Quando il gioco finisce

di A_GleekOfHouseStark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno strano trio ***
Capitolo 2: *** Cicatrici ***
Capitolo 3: *** La Lupa e il Drago ***
Capitolo 4: *** La Primadonna Nera ***
Capitolo 5: *** La Crudeltà del Leone ***
Capitolo 6: *** Il Risveglio del Drago ***
Capitolo 7: *** Il Comizio ***
Capitolo 8: *** Sangue ***
Capitolo 9: *** Lacrime Mai Versate ***
Capitolo 10: *** Ricordi ***
Capitolo 11: *** Direzioni ***



Capitolo 1
*** Uno strano trio ***


Uno Strano Trio

“Se quella rossa non gli leva le mani di dosso, giuro che l'ammazzo. E ammazzo anche lui per non averla allontanata.”
La bruta urlava, infastidendo gli altri presenti, tutti quelli che erano già defunti da tempo e non avevano mai visto turbata la calma di quello strano posto che li aveva accolti dopo la morte.
“Per tutti gli dei!” Esclamò Renly Baratheon “Si vede proprio che sei appena arrivata. Da quassù non possiamo fare niente, te l'ho spiegato circa una decina di volte.”
“Vorrei vedere te, rimanere calmo mentre il tuo Tyrell biondo si fotte qualcun altro.”
“Modera il linguaggio per favore.”
“Ho per caso urtato la sua sensibilità, Re-per-un-mese?” Replicò lei scherzando.
Renly fece una smorfia e se ne andò, lasciandola sola ad inveire inutilmente.
 
Ygritte, la baciata dal fuoco del popolo bruto, era morta a sud della barriera e come risultato si trovava insieme a tutti i lord e le lady deceduti di Westeros; c'erano anche i popolani, ma avevano paura di lei e del suo carattere non esattamente accomodante, quindi si tenevano saggiamente alla larga. L'unico a non guardarla con disgusto o timore era stranamente Renly Baratheon, un po' perché quella ragazza ammazzata quando era ancora piena di vita le faceva pena, un po' perché era tra i pochi a non disprezzarlo per la sua sessualità.
Appena arrivata, la bruta lo aveva visto mentre stava vegliando su Loras, il suo cavaliere che sembrava aver dimenticato troppo presto il suo unico vero amore, o almeno così lo chiamava quando era ancora in vita.
“È una cosa che si fa giù nel sud?” Gli aveva chiesto lei.
Renly non l'aveva sentita arrivare e si era quasi spaventato al suono improvviso di quella voce non familiare.
“Cosa?” Aveva esclamato il giovane.
“Uomini con uomini e… direi anche donne con donne.”
“Non si fa… Non si fa da nessuna parte.” Era arrossito lui.
“Andiamo, con quegli occhi non stavi semplicemente guardando il tuo compagno di banchetto.”
“È che non tutti accettano... questo. Quasi nessuno in realtà, dicono che sia peccato.”
“Wow, che grande esempio di civiltà dai grandi lord! Io non so se nel popolo libero sia mai successo, ma non lo troverei uno scandalo. Alla fine più persone rubi, più potente sei, indipendentemente da cosa hanno in mezzo alle gambe. Ma forse sono solo io a pensarla così…”
Renly era rimasto in silenzio, stupito dalle parole di quella ragazza coperta di pelli.
“Scusami, tu chi sei?”
“Ygritte, del popolo libero.”
“Morta oltre la barriera?”
“Davvero perspicace, lord?”
“Non lord, ma re. Re Renly della casa Baratheon.”
“Ma non dovrebbe essercene uno solo, di re? Sono qui da poco e ne ho già incontrati tre.” Aveva detto con tono sarcastico.
“Il signorino è stato uno dei tanti a Westeros.”
Era stato un uomo molto attraente dalla veste arancione ad aver interrotto la loro conversazione.
“Quanto hai governato? Un mese nella zona dell'altopiano?” Aveva chiesto poi ironicamente a Renly.
Ygritte era scoppiata a ridere.
“Ecco, su questo potrei prenderti in giro, sul fatto che il tuo è stato il regno più breve della storia. O per via di quella corona che sembra il diadema di una principessa di casa Lannister, non certamente perché preferisci andare a letto con gli uomini.”
“Conosci la casa Lannister?” Aveva domandato Renly con sorpresa.
“Sono ricchi e il rumore del denaro si sente ovunque, anche a nord della barriera.” Aveva risposto lei.
“Mi piace questa bruta.”  Aveva detto l’uomo indicandola “Furba e intelligente, anche se non sei proprio una lady d’alta classe. Permettimi di presentarmi: sono il principe Oberyn della casa Martell di Dorne.”
“Dov'è Dorne?”
“Il principato più a sud dei sette regni.”
“Un posto dove non cresce niente. Il luogo più adatto alla vita di una vipera.” Aveva aggiunto Renly quasi con disprezzo.
“Solo perché il tuo grande amore è un Tyrell non vuol dire che tu debba avere tutti questi pregiudizi. Potrei farti ricredere sulle vipere di Dorne.”
Il giovane Baratheon era arrossito mentre Ygritte era scoppiata a ridere.
“Sottile quanto la Barriera...”
“Mi piace la tua ironia, Rossa. Se può interessarti, non ho preferenze.”
La ragazza si avvicinò talmente tanto al principe Martell che Renly aveva creduto lo volesse baciare in quello stesso istante, ma si era limitata a sussurrargli all’orecchio.
“Sei molto bello.” Aveva detto con voce suadente “Ma non sei il mio tipo. Inoltre, ho un bastardo da controllare.”
“Se ne avrete voglia, io sono disponibile. Ormai siamo morti, non possiamo più fare del male a nessuno e se non impareremo ad accettarlo, saremo noi a soffrirne. Loro, quelli ancora vivi, andranno avanti con le loro vite.”
 
Tuttavia Ygritte, la baciata dal fuoco del popolo libero, quella lezione non l’aveva ancora imparata e le urla rabbiose verso il suo amante Jon Snow o la sacerdotessa rossa costantemente accanto a lui avrebbero continuato a disturbare quel luogo ancora a lungo.


Note dell'Autrice :3
Ciao a tutti! Non so esattamente dove andrò a parare con questa raccolta ma avevo l'idea in testa già da parecchio tempo e sono felice di aver iniziato a metterla in atto. Spero che la prima one-shot vi sa piaciuta nonostante l'azzardo dei personaggi che interagiscono. 
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!
A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 2
*** Cicatrici ***


Cicatrici
 
In quel posto che li aveva accolti dopo la morte, quel posto in cui pareti, soffitto e pavimento si confondevano e diventavano un uniforme bianco, quel posto che per comodità chiameremo aldilà, aveva una regola: se eri stato ammazzato, ovvero nel 90% dei casi, sul tuo corpo c'era una cicatrice nel punto esatto in cui eri stato ferito. Ned Stark per esempio ne aveva una sul collo, Robb due, una sul cuore e, come il padre, una sul collo (non perché fosse stata mortale, in realtà non era chiaro perché fosse segnato anche lì) e Ygritte sul petto.
C'era però chi aveva causato un po‘ di problemi in questa attribuzione: Joffrey, avvelenato, dove sarebbe stato segnato? E Oberyn, con la sua stupida morte, non poteva certo avere tutto il cranio cicatrizzato.
Alla fine qualcuno aveva stabilito che il pargolo di Cersei Lannister avrebbe mantenuto le labbra violacee e il volto bianco, Oberyn invece avrebbe dovuto portare un cartello con scritto “mi hanno fatto esplodere il cranio come un'arancia.”
Le sue lamentele non erano servite a niente, neanche quando aveva esclamato di non poter andare in giro per l’eternità con quello stupido foglio appeso al collo. La risposta però fu breve e concisa: “Se non volevi quello stupido cartello, non avresti dovuto morire così stupidamente.”
Che simpatici burloni, questi al comando.
Tuttavia, questa non era l'unica regola, perché ad esempio se appartenevi al popolo libero, ma morivi a sud della barriera, finivi insieme a tutti i lord e lady di Westeros.
C'erano però anche privilegi, come poter vedere cosa facevano i propri cari ancora vivi.
O almeno, a volte era un privilegio.
Altre invece si trasformava in una tortura.
Per Ygritte spesso questa possibilità rientrava nella seconda categoria, probabilmente perché essendo arrivata da poco non era ancora abituata all'idea di poter vedere senza fare nulla di concreto.
L'ultima volta che aveva deciso di guardare giù infatti, aveva scoperto che il suo re era stato bruciato vivo da quella strega rossa.
Tutto solo perché aveva deciso di portare suo popolo al sicuro, lontano dalla minaccia degli spettri bianchi, gli Estranei.
Era così ingiusto.
Si era arrabbiata e aveva urlato che Talisa Stark, la moglie di uno dei tanti re morti (evidentemente la corona comportava anche una morte cruenta), era andata da lei per chiederle gentilmente di smettere di gridare.
Lei l'aveva mandata a quei paese e se n’era andata.
Talisa non aveva risposto, però l'aveva seguita.
“Ygritte aspetta!”
“No, voglio restare sola.”
“Dai, voglio solo parlare.”
“Per tutti gli dei, sei così disgustosamente gentile.”
“Va tutto bene?” Le chiese lei con dolcezza.
Silenzio.
“Non vorresti essere qui, lo so, soprattutto con Jon ancora vivo.”
“Come fai a conoscerlo?” Domandò Ygritte.
“Ogni tanto vi guardavamo da quassù. Lui è il fratellastro di mio marito.”
“Potevano dire subito di portare sfiga, almeno sarei stata lontano da lui…”
Talisa rise, poi alzò la maglietta per mostrarle le molteplici cicatrici sul ventre come per darle ragione.
“Wow. Perché tutto questo accanimento?” Chiese Ygritte.
“Sai, tradimenti, complotti e cose di questo genere. Volevano essere sicuri di ammazzare me e il mio bambino.”
Di nuovo silenzio.
“Hai già incontrato la sua famiglia?” Le domandò dopo qualche minuto Talisa.
Il viso della bruta divenne dello stesso colore dei suoi capelli al pensiero dell’incontro con gli Stark di Grande Inverno. Quando li aveva visti per la prima volta stavano parlando fra loro, Eddard, Catelyn e il figlio maggiore Robb, intenti a vegliare sui loro ragazzi dispersi per tutto il continente occidentale e non solo.
Ygritte ricordò di aver pensato ironicamente a quelle cicatrici coordinate sui loro colli.
Delle persone con la testa sulle spalle, non c’è che dire…
Peccato che non lo avesse solo pensato.
Lo aveva detto a voce sufficientemente alta perché loro potessero sentirla.
Catelyn le aveva lanciato un’occhiata e aveva detto al marito: “è lei. È questa la fidanzata di tuo figlio, una che parla a cuore aperto.”
Come Lady Stark sapesse della sua morte per lei era un mistero, dato che in quell’occasione la sua cicatrice non era visibile.
Da quel momento non aveva più rivolto la parola alla famiglia Stark.
“Sì, ed è stato piuttosto imbarazzante.” Rispose lei.
“Che strano!” Aggiunse ironicamente una voce maschile da lontano.
Si trattava di Renly.
“E così per tranquillizzarti ti nascondi?” Chiese avvicinandosi alle due ragazze.
“Per te è conveniente Baratheon, altrimenti rovinerei quel bel faccino che ti ritrovi a suon di schiaffi.”
“Non la trovi un po’ scontrosa, Talisa?”
“Non lo trovi un po’ fastidioso, Talisa?” Replicò Ygritte.
La moglie di Robb Stark scoppiò a ridere a quel siparietto.
“Credo sia il caso di andare via.” Disse lei con un sorriso “Non vorrei ritrovarmi in mezzo ad una rissa.”
Si alzò e andò via, lasciando Renly e Ygritte, il duo peggio assortito di sempre, da soli.
“Posso sapere perché il primo incontro con gli Stark è stato imbarazzante?” Domandò lui con una punta di curiosità.
“Ho detto ad alta voce che sono persone… Persone con la testa sulle spalle.”
“Non posso crederci.”
“È vero.”
Renly Baratheon scoppiò a ridere e continuò per diversi minuti, fino a quando Ygritte non lo zittì.
“Puoi smetterla, Finto-re?”
Quello era uno dei tanti epiteti con cui lo apostrofava.
“Tu dove ce l’hai?” Chiese lei.
“Cosa?”
“La cicatrice.”
Renly indicò un punto sulla schiena e uno sul petto.
“Passato da parte a parte. Quella strega rossa che tanto odi ha partorito un demone-ombra che mi ha ammazzato. Tutto questo mentre mio fratello era d’accordo, tanto io ero solo un traditore…”
“Io non posso crederci! Vi uccidete a vicenda, tra familiari! Ma di che razza di problemi soffrite?”
La bruta era sconvolta.
“Non che voi siate degli esempi di civiltà.” Replicò il giovane.
“Nel popolo libero non ci si ammazza tra consanguinei, fra amici!”
“Beh nessuno è perfetto mia cara… Tu invece, dove ce l’hai?”
La bruta iniziò a togliersi i vari strati di pelli e pellicce che le ricoprivano il busto, mentre Renly la guardava imbarazzato.
“Non ti turba, vero?” Scherzò lei “Tanto non sei interessato a questo tipo di mercanzia.”
“No, fai… Fai pure.” Rispose lui, rosso in viso mentre lei continuava a spogliarsi finché non rimase nuda.
Sul suo sterno c’era una grossa cicatrice irregolare.
“Uno dei Corvi mi ha tirato una freccia.” Disse lei “Niente demoni o fratelli assassini.”
Poi si rivestì.
“Forse è stato un bene, sai? Essere morta.”
“Come può essere stato un bene?”
“Ho paura che se quella dannata freccia non mi avesse trafitto, probabilmente avrei ucciso Jon. Ricordo davvero bene quanto fossi arrabbiata in quel momento che non sono sicura se l’avrei risparmiato, però non lo saprò mai e forse è meglio così. Ti è mai capitato di voler ammazzare il tuo biondino? Ti ha mai fatto qualcosa per cui non sapevi se perdonarlo o meno?”
Renly non rispose.
Pensò soltanto al tempo che avevano passato insieme, troppo poco perché potesse aver sperimentato qualcosa di simile.
“No. Abbiamo avuto troppo poco tempo.”
“Credo che quando si ami, il tempo non ci sembri mai abbastanza.”
Ancora una volta silenzio.


Note dell'autrice :3
Ciao a tutti! Innanzitutto volevo ringraziarvi per le recensioni (davvero gentili!) e per aver letto anche questo capitolo perché vuol dire che vi avevo un po' incuriosito con il primo. Dovrei riuscire a postarne un altro in settimana, o almeno spero.
Alla prossima!
-A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 3
*** La Lupa e il Drago ***


La Lupa e il Drago
 
L'Aldilà aveva un'altra caratteristica, ovvero non era la destinazione finale dei defunti, che aspettavano lì per un tempo indefinito prima di finire in un altro luogo sconosciuto.
Il caso voleva che per Rhaegar e Lyanna, ormai morti da tempo rispetto agli altri, il “periodo di prova” non fosse ancora terminato e quindi si trovassero ancora là.
Immaginate la gioia di Robert Baratheon nel vedere di nuovo la sua promessa sposa, esattamente come la ricordava!
E immaginate anche il suo sconcerto quando scoprì che lei non era stata esattamente rapita.
Li aveva beccati mentre cercavano di appartarsi, dato che anche la moglie di Rhaegar era in quel posto, ma ridevano e scherzavano complici: non sembrava proprio che il Giovane Drago l'avesse presa contro la sua volontà, quel giorno di quindici anni fa che aveva portato alla fine di un’era e alla caduta di un regime di fuoco e sangue.
Insomma, doveva morire per rendersi finalmente conto che Lyanna Stark non era stata rapita, cosa che l’intero reame sospettava già da un pezzo ma non osava dire.
 
Per Lyanna Stark neanche la morte era servita a coronare il suo sogno con Rhaegar perché Elia Martell, perdonato il marito per tutto il caos che aveva fatto scoppiare, era con loro.
Era con lui, per essere precisi.
“Neanche la morte ci farà vivere il nostro amore.”
Le aveva detto proprio il principe Targaryen in uno dei suoi componimenti per cui era famoso.
Che poeta, questo Giovane Drago.
I due erano quindi costretti a nascondersi nonostante tutti fossero a conoscenza del loro segreto, e che di conseguenza un segreto più non era.
La ragazza, a causa del suo carattere irascibile, tendeva più volte a scaldarsi e urlare contro di lui a causa di quella situazione diventata insostenibile e anche se non mancavano i momenti di tenerezza, ultimamente durante i loro incontri non facevano che litigare.
Un giorno Lyanna era sola mentre aspettava i suoi fratelli, Brandon e Ned, quando Rhaegar e la sua bellissima famigliola regale si avvicinarono.
“Buongiorno, Principessa Lyanna.” Disse lui, seguito dai bambini e dalla flebile voce della moglie, che secondo la Stark, almeno fisicamente, non era nulla di tutto ciò che motto della sua casata enunciava.
Che invece avesse una forza d'animo incredibile non lo metteva in dubbio, dato che era rimasta composta e impassibile anche mentre il reame vedeva crescere sulla sua testa due corna degne del miglior stemma dei Baratheon.
“Buongiorno a voi.” Cercò di non mostrare emozione ma la vista dell’uomo che amava con la moglie era troppo da sopportare anche per lei.
“Va tutto bene? Sembrate triste.” Chiese lui.
“State tranquillo, qui non ci sono principesse da salvare come piace a voi.” Lyanna sputò quelle parole come fossero veleno, perché ormai per il suo temperamento la situazione era diventata ingestibile.
“Se più tardi avrete voglia di parlarne, sappiate che un amico può sempre essere d’aiuto.” Disse il giovane drago visibilmente rattristato dalle parole della ragazza.
“Vi ringrazio, probabilmente un amico è proprio quello di cui ho bisogno.” Rispose con sottile ironia.
La ragazza corse verso i suoi fratelli, lasciando sola la famiglia Targaryen. Elia Martell aveva ancora i suoi grandi occhi scuri i rivolti verso il basso e non li aveva alzati neanche per un istante durante il discorso tra Lyanna e suo marito.
Nonostante sapesse che si amavano, nonostante il periodo di cieca rabbia, una rabbia che non credeva di essere capace di provare, fosse concluso da un pezzo, ogni volta quella cicatrice rimarginata le prudeva, la infastidiva così tanto da costringerla a tenere il capo chinato per non fare qualche sciocchezza di cui avrebbe potuto pentirsi.
La sua era una forza diversa da quella della ragazza Stark, una forza che non esprimeva a suon di minacce e parole taglienti.
Una forza che Rhaegar Targaryen non aveva mai saputo apprezzare.
 
 
Lyanna e il giovane Drago alla fine si incontrano, sicuramente non come amici né tantomeno per parlare, nascosti in uno dei tanti posti appartati che negli anni erano riusciti a scovare.
“Ti amo.” Disse lui guardandola negli occhi, con la profondità nella voce che solo un poeta può possedere.
E quante volte Lyanna gli aveva creduto. Abbastanza da convincersi che non fosse solo una favola.
“Non abbastanza però.” Rispose lei con tono grave.
“Cosa stai dicendo?” Si allontanò dalla ragazza "Io...Io ho fatto scoppiare una guerra per te!”
“Per amare serve generosità, una qualità che tu non possiedi, altrimenti non faresti soffrire contemporaneamente due donne che dichiari di amare. Elia non merita questo. Io non merito questo!”
“È sempre la stessa storia Lyanna! Ti ho già spiegato che non posso lasciar...”
“Questa scusa poteva avere senso quando eravamo ancora vivi, forse neanche allora a dire la verità, ma adesso è tutta questione di apparenze! L’apparenza di principe, padre e marito perfetto nonostante sia troppo tardi perché la gente sa che cosa abbiamo fatto! E anche se continuassero a credere alla storia del rapimento, per loro non sei più chi vorresti far credere loro di essere perché una persona ligia al dovere, fedele alla sua famiglia, non rapisce e stupra la prima che vede e apprezza! Vuoi illuderti che non sia così, di avere ancora il loro rispetto, ma lascia che ti dica una cosa Rhaegar: se tu avessi pensato con la testa invece che con qualcos’alto, magari saremmo ancora vivi. Magari non sarei morta su quel letto!”
“Lyanna…”
“No, lasciami finire e diciamo le cose come stanno: mi hai fatto credere per la prima volta di essere una principessa, una vera, come quelle del sud e non una lady solo di nome che giocava a fare la lotta con i suoi fratelli. Con te mi sentivo come se potessi toccare il cielo, ma adesso mi rendo conto che lo facevi solo per te stesso. Tu non mi ami perché se mi amassi non mi avresti mai proposto di scappare senza aver prima lasciato tua moglie, e te lo sto dicendo con il più profondo rammarico perché io, al contrario di te, ti amo. Ho messo tutto a rischio per te, ho accettato di rovinare il mio nome, gettare onta sul mio nobile casato, ho messo al mondo tuo figlio e sono morta per questo. Tuttavia, nonostante le difficoltà e i problemi, rifarei tutto quanto solo per poter sentirmi ancora una volta una principessa, saltando magari la parte in cui muoio dissanguata…”
Rhaegar accennò ad un sorriso.
“Ma tu non lo rifaresti, non è vero? No, perché hai capito quali sono i rischi ad avvicinarti ad una come me. Non ne varrebbe la pena, non con la donna forte e meravigliosa che hai già sposato.”
Quelle parole erano così vere, così naturali che il giovane Targaryen non riuscì a ribattere in nessun modo: Lyanna aveva colto il punto perfettamente.
“Quindi cosa facciamo? Diventiamo automaticamente sconosciuti?” Chiese lui.
“Onestamente non so se riuscirei a trattarti come un amico. Forse dovremmo stare lontani per un po’.”
“Lo capisco.” Esclamò tristemente “Abbiamo combinato un bel casino io e te…”
“Già.” Esclamò lei, poi aggiunse con voce formale "Arrivederci, principe Rhaegar."
La giovane Stark si allontanò dall’unica persona che avesse mai amato nella sua breve ed intensa vita.
Si voltò senza aggiungere una parola, senza essere fermata dal suo principe e soprattutto senza versare una lacrima.
Perché i lupi non piangono e lei poteva vantarsi di esserlo.
E soprattutto, purtroppo, i lupi non sono fatti per stare con i draghi.



Note dell'autrice :3
Ciao a tutti! Qualcuno mi aveva chiesto un capitolo su Rhaegar e Lyanna e dato che era l'unico pronto ho deciso di pubblicarlo prima di partire, Non so quando riuscirò ad aggiornare di nuovo, mi auguro il prima possibile.
Nel frattempo, spero che abbiate apprezzato questo!
Alla prossima!
-A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 4
*** La Primadonna Nera ***


La Primadonna Nera

Non era ancora passato un ciclo di luna dal massacro nel Castello di Walder Frey e Robb Stark ancora non accennava ad abituarsi a quel posto in cui si era ritrovato subito dopo.
Era circondato da molte persone care, eppure quell’idea di impotenza per essere stato tagliato fuori dai giochi e la sensazione di stupidità che lo attanagliava per non aver capito in tempo a cosa stava andando incontro quella notte alle Torri Gemelle confluivano in una rabbia cieca che lo stava uccidendo per una seconda volta.
Non era decisamente facile accettare quella situazione, quindi si arrabbiava ed inveiva contro gli altri, morti o vivi che fossero, per non sentire la pressione su di sé. Era suscettibile,c hiunque trovava difficile rivolgergli la parola, perfino Talisa e i suoi genitori, e le uniche situazioni in cui apriva bocca erano quelle in cui rimproverava gli altri per le loro azioni.
Jon, per essere diventato così attaccato a quella ragazza del popolo libero che sicuramente l'avrebbe portato alla rovina, esattamente com’era successo a lui.
Sansa e Arya, perché secondo lui continuavano a  fidarsi delle persone sbagliate, anche se lo facevano per sopravvivere.
Theon, quel ragazzo per il quale provava ancora un odio viscerale per il suo tradimento.
“Prenditela con gli altri e non sentirai le tue colpe.” Pensava inconsciamente lui.
Ma non sentirle non equivaleva di certo a cancellarle e dopo qualche tempo il Giovane Lupo iniziò a rendersene conto.
Non importava cosa facesse o come si comportasse, il senso di colpa si faceva strada nel suo petto, insidioso e arrogante come una Primadonna Nera che pretendeva di essere ascoltata.
E così la rabbia si trasformò in silenzio.
Era come se lei avesse deciso di nutrirsi della sua voce, del suo odio, e chiuderlo in una sorta di mutismo che veniva interrotto di rado.
Non era più arrabbiato, ma si sentiva responsabile per le diverse e ardue situazioni in cui si trovavano i vivi, soprattutto i suoi fratelli, ancora troppo giovani e già soli.
Dopo la seconda morte, quella per la rabbia, il senso di colpa lo stava  ammazzando per la terza volta.

Sembrava che nulla potesse alleviare le pene del fu Re del Nord, poi intervenne suo padre. Ned Stark era l’unico in grado di aiutare davvero suo figlio dato che neanche sua madre, ancora avvelenata dal seme della vendetta, era capace di dargli una mano.
“Figliolo.” Esordí Ned “Parla con me.”
“Non saprei neanche da dove iniziare padre.”
“Comincia a dirmi qual è il motivo del tuo stato d'animo.”
“L'impotenza, non poter rimediare da quassù a quello che ho fatto. Oppure il senso di colpa per quello che ho fatto, non so cosa sia peggio onestamente.”
“Per quanto riguarda il senso di colpa, ne ho avuto anch'io, per troppo tempo. Mi sentivo responsabile per la terribile sorte di Arya e Sansa, per aver lasciato a te un potere troppo grande per le tue giovani spalle, per aver abbandonato tua madre quando aveva bisogno di me, per non parlare di Bran è Rickon, che sono così piccoli ma già hanno visto ciò di cui è capace la crudeltà umana... ”
“Ho capito padre.” Lo interruppe lui “Però come hai fatto a liberartene?”
“Con il perdono, Robb. A cominciare da te stesso, perché sei giovane e hai provato a fare del tuo meglio anche se non è andata bene, ma soprattutto ricordando che non tutto ciò che è successo nell'ultimo anno è colpa tua.”
“E allora di chi è la colpa!” Esplose il ragazzo.
“Non esiste un solo colpevole quando provi a metterti nei panni degli altri. Quasi nessuno tende a comportarsi male per il puro gusto di farlo. Tutti hanno motivazioni che non necessariamente dobbiamo assecondare, ma sicuramente conoscere e provare a capire.”
Ned Stark si allontanò dal figlio e lo lasciò seduto a riflettere, poi il ragazzo iniziò a  guardare giù e si rese conto che a stento tratteneva le lacrime.
 
Passò altro tempo e Robb Stark cominciò a sentirsi decisamente meglio, quasi libero del tutto dal senso di colpa. 
Alla fine suo padre aveva avuto ragione: l'unico modo per uccidere la Primadonna Nera erano comprensione e perdono. Si stava sforzando di capire le motivazioni che avevano portato Theon a tradirlo e magari chissà, avrebbe anche potuto perdonarlo un giorno. Quando pensava ai suoi fratelli, adesso credeva anche di aver fatto tutto il possibile per salvarli invece di essere stato esclusivamente la causa della loro rovina e non se la prendeva più con Jon per gli errori che secondo lui stava commettendo.
D’altronde, tutti ne commettevano, lui per primo, ma stava imparando a convincerci.
Comprensione per gli altri, perdono per se stesso.
Solo così avrebbe ammazzato definitivamente la Primadonna Nera.


Note dell'autrice :3
Eccomi di nuovo con il capitolo dedicato a Robb Stark, il mio Re del Nord e per cui ho versato più lacrime che per qualsiasi altro personaggio immaginario. Diciamo che le Nozze Rosse mi hanno turbato non poco...
Spero di aver reso giustizia a questo personaggio che a mio parere viene un po' troppo bistrattato e ci vediamo fra 10/15 giorni con il prossimo aggiornamento.
A presto!
-A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 5
*** La Crudeltà del Leone ***


La Crudeltà del Leone

 

Da quando Joffrey Baratheon aveva varcato la soglia dell'aldilà, l'esistenza di tutti era diventata improvvisamente più movimentata e sotto certi aspetti anche divertente, o almeno per Renly era così, e anche per Ygritte, che appena arrivata si rese conto di quale pasta fosse il defunto giovane re.
Quel ragazzino biondo e capriccioso divenne ufficialmente una nuova valvola di sfogo e in questo modo avevano smesso di punzecchiarsi fra loro, mettendo la propria ironia al servizio della comunità dato che erano gli unici, insieme a Oberyn e il padre Robert Baratheon, in grado di rimettere Joffrey, il cui unico scopo sembrava essere quello di rendere un inferno quello strano oltretomba con i suoi modi da bulletto, al suo posto.
Quel ragazzino sapeva essere davvero crudele e il suo obiettivo preferito era Robb Stark, il quale a stento riusciva a trattenersi dal tirare un paio di pugni sul pallido faccino reale.
“Ehi mezzo lupo!” lo apostrofò Joffrey, mostrando poi un ghigno compiaciuto “ Non ti dispiace se ti chiamo così vero? Ho saputo che sei davvero entrato in simbiosi con la tua bestia.” Fece una pausa, poi aggiunse “A proposito, come stanno i tuoi fratelli? Ho sentito che non se la passano molto bene, soprattutto Sansa. D'altronde è talmente stupida che non riesce a combinarne una giusta, anzi, sono stupito che non ci abbia già raggiunto.”
Robb arrossí dalla rabbia.
La vena sul collo pulsava e gli occhi erano colmi di odio.

Non c'era nessuno a fermarlo, così si avventò su Joffrey e lo prese per il colletto della veste.
Le labbra violacee e la pelle diafana erano quasi spaventose da quella prospettiva.
“Nomina ancora una volta mia sorella e giuro che avrai un problema molto grosso con me.”
Avrebbe potuto suonare come una minaccia vuota ma l'espressione del Giovane Lupo era più seria e decisa che mai.
“Cosa farai, mi ucciderai? Devo davvero ricordarti dove siamo?” Rise il biondo “Allontanati da me Stark, perché sappiamo entrambi che il lupo non può soggiogare il leone. Anche Sansa lo sa bene...”
Robb non accennò ad allentare la presa.
“Dovresti lavare la bocca diverse volte prima di pronunciare il nome di mia sorella, bastardo.”
Joffrey aggrottò la fronte a quella parola, ma continuò con le sue provocazioni.
“Credo che tu mi stia confondendo con il tuo fratellastro corvo.”
A quel punto arrivarono Renly ed Ygritte, che avevano già ascoltato parte della conversazione, in soccorso del Giovane Lupo in maniera più ironica e decisamente meno violenta.
“Senti Joffrey” Esordí il ragazzo “Dopo questo tua pessima performance puoi farmi credere qualunque cosa, ma non che siamo imparentati.”
“Tu e questo bulletto siete parenti?” Chiese sconvolta Ygritte “Non mi stupisce che non ne parli mai, anche io mi vergognerei a condividere il sangue con questo individuo. E sappiamo tutti che non mi vergogno mai.”
Joffrey era ammutolito.
Quella era un'ironia incalzante, troppo elevata perché potesse rispondere a tono.
Robb Stark lo assecondava, faceva il suo gioco, ma quella strana coppia era su tutto un altro livello.
“Si beh, è il figlio acquisito di mio fratello e dico acquisito perché sua madre si fotteva suo fratello gemello e ha partorito questo piccolo demonio alle spalle di Robert, che continua imperterrito a considerarlo suo figlio nonostante mezzo reame sappia che non lo è.”
“Non permetterti di rivolgerti al tuo re in questo modo. Non sei nessuno per parlarmi così!” Joffrey provò a far leva sulla sua ormai inesistente autorità.
“Siccome tu non sei il mio re e sei anche morto quindi sei uguale a tutti gli altri, ti dirò un paio di cose.” Rispose Ygritte. “Allontanati subito da Robb o ti trafiggo con una di queste, che non possono più ammazzare ma fanno ancora male.” Esclamò indicando le sue frecce “Poi, smetti di fare il bullo perché non è divertente e nella tua condizione non puoi neanche permetteterlo. Hai visto come sei conciato, con quella faccia pallida? Per non parlare del modo in cui ti hanno ammazzato. Sí, mi hanno spiegato come sei morto, al tuo matrimonio c'erano numerose persone che avevano scritto in fronte ‘per tutti gli dei come lo avvelenerei’. Davvero stupido non aver fatto controllare le pietanze, ma immagino che questa sia la dura vita di un re. Dovresti solo lustrare la veste di Robb per quanto mi riguarda, invece di provocarlo.” Improvvisò un inchino sbilenco facendo ridere gli altri due ragazzi. Joffrey cercò di replicare ma Ygritte riprese a parlare.
“Infine sei pregato di non sminuire il mio amico qui presente perché posso farlo solo io, vero Renly?”
“Accetto di essere preso in giro solo da persone con una certa intelligenza ed ironia ma dubito che lui sappia cosa siano...” Rispose lui.
Joffrey stava arrossendo come un bambino appena giustamente sgridato ma che si ostina a non ammettere la sua colpa.
“Se permetti vorrei colloquiare con questi due baldi giovani, quindi sei pregato di andare a disturbare gli adulti con i tuoi disagi. Magari loro ascoltano, ma non credo asseconderanno i capricci di vostra maestà.” Concluse la ragazza.
“Stammi a sentire puttana bruta...”
Ygritte lo interruppe di nuovo.
“Devi essere cresciuto con una scarsa stima verso le donne se ogni volta che vedi una figura femminile forte la chiami puttana.”
Renly si portò la mano alla bocca in segno di stupore, mentre Joffrey, totalmente annientato dalle parole, decise di riprendere ad insultare la sua preda preferita.
“Hai anche bisogno dei campioni che combattano al posto tuo? Sei davvero caduto in basso Giovane Lupo.”
“Mai in basso quanto te Joffrey. Ora facci la cortesia di andare via.” Disse Renly, che poi lo spinse via.
Il ragazzo fu costretto a ritirarsi rendendosi conto della sconfitta, ma lanciando loro occhiate di fuoco, come per far capire di non averla accettata, che la battaglia per lui non era ancora finita.

Quando non lo videro più, Robb Stark si lasciò andare in un timido ringraziamento.
“Vi… vi ringrazio. Per avermi difeso.”
“Figurati.” Rispose Renly con una voce un po’ impostata.
Non era abituato a parlare con il Giovane Lupo ed essendo entrambi nobili lui si sentiva in dovere di trattarlo con una certa formalità.
Ygritte invece non aveva questo problema.
“Sempre a disposizione.” Esclamò lei con un sorriso “Anche se mi avrebbe fatto piacere vederti prenderlo a botte.”
"
Ygritte!” La riprese Renly.
“Cosa c'è?”
“Stai parlando con un membro di una nobile casata. Con un re!”
“Non posso controllare il linguaggio ogni volta che mi trovo davanti ad un re o ad un nobile! Preferirei rimanere zitta in alternativa...”
“Tu non sei capace a stare zitta.”
“Appunto, quindi non hai via di scampo Finto - Re.”
Robb Stark rise davanti a quel simpatico siparietto.
“Grazie ancora.”
E si voltò per andare via, grato per l'intervento della bruta e del giovane Baratheon in quella situazione. Così come il perdono, anche l'aiuto degli altri, adesso lo sapeva, era fondamentale per risalire dal baratro.



Note dell'autrice :3
Welcome back! Dato il successo della coppia disfunzionale Renly/Ygritte ho deciso di riproporli contro Joffrey. Spero abbiate apprezzato, in caso fatemelo sapere.
Credo che posterò ancora due one shot poi dichiarerò conclusa la raccolta, ma potrebbe sempre riaprire se troverò altre storie da raccontare.
Alla prossima!
-A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 6
*** Il Risveglio del Drago ***


Il Risveglio del Drago
 
Da qualche parte, in una zona separata dal resto dell'aldilà, si trovavano i morti del continente orientale, i quali, così come erano vissuti, anche da morti erano divisi dai lord e le lady di Westeros.
C'era una grande varietà di personaggi: lord esiliati e Dothraki, sacerdoti rossi e abitanti della città libere, schiavi e schiavisti da Astapor, Yunkai e Meereen.
Tra loro si trovava anche uno degli ultimi membri della famiglia Targaryen: Viserys, figlio di Aerys II. Il ragazzo si aggirava con circospezione tra le persone che, a causa delle sue ustioni sul volto dovute alla colata d'oro con cui era stato incoronato, avevano paura di lui e si allontanavano più possibile. Tendeva anche ad urlare e gesticolare troppo, cosa che non lo aiutava ad essere apprezzato.
Dato che non aveva costruito nessun legame malgrado la sua lunga permanenza nell'aldilà, la sua attività preferita era spiare la sorella Daenerys e insultarla per averlo fatto uccidere o in altri casi per essere, a suo parere, troppo stupida.
Stava guardando la conquista di Astapor come se fosse stato uno spettacolo teatrale, quando una rabbia, una gelosia incredibile, lo accecò e ad un tratto iniziò a fare sfogo della sua follia Targaryen gridando e imprecando a destra e manca.
“È colpa tua!” Gridò guardando in basso, rivolgendosi alla sorella che per ovvie ragioni non poteva ascoltarlo “Avrei dovuto essere io a conquistare, ad avere quelle splendide bestie ad eseguire ogni mio ordine! Sono io il Sangue del Drago, non tu! Tu non saresti nulla senza di me.”
“Ehi biondino, datti una calmata perché anche se avessi avuto il sangue del drago, adesso è freddo come il nostro.” Esclamò una donna Tyroshi “E lascia stare quella povera ragazza, tanto non riesce a sentirti.”
“Come osi parlare così al legittimo erede del Trono di Spade!”
“Senti Viserys” Disse un altro uomo, un sacerdote rosso “Capisco che tu abbia avuto diritto al trono e tante belle storie, ma sei morto. Qui siamo tutti morti e non esistono troni su cui sedersi”
Ma a Viserys Targaryen questo non importava.
 
“Guardatela! Guardate questa sgualdrina che incenerisce città ma non è capace a tenere ciò che conquista. Guardate come la idolatrano, la chiamano Mhysa, regina, ma non da sola non sarebbe nulla. Io l'ho resa così, tutto è iniziato da me! E sapete cosa ho avuto in cambio? Una corona d'oro fuso! Quindi potrete avere ragione a dire che sono morto e quindi la mia frustrazione non vale niente, ma non smetterò mai di provare rabbia nei suoi confronti, anche se è sangue del mio sangue.”
L'intero pubblico adesso era muto, incapace di proferire parola al discorso del Drago.
Viserys era stato davvero bravo a dipingersi come vittima.
Non aveva infatti detto come avesse reso Daenerys la conquistatrice che era.
L'aveva venduta a quel selvaggio delle praterie ma anche minacciato di prenderla contro la sua volontà perché era suo fratello e un drago non deve chiedere il permesso a nessuno.
L’aveva messa a nudo, scoprendo le sue insicurezze oltre che il suo corpo.
L'aveva coperta di insulti e schiaffi.
L'aveva forgiata con fuoco e sangue.
Ma tutto questo non lo disse, perché si era reso conto delle infinite giustificazioni che si potevano trovare alla vendetta della sorella, nonostante non sarebbe mai stato disposto ad ammetterlo.
Aveva ancora gli occhi violetti sbarrati mentre guardava circospetto i suoi ascoltatori.
C'era un silenzio atroce, impossibile da sopportare.
Il re mendicante urlò.
 
Ad un tratto si svegliò, steso su quel bianco infinito e accecante.
Ci mise un po’ per mettere a fuoco la persona che aveva davanti.
Era il selvaggio.
Pian piano si accorse di avere ancora attorno la schiera di persone.
“Cosa mi avete fatto? Io sono Sangue del Drago!”
Khal Drogo iniziò a dire qualcosa in lingua dothraki con tono minaccioso. Viserys non capì e una ragazzina schiava tradusse prontamente.
“Ha detto che non dovete più azzardarvi a parlare così di sua moglie.”
“Così come?” Lui non riusciva a distinguere cosa aveva detto davvero e cosa aveva immaginato.
“L'ultima cosa che hai detto, biondino” Esclamò il mercante Braavosiano “è, e cito testualmente, ‘tu non saresti nulla senza di me. ’”
C'era un'intera parte di discorso che evidentemente non era mai successa, frutto della botta alla testa causata dalla lotta con Khal Drogo.
No era stata una lotta, in realtà.
Viserys le aveva prese di santa ragione finché non era caduto per terra e non si era più rialzato per qualche minuto.
Drogo disse qualcos'altro e la schiava tradusse di nuovo, con tono più accomodante.
“Dovreste andare via, mio signore.”
Il sangue del drago nulla poteva contro la forza e la stazza del selvaggio.
Non l'aveva sconfitto in vita, non lo avrebbe fatto nemmeno da morto.
Viserys Targaryen era spaventato dal marito della sorella, ma anche questo non lo avrebbe mai ammesso perché lui era un drago e i draghi non hanno paura. O almeno così credeva.


Note dell'autrice :3
Ecco la penultima shot, dedicata a Viserys, che penso fosse l'unico motivo per cui Daenerys non mi sembrava un brutto personaggio all'inizio, poi il mio affetto per la Madre dei Draghi è scemato fino a diventare inesistente...
Comunque, spero abbiate apprezzato.
A presto con l'ultima shot!
-A_GleekOfHouseStark

 

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Capitolo 7
*** Il Comizio ***


Il Comizio
 
“Vi ho riuniti tutti qua per esporvi un paio di cose.”
Così parlò Robert Baratheon alla folla di nobili Westerosi che lo ascoltavano per sapere tutto ciò che era stato loro nascosto dalla Ribellione in poi, ma anche a qualche popolano desideroso di scoprire i segreti di quel mondo che in vita sembrava così inaccessibile.
Tuttavia, come giustamente qualcuno aveva fatto notare, erano tutti uguali davanti alla morte.
Il primo re Baratheon aveva deciso di tenere quell'assurdo comizio quando si era ritrovato davanti al suocero Tywin Lannister, ovvero l’ultima persona che si aspettava di incontrare nell’Aldilà, e aveva pensato che fosse arrivato il momento giusto per prendersi un po’ di soddisfazioni, rivelando i segreti di vivi e morti che avevano causato infiniti problemi negli ultimi quindici anni.
Inoltre sarebbe stato meraviglioso osservare la faccia di Tywin quando avrebbe distrutto la reputazione sua e dei figli.
D’altronde Robert Baratheon era stato preso in giro da tutti per la vita che aveva condotto dopo aver preso possesso del Trono di Spade e la fine che gli era stata riservata.
Quel comizio sarebbe stata anche la sua rivincita.
“Dovete sapere che sono un uomo abbastanza vendicativo, ho dato la caccia ai Targaryen anche dopo essere stato incoronato perché li volevo sterminare tutti, quindi qualcuno di voi potrà sentirsi offeso da quello che sto per dire e siate consapevoli che in certi casi voglio essere offensivo.” Si girò verso il suocero con una sorta di ghigno “Questo serve per farvi capire le motivazioni che mi hanno spinto a tenere questo discorso oggi.”
“Non solo perché l’Aldilà sarebbe un posto terribilmente noioso se non ci fossi io?”
Dalla folla si alzò la voce di Renly.
“Anche per inscenare un po’ di dramma, caro fratello. Anche per quello…” Robert fece una pausa e poi iniziò a raccontare.
“Partiamo dal principio, dall’anno 282 DC: un pazzo sedeva sul Trono di Spade e il suo successore era un Giovane Drago che fondamentalmente ha rischiato di far estinguere la sua casata e fatto crollare un regime per soddisfare le sue voglie. Perché siamo onesti, se tu, Rhaegar, non avessi rapito Lyanna, probabilmente saremmo ancora tutti vivi, ognuno nel rispettivo castello e magari avresti sposato tu Cersei! Sai che divertimento? Ma indovinate un po’, cari amici, più che di un rapimento qui si dovrebbe parlare di una fuga d'amore, dato che la nostra principessa del Nord era più che consenziente a scappare con il bel poeta biondo dall'armatura scintillante di rubini, vero Lyanna?”
Tutti coloro che erano stati coinvolti nella ribellione avevano avuto questo sospetto almeno una volta ma nessuno si era mai azzardato a dirlo ad alta voce.
Chi rimase spiazzato fu la generazione più giovane di nobili, da Robb Stark a Joffrey Baratheon, i quali non avevano mai sentito una versione diversa da quella che vedeva Lyanna Stark rapita e stuprata da Rhaegar Targaryen.
Tutte persone che non sarebbero mai nate se quegli avvenimenti non fossero accaduti.
La folla stava guardando quella ragazza dalle labbra che prendevano una piega sempre più arrabbiata, quando Robert riprese a parlare.
“Ma c’è di più! C’è anche un figlio nascosto! Chissà, fra cent’anni un bardo scriverà delle canzoni su di voi, sul vostro amore tormentato e sul vostro bambino. Una canzone del ghiaccio e del fuoco!”
Il pubblico era in trepidante attesa, tranne ovviamente chi era già a conoscenza di questo segreto.
“Il bambino è magicamente diventato un bastardo, un bastardo del Nord, affinché io non lo uccidessi a causa del suo sangue Targaryen. Oggi questo bambino è niente meno che il Lord Comandante dei Guardiani della Notte Jon Snow.”
Ci furono diverse reazioni tra la folla.
Catelyn Stark rimase immobile, fissando il marito con sguardo inquisitore, incapace di capire per quale assurdo motivo non gliene avesse mai parlato e l’avesse lasciata odiare quel ragazzo che non aveva nessuna colpa.
Oberyn Martell scoppiò a ridere. Una risata fragorosa seguita da un applauso al Giovane Drago e qualche commento piuttosto volgare.
Elia Martell, che non perdeva mai fierezza dal suo sguardo, continuò a fissare il marito.
Robb Stark rimase impietrito.
Ma la reazione migliore fu quella di Ygritte, che nel silenzio generale ebbe il coraggio di urlare: “Non ci posso credere, mi sono fatta il figlio di un re!”
“Di colui che poteva essere re. Ma in ogni caso non saresti diventata una principessa, tesoro.” Rispose Renly.
“Nulla potrebbe fare di me una principessa, lo sai bene.” Replicò con un sorriso.
“Scusa mia cara.” Esclamò Robert “Tu chi sei?”
“Ygritte del popolo libero.” Disse fieramente, poi aggiunse “E questo comizio è la cosa più divertente a cui abbia mai assistito. Davvero, potrebbero farne uno… uno... Come si chiamano Renly?”
“Uno spettacolo teatrale?” La aiutò lui.
“Esattamente! Grazie mio lord. Vi prego, andate avanti a raccontare.”
“Con piacere. Come sapete tutti c’è stata la guerra e la guerra è stata vinta grazie al coraggio di valorosi lord e cavalieri al mio fianco, ma vi dirò chi non figurava fra questi: il grande Tywin Lannister. Esatto, mentre suo figlio era costretto a stare accanto al re Folle aspettando il momento più opportuno per tagliargli la gola, il Leone di Castel Granito rimaneva al sicuro nella sua fortezza e aspettava a scegliere se rimanere fedele allo stemma del Drago o seguirmi. Parliamo male di Walder il Ritardatario Frey, però Tywin Lannister non si è comportato tanto meglio, non credete? Semplicemente non se ne parla, perché lui era il padre della Regina Cersei, nonno dell’erede al trono e soprattutto l’uomo che prestava soldi al reame intero. Parlando ancora dei Lannister, tanto sono abituati a fare le cose in famiglia, mia moglie andava a letto con suo fratello. Jaime, non Tyrion, perché ha standard molto alti.”
“Puoi dirci qualcosa che non sappiamo?” Rise Oberyn Martell dal pubblico.
“Mi sentivo in dovere di dare un resoconto accurato, principe Oberyn.” Rispose Robert, poi continuò “Dopo l’incoronazione sembrava che i problemi fossero finiti e non mi restasse che governare ed è andata così per circa quindici anni, poi è arrivato Petyr Baelish, una vecchia conoscenza di Lady Stark, un ragazzino sfigato che si era trasformato improvvisamente in un uomo potente e frustrato, dalla tremenda voglia di sfogarsi. In breve: lui seduce la sorella pazza di Catelyn, la moglie del Primo Cavaliere Jon Arryn, che è una persona migliore di tutti noi messi insieme e per questo non è qui, e la convince ad avvelenarlo. Lui muore, io chiamo al suo posto Ned. Io muoio per colpa di quella stronza di mia moglie.” Si girò verso uno Joffrey inorridito e mimò una scusa con le labbra “Poi muore anche Ned...”
“Come fai a sapere che tutto è nato da Baelish?” Urlò Catelyn Stark.
“Da quassù si scoprono un sacco di cose. Anche che mia moglie ha complottato per uccidermi.” Rispose Robert, poi aggiunse “E infine inizia un’altra guerra. Questa però la conoscete.”



Note dell'Autrice :3
Eccoci giunti all'ultima shot (per ora, potrebbe continuare in futuro, ma in ogni caso la storia da adesso sarà segnata come completa).
Ci tenevo a ringraziarvi per averle lette, sopratutto perché all'inizio consideravo questa raccolta un salto nel buio e non sapevo dove sarebbe andata a parare.
Un grazie speciale a _Lyss_ per le sue recensioni, sei stata gentilissima.
Alla prossima!
Aggiornamento: qualcosa potrebbe essere aggiunto a gennaio... -A_GleekOfHouseStark
 

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Capitolo 8
*** Sangue ***


Sangue
Jon aprì gli occhi e davanti a lui non c'era altro che bianco.
Un'immensa distesa di bianco.
Si guardò intorno per qualunque minuto, poi si rese conto che era solo e nessuno sarebbe andato ad aiutarlo per fermare il sangue che usciva a fiotti da quelle numerose ferite sul petto. Non riusciva a formulare dei pensieri, figuriamoci a parlare, ma all'improvviso uno strano istinto primordiale di sopravvivenza (strano perché era morto, era convinto di esserlo) lo costrinse ad urlare a pieni polmoni.
Chiese soccorso, mentre continuava a tastarsi le ferite ancora sanguinanti.
Non si dovrebbe smettere di sanguinare una volta morti? E se quello era una sorta di aldilà, perché era solo? D'altronde conosceva parecchie persone che teoricamento avrebbero dovuto stare lì...
Ad un certo punto apparve una figura nel suo campo visivo. Era sfocata, ma Jon diede la colpa della cattiva vista al dolore che le ferite gli procuravano.
"Puoi aiutarmi per favore?" Chiese gemendo.
"Non c'è modo in cui io possa aiutarti, Jon Snow." Rispose la figura come se lo conoscesse.
Il ragazzo iniziò a distinguerne i contorni.
Era decisamente una donna.
Alta, coperta di pelli, capelli rossi.
Ygritte.
"Ygritte, ti prego, dammi almeno una mano a fermare il sangue, altrimenti morirò."
Non si rese conto di aver detto una sciocchezza.
Lui era già morto.
Lui non doveva sanguinare.
"Per tutti gli dei, di tutte le persone di cui avrei potuto innamorarmi, proprio un prescelto doveva capitarmi. Tutti arrivano qua già cicatrizzati e poi ci sei tu, diverso dagli altri, ancora sanguinante..."
Era rimasta la stessa di sempre e a lui era mancata da morire.
Letteralmente.
"Non lo so. Non so perché io sia diverso dagli altri." Ammise il ragazzo, ancora steso.
"Tu non sai niente Jon Snow." Esclamò la ragazza avvicinandosi, poi aggiunse "Ti sarai reso conto che il tuo posto non è qui."
"Mi hanno pugnalato. Dovrei essere morto, Ygritte."
Morto come te.
Ma questo non lo disse.
"Lo so, li ho visti. Sai che non ho mai nutrito una gran simpatia per i corvi neri, specie per quelli infami, e non sai quanto avrei voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa per fermarli. "
Il ragazzo rimase senza parole, poi disse:
"Nonostante quello che ti ho fatto?"
"Nonostante tutto, Jon Snow."
Ygritte adesso aveva la testa del ragazzo fra le braccia, una scena simile al loro ultimo incontro durante la Battaglia della Barriera, ma a parti invertite.
Jon la guardò con occhi supplicanti.
"Se questo non è il mio posto, come esco da qua? Come torno nel mondo dei vivi?"
"Dipende da te." Ygritte tacque per qualche istante, poi si mosse per alzarsi.
"Dove stai andando? Non lasciarmi da solo, per favore."
"Non posso restare ancora. Non sai quanto abbia dovuto pregare i Piani Alti per poterti vedere. La verità è che ti ho odiato, ma anche in quei momenti avrei pagato tutto l'oro di Castel Granito per rivederti."
"Chi c'è ai Piani Alti? Gli dei? E perché qua ci siamo solo io e te?"
"Tu fai troppe domande." Rispose lei ridendo "Riceverai le risposte a tempo debito e soprattutto, non appena ti deciderai a tornare indietro, perderai ogni memoria di questo posto. Ti sembrerà di aver visto il nulla."
"Non lasciarmi da solo." Ripeté lui, ignorando tutto ciò che la ragazza gli aveva appena detto.
"Guarda che c'è la fila per vederti, non rimani mica da solo."
Ygritte si era voltata e stava andando via.
"Aspetta!" Gridò lui è quello sforzo di pagato con spasmi e dolore fisico "Perdonami! Perdonami per quello che ti ho fatto. Non avrebbe dovuto finire così, te lo giuro." poi aggiunse "Ti ho amato, Ygritte. Ti amo ancora."
Non sapeva se la ragazza lo avesse sentito o meno, ma lui si sentiva più leggero grazie a questa inaspettata opportunità di confessarsi.
Sparita Ygritte, apparve un'altra persona e questa volta la riconobbe subito: si trattava di Robb Stark.
"Com'è possibile che tu sia qui, ma sanguini ancora? Tutti abbiamo solo cicatrici, perpetuo ricordo del dolore che ci è stato inflitto." Esordí tragicamente suo fratello, ma aveva un'espressione gioviale.
"Vorrei saperlo anch'io, Robb."
"Ho sempre saputo che eri speciale, ma non pensavo a livelli così alti da sfidare la morte."
"Per come ho vissuto, non mi sembra di essere poi così speciale, caro fratello."
"È per ciò che farai in futuro."
"Potete predire l'avvenire da qua?"
"Purtroppo no. Possiamo guardarvi soltanto nel presente e sembra che tu sia predestinato a grandi cose in base a ciò che già è successo."
Robb rimarcò la distinzione fra sé stesso e il fratello, fra i morti e i vivi.
"Come ritorno dall'altra parte?"
"Dipende da te."
"Anche Ygritte mi ha detto la stessa cosa." Disse lui gemendo di nuovo.
Era assurdo come le sue ferite sul ventre alternassero momenti di sopportabilità ad altri di cieco dolore.
"Sono felice che ti abbia incontrato. Era così impaziente." Esclamò Robb, cambiando discorso.
"E io sono felice di averla vista. Non mi sono ancora perdonato per ciò che le ho fatto."
"So cosa le hai fatto e so che non ti saresti mai comportato diversamente. Non è colpa tua, è l'amore che ci mette all'improvviso su strade che non avremo mai pensato di percorrere."
"Sei sempre stato il più saggio dei due."
"No, nessuno di noi è saggio, altrimenti non saremo qui."
Entrambi risero e Jon si rese conto che da vivi non avevano mai condiviso un momento così profondamente fraterno.
"Mi dispiace, non doveva finire così per nessuno dei due..."
"Ma per te non è ancora finita." Replicò Robb "Tu uscirai da qui, vivrai ancora perché così è stato deciso."
"Chi l'ha deciso? Come fai a saperlo?"
"Sanguini ancora." Poi lo indicò "e le tue ferite fumano. Ci sono persone nel posto in cui abito che credono in un eroe e credono che quest'eroe sia tu, quindi devi alzarti e combattere..."
Sembrava che il discorso motivazionale dovesse continuare, che Robb si fosse interrotto a metà, ma non ebbe più la possibilità di riprendere. Fu costretto ad allontanarsi da Jon, salutandolo frettolosamente con un abbraccio fraterno, mentre altre due figure si avvicinavano lentamente a lui. Nell'uomo riconobbe suo padre, invece era sicuro di non aver mai visto la donna prima di allora. Tuttavia, dovette ammettere a se stesso che somigliava molto sia a suo padre che a se stesso. Probabilmente si trattava di sua zia Lyanna, ma non poteva ancora saperlo.
Quante cose ancora non sapeva, come ad esempio che Lyanna Stark aveva pregato tutti i suoi Dei per ottenere la possibilità di vedere suo figlio almeno un'altra volta, anche solo per poco.
"Padre!" Jon provò ad alzarsi, o almeno a sedersi dritto ma non ci riuscì. Le ferite facevano troppo male.
"Sta' giù figliolo." Rispose Ned mentre si chinava, poi gli presentò la donna accanto a lui, visibilmente commossa. "Lei è mia sorella Lyanna."
"Sono spiacente che tu debba conoscermi in queste condizioni, zia." Disse il ragazzo.
Lyanna, impulsivamente, avrebbe voluto sfruttare quell'incontro per dire la verità al figlio, ma a che scopo? Non avrebbe ricordato nulla una volta riportato in vita. Non gli era permesso ricordare e tutto ciò che sarebbe rimasto nella sua mente sarebbe stato solo il nulla. Lo sapeva perché così le avevano detto ai Piani Alti.
"Figliolo, sai perché sei qui?" Chiese Ned.
"Mi hanno pugnalato padre. Dovrei essere morto come tutti voi. Cicatrici al posto del sangue."
"Ti è stata data una seconda possibilità, perché tu potrai salvare sia la nostra famiglia sia il reame intero dalla minaccia che arriva con l'inverno. Non so dirti chi ti abbia scelto, ma è così: sei diverso dagli altri, Jon."
"Ma perché io? Perché un bastardo e non un re?"
Ned guardò Lyanna con occhi tristi e si preparò a mentire.
Ned sapeva che suo nipote era l'incarnazione di Fuoco e Ghiaccio , ma Jon non era ancora pronto per la verità.
"Non lo so figliolo, però devi accettare il ruolo che ti è stato affidato anche se non l'hai chiesto. Lo farai?"
Jon sentì un coraggio mai provato prima scorrere nelle vene ed annuì con forza. Ottenuta la risposta, Ned e Lyanna andarono via e lui rimase, steso e ancora sanguinante.
Era convinto che prima o poi sarebbe successo qualcosa, un segno che gli avrebbe fatto capire che era pronto a tornare indietro.
Chiuse gli occhi e udì delle voci, ma era su una che cercava di focalizzarsi. Una voce femminile e straniera che sembrava stesse pregando.
Forse il segno che aspettava era proprio quello.


Note dell'Autrice :3
L'avete chiesto ed è arrivato! Ho deciso di continuare a postare ancora qualche one shot sui personaggi morti dalla S4 in poi, dato che di materiale ce n'è, ahimé, in abbondanza. Spero vi piacciano anche queste e se volete lasciare una recensione mi fa molto piacere. 
Molto probabilmente riprenderò a pubblicare regolarmente dopo le vacanze di Natale e nel frattempo vi faccio tanti auguri.
A presto!
A_GleekOfHouseStark
 

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Capitolo 9
*** Lacrime Mai Versate ***


Lacrime mai versate
Se qualcuno avesse annunciato nell'Aldilà che Stannis Baratheon li avrebbe presto raggiunti, probabilmente ci avrebbero creduto in pochi. La sua disfatta era stata talmente rapida che colse tutti alla sprovvista: in pochi giorni era passato da vittima del vigliacco gesto di "venti bravi uomini dei Bolton", i quali lo avevano lasciato senza risorse, a carnefice di sua figlia, senza contare la decapitazione da parte di Brienne di Tarth.
Tutto insieme, neanche il tempo di processare i vari avvenimenti.
 
Quando il pretendente al Trono di Spade si risvegliò in quel luogo bianco e uniforme, era visibilmente confuso.
Non immaginava così la vita dopo la morte.
Notò dei volti conosciuti in quel marasma che così poco si addiceva alla sua idea di aldilà: gente che aveva combattuto con lui negli anni o persone che avevano incrociato la sua strada, come la bruta dai capelli rossi, l'amante di Jon Snow, di cui si ricordava dai tempi della battaglia della barriera.
Così Stannis iniziò a cercare tra la folla la sua famiglia.
I suoi fratelli, sua moglie e soprattutto sua figlia, la sua unica erede, che aveva sacrificato nel peggiore atto di codardia della sua vita.
Dopo quel momento Stannis Baratheon non era più stato lo stesso.
Sentiva di aver bruciato con lei anche la sua parte migliore, quella fatta d'amore, bontà e puro coraggio.
Quanto si era odiato.
Quanto continuava ad odiarsi, più di quanto avesse mai fatto in passato.
"Shireen!" Urlò tra la folla. "Shireen dove sei?"
Pian piano le persone si spostarono per lasciarlo passare, ma non poterono non mostrare tutto il loro disgusto nei confronti di quel padre snaturato.
Stannis tentò di ignorarli, ma i loro sguardi giudici sembravano avere una dimensione fisica, occupavano pesantemente tutto lo spazio tra lui e gli altri.
"Ultima notizia!" Gli gridò qualcuno dalla massa. Stannis si girò e riconobbe di nuovo la bruta dai capelli rossi "Sappiamo cosa hai fatto. Non piaci a nessuno qui."
"Tutti sanno. Tutti." Continuò un ragazzino smilzo con una cicatrice che andava dal collo al fianco sinistro.
"Non potrete odiarmi più di quanto mi odi io stesso." Pensò lui, ma si limitò a chiedere dove si trovasse sua figlia con un tono vagamente supplicante.
"Non so quanto ti convenga." Una voce che pian piano assunse le sembianze di Renly si fece strada tra le persone. "Maledetto bastardo."
"Renly..."
Un insieme di emozioni che non riuscì a catalogare attraversò Stannis Baratheon.
"L'hai bruciata! Hai bruciato tua figlia! Ti rendi conto di quanto tu faccia schifo come essere umano?" Il ragazzo rincarò la dose "Abbiamo fondato un club qui, si chiama 'quelli che odiano Stannis Baratheon'. Per ora siamo 3 iscritti: io, tua figlia e tua moglie."
"Voglio solo chiederle perdono, anche so che potrà non farlo."
"Il problema è proprio questo: hai generato una creatura talmente buona, gentile e meravigliosa che sarebbe capace di perdonarti. Shireen è infinitamente migliore di te. Mi domando come tu possa essere suo padre."
"Ti prego Renly, faccio appello all'amore fraterno che provavi per me: lasciamela vedere."
"Dopo che hai acconsentito a farmi uccidere, non sei nella condizione di appellarti all'amore fraterno. Neanche quello passato."
"Io non avevo idea di quello che Melisandre avrebbe fatto."
"Dovrei credere alla storia in cui ti fai soggiogare da una Sacerdotessa Rossa quando in tutta la vita non sei stato mai capace di cambiare opinione, per quanto sbagliata fosse?"
"Renly, lascialo andare." Lo interruppe fermamente Robert. Era arrivato lui a completare il quadro familiare e alla vista dell'ultimo legittimo re dei Sette Regni, la folla si disperse. Il maggiore dei fratelli continuò "Non sei tu a decidere se Stannis incontrerà o meno Shireen."
L'Aldilà lo aveva reso col tempo estremamente saggio e moderato, secondo una strana legge del contrappasso di cui nessuno capiva il funzionamento.
"L'ha messa al rogo! Per superstizione! Non esiste che gli permetta di vederla. Non esiste, Robert." Disse fermamente Renly.
"Non puoi arrogarti questo diritto, ma sarà la ragazza a decidere se incontrarlo, che ti piaccia o no." Rispose Robert a tono.
Renly lasciò soli i due fratelli senza proferire altra parola, basito e furioso.
"Ti ringrazio, Robert." Esclamò Stannis.
"Ho sempre faticato a capirti, fratello. Fin da bambini, sei sempre stato quello più serio, più rigoroso. Non ricordo una volta in cui abbiamo giocato tutti e tre senza finire a litigare."
"Tu e Renly preferivate stare solo fra voi..."
"O forse eri tu a considerarci troppo sciocchi, troppo bambini per essere alla tua altezza. Ma non è questo il punto: credevo di conoscerti un minimo, mai avrei smesso di credere che tu fossi giusto e onesto, ma come al solito sono stato contraddetto dai fatti." Fece una pausa drammatica "Poi l'hai bruciata. Ti rendi conto della vergogna che ho provato nel vedere mio fratello sacrificare la propria figlia in nome di un dio pagano?"
La tristezza era palese negli occhi di Stannis, sembrava stesse per piangere.
Era la prima volta, di cui avesse memoria, che succedeva.
"Voglio solo vederla. Voglio dirle che mi dispiace, che meritava qualcuno migliore di me, malvagio e codardo, e del mondo schifoso in cui è cresciuta. Voglio dirle che non c'è niente di più importante al mondo all'infuori di lei."
"Per averla messa al rogo, qualcosa di più importante doveva pur esserci..." Rispose Robert, poi aggiunse stancamente "È con mia figlia, sta bene. Va' da lei."
 
Stannis seguì le indicazioni di Robert e la raggiunse. La vide mentre giocava con Myrcella e si rese conto per la prima volta di ciò che era sua figlia: una bambina, né più, né meno.
Notò anche che Il suo volto era liscio, privo di delle macchie dovute al morbo grigio e soprattutto senza alcuna cicatrice. Anche Myrcella non aveva il viso pallido e le labbra viola, tratto distintivo della morte da avvelenamento. Ad entrambe le bambine era stata donata una bellezza che le distingueva, che faceva capire chi erano i veri buoni in mezzo a tutta quella sporcizia umana.
Chiunque fosse a capo di quel posto, sapeva essere giusto qualche volta.
Shireen, come se sentisse di essere osservata, alzò lo sguardo e chiamò il padre con un tono che sembrava più sorpreso che arrabbiato.
"Shireen..." Le parole s'incastrarono in gola "Shireen, mi dispiace."
Non riuscì a dire altro.
"Non fa niente, padre. Non sono più arrabbiata." Esclamò lei notando la commozione dell'uomo "Quassù si annulla tutto."
Stannis non poté fare a meno di accennare un sorriso a quella piccola bugia.
Lassù non si annullava assolutamente niente e Renly ne era stata la prova lampante.
"Sono stato un pessimo padre, una pessima persona. Non ho saputo distribuire le priorità. Meritavi più di quello che ti è stato dato."
"Padre..."
"Shireen, io non troverò più pace, neanche in questa vita. Speravo che la morte mi desse la possibilità di dimenticare, dato che rimediare è impossibile, ma perché gli dei dovrebbero essere giusti con chi non lo è stato?"
“Possiamo provarci, a trovare pace. Possiamo ricominciare da zero, se vuoi.” Esclamò lei.
Lacrime calde pungevano gli occhi di quell’uomo che non piangeva mai, il quale non riuscì a proferire parola di fronte alla bontà della sua bambina.
Completamente inerme, per una volta, Stannis Baratheon pianse.
Pianse tutte le quelle lacrime mai versate, trattenute da una vita. 


Note dell'autrice :3
Ciao a tutti! Scusate il ritardo, ma sono stata impegnatissima e non ho potuto aggiornare fino ad adesso. Giuro che proverò ad essere più regolare con gli altri capitoli (spoiler alert: il prossimo sarà su Ramsay Bolton), ma spero vi sia piaciuto questo nel frattempo. Ho provato a rendere giustizia a Stannis, che non rientra tra i miei preferiti, ma non mi è affatto piaciuto (versione politically correct della mia opinione...) com'è stato trattato nella serie, soprattutto avendo letto i libri. 
Spero abbiate apprezzato.
Alla prossima!
-A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 10
*** Ricordi ***


Ricordi
Con Ramsay Bolton, l'aldilà era stato cattivo quanto lui in vita.
Nessuna cicatrice in vista, i cani lo avevano martoriato a tal punto che questa attribuzione sarebbe stata impossibile, ma neanche cartelli come quello di Oberyn sarebbero serviti a molto. Al loro posto, invece, la completa cancellazione della memoria, al punto tale da non ricordarsi più neanche di se stesso, di chi era stato e delle azioni che lo avevano fatto entrare di diritto nella lista degli uomini più temuti e spaventosi di Westeros.
Reset.
Undo.
Tutto sparito.
Ovviamente il suo comportamento in vita ebbe delle conseguenze e la più grande fu senz'altro la sparizione di ogni traccia di cattiveria o malizia, dato che non ricordava neanche il suo nome, in quanto Ramsay Bolton non era nato sadico, lo era diventato.
Da figlio bastardo, aveva adottato qualunque mezzo per farsi notare dal padre, il famoso Lord Bolton di Forte Terrore, ma alla fine aveva scelto il peggiore.
Aveva scelto la violenza.
Come poteva non notarlo se le sue "gesta" si diffondevano a macchia d'olio per tutte le Terre dei Fiumi ed oltre?
Era nato come un piano per soddisfare il proprio bisogno di attenzione, ma un problema sorse quando Ramsay si rese conto di quanto la violenza lo facesse impazzire, visto che scuoiare un ipotetico nemico gli procurava un piacere quasi fisico, pari a ciò che poteva provare quando andava a letto con una delle sue puttane.
Ma adesso non ricordava più nulla, né cause né conseguenze e neanche la coscienza di sé gli era rimasta.
Solo gli sguardi terrorizzati o, l’alternativa dei più coraggiosi, di sfida che la gente del posto gli lanciava, però lui non riusciva a capire il perché di tanto disprezzo.
Non lo ricordava.
 
Reset.
Undo.
Tutto sparito.
Ricordi e memoria completamente annullati, un passato che nella sua testa non aveva né presente né futuro, quindi le occhiate altrui rimasero l'unica testimonianza di quella che doveva essere stata una vita passata a fare del male.
Ramsay si accovacciò, stringendo le gambe al petto e pensando a quanto gli sarebbe piaciuto sparire, diventare invisibile per sfuggire a quella situazione di cui non riusciva a capire la sottile ironia imposta dall'alto.
Il carnefice che vuole scappare dalle vittime.
Il senso dell'umorismo, a quelli al comando, non mancava di certo.
 
 
Tra le fila del popolino, Ramsay Bolton vide un uomo con lo stemma di un lupo grigio sul petto, o forse era un ragazzo cresciuto troppo in fretta, che si faceva strada verso di lui, fissandolo con una rabbia che non credeva possibile l'essere umano potesse provare.
Ma d'altronde era come un bambino appena nato, stava rivedendo tutto per la prima volta.
"Lurido bastardo!" Urlò il ragazzo avventandosi su di lui e trascinandolo a terra. Lo picchiò con forza, senza che Ramsay riuscisse o volesse difendersi, finché una voce non lo fermò.
"Robb! Smettila! Non puoi ucciderlo di nuovo!"
"Merita una sofferenza perpetua per quello che ha fatto alla nostra famiglia, padre." Rispose il ragazzo "Sansa, Rickon, Grande Inverno! Per non parlare della morte e distruzione che ha portato ovunque posasse piede. Non è giusto che sia qui con noi ad espiare, non quando è stato così un cane in vita."
Robb non aveva staccato le mani dal collo di Ramsay, che non riusciva a capire perché si rivolgesse a lui in quel modo, per quanto non avesse smesso di sforzarsi a ricordare.
"Il Giovane Lupo ha ragione! Negli inferi il bastardo di Bolton! Negli inferi!"
Un coro di voci popolari si alzò e il ragazzo a terra iniziò a piangere.
Pianse perché non capiva.
Pianse perché quella coscienza inesistente ora pesava più che mai, gravava come un macigno invisibile, esattamente come avrebbe voluto diventare lui per fuggire.
Cosa aveva fatto di così terribile che un gruppo di persone aveva deciso all'unisono che il suo posto era nei Sette Inferi?
Robb Stark lo fissò ma nulla impedì alle lacrime di continuare a scorrere.
"Stai piangendo?" Chiese incredulo il giovane lupo.
"Chi sei tu?" Ribatté Ramsay in tono di supplica "Chi è questa gente? Cosa ho fatto in vita da essere odiato così tanto?"
"Il bastardo non ricorda?" Disse qualcuno nella folla.
"Magari finge soltanto di non ricordare!" Rispose qualcun'altro.
Poi una voce si alzò.
Era Stannis Baratheon.
"Mandatelo al cospetto dei suoi Dei. Sceglieranno loro se dargli possibilità di redenzione o mandarlo negli Inferi, esattamente come hanno fatto con tutte le persone come lui, dal Re Folle a Walder Frey."
Forse quella fu l'idea migliore che qualcuno ebbe in merito alla faccenda.
Robb Stark accettò riluttante la proposta e disse a Ramsay: "Alzati, stai per essere processato."
Stannis Baratheon, che ovviamente non lo aveva perdonato, e mai l’avrebbe fatto, per aver mandato i suoi uomini a distruggere il suo accampamento durante la Battaglia del Nord, lo accompagnò al cospetto dei Sette Dei, gli unici in grado di risolvere in modo giusto la situazione.
 
"Sei solo con le tue cattive azioni adesso."
"E se io non le ricordassi?"
“I tuoi Dei faranno in modo che tu ricordi.”
 
Stannis se ne andò e ad un tratto, quando già era solo, Ramsay Bolton iniziò a visualizzare tutte le azioni passate.
Le torture a Theon Greyjoy.
La notte di nozze con Sansa Stark.
Gli inseguimenti con i cani nel bosco.
La battaglia per il Nord e l'incendio alle provviste dell'esercito Baratheon.
Rivide tutto nel peggior modo possibile e gli Dei si erano dimostrati quasi crudeli quanto lui nel fargli capire che al figlio di Bolton non spettava la redenzione come agli altri.
“Questo è quello che meriti, Bastardo.” Avrebbe detto qualcuno.
 
Reset.
Undo.
Adesso era sparito anche lui, come i suoi ricordi.



Note dell'autrice :3
Come promesso, ecco la one shot su Ramsay. Avrei potuto lasciarlo in character, ma ho preferito dargli una punizione diversa, prendendo spunto dal personaggio di Simon in Misfits (se non l'avete mai vista, consigliatissima), sempre interpretato da Iwan Rheon.
Anche il finale è semi aperto, ma credo sia abbastanza intuibile dove sia finito il buon vecchio Ramsay.
Alla prossima con i fratelli Tyrell!
A_GleekOfHouseStark

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Capitolo 11
*** Direzioni ***


Direzioni
 
I fratelli Tyrell erano apparsi nell’Aldilà esattamente come se n’erano andati: insieme e all’improvviso.
Margaery teneva stretto il fratello tra le sue braccia, come se con le sue braccia avesse potuto lenire in qualche modo il dolore passato e presente.
“È tutto finito Loras.” Gli disse a bassa voce, chinandosi sulla sua testa “Qua nessuno ci farà del male.”
La ragazza cercò di rassicurare anche se stessa, perché lei non aveva nessuno che lo facesse al posto suo.
“Dove siamo?” Chiese lui, risvegliandosi da quello stato di panico e terrore.
“Non ne ho idea.”
“Qual è l'ultima cosa che ricordi?”
Margaery compì uno sforzo immane per rispondere a questa domanda. Cercò di mettere insieme i pezzi della sua memoria, come in quel gioco che faceva da piccola con suo padre ad Alto Giardino.
“Parti dai bordi.” Le diceva lui “Sono sempre i più evidenti.”
Così lei partì dai bordi, dagli antefatti.
“Doveva tenersi il processo a Cersei Lannister. Eravamo tutti nel tempio di Baelor, ma lei mancava. Anche Tommen era assente e questo avrebbe destato sospetti a chiunque, ma un passero non è capace a capire i ragionamenti di una leonessa.”
“Poi c'è stata l'incisione.” Incalzò Loras, indicandosi la fronte con una cicatrice ancora bruciante.
“Giusto, l’incisione. Infine la luce verde.”
Margaery tentò di andare avanti, ma la sua memoria si fermava lì, alla luce verde.
“Siamo morti, vero Marge?” Chiese il ragazzo.
“Ma se siamo morti, cos'è questo posto? Perché non siamo morti e basta? Soprattutto, ci siamo solo noi?”
Loras si alzò in piedi e prese le mani della sorella, ora che aveva riacquistato una parvenza di lucidità.
“Dovremo muoverci per capire dove siamo e con chi.”
I fratelli Tyrell si incamminarono seguendo direzioni immaginarie, in un posto in cui tutto era così uniforme da abolirne addirittura il concetto.
Margaery e Loras non si erano mai sentiti così persi, ma non lo dissero, forse per non spaventare l’altro e mostrarsi come una guida, anche se in un posto sconosciuto.
 
“Giuro che ucciderò quella puttana di Cersei Lannister!” Urlò Renly quando vide le fiamme verdi avvolgere interi quartieri di approdo del Re.
“É inutile urlare, sai che non puoi fare nulla.” Rispose Ygritte con uno stoicismo di cui si stupì persino lei stessa.
“Non parlare! Non rivolgermi la parola, Ygritte. Tu non hai idea...”
“Certo, tu sei l’unico ad aver visto i propri cari morire con la consapevolezza di non poter aiutarli. Sei l’unico a cui gli Dei hanno fatto questo torto incredibile. Guarda gli Stark: ti risulta che Ned abbia minacciato di uccidere Ramsay Bolton quando ha usato Rickon come bersaglio per il tiro con l’arco?”
“Certamente non puoi dire che gli altri membri di quella famiglia non siano vendicativi.”
Era ancora scosso, ma non poteva non risponderle a tono.
“Ma sono comunque parole a vuoto! Sono i fatti che contano e da qua non possiamo agire. É la prima cosa che mi hai insegnato quando sono arrivata. Non lasciare che questa follia prenda anche te.”
Renly smise di trattenersi e pianse.
Un pianto scomposto.
“Meritavano di meglio, Ygritte.”
“Lo meritiamo tutti.” Rispose la ragazza “Dai, vieni qui.”
Rimasero abbracciati per qualche istante, poi lei aggiunse: “Vogliamo andare a cercarli?”
Nella disperazione, il giovane Baratheon non aveva pensato all’unico vantaggio di aver visto morire l’unica persona che avesse mai amato.
“Mi piace che adesso siamo un noi.” Rispose lui, iniziando a camminare verso una direzione non definita.
Se c'era una cosa che Ygritte aveva imparato con Renly, era che il dolore condiviso diventava decisamente meno pesante da sopportare.
 
Loras e Margaery, Renly ed Ygritte, tutti avevano perso la cognizione del tempo, camminando a vuoto in quel luogo sempre uguale a se stesso.
Forse furono gli dei a farli incontrare, inteneriti da quel vagabondaggio che aveva uno scopo ma probabilmente non avrebbe mai trovato una fine.
Accadde all’improvviso, così come i Tyrell erano arrivati nell’Aldilà.
“Quei due sono nuovi.” Esclamò la bruta con fierezza “I nobili nuovi li riconosco subito.”
Renly guardò attentamente: i riccioli biondi, gli occhi verdi a cui avevano rubato tutto, dalla gioia all’innocenza, quel corpo che aveva conosciuto fin troppo bene.
Era Loras.
Doveva essere Loras.
“Sono loro.”
“Sei sicuro?”
“Lo riconoscerei anche in mezzo ad una mischia.”
La ragazza li osservò meglio.
“Non dovrei dirlo, ma sono quasi invidiosa di te, che hai avuto la possibilità di conoscere bene entrambi.”
“Non dovrei dirlo, ma sono quasi orgoglioso di te, che hai imparato a moderare il linguaggio.” Rise lui e avviandosi verso di loro le chiese: “Vuoi venire con me?”
“No, so qual è il mio posto.”
“Solo perché siamo nobili?”
“No, idiota. Perché sarei di troppo tra te e Loras.” Sorrise a sua volta “Se lo fai aspettare ancora rischi che se ne vada.”
“Ho aspettato fin troppo.”
 
Era stata Margaery ad incrociare per prima lo sguardo di Renly, che avanzava ansioso verso di loro.
Sapeva che in realtà stava camminando verso suo fratello, ma le andava bene così.
Non gli disse nulla, voleva che ne rimanesse sorpreso e felice.
“Cavaliere di Fiori?” Sussurrò Renly quando fu abbastanza vicino affinché soltanto Loras potesse ascoltarlo.
“Mi considerereste un egoista se vi dicessi che sono estremamente felice di rivedervi?”
In quel momento, Loras Tyrell sorrise per la prima volta dopo tanto, troppo, tempo.
“Vi direi che preferisco mille volte essere qui con voi, piuttosto che in quell’inferno che è diventata la vita.”
Una lacrima attraverso il viso del giovane Baratheon.
“Mi sei mancato da morire. Una seconda volta.” Esclamò sorridendo e accarezzandogli la guancia.
“Anche tu. Ogni singolo giorno. Ho provato a dimenticarti ma non esiste vita in cui io riesca a sostituirti.”
 
Si abbracciarono e, finalmente, uno nelle braccia dell’altro, si resero conto di essere a casa.
Avevano ritrovato la loro direzione.


Note dell'Autrice :3
Ciao a tutti! Spero che quest'ultima one shot vi sia piaciuta e ci tenevo a ringraziare tutti coloro che hanno seguito la raccolta, che è partita come un esperimento e invece si è trasformata in un qualcosa di cui vado anche abbastanza fiera.
Magari Loras può risultare un po' OOC, ma se avete letto i libri sapete che non è così.
Grazie ancora per averla letta, recensita o messa fra i preferiti: spero di pubblicare presto qualcosa di nuovo e magari di originale e non più FF.
Alla prossima!
A_GleekOfHouseStark

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