Old Bones - raccolta di horror

di Sweetcurry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shot 1__ Il Bagno ***
Capitolo 2: *** Shot 2__Pistole; ti piace la Vodka? ***
Capitolo 3: *** Shot 3_Quando chiusi gli occhi, non ti vidi più ***



Capitolo 1
*** Shot 1__ Il Bagno ***


HORROR - shot 1
Avviso: fatti puramente inventati, non conosco assolutamente i personaggi, ne scrivo a scopo di lucro.

Old Bones
- raccolta di horror




Shot 1

Il Bagno

 

 

Sfigato. Sfigato. Sfigato. Sfigato.
Sfigato. Sfigato. Sfigato. Sfigato.
Sfigato. Sfigato. Sfigato. Sfigato.
Sfigato. Sfigato…
 

Lesse più volte il biglietto per imprimerselo per bene nel cervello. Alzò lo sguardo meravigliato di fronte a sé, la direzione da cui era venuto il foglietto, e vide Jake Scott guardarlo, con un’espressione orgogliosa di sé e del suo capolavoro appena fatto.
Se con questa bravata voleva sembrare più deficiente e coglione di quel che era, allora ci era ben riuscito.
Scosse la testa e fece appena in tempo a sospirare, che un altro pezzo di carta appallottolato lo colpì alla testa e ricadde sul legno scuro del banco. Alzando le sopracciglia lo aprì e lesse con ancora più interesse. Magari aveva composto un’intera frase!


Checca. Checca. Checca. Checca. 
Checca. Checca. Checca. Checca.
Checca. Checca. Checca. Checca.
Checca. Checca. Checca. Checca.
Checca. Checca. Checca. Checca.
Checca.


Avrebbe voluto spaccargli i denti a questo punto, ma si auto costrinse a fare un bel respiro e magari chiedere di andare in bagno.
Doveva proprio andare a finire in quella classe, Cristo?
Con quella gentaglia di incapaci, buoni a nulla, e quei professori che godevano solamente a vederlo arrancare verso la lavagna per eseguire quelle tanto simpatiche espressioni?
No, avrebbe potuto finire in altre mille classi, c’era uno stato pieno di scuole, piene di classi. Ma allora non avrebbe dovuto chiamarsi Frank Iero e  non avrebbe dovuto esser così irrimediabilmente sfigato.

Si obbligò ad uscire da lì in qualche modo, almeno alla quinta ora, la penultima si poteva permettere di perdere cinque minuti dell’interessantissima lezione di filosofia che stava prendendo una piega totalmente lontana dal considerevole.
Il prof aspettò che ebbe messo fuori entrambi i piedi dall’aula e che avesse chiuso la porta alla sua spalle per ricominciare. Giusto per far sì che tutti gli occhi della classe fossero puntati come dei laser sulla sua schiena.
Maledisse il giorno in cui aveva deciso di venire al mondo, forse la settima volta in una giornata.
Percorse il lungo corridoio del terzo piano dell’istituto. Era una bella giornata e i raggi del sole potevano entrare dalle grandi vetrate con facilità illuminando i muri color senape, il colore più bello del mondo.
Prima che il corridoio si interrompesse per finire in una larga scala a chiocciola Frank svoltò per entrare nell’azzurrino bagno.
Era a forma di L, il pezzo più lungo dedicato interamente ai lavandini, una decina forse, l’altro per i gabinetti.
Si fermò di fronte al suo riflesso. 
Il viso gli sembrò quasi distruggersi, il sangue scendere lungo le guance e uscire dagli occhi completamente rossi.
Fissò ad occhi spalancati la quantità di liquido rosso tendente al nero bagnargli il colletto della camicia bianca e scendere fino ad incontrare la cravatta e quindi sgocciolare sulle scarpe, sul bordo lindo del lavandino, sulle piastrelle.
Sbattè le palpebre inconsciamente, anche se aveva il terrore di farsi andare il sangue negli occhi e li riaprì.
Vide qualcosa di molto simile ad un braccio avvicinarsi a lui. Aveva delle pustole che ricoprivano la mano, che finiva con delle unghie lunghe e come si un vecchio che non se le vuole più tagliare, il sangue rappreso si nascondeva sotto di esse, mentre quello ancora liquido sgocciolava dal palmo e dal tessuto che ricopriva il braccio.
Spalancò gli occhi, cos’era tutto questo?


Sembrò d’un tratto troppo distratto che quando nel bagno entrò un altro ragazzo non ebbe voglia di girarsi.
Al momento c’era altro che lo preoccupava.
Aveva il respiro mozzato, gli occhi spalancati e non riusciva a capacitarsi assolutamente di quel che gli succedeva.
Una mano gli si posò sul collo.
Frank cacciò un grido soffocato e sentì tutti i suoi organi interni rivoltarsi al suo interno. Pensò di star per morire.
Alzò lo sguardo completamente terrorizzato e vide che era Gerard Way, che sorrideva compiaciuto.
Un ragazzo che aveva conosciuto un giorno durante un’assemblea studentesca, si erano trovati seduti a fianco e Gerard gli aveva mostrato i suoi disegni che teneva racchiusi all’interno di una cartellina beige. Uno dei pochi, forse anche l’unico, che in quella scuola sprecava il suo tempo per stargli appresso. Frank non aveva ancora capito se era per compassione che lo faceva o gli interessava davvero la sua compagnia. «Hey pure tu in bagno?»
Frank credette  quasi star per svenire per lo spavento che gli aveva fatto venire Gerard. Poi d’un tratto ripensò a come si era visto allo specchio. E a quella cosa che aveva visto avvicinarsi alla sua spalla.
No, Gerard avrebbe urlato se avesse visto del sangue percorregli la faccia. Sicuramente.
Si passò una mano sul viso, sulle occhiaie stanche per colpa dello studio e delle poche ore di sonno.
Nulla, la sua pelle era liscia e asciutta, se non fosse per qualche gocciolina di sudore da panico che gli era venuto un attimo prima.
Il terrore nuovamente lo pervase, se… se…
Restò zitto e Gerard mentre lo osservava si fece più accorto e preoccupato per il suo stato psicologico.
«Ehi» disse Gerard, sorpreso e un po’ spaventato. «Ehi»
«No, sono sicuro che c’è ancora… lui… quello… quella cosa-» farneticò in preda ai tremiti il ragazzo più piccolo.
Gerard si fece avanti e gli poggiò la mano sulla spalla, ma che venne immediatamente scansata con un gesto impaurito dall’altro.
«Dai…» sussurrò avvicinandosi a lui con calma e con le mani bene in vista per fargli capire che le sue intenzioni erano tutt’altro che maligne.
Frank vide un ombra diversa, strana muoversi nella zona dei gabinetti e represse un gridolino mentre le lacrime si facevano avanti e indietreggiava sempre più verso la porta.
«Frankie… calma, non è successo nulla» cercò di calmarlo il ragazzo dai capelli corvini che diventava ogni minuto più preoccupato.
Assunse un’espressione preoccupata quando vide due lacrime scendere lungo il viso pallido , -sì in effetti era impallidito molto-, di Frank. «Ti hanno picchiato? Quegli stronzi della tua classe?» sibilò aggrottando le sopracciglia in un cipiglio severo e protettivo.
Frank un giorno gli aveva detto quel che ogni tanto gli succedeva, ovvero, solite cose, la routine, ma Frank sapeva che quello non era affatto routine.
Un sibilo raggiunse le orecchie del più spaventato, qualcosa con un tono di voce troppo spaventoso.
Singhiozzò in preda al pianto e le lacrime cominciarono ascendere copiose, come prima, solamente che ora quel che gli bagnò completamente il viso era qualcosa che lo spaventava molto meno.
Gerard si accorse che Frank continuava a fissare un punto preciso del bagno così si volse verso di esso.
«Cosa c’è di là?» chiese guardando il più piccolo.
«Niente!» protestò invano, Gerard vi si stava dirigendo lentamente.
«No!» urlò mentre si portava le mani alla bocca.
Mancava solo un passo alla svolta della L che le gambe di Frank in preda alla paura e forse all’istinto di sopravvivenza si diressero verso il corridoio.
Il ragazzo si appoggiò al muro appena fu fuori dal bagno e chiudendo gli occhi aspettò.
Aspettò l’urlo.

Non arrivò nessun urlo.
Non ebbe idea di quanto tempo stette lì paralizzato, con le mani sulla bocca.
Guardò la porta.
Non sarebbe entrato.
Non poteva.

Alla fine lo fece lo stesso.
Osservò il bagno, era limpido come al solito, l’odore di cloro prevaleva, ma se annusavi bene sentivi un altro odore. Un leggero, sgradevole odore come di rame appena tagliato.
Con passo felpato e calmo –premuroso forse-, arrivò all’angolo della L e guardò.
Quello che successe dopo non se lo ricordò poi con tanta perfezione, sapeva solo che si era piegato in due, scosso dai conati di vomito che l’immagine che si ritrovò davanti gli procurava.

Sangue. Dappertutto. Schizzi ovunque, e una scia. Come di un corpo trascinato all’interno dell’ultimo bagno.
Un silenzio, interrotto solamente dal rumore della sua gola che faceva ogni volta che un conato la scuoteva.
Si ricordò distintamente di alcuni schizzi pure sulle vetrate sporche del bagno. Fino a lì erano arrivati.
Le gambe si mossero e mentre si teneva sia la bocca che la pancia sentì che doveva vomitare.
Dove?
I water, no. No non sarebbe andato lì.
Pensò ai lavandini, erano vicini. E lui non sarebbe resistito. L’odore ormai gli era entrato in testa e poi tutto… tutto il sangue…
Senza pensarci aprì l’acqua di uno- quello più vicino alla porta- e ci rigurgitò al suo interno, sperando che il vomito fosse spazzato via dall’acqua in tempo.
In fretta.
Si sciacquò, anche se in bocca il sapore rimaneva, e nel naso ce n’era uno ben peggiore.
Il commesso della scuola entrò di scatto proprio mentre si stava asciugano la bocca nel maglioncino.
«Iero!» tuonò questi.
Frank guardò male l’angolo da dove proveniva l’odore di sangue.
«Ho visto anche Way entrare qua! Dov’è lui? State fumando?» urlò incattivito da tutte quelle volte che aveva sorpreso i ragazzi a fumare.
«N-no… non stiamo fumando…» balbettò Frank ancora sotto shock.
«Dov’è Way?» chiese aggrottando le sopracciglia e avvicinandosi.
Percorse i tutti i lavandini, «E’ di là?».
«No!» esclamò Frank.
Il bidello si avviò a grandi passi verso il punto dove il locale faceva la curva. «Way! Se ti scopro la terza volta che fumi, ti mando in presidenza di nuovo!»
«Aspetti…»
Ma aveva già sorpassato l’angolo e l’aveva già svoltato. Voleva prenderlo di sorpresa. Frank pensò che il bidello stesse per scoprire cosa si provava davvero a esser presi di sorpresa.
Andò di nuovo fuori dalla porta, e prese un sorso d’acqua dalla fontanella.
Poi rientrò in classe, rifece la fila di banchi fino al suo posto con gli occhi bassi e si rimise a sedere al suo banco.
Prese fra le mani una penna e continuò a prendere appunti.



Puramente ispirato a “Tigri!” di Stephen King.






***
Sweetcurry's Time
Salve bellezze U_U... Avevo detto che avrei scritto horror, ma non avevo detto che avrei fatto una raccolta. Ci sarà slash, anche se qui ce n'eè stato, ma solamente accennato, prometto che ci sarà.
Questa signori, è la mia prima Frerard xD, ne ho un'altra in programma, e la sto già scrivendo solamente che non è di qusta raccolta, ma è una long...
Siccome sono troppo buona con le fiction all'inizio mi riprometto di farle horror e poi vengono fuori delle robe tutte smielate mi ritrovo a prendere spunto da una trama, in questo caso Stephen King (quel che adesso m'ispira di più) e trascrivere cambiando qualcosa, come per esempio aggiungendo lo slash *buaw*...
Ho già in programma altre due oneshot, che poi spero, diverranno un numero un po' più alto, ma comunque sono abbastanza soddisfatta U_U.
Aggiungerò forse anche altre coppie, e man mano, i personaggi magari li cambierò, questo vuol dire che potrebbero esserci gli usati o chissà chi altro. Tutto dipende dalla mia ispirazione U_U...
Spero che questa shottina abbia fatto piacere ^-^... forse più tardi o domani a seconda di quanta voglia avrò posterò "Puzzle Life" e la wilLBert più avanti xD...

Aspetto commentiniiiii >.< . pleaseee fatemi felice che ho scritto con la tosse e il malditesta U_U solo per voi <3.

Bacini :**,

Curry



[ps per la mia Aint: spero che i tentacoli che ho allegramente escluso abbiano fatto piacere xD, ti amo.]

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Capitolo 2
*** Shot 2__Pistole; ti piace la Vodka? ***


Avviso: fatti puramente inventati, non conosco assolutamente i personaggi, ne scrivo a scopo di lucro.

Old Bones
- raccolta di horror




Shot 2

Pistole; ti piace la Vodka?

-Attenzione!! Linguaggio volgare!! Se vi disturba in qualche modo, evitate di continuare la lettura-

 

Frankie lasciò che il leggero venticello che preannunciava inquietantemente l’inverno gli scompigliasse i capelli scuri, poi si addentrò nel cortile di fronte a lui. Ci impiegarono qualche secondo i suoi occhi ad accettare di avere una simile persona di fronte a sé, ma poi riuscì bene a distinguere Quinn e avvicinarglisi.
Sentì la sua voce rivolgersi a lui, timidamente, quasi avesse paura di essere troppo invadente dopo quello.
«Questa sera vengo al locale a sentirvi» disse Quinn. «Hm?»
«Sì… okay», rispose Frank. Se c’era una cosa che odiava erano proprio quegli inutile e finti discorsetti che venivano dopo, pieni, strapieni e stracolmi di finzione. Solo per far capire che tutto andava bene. Come stai? Bene, grazie, tu invece? La scuola e a casa?
E poi il silenzio. Quel silenzio tombale che gli metteva addosso la semplice voglia di fare qualcosa simile ad alzarsi, dirigersi verso Quinn e tirandolo verso di se mordergli quelle dannate labbra fino a quando avrebbero sanguinato, oppure tirare un poderoso pugno contro il muro, per sentire le nocche distruggersi e lacerarsi.
I suoi occhi riuscirono a distinguere i colori dell’abbigliamento del ragazzo di fronte a sé. Si passava una mano fra i capelli biondo platino, sicuramente appena tinti.  A Quinn era sempre piaciuto tingersi i capelli di chiaro, se lo ricordava bene Frank. Indossava una T-shirt rossa con profili bianchi con scritto sopra che il Punk era finito. Il polsino di pelle nera decorato dalle borchie si delineava nella scarsa luce.
«Dovevo… volevo dirti una cosa, Frankie», riprese il biondo.

Vuoi mordermi anche tu le labbra, Quinn?

 «Credo tornerò dai miei, l’appartamento che fine farà?» Alzò lo sguardo dal pavimento del vialetto e lo indirizzò verso Frank che lo guardava sì, ma  con distacco. Sorrise con circostanza. No, non sarebbe stato più come prima.
Frank non sapeva cosa avrebbe potuto rispondergli a quel punto.

Non venderlo e tienilo per la prossima scopata che ti farai, sai, magari ai tuoi non garba molto sentire le tue urla mentre uno t’incula, potrebbe tornarti utile.

«Utile», pronunciò inconsciamente Frank.
«Pensi di volerlo tenere tu?»

Non venderlo e tienilo chiuso. Mangiatela, la chiave.

«Vendilo», rispose Frank.
Quinn spalancò la bocca, la richiuse immediatamente. «Sì, allora… ecco, potresti andare a vedere se è rimasto qualcosa di tuo …», venne interrotto.
«…adesso vado a cercare Gerard, va bene?» chiese guardandolo negli occhi e vedendolo in difficoltà, sotto il suo sguardo probabilmente assente.
«S-sì, certo Frank», il più basso si avviò per l’aiuola calpestando l’erba con le scarpe nere, «Frank?»
Iero si volto nuovamente verso di lui, «Sì?» attese.
«La… la chiave» biascicò mangiandosi le sillabe mentre facendo qualche passo verso di lui, tirava fuori dalle tasche dei jeans un mazzo di chiavi con un portachiavi in pelle a tenerle insieme.
Frank lasciò solo Quinn al suo fottuto ritorno dai suoi, ai suoi fottuti giorni sprecati, attraversò il giardino sul retro e cominciò a salire su per le scale.
Gli passarono accanto altri due componenti della sua band, Matt, insieme a quell’idiota di Gerard che ubriaco rideva aggrappato alle sue spalle, mentre parlavano di mettere su un dondolo lì nel giardino.
Matt indossava ancora quella dannata giacca marrone, troppo lunga, che lo faceva sembrare più vecchio di quel che dimostrava (e dimostrava più di quel che era in realtà, poi) e Gerard, cazzo; Gerard aveva il viso sudato, nella sinistra una bottiglia quasi al fondo di Vodka. Gli occhi rossi e incorniciati da brutte macchie nere di trucco vecchio e sbavato da chissà quanto tempo.

“La birra fa schifo!
La Vodka è buona…”


Gerard tossì fortemente e bevve ancora dal collo della bottiglia, mentre si appiccicava ancora di più a Matt.
Si chiese se sarebbe stato meglio vederli morti. Sicuramente.
Frank salì fino all’ultimo gradino e mise piede in casa e si avviò lungo il corridoio fino al bagno. Poteva sentire le risate da ubriaco di Gerard in giardino, e in sottofondo Ray in salotto che parlava con , sicuramente, Mikey, visto che non rimaneva nessun altro.
Quinn se n’era uscito una settimana prima chiedendo se era possibile che fosse sempre così distaccato in certi momenti. Dio, gli aveva detto che lo amava e Frank era rimasto lì,  a bere birra e fumare quella cazzo di sigaretta!

Non se n’era andato da quell’appartamento, ma Frank sì, un giorno, di tutto punto aveva preso i suoi quattro stracci e aveva trovato un letto a casa di Gerard. Insomma, Gerard aveva detto sì, gli aveva offerto una bottiglia di Vodka, che Frank aveva rifiutato gentilmente, che poi si ricordasse o meno erano cazzi suoi.
Senza dire nulla, Quinn era venuto per le spiegazioni, ma nulla, era tornato a casa a mani vuote.
Senza uno straccio di niente.
Era strana la vita vero? Un giorno ti svegliavi e non avevi più voglia di nulla. Ti sentivi atono, vuoto sia fuori che dentro, e quelle carezze che gli aveva riservato Quinn mentre le sue mani vagavano dalla t-shirt ai boxer caldi, avevano fatto sì che si rendesse conto di non voler più semplicemente stare in quel letto.
A fare quello.

Gli era sempre parso così semplice. Prendere una pistola e infilarsela in bocca per poi premere il grilletto.
Sentire il ferro freddo di essa contro i denti.
Sentire lo sparo lo avrebbe elettrizzato, gli sarebbe venuta la pelle d’oca su per le braccia e avrebbe chiuso gli occhi.
Uno sparo.
Così semplicemente drastico che l’avrebbe fatto anche ora.

Nessuno voleva tenerla lì, ma era bella, e invitava. Mikey quando era entrato a casa di Gerard e aveva visto la pistola aveva tirato un urlo.
Verso Frank.
Non Gerard, Frank.

“Perché c’è una pistola e tu non l’hai ancora buttata via, Frank!?!”

Sentì ancora nelle sue cervella il tono che aveva usato. Come quando la moglie scopre suo marito a lasciare un paio di forbici in giro, mentre loro figlio scorrazza in giro per il salone e ci si potrebbe tagliare un arto.
Come se fosse solo Gerard o squilibrato che poteva tentare il suicidio con una pistola.
Dio quanto era ignorante la gente quando voleva.
Affrettò il passo e raccolse una bottiglia di Vodka vuota da terra, afferrò la pistola da sopra la credenza e si rinchiuse istantaneamente in bagno. Quello al pian terreno perché aveva più spazio al suo interno.
Girò agitato ed eccitato la chiave nella serratura e la lasciò cadere a terra. Era troppo occupato con altro. Spaccò la bottiglia sbattendola contro il bordo della vasca, facendo un rumore incredibile. Non se ne curò, ma nessuno lo sentì comunque.
Prese un respiro e con le mani tremanti dall’eccitamento di stare facendo una cosa così incredibile, -sì, raccolse dal tappetino una scheggia di vetro e la passò leggermente sulla sua pelle. Sul dito venne a formarsi una sottile striscia di rosso acceso, un taglio superficiale, ma che regalò a Frank un brivido di pure piacere. Socchiuse gli occhi mentre faceva scorrere il mediamente grosso pezzo di vetro lungo la mano e via via su per i polsi, l’avambraccio, tremando di scosse incontrollabili.
Chiuse estasiato gli occhi e il vetro affondava nelle sue carni con la facilità di un coltello sul burro.
Sentì l’alcol che aveva sporcato il vetro trasparente finirgli sulla carne viva e bruciargli da morire, affondò ancora più profondamente il vetro.
Sentendo la mente confonderlo, mollò la presa sul piccolo oggetto e lo lasciò rimbalzare sul pavimento sorridendo e spingendosi fino al muro per poi appoggiarsi.
Finì sul pavimento, rideva.
Si lasciò sopraffare dall’esaltazione e un sorriso appagato si delineò sulla sua bocca.

Chi sceglie la pistola per porre fine alla sua esistenza lo fa per non sentire dolore.
 

Ma  Frank voleva sentire il dolore, voleva che le sue membra tremassero al solo inizio di quella autotortura.
Solo che la pistola era da film, come James Bond, accidenti, aveva il suo innegabile fascino.
Poggiò la mano a terra e quella scivolò in una pozza di sangue che aveva inzuppato anche il tappetino.
Il liquido ora scuro e carminio usciva rapido dal taglio verticale che in alcuni punti subita delle piccole deviazioni, probabilmente causate dalle scosse di piacere/dolore che Frank aveva avuto mentre si feriva.
Comprese che quella sensazione di appiccicaticcio e di bagnato che sentiva inumidirgli la stoffa del jeans sulle cosce era per via del sangue.
Tremò, probabilmente dal momento in cui stava per svenire per perdita eccessiva di linfa vitale, alzò la mani a trenta centimetri dal suo viso e la rimirò con gli occhi socchiusi, presto chiusi.
Era completamente intrisa di rosso, e le gocce scorrevano fino al gomito piegato, per adagiarsi di nuovo sui jeans e macchiarlo.
Afferrò la pistola che aveva fatto cadere verso la sua destra, poco lontano dalla pozza e macchiando anche essa delle sue impronte la impugnò e si chiese se l’effetto dello schizzo avrebbe reso meglio se avesse sparato verso la tempia o in bocca.
Per comodità mirò al suo cervello, il freddo della pistola fra il ciuffo di capelli neri che gli ricopriva solitamente l’occhio.
Premette il grilletto già sollecitato dalla visione di Ray e Mikey che correvano verso la porta e che inorridivano disgustati dalle sue cervella contro il muro piastrellato bianco. Che visione estasiante. Poi, sì sì ecco!, Gerard che arrivava completamente ubriaco a gustarsi la scena e che chissà… avrebbe capito e quindi sarebbe scoppiato a piangere, oppure si sarebbe messo a ridere freneticamente?
Un altro quesito.
Quinn, ahah, quel suo cazzo di appartamento gli avrebbe fruttato di più ora che la metà di Frank non gli si sarebbe tolta dal guadagno.
Quinn doveva soffrire ora.
Era troppo felice, era troppo falso, era troppo…
Perché era così dolce con lui? Cosa lo spingeva a continuarlo a cercarlo così ossessivamente?

Disgustato dall’eccessivo buonismo verso il biondo schiacciò il grilletto con più forza di quanta ne volesse intendere.
La mano subì il contraccolpo e nello stesso istante in cui il proiettile veloce penetrò fra la scatola cranica di Frankie qualcuno aprì la porta.
Un colpo.
Uno sparo.
Il rintocco della testa dura di Frank sbattere contro il bordo bianco della vasca.
Un gemito verso la porta.

Con la Vodka ci fanno i cosmetici dici?” Gerard fece girare il contenuto della bottiglia in un moto ipnotizzante, poi digerì fortemente, mentre si allungava sulla poltrona della veranda.
“Non penso proprio…” mugugnò Frank mentre passava  le sue mani sotto il lembo di maglietta che spuntava dalla felpa di Quinn.
Gerard lanciò un’occhiataccia verso i due che spingevano ognuno il proprio bacino contro quello dell’altro. Dio, che schifo.
“Frank, amore, voglio che mi regali per il mio compleanno una cassa di bottiglie di Vodka… ti caccio dalla band altrimenti” lo fulminò con lo sguardo mentre giocherellava con la bottiglia.
“Mhm..mhm…” Frank infilò la mano sinistra nel jeans di Quinn, che seduto sulle sue gambe a cavalcioni lo stava baciando. Lo palpò per bene, come se ci fossero solo loro, ma d’altronde che gli importava?
“E Perdio! Smettila di scoparti un altro di fronte a me!” Gerard invidioso e ingelosito dalle attenzioni che i due si scambiavano si adirò e sbattè forte la bottiglia sul tavolo di fronte a lui. Di quelli di plastica bianca, lo avevano preso perché in veranda c’era bisogno di quello.
“Mhm… mhm…” 
Quinn gemette piuttosto forte, ma Gerard non capì perché: le mani di Frank erano sul suo culo okay, ma erano lì da un po’. Corrugò le sopracciglia.
Gli stavano scopando di fronte a lui, su di un dondolo completamente sfatto e mezzo distrutto sulla veranda di casa di Gerard. Doveva trovare un diversivo.
“Ehi, la vuoi vedere una pistola vera?”

***

Sweetcurry's Time!!

Mi sono messa a scrivere questa shottina e mi son permessa finalemnte di postarla perchè, sì, il chappy di Puzzle Life non è ancora pronto -fuga d'ispirazione ç__ç- e non so bene quando aggiornerò... Così per farmi in qualche modo perdonare metto questa qui, una Frankie/Quinn!! Non avrei davvero creduto di scriverla realmente, ma beh... c'è sempre la prima volta! xD
Questa volta è di tutta mia invenzione, non ho preso ispirazione perchè mi sembrava troppo scopiazzata quella che avevo scritto così l'ho rifatta da capo xD
So che è un po' diversa dal solito, so che Frank così fuori di melone e così sboccato non è molto normale diciamo <_<... ma mi è venuto così xD...
Non credo che Gerard abbia una passione sfrenata per la Vodka, ma l'altro giorno a scuola stavamo parlando di alcolici e una mi acompagna si mette a dire che preferisce la Vodka e lo fa con un tono stranissimo, così mi ha ispirata xD...
Anche se è fortemente nonsense spero abbiate apprezzato come con la precedente, vi adoro!! Avete recensito in tante!! E pure i preferitiii <333
UAH!!!

 
Risposta alle recensioni:

Friem: ahahah, si probabilmente però, più in questa shottina, dai xD... Dimmi se ti è piaciuta!!
AintAfraidToDie: sono felicissima di tutte le cose belle che mi fai, come il ranch, sai che ho deciso di chiamare un cavallo Quinn?? *-* e l'altro Tacos, nel nome di Bertie edelle cazzate che spara >-<... Sono strafelice che ti piaccia l'horror che scrivo, sai mi sto dando al TRASH (come bertie e willo <_<) e finirò a scrivere horror e lemon me lo sento ç^ç!! Poi con quello che mi fai scrivere tu <_< *guarda che nella lemon collabori eh! ti costringo!!*  Andiamo a turno per le morti? Nella scorsa mi sei morta tu, ora tocca a me <_<, peccato che nell'altra ci fosse meno perversione e noi eravamo assieme <_< xD... Spero che questo Frankito tutto volgare ti sia piaciuto, spero che Gerard ubriaco ti abbia fatto piacere e anche il Quinnifer che mugola. Amore ti amo fottutamente tanto, aspetto il papiro mentre scriverò il mio <3
kiroandstrifyforever: grazie mille ^-^!!! ecco il chappy >-< anche se non è Frerard spero ti piaccia!
_sory_: Cognata!! >-< allura, ti avevo detto ieri, ma mi è morta la connessione e poi sono filata a studiare sotira e a fare una tavola di platiche *sì a mezzanotte <_< sai com'è tu xD* Son felice che apprezzi Stephen King, lo ritengo un maestro dell'horror, anche se a parere mio scrive poco sui sentimenti, così ci aggiungo un po' pure io *buaw*.... Grazie mille ancora una volta per i complimenti sullo stile, ma davvero credo tu abbia esagerato ^////^. Spero che leggere di questa coppia ti abbia fatto lo stesso piacere dai, e poi il Gerardo c'è suvvia U_U. Ti adorooooo!! (segretamente sai tu cosa <_<) <3
_omfg_: Sono felice ti piaccia l'idea di mettere assieme horror e slash xD Grazie anche a te per i complimenti, fra un poco mi gaso tutta >-<"... Spero ti sia piaciuta pure questa, anche se non c'è la Frerard, dai, e spero di non aver traumatizzato nessuno soprattutto O_O bacioni!!
Laudica_2204:  grazie mille!! Ecco un altra shottina, spero sia "pucciosa" ancora xD Non so se definirei il Frank ancora piccolo e indifeso qui, ma vabbeh, forse leggermente un po' più pazzo XD baci! :***

Grazie mille anche a chi legge e basta!!!

Ci sentiamo al prossimo aggiornamento!!

Baci,

Curry*

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Capitolo 3
*** Shot 3_Quando chiusi gli occhi, non ti vidi più ***



Avviso: fatti puramente inventati, non conosco assolutamente i personaggi, ne scrivo a scopo di lucro.

Old Bones - raccolta di horror



Shot 3

Quando chiusi gli occhi, non ti vidi più

 

 

 

 

I - La calma

 

Il rumore lieve del vento che gli sferzava contro il viso, screpolandogli le labbra e infastidendolo. Volse il capo aldilà del libro consunto che intento stava consumando da più di mezz’ora e guardò il ragazzo adagiato sull’amaca.

Portava le mani dietro il collo, la testa inclinata leggermente da un lato e in bocca un piccolo stelo di un giunco. Lo mordicchiava, passandolo fra la lingua e i denti, ormai abituato all’acido sapore della linfa.

Indossava una camicia bianca, col primo bottone slacciato, su cui ricadevano i folti capelli in disordine neri come i pantaloni che portava.

Frankie pensò bene che fosse un intero contrasto fra colori, La pelle bianca di luna, i capelli simil pece, la camicia nivea e i calzoni neri, nero e bianco. I due colori che facevano da contendenti in un’assoluta armonia spezzata da un paio di occhi verdi smeraldo. Leggermente opachi, che fantasticavano al di là della staccionata, verso il grande lago che si estendeva lungo la piana.

Se avesse realmente pensato di poter convincere Gerard a staccarsi da quell’amaca per andarsene a far una gita al lago, allora sarebbe stato un incosciente. Ma lui lo sapeva.

Gerard Way era un’anima libera? Bene, doveva trovarsi nel suo universo parallelo in quegli istanti, e chiedergli tali banalità sarebbe stato come mettere il sale sul burro. Un’autentica cavolata. Se non il mero tentativo di portarlo fuori da quella prigione verde opaca, costruita con legni chiari, bianchi quasi.

Una piccola casetta lontana dai buchi oscuri e posata su di un rialzo poco imponente, ma che permetteva una buona visuale.

Che cosa poteva fare?

Sospirò e girò lentamente una pagina leggera, non gli andava proprio di scervellarsi di nuovo. Aveva perso la voglia di combattere.

Gerard era così. Gli era stato affidato, dal resto dei suoi conoscenti. L’aveva seguito e ora lo curava. Curava che non si sporgesse troppo verso la veranda, che non guardasse con troppa insistenza e ossessività il coltello fra le sue mani. Che non fissasse il sangue, quando uno di loro due si feriva.

Viveva fuori dall’immaginario, ma dentro ad una paranoica e ripetente storia. Aveva perso il senno, Gerard, e pure Frankie.

Si chiese quando sarebbe finito tutto questo.

“Gerard?”

Si alzò, posando il libro sul piccolo tavolo di legno chiaro, e si diresse verso il ragazzo steso sull’ondeggiante amaca.

Si chiese quando avrebbe finalmente chiuso un occhio, e poi l‘altro. Per non vedere.

“E’ pronta la cena.” Lo guardò, cercando di formare un sorriso debole sulle labbra, ma non gli riuscì. Osservò quelle rosee di Gerard:, mangiucchiavano il sottile stelo.

Per non vederlo cadere.

Lo toccò sul braccio, poggiando il palmo aperto sulla candida camicia. Era fresco. Lo scosse leggermente, per farlo ridestare. Non era qui, si disse.

Aveva il terrore, il terrore di stare ad ascoltare il silenzio, il suono dei grilli, lieve, quello della frescura pomeridiana, troppo. E il tonfo, subito dopo, ma avrebbe aperto gli occhi e sarebbe come non averlo visto mai fallire. Come in una piccola cinepresa, avrebbe assistito, ma non gli sarebbe importato.

Odiava quel posto.

Gerard non volse lo sguardo verso di lui. Un meccanismo strano, che doleva sempre più l’animo del piccolo Frank, riusciva ad assorbire tutti i suoni e a non indirizzarli verso la mente di Gerard. Non li sentiva, né calcolava.

Perché? Perché, si chiese con gli occhi entrambi aperti, avrebbe evitato di farlo cadere? Era ancora una persona simile, da aver paura, compassione e quant’altro, da correre verso la veranda e tirarlo su per un braccio. Evitando che si togliesse la vita. Che sparisse da quella casa?

Sospirò fortemente -tanto Gerard non lo ascoltava-, e strizzando gli occhi per cacciare via il dolore, rientrò in casa, eludendo ogni paura, e stancamente guardando l’orologio. Le sette e un quarto. La finestra. C’era ancora il sole.

Il bianco dei mobili, l’aria leggera, il venticello e le erbe che lo profumavano, rendevano tutto così rilassante, e così ospedale.

Il flashback non tardò ad arrivare.

 

E fu così che tutto capovolse il nulla.

 

 

II - Il caos

 

Sangue, lui che correva; un nuovo paziente.

Avrebbe dovuto tenerlo d’occhio nella clinica. Era suo dovere, il primario ci teneva, era un caso speciale Un personaggio importante alle prese con un disturbo mentale ossessivo. Un ragazzo traumatizzato, sofferente di shock. Un ragazzo bello, dai capelli di pece.

Seguitava a correre, senza quasi fiato, quattro piani di scale, descrivevano un percorso faticoso, e lui col camice non riusciva bene. Doveva vedere in che stato era ridotto… Gerard? Sì, così si chiamava.

E come in un film dell’orrore si vide il ragazzo in preda agli spasmi sul pavimento, rigettante sangue, con mani e capelli zuppi di esso. Uno spettacolo soffocante.

Il suo primo paziente con problemi psicotici.

E anche l’ultimo.

Gli fu affidato personalmente dal capo reparto, dicendo che non si poteva far nulla per lui in ospedale, se non fargli ancora del male. Se lo fosse preso d’incarico, avrebbe convissuto con lui evitando che si facesse del male da solo, che ingurgitasse oggetti e si ferisse la gola, o l’interno.

Si era offerto.

Non l’era stato ordinato nulla, aveva preteso che a svolgere quell’incarico ci sarebbe stato lui.

 

 

 

Avrebbe atteso, dunque. Che un giorno, a Gerard passasse l’incubo di uscire dalla veranda e decidesse di sorpassarla, buttandosi?

Sarebbe stato pronto a vederlo morire?

Sarebbe stato felice di averlo finalmente fuori dalla sua vita? Cosa che non sarebbe successa, la sua mente gli avrebbe ricordato gli affanni di ogni giorno per farlo uscire dalla casetta.

 

 

“Gerard, dai… Solo due passi”

Avrebbe pianto?

Avrebbe urlato dal dolore?

Poco dopo poté scoprirlo.

 

 

 

III - Il nulla

 

 

 

°°°

Sweetcurry’s Time!

Eccomi tornata con una shottina completamente nonsense, l’ho già detto che nonsense lo è la mia testa? Sì, beh lo ripeto.

Inizia a scrivere questa shot una settimana fa, ma mi bloccai incapace di continuare. So bene che lo slash qui è prettamente malinconico e non parla di una possibile relazione, ma di sentimenti e cose che per la maggior parte sono astratte. Mi capacito benissimo di aver scritto una cosa che non so se piacerà o meno, ma di cui sono orgogliosa, mi piace scrivere così, di getto, senza riguardare, se non la grammatica.

Mi dispiace che nella mia seconda Frerard non ci sia ancora una coppia vera e propria. Ma dai, lasciatemi libera di scrivere ste robe senza senso.

So che non è proprio horror, ma datemi tregua, lo splatter lo metterò alla prossima xD.

Se avete dei dubbi, come il perché abbia lasciato dello spazio vuoto nel III pezzo, o altro, chiedetemi pure. Cose a cui io ci arrivo perché sta tutto nella mia mente, ma chi da fuori magari non comprende.

Non sono depressa, o quant’altro, non preoccupatevi assolutamente, ma quando scrivo non si sa mai che ne verrà fuori. Bene, saluto calorosamente le 4 che mi hanno recensito, sperando che ci siano di nuovo delle recensioni per questa shot.

Ditemi se vi piace, dai.

Vi voglio bene,

Curry

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