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Lista capitoli: Capitolo 1: *** What if Camille called her? *** Capitolo 2: *** What if she was there too? *** Capitolo 3: *** What if she asked her for help? *** Capitolo 4: *** What if she owes her something? *** Capitolo 5: *** What if she invited herself? *** Capitolo 6: *** What if she needed a witch? (Parte I) *** Capitolo 7: *** What if she needed a witch? (Parte II) *** Capitolo 8: *** What if she didn't call me? (Parte I) *** Capitolo 9: *** What if she didn't call me? (Parte II) *** Capitolo 10: *** What if she can convice him? ***
NDA: Okay... non
prendetemi per pazza se, con una long ed una semi long in ballo mi sono
messa a scrivere questa raccolta di one shot. È solo che
riguardando alcuni episodi per delle ricerche per le ff long appunto,
mi è venuta un'ispirazione che non ho saputo controllare.
Dovevo metterla nero su bianco altrimenti ci avrei pensato in
continuazione quindi eccomi qui. Non so quante one shot ci saranno,
nè con che frequenza aggiornerò. Considero questa
raccolta un esercizio letterario, ma spero vi piaccia. Lasciatemi un
pensiero se vi va, un abbraccio. Roby.
WHAT IF CAMILLE CALLED HER?
-ARKANSAS-
“Elijah” Camie
si avvicinò cauta, approcciandolo mentre lui era di spalle, lo sguardo fisso
fuori dalla finestra.
Sembrava perso nei suoi pensieri,
calmo, metodico… Esattamente l’Elijah che tutti conoscevano. Ma la donna sapeva
che in realtà, l’uomo chiuso in quel completo elegante era quasi fuori
controllo.
Glielo aveva dimostrato quando il
giorno prima si era messo ad asciugarsi la camicia con fare quasi maniacale,
gli occhi cupi quando le aveva afferrato il braccio perso in un ricordo che lo
allontanava dal presente e lo metteva di fronte a quella porta rossa che
sembrava tanto temere.
La porta dietro la quale la prima donna
che avesse mai amato gli aveva detto di amarlo a sua volta; la porta dietro la
quale l’aveva uccisa gettando poi la colpa su sua madre.
Nessuno
lo sa le aveva detto,
neppure Niklaus,
perché lui amava Tatia tanto quanto la amavo io.
Tatia… il primo amore ma di certo non il più
grande, di questo Camille era sicura. Chi era l’amore
più grande che lui avesse mai avuto lei lo sapeva benissimo, chiunque lo
sapeva… ed era questo il motivo per cui quel sentimento aveva dovuto smettere
di esistere. Era un punto debole, lo rendeva vulnerabile e rendeva vulnerabile
anche lei.
E con la mole di nemici che entrambi
avevano non era certo una buona cosa.
Camille non sapeva esattamente come era andata
il giorno dell’addio, ma ricordava lo
sguardo vuoto dell’Originale in completo, o elegante
come quel grande amore usava chiamarlo.
Poi ricordava di aver incontrato lei e di aver visto in quegli occhi
nocciola lo stesso vuoto, lo stesso senso di perdita, lo stesso annullamento.
L’aveva mascherato bene quando le aveva chiesto come se la cavava, perché Allison Morgan aveva imparato ad essere una brava attrice,
per sopravvivenza… non solo fisica.
Quel cassetto interiore doveva essere
pieno fino all’orlo quel giorno che l’aveva incrociata in un bar di New York,
per caso. Perché, anche se non glielo aveva detto, l’aveva vista asciugarsi gli
occhi mentre si allontanava salutandola.
Forse fare pace con il passato avrebbe
aiutato Elijah ad andare avanti, a smettere di aver paura. Ma non si sarebbe
aperto con lei perché stava troppo attento a non lasciare che accadesse.
Parlare e condividere non era nella sua natura, meglio tenersi tutto dentro.
Era questo l’atteggiamento costante,
quello che assumeva con chiunque, tranne che con lei.
Sperò che averle telefonato il giorno
prima non fosse stata una cattiva idea. Poco male, visto che sarebbe stata lì a
momenti. Camie sperò prima che fosse troppo tardi.
“Elijah” ripeté poggiandogli una mano
sulla schiena.
Lui si voltò, il viso venato, gli occhi
iniettati di sangue. Il vampiro fuori controllo che aveva ucciso dietro quella
porta rossa. La donna pensò che il troppo
tardi era arrivato… mentre pronunciava il suo nome, con gli occhi chiusi
chiedendogli di calmarsi, lanciò un pensiero a tutti quelli a cui voleva bene,
pregò di non morire.
“Elijah!” sentì esclamare. Ed aprì gli
occhi.
Allison stava sulla soglia della porta,
indossava gli stessi vestiti del giorno in cui l’aveva incontrata, tanto che
per un attimo credette di stare immaginando tutto… rivivendo inconsciamente il
momento in cui aveva conosciuto l’unica donna che in quel momento avrebbe
potuto salvarle la vita.
La cacciatrice fece qualche passo verso
l’Originale, sembrava non avere alcuna paura di quell’espressione feroce sul
viso di solito calmo e bello di Elijah. Alzò la mano lentamente e gliela poggiò
su una guancia, con le dita dell’altra prese a sfiorargli le occhiaie iniettate
di sangue.
“Elijah” ripeté, stavolta in un
sussurro.
Il viso del vampiro tornò lentamente
normale, ma una mano afferrò il braccio di Allison
esattamente come aveva fatto con quello di Camille il
giorno prima. Piano allentò la presa ed entrambe si poggiarono sul volto dolce
della donna che gli stava davanti.
“Allison?”
mormorò con tono di domanda. Quasi neppure lui credesse possibile averla lì, ad
un soffio di distanza.
Lei sorrise, con quel sorriso sincero
che le faceva spuntare le fossette sulle guance. “Va tutto bene” gli disse
calma annuendo, chiudendo gli occhi per un attimo sotto il tocco deciso di
quelle mani grandi sul suo viso.
Quando li riaprì Elijah le stava
sorridendo, pochi secondi dopo la stava stringendo forte a sé col viso
affondato nei suoi capelli castani.
****
Camille versò tre tazze di caffè, poi si mise
a sedere sulla poltrona di fronte al divano su cui Elijah stava seduto con lo
sguardo fisso su Allison seduta accanto a lui. Si
accorse che era chiaro come il sole che si amassero ancora e d’altronde
lasciarsi non era stata una loro scelta… o meglio sì, ma non era così semplice.
Il vampiro sembrava tornato il suo
vecchio sé, col viso tranquillo, concentrato, l’Elijah che lei conosceva,
quello che preferiva tra le due versioni che aveva conosciuto di lui.
“Io… io vado a controllare Hope, poi penso che finirò di leggere un libro che ho
iniziato qualche giorno fa” disse sentendosi improvvisamente la terza incomoda.
Né Elijah né Allison
si voltarono a guardarla, semplicemente annuirono in sincrono facendola ridere.
Rimasti soli, il silenzio proseguì per
alcuni secondi, poi Allison finalmente ruppe il
ghiaccio.
“Allora,” iniziò bevendo un sorso dalla
tazza, distogliendo lo sguardo. “Che succede Elijah?”
Lui sospirò, ma senza staccare gli
occhi da lei. “Alcuni… ricordi sono tornati a galla, gentile omaggio di mia
madre.”
“Ah” mormorò Allison.
“Tua madre e i suoi… omaggi” concluse ricordandosi quando anche lei ne aveva
ricevuto uno che l’aveva quasi uccisa. “E questi ricordi, ti fanno totalmente
perdere il controllo? Cosa senti? Spiegami.”
Il vampiro rise allungando la mano fino
ad accarezzarle i capelli. “Stai cercando di fare quello che credi Camille farebbe?”
Lei rise a sua volta girando il viso
per guardarlo, accorgendosi solo allora di quanto fossero vicini. “Vorrei solo
aiutarti” gli sussurrò guardandogli le labbra per un istante, respirando a
fondo per riprendere il controllo delle sue emozioni. “Ma non sono brava come Camille.”
“L’ho quasi aggredita due volte,”
rispose lui abbassando il capo e piegandolo per cercare gli occhi belli della
cacciatrice. “Non sono certo che sarei stato in grado di fermarmi la seconda
volta se tu non fossi arrivata. Quindi, come vedi… hai avuto più successo tu
semplicemente pronunciando il mio nome che lei con tutti i suoi trucchi da
psicanalista” le fece sapere quando finalmente riuscì a fissare lo sguardo
dentro il suo.
Allison abbozzò un sorriso. “Fa’ del suo
meglio.”
“Lo so,” rispose Elijah. “E gliene sono
grato. Le sono grato per aver provato ad aiutarmi con tanto impegno, ma ancor
di più le sono grato perché ha chiamato te.”
“Elijah…”
Il resto della frase le morì in gola
quando Elijah poggiò con decisione le labbra sulle sue.
Mentre schiudeva la bocca per lasciare
che la lingua calda dell’Originale incontrasse la sua in quel bacio, Allison si accorse che in realtà non c’era una frase vera e
propria che voleva pronunciare.
Quello che voleva dirgli era che le
mancava. Voleva chiedergli di stringerla e farla sua ancora una volta, come
tante volte aveva fatto in passato.
Quando lui la sdraiò sul divano e la
sua mano si infilò dentro i suoi jeans prima e la sua biancheria dopo, il
brivido che sentì scuoterla violentemente le fece capire che anche se non aveva
detto nulla, il suo Originale
elegante aveva ricevuto il messaggio.
Forte e chiaro.
****
Elijah stava stringendo Allison tra le braccia quando Camille
era tornata di sotto due ore dopo averli lasciati da soli. Anche se l’Originale
aveva gli occhi chiusi poté sentire la donna avvicinarsi e poggiare su di loro
una coperta.
Con un sorriso aprì gli occhi grato al
fatto che dopo quello spettacolare incontro d’amore sia lui che Allison avevano deciso di rivestirsi. Sarebbe stato
imbarazzante farsi trovare nudi dalla bionda psicanalista.
“Scusa” gli disse proprio lei a bassa
voce. “Non volevo svegliarti.”
Lui scosse il capo per quanto fosse
possibile senza rischiare di svegliare Allison. Con
una mano prese a disegnare piccoli cerchi sul fianco della cacciatrice, con
l’altra le accarezzava dolcemente i capelli.
“Ti chiedo scusa, Camille”
le sussurrò. “Per averti spaventata e per aver rifiutato il tuo aiuto. Credevo
che non avessi idea di cosa fare per aiutarmi davvero, ma” si fermò per dare un
bacio sulla fronte ad Allison, sorridendo appena
quando lei sospirò stringendosi di più a lui. “In realtà sapevi esattamente
come farlo. In realtà sei l’unica che ha veramente capito di cosa avevo
bisogno.”
Camille sorrise. “Prima hai nominato Freud,”
gli ricordò. “Io so una cosa che neppure lui sapeva.”
“Sentiamo.”
“Non importa quanto forte sia tua madre
Elijah, nonostante tutto l’amore è ancora la magia più potente che esista.”
L’Originale sorrise mentre lei lasciava
la stanza; la sensazione che il calore del corpo di Allison
stretto al suo gli offriva provava che Camille aveva
ragione.
JosephineLaRue era un’alleata preziosa ed Elijah Mikaelson
sapeva bene quanto fosse difficile guadagnarsi la sua fiducia. Era la potente
reggente di nove congreghe di streghe e forse proprio per questo fidarsi non le
veniva facile.
L’Originale
poteva solo immaginare quanto fosse difficile trovarsi nella sua posizione,
quanti tradimenti aveva probabilmente subito nel corso degli anni. Quante
angustie e quanto dolore.
Il
primo, il più grande, le era stato inflitto dal sangue del suo sangue, quando
sua madre aveva deciso che amare per lei era sbagliato e glielo aveva fatto
capire togliendole l’unica gioia che avesse mai avuto; la possibilità di
suonare.
Elijah
aveva avuto pazienza con lei e anche un pizzico di fortuna quando Gia aveva accettato di andare con lui e in qualche modo era
riuscita ad incantare l’anziana signora con quel suo modo di fare per nulla
elegante, ma soprattutto con la magia capace di esprimere suonando il violino.
Era
anche grazie alla giovane e bella vampira se era stato in grado di far cambiare
idea alla donna sui vampiri; quegli esseri che riteneva spregevoli e sulle
quali forse si era un po’ ricreduta.
E
la sera dopo quel primo incontro gli aveva portato non solo una nuova alleata,
ma anche un po’ di gioia. Una spensieratezza ed una leggerezza di sentimenti
che aveva trovato tra le braccia della talentuosa e soprannaturale violinista e
con cui da allora aveva una specie di relazione.
Quel
sentimento non era intenso come quello che aveva provato per l’Ibrida seduta
sul sedile passeggero della sua auto né era lontanamente vicino a quello che
aveva provato per la bella cacciatrice che non vedeva da tanto, troppo tempo.
Ma
era qualcosa che lo faceva star bene e a cui non era disposto a rinunciare,
anche se non si sentiva in grado di difenderlo ora che era nella stessa stanza
sia con Gia che con Hayley,
chiuso in un silenzio imbarazzante da cui nessuno sembrava volerlo salvare.
“Beh,”
disse infine Gia rompendo quel ghiaccio che si era
creato. “Vado a vedere a che punto è Josephine.”
Sparì
lungo il corridoio in quella villa ed Elijah si ritrovò suo malgrado a
sorridere.
“Lei
doveva essere per forza presente a questo incontro?” gli chiese Hayley mentre prendevano posto su due sedie ai lati
opposti.
“Josephine non ama molto i vampiri, ma in qualche modo
sembra apprezzare moltissimo Gia e il suo
straordinario talento.”
“Ah,
quindi ora è la violinista che sussurra alle streghe” sussurrò l’Ibrida
sprezzante. “Sono felice che tu abbia trovato qualcuno così pieno di talento
con cui passare il tuo tempo.”
Elijah
fece un grosso respiro, poi si voltò a guardarla. “Cosa vuoi da me esattamente?”
Ma
Hayley non rispose, perché l’arrivo di Gia seguita dalla padrona di casa e il suono del campanello
non glielo permisero.
“Signor
Mikaelson” disse Josephine
mentre qualcuno apriva alla porta e lei ed Elijah si scambiavano due baci sulle
guance. “Che piacere rivederla.”
“Il
piacere è mio Josephine” replicò lui facendosi di
lato per permetterle di passare e raggiungere la poltrona.
La
donna sorrise, poi poggiò lo sguardo su Hayley. “E
posso chiedere chi è lei?”
“Lei
è della famiglia” le fece sapere l’Originale dando una rapida occhiata anche a Gia. “Ci dispiace di essere piombati qui senza preavviso,
ma abbiamo bisogno di aiuto.”
“Wow!”
disse qualcuno alle loro spalle. Quella voce inconfondibile che Elijah ogni
tanto sentiva ancora riecheggiargli nelle orecchie.
Si
voltò giusto in tempo per guardarla avanzare col suo passo sicuro, quel suo
look da turista e il sorriso corredato di fossette sul viso.
“Questo
sì che è imbarazzante” continuò lei fermandosi tra lui ed Hayley,
proprio di fronte a Gia e Josephine.
“Allison…” mormorò Elijah confuso.
“Signorina
Morgan!” esclamò l’anziana strega. “So che avevamo un appuntamento ma questo”
le disse indicando con un gesto della mano i suoi ospiti. “È un imprevisto non
calcolato.”
“Non
c’è problema” rispose l’ultima arrivata, prima di poggiare lo sguardo sull’Originale.
“Elijah” lo salutò. Poi fece lo stesso con Hayley e Gia. “Si respira un raggelante imbarazzo in questa stanza.”
Josephine
sembrò rendersi conto della situazione solo in quel momento e con un sorriso
volse lo sguardo ad Elijah che però continuava a fissare Allison.
“Non mi ero resa conto che le donne del signor Mikaelson
fossero tutte qui.”
Elijah
mise le mani nelle tasche, accennando un sorriso imbarazzato.
“Josephine” intervenne Allison. “Le
cose che le avevo chiesto sono pronte?”
“Sì
lo sono” rispose l’altra. “Ma mi piacerebbe parlare con lei di alcune faccende.”
La
cacciatrice annuì. “Allora tornerò stasera per cena, se per lei va bene.
Porterò del magnifico cibo italiano e potremo discutere con calma di tutto
quello di cui vuole parlare.”
“Mi
sembra perfetto” concordò la strega. “Ci vediamo alle sette.”
“E
sette siano” Allison indossò gli occhiali da sole,
poi sospirò guardandosi intorno e rise avviandosi verso la porta. “Buona
giornata a tutti.”
“Vogliate
scusarmi” si scusò l’Originale riabbottonandosi la giacca e raggiungendo la
cacciatrice.
Quando
arrivò fuori lei aveva già raggiunto l’auto ma non ci era ancora salita. “Allison” la chiamò avvicinandosi.
Lei
si voltò. “Cosa?” chiese mentre apriva lo sportello. “Non sapevo che foste qui
altrimenti non sarei venuta. Si respirava davvero un raggelante imbarazzo in
quella stanza. Mi è molto dispiaciuto per te.”
Lui
abbozzò un sorriso, poi si schiarì la voce. “Cosa ci fai qui?”
“Intendi
qui a casa di Josephine o in città?”
“Entrambe
le cose.”
Allison
si strinse nelle spalle. “Non vedo come possano essere affari tuoi Elijah.”
“Allison” le disse ancora lui. “Ho provato a telefonarti un
centinaio di volte negli ultimi sei mesi, dove sei stata?”
La
donna rise. “Hai perso il diritto di sapere tutto di me tanto tempo fa Elijah,”
gli disse. “Torna dalle tue ragazze e fai finta di non avermi vista. Sarò
andata via prima che tu abbia modo di pensare di nuovo a me.”
Salì
in auto ed Elijah indietreggiò di qualche passo mentre accendeva il motore.
“Dimenticavo”
gli disse lei affacciandosi poco dal finestrino. “Non tirare troppo la corda o
le perderai entrambe. Scegli una di loro e smettila di tenere il piede in due
staffe.”
Accelerò
salutandolo con un colpo di clacson e lui rimase a fissare l’auto allontanarsi.
Ci rimase fin quando non fu più in grado di vederla.
****
-LOS ANGELES, UNA SETTIMANA DOPO-
“Stai
andando da qualche parte?”
Allison
sobbalzò appena mentre apriva lo sportello della sua auto, poi alzò gli occhi
al cielo e rise voltandosi. “Non dovresti spuntare alle spalle di una
cacciatrice così, facendola sobbalzare. Avrei potuto reagire per riflesso e farti
male.”
Lui
sorrise. “Avresti potuto è vero,” le disse. “Ma in fondo tu sapevi che sarei
venuto quindi…”
“Lo
sapevo?”
“Sì,
lo sapevi. Sapevi che non sarei stato capace di smettere di pensare a te dopo
che ti ho rivista a casa di Josephine.”
“Davvero?”
chiese lei poggiandosi all’auto quando lui la raggiunse e si fermò ad un soffio
dal suo viso.
Elijah
annuì. “Lo sapevi perché sei cosciente del potere che eserciti su di me, dell’effetto
che mi fa la tua voce, il tuo profumo” le disse sorridendo.
La
cacciatrice piegò poco il capo. “Se sei qui significa che non sei stato capace
di scegliere, come ti ho suggerito.”
“Oh
no, ho scelto credimi” sussurrò lui avvicinando le labbra alle sue. “Ho scelto
la cacciatrice.”
Allison
rimase immobile quando le labbra dell’Originale si poggiarono sulle sue. Odiava
che quella morbidezza e il calore di quella lingua le piacessero così tanto. Odiava
che fossero ancora capaci di farle venire caldo. Odiava amarlo dopo che le
aveva spezzato il cuore.
Odiava
tutte quelle cose eppure, pensò mentre chiudeva gli occhi e dischiudeva la
bocca stringendolo forte, le amava.
Capitolo 3 *** What if she asked her for help? ***
WHAT
IF SHE ASKED HER FOR HELP?
-NEW ORLEANS-
Elijah
sapeva che sua sorella sarebbe stata felicissima di rivederlo. Sapeva
anche che,
nonostante tutto, anche Klaus lo sarebbe stato. Aveva solo un modo
diverso di
dimostrarlo. Quello che non si aspettava era l’accoglienza
riservatagli da
Hayley che lo aveva salutato con una specie di sorriso prima di
defilarsi e
raggiungere il portico.
Sì,
la sua reazione era quella che l’aveva confuso più
di tutte ma in qualche
strano modo riusciva a capirla. Aveva avuto paura di perderlo e quando
qualcuno
ha già perso tutto nella vita, basta poco per avere paura.
Oltretutto,
c’era sempre quella strana atmosfera tra di loro, quella
specie di tensione
palpabile che sembrava non riuscire a muoversi né in un
verso né nell’altro. Se
ne stava lì, in sospeso, in mezzo alla loro strana relazione
che era
impossibile da definire.
Erano
amici? Sì ma non solo. Più che amici? Forse, ma
era complicato.
Con
un sospiro si fermò accanto a lei a guardarla e attese che
si voltasse per
ricambiare lo sguardo. Avrebbe voluto dire parecchie cose in quel
momento però
gliene venne solo una.
“Sto
bene” mormorò annuendo.
“Fantastico!”
esclamò Hayley girandosi e mettendoglisi di fronte. Lo
guardò per qualche lungo
secondo, poi con tutta la forza che aveva gli tirò un
ceffone che riecheggiò
nel silenzio della notte. “Mi hai detto che non mi avresti
mai lasciata sola e
sei sparito per settimane. Non fare promesse se non sei certo di
poterle
mantenere.”
Elijah
non disse nulla ma la sua confusione crebbe ancora di più
quando lei si
avvicinò e lo strinse in un abbraccio carico di calore,
quello che gli mancava
da molto molto tempo. L’ultima volta che lo aveva
sperimentato era stato due
anni prima e a stringerlo tra le braccia era stata una bella e forte
cacciatrice dagli occhi color nocciola.
“Questo
sì che è un bel misto di emozioni!”
sentirono esclamare. “Crea un po’ di
confusione se lo chiedi a me, ma hey… chi sono io per
giudicare?”
L’Originale
si allontanò dalla lupa e si voltò verso la voce.
Faceva freddo quella notte e
non c’era neppure una stella in cielo, eppure quel tono rauco
fu capace di
scaldare l’aria. Almeno per lui.
“E
tu chi sei?” chiese Hayley avanzando verso l’ultima
arrivata.
La
donna avanzò e salì con calma i pochi gradini del
portico, le sue iridi
brillarono nel buio della notte. Era minuta ma bella ed emanava
sicurezza.
“Allison
Morgan” replicò. “Sono una vecchia amica
dei Mikaelson.”
“Allison”
mormorò Elijah guardandola. “Che ci fai
qui?”
“È
una storia lunga e divertente” raccontò lei.
“Rebekah mi ha telefonato in preda
ad una crisi isterica ieri, blaterando di Klaus che aveva fatto una
delle sue
solite follie e aveva consegnato il tuo corpo pugnalato e adagiato in
una bara
ad un certo Marcel. Ha chiesto il mio aiuto per salvarti ma deve
essersi
dimenticata di dirmi che era tutto sistemato.”
“Non
me ne sono dimenticata” intervenne Rebekah affacciandosi
sulla porta. “È appena
tornato a casa sano e salvo e non ho avuto il tempo di fartelo
sapere.”
“Certo”
sorrise Allison annuendo. “Beh sono qui e ho guidato per ore
per arrivarci
quindi che ne dite di offrirmi un bourbon e magari anche la cena? Sto
morendo
di fame.”
“Il
numero del takeaway è sul frigo, puoi usare il nostro
telefono” le disse Klaus
affiancando sua sorella e il suo sorriso rese chiaro che era felice di
vederla.
“Magnifico!”
la donna si avviò verso l’entrata. “Ah e
comunque, sono felice di vedere che
stai bene, Elijah.”
****
“Allora”
sussurrò Hayley mentre aiutava Allison a sparecchiare dopo
la cena. “Da quanto
conosci i Mikaelson?”
“Da
qualche anno, Klaus è stato il primo. Poi
c’è stata Rebekah ed infine Elijah.
Ho conosciuto anche Finn e Kol ma è stato solo per cinque
minuti circa. È stato
breve ma intenso devo dire. Finn ha provato ad uccidermi e Kol a
portarmi a
letto.”
“Intenso
davvero.”
“Decisamente”
Allison sorrise alla ragazza. “Congratulazioni comunque. Ho
saputo che porti in
grembo un bimbo miracoloso.”
“Non
so se sia miracoloso ma sì,” rispose Hayley.
“L’unica cosa buona della mia
unica notte con Klaus.”
L’altra
rise. “Klaus non è poi così male, a
volte la sua compagnia è anche piacevole.”
“Credo
che tu sia l’unica a pensarla così” la
lupa si poggiò al ripiano della cucina. “Rebekah
dice che sei una cacciatrice, non dovresti odiare tutti gli esseri
soprannaturali? Soprattutto quelli come Klaus.”
“Forse,
ma io sono diversa” la cacciatrice si strinse nelle spalle.
“Non uccido per
principio e con Klaus… sì, a volte è
dura con lui visto che fa delle scelte
alquanto discutibili, ma sono riuscita a guardare oltre e
l’ho visto per quello
che davvero è.”
“Un
mostro insensibile con un pessimo senso
dell’umorismo?”
“Un
uomo solo al mondo che maschera la sua solitudine e il suo desiderio di
essere
amato con un… pessimo senso
dell’umorismo” la donna fece un grosso respiro.
“Sarà
un bravo padre, se gli permetterai di esserlo.”
Hayley
rimase in silenzio per qualche secondo, poi con un sorriso si
accarezzò il
ventre. “Credo che sarà una femminuccia.”
“Io
credo che sarai un’ottima mamma” rispose Allison
dopo averla guardata per un
lungo istante. “Sarà meglio che vada ora, devo
raggiungere alcuni amici in Kansas,
hanno un caso difficile e hanno bisogno di aiuto.”
“Credo
che dovresti restare” disse Elijah e solo allora le due donne
si accorsero di
lui poggiato allo stipite della porta. “Almeno per stanotte.
Riposarti e poi
ripartire dopo una bella notte di sonno.”
La
cacciatrice fece vagare lo sguardo tra lui ed Hayley, infine scosse il
capo. “Non
credo sia il caso” disse afferrando le chiavi della sua auto.
“Ma grazie dell’offerta.”
****
Elijah
la accompagnò fino all’auto dopo averle lasciato
il tempo di salutare gli
altri. Posò il borsone sul sedile posteriore e si
sbottonò la giacca. “Sicura
di non voler rimanere?”
“Lo
sono” confermò lei. “Non fraintendermi,
mi farebbe piacere una bella dormita,
ma non voglio creare alcun problema. Ho visto come guardi Hayley e come
lei
guarda te. Io sarei di troppo.”
“Non
lo saresti” Elijah scosse il capo. “Ma capisco come
ti senti.”
Allison
gli lisciò con le mani la cravatta, poi gli passò
le braccia intorno alla vita
sorridendo quando lui le accarezzò le spalle con
delicatezza. “È stato bello
vederti Elijah Mikaelson. Dopo tutto questo tempo.”
L’Originale
avvicinò la bocca alla sua e la baciò dapprima
con delicatezza, infine con
passione quando lei dischiuse le labbra. “Vorrei davvero che
restassi Allison”
le sussurrò allontanandosi poco.
“Non
posso” mormorò lei. “Non posso restare
questa notte perché domattina sarebbe
terribilmente difficile andarmene via. Rivederti è sempre
bello, ma lasciarti
diventa ogni volta più difficile.”
“Lo
so, mi sento allo stesso modo.”
“Non
posso restare questa notte,” ripeté lei
guardandolo. “Ma posso rimanere un
altro po’, se ti va di tenermi tra le braccia ancora qualche
altro minuto.”
Elijah
le baciò la fronte, di nuovo le labbra e annuì.
“Non chiedo di meglio.”
Capitolo 4 *** What if she owes her something? ***
WHAT IF
SHE OWES HER SOMETHING?
“Ah
dannazione!” Allison Morgan odiava quando morendo le cadevano addosso. Primo perché
ogni volta finiva sempre con qualche costola incrinata tanto erano pesanti quei
figli di puttana, secondo perché finiva sempre con lo sporcare i vestiti di
sangue. E tornare in albergo ogni volta sporca di sangue e sconvolta finiva per
creare difficoltà a lungo andare.
L’ultima
volta, una settimana prima, il concierge – era un termine un po’
esagerato – di quello squallido motel aveva quasi chiamato la polizia quando l’aveva
vista tornare dopo una battuta di caccia. Alla cacciatrice il suo silenzio era
costato mille dannati dollari.
Dopo
aver raccolto tutte le forze che le rimanevano con un gesto scansò quel cadavere
da sopra di lei e si prese un attimo per recuperare energia.
“Forza”
si disse mettendosi prima seduta e poi in piedi. “Devi ancora liberarti del
corpo Allison, non puoi prendertela comoda.”
Parlò
a se stessa, come una pazza, e si accorse che forse era il caso di andare a
trovare i Winchester e Castiel, aveva bisogno di passare un po’ di tempo con i
suoi amici o era certa che avrebbe finito con l’impazzire davvero. Beh un po’
pazza lo era già, ma chi non lo era di quei tempi?
La
fine è vicina! aveva urlato uno di quegli strampalati
predicatori di strada la mattina prima davanti alla caffetteria dove lei si era
rifugiata per la colazione. Uno di quelli con i cartelloni scritti con i
pennarelli rossi come il sangue. La donna onestamente credeva che il suo
delirio avesse un fondo di verità, forse più di uno.
“Posso
portarvi qualcosa?” chiese la cameriera.
“Per
me un Bourbon,” disse Klaus.
“Lasciaci!”
esclamò glaciale Mikael prima di guardare il suo figlio bastardo. “Dimmi cosa
vuoi.”
“Dahlia
è tornata e vuole rapire mia figlia. Vuole portarla via dall’amore della sua
famiglia per poterla manipolare e farla soffrire come ha fatto con Freya. La
tua adorata Freya.”
“Vai
al punto Niklaus!” disse duramente Mikael. “Io voglio uccidere Dahlia quanto
te, forse di più visto quello che ha fatto a mia figlia! Ma Freya ha un piano e
seguirò quel piano.”
Klaus
sospirò ignorando il tono deciso con cui il padre aveva sottolineato le parole mia
figlia e abbassò lo sguardo per un attimo. Quando rialzò gli occhi su Mikael,
la cameriera che poco prima aveva preso le loro ordinazioni stava in piedi
fuori dalla vetrata; gli occhi bianchi e vuoti. Li fissava con una freddezza
che non era umana. Di colpo alzò la mano e la vetrata attaccata al loro tavolo
esplose in migliaia di pezzi costringendoli ad alzarsi con uno scatto repentino
per sfuggire ai pezzi di vetro.
“Dobbiamo
togliere di mezzo quella strega, e farlo subito” osservò Klaus voltandosi a
guardare Mikael. “Che ne dici di un’ultima battaglia insieme?”
L’altro
si prese un attimo per pensare, si ridiede un tono abbottonandosi la giacca di
pelle e annuì. “Un’ultima battaglia” disse accennando un sorriso.
“No”
Allison scosse il capo portandosi una mano sulla fronte. Quella dannata visione
non era proprio il massimo per completare la giornata. Non proprio quello di
cui aveva bisogno dopo che il corpo di quel dannato licantropo le era caduto
addosso peloso e caldo e pieno di sangue che le aveva inzuppato la maglietta.
La sua preferita tra l’altro.
“No
no no” ripeté di nuovo mentre il suo cellulare prendeva a squillare con
insistenza. “Dannazione!” esclamò quando il numero di Elijah comparve sullo
schermo. Ignorarlo sarebbe stato inutile, quindi tanto valeva rispondere.
****
“Elijah” gli
disse col fiato corto. “Cosa posso fare per te?”
“Allison,
stai bene?”
“Benissimo,
sono solo un po’ stanca. Ma non ho molto tempo quindi dimmi di cosa hai
bisogno.”
Dall’altra
parte ci fu un grosso sospiro, poi uno strano rumore. “Sei in vivavoce.”
“E
sto parlando con chi esattamente? A parte te intendo.”
“Hayley,
Gia e Madame LaRue.”
“Josephine!”
esclamò Allison felice, ignorando tutti gli altri. “Come sta la mia strega
preferita?”
“Signorina
Morgan, è sempre un piacere sentirla. Quando pensa di venire a trovare una
povera vecchia?”
“Josy,
lei non è vecchia. È una bellissima donna matura ed elegante con un paio i
occhi stupendi. Quanto alla sua domanda, temo di non poterla accontentare per
ora. Ho molte cose in ballo al momento. Ma mi dica, cosa posso fare per tutti
voi?”
“Il
signor Mikaelson è qui per chiedere un favore che io non sono incline a
concedergli” spiegò la donna. “Il perché abbia scelto di telefonare a lei non l’ho
ancora capito. Forse crede che lei riuscirà a convincermi.”
“Mia
sorella ha preso possesso di un corpo che apparteneva ad una malvagia strega di
nome Eva Sinclair. La strega però, ha preso il controllo e Madame LaRue vuole
ucciderla senza darmi la possibilità di provare a salvare mia sorella.”
“Eva
Sinclair è la più pericolosa e selvaggia di tutte le streghe. Uccide bambini
per divertimento e dunque bisogna ucciderla. Mi dispiace per la signorina
Mikaelson, ma non ho altra scelta.”
“El,
come credi di tirare fuori Rebekah?” chiese Allison dopo aver
ascoltato Josephine.
“Freya”
fu la semplice risposta di Elijah. “È tornata.”
“Quindi
Rebekah è posseduta dal corpo che possiede, e quel corpo appartiene ad una
strega malvagia che uccide bambini e per tirarla fuori dobbiamo affidarci alla
sorella che credevate morta e che è tornata misteriosamente dopo quanto, mille
anni?”
“Lo
fai sembrare un piano avventato” parlò Hayley per la prima volta da quando
quella telefonata era iniziata.
“Perché
lo è” replicò la cacciatrice.
“Allison”
intervenne Elijah.
“Ma”
continuò la donna dall’altro capo del telefono. “Josephine, credo che sia
ora di riscuotere il mio favore.”
La
vecchia donna sospirò poi si mise a sedere. “Va bene. Signor Mikaelson ha
quarantotto ore, dopodiché fermerò Eva Sinclair a modo mio.”
“Faccia
ciò che deve” gli disse Josephine con un gesto della mano.
“Josephine,
sarò lì domani. Mi ha concesso un così grande favore che venire a trovarla mi
sembra il minimo. Porterò la pizza.”
“La
pizza è volgare signorina Morgan, farò preparare qualcosa al mio cuoco.”
Allison
rise, una risata divertita che risuonò attraverso l’apparecchio. “Sapevo che
lo avrebbe detto. Devo andare, buona fortuna Elijah.”
E
con queste parole riattaccò.
****
C’era
solo una persona che poteva bussare a quell’ora di notte. Allison sperò che
portasse buone notizie, soprattutto dopo che le aveva fatto chiedere quell’enorme
favore ad una strega potente come Josephine LaRue.
“Elijah”
gli disse quando aprì. “Hai fatto ciò che dovevi?”
“Sì”
lui annuì sorridendole. “Ora sono venuto a ringraziarti.”
“Non
è necessario, ma grazie del pensiero.”
“Posso
entrare?” chiese l’Originale.
“Se
ci tieni a stare in una terribile camera di motel con un odore ancora più
terribile allora certo, entra pure.”
“Non
mi importa della camera, ma di chi ci sta dentro.” C’era qualcosa di malizioso
nel suo tono ed Allison sorrise allungando le mani fino alla sua cravatta. Con
calma prese ad allentarla mentre le mani di Elijah le si poggiavano sul viso.
“Accomodati”
gli sussurrò un attimo prima che le loro labbra si unissero.
“La
trovo una dimostrazione di forza, dar credito ad una fazione inferiore, o quantomeno
farlo credere a loro. Speravo che anche tu la pensassi come me, Francesca.”
Elijah bevve un sorso al suo bicchiere e sorrise sornione alla donna che gli stava
davanti. Lo irritava come poche donne erano capaci di fare anzi, forse nessuna
mai gli aveva provocato quello sgradevole solletico di fastidio che davanti a
lei cercava di mascherare.
Francesca
Guerrera lo infastidiva perché parlava e si muoveva spinta dalla convinzione di
essere la più furba, la più bella, la più forte tra gli esseri umani che
avevano a che fare con il soprannaturale. Peccato però che non fosse niente di
tutto quello che pensava di essere. Era una bella donna, questo era innegabile,
ma non era la più bella delle umane, era furba ma non tanto quanto credeva e
non era più forte di una comunissima donna. Era però esattamente quello che ad
Elijah serviva in quel momento.
Quando
quella strega, Genevieve, se ne era venuta fuori con tutta quella storia della Fête
des Bénédictions lui le aveva riso in faccia ma poi ci aveva riflettuto e si
era fatto carico di occuparsi di invitare la gente giusta. Quella festa per lui
non era l’occasione per dare alle tre ragazze del raccolto l’importanza che la
loro madrina desiderava, era invece l’occasione per creare nuove alleanze e
rafforzare quelle già esistenti.
Per
fare questo doveva fare in modo che un rappresentante di ogni fazione
partecipasse e così aveva passato la mattina a persuadere la gente; prima Diego
a cui aveva praticamente ordinato di partecipare come rappresentante per i
vampiri, poi Jackson, Oliver ed Hayley affinché uno di loro si facesse
portavoce per i lupi e infine era toccato a Francesca che avrebbe dovuto essere
la rappresentante degli umani. Fosse stato per lui quell’ultimo invito lo
avrebbe mandato a qualcun altro; ad una umana davvero bellissima e forte e
furba. Ma non la vedeva da un po’ e non gli era sembrato il caso di
telefonarle.
Con
un sorriso appena abbozzato si perse proprio nel suo ricordo e ci rimase fin
quando Francesca non parlò di nuovo.
“È
proprio vero quello che dicono di te, Elijah” gli disse avvicinandosi il
bicchiere alle labbra. “Riesci a far sembrare nobili anche le minacce” un
sorso, poi un sorriso che lui ricambiò riluttante. “Ci sarò, come rappresentante
degli umani.”
“Ci
sarò anche io in rappresentanza di quello che ha appena detto lei…” una donna
si mise a sedere al loro tavolo senza chiedere il permesso, arrivando alle
spalle di Elijah. “Allora, ho sentito che qui ci sarà una festa stasera? Credo
che il mio invito si sia perso…” un sorriso gioioso a cui Elijah rispose con
vero piacere. “Ciao Elijah, ne è passato di tempo.”
“Fin
troppo se lo chiedi a me.”
“Ciao
anche a te, Francesca” continuò la donna guardandola. “Vorrei dire che è un
piacere rivederti ma mentirei quindi me ne starò zitta.”
“Allison”
sbuffò la Guerrera, “che diavolo ci fai tu qui?”
“Intendi
qui in questo bar oppure qui a New Orleans? Sai cosa, non rispondere, perché in
ogni caso non sono affari tuoi.”
“Affascinante
come sempre,” mormorò Francesca. “Beh mi dispiace Allison, ma la Fête des
Bénédictions prevede che un solo membro per ogni fazione possa farsi
rappresentante per la stessa ed io rappresenterò gli umani.”
“Casa
mia, mie le regole” parlò Elijah senza staccare gli occhi da Allison, con un
sorriso mal nascosto. “Credo che ci sia posto per un umano in più. La festa
inizia alle sette, non tardare.”
Per
Francesca, quello fu il segnale che era ora di andarsene. E infatti, se ne
andò.
****
Allison
bevve l’ultimo sorso dal suo bicchiere di acqua e infine mandò giù l’unica
patatina fritta rimastale nel piatto. Elijah non aveva toccato cibo ma era rimasto
per farle compagnia e un’ora era passata tra chiacchiere inutili e racconti
dell’ultimo anno. Non che l’Originale avesse parlato molto, l’aveva ascoltata
però con dentro gli occhi quella luce attenta che aveva ogni volta che lei gli
parlava. Una luce che non era così facile da trovare.
“Scusami,”
si scusò facendo un grosso respiro. “Ma stavo davvero morendo di fame. Non
mangiavo un pasto completo da ieri a pranzo.”
“Non
c’è problema. Se ben ricordo ti piace la torta di mele, qui ne fanno una
davvero deliziosa.”
Lei
sorrise. “Magari dopo, ora dimmi, come vanno le cose nella famiglia Mikaelson?”
“Ah”
sussurrò Elijah. “Non saprei da dove iniziare. Immagino che già saprai che
Klaus diventerà presto padre.”
“Sì,
l’ho saputo. Rebekah ed io parliamo spesso, me lo ha detto. Mi ha detto anche
che sei… molto affezionato alla madre di questo bambino.”
“Rebekah”
l’Originale scosse poco il capo. “Non ha mai saputo quando era il momento di
smettere di parlare.”
Allison
rise. “Tranquillo, non mi ha detto molto. Ho preferito non sapere” calò il
silenzio per un istante, poi la donna riprese. “Comunque non ho davvero
intenzione di venire alla festa stasera, in realtà sono a New Orleans solo di
passaggio, ma quando ho sentito te e Francesca parlare e ho visto che lei ci
teneva così tanto non ho saputo resistere. Infastidire Francesca Guerrera è il
mio piacere segreto… corruga la fronte in un modo talmente buffo quando si
arrabbia che davvero non so resistere.”
Il
viso di Elijah si trasformò, una leggera ombra di delusione lo attraversò
spegnendo parte di quella luce nei suoi occhi. “È un peccato, se ben ricordo
sei incredibilmente bella chiusa in un vestito elegante” mormorò con tono serio
ma espressione quasi giocosa.
Lei
si sentì avvampare poco ma non distolse lo sguardo. “Fai attenzione, la memoria
è spesso ingannevole. Devo andare ora, ma è stato bello rivederti El, salutami
Klaus” si alzò e con calma si fermò e gli diede un bacio sulla guancia.
“Se
dovessi cambiare idea…” il vampiro la afferrò piano per un braccio e fissò lo
sguardo dentro il suo.
“So
come trovarvi” concluse Allison per lui.
****
La
festa si era rivelata essere un vero successo, molte persone avevano deciso di
partecipare; alcuni invitati, altri semplicemente turisti curiosi. Tra le varie
fazioni si respirava un certo nervosismo con i vampiri che sostenevano di non
volersi piegare a nessuno, i lupi che pretendevano la stessa cosa, gli
umani che cercavano, sgomitando, di guadagnarsi un posto in alto in quella
crudele gerarchia di esseri. Elijah era rimasto per ore all’entrata della villa
ad accogliere gli ospiti, si era spostato per accompagnare Hayley dentro e poi
era ritornato fuori coltivando ancora un briciolo di speranza… speranza che
Allison avesse cambiato idea, speranza che sarebbe arrivata davvero bellissima
in un vestito elegante, speranza che avrebbe potuto stringerla per una danza
come era successo la prima volta che si erano incontrati.
Ma
il tempo correva e di lei neppure l’ombra. Pensò che era da sciocchi stare
ancora lì fuori a fissare la strada, con molta probabilità non sarebbe
arrivata. Meglio entrare e farla finita; Allison era lì di passaggio anche se
ogni volta lui sperava che fosse per qualcosa in più, anche se non glielo aveva
mai detto. “È stato bello rivederti” mormorò al vento.
E
fu allora che Allison arrivò con passo sicuro sui tacchi, fasciata da un
vestito che le stava d’incanto.
“Sono
in ritardo?” gli chiese con un sorriso quando gli fu vicina.
Lui
scosse il capo. “Non di molto. Ma in fondo, ha importanza?”
“No,
non ne ha” la donna fece un respiro profondo. “Sono ancora come mi ricordavi
chiusa in un vestito elegante?”
“Sei
molto di più di quanto ricordassi” ammise Elijah porgendole la mano. “Francesca
Guerrera sarà molto infastidita.”
La
sua interlocutrice lo guardò per un istante, poi scoppiò a ridere, infine lo
baciò stringendosi a lui. Elijah ricambiò con trasporto.
Capitolo 6 *** What if she needed a witch? (Parte I) ***
WHAT IF
SHE NEEDED A WITCH?
(Parte
I)
Jane-Anne
Deveraux era sempre stata potente e non aveva mai avuto paura di Marcel Gerard.
Le era sempre piaciuto infrangere le regole, aveva sempre creduto in quello che
era, ciecamente.
Era
una strega, una figlia della natura e come tale era pronta a servirla, sempre.
Non voleva rinnegare ciò che era e non avrebbe permesso ad un vampiro pallone
gonfiato di portarle via se stessa. Sophie, sua sorella, continuava a dirle di
stare attenta… ti voglio bene Jane-Anne, sei tutto quello che ho ripeteva.
Se ti perdessi ne morirei.
Lei
lo capiva, davvero, ma era convinta che ci fossero cose ben più importanti di
frivoli legami e questioni terrene. Erano le streghe del Quartiere Francese,
erano destinate a cose ben più grandi di quello in cui Sophie credeva, di
quello a cui si aggrappava con tanta forza.
Ecco
perché quella sera aveva non solo deciso di usare la magia nonostante fosse
vietato, ma anche di prendersela con qualcuno che, a quanto sapeva, aveva a che
fare con la famiglia Originale. Quando aveva usato la magia in quel cimitero
era consapevole del fatto che stava stuzzicando non uno ma ben due orsi e non
poteva importargliene di meno. Aveva paura di morire? Sì certo, era
intraprendente ma non stupida, ma ancora… cose più grandi di lei e della sua
stessa vita dovevano accadere.
“Jane-Anne
Daveraux!” esclamò Marcel mentre lei veniva trascinata, con le mani legate al
centro di un capannello di vampiri, l’intera comunità. Vicino a Marcel se ne
stava l’Ibrido Originale. Lei sapeva chi fosse ma rimase zitta e non disse
nulla, in attesa che il vampiro dalla pelle color ebano emettesse il suo
verdetto. Qualunque fosse stato lo avrebbe accettato, con fierezza e a testa
alta come ogni strega degna di quel titolo.
“Un
uccellino mi ha detto che hai usato la magia” continuò Marcel.
“Se
anche fosse?” osò rispondere lei.
“Hai
infranto la mia regola ma visto che sono un uomo misericordioso sono disposto a
soprassedere se mi dirai che tipo di incantesimo hai lanciato.”
“Vai
all’Inferno, mostro!” esclamò Jane-Anne.
Marcel
abbozzò un sorriso mentre un brusio si alzava tutto intorno. “Ti darò un’altra
possibilità, o forse no” le disse avvicinandosi minaccioso e alzando una mano
fino a stringerle il mento.
“Ah-ah!”
esclamarono dal mezzo della folla e una donna che lui non conosceva si fece
avanti e si fermò a pochi metri di distanza, poco dietro Jane-Anne. “Fossi in
te non la toccherei.”
Klaus
corrugò la fronte ma rimase in silenzio mentre Marcel piegava il capo
incuriosito prima di fare domande.
“Tu
chi diavolo sei?” chiese infatti all’ultima arrivata.
“Mi
chiamo Allison Morgan e la risposta alla tua domanda è dipende” fu la
risposta. “Se uccidi la strega sarò il tuo incubo peggiore, se invece desisti e
la lasci andare forse potremo diventare amici.”
Marcel
la guardò per un istante in silenzio poi respirò a fondo. “Allison Morgan… la
cacciatrice.”
“Ah”
sorrise lei. “La mia fama mi precede.”
“La
cacciatrice con un fratello vampiro e un passato oscuro. Sì, in qualche modo
sei famosa anche se, fossi in te, non me ne farei un vanto.”
Allison
si strinse nelle spalle. “Sai, molti credono di sapere tutto di me, ma questi
molti non sanno una cosa molto importante.”
“Sarebbe?”
“Non
uccido mai per principio e non faccio di tutta l’erba un fascio ma… mi arrabbio
molto facilmente e anche molto in fretta. Quindi libera la strega e a non
rivederci mai più.”
“E
se invece uccidessi entrambe?” Marcel rise, più che altro per mantenere la
facciata, ma in realtà si sentiva furioso. Come osava quella umana parlargli in
quel modo, davanti ai suoi?
La
cacciatrice tirò fuori dalla giacca una lama, un tipo di arma che nessuno di
quei vampiri probabilmente aveva mai visto prima. “Se vuoi batterti sono sempre
pronta. Dimmi solo come preferisci che ti uccida, lentamente o velocemente?
Anche io posso essere misericordiosa.”
Il
vampiro si mordicchiò il labbro, poi le si avvicinò con fare ostile. “Sei
spavalda e mi piace… È un peccato che tu debba morire.”
“Non
toccarla!” esclamò qualcuno, una voce riconoscibile e virile. “Allontanati da
lei Marcel, non lo ripeterò di nuovo.”
“Elijah”
Marcel scosse il capo voltandosi a guardarlo. “Sempre a fare l’eroe. Sai,
capisco che tu sia protettivo con le persone che ami, con la tua famiglia, ma
devi anche esserlo con le persone che non conosci, con quelli che sono per
definizione tuoi nemici?”
“Lei
è della famiglia” intervenne finalmente Klaus. “Ciao, guerriera. Quanto tempo.”
Lei
sorrise ad entrambi i Mikaelson senza dire niente.
****
Mystic
Falls 2011
Un’ora
dopo la situazione per Allison era più che chiara; c’era un vampiro pronto a
trasformarsi in Ibrido spezzando una maledizione. Per farlo aveva bisogno di
uccidere Elena che era una Doppelgänger. L’aspirante Ibrido rispondeva al nome
di Klaus Mikaelson ed era il fratello di Elijah.
Elena
voleva sacrificarsi per il bene degli altri, Stefan voleva lasciarle fare le
sue scelte e Damon voleva che tutti andassero al diavolo perché di sacrificare
la bella ragazza non ne voleva sapere.
Allison
aveva ascoltato tutto e poi, quando Elijah aveva iniziato ad elencare i motivi
per i quali voleva il suo stesso fratello morto, si era messa a sedere sul
divano e aveva preso a fissare il fuoco persa nei suoi pensieri.
Quello
che il vampiro diceva sembrava giusto, tutte ottime motivazioni, ma c’era
qualcosa nella sua voce che Allison conosceva fin troppo bene. Era il tono di
chi è combattuto.
“Non
c’è onore nella vendetta” mormorò convinta che nessuno l’avrebbe sentita.
Elijah invece la sentì.
“Chiedo
scusa,” le disse. “Potresti ripetere?”
Allison
fece un grosso respiro, lo guardò per un istante, poi tornò a guardare il fuoco
scoppiettare nel camino. “Dal modo in cui mi guardi e mi parli ho la sensazione
di non piacerti molto ma voglio comunque dirti una cosa, Elijah” iniziò. “So
che pensi che uccidere tuo fratello e avere la tua vendetta in nome del resto
della famiglia che lui ha sterminato, ti farà sentire meglio… E la verità è che
ti sentirai meglio, per più o meno cinque minuti. Poi realizzerai che uccidendolo
non solo sei diventato come lui ma hai anche ucciso l’unica famiglia che ti
rimaneva, e il senso di colpa ti travolgerà” fece un grosso respiro prima di
continuare, la sua voce l’unico rumore nella stanza. “Proverai a convincerti
che hai fatto la cosa giusta, che se lo meritava e non c’era speranza per lui,
ma non riuscirai a toglierti dalla testa il pensiero che forse c’era. E a quel
punto ti renderai conto che non c’è onore nella vendetta. Ti accorgerai che è
un sentimento per vigliacchi e per deboli; per i primi che non hanno il
coraggio di provare a cambiare le cose anche quando sembra impossibile e per i
secondi che non hanno la forza di perdonare.”
Elijah
mise le mani nelle tasche, sentiva gli occhi di tutti sopra di sé ma non
riusciva a staccare i suoi dalla donna febbricitante seduta sul divano.
“Se
mentre sei lì pronto a vendicarti, ti accorgi che c’è ancora una scintilla di
bontà negli occhi di tuo fratello, fai la cosa giusta e risparmialo” riprese
Allison dopo un istante di silenzio. “Poi salvalo e fallo lasciando che sappia
che non ti arrenderai con lui, non finché avrai vita. Fagli sapere che non lo
odi perché credimi… non importa quanto cattivo sia o quanto si atteggi ad
essere invincibile, posso dirti con assoluta certezza che nessuno lo odia più
di quanto lui odi se stesso ma forse non ha mai avuto qualcuno per cui valesse
la pena provare a cambiare. Sii quel qualcuno per lui Elijah e scoprirai che
nel perdono c’è molto più onore che nella vendetta” la donna distolse lo
sguardo dal fuoco. “Sembra che tutti pensiate che stanotte sia la notte giusta
per uccidere ma forse è la notte giusta per salvare.”
Calò
il silenzio nella stanza e silenzio rimase per alcuni lunghi istanti. Poi Damon
si alzò e si avvicinò ad Allison. Si piegò sulle ginocchia e le prese le mani
sorridendole con gentilezza.
“È
ovvio che stai delirando a causa della febbre” le disse sarcastico. “Riposati
mentre noi aiutiamo Elijah ad uccidere quel folle di suo fratello.”
Allison
diede un rapido sguardo proprio al vampiro Mikaelson. Rimase seduta vicino al
fuoco mentre tutti lasciavano la casa.
“Quindi
siete amici di una cacciatrice ora?” chiese Marcel ed Elijah fu trascinato a
forza fuori dai suoi pensieri.
Non
vedeva Allison da parecchio e doveva ammettere che ritrovarla in quella
circostanza lo rendeva perplesso. Voleva capirci di più, ma voleva farlo
lontano da quel gruppetto di vampiri dall’aria minacciosa. Se avessero provato
a farle male avrebbe dovuto ucciderli tutti e quella sera non se la sentiva di
sporcarsi il completo. Se le avesse chiesto di allontanarsi con lui sapeva che
avrebbe detto di no, doveva portarla via in ogni caso però quindi lo fece.
In
piena modalità vampiro la afferrò e corse via fermandosi solo quando furono
abbastanza lontani.
“Ma
perché l’hai fatto?” si lamentò lei una volta che furono fermi.
“Per
salvarti la vita, quei vampiri sono violenti e senza scrupoli. Tu piuttosto,
perché ti sei esposta così tanto per una donna che neppure conosci? Perché non
conosci la strega, giusto?”
Allison
scosse poco il capo. “Ho bisogno di lei.”
“Per
cosa?”
“Ha
importanza?”
“Decisamente.”
La
cacciatrice fece un grosso respiro. “La settimana scorsa si trovava a
Convington e ha maledetto una persona, un cacciatore. Voglio che annulli il suo
incantesimo, può farlo solo lei e a quel tizio non rimane molto tempo.”
“Qualcosa
mi dice che la storia è più complicata di così. Raccontami tutto.”
“Non
ho tempo, Elijah.”
“Trovalo!”
esclamò lui. “O parla in fretta.”
Allison
si arrese. Senza insistere iniziò a parlare.
Capitolo 7 *** What if she needed a witch? (Parte II) ***
WHAT IF
SHE NEEDED A WITCH?
(Parte
II)
Allison
fece un grosso respiro e infine spostò indietro i capelli. Non aveva davvero
tempo da perdere e raccontare ad Elijah tutto per filo e per segno ne avrebbe
richiesto troppo. Così decise di fargli un piccolo sunto perché era certa che
non avrebbe lasciato perdere se prima non avesse sentito la storia. O almeno
una parte convincente di essa.
“Ho
un amico cacciatore, si chiama William Mason e la scorsa settimana, durante una
battuta di caccia, ha fatto il cascamorto con una giovane strega che però non
ricambiava il suo interesse.”
“Jane-Anne…”
Lei
annuì. “Esatto. Non sapeva che fosse una strega ovviamente anche se onestamente
credo che se l’avesse saputo sarebbe stata la stessa cosa. È un idiota…”
Elijah
abbozzò un sorriso, poi scosse lievemente il capo. “Jane-Anne ha maledetto il
tuo amico perché lui le ha fatto delle avances quindi?”
Allison
arricciò la bocca. “Non proprio” spiegò. “Dopo che lei ha rifiutato le sue
avances lui si è un po’ arrabbiato. Era anche un tantino ubriaco e così l’ha
colpita.”
“Allison…”
“Sì
sì lo so, prima che tu dica e allora perché stai provando a salvare un
idiota che picchia le donne lascia che ti dica che sono completamente
d’accordo con te. Non avrebbe mai e poi mai dovuto alzare neppure un dito su
Jane-Anne, non avrebbe dovuto nemmeno pensare di farlo, ma questo non significa
che merita di morire tra le atroci sofferenze che quella maledizione gli
causerà.”
L’Originale
la fissò confuso; aveva il viso arrossato ed era infervorata ed era bella
esattamente come ricordava. In quel momento aveva arricciato poco la bocca e a
lui erano ritornati in mente una miriade di momenti vissuti insieme. Un sorriso
gli colorò il volto.
“Cos’altro
c’è sotto?”
“William
ha un figlio. Ha perso la moglie da un anno a causa di un licantropo. È per
questo che si ubriaca e che fa l’idiota, perché vorrebbe dimenticare. Lo
rimetterò sulla giusta via, lo farò Elijah, ma non posso permettere che muoia,
non posso permettere che suo figlio cresca anche senza un padre. Conosco quella
mancanza, non è salutare, nessuno dovrebbe sperimentarla.”
Elijah
la osservò per un lungo istante, in silenzio. Infine controllò qualcosa sul suo
cellulare e le si avvicinò. Con dolcezza le baciò la fronte una, due volte.
“Jane-Anne è morta” le sussurrò e non si allontanò quando lei abbassò lo
sguardo stringendo i pugni. “Ma conosco qualcuno che può aiutarti.”
****
Sophie
Deveraux odiava i vampiri, odiava quel quartiere e odiava quella città. Sua
sorella era morta, l’unica famiglia che le era rimasta non c’era più e l’idea
le faceva paura e le faceva male come nient’altro aveva mai fatto. Asciugandosi
le lacrime decise che era il caso di prendere una boccata d’aria fresca così
uscì fuori lasciando che la massiccia porta di metallo del Rousseau’s si
richiudesse alle sue spalle. Era stato lì fuori che due dei vampiri di Marcel
l’avevano trovata e con aria minacciosa le si erano avvicinati.
“Cosa
volete?” chiese loro. “Lasciatemi in pace, sono in lutto.”
“Marcel
vuole farti qualche domanda.” Replicò uno.
“Non
adesso!” esclamò ancora lei, annoiata. “Sparite.”
“Avete
sentito la ragazza” mormorò Elijah arrivando nel vicolo in quel momento.
“Lasciatela in pace.”
I
due si scambiarono una rapida occhiata, poi si avvicinarono all’Originale con
la stessa aria di minaccia con cui si erano avvicinati a Sophie poco prima. E
quella fu la loro fine.
“Sono
Elijah” disse lui dopo aver finito, sistemandosi i polsini della camicia. “Hai
sentito parlare di me?”
Sophie
annuì. “Sei uno degli Originali.”
“Esatto!”
esclamò Allison avanzando di qualche passo. “Ti ha appena salvato la vita e ora
sei in debito con lui quindi per ripagarlo aiuterai me. Che te ne pare?”
L’altra
corrugò la fronte perplessa. “No, mia sorella è morta per colpa dei vampiri,
non vi aiuterò.”
“Tua
sorella è morta perché era coraggiosa e perché ha sfidato chi le tarpava le
ali, chi la teneva prigioniera di qualcosa che non le apparteneva” le disse
Allison avvicinandosi a lei. “Tua sorella era una con le palle e credo che mi
sarebbe piaciuta se avessi avuto modo di conoscerla meglio. Non l’ho avuto e mi
dispiace per la tua perdita ma ha maledetto uno dei miei amici e ora lui sta
morendo.”
Sophie
rimase zitta per un attimo, poi guardò Elijah per un istante. “Voglio che
Marcel paghi per quello che ha fatto. Voglio vendetta per quanto è successo a
mia sorella, per onorare la sua vita e la sua morte.”
Elijah
respirò a fondo, poi si perse in un ricordo.
Allison
sobbalzò quando si ritrovò Elijah davanti, lì in piedi nella camera di cui si
era appropriata come ospite. Si sentiva meglio ma tremava ancora di freddo e
aveva pensato che forse era il caso di farsi una bella dormita prima di
ripartire.
“Che
ci fai qui?” chiese al vampiro scuotendo poco il capo.
“Ho
seguito il tuo consiglio” rispose lui con calma.
“Lo
so. Damon mi ha telefonato in preda all’ira sostenendo che per colpa mia e
delle mie commoventi parole sulla famiglia Klaus è ancora vivo e la zia di
Elena invece no.”
“Damon
è impulsivo, aggressivo, convinto di dire e fare la cosa giusta anche quando
invece fa tutto il contrario” le disse Elijah. “È arrogante e anche se ha un
fratello non credo abbia ancora davvero capito il senso della famiglia. Tu
invece sembri aver capito molto delle dinamiche familiari, così tanto che mi
viene da pensare che quando hai detto quelle cose in realtà non era a me che
stavi parlando, ma a te stessa.”
Allison
abbozzò un sorriso. “Ti racconterò la mia storia un’altra volta, ora vorrei
riposare ed è meglio che tu vada.”
Fece
qualche passo in avanti, barcollando e per poco non cadde. Le braccia di Elijah
la afferrarono con decisione prima che accadesse e il tempo sembrò fermarsi per
un istante quando i loro sguardi si incrociarono.
“Hai
detto delle cose sagge prima ma hai sbagliato su una cosa” le disse lui a voce
bassa. “Non è vero che non mi piaci, tutto il contrario. C’è una luce nei tuoi
occhi che mi ricorda cosa amavo dell’essere un umano, una luce che mi ridà
speranza in qualche modo. Non perderla mai Allison.”
“Ci
proverò” sussurrò lei guardandogli le labbra per un secondo. E senza pensarci
troppo avvicinò la sua bocca a quella del vampiro e vi posò sopra un bacio
leggero. “Buona fortuna con tuo fratello, Elijah” gli disse quando quel
contatto si interruppe.
Lui
le accarezzò piano i capelli. “Spero di rivederti un giorno. Prenditi cura di
te.”
Sparì
lasciando una scia calda a farle compagnia ed Allison sorrise smettendo di
tremare.
“Non
c’è onore nella vendetta” mormorò lui trascinandosi fuori dai suoi stessi
pensieri. “Aiutaci, tutto il resto poi si vedrà.”
Sophie
decise di aiutarli.
****
DUE
ORE DOPO
“Fai
attenzione William, se farai un’altra scemenza verrò a cercarti e prenderò quel
tuo culo ossuto a calci. Hai un figlio, occupati di lui e di nient’altro.”
Allison riattaccò e si voltò sorridendo ad Elijah.
“Il
tuo amico sta bene?” le chiese lui.
“Sta
bene. Grazie a Sophie…” la cacciatrice fece qualche passo verso di lui e
respirò a fondo. “E anche grazie a te.”
“Non
devi ringraziarmi” sorrise lui bloccandole una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. “Ma forse dovresti selezionare meglio le tue amicizie” provò a
scherzare.
Allison
rise. “Forse dovrei.”
Seguì
un minuto di silenzio, poi le labbra di Elijah si poggiarono sulle sue e la
cacciatrice si rilassò, per la prima volta dopo tanto tempo. Sollevandosi sulla
punta dei piedi dischiuse le labbra e si godette il momento. Lui fece lo
stesso.
Capitolo 8 *** What if she didn't call me? (Parte I) ***
WHAT
IF SHE DIDN’T CALL ME?
(Parte
I)
Niklaus
Mikaelson non si sorprendeva quasi più di nulla. Ne aveva passate così tante
nei suoi secoli di vita, aveva vissuto così tante situazioni che oramai niente
riusciva a stupirlo. O almeno così credeva…
Quando
quella mattina il suo cellulare aveva squillato, infatti, vedere il nome di chi
lo stava chiamando lampeggiare sul display lo aveva sorpreso. Il contenuto
della telefonata ancora di più. Lui e il suo interlocutore non avevano più
contatti da qualche anno ormai e precisamente dal giorno in cui lei lo aveva
aiutato ad uscire da una brutta situazione che coinvolgeva suo padre.
Erano
amici e lui la rispettava ma non erano esattamente i tipi da telefonarsi o
inviarsi messaggi tutti i giorni. Tuttavia Klaus sapeva di poter sempre contare
su di lei e lei sapeva di poter fare lo stesso. Mentre scendeva le scale per
uscire di casa e raggiungerla si mise a ridere; definire qualcuno amico gli
sembrava sempre strano. Non ne aveva mai avuti di veri ma lei lo era e l’Ibrido
originale aveva imparato, col tempo, che era un vero privilegio.
Quella
donna era forte e bella ed era l’anima più buona e generosa che avesse mai
incrociato sul suo lungo cammino. Schiarendosi la voce tornò serio quando suo
fratello Elijah gli riservò uno sguardo perplesso dal fondo delle scale.
“Niklaus”
gli disse quando gli passò accanto. “Sbaglio o stavi sorridendo? Sei di buon
umore questa mattina?”
“Io
sono sempre di buon umore!” esclamò lui allargando le braccia mentre faceva un
cenno col capo ad una delle ragazze soggiogate che abitavano in quella casa a
giorni alterni. “Vuoi favorire?” chiese a suo fratello prima di addentare la
mano della giovane.
Elijah
scosse il capo e aspettò che finisse per riprendere con le sue domande. “Sembri
davvero di buon umore, devo dire. È successo qualcosa di cui non sono al
corrente?”
Klaus
ridacchiò immaginando a cosa si stesse riferendo: parlava di Camille, era
chiaro… anche se aveva cercato di rimanere vago. “Niente di quel che pensi. Mi
sono solo alzato col piede giusto, fratello. E ora se vuoi scusarmi, devo
uscire. Ho alcune commissioni di cui occuparmi.”
“Che
tipo di commissioni?”
“Oh
santo cielo” mormorò Klaus. “Sono sotto interrogatorio per caso?”
“Niente
affatto” Elijah mise le mani nelle tasche. “È solo che sembri stranamente
allegro e di solito le azioni da cui trai godimento sono… umanamente
riprovevoli. Se capisci cosa intendo.”
“Lo
capisco” sorrise l’altro. “Ma ti assicuro che non è questo il caso. Ora, se
vuoi scusarmi, devo andare.”
“Certo,
certo” il maggiore dei Mikaelson ricambiò il sorriso. “Vai pure.”
Klaus
uscì di casa.
****
Mentre
il tempo passava e le undici ci facevano sempre più vicine Allison iniziava a
pensare che, forse, telefonare a Klaus non era stata la più brillante delle
idee. Certo, vista l’importanza del favore che aveva da chiedere, dubitava che
ci fosse qualcuno più adatto di lui, eppure qualcosa la metteva in ansia…
Forse
era semplicemente stanca dopo le due settimane infernali che aveva avuto, forse
era il senso di colpa per aver mentito a Sam, Dean e Cass, forse era il fatto
che aveva chiesto a Klaus di mentire ad Elijah. Il fatto che la sua voglia di
tenere il vampiro elegante fuori da quella storia continuasse a fare a pugni
con la sua voglia di chiedergli di abbracciarla come solo lui sapeva fare.
Era
tutto molto confuso e terrificante… sì, per la prima volta in quella vita da
cacciatrice, Allison si sentiva veramente spaventata.
Sobbalzò
quando bussarono alla porta e, stringendosi addosso la giacca, si avvicinò alla
finestra e scostò poco la tenda; vedere Klaus la rassicurò e aprì. Quando la
vide il suo amico rimase a fissarla per un lungo istante come pietrificato. Il
suo viso allegro si trasformò in una maschera di preoccupazione mentre gli occhi
chiari passavano in rassegna il suo volto soffermandosi sui lividi che lo
rendevano quasi del tutto violaceo.
“Cosa
ti è capitato?” le chiese serrando i pugni.
Lei
si inumidì le labbra e un bruciore breve ed inteso le fece pizzicare gli occhi
gonfi e feriti. “Vieni dentro” gli disse guardandosi intorno. Klaus avanzò di
qualche passo, aspettò che lei richiudesse la porta e poi cercò il suo sguardo.
Quello che trovò però fu un abbraccio inaspettato che ricambiò con calore senza
esitazione. La cacciatrice singhiozzò per qualche minuto tra le sue braccia,
poi riprese il controllo e si allontanò poco barcollando fino al letto, dove si
lasciò cadere piano.
“Allison”
mormorò lui. “Vuoi dirmi cosa ti è successo?”
“Mio
fratello” rispose lei, le mani intrecciate, strette l’una all’altra talmente
forte che le nocche si erano fatte bianche. “L’ho inseguito per due settimane,
poi due giorni fa ci siamo ritrovati faccia a faccia. Ho avuto la meglio Klaus,
l’ho messo in ginocchio e avevo l’arma e avevo la possibilità di ucciderlo e…
non ce l’ho fatta” raccontò. “Continuavo a guardarlo e la mia mente mi
riportava indietro nel tempo a quando era solo mio fratello, il mio simpatico e
amorevole fratello maggiore. Ho immaginato il momento della vendetta per tanto
tanto tempo e poi, quando è arrivato, ho fallito.”
Klaus
respirò a fondo pensando che forse un po’ capiva come si sentiva la donna. “È
stato lui a farti questo?” le domandò andandosi a sedere accanto a lei sul
letto.
La
cacciatrice annuì. “Ho esitato. Lui non l’ha fatto.”
L’Ibrido
le accarezzò i capelli. “Come posso aiutarti?”
“Mi
dà la caccia da allora e ho capito che… che non riuscirò ad ucciderlo. Non
importa quanto ci provi, le mie emozioni si metteranno sempre in mezzo e non
riuscirò a fare ciò che devo. Mi ucciderà e sarò morta senza aver vendicato i
miei genitori.”
Lui
rimase in silenzio per qualche secondo, poi si schiarì la voce. “Mi stai
chiedendo quello che credo?”
Allison
si voltò a guardarlo, nel lucido delle iridi nocciola quasi invisibili sotto il
gonfiore degli occhi, Klaus lesse disperazione e tristezza. “Sì, ti sto
chiedendo di uccidere mio fratello.”
****
Due
ore dopo, mentre Allison faceva un riposino, Klaus era uscito a prenderle
qualcosa da mangiare. Testarda come un mulo la cacciatrice non aveva voluto
prendere il suo sangue sostenendo che le ferite sarebbero guarite da sole con i
loro tempi e che comunque, visto il pericolo che incombeva su di lei, non se la
sentiva di avere sangue di vampiro in circolo. Nel caso in cui… aveva
lasciato la frase a metà ma lui aveva comunque capito.
L’Ibrido
pensò che forse avrebbe dovuto infrangere la promessa che le aveva fatto e
telefonare ad Elijah. Suo fratello e la bella cacciatrice condividevano
qualcosa di speciale, erano legati da un rapporto forte, unico. A ruoli
invertiti, si disse, lui avrebbe voluto essere avvertito.
Decise
che gli avrebbe telefonato ma quando tirò fuori il telefono, in prossimità
della camera di motel in cui stava Allison, si accorse che la porta era aperta
e che sul pavimento c’era una scia di sangue fresco il cui odore non lasciava
dubbi: apparteneva proprio a lei.
Lasciò
cadere le buste di cibo che aveva in mano e corse dentro la stanza chiamandola
a gran voce, senza però ricevere alcuna risposta. Sul letto, macchiato di
sangue c’era un biglietto scritto a mano:
Direi che come
bodyguard te la cavi davvero male.
Ma visto che forse
puoi tornarmi utile voglio essere… misericordioso. Se riuscirai a trovarmi prima
di mezzanotte e mi darai quello che chiedo allora potrai riprenderti la tua
amica. Altrimenti… beh spero che tu le abbia detto addio.
-Matt
Klaus strinse forte quel cartoncino,
gli occhi gli si illuminarono di giallo, poi si venarono di rabbia. Capì che
quello era davvero il momento di telefonare ad Elijah. Così lo fece e gli
chiese di raggiungerlo.
Suo fratello arrivò dopo un quarto d’ora
e scosse il capo mentre scendeva dall’auto. “Sapevo che la tua allegria
nascondeva qualcosa. Qual è il problema?”
L’altro gli porse il bigliettino
stropicciato. Gli occhi scuri del nobile Mikaelson lessero con un’espressione
indifferente che si trasformò in terrore quando si posarono sulla firma. “Matt
come…” chiese quasi in un sussurro.
“Come Matt Morgan” chiarì suo
fratello. “Ha preso Allison e la ucciderà se non riusciremo a trovarlo.”
Elijah lasciò cadere il biglietto, poi
anche i suoi occhi si venarono di furia.
Capitolo 9 *** What if she didn't call me? (Parte II) ***
WHAT IF SHE DIDN’T CALL ME?
(Parte II)
Non
svenire, rimani sveglia!
Allison
se lo ripeteva oramai da un bel po’ anche se, se glielo avessero chiesto, non
avrebbe saputo dire da quanto perché non aveva idea di quanto tempo fosse
passato da quando suo fratello l’aveva portata in quel posto. Con gli occhi
stanchi e ancora gonfi si guardò intorno cercando di ignorare il dolore che le
catene le procuravano ai polsi. Non svenire e rimanere sveglia era tutto ciò su
cui stava provando a concentrarsi perché se avesse chiuso gli occhi non era
sicura che li avrebbe riaperti.
Sentiva
male in ogni parte del corpo, dalle sue labbra a ritmo costante, cadevano gocce
di sangue che le finivano sui jeans chiari formando una macchia. Si chiese se
Klaus avesse immaginato cosa fosse successo e si rispose che sicuramente lo
aveva capito vista la scia di sangue che aveva lasciato sul pavimento mentre
suo fratello la trascinava fuori dalla stanza tirandola per i capelli, dopo
averle morso tutte le parti di corpo che era riuscito a mordere.
Senza
dubbio il suo amico Ibrido aveva telefonato ad Elijah e si era premurato di
avvertirlo, anche se lei gli aveva chiesto di non farlo.
Abbassò
il capo e cercò di fare un grosso respiro che le fece bruciare il petto e la
gola e la fece tossire fino a rimanere senza fiato. Fu allora che suo fratello
entrò nella stanza con in mano un hamburger e tirando una vecchia sedia di ferro
le si mise a sedere davanti.
“Ti
ho sentita tossire” le disse. “Stai bene?” scoppiò a ridere allungando le gambe
e incrociandole.
Allison
si sforzò di mantenere un tono calmo e con la poca forza che le rimaneva gli
sorrise appena. “Sto benissimo” replicò. “Se credi che basti pestarmi a sangue
per spezzarmi allora devo dirtelo; sei un idiota. Sono stata torturata dal
diavolo in persona, da angeli vendicatori, ho mangiato una pizza con Morte e
fatto un giro multidimensionale con Dio. Credi che basti un vampiro sarcastico
e pallone gonfiato come te a spaventarmi?”
Matt
diede un altro morso al suo panino e fece un grosso respiro prima di deglutire.
“E tu credi che le tue parole mi impressionino in qualche modo? Credi che ti
basterà mettere insieme nello stesso racconto Morte, Lucifero, Dio e i tuoi
cari amichetti angeli per farmi paura? Per farmi abbandonare il mio piano?”
“E
quale sarebbe esattamente il tuo piano? Farti uccidere da un Originale? Perché
è quello che accadrà quando Klaus mi troverà. Tu morirai, io vivrò e me andrò
da questo posto.”
“Giusto!”
esclamò suo fratello. “Gli hai chiesto di uccidermi, quasi lo dimenticavo. Vi
ho sentiti mentre parlavate; lui ti accarezzava con dolcezza i capelli… Mi
domando cosa avrebbe pensato il nobile Elijah se avesse assistito alla scena.
Non è proprio con lui che ti sei rotolata tra le lenzuola diverse volte?”
“Vai
all’Inferno!”
Matt
rise di gusto. “Forse l’espressione rotolarsi tra le lenzuola non ti piace?
Preferisci bruciare di passione insieme? Devo ammetterlo, dal modo in
cui ricordo ti guardava credevo che ti amasse ma poi, recentemente, ho sentito
dire che vorrebbe ardentemente scaldare le lenzuola del letto della madre di
sua nipote, la figlia di Klaus. Credo si chiami Hayley, se la memoria non mi
inganna, pare che sia un’autentica bellezza.”
“Ti
sei dato al gossip a quanto vedo.”
“Io
la chiamo ricerca. Mi è bastato fare qualche domanda ad un tizio di nome Liam,
un giovane vampiro pieno di risentimento nei confronti di colui che si è eletto
leader ma che, a suo dire, non è proprio all’altezza. Uuh…” Matt si lasciò
andare contro la sedia. “Dovevi sentirlo, un fiume in piena.”
“Grazie
per averci dato il nome della persona che uccideremo dopo aver ucciso te!”
Allison
volse lo sguardo verso la porta dove Klaus ed Elijah stavano fermi, fianco a
fianco. Lo sguardo dell’Ibrido pieno di odio e rabbia, quello dell’Originale
elegante pieno di preoccupazione e fermo su di lei.
Matt
fece un applauso mettendosi in piedi. “Bravi!” disse loro. “Devo dirvelo, non
credevo che sareste riusciti a trovarmi, non così presto almeno.”
“Ti
sei lasciato dietro una notevole quantità di sangue. Avendo quello fare un
incantesimo di localizzazione è un gioco da ragazzi” gli fece sapere Klaus. “Un
errore molto comune… per un principiante come te.”
“Il
fatto che tu sia uno stupido oltre che un principiante è stato di aiuto”
aggiunse Elijah spostando finalmente lo sguardo su di lui. “Detto questo”
aggiunse togliendosi il cappotto e la giacca e infine arrotolando le maniche
della camicia. “Lascia andare Allison e forse ti lascerò vivere.”
L’altro
annuì con espressione seria, si avvicinò alla sedia sulla quale era legata sua
sorella e le poggiò entrambe le mani sulle spalle. “Oh credevi che stessi
venendo a liberarla?” chiese con un sorriso sarcastico quando Elijah gli
riservò uno sguardo perplesso. “Oh no, mi sono spostato da questa parte della
stanza per godermi meglio lo spettacolo. Che i giochi abbiano inizio!” esclamò
e la stanza si riempì di vampiri pronti a scontrarsi fino alla morte con i due
Originali.
Klaus
si guardò intorno, poi guardò suo fratello e scoppiò a ridere. “Hai ragione, è
proprio uno sciocco.”
La
battaglia iniziò.
****
Ovviamente,
come era prevedibile, lo scontro finì con la morte di tutti quei vampiri che
Matt aveva aizzato contro gli Originali, e questo portò Allison a riflettere;
suo fratello non era stupido, niente affatto, sapeva che quella piccola
battaglia sarebbe finita in quel modo quindi che senso aveva schierare inutili
vampiri contro Elijah e Klaus se la loro fine era inevitabile?
C’era
qualcosa che non la convinceva anche se non sapeva esattamente cosa. Mentre
guardava Elijah indossare di nuovo la sua giacca e Klaus pulire via il sangue
che gli era rimasto agli angoli della bocca non poté fare a meno di parlare.
“Perché
hai messo quei vampiri a combattere contro di loro?” chiese scuotendo poco il
capo. “Sapevi che ucciderli sarebbe stato un gioco da ragazzi, quindi qual è il
senso?”
Matt
ridacchiò. “Oh sorellina” le disse spostando le mani sul suo viso. “Sei
sveglia, non c’è che dire. Vedi, volevo che credessero di averti salvata. E
adesso lo credono, quindi quello che sto per fare farà loro tanto tanto male.
Soprattutto al tuo affascinante amico in giacca e cravatta…” disse indicandolo
con un dito.
Proprio
Elijah avanzò di qualche passo ma si accorse, con sua grande sorpresa, che non
poteva andare oltre un certo punto. Era abbastanza vicino da poterla toccare
appena ma non a sufficienza per poterla afferrare e portare via.
“Se
non la lasci andare subito ti giuro che ti pentirai di essere nato.” Sibilò
fissando Matt.
Ma
lui sorrise sornione e afferrò un vecchio tubo che era poggiato lì a terra.
“Quante vuote minacce” disse scuotendo il capo. “Io d’altro canto preferisco i
fatti alle parole.” Senza esitazione colpì Allison e il tubò le passò da parte
a parte all’altezza dello stomaco.
“No!”
urlò Elijah agitandosi contro la parete invisibile.
“E
così muore l’ultimo umano della famiglia Morgan!” proclamò Matt con tono
teatrale. “La barriera calerà fra poco ma temo che sarà troppo tardi per lei. A
non rivederci mai più.”
Gli
occhi di Klaus si colorarono di dorato mentre Matt Morgan usciva da una porta
secondaria aldilà della barriera ed Elijah, in ginocchio, cercava di trovare un
modo per superare quell’invisibile forza.
“Grazie
di essere venuti per me” Allison tossì sangue mentre sentiva la vita
abbandonarla. Abbassò lo sguardo fino a guardare il tubo che l’aveva
praticamente uccisa, poi guardò Elijah. “Io ti amo” gli sussurrò. “So che non è
il momento né il luogo più adatto ma non avrò un’altra occasione per dirtelo”
un altro colpo di tosse e gli occhi dell’Originale si riempirono di lacrime.
“Ti amo da sempre, da quel giorno che abbiamo ballato a Mystic Falls tanti anni
fa, ma mi sembravi incredibilmente troppo per me; troppo affascinante, troppo
gentiluomo, troppo elegante. Guardati” ridacchiò ma il suo cuore perdeva ogni
minuto un battito. “Hai ucciso una dozzina di vampiri e il tuo completo è
ancora perfetto, tu sei ancora perfetto. E guarda me, sono un disastro.”
Elijah
scosse il capo. “No, non sei un disastro. Sei la donna più sconvolgente che mi
sia mai capitato di incontrare. Quella sera a Mystic Falls hai messo ogni cosa
sotto sopra dentro di me, di improvviso tutto era confuso e Dio mi è testimone,
è la confusione più bella che abbia mai sperimentato nella mia intera
esistenza.”
“Allora
tienitela stretta, così non ti dimenticherai di me.”
Lui
sentì il viso rigarsi di lacrime. “Non potrei mai dimenticarmi di te Allison
Morgan, neppure fra un milione di anni.”
La
cacciatrice gli sorrise, poi volse lo sguardo a Klaus. Era triste ma non
sembrava così sconvolto. Tipico di Klaus Mikaelson. “Ti voglio bene amico mio”
gli sussurrò. “Grazie.”
“Non
ringraziarmi adesso” l’Ibrido scosse il capo. “Lo farai dopo. Andrà tutto
bene.”
Allison
chiuse gli occhi con l’eco di quelle parole nelle orecchie.
****
La
donna aprì gli occhi e subito li richiuse, acciecata dalla luce che la colpì e
le fece bruciare le iridi. “Cavolo, il Paradiso è davvero super luminoso come
nei film” mormorò lasciandosi ricadere sul letto e fissando lo sguardo sul
soffitto, rendendosi conto solo allora che quel posto lo conosceva. Con uno
scatto si mise a sedere al centro del letto e si ritrovò Klaus davanti; le
sorrideva con le braccia incrociate sul petto.
“Ce
ne hai messo di tempo a svegliarti.” Le disse.
Lei
lo fissò confusa. “Perché l’aldilà somiglia alla camera da letto che occupo
sempre quando vengo alla vostra tenuta a New Orleans?”
“Perché
il mio gusto per l’arredamento è divino!”
Allison
corrugò la fronte, poi scoppiò a ridere e lo fece per un lungo istante. Istante
in cui realizzò di essere viva anche se non sapeva come. “Cosa…” domandò quando
riprese il controllo.
“Diciamo
che ho preso delle precauzioni quando ho chiesto a quella strega di
rintracciarti. Strega che, tra le altre cose, è mia sorella Freya e non vede
l’ora di conoscerti.”
“Precauzioni?”
la cacciatrice sembrò illuminarsi. “Le hai fatto fare un incantesimo di
protezione vero?”
Klaus
annuì e si avvicinò per porgerle la mano ed aiutarla ad alzarsi. Mentre lo
faceva Allison scoprì di indossare un abitino bianco che le arrivava alle
ginocchia. Suppose fosse di Rebekah.
“Elijah
non ne sapeva nulla, ho pensato che se tuo fratello ti avesse uccisa avrebbe
dovuto sembrare credibile così che non gli venisse alcun dubbio riguardo alla
tua morte.”
La
donna si fermò quando sentì il nome di Elijah, si portò una mano alla bocca e
scosse il capo. “Credevo che sarei morta e ho detto quelle cose…”
“Intendi
la tua dichiarazione d’amore a mio fratello?” domandò l’altro con tono
divertito. “Tranquilla, credo che il sentimento sia reciproco. Ma c’è solo un
modo per scoprirlo in fondo.”
Allison
fece un grosso respiro. “Dov’è?”
“Sono
qui” Elijah entrò nella stanza in quel momento e rimase fermo a fissarla come
se non la vedesse da anni. Per Klaus quello fu il segno che era tempo di
lasciarli soli.
E
soli rimasero, in silenzio per un lungo minuto. Fino a quando Elijah non le si
avvicinò e le accarezzò il viso con due dita. “Ho creduto che fossi morta. Ho
creduto di averti persa per sempre.”
“Come
ho cercato di far capire a mio fratello, sono un osso duro.”
“Sì
lo sei. Anche se con questo vestito sembri la più delicata delle creature” le
disse lui con un sorriso.
Allison
ricambiò facendo spuntare le fossette, abbassò lo sguardo e si diede
un’occhiata poi lo rialzò sull’Originale. In quel suo sguardo scuro c’era una
luce particolare, un perfetto misto di dolcezza, gioia e speranza. Al
diavolo! pensò. La vita è breve. Con decisione gli prese il viso con
entrambe le mani e sollevandosi sulla punta dei piedi lo baciò. Elijah rimase
immobile per un solo secondo, poi la prese in braccio e la strinse forte, una
mano tra i capelli morbidi, l’altra sulla schiena mentre la sdraiava sul letto
per amarla ancora una volta dopo tanti anni.
Hayley
bagnò un’altra pezza e la poggiò sulla fronte bollente di Elijah. L’Originale
soffriva da ore, la temperatura del suo corpo aveva raggiunto livelli talmente
alti che, se non fosse stato un vampiro, sarebbe senza dubbio già morto.
Proprio non riusciva a capire perché Klaus fosse tanto crudele, anche con quel
fratello che non faceva altro che stargli accanto e sostenerlo, sempre e per
sempre.
La
lupa fece un grosso respiro preoccupata per le sorti del ferito la cui testa
stava poggiata sulle sue gambe: le mani andavano su e giù per le sue braccia,
il respiro affannato, un leggero tremolio costante lo scuoteva. Klaus era
andato via furioso e anche se lei era certa che presto o tardi sarebbe tornato
a guarire Elijah, l’idea che soffrisse non le piaceva affatto.
Provava
qualcosa per lui e credeva che quel sentimento fosse ricambiato. Era una
connessione profonda, pulita e aveva come l’impressione che all’Ibrido
originale non andasse bene. Non perché provasse dei sentimenti per lei,
piuttosto per quella smania di possesso e controllo che lo affliggeva; doveva
sempre avere l’ultima parola e guai a non fare ciò che diceva.
Le
condizioni di Elijah in quel momento erano la prova tangibile delle conseguenze
per chi osava sputargli in faccia la verità.
“Allison…”
mormorò lui tremando poco più forte. “Sei proprio tu?”
Hayley
corrugò la fronte perplessa, mentre lui ripeteva quel nome di nuovo, ancora e
ancora. Capiva il delirio causato dal veleno del lupo ma chi diavolo era
Allison? “Meraviglioso” mormorò. “Un’altra amante, probabilmente disturbata
come Celeste.”
“Hayley”
la voce di Rebekah si fece sempre più forte, finché la bionda non aprì la porta
e si fermò a fissare suo fratello, inerme. “Non posso credere che Nik l’abbia
fatto davvero.”
L’altra
respirò a fondo. “Si è addormentato ma continua a tremare e sudare. Soffre e
delira. Continua a parlare, dice cose senza senso.”
“Che
tipo di cose?”
“Continua
a mormorare un nome; Allison.”
Rebekah
si schiarì la voce, sperando di mascherare la sua sorpresa ma vista l’espressione
sul volto di Hayley non doveva esserci riuscita tanto bene.
“Rebekah”
le chiese infatti proprio lei. “Chi è Allison?”
“Non
credo che tu voglia saperlo.”
“Chi
è? Un’altra amante psicopatica come Celeste?”
“Oh
no” la sua amica scosse il capo con un sorriso. “Allison è… è una cacciatrice del
soprannaturale. L’abbiamo conosciuta alcuni anni fa a Mystic Falls, ad una
elegante festa organizzata da mia madre. C’era tutta la città e quando è
arrivata lei, chiusa in quel suo magnifico abito nero… era magnetica e tra lei
ed Elijah scattò qualcosa, anche se non saprei dirti cosa” raccontò. “Si sono stretti
e poi persi, ma nel corso degli anni in qualche modo hanno sempre fatto parte l’uno
della vita dell’altra. Col tempo lei è diventata una cara amica per tutta la
famiglia, una persona su cui possiamo sempre contare.”
Hayley
cercò di nascondere il fastidio e abbozzò un sorriso. “Ne parli come se fosse
una specie di perfetta Dea.”
“Perfetta?”
Rebekah scosse il capo. “Oh no, è tutto fuorché perfetta; è testarda e
autoritaria e ha un terribile senso dell’umorismo” rise. “Ma è una brava donna.
La conoscerai tra poco comunque, sta venendo a darci una mano.”
“E
come potrebbe aiutarci? Klaus non darà ascolto a nessuno.”
“Credimi
Hayley, troverà un modo per convincerlo.”
****
Allison
fu circondata non appena mise piede in quella specie di ristorante, punto
esatto in cui era riuscita a rintracciare il cellulare di Klaus dopo l’ultima
telefonata con Rebekah e dopo aver girato a vuoto per un’ora. La sua amica le
aveva detto che Elijah soffriva terribilmente e implorandola di fare più in
fretta che poteva aveva riattaccato. La cacciatrice aveva fatto un grosso
respiro chiedendosi se il fatto che si trovasse a Baton Rouge quando la
telefonata dell’Originale era arrivata, fosse una specie di segno che le
indicava che lei e soltanto lei poteva aiutare Elijah.
Aveva
subito archiviato il pensiero però realizzando che si trattava di una semplice
coincidenza anche se la cosa la inquietava comunque.
Senza
togliere le mani dalle tasche del suo cappotto si guardò intorno facendo un
giro su se stessa e si fermò faccia a faccia con un tizio dagli occhi chiari
che indossava un cappello. “Salve, posso aiutarvi?” chiese con un sorriso.
L’uomo
davanti a lei incrociò le braccia sul petto con fare minaccioso. “Tu chi
diavolo sei?”
“Chi
diavolo siete voi. Cos’è, un comitato di benvenuto? Perché se è così
lasciatevelo dire, siete davvero pessimi.”
“Si
vocifera che tu sia una cacciatrice e i cacciatori non sono i benvenuti a New
Orleans. Quindi lo chiederò un’ultima volta” sibilò l’altro facendo qualche
passo in avanti. “Chi diavolo sei?”
Allison
tirò fuori le mani dalle tasche e le alzò come in segno di resa. Abbassò poco
il capo e ridacchiò prima di guardarlo di nuovo negli occhi. “Ah se solo me lo
avessi chiesto gentilmente” sussurrò e con un gesto veloce lo colpì per poi
tirare fuori la sua lama. “Chi è il prossimo?” domandò senza abbassare la
guardia.
Fu
un giovane dai capelli ricci a farsi avanti, gli occhi iniettati di sangue
mentre si preparava a colpirla. Il colpo però non arrivò mai.
“Fermi!”
urlò infatti qualcuno, una voce che Allison riconobbe. “Forse voi non avete
idea di chi sia ma io ce l’ho e vi assicuro che vi darà del filo da torcere se
vi metterete contro di lei.” Klaus avanzò affiancato da un uomo alto e di bell’aspetto
che lei non conosceva. “Ciao guerriera.”
“Con
quella specie di coltello darebbe del filo da torcere ai miei ragazzi?” domandò
il tizio accanto a lui. “Klaus, tu li sottovaluti.”
“Ah
quindi sei tu il capo di questo gruppo di idioti?” Allison rimise a posto la
lama. “Complimenti, un gruppo molto… omogeneo, per così dire. Immagino che tu
sappia perché sono qui.” si rivolse a Klaus.
“Lasciami
indovinare: vuoi il mio sangue per curare il morso che ho dato al tuo Mikaelson
preferito.”
“Sei
un concentrato di perspicacia, non c’è che dire. Allora, me lo darai senza fare
troppe storie o mi farai perdere tempo?”
Klaus
sorrise. “Un po’ e un po’ temo. Ad ogni modo credo che sia il caso di spostare
questa conversazione fuori da questo posto, non è corretto annoiare tutti con le
nostre faccende private, non credi?”
La
cacciatrice gli si avvicinò, poi si voltò a guardare i vampiri. “Comunque,
giusto per la cronaca, il mio nome è Allison Morgan.” Si alzò un vociare
confuso mentre sul viso di alcuni si faceva largo un’espressione sorpresa e
timorosa. Allison seguì l’Ibrido fuori dal ristorante.
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“Devi
essere impazzito!” esclamò la donna dopo aver ascoltato la folle richiesta che
Klaus le aveva fatto in cambio del sangue che avrebbe guarito Elijah. “Non ti
aiuterò ad uccidere Tyler Lockwood.”
“Allora
non avrai ciò che chiedi.”
“Klaus
tutto questo è assurdo. E credo che tu te ne renda perfettamente conto.”
Allison allargò le braccia. “Cosa ti ha fatto Elijah di così terribile da farti
arrabbiare così tanto?”
“Non
è solo quello che ha fatto!” urlò l’altro. “È anche quello che ha detto! Ha
creduto alle parole di quell’insulso Lockwood, alle parole di Hayley ma non
alle mie.”
“Quali
parole?”
“Quelle
secondo le quali una volta che mia figlia sarà nata la userò come un
distributore di sangue per creare nuovi Ibridi.” Il suo amico fece un grosso
respiro. “Credono che questa sia l’unica cosa che mi importi, mi giudicano come
padre prima ancora che lo diventi. Io non sono mio padre, amerò mia
figlia più di ogni altra cosa al mondo.”
Gli
occhi di Allison si riempirono di lacrime mentre le fragilità del grande Klaus
Mikaelson venivano fuori attraverso le sue parole, attraverso la rabbia nel suo
sguardo. Era indignato e se quello che le aveva appena detto corrispondeva a
quello che era davvero accaduto, allora non aveva tutti i torti ad esserlo.
Senza chiedere altro gli si avvicinò e lo strinse in un abbraccio. “So che lo
farai, e anche loro lo sanno. Ma a volte si dicono e si fanno cose stupide. Hai
morso tuo fratello, dovresti saperlo.”
Lui
rimase un attimo immobile poi con un sorriso ricambiò l’abbraccio sentendosi
più leggero.
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Elijah
aprì gli occhi lentamente e la prima cosa che percepì fu una sensazione di
fresco sul viso, la seconda fu l’odore inconfondibile del sangue di una
particolare donna. “Allison?” sussurrò mettendo a fuoco il viso che le stava
davanti.
“Ce
ne hai messo di tempo a svegliarti” lei lo aiutò a sollevarsi fino ad essere
seduto. “Come ti senti?”
“Che
ci fai tu qui?”
“Dopo
che Klaus ti ha morso Rebekah mi ha telefonato chiedendomi di parlare con lui,
sosteneva che fossi l’unica che potesse convincerlo a guarirti rapidamente
senza che soffrissi a lungo. Ero a Baton Rouge per un caso e così sono venuta
di persona.”
“E
hai convinto mio fratello a darti il suo sangue per guarirmi? Come?”
Allison
si strinse nelle spalle. “Ho i miei metodi” scherzò. “Ha detto che l’hai
accusato di voler usare sua figlia come fonte di sangue per creare altri
Ibridi. È vero?”
“Temo
di sì” l’Originale si schiarì la voce. “Hayley aveva detto che era così e…”
“Hayley
aveva detto?” lo interruppe lei. “Hai incolpato tuo fratello di una cosa
terribile solo perché lo ha detto Hayley?”
“Temo
di sì” ripeté di nuovo lui. “Capisco ora che è stato un errore.”
“Lo
è stato, ma non per il modo in cui l’hai accusato, piuttosto per l’accusa in sé.
Niklaus sarà un bravo padre e tu lo sai.”
Elijah
le fissò le labbra, poi gli occhi. “Mi scuserò con lui. E grazie.”
“Bene!”
sorrise lei. “Non hai risposto alla mia domanda comunque, come ti senti?”
“Affamato.”
Allison
scoprì il polso e gli porse il braccio. “Bevi un po’ del mio sangue, ti
sentirai meglio.”
L’Originale
le prese la mano ma invece di mordere vi posò sopra un bacio leggero. Poi uno
più profondo glielo posò sulle labbra. Lei ricambiò.