Quando arriva la notte

di Eirynij
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stolen kiss ***
Capitolo 2: *** I come when the night falls ***
Capitolo 3: *** Shooting star ***
Capitolo 4: *** Dancing in the dark ***
Capitolo 5: *** Young and beautiful ***
Capitolo 6: *** Whisper ***
Capitolo 7: *** Brotherhood ***
Capitolo 8: *** The journey might be long but don't lose your faith ***
Capitolo 9: *** Five centimeters per second ***
Capitolo 10: *** I wish I had an angel ***
Capitolo 11: *** Guess Who's Coming to Dinner ***



Capitolo 1
*** Stolen kiss ***


Stolen kiss
- Ichigo -
 
Camminavo al buio senza sosta, avanti e indietro per la stanza con le guance in fiamme e la testa che scoppiava ripercorrendo col pensiero gli avvenimenti della giornata: stavo passeggiando tranquillamente pensando a quanto fosse bello avere una nuova compagna, tra l’altro gentile e premurosa come Retasu che mi avrebbe sicuramente aiutato al Caffè Mewmew, quando Masha, l’allegro robottino rosa, si era messo a strillare ‘Alieno, alieno’.
Fui investita da parole gelide: ‹‹Ero curioso di vedere chi ci stava mettendo i bastoni tra le ruote e la mia curiosità è stata appagata. Confesso che mi piaci!››. Non capivo da dove provenisse la voce e mi guardai intorno sperduta con tutti i sensi tesi, espansi per percepire anche il più piccolo movimento. Brividi correvano veloci lungo la schiena e avevo il fiato corto.
In un battito di ciglia sentii sulle labbra una sensazione calda e morbida ma anche pretenziosa e vorace, era come se volesse divorarmi.
Un bacio.
Mi lasciai cadere sul letto con le mani tra i capelli tirando le ciocche rossastre e sperando di svegliarmi da quell’incubo. Da anni riservavo il mio primo bacio per Masaya Aoyama, l’unico, vero, assoluto amore della mia vita. Sentii il senso di colpevolezza attanagliarmi il cuore mentre le lacrime pizzicavano prepotenti gli occhi per uscire: proprio ora che le cose iniziavano a filare per il verso giusto con Masaya, eravamo addirittura andati insieme alla mostra sugli animali in via di estinzione! Al contrario, rovinando tutto, era comparso quello stupido alieno a darmi quel… quell’orrore. Se Aoyama-kun l’avesse scoperto non mi avrebbe mai perdonata, anzi mi avrebbe considerato una ragazza sciocca e volubile, l’avrei deluso e non si sarebbe mai innamorato di me, così tutte le ore passate nascosta dietro un cespuglio spiandolo mentre si allenava, tutte le levatacce all’alba per prepararmi al meglio per andare a scuola e tutti i miei sforzi per avvicinarlo sarebbero stati inutili. No, Masaya era un ragazzo gentile e mi avrebbe perdonata, del resto non era colpa mia, anzi io ero solo la vittima del sadismo di un alieno giunto sulla terra per qualche ignota ragione. Invece non sarei più riuscita a guardare in faccia il mio amato.
Per tutta la giornata la mia mente aveva vagato e vagato e vagato: la mamma mi aveva mandato, con lista alla mano, a fare la spesa e io avevo comprato i fagioli al posto dei ravioli, come se non bastasse facendo la doccia avevo utilizzato il detersivo della lavatrice al posto dello shampoo così che i miei capelli odoravano di fresco bucato al sapone di Marsiglia. Un fallimento su tutta la linea ed era tutta colpa sua.
Inconsciamente mi portai le dita alla bocca premendo proprio dove, poche ore prima, si erano posate quelle labbra così sbagliate: odiavo quel bacio così fastidioso, irritante, problematico, arrogante e… tremendamente pieno di desiderio! Era proprio come il bacio che avrei voluto ricevere da Aoyama e invece non era un merito attribuibile a lui ma a quell’altro, l’intruso. Serrai le palpebre per scacciare quel pensiero cercando di raffigurarmi il viso gentile del mio bel moro ma ottenni solo l’immagine di due occhi dorati che mi fissavano audaci.
‹‹Mi presento: il mio nome è Kisshu›› aveva detto mentre io lo guardavo interdetta.
Un gemito di disappunto uscì roco dalle mie labbra. Kisshu. Il nome del mio tormento riecheggiava prepotente nella mia testa mentre io avrei solo voluto dimenticare quella voce che si avviluppava alla mia anima trascinandola in un baratro di segreti, rimorsi e rimpianti.
Queste mie elucubrazioni furono interrotte dalla voce metallica di Masha: ‹‹Alieno, alieno››. Balzai in piedi e, stringendo il ciondolo per la trasformazione nella mano destra, mi avvicinai furtiva alla finestra della mia camera, silenziosa come solo un felino sa essere. Dannazione! Nel buio potevo vedere una sagoma, uguale in tutto e per tutto a quella dell’alieno, svolazzare sopra i tetti del quartiere. Occhi d’oro nella notte nera stavano fissando me. Accostai bruscamente le tende sperando di essermelo solo immaginato e corsi nel letto infilandomi tra le coperte e nascondendo la testa sotto il cuscino.
Rimasi sveglia fino all’alba non sapendo che quella era solo la prima di una lunga serie di notti insonni.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Ringrazio tutti quelli che hanno letto fino alla fine questo primo capitolo sperando di avervi incuriosito almeno un po’! Attendo i vostri commenti, positivi o negativi… accetto tutto!
A presto,
un bacio,
Eirynij

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Capitolo 2
*** I come when the night falls ***


I come when the night falls
-Kisshu-
 
 
Quest’oggi all’inizio dello scontro allo zoo ero deluso perché vedendo i combattimenti tra le Mew Mew e le mie creature mi ero figurato Mew Ichigo come la guerriera perfetta, invece quando la zampa del mio chimero la stava schiacciando al suolo, la sua incapacità di liberarsi mi aveva mostrato tutta la sua umanità. E io odiavo gli umani, la razza debole e inferiore che ha rubato la Terra al mio popolo, quindi vedendola così indifesa detestavo anche lei: mentre boccheggiava col fiato mozzo incapace di rialzarsi, fragile e condannata alla sconfitta, il disprezzo che provavo aumentava diventando sempre più intenso, quasi palpabile nel desiderio di distruggerla.
Ero pronto a darle il colpo di grazia quando una luce le illuminò lo sguardo accendendole gli occhi di determinazione, i muscoli le si contrassero in uno sforzo atavico e fu libera, un balzo e si librò in aria, un ringhio minaccioso le uscì dalle labbra, Mew Ichigo lottava il un turbinio di calci, pugni e graffi.
Tutte quelle ragazze erano delle belle bamboline con cui poter giocare ma percepivo che con lei mi sarei potuto divertire molto, il suo spirito combattivo mi avrebbe appagato pertanto, sebbene la sconfitta del mio alieno, non potevo considerare la giornata come un totale fallimento. Per questo motivo, con le labbra contratte in un ghigno soddisfatto, il naso che frenetico assaporava la brezza serale, gli occhi saettanti e i sensi dilatati, vagavo al calar del buio per quel quartiere di case dipinte con troppa vernice dai tetti sbiaditi.
Avevo perso di vista Mew Ichigo poco distante da dove mi trovavo ora dopo averla pedinata fin da quando aveva lasciato lo zoo con quel mammalucco dai capelli scuri che vaneggiava sul volerla proteggere; che discorso stupido, solo io mi ero accorto che lei era il predatore e non un’effimera preda?
Un’ombra catturò la mia attenzione: nel turbinio capelli rossi un paio di mani affusolate stavano domando delle tendine rallegrate dal vento al fine di chiudere le imposte della finestra.
‹‹Ciao Mew Ichigo››.
Lei cacciò un urlo terrorizzato allontanandosi da me e incrociando gli indici tra loro in un gesto scaramantico di repulsione: ‹‹Lontano, non avvicinarti!››.
‹‹Ehi micetta, dovresti essere contenta che sono venuto a trovarti›› la stuzzicai.
‹‹Cosa vuoi da me?›› soffiò ostile mentre la sua mano destra frugava nelle tasche dei pantaloni rosa del pigiama in cerca del ciondolo per la trasformazione ‹‹Perché sei sulla Terra?››.
‹‹Fammi entrare e te lo dico›› sorrisi sornione. Se avessi potuto mi sarei già tuffato dentro quella stanzetta animata dal legno caldo e rischiarata da una luce cremosa che condensava l’aria in un abbraccio rassicurante, invece non potevo nemmeno appoggiarmi al davanzale della finestra, senza un invito ufficiale non mi era concesso entrare nella dimora degli esseri umani.
‹‹La finestra è aperta…›› rispose lei perplessa.
‹‹Mi stai pregando di raggiungerti, quindi?›› la incalzai.
‹‹Nemmeno per sogno!›› ribatté la ragazza stizzita.
‹‹Allora non saprai mai perché sono su questo pianeta!›› feci finta di andarmene.
Uno, due, tre…
‹‹Aspetta! Va bene, accomodati›› cedette.
In un lampo mi materializzai sul letto sprofondando nel materasso morbido e inalando il profumo di vaniglia che impregnava il cuscino e le coperte. Era tutto così diverso dalla mia cella con le asettiche pareti bianche e la branda scomoda e dura più di un sasso; socchiusi gli occhi per assaporare il momento senza mai perdere di vista la rossa.
‹‹Rilassati Mew Ichigo, non voglio farti del male… per ora!›› la rassicurai mentre frugavo sotto il cuscino: qualcosa di spigoloso mi stava perforando il cranio.
‹‹Ichigo, al momento sono solo Ichigo›› rispose lei aumentando la distanza tra noi.
‹‹Bene, solo Ichigo, e questo cos’è?›› le domandai sventolando il libro gigante estratto da sotto il guanciale e fonte dei miei fastidi.
‹‹È il mio eserciziario di matematica, domani ho il test di fine trimestre…›› lamentò la ragazza strofinandosi la faccia con le mani ‹‹… e non ho fatto in tempo a studiare››.
‹‹E il senso di tenere questo mattone sotto il cuscino?›› ero veramente sconcertato.
‹‹Se ci dormo su, le nozioni mi entreranno nella testa… o almeno lo spero›› spiegò lei ‹‹se non passo l’esame non solo farò una figuraccia con Aoyama-kun ma mia madre mi chiuderà in casa e non vedrò più la luce del sole per i prossimi cent’anni almeno››.
La sua situazione era disperata e quello era un piano folle, l’idea più balzana che avessi mai sentito. ‹‹E va bene, stupida micetta, ti aiuterò›› acconsentii alzandomi dal letto con uno sforzo.
‹‹Tu aiutare me?›› mi fissava con gli occhi grandi, sgranati per la meraviglia ‹‹A parte che devi ancora spiegarmi perché voi alieni state invadendo il mio pianeta e comunque dubito fortemente che tu sia in grado di risolvere anche solo un problema di algebra››.
‹‹Non c’è tempo per le spiegazioni sulla mia missione, tu sei senza speranza a meno che io non compia un miracolo stanotte. E per la cronaca, ero il migliore del mio anno in accademia e questa›› dissi con voce venata di sfacciataggine sfogliando distrattamente le pagine del volume ‹‹è aritmetica per principianti! Quindi mettiti a sedere››.
Mi attendevo un fiume di proteste e insulti, invece, contro ogni previsione, lei, sebbene incerta, obbedì mestamente posizionandosi alla scrivania.
Era da tempo passata la mezzanotte quando sotto la mia supervisione Ichigo crollò sfinita sul libro. La matematica non faceva affatto per lei e io mi ero reso conto già dopo la prima mezz’ora di aver sopravvalutato le mie capacità di istruttore: concetti per me banali erano stati ripetuti un’infinità di volte per imprimersi nella memoria di quella sprovveduta, con risultati appena accettabili. Eppure, sebbene i continui errori e i rimproveri che non lesinavo a fornire, imperterrito si impegnava con tutte le sue energie senza arrendersi o darsi per vinta. Era questa perseveranza che ai miei occhi la rendeva tanto interessante e attraente.
Il livello raggiunto quando la sua testa si era accasciata sulla scrivania era sufficiente per farle passare dignitosamente la prova l’indomani e una punta di orgoglio mi pungeva l’animo perché, tutto sommato, Ichigo era stata brava. Spensi la luce per concederle il meritato riposo ma invece di andarmene rimasi a contemplare le ciocche rosse sparse sui fogli pieni di numeri, ramificate a formare disegni arcani di una penetrante bellezza. Il volto, prima contratto nello sforzo dell’apprendimento, era ora disteso e rivolto al lontano mondo dei sogni, mi chinai prendendola in braccio e trasportandola sul letto, rimboccarle le coperte è un segreto che rimarrà per sempre tra me e l’oscurità. Mi chinai strappandole un bacio come ricompensa per i miei sforzi: come mi aspettavo le labbra morbide dal sapore di fragola scacciarono via la mia stanchezza e mi fecero fremere dal desiderio di baciarla ancora. Invece mi trattenni.
‹‹Buonanotte. Un giorno tu sarai mia, Ichigo›› le sussurrai prima di abbandonarla.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Grazie a tutti per aver letto fin qui e un grazie particolare va a Kim_Sunshine e Hana no Usagi che hanno dato una possibilità alla mia storia inserendola tra le seguite! Attendo le vostre preziose impressioni e mi inchino davanti a chi vorrà spendere un po’ del suo tempo per lasciarmi un commento.
A presto,
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 3
*** Shooting star ***


Shooting star
-Ichigo-
 
 
Tornata dalla premiazione entrai in camera sfinita: la squadra di ginnastica artistica della scuola mi aveva reclutata circa una settimana prima costringendomi ad allenamenti interminabili (una tortura per il mio pigro corpo) che hanno trovato la loro conclusione nella partecipazione al campionato interscolastico di questa disciplina. Mentre le gare assorbivano la maggior parte delle mie energie, come se non fossi già sufficientemente impegnata, comparve, attaccandoci, quell’alieno molesto con le sue creature, così che dovetti raddoppiare i miei sforzi per sopravvivere alla giornata.
Mi rigirai tra le dita la medaglia che tenevo appesa al collo: secondo posto, che soddisfazione! Inoltre Aoyama-kun era venuto a vedere la mia esibizione e si era trattenuto, aspettandomi fuori dagli spogliatoi, per farmi i complimenti.
Sei stata bravissima Ichigo… mi aveva detto accarezzandomi gentilmente la testa e regalandomi uno dei suoi dolci sorrisi. Ero felice.
Anche Ryo era venuto ad assistermi insieme a Keiichiro e alle ragazze, ovviamente mi aveva fatto piacere il suo sostegno silenzioso, e sebbene non mi avesse concesso neanche un cenno d’approvazione, avevo percepito il suo sguardo rimanere costantemente puntato su di me. Riservato e misterioso, avrei voluto scoprire tutto di lui, conoscere il suo passato e il suo rapporto con gli extraterresti.
Appoggiai la sacca per terra, vicino alla porta: avrei pensato l’indomani a lavare gli indumenti sporchi, in quel momento ero troppo stanca e gli arti urlavano pietà mentre i muscoli collassavano rifiutando ulteriori movimenti. Avevo fatto la doccia in palestra quindi potevo infilarmi nel letto direttamente e nemmeno la fame poteva convincermi a stare sveglia un minuto di più.
‹‹Buonasera micetta›› una voce, che riconobbi immediatamente, mi sorprese mentre stavo per sfilarmi la felpa,  i miei occhi corsero in direzione dell’ospite sgradito: Kisshu se ne stava spaparanzato sul mio materasso con le braccia ripiegate sotto la testa e un’espressione beffarda dipinta sul volto. Gli occhi dorati scrutavano il mio profilo in cerca di una reazione.
Il mio cervello era sufficientemente rallentato da concedere all’alieno qualche secondo di vantaggio nella nostra conversazione: ‹‹Hai combinato un bel pasticcio inciampando nel cerchio e aggrovigliandoti nel nastro, sono morto dalle risate!››.
‹‹Che… che ci fai tu qui?›› chiesi sorpresa realizzando quando fosse sbagliata la sua presenza sul mio letto.
‹‹Sono venuto a salutarti e a farti i miei complimenti!›› ghignò lui ‹‹Congratulazioni, nessuno è mai riuscito a farmi ridere tanto quanto te!››.
‹‹Se tu non ci avessi rotto le uova nel paniere come al solito, sarebbe filato tutto liscio›› risposi mostrandogli la lingua.
Chiuse gli occhi nascondendo quelle disumane iridi gialle mentre il sorriso gli si allargava sul volto: ‹‹Non ti sei voluta arrendere neanche oggi, eh micetta?! Non hai mollato nemmeno quando hai inanellato una serie di figuracce! È questo che mi piace di te, Ichigo››.
‹‹Io…›› stavo iniziando a controbattere ‹‹..cosa?››. Era un complimento quello uscito dalle labbra di Kisshu, non un elogio dolce o garbato di quelli che riescono così bene a Masaya, ma una constatazione franca e sincera.
Sorrisi: ‹‹Grazie!››.
Tra noi calò il silenzio, lui era ancora disteso, le scarpe che giacevano vuote sul pavimento e sul volto l’aria beata di chi sta assaporando un desiderio, io non sapevo che dire, un po’ imbarazzata.
‹‹Dovrei mettermi il pigiama per andare a dormire›› mormorai incerta.
‹‹Fai pure››.
Che impertinente! Non potevo certo cambiarmi davanti a lui.
‹‹Vattene subito da camera mia, brutto screanzato›› urlai indignata ‹‹come ti permetti di assistere una signorina mentre si cambia! Non ti è stata insegnata l’educazione?››.
Scoppiò a ridere come se avessi detto qualcosa di estremamente comico. ‹‹Sentiamo, cosa dovrei fare per essere educato? Fingermi imbarazzato come un’educanda quando tu accenni al fatto che dovresti toglierti la maglietta per infilare i panni che usi per dormire? Uscire dalla stanza come farebbe quel babbeo del tuo morettino, perdendosi lo spettacolo della tua pelle?››.
‹‹Masaya è un ragazzo cortese›› protestai.
‹‹È un reale imbecille!›› esclamò saltando nelle scarpe e tirandosi in piedi.
‹‹Non è vero!››.
‹‹Sono un umano un po’ scemo che preferisce guardare gli alberi invece di una bella ragazza›› iniziò ad imitare Aoyama-kun falsando la voce e pavoneggiandosi per la stanza mutando il viso affilato in espressioni ottuse.
‹‹Smettila! Masaya non è così›› lo rimproverai, ma l’imitazione era così buffa che non riuscii a trattenere una risata.
Compiaciuto Kisshu si avvicinò a me mentre passavo un dito sotto l’occhio per strofinarlo e mi afferrò il polso saldamente, senza stringere però. Il respiro mi si mozzò in gola temendo un bacio a sorpresa, invece afferrò una ciocca dei miei capelli e la fece scorrere tra due dita. Ombre vermiglie si stendevano lugubri sulla sua mano pallida.
‹‹Nel mio popolo non esiste questo colore›› sussurrò.
All’improvviso fu il buio, mi girai verso la finestra e vidi che a tutto il quartiere mancava la luce: blackout. Sentii il corpo di Kisshu fremere e in un attimo era lontano da me, sul davanzale pronto a spiccare il volo.
‹‹Devo andare, micetta›› disse lanciandomi un ultimo sguardo e scomparendo nella notte.
‹‹Aspetta›› mi precipitai, schiantandomi contro il vuoto che lui aveva lasciato. L’oscurità avvolgeva l’intera città e i lampioni spenti permettevano al firmamento di rivelarsi in tutto il suo splendore, guardando quella miriade di astri luminosi mi domandai quanto fosse distante il pianeta dell’alieno. Mentre contemplavo quell’immensità una stella cadente solcò il cielo.
Spero che Kisshu torni a trovarmi, mi scoprii a desiderare ed immediatamente corressi la mia richiesta: vorrei che Aoyama-kun si innamori di me.
 
 
 
Angolo dell’autrice: Ringrazio chi ha letto fin qui e chi commenta! Un saluto particolare a Kim_Sunshine e Endorphin_94 che mi hanno gentilmente recensito! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, sto cercando di prendere spunto dagli episodi della serie per costruire nuovi e magici modi di interagire tra i nostri protagonisti cercando di mantenere l’IC… ditemi voi come sto andando!
Un bacio a tutti,
Eirynij

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Capitolo 4
*** Dancing in the dark ***


Dancing in the dark
- Kisshu -
 
 
La vidi scendere dalla macchina, il tulle dell’abito rosa svolazzava per i movimenti felini, era primavera inoltrata e iniziava a sentirsi il caldo anche la sera. Ascoltai i passi veloci percorrere il vialetto e salire le scale mentre lanciava un saluto ai genitori. Ed eccola che riappariva, potevo scorgerne la figura dietro le tendine della finestra: via il vestito e dentro una leggera camicia da notte sbracciata. Era di un giallo tenue, screziato di rosa sul fondo e ricordava i lontani paesi esotici con mari di sabbia e nuvole di sogni, là dove si incontrano l’oleandro e il gelsomino. Magnifica Terra! Mi ha sempre affascinato fin da quando frequentavo l’accademia e ci mostravano immagini di questo pianeta: un connubio di acqua, montagne, deserti e vegetazione rigogliosa. Quello era il motivo per cui ero lì: donare una splendida casa al mio popolo sfinito dal freddo e dalla miseria. E allora non ci sarebbe stato più posto per questi parassiti incapaci di apprezzare questo mondo, ma lei no, lei l’avrei salvata portandola via con me prima della fine.
Guardai Ichigo seduta sul bordo del letto, era particolarmente pensierosa e scrutava il pavimento in cerca di verità nascoste mentre dalle labbra dischiuse usciva lieve la melodia della festa. Al café Mew Mew si era svolta una serata a base di musica classica con una pianista straniera, da me interrotta, al solito, con un feroce chimero; senza successo per la cronaca, ma era inutile ripensarci ora che ero davanti alla finestra della mia micetta, con il capo avrei fatto i conti l’indomani.
Bussai.
Si riscosse avvicinandosi per aprire.
‹‹Buonasera, micet…››.
‹‹Chi è Profondo Blu?›› la voce ruvida.
Merda. Mi ero lasciato sfuggire qualcosa sul capo preso dall’eccitazione dello scontro, ma era ancora presto per svelare quel segreto. Urgeva cambiare argomento così dissi le prime parole che mi passarono per la mente: ‹‹Perché la gente cammina abbracciata mentre ascolta la musica?››.
‹‹Cosa?›› mi guardò stupefatta, le sopracciglia aggrottate con aria interrogativa.
‹‹Voi umani, mentre ascoltate la musica›› iniziai a spiegare scandendo bene le parole ‹‹camminate a coppie stringendovi gli uni agli altri. Perché?››.
‹‹Ballare, intendi?›› ipotizzò lei.
‹‹Ballare›› ripetei, assaporando quel nuovo vocabolo. Suonava armonioso nella mia bocca e pronunciarlo mi costringeva a tirare gli angoli della bocca in su, quasi in un sorriso.
‹‹Tu non balli?›› azzardò Ichigo scostandosi finalmente dalla finestra e lasciandomi entrare. Atterrai sul pavimento in legno nella camera buia. Sul nostro pianeta si stava fermi ascoltando la musica, in contemplazione poiché sentire qualche nota era cosa abbastanza rara. Nella mia colonia non più di due o tre persone erano in grado dare vita ai suoni con piccoli strumenti a fiato.
‹‹Voi umani siete molto strani… fare una cosa così inutile›› decretai.
‹‹Non è affatto inutile, è divertente!›› protestò lei.
Soppesai questa risposta, quindi chiesi: ‹‹A te piace ballare?››.
Ridacchiò portandosi una mano dietro la testa e grattandosi la nuca: ‹‹Non sono una gran ballerina, mi ha insegnato Ryo qualche passo stasera… però sì mi piace ballare››.
Fece una giravolta su se stessa, la veste leggere svolazzava ostentando e nascondendo lembi di pelle, poi mi afferrò il polso agitandomi il braccio al ritmo immaginario che seguivano i suoi piedi scalzi.
Un'altra piroetta ma sbilanciata, tant’è che ruzzolò tra le mie braccia. La strinsi a me, un leggero profumo di vaniglia proveniva dai suoi capelli stuzzicandomi il naso, le cinsi il fianco con una mano mentre intrecciavo le dita dell’altra con quelle di Ichigo.
‹‹E ora?›› domandai.
‹‹Ora?›› ribadì. I suoi occhi si specchiavano nei miei, eravamo vicini come non mai fino ad allora. Un leggero rossore le imporporava le guance esaltando gli occhi scuri. Era bellissima e volevo baciarla. Mi sporsi sulle sue labbra e sussurrai: ‹‹Come si balla?››.
‹‹Ah!›› sobbalzò arrossendo ancora di più.
Ondeggiò adagio.
‹‹Uno…›› e mi spinse leggermente indietro premendo il suo corpo contro il mio, ‹‹…due…›› si mosse a destra, ‹‹…tre!›› mi tirò verso di sé mentre si ritraeva.
Fatti un paio di giri di prova avevo capito il meccanismo e iniziai a condurre io mentre lei canticchiava una musichetta.
Danzavamo nel buio della notte.
 
 
 
Angolo dell’autrice: Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Grazie per averlo letto! Mi raccomando, lasciate un commento! A presto!
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 5
*** Young and beautiful ***


Young and Beautiful
- Ichigo -
 
 
I've seen the world, done it all
Had my cake now
Diamonds, brilliant, in Bel-Air now
Hot summer nights, mid July
When you and I were forever wild
The crazy days, city lights
The way you'd play with me like a child
 
E fu così che anche Purin, dopo lo scontro con il mostro-lucertola, si unì alla squadra con la sua allegria e vivacità. Mancava qualche giorno all’inizio delle vacanze estive e faceva molto caldo: nel periodo di pausa dalle lezioni mi sarei impegnata al massimo per passare più tempo possibile insieme a Masaya. Già immaginavo di incontrarlo sulla spiaggia, passeggiare al tramonto mano nella mano, baciarci al chiaro di luna… Il romantico mare mi stava aspettando!
Nel frattempo dovevo fare i conti con l’afa di luglio. Guardai l’orologio appeso in cucina, erano passate le nove di sera e dalla finestra aperta penetrava il frinire delle cicale.
‹‹Mamma, mi passi un gelato?›› chiesi. Ero stravaccata sul tavolo, proprio davanti al ventilatore per accaparrarmi un poco di aria fresca.
‹‹Non ce ne sono più, amore…››.
Ecco la notizia peggiore che potessi ricevere in quel momento. Mi tirai in piedi di malavoglia, infocai le infradito e strinsi i laccetti che sostenevano i codini: ero pronta per andare fino al combini1 del quartiere. Speravo di non incontrare nessuno: gli abiti da casa (pantaloni corti e canottiera a righe) non erano il genere di vestiario più consono per presentarsi al mando, ma non avevo voglia di cambiarmi.
 
Will you still love me
When I'm no longer young and beautiful?
Will you still love me
When I've got nothing but my aching soul?
I know you will, I know you will
I know that you will
Will you still love me when I'm no longer beautiful?
 
Goduria estrema davanti all’anta aperta dei surgelati. Mi accaparravo il fresco nel frattempo che, indecisa, valutavo se comprare le coppette all’amarena o i coni fragola e cioccolato. La radio passava la canzone straniera di qualche ragazza americana che stava sulle riviste patinate.
Risolsi per il cono bi-gusto.
‹‹Sono 200 yen›› decretò la cassiera infilando la confezione in una borsina di plastica. Così pagai e, appena uscita dal negozio, scartai il gelato. Il gusto fresco e zuccheroso mi invase la bocca alla prima leccata. Le strade illuminate dai lampioni erano abbastanza affollate: genitori che costringevano i figli a una passeggiata serale, anziani sulle panchine ad osservare la gente che passa, qualche giovane coppietta.
‹‹Ciao, micetta››.
Sobbalzai presa alla sprovvista. Eppure dovevo aspettarmi la comparsa di Kisshu, ormai era una regola che dopo ogni scontro, immancabilmente, vi era un’incontro. Sempre sprezzante, irritante, alieno ma con una luce curiosa negli occhi dorati e una disponibilità ad interagire che, a vederlo durante le battaglie, non si potrebbe immaginare. Era come vedere la faccia nascosta del sole.
‹‹Ciao›› risposi continuando a camminare, ma rallentando il passo per non arrivare a casa troppo in fretta.
‹‹Cos’è?›› atterrò vicino a me e mi affiancò nella passeggiata. La gente ci guardava di sottecchi, con quei capelli verdi, i vestiti strani e le orecchie a punta probabilmente veniva scambiato per un cosplay.
‹‹Gelato, ne vuoi un po’?›› gli domandai.
Rapidissimo si sporse per baciarmi sulla bocca.
‹‹Si… non è male›› rispose leccandosi le labbra.
Arrossii violentemente mentre il nervoso cresceva dentro di me: ecco che me la faceva sempre.
 
I've seen the world, lit it up
As my stage now
Challenging angels in a new age now
Hot summer days, rock’n’roll
The way you play for me at your show
And all the ways, I got to know
Your pretty face and electric soul
 
Accellerai il passo, idignata.
‹‹Dai Ichigo, non fare così! Sei tu che me l’hai offerto!›› ribatté sghignazzando Kisshu.
‹‹Screanzato! Mascalzone!›› lo insultai ‹‹Ti ho messo a disposizione il gelato, solo il gelato››.
Mi balzò davanti, bloccandomi la strada. ‹‹E gelato sia›› sospirò allungando la mano per agguantare il cono che tenevo stretto. Mi ritrassi velocemente: aver acquistato i sensi di felino aveva I suoi vantaggi.
‹‹Non il mio›› protestai frugando con la mano libera nella borsina.
Il passo di nuovo lento mentre Kisshu si lamentava dei gusti umani: cioccolato e fragola, un abbinamento impeccabile a mio avviso, per l’alieno erano immangiabili, eppure continuava a leccare senza sosta.
 
Will you still love me
When I'm no longer young and beautiful?
Will you still love me
When I've got nothing but my aching soul?
I know you will, I know you will
I know that you will
Will you still love me when I'm no longer beautiful?
 
Mancava poco e saremmo arrivati davanti a casa. Una punta di dispiacere mi premeva sul cuore perché condividere quei momenti con l’alieno me lo faceva sentire più vicino e mi dava la speranza che sarebbe finita quella lotta assurda per l’occupazione della Terra.
Al crocicchio, davanti a noi, si immise una coppia di vecchietti nel traffico di persone sul marciapiede.
‹‹Rallenta il passo marito, non sforzare il cuore›› disse la signora battendo la mano sulla spalla dell’uomo. Erano entrambi esili, coi capelli bianchi e le dita rugose.
‹‹Non sto poi così male, cara›› rispose lui sorridendo alla sua compagna di una vita.
‹‹Fa molto caldo, non ci sono più le stagioni di una volta!›› asserì la donna sfoderando un ventaglio dalla borsetta.
‹‹Ti ricordi l’estate quando avevamo vent’anni? Anche allora faceva molto caldo›› rimembrò il vecchietto guardando il cielo, forse in cerca delle visioni del passato.
Origliavo la loro conversazione, palpabile fantasma di tenera malinconia. Lanciai un’occhiata a destra, anche Kisshu era assorto nella loro parole.
‹‹Certe volte mi sembra che non siamo cambiati per niente, che siamo ancora come quando eravamo giovani›› ridacchiò l’anziana.
‹‹Giovani e belli!›› aggiunse il marito.
 
Dear lord, when I get to heaven
Please let me bring my man
When he comes tell me that you'll let him
Father tell me if you can
All that grace, all that body
All that face, makes me wanna party
He's my sun, he makes me shine like diamonds
 
E io? Qualcuno mi avrebbe amato anche quando non sarei stata più giovane e bella? Il mio pensiero corse ad Aoyama-kun, lui sarebbe stato al mio fianco?
Mi voltai, ma accanto a me non c’era Masaya.
Kisshu.
E tu?
Mi chiesi se avresti amata ancora quando non sarei più stata giovane e bella?
Si voltò verso di me e mi sorrise come in risposta alla mia domanda.
 
Will you still love me
When I'm no longer young and beautiful?
Will you still love me
When I've got nothing but my aching soul?

I know you will.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: ebbene sì, ho deciso di inserire qualche song-fiction nella raccolta per variare un po’ sul tema. Spero che questa idea vi sia piaciuta. Grazie per aver letto fin qui e un grazie speciale a chi dedica un po’ del suo tempo alla recensione di questo capitolo!
Un bacio,
Eirynij
 
 
Note:
  1. 1 il combini è un minimarket giapponese aperto 24 ore su 24.
  2. La canzone nel testo è “Young and Beautiful” di Lana del Rey, l’ho scelta perché, secondo me, racchiude al meglio l’amara domanda che ci sorge quando si guarda l’innamorato: mi amerai anche quando non sarò più giovane e bella? Quando non avrò altro oltre la mia anima dolente?
  3. Dalla ricerca su internet che ho fatto ho scoperto che le vacanze estive in Giappone cominciano a metà luglio, quindi ho pensato di ambientare il capitolo appena prima dell’inizio del periodo di riposo.

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Capitolo 6
*** Whisper ***


Whisper
- Kisshu -
 
 
Vedevo chiaramente l’insegna illuminata da una coppia di lampade: “Centro Termale Principessa dei Monti”. Sapevo che Ichigo era lì con le sue compagne Mew, infatti qualche ora prima le avevo attaccate con uno dei miei chimeri, un vero osso duro, tanto che avevano impiegato più tempo del solito per batterlo perdendo così l’ultimo treno per tornare a Tokyo.
Dopo un’attenta valutazione avevano infine deciso di passare la notte nell’albergo termale sulla montagna, pertanto, con uno scrupoloso pedinamento, avevo raccolto tutte le informazioni necessarie per rintracciare la mia micetta sperando che si allontanasse dalle sue compagne, anche solo per qualche minuto.
Il centro era costituito da una struttura disposta su un unico piano e ogni camera si affacciava su un piccolo spazio privato munito di vasca piena di acqua termale e separato dall’ambiente circostante da un’alta staccionata realizzata con fitte canne di bambù.
Ichigo era nella stanza numero sette. Stavo appostato lì fuori nell’ombra della sera quando sentii il richiamo di Deep Blue: comparvi davanti a lui, alla sua essenza generata grazie all’Acqua Mew, e mi prostrai.
‹‹Che novità dalla Terra? Hai sconfitto i nemici che si oppongono al nostro piano?›› chiese con la voce fredda e sprezzante di chi conosce già la risposta.
Strinsi i pugni: ‹‹Non ancora, ma la prossima volta…››.
‹‹Per te si tratta sempre della prossima volta, ma la tua inettitudine mi sta rallentando›› le parole dure mi punsero nell’orgoglio ma provai meno dolre di quanto potessi immaginare perché al volto sofferente del mio popolo si contrapponeva lo sguardo dolce e sereno di due occhi cioccolato così mentre Deep Blue sciorinava la sua ramanzina carica di spregio nei miei confronti, tutti i miei pensieri erano concentrati sul ricordo di capelli rossi e labbra da baciare.
‹‹E ora vattene, la tua presenza mi ha nauseato››.
‹‹Si, mio signore›› risposi con un ultimo inchino pregustando la libertà.
Quando ricomparvi sulla Terra erano almeno le dieci di sera ed il buio si era fatto più fitto. Percepivo la parete ruvida dell’hotel alle mie spalle mentre davanti a me si stendeva una vasca in pietra colma di calda acqua sulfurea. Non vi era nessuna lampada a illuminare lo spazio circostante perciò i miei occhi ci misero un po’ per abituarsi alla totale oscurità. Davanti a me Ichigo stava concludendo la giornata con un bagno, i capelli raccolti sopra la testa sfuggivano dalla fascia di spugna raggiungendo l’acqua e inumidendosi sulle punte. Osservai la curva del collo pallida e liscia che delimitava il confine tra la ragazza e l’etereo disegnando il suo profilo fino alla spalla, appena visibile tra le increspature dell’acqua. Rimasi in contemplazione per qualche minuto con la vana speranza che la luna si palesasse da dietro le nubi rischiarando l’immagine.
Mi avvicinai, attento a non emettere alcun rumore, le arrivai alle spalle e mi chinai per baciarle il collo soffice. Appena si sentì sfiorare sobbalzò ritraendosi dalla parte opposta della vasca e infrangendo il silenzio irreale che ci avvolgeva con lo sciabordio dell’acqua.
‹‹Kisshu›› sibilò sorpresa ‹‹vattene, in camera con me c’è Retasu››.
Mi avvicinai alla porta chiusa della stanza e tesi l’orecchio: si sentiva il respiro lento e pesante di qualcuno che dormiva profondamente.
‹‹È addormentata›› rassicurai Ichigo.
Trovavo il rischio di essere scoperti profondamente eccitante, quindi invece di andarmene tornai alla vasca e chiesi: ‹‹Come funziona qui?››.
‹‹Abbassa la voce›› mi implorò la ragazza e, per paura che scappasse via, la accontentai.
‹‹Cosa si fa alle terme?›› ripetei in un sussurro.
‹‹Ci si rilassa facendo lunghi bagni caldi›› rispose lei.
Feci un altro passo avanti pestando qualcosa di morbido, inquadrai l’oggetto: era una salvietta. Scrutai Ichigo soffermandomi sulle spalle che emergevano appena dall’acqua: nessun segno del costume. La mia logica inoppugnabile mi suggeriva che la ragazza era a mollo senza niente addosso. Trattenni a stento un ghigno e decisi di recitare la parte del finto tonto: ‹‹E come si fa un bagno?››.
Rimase per un attimo in silenzio sgranando gli occhi per la domanda stupia, quindi mi spiegò: ‹‹Beh ci si spoglia…››.
‹‹Completamente nudi?›› chiesi reprimendo il tono divertito.
‹‹Si›› confermò.
Amavo il suo lato un po’ ingenuo che mi lasciava spazio per raggirarla abilmente, sferrai il mio attacco finale: ‹‹Forse farebbe bene anche a me un bagno, non credi?››.
Sadico fino al midollo, volevo il suo consenso.
‹‹Si suppongo di si… a chi è che non fa bene un…›› non fece in tempo a terminare la frase che mi ero già tolto tutti i vestiti e fulmineo mi ero immerso nella vasca. Ghignavo soddisfatto.
Ichigo era attonita quando un lampo di comprendonio le attraversò lo sguardo: stavamo entrambi nudi nella vasca. Ero convinto che avrebbe reagito battezzandomi a male parole, invece arrossì tanto fino a diventar paonazza e dalle labbra serrate le uscì un solo sibilo: ‹‹Vattene››.
Il corpo era affondato nell’acqua scura fino al mento e gli occhi lucidi mi fissavano carichi di odio: mi ricordai del pudore degli esseri umani quando si tratta di nudità e capii che quello che per me era un semplice gioco, per lei rasentava l’umiliazione. Me ne dispiacqui mentre il mio divertimento scorreva lontano trasportato dalle lacrime che avevano preso a cadere rigando le guance della ragazza.
Mi voltai dandole la schiena: ‹‹Ora non posso vederti e ti prometto che starò fermo immobile››.
Silenzio.
Sapevo ciò che dovevo fare ma il mio orgoglio mi legava la lingua, mi feci coraggio e raccolsi tutta la determinazione racchiusa nel desiderio di poter stare ancora un po’ vicino ad Ichigo: ‹‹Scusami, micetta››.
Dopo un attimo sentii un colpo proprio al centro delle scapole che mi mozzò il respiro, annaspai sbilanciandomi all’indietro e finendo completamente sott’acqua. Riemersi tossendo e sputacchiando. ‹‹Mi hai fatto male›› mi lamentai scostandomi i capelli bagnati dagli occhi. Mi aveva mollato un pugno, di quelli ben assestati. Timida ma forte, anche per questo mi piaceva tanto.
‹‹Ora siamo pari›› decretò.
Scoppiai a ridere emettendo sibili nasali nel tentativo di far meno rumore possibile e la contagiai tanto che i suoi risolini crebbero spontanei fino a riempirmi le orecchie.
Dopo qualche minuto tornò il silenzio.
‹‹Non mi hanno convinto queste terme, finora sono state tutto fuorché rilassanti, mi hai quasi affogato anche›› decretai cercando un argomento di conversazione.
‹‹Non dovevi provocarmi›› mi rimbeccò e dopo un attimo mi ordinò ‹‹ti proibisco di voltarti!››.
La sentii armeggiare alle mie spalle, poi lentamente si avvicinò e prese a bagnarmi la schiena con una spugna. L’acqua calda scorreva sulla mia pelle donandomi conforto mentre i muscoli si rilassavano, chiusi gli occhi per godermi appieno la sensazione di torpore e protezione. In quel gesto semplice sentivo Ichigo più vicina che mai, perché si stava prendendo cura di me. Dopo un po’ si fermò e rimase in attesa.
‹‹Devo andare via, ora›› proferii a malincuore. Sarei rimasto ancora se la temperatura dell’aria non fosse scesa a tal punto da farmi gelare il naso: io ero abituato al freddo dato che il mio pianeta era un’unica lastra di ghiaccio e neve ma temevo che a Ichigo venisse un malanno e questo avrebbe comportato la sua assenza in battaglia e senza lei non mi divertivo affatto.
Sentii che lentamente si muoveva, quando l’acqua tornò tranquilla mi alzai e uscii dalla vasca rivestendomi veloce. Aveva coperto gli occhi con le mani ma potevo intravedere le guance imporporate dalle fessure tra le dita, trattenni una risata.
Mi avvicinai a lei ancora immobile, sapevo che non sarebbe mai uscita dall’acqua in mia presenza. Accostai le labbra al suo orecchio: ‹‹Grazie, micetta››.
Me ne andai con un sussurro.
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Capitolo lunghino eh? Non so se a voi è piaciuto… io preferisco momenti più lieti, dolci ma allegri, tuttavia è inverosimile che in una conoscenza, considerando poi due entità così diverse come Ichigo e Kisshu, non ci sia anche qualche momento di tensione o qualche incomprensione, per questo ho deciso di scrivere questo capitolo dal gusto un po’ amaro nonostante il lieto fine. Attendo le vostre impressioni, un grazie gigante a chiunque decida di recensire!
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 7
*** Brotherhood ***


Brotherhood
-Ichigo -
 
 
‹‹Puoi anche uscire da lì›› ordinai, tanto sapevo perfettamente che Kisshu si stava nascondendo dietro le mie spalle. Ero decisamente arrabbiata con lui. Chiuse la porta del bagno dietro di sé con una spallata celandomi la vista del corridoio. Ero immobile di fronte allo specchio, già in pigiama, con lo spazzolino in mano pronta a lavarmi i denti.
‹‹Sappi che hai quasi rovinato il rapporto tra Minto e suo fratello Seiji›› lo accusai.
Nel pomeriggio ero stata al saggio di danza della mia compagna di squadra e, mentre io e le altre ragazze ci eravamo fatte in quattro per convincere il fratello maggiore di questa ad assistere allo spettacolo, quell’alieno pestifero, come suo solito, non si era trattenuto dal presentarsi con un mostro facendo precipitare la situazione: Seiji aveva addirittura preso una botta in testa svenendo sul colpo, gli rimarrà un bernoccolo per almeno una settimana… No, non potevo proprio perdonarlo!
‹‹Non credo proprio›› ridacchiò Kisshu. Potevo vederlo riflesso nello specchio: gli occhi dorati lampeggianti di pungente malizia mentre muoveva i primi passi nella piccola stanza prima ispezionando con curiosità i profumi della mamma esposti su una mensola e poi palpando interessato le morbide salviette in spugna verde. Infine si sedette a gambe incrociate sul water, soddisfatto come se fosse su di un trono.
Mi decisi ad ignorarlo fissando i miei occhi sulla manopola del rubinetto e presi a strofinarmi gli incisivi con tanto dentifricio alla menta: mi occorrevano denti più bianchi della neve se volevo fare colpo su Masaya.
‹‹I legami familiari non sono cosa che qualcuno può spezzare facilmente: un mio chimero sicuramente non può farlo, quindi puoi smetterla di fare la sostenuta›› proferì ghignando.
‹‹Parli come se tu ne sapessi qualcosa›› lo rimbeccai.
‹‹Ho due fratelli››.
Mi girai a guardarlo sinceramente stupita. Non mi ero mai chiesta se anche lui avesse una famiglia sul suo pianeta, nessuna domanda sulle sue origini o sulla sua vita prima di giungere sulla Terra: era la prova lampante della mia superficialità.
Mi sciacquai la bocca ingoiando un po’ d’acqua per rinfrescarmi la gola, sebbene fosse la fine di agosto faceva ancora molto caldo. Aprii la finestra della stanzetta per fare entrare un po’ di aria serale e mi sedetti in equilibrio sul davanzale grazie ai poteri da gatto che mi rendevano piacevolmente agile.
‹‹Raccontami di loro›› proferii incerta. Non sapevo se Kisshu mi avrebbe accontentato però volevo porre rimedio alle mie mancanze e scoprire qualcosa di lui, lui che mi stava osservando da mesi ormai, che iniziava a capire le mie abitudini e a prevedere i miei movimenti. Io ero già un profilo manifesto per Kisshu, un odore familiare nell’aria, una voce amica tra la folla ma per me lui era ancora uno sconosciuto.
Mi sorrise in modo indecifrabile ma non aprì bocca.
‹‹Come si chiamano?›› lo incalzai.
‹‹Pai è più grande di me›› cominciò accondiscendete ‹‹mentre Taruto è più piccolo, sono ancora a casa loro ma credo che se continuo con questa serie di fallimenti verranno inviati per aiutarmi››.
‹‹Ma i vostri genitori vi permettono di andare così lontano da loro?›› chiesi stupita ‹‹I miei mi lasciano a malapena superare i cancelli del giardino… Sai che non sono mai stata all’estero io?››.
‹‹Noi non abbiamo genitori, o meglio, li abbiamo ma non sappiamo chi siano! Sul mio pianeta quando un bambino nasce, appena dopo essere stato svezzato, viene mandato in accademia senza conosce chi l’ha messo al mondo per essere sicuri che tutti ricevano lo stesso tipo di educazione. Le famiglie si formano in base alle stanze in cui uno viene collocato, per esempio io alloggiavo nella B747››.
‹‹Nella cosa?›› esclamai sbalordita.
‹‹Blocco B, piano 7, corridoio 4, stanza 7! È tutto perfettamente ordinato e organizzato e c’è sempre una corrispondenza univoca per ogni aspetto del quotidiano! Voi umani siete piuttosto caotici invece›› spiegò con pazienza.
‹‹Ah›› ero basita e trovavo oltremodo sconcertante quella sfilza di numeri. ‹‹Perdona l’interruzione, prosegui pure col racconto›› mi scusai.
‹‹Quando mi inserirono in quella stanza Pai era già lì da tre anni, mentre Taruto è arrivato quattro anni dopo di me! È stata la stretta convivenza a renderci fratelli, probabilmente non abbiamo nessun legame reale però ormai non riesco a immaginare la mia vita senza di loro››.
Le sue parole velate di un’impalpabile tristezza mi colpivano al cuore facendomi comprendere la mia fortuna e una prepotente pietà mi pervase, non avevo mai provato tanta compassione per qualcuno. Quanto male noi umani avevamo fatto al suo popolo? Quanto male il suo popolo aveva fatto a lui?
‹‹Ehi micetta, e ora mi spieghi perché piangi?›› ridacchiò Kisshu alzandosi in piedi e avvicinandosi.
Scossi la testa nascondendola tra le mani: non sapevo proprio descrivere il motivo, nessuna parola, umana o aliena, avrebbe potuto.
Mi abbracciò con trasporto trascinandomi giù dal mio trespolo, fino ad accasciarci al suolo, le sue spalle premute al muro mentre le mie erano circondate da un suo braccio. Non so per quanto mi feci cullare in quel piccolo bagno illuminato a giorno, la sua mano che mi accarezzava dolcemente i capelli.
‹‹Guarda che io son contento così›› mi consolò.
Kisshu mi capiva. Sapeva perché piangevo e la cosa più straordinaria ed inquietante è che sapeva anche come consolarmi.
‹‹Mi dispiace›› singhiozzai. Le lacrime non volevano fermarsi e continuavano a precipitare lungo le guance, schiantandosi contro la casacca dell’alieno.
‹‹Ehi fontanella, smettila›› sussurrò stringendomi ancora di più a sé.
Una voce urlò: ‹‹Ichigo! Esci dal bagno, sei chiusa lì dentro da almeno un ora››. Era la mamma e il suo tono imperioso non lasciava alcun margine di tempo per obbedire alla richiesta.
‹‹Devi andare›› allontanai Kisshu da me vedendo il suo petto inzuppato dal mio sconforto.
Annuì.
‹‹Stai allegra, micetta!›› alzandosi mi scompigliò scherzosamente i capelli ‹‹Sei più bella quando sorridi››.
Saltò sul davanzale della finestra.
‹‹Aspetta›› lo fermai porgendogli una salvietta ‹‹ti ho bagnato tutta la maglia››.
‹‹Non mi serve›› sorrise ‹‹poterò le tue lacrime come un trofeo. È molto raro far piangere un gatto! E poi… se prenderò una polmonite sarà solo colpa tua e dovrai assumerti le tue responsabilità accudendomi per il resto della vita!››.
Mi scappò una risata.
‹‹Scemo, non si prende la polmonite ad agosto! Fa troppo caldo!›› controbattei lanciandogli appresso l’asciugamano, ma Kisshu era già svanito nella notte.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Eccoci qui con un nuovo capitolo! Finora mi ero concentrata sulle stranezze degli umani agli occhi di Kisshu, ma come vivono gli alieni? Non ci sono molte informazioni, quindi ecco come me li sono immaginati io! Spero vi sia piaciuto e che non abbiate trovato troppo drammatica la sottrazione dei bambini dai genitori.
Grazie per aver letto fin qui e un grazie al quadrato per chi vorrà spendere un po’ del suo tempo per lasciarmi la sua opinione!
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 8
*** The journey might be long but don't lose your faith ***


The journey might be long but don't lose your faith
-Kisshu –
 
 
Attraverso la finestra aperta vedevo quel profilo elegante e altero, eccessivamente affascinante circondato da fluenti capelli violacei che mi avviluppavano i sensi e i pensieri. Mew Zakuro era la nuova scocciatura del gruppo, vi era entrata con riluttanza e questa sua inclinazione per la solitudine la rendeva interessante ai miei occhi. No, in realtà più che interessante la trovavo familiare, una specie di Pai al femminile: seria, matura, distante ma presente per le persone a cui teneva, si capiva dai sorrisi condiscendenti che concedeva alle sue compagne riunite con lei in una stanza della grande villa di quell’antipatico passerotto blu tutto frenetico e altezzoso (Mew Minto era il suo nome? Non ricordavo, non aveva nessuna importanza per me). Le avevo sentite ripetere le parole “festeggiamo” e “pigiama party” fino a farmi sanguinare le orecchie mentre ridacchiavano, condividevano dolcetti e si lanciavano frecciatine punzecchiandosi a vicenda su quello o l’altro argomento.
All’improvviso la mia visuale fu attraversata da un’ombra nuova, un lampo rosso che mi bruciava gli occhi e il cuore, facendo scivolare la mia mano verso i pantaloni improvvisamente troppo stretti.
‹‹E così uscirai con Masaya tra qualche giorno?›› chiese quella con gli occhiali.
‹‹No, cioè forse si…›› la voce di Ichigo era acuta ‹‹volevo chiedergli un appuntamento, in effetti››.
‹‹Non capisco cosa ci trovi in quel morettino›› aveva ribattuto la biondina. Mi stava già simpatica la scimmietta, era poco più di una bambina, avrà avuto la stessa età di Taruto e, in effetti, la sua energia me lo ricordava molto. Era bello che la mia micetta avesse acquisito una sorella maggiore e una minore così simili alla mia famiglia.
‹‹Beh è bello, gentile, bravo a scuola…›› l’elenco era certamente più lungo di quanto fosse realmente necessario dato che ogni parola aggiunta era un sinonimo o una caratteristica riconducibile a queste tre riportate.
‹‹Io lo trovo noioso›› esclamò la ragazzina scatenando la furia di Ichigo che sbraitava improperi lanciandole una raffica di cuscini destinati a schiantarsi rovinosamente contro le pareti mancando il bersaglio: uno finì addirittura fuori dalla finestra atterrando ai piedi dell’albero su cui ero appollaiato.
‹‹Adesso vai a prenderlo›› intervenne la padrona di casa indicando l’uscita che la rossa fu costretta ad imboccare per rimediare alla sua mira fallace.
Ricomparve nel giardino qualche minuto dopo scrutando l’ambiente circostante alla ricerca del morbido oggetto che mi ero già premurato di recuperare. Glielo lanciai mentre era di spalle imprimendo abbastanza forza da farla barcollare.
‹‹Vengo in pace, micetta›› proferii materializzandomi davanti a lei e cingendole la vita.
Mi spinse via con mala grazia e, sebbene non mi aspettassi nulla di diverso, sentii comunque uno strattone al cuore, come un cerotto strappato con troppa foga che invece di donarti sollievo ti procura nuovo dolore.
‹‹Kisshu vattene›› mi ordinò in un sussurro ‹‹ci sono tutte, davvero, se non vuoi cacciarti nei guai…››.
‹‹Guai è il mio secondo nome›› ribattei.
‹‹Stavolta no›› mi conduceva al riparo degli alberi, facendomi indietreggiare lentamente con le mani delicatamente appoggiate sul mio petto ‹‹Mew Zakuro è forte››.
‹‹Non ho mica paura io›› ringhiai afferrandole le spalle.
‹‹Non hai… non hai nemmeno un chimero›› balbettava ‹‹ti faremmo a pezzi››.
‹‹Vieni via con me›› era l’ennesimo invito che le facevo e non mi stupii quando la vidi scuotere la testa, però sentii lo stesso una fitta al cuore. Quando mi stancherò di ricevere pali in fronte? mi chiesi.
‹‹Kisshu›› il suo tono era fermo e non ammetteva repliche ‹‹va’ via››.
Una folata di vento inaspettata ci avvolse, stormendo le chiome degli alberi e percuotendo le foglie che cadevano intorno a noi come neve estiva. Amai quel vento che, malvagio, cercava di strappare la leggera camicia da notte color ciliegia che mi negava la vista del suo corpo scosso da brividi di freddo. I capelli turbinavano impazziti mentre le sue mani correvano ai lembi della gonna per non farla alzare. Mi bastò fare un passo a destra per ripararla dalla raffica impetuosa che si estinse poco dopo, improvvisa come era arrivata, lasciandoci stretti in un abbraccio nato dal desiderio di proteggerla.
Appena se ne rese conto Ichigo lo sciolse bruscamente allontanandosi da me e avviandosi verso la villa.
‹‹Ichigo›› la richiamai.
‹‹Stanotte no ›› dichiarò solenne mentre raccoglieva il cuscino.
Un altro rifiuto, uno dei tanti, uno nuovo che si aggiungeva ad una lista già sostanziosa.
Sulla soglia di casa si voltò e appena prima di sparire tra le mura spesse mi lasciò con le parole: ‹‹Parleremo la prossima volta››.
La prossima volta.
Prossima.
Non era finita così, tra tutti i rifiuti che mi sputava, ringhiava, espelleva, vomitava addosso, fragile ma reale, mi aveva anche donato la speranza.
Sorrisi capendo che anche se il viaggio per la conquista del suo cuore poteva essere lungo, non avrei dovuto perdere la fede.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: spero che questo capitolo sia decoroso e che riesca a trasmettere la tenacia e la caparbietà di Kisshu: colui che, ricevendo una sfilza di pali in fronte, due di picche, secchiate di merda, comunque non si arrende.
Kisshu l’incrollabile, forse questo capitolo doveva chiamarsi “Unbroken” eppure questo verso della canzone “Empress” di Gentleman (per la quale devo ringraziare Kim_sunshine e la sua magnifica storia “Samuele”, non l’avrei mai scoperta altrimenti!) mi sembrava più appropriato, dato sono convinta che una tale perseveranza debba provenire da una fede smisurata, anche se il viaggio potrebbe essere lungo.
Grazie a tutti voi che recensite, siete un validissimo sostegno per me e aspetto i vostri graditissimi commenti!
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 9
*** Five centimeters per second ***


Five centimeters per second
-Ichigo -
 
‹‹È un bel ricordo, perché vuoi rovinarlo?›› gli chiesi.
Le stelle illuminavano freddamente i petali rosa sparsi a terra tutti intorno a me. Il piano degli alieni di intossicare gli abitanti di Tokyo utilizzando il polline dei ciliegi fioriti fuori stagione nel parco cittadino era stato appena scongiurato da me e dalle altre Mewmew purtroppo però, degli alberi non era rimasto niente fuorché rami spogli e rinsecchiti come scheletri danzanti nella brezza autunnale.
Quello stesso pomeriggio Masaya mi aveva portato a vederli nel loro splendore e mi aveva spiegato che la fioritura di quelle piante era di ben sei mesi in anticipo rispetto il loro ritmo biologico: sarebbero dovute sbocciare a marzo, non a settembre. Aoyama-kun sapeva un sacco di cose riguardanti la natura ed era un piacere ascoltarlo, era così interessante e faceva sempre riflessioni profonde, niente a che vedere con quello stupido alieno che avevo davanti agli occhi capace solo di sciupare e distruggere tutto quello che toccava.
‹‹Dimmi perché›› ribadii.
‹‹A causa tua il mio piano è fallito anche oggi›› si lamentò Kisshu stiracchiando le braccia dietro la nuca ‹‹pazienza, almeno ho avuto un’occasione per vederti, micetta››.
‹‹Guarda cos’hai fatto›› soffiai chinandomi per raccogliere un petalo, era ancora soffice tra le mie dita ma presto sarebbe appassito. È tutto così effimero.
‹‹Micetta, erano solo fiori, ricresceranno›› si giustificò abbozzando una risatina imbarazzata, probabilmente provocata dal mio prolungato silenzio.
‹‹Vattene›› gli ordinai infine, sentivo la bile inacidita dalla rabbia ribollire nel mio stomaco ‹‹hai rovinato tutto, non hai rispetto per niente! Non sai niente!››. Non dubitavo che un giorno o l’altro sarebbero stati prodotti nuovi boccioli, ma Kisshu aveva appena cancellato la fonte di tutti i dolci ricordi legati all’appuntamento con Aoyama-kun.
‹‹Cinque centimetri al secondo›› proferì schiudendo appena le labbra.
‹‹Cosa?›› alzai il volto guardandolo in viso, stupita per la sua nuova uscita apparentemente senza senso.
‹‹La velocità con cui cadono i fiori di ciliegio è di cinque centimetri al secondo›› ripeté ‹‹scommetto che questo non lo sapevi››.
‹‹No›› ammisi. Ero stupita: questa informazione me la sarei aspettata da Masaya, non da lui.
Kisshu è sorprendente pensai e, mio malgrado, mi scappò un sorriso ma mi ricomposi subito, del resto la sua dimostrazione di sensibilità non cancellava di certo il pasticcio che aveva combinato.
‹‹E questo disastro?›› chiesi indicando il ciliegio spoglio e il tappe rosa sotto i miei piedi. La mia voce era uscita fin più aspra di quanto avessi voluto realmente ma lui sembrò ignorare il tono aggressivo.
‹‹Sei proprio una scocciatura›› sospirò avanzando verso di me e scostandomi delicatamente con una mano per raggiungere il ruvido tronco alle mie spalle.
Evocò i sai e, stringendoli saldamente, li conficcò nella corteccia dura. ‹‹Chiudi gli occhi, micetta›› ammiccò, un guizzo divertito nelle iridi dorate.
Si o no? Che faccio? Mi fido?
‹‹Fidati›› un sorriso sornione comparve sul suo volto.
Come fa a leggermi nella mente?
Serrai le palpebre con i sensi tesi pronta ad evocare la mia arma in caso di necessità. Attesi respirando profondamente ma non riuscii a trattenermi più di qualche secondo prima di sbirciare: la visione che mi si aprì davanti fu Kisshu aggrappato alle sue armi, concentrato, con gli occhi chiusi, immobile. Solo qualche ciocca di capelli oscillava nell’aria notturna.
Poi, all’improvviso, il miracolo: piccoli rigonfiamenti cotonosi comparvero dal legno scuro che, lentamente, presero ad ingrossarsi ed aprirsi producendo prima boccioli rosati e dopo petali vaporosi originando un’anacronistica primavera. Tutta la chioma si coprì di fiori teneri e profumati.
Rimasi senza parole, il fiato denso premeva nei polmoni impaziente di uscire insieme a strepiti di gioia e stupore.
‹‹Contenta?›› la voce di Kisshu mi riportò alla realtà.
Annuii mostrandogli quello che si definisce letteralmente un sorriso a trentadue denti, del resto quell’alieno arrogante non era affatto male quando non cercava di distruggere la Terra.
Lo vidi barcollare.
‹‹Che succede?›› chiesi balzandogli vicino.
Notai solo in quel momento che era più pallido del solito e che aveva la fronte imperlata di goccioline di sudore. Si appoggiò con la schiena all’albero, riprese i lunghi pugnali e li fece li scomparire prima di sedersi a terra scivolando lungo il profilo rugoso della corteccia. Anche io mi accucciai al suo fianco. Per far tornare il ciliegio al suo splendore originale aveva speso gran parte della sua energia.
‹‹Sto bene, non sono mica un pappamolla come quell’ameba a cui corri regolarmente dietro›› si vantò, spavaldo come suo solito.
Finsi di non aver sentito la sua frecciatina: ‹‹Posso fare qualcosa per te?››.
‹‹Mi penserai la prossima volta che guarderai questi fiori?›› improvvisò lanciandomi un’occhiata in tralice.
Capire il significato del suo gesto fu una sferzata dritta al cuore… se avesse potuto anche Masaya avrebbe restituito la vitalità alla pianta e l’avrebbe fatto per il bene della Natura stessa, Kisshu, invece, l’aveva fatto per me.
Alzai lo sguardo verso il baldacchino di petali rosa che ci sovrastava e rimasi a contemplarlo cercando di rammentare il pomeriggio passato con Aoyama-kun, mentre un nuovo ricordo si faceva spazio prepotente sovrapponendosi a quello vecchio: non avrei voluto, ma da quel momento in avanti vedendo un ciliegio avrei sicuramente pensato a Kisshu.
Si staccò un fiore che pigramente prese a cadere in ampie volute.
Cinque centimetri al secondo affiorò nella mia mente.
Tornai a guardare l’alieno che si sporgeva verso di me. Lo vedevo a rallentatore, sempre più vicino.
Cinque centimetri al secondo: la velocità con cui Kisshu mi regala un bacio.
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Eccomi qui! Speravate di esservi liberati di me! E invece no, ritorno con un nuovo capitolo dopo essere sopravvissuta agli esami. Ovviamente spero vi sia piaciuto, avevo tante idee per questo capitolo sui fiori di ciliegio e ci ho messo un po’ per scegliere quale perseguire, mi auguro di avere intrapreso la strada giusta! Vi domanderete come faccio sa sapere con che velocità cadono i fuori di ciliegio?! Ebbene la risposta è in uno splendido manga che vi consiglio e che si intitola “Cinque centimetri al secondo” appunto!
Ogni domanda, critica, considerazione è ben accetto e spero vogliate lasciarmi le vostre impressioni!!
Grazie a tutti voi splendidi lettori e ancora più grazie a chi recensisce (forse non lo sapete ma siete un sostegno fondamentale in questa impresa)!
Un bacio,
Eirynij

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Capitolo 10
*** I wish I had an angel ***


I wish I had an angel
- Kisshu -
 
Deep into a dying day
I took a step outside an innocent heart
Prepare to hate me fall when I may
This night will hurt you like never before
 
Tling. Tling.
Quanto mi irritava quel campanello, sentire quel tintinnio era come mangiare schegge di vetro che lentamente penetravano nelle budella per ricordarmi che la mia micetta era stata addomesticata da un’ameba.
Con un chimero dalla forma di protozoo gigante avevo attaccato il morettino scatenando gli urli concitati di Ichigo che continuava a ripetere ‹‹Masaya, Masaya›› con il terrore negli occhi mentre cercava di liberarlo dalla sostanza gelatinosa che pian piano lo stava soffocando. Ridevo mentre il suo respiro si spezzava. Poi era svenuto, lei aveva fatto la trasformazione Mew, io ero stato scacciato e lui, dopo averla rincorsa, le aveva messo attorno al collo quel nastro rosso a farle da collare.
Mi tirai un orecchio per la frustrazione.
‹‹Diventerai un asino›› si era affacciata alla finestra abbozzando un sorriso.
‹‹Tutta colpa di quel coso›› puntai un dito verso il campanello che luccicava agli ultimi raggi del sole dietro le mie spalle ‹‹mi fa venire il mal di testa››.
‹‹È un regalo›› mi comunicò, come se non lo sapessi già.
‹‹Mi fai entrare o rimango qui a beccarmi l’umido?›› soffiai spazientito.
L’estate stava morendo nel vento settembrino insieme alle mie speranze di avere Ichigo solo per me.
Per questo volevo ferirla, se non potevo averla io allora nessuno.
 
Old loves they die hard
Old lies they die harder
 
‹‹Non ti ho perdonato per quello che hai fatto ad Aoyama-kun›› proferì scostandosi leggermente facendo ondeggiare le tendine rosa ‹‹però so che non l’avresti mai ucciso, quindi accomodati pure››.
La fissai intensamente, socchiudendo gli occhi in due fessure, valutandola, stupito per la sua ingenuità: ovviamente l’avrei ammazzato liberando la Terra della sua orrenda faccia e dalla sua falsa bontà e sarei stato pure felice, quindi non riuscivo proprio a capacitarmi del motivo per cui fosse convinta del contrario.
‹‹Masya è buono e gentile, per questo io lo…›› arrossì violentemente abbassando lo sguardo mentre accarezzava con l’indice il nastrino rosso sul suo collo pallido.
Fui afferrato da un misto di emozioni indescrivibile: dispiacere, invidia, gelosia e infine rabbia.
Evocai i sai.
 
I wish I had an angel
For one moment of love
I wish I had your angel
Your Virgin Mary undone
I'm in love with my lust
Burning angel wings to dust
I wish I had your angel tonight
 
Le puntai contro la lama affilata segnandole la guancia con un taglio leggero da cui colò pigramente un rivolo di sangue.
Balzò indietro mentre estraeva il ciondolo per la trasformazione regalandogli un bacio leggero. ‹‹Angelo protettore della Terra custode, mew›› afferrò la sua arma scagliandosi su di me con una forza inaudita e schiantandomi contro il tetto sotto di noi. Le tegole s’infransero contro le mie scapole mentre i sai mi sfuggirono di mano rotolando lontano, uno dei due cadde inesorabile conficcandosi nel selciato secco che circondava casa Momomya.
‹‹Sei impazzito?›› esclamò abbandonando accanto a sé il cuore rosa con il quale scagliava i suoi attacchi in battaglia. Dopo un fremito le dita si avvinghiarono alle mie spalle con le unghie che penetravano insistenti nella carne dopo aver perforato la stoffa della maglietta. Avrebbe dovuto essere doloroso invece non riuscii a trattenere un sorriso godendo di quella stretta micidiale che non mi lasciava scampo.
 
I'm going down so frail 'n cruel
Drunken disguise changes all the rules
 
‹‹Idiota! Imbecille! Brutto… brutto…›› ogni insulto era seguito da uno strattone e una scossa volta a battere ritmicamente la mia testa contro il laterizio spigoloso. Trattenni una smorfia sofferente.
Lasciò la presa. ‹‹Hai rovinato tutto›› urlò alzandosi con uno scatto ‹‹e pensare che io… io stavo iniziando… che stupida sono stata››.
Il volto paonazzo sembrava una bomba pronta ad esplodere, infatti, dopo un respiro strozzato e un singhiozzo, scoppiò a piangere. Le lacrime che cercava di cancellare rabbiosamente con il dorso della mano le rigavano le guance lasciando scie salate brillanti alla luce delle prime stelle che, lontane e insensibili, spuntavano nella volta celeste.
‹‹Tu?›› la invitai a proseguire mentre mi alzavo con fatica aggiustandomi gli indumenti.
Scosse la testa come per scacciare un pensiero, le posai una mano sulla spalla.
‹‹Stavo iniziando a fidarmi di te›› soffiò mordendosi il labbro.
 
Old loves they die hard
Old lies they die harder
 
Merda. Che ero troppo avventato e irascibile me l’avevano detto spesso ma non me n’era mai fregato molto però, stavolta, fui davvero attanagliato dalla paura di aver rovinato quello che cercavo di costruire da mesi visitandola regolarmente dopo le battaglie. Boccheggiai cercando qualcosa da dire.
‹‹Vieni via con me›› le proposi ‹‹facciamo finta che questo non sia successo››.
‹‹No›› inspirò impetuosamente cercando di bloccare la secrezione di muco biancastro dal naso.
‹‹Io non ti avrei fatto davvero del male›› le assicurai. Era vero, non sarei stato in grado di vendicarmi su di lei per la sofferenza che mi causava.
Mi fissò in cerca di qualcosa che le facesse credere alle mie parole. ‹‹Non avresti ucciso nemmeno Aoyama-kun, vero?›› mi chiese.
‹‹No›› mentii. Era la più grande bugia che avessi mai detto ma non volevo perderla, non ero abbastanza maturo per lasciarla andare.
Rise quasi con sollievo asciugandosi le ultime lacrime: ‹‹Lo sapevo››.
 
I wish I had an angel
For one moment of love
I wish I had your angel
Your Virgin Mary undone
I'm in love with my lust
Burning angel wings to dust
I wish I had your angel tonight
 
La volevo solo per me, per un momento d’amore, era il mio angelo e io bruciavo di desiderio. Mi avvicinai, il sole era scomparso e, nella notte senza luna, riuscivo a distinguere solo la sua ombra tornata allo stato umano e coperta dal pigiama troppo leggero per l’inizio dell’autunno. Col buio non vedevo la fascia attorno al suo collo né l’orribile campanello. Non muoverti, non farlo trillare pregai.
 
Greatest thrill
Not to kill
But to have the prize of the night
Hypocrite
Wannabe friend
13th disciple who betrayed me for nothing
 
‹‹Quindi è sistemato tra noi?›› domandai titubante avvolgendole un braccio intorno alle spalle per tenerla al caldo.
Annuì. ‹‹Credo che io e te possiamo essere amici, va bene?›› si accostò un po’ più contro il mio fianco riparandosi meglio dall’umidità.
Si. Dovevo solo dire una singola sillaba per avere il permesso di tornare da lei tutte le volte che desideravo.
Ipocrita.
 
Last dance, first kiss
Your touch my bliss
Beauty always comes with dark thoughts
 
‹‹No›› rifiutai un’altra bugia. ‹‹Non posso essere tuo amico››.
La strinsi appoggiando il mento sui suoi capelli rossi. ‹‹Però ti chiedo di fidarti ancora di me›› sussurrai.
‹‹Perché…›› si scostò per vedermi in viso.
Repentino mi chinai su di lei a rubarle un bacio. Aveva le labbra inumidite dal pianto e dal muco che si appiccicò anche sulle mie. Non mi rifiutò spingendomi via come mi sarei aspettato, forse l’avevo colta di sorpresa. Ripetei l’operazione senza lasciarle il tempo per riflettere, stavolta indugiando un po’ più a lungo sperando che la sua bocca si schiudesse al tocco della mia lingua.
Desiderio bruciante, il suo rifiuto mancato mi faceva ribollire il sangue, volevo rapirla, trascinarla con me piacente o nolente: un pensiero oscuro nato dalla bellezza del momento.
‹‹Aspetta. Io… Masaya…›› sussurrò riscuotendosi.
 
I wish I had an angel
For one moment of love
I wish I had your angel
Your Virgin Mary undone
I'm in love with my lust
Burning angel wings to dust
I wish I had your angel tonight
 
Masaya. L’unico uomo che invidiai in tutta la mia vita.
Mi allontanai e saltai nel vortice che mi avrebbe condotto alla base aliena già rimpiangendo di non averla trascinata insieme a me.
Avrei voluto avere il tuo angelo questa notte, Masaya pensai frustrato.
Ma, mentre ero nel buio del passaggio, la voce della micetta mi raggiunse con un impeto di aspettativa: ‹‹Kisshu, mi fido››.
No, Masaya, Ichigo non sarà tua per sempre sorrisi felice.
 
I wish I had an angel
 
 
 
 
Angolo dell’autrice: Ebbene si, sono tornata dopo secoli… non mi dilungherò in giustificazioni né in spiegazioni inutili. Affido ai vostri commenti questo capitolo, sinceramente non so se esserne soddisfatta o no… le emozioni che volevo trasmettere stavolta erano complicate, ditemi voi cosa avete capito ahahah. Ringrazio tutti quello che leggono, seguono e recensiscono: ogni vostro commento (anche negativo eh!) mi rende una signorina contenta e desiderosa di migliorare. Piccolo spoiler: il prossimo capitolo sarà più allegro e divertente! Niente depressione imminente, promesso.
Stavo dimenticando: la canzone stavolta è “I wish I had an angel” dei Nightwish.
Un bacio,
Eirynij
 

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Capitolo 11
*** Guess Who's Coming to Dinner ***


Guess Who's Coming to Dinner
-Ichigo-
 
La sentii traballare nella confezione di cartone e sperai che non si rovinasse troppo col trasporto. Potevo sentire perfettamente il delizioso profumo delle fragole fresche trapelare dalle sottilissime fessure laterali risvegliando con sommessi brontolii il mio stomaco vuoto.
Tuttavia, sebbene avessi una splendida torta tra le mani fatta da Keiichiro in persona, non ero del mio solito buon umore, al contrario mi sentivo triste: avevo scoperto solo poche ore prime che non tutti gli amori trovano il loro lieto fine.
Quando Kei conobbe la sua ragazza, Rei, erano molto giovani, si innamorarono perdutamente ma lui la lasciò per continuare le sue ricerche aprendo una ferita sanguinante che col tempo, invece di rimarginarsi, si è infettata a tal punto che, ritrovandosi dopo anni dalla loro separazione, non sono riusciti a riavvicinarsi nemmeno con l’aiuto di noi Mew. Comunque Kei ci ha regalato una torta a testa per la nostra “buona volontà”, come l’ha definita lui.
Frugai nella tasca dello zainetto in cerca delle chiavi. ‹‹Eccomi›› urlai mentre mi cavavo le scarpe in ingresso ma nessuno mi rispose ‹‹mamma, papà?››. La casa era immersa nel buio e nel silenzio. Raggiunsi a tentoni la cucina e accesi la luce, non senza aver prima inciampato in almeno un paio di mobili del corridoio procurandomi sicuramente qualche ematoma e un pulsante dolore al piede destro. Sul tavolo di legno campeggiavano solitari un bigliettino dove mia mamma mi ricordava che erano andati a una serata di beneficenza organizzata dall’azienda di papà e un paio di banconote per procacciarmi il cibo.
Sentii picchiare al vetro della finestra e, nel buio della sera, vidi perfettamente i suoi occhi dorati. Alzai un po’ la tapparella e aprii per permettergli di entrare.
‹‹Tu non lo immagini, ma questa abitazione è dotata anche di una porta›› lo punzecchiai sarcastica.
‹‹Sarebbe troppo banale, micetta›› rispose lui sfoderando un sorrisetto sornione ‹‹e io non lo sono affatto››.
Sospirai convinta che iniziare una discussione non servisse proprio a nulla. ‹‹Stavo per cenare, tu hai fame?›› gli chiesi sperando che mi dicesse di sì, odiavo mangiare da sola.
‹‹Cosa mi offri?›› rispose distratto, stava esplorando la mia cucina osservando ogni singolo oggetto in vista soppesandolo e valutandolo.
‹‹Pollo da asporto?›› proposi inforcando il telefono pronta a digitare il numero del ristorante lontano solo qualche isolato.
Non ottenni alcun genere di assenso, Kisshu si era incantato davanti la piccola libreria accanto il frigorifero. Lo vidi scorrere le dita sottili sulle copertine, leggere come se stesse accarezzando un bene prezioso, afferrò un tomo e lo sfogliò fino a trovare una pagina sufficientemente interessante per i suoi gusti selettivi.
‹‹Che ne dici di questo?›› teneva il ricettario aperto mostrandomi le immagini patinate di gustose pietanze.
‹‹Metti giù›› gli intimai allarmata ‹‹quel libro è sacro, non si può toccare. La mamma lo comprò in Italia durante il viaggio di nozze con papà››. Era il tesoro di mia madre, qualcosa che andava oltre la mia comprensione anche perché il volume era interamente scritto in lingua straniera e nessuno in famiglia la capiva. Da bambina mi sarebbe piaciuto sfogliarne i segreti, mangiando con gli occhi quelle prelibatezze ma mi era proibito anche solo avvicinarlo.
‹‹Dai, micetta, questa cosa è molto meglio del pollo fritto›› cercò di persuadermi.
‹‹Io non so cucinare›› ammisi immediatamente ‹‹anzi non so nemmeno leggere l’italiano››.
‹‹Per tua fortuna qui hai un esperto di entrambe le cose›› con gesti rapidi aprì il frigorifero per estrapolare gli ingredienti disponendoli ordinatamente sul piano cottura, poi frugò nell’antino sotto i fornelli accaparrandosi una pentola profonda e una padella.
‹‹Tu?›› lo osservai accigliata ‹‹e allora dimmi, genio, come si legge il nome del piatto che vorresti preparare››.
Si avvicinò con rapide falcate, io mi ero nel frattempo accasciata su una sedia e si chinò su di me fino quasi a sfiorare il suo naso col mio. Sentivo il suo respiro caldo sulle mie labbra.
‹‹A-m-a-t-r-i-c-i-a-n-a›› sillabò lentamente. Con un colpo secco del polso sfilò il grembiule appoggiato alla spalliera dietro la mia schiena e se lo legò in vita mentre tornava ai fornelli.
‹‹Come è possibile?›› ormai si erano dissolti i miei sospetti che stesse bluffando.
‹‹Secondo te›› iniziò a spiegare con tono leggermente piccato ‹‹siete stati voi umani a inventare la parola o la scrittura?››. Tritò finemente la cipolla e accese il fornello. ‹‹No, cara micetta›› riprese mentre versava un goccio d’olio nella padella e riempiva la pentola d’acqua ‹‹voi terrestri le avete ereditate dal mio popolo. Qualsiasi lingua sulla Terra deriva dalla mia lingua, quindi io riesco a decifrare e comprendere ogni singola sillaba che voi pronunciate››.
‹‹Incredibile…›› sussurrai stupefatta. Nei libri di scuola non c’era nulla sugli alieni che hanno colonizzato questo pianeta prima di noi, ogni invenzione veniva attribuita alla mia razza e più scoprivo che le cose non stavano così e più lo trovavo ingiusto nei confronti di Kisshu e del suo popolo.
‹‹Merda›› si lamentò mentre aggiungeva della pancetta a cubetti facendola dorare ‹‹la ricetta dice guanciale ma mi toccherà modificarla sul momento in base a quello che passa il convento››.
Era un insulto? Non mi diede il tempo per rifletterci perché aggiunse improvvisamente illuminato da un dubbio: ‹‹Voi la pasta ce l’avete da qualche parte?››.
‹‹No›› mi morsi il labbro titubante sulle conseguenze di questa mancanza.
‹‹Valla a comprare›› ordinò.
‹‹Ma…›› cercai di protestare, ero davvero stanca e di uscire proprio non mi andava.
‹‹Sono soldi quelli no?›› indicò le banconote sul tavolo in bella vista ‹‹allora vai a prendere gli spaghetti››. Si voltò a guardarmi con le sopracciglia alzate: ‹‹Forza!››.
Avrei voluto ribattere e mandarlo al suo pianeta ma il mio corpo, rispondendo a quel comando esterno invece che alla mia volontà, si era già diretto verso il combini vicino a casa.
Quando tornai dalla breve spesa (un pacchetto di pasta italiana di grano duro costata un patrimonio) appena entrata, già nell’atrio, fui immersa nel profumo pieno e stuzzicante della cucina di Kisshu.
Corsi in cucina scivolando con le calze sul parquet: sul tavolo erano comparse le stoviglie mentre nella padella si era aggiunta alla pancetta della densa passata di pomodoro dal colore rosso vivo. Sembrava la fonte di un’antica e segreta magia mentre l’alieno girava e affondava il mescolo rivelando nuovi bagliori vermigli. Mi sfilò gli spaghetti dalle mani dandomi un buffetto sui capelli: ‹‹Bava, micetta!››.
Poi mi indicò di sedermi e attesi che fosse pronta la pietanza. Kisshu si muoveva rapidamente ma con sicurezza abbandonando un utensile per afferrare il successivo. Era un po’ più basso di Masaya, un paio di centimetri, non di più, e forse leggermente più snello ma con le spalle ugualmente larghe e squadrate forse fin più forti di quelle di Aoyama-kun e davano risalto alle orecchie appuntite. Le trovavo simpatiche mentre comparivano sbarazzine dai capelli verdi. È affascinante…
Kisshu si voltò portando la padella contenente una voluminosa montagna di pasta e la distribuì nei piatti, poi si sedette. Era deliziosa, saporita, succosa, non avevo davvero parole per descriverla.
‹‹Sei davvero un bravissimo cuoco›› mi congratulai meravigliata.
Accettò il complimento con un sorriso ribattendo subito: ‹‹Un altro motivo per venire via con me››.
Sbuffai ridacchiando per la sua insistenza e mi avventai sull’amatriciana spazzolandola tutta in un attimo, ungendomi tutto il mento e pitturandomi una coppia di grossi baffi con il sugo. Quando riemersi con la testa dal piatto trovai Kisshu intento a fissarmi divertito.
Mi vergognai di me stessa per la totale mancanza di finezza e cercai subito un tovagliolo per pulirmi offrendogli la torta come distrazione.
Scoppiò a ridere di gusto ‹‹Sei uno spasso micetta, dai caccia qui la torta››.
Era un cilindretto piccolo e perfetto ricoperto di panna, fragole e una spolveratina di cacao e mangiammo direttamente dal porta-torta di cartone sbragato. Le forchette infilzavano il pan di spagna rapidamente, scontrandosi con allegri tintinnii per rubarsi vicendevolmente le fragole fino a lasciare solo l’ultima. Kisshu la catturò immediatamente.
‹‹Quella la volevo io…›› lamentai.
‹‹Ma se questo dolce è orribile…›› ribatté malizioso.
Bugiardo patentato. Aprii la bocca per ribattere adeguatamente ma subito mi ritrovai con la sua forchetta ricolma della torta e della fragola della discordia che mi premeva sulle labbra prepotente.
‹‹Mi sto scarificando per te›› sussurrò imboccandomi ‹‹prima o poi ricordatelo››.
Non potrò mia scordare questa cena.
 
 
 
Angolo dell’autrice: Eccomi qui con un nuovo capitolo, spero che vi sia piaciuto e che vi abbia messo addosso un po’ di allegria come l’ha fatto con me. Immaginare un Kisshu che cucina… lo trovo molto attraente, e voi cosa ne dite?! Ringrazio tutti coloro che seguono questa storia e anche chi passa solo per una lettura veloce, un grazie super speciale va a chi utilizza un po’ del suo tempo per lasciarmi la sua opinione!
Un bacio,
Eirynij

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