Dall'Altra Parte delle Favole

di Feili2PM
(/viewuser.php?uid=1006441)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Inchiostro e pergamena ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: l'Anima dei libri ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Le linee della storia ***



Capitolo 1
*** Prologo: Inchiostro e pergamena ***


Buongiorno a tutti, mi chiamo Feili e questa è la primissima volta che pubblico un mio racconto da qualche parte o anche solo trovo il coraggio per far leggere le mie follie a qualcuno all'infuori di me.
Sono molto agitata e imbarazzata, ma spero di riuscire a continuare questa pubblicazione senza paura! 

Premetto alcune cose: in questo racconto ci troviamo a tanti anni più avanti dalle vicende dei vari KH e le varie avventure di Sora non saranno raccontate alla perfezione o identiche alle trame reali dei videogiochi. Sono un pò rielaborate da me, come anche alcuni personaggi che trovarete un pò ...modificati XD
Questo potrebbe dare un pò fastidio, se così fosse, scrivetelo tranquillamente : sono ancora alle prime armi e questa è una mia rappresentazione di qualcosa che avevo in testa.
Consigli assolutamente sì, insulti no per favore.

Detto questo, vi auguro buona lettura! :)  (p.s. scusatemi per eventuali errori di battitura)


Prologo

  Inchiostro e pergamena
Dopo l’ultima notizia, pensi la televisione e andai verso il lavandino della cucina per prendere un bicchiere d’acqua.
Ogni giorno la solita storia, le stesse notizie. In un mondo perfetto non ci sarebbero guerre, violenze, e nessuna supremazia comporterebbe danni a qualcuno. In un mondo perfetto, le cose spiacevoli meriterebbero di essere discusse e risolte per evitare che in futuro accadano di nuovo. In un mondo perfetto, tutti sarebbero soddisfatti e felici, con il proprio lavoro, con la propria famiglia, amici. Facendo leva sulla perfezione creata si troverebbe la soluzione a tutto ciò che la minaccia, cercando metodi morali e giuridici onesti.
Ma noi non viviamo in un mondo perfetto, viviamo invece in un mondo di gente che si comporta come se vivesse in un mondo perfetto ma in realtà è solo una maschera in cui l’uomo si nasconde per non svelare la realtà, troppo cruda e amara da poter accettare. La realtà è che l’uomo non vuole migliorare il proprio mondo e rendere veramente perfetto il luogo in cui vive: implicherebbe che non esistano più imperfezioni e quindi renderebbe l’esistenza dell’uomo ancor più poco interessante per gli altri. Non ci sarebbero pettegolezzi, gente depressa o triste, gente che vuole raccontare i suoi problemi per farli raccontare in giro o che narra di avventure clamorose per essere ricordata.
Viviamo in una società falsa e maligna, legata soltanto alle cose materiali. E allora tenetevi le vostre scarpe chic, le borse firmate, i foulard e i vestitini da “brave ragazze”! Tutti sono competitivi e vogliono essere più ricchi, più belli, più popolari e più stronzi.
Questa situazione mi fa schifo, ecco perché preferisco buttarmi sui libri, isolarmi e viaggiare lontano, visitando luoghi selvaggi e fantastici, navigando sugli oceani o addentrandomi sulle montagne innevate. 
Non voglio amici con pochi argomenti, che non escono, non parlano non conoscono libri, film, musica, che non amano viaggiare, non amano cantare, suonare…non voglio un ragazzo che mi dice che ha sempre ragione lui, con il quale non posso parlare sennò si finisce a litigare, che mi critica pure quando facciamo sesso, che non mi ammira, non mi apprezza, non mi stimola…non voglio neanche questa famiglia assente, un padre che viaggia da paese in paese e una madre in carriera nel campo della moda. Peccato che sua figa giri per casa con pantaloni tre volte più grandi, che spazzano il pavimento e magliette strappate.
Se potessi creare io la mia vita, il mio mondo e la mia realtà, non sarebbe sicuramente così.
Ci sarebbero avventure, persone meravigliose con ottimi valori e morali, ci sarebbe una storia d’amore seria, amici onesti e fedeli, un mondo perfetto.
Riposi il bicchiere vuoto e andai in camera mia, raccogliendo dalla scrivania l’ultimo libro della saga che avevo appena concluso. Un’altra di quelle che raccontava di mondi avventurosi dove la protagonista è sempre qualcuno di speciale… d’importante.
Mentre io vivevo una vita comune, senza molti colpi di scena.
Sfogliai di nuovo il libro, ricordando le scene salienti della storia.
Ovviamente i protagonisti delle mie saghe sono sempre diversi, ma hanno il particolare distintivo del protagonista sempre invincibile, sempre coraggioso che non si ferma difronte a nulla…poi, oltre alla protagonista, c’è Lui.  Il suo lui è qualcuno di estremamente sexy, come sempre. Il bello che esiste solo nei film e nei libri. Il perfetto, il coraggioso, l’intelligente.
Nella realtà ti accontenti di quello che trovi. Lui è innamoratissimo di lei, ma nella realtà ti ritrovi a sentirti dire “non provo nessun sentimento per nessuno”, ergo “se crepi, sto già bene dopo un’ora”.
Nelle storie dei libri non è così: quando c’è l’amore è sempre perfetto: c’è lui, c’è lei, si amano e non si vergognano a dirlo davanti agli altri. C’è la trama contro di loro, c’è la missione da compiere ma l’amore rimane.
Posai il libro sullo scaffale, accanto ai suoi successori e poi decisi che era ora di andare a cercare qualche altro racconto in cui immergermi.
 
Decisi di andare in centro, allungare di un bel po’ la strada e arrivare ad una libreria in cui avevo sempre desiderato andare ma non ne avevo mai avuto il coraggio.
La piccola libreria, era in un angolo di una stradina secondaria, schiacciata da una parte da un negozio di biancheria intima e dall’altra da un centro cellulari di marca, tutto bianco con la grande mela dell’APPLE poco più sopra della porta ingresso.
Era quasi imbarazzante entrare in quel piccolo negozietto. Le vetrine saranno state larghe un metro e la porta non superava i cinquanta centimetri, un passaggio minimo per poterci entrare. Dal vetro si potevano osservare pochi libri consumati, vecchi e impolverati, quasi fosse passato un secolo dall’ultima volta che erano stati toccati. Guardandoli bene, il titolo e l’autore non si vedevano. Sembravano libri completamente bianchi.
Pur non nutrendo grandi speranze, entrai lo stesso, e ad accogliermi ci fu solo uno spazio esiguo in cui potevano starci al massimo due persone. Intorno a me, c’erano numerosi scaffali pieni di libri vecchi, alcuni logori e a brandelli, altri più nuovi ma avevano comunque un aspetto ingiallito e rovinato. Dietro alla piccola scrivania di mogano dal fare antico, davanti a me, ricoperta da libri e da fogli ingialliti, c’era una stretta scala, fatta da non più di dieci gradini, che dava ad una balconata di pietra che mostrava una porticina di legno aperta, dalla quale era possibile scorgere una stanza adiacente.
Passai davanti agli scaffali osservando i libri uno per uno, toccandone il dorso con delicatezza, come se toccarli avrebbe potuto distruggerli, inspirando il delicato profumo di carta vecchia e inchiostro.
Dal balconcino sentii uno scricchiolio e mi voltai di scatto. Una donna, anziana e rattrappita, si aggrappava ad un bastone come se fosse il suo unico sostengo nella vita. Mi guardava con aria confusa, indecisa se darmi ascolto o se ignorarmi e tornare alla sua attività precedente.
- buon giorno- salutati con rispetto. La signora non rispose subito ma mi scrutò con decisione prima di aprire bocca -stai cercando un libro- afferrò seria
Non sapevo bene che cosa risponderle ma fu lei a parlare di nuovo per prima -so che cosa vuoi- si appoggiò al balconcino e poi con la mano libera indicò uno scaffare alla mia sinistra con le dita scheletriche -è da quella parte, in fondo sul quinto scaffale, dorso scarlatto-
Confusa dallo strano comportamento della donna, mi avvicinai allo scaffale che mi aveva indicato e mi alzai in punta di piedi per raggiungere il ripiano. Toccai un libricino con la copertina rigida rossa e smangiata. Ci sfregai la mano sul dorso per vedere il titolo e l’autore ma non vi trovai scritto nulla. Quando feci per aprirlo la donna mi fermò -non puoi aprirlo ora!-
-ma per comprarlo…- qualcosa mi fermò. Era come se qualcuno avesse fermato le mie mani che aprivano il libro
-non ha valore- rispose la vecchietta mostrando un sorriso sdentato. Agitò i piedi verso la scala, probabilmente con l’idea di voler scendere ma poi cambiò idea –non posso più scendere, puoi venire tu?-
Mi avvicinai, facendo attenzione a non toccare nulla. Scivolai accanto ad una pila di libri barcollanti e poi, quando mi trovai proprio a pochi centimetri dalla base del balconcino, alzai la testa e tornai a guardare la signora.
Quel suo atteggiamento così mistico e strano m’inquietava ma allo stesso tempo m’incuriosiva -cosa devo fare? È un libro senza nome- replicai –a cosa mi potrebbe servire?- non ero sicura di voler spendere dei soldi per un libro senza titolo e senza nome
–sto cercando una collana di libri, una storia distopica del mondo, qualcosa che mi allontani dalla realtà-
-perché la realtà non è abbastanza distopica per te, cara?- mi chiese curiosa la signora appoggiandosi con la mano sul cornicione. Indicò il libro e poi continuò –la storia che leggerai sarà esattamente come vorrai tu-
-che genere di storia contiene questo libro?- chiesi –di cosa narra?-
-dammi il libro- allungò una mano rattrappita, ignorando completamente la mia domanda. Un po’ offesa per non aver ricevuto risposta, le consegnai il libro e lei lo aprì, stando bene attenta a non farmi vedere il contenuto.
Dalla trasparenza delle pagine quando incominciò a sfogliarle mi sembravano completamente vuote, poi la donna chiuse di scatto il libro, facendomi sobbalzare. Me lo riconsegnò e poi senza neanche salutare sparì di nuovo all’interno della stanza al piano di sopra. Restai esterrefatta per qualche secondo davanti alla scala, con il braccio che stringeva il libro ancora sospeso per aria.
Pensai di essermi ritrovata inclusa in uno scherzo, tuttavia, con leggero senso di colpa per non aver pagato, mi misi in borse il libro e mi avviai verso casa.
Durante il tragitto guardavo la copertina rossa priva di qualsiasi scritta e ogni tanto cercavo di aprirlo ma con scarso successo. Sembrava quasi che le pagine fossero incollate, così, dopo il terzo tentativo mi convinsi che ero sta bellamente presa in giro.
Quando tonai a casa, lanciai le chiavi nella ciotola all’ingresso
–sono a casa-
Mia madre non era ancora tornata e mio padre non si sarebbe visto ancora per qualche mese. Non c’era da stupirsi se poi non trovavo necessario andare a vivere da sola: lo facevo già. Ogni mese ricevevo da mio padre dei soldi e ogni tanto beccavo mia madre, di solito di mattina, che prendeva il caffè in cucina, già vestita di tutto punto che parlava al telefono. Neanche un saluto e usciva.
Spogliata e messa la mia tenuta da casa, mi sdraiai sul letto e presi il libro. Ancora mi sembrava di sentire la voce della signora che mi diceva “la storia che leggerai sarà esattamente come vorrai tu”.
Ma com’era possibile che un libro contenesse esattamente l’idea di realtà che volevo io?
La copertina al mio tocco sembrò più calda di prima come se fosse stata troppo al sole e mi accorsi che la copertina si era staccata dal resto delle pagine.
La sollevai di qualche millimetro per avere la certezza di non sbagliarmi, poi presa dall’emozione afferrai saldamente la copertina scarlatta e l’aprii.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1: l'Anima dei libri ***


Capitolo 1: L’anima dei libri 

La prima cosa che mi parve di riconoscere era l’erba fresca sul palmo delle mani, rovesciate verso il basso, la brezza leggera che carezzava i capelli, e il forte odore di fiori di campo. Non ero sicura di voler aprire gli occhi, tuttavia, con estrema lentezza decisi li aprii e misi a fuoco quello che mi trovavo davanti.
Inizialmente non ci credetti, pensai a un sogno, un bellissimo sogno che mi dava la convinzione di essere sveglia, oppure a una mia immaginazione molto realistica. Pensai anche di avere una particolare forma di pazzia che mi si mostrava attraverso allucinazioni, perché davanti a me non c’era più la stanza rossa dove mi trovavo qualche istante prima, ma il cielo azzurro, limpido e pulito che bruciava gli occhi e un prato verde ricoperto di fiori dai colori pallidi che a migliaia decoravano quella distesa monocolore.
Il terreno sotto di me era leggermente bagnato come se fosse umido dalla rugiada del mattino e più in là scorgevo la figura di una casa, circondata da una staccionata di legno così bassa, che al massimo mi sarebbe arrivata alle ginocchia.
Mi alzai in piedi e mi accorsi di essere a piedi nudi sull’erba fresca e morbida.
Non sapevo dove fossi e cosa fare, decisi che l’idea più intelligente era quella di andare verso la casetta e, se avrei trovato qualcuno, chiedere aiuto.
Incominciai la mia camminate e più mi avvicinavo, più mi accorgevo dei numerosi dettagli della casetta. Come per esempio, il rampicante che saliva fino al tetto rossastro lungo tutto il lato sinistro della casa, oppure del lieve e lento fumo che usciva dal camino. Sembrava una casetta delle fiabe.
Scavalcai la staccionata e mi diressi verso la porta, sperando di trovare qualcuno al suo interno ma quando mi accinsi a bussare, la porta si aprì con uno scatto.
Mi trovai davanti a un ragazzo favoloso, uno di quelli che ho sempre e solo viso e immaginato nei miei libri. I capelli lunghi circondavano il viso spigoloso e maschile e al mento mostrava un accenno di barba. Gli occhi verdi mi guardarono incuriositi –ti ho visto scavalcare- disse appoggiandosi alla porta –hai intenzione di entrare?-
Mi parlava come se mi conoscesse da una vita, fece qualche passo indietro e spalancò la porta per farmi entrare, ma io restai immobile alla porta.
-allora?- insistette lui con una punta di fastidio.
Senza farmelo ripetere una terza volta, obbedii e poi parlai –tu…-
Il ragazzo accennò a un sorriso beffardo –non c’è bisogno che fai quella faccia. Ti stavo aspettando, Feili-
-ma come sai il mio nome?- chiesi sorpresa.
Era bello, era misterioso e mi conosceva mentre io no, perché se l’avessi già visto non mi sarei mai dimenticata di una bellezza simile.
Il ragazzo sorrise, come se mi avessi letto nel pensiero. Chiuse a chiave la porta di casa e mi fece cenno di seguirlo in salotto –vuoi da bere?- mi chiese mentre mi indicava una poltrona bordò dove sedermi nell’attesa. Mi guardai un po’ attorno, notando come stranamente tutta la casa fosse costruita e arredata principalmente in legno, chiaro o scuro.
Il salotto mi riportò al vago ricordo di quei salottini delle baite in montagna con due poltrone, un caminetto tra di esse e un grande tappeto lavorato. Pochi mobili di legno intorno, i tipici che si vedono nelle locandine delle vacanze da sogno. La stanza era però illuminata da un grandissimo lampadario a soffitto di vetro e in rame dall’aspetto un po’ vecchio.
Guardai tranquilla in attesa che tornasse, pensando a come fuggire nel caso fosse un pazzo assassino. Subito il mio sguardo andò sull’attizzatoio mettendolo alla prima lista di oggetti possibilmente contundenti in caso di aggressione.
Il moro misterioso entrò con due bicchieri da vino pieni. Me ne offrì uno e poi si sedette sulla poltrona difronte a me.
-mi hai chiesto come faccio a conoscerti? Io so tutto di te- prese il bicchiere e con sguardo perso guardò il liquido ondeggiare nel calice -so i tuoi segreti più nascosti e più desiderati. So quello che pensi della tua vita, dei tuoi amici e del tuo ragazzo…per il quale non posso che darti ragione- bevve dal suo bicchiere e poi continuò –non mi hai mai visto ma io ho sempre seguito te-
-sei uno stalker?- buttai lì, ma il ragazzo sembrò non cogliere la battuta. Imbarazzata, bevvi un sorso. Il liquido fresco passò per la gola dandomi un senso di sazietà –almeno ce l’hai un nome?-
Lui mi guardò pigramente prima di rispondere –sono stato chiamato con tanti nomi, in tante lingue diverse. Ma se preferisci darmi un nome…credo che Anima andrà bene- poi continuò come se il mio unico ruolo in quella stanza fosse di stare in silenzio ed ascoltare -sono colui o ciò che può salvare la tua felicità se tu lo volessi. Qui ci troviamo in un luogo di passaggio, se camminassi oltre alla casetta e il campo di fiori, non troveresti nulla se non pagine bianche. È un luogo d’incrocio tra la realtà e il tuo mondo, non puoi restare qui per molto o cadresti nel limbo.
Io posso generare per te il mondo che desideri in base alle tue richieste. Non potrai scegliere tutto però, potrai darmi solo le basi per stendere la tua storia. Dopodiché non potrai più cambiare. Se rischierai di morire in questo mondo, non morirai nella vita reale ma non potrai più farvi ritorno e sul libro appariranno le ultime righe della storia prima di terminarsi per sempre-
Allungai una mano per interromperlo sorpresa –aspetta! Vuoi dirmi che sono dentro al libro della strana vecchietta?-
Anima sorrise –quell’anziana strega ha portato qui tantissimi uomini e donne alla ricerca di una vita diversa da quella che conducevano. C’è chi mi chiedeva una vita nell’oro, chi nell’amore totale, chi voleva navigare per i mari dei pirati. Pochi sono riusciti a sorprendermi con le loro richieste-
-quindi tu mi stai dicendo che sei una sorta di anima del libro?- ripetei incredula. Anima alzò un sopracciglio,  –ovviamente io sono l’anima del libro che da forma alla trama della storia della persona che si mostra davanti a me- detto questo, posò sul tavolino il bicchiere e si alzò –percui, dimmi ciò che desideri-
Tenni gli occhi puntati sul calice che aveva appena posato, cercando di assorbire ciò che aveva detto .
-mi hai detto che posso scegliere quello che voglio, ma solo le basi per stendere la storia. Come delle linee guida, giusto?-
-personalmente consiglio sempre mai più di tre, in modo da rendere le tue future scelte più spontanee e non dettate da un destino già scritto. Comunque sia, sostanzialmente è come hai detto: puoi scegliere ciò che vuoi-
Anima mi guardava con una certa impazienza, ma io non era ancora pronta a scegliere, avevo ancora troppo domande in testa.
-hai detto che se dovessi morire nel libro, in realtà non morirei quindi vuol dire che tornerei alla mia vita?- Anima annuì, convinto che quel gesto bastasse come risposta –questo vuole dire che se il libro non finirà a meno che non muoia?-
-la tua storia continuerà almeno finchè tutte le linee base non verranno esaudite. Potrebbero volerci due giorni, come vent’anni, tutto sta a te e alle scelte che prenderai-
-e poi finirà tutto?- chiesi delusa –ma se non volessi tornare più indietro? Se trovassi qualcosa per cui varrebbe la pena restare?-
Anima irrigidì la mascella –questo è un regalo, un dono che ti è stato concesso! Come osi ribattere a ciò che è stato deciso secoli fa, quando ancora la scrittura non era che un piccolo neonato tra le mani dell’uomo?-
-ma io veramente…-
-Queste sono le regole. Restare troppo tempo nella tua storia diventerebbe dannoso e corromperebbe il mondo creato! Nulla esce e nulla rimane troppo a lungo in ciò che creo per voi uomini. Perciò, una volta che anche l’ultima linea guida si avvererà, tu tornerai nel tuo mondo e la storia terminerà- concluse con un tono molto più calmo, sempre in piedi davanti a me e le mani dietro la schiena. Solo in quel momento notai come i suoi lineamenti giovanili in realtà sembravano racchiudere l’esperienza e la fatica di secoli di vita.
Un senso di tristezza per la figura difronte e a me mi pervase. Lo fissai qualche istante con attenzione, pensando a quanto faticoso e pesante poteva essere il suo destino.
-devo solo darti delle linee guida?- chiesi nuovamente.
–puoi scriverle se vuoi- dal nulla comparirono un foglio dall’aria molto antica e una piuma già carica d’inchiostro. La presi e la puntai sul foglio.
Cos’era quello che desideravo di più al mondo?
Amore: essere amata profondamente, sinceramente, con passione e desiderio e ovviamente ricambiare con la stessa intensità. Volevo l’amore delle storie avventurose, quello per cui si combatte e si vince, quello per cui ci si sacrifica senza paura ed esitazioni. Quell’amore che nella vita reale non esisteva, o che non avrei mai trovato.
Lo scrissi, descrivendo per filo e per segno il tipo di amore che volevo, lanciando ogni tanto qualche occhiata ad Anima che stava guardando fuori dalla finestra assorto nei suoi pensieri. Sembrava che quel tipo di attesa gli fosse familiare e anche restare davanti alla finestra del salotto a guardare il prato fiorito.
Avventura: che la piattezza della vita si trasformasse di un’avventura senza limiti, viaggi in luoghi non convenzionali o immaginari, popolati da gente con usanze diverse. Ci sarebbe stata una missione, un motivo del perché si viaggiava per quei luoghi: qualcosa da cercare o qualcuno da salvare.
Magia: la mia storia doveva essere carica di quella che mi aveva sempre accompagnato e sostenuto in tutti questi anni. La magia avrebbe dovuto impregnarsi addirittura dentro alle pagine, dentro ai cuori delle persone, degli eroi, dei nemici. Sì, era la magia che volevo come terza scelta.
Rilessi attentamente le mie scelte poi alzai la testa dal foglio, notando che Anima mi stava guardando con attenzione –ho fatto-
Senza neanche darci un’occhiata, Anima prese il foglio e lo strinse nella mano –molto bene. Allora seguimi- Si alzò in piedi e aspettò che lo seguissi, salimmo sulla stretta scaletta di legno e una volta al piano di sopra, mi guidò verso una porticina di legno di ciliegio. Afferrò il pomello scuro e lo girò: -sei pronta?-
Non risposi ma deglutii a vuoto, restando un po’ scettica. Come poteva con così pochi suggerimenti creare addirittura un mondo?
Alzai gli occhi verso di lui –sarò felice?-chiesi preoccupata. Anima s’addolcì. Con delicatezza strinse il mio braccio destro e mi sorrise –sarà felice-
Con queste ultime parole, Anima aprì la porta e mi spinse al suo interno.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2: Le linee della storia ***


Capitolo 2:   Le linee della storia 

Ero in un altro mondo, la differenza la notai immediatamente rispetto al posto in cui viveva Anima.
Oltrepassata la porta i miei piedi toccarono il pietrisco di un sentiero che portava a una città simile a quelle medievali con un castello tutto intorno alla cittadina. Era circondata da alte mura di pietra e il sentiero era circondato a alti alberi sottili e frondosi.
Presa dall’istinto di sopravvivenza e incoraggiata dalle ultime parole di Anima, mi diressi verso la città, convinta di avere trovato immediatamente almeno una delle tre linee guida della mia storia.
Soprassai le alte mura e l’arco d’ingresso e m’immobilizzai a guardare davanti a me. Avventurieri si precipitavano da un negozio all’altro e ne uscivano con le braccia e le sacche da viaggio piene. C’era chi camminava per la strada principale mostrando ad altri ciò che avevano preso e chi invece scambiava sacchi di monete a dei mostriciattoli tutto pelo con un pompon sulla testa. Guardandomi intorno notai che quelle strane creature era un po’ ovunque per la città, alcuni passeggiavano tranquilli, altri avevano l’aria di veri e propri mercanti.
Incantata da tutto quello che trovavo intorno a me, troppo impegnata a non perdermi neanche un piccolo dettaglio, non notai quando andai a sbattere contro un ragazzo in piedi davanti ad un negozio a braccia conserte.
-scusa!- ma quando alzai gli occhi verso il suo volto ne rimasi colpita.
Aveva chiari, quasi argentati, capelli lunghi fino alle orecchie e due tremendi e brillantissimi occhi color acquamarina.
Il mio primo pensiero fu: bello.
Vestiva in modo abbastanza comodo, dei jeans, maglietta bianca e una giacca nera a maniche corte e cappuccio. Rispetto agli altri viaggiatori era un pesce fuor d’acqua.
-non importa- anche la sua voce mi piacque, profonda e calda. Sarebbe stato fantastico se l’amore che avevo chiesto ad Anima fosse stato lui.
Lui mi diede una brevissima occhiata dal basso verso l’alto poi mi chiese –non sei di Radiant Garden, non è vero?-
-di dove? Ah…no a dire il vero sono appena arrivata- risposi –non ho bene idea di dove ci troviamo comunque- lui non smise di guardarmi, così cominciai a sentirmi a disagio.
-sei appena arrivata?- chiese lentamente, cose se stesse riflettendo su ciò che avevo appena detto –da dove vieni?-
-io…non mi ricordo –non potevo certo dirgli che questo era il mio libro e tutto questo mondo era stato inventato dallo spirito del libro stesso. Sembrava completamente assurdo e sicuramente mi avrebbe preso per pazza. Dovevo inventarmi una scusa alla mia amnesia –sono stata attaccata e poi mi sono ritrovata a pochi metri fuori dalla città…-
–che ne dici di andare a palazzo? Potrebbe aiutarti a ritrovare la strada di casa- senza neanche lasciarmi il tempo di rispondere, continuò –mi chiamo Riku-
-Sono Feili- mi presentai incerta se allungare una mano oppure no. Riku non accennò a muoversi, perciò decretai che non ce n’era bisogno
-ti faccio strada. Seguimi-
Istintivamente lo seguii guardandomi intorno –cos’è che sono?- chiesi quando passammo davanti a un’altra di quelle strane creature che volavano a mezz’aria e vendevano merci.
-Moguri. Sono creature intelligenti e laboriosi. Quelli che vedi qui sono solo pochi dei tanti Moguri che sono sparsi per i mondi-
-sono nomadi?-
-no, vivono in piccoli clan. Aiutano gli umani, spesso vendono armi o pozioni che ci possono servire. Raramente sono completamente integrati nella nostra comunità, preferiscono vivere da soli- spiegò. Osservai uno dei Moguro fare una capriola e girare intorno a un viandante. Come per magia la veste dell’uomo cambiò completamente diventando decisamente più elaborata e forse anche più resistente. Il Moguro saltellò su e giù agitando il suo delizioso pompon rosso.
–sono carini- dissi con un sorrisetto sulle labbra.
-non apprezzano essere toccati dagli estranei- m’informò lapidario Riku oltrepassando un alto arco che introduceva l’alta scalinata che portava al castello e oltre di essa fui accolta da meravigliosi giardini ricchi di fiori e piante di vario genere. Erano costituiti da una serie di grosse strutture a gradoni sui quali erano stati piantati fiori e piante in odine di colore.
-sono i giardini interni-spiegò Riku oltrepassandoli senza dagli molta attenzione ma facendo perfettamente caso alla mia meraviglia stampata sul viso –immagino che avrai visto i giardini all’esterno delle mura-
-ehm…no-
Un attimo di silenzio poi Riku parlò di nuovo –avrai l’occasione di vederli dopo-
Quando finalmente arrivammo davanti agli imponenti portoni d’ingresso, Riku continuò con la sua presentazione della città –la fortezza si snoda su più piani, alcuni dei quali sotterranei. Perdersi in passato era abbastanza facile. Tuttavia, dopo la guerra, abbiamo deciso di riordinare questo sistema per renderlo più comodo e, diciamolo più vivibile- aprì la porta e davanti ai miei occhi si presentò una luminosissima entrata costituita da una maestosa fontana con delle statue e due scale circolari ai lati che portano verso due aree del palazzo.
Riku chiuse le porte dietro di noi proprio nel momento in cui dal corridoio sinistro della scalinata comparve una donna dai lunghi capelli rossi con indosso un elegante e regale abito delle varie sfumature del sole, dall’arancio al giallo accecante. In contrasto con i suoi capelli rossi, sembrava un accecante fuoco che illuminava tutta la stanza.
-Riku!- esclamò scendendo di fretta le scale ma si bloccò quando con un’occhiata più veloce mi vide –è successo qualcosa?- domandò preoccupata
-Kairi, questa ragazza è nuova a Radiant Garden. È appena arrivata-
Gli occhi attenti di Kairi puntarono in scatto verso di me indagatori. Sembrava che puntualizzando il fatto che fossi arrivata giù pochi minuti fa, Riku le avesse lasciato un chiaro messaggio che io non dovevo sapere. Spostai lo sguardo da lui a lei, confusa.
-che cosa succede? Ho fatto…-
-come ti chiami?- Kairi m’interruppe in fretta, sempre senza staccarmi gli occhi un istante. Accanto a me sentivo che Riku stava facendo lo stesso.
-Feili-
-da dove vieni?-
-non se lo ricorda. È stata attaccata e si è risvegliata a pochi metri dalle mura di Radiant Garden- spiegò Riku ancor prima che io aprissi bocca. Poi, senza aspettare che Kairi dicesse altro, aggiunse –è lei-
-non possiamo esserne certi- ribattè senza agitarsi troppo Kairi, finalmente spostando lo sguardo da me a lui –dovremmo aspettare Mickey per averne la certezza- Kairi si voltò di nuovo verso di me e questa volta mi fece un gentile sorriso –Feili, vorremmo ospitarti a palazzo, almeno finchè…
-no!- la fermai –non farò niente di ciò che mi proporrete almeno finchè non mi spiegate cosa sono tutti questi sguardi- cercai di far suonare la mia voce solida quando invece la realtà era che cominciavo ad avere paura di quello che stava succedendo.
Kairi e Riku si scambiarono un’occhiata
-scusaci, non volevamo sembrare maleducati. Vieni in biblioteca, lì ti spiegheremo tutto- Kairi mi fece segno di seguirla su per le scale verso il corridoio che aveva abbandonato prima. Aprì i due portoni ed entrammo in quella che era un’immensa biblioteca dagli innumerevoli scaffali dall’aria antica. Su alcuni c’erano libri che sembravano abbandonati lì da secoli, mentre alcuni avevano l’aspetto di essere stati appena consultati.
Accanto all’entrata c’era un camino e intorno delle poltroncine completamente immerse in libri aperti, alcuni per terra con la copertina ribaltata verso l’alto.
-scusami- ripetè di nuovo Kairi con un sorriso –stavo consultando del libri quando sono corsa da voi...-
Riku spostò alcuni libri dalla poltrona più vicina e mi fece cenno di sedermi, Kairi fece lo stesso con l’altra poltrona mentre Riku restò dritto e impiccato come un soldato dietro di me.
Mi guardai intorno mentre Kairi si adagiava le gonne intorno a sé e Riku la controllava come sa da un momento all’altro dovesse comparire dietro di lei un nemico.
-allora- iniziò Kairi –forse ti sembrerà un po’ strano ma è molto probabile che il tuo arrivo sia stato predetto- la guardai sorpresa ma la lasciai continuare –dopo che mio marito ha sconfitto l’oscurità dieci anni fa, non ci sono più stati segni di pericolo per la pace, tranne qualche mese fa. Una figura oscura cerca di ostacolare la pace nei mondi -
-ma questo che cosa c’entra con me?-
-Riku ha sognato il tuo arrivo-
-per questo che ti dico che è lei-
-ma…- Riku questa volta sembrò infastidito all’insistenza di Kairi
–ti ho detto che sono sicuro. Era il mio di sogno, dopotutto-
Kairi non replicò anche se gli lanciò un’aria contrariata, strinse le mani in grembo, poi riportò la sua attenzione su di me –dato che Riku è così sicuro- e gli lanciò un’altra occhiata di disappunto –saresti disposta ad aiutarci?-
Nella mia testa apparve un segnale chiaro e tondo: Avventura.
Non esitai quindi troppo a scegliere quale sarebbe stata la risposta.
-certo, che cosa posso fare?-
- non abbiamo più notizie di Sora, mio marito, da qualche mese ormai. Era andato a cercare il motivo per il ritorno dell’oscurità ma invece è sparito. Il re Mickey è già andato a cercarlo insieme ad altri nostri amici ma ancora nulla. Siamo preoccupati-
Improvvisamente mi venne in mente una cosa, qualcosa che magari poteva essere poco importante come invece avrebbe potuto fare la differenza. C’era di mezzo la vita di una persona, non potevo alzare le spalle e mentire così spudoratamente, così mi mostrai più onesta possibile.
-non so combattere-
Kairi e Riku parvero un po’ colpiti dalla mia sincerità. Riku mi posò una mano sulla spalla –verrò io con te- disse dolcemente.
Kairi si alzò in piedi e si rassettò le gonne –bene- disse con il tono di chi aveva concluso dal sua discussione –scusatemi ma devo riprendere a studiare. Riku, la lascio nelle tue mani-
-Va bene- Kairi alzò una mano e i volumi più grossi sparsi a terra si rizzarono. Un altro movimento della mano, come se stesse gentilmente mandando via l’aria davanti a sé e i libri presero a librare davanti a lei verso l’entrata della biblioteca. La porta si aprì e si chiuse alle sue spalle, lasciandomi da sola con Riku.
Calò un silenzio imbarazzante prima che mi accorgessi che  si era chinato davanti a me e mi fissava negli occhi –sei veramente tu la donna che ho sognato- parlava più a sé stesso che con me e con estrema velocità, ancor prima che ne ma accorgessi, circondò il volto con le mani a mi costrinse a guardarlo negli occhi acquamarina. 
C’era qualcosa di strano in quegli occhi, erano come la calma dopo la tempesta: silenziosi, leggeri e terribilmente fragili.
-come faremo a trovare il tuo amico?- chiesi cercando di interrompere quel contatto visivo. Le mani di Riku scivolarono via e le sue guance si tinsero di rosso, come se improvvisamente si fosse accorto del gesto troppo intimo che aveva compiuto.
Si alzò in piedi e mi diede le spalle –dovremmo viaggiare per i mondi e cercarlo, non abbiamo sue notizie da troppo e questo ci ha fatto perdere le sue tracce. Domani incominceremo con Midgar. Seguimi- senza indugiare oltre su di me, si avviò all’interno della biblioteca a passo svelto, tanto che dovetti quasi correre per stare al suo passo. Mi guidò per le 
alte scaffalature, poi tirò delle tende e  si introdusse in una stanza adiacente, scomparendovi dietro in uno svolazzio rosso.
Lo seguì e rimasi sorpresa di trovarmi in una stanza circolare illuminata solamente dalla luce azzurrina della sfera che ruotava a mezz’aria al centro della stanza, sopra a un treppiedi di cristallo.
Riku si avvicinò alla sfera e questa rallentò la sua corsa, fermandosi lentamente –Midgar-
Intorno a noi si formò quella che sembrò a proiezione di case, alte strutture, tutto altamente illuminato, quasi da ferirmi gli occhi e costruito in vari metalli.
Questa era una incredibile magia o qualcosa di più semplice della magia, ma comunque poteva tranquillamente essere inserito all’interno della seconda linea guida della mia storia: magia.
-questa gigantesca metropoli è la struttura più tecnologicamente avanzata di tutto il pianeta Gaia. Consiste in un grande piatto di forma perfettamente circolare, sospeso a decine di metri dal suolo da pilastri e da otto immensi reattori di energia mako. Su questa struttura si trova la città vera e propria, suddivisa in otto settori, mentre al di sotto si trovano i bassifondi che un tempo costituivano la vera città- mentre parlava muoveva le mani come se stessa dirigendo un’orchestra e ad ogni suo movimento, le prospettive intorno a noi cambiavano, mostrando ciò di cui stava parlando.
Era un ologramma perfetto e incredibilmente realistico.
-un tempo, gli otto settori erano città separate, ma in seguito furono riunite e i loro nomi furono col tempo dimenticati. Midgar è gestita da un governo militare e da parte della compagnia elettrica Shinra che gestiscono numerosi e importanti affari direttamente dal palazzo Shinra- Riku ingrandì il centro della città mostrandomi quello che doveva essere un palazzo ma che in realtà mi dava l’impressione di essere una centrare idrica o elettrica.
Non aveva la forma di essere un palazzo, ma non dissi nulla e lo lasciai continuare.
-la città è interamente alimentata dai reattori mako ma questa energia provoca dei gravi danni alla landa intorno, succhiandovi tantissima energia. Per questo, molto spesso i reattori sono stai oggetto di attacchi eco-terroristici soprattutto ai gruppi come l’Avalanche, il cui obbiettivo è quello di fermare il governo dalla sua opera di prosciugamento delle energie vitali del pianeta-
Riku mosse la mano verso destra e le immagini cambiarono, mostrando un terreno deserto e privo di vegetazione e fauna. Il terreno era secco e prevalentemente roccioso.
-è terribile- dissi, Riku aprì la mano e le immagini ritornarono quelle di prima
–ma tutto questo che cosa c’entra con Sora?- chiesi
-prima di partire Sora ha fatto un punto della situazione e delineato una mappa di spostamento tra i veri mondi. Gaia era uno di questi e una volta arrivato è molto probabile che sia andato a cercare  una persona che conosciamo che vi abita- la mano aperta di Riku fece un movimento circolare, i luoghi intorno a noi sparirono e noi ritornammo nella stanza azzurrina. Al posto del luogo, apparve davanti a noi l’immagine di un ragazzo sui venticinque anni, di altezza media e di corporatura molto snella. Troppo evidenti erano i suoi capelli biondi sparati e i suoi occhi azzurri, luminosi quasi in modo irrealistico.
Il suo abbigliamento somigliava a quello di una divisa da soldato ma completamente di colore nero. I pantaloni erano larghi e coprivano gli stivali fin sotto la caviglia, mentre la felpa era senza collo ed era chiusa da una cerniera tenuta leggermente abbassata sotto al collo.
-lui è Cloud- Riku lo indicò con una mano –non credo che viva proprio a Midgar, è più probabile invece che abiti da qualche parte in quella zona desertica che ti ho mostrato prima. Tuttavia, l’unico punto di collegamento tra i mondi è a Midgar, quindi dalla città dovremmo trovare un modo per scendere e cercarlo-
-detto così, non sembra una missione da pochi giorni-
-no infatti- un giro del polso e la figura di Cloud sparì, sostituita da una mappa di tre grandi isole –questi sono i tre continenti principali di Gaia. Quello orientale ospita Midgar, una base militare a Junon, una fortezza a Fort Condor e un ranch. Il continente occidentale ospita il Gold Saucer, la Costa del sol, Gongaga che ormai è una città abbandonata, Nibelheim, Rocket Town e Cosmo Canyon. Probabilmente è questo che dovremmo prendere più in considerazione dato che Cloud è nato a Nibelheim-
Mi avvicinai a lui, indicando il continente settentrionale –questo?-
-è principalmente un luogo artico quasi completamente invivibile. Sappiamo che è presente solo una popolazione a Bone Village ma è molto ostile con i nuovi arrivati. Non che gli abitanti di Gaia  siano il contrario, esclusi alcuni. Comunque sia, escludo che Cloud sia andato nel continente settentrionale-
Riku sembrava completamente informato su tutto. La sfera si spense con un ronzio e la stanza ritorno di nuovo azzurrina.
-ti mostro un’altra cosa. Per di qua- dopo altri corridoi circondati da libri, dove mi sembrò di essere in un labirinto, ci trovammo davanti a una porta di pietra nera
–l’armeria-
Era una sala enorme e spaziosa. Le armi, di qualsiasi genere e tipo erano appese alle pareti o chiuse dentro teche di vetro. Riku raggiunse il centro della stanza e poi si girò verso di me massaggiandosi il polso con l’altra mano.
-qui raccogliamo tutte le armi che troviamo nel nostro cammino e le teniamo a disposizione dei guerrieri che ne richiedono l’aiuto- alzò le braccia e indicò tutta la stanza, poi le abbassò e mi guardò con insistenza –tu non sembri fatta per le armi pesanti, potresti provare a vedere se qualche arma leggera può esserti d’aiuto-
-v-va bene-
Incerta, incespicai sui miei passi verso una teca in cui c’erano centinaia armi tra cui pugnai e armi da mano. Riku mi spiegò il funzionamento di alcuni e alla fine scegliemmo insieme un pugnale con il manico maneggevole e pratico. Era l’unica cosa che riuscivo a muovere con facilità e con modesta abilità.
-partiremo domani all’alba- mi disse dopo avermi condotto fuori dalla biblioteca –ma prima di farti vedere la tua stanza, vorrei portarti in un altro posto, ti va?- mi guardò con un sorrisetto furbo e mi indicò l’ingresso del palazzo.
-vuoi potarmi fuori?-
-giusto poco fuori dalle mura della città- non smise di sorridere e poi partì senza fermarsi.
Aperte le porte del castello, mi accorsi di quanto tempo era passato dal mio arrivo: il cielo si era oscurato e la notte era scesa sulla città come un manto oscuro e tetro. Nessuna nuvola, neanche una stella e persino la luna quella notte aveva deciso di nascondersi.
Intorno a noi e ai nostri passi calava il silenzio totale. E mentre Riku mi conduceva fuori dalle mura della città, la mia mano destra arrivò istintivamente verso il pugnale che mi aveva dato pochi minuti prima, nel caso ce ne fosse stata l’esigenza.
Davanti alle mura facevano guardia due sentinelle, una seduta per terra che guardava il cielo, l’altra in piedi appoggiata alla parete di cemento.
-Leon- lo chiamò Riku –non chiudere i cancelli finchè non torniamo-
Il ragazzo fece un cenno d’assenso e poi Riku si girò verso di me –andiamo- la sua mano grande scivolò intorno alla mia e mi spinse a seguirlo oltre le mura verso il lato della cinta. Lui mi teneva stretta la mano tenendo il braccio piegato, facendo attenzione a dove mettevo i piedi nella folta foresta. Poi le radici sporgenti e il terreno franoso finirono per fare largo a un ampio spazio erboso completamente illuminato da quelli che con una più attenta osservazione riconobbi come fiori.
Migliaia di fiori luminosi e dai colori tenui illuminavano le mura della città creando ombre strane sul cemento.
Ero senza parole e forse anche Riku se ne accorse. Sorrise e mi trascinò all’interno di quel  mare luminoso. Si sedette schiacciandone qualcuno, poi mi guardò –ti piace?-
-è stupendo! Sono questi i giardini esterni di cui mi parlavi?- chiesi facendo una lenta giravolta per ammirare quel mare di fiori luminosi che mi circondava. Alla luce dei fiori, Riku sembrava pallido, ma questo gli conferiva un aria quasi ultraterrena con i suoi capelli chiari e i suoi occhi luminosi. La pelle diafana era toccata dalla luce rosata di alcuni fiori accanto a lui e le sue braccia distese verso il terreno, erano di un color latte molto brillante.
Era bellissimo. Mi sedetti accanto a lui e mi accorsi che il mio sguardo era stato intercettato. Arrossii e distolsi gli occhi, concentrandomi silenziosamente sullo stelo dei fiori, alti quasi settanta centimetri e spessi come tubicini.
-grazie, per avermi mostrato questo posto- dissi senza riuscire a trovare il coraggio di guardarlo negli occhi.
Per lui sembrò lo stesso, strappò un po’ d’erba dal terriccio e rispose –di niente-
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3648589