BOOGEYMAN - L'uomo nero

di Felix_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuga dalla scuola ***
Capitolo 2: *** La lettera ***
Capitolo 3: *** Presenza ***
Capitolo 4: *** Messaggi ***
Capitolo 5: *** Cuore ***
Capitolo 6: *** Soulmate ***
Capitolo 7: *** LEGGI QUI LETTORE ***



Capitolo 1
*** Fuga dalla scuola ***


 
ATTENZIONE: QUESTO CAPITOLO E' STATO RIVISITATO E MODIFICATO. A BREVE QUESTA PROCEDURA COINVOLGERA' ANCHE I CAPITOLI SEGUENTI.
CI SI VEDE IN FONDO AL CAPITOLO, BUONA LETTURA!





 
  BOOGEYMAN – L’UOMO NERO
 
 
CAPITOLO 1- Fuga dalla scuola
 
 

Partiamo con le presentazioni.
Ciao a tutti, sono Alexandra Williams, per gli amici Alex, e ho 19 anni. Questa è la mia storia.


 
QUATTRO ANNI PRIMA
 


Era una bellissima giornata di primavera inoltrata e l’avrei trascorsa nel peggiore dei modi: in gita scolastica.
Odiavo con ogni particella del mio corpo fare gite, di ogni genere. Avrei preferito fare lezione e, come sempre, le mie amiche mi minacciavano di morte ogni volta che dicevo alla professoressa se era veramente necessario fare una gita.
Le mie amiche.
Loro sono amiche d’infanzia, non ci siamo mai divise, mai un litigio.
Beh si, c’erano state un po’ di discussioni ma erano tutte finite per il meglio.
Ritorniamo all’argomento..
La gita non si sarebbe conclusa a fine giornata, ma saremmo stati via tre giorni in totale.
L’unica cosa che mi rallegrava è che avrei passato quelle ore in buona compagnia.
Come al solito, alle 7.40 presi l’autobus che mi portava a scuola quotidianamente e tenni un posto per la mia migliore amica, Kate Clark, che sarebbe salita alla prossima fermata.
Con lei avevo un rapporto più solido, più intimo; senza di lei mi sentivo un po' persa.
“Alex, sei nel mondo dei vivi?” mi domandò occupando il posto che le avevo riservato e guardandomi con un sorriso smagliante.
“Certo, anche se preferirei essere nell’altro, con quello che mi aspetta” risposi accennando a un sorriso di rimando.
“Non riesco proprio a capire come fanno a non piacerti le gite, insomma ci salvano dalle lezioni!” disse sbuffando e prendendo l’iPod dalla tasca della felpa e iniziando a sgrovigliare le cuffiette che, come sempre, sembrava facessero una lotta a chi si aggroviglia di più nella tasca.
Dopo un lungo lavoro, me ne porse una e la infilai nell’orecchio.
Dopo pochi istanti partì la canzone Sweet Home Alabama che amavamo alla follia.
Mentre ascoltavamo la canzone, salirono le altre ragazze della nostra compagnia: Mary, Sophie, Sarah, Cindy e Rose.
Si sedettero dietro di noi e in meno di un secondo ci tempestarono di una marea parole.
“Oggi niente gita!”
“Abbiamo un idea geniale!”
“Io non c’entro sia chiaro, hanno fatto tutto loro”
“Ci beccheranno di sicuro, lo so!”
Tutte queste frasi dette all’unisono nel proprio orecchio a neanche le 8 di mattina non era proprio un buon modo per cominciare la giornata col piede giusto.
“Per l’amor del cielo, volete abbassare la voce? Se vi sente qualcuno siete fottute” le rimproverai, essendomi girata e guardandole divertita, mentre Kate mi imitava.
“Bando alle ciance, che idea vi è saltata in mente razza di smidollate?” chiesi sorridendo a tutte a mo’ di saluto.
Sophie prese la parola, il che mi fece pensare che la mente brillante di quel piano fosse lei.
“Stamattina mentre stavo preparando le cose necessarie per la gita mi è balenata alla mente un’idea grandiosa e ho avvisato subito le altre. Ma tu ovviamente – puntandomi il dito contro – non guardi mai il cellulare, cascasse il mondo! E poi, pensavo che te l’avesse già detto Kate” guardai Kate che se ne stava serena nel suo posto mentre faceva spallucce.
“Avevo paura che te la prendessi con me, e non avevo tutti i torti” disse lei alzando le mani in segno di resa.
“Fa niente, dai ditemi tutto: qual è il piano?” chiesi abbassando la voce per non farmi sentire dagli altri studenti dell’autobus.
Sophie mi imitò e continuando il suo discorso, abbassò la voce in modo da farsi sentire solo da noi.
“Allora, quando la Coleman farà l’appello in classe per controllare che ci siano tutti, noi saremo li. Come se dovessimo andare in gita anche noi. Nel momento in cui ci prepareremo a salire sull’autobus ci terremo a debita distanza da lei e con una scusa correremo in bagno, fingendo di stare male. E mi raccomando, siate credibili – marcò l’ultima frase guardandoci tutte e soffermandosi su Cindy che solitamente era sempre quella che si faceva beccare in flagrante – dopo esserci dileguate con una scusa, andremo a stare alla vecchia casa abbandonata dei Price. Faremo un campeggio nella vecchia casa invece che andare ad annoiarci a seguire quelle convention pallosissime”. Concluse Sophie, come se avesse detto la cosa più normale del mondo.
“Sarà un’esperienza nuova, da brivido” aggiunse Mary che era già elettrizzata all’idea che di passare tre giorni rinchiuse in quella casa.
“Tralasciando il fatto che la Coleman si  farebbe venire qualche sospetto se ci dovesse vedere tutte al bagno, non hai pensato che quella casa è abbandonata?” chiesi io con tono scettico, incrociando le braccia al petto.
“Si. E allora che c’è di male?” rispose invece Rose.
“Beh, sarà pieno di polvere, ragni, topi e cose di quel tipo. Io non ci dormirei in quel posto” dissi facendo una faccia alquanto schifata e guardai Kate che annuiva comprensiva per poi aggiungere qualche parola.
“Si, ma è un’avventura che faremo insieme. Puliremo un po’ lo spazio in cui staremo e il gioco è fatto”
Riflettei ancora qualche momento per poi annuire e sghignazzare con le altre che, entusiaste che io avevo accettato, stavano cominciando a strillare e ad attirare l’attenzione.
Al diavolo tutto, insomma, avrei saltato la gita in un modo o nell’altro quindi, meglio divertirsi!
“E come facciamo con la Coleman?” chiesi dubbiosa su quella parte del piano, bloccando i loro risolini di felicità.
“Diremo a Jessica che non siamo state bene perché pensiamo di aver preso un’intossicazione alimentare da qualche parte, così lei andrà a dirlo alla Coleman e noi saremo libere di andare” rispose Sarah, compiacendosi della perfetta scusa appena trovata.
“Okay, quindi è tutto perfetto” disse Rose.


L’autobus si fermò davanti alla scuola e puntualissime entrammo nell’auditorium con gli altri studenti delle altre classi, pronte ai vari appelli.
Ci sedemmo tutte vicine quando Cindy intervenne a bassa voce.
“Però ragazze, la sapete la storia che si dice in giro sulla casa dei Price..” disse un po spaventata.
“Oh andiamo, è una vecchia storia che si dice in giro per tenere lontane le persone da quella casa, tutto qui” rispose Kate che non credeva ad una virgola di quella storia.

In giro si diceva che quella casa – più che casa era meglio definirla villa del 1700 – fosse infestata da una presenza e che i Price fossero stati uccisi da questa fantomatica cosa.
Prima della loro morte la gente li ritenne impazziti per via della vecchiaia, poiché andavano in giro per il paese a spaventare tutti, dicendo che nella loro casa viveva questo essere e che non riuscivano più a vivere in pace. Nessuno prestò attenzione a quello che andavano a dire in giro… quando un giorno la domestica trovò i loro cadaveri in casa. Molti pensano che siano stati stroncati da un infarto, ma gli idioti più totali pensano che sia stata la fantomatica presenza.
La signora e il signor Price furono seppelliti nel mausoleo di famiglia, che si trova nel giardino sul retro della villa.
Col passare degli anni questa divenne una storiella di paura da raccontare agli amici; tuttavia nessuno si mostrò interessato ad acquistare la dimora, così lentamente cominciò il suo declino da villa settecentesca a tana di topi e pipistrelli.

Vedendo gli studenti che si ammucchiavano come delle sardine alle porte della scuola per prepararsi a salire sull’autobus della gita, corremmo in bagno fingendo dei conati di vomito. Una volta uscite dal bagno, neanche l’avessimo evocata, Jessica ci venne in contro e ci chiese se stavamo bene. Noi le spiegammo cosa ci era appena successo e le demmo la scusa inventata da Sarah, così corse a dire tutto quanto alla professoressa Coleman, che ci disse di chiamare i genitori e aspettarli nell’atrio della scuola.
Fingemmo ancora per qualche minuto e poi alla fine l’autobus partì e noi ci trovammo ad esultare fuori dai cancelli della scuola.
Così Sophie si mise a capo della “spedizione” e ci guidò dall’altra parte della piccola cittadina, alla casa dei Price.
Ci fermammo esauste una volta raggiunto l’enorme cancello in ferro battuto della casa e osservammo con occhi curiosi il posto.
Il giardino – se così si poteva definire, dato che era rimasto solo un cumulo di erbacce e ortiche – sembrava perdersi a vista d’occhio e dava l’idea di essere arrivate ai confini di un podere; l’edera e il muschio facevano da padroni in quel quadro tetro.
L’edera si era appropriata, come solo un parassita sa fare, delle mura della casa, un tempo bianche.
Al tetto mancavano molte tegole e alcuni vetri delle finestre erano rotti, segno che qualche ragazzino intraprendente fosse passato da quelle parti anni prima.
Il cancello era chiuso da un lucchetto gigante con una catena altrettanto gigante, ma lasciava un po’ di spazio per permetterci di oltrepassarlo nel mezzo.
“Togliamoci gli zaini, altrimenti non ci passiamo” disse Rose, togliendosi lo zaino dalle spalle e lanciandolo oltre al cancello, per poi passare per prima dalla fessura tra il cancello.
“Spero solo di non rimanere incastrata, altrimenti mi sentite” ironizzò Mary, imitandola e passando con facilità. Le seguimmo tutte una ad una fino a ritrovarci tutte quante in mezzo alle erbacce.
Riafferrammo gli zaini e ci avviammo su per il sentiero di mattonelle sporche che conduceva alla veranda della villa.
“A chi l’onore?” chiesi io, pur sapendo che nessuna si sarebbe fatta avanti.
“Ci andrei io Alex, ma mi sono appena fatta le unghie e non voglio rovinarle” disse Cindy, evitando di guardarmi in faccia.
“Bugiarda, sei solo una fifona” scherzò Sarah, che le diede un buffetto sul braccio.
“Vacci tu allora, dato che fai tanto la coraggiosa” la provocò Cindy, ottenendo la reazione voluta. Infatti Sarah smise subito di ridere e si voltò a osservare una macchia particolare su una colonna della veranda.
“Okay, vado io” alzai gli occhi al cielo, notando che nessuna si era offerta di entrare per prima in casa.
Lasciai lo zaino a Kate, che in cambio mi diede una torcia e mi sorrise come forma di incoraggiamento.
“Tranquilla, se ti succede qualcosa sarò la prima a entrare. A meno che tu non venga attaccata da un ragno gigante, in quel caso sarò la prima a levare le tende”, disse con celato sarcasmo, facendoci ridere tutte.
Salii i tre scalini di legno marcio che portavano al portico e mi soffermai sulla porta, a osservare la maniglia in ottone, che sembrava splendere di luce propria. Attirata, aprii la porta.
Un’immensa sala, semi celata alla luce del sole, spiccava di fronte a me.
Lo scricchiolio della porta che finiva di aprirsi era abbastanza inquietante, ma non ci badai più di tanto. Entrai a piccoli passi e accesi la torcia. Alla luce sprigionata dalla torica vidi un mucchio di mobili sotterrati da lenzuola bianche per coprirli dalla polvere.
Un odore intenso e pungente mi arrivò al naso, facendomi arricciare le narici.
“Ragazze che puzza che c’è qui dentro, sembra quasi che abbiamo sgozzato un maiale qui dentro” dissi tra me e me, mentre mi tappavo il naso con la mano libera, cominciando a vagare per la stanza.
Tornai quasi subito alla porta per dare alle altre il via libera.
“E’ tutto okay, potete entrare. Però tappatevi il naso, vi conviene”, dicendo questo le mie amiche si guardarono negli occhi e, sbuffando, tirarono fuori dai loro zaini alcuni fazzoletti, pronte per entrare nella casa.
“Che puzza ragazze, qualcuno ha un profumo da spruzzare?” disse Sophie, che si era tappata il naso troppo tardi.
“Sappiamo tutte che sei tu a far puzza qui, Sof” scherzò Mary mentre osservava la stanza.
“Ah ah ah, non è divertente” rispose Sophie.
“Wow, ma qui è immenso! Ce l’avessi io questa casa, sai quante feste che farei!” aggiunse Rose, girando su se stessa e ammirando il soffitto alto che era in buonissime condizioni.
“Immaginatevela ai suoi tempi d’oro. Doveva essere splendido vivere qui”, disse Kate, con voce trasognata, scostando un lenzuolo da un mobile e scoprendo un vecchio pianoforte in condizioni abbastanza ottimali.
Dopo aver guardato attentamente tutta la sala decidemmo di iniziare a pulire e a sistemare le nostre cose per la notte, andando però prima ad aprire tutte le finestre e facendo così entrare tutta la luce possibile.











 
NOTA DELL'AUTRICE

Ehi lettori e lettrici di Efp! Come vi è sembrata la parte iniziale? 
Questa è una storia che ho iniziato anni orsono e che, purtroppo, è finita nel dimenticatoio. Ho deciso però di darle una controllatina e così facendo mi sono persa a correggere alcune parti e sono finita a riscrivere alcuni pezzi. 
Spero di aver fatto un buon lavoro e a breve rivisiterò anche gli altri capitolo, cercando di migliorare un po' la storia! 
Beh che dirvi.. spero che questo primo capitolo rivisitato vi piaccia! 
Mi raccomando, fatemelo sapere in una recensione ;) 
Al prossimo capitolo, baci

Felix


 

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Capitolo 2
*** La lettera ***




BOOGEYMAN
CAPITOLO DUE - LA LETTERA

 

Pulimmo tutto il soggiorno in cinque ore: spazzammo con la scopa, tirammo via le lenzuola e spolverammo i mobili dove avremmo appoggiato le nostre cose.
Poi passammo al bagno, che non era in condizioni pessime ma a cui serviva ugualmente un po di attenzione alla pulizia; siccome nessuno voleva pulirlo estraemmo a sorte e uscirono Rose e Cindy che, pur riluttanti, accettarono.
Sarah si occupò di preparare le cose per la notte e Mary invece si prese cura di controllare se il gas e la corrente erano apposto. Fortunatamente e inspiegabilmente lo erano.
Sophie invece accettò di prepararci il pranzo dato che era una vera maga nel preparare cose semplici ma buonissime.
Io e Kate invece facemmo un giro dei piani superiori.
“Guarda questo quadro, penso che sia il ritratto della signora Price. Era bellissima da giovane” disse Kate sospirando e tornando ad osservare uno dei mille quadri appesi lungo il corridoio che stavamo percorrendo.
“Già, era proprio una bella donna. Oh, guarda il signor Price com’era!” la tirai per la manica e la portai davanti ad un quadro vicino che rappresentava la maestosa figura dell’ex proprietario della villa.
“Ma non hanno dei figli? Insomma, con una casa così grande credo che dei bambini potessero riempirla di allegria, no?” chiesi io all’improvviso pensando che tutta quella proprietà oramai non apparteneva più a nessuno.
Kate distolse lo sguardo dal quadro e mi rivolse un sorriso triste.
“A quanto ne so io non li hanno mai avuti, credo che comunque si siano sentiti un po soli qua dentro. Hai ragione, i bambini portano sempre il sorriso” concluse poi la frase sorridendo.
D’improvviso pensai alla sorella di Kate: si chiamava Anne e aveva 7 anni.
Io l’amavo moltissimo quella bambina, era energia allo stato puro! Kate le voleva un bene dell’anima.
A quel pensiero mi scappò un sorriso e mentre riprendemmo a camminare verso il piano superiore chiesi di lei a Kate.
“Come sta Anne?”
“Bene, come sempre. Stamattina le ho detto quello che avrei fatto e dicendole che se lo avesse detto alla mamma non le avrei più voluto bene, forse sono stata un po troppo cattiva, non credi?” mi chiese con un po di risentimento per come aveva trattato la piccola Anne.
“Beh, forse. Ma almeno sei sicura che non glielo dirà!” ci scherzai su e riuscii tirar su di morale la mia migliore amica.
“Si, hai completamente ragione Alex”
Percorremmo tutto il corridoio, arrivando davanti alla parete dove era appeso l’ennesimo quadro.
Mi guardai intorno e mi scappò l’occhio su un lieve rialzo della mattonella su cui posava il piede di Kate.
Curiosa di sapere cosa si celava sotto la richiamai.
“Ehi, guarda sotto al tuo piede. C’è un rialzo. Su avanti, spostalo” le chiesi, accovacciandomi a terra.
Kate spostò il suo piede e si accovacciò accanto a me.
Alzai la mattonella dal pavimento e la tirai via.
Sotto di essa c’era un biglietto ingiallito, legato da un pezzo di corda sottile.
Forse, una vecchia lettera.
Ma perché nasconderla sotto una mattonella?
La presi in mano, la rigirai e guarda Kate.
“Che aspetti? Aprila, su!” mi incitò Kate, curiosa come sempre.
Annuì e delicatamente aprii quel foglietto di carta, stendendolo con le mani sul pavimento.


31 Ottobre 1949

Cara Julie,
non so nemmeno come iniziare questa lettera, mi vergogno già moltissimo di quello che sto per scriverti qui, su questo semplice pezzo di carta, e me ne scuso.
Credo che scriverti una semplice lettera non sia giusto, quindi potrai giustamente pensare che io sia un vigliacco egoista, ma non posso fare altrimenti.
Tu mi conosci alla perfezione, perciò sai dentro di te quanto costeranno a me queste parole.
Non possiamo più continuare questa storia, non possiamo andare avanti in questo modo, con queste gocce di noi che si trasformano come sempre in ricordi che mi toccano l’anima, che mi urlano parole di tradimento.
Non posso più continuare questa vita ingiusta per mia moglie Allie e per la mia piccola figlioletta Emma.
Loro non meritano tutto questo e nemmeno tu meriti uno come me.
Dentro di me un alter ego che non avrei mai, mai potuto costruire senza di te.
So che mi mancherai, so che mancherò a te, ma è la cosa più giusta.
La cosa più giusta per tutti quanti.
Non cercarmi, non rispondere a questa lettera.
Rispediscila a me quando il tuo cuore avrà letto queste parole amare e piene di lacrime.
Rispediscila a me, così che io ricorderò per sempre quello che ho vissuto e gli sbagli che ho commesso.
Ti amerò fino alla fine dei mie giorni.

Per sempre il tuo Noah



Lessi la lettera ad alta voce insieme a Kate.
Continuai a fissare quella lettera così piena di sentimenti e infine la piegai con dolcezza e la rimisi al suo posto, ricoprendola nuovamente con la mattonella.
Mi alzai insieme a Kate con aria un po confusa.
“Mi avevi detto che i Price non hanno mai avuto figli. Qui Noah dice di avere una figlia!” dissi senza capirci niente.
Kate analizzò la situazione, per poi rispondermi.
“E se le fosse successo qualcosa? Se fosse morta da piccola magari per una malattia o, o un incidente!” cercò di spiegare.
“E se invece le fosse successo qualcos’altro? Rifletti: nessuno ha mai saputo dell’esistenza di questa Emma. E dopo aver letto questa lettera si presuppone che Noah abbia tradito sua moglie con questa Julie. Io penso che la signora Julie l’abbia rapita o..ammazzata.” spiegai io, mentre la mia mente vagava per altre possibili soluzioni.
Kate non pareva sicura della mia opzione.
“Forse, ma non credo che sia arrivata a tanto quella signora. Insomma, uccidere una persona è una tragedia, figurati uccidere una bambina innocente!” rifletté lei mentre un leggero brivido l’avvolgeva.
“E’ solo un’ipotesi, magari Noah si è inventato l’esistenza di sua figlia solo per poter sviare alla sua amante” commentai io.
Kate massaggiò le tempie e si appoggiò alla parete, affianco al quadro.
Poi successe tutto velocemente.
La parete scivolò sul lato, facendo cadere Kate in una stanza impolverata e priva di qualsiasi cosa.
Non ebbi il tempo nemmeno per dire una parola, che la parete si richiuse.
Mi avvicinai subito sbattendo i pugni su di essa, cercando di buttarla giù.
“Kate! Kate rispondi! Kate dannazione, stai bene? KATE!!” urlai sempre più forte, ma dalla stanza segreta non provenne nessun suono, nessuna voce.









NOTA DELL'AUTRICE

Salve salvino a tutti! 
Eccomi qua con un nuovo capitolo, il secondo.
Sono, beh ecco, un tantino in ritardo ma l'ispirazione si sa, non viene a comando!
Dunque, che ve ne pare di questo capitolo?
A me piace un sacco, non sarà il top dei top ma a me piace.
Dov'è finita Kate? Riusciranno Alex e le sue amiche a ritrovarla?
O qualcuno o qualcosa la porterà via?
E poi, esiste o no questa Emma?
Beh, leggete e scoprirete! 
Ovviamente, tutto al prossimo capitolo!!
Baci, Felix_




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Capitolo 3
*** Presenza ***



BOOGEYMAN
CAPITOLO TRE - PRESENZA



“Alex tutto bene lassù?” sentii la voce preoccupata di Sophie dal piano inferiore.
“Cazzo, venite su tutte! Immediatamente!”
Kate era scomparsa in un millesimo di secondo davanti ai miei occhi.
Continuai a dare pugni, calci e spallate alla parete, sperando che quella maledettissima parete si sfondasse, ma quella sembrava fatta di piombo.
Continuai, invano.
Le mie nocche si erano sbucciate e alcune gocce di sangue uscirono, macchiandomi la maglia verde acqua.
I passi veloci mi raggiunsero e occhi preoccupati di invasero.
Cercai di non farmi prendere dal panico.
“Kate era..era qui e..” ma ovviamente non ci riuscii.
“Alex sta calma! Dov’è Kate?” mi disse Mary scuotendomi per le braccia.
Presi qualche secondo per fare respiri profondi, poi presi parola.
“Kate si era appoggiata su questa parete, e questa si è spostata! Kate è caduta dentro e io non ho avuto tempo di fare niente che la parete si era già spostata di nuovo e..ora non riesco a spostare questa maledetta porta!” dissi afflosciandomi sul pavimento.
Ci fu un momento di silenzio, rotto poi da tutte che iniziarono a prendere a calci e pugni la porta, come feci io.
Urlarono anche loro a Kate, ma niente.
Mi rialzai e cercai qualche altro passaggio segreto che magari mi conducesse dall’altra parte, in quella stanza senza luce dove Kate probabilmente era svenuta, dato che non rispondeva a nessuno.
Mentre le altre continuavano ad imprecare, chiamare Kate e cercare di sfondare la porta, io portai lo sguardo alla mia sinistra, su un vecchio armadio con un anta che era attaccata per un pelo.
Mi avvicinai subito ad esso e dentro, con mia estrema fortuna, ci trovai una scatola per gli attrezzi.
La aprii velocemente e ci trovai dentro un trapano, un martello, una chiave inglese e una sfilza di chiodi arrugginiti.
Presi subito il trapano e ritornai al punto di partenza.
“Spostatevi, provo con il trapano”
Le ragazze si spostarono subito e guardandole un attimo, constatai che erano esauste di picchiare la parete.
Accesi il trapano e cominciai a trapanare sul muro.
Un piccolo buco si formò.
Continuai per qualche minuto, per formare un buco abbastanza profondo.
Mi fermai e appoggiai il trapano per terra e riflettei un attimo.
‘La parete quando si era mossa non era tanto spessa, avrei già dovuto trapassarla! E invece niente..’
constatai con la mia mente.
“Sta succedendo qualcosa di strano. La parete quando si era spostata non era spessissima, avrei già dovuto bucarla, e invece niente. C’è qualcosa che non va” dissi riflettendo con le altre.
“Forse, non hai trapanato abbastanza” provò a parlare Cindy.
Negai col capo mentre una lampadina di accese sopra la mia testa.
“La stanza che c’è dietro questa parete è esattamente sotto alla soffitta! La soffitta ha il pavimento in legno, magari se riusciamo a romperlo ritroviamo Kate!” un’improvvisa felicità mi travolse.
“Si, questa è la volta buona! Kate sto arrivando” sussurrai tra me e me.
“Si, hai ragione! Veniamo anche noi, così ti aiutiamo”
Annuii a tutte e mi voltai per correre verso una scala di ferro che avevo notato prima nel salire le scale.
Mi bloccai immediatamente con lo sguardo agghiacciato dalla paura. Una figura oscura era passata davanti alle scale come un flash.
“Chi c’è laggiù?” chiesi cercando di ritrovare un po di autocontrollo.
A passi lenti, mi avvicinai alle scale e non vidi nulla.
Analizzai tutto il piano inferiore col mio sguardo ed era tutto come l’avevamo lasciato.
“Ragazze, c’era qualcuno sulle scale” dissi in tono preoccupato.
“E’ impossibile Alex, ci siamo solo noi dentro questa casa. Dai vieni!” mi incitò Rose.
Con un ultimo sguardo non soddisfatto e non sicuro alle scale, presi la scala di ferro e la trascinai sotto il buco della soffitta.
Cindy e Rose l’aprirono e la tenettero salda al pavimento mentre salii velocemente.
Arrivata a fine scala, aprii la piccola porticina che portava alla soffitta e mi infilai dentro con fatica, dato che era strettissima.
Mi alzai e mi spolverai le gambe che avevano toccato terra.
La soffitta era abbastanza illuminata dalla luce del sole che si rifletteva attraverso le grandi finestre.
Mi guardai intorno: ero circondata da scatoloni.
‘Cosa ci sarà dentro tutti questi scatoloni?’ pensai guardandoli con diffidenza e camminando fino al centro della bassa stanza.
Tirai il filo della lampadina che si accese dopo qualche secondo e cercai nella stanza qualsiasi cosa, qualsiasi oggetto che destasse la mia attenzione.
Niente.
Un altro buco nell’acqua.
D’un tratto l’immagine di quella strana ombra nera mi riapparve nel mio cervello.
Di nuovo, la paura si impossessò di me.
Era come..come se quel qualcuno mi stesse fissando, trapassandomi da parte a parte.
Come se quel qualcuno riuscisse a sentire le mie emozioni.
Come se quel qualcuno riuscisse a scovare ogni mia più profonda paura, celata dal mio animo.
Girai su me stessa per controllare in giro.
Di nuovo, niente.
Scacciai dalla mente quel brutto pensiero e con due falcate raggiunsi la scala e avvertii le altre che potevano salire.
“Mary, prendimi il martello che sta nella scatola degli attrezzi per favore”
Mary obbedì e salì la scala per ultima.
Mary mi passò il martello nella mano umida per l’agitazione.
Intanto mi avviai verso la zona in cui si sarebbe dovuta trovare la stanza sottostante.
E cominciai.
Cominciai a dare delle grandi martellate al pavimento di legno marcio.
Con foga continuai a martellare, notando che il legno si stava squarciando facilmente.
“Ehi, ci..ci siamo” dissi alle altre, vedendo che il buco si poteva distruggere anche con le mani.
Mary, Rose, Cindy, Sarah e Sophie si avvicinarono a me, attente a dove mettevano i loro piedi, e osservarono lo squarcio.
Lì per lì, sotto di loro sembrava celarsi uno stanzino.
“Io salto dentro, voi cercate una corda per tirarmi su dopo, okay?” dissi a Mary che già annuiva.
Prima di saltare, Sophie venne da me.
“Vedrai che Kate sta bene, non ti preoccupare. Sento che la ritroveremo” mi disse appoggiando la sua mano sulla mia spalla destra.
“Si, grazie Sof. Prometto che la riporterò indietro” sorrisi alla mia amica, sempre ottimista.
Con un respiro profondo, guardai le mie amiche che mi sorridevano rassicuranti, e saltai dentro al buco.


Atterrai sul pavimento duro e gemetti per il dolore che lampante che arrivò alla caviglia sinistra.
Cercai di rialzarmi e notai con mio sollievo che non era rotta o slogata.
“Tutto bene lì sotto?” mi chiese Sarah dall’alto, osservandomi dallo squarcio nel pavimento della soffitta.
“Si, tutto bene. Avete una torcia? Qui sono completamente al buio. E la cosa è abbastanza inquietante” domandai, sperando vivamente che ce l’avessero a portata di mano.
“Si, ora te la passo subito” Sarah scomparve dal mio campo visivo, per poi tornare pochi secondi dopo con una torcia in mano.
Me la lanciò e l’afferrai subito, accendendola.
Mi trovavo in una stanza priva di finestre e mobili.
Feci roteare la torcia per la stanza e trovai Kate appoggiata al muro, svenuta.
“L’ho trovata!” urlai di felicità.
Ma non sentii voci che esultarono.
Non ci diedi molta importanza al momento, perché avevo finalmente trovato Kate.
Mi accovacciai davanti al corpo privo di sensi.
“Oh Kate, svegliati ti prego” la schiaffeggiai ripetutamente e dopo qualche istante si svegliò di soprassalto.
I miei occhi si illuminarono di una luce che trapelava una quantità immensa di gioia.
Le saltai letteralmente addosso, stritolandola in un abbraccio rompi-ossa.
“Oh grazie al cielo, stai bene Kate? Dimmi di si ti prego” la liberai dal mio abbraccio e la scrutai con i miei occhi da tutte le parti per controllare che stesse bene.
“Io..si sto bene. Scusa ma come sai il mio nome?” mi chiese Kate guardandomi con diffidenza.
Probabilmente a quella frase, a quelle parole, persi cent’anni di vita.
Il mio volto si afflosciò in una smorfia di dolore.
“Kate, sono io. Alex” dissi guardandola con occhi sbarrati dal terrore che avesse potuto dimenticarmi.
Mi fissò a lungo per poi alzarsi e tendermi una mano.
Io senza capire, l’afferrai e lei mi tirò su.
Prima che mi lasciasse la mano mi soffocò in uno dei suoi soliti abbracci che riservava solo a me.
Allora capii.
“Ti ho fregata! Ci sei cascata come un sacco di patate!” esultò Kate sciogliendo poi l’abbraccio e iniziando a ridere.
“Io giuro che ti uccido!” dissi con la faccia che emanava felicità e scoppiando in una mini risata.
“Ti ucciderò prima io”
Le nostre risate si spensero subito.
Ci guardammo negli occhi terrorizzate e ci mettemmo subito schiena contro schiena, per osservare meglio la stanza e..per capire chi avesse parlato.
“Che cazzo sta succedendo in questa casa?!”
Con la torcia feci luce dappertutto, in ogni angolo della piccola stanza.
Niente.
Ma di nuovo, quella presenza ormai familiare, la sentivo vicina a noi.
Alzai di scatto lo sguardo al soffitto e caddi a terra dalla disperazione.
Kate si accovacciò accanto a me subito.
“Che hai Alex?” mi chiese preoccupata e continuando a guardarsi in giro, senza veder nulla per via della poca luce emanata dalla torcia.
Non parlai, non dissi una parola; solo, indicai con l’indice il soffitto, dove un minuto prima c’era il buco che avevo fatto io stessa.
Era come se non ci fosse mai stato.
Kate guardò il soffitto senza capire, per poi guardarmi nuovamente con aria veramente preoccupata.
“Sono venuta in questa stanza, tramite un buco che ho creato dalla soffitta. C’era un dannato buco sopra di noi e ora non c’è più!”
Il mio sguardo doveva essere veramente strano, poiché Kate mi guardava con aria davvero spaventata.
Mi prese la mano e me la strinse forte, come a darmi una qualche consolazione.
“Usciremo da qui, te lo prometto” mi promise Kate.
“E’ quello che ho detto a Sophie prima di entrare qui dentro” disse seria.
“Di che era quella voce, prima?” mi chiese poi Kate, allarmata anche da quello. Soprattutto da quello.
“Non lo so, non ne ho la più pallida idea” risposi senza aggiungere altro: l’ultima cosa che voleva fare in quel momento era spaventarla ulteriormente dicendole di aver visto un’ombra e sentito una presenza.
Di colpo, la torcia si spense e un soffio d’aria gelida avvolse me e Kate.
Ma la dentro, non c’erano finestre.









NOTA DELL'AUTRICE 

Dunque, eccoci qua al terzo capitolo! 
E' arrivato in fretta questa volta perchè l'avevo già scritto metà e ho voluto concluderlo! 
Che ve ne pare di questo?
Kate è stata ritrovata, ma allo stesso tempo sono rimaste intrappolate.
Una presenza le circonda.
Che succederà?
Riusciranno a salvarsi?
Le scommesse sulle ipotetiche risposte sono aperte!
Che vinca il migliore ;) 
Baci, Felix_




 

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Capitolo 4
*** Messaggi ***



BOOGEYMAN
CAPITOLO QUATTRO - MESSAGGI




Un urlo.
Un lungo, straziante urlo di disperazione.
Un urlo.
D’improvviso, uno squarcio all’altezza del mio cuore si formò, trascinando in quel pozzo senza fine ogni ricordo bello e felice, ogni speranza.
La paura che quell’urlo poteva essere di Kate, o Mary, o le altre, si impossessò di me, senza nessun traguardo, continuando ad accerchiarmi sempre più.
Aprii gli occhi, cercando di individuare Kate, ma il buio circondava ogni cosa.
La torcia si era spenta poco prima, come in una classica scena di un film horror.
Cliché.
Cercando di fare il meno rumore possibile, azzardai ad allungare la mano sul pavimento, non sapendo dove la stessi conducendo.
Dopo qualche tentativo di trovare qualcosa, le mie dita percepirono calore.
Calore umano.
Pelle liscia, calda, una mano.
La mano di Kate.
La strinsi nella mia e cercai di chiamarla, continuando a stringerla.
Ricambiò, stringendomi la mano, forte.
In quella stretta vi lessi un chiaro messaggio di aiuto, come se la mia mano fosse la sua ancora di salvezza.
Lentamente, strisciai verso di lei, non lasciando mai la sua mano.
La raggiunsi e, dentro di me, un piccolo raggio di gratificazione si fece spazio.
Almeno, sapevo che l’urlo non l’aveva lanciato lei.
Sussurrai il più piano possibile.
“Kate..stai bene?”
Un attimo di silenzio, poi anche lei mi sussurrò all’orecchio.
“Credo di si..cos’è successo?” il suo sussurro fu mozzato da alcuni singhiozzi silenziosi.
“Calma Kate, io non lo so cos’è successo..-feci una pausa per cercare di non crollare emotivamente- vedrai che verranno a cercarci le altre” e sorrisi a me stessa, per auto convincermi in qualcosa che, sapevo benissimo, non sarebbe mai accaduto.
Se non ce l’avevo fatta io, non ce l’avrebbe fatta nessuno.
“Alex, ho paura. Non voglio rimanere intrappolata qui dentro” si affrettò a dirmi Kate, sopraffatta dal terrore di quest’incubo senza fine.
La rassicurai prendendole la testa e iniziando a coccolarla come a rassicurare una bambina che ha paura dell’uomo nero che sta sotto al letto.
Iniziai a canticchiare una canzoncina che si era infilata furtivamente nella mia testa, non lasciandola più in pace.
E di nuovo, una lampadina si accese sopra la mia testa.
Con la mano libera frugai tra le tasche della mia felpa e dei pantaloni, trovando finalmente ciò che cercavo.
‘Ma come ho fatto a non pensarci prima? Che stupida che sono!’ pensai immediatamente.
“Kate ho trovato il mio cellulare! Oh Dio grazie, grazie grazie grazie!” soffocai a malapena un grido di gioia.
Sentii Kate che si liberò della mia mano che stava ancora sulla sua testa.
“Non ci credo..è impossibile!” era rimasta stupefatta anche lei.
“Possiamo chiamare la polizia, ci verranno a prendere!” dissi mentre lo accendevo.
“No Alex, è veramente impossibile. L’avevi messo nello zaino, e gli zaini sono al piano inferiore” disse con la voce spezzata nuovamente.
“E questo che ho in mano che cos’è allora?” dissi mentre il cellulare nel frattempo si era acceso ed emetteva una luce fioca, abbastanza almeno per vederci in faccia.
Vidi il viso di Kate che si contorceva in una smorfia e mi indicò lo schermo.
Lo guardai e vidi che un numero sconosciuto mi stava chiamando.
Con mano tremante, cliccai il tastino verde per rispondere e aspettai che qualcuno aldilà del cellulare parlasse.
“Alexandra Williams, alzati.”
Una voce spaventosa, paranormale.
Non era una voce umana.
Misi subito una mano sulla mia bocca per non emettere alcun rumore.
D’istinto, mi guardai attorno e feci luce col cellulare.
Nessuno, non c’era nessuno a parte me e Kate.
Riavvicinai il cellulare al mio orecchio e mi feci coraggio.
“Chi..chi sei tu?” chiesi con voce tremante.
“Sono l’uomo nero, e sono venuto a prenderti.”
Sbarrai gli occhi e tutta la paura che fino a qualche attimo prima avevo cercato di trattenere, finalmente esplose tutta in una volta.
“Chi cazzo sei? Che cosa vuoi da me?!” urlai, cercando di nascondere il mio terrore.
“Voglio la tua vita.” sempre quel tono agghiacciante, che ogni volta mi infliggeva una lama d’acciaio nel cuore.
“Non l’avrai mai brutto stronzo!” e riattaccai.
Avevo il cuore che batteva a mille, il respiro corto.
Sentii Kate che si era ripresa la mia mano, e che la stringeva nuovamente.
“Chi era Alex?” mi chiese trattenendo le lacrime.
Feci un po di luce col cellulare, per vederci l’un l’altra e parlai.
“Ha detto di essere..l’uomo nero. Vuole uccidermi” dissi afflosciandomi sulla sua spalla e iniziando a piangere lacrime silenziose.

 








NOTA DELL'AUTRICE

Allora lettori e lettrici di efp, eccoci al quarto capitolo! 
Che dite? Vi piace? 
Mi voglio scusare con voi per la troppa attesa :S
Beh, non c'è molto da dire su questo capitolo...se avete qualcosa da chiedere fatelo pure :D
Al prossimo capitolo!
Baci, Felix_



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Capitolo 5
*** Cuore ***




BOOGEYMAN
CAPITOLO CINQUE - CUORE


“Sarah, dimmi esattamente che hai visto dannazione, ogni dettaglio può essere importante!” urlò Mary  contro Sarah, mentre agitava le mani per aria.
Si eravamo sedute sugli scatoloni che stavano in soffitta, dato che non volevano lasciare quella stanza.
“Dannazione Mary, ti dico che non ho visto nulla! Un attimo prima era lì e un attimo dopo non c’era più! Il buco nel pavimento non c’era più. E’ come se questa casa fosse viva” disse Sarah, guardandosi intorno e rabbrividendo insieme a Cindy.
“Ma non può essere successo questo, non è razionale” disse Mary mentre si era alzata.
Iniziò a fare avanti e indietro per la stanza finché Sophie sbottò.
“Mary sta ferma una buona volta e siediti, mi stai facendo girare la testa” disse, prendendosi la testa tra le mani.
Mary sbuffò e si risedette sullo scatolone dov’era seduta un attimo prima e ci finì dentro.
Si rialzò subito e guardò lo scatolone che si era rotto sotto il peso della ragazza.
“Ma che ci fanno qui tutte queste bambole?” chiese mentre si inginocchiava e ne prendeva una in mano.
Ce ne saranno state una ventina in quello scatolone.
Bambole di ceramica, inquietanti bambole di ceramica.
Avevano una chioma riccioluta e bionda: sembravano reali i capelli talmente erano stati curati.
Gli occhi azzurri, quasi velati, davano una strana luce che faceva sembrare la bambola viva.
Ed infine un vestito di pizzo color panna che sfumava in un giallino e delle scarpette nere rovinate.
Mary si girò e vide le altre ragazze che aprivano gli scatoloni dove si erano sedute.
Tutte quante estraevano la stessa bambola, uguale.
Si guardarono con aria un po curiosa e rigettarono una ad una le bambole negli scatoloni, per poi richiuderli.
“Mi fanno venire i brividi” disse Rose allontanandosi furtivamente dalle scatole.
“Anche a me, ma ora dobbiamo concentrarci su Alex e Kate, okay ragazze?” disse Mary, ritrovando lo spirito giusto.
“Si, Mary ha ragione. Dobbiamo trovarle, loro farebbero lo stesso per noi” disse Cindy a cui stava scivolando sulla sua guancia una lacrima.
“Già, beh allora dividiamoci” disse Sophie, che asciugò teneramente la lacrima di Cindy, incoraggiandola con un semplice sorriso.
“No no no, succedono sempre cose che non devono succedere nei film quando uno dice ‘dividiamoci’, quindi no. Rimaniamo unite” disse Mary.
“Stai forse diventando fifona Mary?” disse Sarah che tentò di sdrammatizzare la situazione.
“Ah ah, seriamente: non voglio che accadano altre cose, restiamo unite. E’ meglio così, fidatevi” disse Mary concludendo.
“Ma ci impiegheremo una vita a trovarle! Dobbiamo dividerci” disse poi Sophie.
“Sophie no!” disse Mary contraddicendola.
“Mary smettila di comandare sempre tutti! Sappiamo ragionare da sole con i nostri cervelli, quindi non mi pare che dobbiamo prendere ordini da te. E poi se ci dividiamo abbiamo più speranze di trovarle in meno tempo” affermò Sophie.
Mary rimase sbigottita dalle cose dette da Sophie, ma in gran parte erano vere.
Anzi, senza gran parte, erano vere.
Aprii la bocca per replicare, dato che il suo orgoglio era stato ferito, ma non ne uscii nemmeno un suono.
Richiuse subito la bocca e con aria offesa rivolse un semplice “si” annuendo con la testa.
Sophie la guardò un secondo in più, quasi a scusarsi con lo sguardo per le parole che le aveva detto, ma non c’era tempo: dovevano trovare il più presto possibile Alex e Kate prima che..beh, prima che succedesse qualcosa a loro.
“Sophie, ma io ho paura a girare per questa casa da sola” disse Cindy, aggrappandosi al braccio di Sarah quasi come una sanguisuga.
“Formate delle coppie se volete, ma dobbiamo sbrigarci” disse Sophie.
“Aspettate un secondo, siamo dispari” affermò Rose, a cui non quadravano i conti.
“Tiriamo a sorte, chi esce andrà da solo okay?” disse Mary che aveva ripreso a parlare.
“No, fa niente. Vado io da sola, non ho problemi. Ma prendete con voi il cellulare..non..non si sa mai, ecco” sorrise alle sue amiche prima di dirigersi al piano inferiore per prendersi il cellulare e cominciare le ricerche delle sue due amiche disperse.
Sarah e Cindy, ancora avvinghiate come due polipi si erano calate per le scale e anche loro come Rose andarono a prendere i loro cellulari.
“Siamo rimaste noi due” disse Sophie, rompendo il silenzio che si era creato da qualche secondo.
“Si, ma non perdiamo tempo” affermò Mary senza nemmeno rivolgerle uno sguardo.
Presero come le altre i loro cellulari e si avviarono verso la cantina con due torce.


**


Un lieve lampo di luce intermittente proveniva dalla mia tasca sinistra dei pantaloni, ma non mi curai di prendere in mano il cellulare e controllare chi fosse: lo sapevo già.
Era l’ennesima chiamata senza risposta da parte mia, ma quel qualcuno probabilmente si divertiva ad insistere.
Sussultai sentendo un fruscio nell’aria: era Kate che si avvicinava a me.
Vidi la sua mano tremolante che si insinuava nella mia tasca per prendere il cellulare che ancora squillava, e rispose.
“Se questo è un gioco o uno scherzo, sappi che non sei divertente. Ci hai spaventate con i tuoi trucchetti, ora puoi anche liberarci non credi?” disse Kate quasi sussurrando.
Aspettammo una risposta, ma sembrava che l’interlocutore avesse perso l’uso della parola.
“Che cosa vuoi? Soldi per caso? Te li daremo, tutti quelli che vuoi, ma ora facci uscire da questa maledettissima casa” disse ora, con il tono di voce più sicuro e determinato.
Di nuovo, aspettammo.
Kate riattaccò, sbuffando e ridandomi il cellulare che rimisi nei pantaloni.
“Non capisco, perché non ha detto neanche una parola?” mentre Kate rifletteva sui suoi perché, con la mano ancora nella tasca tirai fuori un pezzo di carta sgualcito.
Lo guardai con gli occhi fuori dalle orbite.
“Non è possibile” dissi analizzandola esternamente mentre me la rigiravo tra le dita.
Interruppi Kate dai suoi pensieri, che poi si rivolse a me.
“E’ una lettera?” mi chiese curiosa, cercando di sbirciare.
“E’ quella lettera” risposi automaticamente.
“Cosa vuol dire quella – si interruppe subito, forse per un pensiero flash nella sua mente – ma l’avevi rimesso sotto la mattonella! Che diavolo sta succedendo?!” disse mettendosi le mani tra i capelli.
Non dissi nulla, ma aprii delicatamente il foglio.
Lo rilessi, stesse parole, niente mancava, solo..
Una frase che prima non c’era, era comparsa sul retro della lettera.
Il tipo di scrittura era lo stesso, ma sembrava accidentato.

“Cerca il cuore”

Che voleva dire quella frase?
Kate riuscì a leggerla e il suo cervello probabilmente stava già cercando una soluzione a quell’enigma.
“Magari dobbiamo cercare qualcosa che assomigli ad un cuore..non credi?” mi disse Kate, saltando in piedi.
“Aspetta” le dissi mentre con la poca luce del cellulare cercavo la pila spenta.
La trovai poco distante dalla mia gamba sinistra e provai ad accenderla: funzionava.
“Tieni” la passai a Kate che subito iniziò l’esplorazione della stanza.
Mi alzai e con la luce del cellulare cominciai a cercare anche io.
A piccoli passi, ispezionavamo ogni singolo angolo di quelle quattro pareti.
C’era una vecchia cassapanca rotta, una sedia senza una gamba, un armadio senza ante e, la libertà, forse.
Mi bloccai quando vidi una vecchia porta nera davanti a me.
“Kate, c’è una porta qua!” la richiamai e lei venne subito accanto a me.
“Oh cielo..apriamola!” disse, dopo averla contemplata per qualche secondo.
Mi fiondai con tutta la mia forza su quella porta che sembrava fatta d’acciaio.
“No, non si apre” dissi sbuffando.
“La frase diceva di cercare un cuore..noi abbiamo trovato una porta” disse Kate che sembrava non essersi persa d’animo.
“Controlla la cassapanca, io controllo l’armadio: dobbiamo trovare quel dannatissimo cuore” dissi più determinata che mai.
Kate annuì e cominciammo le nostre ricerche.
Controllai attentamente il legno marcio dell’armadio, qualche incisione magari..
Invece, notai un lievissimo rialzo del legno sul fondo e mentre aguzzavo lo sguardo, cercai di alzarlo con l’unghia del dito.
Lo spostai e quasi mi venne  un infarto.
Quel piccolo pezzo di legno nascondeva una cavità dove c’era una chiave, probabilmente della porta nera, e disegnato sul fondo, un cuore.
“L’ho trovato! Kate!” urlai di gioia afferrando la chiave.
Corse subito affianco a me e mi abbracciò forte.
Ricambiai quell’abbraccio, trovando una forza in più.
“E guarda cos’ho trovato anche” e le mostrai la chiave.
A quella vista le si illuminarono gli occhi e me la strappò dalle mani, correndo verso la porta.
Troppo ansiosa dal rimanere là dentro un minuto di più.
Inserì la chiave nella serratura e la fece scattare.

Eravamo col fiato sospeso, il cuore in tachicardia, il cervello che sembrava una macchina ingombrante e rumorosa..
E la porta si aprì, lasciandoci disgustate.








NOTA DELL'AUTRICE

Buoooooongiorno buogiornino a tutti quantini :D 
Che ve ne pare?! 
A me questo capitolo non convince per niente..

Scusatemi davvero davvero davvero davvero per il ritardo, mi perdonate vero? 
Beh, commentate presto! 
Baci, Felix_


 

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Capitolo 6
*** Soulmate ***





BOOGEYMAN
CAPITOLO SEI - SOULMATE



Rose si aggirava sola per la cantina che le sembrava un labirinto, con in mano solo una torcia che non faceva molta luce; certo quella le era sembrata la scelta peggiore, ma siccome dava per scontato che Cindy e Sarah non ci sarebbero mai andate aveva optato per andarci lei stessa.
L’aria là sotto le sembrava più fredda, quasi pesante.
Un po’ strano, dato che erano quasi a fine maggio e il caldo si faceva già sentire.
Stava camminando su un lungo corridoio e i suoi passi rimbombavano sempre più in quel silenzio tombale, tanto che le sembrava di fare un chiasso atroce, quando notò una porta completamente spalancata alla sua sinistra.
Un po’ insospettita si addentrò all’interno della stanza, non sapendo quello che l’avrebbe aspettata.


Cindy e Sarah sembravano un unico corpo talmente si erano attaccate per la paura.
Cindy sembrava letteralmente un polipo, attaccava i suoi tentacoli sul braccio destro di Sarah quasi per aggrapparsi a un po’ del suo coraggio, se si poteva definire tale.
“Cici, sento qualcosa dietro di noi, come se qualcuno ci seguisse: è inquietante” sussurrò Sarah all’orecchio dell’amica che si voltò subito per controllare.
Puntava con mano tremante la pila lungo il corridoio appena attraversato, non vedendo nulla a parte i mille quadri appesi sulle pareti.
“Magari, magari è solo la paura che ti gioca brutti scherzi, non trovi? O magari è entrato un gatto randagio ed è finito qui vicino a noi!” cercò di trovare una soluzione plausibile per Sarah, ma più altro cercava di convincere se stessa che era tutto okay.
“Ma Cindy tu sei più fifona di me, andiamo te la stai facendo letteralmente sotto! Smettila di raccontare balle” la ragazza era ancora con gli occhi spaventati dalla paura.
“E se ci fosse qualcosa in questa casa? Qualcosa in cui fino ad’ora nessuno ci ha mai creduto? Tipo.. un demone?” continuò a Sarah, intenta a farsi viaggi mentali terribili.
Cindy le strinse la mano e automaticamente si guardarono negli occhi: terrore allo stato puro scorreva nelle loro vene, nel loro sangue, si rifletteva nei loro occhi chiari come l’acqua.
Dopo un attimo cominciarono a strillare come due pazze e presero a correre e a correre per la casa, cercando un posto sicuro per nascondersi da quella ‘presenza’ che sentivano.
 
 
Mary e Sophie camminavano fianco a fianco nella cantina, sopra la loro testa scorrevano una marea di tubature che tiravano dritto davanti a loro.
Nessuna delle due aveva ancora aperto parola da quando avevano cominciato a camminare, per questo tra loro era sorta un’aria di nervosismo palpabile come un muro cementato che si presenta davanti al proprio naso.
“Senti..Mary..mi dispiace per prima, per averti urlato contro. E’ stata la rabbia e i nervi a fior di pelle di poco fa che mi hanno fatto dire quelle cose, insomma, mi dispiace davvero” ammise Sophie guardando in faccia per poi tornare a guardare davanti a se e a farsi luce con la torcia.
Improvvisamente si sentì la luce della torcia di Mary in pieno volto e chiuse gli occhi per il fastidio.
“Scusami tu Sof, la mia mania di comandare sempre tutti ha avuto quel che si merita” disse ironicamente, facendole ridere tutte e due.
“Amiche come prima?” domandò Sophie, dandole il suo mignolo.
Mary, continuando a camminare, le diede il suo mignolo e lo strinsero a vicenda.
“Amiche come prima” confermò Mary, sorridendole teneramente.
“Meno male che abbiamo chiarito, non ce la facevo più con tutto quel silenzio che ci circondava, non so te ma io avevo i brividi” riprese Sophie che questa volta si scaldò le braccia sentendo un leggero velo di freddo avvolgerla.
“Già, anche io..ma credo che il silenzio non c’entri nulla questa volta” disse scettica, guardandosi intorno mentre anche lei si scaldava le mani.
Dopo aver svoltato una curva si ritrovarono sulla sinistra una porta spalancata.
Si guardarono sospettose negli occhi e poi con un lievissimo annuire del capo di entrambe, entrarono nella stanza.
“Rose, che ci fai qui?” domandò Mary appena varcò la soglia di quella stanza, non facendo caso a quello che le stava intorno.
La ragazza non le rispondeva, rimaneva in piedi impalata come uno zombie a fissare dritto davanti a se.
“Hey, Terra chiama Rose, mi senti?” disse nuovamente Mary, passandole la mano davanti al viso più e più volte.
Niente di niente. Era come se fosse incantata da qualcosa, oppure scioccata.
Sophie, che fino a quel momento era rimasta sulla porta, si avvicinò lentamente prendendo il viso di Mary tra le mani e facendolo ruotare alla sua destra, dove stavano guardando entrambe.
Spalancò gli occhi e per un attimo temette che gli uscissero fuori dalle orbite.
Davanti a loro, una lastra di vetro dall’apparenza molto spessa, divideva le tre ragazze da Alex e Kate.
Si avvicinò, e con le mani prese a bussare più che poteva, cominciando a urlare come una disperata, invano.
Alex e Kate probabilmente non sapevano nemmeno dell’esistenza di quella vetrata, ovviamente.
Sophie e Rose si erano riprese dallo stato di shock in cui erano cadute, cominciando a camminare velocemente nella stanza, avanti e indietro.
“Okay, le abbiamo trovate. Abbiamo fatto un bel passo avanti ragazze, ma ora come facciamo a farle uscire da lì?” disse Rose appoggiando le mani sulla vetrata.
“La cosa migliore da fare è cercare in giro, magari troviamo una chiave..un qualsiasi cosa che serva a noi, giusto?” disse Sophie. Annuirono tutte e con le loro torce sottomano cominciarono a cercare qualunque cosa.
 
 
“E ora che facciamo Cici?” chiese terrorizzata Sarah, con il singhiozzo e le lacrime agli occhi, stringendole il braccio fino a bloccarle la circolazione.
“Mi stai facendo male così, stupida! Comunque non ne ho la più pallida idea. Direi di stare qui finché non troviamo un piano o una soluzione va bene?”
Sarah annuì velocemente e si zittì.
Durante la loro corsa erano entrate in una delle tante stanze che tappezzavano la villa e si erano nascoste dentro una cabina armadio.
Si appoggiarono l’una sulla spalla dell’altra e la stanchezza e lo sfinimento cominciavano a farsi sentire, così chi prima e chi dopo si addormentarono, incuranti che la ‘presenza’ dalla quale erano scappate era lì accanto a loro.
 
 
“Ragazze, ho trovato qualcosa!” urlò Rose, richiamandole sventolando una mano all’aria.
“E’ un microfono?” chiese Sophie curiosa.
“Si, credo sia uno di quei microfoni che ti permette di parlare attraverso delle casse poste in varie stanze” disse Mary ben informata: suo padre era un elettricista e in più gestiva un negozio di articoli elettronici, ci capiva qualcosa.
“Un momento..magari possiamo comunicare con Kate e Alex!”continuò Mary, ad un tratto euforica.
“Sei sicura che funzioni? Voglio dire, la casa è abbandonata da un bel po’ di anni e l’elettricità qui non funziona, magari non vanno” disse Rose, commentando con un po’ di scetticismo.
“Non lo sapremo mai finché non lo proviamo” disse Mary, prendendo in mano il piccolo microfono.
Guardò sul fondo e accese un pulsantino per accenderlo, incrociando le dita.
Andava, una piccola luce rossa confermava che andava.
Le ragazze tutte gioiose fecero silenzio dopo un grido di gioia, per permettere a Mary di provare a parlare a Kate e Alex.
“Ragazze, mi sentite?” Mary si era avvicinata al microfono e con un lieve sobbalzo si fece sorpresa a constatare che le casse erano poste non solo nella stanza dopo la vetrata, ma apparentemente in tutta la casa.
Alex e Kate improvvisamente si voltarono in direzione delle casse che stavano all’interno di quella stanza.
“Mary, sei tu? Dove sei?” chiese Kate allarmata, continuando a guardarsi in torno.
“Si sono io, sono proprio davanti a te. C’è una vetrata molto spessa che ci divide e Rose ha trovato un microfono, abbiamo pensato che potevate sentirci” disse Mary contenta di essere riuscita a comunicare con le sue amiche.
Kate stava già per fare un passo in avanti, in direzione di Mary, quando Alex la prese per un polso e l’attirò a se balbettando qualcosa al suo orecchio. Poi Kate la guardò e annuì.
“Come facciamo a sapere che sei veramente Mary? Devi dimostrarcelo” disse questa volta Alex, gonfiando il petto di orgoglio e coraggio.
Mentre Mary stava già per aprire bocca per rispondere, Sophie le prese dalle mani il microfono e cominciò a parlare.
“Alex, sono Sophie. Qua ci siamo io, Mary e Rose. Sarah e Cindy sono andate in giro per la casa a cercarvi, eravamo tutte in giro a cercarvi. Siamo veramente noi, cosa dobbiamo fare per farvelo capire? E poi perché dovreste pensare che non siamo realmente noi?”
Kate continuò, non badando ad Alex che le diceva di non avvicinarsi.
Arrivò davanti ad un muro e toccò la parete.
Era sorprendentemente liscia, ma non liscia come una parete, liscia come..una vetrata.
Appoggiò le mani su di essa e cominciò a tirare pugni all’impazzata, nel vano tentativo di rompere il vetro.
Alex si avvicinò a Kate e riprese a parlare mentre le massaggiava le nocche ferite.
“Perché qui ragazze, in questa casa, c’è qualcosa che non avremmo dovuto risvegliare. L’abbiamo sentito, era qui maledizione, era qui! Mi vuole uccidere” disse Alex con gli occhi lucidi, troppo orgogliosa e fiera di se per piangere.
“Credo che..voglia la mia anima, in qualche modo” continuò Alex, abbassando gli occhi e asciugarsi velocemente una lacrima fuggitiva.
In quel momento Kate l’abbracciò per rassicurarla, fregandosene delle sue nocche, per dirle che lei era lì e che non l’avrebbe mai lasciata.
Kate le si avvicinò e le sussurrò piano, come una ninna nanna.
“Hey Alex, siamo migliori amiche dall’inizio dei tempi, l’unica che può fregarti l’anima sono io, chiaro? Non permetterò che un..un..” si bloccò, non sapendo come chiamare quella ‘presenza’, ma poi continuò.
“Quello che voglio dire è che finché avrai me e le altre al tuo fianco, nessuno potrà farti del male. Sono la tua anima gemella, ricordi?” concluse con un sorriso pieno di lacrime sul viso.
Alex la guardò e le asciugò le lacrime dolcemente, come si fa con i bambini.
“Certo, anima gemella per la vita giusto?” disse ricambiando il sorriso e riabbracciandola di nuovo.
“Per la vita” confermò Kate stritolandola a se.
“Ehm..c’è qualcuno nella casa vuoi dire? Un..assassino?” Sophie interruppe l’atmosfera con le sue solite entrate.
“Peggio” disse Kate che intanto si era seduta sul pavimento.
“Non sappiamo cosa sia in verità, ma non è umano. Lo so di certo che non lo è. “ aggiunse Alex, guardando verso di noi senza vederci.
Le tre ragazze la guardarono fissa per un momento..spalancando gli occhi e la bocca sentendo poi un enorme boato, simile ad un urlo, provenire dai piani superiori.







NOTE DELL'AUTRICE

Hey gente! Scusate l'enormissimo ritardo ma sono stata impegnata con lo studio per il recupero..
Bando alle ciance, come vi è sembrato il capitolo? 
Fatemi sapere al più presto mi raccomando! 

Baci, Felix_

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Capitolo 7
*** LEGGI QUI LETTORE ***


AVVISO A TUTTI I LETTORI DI BOOGEYMAN


Salve amici lettori, 
eccomi qua a scrivere a voi.
Premetto che di tempo ne è passato davvero troppo e di questo mi scuso con voi, per non aver mai portato a termine questa storia.

E' da qualche settimana ormai che non mi levo dalla testa il pensiero di questa storia, che mi è tornata alla mente all'improvviso.. così ho pensato che sarebbe stato carino riprenderla in mano, rivedendola e modificandola posso dire "radicalmente": infatti il titolo verrà cambiato, l'oggetto sovrannaturale di cui si parla pure, rimarranno pressoché intatti lo sfondo e i personaggi.
N.B. ho scritto pressoché, in quanto avverranno sì dei cambiamenti, ma comunque il filo iniziale della storia sarà quello visto nei capitoli pubblicati anni or sono, più o meno.
Scrivo tutto ciò in linea di massima perché ho buttato giù solamente qualche riga, non la storia intera. Di fatto non ho un'idea chiarissima nemmeno io.
Spero solo che in questo modo la trama sia più avvincente e spero sempre che sia di vostro gradimento, e siccome tutto questo possiamo dire essere un esperimento, fatemi sapere come vi sembra, inviatemi i vostri feedback positivi o negativi che siano! Mi faranno capire se sto andando nella direzione giusta o se sto facendo un fiasco totale.
Detto questo, vi aspetto nelle prossime settimane con nuovi capitoli nella nuova storia che pubblicherò. I capitoli rivisitati non li pubblicherò su Boogeyman ma sotto un altro titolo, perciò la storia sarà presente sul mio account..
Beh, che dire? Penso di aver detto tutto!
A presto, baci
Felix_

 

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