Il demone

di catto
(/viewuser.php?uid=818295)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** il primo giorno ***
Capitolo 2: *** nuove amicizie ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 ***
Capitolo 5: *** chapter five ***
Capitolo 6: *** pitolo VI ***
Capitolo 7: *** capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** capitolo IX ***
Capitolo 10: *** capitlo X ***
Capitolo 11: *** capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** capppp ***



Capitolo 1
*** il primo giorno ***


Era una pallida mattina di febbraio e Misaki si stava incamminando verso la sua nuova scuola. Lei era una persona abbastanza fredda, non gli piacevano le persone e le considerava tutte false e l'unica cosa che sapevano fare era giudicare tutto e tutti. Molto spesso la causa dei loro pettegolezzi era lei, a causa dei suoi capelli lunghi e bianchi oppure dal suo comportamento freddo e indifferente. Misaki non conosceva nessuno nella nuova scuola escludendo Sakura che sarebbe arrivata, molto probabilmente,in ritardo. Neanche era entrata dentro la scuola e gia tutti la fissavano a causa dei suoi capelli. Quei capelli che lei tanto odiava ma che la rappresentavano piu di ogni altra cosa. Ciò che la bloccò dai sui pensieri fu sentire chiamare il suo nome -misakii!misakiii! aspettami!!- urlò una voce squillante alle spalle. Dall'altro lato della strada, difronte alla scuola c'era una ragazza che la chiamava con insistenza. Stava saltellando e nel mentre agitava la mano per salutare o forse solamente per farsi vedere. Si chiamava Sakura ed era una ragazza abbastanza euforica e sensibile,praticamente l'opposto di misaki, ma nonostante tutto erano amiche da molto tempo. "Eii Misaki, come stai? É tanto che non ci vediamo,sono contenta che tu ti sia iscritta alla mia scuola" disse Sakura parlando velocemente con un sorriso smagliante. -già è proprio tanto che non ci si ...- Misaki non fece in tempo a finire la frase che si era ritrovata per terra. Un'idiota le era venuto addosso facendola cadere e non si era neanche girato a vedere come stava o, quantomeno a chiedere scusa. Lei odiava le persone cosi, le considerava irritanti e inutili. Non avevano un briciolo di intelligenza o di educazione. -oddio misaki,stai bene? ti sei fatta male?- urlò Sakura, anzi urlare era un eufemismo, strillava con una voce molto acuta,perforando un timpano a MIsaki. -si tutto bene! tranquilla, andiamo in classe adesso- rispose Misaki al suo urlo. Poco dopo era gia arrivata alla segreteria. Mentre Sakura si avviava verso la sua classe Misaki aspettava che la segretaria le comunicasse la sua classe. -mmmm .... com'è che ti chiamavi?- domandò la segretaria obesa,mentre sgranocchiava uno snak dietetico. -Misaki Ayuzawa-rispose Misa. -va bene ... mmm- rispose, e incominciò a cercare qualcosa dentro un cassetto. Misaki si sentiva sempre di più a disagio, c'era un silenzio imbarazzante e stava iniziando a perdere la pazienza. 'possibile che ci voglia cosi tanto per sapere una classe?' pensò misaki. La irritava se ne stava lì a mangiare quello snack cercando qualcosa nel cassetto. cercò di mantenere la calma ma invano. Ciò che le fece perdere totalmente la pazienza fu la domanda: -che cos'è che volevi?- Dopo aver saputo la classe,Misaki si avviò verso quest'ultima. Si trovava al terzo piano,ma non cambiava poi molto. Dopo aver spiegato,in modo gentile, alla segretaria il motivo del suo disturbo, quest'ultima gli aveva comunicato la classe e gli aveva dato la chiave dell'ascensore chiedendogli in cambio la possibilità di poter arrivare alla pausa pranzo viva. Aveva visto lo sguardo di Misaki,quello cattivo,ed era rimasta spaventata e immobile, pensando che quella ragazza avrebbe anche potuto uccidere qualcuno solamente con lo sguardo. Con quello sguardo in particolare. Arrivata al terzo piano Misaki iniziò a cercare la sua classe per il corridoio ripetendone i numeri '2-1,2-1,2-1,2-1..' . Arrivò davanti alla porta,una di quelle scorrevoli,abbastanza rovinata. Da fuori si sentivano le grida di quelli che sarebbero divenuti i compagni di classe di Misa. Sarebbe presto entrata nella gabbia delle scimmie. -Oh- esclamò qualcosa alle spalle di Misaki. Improvvisamente era comparsa una cosa nerastra sul pavimento. Misaki continuava a fissarla cercando di capire cosa fosse, finchè dopo varie indecisioni decise di abbassarsi.-o h bella ragazza! Cosa ci fai qui?- chiese lo strano sacco nero. 'oh bene allora è una persona' pensò Misa e gli disse: "la aiuto ad alzarsi". Mentre aiutava il sacco-persona a ricomporsi cercava di capire chi fosse, se una studentessa, una bidella od una professoressa. -Scusa se ti ho arrecato tanto disturbo. Grazie molte! Io sono la professoressa Nowaki!- -piacere di conoscerla, io sono Misaki Ayuzawa-. -Ah ma tu sei la ragazza nuova del 2-1, ti stavamo aspettando- Detto questo la professoressa Nowaki trascinò Misaki in classe presentandola. -Ragazzi questa è la nostra nuova compagna:Misaki Ayuzawa, trattatela bene!-disse tutta contenta. Era convinta di aver trovato una ragazza buona ed educata che avrebbe riportato la classe in una retta via. Tuttavia misaki non la pensava così. La tortura era quasi finita mancava solo di scoprire la/il sua/o compagna/o di banco. -Hai qualche preferenza Misaki?- chiese la professoressa guardando Misaki con tenerezza . - No, professoressa decida lei,a me non cambia nulla!-. Dopo questa frase la professoressa si auto convinse che lei fosse la ragazza giusta, e considerandola tale decise di metterla vicino al ragazzo più bello dell'istituto per premiarla per il suo carattere. Ogni ragazza avrebbe potuto uccidere per stare accanto a lui. Quindi con molto orgoglio comunicò il compagno: -perfetto allora starai vicino ad Usui Takumi-. Misa si guardò intorno per cercare di capire con chi sarebbe dovuta rimanere accanto durante l'anno scolastico. Usui Takumi stava all'ultimo banco verso sinistra accanto alla finestra,era biondo ed aveva gli occhi verdi ,era alto e muscoloso. Al richiamo del suo nome aveva alzato la testa per vedere meglio la ragazza. Se fosse stata brutta non vi avrebbe pensato due volte prima di lamentarsi. Misa incominciò ad avvicinarsi verso il suo nuovo banco e si accorse che Usui Takumi era il ragazzo che quella mattina l'aveva fatta cadere.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** nuove amicizie ***


Dopo essersi messa seduta, Misaki si guardò intorno cercando di evitare il biondo seduto accanto a lei,che continuava imperterrito a fissarla. La irritava ancora di più, con quell'aria da 'io sono il più figo quindi inchinatevi tutti ai miei piedi!'. Decise di concentrarsi sulla ragazza alla sua sinistra. Era mora,portava gli occhiali e giocherellava in continuazione con una specie di penna/pupazzetto. -piacere, io sono Shizuko!-le disse sorridendole la ragazza. Non era un sorriso che esprimeva gioia,era un sorriso di pura cortesia. -Piacere Shizuko io sono Misaki- le rispose. Ad un certo punto si senti' un rumore di tosse,il tipo di tosse che si usa per attirare l'attenzione e subito dopo: -Piacere io sono Usui Takumi! Spero che diventeremo ottimi amici- disse il tipo che aveva tossito, con un ghigno sulle labbra. Misaki si voltò verso di lui scrutandolo cercando di spiegarsi perchè solo il guardarlo gli faceva venire voglia di picchiarlo. -Piacere io sono Misaki!-Rispose quest'ultima con voce ferma, spostando lo sguardo verso la lavagna, ignorandolo definitivamente. Fnite le prime ore mattutine Misaki si senti' sollevata. Aveva avuto lo sguardo di quel ragazzo addosso per tutta la mattina portandola a chiedersi se fosse un maniaco travestito da diciassettenne. Finalmente era giunta l'ora di pranzo e Misaki decise di andare sul terrazzo cosi da poter rimanere un pò da sola.Dopo esser arrivata al quarto piano ed aver manomesso la porta della terrazza finalmente,Misaki,potè sedersi per gustare il suo pranzo. Iniziò ad avvicinare il cucchiaio, pieno di riso al tonno,alla bocca e ..-Aaaaaaaaaaah- -Che bella bocca larga che abbiamo, misa-chan-, un'ombra spuntò fuori dal buio,ma,anche se non si intravedeva il volto,quella voce irritante poteva essere solo di una persona. -cosa vuoi Usui Takumi? E sopratutto,da quando hai tutta questa confidenza da potermi chiamare 'Misa-chan'?- gli chiese misaki,tenendo lo sguardo rivolto verso il suo gustoso pranzo,di cui la bontà era stata rovinata da quell'odioso di Usui. -Non credi di essere un pò crudele Misa-chan? D'altronde io volevo solo scherzare!- si difese Usui con la voce che lui definiva da 'cucciolone',di solito tutte facevano una faccia tenera e lo consideravano carino,invece lei non lo guardava neanche. 'Com'è possibile che mi ignori totalmente?' continuò a chiedersi Usui a tal punto da innervosirsi. Mentre Usui continuava a martellarsi di domande, Misaki iniziò ad alzarsi decisa ad andarsene. Prima che potesse afferrare la maniglia della porta una mano l'afferrò per il braccio facendole cadere il pranzo e trascinandola fino al muro. Lui le bloccò le mani sopra alla testa,tenendole attaccate al muro,immobilizzandola. -Perchè fai cosi?- chiese lui. -Perchè mi ignori?-. -Non mi sembri una persona degna della mia attenzione, anzi mi sembri abbastanza noioso,uguale a tutti gli altri-rispose Misaki,lasciando sconvolto Usui che iniziò a tremare. 'Cosa io sarei uguale a tutti gli altri?Noioso? Ma come osa?'. Usui si stava innervosendo,e Misaki se ne accorse dalla stretta delle sue mani che stava decisamente cambiando. Usui avvicinò la bocca al suo orecchio sussurrandole la frase che fece traboccare il vaso:-Tu mi interessi Misa-chan!-. Dopo aver sentito questa frase Misaki si lasciò andare completamente. -LASCIAMI IMMEDIATAMENTE!- gli urlò Misaki guardandolo dritto negli occhi. Usui la lasciò immediatamente,quello sguardo l'aveva,come dire,spaventato ma non solo. Ne era rimasto inebriato,era veramente bella. Misaki corse via ed Usui seduto sul bordo sussurrò al vento:-è lei.- Misaki iniziò a correre verso il bagno delle ragazze. Era turbata e molto arrabbiata,'lui umile pezzente,come osa?' pensò. Era tantissimo tempo che qualcuno non le diceva qualcosa del genere, le dava fastidio. Lei non aveva il diritto di poter piacere a qualcuno e di poter amare qualcuno a sua volta. Dopo aver raggiunto il bagno entrò facendo sbattere la porta alle sue spalle. Non ce la faceva più,era arrabbiata e rischiava di far uscire il mostro. Doveva cercare di placarlo. Iniziò a prendere a pugni il muro sempre piu forte a tal punto da far uscire il sangue dalle nocche. Dopo aver placato la rabbia andò verso il rubinetto e iniziò a far scorrere l'acqua. E mentre aspettava che quest'ultima divenisse fredda si guardò allo specchio. I capelli bianchi appoggiati come al solito sulle spalle. Denti e bocca erano come sempre. Il problema principale erano gli occhi. I suoi occhi neri venivano attraversati da scintille argentee. 'Maledizione' pensò dando un pugno sullo specchio rompendolo. Improvvisamente si senti' un cigolio ed una porta dei bagni si apri',lasciando uscire un'ombra. 'Com'è possibile che mi abbiano già trovata' pensò Misaki trattenendo il fiato. -Misaki,se tu?- domandò una voce singhiozzante. -Si,sono io,chi sei?- rispose Misaki. -Shizuko- disse l'ombra. 'Oh grazie al cielo è solo shizuko'. Piano piano che si avvicinava si poteva intravedere meglio il suo volto. Aveva un livido sotto l'occhio,i vestiti sporchi ed una lente degli occhiali rotta. Non ci voleva un genio a capure che l'avevano picchiata. -Chi ti ha fatto questo?-chiese Misaki. Di solito non si interessava a queste cose ma doveva sfogare ancora un pò la rabbia questa era un occasione che non poteva sprecare. -Ehmmm, nulla,nulla-le rispose. -Shizuko,non sei brava a mentire- le disse misaki. Shizuko si senti osservata, aveva lo sguardo addosso di misaki indagatorio e penetrante. Nessuno avrebbe mai potuto mentire a Misaki con lo sguardo ed il carattere che si ritrovava. Se gli interessava qualcosa era pronta ad uccidere pur di trovare utili informazioni. Shizuko iniziò a raccontare.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter 3 ***


Spazio dell'autrice: mi scuso per l'enorme ritardo ma ho avuto molti problemi Mi scuso anche per il testo tutto di fila devo ancora imparare ad usare questo sito. Ecco a voi il terzo capitolo di odio o amore spero vi piaccia bye bye. Accetto con piacere consigli e critiche.
 
Chapter 3:
Shizuko iniziò a raccontarle ogni cosa con voce un po tremolante. Tre ragazze, l'avevano adescata dietro la scuola, dove lei spesso andava a mangiare. Le avevano fatto domande riguardanti Misaki ed Usui. La bionda, quella che stava a capo delle altre due, diceva di essere la ragazza di usui e in quanto tale voleva sapere se misaki stava amoreggiando con lui. Shizuko le disse che non lo sapeva, non le sembrava che misaki ci stesse provando e che forse era il contrario, ossia che lui ci stava provando con lei. Loro indignate dalla risposta della mora avevano iniziato ad alzare le mani e shizuko spaventata era corsa al bagno per nascondersi. Dopo che ebbe finito scoprí di essere piu spaventata dalla faccia  piena di rabbia di Misaki che dalle tre bulle che l'avevano picchiata. -eeehhmmm Misaki tutto bene?- chiese lei tirandosi su gli occhiali come se da essi trovasse una sorta di conforto. La ragazza annuì e se ne andò irritata e con passi veloci.
'Maledizione,finisco nei guai sempre per colpa sua' pensò. Nonostante tutto era contenta, poteva sfogare la rabbia in qualche modo.  Arrivò all'ingresso dove trovò le persone che stava cercando. Si avvicinò con il pensiero di doverle uccidere ma nonostante tutto cercò,invano, di rimanere calma.
- Ehii tu stupida biondina a passo con le due ochette- urlò. - Ascoltami bene- continuò Misaki davanti alla scuola - Se hai qualche problema vieni a parlarne direttamente con me, senza minacciare altre ragazze per avere qualche informazione. Volevi sapere se ci stavo provando con usui takumi, no? Beh non è vero.- Misaki la guardò carica di disgusto e pronunciò l'ultima frase con voce e occhi agghiaccianti -se minacci un'altra volta una mia conoscente per delle informazioni ... ti scuoio viva-
La bionda non fece in tempo a replicare che la bianca era gia andata via a passo di marcia lasciandola li con tutte le persone che la fissavano ridendo. Iniziò a diventare rossa e a sputare fumo dalle orecchie per la rabbia. Nessuno osava parlare cosi a Roxie. NESSUNO.
 
 
Usui intanto stava sul terrazzo a mangiare il suo chupa-chups preferito mentre osservava il giardino perso tra i suoi pensieri. Ciò che lo riporto sulla terra fu la vista di una chioma bianca che correva verso il muretto del giardino. La vide guardarsi una mano sanguinante. Non era sicuro che fosse lei la ragazza che cercava, lui la ricordava dolce e gentile, invece misaki era gelida e faceva paura. Era al contempo  intimorito e affascinato da lei. 
 
Misaki si sentì meglio dopo essersi sfogata con le tre ragazze. Al bagno aveva un Po esagerato e ora si guardava la mano gonfia e sporca di sangue. Si mise seduta sul muretto a fissare il vuoto pensando. C'era una leggera brezza, non molto forte, che permetteva ai suoi capelli di svolazzare. Le piaceva il silenzio è quel venticello. 
- Guardate un po chi c'e qui- la biondina con cui aveva discusso prima le stava venendo incontro con le due amiche al seguito. 
-Come osi parlarmi cosi? SAI CHI SONO  IO?- le urlò addosso quest'ultima.
Misaki la osservò come se fosse un essere obbrobrio di cui l'esistenza era ancora ignota. -Sinceramente io non ho idea di chi tu sia.- disse la bianca scendendo dal muretto.-E non mi interessa neanche-  
- ah davvero? Non ti interessa proprio? Beh devi sapere che io sono la ragazza di usui Takumi- disse la bionda soddisfatta, pensando che a misaki gli si sarebbe spezzato il cuore,  da egocentrica qual'era 
- E allora?- 
-Allora non devi stargli vicino,non lo devi guardare,non ci devi parlare e sopratutto non devi amoreggiarti con lui- 
-tranquilla lo ignoro totalmente. Mi sembra un persona inutile,forse piu di te e non vedo il motivo di preoccuparsi cosi tanto. Forse non ti é fedele? Oh povera stellina.- disse la bianca con odio. Non ne poteva piu di tutti questi impicci. Se ne stava per andare quando una mano la tirò per i capelli riportandola sui suoi passi. Subito dopo le arrivò un pugno in bocca,non molto forte ma che le ruppe lo stesso il labbro. Nonostante lo stordimento causato dal primo pugno il secondo riuscí a schivarlo ,evitando di far aprire totalmente il labbro, tirò verso il muro la ragazza che aveva provato a dargli il secondo graffiandogli la faccia. Le sue amiche appena videro  che la situazione stava degenerando presero l'amica ferita e se ne andarono con la bionda che urlava e giurava vendetta.
Finche la sagoma delle tre ragazze non si offuscò Misaki rimase seduta sul muretto a riprendere fiato con usui che la osservava dall'alto,cercando di non farsi notare,con gli occhi che uscivano dalle orbite.
Dopo un po decise di andare in infermeria per disinfettare e cucire il labbro.
L'infermeria si trovava al secondo piano. Aveva una porta scorrevole bianca con una croce rossa,ormai sbiadita,sopra. Era abbastanza rovintata e nell'aprirla Misaki si punse con una scheggia. Era una stanza non molto grande: a destra accanto alla porta c'era un modellino di un corpo umano,alla sinistra c'era un mobile al cui interno vi erano garze, cerotti,disinfettanti e antibiotici di vario tipo. Poco piu avanti c'era una tendina che nascondeva una seconda stanza,dove c'era un lettino. Avanti alla tenda c'era una scrivania con un diario, quello dell'infermiera in cui quest'ultima vi riporta cio che é accaduto durante il giorno riguardante la salute dei ragazzi.
Decise di avviarsi verso il mobiletto per prendere il disinfettante e dopo averlo preso si mise seduta sulla sedia davanti alla scrivania dove iniziò ad aprirlo per versarselo sul labbro. Ad un certo punto si sentí uno scricchiolio e la porta si aprí. Misaki venne investita dalla luce del sole che gli impedí di vedere il viso dell'uomo che si stava avvicinando. -Sono curioso di sapere come fa una bella ragazza come te ad essere cosi aggressiva!- ovviamente quella voce fastidiosa poteva essere solamente di una persona: Usui Takumi.
La bianca si girò per fissarlo,era stanca e non avrebbe retto una discussione con lui.
-adesso mi spii? Devo chiamare la polizia ed avvertirla che ho uno stalker alle calcagna?- chiese indignata iniziando a tirare fuori il cellulare. 
-Ok ok scusa- disse Usui alzando le braccia come per arrendersi -Dai cosa hai fatto al labbro?-. -La tua ragazza ha delle belle nocche!- disse misaki. Sentendo questa risposta Usui fece una faccia schifata ma in un attimo riprese la sua espressione abituale.
-dai fammi vedere- disse avvicinandosi. -Ahi ahi ahi deve fare male. Guarda com'é aperto. Hai preso il disinfettante?- prima che la bianca potesse rispondere lui glielo tolse dalle mani e se lo avvicinò alla bocca. -Ehi ma cosa fai? Lo sai che é....- Il biondo la prese velocemente per i fianchi e l'alzò portandola verso il lettino dove la stese e appoggiò le sue labbre bagnate di disinfettante su quelle di lei.
Misaki non reagí, rimase bloccata,impassibile. Era tantissimo tempo che qualcuno non la toccava, aveva protetto il suo nome per molti anni, ed ora un bambino troppo cresciuto osava toccarla. 
Si sentí un romore strano, il rumore di un bambino che salta dentro una pozzanghera. Ciak. E subito dopo un rumore di passi veloci.
La bianca gli aveva dato uno schiaffo!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter 4 ***


Mi scuso per l'enorme ritardo, ma ho avuto parecchio da fare. Ecco il nuovo capitolo spero che vi piaccia. 


Erano le otto di sera e nel parco vicino alla scuola tre ragazze stavano aspettando una persona. -Certo che è parecchio in ritardo- disse l'amica di roxie:Teresa.
-Già ma chi è roxie? Io mi annoio ad aspettare, non possiamo mica stare ai comodi suoi. E poi non ci dovevamo vedere con quei ragazzi che avevamo conosciuto in discoteca?- disse scocciata la seconda amica, Rossella.
- Silenzio!- esordì irritata  roxie -eccola  che arriva, voi restate qui ci penso io!-
E si avviò verso la figura sconosciuta appoggiata vicino ad un albero.
-Grazie per essere venuta! Questi sono i soldi... Ora di fare quello per cui ci eravamo accordate- disse roxie con un sorriso smagliante,pieno di soddisfazione,/sulle labbra. La figura non disse nulla, annuì e se ne andò.
-abbiamo fatto- urlò roxie alle due amiche - ora possiamo andare a divertirci!-
Detto questo se ne andarono tutte e tre via salterellando,senza sapere che qualcuno, seduto su un albero,aveva visto tutto. 
-La cosa si fa interessante è? Ahahah voglio proprio vedere come te la caverai questa volta Misa~chan,evitando di far scoprire a tutti il tuo segreto. Ahahahahah-


Era la solita mattinata noiosa e misaki si stava avviando verso scuola, e mentre camminava pensava alla giornata precedente,in particolare a ciò che era accaduto tra lei e usui in infermeria.
Ciò che la riportò sulla terra fu l'urlo del suo nome,tuttavia  non fece in tempo a girarsi per vedere chi l'aveva pronunciato che Sakura le saltò addosso facendo cadere tutte e due. -Misaaa- iniziò piagnucolando  - che fine hai fatto? È da ieri mattina che non ti vedo. Non dovevamo tornare a casa insieme?- 
-scusami sakura! Me ne ero completamente dimenticata- disse la bianca dopo essersi tirata su. -Ma come ti sei dimenticata- squittì l'amica. -Sono dovuta tornare da sola ci sono rimasta abbastanza male. Dovrai fare qualcosa per farti perdonare.- la bianca annuì ignorandola. Era di pessimo umore e per il resto del tragitto verso scuola sakura le parlò  a macchinetta di quello che era successo nella sua classe il giorno prima. Misaki si limitava ad ascoltarla e ad annuire di tanto in tanto. 

Appena entrò in classe si fiondò nel suo banco, evitando il biondo seduto accanto a lei. Non si sentiva ancora pronta a parlargli e sperava che lui lo capisse è che la lasciasse stare. 
Ovviamente non fu così. Inizio a parlarle e quando vide che non lo degnava  di una risposta iniziò a tirarle palline di carta per attirare la sua attenzione. Venendo ignorato anche con le palline di carta decise di iniziarle a tirare palline di gomma, sperando che questa volta la bianca si girasse e gli rivolgesse la parola. 
"Ma che diamine ha" pensò usui.
"Sarà forse per quel bacio di ieri che  mi ignora?"  Mentre si tormentava,per cercare di capire cosa avesse la bianca  la campanella suonò  e non fece in tempo a ritornare nel mondo reale che la bianca se ne era già andata. Decise di lasciarla perdere almeno per quel giorno, anche se avrebbe continuato a tenerla d'occhio. 

Dopo esser uscita dall'aula ,sapendo che usui sarebbe andato in terrazza,Misaki  si andò a rifugiare nel giardino. Decise di mangiare il suo bento sul famoso muretto che aveva assistito, il giorno prima ,alla rissa con le tre oche. 
Ad un certo punto si sentì un rumore strano dal cespuglio dietro di lei.
Più si avvicinava più il rumore si faceva più forte. Si accovacciò davanti al cespuglio e iniziò ad avvicinare il braccio verso di esso. Il cespuglio continuava a muoversi e la bianca avvicinava sempre di più il braccio. Poco prima che la mano toccasse i rametti per spostarli un'altra,con una carnagione un po' più scura l'afferrò e dal cespuglio uscì un volto. "Misa~chat" esclamò il volto contento. Misaki se lo guardò stupita "shintani? Mi hai fatto prendere un colpo, idiota". Shintani era un ragazzo alto,di carnagione chiaro-scura. Aveva i capelli marroni così come gli occhi. Era un po' stupido e mangiava veramente tanto,forse troppo per essere un essere umano. Si conoscevano da quando erano piccoli,spesso andavano a giocare nel parco vicino alla casa della bianca. Lui era molto grasso,adorava mangiare dolci di qualsiasi tipo e colore,ma dopo la morte dei genitori era stato costretto ad abbandonare la città ed andare a vivere in campagna con i nonni,  lì non c'erano molte pasticcerie e per mangiare doveva lavorare e così è dimagrito. Chiacchierarono del più e del meno,sopratutto di come mai non si fosse presentato prima, ma inevitabilmente l'argomento ricadde su di lui. "È tornato" disse Shintani ritrovando la sua estroversa serietà. Misaki abbassò lo sguardo e prima di andarsene sussurrò un'unica parola: "Capisco".

Alla fine delle lezioni la bianca andò nella classe di Sakura per chiedergli se volesse tornare a casa con lei, ma non fece in tempo a terminare la frase che Sakura la mandò via dicendole che aveva tanto da fare con il suo club. Misaki iniziò ad avviarsi verso l'uscita della scuola, e mentre camminava decideva se fermarsi si o no alla libreria che era di strada per tornare a casa. Poteva vedere se era uscito un nuovo libro di stephen king. Era il suo autore preferito,si perdeva tra i suoi testi tra tutti quegli squartamenti r quegli omicidi si sentiva a casa,tuttavia a casa non ci sarebbe arrivata molto presto. Mentre la sua mente divagava tra dissezionamenti ed omicidi, si sentì un rumore assordante di vetri che vanno in frantumi. Non fece in tempo a tornare nella realtà ed a spostarsi che il banco, molto probabilmente spinto dal secondo piano, la prese in pieno e tutto si fece buio. 

Alle 20:30 di sera all'ospedale di tokyo, Misaki fece un sogno. Accanto al suo lettino di ospedale c'era una ragazza in piedi che la guardava con disprezzo e nel buio rideva, una risata malata. Dopo averla guardata, la vide spostarsi vicino al ragazzo seduto sulla poltrona, ma prima di poter vedere cosa stesse facendo ricadde nel buio per la seconda volta. Un buio in cui non c'erano sogni ma incubi. Un buio che sarebbe durato un bel po'.  


La bianca stava in ginocchio, in biancheria intima con le mani legate ad una catena abbastanza lunga che si andava conficcando nel muro. Seppur le catene le permettessero di muoversi non poteva spostarsi più di tanto ed era costretta a fissare il muro. Sapeva dove si trovava,come poter dimenticare un posto del genere. Quante volte era stata seduta lì a sputare sangue con lui dietro che se la rideva ma Nonostante la frusta, che continuava a baciarle la schiena facendole scendere lacrime di sangue, lei non urlava non gli voleva dare questa soddisfazione e lui iniziava a stancarsi; non era divertente se non urlava . 
"Quando inizierai a farmi divertire?" Chiese scocciato il ragazzo. "Non credi che ti abbia fatto già divertire abbastanza?" Rispose lei infognata rimpiangendo di potergli stare di fronte cosìcche il suo sputo potesse arrivargli in faccia. "Ahahah amore mio dovresti sapere che per me non è mai abbastanza" continuo avvicinandosi sempre di più con un oggetto metallico,abbastanza affilato, nella mano destra. Sapeva cosa stava per accadere, era successo così tante volte ed era pronta a strozzare le urla e a rialzarsi ancora nonostante il dolore. 
Di lì in poi iniziarono le grida ghiacciate all'interno. 

"Misaki, svegliati, stai bene? Misaki guardami. No non chiudere gli occhi! Ti prego!......"

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** chapter five ***


vo capitolo >.<  ma come al solito ho avuto problemi a scuola e sono dovuta partire per una trasferta, comunque sono stata promossa senza debiti quindi yuuuuuu-uuuuuh!!!!|!! questo è il nuovo capitolo spero che vi piaccia, come al solito accetto critiche e consigli. baciiii ;)

capitolo 5
nel solito parco dove di solito la maggor parte delle coppiettesi ritrovano, ci sono due persone che 'parlano' nascoste tra gli alberi.
-non credi di aver esagerato?!- chiese roxieesterefatta ed arrabbiata. -Ti avevo chiesto di irriderla davanti alla scuola e a farle un pò male,non di tirarle un banco dal secondo piano e farla finire in ospedale!- Roxie continuò ad urlare per un bel pò di tempo con lo sconosciuto che restava in silenzio e la osservava come se fosse l'insetto più miserio, schifoso e vulnerabile di tutto l'universo. Quella persona infastidiva lo sconosciutoprima chiedeva una cosa e poi ne voleva un'altra,non era mai soddisfatta. prima di andarsene lo sconosciuto promise di rimediare e porre fine alle sofferenze di Misaki.


-Purtroppo a causa di un incidente piuttosto grave, una vostra compagna di classe, Misaki Ayuzawa, non sarà in grado di partecipare alle lezioni.si Risiede all'ospedale XXX ma finchè le sue condizioni non saranno migliorate temo che non saranno accettate visite. ciononostante mi auguro che voi, come suoi compagni e come amici, la andrete a trovare non appena starà meglio. Qualora qualcuno sapesse qualcosa rigurardo il banco e la persona che l'ha spinto giù è pregato di andare nella stanza del preside per comunicargli il tutto. Questo è tutto, potete andare.-
Il professore che aveva dato la comunicazione fù il primo ad andarsene seguio da tutti i compagni di classe della bianca tranne Usui, che rimase ancora seduto in classe, con lo sguardo fisso, ancora per un bel pò. Pensava al giorno dell'incidente continuava a farsene una colpa, non era riuscito ad arrivare in tempo. Non era riuscito a salvarla in tempo.
-Com'è possibile? Chi può essere stato?!- domandò al nulla dando un pugno contro al muro per la rabbia. Nello stesso momento la porta dell'aula venne aperta ed una bionda entrò. -Cosa è che ti turba?- -Nulla che ti possa interessare.- rispose usui. -Uffa, ma perchè sei sempre cosi acido?- si lamentò Roxie iniziando a passargli le dita sulla spalla. -Ti sei dimenticato di quello che è successo tra noi due?- continuò lei con voce sensuale. usui le bloccò velocemente la mano e gli rispose sibilando: - è stata una notte senza significato. Tu solo ti sei fatta chissà quale idea, ero ubriaco e non sapevo cosa stavo facendo. é stato un caso.- -Stai dicendo che non lo faresti di nuovo con me?- chiese lei mettendosi a cavalcioni su di lui e iniziando a toccargli il volto,e ancora una volta lui le bloccò il polso e se la tolse di dosso. -No. Non lo farei con te. Non mi piaci ed io ho altri gusti!-
-Ad esempio Misaki Ayuzawa?- gli chiese acida e vedendo che lui si era bloccato si sentiva soddisfatta e continuò la bionda supplicandolo con uno sguardo desideroso -Non mi sembra che tra di voi vi sia molto feeling. Dai ragiona Takumi lei non ti può dare quello che ti posso dare io-
A questo punto il biondo iniziò ad irritarsi -che ne dici di smetterla Roxie? Mi hai stancato con il tuo modo di fare da bullo. Non mi piaci, mettitelo bene in testa e smettila di andare a dire cose non vere- urlò lui, dopodichè se ne andò rosso in viso per la rabbia lasciandola li da sola con l'orgoglio a pezzi.


L'ospedale XXX si trovava abbastanza vicino alla scuola e Usui decise di andare a trovare la bianca anche se lei non n sarebbe stata contenta, ma tanto non avrebbe potuto saperlo dato che stava in coma.
Impiegò dieci minuti per arrivare all'ospedale e in quei dieci minuti pensò molto, e ancora, a quel giorno. Continuava a pensarci e continuava a sentirsi in colpa. Entrò nell'ospedale e andò verso la segreteria. -Salve. Desidera qualcosa?- chiese la ragazza dietro al vetro della segreteria. -Salve. Vorrei sapere in che stanza e in che piano si trova la paziente Misaki Ayuzawa- disse Usui impaziente di sapere dov'era.-Aspetti, mi faccia controllare- rispose la ragazza e spari' in una stanza. Poco dopo tornò, comunicò il numero delola stanza ad Usui e gli diede un foglietto con scritto il suo nome ed il numero facendogli l'occhialino.
Appena fu fuori dalla vista della segretaria buttò il foglietto e si avviò verso la camera 215.
per arrivare alla camera dovette fare due rampe di scale dato che la stanza si trovava al secondo piano. Come al solito sui corridoi c'erano tanti infermieri che correvano su e giù, altri che prendevano del cafè alla macchinetta a causa di una o più notti insonni. Altri ancora che davano brutte e tristi notizie a persone che aspettavano con ancora un briciolo di speranza il miglioramento della salute dei loro cari.
Come in tutti gli ospedali i muri, le sedie. i avimenti e tutto ciò che si trovava li dentro era bianco, l'unica cosa che aveva un colore differente era la targhetta, posta al di fuori delle camere, in cui vi era il numero della stanza in cui vi era il numero della camera e chi si trovava all'intrno.
Alcuni avevano stanze doppie o triple alcuni anche  quadruple ma non era il caso di Misaki che era in una stanza singola. Finalmente era arrivato alla 215 e il cuore gli batteva veramente forte, non era mai stato cosi nervoso nell'incontrare una ragazza,anche se con questa non cc'era bisogno di stare in ansia dato che dormiva. Nonostante tutto era felice anche se la poteva solo osservare. Fece scorrere la porta e rimase sorpreso nel vedere un ragazzo che urlava qualcosa alla finestra con rabbia. Appena il tipo strambo si girò per vedere chi era entrato e subito dopo andò incontro ad Usui.
'oddio che mi stese ignorando e trattando male soltanto perchè aveva un altro uomo? Ed è questo? Sono un'idiota per non averlo capio prima! Ma cosa diamine... perchè sono cosi triste...'
-Piacere sono Shintani, un amico d'infanzia di Misaki.- 'Ah è solo un amico. aspetta perchè mi sento cosi sollevato?'. -Ah piacere io sono Usui Takumi il compagno di banco di Misaki. MM senti ma perchè stavi urlando alla finestra?-. chiese Usui indicando quest'ultima. Shintani lo osservò chiedensodi quanto aveva visto quel ragazzo e poi rispose con una emplice parola: -Nulla-
Dopo un pò che l'imbarazzo, causato dal silenzio che stava diventando, ormai insopportabile Shintani decise di diminuirlo iniziando a parlare. -Sai sono felice  che qualcuno,oltre a sakura, la venga a trovare. é difficile avvicinarsi a Misaki.. anzi no è facile se lei te lo consente.- disse sorridendo e continuando a guardarla.
-Da quant'è che vi conoscete tu e Misaki?- domandò usui curioso. -Da un bel pò. Andavamo alle elementari insieme, ci siamo conosciuti li. Andavamo molto d'accordo e lei spesso veniva a giocare a casa mia- -Scusa se te lo dico SHintani ma non mi rieco proprio ad immaginare una Misaki bebè- disse ironico il biondo e dopo essersi guardati scoppiarono a ridere tutti e due -pensa che una volta mi sono arrampicato su un albero da piccolo e dopo che sono caduto lei mi ha sgridando dicendomi che dovevo essere piùà respinsabile ahhahaha- raccontò Shintani e anche Usui si mise a ridere al pensiero della bianca che picchiava un bambino della sua età. Continuarono a chiacchierare per un pò scoprendo di avere diverse cose in comune: i libri, il cinema, la musica e Misaki.



Verso sera Shintani disse ad Usui che sarebbe andato via. alle 20:00 aveva un appuntamento con un persona e non avrebbe potuto spostarlo neanche volendo, quindi lo salutò dicendogli che gli avrebbe fatto piacere parlare di nuovo con lui.
Dopo esser rimasto solo nella stanza, ed essersi assicurato che Shintani fosse uscito del tutto, prese la mano sinistra di Misaki e gliela baciò e mentre la guardava pensava a ciò che era ccaduto durante quei giorni: Roxie, il banco, Shintani. Mentre continuava a pensare a tutti queste cose la mano di Misaki iniziò a stringere la sua ed iniziò a sussurrare un nome con voce tremante. Tuttavia il blbettio era cosi forte che Usui non riusci a comprendere quelle poche parole. Avvicinò il volto al suo e le diede un bacio, per provare a calmarla, era un solo bacio, uno solo,pulito e leggero, uno di quei baci semplicissimi che mostrano però l'amore che prova una persona verso un'altra.Dopo quel bacio si rimise seduto e la guardò, la mano di Misaki ricominciava a stringere, sempre di più, il tremolio aumentò e subito dopo si tirò su seduta, urlando, o per lo meno sembrava che stesse facendo quello. Aveva la bocca aperta e gli occhi chiusi, sudava embrava che stesse facendo finta di gridare. La sua bocca non emetteva nessun suono, lacrime acide le scorrevano lungo il viso lasciandole il segno.
-Ehi mettila, calmati.- disse Usui cercando di sembrare il più calmo possibile anche se quella reazione lo aveva spavntato.
-E' qui. E' qui.E? qui. E? qui. No ti prego, ti prego no.- continuavaa dire Misaki aggrappandosi sempre di più ad Usui che ormai,non sapendo più in che modo calmarla, si mise ad accarezzarle la testa e ad abbracciarla. 'Ma cosa succede? Non può essre normale, sembrava che stesse avendo n incubo... Oddio aspetta un secondo, mi sta abbracciando? Oddio mi sento andare a fuoco com'è possibile....'
-Ma cosa sta facendo?- chiese incredula una voce proveniente dalla porta e subito dopo  entrò un'infermiera giovane e bionda, secondo alcuni stereotipi le bionde sono stupide, ad esempio roxie pensò Usui.
-Mi scusi ero venuto a farle una visita ma poi si è agitata e mi ha stretto cosi- -Mmmm...capito... Waohh aspetta un attimo, hai appena detto che ti ha stretto o sbaglio?- ma prima che potesse risponderle l'infermiera inzio a lanciare gridolini. Ne lanciò cosi tanti che Usui si autoconvinse che un medico servisse a lei. Appena terminò la sceneggiata gli spiegò il motivo della sua gioia.
-Sta reagendo bene ,è un buon segno che ti abbia stretto la mano, vuol dire che sta guarendo e anche in fretta. Tu sei il suo ragazzo giusto?- -No...- -Ma quanto sei carino. Comunque la ragazza dovrà fare per qualche giorno riabilitazione poi potrà tornare a scuola e te la potrai spupazzare. Magari potrete fare.....- l'infrmiera si perse nelle sue fantasie ed Usui approfitto quel momento per scappare prima però diede un altro bacio a Misaki, quando si sarebbe svegliata non lo avrebbe più potuto fare.


Sakura si trovava nella metro mentre Usui usciva dall'ospedale e Shintani tornava verso il suo appartamento. Spesso rimaneva a scuola per studiare, e per questo faceva tardi, solo che quel giorno aveva tardato molto più del solito perchè aveva perso le chiavi di casa in classe. Ci aveva messo più di un'ora per trovarle, stavano nel suo sottobanco ovviamente l'ultimo posto in cui aveva deciao di guardare. Continuava a rimproverarsi mentalmente, era sempre cosi sbadata maledizione, nessuno si sarebbe mai messo con lei se avesse continuato ad avere questo comportamento. Ma lei che ci poteva fare era cosi. Uscita dalla metro incominciò a camminare verso casa, aveva inviato un messaggio alla mdre dicendogli che avrebbe tardato scrivendogli anche le cause quindi non c'era motivo di sbrigarsi più di tanto, la madre non era unja di quelle tipe fissate con l'orario se tardavi andava bene basta che prima l'avvisavi, tuttavia si sentiva costantemente osservata. Iniziò a correre e decise di farsi tutto il traggito, metro-casa, di corsa, ma dopo aver girato l'angolo andò a sbattere contro un uomo. Era vestito totalmente di nero e il primo pensiero che ebbe Sakura di quel tipo fu: 'oddio sembra un'ombra'. Aveva una giacca nera con il colletto alzato, un cappelo anc'esso nero e un paio di occhiali. del suo viso non c'era traccia,era totalmente copero. Sakura, spaventata ed affaticata a causa della corsa, riusci' a farfugliare solamente un -Mi scusi- ma lui la senti' bene e l'afferrò per un polso facendole perdere più di dieci anni di vita, e con tono intimidatorio gli disse: - ocop acnam otserp àrirom- e subito dopo spari'. Sakura tornò a casa di corsa, corse come non aveva mai fatto prima di allora, si era spaventata veramente tanto sopratutto quella frase, quella frase l'aveva congelata anche se non ne aveva capito il significato.



All'una di notte nell'sopedale vicino alla scuola, nella stanza 215 c'è una ragzza che dorme. In piedi accanto a lei c'è un'ombra.....

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** pitolo VI ***


~~Angolo dell’autore: Salve ragazziii, come state? Adesso  che è arrivata l’estate ho tantissimo tempo libero posso scrivere molto di più. Come al solito accetto critiche e consigli. . Ecco a voi il nuovo capitolo Spero tanto che i piaccia la mia storia e che continuerete a seguirla, alla prossima….

Capitolo VI
Era una mattina pallida e la ragazza della 215 finalmente si era svegliata. La stavano medicando ad uno strano taglio che aveva sulla parte davanti della spalla destra.  Assomigliava ad una T con una I rovesciata sul dorso. Misaki chiese alla sua infermiera cosa lo aveva causato ma lei rispose che, molto probabilmente, se lo era procurata mentre dormiva e che era una cosa normale. Il suo medico voleva che  rimanesse ancora per un po’ per accertare le sue condizioni di salute ma ,purtroppo per lui, Misaki era orfana  e quindi la sua firma valeva come quella di un maggiorenne. Dopo esser uscita dall’ospedale chiamò Shintani chiedendogli se la poteva raggiungere. Shintani si avviò verso l’ospedale in bici, di solito impiegava 20-25 minuti per raggiungere la sua destinazione ma quella volta ne impiegò 15, Misaki non lo chiamava mai se non per delle emergenze. Appena scese dalla bicicletta la bianca gli si avvicinò e gli disse di portarla in un posto in cui avrebbero potuto parlare. Shintani ovviamente acconsentì e si avviarono a piedi verso un cafè.

-Shintani, si sta avvicinando sempre di più!- disse Misaki dopo che si furono messi seduti dentro al cafè. Era un cafè abbastanza vecchio, loro due si fermavano tutti i giorni, al ritorno da scuola, in quel cafè. Era sempre uguale, c’erano delle poltrone rosse ad ogni tavolo, cosìcche la gente potesse stare comoda durante i pasti. Poi c’era un balcone  all’entrata e dietro di esso vi era la cucina. Era abbastanza grande e facevano dei sufflè spettacolari. Misaki ordinò, come al solito, un sufflè ed un cafè, mentre shintani prese dei pancaches con un milkshake al cioccolato. Dopo un po’ di silenzio Misaki iniziò il discorso: -E’ tornato definitivamente- . –Non l’ho fiutato misa, se fosse tornato lo avrei sentito!- Misaki insistette e si abbassò la spalla della maglietta mostrandogli la ferita ,ormai rigenerata, sulla spalla destra. –Oh cazzo- pronunciò con tutta la delicatezza possibile lo strambo. –Dobbiamo stare attenti lo sai, vero?-. –Si certo. Non ti preoccupare!- la tranquillizò. Detto questo ricominciò il silenzio, durante il quale i due mangiarono i rispettivi piatti. Dopodiche ricominciarono a parlare e a rompere il silenzio fu proprio Shintani. –Ah lo sai che all’ospedale ti è venuto a trovare il tuo compagno di banco.. com’è che si chiama? Ah si Usui Takumi. E’ davvero un bravo  ragazzo. Sembra simpatico.- disse lo strambo pieno di orgoglio –Finalmente ti sei fatta altri am…- ma bloccò la sua parlatina quando notò il viso pallido della bianca. –E’ venuto a trovarmi?- chiese lei seria. –Si abbiamo parlato molto…- Shintani si fermò un attimo per pensare a cosa e a cosa non dire, ad esempio il fatto che lui la guardasse come se fosse sua, e poi continuò.- Misaki qual è il problema? E’ giusto che qualcuno ti giri intorno, sei una bella ragazza. Anche se sinceramente sono rimasto sorpreso quando l’ho visto con il carattere freddo che ti ritrovi non credevo che qualcuno ti si avvicinasse. Fidati! Ci ho parlato ieri… è molto forte sia fisicamente, devo ammettere che ha veramente un gran bel fisico, e anche mentalmente , magari questa volta non ti salverai da sola. Dopo aver detto questo Shintani prese questa roba e se ne andò senza dirgli ciò che aveva scacciato dalla sua camera all’ospedale. La bianca rimase ancora lì a pensare a quello che le aveva detto il suo amico, forse avrebbe seguito il suo consiglio ma come prima cosa doveva trovare chi aveva lanciato il banco.

La mattina dopo Misaki si incontrò con Sakura per andare a scuola insieme. Abitavano tra di loro vicine e guarda caso abitavano tutte e due vicino alla scuola. Ci impiegarono quindici minuti per arrivare, e in quei quindici minuti Sakura non aveva mai smesso un attimo di parlare. Le stava raccontando quello che era successo in quei giorni a scuola e che finalmente sarebbe uscita con la band degli yumemishi, chiedendole anche di accompagnarla. –Senti Misa ti va di pranzare insieme oggi?- chiese, prima di andare in classe, con occhi da cerbiatta. –Non lo so Sakura. Ho da fare una cosa.- le rispose Misaki con un sorriso perfido –Ma se finisco in tempo vengo in classe tua e mangiamo insieme.- Detto questo si lasciarono e andarono ognuna nella rispettiva classe. Appena entrò in classe alcuni dei suoi compagni la fermarono chiedendole come stava e altre cose di questo tipo. Dopo averli liquidati si mise seduta al suo banco. Shizuko non c’era mentre Usui dormiva. Guardandolo bene Misaki si accorse che in realtà era un bel ragazzo, aveva quei capelli che sembravano così morbidosi, occhi versi smeraldo, le spalle molto grandi e dei bei connotati. Non se ne era mai accorta, era talmente occupata a pensare a che strategia potesse usare se l’avessero trovata che si era dimenticata del mondo reale e delle persone che le stavano intorno. Grazie a Shintani se ne era accorta e lo avrebbe ringraziato dopo aver  concluso una certa questione rimasta irrisolta. Mentre pensava a tutte queste cose una testa accanto a lei si alzò, cercò di capire se il professore avesse notato che  stava  dormendo e subito dopo si rimise a dormire. A questo punto anche lei si appoggiò al banco con la testa e guardandolo pensò ad alta voce: - forse al posto di farmi salvare potrei essere io a salvare lui.-

Usui dormì per tutte le lezioni mattutine. Quella notte aveva avuto diversi incubi, e non riusciva a smetterla di pensare  a quel giorno in ospedale. Quando si svegliò notò con piacere che le cose della bianca erano lì nel suo banco, questo voleva dire che era tornata a scuola. Si alzò per vedere se era in classe ma osservò con dispiacere che non era lì. –Usui, Usui cosa mangi oggi? Posso mangiare con te?- chiese una voce squillante facendolo saltare. –Tu chi sei?- chiese sorpreso di vedere una ragazza cosi squillante. –ah giusto piacere io sono sakura…- mentre parlava, cercava di allungare una mano per stringergliela, ma era piena di roba , e sembrava che stesse facendo il numero di un acrobata del circo, uno di quegli acrobati che stanno in equilibrio su delle tavole e che fanno girar dei birilli, ed alla fine rinunciò. –Sono un ‘amica stretta di Misaki?- continuò con euforia. –Allora posso sedermi?- ma la domanda dato che si mise seduta prima di sentire la risposta. ‘ma cosa vorrà la sua amica da me?’

-Senti Roxie smettila di fare la sostenuta e parla. So che sei stata tu a voler che quel banco mi cadesse in testa. Non lo dirò al preside, quindi stai tranquilla, ma in cambio mi devi dire chi hai ingaggiato per lanciarlo- disse Misaki con tono freddo. Continuava a tenerla in alto e per il collo, ma dato che non si decideva a parlare decise di avvicinarsi un po’ di più al bordo della terrazza. –Parla adesso, altrimenti ti lascio cadere- continuò Misaki con tono aggressivo e di sfida, i suoi dicevano e pregavano di sfidarla: ‘ dai su dimmi che non me lo vuoi dire così ti lascio cadere una volta per tutte’.  -3… 2…- A questo punto Roxie cercò di farfugliare un ‘okay’ ma la voce non le usciva sia a causa della paura sia a causa della stretta fortissima di Misaki. .-Brava bimba- disse la bianca lasciandola cadere al sicuro. –Adesso parla- -Non le ho visto il viso molto bene, però sono sicura che fosse una ragazza e che portasse gli occhiali, non parlava molto- dopo una breve pausa in cui la bionda finta credeva che la bianca la uccidesse per quei pochi dettagli continuò –Misaki io gli avevo chiesto soltanto di prenderti in giro o di farti un pochino male per farti capire la situazione l’idea del banco l’ha avuta lei e non me ne ha neanche parlato. Ha fatto tutto da sola te lo giuro. Io … io- -lascia stare, e mi auguro che tu non faccia mai più cose del genere.- - Non lo dirai a nessuno, vero?-chiese spaventata Roxie  -Vedremo- rispose la bianca mentre andava via.
Sakura continuava a parlare ad Usui, e come al solito non si fermava un attimo, ma Usui la lasciava fare, era divertente e eli gli stava raccontando le vicende eroiche di misa-chan. Smise di parlare solo quando vide la bianca entrare. Nel vederli insieme aveva assunto un espressione sconvolta ed era rimasta a bocca aperta. Usui, purtroppo, vide quell’espressione per poco poiché Sakura le si era lanciata addosso con tanto di rincorsa e ciò le fece cadere a terra con un grande tanfo. Dopo varie spiegazioni sul perché stavano mangiando insieme, la bianca si mise seduta al suo posto. Sakura ricominciò a parlare, però questa volta rivolta verso di lei, e come al solito mentre Sakura parlava Misaki annuiva. Passarono così tutta la pausa pranzo, e quando la campanella suonò Sakura tornò in classe con il broncio. –Sai è simpatica- enfatizzò Usui mentre la guardava andare via. –Già, è una brava ragazza, potresti provarci con  lei.- replicò la bianca. –E’ la prima volta che ti sento fare questi discorsi con me, non è che sei gelosa?- sussurrò lui avvicinandosi sempre di più. –Per me esisti solo tu misa…- ma prima che potesse dire qualcosa di tremendamente imbnarazzante Misaki gli mise la mano sulla faccia spingendolo di nuovo al suo posto. Lui non sorpreso della reazione di lei gli leccò la mano, tuttavia Misaki non se ne accorse neanche. Era troppo impegnata a guardare la ragazza che era appena entrata in classe. –Perché guardi Shizuko in quel modo Misa’chan?- chiese Usui con ancora la bocca tappata dalla mano di Misaki. –Shizuko eh? Proprio non me lo aspettavo ahahah-

-Shizuko non sapevo che tu avessi certi hobby- ironizzò Misaki con uno  sguardo serafico. –Non so di cosa tu stia parlando!- rispose Shizuko e nel mentre abbassò gli occhi. –Ah già.. sai Shizuko sei davvero una pessima bugiarda. Ti piacciono così tanto i banchi eh? Oh che brutta perversione, poverina. Potresti parlarne con qualcuno, ad esempio il preside. Se vuoi gli vado a chiedere un appuntamento.- Misaki le parlava girandole intorno come uno squalo sulla preda. –Non so di cosa stai parlando.- -Ma davvero?- Misali prese una sedia e si sedette proprio di fronte a lei. –Non mi far arrabbiare più di quanto io lo sia già.- Shizuko a questo punto alzò lo sguardo e rivide l’argento negli occhi di Misaki. La prima volta che lo aveva visto stava al bagno della scuola un po’ di tempo prima, quando roxie e le sue amiche l’aveva picchiata e MIsaki furibonda le aveva chiesto cosa le avessero fatto e il perché. Solo che allora l’occhio era più o meno normale l’argento compariva e scompariva sotto forma di strisce, adesso invece erano totalmente argentati e la cosa metteva una gran strizza. Shizuko era sempre stata una persona debole e sotto quello sguardo agghiacciante si sentiva sempre più piccola e insignificante. –Chi ti ha detto di farlo! Avanti dimmelo, per favore- continuò la bianca, ma questa volta nella sua voce c’era un qualcosa che assomigliava ad una supplica. E piangendo Shizuko le rispose. –L’ombra,

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** capitolo VII ***


~~-La voglio incontrare.- dichiarò la bianca. Shizuko non seppe bene come rispondere alla sua affermazione e cercò di spiegargli che di solito era l’ombra che andava da lei e non il contrario. –Non so dove si trova.-         -Vorrà dire che me la cercherò da sola. Grazie per il tuo finto aiuto Shizuko.- detto questo la bianca se ne andò.

Sapeva che sarebbe andato lui da lei, faceva sempre cosi. Lo aveva chiesto a Shizuko per cercare di carpire delle informazioni, ad esempio se avesse preso una casa, o se le aveva parlato di un piano specifico ma non le aveva detto nulla.
Uscì prima da scuola e decise di andare al solito bar con le poltrone rosse e i  sufflè buonissimi, non aveva fretta di incontrarlo. Appena ebbe finito di mangiare andò a fare una passeggiata in giro per la città fermandosi in libreria e in qualche altro negozio. Dopo aver vagato per la città, si avviò verso il luogo in cui avrebbe incontrato l’ombra: il parco.
Dopo poco più di un’ora che si trovava in quel  luogo, un’ombra comparve dietro di lei. -Misaki, mi chiedevo quando avresti deciso di incontrarmi. Aspettavo questo momento con ansia.- continuò  l’ombra spuntando fuori. –Sei stato veramente lento. Volevi farmi invecchiare qui? Per farmi convincere di incontrarmi con te hai dovuto lanciarmi contro un banco e farmi un taglio innocuo su di una spalla e osi anche solo farmi aspettare?! Prima  facevi di peggio. Ti sei per caso addolcito eh tigrotto? La  tua melensaggine mi disgusta.- Dichiarò ad alta voce  -Mamma mia misa_chan sempre gentile eh? Come fai a dirmi queste cose, non vedi che bel pezzo di figo che sono- concluse l’ombra togliendosi la giacca, gli occhiali e il cappello nero, svelando i capelli biondi, gli occhi marroni e  il solito viso dell’uomo più egocentrico e noioso del mondo: Tora Igarashi. –Figo?  Quanta tracotanza, a me in realtà fai soltanto pena. Comunque sia ho deciso di incontrarti solamente per dirti che devi sparire dalla mia vita e stare lontano sia me, sia i miei amici. Finalmente sono riuscita a dimenticare il passato o perlomeno a passarci sopra come se non esistesse più. Mi sono stancata di averti  in mezzo ai piedi. - continuò acida la bianca. –Oooooh misa_chan lo sai benissimo che il tuo segreto, o per meglio dire la tua maledizione, esiste ancora, non può svanire nel nulla e divenire soltanto una cosa “passata” ed io devo controllare la situazione. Lo sai perfettamente che ti perseguiterà all’infinto a meno che tu non decida di ritornare a vivere con me o di non far entrare l’amore nella tua vita. Tu non puoi avere amici.  Ti ricordi il ragazzo dell’ultima volta? Ehehhe sei un mostro puoi fare soltanto del male alle persone. Puoi dire tutto quello che ti pare su di me, io ti ho soltanto educato e resa più forte perché  ti amo.  Mi ha fatto piacere rivedere la mia bellissima gatta, ma ora, purtroppo, devo andare.- detto questo sparì come era comparso. Lasciando Misaki lì, da sola con le lacrime agli occhi sforzandosi di non piangere.

Dopo aver parlato con il tigrotto si ricordò di aver dimenticato di prendere la sua giacca e si chiese per quale motivo se ne era accorta solo in quel momento. Mentre correva verso la scuola, piangeva, ma per sua fortuna la pioggia mischiata con i suoi capelli nascondeva le lacrime. Continuava a ripetersi di smetterla e che se qualcuno l’avesse vista, sarebbe morta dalla vergogna. ’Di chi credi che sia la colpa se sono un mostro?’ urlava la sua mente. Era abituata tenersi tutto dentro ma, forse,  questa volta il discorso con Tora l’aveva sconvolta più del dovuto. Mentre pensava a tutte queste cose, smise  di lacrimare, ma a causa della pioggia che scendeva incessante e forte, al posto degli occhi lacrimavano i capelli.  –Misaki ma cosa diamine stai facendo sotto la pioggia?- domandò Usui che l’aveva inseguita e l’aveva afferrata per il polso cercando di bloccare la sua corsa sfrenata. Appena sentì il calore della mano del biondo lei si girò di scatto. –Cos.. ma tu hai pianto? Misaki stai bene?- Usui continuò a riempirla di domande abbracciandola e lei continuò a nascondere il volto arrossato dal pianto tra i capelli. –Ma cosa stavi facendo sotto alla pioggia? Sembra che tu ti sia fatta la doccia vestita, sei zuppa! - -S-stavo andando a scuola a riprendere la mia giacca… io l’ho dimenticata lì.- continuò farfugliando con il volto basso. Nonostante il volto fosse coperto, Usui  poté  intravedere un sorriso, se vogliamo definire un sorriso un ghigno. –Ah in realtà ce  l’ho io. Quando sono arrivato a scuola stava lì, e alcuni nostri compagni di classe mi hanno detto che eri già uscita. Quindi l’ho presa io.- dato che lei non rispondeva, lui si tolse la giacca e gliela mise addosso. –Così prenderai freddo. Che ne dici di venire a casa mia così ti riscaldi. Ehi Misaki? Misaki mi senti?- lei continuava a non rispondergli, alla fine  il biondo appoggiò la sua mano sulla fronte di lei notando senza stupore che era bollente. –Va bene, lo prenderò come un si- detto questo le mise un braccio sotto le ginocchia uno dietrola schiena, la prese in braccio e la portò a casa sua.

Usui la teneva forte a se, stringendola come se fosse la cosa più delicata del mondo. Misaki poteva sentire il suo cuore battere attraverso la stoffa, non sentiva solo il cuore ma anche i suoi muscoli. Non era abituata a essere portata in braccio, ma non si sentiva per niente a disagio anzi si sentiva rilassata. Era un emozione particolare, non aveva mai provato un emozione del genere. Di solito quando lui la toccava lei lo scacciava subito, cercava in ogni modo di evitare i contatti con la gente. Il paesaggio intorno a lei continuava a cambiare, il sole stava tramontando. Era una visione spettacolare, così bella che le tolse il fiato e fece  si che si aggrappò di più a lui. Mentre continuava a pensare a com’era possibile che si sentisse così, si addormentò tra le sue braccia.

-Buongiorno Misaki. Dormito bene?- -Mmmm buongiorno Usui. Che ore sono?- chiese stroppicciandosi gli occhi assonnata. –Sono le 23:30..- -Oddio l’ultimo treno…- urlò Misaki tirandosi su velocemente cosa che le causò un grande giramento di testa. Passato il giramento si guardò intorno.  Si trovava veramente a casa di Usui, non c’erano molti mobili, anzi era quasi vuota. Mentre guardava la stanza vide, in modo decente, Usui. Non indossava  la maglietta e portava gli occhiali. Gli occhi di Misaki si soffermarono su quel corpo divino. –La smetti di spogliarmi con gli occhi?- ironizzò Usui. Cosa che fece imbarazzare ancora di più la bianca che  si girò per non fargli notare il rossore che le colorava le guance. ‘ma che diamine mi sta succedendo?’ continuava a chiedersi e con Tora in giro non poteva di certo mettersi a capire il perché le sue emozioni nascoste erano riaffiorate così all’improvviso. Intanto Usui si era avvicinato a lei e le sussurrò nell’orecchio: -c’è qualcosa che vuoi dirmi Misaki?-  ‘eeeeeeeeeh? Troppo vicino’. Adesso dire che era rossa sarebbe stato un eufemismo. –No, tranquillo va tutto bene. Solo allontanati un po’- lo pregò Misaki coprendosi definitivamente le mani con la faccia. –ma davvero?- chiese lui stupito leccandole l’orecchio in cui gli aveva sussurrato la domanda.  Aveva scoperto un suo punto debole, realizzando di volerne scoprire sempre di più–Waaaa io dovrei andare un attimo al bagno.- farfugliò  e scappò nell’altra stanza.
 
Entrata in bagno, aveva paura di guardarsi allo specchio. Alla fine quando si decise di farlo notò due cose: prima cosa, non era rossa, era bordeaux ed il motivo non lo capiva neanche lei. Seconda cosa, indossava solo una camicia, che tra l’altro non era la sua. ‘Possibile che abbia anche solo osato… avrà visto tutte le cicatrici?’. Dopo vari dubbi sul chiedergli che fine avessero fatto i suoi vestiti concluse che era inutile continuare a tormentarsi in quel modo. Uscì dal bagno ed andò di nuovo da lui.
-Usui, senti  lo so che è una domanda strana ma..mi hai cambiata tu per caso?- chiese lei, prima guardandosi i piedi per poi spostare lo sguardo sul suo.
-Ma sei matta? Ti sei cambiata tu quando siamo arrivati, io ti ho soltanto asciugato i capelli.- ribatté Usui basito dalla domanda che le aveva appena fatto la bianca. ‘ok, meno male’. –Solo cheti volevo chiedere una cosa: Misaki mentre ti asciugavo i capelli ho notato che hai una cicatrice dietro alla spalla, come tela sei procurata?- Misaki rimase in silenzio per un po’, per trovare le parole adatte. –Se ti raccontassi una storia, abbastanza particolare, rideresti di me?-chiese imbarazzata ma seria -Non potrei mai ridere di te.- Detto questo Misaki iniziò a raccontare forse di lui si poteva fidare...




 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


~~-…La prima volta che lo vidi era nell’inverno dei miei nove anni. Ero uscita di casa per andare al supermarket, dovevo comprare alcuni ingredienti per cucinare alcuni dolci da fare con la mamma. Avevamo trovato una ricetta semplice per cucinare dei cookies al cioccolato. Dall’immagine che avevamo visto, sembravano gustosi, da far venire l’acquolina in bocca. Volevamo fare una sorpresa a papà che sarebbe tornato presto da un viaggio all’estero. Erano quei classici biscotti tondi, marroncini, pieni di cioccolato. Tuttavia mancava la farina, un ingrediente indispensabile per cucinarli. Mia madre decise di mandarmi a comprarla al supermarket vicino casa mentre lei puliva e sistemava per l’arrivo di papà. Per arrivare al supermercato avrei dovuto camminare cinque minuti. Il tempo di vestirmi ed ero già uscita, ed entusiasta iniziai a camminare cercando di seguire le linee come fanno spesso i bambini. Seguii gli edifici limitrofi e dopo aver svoltato una volta a sinistra, due a destra e un’altra a sinistra arrivai. Era uno di quei negozi a due-tre piani, grandissimi, dove potevi trovare di tutto ad esempio negozi di cibo, vestiti, libri, cd etc., in sostanza potevi trovare di tutto. Ci misi poco a comprare la farina, anche grazie ad alcune persone che mi fecero passare davanti alla cassa poiché avevo solo una cosa. Tecnicamente avrei dovuto impiegare massimo un quarto d’ora per comprare la farina e tornare a casa ma fui attratta da un negozio di video game e di giochi che si trovava di fronte al negozio del cibo. Era veramente immenso, uno dei più grandi che io abbia mai visto e considerando la mia passione per i giochi decisi di fermarmi un po’ per curiosare, continuando a ripetermi che tanto ero in anticipo e che se avessi fatto qualche minuto di ritardo non sarebbe accaduto nulla. Alla fine arrivai a casa con venti minuti di ritardo, e mentre correvo continuavo a chiedermi se la mamma mi avrebbe messo in punizione o mi avrebbe sgridato per averla fatta preoccupare. Maledetto gioco sugli unicorni. Aprii con forza il cancelletto di casa, fermandomi un secondo per riprendere fiato e mentre mi guardavo intorno notai che la porta di casa era accostata. Mi avvicinai silenziosamente e la spalancai. Continuavo ad avanzare. Era tutto silenzioso, avevo paura, chi non l’avrebbe avuta alla mia età? Li chiamai entrambi, poiché papà a quell’ora doveva essere rientrato. Non ci fu risposta. Ricominciai a camminare fino al salotto e l’immagine che mi trovai davanti tanto era orrida che ancora oggi la ricordo. Mia madre si trovava a terra in un tappeto di sangue, non aveva più la testa. Era stata decapitata brutalmente, si vedevano l’arteria recisa e l’osso del collo che spuntava fuori dal moncherino. Anche la casa era stata distrutta: nella tappezzeria c’erano dei buchi, sembrava che qualcuno ci avesse graffiato sopra, tutti i mobili erano stati rovesciati, il lampadario era stato strappato dal muro e lanciato via, i piatti, i bicchieri erano stati lanciati nel pavimento che era cosparso di vetri. Le posate erano state infilzate nel muro. Mi girai e scorsi mio padre, teneva le mani aperte e rivolte verso il basso sul bancone della cucina. In ciascuna di esse erano stati piantati dei coltelli da macellaio, come per evitare una possibile fuga. Tra le due mani vi era la testa staccata di mia madre, che aveva a sua volta dei coltelli infilati negli occhi. Mio padre aveva il volto stracolmo di tagli, e ciò lo rendeva irriconoscibile, nonostante tutto sembrava che stesse guardando con orrore la testa staccata della moglie. Avevo trattenuto il fiato per tutto il tempo, ma dopo aver visto, scoppiai a urlare facendo cadere a terra  la farina e correndo verso i miei genitori. I vicini impiccioni sentirono le urla e credendo che il padre stesse facendo violenza alla moglie o che fosse entrato un ladro, chiamarono la polizia. Appena uscii dalla casa, scortata dagli uomini in divisa, vidi un ragazzo vestito totalmente di nero. Osservava la scena e me, ma non ci feci molto caso, ero sconvolta potevo anche essermelo immaginata. Rimasi in fase di shock per circa due settimane. Il caso dei miei genitori non fu mai risolto. Lo considerarono come un omicidio-suicidio ed anche una bambina di nove riuscì a capire che non era così. In seguito ci fu un altro problema ossia quello dell’adozione. Nessuno dei miei familiari mi voleva. Continuavano a giustificarsi dicendo che ero scampata alla morte una volta e che non sarebbe accaduto ancora. Magari la volta successiva, quando la morte sarebbe venuta a riprendersi ciò che era suo di diritto si sarebbe portato via anche qualcun altro e loro non volevano rischiare. In realtà non era questa la verità. 100 anni orsono erano stati avvertiti che una di loro sarebbe stata un demone e sarebbero accaduti fatti tragici, dopo la morte dei miei genitori decisero che il demone ero io. Chi altro poteva esserlo? I loro figli non di certo. Comunque sia a me non interessava andare a vivere con dei parenti ingrati e ringraziando dio non ce ne fu bisogno. Prima che me ne rendessi conto ero stata adottata. Una persona aveva offerto una cifra abissale per prendermi e i miei parenti non ci pensarono due volte prima di darmi via. L’adottatore era un signore ultramiliardario che mi aveva comprata per il figlio. costui aveva espresso il desiderio di avermi. Il figlio aveva diciotto anni, era abbastanza alto, capelli biondi, e scoprì che era il ragazzo che si trovava fuori dalla mia casa il giorno della strage. Mi prese con sé e mi portò nella sua villa personale, non viveva più con il padre ormai era maggiorenne e si poteva permettere una casa in cui vivere da solo. Mi diede vestiti nuovi, una camera enorme e bellissima, mi spazzolò i capelli e mi coccolò. Dopo un periodo di un mese e mezzo passato con lui ritrovai la gioia di vivere, mi sentivo serena. Si preoccupava sempre per me. Quando ero triste o stavo male,  faceva di tutto per farmi sentire meglio. Purtroppo questa sua gentilezza era solo una maschera. Un giorno mi convinse a scendere in una specie di cantina sotterranea, dicendomi che  voleva farmi vedere una cosa divertente, che però tanto divertente non era. Non era una cantina, assomigliava ad una stanza in cui c’era una piscina termale. Era divisa in due parti suddivise da un vetro: una parte era piena di pulsanti ed oggetti strani e c’era anche un grande divano in pelle, l’altra invece era completamente vuota ed emanava un’aria strana, c’erano due porte che servivano ad entrare nelle rispettive camere. Su una delle due camere c’erano mattonelle bianche con bordi grigi ovunque: sul pavimento sui muri sulle pareti sul soffitto. Faceva paura non assomigliava ad una stanza dei giochi. Glielo dissi ma lui continuò a ripetermi di stare tranquilla, passai il resto dei miei giorni, fino a tre anni fa, dentro quella stanza. Scoprì il suo vero volto, ed era un volto totalmente diverso da quello che avevo imparato a conoscere io. Mi ripeteva sempre che mi stava cercando da molto tempo e adesso che mi aveva trovato non mi avrebbe lasciato mai più. Stava sempre nella stanza dei pulsanti, mentre io in quella vuota, avevo ai polsi dei bracciali di ferro legati ad una treccia di acciaio a sua volta fissata nel muro. Quando lui non c’era ero sempre legata, in alcune ore della giornata mi scioglieva, ma continuava a torturarmi ed io non potevo uscire. Ciascun pulsante azionava un’arma che mi avrebbe colpito. Mi sparava per cercare di capire fino a che punto arrivavano i miei riflessi e la mia forza sia mentale sia fisica. Subì quelle violenze per cinque anni ed ogni giorno divenivo sempre più forte e pericolosa. A quattordici riuscì, non so neanche io come, a scappare. Scappai il più lontano possibile. Cercai un lavoro che potesse permettermi di vivere da sola ed alla fine trovai posto in un locale come cameriera. Il capo era molto gentile e ogni sera mi dava gli avanzi della giornata. Lì incontrai molte persone gentili ed andavo d’accordo anche con le colleghe. Riuscì a ricominciare la scuola e grazie ad alcuni gruppi intensivi riuscì a stare con quelli del mio anno. Credevo che tutti i miei guai fossero finiti e che finalmente potessi farmi una vita. Andavo bene a scuola, avevo molte amiche. Un giorno conobbi un ragazzo un anno più grande, facemmo amicizia, stavamo bene insieme, poi iniziò a nascere qualcosa. Ma accadde l’inevitabile. Il ragazzo che mi aveva comprato non aveva mai rinunciato a me, dopo che fui scappata studiò diverse maledizioni e fece in modo che una di esse mi colpisse. Io e il ragazzo un anno più grande decidemmo di uscire insieme per dichiararci il nostro amore ma quel giorno lui morì. per questo motivo non posso amare, per questa maledizione, essa scatena il mostro che è in me, è tremendo osservare ciò che accade nel momento in cui io dico di amare una persona e quella mi ricambia. Dopo quella volta non si fece più vedere, ogni tanto arrivavano fiori con messaggi, dove scriveva che mi amava, ma non venne a riprendermi con la forza. Passai i restanti anni evitando le amicizie e l’amore. Cercai di dimenticare e decisi di sacrificare tutto questo per non fare del male alle persone a cui voglio bene. E adesso è tornato…-
Misaki terminò la storia con una frase lasciata a metà. Dopo aver finito di raccontare, si rilassò sul divano. Si sentiva più leggera, nessun altro conosceva quella storia, escludendo Shintani, che però assomigliava più ad un cagnolino che ad un ragazzo. Usui la ascoltò in silenzio senza mai interromperla. Rimanendo immobile, anche quando smise di parlare tenne lo stesso atteggiamento. Stava pensando a cosa fare. Lei fino al giorno prima non lo poteva vedere e adesso gli aveva raccontato tutta la sua vita e quando aveva provato ad avvicinarsi era arrossita. Si sentiva felice, finalmente iniziava a fidarsi di lui. Solo che stava succedendo tutto troppo in fretta, era pieno di domande che voleva porgli, così tante che non sapeva da quale iniziare. Come prima cosa: chi era questo ragazzo? Lei gli aveva raccontato tutto omettendo il nome del giovane che Usui voleva distruggere. Altre domande  erano: ‘in che cosa consiste questa maledizione?’ ‘chi ha ucciso i suoi genitori e il ragazzo?’ ‘cosa intende con demone?’ ‘che centra l’amore con la maledizione?’. Continuava a pensare a tutte queste cose, senza mai dubitare della sincerità di lei. Perché mai avrebbe dovuto mentirgli? Le lacrime che le scendevano  lungo il viso quando l’aveva trovata mentre correva in mezzo alla strada erano vere. No era impossibile che gli stesse mentendo.  Pensava anche a quanto fosse bella seduta sul divano con i capelli bianchi che le scendevano lungo le spalle e lungo alla schiena. Inoltre con la sua camicia addosso gli veniva ancora più voglia di proteggerla, tuttavia sapeva che adesso non doveva esagerare e che doveva fare attenzione alle sue mosse. Di cavolate ne aveva già fatte tante, forse troppe e se ne avesse fatta un’altra non sarebbe riuscito a rimediare e l’avrebbe persa per sempre. Per lui, lei era sempre stata come una creatura indomita, come una pantera selvaggia, pericolosa, possente, cattiva, aggrazziata, ed era proprio questa incoerenza a renderla magnifica. Quando mai una cosa può essere sia buona sia cattiva? Sia leggera sia affilata? Sia  aggressiva sia  coccolosa? Sia assassina sia gentile? Lei per lui era questo,  era riuscita a strappargli il cuore gentilmente, a maltrattarlo con dolcezza, ad infilargli gli artigli nella carne per attirarlo a sé. Gli piaceva per questo, nessun’altra ragazza lo aveva mai fatto sentire così.
Lui continuava a stare in silenzio, non apriva bocca. Teneva lo sguardo fisso su un punto sconosciuto. La bianca si sentiva a disagio. Aveva paura che da un momento all’altro sarebbe scoppiato a ridere dicendogli che quello che gli aveva raccontato assomigliava ad una storiella per bambini, una di quelle che raccontano le madri per non far andare i bambini con chiunque provi ad adescarli, ad esempio la famosa storia che narra di un bambino che viene rapito da un signore che gli promette una caramella. Da una parte aveva il timore di questa reazione, dall’altra, invece, capiva perfettamente che sarebbe stata la cosa migliore per l’incolumità del ragazzo seduto di fronte a lei. Sarebbe riuscita ad allontanarlo di nuovo, senza rischiare di dover far del male a lui o a qualcun altro. Si ricordava cosa era successo al ragazzo che lei amava e che gli aveva chiesto di uscire. Le venne un brivido che le corse per tutta la colonna vertebrale, abbassò lo sguardo. Le veniva ancora di piangere, non voleva che qualcuno la amasse, anzi lo voleva ma ne aveva una tremenda paura. Forse se lo avrebbe scacciato anche quella strana sensazione riaffiorata, sarebbe svanita lasciando il posto al ghiaccio.

Seduta sulle scale della scuola, Shizuko piangeva come una cornacchia mentre parlava e gesticolava con le mani e le braccia. Quando smise qual pianto cornacchioso, si accorse che lì accanto vi era un folletto dai capelli rossi che ballava goffamente. Era talmente concentrata a piangere che non l’aveva notata. Si stava convincendo che quello era veramente un folletto e si diede della stupida da sola. Mentre lo guardava, il folletto si avvicinò e prima che se ne potesse rendere conto avevano già iniziato a chiacchierare.
-Eiii ciao, perché stai piangendo?- chiese curiosa la ragazza tirando giù le labbra mentre pronunciava la parola ’piangendo’. –Nulla di importante.-  -Eddai dimmelo, su! Cosa hai combinato furbacchiona. Dai dillo alla bella e contenta  e felicissima Sakura.- la implorò prendendola per le spalle sbatucchiandola di qua e di là, poi tutto d’un tratto si bloccò ed alzò le braccia al cielo lasciandole ferme lì. –Dunque sarebbe questo il tuo nome- disse Shizuko ricomponendosi e tirandosi su gli occhiali. –Eh già.. E IL TUO QUAL È?-  shizuko saltò sul posto, ma che aveva quella ragazza? –Shizuko piacere- la ragazza allungò la mano mentre diceva il suo nome per presentarsi venendo però ignorata dall’altra. –Allora Shizuko… perché piangevi?- ci fu una breve pausa, in cui la ragazza squadrò il folletto e poi le chiese: -Ma sei ubriaca?- -Ioo? UBRIACA? Maddai ahahah hai veramente un bel senso dell’umorismo. Sono solamente contenta mi sono successe delle cose bellissimeee- detto queste il folletto le diede una pacca sulla spalla che la fece sussultare. –Sei cosi di solito?- -Così come?-  Shizuko decise di dirle perché piangeva. Si tirò su in piedi e con voce melodrammatica, gesticolando con le mani le raccontò teatrealmente tutto quello che era avvenuto con Misaki. Una cosa era certa, dovevano essere divise il prima possibile. Quando finì di recitare il tutto fece un inchino e Sakura applaudì. –Mi fa tanta paura.- continuò scoppiando a piangere. Sakura allora la calmò e le due iniziarono a chiacchierare diventando amiche. –Stai tranquilla! Ahhahah  io sono una GRANDE amica di Misaki- e spalancò le braccia quando disse grande per farlo sembrare enorme. –Allora forse potresti darmi una mano. Vorrei trovare il coraggio per chiederle scusa e con calma vorrei anche iniziare a farci amicizia. –YEAH ti aiuterò!- detto questo scoppiarono a ridere all’unisuono. Passarono insieme tutta la serata: Shizuko recitava e Sakura cantava e ballava goffamente. Sembravano talmente fatte che un poliziotto si fermò per farle qualche test.

Quell’uomo le aveva fatto del male, Usui non poteva perdonarlo sentiva la rabbia ribollirgli dentro. Sapeva di non poter fare cavolate con lei. Ne aveva già fatte troppo. Finalmente la bianca si era accorta di lui e non lo vedeva più come un misero insetto insignificante, ma come un ragazzo. Doveva dire qualcosa, stava seduta sul divano con le gambe accavallate sembrava calma ma il tremore delle mani smascherava il suo disagio. Alla fine decise di alzarsi silenziosamente dal pavimento in cui era seduto e di sedersi sul divano accanto a lei, prendendole una ciocca di capelli. Erano estremamente soffici. Li annusò e le sussurrò quasi soffiandole sul collo: -Fammi vedere ciò che ti ha fatto.- Lei non rispose, non si aspettava una domanda di quel tipo. Cosa gli importava a lui di vedere le sue cicatrici? Le aveva sempre tenute nascoste, senza mai farle vedere, erano le sua vergogna. Mostravano la sua debolezza. ‘ma forse vuole vedere qualcos’altro e le cicatrici sono solo una scusa.’ Appena formulò questo pensiero fece puf e scoppiò. –IDIOTA DI UN USUI VUOI FORSE MORIRE!- urlò girandosi e iniziando a prenderlo a pugni. – TI HO RACCONTATO TUTTO QUELLO CHE HO PASSATO TUTTO IL DOLORE CHE HO PROVATO E TU PENSI A QUESTE COSE?! CREDEVO DI POTERMI FIDARE! RAZZA DI DEFICIENTE …- Usui rimase un po’ shockato da quella reazione ma si riprese velocemente afferrandola per i polsi. Durante l’infuriata della bianca le posizioni cambiarono: lui stava sdraiato con la schiena sul divano. Era saltato all’indietro quando lei si era lanciata avanti per colpirlo. La schiena era appoggiata sul manico, cosa che gli aveva permesso una maggiore libertà per bloccarla, se si fosse appoggiato sui gomiti non ci sarebbe riuscito  e  lo avrebbe colpito in pieno viso. Lei gli stava sopra, si era lanciata in avanti dopo che aveva realizzato quel pensiero. Continuava a urlare qualcosa. Era rossa di rabbia e dall’imbarazzo. Aveva immaginato la scena di lui che le guardava il corpo nudo. –Bianca, non intendevo quello che hai pensato, calmati adesso.- -Senti CALMATI NON ME LO DICI OK? CALMATI TU!- appena la bianca si calmò ricominciò a parlare spiegandole quello che intendeva veramente. –mi irrita che ti abbia torturato, che ti abbia fatto del male, che abbia anche solo avuto il coraggio di lacerarti la pelle in quel modo. Ho visto quella che parte da dietro l’orecchio ed arriva al collo. Volevo vedere quante te ne aveva procurate per infliggergliene il quadruplo, non era una scusa per farti fare qualcosa di osceno.- gli veniva da ridere, aveva veramente delle strane reazioni, un secondo prima era contenta poi urlava e adesso si era impassibile. In quel momento Misaki si bloccò ‘aahh ma allora non intendeva quello’ pensò e si appoggiò definitivamente a lui, appoggiando la testa sul suo petto. Era tanto che non dormiva sonni tranquilli. stava sempre all’erta  per paura che lui riuscisse ad entrare e quelle poche ore di sonno erano attanagliate dagli incubi. Aveva paura di risvegliarsi  in quella cantina. Aveva paura perché il dolore questa volta sarebbe stato maggiore. –misaki, eiii- continuò scrollandola. –ma com’è possibile che ti addormenti così velocemente? Va bene, pazienza- Usui si appoggiò con un tonfo sul divano, rilassandosi. Lasciò i polsi della bianca e le accarezzò i capelli per poi spostarglieli tutti da un lato mostrando quella cicatrice. Ci passò sopra le dita e la strinse ancora di più a sé. –Tranquilla. Non lotterai più da sola, ti proteggerò io.- disse al nulla, poi si alzò leggermente con il busto e le baciò quella ferita. Continuava a chiedersi come fosse possibile che si fosse innamorato così tanto e così velocemente di lei. Credeva si trattasse di amore, non era mai stato innamorato escludendo l’altra, che ormai per lui non rappresentava più niente.  ‘com’è bella’ pensò, e giurò a se stesso che avrebbe ucciso chiunque avesse provato a portarglielo va. Si addormentarono così una  tra le braccia dell’altro.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** capitolo IX ***


~~Nel suo studio di presidente del consiglio studentesco, Tora continuava a sbattere una  pallina di tennis contro il muro. Ad ogni lancio esprimeva tutta la sua rabbia ed il suo odio. –Signore dovrebbe smetterla, così romperà davvero il muro.- Era talmente impegnato a pensare, che non si era accorto che Maki era entrato nella stanza. –Maki ….- esitò tora.  Lui lo guardò e poi disse: -mi dica tutto signore sa che può fidarsi di me- il presidente lo guardò per un po’. Sarebbe stato stupido non riferire al suo consigliere e segretario le sue preoccupazioni. Maki era a conoscenza di ogni cosa, era stato con lui per tutto quel tempo, sapeva sempre cosa era giusto fare e in situazioni come questa sapeva come confortarlo. -…. E se avessi sbagliato maledizione? Sono diversi anni ormai che ci da delle gatte da pelare. Il mostro dentro di lei dovrebbe diventare più forte ogni volta che la maledizione entra in atto, ma la ragazza evita l’amore. Quando l’ho fatta scagliare non ho pensato a questa eventualità. Sono un’idiota.- il consigliere lo guardò per un po’ cercando le parole da pronunciare. -Si sbaglia signore. E’ vero che la ragazza ha evitato l’amore fino ad oggi ma non sarà sempre cosi. Alcune delle nostre spie, che agiscono nella scuola, mi hanno detto di averla vista con un bel ragazzo. Ho fatto alcune ricerche, prima di informarla, ed ho scoperto che il giovane vive da solo. Le ragazze lo adorano, hanno creato addirittura un sito web su di lui e il loro numero in quella particolare scuola è salito ulteriormente. E a quanto pare a questo ragazzo interessa la nostra Misaki ayuzawa.- Tora rimase imbambolato. Finalmente avrebbe potuto assistere un’altra volta a quel massacro e questa volta la ragazza non gli sarebbe scappata. Sarebbe stata sua per l’eternità–E questo ragazzo è a conoscenza della maledizione che incombe su Misaki?- chiese speranzoso. –No.

Beep. Beep. Beep. Beep. Beep.                                                                                                                                    
 Il suono assordante della sveglia fece capolino nella camera. La bianca allungò il braccio, per cercare il comodino con sopra la sveglia, senza però trovarlo. Quel rumore era estremamente fastidioso. Ma dove diavolo era finita la sveglia? –Ayuzawa per favore spegni quella macchinetta assordante.- la pregò Usui  -Non la trovo. Ma dov’è? E poi cosa ci fai tu nel mio letto?-   -L’ho messa li per terra cercala bene.-  La bianca per evitare di scendere dal divano si mise a penzoloni, rimanendo solo con il bacino e le gambe sul divano ed il busto con la testa fuori. Fece scivolare le mani sotto il divano dove trovò e spense la sveglia. Quando realizzò che si sarebbero dovuti alzare si lamentò: –Usui io ho tanto sonno.-  -Allora che ne dici di rimanere a dormire ancora per un po’.- chiese lui evidentemente interessato a rimanere con lei ancora un po’. Non ci fu risposta. La bianca si era già riaddormentata appoggiandosi nuovamente a lui, dopo un po’ si addormentò anche lui e  la sognò. Mentre guardavano un film insieme lei si avvicinò, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso, lo osservava in silenzio e poi se ne usciva con vari complimenti sui suoi occhi. Misaki al contrario non sognò, era talmente stanca da non riuscire nemmeno a sognare. Usui gli faceva uno strano effetto, si sentiva al sicuro tra le sue braccia e di conseguenza riusciva a dormire senza avere incubi o preoccupazioni. Erano il suo calore, il suo profumo e la sua forza che la facevano sentire protetta, almeno credeva. Non avrebbe mai pensato che proprio lui potesse fargli sentire queste cose. Durante il giorno gli veniva solo voglia di picchiarlo. In effetti, come aveva fatto a entrare così in confidenza con lui? Gli sembrava strano, fino al giorno prima lo ignorava e adesso gli aveva raccontato tutta la sua vita e ci aveva anche dormito insieme. Era pericoloso. Non doveva abituarsi alla sua presenza, non voleva fargli del male. Forse era stata una stupida a fidarsi di lui. Magari la stava semplicemente prendendo in giro, magari era veramente fidanzato con roxie. Il suo petto si strinse a quel pensiero e mentre dormiva abbracciò usui. Gli faceva male pensarlo insieme a qualcun’altra.
Si svegliò prima Usui di Misaki. Lei era ancora stretta a lui, si tirò su prendendola in braccio per poi posarla delicatamente sul divano. Iniziò a preparare la borsa e la colazione. Dopo aver finito di sistemare e preparare tutto la svegliò. Gli dispiaceva quasi svegliarla ma ormai mancava mezzora alle dieci e se avesse dormito ancora non sarebbe riuscito a portarla dalla sorpresa. Iniziò a scrollarla dolcemente chiamandola per nome ma non ci fu alcuna reazione. Dieci minuti dopo, quando si rese conto che non serviva a molto chiamarla, prese da sotto il letto la sveglia, gliela mise accanto e la fece partire con il volume al massimo. Al rumore di quest’ultima si tirò su. Aveva i capelli spiaccicati sul viso e gli occhi socchiusi. Era stordita, aveva dormito veramente tanto e bene. Si sentiva riposata. –Buongiorno Misa-chan. Abbiamo dormito bene?- ironizzò. Lei si guardò intorno e poi sbadigliò un buongiorno. Si stropicciò gli occhi e si guardò intorno. –che ore sono?- chiese alla fine. –Sono quasi le dieci mia cara. Hai dormito tanto e come ricompensa per averti fatto da cuscino devi vestirti e fare colazione il più velocemente possibile.- -dove andiamo?- chiese lei curiosa. -E’ una sorpresa- gli rispose indirizzandola verso il bagno e porgendogli una sua camicia pulita.

Sakura e Shizuko si erano date appuntamento alle 10.30 ad un bar. La band yumenishi aveva invitato Sakura ad un appuntamento chiedendole di portare qualche amica. Dato che la bianca non poteva parteciparvi aveva chiesto a Shizuko di accompagnarla. Andavano molto d’accordo, sembrava impossibile dato che erano così diverse. Stranamente quel giorno Sakura arrivò in anticipo. Lei era una ritardataria cronica , ma quel giorno era talmente emozionata che era  arrivata prima. Era innamorata persa del cantante, ogni volta che lo vedeva gli batteva fortissimo il cuore e la sua voce la mandava in estasi. Sognava in continuazione che lui, con quella voce melodiosa le dicesse che l’amava. Lo considerava bellissimo gentile e generoso tuttavia si rilevò totalmente diverso. Sakura si era autoconvinta di aver fatto colpo o di esser stata notata dalla band e per questo gli avevano chiesto di incontrarsi. In realtà l’avevano chiamata per avere alcune informazioni su un certo ‘Usui Takumi’. Sakura delusa si era messa quasi a piangere e continuava a dire al cantante frasi del tipo ‘Non pensavo che fossi gay’, egli sconcertato era rimasto lì impalato a bocca aperta mentre lei se ne andava, senza lasciargli il tempo di spiegare perché volevano alcune informazioni su di lui, portandosi dietro shizuko rossa per l’imbarazzo e anche un po’ arrabbiata. Aveva iniziato a parlare con uno della band e aveva scoperto di avere diverse cose in comune con lui. Si fermarono di botto ad una panchina dove si misero sedute e dove Sakura iniziò a piangere. –Shizukoooooo che umiliazioneeee.- disse piangendo. A quanto pareva questa volta sarebbe toccato alla mora tirare su il morale al folletto. Dopo una sgridata durata all’incirca dieci minuti Shizuko la consolò, dicendole che magari glielo avevano chiesto perché erano vecchi amici e dandole altre via di fuga dal pensiero che kouga fosse gay.

Misaki impiegò dieci minuti per vestirsi e lavarsi. Si mise addosso una camicia bianca di usui, che le stava un po’ larga ma che andava bene lo stesso, e i suoi pantaloni neri. Si lavò il viso e i denti, si spazzolò i capelli ed uscì dal bagno, mangiò quello che usui le aveva preparato e uscirono di casa. Mentre aspettavano il taxi il biondo  tirò fuori una cravatta e con essa le bendò gli occhi, dicendole che era per evitare che capisse la sorpresa.
Usui continuava a non dirle dove la stava portando. Aveva provato a chiedergli qualcosa ma lui la ignorava. Non aveva nessuna intenzione di dirle dove stavano andando. –almeno mi potresti sbendare?- aveva chiesto alla fine, ma lui la ignorò lo stesso. Quando provò a sbendarsi da sola le bloccò le mani. –Se provi a sbendarti da sola ti bacio- la minacciò lui. La bianca sentiva il suo viso vicinissimo, riusciva a sentire il suo respiro e si rese conto che diceva sul serio. Alla fine rinunciò e appoggiò la testa sullo sportello rivolta verso il finestrino. Lui continuò ancora per un po’ a tenerle le mani ma dopo qualche minuto la lasciò. Iniziò a pensare a tutto quello che era successo, sembravano passati degli anni dal suo primo giorno di scuola… l’autista la fece cadere dal mondo dei sogni  frenando di botto e se non fosse stato per Usui che la tenne avrebbe sicuramente sbattuto al sedile davanti. Misaki non potendolo vedere gli tastò una mano e gli disse un semplice ‘grazie’. Durante il viaggio era rimasto in silenzio tranne per rispondere ad alcune domande dell’autista. Stava pensando al posto in cui la stava portando. Si chiedeva se le sarebbe piaciuto, si sentiva a disagio. Doveva tenere a mente i suoi obiettivi, voleva parlare con lei di alcune cose, ad esempio della maledizione, del ragazzo, del demone, di tutte quelle cose che durante il discorso della sera precedente aveva evitato. Perché non poteva amare? Perché nessuno della sua famiglia la voleva? Perché il padre del ragazzo aveva pagato così tanto per lei? Perché i suoi genitori sono stati assassinati brutalmente e per ordine di chi? Aveva pensato a queste cose per tutto il viaggio. Quando si fermò pagò il tassista scese dall’auto e poi aiutò Misaki a scendere. Camminarono per cinque minuti lei rimase bendata anche per la breve passeggiata  e lui la tenne per mano per non farla andare a sbattere da qualche parte e per guidarla.  Dopo un po’ si fermò si girò verso Misaki ed appoggiò la sua testa sulla spalla di lei. –Usui cosa stai facendo?- chiese. –solo per qualche minuto.- detto questo rimasero in silenzio, poi come si era abbassato si ritirò su e la sbendò. Quando guardò l’edificio che aveva davanti rimase a bocca aperta. –Ma è… usui è…-     -Un onsen- terminò lui per lei.

-Signore la ragazza non si è presentata a scuola oggi.-                                                                                                                         
-E dov’è?-                                                                                                                                                                                     
-Non lo sappiamo.-                                                                                                                                                                     
-che vuol dire che non lo sapete?- chiese con calma inquietante. –Dopo che le avete parlato è scomparsa. Abbiamo perso le sue tracce.- il tigrotto si girò e si mise a guardare fuori dalla finestra. –Signore non è preoccupato?- domandò il servitore. –No, starà sicuramente con il biondino.- -Ma signore….- -SILENZIO.- il servo non sapeva cosa fare e cosa dire, al contrario del suo padrone. –Cercala e falle un po’ male.-, -Certo mio signore.-

Era un edificio enorme. L’ingresso era grande e pieno di poltrone lussuose. Le cameriere erano tutte vestite uguali. La maggior parte della gente che si trovava li era vestita elegante e camminava con classe. Era sicuramente un posto costoso. Nonostante tutto non si sentì a disagio, era abituata a stare con persone ricche e sapeva come comportarsi. A distanza di 50 m dall’entrata c’era il bancone della hall, dove diverse persone stavano in fila. Sulla destra della hall vi erano delle poltrone e qualche negozio di erboristeria o di creme. A sinistra vi era un bar immenso. Aveva tantissimi tavoli tondi con diverse sedie ed  era munito di un bancone in cui la gente poteva appoggiarsi mentre beveva il suo cocktail. Era veramente un bel posto e arredato molto bene. Usui saltò la fila, e si avvicinò alla ragazza che consegnava le chiavi. Lei diversamente dalle altre cameriere era vestita elegantemente. Appena vide usui fece un’espressione di pura gioia, si intesero con lo sguardo e lei gli passò una chiave e gli fece segno di tornare più tardi, quando le acque si sarebbero calmate. Usui la prese per mano e iniziò a camminare, prima di svoltare l’angolo, misaki si girò e vide la ragazza della hall che la fissava. Camminarono per vari corridoi, la stanza di Usui era l’ultima di un corridoio isolato, era praticamente staccata dalle altre camere, come se fosse a parte e  privata. Fece scorrere la porta, su cui vi erano disegnati alcuni ciliegi in fiore, ed entrò portandosi dietro Misaki. Il salotto era ampio: vi erano diversi mobili con alcuni libri, una tv ed un tavolo enorme con delle sedie. C’era talmente tanto spazio che chi avrebbe voluto si sarebbe potuto mettere a ballare. A destra del tavolo c’era una camera ed un bagno, uguale a sinistra. Prima delle camere vi era un piccolo corridoio. Dietro al tavolo, una porta- finestra enorme conduceva alla vasca scoperta in stile orientale. Era una grande vasca piena di rocce e piante. Vi era addirittura una piccola cascata. Del fumo usciva dall’acqua e vedendola attraverso di esso rendeva la vasca ancora più meravigliosa. Misaki era senza parole nessuno aveva mai fatto un gesto del genere per lei. Quando scappò dal tigrotto iniziò a  evitare le persone. Molte di esse avevano paura di lei. Non faceva che evitarle, aveva paura che qualcuno fosse una spia di Tora. Se per caso scambiava uno sguardo con loro gli metteva paura.  Aprì la porta finestra e fece un passo avanti continuando ad osservare quel paesaggio. –E’ bellissimo non è vero?- Misaki sobbalzò per la sorpresa, lui era comparso dietro di lei. Non lo aveva neanche sentito arrivare. –Devi vedere com’è la notte, illuminato dalle lanterne verdi che la servitù mette  vicino ad alcune rocce, è uno spettacolo che ti toglie il fiato.- disse guardandola. Lei sostenne lo sguardo e poi disse: -Usui grazie. Grazie di tutto, per esser stato con me stanotte per avermi portata qui … grazie…. Avrai speso tantissimo …- lui la interruppe. –Shhh… non ti preoccupare di questo. Questa è una proprietà della mia famiglia. Questa è la stanza in cui vengo per passare il tempo.- se misaki non era rimasta stupita per l’albergo lo era sicuramente adesso che aveva avuto quest’informazione. Detto questo lui si girò ed andò ad ordinare da mangiare.
Dopo dieci minuti circa, bussarono alla porta. La ragazza della hall era venuta a portare da mangiare. Entrò dentro la camera e iniziò a preparare il tavolo e nel mentre parlava con usui. Misaki nel frattempo si era messa il kimono e quando fece la sua comparsa la ragazza della hall gli lanciò uno sguardo di disapprovazione. Finì di preparare e li lasciò al loro pasto senza dire una parola.
Mangiarono a sazietà e quando ebbero finito, misaki andò dritta nella vasca, al contrario di usui che si mise sul divano. Da dove si era posizionata poteva vederlo seduto sul divano mentre guardava la tv. Era veramente bello, non poteva evitare di pensarlo. Iniziava  ad abituarsi a lui, alla sua presenza, al suo calore, al suo viso. Continuava a ripetersi che doveva fare attenzione ma pensava anche che si era stancata di rinunciare e che avrebbe ucciso pur di averlo con sé.

La giornata finì presto. Usui  non era potuto rimanere in camera con lei. Dopo pranzo si era cambiato, era uscito, ed ancora non era tornato. La bianca era appena uscita dalla vasca. Stava sul bordo a strizzare i suoi capelli bagnati. Un’ombra le schizzò dietro. Velocissima Misaki si girò cercando di individuare lo scagnozzo di Tora. Era sicura che avrebbe mandato qualcuno a darle fastidio ed ovviamente aveva avuto ragione. Non vide niente e per un momento fu tutto tranquillo. Tutto d’un tratto sentì il freddo della lama, e il rivolo di quello che aveva imparato a riconoscere come sangue, le scivolò lungo il fondoschiena. Credendo di aver compiuto la missione il servitore  provò a scomparire ma senza grandi risultati. Misaki lo aveva bloccato per la giacca per poi prenderlo per il collo. Lo guardò e rise –credi veramente  di avermi fatto male, microbo? – continuò a sorridere lo guardava con quei suoi occhi attraversati da linee argentee –dì al tuo padrone di lasciarmi stare sennò lo raggiungo e lo schiaccio- non fece in tempo a lasciarlo che quello se l’era già svignata. Dopo esser uscito dall’edificio si fermò un secondo per riprendere fiato. Aveva avuto paura, tanta paura. Quella ragazza era instabile chissà perché al padrone piaceva così tanto, lui non ci sarebbe mai stato.

-Signore non sono riuscito a spaventarla, le ho fatto un taglio sulla schiena ma niente di più. temo che mi  abbia messo più paura lei a me che io a lei.- vedendo che tora non rispondeva continuò cercando di rimediare: -Però abbiamo scoperto dove si trova. Alloggia in un onsen di lusso da sola.- il signore continuava a non parlare. Sapeva che ci voleva molto, ormai, per spaventare la bianca e sapeva quell’incapace non ci sarebbe mai riuscito. –Chiamami la maga!-
Misaki entrò in bagno. La cassetta dell’infermiera si trovava sopra un mobile bianco attaccato al muro. Solo che da in piedi non ci arrivava cosi si arrampicò sul lavandino e prese la cassetta poi si buttò giù. Appoggiò la cassetta sul lavandino da cui era appena era scesa. La cassetta era grande e bianca. Era anche ben munita, conteneva cerotti di tutti i tipi, bende, garze, disinfettanti, antibiotici, siringhe e altre cose. Misaki fece cadere l’asciugamano per osservare allo specchio il taglietto che gli aveva fatto quell’incapace. Partiva da dietro il fianco destro fino all’altro lato diagonalmente. Prese il disinfettante  e rise prima di metterlo sulla ferita ricordando ciò che era successo con usui nell’infermeria della scuola. Sembravano passati anni. Quando smise di ridere disinfettò il taglio e valutò se cucirlo o no optando per la prima opzione per evitare che la benda si macchiasse troppo di sangue ad ogni suo movimento.
Quando usui rientrò si era già cambiata, si era asciugata i capelli. Lui  la guardò prima di mettersi seduto sul divano slacciandosi la cravatta e togliendosi la giacca. Si vedeva la stanchezza sul suo viso. Doveva aver passato un pomeriggio pesante. Dopo un po’ si alzò ed andò in camera sua ma prima di entrare rivolse un sorriso a misaki dicendole: -Io vado a dormire. Vai a letto quando preferisci. Buonanotte.- chiuse la porta lasciandola sola.
-Cosa vuole da me?- domandò la maga ad Igarashi. –Vorrei entrare nei sogni di Misaki ayuzawa- la maga annuì. –La ragazza a cui ha lanciato la maledizione dell’amore.- si soffermò un secondo e poi continuò. –Sai cosa voglio in cambio.- Tora sorrise e lanciò un pacchetto di banconote  sul tavolo. –questi possono bastare?-

Misaki controllò tutte le porte e le finestre prima di andare a dormire. Era probabile che il tigrotto avrebbe mandato qualcuno anche durante la notte. Non che qualche porta e finestra chiusa servisse a molto ma meglio di niente. Si cambiò le fasce notando che la ferita si era quasi rimarginata. Andò in camera sua si mise nel etto e si mise a dormire ma senza successo. Sentì uno strano rumore ed uscì dalla camera, si avviò verso il salotto e intravide usui inginocchiato. –Usai cosa stai facendo?- al richiamo della sua voce alzò la testa. Aveva un rivolo di sangue che gli scorreva sul volto e gli occhi senza vita. Qualcuno corse velocemente verso di lei cercando di sbatterla contro il muro ma lei si spostò velocemente e bloccando  l’uomo che aveva provato a lanciarsi contro di lei. Cercò di andare verso il biondo ma una figura comparve dietro di lui, con un coltello in mano. Misaki riconobbe quell’ombra come tora. Lui prese per i capelli usui con una mano e portò il coltello sulla sua gola con l’altra. –Lascialo o lo ammazzo.- la minacciò lui. Lei lo guardò –credi davvero che sia così stupida? Anche se lasciassi il tuo scagnozzo tu non lo lasceresti.- tora spinse il coltello sulla gola del ragazzo. Misaki guardò tora con uno sguardo carico di disgusto e odio. Sognava di ammazzarlo, di dilaniarlo, di strappargli le budella. Lasciò lo scagnozzo e quello velocemente la trattenne e lei glielo lasciò fare. Tora sorrise. –bene lui non mi serve più.- detto questo mandò indietro la testa del giovane e gli tagliò la gola. Misaki con un gesto fulmineo del polso si tolse lo scagnozzo da dietro la schiena e lo lanciò via. Quando quello fece per tornare alla carica lei lo fulminò con lo sguardo e quello notando gli occhi quasi del tutto grigio chiaro lasciò stare. Andò verso tora pronta a ucciderlo, piangeva mentre camminava ed urlava –TU, LURIDO BASATARDO. COME HAI POTUTO?! TI AMMAZZERO’ CON LE MIE MANI…-
Misaki si tirò seduta sul letto di botto. Continuava a piangere. Era stato solo un sogno? Si buttò giù dal letto il più velocemente possibile e corse in salotto. Quando vide che non c’era nessuno e non vi erano macchie di sangue sul pavimento fece un sospiro di sollievo. Si toccò la guancia accorgendosi che stava ancora piangendo. Doveva accertarsi che stesse bene. Si diresse verso la sua camera e delicatamente aprì la porta ed andò verso il letto. Stava dormendo dolcemente. Stava su un fianco ed aveva alcuni capelli sul viso. Ringraziando dio stava bene. Doveva significare veramente tanto per lei la sua presenza se aveva reagito in a quel modo. Allungò la mano per spostargli i capelli, ma si bloccò. Li sdraiato non c’era più Usui ma Tora velocissimo aprì gli occhi e gli afferrò il polso la tirò verso di lui facendola cadere sul letto e si mise sopra di lei bloccandola con il suo peso. Iniziò a passarle una mano sul fianco poi la infilò sotto la maglietta toccandole la pancia. Misaki si svegliò di soprassalto, questa volta veramente. Si guardò intorno e sorrise: gliel’aveva fatta e com’è che si dice: ‘fregami una volta vergogna a te. Fregami due volte vergogna a me.’
Si alzò ed andò al bagno per sciacquarsi il viso e guardarsi allo specchio. Quando ebbe finito andò a passo di marcia nella camera di usui entrò e si mise seduta accanto a lui. Allungò la mano e gli spostò i capelli dal viso e glielo accarezzò. Lui si svegliò  e si stupì nel vederla lì nel suo letto. Le afferrò il polso dolcemente , non come aveva fatto tora, e guardandola le chiese: -ayuzawa stai cercando di sedurmi?- le si strinse lo stomaco ed arrossì. –No.. è che …emm.- non riusciva a parlare si sentiva il viso bollente. In un attimo lui l’attirò a se e la strinse sul suo petto. –Cosa dovrei pensare? Sgattaioli in camera mia alle quattro del mattino. Mi accarezzi il viso. Cos’altro staresti facendo se non sedurmi?- misaki alzò lo sguardo e guardò il viso di usui nel chiarore della luna e le venne un incredibile desiderio di toccarlo. Fino a quel giorno aveva vissuto accettando la maledizione. non provava neanche invidia nel vedere le altre coppie. Ma adesso voleva sentirsi amata, voleva essere amata da usui. In fondo bastava che lui non le dicesse che l’amava, se non pronunciava la fatidica frase che avrebbe scatenato la maledizione, sarebbero potuti rimanere insieme,almeno credeva. –ayuzawa.- la chiamò lui. Lei lo osservò, il suo viso era divenuto serio. Prese aria e iniziò a parlare. –Io..- lei intuendo la frase scattò. La sua mano attraversò la sua guancia e continuò fino ad arrivare dietro il collo lo afferrò e lo avvicinò a se. Sentiva il cuore in gola che martellava, aveva il fiatone. Con l’altra mano gli toccò la guancia e delicatamente passò le sue labbra su quelle di lui. Non poteva essere definito un vero e proprio bacio ma Usui ebbe la reazione che voleva lei. Lui la guardò e diventò rosso come un peperone. Quando si sbollì rialzò lo sguardo e la guardò rimanendo stupito dalla sua bellezza. –Misaki i tuoi occhi…- lei abbassò lo sguardo. Lui le prese il mento e gli tirò su il viso, sentendosi a disagio lei chiuse gli occhi. ‘gli avrò fatto ribrezzo. Paura. Schifo. Ora mi ignorerà… lui bloccò i suoi pensieri appoggiando le sue labbra su quelle di lei che aprì gli occhi. Le toccò a sua volta il viso, mettendole i capelli dietro l’orecchio. –Hai degli occhi bellissimi.- disse. I suoi occhi si riempirono di lacrime che rifiutò di far uscire. Lui rimase senza fiato, i suoi occhi avevano quel colore insolito e con le lacrime sembravano due gioielli di luce grigia. –Perché i tuoi occhi sono di quel colore?- chiese. Le lacrime sparirono e i suoi occhi tornarono normali.  –Sono divenuti di quel colore durante la convivenza con quel ragazzo. Non ne conosco il motivo, so solo che durante la maledizione diventano completamente grigio chiaro.- usui mise tutte le sue domande in ordine. Quello era il momento giusto per farle tutte le domande. –Cosa succede quando ami qualcuno?- Misaki lo fissò, poi disse: -credo che questo sia un argomento di cui parleremo un altro giorno.- disse freddamente. Dopo aver pensato per un po’ a cosa fare si mosse e si avvicinò a lei. –io voglio vedere le tue cicatrici.- disse. –perché hai tutta questa voglia di vederle?- chiese. –Voglio vedere quanto dolore ti ha inflitto per infliggergliene il quadruplo.- misaki dopo averci pensato acconsentì. Andarono nella vasca scoperta con il costume. Misaki si legò i capelli e si avvicinò ad una delle varie lanterne. Lui la seguì e le guardò la schiena. –Cos’è questo?- domandò con rabbia crescente. La bianca iniziò a valutare le risposte arrivando alla conclusione che qualunque cosa gli avesse detto si sarebbe arrabbiato tanto valeva dirgli la verità. –mentre non c’eri è arrivato un servitore di quel ragazzo e beh è successo quel che è successo.- fece per girarsi ma lui la rimise di spalle. Tolse la benda e le guardò la ferita, era quasi chiusa e rimase stupito quando vide la cucitura. –chi te l’ha cucita?- le chiese. –beh nella cassetta del pronto soccorso che stava al bagno ho trovato ago e filo e…- -hai fatto da sola?- Misaki sbruffò e gli rispose con un ‘si’. Lui rimase in silenzio e guardò tutte quelle cicatrici. Ci passò sopra le dita, sembravano disegni. Quand’ebbe finito con le dita iniziò con la bocca. Le baciò tutti quei solchi. Quando posò le labbra sulle sue ferite la bianca rabbrividì e lui sorrise notando quella reazione. Il suo tocco era caldo e gentile, era come se quel tocco potesse far scomparire tutto quel dolore. Non aveva mai provato una cosa del genere per una persona, c’era stato lui ma non sapeva ancora cosa voleva dire ‘amare’ era piccola. Adesso, invece, si sentiva leggera, come se potesse staccarsi dal pavimento e volare via, ed era usui a farla sentire così. La afferrò per i bicipiti e la fece sedere. La guardò davanti notando altri tagli sulla parte davanti delle spalle sulle gambe. Molti erano divenute chiarissime a causa degli anni, ma alcune, quelle più profonde, si vedevano ancora molto. Ricominciò a toccarle le cicatrici. Ne aveva anche sulle mani e lui curò anche quelle baciandole i dorsi. Quand’ebbe finito si tirò su la prese in braccio e la portò in camera sua. –Usui ma costa stai facendo?- l’appoggiò delicatamente sul letto, si sdraiò accanto a lei e le sussurrò in un orecchio: _Non ti lascerò mai più andare via. Ti proteggerò per sempre. Non ti farò toccare da nessuno. E’ una promessa.- misaki si sentì bruciare completamente. Tutte le parti del corpo che aveva toccato bruciavano. Il cuore le batteva all’impazzata senza mai fermarsi. –No sarò io a proteggere te- disse guardandolo con aria di sfida. Usui la guardò e si mise a ridere. –Sei fantastica ayuzawa.- rimasero in silenzio per un po’ poi misaki parlò. –Usui, io vorrei sapere qualcosa su di te. Vorrei sapere la tua infanzia, ciò che ti ha fatto stare bene, ciò che ti ha fatto stare male. Vorrei sapere le cose che ti fanno ridere e quelle che invece ti disgustano. Vorrei sapere da dove provieni. Vorrei sapere tutto su di te.- il biondo perse il sorriso. –Non ’è nulla di interessante.- lei lo guardò, stette zitta per qualche secondo e poi riprese. –Mi sono sempre piaciute le cose poco interessanti. Potresti iniziare col dirmi dove sei stato per tutto il pomeriggio.- lui continuava a guardarla senza proferire parola. Lei continuò ad aspettare ma lui rimase in silenzio. Dopo cinque minuti si alzò. –quando ti deciderai a parlare sai dove trovarmi.- si alzò e fece per andarsene ma lui le afferrò un braccio. –dove stai andando?- si girò lentamente verso di lui, i suoi occhi erano attraversati da quelle linee grigie chiare, era uno sguardo completamente diverso da quello che aveva prima anche se le linee erano le stesse. Questo era agghiacciante, come se ti immobilizzasse. Usui le lasciò immediatamente la mano. Si era dimenticato di quello sguardo, quello che lo faceva sentire minuscolo. Prima di andarsene definitivamente disse facendo gelare il sangue nelle vene di usui: -Io ti ho raccontato la mia storia. Se non la volevi ascoltare bastava dirlo.- lasciò usui li seduto e se ne andò.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** capitlo X ***


angolo dell'autore: salve e buon anno a tutti, anche se in ritardo. mi scuso per non aver pubbicato prima ma ho avut diversi problemi. colgo l'occasione per informarvi del fatto che ho intenzione di modificare sia i primi caitoli sia il titolo che vi lascierò nel prossimo capitolo. devo ancora decidere se cancellarla completamente e riscriverla. questo intanto è il decimo caitolo spero vi piaccia. a presto.


Era mattina presto quando usui si svegliò. Non aveva passato una bella nottata: il litigio con la bianca, le sue cicatrici. L’unica cosa positiva era il bacio che gli aveva dato. Per quale diamine di motivo era interessata alla sua vita o a quello che aveva fatto da piccolo? Non voleva raccontargliela non perché non si fidasse di lei semplicemente perché credeva che non ci fosse nulla di interessante al contrario della sua. Mentre continuava a pensare allo sguardo carico di odio e tristezza che gli aveva lanciato la sera prima andò in salotto e aspettò la colazione. La borsa di lei era ancora li, appoggiata vicino al divano, dunque non era ancora tornata a casa sua o per lo meno non ancora. Andò verso la camera della ragazza e l’apri leggermente, quel tanto che bastava per sbirciarci dentro. Quando non sentì il minimo rumore provenire dall’interno ci infilò direttamente la testa e come aveva immaginato non trovò nessuno al suo interno, solo un letto disfatto. Se lo era aspettato. Lei non era una persona che perdonava subito e doveva essere molto arrabbiata con lui. E pensare che si era ripromesso di non fare cavolate. Durante tutto il viaggio aveva pensato a come comportarsi ma  quel bacio e quella domanda lo avevano preso alla sprovvista e aveva fatto una cazzata. Ne era stato contento, era stato un bacio dolce, leggero e semplice. Un bacio diverso dai soliti. Le aveva toccato le cicatrici che le ricopriva o il corpo. Era riuscito ad arrivare ad un tipo di intimità con lei che  aveva solo sognato e adesso aveva distrutto tutto perché credeva che la sua infanzia non sarebbe  interessata alla bianca o che l’avrebbe considerata frivola.

Misaki non aveva dormito per niente quella notte. Dopo essersi arrabbiata con usui era andata sul terrazzo e da li era uscita. Ed era andata in giro fuori dall’onsen. Era veramente isolato dal resto del mondo. Alla fine si sdraiò su un prato a guardare le stelle. Le piaceva la libertà, non che il biondo gliel’avesse negata sia chiaro, ma nei momenti in cui era arrabbiata doveva stare libera. Se fosse rimasta in un posto chiuso sarebbe sicuramente esplosa. Quando il sole iniziò a sorgere si alzò ammirando la bellezza di  quel panorama. Ogni volta che vedeva il rosso, che copriva il cielo a quell’ora, da quando era scappata, immaginava che fosse il rosso del sangue di un tora ormai morto a causa sua e che il cielo ne avesse preso il colore del suo sangue per farla stare bene. Dopo aver assistito al sorgere del sole camminò pensando fino ad arrivare in un villaggio di contadini. In una piazzetta il mercato era già stato allestito e vi erano delle signore scese prima per comprare le cose più fresche. Mentre camminava tra le varie bancarelle un uomo la fermò facendole vedere un abito poco più scuro dei suoi capelli. Un abito lungo, nel petto e nel busto era chiaro e piano piano che scendeva diveniva sempre più scuro. Un abito lungo leggero alla vista e al tatto. Il mercante iniziò a dirle di prenderlo ma lei con sé non aveva nessun soldo e quell’abito sembrava molto costoso. Continuò cosi per un po’: con lui che insisteva e con lei che rifiutava.  Quando finalmente ascoltò cosa aveva da dirgli la bianca glielo regalò dicendole che quell’abito su di lei sarebbe stato perfetto al contrario della donna che lo avrebbe comprato. Misaki arrossì e accettò benvolwntieri  quel regalo. Era passato molto tempo da quando  qualcuno le aveva regalato qualcosa e ne era contenta anche se era da parte di uno sconosciuto che non avrebbe mai più rivisto. Continuò a camminare con il vestito dentro la busta. Il vestito l’aveva messa notevolmente di buon umore.  Nel tardo pomeriggio, dopo aver visitato tutto il villaggio ammirando tutto e fermandosi ad ogni tempio, decise di tornare all’onsen. Era ancora arrabbiata con usui ma meno della sera precedente e non gli andava di farlo preoccupare. D’altronde e lui le aveva dato il suo tempo per fidarsi di lui e per decidere se potergli raccontare qualcosa della sua vita tormentata, mettergli fretta non sarebbe stato corretto.
Quando finalmente arrivò all’onsen le guardie la rispedirono fuori dicendole che il suo nome non risultava registrato e che no n aveva prenotato nessuna stanza. Lei provò a spiegare con chi alloggiava, ma loro la derisero come se stesse cercando invano di arrampicarsi sugli specchi lanciando a caso qualche scusa banale. La ragazza della hall che ovviamente l’aveva vista il giorno prima con usui non intervenne. Non era la prima volta che qualcuno la odiava così, a tatto, ma in questo caso non poteva fare  a meno di chiedersi il motivo di quell’odio. Alla fine prima di sbranare le due guardie misaki uscì fece il giro e arrivò sotto  alla vasca scoperta della loro camera. Se lo scagnozzo di Tora, con quell’addestramento banale, era riuscito a salire ci sarebbe riuscita anche lei. Osservò per un po’ il soffitto e poi salì senza il minimo sforzo e con un’eleganza tipica di un felino. Appena mise piede nella stanza andò al bagno per farsi una doccia. Rimase per un po’ sotto il getto dell’acqua tiepida a pensare ad usui e al suo tocco leggero e dolce. Si era ripromessa di non permettere a qualcuno di entrare nel suo cuore e staccandosi da tutti lo aveva mandato sempre più  nell’abisso del suo animo. Nonostante gli sforzi quel biondo era riuscito a riportarlo a galla. Quando si fu asciugata i capelli prese il vestito e se lo provò. Era incredibile come esso mettesse in evidenza le sue forme senza essere troppo attillato. Sembrava fatto su misura per lei. Uscì dal bagno ed entrò in camera sua per cambiarsi nuovamente ma si fermò quando sentì la porta aprirsi e richiudersi subito dopo e due voci. –Usui ti prego- era la voce di una ragazza. –Non fare cose avventate. Rientrerà stai tranquillo.- sembrava arrabbiata. –senti manda una macchina nei villaggi più vicini a cercarla.- si sentì un tonfo. Probabilmente il biondo si era lasciato cadere sul divano troppo stanco per rimanere in piedi. –Hai parlato con i tuoi?- riprese la voce femminile. Misaki si fece curiosa ed aprì le orecchie più che poté . senza produrre il minimo rumore uscì dalla camera e sbriciò nel salotto. La ragazza stava in piedi di fronte a lui. Era bella e guardava usui in un modo che alla bianca non piacque per niente. Lo osservava come se fosse stato il premio più ambito in una gara faticosa. –Usui rispondi!- lui alzò lo sguardo. –Si ci ho parlato Emily.- Misaki sbirciò nuovamente riconoscendo la divisa indossata dalla ragazza quella delle persone che lavoravano nell’onsen. ‘Emily’ da quando si chiamavano per nome? Lui non le aveva raccontato nulla su di lui mentre a quella ragazza aveva raccontato tutto. Lo stomaco le si strinse per rabbia umiliazione e tristezza. –Perché provi tutto quel rancore verso la tua nuova madre?- domandò lei  spostandosi i capelli dal viso. Continuava a parlare con usui come se fossero intimi, come se avessero un'intimità in cui misaki non sarebbe mai potuta entrare. Sentì la rabbia diffondersi per tutto il corpo, come se il sangue la stesse trasportando insieme all’ossigeno e agli elementi figurati. Emily continuava a guardarlo in quel modo osceno e iniziò ad avvicinarsi a lui mettendoglisi a cavalcioni sopra e lui rimase immobile senza opporsi. Quindi gli andava bene qualunque ragazza. Gli aveva rotto le scatole per quel periodo solo per un capriccio. Sentì il cuore fermo irrigidirsi. –Smettila di pensare a quella..-  sussurrò Emily iniziando a muoversi sopra di lui, anche se  iniziava a dire di no. Più lei si muoveva più la rabbia di misaki aumentava senza che nessun autocontrollo riuscisse a mantenerla. Non ci vide più quando le mani della ragazza, dapprima impegnate sul volto di usui iniziarono ad abbassarsi verso la sua vita mentre sussurrava la frase che rischiò di fargli perdere la vita. –Lasciati a me.- in un secondo la bianca fu nel salotto. Tirò su la ragazza come se stesse tirando su una piuma e lanciò via. Sentiva l’ira diffondersi per tutto il corpo. L’odio iniziò ad avere rumore proprio ed era un rumore assordante. Le impediva di ragionare e di sentire le persone intorno a lei. Usui non si accorse di nulla, accadde tutto troppo velocemente. Una chioma bianca si smaterializzò davanti a lui strappandogli di dosso Emily che si trovò distesa in fondo alla sala, non che ne fu dispiaciuto. Quando posò lo sguardo sulla bianca rimase senza fiato, dimenticando tutto ciò che lo circondava. Era bellissima. Iniziò a spogliarla con gli occhi. Immaginava le sue mani che scorrevano su quella pelle morbida e che le slacciava le bretelle di quell’abito stupendo, facendolo scivolare giù fino ai piedi. Immaginava di toccarle la pelle nuda sia con le mani sia con le labbra. Sembrava una dea scesa nel mondo terrestre per punire tutti quelli che pensavano al proprio e solo interesse e per reclamare ciò che era suo, come se fosse la padrona dell’universo. Immerso nei suoi pensieri, si accorse dei movimenti della sua amata solo quando lei stava per raggiungere la ragazza distesa a terra. Si alzò dal divano e le prese delicatamente la mano. Lei continuò ad avanzare ma lui l’afferrò più saldamente. –Misaki calma.- lei rimase in silenzio continuando a dargli le spalle. Continuava a fissare la ragazza stesa lì in terra. Non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine della sua morte. Quando l’avrebbe sbudellata, dilaniata, squarciata infliggendole le torture più mostruose solo per sentire le sue urla, melodie per le orecchie della dea. Come osava toccare qualcosa che non era suo? Come aveva osato toccarlo e parlargli con quella voce mielosa che faceva salire il diabete solo a sentirla? Nessuno avrebbe toccato qualcosa che apparteneva a lei. Qualcosa che era di sua proprietà, qualcosa che amava e se anche qualcuno ci avesse provato avrebbe subito la giusta punizione. Lo avrebbe protetto a costo di rimetterci la vita o il cuore. Il pensiero delle urla di Emily la fece sorridere. Ricominciò a camminare e usui continuò a tenerla cercando di farla stare ferma. Le parlava ma lei non sentiva nient’altro che il ronzio dell’odio.  La ragazza riaprì gli occhi e si guardò intorno come se non ricordasse dov’era e ciò che era accaduto. Quando vide misaki avvicinarsi sbiancò. Aveva gli occhi completamente argentati, i capelli sciolti che si muovevano al vento e quel vestito. Era bellissima lo pensò addirittura lei che era una ragazza, anche se subito dopo si odiò per quel pensiero. Nonostante la sua bellezza esteriore, il sorriso che le comparse sul volto fece rabbrividire Emily. Quel sorriso e quegli occhi la fecero sentire minuscola e iniziò istintivamente a indietreggiare. Usui a questo puntò le lasciò il polso e l’abbracciò da dietro cercando di calmarla ma invano, ovviamente. Alla fine vedendo che non riusciva a fermarla dal suo intento omicida le si parò davanti deciso a fermarla ma tentennò quando la vide sul volto. Fino a quel momento si era ritrovato dietro di lei quindi non aveva potuto notare il colorito dell’iride. Quello sguardo ti ghiacciava sul posto. Dietro quegli occhi si ergevano castelli ghiacciati di odio. Tuttavia non poté fare a meno di pensare che fosse bellissima, non aveva mai visto una cosa del genere e in quel momento desiderò che fosse completamente sua e di nessun altro. I suoi occhi erano completamente argentati. Si ricordò di cosa le aveva detto la sera precedente, ‘durante la maledizione diventano completamente argentati.’ Com’era possibile che ora fossero di quel colore? Che cosa era successo e dove aveva preso quel vestito? Il vento le mosse i capelli. Continuava a fissare imperterrita dietro di lui. Usui , prima che le potesse fare un solo passo, l’abbracciò nuovamente facendole nascondere il volto sul suo petto mentre le accarezzava la testa sussurrandole parole dolci, come se servisse a qualcosa. Sentì le sue mani avvolgergli la schiena. Anche attraverso la maglietta riuscì a sentire le unghie affilatissime della bianca che lo afferravano e lo trattenevano come facevano le tigri per non lasciar sfuggire le prede. Emily assistette alla scena e l’invidia la persuase, a lei non aveva mai riservato quel trattamento. Purtroppo per lei la sua stupidità non conosceva limiti. Disse la cosa più sbagliata che poteva dire una persona in un momento del genere. –Mentre cerca  di ammazzarmi tu l’abbracci? Ma non vedi che è un mostro?- In quell’istante si sentì gli occhi della bianca addosso, anche se il volto era completamente coperto da usui. Era come se le stesse succhiando via l’anima con lo sguardo. Misaki spostò usui con estrema delicatezza, ormai era la cosa più preziosa del mondo per lei. Arrivò davanti alla ragazza e la guardò dall’alto al basso, era un misero insetto che non aspettava altro che essere schiacciato. La tirò su afferrandola per il collo e iniziò a stringere. Decise di buttarla giù dalla finestra da cui lei un’ora prima si era arrampicata. Non sarebbe morta ma avrebbe sofferto e la bianca avrebbe assistito sia alla caduta sia allo sfracellamento per poi divertirsi ad infliggergli un dolore ben maggiore. Un dolore che non avrebbe mai dimenticato. Stava per aprire la finestra quando l’immagine dei suoi genitori morti le frecciò nella mente, insieme alle facce dei suoi parenti che l’avevano venduta pur di non aver niente a che fare con lei. Per quando fosse forte la voglia di uccidere l’insetto si controllò. Non avrebbe colmato la soddisfazione di tora nel vederla tirare fuori il demone che lui aveva tanto bramato. Cercò in tutti modi di controllare quella rabbia che era stata inghiottita da troppo tempo.  Si girò e tornò dentro alla camera per poi sbatterla fuori chiudendo la porta telepaticamente. Si girò un secondo per guardare usui e una lacrima le rigò il volto. –Perché? Perché le hai permesso di toccarti in quel modo?- dopo aver pronunciato quella domanda, si avvicinò alla finestra. Usui la vide appoggiarsi sul bordo. Aveva bisogno di prendere aria aveva ancora quel ronzio nelle orecchie. Si sentiva strana, come se una parte di lei fosse stata rasa al suolo. Il biondo stava lì che la fissava senza aprire bocca. Troppo stupito da quel comportamento e impaurito da quegli occhi. Era debole, troppo debole. Il volto tutto insieme le divenne cereo e iniziò a cadere. Usui notando il pallore sul suo viso si avvicinò più veloce che mai e l’afferrò prima che sbattesse contro il pavimento duro. Si mise seduto con la schiena di lei sul suo petto, tenendola forte. Poté notare, in quel frangente, che le unghie iniziarono a ritirarsi e il suo volto rilassarsi. Perché aveva reagito in quel modo? Le aveva dato così tanto fastidio il fatto che Emily lo avesse toccato? Non aveva senso. Il cuore gli si strinse. La  amava ormai ne era certo. Il vestito che aveva addosso era liscissimo ed era un piacere toccarlo. Inoltre le stava d’incanto. Abbassò la testa appoggiandola contro quella di lei. Come aveva fatto a stregarlo così? La bianca continuava a dormire, con il respiro bassissimo quasi inudibile. Quando si ricordò di Emily ancora mezza morta fuori la porta della stanza, si alzò controvoglia con la bianca in braccio. Pesava meno di quello che sembrava e tirarla su fu un gioco da ragazzi. La depose delicatamente sul divano e prima di andare ad aprire la porta le accarezzò il viso, perdendosi in esso. Emily stava  seduta  fuori dalla stanza, era completamente sudata e rossa probabilmente per la rabbia. Usui uscì completamente, lanciando un ultimo sguardo alla bianca. Si accovacciò accanto all’insetto e le chiese come si sentisse. Lei alzò un sopracciglio –tu come ti sentiresti se un mostro ti avesse appena catapultato fuori dalla porta dopo averti fatto perdere trent’anni di vita dalla paura? Comunque non riesco a tirarmi su, credo che mi abbia rotto qualcosa.- lui rimase in silenzio per un po’ per poi affermare con decisione che la bianca non era un mostro. L’aiutò a tirarsi su e poi l’accompagnò alla hall rimanendo costantemente in pensiero per misaki. Alla fine dovette accompagnarla all’ospedale poiché la hall era completamente deserta. Lo fece controvoglia, avrebbe preferito rimanere a casa con misaki, tuttavia la portò lo stesso al pronto soccorso.

Sakura ricevette un altro invito dalla band yumenishi ma non si presentò all’appuntamento. –ma che ti frega Sakura vacci vacci. Magari si vogliono semplicemente scusare per l’altra volta. Accetta e porta anche me.- Sakura continuava  a camminare avanti e indietro, non sapeva cosa fare, lei era veramente innamorata del cantante …  ma dopo la figuraccia che aveva fatto l’ultima volta adesso si sentiva a disagio a incontrarli di nuovo. Ogni volta che lo vedeva,  il cuore gli saliva in gola e si sentiva la faccia esplodere. Loro continuarono ad inviargli degli inviti e lei continuò a rifiutarli. Alla fine il cantate si presentò fuori scuola, la caricò in macchina sotto gli sguardi sconcertati ed emozionati di tutti gli studenti e partì a tutta velocità anche per evitare di essere messo in trappola dalle sue fan. –eh- disse come una tonta. Il cantante la guardò e iniziò a parlare. –Perché non ti sei fatta più sentire? Perché hai rifiutato tutti i miei inviti. Ho seriamente iniziato a pensare che mi stessi evitando. Mi hai fatto addirittura scomodare per venirti a prendere dato che non avevo idea di dove fossi.- Sakura continuò a  guardarlo e formulò il suo sfoggio d’intelligenza .. –Eh- kyo… chiuse gli occhi irritato ed il sopracciglio istintivamente gli si alzò. –per quale motivo pensi che ti abbia invitato fino ad oggi?- continuò con la voce un tantino irritata. Pel-di-carota alzò le spalle. –Pensaci.- iniziò a diventare rosso, com’era possibile che fosse cosi tonta? Era una bomba che stava rischiando di esplodere. Una nuvoletta, intanto comparve vicino alla testa di Sakura che ancora confusa divenne completamente vuota. A quel punto il cantante perse completamente la pazienza. Come poteva evitare così facilmente la verità? Si avvicinò molto velocemente arrivandogli vicino al naso. –Tu mi piaci.- confessò. L’espressione facciale di Sakura fu un misto di lacrime felicità ed emozione. Rise poi pianse e poi rise di nuovo. –Ah- esclamò lanciandoglisi tra le braccia e lui anche se innervosito dalla sua stupidità ricambiò l’abbraccio. Intanto Shizuko si trovava fuori scuola aspettando quell’idiota di Sakura che molto probabilmente si era dimenticata di lei andandosene per conto suo e pensare che dovevano uscire.

Emily fu ricoverata nell’ospedale più vicino. I due si erano inventati una scusa idiota da dire ai medici. Quest’ultimi avevano comunicato ad usui che sarebbe dovuto rimanere in ospedale finché non fosse arrivato qualcuno della famiglia della ragazza. L’ultima cosa che voleva fare era rimanere lì ma fu praticamente costretto. Alla fine si fece  dare il numero dei familiari e li chiamò. Non fu così semplice dato che l’insetto continuava a blaterare cosa senza senso e minacce che non avevano fondo. Annoiato da tutti quei discorsi, le ricordò a quale famiglia appartenesse e che se avesse provato a dire qualcosa  l’avrebbe umiliata per sempre. Si mise seduto fuori dalla sua stanza pur di stare lontano da lei ed il sonno non tardò ad arrivare.
Tora stava in piedi nella camera. Sapeva che doveva lasciarla lì, se l’avesse portata via le sue possibilità di rivedere il demone sarebbero divenute nulle ma la tensione era irresistibile. Si avvicinò al divano in cui usui aveva deposto misaki. Le avvicinò le dita sul volto, aveva la pelle così morbida e liscia. –Io ti ho sempre amata…- il pensiero gli uscì così come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come può una persona che fa del male pensare di amare e di farsi amare? Si abbassò e posò le sue labbra su quelle di lei e ne assaporò ogni singolo secondo. Le percorse le gote con le labbra arrivando fino al collo baciandoglielo e laccandoglielo. Quando posò di nuovo lo sguardo su di lei notò che era immobile e fredda come una statua, far uscire quel mostro la stancava terribilmente. Le distruggeva l’anima ed ogni volta che usciva una parte di lei moriva. Sorrise, il suo solito sorriso sadico che era solito usare mentre la torturava. Iniziò a toccarla e a baciarla di nuovo. Non poteva farne a meno, era tanto tempo che aspettava per poterla riavere, per iniziare a brandire le lame come pennelli, pitturando la sua tela con un colore rosso vivo. Non poté farne a meno, si tirò su e la prese tra le braccia e si avvicinò di nuovo alla porta pronto ad andarsene.
Usui si risvegliò dall’incubo completamente sudato e con il fiatone. Sapeva che era stato soltanto un brutto sogno ma aveva un oscuro presentimento, inoltre  quei baci  e quei movimenti lo avevano disturbato. Si alzò velocemente e corse via. La sua corsa venne, però,  fermata da un infermiera decisa a non farlo andare via. –Mi scusi, dove stai andando?- il biondo la fulminò con lo sguardo. L’infermiera lo squadrò da capo a piedi e doveva proprio ammetterlo: era veramente bello. –Ho avuto un’emergenza e devo correre a casa.- continuava a sentirsi quello sguardo addosso. –mm. Un’emergenza eh? Che tipo di emergenza?- il biondo aveva già il dente avvelenato per quel biondino che aveva toccato la sua dea ed ora ci si metteva anche un’infermiera.- un’emergenza di tipo personale. Se ora mi fa il favore di lasciarmi io me ne vado.- lei non lo lasciò –Che ne dici di rimanere un pochino qui a divertirci? Io sono sola non c’è nessuno qui- sorrise avvicinandosi a lui, ma prima che potesse arrivare ad una vicinanza pericolosa al suo viso, lui la scacciò via malamente e se ne andò di soffiata. Ecco perché odiava le donne e le usava solo per andarci a letto insieme, questo ovviamente prima che arrivasse lei. Era sua e non avrebbe permesso più a nessuno di portargliela via. Andò il più velocemente possibile e quando arrivò all’onsen  si fiondò nella sua stanza. La bianca era ancora sdraiata  li, con i vestiti addosso. Nella stanza non c’era nessuno. Tirò un sospiro di sollievo, anche se non si sentiva ancora sicuro. Controllò tutte le stanze e quando fu certo che non ci fosse nessun ragazzo tornò da lei. Quando aveva visto le labbra di quel ragazzo su di lei e sul suo corpo la rabbia era arrivata alle stelle. Si avvicinò al divano e la baciò cercando di cancellare le tracce dell’altro ragazzo. La toccò  dove l’altro nel sogno l’aveva toccata. Quando scese sul collo, però, notò una macchietta bordeaux lì. La rabbia lo invase. Dove finiva il sogno e dove iniziava la realtà? Era stato veramente lì? Il viso di quel ragazzo lo irritò nuovamente, la toccò in tutti i posti dove l’altro l’aveva toccata. La prese in braccio e la portò in camera da letto. Aveva ancora quel vestito addosso. Pensò per la milionesima volta quanto fosse bella e quanto volesse toglierle quel vestito, ma si trattenne. Dopo averla messa a letto, si sdraiò accanto a lei circondandole la vita con un braccio prendendole la mano. Si addormentò velocemente e il profumo della bianca lo cullò portandolo in un sogno senza sogni.
Poco lontano dall’onsen Tora sedeva in una poltrona. Aveva assistito alla scena di gelosia della bianca capendo quanto lo amasse. Si sarebbe divertito a vederla mentre lo uccideva procurandosi da sola un dolore ben maggiore di quello che le aveva prodotto lui in quegli anni di prigionia. Si era divertito anche a vedere la faccia del ragazzo quando si era reso conto che lui era stato veramente li e che non era solo un sogno. Provò a rientrare nei sogni di quel ragazzo, così per divertirsi un altro po’ prima di tornare  a lavorare ma qualcosa, come un muro altissimo, gli impediva di entrare. Era come se quel muro fosse così alto che uno neanche provava a pensare di scavalcarlo, come se fosse normale che quel muro fosse lì.
La bianca era veramente distrutta e quei giorni che seguirono furono giorni di buio per lei. Un buio in cui non era neanche a conoscenza della sua stessa esistenza o quella di usui o quella di tutto il mondo.
Usui si svegliò presto e vide con piacere che la bianca era ancora lì. Era nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata. Si alzò completamente e ordinò la colazione, sarebbe stata sicuramente affamata al suo risveglio. Mentre aspettava la colazione si andò a fare un bel bagno nella vasca scoperta per rilassarsi un po’. Si immerse completamente nell’acqua calda e chiuse gli occhi. L’immagine della bianca con quegli occhi argentati lo invase. Adesso che ci pensava non aveva mai sorriso veramente per felicità, la sua infanzia doveva averla traumatizzata,naturalmente.  Lui non le avrebbe mai fatto del male mai e poi mai e la prese come una promessa con se stesso. Non l’avrebbe mai lasciata sola e l’avrebbe protetta anche quando il demone sarebbe venuto a galla. Appena si sarebbe svegliata l’avrebbe portata dentro la vasca insieme a lui e non avrebbe lasciato che uscisse.
Passarono le ore e com’era venuta la colazione arrivò anche il pranzo e la cena e la bianca continuava a dormire in quel modo anomalo. Sicuramente il suo organismo continuava a farla dormire perché il suo corpo era estremamente stanco. Ma quando si fecero le 10 di sera iniziò veramente a preoccuparsi. Stava andando a svegliarla quando un altro pensiero gli passò per la mente: se aveva veramente bisogno di recuperare le energie non si sarebbe intromesso ma se neanche il giorno seguente si fosse svegliata ci avrebbe pensato lui. Dormì poco e male, era ansioso di sentire la sua voce e di vedere se stava bene, quel modo di dormire lo preoccupava. sembrava una statua. Si era fatta  di nuovo mattina e lui la fissava, ordinò la colazione come il giorno precedente. Si avvicinò  per svegliarla quando udì un piccolo gemito e finalmente la bianca aprì gli occhi. Non si stiracchiò e non fece niente di quello che fanno di solito le persone normali. Aprì semplicemente gli occhi. Si guardò intorno e come se avesse rivissuto la scena di qualche giorno prima sorrise. Il biondo rabbrividì. Non aveva mai visto un sorriso del genere sul volto di lei, sembrava quello…. Quello del ragazzo del sogno. Appena realizzò quel pensiero, l’abbracciò. Lei rimase in silenzio ripensando a ciò che era successo con l’altra ragazza. Alzò lo sguardo verso di lui e quel poco argento rimasto nei suoi occhi scomparve totalmente. –Perché lei… lei… io… come sta?- lui la lasciò e la guardò in volto con uno sguardo intenso, così tanto che lei arrossì leggermente. –Le hai rotto solo qualche osso. L’ho portata all’ospedale.- gli occhi di lei persero quel poco di felicità che aveva in quel momento. Dunque ce l’aveva portata lui all’ospedale ed era rimasto con lei. Se lo doveva immaginare perché  mai sarebbe dovuto rimanere con un mostro come lei? abbassò lo sguardo e lui si morse la lingua, non avrebbe dovuto dirglielo. –l’ho accompagnata ma sono tornato subito da te.- disse con precisione e poi la baciò, piano cercando di risollevarle l’animo. Quando vide il rossore tornare ad avvamparle le guance sorrise, se la caricò in spalla e la portò nella vasca scoperta. –Usui aspetta devo togliermi il vestito.- lui si fermò la mise nella sua camera aspettò che si cambiasse e se la ricaricò in spalla e questa volta immergendola nell’acqua calda. –Credo sia arrivato il momento di parlare di me, di te, di noi e della tua maledizione.- lei annuì e iniziarono a parlare.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** capitolo XI ***


Salve a tutti. Il nuovo titolo della storia sarà 'Il demone' lo camierò alla pubblicazione del prossimo capiolo. spero che v piaccia anche questo, baci cat


~Usui continuava a sentirsi in imbarazzo. Non sapeva dove posare lo sguardo, lo spostava prima in punto poi passava ad un altro senza un attimo di tregua. Appena la bianca si era destata l’aveva portata nella vasca scoperta della loro camera. La teneva inchiodata lì, con le spalle al muro, come se avesse paura di una fuga. Lei continuava a guardarlo aspettando che iniziasse a spiegarle qualcosa ma non riusciva a concentrarsi. Continuava a fissarla, si trovava sotto di lui appoggiata al bordo della vasca. Ogni volta che iniziava a formulare un pensiero, lo sguardo gli ricadeva su quel corpo sinuoso. Dovette dominare il desiderio di saltarle addosso altrimenti non avrebbe concluso nulla. Inoltre potevano rimanere solo un altro giorno, quindi doveva iniziare a stringere i tempi, era l’ultima possibilità che aveva per avvicinarsi, molto di più di quanto non avesse già fatto, a lei. Puntò i suoi occhi in quelli di lei ed iniziò il suo racconto. –Mi limiterò a raccontarti, come tu hai fatto con me, la mia infanzia…- sospirò come se quello all’angolo fosse lui e non lei. –I miei genitori sono molto ricchi. Io sono il secondo figlio di un matrimonio felice. Io e mio fratello eravamo costantemente coccolati sia dai nostri genitori sia dalle persone più anziane della servitù, che servivano la nostra famiglia da generazioni. Eravamo una famiglia come tutte le altre, mangiavamo insieme, andavamo al cinema, al mare, al parco insomma facevamo quello che facevano di solito le famiglie. Un giorno però all’età di dieci anni mio fratello venne investito mentre correva a prendere la palla che avevamo fatto finire involontariamente in mezzo alla strada. La donna al volante non lo aveva visto sbucare e non era riuscita a frenare in tempo. Finì in come e ci rimase tre lunghi anni. La nostra famiglia fu completamente devastata da quella tempesta di dolore. Mia madre viveva ormai in ospedale, voleva vegliare su mio fratello. Mio padre continuava a lavorare per non far cadere la famiglia nel baratro e quando aveva del tempo libero andava subito da mia madre cercando di consolarla evitando di  sottomettersi al dolore davanti a lei. Però la notte , in quella villa immensa e silenziosa, lo sentivo piangere come un bambino.  I primi mesi furono i peggiori, nella nostra casa vi era un silenzio innaturale, la servitù non osava pronunciare parola se non per chiedere cosa al loro padrone servisse.ma dopo circa sei mesi tutto riprese il suo circolo vizioso.  L’insonnia prese il sopravvento su di me e nel buio della notte vedevo dei mostri che si avvicinavano. Mostri che avevano il volto delle persone che amavo senza occhi, con un sorriso stampato in faccia e corpi immersi nell’oscurità. Ogni volta che provavo a bassare le palpebre rivedevo mio fratello che inseguiva quella stramaledetta palla rossa, fissandola tanto intensamente da dimenticarsi di controllare  la strada prima di attraversare. Un anno dopo che mio fratello era entrato in quello stato comatoso, rientrai a casa, come facevo tutti i santi giorni, da scuola. Suonai il campanello ma dato che nessuno mi venne ad aprire Presi un sasso in uno dei due vasi ai lati della porta, lo aprì e tirai fuori  la mia chiave di casa. Era un trucchetto ingegnoso, soprattutto per uno come me che si perdeva  tutto. Quando spalancai la porta, una voce nel mio cervello mi disse che c’era qualcosa che non quadrava. Innanzitutto c’era troppo silenzio, di solito a casa mia era piena di servitù che faceva le pulizie che sistemava i panni e  che cucinava. Ogni volta che rientravo dentro casa mi investiva un odore di lavanda. Era una casa luminosa ma quel giorno era totalmente buia, l’unico pezzo illuminato era l’inizio del corridoio principale e vi era un odore di chiuso. Un brivido mi corse lungo tutta la schiena. Dall’interno non proveniva nessun rumore. Era un silenzio ambiguo. Rimasi fuori dalla porta per qualche minuto prima di decidermi ad entrare, anche se la vocina nella mia mente continuava a urlarmi girare i tacchi ed andarmene. Controllai tutta la casa. Appena fui entrato mi diressi nel salotto ma non trovai nessuno. In seguito andai nella biblioteca a tre piani che occupava anche un pianoforte e diversi divani per leggere comodamente e anche lì non vi era traccia di nessuno. Così tornai al corridoio principale, presi le scale segrete dei servi e scesi prima in cucina, andai ancora più giù, dove si trovava la nostra stanza relax  poi risalì e mi diressi al secondo piano nei vari uffici nelle nostre stanze, per così dire, ‘segrete’ ma anche lì non trovai nessuno.  Mi sedetti e iniziai a pensare. Avevo controllato tutte le stanze tranne una: la soffitta, ma se non c’era nessun servitore nei vari piani della villa perché qualcuno doveva trovarsi lì? L’unica cosa era andare a controllare. Inizia a salire le scale e il cuore iniziò a balzarmi sempre più forte nel petto, come se volesse uscire dal suo nascondiglio e intanto quella voce continuava ad urlare: “scappa.”
Feci un gradino e… “scappa” … un altro … “scappa” … arrivai davanti alla porta della soffitta … “scappa, scappa, scappa” … presi il pomello e aprì la porta … “SCAPPA!”.  In un primo impatto vidi solo buio così mi addentrai di più nella stanza arrivando ad un cerchio illuminato dalla luce filtrata dalla finestra. Quella stessa luce lasciava intravedere dei pallini di polvere che di solito si celavano nell’oscurità e che solo alla luce si rivelavano. La voce fece un ultimo avvertimento e se ne andò così come era venuta. Superai un insieme di mobili incastonati uno sull’altro e notai una sedia posata a terra al centro della sala, metà nel cerchio di luce metà nell’ombra. Sopra di essa un corpo galleggiava nell’aria. Aveva gli occhi spalancati e il suo volto era divenuto di un colorito bluastro. In quella stanza aleggiava un odore sgradevole, peggiore dell’odore di una fogna. Sul pavimento, poco più avanti della sedia vi erano dei vermi che sguazzavano in una pozza di sangue. Si divincolavano gli uni attaccati agli altri, tentando di raggiungere quel corpo senza vita troppo in alto per loro. Prima o poi essi sarebbero nati dalla sua carne putrefatta e avrebbero iniziato a nutrirsi di essa. Alzai gli occhi verso quella figura. Gli occhi erano fissi su di me. Erano occhi vuoti, privi di anima, ma nonostante tutto sembrava che potessero leggermi dentro. Gli angoli del volto erano tirati verso l’alto e tra i denti serrati usciva una sorta di molliccia sostanza bagnata di sangue.  Osservai meglio il pavimento e mi accorsi che i vermi stavano nuotando in una pozza di sangue e in quella piscina galleggiava un pezzo di lingua. Rialzai la testa verso quel volto osservandolo spaventato e disgustato. In un secondo quegli occhi fissi si abbassarono su di me riprendendo vita insieme al resto del corpo  e il mio cuore fece un balzo verso l’alto. Le sue mani si alzarono allungandosi verso di me, cercando di afferrarmi per il collo e ci mancò poco che ci riuscisse. Le gambe iniziarono a scalpitare come se correre nell’aria avesse potuto aiutarla nel raggiungermi.  Urlai più forte che potei e seguì il consiglio della vocina facendo quello che non avevo fatto prima: scappai. Mi nascosi vicino alla fontana, stringendomi le gambe al petto e lasciando uscire le lacrime. Gli urli di dolore, che cercavo di trattenere, scivolarono fuori dalla mia bocca echeggiando nell’aria. Rividi quelle braccia quelle mani che cercavano di catturarmi. Rividi quegli occhi quella lingua occupata dai vermi. Quando mio padre arrivò, mi strinse tra le braccia cullandomi e impedendomi di vedere il corpo di mia madre che veniva portato via dagli infermieri. Un medico volle parlare con mio padre in privato ma lui non mi volle lasciare. Comunque non ascoltai nulla di ciò che gli disse. Rimasi sotto shock per circa tre-quattro mesi. Non mangiavo, non dormivo, non studiavo. Non facevo nulla. Passavo le mie giornate a fissare il vuoto e ad ascoltare il ronzio del silenzio. Poi un giorno mio padre, stanco di vedermi in quella situazione, fece irruzione nella mia camera e mi portò fuori, come disse lui “a prendere aria”. Da lì in poi iniziò a darmi tutte le attenzioni che mi aveva negato e piano piano rientrai nella realtà. Ripresi a studiare ed entrai al liceo. Iniziai a notare che il clima era diverso rispetto a quello delle medie. Le ragazze più grandi mi guardavano sempre e così cambiai atteggiamento. Cadevano tutte ai miei piedi e i ragazzi mi rispettavano. Andai a letto con tutte quelle che mi capitavano a tiro … poi arrivò una certa ragazza che mi diede subito un due di picche senza neanche notarmi, lei mi fece arrabbiare preoccupare e infine innamorare- terminò di parlare e le rivolse un sorriso smagliante. La bianca allungò la mano e gli accarezzò il volto. Lui appoggiò la sua mano su quella di lei e la baciò. Il primo bacio uscì veloce mentre il secondo portò a galla la voracità di entrambi. Misaki gli passò la mano nei suoi lisci capelli biondi e lo guardò negli occhi. Non aveva mai visto occhi di un tale verde, un verde lucente bellissimo. Lui la baciò e le morse le labbra trasportato sempre più forte dalla corrente della passione. Se la portò in braccio. Finalmente era suo. Finalmente aveva qualcosa che gli sarebbe appartenuto. Finalmente aveva qualcosa per cui valeva la pena di vivere. Un brilluccichio comparve nei suoi occhi, lui la voleva nonostante la sua natura. Si persero tra i loro sguardi e tutto fu più magico. Le sue mani iniziarono a scivolargli sulla schiena, sulla sua pelle dilaniata. Prima c’era una pianura liscia poi  una collina ruvida poi di nuovo pianura, era tutta così la sua pelle. Quanto dolore le aveva procurato quello stronzo. Le sue mani le toccarono le cosce mentre lei riprendeva ad accarezzargli il volto. Era suo. I suoi occhi ritrovarono il loro colore argentato. Era suo. Iniziò a baciargli il collo. I capelli bagnati le ricadevano sulla schiena e il vento freddo la colpiva come se stesse brandendo una frusta. Lui si alzò continuando a tenerla in braccio e la portò nella camera adagiandola delicatamente sul letto. S’irrigidì, forse lei non lo voleva, ma il suo sguardo diceva tutt’altro. Quegli occhi che lo guardavano ardevano di desiderio. Ricominciarono a baciarsi togliendosi di dosso i vestiti divenuti ormai ingombranti. Usui risentì dentro di se un amore che non provava ormai da molto tempo e lei trovò qualcuno che la amasse per ciò che era veramente.  Successe tutto in un millesimo di secondo. Usui smise di baciarle il corpo, si sentì risucchiato, stanco come non era mai stato e si appoggiò su di lei addormentandosi.
La mattina seguente si svegliò senza maglietta accanto a lei con un mal di testa atroce. Si costrinse a richiudere gli occhi circondandola con le braccia. La bianca rabbrividì. Non aveva chiuso occhio, aveva passato tutta la notte a guardarlo domandandosi se veramente poteva meritarsi quell’amore. Ogni volta che lui si muoveva, si agitava come una bambina piccola. Ogni volta che la toccava sussultava, sentendo il punto in cui era stata toccata bruciare. Ad un certo punto della notte lo aveva tirato giù da sopra di se e dopo non aveva potuto fare a meno di abbracciarlo permettendo ad alcune lacrime di scenderle silenziose sul volto. Se avesse fatto solo un passo falso sarebbe morto qualcuno. La bianca continuava a pensare su come poter continuare ad amarlo tenendolo in vita. Quando finalmente il biondo si svegliò lei si tirò su rimettendosi in piedi. Le immagini di ciò che era successo la sera prima sfrecciarono nella mente di Usui che fece una faccia stravolta. Non lo avevano fatto? Com’era possibile? L’atmosfera c’era, la ragazza era consenziente. Allora cos’era accaduto? La bianca sentì i suoi ragionamenti e scocciata si girò. –Non è così grave. Ti sei semplicemente addormentato ricapiterà l’occasione- ci fu una pausa di silenzio –abbiamo detto che siamo una specie di coppia, no?- Usui sbiancò. Gli aveva appena letto nel pensiero o sbagliava? La guardò un po’ e lei arrossì leggermente. –Ho qualcosa sulla faccia?- lui trattenne una risata. –No no niente del genere.- doveva aver parlato ad alta voce, era l’unica spiegazione.  Misaki andò al bagno per mettersi il costume mentre lui ordinava la colazione. Quando la vide entrare nella vasca dandogli le spalle, la raggiunse a passo felpato, e dopo essersi accovacciato dietro di lei le stampò un bacio sulla spalla. Lei si girò fulminea e quando lo vide piegarsi nuovamente su di lei sorrise. Dopo pochi secondi eccolo che entrava in acqua per farle compagnia mentre aspettavano la colazione.
 
Shizuko correva con tutte le energie . il professore di educazione fisica le aveva messo un misero 6 sulla pagella perché si giustificava sempre ed ora era entrato in fissa di volerle alzare il voto. Lei non era una ragazza sportiva le piaceva di più leggere e stare seduta sul divano. Continuava a non comprendere come ad alcune potesse piacere sudare e faticare in quel modo. Affaticata e con la milza e il fegato che pulsavano continuava a correre con il professore che la tampinava peggio di uno stalker. Inoltre continuava a dirle di andare più forte ma lei si rifiutava di ascoltarlo troppo concentrata a cercare di non vomitare dalla fatica. Sakura stava giocando poco più in là a pallavolo con delle compagne di classe. Di tanto in tanto si girava verso di lei per vedere come se la stava cavando e per farle qualche gesto per spronarla. Shizuko era arrabbiata con lei, credeva che fossero amiche, ma allora perché non le aveva raccontato del rapimento da parte di kuga, lo aveva scoperto da una ragazza che aveva assistito alla scena. Ma si sarebbe vendicata e la possibilità gli si presentò subito.  Sakura continuava a pensare a kuga e a quello che era successo. Si incantò e un po’ di bava le scese lungo il labbro. La riportò alla realtà una pallonata colpita da shintani che la colpì in pieno viso. Cadde a terra con un tonfo e si svegliò qualche minuto più tardi con shizuko che la prendeva a schiaffi. Ma non per svegliarla .-Che vuol dire che Kuga si è presentato fuori scuola e ti ha caricata in macchina? Quando pensavi di raccontarmelo, eh?! Pensavo fossimo amiche sai anche che mi piace yuji..- le disse arrabbiata. Sakura si riprese completamente al sesto schiaffo. –Shizuko calmati! Te lo avrei raccontato oggi a pranzo. Non te l’ho detto prima perché non abbiamo avuto modo di vederci. Ah e tranquilla gli ho chiesto quando vogliamo uscire tutti insieme.- si giustificò la roscia. L’altra non proferì parola e rivolse a Sakura un grosso sorriso per poi stringerla in un abbraccio sudato ma affettuoso. –Grazie sakura.- quando uscirono da scuola andarono insieme a fare shopping per decidere cosa mettersi al futuro appuntamento. Sakura comprò un vestitino tutto colorato con dei fiorellini mentre shizuko optò per una camicia nera e verde e un pantaloncino di pelle nero. Pronte per l’appuntamento si erano incontrate a casa della roscia per darsi gli ultimi ritocchi. Ad una certa ora uscirono per andare al luogo dell’incontro ma proprio mentre uscivano di casa Kuga inviò un messaggio a sakura dicendogli che yuji stava male e che avrebbero rimandato l’uscita al week-end seguente. Shizuko iniziò a strangolare Sakura per  scaricare la rabbia. Fu cosi che per quella settimana terminarono le avventure delle due amiche.

-Noi siamo una coppia. Non voglio che tu abbia dubbi.- Disse incuriosito Usui. Misaki si immerse ancora di più nella vasca rilassandosi. –Che ne so, tu non hai detto nulla.- usui la fissò facendo finta di essere offeso. –Guarda che io non vado a letto con tutte.- farfugliò. –Non è proprio così da ciò che mi hai raccontato e da ciò che dicono le voci nella nostra scuola.- Usui grugnì. -Comunque non proprio tutte. La qui presente non è ancora venuta a letto con te.- disse la bianca guardandolo con il suo solito sorrisetto sadico. –Tranquilla prima o poi accadrà. E quando succederà…- prima che potesse terminare la minaccia si sentì bussare alla porta. Usui imprecò a bassa voce e uscì dalla vasca. Aprì la porta al maggiordomo con il carrello della colazione. Quello non disse una parola, si limitò a posare il vassoio sul tavolo, chiedere se il signorino desiderava altro e dopo aver chinato il capo a Usui se ne andò. Usui a sua volta prese il vassoio e lo portò nella vasca scoperta appoggiandolo sul bordo. Si immerse nuovamente nell’acqua e si sporse per avvicinarlo ancora di più. A quel punto anche Misaki si girò e iniziarono a mangiare. Quando la bianca vide il vassoio pieno di cibo si rese conto di quanto avesse fame. Latte, cacao, caffè, ciambelle, cornetti una colazione per un esercito. Misaki lo contemplò per qualche istante poi afferrò una ciambella e l’addentò, nel mentre iniziò a versarsi un po’ di latte e cacao nella tazza. Mangiò e bevve con gusto. -Mamma mia stavo morendo di fame.- esclamò, e sazia si immerse nuovamente nella vasca chiudendo gli occhi. In effetti, ora che ci pensava, non aveva dato importanza a quel sonno prolungato. E adesso non poteva fare a meno di chiedersi per quale motivo avesse dormito così tanto. Si era sentita stanchissima e ne aveva avuto un tremendo bisogno. Il pensiero inevitabilmente ricadde sull’insetto. –Quella ragazza?- domandò tutto d’un tratto. –Sta in ospedale, a quanto pare le hai rotto qualche osso.- rispose sorridendo. –Non sei arrabbiato?.- chiese ancora. –Perché dovrei essere arrabbiato?-  lei lo squadrò. –Beh è ovvio, è una tua cara amica e io l’ho quasi uccisa. Non dovresti far finta che non ti interessi.- rimase imbambolato. Sua amica? Emily? Ma da quando? Non l’aveva mai considerata come tale e non lo era mai stata! Non stava facendo finta di niente. Certo per un secondo aveva avuto paura di lei ma solo per quel secondo. Inoltre in quel momento era stato preoccupato solo per lei, Emily non l’aveva proprio … capì. –A che cosa hai pensato quando l’hai vista?- chiese dandogli un leggero buffetto sulla testa. –Lei non è mai stata mia amica. Lavora qui da molto tempo e mi vede spesso. A quanto pare l’altra sera aveva deciso di attaccarmi direttamente.- continuò con disinvoltura. –Beh mi sembra normale che tu ti faccia stuprare da tutte le ragazze che provano a farlo.- disse misaki sarcastica. –Beh mi ha colto alla sprovvista e… scusa.- lei gli rivolse un sorriso caloroso e lo abbracciò, poggiando la sua testa sul suo petto. – Usui …- iniziò e un colore rosa le tinse le guance. –Usui io ti proteggerò da qualunque cosa.- lui la guardò intensamente e quando provò a baciarla di nuovo lei si scansò. Dio cosa le stava facendo quella demone, pensava solo a saltarle addosso. -.. Ma, quando arriverà il momento in cui ti dirò di andartene dovrai farlo, qualunque sia la situazione, senza obiezioni. Promettimelo.- la bianca lo guardò dritto negli occhi e lui ricambiò lo sguardo. –Te lo prometto.-

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


So che non potrò mai essere perdonata per il lungo periodo di tempo in cui non ho pubblicato ma sono tornata proponendovi un nuovo capitolo. Mi dispiace per non aver continuato e per avervi lasciato così. Comunque sia ho ripreso il racconto e spero di terminarlo e di aggiornare i seguenti capitoli in breve tempo. So che all'inizio potrebbero risultare noiosi o un pochino distaccati dai precedenti ma spero vivamente che vi piaceranno.
Baci Cat.



Dopo essersi scambiati la promessa Usui se la fece scivolare sul petto, appoggiando la schiena al bordo della vasca.
Lei mise l'orecchio sopra il suo cuore e  sentendolo battere veloce fece un sorrisetto sadico. Si rilassò Il suo ritmo la calmava. Come era arrivata a sentirsi così per lui? 
Usui le accarezzò la testa. 
Si sentiva così felice, era una gioia immensa sentirsela addosso. 
Le prese il mento e la baciò. Un bacio intenso e dolce. Dio, il suo sapore lo faceva impazzire. Così come aveva fatto la sera precedente la prese in braccio portandola sul letto. Questa volta non si sarebbe addormentato.
Le baciò delicatamente il collo scendendo sempre di più.
Si baciarono di nuovo, ancora e ancora. Non potevano farne a meno.
Le tolse il costume molto lentamente baciandole il petto e la pancia.
Si mise sopra di lei e fissandola dall'alto disse: «Che bello spettacolo.»
Le guance rossissime di Misaki lo fecero sorridere. 
Si piegò su di lei baciandola intensamente.
Le mani di Usui le attraversavano il corpo, come per assicurarsi che lei fosse vera e non solo un sogno. Le unghie di Misaki si stringevano sulla sua schiena, graffiandolo. 
Gli toccò i capelli biondi per poi baciarlo ancora. 
Un fuoco divampò tra di loro bruciandoli e ustionandoli. Sensazioni mai provate li inondarono facendoli affogare l'uno dentro l'altra senza lasciargli vie di fuga.
Quei due Pur di stare insieme, sarebbero affogati in qualunque fiamma.

Il sole sorse presto, Usui si svegliò trovandosi sul petto la bianca. 
Sorrise inconsciamente spostandole una ciocca di capelli dal volto. 
Quella aprì subito gli occhi, tirandosi su. 
«Buongiorno.» disse sorridendo. 
«Buongiorno Tesoro.» 
Lei arrossì leggermente. Usui l'abbracciò di slancio facendola arrossire ancora di più.
«Eii che fai? Spostati Idiota di un Usui.» 
«Se non vuoi che ti tocchi puoi sempre scappare Misaki, sappi solo che se lo facessi non andresti lontano.» un sorriso sadico, che fece arrossire ancora di più Misaki, gli comparve sul volto.
Rimasero sdraiati sul letto ancora per un po, poi andarono a pregare le valige. 
Le dispiaceva andare via da quel posto e sperava che prima o poi ci sarebbero tornati. 
Saliti sulla macchina Usui le afferrò una mano stringendosela addosso.
Il viaggio trascorse nel silenzio totale. 
«Che ne dici di venire a vivere da me?» propose lui poco prima che lei scendesse dalla sua macchina, arrivati fuori casa sua.
«Sarebbe una bella idea, potremmo ritornare a casa insieme e stare più tempo da soli.» Msaki sembrò pensarci un po'. 
«E stare sempre a contatto con un maniaco come te? Non lo so Usui. Fammici pensare.» fece per entrare dentro casa sua quando lui l'afferrò per un braccio baciandola velocemente.
«Ci vediamo domani a scuola Amore. Pensaci.» detto quello partí a tutta velocità lasciandola sola con le guance rosse. 
Ma che diamine diceva quel maniaco? Entrò nella sua stanza completamente vuota.
Sarebbe stato un male andare a vivere con lui? E se fosse accaduto qualcosa? 
Ma non voleva rinunciare a tutto, per una volta si sarebbe potuta fare un regalo.
Non aveva mai vissuto con qualcuno, tranne quando era stata con Tora anche se non si poteva parlare di 'vivere' in quel caso ma più di sopravvivenza. 
Usui rientrò dentro casa sua e il suo viso assunse un colorito viola.
Non poteva crederci, finalmente lei gli aveva dimostrato affetto, puro affetto. 
Ne era così felice da non poterci credere.
Finalmente aveva trovato una donna che amava e perfetta per lui. 
Ormai ne era completamente innamorato e avrebbe protetto il suo amore, a qualunque costo.


Tora camminava avanti e indietro per la stanza. 
Un suo servitore gli aveva appena riferito quello che era accaduto quella notte tra quei due e lui non poteva fare a meno di provare odio. 
Perché era ceduta a quell'inutile uomo? Non poteva crederci. 
Continuava a camminare avanti e indietro e a sbraitare al povero Maki.
«Ma cosa diamine fa quella ragazza?» 
«Si è innamorata. Era questo il suo obbiettivo, perché è così arrabbiato?» 
«Mi stai chiedendo perché sono arrabbiato? Fammici pensare ... FORSE PERCHÈ È ANDATA A LETTO CON QUELL'UOMO?!» 
«Signore, scusi se mi permetto ma doveva aspettarsi azioni del genere. Non si arrabbi, questo significa che la maledizione farà effetto. Lei sta iniziando ad amarlo, forse già  lo ama e quando dirà le famose parole lui morirà.»
Tora si fermò. «Hai ragione Maki. Non devo farmi sopraffare dall'odio, lui morirà.»
Si mise a guardare fuori dalla finestra iniziando a ridere a squarciagola.
«Esatto. Lui morirà e nel peggiore dei modi.»

La mattina seguente quando Misaki uscì di casa per andare a scuola trovò un extraterrestre ad aspettarla fuori. 
«Cosa ci fai tu qui?»
«Che cattiva. Sono venuto a prenderti, andiamo a scuola insieme.»
Lei lo superò ignorandolo. 
«Che cattivamente Misaki, sono venuto per te.»
«Se se.» rispose lei muovendo la mano come quando si scacciano le mosche. 
«Hai pensato a quello che ti ho proposto ieri?» 
«Si.»
«Quindi vieni?» chiese con i brillantini negli occhi.
«Verrò.» 
Il cuore di Usui aumentò il ritmo.
«Misaki.» la chiamò.
Lei si girò e lui la baciò facendola arrossire di prima mattina. 
Cacciò un gridolino. 
«Ma che diamine fai? Siamo davanti scuola.» 
«E allora?» domandò ricevendo una gomitata sul petto. 
«Allora? Non sono cose da fare in strada meno che mai fuori la nostra scuola.»
«Perché no?»
«Perché tutti lo sapranno poi.»
«Non capisco quale sia il problema Misaki.» 
Lei si girò fissandolo con le mani sui fianchi.
«Non voglio scocciature.» spiegò. 
Il sorrisetto che gli comparve sul volto non gli piacque per niente. 
Entrarono all'interno dell'aula e si sedettero uno accanto all'altra.
«Ma perché devo stare vicino a te?» si lamentò.
«Così mi offendi Misaki. Il destino ci ha voluti insieme.» si avvicinò per baciarla ma lei lo scansò. 
La mattinata fu lunga. Misaki dovette controllare in ogni istante quell'idiota del biondo che non faceva altro che cavolate.
«Ma la vuoi piantare?» disse dandogli un pugno sulla testa.
«Io voglio che lo sappiano tutti.» chiarì.
«PERCHÈ?»
«Perché voglio vantarmi con tutto il Seika della mia ragazza.» lei sbruffò e alla fine lo lasciò solo al bar.
«Hai visto quanto si è fatta bella la ragazza con i capelli bianchi?» disse un ragazzino del primo anno.
«Vero? Lo hai notato anche tu allora. Non trasmetti più quell'aura omicida ora, è molto più bella.» 
«Ha un viso divino e un corpo veramente invidiabile. Potrebbe fare la modella.» 
Usui strinse la bottiglietta energetica che aveva in mano distruggendola.
«WAA Usui ma che fai?» sbottò Yukimura che venne sporcato da quella sostanza appiccicosa. 
Il biondo lo ignorò e andò dietro la SUA ragazza. Lasciando Kano e Yukimura a pulire la camicia del piccolo e a chiedersi cosa fosse accaduto al biondo.
Rimase con il broncio per tutte le lezioni. 
Gli dava così fastidio che gli altri la guardassero pensando che non avesse nessun ragazzo quando invece il suo fidanzato era lui. Distrusse anche la matita a mine.
Alla fine delle lezioni si mise la giacca e seguì Misaki fuori dall'aula.
Scesero le scale e uscirono nel cortile diretti al cancello. 
La bianca camminava lentamente e con eleganza. I capelli bianchi i muovevano per il leggero vento e tutti si voltarono a guardarla anche se lei sembrò non farci caso. 
Era così irritato che alla fine seguì l'istinto. Afferrò la bianca per un braccio se la tirò addosso e la baciò davanti a tutta la scuola.
«Ascoltate tutti.» urlò Usui. 
«Io e Misaki ayuzawa usciamo insieme.» 
L'affermazione venne accolta da 'wow' e 'non ci posso credere' alcune ragazze scoppiarono a piangere mentre alcuni ragazzi persero ogni speranza di chiederle di uscire. Con lui non si poteva competere.
Usui le prese la mano e insieme uscirono.
Lei aveva lo sguardo basso e non proferiva parola.
«Io...» iniziò. «TU SEI UN EMERITO IDIOTA.» urlò dandogli un altro pugno.
«Ma cosa ti viene in mente di fare?» era viola sul viso, aveva appena assunto un colore mai visto. «Ho fatto vedere a tutti che tu sei solo mia. Sai Misaki, io sono un tipo estremamente possessivo, non mi piace che gli altri tocchino o guardino con speranza le mie cose.» le diede un buffetto leggero sulla testa per poi abbracciarla. 
«Andiamo a casa tua a prendere le tue cose?» 
Nonostante tutto annuì e insieme si diressero verso la casa a cui Misaki avrebbe presto detto addio per andare in un'altra più calda e accogliente.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** capppp ***


Buongiorno. So che è passato molto, per non dire troppo, tempo dalla pubblicazione dell'ultimo capitolo di questa storia. Purtroppo sono stata impegnata in altri progetti. Ho creato un nuovo account (Lilitu) e, dopo aver corretto e riesaminato tutti i capitoli li ripubblicherò su questo profilo. Chiunque abbia ancora il desiderio di seguire me e le mie storie controlli Lilitu. Scusate per tutto, Buona giornata.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3043868