Dualidad - Esseri doppi

di Red_and_blue96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Flaminia detta Mimì ***
Capitolo 2: *** BMW M6 vs Fiat Punto ***
Capitolo 3: *** Missy ***
Capitolo 4: *** Ragazzo italo-spagnolo ***
Capitolo 5: *** Lei, Lui e l'altra ***
Capitolo 6: *** Novità per la squadra ***



Capitolo 1
*** Flaminia detta Mimì ***


C’era una volta un regno incantato e circondato da un bosco. Un giorno, la principessa stava cogliendo fiori; intorno a lei scorrazzavano gli scoiattoli e nell’aria si sentiva una leggera brezza che annunciava l’arrivo della primavera…
Ok, dopo questa premessa da favola, posso narrarvi la vera storia che vi voglio presentare, che può essere definita tutto tranne che una fiaba. Il lieto fine non è detto che appartenga solo alle favole.
La principessa della nostra favola è in realtà una commessa di un semplice negozietto che si trova all’interno di un centro commerciale, misero e poco accogliente. Come tutte le mattine, Flaminia, si era svegliata con ilo mal di testa a darle il buongiorno, affiancato alla solita stupida canzoncina della sveglia del cellulare. Con non poca fatica, si alzò dal letto e si diresse in bagno, si guardò allo specchio e fece il solito sorriso che dedicava a se stessa per darsi forza per affrontare la nuova giornata. Andò in cucina, dove consumò la solita tazza di latte e cereali. Uscì da casa che erano le 8:55, giusto in tempo per raggiungere il centro commerciale. Alle 9:01 la chiave ruotava nella toppa della porta del negozio, vi entrò e iniziò a sistemare per la nuova giornata lavorativa. Poco più tardi, quando vide il suo capo sulla porta, si ricordò che quella mattina sarebbero venuti lui e un suo amico geometra per discutere di alcuni lavoretti di ristrutturazione che urgeva fare al più presto, prima che crollasse il cartongesso del soffitto. Flaminia, per voi amici Mimì, vide dunque entrare Alberto, il suo capo, seguito dal geometra Lorenzini e un ragazzo.
“Mimì buongiorno! Ti ho portato il geometra” disse Alberto presentando Lorenzini alla ragazza. Lei porse la mano al professionista, presentandosi come Flaminia, poi fece lo stesso con Pablo, il ragazzo al seguito del geometra, nonché suo figlio. Padre e figlio non persero tempo, subito sistemarono dei documenti sul bancone, che sarebbero serviti per prendere nota dei lavori che bisognava compiere. Dopo circa un’ora di spiegazioni e ragionamenti, Lorenzini decise di portare via Alberto per fargli vedere alcuni impianti che potevano servire per il soffitto. Pablo fu lasciato in compagnia di Flaminia, anche perché non aveva finito di compilare i documenti. Appena gli adulti scomparvero dal negozio, il ragazzo gettò la penna sui fogli e si rilassò sulla sedia con un sonoro sbuffo.
“Wow che finezza!” si lasciò sfuggire sotto voce Mimì, che era su una scala intenta a pulire una mensola. Pablo alzò gli occhi su di lei:
“Sono stanco…” disse poggiando la testa sui fogli.
“Ma sono appena le 11.20” ribatté ridendo Mimì. Il ragazzo si alzò e lentamente raggiunse la scala, poi vi poggiò le mani ai lati, alzò la testa verso Flaminia:
“Perché? C’è un orario per essere stanchi signorina?”  chiese strafottente. Mimì scosse la testa e lo lasciò perdere, ma quello che tenne bene a mente fu il colore degli occhi del ragazzo: un verde chiarissimo mischiato all’azzurro circondato da una tonalità più scura. Mimì aveva, infatti, un debole per gli occhi chiari, a dispetto dei suoi, colorati di un comune castano scuro. Svogliatamente, il ragazzo tornò sui documenti e Mimì si diede da fare con i clienti, alcuni di loro se ne uscivano con un “Sei in bella compagnia!” riferito al ragazzo che stava al bancone a scrivere e che per tutta risposta alzava gli occhi sui clienti senza dire una parola. Mimì sorrideva imbarazzata…
In effetti non avevano tutti i torti, Pablo era davvero un bel ragazzo. Alto circa 1.80, pelle olivastra, capelli castano chiaro tagliati corti e sistemati dal gel, bocca piccola contornata da labbra carnose che terminavano con gli angoli tirati verso l’alto, un leggerissimo strato di barba gli racchiudeva le guance ben definite; dal maglione nero attillato, risaltava una corporatura robusta ma ben definita e lo stesso si poteva dire delle gambe, forse più muscolose del corpo, che erano fasciate da aderenti jeans blu scuro. Mimì si concedette un attimo per guardarlo e quando i suoi occhi si posarono sul  viso del ragazzo, lo beccò mentre la osservava.
A detta di molti, Flaminia era davvero carina, oltre che gentile e dolce: lunghi capelli ondulati e tinti leggermente di rosso mogano le racchiudevano il viso ovale e caratterizzato da due belle guance rotonde e da labbra carnose di un leggero rosa pallido; il suo corpo non era certo snello ma piaceva per via delle morbide e generose forme, racchiuse in un metro e sessanta di femminilità.
“Dove vai?” chiese Mimì, notando che Pablo si avviava verso la porta. Lui si voltò indietro e alzando il polso con il Sector disse:
“ Ora di pranzo…vieni?”.
Mimì prese al volo le chiavi del negozio e chiuse le porte: il suo stomaco non poteva aspettare… raggiunsero il bar/mensa del centro commerciale e solo quando fu il turno di pagare, si rese conto di aver dimenticato il portafoglio al negozio. Pablo, si accorse della situazione e afferrandola per il polso, la portò al tavolino e dopo averla fatta sedere le disse che avrebbe pagato lui. “Non farti problemi eh” le sorrise strizzando l’ occhio.
Mimì si affrettava a mangiare, poiché aveva solo 15 minuti di permesso, tuttavia, teneva gli occhi fissi sul negozio e sull’entrata del centro, e inoltre si accorse che il suo compagno di pranzo era estremamente lento!
Tra un boccone e l’altro, Pablo chiese:
“Quanti anni hai?”
“Venti. Tu?” chiese disinteressata.
“Anche…sai, non ti ho mai vista in giro…”
“Non esco molto, lavoro molto e poi sono stanca”
“Mmm capisco.” Pablo non staccava gli occhi da lei. Aveva intuito che c’era qualcosa di strano in Flaminia.
“Verresti a cena con me stasera?” domandò abbassando lo sguardo. Flaminia lo guardò allarmata: “Cos’è? Ti sei già abituato a mangiare con me?” chiese prendendolo in giro.
“Può darsi…” e rise abbassando di nuovo il viso. Flaminia lo trovò carinissimo…
In quel preciso istante, Alberto entrava dalla porta scorrevole del centro, seguito da Lorenzini. Mimì si alzò e trascinò Pablo verso il negozio, che riuscì ad aprire in tempo.


“Ragazzi avete pranzato?” chiese Alberto.
“Quasi” borbottò Pablo, pensando al piatto di pasta che stava ancora mangiando.
“Forza ragazzo, raccogli le cose che è ora di andare.” Disse Lorenzini. Il figlio obbedì e se ne andò via salutando con un occhiolino Flaminia, che girandosi verso lui per salutarlo, lo trovò voltato indietro che ancora la guardava. Alberto se ne andò 5 minuti dopo…
Rimasta sola, Mimì si sedette al posto occupato da Pablo precedentemente, ripensò all’invito ricevuto dal ragazzo e si rese conto di non aver alcun indirizzo a cui presentarsi a cena! Riflettendo su questo, gli occhi le caddero sulla calcolatrice, coperta in parte da un foglietto ripiegato. Lo prese e lesse: “Ristorante “Il molo” ore 20.30”

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Capitolo 2
*** BMW M6 vs Fiat Punto ***


Erano le 20 precise quando Mimì rientrò a casa, con un enorme domanda a cui rispondere entro qualche secondo. “Ci vado o no? Vabbè è solo una cena…”
Avvisò subito i genitori che avrebbe cenato fuori con una compagna del liceo e scappò in camera sua per prepararsi…ma cosa indossare?
Era chiaro, non voleva fare colpo su di lui ma non era nemmeno invitata al McDonald! Era un ristorantino di lusso quello… optò, quindi, per un completo pantalone a palazzo e top nero, con sopra una giacca blu elettrico.
 
A qualche chilometro di distanza, Pablo aveva appena parcheggiato la sua BMW M6 colore blu notte, scese e, appoggiandosi allo sportello appena chiuso, si accese una sigaretta, nell’attesa che arrivasse la sua compagna di cena… dopo una decina di minuti, e dopo aver spento la seconda sigaretta della serata, una macchina rossa, una Punto precisamente, si parcheggiò al suo fianco:
“Buonasera.” Salutò Mimì timidamente. Pablo le sorrise e prendendole una mano, la portò verso le sue labbra, senza però toccarla poi rispose con un semplice “ A lei, signorina”. Porse, poi, il braccio, al quale Mimì si aggrappò per paura di cadere per via dei tacchi, e si diressero verso il locale.
 
Mentre erano seduti a uno dei numerosi tavoli e attendevano il cameriere e i menù, Mimì si guardava intorno: notò un bellissimo acquario che subito catturò la sua attenzione.
“Sirenetta, ti piacciono gli acquari?” chiese lui. Mimì non capì subito il motivo di quel soprannome poi si ricordò della tinta fatta due settimane prima.
“Mi rilassano”
In quel momento arrivò il cameriere…
 
“Sai perché ti ho invitata?” domandò ad un tratto Pablo.
“Proprio no, dimmelo”
“Ovviamente sei davvero carina, e poi volevo farti staccare un po’ da questa vita fatta solo di lavoro, lavoro, lavoro” esordì lui. Alla ragazza la risposta non piacque affatto.
“La mia vita non è solo lavoro! Cosa pretendi di sapere di me e della mia vita? Ci conosciamo, se così possiamo dire, da nemmeno 12 ore!” disse tagliente, guardandolo di traverso, tornando poi a mangiare.
Pablo prese un respiro profondò e tornò al suo piatto.
 
Terminata la cena, i due ragazzi si diressero sul lungomare li vicino e presero posto su una panchina di legno, posizionata verso il mare, completamente nascosto dal buio della notte.
“Puoi perdonarmi per prima, Flaminia?” chiese Pablo fissando il buio di fronte a sé e cacciando il fumo dell’ennesima sigaretta.
Mimì sorrise e scosse la testa ridacchiando un po’. Lui si voltò verso di lei, capendo di essere stato perdonato.
“Fumi?” chiese girandosi completamente verso di lei.
“Ogni tanto ne rubo un tiro alla mia amica”
Lui portò la mano con la sigaretta verso le labbra di lei, che si sporse di poco per aspirare. Improvvisamente, si sentì avvolta dai brividi, causati dal contatto con le dita di lui, che nel frattempo, la guardava intensamente.
Quando Mimì soffiò via il fumo, a Pablo fu difficile trattenere un gemito: era così sexy ai suoi occhi mentre fumava.

“Parlami di te. Cosa fai oltre a seguire tuo padre?” chiese la rossa.
“Di giorno sono un aspirante geometra, la sera invece mi alleno con la squadra locale di calcio” sorrise fiero di quella sua passione. Anche a Mimì piaceva moltissimo il calcio!
“Visto che a te piace pure, verresti al campo domani pomeriggio? C’è la partita” invitò lui. Lei accettò volentieri. Ormai era entrata in sintonia con quel ragazzo praticamente sconosciuto.
 
“Grazie per la cena e per la chiacchierata” disse lei appoggiandosi alla fiancata della sua auto. Pablo la copiò appoggiandosi alla sua BMW. Poi le accarezzò il viso… non l’avesse mai fatto! Mimì sgranò gli occhi e spinse via la sua mano. Corse subito verso il lato guida dell’auto, ma Pablo la fermò in tempo:
“Che ho fatto?” chiese rammaricato. Mimì sospirò. “Non era colpa sua” pensò. E per farglielo capire, con mano tremante, ricambiò la carezza sul viso di lui.
“Scusa ancora, stasera sbaglio tutto!” si scusò lui.
“Sarò presente alla partita!” cambiò discorso per rincuorarlo.
 
Osservando i due ragazzi, non si vedeva la grande differenza che in realtà li rendeva l’uno l’opposto dell’altra. In breve:
- Pablo Lorenzini, 20 anni, figlio del migliore geometra della regione e della famosissima ballerina, di origine spagnole, Helena. Viveva da sempre nella lussuosa e confortevole villetta progettata dal padre e arredata da una vasta gamma di articoli di lusso!

-Flaminia Corsi, 20 anni, figlia di un semplice operaio e di una casalinga come tante. Viveva in un modesto appartamento, parte di uno dei tanti condomini che caratterizzavano il quartiere di periferia. Lavorava da quando aveva compiuto 18 anni, sentendosi in dovere di aiutare la famiglia e con la speranza di riscattare la sua infanzia composta da tanti desideri, mai realizzati perché economicamente impossibile.
Per quanto opposti e cresciuti in ambienti diversi, i due ragazzi vollero approfondire la loro conoscenza…


Fu per questo che Mimì si trovava al campo sportivo, seduta in mezzo agli altri tifosi. Quando le squadre fecero il loro ingresso sul prato, Mimì si accorse che Pablo era addirittura il capitano!
Il primo tempo e quasi tutto il secondo non furono emozionanti. Risultato 0-0. All’improvviso un azione fallosa nei confronti di un attaccante locale costrinse l’arbitro a dare un rigore. Indovinate chi si presentò sul dischetto?

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Capitolo 3
*** Missy ***


Pablo cercò di respirare lentamente per concentrarsi, fece qualche passò indietro e si ricordò di un piccolo dettaglio: Flaminia era in tribuna…e quel goal doveva essere per lei. Fissò il portiere di fronte a sé e poi calciò nella sua direzione. La palla finì proprio sotto l’incrocio dei pali, non c’è che dire, un goal fantastico!
Tutta la tribuna esplose in un urlo di gioia e di sofferenza repressa per quella partita poco entusiasmante, fino ad allora. Anche Mimì esultò di gioia e notò che il capitano si dirigeva verso di lei… sotto gli occhi di tutti i tifosi, il ragazzo si inchinò a lei e le mandò un bacio con la mano. Allora i tifosi applaudirono e innalzarono cori verso il loro capitano, che con quel gesto, intanto, aveva stregato Mimì.
A pochi minuti dalla fine della partita, Mimì si alzò dal posto, stanca di stare seduta, e si recò verso la ringhiera che divideva la tribuna dalla zona panchina sottostante. Il fischio finale dell’arbitro fece esultare ancora una volta i tifosi locali. L’intera squadra si gettava sul capitano/salvatore del match per acclamarlo! Appena fu libero, si diresse ancora una volta verso Mimì, si arrampicò sul muretto e poi sulle sbarre della ringhiera e raggiunse la rossa, fermandosi a qualche centimetro di distanza mentre era aggrappato ai tubi di ferro, per non cadere. Si guardarono per un momento, poi lui disse: “Grazie! Senza di te non avrei mai segnato. Ti aspetto all’uscita dei calciatori eh!” e le schioccò un bacio sulla guancia. Per l’ennesima volta, Mimì rimase ammutolita. Riusciva solo a guardarlo mentre si sfilava la maglia e si dirigeva verso lo spogliatoio.
 
“Eccoti qua” sospirò Pablo trascinandosi dietro l’enorme borsone. Mimì sorrise, ancora incapace di formulare una frase.
“Ehi! Cosa hai? Non parli più?” si preoccupò lui accarezzandole un braccio. Incoraggiata dall’interesse sincero di lui, riuscì solo a sussurrare: “Perché mi hai detto quella frase?”
Lui tolse la mano dal suo braccio, poi iniziò a ridacchiare: “Guarda che è una bella cosa! Non devi stare triste!” e le affondò un dito sulla pancia per solleticarla, riuscendo a tirarle un sorriso. Tornato serio, iniziò a dire “Sai, io sento che tra noi ci può essere un bel rapporto d’am...” la frase di Pablo, però non si concluse, poiché un furgoncino nero aveva iniziato a suonare il clacson in modo continuo! Mimì si voltò verso il mezzo e si fece seria di colpo. Guardò Pablo e si scusò, lasciandolo lì e correndo verso il furgone.
 
“Eh brava Flaminia! Diserti i tuoi impegni professionali per i tuoi hobby sportivi!?” la derise l’uomo alla guida, che vedendola correre verso di  lui aveva abbassato il finestrino. “C’era Tracy a coprirmi” ribattè irritata. “Tracy non è te, e i clienti lo sanno bene… vedi di non fare tardi stasera” e così dicendo, sgommò lievemente e andò via.
 
“Stasera” esordì il mister, che aveva raggiunto i suoi ragazzi nel cortile “si festeggia! Vi porto tutti al Red Passion” e rise dando qualche pacca ai ragazzi al suo fianco, che si guardavano increduli con il resto della squadra. Uno di loro prese parola: “Ma mister, sa che genere di locale è quello!?” “Ohh Filippi! Siete grandi e vaccinati, per l’amor del cielo! E poi siete tutti abbastanza attivi in questo settore, anche molto di più rispetto al settore calcistico”. Tutti d’accordo sull’orario, rientrarono alle proprie case per prepararsi.
 
“Scusate il ritardo bellezze!” salutò Mimì entrando di corsa nei camerini. “Ah, sai che novità!” rise Susy e le altre annuirono, coinvolgendo anche Mimì nella risata. Oltre a fare la commessa, Mimì ballava e intratteneva i clienti del Red Passion, locale molto intrigante per via delle mascherine che mai avevano rivelato la vera identità delle ballerine. Ognuna di loro aveva un altro nome lì dentro, per esempio Mimì diventava Missy: la ragazza più desiderata del locale, non solo per essere la più bella tra tutte ma anche per la simpatia e la capacità di intrattenere anche solo dialogando.
“Ragazze!!! Abbiamo pane per i nostri denti stasera!” disse euforica Tracy, appena rientrata dal suo balletto.
“Ricconi?” chiese annoiata Susy. “Meglio! Carne fresca!” così venivano definiti i ragazzi giovani.
“Allora il capo ci farà ballare in gruppo no?” chiese Mimì ricordando una delle tante regole: “quando ci sono molti ragazzi, si balla tutte insieme, così i loro ormoni sballano e avete richieste di compagnia”
Le ragazze erano già sul palco pronte a ballare, e i ragazzi seduti tutti in prima fila, già iniziavano a sbavare alla loro vista! Le gonne corte e svolazzanti e i top cortissimi e aderenti mandavano fuori di testa tutta la squadra, l’unico poco interessato era Pablo: il più “serio” di tutto il gruppo. Poi le ballerine scesero a ballare in sala, accarezzavano i ragazzi e lasciavano loro tanti baci… Mimì o meglio Missy, si ritrovò davanti a Pablo: voleva sprofondare o scappare via! Da un angolo del locale, notò il suo capo, che le faceva cenno di fare il suo lavoro, nonostante avesse riconosciuto il ragazzo.
Così, Missy si sedette a cavalcioni su Pablo che sgranò gli occhi sorpreso. Si tenne con le mani dal suo collo e spinse leggermente il bacino in  avanti, inarcando la schiena. Infine si alzò e scompigliò i capelli di lui, lasciandolo a bocca asciutta.
Poco dopo, a balletto finito, le ragazze presero posto ognuna sulle gambe di un ragazzo. Missy si sedette su un biondino dagli occhi azzurri, seduto dalla parte opposta rispetto a Pablo.
“Allora ragazzi, cosa festeggiamo?” chiese Susy. Uno di loro spiegò della vittoria della squadra grazie al rigore di Pablo. “Quindi sei tu il campione della serata?” chiese Tracy al capitano. “Si…” sussurrò imbarazzato. “Allora ti meriti il nostro premio!” esclamò Ylenia. Missy saltò sulle gambe del ragazzo, capendo a cosa alludeva la sua collega. Due secondi dopo, le ragazze le fissavano per incitarla a fare “ gli onori di casa”. Lentamente, Missy si alzò e si sedette su Pablo, e lo guardò per la prima volta negli occhi.
“Io sono il premio di ogni festeggiato e stasera tocca a te, su vieni…” e alzandosi, lo prese per mano e lo portò verso le scale che conducevano verso il piano superiore, dove c’erano le camere. I commenti poco aggraziati dei suoi compagni non mancarono…
 
Una volta entrati in camera, Missy chiuse la porta a chiave, mentre Pablo prendeva posto sul letto. Missy gli si sedette vicino e lui si voltò a guardarla.
“Allora… cosa vuoi che facciamo?” chiese Missy, nonostante la paura di essere scoperta aumentava dentro di lei. Lui allungò una mano per toglierle la mascherina, ma il suo polso venne prontamente afferrato da Missy.
“No! Non si fa…sei proprio cattivo tu eh” lui rise e poi si gettò con la schiena sul letto, seguito da Missy, che stava a pancia in giù.
“Comunque con te non voglio farci nulla. Ma non è colpa tua” chiarì lui. Dentro di lei, Missy stava facendo i salti di gioia. “Se vuoi possiamo chiacchierare. Come ti chiami?”
“Pablo, piacere. Tu?”
“Io sono Missy” gli sorrise.
“Missy…” ripeté lui “…Mi ricordi qualcuna sai?” rise lui scuotendo la testa. La paura di essere scoperta adesso era davvero alle stelle, tant’è che si iniziò a sistemare nervosamente la mascherina.
“Ah si?” sussurrò a fatica.
“E’ una ragazza particolare, misteriosa ma estremamente dolce” le spiegò. Missy si alzò per sedersi nuovamente sul bordo del letto, era irrequieta e allo stesso tempo contenta degli aggettivi usati da Pablo per descriverla.
“E come si chiama?” decise di scoprirne di più.
“Un nome più adatto a lei non c’era: Flaminia”
“Perché?” si incuriosì
“Flaminia… flame in inglese fiamma…” rise per l’assurdo paragone.
“Mi stai dicendo che ti infiamma?” rise lei voltandosi.
“Tanto” mormorò ad occhi chiusi e portandosi le mani dietro la nuca. Missy non poteva credere alle sue orecchie: a lui piaceva e anche tanto. Il silenziò calò di colpo nella stanza… improvvisamente, Missy sentì le mani di lui toccarle i fianchi, successivamente il suo mento si poggiò sulla sua spalla, e un piccolo baciò le sfiorò il collo. Missy sospirò ad occhi chiusi:
“C-che fai?”
“Era per ringraziarti. Sei la prima a sapere del mio interesse per lei. Non ho nessuno con cui confidarmi e stavo morendo dalla voglia di dirlo a qualcuno.” Confessò.
“Mh. Scendiamo?” rise lei per smorzare il momento troppo smielato per i suoi gusti. Entrambi si alzarono, ma giunti alla porta Missy lo fermò tirandolo a sé. Iniziò a scompigliargli i capelli e aprì alcuni bottoncini della camicia bianca. Lui rise capendo cosa stava facendo… “Tocco finale…” disse lei baciandolo sul collo e lasciando il segno rosso del suo rossetto.

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Capitolo 4
*** Ragazzo italo-spagnolo ***


La mattina successiva, come tutte le altre mattine, Mimì era andata a lavorare. Ma dal giorno che aveva conosciuto Pablo, quel negozio non era più lo stesso. Se guardava lo scaffale si ricordava di lui sotto la scala a prenderla per i fondelli, se guardava il bancone lo immaginava lì seduto a scrivere, se si affacciava sulla porta e guardava i tavolini del bar le veniva in mente il loro pranzo. Un ragazzo come lui non passa inosservato e non si poteva negare il fatto che incarnasse i gusti di Mimì riguardo ai ragazzi…
Il turno di lavoro era finalmente terminato, e a bordo della sua auto stava uscendo dal parcheggio del centro commerciale. Dalla parte opposta, le venne incontro una BMW molto familiare. Lei e Pablo accostarono le macchine e abbassarono entrambi i finestrini:
“Ehi! Dove vai a quest’ora?” chiese la rossa.
“Stavo venendo da te…”
“Ma che bel pensierino carino che hai avuto, ma arrivi tardi perché sto tornando a casa” disse sarcasticamente.
“Oh…capisco” rispose lui con una nota di delusione nella voce. Notando tutto questo, Mimì s’illuminò con un’idea forse un po’ azzardata.
“Hai pranzato?”
“Non ancora. Perché?”
“Seguimi, pranziamo a casa mia.” E partì lasciandolo fermo nel parcheggio.
 
“Carina”
“Sono contenta che ti piaccia…vieni da questa parte”
Avevano impiegato solo 10 minuti a raggiungere la casa di Mimì, una volta dentro Mimì iniziò a mettere sui fornelli la pentola con l’acqua per la pasta e a preparare gli ingredienti per una carbonara. I genitori di Mimì erano entrambi fuori per lavoro, era per questo che aveva portato Pablo a casa sua, altrimenti non si sarebbe mai permessa. Gustarono il piatto soddisfatti dell’eccellente riuscita e poi Mimì mostrò tutte le stanze della casa al ragazzo; tornati nel soggiorno si buttarono sul divano a guardare un po’ di tv.
“Tu sai cucinare?” chiese la rossa sistemandosi verso di lui.
“No! Ci ha sempre pensato Maria”
“Chiami tua mamma per nome?” chiese stranita. Lui scoppiò a ridere
“Ma no! Maria non è mia madre, anche se ci si avvicina molto a questo ruolo, lei è la governante!” chiarì.
“Hai una governante?” chiese scettica “Hai anche un giardiniere e un maggiordomo?” ironizzò.
“Certo” disse sicuro. Mimì fece una faccia sbigottita. Allora Pablo le si avvicinò e mettendole un braccio sulle spalle iniziò a raccontarle la sua storia: un ragazzo italo-spagnolo per via della madre Helena, cresciuto solo con il padre e con le persone che lavorano a casa sua sempre per via della madre, famosa ballerina in giro per il mondo. Sempre stato un ragazzo timido e sulle sue, del periodo scolastico non gli è rimasto nessun amico, e le sue conoscenze sono solo quelle della società sportiva in cui gioca, i compagni di squadra lo considerano solo in campo poiché solo su quel vasto prato verde lui riesce a essere sicuro.
“Come vedi, avere molte ricchezze e nessuno con cui condividerle è inutile” sorrise amaramente guardando in avanti. Mimì lo ascoltava senza parlare, quando ebbe finito lo abbracciò debolmente, per paura di infastidirlo, ma al contrario, lui strinse la presa.
“Ma adesso ci sei tu vero?” chiese speranzoso guardandola negli occhi. Mimì socchiuse la bocca imbarazzata dalla domanda. Lo strinse ancora più forte e sussurrò un “si”.
Insieme, si recarono a fare shopping. Pablo aveva così deciso dicendo che doveva trovarsi qualcosa di elegante da indossare  tra qualche giorno. Entrati in uno degli atelier più costosi del corso, Mimì si muoveva a disagio, poiché non era mai entrata in quel posto. Aveva persino paura di toccare i vestiti! Persa ad ammirare tutte quelle fantasie di colori, non si era accorta del ragazzo che richiamava la sua attenzione da un camerino. Avvicinatasi, si accomodò su una poltroncina per stare “di guardia”, attendendo di vedere cosa avesse scelto Pablo.


“Avanti muoviti!” urlò qualcuno dalla direzione della cassa del negozio. Un gruppo di ladri aveva pensato bene di rapinare l’atelier proprio in quel momento! E adesso stava anche rapinando tutti i clienti!
Allarmato dalle urla, Pablo si affacciò dalla tendina e capendo la situazione e vedendo Mimì paralizzata, la trascinò dentro il camerino, stringendola forte a sé e ascoltando ogni minimo rumore proveniente dall’esterno. Dopo neanche 3 minuti, tornò la calma. E solo allora Mimì si reso conto di essersi aggrappata al petto nudo del ragazzo, lievemente arrossito per la situazione… sgranando gli occhi, tornò sulla sua poltroncina.
 
Verso le 5 del pomeriggio, Pablo rientrò a casa sua.
“Vieni qui” lo chiamò il padre, parlando dal suo studio. Pablo sospirò e si avviò verso la stanza, una volta entrato, prese posto su una delle poltrone disposte di fronte alla scrivania del padre. Quest’ultimo si alzò dal posto e si parò di fronte al figlio, per poi colpirlo in pieno volto con la mano aperta. Il viso del ragazzo sferzò verso il lato opposto, la guancia bruciava ma non una parola uscì dalla sua bocca. Conosceva già il motivo di quel gesto… ed ecco che suo padre iniziò a rimproverarlo, chiedendo dove fosse stato tutta la giornata e perché non era con lui a prendere lavori.
“Sai benissimo dove ero” rispose freddamente.
“Il centro sportivo. Lo immaginavo” sospirò Lorenzini. “Io lotto tutti i giorni per spianarti un futuro, degno di essere tale, mi ammazzo di lavoro per insegnarti a essere il miglior geometra di sempre e tu che fai? Ti rinchiudi al centro e vai a buttare sudore e forza sul campo di calcio.” Continuò.
“Papà sai benissimo che non voglio essere un geometra. Voglio essere il numero uno in campo. Sono il più forte di tutti, il capitano, il leader”
“Ohh basta! Questa è tutta colpa di tua madre. Ti ha convinto fin da bambino che tu avessi il talento dei calciatori spagnoli…” a queste parole, Pablo si alzò e corse via da quello studio. Ne aveva abbastanza di suo padre e delle sue pretese sul suo futuro.
Buttatosi sul letto, ripensò a sua madre, mai presente in nessun momento della sua vita, alla testardaggine di suo padre, alla squadra che non lo rispettava a dovere per il ruolo che aveva…in mezzo a questa situazione schifosa, si scorgeva una sola ancora di salvezza: Flaminia. L’unica ad averlo accettato e a volergli davvero bene, e che non abbia mai detto cosa era più giusto da fare!
Quel pomeriggio si erano scambiati il numero di cellulare e Pablo colse l’occasione per inviarle un messaggio, dove la invitava al suo compleanno che si sarebbe festeggiato qualche giorno più in là.

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Capitolo 5
*** Lei, Lui e l'altra ***


Il giorno del compleanno di Pablo si avvicinava e Flaminia era in preda a una crisi nervosa, perché non sapeva cosa regalare al ragazzo. Sinceramente, cosa si regala a una persona che ha già tutto? Quasi tutti i pomeriggi liberi che aveva a disposizione per quella settimana li trascorse tra gioiellerie, negozi d’abbigliamento, di articoli sportivi, profumerie…
La sera del giorno del compleanno era arrivata. Ferma davanti al portone di casa Lorenzini, Flaminia si stringeva, infreddolita e imbarazzata, nel suo cappotto nero e nascondeva le mani sotto la sciarpa, tentando invano di riscaldarle. Quello era uno dei Gennaio più freddo che lei ricordasse…
Camminava avanti a indietro sul porticato, in preda a uno stupido complesso d’inferiorità che non le permetteva mai di sciogliersi di fronte al ragazzo. Si era resa conto, infatti, di essere sempre rigida, di poche parole e inespressiva quando si trovava con lui. E detestava tutto ciò, ma quando provava a essere più sicura, c’era sempre qualcosa che la frenava e mandava in fumo la sua finta sicurezza.
All’ennesima raffica di vento che la fece rabbrividire, si decise a suonare al campanello. Poco dopo, il portone fu aperto da un uomo vestito molto elegantemente e con una L ricamata sulla tasca della giacca. “Prego entri pure, si gela qui fuori!” disse l’uomo. Ma a gelarsi fu il sangue nelle vene di Flaminia, quando appena entrata, vide la maestosità della casa in cui aveva messo piede. Costruita su uno stile barocco, la villetta era ricoperta di quadri enormi, di vasi e di intere vetrine stracolme di servizi di cristallo lucidati a dovere. Dopo aver dato il cappotto e la sciarpa al maggiordomo, fu guidata nel salone dove si stava festeggiando i 21 anni del ragazzo. Arrivata sulla soglia della sala, rimase lì per un po’ a guardarsi intorno: tra gli invitati riconobbe la squadra e tutto lo staff del centro sportivo, poi c’erano molti adulti, forse parenti e amici di famiglia. Infine eccolo laggiù il festeggiato! Se ne stava appoggiato al muro, le braccia incrociate e lo sguardo fisso fuori dalla finestra. Sembrava avere un aria annoiata. Essendo l’unica persona di sua conoscenza, iniziò a incamminarsi verso di lui:
“Buon compleanno!” disse richiamando la sua attenzione. Il ragazzo, preso di sorpresa si voltò verso di lei, rilassando di colpo i lineamenti del viso e illuminandolo con un sorriso. Si staccò dalla parete e fece due passi verso di lei, per poi abbracciarla:
“Sei molto carina vestita così” disse impacciato a bassa voce. Ed era vero. Flaminia aveva scelto di indossare un abitino corto color cipria, una giacca corta nera a coprirle le braccia scoperte e dei collant in pizzo nero, giusto per movimentare la monocromaticità del vestito. Con i tacchi, poi, arrivava proprio all’altezza del ragazzo…o forse un centimetro di meno!
Flaminia non fece caso al complimento, ma il lieve rossore sulle sue guance faceva capire che aveva sentito e come.
“E’ per te” e gli porse una scatolina. “Non dovevi!” la rimproverò scherzosamente il ragazzo. “Vieni, ti voglio presentare qualcuno…” e presa per mano, la trascinò per tutta la sala; raggiungendo poi una signora.
“Eccola qui Maria! Ti presento Flaminia” disse fermando la domestica da un braccio.
“Oh eccoti finalmente. Piacere mio… sai, lui parla taaaaanto di te!” sussurrò alla ragazza l’ultima frase, indicando il suo padrone con gli occhi. Pablo udì comunque la frase e fulminò con lo sguardo la donna, che con la scusa dell’aperitivo scomparve dietro la porta d’ ingresso.
“Pablo dai. Vieni a tagliare la torta!” lo richiamò suo padre. Il ragazzo corse verso il tavolo della torta, sorridendo a tutti quelli che scattavano foto e video da pubblicare su qualche social. Al momento di esprimere il desiderio per soffiare le candeline, si fece serio fissando la fiamma, chiuse gli occhi e soffiò deciso. Poi riaprì gli occhi, e furono solo per lei. Flaminia si rese conto che forse il desiderio la riguardava, in minima parte probabilmente…
Per il resto della serata, Pablo si trascinò dietro Mimì, dicendo che non la voleva lasciare sola perché conosceva solo lui tra tutti! Quando suo padre lo richiamò, Pablo si portò la rossa:
“Pablo volevo che tu conoscessi Rebecca” e al fianco del padre si fece spazio una ragazza dai lunghi capelli neri e da accecanti occhi blu. La pelle era chiarissima e la corporatura esile la faceva sembrare una bambolina di ceramica. Era la figlia di un amico imprenditore del padre, e insieme alla madre era già a 19 anni co-proprietaria dell’ azienda specializzata nel settore della pubblicità. Quando Pablo le strinse la mano per presentarsi, lei si buttò tra le sue braccia per “salutarlo meglio” aveva detto. Flaminia guardava apatica la scena, notando l’imbarazzo del ragazzo, la sicurezza di lei e i sorrisi complici che si scambiavano Lorenzini e i genitori della ragazza. Indietreggiando, se ne andò via dalla villetta, resasi conto che era ora di andare al Red… Per strada, penso che ancora una volta si era sentita estranea a tutto ciò che la circondava. I ricchi e il lusso non facevano per lei, questo l’aveva sempre pensato, finchè non era arrivato Pablo. Ma la loro complicità funzionava solo quando erano loro due da soli, con gli altri lei veniva oscurata. Era inadatta per lui. E questo il signor Lorenzini lo teneva bene a mente.

 

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Capitolo 6
*** Novità per la squadra ***


Raggiunto il locale, corse fino ai camerini, dove le ragazze avevano già iniziato a cambiarsi e a mascherarsi…
“Ehi piccolina, cosa c’è che non va? Ti vedo triste…” aveva commentato disinteressato Conte, proprietario del locale.
“Nulla signore, ho solo mal di testa…”
Conte guardò il riflesso della ragazza dalla specchiera, la afferrò per il collo standole dietro la schiena e le alzò il volto verso di lui:
“Ascoltami bene signorina, o fai il tuo dovere da sgualdrinella o ti butto fuori dal locale…provvedi ai tuoi clienti” e la mollò di scatto per poi andarsene. Mimì fissò il vuoto per qualche istante: una serata peggiore e più umiliante di quella non si era mai vista.
 
Alle 5 del mattino, Mimì si stava infilando il vestitino cipria che indossava quando aveva raggiunto il locale. Si era già struccata e salutate le colleghe si avviò verso la macchina. Varcata la porta secondaria che dà sul parcheggio del personale, un uomo la tirò a sé cominciando a baciarle il collo. Non ebbe tempo di gridare Mimì, che le venne bloccata la bocca con la mano…poi fu un attimo.
Lui la piegò sul cofano di un auto.
Sollevò la gonna.
Abbassò i suoi pantaloni.
Spinse verso di lei.
Una volta.
Due volte.
Lento e poi più veloce.
Poi la girò verso di sé, così che lo potesse guardare in faccia e Mimì non riuscì più a gridare né a piangere.
Conte era su di lei, che la faceva sua e le sussurrava che l’aveva sempre desiderata e amata sinceramente, e che  non ce la faceva più a starle lontano, nonostante i 10 anni di differenza di età.
“Ti amo Flaminia, davvero e finalmente sei mia” sussurrava in preda al piacere. Prima che potesse finire, si alzò da lei e, voltatosi, continuò da solo.
Mimì si ricompose lentamente e attese che il suo capo finisse. Poi lui le prese il viso tra le mani e le sfiorò le labbra con le sue:
“Se non parli, ti pago il doppio” e la lasciò nel parcheggio.
Con le gambe tremanti, Mimì mise in moto l’auto e arrivò a casa dopo 10 minuti, quando invece ne impiegava di meno… fece una doccia e si mise a letto.

Appena sveglia, si rese conto di aver sognato tutto quello scempio, e un senso di terrore si fece spazio in lei.
Quella mattina, tutto di lei sembrava annunciare che era successo qualcosa: i capelli sempre sciolti erano costretti in una coda, il viso ben curato e truccato era distrutto e inespressivo, l’outfit scelto con cura era stato sostituito da un jeans e un maglione presi a caso dall’armadio.
“Che è successo ieri sera?” tuonò la voce di Pablo, giunto al bancone con soli due passi. Mimì sussultò in preda al panico e sbiancò più di quanto già non lo fosse.
“Sei scappata via da casa mia…perché?” abbassò il tono, convinto di averla spaventata per via della reazione di lei.
“Ehm si era fatto tardi per me…scusa se non ho avvertito” disse con voce appesantita. Pablo la guardò attentamente da cima a fondo.
“Flam…c’è qualcosa che non va?” esitò.
“Sto bene”
“Sicura?”
“Ovviamente”
“Pomeriggio ti aspetto agli allenamenti…” e fece per accarezzarle la guancia ma il suo braccio non si spostò dalla tasca della giacca di pelle nera di Armani. Girò i tacchi e andò via.
Tornata a casa, Mimì si fissò allo specchio e iniziò un lungo discorso di incoraggiamento a sé stessa! Parlava di darsi una svegliata, di buttarsi con la nuova esperienza della sua vita chiamata “Pablo” e a proposito di lui, di essere più presentabile, se non sempre, almeno quando sa di incontrarlo con certezza!
Poi, finalmente, rise. La prima risata della giornata la dedicò a se stessa, si prese in giro per la terribile figuraccia fatta con Pablo, e per figuraccia si intende la sua figura, la sua immagine.
Stivaletti beige col tacco basso, jeans aderente, maglia bianca e giubbottino bordeaux. Occhiali da sole e via, Mimì stava sfrecciando sulla sua auto verso il centro sportivo. Era dell’umore adatto adesso, un po’ di auto critica e ironia l’ avevano tirata su.
Sedutasi in tribuna, osservava una ventina di ragazzi correre su e giù per il campo; il mister urlava in continuazione e i ragazzi erano già sfiniti. Tutti tranne uno. Lui continuava a palleggiare sul posto mentre gli altri erano buttati sul terreno…
“Wee siediti n’attimo!”
“Madò non ti fermi chiù!”
I suoi compagni lo deridevano per la sua forza, ma se era il capitano un motivo c’era, no?
Durante questa pausa, Pablo si avvicinò alla ringhiera della tribuna, raggiunta anche da Mimì:
“Ora si che ti riconosco ragazza!” le sorrise notando il look di lei.
“Tu si semp’ ‘o stesso!” scherzò lei. Il fischietto del mister li interruppe e lui tornò all’allenamento. Mentre correva con gli altri intorno al campo, Luca si avvicinò:
“Oh ma quella rossa che viene sempre qua chi è?”
“Un’amica…” disse vagamente lui.
“Alla faccia dell’amica!” rispose con l’occhiolino.

Dopo aver fatto la doccia, il mister chiamò la squadra a raccolta.
“Ragazzi, come ogni anno dovremmo fare il lancio della nuova maglietta che indosserete e inoltre il dirigente ha pensato di fare un book fotografico per realizzare un calendario, da vendere ai tifosi, per poter mettere qualche soldo nel fondo cassa per spese future.” I ragazzi annuirono ricordando l’appuntamento annuale della nuova maglia e accolsero felicemente la proposta del calendario.
“Per questo calendario però, non poserete solo voi calciatori… sempre il dirigente, ha pensato bene di coinvolgere le nostre tifose, delle ragazze che indosseranno le vostre divise. È risaputo che una donna attira meglio di voi brutti!” e scoppiò a ridere insieme alla squadra, entusiasta di conoscere le ragazze che avrebbero posato insieme a loro.
“Quindi, avvisate più ragazze possibili, domani pomeriggio finiremo un’ora prima l’allenamento e vi farò selezionare le ragazze”.
Pablo si morse il labbro pensando a Flaminia, con addosso la sua maglia della squadra e senza pantaloncini…

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