la storia degli occhi blu

di Selevia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: l'inizio è la fine di tutto... ***
Capitolo 2: *** alla casa museo Carcan ***
Capitolo 3: *** Una dolorosa verità ***
Capitolo 4: *** Confusione ***



Capitolo 1
*** Prologo: l'inizio è la fine di tutto... ***


( Salve, questa storia è già completa. L'ho scritta di getto e non presenta molti capitoli. In verità l'ho sognata. Quindi se qualcosa vi appare strana.. XD perdonatemi. Comunque. iniziamo )


Prologo:l'inizio è la fine di tutto

Disse l’insegnante « Geremi Murdok per favore la smetta con quel telefono, siamo in un luogo che dovrebbe abbagliarti per la sua bellezza»
« si prof, ha ragione… » rispose il ragazzo senza neanche sollevare lo sguardo dal post che leggeva tramite il suo telefono… « Hei Alice guarda qui, secondo questo articolo nel paese qui vicino durante la guerra furono fatti degli esperimenti per riuscire a far nascere tutti i bambini gemelli e tutti con lo stesso DNA… »
« Nel senso che avevano tutti lo stesso padre? » disse Alice
« Qualcosa del genere, ho letto anche io questo stesso post » disse Logan « ma non so quanto sia veritiero»
« è decisamente inquietante come storia…. » Alice si passo una mano fra i capelli, era la più fifona del gruppo.
« interessante …. ma non inquietante, se mi permetti » ci girammo tutti al sentire una voce dietro di noi, non apparteneva a un nostro compagno di classe
Un ragazzo della loro stessa età, probabilmente anche lui stava facendo un giro alla casa museo dei Conti/Duca della città.
« hei amico non preoccuparti, sei anche tu in gita? » chiese Geremi
« Una cosa del genere, ma sono solo posso unirmi a voi? »
chiese per esserne sicuro < noi siamo Geremi» indicando l’amico con ancora il telefono in mano « la nostra Miss Alice e io sono Logan » Derek salutò tutti con un sorriso e un alzata di mano « La nostra prof non si accorgerà nemmeno che ti sei unito a noi, ansi forse se sene accorgesse ne sarebbe talmente felice, pensando che sei interessato all’arte, da cercare di convincerti a unirti al nostro gruppo per tutto il resto della giornata»
Ridacchiarono tutti, Derek compreso, che però rispose
Tutti riprendemmo a camminare anche se non eravamo proprio uniti al gruppo iniziale che ascoltava e prendeva appunti dietro la professoressa. Chiese Alice mentre spostava una ciocca dei suoi lunghi capelli corvini. Lo stava osservando attentamente con i suoi grandi occhi verdi, era famosa in tutta la scuola per questo.  Erano così incredibilmente grandi e le conferivano un aria così giovane e innocente che tutti non potevano che trattarla bene, almeno tra i ragazzi, le ragazze però non erano così facilmente impressionabili e non tutte gradivano il suo essere coccolata.
« be… » disse Derek « non avete mai sentito parlare della storia che alberga questo museo? »
Fecero tutti di “no” con la testa.
« no direi di no, bene allora permettetemi di raccontarvela » ci fece segnale di seguirlo un po’ più in la dove non avremmo dato fastidio, perdendo di vista il gruppo con la professoressa.
« seguitemi e non fatevi vedere dalla guardia» Derek portò il gruppo in una piccola stanzetta ed estrasse da sotto un mobile un piccolo quaderno polveroso, di quelli che chiunque troverebbe nelle cartolerie < ecco leggete l’inizio sono sicuro che vi piacerà come storia »
Geremi non sembrava impressionato.

 Il ragazzo sorrise < allora facciamo così, domani il museo è chiuso, ma io posso farvi entrare e leggiamo la storia insieme, io gli ho dato una sbirciata è rit….»
« perché non lo portiamo fuori dal museo è basta. Nessuno se ne accorgerà è solo un quaderno, non appartiene mica al museo> lo interruppe Logan
« Ragazzi non mi piace molto questa storia, il proprietario di quel quaderno è morto per caso? » Chiese Alice a Derek
« si » rispose lui con uno sguardo intenso e uno strano sorriso sulle labbra. Forse voleva solo impressionare quei giovani ragazzi, o forse no.
« Allora non potete portarlo fuori, se la storia appartiene a qualcuno che ha avuto una tragica fine non penso sarebbe saggio, non li guardi i film horror? Non si spostano mai le cose dal posto in cui sono state lasciate » Disse Alice
« secondo me non vale niente, e poi non avevi detto che avevi solo iniziato a leggerlo? Ti sta prendendo in giro Alice tranquilla va tutto bene » Logan si mette a scuotere la testa come fosse esasperato « sinceramente credi che un quaderno possa ucciderti? Dai sei troppo impressionabile, è solo una storia e in ogni caso un po’ di avventura non ci guasta mai io ci sto amico»
 « tu dici che non valga niente? Una presa in giro » Derek alzò un sopracciglio prima di sorridere e fare spallucce. Guardava il gruppo con un aria così concentrata da apparire lontano mille miglia da quel posto. « se volete creare un atmosfera un po’ più suggestiva e se desiderate infrangere qualche regola , senza essere beccati, credo che leggerlo qui in queste stesse stanze sia l’ideale » Disse infine Derek
I ragazzi sembravano intrigati all’idea, invece Alice era solo curiosa della storia scritta nel quaderno ma l’idea di leggerla in quel posto la inquietava non poco. « ragazzi io non so se possiamo vedete io… »
I ragazzi si misero d’accordo per incontrarsi il giorno dopo e iniziare a leggere la stoia insieme.
« ragazzi non vi avevo forse detto di non allontanarvi? »
« Ci scusi professoressa eravamo rimasti incantati da un particolare mobile del museo, davvero ben fatto»
bisbiglio Geremi agli altri…. 
}----------{
Il mattino dopo, Come preannunciato da Derek, il museo era chiuso. Una giornata serena e calda, uno di quei sabati mattina dove si sentono solo i rumori degli uccellini che cinguettano sui rami degli alberi, nei bordi del marciapiede, e il rumore di qualche macchina isolata di passaggio sulla strada. Non era una cittadina piccola, ansi, ma il sabato era un giorno particolare, sul finire della settimana sembrava quasi assopirsi.
Si incontrarono tutti, innanzi il museo, alle 11:00 in punto. 
« Fa caldo oggi» dichiarò Alice
« hai un incredibile capacità di costatare l'ovvio lo sai? » ribatté Geremi.
Erano tutti vestiti leggeri e sportivi, per via del caldo, senza zaini da portarsi dietro sembravano leggermente più adulti della loro giovanissima età... Solo Alice dava ancora l'impressione di essere una liceale, ma visto che portava sulle spalle uno zaino praticamente identico a quello scolastico e decisamente pieno... sarebbe stato difficile vederla come una ragazza più grande...
« venite» disse una voce al di sopra delle scale del museo « da questa parte svelti » 
I ragazzi si guardarono, Alice era ancora convinta che fosse una pessima idea e aveva continuato a ripetere che non dovevano andare per tutto il tempo, ma alla fine la curiosità aveva avuto la meglio pure su di lei. D'altro canto i due ragazzi avrebbero senz'altro saputo cavarsela in uno scontro due contro uno. Non che temessero un eventualità del genere, quel ragazzo, Derek, aveva un sorriso e un viso così dolci che non si poteva pensare che fosse un cattivo ragazzo. Forse un po' strano, ma non sarebbe potuto succedergli niente di male... dentro un museo.. 
 

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Capitolo 2
*** alla casa museo Carcan ***


Capitolo 1: Alla casa museo Carcan
 
La casa in cui ha sempre vissuto era al secondo piano di un palazzo, balconi grandi che davano su un campo da calcio che i ragazzi del vicinato usavano tutti i fine settimana. Aveva svariati amici, era il classico ragazzo energico, che tutti adorano, bravo nello sport e criticato dagli insegnanti perché non studiava tanto quanto la sua mente gli avrebbe permesso di eccellere. La storia ha inizio in una giornata primaverile, il clima si stava riscaldando ma vi erano ancora quelle serate fredde che pizzicavano la pelle delle persone. Questa è la storia di come ho smesso di esistere in questo mondo. I. H. D. Abrahams

« ragazzi ve lo dicevo che era inquietante… »disse Alice
«No è interessante… » disse Derek. Iniziarono a leggere il quaderno a voce alta. Non era molto vecchio, scritto in una calligrafia maschile, semplice ma leggibile.
mentre la voce narrante, leggermente baritonale, ma non troppo, di Derek leggeva ciò che vi era scritto, i restanti ascoltarono, rinchiusi in una stanza vecchia e polverosa. Una camera da letto patronale ormai in disuso da tempo, che i guardiani tenevano chiusi. Avevano provato a scoprire come facesse Derek ad averne le chiavi ma con scarsi risultati.
E iniziò il racconto letto così bene che ne rimasero rapiti. LETTERALMENTE.. Non avrebbero smesso di leggere per tutto il resto del tempo. Avrebbero mangiato i panini che Alice aveva portato mentre continuavano ad ascoltare la storia…
No, voi che mi state leggendo non leggerete la storia con loro… voi… spero la vivrete.
Anni prima
« ho freddo non possiamo andare in un altro posto ? »
« ovunque tu voglia mio piccolo giglio » disse il ragazzo, alla ragazza che le sedeva accanto mentre le sfiorava una guancia prima di riprendere a baciarla « ovunque tu voglia » ridacchiando tra le sue labbra ingranò la marcia e spostò la macchina per scendere dalla collinetta… « allora dove vuoi andare » il suo sguardo diceva esattamente dove avrebbe voluto portarla e cosa desiderava farle…
« Abrahams dovresti guardare avanti…. Se ci ferma la poli… »
« non ci fermerà nessuno dai rilassati » la interruppe il ragazzo.
}………….{
« Marta finisco e vado a letto, hai per caso visto la mia crema? Ero sicura di averla presa ma non la trovo più » dissi cercando tra le lenzuola e in giro per stanza.
« lo hai lasciato di sotto Anna »
« grazie ora scendo a prenderlo ma che…. » Anna si interruppe perché aveva sentito un auto parcheggiare proprio sotto la sua finestra con le sirene accese. « la polizia? » pronunciò quelle parole con un sopracciglio alzato, incuriosita e titubante se affacciarsi alla finestra per palesare la sua presenza indagatrice. Optò per affacciarsi e stando attenda a non farsi notare sbirciò la strada.
*Chi è?* si sentì dal citofono *polizia signora, abbiamo trovato suo figlio alla guida di un auto mentre scendeva dalla collina di Vixi[i] con una ragazza al seguito. * *vi apro subito *La voce che rispose al citofono era rassegnata e forse anche un pizzico arrabbiata ma era difficile per Anna capirlo… Non li vide entrare e non sentì urla o altro ma immaginava che al piano di sopra una sfuriata sarebbe stata fatta quella notte, conosceva Ian Abrahams da molti anni ormai e lo aveva sempre trovato particolarmente scapestrato, si arrampicava ovunque,  ogni tanto marinava la scuola era bravo nello sport ,non che questo fosse un difetto ma non si impegnava mai nello studio un vero asino ed era sempre circondato di belle ragazze… « aaah be forse questo non dovrebbe essere annoverato tra i difetti » disse mentre si lasciava cadere nel letto… la verità e che era gelosa dell’incredibile vitalità di quel ragazzo dagli occhi profondi e magnetici….
TOC…TOC… la ragazza sussultò leggermente nell’udire bussare alla porta per quanto era concentrata sugli occhi del ragazzo. Occhi? Ma che vado a pensare « Anna sei sveglia? »
« si Marta entra » disse smuovendo una mano davanti il volto come a tentare di scacciare i suoi pensieri dalla mente.
« non scendevi più e ti ho portato io la crema, non dimenticarti di passarla »
« certo… mamma!!!!!???. » dissi con fare esasperato prendendola in giro
« spiritosa, buona notte » SBAM , una porta al piano di sopra veniva chiusa sbattendo.
« notte» dissi senza neanche guardarla mentre se ne andava silenziosamente come temesse che ogni suo rumore fosse sentito da altri. Rimasi li a fissare il tetto della mia stanza chiedendomi cosa mai stava succedendo a Ian Abrahams al piano di sopra.
* Posso passare la notte con te ?*
Saltai giù dal letto di scatto con un « ahhh» che mi uscì di cuore dalla bocca
* Shiii* Disse un ombra fuori dal mio balcone, stava entrando in stanza, merda non la avevo chiusa. E non avevo nessun arma li con me. Potevo solo urlare
*scusa non volevo spaventarti * Ian Abrahams entrò nel cono di luce della mia stanza, con le mani alzate per farmi capire che non era pericoloso e si sedette nel letto come se tutto fosse normale.
*Ma che diamine stai facendo qui * continuai io sussurrando
*mia madre non aveva intenzione di urlare per non far sentire nulla ai vicini ma non era molto propensa a farmela passare liscia stavolta, così mi sono chiuso in camera rimanerci era un prospettiva un po’ noiosa poi l’avrei sentita sbraitare da dietro la porta. * alzò le mani, * sempre nel più possibile silenzio….*
Tutto quello che stava dicendo non aveva senso per me, però non mi sembrava strano l’idea di vederlo ignorare i rimproveri della madre e sgattaiolare al piano di sotto perché si annoiava… « Aspetta il piano di sotto,  Ian la tua stanza è sopra la mia, come diamine sei …. »
*shiiii * disse lui tappandomi la bocca con un dito * vuoi che ci scoprano?* aveva un sorriso diabolico in faccia. *stavolta non finirei solo io nei guai se ci trovassero entrambi in stanza non ti pare?* indicando prima me e poi lui
*non crederebbero mai che io ho qualcosa a che fare con un ragazzaccio come te*lo vidi alzare le spalle *è vero sono un ragazzaccio ma sei tu a conoscere il mio nome.. sai.. credo di essermi presentato solo per cognome o no?* ridacchiando ancora
Il che era dannatamente vero. Non eravamo in classe insieme, anche se frequentavamo la stessa scuola superiore. Io… be sono un tipo solitario. Lui è il classico bellissimo della scuola, decisamente incompatibili, le possibilità che lui mi notasse in mezzo a quella folla sono sempre state minime, così quando mi sono trasferita nel suo stesso palazzo due anni prima, al piano di sotto per giunta, mi sono inevitabilmente ritrovata ad osservarlo. Io sapevo quasi tutto su quel ragazzo, nessuno a scuola ignorava chi fosse. Lui lo sapeva e stava ovviamente giocando quella carta.
*mascalzone, sapevi che non avrei fatto la spia per questo sei sceso…*face il gesto della pistola e finse di spararmi..
*esattamente piccola*
*e non chiamarmi piccola*
Alzò le mani in segno di resa *va bene, va bene ora me ne vado* stava ridendo ed ero sicura che ridesse di me.
Perché ero sceso al piano di sotto rischiando l’osso del collo? Be non lo sapevo neanche io con precisione, la mia stanza mi sembrava così stretta, mia madre un lamento e la serata non mi aveva lasciato per niente soddisfatto, in compenso al piano di sotto avevo una vicina così carina che avrebbe fatto sbarellare qualsiasi ragazzo, solo che lei non sembrava averlo ancora capito. Introversa, silenziosa, un po’ taciturna, sarebbe passata perfettamente inosservato, in realtà forse non avrei mai speso un centesimo del mio tempo a pensare a lei se non l’avessi avuta come vicina. Era così ingenua e facile da leggere, ma non avevo mai potuto avvicinarla tranne il giorno in cui si era trasferita quando l’avevo vista portare dentro gli scatoloni. Mi ero presentato e avevo subito sentito che c’era qualcosa di speciale in quella riservata ragazza, sapeva il mio nome, quindi non le ero così indifferente come sembrava.
*voglio che tu te ne vada, e se pensi di potermi ricattare o sfruttare questa situazione ti sbagli*
La gattina aveva le unghie, ma non sembrava intenzionata a usarle io lo sapevo e lei lo sapeva… * va bene ecco me ne sto andando… * mi sporsi nel suo balcone per cercare di salire sulla ringhiera quando la vidi correre come una pazza verso di me per fermarmi .
*che stai facendo?*domandò lei , aveva gli occhi sbarrati ma non furono quegli occhi bellissimi e preoccupati per me a bloccarmi quanto la sua mano sul mio braccio, stretta in maniera febbrile.. era davvero terrorizzata *tranquilla l’ho fatto centinaia di volte prima che ti trasferissi qui* e qualche volta anche dopo ma non glielo dissi.
Scosse il capo *ma sei pazzo potresti cadere*
Sorrisi *si lo so, il bello è proprio questo, l’adrenalina che ti scorre nelle vene, comunque tranquilla il tuo balcone è proprio sopra la tettoia dell’ingresso, al massimo cadrei di meno di un metro e da li un altro metro e mezzo niente di * mi zittii *okay tranquilla sto scherzando vi è una scaletta dietro il rampicante… salgo e scendo da li, ma lo giuro non l’ho usata mai da quando ti sei trasferita.. bè più o meno* e mi beccai un quasi schiaffo in faccia.. mi era andata di lusso. La vidi rientrare in stanza chiudere la porta e spegnere la luce senza più guardarmi. Io ancora con un assurdo sorriso in faccia risalì la scala fino in camera mia. Stranamente quella serata era finita meglio di come era iniziata, il che non aveva alcun senso, era stato beccato mentre guidava una macchina senza avere ancora la patente, in compagnia di una ragazza più grande, bellissima, ma senza cervello.  Mi aveva annoiato quasi subito ma almeno sapeva come farmi passare il tempo. Poi era stato quasi schiaffeggiato.. no non avevo senso.
*forse lo schiaffo in realtà lo avevo preso e in un punto delicato per giunta, mandato il cervello in pappe.
}---------{
Erano passati già tre giorni dal quando  ero stato messo agli arresti domiciliari in casa… non potevo fare nulla che non fosse uscire di casa per andare a scuola e di nuovo a casa… quanto avrei resistito ancora? Era qualcosa su cui scommettere, ma decisamente poco.
Scrissi su un foglio e ne feci un piccolo aeroplanino di carta… poi ci ripensai e presi una molletta e la fissai, mi sporsi quel tanto che bastava dal balcone e cercai di farla sbattere nella porta-finestra di sotto , sentii un piccolo tonfo contro il vetro.. *siii* c’ero riuscito, però non senti nessun movimento. Forse Anna stava dormendo? No non era possibile erano solo le sei di pomeriggio… tirai un'altra molletta e sentì un altro tonfo, questa volta seguito da un movimento, aveva aperto la portafinestra. *Ehi Anna…. Ehi sono io Ian* non mi rispose ma sentii il rumore del foglio che veniva aperto e attesi…
*Anna…!*
Sospirai, nel sentire la sua voce sussurrare il mio nome, sapevo che era sbagliato avvicinarmi a un ragazzo come lui, lo conoscevano tutti e io ero l’ultima persona al mondo a desiderare di essere notata, non mi piaceva essere messa in mostra, ne essere riconosciuta come avveniva a tutte le ragazze che si affacciavano nella vita di Ian Abrahams *e va bene che vuoi…*
*hai letto il messaggio*
*si l’ho letto e allora?* sentii dei movimenti dal piano di sopra e lo vidi scendere per la stessa scala da cui era risalito l’ultima volta… * i ladri, se ti vedessero, potrebbero entrare senza problemi a casa mia grazie a questa bravata…. * Gli dissi mentre notavo lo stesso sorriso furbetto di sempre sul suo volto da angelo, una t-shirt nera e dei semplici Jeans chiari, ma non stava male in quel look casual ansi, faceva risaltare i bei lineamenti. Era incredibile, e lo odiavo per questo.
*E allora? Andiamo?*
Lo guardai con sospetto… *andiamo dove…*
*te l’ho scritto è un segreto…*
Gli presi la mano con la quale mi stava già facendo vedere come scendere… *Tu non dovresti avere il divieto di uscire ? *
*Tecnicamente ma non mi piacciono molto le regole, dai sono un bravo ragazzo in fondo, solo voglio vivere la mia vita a pieno, quando sarò adulto fra meno di qualche mese non potrò più fare queste bravate… dovrò mettere la testa a posto. Fammi godere questi ultimi mesi di emm trasgressione ecco diciamo così!*  Era incredibile ma sembrava così convincente, era come se un incantesimo di convincimento lo pervadesse e facesse si che tutti eseguissero i suoi desideri. Ma chi era quel ragazzo.. l’unica cosa che sapevo era che lo avrei seguito.
*se mi scoprono …*
*non lo permetterò… fermerò anche possibili ladri se necessario e.. per la cronaca potrebbero entrare anche a casa mia dalla stessa scala ma ti giuro che non arriveranno mai da te*
*Devo tornare entro due ore chiaro?* dissi sussurrando per non l'ultima volta in quella giornata, il suo discorso, mi aveva fatto piacere in un certo senso e sperai che questa emozione non trapelasse in nessun modo.
*Promesso….* e scesi con lui…
«Sta attenta a dove metti i piedi è pericoloso» “ vedevo Anna esitare un po’ , non sembrava molto convinta di dove stesse andando, bè come darle torto era un punto non lontano da casa ma era pieno solo di erbacce, rocce appuntite, piante spinose, un buon posto per commettere un crimine senza che nessuno lo venisse a sapere per un bel pezzo, al riparo da occhi indiscreti “
«stavo pensando » la sentì dire « che questa cosa è proprio sbagliata, voglio dire, io e te non ci conosciamo affatto »
Sbuffai  « ma dai, noi non siamo solo vicini di casa, andiamo anche alla stessa scuola » mi girai nel sentire che si era fermata.
« lo sai? » sembrava sorpresa
Ora ero io ad essermi perso « lo so cosa? »
Mi guardò intensamente « che vengo nella tua stessa scuola »
Che strana e curiosa domanda « certo che lo so, come non saperlo sei una delle ragazze più carine della scuola » La vidi arrossire, ero un bugiardo perché lei era davvero bellissima, ma in un modo diverso dai canoni convenzionali, di conseguenza il termine carina non le rendeva di certo giustizia.
« lo dici a tutte le ragazze che escono con te non è vero? »
Alzo le spalle « lo ammetto ma con te sono sincero anche se non mi crederai e ti assicuro che nessuna delle ragazze con cui sono uscito è mai stata nel mio posto segreto. »
Iniziò a ridere, di una bella risata « ci credo , sembra il posto perfetto dove fare un omicidio, dubito che ti avrebbero seguito fin qui senza scappare urlando » ed afferrò la mano che le porgevo. «per la cronaca ho uno spray al peperoncino in borsa e un coltellino svizzero, se fai cose strane non esiterò a usarle contro di te».
« Spiritosona, comunque no, non è questo il posto che voglio farti vedere ma quello » le indicai un punto nella sterpaglia dove si intravedeva una vecchia porta in ferro arrugginito..
« una porta? »
« mal fida…» non finì la frase che fui costretto ad afferrarla per un braccio prima che cadesse sulle rocce, si era davvero un pessimo passaggio « tutto apposto? »
« si scusa la mia gamba ogni tanto mi fa male e cede un po’ »
La strinsi di più e la aiutai, eravamo così vicini che potevo sentire il profumo che usava quando si faceva la doccia, no non era quello dei capelli sono sicuro che sia il sapone che usa per lavare il corpo…che pensieri lascivi che mi vengono in mente devo smetterla, oppure no… « non lo sapevo mi dispiace, forse è stata una cattiva idea » e lo pensavo veramente, lei era l’opposto delle ragazze con cui uscivo, riservata, tranquilla, studiosa, eppure mi intrigava, non perché era qualcosa che non avevo mai affrontato con una ragazza, capitemi ero uno che si seccava ma leggevo anche io, conosco la teoria del chi disprezza compra, la condivido in pieno, e guardandomi da un estraneo penserei,  “ hai avuto così tante ochette che adesso cerchi qualcosa di diverso” ma non è così, LEI è DIVERSA, ha un oscurità nel profondo dei suoi occhi, sembra essere così matura per la sua età, i segreti che porta con se sono come le gocce del mare, sai che sono li, che formano quell’immensa distesa di acqua, sai anche che se immergi la mano puoi avere la fortuna che qualcuna di queste ti catturi rimanendo sulla tua pelle quel poco per illuderti di poterla afferrare prima di evaporare. No lei era adrenalina allo stato puro, era passionale dietro quello sguardo spaurito, io lo sapevo e lo avrei provato.
« no… no per favore andiamo avanti, voglio, voglio conoscere questo tuo posto segreto » le sorrisi e ripresi a camminare.
La porta metallica era vecchia e arrugginita, l’avevo scostata qualche tempo prima in maniera tale che non ci si ferisse passandoci in mezzo « sta attenta » mi sentì comunque in obbligo di dirle. Una quindicina di metri più avanti muniti solo della torcia che avevo portato io, ci ritrovammo innanzi una piccola scala.
« Questo stretto corridoio porta a una stanza, questa stanza porta… » mi fermai « mi prometti che non lo dirai mai a nessuno, ne ad amico ne a nemico? » la vidi ridere, cosa avrei dato per leggerle nella mente e sapere cosa pensava.
« lo giuro » disse con fermezza.
Quel giuramento mi bastò, che situazione strana e analoga, in effetti non avevamo mai parlato ma entrambi ci eravamo osservati silenziosamente da lontano e forse per questo adesso ci sembrava così facile rimanere insieme come se ci conoscessimo da anni «ok questo corridoio porta a una delle stanze della casa dei Nobili Duca Carcan  »
« cosa? » sembrava incredula « non è possibile »
« vedrai» dissi ridacchiando
La condussi in una stanza segreta dietro la parete di quella che avevo identificato come lo studio del signore del palazzo tanto tempo prima, dovevamo muoverci con calma , silenziosamente e senza andare nel panico. Lo spiegai anche ad Anna che annuì, “ lo dicevo io che ha uno spirito avventuriero, qualche altra ragazza si sarebbe tirata già indietro, io mi sarei tirato indietro credo”.
« è questo il posto in cui volevi portarmi? »
« non è bellissimo» ribattei io?
« si ma.. non è il museo della città? »
« okay ho capito non ti piace» mi sentivo un po’ amareggiato dalla cosa.
« no non hai capito è bellissimo, ansi è qualcosa che mi regala un senso di serenità solo» Esitò « bè non sembri proprio il tipo da case antiche e nobili, ti vedrei di più in una bella discoteca o all'interno di un campo da football mentre segni all'ultimo minuto e tutta la folla esulta » prese fiato e con ancora più ardore continuò « e se devo proprio immaginarti non posso non vedere una bionda ochetta correrti incontro per un bacio appassionato, mentre le telecamere trasmettono la scena sul maxi schermo » sospirò mentre descriveva quello che ai suoi occhi sembrava essere il comportamento più insulso della storia. E lo stava solo immaginando.. non osiamo vedere che accade se realmente avviene, si sarebbe infuriata e sarebbe andata via indignata? Chi lo sa.
«wow non mi sarei mai aspettato tanto accanimento nei miei confronti... che ti ho fatto? » non rispose alla domanda... così continuai io, sentivo una certa tensione nell’aria e volevo spezzarla « vabbè in ogni caso sfatato il mito del campione di football o di basket o di quello che vuoi e ti lascio scoprire invece il mio lato romantico» mi sposto verso la libreria « questi libri sono incredibili, questa è una delle aree non visitabili della casa quindi non ci sono allarmi o telecamere qui, però la sera fanno un giro di ispezione, e ogni tanto aprono la porta per posare qualche documento o prendere qualche cosa» alzo le spalle «  altre volte solo per dare una leggera spolverata, quando vengono ospiti importanti la fanno vedere in via del tutto eccezionale ma la vera chicca è qui guarda… » le indicai una grande tenda sulla parete, celava una cavità a forma di arco profonda un metro e mezzo che si affacciava su un'altra tenda, questa dava su di un'altra stanza.  « vieni ma fa attenzione » scostai la tenda leggermente e poi la aprì del tutto quando vidi che al suo interno niente era cambiato. Era una bellissima stanza, ma a differenza della prima la polvere li regnava sovrana. « è una camera da letto, non la patronale ma credo fosse comunque di qualche nobile ospite, nell’opuscolo che rilasciano all’ingresso ti dice che fanno visitare anche le stanze degli ospiti, questa però non è menzionata…
« pensi che non la conoscano? Mi sembra improbabile » la vidi guardare meravigliata ma anche con qualcosa di diverso che non saprei distinguere
« no, ovviamente no, la conoscono ma non la fanno visitare, il soffitto non è stabile vedi ? » indicai dei ponteggi e delle travi messe sul soffitto come sostegno « però io ho visto tutte le altre stanze, è un vero peccato che questa non sia stata ristrutturata è bellissima »
« ho sentito che non hanno i fondi per ristrutturare tutto il palazzo, però hai ragione Ian è un vero peccato» La osservo muoversi cautamente in quella stanza, sicuro che non crolli imprigionandoci qui per sempre vero? » non aveva per nulla l’aria spaventata e al mio annuire continuò la sua ispezione, sposta piccoli oggetti, muove le dita impolverate per pulirle, poi disse qualcosa che mi sorprese.
« e se la pulissimo? Solo un po’ solo un pezzetto ? » era quasi raggiante, entusiasta, completamente diversa da prima « potrebbe.. si insomma diventare anche, il mio posto segreto? »
Ero confuso. « si certo però rimarrai delusa ho già ripulito una parte di questa stanza solo che non è la scrivania ne la sedia per le letture  » la vidi guardarsi intorno
« non ci credo, hai pulito il letto  »
Si voltò verso di me con le guance in fiamme e non potei fare altro che alzare le mani al cielo « non è come pensi te lo giuro, non ci ho portato nessuna ragazza in questo posto e non avevo intenzione di fare niente con te su quel  letto »
« stai dicendo che avevi intenzione di farl…. »  si zittì qualche attimo e si passo una mano fra i capelli, solo che questo mi fece sorridere perché aveva fatto una coda di cavallo e adesso era tutta scombinata, si adattava perfettamente all’ambiente in cui eravamo
«bellissima ma trasandata »  e continuai a ridacchiare.
« dovrei sentirmi offesa lo sai vero? »  ribattei mentre mi risistemava i capelli, « anche per quello che hai detto poco f.. »  fui costretta a zittirmi in un attimo era su di me con una mano che mi copriva la bocca, istintivamente cercai di divincolarmi e di urlare ma lui serrò ancora di più la stretta e si guardava alle spalle, mi fermai ad ascoltare, vi era qualcuno nell’altra stanza.
«Dovremmo rifare i conti stanotte»  
«mi secca in una maniera incredibile, ma sempre meglio di ri-catalogare tutti gli oggetti»
«non è così male, basta solo spuntarli dalla lista, se usi il tablet farai in un attimo»
«allora perché non lo fai tu? »
Le voci si affievolirono, sentii il rumore di una porta che si chiudeva e delle chiavi che scattavano nella toppa.
Respiravo a fatica e il mio cuore batteva all’impazzata, non avevo capito quanto fossimo esposti fino a quel momento, era come essere dentro una casa del tutto abbandonata, un posto tutto nostro, poi ricordai che la stanza adibita a studio era al primo piano accanto allo stand dei souvenir e che quindi non era difficile che ci sentissero, soprattutto in orari come quello dove quasi nessuno era ancora in giro per il museo.
«Scusami io…»  lo vidi esitare, quasi balbettando mentre mi toglieva lentamente la mano dalla bocca. Ero ancora stretta a lui, avrebbe potuto uccidermi, o possedermi su quel letto pulito, no ma che vado a pensare, non so perché ma mi sentivo dentro uno di quei romanzi rosa, con tutti quei cliché scontati, ci voleva solo un bel bacio adesso e una notte di passione nel letto con il belloccio di turno che si sarebbe innamorato di me alla barba delle sciacquette che frequentava e che gli giravano in torno, poi sarebbe successo qualcosa che avrebbe incrinato il rapporto e infine saremmo tornati insieme felici e contenti, fine!.
«An… An mi senti? An tutto a posto? »
mi risvegliai dai miei pensieri, « si io, scusami ero distratta cosa dicevi ? »
« dovremmo andare, prima che ci scoprano, non siamo stati rumorosi ma evitiamo di farci notare, se piove o se ha piovuto non potremo venire perché sporcheremmo l’ingresso ma in altri gironi si, e si mi piacerebbe dividere questo posto con te, o non ti avrei portata qui »
« per la pioggia potremmo usare dei copri scarpe ma forse si è meglio evitare i rischi, anche se, bè  questo sembra proprio il posto da visitare in un giorno di pioggia » gli dissi senza neanche aver pensato mentre parlavo. La verità difficile da ammettere era che già amavo quel posto e pregustavo l’idea di passare li ogni attimo della mia vita..
Per un attimo vidi il suo sguardo lontano, osservava qualcosa dietro di me «mi chiedo solo come mai hai scelto me »  Mi sorrise mentre mi lasciva andare e mi strinse la mano conducendomi lontano da quel posto, istintivamente mi voltai cercando di capire cosa stava osservando ma non lo capii, vi era il letto, la toletta con lo specchio, un separé probabilmente non d’epoca e il vecchio balcone chiuso con le tende tirate… bah. Questo ragazzo era per me un vero mistero.
« di che parli ?»gli chiesi… non ebbi risposta solo un sorriso nostalgico e un inclinatura leggera della sua testa. La nostra uscita era finita. L’avventura per ora conclusa e una risposta non data.
 
 
PLIN PLON OGNI NOME, FATTO, SCENARIO, CONTESTO, DIALOGO, LUOGO È TOTALMENTE UNA MIA INVENZIONE, SE PER CASO TROVATE QUALCOSA DI FAMIGLIARE È UNA MERA COINCIDENZA DETTO Ciò

LE COLLINE VIXI, HO CHIAMATO COSÌ QUESTE COLLINE SOLO PERCHÈ IN LATINO è IL PERFETTO INDICATIVO DEL VERBO VIVERE, POTREMMO TRADURLO COME “VISSI”, MA ANCORA MEGLIO COME “HO VISSUTO”. DIFATTI ANAGRAMMANDOLO VIXI DIVIENE XVII CIOÈ IL NUMERO 17 CHE SECONDO I LATINI PORTAVA MALE.
INSOMMA È UNA COLLINA ALQUANTO INQUETANTE, UN POSTO PERFETTO DA CUI INIZIARE LA NOSTRA STORIA.

CASA MUSEO CARCAN, ANCHE QUI STO BELLAMENTE INVENTANDO CARCAN è SOLO IL DIMINUITIVO DEL COGNOME DI MIA MADRE CON UNA LETTERA IN PIÙ  XD
NON CREDO ESISTA NESSUNA CASA MUSEO NEL MONDO CON QUESTO NOME NE NESSUN TITOLONO NOBILIARE ASSOCIATO

PS SPERO CHE LA STORIA VI INTRIGHI ANCHE SOLO UN PO' DOMANI IL TERZO CAPITOLO.
 

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Capitolo 3
*** Una dolorosa verità ***


CAPITOLO 2: Una dolorosa verità
 
(Ebbene si ho avuto impegni improrogabili e non ho potuto postare prima il capitolo sorry.)

Si era fatto più tardi di quello che poteva sembrare all’inizio ma alla fine ero riuscito a riportarla a casa entro le due ore.  Chissà perché proprio due ore…
«Bè da uno a dieci quanto è stato disastrosa la serata? » la vidi sistemarsi i capelli dietro l’orecchio mentre rientrava in camera, io rimasi fuori dalla ringhiera con una mano sulla scaletta nascosta.
«Bè non direi che è stata disastrosa a me è piaciuta in verità » sorrise e mise le mani nelle maniche della piccola felpa che aveva indossato. Non faceva freddo ma, chi le capiva le ragazze, alcune si scoprivano in pieno in verno e altre si coprivano anche se stava per iniziare la stagione calda.
« Quando ci riandiamo? Cioè volevo dire quando sei libera e ne hai voglia mi puoi fare un fischio e ci riandiamo volentieri… » okay avvolte anche io mi impappino non sono mica infallibile.
« bè… ti contatto io va bene? » annuì e poi la vidi chiudere la porta della sua stanza e salutarmi con la mano. Sospirai risalendo le scale fino al mio balcone, avevo la fronte sudata e mi sentivo leggermente stanco. Quella notte, gli incubi tornarono, sogni neri che non facevo da tempo. Il piccolo schiaccia sogni che stava appeso alla mia porta finestra tintinnò  e una nera figura la oltrepassò. Nel sonno la percepì e aprì gli occhi, non saprei descriverla con precisione, stava ferma davanti la finestra e mi fissava. Fui colpito dal panico ma questo venne immediatamente sostituito dalla comprensione, la morte era vicina.
Così trascorsero i giorni, portai Anna più e più volte alla casa museo, sia per visitarla come turisti che di nascosto, l’avevamo anche un po’ pulita, una delle cose più divertenti che abbia mai fatto. Al ritorno verso casa ero sempre stanco, e la nera figura compariva tutte le notti, si muoveva lenta nella stanza, con quegli occhi chiari che scrutavano il mondo, sapienti e profondi. Sapevo chi fosse, la conoscevo bene. Ed ero stata io a chiamarla, io a invocarla così tante volte nelle notti solitarie alla casa museo. Adesso però era il momento sbagliato, egoisticamente non ero più pronto, non volevo perdere quelle splendide giornate, volvo ingannare la morte, ritardarne la mia stessa invocazione, ma sapevo che non sarebbe stato possibile, avrei vissuto intensamente, perché… non puoi sfuggirle una volta che sei stato segnato.

« sei tutta impolverata come farai a casa a giustificarti? »
« non preoccuparti ho detto che sarei andata a un picnic è normale sporcarsi… e poi ho portato un cambio e delle salviettine per pulirmi quel tanto che basta tu piuttosto…» disse indicandomi prima di ridacchiare
«come lo giustificherai? Sei ancora in punizione o sbaglio » alzai le spalle « bè si ma non preoccuparti farò in qualche modo » la vidi alzare gli occhi al cielo esasperata e le lanciai la mia pezza in piena faccia tossicchiò ma ridacchiando mi rilanciò la pezza e anche la sua. Mentre le afferravo entrambe mi sorprese schizzandomi di acqua. Dovettero piegarsi entrambi per non ridere troppo forte, e rischiare così di farci scoprire, era come stare in biblioteca, dovevamo essere silenziosi. Quella sera tossimmo entrambi per non so quanto tempo.
Qualche settimana dopo finalmente la mia punizione finì, Anna mi dava ripetizioni alla casa museo e in cambio io, bè non so realmente cosa facessi io per lei, tenerle compagnia non sarebbe il termine giusto, quindi diciamo che accumulavo il mio debito fino al giorno in cui mi sarei sdebitato. Furono queste le parole che le dissi « il mio debito aumenta e un giorno dovrò sdebitarlo »
« non preoccuparti lo farai molto presto» disse ridacchiando.
 Appena mi fu possibile la portai in tutti i luoghi che mi venivano in mente,  uscivo con lei ogni settimana, cosa che infastidì non poche persone, mia madre e mio padre erano felici che i miei voti fossero migliorati, che uscissi con una sola ragazza, e che fosse sempre la stessa e soprattutto che avesse la mia stessa età; in più dovendola riportare a casa a un orario più che decente anche io non potevo mettermi nei guai. Bè almeno ci provavo. Insomma la mia vita era apparentemente cambiata radicalmente, ma non era così ne per me ne per Anna in realtà solo che non ancora non ne posso essere sicuro.
« non rientri a casa? » mi chiese An dopo che eravamo andati a fare un giro e a prendere un gelato « no oggi mi vedo con alcuni miei amici, sai com’é sono rimasto chiuso in casa per molto tempo »
« quindi adesso ti reclamano a gran voce, dico bene? » disse con calma
« sei arrabbiata? » le chiesi perplesso
« no ma secondo me non frequenti una gran bella compagnia, ti metterai di nuovo nei guai e.. »
La interruppi « ehi non sei mi a madre chi sei tu per giudicare chi frequento, detto da te poi che non esci mai con nessuno » okay lo so sono un coglione ma in quel momento non potevo che rispondere così, i miei amici sono importanti per me. Si molti sono delle vere teste di c***o ma alcuni sono brave persone, si sballano un po’ ma nessuno è perfetto e a parte questo non fanno bravate pericolose e non sono dei bulli. Certo qualche litigata, qualche zuffa, ma non eravamo mai noi i primi a iniziare…
«bene penso sia chiaro allora cosa pensiamo l’uno dell’altro» disse mentre estraeva le chiavi dalla tasca senza più voltarsi
«dai non era quello che intendevo » cercai di giustificarmi, ma perché non riuscivo semplicemente a dirle scusa? Aveva solo espresso un pensiero, dannato me e il mio orgoglio.
« buona notte » disse con la stessa freddezza e si richiuse la porta alle spalle senza guardarmi una sola volta. Passandomi la mano fra i capelli diedi un calcio al vaso della grande pianta dell’atrio del palazzo. Era finta e non si sarebbe rotta ma mi lasciò quasi deluso di non essersi frantumata.
La serata fu inconcludente, mi ritrovai in mezzo a un mucchio di discorsi che mi tennero impegnato fino alle prime luci dell’alba, tutti avevano qualcosa da dirmi su ciò che era successo in mia assenza nelle ultime settimane, io parlavo e davo i miei pareri, una birra e un giro, niente di diverso dal solito, qualche tiro ma nulla di pesante ne di eccessivo… ma tra una conversazione e l’altra qualcosa, uno strano senso di inquietudine non faceva altro che pervadermi. Stavo sempre peggio, mi sentivo così stanco spossato come se le energie fluissero via da me, desideravo solo la pace della stanza che condividevo con Anne e anche la sua voce, era così rilassante, ipnotica mentre mi spiegava la storia. Avvolte mi assopivo mentre parlava, mi rimproverava così spesso per questa cosa…
Chiusi gli occhi, ecco ero di nuovo nella stanza, con lei che con le mani nel fianco mi rimproverava *che stai facendo Ian? Si può sapere che succede?*
« IAN…. IAN CHE STA SUCCEDENTO TUTTO BENE? » no non era Anne era… tentai di aprire gli occhi e di mettere a fuoco la cosa ma mi girava la testa, non capivo dove stavo e mi sentì mancare, stavo sudando e respiravo male, poi si fece tutto nero.
Come se il mondo mi stesse punendo, mi risvegliai in ospedale, ero in pigiama e avevo una flebo attaccata, non ho idea di come ci sia arrivato, ne di chi mi abbia messo il pigiama o perché sia qui, e il panico mi coglie. Cosa stava succedendo? Cosa erano quei tubicini, quei macchinari? Certo sapevo cosa fossero, sapevo perfettamente cosa stava accadendo e la costatazione mi colpì come una frustata di acqua gelata in piena faccia. E rabbrividì… lo sapevo ,lo sapevo da tempo che quel momento stava arrivando ma avevo sperato di avere più tempo.
«ehi si è svegliato! » vedo qualcuno uscire un istante con la testa fuori dalla porta della mia stanza, poi rientrare « amico ci hai fatto prendere un bello spavento.. » era il mio migliore amico Lucas, alto, capelli ondulati, biondi, lunghi fino al mento, il classico bello da copertina. Se qualcuno mi avesse chiesto, chi verrebbe a cercarti in capo al mondo se glielo chiedessi, avrei detto Lucas. Non eravamo sempre insieme, andavamo in due licei diversi perché lui si era trasferito nella città vicina qualche anno prima ma ogni volta che potevamo uscivamo insieme, era il mio migliore amico, quello che ti fa incazzare così tanto da farti venire il desiderio di prenderlo a pugni, be in effetti ci eravamo presi seriamente a pugni una volta, per via di una ragazza, morale della favola? Alla fine entrambi siamo finiti a chiederci perché? Perché fare a botte per una persona che non piaceva a nessuno dei due? Si va bene era stata invitata a ballare da Lucas e poi era finita a ballare con me ignorando lui, non mi sono comportato molto bene, ma avevo avuto la mia dose di punizione credetemi. Dopo la zuffa siamo andati a giocare e a divertirci.
Vederlo mi tranquillizzo « cosa è successo? » gli chiesi infine. Lo vidi sedersi accanto a me.
« be non… » ma fu interrotto dall’aprirsi della porta di mia madre seguita da mio padre e da Germana mia sorella.
« tesoro mio stai bene?! » Non capì se era una domanda o un affermazione.
Alzai le spalle.
« ma certo che stai bene adesso » disse mentre si avventava su di me con le sue mani attorno al mio viso
« si mamma sto bene per favore smettila di carezzarmi ovunque. »
« il dottore arriverà tra poco »
«Ehi campione vuoi che vada a prenderti qualcosa? » scossi il capo verso mio padre, prima di ripensarci e annuire « si vorrei una caramella se possibile sento tutta la bocca amara e impastata » lo vidi uscire e la cosa mi fece uno strano effetto come se non potessi fermare quella paura che cresceva e serpeggiava in me… li stavo perdendo, si allontanavano da me e io li avrei persi per sempre.
«sarà per via delle schifezze che hai in corpo, i medici ti hanno imbottito di flebo e non so che altro » riportai la mia attenzione su germana « tutti i miei compagni di classe ti fanno i loro auguri fratellino, grazie a te ho parlato anche con il ragazzo che mi piace »
«Genny» la rimproverò mia madre
« che c’è è ovvio che non desideravo che finisse in ospedale cerco solo di farlo sentire meglio dicendogli che è utile anche quando non fa niente per esserlo » non potei non sorridere, era la mia irritante ma preziosissima sorella
« grazie Ge» mente le sorridevo venendo ricambiato con un occhiolino.
Dopo un istante vidi una piccola testa spuntare da dietro le figure dei miei genitori, si stava affacciando timidamente alla porta. Se si potesse fermare il mio cuore, come avviene nei libri che legge mia madre, si fermerebbe per un attimo, fortunatamente per me però non ho problemi cardiaci e non si fermò.
Rimasi lo stesso paralizzato nel vederla, ricordai improvvisamente come l’avevo trattata la sera prima
“ aspetta che giorno era, è stato davvero solo la sera prima che l’avevo trattata male?”
A quanto pare il mio sguardò fu notato non solo da Anna, che ricambiò con fermezza prima di chiudere la porta e fare qualche passo, ma anche da mio sorella, che prese mia madre per un braccio e dopo averle sussurrato qualcosa all’orecchio disse.
« Noi andiamo a prenderti qualcosa di dolce come hai chiesto, papà è capacissimo di perdersi,  non stancarti troppo. »
« e come faccio sono inchiodato a letto… » dissi sbuffando « dalla casa a letto sto peggiorando con le reclusioni »
Lucas scoppiò  ridere, riuscendo a trattenersi solo fino a quando i miei non furono usciti dalla stanza. « amico dovresti vedere che faccia ai, sta tranquillo ti tengono in osservazione solo stanotte se non è niente di grave. »
« c’è il rischio che lo sia? »  chiede Anna a Lucas. Aspetta quei due si conoscevano?  
« amico sta tranquillo hai la faccia di uno che sta per vomitare, tutto a posto? Devo chiamare un medico? Scossi la testa, dovevo stare calmo.
« No ecco, rispondi alla domanda? »  lo vidi annuire, chissà forse pensava che era quello il problema ero preoccupato di quello che potevo avere, e Dio lo sa che era pienamente vero. Specialmente perché sospettavo la risposta.
« stando a quello che ho sentito dagli altri ieri hai iniziato a tossire e sputare sangue e infine ti sei accasciato a terra. Penso svenuto, non so. »  “Allora era passata davvero solo una giornata” pensai tra me e me « hanno chiamato un ambulanza e ti hanno portato qui, stamane tua madre mi ha detto cosa è successo, avevo chiamato a casa tua e così ho saputo il tutto, ovviamente mi sono precipitato qui di corsa, ma vedo che stai bene. A proposito»  disse dopo un breve istante facendo spazio ad An che si sedeva su una sedia « non mi avevi detto che ti eri trovato una ragazza così carina, gentile e a posto, mi piace approvo, puoi frequentarla ma non puoi sposarla prima che io mi sia trovato una ragazza»  era ironico e serio al tempo stesso
«COFF, COFF cosa? Tu COFF»  Non riuscì a parlare e iniziai a tossire un po’ per coprire il mio imbarazzo un po’ perché mi venne davvero un attacco, riuscì solo a vedere il viso di An diventare scarlatto e poi pallidissimo mentre cercava freneticamente un tovagliolo per pulirmi.
«okay voi due avete bisogno di restare da soli e io vado a cercare un medico per riferirgli che tossisci ancora sangue»
Non so se si dileguò perché voleva davvero cercare un medico o se voleva solo lasciarmi con An a chiarire alcune cose, mi sentii stranamente rincuorato nel sapere che era stato quel giorno che si erano incontrati per la prima volta, ma mi infastidiva che si fosse fatto quest’idea di me e lei, non che non ci sperassi un po’ e in effetti ci frequentavamo ma non avevamo mai approfondito il rapporto fino a quel punto, eravamo amici, però…  chissà di cosa avevano parlato, forse della nostra litigata? Era un modo per darmi la possibilità di chiarirmi? Se era così avrei dovuto ringraziarlo dopo.
«Ero sicuro che fossi infuriata con me»  alzai di poco le mani in avanti « comprendimi lo so ne hai tutto il diritto quindi sono stupito di ritrovarti qui in ospedale»  La vidi alzare lo sguardo solo per poco prima di riabbassarlo e sospirare, non aveva ancora spiccicato una sola parola « allora è vero che non tutto il male viene per nuocere. »  ecco adesso sembrava furibonda « è una reazione almeno» dissi ad alta voce con quello sguardo fiero, io però avrei preferito indossare una maschera per la vergogna, ero stato veramente un verme « non è vero che non hai amici, io che sono altrimenti? E anche se non li avessi,  vorrebbe solamente dire che sono tutti idioti a non sapere cosa si stanno perdendo.»  ancora silenzio « io sono stato un idiota a parlarti in quella maniera » ancora niente non parlava, ero esasperato « e va bene cosa devo fare ancora per farmi perdonare, sei venuta qui quindi non sei ancora arrabbiata o lo sei ma non così tanto da ignorarmi allora accetta le mie scuse per favore »  sorrise un attimo prima di scoppiare a piangere
« sono stata così in pensiero ero preoccupatissima, mi sono sentita così in colpa, non sono mica tua madre ne la tua fidanzata e io invece mi sono comportata come se potessi decidere della tua vita mi dispiace, ti prego perdonami » okay non era la reazione che mi ero aspettato, stava piangendo come una fontana sul mio petto, letteralmente e non si fermava più.
«Ehi ma che stai dicendo tu che centri, sono io ad aver sbagliato, non certo tu» le carezzai i capelli come fosse una bambina « eri solo preoccupata per me e invece io da ingrato non ho accettato le tue premure e mi sono anche offeso ma credimi mi sono pentito subito di quelle cattiverie mentre le dicevo. Perdonami»
« no ho sbagliato io ho conosciuto Lucas oggi, è un bravo ragazzo è un buon amico, non avevo diritto di giudicarlo. »
« veramente ieri non era con me, a noi due piacciono di più le serate a casa innanzi i videogiochi»
La vidi annuire « ma anche i ragazzi che erano ieri con te, sono venuti e sono stati tutti gentili e premurosi e ti salutano »
aggrottai la fronte « Li hai conosciuti? Ma quanto sei rimasta qui? »
«dal momento esatto in cui sei stato portato in ospedale ed è giunta la chiamata. »
okay ora ero sconcertato, e lo ero davvero, forse era una mossa azzardata ma le misi una mano dietro al collo e la sospinsi verso di me per baciarla, non le chiesi il permesso che probabilmente un gentiluomo avrebbe chiesto, ne aspettai che lei comprendesse le mie intenzioni, la baciai e basta, con un desiderio puro e semplice.

“Ian mi sta baciando? Perché mi ha baciato?” Mi staccai leggermente
«Non avresti dovuto » mi disse guardandomi con un fare serio che non avevo ancora visto sul suo volto, chi diamine era quel ragazzo. E poi io cosa non avrei dovuto fare? Mi sconcertava a dir poco, mi aveva baciata, così senza un motivo… alzai la mano sulla bocca come se stessi recependo solo adesso questa cosa e in effetti..
Arretrai di un passo prima che la sua mano con il tubo della flebo scattasse in avanti e mi fermasse.
«lo so , ho la bocca impastata di medicinali e ho tossito sangue solo un secondo fa ma non ti chiederò perdono, anche se ti concedo di vomitare » era apparentemente serio ma scherzava al contempo, okay probabilmente aveva una specie di crisi nervosa 
«la colpa è tua che agisci in maniera così sconsiderata con me, non lo sai che sono un cattivo ragazzo? »
Con la lingua strofinai il mio labbro inferiore, non mi aveva schifato  «non hai intenzione di chiedermi scusa quindi »
«no»
«ed è qualcosa che pensi di fare spesso? »
«ogni volta che il respiro me lo permetterà e ti avrò vicina»
«dovrò guardarmi le spalle quindi»
«no, io non ti starò mai alle spalle, ho intenzione di guardarti ben fisso negli occhi»
Sbattei le palpebre con fare confuso, credo che fosse un mio tic quello di sbattere le palpebre così, me lo avevano già fatto notare  e cercai di fermarmi e guardarlo nella maniera più fissa possibile.
«tutto bene? Hai una faccia strana credo che dovrei chiamare un dottore per te invece che per me»
Non potei che mettermi le mani in faccia per nascondermi, presi un forte respiro.
«okay aspetta cerchiamo di riassumere tu hai intenzione di metterti con me e prendermi in giro quante più volte ti viene possibile? »
«direi di si »
«bene adesso lo so»  dovevo essere offesa per il bacio ma non lo ero, anche se mi assalì una strana inquietudine « le tue ragazze non ne sarebbero felici »
Spostò la mano sulla mia e la accarezzò con un movimento così naturale che probabilmente non se ne era neanche accorto. « non mi interessano le altre ragazze »
« non sono la ragazza giusta per te Ian» lo vidi scuotere la testa
« sei esattamente la ragazza per me »
Lui non capiva, faceva il cattivo ragazzo ma era buono e io non ero esattamente quella che lui pensava.
« ascolta devo dirti una cosa importante »
« non possiamo parlarne in un altro momento? »
«no ascolt…»
TOC, TOC « posso entrare o disturbo? »
« tempismo perfetto, grazie Lucas  » vidi Ian guardare Lucas con uno sguardo che avrebbe potuto fulminare Zeus in uno scontro per niente alla pari, Dietro di lui si scorgeva un camice bianco.
«scusate ragazzi devo chiedervi di uscire, l’orario delle visite è quasi finito, c’è qualcun altro che deve passare a salutarlo? » Era un dottore sulla trentina passata da poco. Molto alto, dai capelli leggermente ondulati ma non molto lunghi, dalla targhetta del camice si leggeva “Dottor Jeson Raitch”.
Lo avevo conosciuto, e da quello che avevo capito nel corso delle mie ore in ospedale, lui era una specie di medico curante della famiglia di Ian.
« i miei genitori  » Disse Ian
« vado a chiamarli io » dissi prendendo al palla in balzo, mi sentivo confusa e anche abbastanza imbarazzata.
« no aspetta noi due dobbiamo ancora parlare  »  lo vidi muoversi come se volesse alzarsi e il dottore fermarlo nello stesso attimo
«okay vi ho interrotto in un momento sbagliato, ci vediamo domani , anche noi due dobbiamo parlare Ian » disse Lucas
«hai intenzione di metterti con me? » Sentii dire Ian da dietro la porta probabilmente a Luca
 « no, direi di no » 
« allora non è così importante  »
Quando Lucas uscì mi vide appoggiata al muro. « tutto apposto? »
Annuì « si solo.. sai lui.. io  » okay stavo delirando, mi sentivo le mani sudate, avevo voglia di spaccare qualcosa e contemporaneamente volevo rientrare in quella stanza e abbracciare Ian che mi aveva guardato con uno sguardo da “non andartene”.
« Ascolta.. non so bene come funziona tra voi però conosco Ian da tantissimo tempo »
O no stava per arrivare il discorso «senti non….  »
« no ascolta… sappiamo tutti cosa ha Ian…  »
Lo guardai confusa « non ho capito tutti chi? »
«lui…  »
 a quella parola lo guardai intensamente “Ian sapeva che cosa aveva?”
 «…la sua famiglia e io siamo TUTTI  » fece una pausa perfetta, di quelle che avrebbe dato la giusta suspense  in un film thriller all’arrivo di una notizia sconvolgente. « e se ho capito adesso rientri nella cerchia per lui importante anche tu, e sei la prima ragazza che ci rientra quindi mi sembra giusto che anche tu lo sappia»
okay la notizia doveva essere davvero sconvolgente.  « mi stai spaventando »
« Ian è malato di tumore» l’aria attorno a noi sembrò fermarsi « è già successo quando era più piccolo, ha dovuto affrontare la chemio e un operazione, sapevamo che sarebbe potuto ricomparire, ma abbiamo sempre sperato che non accadesse»
«Aspetta io ho sentito che tossire sangue è un segno di molte patologie persino causate dalle gengive o dalla rottura di capillari per un eccessiva tosse non può essere…»
«ragazzi siete fuori vuol dire che dentro c’è il dottore? »Il padre di Ian, il signor Abrahams, era comparso con in mano una busta piena di cibarie varie.
« si signore è appena entrato» disse Lucas più prontamente di quanto non fossi stata in grado di fare io.
« cara» sospingendo delicatamente sua moglie entrarono nella stanza dove il medico stava facendo dei controlli di routine e parlava con Ian di qualcosa di molto serio a giudicare dalle loro espressioni.
« Scusatemi » dissi poco prima di andarmene, lasciando Lucas e la sorella di Ian da soli nel corridoio.
Correvo il più lontano possibile da quelle persone. Non so cosa mi stesse prendendo ma qualsiasi cosa fosse non mi piaceva, un ansia, un terribile senso di panico mi faceva dolere lo stomaco e sentire la nausea salire… 
 

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Capitolo 4
*** Confusione ***


Capitolo 3: Confusione 
 
Erano passati svariati giorni dal nostro incontro in ospedale e mi sentivo malissimo. Non sapevo come fare per superare quest’ennesima prova, il mio male sembrava ritornare sempre… i medici erano fiduciosi, questa volta sarebbe stata quella definitiva, ma io non ci credevo più molto e nemmeno loro, non li avevo sentiti ma avevo capito. Poi avevo chiesto conferma, i miei non volevano che sapessi ma io dovevo sapere così avevo chiesto, a bruciapelo al mio medico la verità, tutta la verità.
« sarò sincero Ian le probabilità sono scarse ma non ho detto che non ci siano, molto della riuscita dipenderà da te, dalla tua forza d’animo e dalla tua voglia di farcela. ».
La verità e che ho voluto fingere solo per un po’ che la mia vita fosse diversa, che le prossime albe sarebbero state per me come per gli altri, poi ho incontrato Anne, inizialmente non ne capivo l’importanza ma ora lo so, esistevo per lei, anche se non per vivere. Cento ragazze per vivere e morirne per una sola. Era un po’ ironico. Eppure sono lo stesso felice di aver parlato con lei quel giorno, felice e amareggiato, una parte di me ha paura e vorrebbe non averlo mai fatto. Non voglio morire, non voglio lasciare le persone che amo, le persone a me care. Quanto dolore, quanta sofferenza. La verità e che temo di star prendendo la via più facile e di aver rinunciato a lottare. Però non è così. Se non l’avessi incontrata tutto sarebbe diverso. Me ne sono innamorato e vorrei pentirmene, vorrei non averlo mai fatto.
i miei pensieri sono così contrastanti per via della febbre che mi ha preso che non sono lucido, forse sto solo delirando o forse vedo le cose come realmente sono. Non riesco a capirlo…
Apro gli occhi, sono ancora in ospedale, la febbre è passata e mi rimandano a casa. Dovrò tornare per fare il nuovo ciclo di cure, ma fino a quel momento mi lasceranno in pace.
Prendo un bel respiro, chiamo un paio di persone. Sono parecchie le ragazze a cui avevo dato appuntamento ultimamente, alcune delle quali anche mentre uscivo con An. Sono proprio un pessimo ragazzo dobbiamo ammetterlo. Sorrido, ormai devo fare del mio meglio, devo rimettere la testa a posto prima dello scadere del tempo. Un leggera inquietudine mi pervade. Devo vedere An, devo prendere una decisione e devo farlo per me, per An e per tutte le persone che mi stanno vicino e mi amano. Dentro di me ho già scelto. Ma non ho il coraggio di ammetterlo.


Sentii bussare alla porta. « Anna hai visite è Ian»
Ero in camera mia, sul letto, che osservavo il soffitto quando mi fiondai giù da esso per scendere le scale. Dovevo mettere in chiaro alcune cose con Ian e dovevo farlo adesso.
Me lo trovai innanzi con un aria spavalda, come se fosse il vecchio Ian senza alcun tipo di problema, sano come un pesce. Ma lui non era sano e adesso lo sapevo «Ian non sei fuggito vero? Ti hanno solo dimesso »
« Spiritosa, cosa ti fa credere che se fuggissi da un ospedale sarei così stupido da bussare alla tua porta per far sapere a tutto il palazzo, dove abito anche io tra l’altro, che sono fuggito? »
Si lo ammetto avevo fatto una domanda stupida, ma mi era venuta istintiva. Non posso farci nulla, lui aveva sempre l’aria di quello che non seguiva mai le regole. « va bene ho capito sono stata una stupida a dubitare del tuo poco intelletto» lo vidi ridere e sorrisi anche io di rimando.
«senti Ina io.. »
«devo parlarti »
Avevamo parlato entrambi in contemporanea, ma non so perché qualcosa nel suo sguardo mi fece desistere dal continuare e con un cenno della mano gli indicai di seguirmi di sopra per parlare.
« siamo su» non ero sicura che mi avessero sentita ma non mi importava molto. «siediti ti prego e dimmi tutto» si sedette e io con lui. Il mio ginocchio mi faceva male e istintivamente lo massaggiai.
« ascolta so che ti ha parlato Lucas » annui e lui continuò « è davvero un amico, molto sveglio e ha capito subito che non eri una persona normale» l’uso della parola normale di fece formicolare le terminazioni nervose dei miei arti, mi ritrovai a muovermi impercettibilmente dal disagio “normale” avrebbe potuto usare una qualsiasi parola, “ qualunque” “speciale” no lui aveva detto “normale”. Temevo sapesse qualcosa di me che non avrebbe dovuto sapere.
« non capisco dove tu voglia andare a parare.» Scosse il capo come se neanche lui sapesse dove voleva andare a parare. Alla fine lo vidi sospirare e chiudere gli occhi. « ho una settimana un po' piena, sai d’ho una mano a mio padre in negozio, non ho molta voglia di stare a casa. Non mi farà fare nulla di pesante al massimo starò alla cassa o saluterò i clienti ma desidero passare più tempo possibile con lui» fece una pausa « quindi non potremo vederci molto »
« Ian parli come se stessi per morire» lui mi sorrise, guardandomi dritto negli occhi. Anche questo mi stava mettendo a disagio. « hai gli occhi rossi non dormi bene la notte?» spostò immediatamente il suo sguardo e disse come se avesse fretta « devo andare » poi tossì, una tosse che lo scosse nel profondo e per un attimo temetti che mi avesse mentito e che non lo avessero affatto dimesso dall’ospedale.
« non fare quella faccia, va tutto bene, non temere. Resisterò tutto il tempo che sarà necessario»
« d’accordo» ancora una volta le sue frasi mi accesero un campanello di allarme, cosa mi nascondeva, cosa sapeva. Nulla, non poteva sapere nulla. E alla fine non riuscii a parlargli, sospirando, decidetti di non dirgli nulla per il momento, meglio lasciarlo tranquillo, ma avrei dovuto allontanarlo presto, per il suo se non per il mio bene.

Uscito dalla casa di An mi diressi verso il negozio di mio padre e li restai per tutta la mattinata. Aveva avuto ragione, non dormivo più bene la notte, sgattaiolai via dal negozio solo per passare un po' di tempo con alcuni amici e un’oretta in una delle stanze della casa museo. Li feci quello che facevo sempre, sistemai, mi piaceva stare li, e sebbene ci fosse la polvere non tossì che una volta.
Passarono così i sei giorni seguenti. Le notti erano un tormento, adesso gli incubi erano più vividi e anche l’ombra aveva assunto un significato ben preciso, ero riuscito a mettere insieme i pezzi, tutti i pezzi per comprendere cosa stesse succedendo. Mi sentivo stanco, sempre più stanco e finivo per scappare nella vecchia casa museo tutto il tempo, dormivo li, su quell’enorme letto che con tutte le lenzuola nuove e profumate odorava lo stesso di vecchio. Costretto a usare una mascherina per la polvere tutto il tempo. Eppure li, lontano da tutti riuscivo a dormire bene, fino alle prime luci dell’alba, poi sgattaiolavo di nuovo a casa. E ricominciavo le mie giornate. Vedevo il volto triste di mia madre quando credeva che non la stessi guardando, e la stanchezza negli occhi di mio padre. La speranza che li ha sempre animati era ancora li, ma il continuo lottare con il mio male li affaticava come affaticava me, ansi forse anche di più. Andavo a trovare anche An che però vedeva la parte peggiore di me, tossivo sangue, ed ero sempre esausto ma se non la vedevo stavo peggio, se non fisicamente mentalmente avevo il bisogno di vederla anche se per poco. Ridicolo, mi sentivo come un drogato.
Passarono altri giorni, adesso stavo davvero male, la mia cura sarebbe iniziata fra un paio di giorni, ero rinchiuso in camera mia da due giorni o almeno credo che fossero due giorni, avevo perso il conto. La luce mi dava così fastidio che non riuscivo a sopportarla.
TINTIN TINTIN TINTIN suonava il mio telefonino.
//MESSAGGIO PER AN
An ti prego puoi venire da me? Ho un favore da chiederti.
Ian//
Guardai il telefono come se fosse un apparecchio alieno, credo di aver alzato un sopracciglio, ma scesi al piano di sotto presi le chiavi e mi diressi due piani più sopra nella casa degli Abrahams, non vi era più nessuno in casa e non dovetti preoccuparmi di nulla. Suonai al piano di sopra e parlai un poco con la madre di Ian.
«salve signora. Posso vedere Ian? » chiesi,
«ma si certo cara, però non lo fare affaticare è così stanco ultimamente »
annuì e mi diressi verso quella che mi fu indicata come la sua stanza. Era buia, con solo una flebile luce accesa. Era inquietante, mi ricordava la morte. Una di quelle veglie funebri che si facevano una volta. Dove il cadavere del defunto veniva esposto al centro della stanza, poggiato sul letto, la luce fioca ad accentuare le lugubri ombre… non mi piaceva per niente quella atmosfera, eppure io stessa ne ero stata testimone così innumerevoli volte.
« Ian? » sembrava che stesse dormendo.
«sono qui An » aveva la voce un po' più roca. Mi avvicinai e lui stirò un braccio per accendere di più la lampada. Era carina di quelle a più intensità con il tocco di una mano, non costava molto. Lo vidi meglio adesso e sorrideva. Sembrava stare bene ma la sua pelle era un po’ pallida, mi tirò a se e mi baciò. Non lo aveva più fatto dal giorno in ospedale, a dispetto di tutte le sbruffonate che aveva fatto. « devo chiederti un enorme favore, puoi farlo per me »
«il bacio è un modo per corrompermi meglio » arricciò il naso e disse « diciamo che è una ricompensa » aveva uno strano sguardo negli occhi, e mi chiesi se non era la luce. « una ricompensa? Solo questo per chissà quale favore vero? » il suo sorriso si allargò… « o no, questo non è neanche l’anticipo» quello sguardo malizioso, quella consapevolezza negli occhi, quella determinazione nella voce. Non sarei mai più riuscita a dimenticarli per il resto della mia vita.

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PLIN PLON OGNI NOME, FATTO, SCENARIO, CONTESTO, DIALOGO, LUOGO È TOTALMENTE UNA MIA INVENZIONE, SE PER CASO TROVATE QUALCOSA DI FAMIGLIARE È UNA MERA COINCIDENZA DETTO CIÒ.
 
AVREI DESIDERATO SCRIVERE DI Più IN QUESTO CAPITOLO, INCENTRARMI MEGLIO SU COSA STA SUCCEDENDO ADESSO NELLA VITA DI IAN E COSA LO TORMENTI, MA TEMEVO DI DEVIARE DA QUELLO CHE ERA STATO IL MIO SOGNO, CIOÈ IL VERO FULCRO DELLA STORIA.

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