I Hate You, I Love You

di jacksonrauhl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I ***
Capitolo 3: *** II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***





 
Prologo
 

Non rientrava nelle priorità di Lily il 3 aprile 1993 festeggiare il diciottesimo compleanno di Cheryl Miller. Non che le piacesse trascorrere il sabato sera in solitudine, sotto le coperte del suo comodo letto a sgranocchiare snacks di fronte ad un film romantico strappalacrime; semplicemente non aveva intenzione di rapportarsi con persone che erano il suo opposto. Molto probabilmente, se avesse deciso di andare, se ne sarebbe pentita amaramente: sarebbe rimasta da sola, seduta in un angolo con un bicchiere di aranciata in mano -sì, aranciata- e avrebbe trascorso gran parte della serata ad ammirare gli altri divertirsi, tra balli, baci e scommesse. Non era la prima volta che ciò accadeva, per tanto la voglia di tentare di nuovo si era assottigliata tanto quanto un foglio di carta. 

Non amava particolarmente le feste e chi la conosceva sapeva bene che sarebbe stato inutile invitare una guasta feste come lo era Lily. L'invito le era finito sul banco qualche minuto prima di entrare in classe due giorni prima: lo aveva rigirato tra le mani e aveva scosso la testa, portandolo all'interno dello zaino e sperando di non doverlo più rivedere. Probabilmente, se Lily non fosse stata una compagna di corso di Cheryl, quel pezzo di carta contornato da brillantini non lo avrebbe visto neanche da lontano. E invece era ancora all'interno del suo zaino, tra i libri di matematica e scienze.

Feste come il diciottesimo compleanno di Cheryl Miller era meglio evitarle per gente come Lily, e il resto dell'istituto. Nessuno era comparabile al suo essere, ai suoi amici, al suo ragazzo. Già, il suo amorevole fidanzato dai capelli biondo ossigenato. Non erano malvagi, né tanto meno si divertivano ogni tanto a rovinare la vita di qualche povero ragazzino indifeso: erano peggiori. Erano da considerarsi spregevoli con i loro modi di fare per niente carini, con i loro pregiudizi e la voglia di dover essere sempre e costantemente al centro dell'attenzione. Loro non rovinavano le vite delle persone, loro le distruggevano. Come era accaduto alla povera Nora Jefferson tre mesi prima, costretta ad abbandonare l'istituto per via di uno scherzo di cattivo da parte di Cheryl e le sue due fidate amiche da passeggio Johanna e Clarke, anche esse del tutto da evitare. L'unica differenza tra le tre era che Cheryl sapeva il fatto suo; non era la solita ragazza ignorante, anzi era alquanto intelligente. Un genio del male. Johanna e Clarke erano da considerarsi i cagnolini disposti a tutto pur di ricevere in cambio l'osso da parte della loro padrona, in tal caso la popolarità. 

La povera Nora lasciò il liceo a testa bassa, strappandosi i capelli per essere stata tanto stupida ad aver rivelato a qualche suo conoscente la sua cotta per Justin Drew Bieber, il biondo ossigenato. Cheryl sapeva tutto di tutti, niente le sfuggiva di mano. Tempo tre giorni e le foto di Nora con le dita nel naso durante l'ora di educazione fisica finirono sugli armadietti di tutti, compreso quello di Lily. Quest'ultima accartocciò la foto frettolosamente, gettandola quanto più lontano possibile: non voleva averci niente a che fare, anche se le dispiaceva infinitamente per Nora. L'unico suo errore era stato quello di esternare i suoi sentimenti.

Da quel momento in poi Lily si sentì quasi costretta a tenere per sé ogni suo pensiero, un po' come l'intero liceo. Non c'era pettegolezzo che Cheryl non sapesse, a volte veniva a conoscenza di una rottura amorosa tra due fidanzati prima ancora che questi ultimi lo sapessero. Era incredibile, a tratti inquietante ma Lily aveva imparato a conviverci.

Prima ancora che potesse afferrare la borsa per gettare via l'invito una volta per tutte, il suo cellulare cominciò a squillare. Sbuffò tornando indietro in direzione del suo letto e afferrò l'aggeggio che giaceva sul piumone rosso. La stanza era piccola, per nulla moderna ma a lei piaceva così: non l'avrebbe scambiata con nessun'altra per nessuna ragione. I suoi ricordi erano appesi alle pareti sotto forma di fotografie, i peluche che aveva conservato sin da bambina invece erano riposti sugli scaffali della libreria assieme a decine e decine di libri, perlopiù romanzi rosa. Una scrivania un po' in disordine, una lampada a forma di luna che le era stata regalata tre anni prima per Natale da parte dei suoi zii e tanti, anzi tantissime penne sparse ovunque, persino sotto il letto. Di tutti i colori. Per finire una scatola carica di medicinali per prevenire allergie e mal di testa. La sua camera rispecchiava molto il suo essere, per questo si sentiva a suo agio nel suo mondo, accerchiata dalle cose materiali più preziose che aveva.

Rispose alla chiamata, portando il vecchio cellulare all'orecchio.

«Non dirmi che sei ancora in pigiama, chiusa in camera tua e con i capelli che sono uno schifo» sentì dire da Dylan, il suo migliore amico. L'unico migliore amico: gli altri in confronto a lui erano puri conoscenti. Si conoscevano da una vita, non ricordava neanche quando e perché avessero iniziato a parlare. Le loro famiglie erano molto legate tra di loro, quindi tecnicamente sin da quando erano nati le loro vite si erano incontrate. Nessuno era paragonabile a Dylan.

«Ciao anche a te Dylan» disse portando il suo sguardo sullo specchio che era appeso alla parete: pigiama e capelli arruffati. Sembrava come se il ragazzo stesse lì in quella stanza con lei in quel momento.

«Voglio che tu ti prepari, andiamo a festeggiare!» esclamò entusiasta. Lei roteai gli occhi al cielo: nonostante fossero tanto uniti, erano fin troppo diversi. È vero che gli opposti si attraggono, quei due ne erano la prova vivente.

«Se stai pensando di andare al compleanno di Cheryl sei pazzo. Se invece stai pensando di trascinare me a quella festa, sei completamente da ricovero» disse Lily buttandola sul ridere.

«Metti le tue battute da parte Lily e affacciati alla finestra» ammise, facendola zittire.

Dylan sapeva che mai avrebbe accettato, per tanto si era preso la briga di venirla a prendere senza prima avvertire. Lily non avrebbe avuto via di scampo, in tal caso non avrebbe mai potuto rifiutare. La giovane aprì l'anta della finestra con ancora il cellulare vicino all'orecchio e si affacciò oltre il balcone, notando la figura di Dylan appoggiata alla sua auto, anche egli con il cellulare tra le mani. Le sorrise e lei ricambiò il sorriso, salutandolo con un cenno di mano.

«Mi spieghi perché insisti tanto?» chiese la ragazza al cellulare, visto che urlare a quell'ora per comunicare tra di loro non sarebbe stata una buona idea.

«Perché mi hanno dato buca, mi sei rimasta solo tu» disse al telefono, lei intanto notò le labbra di Dylan muoversi nel pronunciare la frase. Successivamente Lo mandò a quel paese con un gesto e lo vide sorridere, soprattutto lo sentì tramite la chiamata.

«E se ti dicessi che non posso?» domandò Lily.

«Non ti crederei. Per tanto, ti prego di indossare il vestito migliore che hai e di scendere, ho freddo »disse.

La ragazza fece finta di pensarci, anche se la risposta era più che ovvia: forse con Dylan al suo fianco non sarebbe stata una brutta serata. Di solito, durante le precedenti feste, lui veniva invitato da altre ragazze e quindi Lily si facevo da parte. In quell'occasione però era stato lui ad invitare lei, quindi accettò l'invito senza altri indugi, sperando che tutto andasse per il verso giusto, almeno una volta nella sua vita.




 
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Troverete i restanti capitoli della mia storia su wattpad, sono freakieber. Cercherò di aggiornare anche qui, per chi invece vuole leggere già i capitoli successivi senza dover aspettare, può benissimo recarsi sul mio profilo di wattpad.

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Capitolo 2
*** I ***




 


I
 

Lily Jane Johnson aveva solamente diciassette anni quando la sua vita cambiò per sempre. Trascorreva le sue monotone giornate nella San Fernando Valley, precisamente a Burbank, nella contea di Los Angeles. Era difficile immaginare che qualcosa potesse accaderle, protetta dalle quattro mura della sua piccola e accogliente casa di paese. Era solita recarsi in chiesa tutte le domeniche assieme ai suoi genitori. I Johnson facevano parte della piccola e ristretta cerchia di protestanti residenti nel piccolo quartiere di Burbank.

Il reverendo Garsia accoglieva i fedeli tutti le domeniche mattina con serenità, predicando e glorificando il nome santo di Gesù Cristo. Seguiva con attenzione il cammino spirituale dei più giovani, compresa Lily. Era molto ammirata dalla comunità, soprattutto per via del suo educato modo di porsi agli latri, la sua eleganza e la serietà. Di questo i suoi genitori ne erano molto fieri.

Avevano cresciuto la loro unica figlia con affetto, senza privarsi dell'autorità che un genitore ha il dovere di adempiere sui propri figli. Durante uno dei soliti pranzi di famiglia della domenica, il signor Johnson decise di riferire la sua sul percorso scolastico che secondo lui, risultava essere più appropriato per Lily. «Dovresti iscriverti alla facoltà di medicina» le disse serio. La signora Johnson rimase in silenzio.

Non rientrava nei suoi progetti la facoltà di medicina. La madre questo lo sapeva bene. Le aveva più volte riferito che un giorno, se le fosse stato possibile, avrebbe scelto la facoltà di lingue. Il suo più grande sogno era quello di insegnare, diventare una professoressa liceale. 

«Ci ho pensato» rispose Lily, intenta a tagliare in due il pezzo di carne. 

In realtà non le era mai passato per la mente. Aveva addirittura il terrore degli aghi, si stupì del fatto che il padre non lo ricordasse, o forse non lo aveva mai saputo. Durante le lezioni di scienze in classe a volte era costretta ad ad uscire fuori con la scusa del dover a dare in bagno, sentendosi male per via delle dettagliate spiegazioni della professoressa. Le mancavano le forze ogni qual volta la donna trattava degli organi interni, in particolare il cuore. Odiava tutto quello che aveva a che fare con il sangue, aghi e quant'altro. Se un giorno fosse diventata un medico, sarebbe stata senza ombra di dubbio il medico peggiore che l'America avesse mai avuto.

«Spero tu scelga proprio la facoltà di medicina. Sarebbe meraviglioso, un medico in famiglia...immagini cara?»  domandò a sua moglie. 

Lily ascoltò accuratamente le parole dell'uomo. Ogni pranzo domenicale per lei era paragonabile ad una tortura. Non le piaceva essere al centro dei discorsi altrui e con il padre questo accadeva sempre. La ragazza non se la sentiva di alzarsi e andarsene, perciò ogni volta abbozzava e se ne stava in silenzio. Sarebbe risultata maleducata se avesse abbandonato il tavolo durante il pranzo, e lei non poteva permetterselo. I suoi genitori glielo avevano insegnato.

La signora Johnson annuì, voltandosi verso sua figlia. Quello fu molto probabilmente l'unico momento in cui la donna si sentì messa alle strette, del tutto incapace di proferire parola. Amava suo marito, sapeva per certo però che era una testa dura e che tutto quello che diceva, era ordine. Cercava pertanto di soccorrere la figlia quanto più possibile, facendo cambiare idea all'uomo ma nella maggior parte dei casi la riuscita era pessima. 

La scuola le aveva offerto un'ottima borsa di studio. Era la migliore studentessa del suo corso degli studi sociali. Ma anche in inglese, o arte. Negli sport invece era negata, ci aveva provato con il ping-pong ma le era andata male. La maggior parte degli studenti della Burbank High School si aggiudicavano una borsa di studio grazie alle loro doti sportive, per lo più nel basket o nel football americano. Lily aveva sempre avuto un occhio di riguardo per quegli sport: non ci si vedeva in mezzo ad un campo, intenta a farsi schiacciare da persone che erano il doppio di lei in quanto statura. Lo reputava insensato, del tutto inutile e pericoloso. 

Era entrata sin dal terzo anno a far parte del club della lettura: adorava recarsi il pomeriggio a scuola ed essere accolta da persone che condividevano i suoi stessi gusti. Ogni settimana portava con sé un libro che aveva amato, raccontandolo a coloro che risultavano essere le poche persone disposte ad ascoltarla. Poche volte nella sua vita si era ritrovata di fronte ad un suo coetaneo -che non fosse il suo migliore amico Dylan- desideroso di sentirle raccontare una qualsiasi storia, un racconto, un gossip. Come attività alternativa invece aveva scelto il coro scolastico: entrambe le attività si alternavano tra di loro, incastonandosi alla perfezione. Il lunedì e il giovedì c'era il club della lettura mentre il mercoledì e il venerdì canto. Nonostante ciò, non era mai stata in grado di instaurare un rapporto che andasse oltre il semplice essere conoscenti.

Più per volere suo che degli altri. Era riservata e la timidezza le giocava brutti scherzi: il padre non faceva altro che ripeterle che fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. L'uomo aveva un occhio di riguardo per tutti, soprattutto per i ragazzi del quartiere che si ritrovavano quasi tutti i pomeriggi nel solito angolo di strada. Una casa abbandonata non poco distante. L'abitazione cadeva a pezzi da tempo, eppure a nessuno interessava di ciò. Se un giorno fosse accaduto qualcosa di spiacevole, sicuramente la colpa era da attribuire alle travi del tutto pendenti del soffitto, o alla scalinata scricchiolante. Lily non avrebbe mai messo piede in quel posto tetro, soprattutto perché il padre glielo aveva severamente proibito.

«Incoscienti» bisbigliò affacciato alla finestra, spiando da dietro le tende bordeaux il gruppo di ragazzi. «La colpa però non è loro, ma bensì dei genitori» proseguì indignato.

Meredith Johnson era intenta a sparecchiare la tavola, in silenzio. Lily alzò lo sguardo dal libro verso suo padre: se mai un giorno avesse trasgredito le regole, ne avrebbe pagato le dure conseguenze. Quando l'uomo si voltò a fissarla, lei riportò lo sguardo sul libro che avrebbe dovuto portare con me il giorno successivo a scuola. Non si rivolsero più la parola quel pomeriggio.

A Lily però sarebbe piaciuto poter seguire i ragazzi, far parte del gruppo di studenti molto rispettati a scuola e acclamati per via delle loro feste di quartiere in tarda notte, più che altro per curiosità. Si era sempre immaginata le loro avventure e disavventure in base ai racconti che giravano per i corridoi del liceo. Durante il secondo anno uno di loro, Brad Walker, un sempliciotto del tutto ingenuo e tenuto alle strette dai suoi amici, era riuscito ad avvicinarsi a Lily. Quella fu la prima e l'ultima volta che un ragazzo le rivolse la parola a scuola. Dopo qualche giorno però non si fece più vivo, né tanto meno si prese la briga di salutarla ogni qual volta si incrociavano per i corridoi. La storia si concluse nel giro di una settimana, probabilmente per volere dei suoi amici. Brad si decise a troncare ogni minimo rapporto, nonostante fosse stato lui a compiere il primo passo: la fama ha un prezzo, anche se lui era la ruota di scorta del carro. Utilizzavano la sua spiccata intelligenza per copiare i compiti non svolti durante il pomeriggio. Non poteva di certo farsi vedere in compagnia di Lily Johnson, -se avesse voluto continuare a far parte del gruppo degli importanti- la stramba ragazza tutta casa e chiesa senza buon gusto nel vestire. E su questo fattore, la cosa era alquanto oggettiva.

Un giorno la giovane si recò a scuola con un maglioncino arancione, comperato qualche settimana prima assieme alla madre. Lo portava sempre con sé durante le domeniche in chiesa. Ci aveva provato a comperare un jeans attillato, ma si era arresa all'evidenza: non aveva forme. Il seno piccolo, il di dietro del tutto inesistente. Non se ne parlava neanche di indossare  minigonne, o portare al seguito una borsetta laccata rosa come erano solite fare le ragazze della sua età, soprattutto dell'ultimo anno. Quando arrivò in classe con addosso il caldo maglioncino,  un leggero sottofondo di risate la accolse. Non se ne curò: lei si sentiva a suo agio con addosso i suoi abiti, caratterizzavano la sua persona. Se mai avesse indossato una minigonna, non sarebbe stata capace di sfoggiarla per i corridoi a testa alta. Ovviamente era cosciente del fatto che indossarla non significa essere definite poco di buono. La sua inesistente autostima in quanto aspetto fisico non glielo avrebbe mai permesso, anzi ammirava le ragazze che riuscivano a mostrarsi senza problemi. Avrebbe tanto voluto avere il loro coraggio.

«Lo hai fregato a tua nonna quel maglioncino, Johnson?» domandò Harry Jones. Anche lui faceva parte del popolare gruppo, era però residente nel quartiere affianco e quindi non sempre era presente durante i ritrovi. Lily lo sapeva perché spesso e volentieri spiava i ragazzi attraverso la finestra di camera sua, cercando di immaginare la sua vita completamente diversa da come lo era sempre stata. La cosa la spaventava, ma la affascinava nel contempo. Lei si piaceva, il problema stava nel fatto che non piaceva agli altri. 

Tutti scoppiarono a ridere, eccetto quegli studenti intenti a copiare i compiti o a ripassare la lezione per un'imminente interrogazione a sorpresa. Lily si strinse nelle spalle, cercando di far finta di niente, sperando che la smettessero il prima possibile. Tra questi c'era anche Justin Bieber, il suo vicino di casa per eccellenza. Lily pensava che lui non la sopportasse per via dei suoi buoni voti, o del suo modo di essere sempre al centro dell'attenzione da parte dei grandi. Anche lui seguiva ogni domenica mattina la messa in chiesa e quando la ragazza con la coda dell'occhio cercava di sapere cosa stesse facendo, incuriosita, lo trovava sempre con il cellulare in mano o in alcuni casi a fissarla. Era come se lo disgustasse la presenza della giovane.

I suoi genitori, Pattie Malette e Jeremy Bieber avevano stretto amicizia con i genitori di Lily sin dal tempo del trasferimento della famiglia Johnson. Justin però non era mai stato in grado di rivolgere la parola a Lily, tranne per chiedere il permesso di passare. Non l'aveva mai derisa in prima persona. Era un ragazzo dalla personalità misteriosa: braccio destro del capitano della squadra di football e fidanzato ufficiale di Cheryl Miller. I due erano senza ombra di dubbio la coppia più discussa dell'intero istituto.

Lily aveva capito sin da subito che tra i due non sarebbe scorso buon sangue. Durante una delle tante domeniche, dopo che il reverendo Garsia congedò i fedeli, Pattie e Jeremy raggiunsero sorridenti la famiglia Johnson per concedersi la solita chiacchierata. Si conoscevano tutti tra di loro, non vi era estranei. A legare i Bieber ai Johnson vi era senza ombra di dubbio la vicinanza in quanto residenze, praticamente li dividevano un solo recinto in legno. 

«Che meraviglioso maglioncino, Lily» le disse Pattie. Sperava che fosse sincera, a differenza del figlio.

Proprio quando Lily provò a rispondere educatamente, Justin affiancò la madre con in mano il cellulare. Il signor Johnson non aveva mai sopportato la sfacciataggine di Justin, per tanto aveva proibito a Lily di parlargli, o di stringere amicizia con lui.

«Io esco, ci vediamo questa sera» annunciò ai suoi genitori, poi si concesse il lusso di fulminare con lo sguardo Lily. 

La ragazza un'ipotesi sul perché non la sopportasse l'aveva elaborata con il tempo: Pattie, soprattutto Jeremy, risultavano essere sempre molto distaccati nei confronti del loro primogenito. Justin si sentiva oppresso dalle raccomandazioni dei suoi, dai rimproveri che questi ultimi scaricavano su di lui ma soprattutto, a mandarlo su tutte le furie, era senza ombra di dubbio il paragone che spesso e volentieri saltava fuori tra Lily e Justin. Jeremy non faceva altro che ripetere che Lily era la figlia che avrebbe sempre voluto, anche di fronte a Justin. La giovane non lo biasimava: lui si sentiva inferiore agli occhi dei suoi genitori, mentre a scuola poteva considerarsi superiore a Lily in un qualsiasi momento. Perché effettivamente lo era. Coglieva al volo l'occasione che gli si presentava davanti tutti i giorni a scuola, e non si preoccupava di recare alcun danno morale a sfavore della ragazza, tanto una volta rincasato ci avrebbero pensato i genitori a fargli capire che nonostante la popolarità e la fama scolastica, Lily sarebbe stata sempre una spanna sopra di lui in quanto umiltà ed educazione. Questo lui lo sapeva perfettamente. Ed ecco da cosa era scaturito il non sopportare Lily.

«Mi raccomando, non fare tardi» lo richiamò Pattie, sbuffando. 

Lui annuì e se ne andò il silenzio: Lily sapeva che quella era l'ora del ritrovo durante i weekend. Portavano con loro sempre degli zaini di seconda mano, un po' rattoppati. Lei non sapeva cosa contenessero ma un'idea se l'era fatta. Justin ne aveva uno con sé di colore nero ogni volta che usciva di casa. Lo seguiva con lo sguardo attraverso le tende della sua stanza, notandolo sempre con la testa china sulle sue Converse nere. Spesso e volentieri indossava una giacca di jeans.

Quando passava di fronte casa di Lily rallentava, buttando lo sguardo sull'abitazione della ragazza. Justin non era un ragazzo molto loquace, a volte bastava guardarlo negli occhi per capire cosa volesse. A scuola non era di certo tra i migliori: sedeva sempre all'ultima fila, affiancato da Neil, il suo migliore amico e fidato compagno di avventure. Da che ne aveva memoria, i due erano come pappa e ciccia, sempre insieme. Trascorrevano gran parte della lezione a chiacchierare, sul cellulare o nel peggiori dei casi ad infastidire i compagni. Per fortuna Lily sedeva sempre davanti a tutto, lì nessuno l'avrebbe mai distratta dalla lezione. Prendeva gli appunti ogni qual volta i professori aprivano bocca, era molto attenta in classe e questo si ripercorreva sul suo studio sempre impeccabile. 

«Bieber, vuole andare a fare una vista dal preside?» lo aveva richiamato quella di chimica. Lily, nonostante le prese in giro, aveva deciso di tenere il maglioncino.

Justin si zittì di colpo, la giovane si voltò leggermente e notò che la stava fissando con i lineamenti del viso contratti. Il ragazzo scosse il capo serrando le labbra, facendo intendere che se ne sarebbe stato zitto, cercando di trattenersi dal ridere. Quando la professoressa riprese a scrivere sulla lavagna, anche Lily continuò a concentrarsi sul suo quaderno. Per tutta la lezione sentì sghignazzare alle sue spalle, questo destò in lei dei sospetti. 

Al suono della campanella, il primo ad uscire dalla classe fu proprio Harry che quella stessa mattina aveva dato il via alle continue prese in giro con la battuta sul maglioncino. Lily non lo odiava. In realtà non odiava nessuno di loro: sapeva che la maggior parte delle cose che dicevano, erano costretti a dirle ad alta voce per acquistare quanta più popolarità possibile. Si voltò fissando Lily e le scoppiò a ridere in faccia, seguito a ruota da Justin, Neil e il resto della classe. La professoressa era troppo occupata a riordinare le sue scartoffie per rendersene conto.

Quando la ragazza fece per uscire dalla classe, si sentì afferrare per un braccio.

«Hai una cosa dietro la schiena» le disse Katy, la ragazza più bassa che Lily avesse mai conosciuto. Lei era una di quelle che trascorrevano gran parte del tempo per i fatti propri, senza recare alcun danno. 

Lily inarcò un sopracciglio e portò una mano dietro la schiena, percependo al tatto della carta. 

«Io non ti ho detto niente»  concluse Katy, andandosene. Fu l'unica volta in cui le rivolse la parola, e per questo l'avrebbe sempre ringraziata. Un tantino le incuteva terrore: Lily non l'aveva mai vista sorridere. Pareva fosse costantemente triste, assorta dai suoi pensieri. Come se non volesse trovarsi in quel posto.

Sul foglio c'era scritto "maglioncino rubato a mia nonna". Lo accartocciò freneticamente e lo gettò nella spazzatura. In quel momento capì perché Justin aveva trascorso gran parte della mattinata a ridersela sotto i baffi.

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Capitolo 3
*** II ***






 
II
 

All'età di otto anni, a Lily venne in mente la brillante idea di voler imparare ad andare in bici. Lo aveva visto fare da molte sue coetanee, non le importava cosa avrebbe pensato il padre. Un pomeriggio di fine agosto, poco prima dell'inizio delle lezioni, Lily decise di svitare via le ruote di sostegno della sua bici color pesca, glitterata d'oro sul manubrio. La adorava. Gliel'avevano regalata i genitori il giorno del suo sesto compleanno ma ci era salita per la prima volta sopra solo un anno dopo. Si era stancata di andare in giro per il quartiere al seguito della bici con le rotelle. Si sentiva in imbarazzo ogni qual volta passava di fronte casa Bieber e ammirava con quanta facilità Justin manovrava la sua bici nuova di zecca, priva di rotelle. Forse era proprio questo che la spinse a voler tentare.

Il signor Johnson non sarebbe rincasato prima delle venti: a quei tempi era un giornalista alle prime armi, il quale aveva trovato lavoro dopo lungo andare. In seguito a troppe porte in faccia ricevute, tutti i sacrifici vennero ripagati circa sette mesi prima. Lo avevano assunto a tempo determinato dopo aver letto uno dei suoi tanti articoli di giornale, in particolare quello che ritraeva gli ultimi avvenimenti della Los Angeles del '92 dopo le ferite ancora aperte e dolenti della rivolta. Dopo due mesi di prova, la meravigliosa notizia del posto ottenuto.

Lily indossò il casco del medesimo colore della sua bici, desiderosa di poter dare del filo da torcere a Justin una volta tanto e pensando a come l'avrebbe rimproverata la madre se fosse tornata a casa con qualche ginocchio sbucciato. Salì in sella, sentendo l'adrenalina assalirla a causa della paura. Non ci aveva mai provato ma c'è sempre una prima volta. Avrebbe tanto voluto percepire la stretta di suo padre sul suo sellino, avrebbe voluto sentire la voce dell'uomo che la incitava ad andare e sentirsi protetta. Però era da sola. 

Tenne le punte dei piedi a terra, sorreggendosi quanto più possibile al suolo. Quando notò Justin e Neil intenti a giocare non poco distanti, ognuno sulla propria bici, prese un grande respiro e si decise a raggiungerli: non era mai andata oltre il cortile di casa sua, il padre glielo aveva severamente vietato. La strada la spaventava, nonostante non passassero molte automobili da quelle parti. 

Justin notò la figura della bambina farsi sempre più vicina. Lily si sentì per un istante importante, soprattutto quando d'un tratto, senza neanche rendersene conto, cominciò a pedalare. Trascorsero pochi secondi, poi cadde a terra strusciando il ginocchio sull'asfalto. Il dolore fu lancinante: la pelle le bruciava, tanto da farle strizzare gli occhi per il colore. La bicicletta giaceva a terra, il suo ginocchio invece era diventato rosso e gocciolava di sangue fresco. 

«Tutto bene?» domandò una vocina.

Neil non lo aveva neanche sentito arrivare, tanto era occupata a soffiare sul ginocchio dolente. Lei scosse il capo, così il bambino si chinò e iniziò a soffiare sulla ferita. Lily rimase incantata da quel premuroso gesto. Non si erano rivolti mai la parola, ma a primo impatto sembrava essere un bambino molto gentile. Come poteva essere amico di quella testa calda di Bieber?

«Neil, lasciala stare. Non lo vedi che è una frignona?»

Ovviamente a parlare fu Justin. Lily alzò lo sguardo sul bambino che sedeva ancora sulla sua bici, con un piede a terra e le mani ben salde sul manubrio. 

«Ma Justin, si è fatta male. Guarda» Neil le afferrò il ginocchio e si scansò per dimostrare al suo amico la gravità della situazione. Il sangue continuava a gocciolare a terra e nessuno dei tre aveva un fazzoletto o un panno per tamponare la ferita. 

«Se l'è cercata» sogghignò.

Era strambo il modo in cui parlava di lei sempre in terza persona. Non voleva assolutamente rivolgerle la parola. I due non avevano mai interagito in prima persona, tranne quando furono costretti dai propri genitori a salutarsi con una stretta di mano. Justin la fissava sempre con superiorità e l'apostrofava ogni volta con nomignoli per niente divertenti. 

Neil si voltò a fissare Lily con un'espressione di dispiacere: la bambina non poté credere al fatto che la stavano abbandonando, in mezzo ad una strada, con un ginocchio ridotto male. 

«Mi dispiace. Comanda lui» bisbigliò per non farsi sentire.

La bambina abbassò lo sguardo: era stata tradita dall'unico bambino che nei dintorni aveva cercato di aiutarla, rivolgendole la parola. Dopo il trasloco avvenuto un anno prima, Lily non aveva stretto amicizia con nessuno degli altri bambini. Erano tutti sempre molto distanti da lei, si tenevano a doverosa distanza e questo la costrinse a chiudersi in sé stessa. Quando i signori Johnson le diedero la notizia del trasloco, Lily era entusiasta di poter stringere nuove amicizie. Nel vecchio quartiere aveva abbastanza amici, in particolare Dylan con i quale era cresciuta. Le dispiaceva lasciare la sua vecchia casa, ma sapeva per certo che non avrebbe mai fatto si che l'amicizia con Dylan sfumasse poco a poco fino a scomparire. Ci teneva troppo. A quei tempi nel quartiere non erano presenti molti suoi coetanei: il primo bambino che incontrò fu Justin, il secondo sicuramente il suo migliore amico Neil, molto più loquace e simpatico. 

Neil a quei tempi era un ragazzino piuttosto paffutello: indossava sempre i jeans che gli arrivavano fin sotto le scarpe consumate. Due occhiali tondi e rossi sulla punta del naso e capelli brizzolati mori. Era il contrario di Justin: snello, capelli dorati e occhi color del caramello. Sicuramente tra i due non c'era storia parlando fisicamente, ma se Lily avesse potuto scegliersi un amico, avrebbe sicuramente scelto Neil. 

Lily rimase a fissare le figure dei due ragazzetti allontanarsi, entrambi sulle proprie bici. Non voleva di certo arrendersi. Pian piano si alzò da terra, sorreggendosi su una gamba e tirò su la sua meravigliosa bici.

«Io non sono una frignona!» urlò in modo che potessero sentirla. E ci riuscì.

Justin si voltò poco dopo di Neil, incredulo. Quella fu la prima volta che Lily gli rivolse la parola direttamente. Il che accadde anche una sera, durante la cena di famiglia programmata dai signori Johnson, una settimana dopo lo scherzo di cattivo gusto in classe. Lily non seppe mai chi fosse stato ad attaccarle il foglio sul maglioncino ma sperò con tutta sé stessa che Justin non c'entrasse nulla. Per qualche strambo motivo, nonostante tutto, lei riponeva qualche speranza nei suoi confronti. A parte l'episodio con la bici avvenuto molti anni prima, Justin non l'aveva mai derisa in prima persona. Certo, se la rideva assieme agli altri, ma era l'unico del gruppo che non si era mai permesso di rivolerle la parola. Forse non era neanche suo interesse farlo. 

«Hai già deciso cosa fare dopo il liceo, Justin?» domandò il signor Johnson, spezzando tra le mani una fetta di pane fresco. Nella stanza calò il silenzio.

Bieber non aveva toccato cibo: continuava a rigirare nel piatto la forchetta, fissando contrariato un punto fisso sul tavolo. Sedeva rilassato sulla sedia, non come il padre di Lily le aveva insegnato. Sempre composti: postura retta, gambe sotto il tavolo. Meredith Johnson tossì leggermente, percependo la tensione che si era venuta a creare mentre Pattie Malette si voltò verso il figlio, incitandolo a rispondere, qualsiasi fosse stata la risposta. Non era educato starsene in silenzio. 

«No» fu deciso, senza lasciar trasparire alcuna emozione.

Glielo si leggeva nello sguardo che quello non era il posto in cui si sarebbe voluto trovare. Ogni qual volta i Bieber e i Johnson organizzavano una cena insieme, Justin risultava essere sempre svogliato e per nulla partecipe ai discorsi. A fine serata se ne tornava a casa a testa bassa, senza salutare nessuno. Pattie e Jeremy di tanto in tanto lo richiamavano con lo sguardo. Il signor Johnson si strinse nelle spalle, sorseggiando dal suo bicchiere del vino rosso. Era sadicamente felice. Sua figlia Lily gli regalava sempre tante soddisfazioni, soprattutto quando risultava averla vinta su Bieber. Si trasformava il tutto in una competizione ogni volta e questo non andava a genio a Justin, neanche a Lily a dire il vero. Non voleva che il ragazzo la odiasse per via dei suoi genitori, sempre pronti ad elogiarla. 

«Lily proseguirà con gli studi di medicina» si affrettò a dire il padre della ragazza.

Quest'ultima per poco non si strozzò con l'acqua che stava bevendo. Meredith Johnson prese in mano la situazione prima che le cose degenerassero. 

«Direi che sia arrivato il momento del dolce!» esclamò alzandosi da tavola, dirigendosi in cucina. 

Justin fulminò con lo sguardo Lily, la quale si sentì trepidante. Ancora una volta erano riusciti a mettere in cattiva luce Justin e la cosa che più dava ribrezzo, era il fatto che i coniugi Bieber non spendevano neanche una parola per il proprio figlio. Se ne stavano in silenzio, ad abbozzare, quasi la pensassero allo stesso modo.

Il ragazzo si alzò di colpo dal tavolo. «Devo andare in bagno» annunciò, poi scomparve su per le scale. 

Lily si lasciò sprofondare sulla sedia, massaggiando una tempia: ancora una volta il padre le aveva reso la serata un inferno ma soprattutto, per l'ennesima volta, aveva scelto per lei. Lily non aveva acconsentito alla sua decisione per quanto riguardava gli studi di medicina, eppure si era permesso di parlare a nome suo senza confrontarsi. Era stanca dei suoi atteggiamenti autoritari.

Justin tornò dopo circa dieci minuti e tutto ad un tratto parve molto più sollevato. Sedutosi a tavola, prese a gustare il dolce. I lineamenti più rilassati fecero credere alla ragazza che era riuscito a calmare  i bollenti spiriti, eppure quando egli alzò lo sguardo per incontrare quello di Lily, sogghignò. Conoscendolo, tale sorriso malizioso non preannunciò nulla di buono. 

I sospetti aumentarono quando due giorni dopo, entrando in classe, Lily trovò sul suo banco l'invito per la festa del diciottesimo compleanno di Cheryl Miller. A quei tempi la ragazza era da considerasi l'emblema della trasgressione, popolarità e soprattutto del buon gusto. Non a caso era la storica fidanzata di Justin Bieber sin dai tempi del terzo anno. Lily era solita a vederla passeggiare mano nella mano con Justin nei corridoi scolastici, durante le partite di football invece era sempre pronta in prima fila a fare il tifo per lui con due pon-pon stretti tra le mani e addosso la divisa delle cheerleader. Ovviamente lei era il capitano.

Spesso e volentieri lei si recava a casa di lui e Lily spiava i loro movimenti attraverso la finestra, incuriosita. Gli incontri avvenivano soprattutto quando i coniugi Bieber non erano in casa: dopo qualche ora trascorsa da soli, aspettavano il calare del sole per recarsi alla casa abbandonata. Anche lei portava con sé uno zaino, rigorosamente rosso. Lunghi capelli color del rame e occhi verdi: Lily non l'aveva mai vista indossare qualcosa che fosse di seconda mano. Non le si addiceva. Era bellissima, peccato per il caratteraccio. Vantava molti pretendenti ma solo Justin era stato in grado di farla innamorare. Perché era evidente che i due si amassero; certo, a modo loro, però si amavano. 

A volte Lily immaginava la sua vita immersa nel mondo di Cheryl: la invidiava in tutto, un po' come qualsiasi ragazza a scuola. 

Lei sapeva tutto di tutti, ma nessuno veniva a conoscenza dei suoi segreti. Probabilmente le uniche a conoscerla erano le sue fidate amiche, Johanna e Clarke. A volte Lily pensava che le due fossero sorelle gemelle, si assomigliavano in tutto: stesso colore degli occhi -azzurri- stessi capelli biondi e soprattutto, stessa risata stridula. Seguivano Cheryl come dei cagnolini al guinzaglio, pronte a servirla in un qualsiasi momento. Erano estremamente più simpatiche rispetto alla loro beniamina, ma non tanto da considerarsi migliori in quanto carattere. 

Lily gettò nel suo zaino l'invito, sperando che nessuno si fosse accorto del suo movimento brusco. Se Cheryl avesse saputo che Lily Jane Johnson era stata tanto scortese da posare con riluttanza il suo invito glietterato nello zaino, gliel'avrebbe fatta pagare amaramente. Milioni di punti interrogativi assalirono Lily durante di lezioni: era strano che Cheryl avesse invitato anche lei, probabilmente c'era stato un errore. L'ultima volta che LIly aveva ricevuto un invito da parte di un suo compagno di liceo era stato durante il primo trimestre del primo anno scolastico, praticamente quando nessuno ancora la conosceva per quella che era. 

Ad invitarla fu proprio Harry Jones. Tanto entusiasta, si recò alla festa desiderosa di stringere nuove amicizie e invece se ne restò tutta la sera seduta in un angolo, senza interagire con nessuno. In lontananza vi era la figura di Justin che la fissava divertito: a volte Lily pensava che tutti la odiassero a causa di Justin. Chissà quante ne deve aver raccontate sul suo conto, tanto da metterla in cattiva luce. Era il suo modo per vendicarsi.

«Bieber» lo richiamò la professoressa di matematica. Ella alzò gli occhi, portandoli sul suo capo, tenendo ancora salda la penna sul registro. 

Era interrogato. Il ragazzo sbuffò, alzando il capo dopo essere rimasto tutto il tempo nascosto dietro Angela Moore, una ragazza paffutella che nascondeva le merendine sotto al banco per gustarle durante la lezione. I suoi genitori l'avevano addirittura costretta a seguire delle sedute dallo psicologo. Lily pensava che ella fosse una delle migliori lì dentro: non badava ai pregiudizi, ma nessuno aveva il coraggio di darle contro per paura. Faceva parte del coro scolastico e la sua voce era a dir poco meravigliosa, un vero e proprio dono della natura. 

Justin si alzò e lentamente raggiunse la lavagna, poi si voltò e il suo sguardo si incrociò con quello di Lily. Fu una delle rare volte in cui la guardò per niente furioso. La professoressa gli dettò l'esercizio e lui posò il gesso sulla nera lavagna, senza muovere la mano. Fece finta di penarci ma la Lily sapeva che non ci aveva capito granché. 

La ragazza tirò da fuori lo zaino il quaderno ricoperto di brillantini a causa dell'invito con tutti gli esercizi svolti, ricordando di aver già fatto l'esercizio. Quando lo trovò fu troppo tardi.

«Professoressa, non so svolgere l'esercizio» ammise sottovoce. 

La donna si strinse nelle spalle e lo mandò a posto, congedandolo con una F.

Lily ci aveva provato ad aiutarlo, stranamente. Per un attimo aveva dimenticato che i due non si rivolgevano la parola da anni. Al suono della campanella fu il primo ad uscire, furioso, nonostante si trovasse all'ultimo posto. Neil cercò di raggiungerlo con passo svelto.

Lily portò lo zaino sulle spalle e salutò educatamente la professoressa, incamminandosi verso l'uscita. Un po' le dispiaceva per Justin.  

«Lo recuperi, non preoccuparti» sentì dire da una voce femminile. L'armadietto di Justin era poco distante dall'aula di matematica. Di fianco a lui c'era Cheryl, radiante come sempre. In quel momento però risultò essere piuttosto preoccupata.

Justin battette la fronte sul suo armadietto e sbuffò, Lily si bloccò sull'uscio della porta fissando la scena. Se solo si fosse voltato e avesse aspettato prima di rivelare alla professoressa di essere impreparato, sarebbe tornato a posto un tantino più sereno. Lui però non si sarebbe mai riabbassato a chiedere aiuto a Lily, anche se questo comportava beccarsi una seconda F.

«Sono fottuto. Non riuscirò mai a passare l'anno» si lamentò. 

Lily a capo basso passò di fianco alla coppia, percepì lo sguardo di Justin bruciarle addosso e si avvicinò al suo armadietto non poso distante. Lasciò al suo interno i libri che non le sarebbero serviti quel pomeriggio e infilò nello zaino quello di scienze e inglese. I corridoi  poco a poco si svuotarono ma lei quel pomeriggio non sarebbe tornata a casa. La signora Lopez, la custode della biblioteca scolastica, le aveva gentilmente chiesto di aiutarla a riordinare alcuni scaffali. Lei aveva accettato molto volentieri, sopratutto perché Lopez era sempre molto cordiale nei suoi confronti. Durante le pause, Lily trascorreva gran parte del suo tempo in biblioteca, godendosi qualche lettura o tenendosi sempre avanti con il programma. 

Cominciò sin da subito a riordinare gli scaffali inerenti ai romanzi gialli. Non era una patita del genere, ma a volte si concedeva il lusso di leggerne alcuni. Avrebbe sempre preferito i romanzi rosa. Non aveva pranzato, teneva un panino dentro il suo porta pranzo e una mela rossa. Avrebbe gustato il pranzo poco dopo, decise in primis di rimboccarsi le maniche. 

«Mi assento per un istante» la avvertì la signora Lopez una ventina di minuti dopo. 

Lily decise di cogliere la palla in balzo e, quando la sessantenne scomparve dietro la porta, afferrò da dentro il suo zaino il porta pranzo. La biblioteca era vuota, un massimo di quattro studenti sparsi a destra e a manca. Tutti molto concentrati sui propri libri; era un ottimo posto per studiare e stare tranquilli, peccato che nessuno lo sfruttasse. Lily addentò il suo panino al prosciutto, tenendo sulle gambe il porta pranzo plastificato. Indossava come suo solito una lunga gonna azzurra e scarpe di pezza bianche. I capelli lunghi le ricadevano ondulati fin sotto il seno, castani. Due occhini da cerbiatto marroni e la solita collana con una coccinella attorno al collo, la indossava da anni. 

«Mi scusi» sentì dire alle sue spalle. Era girata dalla parte opposta, cercando di non farsi vedere con in mano il panino. 

Quando si voltò rimase pietrificata: Justin Bieber teneva su una sola spalla il suo zaino, addosso la solita giacca di jeans e un'espressione del tutto scioccata. Con il passare degli anni aveva tagliato i capelli, modellandoli in una perfetta cresta sempre in ordine. Masticava freneticamente una gomma da masticare, dal profumo parve alla menta. Era affascinante, questo non lo si poteva negare.

Lily ripose nel porta pranzo il panino e pulì le labbra con un tovagliolo, sentendo le guance andarle a fuoco. Non si era immaginata la loro prima conversazione in quel modo, nella biblioteca scolastica. Se si fosse reso conto prima a chi aveva appena chiesto aiuto, Justin se ne sarebbe volentieri andato via. Ma ormai era lì e non poteva di certo darsela a gambe levate.

Sospirò amaramente, arrendendosi. «Ho bisogno di un libro sulla fotografia» annunciò a bassa voce. 

Lily non riuscì a crederci, eppure stava accadendo sul serio. Quel giorno era da segnare sul calendario.

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