Aquarion: the rebirth

di HVK
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Seilyn ***
Capitolo 2: *** Ricordi ***



Capitolo 1
*** Seilyn ***


Acqua
Aspettami...finalmente sto arrivando.


Non penso di appartenere a questa era. Non l'ho mai pensato, almeno da quando sono stata in grado di pensare. Più o meno intorno all'età di 10 anni. Ora ne ho 18 e ho sempre questo pensiero. Conduco la mia vota come ogni altra adolescente, anche se mi ritengo molto diversa dalle altre adolescenti. La mia non è mancanza di modestia o presunzione. E' pura e semplice verità. Le altre pensano al proprio futuro, al college, all'amore. Quelle meno pudiche al sesso. Io non penso a niente. Mi interrogo solo sulla mia esistenza, senza arrivare a nessuna conclusione. E' una gran perdita di tempo, è vero. Certo non è che non faccia niente mentre rimugino sulla mia vita. Vado a scuola, lavoro part time, aiuto in casa, le solite e classiche cose. Ma non ho uno scopo, non ho un sogno, non ho niente. Non c'è niente che desidero in questo mondo. Questo è il vero problema.
"Seilyn...Seilyn.....SEILYN!! MI VUOI ASCOLTARE!?!"
Ops...la mamma si è arrabbiata. "Scusa mamma, non ti ho sentita..."
"Smettila di sognare ad occhi aperti e dammi una mano!" mi urla porgendomi una cesta di lenzuola pulite. Mi avvicino e prendo il lato di un lenzuolo.
"Allora come va la preparazione per gli esami?" mi chiede.
"Benone.." Il che è vero. Nonostante abbia il lavoro, studiare non mi pesa. E' un modo come un altro per tenere la mente occupata e ammazzare un pò il tempo.
"Hai già pensato a cosa vuoi fare dopo?" mi fissa negli occhi con aria preoccupata. Gliel'ho già detto mille volte che in ogni caso al college non voglio andarci. Non perchè non voglia studiare, ma perchè non saprei che corsi seguire.
"Mamma...al college non ci vado. E' inutile che insisti."
"Ma tesoro...il tuo sarebbe un talento sprecato! Sei sempre stata la prima in tutti gli esami, sei il presidente del concilio studentesco e sei la rappresentante degli studenti del tuo anno. Lo studio è una parte di te!"  Non so quante volte ho sentito questa frase. La verità non è che lo studio è parte di me. E' che non avendo niente di meglio da fare studio. Non ho alcun talento speciale.
"Mamma...ascoltami. Io non voglio più essere un peso per te e papà..." inizio cingendole le spalle per consolarla perchè sta per mettersi a piangere.
"Ma cosa stai dicendo?!!?Tu non sei mai stata un peso!" dice tirando su col naso.
"Si lo so..volevo dire..vorrei essere un pò più indipendente. Non c'è niente che in realtà vorrei fare, mi basta riuscire a cavarmela da sola. Non mi importa il tipo di lavoro, non ho pretese, qualcosa troverò."
"Ti diamo così tanto fastidio?" mugugna come una bimba.
"Ma mamma...ma cosa dici?" sorrido e le schiocco un bacio in fronte. Mia madre è sempre stata così. Un pò infantile ed eccessivamente attaccata a me. Probabilmente perchè ha lottato con tutte le sue forze per mettermi alla luce. Papà mi ha raccontato che sin dai primi mesi ci sono state gravi complicazioni nella gravidanza. I dottori avevano detto che era molto meno rischioso per la mamma abortire, in quanto io mi nutrivo molto già dai primi mesi e l'effetto di quell'eccessivo nutrimento era che la mamma era sempre stanca. Ma lei ha lottato con tutta sè stessa per far ricredere i medici. Quando l'ho saputo, mi sono sentita un mostro. So che non era stata una cosa voluta da me, ma sapere che la mamma aveva sofferto così tanto per colpa mia mi ha fatto stare davvero male. Era proprio vero che ero diversa.
"Mamma...io ti voglio bene più che a qualsiasi altra persona a questo mondo. Voglio solo imparare a cavarmela da sola. E comunque..non ti lascerò da sola. Potrai sempre viziare Sayuki quanto vorrai. Lei ne sarà ben felice!" dico ridendo.
"Mi pare che la sto già viziando troppo..." mugugna di nuovo.
"Già...ma a lei piace..quindi non vedo dove sta il problema.." La mia sorellina, Sayuki, è una specie di bambolina. Ha 14 anni, 4 meno di me, fisicamente ci assomigliamo molto, apparte i capelli. I miei sono biondi, i suoi neri. Non mi sono fatta nessuna tinta, solo che mio padre è americano, mentre mia madre giapponese. Entrambe abbiamo preso gli occhi azzurri di papà e il viso della mamma, solo che io ho preso anche i capelli di papà e lei i capelli di mamma. Una bellissima combinazione la sua. Tra qualche anno sarà una donna magnifica.
"Forse il problema è proprio che la vizio troppo....però non posso farci niente...è una bimba così bella..." dice con occhi sognanti.
"Si concordo pienamente. Di a papà di stare attento. Tra qualche anno potrebbe esserci la fila fuori di casa per chiederla in moglie..."
"Non dirlo neppure per scherzo! Sai quanto sia geloso di voi. Ma sai..se proprio vuoi sapere la verità lui è molto più geloso di te, Seilyn."
"Di me?" ma quando mai?!
"Già...Tua sorella è bella, è vero, ma tu sei ancora più bella. Tuo padre ha un'ammirazione verso di te che sfiora la venerazione sai? Forse è per questo che ti tratta in modo più distaccato."
Non posso crederci. Effettivamente ora che ricordo, mio padre non mi ha sempre trattata come ora. Fino a quando avevo 13 anni io e Sayuki venivamo trattate esattamente allo stesso modo da papà. Poi, quando io sono diventata "donna", il mio corpo ha iniziato ovviamente a cambiare. E' da allora che papà mi tratta in modo più distaccato. Non che non dimostri il suo affetto, ma mi tratta come una persona della sua stessa età, e non come sua figlia da poco maggiorenne.
"Dovrebbe farsi una visita oculistica..e anche tu mamma..quante sono queste?" alzo la mano per prenderla in giro.
"Smettila!Noi ci vediamo benissimo. Sei tu che non hai un'esatta visione di te stessa." dice lei abbassandomi la mano.
Non dico di essere brutta. Ma ai miei occhi ci sono ragazze molto più belle di me. Certo è vero che molti ragazzi si sono dichiarati in questi ultimi anni. Ma penso sia più dovuto alla mia popolarità scolastica che al mio aspetto. In ogni caso, a me non importa.
Guardo l'ora. Le 15.00. E' ora che vado al lavoro.
"Vado a cambiarmi." dico dopo averla aiutata a piegare l'ultimo lenzuolo. Salgo in camera e metto la divisa. E' davvero carina, lo ammetto. Nonostante il negozio venda articoli tecnologici le divise sono belle. Per i ragazzi pantaloni e camicia nera con un cravattino verde. Per le ragazze gonna e camicetta nera con papillon verde. Semplici ma carine.

"Seilyn, andresti in magazzino a prendere una decina di hardware per portatile da 320 gb? Ne abbiamo solo uno..e già che ci sei porta anche 2 o 3 ram per il fisso da 160 gb.." mi dice il capo, un uomo sulla quarantina pelato ma con il pizzetto. Ho sempre pensato assomigliasse un pò ad una capretta.
"Va bene Noubu.." gli rispondo. Nonostante sia il capo non vuole assolutamente che gli venga dato del lei. Non so se sia perchè ha la sindrome di Peter Pan o cosa...comunque a me va benissimo così. Prendo le chiavi del magazzino ed esco. Il magazzino è un capannone che si trova nella zona industriale a 2 isolati di distanza dal negozio. E' un pò scomodo se si è a corto improvvisamente di qualcosa in negozio, ma il problema è stato risolto quando sono stata assunta io. Facendo il part time, faccio io la chiusura del negozio alle 19.00. Appena chiudo controllo subito se manca qualcosa o se ci sono pochi pezzi di qualche articolo, scrivo ciò che manca e spedisco un fax al capo. In questo modo al mattino, prima di andare in negozio, lui passa in magazzino a prendere ciò che manca e così si è sicuri di non avere mai delle mancanze. Prima non era possibile perchè la ragazza che c'era al posto mio doveva prendere il treno, quindi non aveva tempo di stare a controllare tutto.
Apro il capannone ed entro. Vado subito nella fila dei ricambi per pc e inizio a cercare. Improvvisamente sento la porta che si apre. Ero sicura di averla chiusa, anche se non a chiave.
"Chi c'è?" domando. Nessuna risposta. Forse me la sono sognata. Mi giro e mi ritrovo davanti un uomo, alto, castano, muscoloso e con una lunga cicatrice che gli attraversa il volto. E' inquietante.
"Buonasera...chi è lei?" non è mai stata mia abitudine farmi prendere dal panico. Potrebbe anche essere un aggressore chissà. Ma non so perchè ma sento che lui non è qui per farmi del male.
"Tu sei Seilyn Halinson?" chiede con voce burbera.
"Si sono io..e lei è?"
"Gen Fudo. Molto piacere." dice sorridendo.
Gen Fudo? Non mi è nuovo come nome... dove l'ho già sentito? E' un nome da fumetto..probabilmente sarà il nome di qualche personaggio di cartone animato..
"Il piacere è mio. Ci siamo già visti da qualche parte?"chiedo guardandolo bene.
"Ti ricordi di me?" chiede, gli occhi socchiusi per la curiosità.
"No..ma dal momento che sa il mio nome posso solo arrivare a questa ipotesi...". Incredibilmente scoppia a ridere.
"Ahahaha! Giusto giusto...sei intelligente..." dice ridendo.
"Grazie..." sono sconcertata.
"Scusa scusa...pensavo...niente..Allora. Dal momento che ti ho trovata e che sicuramente vorrai delle risposte ora dovrai venire con me."dice tornando serio.
"Come scusi?"
"Devi venire con me."
"E per andare dove?" non capisco..
"Alla Deava." Un campanello d'allarme suona nella mia testa. Non ho mai sentito questo nome prima, ma non so perchè mi sembra importante. La mia mente dice di andare con lui, con questo personaggio inquietante con un nome fumettistico.
"Cosa sarebbe?" chiedo.
"Vedrai. Ti piacerà, ne sono sicuro."
"Non è uno streap club, giusto?" scoppia a ridere di nuovo.
"Aahhahah! No...non è niente di simile."
"Perchè dovrei fidarmi di lei?" chiedo sospettosa.
"Perchè tu vuoi sapere chi sei e io lo so." mi dice seriamente, i suoi occhi scuri nei miei, come se cercasse di leggermi attraverso. Potrebbe anche riuscirci, ne sono sicura. Distolgo lo sguardo.
"E chi sarei?"
"Una ragazza che fa finta di essere come tutte le altre, ma che non ha uno scopo nella vita. O almeno è ciò che crede. Solo perchè fino ad ora a questo mondo non ha trovato il posto adatto a lei."
Come fa a saperlo? Mi legge davvero nella mente? No...impossibile.
"E lei sa qual è il posto adatto a me?" gli chiedo guardandolo speranzosa.
"Ovviamente." annuisce deciso.
"Bene..allora me lo mostri." E' rischioso, lo so. Ma voglio sapere di più su quest uomo.
"Andiamo." Mi porge la mano. La stringo senza esitazione. E' diversa da come me l'aspettavo. Me l'aspettavo ruvida e dura. Invece è morbida e la pelle è quasi levigata. Tira fuori dal nulla una sottilissima lastra di titanio. Non so cosa fa di preciso, ma in un secondo mi sento risucchiare dall'interno del mio corpo. Forse, non mi sarei dovuta fidare.  



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Capitolo 2
*** Ricordi ***


Acqua 2 Chiudo gli occhi. Questo risucchio da fastidio, ma non fa male. E' solo una strana sensazione e il mio corpo reagisce facendomi chiudere gli occhi. Sento ancora la tenera mano di Gen Fudo nella mia, quindi non sto morendo. Dopo 30 secondi il risucchio sparisce improvvisamente com'è arrivato.
"Apri gli occhi" mi dice all'orecchio. Eseguo.
Non siamo più nel magazzino, ma non so neppure dove siamo. Assomiglia molto ad un'aula magna. Non che ne abbia mai vista una dal vivo, ma sugli opuscoli dei college sono rappresentate proprio così. Che siamo finiti in un college? Che mio padre abbia escogitato il tutto per convincermi ad iscrivermi in un college? Sarebbe anche possibile.
"Mi scusi..ma lei è per caso stato ingaggiato da mio padre?" chiedo.
"Cosa?" chiede sbigottito. E' ovvio che non ha niente a che vedere con mio padre.
"Non è una specie di professore matto ingaggiato da mio padre che mi ha portato in questo college per convincermi ad iscrivermi?" chiedo tanto per essere sicura.
"Non idea di cosa tu stia dicendo...inoltre, questo non è un college." mi dice seriamente. Allora ho fatto un buco nell'acqua.
"Va bene. E quindi dove siamo?"
"Alla Deava. Questo posto non ti ricorda niente?" mi chiede guardandomi negli occhi.
"Apparte ad un'aula magna universitaria, no. Perchè dovrebbe?" gli chiedo guardandolo negli occhi a mia volta. Mi scruta, come se cercasse qualcosa sul mio volto.
"Teoricamente si. Ma, probabilmente, è ancora troppo presto." dice, quasi deluso.
"Mi vorrebbe spiegare cos'è questa Deava?"
"Neppure il nome ti ricorda qualcosa?" di nuovo lo sguardo indagatore.
Provo a concentrarmi. Deava, Deava. Di nuovo quella sensazione di importanza. Chiudo gli occhi. Un lampo, un'improvvisa immagine di un enorme robot alato splendente come l'oro, rinchiuso tra 2 montagne, o almeno così sembrano. Riapro gli occhi.
"Ha a che fare con la robotica?" chiedo confusa. Quell'immagine non significa niente per me.Ma evidentemente per quell'uomo si, dal momento che si illumina quando pronuncio la parola 'robotica'.
"Cosa hai visto?" chiede concitato.
"Era una specie di enorme robot alato che veniva schiacciato da due montagne. Non so spiegarlo neppure io..magari è un vecchio film che ho visto e che non ricordavo più."
"No...non si tratta di un film. E' successo veramente." dice serio. Scoppio a ridere. Ma cosa sta dicendo?
"Ahahah!! Non so dove lei abbia vissuto fin'ora ma le assicuro che qui, sulla Terra, non esistono dei robot del genere...anzi non esistono proprio dei robot. E io non ho mai visto nulla del genere in ogni caso..."
"Io ho sempre vissuto su questa Terra. Molto più a lungo di te e ti assicuro che esistono. Ma, mi sembri una tipa tosta. L'unico modo per farti ricordare è farti guardare. Le mie parole ti entrerebbero da un orecchio e ti uscirebbero dall'altro. Seguimi." Sembrava scocciato. Come se le mie parole lo avessero deluso in qualche modo. Lo seguo, troppo curiosa di sapere dove mi trovo.
Mi accompagna lungo una serie di corridoi fatti a tunnel. Non sono normali. Inoltre le porte sono scorrevoli, ma per aprirle deve poggiare il palmo della mano su una fotocellula. Siamo nella CIA!? O nell'FBI?! Questo è il genere di cosa che si vede solo in quei film polizieschi...
"Ho capito!" esclamo. Lui si gira, il volto speranzoso.
"Hai capito?"
"Si! Siamo nella CIA...o nell'FBI. Una cosa del genere. Ora si spiega tutto. Ecco perchè sa il mio nome e tutto quanto. Ma non ho capito il motivo per cui io sono qui. Sono per caso una ricercata? Giuro che non ho mai fatto del male a nessuno." dico. E poi per essere proprio sicura..." E inoltre rispetto gli animali."
Mi sa che ho fatto l'ennesimo buco nell'acqua a giudicare dallo sguardo che mi riserva Gen.
"No...non ci sei nemmeno vicina. Però si, è un'organizzazione segreta." conclude, voltandomi di nuovo le spalle.
Ma cosa pretende?! E' inutile che continua a guardarmi come se fossi una delusione totale. Come faccio io a sapere dove mi trovo? E si che sto dicendo le cose più sensate che mi sono venute in mente.
"E' inutile che mi tratta così sa? Io non ho la più pallida idea di dove mi trovo e lei pretende che io lo capisca nel giro di 2 minuti. E se non indovino mi guarda pure male! Ma chi si crede di essere?!" sbotto. Lui si ferma e si gira. Mi guarda seriamente, ma senza traccia di ira negli occhi.
"Hai ragione. Ma sai una cosa? Io non ho preteso che tu capisca tutto nel giro di 2 minuti. Sei tu che ti sei convinta di questo, e quindi continui a sparare luoghi a caso, sperando di poter capire più in fretta. Non è mia intenzione guardarti male, ma, dicendo assurdità, questa espressione mi viene naturale. Scusami." dice pacatamente, e riprende a camminare.
Che uomo strano. Però, effettivamente, ha ragione. Lui mi ha solo detto che avrei capito. Non ha mai preteso che capissi immediatamente. Ho deciso. Ora starò a guardare e mi concentrerò su ogni dettaglio. Non aprirò bocca finchè non mi verrà in mente qualcosa.
Lo seguo silenziosamente. Questi corridoi sono infiniti e tutti uguali, quindi al momento nulla. Quando apre l'ennesima porta, sempre allo stesso modo, finalmente qualcosa cambia. Ci ritroviamo in una stanza enorme, bianca, con una grande fontana al centro. Tutt'intorno alla fontana ci sono fiori. Una miriade di fiori, soprattutto rose. Mi sono sempre piaciute le rose e queste sono particolarmente belle. Gen Fudo si ferma e mi guarda. Io proseguo e faccio un giro della stanza. Dalla parte opposta da dove sono entrata, la parete è costituita da un solo vetro. Mi avvicino. Al di là ci sono dei lettini da ospedale. Non hanno la forma dei normali lettini da ospedale, ma si riesce a capire che sono questi dalla miriade di fili che pendono tutt'intorno. Mi giro e riguardo la fontana. Improvvisamente una luce bianca mi invade la mente. Chiudo gli occhi. Mi ritrovo nella stessa posizione, in quella stessa stanza. Alla mia destra c'è un ragazzo alto, biondo, vestito con degli abiti antichi. Alla mia sinistra c'è una ragazza slanciata, capelli corti neri, vestita un pò da maschiaccio. Stanno guardando un ragazzo che sta ritto davanti a noi, con la pelle ambrata ed un codino. Sembra brasiliano.. Ritorno al presente. Non so cosa fosse, ma sembrava un ricordo. Un ricordo non mio però. Quei 3 ragazzi non li ho mai incontrati in vita mia. Eppure, chissà perchè, quell'immagine mi ha lasciato una bella sensazione addosso.
"Cos'è successo?" mi chiede Gen Fudo pacatamente, avvicinandosi a me. Evidentemente mi stava osservando da un pò.
"Mi è apparsa un'immagine nella mente. Sembrava un ricordo, ma non era mio."
"Cosa hai visto?" dice, sedendosi sul bordo della vasca della fontana. Mi avvicino e mi siedo accanto a lui.
"Ero qui, in questa stanza, nella stessa posizione in cui ero pochi istanti fa. Alla mia destra c'era un ragazzo biondo, vestito come un damerino, alla mia sinistra una ragazza che poteva benissimo essere una modella, a giudicare dal fisico. Stavano fissando un ragazzo che stava qui, di fianco alla fontana...sembrava brasiliano o comunque sud americano.. Tutto qui." dico. Infine alzo la testa e lo guardo. Ha un sorriso gentile sulle labbra.
"Hai ricordato Sirius, Reika e Pierre. Molto bene." dice.
"Chi?!"
"Non importa, non importa. Su...continuiamo il giro." risponde allegramente. E' proprio un uomo misterioso. Ma come fa a sapere chi erano le persone che mi sono apparse? Forse allora non è proprio impossibile che mi legga nella mente...
Dopo altri corridoi, finalmente rivedo la luce del sole. Siamo in un giardino immenso, un labirinto circondato da roseti. Queste rose sono ancora più belle di quelle che c'erano nella stanza con la fontana.
"Il giardiniere deve amare proprio molto queste rose. Sono bellissime..."
"Il giardiniere in realtà non le cura da molto molto tempo. Si curano da sole ormai da molti anni." mi risponde Gen Fudo senza neppure girarsi. Ovviamente mi sta prendendo in giro. Tutti lo sanno che i fiori che hanno bisogno di maggiore cura sono proprio le rose. E' inutile conversare con quest'uomo.
Inebriata dal profumo delle rose, non mi accorgo che davanti a me si staglia una villa enorme, di quelle antiche che si costruivano nel 700 o giù di li. E' bellissima. Gen mi accompagna fino alla porta d'entrata, poi si ferma e si gira.
"Da qui in poi prosegui da sola. Non è il caso che io entri." mi dice.
"Perchè?" non capisco. Se devo essere sincera ho un pò paura ad entrare da sola in questa casa. E se ci fossero i fantasmi?!
"Non c'è nulla di cui avere paura all'interno. Io ti aspetterò qui fuori. Prenditi il tuo tempo." mi risponde, un sorriso gentile sulle labbra.
Deglutisco rumorosamente, tanto che Gen soffoca una risata. Si gira e va a sedersi su una vecchia panchina di legno. Chiude gli occhi e incrocia le braccia. Bene...ora sono sola. Apro la porta piano che, cosa sorprendente, non cigola. Entro e la richiudo alle spalle. Stranamente l'atrio non è buio come me l'aspettavo. E' ampio e luminoso. C'è una gigantesca scalinata al centro e decido immediatamente di salire. Il piano di sopra non è luminoso come l'atrio, ma c'è visibilità. Trovo una porta sulla destra ed entro. E' una biblioteca. Non è molto grande ma è stipatissima di immensi volumi. Ne tiro fuori uno da uno scaffale a caso. Mitologia greca. Mi è sempre piaciuta la mitologia. Gli dei ne combinano di tutti i colori. Lo ripongo. Al centro della stanza c'è una scrivania. Mi avvicino e noto un libro piccolo, più nuovo di quelli che ci sono sugli scaffali. Lo apro. Un libro di poesie scritte a mano. La calligrafia è molto bella, oserei definirla regale. Inizio a leggere una poesia, poi un'altra e un'altra ancora. Hanno tutte un tema in comune:la tristezza. Chi le ha scritte? E come mai traspare tutta questa tristezza? Decido di uscire. Quel posto è malinconico.
Proseguo lungo il corridoio e trovo un'altra porta, più grande di quella della biblioteca e più elegante. Nel momento in cui tocco la maniglia, un altro lampo di luce bianca mi investe. Chiudo gli occhi e mi ritrovo a picchiare disperatamente la porta mentre continuo ad urlare "Fratello! Fratello mio!! Aprimi ti prego!! Fratello!" con la mia voce ma più infantile. Nel momento in cui nel sogno riesco ad abbattere la porta, torno alla realtà e sono dentro la stanza. Ovviamente è vuota, ma speravo di poter conoscere questo 'fratello'. Una strana sensazione di disperazione mi invade senza alcun motivo. Un pò come prima, quando la visione mi aveva lasciata felice. La stanza è enorme e, anche qui, ci sono molti libri. C'è un letto con un camino sul lato sinistro, al centro un divanetto, e sulla destra una scrivania. Ancora poesie, sempre con la stessa calligrafia. Allora era questo 'fratello' che scriveva. Strano, fino ad un attimo fa pensavo fosse una ragazza l'autrice. Mi giro e vado verso il caminetto. Ci sono delle fotografie. In una ci sono le 3 persone che mi sono apparse prima, insieme ad un'altra ragazza, bionda, col viso da bimba. Non so chi sia neppure lei, anche se mi sembra in qualche modo familiare. Nell'altra, che sembra più vecchia, ci sono 2 bambini che giocano insieme, ma, essendo in bianco e nero, non si capisce molto. Poso le foto e decido di uscire. Seguono stanze senza alcuna personalità: un bagno, una sala da pranzo, un salotto e di nuovo un bagno. Infine giungo di fronte ad una porta diversa dalle altre. E' più grande, fatta ad arco ed intagliata con motivi floreali. Davvero carina. Sento accrescere l'impazienza. Voglio enrare in quella stanza, come se al di là della porta ci fossero tutte le risposte che cerco. La spingo e in quel momento un solo nome mi investe, la risposta incomprensibile che quella stanza riesce a darmi: APOLLONIUS.

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