato, si erano riaccese, ed era chiaro dallo stato collassato della mano e del polso dell’uomo che le ossa lì erano state completamente distrutte. Comunque, non era stato questo a spaventarlo.
La maledizione sembrava essere mutata. Solo in seguito avrebbero scoperto che il suo residuo spesso si risvegliava e mutava quando veniva esposto a magia che toccava le ossa o la cartilagine. A Severus c’erano voluti diversi mesi per creare una pozione che potesse oltrepassare la trappola della maledizione e trattare la sfortunata vittima - poiché anche l’Ossofast avrebbe riattivato la maledizione.
Prima, quando aveva spento le fiamme su Arthur, era riuscito a fermare la progressione della maledizione, ma come tutte le maledizioni, quando annullata o fermata, lasciava un residuo, un’impronta. Spesso ci voleva del tempo perché il residuo magico sparisse del tutto. I residui di incantesimi e maledizioni non erano come la magia bianca, poiché quella derivava dal fatto che la Licantropia veniva completamente distrutta.
«Che cosa dobbiamo fare?» Gridò un altro guaritore, mentre il fuoco oscuro iniziava a risalire il braccio di Arthur a velocità allarmante, consumando le sue ossa durante il tragitto.
Arthur era oltre l’esprimere il dolore. Stava lì disteso con le palpebre serrate e la bocca parzialmente aperta in un grido silenzioso.
Severus guardò il collo e il petto dell’uomo. Se la maledizione lo raggiungeva lì, non ci sarebbero state speranze.
Agitando la bacchetta sulle fiamme come aveva fatto in precedenza per spegnerle, Severus spalancò gli occhi al vedere che i suoi sforzi non portavano assolutamente a niente.
Il tempo era agli sgoccioli. Era una questione di secondi, il petto di Arthur sarebbe stato affetto dalle fiamme, e l’uomo sarebbe soffocato per mancanza di una struttura di sostegno interna.
«Perdonami, Arthur, ma non ho scelta,» disse Severus.
Severus gli amputò il braccio all’altezza della spalla, tagliando molto al di sopra di dove si trovavano le fiamme, poi cauterizzò all’istante la ferita.
Ma fu tutto per niente.
Un secondo dopo che avevano creduto che la crisi fosse passata, il fuoco oscuro si riaccese. Allora nessuno di loro poté fare più nulla.
Arthur Weasley soccombette alla maledizione in quella stessa ora.

Severus continuò a mescolare, dicendo a se stesso che Harry non avrebbe sofferto la stessa sorte. Aveva estinto le fiamme e fatto del suo meglio per rimuovere tutto il residuo magico che poteva da Harry, avendolo già fatto molte volte per altri dopo l’esperienza con Arthur. Forse Madama Pomfrey avrebbe potuto anche usare il trattamento con l’Ossofast, dopo tutti i suoi sforzi di eliminare i residui, ma Severus non aveva voluto rischiare, e ne era certo, se Pomfrey avesse saputo ciò che lui sapeva, nemmeno lei avrebbe voluto.
Prendendo una manciata di sale, e grato di non essere lui quello che aveva dovuto dire al Preside l’accaduto, lo sparse sulla pozione quasi ultimata, sicuro che una volta che Harry l’avesse usata, avrebbe potuto riprendersi in pieno, prima o poi.

O o O o O

Harry si svegliò con le mani immerse fino ai gomiti in una sostanza blu.
Era un po’ reclinato nel letto, con le braccia lungo i fianchi adagiate in due lunghe vaschette imbottite, piene fino all’orlo con una mistura blu maleodorante. Scoprì rapidamente che non poteva muovere per nulla le mani né le braccia, e sentì la magia che filtrava dal liquido fresco nella sua pelle e arrivava in profondità fino alle sue ossa. Era piuttosto rassicurante, ad essere sinceri, anche se strano.
Guardandosi intorno, vide che si trovava nell’Infermeria, ma delle tende lo separavano dal resto della stanza. Suppose che fosse per la privacy. Non sapeva dove fosse Coral, ma prima che riuscisse davvero a pensare a cosa fare, sentì delle voci dall’altra parte delle tende.
«Come sta?»
Harry non ne era sicuro, ma sembrava la Professoressa McGranitt.
«L’ho appena guardato e stava dormendo,» rispose Madama Pomfrey. La McGranitt sospirò appena mentre Pomfrey continuava. «Non riesco a credere che sia potuto accadere. Una cosa come quella non doveva poter passare attraverso gli scudi, no?»
«No, ma sappiamo entrambe che gli scudi non sono a prova di bomba. È difficile mandare avanti una scuola con scudi impenetrabili. Gli studenti portano dentro un sacco di cose, e chiudere fuori tutte quelle inoffensive per prevenirne pochissime in grado di nuocere… non è proprio pratico.»
«Ma di certo gli scudi avrebbero dovuto percepire-»
«Hai ragione. Avrebbero dovuto percepire la maledizione. Gli Indicibili stanno esaminando la busta proprio adesso. Albus glielo ha chiesto come favore personale e gliel’ha mandata per fargliela studiare. Forse la risposta è lì, e con un po’ di fortuna saranno in grado di risalire al mostro che ha fatto questo,» disse la McGranitt velenosamente, prima di calmare la voce. «È stata davvero una fortuna che Severus sapesse cosa fare. Non voglio immaginare che cosa sarebbe successo a Harry se lui non avesse...»
«Sì, ma c’è… Non lo so.» Pomfrey si fermò, incerta.
«Cosa, Poppy?»
«È solo strano. Severus, dico. Sapeva esattamente cosa fare, Minerva. Esattamente. Si è anche intromesso e mi ha impedito di curare Harry una volta che lo abbiamo messo a letto.»
«Che cosa vuoi dire?» Domandò Minerva, confusa.
«Volevo far svanire le ossa danneggiate delle mani di Harry, così gliele avrei fatte ricrescere senza problemi con l’Ossofast. Avresti dovuto vedere il modo in cui Severus mi ha guardata, quando ho protestato perché mi ha fermato. Era inquietante, Minerva. Non mi importa quello che dice, lui sapeva che cos’è questa maledizione e sapeva che cosa sarebbe successo se non l’avessimo curata in una certa maniera.»
«Poppy, sappiamo entrambe che Severus ha avuto un passato molto oscuro. Forse ha ottenuto allora quelle conoscenze?»
«Allora perché Tu-Sai-Chi non l’ha mai usata prima? Di sicuro lo avrebbe fatto se l’avesse conosciuta. Credo che siamo d’accordo entrambe che è un incantesimo davvero terrificante, e molto meticoloso nel modo in cui aggredisce il corpo.»
«Che cosa stai suggerendo, Poppy?»
«Severus sapeva esattamente cosa fare - come se conoscesse l’incantesimo perfettamente. Se davvero non sapeva che cos’era, come è riuscito a rimuoverlo da Harry in modo così rapido e accurato? Quell’uomo sapeva anche come rimuovere da Harry i residui della maledizione, e ne ha asportato quasi ogni minimo frammento. Non fraintendermi, sono grata che sia stato in grado di aiutare Harry, ma è… sospetto.»
«Stai dicendo che è responsabile dell’arrivo della lettera a Harry?» Chiese la McGranitt, scioccata al solo pensiero.
«Buon Merlino, no! Ma, quello che intendo è… e se fosse stato lui il creatore della maledizione? Sappiamo entrambe che Severus è molto dotato nella creazione di incantesimi. Questo non sarebbe il suo primo incantesimo finito nelle mani sbagliate...»
Ci fu una lunga pausa.
«Severus è diverso. Non è lo stesso che era l’anno scorso,» disse Poppy dolcemente, rompendo il silenzio.
«So che cosa vuoi dire. Non avrei mai immaginato che avrebbe preso il figlio di James sotto la sua ala, specialmente da come ne aveva parlato l’estate scorsa.»
«Non so che cosa pensare.»
«Ho parlato con Albus del suo cambiamento di personalità. Mi ha assicurato che Severus è Severus, e che deve essere implicitamente ritenuto degno di fiducia. Vorrei sapere che cosa lo rende così sicuro,» confidò la McGranitt.
«Anch’io, ma mi fido del Preside. Deve avere le sue ragioni,» commentò Pomfrey.
«Sì, ce le ha sempre. Bene, se hai bisogno di me, puoi trovarmi nel mio ufficio. Ho alcune faccende dell’ultimo minuto di cui occuparmi per preparare le lezioni della prossima settimana; comunque, con quello che è successo, potrei anche aspettare e rimandarle al weekend.»
«Beh, se lo farai, potresti passare a dare un’occhiata al Preside? Quando l’ho lasciato, gli era salita un po’ di febbre.»
«Non gli sono venute di nuovo le vertigini, vero?»
«Non credo, ma fa lo stesso, vorrei sapere che si sente veramente bene da una fonte che non sia lui stesso. Non sappiamo ancora che cosa sta succedendo con questa magia bianca. Forse è come dice Severus, ma forse no. Non fa mai male essere prudenti. Gli ultimi eventi ce lo hanno dimostrato.»
«Concordo.»
Con questo, Harry sentì che la McGranitt usciva e che Pomfrey rientrava nel suo ufficio.
Che cosa aveva appena origliato esattamente?
Non ne era sicuro, e decise di pensarci più tardi. In quel momento voleva sapere dove fosse Coral.
«Dobby?» Sussurrò Harry, sperando che Pomfrey non sentisse lui o l’arrivo di Dobby.
-Pop-
«Padrone?» Chiese Dobby, la voce tremante e gli occhioni enormi per la preoccupazione.
«Per favore fai piano, Dobby. Non voglio che nessun altro sappia ancora che sono sveglio.»
Dobby annuì. «Come sta il padrone? Dobby ha sentito quello che è successo, ma Dobby non poteva fare niente per aiutare. Dobby è dispiaciuto di non aver fermato la lettera. Dobby avrebbe dovuto controllare. Dobby è dispiaciuto di aver deluso il padrone!» Pianse sommessamente.
«Shht, Dobby, non lo sapevi. Non mi hai deluso. Per favore, non piangere.»
Harry stava cominciando a chiedersi se chiamare Dobby fosse stata una buona idea.
Dobby tirò su col naso, ricomponendosi. «Che cosa può fare Dobby per aiutare il padrone?»
«Sai dov’è Coral?» Harry trattenne il fiato, aspettando la risposta di Dobby.
:Harry?: Li interruppe un’intontita Coral.
:Coral! Dove sei?:
:Accanto al letto, sul comodino:
Harry voltò la testa più che poteva. Chi poteva sapere che avere le braccia bloccate impedisse così tanto i movimenti?
Di certo, c’era una scatola sul comodino, ma non riusciva a guardarci dentro.
:Stai bene?: Chiese, la voce densa di emozione.
:Sono solo stanca. Ho sentito il professore di pozioni che parlava col preside mentre dormivi. Evidentemente sei tu che mi hai salvato. La tua magia ha reagito all’ultimo momento pulsando, e siccome ero stata riempita con essa, ha bloccato qualunque altra cosa. Anche se, facendolo, mi ha messo ko: Spiegò Coral.
Harry fece una piccola risata di sollievo, prima di guardare Dobby. «Puoi prendere Coral per me?»
«Certamente, padrone,» disse Dobby felice, indicando Coral e facendola levitare in alto prima di posarla sul petto di Harry.
«Grazie, Dobby,» fece Harry, provando a trattenersi dal diventare troppo emotivo. Era un sollievo così grande sapere che stava bene sul serio. Aveva avuto paura che fosse morta.
:Sono felice che tu stia bene, Coral: Le disse.
:E io per te,: rispose lei, prima di arrotolarsi al centro del suo petto, sopra il suo sterno.
Harry sorrise e chiuse gli occhi, riaddormentandosi mentre Dobby lo vegliava.

O o O o O

«Voleva vedermi, Preside?» Chiese Severus, entrando nell’ufficio.
Erano trascorse meno di ventiquattr’ore da quando Harry aveva subito la maledizione, e in due giorni gli studenti sarebbero rientrati dalle vacanze. Harry era ancora in infermeria, le braccia ancora immerse nel liquido blu.
Silente annuì, indicandogli la sedia davanti alla propria scrivania. Severus notò che non gli era stata offerta una caramella al limone. Questo non prometteva bene.
«Ho appena finito di parlare con gli Indicibili,» Disse Albus, l’azzurro dei suoi occhi era come un oceano turbolento.
«Oh?»
«La busta della lettera era fatta di pergamena di Man.»
«Pergamena di Man? Non ne so molto, ma pensavo che non ne esistesse più,» chiese Severus con una smorfia.
«Lo pensavo anch’io. La pergamena di Man è stata dichiarata illegale oltre tre secoli fa, ma siccome continuava ad essere prodotta illegalmente e usata per scopi oscuri, come abbiamo di recente sperimentato noi stessi, divenne necessario distruggerne la fonte all’inizio del 1800.
«I bovini dell’isola di Man furono completamente sterminati dalla stirpe magica a causa delle proprietà della loro pelle, che veniva usata per produrre la pergamena di Man. Questa pelle era impermeabile alla magia, poiché incorporava una sorta di campo ‘anti-magia’. Nemmeno io conosco tutti i particolari, ma ricordo che da piccolo sentivo le persone parlare dei pericoli che implicava. Può passare attraverso qualunque scudo, poiché esso non riconoscerebbe nemmeno la sua presenza.»
Severus spalancò gli occhi.
«Vedo che comprendi. Qualsiasi cosa venga posta all’interno della busta sigillata non può essere rintracciata dagli scudi o da qualsiasi dispositivo magico. La pergamena può essere utilizzata come un passaggio attraverso qualsiasi difesa magica.»
Severus non sapeva che cosa dire. Questo era un bel guaio, in particolare perché la pergamena di Man non era stata usata nel futuro, almeno non che lui sapesse. Però, c’erano state alcune morti inspiegabili proprio verso l’inizio della guerra. Forse Voldemort aveva usato la pergamena per liberarsi rapidamente di alcuni personaggi che credeva sarebbero poi diventati un problema per lui, come Amos Diggory e alcuni altri membri del Wizengamot. Le loro morti non erano mai state chiarite. Ma allora, Severus non aveva avuto alcuna ragione per presumere che il Signore Oscuro avesse realmente ottenuto e usato della pergamena di Man nel futuro. Però adesso gli diede da pensare.
Severus si riscosse dai propri pensieri, ma dovevano essere stati visibili sul suo volto nel momento in cui incontrò gli occhi pensierosi del Preside. Decise rapidamente di parlare prima che Silente potesse domandargli a che cosa stesse pensando.
«Non ho sentito di niente del genere che sia circolata a Notturn Alley o nelle altre articolazioni meno conosciute del mercato nero. Perciò è probabile che questa pergamena fosse nelle mani di qualcuno che ha i mezzi per conservarla in segreto, a meno che il responsabile non l’abbia ottenuta fuori dall’Europa.»
Silente annuì. «Sono arrivato alla stessa conclusione, ma sfortunatamente ciò non ci porta più vicini al responsabile.»
«Gli Indicibili sono stati in grado di determinare qualcos’altro?»
«La pergamena di Man usata per realizzare la busta era antica di almeno 190 anni. Non possono determinarne l’antichità con esattezza a causa delle proprietà magiche del materiale, ovviamente, ma sono riusciti a capire questo. E per il sigillo dell’ICM su di essa, era contraffatto. A quale scopo comunque, non ne ho idea. È molto improbabile che si aspettassero che credessimo alla sua autenticità e incolpassimo l’ICM.»
«Quindi è per deriderci,» suggerì Severus.
«Possibile,» concordò Silente, prima di cambiare l’oggetto della conversazione. «Cornelius è molto impaziente di arrivare in fondo a questa storia, e ha preso una… curiosa posizione al riguardo. Ha seguito il mio consiglio e ha affidato l’intera investigazione a Madama Bones, che ha acconsentito a lavorare con gli Indicibili. Ci sono dei dubbi sul fatto che possano riuscire a rintracciare l’origine della busta o della lettera fino al mittente, o i mittenti, ma se esiste qualcos’altro da scoprire, sono sicuro che lo troveranno.»
Severus annuì, sapendo dal futuro che Madama Bones sapeva come fare le cose. Anche in circostanze disperate.
«Parlando d’altro, Madama Bones mi ha detto che ha contattato alcuni guaritori del San Mungo che hanno acconsentito a sovrintendere alla trasfusione di sangue con Remus e me, il prossimo fine settimana. Sia io che lei siamo d’accordo nel proseguire con la cura per la licantropia, nonostante i fatti recenti.»
«Concordo, Preside. Madama Pomfrey le ha dato il via libera per farlo?»
«Con riluttanza, ma sì. Sembra che io mi sia ripreso del tutto dal processo di assorbimento della magia bianca nel mio nucleo e nel mio organismo. Non sento alcuna differenza rispetto a prima che l’avessi, ma se mi concentro, riesco a percepirla. È una sensazione piuttosto peculiare.»
Severus sbatté le palpebre, domandandosi che cosa ciò potesse significare. Dopotutto, Albus era più in sintonia con la propria magia della maggior parte delle persone. Aveva senso che fosse consapevole della magia bianca, se si concentrava.
«Ho vegliato su Harry la scorsa notte, mentre dormiva. A che trattamento lo hai sottoposto? Ho chiesto a Madama Pomfrey, ma mi ha detto che la scelta è stata tua, non sua,» chiese Silente dopo un momento.
Severus mantenne neutrale la propria espressione, convincendosi che non aveva nulla da nascondere in merito.
«Madama Pomfrey le ha descritto l’entità delle ferite del Signor Potter?»
«Non nel dettaglio. Ad essere sinceri, mi è sembrato che non volesse ripeterle a voce alta, nemmeno a se stessa,» ammise Silente.
Severus non fu sorpreso da quell’affermazione.
«Le ossa delle mani di Potter hanno subito un danno esteso, perdendo oltre il novanta per cento del midollo osseo, quasi tutta la cartilagine, e il venticinque per cento dell’osso compatto. Sfortunatamente la maledizione si è diramata nei polsi e leggermente in radio e ulna, ma non ha avuto l’opportunità di causare la stessa quantità di danni che ha inflitto alle sue mani.»
«Non c’è dubbio che dobbiamo ringraziare te per questo,» disse dolcemente il suo mentore, e i suoi occhi scintillavano di una tenerezza da cui Severus non riusciva a distogliere lo sguardo, non importava quanto lo desiderasse.
Severus deglutì. «Ho solamente reagito.» Non voleva spiegare tutto, e sperò che la breve replica sarebbe stata sufficiente. Sembrò di sì, per ora.
«E la pozione? Non mi risulta familiare. L’hai creata?»
«Sì, Preside. Una volta determinato lo stato delle ferite del Signor Potter, sono riuscito a creare una pozione con lo specifico obiettivo di trattarle - per ricostruire le sue ossa dall’interno, usando l’osso rimanente come fondamenta, invece che iniziare da zero come fa l’Ossofast. Sono convinto che questo trattamento, sebbene richieda più tempo dell’Ossofast, alla fine sia migliore.»
«Immagino che preparare una tale pozione sia un lavoro piuttosto complicato, figuriamoci crearla,» valutò Silente. «E riuscirci nelle poche ore in cui tu lo hai fatto, è un bel traguardo, se posso dirlo.»
«Il tempismo era fondamentale. Più a lungo Potter fosse rimasto privo di cura, più alta sarebbe stata la probabilità che le ferite peggiorassero. Così com’è, gli ci vorrà del tempo per ristabilirsi, e fino a quando le sue ossa non si saranno completamente ricostruite, saranno vulnerabili. Ho creato la pozione spinto dalla necessità, niente di più.»
«Niente di più?» La voce di Silente, vecchia ma forte, era gentile, sebbene c’era un tono accusatorio in essa, come se non gli credesse. «Severus, nonostante quello che può dire qualcuno, non sono uno sciocco. Tu tieni al ragazzo, e sebbene la cosa possa essere iniziata come un senso del dovere o un debito che sentivi di avere verso Lily, ora non lo è più. Non hai bisogno di nascondermi la verità.»
Severus interruppe il contatto visivo, poiché le parole del suo mentore lo avevano colpito più in profondità di quanto Albus potesse mai immaginare.
La verità. Severus chiuse gli occhi per un lungo istante, concentrandosi.
Prima d’ora, si era assicurato di comportarsi in modo tale da far sembrare che stava solo vegliando su Harry e guidandolo per onorare la memoria di Lily e accertarsi che suo figlio sarebbe cresciuto e diventato tutto ciò che poteva diventare, ma oramai pareva che queste scuse, non importava quanto fossero fondamentalmente vere, fossero state spazzate via.
Silente era giunto al cuore della situazione.
«È così difficile da ammettere, Severus?»
Severus non rispose, provando a pensare a come doveva muoversi per distogliere la conversazione da questo ambito, prima di dire qualcosa di cui si sarebbe pentito.
«Severus, devo ammetterlo, mi hai preoccupato negli ultimi mesi. Talvolta, sei del tutto te stesso, o almeno il te stesso che vuoi che gli altri credano che tu sia. E poi, altre volte, tu… non lo sei.»
Severus sollevò lentamente lo sguardo, desiderando aver previsto questa situazione per essere meglio preparato.
«Non so che cosa dirle, Preside,» disse con sincerità.
Silente sospirò, come se fosse addolorato dall’apparente difficoltà emotiva del suo insegnante di pozioni.
Severus non riusciva a credere che stesse accadendo. Certo, avrebbe dovuto sapere che qualcosa del genere sarebbe potuto accadere prima o poi. Nel futuro, Albus pensava che fosse necessario essere, beh, un po’ sdolcinato, alle volte. Non c’erano davvero altre parole per descriverlo. Il suo mentore, uno dei più potenti maghi del secolo, se non del millennio, era un sentimentale, e talvolta voleva condividere le smancerie, specialmente quando le circostanze diventavano critiche.
Severus chiuse gli occhi e non poté evitare di rilasciare un respiro esasperato.
Che cosa doveva fare?
«Preside, anche se apprezzo il suo interessamento per me, non c’è nulla di cui parlare,» iniziò, solo per capire che era probabilmente l’ultima cosa da dire se voleva porre fine alla discussione in cui si trovava al momento.
«Molto bene, Severus. Se non desideri discuterne, lascerò cadere la questione,» disse lui, apparentemente decidendo di avere pietà di lui. Severus gliene fu grato, ma sapeva che non doveva ancora ritenersi fortunato. «Comunque, volevo solo che sapessi che è una buona cosa permetterti di tenere di nuovo a qualcuno. Oserei dire che Harry avrà bisogno di qualcuno - come dicono i babbani?- oh, sì, ‘dalla sua parte’, come sei tu, evidentemente.»
Bene, non era stato doloroso come si era aspettato.

O o O o O

Remus entrò in Infermeria, non sapendo che cosa aspettarsi. Aveva parlato con Madama Pomfrey e con la Professoressa Sprite, ovviamente, ma c’era differenza tra il sentirselo dire e vederlo con i propri occhi.
«Grazie, Dobby,» aveva sentito Harry dire dall’altra parte della tenda.
«Dobby è felice di aiutare il grande e gentile padrone!» Rispose Dobby mentre Remus aprì appena la tenda e si affacciò.
«Spero che questo sia un buon momento,» fece Remus, trovando il figlio del suo vecchio amico che sedeva nel letto con le braccia immerse nel liquido blu creato da Severus Piton.
Dobby era accanto al letto di Harry, e stava facendo levitare un libro di fronte al ragazzo, mentre Coral riposava arrotolata in cima al suo testone.
«Oh, certo, Professore,» disse subito Harry. Remus fu quasi certo che il ragazzo fosse annoiato.
Remus sorrise e si sedette sulla sedia vuota accanto al letto di Harry. «Ti tieni occupato, vedo,» commentò, indicando il libro ancora a mezz’aria.
Harry si strinse nelle spalle, sebbene era limitato nei movimenti dagli incantesimi che gli tenevano ferme le braccia. «Non è che possa fare qualcos’altro,» ammise, abbassandosi lo sguardo sulle braccia.
«Per quanto tempo dovrai restare qui?» Chiese Remus.
«Madama Pomfrey vuole che resti per altri due giorni, ma il Professor Piton dice che potrei riuscire ad essere dimesso prima dell’arrivo degli altri studenti; però, le mie braccia dovranno restare ancora immerse in questa… pozione. Ma dovrebbero restarci anche se rimanessi tanto a lungo quanto vorrebbe Pomfrey. Non sono sicuro di cosa il Professor Piton abbia in mente per mantenerle ricoperte da questa roba mentre seguo le lezioni, ma farò qualunque cosa mi dirà. Non voglio restare a letto più di quanto ci sia costretto.»
«Hai bisogno della pozione così a lungo?» Domandò Remus, incapace di trattenere la sorpresa nella propria voce.
«Sì, signore. Il Professor Piton ha detto che quello che la maledizione ha rimosso in pochi secondi, avrà bisogno di giorni, se non settimane, per ricrescere.»
«E l’Ossofast? Impiega solo ventiquattr’ore a ricostruire le ossa di un arto intero.»
«Penso che sia in conflitto con il residuo rimasto dalla maledizione. Dobby ha detto che il Professor Piton è stato abbastanza chiaro nell’ordinare che non mi fosse dato l’Ossofast.»
«Capisco. Beh, il Professor Piton è esperto in questo tipo di cose.»
Harry annuì, sebbene avesse uno sguardo perplesso.
«Sembri confuso, Harry. C’è qualcosa che mi vuoi chiedere?»
Harry cominciò a scuotere la testa in modo negativo, ma poi esitò. «Beh, è - non sono proprio affari miei.»
«Non c’è alcun male nel chiedere, Harry. Se è qualcosa di troppo personale, ti dirò che è così e lasceremo stare.»
«Okay. Beh, ho più o meno origliato la Professoressa McGranitt e Madama Pomfrey che parlavano, ieri. Hanno detto delle cose strane… perlopiù sul Professor Piton.»
«Ah. Penso di capire la tua esitazione ora. Che cosa hanno detto di lui?»
«Di quanto è diverso, di quanto sia strano che sia stato in grado di sopraffare la maledizione come ha fatto, e cose del genere. Mi ero appena svegliato, ma ricordo bene che una di loro ha detto che lui ha avuto un passato oscuro. Non lo so, era strano, e mi ha incuriosito. Che genere di passato oscuro ha avuto?»
«Harry, non sono sicuro che dovrei davvero dirti qualcosa, ma capisco che hai riflettutto molto su questo fatto, quindi ti dirò solo ciò che è storia pubblica. Nell’ultima guerra, il Professor Piton è stato una spia della Luce. Ha passato informazioni a Silente, e con esse lui è stato in grado di aiutare gli altri. C’è di più sulla questione, ovviamente, ma la cosa importante è che, sebbene il Professor Piton abbia un passato piuttosto oscuro, si è redento facendo qualcosa che molte poche altre persone possono fare.»
Harry spalancò gli occhi. «Quindi, molte delle cose oscure che conosce vengono dalla sua esperienza nel fingere di essere cattivo?»
Remus sospirò, non volendo mentire, ma trovando difficile dire ad Harry tutta la verità. «Nessuno è perfetto, Harry. Tutti commettono errori, fanno cose di cui si pentono, e il Professor Piton non è escluso. Non dimenticarlo mai. Ma sappi anche che le persone possono crescere partendo dai propri sbagli e diventare qualcuno cui bisogna portare rispetto. Puoi promettermi che lo ricorderai?»
Harry annuì.
Remus gli aveva certamente dato una grossa questione su cui riflettere.

O o O o O

Albus chiuse gli occhi quando Severus lasciò il suo ufficio.
Desiderava poter vedere che cosa stava succedendo nella testa del suo ex studente, ma non poteva; però, anche se avesse potuto, aveva questioni più importanti su cui concentrarsi. Come il modo di proteggere Harry da qualcosa che poteva attraversare gli scudi e da qualcuno con una conoscenza spaventosa della magia oscura.
D’improvviso, il suo camino lampeggiò di verde, avvisandolo di una chiamata tramite Metropolvere.
«Preside?»
«Ah, Anna,» disse lui, alzandosi e trovando il volto dell’Indicibile tra le fiamme.
«L’ho trovata. Posso venire lì?» Domandò lei.
«Naturalmente.»
Un momento dopo, la donna, che era molto più bassa di lui, stava in piedi nel suo ufficio.
«Mi ci è voluto un po’ per trovarla, ma, come le avevo detto, ero certa che si trovasse nella Biblioteca Proibita,» disse lei, prima ancora che Silente potesse anche offrirle una sedia.
«Grazie per aver trovato il tempo di tornare da me così in fretta,» affermò lui, tirando via la sedia da sotto la sua scrivania per darla a lei, prima di sedersi sulla propria.
«Si figuri. Bene, ho scoperto che è stata riposta nella Biblioteca 800 anni fa. Viene chiamata ‘Exosso’ - conosciuta anche come ‘la Mangia Ossa’. È una maledizione davvero orribile. Anche se, originariamente, era invece piuttosto utile. I cuochi la usavano per rimuovere le ossa dalla carne senza doverla tagliare. Di sicuro era usata più per dare spettacolo a beneficio degli spettatori che osservavano le fiamme nere danzare sulla carne che per scopi pratici. Comunque, un signore oscuro prese l’incantesimo e lo trasformò in ciò che è ora. Con quello che ho scoperto di recente, sono stupita per ciò che mi avete riferito.
Il fatto è che il Signor Potter non dovrebbe già essere in via di recupero. Vede, la maledizione ha una trappola esplosiva di qualche tipo, e quando viene esposta a certi tipi di magia che coinvolgono le ossa, si risveglia, usando come carburante quell’incantesimo o la magia fornita, e così continua ad attaccare la vittima. Avete detto che Severus Piton ha inventato un modo per iniziare a curare Potter nonostante i residui della maledizione fossero ancora presenti?»
«Sì, anche se Madama Pomfrey mi ha riferito che Severus era stato in grado di rimuovere la maggior parte dei residui prima che il Signor Potter lasciasse la Sala Grande.»
Anna spalancò gli occhi. «Impressionante.»
«Già. Severus è piuttosto dotato.»
«I miei colleghi vogliono capire come è stato capace di creare la pozione che sta usando per ricostruire le ossa di Potter,» affermò lei dopo un momento.
«Hmmm, beh, non vorrei turbare ulteriormente Severus con altre domande; comunque, sono sicuro di potervi procurare un campione della pozione, questo sarebbe accettabile in cambio?» Suggerì Silente.
«Capisco, e avere un campione sarebbe accettabile. Grazie, Preside.»
Albus annuì, particolarmente grato che gli Indicibili spesso si preoccupassero più di capire il “cosa” piuttosto che il “come” o il “perché”. Comunque, suppose, nel loro metodo di lavoro, era spesso meglio non chiedersi determinate cose.
«Beh, è ora che io ritorni,» fece Anna.
«Certo. Grazie del suo aiuto, mia cara.»
«Quando vuole.»

O o O o O

«Ho posto degli incantesimi respingenti sulle fasce, ma dovrai comunque fare attenzione,» avvisò Severus, aiutando Harry a mettere le mani e le braccia bendate nelle due fasce che gli andavano fin sulle spalle, intorno al collo, e che si incrociavano dietro la sua schiena in modo che le braccia potessero rimanergli appoggiate in modo comodo e sicuro contro la pancia.
«Capisco, Signore,» disse Harry, guardandosi le mani bendate. Sapeva che se si fosse guardato in uno specchio in quel momento, sarebbe apparso come se stesse cullando un neonato. Beh, qualunque cosa pur di non essere più un paziente chiuso in Infermeria.
Madama Pomfrey aveva impiegato mezz’ora per avvolgergli con prudenza un dito alla volta, prima di ricoprire i palmi, i polsi e gli avambracci con le bende imbevute di pozione. Dopo, era stato tutto spalmato con uno strano impasto che impediva alla pozione di asciugarsi e che rinforzava le garze al punto da impedire qualsiasi movimento alle dita e ai polsi - un’ingessatura.
Lei gli aveva detto che il Professor Piton voleva che lui continuasse ad assorbire la pozione tramite la pelle, durante tutto il giorno. Solo durante il mattino ci sarebbe stata una pausa in cui avrebbero rimosso il vecchio bendaggio e avrebbero posto il nuovo.
Harry era grato che la pozione eliminasse qualsiasi prurito, o altrimenti sarebbe diventato pazzo. Anche così, gli mancava davvero poter muovere le mani.
«Onestamente, non so quanto tempo ci vorrà, Potter,» disse Piton una volta che ebbe finito. «Ma confido che il tuo elfo domestico sarà con te per assisterti.»
«Dobby aiuterà il padrone!» Esclamò Dobby con sicurezza, con un’aria piuttosto elegante per essere un elfo domestico, data dall’uniforme. «Dobby porterà le sue cose per la scuola e preparerà la sua piuma autoscrivente per gli appunti e-»
«Apprezzo la tua devozione al tuo padrone, Dobby,» lo interruppe affabilmente il Professor Piton, prima di tornare a guardare Harry. «Dobby sarà le tue mani per il tempo necessario. Gli altri professori ovviamente conoscono la situazione e adegueranno le cose di conseguenza. Riguardo a come mangerai senza usare le mani, il Preside mi ha detto che ha già sistemato tutto. Hai qualche domanda?»
«No, Signore,» rispose lui, mentre Coral si arrotolava intorno alla parte superiore della fascia, sopra le braccia. Sembrava contenta e comoda lì.
Severus ora era davvero felice di aver preso l’iniziativa e di averla presa per Harry a Diagon Alley. Il serpente era chiaramente un’alleata inestimabile e un conforto per Harry.
«Un’altra cosa. C’erano degli articoli sull’attacco che hai subito nell’edizione di ieri della Gazzetta del Profeta. Non voglio che tu sia colto alla sprovvista.»
«Grazie, Professore.»
«Gli studenti arriveranno nella Sala Grande entro un’ora. Puoi cominciare a dirigerti lì, se vuoi.»
Harry annuì, alzandosi dal letto con cautela e permettendo alle braccia di assestarsi nelle fasce speciali. Quando fu sicuro che fossero salde, annuì verso Dobby, e insieme si diressero verso la Sala Grande.


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Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Lite.




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Capitolo 17
*** Lite ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 17: [Altercation] Lite

«Ecco, padrone,» disse Dobby allegramente, poggiando rapidamente sul tavolo le posate che la Professoressa Sprite gli aveva dato per farle usare a Harry.
«Grazie, Dobby,» rispose Harry, prima di sedersi. Neville prese posto accanto a lui pochi istanti dopo.
Erano passati due giorni da quando era terminata la pausa invernale, e Harry si stava comprensibilmente ancora aggiustando alla sua nuova condizione. I suoi compagni, perlopiù, erano stati gentili e non lo avevano disturbato con domande fastidiose o con preoccupazione eccessiva, ma il loro silenzio poteva essere altrettanto fastidioso. Lo confondevano. Da una parte, Harry era felice che gli stessero dando spazio, ma un’altra parte di lui desiderava che si comportassero diversamente. In modo normale, magari? Certo, suppose che se lui fosse stato al loro posto, si sarebbe sentito anche lui curioso, nervoso e confuso su se stesso.
Per fortuna, Neville e Draco rimasero al suo fianco e continuarono a trattarlo allo stesso modo, beh, quasi sempre. Non avere l’uso delle mani fa sì che a un certo punto uno debba affidarsi ad altri, anche se quel qualcuno pratica la magia.
Harry abbassò lo sguardo al proprio piatto mentre il cibo appariva e Dobby si metteva immediatamente al lavoro, richiamando porzioni di cibo dai piatti di portata a quello di Harry, riempiendolo di un po’ di tutto.
«Grazie, Dobby,» disse lui automaticamente, prima di focalizzare l’attenzione sulla forchetta e il coltello.
Silente li aveva incantati specificamente per farli reagire alla sua magia e alla sua volontà. Harry ne era particolarmente grato. Il pensiero di essere imboccato da qualcuno a ogni pasto non era stato per niente attraente.
Mentre lui si concentrava sul suo scopo, le posate si sollevarono, come se impugnate da due mani invisibili, e iniziarono a tagliargli il cibo. Gli ci erano voluti buoni dieci minuti di tentativi per farci la mano all’inizio, ma era una cosa piuttosto naturale e più facile di quanto sembrasse.
Tutto quello che dovevi fare era immaginarti mentre usavi le posate e il resto veniva in modo automatico.
La magia era così fantastica.
«Pronto per Trasfigurazione?» Chiese Neville.
«Sì. Pensi che prenderemo appunti anche oggi?» Domandò l’altro.
«Non penso,» rispose Neville.
«I Ravenclaw hanno accennato a un lavoro con le pietre e i libri,» si intromise Susan.
Harry sollevò un sopracciglio. «Sembra… interessante. Beh, supponi di voler nascondere un libro, trasformarlo in una pietra sarebbe un bel travestimento, no?»
Susan e alcuni altri annuirono mentre finivano la colazione.

O o O o O

Minerva osservò le matricole Hufflepuff e Gryffindor che prendevano posto. Harry entrò con Dobby e Neville, prima di sedersi vicino al fondo dell’aula.
Fece un silenzioso sospiro.
La resilienza del ragazzo era impressionante. Poteva solo immaginare quanto fosse frustrante il non poter usare le mani, ma lui lo stava gestendo senza problemi, almeno fino a quel momento. Certo, l’avere un amico leale al proprio fianco, che sapeva quando farsi avanti e aiutare e quando tenersi in disparte, era una vera benedizione.
La donna scosse la testa. Neville era davvero il figlio di Frank e Alice. Augusta era cieca.
Facendo il giro della cattedra, iniziò la lezione, discutendo la meccanica di ciò che avrebbero fatto quel giorno.
Guardò Harry e Dobby. Dobby aveva già preparato la piuma autoscrivente e la pergamena, e le parole di Minerva senza dubbio venivano già scritte per gli appunti di Harry.
Gli elfi domestici potevano davvero essere la risorsa più preziosa per i maghi, oltre alla magia in generale, ovviamente. Anche ora, una dozzina di elfi domestici stavano felicemente controllando la posta in entrata nel castello, assicurandosi che niente di pericoloso passasse attraverso gli scudi per far di nuovo male a qualcuno. Albus aveva parlato con gli elfi domestici di Hogwarts e aveva chiesto loro se ci fossero volontari per il pericoloso incarico. Alla fine, aveva dovuto organizzare dei turni per tutti loro per svolgere il compito, poiché tutti avevano voluto dare una mano.
Beh, almeno non dovevano più preoccuparsi della posta usata per danneggiare gli studenti.
«Ora, vorrei che tutti voi trasfiguraste i libri di fronte a voi in pietre. Ricordate, la chiave è la visualizzazione,» disse, prima di cominciare a passeggiare per l’aula per controllare i loro tentativi.
Harry, ovviamente, non poteva partecipare a questa parte della lezione. Per il momento, sarebbe stato in grado di lavorare solo sulla pronuncia dell’incantesimo. Per fortuna, gli esami alla fine del primo anno erano più focalizzati sulla conoscenza degli incantesimi che sulla capacità reale di lanciarli.
Facendo un giro dell’aula, fu compiaciuta quando Neville riuscì a far apparire la copertina del suo libro “rocciosa”. Era decisamente un buon indizio che stava pensando nel modo giusto.
«Fantastico, Neville, riesco a vedere la consistenza rugosa della pietra,» disse Harry, felice per il proprio amico. Neville esultò prima di continuare i suoi tentativi.
Le mani e le braccia di Harry rimasero immobili, cullate nella doppia fasciatura.

O o O o O

Severus entrò nel suo salotto, progettando di iniziare a leggere la nuova rivista di pozioni a cui si era da poco abbonato. Sfortunatamente, non appena stava per abbandonarsi nella sua poltrona, il camino lampeggiò di verde.
Voltandosi verso di esso, trovò il volto di Lucius tra le fiamme.
«Lucius,» lo salutò.
«Spero di non star interrompendo qualcosa che non può aspettare,» iniziò, sebbene il tono della sua voce non fosse dispiaciuto.
«Per niente, anche se la tua chiamata è inaspettata.»
«Già. Posso venire lì? C’è qualcosa di cui devo parlarti, e discuterne tra le fiamme non è qualcosa che sono entusiasta di fare.»
«Certo, Lucius, non hai bisogno di chiederlo,» fece lui, decidendo di essere il più invitante possibile.
Il volto di Lucius scomparve, e un istante più tardi l’uomo passò attraverso il fuoco verde.
Severus gli indicò la poltrona davanti alla propria accanto al camino, e Lucius si sedette senza dire una parola.
Curioso, e intimamente un po’ allarmato dall’improvvisa visita del purosangue, Severus aspettò in silenzio, sapendo che Lucius avrebbe iniziato la conversazione quando fosse stato pronto.
«Severus, siamo entrambi uomini rispettabili.»
«Sì, Lucius.»
Dove voleva arrivare?
«Sappiamo che cosa è importante e che cosa non lo è.»
Severus non lo avrebbe contraddetto, così annuì.
«Sono diventato consapevole di alcuni… accadimenti all’interno del Ministero.»
«Accadimenti?»
«Chiunque sia responsabile mi sta accuratamente evitando e tenta di rimanere del tutto nascosto da chiunque, ma sono i dettagli più sottili che hanno colto inizialmente la mia attenzione. Non so chi siano, quindi non chiederlo, ma sono certo che abbiano usato degli incantesimi di memoria, e non sarei sorpreso se fossero coinvolti anche degli Imperio. Non so che cosa stiano tramando esattamente, ma ho notato una certa quantità di attività sospette in alcuni dipartimenti. Non credo che il Ministro sia coinvolto in tutto ciò. Eheh - dubito che si siano anche solo accorti che c’è qualcosa che non va - lo sai quanto è pateticamente facile infiltrarsi tra loro,» fece una smorfia prima di continuare. «Severus, ci sono individui potenti che frugano nel Ministero e vogliono uccidere il ragazzo dei Potter; i recenti eventi me lo hanno reso chiaro.»
Severus fece una smorfia, domandandosi che cosa Lucius si aspettava che lui facesse con questa informazione.
Era sicuro che l’uomo non gli avrebbe mentito, non in questo modo, comunque.
«Deve sembrare strano - io che vengo da te a dirti queste cose. Il fatto è che io e te siamo uguali. Siamo entrambi legati al ragazzo da un Debito di Vita - il tuo passa tramite suo padre, il mio tramite mio figlio. Pochi conoscono del tuo debito verso Potter, ma il mio… tutti lo sanno. È questo il motivo per cui queste persone mi stanno evitando. Sanno che se scopro i loro piani sarò obbligato ad agire. Sanno che non posso danneggiare la mia famiglia con la furia della magia antica, e ignorare le loro aggressioni a colui che ha salvato il mio erede, ragazzo-che-è-sopravvissuto o no.»
«Capisco,» affermò Severus, scegliendo rapidamente un corso d’azione. «Sai su quali dipartimenti si stanno concentrando? Qualcosa di specifico?»
«Soprattutto ricerca, in particolare nella Biblioteca Proibita. Non ho le prove, ma i miei sospetti portano a quel posto abbandonato. Ci sono state alcune strane coincidenze che sarebbero passate inosservate quasi da tutti, ma a me sembrano un po’ troppo fuori posto.»
Beh, se quello che diceva Lucius era vero, spiegava dove avevano preso la maledizione. Avevano usato la Biblioteca, il che voleva dire che avevano avuto accesso anche a tutti gli altri incantesimi che si trovavano lì. Non andava affatto bene.
«Sai quanto accesso hanno avuto agli incantesimi?» Domandò Severus.
«Se il mio istinto è nel giusto, hanno accumulato circa un’ora in quel luogo oppure hanno usato delle persone che lo hanno fatto per loro. Sono molto bravi in ciò che fanno, Severus. Anche se ho avuto accesso agli ingressi della biblioteca, non sono stato in grado di ottenere le prove che stava succedendo qualcosa di improprio.»
«Che cosa ti fa pensare che questa attività sia connessa al recente attacco a Potter?»
«Davvero, Severus, già solo la tempistica è un motivo di forti sospetti, particolarmente se consideriamo la spietatezza della maledizione, ma il fatto che stessero tentando di nascondere a me le loro azioni dovrebbe essere un indizio sufficiente.» Lucius si appoggiò allo schienale, gli occhi dalla luce pericolosa. «Lo sai che non sono uno rispettosissimo della legge, e se qualcuno deve regolare i conti con qualcun altro, anche se include l’usare la magia oscura, non sono solito fare la spia. Al massimo, gli indicherei una migliore fonte di materiali; ma con questo debito non sarei in grado di fare lo stesso se scoprissi che coinvolge Potter, non importa quanto mi nausei ammetterlo. E loro lo sanno.»
«Capisco. Ti ringrazio per aver portato questa questione alla mia attenzione. Farò ciò che posso per assisterti nei tuoi doveri. Come hai detto, sono anch’io sottoposto agli stessi obblighi. Forse possiamo aiutarci l’un l’altro in questa situazione problematica.»
Lucius sorrise. «Sapevo che avevo ragione a venire da te, Severus. Tu capisci che cos’è in gioco. Sai che cosa è più importante.»
Severus chinò la testa, concordando, e in un saluto rispettoso.
Aveva molto da fare.

O o O o O

«Hai bisogno di aiuto, Harry?» Gli chiese Neville il giorno dopo mentre si preparavano.
Harry doveva fare tappa in Infermeria per cambiarsi l’ingessatura e le bende intrise di pozione, prima della colazione, ma grazie agli ultimi giorni di pratica, ci avrebbe impiegato solo un quarto d’ora.
«No, c’è Dobby, grazie comunque,» rispose Harry, sedendosi sul bordo del letto mentre Dobby gli si inginocchiava ai piedi per aiutarlo a infilare le scarpe.
«Sai, non capisco perché non ti curi da solo e basta. Curi tutti gli altri. Se sei un così grande dispensatore di miracoli, perché non curarti da solo - o ti piacciono le attenzioni? È ovvio che ti piace essere servito dall’elfo domestico,» affermò freddamente Smith, mentre prendeva le proprie cose e indirizzava a Harry un’espressione disgustata.
«La vuoi piantare?» Fece Justin, mentre Harry voltava la testa verso Smith.
«Se proprio vuoi saperlo, Smith, visto che il nocciolo della tua domanda è ragionevole,» disse, decidendo di ignorare l’ostilità del ragazzo e l’accusa odiosa, «il Professor Piton mi ha detto di non farlo. La maledizione non è stata completamente distrutta. Se, mentre tentassi di guarirmi le mani, la mia magia dovesse toccare i residui della maledizione, questa potrebbe risvegliarsi e la maledizione userebbe la mia magia come carburante, il che la renderebbe molto più difficile da fermare. Madama Pomfrey è d’accordo con il Professor Piton.» Harry abbassò gli occhi alle proprie mani bendate.
Il Professor Piton aveva comparato la maledizione a un fuoco, quando gliel’aveva spiegata. Perché il fuoco esista, deve avere tre cose: calore, ossigeno, e carburante (qualcosa da bruciare). La maledizione funzionava per lo più allo stesso modo. Doveva avere almeno qualche residuo di sè che agisse come ’calore’, abbastanza ossa che facessero da ‘ossigeno’ e la magia che faceva da carburante. Il carburante iniziale proveniva dalla magia che colui che lanciava la maledizione vi metteva dentro, ma dopo di quello essa usava la magia della vittima.
Era stato disturbante scoprire che non era stato solo l’osso a venire consumato quando Harry era stato soggetto alla maledizione, ma anche l’innata magia presente nelle sue mani era stata bruciata, usata nell’orribile reazione magica. Per fortuna, il Professor Piton gli aveva assicurato che la magia perduta non era importante.
Harry guardò nuovamente Smith. «Quindi non proverò a curare me stesso perché è più sicuro in questo modo, anche se possono volerci settimane per guarire.»
«Pfft, sì certo,» fece Smith, prima di andarsene.
«È proprio un imbecille, no?» Disse Ernie, scuotendo la testa.
«Ha dei problemi, è ovvio,» concordò Justin.
Harry sospirò, desiderando che Smith smettesse di comportarsi da idiota e lo lasciasse stare.
Ogni giorno era più o meno lo stesso con Smith.
Commenti acidi, sguardi rancorosi, smorfie, e cose simili. Stava iniziando a stufarlo, a dirla tutta. Ma non stava facendo nient’altro che potesse essere riportato a un professore. Stava solo facendo il cretino. Dirlo a un professore a questo punto non sarebbe stato d’aiuto, anzi, avrebbe reso solo Smith ancora più ostile.
Beh, decise Harry, Smith avrebbe fatto meglio a mantenere le cose come stavano e non spingersi oltre. Non era sicuro di come avrebbe potuto reagire Dobby se Smith avesse tentato di fare qualcosa contro Harry, ma probabilmente non sarebbe stato niente di carino. Dobby era piuttosto protettivo. E lo stesso valeva per Coral, gli aveva già detto che lo avrebbe morso alla prima occasione.
Harry non aveva chiesto se sarebbe stato un morso con o senza veleno, ma sperò di non doverlo mai scoprire, per il bene di Smith.
Le lezioni quel giorno andarono come si era aspettato, come le altre di quella settimana. Per la maggior parte del tempo ascoltava, mentre la sua piuma autoscrivente prendeva appunti, ma non era poi così male come pensava che sarebbe stato. L’unica parte noiosa delle lezioni era guardare mentre tutti gli altri facevano pratica, lanciavano incantesimi o simili. Erbologia era probabilmente la peggiore in quel senso, perché era perlopiù un lavoro manuale.
Spesso, Harry si trovava a dover ricordare a se stesso che la sua condizione non sarebbe durata per sempre.

O o O o O

«Grazie per avermi permesso di essere qui, Professore,» disse Harry al Professore di Pozioni.
Si trovavano nell’Infermeria con il Preside, il Professor Lupin, Madama Pomfrey e alcune persone del Ministero, incluso il Ministro e il Guaritore Hippocrates Smethwyk. Il Guaritore Smethwyk, ovviamente, era il capo del Reparto Dai Llewellyn al San Mungo. Era stato incaricato di supervisionare la prova e di prendere nota del nuovo trattamento del Professor Piton per curare la Licantropia e fornire immunità agli altri.
«Questo è stato possibile grazie ai tuoi sforzi, Signor Potter. Meriti di essere qui,» disse il Professor Piton con semplicità.
«È pronto, Preside?» Chiese il Guaritore Smethwyk, leggermente innervosito dagli oggetti sul tavolino.
Sapeva qualcosa della medicina babbana, ma non aveva mai visto di persona i loro strumenti. L’idea che questa fosse una pratica comune per i babbani era surreale. C’era così tanto potere nel sangue che il pensiero di estrarne campioni dai suoi pazienti quotidianamente era impensabile. Comunque, scoprire che i babbani donavano il sangue perché fosse dato ad altri era anche più sconcertante per lui. Essere così altruisti da dare un po’ della propria forza vitale a un totale estraneo… era qualcosa che lo rendeva piuttosto umile.
«Sì, Hippocrates, sono pronto,» rispose Silente, guardando Severus che si era posto alla sua destra con l’ago pronto.
«Confido che lei sappia cosa sta facendo, vero, Professor Piton?» Domandò Smethwyk, occhieggiando gli strumenti, a disagio. Erano quasi… alieni.
«Ho completa fiducia in Severus,» lo interruppe Silente, arrotolandosi la manica e permettendo a Severus di disinfettargli l’incavo del gomito.
Il Ministro e gli altri nella stanza guardarono con curiosità morbosa mentre Severus inserì l’ago, dopo un calmo avvertimento a Silente che avrebbe potuto sentire un po’ di dolore. Quasi immediatamente, la sacca iniziò a riempirsi.
«Beh, questa è di certo una sensazione memorabile,» disse semplicemente Albus, strizzando un calzino viola appallottolato nella mano destra per aiutare il flusso di sangue.
Per tutto il tempo, la giornalista scriveva sulla propria pergamena, poi Severus fece cenno a Remus di occupare il letto accanto a quello del Preside.
Meno di dieci minuti dopo, Severus rimosse velocemente l’ago e tenne premuto mentre Madama Pomfrey applicava un rapido incantesimo curativo.
«Grazie, Severus,» disse Albus, prima di prendere l’acqua che gli stava offrendo Poppy.
«E ora qual è il piano?» Chiese Smethwyk a Severus, guardando Remus.
«Ora il contrario,» rispose Severus, prima di mettersi al lavoro. «Sappi che sto per lanciarti contro un Petrificus Totalus, per impedirti di muoverti quando la magia bianca inizierà a fare effetto.»
«Capisco, Severus,» affermò Remus.
Con l’ago a posto e essendosi assicurati che non ci fossero bolle d’aria nel tubicino, lanciò l’incantesimo per immobilizzare Remus e per sollevare la sacca piena al di sopra della testa del licantropo.
Guardarono la sacca svuotarsi nelle vene di Remus, e all’inizio non accadde nulla.
:Il sangue sta arrivando al cuore: sibilò piano Coral. :È dove risiede la radice della maledizione:
Harry annuì, sentendo le tracce della magia bianca pulsare nell’aria intorno a Remus mentre quella iniziava a funzionare. Meno di un minuto dopo, un accecante lampo di luce bianca segnalò che era finita.
Harry fece un passo in avanti con un gran sorriso prima che chiunque riuscisse a fare o dire qualunque altra cosa. «La maledizione è sparita. Non la percepisco più,» disse, guardando il Professor Piton.
«Splendido!» Affermò Silente, saltando su e rimuovendo l’incantesimo da Remus.
Remus si tirò a sedere e provò a ricacciare indietro le lacrime di gratitudine che ora lottavano per sgorgare. Riuscì a tenerle a freno, e sebbene gli altri potessero vedere i suoi sforzi, non dissero nulla.

O o O o O

Harry stava tornando in biblioteca con Neville e Dobby quella domenica. La scuola era ancora in fermento per quello che era trapelato il giorno precedente, e molti si domandavano che cosa avrebbe significato. Ovviamente, come molte cose che accadevano a scuola, le questioni degli adulti erano spesso soverchiate da altre cose. Come la neve.
«Ehi Potter,» chiamò Draco, arrivando al suo fianco mentre scendevano lungo il corridoio, Vince e Gregory con lui.
«Ehi,» replicò Harry.
Draco non guardò nemmeno Dobby, ma Dobby non sembrò farci caso.
«Stiamo andando fuori, volete venire?» Chiese Draco. «Nott ha detto che uno degli ultimi anni ha incantato un pupazzo di neve per farlo ballare quando viene colpito da una palla di neve - dovrebbe essere ancora lì.»
Interessato, Harry annuì, decidendo che una pausa dalla biblioteca poteva fare bene a lui e a Neville. Non sembrava che stessero arrivando a niente con la loro ricerca per il momento.
Draco si raddrizzò, compiaciuto, e una volta che si furono preparati con i mantelli invernali, aprì la porta per Harry mentre uscivano.
Coral era arrotolata comodamente e caldamente sotto il mantello di Harry. Solo la testa spuntava fuori dal colletto del mantello, a pochi centimetri dal suo mento. Non doveva preoccuparsi affatto del freddo, poiché era molto vicina al calore corporeo di Harry e tra lei e l’aria esterna c’erano molti strati di tessuto. Senza menzionare il fatto che aveva anche il suo ‘maglione’ di seta.
Con un cenno di ringraziamento, Harry sorpassò Draco e uscì fuori, trovando il terreno intorno ad Hogwarts ricoperto da un ulteriore strato di neve.
Evidentemente aveva nevicato di nuovo la notte prima.
«Da questa parte, Nott ha detto che era proprio vicino alle serre,» disse Draco.
Seguendo Draco, Harry desiderò di potersi sfregare le mani una contro l’altra. Era piuttosto freddo fuori, anche con il mantello, e le mani gli dolevano un po’, a dirla tutta. Ma il dolore fu presto dimenticato quando arrivarono davanti all’elaborato pupazzo di neve che indossava un gilet rosso brillante e una piuma ingigantita come naso.
Di certo, il pupazzo iniziò a ballare non appena Draco prese una manciata di neve e gliela tirò contro.
«Ma è geniale, chi lo ha fatto?» Domandò Harry.
«Qualcuno del settimo anno di Ravenclaw, a quanto ho sentito io,» rispose Draco, facendo un’altra palla di neve prima di provare a colpire il pupazzo sulla testa.
Lo mancò.
Tutti si unirono a lui, beh, a parte Harry, ma si stava divertendo nonostante non potesse partecipare appieno. Anche Dobby provò a colpire l’agile pupazzo animato.
«Andiamo, dovremmo tornare dentro,» disse Neville una volta che il freddo si fece difficile da ignorare.
«D’accordo, ma passiamo dall’altra entrata. Voglio vedere se Flint ha mantenuto la parola e ha costruito un fortino,» fece Draco, guidandoli di nuovo.
«Tutto bene, Harry?» Chiese Neville, fermandosi quando notò la smorfia di Harry.
«Non è niente. È solo che alle mie mani non sta piacendo molto il freddo,» ammise lui.
«Perché non hai detto niente?» Domandò Neville, con tono preoccupato.
«Le mani del padrone sono fredde?» Chiese Dobby, con gli occhi che si spalancavano di preoccupazione.
«Non più di quelle di tutti gli altri,» Disse Harry con leggerezza.
Dovevano davvero crearsi dei problemi enormi per qualsiasi cosa?
«Dobby può aiutare,» affermò lui, schioccando le dita.
Improvvisamente, un calore penetrante avvolse le sue fasce, dando alle sue mani il calore che bramavano. Harry non poté evitare di sospirare piano di sollievo.
«Grazie, Dobby,» disse, domandandosi quante altre volte lo avrebbe detto prima che le sue mani fossero guarite, e se Dobby si sarebbe stancato di sentirlo. Comunque, a giudicare dall’espressione sul volto dell’elfo, dubitava che sarebbe accaduto presto.
«Ehi, ragazzi, venite?» Chiese Draco, notando che non li stavano più seguendo.
«Sì,» disse Harry, affrettandosi dietro di loro, assieme a Dobby e a Neville.
Facendo il giro intorno alle serre, riuscirono a vedere l’orto (sebbene non ci fosse molto che stava crescendo al momento), e c’erano alcuni altri studenti sparpagliati lì intorno, alcuni si tiravano palle di neve l’un l’altro.
Andando avanti, riuscirono a vedere il fortino di cui Flint aveva parlato a Draco. Flint e alcuni altri Slytherin stavano bombardando con montagne di neve chiunque si arrischiasse ad avvicinarsi.
Era davvero molto divertente.
«Ehi, allora non stava scherzando,» fece Draco, correndo per raggiungere Flint nel suo assalto ad alcuni Gryffindor e dimenticando che avevano pensato di rientrare dentro.
«Vai se vuoi, Neville,» Disse Harry con gentilezza, avendo notato lo sguardo di Neville rivolto a quelli che giocavano. «Io starò bene qui.»
«Sei sicuro?» Domandò lui. «Non voglio che rimani tagliato fuori.»
«Non che nessuno possa farci qualcosa, quindi vai. Colpisci qualche Gryffindor per me assieme a Draco. Posso guardare da qui e tenere il punteggio,» disse Harry con un ghigno, davvero non molto disturbato dal non potersi unire a loro.
«Va bene, Harry,» replicò Neville con un sorriso prima di lasciarlo e raggiungere Draco e gli altri Slytherin.
Harry e Dobby seguirono la battaglia di palle di neve. Ovviamente, quelli che avevano un riparo erano avvantaggiati, così Flint e quelli dalla sua parte stavano vincendo. Però, i gemelli dei Gryffindor gli stavano dando del filo da torcere.
«Fuoco!» Gridava uno.
«Ricarica!» Faceva l’altro.
Avevano creato un marchingegno che lanciava dieci palle di neve alla volta.
«Contrattaccare!» Esclamò uno Slytherin da dentro il fortino.
Harry sorrise, una parte di lui desiderava essere con loro, ma un’altra ammetteva che era piuttosto divertente guardare senza doversi preoccupare di essere colpito dalla neve.
Dopo alcuni minuti, Draco lasciò il fortino e iniziò a incamminarsi verso Harry. Neville, Tiger e Goyle continuarono ad aiutare Flint.
«Sei davvero patetico. Lo sai, vero?»
Harry si voltò e trovò Smith appoggiato a un albero dietro di lui, lo sguardo ora permanentemente infastidito del ragazzo che lo fissava.
Dobby si raddrizzò.
:Non credo di aver mai desiderato mordere qualcuno tanto quanto lo voglio ora: Sibilò Coral piano.
«Che cosa vuoi, Smith?» Chiese Harry, annoiato da tutto quanto.
«Che tu sappia quanto sei debole,» disse lui.
Le poche persone abbastanza vicine da sentire rivolsero la loro attenzione a loro. Che cosa aveva in mente l’idiota Hufflepuff adesso?
Dobby scattò in avanti, chiaramente furioso che qualcuno potesse dire una cosa del genere al suo padrone.
«Dobby, non fare nulla. Non ne vale la pena,» disse Harry, sentendo di dover dire qualcosa, o altrimenti Dobby avrebbe potuto scagliarsi addosso a quel cretino.
«Tieni il tuo animaletto al guinzaglio, vedo,» Sogghignò lui.
«Non è il mio animaletto, è mio amico,» rispose Harry con un po’ di durezza.
Una piccola folla stava iniziando a formarsi attorno a loro. Smith era compiaciuto, Harry era seccato.
«Beh, suppongo che visto che ti sta aiutando in tutto, è più facile pensare a lui in quel modo. Dimmi, Potter, come ci si sente a dover contare su di lui per farti aiutare con certe faccende private? I cubicoli dei bagni sono larghi abbastanza per tutti e due o dovete scegliere di andare a una certa ora del giorno e sperare che nessuno vi calpesti?»
Harry non poté evitare di arrossire, ricordando come quella fosse stata una delle sue preoccupazioni fino a quando Madama Pomfrey era stata chiara. A lui piaceva Dobby ed era grato per tutto quello che faceva per lui, ma il pensiero che gli fosse così vicino… no. Proprio no.
Stava per replicare alle derisioni di Smith, quando Harry venne interrotto da uno sghignazzo, che poi si trasformò in una risata piena.
Voltandosi alla propria destra, fu sorpreso di trovare Draco che rideva, uscendo dal piccolo gruppo che li guardava poco lontano. Harry abbassò gli occhi, una strana sensazione di tristezza che gli si gonfiava in petto. Draco stava ridendo di lui? Ma prima che potesse fare o dire qualsiasi cosa, il biondo avanzò direttamente di fronte a lui e fronteggiò Smith.
Ancora ridacchiando un po’, Draco riuscì a calmarsi per poter parlare. «Sei la scusa più pietosa per un purosangue che abbia mai visto, Smith, stupido imbecille. Ogni vero purosangue conosce le abilità degli elfi domestici. Per secoli hanno servito i maghi, e a quel tempo non hanno mai avuto bisogno di metodi di assistenza così imbarazzanti, anche quando i loro padroni non potevano più alzarsi dal letto per l’età o a causa di una ferita. Gli elfi possono far sparire oggetti indesiderati in uno spazio, Smith, anche cose che non possono vedere, inclusi gli scarti che devono ancora lasciare il corpo. Ogni mago degno della sua bacchetta lo sa.
È davvero un peccato che non possano fare lo stesso con te, ma suppongo che tu non sia un oggetto. Comunque, mi chiedo… che razza di malato pervertito sei? Aver pensato così tanto alle funzioni corporali di qualcun altro...»
Molti degli studenti lì intorno ridacchiarono, e alcuni non riuscirono a evitare di scoppiare a ridere, con la totale vergogna e l’imbarazzo di Zacharias Smith.
Il ragazzo umiliato reagì, abbastanza stupidamente e in modo immaturo, gridando il primo incantesimo offensivo che gli balzò nella mente mentre tirava fuori la bacchetta.
«Everte Statim!»
Draco fu completamente colto di sorpresa, come tutti i presenti, e fu scagliato all’indietro - forte.
Sfortunatamente, Harry era proprio dietro di lui.
Harry non poté evitare di lanciare un grido strozzato quando i polsi e le mani vennero scossi violentemente contro le spietate barriere delle fasce, l’improvviso dolore così intenso che avrebbe potuto giurare di aver visto un lampo rosso mentre cadeva di schiena, con Draco che gli finiva sopra.
Draco si scansò, orripilato.
«Harry!» Gridò, guardando Coral che scivolava via e iniziava a sibilare freneticamente verso Harry, al momento dimentica del freddo.
:Harry, non lasciare che la tua magia la tocchi!: Gridò.
:Troppo tardi.: Harry riuscì a dire tra i denti, mentre chiudeva strettamente gli occhi, non avendo bisogno di vedere il fuoco nero per sapere che la maledizione si era risvegliata.

O o O o O

Severus era annoiato.
Sul serio, quante volte dovevano ancora affrontare tutto questo? Le sue lezioni non avevano realmente bisogno di cambiare così tanto, e perché dovevano anche discutere se dare o meno al Professor Binn i cinque minuti di lezione in più che aveva richiesto? Gli studenti non stavano davvero ottenendo niente dalle lezioni del fantasma, e cinque minuti in più di dolorosa noia non avrebbero affatto migliorato le cose per l’educazione dei ragazzi.
Doveva sul serio trovare un modo per liberarsi del blaterante fantasma.
«Che cosa ne pensi, Severus?» Chiese Albus, guardandolo da sopra i suoi occhialetti a mezzaluna. Chiaramente il Preside pensava che l’insegnante di pozioni fosse stato finora troppo silenzioso.
«Penso francamente che sia uno spreco di tempo. Sappiamo tutti che Binn è più un’istituzione a Hogwarts che un vero professore. Dare al fantasma altri cinque minuti sarebbe un insulto al resto di noi che sta realmente insegnando,» affermò Severus senza giri di parole. «Se stiamo davvero discutendo della possibilità di alterare la lunghezza delle lezioni, perché non accorciare Storia della Magia e dare più tempo a un professore che lo userà sul serio a beneficio degli studenti invece che annoiarli a morte?»
«Severus!» Lo ammonì Minerva.
«Devo ammetterlo, Severus ha ragione, Preside,» confermò la Sprite. «Cuthbert ha insegnato per quasi quattro secoli. Chiunque avrebbe perso contatto con le appropriate modalità di insegnamento agli studenti. E soltanto guardando i numeri, quanti studenti scelgono Storia della Magia dopo i loro GUFO? Oserei dire che si contano sulle dita di una mano, che è davvero una vergogna.»
«Pomona ha ragione, Albus, L’anno scorso, solo tre studenti hanno ottenuto un MAGO in Storia della Magia, e avevano studiato per conto proprio perché avevano un interesse personale nella materia. Non hanno seguito le lezioni di Binn,» cedette Minerva.
«Capisco,» fece Albus, interessato. Non si era mai preso seriamente il tempo di controllare come andasse Storia della Magia.
Era stato sempre così da quando Binn aveva preso il posto, e nessuno aveva mai portato in superficie il problema. Era solo un’altra delle caratteristiche di Hogwarts. Un’istituzione…
«Che cosa proponete allora?» Chiese.
«Assuma un nuovo insegnante,» replicò semplicemente Severus, con voce del tutto distaccata.
«E dove andrà Cuthbert?» Domandò Albus.
«È un intellettuale. Permettigli di fare da tutore a coloro che vogliono ascoltarlo. Forse non sarà così incline a blaterare, e chi lo sa, forse apprezzerà la sistemazione,» rispose Severus.
Albus annuì, pensandoci su. Non era contrario all’idea. Anche lui ricordava le noiose lezioni del fantasma nei giorni in cui andava a scuola.
«Forse quest’estate riuscirò a trovare un sostituto e ne discuterò con Cuthbert. Qualche idea per i candidati?» Chiese, passando lo sguardo su tutti loro.
«Beh, Albus, io credo-»
D’improvviso, Severus balzò in piedi, interrompendo Filius mentre correva fuori dall’ufficio ed esclamava: «Chiamate Poppy! Potter è nei guai!»

O o O o O

Harry sentiva le persone gridare e piangere, ma era tutto solo un ronzio caotico per lui.
Non poté vedere Dobby che piazzava un piede sulla schiena di Smith, impedendogli di tentare di nuovo la fuga. Non distinse Draco che chiamava il suo nome, non sapeva che Neville aveva raccolto Coral dal pavimento, al suo fianco, e non riusciva a sentire la neve fredda che si scioglieva sotto di lui e che gli permeava i vestiti.
Tutto ciò che riusciva a percepire era la maledizione che risorgeva risalendo lungo i suoi avambracci, succhiando la sua magia e distruggendogli le ossa nel proprio cammino.
Si sta nutrendo della mia magia per farmi questo, ma non posso semplicemente liberarmi della mia magia, pensò attraverso il dolore. Devo fermarla! Posso dissolverla come la licantropia? Fuoco - pensa! Harry - pensa! Come si spegne un fuoco?
Ingolfandolo…
Si rispose, rotolando su un fianco e grugnendo per lo sforzo mentre radunava più magia che poteva, anche risucchiandola dalle bende intrise di pozione, in un disperato tentativo di salvarsi.
Con le lacrime agli occhi e metà del viso sepolto nella neve sotto di lui, la spinse tutta giù, con violenza, lungo le braccia fino alla punta delle dita, distruggendo spietatamente la maledizione e annichilendola con la forza pura e semplice della propria magia convulsa.
Un’ondata di quello che riuscì a descrivere solo come vapore gli rifluì nel corpo nell’istante immediatamente successivo, come se dell’acciaio rovente fosse stato immerso nell’acqua. Non ci fu magia bianca, nessun brillante fascio di luce, ma l’erompere di qualcosa anche più potente, prima che tutto tornasse d’improvviso totalmente tranquillo.
Si era fermato.
Il dolore si era fermato.
Però ora le sue mani e le braccia erano del tutto insensibili.
Rilasciò il respiro, le orecchie gli ronzavano per l’adrenalina che ancora gli correva in corpo.
«Harry?» Chiese qualcuno. Era troppo confuso per capire chi fosse.
«Dobbiamo portarlo in infermeria,» disse un altro.
«Fate fare a me,» disse una voce un po’ più adulta. Riconobbe vagamente la voce ma non riuscì a ricordare perché.
«No, aspetta. Niente magia. Non sappiamo che cosa potrebbe causare.»
«Neville ha ragione. Flint?»
D’improvviso, sentì che veniva voltato e sollevato, con le braccia ancora avvolte e immobilizzate contro il suo petto. Aprendo gli occhi, sbatté le palpebre, capendo che i suoi occhiali dovevano essergli caduti mentre era a terra, ma dai colori sfocati della persona che lo aveva preso, fu in grado di capire che era uno Slytherin.
«Rilassati, non ti farò cadere,» disse il corpulento ragazzo Slytherin.
Flint?
Non essendo in grado di fare nient’altro, si fidò di lui, ma tenne gli occhi aperti, nonostante si sentisse del tutto prosciugato.
:Coral?: Sibilò Harry.
Sorprendentemente, Flint non si fermò nemmeno al sentirlo parlare Serpentese, ma entrò veloce nel castello, quasi di corsa, e continuò fino all’infermeria.
:Sono qui, Harry, Neville mi sta portando, ti seguiamo: rispose Coral, sibilando forte da qualche parte dietro di lui, così che la sentisse al di sopra dei passi riecheggianti.

O o O o O

Il Professor Piton li incrociò durante il tragitto e li scortò verso l'infermeria, mentre il Preside, la Professoressa Sprite e la McGranitt continuarono a scendere le scale per staccare Dobby da Smith.
Draco e gli altri vennero tenuti fuori dall’infermeria una volta arrivati. Solo Flint venne fatto entrare di corsa, poiché stava portando Harry. Poco dopo li raggiunse nel corridoio.
«Pensi che starà bene?» Gli chiese Neville, guardando Flint in quanto era stato l’ultimo tra loro a vedere Harry.
Flint abbassò lo sguardo a Paciock con una strana espressione sul volto, come se non riuscisse a credere che stava avendo una conversazione con lui, prima di guardare le porte chiuse dell’ala dell’ospedale.
«Penso di sì. Il Professor Piton sembrava un po’ più sollevato quando ha lanciato un incantesimo diagnostico su di lui, anche se è difficile dirlo trattandosi di lui,» disse Flint.
Draco emise un sospiro di sollievo, ma poi fece un salto spaventato quando le porte dell’infermeria improvvisamente si aprirono, e il Professor Piton uscì rapidamente col mantello che gli svolazzava dietro.
«Draco, vieni con me,» disse, lo sguardo indecifrabile.
Obbedendo, Draco si affrettò al suo fianco, lasciando dietro Neville e gli altri. Una volta che ebbero percorso metà corridoio, Piton parlò di nuovo.
«Dimmi che cosa è successo.»
Mentre camminavano, Draco gli raccontò rapidamente ogni cosa, inclusi fatti che erano accaduti con Smith prima che quello snob geloso esplodesse quel giorno. Gli disse di come Smith gettasse di continuo sguardi rancorosi verso Potter, e che Neville gli aveva raccontato qualche giorno prima di alcuni commenti fatti da Smith in dormitorio.
«Grazie, Draco. Puoi tornare in infermeria,» disse Piton mentre arrivavano davanti al gargoyle del Preside.
«Sì, Signore,» rispose Draco, decidendo che avrebbe chiesto più tardi come stava Harry, poiché l’uomo sembrava distratto. Iniziò ad allontanarsi.
«Un momento, Draco,» fece Piton, facendo alcuni passi in avanti e tirando fuori la bacchetta.
Draco non poté evitare di sollevare un sopracciglio con fare interrogativo, ma poi lo abbassò quando divenne chiaro che il suo padrino si stava solo assicurando che lui stesse bene dopo aver subito un incantesimo a bruciapelo sul petto. Una volta che si fu accertato che era a posto, Piton gli fece un cenno di commiato.
Draco tornò correndo in infermeria, mentre l’insegnante di pozioni mormorava la ridicola parola d’ordine e si faceva strada sulla scala a chiocciola fino all’ufficio di Silente.


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Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Diversivo.




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Capitolo 18
*** Diversivo ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 18: [Distraction] Diversivo

Il Preside si sfilò gli occhiali una volta che Minerva ebbe lasciato il suo ufficio. C’era davvero troppo a cui pensare per poter rimanere impassibili. Anche con l’aiuto del pensatoio, stava trovando difficoltoso respingere l’incipiente emicrania mentre tentava di riorganizzare tutto e decidere quali opzioni aveva e quali avrebbe dovuto scegliere.
Il fatto che qualcuno stesse attivamente tentando di uccidere Harry lo turbava moltissimo, più del sapere che Voldemort ce l’aveva col ragazzo. Almeno Voldemort lo conosceva, e sapeva che cosa aspettarsi, più o meno. Ma questi… assassini, non sapeva nulla sul loro conto, solo che erano piuttosto bravi a muoversi nell’ombra e che sapevano come intrufolarsi in uno dei posti meglio protetti del Ministero. Certo, era stata un’impresa quasi miracolosa, e tuttavia compierla senza che alcuno avesse potuto avere prove delle loro azioni… era spaventoso.
Silente chiuse gli occhi, ricordando ancora una volta il momento in cui aveva scoperto che Harry era stato attaccato proprio tra le mura di Hogwarts e nel bel mezzo della Sala Grande. Il cuore gli doleva ancora al ricordo. Se non fosse stato per Severus…
Sospirò. C’era un’altra cosa su cui rimuginava e che gli dava da pensare. L’abilità di Severus di gestire la maledizione, sebbene fosse stata una fortuna, era… disturbante.
Pochissime persone avevano una padronanza delle arti oscure tale da manipolarle in quel modo, e che lui fosse stato in grado di domare la massa di orrida magia significava che la magia dell’uomo era, a un certo livello, armonizzata con un potere così malvagio. Era un fatto molto preoccupante, a dire il meno. Quando aveva ottenuto un tale intuito oscuro?
Da quando Severus aveva abbandonato Voldemort, Albus lo aveva tenuto particolarmente d’occhio, per il suo stesso bene, e per la sicurezza di tutti coloro che gli stavano vicino, inclusi gli studenti e il resto del suo staff. La magia oscura era una trappola molto pericolosa, poteva rendere dipendente quasi chiunque, e molto spesso portava le persone oltre il punto di non ritorno se non c’era qualcuno dietro che le tirasse in salvo ogni tanto.
Silente aveva sperato di poter essere questo qualcuno per Severus, ma sembrava che in qualche modo avesse fallito; ad ogni modo, sembrava che Severus avesse il controllo sulla situazione, cosa di cui Albus era grato.
Ma la domanda rimaneva: dove, quando e come Severus aveva acquisito una tale forza e potere sulla magia che avrebbe soverchiato e corrotto uomini più deboli?
Albus suppose che poteva averne ottenuta una parte durante l’estate. C’erano volte in cui il giovane uomo spariva per giorni interi. Finora, Silente era stato certo che questo fosse il modo in cui Severus si preparava per il successivo anno scolastico, come una mini-vacanza.
Naturalmente, Severus non l’aveva mai chiamata in questo modo, ma questo era ciò che Albus aveva pensato che fosse, dopotutto, che cos’altro poteva essere? Ma ora, non ne era così sicuro.
Silente si riscosse. Anche se ciò che sospettava adesso fosse vero, non c’era nulla che potesse farci ora come ora. D’altra parte, sembrava che l’uomo più giovane la gestisse bene -aveva sempre avuto una comprensione stranamente forte della magia oscura- ed era certamente giunto a farne un buon utilizzo, così non poteva davvero dire niente contro di lui.
Il Preside decise di rifocalizzarsi sugli eventi più recenti, che erano ugualmente snervanti, se non di più.
Lucius Malfoy aveva portato a Severus delle informazioni inquietanti. Silente non aveva ragioni per non credere all’uomo. Non solo a causa del Debito di Vita ma anche perché tutto ciò che aveva detto a Severus tornava, e, dopo aver scavato per conto proprio, era stato completamente d’accordo con il biondo purosangue. Qualcosa di improprio stava accadendo al Ministero, e gli indizi portavano senza fallo a credere che qualcuno, o un gruppo di individui, aveva ottenuto accesso alla Biblioteca Proibita. Sfortunatamente, non aveva alcun modo per sapere quanto accesso avevano acquisito, o quanto a lungo. Avrebbe dovuto assumere che Lucius fosse nel giusto nella sua stima, comunque, in quanto era stato corretto nelle altre informazioni, ed era ragionevole che lo fosse anche in questo.
Perché qualcuno avrebbe impiegato così tanto tempo e risorse per ottenere una tale maledizione? C’erano altre maledizioni che avrebbero potuto spedire usando la Pergamena di Man.
Però, nulla di così raro e difficile da distruggere.
Ed ecco il punto. Era quella la ragione. Tutti gli altri incantesimi che Silente conosceva, oscuri e della luce, che potessero essere allegati a una lettera e rivelarsi pericolosi per chi la apriva, potevano essere contrastati dai Guaritori più esperti. Solo questa maledizione reagiva in modo contrario a quanto uno poteva pensare, e spesso persisteva fino al decesso della vittima. Chiunque aveva inviato quella lettera maledetta a Harry voleva davvero che soffrisse e morisse, e Silente non aveva mancato di notare nemmeno che avevano bersagliato le sue mani. Come il fatto che avevano messo il sigillo dell’ICM sulla lettera, era chiaro che gli piaceva mandare messaggi sottintesi. Cosa che rivelava ad Albus un altro fatto su di loro. Probabilmente erano molto intelligenti e amavano i giochi mentali.
Beh, aveva già ovviamente allertato determinate persone riguardo i sospetti che aveva sulla Biblioteca Proibita, in particolare: Madama Bones, Alastor e Kingsley. Aveva lasciato fuori il coinvolgimento di Lucius. Chiunque si fosse messo contro Harry non doveva scoprire che Lucius era sulle sue tracce.
Silente fece un profondo respiro, la mente gli tornò agli eventi del giorno prima.
La Professoressa Sprite aveva contattato i genitori di Smith, e sarebbero venuti per una riunione nel suo ufficio più tardi in settimana. Oltre a questo, Pomona aveva tolto cinquanta punti a Hufflepuff a causa delle azioni di Smith contro Draco. Il fatto che aveva inavvertitamente danneggiato Harry non era stato messo in conto. Poteva essere considerato un incidente, a prescindere da quanto mortale sarebbe potuto diventare.
Ma la verità era che Smith odiava Harry.
Era raro che uno studente fosse così malevolo verso un altro membro della propria casa. Era in realtà una cosa inedita, e il fatto che stava accadendo in Hufflepuff, normalmente la Casa più leale… Albus sapeva che era abbastanza imbarazzante per Pomona e per il resto degli Hufflepuff.
Sapeva che alcuni studenti sarebbero rimasti scioccati al sapere che Smith non sarebbe stato espulso, in particolare poiché le sue azioni avevano quasi ucciso qualcuno.
Ma c’era bisogno di guardare tutto con oggettività, e ultimamente le azioni di Smith erano state infantili e provocate dall’ira. Se ogni studente che si comportava in quel modo doveva essere espulso, Albus osava dire che un quarto della popolazione studentesca sarebbe sparito prima del proprio terzo anno.
Comunque, le azioni di Smith non sarebbero passate impunite. Per niente.
Come per ogni grave infrazione, la punizione era stata decisa dal Capo Casa dello studente, e così aveva dovuto decidere Pomona per il castigo di Smith. Oltre al contattare i suoi genitori e al sottrarre cinquanta punti, Pomona gli aveva assegnato una settimana di punizione con lei e una sorta di periodo di libertà vigilata che sarebbe durato due settimane. Non avrebbe potuto lasciare la Sala Comune Hufflepuff ad eccezione che per le lezioni e per i pasti. Se e quando avesse dovuto scontare la punizione, andare in infermeria o in biblioteca per qualunque ragione, avrebbe dovuto accompagnarlo un prefetto. In più, in qualunque momento, Pomona avrebbe saputo dove si trovava. Questo sarebbe stato possibile grazie agli elfi domestici e ai prefetti.
Oh sì, per le prossime due settimane, Smith avrebbe avuto un’esistenza molto noiosa e ristretta.
Albus sperava solo che la cosa avrebbe scrollato il ragazzo e non lo avrebbe fatto diventare ancora più rancoroso.
Pizzicandosi la base del naso, i pensieri gli caddero su Harry.
Il ragazzo stava avanzando nella magia più rapidamente di quanto avessero presupposto all’inizio, quando avevano scoperto che era un Arcimago Dormiente; comunque, i suoi progressi erano determinati più da situazioni di necessità che da una reale pratica consapevole. Era orgoglioso del ragazzo, ma anche preoccupato. Sarebbero stati in grado di dare al ragazzo un’istruzione adeguata, dal momento che la sua abilità magica continuava a maturare? Sin dal suo ritorno nel mondo magico, le capacità di Harry si erano sviluppate a passi da gigante oltre le sue iniziali aspettative, e all’inizio aveva già presupposto parecchio.
Il ragazzo era già oltre il livello a cui era stato Albus alla sua età; certo, avere i Serpincanti gli dava di sicuro un vantaggio, ma anche escludendo quelli, la sua conoscenza era molto al di sopra dei suoi compagni. Per ora, l’unica persona che poteva tenergli testa era Hermione Granger. Era davvero sorpreso che la ragazza non fosse finita in Ravenclaw.
Si riconcentrò.
Le mani di Harry erano nuovamente scampate a un danno irreversibile. Però, come l’ultima volta, non ne erano uscite illese.
L’unica consolazione era che le sue ossa erano state completamente guarite da qualunque cosa Harry avesse fatto. A quanto dicevano Pomfrey e Severus, Harry aveva distrutto la maledizione con la propria magia, soffocandola e annientandola completamente prima che fosse in grado di reagire alla sua magia e innescare la terribile reazione. Perciò, Severus credeva che molti dei composti magici e fisici rimasti dalla maledizione distrutta fossero tornati alla propria forma originaria. Pareva che la reazione che aveva creato il fuoco fosse stata rovesciata dalle azioni di Harry. Il lato negativo era che nel processo i suoi nervi si erano danneggiati. La soverchiante ondata di magia aveva agito in modo molto simile a una maledizione Cruciatus.
Albus scosse la testa.
Comparando il danno, un guaritore che avesse esaminato Harry senza sapere che cosa era accaduto avrebbe pensato che le braccia del ragazzo -e solo le sue braccia- avessero subito il cruciatus per quasi un minuto intero senza pause. Non era incurabile, ma di certo era qualcosa che non si sarebbe augurato a nessuno, men che tutti a un bambino.
Beh, Severus si era già messo al lavoro con le pozioni necessarie, e, con un po’ di fortuna, Harry sarebbe tornato alla normalità per la fine del mese al più tardi.

O o O o O

Harry abbassò lo sguardo alle proprie mani e le chiuse lentamente a pugno. Andavano molto meglio oggi. Le dita avevano ancora qualche contrazione occasionale, ma gli spasmi involontari, che erano stati frequenti il giorno dopo che aveva distrutto la maledizione, ora stavano diventando rari - per fortuna. Prima, aveva avuto timore a usare la bacchetta, nel caso un incantesimo gli andasse storto e un bisonte gli cadesse sopra come era successo a quel tipo di cui aveva sentito.
Scosse le mani e le stiracchiò, felice che la leggera sensazione di formicolio sui suoi anulari e i mignoli fosse quasi del tutto sparita.
Era trascorsa quasi una settimana e mezza da quando aveva riottenuto le sue ossa. Le pozioni del Professor Piton sembravano funzionare bene, e l’insegnante gli aveva detto di essere fiducioso che le sue mani sarebbero tornate normali in alcuni giorni. Harry era estatico. Sebbene le cose non fossero difficili come quando aveva le mani fasciate, non vedeva l’ora che tornasse tutto alla normalità, e, chissà, magari la Professoressa Sprite sarebbe stata in grado di cominciare a dargli quelle lezioni.
Essendo il responsabile del suo stato attuale, Smith adesso era praticamente un fantasma.
Si era completamente isolato dopo aver attaccato Malfoy. Nessuno ora avrebbe volontariamente interagito con lui, e anche i prefetti che erano obbligati a scortarlo in biblioteca e altrove raramente gli parlavano. Era chiaro che erano piuttosto arrabbiati con lui. A parte per i punti persi, quello che realmente li infastidiva era come il suo comportamento e le sue azioni si erano riflettuti miseramente sulla loro Casa. Hufflepuff sarebbe dovuta essere la Casa dell’amicizia e della lealtà, non dell’odio e della gelosia. A una parte di Harry dispiaceva sul serio per Smith, ma se l’era cercata.
Le punizioni di Smith con la Sprite erano finite, ma lui era ancora a una specie di arresti domiciliari. Ne aveva ancora per alcuni giorni fino a quando sarebbe stato di nuovo ‘libero’, e si sperava che avesse imparato la lezione. Solo il tempo poteva dirlo.

O o O o O

«Molto bene, Harry,» disse la Professoressa Sprite con un sorriso mentre la punta della bacchetta di Harry emetteva un lieve bagliore.
Nelle ultime settimane stava cercando di imparare a lanciare un Lumos silenziosamente. Questa era la prima volta che ci riusciva. La Professoressa Sprite gli aveva detto che questo era uno dei modi migliori per allenare la sua magia a rispondere alla sua volontà e per permettergli di iniziare a controllare consapevolmente la sua magia al di fuori del suo corpo (esclusi i Serpincanti), con e senza la bacchetta.
Le sue lezioni con la Professoressa Sprite ora si svolgevano ogni venerdì durante l’ora libera che aveva tra le lezioni. All’inizio, era stato un po’ deluso dall’avere solo un’ora a settimana con lei, ma aveva rapidamente cambiato idea quando aveva capito quanto lavoro aveva da fare per le altre sue lezioni, soprattutto nell’aiutare Madama Pomfrey nell’ala dell’Infermeria e nell’imparare altro da lei. Alla fine, Harry aveva riconosciuto il proprio bisogno di avere del tempo libero, in particolare con gli amici.
Lui e Neville avevano, al momento, lasciato stare la loro ricerca. Oltre al fatto che era un po’ fuori dalla loro portata, i libri che avevano consultato non andavano abbastanza nel dettaglio per colmare le gigantesche lacune che avevano nella conoscenza medica - o almeno era così che Harry si sentiva. Aveva imparato abbastanza alla propria vecchia scuola babbana da sapere che c’era molto di più da sapere sul cuore oltre al fatto che era un muscolo che pompava sangue. Aveva passaggi, camere, valvole, e una rete connessa ai polmoni per ossigenare il sangue e rimandarlo nel resto del corpo. Per qualche ragione, i libri non andavano così nello specifico, e sebbene un paragrafo o due commentava su che cosa gli organi facevano, non dicevano mai nel dettaglio come.
E Harry sapeva che, se fosse mai stato in grado di aiutare i Paciock, avrebbe avuto bisogno di sapere qualcosa in più sul sistema nervoso rispetto a cose tipo: “i nervi sono importanti, inviano segnali al cervello.” Beh, ma non mi dire?
Invece di fare ricerca, Harry aveva iniziato a dare lezioni a Neville. Per alcune ore a settimana, risparmiavano tempo per fare gli esercizi che la Professoressa Sprite aveva insegnato a Harry il venerdì precedente. Era d’aiuto per Harry, poiché così aveva qualcuno con cui fare pratica, e Neville era felice di imparare un altro sistema per sviluppare le proprie abilità magiche. Forse allora sua nonna non avrebbe avuto una così scarsa considerazione di lui.
Nel corso del mese successivo, il Ministero aveva iniziato a distribuire il vaccino tra la popolazione che desiderava riceverlo, e un vasto ammontare di licantropi lo aveva già preso. Sembrava proprio che le affermazioni di Remus Lupin sulla questione avessero rassicurato molti individui esitanti* che non erano convinti della validità del metodo di cura tramite trasfusione di sangue. Aveva acconsentito a essere intervistato da un giornalista del Profeta di nome Mark Carneirus il giorno dopo che la sua cura era stata verificata. Monitorando con cura le donazioni di sangue da ex licantropi e da coloro che avevano l’immunità, il Ministero era fiducioso che la popolazione di licantropi in Inghilterra sarebbe diminuita del 90 per cento prima dell’inizio dell’estate.
Erano di sicuro buone notizie, e il pubblico era felice di sentire che presto l’esistenza dei licantropi sarebbe stata una cosa del passato. Il Ministro, ovviamente, si compiaceva della stampa a suo favore e si crogiolava nella luce dello storico momento. A Harry stava bene che l’uomo si comportasse così. Più attenzione riceveva lui, meno ne doveva gestire Harry - anche se, certo, il nome di Harry veniva menzionato lungamente in ogni articolo che riguardasse la cura e la magia bianca, ma almeno non veniva perseguitato dai giornalisti.
«Credo che avrai padroneggiato questo incantesimo prima che le lezioni finiscano questo semestre,» disse la Sprite mentre Harry sorrideva. «Gli incantesimi silenziosi sono difficili da padroneggiare, e sebbene non sia senza precedenti che maghi e streghe siano riusciti a praticarli in situazioni di stress, è molto difficile riuscirci se uno non ha mai fatto pratica prima, anche con l’adrenalina.»
«Quindi, quand’è che è meglio usarli, esattamente?» Chiese Harry.
«Beh, probabilmente la persona migliore a cui potresti chiederlo è il professor Filius, ma gli incantesimi silenziosi sono usati per lo più nei duelli magici. Le cose sono molto più difficili per il tuo avversario se non conosce quale incantesimo gli stai lanciando contro. Ovviamente, alcuni incantesimi possono essere identificati a vista, ma non tutti.»
Harry sollevò appena le sopracciglia. «Quindi, si può imparare a lanciare silenziosamente qualsiasi incantesimo?»
«Suppongo sia possibile, ma alcuni incantesimi sono molto difficili da usare anche quando pronunciati a voce alta. Le parole sono molto importanti per il controllo della magia. Con le parole giungono la concentrazione, l’intenzione e il potere. Sarai sempre in grado di rendere i tuoi incantesimi pronunciati più potenti di quelli silenziosi. Con la voce vengono le emozioni, e le emozioni influenzano molto la magia, più di quanto faccia qualunque altra cosa. Da quello che ho capito dei tuoi Serpincanti, questo vale in modo particolare.»
Harry annuì. «Sì. Oltre al parlare in Serpentese, sta proprio tutto nel sentimento e nell’intenzione. Quando le parole li esprimono, funziona - beh, se uno guida la magia ovviamente,» replicò Harry con un’alzata di spalle.
La Professoressa gli dedicò un sorriso dolce, domandandosi se il ragazzo sapesse quanto erano realmente straordinarie le sue capacità.
«Hai mai fatto qualcos’altro oltre che guarire con i Serpincanti?» Chiese, curiosa.
«No, non ancora. Ho letto delle cose sull’“Arte dei Serpincanti” che riguardavano la magia protettiva, ma è diversa dall’aspetto curativo dei Serpincanti, e voglio avere un maggiore controllo prima di provare qualsiasi cosa. Il libro avverte che puoi farti del male se non sai come gestirlo.»
«Che cosa intendi?»
«Beh, non ho proprio capito tutto, ma il libro dice che è come costruire un castello. Se costruisci male le mura, potrebbe caderti addosso. Devi mettere le pietre correttamente.»
«Capisco. Gli scudi funzionano in maniera molto simile; è per questo che il Preside vuole aspettare fino all’estate per rinforzare quelli di qui. La magia tra le mura deve essere completamente calma, e non è una cosa ottenibile con centinaia di studenti in giro,» disse lei con dolcezza.
Harry stava per chiedere qualcos’altro a proposito degli scudi, ma, prima che riuscisse, un rovente dolore bianco gli eruppe dalla cicatrice e una sensazione di oscura euforia lampeggiò attraverso di esso. Con un sibilo sofferente, si portò la mano destra alla fronte e barcollò all’indietro verso il banco alle sue spalle.
«Harry?!» Domandò la Sprite, immediatamente al suo fianco.
E allora, proprio come era venuto, scomparve, anche se c’era un residuo di dolore nella sua cicatrice e una strana sensazione che qualcosa stava per arrivare.
«Che c’è che non va?» Chiese lei di nuovo, mentre lui alzava lentamente lo sguardo.
«Non lo so. La mia cicatrice d’improvviso mi ha dato la sensazione di bruciare.»
«Come ti senti ora?» Interrogò lei, guardando la saetta ora che lui stava abbassando la mano.
«Ora fa solo un po’ male,» disse, strofinandosela. «Non mi aveva mai fatto male così. Con Raptor, il dolore cresceva lentamente, non scoppiava all’improvviso. Non… non significa che Voldemort è vicino o qualcosa del genere?»
«Andiamo dal Preside. Forse lui saprà che cosa sta succedendo,» rispose lei, già guidandolo verso la porta.
Chiaramente la donna non voleva girare intorno alla cosa, e Harry gliene era grato. Anche ora, era strano avere insegnanti che gli prestavano realmente attenzione e che erano così solleciti nell’aiutarlo. Alla sua vecchia scuola babbana, era fortunato se riceveva un sorriso.
Camminando al fianco della Professoressa Sprite, arrivò con lei all’entrata dell’ufficio di Silente.
«Sorbetto al limone,» affermò la Sprite, facendo spostare il gargoyle.

O o O o O

Albus sollevò lo sguardo dalla propria scrivania, un po’ sorpreso di scoprire chi ci fosse alla porta, ma mantenne un’espressione neutra e li invitò ad entrare cordialmente. Forse oggi un membro del suo staff avrebbe accettato una caramella!
«Oh, salve, Harry, Pomona,» salutò. «Caramella al limone?»
«No, grazie, Preside,» rispose rapida Pomona, che stava già facendo cenno ad Harry di farsi avanti.
Harry la guardò, un po’ incerto su come cominciare.
«C’è qualche problema?» Silente si chinò appena in avanti, facendosi rapidamente serio e volendo sapere che cosa stava succedendo, dimenticando temporaneamente le caramelle.
«Harry e io eravamo nel mio ufficio poco fa, e mentre stavamo parlando, Harry ha avuto un breve ma intenso dolore alla cicatrice. E l’ultima volta che questo è successo, Lei-Sa-C… Voldemort era vicino, così ho deciso che sarebbe stato meglio venire subito da lei,» raccontò Pomona.
Albus si alzò e girò intorno alla scrivania, per fermarsi di fronte ad Harry.
Questo era seriamente inquietante, ma di certo Voldemort non era di nuovo da qualche parte nel castello… Silente fece una smorfia, provando a immaginare perché la cicatrice di Harry reagiva quando, a quanto ne sapeva, Voldemort era assente. Dopo il breve scontro nella foresta, prima di Natale, Albus era piuttosto sicuro di averlo scacciato, e non aveva più percepito la presenza di Tom nelle vicinanze. Comunque, il fatto che Riddle fosse stato in grado di attaccarlo con la magia in quel modo era stato allarmante e Albus non aveva abbassato la guardia. Non era sicuro di come Voldemort era riuscito a far esplodere la radura, ma non poteva fare a meno di temere che Tom avesse trovato un altro portatore volontario del suo spirito, oppure che avesse rubato a Raptor abbastanza magia da “manifestarsi” temporaneamente in un essere fisico.
Ogni possibilità era preoccupante, ma sperava, in qualunque caso, che Tom non avrebbe di nuovo importunato Harry almeno per un po’.
«Che cosa hai sentito di preciso quando è successo?» Chiese Silente, facendo cenno ad Harry di sedersi davanti alla sua scrivania.
«Beh, un dolore improvviso e… non lo so, eccitazione, forse?» Disse Harry incerto mentre si sedeva.
«Eccitazione?» Chiese la Sprite, la confusione chiara nella sua voce.
«È stato strano. Era come se avessi appena scoperto che qualcosa di buono stava per arrivare, e non vedevo l’ora che accadesse. È stato solo un secondo, ma...» Harry scosse la testa. «Non lo so, magari l’ho immaginato. La cicatrice era bollente, e mi ha spaventato. Non so da dove provenisse la sensazione o perché l’ho sentita. Non sono proprio sicuro di che cosa ho sentito. Ma ho sentito… qualcosa.»
Albus fece una smorfia, mentre una teoria disturbante si faceva strada nella sua mente.
Non c’era mai stata prima una cicatrice come quella di Harry. Aveva senso che portasse conseguenze inaspettate e imprevedibili.
«Preside?» Chiese Pomona, guardandolo e notando che nei suoi occhi c’era una luce fosca e preoccupata.
«Harry, dal primo momento in cui ho visto la tua cicatrice, ho saputo che sarebbe stata diversa da qualunque altra mai esistita,» disse dolcemente Silente, inginocchiandosi accanto alla sedia di Harry. Non desiderava affatto rivelare ad Harry la sua teoria, ma, ricordando quello che il Cappello Parlante gli aveva detto e sapendo che ora non poteva non dirglielo, si fece forza e continuò. «Ho una teoria, nulla più di questo. La mia convinzione è che la tua cicatrice ti faccia male sia quando Voldemort ti è vicino, sia quando sta provando un’emozione particolarmente forte.»
Harry deglutì. «Il Professor Piton mi ha detto che la cicatrice è sensibile alla magia di Voldemort perché è stata creata da lui, e questo è il motivo per cui mi fa male quando lui è vicino - ma quindi c’è più di questo?»
«Tu e lui siete connessi da una maledizione fallita. Cose del genere sono successe in passato, ma mai con una maledizione così oscura. Mai con una maledizione che avrebbe dovuto uccidere all’istante. Se non mi sbaglio, Harry, lui ha involontariamente creato un profondo legame tra sé stesso e te quella notte. Per scagliare l’anatema mortale, un mago deve saturare la sua mente e il suo cuore con un odio e una volontà di uccidere così potenti che essi sono la sola cosa di cui lui è consapevole in quell’istante.»
«Deve essere un sacco di odio,» sussurrò Harry, consapevole che la Professoressa Sprite aveva fatto un passo dall’altra parte della sua sedia.
Silente annuì. «Sì, e questo è il motivo per cui penso che si sia formato questo legame. Il suo odio per te ti ha toccato mentre era ancora connesso a lui, mentre la sua concentrazione era ancora totalmente assorbita dal suo intento, e quando la maledizione è fallita ed è tornata contro di lui, credo che la connessione non si sia mai scissa.»

O o O o O

Neville si sedette lentamente di fianco ad Harry. Erano sul lago, ed era domenica. La neve si era sciolta da tempo e la primavera era finalmente iniziata.
«Ehi, Neville,» disse Harry piano.
«Ehi.»
Harry gli aveva già riferito quello che aveva scoperto da Silente. Neville spostò lo sguardo al lago, domandandosi come faceva Harry a sembrare così tranquillo riguardo la questione. Se fosse stato lui, si sarebbe chiuso in una stanza vuota e si sarebbe messo a piangere.
«Sto bene,» sussurrò dopo un lungo silenzio.
Neville riportò lo sguardo a Harry, sorpreso di trovare gli occhi risoluti del suo amico che lo fissavano di rimando, ma sapeva che Harry non stava bene, nonostante la sua facciata coraggiosa.
«No, non stai bene,» affermò Neville, una parte di lui sbalordita che lo avesse detto, ma sapeva che aveva ragione perché Harry distolse lo sguardo e chiuse gli occhi. «Ma so che starai bene,» aggiunse dolcemente.
Dopo un momento, Harry annuì piano, le spalle non più ingobbite mentre portava lo sguardo sul lago.
«Lo odio, Neville,» disse Harry, la voce così dura che sembrava che potesse spezzarsi. «Lo odio, e il pensiero che riesco a percepire...» Deglutì pesantemente. «Questa connessione non durerà per sempre. Me ne assicurerò. Un giorno, finirò il lavoro che ha iniziato quella maledizione rimbalzata.»
Harry tornò a guardare Neville. «Non ucciderà mai più nessuno, non se posso fermarlo.»
Neville non interruppe il contatto visivo mentre annuiva rigidamente. «E io ti aiuterò.»
Harry riportò gli occhi sullo specchio d’acqua e fece un piccolo sorriso. «Lo so.»

O o O o O

Con meno di tre mesi rimasti di lezioni, i professori stavano davvero cominciando ad ammucchiare i compiti da fargli fare, cosa che portava Harry e Neville a reclamare regolarmente il tavolo più in fondo alla biblioteca. Era tardo pomeriggio e la biblioteca cominciava a svuotarsi, visto che si avvicinava l’ora di cena.
«Devo tornare in sala comune prima di cena. L’ho promesso a Hannah. A dopo,» fece Susan.
«Ok, ciao, Susan,» disse Harry mentre lei radunava le proprie cose e usciva.
Harry mise giù il suo libro e riprese il compito di Trasfigurazioni per controllare qualcosa. Si strofinò la cicatrice con la mano libera.
La cicatrice gli aveva tenacemente fatto male, a tratti, sin dalla settimana precedente. Era arrivata al punto di essere più un fastidio che altro. La Professoressa Sprite aveva detto di andare da lei se fosse cambiata o peggiorata all’improvviso, ma sfortunatamente non c’era nulla che nessuno potesse fare al momento per fermare il dolore.
«Ehi, Harry,» disse Neville, guardandosi intorno e notando che erano rimasti soli.
«Sì?»
«Pensi che potresti farmi vedere di nuovo quello che ti ha insegnato la Sprite venerdì?» chiese speranzosamente.
«Sì, certo,» rispose Harry, mettendo rapidamente via le sue cose. Comunque aveva appena finito e voleva una pausa. «Ok, quello che vuoi ottenere è far funzionare il tuo Lumos silenzioso, e mantenerlo attivo. Una volta che lo hai imparato, fai fluttuare la magia che lasci entrare nella bacchetta, così la luce sulla punta lampeggia.»
Neville annuì, tirando fuori la bacchetta mentre Harry faceva lo stesso.
Harry chiuse gli occhi per qualche secondo e poi li riaprì. Un secondo dopo, mentre aggrottava gli occhi per la concentrazione, la punta della bacchetta gli si illuminò. Coral sollevò un po’ la testa fuori dalla sua manica, mentre la luce iniziava a tremolare, sfarfallando, ma Harry non riuscì a rimanere concentrato e la punta si spense e rimase spenta.
«È un po’ più difficile di come sembra, ma la Professoressa Sprite ha detto che aiuta insegnare alla nostra magia a mantenere gli incantesimi più a lungo e mentre siamo distratti. Vai e prova, Neville,» disse Harry con un’alzata di spalle.
Neville annuì, aggrottando le sopracciglia e concentrandosi. Sbattendo le palpebre diverse volte, gli occhi fissi alla punta della bacchetta, prima che questa iniziasse lentamente a brillare. Esultando di trionfo, Neville sfortunatamente perse la concentrazione e la luce si offuscò prima di svanire completamente.
Sospirò.
«Ci riuscirai, Neville,» lo incoraggiò Harry. «Alcune settimane fa non riuscivi nemmeno ad accenderla.»
«Sì. è vero,» fece lui, prima di concentrarsi di nuovo.
Harry sorrise, prima di riprovarci lui stesso.
«Ehi, guarda!» Esclamò Neville, dimenticando di trovarsi in biblioteca, ma, stranamente, Madama Pince non venne da loro per zittirli.
«Molto bene, Neville,» disse Harry, guardando come Neville era stato in grado di far fluttuare silenziosamente la luce sulla punta della sua bacchetta per circa cinque secondi. «Ehi, proviamo a sincronizzare le luci.»
«Ok,» riprese Neville eccitato.
Harry sorrise, divertito dall’entusiasmo di Neville.
:Ehi, Harry, voi due avete intenzione di andare a cena prima o poi?: Li interruppe Coral.
:Uh?:
:Penso che la cena sia già iniziata: affermò lei. Se i serpenti avessero potuto ghignare, lei lo avrebbe fatto.
«Neville, penso che siamo in ritardo per la cena,» disse Harry, alzandosi frettolosamente in piedi. «Ecco perché qui non c’è più nessuno.»
«Cosa? Come - oh, oops. Penso che ci siamo distratti,» fece Neville, mettendosi la bacchetta nel fodero nella manica e radunando in fretta le proprie cose.
«Meno male che avevamo già in mente di portarci le nostre cose in Sala Grande. Avremmo perso metà del banchetto se avessimo voluto tornare nella sala comune,» disse Harry, mettendosi la borsa in spalla.
«Già,» concordò Neville, prima di uscire di corsa dalla biblioteca accanto ad Harry, felice che Madama Pince non fosse lì per dire loro di rallentare.
Correndo per i corridoi, Harry non poté evitare di sentirsi un po’ nervoso per quanto silenzioso fosse il castello. Era strano sapere che tutti erano a cena e che solo lui e Neville erano in giro.
«Pensi che saremo nei guai con la professoressa Sprite?» Chiese preoccupato Neville.
«No, non abbiamo fatto apposta a perdere il senso del tempo! Comunque, non è che ci perderemo tutta la cena,» fece Harry, girando un angolo - solo per fermarsi bruscamente.
«Oooph!» Neville non riuscì a non gemere quando andò a finire contro il braccio teso di Harry, che l’amico aveva allungato verso di lui nel momento in cui aveva oltrepassato l’angolo.
«Non ti muovere...» mormorò Harry.
E Neville obbedì istantaneamente, perché c’era un’enorme cosa scagliosa che bloccava l’intero corridoio davanti a loro.
Un drago.
Per un lungo momento, sembrò non notarli. Era troppo impegnato a disincastrare un’ala da un angolo del soffitto dove si era bloccata. Si divincolava, le dure scaglie stridevano contro le pareti di pietra e spaccavano e sgretolavano le pietre. Girando la testa, mentre provava a liberarsi, improvvisamente notò Harry e Neville. Si immobilizzò.
:Uaah, è solo una cucciola...: Coral sibilò commossa, come se stesse vedendo un adorabile piccolo tesoro invece di un gigantesco rettile sputafuoco.
:Una cucciola?: Chiese Harry, basito, fissando la creatura il cui corpo era premuto contro tutti i lati del corridoio e lo occupava quasi per tutta la sua lunghezza, da quello che riuscivano a vedere.
Come poteva essere un cucciolo?
Comunque, ora che Coral lo aveva detto, lei, il drago, sembrava sproporzionata come un cucciolo. Le sue ali sembravano troppo piccole per il suo corpo (sebbene fossero comunque enormi), e i suoi larghi occhi le davano un’aria adorabile (se si ignoravano i pericolosi artigli, i denti e gli spuntoni).
«Harry?» Sussurrò Neville, terrificato. «Che dobbiamo fare?»
«Non ne sono sicuro,» ammise Harry molto piano, mantenendo il contatto visivo col drago. «Coral dice che è un cucciolo di drago.»
«I cuccioli di drago non sono così grandi,» rispose l’altro, le loro voci così basse che sembravano graffi su un muro.
:Confortala, Harry: lo pressò Coral, ovviamente addolorata al vedere il disagio del giovane drago.
:Come?: Domandò Harry piuttosto forte.
Non aveva idea di come si confortasse un cucciolo di drago!
Ma Coral non rispose perché d’improvviso il drago mosse la testa più vicino a loro, curvando il suo lungo collo all’ingiù non appena la domanda sibilata di Harry echeggiò attorno a loro.
Harry trattenne il fiato, domandandosi quanto velocemente il fuoco poteva uccidere. Forse se avesse tirato Neville e se stesso oltre l’angolo, sarebbero stati al riparo dalle fiamme?
Ma lei non sputò fuoco; invece, li guardò con curiosità, in particolare Harry.
«Ciao,» disse Harry a disagio, ma questo la fece indietreggiare d’improvviso con atteggiamento difensivo.
:No, no, Harry, parla in Serpentese: lo avvertì Coral piano dalla sua manica.
Harry tenne giù le braccia e le mani visibili, tenendo gli occhi incatenati a quelli del drago. Lui e Neville dovevano scappare?
:Ciao, per favore non farci del male: disse Harry, un po’ incerto su che cosa dire.
Lei sarebbe stata in grado di capire?
Beh, non sembrava che capisse, ma reagì alla voce di Harry tornando ad avvicinare la testa, e diventando di nuovo curiosa. Harry stava iniziando a credere che Coral avesse ragione. Solo una creatura molto giovane avrebbe agito così.
Harry fece cenno con la mano a Neville di restare dov’era.
:Bene, penso che continuerò solo a parlare: disse Harry, permettendo alla sua voce di aumentare di volume e di echeggiare nell’angolo e nel corridoio dietro di lui. Al drago sembrò piacere la cosa e si calmò ulteriormente.
Harry guardò le pareti contro cui il suo corpo scaglioso era premuto. Non doveva essere per niente comodo, e faceva sorgere una domanda interessante. Come diavolo era arrivata lì? Le porte non erano abbastanza grandi e alcuni corridoi erano troppo stretti e bassi per permetterle di passare. Strano.
:Sei incastrata piuttosto bene, vero?: domandò Harry, prima di tentare un piccolo passo in avanti. :Non ti faremo del male: la confortò, ottenendo un basso ringhio da lei mentre si avvicinava, ma non era esattamente un ringhio minaccioso, e non era nemmeno un vero ringhio. Era più simile a un gemito da drago. Un piagnucolio.
:Si è ferita: disse Coral.
Harry annuì, concordando. :Dovremmo aiutarla?:
:Non possiamo lasciarla qui da sola, potrebbe ferirsi di più: rispose Coral.
Reprimendo un sospiro, Harry si concentrò. :Adesso mi avvicinerò, va bene? Voglio vedere se posso aiutarti. Quindi per favore niente fuoco e niente morsi: disse.
La sola risposta che ottenne fu che lei reclinò la testa, come se si stesse chiedendo che cosa fare con lui. Harry sperò che non stesse pensando a del cibo.
«Harry?» Chiese Neville preoccupato, rimanendo nell’angolo.
Harry lo guardò. «Va tutto bene. Non penso sia aggressiva.»
:Attento, Harry: fece Coral, avendo notato il modo in cui il drago si era leggermente irrigidito al sentire la lingua Inglese.
:Va tutto bene, stavo solo parlando al mio amico, Neville: disse lui, indicando Neville e cercando di rendere chiaro che Neville era amichevole.
Questo sembrò tranquillizzarla, ma poi si mosse di nuovo per cercare di mettersi comoda, solo per rompere con l’ala incastrata un pezzo della modanatura che coronava il soffitto decorato. Il grosso pezzo di pietra cadde a terra, rompendosi in pezzi sul pavimento e mancando di poco il collo del drago.
Il drago voltò di scatto la testa e quasi colpì Harry con le tozze corna che aveva in cima alla fronte.
«Attento, Harry!» Gridò Neville, inciampando in avanti mentre frammenti di roccia costellavano il pavimento.
Harry indietreggiò, sentendo una quantità di piccole pietre che gli bombardavano il braccio, il collo e la spalla mentre si voltava. Il drago emise un brontolio strozzato e spaventato mentre il suono di schegge granitiche risuonava intorno a loro.
E poi finì.
Harry si sedette mentre Neville si inginocchiava accanto a lui. Entrambi respiravano pesantemente, e guardarono il drago che ora aveva appoggiato la testa sul pavimento.
Harry si spostò in avanti e strisciò per un paio di metri verso di lei.
Lei lo guardò, troppo dolorante e stanca per muoversi ancora, anche se ci provò.
:Shhh, non muoverti: disse Harry, avvicinandosi alla sua larga testa; avrebbe probabilmente potuto ingoiarlo senza troppa difficoltà se lei ne avesse avuto l’energia.
Lei emise di nuovo il pietoso suono lamentevole prima che Harry mettesse la mano sul lato del suo naso. Al suo contatto, lei si fece silenziosa e immobile.
Harry non sapeva perché, forse perché non sapeva che altro fare o perché il corridoio era diventato troppo silenzioso, ma iniziò a canticchiare a bocca chiusa. Non conosceva realmente le parole della canzone, ma era una melodia che aveva imparato a scuola. Era una specie di ninna nanna, e talvolta l’aveva canticchiata a sé stesso quando era chiuso nel sottoscala. Era un motivo lento, confortante, e poteva canticchiarlo piano abbastanza da non infastidire i Dursley.
Neville capì al volo e si unì a lui nella canzone, mentre Harry scivolava in avanti, muovendosi lungo il collo di lei per assicurarsi che la pietra l’avesse mancata davvero.
Guardò Neville e gli fece cenno di continuare a canticchiare, mentre il drago chiudeva gli occhi.
Harry permise alla propria magia di muoversi nella sua mano sinistra, e, con Coral, stimò le ferite del drago. Solo Neville stava canticchiando ora, ma al drago sembrava non importare. Harry non poté impedirsi di fare una smorfia quando sentì una strana specie di magia che la ricopriva. Gli ricordava molto le fatture con cui gli studenti venivano talvolta in infermeria, solo che non era una fattura, era… un fascino? Le sue ferite invece non erano gravi, quindi si concentrò sul cercare di capire che cosa fare con l’incantesimo.
:Annullalo: Disse Coral. :Forse è quello che la rende così grande:
Harry aveva osservato Madama Pomfrey che annullava fatture e altri incantesimi sugli studenti, ovviamente, ma accidenti, non riusciva a ricordare la formula. Comunque, decise che non era un problema. Aveva annullato maledizioni, perché non fascini o altri incantesimi?
Beh, stavolta faccio fiasco, pensò Harry, preparando la sua magia.
:Incantesimo, annùllati:

O o O o O

La cena, come al solito, era deliziosa, ma Pomona era distratta.
Dove erano Harry e Neville? Normalmente erano seduti vicino a Susan, Justin e Ernie, ma non c’erano; infatti, a meno che non fosse diventata cieca, non erano nemmeno da nessuna parte nella Sala Grande.
Beh, non era la prima volta che uno studente o due saltava la cena, e conoscendo Harry e Neville stavano probabilmente avvantaggiandosi della sala comune vuota e stavano facendo pratica per il Lumos silenzioso.
Pomona spostò gli occhi dal tavolo Hufflepuff e guardò Filius che stava dicendo qualcosa a Minerva. Comunque, non fu in grado di sentire la risposta di Minerva perché Sir Nicholas, il fantasma Gryffindor, arrivò barcollando attraverso le porte della Sala Grande.
«Preside, c’è un drago gigante vicino alla biblioteca, al quarto piano!» Gridò.
E la Sala Grande cadde subito nel caos.
Che venne rapidamente fermato da Silente quando si alzò in piedi e ruggì,
«SILENZIO!»
Non aveva nemmeno usato la bacchetta.
Quindi si voltò e guardò Severus, Hagrid, Remus, e Filius, rendendo chiaro che li aveva selezionati per accompagnarlo. Quindi parlò piano a Minerva.
«Sigilla la Sala Grande dietro di noi. Invierò un patronus quando saremo al sicuro,» disse, sentito a stento da Pomona.
Non appena Filius si mosse per seguire Albus e gli altri, Pomona si chinò verso di lui. «Harry e Neville non sono nella Sala Grande. Trovateli,» disse in fretta.
Filius la guardò, sorpreso dalle novità. «Li troveremo, Pomona,» promise.
Con questo, i cinque professori si affrettarono fuori, lasciando gli altri con il resto degli studenti. La McGranitt sigillò la Sala Grande nel momento in cui furono fuori.

O o O o O

Severus e gli altri si affrettarono verso la biblioteca, ma al secondo piano, il Preside afferrò il braccio di Severus.
«Gli scudi al terzo piano sono stati infranti,» disse Silente.
«Trovate quel drago, io investigherò sulla breccia,» rispose Severus, già voltandosi per prendere la strada più veloce fino al corridoio proibito del terzo piano.
Con un cenno del capo, Silente e gli altri continuarono.
Bacchetta alla mano, Severus corse. Sebbene la reale pietra non fosse in pericolo, non doveva farlo sembrare così. E chi lo sapeva, forse non era Voldemort, ma qualche altro ladro che aveva in qualche modo saputo che la pietra si trovava ad Hogwarts.
Avevano di certo escogitato un interessante diversivo.
Giungendo alla porta, riuscì a capire che Fuffy era agitato. Beh, questo probabilmente voleva dire che il ladro era andato oltre. Muovendo la bacchetta, fece apparire un flauto magico, che suonò una melodia dolce e pigra. Aprendo la porta con uno scricchiolio, lasciò che la musica facesse il proprio lavoro, permettendogli di scendere nella botola senza incidenti.
Questo fece domandare a Severus come avessero fatto i ladri a passare così velocemente senza lasciarsi alle spalle alcuna traccia di sangue, perché era chiaro che non avevano fatto addormentare Fuffy.
Oltrepassare le altre difese per Severus fu una passeggiata, anche se quella di Remus non fu come se l’era aspettata.
Entrando nella stanza, riuscì a capire velocemente che la persona prima di lui aveva semplicemente fatto esplodere l’ostacolo, poiché c’erano ovunque frammenti di armi. Forse erano state incantate per attaccare gli intrusi?
Muovendosi più addentro alla stanza, e verso la porta che conduceva alla protezione “finale” di Silente, sentì uno strano suono alla sua sinistra.
Si voltò, sollevando appena la bacchetta, e il suo cuore non poté fare a meno di stringerglisi forte nel petto alla vista di fronte a lui.
Sul pavimento c’era il circolo runico che Harry aveva fatto per rimandarlo indietro, e, inginocchiato sul bordo, c’era… Harry.
Non il giovane uomo che era diventato, ma come era adesso. Un primo anno, innocente e senza il fardello del subbuglio della guerra. Severus riusciva anche a vedere Coral intorno al suo esile polso mentre incideva il resto del circolo sul pavimento.
Severus trattenne il fiato, riconoscendo che questo era in qualche modo parte della protezione che Remus aveva posto, ma al momento era troppo scosso per curarsene.
D’improvviso, il ‘fantasma’ Harry si fermò e sollevò lo sguardo su di lui.
Sorrise. «Dovrò morire e mandarti di nuovo indietro?»
«Riddikulus!»
Il molliccio scappò, e Severus fece apparire rapidamente un mobiletto in cui lo rinchiuse.
Calmando il proprio cuore furente, poiché le sembianze del molliccio lo avevano effettivamente colto di sorpresa, Severus si sforzò di calmarsi.
Era solo un molliccio, che giocava con i tuoi dubbi e le tue paure, si disse furiosamente. Non era un presagio di fallimento imminente. Harry non vorrebbe averti mandato indietro per questo!
Severus si riconcentrò, ricacciando indietro il brivido che era sorto dentro di lui. Dopotutto, c’era un intruso, e lui doveva trovarlo, chiunque egli fosse. Non poteva permettersi di distrarsi.
Adeguatamente ricomposto, Severus si mosse verso la porta che conduceva alla stanza finale dove c’era lo Specchio delle Emarb. Attraversando la soglia, Severus sentì la lievissima traccia di una barriera di rilevamento. Non era stata posta da Silente. Si affrettò.
Fermandosi in cima alle scale, vide una figura incappucciata in piedi di fronte allo specchio. L’uomo tarchiato stava in piedi in modo dritto e rigido, come se fosse una persona molto importante.
«Ah, Severus. Che fortuna che il vecchio abbia mandato te,» affermò l’uomo.
La sua voce era leggermente alterata, come se sovrapposta ad un’altra voce.
Severus sentì il proprio marchio riscaldarsi e spalancò gli occhi.
Pensando velocemente, Severus scelse una linea d’azione.
«Mio Signore,» replicò, chinando sottomissivamente il capo.
«Sì, Severus, sono io,» rispose Voldemort, voltandosi.
Severus arrischiò un’occhiata sollevando lo sguardo, ma mantenne la testa china e la bacchetta abbassata, non aveva importanza quanto desiderasse maledire l’essere di fronte a lui. Con quel tentativo non riuscì a vedere il volto di Voldemort. Il cappuccio glielo oscurava, e sembrava fosse incantato; comunque, poté vedere due occhi cremisi che lo fissavano attraverso l’oscurità nel cappuccio.
«Vieni da me, Severus, aiuta il tuo maestro,» disse.
Severus scese le scale, provando a identificare la voce alla quale quella di Voldemort si sovrapponeva. Suonava familiare. Molto familiare. E quindi capì.
Minus.
Con la mente occlusa, tenne lo sguardo lontano dalla superficie dello specchio e sperò di essere in grado di trattenere tutta l’emozione dalla propria voce.
«Recupera la pietra per me, Severus.»
Severus deglutì. «Maestro, la pietra non è qui.»
La temperatura nella stanza precipitò, e la mano di Severus si serrò intorno alla bacchetta.
«Sai dov’è nascosta, allora?» Chiese pericolosamente Voldemort.
«Silente non ha detto a nessuno dove l’ha nascosta,» mentì Severus. «Ma mi ha detto che l’ha posta sotto Fidelius.»
«E chi è il Custode Segreto?»
«Silente, mio Signore.»
Severus poteva sentire la rabbia di Voldemort che cresceva, la sua magia che soffocava la stanza.
Furiosamente, Voldemort lanciò una fattura esplosiva contro lo specchio, spaccandolo spettacolarmente quando venne schiantato contro la parete.
«Quindi questo progetto mi è precluso. Andrò per un’altra strada,» affermò.
«Mio Signore, avete bisogno di aiuto per lasciare il castello? Posso depistare Silente e gli altri,» suggerì Severus, suonando più volenteroso e disponibile che poteva mentre tentava di determinare che cosa avrebbe dovuto fare ora.
«Non sarà necessario, mia leale spia. Devi continuare ad agire come hai fatto finora per continuare a ingannare il vecchio.» La bacchetta di Voldemort scivolò dalla manica nella sua mano destra.
«Mio Signore?»
«Duella con me, Severus, o questi dieci anni di insegnamento a dei marmocchi col moccio al naso ti hanno rammollito?» Domandò, prima di indietreggiare e lanciargli contro un Diffindo.
Severus lo deviò istintivamente.
«Bene bene, Severus. Vedo che hai mantenuto i riflessi pronti. Ma hai conservato il tuo potere? Crucio! Incendio! Sectumsempra!»
Severus li eluse e li deviò tutti.
«Avanti, Severus, di certo riesci a controbattere con qualcosa? Sarebbe sospetto se soltanto i miei incantesimi marcassero le pareti. Mostrami che la mia spia è ancora il migliore dei miei servitori!»
Al sentire questo, Severus contrattaccò.
Consapevole delle proprie abilità avanzate, le minimizzò. Comunque, stava trovando difficile farlo. Diverse volte dovette intenzionalmente mancare Voldemort, sapendo che, se lo avesse colpito, il Signore Oscuro si sarebbe arrabbiato, e forse avrebbe visto Severus più come una minaccia che come un degno servitore.
Se Voldemort non fosse stato uno spirito che possedeva il corpo di Minus e avesse avuto il suo proprio corpo, Severus avrebbe potuto gettare la maschera e smettere di fingere di essere la spia del Signore Oscuro, ma per come era ora, anche se lo avesse abbattuto, il suo spirito sarebbe sopravvissuto. Voldemort non aveva alcun legame con ciò che possedeva, non importava quanto profondamente si fosse radicato in un corpo.
«È abbastanza, Severus,» disse Voldemort, fermandosi d’un tratto. «Sono soddisfatto.»
«Grazie, mio Signore. Sono qui per servirvi,» affermò Severus, chinando di nuovo la testa.
«Ora, per sigillare questa farsa,» disse, sollevando ancora la bacchetta.
Severus non si mosse, sapendo che sarebbe stato doloroso e che non c’era nulla che lui potesse farci, non volendo sprecare i progressi che aveva appena fatto nel rinforzare la propria posizione come leale spia oscura.
«Diffindo! Crucio!»
Severus sentì il primo incantesimo che lo squarciava, e non poté evitare di allarmarsi al sentire che gli arrivava fino alle costole, ma poi queste preoccupazioni vennero messe da parte non appena il dolore lo assaltò completamente.
Forse non aveva nascosto abbastanza bene le proprie abilità…
Voldemort trattenne il crucio più a lungo di quanto Severus si fosse inizialmente aspettato, ma lui tenne duro e non urlò. Non avrebbe dato al mostro quel piacere e gli avrebbe lasciato pensare che fosse un’altra dimostrazione dell’essere ‘degno’ di lui, invece che l’atteggiamento di sfida che era in realtà.
Finalmente, cessò.
Severus non si disturbò a sollevare lo sguardo.
«Stupeficium!»

O o O o O

Silente guidava i professori su per le scale verso la biblioteca, fiducioso che Severus sarebbe stato in grado di gestire qualunque intruso.
Rallentando lentamente mentre si avvicinavano al corridoio che portava alla biblioteca, improvvisamente sentirono… ridacchiare?
Silente girò l’angolo, trovando l’ultima cosa che si sarebbe aspettato. Il corridoio era un totale disastro. C’erano frammenti di roccia ovunque e parte del pavimento era stata danneggiata da, per quello che poteva dedurre, pezzi di roccia caduta dall’alto. Le decorazioni sul soffitto avevano subito dei colpi e le pareti sembravano essere state graffiate molto a fondo con qualcosa.
Comunque, non fu questo a sorprenderlo di più.
Nel bel mezzo del corridoio c’erano Harry e Neville, e tra le braccia di Harry, avvolto da qualcosa, c’era un drago molto giovane. Il drago sbatté la testa contro quella di Harry, facendo ridere i ragazzi per la giocosità della creatura.
Improvvisamente, Neville li vide.
«Preside!» Boccheggiò.
Gli occhi di Silente brillavano intensamente. Le sopracciglia di Remus gli erano sparite tra i capelli e Filius emise uno squittio sorpreso. Hagrid si affrettò in avanti.
«Uaaaa, guardatelo se non è carinissimo!» Smaniò Hagrid.
«Veramente, Hagrid, è una lei,» Lo corresse gentilmente Harry, mentre i professori si avvicinavano.
«Era enorme quando l’abbiamo trovata, ma Harry ha rimosso l’incantesimo e si è rimpicciolita immediatamente,» spiegò Neville mentre il drago si accoccolava contro Harry, cosa che rese Hagrid ancora più protettivo.
«Posso tenerla, Harry?» Chiese Hagrid, con gli occhi traboccanti di speranza. Harry non poteva dire di no.
Un po’ disturbata dall’omone a cui la stavano porgendo, il drago emise alcuni vispi grugniti spaventati.
:Va tutto bene, piccola. Hagrid non ti farà del male, è molto gentile: La confortò Harry mentre le accarezzava gentilmente la testa.
Vedendo il disagio della piccola, Hagrid rovistò rapidamente nelle proprie tasche e ne tirò fuori… un pezzo di carne. Ne tirò via un pochino.
Harry sbatté le palpebre ma decise di non fare domande.
«Ok, vediamo se le piace questa,» disse Hagrid, tendendo la carne verso di lei.
La creatura non ebbe bisogno di ulteriori incoraggiamenti per andare nelle mani di Hagrid, masticando la carne rossa con forza mentre il gigante la teneva.
«Ma guardatela questa meraviglia,» fece lui mentre lei quasi gli staccava un pezzo di dito insieme alla carne.
Harry poté solo scuotere la testa meravigliato prima di guardare Silente, Lupin e Vitious.
«Sono molto felice di vedere che state entrambi bene e, devo dirlo, sono piuttosto impressionato di come siate stati in grado di gestire la cosa. Di solito i draghi sono molto difficili da trattare, non importa quanto siano giovani,» li lodò Silente.
«Beh, non potevamo proprio abbandonarla. Si stava facendo male e aveva un’ala incastrata contro il soffitto. E poi, è stata abbastanza calma. Penso che fosse sollevata di essere stata trovata.» disse Harry.
«Già,» concordò Neville, «Una volta che Harry le ha toccato il naso e ha iniziato a canticchiare a bocca chiusa, è stato tutto facile.»
A sentire ciò, Vitious sobbalzò. «Canticchiare?»
Harry arrossì. «Beh, Coral mi ha detto che era un cucciolo, e conoscevo questa ninna nanna… ho pensato che sarebbe stata d’aiuto, ed era così.»
Silente sorrise, gli occhi illuminati da divertimento e orgoglio, prima di spostare lo sguardo su Hagrid. «Confido che sarai in grado di prenderti cura di lei fino a quando potrò trovarle una nuova casa, vero Hagrid? Penso di avere già in mente un posto possibile.»
«Certo, Preside,» rispose immediatamente Hagrid, del tutto entusiasta. «Comunque ha bisogno di un nome. Che ne dite di Norberta?» Suggerì generosamente.
«Ehm - va bene,» replicò Harry, un po’ incerto riguardo al nome, ma sembrava che le si addicesse - in uno strano modo.
«Splendido!» Fece Silente, che stava per far loro cenno di seguirlo, ma si bloccò quando Harry gemette.
Portandosi la mano alla cicatrice, Harry digrignò i denti e chiuse gli occhi per l’intenso dolore.
«Harry?» Chiese Silente, mettendogli una mano sulla spalla per sostenerlo.
Remus apparve allarmato.
«Lui è furioso. Arrabbiato per essere stato ingannato,» riuscì a dire Harry, prima di dover ricacciare giù la bile.
«Filius, Remus, accompagnate Harry e Neville all’infermeria. Chiudetevi dentro. Hagrid, lascio a te il drago. Devo trovare Severus,» affermò Silente, prima di voltarsi e sfrecciare verso il terzo piano più rapidamente che poteva.


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Note della traduttrice:

* Questo piccolo dettaglio forse non mi convince molto, cioè che le parole di Remus possano essere state così autorevoli, perché proprio lui, a differenza di McCaffrey, non era affatto conosciuto come licantropo (tant’è che ha potuto essere assunto a Hogwarts senza che i genitori si ribellassero) e quindi non mi sembra la persona adatta a garantire per la cura… molti si chiederebbero se sia stato davvero malato, no? Oppure ci sarebbero delle conseguenze per Silente del tipo: “ehi, adesso sarà pure guarito, ma prima era un licantropo a tutti gli effetti e tu lo hai ospitato nello stesso castello del mio preziosissimo pargoletto?” (non che a Silente possa fregare granché della cosa, però...)
Beh, niente, forse una piccola sbavatura che avrei preferito evitare, ma non fa nulla, almeno spero.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, L’eroe inaspettato.




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Capitolo 19
*** L'eroe inaspettato ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 19: [The Unexpected Hero] L’eroe inaspettato

Albus non lo avrebbe mai ammesso con nessuno, ma aveva il fiatone quando finalmente riuscì ad arrivare all’entrata dell’ultima stanza; comunque, non si fermò a riprendere fiato, ma entrò, con la bacchetta sollevata in caso avesse dovuto usarla immediatamente.
Scandagliò veloce la stanza con lo sguardo, trovando lo specchio delle Emarb schiantato contro la parete direttamente di fronte a lui. Distolse gli occhi dalla superficie spezzata e guardò altrove, tentando di trovare Severus.
L’odore residuo di incantesimi oscuri era pungente nella stanza e tutte le pareti erano ricoperte di orribili segni, ma una era di sicuro la peggiore, poiché aveva l’inconfondibile rosso del sangue che ne macchiava la superficie. C’era una forma scura sotto di essa.
«Severus!»
Si affrettò in avanti, temendo il peggio al vedere la pozza di sangue che si era formata sotto la figura floscia dell’insegnante di pozioni.
Mentre avanzava, Albus scansionò rapidamente il resto della stanza, determinando subito che l’intruso se ne era andato da molto. Lui e Severus erano soli.
Spostandolo supino, grato ma preoccupato di sentire il respiro rauco dell’uomo più giovane, Silente lacerò prontamente la parte superiore del suo mantello per trovare l’origine dell’emorragia. Fu orripilato da ciò che trovò. Era un taglio enorme.
Iniziava proprio sotto la sua clavicola destra e scendeva per tutto il petto fino alla punta della sua ultima costola destra. Il cuore di Albus barcollò, poiché la ferita non era solo lunga, ma anche profonda. Riusciva a vedere il bianco dell’osso.
«Severus, resisti!» Lo incitò, sebbene sapesse che il suo ex studente non era cosciente.
Puntò la bacchetta all’inizio della lunga ferita, prima di muoverla lentamente avanti e indietro lungo di essa diverse volte.
«Vulnera Sanentur… Vulnera Sanentur… Vulnera Sanentur...»
Lentamente, molto del sangue che aveva intriso il mantello di Severus e si era raccolto intorno a lui iniziò a tornare all’interno della ferita, la carne intorno ad essa si riavvicinò e si ricongiunse. Il Preside non era certo un Guaritore professionista, ma non era nemmeno un novellino.
Una volta che ebbe trattato Severus meglio che poté, lo fece levitare e lo portò correndo in Infermeria.

O o O o O

Seduti su un letto in Infermeria, Harry e Neville dondolavano le gambe avanti e indietro, aspettando che il ‘coprifuoco’ venisse annullato. Harry si domandava che cosa stesse succedendo. Voldemort era entrato di nuovo nel castello? Aveva usato Norberta come diversivo? Sembrava sicuramente di sì. Avrebbe spiegato come mai aveva sentito dolore nella cicatrice, e come mai Silente era corso via come aveva fatto.
Quando chiese ai professori che cosa stesse accadendo, non gli diedero una vera risposta, ma anche loro apparivano preoccupati, cosa che lo turbò. Dov’era il Professor Piton? E perché Silente aveva bisogno di trovarlo?
D’improvviso, Harry ottenne la sua risposta poiché le porte dell’infermeria vennero spalancate e il Preside entrò rapidamente. Il Professor Piton levitava accanto a lui, come se trasportato su una barella invisibile.
«Poppy, Pozione RimpolpaSangue,» esclamò Silente, con il sudore ben visibile sulla fronte.
Ad Harry e agli altri fu chiaro che aveva corso per tutta la strada da dovunque avesse trovato il professore di Pozioni.
Con un gemito, Madama Pomfrey si affrettò all’armadietto mentre Silente spostò Piton in avanti e lo adagiò gentilmente sul letto in fondo all’infermeria. Harry si alzò dal letto su cui era seduto e si avvicinò per aiutare.
«Che cosa è successo?» Chiese Harry, sconvolto dalle condizioni del suo professore preferito.
C’era sangue sul suo mantello e la sua pelle era molto pallida.
Inoltre, sul suo petto c’era una lunga cicatrice molto fresca.
Silente non gli rispose; invece, si voltò verso Lupin e Vitious.
«Ho già inviato un messaggio a Minerva. Gli studenti rimarranno chiusi nella Sala Grande fino a quando non saremo certi che l’intruso si trova fuori dal castello. Ho mandato a chiamare Pomona e alcuni altri professori per aiutarci nella ricerca.»
Tornò a guardare il Professor Piton, che era ancora privo di sensi. Harry ora era proprio accanto al letto.
:Percepisco magia oscura, Harry: avvertì Coral.
:Sì, anch’io,: rispose lui.
Poppy venne avanti con la pozione, fermandosi quando vide che il Preside fissava Severus con intensità.
«Chiamami quando si sveglia. E nessuno al di fuori di questa stanza deve sapere che è stato ferito, capito?» Chiese Silente, mentre lo sguardo gli cadeva su Harry e Neville.
«Comprendiamo, Signore,» rispose Harry mentre Neville annuiva.
Il Preside fece un cenno a Lupin e Vitious e se ne andò rapidamente assieme a loro.
«Neville, se non ti dispiace, vai a prendermi il barattolo con l’etichetta ‘dittamo’,» fece Madama Pomfrey mentre agitava la bacchetta al di sopra del professore per assicurarsi che non ci fosse nulla di pericoloso.. per nessuno di loro. Quindi gli fece incorporare magicamente la Pozione RimpolpaSangue prima di far cenno ad Harry di iniziare il proprio lavoro, mentre Neville le portava il dittamo.
Non avendo bisogno di ulteriori incoraggiamenti, Harry mise la mano sinistra sulla spalla destra dell’uomo, pochi centimetri al di sopra di dove iniziava la cicatrice.
:Che c’è che non va?: Sussurrò Harry, inviando la propria magia mentre le immagini lampeggiavano nella sua mente.
Vide i graffi sulle costole di Piton, dove la maledizione lo aveva tagliato, e vide delle immagini ravvicinate del tessuto cicatriziale radunatosi dove il Preside aveva appena chiuso la grave ferita. C’era anche del gonfiore dietro la testa del professore, come se l’avesse sbattuta diverse volte contro qualcosa di duro. Fortunatamente, non c’erano fratture craniche. C’erano anche degli strani rigonfiamenti all’interno dell’avambraccio sinistro, ma non erano affatto gravi, così Harry al momento non vi badò. C’erano altre ferite più gravi di cui preoccuparsi al momento, poiché allora gli furono mostrati rapidi lampi di qualcos’altro di totalmente differente.
Gli si mozzò il fiato; le immagini che stava vedendo ora erano molto simili a qualcosa che aveva già visto prima un’altra volta.
Per fortuna, queste non erano così gravi, ma erano ancora allarmanti, e deglutì pesantemente.
Le terminazioni nervose del professore nelle dita e negli arti erano danneggiate, e il tessuto attorno ad esse era gonfio. Infatti, quasi tutto il sistema nervoso dell’uomo aveva sofferto un qualche grado di trauma, e la mente di Harry giunse rapidamente a una risposta.
Proprio come i Paciock, il Professor Piton aveva subito la Maledizione Cruciatus.
«Madama Pomfrey,» disse Harry, con la voce un po’ instabile. «La Maledizione Cruciatus.»
Lei spalancò gli occhi, smettendo di preparare il dittamo. Neville sbiancò.
«Quando si sveglia, gli darò una pozione da bere. Sfortunatamente, non posso fargliela assumere magicamente come ho fatto per la pozione RimpolpaSangue,» disse lei con risolutezza, decidendo che ora non era il momento di chiedere ad Harry come faceva a sapere che quello era Cruciatus, o anche come sapesse della maledizione in sé per sé.
Harry annuì, abbassando lo sguardo sull’insegnante di pozioni.
«Curerò quello che posso,» affermò Harry, prima di fermarsi. «Madama Pomfrey, vuole che provi a curare la cicatrice?»
«No, a quella ci penserà il dittamo,» lo rassicurò lei.
Harry annuì, inviando la propria magia e concentrandosi sul compito che aveva di fronte.
Curare i graffi sulle costole fu facile, ed anche eliminare il gonfiore dietro la testa, ma Harry si soffermò a domandarsi se avesse dovuto trattare i nervi oppure no.
:Dovremmo, Coral?:
:Possiamo provare a ridurre il gonfiore, questo dovrebbe aiutare ad affievolire il dolore: suggerì Coral. :In quanto al resto… non lo so:
:Okay: replicò Harry, tornando in “modalità guaritore” e inviando con cautela un po’ della propria magia più a fondo per usare quella dell’uomo.
La magia dell’insegnante di pozioni dava decisamente una sensazione diversa rispetto a quella degli altri che aveva curato finora. Era ricca, densa, e, per certi versi, anche più potente di quella del Preside.
Rilasciando il respiro, Harry puntò al gonfiore intorno ai nervi, guidando le immagini mentali perché gli mostrassero più che potevano.
Era strano, a dir poco. C’era gonfiore attorno ai nervi e la quantità variava a seconda della gravità del danno. Era peggiore nelle mani del professore e nelle punte delle dita. Comunque, non era quello ad essere strano.
Intorno alla maggior parte dei nervi c’era una sottile ‘membrana’ di magia. Guardandola più da vicino, Harry notò che molto del residuo della maledizione era al di fuori della membrana, ma dall’altra parte, accanto al nervo, ce n’era molto poco. Come se la membrana avesse agito da scudo. Continuando il suo esame, trovò che la membrana era stata strappata via sulla punta dei nervi. C’erano margini frastagliati dove la maledizione era riuscita a incrinare e stracciare la membrana, potendo così attaccare i nervi esposti senza più alcuna interferenza.
Harry curò i tessuti rigonfi intorno, ma non gli piaceva l’idea di lasciare lì il residuo della maledizione. Sfortunatamente, non sapeva come liberarsene, così, invece, decise di aiutare la ricrescita di quelle che sembravano le difese naturali del professore, lasciando perdere il residuo. Pensò che ricostruire la membrana non doveva essere troppo difficile da fare; sarebbe stato come ricostruire strati di pelle nella sua mente, e quello lo aveva già fatto molte volte.
Prendendosi un momento per esaminare la magia che attorniava i nervi, si domandò se tutti i maghi avessero tale difesa, e se si attivasse nel momento in cui erano sottoposti all’orribile maledizione. Suppose che fosse possibile; però, la Signora Paciock non aveva una membrana del genere intorno ai propri nervi. Certo, forse tutta la sua membrana era stata distrutta.
:Membrana, ricresci e rafforzati: disse, lentamente, molto lentamente, mandando avanti la propria magia e muovendola con quella del Professore intorno ai nervi.
Tirando appena i bordi delle membrane preesistenti, chiese alla magia di copiare la struttura e lo scopo della membrana prima di farla crescere al di sopra dei nervi scoperti. Poi, come un pennello, scivolò sul resto con la magia rimasta, che aveva dedicato a questo compito, rafforzando la protezione e indurendo le sezioni che avevano iniziato a patire l’usura. Diversi minuti dopo, Harry si rilassò, compiaciuto di ciò che vedeva mentalmente.
:Credo che sia tutto quello che potevamo fare per ora: disse lui.
:Sono d’accordo: fece Coral.

O o O o O

Silente si mosse appena sulla sedia accanto al letto di Severus. Era tardi, ma Albus non era ancora riuscito a convincersi ad andare a letto. Forse non ci sarebbe andato affatto, a letto.
Il castello era stato frugato a fondo e non c’era la minima traccia che gli indicasse dove era andato l’intruso… o che ci fosse stato del tutto, fatta eccezione per il terzo piano dove Severus lo aveva affrontato. Era piuttosto frustrante. Aveva il sospetto che il tentato ladro avesse usato un passaggio segreto e avesse in qualche modo nascosto la propria presenza magicamente per entrare e poi lasciare Hogwarts.
Pensava che l’intruso fosse Voldemort, ma, fino a quando non avesse parlato con Severus, non poteva esserne certo.
Albus chiuse gli occhi. Se avesse tardato anche solo di pochi minuti nel trovare Severus, il giovane uomo sarebbe potuto morire dissanguato.
Onestamente non sapeva che cosa avrebbe fatto se fosse arrivato troppo tardi.
Espirò piano, calmandosi e ricordando a sé stesso che Harry era nel letto accanto a quello di Severus. Madama Pomfrey e la Professoressa Sprite avevano ritenuto che fosse meglio per lui dormire in Infermeria per quella notte, nel caso ci fossero state altre emicranie.
Silente spostò gli occhi a Severus, una parte di lui che desiderava non aver concordato con Madama Pomfrey sul lasciare che il giovane dormisse. Comunque, anche se voleva risposte, sapeva che l’insegnante aveva bisogno di riposo, specialmente dopo che aveva scoperto che aveva subito il Crucio per un esteso lasso di tempo.
Così Albus aveva il tempo di fare teorie sull’accaduto.
Voldemort aveva scoperto che Severus era una spia? Allora perché non lo aveva ucciso? Forse perché nella sua forma attuale, qualunque essa fosse, non era abbastanza in forze per lanciare l’anatema mortale, e quindi era scappato in tutta fretta? O forse aveva punito Severus perché non era stato in grado di procurargli la pietra? Non aveva senso in nessun caso.
Si mise nella vecchia mano il volto rugoso, mentre l’immagine di Severus immobile e accartocciato contro la parete gli balenava ancora una volta davanti agli occhi.
Per un secondo, aveva creduto…
Si pizzicò la base del naso e chiuse gli occhi. Non avrebbe perso il controllo di sé mentre poteva essere visto da qualcuno, specialmente da uno studente che giaceva nel letto a fianco, anche se quello studente era apparentemente addormentato.
La sezione in fondo all’Infermeria era stata separata dal resto con una spessa tenda. Sebbene non fornisse una privacy comparabile a quella di una parete, era più facile da manovrare per Madama Pomfrey che poteva gestire meglio la stanza in questo modo. Inoltre, in diversi casi gli studenti avevano già visto le tende chiuse, così non sarebbe parso loro troppo strano se fossero passati davanti all’infermeria e avessero gettato un’occhiata. Harry e Severus erano insieme, fuori dalla vista dei passanti.
Per fortuna, Madama Pomfrey non pensava che sarebbero rimasti a lungo. Molto probabilmente, se l’Insegnante di Pozioni era fedele a sé stesso, sarebbe stato in grado di alzarsi già il mattino seguente e sarebbe tornato borbottando nei propri alloggi. Per Harry invece si trattava solo di una misura precauzionale per la notte.
Silente abbassò la mano dal proprio volto e guardò Severus. Merlino, aveva davvero bisogno di una cioccolata calda.
«Continua a dormire, ragazzo mio. Tornerò presto,» sussurrò piano, dando una pacca gentile sul braccio destro di Severus prima di alzarsi.

O o O o O

Harry non stava dormendo. In realtà era sveglissimo, nonostante i caotici eventi della giornata. Comunque, il fatto che il Preside fosse seduto accanto al letto del Professor Piton poteva anche avere qualcosa a che fare con la sua mancanza di sonno.
Con la copertura dei cuscini, aveva osservato il Preside, sin da quando questi era entrato in infermeria un’ora dopo che Madama Pomfrey gli aveva gentilmente dato il permesso di passare.
La stanza era avvolta dall’oscurità, ma riusciva ancora a distinguere la figura del Preside e i suoi movimenti. Anche da dove si trovava, Harry era in grado di dire che Silente era preoccupato, e, se la sua intuizione era corretta, aveva qualcosa a che fare con l’attacco al Professor Piton.
Anche Harry era preoccupato da ciò che era accaduto, in particolare riguardo alla maledizione cruciatus. Ma era stato rassicurato da Madama Pomfrey che il Professore si sarebbe del tutto ripreso e che i Serpincanti avevano già aiutato parecchio. Harry tentò di non sentirsi troppo orgoglioso per questo, ma era bello sapere che aveva per davvero aiutato l’uomo che aveva fatto così tanto per lui in così poco tempo. Gli doveva così tanto.
Harry deglutì, guardando il modo in cui il Preside si metteva il viso nella mano. Sembrava davvero che il vecchio mago stesse per piangere. Harry non era sicuro di che cosa avrebbe fatto se avesse visto piangere un adulto, specialmente il Preside. Gli adulti non avrebbero dovuto piangere, soprattutto gli uomini.
Rilasciando un interiore sospiro di sollievo, vide il Preside che sembrava ricomporsi, pizzicandosi il naso un po’ storto prima di abbassare la mano.
D’improvviso, il Preside si chinò appena in avanti e bisbigliò qualcosa prima di dare un buffetto sul braccio di Piton.
Quel gesto fece scattare qualcosa nella memoria di Harry, facendogli ricordare lo strano gonfiore nell’interno dell’avambraccio sinistro del professore.
Mentre si concentrava su quel pensiero, Silente si alzò, si voltò, e sparì silenziosamente dietro la tenda. Harry sentì i passi del Preside che lasciava la stanza.
Harry non riusciva a credere di essersi dimenticato dello strano gonfiore sul braccio del professore, ma, con tutto quello che era successo in quel momento, gli era proprio passato di mente. Beh, probabilmente non era nulla, ma non avrebbe fatto male a controllare e ad assicurarsi che fosse sparito, qualunque cosa fosse.
Probabilmente il Professore era stato colpito da qualcosa quando aveva affrontato l’intruso.
Si sedette, e Coral si riscosse.
:Che stai facendo, Harry?: Chiese lei.
:Voglio controllare il braccio del professore. Ho dimenticato di farlo prima. Vuoi darmi una mano?: Domandò lui.
:Certo:
Coral si srotolò dall’angolo del cuscino e si avvolse intorno al suo polso.
Alzandosi piano in piedi, Harry si fece strada fino al lato sinistro del letto del professore. In una situazione normale, si sarebbe sentito come se stesse invadendo lo spazio personale dell’uomo, ma ora come ora, in un certo senso, il Professor Piton era un suo paziente. Era una sua responsabilità che l’insegnante stesse bene.
Lentamente, e con un po’ di esitazione, Harry mise la mano con Coral sul braccio sinistro di Piton, rilasciando un po’ della propria magia.
Quello che aveva sentito prima era ancora lì, ma, non appena Harry lo ebbe esaminato più da vicino tramite la magia, scoprì che era molto di più che un semplice gonfiore. C’era un accumulo di magia concentrato in quel punto, e non apparteneva al professore. Era oscura, minacciosa, e malevola. Sembrava quasi viva.
Con una smorfia, Harry mosse la mano e tirò su con cautela la manica del professore, girandogli il braccio. Anche se l’unica fonte di luce veniva dalle finestre dell’infermeria, gli occhi di Harry si erano già abituati alla penombra e riuscì a distinguere… qualcosa sulla pelle dell’uomo.
Un tatuaggio?
:Che cos’è?: Chiese Coral.
Era grigio pallido e aveva la forma di un teschio con un serpente. Era leggermente sbiadito, come se fosse stato lavato via con qualcosa o se fosse stato abraso. Comunque, c’era un’aura oscura che lo circondava, e sembrava muoversi nella luce tenue.
«Viene chiamato il Marchio Nero.»

O o O o O

«-ragazzo mio. Tornerò presto.»
Severus rimase immobile e tenne gli occhi chiusi mentre determinava rapidamente chi aveva appena parlato e inconsapevolmente lo aveva destato toccandogli il braccio. Concentrandosi sui suoni intorno a sé, udì il Preside che lasciava la stanza e riuscì a percepire che c’era qualcun altro vicino a lui.
Rilassandosi, concluse che doveva trattarsi di Harry. Non era una sorpresa. Conoscendo Pomfrey, aveva voluto tenerselo vicino nel caso la cicatrice avesse cominciato di nuovo a bruciargli - e sicuramente aveva reagito quando Voldemort aveva scoperto che Silente lo aveva ingannato.
Valutando velocemente le proprie ferite, fu sorpreso di non sentire più gli effetti del cruciatus. Forse per questo doveva ringraziare Harry. Aveva il petto un po’ rigido, e sapeva che probabilmente era dovuto al dittamo, ma in fin dei conti non si sentiva troppo male.
Un rumore alla sua sinistra attirò a un tratto la sua attenzione.
Ah, Serpentese, e Harry che senza dubbio si alzava dal letto. Forse doveva dire qualcosa e dissuaderlo dallo sgattaiolare via, anche se dubitava che Harry volesse andarsene. Forse doveva andare in bagno?
Comunque, perché adesso si era avvicinato al suo letto?
Severus non si mosse, volendo vedere che cosa avrebbe fatto Harry, sebbene dovette sforzarsi molto per non reagire quando Harry gli toccò il braccio da sopra la manica.
Non poteva essere che lui…?
E quindi sentì la magia del ragazzo entrare in lui, esaminandogli il braccio sinistro.
La cosa fu quasi surreale quando sentì Harry che gli girava il braccio e iniziava a tirargli su la manica, e in quel momento Severus fu costretto a prendere una decisione all’istante.
Doveva mostrare di essere sveglio e fermarlo? O doveva lasciargli vedere?
Alla fine, Severus decise di lasciare che vedesse. Questo non era un segreto degno di essere mantenuto e forse avrebbe aiutato in seguito. Non che Harry non fosse già in grado di capirlo da solo. Aveva avuto abbastanza indizi. Diamine, magari lo sapeva già.
Aprendo gli occhi, sentì Coral che sibilava qualcosa che assomigliava a una domanda e vide Harry che abbassava lo sguardo sullo sbaglio peggiore della sua vita.
«Viene chiamato il Marchio Nero.» Disse Severus piano.
Dirlo fu in realtà più facile di quanto avesse immaginato; però, forse vedere Harry che sussultava all’indietro dalla sorpresa lo aiutò.
«Professore! Mi scusi, volevo assicurarmi che - voglio dire, prima-» cominciò, frastornato.
«Non sono arrabbiato con te, Potter,» fece lui, sedendosi e cercando di non trasalire per la fitta che il movimento causò alla ferita chiusa di recente.
«Non dovrebbe muoversi, signore,» affermò Harry, prima di chiudere subito la bocca.
Severus ghignò e dovette reprimere un sorriso divertito. «Stai già prendendo da Madama Pomfrey, vedo.»
Harry si morse il labbro, un’azione che Severus gli aveva visto fare molte volte quando stava riflettendo o era nervoso.
«Allora il drago è stato sistemato, giusto?» Chiese Severus, girando il braccio e mettendoci sopra la mano destra. Non riuscì a farne a meno. Anche se Harry aveva già visto, ne era consapevole.
Harry annuì, provando a non spostare lo sguardo sul marchio ora coperto. «Sì, signore. L’abbiamo trovata io e Neville. L’intruso l’aveva ingigantita e bloccava tutto il corridoio. Ma Neville e io l’abbiamo gestita. Lui mi ha aiutato facendola addormentare canticchiando, e poi io l’ho riportata alle sue dimensioni normali.»
Severus poteva dire che era un riassunto molto rozzo dell’accaduto. Si sarebbe fatto fare un resoconto più dettagliato ed elaborato in seguito dal Preside.
«Riportata alle sue dimensioni normali?» Domandò, facendo cenno ad Harry di sedersi sul bordo del letto all’altezza delle sue ginocchia e spostandosi per fargli spazio.
Harry si fece avanti timidamente e si sedette, sentendosi imbarazzato all’inizio, ma dopo poco smise di pensarci.
«Era solo una cucciola. Hagrid si sta prendendo cura di lei adesso.» Harry sorrise. «Sa, la prima volta che l’ho incontrato, Hagrid mi ha detto che desiderava un drago. Scommetto che per lui questo è un sogno che si avvera.»
Severus si concesse un piccolo sorriso, ripensando a Norberta nel futuro. Era sicuramente stata d’aiuto, e si era ricordata di Harry. Tra lei, Harry e sé stesso erano stati in grado di trattenere più di una dozzina di Mangiamorte e quattro Tenenti Oscuri abbastanza a lungo da poter scappare al sicuro nei tunnel sotterranei.
Severus sbatté le palpebre, riemergendo dai propri pensieri.
«Lo ha detto anche a lei?» Chiese Harry, pensando che il Professore stesse ricordando una conversazione con il Mezzogigante e non una battaglia in cui aveva combattuto nel lontano futuro.
«Non con così tante parole, ma è ampiamente risaputo che ad Hagrid piacciono creature che la maggior parte della gente avrebbe paura anche solo di avvicinare,» disse con semplicità.
Harry annuì, ovviamente incerto su come continuare il discorso mentre lanciava un’occhiata al braccio sinistro di Severus.
Severus represse un sospiro. Rigirò ancora il braccio e espose di nuovo il marchio. Mosse il dito lungo il bordo interno. Harry guardava.
«L’ho ricevuto tanti anni fa. Ero sciocco, giovane e spaventato,» cominciò quietamente. «Fui avvicinato da alcune persone che conoscevano le mie capacità nelle pozioni e altre mie abilità. Mi offrirono ciò che credevo di volere. Potere e riconoscimento.»
«Chi erano?» Chiese Harry in un sussurro quasi inudibile.
«Mangiamorte. Seguaci del Signore Oscuro.»
Harry sbatté le palpebre, e Severus capì che il ragazzo stava facendo del suo meglio per comprendere nella propria mente che cosa ciò significava.
«Lui marchia i suoi seguaci con questo. Gli permette di chiamarci a lui, dovunque egli sia...» disse, prima di aggiungere gravemente «tra le altre cose.»
Harry deglutì, ma i suoi occhi non mostravano la quantità di paura che Severus si era aspettato. C’era paura, certo, ma dove ce ne sarebbe dovuta essere di più, c’era comprensione e rispetto.
Gli ricordò così tanto l’Harry che aveva lasciato che dovette distogliere lo sguardo.
Ci fu una lunga pausa di silenzio.
«Credo di capire, Signore,» bisbigliò Harry. «Non deve aggiungere altro.»
Severus tornò a guardarlo, meravigliato dal vedere quanto in fretta il ragazzo stava diventando il giovane uomo che lui era arrivato a conoscere e rispettare nel futuro. Il suo intuito e la gentile comprensione erano sempre stati lì, suppose, ma vederli emergere a quest’età per lui era davvero sbalorditivo. Si appoggiò sui cuscini e riabbassò la manica a coprire il marchio, ma la conversazione non era finita.
«Sono in una posizione pericolosa, Potter. Da una parte, ho la mia vita, e dall’altra, ho quella di altre persone. Un giorno sarò costretto a scegliere.»
«Penso che lei abbia già scelto,» disse Harry dolcemente. «È il motivo per cui è tornato ferito, giusto?»
Severus serrò la mascella. La maturità del ragazzo in certe cose, in particolare nelle questioni di vita e di morte, lo aveva sempre sorpreso, anche nel futuro. Gli ricordava che anche se il ragazzo era giovane, non era affatto un bambino, o almeno, non nel modo in cui la maggior parte delle persone avrebbe pensato che doveva essere.
Stava per rispondere ad Harry, ma percepì improvvisamente un’altra presenza nella stanza. La riconobbe subito come quella del Preside.
Consapevole che quello che avrebbe detto sarebbe stato ascoltato dall’uomo, scelse le proprie parole con cura.

O o O o O

Albus, con una tazza di cioccolata tra le mani, tornò silenziosamente in infermeria, attento a non fare alcun rumore. Non voleva svegliare nessuno. Pomfrey non sarebbe stata contenta di lui se lo avesse fatto.
«È il motivo per cui è tornato ferito, giusto?» Sentì Harry che parlava mentre apriva la porta.
Silente si fermò, per un istante incerto su cosa doveva fare. Non gli piaceva l’idea di origliare, ma non voleva nemmeno interrompere una conversazione che era ovviamente molto delicata. Comunque, la sua curiosità era difficile da ignorare. E così, aspettò in silenzio e ascoltò.
«Voleva far sembrare che lo avessi affrontato e avessi perso, così il Preside avrebbe creduto che la mia posizione come spia fosse ormai compromessa.»
«Perché Voldemort vorrebbe questo?»
«Cerco di non comprendere le menti dei Signori Oscuri, Potter, ma forse crede che ora il Preside mi dirà cose che prima non mi avrebbe detto.»
«E perché penserebbe una cosa del genere?»
«Il Signore Oscuro ha i suoi modi per estorcere informazioni, anche da maghi abili a contrastare dei metodi non convenzionali, come me. Il Preside perciò non mi rivela alcune cose, e fa bene. Se il Signore Oscuro dovesse anche solo sospettare il mio tradimento, mi sottoporrebbe a un interrogatorio alla prima occasione, e sarebbe solo una questione di tempo prima che scoprisse tutto ciò che so. Questo è il motivo per cui il Preside non mi informa di tutto. Ma anche così, conosco cose che il Signore Oscuro non deve mai scoprire, anche se è… spiacevole.»
«Lei che cosa farà se Voldemort dovesse scoprire la verità?» Domandò Harry, con gli occhi sgranati.
«Farò ciò che ho sempre fatto, Signor Potter. Combatterò.»
Silente sentì il proprio cuore gonfiarsi d’orgoglio per Severus.
«Il Preside era qui prima,» affermò Harry dopo una breve pausa.
«Oh?»
«Sì, era seduto accanto al suo letto.»
Albus desiderò davvero poter vedere Severus, ma c’era la tenda di mezzo. Beh, il tono della voce avrebbe dovuto bastargli.
«C’è una ragione particolare per cui mi dici questa cosa?» Chiese calmo Severus.
Albus poté capire dalla pausa seguente che Harry era incerto su come continuare.
«Lui.. sembrava veramente preoccupato per lei,» ammise finalmente Harry.
Silente riuscì a malapena a trattenersi dal sussultare, ora iniziando sul serio a sentirsi a disagio per il fatto che stava origliando, ma ormai era bloccato. Se avesse fatto un qualsiasi rumore adesso, avrebbero scoperto che era lì, e questo sarebbe stato ancora più imbarazzante. E non avrebbe rischiato nemmeno di lanciare silenziosamente un incantesimo silenziante. Sapendo quanto Severus era sensibile alla magia, una mossa del genere lo avrebbe fatto scoprire altrettanto in fretta.
«Il Preside è molto affezionato al suo staff. Penso che, in qualche modo, siamo una famiglia per lui. Non sono sorpreso del fatto che lo hai visto farmi visita. Può essere piuttosto sentimentale, ma non è spiacevole. È parte di ciò che lo rende Silente, forse il più grande Preside che Hogwarts abbia mai avuto.»
«Hagrid dice che lui è il più grande,» puntualizzò Harry, con un sorriso nella voce.
Albus poteva giurare di aver appena sentito Severus che tratteneva una risata.
«Potrebbe certamente esserlo, ma siccome non ho conosciuto di persona i Presidi prima di lui, non posso dire che lo è davvero.»
«Suppongo che sia vero.»
«Hai visto un lato del Preside che molto pochi vedono, Potter. La gente lo vede come un’icona potente, come lo vedi tu, e molti al Ministero lo vedono come un leader invincibile che può risolvere i loro problemi. Molto pochi considerano il fatto che è solamente un uomo.»
«Penso di capire.»
«Probabilmente lo capisci meglio di tanti altri, Potter. Ora, se non vogliamo suscitare l’ira di Pomfrey domattina, penso che dovremmo tornare a dormire.»
«D’accordo, Signore.»
Silente aspettò un quarto d’ora dopo aver sentito Harry che si rimetteva a letto, e poi entrò con calma, facendo del proprio meglio per far sembrare che fosse appena arrivato.
Guardò Severus, che sembrava essersi riaddormentato, prima di voltare gli occhi verso Harry. Il ragazzo si era raggomitolato in un fagotto sotto le coperte e gli dava la schiena. Coral era arrotolata vicino alla sua testa, sul cuscino.
Con un dolce sorriso, si sedette sulla sedia accanto al letto di Severus e si rilassò, sorseggiando la cioccolata ormai tiepida. Avrebbe felicemente subito i rimproveri di Madama Pomfrey l’indomani sul fatto di restare alzato tutta la notte, perché in quel momento non c’era alcun posto al mondo in cui avrebbe preferito essere.

O o O o O

La scuola non seppe mai che cosa era realmente accaduto, sebbene una certa quantità di pettegolezzi bizzarri serpeggiò sfrenata per alcuni giorni. L’unica cosa che Silente rivelò alla scuola fu il fatto che c’era stato un drago, come aveva affermato Sir Nicholas. Non confermò né negò che ci fosse stato un intruso o che aveva duellato con Severus. Era stato deciso che gli studenti non avevano bisogno di conoscere i dettagli; in particolare il fatto che il temuto professore di pozioni aveva subito ferite tali da richiedere una notte in infermeria.
Sfortunatamente, il fatto che Harry Potter fosse rimasto in infermeria per la notte non era passato inosservato dal corpo studentesco. Elaborati racconti che coinvolgevano Potter e un drago gigante si sollevarono presto fino a livelli assurdi, e il danno che Norberta aveva fatto alle pareti e al soffitto servì solo a rafforzarli. Non servì nulla di ciò che dissero Harry e Neville.
I due ragazzi divennero rapidamente i “domatori di draghi” tra la popolazione studentesca.
In quanto a Norberta, Silente aveva rapidamente preso accordi per farla portare alla sua nuova casa - la dimora dei Flamel, con gran disappunto di Hagrid, che poté prendersi cura del cucciolo di drago solo per un giorno.
Tutto sommato, la settimana seguente fu piena di ipotesi meravigliate e dubbi su Harry e Neville, e molti volevano sapere la ‘verità’ sul drago gigante nel corridoio e su come i due del primo anno erano riusciti a sopraffarlo. Non credevano alla storia che il drago era stato solo un cucciolo ingigantito (come Harry e Neville cercavano di spiegare). Pensavano che fosse una storia che i professori avevano detto loro di raccontare, poiché era chiaro che c’era di più su quello che era successo di quanto ammettessero i professori.
Comunque, alla fine, le voci si spensero, in particolare quando si avvicinarono gli esami di fine anno e tutti si ingegnarono per prepararsi.
Per i professori però la situazione rimase tesa. Il fatto che Voldemort fosse stato di nuovo capace di infiltrarsi nel castello era comprensibilmente motivo di preoccupazione per loro, e li rendeva impazienti per l’arrivo dell’estate, quando gli scudi sarebbero stati finalmente rafforzati. Ma fino ad allora, il Preside gli aveva detto di essere molto vigilanti e di fare rapporto su qualsiasi cosa fuori dall’ordinario, non importava quanto piccola.

O o O o O

«Mi dice che la cicatrice gli fa ancora male di tanto in tanto,» disse la Professoressa Sprite con un sospiro.
«Forse sta solo percependo ondate della frustrazione di Voldemort per non essere riuscito a prendere la pietra?» Suggerì Filius.
I due erano nell’ufficio di Filius, accanto all’aula di Incantesimi.
«Ho suggerito la stessa cosa ad Harry, ma non sembrava convinto che potesse essere una possibilità.»
«Credi che Voldemort possa star progettando qualcos’altro?»
«Come potrebbe non farlo? Severus ha riferito che il mostro ha menzionato che avrebbe percorso una strada diversa, ora che la pietra non era più alla sua portata,» continuò Pomona, ora facendosi chiaramente agitata. «Oh, vorrei solo che Harry non dovesse affrontare nulla di tutto ciò.»
«Sembra reggere la situazione piuttosto bene però,» fece notare Filius, provando a essere incoraggiante.
«Sì, è così, nonostante tutto il caos dei pettegolezzi con il drago.»
«So cosa intendi. E sebbene sono d’accordo che sia stato meglio che gli studenti non abbiano saputo tutto, non deve essere facile per Potter e Paciock.»
«Già… “domatori di draghi”,» fece Pomona, scuotendo la testa.
«Agli studenti non manca certo l’immaginazione.»
Pomona sospirò, un po’ frustrata da tutto quanto. Si sentiva come se avesse le mani legate.
«Sono sicura che tutto questo passerà e diventerà un’altra parte del folklore di Hogwarts,» affermò Filius. «Le cose stanno già iniziando a calmarsi. Gli esami di fine anno finiscono la settimana prossima, e anche gli studenti sanno che non possono permettersi di distrarsi.»
«Hai ragione, Filius. Vorrei davvero che tutti i miei Hufflepuff dovessero preoccuparsi solo degli esami, invece che di Signori Oscuri, pettegolezzi insostenibili e cose del genere. È troppo da gestire per un bambino, o anche per chiunque per quel che importa. Hai parlato con Severus da quando è successo?» Chiese, cambiando rapidamente argomento.
«Certo, sebbene la conversazione sia stata più breve di quanto avrei preferito,» disse Filius. «Ma tutte le conversazioni che ho con Severus sono brevi, quindi non ne sono stato sorpreso.»
«Lo ha detto ad Harry.»
«Gli ha detto cosa?» Chiese Filius, confuso.
«Evidentemente, Harry aveva notato qualcosa di strano sul suo braccio sinistro la notte in cui Albus lo ha portato in infermeria.»
Filius sgranò gli occhi, capendo immediatamente. «E così glielo ha detto?»
«Severus mi ha riferito che non vedeva alcun motivo per nasconderglielo. Ha capito che Harry sapeva già della sua posizione.»
«Come avrebbe potuto saperlo Harry?» Domandò Filius incredulo.
«Remus.»
Filius fece una smorfia. «Non sembra una cosa che Remus potrebbe fare, a meno che...» si interruppe, vedendo che Pomona annuiva.
«Sì, Harry lo ha chiesto,» spiegò Pomona. «Non so i dettagli, ma le sue domande erano tali che Remus ha sentito di dovergli dare alcune informazioni, ma solo cose che Harry sarebbe stato in grado di scoprire da solo facendo delle ricerche negli archivi pubblici.»
«Così Remus gli ha risparmiato la fatica e probabilmente glielo ha spiegato in modo responsabile,» ragionò Filius a voce alta, ora non più preoccupato.
Pomona annuì.
«Suppongo che allora sia stato meglio così,» fece lui dopo un momento. «Metterei in dubbio la saggezza nel rivelare a un undicenne di essere una spia attiva, però, con o senza la presenza di informazioni pubbliche.»
«Questo è il motivo per cui te ne ho parlato. Sono certa che Harry comprenda la pericolosità della posizione di Severus, ma non so davvero cosa fare per aiutarlo.»
«Al momento, non penso che ci sia nulla che devi fare. Limitati ad esserci per rispondere alle sue domande e sii onesta con lui. Da quello che sono stato in grado di vedere, Potter reagisce al meglio alla sincerità totale.»
Pomona annuì pensierosamente. «Già, anch’io ho pensato lo stesso. Quando ha iniziato a prendere lezioni da Poppy, ero un po’ preoccupata. Non ero sicura che avrebbe potuto affrontare alcune parti della conoscenza medica, capisci, ma ho visto come Poppy spiega le cose in modo semplice e senza sciocchezze, e lui sembra in grado di digerirle di conseguenza e con molto poco imbarazzo o timidezza - a differenza di altri della sua età.»
«Molto bene. Sono sicuro che Potter potrà diventare un bravo Guaritore quando terminerà gli studi.»
Pomona annuì. «So che Poppy ha già iniziato a parlare con alcuni dei suoi vecchi amici dell’Università e del San Mungo. Sono sicuro che ci siano già molte persone che vorrebbero assumere Harry quando ne avrà l’età - fama a parte.»
«Sì, posso immaginarlo,» concordò Filius.
«Beh, devo preparare le piante per l’esame del quarto anno della settimana prossima.»
«Anch’io devo finire di organizzare alcune cose,» fece Filius, saltando giù dalla sedia. «Sono felice che abbiamo avuto questa piccola chiacchierata. Ammetto di essere stato curioso su come Potter si stava trovando nella tua Casa. Sospetto che anche Minerva sia ugualmente curiosa.»
«Dovrei parlarle più tardi. Non mi dispiacerebbe sentire il suo parere, poiché lei conosceva James più di molti altri. Vorrei sapere se alcune sue caratteristiche siano state trasmesse ad Harry o no.»
Filius sorrise. «Beh, da quello che mi hai detto, somiglia più a Lily che a James, ma anche così, Harry è davvero unico. Dubito che ci sia stato qualcun altro come lui prima d’ora.»

O o O o O

Harry si tirò le tende intorno al letto, decidendo di mettersi a dormire. La settimana trascorsa era stata molto piena, con lo studio e gli esami, ma era fiducioso che i suoi sforzi erano stati abbastanza da avergli fatto ottenere almeno una O nella maggior parte delle materie.
Per Storia della Magia sarebbe stato contento di una A, anche se una O non sembrava del tutto impossibile. L’esame era stato più facile di quanto avesse pensato. Certo, leggere il libro durante le lezioni, mentre Binn continuava a blaterare di qualche goblin di cui aveva già parlato cinquanta volte, probabilmente era stato d’aiuto.
:Dormi bene, Harry: Sibilò Coral, arrotolandosi sul bordo del cuscino.
:Notte, Coral: fece lui, mettendosi sotto le coperte.
Con un sospiro, Harry chiuse gli occhi, grato che gli impegni della settimana avessero fatto sì che i suoi compagni lo avessero lasciato in pace. Le voci e le domande sul drago erano finalmente finite, e la scuola sembrava aver smesso di interrogare lui e Neville sulle loro abilità di “domatori di draghi”. Non che ormai importasse molto, infatti le vacanze sarebbero iniziate la settimana successiva e il loro interesse per lui sarebbe probabilmente sparito durante la pausa estiva. Almeno questo era quello che gli assicurava Ernie.
Harry non poteva davvero biasimare la scuola per la sua curiosità, ma l’incessante mormorio e gli sguardi meravigliati erano fastidiosi, anche se lo distraevano dal dolore che sentiva alla cicatrice.
Ormai era quasi non-stop. In realtà stava peggiorando. Lo aveva detto alla Professoressa Sprite e a Madama Pomfrey, ma sfortunatamente non potevano fare molto per aiutarlo.
Pomfrey gli aveva dato dell’antidolorifico ovviamente, ma Harry odiava il modo in cui la pozione lo faceva sentire più debole di quanto avrebbe dovuto essere. Odiava sentirsi “galleggiare” e vi preferiva di gran lunga il dolore. Almeno quello poteva ignorarlo o sopportarlo, per lo meno per la maggior parte, e non che fosse insostenibile, solo che era continuo.
Come una specie di herpes.
Ma non era così semplice, e Harry sapeva che non doveva solo dimenticarsene, ma a questo punto non c’era molto altro che potesse fare. Sapeva anche che non doveva permettere a sé stesso di esserne ossessionato, non era salutare, ma continuava comunque a pensarci. Che cosa stava facendo Voldemort? A che cosa stava pensando? Dalle lievi tracce che gli arrivavano dalla cicatrice, di certo non era niente di buono. Si stava preparando per qualcosa, e sarebbe stato molto presto. Era come se il Signore Oscuro stesse impazientemente aspettando la mattina di Natale o una cosa simile.
Harry sperò solo che sarebbero stati in grado di fermarlo ancora, quando avesse colpito.
D’altra parte, aveva ricominciato a leggere il libro di Occlumanzia e a fare piccoli esercizi. Con i compiti scolastici finiti per quell’anno, sentiva che il professore di pozioni avrebbe approvato il cambiamento nei suoi studi.
Harry sorrise. Era sicuro di aver svolto bene il suo esame di Pozioni. Quando aveva consegnato il foglio e la fiala con la pozione, un angolo della bocca del professore si era sollevato, anche se leggermente, in un modo che Harry aveva identificato come orgoglio. Era una strana sensazione. Per quanto ne sapeva, non aveva mai reso orgoglioso nessuno prima. Forse ci sarebbe riuscito di nuovo? Ci avrebbe provato di sicuro!
Con quel finale pensiero felice, Harry si arrese al sonno.
.
.
.
Harry fece una smorfia, il dolore nella cicatrice era salito a un livello tale che lo aveva svegliato dal dormiveglia. Era forte, anche più forte delle volte in cui Voldemort era stato nel castello. Era denso, così potente che sembrava come se il mostro fosse proprio lì nella stanza…
Con ciò, Harry spalancò gli occhi, e fu improvvisamente consapevole di Coral sveglia sulla sua spalla, la lingua saettante vicino al suo orecchio.
:Qualcuno è appena entrato: sussurrò lei piano. Harry quasi non percepì le sue parole. :Posso sentirlo:
Harry rimase immobile, il cuore gli martellava nel petto mentre ora percepiva una presenza proprio dall’altra parte delle tende del suo letto. Gli occhi di Harry si voltarono verso il tessuto scuro, sperando di vedere qualcosa, anche se non aveva indosso gli occhiali.
Silenziosamente, Harry fece scivolare la bacchetta sull’avambraccio senza fodero, proprio mentre coglieva un movimento sull’orlo della tenda.
Una mano.
Stringeva il bordo del tessuto, ed Harry sapeva che qualcosa sarebbe successo a momenti. Chiunque ci fosse dall’altra parte, Voldemort o no, stava per aprire la tenda, e lui aveva il forte presentimento che non sarebbe stato buono per lui.
La tenda fu tirata da parte, e Harry ebbe solo una frazione di secondo per afferrare Coral e buttarsi giù dal letto.
«AVADA KEDAVRA!»
Una luce verde gli esplose davanti, colpendo proprio il punto in cui era stato disteso, mentre lui si gettava all’indietro, cadendo sul pavimento e strappando la tenda dall’altra parte del letto. Quello fu all’istante distrutto dall’incantesimo oscuro mentre le coperte cadevano ai suoi piedi, poiché in qualche modo non gli si erano arrotolate addosso. Coral era nella sua mano sinistra mentre il ragazzo rispondeva goffamente con l’incantesimo che Smith aveva lanciato contro Draco tutte quelle settimane prima.
«Everte Statim!» Gridò Harry, mirando precariamente alla sfocata forma scura dal lato opposto del letto, prima di agguantare gli occhiali dal comodino mentre Coral si arrotolava all’istante attorno al suo polso.
L’incantesimo venne deviato con facilità dal mago oscuro, che parve ringhiare di fastidio.
«Non puoi morire e basta, Potter?!» Sbraitò prima di agitare la bacchetta.
La bacchetta di Harry gli venne strappata di mano, ma prima che il ragazzo potesse reagire, il mago gli puntò contro di nuovo la propria bacchetta.
«Avada Kedavra!» Urlò ancora mentre la bacchetta di Harry cadeva sul pavimento da qualche parte vicino al letto di Justin.
Harry riuscì a malapena a rotolare dietro la stufetta cilindrica al centro della stanza. L’incantesimo verde saettò contro il pavimento e lo ruppe, pezzi di pietra volarono ovunque.
Con gli occhiali ora ben fermi sul naso, Harry poté distinguere la forma dell’altro attraverso la luce tenue. Era grasso, basso, e aveva come occhi due tagli rossi, luminescenti e spaventosi.
«Harry?» Strillò Neville mentre Ernie, Justin, e Zacharias si alzavano dai loro letti.
«Correte!» Gridò Harry, ora dovendo strizzare gli occhi perché il dolore alla cicatrice aumentò.
Justin scappò dalla stanza, essendo il più vicino alla porta. Smith era pietrificato sul suo letto dal terrore, mentre Ernie prese saggiamente rifugio dietro il proprio giaciglio. Neville imitò la strategia di Ernie, lasciandosi cadere dietro il letto e mettendosi al riparo mentre tirava fuori la bacchetta.
Le tende di Neville non erano chiuse, poiché il ragazzo preferiva tenerle aperte mentre dormiva.
«Non mi darai più problemi, Potter.»
«Sei tu quello che mi sta dando problemi - Voldemort,» replicò Harry, ora sperando di mantenere su di sé l’attenzione del suo pretendente-assassino.
«Sei intelligente, almeno,» affermò Voldemort, prima di scagliare un altro incantesimo, stavolta diretto alla copertura di Harry e costringendolo a scappare dietro il letto di Neville mentre la stufetta veniva distrutta. «Nascondersi servirà solo a ritardare l’inevitabile.» Scagliò un altro incantesimo, che colpì la parete dietro il letto di Neville. Mancò le loro teste di pochi centimetri.
Accovacciandosi di più, Harry afferrò il braccio di Neville. «Chiudi gli occhi quando mi dirigerò alla porta,» sussurrò con urgenza mentre prendeva la bacchetta di sua madre dal fodero. Neville annuì, stringendo la mano sulla propria bacchetta.
Voldemort fece un passo in avanti. Riuscivano a sentire i suoi piedi schiacciare quello che era rimasto del letto di Harry e della stufetta. Voldemort lanciò un altro incantesimo, e il letto dietro cui si stavano nascondendo fu sollevato in alto prima di volare attraverso la stanza e schiantarsi contro la parete in fondo, vicino alla porta. Il comodino di Neville si spostò dalla parete di un paio di metri, ma rimase in piedi, fermandosi nel punto in cui c’erano stati i piedi del letto.
Harry strizzò il braccio di Neville in quello che sperò sarebbe stato interpretato come un segnale, prima di correre in avanti, con la mente che non cercava più di tentare strategie disperate, ma che reagiva.
«LUMOS!» Tuonò Harry, la voce quasi rotta per il grido, mentre chiudeva fortemente gli occhi e imprimeva tutto il potere che poteva nell’incantesimo.
«AHH!» Strillò Voldemort quando il raggio di luce bianca, più luminoso di un lampo, gli esplose dritto in viso.
Voldemort incespicò di lato mentre batteva le palpebre diverse volte, cercando di schiarirsi la vista. Ora era più vicino al letto di Justin, con l’orrore di Smith che ora era il più vicino a lui.
Lo slancio di Harry lo portò in avanti, dove fu sfortunato a inciampare contro i detriti che ora ricoprivano il pavimento. Atterrò con un sonoro schianto e sbattè la testa contro una barra di metallo piegato che era stata dritta e parte della stufetta. Respirando affannosamente, confuso, ed ora sanguinante, Harry sollevò gli occhi mentre il piuttosto grasso Signore Oscuro ruggiva.
Neville scattò in avanti e prese un piede di Harry per tirarlo prontamente indietro, trascinandolo sul pavimento mentre tentava disperatamente di portare entrambi dietro il più vicino riparo possibile, che ora era il letto devastato di Harry.
Voldemort era furioso. «Vi ucciderò tutti!» Dichiarò mentre puntava ciecamente la bacchetta su un bersaglio a caso.
Neville.
«Avada Kedavra!»
Non c’era nulla che gli altri ragazzi potessero fare in tempo. I secondi parvero rallentare e Harry poteva solo guardare, dal pavimento e su un fianco, mentre il bagliore verde saettava verso il petto di Neville.
Spalancò gli occhi tentando di muoversi, provò a scansare Neville, provò a fare qualsiasi cosa per salvare il suo amico, ma sia a causa dello shock, che della stanchezza, o del colpo alla testa, non riuscì a fare nulla.
Ma non ne ebbe bisogno.
Con la coda dell’occhio, distinse un… qualcosa.. qualcosa di piccolo che sfrecciò in avanti dalla cima del comodino di Neville e andò dritto nella traiettoria del raggio verde.
«Crrra…»
Fu finita in un istante, e il lieve ‘plop’ della piccola forma che cadde proprio accanto alla sua testa rimbombò forte nelle orecchie di Harry. Nel frattempo, Voldemort stava lanciando incantesimi a caso per tutta la stanza, preso da una specie di crisi, avendo del tutto perso il controllo di sé.
«Trevor?» Alitò Neville, del tutto sconvolto mentre abbassava gli occhi al primo vero regalo importante che avesse mai ricevuto, che giaceva proprio accanto al volto sanguinante del suo amico.
Il cuore di Harry si strinse per l’amico, ma sapeva che ora non era il momento di rattristarsi e si mise rapidamente in ginocchio, raccolse Trevor, e trascinò Neville fino al riparo che avevano quasi raggiunto.
Mentre le loro figure si chinavano dietro il cumulo del materasso schiacciato, delle tende e della struttura del baldacchino, Voldemort continuò l'assalto, ma il suo scatto d’ira fu presto interrotto da una risoluta esclamazione e da una potente fattura esplosiva che lo colse proprio al centro della sua schiena grassoccia.
«PRENDITELA CON QUALCUNO DELLA TUA TAGLIA!»
Il suo corpo venne catapultato in avanti, sbattendo contro il muro con una traiettoria allineata direttamente in direzione della porta, mentre le luci della stanza venivano accese.
La Professoressa Sprite era arrivata.
Harry e gli altri rimasero dove si trovavano, mentre Voldemort si voltava. Era, se possibile, ancora più orribile alla luce di quanto lo fosse stato al buio.
Sebbene l’uomo sovrappeso che Voldemort stava evidentemente possedendo fosse accuratamente rasato, questo faceva ben poco per allietarne l’aspetto. Aveva dei capelli ispidi, sebbene pettinati, e nonostante il suo mantello scuro e lucido, sembrava più somigliante a Zio Vernon vestito per andare a un funerale che a un mago spaventoso.
Sollevò la bacchetta, rivelando la mano destra a cui mancava il mignolo.
Al vederlo, la Sprite emise un breve gemito di sgomento, prima di continuare immediatamente la sua offensiva ed entrare nella stanza.
Con dei precisi movimenti della bacchetta, la donna lanciò contro di lui dei pezzi di detriti dal pavimento, costringendolo a evitarli o deviarli invece di scagliarle contro tutte le maledizioni che avrebbe voluto.
La Sprite non gli dava tregua, ma lui non era il più temuto Signore Oscuro dopo Grindelwald per niente.
Deviando gli oggetti che la Sprite gli scagliava contro magicamente (sebbene molti lo colpirono comunque, poiché sembrava che il potente Lumos di Harry lo avesse almeno parzialmente accecato), si portò le mani al petto. Si puntò la bacchetta direttamente contro lo sterno mentre raccoglieva la propria magia, ignorando il pezzo di legno che lo colpì alla spalla.
«Ah!» Gridò, aprendo le braccia in un terrificante sfoggio di abilità magica.
Tutto nella stanza fu violentemente sospinto lontano da lui, incluso Harry e gli altri ragazzi. Oggetti fragili, come bicchieri e porcellane, esplosero mentre la pulsazione di potere li attraversava. Le lenti degli occhiali di Harry si ruppero, ma per fortuna, grazie alla tecnologia babbana, rimasero incastrate nella montatura. La Professoressa rimase dov’era, ma dovette proteggersi dagli oggetti fatti volare via dall’ondata di densa magia.
E poi Voldemort passò realmente all’offensiva.
Harry e Neville fissarono con assoluto orrore la sua bacchetta muoversi, e sebbene era chiaro che stesse avendo dei seri problemi di vista, la sua abilità nel lanciare incantesimi non era stata intaccata.
Fiamme eruppero dalla sua bacchetta mentre un’astiosa serie di sibili proveniva dalle sue labbra.
«Ragazzi, dietro di me!» Urlò la Sprite, correndo in avanti e muovendo la bacchetta davanti a sé con chiare intenzioni.
Harry e gli altri non ebbero bisogno di sentirselo dire due volte, sebbene Ernie dovette trascinare Smith con sé giù dal letto, mentre andavano tutti dietro la Sprite e Voldemort emanava ancora più fiamme dalla bacchetta e le dirigeva verso tutti loro.
Harry fu l’ultimo a rifugiarsi dietro di lei, girandosi al sentire il calore del fuoco che gli arrivava dietro la schiena.
«Professoressa!» Non poté evitare di gridare, allarmato al vedere che la Sprite se ne stava semplicemente lì, mentre le fiamme le giungevano davanti.
Ma lei non rimase passiva.
Cambiò posizione, muovendo la bacchetta in un largo arco verso il soffitto. Una cupola trasparente apparve coprendo lei e la porta, assorbendo il calore e proteggendo i ragazzi mentre lei muoveva di nuovo la bacchetta. Il fuoco fu scansato di lato, e poi spinto indietro e in alto mentre lei muoveva la mano libera in quella direzione, costringendolo verso l’angolo in alto a destra della stanza.
Attraverso le lenti rotte e la magica cupola trasparente, Harry riusciva a malapena a distinguere la figura di Voldemort al di sotto delle fiamme, quando accadde qualcosa di piuttosto bizzarro.
Voldemort si stava rimpicciolendo, e molto in fretta - si stava trasformando in qualcosa di totalmente inumano.
Un ratto?
Mentre la Sprite continuava a combattere le fiamme, videro il ratto che corse frettolosamente verso la parete di sinistra, dove erano stati i letti di Neville e Harry, svanendo in un buco ai piedi del muro di pietra.
Improvvisamente, Harry si sentì afferrato da dietro, fuori dalla porta e lontano dal dormitorio. Ci furono molti suoni e movimenti, ma tutto quello che Harry vide fu un trambusto di mantelli colorati seguiti dal buio pesto e da un turbinio di altri mantelli di altre taglie e colori.
«Portali via, Severus!» Gridò una voce, chiaramente quella di Silente.
Harry boccheggiò poiché qualcuno stava continuando a portarlo via, poi si fermarono all’improvviso e gli premettero le ferite sul viso. Sbatté le palpebre, e l’involto di tessuto gli venne spostato dal viso per permettergli di vedere, e si trovò rapidamente sul pavimento e tra le braccia di Cedric Diggory, che si era tolto il mantello e lo stava usando per rallentare l’emorragia di Harry.
Alla sua destra, vide la schiena del Professor Piton e capì che era stato in qualche modo portato nella sala comune degli Hufflepuff in quegli istanti di movimento caotico. Dalla propria angolazione poteva vedere che il maestro di pozioni aveva sfoderato la bacchetta e stava bloccando la porta.
Distolse lo sguardo, provando a vedere chi altro ci fosse nella stanza.
Trovò Smith e Ernie sul divano accanto ad alcuni prefetti, che si stavano assicurando che stessero bene. Justin stava parlando con la Professoressa McGranitt e Neville era inginocchiato in silenzio accanto a Cedric, con gli occhi abbassati verso la mano sinistra di Harry.
Oh. Stava ancota tenendo Trevor. Coral abbassò la testa tristemente verso l’anfibio. Harry si tirò su a sedere, e Cedric mosse il mantello per continuare a premergli sulle ferite; Harry sollevò lo sguardo e incontrò quello di Neville.
«Tieni, Neville,» sussurrò, offrendogli gentilmente la forma esanime.
Gli occhi di Neville erano già pieni di lacrime mentre prendeva Trevor e se lo portava subito al petto.
Non c’erano parole da dire.

O o O o O

«È un bellissimo posto dove farlo riposare, Neville,» disse Hagrid a voce bassa, mentre dava alla pietra ruvida un colpo deciso col pugno per piantarla bene a terra.
Harry, Neville, la Professoressa Sprite e Hagrid erano dietro la capanna del mezzogigante, radunati di fronte alla piccola ultima dimora del famiglio di Neville.
Sarebbero tutti tornati a casa il giorno successivo, permettendo ai Professori di iniziare finalmente a mettere e rafforzare gli scudi del castello per la fine di quella settimana. L’attacco a Harry da parte del ‘mago oscuro’ (il Ministero infatti non voleva confermare che fosse in effetti Voldemort, possessione o no) era stato reso pubblico, poiché era impossibile tenerlo segreto quando così tanti studenti nel dormitorio avevano sentito le maledizioni urlate e la Professoressa Sprite che combatteva le fiamme. Senza parlare della stanza completamente rovinata… per fortuna, gli oggetti all’interno dei bauli erano rimasti intatti.
Le fiamme non avevano avuto il tempo di penetrare nei bauli, così, oggetti come il mantello dell’invisibilità di Harry si erano salvati, con loro gran sollievo.
La Professoressa Sprite era stata anche in grado di restituire ad Harry la sua bacchetta, anche se il manico era stato bruciacchiato. Ma oltre a questo era indenne e poteva ancora essere usata.
Le ore successive all’attacco erano trascorse in un soffio, i ragazzi erano stati controllati e curati da Madama Pomfrey (la Medimaga non aveva permesso ad Harry di usare i Serpincanti a causa del trauma cranico e del leggero affaticamento magico) e poi erano stati interrogati dal Preside sull’accaduto. Alla fine, avevano determinato che il Signore Oscuro era riuscito a possedere un animagus e ad infiltrarsi nella scuola come avrebbe fatto un ratto - attraverso le crepe nelle mura. Harry sospettava che ci fosse di più sotto, ma, a questo punto, non voleva saperlo.
Neville tirò su col naso, dando alla piccola lapide un gentile buffetto. «Non ti dimenticherò mai, Trevor.»
Fece un passo indietro, accanto ad Harry, ed entrambi abbassarono gli occhi alla lapide, che era stata amorevolmente scolpita dalla loro Capo Casa.

Qui giace Trevor il Rospo
L’ Eroe Inaspettato
Famiglio di Neville Paciock
27 Agosto 1991 - 26 Giugno 1992






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Nota: L’autrice avverte che le date sulla tomba indicano per quanto tempo Trevor sia stato il famiglio di Neville, poiché Neville non potrebbe sapere quando sia “uscito dall’uovo”. Inoltre, siccome la Rowling non specifica quando sia l’ultimo giorno di scuola ad Hogwarts, ne ha scelto uno lei (il 28 giugno).


Scusate, so di aver saltato una settimana, ma è stato un periodo molto denso e difficile, spero possiate perdonarmi, anche perché questo capitolo è stato abbastanza impegnativo.

Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Scopo.




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Capitolo 20
*** Scopo ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 20: [Motive] Scopo

«Allora, tornerà dai Dursley,» disse Severus.
Non era una domanda.
Silente sollevò lo sguardo da dietro la scrivania. «Non rimarrà lì tutta l’estate, Severus, te lo assicuro, ma quello è il luogo più sicuro per lui, e gli scudi devono essere rinnovati dalla sua presenza.»
Severus dovette concordare. Oltre a Hogwarts e pochi altri luoghi, gli scudi del numero 4 di Privet Drive erano la protezione maggiore per il ragazzo - fin quando rimaneva all’interno delle sue mura. Harry doveva far sì che quegli scudi persistessero, Dursley o no, almeno per ora.
«Pomona mi ha riferito che le ha detto di informare Potter a proposito degli scudi e del periodo di tempo necessario a farli rinsaldare. Tre settimane?» L’insegnante di pozioni si mosse più vicino alla scrivania, ma non si sedette sulla sedia lì accanto.
«Si tratta di una stima ritoccata per eccesso, lo ammetto, ma siccome sono gli unici Scudi da Legame di Sangue che abbia mai innalzato, preferisco essere cauto; inoltre, ho bisogno di tempo per organizzare una sistemazione adeguata.»
«Quindi ha deciso dove starà?»
«Ho alcune idee.»
«Ma non vuole dirmele,» Severus concluse semplicemente. Se l’era aspettato.
«Non ancora,» ammise Albus.
«Capisco. Allora non andrà dai Paciock, suppongo?» Chiese, andando a tentoni, cercando un indizio.
«No. Augusta ha espresso con me le sue preoccupazioni. In questo momento, sento che sarebbe… poco saggio suggerire di farle ospitare Harry nella villa dei Paciock quest’estate.»
Severus sollevò le sopracciglia. Questo lo sorprese. Aveva sempre pensato che Augusta fosse fatta di materiale più forte. Ma nel futuro, era arrivato a conoscerla davvero solo dopo il quinto anno di Neville.
«Comprensibilmente, è piuttosto allarmata da ciò che è accaduto. Mi rattrista ammetterlo, ma credo che sia spaventata dal giovane Harry, e da ciò che implica la sua vicinanza a suo nipote.»
«Non ha vietato al ragazzo di essergli amico, vero?»
«No, no. È più forte di così, e non si sognerebbe mai di portare via al nipote il suo migliore amico, ma non sarei sorpreso se cominciasse a dare subdoli suggerimenti al ragazzo.»
«Hmf, dubito che Paciock la prenderà bene. Lui e Potter sono ormai come fratelli.»
«Già,» fece Silente, con gli occhi che gli scintillavano, «Lo sono.»
Con ciò, finalmente Severus si sedette. «Il Ministro ha già iniziato a investigare?» chiese, cambiando argomento.
Silente si irrigidì. «Madama Bones è stata davvero un’alleata per la giustizia. Ha fatto pressioni al Ministro per procedere con le maniere ufficiali e finalmente interrogare Sirius Black col Veritaserum.» Silente sospirò. «Sapevo che qualcosa non andava nel tradimento di Sirius, ma con tutte le prove contro di lui, la confessione che fece lui stesso dicendo “li ho uccisi”, e con la tensione alle stelle proprio subito dopo la caduta di Voldemort...»
«Quindi lei crede che Black sarà assolto da tutte le accuse ora?» Domandò Severus, immettendo nella propria voce un po’ di sorpresa e confusione.
«Quando Pomona mi ha mostrato i suoi ricordi nel Pensatoio, il mistero è stato svelato. Non posso dirlo senza alcun dubbio, ma oltre al fatto che Peter è stato vivo per tutto questo tempo… c’è anche quello che Remus ha rivelato ieri.»
Silente scosse la testa, meravigliato. «Animagi.»
Severus si ingegnò di apparire perso nei propri pensieri. Questo poteva funzionare.
«Severus?»
«Il più giovane dei Weasley… aveva perso un famiglio ratto non molto prima che Raptor...»
Silente spalancò gli occhi, rapidamente giungendo alle conclusioni, o almeno alla possibilità, a cui Severus voleva condurlo.
«Se vuoi scusarmi, Severus, credo di aver bisogno di parlare con i Weasley,» disse.
Severus lo salutò con un cenno del capo prima di andarsene prontamente.

O o O o O

«Pensi che riuscirai a farmi visita quest’estate?» Chiese Neville.
«Non ne sono sicuro. Lo spero,» rispose Harry.
«Non dimenticarti che puoi venire a casa mia quando vuoi. Mio padre ha detto che farà collegare dal Ministro la Metropolvere alla casa dei tuoi parenti, se vuoi,» aggiunse Draco. «Devi soltanto mandarmi un gufo.»
Draco aveva fatto tappa nello scompartimento di Harry e Neville per una parte del viaggio fino alla stazione. Vincent e Gregory erano in un altro compartimento con gli altri Slytherin.
«Ehm - non sono sicuro che sarebbe una buona idea. Mi piacerebbe tanto venire, non fraintendermi, ma i miei zii… loro odiano davvero, davvero tanto la magia. Così tanto che ho convinto Dobby a restare qui e aiutare gli altri elfi di Hogwarts per ora. E anche se il Professor Piton ha parlato con loro l’estate scorsa, collegare la metropolvere...»
«Ho capito. Beh, non devi venire per forza via camino, sai. C’è sempre il Nottetempo.»
«È vero,» fece Harry, domandandosi se sarebbe stato in grado di far loro visita durante le settimane in cui stava rinnovando gli scudi.
«E ci scriveremo regolarmente, quindi organizzare una visita non sarà difficile,» continuò Draco, prima di fare una pausa. «I tuoi zii non saranno troppo sconvolti dai gufi, no?»
«Penso che ignoreranno qualunque cosa accadrà nella mia stanza, grazie al Professore, il che è più di quanto avessi mai potuto desiderare prima di Hogwarts.»
Harry si irrigidì, sembrando improvvisamente stanco.
Draco e Neville erano in grado di capire che c’era qualcos’altro sotto a quell’affermazione, ma videro che Harry probabilmente non avrebbe mai aggiunto altro.
«Wow, devono essere davvero orribili. Stupidi babbani,» esclamò Draco. «Perché devi stare con loro? Di sicuro Silente potrebbe trovarti un posto diverso in cui stare.»
«Beh, per adesso, quello è il posto più sicuro per me fuori da Hogwarts. La Professoressa Sprite ha detto che ha a che fare con il fatto che sono imparentato a mia zia tramite mia madre.»
Harry non era sicuro di quanto potesse rivelare. Non gli era stato detto di mantenere segreto qualcosa, ma c’era il padre di Draco da considerare… Forse si stava comportando da paranoico?
«Suppongo che abbia senso,» replicò Draco prima di alzarsi. «Bene, devo tornare da Tiger e Goyle. Hanno promesso che non si sarebbero mangiati tutte le caramelle, ma tendono a dimenticare le cose.»
Harry e Neville sorrisero, divertiti.
«Ti manderò un gufo quando arrivo dai Dursley, Draco,» promise Harry.
«Molto bene, Potter,» rispose Draco, prima di uscire dallo scompartimento, ricevendo un cenno di saluto da parte di Neville.

O o O o O

Sirius Black aprì gli occhi, sentendo qualcosa che udiva raramente.
La porta della sua cella che si apriva.
Alzò lo sguardo, sentendo che il profondo gelo indotto dai Dissennatori si era in qualche modo attenuato.
«Alzati, Black. Devi venire con noi,» disse bruscamente la guardia.
Fece come gli era stato detto, sollevandosi tremante. «Ch-che cosa succede?»
«Non fare domande. Fa’ solo quello che ti diciamo.»
Black, decisamente confuso, ma troppo grato di allontanarsi dai Dissennatori per curarsene, fu portato via.
Non fu certo se gli eventi che seguirono fossero reali o no. Aveva immaginato che accadesse qualcosa del genere poco tempo dopo essere stato catturato; comunque, con la costante presenza dei dissennatori, aveva lentamente perso tutta la speranza. Sperava disperatamente di non svegliarsi da questa allucinazione.

O o O o O

Severus piegò la Gazzetta del Profeta e la mise da parte.
E così era fatta. Madama Bones, determinata ad arrivare alla verità, ci era riuscita.
Le ci era voluta più di una settimana, ma aveva convinto il Ministro e, grazie a Silente, aveva organizzato una prova di fronte al Wizengamot - una prova in ritardo di dieci anni. Caramell era apparso come un uomo dedito alla giustizia, naturalmente, e Black era una povera vittima delle circostanze della guerra passata.
Severus ingoiò il liquido nel proprio bicchiere e si sedette, mentre il giornale si riapriva mostrando di nuovo la prima pagina.

SIRIUS BLACK PROSCIOLTO DA TUTTE LE ACCUSE!



Si chiese che cosa sarebbe accaduto adesso.
I guaritori, esaminando Black, gli avevano ordinato un esteso periodo di riposo a letto. Bene o male che fosse, l’uomo non sarebbe stato in giro per il resto dell’estate. Aveva, comprensibilmente, alcuni seri problemi derivanti dalla sua prigionia ad Azkaban. Avrebbe dovuto sottoporsi a molte ore con guaritori mentali e altri specialisti. Una parte di Severus si sentiva quasi dispiaciuta per il cagnaccio.
Scosse la testa.
Sperava solo che questa sarebbe stata una buona cosa per Harry nel lungo termine. L’ultima volta, Black era “guarito” da solo ed era riuscito a malapena a mantenersi nella definizione di sanità mentale, prima di essere ucciso in un agguato al Ministero. Questo era accaduto poco prima che Voldemort prendesse il controllo e annientasse qualsiasi cosa buona nel Mondo Magico.
Prima che il Bene iniziasse veramente a perdere.
Riconcentrandosi, si domandò quando ad Harry sarebbe stato detto di Black. Conoscendo Silente, sarebbe stato il più tardi possibile. Beh, suppose che per ora non c’era motivo di dirglielo. Comunque Black non stava abbastanza bene per poter ricevere visitatori, e Harry sarebbe stato una distrazione che avrebbe senza dubbio compromesso il suo recupero. Inoltre, avrebbero dovuto parlare ad Harry tra non molto. Entro un paio di settimane, sarebbe stato spostato in qualunque luogo Silente avesse ritenuto sicuro, e, in quell’occasione, gli avrebbero anche parlato del suo stato di Dormiente.
Severus guardò nuovamente il giornale prima di alzarsi in piedi. Beh, era ora di tornare assieme agli altri professori e di continuare a rafforzare gli scudi.
Merlino, era grato che Albus avesse dato ascolto ai suoi suggerimenti, specialmente l’ultimo. Se tutto andava per il verso giusto, le cose sarebbero state come lui prevedeva, e il più vecchio dei Weasley sarebbe stato ancora una volta un prezioso alleato.

O o O o O

Bill Weasley seguì nervosamente la sua ex Capo Casa verso la Sala Grande.
Apparentemente, la sua conoscenza di antichi scudi Egizi aveva impressionato almeno un professore, e lui era stato raccomandato, di persona, per aiutare.
Bill stava ancora cercando di capacitarsi della cosa. Perché lui, che aveva appena finito il suo apprendistato, era stato chiamato per aiutare a porre dei nuovi scudi difensivi intorno ad uno dei più potenti castelli d’Europa? Il Preside non avrebbe dovuto chiamare un Maestro di Scudi per farsi aiutare? Perché lui, William Arthur Weasley - un giovane, inesperto Spezzaincantesimi?
E perché lo avevano mandato a chiamare adesso? Era ben risaputo che il lavoro sugli scudi era iniziato subito dopo il termine delle lezioni. E questa era un’altra questione. Gli scudi erano già stati ampiamente potenziati. Aveva subito sentito la differenza quando aveva messo piede nel territorio di Hogwarts. Era strabiliante quello che avevano fatto in due settimane.
Hogwarts aveva sempre dato la sensazione di essere potente e invitante verso i visitatori benvoluti, ma ora era protettiva e forte. Era ancora invitante, almeno verso di lui, ma c’era una sensazione sottesa a tutto il resto che quasi urlava “Se farai del male a coloro che si trovano tra le mie mura, sarai bandito.”
Era piuttosto intimidatoria e impressionante.
Si chiese come avessero fatto i Professori a creare qualcosa del genere. Nulla che avesse mai letto sugli scudi poteva far loro causare una tale sensazione. Hogwarts era molto antica e aveva centinaia di scudi radicati nelle sue fondamenta, tutti mirati a difendere coloro che ospitava. Forse la ragione era questo scopo comune?
«Severus è stato piuttosto irremovibile nel mandarti a chiamare. Mi chiedo di che cosa creda che tu sia capace,» disse la McGranitt bruscamente, mentre arrivavano alle porte della Sala Grande.
Bill quasi cadde. Inciampò in avanti e dovette fermarsi per riprendere l’equilibrio. Severus Piton, il pipistrello dei sotterranei, il tormento dei gemelli, il più temuto e detestato professore di Hogwarts, aveva fatto chiamare lui?!
Questa era la realtà, vero?

«Signor Weasley, spero che tu voglia seguirmi nella Sala Grande. Detesterei dover informare il Preside e gli altri Professori che sei rimasto indisposto qui fuori.»
Bill si raddrizzò, ricomponendosi velocemente.
«È stato il professor Piton a chiedere di me?»
«Sì. Il Preside all’inizio voleva chiamare un Maestro di Scudi, ma Severus non ha voluto nessun altro ed è riuscito a convincerlo delle tue abilità.»
La McGranitt lo fissò con il suo sguardo scrupoloso, chiaramente domandandosi a propria volta che cosa aveva preso possesso di Severus per fargli chiamare il giovane prima che potesse pensarci lei, invece che un conoscitore di Scudi esperto. Lo stesso Bill non poteva biasimarla.
«Capisco.» Bill deglutì prima di seguirla nella Sala Grande, la McGranitt continuò a guidarlo.
«Ah, Minerva,» fece Albus, alzandosi in piedi mentre lei si avvicinava al tavolo, prima di voltarsi verso Bill. «William, sono felice che tu abbia accettato di aiutarci.»
«Ehm… nessun problema, sebbene, onestamente, signore, sento che questo incarico potrebbe essere un po’ oltre le mie possibilità al momento,» replicò esitante.
«Sciocchezze, ragazzo mio. Severus è certo delle tue capacità, e io ho fiducia nel suo giudizio,» continuò Silente, ignorando l’occhiataccia che gli indirizzò l’insegnante di pozioni.
Bill guardò nervosamente la spia ammantata di nero. «G-grazie per la sua fiducia, signore.»
«Sei competente, Weasley, e non vedo alcuna ragione per cui questo compito debba essere affidato a qualcun altro,» affermò piattamente Severus.
Bill sbatté le palpebre, non sapendo che cosa dire.
«Bene allora, iniziamo, d’accordo?» Disse felicemente Silente.
«Professori, che cosa esattamente… voglio dire, che cosa avete bisogno che faccia?» Chiese Bill. «Suppongo che sia qualcosa che abbia a che fare con gli scudi?»
«Minerva non te lo ha detto?» Domandò Albus, sembrando davvero sorpreso prima di voltarsi verso la sua Vice.
«Ho deciso che sarebbe stato meglio se glielo avesse detto lei, Albus. È il Preside, dopotutto,» fece lei.
Silente concordò con un rapido cenno col capo, prima di riconcentrarsi su Bill.
«Ci aiuterai a liberarci di una piccola maledizione, William. Come Spezzaincantesimi, suppongo che tu sia qualificato, no?»

O o O o O

Harry sospirò.
A parte per la biblioteca, non c’era molto altro da fare per lui dai Dursley, e sfortunatamente anche la sua fuga in biblioteca era limitata. Non gli era permesso restare fuori da casa per più di un’ora, e poiché la biblioteca era a venticinque minuti a piedi da casa, non aveva molto tempo per scegliere o per scorrere gli scaffali da cui prendere i libri.
Ma si augurò che sarebbe stato tutto per il meglio. Con tutti i bambini che ultimamente venivano rapiti, immaginava di dover fare come gli aveva detto la zia - anche se le preoccupazioni della donna non erano per lui, ma per quello che avrebbe fatto loro il Professor Piton se gli fosse successo qualcosa.
I rapimenti erano al telegiornale quasi ogni giorno.
Finora, otto bambini erano stati rapiti senza alcun indizio su chi fosse il colpevole, o i colpevoli, o sul perché lo stessero facendo. Non c’erano richieste di riscatto né messaggi, nessun testimone, nessuna interferenza. L’altro fatto preoccupante era che non sembrava importasse se il bambino era in casa o no. C’erano stati bambini presi dai propri letti, dai cortili, e nel vicinato. Era davvero abbastanza spaventoso.
Se Harry non avesse saputo di più, avrebbe sospettato che ci fosse la magia dietro, ma perché mai dei maghi avrebbero dovuto fare una cosa del genere? Non conosceva ancora molto del mondo magico, ma era stato in grado di capire che la maggior parte dei maghi non riteneva i babbani affatto degni del loro tempo.
Allora perché rapire bambini babbani?
Harry scosse la testa, andando in cucina per prepararsi un pranzo veloce prima di ritirarsi di nuovo in camera sua per finire di guardare il semplice libro di anatomia che la gentile bibliotecaria aveva preso per lui. Sarebbe tornato in biblioteca quel pomeriggio per restituire il libro e prenderne un altro, come faceva ogni lunedì, giovedì e sabato. Era diventata un’abitudine per lui. Usciva anche alla stessa ora. Questo era a causa dei Dursley, ovviamente. Questa rigida routine era stata preparata per non intralciare i loro programmi. Harry non capiva come potesse essere una cosa del genere, ma a questo punto era solo meglio assecondare le loro richieste. Non sarebbe servito a nulla se avesse puntualizzato che una tale routine in realtà li obbligava ad organizzarsi intorno ai suoi orari, invece che il contrario, ma, pazienza.
”I Canon hanno chiamato la polizia stamattina presto quando hanno scoperto che il loro figlio più giovane, Dennis Canon, di nove anni, era scomparso. La polizia non ha ancora rilasciato dichiarazioni, ma sembra che il Rapitore Silenzioso abbia colpito ancora.”
Dudley era in salotto con Zia Petunia e in tv c’era il telegiornale. Harry si fermò, curioso.
”Come quasi tutti gli altri bambini, Dennis Canon è stato visto l’ultima volta nel suo letto, dopo esservi stato posto la notte scorsa. Nessun segno di effrazione è stato rilevato e non è stato richiesto alcun riscatto.”
Harry sospirò. Così ora erano nove.

O o O o O

Madama Bones stava avendo una giornata fiacca, fino a quando un vecchio amico e collega, Kingsley Shacklebolt, le aveva comunicato delle informazioni inquietanti.
Aveva saputo per caso di una serie di strani rapimenti che stavano avvenendo nel mondo babbano, poiché la nipote di una sua amica era una delle vittime.
Fortunatamente, Kingsley aveva avuto l’intuizione di approfondire la cosa e aveva scoperto un fatto ancora più preoccupante.
I bambini che erano stati rapiti… erano tutti Nati-Babbani, di età compresa tra i cinque e i nove anni.
Avevano guardato nell’Archivio dei Bambini Magici e avevano scoperto che erano tutti registrati come futuri studenti di Hogwarts, a cui doveva pervenire l’avviso nel giorno del loro undicesimo compleanno insieme alla lettera di ammissione ad Hogwarts. L’Archivio, che poteva essere visionato solo se si aveva l’autorizzazione, non solo mostrava il loro nome, l’età, e l’aspetto, ma anche il loro indirizzo e altre informazioni private.
Ma questa non era la cosa peggiore.
L’archivio aveva un registro, che mostrava quando veniva aperto e quali schede venivano consultate, così come chi le aveva consultate. Misteriosamente, dove avrebbe dovuto esserci il nome sul registro, non c’era nulla. Qualcuno lo aveva confuso.
Comunque, c’era una data. Qualcuno, il 20 di giugno, proprio due giorni prima del primo rapimento, aveva consultato l’Archivio, guardando trenta schede - tutte riguardanti giovani Nati-Babbani. Finora, otto di quei trenta erano stati rapiti.
«Che dobbiamo fare, Signora?» Le chiese Kingsley.
«Non ne sono sicura, ma penso che siamo d’accordo tutt’e due sul fatto che chiunque stia facendo tutto questo sia un mago molto dotato.»
Kingsley annuì, e Madama Bones si fermò, pensierosa. Lui le diede qualche momento per riflettere.
«Kingsley, voglio che controlli gli altri registri di informazioni riservate. Guarda se qualcuno di essi è stato consultato nello stesso giorno o se è stato confuso. Se sono riusciti ad ottenere queste informazioni, potrebbero aver trafugato altro materiale delicato.»
«Credi che ci sia un collegamento con la Biblioteca Proibita?» Chiese lui.
«Silente ci ha fatto una soffiata per quella, e ora qualcuno sta rapendo i suoi futuri studenti. Non sarei sorpresa se ci fosse in qualche modo una connessione,» fece lei, incontrando lo sguardo dell’uomo. «Per favore, fa’ presto. Ci sono altri ventidue bambini là fuori sulla lista di questo rapitore. Comincerò un’indagine segreta mentre tu controlli quei registri.»
«Sìssignora.»
Madama Bones fece un piccolo sospiro mentre Kingsley usciva sbattendo la porta. «Perché qualcuno rapirebbe dei giovani Nati-Babbani?»

O o O o O

Dopo aver preso delle ultime annotazioni su quello che aveva trovato di utile nel libro, Harry era pronto per andare in biblioteca. Al suo ritorno, avrebbe scritto a Draco e a Neville, e avrebbe raccontato loro qualcosa sulle biblioteche babbane e su quale libro aveva preso stavolta.
Doveva ancora far visita a entrambi, ma non erano neanche trascorse tre settimane dall’inizio delle vacanze e, dato che avrebbe lasciato presto i Dursley, c’era ancora molto tempo per andare a trovare i suoi amici. O almeno, questo era quello che si diceva. Ad ogni modo, stranamente, né Draco né Neville gli avevano chiesto di venire a casa loro. Harry supponeva che fosse perché sapevano che lui avrebbe dovuto dire di no, sebbene la cosa, per qualche motivo, lo disturbava un po’.
Beh, magari quando il Preside gli avesse trovato un posto diverso in cui stare, avrebbe potuto chiederlo lui a loro e fargli visita più tardi, alla fine dell’estate.
«Sto andando in Biblioteca, zia Petunia,» disse Harry, entrando in salotto per avvisarla. «Tornerò entro un’ora.»
Lei si limitò a sbuffare e a congedarlo con un gesto.
Con un’alzata di spalle, uscì, già assaporando la pacifica passeggiata ancor prima di uscire dalla proprietà dei Dursley. Ogni momento fuori da quella casa era una benedizione.
«È così bello stare fuori,» sibilò Coral, nascosta e al sicuro nella tasca sul davanti della maglia, concordando con l’umore di Harry.

O o O o O

«Che cosa hai trovato, Kingsley?» Chiese Madama Bones, sollevando gli occhi dalle proprie scartoffie per trovare il suo amico che la fissava, a disagio.
«Dobbiamo contattare Silente immediatamente.»
«Che cosa hai trovato?» Domandò di nuovo lei, alzandosi, poiché non le piaceva la durezza nella voce dell’uomo, che raramente sentiva da lui. Era una cosa urgente.
Andò verso il camino, già preparandosi a contattare il vecchio Preside.
«Ho trovato che un’altra scheda riservata è stata visionata, e anche quel registro è stato confuso. Era la scheda su Harry Potter ed è stata consultata lo stesso giorno di quelle nell’Archivio.»
Comprensibilmente, la scheda di Harry era stata rimossa dall’Archivio molto tempo prima e posta in un altro registro sicuro; comunque, ora era chiaro che non era più ‘sicuro’.
«Va’ a casa del ragazzo, subito. Travestiti da venditore porta a porta o quello che ti pare, ma assicurati che rimanga dentro casa. Non riusciamo a beccare questo tipo, chiunque egli sia, e presupponendo che lavori da solo, cosa di cui dubito. Credo che siamo incappati in qualcosa di grosso, Kingsley. Non possiamo permetterci di fare pasticci.»
«Capito. Vado subito,» fece lui, già uscendo mentre la Bones si voltava verso il camino.

O o O o O

«Di nuovo qui, vedo,» disse un’anziana signora dietro il bancone.
«Sì, signora,» rispose Harry, porgendole il libro che aveva rapidamente deciso di prendere in prestito.
«Stai pensando di diventare un dottore?» Chiese lei mentre timbrava la scheda del libro* dopo aver fatto una breve pausa vedendo il titolo - Anatomia Clinicamente orientata, terza edizione.
«Un po’. I miei insegnanti dicono che dovrei leggere delle cose sull’argomento, visto che sono interessato,» replicò Harry mentre lei gli restituiva il libro.
La donna sorrise. «Divertiti.»
Harry restituì il sorriso e la ringraziò, poi uscì rapidamente. Doveva tornare dai Dursley nel tempo stabilito. Aveva solo venti minuti. Avrebbe avuto bisogno di fare parte del tragitto di corsa, per non essere rimproverato da zia Petunia…
Si diresse verso una stradina tranquilla dietro la biblioteca, incastrata tra due palazzi di uffici, affrettando il passo mentre girava attorno ad un cassonetto, con il libro medico sottobraccio.

-CRACK-

Fu così forte, così vicino, e così veloce, che il cuore di Harry gli saltò letteralmente in gola, ma non era niente in confronto a ciò che accadde dopo.
«Preso!» Era più un ringhio che una voce.
Due braccia potenti gli si avvinghiarono addosso, e sentì Coral che si muoveva nella tasca contro il suo petto per evitare di essere schiacciata da quegli arti muscolosi, prima che fossero entrambi spietatamente agganciati e tirati di lato.
Una passaporta.
Arrivando dovunque questa persona lo avesse portato, Harry non si concesse di pensare a cosa doveva fare, ma cominciò immediatamente a divincolarsi tra le braccia del suo catturatore.
«Lasciami andare!» Gridò, scalciando e cercando di liberarsi le braccia.
Tutto ciò che ottenne in risposta fu una risata dell’uomo, che ora lo teneva per il polso destro. Il libro della biblioteca cadde e atterrò sul pavimento con un tonfo, mentre il ragazzo diventava rapidamente consapevole degli altri nella stanza e di una sensazione fin troppo familiare.
Queste persone, tutti quanti loro, erano licantropi. In forma umana, ovviamente, poiché non era nemmeno notte, ma sapeva che erano licantropi. Poteva percepire la maledizione, intensa nella stanza.
Harry raggelò, sollevando gli occhi per incontrare quelli dell’uomo che stava ancora stringendo strettamente il suo polso sottile. L’uomo era imponente e i suoi occhi erano interamente inumani. Aveva abbracciato la maledizione intimamente.
«Che cosa vuoi?» Riuscì a dire Harry, nonostante il suo cuore rimbombante.
L’uomo ghignò, l’espressione più ferina che umana. «Più di quello che riuscirei a dire,» affermò, sollevando il braccio di Harry e facendolo alzare sulle punte dei piedi. «Sei un cosino così piccolo, sai, ma impressionante, lo ammetto. È un peccato le circostanze non siano diverse. Saresti stato un buon cucciolo.»
Questo non suonava affatto bene, ma prima che Harry potesse fare qualsiasi altro ragionamento, la sua cicatrice fiammeggiò di dolore al suono di una porta che si apriva, echeggiando nella stanza.
«Dovresti metterlo giù, Greyback. Direi che stai per slogargli la spalla.»
Il respiro di Harry gli si fermò in gola. Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque, perché era la stessa che aveva quasi ucciso il suo migliore amico.
Greyback si voltò lentamente, le punte dei piedi di Harry sfioravano a malapena il pavimento.
«Portalo da me, Greyback,» disse Voldemort.
«Il patto era che avrei potuto giocarci prima di consegnarlo a te.»
«Allora, certamente, gioca,» rispose con semplicità Voldemort, come se sapesse che si sarebbe enormemente divertito a vedere ciò che sarebbe accaduto, volgendo lo sguardo a Harry che penzolava ancora a mezz’aria.
Doveva andarsene da lì! Non c’era tempo per pensare, non c’era tempo nemmeno per essere spaventati. Doveva andarsene - e ORA!
«Base di Fawkes!» Gridò Harry, confidando nella passaporta di emergenza che Silente gli aveva dato, che era attaccata alla catenina al suo collo.
Lo strattone fu violento, ma se fosse perché era una passaporta d’emergenza o perché Greyback aveva ancora una presa implacabile sul suo polso, Harry non lo sapeva. L’unica cosa che seppe fu che Greyback era insieme a lui, ed era furioso.
Atterrarono su un pavimento duro, e la cosa successiva che Harry seppe fu che Greyback era sopra di lui, e ringhiava.
Sentì il polso rompersi nella presa potente dell’uomo, prima di sentire il colpo di una mano aperta che gli squarciava il fianco, le unghie dell’uomo erano affilate come rasoi. Harry gridò mentre Coral si lanciava fuori dalla tasca, le piccole zanne che affondavano nella carne del naso di Greyback, rilasciando in lui più veleno che poteva.
:Non toccare il mio Harry!:
Greyback barcollò all’indietro con un ululato, ma non aveva ancora finito con Harry, e si staccò Coral dal viso con un colpo spietato.
Harry sollevò gambe e braccia sulla difensiva, provando a proteggersi il petto mentre Greyback abbassava di nuovo le braccia verso di lui.
Riusciva a sentire la rabbia del licantropo, la magia feroce che pulsava nella sua figura imponente mentre la mano dell’uomo si chiuse intorno alla sua gola, e l’altra gli afferrava il braccio sollevato.
Stava per morire?
No, non poteva lasciarsi uccidere. Non qui, non così, e non ora!

Harry aprì di scatto gli occhi, la sua originaria reazione di fuga mutata completamente in una di attacco.
«Lasciami!» Ruggì Harry, con l’adrenalina che gli scorreva dentro e la sua magia che rispondeva con la stessa forza.
Gli occhi gli lampeggiarono di bianco e la sua magia eruppe.
Dal suono sembrava come se un petardo fosse esploso in una larga tanica, seguito da un boato sordo.
Non ci fu alcun lampo brillante di luce o di colore; invece, fu come se un’enorme, invisibile palla di fuoco creasse una serie di trasparenti onde nell’aria, e Greyback fu scaraventato all’indietro attraverso l’ufficio. Fu respinto con così tanta potenza che ruppe in due la scrivania del Preside.
Ma Greyback non si era arreso, e non era nemmeno tanto ferito. Rialzandosi velocemente in piedi e richiamandosi in mano la bacchetta, con un ringhio profondo che gli risalì in gola dal petto, Greyback fissò Harry, che era riuscito a malapena a sollevare la testa dal pavimento per ricambiare lo sguardo.
Harry era vagamente consapevole dei ritratti che urlavano, qualcuno di rabbia, altri d’orrore, mentre il tempo sembrò rallentare.
E fu in quel momento che Harry capì qualcosa. Non poteva vincere questa battaglia. Greyback era più forte, più grande, e più veloce. Anche con l’eccezionalità della propria magia, Harry non era un avversario degno di lui.
Il ragazzo serrò la mandibola, muovendo la mano per prendere la bacchetta mentre Greyback avanzava, sapendo già da subito che non avrebbe fatto in tempo a lanciare alcun tipo di difesa né a contrastare l’assalto incipiente.
«Ti divorerò!» Dichiarò Greyback, col sangue che gli colava dal morso sul naso.
Greyback balzò in avanti, con la bacchetta sollevata sulla testa, pronto a usarla, e la bocca gli si aprì in una terrificante smorfia di ferocia animalesca.
Era a mezz’aria, lo slancio più che sufficiente a portarlo su Harry, ma fu… intercettato.
Ci fu un lampo di luce verde proveniente dal camino, e Harry riuscì solo a distinguere un turbinio di movimenti colorati con la coda dell’occhio sinistro e…
KUH-KUNG!
Greyback fu colpito spietatamente su un lato del petto da una forza invisibile, ed essa fu subito seguita da uno stordente bonnnng e da un echeggiante crack quando altri due incantesimi si scontrarono duramente con la sua forma sospesa in aria.
L’attacco improvviso alterò di molto la traiettoria del licantropo, spedendolo contro la libreria lì accanto, che ruppe di schianto. Greyback atterrò con un tonfo, e dopo di esso rimase immobile.
Harry si voltò rapidamente verso il punto da cui erano venuti gli incantesimi e trovò Albus Silente in piedi proprio di fronte al camino, bacchetta alla mano e un’espressione più che livida. I suoi occhi erano dell’azzurro più intenso che Harry avesse mai visto, e la sua magia si riversava nell’aria con così tanta potenza da essere praticamente visibile.
Ma la ferocia che aveva appena mostrato si dissolse immediatamente, e se Harry non lo avesse visto coi propri occhi, non avrebbe mai pensato che il Preside ne fosse capace.
«Harry,» alitò Silente, affrettandosi ad inginocchiarsi al suo fianco mentre Coral strisciava su di lui e si arrotolava al polso sano.
«Preside, lui- lui mi ha preso,» riuscì a dire Harry, per il momento ignorando le proprie ferite.
«Ma sono scappato. Ho usato la passaporta.»
«Non ti muovere, Harry. Poppy sarà qui molto presto,» fece lui, posando gentilmente la vecchia mano sul petto di Harry per controllargli le ferite.

O o O o O

Albus dovette reprimere un insorgere di furore quando vide il sangue che macchiava il lato della maglietta strappata di Harry. Sollevandola, trovò i tagli fatti da Greyback, ma fu sollevato di vedere che erano poco profondi.
«Dove ti ha portato, Harry? Dimmi tutto,» disse lui, decidendo di cominciare a raccogliere informazioni.
Harry chiuse gli occhi prima di tornare a guardare il Preside. Silente sentì le viscere contrarsi nel vedere l’espressione di Harry. Che cosa era accaduto?
«Da Voldemort. Eravamo in una stanza larga. Una sala, forse. E c’erano altri… licantropi. Li ho sentiti.»
Albus stava per chiedere che cosa fosse successo dopo, ma fu interrotto da Madama Pomfrey e dal Professor Piton che entrarono correndo nell’ufficio.
«Albus, che cosa è successo qui?!» Gridò Pomfrey, inginocchiandosi accanto ad Harry e facendogli un incantesimo diagnostico.
L’ufficio era un disastro, la scrivania e la libreria erano a pezzi, ma gli occhi della donna caddero subito su Harry, che era disteso sulla schiena vicino all’entrata laterale per gli alloggi del Preside.
Silente si sforzò di mantenere calma la voce mentre sollevava lo sguardo. «Madama Bones mi ha chiamato nel suo ufficio per discutere qualcosa di importante, e mentre stavo per tornare qui ho ricevuto l’allarme della passaporta di emergenza.»
Pomfrey annuì, esortandolo a continuare, poiché anche lei aveva ricevuto l’allarme.
«Sono tornato con la metropolvere proprio nel momento in cui Greyback si stava lanciando, dai resti della mia scrivania, su Harry. L’ho intercettato più rapidamente che potevo,» fece Silente, prima di tornare a guardare Harry.
Harry non disse nulla, ma sembrava molto grato per le azioni del Preside.
«Andiamo in infermeria,» disse Pomfrey a Harry mentre curava il suo polso con una mossa della bacchetta.
«Severus?» Chiese Albus, guardando l’insegnante di pozioni che si avvicinava alla figura immobile di Greyback con la bacchetta puntata, giusto per stare sicuri.
«È morto,» affermò apertamente Severus.
Silente fece una smorfia. «Non ho usato incantesimi letali.»
Severus scosse la testa e si inginocchiò, dando un’occhiata più da vicino. «Gli incantesimi non c’entrano nulla. Penso che sia opera di Coral,» disse, prima di guardare Harry.
«Io-» iniziò Harry, volendo scusarsi e difendere Coral, ma si fermò al vedere il Professor Piton che si affiancava a Pomfrey. Coral non si mosse, ma non era per paura.
«Non scusarti, Potter,» disse Severus. «Greyback stava tentando di ucciderti, e avrebbe potuto riuscirci se Coral non ti avesse difeso, dando al Preside il tempo di arrivare. Oltretutto, oserei dire che Coral ha fatto a tutti noi un favore. Greyback ha morso molte più persone di ogni altro licantropo conosciuto. È responsabile della sofferenza di molte persone. Se ci fossi stato io, non avrei fatto niente di meno di ciò che ha fatto Coral.»
Harry deglutì pesantemente, senza parole.
«Severus, per favore avverti gli Auror. Io andrò con Poppy ed Harry in infermeria,» disse Silente, decidendo di ignorare la spietatezza che aveva appena sentito dalla propria spia.
Severus annuì brevemente e Pomfrey fece levitare Harry seguendo Silente in infermeria.

O o O o O

Nicholas diede un buffetto sulla mano della moglie mentre entravano nell’aula indicata loro da Minerva per aspettare Albus. Non lo avrebbero incontrato nel suo ufficio quella sera, poiché il posto doveva ancora essere riparato.
«Sapevo che avremmo dovuto insistere perché si trasferisse da noi immediatamente,» mormorò Perenelle Flamel a suo marito.
«Non possiamo farci nulla adesso, ma almeno il ragazzo verrà a casa con noi dopo che Madama Pomfrey lo dimetterà.»
«Quanto ti ha detto Albus?»
«Solo che ha fatto appena in tempo a salvare Harry da Greyback. Ha accennato al fatto che Harry sia stato ferito, ma non sembravano cose gravi. Onestamente, credo che sia più preoccupato per lo stato emotivo del ragazzo.»
«Beh, non c’è da meravigliarsi. Il piccolo è stato attaccato quasi continuamente da quando ha scoperto la magia.»
In quel momento, la porta si aprì ed Albus entrò.


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Note della traduttrice:

* Non conosco le procedure esatte con cui vengono effettuati i prestiti nelle biblioteche inglesi, ho tradotto in maniera generica l’espressione dell’autrice “she stamped the book's card ”.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Dormiente.




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Capitolo 21
*** Dormiente ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 21: [Slumbering] Dormiente

Severus si avvicinò silenziosamente alla parte in fondo all’infermeria, e al letto in cui era sdraiato Harry. Il ragazzo era immobile e con la schiena rivolta al resto della stanza, ma Severus sapeva che non stava dormendo.
Lentamente, arrivò accanto al letto.
«Potter.»
Harry sussultò appena, prima di voltarsi e di rivolgergli un piccolo sorriso. Coral stava dormendo sonoramente arrotolata al suo polso guarito.
Per fortuna, Greyback non l’aveva ferita gravemente quando se l’era strappata di dosso.
«Il Preside è andato a ultimare l’organizzazione per dove starai d’ora in poi,» disse Severus semplicemente, prima di far apparire una sedia e sedersi.
«Oh. Sa dove starò?» Domandò Harry.
«Non ancora, ma il Preside mi ha assicurato che è un luogo in cui ti divertirai per il resto dell’estate. Ha anche lasciato intendere che, se ti piacerà sul serio, potrebbe diventare una sistemazione più duratura.»
«Vuole dire che non dovrò più stare dai Dursley?» Chiese Harry speranzoso.
«Forse, in quanto è chiaro ormai che i Dursley non ti forniscono le cure e la sicurezza di cui hai bisogno e che ti meriti. Dovranno di certo fare i conti con me molto presto,» affermò piattamente.
«Non è stata colpa loro, signore. Stavo tornando dalla biblioteca quando è successo. E mi hanno dato abbastanza cibo e mi hanno lasciato stare.»
«Anche così, non saresti dovuto essere in una situazione che permettesse a Greyback anche solo di avvicinarsi a te. E la biblioteca non è a più di un chilometro e mezzo di distanza?»
«Beh, sì,» ammise Harry, abbassando lo sguardo prima di tirare un profondo sospiro e voltare la testa.
Severus sospettò correttamente che Harry si stava trovando in difficoltà nel dominare le proprie emozioni.
«Ti senti debole, non è vero, Potter?» Chiese Severus, decidendo una linea d’azione.
Harry si morse un labbro e si sedette lentamente, tirando su le ginocchia.
«Sei un bambino, Potter. E devo ricordarti che Greyback era un licantropo? Maghi addestrati e completamente sviluppati sono stati feriti da lui. ll fatto che tu sia stato abbastanza lucido da attivare la passaporta e che sapessi quando contrattaccare nel modo in cui hai fatto… Hai agito molto bene, Potter. La maggior parte degli adulti non sarebbe stata capace di reagire così intelligentemente.»
«Era così forte, e veloce. Se il Preside non fosse arrivato in quel momento, lui avrebbe...» Harry deglutì.
«Hai ragione, ti avrebbe ucciso, ma il Preside è arrivato.» Severus avvicinò la sedia al letto. «Non proverò a indorarti la realtà, Harry. Credo che sia una cosa sciocca da fare, specialmente quando la verità è proprio davanti ai tuoi occhi.»
Harry rimase in silenzio.
«Diventerai più forte, Harry. Diventerai un mago potente, e non solo a causa delle tue abilità magiche, ma grazie alla tua determinazione e alla tua compassione. Non dimenticare mai che queste sono le tue qualità più forti.»
«Severus ha ragione, ragazzo mio.»
Harry fece un salto, voltando gli occhi al Preside che era appena comparso alle spalle dell’Insegnante di Pozioni. La Professoressa Sprite e Madama Pomfrey erano con lui.
Silente tirò fuori la bacchetta e fece apparire una sedia accanto a Severus, prima di crearne altre due per Pomona e Poppy dall’altra parte del letto.
«Bene, ora, dato che sei sveglio, vorrei parlarti, Harry,» fece Albus, cambiando argomento non appena si fu seduto.
Harry aspettò, domandandosi se volessero che raccontasse di nuovo ciò che era accaduto, anche se aveva già detto quasi tutto al Preside poco prima.
«Ho un favore da chiederti, Harry. Niente di grosso, tranquillo, vorrei semplicemente procurarmi i tuoi ricordi di questo pomeriggio,» disse Silente.
«I miei ricordi?» Domandò Harry, confuso.
«Io possiedo un Pensatoio. Esso permette a chi lo usa di vedere i ricordi. Tutto ciò che devi fare è pensare a questo pomeriggio, e io estrarrò il tuo ricordo. Te lo restituirò dopo che lo avremo visto.»
«Oh, d’accordo,» riuscì a dire Harry, ancora un po’ perplesso ma desideroso di aiutare.
«Mi hai già riferito ciò che ricordi, ma questo metodo permetterà a Madama Bones e agli Auror di trovare forse maggiori indizi,» continuò Silente.
«Ok, allora devo solo pensare a ciò che è successo?»
«Sì. Il ricordo sarà sulla superficie della tua mente e la magia farà il resto,» affermò Silente, estraendo una fiala di vetro dalla tasca.
Severus indirizzò ad Harry un cenno di incoraggiamento.
«Pronto, Harry?» Chiese Albus, sollevando gentilmente la bacchetta e posandone la punta sulla tempia di Harry.
«Sì,» rispose Harry, prima che Silente sussurrasse qualcosa e tirasse via lentamente la bacchetta, estraendo un filo argenteo e mettendolo rapidamente nel contenitore di vetro.
«Grazie, Harry. Speriamo che con questo, e la passaporta, gli Auror potranno rintracciare Voldemort.»
«Lo spero,» concordò Harry.
Silente mise da parte il ricordo prima di rifocalizzarsi su di lui. «Harry, c’è qualcos’altro di cui dovrei discutere con te. Non ha nulla a che vedere con i recenti eventi, ma invece-»
«Se posso, Preside, forse sarebbe più semplice se io...» Severus si fermò, rendendosi conto che aveva appena interrotto il suo principale.
«Molto bene, Severus,» disse Albus, imperturbato. Anzi, Severus sospettava che in realtà fosse compiaciuto per qualche ragione.
Scuotendo interiormente il capo, si schiarì la gola e guardò Harry. «Ti ricordi che cosa ti dissi a Diagon Alley?» Chiese, decidendo che era un buon punto da cui partire. «In particolare a proposito dell’Incanto dell’Eredità?»
Harry annuì lentamente. «Ha detto che mi avrebbe parlato delle mie capacità quando fossi stato pronto.»
«Corretto. Beh, c’è qualcosa che sentiamo di doverti dire adesso.»
«Ok,» fece Harry, rilassandosi leggermente, ora che sapeva che la cosa non aveva nulla a che fare con Greyback o con quello che era accaduto quel giorno.
«Ci sono diversi tipi di maghi al mondo, alcuni più forti di altri - nell’abilità magica,» disse Severus, guardando Silente. «I casi eccezionali includono gli Incantatori, i Warlock e gli Arcimaghi*.»
«Sono in molto pochi a saperlo, ma io sono un Warlock,» affermò Silente. «Cerco di non attirare l’attenzione su questo fatto, poiché la maggior parte delle persone associa l’essere un ‘Warlock’ all’essere ‘oscuro’. Comunque, sono il ‘Chief Warlock’ (Stregone Capo NdT) del Wizengamot, ma è più un titolo che altro.»
«Un Warlock?» Chiese Harry.
«La mia magia è complessivamente più forte, e rispetto agli altri maghi si adatta meglio a eseguire forme avanzate di trasfigurazione e incantesimi combinati con l’alchimia. Questa capacità, ovviamente, può essere distorta con facilità in cose spiacevoli, che è il motivo per cui la gente è diffidente verso i Warlock.» Lo sguardo di Silente si oscurò, come se stesse ricordando qualcosa. «Il Mondo Magico ha avuto esperienza della tirannia di molti Warlock nella sua storia.»
«Quindi sono un Warlock?» Chiese Harry, decidendo che i Serpincanti erano in qualche modo simili alla trasfigurazione.
«No,» disse la Professoressa Sprite, facendolo voltare verso di lei. «Tu sei quello che viene definito un Arcimago Dormiente. Significa semplicemente che hai il potenziale per diventare uno specifico tipo di Arcimago.»
«Ok...»
«Ha a che fare con la tua magia sigillata, Potter,» spiegò Severus. «Una volta che avrai imparato il giusto livello di controllo, la tua magia alla fine si libererà e diventerai un Arcimago pienamente sviluppato. Un Arcimago Risvegliato, per essere esatti.»
«Che cosa vuol dire di preciso?» Chiese Harry.
«Non si sa molto sugli Arcimaghi Dormienti, ma si sa che hanno l’abilità innata di manipolare la magia oltre la norma. Superano in abilità magica tutti gli altri maghi, ma gli occorre una gran quantità di lavoro e pratica per arrivare a quel punto - risvegliare completamente la propria magia,» rispose Silente.
«Vogliamo solo che tu sia consapevole di quello che sappiamo noi, così saprai in parte che cosa aspettarti con il passare del tempo, caro,» disse la Professoressa Sprite. «Passerà molto tempo prima che tu debba preoccuparti molto di ciò che stiamo dicendo, ma sarebbe sbagliato se non ti dicessimo nulla.»
Harry annuì, apprezzando la loro sincerità e l’apparente fiducia che avevano in lui.
«Quindi, ci sono stati altri Arcimaghi Dormienti?» Domandò.
«L’ultimo conosciuto e confermato era un bambino di nome Abramelino, nel '700. Sfortunatamente, fu ucciso, e il suo assassinio rimane un mistero,» rispose Severus.
«Si dice che Merlino lo fosse. Tutti sanno che era un Arcimago, ma gli studiosi sono ancora incerti se fosse o no ‘Risvegliato’,» fece Poppy, desiderando intimamente dare uno scappellotto a Severus. Sul serio, doveva tirare fuori la storia dell’assassinio proprio adesso?!
«Merlino?» Harry era strabiliato.
Annuirono, divertiti dalla sua meraviglia.
«Umh, e che differenza c’è tra un ‘Arcimago’ normale e uno ‘Risvegliato’?» Fece Harry.
«Beh, qualcuno che è nato ‘Arcimago’ ha accesso a tutta la propria magia fin dal primo momento. È un vantaggio unico, e costoro sono naturalmente dotati in molti aspetti della magia,» spiegò Silente. «Un prodigio magico**.»
«Quindi, come un genio?» Domandò Harry.
«In un senso magico, sì,» rispose Silente annuendo.
«E un Arcimago ‘Risvegliato’?»
«Questo forse non è un esempio perfetto, ma dovrebbe funzionare. Hai visto quei pesi da caviglia e da polso che alcuni babbani usano per tenersi in forma?» Chiese Severus, guadagnandosi un’occhiata impressionata da Albus.
«Sì. Il vicino del numero sette li indossa quando va a correre,» rispose Harry, domandandosi che cosa c’entrasse questo. «Sembrano molto pesanti - o almeno quelli che usa lui.»
«Ora, immagina di indossare dei pesi del genere, portandoli addosso durante la giornata, per tutto il tempo. All’inizio sarebbe difficile, giusto?»
Harry annuì.
«Bene, che cosa accadrebbe se, dopo anni in cui li hai indossati, dovessi toglierli?»
«Suppongo che le cose sarebbero molto più facili,» disse Harry. «E io sarei più forte.»
«Quando un Arcimago Dormiente si risveglia, è molto simile a qualcuno che si toglie dei pesi che ha portato per molto tempo. Capisci?»
«Penso di sì, professore, ma, voglio dire, siete sicuri che io sono… dormiente, com’è che si dice?» Domandò Harry, la sua attrazione per tutto l’argomento che scivolava nell’incredulità.
«Sì,» affermò Severus. «Quello che ho visto con l’Incanto dell’Eredità e ciò che ho verificato nell’anno appena trascorso me lo conferma.»
«Che cosa intende?» Chiese Harry.
«Dai pochi casi documentati di Arcimaghi Dormienti, è risaputo che ci sono dei segnali che appaiono quando questi sono più vicini a risvegliarsi. Tu, Harry, ne hai già mostrati alcuni,» spiegò calmo Silente.
Harry sollevò le sopracciglia. «Che segnali?»
«Il tuo controllo della magia nel tuo corpo e nei corpi degli altri, per dirne uno. Certo, in parte può essere attribuito alla tua abilità nell’usare i Serpincanti, ma non del tutto. Tu hai manipolato la mia magia con facilità quando mi hai curato la mano prima delle vacanze invernali. È stata una bella impresa, perché la mia magia può essere piuttosto… beh, ‘prepotente’ potrebbe essere la definizione giusta. La tua capacità di calmare la tua magia accidentale è un altro segnale. Pochi maghi riescono a fare ciò che riesci a fare tu, poco tempo dopo che le loro emozioni hanno avuto la meglio su di loro,» rispose Silente.
Harry abbassò lo sguardo. Non sentiva che fosse sul serio un’impresa.
«Beh, comunque, Harry, volevamo solo che sapessi che cosa aspettarti. Non vogliamo che la tua stessa magia ti giunga come una sorpresa,» disse dolcemente la Professoressa Sprite, dando un buffetto alla mano che Harry teneva sul ginocchio.
Ci fu un breve momento di silenzio prima che il Preside si muovesse sulla propria sedia.
«Beh, sono stati ultimati i preparativi finali per dove starai per il resto dell’estate,» fece Silente. «Ti piacerebbe incontrare i tuoi custodi adesso, o vuoi riposare un po’ prima?»
«Adesso, per favore,» disse Harry, impaziente di incontrare le persone che avrebbero probabilmente sostituito i Dursley.
Silente sorrise, divertito e sollevato dall’apparente resilienza di Harry. «Allora li andrò a chiamare.»
Si alzò, seguito subito da Severus, Pomona e Poppy.

O o O o O

«Harry, questo è Mastro Nicholas Flamel e sua moglie, Perenelle Flamel,» li presentò Silente. «Nicholas, Perenelle… Harry Potter.»
Nicholas all’apparenza era sulla cinquantina, con del bianco disseminato tra i capelli di un biondo scuro. Era ben rasato ed era più basso di Silente, con spalle ampie. Perenelle aveva più o meno la stessa età, all’apparenza, e aveva i capelli stretti in un largo chignon.
Harry non poté evitare di agitarsi sul posto.
Sarebbe andato a stare con i Flamel?!
«Ciao,» disse, un po’ timidamente, ma tese la mano per stringere quella di Nicholas.
Coral era sul suo polso sinistro, e li guardava. Non parvero essere affatto preoccupati della sua presenza.
«Piacere di conoscerti, giovanotto. Ho sentito molto su di te, ma spero di conoscerti meglio di persona durante il resto dell’estate,» disse gentilmente Nicholas.
«Abbiamo preparato una stanza per te, piccolo. Speriamo ti piaccia,» fece felicemente Perenelle.
«Grazie. Mi piacerà di sicuro, ma spero di non avervi causato troppo disturbo,» replicò Harry, un po’ impacciato.
«Oh, non devi preoccuparti per questo, preparare la casa è stato piuttosto piacevole. Era da un po’ che qualcuno non faceva visita alla nostra umile dimora,» ribatté Nicholas con un sorriso.
«Vi lascio un po’ di tempo per conoscervi. Sarò nel mio ufficio,» disse semplicemente Silente, prima di lasciare silenziosamente la stanza.
«Così, questa è la famosa Coral,» fece Nicholas, guardando il piccolo serpente sul polso di Harry. «Salve, madama, sono onorato di conoscerti.»
Lei si tirò su e fece un piccolo inchino. :Penso che quest’uomo mi piacerà, Harry:

O o O o O

Severus stava aspettando nell’ufficio del Preside quando Albus arrivò.
«Ho contattato Madama Bones come mi hai chiesto,» disse, «Sarà qui a momenti.»
«Molto bene, Severus,» fece Silente mentre andava al suo Pensatoio e tirava fuori la fiala coi ricordi di Harry.
La versò nel bacile, e nel mentre il camino lampeggiò e ne uscì Madama Bones. Per fortuna, Silente aveva avuto tempo prima per riparare il proprio ufficio, ma la scrivania e la libreria mancanti la fecero fermare.
«Felice che tu abbia potuto venire con così breve preavviso,» disse Silente, gioviale.
«Non c’è problema, Preside. Suppongo che questi siano i ricordi del Signor Potter riguardo al rapimento?» Chiese lei, avvicinandosi al bacile.
Silente annuì, mettendo via la fiala vuota.
«Ho consegnato la passaporta a qualcuno di cui mi fido al Dipartimento Trasporti. Spero che determinino con precisione il posto per fine giornata. Speriamo che i ricordi del ragazzo ci aiutino ulteriormente.»
«Sì, anch’io lo spero,» concordò Silente.
«D’accordo. Andiamo allora?» Domandò lei.
Con ciò, Silente entrò per primo, seguito da Severus e da Madama Bones.
Si ritrovarono in un vicolo babbano e videro Harry che si affrettava davanti a loro con uno spesso libro sottobraccio.

-CRACK-
«Preso!»

Anche se sapevano che Harry ora stava bene, era comunque piuttosto preoccupante vederlo agguantato dall’imponente licantropo proprio prima che svanissero.
«Una passaporta,» affermò la Bones mentre la scena turbinava violentemente.

«Lasciami andare!» Gridò Harry, divincolandosi mentre il libro cadeva.

Si presero un momento per guardarsi intorno nella stanza mentre Greyback rideva. C’erano molte persone disposte lungo i muri, circa una dozzina di adulti, ma ciò che attirò la loro attenzione furono i nove bambini accucciati dietro di loro. Alcuni avevano delle bende sulle braccia. Erano stati morsi.
«Bambini,» alitò Severus, allibito.
«Questi sono i Nati-Babbani scomparsi,» sussurrò la Bones. «Li riconosco da alcune delle foto che ci avevano dato per aiutarli a trovarli.»

«Che cosa vuoi?» Chiese Harry.

Si voltarono, trovando Greyback che fissava minacciosamente Harry.

«Più di quello che riuscirei a dire,» affermò Greyback, sollevando Harry e facendolo penzolare in aria. «Sei un cosino così piccolo, sai, ma impressionante, lo ammetto. È un peccato le circostanze non siano diverse. Saresti stato un buon cucciolo.»

«Quell’uomo mi disgusta davvero,» disse Albus prima che una porta dietro di loro si aprisse e Harry sobbalzasse visibilmente per un lampo di dolore.
Non ebbero bisogno di chiedersene la causa, poiché Voldemort, che ancora possedeva Minus, entrò nella stanza.
Severus era molto tentato di cominciare a chiamarlo mentalmente Petermort.

«Dovresti metterlo giù, Greyback. Direi che stai per slogargli la spalla.»

«Merlino,» boccheggiò Madama Bones.

«Portalo da me, Greyback,» disse Voldemort.
«Il patto era che avrei potuto giocarci prima di consegnarlo a te.» Replicò Greyback, con il loro orrore.
«Allora, certamente, gioca,» rispose Voldemort, con un raccapricciante sorriso.


Albus trattenne il respiro, e la pelle già pallida di Severus sbiancò. Madama Bones sembrava assolutamente sul punto di sentirsi male. I loro occhi andarono ad Harry, che era chiaramente terrorizzato, la sua paura così evidente da essere straziante.

«Base di Fawkes!» Urlò lui.

La scena turbinò ancora, e videro Harry e Greyback che cadevano a terra. Poterono soltanto guardare mentre Greyback attaccava prontamente Harry, i ritratti intorno a loro che gridavano sconvolti.
Lo schiocco del polso rotto di Harry echeggiò intorno a loro mentre Greyback gli squarciava un fianco, proprio prima che Coral si lanciasse dalla tasca del ragazzo e si attaccasse al suo largo naso. Ma sembrava tutto inutile, perché poco dopo lui l’aveva scagliata via e tornò all’assalto, colpendo Harry ancora e ancora.
Volevano distogliere lo sguardo, ma non poterono poiché la gigantesca mano di Greyback si serrò intorno alla gola di Harry...

«Lasciami!» Ruggì Harry aprendo di scatto gli occhi.

Il brillante verde dei suoi occhi mutò in un bianco perlaceo mentre l’intera stanza veniva riempita di magia.
Non riuscirono a evitare di sobbalzare leggermente quando un’ondata di potere si riverberò da Harry, l’aria intorno a Greyback tremò visibilmente e lo scaraventò all’indietro fino a farlo schiantare violentemente contro la scrivania del Preside.
I tre adulti erano sbigottiti.
Sebbene fosse evidente che si trattava di magia accidentale causata dalla disperazione, la potenza pura e semplice era pazzesca.
Ma sapevano che la battaglia non era finita, poiché Greyback si alzò, il suo potere innegabile allo scrollarsi di dosso l’impressionante contrattacco di Harry.
Severus e Madama Bones fissavano Greyback, avevano chiaro sul volto il loro odio per lui. Ma Albus non lo stava guardando. Il suo sguardo era su Harry, che si stava spostando per recuperare la propria bacchetta, ancora non arrendendosi nonostante la situazione sembrasse davvero disperata. Silente sollevò gli occhi con un orgoglioso, ma triste sorriso.

«Ti divorerò!»

Madama Bones e Severus guardarono il Silente del ricordo che entrava dal camino e intercettava brutalmente il balzo di Greyback.
Severus ricordò all’istante le poche volte in cui Albus era stato realmente furioso. Questa era di certo una di quelle; la sua magia gli turbinava attorno come una tempesta fragorosa.

KUH-KUNG!
Bonnnnnng!
Crack. . . .


Severus non si disturbò a guardare la figura del licantropo schiantata contro la libreria. Era concentrato sul volto inferocito del Silente del ricordo. Era una delle cose più intimidatorie che avesse mai visto. Voldemort aveva certamente ragione a temere quest’uomo.

O o O o O

«Puoi entrare adesso,» disse un’infermiera, aprendogli la porta.
«Grazie,» replicò Remus, prima di entrare. L’infermiera chiuse la porta alle sue spalle.
«Sirius?»
La stanza era illuminata in modo tenue. I guaritori avevano deciso che fosse meglio mantenere la luce offuscata intorno a Black, poiché gli anni ad Azkaban erano stati molto bui. Ci sarebbe voluto del tempo prima che i suoi occhi potessero sopportare gli eccessi di luce senza procurargli forti mal di testa.
«Remus?»
Remus avanzò fino al letto e si sedette sulla sedia lì accanto. «Sarei voluto tornare prima, ma i guaritori dicevano che avevi bisogno di riposo, così io-»
«Remus, non devi darmi spiegazioni. Comunque stavo dormendo.» La sua voce era calma.
«È una buona cosa,» rispose dolcemente Remus.
«Mi sono dimenticato di chiedertelo prima. Ero ancora troppo confuso. Hai visto Harry?» Chiese Sirius dopo che Remus era tornato silenzioso.
«Lavoro a Hogwarts adesso, sono l’insegnante di Difesa. Ho visto Harry prima delle vacanze.» Remus sorrise. «Ha esattamente l’aspetto di James, ma ha gli occhi di Lily.»
«Dimmi di più. Com’è? Ha già combinato qualche bravata?» Domandò Sirius, spostandosi sul cuscino.
«Ha molto talento nella magia, in particolare quella curativa. Un giorno diventerà un mago molto potente. Non è proprio un tipo da bravate, ma potrebbe ancora cambiare; anche se, da ciò che ho visto, ne dubito.»
«Magia curativa?» Chiese Sirius, curioso.
Mentre era ad Azkaban, non gli era stato detto nulla del mondo esterno. Se non gli avessero detto che anno era, non avrebbe neanche saputo che Harry aveva iniziato Hogwarts. Non sapeva dei Serpincanti di Harry, della cura della Licantropia, né degli eventi riguardanti Raptor e Voldemort, né altro dell’anno passato. Era del tutto fuori dal giro. Tutto ciò che sapeva era che Minus in qualche modo era stato scoperto, e che il Ministero aveva finalmente deciso di mettere lui alla prova, grazie a Madama Bones e ad Albus Silente.
«Sirius, voglio che mi ascolti con molta attenzione, ok? Molte di queste cose saranno difficili da credere, ma è la verità.»
«D’accordo.»
«Harry è un rettilofono.» Remus sollevò rapidamente la mano per indurre l’amico al silenzio. «Ora, prima che cominci a sparare domande, fammi continuare. Albus crede che abbia ottenuto quest’abilità da Voldemort quella notte, cosa che sembra molto plausibile. Beh, a causa di questo fatto, può praticare i Serpincanti.»
«Serpincanti?»
«Magia curativa e protettiva,» rispose Remus prima di andare avanti. «È davvero pazzesco, Sirius. Può curare ferite e anche distruggere maledizioni. Non molto dopo l’inizio dell’anno, ha salvato la vita di Draco Malfoy, così ora la famiglia Malfoy ha un debito di Vita verso di lui.»
Sirius spalancò gli occhi, sapendo che Draco era il figlio di sua cugina, Narcissa. «Posso immaginare che Lucius Malfoy non sia compiaciuto dalla cosa.»
«Ovviamente, ma si sta comportando da purosangue responsabile. Quell’uomo può essere malvagio, ma non scherza con la magia antica, in particolare quando a soffrire sarebbe la sua famiglia.»
Sirius grugnì fiaccamente.
«E Harry mi ha curato. Lunastorta è sparito, Sirius. Grazie a Harry, stanno curando la Licantropia.»
Sirius si alzò a sedere, sbigottito. «Com’è possibile?»
E così Remus glielo disse. Gli raccontò della magia bianca e di come il Maestro di Pozioni di Hogwarts (trascurò di dire chi fosse il professore) aveva scoperto come distribuire la cura tramite il sangue. Gli raccontò di come, tramite Silente, il metodo fosse stato testato con successo su di lui, e come si sentiva ad essersi finalmente liberato della maledizione.
«È fantastico, Remus. Vorrei essere stato lì per vederlo.»
«Beh, ci sono sempre i Pensatoi, sai. Albus ne ha uno,» disse Remus con un sorriso.

O o O o O

Severus mise giù il proprio bicchiere. La giornata era finalmente finita, ma non era ancora pronto ad andare a letto. Aveva qualcosa da fare.
Harry se ne era appena andato con i Flamel, poiché era stato deciso che quanto prima fosse partito con loro tanto meglio sarebbe stato per lui. Avevano altro lavoro da fare sugli scudi il giorno seguente, e avere un ragazzino nella scuola, a prescindere da chi fosse, non era una buona idea. Dovevano essere presenti solo quelli che stavano operando agli scudi.
Si domandò che cosa avrebbero insegnato i Flamel a Harry, sulla magia e sulla famiglia. Sperò che Harry potesse trarre beneficio dal tempo trascorso con loro.
Si alzò e si avvicinò al camino, concentrandosi su quello che doveva fare. Doveva riuscire in questa cosa.
«Villa Malfoy, Studio di Lucius,» affermò mentre gettava la polvere e faceva un passo in avanti…
«Beh, questa è una piacevola sorpresa. A che cosa devo questo inaspettato piacere?»
Chiese Lucius, sollevando lo sguardo dalla propria scrivania a Severus.
«Buonasera, Lucius,» disse lui semplicemente prima di avanzare fino alla scrivania. «Penso che ricorderai una nostra passata conversazione nel mio studio riguardo un certo obbligo che condividiamo, giusto?»
Lucius mise da parte la piuma, dedicando la sua totale attenzione a Severus.
«Sì, Severus.»
«Credo di avere il modo di… alleggerire il nostro onere.»
Lucius sorrise, un ghigno leggermente da predatore, mentre i suoi occhi rivelavano un luccichio di sollievo.
«Allora, Severus, perché non ti siedi e non condividi i tuoi piani con me?»
Severus non accettò la sedia offerta; invece, si avvicinò alla libreria di Lucius e scorse lo scaffale fino a quando la sua mano arrivò al margine superiore, dove c’era un piccolo libretto rilegato in pelle…
Lucius era il tipo d’uomo che credeva che il nascondiglio migliore fosse in piena vista, poiché la maggior parte dei maghi era troppo mentalmente limitata per vedere ciò che aveva di fronte al naso. Sfortunatamente, Severus non era la maggior parte dei maghi.
Lucius si alzò, assottigliando leggermente gli occhi.
Severus rimase fermo. «Non è ancora venuto da te, vero?» Sussurrò, la stanza che improvvisamente si faceva molto silenziosa.
Lucius non disse nulla. Non ne aveva bisogno. Severus voltò appena la testa, ma lasciò la mano dove si trovava, sullo scaffale.
«E questo è il motivo per cui sono venuto, Lucius. L’ho visto, sta diventando più potente, e un giorno, molto presto, verrà da te e si aspetterà che tu scelga lui... al di sopra di ogni altra cosa.» Severus tornò a guardare la libreria e rimosse lentamente il diario nero dallo scaffale. «So che è lui che ti ha dato questo.»
«Sì, lo ha fatto,» Affermò Lucius, con voce molto sottile, non più invitante come quando Severus era entrato all’inizio.
«Il Signore Oscuro non capisce la Magia Antica come facciamo noi, Lucius, e non lo farà mai.»
«Stai parlando pericolosamente, Severus,» disse Lucius piattamente, gli occhi che saettavano verso il libro tra le mani dell’insegnante di pozioni.
«La verità è pericolosa, Lucius, ma con essa giunge la libertà.» Severus si allontanò di un passo dalla libreria, la mano stretta intorno al dorso del libro. «Ci ho pensato a lungo e a fondo, Lucius. So che cosa ci ha promesso, ma le cose non sono come erano allora. Siamo uomini, uomini con dei debiti e delle responsabilità.»
Severus incatenò lo sguardo al suo, sperando di vedere il lato di Lucius che era stato distrutto da Voldemort durante gli anni della guerra, prima che l’uomo venisse corrotto oltre ogni speranza di rimedio.
Lucius rimase dov’era, il volto che non tradiva alcuna emozione, ma Severus non si era ancora arreso.
«Hai ragione, Severus. Non siamo gli stessi che eravamo allora, ma perché pensi che io sia diventato un uomo che non accetterà l’offerta del Signore Oscuro?»
Non c’era possibilità di ritorno ora. Dopo questo, o i loro ruoli nella guerra in arrivo sarebbero cambiati per sempre, oppure ci sarebbe stato uno scambio di maledizioni e Draco avrebbe perso suo padre.
Severus lo fronteggiò apertamente, inconsciamente lasciando che un po’ della propria magia permeasse la stanza.
«Perché io sono un uomo del genere. Ho visto oltre le bugie e le false promesse del Signore Oscuro. Guarda questo diario. Sai che cosa significa?»
Severus sollevò il libro, il pollice scorse al di sotto della scritta: T. M. Riddle.
Lucius serrò la mandibola.
«Il Signore Oscuro non è un purosangue, e non lo sono nemmeno quelli della sua cerchia più intima… incluso me. Vedi la verità ora, vecchio amico mio? Lui non mira a formare un’Utopia per i purosangue, ma a un trono per sé stesso. E nella sua ricerca, porterà alla rovina il mondo, sia quello magico che quello babbano. E i suoi seguaci saranno i primi a capirlo, come l’ho fatto io. Permetterai a te stesso di rimanere cieco a tutto ciò? Condannerai tuo figlio a questo? E che mi dici della Magia Antica? Sai bene quanto me che nel momento in cui Potter ha salvato la vita di tuo figlio, i nemici del ragazzo sono diventati i tuoi nemici. È la stessa verità cui io stesso sarei dovuto giungere prima, prima di lasciarmi marchiare!»
Severus gettò il diario sul pavimento. Atterrò con la copertina verso l’alto, con un tonfo sordo. Lucius abbassò gli occhi a fissarlo, le lettere dorate del vero nome di Voldemort che scintillavano verso di lui.
«Ti fiderai di me, Lucius?» Chiese Severus dopo un lungo momento.
«Che cosa proponi?» Domandò Lucius, sollevando ancora una volta lo sguardo.

O o O o O

Harry riusciva a malapena a credere di essere dov’era. Era nella casa dei Flamel!
Non era quello che si era aspettato; comunque, non è che sapesse davvero che cosa aspettarsi.
Il cottage dei Flamel si trovava più meno al centro di un terreno ampio due chilometri quadri. Non era un castello, ma era magnifico. Aveva quattro camere da letto, quattro bagni, due studi, una cucina, un’ampia sala da pranzo/salotto, una cantina, e una mansarda.
«Puoi riorganizzare la camera in qualunque modo preferisci, Harry,» disse la Signora Flamel, Perenelle, mentre lui entrava, trovando le sue cose già pronte sul letto.
«Penso che sia perfetta già così,» rispose lui, guardando tutto.
«Sono felice che la pensi così,» fece Nicholas, orgoglioso. «Questa sarà la tua stanza per tutto il tempo che vorrai. Domani, ti mostrerò la proprietà, perché c’è qualcuno che è impaziente di vederti.»
Harry si voltò, confuso. «Davvero?»
Nicholas annuì, ma era chiaro che non voleva rivelare nient’altro.
«Domani, Harry, domani. Per adesso, penso sia ora di dormire. Se hai bisogno di qualcosa, chiamaci pure. Siamo dall’altra parte del corridoio. O puoi chiamare Phlow*** se lo desideri. Lei è una dei nostri elfi domestici.»
«Anche io ne ho uno. Si chiama Dobby,» disse Harry. «Anche se ora si trova ad Hogwarts.»
«Beh, se vuoi, puoi farlo venire qui,» replicò Nicholas. «Gli altri elfi sono sempre felici di dare il benvenuto a un nuovo arrivato.»
Harry annuì, decidendo che poteva dare quell’opportunità a Dobby l’indomani, dopo aver dormito. Era onestamente un po’ troppo stanco ora per riuscire a spiegare tutto a un eccitato Dobby.
«La colazione sarà pronta per domattina. Preferisci succo d’arancia o latte?» Chiese la Signora Flamel.
«Um, latte, per favore,» rispose lui.
«Molto bene,» disse il Signor Flamel prima di guardare l’orologio. «Bene, ora ti lasciamo riposare. Si sta facendo tardi e anche Perenelle e io dovremmo ritirarci.»
Harry annuì, un po’ sollevato che non stessero facendo chissà cosa per dargli la buonanotte. Certo, era un bambino, ma non gli erano mai state rimboccate le coperte prima, e non voleva iniziare proprio adesso. Sarebbe stato troppo strano.
Se ne andarono silenziosamente, lasciandogli la privacy che credevano, a ragione, che lui volesse, appagati dal sapere che sarebbe rimasto con loro per il resto dell’estate.

O o O o O

«Siamo certi che sia questo il posto?» Chiese un auror dai capelli neri.
«Abbastanza,» rispose Madama Bones, entrando nella villa cadente. «Abbiamo tracciato una passaporta affidabile fino a questa proprietà e abbiamo visionato i ricordi di un testimone. Loro erano qui.»
«Beh, non ci sono più adesso,» fece lui, guardandosi intorno con disgusto nel luogo sporco.
«No, non ci sono, ma è evidente che se ne sono andati in tutta fretta,» affermò la Bones, facendo un passo davanti all’auror ed entrando nella stessa stanza che aveva visto nei ricordi di Harry. «Guardate il pavimento, non c’è polvere. Questa stanza è stata chiaramente usata più delle altre.» Puntualizzò la donna, indicando il pavimento pulito prima di guardarsi alle spalle, dove il corridoio era coperto di sporcizia e macerie.
Voltandosi di nuovo, si diresse più addentro al luogo, gli occhi ora fissi sulla porta da dove, nei ricordi di Harry, era entrato ‘Petermort’.
Il posto era stato già perlustrato, ma la donna non poté evitare di sentirsi un po’ a disagio nell’entrare in una stanza in cui Voldemort aveva aspettato che Greyback arrivasse con Harry.
La porta scricchiolò quando la aprì, facendole ricordare con ancora maggior chiarezza il ricordo di Harry. Finalmente, quando i suoi occhi si furono abituati alla stanza debolmente illuminata, avanzò, osservando l’ambiente vuoto.
«Signora?» Chiese l’auror dietro di lei.
La Bones non rispose. Invece, sollevò la bacchetta e riempì la stanza di luce magica. Non avrebbe detto che la pista si era già raffreddata, a meno che non fosse assolutamente e indubitabilmente vero. Doveva esserci qualcosa lì. Qualcosa che le dicesse dov’erano i bambini Nati-Babbani, e i loro rapitori. Lanciò un incantesimo rivelatore totale, sperando che potesse esporre qualcosa di più delle impronte dei piedi sul pavimento di legno massiccio.
«Cos’è quello?» Chiese l’auror, gli occhi che fissavano il pavimento.
«L’impronta di un largo calderone,» rispose cupamente la Bones.
«Merlino, perché avrebbero bisogno di un calderone così largo?»
La Bones scosse la testa. «Non mi viene in mente nulla di buono.»

O o O o O

Pomona sorseggiò il tè prima di posarlo sul tavolino che aveva di fianco.
«Vorrei davvero che andassi via dal castello per un giorno o due. Non hai avuto una vera vacanza da quando sei diventata una professoressa, ho ragione?» Disse.
«Oh, non mi interessa. Mi piace davvero molto stare qui nella torre. Andare altrove occlude il mio occhio interiore. Il Preside ha provato a indurmi a visitare Hogsmeade, ma gli ho ricordato delle sensazioni che ho ricevuto dall’aldilà. È meglio che io rimanga qui.»
«Beh, Sibilla, se ne sei sicura. Volevo solo… Sibilla?»
Pomona si chinò in avanti sulla sedia, preoccupata, quando Sibilla diventò rigida.
«L’inizio della fine è vicino! Il Signore Oscuro prenderà e userà il sangue del suo primo nemico, e diventerà più forte e più terribile di quanto sia mai stato. Presto, cercherà di provare la sua supremazia, istigando un grande duello che plasmerà e marchierà per sempre il futuro del Mondo Magico. L’inizio della fine è vicino!»
Pomona la fissò, tutti i capelli ritti dietro la nuca.
«Oh, mi spiace, mia cara, stavi dicendo qualcosa?» Chiese Sibilla, completamente inconsapevole di ciò che aveva appena detto.
Pomona deglutì. «Non preoccuparti, stavo solo dicendo che adesso devo andare. Minerva voleva vedermi prima di cena.»
«Naturalmente. Grazie per avermi portato il tè. Era piuttosto rinfrescante.»
Pomona annuì e sorrise gentilmente, reprimendo mentre usciva dalla stanza l’urgenza di schizzare via dalla torre e correre nell’ufficio del Preside.


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Note della traduttrice:

* Dopo una lunga riflessione, ho optato per tradurre rispettivamente:
Sorcerer = incantatore;
Warlock = warlock
e Mage = arcimago;
mi sarebbe piaciuto rendere Sorcerer con qualcosa di più attinente all’alchimia, dato che, come alcuni sanno, il titolo del primo libro di Harry Potter in originale è “The Sorcerer’s Stone” (La pietra del “Sorcerer”), e la pietra filosofale (letteralmente philosopher's stone) è un prodotto alchemico, creato dall’Alchimista (mago) Nicholas Flamel; d’altra parte però 'alchimista' per noi è una categoria scientifica, non magica, e in più l’autrice attribuisce capacità alchemiche al Warlock (termine di cui non esiste una soddisfacente resa italiana, ma anzi viene spesso usato il termine originale, con l’idea di uno stregone-demone-guerriero visto come negativo e oscuro, cosa che si applica alla definizione dell’autrice). Spero che le mie scelte non siano state troppo arbitrarie :P

** Lo scrivo qui poiché non verrà espressamente detto nella storia, ma l’autrice lo precisa rispondendo a una domanda fatta in una recensione: Voldemort è un Arcimago ‘semplice’, cosa che spiega il suo dominio della magia sin dalla tenera età.

*** A differenza degli altri nomi di Elfi inventati dall’autrice, per questo non c’è una traduzione, quindi ho lasciato l’originale.

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Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Sangue.




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Capitolo 22
*** Sangue ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 22: [Blood] Sangue

Harry seguì nervosamente Nicholas di fuori, con Coral arrotolata al suo polso sinistro. Riusciva ancora difficilmente a credere che tutto questo fosse sul serio la realtà.
La colazione era stata leggera e piacevole. Perenelle aveva preparato dei pancake strepitosi e lo sciroppo su di essi era stato dolce e caldo. La casa dei Flamel era comoda e per niente come Harry si era aspettato, anche se non si era soffermato mica così tanto a pensare a come sarebbe potuta essere. Comunque, non poteva evitare di essere sorpreso, poiché era un luogo in cui si figurava vivessero due nonni gentili, piuttosto che due famosi alchimisti.
«Confido che tu abbia dormito bene, vero, Harry?» Chiese Nicholas mentre si allontanavano dalla casa.
Harry annuì, Perenelle gli aveva chiesto la stessa cosa mentre gli serviva i pancake; ad ogni modo, Harry non poté fare a meno di fare una smorfia quando provò a ripensare al suo sogno della notte scorsa.
Era stato strano. Non riusciva davvero a ricordare molto del sogno che aveva avuto, ma sapeva di averne avuto uno, e anche intenso, se poteva fare affidamento sulla sua memoria offuscata. C’era stato un sentimento di fondo molto tangibile, un senso di minaccia e una sorta di avvertimento che spesso gli risuonava nelle orecchie quando Dudley e i suoi amici cominciavano a complottare qualcosa. Ma era stato più di questo. Molto di più.
Era stato un allarme pressante, un segnale di pericolo e di minaccia incombente.
C’era della gente e una discussione intensa. Discorsi a proposito di un qualche genere di piano e l’accenno a del sangue.
Acc! Se solo fosse riuscito a ricordare di più!
«C’è qualche problema, Harry? Sei molto silenzioso,» osservò Nicholas mentre aggiravano una collina e entravano in un campo.
«No, nulla. Stavo solo tentando di ricordare un sogno,» rispose Harry.
«Ah, le avventure che ci lasciano quando giunge il mattino,» commentò lui prima di fermarsi al margine del campo. «Ed eccoci qui.»
«Uh, dove?*» Domandò Harry, un po’ confuso. Non c’era nulla di considerevole che riuscisse a vedere.
Nicholas si colpì la vecchia fronte per rimproverarsi. «Oh, perdonami, me ne sono dimenticato,» esclamò prima di mettere la mano sulla spalla di Harry.
Harry sentì un pizzicore caldo che si diffondeva dalla mano di Nicholas nella propria pelle e non riuscì a non sobbalzare quando un largo edificio simile a una stalla apparve all’improvviso davanti a loro. Era dipinto di rosso e marrone e aveva un basso recinto di pietra che circondava un’enorme spazio di terra sulla destra.
«Va’ avanti e gira da quella parte. Qualcuno ti sta aspettando,» disse Nicholas con un luccichio negli occhi mentre dava a Harry una spintarella.
Non avendo bisogno di ulteriori sollecitazioni, Harry si affrettò, aprendo il basso cancello del recinto e fermandosi quando i suoi occhi focalizzarono il lato aperto ed esposto della struttura.
L’interno era espanso con la magia, e gli destabilizzò momentaneamente la percezione mentre la mente di Harry tentava di riconciliare le misure della struttura con l’area che aveva dentro. Comunque, la sua battaglia interiore con le dimensioni degli spazi fu rapidamente interrotta quando notò una forma nella stalla.
«Norberta?» Domandò, allibito dal prendere atto delle sue misure.
Non era più la piccola cucciola di drago che aveva aiutato mesi prima, ma un drago adolescente più largo di un cavallo. Lei lo vide subito e si slanciò in avanti, fermandosi proprio al di là della ringhiera che aveva uno scudo magico traslucido, e si artigliò al terreno per la felicità.
Nicholas lo raggiunse alle spalle con un risolino. «Era piuttosto ansiosa di rivederti quando le ho detto che saresti venuto a stare da noi.»
«Davvero?» Chiese Harry.
«Oh sì. I draghi sono più intelligenti di quanto credano la maggior parte dei maghi. Anche se sono comunque animali, e non hanno il nostro livello di consapevolezza, la loro comprensione di certe parti del linguaggio e della comunicazione è davvero impressionante.»
Harry si avvicinò lentamente, un po’ sopraffatto dalle dimensioni parzialmente riacquisite, ma stavolta genuine, di lei.
:Ciao, Norberta,: salutò Harry, solo per essere ricompensato dai profondi brontolii felici di lei.
«Dobbiamo stare attenti con i draghi più grandi, per questo c’è lo scudo, ma lo abbasserò per il momento. È stata piuttosto docile per un drago,» disse Nicholas, muovendo la mano e facendo cadere la barriera magica.
Norberta non sprecò tempo. Balzò subito oltre il basso recinto e spinse gentilmente la testa contro quella di Harry.
:È bello vederti di nuovo, ragazza: fece Harry, accarezzandole il naso con la mano destra mentre anche Coral la salutava.
Nicholas sorrise e si portò verso una parete laterale, cui si appoggiò. «Allora, come è stato il tuo primo anno a Hogwarts, in quanto a lezioni?» Domandò, decidendo saggiamente che non era il momento di menzionare gli altri eventi che quell’anno aveva incluso.
«È stato bello. Ho imparato un sacco. Pozioni è la migliore, ma anche Incantesimi e Trasfigurazione sono fantastiche,» disse lui. «Mi piace anche Difesa, ora che non la sta insegnando più Raptor.»
«Ah, sì, Albus mi ha accennato qualcosa a proposito della lezione di DADA, ora che ci penso. Il Professor Lupin adesso dovrebbe essere in grado di insegnarvi anche l’anno prossimo.»
«Fantastico, ma, se posso chiederlo, perché non avrebbe potuto farlo prima?»
«Oh, c’era stata una maledizione su quel posto lanciata anni fa,» fece lui casualmente. «Molti credono che fosse opera di Voldemort. Comunque, la maledizione faceva sì che il corso non potesse essere tenuto dalla stessa persona per più di un anno. Non importava quanto vi si fosse impegnato, succedeva sempre qualcosa che impediva a una persona di insegnare l’anno seguente, come una ferita o la morte accidentale, una strana circostanza, eccetera. Albus ha provato per anni a liberarsene, ma finalmente il problema è stato risolto, grazie al rinnovamento degli scudi e a un talentuoso Spezzaincantesimi.»
Harry rallentò le carezze a Norberta, sorpreso di sentire che la maledizione sul posto di insegnante di DADA fosse stata vera. Aveva sentito delle voci, ovvio, ma non le aveva prese sul serio.
«Sono felice che questo problema sia stato risolto finalmente. So che Albus era stanco di trovare insegnanti di DADA,» aggiunse Nicholas con una risatina. «Una volta ha offerto il lavoro anche a me, ma Perenelle si è rifiutata categoricamente di lasciarmi andare e così ho detto di no. Povero Albus.»
«Se non ci fosse stata una maledizione, avrebbe detto di sì?» Chiese Harry, interessato.
«Beh, se non ci fosse stata una maledizione, dubito che Albus me lo avrebbe chiesto, ma se lo avesse fatto… non lo so, avrei dovuto pensarci. Si tratta di un lavoro con molte conseguenze, dopotutto. A me e Perenelle piace la nostra privacy e questo moderato isolamento dal resto del mondo. Questo sarebbe andato perduto se avessi acconsentito di lavorare a Hogwarts per un qualsiasi periodo di tempo.»
«Penso che sia vero,» concordò Harry.
«Sono stato un insegnante, comunque, secoli fa,» disse Nicholas dopo un momento, la sua voce si acquietò e lo sguardo gli si fece triste. «Ma il mio studente è stato portato via da me.»
Harry, sentendo l’angoscia del vecchio, si voltò per guardarlo in volto, con Norberta che ora stava calma dietro di lui, con la grossa testa sopra quella del ragazzo.
«Che cosa è successo?» Chiese.
«Venne rapito da casa sua un giorno d’autunno e lo trovammo una settimana dopo vicino a un lago.» Nicholas emise un sospiro addolorato che soffocò subito. «È stato molto tempo fa. L’ho accettato, ma vorrei ancora sapere chi è stato.»
Harry annuì dolcemente. «Come si chiamava il suo studente?» Chiese, incapace di trattenere la curiosità.
Gli occhi di Nicholas brillarono intensamente per un ricordo d’orgoglio e felicità. «Abramelino. Quando l’ho incontrato aveva sette anni. Ha mostrato un potente scoppio di magia accidentale, così è stato condotto da me da un amico che conosceva la sua famiglia.»
«Abramelino? Ieri, il Professor Piton...» Harry si interruppe, mentre spalancava gli occhi.
Nicholas annuì, vedendo dove Harry stesse arrivando. «Sì, è la stessa persona. L’ultimo Arcimago Dormiente conosciuto, prima di te.»
Harry sbatté le palpebre, totalmente privo di cose da fare o da dire.
«Quando Albus ci ha chiesto se avremmo voluto occuparci di te per l’estate, non ci ha informato del tuo stato di Arcimago fino a quando non abbiamo accettato di tenerti. Quindi lascia che ti assicuri che non sei qui per quello che sei, ma poiché volevamo sperimentare qualcosa che non avevamo mai provato e perché avevi bisogno di un posto dove stare. Comunque, sono certo che parte del motivo per cui Albus ce lo ha chiesto sia perché sapeva che avevamo avuto dell’esperienza in questo genere di cose e che saremmo stati in grado di aiutarti, in caso di necessità,» spiegò Nicholas prima di spingersi via dal muro della stalla. «E lascia che ti riveli un altro piccolo segreto. Nemmeno io sono un mago normale.»
Ora le sopracciglia di Harry si sollevarono moltissimo. «Anche tu sei un Arcimago, allora?» Chiese impaziente.
Nicholas ghignò. «No, sono un Incantatore.»

O o O o O

Neville era furioso. Non riusciva a capire sua nonna. Perché si stava comportando in questo modo? Tutto quello che lui voleva era chiedere ad Harry di restare per una notte, e basta!
Perché lei faceva così? Perché si rifiutava di permettergli di passare del tempo con Harry?
Forse pensava che lui non fosse un amico abbastanza buono per Harry? Pensava che Harry fosse un mago troppo potente perché lui, Neville - un mago ordinario, potesse essergli amico?
Doveva essere così, e forse aveva ragione, ma per una qualche ragione Harry lo aveva scelto come migliore amico. Glielo aveva detto l’anno passato. Harry aveva scelto lui, nessun altro, per essergli amico, il suo migliore amico, e Neville preferiva essere lanciato di nuovo dalla finestra che allontanare la sua amicizia.
Bene allora, avrebbe dovuto mantenere l’amicizia nonostante la Nonna, che stava palesemente tentando di indebolire il suo legame con Harry. Non era stupido; riusciva a vedere quello che lei faceva. I commenti sottili, le osservazioni sfacciate su Harry e il loro rapporto. Stava tentando di fargli cambiare idea sulla loro amicizia.
Pfft. Come se potesse succedere. Harry era stato il suo primo vero amico, e anche se se ne era fatto degli altri quell’anno, come Susan, Justin, Ernie, e anche Draco, Harry era di gran lunga quello più stretto.
La nonna sarebbe stata davvero delusa se credeva che lui si sarebbe arreso così facilmente…
Invece, all’insaputa di Neville, un giorno sarebbe stato proprio il contrario. Quando lei avesse capito la propria stupidità, sarebbe stata fin troppo orgogliosa di lui.

O o O o O

Severus chiuse gli occhi, rilassandosi sulla sedia dietro la propria scrivania. Era appena tornato da una riunione del personale, anche se aveva a malapena avuto a che fare con la scuola o con il semestre in arrivo.
La recente profezia pronunciata dalla Cooman echeggiava nelle sue orecchie, e sebbene le parole che aveva sentito erano state recitate da Pomona, poteva immaginare con facilità la pipistrellesca insegnante di Divinazione che le pronunciava rigida nella sua poltrona dolorosamente floreale.
«L’inizio della fine è vicino! Il Signore Oscuro prenderà e userà il sangue del suo primo nemico, e diventerà più forte e più terribile di quanto sia mai stato. Presto, cercherà di provare la sua supremazia, istigando un grande duello che plasmerà e marchierà per sempre il futuro del Mondo Magico. L’inizio della fine è vicino!»
Beh, la cosa preannunciava positivamente per il futuro, pensò sogghignando Severus.
Scosse la testa, sapendo che non avrebbe cavato granché di buono dal rimuginare sulla profezia, sebbene avesse alcune idee per le implicazioni di quelle parole e non potesse evitare di provare a fare delle connessioni.
‘Il sangue del suo primo nemico’...
Severus era piuttosto sicuro che questo ‘primo nemico’ non fosse Harry. Voldemort aveva odiato altri prima che Potter fosse anche solo nato, dopotutto.
Silente, forse? Era stato uno dei primi, se non il primo, che aveva notato qualcosa che non andava nell’erede di Slytherin. Comunque, anche se fosse venuto fuori che il Preside era il ‘suo primo nemico’, ciò non rispondeva alla domanda su come Voldemort sarebbe riuscito a procurarsi il suo sangue.
Con un sospiro, si riscosse, provando a scacciare la sensazione di aver trascurato qualcosa di molto importante.
Beh, qualunque cosa stesse per succedere, doveva essere pronto e affrontarla. In qualunque modo Voldemort avrebbe ottenuto il sangue non era troppo importante, ciò che era importante era che cosa ci avrebbe fatto. Con una smorfia, Severus scorse mentalmente la lista delle opzioni che il Signore Oscuro avrebbe avuto se avesse ottenuto un campione del sangue di Albus.
La profezia diceva che sarebbe diventato più forte, così forte da essere sicuro di sé al punto da voler provare il proprio potere e scatenare un qualche grandioso duello. Severus dubitava che il Signore Oscuro sarebbe mai stato tanto sicuro nel corpo di Peter, anche con un accresciuto potere, il che significava che avrebbe dovuto ottenere un nuovo corpo o alterare quello di Peter a un livello tale da renderlo completamente differente. Cosa che… era spaventosamente facile con del sangue preso da un mago potente…
Un presentimento gli si annidò nelle viscere.
Osso del padre...
Severus deglutì, sgranando gli occhi.
Schizzando via dalla propria scrivania, lasciò in fretta i propri alloggi, diretto in un luogo che avrebbe dovuto visitare mesi prima.
Il cimitero di Little Hangleton.

O o O o O

Il Guaritore Smethwyk si fece strada fino al piano dove si trovava la Banca del Sangue del San Mungo. Un uomo morso da un licantropo solitario era venuto di recente dal Galles e aveva bisogno di una dose di vaccino. Era certo che non sarebbe mai venuto il giorno in cui non sarebbe stato meravigliato dall’esistenza di una simile cura. La Magia Bianca era un miracolo. Sospirò felicemente e fece un passo fuori dall’ascensore, solo per fermarsi dallo shock.
L’intero piano era distrutto. Le persone erano riverse a terra in tutto il corridoio, e usciva del fumo da una stanza. La stanza in cui c’era la Banca del Sangue.
«Aiuto!»
«Abbiamo bisogno di una mano quaggiù, presto!»
«Chiamate gli Auror!»
«Che cosa è successo?» Gridò Smethwyk, affrettandosi verso la prima persona ferita davanti a lui.
«Due uomini, credo. Sono corsi qui e hanno iniziato a sparare incantesimi. Per lo più fatture esplosive. Sono andati dritti alla Banca del Sangue e l’hanno distrutta. Le protezioni non hanno resistito ai loro attacchi,» rispose un uomo, venendo al suo fianco mentre il guaritore curava le ferite dell’assistente che era a terra. «Sono corsi via e sono spariti. Erano rapidi in modo disumano, e intendo proprio disumano
«Che cosa vuoi dire?» Chiese Smethwyk.
«Erano licantropi,» affermò l’uomo, incontrando il suo sguardo.
«Cosa?»
«Ho visto i loro occhi. Avevano ‘abbracciato il lupo’. Credimi, erano licantropi.»
Smethwyk fece una smorfia mentre alzava lo sguardo. Gli Auror erano finalmente arrivati.

O o O o O

Severus si materializzò ai confini del cimitero, osservando rapido l’ambiente intorno a lui.
Il sole stava tramontando; c’era silenzio e non c’era nessun altro in giro.
Compiaciuto di ciò, Severus si fece strada tra le lapidi fino alla statua di pietra che si trovava sulla tomba di Tom Riddle Senior. Guardò oltre la lapide e represse un brivido al vedere Villa Riddle. Non c’erano luci accese, né alcun segno che ci fosse qualcuno all’interno.
Concentrandosi, arrivò alla tomba del padre di Voldemort e agitò la bacchetta su di essa. La terra si sollevò con facilità, tagliata via dal suolo come una fetta di torta. Mettendola da parte, puntò la bacchetta alla bara decrepita e aprì il coperchio traballante.
E là, nella capsula di legno marcio, c’era un vestito lacero, con polvere e sporcizia, ma nient’altro…
Il corpo era sparito.

O o O o O

Albus fece un passo indietro dal caminetto.
Con una chiamata tramite metropolvere, la Bones gli aveva appena detto ciò che era accaduto al San Mungo e che lei stava già iniziando un’indagine.
Cinque persone erano morte. Gli incantesimi esplosivi erano stati utilizzati più che a sufficienza per causare gravi ferite agli sfortunati che erano stati troppo vicini.
La Banca del Sangue era completamente distrutta, il che significava che l’ospedale avrebbe avuto bisogno di nuove donazioni di sangue da coloro che avevano assorbito la magia bianca, compreso lui stesso. Comunque, i due assalitori non solo avevano depredato la Banca del Sangue, ma avevano lasciato un messaggio.
“NON ABBIAMO BISOGNO DI UNA CURA! LASCIATECI STARE!”
Caramell e quegli altri imbecilli dei politici si stavano già lagnando al proposito, senza dubbio preparandosi a buttar giù nuove leggi e regolamentazioni, invece di pensare a chi era realmente responsabile e perché.
Anche se non avesse ascoltato la recente profezia della Cooman, Silente avrebbe comunque saputo che era tutto un trucco. Se questo attacco fosse stato davvero organizzato da licantropi furiosi che rifiutavano la cura e la combattevano, perché attaccare ora? Non avrebbe avuto più senso se avessero attaccato molto tempo prima? Ad esempio quando il San Mungo aveva iniziato a organizzare il processo dell’accettazione delle donazioni ed a fornire la cura, e non mesi dopo, quando la popolazione dei licantropi era scesa quasi del 90 per cento?
Silente scosse la testa. Ovviamente stava accadendo qualcosa di più sinistro, ed era certo che c’entrasse la profezia… dopotutto, in quella camera di sicurezza c’era anche una fiala del suo sangue.

O o O o O

Madama Bones era infelice. L’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia non poteva avere neanche una pausa?
Non era certa, onestamente, che il suo dipartimento sarebbe stato in grado di riuscire in tutto ciò che il Ministero si aspettava da loro, ma sapeva anche che, se non ce l’avessero fatta, non ci sarebbe riuscito nessun altro.
Innanzitutto, c’era l’indagine su Voldemort (che era iniziata agli inizi del 1991), mirata a scoprire la sua posizione e i suoi piani. Poi c’era quella su Peter Minus (iniziata nel giugno del 1992), ma questa era rapidamente diventata parte del fascicolo di Voldemort - Petermort.
La successiva (primavera 1992), includeva la Pergamena di Man e la maledizione “MangiaOssa”, che era stata subito connessa all’infiltrazione nel Ministero (Estate 1992), dove qualcuno era riuscito a ottenere accesso alla Biblioteca Proibita e a fascicoli riservati, come l’Archivio che racchiudeva gli indirizzi di tutti i Nati-Babbani conosciuti. Quest’ultima indagine era straripata e cresciuta nell’inchiesta da incubo sui Nati-Babbani rapiti, cosa che aveva spinto la Bones a cominciare a metter su delle misure di sicurezza per le famiglie dei Nati-Babbani.
Anche ora, alcuni Auror stavano andando casa per casa, spiegando l’esistenza del Mondo magico al capofamiglia e dandogli degli strumenti con cui farsi contattare, nel caso succedesse qualcosa. Finora, preparare le misure cautelative era stato piuttosto facile. Con un po’ di fortuna, se i rapitori avessero colpito ancora, loro avrebbero potuto catturarli e impedire che altri bambini venissero rapiti dalle proprie famiglie. La Bones sperava anche che, se avessero avuto successo nel catturare i rapitori, sarebbero stati in grado di trovare i bambini scomparsi e di riportarli a casa.
L’attacco a Potter era stato classificato con le informazioni raccolte su Voldemort, anche se era chiaro che l’evento era anche connesso ai bambini rapiti.
E ora, in cima a tutto ciò, c’era la Banca del Sangue distrutta.
Madama Bones sospirò. C’era troppa carne al fuoco. Era molto difficile dare un senso a tutto quanto.
Comunque, dopo la chiamata via camino a Albus Silente, era piuttosto certa che l’assalto alla Banca del Sangue fosse più che una semplice faccenda di alcuni licantropi molesti, proprio come aveva sospettato.
Non era tipo da dare troppo conto alle profezie, ma questa, doveva ammetterlo, era piuttosto allarmante e non doveva metterla da parte come un’assurdità divinatoria qualunque.
«Madama Bones?» Domandò Kingsley, bussando alla porta mentre entrava nell’ufficio.
«Sì, Kingsley?» Lei alzò lo sguardo dalle scartoffie.
«Devi vedere questo,» affermò lui, tendendole il rapporto sulla Banca del Sangue.
Lei lo prese e si sistemò gli occhiali da lettura per scorrere le pagine mentre lui aspettava in silenzio.
Mormorando un’imprecazione, mise giù il rapporto.
Era stato ritrovato, sebbene rotto e inutilizzabile, ogni singolo contenitore e fiala di sangue - eccetto una fiala.
Quella di Albus Silente.

O o O o O

«Lucius?»
Draco si fermò nel corridoio, udendo la voce di sua madre nella biblioteca.
«Severus si è fermato qui per un momento,» affermò suo padre.
«E se ne è andato così in fretta? Di solito ti asseconda sgranocchiando almeno un cracker,» disse Narcissa con dolcezza, sebbene alla fine della frase la sua voce si spense.
«Non era il momento per simili amenità, Narcissa.»
Draco si appiattì contro il muro, la tensione nella voce di suo padre era così opprimente che lo turbò fisicamente. Non aveva mai sentito suo padre così… spaventato.
«Che cosa è successo, Lucius?» Sussurrò lei.
«Lui teme che.. il Signore Oscuro possa… muoversi.»
«Che cosa vuoi dire?»
«Ti ricordi quello che ti ho detto in quella nostra passata conversazione, e a fare che cosa abbiamo acconsentito se l’Oscuro Signore avesse mai riacquisito la sua piena potenza?»
Sua madre non rispose a parole, ma Draco fu certo che avesse annuito con esitazione.
«Severus sospetta che possa accadere prima di quanto pensassimo.»
Draco trattenne il fiato, domandandosi quali fossero le espressioni sui volti dei suoi genitori e che cosa questo “acconsentire” implicasse.
«Che cosa vuoi che faccia?» Chiese lei piano.
«Preparati a lasciare il paese in qualsiasi momento. Voglio sapere che tu e Draco siete al sicuro, qualunque cosa accada. Non puoi partire ora, ovviamente, ma tieniti pronta nel caso tu riceva i segnali per farlo. Severus e io abbiamo posto delle precauzioni di sicurezza per avvisarti nel caso in cui le cose si facciano… pericolose.»
«D’accordo.»
Ci fu una lunga pausa, sebbene Draco riuscisse a udire il respiro inquieto della madre.
«Mi dispiace, Narcissa. Non avrei mai dovuto coinvolgere la nostra famiglia in tutto questo. Avrei dovuto fare scelte differenti. Siamo purosangue; avrei dovuto scegliere una via più onorevole.»
«Shht… Quello che è fatto è fatto. Abbiamo un figlio ora, le nostre convinzioni e priorità non sono più quelle che erano una volta.»
Lucius emise un lungo sospiro.
«Sì, ma credo che stessi tentando di convincere me stesso che non era così, fino a poco fa. Sai, quando il Signore Oscuro è caduto, una parte di me era sollevata, anche se godevo del potere che mi aveva dato.»
«Anch’io mi sono sentita sollevata. Gli Auror e i Traditori del sangue non erano i soli a morire. Anche i nostri amici, come Evan Rosier. Ho temuto… che Draco e io ti avremmo perduto.»
«Spero che tu non debba provare quella paura mai più.» Sussurrò lui.
«Se le cose stanno come dice Severus, di sicuro ha escogitato molto di più rispetto al piano di cui mi hai parlato,» disse Narcissa, cambiando argomento.
«Sì, lo ha fatto, ma non mi ha dato i dettagli.»
«Che cosa ti ha detto, allora?»
Draco poteva dire che sua madre stava diventando impaziente. Lo faceva spesso quando era sotto stress o era preoccupata.
«Che alla fine starà tutto a Harry Potter, e che dobbiamo assicurarci che il ragazzo sia pronto alla prova e che abbia libero il cammino. Severus mi ha detto che nessun altro può uccidere il Signore Oscuro a parte Potter.»
«Dici sul serio,» alitò lei.
Draco non poteva biasimarla. Dipendeva da Harry? Il suo amico che aveva curato i licantropi, che curava quelli che nemmeno conosceva? Come potevano aspettarsi che Harry uccidesse qualcuno, anche se… no, specialmente se si trattava del Signore Oscuro?
«Perché?» Chiese lei.
«Non lo so, ma non ho mai visto Severus tanto sicuro di qualcosa, in tutta la mia vita. Noi dobbiamo aiutarlo. Ce lo ordina la Magia Antica.»
«Antica Magia o no, è l’Onore che ce lo ordina davvero, Marito,» asserì Narcissa.
«Forse,» concesse Lucius.
Draco restò immobile per lungo tempo dopo di ciò, i suoi genitori ora stavano silenziosamente seduti nella biblioteca.
Non sapeva che cosa pensare né che cosa fare.
Voldemort stava per riconquistare i suoi pieni poteri, e presto? Che cosa voleva dire? Che cosa sarebbe accaduto? Suo padre aveva ragione? Aveva ragione il suo padrino?
E dipendeva davvero da Harry, il suo amico? Le cose sarebbero andate come nella prima guerra? La gente avrebbe iniziato di nuovo a morire?

Lentamente e in silenzio, Draco tornò alla sua camera, molto incerto sul futuro.

O o O o O

«Severus, dove sei stato?»
Severus si voltò e trovò la McGranitt che correva verso di lui. Era appena rientrato dopo aver sbrigato alcune gravi faccende, quindi non era affatto di buon umore e, dall’espressione della donna, fu in grado di capire che il suo malumore sarebbe presto peggiorato.
«Non importa, Albus vuole vederti. È accaduto qualcosa,» continuò lei, evidentemente preoccupata.
«Che è successo?» Domandò lui, camminando al suo fianco mentre si affrettavano verso l’ufficio di Silente.
«Il sangue di Albus è stato rubato dalla Banca del Sangue al San Mungo!» Esclamò lei.
Severus non si preoccupò di tentare di soffocare la sua imprecazione frustrata.
«Quando?» Chiese.
«Alcune ore fa. Madama Bones è andata da Albus tramite camino e gli ha detto che cosa era risultato dall’analisi dei resti sul posto.»
La McGranitt scosse la testa, il suo accento scozzese più marcato del solito.
«Dov’eri, Severus, in nome di Merlino?» Chiese accalorata, apparentemente decidendo che stavolta voleva una risposta.
«Stavo facendo alcune ricerche,» affermò lui mentre arrivavano al gargoyle.
Minerva sibilò la parola d’ordine e salirono le scale. «Beh, spero che la tua ricerca sia valsa la pena.»
«Sì,» rispose lui con un’occhiata gelida.
In realtà, non poteva farci nulla. Stava tentando di contenere la frustrazione, la rabbia, e la paura, ma più di tutto… la nausea di sé. Avrebbe dovuto prevedere tutto ciò. Sarebbe dovuto andare prima al cimitero, prendere le ossa, scambiarle, o qualcos’altro. Ma, invece, aveva creduto di avere più tempo, aveva creduto che Voldemort avrebbe agito come l’ultima volta (fino a un certo punto). Era stato uno sciocco. Non per niente Voldemort era un Signore Oscuro.
Le cose erano molto diverse ora. Il mondo magico sapeva che era là fuori da qualche parte. Non aveva alcun motivo per muoversi con cautela come prima. Adesso sarebbe diventato molto prima il Signore Oscuro che il futuro aveva temuto. Sarebbe stato spietato e imprevedibile, e chissà che cos’altro, con il sangue di Albus Silente nelle vene… anche se supponeva che fosse meglio così, piuttosto che avere quello di un Arcimago Dormiente…
«Severus?»
Severus sbatté le palpebre, trovandosi improvvisamente nel mezzo dell’ufficio del Preside e di fronte allo sguardo preoccupato di Albus Silente.
«Sì, Preside?» Chiese, cercando di apparire calmo e tranquillo.
«Stai bene, ragazzo mio?» Domandò lui.
Severus annuì, mentre Minerva accanto a lui aveva l’aria esasperata.
«Sul serio, Albus, è il suo sangue che è sparito! Dovremmo chiedere noi se lei sta bene,» esclamò. «Chissà che cosa ci faranno. Ci sono così tanti rituali oscuri che potrebbero star compiendo proprio mentre parliamo!»
«C’era abbastanza sangue solo per un rituale, Minerva,» puntualizzò calmo Albus.
«Oh, fantastico, allora organizziamo una festa!» Fece lei con sarcasmo.
«Preside, credo di sapere quale rituale il Signore Oscuro potrebbe scegliere di… compiere,» disse Severus, ignorando al momento la Capo-Casa Gryffindor.
Silente gli fece cenno di continuare.
Severus calmò il suo cuore furente e si sforzò di informarli della sua “recente scoperta”. «Credo che il Signore Oscuro stia tentando di crearsi un nuovo corpo.»
«Che cosa ti ha condotto a questa convinzione?» Chiese Albus. Minerva rimase in silenzio.
«Sono andato da Lucius Malfoy questa sera e ho compiuto alcune ricerche lì. E ora, dopo essere andato al cimitero di Little Hangleton, sono certo che lui voglia seguire questa strada.»
Non ebbe bisogno di dire loro che era andato prima al cimitero, o di rivelare che cosa era realmente andato a fare a Villa Malfoy.
«E di quale strada si tratta?» Chiese Albus, la voce liscia come vetro.
«Ossa, Carne, e Sangue del Padre, del Servo, e del Nemico per Rinnovare-»
«Rianimare e Resuscitare,» lo interruppe Albus, chiudendo gli occhi.
Severus non fu del tutto sorpreso che Silente conoscesse l’incantesimo, ma la McGranitt lo fu.
«Lo conosce, Albus?» Chiese Minerva, la voce molto tenue. «Di cosa si tratta?»
«Sangue del nemico prelevato con la forza,» sussurrò Albus, lo sguardo calcolatore.
«Sì, Preside,» affermò Severus.
Minerva spostava lo sguardo dall’uno all’altro, volendo sapere che cosa stava succedendo.
«Temo che tu abbia ragione, Severus. Voldemort ha probabilmente scelto questa strada e attraverso di essa riacquisterà la sua forma corporea. Tramite il mio sangue.»
«Non c’è nulla che possiamo fare?» Chiese Minerva, non volendo arrendersi così facilmente.
Silente iniziò a scuotere la testa, ma i suoi occhi si spostarono d’improvviso verso la sua spia, che ora si stringeva il braccio sinistro.
Senza chiedere il permesso, Albus fece un passo in avanti e tirò su la manica di Severus.
«Oh, Merlino,» alitò Minerva.
Il marchio stava riprendendo colore proprio davanti ai loro occhi.

O o O o O

«Sangue del nemico, prelevato con la forza, farai risorgere il tuo avversario,» recitò il licantropo promosso da poco leader, versando l’intera fiala nell’enorme calderone, facendo diventare il liquido ribollente completamente bianco.
Kamalia Rendall fece un passo indietro, evitando Minus che era immobilizzato in uno sbavante stupore con il moncherino al braccio.
Lentamente, una forma iniziò a sollevarsi dal calderone…
Voldemort assaporò il momento quando sentì l’aria lambire la sua nuova pelle.
«Vestitemi,» ordinò.
Ardolf Lowell, il luogotenente di Kamalia, si avvicinò, vestendolo come aveva richiesto.
Facendo un profondo respiro, Voldemort abbassò gli occhi su di sé. Ghignò.
Agli occhi di Riddle, la sua nuova forma incarnava il mago perfetto. Era una forma che avrebbe portato paura ai suoi nemici e ammirazione ai suoi seguaci.
Si esaminò le mani. La pelle pallida sembrava rilucere di potere e la mano della bacchetta era impaziente di lanciare incantesimi.
Ai presenti, le sue sembianze apparivano magnifiche e del tutto terrificanti. Anche se magro, non sembrava fragile, ma forte e agile; infatti, assomigliava molto a com’era prima della sua caduta, con corti capelli neri e lineamenti abbastanza attraenti.
Ma c’era una grande differenza. I suoi occhi.
Erano rossi come il sangue.
Kamalia Rendall e Ardolf Lowell si inginocchiarono davanti a lui come anche i licantropi adulti che li imitarono subito. Minus si affrettò ad inchinarsi come gli altri, i suoi grugniti inintelligibili spezzavano l’immobilità dell’aria.
«Vieni, Codaliscia,» disse lui mentre Kamalia gli porgeva la sua bacchetta.
Minus si sollevò da terra, sembrando dimentico del suo arto mancante, gli occhi vuoti come quelli di una bambola.
«Tendimi il braccio,» ordinò Voldemort.
Minus sollevò il braccio sinistro, mostrando orgoglioso il Marchio Nero.
Voldemort poggiò la punta della bacchetta sulla pelle tatuata del suo servitore, chiamando i propri seguaci.

O o O o O

«Ci sta chiamando,» Digrignò Severus tra i denti.
«Allora andrai?» Chiese la McGranitt.
«Devo farlo. Non reagirà bene se non lo faccio.»
«Allora va’, Severus, ma prendi questa passaporta, per ogni eventualità,» disse Silente, porgendogli un piccolo sigillo di metallo da applicare sul retro del suo orologio da polso**, invisibile ma sempre a contatto con la sua pelle.
Severus abbassò gli occhi all’oggetto nella sua mano, domandandosi, non per la prima volta, che cosa aveva cambiato per rendere Albus così più prudente rispetto a prima, non che si stesse lamentando, intendiamoci. Forse era stata la catenina di sicurezza che lui aveva dato a Harry? Forse...
Applicando la passaporta d’emergenza al proprio orologio, fece al proprio mentore un cenno col capo, colmo di gratitudine ma anche di solennità.
«Tornerò prima che posso,» affermò mentre usciva dalla porta, concentrato sul compito che aveva davanti.


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Note della traduttrice:

* A partire da ora, ho deciso di seguire una linea nel tradurre i dialoghi tra Harry e i Flamel. In inglese infatti non esiste il “lei”, quindi c’è un “tu” da subito per entrambe le parti, ma Harry talvolta si rivolge a Nicholas con l’appellativo di “sir”, come in questa domanda, che letteralmente sarebbe stata «Uh, dove, signore?»
Beh, ho immaginato la loro situazione nella nostra cultura e ho supposto che, quando si sono conosciuti, i Flamel abbiano chiesto a Harry di farsi dare del tu, come qualsiasi tutore che volesse mettere a proprio agio un ragazzino. L’uso del tu e dell’appellativo “signore”, però, mi fa arricciare il naso, quindi ho deciso di limare l’educazione british di Harry per rendere un po’ più di informalità tra loro. Spero non dia fastidio a nessuno :)

** Non mi sembra che fossero d’uso gli orologi da polso ad Hogwarts, forse piccola svista dell’autrice.



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NOTA FINALE: L’autrice ci tiene a fare alcune precisazioni, che in realtà sono pubblicate prima dell’inizio del capitolo successivo, ma ho pensato di metterle qui. Alcune sono delle cose che vuole precisare, altre sono conseguenza di alcune recensioni alla storia originale, ma ho pensato che potessero comunque interessarvi.
Innanzitutto vuole precisare che la storia è ambientata in un universo alternativo, per cui lei si è presa alcune libertà nella narrazione. Poi, per argomenti specifici:
  • Conoscenza del futuro di Severus: Harry gli ha detto tutto su Voldemort, su come è risorto, e i dettagli al riguardo, ma comunque il futuro della storia è alternativo rispetto a quella della Rowling. La storia di Severus corrisponde solo fino al quarto anno, poi è differente - e non ci sono Horcrux.
  • Magia Bianca: Da non confondersi con magia ‘buona’. Si tratta semplicemente dell’antidoto della Licantropia. Questo è il suo solo scopo. Da non confondere nemmeno con la magia curativa di Harry.
  • Sangue prelevato non “con la forza”? : Sebbene Silente abbia liberamente donato il suo sangue, lo ha dato al San Mungo specificamente con l’intento e lo scopo di essere usato per aiutare a curare la Licantropia, non per il ritorno di Voldemort. Inoltre, Voldemort lo ha ottenuto tramite i suoi seguaci, che lo hanno preso con la forza dalla Banca del Sangue - quindi, il rituale è ancora valido.
  • Sembianze di Voldemort: Il cambiamento è dovuto al sangue di Silente. Come Silente stesso ha affermato, la sua magia può essere “prepotente” (Silente è un Warlock dopotutto). Essendo usata nel rituale, ha “sentito” l’immagine di sé che Voldemort desiderava e ha modellato leggermente la sua forma in quel modo. Questo è una parte delle conseguenze per aver usato il sangue di Silente - invece che quello di Harry, che (nel futuro di Severus) gli aveva dato la protezione di Lily e il potere di un Arcimago Dormiente.
  • Facilità nel penetrare nella Banca del Sangue: la Banca del Sangue era in un ospedale, e, essendo tale, chiunque può entrare nell’edificio in sé. Detto ciò, la Banca aveva delle protezioni, ma il Ministero non si aspettava un attacco così aggressivo (ed esplosivo). Stiamo parlando del Ministero, quando mai le loro difese sono state adeguate contro un nemico potente e determinato?
  • Come mai le cose stanno accelerando: Nella storia originale, è stato affermato qualche volta che molti Mangiamorte avevano creduto che Voldemort fosse definitivamente sconfitto. Beh, quando il Ministero ha reso di conoscenza pubblica l’incidente con Raptor (perlopiù che Raptor era un seguace che serviva lo spirito di Voldemort), i Mangiamorte più devoti hanno iniziato a cercarlo e lo hanno trovato. Inoltre, a causa della cura della Licantropia, i licantropi assetati di sangue si sono presto uniti a lui, credendo che sia la loro unica speranza di rimanere come sono.
  • Severus che si dimentica delle Ossa di Riddle Padre: dategli una pausa. Ha informazioni sul futuro che coprono 9 anni ammucchiate nel cervello, e deve gestire gli eventi del presente (gli attacchi a Harry distraggono!) Nessuno è perfetto. Non solo, ma (come si vedrà poi), sapeva che Voldemort avrebbe dovuto riacquisire un corpo prima o poi. La sua sfortuna è stata solo non poter impedire che Riddle risorgesse così presto.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Duello dei Duelli.




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Capitolo 23
*** Duello dei Duelli ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 23: [Duel of Duels] Duello dei Duelli

Severus arrivò nel luogo designato. Era un magazzino, nella periferia di una città babbana, una città che Severus conosceva.
Severus rigettò indietro il ricordo del villaggio carbonizzato e svuotato di ogni persona vivente, mentre si faceva strada fino alla porta sul retro di un edificio pericolante.
Si arrischiò a dare un’occhiata alla propria sinistra, e trovò le luci del paese che brillavano intensamente contro l’oscurità della notte. Era stato lì, su quelle strade, che Minerva era caduta. Lui e gli altri erano arrivati troppo tardi, e lei era stata troppo testarda per scappare. Aveva scelto di tenere duro, e di trattenere le vendicative fiamme dell’Ardemonio il più a lungo possibile, per permettere ad altri di fuggire. E avrebbe anche avuto successo, se non fosse stato per Bellatrix.
Domando la rabbia insorgente dentro di lui e ponendo un muro spesso come una montagna a coprire le sue emozioni e i suoi pensieri, Severus entrò.
Lo spazio di fronte a lui era stato liberato da qualsiasi oggetto babbano presente nel magazzino, ma al suo posto c’erano resti squagliati di un calderone e un uomo alto e magro stava in piedi sopra di essi, davanti a un gruppo di persone composto per lo più da facce colpevoli. Evidentemente, il Signore Oscuro aveva già pronunciato il suo discorso furente a proposito dei seguaci leali e fedeli e li aveva rimproverati.
Muovendosi in avanti, Severus sorprese sé stesso. Aveva creduto che avrebbe avuto bisogno di concentrarsi per impedire al suo cuore di battere sonoramente contro il suo petto; invece, lo stava facendo per trattenersi dal sollevare le sopracciglia dalla sorpresa.
Voldemort aveva i capelli.
Se la situazione non fosse stata così grave, avrebbe potuto essere anche divertito, ma non c’era nulla di buffo nel luccichio negli occhi rossi del Signore Oscuro.
«Ah, Severus. Il mio servo fedele è arrivato,» disse Voldemort, voltandosi verso di lui mentre lo indicava con la mano pallida e magra.
Severus si fece avanti, trattenendosi dal correre o dall’essere troppo lento. Doveva mostrare la dovuta deferenza dopotutto, specialmente poiché era ovvio che era stato l’ultimo ad arrivare (senza contare che era in ritardo).
«Mio Signore,» esclamò, inchinandosi a un passo dai piedi di Voldemort. «Aspettavo ansiosamente il vostro ritorno. Mi scuso per il mio ritardo.»
Severus non era così ingenuo da chiedere perdono o da dare delle giustificazioni.
«Alzati,» fece Voldemort, compiaciuto e non dicendo nulla del suo arrivo tardivo.
Severus ne fu grato mentre si alzava, mantenendo una postura completamente remissiva.
Voldemort gli fece un cenno, e Severus si unì al resto del gruppo.
«Allora, miei Mangiamorte,» disse Voldemort. «Dato che non tutti i miei seguaci sono stati indolenti, abbiamo alcune cose da fare stanotte, e, forse, quelli tra voi che mi hanno deluso cominceranno a ripagare la loro infedeltà.»
Molti annuirono entusiasti.
«Kamalia, Ardolf,» chiamò Voldemort.
Severus fece una smorfia. Conosceva quei nomi, ovviamente, ma non si erano uniti ai ranghi oscuri per molto tempo, poiché erano licantropi sotto il comando di Greyback e non si erano alleati con Voldemort fin dopo la distruzione di Hogsmeade.
Kamalia Rendall e Ardolf Lowell si fecero avanti e si inginocchiarono davanti a lui. «Sì, Signore?» Chiesero.
«Selezionate alcuni indirizzi che Yaxley ha acquisito dall’Archivio e prendete ognuno tre dei miei Mangiamorte. È tempo di mostrare al mondo magico il mio potere. Non lasciate sopravvissuti in quelle dimore.»
Formarono rapidamente due gruppi prima di prepararsi a partire per le case dei Nati-Babbani.
«Stanotte libereremo i nostri amici e otterremo alleati potenti prima che io mi riveli completamente.»
Fece una pausa e guardò i gruppi di Kamalia e Ardolf. «E chi lo sa, forse mi divertirò un po’ prima di fare una visita al Ministero,» sibilò misteriosamente Voldemort prima di voltarsi verso Severus.
«Severus,» disse. «Voglio che tu ritorni a Hogwarts. Sei stato in grado di riconquistare il mio favore e di sapere degli attacchi che stiamo per fare ai Sangue Sporco. Avvisa Silente di questi attacchi. Non voglio nessun Auror né i maledetti membri dell’Ordine a interrompere i miei altri piani.»
«Sì, mio Signore.»
«Ora, il resto di voi, venite con me. Stanotte, mostreremo perché io, Lord Voldemort, devo essere temuto!»

O o O o O

Nicholas si affrettò nel corridoio verso la stanza di Harry. Gli scudi avevano reagito a un intenso afflusso di magia qualche momento prima, e lui sapeva, istintivamente, che stava accadendo qualcosa di molto brutto.
Perenelle era proprio dietro di lui quando arrivarono alla porta di Harry. Senza preoccuparsi delle buone maniere, spalancò la porta ed entrò.
Coral era di fianco ad Harry, sibilando sconvolta, chiaramente preoccupata e agitata.
Harry si stava abbracciando le ginocchia e si spingeva contro la testata del letto mentre teneva gli occhi strettamente chiusi.
Nicholas poté sentire l’odore di bile e guardò il pavimento di fianco al letto. Qualunque cosa avesse sconvolto Harry gli aveva fatto rigettare la cena. Con una smorfia di comprensione, agitò la bacchetta verso il pavimento, ripulendolo, mentre si avvicinava al letto.
«Harry?» Chiese dolcemente Nicholas, sollevando la bacchetta ora accesa da un Lumos silenzioso.
Coral strisciò un po’ più lontano ma continuò a sibilare verso Harry, come se stesse tentando di attirare la sua attenzione. Non sembrava ci stesse riuscendo.
Nicholas arrivò fino al bordo del letto e toccò il ginocchio di Harry mentre Perenelle rimaneva indietro e lasciava che il marito decidesse la migliore linea d’azione, per ora.
Harry sobbalzò, aprendo piano gli occhi. Nicholas capì che stava provando un qualche tipo di dolore.
«Che c’è che non va, Harry?» Chiese.
«Un incubo, e la cicatrice, fa male.» Chiuse di nuovo gli occhi e si premette i palmi contro il viso con un gemito, tremando in tutto il corpo.
Nicholas fece una smorfia, muovendo rapidamente la mano libera in avanti e spostando le mani di Harry.
«Lasciami vedere, Harry. Lascia che ti aiuti,» disse. «Che cosa hai sognato?»
«Voldemort. Sta succedendo qualcosa. Dobbiamo avvisarli… dobbiamo farli scappare!» Fece Harry, il tono della voce che prima era addolorato e lento diventò in fretta forte e urgente.
«Calmati ora. Ho bisogno di aiutarti prima che facciamo qualunque altra cosa,» disse fermamente Nicholas mentre anche Perenelle si avvicinava. «Penso di sapere che cosa sta succedendo.»
«Lui sta andando,» replicò Harry, non prestando realmente attenzione a ciò che Nicholas stava dicendo, quando trattenne il respiro. «Sta andando a uccidere delle persone. Per favore, Signor Flamel, dobbiamo fare qualcosa!» Boccheggiò Harry, strizzando di nuovo gli occhi mentre una calda ondata di dolore lampeggiava nella cicatrice e un brivido di emozioni oscure lo attraversava. Si aggrappò ai polsi di Nicholas mentre tremava.
«Concentrati sulla mia voce, Harry. Devo interrompere questa connessione se vogliamo aiutare qualcun altro. Ho bisogno che provi a ignorare ogni altra cosa in questo momento.»
Harry digrignò i denti mentre Nicholas metteva il pollice destro sulla cicatrice di Harry e chiudeva gli occhi.
«Stai sentendo le emozioni di Voldemort, Harry. Ora offuscherò la connessione, cerca di non opporti a me. Sarà una sensazione abbastanza strana,» avvertì Nicholas.
Nicholas mormorò l’incantesimo, guidando la propria magia in avanti, ignorando l’oscura sensazione del potere estraneo che si riversava dalla cicatrice e che premeva contro la magia di Harry. Scegliendo di essere deciso piuttosto che gentile, entrò nella mente di Harry. Sapeva che la sua intrusione non era stata piacevole, ma sapeva anche che il tempo era essenziale. La giovane mente di Harry non poteva resistere più a lungo a una così concentrata malvagità.
«Harry, voglio che mi aiuti se puoi. Fammi usare la tua magia; altrimenti combatterò contemporaneamente la tua magia e l’intrusione di Voldemort.»
Con questo, sentì un tenue “Va bene…” nella mente del ragazzo.
Sicuro in ciò che si era preparato per fare, Nicholas si mise al lavoro, ammantando la mente di Harry con la sua magia e usando quella del ragazzo come rinforzo. Questa protezione non sarebbe stata uno schermo di Occlumanzia, ma sarebbe stata la cosa migliore possibile dopo di esso.
Invece di funzionare come le mura di un castello, avrebbe agito come un fossato. Qualunque cosa avesse tentato di raggiungere la mente di Harry sarebbe stato rallentato, indebolito, e distorto.
Una volta finito, si rilassò, trovando la forma china di Harry contro il suo petto e sua moglie che gli offriva assistenza.
«Grazie, cara,» le disse mentre lei lo aiutava a far distendere Harry.
Il ragazzo non aveva perso conoscenza, ma era confuso ed esausto.
«Hai agito bene, Harry,» disse Nicholas. «La connessione è ancora presente, ma dovrebbe essere offuscata ora.»
«Chiamo Albus via camino, ora, Nicholas,» fece Perenelle, uscendo in fretta dalla stanza.
Harry sbatté le palpebre che gli si erano fatte pesanti, opponendosi al sonno; per tutto il tempo un dolore sordo gli echeggiò nella cicatrice e una debole sensazione di un’eccitazione sinistra filtrava nei suoi sensi.

O o O o O

Voldemort assaporò la sensazione di volare, sicuro che non ci avrebbero impiegato molto.
Aveva ragione.
Quando arrivarono sull’isola di Azkaban, i Dissennatori reagirono immediatamente alla sua presenza prima di liberare velocemente tutti coloro che Voldemort desiderava.
Antonin Dolohov, Augustus Rookwood, Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange, Rabastan Lestrange, Mulciber, e molti altri si riunirono ai suoi ranghi e reclamarono nuove bacchette che lui aveva precedentemente procurato per loro. E poi diventò tutto più dolce quando i Dissennatori si unirono a lui, abbandonando la prigione di Azkaban per seguirlo verso fonti di nutrimento più ricche.
Fu un glorioso momento, e lui era impaziente di continuare con la prossima fase del piano.
Era tornato, ed era pronto a mostrarsi al mondo.

O o O o O

Mal Turner era un uomo ragionevole e con una vita rispettabile. Amava sua moglie e suo figlio, quindi quando delle persone vestite in modo strano erano venute a casa sua (che si trovava nei pressi del cuore di Londra a Westminster) la settimana precedente, era stato rapido a prendere la pistola. Comunque, per fortuna, era venuto fuori che le sue precauzioni non erano necessarie, a prescindere da quanto erano apparsi strani in un primo momento i visitatori.
Dopo avergli provato che la magia era reale e che non erano (completamente) matti, avevano avuto una lunga e intensa conversazione. Stava ancora cercando di capacitarsi della maggior parte di quelle informazioni, ma aveva assorbito alcune cose importanti dalle loro rivelazioni. Suo figlio di quattro anni era un mago. Beh, questo di certo spiegava alcuni dei bizzarri eventi degli ultimi anni, in particolare il gelato che si rifiutava di rimpicciolire, non importava quanti morsi gli venissero dati. Suo figlio aveva tre anni a quel tempo.
Ma i visitatori maghi avevano anche rivelato altre cose - cose inquietanti - come il fatto che i recenti rapimenti coinvolgevano un gruppo impazzito di licantropi che avevano come bersaglio giovani bambini “Nati-Babbani”. Con quelle informazioni, Mal aveva immediatamente preparato le proprie misure cautelative subito dopo che gli ‘auror’ se ne erano andati, anche se gli avevano dato una moneta magica per contattarli se fosse accaduto qualcosa.
Non si è mai troppo prudenti, come Mal stava per provare.
Si tirò su a sedere, sentendo la campanella che aveva preparato perché suonasse sotto il suo letto se qualcuno fosse entrato nell’ingresso. Mai sottovalutare la semplicità di fili e carrucole!
«Tesoro,» sussurrò, svegliando la moglie. «Qualcuno ha aperto la porta d’ingresso senza disattivare il sistema di allarme. Prendi Matthew e vai nella stanza sicura. Gestisco io la cosa,» disse prima che la moglie accorresse alla stanza del bambino.
Il suo addestramento militare gli tornava utile mentre prendeva la pistola dal comodino vicino al letto e stringeva in una mano la moneta che quello Shacklebolt gli aveva dato, prima di mettere un altro caricatore nella tasca davanti del pigiama.
Sperava che gli aiuti sarebbero arrivati prima che le cose si mettessero troppo male.
Dirigendosi verso l’ingresso, rimase basso e in ascolto. C’erano delle persone in casa sua, sì, e si stavano muovendo in fretta. Sperò solo che sua moglie e suo figlio stessero bene e fossero arrivati nella stanza sicura. D’improvviso, aggirò il muro restando basso ed entrò in cucina, il suono dei loro movimenti ora molto vicino.
«Bombarda!» Gridò una voce crudele, facendo esplodere la parete.
Mal rotolò sotto il tavolo della cucina mentre i detriti cadevano e i piatti preferiti di sua moglie andavano in pezzi sul linoleum.
«Fatti vedere, sappiamo che sei lì,» disse un altro.
Ce ne erano almeno tre. Riusciva a vedere i loro mantelli nonostante l’oscurità.
Rispose.
Col fuoco.
BANG-BANG-BANG!
Il primo colpo ne prese uno alla spalla. Il secondo colpì un altro a un braccio, e il terzo ne centrò un altro in un occhio - non si sarebbe più rialzato.
Gli incantesimi gli piovvero addosso, e riuscì a malapena a ribaltare il tavolo per farsi scudo quando questo gli venne scaraventato contro e finì nell’armadietto alle sue spalle.
«Quel piccolo pezzo di-»
BANG-BANG!
Mal non aveva ancora finito i proiettili e non gli era sfuggito il quarto mago che era appena spuntato dietro l’angolo; però non si avvide dell’altro che era apparso dal lato opposto.
«Crucio!»
Il dolore lo attraversò, più forte di qualunque cosa avesse mai sperimentato. Era più acuto di quello di un Taser, più brutale del prendersi un proiettile, più violento di un incidente d’auto, e durò più a lungo di quanto qualsiasi dolore dovrebbe durare.
L’unica cosa che lo rese peggiore fu che non riuscì a controllare il proprio corpo. Fu attraversato da spasmi mentre il dolore cresceva sempre di più.
BANG-BANG-BANG-BANG-click-click . . . click.
Aveva finito i proiettili.
Finalmente, il dolore cessò, e lui alzò lo sguardo per trovare un uomo che torreggiava su di lui.
Un uomo con occhi rossi.

O o O o O

Il Preside si Materializzò a Westminster poco dopo che Kingsley lo aveva allertato che una famiglia laggiù aveva inviato il segnale d’allarme. Sembrava che l’attacco fosse ancora in corso.
Non ebbe bisogno di guardare lontano per verificarlo.
Udì quattro forti spari al di sopra delle echeggianti grida di un uomo, venivano dalla casa alla sua sinistra. Non esitò a correre all’interno, la porta principale era accostata, anche se sentì le sirene in lontananza e i rumori degli Auror che si materializzavano.
Lanciando silenziosamente su di sé un incantesimo di Disillusione, si spinse avanti, sapendo che gli auror di fuori ora stavano ponendo un perimetro. Continuando, gli occhi gli si abituarono alla luce tenue mentre attraversava l’ingresso.
D’improvviso, si fermò, trovandosi davanti una scena fin troppo simile a quelle dell’ultima guerra.
Voldemort che torreggiava in piedi sopra a un tremante babbano.
«Credi di essere coraggioso, piccolo babbano?» Sibilò Voldemort.
Silente si avvicinò, notando i due corpi immobili proprio al di fuori della cucina distrutta. Non riuscì a vedere molto altro oltre a quello, eccetto Voldemort e il babbano bloccato, poiché aveva una visuale diretta solo del Signore Oscuro e di nient’altro nella cucina.
D’un tratto, rumori di battaglia echeggiarono da fuori. Evidentemente, c’erano altri Mangiamorte e avevano appena iniziato lo scontro con gli auror.
Voldemort sorrise, per nulla disturbato dall’arrivo degli avversari.
«Uccidete chiunque vediate! Dovremmo divertirci un po’ qui!» Dichiarò ai rimanenti Mangiamorte prima di tornare a guardare l’uomo sul pavimento. «Avada Ke-»
Il vecchio Warlock usò un Accio sul forno a microonde dal mobile vicino e lo scaraventò sul braccio di Voldemort. E poi, correndo nel varco appena creato nel muro della cucina, notò altri Mangiamorte e immediatamente lanciò loro una raffica di incantesimi.
Mantenendo l’incantesimo di Disillusione, era un gioco da ragazzi, ma Voldemort non avrebbe permesso che la sua avanzata continuasse senza contrattaccare.
Voldemort roteò la bacchetta, raccogliendo in sé la propria magia prima di rilasciarla violentemente. La gigantesca pulsazione di magia rabbiosa esplose sull’intera facciata della casa. Silente non riuscì a fare molto oltre a rimanere in piedi e non finire scaraventato in strada insieme alle assi e alle mura divelte, mentre il suo incantesimo di Disillusione cadeva.
Sapendo che doveva uscire prima che la parte superiore della casa cedesse e precipitasse, seguì Voldemort fuori dalle macerie, sperando che il babbano fosse in grado di uscire da solo e trovare un posto sicuro.
Dirigendosi in strada, affrontarono l’ultima cosa che si sarebbero aspettati.
«NON MUOVETEVI!»
Sul lato destro della strada c’erano delle volanti della polizia, tutte con dei riflettori puntati sulle loro figure ammantate. Voldemort agitò pigramente la bacchetta verso l’auto più vicina. I due agenti che si stavano facendo scudo con gli sportelli furono sbalzati all’indietro mentre la loro auto si trasformava proprio davanti ai loro occhi.
Il serpente gigantesco si sollevò prima di rivolgere la sua attenzione ai poliziotti. Nel frattempo, Auror e Mangiamorte duellavano lungo la strada, sui prati e sui tetti.
Orripilati, gli agenti aprirono il fuoco sul serpente, infastidendolo più che altro.
Silente scagliò un incantesimo contro il serpente, immobilizzandolo prima di cancellare del tutto l’incantesimo di Voldemort. La macchina precipitò al suolo, molti metri davanti allo schieramento dei poliziotti poiché bloccò un incantesimo scagliato da Voldemort.
«Proteggerai queste creature pietose, vecchio?» Chiese Voldemort mentre lanciava un altro incantesimo, uno che Albus deviò, facendogli colpire un’auto parcheggiata dietro di lui. «Vediamo come li proteggi bene da loro stessi!»
CRACK - CRACK
Voldemort si smaterializzò e materializzò, apparendo in cima a un tetto che li sovrastava tutti.
«Imperio, Imperio, Imperio!»
Gli occhi blu di Silente si spalancarono al vedere tre poliziotti che puntavano le loro pistole contro i propri colleghi. Premettero il grilletto.
Albus reagì più rapidamente che poté, ma non fu abbastanza veloce.
BANGBANGBANG!
Due agenti di pubblica sicurezza persero istantaneamente la vita prima che Silente riuscisse a disarmare tutti con un vasto Expelliarmus. Diverse pistole caddero a terra prima che Silente lanciasse tre stupeficium in rapida successione.
Comprensibilmente scioccata adesso, la polizia cominciò saggiamente ad arretrare con le vittime per permettere l’arrivo dell’unità speciale* che era già in arrivo. Comunque, il tentativo di ritirata della polizia fu fermato dagli incantesimi dei Mangiamorte assetati di sangue che avevano da poco ricevuto la libertà. I poliziotti si accovacciarono dietro gli sportelli delle volanti, sebbene questi gli offrissero solo una piccola protezione, e risposero al fuoco con le armi.
Vedendo ciò, Silente si materializzò in cima alla volante precedentemente trasfigurata e puntò la bacchetta verso il prato lì davanti prima di lanciare un incantesimo scudo su sé stesso per bloccare un incantesimo grigio appena lanciatogli contro da Voldemort dall’alto.
Mentre si scrollava di dosso l’energia oscura che scivolò lungo il suo scudo argenteo, tre enormi figure si fecero avanti dal cortile alla sua sinistra e avanzarono rapide verso la polizia terrorizzata. D’improvviso, i Mangiamorte vicini presero a scagliare maledizioni verdi contro gli ufficiali, ma gli gnomi da giardino giganti semoventi li intercettarono, proteggendo gli sbalorditi poliziotti.
Voldemort non fu divertito dagli incantesimi avanzati di Silente e fece uscire un serpente fiammeggiante da una tempesta di fuoco che aveva evocato, per mostrare il suo disappunto.
Era ancora più largo di quello che aveva trasfigurato; la testa oltrepassava le cime degli alberi e il corpo arrotolato copriva la strada di fronte a due case.
Voldemort rise.
Silente mosse il braccio per deviare il morso della creatura, ma fu costretto a saltare via dal veicolo. Rotolandosi su un ginocchio, spinse la bacchetta in avanti e in su, raccogliendo l'intera massa di fuoco e costringendola a salire sopra di lui in una sfera di fiamme gigantesca prima di rispedirla subito contro Voldemort. La sfera di fuoco esplose appena al di là del tetto, sfiorando a malapena le vesti del Signore Oscuro mentre le fiamme morenti si alzavano al di sopra del quartiere in una gigantesca nuvola a fungo, prima di dissiparsi.
Nel puro caos, gli incantesimi continuavano a sfrecciare tra i Mangiamorte e gli Auror che duellavano tra loro, mentre i poliziotti rispondevano col fuoco ai lampi di luce che venivano loro diretti.
Voldemort rimase orgogliosamente ritto in piedi sul tetto, assaporando la distruzione sotto di lui mentre Silente coglieva l’occasione di Schiantare due Mangiamorte nella sua visuale.
D’improvviso, un forte rumore ritmico venne da dietro Silente, in alto, al di sopra delle cime dei tetti.
«DIFFINDO!» Gridò Voldemort, puntando la bacchetta verso il rumore.
Silente si voltò, incerto su chi Voldemort avesse appena colpito, giusto in tempo per vedere la coda di una macchina volante che sbandava in un albero vicino mentre delle mostruose lame rotanti con una specie di cabina sotto di esse precipitavano dal cielo, vorticando in modo terrificante. C’erano delle persone nella cabina.
Albus fece un passo in avanti, evitando degli incantesimi di alcuni Mangiamorte che speravano di beccarlo per un colpo fortunato, mentre scagliava un incantesimo ben mirato alla macchina volante danneggiata, fermando la sua caduta con un potente immobilus. Si mosse in su e in giù con rapidità nell’aria notturna quando fu costretto a difendersi alle spalle da una maledizione paralizzante da parte di Voldemort.
Materializzandosi silenziosamente, Silente apparve su un tetto vicino prima di dedicarsi nuovamente all’elicottero distrutto e di posarlo con gentilezza sulla strada; comunque, il coinvolgimento del veicolo nel duello non era ancora finito.
Voldemort richiamò a sé le pale, staccandole dalla cima della fusoliera e facendole roteare verso il suo Primo Nemico.
Albus mosse la bacchetta davanti a sé, trasfigurandole in nastri di seta prima di tentare di attorcigliarle intorno a Voldemort. Questo deviò uno dei nastri di seta argentata, ma gli altri tre si arrotolarono intorno a lui come Boa Constrictor. Quasi cadde giù dal tetto prima di riuscire a lanciare un preciso diffindo, liberandosi.
Il Signore Oscuro ghignò, scagliando un fulmine contro Silente che lo deviò contro un albero. L’albero si spaccò nel mezzo e lo schiocco del tuono e del legno che esplodeva risuonò nel quartiere, mentre molti altri veicoli si avvicinavano… stavolta era l’unità speciale, parte della squadra specializzata di Scotland Yard, la CO19.
Voldemort sparì e riapparve sonoramente in strada di fronte alla casa distrutta di Mal Turner, come se stesse sfidando la più qualificata ed equipaggiata polizia babbana a fare qualcosa per reagire alla sua presenza. Bene o male che fosse, questa mossa improvvisa fece cessare i combattimenti attorno a lui.
«SIETE CIRCONDATI, ARRENDETEVI!» Gridò un ufficiale appena arrivato, scegliendo di ignorare i tre gnomi da giardino giganti che facevano da sentinelle lì accanto.
«Circondati? Non credo, ma è tempo di muoversi,» affermò Voldemort, il suo tono di voce che informava Silente che la nottata turbolenta non era finita.
Silente si materializzò sulla strada, decidendo che la cosa migliore da fare sarebbe stata seguire il Signore Oscuro direttamente fino al suo prossimo obiettivo. Doveva prevenire qualunque ulteriore danno. Troppo era già andato perduto.
Successe in fretta. Un fulmine sarebbe stato più facile da seguire.
Voldemort iniziò a turbinare per smaterializzarsi, mentre uno sparo del tutto inaspettato venne dalla casa distrutta di Mal Turner.
Mal aveva ricaricato la sua arma ed era livido.
Il primo proiettile non mancò il bersaglio prima che Voldemort sparisse veloce con un sonoro, echeggiante CRACK. Silente si affrettò in avanti anche se Mal continuava a sparare furiosamente nella nebbia buia che la partenza improvvisa di Voldemort aveva lasciato. Roteando la bacchetta di fronte a sé, Silente evocò uno scudo protettivo in forma nebbiosa per deviare i proiettili che si dirigevano verso di lui. I colpi rimbalzarono sulla strada e curvarono intorno a lui magicamente, sebbene la nebbia-scudo prese ad assottigliarsi quando lui iniziò a dirigere la propria magia nel punto in cui Voldemort era appena sparito.
Agganciandosi alla traccia della Materializzazione del Signore Oscuro, sapendo che aveva una sola occasione per riuscirci, roteò su sé stesso mentre lo scudo di nebbia si indeboliva ancora, non sapendo dove sarebbe riapparso mentre Mal svuotava il suo caricatore con un ultimo singolo…
BANG!
Albus sentì una forza simile a quella di una mazza colpirgli il lato della testa mentre un’esplosione di luce gli inondò la vista.
CRACK! Silente svanì, lasciando dietro di sé solo uno schizzo di sangue nel mezzo della strada babbana.

O o O o O

Giungevano rapporti da qualsiasi parte. C’era il puro caos e non vi era alcun segno che sarebbe mai finito. Anzi, stava peggiorando.
Madama Bones aveva già inviato i tre quarti della sua task force ai luoghi colpiti. Sfortunatamente, dovevano ancora raccogliere molte informazioni su ogni attacco. Tutto quello che sapevano era che era stata praticata della magia in piena vista da parte dei babbani, e probabilmente anche contro i babbani stessi nella maggior parte dei posti. Lo Statuto Internazionale di Segretezza della Magia era in serio pericolo. L’unico elemento fortunato era che i fatti erano accaduti nel pieno della notte, invece che alla luce del giorno. Sperava che la storia di copertura, riguardo un potente gruppo terroristico che aveva posto degli esplosivi e altro nei quartieri, avrebbe funzionato. Finora, le autorità babbane che “sapevano” avevano concordato di allinearsi a quella spiegazione dei fatti, e di contenere la verità.
Comunque, quello che era peggio erano i rapporti che arrivavano a proposito dei Dissennatori a piede libero, cosa che portava a credere la Bones che Azkaban fosse gravemente compromessa.
D’improvviso, gli allarmi risuonarono sopra le loro teste.

O o O o O

Silente cadde in ginocchio mentre provava a scacciare il dolore pulsante. Sapeva di essere stato colpito da un proiettile. Era già stato colpito una volta in vita sua, negli anni ‘40. Era una sensazione memorabile.
Scosse il capo, sentendo il sangue che gli colava da un lato della testa e nella barba.
Nel rintracciare la scia di Voldemort, non era stato in grado di mantenere del tutto attivo il suo incantesimo scudo; comunque, per fortuna, esso aveva ad ogni modo attutito la violenza del colpo, agendo come un elmetto in Kevlar. Faceva lo stesso un male del diavolo, ma sapeva che sarebbe potuto essere molto peggio. Aveva anche la sensazione di dover ringraziare la sua magia interiore per aver ulteriormente diminuito il danno, ma non era certo di quanto l’avesse fatto.
Indistintamente, non riuscì a fare a meno di chiedersi dove fosse ora il proiettile. Era caduto sulla strada che aveva appena lasciato? Era scivolato nelle pieghe del suo mantello? O, se osava immaginarlo, era incastrato da qualche parte nel suo cranio, o peggio?
Allontanando tali pensieri caotici e piuttosto grotteschi, fu del tutto certo che aveva subito, quantomeno, una commozione cerebrale.
Sforzandosi di guardarsi intorno, focalizzò lo sguardo, cosa che gli permise di capire subito dove si trovava.
La Stanza delle Profezie.
La comprensione si accese nella sua mente offuscata dal dolore. Voldemort era venuto per la profezia.
D’improvviso, alzò lo sguardo per trovare una figura appannata ad alcuni scaffali di distanza, che poteva essere solo Voldemort. Aveva quasi trovato la profezia.
Infatti, era ad un passo da essa.
«Ah, Silente,» disse Voldemort, voltandosi leggermente e allungando la mano verso la profezia. «Un po’ acciaccato, vedo.»
I suoi occhi rossi parvero brillare nel notare la ferita aperta vicino alla tempia destra di Silente.
Silente assottigliò gli occhi, mentre la mano insanguinata di Voldemort si chiudeva intorno alla Profezia.
Reagì.
«Rumpere!»
Con un largo movimento della bacchetta, scagliò in avanti una penetrante onda sonora, che distrusse ogni singolo oggetto di vetro sul suo cammino. Tutti i globi di vetro di fronte a Silente esplosero, e delle figure fantasmatiche eruppero da essi, compreso il globo nella mano di Voldemort.
Istantaneamente, l’intera sala risuonò di un mare di voci. Nessuna di esse poteva essere distinta.
“Saranno forti e-”
“Il mondo ha sete di-”
“La morte aspetterà nel-”
“-non sa che- ”
“- è il padrone di nessuno ma-”
“La vita del portatore di pace deve-”
“-attenti ai raggiri dei bugiardi-”
“-il potere di-”
“-cercatore oscuro e portatore di guerra-”
“Dovrebbe essere odiato ma amerà solo-”

Voldemort era furioso, avendo fallito nel capire che cosa sarebbe accaduto dalla donna fantasmatica nella sua mano.
Lanciò una maledizione dopo l’altra contro Silente, senza trattenersi.
Silente si sforzò di rimanere in piedi, evitando con fare esperto gli incantesimi mentre deviava o bloccava fisicamente gli imperdonabili con delle sfere di vetro non ancora distrutte che prendeva dagli scaffali accanto a lui.
«Crucio!» Strillò Voldemort, ma il suo incantesimo fu intercettato da una vecchia profezia.
Dovrà avere luogo, un bambino nato dalla lussuria e senza speranza-
«Avada Kedavra!»
Il figlio di un nobile e il padre di un pastore-
Voldemort ne aveva avuto abbastanza. Con la rabbia a guidare le sue azioni, sollevò le mani, fallendo nel nascondere un lampo di dolore che il rapido movimento gli aveva causato, mentre richiamava i frammenti di vetro e iniziava a riunirli di fronte a sé.
Silente mosse la bacchetta in avanti, pressandovi dentro la propria magia, anche se cominciò a montargli un dolore sordo dietro l’occhio destro. E quindi lasciò andare l’incantesimo.
Un imponente raggio di potere insorse dalla sua bacchetta, colpendo la massa di vetro.
Il vetro si deformò, roteando violentemente, il suono dei pezzetti di vetro mutò in un eco sciabordante. Il vetro divenne liquido e ora apparve come uno specchio sferico e squagliato.
Ma Silente non aveva finito. Combattendo contro una strana e crescente stanchezza, agitò la bacchetta in avanti prima di tirarla indietro con forza.
Il globo di liquido cadde, ormai strappato al controllo di Voldemort, e s’infranse spruzzando il pavimento e gli scaffali.
Finalmente, si stabilizzò, e Voldemort, come Silente, aveva evocato una bolla intorno a sé per impedire di essere toccato dal vetro sciolto.
«Non me ne andrò da qui senza nulla,» Grugnì Voldemort furioso, prima di sparire con un altro sonoro CRACK.
Non ancora rassegnato a lasciarlo andare quando era chiaro che non aveva finito, Silente si materializzò subito dopo essersi agganciato ancora una volta alla scia di Voldemort.
Sparì con un tenue crack.

O o O o O

Sentì un’ondata di magia rancorosa che veniva dritta verso di lui e si scansò di lato appena in tempo. Apparentemente, Voldemort aveva previsto che Silente sarebbe stato proprio dietro di lui.
Deviando un’altra maledizione, Silente si guardò rapidamente intorno.
Era in una stanza larga. Le luci erano accese e c’era il corpo immobile di un auror accanto al camino in fondo alla stanza. C’erano fogli sparsi per tutto il pavimento. Erano nell’ufficio del Ministro.
Sta diventando difficile concentrarsi, considerò assentemente Silente mentre guardava Lord Voldemort e Cornelius Caramell dietro una larga scrivania.
«Albus, aiutami!»
Voldemort teneva il Ministro per farsi scudo mentre premeva la punta della bacchetta nel collo di quell’imbranato.
«Sei così determinato a fermarmi, Silente?» Chiese Voldemort.
«Pensavo che oramai fosse ovvio, Tom,» Rispose Silente.
Voldemort fece una smorfia prima di sorridere maliziosamente. «Non puoi fermarmi,» disse, affondando la punta della bacchetta nel collo di Caramell.
Caramell ingoiò un singhiozzo prima di piagnucolare quando Voldemort sembrò emettere dei suoni nel suo orecchio per zittirlo.
«Su, su, Ministro, se avessi voluto ucciderla l’avrei già fatto,» disse con fare rassicurante.
Silente rimase dov’era, notevolmente calmo considerando la situazione e la sua ferita. Prese anche nota di come Voldemort sembrava porgergli il fianco sinistro.
«Per favore, che cosa vuoi?» Chiese Caramell, sull’orlo dell’iperventilazione.
«Ah, volevo solo mostrarle che ero tornato. Non sono un nemico delle streghe e dei maghi autentici, Cornelius. Non è stanco di come il sangue sia diventato impuro negli ultimi anni? Io sì.»
«Sangue impuro, Voldemort?» Chiese Silente, le parole leggermente biascicate mentre sceglieva un corso d’azione nonostante la mente confusa. «Ricordo che tuo padre, Tom Riddle, era un babbano. Un babbano da cui tu hai preso il nome per opera di tua madre, una maganò.»
Ottenne l’effetto desiderato.
In uno slancio di furore incontenibile, Voldemort scagliò via Caramell in direzione della porta e attaccò Silente, con gli occhi che rilucevano di un rosso intensissimo. Caramell atterrò con un tonfo prima di sgattaiolare verso la porta e correre fuori dalla stanza, orripilato.
E ne aveva tutte le ragioni, perché in quel momento l’Ardemonio venne rilasciato dalla bacchetta di Voldemort come un demone vendicativo, la sua ira dello stesso rosso degli occhi di Tom.
Si espanse in intensità, crescendo sempre di più finché…
CRACK!
Voldemort se ne era andato.
Non poteva farci nulla, e Silente sapeva anche che non poteva andarsene e lasciare che il fuoco uscisse dalla stanza. Con la quantità evocata da Voldemort, non sarebbe stato facile da contenere se avesse raggiunto i corridoi.
Così sigillò la stanza, con lo stesso incantesimo che aveva usato Severus per assicurarsi che il veleno della Morte Oscura non si spargesse nel resto della scuola. E così, il fuoco non poteva uscire e nemmeno lui.
Contenne il fuoco più a lungo che poté, incapace di prenderne il controllo perché ce ne era troppo e lui era troppo frastornato anche solo per provarci. Domandandosi se alla fine avrebbe iniziato la prossima grande avventura, improvvisamente udì una canzone molto familiare ma che non si sarebbe mai stancato di sentire.
Con lo spirito risollevato, sentì gli artigli di Fawkes che si serravano sulla sua spalla mentre le forze cominciavano a mancargli del tutto, le fiamme spietate ora erano a pochi centimetri da lui ma egli fu avvolto da un fuoco di tipo diverso.
Accolse il suo calore, permettendo che lo circondasse prima che…
Apparve in una camera da letto in una colonna di fiamme che istantaneamente si trasformò di nuovo in Fawkes. Le ginocchia sotto di lui cedettero ed era vagamente consapevole della fenice che ora gli volava intorno preoccupata.
«Albus!»
Non ne era certo, ma sembrava Minerva. Provò a voltare la testa verso di lei, ma i suoi muscoli non sembravano voler cooperare, così rimase seduto dove stava.
Beh, almeno non sono caduto a faccia in giù, pensò, onestamente stupito di essere riuscito ad atterrare diritto, sebbene di sedere. Probabilmente ho un aspetto assolutamente disastroso. Dove mi trovo?
«Merlino, Albus, che cosa è successo?» Chiese lei, la voce densa di preoccupazione.
Silente sentì le mani di lei sulla schiena mentre cominciava a inclinarsi in avanti.
Acchiappami, mia cara. Non mi piacerebbe provare il pavimento.
Per fortuna, Minerva doveva aver sentito la prima parte della sua richiesta silenziosa poiché impedì una caduta che sarebbe stata piuttosto imbarazzante. Prendendolo per le spalle, lo guardò in volto.
«Ra-zieee, mea-cheeera,» biascicò lui orribilmente.
«Albus, sta sanguinando!» Boccheggiò lei, prima di evocare rapidamente un panno per premerlo contro la ferita sanguinante. «Che cosa è successo?»
Lui sussultò, la voce acuta di lei improvvisamente gli faceva dolere più forte la testa mentre lo faceva reclinare all’indietro, distendendolo sul suo tappeto.
«Colpo. Int’frito ‘Oldemtort.»
Come mai le sue parole suonavano così buffe?
«Chiamo Poppy,» esclamò la McGranitt, agitando la bacchetta e producendo un Patronus che inviò rapidamente da Madama Pomfrey.
«Fenso ‘he ho una c’mm’shione cher’br’le, M’erva. Lo shudo ind’b’lito. M’ha c’pito pr’tt’le.»
Il volto di Minerva si avvicinò al suo, mentre lei cercava di dare un senso alle sue parole smozzicate.
«Albus, riesco a malapena a capirla. È stato colpito da una maledizione?»
«No, uh ‘reet’le.»
«Un rettile?»
«No, pishtola ‘abb’na.»
«Una pistola? Vuole dire un proiettile?» Chiese, sconvolta. «È stato colpito da una di quelle armi babbane?»
«Shì,» fece lui, sollevato che lei avesse finalmente capito, mentre delle macchie nere si spandevano nel suo campo visivo.
D’improvviso, Madama Pomfrey uscì dal camino, affrettandosi mentre Severus appariva dalle fiamme verdi dietro di lei.
Hmmm, Minerva lo sa che la sua lampada è rotta? Si domandò Silente, fissando gli impianti luminosi sul soffitto, prima che ogni pensiero coerente sfuggisse finalmente alla sua presa.


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Note della traduttrice:

* L’autrice parla di “SFO” units (Specialist Firearms Officers)


NOTA: L’autrice segnala di aver scoperto in seguito che la polizia britannica non porta normalmente armi da fuoco, si scusa dell’errore ma ormai era troppo tardi per correggere il capitolo.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Una questione di pensiero.




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Capitolo 24
*** Una questione di pensiero ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 24: [A Matter of Thought] Una questione di pensiero

Severus guardò Pomfrey che lavorava, porgendole qualsiasi pozione lei richiedesse.
«Grazie,» fece lei, facendo colare gentilmente un’altra fiala di pozioni nella gola di Silente.
Severus dovette distogliere lo sguardo mentre scacciava un ricordo del futuro che aveva abbandonato.
Il ricordo della morte di Silente.
Era stato meno di un anno prima che Harry lo rimandasse indietro nel passato. Voldemort era giunto in possesso di un altro incantesimo abietto, uno che rivoltava la magia della vittima contro di lei. In pratica, ricreava l’orrido fenomeno che alcuni maghi e streghe, che temono la propria magia, potevano talvolta mostrare*.
Magia caotica. Solo che questo era peggio. Molto peggio. Poiché non si limitava a corrompere la magia dell’individuo, ma dirigeva la magia distorta contro il mago stesso, costringendo la magia propria della vittima ad avvelenare e distruggere la sua mente. Alla fine, Albus aveva perduto ogni cognizione del tempo, dello spazio e di sé.
Il suo fato era stato peggiore di quello di sua sorella minore, Ariana. In un mese, la sua mente era quasi del tutto distrutta, ed era stato solo grazie alla pura forza di volontà e all’assistenza di occlumante di Severus che era resistito tanto. I più si perdevano completamente dopo una settimana.
“Un vecchio incantesimo per un vecchio uomo” aveva detto Voldemort.
Severus deglutì. Non poteva lasciare che accadesse di nuovo nulla di anche solo remotamente simile a quell’evento.
«Poppy, le pozioni stanno funzionando?» Chiese Pomona, entrando in Infermeria con Remus, Minerva e Filius.
Madama Pomfrey alzò lo sguardo, il volto serio. «Sono stata in grado solo di minimizzare un po’ del danno che ho trovato, prima di tutto l’emorragia interna. Questa è una grave ferita cranica, e temo che frammenti del cranio gli abbiano perforato il cervello, perché ho rilevato dei piccoli gruppi di cellule nervose morte. Ovviamente, ho curato il danno visibile, ma non posso fare molto oltre a questo, anche con le pozioni.»
«Cosa vuoi dire?» Chiese Filius prima di guardare Fawkes che si era appollaiata ai piedi del letto di Albus. «Fawkes non può curarlo?»
Pomfrey scosse la testa. «Peggiorerebbe solo le cose. Certo, guarirebbe il cranio e la carne, senza problemi, ma nel farlo richiamerebbe i frammenti ossei sparsi nel suo cervello e li farebbe spostare attraverso ulteriore tessuto cerebrale, danneggiando di più la sua mente.»
Filius fece una smorfia.
«Per questo motivo ho optato per saldare la frattura cranica invece che lanciare un incantesimo curativo generico. Non posso tentare niente che potrebbe far muovere quei frammenti perché non esiste nulla che curi il tessuto cerebrale. Nemmeno le lacrime di fenice.»
Severus guardò la zona recentemente curata, notando una lieve “ammaccatura” al limite del sopracciglio di Silente, sotto cui era avvenuta la saldatura ossea.
«Stai dicendo che ha subito danni irreparabili al cervello?» Chiese Minerva in un pigolio, con le mani sul petto. «Che non guarirà mai da qualunque danno gli sia stato inferto?»
Filius si avvicinò di un passo al letto di Albus, lo sguardo sempre più rattristato mentre Severus si pizzicava la base del naso. Non poteva star succedendo.
Nel frattempo, Remus aveva gli occhi bassi al pavimento, pensieroso.
«Di certo si può fare qualcosa per annullare quello che è successo,» disse Pomona, non volendo ancora arrendersi alla disperazione.
«La mente umana è una cosa fragile, come tutti voi sapete. La magia non può aggiustare tutto,» sospirò Pomfrey, facendo balenare alcuni dei loro pensieri verso i Paciock.
«Aspettate, prima che cominciamo a supporre il peggio, perché non chiamiamo qualcuno che ne sa di più a proposito di traumi cerebrali?» Suggerì Remus.
Madama Pomfrey alzò lo sguardo, leggermente seccata. «Io vengo considerata un’esperta in questo campo. Sono stata convocata molte volte al San Mungo per aiutare nel trattamento-»
«Usando incantesimi che avessero effetto sulla mente, ma non specificamente sul trauma cerebrale a livello fisico. Ammettiamolo, con la magia, raramente sperimentiamo questo genere di cose. La nostra magia innata di solito ci protegge contro fratture craniche e simili, ma questa ferita è stata causata da un potente proiettile che in realtà si muoveva più velocemente di molti, se non di tutti, gli oggetti del nostro mondo. Dobbiamo andare da un guaritore che abbia esperienza in questo genere di ferita, e non lo troveremo nel nostro mondo,» replicò con franchezza Remus.
«Remus, non puoi star suggerendo-» iniziò Minerva.
«Concordo con Remus,» si immise Severus. «Abbiamo bisogno di portare il Preside da qualcuno che abbia conoscenze in questo settore.»
«Ma i Babbani? I loro metodi sono più che barbarici!» Continuò lei.
«Non hanno la magia, quindi devono arrivare alle cose in modo diverso,» affermò Severus.
«Hanno degli equipaggiamenti specializzati per diagnosticare e curare questo genere di cose,» disse Remus. «Ho avuto un’esperienza di prima mano dei loro… “raggi x”. Sono stati in grado di produrre un’immagine del mio cranio e delle ossa della mia gamba dopo un incidente d’auto. Erano notevoli. Non ho visto da nessun’altra parte qualcosa che sia anche solo remotamente capace di una cosa del genere.»
«Ho un amico che ha qualche contatto negli ospedali babbani. Li consulterà e vedrà se conoscono qualcuno che possa aiutarci,» esclamò Filius.
Guardarono la McGranitt, aspettando il suo parere sull’argomento. Lei sospirò, ma annuì.
«Molto bene, ma non gli permetteremo di fare nulla ad Albus, senza averne discusso prima noi,» commentò lei.
«Naturalmente,» rispose Filius, prima di affrettarsi fuori.

O o O o O

Madama Bones poteva a stento credere a quello che vedeva.
C’era una gigantesca massa informe di vetro nel bel mezzo della Stanza delle Profezie. Gli scaffali di un lato della sala erano tutti completamente svuotati dai globi delle profezie, mentre una gran quantità di scaffali dall’altro lato era stata scaraventata da parte e mancavano alcuni globi qui e là. Girò intorno all’ammasso vetroso e si fece strada fino alla zona che sembrava il punto di origine.
Camminò oltre il punto che pareva essere la sorgente dell’incantesimo “conico” che aveva causato la distruzione in massa dei globi. Sollevò lo sguardo, e i suoi occhi scansionarono la larga sala, impressionata dalla quantità di danno che i due potenti maghi avevano fatto in meno di un minuto.
Scosse la testa e gli occhi le caddero sullo scaffale alla sua sinistra.
C’era uno schizzo di sangue e qualcosa…
Si voltò per guardare meglio, tirando fuori la bacchetta. Con cautela, estrasse uno strano oggetto di metallo dal pannello laterale dello scaffale. Era una massa di metallo deforme, non più larga della punta del suo mignolo.
Bene, aveva trovato il proiettile.
«Signora,» Chiamò un auror dall’altra parte dell’ammasso di vetro.
«Sì?» Chiese lei, mettendo il proiettile in una piccola busta nella propria tasca laterale.
«Ho trovato del sangue,» fece lui, indicando in basso vicino al punto in cui si trovava.
Questo ottenne di certo la sua attenzione e si fece rapidamente avanti. Dalle loro rilevazioni iniziali, avevano trovato che c’erano solo due coppie di punti di materializzazione e smaterializzazione che entravano e uscivano dalla stanza, il che voleva dire che Silente non era stato il solo ad essere ferito.
Al guardare verso il basso, era abbastanza ovvio che c’erano alcune gocce di sangue che portavano al novantaseiesimo scaffale.
Hmmm, così Voldemort è stato ferito…

O o O o O

Filius, fedele alla sua parola, si era messo in contatto con il suo amico, Todd, che aveva insistito perché portassero Albus dal “neurologo” (dottore del cervello) il prima possibile.
«Come lo porteremo lì?» Chiese Pomona, guardando Silente che era ancora incosciente.
«Penso che una passaporta sarebbe la cosa migliore, dopo che ci saremo assicurati che non causeremo accidentalmente ulteriori spostamenti,» disse Pomfrey.
Severus annuì. «Un Petrificus Totalus dovrebbe funzionare.»
«Concordo,» disse Filius prima di mostrare una matita gialla. «Todd ci ha già preparato una stanza per farci arrivare nell’ospedale babbano a Londra. Questa è la passaporta. Dobbiamo partire entro le prossime tre ore. Il dottore che vedrà Albus è un magonò, così non dobbiamo preoccuparci di nascondere la magia con lui, ma suggerisco comunque di andare là in abiti babbani.»
«Molto bene,» disse Minerva, ancora non del tutto convinta che questa fosse la migliore linea d’azione, ma non c’erano alternative. Guardò verso Albus, preoccupata, prima di gelare. «Albus?»
Questo fece girare all’istante tutti quanti, e trovarono Silente che li guardava.
Pomfrey accorse da lui, con gli altri subito dietro.
«Albus, come ti senti?» Domandò lei.
«Dolorante. Ch’è successo?» Chiese lui, prima di fare una smorfia al suo linguaggio limitato; almeno, non era male quanto lo era stato prima. Ora c’era solo una traccia molto leggera di pronuncia strascicata, come se la lingua e le labbra fossero stanche. Comunque, Filius e gli altri dovettero sforzarsi per non scambiarsi degli sguardi preoccupati.
«Fawkes ti ha portato negli alloggi di Minerva. Ricordi?» Chiese Pomfrey.
Albus scosse la testa, chiaramente confuso. «L’ultima cosa che ricordo è Tom e Ardemonio.»
«Puoi dirci che cosa è accaduto prima? Madama Bones ha trovato le prove che hai duellato con lui nel Dipartimento Misteri,» domandò Filius.
«Vetro,» affermò Silente, chiudendo gli occhi. Gli diedero un momento, poiché stava evidentemente facendo un sforzo per ricordare. Riaprì gli occhi e guardò la McGranitt. «Ho sempre apprezzato il tempo che abbiamo trascorso insieme, mia cara. Lo sai, che la tua tazza preferita ha una somiglianza sbalorditiva con i globi delle profezie nella Stanza delle Profezie? Hmm, mi chiedo se gli Indicibili si arrabbieranno per come è ora. Tom era piuttosto deluso quando gli ho impedito di sentire la Cooman.» Silente scosse la testa prima di guardarli, sbattendo le palpebre. «Scusate. È molto difficile concentrarsi. Qual’era la domanda?»
Madama Pomfrey gli diede un buffetto sulla mano. «Va tutto bene, Albus.» Diede un’occhiata agli altri prima di concentrarsi di nuovo su di lui. Silente sembrò inconsapevole dell’improvvisa esitazione della donna, sebbene avesse sempre dato l’impressione di star guardando altrove ogni volta che qualcuno era a disagio per qualche motivo.
«Albus, a causa di quello che è successo, pensiamo che sia meglio portarti da uno specialista.»
«Oh?» Chiese Albus, prima di continuare. «È una scelta ragionevole, suppongo. Quando ero piccolo, mia madre rimproverava sempre me e mio fratello perché saltavamo sul letto. Diceva che non voleva farci sbattere e scombinare la zucca.»
Severus fece un passo in avanti. «Sì, che è il motivo per cui crediamo sia meglio che lei sia visitato da un dottore babbano specializzato in ferite alla testa, Preside.»
«Molto bene. Quando andiamo?» Domandò Albus, l’occhio destro che gli si contraeva, come per uno spasmo di dolore.
«Beh, a meno che lei non voglia, stiamo pensando di partire entro un’ora,» disse Madama Pomfrey, scoccandogli uno sguardo preoccupato mentre lui alzava la mano destra e se la posava sul sopracciglio destro. «Albus?»
«Fa male l’occhio,» disse lui, chiudendoli entrambi.
Remus guardò Filius e gli altri. «Allora andiamo? Credo che prima faremo e meglio sarà.»
Anche la McGranitt concordò.

O o O o O

«Come sta, caro?» Chiese Perenelle, posando gentilmente una mano sul braccio del marito.
«Meglio, anche se temo di non essere riuscito a bloccare la connessione bene come avevo sperato,» rispose Nicholas, voltando via la testa dalla stanza di Harry ma rimanendo nel corridoio. «Ha sentito del dolore.»
Perenelle fece una smorfia. «Dolore? Di certo non intendi dire che… Voldemort è stato ferito?»
Erano stati informati della situazione nel Mondo magico, e sapevano dei recenti attacchi, come anche delle evasioni da Azkaban e dei Dissennatori a piede libero.
«Penso di sì. Novità su Albus?» Domandò Nicholas.
Perenelle scosse la testa. «Non molto. Minerva ha detto semplicemente che stavano per andare da uno specialista. Sono preoccupati che Albus abbia subito qualcosa di più che un semplice trauma cranico.»
«Hmm, l’ho temuto anch’io quando ci ha detto che la sua ferita era stata causata da una pistola babbana. I maghi sottovalutano il potere di babbani armati e sconvolti.»
«Già,» concordò Perenelle.

O o O o O

«Dottor Price, questo è Albus Silente,» presentò Filius.
Il dottor Price sorrise e fece un passo in avanti, sollevato che almeno alcuni maghi sapessero vestirsi in modo vagamente appropriato per il mondo babbano, anche se erano comunque abbigliati in modo… peculiare.
Il Preside, seduto su una sedia, indossava un paio di pantaloni neri e una maglietta rossa e viola tinta a nodo, sotto un gilè di velluto. Un uomo vestito di nero era in piedi accanto a lui ed era di gran lunga quello vestito in maniera più appropriata per il mondo babbano, sebbene sembrasse un darkettone. Dall’altra parte della sedia c’era una donna abbigliata come un’infermeria vecchio stile, e, davanti a lei, c’era un uomo molto basso che assomigliava più di qualsiasi altra cosa a un bambino con i baffi. Nel complesso, sembravano lo scombinato gruppo di un circo… o anche degli evasi da una clinica psichiatrica che avessero rapito un’infermiera.
«Buona sera, signore,» fece Price, tendendo la mano destra perché Silente la prendesse. Osservò attentamente i movimenti dell’uomo più vecchio, guardando qualsiasi cosa che potesse mostrare quanto fosse grave il recente trauma cranico. Al momento però non riuscì a vedere nulla fuori dall’ordinario mentre stringeva la mano di Silente nella propria.
«Come si sente, signore?» Chiese.
«Sinceramente, non troppo male, anche se non mi sento di certo in forma,» rispose Albus, prima che i suoi occhi si spostassero dal volto di Price ai ritratti sulla parete alle sue spalle.
«Beh, è comprensibile,» disse Price prima di guardare gli altri nella stanza che si presentarono velocemente. Fatto ciò, Price si concentrò di nuovo sul paziente. «Vorrei fare alcuni test prima che la macchina per la TAC sia pronta. Potete aspettare nella stanza a fianco o anche sedervi qui in silenzio. Questi test non richiedono privacy.»
Fecero come gli era stato detto, spostandosi nella parte sinistra della stanza, sebbene Madama Pomfrey rimase vicina per poter osservare.
Price guidò Albus al lettino e il Preside si sedette prontamente sul bordo.
«Va bene, mi dia i pugni per favore,» disse il dottor Price seguendo le semplici procedure che usava con ogni paziente, come la misurazione della pressione sanguigna e del battito cardiaco.
Silente gli tese le mani e le chiuse a pugno come richiesto.
«Cerchi di tenerle così meglio che può,» disse Price, mettendo le proprie mani sulle sue e applicando una delicata pressione verso il basso prima di fermarsi e appuntare una nota sulla sua cartellina. Quindi ripeté il processo, spingendo i pugni di Silente verso l’alto, poi in dentro e quindi in fuori.
Annuì tra sé, non molto sorpreso dai risultati. Corrispondevano a quello che gli era stato riferito sulla ferita dell’uomo.
Continuò altri controlli motori e della forza, e test di coordinazione mano-occhio, segnando cose sul suo taccuino mentre gli altri osservavano in silenzio.
«Bene, aspetterò di vedere i risultati della TAC prima di condividere con lei quello che ho riscontrato. Mi piace avere più informazioni possibili prima di condividere qualsiasi cosa con i miei pazienti.» Disse lui.
«Capisco,» fece Silente con semplicità, mentre un’infermiera bussava e entrava, spingendo di fronte a sé una sedia a rotelle.
«La macchina è pronta, dottore,» disse lei.
«Molto bene,» rispose Price, prendendo la sedia a rotelle e mettendola vicino al lettino.
Il suo paziente sollevò le sopracciglia.
«È la prassi dell’ospedale quando c’è un grave trauma cranico,» spiegò gentilmente Price, incerto di come il Capo del Wizengamot avrebbe reagito alla posizione eventualmente umiliante dell’essere spinto su una sedia a rotelle.
Non avrebbe dovuto preoccuparsi.
Il volto di Silente si illuminò in un largo ghigno e l’uomo si sedette rapidamente sulla carrozzella, accarezzando i braccioli. «Ho sempre desiderato fare un’impennata con una di queste!»
Il dottore sbatté le palpebre, decidendo che quest’uomo aveva subito più danni cerebrali di quanto gli avessero suggerito i suoi test, oppure era per davvero eccentrico come dicevano alcuni. Propendeva per la seconda opzione.
«Non farai una cosa del genere!» Esclamò Pomfrey. «Sei qui perché hai dei danni al cervello, Albus! Non ti permetterò di rischiare di subirne degli altri!»
«Incantesimi ammortizzanti, Poppy, incantesimi ammortizzanti,» la prese in giro, sebbene era chiaro che sapeva di aver perso questa battaglia.
Lei sbuffò, scuotendo la testa. Severus rimase addossato alla parete, a braccia conserte.
«Andiamo, allora?» Chiese Price, domandandosi se fosse prudente interromperli.
«Sì, dottor Price,» fece Filius giovialmente, scegliendo di ignorare la piccola schermaglia che era appena venuta fuori.
Price, spingendo la carrozzina, guidava il gruppo con Severus, Filius e Pomfrey poco dietro di lui.
Entrarono nella stanza con la macchina per le Risonanze Magnetiche, e Price sentì coloro che erano alle sue spalle che fissavano il marchingegno di fronte a loro, mentre Silente si allungò in avanti, strabiliato.
«È come una ciambella gigante! Magnifico!»

O o O o O

I leader del Ministero e gli impiegati furono grati quando finalmente la giornata venne considerata terminata e a loro venne permesso di tornare a casa dalle proprie famiglie per la cena.
Gli Obliviatori sospirarono e si sgranchirono le mani delle bacchette, cercando di alleviare l’indolenzimento del polso per aver dovuto lanciare così tanti incantesimi di memoria nelle ultime quindici ore.
Gli Auror si fecero cadere sui propri letti, per fortuna erano stati in grado di tornare a casa e rilassarsi dopo il più pazzo giorno del decennio. Avevano duellato coi Mangiamorte, ne avevano catturati alcuni mentre costringevano gli altri alla ritirata - certo, c’era stata ben poca “ritirata” in quanto i Mangiamorte per lo più avevano scelto di andarsene. Si erano assicurati che le famiglie dei Nati-Babbani fossero al sicuro dopo averle ricollocate e aver preparato una stretta sorveglianza sulle nuove abitazioni. Avevano anche convinto le autorità babbane “che sapevano” che il pericolo era passato (per ora), e che stavano facendo del proprio meglio per assicurarsi che non accadesse più nulla del genere. La promessa suonava vuota anche alle loro orecchie. E alla fine, avevano iniziato a redigere delle mappe che speravano li avrebbero aiutati a tracciare i movimenti dei Dissennatori rinnegati.
Madama Bones chiuse gli occhi, scivolando su una sedia mentre il suono dell’acqua che le riempiva la vasca risuonava alle sue spalle. Era appena tornata dal Ministero e aveva visto i resti carbonizzati dell’ufficio del Ministro. Era un miracolo che chiunque avesse potuto lasciare la stanza vivo.
La Bones sospirò. L’Auror Doe non ce l’aveva fatta. Era stata uccisa da Voldemort subito dopo il suo arrivo, prima che usasse il Ministro come scudo contro Silente. E poi Silente era riuscito a ottenere una reazione da lui, facendolo scattare, facendogli spingere via il Ministro e rilasciare una mostruosa quantità di Ardemonio. Caramell era fuori di sé mentre raccontava l’esperienza.
La donna scosse la testa.
Lo Statuto di Segretezza teneva ancora, ma a malapena. Il Primo Ministro Babbano era comprensibilmente furioso. Era stato solo grazie alla sua rapida idea di fornirgli tutte le informazioni che avevano che lo aveva trattenuto dal fare qualcosa di veramente avventato. E Caramell non era stato per niente d’aiuto. Quell’uomo aveva davvero bisogno di andarsene. Madama Bones si alzò lentamente in piedi, domandandosi che cambiamenti avrebbero portato le ultime 24 ore. Sarebbe stato tutto reso pubblico nella Gazzetta del Profeta dell’indomani. Il Mondo Magico avrebbe saputo che Voldemort era davvero tornato, e che avrebbe voluto vendetta. Avrebbero scoperto i rischi che si stava prendendo, il fatto che non gli importava più molto dello Statuto di Segretezza (non che gliene fosse davvero mai importato molto) e che aveva devastato diverse parti del mondo, magico e babbano, nell’arco solo di poche ore.
Lui e i suoi seguaci avevano svuotato Azkaban, avevano convinto i Dissennatori a ribellarsi (non che fosse difficile), avevano distrutto sette case di Nati-Babbani, si erano introdotti superando le difese del Ministero (sospettava che ci fosse almeno un traditore tra gli impiegati del Ministero), Voldemort era entrato nella Stanza delle Profezie e aveva completamente distrutto l’ufficio del Ministro. Cinque famiglie di Nati-Babbani, sette Auror e più di venti babbani (poliziotti e civili) erano rimasti uccisi, mentre quindici Auror e quasi un centinaio di babbani erano stati feriti.
Il Ministero era pronto per una guerra contro questo mostro? Lo era il mondo?

O o O o O

Il Dottor Price fece loro cenno di sedersi. Silente si era addormentato e stava beatamente riposando nella stanza accanto con un’infermiera che lo avrebbe svegliato ogni due ore, come da protocollo. Severus, Filius, e Poppy sedettero, guardando ansiosamente il fascicolo in grembo a Price.
«Quindi?» Chiese Pomfrey, facendosi un po’ impaziente. Era abituata a essere il Guaritore, non la controparte preoccupata e ansiosa.
Il Dottor Price si raddrizzò e capovolse il fascicolo per orientarlo a loro favore prima di aprirlo.
«Considerando il danno iniziale della sua ferita, se la sta cavando molto bene. Le vostre pozioni di rinsanguamento e di riparazione dei vasi sanguigni hanno aiutato a prevenire il manifestarsi di condizioni più gravi, come un’emorragia subaracnoidea e degli ematomi subdurali,» iniziò il dottore.
«Percepisco un “però”,» affermò Severus.
«Sì.» Price girò una pagina, rivelando l’immagine di una scansione cerebrale. «Come potete vedere, ci sono frammenti ossei che si sono conficcati nel lato destro del suo lobo frontale. Questi quattro-» indicò quattro sottili schegge vicino il punto di entrata. «Non mi preoccupano molto, ma questi due-» mosse la punta della penna e picchiettò sulla pagina. «-sono un’altra storia. Il frammento dietro e al di sopra del suo occhio destro è quello che mi preoccupa di più. Nonostante l’aiuto dato dalle pozioni, questo frammento osseo ha causato una sostanziale pressione dovuta al gonfiore dietro il suo occhio e giù fino al nervo ottico. Se non interveniamo, potrebbe causare problemi irreparabili alla vista nell’occhio destro, senza menzionare il danno al tessuto cerebrale nell’area immediatamente circostante. Mentre l’altro mi preoccupa per quanto profondamente è penetrato nel lobo frontale. Ora, dopo averlo esaminato, non credo che il danno causato da questo frammento sia grave, ma meno che moderato- cosa che sinceramente mi sbalordisce. Non so se sia a causa dell’immediato trattamento che ha ricevuto da voi, della sua innata magia, o che cos’altro, ma il danno complessivo che ha subito potrebbe essere classificato al massimo come una ferita con limitati danni cerebrali. È un uomo molto fortunato.»
«Ok, ma il danno che ha subito che cosa implica, esattamente?» Squittì Filius.
«Sarò sincero con tutti voi, poiché è quasi impossibile fornire una spiegazione delicata quando ci sono questi problemi. Quando il frammento è entrato nel suo cervello e si è spostato, ha danneggiato il tessuto intorno e dietro di sé, tirando via minuscole porzioni di tessuto cerebrale lungo il proprio cammino. Ora, in questo caso, non è catastrofico come sembra, poiché i frammenti erano sottili e acuminati invece che larghi e grezzi, ma mentirei se dicessi che ciò non ha avuto gravi conseguenze che devono essere trattate.»
«Va bene, che cosa abbiamo?» Chiese Pomfrey. «Come possiamo aiutarlo, che cosa dobbiamo aspettarci?»
«Il lobo frontale è responsabile innanzitutto del pensiero cosciente, dei movimenti volontari, e delle caratteristiche individuali della personalità. Ora, dopo averlo esaminato, ho trovato che il lato sinistro del suo corpo è notevolmente più debole del destro; certo, è ancora l’uomo più forte e veloce che abbia mai visto alla sua età, poiché i suoi tempi di reazione e le sue abilità fino-motorie possono rivaleggiare con molti uomini di mezza età, ma rimane il fatto che il suo lato sinistro ha sofferto considerevolmente. Per lo più, i suoi movimenti del lato sinistro sono più lenti e meno fluidi di quelli del destro, abbastanza da aver impattato anche sull’articolazione verbale.»
«Può essere curato?» Domandò Filius preoccupato.
«Dovrebbe essere possibile, tramite terapia fisica, terapia del linguaggio, ed esercizio. Anche se fragile, la mente è un organo molto resiliente,» assicurò Price. «Ma le condizioni fisiche sono solo una parte del problema. A causa della natura della sua ferita, devo avvertirvi di tutti gli effetti psicologici e mentali che essa potrebbe avere su di lui. Infatti, ne ho già visto alcuni segni, sebbene non siano tanto gravi quanto altri casi che ho gestito in precedenza. Come avrete senza dubbio notato, la sua soglia di attenzione è diminuita parecchio, e si distrae facilmente. Questo problema si risolverà da solo col tempo, ma ci sono anche degli esercizi mentali che potrebbe fare per aiutarsi a riottenere almeno un po’ della sua precedente capacità di concentrazione. Quindi, per ora, siate molto pazienti con lui.»
Pomfrey e Filius annuirono con aria seria, promettendo di fare come diceva il dottore.
Price represse un sospiro e voltò lo sguardo di nuovo alla cartella davanti a sé.
«Prima di proseguire con le opzioni per il trattamento, devo avvertirvi di possibili… scoppi d’ira che il Signor Silente potrebbe manifestare. A causa del danno alla superficie orbitale inferiore del lobo frontale, qui-» indicò l’area menzionata che si trovava in fondo al lobo frontale vicino l’occhio destro, «-potrebbe sperimentare improvvisi accessi di aggressività e rabbia.»
«Quanto improvvisi? Potrebbero non avere un fattore di innesco?» Chiese Pomfrey.
«Onestamente non lo so. Ho avuto pazienti che avevano simili emozioni in modo casuale e senza una ragione apparente, mentre per altri c’era un fattore scatenante. Per esempio, sono infastiditi da qualcosa, e invece di reagire nella maniera in cui avrebbero fatto normalmente, scattano con violenza. È in stretta correlazione con le successive possibili conseguenze di questo.» Picchiettò di nuovo sull’area danneggiata che aveva già menzionato. «La sua capacità di distinguere ciò che è socialmente accettabile da ciò che non lo è potrebbe essere stata compromessa.»
Severus sollevò un sopracciglio. «Vuole dire che il Preside potrebbe occasionalmente buttar fuori una bestemmia?»
«Questa è una possibilità, ma voglio dire che le sue maniere e la sua percezione riguardo all’assunzione di rischi e alla trasgressione alle regole potrebbero essere distorte adesso.» Price sollevò rapidamente una mano per trattenerli dall’esprimere a voce le loro preoccupazioni. «Capisco, ma sto solo delineando che cosa potrebbe accadere, così sarete tutti pronti se ci fosse un qualsiasi problema.»
«Certo che ci sarebbero dei problemi! È il Preside di una scuola con più di duecento studenti, Stregone Capo del Wizengamot, e Supremo Pezzo Grosso dell’ICM! Se le sue capacità di giudizio sono state compromesse a qualsiasi livello… sarebbe un disastro!» Gridò Madama Pomfrey.
«Signora,» disse Price, con tono molto serio. «Ogni caso di danno cerebrale è diverso, ed è impossibile prevedere il modo in cui qualcuno reagirà esattamente. Tutto quello che possiamo fare è guardare i casi prima del suo e scoprire che cosa essi hanno in comune, per aiutarci con i casi presenti simili. Poiché non è trascorso neanche un giorno da quando il Signor Silente ha subito queste ferite, dobbiamo prendere in considerazione ciò che potrebbe accadere. Le prossime 24 ore saranno molto rivelatorie delle conseguenze a lungo termine che potrebbe avere. Comunque, detto questo, dopo averlo esaminato personalmente e aver visto l’estensione delle sue ferite e il suo attuale stato mentale, non credo che la sua capacità di continuare a svolgere i suoi attuali ruoli sia in serio pericolo; ma credo che sarebbe irresponsabile ipotizzare semplicemente che tutto sarà o dovrà rimanere com’era. Inoltre, lasciate che vi ricordi che è stato estremamente fortunato e che sta andando molto bene. Mi spingerei a definirlo un miracolo. La maggior parte dei pazienti con una ferita aperta alla testa come quella del Signor Silente avrebbe subito un trauma cerebrale più grave a causa dei frammenti ossei, senza menzionare l’emorragia che poteva essergli letale e il gonfiore al cervello che avrebbe causato maggior danno al sistema nervoso.» Il dottore scosse la testa, chiaramente stupito dalla prognosi di Silente.
«Grazie, dottore,» fece Filius.
«Vi sto solo dicendo la verità,» replicò il Dottor Price, prima di concentrarsi nuovamente. «Ora, riguardo il trattamento e il recupero...»

O o O o O

Silente sbatté le palpebre, fissando il soffitto piastrellato sopra di lui. Dove si trovava? Oh, già! Nell’ospedale babbano. Severus e gli altri lo avevano portato lì per provare ad aiutarlo con la sua evidente ferita alla testa.
Beh, come aveva detto al Dottor Price, non stava poi così male, ma si sentiva poco in forma, sebbene, dopo quella notte di riposo, si sentisse molto meglio. Hmmm, forse sarebbe anche potuto rientrare ad Hogwarts ora? Caramell avrebbe presto avuto bisogno di qualcuno che lo controllasse, specialmente ora che aveva perso il suo ufficio per l’Ardemonio. Quell’ometto patetico stava senza dubbio frignando a quel proposito adesso, se i suoi ricordi su Cornelius erano esatti, cosa che sfortunatamente era vera.
Guardò la sua flebo e gli altri bizzarri tubicini che aveva attaccati addosso.
Ah, la tecnologia babbana, così affascinante!
«Signor Silente, buongiorno,» disse un’infermiera, avvicinandosi al suo letto e controllando le macchine di fianco a lui.
«Salve-» Strizzò gli occhi verso il suo cartellino. «- Infermiera Dorothy.»
Era un’infermiera più anziana, con i capelli completamente bianchi, e il volto pieno di rughe gentili. Era la stessa infermiera che gli aveva tenuto compagnia la notte precedente, svegliandolo a intervalli regolari e ponendogli domande molto semplici.
Sfortunatamente, era stato troppo insonnolito in quel momento per chiederle come mai stesse interrompendo il suo sonno.
«Signora, perché la scorsa notte continuava a svegliarmi e mi chiedeva ogni volta le stesse cose?» Chiese d’un tratto.
«Oh, è la procedura che si segue dopo qualsiasi tipo di ferita alla testa. Ci aiuta a diagnosticare la gravità del danno.»
«Oh, capisco. Ho risposto bene a tutte quante?» Domandò, adesso curioso.
«Considerando il suo recente trauma, ha risposto considerevolmente bene,» fece lei con un sorriso prima di dirigersi fuori dalla stanza dopo che ebbe brevemente commentato che i suoi segni vitali erano piuttosto buoni.
Albus sbatté le palpebre.
Lei aveva appena… flirtato con lui?
Si riscosse.
Poco dopo che se ne fu andata, giunsero il Dottor Price, Severus, Minerva, e Madama Pomfrey.
Hmm, hanno un’aria davvero seria.
«Buongiorno, Preside,» affermò Severus.
«Come si sente, Albus?» Chiese Minerva mentre Poppy si avvicinava e sembrava controllare che non ci fosse nulla che non andava.
Silente guardò Poppy. «Hmm, bene, pensavo di sentirmi splendidamente, ma, da come mi state guardando, non ne sono più così sicuro adesso.»
«Oh! Siamo solo preoccupati per te, tutto qui, Albus,» fece Pomfrey frettolosamente.
Desiderando d’improvviso i propri occhiali a mezzaluna per vederci chiaro, li trapassò con un’occhiata seria. «C’è qualcosa che volete dirmi?»
Severus e gli altri guardarono il Dottor Price, che prese i loro sguardi piuttosto bene. Apparentemente, aveva molta pratica in questo genere di cose.
Facendo loro cenno di mettersi comodi, il Dottore si sedette vicino al letto di Silente. «Ho portato il suo caso all’attenzione della squadra di neurologi dell’ospedale e abbiamo discusso quale sia il miglior corso d’azione da seguire. Diversi frammenti ossei sono penetrati nel suo lobo frontale, ma quello che ci preoccupa di più, ed è il motivo per cui le proponiamo questo, è quello proprio al di sopra del suo nervo ottico destro. Siamo fortemente convinti che diventerà un problema e che le impedirà di usare in modo appropriato il suo occhio destro.
Inoltre, c’è il rischio che l’estremità appuntita del frammento osseo possa, in un secondo momento, lacerare i tessuti circostanti e causare un’emorragia che passerebbe inosservata fino all’insorgere di gravi sintomatologie. In più, anche se gli altri frammenti non ci preoccupano così tanto, rimuoverli sarebbe nei suoi migliori interessi, per prevenire complicazioni future.»
«Quindi, mi sta dicendo che ho bisogno di essere operato,» affermò Silente.
«Sì, Signore.»
«Lo ammetto, il mio occhio destro sembra avere qualche problema. Sento uno strano dolore proprio dietro, e sembra piuttosto rigido. Non so come altro descriverlo.»
«Questo è probabilmente dovuto alla pressione che il frammento esercita sul nervo,» spiegò calmo Price.
«Allora acconsento all’intervento. C’è qualcos’altro di specifico che dovrei sapere su di esso?»
«Non entrerò nei particolari a meno che lei non lo desideri, ma, non le mentirò, questa procedura sarà pericolosa.»
«I miei affari sono in ordine. La Gringott ha il mio Testamento e gli altri documenti nel caso accadesse il peggio,» disse semplicemente Albus.
«Molto bene. Ci sono alcune altre cose di cui devo parlare con lei a proposito delle sue condizioni, prima che procediamo oltre.» Aggiunse Price, prima di esporre ad Albus tutto ciò che aveva già detto agli altri la notte precedente.
«Hmm, questo spiega perché trovo così difficile concentrarmi su una singola cosa per un esteso periodo di tempo,» rifletté Silente.
«Questo problema potrebbe alleviarsi col tempo, quindi non si preoccupi troppo,» lo avvisò Price.
«La mia difficoltà nel concentrarmi non è la mia preoccupazione maggiore al momento, dottore. Lo sono invece gli improvvisi scoppi d’ira o la fragilità emotiva che ha detto che potrei provare, e di certo non voglio nemmeno pensare alla mia capacità di riconoscere le conseguenze delle cose o alle capacità di pianificazione,» disse Silente con una smorfia. «Dovrò dimettermi da tutte le mie cariche nel mondo magico.»
«Beh, per la mia esperienza il fatto che lei sia preoccupato di questo è un buon segno, senza menzionare il modo in cui lei ha appena riflettuto sulle scelte che potrebbero rivelarsi necessarie se fosse incapacitato a portare avanti le sue responsabilità.»
«Il Dottor Price ha ragione, Albus. Inoltre, se -e soltanto se- dovessero insorgere dei problemi, mi farò avanti e la aiuterò, anche se dovessi constringerla,» disse Minerva con un sorriso.
«Questo mi è di conforto, Minerva, ma che cosa accadrebbe se in quel momento io fossi in uno stato d’ira? Non credo che tu mi abbia mai visto veramente furioso, mia cara.»
Severus fece un passo in avanti, l’improvvisa forza della sua presenza fece scattare gli occhi di Albus nei suoi.
«Sosterrei io Minerva, come farebbe anche il resto del personale,» affermò Severus. «Non abbia dubbi, se fosse necessario, ci prenderemmo cura della situazione.»
Pomfrey e la McGranitt si voltarono quasi a bocca aperta verso Severus, del tutto allibite dal suo tono. Non lo avevano mai sentito parlare con così tanta forza prima, e al Preside poi, nientemeno. Il Dottor Price lo guardò con evidente approvazione mentre Silente continuava a fissarlo.
Albus ebbe la strana sensazione che le parole di Severus fossero più che una semplice frase di conforto; era l’affermazione di un’assoluta certezza. Un fatto.
Che fosse esperienza? Lo sguardo che l’Insegnante di Pozioni gli rivolgeva era più penetrante di qualsiasi altra cosa ricordasse di aver mai visto. Conteneva una forza che non aveva mai visto prima nell’uomo più giovane, e un potere che non aveva mai neanche pensato che l’altro possedesse.
Era un’energia che contrastava qualsiasi rabbia, qualsiasi vendetta, e qualsiasi odio. Era fatta di compassione, di cura e di fiducia, e, avrebbe osato dirlo? Agàpe.
Amore.
Non era certo che questo non fosse parte della “fragilità emotiva” di cui aveva parlato il Dottore, o la sua naturale tendenza a reagire a segni di calore umano di simile profondità, ma, con sua vergogna, gli si riempirono gli occhi di lacrime e fu costretto a pizzicarsi la base del naso per trattenerne altre.
«Grazie, Severus,» disse, riuscendo a malapena a tener salda la voce con l’improvviso magone che aveva in gola.

O o O o O

«Bene, Harry, perché non andiamo a dare un’occhiata a Norberta?» Chiese Nicholas. «C’è qualcosa di cui vorrei discutere con te.»
Harry sorrise e annuì. Il dolore nella cicatrice era finalmente diminuito fino a essere a malapena considerabile, quella mattina, ma sentiva la mente ancora un po’ confusa. Era lo stesso genere di intontimento che uno prova di solito quando inizia finalmente a uscire da una brutta influenza, quando le cose non sembrano essere ancora perfettamente nitide. Suppose che fosse causato da qualunque cosa Nicholas gli avesse fatto, ma visto che aveva offuscato l’orribile connessione con Voldemort, non voleva certo lamentarsene.
La notte precedente era stata dura, anche con l’aiuto di Nicholas.
Aveva visto cose, udito cose, e provato cose.
Erano stati solo lampi e brevi tratti di conversazioni, ma le sensazioni… quelle erano state le più vivide.
Aveva raccontato a Nicholas e a Perenelle tutto quello che era riuscito a ricordare, anche se molte cose erano state difficili da descrivere.
Qualcuno chiamato “Bellatrix” era lì, parlava con tono dolce ma spaventato. C’era sangue. Sembrava fosse ovunque. C’erano stati lampi di incantesimi. Harry pensava che fossero di tipo curativo, ma sembrava che non stessero funzionando nel modo in cui Voldemort desiderava, e di cui aveva apparentemente bisogno… -se Harry aveva interpretato correttamente le sue emozioni. Rabbia furiosa, dolore e sdegno, tutto pervaso da un sotteso brivido di paura…
C’era un foro sanguinante nel suo fianco. Harry lo aveva visto per un attimo quando Voldemort aveva abbassato lo sguardo per lanciare un qualche tipo di incantesimo antidolorifico. Il mago oscuro era stato colpito con un’arma da fuoco, e Harry era certo che non si trattasse di una ferita semplice, con foro d’entrata e d’uscita. Se il dolore che trapelava dal legame era un’indicazione valida, il proiettile aveva fatto un pasticcio nel suo torace.
Harry rabbrividì, ricordando alcune pagine in quei libri medici che aveva preso in prestito dalla biblioteca, che descrivevano nel dettaglio ferite simili e i trattamenti necessari.
Ora che ci pensava…
Spalancò gli occhi.
Che fine aveva fatto il suo libro della biblioteca?
Si fermò, facendo voltare indietro Nicholas che lo guardò interrogativamente.
«C’è qualcosa che non va, ragazzo?» Chiese.
«Il mio libro della biblioteca! Mi è caduto quando… che cosa farà la biblioteca quando non restituirò il libro?» Domandò lui, stupito di non averci più pensato fino a quel momento.
Nicholas inclinò la testa, come se stesse ricordando qualcosa.
«Se ben ricordo, Silente si è occupato della cosa. Ha chiesto alla Signora Figg di mandare un messaggio alla biblioteca e di informarli che il libro era andato perduto per circostanze al di fuori del tuo controllo, e di inviare a lui il costo del libro così che avrebbe potuto comprargliene uno nuovo.»
Harry sbatté le palpebre. Nicholas doveva avere davvero una memoria molto buona per poter riferire tutte quelle informazioni così in fretta.
«Oh. Dovrò ringraziare il Professor Silente la prossima volta che lo vedo allora,» disse Harry.
Nicholas annuì, anche se sembrava addolorato da qualcosa.
«Che succede?» Chiese Harry, notando il modo in cui si era rattristata la faccia di Nicholas.
Lui non disse nulla, gli fece solo cenno di seguirlo. Quando giunsero sotto un albero vicino alla stalla, Nicholas finalmente si voltò per guardarlo bene in viso mentre si sedeva sull’erba. Anche Harry si sedette a gambe incrociate, permettendo a Coral di scivolare dal suo posto per esplorare il cespuglio vicino.
«Come ben sai, Harry, alcune cose sono accadute la notte scorsa. Non andrò nei dettagli, perché ci sono situazioni ancora in fase di indagine, ma molte persone sono state ferite. Sia maghi che babbani,» fece Nicholas.
«Delle persone sono morte,» disse Harry piano. «Non le ho viste, ma… potevo sentirlo… sentire lui che… gioiva.»
Nicholas fece un sospiro triste. «Speravo di essere riuscito a schermarti di più, ma vedo che questo legame è più forte di quanto avessi inizialmente previsto. L’odio è davvero il veleno dell’umanità.»
Harry chinò la testa, provando a non pensare alle altre cose che aveva provato, in particolare le emozioni “positive” che aveva sentito dal mostro.
«Quanti?» Chiese Harry, sollevando gli occhi.
«Non conosco i numeri, Harry, e anche se li conoscessi, non te li direi. Non dovresti sentire questo genere di cose.»
«Conoscevi qualcuno che lo è stato?»
Nicholas non era certo se la domanda si riferisse alle persone uccise o ferite.
«Personalmente, non conoscevo nessuno di coloro che sono rimasti uccisi,» disse, decidendo che era una risposta sicura.
«E feriti?»
Hm, il ragazzo era davvero molto percettivo. Beh, gliel’avrebbe detto comunque.
«Albus Silente è stato portato da uno specialista per una ferita alla testa e al momento lo stanno curando. Si aspettano che recuperi abbastanza bene da poter tornare ad Hogwarts e alle altre sue responsabilità prima dell’inizio della scuola.»
:”Abbastanza bene?”: Sibilò Coral vicino al suo ginocchio. :Non mi piace come suona, Harry:
:Nemmeno a me, ma non possiamo mica farci nulla… a meno che...: Rispose Harry prima di tornare a guardare Nicholas. «C’è qualcosa che posso fare? Ha bisogno di essere curato?»
Se Nicholas era stato sorpreso dalla domanda, non lo mostrò.
«In questo momento, no, o almeno non ha bisogno del tipo di cure che puoi dargli tu.»
«Che cosa gli è successo?» Harry non poté fare a meno di chiederlo.
«Harry, non sta a me dirtelo, ma so che è in buone mani e che lo cureranno al meglio delle loro capacità.»
Harry annuì, comprendendo con riluttanza che non poteva curare, o anche solo tentare di curare, qualsiasi cosa.
«Ora, non ti ho portato alle stalle per informarti di Albus, ma per discutere qualcosa di totalmente diverso. Ci ho riflettuto molto, e, quando ho condiviso le mie considerazioni con mia moglie, lei è stata d’accordo con me. Comunque, la decisione non è mia, ma tua.»
Harry non disse nulla, aspettando che Nicholas continuasse.
«Riguarda la tua magia, in modo particolare il tuo sigillo.»
Harry si tirò su, molto interessato adesso. Anche Coral aveva sollevato la testa.
«Credo di poterti aiutare a iniziare a rimuovere il sigillo, e, se lo desideri, possiamo cominciare oggi.»


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Note della traduttrice:

* Forse è un’affermazione azzardata, ma mi sembra che si parli degli Oscuriali, anche se la cosa è molto vaga, essendo questa storia scritta precedentemente all’uscita del film “Animali Fantastici” e non sono sicura che queste creature fossero descritte con precisione in precedenza.



Nota dell’autrice: Sulle cure magiche possibili per Silente: non potevano essere usati incantesimi per far sparire i frammenti ossei, perché essi richiedono che colui che lancia l’incantesimo possa vedere gli oggetti-bersaglio. Riguardo a Harry, lui avrebbe potuto dare una mano, ma è davvero molto da far pesare sulle spalle di un ragazzino, non importa quanto abile, e gli adulti non vogliono gravarlo innecessariamente. In più, come la magia non può curare i Paciock, così non può farlo con Silente, altrimenti i genitori di Neville sarebbero stati curati molto tempo prima. Invece Harry era stato in grado di curare la grave ferita di Draco alla testa poiché aveva usato i Serpincanti pochi momenti dopo che l’amico era stato ferito, quindi le cellule e i tessuti non avevano avuto il tempo di morire o cicatrizzarsi.
Inoltre, l’autrice informa che ha studiato le informazioni sul funzionamento del cervello e sugli effetti di determinate lesioni in regioni cerebrali specifiche su internet, ma non essendo un medico ammette che potrebbe aver commesso qualche errore o imprecisione.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Causa ed effetto.




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Capitolo 25
*** Causa ed effetto ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 25: [Cause and Effect] Causa ed effetto


SONDAGGIO: Prima riga rientrata sì o no?
    In questo capitolo sto facendo un piccolo esperimento con l’HTML (che inserisco sempre manualmente nei testi, per abitudine, da quando ho cominciato a pubblicare su EFP). In particolare, vorrei tentare di aggiungere un rientro alla prima riga di ogni paragrafo, per evitare quel senso di appiattimento del testo che mi sta proprio antipatico. Non so se questa aggiunta sarà compatibile con la struttura del sito, e comunque se vi va mi piacerebbe avere un parere da parte vostra :)
[Contando che poi, per un caso, la prima parte di questo capitolo è fatta da frasi così brevi che risulta interamente rientrata -.- porca miseria]
Grazie mille, e buona lettura!
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    Voldemort digrignò i denti mentre Bella gli tamponava ancora una volta la ferita.
    Quel babbanofilo aveva rovinato tutto.
    Silente doveva davvero morire.
    Era a causa sua che quel babbano era riuscito a sparargli.
    Era a causa sua che lui non era riuscito a sentire la profezia.
    Comunque… il vecchio non aveva sventato proprio tutto…
    Voldemort sorrise nonostante il dolore e il fiato corto, ricordando come il Ministro aveva tremato di paura accanto a lui mentre gli sussurrava all’orecchio.
    Avrebbe fatto calmare le acque mentre manovrava le sue pedine. Nonostante Silente e questa ferita, le cose sarebbero girate in suo favore alla fine.

O o O o O

    Lucius camminava avanti e indietro nel proprio ufficio, aspettando l’arrivo di Severus. Lo aveva mandato a chiamare un’ora prima e sperava solo che non fosse troppo occupato col vecchio babbanofilo per venire con ciò che gli aveva richiesto.
    La sua vita dipendeva da questo.
    Finalmente, il camino lampeggiò di verde e Severus ne uscì.
    «Severus, presumo che tu fossi-» cominciò.
    «Sì, ho tutto ciò che mi hai richiesto.»
    Lucius fu incapace di trattenere un sospiro di sollievo.
    «Bene. Per favore, seguimi. Bellatrix ci ha recapitato una passaporta,» fece lui, andando in un’altra stanza, poi chiuse bene la porta e innalzò uno scudo per la privacy, per precauzione.
    «Qualcuno sospetta?» Chiese Severus mentre Lucius si spostava verso la scrivania su cui c’era una piuma nera.
    «No, e ho fatto come mi hai chiesto.»
    «Bene, è un sollievo sapere che Draco sarà al sicuro qualsiasi cosa accada,» disse Severus.
    Lucius annuì, ancora una volta grato che Severus capisse l’importanza della famiglia pur non avendone una lui stesso. Avvicinò la mano alla passaporta mentre Severus si portava al suo fianco.
    «Questa ci porterà dove si trova lui,» affermò, senza bisogno di dire chi fosse “lui”.
    «Capisco,» replicò Severus.
    «Spero che tu sappia che cosa stai facendo, Severus,» sussurrò Lucius mentre metteva l’altro mano sul braccio di Severus e attivava la passaporta…
    Si materializzarono in una larga sala da pranzo, non così diversa da quella dei Malfoy. Severus la identificò rapidamente come la dimora di Yaxley.
    «È bello che siate arrivati finalmente, Severus. Da questa parte,» disse Rodolphus Lestrange, marito di Bellatrix.
    Severus si mosse in avanti, lasciando la stanza insieme a Rodolphus. Lucius non li seguì.
    «In che condizioni è?» Chiese Severus, ipotizzando correttamente il motivo per cui si trovava lì.
    «Non lo so, ha lasciato entrare solo mia moglie nella stanza,» affermò piattamente Rodolphus. «Non sa nemmeno che lei ti ha mandato a chiamare.» Sorrise maliziosamente quando arrivarono davanti a una porta chiusa.
    «Capisco,» fece Severus, del tutto indifferente alle parole di Rodolphus, mentre afferrava la maniglia di fronte a sé.
    Rodolphus sbatté le palpebre al coraggio di Severus. «Bene, a meno che non ti serva qualcosa, ora ti lascio.»
    «Molto bene,» replicò Severus con un cenno del capo mentre apriva con sicurezza la porta ed entrava.

O o O o O

    Severus chiuse la porta dietro di sé mentre con gli occhi abbracciava la stanza.
    C’era una parete che impediva la vista dalla porta della maggior parte del letto. Udì dei fruscii, come se qualcuno stesse rimestando tra degli oggetti. C’era una luce, ma era dall’altra parte del muro ed era oscurata da quello che Severus ipotizzò a ragione essere un mobile.
    «Chi è entrato, Bellatrix? Non ho dato a nessuno il permesso di entrare. Chi osa?»
    Severus si sforzò di non sobbalzare al sentire quella voce mentre si avvicinava più lentamente.
    «M-mio Signore, l’ho chiamato io. È Severus. La vostra ferita, mio Signore, I-io sono incapace. Ho fatto tutto ciò che posso, ma speravo che chiamando Severus vi avrei compiaciuto, poiché lui è più abile di me,» disse Bella. «Vi prego, perdonatemi, mio Signore, ma-»
    «Oh, il mio servo fedele. Vieni, vieni, Severus,» la interruppe Voldemort, con la voce rauca.
    Severus girò intorno al muro, trovando il Signore Oscuro che giaceva in un letto con bende insanguinate sparse un po’ ovunque, e davanti a lui una Bella dall’aria di pipistrello che teneva in mano un paio di forbici e un pezzo di garza. C’era un odore disgustoso nell’aria che Severus identificò subito. Quell’odore stucchevolmente dolce e rugginoso poteva essere solo una cosa- sangue. C’erano fiale di pozioni vuote sparse per tutto il pavimento, sangue su tutte le lenzuola e anche sulle pareti. I capelli di Bella erano, come al solito, fuori controllo, ma ciò che li rendeva peggiori erano le strisce rosso scuro tra di essi.
    Era una scena piuttosto orrida, ad essere onesti, e Nagini arrotolata al montante del letto vicino alla testa di Voldemort non era affatto d’aiuto.
    «Mio Signore,» salutò Severus con un inchino rispettoso, come se nulla di ciò che vedeva fosse allarmante. «Vi prego, lasciatemi essere d’aiuto.»
    «Bellatrix,» Esclamò Voldemort.
    «Sì, mio Signore?» Cinguettò lei.
    «Togliti.»
    Bella apparve oltraggiata, ma sapeva di non doverlo contraddire. Si alzò e si mise in un angolo per guardare.
    Severus fece un passo in avanti mentre Voldemort si tirava a sedere con un sussulto celato a malapena. Avrebbe preferito che a Bellatrix fosse stato ordinato di andarsene.
    «Che pozioni avete preso, mio Signore?» Chiese Severus, mettendosi accanto al letto e mantenendo il volto neutro.
    Qualunque cosa fosse sembrata pietà o un’altra qualsiasi emozione “debole” non sarebbe stata ben accolta.
    «Per lo più, pozioni di rinsanguamento, ma ho preso anche una pozione per la riparazione dei vasi sanguigni e un’Ossofast,» rispose lui, prima di aggiungere, «E Bellatrix ha insistito per farmi prendere anche una pozione Antidolorifica.»
    Se era imbarazzato per la cosa, lo nascondeva molto bene.
    «Ultima dose assunta?» Chiese Severus, prendendo dal mantello un sacchetto di pelle arrotolato.
    «Nell’ultima ora, solo due pozioni di rinsanguamento, nient’altro.»
    «La ferita è ancora aperta?» Chiese Severus, posando il sacchetto sul comodino e srotolandolo per rivelare molte fiale di pozioni e vari strumenti.
    «Sì.»
    «Vi prego, fatemi vedere dove,» disse Severus con fermezza, tirando fuori la bacchetta.
    Voldemort si girò, indicandogli il fianco destro.
    Severus riuscì a capire che per lui il movimento fosse difficoltoso, ma non per niente Voldemort era il Signore Oscuro. Non si sarebbe mai permesso di mostrare debolezza.
    Guardando il pasticcio esposto e sanguinolento, Severus scoprì che il fianco del Signore Oscuro era ricoperto di garza tenuta magicamente insieme da incantesimi collanti. Bella aveva fatto certamente un duro lavoro, ma il risultato era approssimativo ed era chiaro che la donna avesse più talento nello smembrare che nel curare.
    Silenziosamente, lanciò un incantesimo diagnostico e alcuni altri che gli rivelassero come stava l’Oscuro Signore. Per tutto il tempo, Bellatrix e Nagini guardavano avidamente. Nonostante si trovasse lì grazie a Bella, sapeva che se lei avesse notato qualcosa di minimamente sospetto lui si sarebbe beccato un Crucio a bruciapelo, se non un Avada, prima di poterlo bloccare o contrattaccare. E poi c’era Nagini. Anche se Severus non desiderava altro che avvelenare o maledire il Signore Oscuro, Nagini avrebbe probabilmente agito prima che lui potesse portare a termine l’incantesimo.
    Oh sì, senza dubbio, Nagini era la più grande alleata di Voldemort. Talvolta Severus si chiedeva se Nagini considerasse Voldemort come un figlio adottivo o qualcosa di simile. Era protettiva con lui fino a quel punto.
    Comunque, anche senza Nagini e Bella, tentare un piano del genere sarebbe stato comunque un fallimento. Voldemort era immune a molti veleni, grazie alle innumerevoli alterazioni che aveva compiuto su sé stesso, ed era molto bravo a riconoscere dall’odore le pozioni malevole prima di ingerirle.
    Non per niente Silente diceva che Riddle era stato uno studente brillante. E invece in quanto a maledirlo approfittando del suo stato di debolezza, Voldemort era ancora estremamente veloce, ed era sempre armato con la sua bacchetta.
    No, Severus doveva continuare a comportarsi come un servo fedele. C’era troppo da perdere se avesse fallito - la luce avrebbe perso una spia e Harry avrebbe perso una guida - e anche se avesse avuto successo nel maledire Voldemort, c’era la profezia da considerare. Nel futuro, c’erano state alcune occasioni in cui il Signore Oscuro sarebbe dovuto rimanere ucciso, ma non era accaduto. Severus sospettava che c’entrasse la Magia Antica.
    Qualcosa stava proteggendo Voldemort, impedendo che morisse, e Severus sperava solo di avere ragione nel credere che fosse Harry la chiave per far finire finalmente tutto.
    Quando i suoi incantesimi medici gli ebbero dato tutti i risultati, Severus fece una smorfia, sebbene internamente gioì.
    «Severus?» Chiese Voldemort, la voce spaventosamente piatta.
    «Che cosa ha causato questo?» Domandò Severus, sebbene lo sapesse già.
    Voldemort represse un ringhio. «Un oggetto di metallo chiamato proiettile.»
    «Mio Signore, riesco a vedere che sono state curate di recente due vostre costole, ma...» Severus prese un ampio respiro, dovendo celare l’eccitazione dietro i propri scudi mentali, mentre cercava di suonare grave. «Il proiettile è entrato e ha colpito la vostra penultima costola, frantumandola mentre passava oltre, ha attraversato il fegato e toccato il rene destro, prima di fermarsi vicino alla base di un’altra costola. Se il proiettile avesse mancato quella costola, sarebbe uscito dalla schiena, a pochi centimetri dalla colonna vertebrale. Sfortunatamente, non lo ha fatto, e, a causa del trattamento di Bellatrix, ora è stato inglobato nella costola risanata. Non potrei rimuoverlo ora, a meno che voi non vogliate che ci arrivi fisicamente. Se lo evocassimo magicamente per farlo uscire, potrebbe causare danni irreparabili alla spina dorsale, senza menzionare gravi danni alla costola ricostruita.»
    «Allora lascialo lì,» ordinò Voldemort, lanciando un’occhiataccia a Bella.
    Il Signore Oscuro non era contento.
    «Naturalmente, mio Signore,» affermò Severus, decidendo di non menzionare il rischio di infezioni, men che mai il tetano.
    Era qualcosa che la maggior parte dei maghi non considerava mai, e i pochissimi che lo facevano erano Nati-Babbani. Le pozioni, come la Pozione Peperina (Pepperup Ndt), di solito gestivano problemi del genere, ma infezioni gravi, come quelle che derivavano da corpi estranei introdotti nei muscoli, nelle ossa, e nei tessuti in generale, potevano essere curati solo con regimi aggressivi di pozioni - regimi di pozioni su cui Severus avrebbe convenientemente mancato di fare commenti, figuriamoci somministrarle.
    «Vi darò delle pozioni per curare il danno arrecato al vostro fegato e al rene. Questo dovrebbe aiutarvi molto nella guarigione, mio Signore,» disse Severus, prendendo le pozioni menzionate. «Comunque, prima che le prendiate, dovete sapere che non potrete lanciare incantesimi potenti per le prossime 48 ore. Le pozioni incanaleranno parte della vostra magia per curare i danni interni e ostacolare tale processo potrebbe ritardare il vostro recupero.»
    «Molto bene, Severus. Quanto ci metterà la ferita a guarire?»
    «Beh,» iniziò Severus, decidendo che un po’ di rinforzi all’ego di Tom gli sarebbero tornati utili. «Per un mago ordinario, direi da due a tre settimane, ma per voi, con il vostro potere e le vostre riserve magiche, direi da sei a dieci giorni.»
    Voldemort annuì lentamente, riflettendo sulla situazione.
    «Questo non è troppo seccante. I miei piani non richiedono molta azione da parte mia nelle prossime settimane, ad ogni modo,» affermò Voldemort mentre Severus metteva le pozioni necessarie sul comodino, prima di mettere via le sue altre cose.
    «Posso chiudere la ferita per voi, mio Signore?»
    «Sì, visto che è evidente che Bellatrix è un’incapace,» ringhiò Voldemort, facendo sentire forte e chiaro il fastidio verso la sua servitrice più zelante.
    Bellatrix si fece piccola piccola.
    «Grazie per la concessione di un tale onore, mio Signore,» fece Severus mentre muoveva la bacchetta con fare esperto, rimuovendo le bende zuppe e curando il foro di proiettile… e sigillando con gioia le impurità e gli agenti contaminanti esterni dentro al corpo di Voldemort.

O o O o O

    Harry guardò Perenelle che faceva uscire Norberta dalla stalla per farla poi dirigere nel campo accanto ad essa.
    Nicholas gli aveva detto che avrebbero avuto bisogno di usare della Magia dei Draghi per cominciare ad alleggerire il sigillo sulla sua magia, e siccome Norberta lo conosceva ed aveva fiducia in lui, lei era la scelta migliore.
    «Devi fare esattamente quello che ti dico, Harry. Se sbagli nel seguire le mie istruzioni, potrebbero esserci terribili conseguenze,» fece Nicholas, mettendo una ferma mano sulla sua spalla.
    :Sì, Harry. Fai come ti dice: Sibilò Coral, ai suoi piedi, prima di scivolare verso Perenelle per poter guardare.
    «Capisco,» disse Harry, provando a deglutire senza fare troppo rumore.
    «D’accordo. Voglio che tu la fissi negli occhi e semplicemente che sostenga il suo sguardo. Non distoglierlo finché non lo fa lei,» disse Nicholas, muovendosi di lato per stare in piedi di fianco a Norberta e mettendo una mano sulle scaglie del drago.
    Harry fece come gli era stato detto, e Norberta ricambiò il suo sguardo con un’intensità che non aveva mai visto nello sguardo di qualcuno, mentre Nicholas cominciò a sussurrare in uno strano linguaggio.
    Gli occhi di Norberta si assottigliarono ed emisero un bagliore bluastro, prima che questo si trasformasse in un lampo argentato. Harry non avrebbe potuto distogliere lo sguardo nemmeno se avesse voluto farlo.
    Sentì innalzarsi un’ondata di potere, sebbene Harry non riuscisse a capire da dove venisse. Era bollente, ma di un calore protettivo e costante. Sentì le mani chiudersi a pugno e le ginocchia che gli diventavano deboli, ma il suo contatto visivo con Norberta non vacillò. Gli occhi del drago lampeggiarono di nuovo e lui sentì il centro del suo essere che si faceva più pesante. Il peso non scomparve, ma aumentò, e il ragazzo sentì il petto che gli si gonfiava e il cuore che martellava. Proprio quando pensava che sarebbe stato schiacciato dall’interno, il peso scomparve, come se fosse stato assorbito, e in quel momento Norberta finalmente spostò gli occhi. Harry provò a fare lo stesso, ma invece di distogliere lo sguardo, la vista gli si oscurò e si sentì cadere.
    La cosa successiva che Harry seppe fu che era disteso nel suo letto a casa dei Flamel.
    «Beh, Harry, credo che tu abbia fatto grandi progressi oggi. Congratulazioni, ti sei appena liberato di un quarto del sigillo che avevi,» disse il Signor Flamel, chinandosi su di lui.
    Harry sbatté le palpebre. «Che cosa vuol dire?»
    «Perché non lanci un incantesimo e lo vedi da solo?» Chiese lui, mentre Coral si srotolava dal polso di Nicholas e scivolava sul letto accanto ad Harry.
    Lentamente, Harry si sedette e tirò fuori la sua bacchetta di fenice.
    Dava una sensazione diversa. Era ancora la sua bacchetta, certo, ma riusciva a sentire viticci di calore che passavano dalla sua mano all’impugnatura della bacchetta. Era straordinario.
    «Che incantesimo dovrei lanciare?» Chiese Harry.
    Flamel fece una pausa, prima di tirare fuori i propri occhiali da lettura e di spezzarli a metà con un gesto deciso.
    «Che ne dici di Reparo?» Domandò, poggiando la montatura rotta sul letto.
    Harry sbatté le palpebre, prima di fare come suggerito. Radunò la propria magia, un po’ nervoso perché era la prima volta che lanciava questo incantesimo - sebbene conoscesse la formula e il movimento della bacchetta. «Reparo.»
    La sua magia pulsò nell’aria, attraversando ogni cosa mentre lui puntava la bacchetta agli occhiali rotti. Ci furono degli strani scoppiettii, fruscii, e suoni di spostamenti, che echeggiarono tutto intorno a loro mentre gli occhiali di Nicholas si saldavano magicamente e si aggiustavano. Con ciò, Harry spostò gli occhi alle altre cose nella stanza, stupendosi di trovarle in uno stato migliore di come fossero prima.
    Nicholas iniziò a ridere. «Ben fatto, ragazzo! Vedi? E ci sono ancora altri tre quarti del sigillo da rimuovere, ma prima hai bisogno di abituarti alla quantità di magia che hai ora a tua disposizione.»
    Harry concordò di tutto cuore.

O o O o O

    Remus entrò nei propri alloggi ad Hogwarts. Grazie a Silente e agli altri, sarebbe potuto rimanere come insegnante di DADA di Hogwarts per l’immediato futuro. La maledizione era sparita, beh, entrambe le maledizioni se si contava anche la sua ex licantropia. Il loro lavoro sugli scudi aveva prodotto molti benefici. Non solo era sparita la maledizione su DADA, ma Hogwarts era più fortificata che mai. Aveva scudi che avrebbero fatto ingelosire la Gringott e difese aggressive che si sarebbero attivate immediatamente se qualcuno con cattive intenzioni avesse tentato di introdurvisi, umano o no, in particolare coloro che erano travestiti in qualsiasi modo.
    Andò al proprio divano, stendendosi mentre rifletteva sui recenti eventi.
    Albus sarebbe tornato ad Hogwarts l’indomani, ma sarebbe stato confinato a letto per tutta la settimana successiva. L’intervento di tre giorni prima era stato un successo e i dottori erano speranzosi che il suo recupero sarebbe stato senza problemi.
    In più, la salute mentale del Preside sembrava stabile. Il mago ammetteva di sentirsi un po’ affaticato, ma c’era da aspettarselo. Le sue capacità di linguaggio erano migliorate, ma comunque si stava facendo vedere da un logoterapista, perché balbettava ancora nella pronuncia delle parole quando era particolarmente stanco. Stava anche andando da un fisioterapista per farsi aiutare nel recupero delle abilità fino-motorie del lato sinistro che aveva perduto. Una volta tornato ad Hogwarts, i terapisti avrebbero lavorato con lui ogni Lunedì e Giovedì. In quanto alla sua soglia di attenzione e sulla capacità di concentrazione, era ancora troppo presto per dirlo per certo, ma sembrava molto meglio di quanto avesse anticipato il dottore.
    Comunque, non tutto era così positivo.
    Dopo aver ripreso conoscenza e aver ricevuto il suo primo pasto in ospedale, presto divenne chiaro che aveva perso qualcosa. Il suo senso del gusto. All’inizio, Pomfrey e gli altri avevano creduto che volesse solo farsi portare da loro qualcosa di dolce, visto che si lamentava che il cibo dell’ospedale era insapore, ma dopo che Severus si era preso la briga di passargli di nascosto una ciambella al limone trasfigurata per avere l’apparenza di una semplice fetta di pane, era diventato evidente. Dopo alcuni esperimenti col cibo, scoprirono che Silente aveva l’ipogeusia -una perdita parziale del gusto, e l’iposmia -una perdita parziale dell’odorato. Riusciva a sentire il sale e lo zucchero, ma dovevano essere concentrati e non parte di un campione complesso di cibo. Tali condizioni erano piuttosto comuni con i traumi al lobo frontale e il Dottor Price aveva detto che sfortunatamente non c’era nulla che potessero fare per aiutarlo. Era il corpo di Silente che doveva riparare il danno. Albus era demoralizzato, ma confidava nella speranza che potesse non essere permanente. Tutti confidavano nella possibilità che questa perdita sensoriale alla fine potesse sparire.
    Remus chiuse gli occhi, portando altrove i pensieri. Era appena tornato da una visita a Sirius e aveva condiviso alcune novità con lui. Manteneva sempre Severus al di fuori della conversazione, poiché Sirius era ancora immaturo quando si trattava di qualunque cosa relativa a quell’uomo. Quando aveva brevemente menzionato il nome di Severus qualche giorno prima, Sirius era scattato, facendo stravaganti commenti su come Piton probabilmente si stava inchinando ai piedi del Signore Oscuro.
    Remus aveva subito messo in chiaro le cose, affermando che Severus era una spia e che Silente stesso aveva incondizionata fiducia in lui. Remus aveva anche chiarito che non avrebbe tollerato un’altra parola negativa da Sirius su di lui. Remus non aveva ancora detto a Sirius che Severus era l’Insegnante di Pozioni di Hogwarts e che era diventato il professore preferito di Harry e il suo prezioso mentore, ma l’ex licantropo aveva deciso che avrebbe potuto aspettare. Sirius si stava ancora riprendendo e non aveva bisogno di subire un tale colpo.
    Sirius aveva chiesto dove fosse Harry, ovviamente, ma considerando gli ultimi eventi, aveva accettato borbottando le parole di Remus “Albus ci ha assicurato che Harry è in un posto sicuro ma non ci ha detto dove”.
    Remus sospirò. Desiderava sapere dove fosse Harry, ma Albus e Minerva avevano le labbra cucite in proposito. Tutto ciò che sapeva era che non stava più dai Dursley e che non ci sarebbe mai più tornato, per fortuna. Remus quasi desiderava essere ancora un licantropo. Se le parole velenose di Severus su di loro erano un indizio… forse solo per una volta sarebbe stato giusto…
    Soffocò il pensiero. Che cosa orribile anche solo da immaginare. Si rimproverò da solo, concentrandosi su qualcos’altro.
    Il Ministero e la Stampa si stavano lentamente calmando, in quanto a panico, ma ora le cose cominciavano a muoversi. Nuove misure di sicurezza e leggi venivano proposte mentre Caramell assicurava al pubblico che stavano lavorando per rendere più sicuro il loro benessere, e che Silente era in via di pieno recupero.
    Madama Bones, Remus lo sapeva, era infastidita dall’atteggiamento spensierato e noncurante di Caramell, come molte altre persone, in particolare i membri del Wizengamot. Caramell stava mantenendo una posizione rilassata-in-barba-al-pericolo-per-migliorare-la-propria-immagine-pubblica, e Remus era più che certo che non sarebbe finita bene - per nessuno.

O o O o O

    «Sono seria, Albus. Poco lavoro!» Esclamò Madama Pomfrey. «Se torno qui e la trovo a testa in giù svenuto sulle scartoffie, potrei sentirmi propensa a lasciarla così!»
    «Poppy, te lo assicuro, non farò nessun lavoro con le scartoffie oggi. Minerva si sta già occupando di rimuovere da questo ufficio qualsiasi pezzo di carta che richieda la mia firma. Avrò solo una piccola riunione con Cornelius e Amelia Bones così che possano essere sinceri quando dicono pubblicamente che mi hanno visto e che non sto per morire.»
    Pomfrey borbottò a quelle parole, desiderando che Silente prendesse le cose un po’ più seriamente e che rimanesse a letto per un’altra settimana invece di tornare ai suoi doveri. Ma era il Preside e il Capo del Wizengamot e tante altre cose. Il lavoro doveva essere fatto. Ancora si domandava se fosse una buona idea che Albus avesse mantenuto tutte le sue posizioni nel mondo magico, ma al momento trovare un sostituto avrebbe fatto più male che bene. Solo Merlino sapeva che sorta di persona avrebbe preso il suo posto se avesse deciso di recedere da qualche posizione. Con Caramell, non sarebbe stata sorpresa di veder coinvolto anche qualcuno come Yaxley.
    «Beh, se inizia a stancarsi, farà meglio a tornare a letto, Albus,» affermò Pomfrey.
    «Lo farò, Poppy, lo farò,» promise lui, andando dietro la propria scrivania mentre il camino lampeggiava di verde.
    Ne uscì Madama Bones, presto seguita dal Ministro Caramell.
    «Buongiorno, Madama Pomfrey,» salutò la Bones prima di guardare Albus.
    «Come sta, Albus?»
    «Molto meglio della settimana scorsa,» rispose gioviale Silente.
    «Sì, ci hanno detto che eri in cura da alcuni esperti al di fuori del Ministero,» fece Caramell. «Ti hanno trattato bene?»
    Silente sollevò un sopracciglio, come domandandosi perché Cornelius avrebbe pensato altrimenti, ma in realtà era sorpreso che non sapessero che era stato nelle amorevoli mani dei babbani.
    «Sì, perfettamente bene. Gli devo davvero molto,» rispose con franchezza.
    «Bene, Albus, ci vediamo dopo,» disse Pomfrey, dirigendosi alla porta mentre salutava la Bones e Caramell con un cenno del capo.
    «Certo, Poppy,» rispose Albus prima di indicare ai due le sedie davanti alla sua scrivania.

O o O o O

    Severus uscì dallo studio di Lucius e andò alla biblioteca. Avevano appena finito di discutere i recenti eventi e le loro precauzioni per ciò che sarebbe potuto accadere.
    Entrando nella biblioteca buia, lanciò un tenue lumos e iniziò a guardare gli scaffali.
    C’era un sacco di conoscenza utile qui e Severus voleva riacquistare familiarità con alcuni controincantesimi.
    Chiuse gli occhi, le copertine nere gli ricordarono il diario di Riddle che aveva recentemente distrutto. Era stato piuttosto resiliente e resistente, ma alla fine non aveva potuto sopravvivere al suo Ardemonio. Si era occupato di quell’oggetto malefico nella Stanza delle Necessità, ed era stata un’impresa galvanizzante.
    Sapeva che Lucius non era felice che lui avesse distrutto il diario, ma anche Malfoy aveva dovuto ammettere che il mondo stava meglio senza. Sperava solo che il Signore Oscuro non glielo avrebbe richiesto tanto presto.
    «Padrino?»
    Severus si voltò, non sorpreso di trovare Draco in piedi dietro di lui.
    «Sì, Draco?» Chiese, girandosi mentre toglieva un libro da uno scaffale.
    Severus scandagliò le sembianze di Draco. Non si poteva negare che il ragazzo fosse un principe purosangue, ma c’era qualcosa… una rigidità nelle sue spalle, una preoccupazione dipinta sul suo volto giovane che non ci sarebbe dovuta essere.
    «Non sapevo che fossi qui,» disse Draco dopo un momento. «La mamma non mi ha detto che saresti venuto o che eri arrivato.»
    «Questo è perché non lo sapeva. Sono venuto a parlare con tuo padre e a fare qualche ricerca,» fece lui, decidendo che non aveva bisogno di nascondere nulla al momento.
    Draco annuì, gli occhi saettarono sulla copertina del libro.
    Non commentò sulla scelta di lettura di Severus -”Incanti Oscuri”- ma spostò il peso da un piede all’altro, sembrando nervoso.
    «C’è qualcosa che ti preoccupa, Draco?»
    Draco annuì lentamente prima che Severus gli facesse segno di sedersi sulla sedia vicina mentre lui gli girava intorno e aspettava in piedi di fronte a lui.
    «Circa una settimana fa, io, uh, ho sentito per caso i miei genitori che parlavano,» iniziò Draco.
    Severus ascoltò mentre Draco riassumeva tutto quello che aveva sentito, incluse le precauzioni che erano state preparate, il fatto che i suoi genitori non stavano più supportando il Signore Oscuro, e che Harry era colui che avrebbe dovuto uccidere Voldemort.
    «Capisco. Perché non hai detto ai tuoi genitori che li hai sentiti?» Chiese Severus.
    «Hanno abbastanza cose di cui preoccuparsi, e dirglielo non avrebbe cambiato nulla,» rifletté Draco. «E poi, papà odia quando la gente origlia.»
    «Allora perché lo stai dicendo a me?»
    Draco si strinse nelle spalle. «Non lo so. Sono solo… insicuro su alcune cose. Se mamma e io lasciamo l’Europa, che ne sarà di papà e di tutti gli altri? E tu? Pensi che le cose si metteranno veramente così male? Pensi che Tu-Sai-Chi diventerà così potente?»
    Severus represse un sospiro.
    «Draco, sono sempre stato sincero con te, quindi ora ascoltami. Le cose potrebbero non mettersi tanto male, ma se lo facessero, io e alcuni altri abbiamo preparato una serie di piani di emergenza per aiutare a proteggere più persone che possiamo. Sappi anche che io e tuo padre non getteremo via le nostre vite in un sacrificio inutile, e non correremo rischi innecessari. Vale lo stesso per tutti quelli che scelgono di rimanere e di combattere se il futuro dovesse diventare troppo tragico. E in quanto a quello che penso del Signore Oscuro… non si tratta più di chiedersi se diventerà così potente. Lo è già. Comunque, il potere non è tutto. Ci sono cose che il Signore Oscuro non capirà né avrà mai. Non è imbattibile.»
    Draco annuì, sebbene fosse chiaro che non era esattamente stato confortato dalle parole di Piton, ma soltanto alleggerito un po’.
    «E Harry è… voglio dire, è vero? Harry dovrà affrontarlo alla fine?»
    «Credo che Harry lo abbia già affrontato di persona due volte nell’anno passato, ma se ho capito la tua domanda, sì, un giorno dovrà affrontarlo di nuovo e dovrà sconfiggerlo definitivamente.»
    «È per quello che è successo prima? Voglio dire, quando era un neonato?» Chiese Draco.
    «Sì.» Severus decise di non approfondire la cosa. Quella risposta era già da sola abbastanza problematica.
    «Pensi che ci riuscirà, Padrino?» Domandò Draco.
    Severus non rispose subito, la sua mente tornò alle future battaglie di Harry e ai suoi sforzi, ai fallimenti e alle occasioni mancate per un soffio, fin quando, con lo sguardo del ricordo, vide un paio di occhi di un verde intenso - l’ultima cosa che aveva visto prima di apparire nei suoi alloggi, nove anni nel passato.
    «Lo farà,» affermò con decisione Severus, mai stato tanto sicuro di qualcosa in tutta la sua vita.

O o O o O

    Silente fu felice di vedere Caramell che lasciava il suo ufficio, e sebbene non lo infastidisse la presenza di Madama Bones, voleva starsene da solo, così la salutò con gentilezza mentre la donna spariva nel camino.
    Che riunione noiosa e quasi del tutto inutile. Beh, suppose di non essere stato affatto dell’umore giusto per sopportare la voce dolorosamente petulante e egocentrica di Caramell- non che fosse mai stato veramente dell’umore giusto per sentirla, ma non era quello il punto.
    Madama Bones stava facendo un ottimo lavoro per quanto ne poteva dedurre. Era sollevato che qualcuno come lei fosse diventato il Capo dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia. Dubitava che esistessero molte altre persone che avrebbero reagito bene quanto lei durante le ultime settimane.
    In quanto a Caramell, quell’uomo era senza speranza. Se possibile, era diventato più idiota che mai. Era come se fosse in un altro mondo, inconsapevole dei pericoli attuali che minacciavano il Ministero e tutta la popolazione d’Inghilterra- sia babbani che maghi. Era quasi come se…
    Albus fece una smorfia, quando gli sembrò che qualcosa lo colpisse mentalmente.
    C’era qualcosa che avevano trascurato. C’era qualcosa di sbagliato. Qualcosa che non quadrava in Caramell.
    Silente aprì un cassetto della scrivania, cercando la ciotola che gli era mancata da morire nella settimana passata. Poggiò la ciotola di caramelle al limone sopra alla scrivania e se ne mise una in bocca. Deluso dalla mancanza di sapore, se ne cacciò in bocca altre cinque, senza curarsi degli sguardi stralunati che Fawkes gli dedicava.
    Si stava sbagliando? Stava vedendo dei problemi dove non ce n’erano (non che Caramell stesso non fosse già classificabile come problema)?
    Silente si reclinò sulla sedia e iniziò ad occludere. Forse schiarendosi la mente sarebbe riuscito ad arrivare in fondo a quella storia.
    Mentre lo faceva, riemersero in superficie pensieri casuali: pensieri e ricordi che era contento di rivedere per un istante prima di metterli da parte e passare ai successivi.
    Albus sorrise, ricordando quanto Severus gli aveva detto qualche giorno prima su quello che aveva fatto a Voldemort.
    Solo Severus avrebbe avuto il fegato di sigillare dei contaminanti esterni dentro il corpo di un Signore Oscuro mentre veniva osservato, non solo dal mostro stesso, ma anche da Bellatrix e Nagini. Quell’uomo era audace, e sebbene non fosse impavido, era più coraggioso di quanto la maggior parte delle persone non pensasse. E anche se Albus sapeva che delle conseguenze prima o poi ci sarebbero state, sperava disperatamente che le azioni di Severus non venissero scoperte da Voldemort e dai suoi seguaci.
    Non sarebbe finita bene.
    Mentre spingeva via quel ricordo, si spostò al successivo, certo di aver quasi finito, ma quindi qualcosa diede uno strattone nella sua mente. Aprì gli occhi: non gli piaceva la sensazione scombussolante che aveva appena avuto e sapeva di aver bisogno di andarci cauto e di chiamare aiuto. Non poteva rischiare che, qualunque cosa fosse appena successa, accadesse di nuovo, o peggiorasse. Aveva troppi ricordi che doveva tenere in ordine e ben sepolti.
    Voltò la testa verso Fawkes che ora lo guardava con preoccupazione.
    «Per favore va’ a chiamare Severus. Ho il presentimento che questa faccenda debba essere trattata il prima possibile,» disse.
    Fawkes andò via con un cenno, sparendo in una palla di fuoco.

O o O o O

    Severus lanciò il suo mantello di traverso sulla sedia, pronto a mettersi a letto, quando Fawkes fiammeggiò proprio sopra la sua spalla.
    Non poté evitare di lanciare un’imprecazione di sorpresa mentre Fawkes gli si aggrappava alla spalla e lo tirava subito via.
    Riconobbe rapidamente l’ufficio del Preside e non riuscì a fare a meno di temere il peggio mentre si voltava per guardare verso la scrivania del suo mentore.
    Ma i suoi timori parvero infondati quando vide Silente che sedeva dietro la scrivania, con l’aria calma e perfettamente a posto. Severus calmò a forza il suo cuore sconvolto, domandandosi il perché di quella brusca convocazione visto l’aspetto normale dell’uomo.
    «Preside, c’è qualcosa di urgente?» Riuscì a dire Severus.
    «Ho paura di sì, Severus. Vedi, un momento fa stavo occludendo la mente e ho dovuto fermarmi. Credo che ci sia qualcosa che non va. Potresti…?» Si indicò la tempia.
    Severus fece una smorfia, ma tirò fuori la bacchetta e si avvicinò alla scrivania.
    «Che cosa è successo?»
    «Non ne sono sicuro, ma mentre stavo occludendo, ho sentito un violento strattone. È difficile da descrivere, ma è stato molto spiacevole.»
    «Proverò a vedere che cosa non va,» disse Severus dopo aver lanciato un incantesimo diagnostico e non aver ricevuto nulla di rilevante. «Pronto?» Albus annuì.
    «Legilimens!»
    Beh, la mente di Silente era di certo stratificata, complicata, ed eccentrica.
    Lo scudo mentale esterno era una delicata cascata di caramelle al limone. Quando le difese mentali di Albus erano attivate al massimo della potenza, era una travolgente valanga impenetrabile di dolcetti gialli. Grato che il Preside avesse abbassato un po’ gli scudi di occlumanzia, Severus continuò, provando a farsi un’idea di che cosa apparentemente non andava.
    Stava quasi per cominciare a pensare che la cosa fosse frutto dell’immaginazione del suo mentore, quando accadde. Era quasi impercettibile, ma c’era.
    «È successo di nuovo,» sentì l’affermazione dalla voce di Silente.
    Severus si spinse oltre, cercando di trovare da dove si originava lo strattone, quando accadde di nuovo, guidandolo verso un punto in particolare.
    Gli ci volle un momento per esaminare che cosa stava percependo, prima di tornare indietro e porre fine all’incantesimo.
    «Credo di aver capito il problema, Preside. Alcune delle sue difese sono diminuite, e quando la sua magia lo rivela, cerca di rimediare - da qui gli strattoni. Dubito che sia permanente o causa di gran preoccupazione, poiché percepisco che le sue capacità per questa arte magica (l’Occlumanzia NdT) sono ancora presenti e forti.»
    «Che cosa ha causato tutto ciò e quanto è grave?» Chiese Albus.
    Severus non fu sorpreso dalla domanda. Era difficile per chiunque, a prescindere dalla sua esperienza, vedere e diagnosticare un problema all’interno dei suoi stessi scudi mentali. Era il motivo per cui era vivamente consigliato rivolgersi a un occlumante di fiducia per farsi aiutare quando si sospettava un problema.
    Talvolta qualcuno da “fuori” doveva dare un’occhiata.
    «Posso solo ipotizzare che questo sia una conseguenza della sua recente ferita alla testa. Come lei sa, non comprendiamo appieno il cervello, ma è evidente che tali ferite possono avere conseguenze in ogni aspetto della mente. Credo che lei abbia solo bisogno di rafforzare e forse ricostruire alcune sezioni delle sue difese. Non sarei sorpreso poi se il riparare queste difese potesse rivelarsi d’aiuto nell’alleviare alcuni degli altri suoi problemi, per lo più quello della concentrazione.»
    Silente sorrise. «Credo che tu abbia ragione, ragazzo mio. Grazie.»
    «Per il punto in cui erano situate le fratture, mi concentrerei sui ricordi recenti e partirei da lì. Il danno non sembra spingersi troppo indietro nel tempo, in quanto a ricordi.»
    «Non dovrebbe essere troppo difficile,» fece Albus, interiormente sollevato che le cose non fossero gravi quanto aveva temuto all’inizio.
    «No, non dovrebbe, ma se avesse bisogno della mia assistenza, mi troverà nei miei alloggi,» disse Severus con un cenno gentile del capo.
    Con questo, Severus uscì tramite il camino, lasciando che l’esperto Preside compisse le proprie riparazioni mentali.


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Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Pedine in movimento.




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Capitolo 26
*** Pedine in movimento ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 26: [Moving Pieces] Pedine in movimento

    Era il 30 luglio.
    L’indomani sarebbe stato il compleanno di Harry.
    I discorsi al proposito erano iniziati il giorno prima, grazie a Remus, e ora Pomona, Poppy e Albus stavano organizzando una festa sia per Harry che per Neville. Susan e alcuni altri Hufflepuff erano stati invitati, e anche se Draco venne menzionato, Severus aveva ammesso che non sarebbe stato saggio includerlo a causa degli eventi recenti. Per quanto lo addolorasse escludere il suo Figlioccio, la ragione per cui aveva dovuto farlo era ovvia. L’ultima cosa di cui la famiglia Malfoy aveva bisogno era un accesso ravvicinato a Harry Potter, anche se era tramite il loro figlio. Il Signore Oscuro si sarebbe aspettato da loro che glielo riferissero e che si preparassero ad agire alla prima occasione. Tom non avrebbe reagito bene se avesse scoperto che non lo avevano fatto.
    Severus si prese un appunto mentale per ricordarsi di dire a Draco le sue motivazioni. Il ragazzo avrebbe capito se fosse stato informato.
    La festa si sarebbe tenuta ad Hogwarts, poiché era il luogo più sicuro per farla e perché tutti potevano avere ad essa una via d’accesso sicura (a differenza della casa dei Flamel).
    I Flamel non ci sarebbero stati, ma avevano assicurato ad Albus che avrebbero organizzato una festicciola intima per Harry poco più tardi, solo per loro tre. Severus ne fu compiaciuto, sapendo che Harry meritava di sperimentare una qualche parvenza di famiglia e che ci sarebbe riuscito con i Flamel.
    Severus scosse la testa e i suoi pensieri passarono oltre.
    Sirius Black sarebbe venuto alla festa.
    L’uomo si era apparentemente ripreso abbastanza per lasciare il San Mungo, almeno per la festa, ed era sulla buona strada per un recupero (quasi) completo. Secondo Remus, era ancora il Black che tutti loro ricordavano - il che voleva dire che era ancora immaturo, testardo e impulsivo.
    Evviva.
    Severus non moriva dalla voglia di rivedere l’uomo, ma sapeva che era inevitabile.
    Comunque, pensandoci su ulteriormente, la sua smorfia mutò in un ghigno. Black veniva sicuramente per fare una sorpresa ad Harry. E come avrebbe reagito allo scoprire che il suo figlioccio faceva capo al vecchio “Mocciosus”?
    Hmm, forse rivedere Black non sarebbe stato così doloroso dopotutto.

O o O o O

    Harry era eccitato. I Flamel lo avevano informato della festa il giorno prima. Aveva già preso un regalo a Neville e aveva deciso di darglielo alla festa. Era un libro di Erbologia preso dalla biblioteca dei Flamel. Nicholas era stato così gentile da fargliene una copia.
    Sfortunatamente, i Flamel non sarebbero venuti alla festa. Tenevano alla loro privacy e credevano fosse meglio che nessuno sapesse con chi stava ora Harry - quindi sarebbero rimasti al cottage. Lui capiva il loro ragionamento, e dopo che gli ebbero promesso che ci sarebbe stata una piccola festa privata solo tra loro tre, Harry era contento delle cose così com’erano.
    L’altra cosa che aveva scoperto era chi ci sarebbe stato. Era contento che ci fossero Susan e alcuni altri Hufflepuff, inclusi Cedric Diggory, Hannah Abbot, Justin Finch-Fletchley, e Ernie Macmillan. Era deluso che non ci fosse Draco, ma comprendeva l’attuale posizione dei Malfoy. Sapeva anche che ci sarebbero stati alcuni insegnanti, incluso il professor Piton. Comunque, dei presenti, la persona su cui era più curioso era Sirius Black, l’uomo che era apparentemente il suo padrino.
    Nicholas e Perenelle erano stati chiari con lui. Per come stavano adesso le cose, Sirius Black non stava ancora abbastanza bene per essere il tutore di nessuno; comunque, se/quando si fosse ripreso, ad Harry sarebbe stato permesso di scegliere con chi stare.
    Harry non era sicuro di come sentirsi in merito, ma, se le espressioni dei Flamel erano un’indicazione di partenza, speravano che Harry sarebbe rimasto con loro.
    Il cuore di Harry si era gonfiato al capirlo.
    «Pronto, Harry?» Chiese Nicholas, entrando nella stanza.
    «Sì,» rispose lui, con il regalo di Neville sottobraccio.
    «Ho connesso temporaneamente il camino all’ufficio di Albus. Devi dire solo “Ufficio del Preside, Hogwarts, calzini gialli”. L’ultima parte è la parola d’ordine. È molto importante. Albus ti darà una passaporta per il ritorno.»
    «Ok.»
    «Divertiti, Harry, e buon compleanno,» disse Perenelle con un abbraccio.
    Con ciò, Harry sorrise e prese una manciata di polvere prima di fare come Nicholas aveva detto, svanendo in un lampo verde.

O o O o O

    Severus stava in un angolo, contento di limitarsi a guardare.
    Silente, Vitious, e la Signora Paciock stavano parlando vicino al tavolo pieno di regali (per Harry e Neville). Minerva, Poppy e Pomona chiacchieravano vicino alla torta, senza dubbio discutendo dell’ultima moda dell’abbigliamento da strega.
    Neville, Susan, Hannah, Justin, Ernie e Cedric erano con Harry in fondo alla stanza, in attesa del momento dell’apertura dei regali e del taglio della torta, e giocavano a “attacca la coda al gatto”. Lupin e Black erano in un altro angolo lì accanto, Lupin senza dubbio era lì per trattenere Black nel caso avesse tentato di tendere un’imboscata a Harry.
    Non avrebbe dovuto preoccuparsi. Sembrava che il cagnaccio fosse felice di limitarsi a fissare il figlio dei suoi amici.
    Severus si chiedeva quanto sarebbe durato lo stupore di Black.
    «È l’ora dei regali!» Dichiarò Silente, guidando tutti verso il tavolo e facendo apparire due sedie per Harry e Neville.
    Severus roteò interiormente gli occhi per l’entusiasmo del vecchio, mentre il resto dei ragazzi si affollava intorno al tavolo e la maggior parte degli adulti si spostava per mettersi a qualche passo di distanza. Severus, comunque, rimase dov’era. Riusciva a vedere tutto molto bene e non si sentiva propenso ad avvicinarsi più di quanto doveva a Black, o anche a chiunque altro a dirla tutta.
    L’apertura dei regali proseguì, sia Harry che Neville ricevettero regali utili e inutili. Ebbero alcuni libri, molte caramelle, e alcuni altri oggetti.
    Severus aveva regalato a Harry un libro chiamato “Pozioni medicinali” e a Neville uno dal titolo “Erbe essenziali per pozioni essenziali”. Entrambi i ragazzi erano evidentemente entusiasti e lo ringraziarono profusamente prima di ricordare la sua regola contro “lo smaniare”. Sebbene fosse l’unico insegnante che aveva fatto loro dei regali, non era preoccupato di “mostrare favoritismi” poiché aveva reso abbondantemente chiare le sue aspettative. Per farla breve, i compagni di Harry e Neville non avrebbero mai voluto dei regali da lui, per paura di deluderlo quando non avessero soddisfatto i suoi elevati standard.
    Black guardò i libri ma non disse nulla, senza dubbio pensando che il suo regalo avrebbe ridotto in poltiglia quello di Piton.
    Così, Harry aprì il regalo successivo.
    Era una Nimbus 2001. Il regalo in sé non era una sorpresa, e nemmeno da parte di chi era. La sorpresa fu la reazione di Harry.
    Gli occhi di Harry non brillarono così luminosamente quanto ci si sarebbe aspettato da un ragazzo della sua età quando stracciò l’incarto. Certo, l’ultima volta che Potter aveva montato una scopa era stato il giorno in cui Draco aveva quasi perso la vita*. Per fortuna, Severus fu certo che nessuno a parte lui lo avesse notato, specialmente quando gli altri ragazzi cominciarono a fare “ooo” per il costoso regalo.
    «Grazie, Signor Black,» disse educatamente Harry mentre Cedric praticamente sbavava sulla prestigiosa scopa.
    «Per favore, Harry, chiamami solo Sirius, non che io sia una persona così seria,» fece la battuta lui con un largo sorriso.
    Severus provò a non roteare gli occhi ma fallì. Meno male che nessuno lo stava guardando.
    «Tuo padre era un eccellente giocatore di Quidditch. Non sarei sorpreso se tu seguissi le sue orme. Potrai fare un provino per giocare con la tua Casa quest’anno,» continuò Sirius.
    «Forse,» concordò Harry, ma Severus era in grado di dire che non lo dicesse di cuore, sebbene era evidente che era rimasto toccato dal sentire di James.
    Da lì, l’apertura dei regali grazie al cielo finì e venne portata la torta.
    «Ehi, Dobby!» Salutò Harry mentre Dobby e altri due elfi domestici si fecero avanti portando una gigantesca torta.
    Severus si domandò se esistesse ancora della glassa nel mondo dopo la creazione della torta davanti a loro. Gli elfi si erano evidentemente superati.
    «Ciao, Padron Harry, Signore!» Lo salutò entusiasta Dobby mentre manteneva la torta in equilibrio spostandola sul tavolo. «Dobby spera che al padrone e ai suoi amici piaccia la torta!»
    «Ne sono sicuro, Dobby, ha un aspetto grandioso,» rispose Harry, facendo gonfiare d’orgoglio Dobby e gli altri elfi.
    Con la torta vennero altre chiacchiere che Severus evitò abilmente, sebbene non fosse avverso ad origliare, in special modo nel momento in cui Black e Remus si avvicinarono ad Harry quando la festa stava per finire.
    «Spero che ti godrai la tua nuova scopa, Harry,» iniziò Sirius, un po’ timidamente. «So che alcuni possono considerarlo un regalo un po’ eccessivo, ma considerando quanti tuoi compleanni mi sono perso...»
    «Penso che sia splendida. Grazie ancora,» fece Harry, scoccando un’occhiata a Remus che stava accanto a Black.
    Neville e gli altri ragazzi si stavano preparando per andarsene o stavano educatamente lasciando un momento tranquillo a Harry e al suo padrino.
    «Il piacere è stato mio, Harry,» disse Sirius con un sorriso.
    Severus si chiese se Black si rendesse conto che stava fissando il ragazzo con aria stupida. Probabilmente no.
    «Assomigli così tanto a James, sai,» Commentò brusco Sirius. «A parte per gli occhi. Gli occhi di Lily.»
    Harry spostò il peso da un piede all’altro, sentendosi comprensibilmente imbarazzato.
    «Allora, Remus mi ha detto che sei stato smistato in Hufflepuff,» continuò Sirius, senza dubbio rendendosi conto di come stava facendo sentire Harry e decidendo di cambiare argomento. «Lo ammetto, sono un po’ sorpreso che il figlio di James sia un ‘Puff
    «Molte persone sono rimaste sorprese,» disse Harry stringendosi nelle spalle. «Ma l’ho detto che il cappello mi ha messo nella Casa più giusta per me, ed era Hufflepuff.»
    «Allora com’è la Professoressa Sprite come Capo-Casa? Non lo era quando io ero uno studente.»
    «È grandiosa! Sono felice che sia la mia Capo-Casa,» rispose Harry.
    Severus si chiese come mai il ragazzo non facesse commenti sulle lezioni che Pomona gli stava dando sul controllo magico. Ah, beh, erano affari suoi.
    «È la tua professoressa preferita?» Chiese Sirius, interessato.
    «Beh, mi piace davvero molto il modo in cui insegna, ma il mio professore preferito in realtà è il Professor Piton.»
    Uh-oh… la cosa stava diventando molto interessante.
    Severus rimase dov’era, continuando a sperare che Black non guardasse dalla sua parte.
    Non lo fece. Era troppo esterrefatto.
    Remus non sembrò sorpreso dalla scelta di Harry, ma stava guardando Sirius preoccupato.
    Hmm, così l’ex lupo non aveva avvertito l’amico, ponderò Severus.
    «Piton?» Riuscì a dire Black.
    Harry annuì, fraintendendo l’espressione di Black come confusione invece che shock.
    «È straordinario. È il Capo-Casa di Slytherin e insegna Pozioni. È lui che mi ha regalato quel libro sulle pozioni medicinali e a Neville quello sulle erbe essenziali. Mi ha aiutato tantissimo. Lui è il motivo per cui ho cominciato con i Serpincanti e mi ha anche aiutato ad avere Coral, vedi?» disse, mentre Coral si affacciava con la testa dalla sua manica. Harry fece un’improvvisa pausa, e Severus fu in grado di capire che Coral gli aveva detto qualcosa.
    Per fortuna, prima che la situazione potesse degenerare, Silente approfittò del momento per avvicinarsi ad Harry. Severus non era sicuro se esserne sollevato o deluso.
    «Pronto ad andare, Harry? I tuoi tutori ti stanno aspettando,» gli disse.
    «Sì, Signore,» rispose Harry, scoccando a Black una particolare occhiata prima di salutarlo con un cenno del capo.
    «Arrivederci, Sirius, Professor Lupin.»
    «Ciao, Harry,» fecero loro, sebbene Sirius sembrasse andare col pilota automatico.
    Non appena Harry fu condotto via dal Preside, Sirius guardò Remus mentre Severus continuò a sembrare disinteressato e inconsapevole della recente conversazione. Guardò Harry che salutava gli amici prima di partire.
    «Non è come me lo aspettavo,» ammise Sirius quando Harry sparì col Preside.
    «Ho cercato di dirtelo,» replicò Remus.
    Sirius fece una smorfia, gli occhi pieni di repulsione. «Ma… Piton?»
    Remus non disse nulla all’inizio, ma volse lo sguardo a Piton, che per fortuna non stava guardando verso di loro - sebbene riuscì a sentire quello sguardo su di sé.
    Remus raddrizzò la schiena, giungendo a una decisione.
    «Ha fatto molto per Harry, Sirius, gli ha anche salvato la vita. Penso che sarebbe nei tuoi migliori interessi accettare la cosa e non provare a fare nulla di sciocco. Non posso dire di conoscere Harry molto bene, ma so che è estremamente leale a coloro a cui tiene. È un Hufflepuff dopotutto. Penso sia ora di mettere da parte i vecchi rancori.»
    A Severus occorsero tutte le proprie capacità per non sobbalzare al sentire la dichiarazione di Remus. Da quando quell’uomo timido si era fatto crescere una spina dorsale e aveva iniziato a dire cose sagge con quel tono da “sarà-così-o-te-ne-pentirai”?
    Mantenendo altrove la sua attenzione posticcia, Piton fu parecchio tentato di lanciare un’occhiata per vedere la faccia di Sirius, ma decise di non rischiare. Dopotutto, era sufficiente la sua immaginazione.

O o O o O

    Harry prese a camminare insieme a Silente che aveva gentilmente rimpicciolito i suoi regali e glieli aveva messi in un sacchetto.
    Questo era di gran lunga uno dei più bei giorni della sua vita, anche con l’incontro un po’ frastornante che aveva avuto col suo padrino. Era la prima festa di compleanno che avesse mai avuto e il fatto che fossero venute più persone di quante si sarebbe aspettato l’aveva resa ancora migliore. E anche se desiderava ancora che Draco fosse potuto venire, era stata una bella sorpresa vedere Susan e gli altri.
    «Allora, Harry, ti stai divertendo dai Flamel?» Chiese Silente quando giunsero al gargoyle davanti al suo ufficio.
    «Mi piace un sacco stare lì. Nicholas glielo ha detto? Mi ha aiutato a togliere un quarto del mio sigillo!» Disse Harry, orgoglioso.
    «Mi ha detto che avevi fatto dei progressi, ma non è entrato nel dettaglio… un quarto? Splendido!» Fece Silente, piuttosto eccitato per Harry. «Di certo renderà il mio regalo per te ancora più adatto.»
    «Regalo, Signore? Non doveva. Ha già permesso a me e Neville di fare la festa qui e-»
    «Sciocchezze, ragazzo mio, volevo farlo. Inoltre, ho avuto questo oggetto per oltre cento anni e non l’ho quasi mai usato nell’arco di un secolo. Voglio vederlo di nuovo all’opera, e dato che tu sei la sola persona che conosco che trarrebbe dei reali benefici dall’usarlo...»
    Questo ottenne l’attenzione di Harry, come Silente sapeva che sarebbe successo.
    «Che cos’è, Signore?» Chiese Harry.
    «Te lo mostrerò,» rispose lui, facendo strada su per la scala quando il gargoyle si fece da parte.
    Harry gli stette dietro, e Coral si affacciò dalla sua manica, anche lei curiosa, mentre entravano nell’ufficio.
    «Questo, Harry, è un Cubo di Modus**»
    Harry fece un passo in avanti, guardando l’oggetto che ora Silente teneva nella vecchia mano.
    Era un cubo di vetro trasparente, con strani piccoli ingranaggi e molle appesi all’interno, e delle bizzarre bollicine luminose che galleggiavano nel centro.
    «Mi è stato dato quando ero al mio quarto anno ad Hogwarts. Avevo avuto alcuni piccoli problemi con il sovrapotenziamento dei miei incantesimi - ad esempio nel mio dormitorio, d’inverno, ho lanciato un incantesimo riscaldante con cui ho dato fuoco alle tende del mio letto. Beh, il Preside di allora preferì evitare ogni ulteriore incidente, così fece in modo di farmi ottenere questo,» Albus sorrise al ricordo mentre Harry tentava di non rendere troppo ovvio il suo ghigno.
    «Ad ogni modo, quello che devi fare è lanciare qualsiasi incantesimo desideri sopra o contro il cubo. Possono essere usati anche semplici incantesimi da duello, poiché gli effetti dell’incantesimo sono completamente cancellati quando giungono in contatto con il cubo.»
    «E allora che cosa succede?»
    «Il cubo si illuminerà, e, a seconda della reazione, ti dirà se hai lanciato un incantesimo troppo o troppo poco potente. Ecco, prova a lanciare qualcosa. Qualsiasi incantesimo desideri,» lo incoraggiò Silente mentre poggiava il cubo su un angolo della scrivania.
    Harry sbatté le palpebre, prima di tirar fuori obbedientemente la bacchetta.
    :Ooo, prova quello che abbiamo scoperto la notte scorsa. Stupeficium!: Fece Coral, eccitata.
    :Ma non l’ho mai lanciato prima: replicò Harry.
    :Beh, una ragione in più per provare, allora: rifletté Coral. :Inoltre, è un incantesimo da duello semplice. Lo dice il libro:
    :Expelliarmus è più facile: Puntualizzò Harry.
    :Sì, però è un po’ noioso: Rettificò Coral.
    :Va bene, Se ti rende felice,: disse Harry, non vedendo l’espressione divertita di Silente.
    Silente comprendeva il Serpentese, dopotutto. Voldemort aveva reso necessaria tale conoscenza.
    «Quando sei pronto, Harry,» lo incitò gentilmente il Preside.
    Harry annuì, mordendosi il labbro inferiore mentre ricordava come agitare la bacchetta per l’incantesimo e quello che il libro suggeriva di fare per il primo tentativo.
    «Stupeficium!» Gridò.
    Un raggio rosso brillante eruppe dalla sua bacchetta, e Harry dovette sforzarsi per rimanere in piedi e non farsi catapultare all’indietro. Colpì il cubo, ma invece di essere scagliato giù dalla scrivania, l’oggetto vitreo succhiò il raggio come una spugna e non si mosse di un centimetro.
    D’improvviso, gli ingranaggi e le molle iniziarono a muoversi confusamente e le bolle rimbalzarono sulle pareti interne del cubo prima di essere di nuovo attratte verso il centro, tremanti. Si stabilizzò solo dopo che Silente vi ebbe poggiato la mano sopra.
    «Bene, direi che se avessi colpito qualcuno con quell’incantesimo, sarebbe stato fuori gioco almeno per il resto della giornata,» affermò il Preside.
    «Quindi l’ho sovraccaricato, giusto?» Chiese Harry.
    Silente ridacchiò. «Solo un po’, ma quando uno combatte per la propria vita, gli incantesimi sovrapotenziati di solito sono la cosa migliore, a meno che non sia un incantesimo che richieda un controllo molto preciso, o che la battaglia non debba durare molto.»
    «Lei si è mai trovato in queste situazioni?» Domandò Harry, incapace di trattenere la curiosità.
    «Sì. Molti incantesimi di trasfigurazione richiedono un grande ammontare di controllo, e usarli in un duello è una strategia pericolosa, ma molto utile. E in quanto al conservare l’energia durante un duello, alcune volte, ma è stato molto tempo fa, prima di Voldemort.»
    Harry annuì lentamente al sentirlo, cercando di immaginare una battaglia simile.
    «Bene, ora lascia che ti spieghi come interpretarlo,» disse Silente, rifocalizzandosi dopo un momento e indicando la cima della molla interna. «Devi sempre cercare di far rimanere stazionaria questa qui. Se vibra, va bene, ma se gira, come ha fatto stavolta, hai sovraccaricato l’incantesimo di almeno tre volte tanto. Le due molle più in basso rispetto a questa funzionano allo stesso modo, ma girano se lo hai sovraccaricato del doppio o al di sopra dell’ammontare per il singolo incantesimo, dipende se se ne muove una sola o tutte e due. Ricorda, dipende tutto da quanto vuoi diventare preciso in un particolare incantesimo. Ci sono solo alcuni incantesimi che vorrai lanciare sempre con esattezza -né più né meno potenti-, quindi non impazzire a cercare di diventare perfetto in ogni incantesimo. Non è necessario. Inoltre, come esercizio, per sviluppare il tuo controllo magico in generale, queste molle possono esserti molto utili. Le altre due sotto di queste ti dicono se hai caricato troppo poco l’incantesimo. Funzionano come le altre, ma indicano se l’incantesimo è a metà o a un quarto della potenza, invece che al doppio o al triplo, o al di sopra della singola potenza richiesta. Mi segui?»
    Harry annuì, rendendosi già conto dei vantaggi di un simile oggetto.
    «Ora, le bolle. Queste ti dicono quanto era concentrata la tua magia nell’incantesimo. Per esempio, Wingardium Leviosa richiede che la tua magia sia più concentrata che in Lumos. Questo è in parte il motivo per cui il movimento della bacchetta è così importante nell’incantesimo di levitazione. Esso permette alla tua magia di mantenere la propria “densità” mentre viaggia verso l’oggetto preso come bersaglio. Non mi inoltrerò nella teoria, perché la cosa si fa un po’ complicata, ma questo è l’essenziale.
    Con il tuo Stupeficium, le bolle si sono radunate un po’ verso il centro. C’era da aspettarselo, specialmente per qualcuno al tuo livello. La tua magia era tanto densa che avrebbe potuto colpire con efficacia un bersaglio lontano molti metri - direi tre dozzine - ma sarebbe stata facilmente deviata da uno scudo dell’avversario, come l’incantesimo Protego.»
    «Come influenzo la densità di un incantesimo?» Chiese Harry.
    «Beh, esiste un ampio dibattito al proposito. È leggermente diverso per ognuno, ma credo che emozione, intenzione e concentrazione giochino un grosso ruolo. Dovrai provare tu stesso per vedere che cosa ha più influenza sugli incantesimi per te. Anche Perenelle potrebbe avere dei suggerimenti. Lei la pensa in modo diverso da me.»
    «Grazie, Signore. Questo mi sarà d’aiuto di sicuro.»
    «Il piacere è stato mio, Harry. Sono felice che sarà di nuovo utile a qualcuno,» fece Silente.
    Harry sorrise, prima che i suoi pensieri si dirigessero altrove.
    «Hai qualcosa in mente, Harry?» Domandò Silente.
    «No, beh, sì, suppongo di sì,» ammise lui mentre il Preside continuava ad attendere. «Beh, mi stavo solo chiedendo, insomma, so che non sono proprio affari miei, ma… Mi stavo solo domandando se lei sta bene dopo… quello che è successo.»
    Harry stava trovando molto difficile incontrare lo sguardo di Silente ora, imbarazzato nell’aver posto quella che sentiva fosse una domanda piuttosto personale.
    «Perché non me lo dici tu?» Gli chiese Silente, spostandosi per tornare a sedersi su una delle sedie laterali e facendo cenno ad Harry di avvicinarsi mentre metteva di nuovo il Cubo di Modus sull’angolo della sua scrivania.
    Harry si avvicinò lentamente, non proprio certo di che cosa gli stesse dicendo Silente.
    «Sono stato colpito qui,» disse Albus, indicando l’ammaccatura irregolare in cima al suo sopracciglio, al limite dell’attaccatura dei capelli. Non vedeva alcuna ragione per indorare la sua recente ferita. Il ragazzo ne sapeva più di molti altri su ciò che era accaduto quella notte, e il vecchio sentiva che essere onesto e diretto fosse meglio che provare a girare intorno a quanto gli era accaduto. «Il Dottor Price mi ha operato e ha rimosso i frammenti ossei qui,» continuò, tracciando dove era stato inciso per l’intervento, ovvero sopra e intorno alla tempia fino a oltre il sopracciglio - Madama Pomfrey si era premurata di curarlo dopo, e anche di rimettergli i capelli in quel punto.
    «”Dottore”? Quindi non è stato visitato da dei Guaritori?»
    «No, sono andato in un ospedale babbano. Il Professor Piton e gli altri hanno creduto che il mondo babbano fosse un luogo migliore in cui cercare una cura, poiché loro hanno una maggiore esperienza nel trattare gravi traumi interni. Avevano ragione. I babbani hanno degli equipaggiamenti notevoli.»
    «Allora le hanno fatto una risonanza magnetica o una TAC?» Chiese Harry mentre Coral sollevava la testa.
    Silente sbatté le palpebre, un po’ sorpreso dalla domanda e impressionato che Harry conoscesse le macchine.
    «Una TAC. È stato così che hanno scoperto dove fossero i frammenti ossei. Li ha anche aiutati a decidere come fare l’intervento. La scansione mostrava un’immagine dettagliata dell’interno della mia testa, sai.»
    Harry annuì, pensieroso.
    «Hai di nuovo quello sguardo. A che cosa stai pensando adesso?» Chiese Silente, divertito.
    «Beh, mi stavo solo chiedendo che cosa vedrebbero i dottori se facessero una TAC ai Paciock,» disse Harry semplicemente. «Voglio dire, quando ho provato a vedere che cosa avevano che non andava, a Natale, ho ricevuto molte immagini dei loro nervi e dell’interno delle loro teste. Hanno un sacco di tessuto cicatrizzato e è stato molto difficile distinguere i dettagli, in parte perché non sapevo che cosa stavo guardando. Ho fatto qualche ricerca, e alcune immagini hanno un senso ora, ma ad essere sinceri… sono ancora un po’ perso.»
    «Hmm, anch’io mi chiedo che cosa potrebbero vedere i dottori...» Ammise Silente pensieroso. «Forse riuscirò a organizzare qualcosa con il Dottor Price in futuro, sebbene dovrei prima ottenere il permesso di Augusta, naturalmente.»
    Harry annuì con entusiasmo. «Neville sarebbe così felice se potessero andare dal Dottor Price, e forse se mi fosse mostrato qualche dettaglio in più di ciò che non va, potrei sistemarlo!»
    Silente sorrise tristemente. «Vedremo, Harry. Non sperarci troppo, comunque. I Paciock sono rimasti lesionati per un periodo di tempo molto lungo. Anche con le tue straordinarie abilità, certe cose non possono essere aggiustate.»
    Harry si rattristò rapidamente a quelle parole e annuì. «Sì, lo so, ma… non vuol dire che non posso provare, giusto?»
    Silente annuì con dolcezza, intimamente stupito dal desiderio incrollabile del ragazzo di aiutare con ogni briciola del suo potere.
    «Beh, Harry,» disse Silente dopo un momento, quasi tutta la sua serietà svanita.
    «Saresti così gentile da darmi la tua diagnosi del mio recupero fino ad ora? Devo ammetterlo, sebbene mi fidi del Dottor Price, avere una seconda opinione mi sarebbe di conforto.»
    «Certo, signore,» rispose Harry, sollevando la mano e mettendola gentilmente sulla tempia del Preside.
    Mentre mormorava in serpentese sottovoce, le immagini gli lampeggiarono subito nella mente. Dal punto di ingresso, riuscì a vedere quattro tracce di cicatrici. Ipotizzò correttamente che fossero state causate dai frammenti ossei. Due erano superficiali e terminavano in piccolissime gocce di cicatrici circondate da leggere contusioni sull’organo cerebrale. La terza finiva un po’ più oltre. Riuscì anche a distinguere il leggero segno del lavoro del Dottor Price, aree che si stavano riprendendo dalla necessaria procedura invasiva. L’ultima traccia invece finiva dietro l’occhio destro dell’uomo e mostrava una quantità notevolmente maggiore di guarigione necessaria. Il tessuto circostante, in particolare al di sotto e di fronte a dove si era fermato il frammento, era un miscuglio di materia cerebrale in fase di recupero, cicatrici, e minuscole sacche di sangue e lividi. Nonostante tutto ciò, non vide nulla che inviasse segnali d’allarme o che lo facesse fermare preoccupato o interessato. Tutto sembrava in buone condizioni, come ci si sarebbe aspettati, considerando quello che Harry sapeva sulle ferite al cervello e il suo intuito medico. C’era ancora molto poco gonfiore ancora presente (il che non era una sorpresa) ma nel complesso era una testimonianza positiva delle capacità dei dottori babbani.
    Dopo aver assimilato le immagini, Harry le riferì a Silente.
    «Straordinario,» disse il Preside, mai stanco di vedere le prove dei Serpincanti eccezionali di Harry.
    «Um, vuole che provi a curare ciò che posso?» Chiese Harry.
    «Hmm, se lo desideri. Il Dottor Price è fiducioso che io possa guarire abbastanza bene anche da solo adesso, ma il tuo aiuto sarebbe molto apprezzato, se sei a tuo agio nel farlo.»
    «D’accordo,» replicò Harry, sollevando di nuovo la mano con Coral con un sorriso dolce. «Mi concentrerò solo sui lividi. Non penso di poter aiutare con le altre cose, e non vorrei fare pasticci nel provare.»
    «Molto bene, Harry.»
    Solo in seguito Silente ci avrebbe ripensato e avrebbe avuto dei dubbi sulla saggezza del permettere ad Harry di curare una ferita così delicata, ma in quel momento non sentiva alcun disagio nel concordare di lasciarlo tentare. E anche dopo, quando se lo fosse chiesto, sarebbe stato incapace di dire se avesse dovuto agire in modo differente o che quella fosse stata una cattiva decisione.
    E così Harry fece del proprio meglio per alleviare il gonfiore e le contusioni rimaste. Era un compito strano, ma il ragazzo assorbì tutto ciò che stava imparando per poter assistere, forse un giorno, i Paciock. Si prese cura più che poté dei lividi, ma non voleva causare troppo cambiamento tutto in una volta. Non era certo che, se avesse accidentalmente fatto muovere una qualsiasi cicatrice, questo avrebbe danneggiato qualcosa, e sapeva già che aveva influenzato in modo minimo l’afflusso di sangue in alcune aree. Non c’erano coaguli di sangue, ma rilasciare anche la più piccola quantità di pressione (dovuta a lividi e gonfiore) su un’arteria o un capillare aveva un impatto sulla zona circostante.
    Allontanando la mano, Harry e Coral trovarono Silente reclinato sulla sedia con gli occhi chiusi, che respirava lentamente.
    «Grazie, ragazzo mio. Non sapevo di avere un costante dolore sordo fino a quando non è svanito. È un così piacevole sollievo ora che non c’è più.»
    Harry sorrise. «Prego, signore.»
    Una volta che Silente si fu ripreso, o meglio si fu abituato alle proprie condizioni migliorate, recuperò la passaporta di Harry e il ragazzo tornò dai Flamel.

O o O o O

    Il Signor Lee, ex licantropo e membro attivo della Confederazione Internazionale dei Maghi, si sedette al suo tavolino e sollevò la penna.
    Era appena tornato da una riunione con l’ICM. Era stata l’ultima dell’estate e la prima a cui Albus Silente aveva partecipato dopo il suo duello con Voldemort.
    I rappresentanti erano stati rapidi ad applaudire la determinazione e la risoluzione del loro Capo, e veloci a condannare le azioni del Signore Oscuro e dei suoi seguaci. Era molto di più in realtà di quanto il Signor Lee si sarebbe aspettato, ma sfortunatamente non portava a un bel niente.
    Anche se le loro dichiarazioni e le parole gentili verso Silente e il Ministero erano una sorpresa e una piacevole differenza rispetto a come avevano gestito la cosa l’ultima volta che Voldemort aveva causato terrore, Lee sapeva che l’ICM non avrebbe fatto nulla di più - a meno che altre nazioni non fossero state minacciate o che lo Statuto di Segretezza non fosse stato in serio pericolo.
    Il Signor Lee rise di loro. Nonostante quello che dicevano i politici, per convincere il pubblico e loro stessi che l’esistenza della magia non fosse in pericolo di venire scoperta dal mondo babbano, lo Statuto di Segretezza era. in. pericolo.
    E nonostante i tentativi di qualcuno (incluso lui stesso e Silente) di convincere la maggioranza dell’ICM che Voldemort non era solo una minaccia per l’Inghilterra, ma per l’esistenza stessa del mondo magico, l’avvertimento cadeva nel vuoto.
    Oh, i membri annuivano alle parole preoccupanti e elargivano commenti incoraggianti e parole di compianto per la sofferenza della Britannia, ma niente di più. Apparentemente, il poco che avevano fatto (concordare che Voldemort fosse un uomo malvagio) era abbastanza per loro.
    Il Signor Lee sospirò. Chiunque poteva dire che un atto fosse malvagio e condannarlo tutto il giorno, ma ciò non avrebbe impedito al colpevole di continuare. Non salvava delle vite. Sebbene riconoscere il misfatto fosse il primo passo, non doveva finire lì. Bisognava portare a termine la cosa, dovevano esserci impegno e volontà di usare la forza necessaria - e con Voldemort, la forza era necessaria.
    Il Signor Lee aveva le sue risorse, e si rifiutava di voltare le spalle a colui cui lui e così tanti altri dovevano la loro immortale alleanza - Harry Potter.
    E così, era per questo motivo che stava sollevando la propria penna a inchiostro e poggiava la sua punta sulla carta. Era il motivo per cui aveva contattato i propri alleati. Era il motivo per cui aveva avvertito la sua famiglia.
    Voleva apportare aiuto incondizionato.
    Il tempo di girarsi i pollici era finito.

O o O o O

    Severus chiuse gli occhi mentre si sedeva e faceva roteare una pozione calmante nel bicchiere.
    Erano le due del mattino del primo Settembre.
    La ferita di Voldemort era finalmente guarita, ma il Signore Oscuro ora stava soffrendo per un malessere “sconosciuto”. Ovviamente, Severus sapeva che era un’infezione causata dai residui ancora presenti nel corpo del pazzoide, ma non poteva dirlo.
    No, aveva dovuto mentire in faccia al mostro, affermando che non era ancora certo di quale fosse la causa, ma che sospettava che il trattamento iniziale della sua ferita (eseguito da Bellatrix) potesse essere coinvolto.
    Aveva lasciato la stanza, promettendo di venire a capo della cosa mentre si sforzava di mantenere ogni traccia di emozione completamente sepolta, e intanto sentiva Bellatrix piagnucolare dietro di lui.
    Questo era accaduto due notti prima, ma non era questo ciò che lo preoccupava al momento. Riusciva a percepire che stava per arrivare qualcosa. Voldemort stava pianificando qualcosa.
    Qualcosa di orribile.
    Era appena tornato da Villa Yaxley dopo aver tentato di “aiutare” il Signore Oscuro a venire fuori dal suo malessere.
    Durante la sua visita, Voldemort era stato stranamente calmo, nonostante la febbre e il disagio costante. Quando Severus aveva lanciato gli incantesimi diagnostici, era stato in grado di sentire che la magia di Voldemort stava pulsando d’anticipazione, e Severus sapeva per esperienza che non era mai un buon segno.
   
   «Severus,» sibilò Voldemort.
    «Sì, mio Signore?» Chiese Severus dopo essersi voltato per prendere una pozione antidolorifica.
    «La magia dei bambini è naturalmente neutrale e molto duttile. È il motivo per cui, in tempi antichi, venivano fatti certi… rituali. Sono convinto che sia il momento di utilizzare di nuovo un tale potere, giusto?»
    «Voi, mio Signore, avete i mezzi per fare tutto ciò che desiderate e anche di più. Sono onorato di poter essere un testimone,» Severus rispose affabilmente.
    Voldemort ghignò.

   
    Severus chiuse gli occhi, mentre le implicazioni delle parole di Voldemort si schiantavano violentemente nel suo stomaco. Qualunque fossero i suoi piani, il Signore Oscuro aveva già accesso ad alcuni bambini - bambini che riteneva sacrificabili.
    E, quello che era peggio, era che Severus non sapeva dove fossero tenuti i bambini. La mano di Severus si fermò, il liquido nel bicchiere si rovesciò colando oltre il bordo mentre l’uomo si impegnava in un corso d’azioni.

O o O o O

    Le ultime settimane dell’estate erano trascorse in fretta, e Harry riusciva a stento a credere di essere già sul treno.
    I Flamel avevano mantenuto la parola e avevano tenuto una piccola festa di compleanno privata per lui, solo loro tre. Era stato più di qualunque cosa Harry si aspettasse, e non perché era stata eccitante o imponente. Era stata tranquilla e personale, un momento di cui Harry avrebbe fatto tesoro per il resto della sua vita.
    Non si era mai sentito così accudito o amato da nessuno prima. Si chiedeva se questo fosse quello che voleva dire essere una famiglia.
    Sirius Black gli aveva scritto qualche volta, e sebbene lui gli avesse risposto, sinceramente non sapeva che cosa dire a quell’uomo. Sembrava abbastanza simpatico e onesto, ma relazionarsi con lui… era una sfida. Harry proprio non vedeva l’attrattiva nel Quidditch. Certo, era un gioco fico, e gli piaceva guardare le partite, ma il livello di evidente ossessione che Sirius aveva per il gioco era proprio oltre le capacità di Harry. Era riuscito anche a capire dalle risposte dell’uomo che Sirius stava avendo delle difficoltà a relazionarsi con i suoi “hobby” - senza parlare poi del fatto che non citava mai nemmeno il nome del Professor Piton. Quindi, i problemi c’erano da entrambi i fronti. Harry si chiedeva se sarebbero migliorati.
    In quanto al Cubo di Modus, lui e Nicholas ne fecero un buon uso, per stabilizzare l’aumento del suo potere e per incrementare il controllo complessivo sugli incantesimi, mentre Perenelle criticava gentilmente i metodi di insegnamento di suo marito e i metodi di concentrazione di Harry. Questo alla fine portò Perenelle a insegnare ad Harry come duellare, durante le due ultime settimane dell’estate, cosa che divertì Harry immensamente. Nel frattempo, Nicholas aveva promesso ad Harry che avrebbe iniziato a insegnargli l’Alchimia durante le vacanze scolastiche.
    Harry riusciva a malapena ad aspettare e si ritrovò a pensare che un posto diverso da Hogwarts poteva essere la sua casa.
    «Ehi, Harry,» disse Neville, entrando nello scompartimento con una ragazza bionda.
    «Ciao,» fece Harry, guardando interrogativamente la ragazza.
    Il mantello nero senza stemmi la distingueva come una del primo anno, e il suo sguardo sognante la faceva apparire ancora più spersa di quanto si era sentito lui l’anno prima quando era entrato nel mondo magico.
    «Oh, questa è Luna Lovegood,» la presentò Neville. «Sembrava un po’...» Si interruppe, non sicuro di come finire la frase senza correre il rischio di insultare la ragazza.
    «Ciao, Harry Potter. Neville è stato così gentile da scortarmi via dai Pasticcioli Malatini***. Si radunano sotto i binari dei treni e possono succhiarti di sotto, sai,» disse lei semplicemente.
    «Ehm, ciao. Siediti pure se vuoi. Ho preso abbastanza caramelle per tutti,» fece Harry, arrischiando verso Neville un’occhiata tipo “dice sul serio?”.
    Neville si strinse nelle spalle e prese una Cioccorana che Harry gli stava offrendo, mentre Luna si sedette accanto a lui.
    Qualche istante dopo, arrivarono Draco, Vince e Greg.
    «Ehi, Draco,» salutò Harry, offrendo dolci anche a loro.
    «Ehi,» replicò Draco, buttandosi sul sedile di fianco al suo mentre Greg sedeva accanto a lui e Vince dall’altra parte rispetto a Neville.
    Guardarono a malapena Luna. Lei non sembrò disturbata.
    «Bella estate?» Chiese Draco dopo un boccone.
    «Eccellente,» rispose francamente Harry. «La migliore che abbia mai avuto.»
    Draco sembrò un po’ sorpreso. «Quindi nessun problema coi tuoi parenti?»
    «Oh, non vivo più con loro,» disse Harry, rendendosi conto che molto poche persone sapevano che era stato affidato a nuovi tutori. «Vivo da un’altra parte ora, ma non posso dire dove né con chi, scusate.»
    Draco e gli altri sbatterono le palpebre - anche se Neville lo aveva saputo il giorno della festa.
    «Beh, è una buona cosa. Almeno sono magici, giusto? E sono simpatici?» Chiese Draco.
    «Oh, sono assolutamente magici, e sono molto simpatici. Sapete, penso… beh, credo che potrei voler rendere la mia permanenza con loro permanente,» disse Harry con gioia.
    «È fantastico, Harry,» fece Neville.
    «Sono felice che Silente sia rinsavito e che ti abbia mandato in un posto migliore,» fece Draco con un cenno deciso.
    Harry decise di non tirar fuori il fatto che era stato rapito, portato da Voldemort, e attaccato da un licantropo, e che questo era il motivo per cui era stato posto con nuovi tutori. Gli stava bene che l’incidente non fosse di conoscenza pubblica, e non era più qualcosa di importante. Era accaduto così tanto da allora.
    Poco dopo iniziarono a chiacchierare di piccole cose, e Luna venne presentata a Draco e agli altri. Non parlarono di Voldemort o di nulla neanche lontanamente così serio. Invece, furono felici di parlare delle cose divertenti che avevano fatto durante l’estate e di che cosa volevano fare in quell’anno scolastico. Prima che se ne accorgessero, il treno cominciò a rallentare ed era ora di scendere.
    Come l’anno prima, Hagrid stava chiamando a sé quelli del primo anno, e i Prefetti stavano radunando il resto degli studenti per guidarli alle carrozze.
    Harry e Neville rimasero insieme, mentre Draco, Vince e Greg raggiunsero il resto degli Slytherin. Comunque, Harry e Neville furono presto raggiunti da Susan e Hannah.
    «Di qua,» li guidò un ragazzo dai capelli rossi, un Prefetto Gryffindor, facendoli avvicinare alle carrozze che li aspettavano.
    «Che cosa sono quelli?» Chiese Harry, fissando le creature di fronte alle carrozze mentre Coral si affacciava a vedere.
    «Cosa?» Chiese Susan.
    «Questi cavalli raggrinziti di fronte alle carrozze,» disse Harry, indicandoli. «Non dirmi che non li vedi.»
    :Io li vedo, Harry: gli assicurò Coral.
    «Io non vedo nulla,» fece Hannah, mentre Ernie e alcuni altri Hufflepuff si avvicinavano.
    «Io li vedo, Harry,» affermò Neville. «Ma non so che cosa sono.»
    «Vedere cosa?» Domandò Ernie, guardandosi intorno nella speranza di scorgere ciò di cui stavano parlando.
    «Ragazzi, voi non riuscite a vederli?» Chiese Harry, confuso.
    Le persone intorno a loro si erano fermate, e stavano causando un certo ingorgo, così tanto che arrivò un Prefetto.
    «Che sta succedendo qui?»
    Era di nuovo il Gryffindor dai capelli rossi. Harry pensava che il suo nome potesse essere Percy - forse?
    «Che cosa traina le carrozze?» Chiese Harry, ora un po’ esasperato.
    Percy sollevò un sopracciglio, confuso. «Nulla traina le carrozze. Sono incantate per muoversi da sole da quello che ne so.»
    «No, c'è questa specie di cavalli con ali di pipistrello,» fece Neville, inserendosi nel discorso. «Sono davanti a tutte le carrozze.»
    «Beh, non so che cosa dirvi-» cominciò lui, solo per fermarsi quando altri due Prefetti si avvicinarono, un ragazzo Hufflepuff e una ragazza Ravenclaw.
    «C’è qualcosa che non va?» Chiese l’Hufflepuff.
    «Questi due dicono che ci sono delle creature che trainano le carrozze,» spiegò Percy.
    L’Hufflepuff sospirò e la Ravenclaw guardò Harry e Neville con compassione.
    «Oh, poverini, essere in grado di vedere bestie del genere alla vostra età!» Disse la Ravenclaw. «Anche se, tutto considerato...» continuò, scoccando un’occhiata alla fronte di Harry. Per fortuna, fu abbastanza sveglia da non finire la frase.
    «Cosa?» Chiese Percy, perplesso. Lo stavano ignorando.
    «Si chiamano Thestral. Solo le persone che hanno visto la morte riescono a vederli,» spiegò l’Hufflepuff.
    «Riesci a vederli?» Domandò Neville.
    «No, non ho visto morire nessuno, ma so che i Thestral sono reali. Sono caduto addosso a uno di loro al mio terzo anno. Per fortuna, qualcuno che riusciva a vederli mi ha spiegato che cosa avevo toccato. Sono creature gentili, ma di solito vengono temute per la… cosa della morte.»
    Harry annuì piano. «Grazie per averci detto che cosa sono.»
    «Nessun problema. Ora andiamo al castello prima che inizino la cena senza di noi,» fece lui.
    Mentre salivano sulla carrozza, Harry guardò fuori dal finestrino e osservò il castello.
    Neville entrò dopo di lui mentre poco dopo li seguirono Justin, Ernie, Hannah, e Ernie.
    «Mi chiedo chi altro possa vederli,» disse Susan, facendo fare delle supposizioni ad Hannah e agli altri.
    «Se non vi dispiace rispondere...» Cominciò Ernie, guardando Harry e Neville dopo che la carrozza aveva preso a muoversi. «Chi è che voi ragazzi… avete visto…?»
    «Mio nonno,» rispose Neville piano.
    Harry continuò a guardare fuori dal finestrino, domandandosi che cosa avrebbe dovuto dire, o se avesse dovuto rispondere.
    Sapeva chi aveva visto morire. Greyback.
    Riusciva a sentire gli altri che lo guardavano adesso, aspettando che rispondesse. Chiuse gli occhi.
    «Va tutto bene, Harry. Non devi dirlo,» fece Susan.
    Ernie sbiancò, d’improvviso ipotizzando che quella che Harry aveva visto morire fosse sua madre. «Mi dispiace, Harry, non avrei dovuto chiederlo. Sono stato stupido.»
    «Non era mia madre,» mormorò Harry, incapace di sopportare di lasciarli pensare una cosa del genere.
    «È stato… qualcun altro.»
    Questo, ovviamente, gli fece ottenere la loro totale attenzione, facendo svanire la precedente esitazione.
    «Chi?» Alitò Hannah.
    Harry deglutì, sapendo che ora doveva dire qualcosa. «Non posso rivelarlo, ma credetemi quando vi dico che nessuno sentirà la sua mancanza,» affermò Harry. «Non ditelo a nessuno. È successo quest’estate. Silente e il Ministero lo sanno, ma non voglio che lo scopra la Stampa. Inoltre, con Voldemort, hanno già abbastanza su cui scrivere.»
    «Ovviamente, Harry. Lo promettiamo,» fece Ernie.


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Note della traduttrice:

    * Sebbene comunque la scopa in sé possa ricordare a Harry dell’incidente, dubito che sia stata proprio l’ultima volta, a meno che le lezioni di volo del primo anno non si fossero limitate alla prima, cosa che ritengo improbabile.
    ** Il nome originale è Modus Cube. Cercando su internet ho trovato riferimenti a un puzzle tipo Cubo di Rubik, a lampade, vasi o sgabelli. Non so se l’autrice lo abbia inventato o abbia attinto a una tradizione precedente, se qualcuno avesse informazioni in merito sarebbe cosa molto gradita :)
    *** Il nome originale è Minisic Flubsies, ho tentato di trovarli ma penso siano inventati dall’autrice.
   


Nota dell’autrice: Silente che capisce il Serpentese - in un’intervista, la Rowling ha affermato che “Silente comprende il Maridese, il linguaggio dei Goblin e il Serpentese. Quell’uomo era brillante.” Da ciò, l’autrice assume che sia possibile imparare a capire il Serpentese, ma invece parlarlo è impossibile o estremamente più difficile.



Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Vera natura.




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Capitolo 27
*** Vera Natura ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 27: [True Colors] Vera Natura

    Severus guardò entrare gli studenti del primo anno, il suo sguardo scorreva i loro volti, alcuni di essi era giunto a conoscerli bene.
    Ginny Weasley fu la prima su cui si concentrò involontariamente. Era stata una combattente feroce nella Resistenza di Potter. Era praticamente la versione della Luce di Bellatrix. Purtroppo, Bellatrix aveva vissuto più di lei di nove mesi. Ginny era stata uccisa da Avery mentre difendeva un rifugio dai Mangiamorte.
    Severus distolse gli occhi, non volendo permettersi di ricordare il modo in cui avevano ritrovato i corpi laggiù. Il suo sguardo si posò su Luna Lovegood, che osservava sognante il soffitto mentre i ragazzi si spostavano sul davanti. Era sopravvissuta, per quanto ne sapeva Piton, fino a prima che Harry lo rimandasse indietro col circolo runico. Aveva scortato la gente attraverso le linee nemiche fino a dei luoghi sicuri e si era concentrata soprattutto sulla ricollocazione dei bambini (che erano per lo più orfani). Era il suo forte. Non era una combattente potente, ma la sua forza stava in qualcosa spesso molto più utile, specialmente quando le cose si mettevano male.
    Mistificazione e illusione.
    Severus avrebbe giurato che se la ragazza avesse avuto una forma di Animagus, sarebbe stata una volpe.
    Emise un lento, felice sospiro, sapendo che, nonostante tutto, il futuro aveva almeno una persona che avrebbe preso come unico scopo quello di preservare la generazione successiva. A prescindere da quello che sarebbe accaduto.
    Il suo sguardo vagò, per qualche ragione finendo su un minuto ragazzo accanto a lei. Colin Canon.
    Serrando la mascella, Severus fu disturbato dal vedere che questo Canon non era il Canon che ricordava così fastidioso ed eccitato. La prima cosa che notò fu l’assenza della macchina fotografica, e la successiva fu l’espressione desolata al posto di quella strabiliata che l’ultima volta il ragazzo aveva avuto praticamente per tutto il suo primo anno a Hogwarts. Non era affatto da lui, ma poi il pensiero lo colpì. Dennis Canon, il suo fratellino minore, era uno dei nove che erano stati rapiti.
    Severus chiuse la mano a pugno mentre tentava di non lasciare che la nausea improvvisamente sorta dentro di lui si mostrasse sul suo viso.
    Che cosa stava passando quel bambino in quel preciso istante? Era come Severus temeva? Era circondato da licantropi - forse ora anche lui uno di loro?
    D’improvviso, fu strappato ai propri pensieri dalla McGranitt che chiamava il primo nome.
    Andò come l’ultima volta, anche per Colin Canon, sebbene Ginny guardò con aria sconfitta verso il tavolo Hufflepuff. Severus scosse la testa. Sperò che quella cotta francamente idiota sarebbe passata più in fretta rispetto all’ultima volta*.
    Ignorando l’inizio degli annunci di quell’anno, ripensò a come questa giornata era trascorsa l’ultima volta. Doveva ammettere che stavolta era andato tutto più liscio. Nel suo futuro, Harry e Ron si erano persi lo smistamento e erano finiti a lottare per le proprie vite contro il Platano Picchiatore. Severus desiderava sul serio che quel coso venisse abbattuto, ma era stato piantato esclusivamente per procurare a Remus un passaggio segreto ed esclusivo fino alla Stamberga Strillante, così che potesse trasformarsi in modo sicuro lontano dalla popolazione studentesca. O almeno questo era stato l’intento.
    Severus scosse la testa, lasciando saggiamente perdere. Non importava; era una vita fa.
    «Dopo secoli di insegnamento devoto, il Professor Binn si è dimesso; comunque, offrirà sessioni private di tutoraggio nella biblioteca, se qualcuno sarà interessato,» annunciò Silente.
    A questo annuncio si sparsero varie risatine, ed anche commenti sarcastici sussurrati. Severus non poteva biasimarli.
    «Ora, lasciate che vi presenti la vostra nuova insegnante di Storia,» continuò Silente, voltandosi verso una donna accanto a Filius. «La Professoressa Cattermole.»
    Ci fu un applauso educato, sebbene Severus dovette sforzarsi.
    Mary Cattermole. Una strega Nata-Babbana che nel futuro era a malapena riuscita a scappare coi figli in Italia. Mary e i suoi tre bambini erano riusciti ad arrivare sin lì solo grazie a Luna. Suo marito, Reginald Cattermole, era stato ucciso presso la frontiera costruita di recente, mentre tentava di raggiungerli.
    Severus si rassegnò al fatto che avrebbe davvero dovuto sforzarsi di più e partecipare alle riunioni del personale di inizio anno, così non avrebbe avuto sorprese come questa, ma quando Voldemort chiama…
    Beh, sperò soltanto che il futuro dei Cattermole sarebbe stato migliore di quello originario.

O o O o O

    Harry e gli altri scivolarono di nuovo nella routine scolastica molto in fretta, anche se la prima mattina Harry ricevette una lettera curiosa. Fiducioso delle capacità di cernita degli elfi domestici, senza menzionare il fatto che Dobby stesso controllava tutte le sue lettere, Harry rimosse la busta dalla zampa del gufo.
   

Per: Sig. Potter J. H.
Da: Sig. Lee V. Q.


Interessato, e un po’ confuso dall’ordine in cui era scritto il suo nome, Harry proseguì e lesse la lettera.

Caro Signor Potter J. H.,
    non ti scrivo in veste di Rappresentante della Repubblica del Vietnam e nemmeno come Membro della Confederazione Internazionale dei Maghi, ma come un uomo che ti è grato e che vede che è tempo di ripagare in parte ciò che hai fatto per me.
    È giunto alla mia attenzione che potresti aver bisogno di aiuto contro alcuni licantropi rinnegati e un Signore Oscuro. È una sfortuna che le persone come te spesso ottengano nemici così implacabili, ma puoi trarre conforto dal sapere che ti sei fatto anche dei potenti alleati - forse più di quanto puoi comprendere.
    Non posso agire in veste ufficiale e politica, poiché non posso parlare per il mio paese e dichiarare guerra a nessuna fazione. Comunque, posso agire come un mago intenzionato a aiutarne un altro con cui ha un debito. La Legge Internazionale non può toccarmi in tal caso, e, dato che le tue azioni hanno influenzato altri oltre me, una volta che avrò messo in luce le mie attività sono sicuro che anche altri si faranno avanti e verranno in tuo aiuto, se ne avessi bisogno.
    In quanto all’aiuto specifico a cui mi riferisco, si tratta di pubblico supporto e informazioni. Capisco che molto di tutto ciò possa essere più di quanto tu sia in grado di gestire, ma, a prescindere dalla tua età, ti meriti il mio supporto e mi rifiuto di voltarti le spalle.
    Per favore, contattami se ti serve qualcosa. Mi impegnerò per aiutarti.
    Con Imperitura lealtà,

Lee V. Quan


Harry ovviamente si ricordava del Signor Lee. Era l’ultimo uomo che aveva curato dalla Licantropia alla riunione dell’ICM durante le vacanze di Natale. Comunque, portò la lettera al Professor Piton e gli chiese dei consigli.
    Il Professore sembrò sorpreso ma compiaciuto della lettera, e suggerì ad Harry di non avere remore nel chiedere cose al Signor Lee. In modo molto simile ai Malfoy, lui era in debito con Harry, e ignorare la sua offerta sarebbe stato offensivo. Inoltre, questa era un’opportunità che non doveva essere trascurata.
    Harry concordò, e scrisse al Signor Lee quella sera, ringraziandolo del suo supporto e chiedendogli che cosa intendesse esattamente con “informazioni” e “pubblico supporto”. Lee replicò il giorno seguente, affermando che possedeva un’ampia biblioteca di libri magici rari e molti contatti nel mondo magico, con cui poteva procurarsi una vasta gamma di informazioni. In quanto al supporto pubblico, disse che se mai ne avesse avuto l’occasione, e se Harry avesse approvato, avrebbe rilasciato delle dichiarazioni che avrebbero promosso in maniera positiva l’immagine pubblica di Harry - e una cosa del genere poteva essere uno strumento potente in qualsiasi conflitto**.
    Ovviamente, la risposta di Lee fu di nuovo un po’ oltre le capacità di Harry, che si ritrovò ancora a chiedere al Professor Piton il vero significato di tutto quanto. L’insegnante lo riassunse dicendo che Lee si stava offrendo come una sorta di intermediario pubblico, e considerando le credenziali di Lee sarebbe stato saggio accettare. Harry lo fece rapidamente. Il Signor Lee ne fu orgoglioso.
    Le lezioni del venerdì di Harry con la Professoressa Sprite continuarono, e anche i suoi fine settimana di assistenza in infermeria.
    Usò il Cubo di Modus un po’ con la Professoressa Sprite, ma i miglioramenti che riusciva a vedere davvero erano nei suoi Serpincanti. Erano di sicuro più forti di prima, più reattivi ai suoi intenti, così tanto che c’erano volte in cui si ritrovava a curare il paziente senza pronunciare nulla in Serpentese. Doveva solo pensarlo.
    Coral suggerì che fosse a causa di tutta la pratica che aveva fatto quando il sigillo era ancora interamente presente, e ora che un quarto era stato tolto, guarire era molto più facile di prima. Harry non poté non concordare con quell’affermazione, che aveva molto senso. Ma a prescindere dalle cause, Harry sentiva che era davvero giunto il momento di iniziare a fare ricerca sull’aspetto protettivo dei Serpincanti.

O o O o O

    Le settimane seguenti furono impegnative ma non più delle altre di un anno scolastico, o almeno era così per la maggior parte delle persone ad Hogwarts.
    La Professoressa Cattermole era un’insegnante di Storia dignitosa, o meglio, se paragonata a Binn era straordinaria, ma questo non era una sorpresa. Parlava di altro oltre alle guerre dei goblin e faceva veramente degli sforzi per imparare i nomi degli studenti. Nel complesso, i ragazzi non avevano lamentele. Harry si ritrovò a confrontarla con la sua maestra delle elementari, perché aveva una voce dolce e parlava loro in maniera semplice.
    Riguardo alle altre lezioni, furono molto simili a quelle dell’anno precedente. Il Professor Lupin rimase il professore di DADA, e mostrò loro le caratteristiche più sottili di maledizioni e fatture. Harry si divertì a provarle sul Cubo di Modus, che aveva mostrato a Neville, Justin, Ernie, Draco, Vince e Greg un fine settimana. Avevano provato tutti a usarlo, ma Neville era stato apparentemente l’unico a rimanere interessato anche in seguito - in parte perché il cubo indicava che aveva lanciato alcuni incantesimi con troppo poco potere.
    A parte le lezioni, Harry continuò la sua corrispondenza con Black. Rimasero ancora un po’ a distanza, ma si stavano conoscendo meglio, e Harry poteva dire che Sirius voleva ancora genuinamente conoscerlo. Harry desiderava soltanto che non gli ci volesse così tanta fatica - a entrambi.
    A parte questo, Sirius aveva iniziato da poco a cercare lavoro. I guaritori dicevano che gli avrebbe ridato una parvenza di normalità e gli avrebbe dato gli strumenti per “tornare a vivere”. Queste ultime novità avevano aperto ulteriori opportunità di conversazione tra loro, perlopiù perché Harry era curioso della sua vita prima di Azkaban - nello specifico su cosa faceva come Auror. Sfortunatamente, Sirius era inamovibile nell’evitare il Ministero ora. Non voleva lavorare in nessun modo in connessione con esso, figuriamoci per esso. Harry non poteva biasimarlo, ma la cosa lasciava Sirius con molte meno opzioni lavorative.
    Speravano che qualcosa sarebbe cambiato presto.
    Lee si tenne in contatto con Harry, mandandogli brevi messaggi ogni settimana circa, per lo più per tenerlo informato su qualsiasi informazione pertinente che potesse riguardarlo. Un esempio fu il progresso del vaccino per la Licantropia. Attraverso l’ICM, la cura si era sparsa nel globo già dagli inizi di ottobre. Ogni nazione ora aveva accesso alla cura e dei volontari istruivano gli ospedali magici su come somministrarla. Queste novità, ovviamente, erano piuttosto rilevanti, ma lo era di più il fatto che una certa quantità di nazioni stava raccomandando Harry per l’Ordine di Merlino, Prima Classe, e anche Severus Piton.
    Il Signor Lee fu diretto in proposito, dicendo che per lui era ora (la sua nazione aveva fatto la raccomandazione mesi prima). Aveva aggiunto anche che era certo che Harry avrebbe accettato di ricevere il riconoscimento entro la fine del mese. Aveva ragione.
    Purtroppo, a causa degli impegni scolastici, Harry avrebbe avuto bisogno di aspettare fino alle vacanze invernali per riceverlo. Comunque, questo non trattenne la Gazzetta del Profeta dallo sbandierare la notizia ovunque e di urlarla a petto in fuori con titoli in grassetto e articoli sfolgoranti. L’unico fattore positivo era che non avevano foto recenti di Harry.
    Harry gestì abbastanza bene l’improvviso afflusso di popolarità, sebbene la cosa potesse essere dovuta a Draco e agli altri che scoraggiavano le persone (almeno quelle della loro età) dallo straparlare del fatto quando lui era nei paraggi.
    «È comunque un grande traguardo, Harry,» fece Cedric.
    Erano nella sala comune, lavorando ai loro compiti di trasfigurazione.
    «Lo so, ma la gente non può lasciarmi stare e basta?» Disse Harry con un sospiro.
    «Harry, sei il più giovane ricevente dell’Ordine di Merlino mai esistito -e- è di Prima Classe. So che è fastidioso, ma guardala dal punto di vista degli altri. C’è un ragazzino del secondo anno che -nonostante la storia ingannevole- può usare i Serpincanti per guarire ferite gravissime e curare la Licantropia. Non solo, ma il ragazzo sta per ricevere un Ordine di Merlino, quando non aveva chiesto nulla in cambio. Per dirla tutta, Harry, chiunque altro avrebbe chiesto -cavolo, lo avrebbe preteso- un pagamento per curare centinaia di persone da una maledizione precedentemente ritenuta incurabile e indistruttibile. Ma di chiedere un pagamento o un premio non ti è mai nemmeno passato per la testa, vero?» Fece Cedric, scuotendo la testa, strabiliato.
    Harry fece un altro sospiro. «È solo che io non la penso in quel modo. Non so perché.»
    «Solo, non giudicare troppo male le persone affascinate da te. Che ti piaccia o no, sei una persona molto interessante e sbalorditiva,» affermò Cedric.
    Questo servì poco ad alleviare i sentimenti di Harry sulla questione.

O o O o O

    Severus non stava avendo una buona settimana.
    Con la divulgazione delle notizie sugli Ordini di Merlino per Harry e per sé, era nei guai - o almeno era certo di esserci o che ci sarebbe finito.
    Non era stato di conoscenza comune che fosse stato lui il responsabile della creazione del vaccino. Infatti, solo Madama Bones e una manciata di Guaritori del Ministero lo sapevano (oltre ai professori di Hogwarts). E, a quel tempo, Severus si era ritenuto fortunato per il fatto che la notizia della creazione del vaccino in sé per sé fosse più importante dell’identità del suo creatore - lui.
    Beh, ora il suo anonimato era andato.
    Guardando l’orologio, non poté impedirsi di fare una smorfia. Era ora di portare le pozioni a Voldemort.
    Mentre si dirigeva nella stanza del Signore Oscuro a Villa Yaxley, Severus evitò con fare esperto di avvicinarsi a tutti i licantropi, che, a giudicare dagli sguardi, non erano ammirati né felici per il nuovo ricevente dell’Ordine di Merlino.
    Si mosse in fretta dietro Yaxley, che gli indirizzò un ghigno divertito, prima di sparire negli alloggi del Signore Oscuro.
    «Ah, Severus,» alitò Voldemort.
    C’era sudore sulla sua fronte e le sue guance erano pallide - più pallide della sua carnagione naturale. Comunque, sedeva su una sedia, non era disteso a letto.
    «Mio Signore,» disse Severus con un inchino. «Credo di essere a una svolta, sebbene io non sia ancora riuscito a trovare una cura.»
    Voldemort gli fece cenno di avvicinarsi mentre scacciava Bellatrix.
    Severus le scoccò un’occhiata, trovando che la donna aveva difficoltà a mantenere immobili le mani e che la sua spalla destra aveva dei lievi spasmi.
    Prolungata esposizione al Cruciatus.
    Voldemort sfogava ancora la propria rabbia su di lei, credendo che fosse la responsabile del suo malanno.
Severus riuscì a stento a seppellire il suo perverso piacere a quella vista, prima di concentrarsi di nuovo su Voldemort.
    «Questa pozione dovrebbe aiutare nell’impedire alla malattia di progredire oltre, e queste dovrebbero ridurre la febbre e i disagi,» fece Severus, in parte mentendo mentre si inchinava davanti a Voldemort.
    La prima pozione non avrebbe impedito alla malattia di avanzare; invece, avrebbe dato l’apparenza che lo facesse, alleviando i sintomi mentre permetteva ai batteri di continuare a moltiplicarsi e di diffondersi indisturbati. Severus sperava che Voldemort avrebbe scoperto la verità troppo tardi.
    Non era sicuro che la sua malattia lo avrebbe proprio ucciso, ma era fiducioso che, almeno, se fosse progredita abbastanza avrebbe permanentemente danneggiato il suo corpo e, con un po’ di fortuna, la magia del pazzoide - infatti vedeva già dei segni di danni.
    La magia di Voldemort, sebbene potente, stava iniziando ad avere difficoltà nel tenere a bada l’infezione. La sua pelle, vicino a dove si trovava il proiettile, annidato nella costola risanata, era fragile e leggermente scolorita ora.
    Voldemort fece cenno a Severus di mettere le fiale sul comodino mentre si sollevava un po’ di più sulla sedia.
    «Severus, dimmi, se dovessi assorbire un apporto di magia neutra, queste pozioni avrebbero qualche reazione?» Chiese con voce setosa.
    «Non ne sono certo, mio Signore. Dovrei sapere qualcosa di più sulla fonte di questa magia neutra, quanto in fretta verrà assorbita e quanta sarà coinvolta nel passaggio,» rispose rapido lui.
    Voldemort sorrise, la pelle che gli si tendeva vistosamente sul volto magro.
    «Molto presto, ho in mente di usare i nove bambini per fortificare il mio potere. Questo afflusso rimuoverà anche questo… malanno,» disse, lanciando un’occhiataccia a Bellatrix che fece peggiorare i tic della donna.
    «Quindi, un rituale, mio Signore?» Chiese Severus, immettendo nella propria voce tutta l’ammirazione che il suo stomaco riuscisse a reggere.
    «Sì. Questo Halloween, la più magica delle notti,» rispose l’altro con orgoglio, ghignando.
    «Hmm,» fece Severus, pensando a come replicare. Decise di essere sincero. Non sapeva quanta ricerca avesse fatto Voldemort, e non poteva rischiare di commettere un errore adesso. «Le pozioni non dovrebbero avere alcuna reazione insolita, se assorbirete la magia individualmente da ogni bambino.»
    «Capisco. Molto bene allora, il rituale lo richiede comunque. Ti farò chiamare quando avrò bisogno di te.»
    Severus fece un piccolo sorriso d’approvazione. «Attendo con ansia di ricevere la vostra chiamata.»
    «Più del tuo Ordine di Merlino?» Chiese Voldemort dopo una breve pausa.
    Severus si irrigidì, riuscendo a malapena a mascherare il suo improvviso disagio.
    «Mio Signore, io-»
    Voldemort lo interruppe alzandosi e torreggiando su di lui. Severus rimase inginocchiato davanti a lui mentre alzava lo sguardo.
    «Severus, mio servitore, non hai bisogno di darmi spiegazioni. Sei molto astuto, forse più di qualunque altro Slytherin, a parte me. Ti sei posizionato bene, e hai conquistato più influenza di ogni mio altro seguace - dopotutto, il Ministero ti ha marchiato come eroe. Che cosa potrei chiedere di più? Quando saremo pronti a muoverci, potremo colpire al cuore del Ministero e del Mondo Magico.»
    Severus si inchinò ancora più profondamente, praticamente mettendo la fronte per terra.
    «La vostra approvazione è tutto ciò che cerco, mio Signore,» disse lui, calmando il proprio cuore martellante prima che Voldemort facesse un passo indietro e lo congedasse.

O o O o O

    Severus uscì dalla villa dopo essere andato a sbattere contro Tiger, dicendo sbrigativamente che doveva passare a Notturn Alley a prendere degli ingredienti per le pozioni e quindi non poteva rimanere a chiacchierare.
    Materializzatosi a Notturn Alley, non sprecò tempo a dirigersi verso il negozio che i più avrebbero evitato ad ogni costo; comunque, rallentò presto il passo quando sentì un tenue formicolio alla nuca.
    Qualcuno lo stava seguendo.
    Non si voltò a guardarsi indietro, poiché sarebbe stato da sciocchi. Invece, svoltò un angolo ed entrò in un vicoletto che sapeva avesse una buona probabilità di essere completamente vuoto. Richiamandosi in mano la bacchetta, sentì il suo inseguitore fare un passo nel vicolo. Severus si fermò, tenendo nascosta la propria bacchetta.
    «Perché mi stai seguendo?» Chiese Severus, la sua figura ferma tra le ombre. Ricevette in risposta solo un ringhio prima che un’ondata di magia si sollevasse verso di lui.
    Deviando l’incantesimo con uno scudo, si spostò di lato e si voltò, strusciando contro un disgustoso bidone dell’immondizia prima di lanciare un incantesimo a propria volta e di riuscire a identificare il suo assalitore.
    Era uno dei licantropi sotto il comando di Ardolf Lowell, che era uno dei due luogotenenti licantropi.
    «Ti punirò per quello che hai fatto!» Ringhiò il lupo mannaro.
    Mentre deviava un altro incantesimo, quest’ultimo che fece saltare via un pezzo di calcestruzzo dalla pavimentazione del vicolo, Severus decise di sbrigare in fretta la situazione, e un piano gli si formò subito in mente quando capì che questo problema poteva facilmente trasformarsi in un’opportunità.
    Senza dire una parola, e senza trattenersi, Severus avanzò.
    Lanciò rapidamente tre incantesimi. Uno fece esplodere il vicino bidone dell’immondizia, mentre un altro avvolgeva l’intera area nell’oscurità. Il terzo colpì il bersaglio mentre Severus allungava le braccia, aggrappandosi stretto al licantropo e ruotando su un fianco.
    Svanirono con uno schiocco ovattato mentre i passanti si allontanavano saggiamente dai dintorni.
-Crack-
    Ricomparirono in una baracca isolata nel fondo di una foresta. Severus lasciò subito cadere il licantropo svenuto ai propri piedi, evocò due sedie e fece levitare la muscolosa figura inerte dell’uomo su una di esse.
    «Petrificus Totalus,» mormorò, indirizzando l’incantesimo per farlo funzionare in modo specifico dalle spalle dell’uomo fino ai suoi piedi. «Bene, ora vediamo che cosa sai,» disse, tirando fuori una piccola fiala e buttando all’indietro la testa del licantropo.
    Dopo avergli versato in gola tre gocce, chiuse la fiala e rianimò il proprio prigioniero.
    «Dove vengono tenuti i nove bambini catturati quest’estate?» Chiese Severus, arrivando subito al punto.
    Con gli occhi sfocati, il licantropo rispose. «Tre di loro sono a casa di Macnair. Non so dove sono gli altri.»
    «Perché non lo sai?»
    «A ognuno di noi è stato detto un posto solo, a seconda di quale dovremmo sorvegliare.»
    Severus ne fu impressionato suo malgrado. Era una buona strategia.
    «Allora gli altri licantropi conoscono gli altri posti?»
    «Sì.»
    «Chi li conosce tutti?»
    «Kamalia Rendall, Ardolf Lowell, e il Signore Oscuro.»
    «Quanti posti sono?»
    «Tre. Rendall ci ha detto che hanno separato i bambini in gruppi di tre.»
    «I bambini sono stati morsi e trasformati in licantropi?»
    «Sì.»
    Severus serrò la presa sulla bacchetta al sentire ciò.
    «Sai che cosa succederà ad Halloween?»
    «Sì.»
    «Che cosa?»
    «Il rituale.»
    «E i bambini?»
    «Verranno tutti spostati in un solo luogo. Saranno consegnati al Signore Oscuro.»
    «Permetterete al Signore Oscuro di uccidere nove bambini licantropi?» Chiese Severus, trattenendosi a malapena dall’alzare la voce con furia.
    «Sì.»
    «Perché?»
    «Quando il Signore Oscuro sarà tornato ai suoi pieni poteri, potremo davvero iniziare ad accrescere i nostri ranghi ancora una volta. Questi nove sono un sacrificio necessario. Saranno ricordati.»
    Disgustato, Severus fu tentato di avvelenare il mostro e di farla finita, ma aveva bisogno di altre informazioni.
    «Dove si svolgerà il rituale?»
    «Non lo so. Non ci è stato detto, ma lo sapremo ad Halloween.»
    «Qual’è lo stato attuale dei bambini? Stanno fisicamente bene?»
    «Stanno molto bene. Nutriti, vestiti, e con un tetto sulla testa. Devono essere in salute per il rituale.»
    «Sai qualcosa di specifico sul rituale?»
    «Deve essere fatto di notte.»
    «Sai qualcos’altro sul rituale?»
    «No.»
    «Molto bene. Oblivion.»

O o O o O

    «Zucchero filato,» disse Severus, facendo spostare di lato il gargoyle.
    Arrivò alla porta e sollevò la mano per bussare, ma non ne ebbe bisogno.
    «Entra, Severus,» lo chiamò Albus.
    Piton entrò, vedendo subito che il Preside non era solo e che sembrava star diligentemente… trafficando con una scatola rettangolare alta tre centimetri, sulla sua scrivania, con un paio di pinzette collegate alla scatola da un cavo rosso. E, a guardarlo dall’altra parte della scrivania, c’era un uomo di colore con corti capelli brizzolati.
    Dapprima, non capì chi fosse l’altra persona o perché si trovasse lì, ma a giudicare dalla situazione, si fece un’idea di chi potesse essere.
    «Mi scusi se la interrompo, Preside. Devo tornare più tardi?» Chiese, riprendendosi immediatamente dalla sorpresa.
    «Non è un problema, Severus, abbiamo quasi finito per oggi,» rispose Silente.
    «Questo è il mio fisio-logo-terapista, il Signor Lewis,» continuò lui, anche se era chino sulla scrivania, e avvicinava le pinzette alla superficie della scatola. «Signor Lewis, questo è il Professor Piton, l’Insegnante di Pozioni di Hogwarts.»
    «Salve, Professore. Congratulazioni per l’Ordine di Merlino,» fece lui, alzandosi e tendendogli la mano.
    Severus la strinse, per educazione. Quell’uomo stava aiutando il Preside, dopotutto.
    «Grazie,» rispose solamente.
-BZZZZ-
    Severus si voltò immediatamente verso il suono e trovò Silente che fissava la scatola, contemporaneamente infastidito e divertito, con le pinzette nella mano sinistra.
    Lentamente, Severus si avvicinò alla scrivania per dare un’occhiata da vicino a ciò con cui il Preside stava trafficando, e al perché avesse fatto quel rumore irritante.
    C’era un’immagine fin troppo semplificata di un uomo, sulla scatola, con piccoli fori sul corpo modellati con forme di “malattie” e “organi”, come uno “strappo al cavallo” o una “costola di ricambio”.
    «Lo sto facendo lavorare sulle abilità fino-motorie. Trovo che questo gioco, “L’Allegro Chirurgo”, sebbene sia considerato un gioco per bambini, sia uno strumento utile per sviluppare il controllo muscolare e la coordinazione. Dà anche molta più soddisfazione rispetto ad altri esercizi per le fino-motorie.» Spiegò il Signor Lewis.
    «Capisco,» affermò Severus, sollevando un sopracciglio mentre Silente tornava a tentare di recuperare il testardo ossicino giocattolo. Guardando oltre la scatola, vide che il Preside era già riuscito a recuperare una farfalla, un cestino, una chiave inglese e un pomo d’Adamo.
    «Ah-ah!» Esclamò trionfante Silente, sollevando l’esile ossicino con le pinze.
    A operazione terminata, Silente mise da parte il gioco e, sapendo che Severus non era venuto solo per fargli visita, diventò subito un po’ più serio.
    «Signor Lewis, grazie per essere venuto oggi. Farò quegli esercizi che mi ha suggerito. Ci vediamo la settimana prossima?» Chiese.
    «Sì, Signore. Stessa ora,» Fece lui, riprendendo il gioco e facendo a Severus un cenno di saluto prima di dirigersi verso il camino. Era abbastanza sveglio da capire quando era ora di andare.
    Una volta che Lewis fu andato via, Albus fece cenno a Severus di sedersi, prima di massaggiarsi la mano sinistra con la destra.
    Sedendosi, Severus si prese un momento per capire da dove doveva cominciare.
    «Ho scoperto che cosa sta per fare il Signore Oscuro,» disse dopo un momento.
    Silente si irrigidì. «Coinvolgerà i bambini, come temevamo?»
    «Purtroppo,» rispose Severus, prima di ripetere ciò che Voldemort gli aveva detto e ciò che aveva scoperto dal licantropo furente.
    «Voldemort è di certo andato oltre quello di cui lo ritenevo capace,» sussurrò Silente.
    «Temo che possa esserci di più. Le ultime parole che mi ha rivolto.. penso che stia progettando qualcosa di grave per il Ministero.»
    Albus annuì. «Sono d’accordo con te, specialmente se consideriamo che lui e i suoi seguaci sono stati così calmi ultimamente. Comunque, dubito che siano rimasti inattivi. Nelle settimane passate, il Ministro si è comportato… beh, non posso metterci la mano sul fuoco, ma non è sé stesso. Non sono certo se sia sotto Imperius o no, ma… di sicuro c’è qualcosa che non va. Sta riassegnando i dipendenti a dipartimenti diversi e ha anche creato alcune nuove cariche. Un altro fatto preoccupante è la nomina della sua nuova Sottosegretaria Anziana - una donna più che spregevole, aggettivo che non uso alla leggera, dal nome di Dolores Umbridge.»
    Severus serrò la mandibola.
    «Non ho alcuna prova concreta per presentare le mie preoccupazioni al Wizengamot, e sebbene abbia espresso alcuni miei timori a Madama Bones, temo di non poter far nulla per fermare le decisioni aberranti di Cornelius. Per tutti gli altri, le sue azioni sono una reazione a Voldemort e al problema coi licantropi. Non lo incolperanno per “aver fatto quello che poteva per aiutare a proteggere il Ministero e la Britannia”.»
    «Capre imbecilli,» non poté fare a meno di esclamare Severus.
    Silente non fece commenti sulle parole di Severus, ma continuò.
    «Informerò Madama Bones di ciò che sappiamo così potrà radunare rapidamente gli Auror quando la contatterò ad Halloween. Lei capisce che è probabile che ci siano delle spie anche nel suo dipartimento, quindi sarà discreta,» fece Silente.
    «Molto bene. La informerò del luogo del rituale appena potrò farlo, quella notte.»


O o O o O

    I giorni trascorsero a rilento. Severus quasi si domandava se il tempo stesso fosse stato rallentato e lui fosse il solo ad essersene accorto. Durante i pasti, teneva lo sguardo lontano dal tavolo Gryffindor. Non voleva pensare a Dennis Canon più di quanto dovesse, o vedere Colin Canon che si tormentava in silenzio per il fratellino scomparso.
    Sapeva che Draco aveva notato il suo stato d’animo teso, anche se esso rimase nascosto a molti altri studenti, diamine, anche la maggior parte dei professori non aveva idea che lui fosse così agitato. Ma non poteva spiegarlo a Draco, non ebbe nemmeno l’opportunità di provarci. Comunque, gli comunicò meglio che poteva, con brevi occhiate e cenni discreti, quello che sperava fosse compreso come: “sì, sta succedendo qualcosa, ma tu e la tua famiglia siete al sicuro”.
    Giunse finalmente Halloween, e la festa nella Sala Grande fu maestosa come ogni anno in quella notte magica.
    Non riuscì a sopportare l’idea di mangiare qualcosa, e le zucche levitanti al di sopra dei tavoli aumentavano solo la sua nausea.
    Presto sarebbe stato chiamato.
    «Severus?» Chiese Remus, guardandolo con preoccupazione celata a malapena.
    «Sì?» Rispose lui in modo strascicato, voltandosi verso l’altro con quella che sperava fosse un’espressione annoiata.
    «C’è...» Cominciò Remus, prima di cambiare apparentemente idea su che cosa stava per dire.
    «C’è qualcosa che non va con il cibo?»
    Severus sollevò un sopracciglio. «No, è solo che non sono particolarmente affamato.»
    «Ah… capisco,» fece Remus, decidendo con saggezza di lasciar cadere l’argomento.
    Severus ne fu grato, in particolare quando sentì il Marchio bruciargli un istante più tardi.
    Era il momento.
    Raddrizzandosi sul polso l’orologio con la passaporta nascosta, fece un cenno di saluto col capo a Remus e scoccò un’occhiata discreta ad Albus, prima di uscire da Hogwarts e dai suoi scudi. Una volta che si fu allontanato abbastanza, si smaterializzò, lasciando che il Marchio lo portasse a destinazione.

O o O o O

    Gli ci volle un momento per capire dove fosse, poiché era passato molto tempo da quando era stato nella proprietà della villa di Augustus Rookwood.
    Dopo essersi assicurato di essere solo, lanciò rapidamente un Patronus e inviò rapido un messaggio a Silente, informandolo della sua posizione. Se le cose andavano come lui sperava, Silente e gli Auror sarebbero arrivati entro un’ora, e prima che potesse accadere qualsiasi incidente.
    Fatto ciò, Severus si mosse ed entrò negli scudi della villa prima di dirigersi sul retro dell’edificio, il posto verso cui lo stava dirigendo il suo Marchio.
    «Ah, Severus, sempre puntuale,» disse Voldemort.
    «Sì, mio Signore,» rispose con un inchino. «Il vostro tempo ha un grande valore. Cerco di fare del mio meglio per evitare di sprecarlo.»
    Voldemort sorrise mentre attraversava il terreno di nuda terra andando verso Piton.
    Severus si guardò intorno meglio che poté mentre si inginocchiava davanti al Signore Oscuro.
    Alla sua destra c’era una barriera di contenimento di qualche tipo. Concluse con amarezza che fosse per i bambini. Davanti a lui e alle spalle di Voldemort c’era un’area di terreno che era stata completamente ripulita. La terra era stata gentilmente liberata da tutti i detriti, ed era stato lasciato solo suolo fertile. C’erano due cerchi ampi un metro, ognuno circondato da un circolo di pietre runiche incise con dei simboli intricati che si ramificavano intorno ai cerchi, circondandoli. I circoli erano connessi da un’altra serie di pietre che si contorceva leggermente nel mescolarsi ai circoli. Questo era una doppia rete runica con un canale di connessione che la univa, e, da ciò che Severus sapeva delle rune (che era per lo più dovuto al fatto che aveva aiutato a creare il circolo con cui Harry lo aveva rimandato indietro), vide che queste abilitavano il trasferimento della vita e dell’energia.
    La cosa non prometteva bene.
    Alla sua sinistra c’erano mangiamorte e licantropi, e dietro di loro c’era la villa.
    I Mangiamorte presenti non erano molti, poiché era comprensibile che Voldemort non volesse mostrare il suo malessere. In più, la maggior parte dei Mangiamorte “liberi” erano a delle feste di Halloween, per mantenere le apparenze.
    «Alzati, mio leale servitore,» disse Voldemort, facendo un cenno a uno dei licantropi al proprio fianco.
    Severus si alzò, mentre sei bambini venivano condotti dalla casa e posti da Kamalia Rendall e Ardolf Lowell all’interno della barriera di contenimento. Si voltò verso i bambini e li guardò senza alcuna emozione evidente sul viso, sebbene interiormente stesse ribollendo e si chiedesse dove erano gli altri tre.
    «Severus, il fatto che i bambini abbiano la Licantropia mi causerà qualche problema durante o dopo che il rituale sarà completato?» Chiese Voldemort, i suoi occhi che scintillavano di un luccichio disturbante mentre osservava i bambini.
    «Non credo, mio Signore, poiché voi avete l’immunità alla Licantropia avendo il sangue di Silente nelle vostre vene,» rispose lui dopo una pausa pensierosa.
    Voldemort annuì. «Come pensavo. Ora, mi aspetto che Dolohov arrivi presto con gli altri tre, ma dobbiamo completare il rituale entro il limite di tempo per i sacrifici. Ardolf, porta uno dei bambini al secondo circolo,» disse lui, facendo cenno ad alcuni dei suoi seguaci di radunarsi intorno al doppio circolo.
    Severus sentì lo stomaco stringersi. Si era preparato al dover ritardare il rituale più a lungo che poteva, ma farlo davvero era un serio rischio. Sperava soltanto che ne valesse la pena e che gli aiuti arrivassero in tempo.
    «Mio Signore,» interruppe, inchinandosi profondamente. «Perdonatemi, ma potrei esprimere un suggerimento?»
    I Mangiamorte vicini fissarono Piton a occhi spalancati, attoniti dalla sua audacia, mentre i licantropi si immobilizzarono.
    «E quale sarebbe questo suggerimento?» Chiese Voldemort.
    «Credo che sia meglio che aspettiate Dolohov, così che possiate scegliere il bambino migliore da usare per primo. Sono convinto che, disponendo i bambini in ordine di potere e salute, otterreste un trasferimento ottimale dell’energia - poiché il vostro corpo non avrebbe più bisogno di alcuna attenzione dopo il primo assorbimento.»
    Voldemort fece una pausa, riflettendo sulle parole di Severus.
«Potrebbe essere...» disse. «Molto bene. Comincia a esaminare i bambini che sono qui e mettili nell’ordine ottimale.»
    «Sì, mio Signore,» replicò lui.
    Camminando verso i bambini intrappolati, mantenne il volto passivo, sapendo di essere osservato.
    Sapeva che mancavano ancora trenta minuti prima che potesse cominciare a sperare nell’arrivo degli Auror, così si rassegnò a continuare il suo inganno.
    Kamalia Rendall fece calare la parte anteriore della barriera così che lui potesse controllare i bambini al di là di essa. Severus tirò fuori la bacchetta e iniziò a lanciare incantesimi diagnostici che gli avrebbero dato indizi sulla qualità del legame tra ogni bambino e la propria magia. Sapeva che il loro essere licantropi avrebbe alterato in qualche modo i risultati, ma la cosa era più per fare scena che altro.
    I bambini erano in salute e forti, ma era chiaro che erano terrorizzati. Non si mossero per niente quando lui li bersagliò con gli incantesimi, e anche il loro respiro, che sembrava una nebbia pallida nell’aria fredda della notte, era lento ed esitante. Evitavano di incrociare il suo sguardo, il che fece solo stringere più duramente il cuore di Severus. Guardando i loro volti, ne riconobbe alcuni come futuri studenti; comunque, Dennis Canon non era presente tra loro.
    «Tu,» ringhiò, desiderando non dover mantenere la sua apparenza da Mangiamorte in quel momento, «mettiti qui.»
    Il bambino che indicò fece immediatamente come gli era stato detto. Severus fu in grado di capire che erano stati condizionati ad obbedire senza fare domande. Non c’era alcun segno che fossero stati incantati, ma l’essere tenuti prigionieri sin dall’estate aveva distrutto ogni resistenza che avessero potuto avere inizialmente.
    Severus continuò il proprio lavoro, mettendo i bambini nell’“ordine ottimale” per essere sacrificati.
    Lo fece con quanta più lentezza potesse osare, mettendoli deliberatamente nell’ordine che sentiva potesse permettere loro una migliore opportunità di fuga, se fosse svanita la barriera. Sperò solo che il loro istinto di sopravvivenza fosse ancora abbastanza forte da spingerli a correre se fosse stata data loro l’occasione.
    Quando finì di disporre i primi sei, arrivarono gli altri tre.
    Si voltò e trovò Antonin Dolohov e Rodolphus Lestrange che gli portavano i bambini dopo un cenno di Voldemort.
    Severus guidò i bambini nella barriera, osservando i loro volti.
    Erano proprio come gli altri sei, troppo spaventati per opporre resistenza o anche solo piangere. Dennis Canon era tra loro, e Severus dovette rinforzare i propri scudi mentali per trattenere l’ondata di rabbia che lo assalì al vedere quel ragazzo, una volta iperattivo, ora così sconfitto.
    Lanciando su di loro gli incantesimi che aveva lanciato sugli altri, li esaminò e cominciò a delineare un piano d’azione.
    Se Silente e gli altri non fossero arrivati in tempo, doveva impedire al rituale di avere luogo, e al diavolo la sua posizione di spia. Non sarebbe rimasto fermo a guardare mentre altri innocenti venivano uccisi e Voldemort riconquistava la sua forza - non se poteva fare qualcosa per fermarlo.
    Nel futuro si era sforzato di sopportare cose del genere, credendo che la sua posizione di spia valesse un tale prezzo, che la sua opera come doppio agente alla fine salvasse più vite - quando in realtà… era stato così?
    Le informazioni che stava raccogliendo per il lato della Luce valevano le vite di coloro che lui aveva visto uccidere da Voldemort proprio davanti ai suoi occhi? Ora, non era un incosciente, anzi, ma c’erano state alcune occasioni in cui avrebbe potuto agire… in cui c’era stata una buona possibilità per lui di poter salvare alcune vite e scappare con la propria. Ma si era rifiutato di correre il rischio e di rivelarsi come spia, credendo che le informazioni che raccoglieva fossero molto più importanti di un paio di vite umane - che fossero di adulti o di bambini.
    Ma ora, guardandosi indietro, Severus non era più così certo del valore della sua opera. Oh, era considerevole, senza dubbio, ma poteva valere quanto una vita? Una vita qualsiasi?
    Quanto danno avrebbe potuto fare la sua ribellione se avesse agito in un momento così, specialmente vicino all’inizio della guerra? Chi altro lo avrebbe seguito se avesse mostrato che non bisognava obbedire per forza, se avesse mostrato ai seguaci vittime del Signore Oscuro che si poteva combattere e sopravvivere?
    I seguaci Mangiamorte si sarebbero ribellati? I civili spaventati si sarebbero sollevati prima che fosse troppo tardi?

    Non lo sapeva, ma se ora era giunto il tempo di smettere la sua recita, non c’era momento migliore per scoprirlo.
    Abbassò lo sguardo a Dennis Canon, vedendo i suoi vestiti laceri e consunti, ma una traccia di colore sul polso del bambino sotto la manica della sua maglia attirò la sua attenzione.
    Il cuore gli martellò selvaggiamente nel petto mentre il suo piano si solidificava ulteriormente.
    Afferrò il polso di Dennis mentre finiva l’incantesimo, facendo sembrare che lo stesse stringendo con forza quando in realtà la sua presa era lenta e gentile.
    Quindi, con un mormorio, praticò l’incantesimo di Scambio. Sentì il proprio orologio da polso che appariva al di sopra della mano del bambino, attorno al suo polso, e su di sé un piccolo braccialetto di spago colorato che rimpiazzava l’orologio.
    Quindi, facendo finta di star lanciando un altro incantesimo diagnostico, ordinò a bassa voce: «Ignoralo.»
    Il volto di Dennis non mostrò alcuna reazione, ma Severus sentì i muscoli del suo braccio tendersi mentre il bambino stringeva il piccolo pugno.
    «Hai finito, Severus?» Chiese Voldemort dietro di lui, un po’ di impazienza ora evidente nella sua voce.
    «Sì, mio Signore,» rispose Severus, sapendo di non poter tergiversare ancora.
    Ma dov’era Silente?!
    «Portami il primo,» ordinò Voldemort.
    Severus si alzò ed indicò Dennis come primo. «Questo qui,» affermò.
    «Perfetto,» fece Voldemort, muovendosi verso la rete runica ed entrando nel circolo in cui sarebbe fluita l’energia dall’altro.
    Dennis fu quindi condotto da Dolohov nell’altro circolo. Era rigido e respirava affannosamente. Severus era certo che il bambino fosse del tutto convinto di stare per morire.
    Severus fece un passo indietro, dando una discreta occhiata intorno a sé e identificando coloro che sarebbero stati i suoi primi bersagli se avesse dovuto agire.
    Kamalia Rendall e Ardolf Lowell erano vicini alla barriera di contenimento, e la mantenevano attiva.
    Bellatrix era sul lato sinistro del doppio circolo, e guardava ansiosamente Voldemort. Pettigrew era accanto a lei, con l’apparenza più di una disgustosa bambola obesa che di una persona vivente, invece Rodolphus era con i pochi altri Mangiamorte vicino la parte più elevata dei circoli, con il resto dei licantropi.
    Continuando la sua attenta ispezione dell’ambiente, i suoi occhi colsero un movimento alle spalle di Voldemort, proprio al di fuori del circolo.
    Nagini.
    Severus strinse la presa sulla bacchetta. Lei sarebbe potuta essere un problema.
    Alla fine, Dolohov uscì dal circolo, lasciando Dennis in piedi da solo nel centro a fronteggiare un compiaciuto ed entusiasta Voldemort. Per tutto il tempo, Severus si chiedeva che cosa in nome di Merlino stava trattenendo Silente così a lungo. Stavano per esaurire il tempo!
    Il tempo trascorse in un’agonia, e fu solo quando la bacchetta di Voldemort gli cadde dalla manica e nella mano che Severus seppe...
    Era ora o mai più.
    La sua magia ribollì al centro del suo essere e il suo cuore gli rombò nel petto, aprì le labbra proprio mentre Voldemort sollevava la bacchetta.
    «Avada Ked-» Iniziò Voldemort, puntando in avanti la bacchetta mentre la voce di Severus interrompeva la sua.
    «Non adorabis!» Gridò Severus, pronunciando la frase di attivazione della passaporta.
    La figura di Dennis svanì un istante prima che potesse essere colpito dall’Imperdonabile, e così il raggio verde continuò sul suo tragitto e centrò un sorpreso e sfortunato licantropo.
    Severus non aspettò che nessuno di loro prendesse coscienza della cosa, ma sfruttò il vantaggio del loro breve stupore.
    «Sectumsempra!» Sibilò, muovendo la bacchetta verso il basso nel punto in cui si trovava Nagini, imprimendo più magia che poteva nella propria bacchetta.
    Il sangue schizzò in aria mentre lui si voltava, e lanciava all’istante un Diffindo direttamente contro il petto di Ardolf Lowell, tirandolo giù. La barriera di contenimento vacillò.
    Ora non era il momento di avere pietà.
    Voldemort emise un grido di assoluta e incontenibile furia, mentre si voltava.
    Severus ebbe a malapena il tempo di accovacciarsi e rotolare via, mentre finalmente gli incantesimi cominciavano a piovergli addosso, ma la battaglia era appena incominciata. L’aria sfrigolò per gli schiocchi delle materializzazioni proprio al di là degli scudi di Villa Rookwood, e subito dopo seguì il suono premonitore degli scudi che venivano forzati.
    Silente e numerosi altri erano finalmente arrivati e stavano attaccando il perimetro.
    «LUI È MIO!» Ruggì Voldemort, con gli occhi luminescenti mentre la sua magia pulsava attraverso la sua figura e contorceva visibilmente l’aria intorno a lui - la condensa del suo respiro vorticava.
    A differenza di tutti gli altri all’interno degli scudi, Severus non raggelò alle parole di Voldemort.
    Invece, colse l’occasione per abbattere una malpreparata Kamalia Rendall con un altro Diffindo ben mirato.
    «State giù!» Gridò Severus ai bambini, quando la barriera intorno a loro cadde.
    Per fortuna, gli obbedirono all’istante, ma il suo ordine a loro diede a Voldemort un’apertura.
    «CRUCIO MAXIMA!»
    Sebbene invisibile, il potere dell’incantesimo fece crepitare l’aria intorno a sé mentre avanzava.
    Non mancò il bersaglio.
    Colpì Severus al petto, proprio al di sopra del cuore, ed egli fu sbalzato all’indietro dalla pura potenza dell’incantesimo; ad ogni modo, rimase in piedi, anche se Voldemort fece un passo in avanti, mantenendo la bacchetta tesa contro di lui e la concentrazione costante.
    I muscoli di Severus, sopraffatti dall’ammontare di magia che lo attraversava, si irrigidirono duramente all’assalto, ma i suoi occhi fissarono quelli di Voldemort senza vacillare mentre l’incantesimo rimaneva attivo.
    La sensazione era al di là di qualsiasi cosa Severus fosse anche solo in grado di descrivere.
    «Questo è solo l’inizio del dolore che proverai, Severus,» iniziò Voldemort, forzando nell’incantesimo ancora più rancoroso potere.
    Ma Severus non aveva ancora nemmeno urlato, non era caduto a terra e non si contorceva affatto, anche se Voldemort continuava a mantenere l’incantesimo sul suo ex seguace “più leale”.
    Severus non sapeva che cosa stesse accadendo, ma il dolore che Voldemort dichiarava essere solo l’inizio di quello che avrebbe sofferto non era affatto così doloroso. E sebbene potesse sentire la magia furente del mostro che gli danzava sotto la pelle e attraverso il suo nucleo, non sembrava affatto una Crucio, men che mai una Crucio Maxima.
    Questo era un risultato del fatto che la magia di Voldemort era influenzata dalla malattia, oppure si trattava di qualcos’altro? Severus poté solo sperare che fosse a causa della magia di Voldemort, ma, qualunque fosse il motivo, non poteva rifletterci ora. C’erano cose più pressanti da fare, tipo sopravvivere.
    Si raddrizzò, facendo sollevare le sopracciglia a Voldemort.
    «No, Voldemort, questo è solo l’inizio della tua sconfitta,» replicò Severus con aria di sfida, mentre si muoveva e lanciava un incantesimo, come se non stesse ancora subendo il Cruciatus, con lo shock di Voldemort e di tutti i presenti. «Reducto!» Gridò, mentre gli scudi intorno a loro crollavano all’improvviso.
    Voldemort fu costretto a difendersi, deviando la maledizione verso il centro del circolo di rune. La terra esplose verso l’alto mentre gli Auror invadevano la proprietà, cominciando immediatamente a combattere con i Mangiamorte e i licantropi.
    La scena mutò in fretta nella realtà inconciliabile della battaglia, e l’unica preoccupazione di Severus fu per i bambini presi nel bel mezzo di essa.
    Rotolando per evitare una maledizione mal mirata, Severus arrivò fino ai bambini accovacciati, che non si erano più mossi dopo il suo ordine di “stare giù”.
    Muovendo la bacchetta sopra le loro teste, lanciò il più forte scudo protettivo cui riuscì a pensare, e udì la voce che aveva desiderato sentire da quando aveva lasciato Hogwarts.
    «Così, questa è un’altra prova della tua “grandezza”?» Chiese Silente, facendo un passo in avanti sulla destra del Signore Oscuro mentre guardava il circolo runico rovinato a terra.
    Severus alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere il volto pallido di Voldemort che sbiancava ancora di più.
    «A differenza degli altri, io sono in grado di usare tale magia,» replicò Voldemort, fingendo calma mentre si voltava per fronteggiare direttamente il suo primo nemico - dimenticando per il momento Severus.
    «Credi che sia una questione di abilità? No, è una questione di volontà. Tu sei solamente un individuo che vuole compiere degli atti tanto vili, violando la magia stessa,» affermò Silente, evitando pigramente una maledizione vagante che gli finì sul mantello.
    L’incantesimo di passaggio fece scintillare le stelle sul mantello, quasi tanto luminosamente quanto il luccichio che aveva normalmente negli occhi.
    Voldemort sbuffò. «Stai confondendo la debolezza delle persone per mancanza di volontà. Loro sono troppo deboli per ricercare il potere, e perciò non ne sono degni.»
    «Eppure molti che tu consideri deboli hanno un potere che tu non conoscerai mai.»
    «Vuoi continuare con questa vecchia diatriba, vero?» Chiese Voldemort con una smorfia.
    «Una diatriba che ho già vinto? Perché disturbarsi? No, sto solamente affermando una verità. Dopotutto, l’amore ti ha già sconfitto una volta, e lo farà ancora,» rispose Silente con sicurezza.
    Con un ringhio, Voldemort lanciò un anatema mortale, che fu intercettato da una zolla di terra guidata da uno sfarfallio della bacchetta di Silente. Ma l’attacco di Voldemort non segnò l’inizio di un duello, ma quello di una ritirata.
    Voldemort fuggì con un sonoro ed echeggiante schiocco, che fu subito seguito da quelli dei suoi seguaci - sia Mangiamorte che licantropi.
    A battaglia finita, Severus credette fosse meglio rivelare lentamente la sua presenza e quella dei bambini, che aveva nascosto con il rapido ma disordinato scudo protettivo durante la breve schermaglia. Sollevandosi in piedi davanti ai bambini, tenne giù la bacchetta e provò a fare del suo meglio per non sembrare minaccioso. Certo, il suo abbigliamento oscuro e inquietante e l’atteggiamento naturalmente intimidatorio non gli erano molto d’aiuto.
    Gli Auror gli puntarono subito contro le bacchette, alcuni apparendo a disagio quando capirono quanto era vicino ai bambini.
    «Severus,» fece Silente, muovendosi rapido verso di lui e ignorando le occhiate confuse dagli uomini della Bones. «Tu e i bambini state bene?» Domandò, fermandosi proprio di fronte a Severus prima di tendere una mano e stringergli una spalla.
    Severus annuì con un gesto rapido, mentre i bambini si radunavano più strettamente intorno a lui, qualcuno dei più piccoli osando addirittura aggrapparsi ai lati del suo mantello nero.
    «Un bambino si trova ad Hogwarts, Preside. L’ho fatto svanire con la mia passaporta,» rispose, scegliendo di non fare commenti né di dare segno di accorgersi degli altri otto bambini che si stringevano a lui.
    Severus era solo grato che non stessero piangendo.
    «Molto bene,» fece Silente prima di voltarsi verso Madama Bones che stava venendo verso di loro. «Beh, suppongo che ci sia bisogno di qualche spiegazione?» Chiese lui quando lei li raggiunse.
    «È un modo di dirlo, sì,» borbottò Madama Bones.


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Note della traduttrice:

* A parte la piccola contraddizione di Severus, nell’ammirare prima la tenacia di Ginny come combattente-per-Harry e poi bollare subito dopo la sua come “cotta idiota”... da come viene presentata sembra che anche nel “futuro” di Piton la storia tra i due non sia andata avanti, lo aggiungo per gli interessati ai risvolti sentimentali vari :)
** Inizialmente, non pensavo che questo tipo di offerta fosse poi così notevole, ma in effetti poi ho pensato a tutte le difficoltà che l’Harry originale ha dovuto gestire a causa della propria immagine pubblica distorta dalla Stampa britannica che era influenzata dai capricci del Ministero e dalla nostra odiatissima Skeeter… E devo dire che mi sono ricreduta :P Serve anche quello!!!!



Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Conquista.




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Capitolo 28
*** Conquista ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 28: [Gain] Conquista

    La Professoressa Sprite non si vergognava ad ammettere che era grata che la festa di Halloween fosse finalmente conclusa e che fosse ora di andarsene a letto. Era passata la mezzanotte e Minerva l’aveva informata pochi minuti prima che il Preside era via da Hogwarts per una faccenda del Ministero e sarebbe tornato al mattino. La cosa non era affatto inusuale, così, dopo aver controllato i suoi Hufflepuff, iniziò a prepararsi per andare a letto.
    Purtroppo, proprio quando stava per indossare il suo comodo pigiama, si sentì un urgente bussare alla sua porta.
    Correndo all’uscio, lo aprì e trovò un Ernie Macmillan con gli occhi sgranati.
    «Professoressa, venga, presto, Harry ha qualcosa che non va!» Disse lui, evidentemente fuori di sé e sbracciandosi.
    Lei lo seguì subito, e si affrettarono al dormitorio del ragazzo del secondo anno.
    Entrando, trovarono tutti i ragazzi giù dal letto tranne uno.
    Zachariah Smith e Justin erano ai piedi dei loro letti, fissavano il letto dopo quello di Ernie, ed era facile capire perché.
    Neville stava tenendo Harry che era, francamente, isterico.
    Pomona Sprite non aveva altre parole per descriverlo.
    Era ricoperto di sudore e rabbrividiva con violenza. Con l’aiuto di Neville, era a malapena in grado di stare seduto, e le mani gli tremavano incontrollabilmente mentre se le premeva sulla fronte. Comunque, non era quello il peggio. Aveva le guance inondate di lacrime e il suo respiro era a singhiozzi e veniva interrotto da irregolari risatine improvvise. Sembrava completamente impazzito, e la Sprite ne fu comprensibilmente spaventata.
    «Che cos’ha?» Chiese Smith, in un tono che sarebbe stato appropriato per fare domande su un insetto piuttosto che su una persona.
    La Professoressa decise di ignorarlo e accorse accanto a Neville, poiché Harry era messo più vicino a quel lato del letto.
    «Signor Potter, riesci a sentirmi?» Chiese lei, mettendo una salda mano sulla sua spalla, mentre Neville indietreggiava.
    Harry annuì con difficoltà, digrignando i denti mentre una risata strozzata gli ribolliva in gola.
    «Andiamo in infermeria,» decise la Sprite, spostando le lenzuola mentre sospirava. «Troppi dolci, temo. Un eccessivo apporto di zucchero talvolta può fare cose del genere.» Ovviamente, non credeva che si trattasse di questo e lo stava dicendo soltanto a beneficio degli altri ragazzi.
    Harry fece scendere goffamente le gambe giù dal letto, la sua intera figura ancora tremante, così tanto che la Sprite dovette sorreggerlo.
    «Scusi,» riuscì a dire lui mentre Coral scivolava dal suo cuscino fino al suo polso.
    «È tutto a posto, Harry, non ti senti bene,» lo rassicurò lei.
    Lo guidò fuori dalla stanza e si voltò per parlare a Neville e agli altri. «Cercate di tornare a dormire, e non preoccupatevi, Madama Pomfrey si occuperà del Signor Potter.»
    I ragazzi tornarono con riluttanza ai propri letti, Neville per ultimo.
    La professoressa condusse Harry lungo i corridoi, e il respiro affannoso del ragazzo si calmava, lentamente, ad ogni passo. Alla fine, lei sentì che era il momento giusto per parlare.
    «Harry, che cosa è successo? Nonostante quello che ho detto, so che tutto questo non ha nulla a che fare con un eccessivo consumo di dolci.»
    «È Voldemort,» rispose lui, stringendo i denti mentre un’altra ondata di… qualcosa lo assaliva.
    La professoressa ovviamente sapeva della connessione di Harry al Signore Oscuro, ma vederne un’ulteriore prova era comunque inquietante.
    «In questo momento, è arrabbiato,» iniziò Harry prima di fare una pausa. La sua espressione mutò in un’oscura soddisfazione. «In realtà, è più che furioso.»
    «Sai il perché?» Chiese lei mentre si avvicinavano all’infermeria, un po’ preoccupata dalla sua espressione, che diventò ancora più allarmante quando il ragazzo ghignò proprio.
    «È stato tradito,» sussurrò Harry, prima di fare una smorfia per un’altra emozione nella sua cicatrice.

O o O o O

    Dennis si svegliò, trovandosi ancora nel letto in cui quella signora che aveva detto di chiamarsi Pomfrey lo aveva messo qualche ora prima. Gli era sembrata abbastanza gentile, gli aveva dato qualcosa da mangiare e gli aveva detto che era al sicuro prima di dargli una pozione per aiutarlo a dormire - ma comunque, anche loro erano stati gentili all’inizio.
    Non aveva alcuna idea di dove fosse e sapeva solo di essere lì a causa dell’orologio che quell’uomo gli aveva messo al polso, così, per ora, avrebbe fatto quello che sapeva avrebbe funzionato.
    Obbedire.
    Era l’opzione più sicura, lo sapeva per esperienza, ma sapeva anche che portava un conforto minimo o nullo. Poi, con sua enorme vergogna, presto si ritrovò ad abbracciare le proprie ginocchia e a lottare per ricacciare indietro le lacrime.
    Dov’era? Dove erano gli altri bambini? Che cosa stava per accadergli qui? Avrebbe davvero mai rivisto la sua famiglia? O alla fine stava per morire?
    D’improvviso, sentì un leggero rumore sibilante che veniva dal letto accanto al suo.
    Raggelò.
    L’ultima volta che aveva sentito un sibilo...
    Dennis chiuse immediatamente gli occhi e trattenne il fiato, sperando che l’oscurità della stanza lo ammantasse.
    «Stai bene?»
    Dennis non osò muoversi, anche se fu sorpreso dalla giovane voce e dalla sua vicinanza.
    «Non devi aver paura. Nessuno ti farà del male qui. Mi chiamo Harry, e tu?»
    La sincerità di quella voce fu l’unica cosa che lo spinse ad aprire gli occhi e a dare un’occhiata al letto accanto al suo. Lì vide un ragazzo di un paio d’anni più grande di lui, che lo osservava con occhi gentili.
    «Mi chiamo Dennis,» rispose.
    «Ciao, Dennis.»
    «Um, dove siamo?» Chiese lui, rilassando le gambe e abbassando le ginocchia.
    «Siamo nell’Infermeria di Hogwarts, una scuola di magia. Io sono uno studente di qui, del secondo anno.»
    «Siamo soli?»
    Era una cosa importante da sapere, almeno per Dennis.
    «Per ora. È molto tardi.»
    «Um, quindi perché sei qui? Sei malato?»
    «Ho avuto un mal di testa molto brutto,» disse Harry stringendosi nelle spalle. «Mi vengono ogni tanto.»
    Dennis ebbe la sensazione che non fosse tutta la verità, ma non credette che fosse così importante da fare ulteriori domande.
    «Tu come stai? Madama Pomfrey ha detto che sei arrivato qui con la passaporta di emergenza del Professor Piton,» Harry continuò.
    Dennis sbatté le palpebre, non molto sicuro di come rispondere.
    «Sto bene.»
    «Davvero? È tutto ok anche se non stai bene, sai. Posso aiutarti se lo vuoi.»
    Dennis fece una smorfia, percependo che c’era di più dietro quelle parole, più che semplice gentilezza - c’era un reale desiderio e l’abilità di apportare un genuino aiuto. Era strano, perché si ritrovò a credere davvero che Harry potesse aiutarlo.
    Ma lui non meritava di essere aiutato.
    Dennis mosse lentamente la mano sinistra sul suo braccio destro, le dita strofinarono una brutta cicatrice nascosta dalle ombre. La sua mano si fermò, la pelle sporgente della cicatrice sembrava stranamente fredda mentre serrava la mascella, desiderando poter accettare l’aiuto di Harry, qualunque ne fosse il prezzo.
    Ma sapeva di non potere.
    Non sarebbe stato giusto.
    Lui era un mostro.
    «Non puoi aiutarmi.»
    Il tono di Dennis era forte e deciso, l’opposto di come si sentiva realmente dentro, sapendo che non poteva mostrare debolezza, specialmente per questo. Nessuno poteva aiutarlo, e nessuno doveva. Lui era pericoloso. Il fatto che il male dentro di lui venisse alla superficie solo una volta al mese era irrilevante e non cambiava nulla.
    Lui era al di là di ogni aiuto, e questo era come doveva essere per creature come lui.
    «Io non ci credo.»
    Dennis non poté fare a meno di sobbalzare per l’improvvisa risposta del ragazzo più grande. Nonostante il tono calmo, conteneva un potere imparagonabile, una forza innegabile che era sia fiera che compassionevole. I loro sguardi si incrociarono, Dennis era insicuro di ciò che avrebbe trovato in quel verde luminoso.
    Harry scese lentamente dal letto e si avvicinò, prima di fermarsi a un passo di distanza.
    Dennis non si mosse, non fiatò.
    Questo Harry, questo “ragazzo del secondo anno”, era diverso da chiunque altro avesse mai incontrato prima, lo sentiva, e una parte di lui ne era spaventata.
    Che cosa avrebbe fatto?
    «Per favore, lascia che ti aiuti, Dennis. So che non ne hai alcun motivo, ma fidati di me.»
    «Come puoi aiutarmi?»
    Harry non rispose subito, ma alla fine disse: «So che cosa c’è dentro di te. Probabilmente ti è stato detto che è permanente, ma non lo è. Posso distruggerlo, se vuoi che lo faccia.»
    Dennis era sbalordito, spalancò gli occhi mentre stringeva la mano sopra l’orribile vecchio segno del morso. «Come lo sai?»
    «Posso usare delle cose chiamate Serpincanti. Mi hanno reso più sensibile a certe cose e mi permettono di curare e guarire.»
    «E puoi davvero distruggerlo?» Chiese lui, rifiutandosi anche solo di sperare, specialmente poiché tutto questo stava accadendo molto in fretta ed era un po’ incredibile.
    «Sì, e adesso mi ci vorrà solo un secondo. Ho fatto un sacco di pratica.»
    «Pratica?»
    «Ho curato sedici persone, la maggior parte delle quali aveva avuto la Licantropia per molti molti anni.»
    Dennis non riusciva a credere a quello che stava sentendo. Andava contro tutto quello che gli era stato detto per mesi, si opponeva alle parole dei suoi rapitori e lo riempiva di uno strano senso di… nulla.
    Era oltre la sua comprensione, al di là di ogni sua prospettiva.
    Se quello che Harry diceva era vero, che questa… bestia interiore poteva essere sradicata, voleva dire che lui sarebbe stato separato da essa? Era possibile che lui potesse tornare ad essere sé stesso - che non fosse più questo mostro rivoltante?
    «Dennis?» Chiese Harry.
    Dennis si rese improvvisamente conto di essere rimasto troppo a lungo in silenzio.
    «Scusa, è solo che...» Si interruppe, incapace di pensare alle parole adeguate.
    Harry gli tese la mano, la manica del pigiama gli ricadde un po’ sul polso.
    «Non fa male, e sarà finita in un lampo,» fece Harry.
    «E devi solo tenermi la mano?» Chiese Dennis, sentendosi un po’ sciocco a fare una domanda dall’apparenza così strana.
    «Hmm, penso che sia possibile. Non ho mai provato a farlo così, ma non vedo perché non dovrebbe funzionare,» fece Harry.
    Dennis prese esitante la mano offerta da Harry, decidendo che non aveva nulla da perdere. «Ok.»
    E con questo, accadde qualcosa che Dennis non avrebbe mai dimenticato.
    Harry sorrise e la sua mano si strinse intorno a quella più piccola di Dennis mentre un bianco accecante sostituiva il verde brillante dei suoi occhi, in un lampo di luce. E in quell’istante Dennis sentì un denso e caldo potere che si sollevava dentro di lui, come un’onda oceanica, che inghiottiva il centro del suo essere in un lenzuolo di furia legittima ma tenera, prima che qualcosa si disperdesse come gentile pulviscolo.
    E poi era finita.
    Si sentì più leggero e nel suo cuore sapeva che Harry aveva fatto proprio quello che aveva detto di poter fare.
    Il mostro era stato distrutto, e lui, Dennis Canon, era libero.

O o O o O

    Severus e Silente finalmente lasciarono il Ministero e presero la Metropolvere fino ad Hogwarts, entrando nell’ufficio di Albus.
    Gli ci erano volute diverse ore per mettere tutto a posto al Ministero, inclusa la sistemazione dei bambini. Severus ribolliva segretamente. Era ovvio che i bambini fossero traumatizzati. Desiderava davvero di aver potuto lanciare più incantesimi mortali...
    Ma in quanto ai bambini, il Ministero ora stava portando avanti il processo per contattare i genitori e organizzare il trasporto. Avevano già effettuato degli esami fisici e avevano scoperto che tutti i bambini erano stati morsi.
    Per fortuna, erano stati in grado di somministrargli la cura subito dopo che i test per la Licantropia erano risultati positivi. Silente aveva assicurato che Madama Pomfrey avrebbe dato subito la cura a Dennis Canon (che sarebbe rimasto ad Hogwarts per il momento, poiché non c’era motivo di spostarlo ancora finché non fossero stati contattati i suoi genitori).
    Mettendosi da parte per permettere al suo mentore di sorpassarlo e di andare dietro la scrivania, Severus alzò lo sguardo e non poté evitare di scoccare a Silente un’occhiata interrogativa.
    Oltre ad aver risposto a innumerevoli domande, ad essersi staccato di dosso i bambini aggrappati al suo mantello, e ad aver sopportato ulteriori scrutini da coloro che non erano stati così rapidi a credere che fosse in effetti una spia della Luce, Severus aveva notato qualcosa di particolare durante tutta la faccenda.
    Molte persone erano apparse un po’ guardinghe nei confronti di Silente, nervose e, sì, anche spaventate. Il Ministro specialmente. Quello che era ancora più strano era lo scintillio divertito negli occhi di alcune persone, inclusi quelli di Madama Bones e di Kingsley Shacklebolt. Che cosa si era perso, in nome di Merlino?
    «C’è qualcosa che non va, Severus?» Domandò Albus mentre si sedeva e si prendeva un momento per sistemare la sua ciotola di caramelle al limone.
    «Preside, non ho potuto fare a meno di notare che alcune persone, incluso il Ministro, sembravano essere… sottomesse in sua presenza,» fece Severus, la voce che esprimeva un tono interrogativo.
    «Ah, sì… per quello...» Il vecchio mago sembrò davvero un pochino imbarazzato, sebbene la sua espressione mutò poi subito in una di rassegnata determinazione.
    «Cornelius stava facendo, beh, il difficile prima del nostro arrivo a Villa Rookwood. Non era convinto che la 'soffiata' fosse corretta, e io mi rifiutavo di rivelare che fossi tu la fonte. Credo che fosse anche disturbato dall’essere stato tenuto al di fuori del piano per così tanto tempo.»
    «Mi stavo domando che cosa vi stesse trattenendo. Se aveste tardato ancora, non sono sicuro di quello che sarebbe accaduto,» fece Severus. «Suppongo lei abbia convinto Caramell a lasciarvi andare, e che questo fosse la causa dell’improvviso disagio di alcune persone?»
    «Già,» ammise l’altro prima di raccontare i fatti.
...
    «Non lo permetterò, Albus! Usare le risorse del Ministero in una tale maniera è irresponsabile. Non posso permettere che nessuno, a prescindere dalla sua posizione, detti legge su dove e quando le forze degli Auror vadano, specialmente quando vengono indirizzate da una sconosciuta fonte di informazioni!» Sbuffò il Ministro, raddrizzandosi nella poltrona del suo nuovo ufficio.
    «Cornelius, il tempo è essenziale, dobbiamo andare adesso,» affermò Silente. «Credimi. La mia fonte è corretta in questo. Se vogliamo salvare i bambini rapiti, dobbiamo andare.»
    «Ministro, non vedo perché non possiamo semplicemente andare a dare un’occhiata,» si intromise Madama Bones. «Che male ci sarebbe in questo? Almeno in questo modo saremmo sicuri. Inoltre, penso che valga la pena controllare, per il bene dei bambini.»
    «Non abbiamo alcuna prova che siano lì, e né purtroppo che siano ancora vivi,» Madama Umbridge la interruppe, la sua voce disturbantemente dolce era fastidiosa per chiunque nella stanza avesse del buonsenso.
    «Sono vivi, tutti e nove, almeno per il momento. Cornelius, andrò con o senza il supporto del Ministero,» affermò Silente.
    «Davvero, Albus, non posso permetterti di invadere una proprietà privata, abitata o meno. Dobbiamo tutti seguire la legge, dopotutto, anche tu.»
    «Anche a spese di vite innocenti che in questo momento sono tenute prigioniere da criminali spietati?» Domandò Silente, con gli occhi lampeggianti. La sua pazienza si stava assottigliando. «Lo scopo della legge è proteggere i cittadini, non mantenere il favore di alleati politici.»
    «Ora ascoltami, Silente, fare tutto questo trambusto a quest’ora della notte, e in questa notte in particolare… sei sicuro di stare bene?» Chiese Cornelius mentre la Umbridge si chinava in avanti, come per guardare meglio Silente.
    «Ha l’aria un po’ sciupata,» disse lei, la voce traboccante di fasulla preoccupazione materna.
    Il Preside fece un passo in avanti, a questo punto era oltre il potersi preoccupare di chi stesse guardando e di che cosa potesse pensare.
    «Sto molto bene, grazie, solo un po’ disgustato dalla mancanza di buonsenso da parte di certi ufficiali governativi,» disse Silente, con la voce che non aumentò di tono né di volume, ma di potere. «Continuerai a comportarti come un ignorante?» Le candele nella stanza fiammeggiarono. «Potrai essere il Ministro, ma io sono lo Stregone Capo del Wizengamot, il Supremo Pezzo Grosso dell’ICM, e il Distruttore dell’ultimo Signore Oscuro. Chi supporterà la gente se dovessero venire fuori delle voci sul tuo fallimento nell’agire?»
    Caramell sputacchiò.
    «Come osi insultare e minacciare il Ministro!» Sibilò la Umbridge, la sua precedente dolcezza scomparsa.
    Silente non si scomodò nemmeno a risponderle, cosa che la fece infuriare di più.
    «Come facciamo a sapere che non sei andato fuori di testa e che non hai semplicemente immaginato questa “fonte”? Dopotutto, dobbiamo considerare la tua età e la tua ferita,» continuò lei, facendo anche un passo in avanti e fronteggiandolo, come per intimidirlo.
    Silente continuò ad ignorarla (lei e il suo profumo stucchevole), fissando Caramell al di sopra della testa da rospo della donna. La Umbridge fumava dalla rabbia.
    «Allora, Ministro? Sono di norma un uomo paziente, ma quando si tratta delle vite di bambini, temo di essere incapace di contenere la mia ira davanti a tali dimostrazioni di sfacciata mancanza di preoccupazione o di cura,» disse Albus.
    Le tende dietro la scrivania del Ministro presero fuoco e le candele nella stanza avvamparono violentemente. La Umbridge diede un grido, mentre gli altri nella stanza boccheggiavano. Silente non badò a nulla di tutto questo.
    «Nei miei tanti anni, sono stato informato del decesso di molti bambini, ho personalmente assistito a molte morti, e ho sopportato la cosa peggiore di tutte - ho trovato i giovani corpi di coloro che non ho salvato perché ero arrivato troppo tardi. Quindi, Ministro, agisci come ritieni opportuno, e io.. farò lo stesso. Mi rifiuto di permettere a un uomo così insignificante di sprecare altro del mio tempo. Prova a fermarmi e scoprirai personalmente perché dicono che io sia l’unico mago che Voldemort teme.»
    Con questo, ruotò su sé stesso e si diresse alla porta, anche mentre le tende andavano in cenere intorno al Ministro. Per fortuna, il fuoco non si diffuse e lentamente si spense mentre la cera colava sul pavimento dai candelieri in tutta la stanza. «A-aspetta, Si-Silente!» Gridò Caramell.
    Silente si fermò sulla porta e gettò un’occhiata indietro.
    «Prendi con te Madama Bones e qualche altro Auror,» cedette Caramell, con la voce tremante mentre si metteva una mano sulla tempia con una smorfia.
    «Cavolo, grazie, Cornelius,» fece Albus, continuando come se avesse appena avuto una calma e normale conversazione con il Ministro.

...
    «Beh, questo spiega di sicuro alcune cose,» disse Severus mentre Silente sospirava.
    «Ho perso il controllo.»
    «Qualunque uomo sano di mente lo avrebbe perso, e inoltre, se non lo avesse fatto, le cose sarebbero potute non andare così bene,» replicò Severus, sapendo che Silente si preoccupava che la sua ferita alla testa fosse in parte da accusare per la sua reazione piuttosto focosa.
    Dopo un momento, Silente annuì, decidendo di proseguire quando si immobilizzò e i suoi occhi si puntarono su Severus.
    «L’ha vista, non è vero?» Chiese Severus dopo un lungo istante.
    «La maledizione fallita di Riddle? Sì, anche se ammetto che sto avendo dei problemi a credere a ciò che ho visto. Stai davvero bene?»
    Severus annuì. «Credo di sì, anche se non capisco come. Non c’è stato quasi alcun dolore, e quel poco che ho sentito era più un leggero fastidio che altro.»
    «Nessuna idea?»
    «Una parte di me vorrebbe pensare che potrebbe essere la sua magia indebolita, ma c’era ancora molto potere in quell’incantesimo. Ho sentito la sua magia che mi circondava, proprio sotto la mia pelle, ma non faceva male, e di certo avrebbe dovuto.»
    «Molto strano. Beh, tanto per essere sicuri, facciamoti esaminare da Madama Pomfrey.»
    «Certo,» rispose lui prima che Silente chiamasse un elfo domestico e gli chiedesse di dire a Madama Pomfrey di venire nel suo ufficio.
    Alcuni minuti dopo, la donna arrivò con una valigetta di strumenti da guaritore.
    «Madama Pomfrey, non sono ferito,» affermò Severus, un po’ divertito dalla prontezza di lei.
    «Sarò io a giudicarlo,» replicò lei, tirando fuori la bacchetta e agitandola su di lui.
    Fece una pausa.
    «Che cosa c’è, Poppy?» Chiese Silente.
    Pomfrey scosse la testa. «Non ne sono sicura, ma mi direste esattamente perché mi avete chiamato per farmi esaminare Severus?»
    «Perdonami. Volevamo assicurarci che non stia soffrendo alcuna conseguenza dall’incantesimo fallito lanciatogli da Voldemort,» spiegò calmo Silente.
    «E l’incantesimo era…?» Chiese lei.
    «”Crucio Maxima”,» Replicò Silente, sebbene la sua voce non fosse più completamente calma.
    «Buon Merlino!» Esclamò Pomfrey, immediatamente agitando di nuovo la bacchetta, stavolta lanciando un incantesimo diagnostico più preciso e potente.
    Si irrigidì, facendo una smorfia per il risultato.
    «Madama Pomfrey, le dispiacerebbe condividere?» Chiese Severus dopo che furono trascorsi diversi secondi.
    «Oh sì, certo. Scusate; stavo solo tentando di dare un senso a tutto questo,» fece lei. «Ci sono le tracce di una maledizione, molte, in realtà, ma il danno ai nervi che dovrebbe esserci non c’è, e questo non ha senso considerando quanto residuo della maledizione è presente.»
    «Quindi qualcosa stava impedendo alla maledizione di raggiungere i nervi? Questo spiegherebbe come mai c’è stato molto poco dolore,» rifletté Severus.
    «Un attimo, fatemi vedere una cosa,» disse lei, facendo cenno a Severus di tendere una mano così che lei potesse fare un’analisi ancora più profonda.
    Silente e Severus la guardarono al lavoro, impazienti che la donna spiegasse che stava succedendo.
    «È strano,» disse lei.
    «L’informatività delle sue asserzioni è sconvolgente,» Severus quasi ghignò, era esausto e quindi ancora più impaziente.
    Pomfrey ignorò il suo sarcasmo e alzò lo sguardo su di loro. «Sto rilevando la firma magica di Harry, e c’è una specie di magica… membrana che copre tutti i tuoi nervi. Deve essere questo che ha impedito alla maledizione di farti del male. Hai uno scudo interno.»
    Severus sbatté le palpebre, mentre Silente sollevò le sopracciglia.
    «Questa protezione ha bloccato l’Imperdonabile? Com’è possibile?» Chiese Severus.
    «Penso che la domanda più importante da farsi sia come quella protezione è finita lì,» fece Albus.

O o O o O

    Harry non era stato molto sorpreso quando Madama Pomfrey gli aveva detto, poco dopo che si era svegliato, che doveva andare nell’ufficio di Silente per rispondere ad alcune domande. E così, entrando nell’ufficio del Preside, si sentiva pronto per qualunque cosa l’incontro comportasse.
    «Ah, Harry, buongiorno. Caramella al limone?» Chiese Silente.
    «Grazie, Signore,» fece Harry, prendendo il dolcetto e sedendo sulla sedia che gli veniva offerta.
    «Gli altri saranno qui tra poco,» disse il Preside.
    Madama Pomfrey al momento era con i Canon in infermeria, ma sarebbe venuta il prima possibile, invece il Professor Piton e la Sprite erano già in arrivo.
    La famiglia di Dennis era arrivata quando Harry stava lasciando l’infermeria, scortata dalla Professoressa McGranitt. Era una scena che sarebbe rimasta dentro Harry per sempre. Gli sguardi sui loro volti… era indescrivibile. Harry sapeva che sarebbe stato un ricongiungimento felice, specialmente ora che sapevano che Dennis era già stato curato dalla Licantropia.
    «Come stanno andando le tue lezioni con la Professoressa Sprite?» Chiese Silente, decidendo di non iniziare ancora la discussione a proposito della notte precedente.
    «Molto bene, Signore. Il Cubo di Modus è stato molto utile; grazie ancora per avermelo dato. Non sovraccarico più i miei incantesimi come prima e la Professoressa Sprite dice che il mio controllo si è sviluppato molto,» rispose Harry, comprensibilmente orgoglioso. «Credo che potrei iniziare presto con l’aspetto protettivo dei Serpincanti.»
    «Sono felice che tu lo stia trovando utile, e sono sicuro che padroneggerai la Protezione, proprio come hai fatto con la Guarigione, molto presto,» gli assicurò Silente prima di continuare. «Che mi dici invece del tempo in cui assisti Madama Pomfrey? Mi ha accennato brevemente che stai provando cose diverse ma non ha detto molto altro.»
«Beh, alcune persone mi hanno chiesto se posso rimuovere le cicatrici, così ho deciso di spostare lì la mia attenzione. Posso far rimpicciolire le cicatrici fresche e qualche volta farle completamente sparire, se sono solo di una settimana o simili, ma quelle più vecchie, che ho provato a curare… non funziona.» Harry si strinse nelle spalle, un po’ frustrato.
    «Hmmm, perché pensi che succeda?» Chiese Silente.
    «Penso che sia perché in realtà io distruggo il tessuto della cicatrice e lo uso per aiutare quello sano a “riempire” il vuoto. Invece, per le cicatrici più vecchie, la carne intorno alla cicatrice si è “stabilizzata”. Non so come altro descriverlo. Comunque, a causa di questo, non posso curare quelle vecchie, perché quando inizio a distruggere il tessuto della cicatrice, non c’è nulla che prende il suo posto, e allora mi fermo. Dubito che le persone vogliano un buco al posto della loro cicatrice.»
    Il Preside annuì, concordando. «Capisco che possa essere un problema.»
    «Lei ha… lei ha qualche idea per aiutarmi?» Chiese Harry.
    Silente si grattò il mento. «Sembra che il problema stia nel fatto che la carne sana intorno alla cicatrice si è “stabilizzata” e non è più malleabile, è corretto?»
    «Malleabile?» Domandò Harry, non del tutto certo del significato della parola.
    «Flessibile, o adatta a essere modellata.»
    Harry annuì. «Già. È come se il tessuto sano abbia stabilito un nuovo limite di dove dovrebbe esistere.»
    «Beh, il mio unico suggerimento sarebbe di rimuovere il “confine”, sebbene questo probabilmente comporterebbe un’operazione piuttosto… spiacevole.» Suggerì Silente.
    Harry rimase in silenzio per un momento, pensandoci su.
    :La sua idea promette bene,: disse Coral. :In un certo senso, sarebbe come lavorare su una nuova cicatrice, se lo facessi:
    :Ma taglierei del tessuto buono,: obiettò Harry, prima di pensarci su ulteriormente e di annuire. :Però, potrei curare il danno che sarei costretto a fare, e non avrei problemi ad anestetizzare l’area. Così sarebbe come hai detto tu - curare una cicatrice fresca, che è facile una volta che arrivo a quel punto. Dovrei avvertire però la persona che sto curando del fatto che dovrei fare così:
    Silente ascoltò ma non disse nulla, lasciando che Harry riflettesse da sé. Fu allora che entrarono Severus e Pomona.
    «Buongiorno, Preside, Signor Potter,» disse Piton, con un cenno del capo, prima che anche la Sprite augurasse loro il buon giorno. I Professori rifiutarono educatamente le caramelle che Albus offrì loro.
    «Come stai, Harry? Hai ancora mal di testa?» Chiese la Sprite una volta che tutti si furono sistemati.
    «Non fa troppo male adesso,» disse Harry stringendosi nelle spalle, non sicuro di come reagire alla sua preoccupazione.
    «Se diventa troppo doloroso, faccelo sapere,» disse seria lei.
    Harry annuì, scoccando un’occhiata al Professor Piton e al Preside, che condividevano ovviamente i sentimenti della donna.
    «Bene, Harry,» iniziò il Preside, il suo solo tono che diceva ad Harry che le chiacchierate erano finite. «Ho ragione a supporre che hai sperimentato una visione la notte scorsa, come ti era successo quest’estate?»
    «Sì, Signore,» disse lui, guardando il Professor Piton mentre ricordava ciò a cui aveva assistito.
    «Puoi dirci che cosa hai visto?» Chiese Silente.
    «Certo,» rispose lui, non capendo perché volessero saperlo, ma immaginando che ci fosse una ragione. Forse erano preoccupati per come lui si sentiva al riguardo? «La prima cosa che ho visto era Dennis che veniva messo nel circolo. Credo che la visione sia cominciata per quanta era l’eccitazione di Voldemort in quel momento.»
    Silente e Piton annuirono, concordando con l’affermazione di Harry.
    Il ragazzo quindi continuò, dicendo loro di quanto fosse diventato furioso Voldemort quando il Professor Piton aveva ucciso Nagini e le due persone vicino alla barriera.
    La Professoressa Sprite sembrava particolarmente triste al sentire Harry che riferiva quella parte - poiché non le piaceva che Harry fosse stato costretto ad assistere. Lui, comunque, non ne era stato così sconvolto. Dopo Greyback, aveva accettato la dura realtà che qualche volta non si poteva avere pietà.
    Certo, veder fare una cosa del genere non era la stessa cosa che farla di persona.
    Harry si chiese se sarebbe stato capace di fare quello che aveva fatto il Professor Piton se lui fosse stato in quella situazione. Non era esattamente una cosa piacevole a cui pensare, ma era inevitabile.
    Un colpo improvviso alla porta interruppe i pensieri di Harry, e il Preside subito invitò Madama Pomfrey ad entrare.
    «Mi scuso per il ritardo, ma sentivo che i Canon avevano bisogno di qualche rassicurazione prima che li lasciassi soli,» disse lei, entrando.
    «Nessun problema, Poppy. Confido che vada tutto bene?» Chiese Silente.
    «Sì. Considerando tutto quello che ha passato quel ragazzo, se la sta cavando piuttosto bene, e ora che la sua famiglia è con lui, sono sicura che potrà andare oltre tutto quello che è successo, col tempo,» fece Poppy mentre trasfigurava una sedia e si sedeva. «Bene, allora, cosa mi sono persa?»
    Poppy ovviamente sapeva che cosa era accuduto al rituale (le era stato detto la notte precedente), ma non sapeva l’ampiezza dei suoi effetti su Harry.
    «Harry ci stava dicendo che cosa ha visto la notte scorsa,» spiegò la Sprite.
    Silente quindi fece un piccolo riassunto del sogno di Harry fino a quel momento, prima di fare cenno al ragazzo di continuare. Con ciò, Harry proseguì e arrivò al momento in cui Voldemort aveva lanciato la potente Maledizione Cruciatus sul Professor Piton.
    Harry fece comprensibilmente una pausa, incapace di trattenersi dal fissare l’insegnante di Pozioni.
    «Voldemort si è davvero spaventato quando l’incantesimo non è sembrato avere alcun effetto, signore,» disse Harry alla fine.
    «Lui era spaventato?» Chiese la Sprite, attonita (sebbene fosse già piuttosto scioccata dalla crucio maxima).
    Harry annuì. «È stata l’unica volta in cui ho mai percepito totale paura da lui.»
    «La resistenza di Severus alla maledizione ha senza dubbio impressionato Voldemort, questo non dovrebbe essere una sorpresa,» puntualizzò Silente prima di concentrarsi su Harry. «Ma io credo che noi tutti vogliamo capire che cosa ha causato questa misteriosa difesa. Se potesse essere controllata...»
    Harry sbatté le palpebre mentre Coral si spostava sul suo polso.
    :Credi che..?: Sibilò lei molto piano.
    «Harry, Madama Pomfrey ha esaminato il Professor Piton poco dopo che siamo tornati dopo aver risposto a delle domande al Ministero, la scorsa notte, e ha trovato tracce della tua firma magica che coprivano i suoi nervi,» spiegò Silente. «Tu sai come può essere successa una cosa simile?»
    Harry si morse il labbro inferiore, improvvisamente ricordando la conversazione che aveva avuto con il suo professore preferito dopo aver scoperto la Magia Bianca senza aver informato nessuno. Aveva timore anche solo di guardare il Professor Piton, di certo avrebbe visto della delusione.
    Non poteva credere di aver commesso di nuovo lo stesso errore!
    «Harry?» Chiese la Professoressa Sprite, notando il suo nervosismo.
    :Sarebbe meglio comunque dirglielo: lo avvisò Coral. :Potrebbero avere già una teoria molto vicina alla verità:
    «È stato l’anno scorso, ad Halloween,» disse finalmente Harry.
    Silente e gli altri adulti spalancarono gli occhi, mettendo insieme alcuni pezzi del puzzle.
    «Mentre stavo curando il Professore,» disse lui con un’occhiata a Piton, «ho trovato del residuo di una maledizione e una sottile e magica… membrana che copriva i suoi nervi, anche se c’erano degli strappi e alcuni nervi erano esposti e danneggiati,» spiegò Harry. «Ho usato i Serpincanti per riparare e rinforzare la membrana.»
    «Straordinario,» sussurrò Silente, pensieroso.
    «La membrana era già lì?» Chiese Piton, incapace di nascondere tutta la sorpresa nella propria voce.
    Harry fece una smorfia. «Sì, non ci sarebbe dovuta essere?»
    «No, Harry. Dai casi che ho studiato al Ministero, ogni paziente che hanno esaminato approfonditamente che abbia subito il Cruciatus non ha niente di lontanamente simile a quello che hai descritto,» spiegò Pomfrey.
    «Ma allora il Professore?» Domandò Harry, domandandosi come mai lei non avesse scoperto la protezione di Piton l’anno prima, quando era arrivato in infermeria.
    «L’incantesimo diagnostico che ho usato l’anno scorso non era abbastanza potente per rilevare le membrane, e non avevo alcun motivo per lanciare quello più potente,» replicò Pomfrey.
    «D’accordo, ma come è finita lì, innanzitutto?» Chiese Severus, volendo sapere di più.
    «Se non mi sbaglio, è dovuto a quante volte sei stato esposto alla maledizione nel corso degli anni,» teorizzò solennemente Silente.
    «Questo potrebbe spiegarlo,» concordò piano Pomfrey.
    «Sì, ma sono ancora sconvolta che qualcosa possa contrastare una Crucio di Voldemort, senza parlare di una Crucio Maxima,» asserì la Sprite.
    «È piuttosto scioccante,» concordò Silente.
    «Um, scusate, ma di quanto è potenziato un incantesimo con “maxima”?» Chiese Harry dopo un momento. «Voglio dire, raddoppia gli effetti o cosa?»
    Pomfrey e gli altri professori si guardarono l’un l’altro prima di guardare il Preside. Come avrebbero dovuto rispondere? Era una domanda valida, dopotutto, e Harry, a prescindere da quanto la verità fosse oscura, meritava di saperlo.
    Silente trattenne un sospiro, sapendo che rispondere a questa domanda era una sua responsabilità.
    «Sebbene io abbia delle riserve sull’informarti di questo, sento che la tua domanda merita una risposta molto precisa… tutto considerato. Ammetto anche che questa informazione potrebbe essere benefica in altri modi,» disse piano, i suoi occhi azzurro ghiaccio che incontravano i verdi di Harry.
    Harry annuì lentamente, ora chiedendosi se voleva una risposta.
    «I Paciock,» iniziò Silente, «Sai, hanno subito l’Imperdonabile, ma quello che non sai è che le loro condizioni attuali non sono state causate esattamente nello stesso modo.»
    Pomfrey aprì la bocca, senza dubbio per domandare se fosse saggio parlare dei Paciock, ma poi decise di non farlo.
    «Alice Paciock ha subito la maledizione molte volte da quattro individui, per circa mezz’ora, senza interruzione.» La voce di Silente era svuotata di qualsiasi emozione, ma il dolore nel ricordare la verità era evidente nei suoi occhi. «Frank Paciock, invece, no. Lui ha subito una singola “Crucio Maxima”, mantenuta per quasi quindici secondi.»
    Harry cercò di soffocare l’improvviso magone che gli salì in gola, ricordando quanto gli era apparso fragile il Signor Paciock nel suo letto, praticamente comatoso, mentre sua moglie vagava senza meta per la stanza.
    «Pe-» Gli mancò la voce all’inizio, ma Harry ci riuscì dopo aver deglutito duramente. «Perché lo hanno fatto?»
    Gli occhi di Silente si oscurarono. «Poco dopo la caduta di Voldemort, alcuni Mangiamorte cercarono delle risposte. Questi quattro, Bartemius Crouch Junior e i Lestrange, credevano che i Paciock sapessero che cosa era successo al loro padrone, perché erano molto coinvolti nella guerra.»
    Harry spalancò gli occhi e non riuscì a trattenersi dal domandare: «Lo sapevano?»
    «Sì - ma non rivelarono nulla. Lo sappiamo perché il Wizengamot interrogò uno dei Lestrange sotto Veritaserum. Anche allo stremo delle loro forze, i Paciock si rifiutarono di rivelare anche un solo brandello delle loro conoscenze.»
    Harry si morse un labbro, provando a capire il sacrificio che i Paciock avevano fatto, e tutto per un segreto che non era più un segreto - la causa della caduta di Voldemort.
    Lui.
    Rilasciando un respiro tremante, Harry sentì la mano della Professoressa Sprite che si posava sulla sua spalla.
    «Avevano molti segreti che dovevano essere tenuti nascosti oltre al tuo ruolo nella caduta di Voldemort, Harry,» disse Silente, ipotizzando correttamente dove si erano diretti i pensieri di Harry. «La loro incrollabile resistenza davanti a un dolore tanto crudele ha protetto e salvato molte persone, non solo te. Non lasciare che un malsano senso di colpa rovini il loro sacrificio.»
    Harry si irrigidì, sapendo che il Preside aveva ragione. Non era stata colpa sua, ma era difficile non pensare: “se non fosse stato per me, forse sarebbero ancora qui per Neville”. Ma poi, anche senza le parole di Silente, sapeva che un pensiero del genere era onestamente da idioti. Se non fosse stato per lui (o per quello che era successo con lui) Voldemort sarebbe potuto essere ancora in giro per i successivi dieci anni o forse di più, e avrebbe ucciso e fatto del male a innumerevoli altri. Inoltre, come poteva lasciarsi distrarre da un senso di colpa senza scopo? Doveva concentrarsi su quello che doveva fare. Doveva fare tutto quello che era in suo potere per onorare il loro sacrificio. Tutto quello che poteva per far sì che quello che era successo ai Paciock non accadesse mai più.
    Riempito di un nuovo senso di determinazione, Harry annuì, concordando con Silente, mentre la Sprite gli strizzava la spalla con fare incoraggiante.
    «Allora, che cosa dovremmo fare ora?» Chiese Madama Pomfrey una volta trascorso il momento commovente.
    «Se conosco il Signor Potter, direi che lui potrebbe saperlo,» disse il Professor Piton, facendo sollevare ad Harry lo sguardo e incrociandolo col suo.
    Harry si morse il labbro per un istante prima di fare un piccolo cenno col capo e di tirarsi su la manica per rivelare Coral. Silente e gli altri guardarono con aspettativa mentre il Professor Piton si alzava e porgeva una mano ad Harry.
    Con Coral attorno al suo polso, la mano di Harry strinse quella di Piton e i suoi Serpincanti risposero al suo intento.
    Harry emanò la propria magia, le immagini giunsero all’istante alla sua mente.
    La membrana di magia protettiva copriva i nervi del Professore e c’erano sacche di residui di maledizione nera qui e là. Il colore dei residui attrasse l’attenzione di Harry, facendogli ricordare quelli che aveva visto un anno prima, che non erano stati tanto scuri né densi, ma la sua attenzione fu presto attirata altrove.
    Lo strato protettivo era a malapena danneggiato, aveva piccole crepe qui e là, ma non era questa la cosa più sbalorditiva. Si stava riparando da sola. In modo lento, estremamente lento, la pellicola difensiva si stava ricostituendo.
    Era notevole.
    «Harry?» Chiese la Professoressa Sprite, facendolo tirare indietro e sbattere le palpebre davanti al volto del Professore di Pozioni.
    «Si sta riparando da sola,» riuscì a dire Harry.
    «Quanto danno c’è?» Chiese Pomfrey, gli occhi che le si spalancavano alle parole del ragazzo.
    «Non molto, ma ha avuto molto tempo per ripararsi,» rispose Harry.
    «Albus, se questo potesse essere controllato e, non lo so, trasformato in una specie di vaccino...» disse Pomfrey dopo essersi ripresa. Era una cosa grossa, dopotutto.
    «Purtroppo, onestamente dubito che questo possa essere imbottigliato e distribuito facilmente come la Magia Bianca,» affermò Severus. «Comunque, potrebbe esserci un altro modo. I babbani possono prendere del tessuto vivente da un individuo e metterlo in un altro.»
    «Trapianto di organi,» disse Pomfrey annuendo, sebbene un po’ sconcertata dal riferimento in apparenza estraneo.
    «Dove vuoi arrivare, Severus?» Chiese Silente, confuso ma interessato.
    «Penso che sarebbe possibile “trapiantare” questa membrana e potrebbe essere comparabile al trapianto di midollo del mondo babbano.»
    Pomfrey e Harry annuirono lentamente, riuscendo a seguire un po’ meglio Severus rispetto ad Albus e Pomona a causa delle ricerche che stavano facendo per sviluppare i Serpincanti di Harry e della loro conoscenza medica generale.
    «Trapianto di midollo?» Chiese Silente. Sapeva che cos’era il midollo, ma non aveva idea di che cosa rendesse unico quel genere di trapianto.
    «Per dirla in modo semplice, per un paziente che ha bisogno di midollo osseo sano (di solito dopo aver subito un tipo intenso di terapia), un guaritore o un dottore rimuoverà del midollo sano da un donatore e lo trapianterà nel paziente; il corpo del paziente lo porterà nelle proprie ossa, dove potrà iniziare a facilitare una nuova crescita di globuli rossi sani,» spiegò Severus.
    «Severus, sto cercando di seguirti, ma questo va un po’ oltre le mie capacità,» disse Pomona con tono di scusa.
    «Scusate. Quello che sto dicendo è che credo che questa membrana potrebbe essere “trapiantata” e che il risultato sarebbe simile al modo in cui funziona il trapianto di midollo, perché sarebbe necessaria solo una piccola donazione per far ottenere al “paziente”, alla fine, una protezione propria.»
    «Perché la membrana trapiantata si “affermerebbe” e permetterebbe al corpo del paziente stesso di finire di costruire la protezione?» Chiese Silente.
    Severus annuì. «Sì, questo è proprio quello che penso.»
    «Di certo suona possibile,» concordò Pomfrey mentre gli altri annuirono in un consenso quantomeno lieve.
    «Signor Potter, pensi che saresti in grado di copiare questa membrana ed applicarla a qualcun altro, ad esempio… te stesso?» Chiese Piton dopo un momento.
    «Penso di sì, Professore,» rispose Harry.
    «Severus, non sono così sicura che sia una buona idea. Abbiamo appena scoperto della sua esistenza. Che accadrebbe se fosse qualcosa di unico, causato dalle tue esperienze?» Domandò la Sprite. «Non abbiamo alcuna idea delle sue piene capacità o se dovesse avere degli effetti negativi nel caso in cui Harry la ponesse su sé stesso, figuriamoci qualcun altro.»
    «Ma c’è un po’ della mia magia lì dentro, professoressa,» protestò piano Harry.
    «Sì, ma è mirata specificamente a riparare e rafforzare la protezione preesistente del Professor Piton,» fece la Sprite.
    «Onestamente non vedo alcuna ragione per cui il Signor Potter non possa indirizzarla su di sé,» replicò Severus. «Comunque, forse la tua cautela è saggia, ma non penso che dovremmo rinunciare a trarre vantaggio da questa scoperta.»
    «Sto solo dicendo che non dovremmo fare niente di fretta,» disse gentilmente la Sprite.
    «Col Signore Oscuro, potremmo non poterci concedere il lusso del tempo. Dobbiamo far sviluppare qualsiasi vantaggio che abbiamo a nostra disposizione il più rapidamente possibile e al meglio delle nostre possibilità.»
    Silente annuì pensierosamente. «Sono d’accordo… con Severus.»
    Harry, che aveva spostato lo sguardo avanti e indietro tra Piton e la Sprite mentre discutevano educatamente, abbassò lo sguardo a Coral, sperando in un suo consiglio.
    :Sono d’accordo con il Professor Piton e il Preside: disse piano lei. :Non si può mai essere troppo preparati:
    Harry annuì, non rifiutando quella logica, mentre Pomfrey e gli altri portavano di nuovo l’attenzione su di lui.
    «Vorrei provare,» disse Harry, ricordandosi mentalmente che era domenica, quindi oggi sarebbe stato il giorno migliore per tentare di applicare la protezione.
    «Molto bene allora, Harry. Se Madama Pomfrey te lo permette, puoi provare - qui, se va bene?» Disse Silente, guardando la Medimaga, sebbene scoccò un’occhiata anche alla Sprite, che fece un cenno di accettazione.
    «Non ho obiezioni, specialmente dal momento che l’infermeria ora è occupata dalla famiglia Canon,» disse Pomfrey, alzandosi e trasfigurando la sua sedia in un lettino. «Non ho problemi nel monitorarlo qui e, suppongo, ora?»
    Silente annuì e si alzò.
    Harry si tirò su dalla sedia, che la Sprite fece prontamente svanire, e si mise sul semplice lettino tra Pomfrey e Piton. Silente mosse la bacchetta e spostò indietro la scrivania di modo che Harry avrebbe avuto un po’ più di spazio, cosa che fu apprezzata.
    «Quando sei pronto, Harry,» fece Silente, in piedi dietro la scrivania mentre la Sprite si metteva dall’altro lato.
    «D’accordo,» replicò Harry, guardando Piton mentre Coral sollevava la testa. «Dovrebbe volermici solo un momento per copiarlo da lei e per ripartire da lì, professore.»
    Severus annuì, comprendendo, e ancora una volta tese la mano, che Harry prese.
    «Penso che mi concentrerò nel mettere la membrana solo sui nervi della mia mano sinistra per ora,» disse Harry. «Per ogni evenienza.»
    «Stavo quasi per suggerirlo,» disse Pomfrey con un sorriso mentre Harry si preparava all’opera.
    Harry ottenne subito ciò che gli serviva da Severus e si distese rapidamente, mormorando in Serpentese sottovoce mentre Coral muoveva la lingua al di sopra del suo polso, e la magia scorreva dentro di lei.
    Era un po’ strano usare i Serpincanti su sé stessi, poiché per la maggior parte del tempo li aveva usati solo sugli altri, ma si sentiva fiducioso delle sue abilità.
    Prendendo quello che aveva copiato da Piton come modello, si concentrò nel convertire in esso un po’ della propria magia e gli permise di espandersi per coprire i suoi nervi come una pelle. Iniziò con il palmo, sperando che la membrana si espandesse e coprisse le punte delle dita e il polso. Era un duro lavoro, e impedire alla magia che formava la membrana di mutare troppo era particolarmente difficile. Nonostante ciò però, stava andando bene, o almeno fino a quando sentì uno strano tremore pulsare dalla mano in tutto il suo corpo.
    :Harry!: gridò Coral.
    E questa fu l’ultima cosa che Harry udì prima che sapesse… che qualcosa stava per andare terribilmente storto.
    Il tempo sembrò fermarsi mentre le parole pronunciate da Piton quasi un anno prima gli echeggiavano nella mente.
    ”Le cose possono andare male...”
    Le parole parvero riverberare per un lungo istante prima che sentisse un oscuro vortice di qualcosa del tutto privo di sostanza ma irrefrenabile. Era come se la sua mano, d’improvviso, fosse stata schiacciata da un grosso rullo compressore, prima che il peso si stendesse, abbracciando tutto il suo essere, soffocandolo. Sentì un’inimmaginabile pressione che lo schiacciava da tutti i lati, dieci volte peggio della materializzazione e molto più disorientante del viaggiare con una passaporta.
    Non riusciva a respirare; si sentiva come se avesse un gigantesco blocco di cemento sul petto con quella balena di suo cugino seduta sopra. Provò a scacciare il peso con le braccia, ma era inutile, le braccia si rifiutarono di funzionare ed era certo che fossero inerti.
    Provò a spingerlo via con la magia, per fermare l’insostenibile sensazione di schiacciamento, ma aveva lo stesso effetto che se avesse usato un dito per aprire una porta blindata.
    Perse i sensi.

O o O o O

    Capirono subito che c’era qualcosa che non andava quando Coral iniziò all’improvviso a sibilare istericamente ed Harry si irrigidì, la faccia distorta in quello che riuscirono solo a supporre fosse dolore.
    Gli occhi di Severus scattarono a Pomfrey, che immediatamente iniziò ad agitare la bacchetta al di sopra del ragazzo.
    «Che sta succedendo, Poppy?!» Gridò la Sprite mentre Harry tutto a un tratto sembrava lottare per riuscire a respirare.
    «N-non lo so, ma la protezione che era riuscito a creare è collassata.»
    La Sprite boccheggiò, spalancando gli occhi con terrificata comprensione. «Come un castello...» Mormorò.
    «Cosa?» Chiese Albus.
    «Harry una volta mi ha detto che la modalità protettiva dei Serpincanti è simile al costruire un castello. Ha detto, “se costruisci male le pareti, ti può cadere addosso. Devi mettere le pietre correttamente.”» Rispose lei.
    Severus mormorò un’imprecazione, ricordando quello che aveva letto ne “L’arte dei Serpincanti” e concludendo che la Sprite aveva ragione.
    «Ma questa non è... » Cominciò Pomfrey, volendo contestare che quella che Harry stava cercando di fare era “Guarigione”, non “Protezione”... ma quindi d’un tratto capì...
    Come avevano potuto essere tanto sciocchi?
    Comunque, prima che potesse cominciare una filippica interiore, Harry scattò in su, aprendo di scatto gli occhi e inghiottendo l’aria con diversi profondi respiri, cercando a tentoni qualcosa a cui aggrapparsi, con Coral ancora intorno al polso.
    La Sprite si affrettò in avanti, dandogli dei colpetti sulla schiena e aiutandolo a tenersi su. «Piano, Harry, concentrati solo sul respirare.»
    :Coral?: Riuscì a dire, sentendo la stretta del serpente intorno al polso.
    :Stavi muovendo la magia troppo in fretta. La protezione è collassata: Disse Coral. :Mi dispiace. Me ne sono accorta troppo tardi:
    :Mi sentivo come se mi stessero schiacciando: fece lui, ora appoggiandosi alla Sprite per riuscire a tenersi su.
    :Come ti senti adesso?:
    :Indolenzito e stanco, ma bene, credo:
    :Allora meglio farlo sapere ai professori: Lo avvertì lei.
    Con questo, Harry aprì gli occhi e guardò i professori, che si erano radunati attorno a lui, ma non tanto da ammucchiarglisi addosso.
    «Sto bene. Ho solo provato troppo in fretta,» riuscì a dire Harry.
    «Penso che ci sia più di questo, Harry,» disse Pomfery, abbassando la bacchetta quando non trovò alcun danno permanente.
    «Che cosa vuole dire?» Domandò Harry, col respiro sotto controllo ora.
    «Penso che tu abbia appena provato i Serpincanti Protettivi.»
    Harry spalancò gli occhi al sentire ciò, e Coral sbatté le palpebre.
    :Sai, Harry, credo che possa avere ragione:


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Nota dell’autrice: Altre questioni che l’autrice si premura di chiarire (alcune in seguito a recensioni alla storia originale):
  • Il Marchio Nero di Severus: anche se probabilmente Voldemort si divertirebbe molto a torturare Severus tramite il Marchio, ha cose più importanti da fare che “convocare” Severus per fargli bruciare il Marchio. Non solo, ma nella storia originale della Rowling non è mai davvero specificato se Voldemort possa essere così selettivo nello scegliere quale Marchio attivare a distanza.
  • La Protezione di Severus alla Crucio: La sua continua esposizione alla maledizione ha fatto sì che il suo corpo cercasse un modo di minimizzare il danno causato da essa (come con i calli), ma questo è stato possibile solo per la sua totale volontà di subire la tortura nella speranza di proteggere/salvare altri - quindi, Magia di Sacrificio.
  • L’Harry del futuro e i Serpincanti: Sì, li ha usati, ma non così ampiamente come quello del presente, poiché non ha avuto molte opportunità di sperimentarli perché la sua priorità era sopravvivere.
  • Severus è un tipo di mago unico?: L’autrice, in tutta sincerità, non ha deciso, ma non può negarlo. Comunque, Severus è decisamente un mago potente, che ha portato, per necessità, la propria magia oltre il limite che i più considererebbero possibile per un “mago ordinario”.
  • Doni della Morte: Per evitare che le cose si complichino troppo, non ci sono in questa storia.
  • Il Diario di Voldemort: Nella trama di questa storia (senza Horcrux), il diario era un oggetto oscuro creato dal Signore Oscuro. Potete pensarlo come un ritratto di un mago, ma molto più potente, che preservava la sua personalità attraverso il tempo nella speranza di guidare/manipolare coloro che lo trovassero.


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Perdita.
Sappiate che è particolarmente impegnativo, spero di finirlo in tempo :P



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Capitolo 29
*** Perdita ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 29: [Loss] Perdita

    Le settimane trascorsero dolorosamente per Severus. Non era mai stato il tipo fatto per la gloria; sebbene ci fossero state alcune volte in vita sua in cui aveva fortemente desiderato essere riconosciuto e premiato, era arrivato a capire che le luci del palcoscenico non erano per lui. Infatti, le detestava.
    Colin Canon lo adorava, e anche molti altri ragazzini del primo anno.
    In realtà, la maggior parte della popolazione studentesca lo faceva - in modo fastidioso.
    E la Stampa… si rifiutava di pensarci.
    L’unica cosa leggermente positiva era il modo in cui erano attenti gli studenti a Pozioni, ma questo forniva una lieve consolazione.
    Il personale non era d’aiuto, anzi, incoraggiavano l’idolatrazione.
    Severus ebbe d’improvviso un’idea molto chiara di come si sentisse Harry, e poteva solo sperare che l’attenzione scemasse e svanisse presto. Non lo fece.
    «Davvero, Severus, non so come mai sei così sorpreso da tutto questo,» disse Filius.
    Stavano percorrendo un corridoio a notte tarda. Una delle poche occasioni in cui Severus poteva avere un po’ di tregua.
    «Pensavo che sarebbe finita adesso. È quasi Natale, per Merlino,» borbottò Severus.
    «Sei davvero inconsapevole, vero? Non solo hai impedito la morte di quei bambini, ma hai fatto qualcosa che nessun altro aveva mai fatto prima. Hai ingannato il Signore Oscuro a un livello prima inimmaginabile, e sei riuscito a scamparla,» disse Filius, la voce rallentata alla fine, come se lui stesso riuscisse a malapena a crederci.
    «Hmpf, scamparla? Puoi star certo che il Signore Oscuro sta pianificando la sua vendetta in questo momento.»
    «Non sembri troppo disturbato dalla cosa, e forse questa è un’altra ragione per cui così tanti sono… impressionati da te. In più, non dimenticare che riceverai presto l’Ordine di Merlino.»
    Severus a ciò non rispose nulla. Invece, i suoi pensieri corsero altrove, cercando una distrazione. Filius lo lasciò in pace prima di dargli la buonanotte, svoltando in un corridoio di servizio.
    Severus sapeva che Voldemort, come aveva detto a Filius, stava progettando la vendetta. Sapeva anche, grazie alla cicatrice di Harry, che Voldemort era furioso e, se l’interpretazione di Harry era corretta, stava diventando davvero disperato.
    Questo faceva poco per confortare Severus, poiché sapeva che il mostro era molto più pericoloso quando veniva messo all’angolo. Avrebbe presto fatto qualcosa. Era stato troppo tranquillo negli ultimi mesi per non fare una mossa adesso.

O o O o O

    Harry riusciva a stento a credere a quanto fossero passati in fretta i mesi, poiché era stato molto impegnato. Le sue giornate erano occupate dalle lezioni, dalle sue ricerche, e dalla comprensione e l’utilizzo dell’aspetto protettivo dei Serpincanti.
    Stava riuscendo molto lentamente a mettere la protezione su sé stesso, ma grazie al Signor Lee aveva fatto più progressi di quanto si sarebbe aspettato. Dopo aver scritto al Signor Lee del suo problema e avergli chiesto se aveva qualche libro sull’argomento o se conoscesse qualche Rettilofono nella sua area del mondo, il Signor Lee aveva chiesto qualche favore ed era stato in grado di mandargli alcuni vecchi appunti manoscritti di un Rettilofono deceduto. Gli ci era voluto del tempo per farlo, ovviamente, ma Harry ricevette i vecchi documenti prima di metà Novembre.
    C’erano quasi quaranta fogli di pergamena, ricoperti davanti e dietro di scarabocchi. Certo, Harry non li vedeva in questo modo. Lui vedeva delle scritte in perfetto Inglese. Un po’ oblique e sgraziate in alcuni punti, ma ancora comprensibili. Draco e gli altri, comunque, fissavano quel pasticcio illeggibile con aria confusa.
    «Uh, Harry, riesci a leggerlo?» Chiese Neville.
    «Certo, e ha già risposto a delle cose che mi stavo chiedendo! Questo mi sarà d’aiuto, tantissimo. Riesco già a dirlo,» rispose Harry, senza alzare gli occhi dalla pagina mentre Greg e Vince si scambiavano un’occhiata. Draco e Neville sbatterono le palpebre.
    «Deve essere scritto in Serpentese,» rifletté Draco.
    A quest’affermazione, Harry alzò gli occhi. «Beh, suppongo che spieghi perché io riesco a leggerlo, considerando che è stato scritto quasi un secolo fa da qualcuno che ha vissuto in India,» disse dopo una pausa pensierosa.
    E così Harry continuò a leggere, studiare, e lavorare. Sperava di completare la protezione su sé stesso prima delle vacanze, specie dopo aver scoperto la parte essenziale di tutte le protezioni - quello che gli appunti chiamavano un’ “àncora”. In questo caso, l’ancora era il reticolo magico presente nel suo corpo, formato dal suo nucleo e che si ramificava attraverso la struttura del suo scheletro, radicato nel suo midollo osseo. Il libro che Madama Pomfrey gli aveva preso mesi prima, “Nucleo e Flussi Interiori”, andava parallelamente a questo concetto e gli dava i mezzi per cominciare a fare qualche vero progresso.
    Oltre ai suoi progressi nei Serpincanti, Harry era anche riuscito, tramite Silente, a mettersi in contatto con il Dottor Price. Dopo che gli fu raccontato delle condizioni dei Paciock, aveva acconsentito a esaminarli, se il loro attuale “tutore” avesse acconsentito. Neville ne fu entusiasta e scrisse subito a sua nonna per chiederle di permettere a Price di esaminare i suoi genitori.
    Augusta non era stata così aperta all’idea quanto Harry e Neville si erano aspettati, ma non aveva del tutto escluso la possibilità della cosa. Harry sospettava che fosse dovuto all’intervento di Silente. Comunque, nonostante le riserve iniziali, Neville finalmente la fece cedere dopo settimane di suppliche; senza dubbio le sue parole: “glielo dobbiamo un tentativo” l’avevano toccata. Quindi, un giorno durante le vacanze invernali i Paciock avrebbero fatto visita al Dottor Price.
    Harry continuò la sua corrispondenza con Sirius, e sebbene le cose non fossero cominciate nel più auspicabile dei modi, ora le tensioni si stavano calmando e Sirius stava cominciando a sembrare ad Harry più simile a uno zio piuttosto che a un estraneo che per caso aveva conosciuto i suoi genitori. L’altra situazione che era mutata era lo stato lavorativo di Sirius. Ora era un professionista, dava lezioni private ai cittadini che desiderassero imparare a difendersi meglio. Essendo famoso come ex Auror, non era a corto di clienti ed era un lavoro facile, almeno per lui.
    Tutto ciò era fantastico, e Harry era felice per lui, ma il fatto ora portava alla luce la questione del ruolo di Sirius come suo Padrino - in particolare, riguardo la custodia di Harry. I Guaritori gli avevano dato un certificato di piena salute, sia fisica che mentale. Sirius era adatto ad occuparsi di lui, e apparentemente aveva una casa grande e sicura in aggiunta al suo lavoro affidabile.
    Sebbene Sirius non avesse ancora parlato di custodia con Harry, il ragazzo non era stupido. Era ovvio che l’uomo si stesse preparando per poter provvedere a lui, e se le cose fossero state diverse...
    Ma non lo erano.
    Gli faceva torcere dolorosamente le budella il pensiero di dover prendere una decisione - ipotizzando che gli sarebbe stata data possibilità di scelta.
    Non era proprio giusto, e così Harry aveva deciso di scacciarlo dalla propria mente per ora, anche se nel suo cuore aveva già preso una decisione.
    Gli affari scolastici proseguirono come prima, per la maggior parte almeno. Colin Canon era l’unico cambiamento notevole (o un’aggiunta all’usuale caos che circondava Harry). Il ragazzo armato di macchina fotografica diventò un’ombra familiare, ma sapendo quello che per poco non era successo al suo fratellino, Harry lo sopportava, in particolare dopo aver visto la venerazione che il ragazzo aveva per il Professor Piton. Meglio il Professore che lui, Harry decise. Poteva gestire l’essere seguito una volta ogni tanto.
    I mesi passati non erano stati solo gioiosi e senza pericoli, comunque. A fasi alterne, Harry aveva sofferto per degli incubi con strane visioni e per il dolore alla cicatrice.
    Comunque, per fortuna, il “fossato” che Nicholas aveva fatto nella sua mente aiutava ad offuscare tutto, e il fatto che stesse praticando dell’Occlumanzia rudimentale (esercizi calmanti di base) era un supporto aggiuntivo. Quello che riusciva ad arrivare fino a lui non aveva molto senso e il ragazzo presto si costrinse a ignorarlo, poiché provare a distinguere una qualsiasi porzione di esso gli dava mal di testa e lo distraeva dai suoi progressi nelle cose che poteva controllare. Comunque, il poco che era riuscito a capire dalla connessione erano emozioni di paura, frustrazione, e disperazione.
    E, onestamente, gli andava bene così. Se doveva davvero sentire qualcosa da parte di Voldemort, preferiva queste emozioni piuttosto che la gioia, l’eccitazione e il compiacimento.

O o O o O

    Draco in tutta sincerità non stava aspettando affatto l’arrivo delle vacanze. Gli piaceva la sicurezza di Hogwarts, e anche se sapeva che il Signore Oscuro era stato ferito, ne traeva poco conforto. Non poteva fare a meno di preoccuparsi per quello che sarebbe potuto accadere alla sua famiglia se Voldemort avesse deciso di far loro visita, in particolare dopo che il suo Padrino lo aveva tradito...
    Dalle lettere che aveva ricevuto da suo padre, non sembrava che il Signore Oscuro avesse preso contatto con loro, ma dal tono che aveva suo padre, Draco aveva avuto la sensazione che i suoi genitori se lo stessero aspettando. Il ragazzo si chiedeva se avrebbero messo in atto il piano di cui aveva parlato a Sev. Avrebbero lasciato l’Inghilterra? Avrebbe mai rivisto Hogwarts? E i suoi amici? E che ne sarebbe stato di Vince e Greg? In un certo senso, le loro famiglie erano nella stessa posizione della sua.
    Loro avevano un piano per scappare se ce ne fosse stato il bisogno? Se fosse accaduto il peggio (qualunque cosa fosse) avrebbero avuto una possibilità?

    Si riscosse. Non poteva permettersi di pensare in questo modo. E per quanto lo nauseasse ammetterlo, non era un adulto, e se avesse provato a chiedere a Greg e Vince se le loro famiglie avevano dei piani, avrebbe molto probabilmente messo a rischio qualunque piano i loro genitori avessero già preparato. Dopotutto, era meglio tenere certe strategie segrete, e incoraggiare i suoi amici ad indagare su come si erano organizzate le loro famiglie sarebbe stato dannoso e pericoloso. Anche Draco stesso non sapeva esattamente che cosa avevano preparato i suoi genitori e il suo padrino, sapeva solo che esisteva un piano, e sapeva che era con le migliori intenzioni.
    E così, Draco si ritrovò a sperare che i genitori dei suoi amici avessero dei piani di emergenza come quello che aveva la sua famiglia.

O o O o O

    Giunsero finalmente le vacanze invernali e per molti studenti il riposo era arrivato fin troppo tardi.
    «Allora che progetti avete?» Chiese loro Draco mentre andavano verso la Stazione di King’s Cross.
    Nello scompartimento c’erano Harry, Neville, Draco, Vincent e Gregory. Avevano già fatto fuori un po’ di dolcetti e stavano per aprire un altro giro di Cioccorane.
    «La nonna incontrerà il Dottor Price questa settimana e ha già programmato un appuntamento tra lui e i miei genitori,» rispose lui, del tutto spumeggiante. Non c’era altra parola per descriverlo.
    «Sono felice per te, amico,» disse Greg mentre gli altri si congratulavano.
    «Sono così contento che la nonna mi abbia ascoltato. Sapete, all’inizio, pensavo che non avrebbe mai acconsentito.»
    «Perché mai non avrebbe dovuto? Voglio dire, certo, sono Guaritori babbani, ma non vale la pena dargli un’occasione?» Chiese Vince.
    «Onestamente non la biasimo,» la difese Draco. «Anche io sarei stato dubbioso. Dopotutto, quante volte i Guaritori hanno promesso che un certo trattamento sarebbe stato d’aiuto, solo per vederlo fallire?»
    Neville si fece serio. «Molte volte.»
    «Io penso che il Dottor Price sarà d’aiuto,» fece Harry, non volendo che Neville si deprimesse. «Voglio dire, riuscirà quantomeno a dare un’occhiata più da vicino al problema, e questo sarebbe molto di più di quello che sono stati in grado di fare i Guaritori.»
    Neville annuì, la speranza ritornata.
    «Quindi, pronto per la cerimonia di premiazione, ricevente dell’Ordine di Merlino?» Lo prese in giro Draco.
    Harry sospirò. «Non credo di poter aver scelta anche se non sarò pronto. Dubito che mi permetteranno di perdermela.»
    «Beh, almeno anche il Professor Piton lo riceverà,» disse Neville.
    «Pensi che mi permetterà di nascondermi dietro di lui?» Chiese Harry scherzosamente (perlopiù).
    Gli altri risero.
    :Non penso che sarà così male, Harry. Scommetto che ci sarà una torta e altre leccornie: Disse Coral, prima di aggiungere con gioia, :Probabilmente avranno anche dei topolini per me:
    :Di sicuro: replicò Harry mentre la stazione compariva alla vista.

O o O o O

    Severus non era certo se si sentisse sollevato o infastidito che la pausa invernale fosse finalmente arrivata.
    Aprendo il suo armadio, guardò i suoi abiti cerimoniali, occhieggiandoli con odio -come se fosse colpa loro se tra pochi giorni sarebbe andato al Ministero per ricevere il suo Ordine di Merlino.
    Era strano. Nella linea temporale originale, avrebbe dato qualsiasi cosa per ricevere un tale onore, ma ora per qualche motivo gli sembrava solo uno spreco di tempo. Ovviamente, non è che credesse che quello che aveva fatto per i licantropi fosse inutile, o che il suo lavoro in generale non fosse qualcosa di cui dover andare orgoglioso, era solo che… dopo così tanto tempo in cui non era mai stato apprezzato (almeno per quanto riguardava la gente in senso ampio), ricevere finalmente un riconoscimento gli sembrava davvero poco importante.
    Forse era per l’esperienza che aveva avuto nel futuro, quando il desiderio di essere ammirato era passato in secondo piano e la sopravvivenza era diventata la cosa più importante.
    Scosse la testa. Beh, almeno non sarebbe stato il solo a ricevere l’Ordine di Merlino, e non poteva evitare di sentire che fosse la cosa più adatta il dividere l’onore con Harry.
    Chiuse l’armadio e andò al suo salotto, domandandosi come sarebbe stata questa vacanza per il ragazzo. Severus era sicuro che Harry si sarebbe divertito a passare il Natale con i Flamel, ma era onestamente un po’ preoccupato riguardo a Black.
    A quanto diceva Albus, i Guaritori avevano dimesso Black, e il Servizio di tutela dei Minori del Ministero aveva approvato la sua richiesta per la custodia di Harry. Il Preside aveva provato a convincere Black che c’era bisogno di pazienza in questo caso, senza parlare di una maggiore considerazione per i sentimenti di Harry, ma l’uomo non lo aveva ascoltato. Quando mai lo aveva fatto?
    A dirla tutta, le cose si stavano muovendo un po’ troppo in fretta per i gusti di Severus, ma non c’era nulla che potesse farci. Sperava solo che l’iniziativa di Black non avrebbe causato dei problemi ad Harry. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era la sceneggiata di Black in cima a tutto il resto. Le cose tendevano a peggiorare molto in fretta quando queste stupide impulsività prendevano piede.
    Severus si sedette, permettendo alla propria mente di vagare fino al suo ex futuro...
...
    Le cose avevano appena iniziato a farsi serie, e nel senso letale del termine. Erano appena trascorse le vacanze estive prima del sesto anno di Harry, e il Ministero aveva finalmente capito che Voldemort e i suoi seguaci non sarebbero semplicemente spariti se loro li avessero ignorati.
    Per rendere le cose ancora più interessanti, Black stava facendo il difficile.
    «Perché deve fargli da insegnante?» Chiese Black a Silente.
    Erano nel quartier generale, ed erano presenti i più della cerchia più importante dell’Ordine - Malocchio, Remus, Arthur, lui stesso, e ovviamente Black e Silente.
    «Ritengo prudente che Harry impari come combattono i Mangiamorte da qualcuno che ha la maggiore esperienza in questo genere di cose,» rispose calmo Silente.
    «Tutti noi li abbiamo combattuti per anni - alcuni di noi qui anche più a lungo di quanto abbia fatto lui. Potrei insegnare io ad Harry, senza dubbio anche meglio.»
    «No, Severus deve insegnargli.»
    «Beh, se le conoscenze di Severus sono così grandiose, perché non prendiamo tutti qualche lezione da lui?» Contestò Black con sarcasmo.
    «Si potrebbe organizzare, suppongo, ma dubito che porterà qualche vantaggio,» si intromise Severus.
    «Oh, e perché mai?»
    «Sarebbe come cercare di insegnare nuovi trucchetti a un vecchio cane sordo e cieco.»
    «Severus,» lo ammonì Silente, solo per prevenire uno scambio di maledizioni.
    «Questo ancora non risponde alla mia domanda sul perché non possa insegnare qualcun altro al mio Figlioccio,» disse Black, furioso, mantenendo a malapena il controllo di sé mentre Silente gli scoccava un’occhiata tipo “non-fare-nulla-di-sciocco”.
    «Tutti voi, a parte il Preside, combattete come Auror,» affermò semplicemente Severus.
    «Quindi? Che c’è di sbagliato?» Chiese Black sulla difensiva.
    «Potter non ha bisogno solo di sapere come difendersi, ma anche come vincere. Se gli si insegnasse a combattere come un Auror non lo farebbe.»
    Malocchio grugnì.
    «Gli Auror hanno sconfitto moltissimi Mangiamorte!» Urlò Black.
    «Ma non permanentemente.»
    «Silente, vuole dire che farà sì che Mocciosus trasformi il mio Figlioccio in un ASSASSINO?» Ringhiò Black.
    «Black, sei un idiota,» disse pigramente Severus mentre Black si voltava verso di lui e si muoveva per attaccarlo.
    Per fortuna (o sfortuna, secondo Severus), fu trattenuto da Remus.
    «Signori, per favore!» Esclamò Silente, ora perdendo un po’ della sua famosa pazienza.
    «Sirius, confido che Severus insegni ad Harry tutto ciò che gli occorre per combattere e sopravvivere; nonostante tutti noi desidereremmo che non fosse necessario, lo è. Se accadesse il peggio, Harry dovrà essere capace di cavarsela da solo contro qualsiasi avversario, anche Voldemort. Non può farlo con i metodi convenzionali.»
    «Allora perché non gli fa lei da insegnante?» Replicò Black. «Lei è il solo qui che ha una chance contro Voldemort!»
    «Purtroppo, non ho il tempo di insegnargli il mio stile di combattimento. Ho avuto quasi un decennio per affinarlo prima di poterlo usare nel combattimento reale. Harry non ha tutto quel tempo.»
    «Allora si limiterà a mollarlo al Mangiamorte per fargli imparare a lanciare Avada Kedavra qui e là?» Chiese incredulo Black.
    «Sinceramente dubito che Potter sia capace di magia del genere,» fece Severus con una smorfia - sebbene il suo tono aveva più lo scopo di irritare Black che di esprimere una qualsiasi attitudine negativa su Harry.
    Al momento, Severus aveva iniziato a capire che era meglio che la sua faida con James Potter rimanesse defunta quanto l’uomo. C’erano cose più importanti su cui concentrarsi.
    «Vuoi smetterla di provocarlo?» Domandò Remus, interrompendoli inaspettatamente prima che potesse farlo Silente.
    «Stavo solo asserendo un fatto. La potenza di Potter non è nella forza bruta, come può testimoniare il suo stile nel Quidditch, ma in qualcosa che a te, Black, manca completamente.»
    «Severus...» Avvertì Silente, anche se il maestro di pozioni continuò.
    «Finezza. Ora, non che il ragazzo non abbia anche momenti di suprema stupidità, ma posso insegnargli a rinnegare l’impulso genetico.»
    «Per fare che cosa, allora?» Chiese Black, ancora trattenuto da Remus.
    «Pensare mentre combatte. Entrare nella testa del suo avversario, leggerlo, portarlo esattamente dove vuole che sia per permettersi la fuga o la vittoria.»
    «Ci hai pensato su molto,» fece Arthur, parlando per la prima volta.
    «Prendo questo compito molto seriamente, a prescindere dalla diffidenza degli altri riguardo la mia nomina per questo incarico. Non mi permetterò di fallire.»

...
   
Severus chiuse gli occhi, le parole pronunciate in passato gli echeggiarono nelle orecchie, la sua promessa permeava ancora la sua ragione di vita. Sospirò, ricordando che cosa era successo in seguito quell’anno - quando tutto aveva iniziato a deteriorarsi…


    Il Ministero aveva deciso di promulgare una campagna “a sostegno della morale”, per cui avrebbero tenuto una festa di Natale nell’Atrium. Ovviamente, Harry, Silente, e molti altri erano stati invitati, e a causa di fastidiose costrizioni (come le pressioni da parte del pubblico) il Ministero aveva esaudito il desiderio di molte persone che volevano sperimentare qualcosa di positivo, tanto per cambiare.
    Purtroppo, era proprio il tipo di raduno che il Signore Oscuro stava aspettando, e ancor peggio, Voldemort aveva aspettato fino all’ora d’inizio dell’evento per condividere il proprio piano con i Mangiamorte - troppo tardi perché Severus potesse mandare un qualsiasi tipo di avvertimento.
    In pochi istanti, l’Atrium fu sotto assedio e la morte pesava nell’aria. Il Ministro fu ucciso da Bellatrix nei primi istanti e oltre la metà degli ospiti della festa cadde poco dopo per una una valanga di maledizioni dei Mangiamorte. Ma era solo l’inizio.
    Voldemort mise gli occhi su Harry mentre Silente chiamava i rinforzi dell’Ordine tramite Fawkes - una mossa più per essere assistiti nell’evacuazione dei sopravvissuti che per ribaltare le sorti della battaglia.
    Harry iniziò saggiamente a usare il proprio allenamento, ma solo pochi mesi di istruzione, pur se intensi, non erano nulla in confronto agli anni di esperienza nel combattimento reale che avevano i suoi opponenti. Comunque, ce la fece con la forza della disperazione e con quella che Severus chiamava “finezza”.
    Oltre al fargli assimilare l’aspetto mentale del combattimento, Severus voleva che Harry fosse incostante e completamente imprevedibile nei movimenti perché, secondo Piton, l’inesperienza di Harry era un “orribile svantaggio” che poteva essere rivalutato solo come uno “spontaneo stile di combattimento”.
    Harry si era personalmente sentito come una ballerina in quelle lezioni, ma dopo settimane in cui aveva sopportato l’addestramento spietato di Severus, era arrivato ad accettare che era meglio assomigliare a un pazzo drogato saltellante piuttosto che essere morto.
    Così, grazie al suo allenamento, non ci volle molto perché Harry fosse il solo non-Mangiamorte ancora in piedi nelle immediate vicinanze.
    «Ah, hai i piedi veloci, vedo,» disse Voldemort mentre Harry evitava due incantesimi e ne bloccava un terzo.
    «Dici?» Gridò Harry in risposta per essere sentito al di sopra della confusione.
    «Combatti come uno scoiattolo spaventato, Harry Potter,» affermò Voldemort, muovendosi in avanti mentre i vicini Mangiamorte si concentravano sul giocare con i sopravvissuti rimasti.
    Silente era in mezzo all’Atrium, stava tenendo aperto l’ultimo camino ancora funzionante. Finalmente, i membri dell’Ordine cominciarono ad uscire da esso e si mossero per raggiungere le persone ancora vive difendendo la loro unica via di fuga.
    Harry era solo.
    «E tu combatti come un vecchio, Riddle,» disse Harry.
    Voldemort rise una risata che sembrava più un latrato, ma era chiaro che fosse infastidito.
    «Sei sempre lo stesso orgoglioso Gryffondor?»
    «Sei sempre lo stesso Signore Oscuro che ha paura della morte?»
    Voldemort replicò con una maledizione oscura.
    Harry si riparò dietro un tavolo caduto e rotolò di nuovo fino a trovarsi in piedi, con la bacchetta alzata.
    Severus poteva solo guardare il loro scambio da lontano, mentre abbatteva di nascosto i Mangiamorte meno esperti e meno attenti intorno a sé, recitando la sua parte di orribile Mangiamorte. Si ritrovò a pregare che Harry avesse abbastanza “finezza” da sopravvivere fino a quando Silente fosse arrivato da lui.
    Purtroppo, Silente era ancora occupato, poiché Voldemort aveva incaricato più di una dozzina di Mangiamorte di concentrarsi sul Preside, e sebbene non sarebbero durati a lungo, sarebbe stato abbastanza.
    «Harry!»
    Severus si voltò e rimase sgomento dall’apparire di Sirius Black, che si stava facendo strada praticamente come un bulldozer fino al suo Figlioccio. L’insegnante di pozioni dovette concederglielo, di certo il cagnaccio era devoto.
    Ma stupido.
    Harry girò su sé stesso, ma saggiamente non diede mai del tutto le spalle al Signore Oscuro, mentre Black continuava ad avanzare, imperterrito, buttando giù i Mangiamorte vicini.
    Severus lo vide prima che accadesse, e seppe per istinto che uno dei due Gryffindor stava per morire, perché si poteva tracciare una linea perfettamente dritta con Voldemort da una parte, Black dall’altra, e Harry al centro.
    Con l’addestramento di Severus, anche Harry lo notò, ma un istante troppo tardi.
    Con un ghigno trionfante, Voldemort ruggì: «Avada Kedavra!» Proprio mentre Harry rotolava di lato e gridava «Sirius, spostati!»
    Sirius Black si spostò, ma non nel modo giusto.
    Cadde all’indietro, colpito al petto dal raggio verde.
    Nonostante il momento terribile, Severus non poté fare a meno di sentire un’ondata d’orgoglio per la reazione di Harry.
    Ben lontano dal cadere in uno stato di shock o di disperazione, Harry immediatamente attaccò con una ferocia e una fermezza che fu un vero e proprio portento da guardare.
    Nonostante Voldemort parò e bloccò ognuno dei suoi incantesimi, era chiaro nell’espressione e nella postura del Signore Oscuro che Harry aveva appena guadagnato un po’ del suo rispetto.
    «Mi dispiace per il tuo padrino, Harry. Era il tuo padrino, giusto?» Lo derise Voldemort mentre Harry continuava a sfogare la sua furia. «Stavo mirando a te, non a lui.»
    «Riddle!»
    La voce avrebbe potuto spaccare la pietra, ma fece qualcosa di ancor più impressionante.
    Voldemort sobbalzò visibilmente, portando la sua attenzione all’unico uomo che avesse mai temuto, mentre permetteva involontariamente a un singolo incantesimo di Harry di colpirlo al braccio.
    Era un colpo di striscio, ma il fatto che qualcuno fosse stato in grado di sfiorare anche solo superficialmente la sua persona fu all’apparenza piuttosto traumatizzante per Tom Riddle.
    Con una manica strappata e sanguinante, Voldemort rilasciò un torrente di Ardemonio mentre Silente tirava via Harry con un potente richiamo magico, lasciando la zona attorno a Voldemort alla mercé delle fiamme…

...
    Severus sospirò, sapendo che non avrebbe mai dimenticato l’angoscia sul volto di Harry quel giorno, e si sforzò di pensare a qualcos’altro.

O o O o O

    Neville era fuori dal proprio ambiente sicuro, non che la cosa fosse poi così inedita, ma essere in un ospedale babbano lo era di certo.
    I suoi genitori erano stati appena portati dal “Dottor” Price per le risonanze magnetiche e gli esami, e lui e la nonna erano rimasti da soli nella sala d’aspetto.
    Scoccò un’occhiata alla nonna che stava fissando la parete opposta. Sembrava che l’avesse presa bene, ma il ragazzo immaginava che questo avesse molto a che fare con Silente, che le aveva parlato della propria esperienza col Dottor Price, piuttosto che con la personale forza d’animo della donna.
    D’improvviso, la porta si aprì ed entrò Albus Silente, seguito subito dopo da Harry.
    «Mi scuso per il ritardo, Augusta,» disse Silente mentre Harry raggiungeva Neville, che era ad alcune sedie di distanza dalla nonna.
    «Va tutto bene. Stavamo ancora aspettando comunque,» fece lei.
    Mentre i due continuavano a parlare, Neville si voltò verso Harry.
    «Grazie per essere venuto, Harry. Sono felice che i tuoi tutori te lo abbiano permesso,» cominciò.
    «Nessun problema, Neville, e poi in realtà, sono abbastanza sollevato di essere uscito,» ammise lui.
    Neville fece una smorfia, preoccupato per l’amico. «Hai bisogno di un po’ di spazio in più con i tuoi tutori?»
    Harry sbatté le palpebre, prima di capire come era potuta suonare la sua affermazione. «No, niente del genere. Ci stiamo trovando bene, è solo che… beh, è stato chiamato il Consiglio per le Adozioni del Ministero, e presto sceglieranno un custode permanente per me. I miei tutori si sono candidati, certo, ma lo hanno fatto anche altri...»
    «E tu non vuoi lasciare quelli con cui stai ora,» concluse correttamente Neville.
    «Già, voglio stare con loro, ma vedi, una delle persone che si sono proposte è il mio padrino.»
    Neville spalancò gli occhi. «Già, capisco come questo possa complicare le cose.»
    «È un po’ peggio di così. È il mio padrino che ha dato inizio a tutto. I miei tutori pensano che il Consiglio deciderà entro la fine della settimana a causa di tutte le pressioni che sta facendo lui.»
    «Cavolo, ma così il Consiglio non avrà molto tempo per guardare come stanno veramente le cose e tutto il resto, no?»
    «No, ma gli ho inviato una lettera tramite Silente, perché per fortuna considerano anche quello che vogliono gli “adottati”.»
    «Quindi gli hai detto che cosa vuoi tu,» disse Neville, con approvazione.
    «Sì.»
    «Qual’è il vero problema allora?» Chiese Neville dopo un momento.
    «Sirius. Non mi ha nemmeno scritto che voleva adottarmi prima di dare il via a tutta questa storia. E anche se suppongo che potrei scrivergli ora e chiederglielo, non so che cosa dirgli. Sento che avrei dovuto scoprire che lui si era candidato da lui stesso, non tramite Ni- i miei tutori,» fece Harry, correggendosi alla fine.
    Neville comprendeva il bisogno di segretezza, sebbene non potesse fare a meno di essere curioso. Sperava di poter scoprire presto chi fossero queste persone a cui Harry si era affezionato.
    «Beh, sono sicuro che aveva buone intenzioni. Forse voleva farti una sorpresa?» Suggerì gentilmente Neville.
    «Non è una sorpresa molto bella,» mormorò Harry.
    «Sono d’accordo, ma qualche volta gli adulti possono essere degli stupidi.»
    Harry annuì. «Coral la pensa come te.»
    Neville si gonfiò d’orgoglio. «Allora devo avere proprio ragione!»
    Harry ghignò, sentendosi meglio.
    «Allora, come la sta prendendo tua Nonna?» Chiese Harry, cambiando argomento mentre guardava verso il punto in cui Silente stava parlando con calma con Augusta.
    «Non so proprio dirlo, a essere onesto. È stata molto silenziosa, ma penso che stia bene. Spero solo che il Dottor Price abbia buone notizie.»
    Harry annuì, ricordando interiormente le cose che aveva visto quando aveva esaminato Alice Paciock. Sperava che sarebbe stato in grado di fare qualcosa per loro.
    Alcuni minuti più tardi, si aprì una porta laterale e ne uscì il Dottore. Dopo che gli fu presentato Harry, li lasciò entrare nel suo ufficio. Augusta aveva acconsentito a far assistere Silente ed Harry alla discussione, cosa non sorprendente in quanto Harry avrebbe lavorato insieme al Dottore per aiutare, se possibile, i Paciock.
    Dopo che si furono sistemati, il Dottore si sedette dietro la scrivania e tirò fuori una cartella.
    «Ho esaminato le loro analisi del sangue, le risonanze magnetiche e gli altri test generici. Ci sono alcuni trattamenti che potremmo provare, ma prima lasciate che vi spieghi i nostri risultati prima di parlare delle opzioni future,» fece Price, la voce calma e rassicurante. Guardò Harry, senza dubbio trovando ancora difficile da credere che un ragazzino potesse essere di molto aiuto, ma era di mentalità aperta. Doveva esserlo in qualche modo per il suo stile di lavoro.
    «Le analisi del sangue sono risultate normali. Ci sono alcuni sbilanci ormonali, ma c’è da aspettarselo, considerando il trauma, e possiamo correggere la cosa tramite farmaci,» cominciò, aprendo la cartella. «Invece riguardo al trauma in sé, abbiamo optato per fare una scansione completa del corpo tramite la risonanza magnetica, poiché mostra i tessuti più chiaramente che con la TAC.» Prese una serie di immagini e le dispose sulla scrivania, rivolte verso di loro, prima di guardare Harry. «Se ho capito bene, tu ricevi delle immagini mentali delle persone che esamini?»
    «Sì, Signore,» rispose Harry, scorrendo con gli occhi le immagini delle scansioni.
    Riconobbe con facilità le immagini, e riusciva già a riconoscere dove ci fossero ammassi di cicatrici.
    «Spero che combinando le nostre… risorse, potremo comprendere meglio la loro condizione e ciò che possiamo fare per aiutarli,» disse Price, prima di indicare la prima immagine, che mostrava il midollo spinale di Alice.
    Per oltre mezz’ora, Price delineò ciò che era in grado di determinare, che non era proprio una serie di cose positive, ma almeno ora avevano una visuale migliore dei problemi.
    In pratica, sia Frank che Alice avevano un esteso danno ai nervi su tutto il corpo, il che non era una sorpresa, e ammassi di tessuti cicatriziali all’interno del cervello, Frank più di Alice.
    «Che cosa possiamo fare?» Chiese Augusta, la voce svuotata dalle emozioni. Harry decise che la donna stava scegliendo di mostrarsi così “professionale” per trattenere le emozioni.
    «Prenderci cura delle cicatrici nel cervello è la priorità. Fin quando quel tessuto si trova lì, il loro recupero sarà gravemente ostacolato. Ora, potremmo entrare chirurgicamente e rimuovere fisicamente molti degli ammassi. Non potremo rimuoverli tutti, a causa di dove si trovano, ovviamente, ma credo che potremmo rimuoverne abbastanza da attivare forse uno sviluppo notevole. Per come stanno ora, le cicatrici impediscono la comunicazione nervosa,» spiegò Price.
    «Quindi rimuoverle fisicamente tramite un intervento è l’unica opzione che conosca?» Chiese Silente.
    «Sì, ma c’è anche un metodo sperimentale che possiamo usare in contemporanea. Coinvolge la nanotecnologia. Dopo che avremmo rimosso le cicatrici, incideremo il tessuto sano proprio sotto di esse e inietteremo un fluido che incentiva la ricrescita delle connessioni neurali. Il trattamento è ancora molto recente e in fase di sperimentazione, ma sembra molto promettente.»
    «Se scegliamo di farlo, quanto tempo ci vorrà per vedere un miglioramento?» Domandò Augusta.
    «Dipende da quanto in fretta i tessuti guariranno e se ci saranno o no complicazioni, ma se tutto va bene, direi un mese circa,» rifletté Price.
    «E se io aiutassi la guarigione nel frattempo?» Chiese Harry.
    Price annuì lentamente. «Questo potrebbe aiutare a velocizzare le cose,» commentò, guardando Albus. «Il Signor Silente mi ha detto che lo hai aiutato. Riguardo ai lividi, sei stato tu a parlargliene?»
    «Sì. Riuscivo a vedere dove è entrato lei, e dove ha inciso e rimosso i frammenti ossei. Così mi sono occupato del gonfiore che l’intervento aveva causato.»
    «Hmmm, pensi che potresti fare qualcosa con il tessuto delle cicatrici?» Domandò pensieroso Price.
    «Beh, per il Professore, sì, ma per i Paciock...» si interruppe, guardando Neville. «Credo che dipenda dal fatto che siano o no “cicatrici da maledizione”.»
    «Cicatrici da maledizione?»
    «Per qualche ragione, non riesco a dissolverle come faccio con quelle normali. Penso che il residuo della maledizione o qualcos’altro si metta in mezzo. Forse. Onestamente non so il perché,» ammise Harry.
    «C’è un modo con cui scoprire se una cicatrice è maledetta o no?»
    «Credo che potrei provare a dissolverla e vedere se funziona, ma non penso che farlo con una cicatrice interna a un cervello sia una buona idea, Signore.»
    «Prenderemo le precauzioni necessarie, se Madama Pomfrey acconsentisse,» disse Price, guardando Augusta che fece un cenno di consenso.
    «E ti faremo dissolvere solo pochi gruppi di cicatrici alla volta, in particolar modo in quanto non ho idea di come reagiranno i loro corpi. Che cosa accade al tessuto della cicatrice dissolta in coloro che hai trattato?»
    «Beh, se è una cicatrice relativamente “fresca”, posso usare il tessuto per aiutare a guarire la zona circostante e riempire il vuoto lasciato dalla cicatrice, ma, per quelle vecchie, il tessuto svanisce nel nulla.»
    «Lascia un vuoto? Scompare e basta?»
    Harry annuì.
    Price fece una smorfia. «Questo potrebbe complicare le cose se viene influenzata la pressione sanguigna interna… comunque, potrebbe essere gestito con uno shunt,» rifletté Price tra sé. «Supponendo che la cicatrice fosse dissolvibile.»
    «Dottore,» Chiese Augusta, «uno “shunt”?»
    «Un tubo di drenaggio. Normalmente, aiuta a prevenire l’accumulo di pressione nel cervello permettendo al fluido di uscire. In questo caso, comunque, ne avremo bisogno per far sì che il fluido entri. Credo che potrei fare le giuste modifiche senza problemi.»
    «Molto bene. Quando può iniziare?» Chiese lei.
    Price sbatté le palpebre. «Beh, oggi, se lo desiderate. Sebbene di solito discuterei le opzioni di trattamento coi miei colleghi, dubito che prenderebbero in considerazione delle “cicatrici da maledizione” - essendo babbani non a conoscenza della magia e di tutto il resto.»
    «Grazie, dottore,» fece Augusta. «Mio figlio e sua moglie hanno aspettato abbastanza a lungo.»
    Price annuì lentamente prima di guardare Harry. «Ti va bene provare oggi, Signor Potter?»
    «Sì, Signore. È il motivo per cui sono qui. Se posso aiutare, vorrei farlo,» replicò lui.
    «D’accordo. Comincerò a preparare gli strumenti, ma ci vorranno comunque alcune ore.»
    Con ciò, si alzarono, e Price li condusse ad una stanza dove si stavano prendendo cura dei genitori di Neville.

O o O o O

    Quel pomeriggio, con le flebo, i cavi per i monitor, e gli shunt leggermente alterati al loro posto, Alice e Frank giacevano incoscienti in una sala operatoria, preparati e pronti per quello che si sperava fosse l’inizio del loro recupero.
    Silente e Neville erano nella sala d’attesa, mentre Augusta aveva insistito per essere presente durante la procedura. Considerata la situazione, Price lo aveva permesso, ma le aveva chiesto di rimanere presso la parete più lontana, in disparte. La stanza era di dimensioni ridotte, dopotutto, e se fosse accaduto qualcosa lui e gli altri professionisti presenti avrebbero avuto bisogno di muoversi liberamente.
    Anche per questo motivo, ad Harry era stato dato il chiaro ordine di farsi da parte se il Dottor Price glielo avesse detto.
    Per il bisogno di mantenere il luogo “sterile”, Harry e Augusta indossavano divise appropriate -camici verdi- e Coral era stata meticolosamente pulita, con suo gran fastidio.
    :Mi mantengo piuttosto pulita, grazie: sibilò. :Ho mai puzzato? Le mie squame sono mai state altro che immacolate?: Rabbrividì.
    :Adesso ho della schiuma di sapone tra di esse. Come può essere sterile?:
    Carezzandole la testa con aria di scuse, Harry guardò le persone nella stanza.
    Facevano parte della squadra di Price, ed erano state approvate dal Ministero per essere messe a parte della conoscenza della magia. Dopo ciò che era accaduto a Silente, il Ministero aveva accettato il fatto che avere un team medico babbano disponibile era una cosa saggia.
    «Quando sei pronto, Harry,» disse gentilmente Price.
    Harry si morse il labbro inferiore ed annuì, prima di fare un passo accanto al letto di Frank Paciock.
    «Esaminerò lui per primo, per vedere quante cicatrici ha,» disse Harry, prima di farlo, con Coral attorno al polso. Non trovò nulla che non avesse già trovato la risonanza magnetica. «Ok, ora inizierò vicino allo shunt,» esclamò, concentrando la propria magia e sibilando sottovoce.
    Molto poco del tessuto delle cicatrici si dissolse, il resto rimase testardamente dov’era. «Molte delle cicatrici sono da maledizione,» affermò mentre proseguiva, testando con cautela ogni sezione mentre andava avanti, e scoprendo, purtroppo, che molte erano insensibili alla sua magia.
    «Almeno ora lo sappiamo,» replicò gentilmente Price. «Fai solo ciò che puoi. I suoi parametri vitali sono ancora stabili.»
    Harry si mosse verso il collo di Frank, dissolvendo ciò che poteva, silenziosamente arrabbiato con sé stesso per non essere in grado di fare di più. Alla fine, dopo la colonna vertebrale, si mosse verso le mani dell’uomo, e quindi alle gambe e ai piedi. Se avesse dovuto tirare a indovinare, avrebbe detto che aveva rimosso solo il dieci percento delle cicatrici.
    «È tutto quello che posso fare,» disse Harry, prima di passare ad Alice.
    Iniziando come aveva fatto con Frank, Harry cominciò a lavorare, tutto mentre Augusta, Price e la sua squadra guardavano in silenzio.
    Era come passare dal giorno alla notte.
    Sebbene ci fossero ancora ammassi di cicatrici che non poteva rimuovere, ce ne erano molti altri che invece reagivano alla sua magia, così tanti che Coral dovette stringergli il polso per metterlo in allerta, dicendogli che doveva rallentare. Lo fece, sorridendo luminosamente mentre si spostava verso il successivo gruppo e poi il successivo.
    Mentre proseguiva, iniziò a capire perché le condizioni di Alice fossero così diverse rispetto a Frank. A differenza di lui, lei era stata colpita più volte, a intermittenza, per un esteso lasso di tempo. Harry sapeva che cosa il Cruciatus facesse alle vittime, spesso li faceva scuotere incontrollabilmente a terra. Questo era il motivo per cui Alice aveva più cicatrici “naturali”. Aveva subito un danno fisico uguale, se non maggiore, a quello “magico”.
    Finalmente, Harry finì, con le mani che gli formicolavano per l’intenso uso di magia. Si ritrovò ad essere guidato fino a una sedia.
    «Tutto a posto, ragazzo?» Domandò Price.
    Harry annuì, rendendosi conto all’improvviso che aveva la fronte ricoperta di sudore e che era un po’ a corto di fiato.
    «Farò fare loro un’altra serie di risonanze magnetiche,» disse Price. «E da lì faremo il prossimo passo.»
    Harry sollevò lo sguardo, trovando Augusta concentrata su di lui. Non ne era certo, ma avrebbe potuto giurare che gli avesse rivolto un sorriso.

O o O o O

    Remus chiuse gli occhi.
    Gli ultimi giorni erano stati particolarmente stancanti e non sapeva che cosa fare, perché non era stato capace di trattenere Sirius e ora per l’uomo non c’era possibilità di tornare indietro.
    Remus aveva provato a convincerlo che stava muovendo le cose troppo in fretta e che avrebbe dovuto almeno tirare fuori con Harry il tema dell’adozione prima di dare il via alla procedura ufficiale. Ma lui non lo aveva ascoltato, e ora Remus temeva che Sirius avesse rovinato ogni possibilità di sviluppare un vero rapporto con il suo figlioccio.
    Sirius aveva fatto pressioni perché la decisione fosse presa in fretta e con meno interferenza “esterna” possibile - cioè niente stampa (cosa di cui Remus era grato), ma di certo questa decisione meritava maggior tempo per essere presa. Comunque, bene o male che fosse, Silente si era offerto di fare da messaggero, senza dubbio capendo che il Gryffindor testadura non avrebbe cambiato opinione e che sarebbe stato meglio concentrarsi sul minimizzare i danni.
    Sapeva che era frustrante per Sirius non sapere chi si stesse occupando di Harry, ma avrebbe desiderato che l’uomo avesse un po’ più di pazienza. Sapeva che le lettere mandategli da Harry erano migliorate e che avevano superato molti degli imbarazzi che c’erano stati all’inizio, ma quello in nessun modo stava a significare che il ragazzo fosse pronto per essere formalmente adottato da Sirius. Ma l’Animagus non la vedeva in quel modo, e sebbene Remus lo capisse, conosceva Harry meglio del suo amico. Harry non avrebbe accettato questa mossa, in particolar modo dopo che aveva vissuto con i suoi misteriosi tutori per la maggior parte dell’estate. Essendo il professore di Difesa, Remus aveva potuto accorgersi che Harry aveva goduto del tempo trascorso con loro, semplicemente da come il ragazzo si era comportato dopo essere tornato dalla pausa estiva. Chiunque fossero queste persone, erano di certo adatte per Harry e lo facevano sentire come un ragazzino dovrebbe sentirsi - amato e accudito.
    Aveva sentito Sirius entrare nella stanza e cominciare a camminare avanti e indietro con impazienza di fronte al camino.
    «Quando pensi che arriverà?» Chiese Sirius.
    Molto presto, Silente sarebbe arrivato tramite camino per informarli della decisione del Consiglio per le Adozioni.
    «Prima che può,» rispose stanco Remus. «Vorrei davvero che tu non avessi-»
    «Remus, è il mio figlioccio. Dovrei prendermi io cura di lui, non degli estranei,» replicò fermamente Sirius.
    «Chiunque essi siano, non sono estranei per lui,» rifletté Remus.
    «Non li conosceva nemmeno prima di quest’estate!» Quasi gridò Sirius.
    «Non conosceva nemmeno te.»
    Questo zittì Sirius.
    Per fortuna, prima che le cose potessero farsi ancora più tese tra di loro, il camino lampeggiò di verde, e Albus ne uscì.
    Sirius si voltò verso il Preside, con la speranza negli occhi. Remus si alzò.
    Albus fece loro cenno di sedersi prima di prendere la sedia accanto al fuoco. Remus tornò a sedersi, ma Sirius ignorò la silenziosa richiesta.
    «Allora?» Domandò.
    Remus notò una busta da lettera nelle vecchie mani di Albus e si chiese se Sirius l'avesse vista, ma ne dubitava.
    «Sirius, mi dispiace, ma il Ministero, dopo aver considerato con cautela molti aspetti della situazione di Harry e aver sentito i desideri espliciti del ragazzo, ha deciso che rimarrà con i suoi attuali tutori, e infatti ora sono i suoi custodi permanenti,» rispose Silente più gentilmente che poteva, mentre tirava fuori tutto solo in pochi respiri.
    Come un cerotto.
    Sirius boccheggiò come un pesce, e il cuore di Remus soffrì per lui, ma non che non lo avesse avvisato.
    Sirius, come molte altre volte in passato, si era reso cieco. Si era concentrato così tanto sul rendere realtà quello che aveva immaginato, che si era rifiutato anche solo di considerare che i suoi sforzi avrebbero potuto fallire e avere delle spiacevoli conseguenze. Forse erano stati gli anni ad Azkaban, ma a Remus sembrava che, sano di mente o no, il suo amico non fosse mai veramente cresciuto.
    «M-ma… come può essere questa la loro… la loro decisione?» Riuscì a dire lui, ora sedendosi.
    «Sirius, il Consiglio per le Adozioni prende a cuore i desideri del bambino, e così dovresti fare anche tu,» disse Albus, prima di tendere a Sirius la busta e facendo lentamente un passo indietro. «Non c’è bisogno che ti dica che hai fatto troppe pressioni e che hai ignorato dei chiari avvertimenti, quindi ti dirò solo che spero che tu non abbia perduto del tutto quello che hai così disperatamente cercato di ottenere.»
    Sirius abbassò lo sguardo, passando il pollice sulla parte finale del suo nome che era stato scritto a mano fuori dalla busta.
    «Grazie, Albus,» disse Remus, vedendo che Sirius non era in grado di parlare.
    Albus fece loro un cenno di saluto prima di sparire nelle fiamme del camino.
    Sirius aprì la busta e ne tirò fuori un foglio di pergamena, prima di aprirlo.
    «Che cos’è? Una copia dell’atto del Consiglio?» Chiese dolcemente Remus.
    Con la mano che gli tremava appena, Sirius scosse la testa negativamente. Remus si spostò e si sedette accanto a lui, guardando oltre il suo braccio per leggere le parole scarabocchiate che riconobbe all’istante.

Caro Signor Black,
    sebbene mi sia stato detto che non era necessario che scrivessi questa lettera, ho sentito di doverlo fare.


    Remus sbiancò interiormente al leggere “Signor Black”.
    Oh, Sirius, che sciocco sei stato.


    Non posso dire di essere stato tanto sorpreso quando mi è stato detto che era stato fatto appello ad un consiglio per scegliere un tutore permanente per me, all’inizio di questa settimana. Mi aspettavo che accadesse qualcosa del genere già da un po’, ad essere sincero, ma pensavo che mi avrebbe scritto in proposito prima che la faccenda diventasse così seria. Evidentemente mi sono sbagliato.
    Non sono arrabbiato, e non posso neanche dire di essere tanto sconvolto, è solo che...


    Il cuore di Remus si strinse, al vedere come Harry si era sforzato di tradurre i propri sentimenti sulla carta, cosa evidente dalle larghe macchie d’inchiostro che costellavano la pagina.
    La frase era interrotta. Guardò Sirius, trovando che l’amico era sull’orlo delle lacrime. In quel momento sentì onestamente non troppa compassione per lui, e tornò a guardare il foglio.
   

Beh, volevo solo farle sapere che la mia scelta alla fine non sarebbe stata diversa, anche se le cose fossero andate in maniera differente. Pensavo che volesse saperlo.
    Il suo Figlioccio,

Harry J. Potter


Sebbene per Remus fosse evidente che il tutore, o tutori, di Harry gli avessero dato qualche suggerimento su come scrivere certe parti della lettera, il messaggio in sé per sé rimaneva solo di Harry.
    Remus ingoiò il magone che aveva in gola e Sirius lasciò cadere la pergamena.
    «Sono davvero un idiota,» sussurrò, con la testa fra le mani.
    Remus non poté fare altro che concordare in silenzio.

O o O o O

    Draco entrò nell’enorme sala del Ministero accanto ai propri genitori. Vestito con i suoi abiti migliori, osservò il posto di fronte a sé. Era stato a molte feste e cene, certo, ma mai nessuna era stata così ricercata, o ben sorvegliata.
    Proprio fuori dalla sala, si potevano vedere Auror ovunque.
    Ovvio, con il Signore Oscuro, e il Ministero che ospitava così tanti dignitari stranieri, non era una sorpresa.
    All’interno della gigantesca sala da pranzo, c’erano già quasi un centinaio di persone, che parlavano in gruppetti di cinque o più, mentre attendevano che l’importantissima cerimonia iniziasse ufficialmente - che sarebbe stato quando gli uomini (o meglio l’uomo e il ragazzo) ospiti d’onore fossero arrivati.
    Riconobbe molti membri prominenti della società, inclusi molti che erano al Consiglio (che non è lo stesso Consiglio per le Adozioni, NdT) insieme a suo padre, membri del Wizengamot, e importanti CapoFamiglia. Comunque, ce ne erano molti altri che non riconobbe, e i cui abiti suggerivano che non appartenevano al Ministero, né all’Inghilterra a dirla tutta.
    Avanzarono all’interno della sala, e suo padre li guidò verso l’area frontale.
    Il soffitto era decorato con fiocchi di seta e cristalli fluttuanti, mentre tutta la stanza era piena di tavolini rotondi riccamente rivestiti, attorniati di ospiti vestiti elegantemente. Draco si focalizzò sui tavolini. Ognuno aveva venti posti a sedere e al centro di ogni piatto c’era una striscia di pergamena con un nome e, talvolta, il titolo o l’occupazione. Draco notò anche che due dei tavoli centrali, che erano proprio al di sotto del palco dove sarebbero stati consegnati i premi, avevano ognuno una sola sedia diversa dalle altre, che sembrava adatta a un sovrano.
    «Draco, tu starai qui,» gli disse suo padre, indicando il tavolo alla loro destra (che era uno di quelli con la sedia regale). «Tua madre e io siederemo al quel tavolo laggiù.»
    Draco guardò dove suo padre stava indicando, domandandosi come mai fossero stati separati.
    «Noi siederemo con Severus, mentre tu starai col Signor Potter,» spiegò piattamente suo padre prima di chinarsi su di lui. «Non c’è bisogno che ti dica che le tue azioni saranno sottoposte a un intenso esame. Non imbarazzare il nome dei Malfoy.»
    «Sì, Padre,» disse obbediente Draco, tornando a guardare il proprio tavolo e trovando che la sua sedia era accanto a quella elaborata. Non gli ci volle molto per capire che quella era la sedia di Harry, specialmente quando notò il segnaposto esagerato.

***Harry J. Potter***
Il Bambino Sopravvissuto
Ordine di Merlino - Prima Classe
Rettilofono ed Esperto Utilizzatore di Serpincanti


    Era circondato da una spessa bordatura dorata lampeggiante, e l’inchiostro era incantato per sbrilluccicare di continuo. Era assolutamente nauseante.
    Certo che ad Harry non sarebbe piaciuto, Draco represse una smorfia mentre i suoi genitori si allontanavano, dirigendosi verso alcuni adulti che si erano radunati intorno al loro tavolo. Decidendo di mantenersi occupato, Draco si prese un momento per vedere chi altro ci fosse al proprio tavolo. Scoprì che Neville era alla destra di Harry, prima di continuare il giro, e lesse:

Andy Hovel — Primo Licantropo Curato
Mr. Jake Hovel — Padre di Andy Hovel
Prof.ssa Pomona Sprite — Capo Casa di Hufflepuff della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Professoressa di Erbologia
Mr. Walter McCaffrey — Primo Licantropo Adulto Curato
Guaritore Hippocrates Smethwyk — Guaritore Responsabile del Reparto Dai Llewellyn
Guaritore Timothy Chekhov — Ricercatore Anziano di Malanni Magici e Maledizioni
Mr. Lee V. Quan — Ex-Licantropo, Membro della Confederazione Internazionale dei Maghi, Rappresentante del Vietnam
Ms. Rita Skeeter — Giornalista della Gazzetta del Profeta
Cornelius Caramell — Ministro della Magia
Ms. Dolores Umbridge — Assistente Speciale del Ministro della Magia
Mr. Amos Diggory — Direttore del Dipartimento sulla Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche
Mrs. Abelie Cagnina — Ricercatrice di Magie Oscure
Mr. Bartemius Crouch Sr. — Direttore del Dipartimento per la Cooperazione Magica Internazionale
Mrs. Emi Vilmire — Giornalista de La Stampa del Mondo Magico
Mrs. Griselda Marchbanks — Direttrice dell’Autorità Esaminatrice dei Maghi, Membro Anziano del Wizengamot
Biglietto Vincente — Sedia N. 18


    Ignorando l’etichetta del “Biglietto Vincente”, Draco sbatté le palpebre, ora capendo davvero perché suo padre era stato così duro con lui. Queste persone erano davvero importanti. Le altre due sedie erano ovviamente riservate a lui e a Goyle.
    Alcuni minuti più tardi, fu raggiunto per fortuna da Greg e Neville, mentre gli adulti che erano con loro si dirigevano a tavoli diversi prima che i due lo raggiungessero vicino al suo tavolo.
    «Hey Draco, aspetti da molto?» Chiese Greg.
    «Non da troppo,» replicò Draco, salutando Neville con un cenno prima di guardare al di là dei suoi amici.
    Erano arrivati la Professoressa Sprite, Amos Diggory e alcuni degli altri adulti.
    «Vorreste cominciare a sedervi, ragazzi?» Chiese gentilmente Amos. «Credo che inizieremo tra poco.»
    Senza bisogno che fosse loro detto due volte, si sedettero, sentendosi un po’ in imbarazzo a stare così vicini alla larga sedia pacchiana riservata ad Harry.
    Comunque, prima che la situazione si facesse troppo scomoda, i tavoli si riempirono (o quasi) e ogni sguardo andò al palco, mentre il Ministro saliva sul pulpito.
    «Signore e Signori, vi ringrazio tutti per essere venuti in questa importante occasione. Come Ministro della Magia, sono estasiato dal poter ospitare questa Cerimonia di Premiazione per due straordinari individui - Severus Piton e Harry Potter,» annunciò Caramell.
    Albus Silente stava in piedi accanto a lui, indossava un medaglione dorato (evidentemente era la sua personale Medaglia per l’Ordine di Merlino) al di sopra del più sgargiante mantello che Draco avesse mai visto. Draco doveva concederlo al Preside. Poteva apparire abbastanza impressionante e intimidatorio se lo desiderava.
    Accanto al Preside c’era una fila di importanti dignitari, impazienti di stringere la mano dei nuovi riceventi dell’Ordine di Merlino. I più tra loro sembravano abbastanza stupidi, a essere onesti. Draco si chiese se l’apparire tanto frivoli fosse un requisito per diventare politici, a prescindere dalla nazionalità.
    Rendendosi conto d’un tratto di essersi perso il resto del discorso di Caramell, Draco tornò concentrato mentre tutti si alzavano d’improvviso, voltandosi verso il punto che il Ministro aveva indicato muovendo il braccio.
    Ne uscirono il Professor Piton e Harry, con l’aria molto potente e intelligente, prima che Caramell facesse cenno a tutti di sedersi di nuovo così che ognuno avrebbe potuto assistere alla parte più attesa della cerimonia.
    Vestito in più strati bordati da ricami bianchi e verdi, Piton strinse le mani tese e ricevette per primo il premio, inchinandosi appena così che il Preside potesse mettergli la medaglia intorno al collo, mentre la sala ruggiva con un applauso.
    Dopo aver accettato le congratulazioni e gli elogi di circostanza, Severus si fece da parte e aspettò il turno di Harry.
    Con indosso un mantello nero e dorato, bordato con un sottile ricamo rosso, Harry si fece avanti, ricevendo un applauso leggermente più forte di quello dell’Insegnante di Pozioni.
    Mentre camminava, teneva il braccio sinistro piegato e poggiato contro il fianco. A una più attenta ispezione, Draco riuscì a vedere Coral arrotolata al suo braccio, in piena vista. Fu divertente guardare le reazioni dei dignitari al serpente, mentre stringevano la mano destra di Harry. Una signora parve quasi svenire, in particolare quando Coral si mosse un pochino. Un altro guardava interessato, fissando Coral e quasi senza degnare di uno sguardo Harry.
    Finalmente, anche Harry ricevette la medaglia e stette accanto a Severus per farsi fare delle foto per la Stampa.
    Draco poté sentire la piuma di Rita Skeeter che scricchiolava scrivendo dietro di lui. Sperò che gli altri giornalisti nella sala avrebbero scritto meglio di quanto sicuramente stava facendo lei.
    Com’è che l’aveva chiamata suo padre? Si chiese. “Una strega maligna con una piuma distruttiva?”
    Caramell tornò sul pulpito e disse altre cose di cui a Draco davvero non importava, fatta eccezione per la parte sulla cena che sarebbe iniziata presto, poi Severus e Harry scesero dal palco e si fecero strada fino ai propri tavoli, seguiti dal resto dei presenti sul palco.
    Draco riuscì a capire che Harry era un po’ nervoso al prendere posto mentre tutti gli altri al tavolo si alzavano di nuovo in segno di rispetto.
    «Permettimi di fare le presentazioni, Signor Potter,» disse il Ministro, affrettandosi al proprio posto che era direttamente di fronte ad Harry al tavolo. «Devo dire che mi rendi orgoglioso di essere Ministro. Servire un giovane cittadino così straordinario!» Gongolò Caramell mentre tutti si sedevano.
    «Grazie, Ministro,» rispose educatamente Harry, gli occhi che si fermarono leggermente sulla pergamena nel proprio piatto.
    Draco non era sicuro che cosa desse più fastidio ad Harry, se il suo segnaposto o il Ministro.
    Caramell fece un giro di presentazioni, sebbene ebbe un problema con l’ultima persona. Un uomo dai capelli rossi che aveva preso posto alla Sedia N. 18 - “Biglietto Vincente”.
    «E il Signor…» Si sforzò. «Il Signor Weatherbe...»
    «In realtà, Ministro, è Weasley, Arthur Weasley,» l’uomo corresse con gentilezza.
    «Ah, ma certo, le mie scuse,» aggiustò rapido il Ministro. «Lei ha vinto il sorteggio per il posto, dovuto a una sfortunata disdetta dell’ultimo minuto.»
    «Sì, Signore. Mi sento piuttosto privilegiato,» disse, prima di voltarsi verso Harry. «Per favore, permettimi di ringraziarti a nome della mia famiglia, Signor Potter. Sebbene non abbiamo mai personalmente incontrato dei Licantropi, mia moglie ed io ora possiamo dormire meglio sapendo che c’è un pericolo in meno nel mondo per i nostri figli.»
    «Prego, Signore,» rispose Harry, non sapendo che cosa dire.
    Il cibo apparve un momento dopo, e Draco colse l’occasione per attirare l’attenzione di Harry prima che potesse farlo chiunque altro.
    «Harry, mio padre voleva che ti dicessi che i Tiger non sono stati in grado di venire stasera perché Vince e suo padre si sono presi una brutta influenza e la Signora Tiger è rimasta a casa a occuparsi di loro,» fece Draco.
    «Oh, spero che si sentano presto meglio, allora,» disse Harry, scoccando un’occhiata al Signor Weasley e capendo di chi fosse la “disdetta dell’ultimo minuto”.
    «Signor Potter, mi sembra di aver capito che hai lavorato con Madama Pomfrey per qualche tempo, per migliorare i tuoi Serpincanti?» Chiese Smethwyk.
    «Sì, Signore,» fece Harry, non sorpreso dalle conoscenze dell’uomo. Tutti a scuola sapevano che lavorava in infermeria durante i fine settimana, dopotutto.
    «Hai fatto progressi in altri ambiti della guarigione?» Domandò, e molti intorno al tavolo diventarono visibilmente impazienti di sentire la risposta di Harry.
    «Beh, sì, un po’,» ammise Harry. «Lei mi sta aiutando con la medicina ricostruttiva, per lo più riguardo alle cicatrici.»
    Il Guaritore Smethwyk era molto interessato, mentre il Guaritore Checkov e la signora Abelie Cagnina (la ricercatrice di magie oscure) stavano visibilmente morendo dalla voglia di fare domande più precise.
    «Perbacco, Harry, piuttosto ambizioso,» disse la Skeeter prima che chiunque altro potesse parlare.
    «Posso chiamarti Harry?» Chiese lei, sebbene non gli diede la possibilità di risponderle. «Il tuo desiderio di curare le cicatrici è causato da quella che porti sulla fronte?»
    Solo le parole di suo padre echeggianti nelle sue orecchie trattennero Draco dal risponderle, ma non ne avrebbe avuto comunque il tempo, perché la Professoressa Sprite si fece avanti.
    «Signorina Skeeter, mi creda quando le dico che tali domande, almeno poste in questo modo, non le faranno ottenere il favore né suo né dei suoi amici, e il Signor Potter ha molti amici,» affermò la Sprite, un leggero tono di avvertimento nella voce.
    Draco si ricordò all’improvviso che la mascotte degli Hufflepuff era un tasso.

O o O o O

    Harry non poté che essere toccato dalla sua difesa da parte della Sprite, e si ricordò ancora una volta quanto fosse grato di essere un Hufflepuff.
    «Perdonami la domanda, allora, Harry,» fece la Skeeter mantenendo a malapena il tono di voce normale.
    Harry le fece un cenno di perdono, decidendo che una risposta silenziosa in questo caso fosse la migliore.
    I Flamel lo avevano avvisato sul conto della donna, e non voleva che le cose precipitassero se poteva impedirlo. Con questo in mente, decise di dare alla Skeeter una sorta di offerta di pace mentre guardava il Guaritore Smethwyk.
    «Quando la gente all’inizio ha scoperto quello che potevo fare, mi hanno chiesto se potessi curare le cicatrici o far ricrescere degli arti. Da allora, sono stato curioso di scoprirlo. Sinceramente non ho mai pensato davvero di curare le mi cicatrici. Sono sempre state una parte di me-» si indicò la fronte, «-oppure qualcosa con cui sono… beh, felice di convivere.» Si arrotolò la manica, rivelando appieno Coral e una parte della cicatrice sulla sua mano e sul polso, parzialmente coperta dalle scaglie vibranti del serpente.
    Harry guardò la Skeeter, incontrando il suo sguardo per un breve momento. Lei sbatté le palpebre e fece un cenno quasi impercettibile.
    Ecco. Non c’era stato bisogno che lui lo facesse, e lei lo sapeva. Lui lo aveva fatto perché lo voleva.
    «Quindi, uh, Signor Potter?»
    Harry si voltò verso Andy, che arrossì subito quando ottenne la sua attenzione.
    «Sì, Andy?»
    «Non che io voglia che tu lo faccia, ma adesso potresti curare la mia cicatrice?» Domandò il bambino, abbassando gli occhi al suo braccio che un licantropo aveva morso un anno prima.
    Harry non poté trattenere un sospiro. «Purtroppo, per adesso, le cicatrici da maledizione sono ancora impossibili da curare per me. Non le comprendo abbastanza da poter manipolare la mia magia nel modo di cui ci sarebbe bisogno. O almeno questo è quello che crede Madama Pomfrey.»
    «Alcuni, inclusa me, credono che le maledizioni influenzino la parte fisica del corpo nello stesso modo in cui lo fanno con la magia dell’individuo,» disse la Signora Abelie Cagnina.
    «È solo una teoria, ma questo sembra supportarla.»
    Harry sbatté le palpebre. «Può dirmi di più riguardo questa teoria?» Chiese lui, pensando immediatamente ai genitori di Neville, proprio come fece anche il suo amico.
    «Certo, sarei felice di-»
    «Per quanto sia interessante tutto questo, temo che per lo più il discorso sarebbe oltre le capacità della maggior parte dei presenti,» li interruppe con aria contrita Crouch Senior, anche se diplomaticamente.
    Harry e coloro che stavano seguendo la conversazione si fermarono ed annuirono lentamente, sentendosi un po’ in colpa ad aver lasciato la maggioranza degli ospiti al tavolo al di fuori di essa.
    «Ti manderò un gufo con alcuni miei appunti più tardi, se lo desideri, Signor Potter,» disse Cagnina dopo un momento.
    «Grazie, sarebbe di grande aiuto per me,» replicò Harry.
    «Beh, Cedric mi dice che sei spesso piuttosto impegnato a suola. Come riesci a fare tutto, Signor Potter?» Domandò Amos Diggory. «È piuttosto sorprendente per un ragazzo della tua età.»
    «Credo che in parte sia perché, prima di Hogwarts, ero sempre impegnato. Ci sono abituato. L’unica differenza ora è quello che mi rende occupato,» disse Harry con un’alzata di spalle.
    «E con che genere di cose eri impegnato prima di Hogwarts?» Chiese Madama Marshbanks, curiosa.
    «Faccende di casa e scuola, per lo più» rispose evasivamente Harry, desiderando d’improvviso che qualcuno cambiasse argomento.
    Per fortuna, il Signor Weasley giunse inconsapevolmente in suo aiuto.
    «Oh, perdonami per questa domanda, ma sono sempre stato curioso, e siccome sei cresciuto nel mondo Babbano… potresti dirmi la funzione di una paperella di gomma?» Domandò il Signor Weasley, facendo sì che alcuni intorno al tavolo roteassero gli occhi o gemessero di nascosto.
    «Oh, um. Sono solo giocattoli babbani che i genitori danno ai bambini per farli giocare durante il bagno,» rispose Harry, ricordando la collezione di paperelle di gomma di Dudley. In qualche modo, avevano tutte perso la testa o la capacità di pigolare o spruzzare l’acqua.
    «Davvero?» Chiese lui, sorpreso per qualche motivo. «Straordinario. Ho sempre pensato che avessero uno scopo più importante.»
    «Hem, hem»
    Harry non poté fare a meno di chiedersi se una creatura agonizzante fosse finita in qualche modo sotto il loro tavolo, prima di rendersi conto che il suono era provenuto dalla donna vestita di rosa di fianco al Ministro.
    «Sappiamo tutti che i Babbani sono inferiori. Perché è così sorpreso, Signor Weasley?» Chiese Madama Umbridge.
    Harry sollevò un sopracciglio, e l’urgenza di controbattere quell’affermazione idiota rapidamente diventò qualcosa che non riuscì a reprimere.
    «Mi scusi, Signora, ma se i babbani sono davvero inferiori, come ha fatto Voldemort a essere ferito da uno di loro quest’estate?» Chiese Harry, sbalordendo quasi tutti al tavolo col rilassato uso del nome del Signore Oscuro. «Certo, i babbani non hanno la magia, ma si arrangiano senza di essa usando macchinari avanzati e la scienza. In più, non è che noi non abbiamo oggetti “inutili”. Voglio dire, onestamente, quanto è utile una Ricordella?»
    Il Signor Lee rise. «Piuttosto corretto, Signor Potter.»
    «Beh, anche così, Signor Potter,» Disse la Umbridge, imperterrita, «Dubito in tutta sincerità che i babbani sarebbero mai stati in grado di fare una cosa anche solo remotamente simile alla cura della Licantropia.»
    «In realtà, Signora, il Professor Piton ha avuto l’idea stessa del “vaccino” proprio dai babbani. Loro fanno vaccini da decenni. È questo il motivo per cui malattie come la Varicella, la Poliomelite e il Morbillo non sono più un problema grave per loro quanto lo erano in passato. Non sto sminuendo il lavoro del Professor Piton, ma lui sarebbe il primo a spiegare che ha iniziato con le tecniche babbane, le ha aggiustate un po’ per adattarle alla magia, e bam! Ha inventato il vaccino. Quindi, in un certo senso, dobbiamo ringraziare i babbani insieme al Professore per la produzione di massa della cura.»
    La Umbridge assottigliò gli occhi, apparendo gravemente offesa.
    :Beh, di certo questa donna è una gran str***a: affermò Coral. Harry concordò silenziosamente.
    Il Signor McCaffrey, che era accanto al Signor Hovel, ridacchiò. «Lo ammetta, Signora, su questo ha ragione lui.»
    La Umbridge sbuffò e guardò il Ministro, senza dubbio cercando un qualche supporto - che lui non volle o non poté fornire. Tornò a guardare Harry. «Beh, vedo che non si può ragionare con te, Signor Potter. Per qualunque ragione ti sia messo in testa che i babbani siano meglio dei maghi, e francamente lo ritengo spavent-»
    «Mi scusi, Signora, ma il Signor Potter non ha suggerito nulla del genere,» si intromise la Signora Vilmire, la giornalista internazionale. «Stava solo puntualizzando che i babbani hanno un modo differente di fare le cose e che hanno fatto alcune cose più a lungo di quanto le abbiamo fatte noi.»
    «Precisamente,» concordò la Signora Marchbanks. «E anch’io credo da molto tempo che abbiamo tanto da imparare dai babbani quanto loro ne hanno da noi. È davvero un peccato che ci sia così tanta animosità e bigottismo tra le nostre due società. Quando ero giovane, immaginavo che sarebbe arrivato un giorno in cui i nostri mondi si sarebbero riuniti, e saremmo stati tutti insieme.» Sorrise tristemente. «Ora so che quel sogno è un po’ naive, ma è ancora bello vedere occasioni in cui impariamo qualcosa dai babbani.»
    Molti al tavolo annuirono, ma se fossero davvero o no d’accordo con la Marchbanks era un’altra questione.
    Per fortuna, prima che la situazione potesse farsi più calda o tesa, la cena sparì e apparvero i dessert.
    «Sì! Amo i tortini alla melassa,» disse Greg, apparentemente incapace di trattenersi.
    Il resto del pasto si svolse senza grandi problemi, sebbene la Umbridge stesse evidentemente fumando dalle orecchie al di sopra della sua banoffie pie*.
    A Harry in tutta onestà non importava affatto, e lanciò un’occhiata al tavolo del Professor Piton. Da dove si trovava, identificò al tavolo Silente, Colin e Dennis Canon, i Malfoy, Madama Pomfrey, Aage Brown, e Remus. Suppose che il suo padrino fosse da qualche parte nella sala, ma non l’aveva ancora visto e non ne aveva un gran desiderio al momento, comunque.
    In quanto ai suoi tutori, erano venuti, ma sotto copertura. Avevano alcune identità fasulle che adottavano quando avevano degli affari al Ministero o alla Gringott, e ora ne stavano usando una: sedevano ad alcuni tavoli di distanza da quello di Harry.
    Anche se non potevano stargli vicino, poiché la cosa avrebbe fatto sorgere delle domande su chi fossero e su come conoscevano Harry, era bello sapere che avevano assistito alla sua cerimonia di premiazione.
    Finalmente, la cena si avvicinò alla fine e il Ministro si alzò e tornò sul palco, rivolgendosi alla sala e ringraziando tutti per essere venuti eccetera eccetera. Con questo, le persone iniziarono ad alzarsi e a dirigersi fuori dalla sala.
    Harry non vedeva l’ora di tornare a casa e si fece strada fino al Preside, che lo avrebbe scortato a casa, o almeno a Hogwarts, dove avrebbe usato il camino fino al cottage dei Flamel.
    Stringendo la mano ad alcune persone mentre passava, provò a ignorare quell’idolatrazione, e fu felice che Draco e Neville stessero facendo da lieve ammortizzante per quanto possibile. Comunque, ad ogni passo, non riuscì a scacciare il presentimento che qualcosa non andava. Fu solo quando raggiunse Silente che si rese conto che la testa gli doleva un po’, e che il dolore veniva dalla cicatrice.
    «Ah, Harry, pronto ad andare?» Chiese piano Silente, mentre le persone intorno a loro si comportavano in maniera fastidiosamente frivola all’avere Harry vicino.
    «Sì, Signore,» riuscì a dire Harry, provando a ignorare le deboli sensazioni che stavano riuscendo a raggiungerlo attraverso il terribile collegamento.
    Apparentemente, il suo disagio fu notato da Silente, e prima che Harry se ne accorgesse, stavano lasciando la sala.

O o O o O

    Vince era confuso. Aveva creduto che sarebbero andati alla cerimonia di premiazione del Professor Piton e di Harry, ma ora non lo stavano facendo. Era accaduto qualcosa? Il Ministero aveva cambiato la data o una cosa simile? Ma che cosa stavano facendo invece? Dove stavano andando? E perché suo padre aveva insistito perché indossassero i loro vestiti migliori se non stavano più andando al Ministero?
    Sapendo che era meglio non esternare le sue domande, fece un passo accanto a suo padre e sua madre e preparò lo stomaco per una Materializzazione di lunga distanza.
    Arrivarono in una radura, e la sensazione aleggiante nell’aria fece innervosire immediatamente Vince; tuttavia, solo quando si voltarono il ragazzo si sentì in pericolo.
    «Ah, siete arrivati.»
    Vince non poteva credere ai suoi occhi.
    Era Voldemort. Il Signore Oscuro. Colui-che-non-deve-essere-nominato.
    Prima che potesse provare a pensare a qualcos’altro, i suoi genitori si inginocchiarono e lui li imitò saggiamente.
    «Sì, mio Signore. Siamo felici di servirvi. E come avete richiesto, è venuto anche mio figlio,» disse suo padre, con la testa ancora china.
    «Vedo,» disse il Signore Oscuro con approvazione.
    Vince era così spaventato che non riusciva a muoversi.
    «Bene, alzatevi. Ho un incarico per vostro figlio.»
    Vince seppe subito che la cosa non portava nulla di buono, e sorprese sé stesso al resistere alle grida che gli lanciava il suo istinto.
    «Vince, vieni con me, figlio. Non c’è nulla da temere,» lo incalzò suo padre parlandogli nell’orecchio, mentre si alzavano.
    Vince non ne era così sicuro, e non lo era nemmeno sua madre. Vince alzò lo sguardo al volto del padre, sperando di trovare qualcosa che spiegasse che cosa stava succedendo, ma non trovò nulla.
    Nulla.
    E questo lo spaventò più del fatto di essere in presenza di Voldemort.
    «Markov, che sta succedendo?» Chiese lei al marito, orripilata.
    Lui non rispose.
    «Vai lì, giovane Tiger,» disse Voldemort, indicando un piccolo cerchio sul terreno, circondato da strani simboli che si ramificavano fino a un altro cerchio, che era occupato dal Signore Oscuro.
    I peli sulla nuca di Vince si rizzarono mentre affondava i talloni nella terra davanti a sé, cercando di fermare suo padre che lo forzava ad avanzare.
    Sarebbe stato il primo ad ammettere che non era mai stato uno intelligente, ma anche lui capiva che c’era qualcosa che non andava per niente bene qui!
    «No, per favore, non voglio,» riuscì a dire, sperando di non essere suonato patetico mentre si spingeva all’indietro contro suo padre. «Papà, fermati!»
    Lui non ascoltò; era come se non ne fosse più in grado.
    Sentì ridere, e notò d’improvviso che non erano soli con il Signore Oscuro.
    C’erano delle persone ammantate di nero che li circondavano.
    «Markov, fermati, perché lo stai facendo?» Gridò sua madre correndo in avanti.
    «No!»
    Apparentemente anche lei aveva capito che qualcosa non andava, e tirò un braccio del marito, provando a costringerlo a lasciar andare il loro ragazzo.
    Vince si divincolò, senza più cercare di capire che cosa stesse accadendo. Tutto quello che sapeva era che voleva… no, che aveva bisogno di andare via mentre vedeva sua madre che tirava fuori la bacchetta dalla manica.
    «Stupeficium!» Gridò sua madre.
    Un raggio rosso di luce venne scagliato in avanti e colpì suo padre, scagliandolo via. Vince inciampò in avanti, cercando di impedire alle proprie gambe di cedere come budino, prima di sentire la mano di sua madre chiudersi amorevolmente sul suo braccio, tenendolo dritto.
    Si preparò per una smaterializzazione, sperando angosciato che sua madre potesse portarlo via da quest’incubo.
    «Donna idiota,» sibilò Voldemort. «Avada Kedavra!»
    La vista gli lampeggiò di verde, prima che Vince vedesse sua madre cadere, e per un lungo istante non riuscì a comprendere quello che era appena successo.
    Il Signore Oscuro ghignò. «Bah, madri...»
    Vince chiuse gli occhi, ripetendosi in continuazione che questo non era reale, che era tutto quanto un incubo, niente di più, ma quando aprì gli occhi, raggelò, capendo dove si trovava.
    Nel cerchio.
    «Ecco, era davvero così difficile?» Chiese Voldemort con un ghigno malvagio mentre gli puntava contro la bacchetta. «Avada Kedavra!»
    Gli occhi gli vennero accecati dal verde, ma questo fu presto sostituito da una brillante luce bianca.
    La morte, decise Vince, non era nulla di cui aver paura.


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Note della traduttrice:

* La banoffee pie è una torta inglese a base di caramello, panna e banana, su una base di biscotti o frolla (tipo cheesecake).


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Ultimatum.




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Capitolo 30
*** Ultimatum ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 30: [Ultimatum]

    Harry non era sicuro di che cosa stesse accadendo ma non gli piaceva per niente. Il suo equilibrio era sparito del tutto e la cicatrice gli pulsava orribilmente, così tanto che gli lacrimavano gli occhi. L’unica cosa buona di tutta la situazione era che ora era a casa: era appena partito da Hogwarts con l’aiuto di Silente, un momento prima di iniziare davvero a sentirsi terribilmente.
    «Ecco, Harry, resta concentrato solo sullo stare sul divano,» lo avvertì Nicholas mentre Silente e Perenelle parlavano in lontananza. «Speriamo che passi presto.»
    Harry ne dubitava, ma era troppo preoccupato per fare commenti quando la vista gli si offuscò, le voci dei Flamel e di Silente arrivavano a tratti.
    «Quando è iniziato?» Chiese Nicholas a Silente.
    «Non molto dopo che siamo usciti dal Ministero,» rispose lui.

    «Papà, fermati!»
    Harry sobbalzò, il grido gli rimbombò nelle orecchie mentre cercava di recuperare la vista. Era come guardare attraverso un vetro appannato, ma fu presto abbastanza limpido perché Harry sapesse… che stava guardando attraverso gli occhi di Voldemort.
    Era buio, e tutto era deformato e opaco. Comunque, riuscì a distinguere abbastanza. C’erano tre figure, una più piccola delle altre due. Quella piccola era accanto a un’altra, mentre la terza era un po’ più lontana.

   
«Merlino!» La voce di Perenelle si insinuò momentaneamente nell’incubo, ma Harry fu presto inghiottito di nuovo.

    Un violento lampo verde brillò prima di sparire, rivelando una figura caduta accanto a quella più piccola. Non sapeva che cosa fosse accaduto all’altra persona, ma non ebbe il tempo di chiederselo.
    «Bah, madri,» ghignò Voldemort.
    Fu allora che Harry giunse d’improvviso a una disturbante comprensione… Questa era una famiglia.

   
:Harry!:
    «Tenetelo!»
    Delle mani si posarono su di lui, non che ne fosse cosciente, mentre cadeva all’indietro.

    «-così difficile?»
    Harry trattenne il respiro mentre l’odio di Voldemort si innalzava, la sua totale attenzione focalizzata sulla forma rimanente - il ragazzo, che era, Harry pensò, forse della sua stessa età.
    «Avada Kedavra!»
    Un senso di trionfo ruggì attraverso il collegamento mentre le rune bruciavano tutto intorno al Signore Oscuro e al ragazzino caduto. Il potere pulsò, e in quell’istante Harry seppe che Voldemort aveva riconquistato e oltrepassato la sua potenza originaria, mentre l’energia esplodeva.
    Finalmente, Harry riemerse, ma non prima di aver sentito Voldemort che emetteva una nauseante risatina di vittoria, con i tre corpi che giacevano inerti poco lontano.


O o O o O

    Silente indietreggiò quando Perenelle spinse lui e Nicholas via da Harry. Senza una parola, lei sollevò il ragazzo, e il Preside non poté fare a meno di essere impressionato dalla facilità con cui lo fece.
    Non era proprio sicuro di che cosa fosse appena accaduto, oltre al fatto ovvio che c’entrasse la cicatrice di Harry. Desiderava davvero di poter comprendere meglio quel legame. Avendo appena visto coi propri occhi il suo effetto sul ragazzo, era piuttosto disturbante il non sapere che cosa stava succedendo veramente, senza parlare della possibilità di aiutare.
    Non aveva mai dovuto trattenere fisicamente qualcuno nel modo in cui lo stavano facendo con Harry, per impedirgli di ferirsi da solo. Già così, Harry era riuscito a sbattere un lato della testa contro la parte dura del bracciolo del divano ed era per terra prima che chiunque capisse che cosa stava succedendo. In aggiunta, Coral riuscì a malapena a scivolare via in tempo per evitare di farsi male.
    Silente guardò Nicholas, non sicuro del perché l’uomo non avesse semplicemente usato qualcosa come un Petrificus Totalus su Harry, ma ora non era il momento di fare domande. Guardò di nuovo Perenelle.
    Perenelle stava cullando gentilmente Harry, aspettando che divenisse abbastanza cosciente per reagire alle parole dolci che gli mormorava nell’orecchio. Silente non riuscì a distinguere le parole, ma era evidente che Harry traeva beneficio da esse.
    Finalmente, gli occhi di Harry si spalancarono e il suo respiro si calmò, anche se solo di poco.
    «Harry?» Provò Nicholas.
    Harry chiuse gli occhi.
    «Voldemort - lui… lui ha ucciso una famiglia. Non so chi fossero. Non riuscivo a vederli molto bene. Era tutto molto sfocato,» riuscì a dire.
    «Che cosa è successo? Che cosa hai visto?» Chiese Nicholas.
    «C’erano delle rune per terra.» La voce di Harry divenne completamente piatta. «Non è più malato.»
    «Puoi dirci che cosa ricordi?» Chiese dolcemente Perenelle.
    Con questo, Harry annuì lentamente e gli raccontò tutto quello che aveva visto. Dopo, Silente gli chiese il suo ricordo della visione, sperando di poter essere capace di capire qualcosa di più su quello che era accaduto.

O o O o O

    Narcissa sorrise mentre guardava Draco che correva di fuori per volare sulla sua scopa dopo aver finito la colazione, sembrando senza alcuna preoccupazione al mondo, mentre i suoi pensieri vagavano verso cose meno felici. Come avrebbe reagito Draco se fossero dovuti partire? Avrebbe capito? Li avrebbe odiati? Avrebbe odiato Lucius per gli errori che aveva commesso, che li avevano portati fino a questo punto?
    Sì, erano stati degli errori. Lei li aveva sempre visti come tali, ma che cosa avrebbe potuto fare per prevenirli? Lucius era sempre stato testardo e irremovibile. Era solo adesso che stava cominciando a considerare le loro opzioni, sebbene il cambiamento fosse dovuto alla necessità più che a qualsiasi altra cosa.
    La donna scosse la testa, ora più che mai grata a Severus Piton. Avere un piano di emergenza nel caso accadesse qualcosa le dava un po’ di serenità, ma sapere che Severus teneva davvero a Draco e che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per proteggerlo… questo alleggeriva le sue paure più di quanto avrebbero potuto fare tutti i piani di riserva possibili.
    Entrando nel salotto, si avvicinò al camino. Aveva promesso a Deborah Tiger che l’avrebbe contattata e si sarebbe assicurata che lei non avesse bisogno di nulla e che suo figlio e suo marito si stessero riprendendo dal raffreddore. Più egoisticamente parlando, voleva avere una ricetta da lei. Le torte di Deborah erano leggendarie. Era un’altra delle ragioni per cui Markov era così… largo com’era.
    Inginocchiandosi, fece una chiamata tramite camino. «Casa Tiger!»
    Mettendo la testa tra le fiamme, si aspettava di trovare Deborah nella sedia a dondolo non lontana dal camino, ma la stanza era vuota.
    «Deborah?» Chiamò.
    Aspettò una risposta, ma non ne ricevette nessuna. Fece una smorfia, sapendo che non era troppo presto. In più, Deborah era molto mattiniera. Doveva esserlo per cucinare l’ampia colazione che i suoi “ragazzi” meritavano. Forse anche lei si era presa il raffreddore?
    Narcissa decise di chiamare il loro elfo domestico.
    «Scrubby!»
    -Pop-
    Nel momento in cui apparve l’elfo domestico, Narcissa seppe che c’era qualcosa di terribilmente sbagliato. Si tirava le orecchie e dondolava avanti e indietro, e Narcissa fu a malapena in grado di distinguere qualcosa di quello che Scrubby stava dicendo.
    «Terribile, terribile! Aiuto! Aiuto! Padroni - loro, loro!» Le sue parole degradarono in incomprensibili borbottii agitati e iniziò d’un tratto a singhiozzare.
    Narcissa non si preoccupò di chiedere o annunciare le proprie intenzioni. Si tirò via dalla connessione e poi attraversò il camino.
    «Scrubby, portami da Deborah!» Ordinò Narcissa.
    Scrubby le prese la mano.
    -Pop-
    Apparve nello studio di Markov, cosa che era di per sé scioccante. L’uomo non aveva mai permesso a nessuno di entrarci, nemmeno a sua moglie. Comunque, il suo arrivo nel luogo “proibito” fu in un istante l’ultima cosa che le passò per la mente.
    La stanza era completamente a brandelli. C’erano segni di bruciatura sulle pareti, squarci nei mobili, e fori sul pavimento e sul soffitto, ma tutto ciò fu a stento notato da Narcissa, che guardò quello che aveva proprio di fronte agli occhi.
    Là, inginocchiato di fronte alla sua scrivania, e piangendo inconsolabilmente, c’era Markov Tiger, ferito, ricoperto di sangue ovunque; comunque, le fu chiaro all’istante che non tutto il sangue apparteneva a Markov. Davanti a lui, immobili in modo allarmante, giacevano Deborah e Vincent.
    «Markov, che cosa è successo?» gridò Narcissa, correndo in avanti per controllare la famiglia dell’uomo.
    Mettendo con decisione le dita sulle loro gole, sperò ardentemente che non fossero come apparivano, ma le sue paure vennero confermate.
    Erano morti.
    «Sono stato io. Li ho uccisi,» farfugliò Markov tra i singhiozzi, ora dondolandosi avanti e indietro.
    La bacchetta di Narcissa le fu all’istante in mano, ma capì subito che non era necessaria. La bacchetta di Markov era rotta, spezzata in due accanto alla figura fredda di Deborah.
    «Uccidimi. Uccidimi. Per favore.»
    «Perché lo hai fatto?» Ringhiò Narcissa, la sua disperazione e incredulità che ora mutavano in rabbia e in un indescrivibile disgusto.
    Deborah aveva espresso talvolta i suoi timori sul temperamento dell’uomo, raccontandole della furia cieca in cui cadeva ogni tanto, specialmente se ubriaco, ma Narcissa non avrebbe mai creduto che si sarebbe spinto così oltre. Comunque, i corpi provavano il contrario.
    «Nessun controllo. Nessun controllo. Voglio morire. Lo merito, lo merito. Uccidimi. Uccidimi. Per favore.»
    Narcissa voleva farlo. Lo voleva davvero. Guardare la sua amica, forse la sua migliore amica, senza vita sul pavimento accanto a uno dei compagni di gioco d'infanzia di suo figlio… Le occorse tutto quello che aveva per non fare ciò che l’uomo le chiedeva. Ma forse era questo il motivo. Lui voleva morire, e fosse dannata se avesse fatto qualunque cosa quel mostro desiderasse.
    Chiamò gli Auror.

O o O o O

    Silente rilasciò lentamente il fiato, enormemente rattristato dalle notizie che avrebbe presto dovuto dare al resto del suo personale. Questo genere di notizie non era mai facile da dare, senza parlare del riceverle, e dovette rafforzarsi mentalmente per riferirle.
    Si raddrizzò al sentire gli scudi che lo avvisavano dell’avvicinarsi di Severus alla porta. Una parte di lui desiderava di poter aspettare ad informare l’uomo, ma siccome era il Capo Casa del ragazzo, sarebbe stato uno sbaglio aspettare di più. Meritava di saperlo prima del resto del personale, e di certo prima che la Gazzetta del Profeta informasse il pubblico.
    «Mi ha chiamato, Preside?» Chiese Severus una volta che fu entrato ed ebbe chiuso la porta.
    «Sì, Severus. Per favore, siediti.»
    Gli occhi di Severus si assottigliarono leggermente. «Che cosa è successo?» Domandò mentre prendeva la sedia offerta, sapendo all’istante che ci sarebbero state cattive notizie.
    Albus si meravigliò intimamente per l’intuito della sua ex spia. Beh, almeno sarebbe potuto andare dritto al punto.
    «Ho appena saputo da Madama Bones che Markov Tiger ha assassinato sua moglie e suo figlio. Sono stati trovati da Narcissa questa mattina presto in casa loro. Sebbene le indagini siano ancora in corso, si pensa che Markov si sia ubriacato e sia stato colto da un accesso d’ira la notte scorsa.»
    Albus osservò Severus che combatteva contro una moltitudine di emozioni che minacciavano di mostrarglisi in volto. Era quasi innaturale, ma per l’essere stato una spia non c’era da meravigliarsi.
    «Ha detto qualcosa?» Chiese Severus, il tono non tanto controllato quanto la sua espressione.
    «Stando a quello che dice Amelia, l’uomo è impazzito. Nei suoi farfugliamenti, ammette la sua colpa e chiede di morire.»
    Severus serrò la mascella. «Allora che possa essere esaudito il suo desiderio.»
    Albus comprese quel sentimento rancoroso e trovò una parte di sé che concordava silenziosamente con l’altro, anche se sapeva che tali emozioni erano nocive, a prescindere dalla situazione.
    «Madama Bones ti ha detto qualcos’altro?» Domandò Severus. «C’è stata una colluttazione? Trovo difficile da credere che Deborah avrebbe permesso alla situazione di degenerare così senza provare a fare qualcosa per fermarlo.»
    Non sorpreso dal desiderio di Severus di conoscere i dettagli, Albus rispose. «Sì. Madama Bones sospetta che siano stati scagliati più di una dozzina di incantesimi nello studio dove sono stati ritrovati.»
    Severus assottigliò le labbra, e Albus sospettò che stesse davvero cominciando a metabolizzare la tragedia.
    «Nel suo studio?» Chiese lui, con della perplessità sottesa al tono di voce.
    «È quanto mi ha detto Amelia. Perché?» Replicò Silente, ora curioso sul perché quel dettaglio avesse turbato il mago più giovane.
    «Markov non permette a nessuno di entrare nel suo studio, nemmeno a sua moglie. Perché la lite sarebbe dovuta scoppiare lì?»
    «Non lo so, ma forse Amelia scoprirà il perché continuando l’indagine; però, ha ammesso che scoprire ulteriori dettagli sarà difficile in quanto Markov ha spezzato in due la propria bacchetta.»
    «Ha spezzato la sua bacchetta?» Chiese incredulo Severus, ovviamente rivalutando ogni cosa che era stata detta. «Ora la cosa sta diventando un po’ troppo conveniente.»
    «Da questi indizi sospetti un raggiro?» Domandò Albus, sollevando un sopracciglio.
    «Innocente o no, penso che sia successo qualcosa di più rispetto allo scenario in cui lui abbia ucciso la propria famiglia in una frenesia alcolica. Markov è capace di molte cose malvagie - sobrio o meno - ma da quanto mi ha appena detto lei… il mio istinto mi dice che ciò che appare non è quello che è realmente accaduto - non del tutto almeno.»
    «Capisco. Beh, dovremo confidare in Madama Bones per ottenere la verità, non importa quale sia.»
    «Per fortuna, Madama Bones è l’unica capo dipartimento capace all’interno del Ministero,» disse Severus. «Ho fiducia che arriverà alla verità.»
    Silente annuì, concordando, sebbene pensasse interiormente che anche Arthur Weasley non stesse facendo un cattivo lavoro nella propria area di competenza.
    «C’è qualcos’altro, Preside?» Domandò Severus dopo un momento.
    «No, Severus; era tutto quello di cui volevo discutere, anche se potresti voler sapere che ho cominciato a cercare qualunque informazione possibile sulla famiglia che Voldemort ha assassinato.»
    «Qualche novità?»
    «No, e siccome probabilmente si trattava di babbani*, temo che non scopriremo mai chi fossero.»
    «Il Signor Potter ha ricordato qualcos’altro di ciò che ha visto?»
    «No. E ho scoperto che il pensatoio non è di nessun aiuto in questo caso.»
    «Il ricordo è troppo distorto?» Interrogò Severus.
    «Completamente. Ammetto di essermi sentito abbastanza nauseato quando sono uscito dal pensatoio dopo il mio fallito tentativo di visionare di persona il ricordo di Harry.»
    «Comprensibile,» fece Severus prima di alzarsi lentamente.
    Non c’era nient’altro da dire, così Silente lo congedò con un cenno e Severus uscì quietamente.

O o O o O

    Harry entrò in cucina, avendo seguito il profumo di uova e waffle per tutto il percorso dalla propria stanza.
    «Buon giorno,» disse, trovando Nicholas vicino ai fornelli e Perenelle che dava un po’ di pancetta al gufo che aveva appena consegnato la Gazzetta del Profeta.
    «Giorno, Harry,» replicò Nicholas con un sorriso mentre rigirava un uovo nella padella. «Come ti senti?»
    «Meglio, anche se vorrei sapere chi fossero,» rispose Harry, riferendosi alla famiglia che aveva visto uccidere da Voldemort due notti prima.
    Comprensibilmente, farci i conti era più facile a dirsi che a farsi, con o senza l’aiuto di bravi tutori. «Non mi piace il pensiero che nessuno saprà mai che cosa è successo loro.»
    Nicholas annuì in silenzio, capendo, mentre Harry si voltava per guardare Perenelle, che sedeva al tavolino ed era stranamente silenziosa.
    «Perenelle?» Chiese Harry, vedendo che la donna stava fissando la prima pagina del giornale.
    Lei alzò gli occhi, pieni di una tristezza incommensurabile.
    «Che c’è che non va?» Domandò Harry, avvicinandosi al tavolo mentre Nicholas si voltava preoccupato verso la moglie.
    Lo sguardo di Harry cadde sulla superficie del tavolo e presto trovò le parole in grassetto del titolo della prima pagina del Profeta.

Gli Auror sospettano Markov Tiger per gli omicidi della Moglie e del Figlio!


    Il sangue di Harry raggelò al nome “Tiger”.
    Questo voleva dire che…?
    Scorse con gli occhi l’articolo al di sotto del titolone e trovò ciò che aveva temuto. Il nome completo del suo amico - Vincent Markov Tiger.
    No. Non poteva essere. Era impossibile…
    Riuscì a stento a mantenere l’equilibrio aggrappandosi al bordo del tavolo, prima che le gambe gli si facessero di gelatina e che la testa gli si riempisse di uno strano suono rombante.
    Nicholas fu al suo fianco in un istante e Perenelle tirò fuori la sedia accanto a lui.
    «È morto. Vince è morto,» sussurrò lui, collassando sulla sedia.
    Essendo anziani di secoli, Nicholas e Perenelle rimasero in silenzio ma al suo fianco, sapendo che c’erano momenti in cui nessuno poteva offrire parole di conforto o condoglianze, e che talvolta la cosa migliore da fare era non dire nulla.

O o O o O

    Severus entrò nel salotto dei Malfoy, che era avvolto dalle ombre, l’unica luce proveniva dalle braci che si stavano raffreddando nel camino.
    «Siamo soli,» affermò Lucius da una poltrona di pelle. «Narcissa è insieme a Draco. È ancora comprensibilmente abbastanza scossa.»
    «E Draco?» Chiese Severus.
    «Sconvolto.» Il volto di Lucius rimase nelle ombre, ma Severus riuscì a distinguere una profonda smorfia.
    «E tu?»
    Lucius rilasciò lentamente il respiro. «Combattuto.»
    «Percepisci qualcosa che non va in tutto questo,» asserì Severus, non rivelando i propri dubbi.
    Lucius annuì. «Che è il motivo per cui non ho riferito a Draco i dettagli. Voglio aspettare fino a quando l’indagine sarà finita. Per ora, tutto quello che Draco sa è che uno dei suoi amici di una vita è morto. Ho anche fatto in modo che non vedesse la Gazzetta del Profeta.»
    «Probabilmente è la cosa migliore,» concordò Severus, ricordando il giornale di quella mattina. Avrebbe dovuto prevederlo. La Gazzetta del Profeta ovviamente non capiva l’esigenza di completare l’indagine e amava pubblicizzare i sospetti come se fossero fatti. Avrebbe voluto darsi un pugno. Avrebbe dovuto suggerire ad Albus di avvertire in tempo i Flamel così Harry non sarebbe stato influenzato - cosa che probabilmente era successa.
    Severus represse un sospiro e si concentrò di nuovo, poiché ormai non poteva farci nulla.
    «Quando hai visto Markov l’ultima volta?» Chiese Lucius dopo un lungo istante.
    «Circa una settimana fa, e non ho notato nulla di sospetto o preoccupante,» rispose Severus.
    «Lo stesso vale per me.» Lucius sollevò il volto, incontrando lo sguardo di Severus per la prima volta. «Severus, non posso...» Si interruppe, lo sguardo gli si oscurò ancora di più del buio che lo circondava. «Non riesco a liberarmi di un pensiero disturbante, nonostante ci abbia provato. Credi che sia coinvolto il Signore Oscuro?»
    «Che cosa ti fa pensare che lo sia?»
    Lucius serrò la mascella. «Intuito paterno.»
    «Che cosa ne pensa Narcissa?»
    «Pensa che Markov sia il responsabile. Deborah le ha fatto delle confidenze su alcuni… incidenti. E devo ammetterlo, anche senza averlo saputo, credo che, se abbastanza ubriaco, Markov sia capace di… quello che è successo.»
    «Allora perché quel dubbio?»
    «È una sensazione opprimente… però, forse è solo una sensazione priva di qualsiasi verità.» La mano di Lucius si serrò sul bracciolo. «Forse non riesco a mandare giù il pensiero di un padre che assassini la propria famiglia - che li ammazzi...»
    «O forse hai ragione,» sussurrò Severus, prima di tornare a un tono di voce normale. «Ti terrò informato su qualsiasi cosa scopra Silente da Madama Bones.»
    «Grazie.»

O o O o O

    Talvolta Madama Bones odiava il proprio lavoro. Beh, probabilmente sarebbe stato più accurato dire che raramente le piaceva.
    I casi che coinvolgevano bambini erano sempre i più difficili, e questo si stava rivelando particolarmente spinoso. Non aveva conosciuto i Tiger di persona, ma li aveva intravisti agli eventi organizzati dal Ministero e in occasioni simili. Aveva anche visto un paio di volte il loro figlio assieme a loro, e sapeva che aveva la stessa età di sua nipote, Susan. E ora lui non c’era più, giaceva in obitorio con un’incerata a coprire il suo piccolo corpo.
    Era tutto così straziante, e le faceva desiderare di scappare via prima dal lavoro per andare ad abbracciare sua nipote e non lasciarla andare più.
    Ma aveva un compito da svolgere e lo avrebbe svolto. Che fosse dannata se avesse lasciato che qualche imbecille del Ministero pasticciasse il caso e le impedisse di portare la persona (o le persone) colpevole al cospetto della giustizia. Sarebbe arrivata alla verità e avrebbe analizzato tutte le prove per assicurarsi che avessero preso l’uomo giusto. Voleva fare le cose per bene, non solo per poter riuscire a dormire la notte, ma per accertarsi che Vincent e sua madre avrebbero riposato in pace.
    Madama Bones fece una smorfia, pensando alle prove che avevano raccolto finora.
    Dallo studio distrutto, avevano identificato l’uso di diversi incantesimi, inclusi diffindo, reducto, incendio ed expulso. Ce ne erano stati chiaramente di più, ma era impossibile sapere per certo che cos’erano, specialmente poiché Markov aveva spezzato la propria bacchetta, e quella di Deborah era andata distrutta. Ne avevano trovato i resti su una porzione bruciata del tappeto, e data la bruciatura sulla mano di Deborah era facile capire cosa fosse accaduto.
    Comunque, c’era qualcosa che la disturbava. Che un mago spezzasse la sua propria bacchetta era un fatto inedito. Era praticamente una blasfemia contro l’essenza stessa della propria magia. Però, se davvero l’uomo odiava ciò che aveva fatto, avrebbe comunque potuto farlo.
    La Bones chiuse gli occhi, incapace di scrollarsi di dosso l’immagine di Markov che aveva visto quando era entrata in casa con gli altri Auror la prima volta.
    Era innegabilmente un uomo spezzato, e impazzito.
    Sorpassando una sedia caduta, la Bones uscì dallo studio di Markov e si fece strada fino alla stanza di Vincent. Forse lì ci sarebbe stato qualcosa che avrebbe fatto una minima luce sul perché fosse stato coinvolto anche il ragazzo.
    La casa era stata ispezionata, ovviamente, ma il suo era un controllo ulteriore, più per assicurarsi che non ci fossero altri individui sospetti nella proprietà, che per cercare indizi di ciò che era accaduto.
    Entrò nella stanza del ragazzo, sorpassando in silenzio Kingsley nel corridoio.
    La camera era come immaginava che fosse la maggior parte delle stanze dei dodicenni. C’erano accessori Slytherin e di Hogwarts appesi alle pareti e sulla scrivania, su cui era poggiato un mucchio di libri scolastici in un angolo e che era ricoperta di fogli di pergamena. Il letto non era rifatto e c’erano alcuni indumenti sul pavimento.
    La donna si avvicinò alla scrivania e non poté evitare di sentire il cuore contrarsi.
    C’erano delle lettere, e una era finita a metà, senza dubbio scritta da Vincent in risposta a quella che aveva accanto. Era per Draco Malfoy, parlava dei regali che sperava di ricevere per quel Natale, cui mancavano solo pochi giorni.
    D’improvviso, udì piangere e s’inginocchiò rapida verso il suono, per trovare l’elfo domestico dei Tiger sotto la scrivania, che abbracciava una sciarpa verde e argento - presumibilmente quella di Vincent.
    Certo, ricordava che Narcissa avesse menzionato il fatto che l’elfo l’aveva portata dai Tiger, ma finora la Bones non l’aveva mai visto, e non aveva potuto interrogarlo. Lui doveva obbedire soltanto alla sua famiglia, dopotutto.
    «Ciao,» disse con gentilezza, non volendo spaventare il piccoletto.
    Lui sobbalzò, ma rimase dov’era mentre continuava a piangere. La federa di cuscino che indossava era completamente fradicia.
    «Io sono Madama Bones, tu come ti chiami?» Chiese lei.
    Lui alzò lo sguardo, tirando su col naso. «Scrubby.»
    «Sai chi sono io, Scrubby?»
    Lui annuì. «Lei è la signora capo degli Auror.»
    «Esatto, e adesso ho bisogno del tuo aiuto.»
    Scrubby si immobilizzò, il volto ancora inondato di lacrime. «Che cosa vuole Madama Bones da Scrubby?»
    «Ho bisogno di sapere che cosa è successo, così potrò assicurarmi di fare giustizia. Voglio essere certa che la Signora Tiger e suo figlio possano riposare in pace. Per favore, sai che cosa è accaduto?»
    Scrubby inghiottì un singhiozzo. «Sono morti.» E scoppiò in singhiozzi.
    «Shh, Scrubby, so che è difficile, ma fallo per la tua famiglia, dimmi che cosa è successo prima che venisse Narcissa.»
    In qualche modo, Scrubby si ricompose, la sua espressione cambiò da disperata a furiosa.
    «Loro ha fatto del male al Padrone! Loro ha portato il Padrone e la famiglia e poi hanno lanciato maledizioni dappertutto!»
    «Dall’inizio, Scrubby. Raccontami da quando sono arrivati. Dove eri quando sono venuti?» La Bones mantenne il tono di voce calmo nonostante il suo cuore martellante. Forse stava per scoprire la verità!
    «Scrubby stava spolverando nello studio del Padrone, quando li ha sentiti nel corridoio. Gente cattiva, cattiva! Poi loro è entrati nello studio del Padrone, e stava trasportando il Padrone, la Padrona, e il giovane Padroncino! Scrubby ha creduto che tutta la famiglia di Scrubby era morta, ma il Padrone non lo era. Il Padrone dormiva. Loro lo ha fatto dormire, Scrubby pensa. Poi loro ha fatto del male al Padrone e Scrubby ha sentito l’alto uomo cattivo dire “Facciamolo sembrare convincente, Bella. Divertiti.” Donna malvagia - malvagia! Lei allora ha lanciato altre maledizioni sulla Padrona e sul Padroncino, poi ha spezzato la bacchetta del Padrone!» Gridò Scrubby.
    «Chi erano queste persone cattive? Conosci i loro nomi?» Chiese la Bones, già avendo intuito che “Bella” potesse essere Bellatrix Lestrange.
    «Scrubby sa solo che loro chiamava la donna malvagia “Bella”, e che i due uomini erano fratelli. L’uomo alto ha detto, “Va bene, fratello, è abbastanza.”»
    «Saresti in grado di riconoscerli se ti mostrassi delle foto?»
    «Scrubby pensa di sì.»
    «Molto bene. Scrubby, loro sanno che tu eri lì?»
    «No. Il Padrone ha ordinato a Scrubby di rimanere sempre silenzioso, invisibile e in disparte quando Scrubby è nel suo studio**. Scrubby era così quando loro sono arrivati fino a quando loro sono andati via.»
    «Ho capito. C’è qualcos’altro che ricordi e che pensi potrebbe aiutarmi?»
    Scrubby annuì, lo sguardo gli si fece assassino. «Quando loro ha lasciato lo studio del Padrone, la donna malvagia ha detto: “Grazie per il tuo contributo al Signore Oscuro. Sono sicura che lo ha apprezzato.” E poi loro ha riso!»
    Madama Bones si sforzò di apparire completamente a proprio agio, concludendo all’istante che la cosa era molto più grossa di quanto avesse pensato all’inizio. Se era coinvolto il Signore Oscuro…
    «Grazie, Scrubby. Porti onore alla tua famiglia. Se hai bisogno di aiuto, non esitare a venire da me. Tornerò più tardi con alcune foto, va bene?»
    L'elfo annuì, prima di tornare silenziosamente di nuovo triste.
    Con ciò, la maga si alzò lentamente e lasciò la stanza.

O o O o O

    Narcissa si sforzò di calmarsi mentre andava più addentro a Notturn Alley ed entrava in un negozio sudicio, spolverandosi dalla spalla alcuni fiocchi di neve. Non riusciva a credere che il giorno seguente sarebbe stato Natale. Dirigendosi verso il sicuro retrobottega, indurì il proprio animo per qualunque cosa stesse per scoprire.
    Qualche ora prima, Severus aveva informato Lucius di ciò che Madama Bones aveva rivelato a Silente (e anche a lui). Voldemort era in qualche modo coinvolto nelle morti di Deborah e Vincent e i Mangiamorte avevano fatto in modo da far ricadere la colpa su Markov.
    Quello che era peggio era che si sospettava che sua sorella fosse coinvolta nell’ultima parte degli eventi.
    Era orripilante considerare ciò che questo comportava, assumendo che fosse vero.
    Perché il Signore Oscuro aveva fatto una cosa simile? Li aveva uccisi lui stesso? Perché aveva voluto che la colpa ricadesse su Markov? Markov lo aveva fatto arrabbiare in qualche modo?
    Narcissa non lo sapeva, ma aveva bisogno di scoprirlo, che era ciò che l’aveva condotta a Notturn Alley.
    C’era solo una persona da cui poteva sapere la verità senza destare pericolosi sospetti.
    Sua sorella.
    «Ah, Cissy, quanto tempo,» disse una voce da un angolo.
    «Ciao, sorella.»
    «Non sembri felice di vedermi, sorellina, anche se hai organizzato tu questo piccolo incontro.»
    «Non ti vedevo da molto tempo, e onestamente non sono dell’umore migliore al momento, quindi mi scuso per non essere molto cordiale.»
    «Aah, un po’ depressa, vedo, e suppongo sia per i Tiger? Che cosa triste. Un padre che si rivolta contro la propria famiglia… e sei stata tu a trovarli. Deve essere stato uno shock.»
    «Sì. Deborah era una cara amica, e suo figlio era amico di Draco,» disse Narcissa, sedendosi su un barile accanto alla parete buia.
    Bellatrix annuì con comprensione, ma Narcissa si domandò come mai le importasse. Sua sorella non era mai stata dotata di alcuna empatia, e di certo non ne provava ora.
    Narcissa represse un sospiro prima di tirare fuori un piccolo regalo incartato dal cappotto.
    «Buon Natale, Bella.»
    «Oh, ma grazie, Cissy,» esclamò lei, non sembrando però tanto grata mentre prendeva il regalo offerto. Le sue successive parole confermarono soltanto la sua mancanza di spirito Natalizio. «Be, perché mi hai fatto venire qui? Anche se suona come una cosa dolce, dubito che sia perché volevi dare alla tua sorella maggiore un regalo di Natale anticipato.»
    Narcissa incatenò lo sguardo a quello della sua sorellastra pazza e scelse con cautela le proprie parole.
    «Come sempre, hai ragione, e anche se vorrei tanto che fossimo vicine come un tempo, non lo siamo; comunque, siamo ancora sorelle, siamo ancora una famiglia,» disse lei.
    «Dove vuoi arrivare?»
    «Voglio la verità.»
    «La verità su cosa?»
    «Sui Tiger. Voglio sapere se Markov è davvero colpevole. Lo disprezzo, ma voglio sapere se è davvero responsabile per ciò di cui è accusato.»
    «Perché pensi che io lo saprei, Cissy? Non sono un Auror. Non ho indagato sul fatto.»
    «Se Markov in realtà è innocente, riesco a pensare ad una sola ragione per cui sia accaduto questo.»
    Bella sollevò un sopracciglio. «E sarebbe?»
    «Markov ha fatto arrabbiare il Signore Oscuro.»
    Narcissa non sapeva che cosa aspettarsi, ma la reazione che ottenne dalla sorella la allarmò.
    «AHAHAHAHAHAHHHAHAHAH!!» Ridendo istericamente, Bellatrix riusciva a malapena a prendere abbastanza aria da respirare. «Tu - tu pensi -» Rise ancora un po’, con le lacrime che le uscivano dagli occhi. «Tu pensi che Markov abbia fatto arrabbiare il Signore Oscuro?» Non attese la risposta di Narcissa e continuò. «Il Signore Oscuro è soddisfatto di lui, forse persino grato. Se avessi un figlio, lo avrei offerto volentieri al Signore Oscuro.»
    Narcissa non riuscì a frenare il senso di nausea che le salì allo stomaco. Questo significava che…?
    «È davvero un peccato che Markov abbia fatto il difficile, però. Oh, non ho dubbi che sarebbe stato grandemente ricompensato se fosse stato più cooperativo.»
    «Che cosa vuoi dire?» Domandò Narcissa.
    Sufficientemente infervorata, Bellatrix non si preoccupò di badare alle sue successive parole - proprio come Narcissa aveva sperato, anche se in seguito avrebbe desiderato di aver potuto rimanere inconsapevole. «Una volta che Markov ha capito che cosa veniva preteso da lui, ha fatto resistenza, ma avrebbe dovuto saperlo. Noi Mangiamorte apparteniamo a lui. Nel momento in cui accettiamo il Marchio Nero, accettiamo il grande compito e onore di servirlo. Non c’è privilegio più grande!»
    «E che cosa è stato preteso da lui?» Chiese Narcissa con calma, temendo di sapere già la risposta… ed era così.
    «Ma, suo figlio, ovviamente,» rispose Bella, come se fosse ovvio e perfettamente accettabile.
    «Suo figlio?»
    «Oh, Cissy, Vincent ha ricevuto un così grande compito - ristorare la forza del Signore Oscuro, e l’ha fatto! Non è meraviglioso?»
    Narcissa voleva vomitare. «Sì, immensamente,» riuscì a dire mentre si alzava, sforzandosi di mostrare un sorriso dall’apparenza sincera. «Grazie, Bella, per avermelo detto. Sono notizie eccellenti. Devo condividerle con Lucius, ne sarà entusiasta.»
    Quindi se ne andò senza dire un’altra parola.

O o O o O

    Era finalmente Natale, anche se Severus francamente non si sentiva dell’umore di celebrare nulla, possibilmente mai più.
    Si trovava nell’ufficio del Preside per la seconda volta quel giorno. La prima era stata quella mattina ed era stato affinché lui rivelasse ciò che aveva appena saputo da Lucius - la terribile verità che i Tiger, specificamente Vincent, erano stati usati per riportare Voldemort alla sua forza originaria. Quello che rendeva la notizia peggiore era la comprensione del fatto che Harry non aveva visto soffrire semplicemente una famiglia sconosciuta (che era abbastanza tremendo di per sé), ma aveva visto quella del suo amico.
    Silente prese l’informazione tanto bene quanto ci si potesse aspettare, e riferì a Madama Bones, non appena ne fu in grado, che Voldemort aveva compiuto l’orrendo atto di usare Vincent per rigenerarsi. Quindi, ora la Bones aveva il movente per gli omicidi.
    Dopo di questo, il Preside aveva anche informato Nicholas Flamel di tutto quanto così che potesse prepararsi ad agire come meglio credeva.
    «È preoccupato,» osservò Severus mentre si sedeva. «Certo, sarebbe sciocco a non esserlo.»
    Non era sicuro del motivo per cui Albus avesse richiesto la sua presenza, ma Piton sospettava che il vecchio avesse solo bisogno di parlare con qualcuno di ciò che stava accadendo. O almeno questo era quello che sperava. Non voleva sentire altre novità, perché probabilmente sarebbero state brutte.
    «Nicholas mi ha detto che lo dirà ad Harry domani.»
    Severus non ebbe bisogno di chiedere che cosa voleva rivelare Nicholas. Sollevò un sopracciglio.
    «Preferirebbe che non lo facesse?»
    «Si tratta di qualcosa che non vorrei mai che nessun bambino scoprisse. Sapere di aver visto gli ultimi momenti della vita del suo amico...»
    «Quindi per lei sarebbe meglio se Mastro Flamel glielo nascondesse?»
    «Sì, almeno per un po’. Harry è troppo giovane per sostenere una cosa tale, e scoprirlo durante le vacanze…?»
    «Alla fine scoprirà la verità, e onestamente penso che sia meglio per lui affrontarla ora,» disse Severus con franchezza, sforzandosi di spingere via i ricordi del suo ex futuro.
    C’erano state troppe occasioni in cui i fatti sarebbero andati in maniera diversa se solo Harry avesse saputo delle cose… se gli fosse stata detta la verità… una parte di Severus era convinta che questo fosse costato loro la guerra.
    «Questa conoscenza è pericolosa.»
    «Lo è anche l’ignoranza,» controbatté Severus.
    «Potrebbe costare ad Harry la poca innocenza e l’infanzia che gli rimane,» disse con tristezza Albus.
    «Non può essere evitato, ed è meglio così piuttosto che esserne preso alla sprovvista dopo.»
    «Sì, hai ragione, naturalmente. Spero solo che Nicholas e Perenelle sappiano che cosa stanno facendo,» disse dopo un lungo istante.
    «Potter è in buone mani. Se c’è qualcuno che può fargli da guida attraverso tutto questo, sono loro.»
    Silente fece un piccolo, riluttante sorriso. «Sì, hanno secoli di esperienza.»

O o O o O

    D’improvviso si sentì come se Dudley gli avesse appena affondato un pugno in pancia, come se qualcuno gli avesse sostituito le viscere con del cemento e l’aria intorno a lui fosse diventata di piombo.
    Aveva visto morire Vince.
    Aveva visto Voldemort che uccideva uno dei suoi amici.
    Perché era accaduto questo? Perché Vince? Non c’era stato niente che nessuno avesse potuto fare?
    Perenelle lo stava abbracciando con gentilezza, e sebbene ne stesse traendo conforto, tutto ciò a cui riusciva a pensare era quello che aveva visto.
    La Signora Tiger che lottava, lottava disperata per salvare suo figlio, ma tutto ciò che aveva ricevuto in cambio dei suoi sforzi era stata la morte - seguita poco dopo da suo figlio.
    A questo pensiero, Harry non poté evitare di ripensare alla propria madre.
    Lei era stata così disperata? Si era messa tra lui e Voldemort solo per farsi scacciare via come un insetto?
    Harry fece una smorfia.
    Come aveva fatto lui, un semplice neonato, a vivere? Perché non era morto come era successo a Vince? La loro situazione era stata identica, giusto?
    Per quanto strano sembrasse, Harry non aveva mai seriamente pensato a come e perché era sopravvissuto quella notte di Halloween. Tutti trattavano la cosa come se fosse un mistero e lui non si era mai preoccupato di porsi domande al di là di questo.
    Che cosa lo aveva reso così speciale? Che cosa lo aveva reso davvero “Il Ragazzo Sopravvissuto”? Si rifiutava di credere che fosse stato qualcosa che aveva fatto. Era soltanto un neonato e non avrebbe mai potuto capire il pericolo in cui si trovava.
    Allora era stata sua madre? Sua madre aveva fatto qualcosa prima di morire? Aveva trovato il modo di contrastare l’anatema mortale e lo aveva messo su di lui? E se era così, perché non si era salvata anche lei? Non aveva avuto tempo?
    Harry aveva provato che la Cruciatus poteva essere bloccata, così era ragionevole che anche la maledizione mortale potesse esserlo, in particolar modo se si considerava il fatto che lui gli era sopravvissuto. Era solo questione di scoprire come, e poi, forse, sarebbe stato in grado di rendere obsoleto l’incantesimo. Se fosse riuscito a creare una protezione contro di esso, come aveva fatto con la Crucio, forse poi avrebbe potuto diffonderla.
    Forse poteva rendere tutti, e specialmente coloro che gli erano cari, immuni.
    Sapeva che ci sarebbe voluta una gran quantità di tempo e di lavoro. Probabilmente più tempo e fatica di quanto gli ci stava volendo per mettere la protezione dalla Crucio su di sé, ma, se c’era una possibilità di impedire che ciò che aveva portato via Vince e la sua famiglia accadesse di nuovo, lo avrebbe fatto.
    Harry avrebbe ammesso successivamente che la ricerca per questa protezione definitiva diventò un’incrollabile ossessione.

O o O o O

    Draco fece un profondo sospiro.
    Il funerale si sarebbe svolto il giorno seguente, e sarebbe stato ristretto e chiuso al pubblico. Ma non era questo che gli passava per la testa.
    Suo padre era partito per “chiarire alcune cose con gli alleati di famiglia”, poiché tutti erano stati messi “di fronte a un ultimatum”, qualunque cosa significasse. Draco e sua madre non erano sicuri se sarebbe tornato, ma avendo scoperto che Voldemort era responsabile della morte del suo amico, Draco desiderava che suo padre tornasse il prima possibile.

O o O o O

    Voldemort ghignò dall’alto del suo trono. Si sentiva rinvigorito, potente, e, forse anche… dotato di energia divina. Non si era mai sentito tanto potente prima, e ne voleva di più.
    Se un solo bambino aveva potuto fargli questo, che cosa gli avrebbe fatto un altro? E altri tre, o cinque? E che sarebbe accaduto se fossero stati più dotati e potenti del ragazzino dei Tiger?
    E se fosse stato il ragazzino che gli aveva portato via quasi tutto anni prima?
    Certo, come poteva esserci un sacrificio migliore?
    Oh, quale magnificenza! Perfezione!
    Avrebbe sentito un’ondata incomparabile di vita e di energia sorgere di nuovo dentro di lui. Un picco al di sopra di qualsiasi cosa avesse mai sperimentato, e per di più, quando avesse finalmente placato la sua sete...
    Sarebbe stato senza dubbio un dio tra gli uomini.



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Note della traduttrice:

*Questa è una svista di Silente, in quanto Harry ha affermato che Voldemort "non è più malato" e quindi ha usato i circoli runici, che però funzionano solo con bambini magici...

** Questo dettaglio, almeno per me, chiarisce molte cose. Nel senso, dopo aver letto davvero tante fanfiction, non sono sicura se anche nel canone ci siano per gli elfi domestici cose come la percezione del legame con i Padroni (quindi un elfo saprebbe se il legame è stato reciso poiché il padrone è morto) o il dovere di difendere i Padroni da un attacco esterno. Mi sembrava inverosimile, infatti, che Scrubby non avesse tentato di proteggere almeno Markov. Però, se questo voleva dire contraddire un suo ordine diretto (di stare invisibile, in silenzio e senza interferire), forse l’elfo non ne è stato proprio in grado.



Nota dell’autrice: Altre questioni che l’autrice si premura di chiarire (alcune in seguito a recensioni alla storia originale):
  • Perché Voldemort non rapisce bambini magici fuori dall’Inghilterra: Voldemort non desidera dare a nessun’altra nazione una ragione per essere coinvolta nella guerra. Se cominciassero a dare la caccia ai loro bambini, senza dubbio ci sarebbe una forte reazione e Voldemort non lo vuole.
  • Perché non viene detto ad Harry della Profezia: Come nella storia originale, Silente crede che Harry abbia già abbastanza cose per la testa (e ha ragione). In quanto a Severus, non la rivelerà ad Harry a meno che non veda un beneficio reale nel farlo (ad esempio se ci fosse una situazione simile a quella del quinto libro).


Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Cicatrici.




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Capitolo 31
*** Cicatrici ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 31: [Scars] Cicatrici

    Harry non riusciva a credere di essere di nuovo nel suo dormitorio a Hogwarts.
    Non era andato al funerale. Era stata una cerimonia privata con solo la famiglia e gli amici stretti della famiglia. E anche se avrebbe desiderato di esserci potuto andare, Harry non era certo di come si sarebbe sentito se fosse stato invitato.
    I Flamel avevano fatto del loro meglio per tenerlo occupato, insegnandogli gentilmente che la vita va avanti, anche se la vita degli individui non lo fa. Era una lezione dolorosa; però, per un orfano, non era così difficile da capire. Come promesso, Nicholas aveva iniziato a insegnargli l’Alchimia, che era molto diversa dal fare Pozioni, perché invece bisognava usare la bacchetta. Comunque, nonostante la distrazione e il suo desiderio di imparare quell’arte, le novità sui Paciock avevano scosso la sua concentrazione e gli avevano fatto stringere il cuore per la preoccupazione.
    Alice Paciock era entrata in coma non molto dopo che il Dottor Price aveva finito il proprio lavoro (che aveva fatto alcuni giorni dopo che Harry aveva fatto loro visita), e Frank Paciock sembrava essere sprofondato ancora di più nel proprio stato di incoscienza.
    Apparentemente, il Dottor Price si aspettava che potesse accadere qualcosa del genere, e aveva avvertito Augusta nonostante, comunque, sembrasse speranzoso, affermando che ciò di cui avevano bisogno ora era del tempo. Harry sperava che il Dottore avesse ragione.
    In quanto ai Serpincanti, stava facendo lenti progressi, e infatti aveva quasi finito con la protezione dalla Crucio. Aveva imparato, dopo aver lavorato meticolosamente nel porre la protezione su di sé, che la chiave era disporre la magia in strati. Non poteva, come nel processo curativo dei Serpincanti, limitarsi a coprire l’area e finirla lì. C’era della sostanza in essi, e forzarli era molto pericoloso.
    Comunque, la sua recente comprensione della magia protettiva non era tutto merito suo. Aveva ottenuto aiuto, di nuovo, dal Signor Lee, che gli aveva inviato altri due testi antichi sui Serpincanti, e aveva anche ottenuto altre informazioni argute dalla Signora Abelie Cagnina, che aveva incontrato durante la Cerimonia per la Consegna del suo Ordine di Merlino. Li aveva tenuti entrambi informati sui propri progressi e aveva promesso loro di continuare.
    Ad ogni modo, non aveva detto a nessuno del suo altro progetto concernente la protezione contro l’anatema mortale.

O o O o O

    Severus chiuse la porta del proprio ufficio. Era stata una giornata difficile, e sapeva che il resto del semestre sarebbe stato altrettanto duro, se non di più.
    Si voltò e guardò i volti del proprio Figlioccio e dei suoi tre compagni di dormitorio: Gregory Goyle, Blaise Zabini, e Theodore Nott.
    L’omicidio di Vince era comprensibilmente ancora vivo nelle menti di tutti, e la sua assenza diventava sempre più evidente man mano che continuavano senza di lui. Questo era il motivo per cui aveva organizzato quel piccolo incontro con le sue serpi del secondo anno. Dovevano decidere/fare qualcosa a proposito del loro dormitorio, per prima cosa.
    Albus si era offerto di rimuovere il letto di Vince e di riarredare la stanza prima del ritorno degli studenti, perché quel costante sollecito a ricordare, ogni mattina e ogni sera, sarebbe stato sfibrante per chiunque, ma Severus aveva declinato la proposta, almeno per il momento.
    Entrare in una stanza che era stata la tua casa temporanea per un anno e mezzo, e trovarla completamente cambiata senza alcun preavviso sarebbe stato del tutto sconvolgente. Così Severus aveva deciso di discutere il da farsi con coloro che conoscevano Vince meglio di chiunque altro, prima di decidere qualsiasi cosa.
    «So che è tardi, ma credo che sia meglio parlarne ora che dopo,» cominciò.
    Dalla faccia di Draco e degli altri sembrava davvero che l’ultima cosa che volessero fosse parlare.
    Severus non poteva biasimarli. Immaginò che tutto quello che avevano fatto da quando era accaduta la cosa fosse stato parlarne.
    «Non di quello che è successo,» li rassicurò Piton, cosa che fece fare a tutti loro un sospiro di sollievo. «Ma invece della sistemazione dei vostri alloggi.»
    Dapprima, parvero tutti completamente confusi, ma poi la comprensione si accese in loro, e fu Draco che alla fine parlò.
    «Penso che gli altri siano d’accordo con me nel dire che stare nello stesso dormitorio ora sarebbe… difficile.»
    Greg e gli altri ragazzi annuirono con tristezza.
    «Ma dove altro possiamo andare?» Chiese Draco.
    «Il Preside ha organizzato la sistemazione di un altro dormitorio nel caso in cui voleste dormire da un’altra parte. Sarebbe arredato in maniera diversa da quello vecchio, e avrebbe solo quattro letti, a meno che voi non vogliate tenere il quinto,» spiegò gentilmente Severus.
    Draco annuì. «Penso che andremo lì allora. Abbiamo intorno già abbastanza cose che ci ricordano di… che cosa è accaduto.»
    Severus annuì in silenzio prima di portarli al loro nuovo dormitorio, che era ancora all’interno del Dormitorio Slytherin ma piuttosto lontano da quello vecchio. Ad ogni passo che facevano, sapevano che le cose sarebbero diventate più difficili prima di poter migliorare.

O o O o O

    I giorni seguenti furono surreali, e ci vollero settimane per abituarsi a non vedere più Vince alla destra di Draco. Era più dura di quanto molti pensino che sia, ma in particolare Gregory stava passando un momento difficile, tanto che la cosa si vedeva nei suoi voti. Draco e gli altri provarono ad aiutarlo, almeno per non farlo bocciare, ma stava iniziando a diventare davvero arduo. Alla fine, Severus dovette portare Greg nell’ufficio del Preside per avere un incontro con i suoi genitori.
    Mentre Greg aveva problemi scolastici, Harry aveva incubi ricorrenti. Per fortuna, i Flamel lo avevano aiutato ad alleggerire il fardello delle emozioni, ma capì che il resto sarebbe dovuto diminuire col tempo. Lo stava facendo, ma con lentezza. Comunque, Harry usò la cosa a suo vantaggio, sfruttandola per farsi guidare nello sviluppo dei Serpincanti protettivi e per avvicinarsi alla protezione dell’anatema mortale.
    Era strano, in qualche modo. Non aveva ancora condiviso con nessuno il suo desiderio e il suo piano di trovare un modo per bloccare la maledizione letale. Una parte di lui si sentiva in imbarazzo per qualche ragione. Non riusciva a spiegare il perché, nemmeno a sé stesso, ma sentiva che era meglio tenerlo segreto. Fino a quando non avesse fatto qualche progresso reale, tangibile, avrebbe tenuto per sé quello che stava facendo (o pianificando di fare).
    D’altra parte, aveva finito di porre la protezione dalla Crucio su sé stesso, e nel tempo libero stava iniziando a metterla su Coral, Neville, Draco e Greg. Spesso lo faceva in biblioteca, mentre stavano facendo i compiti. Non appena finiva i propri, si metteva accanto a uno di loro e iniziava a usare i Serpincanti in silenzio. Ovviamente, il processo era lentissimo, ma stava diventando limitatamente più rapido nell’applicazione della protezione, anche se doveva fermarsi a riposare ogni tanto.
    «Ciao, Harry Potter.»
    Harry sobbalzò, voltandosi per trovare Luna Lovegood in piedi al suo fianco. Era appena uscito dalla biblioteca, lasciando gli altri per poter prendere un po’ d’aria (stare un po’ da solo) prima di cena. Dopo Vince, tutti loro ogni tanto avevano bisogno di passare del tempo da soli.
    «Oh, ciao. Luna, giusto?» Chiese Harry, non molto sicuro del suo nome, poiché l’ultima volta che avevano parlato era stato sul treno dopo le vacanze estive.
    «Te lo ricordi. La maggior parte se ne dimentica e invece mi chiama Lunatica. Suppongo sia un errore comprensibile,» disse semplicemente lei.
    Harry sbatté le palpebre, non avendo il cuore di dirle che probabilmente quelle persone non se ne erano dimenticate, ma in realtà lo facevano apposta.
    «Col tempo miglioreranno, sai,» Disse d’improvviso Luna.
    «Ehm… scusa?» Chiese Harry, confuso.
    «I tuoi incubi. Ne ho avuti anch’io per un po’ di tempo dopo che ho visto morire la mia mamma.»
    Harry spalancò gli occhi. «Mi dispiace.» Non sapeva che cos’altro dire.
    «Sì, è stato piuttosto orribile. Mi rattrista ancora molto talvolta. Era una strega straordinaria, ma le piaceva fare esperimenti, e un giorno, uno dei suoi incantesimi è andato molto male. Avevo nove anni.»
    «Non riesco a immaginarlo,» riuscì a dire Harry. Davvero, che cosa si doveva dire dopo aver sentito una cosa del genere? Non lo sapeva, e nemmeno Coral.
    «Ci sono cose che nessuno di noi può immaginare fino a quando non ci accadono, e ci sono altre cose che non ci accadranno mai, e così non potremo mai capire appieno come ci si sente.»
    «Penso di sì,» rispose Harry, ora sentendosi stordito.
    «I miei incubi sono continuati per parecchio tempo, e talvolta diventavano molto strani. Nel sogno succedevano delle cose che non erano successe nella realtà. Ad esempio mio padre era lì e cercava di aiutare, ma non faceva alcuna differenza, oppure peggiorava le cose. Invece altre volte arrivavano dei mostri oppure degli gnomi da giardino. Questo a te è successo?»
    Harry raramente sentiva il desiderio di mentire, ma in questo caso la sensazione andava oltre. Ora non aveva alcun desiderio di nascondere la verità.
    «Un po’, ma niente gnomi.»
    Luna annuì pensierosamente. «Scoprirai la verità,» disse lei dopo un momento.
    «Quale verità?» Chiese Harry, di nuovo confuso. Coral inclinò la testa, disorientata.
    «Hai ragione, sai. Eri solo un neonato. Potresti farmi sapere il segreto quando lo scoprirai?» Chiese Luna, apparentemente inconsapevole dello sconvolgimento di Harry.
    «Ehm, certo?» Replicò Harry, grattandosi la testa. Coral ora sibilava una risatina.
    «Grazie, Harry. Ci vediamo in giro allora.»
    «Ok, ci vediamo,» disse lui mentre lei si voltava e andava via.
    :È un po’ strana*: Disse Coral mentre la guardavano sparire dietro un angolo.
    :Sì, molto. Mi chiedo che cosa intendesse con “la verità”:
    Coral fece il gesto serpentesco di stringersi nelle spalle. :Non ne ho idea:

O o O o O

    Harry entrò nella Sala Grande meno di un’ora dopo e raggiunse rapido Neville al tavolo Hufflepuff; comunque, l’atmosfera non era calma e felice come avrebbe dovuto essere.
    «La professoressa McGranitt è venuta e li ha portati via dieci minuti fa,» disse qualcuno.
    «Che è successo?» Domandò un altro.
    «Qualcosa di brutto. Ho sentito un prefetto che diceva qualcosa sul fatto che fosse coinvolto Tu-Sai-Chi.»
    Harry guardò Neville, sollevando un sopracciglio.
    «La McGgranitt ha portato via alcuni dei suoi Gryffindor. I Weasley, penso.»
    «La famiglia coi capelli rossi?» Chiese Harry.
    Era impossibile non riconoscerli, dopotutto, e i gemelli Weasley erano piuttosto popolari quando si trattava di Quidditch o di scherzi ai professori. Harry conosceva anche Ronald, per il fatto che facevano alcune lezioni insieme e tutto il resto.
    Neville annuì e guardò verso il tavolo degli insegnanti. Harry seguì il suo sguardo e vide che la Professoressa McGranitt non c’era, anche se il Preside e gli altri insegnanti sì. Comunque, sembravano preoccupati e abbastanza tesi, cosa che fece domandare ancora di più ad Harry e agli altri studenti che cosa fosse successo.
    Fu il giorno dopo che scoprirono che la casa dei Weasley, un posto chiamato “La Tana”, era stato completamente distrutto da Voldemort e dai suoi Mangiamorte. Per fortuna, nessuno era rimasto ucciso, ma la Signora Weasley era rimasta ustionata dall’Ardemonio, mentre il suo figlio maggiore, William (Bill) Weasley, aveva perso una gamba. Erano gli unici presenti in casa al momento dell’attacco, ed era stato solo grazie a Bill che erano riusciti ad uscire in tempo. Lui si era smaterializzato insieme a sua madre, ma a causa delle maledizioni che volavano ovunque e dell’Ardemonio, non era riuscito a bloccare una maledizione (che gli aveva colpito il ginocchio) e si era Spaccato - lasciando indietro la propria gamba.
    Sia Molly Weasley che il figlio sarebbero sopravvissuti, ma non senza cicatrici e danni permanenti.
    I ragazzi Weasley tornarono ad Hogwarts una settimana dopo, tutti molto abbattuti, anche i gemelli. Harry si era domandato se sarebbe stato in grado di aiutare la Signora Weasley, ma poi si era reso conto che l’Ardemonio era fuoco magico. Probabilmente non avrebbe potuto farci nulla anche se gli fosse stato chiesto di provare.
    E continuò così.
    Nel mese seguente fu attaccata villa Bones; comunque, grazie agli antichi scudi della proprietà, gli auror riuscirono ad arrivare in tempo per impedire che fosse rasa al suolo come era accaduto alla Tana. Madama Bones per fortuna riuscì a evitare di essere ferita dai crudeli Mangiamorte, ma l’arrivo degli Auror non fu sufficiente a salvare gli elfi domestici della Bones né il suo affezionato giardiniere Magonò.
    Mentre la residenza Bones era sotto attacco, lo fu anche casa Diggory. La signora Diggory assistette all’omicidio di suo marito, Amos Diggory, da parte di Bellatrix Lestrange.
    Susan Bones mancò alcuni giorni da scuola per far visita a sua zia, ma tornò dopo poco. Cedric Diggory invece mancò per molto più tempo - stava aiutando sua madre a organizzare il funerale, ed entrambi dovevano tentare di metabolizzare la terribile perdita.
    Alcune settimane dopo, furono prese di mira le famiglie di Nati-Babbani, inclusi i Cresswell e i Clearwater. Congiuntamente con questi attacchi, Voldemort stesso guidò un assalto alla casa di Andromeda Tonks (ex Black). Tutti i Tonks erano in casa, e lui li trovò. Sebbene la Gazzetta del Profeta non fu esplicita nei dettagli, le parole degli auror che avevano ritrovato ciò che ne era rimasto furono più che sufficienti per darne un’immagine raccapricciante a chiunque avesse dell’immaginazione. Nessuno dei Tonks era sopravvissuto.
    Stava diventando un periodo sempre più spaventoso per stare al mondo, ma come in ogni tempo, c’erano anche momenti felici nel bel mezzo della tragedia.
    Era trascorsa una settimana dall’ultimo attacco, quando Harry fu avvicinato dal più giovane dei ragazzi Weasley. Erano a Erbologia, ma la lezione non era ancora iniziata.
    «Ehm, Potter?» Chiese Ron Weasley, accostandosi a Harry e Neville.
    Harry si voltò e lo guardò, con un po’ di timore che gli cresceva in petto. Era certo di che cosa si trattasse.
    «Sì?»
    «Um, sei molto bravo a curare, vero?»
    Harry non poté evitare di sollevare un sopracciglio alla domanda piuttosto inutile. «Un po’, credo. Perché?»
    «Quanto sei bravo con, beh… le cicatrici?» Chiese lui, sussurrando le ultime parole, desiderando d’improvviso di essere riuscito a beccare Harry in un posto maggiormente privato.
    Harry fece una smorfia e fece un piccolo sospiro. «È per tua madre?»
    Ron si morse un labbro e annuì. «Stavo sperando, forse… potresti, non so, provare?»
    «Weasley, è stata ferita da un fuoco magico. Mi dispiace ma non ho ancora capito come trattare le-»
    :Aspetta, Harry. Magari potremmo provare. Ricordi quella conversazione che hai avuto col Preside a proposito di cicatrici recenti e vecchie?:
    Harry si immobilizzò e tacque, facendo sì che Ron guardasse lui e Coral con speranza. :Ma comunque non posso eliminare le cicatrici da maledizione:
    :Non hai mai provato a rimuoverle partendo dal tessuto sano. Potresti essere in grado di toglierle se sacrificassi un po’ di carne intatta: continuò Coral. :Anche se sembra raccapricciante, forse potresti eliminarle:
    Harry riuscì a non impallidire a quell’immagine mentale, perché Coral aveva ragione. Forse poteva essere uno scambio vantaggioso, anche se non era sicuro di quanto bene avrebbe potuto riempire il vuoto se fosse riuscito a rimuovere il tessuto della cicatrice magica. Suppose che sarebbe dipeso da quanto era profonda la cicatrice, e quanto sangue e magia gli ci sarebbero serviti.
    «Se tua madre vorrà permettermi di provare, potrei essere capace di fare qualcosa. Non ti posso promettere nulla, ma Coral ha espresso una possibile soluzione,» disse alla fine Harry, guardando Ron.
    Il volto di Ron si aprì in un largo sorriso. «Oh, grazie, Potter! Scriverò subito a mia madre!»
    «Dille di contattare Madama Pomfrey. Forse potrebbe venire qui durante un fine settimana, va bene?» Suggerì Harry, anche se Ron stava già sfrecciando verso l’uscita, quasi investendo una disorientata Professoressa Sprite.
    «Devo scrivere a mia madre, Professoressa; davvero molto importante, per favore mi scusi! Mi dispiace!» Balbettò Ron prima di sparire giù per il corridoio.
    La Sprite si voltò e guardò Harry che le indirizzò un sorriso dolce e si strinse nelle spalle. La Sprite fu abbastanza magnanima da non togliere punti, sebbene assegnò a Ron un metro di pergamena in più di compiti per fargli recuperare quello che si era perso della lezione. Sorprendentemente, Ron non sembrò esserne disturbato, anche se in seguito subì anche una bonaria ramanzina dalla Granger (“Capisco il perché tu te ne sia andato, ma, sul serio, sei fortunato che la Professoressa Sprite sia così buona. Potevi finire in guai seri!”)

O o O o O

    Giunse il fine settimana, e fu un entusiasta Ronald Weasley che guidò gli altri fino in infermeria.
    Vedendoli entrare, Harry fu d’improvviso molto imbarazzato, in quanto l’intera famiglia Weasley era lì, anche Bill Weasley, ora senza una gamba.
    Comunque, i suoi occhi caddero subito sulla Matriarca Weasley, e tutto il suo disagio sparì all’istante.
    Era vestita con un semplice mantello con lunghe maniche colorate fatte a maglia. Aveva una sciarpa avvolta intorno alla testa, che le oscurava il viso, e piccoli guanti logori. Sembrava nervosa, le tremavano le mani, mentre faceva del proprio meglio per far sì che solo il lato sinistro del suo volto fosse visibile agli occupanti della stanza.
    Madama Pomfrey le fu accanto e fece cenno ad Harry di avvicinarsi, mentre il Signor Weasley faceva un passo e gli tendeva la mano.
    «Signor Potter, grazie davvero per quello che stai facendo. Sappiamo che non c’è nulla di garantito, ma siamo comunque grati che tu abbia acconsentito a tentare,» disse mentre stringeva la mano ad Harry.
    Madama Pomfrey gli diede una pacca sulla spalla prima di intervenire. «Credo che sarebbe meglio se voi tutti aspettiate fuori mentre io ed Harry ci mettiamo al lavoro,» affermò, guardando i ragazzi. «Arthur, tu puoi restare se vuoi, naturalmente.»
    Arthur annuì e strinse la mano sana della moglie prima di fare un cenno col capo ai figli per farli uscire. Se ne andarono senza protestare, cosa che onestamente sorprese un po’ Harry. Molto di quello che aveva sentito a proposito dei Weasley li dipingeva come rozzi e disobbedienti. Certo, i gemelli sembravano essere la causa principale di quest’immagine - fatta eccezione per questo caso.
    Ormai soli, Madama Pomfrey guidò Molly fino a un letto e la fece stendere. Arthur si spostò sul lato sano, tenendole la mano per tutto il tempo.
    «Ora rimuoverò il fascino che hai messo, la tua sciarpa e il guanto destro,» avvisò con gentilezza Pomfrey.
    Molly guardò Harry, e Harry fu rattristato dalla vergogna che vide negli occhi della donna. Le offrì un piccolo sorriso.
    «Va bene, Poppy,» sussurrò Molly, e così Pomfrey agitò la bacchetta.
    Harry riuscì a malapena a mantenere l’espressione neutrale mentre guardava il danno che la madre dei sette aveva subito. Coral si strinse attorno al suo polso.
    Era stata gravemente ustionata dall’inizio della mano destra e poi su per tutto il braccio fino a un lato del viso. Era cieca dall’occhio destro, e i capelli su quel lato della testa non c’erano più. Su tutta la superficie della pelle c’erano avvallamenti e rigonfiamenti di cicatrici raggrinzite, alcune rosso vivo, altre bianco pallido. Il suo volto era di gran lunga messo peggio. Era impossibile riconoscerla se la si guardava dal lato destro. Era chiaro perché Ron avesse agito come aveva fatto, e secondo Harry le cicatrici fisiche erano solo la metà dei danni riportati dalla Signora Weasley. Soltanto guardandola, riuscì a capire che l’autostima della donna fosse ormai quasi del tutto distrutta.
    «Ora le farò una scansione,» disse Harry, sollevando la mano sinistra ed esponendo la testa di Coral prima di fare quanto aveva detto.
    Harry fece del proprio meglio per impedire a qualsiasi emozione di mostrarglisi sul volto. L’Ardemonio aveva fatto di certo del danno. In alcune zone le cicatrici raggiungevano il tessuto muscolare, mentre in altre erano superficiali, e coinvolgevano solo alcuni strati di pelle. Se avesse messo in atto il suo piano di svuotare le cicatrici, sarebbe stata una gran confusione.
    Continuò a risalirle lungo il braccio, indagando sul danno alla spalla, poi sul collo e finalmente sul suo volto. Non c’era nulla che potesse fare per l’occhio (per quanto ne sapeva, almeno), ma con un po’ di fortuna avrebbe potuto aiutarla a riuscire a riconoscersi di nuovo allo specchio con l’occhio sano. Per come era ora, le cicatrici erano troppo estese e spesse per distinguere alcun lineamento familiare da quel lato. Non era certo di cosa avrebbe potuto fare per il suo orecchio, poiché adesso era poco più che un grumo di tessuto raggrinzito, ma sperava che Pomfrey avrebbe avuto qualche idea.
    Abbassò la mano e annuì verso Pomfrey. «Posso iniziare col braccio oggi, ma penso che dovrebbe essere addormentata.»
    Si sentì un po’ in imbarazzo per il fatto che stava parlando della sua paziente mentre lei era proprio lì davanti, ma lei non sembrava in grado di conversare granché, così scoccò un’occhiata al Signor Weasley.
    «Credo che sarebbe la cosa migliore,» concordò Pomfrey. «Volete iniziare oggi, Molly, Arthur?»
    Arthur annuì. «Se il Signor Potter è pronto, vorremmo iniziare subito.»
    «Molto bene. Devo spiegarvi che cosa comporta questo tentativo?» Chiese Pomfrey. «Devo ammettere che la procedura è abbastanza… invasiva, ma credo che sia il solo modo per ridurre il danno visibile.»
    «Per favore,» disse Arthur, mentre Molly chiudeva gli occhi e prendeva un profondo respiro.
    Pomfrey si mise al fianco di Harry e mosse il dito verso il braccio di Molly.
    «Harry e io ne abbiamo già discusso durante questa settimana, e abbiamo deciso che sarebbe meglio che iniziasse dal tuo braccio. Entrerà sottopelle e rimuoverà quante più cicatrici possibili muovendosi nel tessuto sano. Sacrificherai alcuni millimetri di carne sana per rimuovere le cicatrici e, speriamo, far ricrescere carne e pelle sani.»
    «”Speriamo”?» Domandò Arthur.
    «Siccome il danno è stato causato da una fonte magica, non possiamo essere sicuri di quanto in profondità abbia influenzato il corpo. Nel peggiore dei casi, verrebbe lasciato un vuoto al posto delle cicatrici rimosse, nel migliore, sarebbero sostituite da pelle nuova e intatta. Harry lavorerà a piccole tappe, così sapremo subito se possiamo continuare o meno.»
    «D’accordo,» replicò Arthur, stringendo più forte la mano della moglie.
    Pomfrey annuì e prese le pozioni necessarie e un piccolo separé da mettere su Molly.
    «Voglio che tu prenda queste pozioni. Rimpolpasangue e Sonno senza Sogni,» disse Pomfey, porgendole a Molly che bevve la prima immediatamente.
    Prima di mandare giù la seconda, guardò Harry. «Grazie, caro, davvero, perché stai provando - sia che tu ci riesca sia no, ti sono grata.»
    «Prego, Signora Weasley,» disse Harry, decidendo che fosse l’unica cosa che poteva dire.
    La donna si addormentò poco dopo e Madama Pomfrey sistemò il separé per impedire completamente ad Arthur di vedere il braccio di Molly.
    «Puoi restare, e per favore, se dà un qualsiasi segno di stare per svegliarsi, faccelo sapere con tono calmo e immediatamente. Tutta la nostra attenzione sarà sul suo braccio.» Affermò Pomfrey. «Ti suggerisco anche di non provare a sbirciare oltre il separé. Una volta che avremo iniziato, non sarà affatto una vista piacevole fino a quando non avremo finito.»
    Arthur provò a non mostrare la sua preoccupazione e quindi annuì, prendendo ancora una volta la mano della moglie addormentata.
    «Pronto, Harry?»
    Harry annuì e proseguì, preparandosi per lo spiacevole ma necessario lavoro davanti a sé.
    Pomfrey rimase in silenzio mentre Harry iniziava, porgendo il piattino per il tessuto scartato delle cicatrici. Solo anni di esperienza medica e l’aver avuto a che fare col sangue ogni tanto in una ferita di Quidditch le avrebbero impedito di correre in bagno. In quanto ad Harry, si convinse a ignorare quello che si trovava direttamente davanti ai suoi occhi e a concentrarsi solo su ciò che c’era al di sotto.
    Mormorando in serpentese sottovoce, fece filtrare la propria magia intorno e sotto le cicatrici, guidandosi attraverso le immagini mentali, e la radunò proprio alcuni millimetri al di sotto, nel tessuto buono.
    «Sto per rimuovere questa sezione,» disse, tracciando la sagoma in aria al di sopra della mano di Molly per indicare l’area esatta.
    «Sono pronta, Harry, dimmi solo quando devo sollevarla,» disse lei, puntando la bacchetta per lanciare un incantesimo di levitazione al suo segnale.
    Harry concentrò la propria magia sussurrando piano :taglia, taglia, taglia:, spingendo la magia in avanti come una lama e stando attento a nervi e a vene. Se ce ne era qualcuno lungo il percorso, prendeva un po’ di magia e lo spingeva da parte prima di continuare.
    Era un lavoro lento, ma dopo un quarto d’ora, annuì a Pomfrey per farle sollevare il pezzetto largo quanto un galeone. Muovendosi in fretta per trarre vantaggio dal flusso di sangue, raggruppò un po’ della magia di Molly e iniziò lentamente a ricostruire la pelle e la carne mancante.
    «Sta funzionando, Arthur. Dobbiamo solo lavorare per un po’» rassicurò Pomfrey.
    «Metteteci tutto il tempo che vi serve,» disse lui con un respiro tremante.
    Lavorarono per più di due ore, e ogni volta Harry prendeva un pezzo sempre più ampio, riducendo le indistinte cicatrici simili a pezzi di puzzle che delineavano le sezioni curate che si lasciava dietro. Nonostante le nuove, inevitabili cicatrici, era un grande miglioramento rispetto al pasticcio contorto che era stato prima, e sebbene la pelle nuova fosse di un rosa più chiaro di quella dell’altro braccio, dalla mano alla spalla, Molly aveva un braccio dall’aria quasi normale.
    Dopo aver coperto il piatto che aveva usato per il tessuto scartato e aver fatto svanire il sangue, Pomfrey guardò Arthur.
    «Puoi guardare. Abbiamo finito col suo braccio,» disse lei, spostando il separé.
    Esitante, lui spostò gli occhi al braccio della moglie. Quasi immediatamente iniziò a piangere di gioia e di stupore.
    «Sei davvero un portento, Signor Potter. Tutti i Guaritori da cui siamo andati ci hanno detto che avrebbe dovuto imparare a convivere con quelle cicatrici,» disse lui, ancora con le lacrime agli occhi che tentavano di uscire.
    Harry, imbarazzato, si sfregò un braccio, senza sapere cosa fare o dire.
    «Il Signor Potter ha un talento per fare quello che viene definito impossibile,» disse con gentilezza Pomfrey.
    «Ora, se volete, possiamo continuare domattina. Sono sicura che il Signor Potter direbbe che può continuare, ma preferirei essere sicura che sia adeguatamente riposato. Così avrò anche il tempo di esaminare Molly prima che lei scopra i propri progressi.»
    «Sono d’accordo,» disse Arthur, guardando il volto rovinato della moglie.
    «Vuoi che faccia entrare la tua famiglia?» Chiese Pomfrey.
    «Dopo che Molly si sarà svegliata e che avrò parlato con lei,» disse lui piano.
    «Molto bene,» disse Pomfrey, prima di agitare la bacchetta al di sopra di Molly.

O o O o O

    Giunse il mattino seguente e passò in fretta, e prima che passasse molto, l’intera scuola aveva scoperto quello che Harry era riuscito a fare.
    Molly ora poteva guardarsi in uno specchio senza scoppiare in lacrime, anche se il suo occhio destro non avrebbe visto mai più. Certo, poteva metterne uno artificiale come quello di Malocchio Moody, ma era felice di poterlo semplicemente incantare per farlo sembrare un occhio normale. Aveva del lieve danno nervoso al braccio, ma era dovuto all’Ardemonio e non al trattamento. In quanto al collo, Harry aveva optato per operare solo in modo minimo lì, perché la quantità di arterie e collegamenti nervosi creava un rischio troppo elevato, a prescindere dalla sua abilità nello schivarli. A Molly andava bene così, in particolare poiché le cicatrici erano poche in quell’area. Quello per cui era davvero grata era la rinascita del suo viso, e anche se i capelli non sarebbero mai ricresciuti da quel lato della testa, era facile rimediare con una parrucca speciale o un fascino. Riguardo l’orecchio, Pomfrey elaborò un po’ della propria conoscenza medica, assieme all’Ossofast e alle abilità di Harry, e rimodellò il tessuto rovinato ritrasformandolo in un orecchio. Era una meraviglia a vedersi.
    Comprensibilmente, Molly, per non parlare dei Weasley in generale, era estasiata e fuori di sé dalla gratitudine verso Harry. Il povero Hufflepuff fu un po’ confuso da che cosa dovesse fare ora che era diventato un Weasley onorario.
    Alla fine, si arrese alla cosa, ricevendo senza opporsi gli abbracci della donna e degli altri Weasley.

O o O o O

    Passarono le settimane e, prima di quanto gli studenti desiderassero, arrivò il momento degli esami. La preoccupazione per Voldemort e i suoi Mangiamorte rimase, ma la vita continuava nonostante le voci sull’esistenza di spie al Ministero e altrove. Per la generazione più vecchia, la storia sembrava ripetersi, poiché ancora una volta fidarsi di sconosciuti, conoscenti e anche amici stava diventando difficile.
    Comunque, in quanto alla generazione più giovane, erano a disagio ma concentrati su preoccupazioni meno serie. Oltre che per gli esami, la maggior parte degli studenti più grandi si stava preparando con entusiasmo per il proprio ultimo fine settimana ad Hogsmeade – una pausa prima degli esami.
    Sfortunatamente, Harry e i suoi amici non erano ancora abbastanza grandi per poter godere di quel po’ di relax, e così si accontentarono di andare a far visita a Hagrid. In quanto ai Professori, alcuni sarebbero rimasti ad Hogwarts, mentre gli altri avrebbero fatto da accompagnatori, incluso il Professor Piton.
    Severus occhieggiò gli studenti raggruppati davanti a lui. Non era difficile vedere che non approvava questa piccola uscita e infatti credeva che fosse piuttosto sciocca e rischiosa. Capiva il desiderio di non permettere a Voldemort, o a qualsiasi fazione terrorista, di dettare quello che le persone dovevano fare, ma c’era l’essere coraggiosi e c’era l’essere oltremodo idioti. L’unico lato positivo di tutto ciò era che poteva dettare le regole per la scampagnata dei piccoli entusiasti imbecilli. Davvero, uscire dalla protezione degli scudi di Hogwarts dopo gli eventi recenti? Questi ragazzini erano morti cerebralmente o pianificavano il suicidio? Purtroppo non aveva voce in capitolo sulla possibilità o meno che fosse permesso il fine settimana a Hogsmeade, ma sarebbe diventato un lombrico prima di lasciare che qualsiasi studente se ne andasse del tutto impreparato.
    Dopo aver delineato le regole generali della piccola gita, Severus continuò, la sua sola postura che faceva stare i ragazzi fermi e zitti.
    «Se dovesse accadere qualsiasi cosa, come ad esempio un attacco di Mangiamorte, combattete mentre scappate. I Mangiamorte per lo più sono pigri. Prendono di mira i bersagli facili. Non diventate facili. Lanciargli contro anche gli incantesimi più semplici può farvi conquistare abbastanza tempo per scappare. Ora, questo non vi dà il permesso di fare quelli che pensate siano “i coraggiosi”. “Coraggio” in questo caso sarebbe più che altro un invito alla morte,» disse, facendo deglutire alcuni studenti. «Per ricevere aiuto, correte da uno dei professori, incluso me. Vi diremo che cosa fare e faremo del nostro meglio per proteggervi.»
    Con alcune parole finali di saggezza, per lo più vie di fuga, uscirono, i più che pensavano a visitare il negozio di scherzi o di dolci nonostante la piccola ramanzina di Piton.

O o O o O

    Con le tasche appesantite dai biscotti rocciosi di Hagrid, Harry, Neville, Draco e Greg uscirono dalla capanna del mezzo gigante e decisero di fare una passeggiata prima di tornare al castello.
    Camminando dietro la capanna di Hagrid, rimasero tutti ad aspettare in silenzio mentre Neville visitava la tomba di Trevor.
    Comprensibilmente, con l’assassinio di Vince, la morte aveva un nuovo significato per loro.
    «Va bene, torniamo al castello,» disse piano Neville.
    Harry e gli altri annuirono e cominciarono a camminare. La notte era fresca e una calma brezza passò su di loro mentre le stelle brillavano più in alto. Era perfetto.
    Fino a quando un vento gelido li sferzò e qualcosa sembrò coprire il cielo di un’oscurità inesorabile.
    «È una tempesta?» Chiese Greg, confuso mentre l’aria intorno a loro diventava ancora più fredda.
    «Non credo,» rispose Draco mentre rallentavano il passo e provavano a capire che cosa stava succedendo.
    «Lumos,» disse Harry, poiché la loro unica fonte di luce a parte le stelle, il castello, era sparita, e la piccola, debole lanterna attaccata alla porta di Hagrid era lontana alle loro spalle.
    Harry fece una smorfia, il volto illuminato dalla luce della bacchetta. «Sentite… qualcosa?»
    «Là!» Gridò Draco, indicando in alto.
    Guardarono in su, proprio quando un profondo senso d’angoscia e solitudine parve ingoiarli prima che distinguessero dei mantelli neri che fluttuavano nel cielo.
    «Correte!» Urlò Harry non appena la massa di sottili lenzuola nere planò verso il basso.
    Qualche istante dopo, dei suoni rombanti di schiocchi, simili a fuochi d’artificio, ruggirono intorno a loro, e lampi di esplosioni violente scossero il cielo. La superficie oscura che avvolgeva l’interezza dei territori di Hogwarts si increspò per l’assalto e precipitò come una cascata, mentre la Magia Antica si addensava nell’aria.
    «Sono gli scudi!» Gridò Neville.
    «Scappate!» La voce di Hagrid rimbombò d’improvviso dietro di loro, mentre apriva di scatto la porta. «Svelti, verso il castello!»
    Urlò anche altre cose, ma furono inghiottite dal rumore delle difese del castello. Harry e gli altri corsero, ma un soverchiante senso di disperazione gli rendeva quasi impossibile respirare. Neville inciampò, facendo sì che Draco accanto a lui provasse a tirarlo di nuovo in piedi, mentre Harry boccheggiò, come di dolore, alcuni passi più avanti.
    Forme nere iniziarono a precipitare intorno a loro, colpendo il suolo con un bizzarro suono ronzante. Alcuni si dibattevano, come pesci fuor d’acqua, mentre altri erano del tutto immobili, come morti.
    Harry cadde sulle ginocchia e sulle mani, mentre sentiva qualcosa che gli cadeva sulla schiena; comunque, non fu il peso fisico a gravare terribilmente su di lui, ma qualcosa di molto più insopportabile.
    La paura gli sorse nel cuore, e la fonte di essa andava al di là di quel momento: certo, qualunque persona sensibile sarebbe stata spaventata da delle creature ammantate di nero che cadevano dal cielo mentre un mezzo gigante urlava di scappare. No… questa paura era causata da qualcosa di molto più sinistro. Qualcosa di profondo nella sua memoria.
    Non udiva più le grida di Hagrid tra gli scudi che emettevano rombi assordanti, schiocchi e ronzii. Non riusciva più a percepire l’erba sotto le sue mani o il terreno solido sotto le ginocchia. Non era più nemmeno consapevole della figura ammantata che giaceva immobile sulla sua schiena. I suoi sensi erano rivolti verso l’interno, all’ultimo vero ricordo che aveva di sua madre.

O o O o O

    L’unico avvertimento che Severus ebbe fu lo schiocco della prima materializzazione, che fu presto seguita da una dozzina di altre, e poi da quella di Voldemort.
    Il Signore Oscuro apparve nel bel mezzo di Hogsmeade, chiaramente godendosi il caos che eruppe d’improvviso attorno a lui. I ragazzi sfrecciavano verso i più vicini professori mentre gli adulti di Hogsmeade, colti alla sprovvista, correvano dentro i negozi cercando di nascondersi, per lo più non preoccupandosi dei ragazzi intorno a loro. Alcuni addirittura spinsero da parte gli studenti di Hogwarts. Severus fece una smorfia di disgusto a quella vista, prima di spedire brutalmente una fattura contro un Mangiamorte mentre gli studenti arrivavano fino a lui.
    «State dietro di me!» Ordinò, facendoli arretrare rapidamente tra due edifici e fuori dalla vista della maggior parte dei Mangiamorte.
    «Tanti quanti potete, miei seguaci. Preferibilmente terzo e quarto, grazie,» dichiarò Voldemort, passeggiando a caso lungo la strada, per fortuna lontano da dove si trovava Severus.
    All’Insegnante di Pozioni occorse solo un secondo per capire che Voldemort si stava riferendo agli studenti del terzo e del quarto anno, e quello che probabilmente significava.
    I suoi pensieri andarono all’istante a Vince, prima di fare la prima cosa che gli venne in mente.
    «Muffola,» sibilò, cercando di non attirare attenzione innecessaria su di sé, soprattutto perché la sua elfa domestica sarebbe venuta sia che avesse gridato sia che avesse sussurrato.
-Pop-
    «Sì, padrone?» Squittì lei, capendo in fretta che non era per niente una chiamata normale.
    «Raduna tutti gli elfi di Hogwarts che puoi in meno tempo possibile, per farti aiutare a portare ad Hogwarts quanti più studenti vi riesce, ora! Voldemort vuole i ragazzi!» disse lui, scoccando un’occhiata ai cinque studenti accovacciati dietro di lui.
    Muffola non ebbe bisogno di ulteriori istruzioni, e apparve dietro di lui per trasportare l’intero gruppetto con lei ad Hogwarts. Con quegli studenti al sicuro, Severus spostò la propria attenzione altrove.
    Il cielo oscuro al di sopra di Hogwarts e la brezza fredda gli rivelò che probabilmente i Dissennatori stavano attaccando la scuola. Poté solo sperare che gli scudi migliorati che avevano aggiunto sarebbero stati sufficienti.
    «Diffindo!» Gridò, rifiutandosi di lanciare l’idiota “stupeficium” in quel momento. Non lo avrebbe sopportato se qualche Mangiamorte avesse fatto rinvenire i suoi compagni e se avesse dovuto vederli rialzarsi di nuovo dietro di lui.
    Colpì un altro Mangiamorte, che pensava fosse Mulciber, proprio nel momento in cui un suono che gli ricordò quello di petardi Cinesi interruppe il rumore della folla nel panico.
    Dozzine di elfi domestici apparvero accanto a ogni studente che si trovava ad Hogsmeade, prima di svanire immediatamente con un praticamente unico -POP-.
    I Mangiamorte rimasero attoniti, mentre Voldemort si fece livido. E per lui andò ancora peggio, poiché alcuni momenti più tardi risuonarono gli schiocchi delle materializzazioni di Auror e membri dell’Ordine.

O o O o O

    Harry fu d’improvviso conscio di una strana pesantezza nell’aria mentre lo sguardo metteva a fuoco la donna di fronte a lui.
    Mamma?
    Tra le asticelle del lettino, sembrava estremamente agitata e preoccupata, ma era la sensazione di immobilità intorno a lei che davvero preoccupava Harry. Aveva la bacchetta in mano, e con un rapido movimento deciso se la puntò contro il cuore e poi si agitò la punta tra gli occhi. Harry poteva solo guardare mentre una bizzarra magia permeava l’aria e faceva volare via da lei i giocattoli che le erano vicino e scuoteva i mobili che aveva appena ammucchiato contro la porta alle sue spalle. Poi la donna mosse la bacchetta verso di lui. Con una tenerezza che Harry non aveva mai sperimentato prima di trasferirsi dai Flamel, gli prese il mento con la mano sinistra per tenergli il viso rivolto verso di lei, mentre usava la punta della propria bacchetta per tracciare gentilmente la forma di una saetta sulla sua fronte. Harry sentì un’altra pulsazione di magia, ma stavolta si diffuse sotto la sua pelle, prima di affondare in lui un istante dopo.
    Con un gemito, Harry trasalì, ancora fissando negli occhi sua madre, mentre lei si rimetteva la bacchetta nella manica, probabilmente in un fodero.
    Che cosa gli aveva appena fatto?
    Gli sorrise dolcemente, mentre lo sollevava e gli bisbigliava in un orecchio: «Quando questa notte sarà finita, sarò una maganò oppure sarò morta, ma tu continuerai a vivere. È tutto quello che posso dare.»
    La comprensione si accese subito in Harry prima che la porta della camera si aprisse di schianto, la barricata improvvisata che crollava di lato.
    Lei lo rimise nel lettino e si voltò per fronteggiare Voldemort, schermandolo dalla visuale del mostro. Voldemort fece un suono divertito, e Harry riuscì a distinguere il suo mantello nero che fluttuava attorno alle gambe di sua madre.
    «Non Harry, non Harry, per favore non Harry!»
    «Fatti da parte, sciocca ragazza… fatti da parte ora.»
    «Non Harry, per favore no, prendi me, uccidi me invece-»
    «È il mio ultimo avvertimento-»
    «Non Harry! Ti prego… abbi pietà… abbi pietà.. Non Harry! Non Harry! Per favore- farò qualunque cosa-»
    «Togliti. Togliti, donna!»
    La voce di Voldemort diventò rapidamente infastidita e impaziente, e poi, come se fosse niente, pronunciò l’anatema mortale.
    Harry guardò sua madre cadere, e poi gli sembrò un’eternità prima che Voldemort facesse un passo in avanti per torreggiare su di lui. Fissava l’assassino di sua madre, ora piangeva perché gli veniva puntata contro una bacchetta, diretta alla sua testa per la seconda volta quella notte.
    Voldemort lanciò ancora una volta l’incantesimo che uccide, ma fu sopraffatto d’improvviso da qualcosa di molto più forte.
    La magia che, Harry lo sapeva per istinto, apparteneva a sua madre, fluì in lui mentre, in lontananza, sentiva quello che poté solo interpretare come Voldemort che gridava per un dolore insopportabile, ma non gli importava affatto in quel momento. Un’indescrivibile sensazione d’amore e protezione attraversò il suo intero essere, ed erompeva tutta dal taglio fresco sulla sua fronte, mentre la stanza veniva completamente scossa. Sentì uno schianto immenso e un boato dalle pareti intorno a lui che esplodevano, mentre il suo lettino cadeva con lui ancora dentro, ma la magia di sua madre continuò a riversarsi intorno a lui, proteggendolo da tutte le macerie.
    La vista di Harry iniziò ad offuscarsi, sebbene facesse disperatamente del suo meglio per memorizzare la scena che aveva di fronte.
    Il corpo esanime di sua madre, di fronte alla forma fumante del cadavere di Voldemort.


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Note della traduttrice:

* Dai discorsi di questa Luna, ho supposto che abbia delle capacità naturali di Legilimens o di Divinazione. Pensando poi però anche a quella originale, non me la ricordo poi tanto diversa, e magari anche nel canone potrebbe essere così. D’altronde la sua aria sognante, le sue stranezze, il modo in cui viene vista dalla maggior parte delle altre persone non è molto simile alla Cooman?... :)



Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Piano d'emergenza.




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Capitolo 32
*** Piano d'emergenza ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 32: [Contingency] Piano d'emergenza

    Hagrid aveva il cuore in gola mentre correva in avanti quanto più velocemente glielo permettessero le gambe. Riusciva a malapena a vedere a un metro e mezzo di fronte a sé ora, e la sua lanterna oscillava e traballava. Tutto ciò che poteva fare era avanzare fino al punto in cui li aveva visti per l’ultima volta. Andando a tentoni con le mani distese, ma attento alla propria forza nel caso in cui avesse trovato coloro che stava disperatamente cercando, entrò in contatto con una testa piena di capelli. Un luccichio argenteo gli rivelò che era Malfoy, e si inginocchiò.
    «Hagrid!» Urlò Greg, avvertendo il mezzo gigante della propria presenza.
    «Afferratevi a me e non lasciatemi! Dove sta Harry?» Chiese Hagrid, il respiro visibile nell’aria gelida.
    «Davanti a noi, l’ho visto cadere,» disse Draco, provando a sollevare Neville. «Lumos!» Dato che ora riusciva a vederci abbastanza da rendersi conto che Neville era svenuto, Hagrid lo tirò su come un bambino e si spostò in avanti con Draco e Greg che si tenevano aggrappati all’orlo del suo gigantesco cappotto.
    «Harry!» Gridò Draco, tendendo in avanti la sua bacchetta accesa mentre si avvicinavano.
    Là, c’erano le scarpe di Harry che spuntavano da sotto una forma nera simile a un mantello.
    Hagrid scacciò via furiosamente il dissennatore raggrinzito con un calcio, come un’incerata malaticcia, e si girò subito verso Harry mentre in qualche modo teneva in equilibrio Neville su un braccio solo.
    «Harry!» Disse burbero.
    Dalla luce fluttuante della lanterna e il lumos di Draco, riuscirono a vedere che le labbra di Harry erano blu; quindi, l’unica cosa che impedì loro di farsi prendere del tutto dalla disperazione fu il chiaro segno che stava respirando – piccoli sbuffi di nebbia gli uscivano dalla bocca in brevi gemiti. Coral gli si srotolò un po’ dal polso e lo guardò cupamente.
    Hagrid esitò solo un istante prima di tirare su Harry (e Coral) con l’altro braccio, nella stessa posizione di Neville.
    Silenziosamente, corsero in avanti, volendo tutti arrivare dentro le mura di Hogwarts prima che le cose peggiorassero. I dissennatori cadevano ancora, ma per fortuna gli scudi erano rimasti saldi e li avevano, per lo meno, immobilizzati.
    Una manciata di altri studenti si unì rapidamente a loro, per lo più del secondo anno.
    «Expecto Patronum!» Un’ampia sferzata di calda luce confortante corse verso di loro come un’onda dalle porte improvvisamente aperte del castello, prima di formare un muro traslucente e luminoso a tre metri e mezzo dietro di loro.
    La figura di Vitious avanzò da dietro il portone principale, la bacchetta sollevata mentre manteneva l’incantesimo. Gli fece cenno di passare, il resto della sua attenzione rimase sul bizzarro scudo.
    Loro non ebbero bisogno di ulteriori sollecitazioni, e presto furono in salvo all’interno del castello.
    Vitious lanciò altri incantesimi di fuori, prima di raggiungerli.
    «Non ci sono altri studenti fuori, grazie a Merlino,» disse lui, mettendo via la bacchetta prima di voltarsi verso il gruppo che tremava nella sala d’ingresso, Hagrid al centro. «Va bene, quelli che possono, vadano nelle proprie sale comuni. Il Preside ha fatto scattare il coprifuoco. Vi manderò tra poco del cioccolato tramite gli elfi del castello. Hagrid, in infermeria,» ordinò.
    Disorientati dal fatto che il basso ometto fosse così diretto e serio, obbedirono senza fare domande, anche se Draco e Greg scoccarono un’occhiata preoccupata ai loro amici prima che Vitious gli indirizzasse un cenno rassicurante ma fermo. Se ne andarono riluttanti assieme al resto del gruppo.
    Hagrid portò Harry e Neville per tutta la strada fino all’infermeria, seguendo Vitious lungo i corridoi. Mentre camminavano, un’elfa domestica apparve al fianco del piccolo professore, e fu lesta a mantenere il loro passo svelto mentre ascoltava l’ordine sussurrato di portare la cioccolata, prima di sparire di nuovo. Poco dopo, attraversarono le porte dell’ala dell’ospedale.
    «I dissennatori stanno attaccando gli scudi,» spiegò Vitious a Pomfrey mentre la donna agitava rapida la bacchetta, e Hagrid posò Harry e Neville ognuno in un letto. «Sono particolarmente grato ora che Severus abbia suggerito di aggiungere agli scudi la difesa contro quelle creature. Sembra che li metta completamente ko, sebbene la loro aura sia ancora ovviamente presente.»
    «Beh, meglio così che averli attivi e a caccia di anime,» disse lei.
    «Hai ragione.»
    «Qualcun altro ha avuto gravi reazioni alle orribili creature?» Domandò lei.
    «No, ma ho già ordinato che venga portata della cioccolata in tutte le sale comuni, tanto per stare sicuri.»
    «Bene. Dov’è il Preside?» Chiese lei.
    «Sta controllando gli scudi,» affermò Vitious. «Mi ha detto che non pensa che ci sia nulla per cui preoccuparsi, ma, dal momento che è la prima volta che vengono messi sul serio alla prova...»
    «Capisco,» fece lei, guardando Hagrid che stava ancora in piedi, preoccupato, in mezzo all’infermeria, alle spalle di Filius. «Staranno bene, Hagrid. Non sono affatto sorpresa che abbiano reagito in questo modo, considerando le cose...» Fece un sospiro triste e Hagrid tirò su col naso.
    «Ho ricevuto un patronus da Minerva qualche momento prima che lasciassi Albus. Anche Hogsmeade è sotto attacco, ma dai Mangiamorte.»
    Pomfrey boccheggiò, temendo immediatamente il peggio.
    «Per fortuna gli studenti sono già in salvo, grazie a Severus che apparentemente si è avvalso dell’aiuto dei nostri elfi domestici,» la rassicurò in fretta Filius con uno strano sorriso.
    «Quell’uomo non smette mai di sorprendermi. Hogwarts gli deve più di quanto io sia capace di esprimere,» disse lei con franchezza.
    Vitious annuì, concordando in silenzio.
    «Bene, se avete bisogno di me, starò nei corridoi a dare una controllata. Guarderò che non c’è più nessuno studente in giro,» disse Hagrid dopo un istante.
    «Grazie, Hagrid,» replicò Vitious. «Io controllo i piani inferiori e tu i superiori, d’accordo?»
    Hagrid annuì e lasciarono Pomfrey al proprio lavoro.

O o O o O

    Silente sorseggiò la sua cioccolata calda.
    Gli Auror avevano terminato di controllare l’area di Hogsmeade e ora si stavano muovendo verso Hogwarts.
    Sorrise cupamente. Era felice che avessero avuto gli scudi al loro posto, ma rattristato che fossero stati necessari. E il fatto che alcuni dei suoi studenti avessero sperimentato gli orrori dei dissennatori, anche se incapacitati, gli pesava gravemente. Era grato, ovviamente, che nessuno avesse subito danni permanenti, e quelli esposti alle creature erano stati in pochi, ma quel conforto sembrava davvero una sottilissima linea argentea in un cielo violentemente tempestoso.
    Neville si era svegliato circa un’ora dopo che Albus aveva parlato con Madama Bones. Il povero ragazzo era stato comprensibilmente disorientato e all’inizio era convinto che ci fossero due persone che soffrivano terribilmente nelle vicinanze. Fu solo dopo che Pomfrey gli ebbe spiegato con delicatezza che aveva appena rivissuto il proprio peggior ricordo a causa dei dissennatori, che l’Hufflepuff smise di tentare di convincerli a iniziare una ricerca e si fece completamente silenzioso. Anche se Silente non era stato lì in quel momento, poteva immaginare l’espressione di Neville come se l’avesse vista, e la cosa faceva sì che il suo lato più oscuro desiderasse che tutti i responsabili per la triste condizione dei genitori del ragazzo ricevessero il bacio.
    In quanto ad Harry, il suo risveglio era stato un po’ preoccupante, per una ragione diversa.
    Non aveva detto una parola quando si era svegliato. Era rimasto fermo, zitto, e, secondo quanto gli aveva detto Pomfrey… vuoto.
    Aveva risposto a Neville quando lui gli aveva offerto del cioccolato, cosa che aveva confortato Pomfrey, ma non aveva iniziato a parlare per niente. Questo confermava solo ulteriormente la loro ipotesi che Harry, come Neville, avesse rivissuto un ricordo che molti avrebbero ritenuto meglio se sepolto e dimenticato.
    Silente chiuse gli occhi, decidendo in silenzio che avrebbe concesso ai ragazzi del tempo prima di sollecitare la loro Capo Casa a chieder loro di parlarle di quello che avevano vissuto, se fossero rimasti così chiusi.

O o O o O

    Era buio ed Harry era certo che Neville si fosse addormentato nel letto accanto al suo, ma lui non riusciva a dormire. Aveva troppe cose per la testa, e la meno grave era ciò che aveva scoperto sull’attacco a Hogsmeade.
    Harry non aveva detto a nessuno di quello che i dissennatori gli avevano fatto rivivere, e non perché si vergognasse né niente del genere. Era perché aveva paura degli effetti che queste informazioni potevano avere su di loro. Questo, e il fatto che era ancora incerto su quello che voleva fare con queste informazioni.
    C’erano due elementi emergenti del ricordo che lo avevano colpito molto. Primo, (e il più ovvio), la protezione di sua madre, ma il secondo era il fatto che Voldemort voleva lui, non sua madre. Perché un Signore Oscuro avrebbe voluto così tanto uccidere un neonato? Era davvero strano.
    Comunque, c’era poco che poteva fare in proposito. Non poteva mica andare da Voldemort e chiedergli: “Ehi, perché volevi uccidere un bambino che riusciva a malapena a tenere una bacchetta in mano, figuriamoci usarne una?”
    Si riscosse. Onestamente, il disturbante interesse di Voldemort per lui non gli sembrava così importante. Era quello che era. Sì, era preoccupante, ma decise che in questo caso era meglio fare come aveva fatto il Professor Piton e non provare a capire la mente dei Signori Oscuri.
    Invece, riguardo alla protezione di sua madre... era qui che stava la sua indecisione.
    Oh, non c’era dubbio che avrebbe utilizzato questa informazione, aveva solo dei dubbi su che cosa esattamente avrebbe dovuto farci e chi doveva coinvolgere.
    Una parte di lui voleva dirlo a tutti coloro di cui sapeva di potersi fidare, come: il Professor Piton, il Preside, la sua Capo Casa, Madama Pomfrey, Neville, e i suoi tutori.
    Comunque, non era stupido. Sapeva che un’informazione del genere era pericolosa. Non solo a causa di ciò che Voldemort avrebbe potuto provare a fare se l’avesse scoperta, ma quello che l’atto stesso di “auto-sacrificio” aveva fatto a sua madre e a Voldemort. Se qualcuno avesse tentato di fare quello che aveva fatto sua madre, solo tentando di modificarlo nella speranza di riuscire a fare esattamente quello che lui stesso sperava di fare (riflettere la maledizione ma restare vivo), ma poi avesse fallito...
    Sapeva quello che la protezione di sua madre aveva fatto alla sua cameretta, e era stata solo la magia di lei che lo aveva salvato da ogni danno (a parte la cicatrice a forma di saetta). Poteva solo immaginare quanto sarebbe diventato esplosivo l’incantesimo se la protezione fosse andata del tutto nel modo sbagliato.
    Il che lo portava all’altra parte del suo rimuginamento mentale.
    Non voleva dirlo a nessuno. Voleva tenerlo segreto (a parte per Coral ovviamente), per la semplice ragione che gli altri gli avrebbero impedito di indagare su questa magia misteriosa e indubbiamente rischiosa.
    Certo, sapeva che avevano tutti buone intenzioni, e la parte un po’ più sensibile di lui sapeva che avevano ragione, ma rimaneva il fatto che lui aveva una conoscenza che avrebbe potuto far finire la guerra, e non voleva che nessuno gli dicesse che doveva lasciar fare agli adulti eccetera. La semplice esperienza gli aveva mostrato che lui era una parte di questa guerra, che gli piacesse o meno -per l’amor del cielo, Voldemort stesso gli aveva dato la caccia per qualche incomprensibile ragione prima che potesse anche solo imparare a parlare! Doveva assumere un ruolo attivo in questa guerra, non tentare di “rimanere” in disparte.
    Forse era un po’ infantile, ma non poteva fare a meno di sentirsi possessivo riguardo a questa conoscenza. Sua madre l’aveva data a lui, in un certo modo, almeno, e così nella sua mente Harry sentiva che era suo compito usarla nel modo che riteneva migliore. Era una sua responsabilità non farla cadere nelle mani sbagliate e fare in modo che fosse usata come doveva - per salvare degli innocenti.
    Harry chiuse gli occhi e prese un ampio respiro.
    Era deciso allora. Avrebbe gestito la cosa da solo, almeno per ora. Se avesse sentito che il tutto era troppo per lui allora sarebbe andato dai suoi tutori o da Piton, altrimenti, avrebbe scoperto come sua madre aveva fatto quello che aveva fatto e, forse, con le sue parole “Quando questa notte sarà finita, sarò una maganò oppure sarò morta”, avrebbe trovato il modo per attivare la protezione ma sopravvivendo.
    Forse attraverso questa cosa avrebbe posto fine alla guerra, come aveva già fatto lei.
    Harry deglutì.
    Non era un impegno da poco. Lo sapeva. E sapeva che avrebbe avuto una sola occasione per tentare la sua protezione (se mai avesse capito come si faceva e gli fosse stata concessa una sfortunata/fortunata occasione).
    Beh, quello che aveva bisogno di fare ora era imparare di più sulla magia sacrificale, ma non solo di “sacrificio”, ma auto-sacrificio.
    Era ironico, in un certo senso. Eccolo lì, provando a capire come poter commettere un auto-sacrificio, mentre Voldemort era là fuori che cercava altri ragazzini da sacrificare.
    La mascella di Harry si serrò, i suoi pensieri andarono a Vincent.
    «Per te, Vince,» sussurrò, prima di girarsi e finalmente cedere al sonno.

O o O o O

    Voldemort era livido. Era sull’orlo di un’assoluta crisi di nervi - quando ricordò che aveva un piano di riserva. C’era una soluzione semplice, e anche se non era preferibile, avrebbe funzionato lo stesso.
    Qualunque ragazzino (magico NdT) al di sotto dei quindici anni sarebbe andato bene. Era tutta una questione di malleabilità della magia sacrificata, dopotutto. Dovevano essere abbastanza grandi da avere almeno un minimo controllo sulla propria magia (undicenni), ma abbastanza giovani perché la loro magia non avesse ancora iniziato a entrare nella “maggiore età”.
    Beh, l’unica cosa da fare ora era aspettare il momento giusto per radunare i suoi seguaci e far loro riunire le proprie famiglie - ovviamente non avrebbe rivelato la vera ragione della sua richiesta (ordine), ma quello non importava. Era anche d’aiuto il fatto che nessuno conosceva l’intera storia dietro la morte del ragazzo dei Tiger, nonostante quanto era andata a fondo la maledetta indagine della Bones*...
    Sarebbe diventato più forte, invincibile, e allora, beh, allora nessuno sarebbe stato capace di mettersi sulla sua strada.
    Non il Ministero.
    Non Silente.
    Non quel maledetto traditore di Severus.
    E assolutamente non il marmocchio Potter.
    Avrebbe conquistato il Mondo Magico.

O o O o O

    Harry prese un profondo respiro per calmarsi mentre si sforzava di accettare ciò che stava facendo. Non poteva più tornare indietro ora. Beh, sì, poteva, ma non lo avrebbe fatto. Doveva andare fino in fondo.
    «Grazie, Dobby,» sussurrò mentre si toglieva il mantello dell’invisibilità.
    «Dobby è felice di servire il padrone,» disse Dobby con reverenza, facendo un passo indietro e affrettandosi verso la fine del corridoio per fare da sentinella.
    Si trovavano nella Sezione Proibita della Biblioteca.
    Harry non ci aveva messo molto a capire che la sola maniera in cui avrebbe trovato delle informazioni sulla magia sacrificale era attraverso metodi non convenzionali e men che meno autorizzati. Per fortuna, aveva Neville che lo avrebbe coperto all’interno del dormitorio (certo, era l’una di notte e non prevedeva che alcuno dei suoi compagni si sarebbe svegliato notando la sua assenza), senza contare il suo mantello dell’invisibilità e Dobby. Dopo averci pensato su (e aver scambiato due parole con Coral), Harry aveva detto a Neville del proprio ricordo e avevano concordato insieme che fosse meglio tenerlo segreto al momento.
    I giorni seguenti al fallito attacco dei dissennatori erano trascorsi in un soffio, il che era stato sia una benedizione che una maledizione. Aveva brevemente parlato con la Professoressa Sprite a proposito della sua esperienza con i dissennatori, solo il tanto che occorreva a dissipare la preoccupazione che lei provava chiaramente per lui, e, sebbene in quel momento avesse voluto evitare di parlarne tutto insieme, alla fine Harry supponeva che farlo lo avesse aiutato.
    Ma più di questo, la cosa aveva cementato la decisione che aveva preso di mantenere segreta la sua ricerca sul successo di sua madre.
    Per quanto si crogiolasse nella cura e nell’amore della sua Capo Casa, era abbondantemente evidente che lei (e gli altri adulti cui Harry faceva riferimento) avrebbe tentato di fermare i suoi progressi, per il semplice fatto che era una cosa estremamente pericolosa. Sua madre era riuscita in qualcosa che nessun altro aveva fatto prima, ma nel farlo aveva perso la vita - certo, alcuni avrebbero pensato che comunque la sua vita fosse condannata già dal momento in cui Voldemort aveva messo piede nella loro casa. Comunque, a prescindere dal modo in cui si guardava la questione, nel cercare il segreto di quell’evento e nel portarlo un passo più avanti… Harry stava rischiando la propria vita, perché, alla fine, lui voleva usare questa protezione e lo avrebbe fatto se ne avesse avuto l’occasione. Non era un suicida, ma sapere che aveva la chiave che forse avrebbe potuto fermare per sempre la guerra e salvare la vita di un altro lo spronava come non avrebbe potuto fare nient’altro - in prima linea aveva sempre l’immagine di Vince e della sua famiglia.
    Neville, sebbene un po’ preoccupato per la magia misteriosa che Harry aveva visto usare da sua madre, concordava con lo scopo dell’amico, dicendo che se c’era qualcuno che poteva trovare il segreto e svilupparlo, questo era Harry. Harry era anche certo che il dolore che Neville aveva sentito sopportare dai propri genitori, nel suo proprio ricordo, non faceva altro che alimentare il suo desiderio di aiutare Harry a far finire la guerra - in qualunque modo avrebbero potuto riuscirci.
    E così, eccolo là, che cercava tra gli scaffali, sperando di trovare almeno un libro che avrebbe fatto maggior luce sulla magia sacrificale e su quella auto-sacrificale.
    Si stavano avvicinando le due e mezza di notte e, dopo essere rimbalzato tra una dozzina di libri oscuri (e più che disturbanti), con l’aiuto di Dobby, finalmente arrivò a un capitolo chiamato “Morte Onorevole”, che forse lo avrebbe aiutato. Apparteneva a un libro intitolato “Antichi Riti Familiari, Proibiti e Dimenticati.”
    Sebbene il titolo del capitolo in sé fosse un po’ scoraggiante, Harry trovò subito il suo contenuto molto meno gravoso di quello di altri brani che aveva letto in altri libri - come gli spietati rituali in “Sacrificio di Sangue, Potere Definitivo” e i metodi barbarici in “Giovani per sempre”.
    Con Dobby che ora faceva di nuovo da palo, Harry lesse.
   

Nei secoli delle crudeli Rivalità tra Famiglie e delle Faide tra le Stirpi, era pratica comune che un membro anziano della famiglia vicino alla morte dotasse uno dei propri eredi della propria magia, come ultimo atto d’amore nei riguardi della propria famiglia e del futuro dei piccoli dei propri figli. Questo in parte era dovuto alla competizione in potenza delle Stirpi tra le varie Famiglie. Se un anziano dotava un erede della propria magia, assicurava il passaggio nella Stirpe di certe doti magiche - come l’essere un Animagus, Metamorphomagus, Rettilofono, Veggente, Occlumante, Legilimens, Poliglotta, Incantatore, Warlock o Arcimago.
    Un erede che possedesse già il dono diventava temporaneamente più potente dopo aver ricevuto la magia di un anziano, ma questo effetto non durava a lungo; comunque, diventava molto più probabile che i figli dell’erede ereditassero a propria volta le abilità, col proseguire delle discendenze.
    L’altra ragione era per questioni molto più gravi. Le rivalità tra famiglie erano particolarmente feroci e l’alto tasso di mortalità tra le famiglie in lotta tra loro talvolta portava all’estinzione delle Stirpi. Gli eredi, soprattutto i futuri capofamiglia, erano spesso bersagliati con maledizioni e pozioni estremamente orribili. Questo fatto, più di ogni altra preoccupazione, fu ciò che portò molti anziani ad abbracciare una “Morte Onorevole”, facendo affidamento sul proprio estremo gesto per diminuire o prevenire del tutto tali pericoli per uno dei propri cari - almeno temporaneamente.
    Ricevere un tale dono era un grande onore e compiere l’atto stesso era ritenuto il gesto più magnificente che qualcuno potesse mai fare. In molte famiglie, si prometteva che le future generazioni avrebbero dovuto ricordare ognuno di tali avi e onorarli, concedendo all’anziano deceduto una “vita immortale” tramite il ricordo.
    Questo Rito Familiare è un rito di auto-sacrificio, che molti nell’era moderna considerano come magia oscura, ma i più ammetteranno che era un male necessario a quei tempi.


    Harry si fermò, il cuore gli martellava nel petto. Doveva trattarsi di questo, o almeno era qui che sua madre poteva aver preso l’idea per fare ciò che aveva fatto. Riportò gli occhi alla pagina, saltando qualche brano prima di arrivare ad alcuni paragrafi più informativi.
   

Alcuni oggi potrebbero vedere tale pratica come un suicidio rituale; invece, al contrario del suicidio, che viene presumibilmente compiuto per disperazione e come resa senza alcuno scopo, quest’atto è motivato da una incrollabile devozione e dalla speranza nella generazione successiva. Scopo e intenzione sono ciò che guida tale rituale, e, sebbene un membro selezionato della famiglia ponesse fine alla vita dell’anziano volontario, era la volontà dell’anziano stesso nel tracciare le rune ad assicurare il successo del trasferimento magico. L’anziano o l’anziana modellava la propria magia nei propri estremi istanti di vita per compiere uno specifico desiderio - che fosse un puro incremento di magia/abilità, una protezione parziale e sostegno alla Stirpe, o la difesa massima contro un danno.
    È comprensibile che il contesto familiare del momento dettasse molti degli obiettivi possibili di un anziano.
    Chiunque fosse il prescelto, il dono era solo temporaneo, ma spesso durava abbastanza a lungo da permettere all’erede di arrivare all’età adulta e di diventare abbastanza forte per proteggere sé stesso e la propria famiglia - che era il cuore del motivo per cui questo Rito era nato e per cui è esistito tanto a lungo.


    Harry voltò la pagina, sperando di trovare più informazioni, per lo più su che cosa fosse esattamente questo “tracciare le rune”, ma fu deluso quando trovò solo una lista di persone che avevano avuto una “Morte Onorevole” e quale erede avevano scelto.
    La lista proseguiva per molte pagine, molte piene di nomi di cui non aveva mai sentito parlare, ma poi cominciarono a venire fuori alcuni ultimi nomi che riconobbe.
   

1538 Carina Aquila Black - Cetus Pavo Black
1573 Egbert Flint - Tuberous Flint
1623 Violetta Paciock - Cassiopeia Paciock
1689 Charlus Black - Nigellus Black
1745 Sibelius Potter - Gerald Potter
1841 Wulfric Albus Silente - Percival Sandoz Silente


    I nomi non proseguivano oltre il 1875, cosa che fece ricordare ad Harry quello che aveva scoperto dal Cappello Parlante sull’Incanto dell’Eredità. Lo scopo dell’Incanto dell’Eredità a quel tempo era di vedere le capacità di un bambino e giudicare se fossero degne della famiglia. Ovviamente, non era sempre stato così, ma queste rivalità tra famiglie avevano di certo fatto emergere il peggio in troppe persone -anche se, poi, quelle circostanze condussero anche a questo atto estremo di amore e devozione verso la famiglia- ma Harry si chiedeva se il sacrificio potesse essersi trasformato in una sorta di dovere e orgoglio perverso, o un modo per rifuggire la paura di diventare dolorosamente deboli coll’avanzare degli anni.
    Arrivando all’ultima pagina del capitolo, Harry continuò a leggere, senza preoccuparsi di quanto tardi (o presto) si stesse facendo.
   

Nonostante i molti secoli di utilizzo, questo Rito è fallito molte volte, ritorcendosi orribilmente contro i presenti e distruggendo il corpo dell’anziano. Dapprima si pensava che fosse fallito perché il destinatario del dono non era degno o perché la runa non era stata tracciata correttamente, ma in seguito, interrogando i fantasmi degli anziani che avevano fallito nel Rito, si scoprì che il contraccolpo si attivava se l’anziano aveva una qualsiasi ragione egoistica nel compimento dell’atto. Queste includevano delle aspettative sul fatto che la famiglia avrebbe onorato per sempre il loro nome, o altre simili illusioni di eterna nobilitazione, ma anche il sogno che l’erede da loro prescelto potesse diventare più forte per il solo scopo di distruggere completamente i loro rivali.


    Harry annuì tra sé. Questo era molto sensato. Per un vero auto-sacrificio, qualunque tipo di avidità, o un sentimento simile, sarebbe entrato in conflitto con esso, e lo avrebbe fatto fallire.
    Con un sobbalzo, Harry si rese d’un tratto conto che c’era della luce solare che entrava dalla finestra e illuminava il libro, e lo mise immediatamente a posto. Doveva tornare immediatamente nel suo letto!
   
«Dobby,» Sussurrò Harry con urgenza.
    All’istante, Dobby fu lì con lui e prima che Harry lo sapesse, erano sul suo letto, le tende del baldacchino ancora fermamente chiuse intorno a loro. Riuscì a sentire qualcuno che russava, cosa che lo confortò.
    La sua missione era stata un successo. Ora doveva cercare altro a proposito di questo “tracciare le rune”.

O o O o O

    Augusta non poteva fare a meno di sentirsi strana nel non dirigersi verso quella particolare stanza al quarto piano in cui si era diretta in quasi ogni visita precedente al San Mungo, prima che suo figlio e sua nuora fossero spostati nell’ospedale babbano.
    Con in mano una spessa cartellina, si diresse verso l’ufficio del Direttore del Reparto Janus Thickey, per riferire le più recenti informazioni sulle condizioni di Frank e Alice.
    Nascose un lieve sorriso.
    Secondo il Dottor Price, le cose stavano migliorando su tutti i fronti. A giudicare dalla loro ultima risonanza magnetica, le loro menti stavano guarendo e, da una certa macchina chiamata “EEG” (Elettro Encefalo Gramma NdT), Price aveva capito che stavano rispondendo a stimoli esterni anche se erano ancora entrambi in uno stato di coma. Questo, le aveva assicurato lui, era un segnale estremamente buono, e quello che era ancora meglio era che le reazioni si stavano facendo lentamente più forti e più stabili. Era fiducioso che si sarebbero risvegliati nel prossimo futuro e in realtà aveva affermato che avrebbe anche potuto farli svegliare subito, ma era meglio aspettare che guarissero più che potevano prima di portarli ad un passo del genere. Se avessero visto che i loro progressi erano giunti a uno stallo e che continuavano a non svegliarsi da soli, allora sarebbero intervenuti.
    Augusta era stata d’accordo quando le erano stati mostrati i risultati degli EEG e delle risonanze magnetiche di prima e dopo.
    Le differenze tra di essi erano ovvie anche a una come lei.
    Sperava che si sarebbero svegliati dopo il ritorno a casa di Neville, che sarebbe tornato per le vacanze tra poco, quel fine settimana. Con tutto quello che stava succedendo nel mondo, c’era un disperato bisogno di qualcosa di buono.
    I suoi pensieri andarono a quel povero ragazzo che, lei lo sapeva, era stato parte del gruppo di amici di Neville.
    Ovviamente non aveva mai stretto relazioni con la famiglia Tiger. Erano troppo oscuri per i suoi gusti, anche se si escludeva il fatto che Markov era o era stato un Mangiamorte. Ma nessun bambino meritava di morire, men che mai in quel modo, e anche se era disgustata da ogni mangiamorte, sapeva che cosa voleva dire disperarsi per la perdita di -o la convinzione di aver perso- un figlio. E Markov era disperato, e la sua angoscia lo aveva condotto oltre il limite della follia.
    L’uomo si trovava al quarto piano ora, lungo il corridoio che portava alla stanza in cui erano stati Frank e Alice. Da quel poco che la donna era riuscita a origliare dai Guaritori che si occupavano di lui, Markov era un disastro balbettante -il che era comprensibile. E, secondo un’indiscreta medimaga, avevano trovato i segni che fosse stato sottoposto all’Imperio -che era stato talmente potente che gli aveva danneggiato il cervello a tutti gli effetti. Aveva dei momenti molto rari di lucidità, e dondolava avanti e indietro in un silenzio angoscioso per la maggior parte del tempo. Era molto evidente, almeno per Augusta, che l’uomo stesse soffrendo per qualcosa di più di un immenso dolore, ma anche per il senso di colpa. La strega riusciva a malapena a immaginarlo. Essere costretto sotto Imperio a fare qualsiasi cosa avesse fatto (poiché le esatte circostanze della morte della sua famiglia non erano state ancora rese pubbliche), e per tutto il tempo essere cosciente delle proprie azioni… Era abbastanza perché Augusta compatisse persino lui.
    Era ironico, in modo macabro, e Augusta era disgustata da sé stessa al solo pensarlo, ma lo pensò comunque. Alla fine dell’ultima guerra, Markov aveva evitato di finire ad Azkaban mentendo e affermando di essere stato sotto Imperio. Beh, stavolta era proprio la verità.

O o O o O

    Harry stava tornando al suo dormitorio dopo il cenone di fine anno. Neville invece aveva preparato le valigie in anticipo, e quindi era rimasto a tavola per prendersi un altro po’ di dolce. Harry d’altra parte doveva ancora andare a farsi i bagagli per essere pronto la mattina dopo, quando sarebbero tutti partiti per le vacanze.
    «Ciao, Harry Potter.»
    Harry quasi balzò fuori dalla propria pelle.
    :Sul serio, ma si materializza fuori dal nulla?: Sibilò piano Coral.
    «Ciao, Luna,» riuscì a salutare Harry, calmandosi.
    «Hai scoperto il segreto?» Chiese lei, per la prima volta sembrando interessata invece che sognante.
    «Ehm...» Harry si guardò intorno e vide che erano da soli, almeno per il momento. «Forse. Sto ancora cercando di scoprire alcune cose, ma ho fatto dei progressi.»
    Harry non vedeva una ragione per cui mentire, almeno a lei. A chi lo avrebbe mai detto, e chi le avrebbe creduto? Un pensiero un po’ cattivo, ma era vero. Inoltre, gli piaceva Luna. Non era sicuro del perché, ma la ragazza aveva qualcosa di particolare.
    «Del genere?»
    «Beh, ho scoperto che il fatto è collegato a qualcosa chiamato “tracciamento delle rune”.» Decise che non c’era bisogno di specificare che cosa fosse “il fatto”. Luna sembrava seguire il discorso senza che lui dicesse esplicitamente “la protezione contro l’anatema mortale”.
    Lei sollevò un po’ le sopracciglia e gli occhi le scattarono molto brevemente verso la sua cicatrice - era la prima volta, che Harry potesse ricordare, che lei l’avesse mai guardata.
    «Questo ha molto senso. Potresti voler leggere “Incisioni degli Antichi”. Molto informativo.»
    Harry annuì lentamente, mandando a memoria il titolo. «Grazie, lo farò.»
    «Purtroppo, non c’è nella Biblioteca di Hogwarts. Ho già guardato. Ma se vuoi, posso chiedere a mio padre se può prestarti la sua copia, quest’estate.»
    «Sarebbe fantastico, Luna, grazie,» disse Harry con un sorriso. «Di che cosa parla il libro esattamente?»
    «Antiche incisioni runiche e Folletti della Pietra,» rispose semplicemente lei.
    «Folletti della Pietra?» Chiese Harry, ora un po’ confuso.
    «Beh, le rune devono pur provenire da qualche parte, no?» Replicò seria lei.
    Harry sbatté le palpebre, prima che Luna gli indirizzasse un fermo e felice cenno col capo e si allontanasse.
    :Beh, è stato interessante: mormorò Coral.
    Harry concordò in silenzio.

O o O o O

    Voldemort nascose un ghigno mentre tutti i suoi Mangiamorte si radunavano di fronte a lui.
    Presto avrebbe sperimentato un’ondata di puro potere e sarebbe diventato invincibile, ma, prima, doveva dare il via al proprio piano.
    Erano in una radura all’interno di una foresta di nessuna importanza (a parte per il fatto che era la sede di questo raduno ed era il luogo che aveva scelto per compiere presto il prossimo sacrificio - preferibilmente sacrifici).
    Si mosse in avanti, il suo mantello nero che svolazzava appena dietro di lui mentre voltava lo sguardo a Lucius e Trent Goyle. Non mancò di notare il modo in cui i loro sguardi si facevano nervosi. Bene, dovevano sempre temere e tremare di fronte a lui.
    «I vostri figli sono amici di Potter, giusto?» Chiese lui.
    Non era una vera domanda, ma loro comunque annuirono.
    «Bene. Andate e portateli da me. Voglio fargli alcune domande di persona. Forse le loro risposte mi chiariranno l’identità dei suoi tutori. Mi sono stancato di aspettare notizie dalle mie spie, in particolare quelle nel Consiglio per le Adozioni. La fortuna di Potter presto si azzererà, e così sarà per il numero dei suoi protettori.»
    Voldemort lasciò che il suo sorriso si mostrasse stavolta, mentre incontrava lo sguardo di Lucius...
    Qualcosa in esso colse Voldemort di sorpresa. Qualcosa era cambiato. Era diverso. Diverso in modo allarmante.
    Gli ci volle solo una frazione di secondo per sbirciare nell’anima dell’aristocratico biondo.
    Lucius non gli credeva.
    Lucius sapeva che lui stava mentendo...
    Guardò più in profondità.
    Voldemort non fu sorpreso dalla paura che trovò in Lucius, vasta e densa, ma stranamente questa paura non era per sé stesso. C’era forza, o almeno un incrollabile intento di fare qualcosa - o al contrario, di impedire a lui di fare qualcosa.
    E infine, ecco.
    Come uno schiaffo sul viso che lasciasse la pelle dolorante molto a lungo dopo essere stata colpita, Voldemort trovò un grave problema.
    In qualche modo, Lucius sapeva...
    Ed era abbondantemente chiaro che Lucius non gli avrebbe mai portato Draco.
    Voldemort vide rosso.

O o O o O

    Lucius seppe di essere stato scoperto ancor prima che gli occhi di Voldemort si oscurassero, e non appena il Signore Oscuro iniziò a muoversi, Lucius si scansò di lato, sperando che il suo piano d’emergenza avrebbe funzionato.
    Sfoderando la bacchetta e riuscendo a stento a rotolare via dal raggio dell’anatema mortale di Voldemort, Lucius lanciò il proprio Avada contro il più vicino Mangiamorte tra quelli con cui non si era alleato settimane prima...
    E poi, proprio come aveva disperatamente sperato, Goyle, Nott, e Flint agirono - ognuno attaccò senza posa i Mangiamorte più leali che avevano accanto, mentre il caos divampò all’istante.
    Mormorando una parola che avrebbe fatto in modo di far arrivare un messaggio a Narcissa (grazie a un ingegnoso incantesimo di Severus), Lucius scagliò un altro incantesimo, che colpì Peter Minus in faccia. Il ratto non si sarebbe più rialzato.
    Lucius non si preoccupò di contare mentre i corpi cadevano uno dopo l’altro, la maggior parte di loro era a malapena riuscita a tirare fuori la bacchetta nel tentativo di difendersi nel momento in cui lui era sfuggito all’ira di Voldemort. Sentì gli incantesimi che gli saettavano oltre le spalle, mentre altri gli mancarono di poco le gambe. Superò con un balzo un licantropo morto (grazie a Nott) e si riparò dietro un tronco caduto.
    Il vecchio tronco esplose, ma Lucius non osò guardarsi indietro mentre si nascondeva dietro un altro albero, questo ancora dritto, e attivava la sua passaporta, fiducioso di aver sorpassato gli scudi che ora Voldemort erigeva sempre. Mentre veniva agganciato dalla passaporta, sperò che anche i suoi compagni cospiratori fossero riusciti a scappare o ci riuscissero presto.

O o O o O

    «Draco, prendi questa. Stiamo partendo,» disse con tono piatto sua madre, mettendogli una valigia tra le braccia qualche momento dopo aver spalancato la porta della sua camera ed essere entrata senza neanche bussare.
    Draco non aveva mai visto sua madre in questo stato. I suoi occhi splendevano di un panico che non aveva mai visto in un altro essere umano, e la cosa lo spaventò.
    Comprensibilmente confuso, Draco si abbracciò forte alla valigia mentre lei gli stringeva saldamente una spalla.
    «Mamma, cos-» iniziò, solo per sentire lo strattone violento di una passaporta.
    Fu d’un tratto consapevole della tenue luce di alcune candele e del suono di acqua scrosciante, comunque il respiro affannoso di sua madre era ciò che attirava la maggior parte della sua attenzione. Si voltò, tra le sue braccia, e alzò lo sguardo al suo viso.
    Trovò un bizzarro miscuglio di sollievo e preoccupazione, e d’improvviso capì.
    Avevano messo in atto il piano di emergenza che il suo padrino aveva progettato con suo padre. Era successo qualcosa, e avevano ritenuto necessario che sua madre lo prendesse e che partissero.
    Erano ancora in Inghilterra? Si domandò, ma d’improvviso i suoi pensieri si mossero altrove.
    «Dov’è papà?» Chiese.
    Sua madre prese un lento respiro tremante, ma quando finalmente parlò, la sua voce era ferma. «Dovrebbe essere con Severus, ora o molto presto. Lo sapremo tra qualche minuto,» rispose, abbassando lo sguardo alla valigia che gli aveva dato.
    Draco gliela restituì e lei la aprì immediatamente, prendendo uno specchio.
    «Dove siamo?» Domandò lui dopo un lungo momento, decidendo che era la seconda domanda più importante.
    Lei non alzò gli occhi dallo specchio, ma rispose. «Gannat, in Francia.»
    Dopo che fu chiaro che non gli sarebbe stato detto nient’altro per il momento, Draco si guardò intorno e si sedette su una sedia accanto a una libreria quasi vuota. Il posto era molto vecchio e gli ricordava un sotterraneo più che qualsiasi altra cosa, anche se per fortuna non c’erano strumenti di tortura.
    Con un sospiro, chiuse gli occhi e pregò che suo padre e il suo Padrino fossero salvi.
    Per tutto il tempo, sua madre continuò a fissare lo specchio, in attesa.

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Note della traduttrice:

* (Questa è una nota dell’autrice stessa) - La verità sui Tiger: Voldemort non sa che Bellatrix ha rivelato a Narcissa il loro segreto (l’intera storia dell’omicidio dei Tiger). Tutto ciò che Voldemort sa è che la gente in qualche modo ha scoperto che i Mangiamorte erano coinvolti e che Markov non ha ucciso la propria famiglia.



Grazie a chi legge e a chi recensisce!
A presto con il prossimo capitolo, Superando il limite. Siamo quasi alla fine, perché sarà l’ULTIMO CAPITOLO prima dell’Epilogo!




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Capitolo 33
*** Superando il limite ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 33: [Coming to a Head] Superando il limite

    Severus seppe che il piano era iniziato nel momento in cui il suo orologio da polso emise un lieve tremore. Si diresse immediatamente ai propri alloggi per aspettare che Lucius arrivasse tramite camino. Se tutto fosse andato secondo i piani, Lucius sarebbe arrivato tramite passaporta in un vicolo della Londra babbana, prima di entrare dal retro in un appartamento nascosto magicamente (visibile solo a coloro che venivano riconosciuti dagli scudi). Da lì, avrebbe usato il camino per portarsi ad Hogwarts (che era a propria volta fortemente protetta e con accesso riservato - Severus aveva dovuto “sbloccare” il proprio camino per renderlo accessibile a Lucius).
    E così aspettò. E aspettò.
    Il timore iniziò a filtrare in lui proprio prima che il camino si accendesse di vita.
    Lucius ne uscì fuori, bruciacchiato e senza fiato. Ma vivo.
    Severus accorse al suo fianco e lo scansionò rapidamente per controllare se ci fossero maledizioni o magia sgradita su di lui. Non trovò nulla, per fortuna, così guidò Lucius alla sedia più vicina, prima di evocare uno specchio dal tavolino accanto.
    «È vivo. Dacci un momento,» sussurrò Severus alla superficie dello specchio, prima di metterlo da parte e osservare Lucius, il cui cuore martellante stava iniziando finalmente a calmarsi.
    «In qualche modo, lui sapeva che io sapevo. Mi ha guardato negli occhi e poi… non lo so. Non era Legilimanzia, ma qualcosa del genere. Non riesco proprio a spiegarlo e non importa. Ho sentito il momento in cui ha visto la verità, e ho agito, come avevamo discusso. Gli altri mi hanno imitato subito. Penso che abbiano capito quello che stava succedendo proprio mentre l’ho fatto anch’io, quando Voldemort ha cercato di convincere me e Trent a portargli i nostri figli per farglieli interrogare a proposito dei tutori di Potter. Che scusa pietosa,» Lucius sogghignò prima di scuotere la testa e sollevò la punta della bacchetta verso la propria tempia. «Eccoti il ricordo. Penso che sarà più chiaro delle mie parole.»
    Severus mise il ricordo in una fiala, per guardarlo dopo, e scoccò un’occhiata agli altri specchi poggiati sul camino. Sperava che, con un po’ di fortuna, si sarebbero attivati presto tutti e avrebbero portato buone notizie. Fino a quel momento, doveva informare Silente di ciò che era accaduto e vedere il ricordo.
    «Lo specchio della tua famiglia è accanto a te. Gli specchi degli altri sono là,» disse, indicando il camino mentre si dirigeva alla porta. «Sii svelto a rispondere. Speriamo di avere novità da tutti loro a breve.»
    Lucius annuì, sollevando con gratitudine lo specchio davanti a sé.
    «Narcissa,» iniziò.
    Severus non sentì molto altro mentre spariva nel camino in direzione dell’ufficio del Preside.

O o O o O

    Madama Bones si appoggiò contro lo schienale della sedia del suo ufficio, capace a stento di credere a quello che Albus Silente le aveva appena mostrato.
    Lui le aveva portato il suo Pensatoio, lo avevano usato insieme e avevano assistito all’incredibile.
    Mangiamorte (presunti o meno) che si rivoltavano contro Voldemort -  Lucius Malfoy, Trent Goyle, Darol Nott, e Sal Flint.
    Certo, erano stati solo quattro, ma erano abbastanza.
    Nel grande raduno, Lucius aveva iniziato la folle battaglia con un Avada diretto al più vicino Mangiamorte che, Madama Bones ne era sicura, era Gibbon. Da lì, Flint e Goyle avevano esploso delle fatture contro oltre una dozzina di mangiamorte, facendoli volare tra gli alberi, per lo più mandandoli a sbattere violentemente contro gli imperdonabili tronchi.
    E poi c’era Nott.
    Mentre Minus cadeva per aver preso in faccia una fattura spaccaossa, Nott stava duellando (distruggendoli) con quelli che aveva intorno usando l’Ardemonio. Bones non era sicura di riconoscerli tutti, ma distinse Dolohov, Barty Crouch Junior, Jugson e i fratelli Lestrange tra le fiamme.
    Nel frattempo, Lucius fece volare in aria Macnair mentre evitava gli incantesimi di Voldemort, che sembrava inconsapevole della morte intorno a sé e aveva scelto di concentrarsi solo su Malfoy.
    Quello fu tutto il ricordo mostrato prima che Lucius riuscisse a nascondersi dietro un albero e a sparire con la passaporta, mettendo fine alle immagini. Comunque Silente aveva provato, ancora una volta, quanto bene fosse informato.
    Trent Goyle e Sal Flint erano entrambi fuggiti e ora si stavano nascondendo con le proprie famiglie. Darol Nott, invece, aveva subito una brutta ferita e si trovava in un luogo segreto, curato da alcuni Guaritori di fiducia che conosceva Silente.
    Suo figlio, Theodore Nott, era con lui, ma non si sapeva ancora se sarebbe sopravvissuto.
    Come era immaginabile, Bellatrix Lestrange non era stata felice che lui avesse ucciso suo marito e suo cognato.
    Madama Bones scosse la testa.
    Nonostante conoscesse il loro passato e i loro metodi, non poté fare a meno di sentirsi un po’ grata nei confronti di Lucius e dei tre che si erano schierati con lui. A causa delle loro azioni, i seguaci di Voldemort erano drasticamente diminuiti – la Bones avrebbe anche detto demoliti.
    Poteva sperare soltanto che la guerra ora finisse prima, e con la sicurezza implementata al Ministero (scudi e un sistema di allarme), le cose stavano migliorando.

O o O o O

    Harry era a casa da una settimana (casa – che parola meravigliosa), si era tenuto occupato leggendo il libro che Luna gli aveva inviato qualche giorno dopo che Nicholas e Perenelle erano venuti a prenderlo (in incognito) fuori dal binario nove e tre quarti. Per Harry, le vacanze erano iniziate in modo calmo e piuttosto felice, fino a quel Lunedì.
    Verso la fine della giornata, la cicatrice gli esplose di una rabbia furiosa che rivaleggiava con qualsiasi altra emozione che avesse mai sentito da Voldemort, e questo era davvero notevole. Non vide nulla (in parte grazie al lento miglioramento dei propri scudi e al “fossato” mentale di Nicholas), ma quello che gli giunse forte e chiaro fu che qualcuno (un singolo o un gruppo) era in guai seri.
    Il desiderio di Voldemort di torturare e distruggere coloro che lo avevano fatto infuriare era innegabile.
    Per fortuna, gli ci vollero solo alcune ore per scoprire la ragione dell’apparente cambio d’umore di Voldemort, il che gli portò sia sollievo che preoccupazione.
    Era grato che Lucius e gli altri uomini fossero fuggiti e che le loro famiglie ora fossero nascoste al sicuro, ma, allo stesso tempo, non poteva evitare di pensare che anche i suoi genitori si erano nascosti da Voldemort e non era finita così bene, giusto?
    Comunque, non c’era nulla che potesse fare direttamente per dare una mano a tenerli al sicuro, e sapeva anche che il Professor Piton e gli altri stavano facendo tutto quello che potevano per fermare Voldemort. Gli era di qualche conforto mentre continuava la propria ricerca (facendo del suo meglio per ignorare il dolore sordo e costante nella cicatrice).
    Non fu sorpreso di scoprire che molto del contenuto di “Incisioni degli Antichi” era parecchio al di là della sua capacità di comprensione, nel classico stile della bizzarria di Luna, ma una parte di esso fu in realtà molto utile e decisamente illuminante.
    La sua cicatrice a forma di saetta era in realtà una runa, chiamata “Sig”. Simboleggiava la vittoria e poteva essere usata anche per rappresentare un trionfo del giorno sulla notte, o del bene sul male. C’erano altri significati, ma alla fine portavano tutti alla stessa cosa. Sua madre aveva probabilmente scelto questa runa perché credeva che avrebbe fornito alla sua magia una maggiore concentrazione e intenzione.
    E aveva funzionato. Lui era sopravvissuto, e Voldemort era stato temporaneamente sconfitto.
    Ora, se solo avesse scoperto quello che lei intendeva quando aveva detto “sarò una maganò o sarò morta”...
    Beh, aveva ancora quasi tutta l’estate per continuare la ricerca e non aveva ancora incontrato un ostacolo tale da spingerlo a chiedere aiuto ai Flamel o anche al Professor Piton. Il che gli ricordava, doveva mettere la protezione dal Cruciatus sui suoi tutori prima o poi, ma prima di tornare a scuola.
    Ma tornando alla sua ricerca, un’altra cosa che aveva letto nel libro era che (come nel libro di Hogwarts sugli Antichi Riti) l’intenzione era la chiave per l’uso e l’attivazione delle rune. Le parole e i gesti potevano aiutare a focalizzare la magia, come faceva la bacchetta, ma quando si guardava al componente essenziale, si giocava tutto sulla volontà dell’esecutore e sui suoi desideri.
    Di certo per Harry aveva senso. Era il motivo per cui sua madre aveva usato la propria bacchetta quando se l’era puntata al cuore e al “terzo occhio” prima di tracciargli la runa sulla fronte. Spiegava anche perché Harry non avesse sentito alcuna “parola magica”. Era stato tutto interiore, una preghiera silenziosa, un incrollabile scopo che aveva guidato la sua magia per ammantare Harry nell’incomparabile scudo.
    Era evidentemente più che abbastanza per dare a Harry un senso più profondo d’orgoglio per sua madre – ottenendo una maggiore comprensione dell’intensità della forza e dell’amore di lei – ma solidificò anche il malinconico desiderio di averla conosciuta.
    Si chiese se sarebbe mai stato in grado di dare quanto aveva dato lei.
    Sperava di esserne almeno capace.

O o O o O

    «Neville, Neville! Svegliati, vestiti!» Lo chiamò sua nonna dalla porta, la luce che entrava dal corridoio. «Il Dottor Price ha appena chiamato via camino.»
    Neville, che si stava già scapicollando giù dal letto, inciampò nel sentirlo e sbatté contro il comò. Si voltò e guardò sua nonna, un milione di domande negli occhi.
    «È tua madre. Ha chiesto di te.» La voce le tremò, ma in modo buono, prima che si voltasse e proseguisse lungo il corridoio.
    Neville non si era mai vestito tanto in fretta in tutta la sua vita, ma per poco non si mise le scarpe al contrario per l’urgenza.
    In quello che per lui fu a malapena il tempo di un battito di ciglia, era accanto ad Augusta, pronto a Materializzarsi nell’ospedale.
    Nei giorni precedenti, avevano fatto visita quotidianamente in ospedale, sperando che la presenza di Neville e la sua voce avrebbero aiutato i suoi genitori a svegliarsi. Ma, giorno dopo giorno, erano entrambi rimasti testardamente nel loro sonno curativo.
    Finora.
    Neville corse verso la stanza dei propri genitori, e fu solo grazie al fatto che era mattino presto che il ragazzo non finì addosso a qualcuno nel tragitto fino alla porta parzialmente aperta. Fermandosi d’improvviso sulla soglia, con il Dottor Price e sua nonna dietro di lui, si trovò davanti l’ultima cosa che avrebbe creduto possibile.
    Sua madre era seduta su una sedia a dondolo accanto al letto di suo padre e stringeva la mano inerte di lui.
    Neville rimase lì, ipnotizzato, fino a quando lei si voltò e lo guardò, sentendo in qualche modo la sua presenza.
    Le lacrime eruppero e il ragazzo si ritrovò subito tra le braccia di sua madre, entrambi erano troppo sopraffatti dalla gioia per preoccuparsi di qualsiasi altra cosa.
    Neville aveva di nuovo sua madre.

O o O o O

    Harry era davvero entusiasta per Neville, e sebbene volesse vedere Alice Paciock di persona, capiva che, per ora, era il momento per la sola famiglia, specialmente in quanto Frank Paciock si era svegliato due giorni dopo Alice.
    Dalla lettera che aveva ricevuto da Neville, e da ciò che gli avevano detto i suoi tutori (che erano stati tenuti informati da Silente), aveva scoperto che Alice e Frank avevano iniziato la fisioterapia per poter riconquistare tutte le funzioni che potevano, dopo il grave trauma nervoso e la mancanza di utilizzo dei muscoli.
    Comprensibilmente, Alice stava andando meglio di Frank, ma si sperava che l’uomo sarebbe stato in grado di reggersi in piedi, forse persino camminare, per la fine dell’anno.
    Purtroppo, quello fisico non era l’unico problema che Frank stava affrontando al momento, né il peggiore.
    Riusciva a malapena a parlare, e le poche parole che riusciva a pronunciare erano biascicate e interrotte. Per questa ragione, stava vedendo anche un logoterapista oltre a tutto il regime di stiramenti e le sedute di allenamento fisico. La memoria era anche un problema, per entrambi, molto di più per Frank. Da quel poco che riusciva a comunicare, capirono che ricordava solo sprazzi della propria vita, che, secondo il Dottor Price, era più di quello che avrebbero potuto realisticamente sperare, a questo stadio, data la profondità e l’ampiezza dei danni. Comunque, nonostante quel poco di conforto, era difficile per i Paciock.
    Talvolta, Frank li guardava confuso, quando si riferivano a qualcosa, ad esempio il mostro nel lago di Hogwarts o il cibo preferito di Alice. E altre cose più semplici, come le forme e i colori, era come se dovesse lottare per ricordarle o concentrarsi per impararle da capo.
    Tutto questo, diceva il Dottor Price, dovevano aspettarselo, ma la cosa importante, come aveva puntualizzato Alice insieme al Dottore, era che entrambi stavano meglio di un anno prima e stavano ancora migliorando.
    Ad Harry Alice già piaceva.
    «Buongiorno, Harry. Hai ricevuto un’altra lettera da Neville?» Chiese Nicholas, entrando in cucina.
    «Sì. I suoi genitori stanno migliorando ogni giorno. Chiederà al Dottor Price se posso far loro visita la settimana prossima.»
    Nicholas sorrise, mentre si versava del tè e si sedeva accanto a sua moglie, che aveva appena finito di preparare una tarda colazione per tutti. «Sono sicuro che te lo permetteranno.»
    Harry annuì con un gesto incerto. Neville gli aveva confidato che il Dottor Price non voleva forzare Frank ad incontrare più facce nuove di quanto non dovesse già fare. Le cose erano già abbastanza difficili così, per lui.
    «Allora, è arrivato qualcos’altro di interessante?» Domandò Nicholas.
    Harry si voltò verso il resto della posta, che aveva messo da parte sul tavolo, avendola temporaneamente dimenticata quando aveva visto la calligrafia di Neville. Mettendo via una lettera per Perenelle, spalancò gli occhi al vedere ciò che c’era sotto.

I PACIOCK SI SONO SVEGLIATI E SONO IN CURA DAI BABBANI!


    L’enorme titolone attraversava la prima pagina della Gazzetta del Profeta con sotto un’immagine di due letti vuoti che, Harry li riconobbe, erano del San Mungo.
    «Che è successo?» Chiese Perenelle, vedendo la faccia di Harry.
    «Come lo hanno scoperto?» Chiese ad alta voce Harry, mettendo giù il giornale.
    Nicholas lo girò verso di sé e iniziò a leggere.
    «In realtà sono sorpreso che non sia stato scritto prima un articolo su di loro. Ormai sono mesi che mancano dal San Mungo. Pensavo che qualcuno avrebbe chiesto della loro assenza poco dopo che erano stati spostati all’ospedale babbano,» ammise Nicholas. «Ma questo è...»
    Si chinò d’improvviso a guardare qualcosa nella pagina.
    «Ma questo è oltraggioso! Hanno decisamente sorpassato il limite qui. Non c’è alcun modo in cui abbiano potuto reperire questa informazione in modo legale, in particolare dopo che Augusta ha fatto tante pressioni per mantenere tutto privato,» disse mentre sua moglie si affacciava per dare un’occhiata.
    «Beh, non c’è nulla di cui meravigliarsi. Quella strega velenosa è l’autrice dell’articolo – quella Rita Skeeter,» sibilò Perenelle prima di farsi scappare un gemito di rabbia.
    «Cosa?» Chiese Harry, ora preoccupandosi per i Paciock. «Che cosa c’è?»
    «In qualche modo, quella perfida donna ha messo le mani sulla loro cartella clinica e l’ha pubblicata, facendo commenti su parti del loro trattamento… e sei citato anche tu,» spiegò lei.
    «È peggio di così,» affermò Nicholas. «Quell’infida put-» si interruppe, al ricevere un’occhiata di sbieco da sua moglie. Coral emise un sibilo divertito prima che lui continuasse. «In parole povere, ha rivelato al mondo il numero della loro stanza d’ospedale, senza parlare poi dell’indirizzo del posto, che non ha né scudi né altre protezioni magiche essenziali.»
    Harry si immobilizzò, la mente gli andò a Voldemort e al piccolo gruppo di Mangiamorte ancora vivi e leali, inclusa Bellatrix Lestrange. Avrebbero dato la caccia ai Paciock?
    «Sono sicura che anche Albus ha capito la situazione e starà già procurando ulteriori misure di sicurezza per loro proprio mentre noi stiamo parlando,» lo rassicurò Perenelle.
    Nicholas annuì. «Sono d’accordo, ma comunque, temo che dovrà essere rimandata qualsiasi visita ai Paciock da parte tua,» disse ad Harry. «Fin quando Albus non crederà che Voldemort ritenga l’ospedale un bersaglio troppo difficile per tentare un attacco. Mi dispiace, Harry.»
    Harry sospirò, ma concordava con quella decisione.
    Proprio mentre stava per scusarsi e andarsene in camera sua (a fare altre ricerche), apparve una busta in cima alla pila della posta sul tavolo.
    Comprensibilmente, attirò il suo sguardo, ma la ragione per cui ora aveva tutta la sua attenzione non era il suo arrivo tardivo. C’era il suo nome sopra, proprio sotto il sigillo ufficiale del Ministro della Magia.
    Sapendo che la loro posta era ispezionata con cautela dagli elfi dei Flamel (per questo appariva invece di essere portata da un gufo), la prese e la aprì, con Coral che guardava con curiosità.

Caro Signor Harry Potter,
    è giunto alla mia attenzione che sei stato parte del miracoloso recupero dei Paciock. Ora, anche se avrei preferito essere stato messo a conoscenza dei loro lenti progressi sin dall’inizio invece che scoprirlo all’improvviso dal giornale di questa mattina, capisco il desiderio di Augusta Paciock di tenere la faccenda nascosta a tutti coloro che non avessero partecipato in modo diretto. Comunque, in quanto Ministro della Magia, devo conoscere le condizioni dei cittadini che servo, specialmente di quelli che hanno influenzato la società tanto quanto hanno fatto i Paciock. Svolgo un lavoro molto importante nel Mondo Magico, e devo assicurarmi del benessere di tutti coloro che ne fanno parte.
    Detto questo, permettimi di essere la prima autorità ufficiale del Ministero a ringraziarti personalmente per questo atto di servizio nei confronti di due dei nostri eroi. Come probabilmente sai bene, Alice e Frank Paciock erano tra i nostri eroi dell’ultima guerra più amati e rispettati. La loro tragica storia mi fa salire ancora le lacrime agli occhi, se ripenso a quel tempo, molto simile ad ora, del tutto ammantato nell’incertezza e nel pericolo ad ogni passo.
    Ad ogni modo, non soffermiamoci sul passato. Ti sto scrivendo, ora, non solo per ringraziarti, ma per farti una proposta. Non è una richiesta che ti faccio a cuor leggero, poiché so quante pressioni tu abbia già, ma sono certo che questa sarà degna del tuo tempo e dei tuoi sforzi.
    Il Direttore del San Mungo, Grant Mann, è venuto da me per chiedermi se credo che tu vorresti lavorare (il compenso si discuterà poi) al San Mungo quest’estate. Ora, questa è una tremenda responsabilità e, in quanto tale, vorrei che tu e il tuo tutore (o tutori) veniste da me un giorno della prossima settimana per discutere la cosa nel mio ufficio, con me e il Direttore. In quanto Ministro della Magia, è mio dovere assicurarmi che questa proposta sia discussa fino in fondo (specialmente in quanto è stato il Direttore che è venuto da me a chiedere che ti contattassi). Sono molto onorato di essere in grado di aiutare in ciò e spero che porti salute e guarigione a molti sofferenti. Per favore contattami il prima possibile per programmare il nostro incontro.

Cornelius Oswald Caramell
Ministro della Magia


«Beh, di certo è pieno di sé,» mormorò Nicholas dopo averla letta anche lui.
    Perenelle mugugnò. «Dubito che l’abbia scritta. Non è abbastanza pomposa. Penso che abbia detto alla sua assistente speciale, “Madama Umbridge”, che cosa voleva e l’abbia lasciata a lei.»
    «Probabilmente hai ragione,» replicò Nicholas con un sorriso divertito, prima di farsi serio. «Beh, penso che ci siano alcune decisioni da prendere. Che cosa ne pensi, Harry?»
    Harry si morse il labbro, abbassando lo sguardo a Coral. «Mi darebbe l’opportunità di imparare di più su tipi differenti di trattamento.»
    «Sono d’accordo, ma vuoi dedicarvi una parte della tua estate?» Domandò Nicholas.
    Harry annuì dopo una pausa, pensando ai lati positivi e negativi dell’aggiungere un altro elemento al piatto. Alla fine, decise. «Voglio aiutare. Insomma, non penso che vorrò andarci tutti i giorni o cosa, ma una o due volte a settimana penso che potrebbero andare.»
    Nicholas e Perenelle annuirono con approvazione.
    «D’accordo, manderemo indietro un gufo e io e te parleremo col Ministro e il Signor Mann,» disse Nicholas. «Il che mi porta a qualcosa di cui volevo discutere con te sin dall’inizio dell’estate. A un certo punto il fatto che ti abbiamo adottato verrà fuori, anche se i membri del Consiglio di Adozione hanno fatto un giuramento di segretezza. Quindi, suggerisco che siamo noi a scegliere come, dove e quando, prima che ci sfugga dalle mani.»
    «Allora, lo faremo quando andremo dal Ministro?» Chiese Harry.
    «Sì, ma senza dichiarazioni vistose. Semplicemente non mi nasconderò e lascerò che le cose proseguano da lì,» fece lui. «E poi dopo, se ne avremo bisogno, cosa che immagino accadrà, faremo una dichiarazione pubblica.»
    Harry concordò. «D’accordo. Andrà bene così.»

O o O o O

    Harry e Nicholas tesero le proprie bacchette per la registrazione dopo aver ricevuto dei piccoli cartellini argentati con la ragione della loro visita (incontro con il Ministero della Magia e con il Direttore del San Mungo). Mentre avanzava verso il banco dell’addetto alla sicurezza, Harry non poté evitare di sfregarsi la cicatrice dolorante. Gli stava dando parecchio da penare sin da quella mattina, più del resto della settimana passata, e tutto ciò che riusciva a capire da Voldemort era che si stava sentendo estremamente ansioso e impaziente.
    Lo aveva detto a Nicholas e a Perenelle ovviamente, ma c’era poco che potessero farci, a parte allertire Silente così che potesse provare a tenere d’occhio la situazione.
    Riconcentrandosi, Harry si riprese la bacchetta (l’uomo dai capelli unticci dietro il banco rimase senza parole al vedere i nomi sui loro cartellini) e si diresse verso l’ufficio del Ministro con Nicholas.
    Harry non fu sorpreso nel vedere che Nicholas sapeva dove andare all’interno del Ministero, sebbene fu meravigliato da quanto in fretta fendettero la folla fino all’ascensore. Certo, forse era perché ognuno era così concentrato ad andare dove doveva andare che voleva anche evitare di essere trattenuto da qualcosa. Uscendo dall’ascensore al primo piano, si fecero strada nel corridoio fino ad una porta decorata sulla fine, segnalata da una placca dorata. “Cornelius Caramell – Ministro della Magia”.
    Il corridoio era affollato, ma non tanto caotico quanto l’Atrium. Da entrambi i lati c’erano molte porte, alcune aperte, altre chiuse, anche se erano tutte accompagnate da elaborate insegne. Erano gli uffici di importanti rappresentanti del Ministero, anche se Harry non aveva la minima idea di che cosa facessero davvero.
    Si diressero verso la fine del corridoio, e accanto all’ufficio del Ministro, arrivarono a una porta con l’insegna: “Sottosegretario Anziano del Ministro della Magia”.
    Nicholas fece un cenno col capo a Harry, invitandolo ad aprire la porta ed entrare.
    L’ufficio era pieno di certificati e trofei scintillanti. C’erano alcune sedie per gli ospiti, e anche una scrivania, ma era più una sala d’ingresso abbellita che altro.
    «Per cortesia, segnate il vostro nome nel registro,» disse l’uomo al di là della scrivania senza alzare lo sguardo.
    Sembrava estremamente annoiato.
    Fecero come aveva detto, entrambi scrivendo il loro nome per esteso prima che l’uomo vestito in modo troppo elegante alzasse lo sguardo con occhi stanchi. Comunque, quando notò i loro cartellini e i loro nomi scritti, si risvegliò immediatamente.
    Si girò svelto a guardare l’orologio, sorpreso, apparentemente non aspettandosi di scoprire che ora fosse.
    Tossì appena e si alzò con un enorme sorriso. «Per favore, seguitemi, Signor Flamel, Signor Potter. Siete puntualissimi.»
    «Grazie,» rispose Nicholas mentre l’uomo apriva una porta di servizio per l’ampio ufficio del Ministro.
    «Ministro, il Signor Potter e il suo tutore, il Signor Nicholas Flamel, sono qui per l’incontro con lei e con il Direttore Mann,» affermò.
    «Ah, falli entrare, falli entrare, Dram,» replicò Caramell, spalancando un po’ gli occhi allo scoprire chi era il tutore di Harry.
    Il Sottosegretario fece un cenno e spalancò la porta per far passare Harry e Nicholas. Una volta che l’ebbero attraversata, l’uomo la richiuse gentilmente.
    «Il Direttore Mann dovrebbe essere qui a breve,» disse Caramell, alzandosi da dietro la sua scrivania e tendendo la mano.
    Nicholas gliela strinse educatamente prima che Harry lo imitasse.
    L’ufficio era piuttosto pacchiano e molto più largo di quello che sarebbe stato necessario ad ospitare dieci persone. C’erano altre tre porte, di cui due sulla stessa parete di quella del Sottosegretario. Una portava all’ufficio dell’assistente speciale, un’altra direttamente al corridoio, e la terza a un’altra parte dell’ufficio del Ministro fino alla destra della sua scrivania. Le pareti erano ricoperte dai ritratti di Ministri passati, tra alcune brutte tazze decorative.
    «Prego, sedetevi. Tè?» Offrì Caramell.
    «No, grazie,» disse Nicholas, muovendosi verso una delle sedie proprio mentre la porta del Sottosegretario si apriva di nuovo.
    «Il Direttore Mann, Signore,» fece Dram.
    Caramell fece cenno di mandare dentro Mann, prendendo un sorso di tè e alzandosi, pronto a fare le presentazioni.
    Comunque, non fece in tempo a farlo, poiché Dram seguì Mann nell’ufficio, serrandosi la porta alle spalle.
    L’unico avvertimento per Harry fu una pulsazione di magia da parte del suo tutore e Coral che gli strizzava il polso, prima che Nicholas lo lanciasse sul pavimento.
    Un’orribile risata echeggiante risuonò davanti a loro, prima di essere ingoiata da un orribile boom che fu immediatamente seguito da un sonoro booonnnnnng.
    La magia si innalzò, e Harry riuscì a sentirla scorrere attraverso il pavimento e tutto intorno a loro (scudi?) mentre il dolore esplodeva nella sua cicatrice.
    Euforia.

O o O o O

    Madama Bones gemette al sentire l’allarme che arrivava al suo ufficio.
    «Lo giuro, se quell’uomo ha fatto scattare di nuovo il sistema di isolamento totale… per la terza volta...» Brontolò, mentre si affrettava ad alzarsi e a correre via dal proprio ufficio, raggiunta da una manciata di Auror.
    «È stato di nuovo attivato da dentro il suo ufficio. Dobbiamo trattare la cosa come una semplice esercitazione e iniziare a rimuovere i sigilli dagli altri dipartimenti?» Chiese uno.
    «No, con la nostra fortuna, non appena lo trascureremo, sarà un allarme vero,» rispose lei mentre si facevano strada verso l’ufficio di Caramell.
    Entrando nel corridoio al primo piano (dopo aver rimosso il sigillo dall’ascensore), si avvicinarono alla porta del Ministro alla fine del corridoio, rallentando mentre lo facevano.
    Qualcosa non andava.
    Tutte le porte degli uffici del corridoio erano chiuse, come dovevano essere. E, sorprendentemente, tutti gli impiegati ministeriali avevano seguito le procedure della quarantena ed erano corsi nei propri uffici prima che le porte si serrassero, chiudendosi per proteggere coloro che erano all’interno. Comunque, non ci voleva uno specialista in scudi per sentire la differenza nell’ambiente.
    C’erano strati e strati di scudi. Più di quelli che aveva messo il Ministero. Molti di più. E non solo, dopo aver lanciato un cauto incantesimo rivelatore, la Bones trovò molte maledizioni infide con una firma magica spaventosamente familiare. Quella di Voldemort.
    «Portate qui gli SpezzaIncantesimi e gli Spezza Scudi immediatamente e iniziate ad evacuare tutti i dipartimenti, io contatterò Albus Silente.» Disse lei mentre la porta si muoveva in un brivido attutito, come se qualcosa all’interno fosse esploso.

O o O o O

    Harry, ora bocconi, si voltò giusto in tempo per vedere Nicholas che deviava un raggio accecante di luce gialla. Rimbalzò e disintegrò completamente la metà delle foto sulla parete, facendo gridare dal terrore le persone fotografate all’interno.
    Nicholas rispose con una propria maledizione mentre Mann e Dram avanzavano verso di lui. Comunque, c’era un terzo avversario.
    La porta di servizio accanto alla scrivania di Caramell si spalancò di schianto, il lampo accecante di una maledizione oscurò la maggior parte della figura maschile in piedi oltre la soglia.
    Harry cercò la propria bacchetta, ma non aveva più importanza.
    Nicholas fece volare via Mann, facendolo piroettare come una ballerina rotta, ma prima che potesse voltarsi per affrontare Dram, la maledizione bianca lo colpì alla schiena.
    Il tempo sembrò rallentare mentre Nicholas cadeva inerme su un fianco, e le cose peggiorarono soltanto. La bacchetta di Nicholas volò attraverso la stanza direttamente nella mano di Dram, che stava ridendo istericamente.
    Harry non attese e si gettò in avanti, radunando la propria magia. La sua mente era focalizzata e sapeva che il tempo era fondamentale. Ma non avrebbe curato.
    Tenendosi con la schiena rivolta a coloro che erano nella stanza, si portò rapidamente la punta della bacchetta al petto prima di picchiettarsela al centro della fronte, l’intenzione che sgorgava da lui. I secondi parvero rallentare mentre incatenava il suo sguardo a quello di Nicholas, che lo fissava sbigottito.
    Senza una parola, Harry tracciò svelto la runa Sig vicino alla clavicola di Nicholas, proprio al di sotto dell’orlo degli abiti...
    «Harry...» Sussurrò Nicholas.
    «Ah-ah-ah. Niente cure.»
    Harry non ebbe bisogno di guardarsi indietro per identificare chi aveva parlato, prima di essere tirato via magicamente da Nicholas, trascinato sul pavimento sulle ginocchia.
    «Harry Potter, come stai?» Chiese Voldemort, girando intorno alla scrivania e dirigendosi verso di lui prima di dare un colpetto alla spalla di Nicholas col piede, per farlo voltare.
    Coral sibilò rabbiosa e Harry guardò Voldemort, ignorando la cicatrice pulsante mentre rafforzava la presa sulla bacchetta. Per tutto il tempo, Cornelius Caramell rimase silenziosamente rannicchiato in un angolo, tremando, con le mani sulle tempie, come se stesse combattendo con un’emicrania.
    «Dunque, i Flamel? Lo ammetto, non lo avrei mai immaginato,» continuò Voldemort mentre Dram agitava la bacchetta su sé stesso.
    «Ahh, molto meglio,» disse Dram… solo che non era Dram. Non era nemmeno un uomo.
    L’impiegato dall’abito elegante si sciolse per rivelare Bellatrix Lestrange, avvolta da un vestito di seta nera.
    «È un peccato che la maledizione non lo abbia ucciso. Non vedevo l’ora di vedere i suoi pieni effetti,» rifletté Voldemort con fare assente mentre Nicholas riapriva piano gli occhi. Voldemort ghignò. «Sorpresi?»
    Nicholas optò per rimanere in silenzio.
    «Bene, che tu lo sia o no, non cambia nulla. Sebbene io sia un po’ infastidito dal fatto che tu sia riuscito a uccidere Yaxley,» continuò Voldemort dopo che Bellatrix ebbe controllato “Mann”. «Quindi organizzerò una fine adatta a te per farti perdonare.»
    Harry non si era ancora mosso, sentendo gli occhi di Bellatrix su di sé, e piuttosto certo che Voldemort non fosse concentrato su Nicholas come poteva sembrare. Aveva ragione, perché Voldemort si voltò in quell’istante.
    «Imperio.»
    Una sensazione che poteva essere descritta solo come pura beatitudine calò su Harry. Nulla importava. Nulla andava male. Tutto… semplicemente era.
    «Alzati e solleva la bacchetta, Harry.»
    La voce filtrò nella sua mente come una calma brezza, un dolce sussurro che prometteva pace eterna.
    Harry si alzò e sollevò la bacchetta, non trovando alcuna ragione per non farlo. Infatti, il pensiero di mettere in dubbio gli ordini della voce non gli aveva nemmeno sfiorato la mente.
    «Bravo, Harry. Ora, punta la bacchetta contro il tuo tutore.»
    Harry lo fece, abbassando tranquillo gli occhi sulla sua bacchetta e sul suo tutore, non reagendo affatto alle preghiere di Coral :Fermati Harry! Non lo ascoltare!:
    Nicholas, immobilizzato da ferite interne, ricambiò lo sguardo, con le lacrime che gli si radunavano negli occhi. Non per paura o per il dolore fisico, ma per la sofferenza per ciò che, ne era certo, Harry avrebbe provato una volta che Voldemort avesse terminato l’Imperius.
    Molti istanti passarono, Voldemort senza dubbio si godeva il momento. Per tutto il tempo, Coral stava sibilando istericamente, provando invano a far riprendere Harry.
    «Ora, lancia l’incantesimo Diffindo.»
    Fu in quell’istante, in quella frazione di secondo, che qualcosa in Harry mutò e raggelò. La sensazione di felicità vacillò e al suo posto giunse un baluginio di conflitto.
    Ci fu qualcosa che d’un tratto non era a posto, e la coscienza di Harry fu d’improvviso consapevole che c’era qualcosa di veramente, inequivocabilmente sbagliato.
    «Avanti, Harry, conosci l’incantesimo. Diffindo. Squarcia e colpisci...»
    Cosa?
    La mano di Harry tremò appena, la mente ora lottava contro l’estranea euforia. Lontano, riusciva a distinguere le parole disperate di Coral mentre iniziava a capire che cosa stava facendo, o provando a fare/non fare. I suoi occhi incontrarono quelli di Nicholas.
    La sua volontà, che all’inizio era stata annichilita prima di essere riemersa lentamente, d’improvviso crebbe e si solidificò. La piena comprensione di ciò che per poco non aveva fatto colpì con forza la superficie della sua mente, e una furia più vasta di qualsiasi cosa avesse mai provato ingoiò ogni altra emozione.
    Harry si girò allontanando la bacchetta da Nicholas e puntandola a Voldemort che era a malapena a due metri da lui, e ruggì: «Diffindo!»
    Sfortunatamente, il suo attacco non era nulla per i decenni di esperienza di Voldemort.
    Riddle, non più divertito, mosse furioso la bacchetta per bloccare l’incantesimo offensivo, prima di abbassarla, schiacciando a terra con la magia Harry come una mosca, e facendogli volare via dalla mano la bacchetta, che rotolò sul pavimento.
    «È mio!» Urlò Voldemort, impedendo a Bellatrix di prendere l’iniziativa. «Crucio!»
    Harry istintivamente sobbalzò e si rannicchiò su un fianco, mentre la magia di Voldemort lo avvolgeva.
    La sua protezione contro il Cruciatus stava funzionando, ma non voleva rivelare che la maledizione oscura non stesse agendo su di lui.
    Per mantenere le apparenze, Harry si dibatté un po’ ed emise un grido che sperò fosse convincente. Evidentemente lo fu, e Voldemort interruppe la maledizione. Harry rabbrividì, cosa che non dovette fingere del tutto. La magia di Voldemort era disgustosa. Coral gli diede una stretta per confortarlo.
    «Quelli erano solo alcuni secondi, Harry. Vogliamo provarne cinque, o dieci?» Domandò lui.
    Harry si mosse in avanti in una posizione molle, strisciando lentamente più vicino a Nicholas, che era a solo un metro da lui.
    «O forse preferiresti vedere com’è quando qualcun altro è sotto Cruciatus?» Chiese Riddle con voce di seta, puntando la bacchetta verso Nicholas.
    «E, siccome hai visto gli effetti a lungo termine sui Paciock… che ne pensi di una “Crucio Maxima”? Mi sembra di aver capito che il caro Frank Paciock non si riprenderà mai del tutto, nonostante la tua… magia curativa.»
    Nicholas sollevò il volto, sconfitto, sapendo che qualsiasi cosa avesse detto non li avrebbe aiutati. Harry aveva il cuore in gola, desiderando d’improvviso di aver dedicato del tempo a mettere l’inestimabile protezione più che solo su sé stesso, i suoi amici e Coral. Perché mai aveva pensato di aver potuto aspettare a metterla sulle due persone che ora erano la sua famiglia – i suoi genitori? E che cosa sarebbe accaduto a Nicholas, visto che era già ferito?
    L’espressione di Harry disse a Voldemort tutto quello che voleva sapere.
    «Iniziamo con calma. Crucio!»
    Harry si slanciò in avanti, provando a prendere la maledizione su di sé, ma una dolorosa stretta sulla sua spalla lo tirò indietro.
    «Oh, no, bambinello,» gli fece le fusa nell’orecchio Bellatrix mentre Harry guardava con orrore Nicholas che soffriva.
    «No! Basta!» Gridò Harry, dibattendosi. «Fermati!»
    Voldemort trattenne la maledizione per alcuni altri secondi prima di interromperla. Nicholas crollò, ansimando.
    «Un incantesimo molto potente, no? Molto affascinante. Crucio!»
    Harry era troppo furioso per piangere.
    Dopo quella che gli parve un’eternità, si fermò. Voldemort ghignò e Bellatrix rise.
    Inalando profondi respiri ora, con la fronte ricoperta di sudore, i muscoli di Harry tremavano di assoluta furia mentre Coral sibilava insulti che sembravano solo divertire Voldemort. Harry chiuse gli occhi, incapace di guardare ancora ciò che era davanti a sé.
    «Beh, penso che il semplice dolore sia abbastanza. Per quanto mi diverta, abbiamo delle cose da fare nella stanza a fianco, Harry. Crucio Ma-»
    Qualcosa scattò in Harry mentre Bellatrix emetteva uno strillo acuto e lasciava andare la spalla di Harry – grazie a Coral che si era attaccata al lato del suo palmo. Con una raffica di magia turbinante, Harry si slanciò in avanti, proprio tra Voldemort e Flamel.
    «-xima!»
    Harry atterrò ai piedi del suo tutore mentre un’orrida sensazione squarciante scosse il suo nucleo magico. Si sentiva come se gli stessero strappando una gamba, ma era molto più profondo di così. Una pressione inesorabile che non sarebbe stata rinnegata sopraffece tutte le altre sensazioni e oltrepassò qualsiasi dolore che Harry avesse mai provato. Non riusciva a pensare, dire, o gridare nulla, neanche a desiderare che finisse.
    A Harry sembrò che durasse per sempre, ma in realtà Voldemort interruppe l’incantesimo non appena le parole ebbero lasciato le sue labbra.
    «Harry!» Gridò Nicholas, tentando di tirarsi su a sedere, ma senza riuscirci.
    «Ragazzino idiota!» Ringhiò Voldemort, mentre Bellatrix continuava a strillare dietro di lui, anche se era finalmente riuscita a scrollarsi di dosso Coral.
    Il serpente ora era sul pavimento, sotto una sedia dall’altra parte della stanza, ad osservare.
    Voldemort era livido mentre abbassava lo sguardo a terra, su Harry, che prendeva brevi respiri tremanti con gli occhi aperti a stento.
    «Ne ho abbastanza,» sibilò Voldemort, puntando la bacchetta contro Nicholas. «Avada Kedavra!»
    Harry poté solo guardare mentre la maledizione verde saettava sorpassandolo, ma, stranamente, non era per niente preoccupato.
    L’aria sembrò solidificarsi intorno a loro, mentre qualcosa di gigantesco si sollevava come un’onda oceanica e andava incontro all’anatema mortale. E continuò a proseguire, inarrestabile.
    In un’inondazione terrificante e strabiliante di potere, l’intera stanza fu scossa mentre il corpo di Voldemort veniva scagliato all’indietro. Il suo grido venne strozzato quando quello che rimaneva del suo corpo si schiantò contro la parete. La bacchetta spezzata cadde sul pavimento.
    «Mio Signore!» Gridò Bellatrix, ancora dolorante, mentre si affrettava verso di lui per aiutarlo.
    Comunque, non arrivò tanto lontano, perché le gambe le cedettero. Cadde a faccia in avanti, rompendosi inequivocabilmente il naso atterrando sul pavimento di granito. Morta. Il segno del morso di Coral ora era rosso brillante.
    Accartocciato contro la parete, Voldemort emise d’un tratto diversi dolorosi colpi di tosse, seguiti da gorgoglii. La sua pelle iniziò subito ad assumere un colorito malsano e la carne sul suo viso parve essere risucchiata nel cranio, some se stesse morendo di fame.
    Tutto ciò che aveva ottenuto da Vincent Tiger era stato annullato.
    «Noo...» Si lamentò Voldemort con un arido respiro strozzato. «Io… non morirò!»
    In un ultimo scatto di ribellione, Voldemort si lanciò verso Harry, la sua magia morente lo aiutò in quel basso volo bizzarro.
    Comunque, fu immediatamente intercettato.
    Nicholas, furioso come potrebbe esserlo qualunque tutore, gli balzò addosso e afferrò Voldemort all’altezza della vita, ed entrambi caddero in un mucchio di membra in lotta.
    «AAAHHHH!»
    Il Signore Oscuro, amante di tortura e omicidio, strillava istericamente mentre Nicholas lo afferrava a mani nude. L’odore di carne bruciata saturò subito la stanza. Ma Nicholas non ne fu affatto disturbato mentre affondava il pugno su un lato del volto avvizzito di Voldemort, lasciandosi indietro molti segni di ustione a forma di nocche.
    Tendendo in fuori una mano, Nicholas richiamò la propria bacchetta in uno scoppio di magia senza bacchetta, e si tirò indietro, alzandosi con un movimento sorprendentemente calmo, e una maledizione pronta sulle labbra.
    Ma non la lanciò, poiché sentì Harry che si alzava di fianco a lui, mentre Voldemort ora lottava disperatamente per riuscire a respirare.
    «No...» Sibilò debolmente Voldemort. «Io non. Io.. mi rifiuto...»
    Con la bacchetta ancora puntata, Nicholas posò la mano libera sulla spalla di Harry mentre fissavano il Signore Oscuro morente. Il momento surreale si dilungò, gli occhi di Voldemort si facevano sempre più agitati mentre la fine si avvicinava.
    «I-io sono L-Lord Vol… Vol…» La voce gli si spense e il petto rabbrividì… poi, finalmente, si irrigidì.
    Harry deglutì prima di alzare lo sguardo a Nicholas.
    «È finita, Harry. È finita.»


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… Ed eccoci, infine, al termine della battaglia.
    Probabilmente molti di voi potranno sentirsi delusi da questo finale che l'autrice ha incastrato in un unico capitolo, ma, come ho già detto a qualcuno, l'autrice stessa ha affermato che (ai tempi della pubblicazione) è stata più o meno costretta a dare una conclusione alla storia, per i propri impegni, per non rischiare di far aspettare i lettori per mesi o forse più di un anno... o addirittura non riuscire a finirla.
    Quindi, spero che comunque la fine di Voldemort possa avervi soddisfatto, e in quanto a spiegazioni e faccende in sospeso, dovrete aspettare l'Epilogo.
Quello che posso dirvi io, è...

    Grazie a chi legge e a chi recensisce!
Oramai vi aspetto solo per il nostro ultimo appuntamento per questa storia, l’Epilogo.




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Capitolo 34
*** Epilogo ***



To Shape and Change - Modellare e cambiare
di Blueowl

tradotto da Mezzo_E_Mezzo


Rinuncia: né io né l’autrice possediamo Harry Potter.

Capitolo 34: [Epilogue] Epilogo

    Il giorno in cui Harry Potter era morto era finalmente arrivato. C’era voluta molta attesa, ma Severus aveva deciso che, se mai avesse rivelato la verità a qualcuno, sarebbe stato in questo giorno, quando tutto il futuro era stato disfatto. E così, Severus si permise di ricordare mentre aspettava il suo visitatore...


    I giorni dopo la caduta di Voldemort erano stati caotici e surreali, e per Severus ancora di più. L’istante in cui la fine di Voldemort era finalmente diventata definitiva, il Marchio Nero di Severus era svanito in un breve lampo di dolore, ma l’ondata di scioccato sollievo fu rapidamente sostituita da trepidazione e preoccupazione.
    Che cosa era accaduto esattamente? Era morto qualcuno nell’atto di sconfiggere Voldemort? Tutti coloro che lui conosceva stavano bene?
    Le risposte erano arrivate in quella stessa ora, da Madama Bones e attraverso il Pensatoio di Silente nel suo ufficio.
    Yaxley, uno dei due Mangiamorte leali rimanenti a quel tempo, si era infiltrato nella sicurezza del Ministero e aveva modificato gli scudi attorno all’ufficio del Ministro. L’incantesimo di cui era vittima Caramell aveva reso la cosa molto facile, permettendo a Yaxley di far apparire le manipolazioni come falsi allarmi che Caramell causava per sbaglio, fin quando gli scudi erano stati modellati secondo le esigenze di Voldemort. Guardandosi indietro, Madama Bones avrebbe voluto schiaffeggiarsi.
    In quanto alla fine di Voldemort, Nicholas aveva gentilmente fornito il suo ricordo dell’evento. Visionato da Madama Bones, una manciata di membri dell’Ordine e da alcuni professori, il ricordo li aveva lasciati tutti sbigottiti e totalmente meravigliati.
    «Come è possibile questo, Albus?» Aveva chiesto Minerva senza fiato mentre guardavano il cadavere di Voldemort – il ricordo era gelato in quell’istante. «Quel rituale… Potter non dovrebbe… Come?»
    «Credo che Harry debba ringraziare il sigillo sulla sua magia,» aveva sussurrato Silente. «Quando Harry ha preso su di sé il Cruciatus diretto contro Nicholas, ha soddisfatto le condizioni di volontà di sacrificio del Rito. E quando ciò è accaduto, la magia necessaria ad attivare la protezione è arrivata dal fatto che Voldemort ha cercato di uccidere Nicholas. Comunque, invece di usare tutta la magia di Harry come avrebbe fatto normalmente -togliendogli la vita a causa di ciò- è stato bloccato dal sigillo. Questo ha fermato la perdita di magia e ha salvato la vita ad Harry, ma anche tutta la sua magia al di là del sigillo.»
    «”La sua magia al di là del sigillo”? Questo vuol dire che la sua magia già libera dal sigillo…?» Aveva iniziato Madama Bones.
    «È svanita,» aveva spiegato Silente.
    «Oserei dire che anche la totale perdita di tutta la sua magia sarebbe valsa la pena per questo,» aveva grugnito Malocchio, occhieggiando la patetica forma raggrinzita ai propri piedi.



    Severus si riscosse dal ricordo, non volendo ricordare il modo in cui Sirius era praticamente saltato alla gola di Malocchio a quelle parole, non apprezzando l’insensibilità del vecchio Auror.
    Per quanto Severus avrebbe preferito che Harry uscisse dalla guerra del tutto illeso, sapeva anche che l’Harry del suo futuro, come anche quello del presente, sarebbe stato d’accordo con Malocchio. Entrambi -l’Harry futuro e l’attuale- avrebbero fatto qualunque cosa per annientare Voldemort, ed entrambi lo avevano fatto.
    Il totale sacrificio del primo aveva permesso il volontario sacrificio del secondo e il suo successo, portando a un futuro molto più luminoso di quanto Severus avesse immaginato e avesse mai potuto sperare.
    Severus chiuse gli occhi, ricordando ancora una volta tutti gli eventi propizi e fortunati che erano accaduti dopo la sconfitta del Signore Oscuro.
    Tutti i seguaci di Voldemort lo avevano tradito oppure erano stati uccisi, e coloro che lo avevano lasciato presto ricevettero l’amnistia dal Ministero -anche se Severus dubitava della saggezza di una mossa del genere. Severus non voleva, ovviamente, che Lucius e gli altri ricevessero il bacio, ma avevano comunque fatto cose di cui dovevano rispondere. Ad ogni modo, supponeva che qualcuno avrebbe obiettato che in questo caso era meglio lasciar andare e guardare al futuro.
    I Malfoy e le altre famiglie di ex Mangiamorte scalarono le vette della società. Mentre la fine della prima guerra li aveva lasciati sotto lo scrutinio di molte famiglie della Luce e gli aveva fatto ottenere il sospetto da parte di chiunque avesse almeno metà cervello, ora erano grandemente rispettati e, da alcuni, praticamente venerati. In altre circostanze tutto ciò avrebbe orripilato Severus, ma le sue relazioni con loro, come anche l’interazione dei loro figli con Harry, lo avevano messo a suo agio. Questo non voleva dire che comunque non li avrebbe sempre tenuti d’occhio – sia che lo ritenesse davvero ancora necessario o no.
    Il mondo era diverso, o almeno il Mondo Magico. Il Ministero aveva in qualche modo perso parte del proprio bigottismo e aveva guadagnato un po’ di buon senso, anche se era difficile da credersi. La cosa più strana era che il fatto era stato per lo più causato da Lucius Malfoy. Chi avrebbe immaginato che quell’uomo potesse davvero fare qualcosa di buono se non era concentrato così tanto sull’ottenimento di potere? Comunque, Severus ne era certo, il produttivo cambio di rotta del biondo era dovuto al Debito di Vita che la sua famiglia aveva verso Harry, che, per i precedenti anni, aveva preso una ferma posizione contro la corruzione.
    Severus non poteva far altro che essere meravigliato dall’impatto di Harry sul Mondo Magico, anche ora. Sin da quando Harry vi era rientrato, le persone gli gravitavano attorno, entusiaste di aiutarlo e supportarlo in ogni modo che gli era possibile. Il Signor Lee, il rappresentante del Vietnam e ex-licantropo, aveva mantenuto la sua promessa e aveva dato supporto e informazioni ogni volta che aveva potuto. Aage Brown, il rappresentante dell’Etiopia, aveva aiutato Harry con ogni tipo di ricerche mediche internazionali e il Signor Walter McCaffrey, il primo licantropo adulto curato, era diventato un uomo d’affari di successo e aveva fornito fondi e assistenza professionale per i progetti e i programmi di Harry. Col passare del tempo, sempre più persone avevano aggiunto il loro aiuto e Severus era sicuro che la lista dei nomi potesse ora riempire un rotolo di pergamena di almeno alcune decine di metri.
    Una volta che Harry ebbe riconquistato abbastanza controllo magico per usare di nuovo i Serpincanti – poiché il Rito aveva completamente distrutto il suo sigillo – era tornato a fare quello che sapeva fare meglio. Curare. E così, prima ancora che si fosse diplomato ad Hogwarts e prima di iniziare il proprio apprendistato da Silente al suo quarto anno, Harry si era fatto avanti e aveva continuato da dove aveva iniziato con la sua comparsa alla Confederazione Internazionale dei Maghi. Aveva iniziato pian piano, ironicamente facendo quello che era suggerito nella lettera mandata da Caramell, al San Mungo, ma non gli ci volle molto prima di estendere la sua attività oltre la Britannia.
    Ma prima di ciò, Harry aveva dovuto abituarsi al modo in cui il mondo ora lo vedeva.
    Senza alcuna sorpresa, le notizie della sconfitta del Signore Oscuro si erano diffuse in fretta, incluso, nonostante gli sforzi della Bones, il ruolo di Harry in essa.
    Era stato come l’Halloween del 1981, di nuovo – solo dieci volte peggio.
    Gli Obliviatori avevano avuto da fare per settimane, ma quello era stato il minimo.
    Harry non era più solo conosciuto come “Il ragazzo Sopravvissuto”, ma anche “Il Fanciullo della Vita” e “Il Custode della Vita”, tra gli altri soprannomi. Severus aveva dovuto ammetterlo però, uno era abbastanza divertente (grazie a Silente che lo aveva diffuso), e anche Harry lo trovava piuttosto esilarante.
    “Il Salvagente”.
    Nonostante il suo desiderio che il Mondo Magico smettesse di inventare questi nomi ridicoli con cui chiamare Harry, Severus doveva ammettere che questo gli piaceva. Piton si domandava che cosa avrebbero detto se avessero saputo delle caramelle Life Saver*. Si sarebbero scusati per averlo chiamato come una minuscola ciambellina commestibile?
    Severus si riscosse, sentendo che qualcuno bussava alla sua porta.
    Con un piccolo sorriso, schioccò le dita, segnalando alla sua elfa domestica, Muffola, di preparare il salotto mentre lui andava ad aprire la porta.
    I più avrebbero pensato che sarebbe stato nervoso ora che questo momento era arrivato, ma tutto ciò che provava era l’aspettativa di un enorme peso che poteva finalmente togliersi dalle spalle. Aveva mantenuto questo segreto per molto tempo ed era stato pronto a liberarsene già da un po’, ma ora era finalmente il momento giusto.
    Aprì la porta.

O o O o O

    Harry camminò lungo il tranquillo sentiero di mattonelle con, come sempre, Coral attorno al polso. Il serpente ora era innegabilmente una veterana nell’assistere Harry nella Guarigione, e (se gli altri avessero potuto comprenderla) era esperta quanto qualsiasi altra buona medimaga. Era adorata da tutti coloro che lavoravano al San Mungo e godeva senza vergogna delle loro lodi (cosa per cui Harry la prendeva in giro senza pietà).
    Gli ultimi anni erano stati eccezionalmente buoni per lui, e, avendo ormai 19 anni, prevedeva di costruire un vero futuro insieme a qualcuno.
    Harry sorrise dolcemente, i suoi pensieri andarono alla sua deliziosa (sebbene stramba) fidanzata, Luna Lovegood.
    La ragazza aveva appena iniziato un apprendistato con qualcuno che si diceva fosse un ex Indicibile (che non poteva né confermare né negare queste voci) e sperava di fare progressi nel campo della magia altruista utilizzata in un nuovo ambito: la Guarigione Prolungata. Dopo aver scoperto la donazione di organi nel mondo babbano, Luna era fiduciosa che potessero portare quel dono meraviglioso a uno stadio ulteriore. Le possibilità erano stupefacenti ed Harry si sentiva solo orgoglioso di lei e dei progressi che la ragazza stava facendo; comunque, il ragazzo sperava che lei avrebbe voluto fare un passo di tipo diverso, con lui.
    Il piano di Harry era di farle presto la grande domanda, forse il mese prossimo, se avesse trovato il coraggio.
    Vedeva già la loro vita insieme, ed era fantastica...
    Lui e Luna che preparavano la cena, mentre guardavano i loro due o tre figli che giocavano felici nel cortile con Dobby e Coral.
    Harry si riscosse mentre cominciava a vedere la veranda.
    Dobby stava bene, era ancora orgoglioso di indossare la sua uniforme e di servire Harry con più gusto che mai, nella nuova casa che il ragazzo aveva comprato un anno prima.
    Sebbene i Flamel avessero voluto che Harry continuasse a vivere con loro, visto che la loro proprietà era più che grande abbastanza, Harry aveva sentito che era il momento di starsene da solo all’età considerevolmente giovane di 18 anni. Con il suo lavoro da guaritore riusciva facilmente a mantenersi e da molto tempo era già indipendente. Inoltre, il suo desiderio di impressionare Luna era più che abbastanza per farlo concentrare sul farsi una vita dopo Hogwarts.
    Ora diciannovenne, Harry era il Capo Guarigioni al Centro Mondiale della Sanità (CMS), un’organizzazione che l’ICM aveva creato poco dopo che il ragazzo aveva finito il suo tirocinio da MediMago al San Mungo (che aveva svolto alla tenera età di 15 anni mentre era sotto l’apprendistato di Silente). Comprendendo il bisogno della cooperazione internazionale nello scoprire cure e trattamenti per malanni, condizioni e ferite babbani e magici, il CMS era nato ed era stato affidato alle cure di Harry, che aveva provato che l’incurabile non era tale dopotutto.
    Dopo la morte di Voldemort, l’apprendimento di Harry spiccò davvero il volo, in parte per la possibilità di seguire i corsi a scelta, che erano stati Antiche Rune e Cura delle Creature Magiche (senza menzionare il fatto di non doversi più preoccupare di guerra e morte). Era stato tentato di seguire Aritmanzia invece che Cura delle Creature Magiche, ma Nicholas aveva detto che sarebbe stato più che felice di insegnargliela durante le estati, insieme con l’Alchimia, che aveva già finito di trasmettergli.
    In quanto a Hogwarts e ai suoi professori, le cose continuarono come avevano sempre fatto, a parte per alcuni eventi di nota. Madama Pomfrey ora offriva un corso introduttivo per Medimaghi nei fine settimana e il Professor Lupin (con l’aiuto di Vitious) aveva iniziato un Torneo di Duelli Magici che organizzavano una volta a semestre.
    Harry sorrise tra sé, pensando all’ex licantropo e ai vecchi amici dei suoi genitori. Remus Lupin era diventato uno zio acquisito per lui poco dopo che Harry aveva iniziato il suo terzo anno a Hogwarts, nonostante Lupin fosse anche uno dei suoi professori. In qualche modo, funzionò. Sirius Black, invece, impiegò un po’ di più per costruire un rapporto sincero con lui, e non era ancora riuscito ad arrivare al ruolo di “zio/mentore” in cui Lupin era già calato. In un certo senso, era meglio così (almeno per Harry), ma il fatto triste della faccenda era che Sirius non sarebbe mai diventato la figura paterna che avrebbe desiderato. Questo non voleva dire che Harry non lo vide mai o che lui non fu mai parte della sua vita; al contrario, gli faceva spesso visita durante l’estate.
    All’inizio, Harry non era sicuro di che cosa dovesse fare, ma dopo alcune sollecitazioni da parte dei Flamel, Harry aveva acconsentito a vedere Sirius. Non se ne era pentito.
    Sirius diventò lo zio divertente, e sebbene Harry non si trasformò mai in uno scavezzacollo, si innamorò presto del volo e del Quidditch grazie a Sirius. Questo, con gran sorpresa di Black, portò Harry a unirsi alla squadra di quidditch di Hufflepuff nel suo quarto anno, e a diventarne capitano al suo sesto anno. E che sorpresa quando Neville Paciock provò e diventò il nuovo portiere Hufflepuff.
    Harry ricordava ancora nitidamente la prima partita di Neville. I suoi genitori erano riusciti a venire e guardavano orgogliosi dagli spalti. Neville era così agitato che quando avevano preso il volo era decollato come uno del primo anno, prima di riuscire a calmarsi abbastanza da dimostrare perché era diventato il nuovo portiere dei Puff - il che era notevole, visto che giocavano contro Gryffindor e Ronald Weasley (il “Re”) era il loro portiere.
    Alice e Frank (specialmente Frank) avevano amato poter vedere il loro figlio che giocava e col passare del tempo erano stati in grado di fare tutto quello che gli altri genitori spesso danno per scontato, come ad esempio il controllare i suoi voti per dargli il permesso di andare a trovare un amico. Anche se in ritardo, riuscirono a fare quello che era mancato loro così a lungo – essere la mamma e il papà di Neville.
    E ora, aspettavano con ansia di diventare nonni.
    Neville e Hermione Granger si erano innamorati non molto dopo il diploma e si erano sposati poco dopo. Ora stavano per avere un figlio e, grazie a un’invenzione babbana chiamata ecografia, sapevano che era un maschio. Il nome era ancora da decidere, ma avevano ancora qualche mese prima di doverlo fare.
    Con un sospiro felice, Harry arrivò alla veranda, fermandosi davanti alla porta, e bussò.
    Non troppo tempo dopo, la porta si aprì per rivelare il suo professore preferito.
    «Buongiorno, Professore,» Salutò Harry.
    «Buongiorno, Signor Potter. Entra,» fece Severus, facendosi da parte.
    Harry entrò e si tolse il mantello.
-Pop-
    «Muffola lo prende per il Grande-Signore!» fece l’elfa, togliendo entusiasta il mantello al ragazzo.
    Harry riuscì a stento a reprimere un sospiro. Severus gli scoccò uno sguardo comprensivo.
    «Ci ho provato,» Disse piano Severus mentre Muffola si affrettava fuori dalla stanza.
    «Anch’io,» replicò Harry. «Forse, un giorno. Ringrazio Merlino per Dobby. È l’unico che non diventa tutto-» Harry sollevò le mani e agitò le dita, esprimendo quello che non poteva dire a parole.
    «Capisco,» disse Severus con un celato sorriso, prima di scoccare un’occhiata al Pensatoio sul tavolo nell’altra stanza.
    «Sta bene, Professore? Sembra distratto,» disse Harry dopo un istante, vedendo che Severus non si era ancora mosso.
    Severus non rispose. Invece, fece cenno a Harry di seguirlo e lo portò nel salotto dove Muffola aveva preparato un vassoio di stuzzichini piuttosto fastoso. Ma lo sguardo di Harry non si fermò sul cibo perfettamente disposto, bensì sul pensatoio tirato fuori e in bella mostra.
    «Che cosa sta succedendo?» Chiese Harry, non molto sicuro se dovesse o meno preoccuparsi.
    «C’è qualcosa che devo mostrarti. È un segreto che non ho più bisogno di mantenere, almeno con te,» replicò lui, facendo un cenno col capo verso il pensatoio.
    L’invito era chiaro, così Harry non esitò e si avvicinò al tavolino, fiducioso che la sua confusione e preoccupazione sarebbero presto state dissipate da un chiarimento.
    «Io aspetterò qui,» aggiunse Severus, prima che Harry si tuffasse nel ricordo...


    Immediatamente, Harry seppe che questo non era un ricordo normale. Innanzitutto, c’era lui dentro, ma… non era sé stesso.
    Il suo doppio sembrava avere la stessa età che aveva lui adesso, ma non era alto tanto quanto lui, né tanto ben vestito. Infatti, i suoi abiti erano laceri e la sua salute non era migliore.
    Mentre il suo doppio si inginocchiava accanto a un circolo di rune disegnate col sangue, Harry si guardò rapidamente intorno per scoprire che il luogo gli era del tutto sconosciuto ed era totalmente in rovina. Tuttavia, c’era una figura in piedi sulla soglia che era riconoscibile.
    «Professore?» Sussurrò Harry in una domanda, più che altro a sé stesso.
    Il Piton-ricordo naturalmente non si accorse di lui ma guardò l’Harry inginocchiato.
    «È pronto?» Domandò.
    L’Harry-ricordo annuì. «Presto, tutto questo sarà disfatto e tu potrai aggiustare ogni cosa.»
    «Sei pronto?»
    «Sono pronto quanto lo sei tu.»
    Il Severus-ricordo emise un mugugno di disapprovazione.
    «Mi fido di te, Severus,» fece Harry, facendo un passo indietro ed entrando nel circolo runico disegnato sul pavimento. «Se c’è qualcuno che può farlo, sei tu.»
    «Hai una grande fiducia in me, Harry, più di quanto avrei mai pensato di ricevere da te… o da chiunque. Proverò a non deluderti. Non che lo scopriresti mai, se dovessi fallire.»
    «Silente aveva tanta fiducia in te quanta ne ho io,» puntualizzò Harry. «E tu non fallirai. Sei troppo testardo.»
    «La testardaggine non porta sempre alla vittoria.»
    «In questo caso lo farà. Manderemo indietro il tuo spirito fino al periodo precedente a quando abbiamo iniziato a perdere la guerra. Se questo non è l’incarnazione della testardaggine, il rifiuto di essere sconfitti, non so cosa altro lo sia.»
    «Al costo della tua vita. Al costo di te stesso.» Gli ricordò il Severus-ricordo.
    «Io continuerò a vivere, perché non solo sarò ricordato da te, ma sarò modellato e cambiato da te. Qualunque parte di me vada perduta a causa di questo processo, non è affatto un sacrificio. Il mio me più giovane non potrebbe desiderare un guardiano migliore.»
    Il Severus-futuro sorrise dolcemente, lo sguardo reso denso da tante emozioni che era impossibile identificarle, ma non c’erano lacrime. «Un vasaio**, intendi dire.»
    L’Harry-futuro si immobilizzò al sentirlo, ma i suoi occhi erano felici. «Forse.»
    Harry era totalmente immobile, la sua mente stava assimilando tutto mentre iniziava a rimettere insieme tutti i pezzi.
    Severus era un viaggiatore temporale.
    Era stato mandato indietro dal suo sé stesso futuro per prevenire un terribile futuro, presumibilmente causato da Lord Voldemort. Che cosa aveva cambiato il Professore? Quando esattamente era tornato? Qualcun altro sapeva? Perché Severus glielo stava rivelando adesso?
    «C’è qualcosa che vuoi che dica al tuo te più giovane?» Chiese il Severus-futuro, attirando di nuovo su di sé l’attenzione di Harry.
    L’Harry-futuro si raddrizzò, inclinando la testa di lato, pensieroso, mentre Harry aspettava col fiato sospeso. Dopo un momento, l’Harry-futuro annuì tra sé con un ghigno malefico. «Sì, digli che ho detto questo: “Severus ha bisogno di una ragazza. Se non ne ha trovata una entro il tuo diciannovesimo anno, ti imploro, me-stesso-più-giovane, risolvi la faccenda.”»
    «Non avrei dovuto chiedertelo,» fece Severus, imperturbabile.
    L’Harry-futuro ridacchiò, sebbene presto divenne di nuovo serio, e disse: «È ora.»
    Severus fece un passo in avanti, entrando in un altro circolo sul pavimento.
    Harry guardò meravigliato il suo ex-sé-futuro che apriva i palmi delle mani e rivelava un intricata serie di tatuaggi che gli partivano dalle punte delle dita e si allungavano fino ai polsi, fino a sparire al di sotto dei suoi vestiti. Sebbene le sue braccia fossero coperte dalle maniche, i tatuaggi su di esse presero a brillare con così tanta forza che la loro luce attraversava il tessuto. Dopo pochi altri istanti, le rune sulla sua schiena e sul petto si illuminarono allo stesso modo. E poi le rune sul pavimento esplosero, Severus era lì in piedi, attonito, mentre la magia si innalzava come un’onda, avvolgendo all’istante la sua stessa essenza.
    L’aria era così densa che Harry era grato di essere solo un osservatore e di non trovarsi fisicamente lì. Poteva solo immaginare come ci si dovesse sentire.
    La magia ora turbinava così violentemente che la terra stessa stava tremando, mentre Severus e l’Harry-futuro si fissavano negli occhi.
    «Per modellare e cambiare,» sussurrò Severus nell’ultimo istante, proprio mentre l’Harry-futuro iniziava a contrarsi in una smorfia e tutto divenne bianco.
    E poi il ricordo si interruppe. Ma non era finita. C’era un’altra cosa che Severus voleva che Harry vedesse...

    Harry si ritrovò di fianco a Severus, che stava semplicemente in piedi in attesa, accanto alla Farmacia a Diagon Alley, ma, prima che Harry potesse chiedersi perché, li vide – Hagrid e il suo sé stesso molto più giovane, il giorno in cui era rientrato nel mondo magico.
    Severus li intercettò abilmente.
    «Buongiorno, Hagrid.»
    «Ah, buongiorno, Professore,» rispose giovialmente Hagrid. «Stavo soltanto aiutando il nostro Harry, qui, a prendersi le sue cose per la scuola.»
    «Vedo,» disse Severus. Harry non poté fare a meno di notare il modo in cui il suo sguardo passò, con calore ma rapidamente, sul suo sé più giovane.
    «Oh! Oh, mi scusi, Harry, questo è il Professor Piton. Lui sarà un altro dei tuoi insegnanti. È pure Capo della Casa di Slytherin. Professore, questo qua è Harry Potter.»
    Il suo mini-sé tese prontamente la mano. «Salve, Professor Piton.»
    Harry riusciva ancora a ricordare quanto fosse stato intimidito ma impaziente di compiacere Severus, nel momento in cui gli aveva stretto la mano. Solo in quell’istante, però, si rese conto che era stata più di una semplice stretta di mano.
    Era stato l’inizio.
    «Salve, Signor Potter.»



    Harry fu sputato fuori dal pensatoio, ma si riprese in fretta.
    Si voltò, e trovò Severus che aspettava pazientemente sul divano. Senza una parola, si sedette su una sedia di fronte a lui. Per un lungo periodo nessuno dei due parlò, ma poi Harry si schiarì la gola.
    «Suppongo che sia una fortuna che lei ora abbia una ragazza.»
    «Fidanzata,» corresse Severus.
    Harry ghignò, sebbene una domanda gli sorse subito. «Lei lo sa?»
    Lui scosse la testa. «No, e dubito che lo saprà mai. Infatti, se tutto andrà come voglio, nessun altro lo scoprirà mai.»
    Harry fece una pausa per un momento, prima di continuare. «Lei c’era in quel futuro?»
    «No, o almeno, non l’avevo mai incontrata.»
    «Quanto è stato cambiato?» Chiese Harry.
    «Più di quanto io possa dire, ma le cose oggi sono grandemente migliori di quanto fossero diventate originariamente.»
    «Posso solo immaginare come fosse il mondo con Voldemort che stava vincendo.»
    «Quando abbiamo deciso di provare il viaggio nel tempo, aveva già vinto da mesi… in Europa, almeno.»
    Harry deglutì con forza al sentirlo, prima di guardare il vassoio di snack per rimettere insieme i pensieri.
    «Erano morti tutti, vero?»
    «Quasi tutti, ma ora non ha più importanza. Le cose sono diverse e Voldemort ora è stato sconfitto una volta per tutte.»
    «Perché mi sta dicendo tutto questo proprio adesso?» Domandò Harry, tornando a guardarlo.
    «Ho creduto adatto condividere il mio segreto con te oggi perché, nel vecchio futuro, questo è stato il giorno in cui mi hai rimandato indietro.»
    Harry sorrise, domandandosi quanto fosse diventato diverso a causa di Piton – ma non lo avrebbe chiesto ora, perché il suo ex-sé aveva ragione. Non avrebbe potuto desiderare un guardiano, o vasaio, migliore. «E sono convinto che sia la cosa migliore che io abbia… che io avessi mai, ehm… in quel tempo, che abbia mai fatto.» Affermò Harry.
    «Infatti,» concordò Severus, divertito.

O o O o O

    Il Mondo Magico avrebbe ricordato Harry Potter e il periodo in cui visse come gli anni del grande cambiamento. I suoi amici, la famiglia e i tutori sarebbero stati visti come giganti eroici in marcia a fianco e al seguito di un sovrano altruista. Basta dire che lui venne ricordato con affetto molto oltre i secoli seguenti.
    Harry e Luna si sposarono alcuni mesi dopo che lui aveva scoperto il viaggio temporale di Severus. Harry mantenne il segreto di Severus, sebbene stranamente (o forse non così tanto stranamente) Luna diede segno di averlo capito. Severus non parve esserne disturbato.
    Poco dopo, anche se non subito dopo, ebbero una figlia, Lilan, seguita a breve da una grossa sorpresa -tre gemelli, due dei quali erano due bambini identici, Julian e Ramses. La terza era un’altra bambina, Morissa. Lilan seguì le orme del padre e diventò un’eccellente guaritrice, e venne chiamata “La Ristoratrice”, mentre i tre studiarono un po’ tutti i campi della magia, diventando “i Tre Maestri”. Erano tutti Rettilofoni.
    Harry fu conosciuto come “L’Arcimago della Vita”, mentre Luna diventò “La Signora della Ricostruzione”, grazie al suo lavoro sulla magia sacrificale e sulle donazioni di organi.
    Anche i migliori amici di Harry e Luna, Neville e Hermione, ebbero una parte nella storia, aiutando a modellare il Centro Mondiale della Sanità e aiutando in molti dei progetti di Harry. Neville si concentrò sull’Alchimia e l’Erbologia, mentre Hermione diventò la regina della ricerca e delle invenzioni, facendo squadra con Luna per fondere immaginazione e logica e creare soluzioni ineguagliate. Le due coppie furono spesso comparate ai fondatori di Hogwarts, ma i frutti del loro lavoro operarono ben al di là dei confini della nazione.
    In quanto agli altri due amici di Harry più conosciuti, anche loro ebbero un impatto sulla storia.
    Dopo aver fatto carriera come Auror, Gregory Goyle diventò il Direttore dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia. Diventò ancora più famigerato di Malocchio.
    Ebbe due figli, uno dei quali fu chiamato Vincent.
    Draco diventò Supremo Pezzo Grosso del Wizengamot, dopo aver ricoperto molte altre cariche politiche, incluso l’Amministratore di Hogwarts come lo era stato suo padre. Ebbe sette figli, uno chiamato come suo padre, e un altro come Severus Piton. Aiutò a finanziare molti dei progetti di Harry, e a promuoverli e condividerli col Mondo Magico.
    Coral, volendo una famiglia propria, si fece un nido con un bellissimo ma austero serpente che aveva insistito nel restare in zona dopo che le uova si erano schiuse -cosa per cui a Coral era piaciuto, innanzitutto. I Potter furono felici di dare il benvenuto ad altri serpenti nella propria casa.
    Dobby servì con entusiasmo i Potter per il resto della sua vita e gli sopravvissero un figlio e una figlia elfi domestici avuti con un’elfa che Luna aveva salvato non molto dopo il matrimonio con Harry. Si chiamavano Wiglet e Meebles.
    Riguardo ai mentori di Harry, anche se non brillarono tanto quanto lui nella storia, non furono nemmeno dimenticati.
    Secondo gli studiosi nei secoli futuri, il contributo maggiore che i Flamel avevano dato al mondo era stato il loro occuparsi di Harry. Avevano dato al ragazzo qualcosa che non aveva mai avuto il privilegio di godere negli anni della sua infanzia della linea temporale originale. Amore genitoriale genuino e una guida – essere amato incondizionatamente e educato appropriatamente. Insieme con l’Alchimia, l’Aritmanzia e un sacco di altre cose, i Flamel avevano mostrato ad Harry come essere un buon genitore. Non uno perfetto, che era impossibile, ma buono sì. Con il loro esempio, Harry (con Luna) era riuscito a crescere quattro magnifici figli che a propria volta continuarono il suo lavoro, influenzando in modo diretto le successive cinque generazioni del Mondo magico. E così, una coppia che era stata incapace di avere figli propri era stata in grado di lasciare dopo di sé una dinastia immortale. A confronto, la pietra filosofale impallidiva.
    Albus Silente, il più grande Preside di Hogwarts nel ventesimo e ventunesimo secolo, sarebbe stato visto dagli storici come uno dei più influenti maghi del secondo millennio. Dopo la morte di Voldemort, si ritirò in modo lento ma progressivo da tutte le cariche che aveva ricoperto, assumendo un ruolo più consultivo mentre aiutava nello stabilire procedure e codici etici ufficiali (e “non ufficiali”) che avrebbero modellato e migliorato grandemente il modo in cui la società dei maghi era governata. Un decennio dopo, e di certo non più un singolo “raggio di luce”, Silente finalmente poté fare ciò che aveva sempre sognato – uscire del tutto da sotto i riflettori e godere delle piccole cose della vita. Accolto nella famiglia Potter come una sorta di nonno onorario, festeggiò viziando i figli di Harry e, allo stesso tempo, fu emozionato dal poter tenere in braccio l’unico figlio di Severus. E così, quando la sua ora finalmente giunse, dopo molti altri anni, Silente se ne andò nel sonno, vetusto, ma contento.
    In quanto a Severus Piton, l’uomo responsabile per tutto quello che era accaduto, si sposò con una bellissima donna di pochi anni più giovane di lui, non molto dopo che Harry aveva sposato Luna. Ebbero un solo figlio e lo chiamarono Theseus Harrison Piton. Severus non lo disse mai, ma “Harrison” era in onore dell’Harry che aveva conosciuto e in ringraziamento all’Harry che conosceva ora.
    Il mondo non avrebbe mai saputo l’immenso sacrificio fatto da Severus e quello a cui lui aveva assistito.
    Non avrebbero mai saputo del futuro in cui sarebbero morti o in cui sarebbero stati resi schiavi, ma seppero che era lui l’uomo che aiutò nel modellare Harry nell’uomo che tutti loro riverivano. Lo conobbero come il Grande Maestro di Pozioni, lo Slytherin Coraggioso, e il Preside Saggio – e per Severus questo era più che abbastanza. Non gli importava né aveva bisogno di essere ricordato dal mondo. Aveva fatto quello che voleva fare – Modellare e Cambiare il futuro.


~~~ FINE ~~~


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Note della traduttrice:

* “Salvagente” è la traduzione del nome “Life Saver”, che, oltre all’ambiguità -come in italiano- che rimanda alle ciambelle di salvataggio, in inglese è anche una marca di caramelle a forma di ciambella, tipo le Polo.
** Da notare che “vasaio” in inglese si dice potter. Gioco di parole purtroppo intraducibile.



Nota Finale:

Per chi se lo stesse già domandando, l’autrice ha specificato che NON ci sarà un sequel.

    ... Sì, lo so, sarete tutti (o quasi) un po' sconvolti. Purtroppo, ora che conosco bene BlueOwl -nel senso che ho letto più di una delle sue fanfic- mi sono resa conto che è una sorta di stile il suo, quello di creare trame complesse e originali e stupefacenti in cui gli elementi si intrecciano e si complicano e poi... Bam! Con un capitolo o due, d'improvviso, violentemente fa finire la storia, con tanto di epilogo che un po' chiarisce e un po', almeno per i miei gusti, è un tantino troppo simile ai "19 anni dopo" della Rowling, ecco. Però, passato lo scotto di un po' di delusione, guardo indietro alla storia e comunque non posso dirmi delusa, ed è per questo motivo che quasi un anno fa ho deciso di tradurre To Shape and Change.
Quindi, cari lettori, spero che alla fin fine il vostro sentimento sia simile al mio.

Grazie a chi ha letto, a chi ha recensito e a chi (spero) leggerà e recensirà!
È stata una grossa avventura tradurre questa storia, mi è piaciuto davvero tantissimo anche se è stato davvero un bell’impegno. Spero solo che a voi sia piaciuto tanto quanto me, o almeno la metà, direi che basterebbe lo stesso :P
    … Una parte di me vorrebbe anticiparvi che ho già una o due altre storie (di BlueOwl e non) che ho letto e che mi piacerebbe molto cominciare a tradurre per voi, ma penso che al momento sia meglio prendermi una pausa e stare un po’ tranquilla, perché tra lezioni, tirocinio e lavoro sono già parecchio incasinata. Però, non appena avrò ricaricato le batterie, tornerò all’attacco!
    Nel frattempo, vi auguro di trovare altre storie interessanti da leggere (compresa, se per caso vi va, e non l’avete ancora guardata, “The World Without Me”, un’altra storia che ho tradotto, anche se molto tempo fa :P scusate l’auto-pubblicità), e vi ringrazio, davvero, di cuore, per avermi sostenuto con le recensioni, che sono (l’avrò ripetuto fino allo sfinimento, scusate) il carburante e il premio più agognati nelle stanche serate autunnali, in cui (se va bene) vorresti magari leggere qualcosa o vedere un film, oppure (se va male) stai ancora finendo di lavorare/studiare e il cervello ti fa apparire il messaggio “questo dispositivo si spegnerà tra 5 minuti” … ma poi ti ricordi che devi ancora finire di tradurre il capitolo e ti domandi come diavolo ti è venuta l’insana idea di cominciare un lavoro tanto lungo, così, per sport.
    Ecco, io lo so perché l’ho fatto. Perché penso alla mia gioia di trovare una nuova storia bella e appassionante da leggere, e immagino voi che provate questa gioia, però quando recensite e date vita a questa immagine tutto acquista davvero senso. Quindi...
G R A Z I E !!


Va bene, basta, la pianto di cianciare. Ci vediamo alla prossima ;)
Amichevolmente vostra

Mezzo_E_Mezzo




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