Eccomi qui con un’altra fan-fic.
Stavolta la storia, i personaggi e le ambientazioni sono tutte frutto della mia
(assurda) fantasia. Nonostante i toni di questo mio nuovo racconto siano un po’
più drammatici rispetto a “A Story of Light and Darkness” spero comunque che vi possa piacere. Perciò
auguro a tutti una buona lettura e soprattutto vi invito a lasciare i vostri
commenti per dirmi cosa ne pensate di questo mio ultimo capolavoro (nel senso
letterale di “lavoro fatto con la testa” ovviamente XD)
File 01 =
Armor
“S....ti....Sve...ati....Svegliati...”
“Chi
sei?”
“Apri gli
occhi...”
“Dove
sono?”
“Non
temere...”
“Chi...sono...io?”
“Alzati e
vedrai...”
Ecco
detti ascolto a quella voce, ma ciò che vidi aprendo gli occhi non mi piacque
affatto. Una stanza scura, fredda, piena di macchinari. Il mio corpo chiuso
all’interno di un’urna di vetro. Intorno a me solo oscurità....e una luce
debole sopra la mia testa. Smarrita, svuotata di ogni energia, la mia mente
prigioniera dell’oblio. Mi sembrò di essermi risvegliata dopo secoli...o forse
per la prima volta.
“Benvenuta
nel mondo mia cara.”
Era quella
voce, la stessa che mi aveva ridestato, e proveniva dall’oscurità che mi
circondava. Provai a girare lo sguardo, ma non riuscii a vedere nulla.
“Non
preoccuparti se ancora la tua vista non funziona, presto i tuoi occhi si
abitueranno, così come il tuo corpo.”
Fu allora
che iniziai a distinguere delle forme. Un’ombra si ergeva vicino all’urna.
Ben
presto fui capace di distinguerne i contorni e i particolari. Era un uomo,
alto, con i capelli argentati, la barba e gli occhiali e mi stava fissando con
sguardo compiaciuto.
“Adesso
va meglio, non è vero?”
Feci un cenno
con la testa. Non avevo la forza né la voglia per parlare.
“Bene, ora
vediamo come te la cavi con i movimenti”
Si girò e
premette un pulsante da un monitor che si trovava proprio alle sue spalle. Di
colpo il vetro che avevo davanti si aprì in due e io mi ritrovai libera da
quell’urna che mi teneva prigioniera. Sentii l’aria esterna entrarmi nel naso e
scendere fin dentro i polmoni. Era un’aria fredda, che odorava di metallo e
sostanze chimiche. Ma io ancora non potevo saperlo, per tanto, non appena
percepii che era un’aria diversa da quella che avevo respirato fino a quei
primi istanti, provai un senso di sollievo.
“Coraggio,
prova ad alzarti.”
Per
quanto desiderassi farlo, non riuscivo a
produrre il ben che minimo movimento. Cercai di richiamare gli arti con tutte
le mie forze, ma il mio corpo non ne voleva sapere.
“Ancora
non ce la fai, eh? Con questo però non dovresti avere più problemi.”
Inizialmente
non capii cosa volesse dire, ma quando estrasse un lunga siringa piena di uno
strano liquido violastro intuii all’istante il senso della sua frase. Avrei
voluto scappare ma la mia stupida paralisi non me lo permetteva. “Non avere
paura, sentirai solo un lieve prurito.” E mentre diceva così infilò quella
gelida punta di metallo all’interno del mio braccio destro. Sentii ogni singolo
millimetro che quell’ ago percorreva nella mia vena e poi il liquido cominciò a
diffondersi nel corpo. Fu come se un fuoco fosse divampato al mio interno, ogni
cosa dentro di me stava come bruciando. Ben presto questa sensazione si espanse
e il dolore crebbe talmente tanto da farmi arrivare alle lacrime. Intanto
vedevo l’uomo che mi stava accanto ridere di gusto. “Ah, ah, ah forse avrei
dovuto avvisarti...l’ago ti avrebbe sì recato un qualche prurito, ma non il
liquido che era racchiuso al suo interno, ah, ah, ah.”
Schifoso bastardo...
Presa da
uno scatto d’ira, non curante del dolore infertomi da quello stramaledettissimo
liquido, riuscii a saltare fuori dall’urna e ad avventarmi contro quell’essere
odioso. Non so come feci a muovermi dato che fino al momento prima ero
paralizzata, sta di fatto che, in pochi secondi, mi ritrovai sopra di lui, con
le dita attorno al suo collo e con un irrefrenabile desiderio di ucciderlo.
Dentro di me sentivo una furia incontrollabile che mi spingeva a stringere
sempre di più la presa.
Evidentemente
quel mio gesto così improvviso, ma soprattutto così rapido, dovette averlo
preso alla sprovvista, perché subito il suo ghigno divertito si trasformò in
una smorfia di dolore. Il suo volto cominciò a diventare vermiglio.
“ B-basta...S-smettila...S-sto soffocando”
“Tsk, se
speri che ascolterò queste tue insulse lamentele ti sbagli di grosso. Sai
improvvisamente mi è venuta una forte voglia di uccidere qualcuno...e credo
proprio che sceglierò te!”
Il suo
sguardo rispecchiava esattamente il sentimento che volevo vedergli in viso:
puro terrore.
Quella
sciocca creatura che aveva avuto il coraggio di prendersi gioco di me ora si
dimenava come un pesce fuori dall’acqua, ma ormai era giunta la sua ora...o
almeno era quello che credevo.
Senza che
potessi rendermene conto, infatti, l’uomo tirò fuori dalla sua tasca un’altra
siringa e me la conficcò dritta, dritta nella gamba. Lì per lì non sentii alcun
effetto, poi mi resi conto che le mie dita stavano allentando pian piano la
loro stretta e il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi.
“Cosa...mi...succede...?”
“Succede
che il tuo corpo sta ritornando esattamente come quando ti sei svegliata. Sai
non credevo che saresti uscita così crudele...vorrà dire che dovrò estrarti il
demone prima del previsto”
Il demone?
“Non penserai mica che io possa far
rimanere una creatura preziosa come te in stato vegetativo per sempre. Ora come
ora sei solo un’ inutile bambola di pezza...”
In
effetti non aveva tutti i torti. Non potevo muovermi né parlare. L’unica cosa
che riuscivo a fare era pensare e osservare.
“Presto
diventerai come gli altri...”
Gli altri? Ma cosa diavolo sta dicendo?
“...speriamo solo che tu non faccia
la loro stessa fine.” E così dicendo
mi sollevò di peso e mi ripose nuovamente nell’urna, la richiuse e poi premette
un altro pulsante dal monitor dietro di lui.
“Adesso
torna al tuo sonno piccola mia e
dimentica ciò che è accaduto. Quando ti risveglierai sarai docile e fedele come
un cagnolino”
Spera
solo che non ti sbrani lurido, schifoso bast...ar...do...
***
“Svegliati,
mia cara, su, apri gli occhi”
Non me lo
feci ripetere due volte. Senza neanche riflettere eseguii subito quell’ordine.
Lì per lì non riuscii a percepire nulla ma poi la voce che mi aveva svegliato
mi parlò di nuovo.
“ Sta
tranquilla, resta dove sei. Fra qualche secondo riuscirai a vedere.”
Incredibile, pensai, questa voce ha proprio ragione.
“Bene, e
adesso continua a stare ferma.”
Rimasi
immobile mentre il vetro che avevo davanti si apriva.
“Ottimo,
adesso ti farò una piccola punturina e poi potrai camminare.”
Camminare? Fantastico, non vedo l’ora...
L’uomo mi
inserì l’ago nel braccio e, nonostante sentissi un dolore lancinante, rimasi
ferma al mio posto aspettando che tutto finisse. Non so per quale ragione ma
sentivo di potermi fidare ciecamente di lui.
“Ecco
fatto, tesoro, ora puoi alzarti. Anzi, già che ci sei, cammina fino a quel muro
laggiù, lo vedi? Lì c’è uno specchio. Vai e guardati.”
Che
bello, ero così eccitata all’idea. Senza fare nessuna fatica mi alzai e subito
corsi verso lo specchio.
Rimasi
incantata da ciò che vidi. Una ragazza alta, snella, con i capelli lunghi e
lisci. Nonostante nella stanza non ci fosse molta luce riuscii a vedere che
avevano una sfumatura rosata. Gli occhi erano grandi, rotondi e marroni.
“Quella...sono
io?”
“Certo
che sei tu.”
Cominciai
a ridere senza un motivo preciso. Provai una grande felicità nel sentirmi dire
che quella ragazza ero io. Avrei voluto rimanere a fissarmi per tutto il tempo.
“Coraggio,
adesso seguimi. Ti porto nella tua stanza.”
“Una
stanza, tutta per me?”
“Certo,
tutta per te.”
Ero al
settimo cielo. Seguii quell’uomo attraverso dei lunghissimi e bui corridoi. Sicuramente
ci trovavamo dentro dei sotterranei perché, durante il tragitto, vidi numerosi
bocchettoni per l’aria.
Alla fine
giungemmo di fronte ad una porta d’acciaio blindata. Occorse un po’ di tempo
per aprirla. Quando entrai vidi che la stanza non era esattamente come l’avevo
immaginata. Uno spazio stretto e angusto, senza vetri o finestre, dove c’era
solamente una brandina arrugginita appoggiata ad uno dei muri. L’unica luce che
vi entrava era quella che passava attraverso le grate dello spioncino sul
portone blindato. Improvvisamente sentii un forte rumore metallico alle mie
spalle. L’uomo mi aveva chiusa dentro.
“Ma
cosa...”
“Ascoltami bene ragazzina, qui dentro IO sono la legge e tu non farai un bel
niente senza un mio ordine, chiaro? Ora, ci sono due regole fondamentali che ti
consiglio caldamente di rispettare: regola numero uno, farai qualsiasi cosa io
ti ordini di fare, regola numero due, ti proibisco categoricamente di fuggire.
Se infrangerai anche solo uno di questi comandi mi vedrò costretto a disfarmi
di te.”
“Ma
signore...”
“Chiamami
Maestro”
“Maestro,
io...” forse in quell’occasione mi sarei dovuta opporre, avrei dovuto gridare
che non era giusto, che era una cosa da pazzi, sarei dovuta fuggire, ma, non
feci nulla di tutto questo “...come desidera mio signore.”
“Così mi
piaci. E adesso dormi, verrò a prenderti domattina, così conoscerai gli altri.”
La sua
figura si stava allontanando dalla mia visuale, ma io sentivo che c’era ancora
qualcosa che dovevo sapere. Corsi verso la grata e urlai “Aspetti Maestro.”
“Cosa
c’è? Ti ho forse dato il permesso di parlare?”
“No,
signore, ma c’è un’ultima cosa che vorrei chiederle”
“E sarebbe?”
“Qual è il mio nome?”
“Un nome, e a cosa ti serve un nome? Sei solo un’ Armor, non hai bisogno di
avere un’identità...mmm...però, adesso che mi ci fai
pensare, forse un codice di catalogazione lo dovresti avere...dunque
vediamo...alfa, beta, gamma....tu , dovresti essere...sigma! Sì, certo, il
modello sigma.”
“Quindi, sigma sarebbe il mio nome?”
“ Consideralo quello che ti pare, a me non interessa” detto questo se ne andò.
L’unico rumore che sentii era quello dei suoi passi lungo il corridoio. E poi
ci fu silenzio. Io mi distesi sulla brandina arrugginita e intanto ripensavo
alle parole del Maestro.
“Sigma...Armor...Che
cos’è...un Armor?”