Masquerade di Juliet00 (/viewuser.php?uid=969401)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ladro di libri ***
Capitolo 2: *** Cronache di un giorno come tanti ***
Capitolo 3: *** La giusta via di seguire ***
Capitolo 4: *** La lettura dell'evoluzione ***
Capitolo 5: *** Ciò che sappiamo ***
Capitolo 1 *** Il ladro di libri ***
Il
ladro di libri
-
Una semplice parola può diventare favola in mezzo alla
gente... ma attenzione alla bocca di chi mente...-
“Re
Eldor, è con sommo rammarico che le annuncio che il ladro di
libri ci é sfuggito ancora... ed essendo io a capo delle guardie, me ne
assumo tutta la responsabilità...”
“Non
mi importa chi è a far gravare su di sé questa
mancanza, tutti siete in egual modo colpevoli...” la voce del
re risuonò calma ma con una punta di risentimento nelle
orecchie del capitano inginocchiato al suo cospetto “È
da troppo tempo che permettete a questo ladro di aggirarsi nel nostro
regno, rubando indisturbato le nostre ricchezze...”
“Signore
mi permetta di interromperla... il ladro non ruba vere e proprie
ricchezze materiali...”
“Ah
no? E cosa cercherebbe mai un ladro allora?”
“Vede
Signore, in tutti questi anni, questo ladro ha sempre rubato
...libri...”
Re
Eldor, ticchettando con l'indice sui braccioli del suo trono,
assottigliò le palpebre, come per mettere a fuoco le parole
pronunciate dal soldato, sfregandosi con l'altra mano la lunga
barba bianca.
“Soldato
ti stai forse prendendo gioco di me?” sospirò
pacatamente.
Il
capo delle guardie, rimanendo in ginocchio, alzò lo sguardo,
ponendo una mano sul petto “Mio re, giuro sulla mia stessa vita
che dico il vero... abbiamo preso e catturato molti ladri con i miei
uomini, ma questo ladro non è come tutti gli altri...per molti
anni abbiamo taciuto i suoi furti, solamente perché non li
giudicavamo importanti...quale ladro ruberebbe soltanto dei libri,
maestà?”
“È
quello che mi chiedo anch'io Capitano Waldon.”
“...Vede
Signore...come già detto, fino d'ora non avevamo attribuito
alcuna importanza a queste ruberie, ma uno dei miei soldati, pochi
giorni fa, controllando, per caso, la lista dei libri rubati si è
accorto che tutti narravano le origini e le leggende del nostro regno
...”
“Capitano
si rende conto di cosa potrebbe significare tutto questo?”
“Sì
ne sono perfettamente consapevole...ma la Tempesta Bianca è
inarrestabile mio Signore...”
Il
re si alzò dal trono, di scatto, come se un insetto fastidioso
lo avesse punto.
“Tempesta
Bianca?” domandò con una curiosità mista a una
rabbia silenziosa.
“Sì
sire, la gente del regno la definisce così: Tempesta
inarrestabile di bianco vestita, che ogni sapere porta via, senza
veder mai una dipartita...”
A
queste parole, il viso smunto del re si arrossò
immediatamente, dando vita alla sua tacita rabbia, i suoi pugni si
strinsero lungo i fianchi e il suo sguardo si elevò severo
verso quello del capitano “Voglio che quel ladro, chiunque sia,
uomo o donna , venga catturato e portato da me vivo! Nessuno può
permettersi di oltrepassare il mio trono! La gente del nostro regno
deve cantare le gesta di un grande re, non le gesta di un piccolo
ladro insignificante, che ruba il sapere delle nostre terre...”
“Ma
Signore...”
“Niente
ma Capitano! Ho scelto te per comandare i soldati, poiché sei
il più valoroso, fra tanti, nel regno di Perkar... Bada bene a
non deludermi!”
“Sissignore.”
“Adesso
va! Voglio che per le strade, nelle cronache quotidiane del regno, la
gente legga che il re non si darà pace finché non
fermerà la tanto inarrestabile tempesta, finché non
vedrà strisciare ai suoi piedi il ladro di libri!”
enunciò, il sovrano, puntando il dito verso il grande portone
della sala del trono.
“Sarà
fatto Re Eldor.”
Il
Comandante delle guardie si alzò e dopo l'ultimo inchino al
suo stimato padrone, si voltò, cominciando a muovere i passi
verso l'uscita.
“Capitano...”
chiamò un ultima volta il re “Pena la morte”
sentenziò con una voce appena udibile.
Waldon,
si limitò a fare un cenno con il capo, in segno di assenso,
senza voltarsi e proseguendo, calmo, sui suoi passi.
Durante
il percorso, che lo separava dai suoi soldati, nei lunghi corridoi
del castello, il capitano pensava a quale fosse stata la causa di una
così spietata ira, da parte di un re che per tutta la
vita aveva governato in modo saggio e pacifico, dimostrando una mite
tolleranza anche per i fuorilegge peggiori del regno. Di certo non
poteva essere solamente l'orgoglio di un sovrano a dar vita a un
gesto così avventato.
Il
regno di Perkar amava da sempre re Eldor, ma adesso come avrebbe
reagito la gente a questo atto così improvviso e inaspettato?
Dopo
aver oltrepassato i vari corridoi del castello, Waldon giunse
all'imponente giardino del palazzo, meravigliosamente curato, dove lo
attendevano i suoi uomini, in riga, ognuno di fianco al proprio
cavallo.
Raccontò
loro, nel minor tempo possibile, il colloquio avuto con sua maestà e i
soldati seppur perplessi riguardo ai nuovi ordini, montarono sui loro
cavalli, dirigendosi verso i borghi del regno, a diffondere le parole
del sovrano.
I
piccoli paesi di Perkar, contavano una notevole distanza dal castello e i paladini del regno avrebbero dovuto galoppare ancora
molto per arrivare lungo le strade dei centri abitati.
Gli
abitanti dei borghi, da parte loro, ospitavano una vasta cultura, pur
trovandosi discostati dalla cultura appartenente alla famiglia reale.
I giovani venivano preparati fin da subito alle conoscenze basilari,
scientifiche e spirituali del regno, le favole preferite dai bambini
erano spesso le leggende popolari e i modi più comuni per
dilettarsi erano i mestieri pratici, le passeggiate nei boschi, che
contornavano il palazzo reale e le letture mistiche di Perkar.
C'era
chi presumeva che le letture mistiche di Perkar contenessero un fondo
di verità, sperando che, in qualche remoto angolo del regno,
esistesse un pizzico di magia. E chi ci credeva maggiormente, amando
ogni storia e leggenda riguardante il regno era una giovane ragazza:
Gin.
Fine
primo capitolo.
Ciao
a tutti i lettori (e/o scrittori naturalmente) del sito che hanno
letto questo primo capitolo di “Masquerade” ; premetto
che questo è solo il mio secondo tentativo di scrivere un
Fantasy e di conseguenza non so cosa ne verrà fuori. Leggere e
scrivere sono passioni, che secondo me, accomunano tutti noi iscritti
al sito e quindi ringrazio anticipatamente chi avrà voglia di
leggere, recensire e/o seguire questo racconto.
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Capitolo 2 *** Cronache di un giorno come tanti ***
Cronache di
un giorno come tanti
-...Non
si dovrebbe giudicare un libro dalla copertina...non si dovrebbero
dare sentenze fermandosi alle apparenze...-
Era un giorno come
tanti, a Perkar, o almeno lo era stato fino al momento in cui, gli
abitanti di uno dei tanti borghi del regno, avevano sentito il
galoppare chiassoso dell'unità dei soldati del re; avevano
visto arrivare quegli uomini avvolti nella loro uniforme
perfettamente ordinata e avevano notato fin da subito, nei loro
sguardi, una freddezza inflessibile.
Il Capitano Waldon,
subito dopo aver smontato da cavallo, si era diretto nello studio
dello scribacchino, situato nella piazza principale del borgo, dove
la gente aveva interrotto le proprie mansioni, per osservare e capire
meglio cosa stesse succedendo.
I soldati rimasti ad
aspettare il loro capitano, ancora in sella ai propri cavalli, non
alzarono, nemmeno per un attimo, lo sguardo verso i cittadini, che si
chiedevano il perché di tanta freddezza da parte dei
sottoposti del re.
A Perkar era sempre
regnata una grande armonia, soprattutto tra la borghesia, la nobiltà
e la famiglia reale; i nobili da parte loro, avevano sempre
apprezzato le feste al castello, alle quali prendeva parte anche la
gente del popolo. Le squadre dei soldati arrivavano nei villaggi,
portando, nella maggior parte dei casi, buone notizie e gli abitanti
li accoglievano sempre molto calorosamente.
I paladini del
regno, con i loro sguardi severi, avevano fatto capire agli abitanti
che, quel giorno, non sarebbero stati portatori di buone nuove.
Una bimba, fasciata
in un grazioso vestito blu, in mezzo alla folla, incuriosita da
quegli uomini così seri in divisa, prese coraggio e si
avvicinò piano verso uno dei soldati “Mi
scusi...signore...Perché mai siete così seri? La mia
mamma dice sempre che nel regno...a nessuno manca il sorriso...”
Il soldato rimase
inebetito, dalla domanda di quella bambina dagli occhi azzurri come
il ciel sereno e dai capelli biondi come il grano, ricci, tenuti su
da un delizioso nastrino bianco di raso.
“Oh...
dimmi piccola... quanti anni hai?” le domandò il
soldato, cercando di riscuotersi dal suo stato di trance.
“Ho
quattro anni signore...ma lei lo sa che non è educato
rispondere a una domanda con un'altra domanda?” gli rispose,
con un sorriso, mettendo le piccole manine sui fianchi.
Le persone rimasero
immobili, intenerite dalla visione di quella bimba curiosa, che
cercava di far capire al soldato le buone maniere...
“Nora!”
La folla all'udire
quel richiamo si voltò prontamente, trovando dinanzi a sé
una fanciulla dai capelli rossi come il rame, raccolti in treccia, e
gli occhi verdi come smeraldi.
“Nora
non dovresti tenere questi comportamenti in presenza delle guardie di
sua maestà e soprattutto non dovresti allontanarti da casa
senza dirlo alla mamma...” la voce
della ragazza, arrivò alle orecchie delle persone presenti,
dolce e melodiosa, seppur con una nota di rimprovero.
La bambina abbassò
lo sguardo e d'un tratto la spavalderia, voluta dalla sua curiosità,
sparì, senza lasciar alcuna traccia, mentre il soldato rimase
nuovamente senza parole ...e la gente avrebbe quasi azzardato a dire
che quell'uomo fosse rimasto affascinato dalla semplice bellezza
della fanciulla.
“Non
fare quella faccia triste adesso, è normale sbagliare...”
disse la giovane, abbassandosi all'altezza della bimba “Però
dopo uno sbaglio è necessario rimediare, lo sai vero? Ora
torni a casa e dici alla mamma che non volevi farla preoccupare, le
chiedi scusa e le prometti che starai più attenta.”
concluse dandole un piccolo bacio sulla fronte.
Nora, allora, alzò
la testa bionda con un gran sorriso e prima di correre via dalla
piazza, ancora gremita di persone, ringraziò la ragazza
abbracciandola teneramente. Non si voltò più, nemmeno
per un attimo, verso l'uomo che precedentemente aveva, senza volere,
attirato il suo interesse.
Il soldato non
proferì parola, ma una volta chiuso il piccolo e dolce
siparietto, si limitò ad uscire dai suoi ranghi, ancora in
sella al proprio cavallo, avvicinandosi alla giovane.
“Chiedo
scusa qualora il comportamento inopportuno di Nora, le avesse recato
disturbo...” dichiarò, lei, pacata, anticipando l'uomo
in una sua, qualsiasi prossima, mossa.
Lui, per tutta
risposta, le sorrise e scuotendo il capo in segno di diniego le disse
“Non trovo nulla di inopportuno nella curiosità di una
bambina...è sua sorella?”
“Oh
no... è una piccola amica, è dolcissima ma a volte la
sua curiosità può farla sembrare invadente...”
“Capisco.
Mi presento, io sono Brumir e lei signorina?”
“Gin,
molto piacere” rispose lei, chinando la testa, come segno di
riverenza nei confronti di quel soldato gentiluomo.
Gli occhi della
gente, che ancora rimaneva ferma sul posto, vociferando fra sé
e sé, osservavano con indiscreto interesse la conversazione
tra quella giovane ragazza di paese e quel sottoposto del re, forse
troppo gentile e cordiale.
All'improvviso
l'attenzione di tutti, fu distolta dal brusca uscita del Capitano
Waldon, che spalancò violentemente la porta dell'ufficio dello
scribacchino senza preoccuparsi minimamente del pubblico, che si
trovava dinanzi a lui.
“Brumir
ritorna immediatamente nei tuoi ranghi e non osare dire una sola
parola!” ordinò autoritario e secco.
Il soldato annuì,
all'ordine del suo capitano, tirò le redini del suo destriero
e lo fece girare rapidamente, ritornando senza indugio al suo posto
mentre Waldon, ignorando ancora la gente attonita del borgo, montò
sul suo cavallo, facendo segno ai suoi sottoposti di proseguire nella
loro marcia e non un saluto uscì dalle sue labbra, lasciando
tutti in un amaro stupore.
Brumir prima di
prendere il sentiero, che li avrebbe condotti in un'altra parte del
regno, voltò lo sguardo, un'ultima volta, verso quella
giovane, dai vermigli capelli, che tanto lo aveva colpito nella loro
brevissima conversazione.
La
gente, poco a poco, cominciò a tornare alle proprie mansioni
cercando ancora di riscuotersi da tutto ciò che aveva
stravolto un giorno come tanti.
Gin
rimasta l'unica, ancora ferma, al centro della piazza, volse gli
occhi verso la porta spalancata dell'ufficio dello scribacchino;
nessuno aveva avuto l'ardire di domandare, nessuno aveva avuto la
cortesia di andare verso quell'ufficio e verificare cosa fosse
successo pochi attimi prima che il capitano uscisse così
violentemente...
E
mentre questi pensieri le si mischiavano in testa, i passi si mossero
moderati, verso il silenzio che proveniva da quell'edificio, che gli
altri avevano preferito ignorare.
“È
permesso?” chiese con un fil di voce, fermandosi sull'uscio
della porta.
L'uomo
fermò la piuma,che con l'inchiostro disegnava ordinate lettere
su un pezzo di carta, e alzò la testa verso quella voce appena
udibile.
“Venga
pure avanti signorina, non resti lì sull'uscio...” le
disse, accennando a un sorriso.
La
giovane fece qualche passo incerto dentro la stanza, avvicinandosi
alla scrivania in legno, accuratamente intagliata, dove il grassoccio
scribacchino, con la barba curata, lavorava.
“Non
abbiate paura, non ho mai mangiato giovani fanciulle e non ho, per
nulla, l'intenzione di cominciare adesso...” ribadì
l'uomo.
“Io...
non ho paura... sono un po' scossa da ciò che è
successo pochi minuti fa...” disse, lei, prendendo coraggio.
“Signorina
credo che lo siano tutti e ancor più lo saranno dopo...”
“Cosa
intende dire? È successo qualcosa di molto grave?”
L'uomo
fece un lungo respiro, fece scendere gli occhiali sul naso e guardò
bene la giovane in piedi, davanti a lui.
“Un
ladro” disse alzandosi e mettendo le grosse mani sulla
scrivania “Un ladro che ruba i libri sulla storia del nostro
regno...” proseguì, vedendo l'espressione, della
ragazza, sempre più perplessa.
“Non
vedo … o meglio, non capisco quali danni può recare,
questo ladro, al re o agli abitanti...”
“È
ciò che ho pensato io signorina non appena il capitano mi ha
comunicato gli ordini del re...” disse, l'uomo, porgendole il
foglio su cui stava scrivendo “Non è ancora concluso, ma
questo è, in sostanza, ciò che devo affiggere sulle
cronache del regno...”
Gin
lesse rapidamente le poche righe scritte e scosse la testa, dubbiosa.
“Perché
un re che si è sempre dimostrato magnanimo verso i suoi
sudditi, dovrebbe dare ordini così spietati, pretendendo di
metterli anche alla vista di tutti?”
“Signorina
chi può mai saperlo? Il capitano ha detto che un ladro non può
permettersi di scavalcare la posizione suprema di un re... ma può,
secondo lei, essere l'orgoglio a muovere un uomo, per l'appunto,
magnanimo, a compiere gesti tanto spietati verso un piccolo ladro?
Forse il nostro re inizia a dare segni di pazzia? O forse nasconde
qualcosa?”
“Cosa
mai potrebbe nascondere un re?” chiese Gin, stupita.
“ Anche
il più gentile dei re può nascondere anche i segreti
più oscuri... tenga a mente che la gentilezza può
essere la peggiore delle maschere, perché non permette alle
persone di andare oltre le apparenze...”
“Capisco...
la ringrazio”.
“È
stato un piacere aiutarla” concluse l'uomo, tornando a sedere.
Gin,
salutò con un cordiale sorriso e se andò dall'ufficio,
con uno sguardo, che la gente avrebbe definito, come quello di una
bambina che appena scoperto qualcosa di triste e spiacevole. Ma
d'altra parte,lei, non era molto più grande di questa: Gin
aveva solo quattordici anni e vedeva il buono in tutto ciò che
la circondava; era una delle ragazze più sognatrici del regno
che all'occorrenza fantasticava sull'esistenza di mondi magici e
nonostante molti la definissero una pazza, lei sapeva che avrebbe
sempre potuto contare su Griselda, quella che poteva definirsi la sua
migliore amica.
Fine
secondo capitolo.
Eccomi
con questo secondo capitolo di “Masquerade”, dove ho
introdotto alcuni dei personaggi che accompagneranno questo piccolo
esperimento (tra cui Gin) e dove ho fatto transitare la notizia del
ladro di libri. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio
chi lo ha letto e chi, se vorrà, recensirà questa
storia.
Un
abbraccio e al prossimo capitolo.
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Capitolo 3 *** La giusta via di seguire ***
La
giusta via da seguire
-...
Anche se nessuno, mai, lo ammetterà, la saggezza era nata, in
origine, come semplice curiosità...-
C'era
un sentiero nel borgo dove Gin abitava, una piccola via, contornata
da alberi in fiore, che portava solo a una piccola casetta, immersa
nel verde.
La
gente di paese seppur raramente, usciva dalle vie principali del
borgo e intraprendeva questo breve tragitto per arrivare proprio a
quella piccola costruzione, dove abitava la donna più anziana
e più saggia di quella cittadina e forse del regno stesso;
viveva da sola e malgrado i suoi anni svolgeva i suoi piccoli
lavoretti di casa senza alcun aiuto, il marito era deceduto da pochi
anni ma, ciò nonostante, lo spirito allegro e benevolo, verso
il prossimo, della donna non era caduto insieme all'uomo, che la
gente definiva, da sempre, il suo eterno amore.
Proprio
in onore di questo sentimento così profondo, che riusciva a
perdurare ben oltre la morte, re Eldor, in persona, aveva fatto
intagliare, con estrema cura, il viso dell'uomo nel tronco
dell'enorme albero centenario situato al centro del regno e
conseguentemente a ciò l'anziana donna avrebbe espresso il
desiderio di aver il proprio volto scolpito accanto a quello del suo
amato consorte, non appena fosse giunta la sua ora.
Gin,
diretta alla casa dell'anziana, osservava affascinata gli alberi di
quel sentiero così quieto, dove qualche soffio di vento
staccava delicatamente i petali più colorati dai fiori e li
faceva volteggiare nell'aria fino ad accompagnarli a terra. La
giovane attraversava quella via fin da quando era molto piccola
eppure alla vista, di quel luogo, rimaneva incantata come fosse la
prima volta che lo vedesse.
Si
era sempre domandata se in quel posto albergasse una qualche magia
nascosta che aspettava solo il momento di essere scoperta ma questo
suo quesito rimaneva ancora irrisolto...
Due
colpi decisi ma eleganti arrivarono sulla porta della casa della
signora e subito quest'ultima, invitò dentro la sua dimora
chiunque fosse venuto a farle visita.
“Nonna
Willow? È permesso?” domandò Gin, sporgendo la
testa oltre la porta.
“Oh
Gin... bentornata cara, vieni entra, non stare lì sulla
porta...”
L'anziana
signora, che fino a pochi secondi prima era intenta a cucire sulla
sua poltroncina di velluto rosso, si alzò e si diresse subito
verso la ragazza abbracciandola calorosamente e baciandole le guance.
“Prego vieni a sederti. Mi permetti di offrirti una tisana, che io stessa ho creato, con le mie mani?”
“Con
molto piacere!” esclamò Gin, sedendosi con un gran
sorriso.
“Allora
bambina, quale dei nostri magnanimi dei ti porta da questa vecchia
tanto brutta e antipatica?” le chiese la donna, mettendo a
riscaldare una pentolina d'acqua.
“
Nonna Willow non dire sciocchezze, sei una vecchina talmente
adorabile che farti visita è una gioia per chiunque”
“Piccola
...avere visite è per me una grande gioia... chiunque venga è
il benvenuto qui nella mia casa”
“Non
hai paura che vengano malviventi?” chiese Gin, giocando con una
delle sue ciocche rosse.
“Cara
Gin, il mondo è pieno di malviventi e il più delle
volte sono le persone più gentili ad essere le peggiori...”
le rispose, versando nella pentolina una polverina bluastra.
Willow,
voltandosi, notò lo sguardo perplesso della giovane, come se
avesse appena detto qualcosa di spiacevole.
“Gin,
qualcosa ti turba?”
“Beh
...a dire la verità sì...” rispose lei,
abbassando lo sguardo “Oggi sono venuti i cavalieri del re e
sono stati tutt'altro che gentili...”
“Sì
questo vociferare è arrivato fino alle mie sorde orecchie
figliola...”
“Ma
nonna Willow, è successo solo pochi istanti fa, eri qui...
come hai fatto tu a...?”
“Figliola
...gli alberelli del sentiero hanno sentito la mia curiosità e
mi hanno riferito ciò che è successo in paese...”
disse l'anziana, scoppiando in un'esilarante risata, mentre versava
l'infuso in una tazza.
Gin
non poté fare a meno di sorridere, seppur con una nota di
apprensione; quella giornata era stata già molto strana
inizialmente e quella vecchina così bonariamente matta non
faceva altro che acuire quella stranezza. Nella sua testa, quella
frase sugli alberi in fiore, fece nascere un pensiero alquanto
fantasioso.
“Nonna
Willow esiste la magia?” chiese a bruciapelo, mentre prendeva
la tazza che l'anziana le stava porgendo.
“ Beh
cara, la bontà è essa stessa una magia, l'amore è
magia e...”
“No
no...” la interruppe Gin “...io intendo la vera magia...
quella che ti mostra cose mai viste nella realtà di tutti i
giorni...che ti porta in mondi mistici e sconosciuti... tu riesci
a capirmi nonna Willow?”
La
giovane vide gli occhi della donna davanti a lei, impassibili, non un
battito di ciglia alle parole che aveva appena pronunciato... forse
la credeva matta come avrebbe fatto chiunque nel paese? Forse era
offesa per l'interruzione fattale poco prima?
L'anziana
tirò un lungo sospiro e lentamente mosse i passi verso la
piccola libreria, nel salotto, meravigliosamente illuminato dalla
luce del sole che filtrava oltre le tende color lilla. Prese un
voluminoso libro e vi soffiò sopra, per togliere la polvere
accumulatasi, nel tempo, sulla copertina in pelle, su cui spiccava il
simbolo di un cerchio, contenente due rose unite; la rosa a sinistra
non era ancora completamente sbocciata e sembrava quasi sfigurare
accanto alla sua compagna che mostrava i suoi petali in tutta la sua
matura bellezza.
Gin,
con la tazza di infuso ancora fra le mani, seguì la donna con
lo sguardo, mentre tornava con quell'interessante scritto e lo posava
sul vecchio tavolo...
“Credo
che si fredderà se non lo bevi cara...” le disse,
sorridendo, Willow, mettendosi a sedere sulla propria poltroncina.
“Oh...
scusami...hai ragione...” rispose la ragazza, bevendo un
piccolo sorso della bevanda ancora calda “È molto buono,
sono i mirtilli che coltivi nel tuo giardino suppongo... sono davvero
deliziosi nonna Willow.”
“Ti
ringrazio bambina. Immagino che, nonostante tu stia bevendo il mio
infuso, ti stia domandando perché ti ho portato questo libro
così impolverato.”
“Beh
sì lo ammetto... ha una copertina molto bella, queste due rose
sono così ben disegnate che sembra vogliano uscire dal
libro...”
“Dimmi
Gin quale rosa ti piace di più e perché?”
“Quella
già sbocciata naturalmente, è bellissima e non esita a
ergersi in tutto il suo splendore...” rispose Gin, piegando la
bocca in un largo sorriso.
“Mh...
scelta prevedibile e di conseguenza poco interessante...” disse
la donna, con una leggera espressione di sufficienza, mentre tornava
al suo piccolo lavoretto con ago e filo, lasciato all'arrivo della
giovane.
Gin
le lanciò un'occhiata interrogativa, come per chiederle cosa
volesse dire con quella risposta e l'anziana, sbirciando il suo
sguardo di sottecchi, lesse perfettamente nei suoi occhi quella muta
richiesta.
“Vedi
Gin, tutti avrebbero scelto la rosa appena sbocciata proprio perché
anche nella vita reale si è alla ricerca continua della
bellezza ma se ci si soffermasse un po' di più sui piccoli
particolari, si potrebbe notare che la bellezza è solo ciò
che viene mostrato all'esterno il più delle volte. La rosa
che, qui, vedi così bella, all'interno sta cominciando a
marcire mentre l'altra deve ancora mostrare la parte più bella
di sé, lasciando che, solo i più curiosi, la scrutino
più da vicino per cogliere quella bellezza che deve ancora
arrivare. Tu mi hai chiesto se esistesse la magia ebbene questo libro
narra la storia di un giovane regno, le cui arti magiche, non appena
sbocciate, furono ammirate da tutti e altrettanto invidiate dal regno
che, dalla sua parte, era già sbocciato e incominciava a
temere di perdere il suo leggendario splendore.”
Per
tutta la durata di quel discorso, Gin era rimasta in silenzio,
sorseggiando di tanto in tanto l'infuso che le era stato offerto. Era
rimasta profondamente colpita da quel breve monologo che non a caso
proveniva dalla bocca della donna più saggia di Lerix...
chissà poi da dove proveniva quella saggezza.
In
uno slancio di curiosità, la giovane chiese ancora: “Nonna
Willow da dove proviene la saggezza?”.
“Davvero
non lo immagini cara?”chiese retoricamente, “Più
cose saprai e più diverrai saggio ma mai potrai sapere se non
darai sfogo alla tua curiosità”
La
ragazza si fece scappare una piccola risatina a quelle parole dette
tutto d'un fiato come poesia.
“Ho
detto qualcosa di buffo, Gin?” chiese l'anziana, sorridendo a
sua volta.
“No
no assolutamente, è che... sto immaginando Nora che diventa la
bimba più saggia del paese...” le rispose lei,
mantenendo la stessa espressione.
“Già
la piccola Nora è molto curiosa...”
“Pensa
nonna Willow... oggi era talmente curiosa che facendosi largo in
mezzo alla folla si è messa parlare con un soldato...”
Willow
si accorse che, nel pronunciare la parola 'soldato', le mani della
ragazza avevano cominciato inavvertitamente a stringersi fra loro.
La
guardò con un espressione furba dipinta in volto e le domandò:
“Era carino questo soldato?”
“Nonna
Willow ma che dici?!” le rispose, a metà fra il sorpreso
e il finto disgusto, “Brumir è stato molto gentile e
comprensivo nei confronti della bambina, niente di più”
concluse, abbassando lo sguardo con un leggero broncio.
“Sarà,
vedremo cosa dirà Griselda, cara...”
“Griselda?
Ah intendi Zelda...”
“Oh
certo che intendo lei. Ti ricordo che il suo vero nome è
Griselda e che quello è solo un soprannome, quindi io non la
chiamerò così.” replicò, fingendosi
impettita.
La
ragazza scosse la testa pensando a quanto potesse essere matta quella
vecchietta così saggia e si chiese per una attimo come fosse
stata alla sua età.
“Nonna
Willow ora devo andare. Potrei portare il libro con me?”
“Ma
certo bambina ma fa molta attenzione, quel libro è unico e non
ce ne sono di così speciali in tutto il regno.”
Gin
annuì, ringraziò la donna per tutto ciò, che in
quella giornata le aveva offerto, e la salutò dandole due
piccoli baci sulle guance, in segno di affetto e rispetto.
Non
appena chiusa la porta della casa dietro lei, si soffermò a
guardare ancora, per un paio di secondi, la copertina di quel libro
e, subito dopo esserselo messo sottobraccio, si incamminò
lungo il sentiero, osservando quel sole che fra qualche ora sarebbe
tramontato.
Fine
terzo capitolo.
E
buonasera (o buonanotte) a tutti, ritorno con questo terzo capitolo
dove abbiamo conosciuto la vecchietta più saggia del regno;
cosa ne pensate di questa donna, mix di bontà e saggezza? E
soprattutto, data la vasta cultura del regno, perché quel
libro è così unico?
Ebbene
sì, un altro quesito si aggiunge a questo racconto e anche
questa volta si dovrà attendere per qualche accenno sulla
nostra Tempesta Bianca.
Grazie
a chi dedicato il proprio tempo a leggere e recensire i precedenti
capitoli e ringrazio anticipatamente anche chi avrà voglia di
passare da questo.
Un
grosso abbraccio e al prossimo capitolo.
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Capitolo 4 *** La lettura dell'evoluzione ***
La
lettura dell'evoluzione
-
In ogni leggenda si presenterà sempre la visione di una remota
verità ...ma quest'ultima sarà ormai dimenticata in
qualsiasi realtà...-
… Ognuno
di noi ha qualcosa da tenere ben nascosto agli occhi altrui. Può
essere un che di buono e può essere un che di cattivo ...ma un
destino unanime accomuna ogni segreto : essi non potranno mai restare
completamente nella tenebra, nasceranno, invero, alla luce del mondo
intero e se così non fosse, ciò che fino ad ora era
stato in vita vedrà riflessa, nel silenzio, la propria morte.
Tutti
i segreti hanno una storia e ciò che, qui, è scritto
narra quella di un nascente giovane regno...
Generalmente
tutti (o quasi) sono a conoscenza del fatto che che in un giardino
vivono in armonia molte rose ma ognuna di loro, come giusto che sia,
ha i suoi caratteri: ci sono quelle che nascono e si affrettano a
crescere per mostrare la propria bellezza all'intero cosmo e quelle
che invece nascono quiete e preferiscono attendere, pazientemente, il
giorno in cui la vita le farà risplendere.
In
mezzo ai vari regni, molti dei quali prosperosi, Fyrin si mostrava
come un regno, molto giovane e senza alcuna particolare
caratteristica. Un bocciolo, che ancora tardava a schiudere i propri
petali.
Al
contrario di ciò che si poteva dedurre, da questi suoi aspetti
poco promettenti, il regno muoveva le sue piccole radici nel silenzio
più assoluto, popolato non solo da una specie, non da due e
nemmeno da tre: Fyrin pareva essere la “dimora” di ogni
mondo... e lo era davvero...
La
bellezza, che gli altri regni, conservavano già da tempo,
sembrava destinata ad ombrarsi dinanzi al quieto regno, ancora in
fasce.
Inizialmente
nessuno dei sovrani sembrò preoccuparsi del nascente reame e
quest'ultimo non pareva minimamente interessato a sovrastare la
vastità di ricchezza, che lo circondava; per l'appunto gli
interessi di Fyrin, superavano, di gran lunga, queste superficialità
andando a parare a uno splendore interiore che avrebbe portato la
gente a vedere il mondo con occhi diversi, ammirando la bellezza in
tutto ciò che l'avrebbe circondata e aspirando ad un progresso
sempre maggiore.
Invero,
seppur a piccoli passi, il regno era una scoperta continua ed è
proprio una, delle sue molteplici scoperte, ad aprire la sua
storia...
Si
dice che, ad ogni regno, vengano attribuiti molti manoscritti e
ognuno dei quali, si distingue, in tutto e per tutto al variar di
ogni reame. C'è, però, un'eccezione che accomuna tutti
i regni conosciuti, in un unico volume: Tutto ciò che il cielo
non disse.
Questo
titolo venne dato, in anonimato, per descrivere ciò che si
trovava aldilà delle nuvole o meglio ciò che era stato
prima della nascita dei regni; più precisamente il libro
riportava le storie degli dei del mondo abitato e con esse, le
illustrazioni di ogni gemma a loro legata.
Il
regno di Fyrin, cominciò la sua evoluzione dalle letture degli
scritti presenti nelle biblioteche, sparse nei diversi mondi e la sua
scoperta più grande fu dovuta dal volume che metteva i regni
sullo stesso piano...
La
piccola lampada, posta sul tavolino da notte, si spense. Che ore si
erano fatte? Gin era rimasta totalmente assorbita nella lettura e non
si era accorta di quanto tempo fosse passato.
Quel
libro l'aveva incuriosita molto, al punto che, quella stessa sera,
non aveva colloquiato molto con i suoi genitori (com'era solita fare)
e aveva voluto finire la cena il più in fretta possibile,
desiderosa di mettere gli occhi su quel libro che Willow le aveva
tanto raccomandato. Aveva salito, le scale, a grandi passi ed entrata
nella sua stanza, aveva acceso la lampada da tavolo e si era seduta,
nella piccola poltrona, che il padre le aveva costruito quando era
una bambina.
L'introduzione
di quel testo, aveva aumentato la sua voglia di scoprire e una delle
tante domande che fece capolino, nella sua mente, fu: com'è
possibile che un regno tragga la sua bellezza da dei semplici libri?
Il
rumore dell'orologio a pendolo, al piano di sotto, la distolse dai
suoi pensieri, rintoccando la mezzanotte e ricordandole che, il
giorno dopo, la scuola del regno l'avrebbe attesa puntuale, come ogni
mattina.
Gin,
decise così di andare a letto, mettendo a tacere ogni sua
curiosità, per quella sera; sciolse la sua ordinata treccia,
lasciando che i suoi capelli rossi scendessero lunghi e mossi sulle
spalle e tolse il suo abitino rosa pallido, lungo fino al ginocchio,
scambiandolo con una semplice veste da notte bianca, forse troppo
lunga per la sua minuta altezza...
Il
paese era ormai spento e anche l'ultima delle giovani si era lasciata
cogliere dal sonno, in quella che era stata una lunga e pesante
giornata.
Ma
... mentre i borghi erano avvolti nella tranquillità, nei
pressi del palazzo, una figura bianca si muoveva furtiva, rubando un
altro pezzo della sua preziosa “collezione” e scatenando
un ira sempre più bruciante, in un re disturbato nel proprio
riposo e ferito nell'orgoglio.
Quella
figura, nemmeno quella notte, aveva temuto la pena che pendeva sulla
sua testa, agli occhi di un intero regno, decidendo, così, di
innescare una serie di eventi che avrebbe portato a qualcosa che
ancora tardava a farsi conoscere.
L'alba
trovò i soldati del re a rovistare nella biblioteca reale e li
sorprese alquanto amareggiati dalla scoperta del libro che era appena
stato rubato...
Fine
quarto capitolo.
E
rieccomi a pubblicare il quarto capitolo di questo... “boh”...
definitelo voi... (io opterei per minestrone) decidendo anche per
questa volta di risparmiare sulla lunghezza, lasciandola ai
successivi capitoli che cominceranno a essere più determinanti
sotto tutti i punti di vista del racconto.
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chi ha speso il suo
tempo a leggerlo.
Ora
Morfeo mi chiama e quindi alla prossima lettori/e, un abbraccio.
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Capitolo 5 *** Ciò che sappiamo ***
Ciò
che sappiamo
-…
Guarda bene ciò che ti circonda...ciò che meno aspetti
ti troverà da sé, seguendo la tua onda ...-
Gin
aveva aperto gli occhi ai primi albori di Lerix e si era guardata
attorno stranita, notando che ciò che aveva letto la sera
prima le era rimasto impresso nella mente, tanto da inseguirla
finanche nei sogni.
La
sua stanza non presentava nessun cambiamento, eppure quella notte le
era sembrato di viaggiare, realmente, in luoghi che mai aveva visto…
Era
una tranquilla e solitaria passeggiata in uno dei sentieri del regno
fino a che un buio innaturale aveva cominciato ad avanzare sotto i
suoi piedi e, in una brevissima frazione di tempo, si era ritrovata
in un abisso nero, che non lasciava alcuna via di scampo. Chiuse gli
occhi per un paio di secondi e non appena li riaprì si ritrovò
sulla cima di una torre, più precisamente sul balcone di essa;
davanti a lei si palesava un paesaggio vasto, vasto oltre ogni
immaginazione… un regno forse… un regno che lei non
aveva mai visto, nemmeno nei libri delle favole. Vedeva del verde...
tanto verde, vedeva il blu del mare che si muoveva a ritmo del vento,
vedeva il bianco delle cime innevate e vedeva… qualcosa di
arido in mezzo a tutto lo splendore di quel luogo.
I
suoi occhi riuscivano appena a scorgere quelle terre desolate e
d’altra parte la sua mente era concentrata su quelle nuove
meraviglie appena scoperte…
Poco
prima che l’alba cogliesse il suo risveglio, alzò lo
sguardo in alto e notò che il cielo non era ciò che
doveva essere: era nero come l’oscurità che l’aveva
presa poco prima ma questa volta mille piccole stelle lo
puntellavano… anche se… semplici stelle non sembravano.
Erano più simili a frammenti di cristalli e forse era questo
che illuminava l’atmosfera come se fosse stato il sole a farlo.
Non
ce ne sono di così speciali in tutto il regno
Le
parole di nonna Willow le rimbombavano nella testa mentre la
bizzarria di quel sogno infestava i suoi pensieri… che fosse
quello il giovane regno di cui parlava il libro?
Gin
guardò il grande orologio nella sua stanza e si accorse che
non aveva più il tempo di stare ferma a pensare. Doveva
prepararsi per andare a scuola.
Scese
dal letto e velocemente si diresse verso il suo armadio; lo aprì
e, in mezzo al suo stile colorato e al contempo delicato, scelse un
grazioso abito rosa a fiori azzurri, lungo fino al ginocchio, le cui
maniche le fasciavano elegantemente le esili braccia, congiungendosi
con lo scollo quadrato del corpetto.
Uscì
dalla sua stanza con ancora indosso la sua veste da notte e andò
nella sala da bagno più vicina.
Lavandosi
il viso, si soffermò sull’immagine che lo specchio le
rimandava: il viso magro e pallido era in netto contrasto con il
rosso vivo dei suoi capelli, ancora scomposti dal sonno, le sue
guance presentavano qualche piccola lentiggine… forse qualche
tocco di colore che la natura aveva deciso di donarle…
Chissà
se qualche uomo avrebbe mai provato interesse per lei o addirittura
qualche sentimento. Per qualche secondo, il suo pensiero corse al
viso di quel soldato, Brumir, e alla gentilezza avuta nei suoi
confronti.
Alla
vista sembrava giovane, forse qualche anno in più di lei,
aveva un bel viso, poca barba e due occhi particolari, color
dell’ambra…
La
voce della signora Ilene, madre di Gin, la distolse dai suoi
pensieri. Finì di prepararsi in fretta e, dopo aver raccolto i
capelli in treccia, mise il suo vestito e indossò le sue
scarpette bianche.
Al
piano di sotto, nella sala da pranzo, l’attendeva la ricca
colazione che la madre le aveva preparato, come ogni mattina.
“Buongiorno
cara, hai dormito bene?” la salutò la madre, intenta a
sistemare alcune porcellane nell’apposita vetrina,
meticolosamente curata.
“Buongiorno
mamma, ho dormito meravigliosamente ma… non ti pare di aver
esagerato con tutta questa roba da mangiare?”
“Gin
credo, onestamente, che tu debba apprezzare tutto questo senza
lamentarti troppo...”
“Lo
apprezzo mamma ma questo cibo servirebbe a sfamare un esercito e io
sono solo una ragazzina.” le rispose, sedendosi al tavolo.
“Sei
una ragazzina magra che dovrebbe mangiare di più...non vorrai
emulare quella Griselda spero...”
Gin
si limitò a mangiare una tortina di lamponi , senza proferire
parola. Sarebbe stato solo inutile cominciare quel discorso con sua
madre.
La
signora Ilene non era cattiva ma, come molte nobili e borghesi, era
una donna incentrata sull’apparenza e sui relativi pregiudizi.
Nel
caso di sua figlia, si accaniva particolarmente sull’amica
Griselda (spesso chiamata semplicemente Zelda), di qualche anno più
grande, che si presentava in maniera completamente differente da Gin
e dalla maggior parte delle ragazze del regno.
Invero,ella,
amava distinguersi dalla massa sotto tutti i punti di vista,
ignorando le chiacchiere negative sul suo conto. Chi la conosceva
oltre le apparenze, imparava a volerle bene senza alcuna remore.
Gin
l’aveva conosciuta per caso, durante uno dei progetti
scolastici che coinvolgeva diverse classi della scuola del regno; era
rimasta colpita dal modo in cui Zelda si poneva con i loro coetanei e
da come si presentava anche nei suoi modi di apparire.
Non
aveva nessun timore a vestire secondo i suoi gusti: odiava le lunghe
gonne e i corpetti, i cui scolli aderivano al corpo come pastrani;
vestiva con semplici gonne corte a campana mentre i suoi corpetti la
tenevano coperta quanto bastava senza esagerare, talvolta attirando
innumerevoli sguardi indiscreti, a causa degli scolli che la
rendevano tanto elegante quanto sensuale e provocante.
Sorrise
Gin, ripensando a uno degli episodi causato proprio
dall’abbigliamento della sua migliore amica…
“Gin?”
la chiamò, la signora, incuriosita dalla fugace risatina della
figlia.
“Nulla
mamma, pensavo solo una cosa di vecchia data...” le rispose
sorridendo, mentre concludeva la colazione.
Si
alzò e corse velocemente al piano di sopra per prendere la
sacca con tutto il materiale necessario per la giornata.
Era
indecisa se lasciare a casa il libro di Willow ma d’altra parte
era sicura che, se sua madre l’avesse visto, l’avrebbe
certamente preso e avrebbe cominciato a farle mille domande sulla sua
provenienza e sul perché di tanto interesse verso di esso;
decise, quindi di portarlo con sé, nascondendolo in fondo alla
sacca. Con l’aiuto di Zelda, avrebbe certamente trovato il
modo di tenerlo lontano da sguardi troppo curiosi e indiscreti.
Gin
salutò sua madre e uscì, incamminandosi verso la scuola
del regno.
Nel
mentre, un’ombra sinistra si aggirava nel borgo, in quelle
prima luci del mattino: un mantello blu che muovendosi, attirava gli
sguardi della gente di paese, incuriosita dal lungo cappuccio che non
permetteva a nessuno di scorgere il viso di quel viandante.
A
tutti, però, parve chiaro che quella misteriosa figura fosse
molto ricca, la seta di quel mantello non era certo materiale di poco
prezzo...
Ma
perché una persona tanto ricca doveva aggirarsi in un comune
borgo del regno? E quale il motivo di tanto mistero?
Nessuno
ebbe il coraggio di proferire parola mentre, l’uomo o la donna
misteriosa, proseguiva senza alcun timore la sua passeggiata...
I
cancelli della scuola di Lerix si sarebbero aperti di lì a
poco e tutti gli studenti attendevano pazientemente fra chiacchiere,
noia e stanchezza, nella piazza antistante l’entrata.
Gin,
con lo sguardo, era intenta e cercare Griselda in mezzo alla folla,
senza minimamente rendersi conto che ella era proprio dietro di lei,
con un sorrisetto beffardo, aspettando che l’amica si
accorgesse della sua presenza.
“Cerchi
qualcosa in particolare?” le domandò ridendo.
Gin,
ebbe un accenno di paura, sentendo due mani sulle sue spalle,
realizzando, solo dopo aver udito quella voce, che altri non era che
Zelda, fasciata nel suo vestito color lilla, rispecchiante il suo
stile, con i lunghi capelli sciolti, liberi di muoversi al soffio del
vento leggero.
“Veramente
cercavo proprio te”
“Oh
ma che onore...” rispose, Zelda, fingendosi lusingata “Nulla
da raccontare?”
“Non
molto a dire il vero, stamattina ripensavo a quel diverbio che avevi
avuto, tempo fa, con quell’uomo al mercato”
“Quello
che guardava troppo? Non è educato fissare.”
Le
due amiche si misero a ridere abbracciandosi.
Avevano
idee e modi differenti eppure non sarebbero potute stare l’una
senza l’altra e ciò era risaputo in tutto il borgo.
Molti si chiedevano come potesse esistere un’amicizia tale tra
due caratteri notevolmente opposti.
Al
contrario di Gin, Zelda non era amata da molte persone, il più
delle volte si trattava di falsi sorrisi regalati per convenienza, a
cui lei si era abituata con il tempo, vivendo la sua felicità
con chi veramente le voleva bene.
“Zelda,
dopo ti devo mostrare una cosa che mi ha dato Willow, penso ti
interesserà molto”
“Si
tratta forse di una delle leggende del regno?” le chiese
incuriosita.
“Più
di una leggenda, probabilmente.” rispose, lanciandole uno
sguardo complice, subito ricambiato dall’amica.
I
cancelli cominciarono ad aprirsi e le due ragazze avanzarono,
immergendosi nella folla.
In
breve tempo i cancelli furono oltrepassati dalla moltitudine di
ragazzi che frequentavano la scuola e al momento di entrare, un
attimo prima passare l'enorme portone, Gin si sentì trascinare
via bruscamente dietro una delle colonne dell’edificio.
Non
riuscì ad articolare alcun suono e, d’altro canto,non
avrebbe potuto neanche volendolo, poiché dopo poco si ritrovò
una mano a tapparle la bocca.
Il
suo cervello non riusciva a formulare nessun pensiero razionale e la
paura faceva dimenare smodatamente il suo corpo, nel tentativo di
liberarsi, ma senza ottenere risultati.
D’improvviso
si sentì girare e ciò che inizialmente apparve ai suoi
occhi, non servì a rassicurarla. La figura nascosta sotto il
mantello che, fino a poco tempo prima, si aggirava nel borgo, si
palesava dinanzi a lei, stringendola senza lasciarle alcuna via di
scampo.
“Chi
sei?” chiese spaventata.
“Non
avrei voluto fare brutta impressione, signorina...” rispose una
voce maschile, che Gin parve riconoscere.
L’uomo
si tolse il cappuccio e alzò lo sguardo, mostrando alla
ragazza due profondi occhi ambrati.
“Tu...”
“Sì
sono Brumir…non era mia intenzione spaventarti, speravo di
incontrarti...” le disse sorridendo.
Gin
non riusciva a realizzare ciò che stava succedendo e presa
dall’impulso diede un sonoro ceffone al viso del soldato…
“Va
bene me lo sono meritato” enunciò lui, massaggiandosi la
guancia con una mano, senza abbandonare il suo sorriso.
“Puoi
ben dirlo.” rispose lei, stizzita “Questo non è
incontrare una persona, questo è rapirla… tu ...sei
matto...”
Lui
scoppiò a ridere e prendendole la mano le disse: “Rapire
mi sembra esagerato, sei ancora qui, sana e salva anche se…
posso darti ragione sull’essere matto… insomma sono
letteralmente scappato dai miei doveri di soldato per venire fin
qui...”
Gin
lo guardava incredula, indecisa se tirargli un altro schiaffo e
scappare dentro la scuola oppure perdonarlo e rimanere a
chiacchierare, ignorando i propri doveri, come lui aveva fatto per
lei.
“Mi
perdoni, signorina, per averla spaventata...ma non posso che essere
felice per averla trovata...”
A
seguito di quelle parole, Brumir, baciò, con riverenza, la
mano della giovane e ammirò i suoi occhi smeraldini, persi
nella dolcezza di quel gesto.
Fine
quinto capitolo.
Ed
eccolo qui, il quinto capitolo, dopo un lungo periodo di assenza.
Abbiamo conosciuto due
personaggi (Ilene e Zelda) ed è ritornato un piccolo
soldatino… (oserei dire che sta partendo una minuscola ship).
Non
c’è molto da spiegare direi, spero, come sempre, che il
capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chi spende tempo per questo
raccontino.
Prima
di lasciarvi vi chiedo: dopo cinque capitoli, quale parola usereste
per descrivere Gin?
Un
caldo abbraccio e alla prossima.
|
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