L'uomo giusto

di mart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Salve a tutti! dopo 3000 anni che non aggiorno e non aggiungo una storia, ecco qui la fic che ho scritto per il concorso indetto da gaara4ever: " Choose a sentence and start to write just what you dream!"
Mi congratulo in ritardo con le altre concorrenti e spero di avere da coloro che leggeranno questa storia un piccolo commento su di essa!! grazie mille baci^w^



Capitolo1- Mentiamo a noi stessi perché la verità ferisce amaramente.

A 26 anni la vita ti appare splendida: hai un lavoro che ti permette di pagare l’università, un appartamento che condividi con la tua amica del cuore e un ragazzo bello e intelligente con cui sei fidanzata da 3 anni. Non sai però che la tua vita può cambiare da un momento all’altro, e questo, alla nostra protagonista, accadde quando…

Ore 6.59, Londra
Il quadrante della sveglia, posata sul comodino di fianco al letto, segna le 6.59. Un solo e misero minuto, prima che la solita routine ricominci. Ti alzi, ti vesti, metti a posto la camera, mangi e poi ti dirigi verso il bar in cui lavori per pagarti gli studi.
7.00. Il fastidioso suono, ripetuto fino all’esaurimento, inizia a riecheggiare nella stanza, ed è in quel momento che vorresti continuare a rimanere a letto, ma non puoi! Il dovere chiama!
Allungo un braccio e a tentoni raggiungo il pulsante che terminerà quella rottura, poi, con un grande sforzo, scosto le coperte e inizio ad allungarmi per riprendermi dalla bella dormita.
È ora di alzarsi!
Mi siedo sul letto con un po’ di fatica, stropiccio gli occhi verdi e le prime luci del mattino mi inondano. La mia stanza, illuminata solo dalla luce di una delle due finestre, sembra un soffice rifugio rosso e rosa. Anche se padroneggiata da colori vivaci, è armoniosa e tranquilla: il copriletto rosso fa contrasto con le pareti di quel rosa che caratterizza anche la mia capigliatura, gli scaffali della libreria, posta su una parete della stanza, traboccano di libri, e la scrivania, in mezzo alle due finestre, ospita tutti i miei averi, tra cui il prezioso computer e le due foto poste su uno dei bordi.
La prima, incorniciata da una cornice azzurra arricchita da piccoli fiori del medesimo colore, mi raffigura nel giorno del diploma, abbracciata alle mie due migliori amiche: Ino ed Hinata.
Fu scattata a Tokyo. Il paese e la famiglia che lasciai per trasferirmi a Londra, dove mi sarei specializzata in medicina e dove avrei incominciato una nuova vita.
La seconda fotografia, posta in una cornice rossa vivacizzata da cuori fucsia, raffigura me e lui: Sakura Haruno e Sasuke Uchiha.
Ci incontrammo esattamente il 23 settembre, il ventiduesimo compleanno di Ino.
Avevamo festeggiato tutto il giorno: prima a fare shopping tra la Oxford Street e la Regent Street (Ino andò in iperventilazione alla vista di tutti quei negozi, mentre Hinata quasi svenne dal lungo sforzo di stare dietro alla furia bionda!) poi, pranzo da Cipriani, dove sborsammo una fortuna, e infine cena da Gordon Ramsay.
Quella sera indossammo i vestiti da sera che avevamo comprato quella mattina: Ino, con il suo vestito viola super scollato di Prada, Hinata, sembrava un angelo con indosso il vestito azzurro e bianco, ed io, puntai su uno dei famosi vestiti rossi di Valentino. Non che volessi l’attenzione di tutti puntata su di me, ma non appena entrammo nel lussuoso ristorante ero sicura di aver visto alcuni sguardi puntarsi su di noi.
Mi ricordo ancora quella strana sensazione quando incontrai quegli occhi freddi come il ghiaccio, ma profondi e caldi come una notte d’estate senza stelle. Rimasi lì imbambolata a fissare quel corpo mozzafiato fasciato da una pregiata giacca nera, una camicia bianca e pantaloni eleganti del medesimo colore della giacca “Sakura!” quel richiamo mi destò da quel meraviglioso sogno. Che figura di merda! Distolsi immediatamente lo sguardo, sicura di aver visto un leggerissimo ghigno divertito stanziato su quel viso divino.
Un bel cameriere elegante mi scortò al mio posto e in quel momento un sospiro di sollievo uscì dalla mia bocca: fino a quel momento non ero sicura di poter raggiungere il tavolo, colpa dell’agitazione e di quell’insopportabile tremolio alle gambe.
“Wow!”esclamò la festeggiata osservando qualcosa dietro alle mie spalle “Che figo! Ho fatto bene a mettermi questo vestito. Quel tipo mi sta mangiando con gli occhi!” disse continuando ad ammiccare a qualcuno seduto pochi tavoli da noi.
Mi voltai con la speranza che non fosse lui, ma invece i miei occhi si puntarono sul profilo freddo e presuntuoso del ragazzo che poco prima l’aveva così tanto affascinata.
Continuai ad osservarlo, incurante del fatto che se si fosse voltato nella mia direzione mi avrebbe beccata in flagrante.
Fortunatamente mi salvò la voce vellutata del cameriere “Signorine, cosa vi posso portare?”

La cena proseguì tranquilla: il lungo elenco di regali di Ino, commentati uno per uno, l’arrossire di Hinata ogni volta che il cameriere interveniva per riempire i bicchieri di vino e il lungo silenzio, spezzato da poche osservazioni, da parte mia. Con la coda dell’occhio cercai di nuovo quello sguardo pece, ma sfortunatamente era impegnato a seguire un discorso di un vecchio uomo posto alla sua destra.
All’improvviso le luci divennero soffuse e una leggera musica, prodotta molto probabilmente da un piano, aleggiò nel salone paralizzando tutti gli ospiti. La pista da ballo, uno spiazzo al centro del salone, iniziò ad ospitare i primi ballerini, che graziosamente, si muovevano lenti al ritmo di quella dolce melodia. Mi soffermai sulla coppia anziana che si muoveva calma sulla pista: lei completamente abbandonata tra le braccia del compagno e lui la guardava come se fosse la cosa più bella e preziosa della sala. Era così che mi vedevo tra 50 anni?
“Mi scusi!” mi soffiò il bel cameriere, ora chinato leggermente su di me “Mi hanno chiesto di riferirle un messaggio: Sto arrivando!” disse perplesso, voltandosi e andando velocemente ad un altro tavolo. Non riuscii neanche a formulare una domanda su quell’insensato messaggio, che un leggero tocco mi sfiorò la spalla. Mi voltai e arrossii immediatamente, non appena mi accorsi del bellissimo ragazzo che mi fissava serio. Mi porse una mano senza dire una parola, ma intuii subito che voleva portarmi da qualche parte. Era un tipo misterioso e silenzioso, ma in quel momento non mi importava, ero troppo impegnata ad ammirarlo per pensarci. Mi accompagnò sulla pista da ballo e da quell’unico ballo che mi concesse, capii subito che avremmo condiviso qualcosa. Una valanga di pensieri, uno più sconcio dell’altro, mi allagarono la mente e il rossore si impossessò delle miei guance. Mi strinse tra le sue braccia e lentamente iniziò a muoversi, portandomi con se.
Rimanemmo in silenzio per tutta la durata della canzone: io ero troppo agitata per formulare una semplice frase e lui non aveva la minima intenzione di parlare. Solo alla fine della canzone, nel momento in cui mi abbandonò sulla pista da ballo, mi diede il suo biglietto da visita: Sasuke Uchiha, seguito da un numero e una frase “Chiamami al più presto. Vorrei che mi concedessi un altro ballo!”
Rimasi stupita da quella frase, ma soprattutto dal fatto che quando alzai il capo per incontrare di nuovo il suo sguardo, lui era già sparito senza lasciare traccia.
Ovviamente lo richiamai, anche se molto imbarazzata, ricevendo in cambio un bell’appuntamento.

Siamo insieme da 3 anni e non avrei mai pensato che da quell’incontro sarebbe nato questa bellissima relazione, giunta al passo successivo: la condivisione. Era già da un po’ che l’idea mi frullava in testa, ma se all’inizio ero un po’ titubante dal fatto di doverglielo dire, ora mi sento più libera e sicura visto che lui ha accettato.
“Fronte spaziosa” la voce di Ino irruppe nei miei pensieri, facendomi ritornare nel mondo reale “non dovresti andare?” mi chiede perplessa, mentre entra nella mia stanza.
Le 7.15, lampeggiano spavalde sul display della sveglia e inorridita corro in bagno a cambiarmi. Sono in ritardo!

Il ticchettio dei tacchi a spillo terminò non appena arrivò all’appartamento di Sasuke Uchiha, avvicinò il dito al campanello, ma come se sapesse già del suo arrivo, il padrone di casa spalancò la porta trascinandola dentro.
Un bacio calò sulle sue labbra, eliminando il tentativo di chiedergli spiegazioni di quello strano comportamento. Rispose al bacio, sapendo già che sarebbe terminato presto. Lui non l’amava. La usava come sfogo! Quando il lavoro andava male, quando litigava con la sua ragazza, quando qualcosa andava storto: era lei il rimedio. Tutti i suoi istinti sfogati, tutto il dolore neutralizzato e tutto l’amore scompariva non appena appoggiava quelle labbra maledette sulle sue. L’aveva infangata con la sua bellezza e ipnotizzata con gesti ammaliatori: l’aveva trasformata in una puttana, ma soprattutto in una traditrice.
Con uno strattone le strappò la camicetta azzurra, scoprendo il seno racchiuso in un delicato abbraccio di pizzo. Le tolse gli indumenti con foga, rubandole alcuni gemiti quando le morsicò il collo candido. Avrebbe dovuto terminare quella tortura già da tempo, ma come puoi eliminare dalla tua vita la persona che, nonostante tutto, ami? Completamente nuda la trascinò sul letto, la coprì con il suo corpo possente, esiliandola in quel mondo così piacevole ai sensi, ma letale per la sua mente. Segnando l’inizio della sua fine.

“Sakura!” mi voltai verso TenTen, distogliendo lo sguardo dai biglietti delle ordinazioni “ Prima che te ne vada, bisogna prendere le ordinazioni al tavolo 5”
Munitami di penna e blocchetto, mi avvicinai al tavolo 5. Tra qualche minuto avrei lasciato il bar per fare una sorpresa a Sasuke. Un sorriso si dipinge sul mio volto ”Cosa vi porto?” domandai entusiasta, aspettando con trepidazione il momento in cui mi sarei presentata al suo appartamento.
“Ten!” esclamai pochi minuti dopo, posando il foglietto delle ordinazioni sul bancone “Devo scappare! Ciao!” la salutai prendendo le mie cose e correndo velocemente fuori dal bar, prima che mi chiedesse qualche altro favore.
Corsi verso la Smart posteggiata davanti al bar e salitaci, partii oltrepassando un semaforo quasi rosso. Alzai il volume della radio e subito una canzone allegra e vivace riempì la piccola auto, aumentando la felicità e l’eccitazione dell’attesa.
Incominciai a ridere senza motivo.

A 16 anni quando il ragazzo di cui mi innamorai mi rifiutò,
mia madre mi disse che molto spesso l’amore gioca brutti scherzi.
Un giorno avrei trovato l’uomo giusto. L’ho trovato, il punto è:
io sono la donna giusta per lui?



Parcheggiai davanti al suo palazzo, scesi dalla macchina e corsi all’interno della palazzina. Incominciai a salire le scale a gran velocità, giungendo ben presto a destinazione. Molto probabilmente avevo ancora quel sorrisino idiota che intravidi specchiandomi nello specchietto della macchina. Trovate le chiavi, aprii la porta dell’appartamento.
Le persiane, ancora abbassate, mi permisero a mala pena di vedere dove andavo. Urtai per ben due volte su quello che sicuramente era un tavolino, ma il più silenziosamente possibile, mi avvicinai alla sua camera dove sicuramente stava dormendo.
Sentii dei mugugni provenire dalla sua stanza, ma con la mente inebriata dall’eccitazione a dalla sorpresa, non me ne preoccupai, avanzando di soppiatto verso quella porta semiaperta.
Riuscivo a scorgere parte del letto e le lenzuola, che nella penombra parevano grigio scuro più che un bianco lucente.
Fu proprio su quelle lenzuola, quando aprì lentamente la porta, che vidi tutto quello che non avrei mai voluto vedere. “Sasuke” sentii quel nome sospirato in preda ad una forte eccitazione, seguito da un gemito dovuto a una spinta più decisa. Ero infuriata. Disgustata. Spaventata. Vuota. Il cigolio della porta sembrò far percepire la mia presenta, visto che entrambi mi guardarono come se fossi la bestia più terrificante sulla faccia della terra, mentre in quel momento, mi sentivo come quella più insignificante. Sasuke. Ino. Persone che credevo vicine e invece erano lontane e irraggiungibili più che mai, le persone che mi avevano fatto credere nell’amore e nell’amicizia, quelle stesse persone di cui mi fidavo cecamente, le più importanti della mia vita, ma che mi avevano tradita infrangendo quei valori per me fondamentali.
Me ne stavo lì, sul ciglio della porta ad osservarli inerte. Una patina trasparente e liquida mi annebbiò la vista, ma non me ne preoccupai. Mi era utile per non vederli chiaramente. Fu quando sentii delle lievi gocce scivolarmi sulle guancie e dei singhiozzi uscire dalle mie labbra, che mi resi conto di piangere. Sasuke si era scostato immediatamente dal corpo di quella bellissima ragazza bionda e, dopo essersi coperto, mi raggiunse lentamente. Riuscivo a scorgere quell’espressione molto familiare di fastidio, che appariva solo quando si trovava nel torto ma non aveva intenzione di ammetterlo. Con calma mi sfiorò un braccio ma, quando compì quel gesto, mi ritrassi spaventata e disgustata. Più che una carezza assomigliava a uno schiaffo.
Nessuna traccia di pentimento, solo la giusta dose di freddezza in quegli occhi neri come la morte.
Ora si era coperta anche Ino, ma non mi accorsi di lei finché non si avvicinò a Sasuke e sussurrò il mio nome “Sakura”
Era tutto reale. Non mi sarei risvegliata nel mio letto, aspettando la colazione.
Scoppiai di nuovo in lacrime, ma questa volta fuggii da quell’appartamento, fuggii da loro, fuggii dalla mia vita.
La pioggia, come se qualcuno avesse voluto punirmi in qualche altro modo, si abbatté su di me come se volesse ferirmi, come se quel pulsante dolore al cuore non fosse già abbastanza.
Mi scontrai con diversi ostacoli, ma non ne tenni conto. Mi fermai solo quando non sentii più la pioggia sul mio corpo, ma solo lacrime amare che ancora scendevano dai miei occhi. Ero alla fermata degli autobus.
Sulla panchina, una giovane donna con degli strani codini mi fissò per un attimo. Dovevo avere un aspetto orribile. Premetti una mano sui capelli fradici e asciugai con l’altra le ultime lacrime che mi solcarono il viso. Era una bella ragazza: le lunghe gambe, fasciate da un collant, ricadevano accavallate l’una di fianco all’altra, le formose curve erano visibili dalla profonda scollatura del cappotto pesante e infine, come due profonde pozzanghere, gli occhi acquamarina mi fissavano come se sapesse cosa mi fosse successo.
Mi strinsi le braccia intorno al petto, stringendo tremante il cappotto e schivando lo sguardo acuto che mi penetrò l’anima. “E’ un bastardo!” proferì all’improvviso la ragazza, spostando lo sguardo verso un punto lontano “Cosa ti ha fatto?” mi domandò, continuando ad osservare quel punto.
Non sapevo cosa rispondere, stava parlando con me?
Fu allora che gli occhi acquamarina mi colpirono un'altra volta “Beh…m-mi ha…tra-tra..” balbettai.
“Ho capito!” disse schietta, interrompendo il mio tentativo di spiegarle cosa fosse successo “La conosci?” mi chiese riferendosi molto probabilmente ad Ino.
“S-si” proferii abbassando lo sguardo.
“Sei molto bella! Deve essere davvero uno scemo!” enunciò cambiando sensualmente l’accavallamento delle gambe e indicandomi con la mano il posto libero al suo fianco. Titubante mi avvicinai alla panchina e mi sedetti vicino alla ragazza. I nostri occhi si incontrarono nuovamente “Devi sempre lottare per tenerti stretto un uomo, soprattutto se lo ami!”
Il fragoroso rumore di un autobus interruppe l’atmosfera tranquilla, instauratasi tra le parole della giovane e il leggero scrosciare della pioggia. Un sorriso ammorbidì le labbra rosse, seguito da un occhiolino che mi rivolse. La osservai alzarsi: occhi da felino e fierezza da leone, il tutto assemblato per creare quella donna dalla bellezza selvaggia. Il pullman si fermò proprio davanti a lei e nel momento in cui pensai che stesse per salire, un bell’uomo scese dal veicolo salutandola con un bacio a fior di labbra.
Ammetto di averla invidiata un po’. “Devi sempre lottare per tenerti stretto un uomo, soprattutto se lo ami” quelle parole mi ritornarono in mente e in quel momento la determinazione e la grinta mi avvolsero, facendo resuscitare la parte di me che si era frantumata.
Ripercorsi sotto la pioggia la strada che aveva accolto le mie lacrime, che questa volta, invece, ospitava un tenue sorriso di determinazione.

La verità è che lo amo troppo. Non importa che cosa sia successo! Di sicuro è colpa di quella stronza
di Ino. L’avrà adescato come fa con tutti gli uomini.
Non è colpa mia.
Non è colpa di Sasuke.

Quando bussai all’appartamento di Sasuke e lui venne ad aprirmi, il sorriso, che poco prima aleggiava sul mio viso, sparì nell’istante in cui lo vidi.
L’espressione leggermente infastidita si stagliava sul suo viso come una brutta escoriazione o un enorme brufolo. Rimanemmo a fissarci per pochi secondi, prima che lui si spostasse per farmi entrare. Mi appoggiai sul divano bianco del salotto e subito mi chiesi se avessero contaminato anche quello. “Sakura, Ino non significa niente per me” mi disse prendendomi di sorpresa.
“Se non è così importante, perché hai fatto sesso con lei?” gli domandai cercando di tenere a freno le lacrime. “Perché ero spaventato all’idea di fare un passo così grande come la convivenza, ma ora ho capito che è ciò che voglio!” mi disse assumendo un espressione amareggiata. Gli credetti, eppure, qualsiasi persona presente a quella conversazione avrebbe potuto affermare con certezza, che Sasuke Uchiha era un bravissimo attore. Abbassai lo sguardo, ma lo sentii raggiungermi e passarmi un braccio intorno alla vita. Quello che seguì, fu un bacio carico di rimorso, perdono e desiderio.
Quelle labbra peccaminose bramavano me. Il desiderio mi inondò le membra e, cancellando i pensieri che vorticavano nella mia mente, mi abbandonai tra quelle braccia, accompagnate dalle carezze e dai baci che prima avevano sfiorato la pelle di un’altra donna.

Sbattei la porta del mio appartamento con tutta la forza e la furia che avevo in corpo. Per un attimo credetti che le pareti mi sarebbero crollate addosso.
Subito dopo Ino fece la sua comparsa. Sul suo viso non aleggiava l’abituale sorriso spensierato, ma una cupa espressione di terrore e di tristezza.
Erano passate poche ore da quando la vidi avvinghiata al corpo del mio ragazzo, ma gli occhi rossi e il trucco sbavato erano molto evidenti per non notarli.
“Sakura…io…” cercò di giustificarsi, stringendo le braccia intorno al corpo, come per proteggersi da qualcosa. Ma nonostante quella indifesa creatura tremasse davanti ai miei occhi glaciali, non riuscivo a provare un minimo di compassione per quella che era stata la mia migliore amica. Più che compassione, provavo solo una rabbia incontrollabile al pensiero dei sospiri fuoriusciti da quelle labbra e dei baci che aveva strappato a Sasuke.
“Sono venuta solo a prendere la mia roba” dissi in un tono così atono da poter sembrare quello di Sasuke, oltrepassandola e dirigendomi verso la mia camera “Me ne vado!” Presi la valigia da sotto il letto e c’infilai dentro un po’ di tutto: vestiti, scarpe, libri e la foto di me e Sasuke. Non feci neanche caso alla seconda cornice. “Sakura, ti giuro che non volevo” sussurrò Ino avvicinandosi e sfiorandomi leggermente un braccio, inconsapevole delle conseguenze che quel gesto avrebbe provocato “Non mi toccare!”urlai istintivamente sbarrando gli occhi verdi.
Mi ritrassi come se fossi stata toccata da un ferro incandescente, ma il mio sguardo era puntato sui suoi occhi azzurri, che mi osservavano tristemente.
“Scusa, Sakura devi credermi! Non avevo intenzione di…di…” proferì Ino, interrotta poi dalla voce rabbiosa di Sakura “Di fare cosa? Di scopare con il mio ragazzo? Di mentirmi? Di tenermi all’oscuro fin quando lui non avrebbe perso la testa per te?” chiusi la valigia con un colpo secco “La vuoi sapere una cosa?”aggiunsi, prendendo in mano la valigia e guardandola come se fosse la creatura più orribile del pianeta “Lui ama me e vuole che vada a vivere con lui!” esclamai, notando nella mia voce una punta di presunzione, come se avessi vinto il premio più ambito.
“Sakura, lui ti sta solo usando! È quello che ha fatto con me!” mi spiegò Ino, mentre io mi dirigevo verso la porta del nostro appartamento.
Mi voltai un ultima volta, stroncando definitivamente quel discorso inutile “Ah! Adesso mi sta usando! Bella trovata, Ino! Lui mi ama ed è colpa tua se è successo tutto ciò!” una lacrime scivolò dai miei occhi “Devi sempre rovinare tutto, ma non ti permetterò di mandare in frantumi tutto quello che ho sempre sognato. Addio!” la fissai con tutto il disprezzo che avevo, anche se alcune lacrime non avevano reso l’effetto desiderato. Mi voltai e uscii dall’appartamento, accompagnata dall’invocazione del mio nome.

Dopo una settimana la rabbia e il furore causati dalla spiacevole discussione con Ino era scemato, facendo spazio a un gran senso di disgusto.
Avevo fatto la mia scelta: avevo scelto lui! Ma in quella settimana le parole di Ino incombevano ad ogni sua carezza, ad ogni suo bacio, ad ogni suo sguardo. Non avevo intenzione di toccare QUELL’argomento, e neanche lui, considerando il fatto che ogni volta che aprivo bocca il suo sguardo si puntava immediatamente su di me, come se stessi per svelare il segreto più orrendo del mondo. Ero in quell’appartamento da due settimane, eppure, non avevo ancora disfatto le valigie. Avevo solo condiviso quel letto con lui, proprio come aveva fatto con Ino. Fu in un sabato mattina, che capii di essere stata una grande idiota. Più precisamente quando trovai, sotto al letto matrimoniale, un perizoma di pizzo rosso.
Mi sentii usata e nauseata da me stessa. Come avevo potuto essere così cieca? Come avevo potuto pensare che Sasuke mi amasse? Gli indizi erano più che evidenti: le chiamate senza risposta, gli appuntamenti rimandati per un importante riunione di lavoro e i regali costosi inviati per farsi perdonare qualcosa, di cui io ero tenuta all’oscuro. Ogni volta lasciavo perdere, anche se il gesto mi feriva molto. Riuscivo solo a dire a me stessa che con il tempo sarebbe cambiato tutto, ma non era la verità.

No, Sakura. Lui non è l’uomo giusto per te.
È anche colpa sua.
È un bugiardo.
Un traditore.
“Non è vero! Lui mi ama!”



Mentiamo a noi stessi perché la verità ferisce amaramente.


In quella settimana mi impegnai duramente nello studio per non pensare a come la mia vita si era dimostrata un totale fallimento, soprattutto dal punto di vista sentimentale, ma i risultati non furono dei migliori. La discussione che ebbi con Sasuke la sera prima non mi liberava la mente, e la pazza idea di fuggire mi ronzava in testa già da un bel po’.
“Sasuke!” esclamai dalla cucina, sentendo la porta dell’appartamento sbattere. Mi affacciai sul salotto, mentre lui posava la 24 ore sul divano e allentava il fastidioso nodo della cravatta.
“Ciao!” sussurrai attirando il suo sguardo su di me. Percepii immediatamente il fastidio nei suoi occhi, forse dovuto all’interruzione del silenzio che amava tanto.
“ È successo qualcosa al lavoro?” gli chiesi non badando al suo sguardo. “ Mio padre ha deciso di affidare la gestione dell’impresa ad Itachi!”
Itachi. Sapevo quanto Sasuke amasse profondamente suo fratello e sapevo anche del suo desiderio di diventare come lui per conquistare l’orgoglio del padre. Mi avvicinai al divano, dove si era seduto, e toccandogli lievemente un braccio cercai di consolarlo “Sasuke, tuo padre ti vuole bene e…” ma le mie parole furono subito interrotte dalla voce furente di lui “Non iniziare con queste cretinate! A mio padre non gl’interessa niente dei suoi figli, per lui è importante mettere in buone mani l’impresa di famiglia! Come puoi essere così stupida!”
Mi morsicai il labbro inferiore, trattenendo le lacrime. Come poteva dirmi quelle cose?
“E ora non iniziare a frignare, sai quanto odio le persone deboli!” mi ringhiò, alzandosi dal divano e dirigendosi verso la camera da letto.
Ecco cosa sono: una stupida debole frignona. Le nocche delle mie dita erano diventate bianche a furia di stringere la maglietta. Piccole gocce caddero sulla maglia creando piccoli aloni scuri.
Fuggire sarebbe stata la soluzione ideale.
Quel sabato mattina la mia vita avrebbe preso una svolta drastica: valige pronte, un biglietto di addio e il cappotto addosso.
Addio Sasuke.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Eccovi il secondo capitolo! scusate per l'immenso ritardo, ma anche se è arrivata l'estate sono iperimpegnata!! volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto il primo capitolo e rassicuro tutti coloro che seguono "elegance"! sono in iperritardo, ma ho deciso di risistemarla un po', perchè dopo averla riletta mi sono venuti i brividi dall'abominio che ho scritto!
Prometto che molto presto l'aggiornerò, bacioni!


Capitolo 2 -Solo quando incontri la persona giusta ti accorgi di come il passato ti avesse ingannato gli occhi. È un attimo, tutto cambia colore, si illumina e prende vita.


Se avevo bisogno di qualcuno con cui sfogarmi e mi desse dei consigli, la persona che faceva al caso mio era Hinata Hyuga: altruista, bella, intelligente e simpatica nella sua timidezza. Insomma, una persona d’oro. Viveva in un appartamentino vicino a villa Hyuga, la residenza d suo padre, non molto distante dall’appartamento di Sasuke.
Mi accolse a braccia aperte, come sempre d’altronde, e mi chiese anche di rimanere lì per un po’. Sapeva tutto. Riuscivo a capirlo dal rossore che imporporò le sue pallide guance quando mi presentai a casa sua. Quando mi nascondeva qualcosa, i sintomi erano sempre gli stessi: rossore, balbettio e contorsionismo delle mani. Proprio quello che stava accadendo in quel momento.
“Te l ha detto Ino?” chiesi osservando i suoi splendidi occhi grigi spalancarsi “g-già!”
“Come sospettavo! Beh Ino e Sasuke hanno fatto sesso selvaggio nel letto in cui avrei dovuto passare delle notti magiche in compagnia del mio unico, vero amore!” spiegai sarcastica, cercando di tranquillizzarla con un lieve sorriso.
“Mi dispiace!” disse prendendo dalle mie mani la valigia, dirigendosi verso la camera degli ospiti “Sono sicura che Ino si sente terribilmente in colpa! Q-quando mi ha telefonato era sconvolta!”
“Il suo stato d’animo non è affare mio!” dissi contrariata dal troppo interessamento sui sentimenti di Ino.
“Sakura, siamo amiche da più di 10 anni, è normale commettere degli errori. Sai anche tu che se non ci fosse stata Ino, molto probabilmente ce ne sarebbe stata un’altra! Sasuke ottiene sempre ciò che vuole!” preferì con convinzione, appoggiando la valigia sul letto.
“Hina, non ti facevo così scettica nei confronti di Sasuke!” esclamai, stupita da quelle parole così lontane dall’abituale suono dolce.
“L’amore ti aveva offuscato la vista. Lo ami ancora?” mi domandò, voltandosi a guardarmi.
“Forse si…ma non come prima.” Risposi sicura, passandomi una mano tra i capelli rosa e tenendo lo sguardo basso. Mi accorsi dell’avvicinamento di Hinata solo quando il dolce profumo di lavanda dei suoi lunghi capelli scuri mi inebriò le narici, e le sue braccia si avvinghiarono al mio corpo in un dolce abbraccio.

I tacchi a spillo delle hostess producevano un ticchettare continuo, distinguibile nonostante il vociare di milioni di persone, leggeri ma veloci passi caratterizzavano le comode scarpe da tennis dei vacanzieri, mentre le eleganti e costose calzature accompagnavano i lavoratori verso una meta lontana. Milioni di persone con una storia diversa dalla mia, con una differente destinazione, con uno scopo dissimile.
Il mio scopo? Allontanarmi da lui, distaccarmi dalla solita e abituale routine.
La cucina di Hinata era uno dei luoghi che preferivo maggiormente: accogliente, elegante e allo stesso tempo intima. Il posto ideale in cui amavo confidarmi, ascoltare e consigliare.
Fu proprio in quella cucina che confessai alla padrona di casa di aver pensato di allontanarmi da Londra.
“È una buona idea!” mi incoraggiò Hinata la sera prima, voltando le spalle al lavandino pieno di piatti, sorridendomi amorevolmente “Hai già deciso dove andare?”
“Beh, non saprei” proferii pensando ad un posto adatto per dimenticare la tragica esperienza “Stavo pensando alla Francia! Potrei sempre incontrare un francesino che mi consoli.”
“No, la Francia è esclusa! Il cibo è pessimo e i Francesi sono così altezzosi” mi confidò, ottenendo in cambio una mia risata “Ti consiglierei Tokyo, più precisamente ad Akishima.”
Il silenzio s’ insinuò nella stanza. Non vedevo i miei genitori da due anni.
“È un ottima occasione per andare a trovare i tuoi genitori, è da molto che non li vai a trovare!”

Fu così che mi ritrovai in quel grande edificio, con una valigia e un biglietto rimborsabile per Tokyo, nel caso in cui avessi cambiato idea.
Decisi di aspettare. Avevo bisogno di incoraggiamento, di un altro buon motivo per partire. Mi sembrava sciocco lasciare un paese per un uomo.
Mi sedetti velocemente in un posto libero, l’unico disponibile. Pochi minuti dopo, con l’aereo per la Francia, il vicino mi diede l’occasione di appoggiare la borsetta sul sedile ed avere più spazio.
Italiani, Francesi, Indiani, Americani. Diverse lingue, differenti tradizioni e costumi distinti riuniti sotto un unico edificio. Era affascinante il chiassoso vociare di tutte quelle persone, interrotto ogni tanto dalla voce proveniente da un altoparlante “Il signor Michael Jones è invitato a presentarsi al banco informazioni, grazie.”
“Forza Maria, perdiamo l’aereo!” urlò un uomo sulla cinquantina rivolto alla moglie che, a causa della troppa mole, lo seguiva a fatica.
Mi venne subito in mente il viaggio in Italia con Sasuke: il continuo chiasso di Napoli, l’estrema bellezza di Venezia, il bellissimo mare della Sardegna e i gustosi piatti siciliani.
Abbassai lo sguardo cercando di levarmi dalla mente l’immagine del suo sorriso illuminato dal sole delle spiagge sarde, ma non occorse, perché un altro sorriso si sovrappose al suo, e quest’ultimo era più vivido e più reale che mai. “Scusa, è libero?” una voce profonda, ma allo stesso tempo allegra e solare m’invogliò ad alzare lo sguardo sul suo proprietario, molto probabilmente americano dato l’accento.
Alto, fisico atletico, capelli biondi leggermente scompigliati, occhi celesti da fare invidia al cielo estivo e un sorriso semplicemente incantevole.
Non so per quanto tempo rimasi lì a rimirarlo, sta di fatto che dopo un po’ mi rifece la stessa domanda, leggermente seccato “Ehm, allora posso sedermi?”
“C-certo!” balbettai, imbarazzata per essermi fatta beccare, spostando la borsa e facendolo accomodare.
“Mi chiamo Naruto Uzumaki!” si presentò, porgendomi la mano. Rimasi a guardare quello splendido sorriso per un attimo ancora, prima di balbettare il mio nome.
“Dove sei diretta?” mi chiese curioso, sistemando la valigia davanti a se “A Tokyo” risposi più calma “E tu?” domandai, mentre i suoi occhi si posavano sui miei.
“Wow! Che coincidenza! Anche io devo andarci! Sai è il compleanno di mio zio Jiraya e volevo fargli una sorpresa…” mi spiegò. Peccato che non ascoltai una sola parola: continuava a gesticolare animatamente, come se stesse raccontando un episodio davvero divertente, e mentre faceva ciò, potevo benissimo notare i suoi occhi vivacizzarsi ad ogni parola “…ed è per questo che nonna Tsunade ed io lo chiamiamo Ero-sennin. Ehi, mi stai ascoltando?” mi chiese, avvicinandosi al mio viso e scrutandomi, poco convinto della mia attenzione.
“C-certo che ti stavo ascoltando!”mentii, portandomi una mano dietro alla testa e sorridendo imbarazzata. Molto probabilmente in quel momento ero rossa come un pomodoro.
“Sei tutta rossa, c’è qualcosa che non va?” mi chiese avvicinando una mano alla mia fronte “Eppure non hai la febbre” affermò dopo averla toccata leggermente.
“N-Non preoccuparti!”
“Che strano!” disse, alzando leggermente le spalle e facendo finta di nulla. Con Sasuke ero abituata a venire capita immediatamente, solo leggendo l’espressione sul viso. Con Naruto era tutto il contrario: lui cambiava umore ogni due secondi e io ero troppo complicata per essere capita.
“Il signor Uzumaki è invitato a presentarsi all’imbarco…” di nuovo quella voce all’altoparlante.
“Ah, già! Me ne stavo dimenticando. Meno male che ho chiesto al centro informazioni di avvisarmi” disse alzandosi, afferrando la valigia.
Rimasi leggermente stupita: come puoi dimenticarti di prendere l’aereo all’AEROPORTO?
“Non vieni?” mi domandò a pochi passi da me, raggiunto poco dopo dal mio corpo e dal mio sorriso.

Sull’aereo il destino ci separò. Lo salutai con un cenno della mano, non sapendo cosa dirgli e lui fece altrettanto, illuminandomi con un sorriso. Quando raggiunsi il mio posto, però, notai che una donna, estremamente pallida e con la mano stretta in quella del vicino, occupava il mio posto.
“Ehm, scusi!” dissi, richiamando l’attenzione su di me “quello è il mio posto!” dissi indicando la signora.
“Signorina, mia moglie soffre il mal d’aria! Le dispiacerebbe prendere il mio posto?” mi chiese agitato.
“No, non c’è nessun problema!” esclamai gentilmente, dirigendomi, dopo aver saputo il numero, alcuni posti più in là. “A7!” seguii i numeri con attenzione e quando raggiunsi la mia postazione, il mio cuore si fermò per un minuto “Naruto!”
“Con questo direi di aver trovato la donna della mia vita! Il destino vuole così!” a quell’affermazione arrossii, ma riuscii a nasconderlo mettendomi seduta al posto che mi spettava.
Durante quel viaggio mi ritrovai a raccontare della mia vita, e ad ascoltare con attenzione quella di Naruto. Mi sembrava di conoscerlo da anni: come se tutto fosse nato su quell’aereo. Come se ciò che avevo vissuto fino a quel momento fosse svanito nel nulla, nell’istante in cui incontrai i suoi occhi celesti. Mi raccontò della sua vita, di come aveva perso i suoi genitori all’età di 3 anni e di come era cresciuto, accudito dalla nonna. Pensai a quanto fossi stata egoista e stupida, a piangere e a disperare per uno stronzo come Sasuke, quando davanti avevo una persona che nonostante tutto mi sorrideva felice.
Mi raccontò delle sue avventure con Kiba (il cagnaccio bastardo) e Shikamaru (il misogino).
Non riuscii a distogliere gli occhi dai suoi. Ero tanto assorta, che non mi resi neanche conto dell’arrivo all’aeroporto di Tokyo!
Tokyo. L’arrivo. Questo significava non vederlo più, non ascoltare più i suoi aneddoti stupidi o la sua risata coinvolgente. Mi accorsi di non volermi separare da lui.
“Ehi, che hai?” mi chiese, mentre l’aereo si apprestava ad atterrare “Niente!” risposi prontamente osservando triste la pista di atterraggio.
“Mi dispiace, ma dopo tre ore in mia compagnia non puoi avere più segreti!”
“Ti dico che non ho niente!” risposi seccata. Quando insisteva era davvero insopportabile!
“Dai Sakura-chan!” brontolò, mettendomi il broncio come un bambino di due anni. Inaspettatamente, la mia reazione non fu quella che mi aspettavo: gli tirai un pugno, colpendolo su un braccio. Avevo colpito un ragazzo che conoscevo da appena tre ore! E dire che ero violenta solo con Ino, a cui ho dato il nomignolo di regina dei rompipalle.
“Ahi!” si lamentò, guardandomi con due occhioni da cucciolo ferito “Sakura-chan, non volevo farti arrabbiare!”
“Scusa, non volevo!” proferii, abbassando lo sguardo e arrossendo nuovamente in quella giornata.
“Allora mi puoi dire che cos hai!”
In fondo, quel pugno non era stata una cattiva idea per farlo star zitto.

Fino all’uscita dall’aeroporto si lamentò, e per far in modo che non gli arrivasse un altro pugno, cercava sempre di distrarmi con qualche battuta.
Un taxi si liberò davanti a noi, ma non l’avremmo preso. Odiavo gli addii.
“Siamo giunti al capolinea. C’è mio zio che mi aspetta” mi rivelò indicando un uomo con lunghi capelli bianchi e un viso piuttosto giovane per dimostrare 50 anni “Allora, spero di rivederti! Sarà il destino a farci rincontrare!”
Non sapevo cosa dire.
E se fosse lui l’uomo della mia vita? E se non l’avessi più incontrato?
“Non posso avere il tuo numero?” gli chiesi, sperando in un’affermazione, che non sarebbe mai arrivata “No, ma in cambio ti lascio con una promessa”
“Che promessa?” gli domandai curiosa, mentre il suo viso si rilassava in un sorriso. Essendo più alto di diversi centimetri, lo vidi chinarsi su di me, avvicinando il suo viso al mio.
“Ci rincontreremo…” mi sussurrò a pochi centimetri dalle mie labbra. Ero senza fiato e il bacio che mi diede me lo mozzò definitivamente. Un bacio leggero quasi a fior di labbra, contenente una promessa. Quando si allontanò dalle mie labbra, riuscii a sentire solo una frase prima che scappasse raggiungendo lo zio “…se il destino lo vorrà!”
Quel giorno avrebbe fatto invidia a chiunque. Soprattutto a Neji Hyuga: cosa puoi volere di più dalla vita oltre a un incontro con il tuo destino?

Akishima.
Nel mio paese d’origine c’erano due posti che mi erano mancati moltissimo: il parco e casa mia.
In primavera amavo passeggiare tra gli splendidi tulipani e gli eleganti gigli, odorare le bellissime rose e sfiorare le candide calle. Mi riposavo sempre sulla panchina accanto ad un folto salice e vicino al laghetto, dove solitamente nuotavano graziosi pesci rossi e qualche papera starnazzante. Ed è proprio qui che passai prima di dirigermi a casa: il salice aveva perso tutte le foglie e i bellissimi fiori erano stati sostituiti da rametti secchi e malinconici. Uscii immediatamente da quel luogo, così irriconoscibile in quel momento, dirigendomi verso il posto che fin dall’inizio mi aveva accettato incondizionatamente e accogliendomi sempre a braccia aperte. Casa mia era poco distante dal parco, circondata da strade trafficate e dai rumori della città. Il cancello di ferro racchiudeva al suo interno il piccolo giardino e una casa di medie dimensioni, provvista di portico. Era semplice e graziosa. Da quando me n’ero andata non era cambiata per niente, a parte il posizionamento di un dondolo vicino al melo.
Premetti il pulsante accanto al mio cognome e, pochi minuti dopo, la voce di mia madre mi domandò chi fossi. “Mamma, sono Sakura!” gli dissi, aspettando che mi aprisse il cancello.
La mia attesa durò poco, visto che la porta si spalancò all’improvviso, mostrando la figura di mia madre: una donna di mezza età, i capelli biondi raccolti in una coda bassa, gli occhi verdi spalancati per la sorpresa e il fisico asciutto avvolto da un maglione e da dei comodi jeans.
“Sakura!” esclamò venendomi incontro con un sorriso splendente.
Aprì il cancello e mi strinse in un tenero abbraccio, inebriandomi con il suo profumo e sussurrandomi “Sono felice che tu sia tornata”
Quando ci separammo, un sorriso era dipinto sulle labbra di entrambe e le parole uscirono spontanee “Mi sei mancata!”

Dopo due giorni passati con i miei genitori mi risentivo una diciassettenne problematica.
Avevo rivisto tutti i compagni delle superiori e quando ritornavo a casa, non perdevo l’occasione per criticarli in compagnia di mia madre.
C’era ancora qualcosa che mancava. A due giorni di distanza, mi ero accorta di essere stata una stupida per non aver insistito con quel numero di telefono.
“Sakura, è successo qualcosa?” mi chiese mia madre, troppo brava come osservatrice per poterle sfuggire la mia espressione triste “No, nessun problema! A proposito di vecchie fiamme, ho incontrato Sai!”
“Oh mio dio! Quel ragazzo era la vostra ossessione, tu ed Ino vi siete quasi ammazzate per uscirci!” esclamò, osservando mio padre salire le scale. Quando il discorso si trasformava da “generale” a “per sole donne”, mio padre se ne andava indisturbato, lasciando le donne da sole.
“Già!” risposi, abbassando lo sguardo verso la bistecca mangiucchiata. Se non fossero esistiti gli uomini a quest’ora sarei ancora con lei, rimuginai punzecchiando il cibo con la forchetta.
“È successo qualcosa con Ino?” possibile che per quella donna fossi un libro aperto? Rimasi stupita per un attimo. Non volevo raccontargli di Sasuke ed Ino, ma sapevo anche che, prima o poi, ne sarebbe venuta a conoscenza in un modo o nell’altro: mai sottovalutare il potere delle madri!
Così iniziai il mio racconto. “Questa sera dovresti uscire! Ti farebbe bene!” mi consigliò mia madre, appoggiando la sua mano sempre calda sulla mia “Potresti chiedere a Karin di accompagnarti a fare un giro!”
“Karin? Ma se non ci parliamo dalle medie!” risposi allibita, sbarrando gli occhi.
“È un ottima scusa per rimettere insieme il vostro rapporto!” rispose tranquillamente. Era inutile continuare a discutere! Quando mia madre si metteva in testa qualcosa, doveva essere fatta a tutti i costi, e se io quella sera sarei dovuta uscire, beh, sarei stata costretta ad uscire con il mio peggior nemico pur di svagarmi.
“Rock Lee!” esclamai all’improvviso “è in città?” chiesi speranzosa, guardando mia madre con occhi dolci. Tutto pur di non uscire con Karin. “Mi sembra di si!” mi rispose, portandosi una mano sul mento e pensando attentamente, mentre io facevo salti di gioia. “Ieri ho visto Gai togliere l’attrezzatura da escursione dal bagagliaio!”
“Bene, chiederò a lui!” proferii, catapultandomi a prendere il telefono e rubrica telefonica, per poi sparire nella mia camera.

Conoscevo Rock Lee dai tempi delle medie, eppure, nonostante fossero passati anni, il suo abbigliamento e la pettinatura non erano cambiati per niente: il caschetto folto era sempre abbinato alle folte sopraciglia, seguito dalla solita tuta verde con scaldamuscoli arancioni.
“Sakura, mi fa molto piacere rivederti!” disse mentre camminavamo lungo il marciapiede, diretti verso il pub che frequentavamo alle superiori “Mi sei mancata molto!”
Raggiungemmo il locale dopo 10 minuti, nei quali il mio compagno non smise un secondo di parlarmi delle sue escursioni e del suo duro allenamento con zio Gai.
Il “Black Sisters” era il ritrovo per tutti i giovani della città e in quel momento non riuscii a fare a meno di notare tutti i bei ragazzi presenti nel locale.
Peccato che colui a cui pensavo continuamente non ci fosse. La pista da ballo era già stracolma di corpi ondeggianti e i tavolini intorno alla pista emanavano gonfie nuvole di fumo e chiassose risate.
“Ehi, ti va di ballare?” propose urlando Rock Lee iniziando a muoversi, illuminato dalle luci psichedeliche “Ok!” Mi prese la mano e impaziente, mi trascinò in mezzo alla pista. Cominciò a ballare immediatamente, provando ad avvicinarsi ad ogni essere umano di sesso femminile, venendo poi rifiutato malamente.
Un ragazzo si avvicinò a me, ma mi allontanai non dandogli la possibilità di strusciarsi sui miei fianchi. Mi lasciai completamente andare alla musica, non badando alle dolorose scarpe con il tacco, che quella sera indossavo, e alle persone al mio fianco. Muovevo i fianchi a ritmo di musica, alternandolo con qualche passo e a qualche movimento delle braccia, ma qualcosa andò storto, visto che ad un tratto mi ritrovai scaraventata tra le braccia di uno sconosciuto.
Le urla di due ragazzi sovrastarono per un attimo la musica, e subito quelle braccia mi portarono fuori dalla massa, salvandomi dalle spinte e i colpi che ormai riempivano la pista. Ripresami dallo shock, alzai lo sguardo verso il mio salvatore e in quel momento non fui mai stata più felice di aver quasi partecipato a una rissa.
Un ragazzo biondo, con familiari occhi celesti, ora impreziositi da mille sfumature a causa delle luci, mi teneva tra le sue braccia “Naruto!”
“Lo dicevo io: siamo destinati!” proferii non distaccando gli occhi dai miei, mentre un sorriso faceva spazio tra le sue labbra. Sentii il mio cuore scoppiare dall’eccitazione e il caldo aumentare notevolmente “Visto che ho mantenuto la promessa!”
“Grazie!” gli dissi avvicinandomi al suo orecchio “Perché?” mi domandò, osservandomi perplesso.
“è una storia lunga. Ti dico solo che sei entrato nella mia vita nel momento giusto!”
Era così diverso da Sasuke: solare, sciocco, esuberante, divertente. Lo avevo pensato così tanto durante quei due giorni che, ad un certo punto, mi sembrava di sentire qualche volta la sua risata.
Non potevo essere innamorata, ma ero sicura che questa volta non sarei stata ingannata.
Non mi affidai al cuore, che aveva già sbagliato abbastanza, ma ai suoi occhi, così limpidi e sinceri.
Si avvicinò alle mie labbra lentamente, osservandomi negli occhi, calcolando ogni mio gesto.
Sfiorò la mia bocca con le sue labbra, avvolgendola in un perfetto e dolce bacio. Mi sentii piena di vita, come non lo ero mai stata, e solo allora capii di avere trovato colui che non mi avrebbe mai ingannata, che mi avrebbe illuminato la vita e che mi avrebbe amata veramente. L’uomo della mia vita.

Solo quando incontri la persona giusta ti accorgi di come il passato ti avesse ingannato gli occhi. È un attimo, tutto cambia colore, si illumina e prende vita.





FINE! Cosa ne pensate?? ringrazio Nana (che non sento da un bel po'!!) per aver recensito il primo capitolo e tutti coloro che hanno letto la mia storia
Alla prossima! Baci, Mart

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