Queen of Scars

di paoletta76
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Day It All Began ***
Capitolo 2: *** The Firts Wrong Move (part1) ***
Capitolo 3: *** THE FIRST WRONG MOVE (part2) ***
Capitolo 4: *** THE DAYS I’D GIVE EVERYTHING TO LIVE AGAIN ***



Capitolo 1
*** The Day It All Began ***


Sarah
 
Era cominciato tutto con un piccolo rimprovero innocente, detto col sorriso sulle labbra. E la risposta era stata col sorriso, ed una minuscola smorfietta. Una di quelle che solo lui le sapeva regalare.
Non avrebbe mai immaginato che quella risposta al pepe potesse nascondere qualcosa di più.
 
Sembrava che Robert ci provasse un sottile gusto perverso, nell’umiliare Liam ad ogni occasione opportuna. Bastava una frase detta nel contesto giusto e la utilizzava rimproverandogli qualcosa, mettendolo in difficoltà, sottraendogli un merito.
Ultima occasione, in linea di tempo, l’attribuirsi pubblicamente l’ennesimo progetto di charity che era stato promosso dal fratello, rubandogli tutti i complimenti e gli applausi, e lasciandolo chiuso in un angolo a masticare amaro. Come stava succedendo sempre più spesso, da quando aveva la corona in testa.
 
Le dava fastidio. Il modo in cui lo faceva, il solo e semplice continuare a farlo. E lo sguardo che gli dedicava, come di trionfo nel vederlo starci sempre peggio.
 
- Non ci stai calcando un po’ troppo la mano, con tuo fratello? – aveva osato, appoggiandoglisi accanto sul bracciolo del divano, di fronte a quel servizio in TV, con la giornalista eccitata per l’ennesima impresa di grandiosa magnificenza del re e il sottofondo degli occhi scuriti del principe cadetto lasciato all’orlo del palco.
- No, tranquilla. Gli voglio bene, e lui lo sa.- le aveva risposto, leggero, con lo sguardo diretto allo schermo.
Quello sguardo. Quello in cui Sarah stentava a riconoscere l’uomo che aveva sposato.
- Sì, ma.. credo gli dovresti un pochino più di rispetto.- aveva ribattuto, mantenendosi neutra e muovendo appena una mano – si è sbattuto il triplo del solito, per quel progetto. E dichiarare pubblicamente che è un’idea tua suona molto come una vigliaccata, nei suoi confronti. Tanto più che so la verità; l’ho aiutato io nel primo input, e-
- E’ il mio fratellino. Non me ne farà una colpa.
- Forse. Però sarebbe giusto che avesse un po’ di spazio anche lui. Se lo merita.
- Se lo merita? – ora lui le sollevava lo sguardo addosso, fra l’ironico e l’interrogativo.
- Sì. Io non so quali fossero i vostri rapporti prima-
- Prima che levasse la corsa a prendersi la mia corona e portarsi a letto la mia fidanzata, felice e contento del fatto che fossi morto in un incidente aereo? O che mi facesse sparare per esserne sicuro?
- Robert.
- E no, cara. Non sono io, quello geloso di suo fratello.
Quella voce ora si caricava di doloroso sarcasmo, e lo sguardo tornava allo schermo, facendosi vuoto ed indifferente.
- Credevo l’avessi perdonato.
- No. Ho detto che non gli avrei fatto nulla. Che non l’avrei denunciato. Ma posso ancora sedermi davanti ad una telecamera e dire la verità; che è stato lui, a metterti una pistola in mano. Ottimo piano, far credere che fossi morto da eroe. E stavolta sul serio. Non ho mai saputo neanche il tuo prezzo.
 
Sarah sentì il gelo attraversarle la schiena, e scivolò lontano dal bracciolo e dal suo tepore. Pugni chiusi, ora sosteneva quello sguardo e ci poteva leggere chiaro e limpido un immenso rancore.
- Allora intendi farla pagare anche a me.- disse, ridotta ad un filo.
- Forse. Forse solo un po’.
- E quindi tutto quello che ci siamo detti finora è stata una bugia. E il tuo piano è stato anche migliore di quello di tuo fratello: prendi la tizia che hanno mandato ad ucciderti, lasciala distruggersi con i sensi di colpa e falle credere che l’hai perdonata, che ti sei innamorato di lei. E sposala, mostra al popolo che l’adori, che la proteggerai per sempre e che vissero tutti felici e contenti. Complimenti, davvero. Il vostro pubblico vi adorerà, vostra maestà. E avrete vinto anche lo scontro con vostro padre ed il referendum per abolire la monarchia.
Un minuscolo ed ironico inchino, con la voce che vibrava di rabbia e di lacrime.
- Beh, lady Sarah.. strategia. Giocavo sempre a scacchi, con mio padre. Mi ha insegnato che tutti i pezzi sono utili allo stesso modo, per proteggere il re.
- E tuo padre era un bastardo che godeva nel giocare con le persone come te? Allora forse è per quello, che Pryce l’ha ammazzato.
- Non ti permettere.- lui era scattato in piedi, la fronteggiava fissandola dall’alto in basso, e tutto, nei suoi occhi e nella tensione del suo corpo, si mostrava minaccioso.
- Avrei dovuto portarla a termine, quella maledetta missione.- sibilò, voltandogli le spalle e scivolando via dal salone.
 
Vomitare. Adesso aveva soltanto una gran voglia di vomitare, più forte ancora che quella mattina, quando la nausea l’aveva sorpresa immersa fra i documenti. L’atto di donazione della nuova casa per Debbie e Carol aveva dovuto aspettare almeno mezz’ora, e quel malessere l’aveva costretta a saltare il pranzo.
 
Eleanor la sorprese con la testa quasi nel gabinetto, ed osò scherzare:
- Ehi, va bene aver fatto lega con mio zio, ma non avrà attaccato anche a te il suo ubriacarsi già a metà giornata!
- No, tranquilla..- aveva mosso appena una mano, lasciando che Rosie mettesse su una smorfia e l’aiutasse a trattenere i capelli lontani da quella schifezza.
- Non hai bevuto niente? Sicura? Guarda che quello t’infila il bourbon anche a tradiment-
- No.. non posso neanche bere.
- Non sarai mica-?
- Incinta, sorella.- Rosie parlò per entrambe, ed il sospiro della regina si fece lungo e pesante.
- Wow..- Eleanor adesso si piegava sulle ginocchia ed andava a circondarle la schiena con un braccio, illuminandosi – sarò zia! E mio fratello-?
- Non lo sa. Non lo sa ancora.- Sarah sollevava un viso rosso e stropicciato, dirigendosi lentamente al lavabo per sciacquarsi e darsi una normalizzata – voglio aspettare la visita, voglio esserne sicura. E devo diglielo io.
- O- ok.- la principessa annuiva, incrociando le braccia – ma a qualcuno lo posso dire?
- LEN.
- Va bene. Quando sarai sicura.- dita a segnare chiusa la zip sulle labbra, ed Eleanor era pronta a cambiare discorso – thè giù in cucina?
 
Erano passati un giorno, due. Robert si muoveva, parlava, faceva tutto come se quella conversazione non fosse mai avvenuta.
Forse un momento di rabbia, s’era detta. In quel periodo il sovrano era decisamente sotto pressione, e sembravano lontani i giorni di gioia e relax del viaggio di nozze speso in giro per il paese. Niente verdi campagne né spuma di mare da respirare a braccia aperte come due comuni mortali; il referendum per l’abolizione della monarchia sembrava sempre più vicino, e il dichiarare al primo ministro che l’eventuale sconfitta non le avrebbe fatto paura non suonava più come una piccola vittoria.
 
Sarah osservava le gocce di pioggia rigare le finestre, e sentiva di averla fatta per prima, la mossa che stava mandando in pezzi il legame con l’uomo che amava.

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Capitolo 2
*** The Firts Wrong Move (part1) ***


Sei settimane prima
Sarah
 
Il primo ministro era apparsa contrariata, sulle prime, sentendosi annunciare dal lord ciambellano che il re era stato momentaneamente fermato da un piccolo malore.
- Se non le dispiace, può conferire con la regina.- aveva aggiunto lui, con un brevissimo inchino.
- Preferirei evitare.- aveva risposto quella, lasciando trasparire nella piega delle proprie labbra un chiaro non voglio più averci a che fare, con quella strega.
- Peccato..- Sarah aveva intrecciato le dita, comparendole davanti col migliore dei suoi sorrisi – io ci tenevo davvero tanto, a poterla conoscere di persona.
La donna era avvampata di rosso, perdendo per un istante tutte le parole.
- Mi.. mi perdoni.. Lady Sarah.. io- io non credevo che-
- Non si preoccupi. So abbastanza da poterla capire. Prego, si accomodi.- una stretta di mano, e s’era seduta di fronte a lei, su uno dei divanetti damascati del salone – le posso offrire una tazza di thè?
- Volentieri.. grazie.
La giovane s’era rivolta all’uomo comparso al proprio fianco, sempre sorridendo:
- Mr. Hoenisberg.. per favore, thè per due.
- Come desiderate, vostra maestà.- lui aveva risposto al sorriso, accennando un inchino.
- Posso suggerire quello alla menta, preparato in infuso diretto? E’ il mio preferito, nella nostra cucina lo preparano in modo davvero speciale.- lei s’era rivolta all’ospite, che aveva annuito.
- Fresh off the boat, vostra maestà? – l’uomo aveva intrecciato le dita, mantenendo quell’aria leggera e confidenziale.
- Se possibile. Grazie infinite.
- E’ un piacere.- quello aveva salutato con un altro brevissimo inchino, prima di scomparire e lasciare il posto, in una manciata di minuti, ad una ragazza in uniforme grigia ed al profumo del thè.
 
- Eccoci..- la giovane regina serviva l’ospite con le proprie mani, dopo aver congedato anche la cameriera con un grazie ed un sorriso – spero le sia gradito come lo è per me, dopo una giornata fra i documenti e gli obblighi politici.
- Lo è, vostra maestà. Grazie.
- Sarah può bastare. Sa, non mi sono ancora abituata neanche a sentirmi apostrofare come lady, eppure sono passati sei mesi, dal matrimonio..
- E’ come vivere una favola, vero?
- Già. Come avrà fatto, Cenerentola?
Avevano riso, leggere.
- Posso dirle la verità? – il primo ministro appariva sollevata, nel sorseggiare il proprio thè – sono felice, di poterla conoscere di persona. Non compare molto in pubblico, sulla sua persona ci sono migliaia di ipotesi, di discorsi, e questa sua riservatezza-
- Non amo mettere in piazza la mia vita privata, né sono mai stata il tipo da frequentare locali o feste; sono ancora relativamente a disagio, nelle occasioni mondane..
- Sangue nuovo a palazzo reale. Così la definiscono, gli antimonarchici. Non ama il lusso, vive in un alloggio sobrio e defilato, sfugge ai paparazzi e riesce a confondersi fra la folla. Ha chiesto al re di donare tre quarti del valore che avrebbe dovuto avere la sua tiara, accontentandosi di una più modesta. Si è parlato a lungo di questo particolare; in parlamento lo citano ancora.
- Sono una persona comune, non ho nulla di speciale.
- Ha dichiarato apertamente di non sentirsi degna della corona.
- Perché è così. Non intendevo dipingermi di falsa modestia. Io- avrà sicuramente visto la conferenza stampa dell’incoronazione di mio marito, o letto l’intervista su Vanity Fair di pochi giorni dopo. Ho passato la mia vita come precaria e povera, sono arrivata al chiedere l’elemosina in metro, ad accettare i lavori più umili. Sono solo una delle più piccole figlie del Regno Unito, baciata dal destino e dall’incontro con un uomo speciale, che non ha avuto paura di scendere i molti gradini che ci separano per tendermi la mano. Mi ha chiesto di restare alla sua destra e mi sono messa a piangere. Non credo di meritarlo neppure ora che vivo qui e porto il suo anello al dito.. non credo mi sentirò mai abbastanza, per lui.
- Mi perdoni se la penso diversamente. Io credo che il re abbia scelto con molta attenzione la propria compagna, e l’opinione è condivisa da parecchi, nel mio ambiente. Lei conosce bene il ruolo di lady consorte. Resta nella sua ombra, non cerca di apparire, promuove opere di carità e di aiuto nazionale, ogni giorno contribuisce all’immagine di suo marito ed a rafforzare il suo regno. Gli stessi antimonarchici affermano che se re Simon l’avesse conosciuta, avrebbe affidato a lei la corona senza passare da nessuno dei figli, e non avrebbe neppure ipotizzato un referendum per abolire la monarchia. Il principe Liam, in un’intervista dei giorni successivi alla morte di suo padre, ha affermato che il re credeva nello scegliere la voce del cuore. Gli sarebbe piaciuta.
- Credo sarebbe stato lo stesso per me. Un onore, un privilegio.
- Era una persona unica; non amava i riflettori, sapeva fare scelte coraggiose. Come decidere che il popolo ha diritto di scegliere sul mettere o meno la parola fine alla monarchia. Lei cosa ne pensa, in proposito? La famiglia reale appare fortemente contraria ad un’ipotesi del genere, da più fonti è trapelato il sospetto che dietro l’assassinio del re ci sia qualcuno interno al palazzo.
- Non so. Io su questo non posso giudicare. Mi sembra impossibile, non è naturale che in una famiglia le divergenze portino a soluzioni così estreme..
Un sospiro, a fermare le parole prima che diventassero troppe e compromettenti. La era stata anche lei, protagonista di una divergenza sfociata nell’odio e sfogata con due colpi di pistola..
- Ma a lei questo referendum non fa paura neanche un po’? E’ appena riuscita ad ottenere comunque uno status di privilegiata, la sua vita è cambiata in meglio. Non teme che se il voto portasse ad abolire la monarchia-?
- No. Non ne ho paura. Innanzitutto perché trovo che sia giusto; io, come lei, sono al servizio del popolo e del suo bene, prima di tutto. E poi.. ho conosciuto la povertà, so cosa mi aspetta se dovessi tornare sulla strada. So come reagire. E comunque non uscirei di qui come la povera orfana disoccupata che ero, ma come lady Henstridge Grant. Mr. Loeb non mi licenzierà facilmente, stavolta, fosse anche solo per l’immagine. Magari sarò all’accoglienza, invece che fra i tavoli..
- Ha lavorato presso-?
- Le Pont De La Tour, sì. E’ stato il periodo più solido e felice da quando ho perso mio padre, a sedici anni. Mi sentivo a casa, mi sentivo una lady anche solo servendo ai tavoli. Era un posto speciale. Il giorno in cui mi hanno dovuto licenziare è stato il peggiore della mia vita. Comunque.. sono abituata, a cadere e rialzarmi. Credo sia più difficile, per chi è abituato a vincere sempre.
- Davvero hai lavorato al Pont De La Tour?
Una voce compariva alle loro spalle, leggera. Il primo ministro si alzava in piedi, accennando un inchino, lasciandole fare lo stesso, di fronte all’immagine del re.
- Buon giorno, primo ministro – lui tendeva la mano e scendeva ad accomodarsi fra loro – mi scusi per il ritardo.
- Ho saputo del suo piccolo malore, mi dispiace.
- Nulla di grave. Grazie. Ora sto meglio.- lui s’era rivolto alla moglie annuendo appena, prima di tornare all’ospite – spero non le sia dispiaciuto restare un po’ in compagnia di mia moglie.
- Affatto. E’ una deliziosa padrona di casa; conversare con lei è un piacere.
- A tal proposito, non sapevo avessi trascorso un periodo al Pont. Era uno dei miei locali preferiti, prima dell’incidente.
- Grazioso, sobrio e defilato..- interveniva il primo ministro, ricambiando il sorriso.
- Quanto basta per evitare i paparazzi. Ero solito portarci-
Ora lui si bloccava, aggrottando le sopracciglia, come avesse appena focalizzato un’immagine del passato e cercasse di indagare negli occhi della moglie.
- Io..- aveva sollevato l’indice, mordicchiandosi appena le labbra – io ti ho visto lì. La prima volta non è stato il catering, ti ho visto lì.
- No. Non al ristorante, almeno.- lo sguardo di Sarah vagava intorno, prima di tornare nel suo e spegnendole il sorriso – è stato il giorno in cui mi hanno licenziato. Avevo incassato la liquidazione, camminavo veloce e a testa bassa, tanto immersa nei miei pensieri da investire in pieno un uomo fermo sul lungofiume.
- Eri.. tu.
- Già. Non pensavo lo ricordassi. Ne avrai viste a milioni, di face qualunque tipo la mia.
- Tu lo ricordi forte e chiaro.
- Beh, Robert..- ora lei apriva le braccia e sollevava le spalle, come a ribadire una cosa più che ovvia – eri lo stesso viso che compariva sul giornale la mattina dopo..
- Avresti potuto dirmelo, quando ti ho incrociata al catering.
- E perché? Sono solo una cameriera.
- Sei? Sei la regina, che io sappia, ora. Non una cameriera.
- Errato.- lei sorrideva, peperina, sollevando l’indice e il naso – lady consorte. La regina è tua madre.
- Donna impossibile.- lui rispondeva al sorriso, rivolgendosi al primo ministro – mai una volta che eviti di contraddirmi. Qui bisogna provvedere.
- UH. Tendo a dimenticare quella cosa che sono tua.
 
In quel piccolo scambio di sorrisi e battute al pepe, l’ospite non aveva letto più che la perfetta complicità fra un marito ed una moglie. Ed aveva osato una battuta:
- Ahi, vostra maestà.. lady Grant è una donna da temere.
- Ma è la persona perfetta per portare punti alla mia squadra.- aveva ribattuto lui, mantenendo quel tono leggero – al referendum ce la giocheremo ad armi pari, con gli antimonarchici. E senza bisogno di mosse non conformi.
- Vero. Avete scelto una compagna preziosa.
- La mia intuizione migliore.- lui tendeva la mano, raccoglieva quella della moglie e la lasciava arrossire.
- Sono in molti, a ritenere che se suo padre l’avesse conosciuta, le avrebbe affidato la corona senza se e senza ma.
- Già. Niente di più vero.
L’aveva visto annuire, e continuare ad ammirarla con orgoglio.
 
Non era riuscita a percepire, fra le righe, dolore e veleno.

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Capitolo 3
*** THE FIRST WRONG MOVE (part2) ***


Sei settimane prima
Robert
 
Non la odiava. Non poteva odiarla, neanche volendolo con tutte le proprie forze.
Sarah era la medicina capace di curare le sue ferite, la donna che lo trasformava ogni giorno senza neppure rendersene conto. L’unica persona con cui non riusciva a lasciar sfuggire orgoglio e arroganza, l’unica a cui lasciava l’ultima parola e da cui si lasciava rimproverare.
Ed una parte di sé stava iniziando a desiderare di allontanarla, mentre l’altra gli gridava dietro implorando di non lasciarla andare.
 
Che cosa vuoi? Ripeteva la voce, nella sua testa. Apriva gli occhi, e lo circondava il buio delle notti passate su quell’isola. La donna vestiva di bianco, ma voltandosi non scopriva più il viso di Kathryn.
Lo guardava con le labbra strette ed una luce strana, negli occhi. Pugni chiusi contro i fianchi e, oltre le sue spalle, lo stesso sguardo si ripeteva negli occhi di Liam.
Fra le sue dita, il lampo di una pistola.
 
Il sogno s’interrompeva sempre nello stesso punto, con l’angoscia a stringergli la gola e quel dolore immenso ed improvviso a trafiggergli lo stomaco.
L’aria che mancava, gli occhi che si aprivano sulla realtà. Il soffitto, le finestre e il loro chiaroscuro. Il calore del corpo di Sarah non era al suo fianco. L’aveva di nuovo lasciata sola, per rinchiudersi nella propria stanza con la giustificazione del dover fare troppo tardi con i documenti e non volerla svegliare.
 
Non ricordava quale fosse l’ultima volta in cui aveva fatto l’amore con sua moglie.
 
Un sospiro, lento e pesante, ed era scivolato a terra. Cuscino sotto la testa, la clessidra di suo padre accanto alla spalla. Forse, tornare all’abitudine presa al suo ritorno gli avrebbe concesso un sonno tranquillo.
 
Aveva chiuso di nuovo gli occhi, provato a rilassarsi. Ma le immagini del viaggio di nozze restavano poco a fargli compagnia, ed in breve il cottage in cui avevano trascorso una manciata di quei giorni, isolati da tutti con l’unica compagnia del sottofondo di vento ed onde, lasciava il posto al parco del palazzo. Le foglie in caduta libera, i colori dell’autunno. La scacchiera in pietra ed il viso buono di suo padre.
- Sei stato bravo, figliolo.. hai assimilato tutto quello che ti abbiamo insegnato. Tuo fratello, al contrario, è molto sensibile. Il che non è una brutta cosa.
- Gli manca la disciplina.
- Ma compensa con la forza di volontà e la determinazione. Puoi imparare molto, da lui.
- Lui può imparare molto da me.
- La tua arroganza, Robert, sarà la tua rovina, un giorno.
 
Era in quell’istante, che ricordava di aver abbassato lo sguardo, forse per la prima volta, davanti a suo padre. Di non aver potuto sostenere il cristallo puro dei suoi occhi, come spesso non riusciva a sostenere quello di Sarah, davanti ai suoi piccoli rimproveri accompagnati da carezze.
 
Sei troppo duro, con te stesso e con gli altri.
 
Lasciali vivere, lascia che anche loro seguano il cuore. Come hai fatto tu. Non sei il solo, ad avere questo diritto, Robert. Non sei l’unico a cui sia dato di poter essere felice.
 
Respira, rilassati. Ricordati che ti ho sposato, che mi hai voluto tu alla tua destra. Quindi ora ti arrangi.
E, comunque vada, ci siamo dentro insieme.
 
Lo sguardo di Sarah era lo stesso di suo padre. Comprensione, amore. Di quello non misurabile, che non chiede e non pretende nulla in cambio.
Il sogno si dissolveva di nuovo, lasciandolo con l’unica compagnia di un cuscino e del pavimento sotto le spalle. E le ferite non smettevano di fare male, nonostante sollevando la maglia trovasse soltanto cicatrici.
 
Ho deciso di abolire la monarchia, figliolo. Non è colpa tua, non hai fatto niente di sbagliato. E’ solo per quello che sei.
 
Se suo padre l’avesse conosciuta, le avrebbe affidato la corona senza se e senza ma.
 
Il dolore adesso era così forte da togliergli il respiro, costringendolo ad alzarsi e ad aprire le finestre, in cerca d’ossigeno.
 
Hai tutte le qualità che possono essere insegnate.. e nessuna di quelle che non possono essere insegnate. E per quanto ti voglia bene.. e te ne voglio tanto, figlio mio.. non sarai mai un buon re. Mi dispiace.
 
Il veleno, fra le labbra, mentre ogni fibra del suo corpo riprendeva a tremare, esattamente come in quel letto d’ospedale.
Suo padre era morto considerandolo un essere sbagliato. Sbagliato, inutile. Meno di quel granello di senape a cui aveva teso la mano.
Lei era quella giusta. Per superarlo, per regnare. Lei, ancora più di Liam.
Lei che era cuore e umiltà e disciplina nella giusta dose.
Lei che riusciva a trovare l’occasione e l’istante perfetto anche per dirgli ti amo, mentre lui non ricordava l’ultima volta in cui l’aveva preceduta, costringendola ad una smorfietta ed a ripetere anch’io.
Lei che non aveva paura, neppure di tornare sulla strada. Che sapeva cadere e sapeva rialzarsi.
La donna che poteva decidere con una sola manciata di inconsapevoli gesti il suo destino, come uomo e come re.
 
Ora la voce di sua madre prendeva il posto di tutte le altre, nella testa e nel cuore. Acida e cattiva.
Se dovessimo perdere il referendum.. non oso immaginare. Ma se dovessimo vincere.. temo dovrai prepararti a cederle il passo, Robert.
 
Non è Sarah, a non meritarti.. sei tu quello che non è degno di lei..
Lo sguardo di suo padre si faceva pieno di compassione, nel suo scuotere leggero la testa. Ed ora il dolore gli lasciava desiderare d’essere morto davvero, come un eroe. In quale dei due modi non importava.
 
Piedi nudi, il disperato bisogno di uscire da quella stanza, in cerca di ossigeno lontano da quelle mura. Un passo dietro l’altro, fin oltre il passaggio segreto e il cancello del sotterraneo.
Che cosa vuoi..? ripeteva quella voce. L’immagine della lady consorte lo aspettava al bordo del giardino, addosso a quel tavolo defilato e solitario, nello sguardo non aveva più timore e non c’era nessuna musica a farla muovere, a lasciarlo sorridere.
- Voglio che mi lasci in pace.. che mi lasci in pace..- mormorò, premendo i palmi contro le tempie e stringendo più che poteva le palpebre, cercando di far sparire quell’abito bianco e quegli occhi carichi di rimprovero e compassione – non è tua, la corona.. non sono io, quello sbagliato..
 
Robert..
La voce si faceva viva e reale, e quella mano lo sfiorava davvero, lasciandolo trasalire.
- Scusa. Non ti volevo spaventare, ma.. ti ho visto qui fuori, e-
- Sto bene.- aveva risposto, passandosi le mani sul viso, cercando di nascondere la propria espressione sconvolta con un microscopico sorriso.
- Sei stanco, Robert. Stanco da morire. In queste ultime settimane sei stato sotto pressione più del solito, con quella faccenda del referendum e gli incontri internazionali.. hai solo.. hai bisogno di riposare. Vieni.
La mano tesa, lo stesso sguardo con cui aveva accompagnato i suoi passi, ogni giorno, in ospedale.
 
Scosse la testa, ritrovandosi a rifiutare.
- Non ti lascerò il mio posto. Sono io, il re d’Inghilterra.
- Stai farneticando, Robert. Sono tua moglie. Sto cercando di aiutarti, non voglio il tuo posto. Andiamo.
A quel secondo tentativo di trattenergli una mano, la reazione fu ancora più esasperata.
- Lasciami in pace.- le sibilò, respiro rotto ed occhi sgranati – vattene.
 
Un passo, una manciata di passi, sempre più veloci e sempre più lontano. Fino a quando, con le dita strette attorno alle inferriate del cancello del tunnel seminterrato, si voltò scoprendo di essere rimasto solo.
I passi allora lo riportarono indietro, verso quell’angolo dimenticato dal mondo. Lei era ancora là, s’era seduta e tratteneva il viso fra le mani, come se piangesse, coi capelli sparsi a casaccio su quelle spalle minute e poco vestite.
- Sarah..
- Che ti succede..? – lei sollevò il viso, incontrando un’immagine che non riconosceva – che ne hai fatto, di mio marito?
- Mi dispiace; io non- non dovrei prendermela con te.- lui scese a piegarsi sulle ginocchia, appoggiando le mani sulle sue gambe ed arrivando alla sua altezza – è solo che-
- Quando ti ho detto che ci siamo dentro insieme, io intendevo che ti avrei aiutato. Che ti avrei sostenuto, che sono disposta a fare le cinque del mattino per discutere con te su un documento o preparare un discorso per un incontro importante. Io non voglio la tua corona, Robert. Non volevo neppure il posto alla tua destra. Non sto cercando di rubarti nulla, l’altro giorno sei stato tu a chiedermi di fare gli onori di casa al primo ministro, perché l’alternativa sarebbe stata tua madre e quelle due si detestano. Qualunque cosa tu pensi al contrario, è insensata e serve solo a farti del male.
- Io..
- Ti ci stai uccidendo, Robert. Hai già abbastanza pensieri, senza costruirti anche questi stupidi disegni mentali.
- Ma Liam è-
- Tuo fratello non vuole più niente, di quello che è tuo. Vuole solo che lo lasci vivere e godersi i suoi meriti, senza essere per forza sempre tu quello sotto i riflettori. Siamo una squadra, Robert. È questo, che non riesci a capire. Tu sei il re, hai al tuo fianco una donna, un alfiere e una valida schiera di soldati.
- I pedoni..
- I pedoni, già. Tuo zio si muove sulla scacchiera come il cavallo, dato che è sobrio solo per dieci minuti al giorno.- lei sollevava appena gli occhi al cielo, gli strappava un sorriso – giocavi con tuo padre, ti avrà insegnato un po’ di strategia.- lo vide annuire, abbassare il viso, e si lasciò andare ad una carezza da cui lui non si sottrasse – focalizza la scacchiera. Il re è sempre il pezzo con più vincoli. E credo che spesso sia geloso, della libertà degli altri. Che il loro potersi muovere più o meno come vogliono sia per lui motivo di dolore. Che se lo comprima dentro, perché lui è il re e nessuno deve vederlo debole o stanco. E che questo serva solo a fargli ancora più male.
Sarah adesso lo lasciava sollevare lo sguardo e, come sempre, non aveva timore di sostenerlo, continuando ad accarezzargli il viso appena sporco di barba.
- Io non.. non sono geloso di-
- E scordati che lo ammetta. Perché, dimenticavo, il re è testardo ed orgoglioso, e qualche volta arriva a tirarsela proprio, ma proprio tanto.
- Io non-
- No? Sappi che ci sono momenti in cui ti detesto, momenti in cui non riconosco più l’uomo che amo. Ma so che non posso separarlo dal re, anche se in quei momenti darei la vita per essere accanto ad un uomo insignificante come me, invece che a quello che governa il Regno Unito.
- Tu non sei insignificante..
- E allora dimostramelo, vieni con me.
Sarah si alzava, gli tendeva di nuovo la mano. Lo lasciava accettare la presa, gli circondava i fianchi con un braccio, senza staccarsi da lui fino alla porta della sua stanza. E poi aspettava, sollevandogli addosso quello sguardo, quello fatto d’amore senza misura:
- Allora, io-
- Resta. Resta con me.
Sarah annuiva, si lasciava andare ad accarezzarlo ed aspettava il suo bacio come l’avesse desiderato da tutta la vita.
 
Non puoi odiarla, non puoi..
 
Il cuore perdeva un battito, all’insinuarsi di quelle dita minuscole sotto la maglietta.
Un sorriso ed un sospiro, fronte contro fronte, labbra sulle labbra. Ed aveva chiuso la porta della stanza oltre le proprie spalle, trascinandola con sé.

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Capitolo 4
*** THE DAYS I’D GIVE EVERYTHING TO LIVE AGAIN ***


Oggi
Sarah
 
Pioveva, oltre le finestre del palazzo reale. Lo scroscio echeggiava soffuso lungo i corridoi, triste sottofondo all’abbandono di cui soffriva da settimane. In silenzio.
Un passo dietro l’altro, fino alla cucina, generosa protagonista di momenti di intimità e di gioia.
Quelli a cui presto avrebbe smesso di partecipare.
 
Accarezzò il vecchio tavolo e vi appoggiò i gomiti, prendendosi la testa fra le mani.
Un respiro, lento e profondo, e sollevando lo sguardo verso quella stanza vuota prese la sua decisione.
Non avrebbe tenuto il bambino.
Non voleva più nessuna traccia, addosso, dell’uomo che aveva creduto innamorato di lei.
Una bugia.. era stata davvero tutta una bugia, un’ingegnosa trovata del giovane re per portare alle stelle la propria popolarità e vincere il referendum? Erano false, una per una, le parole che le aveva detto lungo quei primi sei mesi insieme?
Era solo una grandiosa recita, anche la luce con cui la guardava?
 
Sarah raccolse un altro respiro, con maggiore lentezza e fatica. Ed insieme all’aria le sfuggì il suono di un lamento. Le mani strette sulla fronte, i capelli che piovevano in avanti senza regole. E quel tavolo, rovinato ed antico, come unico testimone del suo silenzioso dolore.
 
C’era una volta..
Se alzava gli occhi le sembrava di vederla, quella scena di una manciata di mesi prima. La cucina animata di visi e di voci, in sottofondo il profumo del thè. Quello fresh off the boat, fatto con le foglie sfuse e l’acqua appena uscita dal bollitore. Insieme alla migliore compagnia che potesse desiderare.
Li chiamavano la servitù. Lei arricciava il naso ed imponeva personale in servizio. Rosie le faceva l’inchino, ringraziandola a mani giunte per quel pizzico di rispetto in più. E Jasper rideva, bofonchiando subito dopo perché lei lo abbracciava e sospirava melodrammatica:
- Oh, cielo, ride! Preparate la slitta, domattina troveremo la neve!
Poi Alice le si sedeva sulle ginocchia ed insieme prendevano il thè della principessa, discutendo di scarpette di cristallo e bellissime acconciature.
 
Quella pausa era diventata la preziosa, vitale compagna di giornate troppo lunghe se vissute per intero nei piani nobili del palazzo. Uno, due, dieci giorni. Fino a quando qualcuno non l’aveva scoperta.
 
Sei mesi prima
 
Una giornata uggiosa come un’altra, il tocco delle cinque nella pendola del salone da pranzo. Sarah chiudeva le carte relative al primo progetto da futura regina, lo metteva da parte in un cassetto ed aspettava con una certa impazienza quel bussare.
Eccola. Toc, toc-toc. Questo era il pugno di Rosie, il codice per consentirle la fuga. Via libera; pronta l’ora del thè.
Lasciò la scrivania, passando le mani lungo la gonna e sistemandosi la coda. Pausa va bene, Sarah, ma ricordati che sei comunque una principessa e non puoi apparire disordinata come ai tempi della questua in metro..
Un sorriso, già immaginando Alice pronta con pettini e spazzola ed elastici colorati. Uh, oggi mi aspetta la parrucchiera..
Aprì l’anta con un leggero impeto, pronta a chiedere all’amica come fosse andata la sua giornata di guardia e a condividere progetti ed idee.
 
Il viso che si trovò davanti era l’ultimo che si sarebbe aspettato.
 
- Lady Sarah, già pronta per la tua misteriosa fuga quotidiana? – Robert incrociava le braccia, sollevando un sopracciglio e costringendola a spostare lo sguardo.
- Io.. io non-
- Sono venuto a cercarti, ieri. Credevo fossi qui, nel tuo studio, indaffarata a programmare la tua nuova attività assistenziale.. invece ho trovato il silenzio. E parecchia reticenza da parte della servitù.
- Personale-
-..In servizio, sì. Suona meno arrogante, vero?
- Sono una di loro, Robert; quei ragazzi sono la mia famiglia. Il rispetto è il minimo, direi. Anche nei termini che usiamo.- replicò, leggera, cercando di sfuggirgli.
- La tua famiglia dovrei essere io.- lui piegò appena le labbra, visibilmente deluso.
- Scusa; non intendevo-
- Lo so, quello che intendevi. Ti capisco. E sinceramente sono curioso di scoprire cosa fai, tutti i giorni, intorno alle cinque.
- Niente.
- Guarda che non tutti quelli del.. personale in servizio sono muti come pesci, sai.- lui ora si mordicchiava le labbra e sorrideva, in attesa di sentirsi dire quello che sapeva già.
Sarah abbassò il viso, sollevando le mani in segno di resa:
- Ok. E’ l’ora del thè.
- E non puoi semplicemente fartelo servire nel tuo studio come fanno tutti?
- Non è fresh off the boat.
- Scusa?
- Vuoi mettere, il thè caldo appena fatto, con l’infuso diretto di foglie e l’acqua appena uscita dal bollitore? Prima che salga dalla cucina, l’acqua è-
- Che differenza fa?
- E’ mille volte più buono. Gustato con la compagnia giusta, anche di più.
- AH. Quindi io non sarei la-
- Vieni.- gli raccolse il braccio, trascinandolo fino alla cucina e lasciandolo sorridere divertito.
 
Parole e movimenti cessarono di colpo, al comparire in scena del giovane re.
Che diavolo ci fa, lui, qui? Chiedeva lo sguardo di Rosie, scattata in piedi oltre il vecchio tavolo.
 
- Ciao, ragazzi.- Sarah si fece avanti, trascinando il fidanzato al centro della scena e cercando di rompere il ghiaccio – ho portato un ospite; non vi scoccia, vero?
Scambi di sguardi, totalmente imbarazzati. Il sorriso di Robert che andava in fade.
- Oh.. mi dispiace.. io.. io non credevo che dicessi sul serio, Spencer..- lei si rivolse al ciambellano, che piegava il viso in una smorfia quasi di dolore.
- Dicesse che? – la stessa smorfia s’impossessava dei tratti di Robert.
- Che i nostri due mondi sono e devono restare separati.- lei mosse le mani ad indicare sé stessa ed il giovane appoggiato in un angolo.
- Cosa intendi-?
- Intendo dire che è una bugia, che il sangue ha lo stesso colore per tutti. Almeno, per qualcuno. Cioè.. biologicamente parlando è vero, ma dal punto di vista sociale non tutti ci crediamo.
 
Il re piegava lo sguardo, tornando a mordicchiarsi il labbro inferiore, stavolta senza sorriso.
Sarah non era una stupida; l’aveva visto e sentito, nel suo modo di esprimersi nei confronti dei propri familiari e del personale in servizio. Aveva percepito quelle sgradevoli punte di arroganza, nella sua voce.
E quasi sicuramente era riuscita a percepire anche lo sforzo immenso che faceva nel dominare la natura egoista che portava nel sangue. Lo sforzo che faceva per non lasciarla trasparire quando aveva lei al suo fianco.
 
Se mio padre ti avesse conosciuto, avrebbe affidato a te la corona.. io ero inadatto, per lui.. e invece tu.. ti gli assomigli così tanto..
 
- Ecco, vostra maestà.- lei riprendeva la parola, tendendo la mano a mostrare la cucina ed i presenti – questo è il mio orribile peccato: staccare la spina per un’ora, ogni giorno, per gustarmi un po’ di ordinaria normalità. Sono nata fra gli ultimi; è nella mia natura come la nobiltà è nella tua. E quando siamo insieme io non voglio che mi chiamino vostra altezza. Sono Sarah, Sarah e basta. Come prima. In presenza di estranei, dignitari, o della famiglia reale ripristiniamo le distanze. Beh, più o meno.
Una smorfietta, indirizzata ad Alice, al suo broncio corredato di kit da parrucchiera.
- Ah.. e io sarei qui anche per provare l’acconciatura del matrimonio.- ignorando il respiro sospeso del re, raccolse una sedia e si accomodò, lasciando che la bambina prendesse posizione alle sue spalle, felice ed orgogliosa.
- Beh, allora.. due tazze di thè.- lui sorprese chiunque, accomodandosi al suo fianco ed incrociando le dita sul vecchio tavolo di legno.
 
Non parlò molto, con nessuno del personale; l’imbarazzo rimaneva, per lui come per loro. Un pizzico di disappunto, e gelosia, nel notare come la sua regina fosse il centro dell’attenzione e dell’affetto di tutti, anche solo scegliendo i fiori sul tablet di Rachel, dando indicazioni a Rosie per chiamare l’atelier per la prova vestito e controllando divertita nello specchio l’acconciatura piena di farfalle e lustrini.
 

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