Tears of blood

di Flapink
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** File 01: Armor ***
Capitolo 2: *** File 02: Amici ***



Capitolo 1
*** File 01: Armor ***


Eccomi qui con un’altra fan-fic. Stavolta la storia, i personaggi e le ambientazioni sono tutte frutto della mia (assurda) fantasia. Nonostante i toni di questo mio nuovo racconto siano un po’ più drammatici rispetto a “A Story of Light and Darkness” spero comunque che vi possa piacere. Perciò auguro a tutti una buona lettura e soprattutto vi invito a lasciare i vostri commenti per dirmi cosa ne pensate di questo mio ultimo capolavoro (nel senso letterale di “lavoro fatto con la testa” ovviamente XD)

 

File 01 = Armor

 

“S....ti....Sve...ati....Svegliati...”

“Chi sei?”

“Apri gli occhi...”

“Dove sono?”

“Non temere...”

“Chi...sono...io?”

“Alzati e vedrai...”

Ecco detti ascolto a quella voce, ma ciò che vidi aprendo gli occhi non mi piacque affatto. Una stanza scura, fredda, piena di macchinari. Il mio corpo chiuso all’interno di un’urna di vetro. Intorno a me solo oscurità....e una luce debole sopra la mia testa. Smarrita, svuotata di ogni energia, la mia mente prigioniera dell’oblio. Mi sembrò di essermi risvegliata dopo secoli...o forse per la prima volta.

“Benvenuta nel mondo mia cara.”

Era quella voce, la stessa che mi aveva ridestato, e proveniva dall’oscurità che mi circondava. Provai a girare lo sguardo, ma non riuscii a vedere nulla.

“Non preoccuparti se ancora la tua vista non funziona, presto i tuoi occhi si abitueranno, così come il tuo corpo.”

Fu allora che iniziai a distinguere delle forme. Un’ombra si ergeva vicino all’urna.

Ben presto fui capace di distinguerne i contorni e i particolari. Era un uomo, alto, con i capelli argentati, la barba e gli occhiali e mi stava fissando con sguardo compiaciuto.

“Adesso va meglio, non è vero?”

Feci un cenno con la testa. Non avevo la forza né la voglia per parlare.

“Bene, ora vediamo come te la cavi con i movimenti”

Si girò e premette un pulsante da un monitor che si trovava proprio alle sue spalle. Di colpo il vetro che avevo davanti si aprì in due e io mi ritrovai libera da quell’urna che mi teneva prigioniera. Sentii l’aria esterna entrarmi nel naso e scendere fin dentro i polmoni. Era un’aria fredda, che odorava di metallo e sostanze chimiche. Ma io ancora non potevo saperlo, per tanto, non appena percepii che era un’aria diversa da quella che avevo respirato fino a quei primi istanti, provai un senso di sollievo.

“Coraggio, prova ad alzarti.”

Per quanto  desiderassi farlo, non riuscivo a produrre il ben che minimo movimento. Cercai di richiamare gli arti con tutte le mie forze, ma il mio corpo non ne voleva sapere.

“Ancora non ce la fai, eh? Con questo però non dovresti avere più problemi.”

Inizialmente non capii cosa volesse dire, ma quando estrasse un lunga siringa piena di uno strano liquido violastro intuii all’istante il senso della sua frase. Avrei voluto scappare ma la mia stupida paralisi non me lo permetteva. “Non avere paura, sentirai solo un lieve prurito.” E mentre diceva così infilò quella gelida punta di metallo all’interno del mio braccio destro. Sentii ogni singolo millimetro che quell’ ago percorreva nella mia vena e poi il liquido cominciò a diffondersi nel corpo. Fu come se un fuoco fosse divampato al mio interno, ogni cosa dentro di me stava come bruciando. Ben presto questa sensazione si espanse e il dolore crebbe talmente tanto da farmi arrivare alle lacrime. Intanto vedevo l’uomo che mi stava accanto ridere di gusto. “Ah, ah, ah forse avrei dovuto avvisarti...l’ago ti avrebbe sì recato un qualche prurito, ma non il liquido che era racchiuso al suo interno, ah, ah, ah.”

Schifoso bastardo...

Presa da uno scatto d’ira, non curante del dolore infertomi da quello stramaledettissimo liquido, riuscii a saltare fuori dall’urna e ad avventarmi contro quell’essere odioso. Non so come feci a muovermi dato che fino al momento prima ero paralizzata, sta di fatto che, in pochi secondi, mi ritrovai sopra di lui, con le dita attorno al suo collo e con un irrefrenabile desiderio di ucciderlo. Dentro di me sentivo una furia incontrollabile che mi spingeva a stringere sempre di più la presa.

Evidentemente quel mio gesto così improvviso, ma soprattutto così rapido, dovette averlo preso alla sprovvista, perché subito il suo ghigno divertito si trasformò in una smorfia di dolore. Il suo volto cominciò a diventare vermiglio.

B-basta...S-smettila...S-sto soffocando”

“Tsk, se speri che ascolterò queste tue insulse lamentele ti sbagli di grosso. Sai improvvisamente mi è venuta una forte voglia di uccidere qualcuno...e credo proprio che sceglierò te!”

Il suo sguardo rispecchiava esattamente il sentimento che volevo vedergli in viso: puro terrore.

Quella sciocca creatura che aveva avuto il coraggio di prendersi gioco di me ora si dimenava come un pesce fuori dall’acqua, ma ormai era giunta la sua ora...o almeno era quello che credevo.

Senza che potessi rendermene conto, infatti, l’uomo tirò fuori dalla sua tasca un’altra siringa e me la conficcò dritta, dritta nella gamba. Lì per lì non sentii alcun effetto, poi mi resi conto che le mie dita stavano allentando pian piano la loro stretta e il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi.

“Cosa...mi...succede...?”

“Succede che il tuo corpo sta ritornando esattamente come quando ti sei svegliata. Sai non credevo che saresti uscita così crudele...vorrà dire che dovrò estrarti il demone prima del previsto”

Il demone?

Non penserai mica che io possa far rimanere una creatura preziosa come te in stato vegetativo per sempre. Ora come ora sei solo un’ inutile bambola di pezza...”

In effetti non aveva tutti i torti. Non potevo muovermi né parlare. L’unica cosa che riuscivo a fare era pensare e osservare.

“Presto diventerai come gli altri...”

Gli altri? Ma cosa diavolo sta dicendo?

“...speriamo solo che tu non faccia la loro stessa fine.” E così dicendo mi sollevò di peso e mi ripose nuovamente nell’urna, la richiuse e poi premette un altro pulsante dal monitor dietro di lui.

“Adesso torna al tuo sonno piccola mia  e dimentica ciò che è accaduto. Quando ti risveglierai sarai docile e fedele come un cagnolino”

 Spera solo che non ti sbrani lurido, schifoso bast...ar...do...

 

***

 

“Svegliati, mia cara, su, apri gli occhi”

Non me lo feci ripetere due volte. Senza neanche riflettere eseguii subito quell’ordine. Lì per lì non riuscii a percepire nulla ma poi la voce che mi aveva svegliato mi parlò di nuovo.

“ Sta tranquilla, resta dove sei. Fra qualche secondo riuscirai a vedere.”

Incredibile, pensai, questa voce ha proprio ragione.

“Bene, e adesso continua a stare ferma.”

Rimasi immobile mentre il vetro che avevo davanti si apriva.

“Ottimo, adesso ti farò una piccola punturina e poi potrai camminare.”

Camminare? Fantastico, non vedo l’ora...

L’uomo mi inserì l’ago nel braccio e, nonostante sentissi un dolore lancinante, rimasi ferma al mio posto aspettando che tutto finisse. Non so per quale ragione ma sentivo di potermi fidare ciecamente di lui.

“Ecco fatto, tesoro, ora puoi alzarti. Anzi, già che ci sei, cammina fino a quel muro laggiù, lo vedi? Lì c’è uno specchio. Vai e guardati.”

Che bello, ero così eccitata all’idea. Senza fare nessuna fatica mi alzai e subito corsi verso lo specchio.

Rimasi incantata da ciò che vidi. Una ragazza alta, snella, con i capelli lunghi e lisci. Nonostante nella stanza non ci fosse molta luce riuscii a vedere che avevano una sfumatura rosata. Gli occhi erano grandi, rotondi e marroni.

“Quella...sono io?”

“Certo che sei tu.”

Cominciai a ridere senza un motivo preciso. Provai una grande felicità nel sentirmi dire che quella ragazza ero io. Avrei voluto rimanere a fissarmi per tutto il tempo.

“Coraggio, adesso seguimi. Ti porto nella tua stanza.”

“Una stanza, tutta per me?”

“Certo, tutta per te.”

Ero al settimo cielo. Seguii quell’uomo attraverso dei lunghissimi e bui corridoi. Sicuramente ci trovavamo dentro dei sotterranei perché, durante il tragitto, vidi numerosi bocchettoni per l’aria.

Alla fine giungemmo di fronte ad una porta d’acciaio blindata. Occorse un po’ di tempo per aprirla. Quando entrai vidi che la stanza non era esattamente come l’avevo immaginata. Uno spazio stretto e angusto, senza vetri o finestre, dove c’era solamente una brandina arrugginita appoggiata ad uno dei muri. L’unica luce che vi entrava era quella che passava attraverso le grate dello spioncino sul portone blindato. Improvvisamente sentii un forte rumore metallico alle mie spalle. L’uomo mi aveva chiusa dentro.

“Ma cosa...”
“Ascoltami bene ragazzina, qui dentro IO sono la legge e tu non farai un bel niente senza un mio ordine, chiaro? Ora, ci sono due regole fondamentali che ti consiglio caldamente di rispettare: regola numero uno, farai qualsiasi cosa io ti ordini di fare, regola numero due, ti proibisco categoricamente di fuggire. Se infrangerai anche solo uno di questi comandi mi vedrò costretto a disfarmi di te.”

“Ma signore...”

“Chiamami Maestro”

“Maestro, io...” forse in quell’occasione mi sarei dovuta opporre, avrei dovuto gridare che non era giusto, che era una cosa da pazzi, sarei dovuta fuggire, ma, non feci nulla di tutto questo “...come desidera mio signore.”

“Così mi piaci. E adesso dormi, verrò a prenderti domattina, così conoscerai gli altri.”

La sua figura si stava allontanando dalla mia visuale, ma io sentivo che c’era ancora qualcosa che dovevo sapere. Corsi verso la grata e urlai “Aspetti Maestro.”

“Cosa c’è? Ti ho forse dato il permesso di parlare?”

“No, signore, ma c’è un’ultima cosa che vorrei chiederle”
“E sarebbe?”
“Qual è il mio nome?”
“Un nome, e a cosa ti serve un nome? Sei solo un’ Armor, non hai bisogno di avere un’identità...mmm...però, adesso che mi ci fai pensare, forse un codice di catalogazione lo dovresti avere...dunque vediamo...alfa, beta, gamma....tu , dovresti essere...sigma! Sì, certo, il modello sigma.”
“Quindi, sigma sarebbe il mio nome?”
“ Consideralo quello che ti pare, a me non interessa” detto questo se ne andò. L’unico rumore che sentii era quello dei suoi passi lungo il corridoio. E poi ci fu silenzio. Io mi distesi sulla brandina arrugginita e intanto ripensavo alle parole del Maestro.

“Sigma...Armor...Che cos’è...un Armor?”

 

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Capitolo 2
*** File 02: Amici ***


Caspita oggi mi sono proprio messa sotto per finire i capitoli delle fanfic che ho lasciato in sospeso (vd. A Story of Light and darkness). Comunque volevo ringraziare Rhaegar (grazie per i tuoi preziosi consigli), Eskey e Cleo92 per aver postato i loro commenti. Non so quando potrete vedere il prossimo capitolo di Tears of Blood, am non temete...non ho intenzione di lasciare incompiuta questa storia. Buona lettura  e mi raccomando lasciate i vostri commenti ^^

 

 

 

File 02=Amici

 

Durante la notte feci uno strano sogno. Camminavo attraverso una città sperduta, avvolta da uno spesso strato di nebbia. Nonostante ciò riuscivo a notare ogni singolo dettaglio di quel luogo. Era una metropoli completamente rivestita da uno strato di ferro e acciaio e si intravedevano in lontananza otto grandi torri che la circondavano. Ad un tratto, essendo passata davanti alla vetrina di un negozio, vidi la mia immagine riflessa. Però c’era qualcosa di strano, era come se non fossi veramente io. Il corpo era lo stesso, ma la mia espressione era così...malvagia. Al solo guardarla sentii un brivido lungo tutta la schiena. Poi vidi il mio riflesso muoversi per conto proprio e tendermi la sua mano dicendomi in tono spettrale “La vanagloria degli stolti ha spezzato il legame...La bramosia di potere ci riunirà...”. In quel momento sentii un impulso incontrollabile che mi costringeva a prendere la sua mano. Cercai di oppormi con tutte le mie forze, ma invano. Non appena le mie dita sfiorarono le sue, mi risvegliai nel mio letto con la fronte imperlata di sudore.

Che incubo terribile...

Mi presi la testa fra le mani. “Che dolore...”

D’un tratto sentii la porta blindata aprirsi. Era il Maestro.

“Buon giorno, mia cara, spero tu abbia dormito bene, oggi ti aspetta una giornata molto intensa.”

“Io...sì Maestro, ho riposato bene.” A cosa sarebbe servito dirgli la verità?

“Eccellente, adesso seguimi” uscì dalla stanza e iniziò a percorrere il corridoio dalla parte opposta dalla quale era venuto. Io lo seguii senza esitazione. Camminammo per alcuni minuti, finché non giungemmo di fronte ad un ascensore. Non appena fummo al suo interno il Maestro premette un tasto con su scritto -12. Il perché dovessimo andare così in profondità mi era del tutto sconosciuto.

Quando arrivammo in fondo vidi l’ultima cosa che mi sarei mai aspettata di vedere nelle viscere della terra: un magnifico giardino. Un immenso prato color smeraldo, con intorno una quantità infinita di piante e fiori dai colori più disparati. Sembrava un paradiso terrestre.

“Benvenuta nell’Eden, il giardino perduto. Dì, non è meraviglioso?”

“Sì, è veramente stupendo”
“Ah, ah, ah, vero, eh? Devi sapere che questo è l’ultimo esempio di vegetazione esistente in questo mondo, il resto in superficie è fatto solo di macchinari inquinanti ed edifici ultra moderni. In questo luogo viene prodotto l’ossigeno necessario agli abitanti di tutto il mondo. L’anidride carbonica passa attraverso i condotti che percorrono tutto il pianeta, qui viene purificata e resa nuovamente respirabile, poi rimessa in circolo. E’ stato tutto creato da me, sotto diretto ordine del Governo. Mai sai cosa penso, a volte? Che,se solo volessi, potrei decidere di bloccare il processo di purificazione e avere tutto il mondo in pugno. Ma poi, cosa ci guadagnerei ad avere il potere? Solo inutili responsabilità. Quindi preferisco continuare a subire gli ordini dello Stato e in cambio rimanere qui e condurre indisturbato i miei esperimenti.”

Io personalmente non capii il senso di tutti quei ragionamenti. L’Eden, l’ossigeno, il Governo, la conquista del mondo, lo Stato, gli esperimenti, per me nulla aveva significato. Provavo un forte senso di apatia per ogni cosa che riguardasse il mondo esterno.

“Adesso che ti ho spiegato come funzionano le cose in questo luogo, ti presento i tuoi nuovi amici.”

“Amici?” quella parola mi suonò estremamente insolita. Lui mi rivolse un rapido sorriso e poi fece schioccare le dita. Il rumore rimbombò per tutta quell’enorme serra. Improvvisamente, dalla vegetazione, si mossero tre ombre che, con movimenti rapidissimi, si posizionarono in riga davanti a noi. La prima era una ragazza alta quanto me, con i capelli corti e blu e un’ enorme sciarpa color zaffiro attorno all’esile collo. I suoi occhi acquamarina avevano un’espressione vitrea. La seconda era una bambina bassissima, arrivava a malapena al di sopra del ginocchio della sua compagna. Aveva un vestito nero, strappato sulle estremità, portava in braccio un orsacchiotto bianco con un’orecchia scucita, il viso, coperto dai suoi lunghi capelli verde prato, non lasciava intravedere nulla. La terza, infine, era una ragazzina poco più bassa della prima. I capelli biondi, raccolti in due lunghe trecce, le incorniciavano perfettamente il volto. Gli occhi azzurri mi fissavano con un’espressione sorridente. Sembrava molto entusiasta di vedermi.

“D’ora in poi loro saranno le tue nuove compagne. Adesso devo andare un attimo a preparare l’occorrente per gli allenamenti e poi inizieremo il programma della giornata.” Detto questo si diresse nuovamente verso l’ascensore. Io mi ritrovai sola con quelle strane ragazze. Non sapevo né chi fossero né perché si trovassero lì.

Visto che il tempo passava e nessuna di loro sembrava avere intenzione di parlare, decisi di rompere il ghiaccio.

“Ehm...piacere di conoscervi...io sono...Sigma...e voi, come vi chiamate?”

Le tre ragazze si riguardarono con fare divertito. Poi quella con i capelli blu rispose in tono sarcastico “Un nome? Certo che voi ultimi modelli siete davvero buffi, ma cosa vi passa per la testa, dico io.”

“Forse si è già rotta.” Commentò la bambina.

“Uffa smettetela di prenderla in giro. E’ la nuova arrivata, cercate di comportarvi come si deve.” Poi la bionda si rivolse verso di me “Ascoltami Sigma, quello che tu credi sia un nome in realtà è solo un semplice codice di catalogazione, capisci? Ad ogni modo, se hai voglia di considerarlo un nome non credo ci saranno problemi.”

“Ma voi avete un no...cioè un codice di catalogazione?”

“Certo che ce lo abbiamo. Allora, la ragazza con i capelli blu è il modello Alfa, questa piccolina qui invece è il modello Delta, e io sono il modello Lambda.”

“Alfa, Delta e Lambda? Ma...perché vi chiamate così?”

“Ok, è ufficiale, questa qui è proprio un’idiota” disse in tono sprezzante Alfa.

“Dai, non fare tanto la difficile, in fondo tutte all’inizio eravamo così....così....”

“Stupide?” suggerì Alfa.

“Ingenue?” disse con la sua vocina pacata e infantile Delta.

“Esatto, ingenue. Comunque, tornando al discorso di prima, vedi Sigma, il fatto è che noi in realtà non siamo altro che macchine da guerra. E come tali siamo classificate in base alla nostra data di creazione. Infatti Alfa, che è il primo modello in assoluto, è stata chiamata con la prima lettera dell’alfabeto greco, così come Delta che è il terzo modello e così via sino a te, che sei il diciottesimo modello.”

“Ma che fine hanno fatto le altre? E cosa significa che siamo delle macchine da guerra?”

“Odio i novellini...vi saluto, chiamatemi quando questa ebete avrà imparato ad allacciarsi almeno le scarpe..” Alfa si era girata e stava per andarsene quando Delta, con un rapido movimento,  la strinse per un braccio e la bloccò.

“Il Maestro ha detto che dobbiamo aspettare qui.” Disse con voce spettrale la bambina.

“Me ne sbatto di quello che dice il Maestro, non ho intenzione di stare un minuto di più con lei” e nel dire questo mi sputò addosso, ma senza colpirmi.

“Allora significa che vorresti essere di nuovo torturata e rinchiusa in isolamento, vero? Ragiona Alfa, se non riesci a controllarti il Maestro non farà che punirti. Devi essere obbediente altrimenti farai la loro stessa fine.”

Il silenzio calò nel giardino. Non si sentiva altro rumore, se non quello dei nostri respiri. Io non ci stavo capendo più nulla. Quale sarebbe stata la vita che mi aspettava, in quel posto fatto di splendidi giardini e orribili torture?

“D’accordo. Sarò obbediente. Ma solo perché voglio sopravvivere.” Concluse piena di rabbia la ragazza dai capelli blu.

“Bene, sono felice che la situazione si sia risolta. Adesso Sigma, ascoltami attentamente, perché ciò che sto per dirti è molto importante.” Continuò Lambda.

Io annuii e attesi che la ragazza cominciasse la storia.

La bionda fece un profondo sospiro.

“Devi sapere che, a questo mondo, in superficie, la guerra è l’unica ragione di vita per gli esseri umani. Grazie ad essa gli uomini posso guadagnare il potere ed espandere i propri territori come più gli piace. Ogni Stato ha il suo Governo e ogni Governo prende ogni anno le decisioni relative alla politica interna ed estera. Tutti devono obbedire allo Stato e al Governo, pena la morte. Tuttavia, la crescita esponenziale delle fabbriche di armi ha provocato la completa meccanizzazione delle città, che, con il passare del tempo, sono diventate sempre più inquinate. Per far fronte a questo problema è stato creato l’Eden, il giardino perduto, l’ultimo baluardo della natura su questo pianeta. Fu il nostro Maestro a crearlo. Egli era il più grande scienziato esistente in superficie e, a causa della sua abilità, gli fu ordinato di costruire un luogo in cui poter depurare l’aria e di divenirne, in tal modo, il responsabile. Ma ciò che nessuno sa è che, in realtà, colui che tutti considerano il salvatore del pianeta, altri non è se non il più grande mercante di armi da guerra. Egli utilizza il laboratorio datogli a disposizione dallo Stato per creare le più potenti armi che si siano mai realizzate, per poi venderle in nero nel Mercato Mondiale al miglior Stato offerente.” Si fermò un attimo per riprendere fiato.

Non riuscivo a crederci. Veramente il nostro Maestro era così importante?

“Quindi gli altri modelli sono stati...venduti?” chiesi ancora incredula.

“Alcuni sì, altri...bhè diciamo che erano...difettosi” Lambda indugiò nel pronunciare quella parola “ad ogni modo se non ci dovessimo rivelare ‘utili’ al nostro Maestro, lui si disferà di noi.” I suoi occhi azzurri si soffermarono sui miei. Il suo sguardo era pieno di dolore. Forse tra i modelli che il Maestro aveva distrutto, c’era qualcuno a cui lei voleva bene.

“Hai perso qualcuno d’importante, vero?” chiesi timidamente.

Gli occhi della bionda si ingrandirono a dismisura e mi fissavano sbalorditi.

“Come lo hai...” non fece in tempo a finire la frase. Il Maestro era tornato.

“Bene ragazze vedo che vi siete comportate in maniera civile ed educata con la nuova arrivata, soprattutto tu, modello Alfa, pensavo che non avresti resistito alla tentazione di fare fuori la tua compagna.” Alfa in quel momento lo guardò con un’espressione di odio puro impressa sul volto, mentre Delta ancora le stringeva con forza il polso.

“Comunque è tutto pronto per l’allenamento. Seguitemi...” e subito si incamminò di nuovo verso l’ascensore. Tutte noi, senza fare una piega, obbedimmo al suo ordine.

“Con cosa cominceremo quest’oggi, Maestro?” chiese ad un tratto Alfa.

L’uomo si fermò e noi con lui.

“Sono felice che tu me lo abbia chiesto Alfa, perché oggi ho intenzione di mettere alla prova le capacità del nuovo modello Sigma...pertanto ho deciso che...” il suo volto si girò lentamente verso di noi con un’espressione di godimento “Tu e lei vi affronterete...in un combattimento all’ultimo sangue.”

 

 

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