Regola

di EvrenAll
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chiamata senza risposta ***
Capitolo 2: *** Day 1 ***
Capitolo 3: *** Day 2 ***
Capitolo 4: *** Day 3 ***
Capitolo 5: *** Day 4 ***
Capitolo 6: *** Day 5 ***
Capitolo 7: *** Day 6 ***
Capitolo 8: *** Groupie ***
Capitolo 9: *** Passaggio ***
Capitolo 10: *** Sachertorte ***
Capitolo 11: *** Poster ***
Capitolo 12: *** Marshmallow ***
Capitolo 13: *** Improvvisare ***
Capitolo 14: *** Stalker ***
Capitolo 15: *** Tregua ***



Capitolo 1
*** Chiamata senza risposta ***


Chiamata senza risposta







Che merda.

Uno schifo assoluto.


 

Mi guardo attorno e la mora della notte prima non c’è.

Ok, di solito sono io lo stronzo che le manda via dopo averle scopate.

Ma che palle.

Mi lascio accasciare sul cuscino.


 

Qualcuno direbbe che è il karma che lavora. Per me è solo una rottura.


 

Posso dire di aver sfruttato la mia notte di libertà e spero che il mio fegato sia ancora in grado di smaltire in fretta il poco alcol che ho in circolo. So cosa mi aspetta ora: fare il cazzo di bravo bambino e andare alla riabilitazione.

Perchè non la fanno fare al nostro bassista quella?

Lo stronzo sta continuando a drogarsi come la peggior feccia di Los Angels; è la peggior feccia di Los Angeles, probabilmente.



Che schifo.



Storgo la bocca, poi mi sorprendo a ridere.

Mi ha lasciato da solo, la mora, ma chissene frega.

Donne, donne, donne.

Per di più si chiama come mia figlia.

Non la dimenticherò: di sicuro è stata un’occasione particolare…

Elizabeth.

Mi metto seduto, mi alzo prima pentirmene e vado in bagno, immergendomi subito sotto il getto d’acqua della doccia. È freddo prima, e quasi mi tirerei indietro, ma va bene così, aspetto che diventi caldo, bollente.

Sospiro.

Se uno come me rubasse la verginità a mia figlia cosa farei?

Schiaffo una mano sulla confezione di shampoo e la apro. Ne verso un po’ sul palmo e inizio a massaggiarmi i capelli dopo aver chiuso il rubinetto. Il vapore continua ad avvolgermi lasciando sulla pelle uno strato umido ed entrandomi nei polmoni.

Che domande stupide, mi faccio.

Per lo meno questa volta non ho tradito nessuno.

Mi sciacquo le mani e prendo il bagnoschiuma.

Voglio rimanere single finchè campo.

Neil ed Elizabeth.

Li chiamerò stasera.

Mi lavo da capo a piedi e riapro l’acqua.

Rimarrei qui per ore… e in effetti: c’è qualcuno a vietarmi di farlo?

Non faccio tempo ad appoggiarmi al muro che sento squillare il telefono di casa.

-Vaffanculo-

Ignoro il trillo insistente e mi lascio sedere per terra. Passo le mani sul viso e sui capelli, liberandoli dalla schiuma.

Che schifo.





 


Sbuffo e chiamo il prossimo numero dell’elenco, appuntandomi di richiamare Vince Neil in giornata: una stellina affianco al suo nome. Bene.

Parlo per automatismo con l’uomo dall’altro capo della linea.

In effetti è un bel sollievo che lui non abbia risposto, dato che è il cantante di una delle band che seguo: il biglietto per il concerto del 22 agosto al Roxy è a casa nel cassetto del mio comodino. Lo tengo io perchè Eveline è bravissima a perdere le cose e a Johanna non interessa poi così tanto vedere quei malati esibirsi.

Sì, sono davvero dei malati e degli stronzi.

Lo so, ho le orecchie per ascoltare quel che si dice di loro e gli occhi per leggere i giornaletti di gossip. O anche i giornali in effetti.

Ed hanno affidato Vince Neil alla nostra clinica dalla prigione per fare finta di farlo diventare un bravo ragazzo dopo un percorso giudiziario incontestabile ed un incidente di non poco conto. Ciò la dice lunga su di loro. Su di lui.

Ho dato una sbirciata alla sua cartella mentre controllavo i dati, non avrei dovuto, ma quelli che poi si occuperanno di lui non se ne accorgerano nemmeno.

Quel fare finta lì sopra è una specificazione obbligata: Motley Crue, ragazzi!

Avete presente?

Ecco.

Però mi fanno perdere la testa.

Too fast for love.

La Demo di Shout.

Mi accorgo di essere rimasta in linea nonostante dall’altro capo non ci sia più nessuno da un bel pezzo e chiudo la chiamata.

Che pena i lavori burocratici.

Però per lo meno qui mi hanno presa.















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Esperimento vagante: avevo una voglia tremenda di scrivere qualcosa su questi ragazzi, quindi ecco qui: approfitto del fatto che Elizabeth sia praticamente apposto per darmi un po' da fare.

Grazie a tutti quelli che leggeranno, fatemi sapere che ne pensate^^



 

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Capitolo 2
*** Day 1 ***


Day 1




 

L’ho visto entrare stamattina. Dora si è occupata di accertare la sua identità ed io l’ho sbirciato di nascosto da sotto il bordo del bancone.

È bello.

Però non ha un’espressione felice e quando una delle infermiere di servizio gli mostra la strada per arrivare alla sua prima visita la segue controvoglia.

Peccato.




 

Nella sua esplorazione è tornato all’entrata. La guarda scocciato, forse decidendo se fare o no il bravo ragazzo. Sceglie di arrendersi e si volta verso il banco, incrociando il mio sguardo. Non lo abbasso e vedo qualcosa in lui che cambia.

Si avvicina ed appoggia i palmi sulla superficie davanti a me.

-Ciao, piccola-

Cerco di non ridere mentre penso che mi abbia scambiata per una ragazza del liceo. Capita talmente spesso che a volte mi dimentico di essere leggermente più vecchietta. 20 marzo 1961.

-Scusa, sto lavorando-

-Ehm, John? Sì, John, posso parlare almeno in questo posto? La signorina sembra non gradire-

Approfitta della sua posizione di principe viziato parlando con uno degli educatori.

-Fintanto che non esci di qui va bene tutto-

E John glielo permette.

-Visto?-

Vince Neil è davvero un bell’uomo.

Lo sapevo già, ma visto da vicino, senza trucco e coperto da vestiti quasi normali non fa altro che alimentare questo giudizio. Jeans, cintura scura, una canotta nera ed un polsino dello stesso colore. Sì: è decisamente sobrio, rispetto ai suoi standard.

Mi sorride ancora, con quella sua aria da Californiano perennemente sulla spiaggia, appena sceso dalla tavola da surf. Ha dei denti perfetti.

Mentre l’educatore torna nel suo ufficio, il cantante inclina la testa imbastendosi addosso una ben pilotata faccia da bravo ragazzo.

Scuoto la mia e torno a leggere i documenti che ho davanti.

-Cosa stai facendo?-

-Riordino le carte, controllo i conti e metto in archivio-

-Noia-

Lo vedo fissare gli occhi sulle bocce della mia collega, anche se lei è una madre di famiglia di circa quarant’anni. È troppo occupata a compilare l’ennesimo modulo per accorgersi dell’insistenza di quello sguardo.

Mi schiarisco la voce e mi alzo.

-Hai voglia di accompagnarmi in archivio?-

-Fai strada-




 

Mi sento un idiota qui.

-Non avete una sala ricreativa?-

-Mmh, non ti hanno mostrato questo posto?-

-Ci ho fatto qualche giro stamattina, ma è deprimente-

-E non sei stato nel reparto più clinico…-

La sento sbuffare.

Ha i capelli corti, più chiari dei miei. Quasi rasati sulla nuca.

Sotto la camicia bianca a maniche corte che ha addosso vedo il segno nero del reggiseno a metà della sua schiena: pessima scelta, se devi lavorare in ufficio mettine uno chiaro, bimba…

Ma non mi posso lamentare, nè di quella, nè dei jeans attillati che le fasciano le gambe.

Ha un bel culo.

Quasi mi si chiude la porta in faccia, preso come sono a fissarla.

La blocco con il palmo della mano e seguo la ragazza nella stanza.

-Senti un po’, ce l’hai un nome?-

Resto per un attimo sorpreso mentre distolgo lo sguardo dalla porta. Smetto di camminare ignorando il tonfo della chiusura e mi guardo attorno: ci sono scaffali ovunque, alti e pieni di cassetti. Potrebbe sembrare quasi una tomba metallica.

-Faith-

Seguo il suono della sua voce e dello scorrere di un cassetto ritrovandola due corsie più avanti.

-Il mio immagino tu lo sappia-

-Direi di sì-

Mi appoggio con una spalla alla superficie alla sinistra del contenitore che sta esplorando

-Vince Neil-

Si ferma e gira la testa guardandomi con ironia.

-Ti ho detto che lo so-

-Volevo esserne sicuro-

Torna a concentrarsi sulle cartelle e sistema finalmente le dannate carte.

-Conosco la vostra musica-

Non so se sia una buona cosa in realtà. Se è almeno un po’ intelligente non si farà avvicinare in fretta dal sottoscritto.

Continuo a soppesare il suo aspetto.

Sì, sì...

Potrei farmela anche se non è così bella.

Mi piace quel neo che ha affianco all’occhio destro, e le sue mani sono piccole… amo le mani piccole.

Fa ticchettare le dita sulla superficie, visibilmente sovrappensiero. Poi improvvisamente chiude e ricomincia a camminare.

-Album preferito?-

-Dipende dall’umore-

La seguo mentre, decisa, spalanca un cassetto più basso e si china a cercare qualsiasi cosa abbia in mente.

Si piega leggermente in avanti lasciando il sedere in bella mostra.

Ghigno.

-È un invito?-

-Come?-

Gira la testa, disorientata, e copro la bocca prima che possa anche solo immaginare l’espressione da maniaco che ho stampata in faccia.

-Niente-

Ho parlato senza pensare e ho appena fatto la figura dell’idiota che sono.

Ma devo stare in astinenza dall’alcol, insomma, non dal sesso...

Certo è che però non voglio finire di nuovo in galera, soprattutto non con l’accusa di “molestie sessuali”. Dove sono le groupie quando uno ha bisogno di distrarsi?

Scorre fin quasi alla fine del cassetto, finalmente estrae una cartella e chiude.

-Traccia preferita?-

Ci riprovo.

-Dipende dall’umore anche quella-

Ricomincia a camminare, diretta fuori da quella stanza metallica.

-Nah, non ci credo-

Continua. Che nervi.

Le prendo il polso della mano destra e mi appoggio lievemente alla sua spalla prima che lei possa allungarsi verso la porta.

-Guarda che non c’è fretta, puoi anche parlare-

Sussurro vicino al suo orecchio appoggiando la sinistra sul suo fianco in modo che non si possa spostare.

Voglio che crolli in modo da avere il mio giochino per la durata di questo personale inferno.



 

-Forse non te ne rendi conto, ma sto davvero lavorando-

Mugola contrariato rimanendo addosso a me.

È proprio un principino viziato, ed io inizio ad avere caldo.

Libero il polso e mi giro per guardarlo.



 

-Non dovresti provarci con il personale-

Mi ride in faccia e mi dà un buffetto sulla testa con il malloppo di fogli.

-Se chiami questo provarci, mia cara Faith, allora credo che tu abbia un’esperienza decisamente scadente con il sesso opposto-

Mi sistemo i capelli che ha osato mettere fuori posto. Che palle di donna.

-Sai qual è la cosa divertente, Vince?-

Si avvicina, come per sussurrarmi un segreto e si alza sulle punte per arrivare all’altezza del mio orecchio.

-Io conosco te, ma tu non mi conosci per niente-

Rimango di ghiaccio per un attimo: non so se quello che ho sentito sia stato solo il suo fiato umido o se abbia davvero fatto guizzare la sua lingua sul mio lobo per una minima frazione di secondo.

Mi dà di nuovo le spalle, così in fretta che non riesco a cogliere l’espressione sul suo volto.

Tentenno, impalato, con le sopracciglia aggrottate e la fronte… devo rilassarmi se non voglio che mi vengano le rughe.

Non so se mi piace questa ragazza.

Però mi tocca seguirla: non ho intenzione di stare in questo archivio nemmeno un secondo di più.






 

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Capitolo 3
*** Day 2 ***


Day 2







 

-Qui puoi trovare qualcosa da leggere-

Mi sfiora la schiena con la mano esortandomi a fare un passo dentro a quella specie di salottino, arredato con qualche poltroncina, un tavolo basso e due scaffali di legno chiaro.

-Tutto qui?-

Tra l’altro non sembra esserci quasi nessuno.

-È più una struttura ospedaliera che altro- soffia verso l’alto, cercando di far traslare il suo ciuffo biondo lateralmente.

Allungo la mano spostandoglielo dietro l’orecchio ignorando il suo sguardo scuro fisso sul mio viso.

Sono bellissimo, lo so già.

-Dovreste trattenere qui Sixx, non me-

Stringo appena le labbra ed incrocio le braccia.

-Puoi sempre cercare di farlo arrivare-

-Puah, come se fosse capace di disintossicarsi da quella roba… Ci ha già provato senza successo. Anzi, probabilmente non ha mai voluto avere successo-

-Seguimi, ti offro un caffè-

-La caffeina non è considerata una droga?-

La sento sospirare.

-Le macchinette lo fanno solo decaffeinato-

-Stupendo, ottimo- ironizzo.

Sta volta le cammino di fianco cercando di non fare caso alle sue gambe, oggi scoperte perchè ha voluto indossare una gonna. Cerca di darsi un contegno al lavoro.

Chissà com’è fuori da qui.

-Come lo vuoi?-

-Macchiato, grazie-

Non ha solo le mani piccole, è anche piuttosto bassa di statura benchè dubito che scenda troppo sotto il metro e sessanta. Continuo a guardarla appoggiandomi un una parete con la schiena e mi passo una mano sul mento.

Mi fa venire in mente qualcosa.

-Non mi sembri messo male, Vince-

-Parli della mia dipendenza?-

Annuisce e mi porge il bicchierino pieno.

-Esattamente-

Non ha paura di guardarmi, sembra piuttosto sicura di quello che sta facendo.

Lo prendo ed inizio a mescolare usando lo stecchino di plastica.

Che squallore.

-I miei vizietti li ho, fidati. Prima di tutto ecco: un vero caffè sarebbe una gioia-

Non faccio troppo caso a quello che ha scelto per sè e continuo la mia filippica.

-Ed anche un salotto o un posto decente dove dormire-

-Un sigaro- aggiungo.

-Qualcosa da bere-

Rimango sul vago: non è conveniente che io inizi a parlare di alcol qui.

-Una donna-

Almeno una.

-Hai finito la lista?-

Mi mordo il labbro pensando per un attimo di essere quel bastoncino che ha appena ripulito con le labbra e che tiene ostinatamente in bocca mentre aspetta che la bevanda si raffreddi abbastanza da poter essere deglutita senza ustioni.

-Suppongo di sì-

-Con la droga come sei?-

Alzo le spalle. Almeno riguardo a questo mi sono un po’ calmato negli anni.

-Qualche canna, qualche striscia… é Nikki l’eroinomane-

La vedo storcere la bocca.

-Non mi dirai che è lui il tuo preferito della Crue ora…? -

Alzo gli occhi al cielo ed inizio a sorseggiare.

L’avessi mai fatto.

Voglio andare a casa.

-Mi sembra che tu ti sappia gestire molto meglio rispetto a quelli che sono qui in giro, alla gente che vedo di solito, intendo-

Butta giù tutto in un sorso.

Ignora platealmente le mie domande.

-Quindi direi che se ti comporti bene te la potrai cavare con pochi giorni di permanenza qui e controlli… una o due volte a settimana. Non sono un medico, prendi queste informazioni con le pinze-

-Hai un preferito?-

Insisto.

-Perchè devo avere un preferito in ogni cosa?-

Ride di me dirigendosi al cestino con leggerezza.

Ecco cos’è: un folletto.

Nascondo il mio ghigno dietro il bicchiere ed in qualche modo finisco anch’io di bere.

Non voglio toglierle gli occhi di dosso anche se tra cinque minuti sarò di nuovo in giro per questo posto a fare una corte spietata a qualche altra donna.

-Vuoi conoscere qualche mio preferito?-

I suoi occhi marroni hanno una sfumatura che ricorda quella rossastra dello strato che avvolge le mandorle. Mi piace.

-Sì-

-L’azzurro- sorride e non posso fare a meno di imitarla.

L’azzurro mi fa tornare in mente la spiaggia: mare e cielo.

-Interessante-

Getto il bicchiere e rimango al suo fianco mentre torna alla sua postazione.

-Mare o cielo?-

Mi appoggio al bancone davanti a lei mentre si risiede. Alza la testa perplessa, pensandoci su.

-I nontiscordardime- risponde dopo un attimo e rimane a guardare la mia bocca arricciarsi in un’espressione soddisfatta.

Fiori.

Si ostina a non rispondere o a farlo in modo tutto suo.

Mi piace.

-Lei che ne pensa, Dora?-

-Direi mare, non vedo l’ora di avere un po’ di ferie-

-Ma così smetterebbe di vedermi, cara-

Dialogo con la quarantenne in modo automatico, facendo finta di dimenticarmi di Faith.

Ma la osservo.

Appena sembra che abbia smesso di ascoltarci in risposta alle mie tarate battute da dongiovanni scuote la testa o cerca di nascondere un sospiro. Dora invece si limita a chiacchierare ed arrossire.

Faith.








 

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Capitolo 4
*** Day 3 ***


Day 3






 

La guardo aspettando che faccia qualcosa di diverso da leggere, scrivere e telefonare. Sono beatamente appoggiato sulla parte alta del banco davanti a lei, all’altezza del mio petto, con la testa sulle braccia incrociate. Le sciolgo e con le mani faccio per pulire la superficie già perfettamente linda.

Che noia.

Dora non c’è, quindi rimaniamo in silenzio, mentre dagli altoparlanti sul soffitto è disperso il gracchiante suono della voce dei conduttori del tg radio delle due del pomeriggio. Hanno interrotto la musica, pf.

Esaurita la pazienza, mi schiarisco la voce.

-Ti ho visto, Vince-

-Sai, potresti anche salutare allora-

-Ciao-

Si ferma mentre, con una faccia tosta tutta mia, mi arrampico su quel bancone e mi lascio cadere dalla sua parte.

-Non potresti entrare qui-

-Oh, posso, posso-

Mi accomodo sulla sedia della sua collega ed alzo i piedi fino ad appoggiarli alla scrivania tenendo le gambe distese.

-Hai così tanto lavoro da fare?-

-Se ti metti nei guai io non centro nulla-

-Rilassati un po’ e stacca gli occhi da quel fottuto foglio-

Finisco per sbottare e lei inaspettatamente mi da retta.

Mi dondolo sulla sedia, apertamente soddisfatto.

-Ciao Faith-

Ricomincio da capo.

-Ciao Vince- sospira ed appoggia la schiena mentre tende le braccia verso l’alto per stiracchiarsi.

-Mi piace la tua canottiera-

È fucsia ed adorabilmente scollata.

-Grazie- le riporta sui braccioli della sedia e poi si alza cercando di nascondere uno sbadiglio.

Continuo ad oscillare guardandola e tenendo le mani sulla mia pancia.

-Com’è andata la notte?-

-Non c’è nulla da fare qui… Ho dormito-

Dopo aver chiamato Neil e Beth.

Beth odia parlare con me dopo quello che mi è successo nell’ultimo anno (e le numerose volte in cui l’ho tradita, ok), però riesce a rispettare il mio essere padre.

Pensandoci bene, nemmeno la madre di Neil mi considera un granchè…

Ma sono un bravo papà e su questo non possono dirmi nulla.

Ride piano.

-Credo di aver passato una serata migliore della tua, allora-

-Oh si ti prego, sfottimi perchè sono in riabilitazione e tu, comune mortale, ti diverti più della sottoscritta rockstar…- sbotto a bassa voce ironicamente.

-Ho guardato un horror con le mie coinquiline, credo che la tua concezione di divertimento sia leggermente diversa dalla mia-

Si difende. Ora è alle mie spalle e sta prendendo qualcosa dall’attaccapanni.

-È da una vita che non guardo un film- sbuffo.

-Come ti diverti, tu, Vince?-

Ritorno con i piedi per terra e faccio ruotare la sedia.

Non riesco a fare a meno di recitare la parte del coglione.

-Penso che tu lo sappia-

Ghigno.

Probabilmente è autodifesa.

-I Santi di Los Angeles-

Dice lei, e giuro: provo a sorridere, ci provo.

-Già-

Ma involontariamente la mia bocca si piega all’ingiù.

I soprannomi, i giudizi affrettati… per carità, ci campo, ma deve essere sempre così?

-Ho voglia di bere qualcosa-

Più che altro è un bisogno: voglio essere capace di non pensare a quello che sono diventato e a quello che mi aspetta.

-Non puoi-

È categorica.

Sospiro e mi gratto la fronte con una mano, nascondendo gli occhi.

Se adesso è uno schifo, come sarà quando sarò fuori da questo posto?

Circondato da gente che se ne fotte di tutti gli obblighi che la legge mi ha gettato addosso, che se ne fotte di qualsiasi cosa e balla sui vetri.

So già che sarà difficile stare con la crue.

So già che sarà difficile sopportare ancora gossip e gossip che parlano di qualcuno che non sono e sorridere in modo convincente davanti agli intervistatori e al nostro pubblico.

Sono triste.

-L’altro giorno hai detto di conoscermi, ma in realtà non sai proprio un cazzo di me-

Non la guardo più, non mi interessa.

Prende posto davanti a me e sento una delle sue mani appoggiarsi ad una delle mie gambe, sopra il ginocchio.

-Spero che sia così davvero-

Dice solo questo e mi convinco ad aprire di nuovo gli occhi.

Mi guarda, mi sfida, mi sorride.

Mi piace.

Rimaniamo in silenzio fino a quando non batte un paio di colpi su di me e si mette di nuovo in piedi.

-Appena arriva Dora io stacco-

Alzo gli occhi al cielo.

-Sei un folletto decisamente iperattivo-

-Un folletto?-

-Ti sei mai vista allo specchio, Faith?-

-Sì- ride e mi appoggia le mani sulle spalle stando dietro di me.

A che gioco gioca?

-Sei un folletto, piccolina, e credo tu sia altrettanto dispettosa, visto come ti diverti a scherzare con il sottoscritto-

Cerco di parlare senza dire troppo.

È cristallo quello che esce dalle sue labbra quando ride.

-Mi metti di buon umore-

Mi giro perchè voglio guardarla ancora.

Sono una continua contraddizione.

-Comunque, Vince- cerca di tornare seria e stringe le dita attorno alla tracolla.

-Una persona che è capace di fare quella faccia triste che hai fatto due minuti fa, credo non si diverta per niente-

Sposto lo sguardo da lei perchè mi da fastidio che si permetta di leggermi.

-E credo che abbia di più da raccontare rispetto a “Ehi, guardatemi, sono una star”-

Il saluto di Dora interrompe la sua penosa imitazione e fa terminare il nostro tempo. Faith è già pronta per partire, ma prima di farlo, fingendo di non far caso al mio cipiglio malinconico, si avvicina e mi lascia una parola.

-Cioccolato bianco-

Occhiolino e se ne va.

Azzurro, cioccolato bianco.

Il nostro gioco dei preferiti.

Mi piace.






 

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Capitolo 5
*** Day 4 ***


Day 4








 

É mattina, è estremamente presto e dovrei ancora essere in camera.

Me ne frega relativamente poco visto che non sto facendo nulla di male e sono semplicemente seduto nella segreteria.

Le infermiere sono tutte piuttosto anziane oppure sono uomini, quindi aspetto Faith.

Non bevo dalla sera con Elizabeth.

Cinque giorni sobrio.

Yu-hu.

E cinque giorni in bianco.

Mi dondolo sulla sua sedia e tiro indietro i capelli mentre sbircio l’entrata.

È quasi piacevole essere pienamente padrone di me e non lasciarmi andare come faccio di solito. Eppure non sono nemmeno il peggio in quella manica di pazzi che compone i Mötley Crüe. Mi diverto solo di più con le ragazze, forse.

Sospiro rilassandomi.

Finché non devo uscire questa lucidità sarà una manna.

-Ehi-

Una mano mi si appoggia su una spalla mentre sento quel saluto fatto a bassa voce.

-Buongiorno- aggiunge. Girandomi la trovo a sorridere lievemente, mi alzo e le bacio una guancia.

-Ciao-

La sua furba espressione onnipresente da folletto si illumina. Dalle ombre sotto gli occhi capisco però che stanotte ha dormito poco.

-Che ci fai qui?- prima che possa fare altro mi interpella e con una mano mi spinge piano con l’intenzione di farmi sedere di nuovo.

Illusa. Non lo faccio e lascio che appoggi l’intero palmo sul mio petto.

-Ti aspettavo…-

Le accarezzo lievemente una guancia con le dita. Sfiorò anche il piccolo neo.

-Dongiovanni-

Sorride.

Come fai a sorridere sempre, Faith?

-Magari non riuscivo a dormire, che ne sai-

Deve ancora pagarmela per lo scherzetto di qualche giorno fa. Mh. Nah, non ne vale la pena.

-Non credo tu possa uscire dalla camera prima delle sei-

-Sono le sette meno venti infatti- la correggo ed infilo le dita tra i capelli corti della nuca.

-Vince-

Mi richiama, ma per una volta la ignoro io.

-Carino-

La guardo soddisfatto mentre faccio scorrere su e giù: è inaspettatamente piacevole.

Scuote la testa come se fossi solo un bambino scemo e socchiude le labbra.

-Sei contento?-

-Sì- mi stacco e mi siedo alla postazione di Dora.

Datemi un premio per l’autocontrollo, vi prego.

-Il tuo nome è dovuto a qualcosa in particolare?-

È da quando me l’ha detto che ci sto pensando: Faith, Joy e simili in genere sono importanti.

-Sono nata al sesto mese, i miei hanno avuto davvero paura che non ce la potessi fare-

-È per questo che sei così piccolina anche ora?

Mi guarda sorpresa per un attimo, poi scoppia a ridere.

-Credo sia una questione genetica, anche nonna era piuttosto bassa-

Non è volgare, quando lo fa, è discreta e tende ad abbassare leggermente la testa o coprire la bocca con una mano.

Dice qualcosa, ma non capisco e sono obbligato a chiederle di ripetere.

Mi ero incantato.

Lucido. Proprio lucido.

-Il tuo nome?-

-Non lo so-

Alzo le spalle.

-Vince Neil- ripeto piano.

-Wharton- aggiunge lei e ghigno.

-Oh-oh-oh, mi conosci sì-

Ma non puoi sapere tutto.

-È solo il tuo nome-

Addolcisco il sorriso capendo che sta ribadendo le cose che ha detto ieri.

-Essere lucido ogni tanto è decisamente interessante-

La clinica sta iniziando a popolarsi lentamente, qualche chiacchiera in più, un rumore di passi lungo il corridoio.

Mi guarda ancora un attimo.

Un miscuglio indistinto di zucchero e furbizia.

Potrebbe essere una caramella gommosa. E sì, la mangerei volentieri.

Tradisce i suoi pensieri nascosti mordendosi appena le labbra e lasciando che il ciuffo le copra gli occhi. Afferra una matita girandosi e prende il primo foglio sulla scrivania sospirando.

Vuole concentrarsi e decido di lasciarglielo fare dopo un’ultima domanda: tornerò a stuzzicarla più tardi, ora ho voglia di stare un po’ per conto mio.

-Vivi con loro?-

-Non più-

Mi viene per un attimo un atroce dubbio ed alzandomi le guardo la mano sinistra.

Pulita.

Grazie al cielo.

Oh, beh, avrà malapena vent’anni, la piccolina, e in effetti mi ha parlato di coinquiline...

-Neil-

Impreco mentalmente e mi giro verso l’entrata. C’è Doc, pronto per rimproverarmi di nuovo e pronto ad aggiornarmi di quanto il mio gruppo inizi ad essere un vero bordello.

-Ti lascio lavorare, cara stacanovista-

Borbotto ed esco dalla segreteria senza le solite stronzate.

Devo fare il bravo ragazzo, devo fare il bravo ragazzo.

E devo lavorare anch’io.






 

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Capitolo 6
*** Day 5 ***


Day 5







 

-Il ghiro-

Alzo la testa dalla scrivania, sentendomi per un attimo disperso, poi ricordo il gioco dei preferiti.

-Il topo che dorme?-

-Sì- ha smesso di scrivere per un attimo e mi guarda mangiucchiando il fondo della penna mentre cerco di sistemarmi i capelli che mi si sono schiacciati sulla testa mentre sonnecchiavo.

-Davvero?-

-È un animale carino- sorride da sola, arricciando la bocca all’insù.

-È un topo-

Disapprovo.

Risentita fa sporgere leggermente il labbro inferiore e si avvicina a me di qualche centimetro.

-Sono simili senza dubbio, ma sono molto più carini-

Mi soffermo su quella parte di lei mentre formula la frase. È una tentazione forte, quella di allungare la mano ed iniziare a giocarci con le dita. O morderlo.

-Ti piacciono le cose piccole e carine, folletto?-

-Se sono ghiri sì-

Faccio schioccare la lingua sul palato.

Mi prudono le mani.

Odio l’astinenza.

-Vince, quello è il mio posto-

-Dora, tesoro. Mi sposto-

Mi alzo senza mostrarle quanto mi scocci eseguire quella semplice azione e faccio in modo di passare il più vicino possibile al corpo della donna e alle sue tette mozzafiato.

Massì: ci provo. Appoggio per un attimo una mano sul suo fianco fingendo di perdere l’equilibrio.

Mi guarda un attimo di troppo e le sorrido fintamente imbarazzato.

Lei lo è davvero o recita?

-Vado a prenderle un caffè?-

Mi propongo volontario, innocente.

-Grazie, volentieri- mi schiocca un bacio sulla guancia e dentro di me sghignazzo: niente notte in bianco. Lo sento.

Ricambio standole troppo vicino e va come mi aspettavo: non mi rifiuta.

-Ne voglio uno anche al ritorno- specifico a voce più bassa, facendole l’occhiolino, quindi esco dalla segreteria.

Faith mi ignora.

Meglio così.

Ho una regola.

Sì, giuro: nonostante il mio pessimo comportamento sono riuscito a darmi una regola.

Mai scopare con una ragazza interessante.

L’ho imparata a mie spese dopo che una delle creature più belle che abbia mai conosciuto in vita ha abbandonato la Crüe e ha trovato maggiore diletto a seguire i Kiss.

Funziona così, se lo fai: la vedi, ci parli perfino, te la scopi una, due, tre volte, parli ancora, ci lasci il cuore e poi te lo strappa.

Ah, ma aspetta.

Io non ho un cuore.

Il problema delle ragazze interessanti è che lo sono per la testa che hanno sulle spalle e se ci vai a letto o finisci ingabbiato -Beth- o sotto tortura -Annie-. Perchè andare a letto con loro vuol dire solo provare qualcosa in più, sempre di più…

È più facile e più sano praticare quel tipo di ginnastica con chi lo fa per la fama di essere stata con me, per i miei soldi, magari, o per la droga che gira nei posti dove stiamo io e il mio gruppo...e poi, dannazione, mi avete visto?

Si ci metti di mezzo la testa, è tutto più complicato, faticoso, doloroso.

Quindi niente sesso con Faith.

Con la sua collega però magari sì.







 

Guardo Dora cercando di capire se ha afferrato quali sono le intenzioni del cantante nei suoi riguardi. Da come ricambia la mia occhiata e dalle sue guance arrossate deduco che sì: lo sa.

Lo sa e le va bene così.

Ignoro la sottile stretta allo stomaco e torno alle carte.

Lui non guarda me come guarda lei.

Dora è proprio stupida.





 

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Capitolo 7
*** Day 6 ***


Day 6









 

Oggi si sono complimentati alla visita: non sto dando alcun problema. Un po’ di carte e domani potrò già tornare a casa con il compito di non toccare alcol, non drogarmi e tornare una volta a settimana per un controllo.

Non riesco ad essere pienamente contento.

Spero che i dannati terror twins non decidano di apparire allo studio con una bottiglia di Jack. Sarebbero capace di farlo anche solo per provocarmi.

-Ciao ragazze-

-Ciao- Faith mi guarda, però non sorride. Dora non mi saluta, se non con un cenno. Eppure ieri sera è stata molto più lasciva…

Ahah, tanto non la rivedrò mai più.

-Oggi è il mio ultimo giorno- esordisco, iniziando ad ignorare la mora.

-Non vedevi l’ora- mi fa notare il folletto con tono leggermente risentito.

Oh mamma mia, che hanno stamattina?

-Ho capito. Passate una bella giornata-

Me ne vado, torno nella mia squallida stanza.

Da solo.










 

Sono sul letto, steso a pancia in su, sto guardando il soffitto e chiedendomi come dannazione farò a dare un senso a questa vita di merda quando bussano alla porta.

La prima cosa che farò, uscito da qui, sarà prendere la moto ed andarmene.

Guidare finché non sono stanco, fino a quando non raggiungeró la fine del mondo.

Aprono anche se non ho risposto.

C’è John, e dietro di lui il folletto.

Perché devo avere questo debole per le bionde..?

-Vince, sei apposto- mi dice il ragazzo avvicinandosi. Mi metto a sedere e allungo una mano verso la maglia. L’avevo tolta perché fa un caldo dannato, ora che è quasi metà luglio.

-Grandioso-

Cerco di essere convincente.

-Devi tornare qui lunedì prossimo, vediamo come te la cavi a sopportare il weekend- scherza porgendomi un foglio con le date dei prossimi appuntamenti.

-Sarai sorpreso- lo guardo con lieve astio, ma ignora sia quello, sia la nota arcigna nella mia voce.

Faith si avvicina.

-Devi mettere una firma qui-

Mi porge una cartellina plastificata su cui è appoggiato il foglio delle mie dimissioni.

L’ha già compilato lei. Tutti i miei dati sono scritti con ordine nella sua grafia chiara e tondeggiante. Basta davvero solo la mia firma.

-Va bene-

Prendo la penna dalla sua mano e scrivo il mio nome, come ho fatto fin troppe volte.

-Grazie-

Tiene gli occhi bassi mentre riprende il documento, non capisco.

John mi lascia alcune raccomandazioni e mi saluta con tono allegro uscendo dalla porta.

Faith tentenna, si morde il labbro tenendo per un attimo la maniglia della porta, indecisa.

-Grazie per la compagnia-

Mi esce un tono strano. Arreso? Seccato?

Finalmente mi guarda, dall’alto in basso.

-Io ho una canzone preferita-

Confessa.

-La Demo di Shout at the Devil-

Le parole mi risuonano in mente, ma ancora più di quelle ricordo il modo in cui le ho cantate proprio in quella traccia.

Resta ferma ancora per un paio di secondi tenendo lo sguardo su di me, poi socchiude.

Vuoi vedere che il suo preferito sono proprio io?






 

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Capitolo 8
*** Groupie ***


Groupie









-Eveline, non pensarci nemmeno-

-Dio, ma li hai visti?-

-Credo che ci siano già almeno una dozzina di groupie pronte a fotterli non appena usciranno dal backstage, e preferirei che la mia migliore amica non fosse tra loro-

Anche perchè il cantante quasi mi manca ora che non è più presenza costante davanti alla segreteria.

-Siamo a Los Angeles, la culla del glam e tu non vuoi che io provi a farmi uno dei Mötley Crüe-

-Già-

-Sono d’accordo con lei-

Johanna mi da ragione battendomi una mano sulla spalla dal sedile dietro al mio, rido della mora al mio fianco e chiudo la portiera dell’auto.

-Vi odio-

-Guarda il lato positivo, Eve: non rischi di crescere figli da sola- Johanna arriccia la bocca per evitare di ghignare alla mie risposte.

-Li ami proprio i Crüe- l’ironia nella sua voce è palese.

-Li amo, sono belli da far paura, ma non sono una stupida groupie-

-Neanche io sono una stupida groupie, è Johanna quella che ci prova con il cantante dei Revolver-

Parto.

Non sono una groupie, però sono rimasta a guardare Vince dalla prima fila per tutta la durata del concerto. E ho ragione di credere che mi abbia visto.

-Johanna! Raccontaci-

Cerco di cambiare argomento.

Non ho voglia di ascoltare i discorsi eccitati di Eveline, non ho voglia di sentir parlare di quanto siano boni dopo essere stata nello stesso edificio del platinato per una settimana e dopo quella confessione con cui l’ho lasciato alla sua partenza dalla clinica.

Ha capito perfettamente quello che intendevo dire, e vederlo così turbato, steso a letto e mezzo nudo...

Avrei voluto baciarlo.

Ora facciamo solo gli sciocchi quando passa: fa finta di niente e mi guarda, faccio finta di niente e lo saluto e tra una cosa e l’altra magari ci scappa mezzo caffè decaffeinato alla macchinetta.

È vero che non li conosciamo, anche se pretendiamo di farlo anche solo guardandoli.

Ma magari le cose non sono così difficili, no?





 





Grazie a Punk rocker che ha lasciato una recensione all'ultimo capitolo e a chi continua a leggere in silenzio, a presto ^^



 

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Capitolo 9
*** Passaggio ***


Passaggio








Mi massaggio il braccio rimanendo per un attimo sotto il porticato della clinica. Sono avvolto dal buio e sembra quasi inverno con tutta questa pioggia. Tempo di arrivare alla macchina e sarò bagnato come un pulcino.

Sistemo meglio il berretto che ho sulla testa, il mio piccolo modo di provare a mimetizzarmi, e prendo le chiavi in mano. Che palle.

-Che palle-

Faith?

Si copre la bocca quando mi giro ridacchiando per il suo malumore.

-Sboccata, bimba-

Mi si accosta e contempla il tempo preoccupata.

-Preferisco il sole-

Guardandola mi accorgo che ai piedi indossa dei sandali aperti, da cui si intravedono le unghie, dipinte di un fucsia sgargiante. Non proprio il massimo per affrontare una giornata così.

-Sono in macchina, se vuoi-

-Se voglio..?-

Fa finta di non aver capito.

-Faith, lo vuoi o no un passaggio?-

-Grazie- mi bacia la guancia e le sfugge uno dei suoi sorrisetti.

Con un gesto all’apparenza tranquillo faccio passare il mio braccio sopra le sue spalle ed inizio a camminare con lei sotto la pioggia: non ho l’ombrello e neppure lei si aspettava questo tempo, visto che stamattina c’erano solo poche nuvole.

-Quanto lontano hai parcheggiato?- ridacchia, cercando di correre.

-Non ho trovato posto- alzo gli occhi al cielo ed apro la sua portiera.

-Sbrigati, sciocchina-

-A me?- mi guarda mordendosi appena il labbro e si siede al posto del passeggero mentre io prendo la pioggia aspettando di chiudere lo sportello.

-Sì-

Finalmente rientro al mio posto e tolgo il berretto.

-Sembri bagnato, Vince-

Guardo il sorriso sfacciato che ha sulle labbra e mi ritrovo ancora a pensare che vorrei baciarla, proprio come le altre volte che sono passato davanti alla segreteria nelle ultime settimane.

Troppe, troppo poche…

-Mi hai fatto prendere la pioggia, folletto. Colpa tua-

Giro la chiava nella toppa accendendo.

-Dove ti porto?-

-Sai dov’é il bar XXX? Abito lì accanto-

Annuisco e parto, cercando di concentrarmi sulla strada.

Sento che però mi sta guardando e sbirciando verso la sua direzione la vedo sorridermi.

-Sei tremenda- commento, tentato di accarezzarle la gamba nelle pause tra un cambio marcia e l’altro.

-Sei davvero bagnato, Vince-

Sospiro.

Sì, ho i capelli umidicci. Appena arrivo a casa mi butterò nella vasca da bagno.

-Come stai?- prende l'iniziativa e chiede di me direttamente.

-È tutto un po’ uno schifo… però ti ho vista, sai?-

Ripenso all’altra sera. Era ad un paio di metri dal palco.

-Dove?-

-Finta tonta. Al concerto- la sbircio mentre la vedo guardare le cassette ed i dischi infilati nella tasca della portiera.

-Credevo ci fosse troppa gente-

-Ormai riconosco quella tua testolina platinata abbastanza facilmente-

Mi mordo la lingua per quel che ho appena detto.

Lei ridacchia.

-Almeno io sono bionda naturale-

-Sfotti, folletto?-

-Mi piace sfottere te in particolare-

Confessa senza smettere di sorridere.

Potrei chiuderla in auto e togliere la s da quella parola…

-Sicura di non ossigenarti?-

Parcheggio a qualche metro dal locale che mi ha indicato alla partenza.

-Mia madre è tedesca e, come me, è decisamente bionda. Si chiama genetica, non ossigeno- mi fa la linguaccia stringendo a sè la borsa.

-Ci sarebbe un semplice modo per controllare- dico a mezza voce sovrappensiero spegnendo per un attimo l’auto e guardandola fin troppo esplicitamente.

-Che porco-

Allunga una mano e la infila tra i miei capelli scompigliandoli. La testa è quasi asciutta ma le punte sono ancora umidicce. Ci passa le dita e ridacchia per il disordine che deve aver combinato.

-Sai, in genere preferisco che stiano in ordine- mormoro guardandola, anche se mi piace la delicatezza del suo gesto.

-Allora rimedio…-

Si allunga verso di me e cerca di sistemarli trattenendosi dal sogghignare.

È vicina e chiudo gli occhi per cercare di non pensare.

-Siamo abbastanza vicini a casa tua? Non voglio che tu prenda pioggia-

Li riapro non appena il contatto con lei viene meno.

-In quella palazzina-

Indica un edificio dall’altra parte della strada, il cui ingresso è affiancato da un piccolo cortile con parcheggio.

-Corro, non ti preoccupare- mi schiocca un bacio sulla guancia.

-Ed ho in programma una magnifica doccia calda- aggiunge ad un centimetro dal mio orecchio destro.

Maledizione.

Sto per afferrarle un polso e farla rimanere con me, ma mi precede.

-Grazie mille-

Scende senza che io possa dirle o chiederle molto altro lasciandomi solo un occhiolino.

Aspetto di vederla sparire all’interno dell’edificio e me ne torno a casa cercando di scacciare dalla mia testa l’acqua calda, il vapore, la pelle nuda ed un dolciastro odore di caramelle.







 

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Capitolo 10
*** Sachertorte ***


Sachertorte











Dovrebbe essere questo.

Controllo il nome sul campanello e guardo la porta di legno, mentre dalla fessura sotto di essa filtra un odore invitante. Cioccolato forse? Frutta? È dolce.

Suono.

-Eve, sei già qui?-

La porta si apre dopo qualche secondo: è la mia biondina, con addosso un grembiule che le copre le gambe ed il pollice, sporco di cioccolato, in bocca.

-Chi è Eve?-

È attonita, non mi aspettava. Sorrido della sua sorpresa.

-Vince- guarda rapidamente alla sua sinistra e mi prende per un braccio facendomi entrare e chiudendo la porta.

Sta cucinando qualcosa che comprende cioccolato e marmellata di albicocche ed il forno acceso ha scaldato la casa in maniera esagerata per questo giorno d’estate.

-Ciao, ladruncola-

Esordisco dopo aver gettato lo sguardo sul piano di lavoro, quindi guardo lei.

-Che ci fai qui?-

-E questo grembiule?- ridacchio e lo sfioro con le dita. Ha degli shorts striminziti sotto di esso e una maglietta di cui riconosco il logo: Red Hot Chili Peppers.

-Non voglio sporcare un’altra maglia-

Alza le spalle e mi guarda sospettosa.

-Ladruncola?-

-Mi è sparito qualcosa dalla macchina-

-Non ne so niente-

Si allontana e chiude il vasetto di marmellata con cui stava trafficando dopo averne spalmato una generosa quantità su uno dei cerchi marroni appoggiati sul tavolo.

-Sei una pessima attrice… che cosa stai facendo?-

-Una torta, mamma mi ha passato la ricetta di nonna di recente. Dovevo provare a farla-

Guarda di nuovo l’orologio sulla parete.

-Vince, hai la fortuna di pochi, sai?-

-Spiegami-

Le vado alle spalle piano osservando quello che fa e quello che c’è in pentola.

Altro cioccolato a scaldare in bagnomaria.

-Le mie coinquiline non ci sono, Eveline soprattutto-

Torno a guardarla.

-È carina?-

-Più di me-

Sovrappone i due dischi di pasta già cotti, facendo in modo che la marmellata rimanga nel mezzo, quindi si gira e inclina la testa guardandomi.

-Magari la aspetto allora-

Il mio sorriso da malandrino è sempre pronto ad apparire.

-Senza dubbio passeresti una serata molto romantica-

Alza gli occhi al cielo, ironica, e prende il pentolino. Al suo interno la cioccolata è ormai liquida.

Ridacchio.

-Il mio nome mi precede…-

Inizia a versarla sulla torta per ricoprirla. Non ricordavo che guardare una ragazza cucinare fosse così...

-In questo appartamento credo potresti salvarti solo da Johanna- mormora sovrappensiero.
 

Solo da Johanna, mmh?
 

Arrivo alle sue spalle lentamente mentre appoggia il contenitore caldo al sottopentola.

-Solo da Johanna?-

-Probabilmente sì- ridacchia, sistemando lo strato denso in modo che copra tutta la superficie.

Si è tradita e il mio autocontrollo sta andando a farsi fottere.


Quindi ci staresti, si?


Appoggio le mani sulla superficie di finto granito su cui sta lavorando, leggermente di lato rispetto a dove sono i suoi fianchi.

È stretta tra me e il tavolo, ma non mi permetto di toccarla neanche di un millimetro.

-Davvero?...-

Mi sporgo verso di lei senza accorgermene: profuma.

Credo di avere un problema con questo odore fruttato.

Si gira, ripensando a quello che ha appena detto, e solo a quel punto mi rendo conto di aver sbagliato le misure. Mi ha sorpreso, l’ho sorpresa. Non ho idea dell’espressione che potrei avere sul viso ora.

È ad un passo da me e sulla guancia ha un piccolo sbuffo di cacao.

La guardo un po’ troppo, tentenno: è più vicina di quel che mi aspettavo, è troppo vicina.

Si alza sulle punte, mi abbasso io, non lo so, ma mentre succhio appena quello inferiore ho la conferma che le sue labbra sono davvero dolci come quelle caramelle gonfie di zucchero.


Porca troia sono finito.


Mi stacco dalla sua bocca a forza e tendo le braccia per tenerla a distanza di sicurezza.

-Facciamo che te ne vai?-

Mi esce un tono seccato e mi rendo conto troppo tardi di aver detto una stronzata perchè in effetti l’appartamento è il suo. Che ci posso fare? Ho un casino in testa e questo stupido bacio mi ha solo fatto venire voglia di mangiarla. Sto insensatamente male e bene insieme.

-Mi hai baciato tu-

-Non è vero!-

Cerco di difendermi, ma mi guarda con sufficienza e netta contrarietà.

Ok, forse ho un po’ di colpa.

Non riesco nemmeno a distogliere lo sguardo dalle sue labbra.

Lo vedo, il sorriso soddisfatto che sta nascondendo.

Maledizione, maledizione. Era quello che voleva fin dall’inizio!

-È per il tuo bene, sai?-

Arretro ancora di un passo sperando nel suo buon senso.

Non la voglio un’altra groupie, non la...

-Vince, dai- si intrufola tra le mie braccia e si appoggia al mio petto.

È davvero minuscola. Devo sforzarmi per non appoggiare le mani sul suo corpo mentre lei tiene il viso addosso a me e quasi posso sentire il calore del suo respiro attraverso la camicia che sto indossando.

Se Faith fosse una groupie me la sarei fatta il primo giorno nell’archivio e me la sarei già dimenticata.
 
Non è una groupie.

-Le rockstar non hanno sentimenti- preciso, per convincere me stesso più che lei.

È violenza psicologica, la sua. Il suo fiato addosso a me, l’ennesima zaffata di profumo che mi inebria…

-Io non li avrò per te-

Mi viene da ridere.

-Che cazzo di frase-

Qualcuno mi ricordi perchè sono andato a casa sua…

Ah si.

-Mi potresti restituire il cd che mi hai rubato?-

-Solo se mi baci ancora-

Mi ricatta e io ho le fitte allo stomaco perchè, dannazione, è irresistibile.

Sbuffo, cercando di sembrare più seccato possibile, quindi la raggiungo limitandomi a lasciare uno stampo sulla sua bocca.

-Per il tuo bene-

Sì Vince: risoluzione. Ottimo.

-Io non credo proprio che le rockstar non abbiano sentimenti e a dirla tutto penso che tu taccia molte cose che non vuoi dare a vedere-

Arriccio le labbra in una smorfia.

-Pesante-

Per tutta risposta si appende alle mie spalle e mi bacia di nuovo, questa volta come vuole lei.

La sua lingua distrae la poca voglia che avevo di andarmene ed i suoi morsi la cacciano definitivamente.

Le avvolgo la nuca con la mano e smetto di pensare ricambiando, approfondendo.

Sì Faith, è così che bacio io.

-Adesso puoi avere il tuo cd- bisbiglia una volta che le sue labbra sono libere.

Ha il respiro accelerato mentre le mie le percorrono il collo.

Ha un profumo da far girare la testa, un sapore da far venire l’acquolina in bocca… e non solo.

Cedo e stringo le mani per un attimo sui suoi fianchi.

-Mh-

Un suono sospeso tra soddisfazione e una risata.

-Ti hanno mai detto che sei estremamente buona?-

-Credo sia il docciaschiuma-

-Mmh-

La bacio ancora. Ci ho preso la mano. Sono agitato, sono eccitato. Maledizione.

-Non credo tu ti sia lavata anche la bocca con quello-

Puntualizzo.

Mi passa una mano sul petto sorridendo anche con gli occhi.

-Fammi andare a casa, Faith-

Prima che finisca a fare stronzate con te.

La mia richiesta non deve esserle sembrata molto convincente perchè inizia ad accarezzarmi e facendo una lieve smorfia per l’indecisione apre il primo bottone della mia camicia.

Ah-ah.

-Va bene- dice sottovoce, ma intanto si avvicina e inizia a baciarmi la pelle.

-Faith- la richiamo, ma fa finta di non sentirmi.

La stronzetta sa che non riesco a resistere e si prende gioco di me.

Sbottona anche il secondo e il terzo e si fa spazio fino a raggiungere il mio capezzolo e succhiarlo.

-Piccola…-

Cinque minuti dopo sono ancora fermo, con la camicia aperta e una mano sotto la sua maglia.

Finisce di mordicchiarmi e mi guarda.

-Sei ancora qui?-

È furba, è furba.

Stringo le labbra.

Fanculo le regole.

La bacio ancora ignorando il fatto che l’abbia avuta vinta, la faccio arretrare fino a metterla spalle al muro e la stringo.

Fanculo le regole.  

Tanto a letto sono io a darle.











 

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Capitolo 11
*** Poster ***


Poster







-Bimba, sei stretta-

La sento trattenere il fiato per un attimo e poi ridacchiare mentre stringe le mani sulle mie spalle sentendomi.

-È… questione di punti... di vista-

Non ha abbastanza unghie per graffiarmi, ma va bene così.

-Credo che sia in ogni caso un ottimo punto di vista-

Affondo in lei con più sicurezza: una sola e decisa spinta.

Oh si.

Che non era vergine l’avevo capito, ma questo è il paradiso...

Respira con la bocca aperta e tiene gli occhi socchiusi.

Mi avvicino alla sua pelle con lentezza, cercando per un attimo di controllarmi: mi sono fermato solo per farla abituare.

Uno, due, cinque secondi. Non di più: non sono nella condizione di essere paziente.

Inizio a muovermi gemendo a bassa voce sulla pelle della sua spalla, lei apre meglio le gambe, inarca il bacino verso di me, mi accompagna e stringendomi il sedere con le mani sostiene il mio ritmo.

La sento lamentarsi e le tappo la bocca con la mia senza smettere nemmeno un secondo di darci piacere.

Tutto caldo e umido. Lei, dentro, fuori, la sua lingua ed i suoi sospiri.

Esco da lei. Ci ritorno e non riesce a trattenersi dal mugolare qualcosa di non intelleggibile.

Lo rifaccio.

Mio Dio, è perfetta.

Sto per ripetere il movimento per la terza volta ma si alza fermando quella sua tortura e cerca di farmi stendere. La lascio fare senza oppormi.

Conosco quello sguardo: la bimba vuole venire.

Si mette su di me e ricomincia.

-Non osare fermarti-

-Stai zitto- mi bacia ancora, ancora.

Si muove più veloce, la sento tendersi nell’orgasmo e le stringo le mani addosso portandola ancora a scorrere su di me. Se si fermasse ora sarebbe…

-Mmh…-

Vengo schiacciandola addosso a me.

Ho gli occhi chiusi, li apro e capisco che lei non capisce più niente.

Non capiamo più niente.

Ci muoviamo ancora lentamente.

-Oh, si…- rilasso la testa all’indietro.

Sento il suo respiro agitato sulla mia pelle e il trambusto del suo piccolo cuore.

-Valeva la pena restare, no..?-

E questa nota di sarcasmo? Questo tono leggermente arrochito?

Le accarezzo la schiena e la raggiungo baciandola ancora.

Amo le caramelle gommose.

Rotoliamo sul letto, limonando come dodicenni, teniamo le gambe ancora allacciate e le braccia strette sul corpo dell’altro.

La avvolgo stringendola ed immergo il viso tra i suoi capelli.

Mi sento immerso in una strana euforia, sto fluttuando, sono lucido.

-Sono a casa!-

Ci distrae una voce femminile. La vedo impanicarsi e poi non vedo più niente: mi ha gettato qualcosa sulla faccia… la sua maglietta, a giudicare dal colore. Decido di sbirciare.

Si alza velocemente e corre alla porta chiudendola a chiave appena prima che la maniglia si abbassi.

-Oh, dai Faith!-

-Eveline non rompere adesso-

Mi tolgo la stoffa da sopra la faccia e mi giro di lato per essere più comodo. È dannatamente carina anche quando è in preda alla tensione.

-Faith, è anche camera mia quella-

-Beh, ci entrerai dopo-

Non sa come far desistere la sua coinquilina dal provare ancora ad entrare.

Mi alzo in piedi e la raggiungo facendo aderire il mio petto alla sua schiena. Sto incredibilmente rivalutando la comodità dei capelli corti su una donna.

Le mordicchio il collo nudo.

La voglio ancora…

La stringo, avvolgendole le braccia attorno al corpo.

-Ha da fare-

Spiego. La maniglia smette di muoversi su e giù e mi ritrovo la bocca tappata da una delle sue piccole mani. Rido sottovoce e tento di morderle le dita.

-Faith? Cinque secondi per spiegare, altrimenti ti giuro che quando aprirai la porta ti prenderò, vi prenderò a sprangate. Prega che non trovi tracce sul mio letto.-

Ci riesco, apro di più le labbra e succhio lentamente il suo anulare. Da come mi sta fissando posso affermare con sicurezza che le piace, le piace da matti.

Uso bene la bocca e la lingua, si…

Ghigno.

-Me lo dovevi dire che avevi un ragazzo!-

-Tecnicamente non è il mio ragazzo-

La corregge a bassa voce.

Tecnicamente avrebbe dovuto essere la prima e ultima volta in cui ci permettevamo di saziare la brama fisica che avevamo l’uno dell’altra.

Seh…

-Ehi tu dietro la porta, cerca di stare zitta o, ancora meglio, vai a farti un giro-

Che stress.

-Conosco la sua voce..?-

-Sh-
Mi tappa la bocca con un bacio mentre cerco di rispondere alla rompipalle dall'altra parte della porta. Le sue labbra tremano perché così facendo sta soffocando la sua stessa risata.
Mi stacco divertito e la abbraccio di nuovo.
-Lasciaci almeno un'altra mezz'ora-
Mi faccio sentire e Faith mi piazza di nuovo la mano addosso.
-Tesoro, li hai visti i poster sulle pareti?-
Annuisco.
-Mezz'ora!- conferma lei.
Ci siamo noi: noi in Too Fast For Love, noi in Shout. Sorrido sornione e le solletico la pelle del fianco.
-Se ti riconosce sei fottuto-
La toglie lentamente.

-Credevo fossero tutti tuoi-

Mi sento legittimato a spingerla di nuovo sul letto e baciarla, baciarla, mangiarle la pelle e succhiarle il seno.
È divertita dalla mia esuberanza e io so che non mi sarà facile rinunciare a lei ora che l'ho vista anche così.








 

Salgo in auto e rido senza un motivo preciso.

Sono rimasto con lei almeno un’altra ora.

L’abbiamo fatto di nuovo, e adesso ho un dannato problema: non riesco a togliermela dalla testa.

 



Come avevo detto: mai scopare con una ragazza interessante.

Che poi sei fottuto.

 




--- --- --- --- ---

Uh, beh, buon Natale a tutti ^^




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Capitolo 12
*** Marshmallow ***


Marshmallow









Porto in bocca la caramella e la mangio sovrappensiero. Morbida e dolce.

Queste prove sono sempre peggio.

Rileggo il testo proposto da Nikki che miracolosamente è apparso in studio con solo un’ora di ritardo e provo ad abbozzare qualcosa tra me.

Il rumore del pacchetto di plastica è coperto dalla loro jam strumentale, però colgo lo sguardo goloso di Tommy e quello perplesso del chitarrista. Sixx sembra concentrato, concentrato o perso a seconda del momento.

Mi decido ad alzarmi e provare seriamente qualcosa. Non sembra così male, no. Ma dannazione se abbiamo da lavorare.

La dinamica cala e quindi smettiamo di improvvisare.

-Di nuovo-

-E se decidessimo una struttura una volta per tutte?- interviene Lee, allungando una mano verso il mio pacchetto. Lo allontano da lui, come un bambino geloso.

-Ti ha fatto male la galera, eh?-

Voglio andare da Faith.

Mi rifiuto di rispondere e caccio in bocca un’altra caramella.

Overdose di zuccheri: ecco la mia fine.

-Di nuovo!-

Il telefono inizia a squillare, Sixx non ride della battuta del suo amico e insiste, ignorandolo.

-Vacci te in galera e in rehab, idiota- sbotto alzandomi.

Sono l’unico pulito qui, porca puttana.

Non ho voglia di parlare con Doc, ma rispondo. Che schifo.

-Sì?-

-Vince Neil?-

Ommioddio è Faith.

-Sono io- istintivamente nascondo il mio viso alla vista degli altri e stringo di più la cornetta.

Non posso essere davvero arrossito. Porca troia.

-Grazie al cielo… Beh: due cose. Prima: ti hanno spostato l’appuntamento da lunedì a mercoledì alle 8.30-

-Che rottura di coglioni-

-Sboccato, Neil-

-Ah-ah, la seconda?-

-Hai dimenticato il cd a casa mia-

Deglutisco e mi mordo il labbro.

-Non si era detto solo una volta?-

-Che pervertito. Vieni ad assaggiare il dolce- spiega con tono calmo prendendomi in giro.

I tre cazzoni alle mie spalle stanno iniziando a fare casino.

-Passo. Promesso-

Li odio quando rompono per il puro gusto di farlo.

-Cerca di non dare di matto-

-Ciao-

Chiudo la chiamata con le palle girate più di prima.

Credo me ne andrò. Tanto qui tutti fanno il cazzo che vogliono.

Mi sento ancora di più un’idiota quando mi accorgo di star cercando il pacchetto di caramelle in sala.

L’ha davvero preso Tommy e credo ne abbia messe tre o quattro in bocca.

Ho voglia di spaccargli il naso.

-Chi era?-

La voce di Mick mi distoglie dai miei propositi omicidi e gli rispondo a denti stretti, avanzando verso il batterista.

-Era il rehab-

Era Faith. Strappo il pacchetto di quei dolciumi che tanto mi ricordano le sue labbra dalle mani del batterista e le avvicino al petto.

-C’è qualcosa di strano in quelle caramelle?-

Sixx inizia a ridere di me, non capendo la mia ossessione per quel sacchetto rosa chiaro.

Beh, non la capisco nemmeno io, o meglio…

-Tanto zucchero, fratello-

Lee ride masticando ancora.

-Però…-

I due terror si guardano: stronzate in arrivo.

-Mick, ce l’hai un po’ di vodka?- Nikki appoggia il basso e si avvicina al chitarrista, che, esasperato, mi guarda come se potessi essere il solo in grado di portare un po’ di pace in quella sala.

Ma è solo perchè sono l’unico sobrio, vero?

-Io ce l’ho!-

Lee si alza ed esce dalla stanza per qualche minuto.

Chissà dove cazzo le ha nascoste quelle bottiglie.

-Beh, io me ne vado-

Afferro la sciarpa dalla mia sedia e le bozze di testo dal leggio e faccio per avvicinarmi alla porta.

Con il suo metro e ottanta passato e la sua aria malandata Nikki mi ferma tirandomi per la maglietta.

-Non abbiamo finito-

Do uno strattone e mi stacco da lui.

-Disintossicati, magari riuscirai a scrivere qualcosa che funziona-

-Ha parlato la gallina-

-Cercate di non picchiarvi-

Conclude Mick mentre stringo i pugni proprio con quell’intento.

Sixx sghignazza e Tommy rientra con una bottiglia per mano.

Vaffanculo.

-Neil: marshmellow immersi nel Jack-

Mi fa l’occhiolino, allegro come al solito. Non ha proprio capito un cazzo.

-Vaffanculo-

Stavolta lo dico, e senza salutare lascio la stanza.

Vaffanculo.






 

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Capitolo 13
*** Improvvisare ***


Improvvisare









Rimango in macchina davanti al suo condominio.

Il mio umore è talmente sbagliato che quasi non mi va di vederla.

Sospiro e anche se tentato di mangiarne ancora uno in più, nascondo il pacchetto di dolci nel cassetto davanti al sedile passeggero.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

Sono qui da un’ora.

Non so se sia in casa oppure no.

Si accende una luce: fisso l’entrata e vedo due figure uscire dal portone.

Alzo appena gli occhiali dal sole dal viso per poterla guardare: pantaloni attillati neri, canotta gialla e un filo lungo di color oro che le fa un paio di giri attorno al collo.

Sta andando fuori con…?

Mora, capelli lunghi, gonna jeans, maglia bianca e giacchetta della stessa stoffa della gonna.

Johanna o Eveline?

Aveva ragione Faith, quando diceva che è carina.

Apro la portiera in una missione suicida ed alzo appena una mano facendomi notare.

La biondina spalanca appena gli occhi riconoscendomi nonostante il berretto e gli occhiali, la mora aggrotta per un attimo le sopracciglia e cerca di chiederle spiegazioni.

-Ragazze-

Vedo il black-out nelle sue iridi non appena apro bocca.

Rido tra me, ma Faith non sembra particolarmente contenta della mia visita.

-Vi porto fuori io stasera-

-Mio Dio…- ignoro il bisbiglio della mora.

-Ciao- rivolgo un saluto a Lei e le bacio la fronte.

-Sei un idiota-

-Lo conosci?! Faith lo conosci e non mi-

Vedo Eveline fare due più due e nascondere la bocca con la mano per poi rivolgerle uno sguardo quasi rabbioso.

-Credo che tu mi debba qualche spiegazione-

-Tu devi essere Eveline-

Le porgo la mano, cercando di distrarla e di rimediare.

Ho fatto una cazzata.

 








Eveline gli stringe la mano e si lascia baciare il viso.

Non voglio guardarli, sembra tutto un brutto scherzo.

Vince propone ancora di uscire tutti e tre insieme e mi stringe appena una mano sulla schiena per mostrarsi vicino. Wow, forse si è accorto del mio malumore.

-Potrebbe essere una buona idea. Immagino tu riesca ad essere tremendamente di compagnia-

La frecciatina di Eveline mi annienta ma li seguo mentre il cantante fa strada verso la sua auto.

Vince risponde con un’altra domanda.

Lo odio.

Ci volevo per noi e basta.








 

-Posso darti un bacio?-

-Era una volta nella vita, non una volta al giorno-

Sbuffa, approfittando delle mie stesse parole.

L’avvicino e la bacio lo stesso una, due volte: abbastanza da sentire il suo astio per me iniziare a sciogliersi.

Nota il mio sorriso soddisfatto e si affretta a provare a smontarmi.

-Ciò non cambia il fatto che tu sia un idiota-

-L’hai sempre saputo, temo-

-Scemo-

Si lascia abbracciare per un attimo. Muovo piano il naso contro i suoi capelli per sentire il suo profumo.

-Lei verrebbe a letto con te, lo sai?-

-Avevi ragione a dire che è carin- le parole mi muoiono in bocca, soffocate da una gomitata piazzata strategicamente all’altezza dello stomaco.

Trattengo un sospiro e le prendo i polsi con una mano.

-Folletto, mai più- la avviso, seccato.

-Non mi piace quello che dici-

-Se ti fidassi un po’ magari capiresti che non sono coglione come sembro-

-Ne siamo sicuri, si?-

-Mio Dio- esasperato alzo gli occhi al cielo e guardo dalla parte opposta rispetto a lei, appoggiandomi di nuovo al bancone. Per fortuna che il suo nome è Faith…

-Mi affeziono- mi guarda, spiegando la sua reazione con quelle due parole e costringendomi ad osservarla di nuovo e a stringere le labbra per non baciarla ancora.

Mi avvicino di più a lei.

-Fidati- sussurro. Le stringo una mano sotto il tavolo e seguo il suo sguardo lungo il corridoio: Eveline sta tornando dal bagno.

Ricambia la stretta arrossendo appena. Con l’altra mano porta il bicchiere del drink alla bocca per cercare di nascondere l’imbarazzo.

-Eccomi qui-

Eveline finge di non notare la strana aria che aleggia attorno a noi e torna nella nostra bolla ricominciando a chiedere del gruppo e soprattutto di Lee. Le rispondo ed in qualche modo Faith esce dal suo silenzio, stuzzicata dalle battute dell’amica proprio su di noi.

Il folletto mi prende in giro ed io ribatto allo stesso modo mentre Eveline mi da supporto.

Mentre le chiacchiere svaniscono nell’aria, sotto la superficie del bancone sto continuando a tenerle la mano, accarezzandone il dorso con il pollice.

Non voglio ammetterlo ad alta voce: mi sto affezionando pure io.













---- ---- ----



Chiedo perdono T.T
Dopo un tremendo ritardo ecco qui il nuovo capitolo... 
Grazie a tutti i lettori, silenziosi o meno :3
Al prossimo capitolo: arriverà presto, ve l'assicuro!


 

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Capitolo 14
*** Stalker ***


Stalker







È di nuovo in prima fila. La mia stalker.

La bestiolina non toglie gli occhi da me: ho messo una canotta nera questa sera, particolarmente scollata ed una camicia argento sapientemente aperta sul petto. Ho ragione di credere che le piaccia.

Mi lecco le labbra ed annuncio l’ultimo brano.

Uh, c’è anche Eveline, lì vicino.

La musica finisce troppo presto, costringendomi ad abbandonare il microfono sul palco.

Una volta fuori tracanno un’intera bottiglietta d’acqua: fa dannatamente caldo.

La gente ci chiama ancora, come previsto, ed usciamo di nuovo per l’encore. Ormai è tutta un’abitudine ben costruita quindi continuo, canto ancora, ma so che il gruppo mi sta pesando troppo… Mick finge di bere acqua, anche se tutti sappiamo bene che il liquido trasparente nel bicchiere che ha ai piedi è vodka pura, Sixx continua a fare scena e Lee si è alzato in piedi suonando: entrambi si sono fatti un paio di strisce prima di entrare. Diamo del nostro meglio fuori o facciamo finta?

Da quando sono sobrio sto pensando troppo.

Però c’è Faith tra il pubblico, e questo mi fa continuare a cantare fino alla fine.

Vorrei andare a prenderla, ma non posso.

O sì?





 

Rimango appoggiata alla ringhiera dando le spalle al palco aspettando che la folla inizi a disperdersi.

-Cazzo, uno dei migliori concerti della vita!-

Eveline ancora saltella sul posto e tiene tra le mani una bacchetta di Tommy. Continua a rinfacciarmi il fatto che io sia stata con Vince per un intero pomeriggio, ma ha messo da parte il tono aggressivo della prima mezz’ora in cui ci ha visti assieme.

Lo stomaco mi si contorce ricordando alcuni degli sguardi che sono passati tra noi durante questa serata.

-E Vinnie era focoso!- mi dà una spallata stringendo ancora al petto quel pezzo di legno.

-Il nero gli dona, si…- commento e guardo la sala.

Troppa gente, qui al Roxy. Per fortuna che è un posto piccolo e che siamo riuscite a goderci il concerto senza il solito trambusto.

Però l’ho visto guardare i ragazzi durante un assolo, guardarli e smettere di sorridere per un attimo.

È stanco.

-Alla faccia, è proprio un bocconcino…-

Sospira, sognante.

Vorrei urlarle contro specificando come lui sia il mio bocconcino, ma se ho paura di lei che dovrei fare con quelle ragazze che si sono appostate sulla porta del backstage?

-Ho visto come ti guarda, lasciale stare-

Eveline nota la mia aria distratta e mi punzecchia la vita con la punta della bacchetta.

-Non ho detto niente-

-L’hai pensato! Andiamo a bere?-

-Scusa-

Mi giro e impallidisco quando il mio sguardo si imbatte in quello di un omone alto un metro e novanta, dall’altra parte dell’impalcatura.

Porca troia come vorrei venti centimetri di altezza in più a volte.

-Sì?-

-Devo darti questo e assicurarmi che tu lo legga-

Mi porge un pezzo di carta che prendo titubante, Eveline mi si affianca e sento la sua mano sulla spalla mentre apro e leggo.

Mi si incurvano le labbra per un attimo.

-Voglio leggere!-

Le lascio prendere il biglietto ed alzo lo sguardo per salutare la guardia. Quando la individuo sta già sparendo dietro la porta del backstage, quindi mi limito a sorridere.

-Oh ma che carino-

Eveline mi si appoggia addosso.

-Però non so se mi piace il fatto che cerchi di tutelarmi dai membri del suo gruppo, mentre si fa te-

-Se vuoi uno di quei tre sai dove metterti in coda- la stuzzico e lei fa una smorfia.

-Direi che per oggi magari passo- mi segue mentre inizio a farmi strada verso l’esterno.

-Però moro della sicurezza era davvero carino-

In qualche modo usciamo dal locale e riusciamo finalmente a respirare dell’aria fresca.

-Vieni anche tu, non ti abbandono da sola a Los Angeles di notte- le afferro il polso ed inizio a camminare verso il luogo indicato nel biglietto. È a cinque minuti di passo veloce da qui.

-Ma è tuo l’appuntamento!-

-Bimba, ti stuprano-

-E così ci stuprano in due, grazie- sbuffa.

-Non ho voglia di vederti limonare con il mio poster fatto carne ed ossa- si lamenta mentre accelero il passo. Ah le farfalle, odio le farfalle.

-Eve, calma gli ormoni- ridacchio appena, tesa, fermandomi sotto uno dei lampioni e guardandomi attorno.

-Amore mio- mi mette le mani sulle spalle e le stringe sulla mia pelle.

-Mh?-

-Guardami- schiocca le dita davanti al mio viso attirando la mia attenzione.

-Uno: non è ancora qui. Due: so che non lo fai di solito ma non montarti la testa solo perchè quell’uomo era in camera nostra la settimana scorsa. Tre: anche se lo amo ed è il mio preferito lo cedo a te e cazzo, se ti vedo piangere per colpa sua lo eviro-

Sentiamo un colpo di tosse dalla nostra sinistra.

-Mio Dio, che concessioni-

Vince.

Un’altra risata soffocata ci fa girare mentre siamo ancora mezze abbracciate.

Non è solo: il ragazzo moro di prima, con la spilla del backstage, fasciato da una maglia scura e dei jeans ci sta guardando dopo essersi assicurato che non siano stati seguiti da qualche fanatico.

-Cazzo se è carino quello della sicurezza- stringo le labbra per non sogghignare al commento che Eveline ha fatto al mio orecchio.

-È troppo alto- ribatto guardandolo.

-Uh, non per me, fidati-







 

Mark guarda la Eveline, le cui gambe sono fasciate da delle calze scure ed una minigonna in jeans.

-Sicuro di non aver sbagliato persona?-

Ridacchia della mia scelta e scuoto la testa.

-Ti va di accompagnare la mora a casa?- propongo, facendomi sentire dalle ragazze che ci stanno solo ad un paio di metri e continuano a bisbigliare l’una all’orecchio dell’altra.

Eveline mi guarda sorpresa e Faith le da una piccola spinta in avanti facendole perdere per un attimo l’equilibrio e quasi inciampare.

-Grandioso! Iniziamo con le figure di merda!- sbotta arrossendo del suo impaccio e quindi delle sue stesse parole.

Cerchiamo tutti di non ridere mentre lei si sistema la maglia e inizia a passare le dita sulla lunghezza dei capelli, tradendo nervosismo.

-Lo vuoi il passaggio, moretta?-

-Tutto pur di non vederli limonare-

-Muovi il culo Eveline, allora- dico, sfidandola e cacciando un’occhiata alla bionda.

-Buona serata- Mark conclude le chiacchiere e le circonda le spalle con un braccio facendo in modo che si giri ed inizi a camminare.

-Faith fai la brava!-

-Senti chi parla- ridacchia il folletto.

Si allontanano e noi rimaniamo così, fermi, a guardarci.

Faith dondola sul posto e si morde appena il labbro.

-Come hai fatto a scappare?-

-Mark e le porte segrete del Roxy- spiego iniziando a rilassarmi.

-Hai ancora il mio cd- sottolineo.

-Continuiamo a dimenticarcene, che strano- incrocia piano le braccia. Ha freddo. Ha freddo e mi guarda. Rischio di annegarci in quei pozzi scuri.

-Sei triste?-

Mi ha beccato.

Ignoro la domanda e mi avvicino a lei.

-Non sapevo saresti venuta anche stasera-

-Avevo il biglietto da un paio di mesi…- ammette e si fa piccina mentre le passo il chiodo sulle spalle.

-Immagino non fosse previsto un incontro con il cantante- mi assicuro che non cada e la guardo negli occhi color mandorla.

-No- sorride.

Faccio scorrere una mano fino al suo fianco.

-Vince? Una tantum...- mi prende in giro.

Alzo le braccia e mi giro.

-Scusami, scusami-

Scusami se non riesco a toglierti le mani di dosso adesso che ti ho avuta e che mi sono esposto così.

-Idiota- mi mordo il labbro sentendola battermi una pacca sul sedere e camminare fino a riportarsi davanti a me.

-Allora, dove hai la macchina?-

-Una tantum?- gioco con le sue parole prima di iniziare a mostrarle la strada.

-Io non faccio sesso in macchina, Neil- inclina la testa, sfidandomi con il suo sorriso sfacciato.

-Oh, questa castità mi ferisce- porto una mano al petto, fingendo un colpo al cuore.

-Però magari un bacio- propone, umettandosi le labbra.

Mio Dio, odio questi giochi.

Le faccio cenno di avvicinarsi.

-Vieni a prenderlo-

Tentenna e mi si avvicina con lentezza.

-Cosa stiamo facendo, Vince?-

-Non mi interessa-

Le catturo le labbra ed al bussare della sua lingua apro appena le mie lasciandola entrare ed invadendola a mia volta.

Mi piace.

Mi piace da matti.

La bacio di nuovo, torturo il mio dolce preferito, infilando le mani sotto la stoffa blu della sua maglia, quindi la stringo facendola aderire al mio petto.

Voglio proteggerla.

-In genere tendo a dimenticarmi che sono triste, quando appari nel mio campo visivo-

Le do la risposta che stava aspettando mentre faccio scorrere una mano sulla sua schiena fino a sfiorare il laccio del reggiseno.

-Potrei lasciarti una fotografia- propone, facendo la sciocca.

-Preferisco l’originale-

-Anch’io-

Mi schiocca un bacio sul costato e si stringe nella giacca.

-Andiamo?-

Annuisco prendendola per mano.

Camminiamo quasi in silenzio per cinque minuti ed entriamo in auto.

-Cerca di tenere le mani apposto stavolta-

-Io?!-

-Sì, tu- chiudo la portiera, divertito dal suo tono scandalizzato: ha capito fischi per fiaschi.

-Io non ci ho provato con nessuno- incrocia le braccia al petto alzando leggermente il mento, piena di orgoglio.

-Bimba, parlavo della tua rapina-

Le schiocco un bacio sulla guancia e inizio a guidare.

-Ah- si morde il labbro.

-Hai voglia di mettermi le mani addosso, devo intuire?-

-Pf, tanto adesso mi porti a casa, ti faccio assaggiare la torta che ho cucinato ieri e te ne vai-

Illusa: ti sto portando a casa mia, Faith.

-Ti piace cucinare…-

Vediamo quando si accorgerà che ho cambiato strada.

-Mi piace, sì. I dolci si mangiano in compagnia, ed è bello vedere la gente sorridere mentre addenta una buona fetta di crostata all’albicocca o un bignè al cioccolato. Uh, anche i cocktail sono carini da realizzare-

Picchietta le labbra con l’indice, pensando a chissà quale ingrediente.

-Se potessi berrei volentieri qualcosa fatto da te… Cos’hai preparato ieri?-

-Visto che è estate, un cheescake alla menta e cioccolato… Guarda che si può benissimo riuscire a fare qualcosa di buono e analcolico. Non sottovalutarmi-

Ridacchio.

-Va bene, va bene-

Accelero inserendomi sulla statale vuota.

-Vince, dove stiamo andando?-

Se n’è accorta.

-Devo fare una doccia-

La sento sbuffare ed appoggiare le mani sul cruscotto.

-E cambiarmi- aggiungo.

-Mi hai preso in ostaggio-

-Finchè sei consenziente non ci sono problemi- arriccio le labbra verso l’alto ed oso appoggiarle una mano sulla coscia sinistra.

-Puoi prendere le chiavi del cancello? Sono nel cassetto- aggiungo spostandola controvoglia di nuovo sul cambio per scalare. Siamo quasi arrivati.

-Ok, divah-

Fa per aprire, ma mi ricordo di una cosuccia e la fermo.

-No, aspetta!-

-Mmh?-

Mi guarda sospettosa mentre accosto, pronta a spalancare quello stupido cassetto.

-Forse ce l’ho in tasca-

-Vince, non hai le tasche- inizia a ridere di me.

Sono un coglione.

-Dettagli, aspetta-

-Che tieni qui dentro?-

Metto in folle ma quando mi allungo per fermarle le mani ha già scoperto il pacchetto di marshmellow ed ha iniziato a guardare me e quello con faccia enigmatica. Enigmatica e soddisfatta.

-Mangi queste per tenerti in forma?-

Ne prende uno, tenendolo tra indice e pollice, e lo infila in bocca.

-È stato un acquisto istintivo-

Apro il cancello facendo finta di niente.

Sì: ho comprato le dannate caramelle perché erano la cosa più vicina al ricordarmi il sapore delle tue labbra. Caramelle morbide e zuccherate.

E questa donna cucina!

Dannazione.

Fa caldo in questa macchina, come diamine è possibile..?

Inizio a fare manovra, scacciando dalla testa un’immagine fatta di lei e del cioccolato con cui si era sporcata qualche giorno fa.

-Vince?-

Glielo pulisco io il cioccolato di dosso, pf.

-Vince Neil?-

-Eh?-

Spengo e la guardo.

Sorride, ancora.

La voglio mangiare.

-Sei arrostito-

La luce vicino all’entrata la illumina quel che basta per farmi vedere la sua espressione.

-Lo stai facendo ancora-

Allarga il sorriso e in tutta risposta mi giro.

-È troppo buio, non dire cazzate-

Sto arrossendo davvero. Ho le guance in fiamme. Che cazzo mi prende?

-Vince Neil Wharton?-

Inspiro profondamente.

-Dimmi Faith-

-Mi guardi?-

Alzo gli occhi al cielo.

Non faccio nemmeno in tempo a voltarmi che sento il suo profumo e le sue labbra sulle mie.

Mi infila una mano tra i capelli e mi bacia una, due, tre volte. Immerso in quel mondo dal sapore dolciastro mi perdo e rispondo allo stesso modo e ancora e di più.

Potrei rimanere a baciarla per ore senza accorgermene.

Le mordo piano il labbro inferiore tirandolo verso di me mentre mi stacco. Lei mi guarda malandrina poi mi si accoccola addosso in un scomposto abbraccio.

-Credevo volessi entrare in casa-

-Avevo voglia di un bacio al marshmallow-

Non so se riuscirò ad abituarmi ad averla tra le braccia: è così minuta…

-Entriamo, su-

La incoraggio a scendere prima di finire a stringerla di nuovo. Se mi do ascolto rischiamo di non uscire dall’auto.

Dice permesso seguendomi dentro casa e guardandosi attorno.

-Sì: è grande e vuota-

Lascio le scarpe vicino all’entrata e metto le mani sulla cintura sovrappensiero osservandola.

-È su due piani?-

-C’è anche un seminterrato, sai, se si fanno feste…- alzo le spalle. Spero che sia pronta a tutto.

-Allora- le appoggio le mani sui fianchi conducendola piano in sala.

-Questo è il salotto, lì c’è la sala da pranzo e di fianco la cucina. Il bagno è dietro quella porta. E beh, direi che se non hai voglia di una doccia sei libera di esplorare-

Le stringo le mani sulla pelle e faccio aderire il petto alla sua schiena, affiancando la bocca al suo orecchio.

-Vieni su con me?- propongo, cauto, stuzzicando la base della sua coscia destra con le dita.

-Ti aspetto- decreta sicura, lasciandomi inaspettatamente a bocca asciutta.

-Va bene-

Sono talmente fuori fase che il pensiero che lei non entri in camera mia e nel mio bagno quasi mi rasserena: non si mischierebbe alle altre che ho scopato. A quelle non interessanti.

Però d’altra parte una doccia con il sottoscritto…

-Non sai che ti perdi-

Mi umetto le labbra e salgo le scale.

Scherzavo quattro secondi fa: spero che mi segua, tanto sarebbe comunque diverso.

Mi stiracchio davanti allo specchio sospirando e mi spalmo una mano sugli occhi. Ecco la botta di stanchezza del dopo concerto.

Dopo aver tolto le scarpe e i calzini abbandono cintura, maglia e pantaloni ai piedi del letto rimanendo totalmente nudo. Poco male: non ho mai avuto tutto questo pudore.

Attraverso il corridoio e socchiudo la porta del bagno.

Mmh, doccia calda.

Grazie al cielo esiste.






 

Quanto ci metterà a lavarsi un uomo vanitoso come Vince?

Me lo chiedo guardando le scale deserte, tentata dalla proposta che mi ha fatto solo un minuto fa. Però…

Decido di sdraiarmi sul divano bianco ed enorme al centro della sala. Solo appoggiandomici ricordo di avere ancora addosso il suo chiodo nero. Mi giro di lato, immergendo il naso nella stoffa della fodera interna.

Vince.

Vince e il palco.

Vince e i marshmallow.

Mi ritrovo a sorridere come una scema ripensando a quella confezione di caramelle in macchina.

Credo che sia un po’ colpa mia.

L’ha detto che so da zucchero…

Rido sottovoce e abbraccio la sua giacca.

Mi piace, qualsiasi cosa sia quello che c’è tra noi, mi piace.





 


Scendo senza fare rumore e mi metto addosso un cipiglio leggermente risentito.

Niente visite al piano di sopra e chissà dove si è cacciata.

Mi affaccio oltre lo schienale del divano: eccola qui, che guarda il soffitto incantata, con la mia giacca appallottolata sotto la testa e contro il viso.

-Bu-

Sembra risvegliarsi. Mi guarda e sorride.

-Ciao-

Quelle labbra, quegli occhi.

Mi sono davvero vestito?

-Ti vedo rilassata-

-Io ti vedo con le occhiaie- mi fa la linguaccia e addolcisce lo sguardo. Non sarà ancora preoccupata per me..?

-È l’una di notte, tardi per un bravo ragazzo come il sottoscritto-

-Non penserai mica di darmela a bere-

Arriccia la bocca in una smorfia, evidenziando delle morbide fossette sulla pelle chiara. Sulla guancia ha ancora stampato il motivo della cucitura della fodera.

-I’m such a good good boy-

Canticchio sovrappensiero girando attorno al divano e ridacchio nel vederla dispersa: non può conoscere una canzone che deve ancora essere registrata. Appoggio un ginocchio sul divano ed arrivo ad una decina di centimetri dal suo viso.

-I just need a new toy-

Aggrotta le sopracciglia in senso di protesta e mi blocca prima che possa baciarla.

-Ehi-

-Ehi- le faccio il verso.

Sorrido e strofino il naso contro il suo rimanendo ad occhi aperti, lei li chiude e stringe appena le labbra, facendomi solo venire ancora più voglia di abbracciarla.

È come un piccolo peluche.

La mia coperta di Linus.

-Un giocattolo nuovo?-

-I testi non li scrivo io, folletto. Io canto principalmente-

-Sì, credo di averti sentito-

-Ho avuto un’anteprima, quindi?- cerca di continuare, ma la zittisco con un bacio: non ho davvero voglia di parlare di quello. Protesta per un attimo, poi mi infila le mani tra i capelli ancora umidi.

E li tira.

-Ahia-

Mi stacco da lei e la guardo incrociando le braccia.

-Ho fatto piano- si difende, leggermente pentita, mentre mi siedo dalla parte opposta a dove s’è distesa e arriccio il naso.

Davvero? Mi tira i capelli? Che bimba.

-Era un’anteprima?-

Se mi chiede ancora del gruppo la caccio fuori.

Vaffanculo lei, le caramelle e i suoi occhi da cerbiattino innocentemente perverso.

Si sistema piano fino a mettersi in ginocchio e gattonare incerta verso di me. Non sa cosa farsene del mio mutismo, ma non avrà nient’altro adesso.

Eccola: la fanatica dei Motley Crue.

-Posso darti un bacio?-

Parlare del gruppo mi fa scattare come una molla.

Ignora il mio sguardo fisso su di lei ed appoggia le labbra sulle mie per qualche secondo.

Non rispondo.

-Scusa se me la prendo a sentirmi chiamare giocattolo- il suo tono si inasprisce in corrispondenza dell’ultima parola e lo rifà: mi bacia ancora, come ho fatto io l’altra sera quando si era arrabbiata. Continua a farlo fino a quando non dischiudo le labbra e mi lascio andare in un sospiro.

-Scusa se me la prendo a sentirmi categorizzare come un frontman cazzone, identificato con la sua band e con le sue brutte abitudini-

-Io non ho detto questo- specifica, sedendosi a cavalcioni addosso a me.

Cielo, Faith, tesoro, pure il sesso mi concedi per farti perdonare?

-Dettagli- ammetto, stringendo appena le dita sulle mie stesse braccia.

La vocina nel mio cervello mi dice di lasciarla fare e sì, sì, la lascerò fare.

-Dovresti… rilassarti un po’ su tutta questa faccenda del gruppo, del bere, delle droghe, del sentirti giudicato…- fa scorrere le mani sulle mie spalle, sugli avambracci, fino ad intrappolare le mie e sciogliere il nodo che avevo sul petto.

-Faith, tu è bene che non venga nemmeno a sapere in che merda sono stato e sono-

-Lo sai che il cioccolato fa bene all’umore?-

-Pasticciera dei miei stivali, non mi interessa il cioccolato o-

Ancora la sua bocca.

È questa la dolcezza a cui fa riferimento? È questo zucchero? Questo odore fruttato che mi rimane sulla pelle dopo che l’ho stretta troppo che dovrebbe fare bene al mio umore?

Non so nulla sul cioccolato. Conosco solo le labbra di Faith.

Ci ansimo sopra sentendola troppo vicina a me, le mordicchio, le lecco.

Mi ha tentato ed io non riesco a scappare.

Mi stringe lei e non capisco perchè, ma mi sembra di scoppiare.

È troppo piccola per me.

E mi fa stare bene con così poco.

-Dovresti mangiare un quadratino di cioccolato fondente, alla mattina-

Posa un bacio sulla mia fronte e scioglie l’abbraccio con lentezza, tornando a distendersi.

-Non voglio ingrassare-

-Ha meno zuccheri dei tuoi amati marshmallow- ridacchia tra sè mentre mi affianco a lei e faccio in modo che i nostri corpi si incastrino.

-Davvero?-

-Davvero- conferma e mi toglie i capelli dal viso, guardandomi.

-Fare una pausa non aiuterebbe, vero?- è preoccupata. Cosa ha visto su quel palco oltre al cantante di successo?

-Dovrei parlare con Doc, è complicato- nascondo il viso sulla sua maglia e la stringo a me.

-E il cd… siamo abbastanza in ritardo. Preferisco parlare di cioccolato-

Sbuffo chiudendo forte gli occhi.

-Che profumo usi, Faith?-

Sono già più calmo, va già un po’ meglio.

-Ti ho già detto che probabilmente è il bagnoschiuma-

Questa volta la bacio io, spostandomi piano addosso a lei.

Sento le sue piccole mani corrermi sulla schiena e stringermi per avermi più vicino.

Mi tolgo la maglia e sollevo la sua canotta per arrivare alla sua pancia ed al suo seno.

La lecco, la coccolo e finisco per appoggiare il mio viso all’incavo del suo collo, tentando di non pesarle troppo addosso.

-Faith, sto male. Non ho voglia di fare sesso-

-Probabilmente se non ti avessi sentito dirlo non ci avrei creduto- trattiene una risata.

-Tu ti droghi, vero? Non puoi davvero essere così… spumeggiante, anche quando sei quasi nuda sotto un uomo e questo uomo ti ha appena detto che non ha voglia di farlo-

-Vedo le borse che hai sotto agli occhi, Vince, e… tutto il resto- clinica, gruppo, la mia tristezza che non vuole nemmeno citare.

-Quindi siccome non è un problema fisico, magari per questa volta ti perdono-

Piccolo riferimento al fatto che il mio corpo non sia del tutto indifferente a lei. Se iniziassi a muovere il bacino sul suo probabilmente cambierei idea.

-Magari domani mattina- mi sistemo di lato per non darle troppo disturbo, ma decide che preferisce essere infastidita e si appiccica a me, respirando sul mio petto.

-Mi piace farlo di mattina-

Sussurro.

-Di solito quando accade, vuol dire che ho passato la notte con una sola persona e… No, niente, mi piace la mattina-

-Sei dolce, Vince-

Cerco con la mano la coperta che dovrebbe essere sullo schienale e la sistemo su di noi.

-Mmh…- si avvicina ancora. Il suo seno è sul mio petto, le sue labbra sul mio collo.

Svegliarsi con la donna con cui si è andati a dormire la sera prima, trovarla ancora nel letto, ricordarsi chi è e cosa ci fa al mio fianco, non doverla cacciare da casa, ma usare il tempo per stare insieme guardandosi negli occhi…

L’ho già fatto, lo so.

Ma l’idea in questo momento mi sembra speciale.

Domani voglio farla impazzire.



 

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Capitolo 15
*** Tregua ***


Tregua









Per un attimo ho creduto di essere sola, invece è sveglio che mi guarda, esattamente affianco a me: sorride senza dire nulla.

Mi avvicino appoggiando la testa sul suo petto.

Che sto facendo?

Deve essersi fulminato qualche transistor nel mio cervello. Tra le sue braccia sto bene e mi sembra così sbagliato e così giusto insieme: è Vince.

Ma fin dal primo momento ho deciso di non pensare al cantante. Solo all’uomo dietro al trucco: il disperso che ho notato in clinica, l’amaro che ho intravisto ieri sera, lo spiritoso, dannatamente impiccione ed insistente… e tutto il resto.






 

La sua stretta si rivela essere il migliore dei saluti. Le bacio i capelli e inspiro profondamente.

-Non lavori oggi, vero?-

-Non è domenica..?-

-Sabato, sono le 10 e 43 minuti-

Aggrotta le sopracciglia e si stiracchia.

-Mh, giorno libero-

Rimane stesa con le braccia all’indietro: la coperta le nasconde malapena il busto ed il seno nudo è quasi scoperto del tutto.

Lo prendo come un invito e ci appoggio la bocca. Alzo lo sguardo per osservare la sua faccia. Faith tace e si lascia coccolare.

Infila una mano tra i miei capelli mentre le percorro il ventre e risalgo verso la testa.

-Come va, stamattina?-

Le bisbiglio all’orecchio fermandomi.

-Non c’è male-

Cerca la mia bocca e dopo un bacio umido si alza leggermente, sedendosi, e sbadiglia.

-Ho fame- conclude, grattandosi il naso e guardandomi.

Alzo un sopracciglio ricambiando l’occhiata.

-Posso esplorare la cucina?-

Siamo mezzi nudi e mi parla di cucina?

Davvero?

-Dopo-

La faccio stendere e mi posiziono sopra di lei, che sorride, sbarazzina, e si morde le labbra.

-Maniaco-

Mi stringe le mani sulla schiena mentre le sbottono i pantaloni e ne abbasso la zip.

-Mi sto offendendo- la avviso, leggermente innervosito dalla presa in giro, fermando le mani.

Le stringe con le sue e ne porta una alla bocca.

La guardò mentre ad occhi chiusi mordicchia le mie dita ed infila il pollice tra le labbra.

-Dí la verità: sei un po’ maniaca a che tu-

-Chi lo sa- sussurra alzando appena il bacino in un movimento istintivo.

Okok.

Adesso ti faccio impazzire.

Le percorro il corpo con le mani ed abbasso i suoi vestiti, spogliandola. I miei pantaloni fanno la stessa fine in breve tempo.

Ci guardiamo per qualche secondo, complici e per prolungare la sua pena inizio a muovermi addosso a lei baciandole il collo.

-Dai…- mi stringe le mani addosso e ne infila una tra di noi cercando di toccarmi e di guidarmi in lei.

-Chi è maniaco, ora?-

-Sei sleale-

Rido della sua protesta. Ha le gote leggermente arrossate: bellissima.

L’idillio si interrompe al trillo insistente del campanello di casa.

Mi rabbuio e stringo le labbra fermandomi per un attimo e cercando di non incazzarmi troppo. La voce di Lee chiama il mio nome e Faith mi guarda combattuta e leggermente risentita. Si sente al posto sbagliato e nel momento sbagliato, ma l’unico in errore è il batterista.

-Non ti preoccupare-

La bacio soffocando il suo lamento mentre continuo da dove ci eravamo fermati.

Mi fermo dentro di lei e cerco di rassicurarla.

-È giorno libero anche per me-

Il rumore alla porta smette e ci dimentichiamo in fretta di quel momento di stallo. Il volto della mia ragazzina porta addosso solo piacere ed il mio non deve essere troppo diverso.

Non voglio che sia solo una volta, solo due volte. Voglio averla accanto e non solo per questo.

Lei mi fa stare bene.

La sua espressione furba ed il suo ridere della vita mi danno un po’ di fiducia in più per affrontare queste dannate giornate.






 

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