Ophelia

di __aris__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Accordo tra gentiluomini ***
Capitolo 2: *** Sotto la Superficie ***
Capitolo 3: *** Demoni della notte ***
Capitolo 4: *** La musique d’anges ***
Capitolo 5: *** Passato e Presente ***
Capitolo 6: *** Lezione di pittura ***
Capitolo 7: *** Silenzio apparente ***
Capitolo 8: *** Listen to the Angel of Music ***
Capitolo 9: *** Un Atto di Fede ***



Capitolo 1
*** Prologo: Accordo tra gentiluomini ***




 
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La deflagrazione del colpo di pistola sovrastò i passi dei poliziotti ed i suoi. Il proiettile lo aveva preso nel costato; non era una ferita grave ma era dolorosa e gli avrebbe rallentato non poco la fuga. Girò un angolo buio, sperando che bastasse per seminare i gendarmi ma i loro passi si avvicinavano inesorabili. Si rimise a correre cercando la prima uscita dalle catacombe che gli venisse in mente. Di solito non usciva mai dai sotterranei di Parigi ma i suoi inseguitori erano più insistenti del solito, come se questo attacco fosse accuratamente preparato.
Erano passati tre mesi da quando L’Opéra era andata a fuoco, tre mesi trascorsi cercando di lasciare Parigi senza successo. La folla non lo aveva ucciso ma era diventato ugualmente il criminale più ricercato di Francia e sembrava che ci fosse sempre un gendarme pronto a rovinare i suoi tentativi di fuga. Così aveva vissuto nelle fogne, aspettando un momento propizio che non arrivava mai.
Aprì una porta di piombo e si trovò sotto un ponte della Senna bagnato da una pioggia torrenziale. Attorno a lui non si muoveva nulla, tutto era inghiottito da una notte piovosa come poche. Ignorando l’acqua ed il dolore risalì le scale che gli avrebbero permesso di attraversare il ponte, affacciandosi fugacemente oltre la balaustra in pietra per vedere se era ancora inseguito. Un lampo squarciò l’aria, riportando il giorno nella notte per pochi istanti sufficienti a farlo scoprire.
Alt! Fermo!  Siete in arresto!” gridarono alcuni ufficiali alle sue spalle. Erik li ignorò continuando a correre fino a quando una carrozza non gli sbarrò il cammino. Era molto lussuosa, completamente nera, guidata da un uomo con un pastrano pesante ed un cappello a falde larghe.
Una mano guantata da seta bianca aprì la portiera. “Salite se volete salvarvi la vita.” Disse un uomo con accento inglese.
Erik si guardò indietro: i gendarmi stavano prendendo di nuovo la mira: se non si fosse mosso immediatamente sarebbe morto. Senza pensare salì sulla carrozza e prima che lo sportello fu richiuso il passeggiero aveva fatto segno al cocchiere di allontanarsi velocemente.
Io sono Lord Edward Weston, Duca di Cronley e, se non ho sbagliato persona, voi siete il Fantasma dell’Opéra.” Dalla voce doveva avere almeno sessant'anni. La figura era avvolta nel buio ed il cilindro nascondeva parte del volto ma Erik poteva intravedere due piccoli occhi azzurri dall'aspetto determinato e una folta barba ben curata e spolverata di bianco.
Esattamente monsieur.” Rispose l’altro coprendosi il viso con la falda del cappello.
Bene, non mi sarei potuto perdonare di aver aiutato il criminale sbagliato!” sospirò con sollievo “Questa sera sono stato invitato a cena dal sindaco e dal capo della polizia che mi hanno parlato molto di voi.” Continuò accendendo una pipa “Sembra che la vostra cattura sia fortemente caldeggiata dalla famiglia de Chagny. Questioni di amor proprio, per non dare l’impressione di un matrimonio riparatore. Hanno studiato le mappe delle catacombe, le hanno perlustrate e vi hanno teso una vera imboscata. Se non fosse stato per me vi avrebbero sicuramente ucciso. Non questa notte forse, ma presto.” Lord Weston sembrava giocare una partita in cui conosceva ogni mossa in anticipo: parlava con la calma e la precisione di un cacciatore esperto che tende l'imboscata all'ennesima preda.
Vi ringrazio di avermi salvato la vita, Vostra Grazia, ma non capisco il motivo di tanta gentilezza.”
Ho un’offerta vantaggiosa da proporvi. In molti mi hanno parlato di voi, ho sentito madame de Chagny cantare e saputo cos’avete fatto per lei quando era bambina. Ho anche saputo del vostro viso e sappiate fin da subito che le vostre sembianze non mi turbano. Ho combattuto in India ed ho visto le barbarie perpetrate contro i nostri ufficiali prigionieri, quindi non mi spavento per qualche osso fuori posto. Mi spiace solo di non aver assistito al vostro Don Giovanni, ho sempre creduto che poche cose facciano comprendere un uomo quanto la sua musica.”
Avete detto di avere un’offerta da farmi.” Tagliò corto il francese a cui la disinvoltura del suo salvatore non piaceva affatto.  
Siete un uomo diretto, ma se fossi nella vostra posizione nemmeno io vorrei che mi si trattasse come il fa il gatto col topo. Volevo solo farvi capire che so perfettamente chi siete e non ho paura di voi. Io ho una nipote, Ophelia Weston.” L’uomo si interruppe prendendo diversi respiri pesanti, come se si preparasse a rivelare qualche doloroso segreto. “Ophelia non parla da dieci anni, da quando ha visto i genitori investiti da una carrozza. Le ho fatto avere i migliori insegnati e medici d’Europa ma tutti hanno detto che la sua è una forma di isteria e che non parlerà mai più. Io so che si sbagliano, so che in qualche modo mia nipote parlerà ancora." La mano del Duca stingeva il pomello del bastone come avrebbe fato con il collo di un nemico; la voce era bassa e profonda, le parole gli uscivano di bocca dure e determinate. "Ophelia deve parlare ancora: alla mia morte erediterà una grande fortuna e chiunque l’amministrerà la rinchiuderà al Bethlem Royal Ospital appropriandosi di rendite e proprietà.”
Mi dispiace per vostra nipote ma continuo a non capire.”
Vorrei che voi diventaste suo precettore e che proviate a farla parlare.”
Erik appoggiò il cappello sul sedile accanto a lui e trattenne una cinica risata solo perché l’uomo davanti a lui gli aveva salvato la vita. “Io? L’Enfant du Diable? Devo ricordarvi com’è finita l’ultima volta che ho avuto un’allieva? Volete che dia fuoco anche al vostro castello?
Lord Weston non si fece sopraffare dall’incredulità del passeggero, tanto meno dal suo aspetto. Anche se capiva perfettamente la repulsione che provocava; se non avesse servito l’esercito in India non sarebbe stato preparato a quel volto. “Sono stato ben informato sul vostro conto, so di cosa siete capace ed ho valutato attentamente questa scelta. Ho provato con i metodi tradizionali ma non hanno funzionato, adesso devo provare con qualcosa meno ortodosso se voglio salvare il mio casato.”
Siete un uomo spregiudicato.”
Sono un consigliere della Regina: sono abituato a valutare diverse possibilità e scegliere quella con maggiori possibilità di successo, lo richiede l’Impero. Consideratevi come un corsaro al servizio della regina Elisabetta.”
Io non sono al vostro servizio e non sono mai stato un ammiratore di Francis Drake.
Io vi offro la possibilità di lasciare la Francia indisturbato e nessuno saprà più niente di voi.”
 “E cosa direte a vostra nipote per giustificare il mio viso? Per non parlare della servitù.”
So che avevate una maschera in porcellana, posso fare in modo che ne ricostruiate una con la dovuta riservatezza. E se qualcuno farà qualche domanda dirò che avete combattuto con me in India e siete stato vittima di una malattia che vi ha deturpato. Vi assicuro che basterà.”
Avete pensato proprio a tutto.  Ma se non accettassi?
Il cocchiere si fermerà e voi scenderete dalla carrozza.” Rispose Weston senza esitare, dopo tutto non aveva interesse in un criminale se non gli poteva essere utile.
Erik valutò le alternative: aveva passato mesi cercando un modo per lasciare il Paese e se fosse partito con quel nobile inglese, un consigliere della Regina Vittoria, nessuno avrebbe sospettato nulla. Ma avere un’altra allieva dopo Christine gli faceva mancare l’aria. Nessuna sarebbe stata come lei, ed per nessuna oltre lei valeva la pena di insegnare la sua Arte. “Io non prendo allievi che non abbiano un vero talento musicale. Su questo non accetto compromessi.” Disse risoluto.
Potrete esaminare mia nipote in Inghilterra e poi decidere. Ma credo che accetterete dopo che l’avrete sentita suonare il pianoforte.
Se ne siete così convinto la vostra mi sembra una proposta accettabile.”
Posso considerarlo un accordo tra gentiluomini?” Lord Weston porse la mano per sigillare il patto.
Oui monsieur, potete.” Rispose Erik ricambiando il gesto mentre la carrozza continuava a correre nel buio. 



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Capitolo 2
*** Sotto la Superficie ***




 
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 NOTE DELL’AUTRICE: Grainstar House è ispirata all’Higclere Castle, location della serie Dowtoun Abbey e residenza di campagna dei Conti di Carnavon (se a qualcuno questo nome fa suonare un campanello ma non ricorda il perché vi dico che Lord George Carnavon fu il finanziatore degli scavi per trovare la tomba di Tutankhamon). Volevo che la casa di Lord Weston fosse un ambiente ricercato e lussuoso, capace di non sfigurare rispetto all’Opéra, per questo ho deciso di ispirarmi ad un luogo che è stato progettato dallo stesso architetto di Westminster.
Il brano che Ophelia suona è il primo movimento dell’Appassionata di Beethoven: https://www.youtube.com/watch?v=QAO-TIAXHQk
 




 
Tre settimane dopo, Inghilterra
 
 
Erik scostò la tenda del finestrino della carrozza con gesto annoiato. “Non pensavo che questo Paese fosse davvero così piovoso.” Erano in Inghilterra da una settimana ed il Sole era stata una fugace illusione intravista per una sola mattina. Non che le condizioni atmosferiche lo influenzassero in qualche modo, ma iniziava a trovare quella pioggia silenziosa e costante abbastanza noiosa.
Il nobile seduto di fronte sorrise tra uno sbuffo e l’altro di pipa “Ci si abituerà presto. E poi questo è il Derbyshire, non la Scozia.”
Erik non rispose stentando a credere che esistesse un posto più piovoso dell’Inghilterra. Assieme a Lord Weston aveva lasciato la Francia pochi giorni dopo il loro incontro, appena terminata la maschera di porcellana per nascondere il viso. Si era nascosto in un baule durante l’imbarco a Calé, ma nessun gendarme aveva osato proporre anche il minimo controllo su bagaglio personale del Duca; al sicuro sulla nave era stato lo stesso nobile a liberarlo. Da qualche parte in mezzo alla manica divenne un altro uomo: Erik Destler, ex soldato di Sua Maestà l’Imperatrice Vittoria. Ferito in India. Solo un’altra maschera, una invisibile che aveva zittito i proprietari delle locande dove avevano dormito e della servitù della residenza londinese del Duca.
Grainstar House!” sospirò Lord Weston guardando fuori dal finestrino.
Erik seguì gli occhi azzurri dell’inglese fino ad un imponente castello dalle pareti color ocra. L’edificio era a pianta rettangolare di tre piani, quattro in corrispondenza degli angoli dov’erano state costruite piccole torri quadrate. Al centro del palazzo si erigeva la torre principale: quadrata con quattro piccole guglie sugli angoli; riproponeva in versione più piccola le stesse simmetrie della costruzione principale. La carrozza proseguì seguendo una strada di ghiaia srotolata su un prato ben curato, tra imponenti alberi secolari. Mano a mano che si avvicinavano a Grainstar House, Erik scopriva tutti gli abbellimenti che ornavano le mura: i decori floreali sotto le finestre o le finte colonne a torciglione agli angoli delle torri e che terminavano in piccole guglie, le lavorazioni delle balconate in pietra sul tetto o ancora l’enorme stemma di famiglia in pietra sopra d’ingresso.
Vi piace? Questa terra è della mia famiglia dal regno di Edoardo VI. La casa sorge su un vecchio monastero ed ha tra le due e le trecento stanze. La tenuta è di oltre mille acri offrendo lavoro ad almeno duemila famiglie, senza contare il paese di Estwood che abbiamo appena attraversato.”
Il francese lo guardò bieco: “Cercate di impressionarmi mostrandomi le vostre ricchezze?
No. Voglio solo farvi capire perché il mio patrimonio farà gola a molti se passerà ad una ragazza muta.” Disse prima che la carrozza si fermasse e lo sportello fosse aperto dal maggiordomo. Davanti alla porta d’ingresso la servitù era schierata in una fila perfetta per accogliere il padrone di casa, tutti impeccabili nelle loro divise bianche e nere senza l’ombra di una piega. Stavano dritti, come manichini impettiti, in due sotto lo stesso ombrello.  Sulla piccola scalinata che conduceva all’interno, al riparo dalla pioggia, c’era Ofelia: una ragazza con i capelli rosso chiaro lasciati cadere sulle spalle, gli occhi color nocciola e le labbra a cuore racchiusi dalla pelle chiarissima. L’abito verde che indossava, nonostante la semplicità, amalgamava l’ultima moda parigina con i tessuti più raffinati che la Compagnia della Indie commerciava.
Lord Weston scese dalla carrozza tenendo il cappello tra le mani “Buona sera signor Woods.” Disse rivolto al cameriere che teneva l’ombrello.
Buona sera vostra grazia.” Rispose l’altro tenendo aperto un ombrello nero per riparare il duca dalla pioggia.
Il nobile si avvicinò al primo uomo della fila che indossava una livrea diversa dagli altri servitori “Buona sera Coyle. Avete ricevuto le mie istruzioni?
Certamente, my lord. La servitù è stata avvisata e Mis Price ha disposto come avete chiesto.”
Perfetto.” Edward andò a salutare la nipote ed Erik capì che quello era il momento di scendere. Viaggiando con il Duca era sicuro che nessuno avrebbe mostrato il minimo pensiero sul suo aspetto ma le mani gli tremavano sempre quando doveva mostrarsi per la prima volta. Sapeva che anche gli uomini e le donne che lo aspettavano lo avrebbero giudicato, che avrebbero commentato appena nessuno li avrebbe sentiti, che sotto l’apparente perfezione sarebbero stati come tutti gli altri. Erik Dester non cancellava cos’era in realtà, non gli avrebbe mai dato una vita normale. Espirando tutta l’aria in un unico soffio scese dal veicolo cercando di dimostrare più tranquillità di quanta ne possedesse davvero. Il cameriere che gli teneva aperto l’ombrello sgranò leggermente gli occhi ma non fiatò, recuperò semplicemente l’espressione composta che ogni buon domestico dovrebbe avere.
Signori, come vi ho annunciato tramite telegramma, quest’uomo è Erik Detler. Ha servito l’esercito in India ed è stato colpito da una rara forma di febbre tropicale che lo costringe a portare la maschera che vedete. Ma state tranquilli: non c’è pericolo per la salute di nessuno, altrimenti non lo lascerei essere il precettore di lady Ophelia. Venite avanti Mr Destler, lasciate che vi presenti mia nipote.” Disse facendogli segno di avvicinarsi alla soglia. ”Venite anche voi, non mi sembra il caso di fare le presentazioni sotto la pioggia.” Terminò rivolto ai domestici.
Ophelia scomparve all’interno della casa affiancando il nonno ed Erik li seguì precedendo la servitù. Attraversarono un piccolo vestibolo con pilastri di marmo bianco che reggevano finte colonne in marmo rosso e azzurro. Gli stessi marmi policromi componevano il disegno geometrico sul pavimento, intervallati da sezioni gialle, nere o verde scuro. Da ogni parasta partivano diversi archi che, intrecciandosi, formavano il soffitto da cui pendeva un raffinato lampadario. A destra un tavolo di ebano perfettamente lucidato reggeva tre busti, mentre a sinistra si accedeva alla biblioteca. Ogni materiale proveniva da un parti diverse del mondo ma l’insieme era estremamente ricercato, lasciando immaginare quali tesori celasse il resto della casa.
Superate due porte in mogano Erik si trovò in una stanza altissima dominata da un imponente camino bianco finemente lavorato. Un grande lucernario al centro del soffitto illuminava l'ambiente; subito sotto c’erano riproduzioni in gesso di numerosi stemmi nobiliari; del piano nobile, attraverso i matronei costruiti in pietra bianca ed ornati da altri archi tudor, si intravedeva il corridoio delle camere da letto. I muri del primo livello erano rivestiti da un tessuto verde damascato ed ospitavano ritratti di antenati imparruccati. Alla sua sinistra si trovava il caminetto, all’estremità della parete archi tudor in pietra chiara anticipavano le porte della biblioteca. Di fronte a lui un’altra porta da cui poteva intravedere una stanza dalle tappezzerie verde acqua. A sinistra invece tre archi in pietra celavano la grande scala in legno che, fiancheggiando alte finestre piombate, saliva al piano nobile. I mobili alle pareti erano tutti pregiati esempi di ebanisteria cinese, neri decorati con intarsi in madreperla, mentre davanti al camino si trovavano quattro poltrone in velluto dall’aspetto molto comodo. Sotto ai suoi piedi si stendeva un tappeto persiano con disegni minuscoli che occupava quali tutta la stanza. Erik non fece nemmeno in tempo ad osservare tutto che i domestici si erano rimessi in fila alla sua destra e Ophelia aspettava di essere presentata alla sua sinistra.
Mr Destler …” disse Lord Weston “Mia nipote Ophelia.
Lei sorrise e fece un leggero inchino; un gesto molto composto eseguito senza trasporto, come se fosse solo l’ultima di una serie infinita di prove. Tuttavia osservandola da vicino, mentre le sollevava la mano per baciarla, Erik ebbe l’impressione che qualcosa non tornasse in quella ragazza dall’apparenza compita che aveva davanti. Una sensazione d’istinto che contrastava apertamente con ciò che vedeva. Appena la porcellana della maschera le sfiorò la pelle Ophelia tremò, anche se impercettibilmente, ma non ritrasse la mano. “Incantato.”
Lord Weston si avvicinò alla fila di servitori “Lasci che le presenti Mr Coyle, il maggiordomo della casa.”
L’uomo che fece un passo avanti aveva capelli scuri tutti pettinati su un unico lato, occhi castani che tendevano verso il basso e guance gonfie; le labbra erano sottili ed i naso schiacciato. “Ben venuto a Grainstar, Mr Destler.” Disse il cameriere facendo un leggero inchino.
Grazie.” Rispose Erik con tono altrettanto formale.
Il nobile fece un paso in avanti per presentare la donna accanto a Mr Coyle  “Mis Price, la governante.” Indossava un rigoroso abito nero con le chiavi del castello appese in vita, i capelli biondi erano raccolti in un acconciatura vaporosa con qualche riccio più corto che cadeva sulle tempie. Anche se erano passati molti anni dalla sua giovinezza, era rimasta una bella donna con grandi occhi azzurri. “Ben venuto a Grainstar.”
Grazie signora.”  Rispose l’altro piegando leggermente il capo.
Vi abbiamo preparato il thè in biblioteca grande.” Annunciò Mr Coyle appena le rimanenti presentazioni furono terminate.
Grainstar House era fornita di ben due biblioteche: quella piccola, chiamata anche biblioteca nord separata dall’altra da colonne ioniche, e quella grande, una lunga stanza rettangolare dove i servitori avevano appena preparato il thè. Un altro tappeto pregiato ricopriva il pavimento dell’intera stanza, quattro grandi finestre con le mantovane rosse si aprivano davanti al camino, il resto delle pareti era occupato da scaffali pieni di libri. Qualcuno chiuse la porta alle loro spalle e solo in quel momento Erik vide il decoro che la circondava: ghirlande floreali scure intagliate su un legno laccato in oro erano sormontate da un frontone aperto al vertice. Gli stessi motivi floreali risalivano e sormontavano le librerie minuziosamente cesellate. Uno del lati corti portava alla biblioteca nord, mentre l’atro era occupato da un'unica libreria sormontata un timpano simile a quello della porta. Incastonato nel legno intagliato, c’erano il camino e, più in alto, il ritratto dell’antenato che, secondo Lord Weston, era morto nella guerra d’indipendenza americana coronato da un altro frontone spezzato che sfiorava il soffitto a cassettoni dorati. Scrittoi, tavolini, sedie e poltrone riempivano lo spazio assieme a piante e lampadari. Davanti al camino si fronteggiavano due divani in pelle rossa con lo schienale alto divisi da un pouf rettangolare lungo quanto la bocca del camino. I soprammobili ed i candelabri arrivavano da Cina, Giappone o qualche altro luogo lontano da Grainstar. Tutto era curato nel minimo dettaglio, anche se secondo Weston si trattava solo una residenza di campagna ammodernata da poco.
Ophelia si sedette su un divano rosso vicino al nonno ed Erik su quello opposto, esattamente al centro.
Limone o latte?” fu la domanda del maggiordomo rimasto a servire.
Limone, con poco zucchero.” Rispose Erik.
Mr Coyle fece un cenno d’assenso e preparò la bevanda in silenzio, osservandoli di sottecchi.
Ophelia estrasse un piccolo taccuino dalla tasca dell’abito, scrisse velocemente qualcosa su un foglio con una matita e lo passò a Lord Weston.
Perdonate mia nipote.” Disse il nobile ad Erik prendendo il taccuino in mano “Ma questo è l’unico modo in cui riesce a comunicare con gli altri; vi assicuro che non vuole essere scortese.”
Capisco perfettamente.” Rispose il francese osservando ancora la ragazza. “Quindi non emette alcun suono?” Era strano vedere una persona che non parlava dopo tanti anni trascorsi in un luogo rumoroso come l’Opéra dove tutti cantavano, parlavano o suonavano. Non poteva fare a meno di pensare che se Ophelia avesse parlato probabilmente sarebbe vissuta a Londra e non nascosta in una lussuosa gabbia dorata.
Nessuno.
Lord Weston vi ha già spiegato che se io sarò il vostro precettore dipenderà solo da voi?” Ophelia abbassò gli occhi prima ancora che la domanda fu terminata cercando il taccuino nelle mani del nonno. “Basta che annuiate.” Le disse Erik che non voleva perdere altro tempo.
La ragazza alzò il viso e poi annuì timidamente.
E sapete anche che dipende da come suonate?
Ancora un cenno affermativo.
Allora immagino che non vi dispiacerà farmi sentire cosa sapete fare. Adesso.
Ophelia tremò sul modo perentorio con cui l’ultima parola era stata detta ma annuì ancora. Con eleganza si alzò e lisciò velocemente la gonna. Lord Edward si alzò come chiedeva il galateo e prima che potesse seguirli Erik lo fermò con un gesto della mano.
Non ammetto nessuno che non sia strettamente necessario.”
Come preferite.” Disse il nobile ridando il taccuino alla nipote. “Ma a differenza vostra io so già cos’accadrà. Come noi, siete legato a questa casa, solo che ancora non lo sapete.”
Ophelia condusse Erik nella stanza con le pareti verde acqua che aveva intravisto pochi minuti prima. Il soffitto e le porte erano bianchi con stucchi dorati ed un lampadario pieno di gocce di cristallo pendeva dal soffitto. Sulle pareti erano appese vedute di campagna dipinte a olio. Sopra al camino c’era l’unico ritratto: una donna con i suoi figli ed un cagnolino bianco. Di fronte a lui due grandi finestre si affacciavano sul giardino, mentre sulle altre pareti c’erano delle porte ed camino in marmo con venature grigie e blu. Le poltrone ed i divani erano color crema con minuscoli fiorellini ricamati. Delicate porcellane e candelabri d’argento erano appoggiati su secreter o comodini panciuti. L’unico mobile scuro era il pianoforte a coda vicino ad una finestra.
Ophelia si sedette davanti allo strumento e cercò gli occhi di Erik per provare a campire ancora una volta chi si celasse dietro la maschera bianca. Mr Destler non era certo la prima persona che veniva per essere suo precettore ma era il primo che la guardava e le parlava senza commiserazione. Per la prima volta dopo anni a Grainstar era arrivato qualcuno che non la considerava una specie di malata e che l’avrebbe giudicata solo per l’abilità al pianoforte. Un fremito le scese lungo la schiena appena si rese conto che tutto dipendeva davvero da lei: non ci sarebbe stato nessun alibi, nessuna elegante perifrasi se Mr Destler avesse deciso di andarsene.
Quando vi sentite pronta, Lady Ophelia.” Le disse Erik con voce cortese appena intuì l’agitazione della giovane.
Ophelia appoggiò i polpastrelli sui tasti ma ritrasse subito le mani, come se fossero bollenti. Respirò profondamente più volte immaginando di essere sola e di suonare solo per i domestici che si nascondevano ogni volta dietro le porte. Lentamente rimise le mani in posizione ed iniziò. Una dopo l’altra le corde del pianoforte vibrarono ed il castello si riempì della musica di Beethoven.
Le prime note erano leggerissime, anche se grevi, si protendendo verso l’alto con estrema naturalezza come se quell’arpeggio ascendente fosse l’unica via possibile. Ophelia suonò i trilli e ritornò nella parte inferiore della tastiera con tocchi veloci e precisi. Il primo fortissimo lo sorprese come una fucilata in petto: conosceva il primo movimento dell’Appassionata, sapeva che la battuta diciassette andava suonata in quel modo ma non si aspettava che una ragazzina che viveva nel silenzio fosse capace di creare quelle sonorità con il pianoforte. Smise di guardare la postura delle mani e la vide talmente assorta nella musica da sembrare quasi una vittima che veniva trascinata incoscientemente da un tasto all’altro. Uno stato che in pochi oltre lui potevano capire. I polsi, i gomiti e perfino le falangi non erano molto eleganti da osservare ma se suonava con un trasporto così totale cosa importava? Alla fine era stremata, con il respiro quasi convulso e la fronte imperlata di sudore, tanto che Erik si chiedeva se sarebbe arrivata all’ultima nota. Ma arrivò anche quella.  L’unica cosa irritante era il sorriso trionfante che sicuramente piegava le labbra del Duca.
Ophelia si staccò lentamente dal pianoforte, cercando di riprendere il controllo di sé. Erik le porse il fazzoletto da taschino e lei lo guardò smarrita per un istante. “Un giorno vivrete come suonate e sarà molto …” Avrebbe detto eccitante ma trovava incompatibile quella parola con la piovosa campagna inglese “ … molto interessante.” Ophelia parve non capire cosa intendesse. “Chi vi ha insegnato a suonare?
L’inglese riprese il taccuino dalla tasca e scrisse la risposta a matita: Mr Coyle
Il maggiordomo?
Lei annuì e l’altro posò il quadernetto sul leggio del pianoforte. “Vostro nonno è convinto che un giorno parlerete ancora ma devo chiedervi se anche voi lo credete.
Le ciglia di Ophelia si affollarono di lacrime. Ho provato talmente tante volte a parlare.  Scrisse con espressione sconfitta. Ma …  la mano iniziò a tremare e non riuscì a scrivere altro.
Ma non riuscite più a trovare la voce.” L’anticipò Erik e lei annuì. “Ed il pianoforte sostituisce la voce che avete perso.”
Ophelia annuì ancora chiedendosi come facesse un uomo che conosceva solo da mezz’ora a capirla così tanto. Era per come suonava oppure aveva davanti una sorta di sciamano?
Sarò il vostro precettore. Ogni mattina studierete musica, pianoforte e canto. I pomeriggi francese, italiano, tedesco, scienze e matematica. Anche arabo se vorrete.
La rossa rimase sbigottita Canto?
Cantare non è parlare, per ora sappiate questo.”
 
 
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Mr Coyle era conosciuto da tutti per la precisione con cui svolgeva i suoi compiti e perché, qualsiasi cosa accadesse, riusciva sempre a non perdere la calma. Tuttavia in quel momento doveva ammettere di essere abbastanza preoccupato: anche se Lord Weston aveva acconsentito subito, lui non era affatto sicuro che lasciare lady Ophelia con Mr Desler fosse una buona idea.
Mi sembrate nervoso, Coyle.” Lord Weston poteva vedere l'espressione accigliata del maggiordomo anche se gli dava le spalle.
Siete sicuro di voler affidare l’educazione di vostra nipote a Mr Destler? Capisco che abbiate combattuto in India assieme ma …”
Non credo che Erik Destler abbia mai ispirato molta fiducia nel prossimo, ma questo non vuol dire che Ophelia sia in pericolo.” Rispose sorseggiando il thè.
Perdonate ancora, my lord, ma i suoi modi non mi sono sembrati affatto opportuni.”
Weston sorrise di sottecchi “Non preoccupatevi Coyle: anche quelli cambieranno presto.”
Il maggiordomo annuì e rimase in silenzio fino a quando la porta non si riaprì.
“Lasciateci soli Coyle.” Ordinò Sir Edward aspettando che Erik e Ophelia
Si signore.” Il maggiordomo si inchinò ancora ed uscì.
Cos’avete deciso?” la voce del nobile era trionfante.
Sarò il precettore di vostra nipote.” Annunciò Erik guardando Ophelia: tutto ciò che aveva visto pochi minuti prima era tornato sepolto sotto un’apparenza composta.
L’altro sorrise “Credo di aver finito il tabacco della mia pipa, ti dispiacerebbe andare a prenderne un po’?” domandò alla nipote. Appena Ophelia si alzò anche i due uomini la imitarono ed appena uscì si risiedettero ai rispettivi posti. “Dunque vi siete convinto che non meriti di finire in manicomio?
Morirebbe lì dentro.” Annuì.
Ed il mio casato … tutto questo …” Disse guardandosi attorno “morirà con lei.”
Credete davvero che i vostri possedimenti valgano quanto lei?
Per voi Grainstar è solo un insieme di pietre, di oggetti costosi, una distesa di terre che qualcuno coltiva al posto mio. Io vedo ciò che i miei antenati hanno costruito in generazioni, qualcosa che mi scorre nelle vene e che devo trasmettere ai miei discendenti. Qualcosa da proteggere. Come Ophelia.”
Erik lo osservò a lungo, in silenzio. “Vostra nipote ha la Musica nelle vene, non una magione.”

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Capitolo 3
*** Demoni della notte ***




 
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L’arrivo di Erik Destler era stato il principale argomento di conversazione della servitù di Grainstar per tutta la cena. I commenti sul suo aspetto erano stati molti, ma tutti avevano creduto alla storia del Duca ed avevano provato sincero dispiacere per un soldato valoroso rimasto ingiuriato per l’Impero. Ciò che aveva scatenato una discussione più animata era stata la volontà di Lord Weston di trattarlo come un ospite del castello, più che come un precettore. “E secondo voi è giusto? Dopo tutto è un precettore!” la voce di Mery, la sguattera, trillo sovrastando il rumore delle posate che stava rimettendo nei cassetti.
La stanza comune della servitù era grande e luminosa: due ampie finestre erano messe sotto al soffitto, i muri erano di un grigio indecifrabile. In mezzo alle finestre c’era il mobile in cui venivano risposte le stoviglie. Il mobile principale era un imponente tavolo in legno massello ricco di venature e circondato da robuste sedie, ma c’erano anche due poltrone vicino al camino. Un vecchio pianoforte verticale era abbandonato sotto una finestra, prima di diventare maggiordomo era Coyle a suonarlo dopo cena ma ormai serviva solo per prendere polvere. Dietro al posto riservato al maggiordomo, su uno dei lati corti della stanza, erano appesi i campanelli collegati ai piani superiori con cui venivano chiamati camerieri e cameriere. Un’ampia apertura, priva di porte, conduceva al corridoio della cucina ed alla scala per i piani superiori.
È stato compagno d’armi di Sua Grazia. Ed è ospite del Duca, vuoi che dorma al piano di sopra e che mangi con noi?” rispose serafico Coyle, che dopo le rassicurazioni di Lord Weston aveva deciso di accantonare tutti i suoi dubbi. Dopotutto, si era detto, se Sua Grazia lo aveva difeso in modo tanto perentorio si doveva fidare molto di Mr Destler.
Certo non pretenderà che anche gli altri ospiti mangino con lui. Io mi rifiuterei!” commentò altezzoso un cameriere di nome Evan picchiettando una sigaretta sul porta sigari.
Perché è un soldato?” chiese ancora Mery.
No, per la maschera.” Ripose con ovvietà.
La maschera? Quale maschera?
Quella che ha sul viso per nascondere i segni della malattia.” Disse accendendosi la sigaretta.
Nessuno mi aveva detto che aveva una maschera!” protestò la sguattera.
Smettila Mery.” disse severamente la governante .
Ammetterete, Mis Price, che all’inizio è … strano.” Intervenne Daisy, una cameriera “Dopo quello che è successo all’Opéra, Lord Weston torna con un uomo mascherato che assomiglia a quel Fantasma.”
E tu che ne sai dell’aspetto del Fantasma dell’Opéra?” domandò Mr Collier, il valletto di Lord Weston che aveva fatto finta di leggere il giornale fino a quel momento. Di solito stava alla larga da queste conversazioni, gli starnazzi di sguattere e cameriere lo avevano sempre interessato molto poco, ma il Duca gli aveva dato ordine di riferire ogni cosa che il resto della servitù avrebbe detto su Erik ancor prima liberarlo dal baule in mezzo alla Manica.
L’ho letto su un penny dreadful, il Fantasma Sanguinario. L’ultima puntata è uscita proprio ieri! Ci sono perfino delle illustrazioni. Vuole vederle Mr Collier?” Spiegò la Daisy con una certa eccitazione.
Non mi sembra il caso.” Il maggiordomo provò a fermare la cameriera intenta a cercare il libricino nel grembiule ma il valletto lo interruppe.
Oh no, m’interessa molto. A Parigi nessuno parlava d’altro.” Disse benevolmente il valletto.
Ecco!” Daisy sorrise appena trovò la tasca giusta “Tenga.”
Collier prese il fascicolo in mano e lo sfogliò. Tra le pagine spuntò il ritratto di un uomo deforme, grottesco, del Fantasma. Al posto del naso un buco, gli occhi scavati e lividi, le labbra sottili piegate in un ghigno raccapricciante, il mento stretto e allungato, pochi capelli sul cranio spelacchiato e deforme. Non era un ritratto somigliante, o almeno lo era solo per metà, ma era perfetto per far venire i brividi alle cameriere ed alle sartine. “Libretti del genere circolano anche a Parigi ma devo dire che hanno un tono più umoristico.”
Commentò atono ridando l'oggetto alla proprietaria. “Ad ogni modo non mi sembra il caso di parlarne.” Gli occhi severi di Mr Coyle fecero sentire Mery e Daisy formiche in un mondo di giganti. “Mr Destler è ospite personale di Sua Signoria, ha servito questo Paese in India e noi lo tratteremo con il rispetto che merita.” Disse mentre uno dei campanelli suonava.
È lady Ophelia che si ritira per la notte. Tocca a te Daisy.” Ordinò Mis Price “E non fare affermazioni inopportune.”
l'ammonì con il dito alzato.
Si, Mis Price” la cameriera prese libretto e lo rimise nella tasca del grembiule, per poi salire le scale in silenzio. Daisy era la capo cameriera, per cui spettava a lei aiutare Ophelia a vestirsi e pettinarsi. Si distingueva dalle altre ragazze per la forma del grembiule, che aveva le spalline più ampie ed era più lungo rispetto agli altri.
La cameriera entrò nella camera di Ophelia trovando la ragazza seduta davanti allo specchio intenta a togliere le prime forcine dell’acconciatura che aveva indossato per la cena. “Lasciate che lo faccia io, milady.” Si affrettò a dire avvicinandosi.
Vestire e svestire Ophelia era, in realtà, più facile di quanto potesse sembrare ad occhi esterni perché avevano creato un linguaggio assolutamente personale, fatto di sguardi e piccoli gesti che rendeva il taccuino quasi superfluo. Daisy faceva piccole domande sulla cena o su come aveva passato la notte e Ophelia di solito le faceva un leggero sorriso ed un cenno di assenso per dirle che era andato tutto bene; poi puntava l’indice verso la domestica per chiedere come stesse e lei rispondeva raccontandole alcune delle chiacchiere che si facevano al piano di sotto: che Mr Coyle aveva rimproverato l’ultimo cameriere assunto perché non gli aveva consegnato i giornali dopo averli stirati o che la cuoca stava sperimentando una nuova ricetta per la bavarese al cioccolato sul resto della servitù.
Ne avete parlato?
Sorprendendo Daisy, Ophelia si era messa a scrivere mentre le raccoglieva tutti i capelli in una treccia bassa e morbida per la notte. “Di chi milady?
Mr Destler
Un po’. Mr Coyle ha detto che dobbiamo essere onorati di ospitare qualcuno che ha servito nell’esercito ed ha rischiato la vita in India. Mery, la sguattera, era arrabbiatissima perché non lo ha potuto vedere.
Ophelia guardò l’altra attraverso lo specchio, sicura che nelle cucine avessero detto anche molto altro, ma non insisté perché Daisy non le avrebbe certo riferito i commenti che erano stati fatti sull’aspetto di Mr Destler. Si lasciò togliere i vestiti e slacciare il busto senza fare altre domande. Quando tutti i suoi indumenti furono sostituiti dalla camicia da notte si accorse del libricino che spuntava dal grembiule della cameriera, con la mano le fece cenno di mostraglielo ma l’altra scosse la testa.
Milady non credo che vi piacerebbe. È solo un romanzetto dell’orrore. Uno di quelli che escono a puntate.” Disse vaga coprendo la copertina con le mani.
Ophelia aprì la bocca nell’ennesimo, vano, tentativo di parlare ma emise solo una specie di singhiozzo strozzato. Lascia che decida io cosa mi può piacere o meno. Scrisse sul solito quaderno.
Daisy abbassò gli occhi e prese il libro. Appena Ophelia lo vide rimase a bocca aperta: sulla copertina era raffigurato un uomo in abito da sera che rapiva una ragazza da un palcoscenico. Sul suo volto una maschera simile a quella del suo precettore. Il titolo, scritto in rosso, simulava piccole gocce di sangue che scendevano da ogni lettera.
Avete parlato di questo di sotto?Scrisse con mano frenetica.
Solo perché l’ultimo volume è uscito oggi!” si giustificò la cameriera che non aveva mai visto tanto arrabbiata l'altra.
Ophelia chiuse il taccuino di scatto mandando via Daisy con un gesto perentorio che ricordava molto Lord Weston.
 
 
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Lord Weston posò il bicchiere di brandy sul tavolo accanto alla scacchiera osservando la disposizione dei pezzi con estrema attenzione “Cavallo in H 5 … mossa poco convenzionale la vostra.” Disse assorto.
Mi adeguo al mio avversario.” Sorrise Erik.
Volete solo intimidirmi.” Rispose il nobile con sicurezza.
Vorrei vincervi.” Affermò con sicurezza il francese.
Potete provarci. Ma sappiate che si contano sulle dita di una mano coloro che ci sono riusciti." Lo avvisò il nobile "Alfiere in G 5.”
Mi deludete, Duca: la vostra è una mossa banale.  Alfiere in F 6.
Ma vi ho portato, ancora una volta, dove volevo. Adesso il mio pedone può mangiare il vostro alfiere.”
Ve lo lascio volentieri. Ciò che voglio è la vostra regina.
Lo sospettavo.” Commentò sull’ennesimo sorso di liquore “Devo dedurre che abbiate un debole per le mie donne. Pedone in F 5.”
Temo che questa volta vi stiate sbagliando.” rispose Erik sostituendo il pedone avversario con uno dei propri.
Dite? Allora mi dovreste spiegare perché avete accettato di rimanere. Questa mattina eravate convinto che sareste andato via dopo il tè ed invece siete qui. Nonostante io non vi piaccia. Perché? L’alfiere mangia il pedone in F 5.”
Voi non vedete oltre il vostro naso, Lord Weston. Avete costruito un castello splendido, lo avete arredato con mobili pregiati ed esibite con orgoglio un Van Djck in sala da pranzo. Avete speso tempo e soldi per costruire questa casa, perché nessuno capisse cos’è.” disse Erik guardando dritto negli occhi il suo avversario “Torre in E 8, scacco al re.”
E per voi cosa sarebbe? Re in D 1.” Il Duca sorrideva sotto la barba: avversari acuti e abili come quello che aveva davanti erano merce troppo rara.
Una gabbia dorata. Alfiere in B 1.
E chi avrei dovuto ingannare? Torre mangia alfiere.”
Ophelia. Scommetto che la tenete all’oscuro di ogni cosa che succede fuori da queste mura. Regina in F 6.”
Critica strana mossa da voi. Pedone mangia cavallo in H 5.”
Ma corretta. Torre in F 3, scacco a re e torre.
Re in G2.” Weston mise il re al sicuro aspettando che Erik commettesse un passo falso. Prima o poi lo facevano tutti i suoi avversari, il segreto per continuare a vincere era saperlo vedere.
Avete cercato di proteggere vostra nipote e le avete costruito una casa talmente bella da cui non volesse uscire. Ma così facendo non siete molto diverso da coloro che la vorrebbero in manicomio. Regina in H 1 mangia la torre.”
Teoria interessante che mi fa sorgere una domanda: credevate davvero di legare a voi la viscontessa de Chagny rapendola? Segregandola nei vostri domini? Regina in F 2, scacco alla regina.”
Erik osservò la scacchiera: la sua regina era immobilizzata ed appena Weston avrebbe spostato l’alfiere sarebbe stata mangiata dalla torre. Fare scacco matto in meno di due mosse non era possibile. “Non ha importanza. Ciò che speravo non si sarebbe mai potuto realizzare. L’unica scelta che avevo era lasciare il campo.” Ammise sfiorando la regina “Come adesso. La partita è vostra, Duca.” Disse alzandosi per raggiungere la porta.
Vi augurerei buona notte ma ho saputo che non dormite mai.”
E voi, dormite?
La notte è il tempo in cui tutti noi incontriamo i nostri demoni.” Rispose il nobile terminando il brandy.
 
 
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Rannicchiata nella propria vestaglia, seduta sul divanetto ai piedi del letto Ophelia sfogliava l’ultimo numero de Il Fantasma Sanguinario. Le braci del camino si stavano spegnendo ed ormai tutti dovevano essere andati a dormire. Accanto a lei, posata sul bracciolo, la lampada a olio illuminava le pagine mentre il letto in ciliegio intagliato, le tappezzerie con minuscoli di boccioli rosa ed ogni altra cosa era avvolta da una malinconica penombra.
Il racconto narrava di un uomo deforme che si era innamorato del giovane soprano dell’Opéera Garnier; arrivando perfino a rapirla, incantandola con la sua musica portandola nei sotterranei del teatro pur di averla sempre con sé. Alla fine la ragazza veniva liberata dal suo innamorato e i due fuggivano mentre il mostro veniva ucciso dalla folla inferocita. Un racconto pieno di sangue come molti altri, se non fosse stato per la prefazione in base alla quale raccontava la misteriosa storia del Fantasma dell’Opéra che era diventato il criminale più ricercato di Francia.
Ophelia non poteva negare che quell’uomo assomigliasse molto a Mr Destler. Forse anche troppo. Ma non poteva credere che suo nonno avesse portato in casa un uomo capace delle atrocità che aveva appena letto! Tantomeno che lo avrebbe accolto in casa come un vecchio amico permettendogli di dormire al piano nobile, di mangiare con loro o di bere brandy assieme dopo cena. Mr Destler non poteva essere il Fantasma dell’Ophéra! La prima persona che l’aveva giudicata solo per ciò che era e per cosa sapeva fare (non per chi era e per cosa non riusciva a fare) non poteva essere un assassino tanto spietato. Il Fantasma Sanguinario, o dell’Opéra, era un uomo senza cuore, spietato che uccideva chiunque lo intralciasse senza il minimo rimorso, mentre Mr Destler era riuscito a capirla più di chiunque. Più di Mr Coyle, di Daisy e più di suo nonno.
Tutti i precettori ed i vari medici che si erano susseguiti a Grainstar l’avevano trattata solo con condiscendenza ma erano sempre convinti che ogni loro sforzo sarebbe stato inutile, che per lei non ci fosse speranza, e se ne andavano dopo poche settimane. Mr Destler si era dimostrato diverso fin da quando era sceso dalla carrozza, anche se non sapeva dire in che modo. L’aveva scrutata, protetto da una maschera impenetrabile, vedendo più di tutti.  Qualsiasi cosa avesse fatto Mr Destler in passato lui e l’uomo del libro non erano la stessa persona!
Ophelia chiuse di scatto il libro prima di sistemarsi il collo della vestaglia per scacciare i brividi. Doveva decidere cosa farne. Una parte di lei lo voleva bruciare nel camino, ma giunta davanti alle braci scoprì che le sue dita non riuscivano a lasciarlo cadere. Alla fine decise di metterlo nel suo segreter: girò la chiave, aprì la ribaltina e nascose il libro in uno dei tanti cassetti vuoti. Poi richiuse tutto sapendo che nessuno avrebbe mai pensato che in quel mobile ci fosse qualcosa. D’altronde nessuno le scriveva mai.
A Daisy avrebbe detto di averlo bruciato. Le dispiaceva raccontarle una bugia ma se Coyle o suo nonno avessero letto quel libro avrebbero anche potuto licenziarla.
Ophelia si guardò attorno cercando la brocca con l’acqua che la sua cameriera le portava tutte le sere senza trovarla. L’aveva mandata via e non era risalita l’acqua come faceva sempre. Con cautela, senza far rumore, aprì la porta della camera da letto per scendere nelle cucine. Camminava in punta di piedi per i corridoi, tenendo sollevata la camicia da notte con la mano destra mentre con l’altra reggeva la lampada ad olio. Scese la grande scala rimanendo incantata vedendo la luna illuminare il giardino dietro l’alta finestra piombata: i raggi bianchi si sfumavano nelle chiome degli alberi secolari o sull’erba creando un paesaggio talmente bello da sembrare dipinto.
Non dovreste girovagare in piena notte.” Sentì alle sue spalle. La ragazza si voltò verso il suo precettore che la osservava da pochi scalini di distanza. Come aveva fatto a non sentirlo? E come faceva a camminare per il castello di notte senza nemmeno una candela?
Cosa state facendo?” le domandò con voce autoritaria.
Ophelia cercò qualcosa su cui scrivere per rispondere ma il suo quaderno era rimasto in camera.
Ah già!” sospirò Erik “Usate il mio palmo.” Disse porgendole la mano.
L’inglese lo guardò titubante. Se ne era davvero dimenticato?
Scrivete una lettera alla volta con un dito, vi assicuro che capirò perfettamente.”
Cercavo dell’acqua nelle cucine
Non ve l’ha portata la vostra cameriera? Non importa. Dove sono le cucine?
Al piano di sotto
Vi accompagnerò.” E se fosse servito l’avrebbe anche ricondotta fino alla sua camera, purché ci rimanesse. Non aveva mai amato chi interrompeva le sue passeggiate notturne. Anche se non gli facevano pensare a Christine.
Non serve. Conosco la strada e voi sarete stanco dopo il viaggio
Io non dormo mai, voi invece ne avete bisogno.” Rispose voltandosi ed iniziando a scendere le scale. Ophelia lo seguì chiedendosi come facesse a vedere tanto bene al buio appena si allontanarono dalle finestre. Scese le ultime due rampe di scale Erik si fece indicare la cucina, una grande sala con decine di pentole in rame appese alle pareti che riflettevano blandamente i raggi lunari. Una parete era occupata dai forni e dalle stufe che li alimentavano; di fianco, sotto alla grande finestra, l’ampio lavandino in marmo rosso. Al centro della stanza c’era il lunghissimo tavolo da lavoro delle cuoche, un unico pezzo di legno bel levigato. Le pentole ed i vari utensili erano riposti con grande ordine sulle mensole o dentro i mobili.
Dove dormono i servitori?” chiese Erik guardandosi attorno.
Nell’ala ovest. Le cameriere sono separate dai camerieri da una porta chiusa a chiave da Mis Price
Rimanete qui. Vado a prendervi un bicchiere nel refettorio.” Disse Erik dopo aver aperto qualche stipetto. Ophelia annuì ed appoggiò la lampada a olio sul tavolo. Appena l’uomo tornò aprì il rubinetto e riempì una brocca d’acqua, la mise su un vassoio accanto al bicchiere e posò tutto di fronte alla ragazza.
Ophelia riempì il bicchiere stando attenta a non bagnare il tavolo e poi osservò nuovamente il precettore tra un sorso e l'altro.
Cosa volete chiedermi?” disse l’altro intuendo che la ragazza avesse talmente tante domande nella testa da non sapere nemmeno lei cosa chiedergli prima. Se avesse parlato sarebbe stata come un fiume in piena. Probabilmente nemmeno MegGiry avrebbe mai trovato tante cose da dire nello stesso momento.
Davvero non dormite mai?  Gli scrisse sulla mano.
Davvero.” Rispose stupendosi che la prima domanda non riguardasse il suo viso. Forse la menzogna di Weston aveva funzionato meglio di quanto potesse immaginare.
E non siete mai stanco?
I fantasmi non hanno sonno e non sentono la stanchezza ma questo non glielo poteva certo dire. “Molto raramente.”
Cosa fate di notte?
Di solito compongo.”
Ophelia annuì e dopo pochi istanti scrisse nuovamente sul palmo del precettore Perché avete accettato di essere il mio insegnante?
Perché capisco cosa vuol dire sentire la Musica nel modo in cui la sentite voi. Esserne trascinati al punto di perdersi in essa; fino a essere solo una parte della Musica, un suo strumento.”
Quindi non v’importa che io non parli?
Che voi adesso non ne siate in grado? No. So che presto ci riuscirete.”
Come?
Avete ancora molto da imparare su cosa la Musica sia capace di fare. Domani vedrete.” Sarebbe stata la sua musica a farle uscire la voce dal petto, era solo questione di tempo.
Nessuno dei miei insegnanti ha mai avuto la vostra sicurezza
Vi hanno sentita suonare?
Ophelia annuì senza scrivere altro.
Allora erano sordi.”

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Capitolo 4
*** La musique d’anges ***




 
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Lord Weston appoggiò il giornale del mattino sul tavolo da pranzo senza nemmeno ripiegarlo. “Ciò che mi chiedete è impossibile.” Alle sue spalle Mr Coyle e l’altro cameriere facevano fatica a trattenere lo sdegno che provavano: anche se Mr Destler aveva combattuto in India con il Duca e questi riponeva grande fiducia in lui, lasciarlo solo con Ophelia era semplicemente inaccettabile!
Erik sorrise sorseggiando il caffè: un altro uomo avrebbe detto sconveniente o avrebbe usato un’altra parola simile. “Non avete scelta, se volete che vostra nipote parli di nuovo dovrete fidarvi di me.”
Mio il castello e mie le regole, Mr Destler!” Senza che potesse impedirlo le parole furono accompagnate da un violento pugno sul tavolo che fece tintinnare le porcellane.
Castello che posso lasciare quando voglio, se ricordo bene i termini del nostro accoro. E per Ophelia e il vostro casato non ci sarà più speranza.” Rispose l’atro freddamente. “Lei parlerà; io ci riuscirò questo lo garantisco, ma posso farlo solo a modo mio.”
Siete uno scorpione, pronto a attaccare la mano che lo nutre solo perché vittima della sua natura.” Sibilò minaccioso come un serpente “Giurate che non la toccherete!”
Avete la mia parola, Duca. Sarò anche uno scorpione ma sono un gentiluomo: Ophelia sarà illesa al vostro ritorno.”
Weston si costrinse a rilassare la propria postura respirando profondamente più e più volte. “Mr Coyle esiste un modo per acconsentire al desiderio del mio amico?” domandò ritrovando il proprio contegno.
Il maggiordomo venne avanti di un passo “Non per questa mattina, Vostra Grazia. Forse nel primo pomeriggio.”
Allora concedo a tutti i domestici mezza giornata di libertà, tornerete alle cinque e la cena sarà servita alla solita ora. Io ne approfitterò per andare dai fittavoli e sistemare alcuni affari in paese. Avvisate Mr Collier che mi accompagnerà.”
Certamente Vostra Grazia.” Disse l’altro facendo un inchino prima di tornare al proprio posto.
Immagino vi rendiate conto che ho appena messo Ophelia in una situazione molto compromettente.”
Ne sono perfettamente consapevole, ma solo lei deve sentire ciò che suonerò. Se nella casa ci fosse anche solo la sguattera non potrebbe funzionare. Credetemi, so molto bene di cosa parlo.” E la schiena di tutti i presenti fu percorsa da un brivido spiegabile solo dal tono misterioso di quelle parole.
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 “Il resto della servitù è appena uscito.” Disse Collier entrando nella sala da musica.
È davvero necessario?” domandò Lord Weston a Erik.
Non restereste. Mi implorereste di smettere, potreste perfino decidere di uccidervi per non sentirmi più suonare.” rispose Erik serafico. Ciò che stava per fare non piaceva nemmeno a lui, ma Ophelia doveva iniziare a capire la differenza tra la Musica ed un’accozzaglia non dissonante di note.
Lo avete già fatto dunque.” Quella del Duca non era una domanda, solo una riflessione pronunciata a voce alta.
In Persia, per divertire lo Shah.”
Soffrirà?” Poche volte era stato preoccupato come in quel momento. Nemmeno sui campi di battaglia quando a rischio c'era la propria vita. Almeno in India sapeva esattamente di cosa aveva paura.
Solo il necessario. Se potessi non lo farei ma Ophelia deve sentire di avere ancora una voce, altrimenti ogni sforzo futuro sarà del tutto inutile.” E purtroppo quello era l’unico modo che gli era venuto in mente.
In quel momento un orologio suonò le tre ed Ophelia entrò nella stanza per la prima lezione di musica.
Fatele più male del necessario e entro questa sera vi staccherò la testa e l’appenderò tra i miei trofei di caccia.” Bisbigliò minaccioso Weston al Fantasma prima di andare dalla nipote “Vieni Ophelia, siediti.” Le disse incoraggiante. La ragazza si guardò intorno, indugiando sul precettore e poi si sedette compostamente sul divano. “Adesso io ti benderò ed uscirò dalla stanza con Mr Collier. Mr Destler inizierà a suonare il pianoforte e tu dovrai solo ascoltare.”  Disse stringendole mani tra le sue. “Ricorda sempre che non corri nessun pericolo.” Continuò baciandole la fronte.
Ophelia si voltò verso il suo precettore già seduto impassibile al pianoforte, stava immobile con le mani appoggiate elegantemente sulle gambe. Gli occhi brillanti come topazi gialli fissi sulla sua figura, magnetici come quelli dei gatti nel buio. Duri come il granito ma allo stesso tempo ricchi di qualcosa che non sapeva definire. Cosa vedevano di così interessante in lei? C’erano stati molti precettori prima di lui, molti metodi differenti e molte prime volte ma nessuno le aveva mai rivolto uno sguardo simile. A nessuno era mai stata accordata la possibilità di rimanere solo con lei nel castello. Cos’aveva in mente e perché ciò che avrebbe suonato non poteva essere ascoltato da nessun’altro oltre lei? La ragazza prese il quaderno dalla tasca dell’abito color lavanda ma Erik la interruppe prima che potesse aprirlo.
Il quaderno non vi servirà. Datelo pure a Lord Weston.” Il Duca guardò prima la nipote e poi il precettore assottigliando gli occhi, come se avesse potuto puntargli un fioretto alla gola. “A me non serve quello per comprendere vostra nipote. Portatelo con voi.”
Lord Edward si morse la lingua con un canino pur di mantenere un’espressione composta “Se ne siete sicuro.” sorrise gentile perché Ophelia non percepisse la velata sfida sottintesa. La nipote gli porse il quaderno che l’uomo mise in una tasca interna della giacca mentre Mr Collier si avvicinava con un cravatta di seta nera in mano. “Andrà tutto bene.” disse il Duca baciando la ragazza sulla fronte prima di bendarla. Privata della vista Ophelia si irrigidì aggrappandosi alla manica del nonno. “Non avere paura, Ophelia. Non ti accadrà nulla.” La rassicurò ancora, giurando a sé stesso che se fosse stato altrimenti avrebbe ucciso personalmente il Fantasma dell’Opéra.
Erik iniziò a suonare prima che il Duca e il suo valletto uscissero dalla stanza perché Ophelia non sentisse la porta chiudersi. All’inizio fu un valzer, una cascata di note talmente armoniose nella loro successione che presto le avrebbero fatto dimenticare dov’era e con chi era, ma appena si fosse abbandonata completamente alla sua Musica ne avrebbe tastato il potere. Tutto il resto che poteva fare era sperare che bastasse.
Ophelia non ricordava da quanto tempo fosse su quel divano. Subito dopo aver sentito la mano di suo nonno lasciarla era stata circondata da allegre note che sembravano volteggiare leggiadre attorno a lei. Aveva scavato nella memoria, cercando di capire quale compositore poteva aver creato una musica talmente bella da sembrare viva. Ma nessuno, né l’amato Beethoven né altri erano in qualche modo simili a quell’armonia. Senza che se ne rendesse conto la musica cambio, diventando sempre più cupa e spaventosa. Mr Destler stava suonando solo poche note, ma il ritmo, la cadenza, l’intonazione o qualcos’altro l’avviluppavano come avrebbe fatto un serpente esotico rendendo il suo respiro sempre più corto e difficile. O forse era il busto che si stava restringendo vittima di uno strano incantesimo fatto di suoni?
Si aggrappò ai braccioli della poltrona con tutta la forza di cui era capace perché, dopo tutto, l’unica cosa che doveva fare era rimanere seduta e ascoltare. Ma più ci provava e più la musica diventava terribile, come se le leggesse l’anima e trovasse ogni sua paura per darle forma. Paure che non sapeva nemmeno di avere ma che adesso danzavano reali nelle sue orecchie, ridendo beffarde. Sentì le mani lasciare la stoffa pesante dell’imbottitura e volare fino alla seta del colletto quando anche aprire la bocca per respirare era diventato difficile. Perché doveva rimanere seduta sopportando quella tortura? Cosa doveva succedere perché Mr Destler si fermasse? Provò a parlare, a implorare il suo precettore di smettere, ma, per quanto quella musica la stesse sconvolgendo, non era capace di ridarle la voce. Riusciva solo a riportarla in posti dove non voleva essere e a farle rivivere momenti che avrebbe preferito dimenticare. Una strada di Londra affollata. Una carro che si rompe ribaltandosi. E un urlo.
Incapace di fermare la musica o di allentare il suo potere, Ophelia si scoprì a camminare ancora bendata verso qualunque luogo che non fosse quella stanza e nemmeno si era resa conto che Erik aveva smesso di suonare quando si sentì afferrare per un polso.
Volete davvero scontrarvi con il camino pur di farmi smettere?” fu la voce autoritaria di Mr Drstler a riportarla a Granstar House. Lentamente, quasi avesse paura di farle male, Erik scoprì gli occhi di Ophelia dalla benda bagnata di lacrime e sudore. La nobile provò a svincolarsi dalla presa ferrea dell’insegnante ma questi aumentò la forza imprigionando l’allieva con il suo corpo e imbrigliandole i polsi nelle mani, bene attento che fosse rivolta verso il pavimento e non stesse troppo vicino alla maschera. Se per sbaglio Ophelia avesse visto il suo viso in quel momento probabilmente sarebbe diventata realmente pazza. “Non vi lascerò andare fino a quando non vi sarete calmata.”
Ophelia provò a liberarsi ancora e ancora. Il vestito si sgualciva e ciocche di capelli scivolavano via dall’acconciatura per ricadere su lei e Erik, ma, per quanto ci provasse, l’uomo era molto più forte di lei. Il cuore tambureggiava in petto, rimbombando nella testa, e ogni fibra del suo corpo voleva fuggire, liberarsi da quella prigionia e dalla musica che ancora echeggiava nelle orecchie. Com’era possibile che un semplice melodia di pianoforte potesse scuoterla a tal punto?
Prima cesserete di agitarvi e prima vi lascerò!” Tuonò l’insegnante.
Incapace di opporsi, Ophelia smise di cercare di scappare finendo per accasciarsi a terra, portando Erik con lei. Solo quando l’uomo sentì che i respiri non erano più concitati si affrettò a lasciarla, alzandosi in piedi, mentre lei rimaneva immobile, inginocchiata con i polsi incrociati che sprofondavano nella gonna lilla ricolma d’aria.
Ve ne siete accorta?
La nobile non si mosse, sentendo la voce del suo insegnante quasi in lontananza. Di cosa si doveva accorgere? Di aver ascoltato qualcosa che non avrebbe saputo descrivere nemmeno se fosse stata in grado di parlare?
Immagino di no.” Sospirò l’altro. “Allora dovrò chiedervi di fidarvi della mia parola. Anche se probabilmente è l’ultima cosa che volete fare in questo momento. Avete talmente paura che avete urlato.” Ed era stato un urlo che avrebbe reso fiero qualunque fantasma, a voler essere sinceri. “So di avervi causato molta sofferenza ma non c'era altro modo per farvi capire cosa la Musica è capace di fare, il modo in cui rivela l'animo di chiunque l'ascolti. Avete la mia parola che non vi farò mai più nulla di simile e che non vi toccherò più, per quanto ciò mi sarà possibile.
Incredula Ophelia si voltò verso il suo precettore cercando qualche conferma o qualche emozione dietro la sua maschera bianca. Ma la voce di Mr Destler era sempre troppo austera e la metà del viso scoperta non lasciava trapelare nulla. Era la prima persona che riusciva a farle dire anche solo una lettera eppure sembrava assolutamente indifferente. Nemmeno una parola più del necessario, come se avesse sempre parlato.
Tornate in camera vostra. Domani ricominceremo: io suonerò per voi, e se sarà necessario canterò, ma non sarà come oggi. Un giorno intonerete una nota, uscirà dalla vostra bocca spontaneamente e allora vi insegnerò a cantare. Adesso andate in camera vostra e riposate, suonerò qualcosa capace di calmarvi.” Disse porgendo una mano per aiutare l’allieva ad alzarsi.
Ophelia afferrò la gonna ancora tremante e spostò un ginocchio per mettere un piede a terra su cui appoggiare il peso, poi mise la mano in quella del maestro e si alzò completamente.
Come?  Scrisse sulla mano del precettore.
Come cosa, Milady?
Come potete fare questo suonando?
Non lo so. Ho sentito la Musica fin da bambino, proprio come voi mi sentite parlare adesso, e ho imparato che poteva essere celestiale quanto il canto degli angeli o tremenda come la risata del Diavolo.
Allora è un dono di Dio
O una maledizione del Demonio. Adesso riposate, prometto che non mi sentirete mai più sonare qualcosa tanto terrificante.”
La ragazza recuperò presto il portamento austero che strideva con gli occhi ancora smarriti. Sembrava muoversi per abitudine, mentre la sua mente vagava altrove. Lentamente, come se seguisse un cocchio funebre, uscì dalla stanza dirigendosi verso la sua camera accompagnata da una musica talmente sublime che poteva provenire solo dal Paradiso.
Le note riempivano ogni anfratto d’aria e spazio che trovavano, mutandone l’essenza; quasi che i mobili, gli arazzi e la stessa pietra si beassero di quel suono sublime. Ophelia salì e scale rendendosi conto di vederle a malapena. Con un mano teneva sollevata la gonna mentre l’altra si reggeva saldamente al corrimano solo per il bisogno di toccare qualcosa di concreto, lo sguardo rivolto ai gradini per essere sicura che non si dissolvessero come le note che si susseguivano leggere e pacate nelle sue orecchie.
Raggiunse camera sua quasi fluttuando, pensò di chiudere la porta alle sue spalle ma quella musica era troppo bella perché potesse essere fermata da un’asse di legno. La faceva sentire quasi una privilegia: chi oltre agli angeli intenti a contemplare Dio poteva ascoltare una meraviglia simile?
 
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Perché lo avete fatto?” la diligenza di Lord Weston stava percorrendo la via che da Estwood conduceva a Grainstar House.
Sir Edwrd tracciò il bordo della busta bianca appoggiata accanto a lui con l punta dell’indice. Il timbro dell’ufficio postale che aveva ricevuto il plico era ancora fresco e odorava perfino di inchiostro. “Perché lo trasformo da mostro a essere umano? O perché l’ho lasciato solo con Ophelia.”
Entrambe, Vostra Grazia.” rispose il valletto davanti a lui.
Perché se rimarrà dovrà avere un passato più sostanzioso delle mie parole. Un certificato di nascita, l’iscrizione all’accademia militare e quant’altro. Adesso Monsieur le Fantom è un uomo in carne e ossa, anche se non serve che lo sappia.”
Pensate che possa prendere i documenti e scappare?
Non scapperà. Poteva andarsene ieri, perché dovrebbe rischiare che lo denunci? No. Resterà, e qualsiasi trucco il Diavolo gli abbia insegnato lo userà per mantenere la sua parola. Altrimenti credi che lo avrei lasciato completamente solo con lei?
Ma la servitù parlerà. Nemmeno a Schweizer …
L’esimio Schweizer è un pallone rigonfio delle proprie parole.” Weston interruppe il valletto solo per evitare di pensare ancora all’illustrissimo scienziato svizzero che, nonostante tutte le sue altisonanti credenziali e le ripetute rassicurazioni era stato ben felice di lasciare Granstar dopo appena una settimana, dicendo che Ophelia aveva solo bisogno di idroterapia.  “Destler è di tutt’altra foggia. Può non aver combattuto in India ma ha la stessa tempra di un uomo d’armi.”
E per la servitù? l vostra conversazione di questa mattina li ha lasciati alquanto perplessi. Non tutti appellano scorpione un vecchio amico.”
Il nobile sorrise. Li avrebbe voluti sentire. Le sguattere e le cameriere fare mille supposizioni, Thomas che aveva assistito alla scena avrebbe sicuramente raccontato ogni cosa, mentre il povero Coyle si sarebbe sperticato per cercare di sminuire l’accaduto. “Qualcuno sospetta qualcosa?
Daisy, la capocameriera, ha tirato fuori dal grembiule uno di quei romanzetti dell’orrore a puntate, quei libricini ricolmi di atrocità e sangue che si possono comprare per un penny. S’intitolava Il Fantasma Sanguinario. Ma Mr Coyle e Mis Price l’hanno fatta sentire talmente sciocca che dubito ripeserà all’argomento.” Raccontò Collier.
Dovrò ricordarmi di aumentare la sua gratifica allora.”
Rimasero entrambi in silenzio per molto tempo. La strada scivolava sotto e ruote e in lontananza si iniziava a intravedere il castello. “Perché è rimasto?” chiese a un certo punto il valletto.
Perché ha visto qualcosa, Collier. Qualcosa che va oltre al talento e davanti al quale perfino Grainstar impallidisce. Ma ama troppo il mistero, o ci ritiene troppo ciechi per condividere la sua visione.” Dal finestrino della vettura comparve la schiera di servitori imbambolata davanti al portone d’ingresso principale, quasi fossero in estasi davanti ad un magnifico invisibile. Prima che potesse essere visto da qualcuno Weston passò la busta al valletto ordinandogli di metterla dove nessuno avrebbe potuto trovarla. Appena aprì lo sportello anche loro rimasero folgorati dalla musica che filtrava dall’interno.
Non è Lady Ophelia!” La voce di Collier era poco più di un sussurro meravigliato.
Ricordi come la chiamava madame de Chagny? La musique d’anges.” Rispose il nobile senza perdere i suoi modi decisi. Anche se era difficile resistere a una tale meraviglia. Semplicemente non c’erano parole per definirla: la gloria del Paradiso era scesa a Grainstar House. I domestici si scossero a fatica, l’uno dopo l’altro, appena lo videro. Coyle gli si avvicinò per scusarsi di quanto tutto ciò fosse inappropriato ma Weston gli rispose che era comprensibile rimanere tanto impressionati dall’abilità di Mr Destler e disse che tutti sarebbero potuti entrare con lui, senza dover fare il giro della casa, se desideravano ascoltarne ancora qualche istante. I servitori lo ringraziarono e lo seguirono oltre il portone, rimanendo fermi nella sala con il grande camino bianco fino a quando Coyle non ricordò loro che preparare e servire una cena impeccabile sarebbe stato il modo migliore per ringraziare il Duca della gentilezza che gli aveva appena concesso. In quel momento si dileguarono tutti, dai valletti alla sguattera, scambiandosi mormori di incredula ammirazione.
Weston entrò nella sala da musica sforzandosi di non sentire ciò che Erik creava. Ophelia era più importante di quella splendida melodia. “Lei dov’è?” Ma quando parlò scoprì che anche lui era vittima delle note che continuavano a diffondersi dal pianoforte, tanto che quasi stentò a riconoscere la sua stessa voce.
Nella sua camera, illesa come vi avevo promesso.” Rispose il Fantasma senza alzare gli occhi dalla tastiera.
Nonostante si sentisse come Ulisse che ascoltava le sirene, il nobile continuò a camminare verso il pianoforte fino a raggiungerlo. “Come sta?
Chiedetelo a lei. Dopotutto sono il precettore non il confessore.”
Ha funzionato?
Sono uno scorpione di parola.” Ghignò.
Il duca si allontanò ma ritornò presto sui suoi passi raggiungendo nuovamente il pianoforte “Dovreste suonare qualcosa di meno … vostro.”
Erik sollevò immediatamente le mani dalla tastiera, con le dita immobili già pronte per l’accordo successivo. “Credete forse di potermi dire cosa posso o non posso suonare Vostra Grazia?” Domandò con la forza del mare in tempesta.
Credo che chiunque in questa casa non possa fare altro che ascoltarvi se continuate e credo che qualcosa di tanto bello possa fare impazzire anche gli uomini migliori.”
Senza dire niente, l’atro ricominciò a suonare. Aveva dimenticato che nella casa vivano altre persone oltre a lui e Ophelia. Lo stesso Duca era scomparso dalla sua mente mentre suonava. La Musica lo aveva sempre assorbito fino al punto di fargli quasi perdere il ricordo di chi fosse o di dove si trovasse. Rifugiato nei sotterranei dell’Opéra poteva lasciare libera la Musica senza preoccuparsi di un pubblico che non esisteva. Ma, a Grainsar House, Lord Weston aveva ragione: tanta bellezza avrebbe potuto far perdere il senno anche al più saggio degli uomini.
Weston poté riconoscere le Variazioni Goldberg. Banali esercizi di tecnica, così li consideravano tutti, ma nel modo in cui li suonava il Fantasma dell’Opéra sembravano vivere e respirare accanto a lui, come il più grande dei capolavori. “Grazie nonseur.” Disse il Duca prima di lasciarlo solo.
Sir Edward salì le scale e raggiunse la camera della nipote. Era distesa sul letto, con i capelli spettinati e il vestito sgualcito, ma sembrava dormire un sonno pacifico. Appoggiò il cilindro e il bastone su una poltrona della stanza e si sedette sulla sponda del letto, cercando di fare il minor rumore possibile. Per un attimo rivide sua moglie Emma all’età di diciassette anni: avevano lo stesso viso, solo il colore dei capelli era diverso; Ophelia li aveva rossi come sua madre, mentre quelli di Emma erano castani. Sperando di non svegliarla, allungò una mano per regalarle una carezza ma Ophelia aprì ugualmente gli occhi. Il Duca l’aiutò a sistemarsi più comodamente tra i cuscini ricamati perché la crinolina non le facesse male. Cercò qualche traccia di quello che aveva fatto Erik, ma tutto nella nipote sembrava identico a prima.
Cos’è successo con Mr Destler? Cos’ha fatto?” Domandò pendendo il quaderno di Ophelia.
La ragazza lo prese in mano, aprì la prima pagina bianca e iniziò a scrivere a matita. Non provò nemmeno a parlare. Prima di addormentarsi aveva tentato a dire qualcosa, un semplice suono le sarebbe bastato, ma qualunque fosse stata la terribile magia di Mr Destler era terminata assieme alla musica.
Ha suonato una musica spaventosa.
Non so nemmeno come descriverla. Era tremenda e terribile. Più rimanevo ad ascoltarla e più diventava spaventosa.
Ho provato a resistere più a lungo che ho potuto ma alla fine volevo solo andarmene per non sentirla più.
Weston leggeva mano a mano che Ophelia scriveva. Non stentava a credere a una sola parola di quel racconto. Se Erik poteva suonare le splendide melodia che aveva ascoltato, allora ne poteva certamente creare di altrettanto spaventose. Sicuramente se fosse stato presente non gli avrebbe permesso di fare nulla di simile. Lasciare Granstar era davvero l’unico modo per permettere a Ophelia di parlare, solo adesso lo capiva fino in fondo.
Poi Mr Destler mi ha afferrata per un polso dicendo che avrei sbattuto contro il camino se non lo avesse fatto.
Ha anche detto che ho urlato, ma io non ricordo.
Mentre suonava era tutto così confuso che non riesco a ricordare.
Poi mi ha detto di venire qui e riposarmi.
Ma stai bene? Non ti ha fatto del male?” Solo dopo che ebbe visto la nipote scuotere la testa con un sorriso poté tirare un sospiro di sollievo e sorridere. Un urlo! Molto più di quanto chiunque avesse mai ottenuto! Un urlo di terrore, un suono inarticolato probabilmente, ma un suono uscito dalla bocca di Ophelia.
Non importa se non lo ricordi. Sappi che Mr Dester non è solito mentire, anche a costo di essere una persona estremamente sgarbata.” Le disse dolcemente. “E se dice che parlerai, sii certa che ci riuscirai. Fidati di lui, per quanto strano possa sembrarti.” La nipote lo guardò smarrita e Weston continuò a parlare “Credi che vi avrei lasciati soli se non mi fidassi di lui? Ohelia tu vali più di questa terra e dei miei titoli, sei tu che dai valore a loro non il contrario. Non avrei gli avrei mai permesso di rimanere solo con te se non avesse tutta la mia fiducia. So che Mr Destler può fare paura e che non è un uomo facile, ma ti assicuro che è un ottimo insegnante. È capace di grandi cose. Fidati di lui, non importa cosa possa accadere da adesso in poi o cosa sia successo prima di questo momento. Puoi farlo per me?
Titubante la ragazza annuì. Sicuramente Erik Destler era un uomo completamente diverso da tutti quelli che aveva conosciuto in passato, ma suo nonno riservava la sua ammirazione solo a poche persone e anche se non conosceva Mr Destler da molto conosceva suo nonno e questo le bastava.
Brava.” Disse baciando la fronte della nipote “Puoi rimanere a riposare fino a quando Coyle suonerà il gong della cena. Dirò alla servitù di non disturbarti prima.” Dopo un’altra carezza sulla guancia Weston si alzò e uscì, riprendendo il cilindro e il bastone da passeggio prima di chiudere la porta.
Ophelia presto avrebbe anche parlato, mai come in quel momento ne era stato tanto certo.
                 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE: credo che questo capitolo meriti una spiegazione e per evitare l'effetto spoiler aggiungo questa nota a fine capitolo.
Sono perfettamente consapevole che ciò che ha fatto Erik sia molto OOC, considerando che lui non tocca le persone e che nemmeno si lascia toccare, ma non c'era altro modo in quel momento per calmare Ophelia. L’abbraccio ha un forte potere terapeutico: una compressione forte e costante, dopo una fase di iniziale rifiuto, libera endorfine, rilassa i muscoli rallentando l’attività cardiaca e può aiutare per superare attacchi di panico. In medicina esistono veri e propri protocolli di terapia dell’abbraccio, che prevedono l’uso di macchine abbraccianti. La terapia dell’abbraccio si rivela molto utile, ad esempio, per alcune forme d’autismo. E con questo piccolo momento di divulgazione scientifica ti saluto, sperando che il capitolo ti sia piaciuto e che mi lascerai un commento.

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Capitolo 5
*** Passato e Presente ***




 
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Nota dell’autrice: nuovo capitolo, nuove nota dell’autrice. La prima di natura musicale. Il “consiglio” di Erik riguardo al modo di suonare Beethoven non è farina del mio sacco. Viene da una masterclass di Baremboin che è possibile rintracciare su Youtube. Almeno una volta era così. Ammetto che l’unico pianista che ricordo di quell’evento era Lang Lang, anche se fu quello che mi piacque di meno dei tre. Ad ogni modo, al Maestro fu chiesto com’è possibile suonare un crescendo o un diminuendo in un'unica nota. Per risposta citò un consiglio di Horowitz secondo il quale bisogna avere la volontà di fare quel crescendo, non essendo sufficiente sapere che quello è un crescendo e come fare un crescendo. Facendo una traduzione quanto più fedele possibile della frase di Baremboin il concetto può essere espresso in questi termini: se il pianista ha la volontà di esprimere tutto ciò che sente e possiede una sufficiente conoscenza del suono (inteso non solo come fenomeno fisico) allora può creare delle illusioni. Non sono d’accordo con tuto il pensiero di Baremboin riguardo alla musica (dal basso della mia ignoranza lo trovo un po’ troppo pessimista su certi aspetti), ma ammetto che fu un concetto che mi colpì molto. Non so se Erik direbbe la stessa cosa, però credo che lui e Baremboin abbiano una visione “religiosa” della musica molto simile, e non potevo non mettergli in bocca parole di qualcuno che non conoscesse e rispettasse profondamente la musica.
Ancora due piccole spiegazioni, poi giuro che ho finito. Prima di tutto sappiate che le discriminazioni tra uomini e donne esistevano anche all’interno della servitù: alle cameriere erano affidate le pulizie della casa, aiutavano le nobildonne a vestirsi e pettinarsi (per i maschi questa funzione era riservata ai valletti) ma non potevano aprire la porta di casa e servire a tavola. Questi erano compito dei camerieri e del maggiordomo. Se non c’erano abbastanza camerieri perché, ad esempio, malati si sarebbe chiesto a un valletto e solo se anche costui non poteva alle cameriere.
Ultima cosa, valida anche per i futuri capitoli: tutti i riferimenti alla Persa si basano sul Phantom di Susan Key che vi consiglio vivamente di leggere.
 
 


 
Parlatemi della Persia.” Esordì Lord Weston tra una boccata di pipa e l’atra.
Clima pessimo. Dubito vada d’accordo con la vostra etichetta di corte.” Rispose Erik con distaccato sarcasmo.
Parlatemi di Costantinopoli.”
Se avete in mente un viaggio in qualche luogo esotico vi consiglio di cambiare destinazione.”
Il nobile si era abituato ai modi evasivi del Fantasma, di solito li trovava perfino divertenti ma non quella sera. “Avete detto che ciò che avete fatto oggi a Ophelia lo facevate per lo Saha, parlatemene.”
In Persia c’erano solo assassinii e droghe. Se vi raccontassi la depravazione di quella corte rimpiangereste di averla voluta conoscere.”
Mettetemi alla prova. Ho visto il vostro viso senza battere ciglio, i corpi dei miei compagni di battagliano sventrati e appesi dai ribelli indiani come monito per coloro che erano rimasti in vita.”
Erik guardò il fuoco per quasi un minuto, anche se Weston non avrebbe battuto ciglio era lui a non voler ricordare quei giorni. “La preferita delle spose dello Saha amava tutto ciò che è orribile e mostruoso. Amava vedere le persone soffrire e poi morire. Ogni esecuzione doveva essere unica.” Iniziò a raccontare facendo roteare il brandy nel bicchiere che aveva in mano “Avevo i suoi favori grazie al mio aspetto e alle mie … particolari abilità. Quando la Signora, così veniva chiamata, scoprì che la mia voce mi permette di ottenere tutto mi assegnò un nuovo titolo: Angelo della Morte.”
Eravate un boia?
Io parlavo alle vittime, erano loro a decidere di togliersi la vita. Creavo nella loro testa illusioni terribili fino a farli impazzire. Lei adorava sentirli urlare. E devo confessare che ci fu un tempo in cui anch’io lo trovavo alquanto piacevole.”
La pazzia può essere contagiosa.” Commentò il nobile dopo aver lasciato che la pipa si spegnesse.
La pazzia è in ognuno di noi. Non è una malattia contagiosa ma un seme pronto a mettere radici se trova un terreno fertile.” Per tutta la vita aveva aspirato alla bellezza. Aveva disperatamente cercato di raggiungerla, per sprofondare al suolo come Icaro. Ma in Persia si era lasciato condurre negli abissi di follia più profondi della sua anima. Abissi che fino a quel momento ignorava di avere. Solo durante la notte del Don Giovanni aveva provato di nuovo simili istinti. Almeno con Christine era riuscito a fermarsi prima di commettere qualcosa di irreparabile.
Ognuno deve convivere con i propri demoni.” Disse congiungendo le mani e pensando agli anni in cui anche lui aveva compiuto azioni rese onorevoli solo dalla divisa che indossava.
Risparmiatemi la vostra pietà.
Non conosco la pietà, ma conosco la vostra rabbia.” Weston si girò incontrando per la prima volta, da quando quella conversazione era iniziata, gli occhi gialli del Fantasma “Un sentimento forte e incontrollabile, che scava continuamente nell’anima cercando di divorarla. Una bestia da tenere in gabbia. Non possiamo abbassare la guardia, perché se anche solo una stilla di quella furia primordiale uscisse dall’angolo in cui l’abbiamo rinchiusa saremo capaci di distruggere tutto ciò che ci circonda.”
Quali sono i vostri demoni? Mr Coyle che non lascia decantare il vino la giusta quantità di tempo? Una cameriera che serve la cena?” domandò sarcastico.
Non avete capito molto di Mr Coyle se pensate che non faccia sempre perfettamente il suo lavoro. Ma ucciderei il mondo intero per proteggere mia nipote, e avrei ucciso tutti coloro che non hanno creduto che lei parlerà come invece facciamo noi.”
Erik ghignò quasi divertito. “Voi non credete che Ophelia parlerà, voi ne avete bisogno.”
“Anche se fosse cambierebbe qualcosa?” disse Sir Edward con quel tono basso e risoluto che dimostrava tutta la sua determinazione.
No.” Erik vuotò il bicchiere di brandy con un unico sorso “Ma avete ragione su una cosa: io e voi siamo uguali e conosciamo la stessa furia. L’unica differenza è che io sono lo scorpione e voi siete un serpente.”
Il nobile sorrise quasi lusingato “Immagino che detto da voi sia un complimento.”
Se vi fa piacere crederlo.”
L’orologio sul camino rintoccò la mezzanotte e Weston si alzò dalla poltrona “Siete riuscito a mettere a dura prova i miei nervi oggi.”
Non immaginate quanto ne sia rammaricato.” Rispose l’altro senza nemmeno sforzarsi di fingere costernazione.
Dormirò ugualmente, non temete.
Allora buona notte Duca e salutatemi i vostri demoni.” Weston uscì dalla stanza lasciando Erik a contemplare le fiamme contorcersi nel camino.
Era seduto su un divano in pelle in quella che era chiamata la stanza da fumo. Le pareti erano dipinte di con una particolare tonalità di arancione che sembrava quasi diventare rosa quando illuminato dal sole. Appesi ai muri c’erano molti quadri dalla cornice dorata, perfino un Canaletto forse, ma quello più grande si trovava sopra al camino davanti a lui e raffigurava una giovane donna vestita di rosa con un cagnolino tra le braccia. Assomigliava a Ophelia in modo impressionante; se non fosse stato per i capelli castani e l’abito di foggia napoleonica avrebbe potuto credere che fosse un ritratto della nipote del Duca, invece probabilmente si trattava della moglie. Accanto alla porta da cui era uscito Weston c’era un paravento giapponese laccato in nero e oro; dietro di lui lo scrittoio di Sir Edward e un’altra porta che conduceva alla stanza da musica. Nella parete alla sua sinistra c’erano, nascoste dalle tende chiuse, due portefinestre affacciate al giardino. L’ultima porta chiusa affiancava il camino e divideva quella stanza da un altro salotto. Vicino a ogni parete c’erano piccoli tavoli in legno dove erano sistemati dei libri con la copertina in pelle. Ai lati del divano due poltrone sempre in pelle, al centro un tavolino con la scacchiera pronta per una nuova partita.
Tutto nella casa dormiva, tranne lui e gli orologi che continuavano implacabili a ticchettare.
Erik si alzò lasciando che le braci si consumassero in silenzio e andò al pianoforte accarezzando la cassa lucida. Poi si sedette sul seggiolino e iniziò a muovere le mani sulla tastiera sfiorando i tasti senza premerli, infondo poteva sentire la musica anche senza suonarla.
Tra poche ore Ophelia si sarebbe presentata in quella stanza per la prima vera lezione di musica. Un’altra allieva! Anche se diversa da Christine in molti aspetti. La prima volta che sentì cantare la sua pupilla nella cappella dell’Opéra la credette davvero un angelo mandato da Dio per alleviare le sue sofferenze. Lei incarnava, anche se inconsapevolmente, la sua idea di canto e di Musica. In quel momento decise di creare la Voce per darle un corpo in cui risiedere. La manipolò, come fosse argilla tra le sue mani, fino a innamorarsi della sua creazione. Fino a identificarla talmente tanto con la Musica da bramare ogni parte di lei. Perché senza Musica non sarebbe riuscito a vivere.
Ophelia invece sentiva già la Musica, con la stessa forza con cui la udiva lui, anche se in modo estremamente personale. Non avrebbe dovuto creare nulla con lei, solo permettere che il suo dono si esprimesse al meglio. Avrebbe dovuto concentrarsi su tempo, postura, diteggi, le avrebbe dovuto insegnare che la chiave per suonare bene è sfruttare il proprio peso e non fare forza sui tasti. Ma non le avrebbe mai dovuto dire cosa provare durante un esibizione per renderla reale, non avrebbe avuto bisogno di dirle di lasciar vivere la Musica. La Musica viveva già in lei.
Tuttavia, nonostante Ophelia non fosse Christine, il pensiero di avere una nuova allieva era ugualmente straziane. Questa volta non c’erano vetrate a nasconderlo ma una ben più fragile bugia. E cosa sarebbe successo se fosse finito nuovamente vittima di un ossessione e si fosse nuovamente innamorato della sua creazione come Pigmalione? Weston avrebbe sicuramente cercato di ucciderlo! Ma cosa sarebbe stato di lui? Sarebbe riuscito a tenere sotto controllo la sua follia, quello scrigno di Pandora scoperchiato in Persia? O sarebbe diventato definitivamente una bestia condannata a vagare lontano dalla bellezza?
Per questo non aveva mai preso in seria considerazione l’offerta del Duca. Aveva deciso subito che una volta sentita la ragazza avrebbe detto che non era abbastanza dotata per essere sua allieva e se ne sarebbe andato. Poi aveva visto il modo in cui la Musica si impossessava di Ophelia e cambiò idea. Il pensiero di lasciare morire un talento simile ingabbiato in un manicomio dove sarebbe stata torturata in nome della scienza era bastato a farlo restare. Ne sapeva abbastanza di torture per volerle evitare a chiunque vivesse di Musica.
E ora il ricordo di Christine bruciava vivo nella sua memoria come limone su una ferita aperta. Il ricordo di un sogno, di in inganno o di una speranza distrutta. Il ricordo del baratro che aveva visto dal vertice della follia.
 
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Ophelia entrò nella sala da musica alle nove in punto, come le era stato detto quando era scesa per la colazione. Mr Destler era già al pianoforte, una mano appoggiata sul leggio e l’altra sfiorava i tasti creando melodie invisibili. Avanzò lentamente, intimorita dalla concentrazione che emanava.
Chiudete la porta, non sopporto le interruzioni.” Disse in un sospiro alzandosi dal seggiolino. La sua voce sembrava lontana, persa chissà dove. “Sedetevi e ascoltate perché ciò che sto per dirvi lo ripeterò solo oggi.” Con una mano indicò una delle poltrone per poi congiungerla all’altra dietro la schiena. “Durante le nostre lezioni voi sarete semplicemente la mia allieva e io il vostro maestro. Tutto c’è che siete, che fate o non fate non sarà rilevante più del necessario. Voi mi chiamerete Maestro e io per nome.” Si era fermato davanti a lei e parlava in modo autoritario, adesso la su voce risuonava possente nell’aria “La Musica è perfezione, e io non accetterò nulla di meno da voi. Avete troppo talento perché sia disposto a farlo. Vi dirò cosa sbaglierete e come correggere l’errore. Vi consiglio di mettere immediatamente in atto i miei suggerimenti perché non amo ripetermi e non sono dotato di molta pazienza. Non arrivate mai in ritardo, per nessun motivo. Andatevene prima che io vi dica che abbiamo finito e vi assicuro che lascerò Grainstar House. Potete accettare le mie condizioni?
Ophelia annuì.
Bene. Datemi il quaderno e sedete al pianoforte.” Ancora una volta l’inglese fece come le era stato detto, per trovare lo spartito dell’Appassionata di Beethoven aperto sul leggio. “Dalla prima battuta.” Comandò e Ophelia iniziò a suonare. Erik si mise dietro di lei all’in piedi, in modo che potesse indicare i punti della partitura che doveva ripetere o girare le pagine.
Prima del piano dovete suonare un fortissimo, non un diminuendo!” Disse facendo saltare sul seggiolino l’allieva prima ancora che fosse arrivata alla ventesima battuta. “Vedete un segno di diminuendo? Dovete solo rispettare le indicazioni sul pentagramma, né io né Beethoven vi chiediamo altro. Non pensate a come suonare un piano immediatamente dopo un fortissimo, dovete averne la volontà. Adesso ricominciate da capo.”
Ophelia ricominciò ma Erik la interruppe nuovamente esattamente nello stesso punto “È tanto difficile non aggiungere nulla allo spartito, ragazza? Prima avete fatto un diminuendo adesso è una pausa di semicroma. Come pensate di suonare l’Appassionata se non credete di poter fare ciò che leggete? Volete suonare Beethoven? Allora fatelo con il coraggio che serve. Ricordate: forte, piano, pianissimo, fortissimo e subito piano.” Disse premendo sullo spartito con l’indice. “Di nuovo e cercate di non farmi ripetere una terza volta.
 Ripeté l’incipit cercando di fare come Mr Destler le diceva. Più per non sentire i rimproveri del precettore che per altro. La sua voce era furiosa come le tempeste e fragorosa come i tuoni. Si sentiva rimpicciolire a ogni parola. Per cui, per amor proprio, cercò di convincersi che avrebbe fatto un piano dopo un fortissimo, Trattenne il respiro e … ci riuscì.
Meglio, ma non dimenticatevi di respirare. Dal respiro dipende il battito del cuore dal quale dipende la velocità con cui suonate. Mantenete un respiro regolare e ascoltate il vostro battito cardiaco. Adesso continuate fino alla ventesima misura e poi fermatevi. Ci sono ancora molte cose da migliorare.”
 
 
Dopo un’ora di lezione Ophelia era stremata. Mr Destler l’aveva corretta quasi ad ogni nota. Perché non c’era abbastanza rubato, perché la chiave di basso era troppo leggera rispetto a quella di violino o perché suonava alcune note con i diteggi sbagliati. Persino il modo in cui teneva le braccia non andava bene. Alla fine doveva ricordare talmente tante cose che credeva le sarebbe scoppiata presto la testa: respirare in modo costante, non irrigidire braccia e busto, usare le dita giuste, bilanciare il peso del corpo e della mano. Fino a quel momento aveva suonato solo perché le piaceva, credendo che fosse sufficiente rispettare il tempo e non sbagliare le note per lasciarsi trasportare dalla musica. Non aveva mai pensato a tutte quelle cose!
Adesso basta, riprenderemo domani. Rimarremo fermi su queste venti battute fino a quando non le farete correttamente. Ma ora è il momento che mi occupi della vostra voce. Alzatevi e andate vicino alla cassa del pianoforte.”
Ophelia si voltò verso il precettore non riuscendo a nascondere la paura di sentire nuovamente la musica del giorno precedente. Aveva promesso a suo nonno che si sarebbe fidata di Mr Destler senza riserve ma il ricordo di quella musica era ancora troppo vivido per renderla una promessa facile da mantenere.
Alzatevi dal seggiolino.” Comandò “Non mettete la mia pazienza ulteriormente.” Adesso la sua voce era soave e impalpabile, ma talmente fredda che Ophelia sentì la pelle riempirsi di brividi.
La ragazza si alzò titubante, a occhi bassi timorosa che Mr Destler potesse leggere la sua paura come aveva fatto con il suo animo.
Erik tornò al pianoforte. Mentre iniziava a suonare un accompagnamento improvvisato, ripensò a Christine e alla loro prima lezione di canto nella cappella: il soprano non aveva avuto timore di lui, credendo senza sforzo che quella voce che sentiva fosse davvero quella dell’Angelo della Musica. Non solo non ne era stata spaventata ma, addirittura, l’aveva accolta con gioia. Ripensandoci adesso, lontano dalla felicità che aveva provato quel giorno, si disse che forse era Christine che avrebbe dovuto essere spaventata, non Ophelia. Dopo tutto l’inglese lo vedeva in carne e ossa, davanti a lei. Ma così non era, e Erik poteva vedere la paura del giorno precedente tornare come un ombra pesante negli occhi della giovane. Come avrebbe reagito quando, tra pochi secondi, Erik avrebbe dato corpo a ciò che stava suonando con una melodia senza parole ma fatta solo della sua voce?
Ophelia rimaneva immobile, ipnotizzata dalle mani del suo insegnante che si spostavano eleganti e leggere lungo la tastiera. Certo, non aveva visto molte persone suonare ma dubitava che ci fossero molte altre persone capaci di suonare con tanta grazia e bravura insieme. A dire il vero trovava qualcosa di regale in quei movimenti, come se le mani di Mr Destler fossero i sovrani incontrastati di quel bizzarro regno bianco e nero.
La meraviglia di Ophelia raggiunse il colmo appena l’uomo aprì bocca per cantare. Era davvero umana quella voce così perfetta, limpida, forte e soave assieme? Cantava una melodia senza parole, fatta solo di note, accompagnato da un pianoforte che sembrava scomparire davanti a tanta bellezza. Se il giorno prima si era stupita del potere che la musica adesso capiva che quello che aveva ascoltato era nulla paragonato a quel momento. Il suo Maestro era un tutt’uno con ciò che cantava e suonava; talmente ammaliante in quella perfezione che una parte di Ophelia avrebbe sinceramente voluto unirsi a lui, anche a costo di rovinare quello splendido miraggio. Ma sarebbe bastato quel desiderio tanto semplice quanto crescente a ridarle la voce?
 
 
Erik suonò e cantò per quasi un’ora cercando di capire quale fosse la musica giusta per Ophelia, quella a cui non avrebbe saputo resistere. Tutti ne avevano una, una melodia o un accorso davanti al quale erano indifesi. Era stata una delle tante scoperte della Persia, fin da bambino era stato consapevole del potere della Musica sugli altri, della sua in particolare, così l’aveva eletta a unica maestra di vita. Con gli anni aveva imparato ad affinare il suo dono, vedendo prima i volti delle persone che pagavano per vedere i suoi spettacoli e poi i giocattoli umani dello Saha e della sua favorita. Così aveva avvinto a sé Christine, regalandole la musica della sua anima, e così avrebbe fatto parlare Ophelia: un giorno avrebbe trovato la giusta combinazione di note e il resto sarebbe stato naturale come respirare.
 
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Beati voi che lo avete sentito tutto!” sospirò Mary finendo di lucidare una pentola in rame “Qui abbiamo sentito solo qualche nota ed eravamo tutte troppo impegnate a preparare il pranzo.” La cena era stata servita ed adesso alcuni dei servitori erano in cucina intenta a commentare lo strano metodo di Mr Destler.
Guarda che non era un concerto!” la cuoca, la signora Cooke, redarguì la sguattera con un dito alzato “Sappiamo tutti perché è qui. E non è certo per distrarti dal tuo lavoro.”
Sono sicura che la signora Cooke un giorno ti lascerà salire fino in cima alle scale e potrai ascoltarlo anche tu per qualche minuto.” Disse una cameriera di nome Bess cercando di consolare la ragazza.
Non credo proprio. Poi non scenderebbe più. Dovevate vedere come tendeva l’orecchio oggi.”
Mr Destler ha un talento molto raro, potete concedere cinque minuti a Mary uno di questi giorni.” Intervenne Mis Price.
Oh vi prego Mis Cooke!” gli occhi della sguattera si fecero enormi e la burbera cuoca si addolcì “Vi prometto che non mi farò vedere da nessuno.”
E va bene Mary, un giorno potrai ascoltare dalle scale.” Concesse Mis Cooke prima di rivolgersi a Mis Price “Ma davvero ha solo cantato?
Per quasi un’ora.”
E Lady Ophelia?
L’altra allargò le braccia sospirando “Non abbiamo sentito altre voci.”
Almeno non le ha riempito la bocca di biglie come fece quel tedesco dal nome impronunciabile.” Disse Bess.
Se penso a quanto Sua Grazia si arrabbiò quel giorno.” Commentò un cameriere appoggiato allo stipite della porta con aria riflessiva.
Bess annuì “Se avesse potuto lo avrebbe sbattuto fuori tirandolo per la cravatta, ne sono sicura.
Mis Price avrebbe dovuto dire loro di non parlare in quel modo di Lord Weston, ma lei era presente quando il Duca invitò il professo Spear ad andarsene, perché non era disposto a sottoporre Ophelia a quella tortura, ed era della stessa idea di Bess. “Speriamo che almeno lui abbia un po’ di pazienza in piò e ci riesca.”
“Mis Price…” domandò il cameriere con l’esitazione di chi sa che si accinge ad affrontare un argomento tabù “voi eravate a servizioin questa casa quando accadde?
No Oscar. C ’era Mr Coyle ma lui non ne parla mai, era il valletto del figlio del Duca. Dopo la morte di Sir Robert rassegnò le dimissioni ma Sua Grazia le respinse perché era stato lui a prendersi cura di Lady Ophelia dopo l’incidente e non avrebbe mai potuto lasciarlo senza un lavoro.” Raccontò a voce bassa, dopo essersi accertata che il maggiordomo non li potesse sentire.
Gli altri servitori abbassarono gli occhi in silenzio. Nessuno di loro, ad eccezione di Mis Cooke, conosceva questa storia ed adesso erano senza parole.
Non fatevi mai scappare che ve lo abbiamo raccontato!” disse la cuoca “Mr Coyle era molto affezionato a Sir Robert e tiene molto anche a Lady Ophelia.”
Si signora Cooke.” Dissero i tre quasi all’unisono.
 
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Nella sua camera da letto, Ophelia non riusciva a dormire.
Per tutto il giorno un pensiero aveva fatto capolino nel suo cervello. Più che un pensiero era stata la descrizione della voce del Fantasma dell’Opéra fatta nel libro di Daisy.

La su voce aveva la capacità di congiungere nello stesso istante, con lo stesso respiro, gli opposti estremi. Non c’era nulla più ampiamente ed eroicamente soave, di più voluttuosamente insidioso, di più delicato nella forza o più forte nella delicatezza, insomma di più irresistibilmente trionfante.

Sapeva che era solo un romanzo dell’orrore da pochi soldi, ma per quanto ci provasse non riusciva a trovare altre parole per descrivere la voce del suo Maestro. Per non pensare al potere di suggestione della sua musica!
Nemmeno la certezza che suo nonno non avrebbe mai portato un criminale in casa era capace di farla dormire.
Si alzò e, avvolta in uno scialle frangiato, sedette al segreter e prese il libro da dove lo aveva riposto. Lo osservò chiedendosi come fosse possibile che qualcuno capace della bontà che le aveva dimostrato Mr Destler fosse altrettanto capace di uccidere in modo così facile, e si chiese anche se sarebbe stata capace di mantenere la promessa che aveva fatto a suo nonno. Solo quando, prima dell’alba, sentì avvicinarsi la sguattera che doveva accendere i camini delle camere da letto tornò sotto le coperte e finse di dormire.

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Capitolo 6
*** Lezione di pittura ***




 
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AVVISO PER IL LETTORE: caro lettore voglio solo chiederti scusa per la lentezza di questo aggiornamento. Purtroppo con la fine dell’università che si avvicina il tempo per scrivere è notevolmente diminuito per cui riesco a pubblicare solo un capitolo al mese e purtroppo ho molte storie in sospeso che devo portare a una conclusione. Comunque stai tranquillo che non ho intenzione di abbandonare niente e che anche The Angel verrà ripresa appena avrò un po’ di tempo.
Spero che il capitolo ti piaccia e che mi lascerai un commento.
Mozart rondò 511
https://www.youtube.com/watch?v=AFCqToMID50
 
 
 
 
Il fuoco scoppiettava accompagnando il ticchettio del piccolo orologio sulla mensola del camino. Coyle aveva appena finito di servire il caffè nella biblioteca grande, come faceva tutte le sere prima che Lord Weston e Erik iniziassero a giocare a scacchi accompagnati da un bicchiere di brandy invecchiato più di trent’anni.
Il Duca stava leggendo il giornale della sera con le ultime sventure di Napoleone III, la tazzina di caffè lasciata a raffreddare sul tavolino accanto a lui.
Erik, sul divano opposto, osservava Ophelia intenta a riprodurre, a matita su un quaderno da disegno, un vaso cinese colmo di dalie. Erano trascorse diverse settimane da quando era arrivato a Grainstar e, sebbene la tecnica pianistica dell’allieva fosse notevolmente migliorata, non poteva dire di aver fatto molti progressi nel risolvere il suo mutismo. Era ancora convinto che un giorno Ophelia avrebbe parlato ma sentiva che non si fidava di lui, che forse lo temeva perfino.
All’inizio aveva pensato che avrebbe potuto forzarla a emettere qualche suono, sapeva che la Musica ne sarebbe stata capace, ma presto cambiò idea. Le aveva promesso che non l’avrebbe sottoposta nuovamente a una tortura simile ed era consapevole che se avesse fatto altrimenti probabilmente sarebbe impazzita per davvero. Senza tralasciare che, anche ammesso che fosse rimasta sana di mente, sicuramente dopo non avrebbe più voluto vederlo.
Non era mai stato un uomo molto compassionevole verso il prossimo, anzi dire che si era sempre disinteressato delle sofferenze altrui sarebbe stato comunque troppo gentile. Ma con Ophelia non poteva ricorrere ai suoi soliti trucchi, non con qualcuno che sentiva la Musica nello stesso modo in cui la sentiva lui. Si era reso conto che sarebbe stato come fare del male a sé stesso e cambiò idea. Il problema era che, per quanto ci avesse riflettuto, non era ancora riuscito a trovare un modo per sbloccare la situazione: la cosa più ragionevole sarebbe stata aspettare di avere la fiducia della ragazza, ma, d’altro canto, come era possibile fidarsi di un mostro?
Lasciate il quaderno da disegno.” Disse alla nobile quando ella si alzò dalla sedia davanti al vaso per andare a dormire.
Ophelia gli diede il grande raccoglitore in pelle marrone chiuso da un nastro rosso prima di salutarlo con una riverenza. Sir Edward ricevette un bacio sulla barba grigia a cui rispose con una carezza gentile e un sorriso. Anche al maggiordomo venne augurata la buona notte con un leggero cenno del capo e perfino il volto impassibile di Coyle parve sciogliersi in un fugace sorriso.
Ophelia uscì dalla stanza non facendo altro rumore oltre allo strusciare della gonna di seta. Ci aveva fatto caso dopo pochi giorni che Ophelia non si limitava a non parlare ma viveva nel silenzio più assoluto. Qualsiasi cosa stesse facendo ogni suo gesto sembrava calibrato per fare il minor rumore possibile. Il paragone con Christine era stato troppo facile: Christine scherzava e piangeva, rideva e correva per i corridoi dell’Opéra. Ophelia rideva mai? Le sue lacrime avevano mai avuto un suono?
Lui aveva trascorso anni imparando ad essere invisibile, a essere un fantasma degno di tale nome. All’inizio era stato divertente, ma poi qualcosa cambiò e credette che solo lontano dagli uomini ci fosse posto per lui. Si era rifugiato sotto terra, con l’unica compagnia della musica creata dall’acqua e dalle rocce, e guai a chiunque entrasse nei sui domini. Solo la voce di Christine seppe estinguere quel desiderio di solitudine. Ma era certo che per Ophelia fosse diverso: c’era un momento, appena metteva di suonare e prima che il suono svanisse, prima che tutte le sue emozioni si nascondessero dentro il silenzio, in cui Erik era sicuro di vedere molta tristezza nell’allieva. Tristezza per la morte dei genitori? Tristezza perché avrebbe voluto parlare ma ormai si era convinta di non esserne più capace?
Forse era meglio non saperlo. Anche se adesso non si faceva più chiamare fantasma non era affatto sicuro di appartenere al mondo dei vivi, anzi appena avrebbe potuto avrebbe lasciato quel castello per trovare rifugio in qualche casa abbandonata. Farsi coinvolgere più del necessario era inutile.
Sono di vostro gradimento?” chiese il Duca dopo aver congedato il maggiordomo.
Per vostra fortuna non avete vantato le doti di pittrice di vostra nipote. La mano di Ophelia è troppo leggera, le ombre sono troppo tenui e i volumi risultano alterati. Inoltre dovrebbe prestare maggiore attenzione allo sfondo.” Rispose Erik chiudendo il plico e posandolo accanto a sé. “Immagino che dovrò porvi rimedio.”
Sir Edward provò a bere un sorso di caffè diventato ormai troppo freddo per i suoi gusti, così posò la tazzina nello stesso punto in cui si trovava prima. “È sorprendente la facilità con cui trovate spunti di miglioramento.”
Avreste dovuto cercare un precettore mediocre se desideravate sentire solo complimenti.”
Non mi sono mai piaciute le persone mediocri e poi sappiamo entrambi che siete l’uomo più adatto per essere il suo insegnante.”
Non cercherete di adularmi Duca? Non vi si addice.”
Assolutamente no. Ma voi, Monsieur le Fantome, avete resistito più dei vostri illustri predecessori e so che non lascerete Grainstar House prima che Ophelia parli.” Rispose il nobile estraendo la pipa dalla giacca.
Le labbra di Erik si piegarono in qualcosa che sul volto di chiunque altro sarebbe stato un sorriso compiaciuto. “Adesso vi riconosco. Ma ancora non ho capito se siate più desideroso di salare il vostro patrimonio o vostra nipote.”
Sir Edward smise di preparare la pipa per guardare il suo interlocutore negli occhi, “Grainstar non è un semplice insieme di pietre, malta e costosi suppellettili, è nel sangue della mia famiglia. I Duchi di Cronley possiedono questa terra da secoli: l’abbiamo custodita, fatta prosperare e tramandata per generazioni. Ognuno dei miei avi ha fatto tutto ciò che era in suo potere perché il ducato, le rendite e la terra passassero intatti ai suoi discendenti. Che uomo sarei se non permettessi a Ophelia di fare altrettanto?
Sangue e terra. Alla fine sono tutto ciò di cui vi importa.”
E cos’altro dovrebbe importarmi? Se non avessi a chi lasciare le mie ricchezze che senso avrebbe possederle?
E se non usaste le vostre ricchezze per assicurare un futuro a Ophelia non sareste un uomo di valore.” Continuò Erik concedendo al Duca che almeno la sua non era avidità fine a sé stessa.
Esattamente.”
Allora dovreste provare a lavorare la vostra terra, credo che solo così sarete capace di apprezzare appieno le vostre fortune.” Disse il francese appoggiandosi allo schienale.
Il nobile riavvitò la pipa con evidente disappunto. “Non siate ridicolo. Cosa dovrebbero fare i contadini se fossero i Lords ad arare i campi?
Probabilmente fumerebbero tabacco pregiato bevendo brandy invecchiato un quarto di secolo.” Rispose l’altro come se quella fosse l’unica soluzione possibile, ma il suo interlocutore non avrebbe saputo se parlasse sul serio o no.
Che prospettiva terribile!” Sir Edward posò il bocchino tra le labbra solo per decidere che, in effetti, la voglia di fumare gli era passata. “Tutti noi interpretiamo una parte e indossiamo una maschera a questo mondo, voi dovreste saperlo meglio di me.”
E voi dovete essere tremendamente ingenuo se ignorate quanto una maschera possa rivelare sul suo portatore.” Precisò Erik, consapevole di aver vinto.
Weston sorrise, non nel modo affettuoso che riservava solo alla nipote ma in quello compiaciuto dell’astuzia dell’avversario durante una partita a scacchi “Avete ragione.” Disse alzandosi dal divano “Buona notte, Monsieur le Fantome. Ho lasciato le solite disposizioni a Coyle per la mia assenza, spero che non vi dispiaccia.”
 “Come potrebbe dispiacermi essere d’aiuto a un vecchio amico come voi?” rispose Erik alzando fugacemente gli occhi dal camino.
Era ormai consuetudine che fosse Erik a occuparsi degli eventuali problemi che sarebbero potuti sorgere durante le assenze del Duca. Prima del suo arrivo questo incarico era affidato a Mr Coyle il quale comprese subito che Sir Edward si riferiva principalmente ad Ophelia e concordò che fosse più appropriato che fosse il precettore ad occuparsi della ragazza. Dal canto suo Erik aveva ricambiato tanta fiducia con la sua solita indifferenza, ringraziando che Grainstar House fosse una tenuta moto efficiente e che la futura duchessa di Cronley godesse sempre di ottima salute.
 
 
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La mattina seguente iniziò con la partenza di Sir Edward per Londra, con la servitù schierata nella solita fila perfetta ed Ophelia che aveva accompagnato il nonno fino alla carrozza, mentre Erik osservava la scena dalla piccola scalinata che separava il castello dal giardino.
È solo una votazione alla Camera dei Lords. Domani sera sarò di ritorno.” Aveva assicurato alla nipote con voce gentile. Lei gli rispose con un sorriso, nemmeno provò a dire una parola di saluto che non sarebbe mai potuta uscire dalla sua mente. Poi Weston salì sulla carrozza che partì immediatamente, Ophelia restò ad osservarla allontanarsi ed i domestici si avviarono verso la porta di servizio.
Mr Coyle.” Erik scese velocemente gli scalini prima che questi si allontanasse.
Ditemi Mr Destler.”
Per la lezione di oggi avrei bisogno di un cavalletto e del set da pittura di Lady Ophelia.”
Certamente. Faccio preparare in giardino?
No grazie, la biblioteca andrà benissimo.”
Molto bene, dirò a Oscar e Anna di far preparare tutto per il primo pomeriggio e a Mis Price di cambiare le dalie con altre più fresche.”
“Grazie Mr Coyle.” Non era mai stato un uomo da ringraziamenti però le capacità anticipatorie del maggiordomo erano davvero eccezionali. Se almeno uno dei direttori che si erano succeduti all’Opéra ne avesse possedute appena per la metà era sicuro che il suo teatro non sarebbe andato distrutto!
Dovere Mr Destler.” Rispose l’altro prima di seguire il resto della servitù.
Prima di rientrare Erik si rivolse a Ophelia, ancora ferma sul selciato. “Farete tardi e sapete quanto non ami sprecare il mio tempo.”
Lei lo seguì immediatamente, consapevole che l’ora di inizio della lezione di pianoforte era passata da diversi minuti. Insieme entrarono nella stanza da musica e, come faceva tutte le mattine, gli consegnò il taccuino che teneva in tasca. Sul pianoforte un rondò di Mozart l’aspettava, lasciato aperta sulla pagina dove si erano interrotti il giorno prima.
Suonatela dall’inizio.” Disse Erik riaprendo la partitura sulla prima pagina e Ophelia iniziò a suonare fino a quando non le fu detto di interrompersi.
Accettabile. Cercate di ricordare che si tratta di un pezzo per clavicembalo che è uno strumento privo del pedale di risonanza per cui cercate di ignorare le indicazioni dell’editore al riguardo e ricordate di mantenere la linea melodica omogena quando passa dalla mano destra alla sinistra e viceversa. Adesso credo che dovremo riprendere dalla misura settantacinque.”
Ophelia trattenne un sorriso d’orgoglio sapendo che, anche se Mr Destler sapeva essere un insegnante tremendo, aveva riconosciuto che aveva fatto molti progressi negli ultimi mesi. Non che fosse stato facile! Per le prime settimane si era sentita come se stesse suonando uno strumento completamente nuovo del quale non conosceva niente, credendo di sbagliare ad ogni nota. Per settimane intere Mr Destler l’aveva fatta allenare con esercizi e scale per irrobustire i muscoli della mano; per correggere la postura scorretta l’aveva obbligata a suonare ogni scala maggiore e minore con una matita sul polso fino a quando non fu capace di salire e scendere per quatto ottave senza farla cadere. C’erano stati giorni in cui aveva creduto di odiare il pianoforte ed altri in cui temeva che avrebbe pianto all’ennesimo rimprovero del suo insegnante, fino a quando una mattina si rese conto che non era più così terribile come all’inizio e che l’unica ragione di questo cambiamento era che lei era diventata più brava. Quel giorno si era sentita molto orgogliosa di sé stessa.
D’allora avevano iniziato a studiare in modo diverso: Mr Destler le stava insegnando a memorizzare i brani non come una lunga serie di note ma come una sequenza di accordi legati tra loro da regole fisse: riposo, tensione e risoluzione. Se aveva qualche domanda riprendeva il quaderno appoggiato sul leggio e lui le rispondeva sempre, come se la musica non avesse alcun segreto. Quelli erano i momenti del giorno che preferiva, in cui dimenticava ogni paura sul suo insegnante e, per la prima volta, sentiva di iniziare a capire davvero la musica.
Poi arrivava il momento in cui iniziava a cantare e tutte le paure di Ophelia ritornavano a tormentarla con la forza dei venti più implacabili. Una parte di lei era certa che se il Fantasma dell’Opéra fosse stato più di una diceria avrebbe avuto la voce del suo Maestro: terribile e bellissima, con più sfumature di quante ne possono avere le nuvole all’alba, capace di ammaliare e irretire chiunque; sembrava troppo perfetta per un semplice essere umano.
A poco serviva la consapevolezza che nulla di strano era successo dal suo arrivo a Grainstar e che, nonostante il passare dei mesi, Mr Destler credeva ancora che sarebbe stata capace di parlare. Se era davvero il Fantasma dell’Opéra era un assassino che aveva rapito una ragazza poco più grande di lei. Come poteva suonare e cantare in modo tanto splendido se era capace di azioni tanto terribili?
Allora ne era certa: avrebbe sempre avuto paura di lui, nonostante tutte le rassicurazioni di suo nonno o la consapevolezza di aver trovato qualcuno che la giudicava solo per la persona che era e che, nonostante tutto, riusciva a capirla più di chiunque. Avrebbe sempre avuto paura del suo Maestro, fino al giorno in cui fatto come i suoi predecessori: avrebbe cambiato idea e lasciato Grainstar.
 
 
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Quando Oscar aprì la porta mancava poco all’ora del tè. Il cameriere sapeva che Mr Destler e Ophelia stavano facendo lezione in biblioteca e che per nessuna ragione il precettore avrebbe gradito un intrusione, per questo suggerì all’uomo davanti a lui di bussare alla porta di servizio.
Voglio parlare con Lord Weston.” aveva risposto con arroganza. Doveva essere un operaio o, comunque, qualcuno che lavorava per pochi soldi. Odorava di bassi fondi, indossava un panciotto rammendato in più punti, la giacca era sformata e il cappello stropicciato. Aveva piccoli occhi neri, un naso schiacciato, baffi larghi e folti.
Sua Grazia è a Londra. Buona giornata signore.” Disse Oscar chiudendo la porta ma lo sconosciuto la bloccò con il proprio peso e riuscì ad entrare approfittando della sorpresa del cameriere.
Sua Grazia è a Londra?” lo canzonò percorrendo a passo svelto l’ingresso “Non spererai di fregarmi con un scusa così vecchia?
Come le ho detto, Lord Weston non è in casa. Per cui la prego di andarsene, signore.” Oscar lo seguì nella biblioteca piccola ma l’uomo non dava segno di volersene andare.
Il Duca non c’è? E chi è quello?” disse indicando Erik che, seduto su uno dei divani rossi leggeva un libro osservando di tanto in tanto la natura morta che Ophelia stava tracciando a carboncino. “E non è da solo!
Erik e Ophelia si voltarono all’unisono verso lo sconosciuto. La nobile lo guardava spaventata, tendendo ancora il carboncino tra le dita, immobili a pochi millimetri dal foglio, mentre l’insegnante mostrava solo la parte del viso non coperta dalla maschera e osservava l’intruso sapendo già che presto sarebbe tornato mestamente nel luogo dal quale era venuto con tanta baldanza.
Chi è costui e com’è entrato?” domandò a Oscar.
Non so chi sia, signore. Ha approfittato di una mia distrazione e non sono riuscito a fermarlo.” Rispose il cameriere a testa bassa.
Lo straniero si intromise prima che Erik potesse ribattere. “Mi chiamo Andy e sono un vecchio amico di Mr Coyle, Vostra Grazia.” Disse togliendosi il cappello.
Un amico di Coyle dite?” Erik gli fece eco incuriosito.
Si, so che è il maggiordomo di questa casa. Avrei delle cose da rivelarvi sul suo passato e spero che mi ricompenserete per le mie informazioni.”
Avrete ciò che il vostro zelo merita.” Promise con voce rassicurante.
Vi ringrazio Vostra Grazia.
Oscar, andate a chiamare Mr Coyle.”
Il cameriere uscì immediatamente dalla biblioteca e, appena fu sicuro di non essere sentito, corse al piano di sotto ad avvisare il maggiordomo.
È un bel disegno.” Disse Andy avvicinandosi a Ophelia. Lord Weston si era dimostrato un uomo ragionevole e ben disposto a trattare, di sicuro avrebbe gradito un complimento innocente.
Ophelia non riusciva a distogliere lo sguardo da Andy. Era certa che non avesse buone intenzioni e avrebbe voluto avere la voce per mandarlo via. Sicuramente qualsiasi cosa avrebbe detto su Mr Coyle sarebbero state solo calunnie, ma allora perché Mr Destler non gli aveva intimato di uscire? Di solito non permetteva a nessuno, nemmeno a suo nonno, di interrompere una lezione, perché faceva un eccezione adesso? Perché lo trattava in modo così gentile? Mr Destler non era mai tanto gentile, nemmeno con lei e il Duca. No. C’era qualcosa che non andava! Era troppo gentile, troppo facile. Ophelia non sapeva spiegarsi il perché ma l’istinto le faceva venire in mente le trappole per le mosche.
Erik si alzò dal divano per frapporsi tra Andy e Ophelia. Appena l’uomo vide la maschera si immobilizzò. “Vi consiglio di non muovervi.” La sua voce era soffice come pochi secondi prima, ma adesso c’era una sfumatura diversa che insinuò la paura nell’arroganza che Andy aveva dimostrato fino a quel momento.
Aspettate! Voi non siete Lord Weston! So che il Duca di Cronley non porta una maschera.” Disse con gli cocchi sgranati “Chi siete?
Per quel che vi riguarda sappiate che parlare con me è come parlare con Lord Weston. E state tranquillo che avrete quanto promesso.”
Coyle arrivò pochi secondi dopo “Mi dispiace per l’accaduto Mylady.” Disse appena entrato. “Non avevo idea che Andy sarebbe venuto a cercarmi.” Nemmeno l’abituale contegno compito fu capace di nascondere l’imbarazzo di quel momento.
Mi duole informarvi che il vostro amico cercava Lord Weston. Sembra che abbia qualcosa di importante da dire sul vostro passato, avete idea di cosa possa essere?” domandò il precettore.
 “Purtroppo molte, Mr Destler. Ci sono molte cose nel mio passato che non mi rendono orgoglioso di me stesso.” Coyle non abbassò il capo, anche se sapeva di rischiare il posto, restò con la testa dritta e il naso all’insù come sempre, ma ciò non di meno era sinceramente rammaricato della vita che aveva condotto in gioventù.
Erik si rivolse all’altro uomo, con la voce più invitante di cui fu capace. “Allora, Andy, di cosa si tratta?
La spavalderia dell’uomo era svanita: aveva creduto di parlare con il Duca di Cronley, non con un Mr Destler qualunque! Se quell’uomo fosse stato un gentiluomo avrebbe dovuto presentarsi e non farsi credere un nobile. Tuttavia gli era stato promesso del denaro e non si sarebbe fatto intimidire da un semplice uomo mascherato. “Molti anni fa io e Owen lavoravamo nell’Est End, nei muic-hall. Eravamo un duo comico, cantavamo e ballavamo per il pubblico pagante.” Disse prendendo un vecchio volantino da una tasca.
È vero?” chiese Erik al maggiordomo dopo aver letto i nomi di Owen Coyle e Andy Brooks.
Purtroppo si signore. Ho lavorato a Londra come cantante fino a quando Andy non rubò dalla cassa e non fummo licenziati.”
Anche se lo aveva appena sentito da Coyle in persona, Ophelia stentava a credere che ci fosse stato un tempo in cui non avesse lavorato a servizio. Mr Coyle era sempre così composto, preciso e diligente nel suo lavoro che una parte di lei aveva creduto che discendesse da una stirpe di maggiordomi risalente ad Alfredo il Grande. Invece non solo non era sempre stato un domestico, ma addirittura si esibiva per davanti a un pubblico pagante. Questa sì che era una rivelazione sorprendente!
Volete vedere un assaggio del nostro repertorio?” propose Andy, pronto a esibirsi in qualche passo di danza.
Erik lo fermo con un gesto della mano. “Se lo facessi, Andy, temo che potrete trovare la mia proposta meno vantaggiosa di quanto speriate.”
Gli occhi di Andy brillarono. “E cosa mi vorreste proporre?
Dieci sterline, non un penny di più, in cambio della vostra promessa di non tornare mai più. Se vi dovessi rivedere chiamerò personalmente la polizia per farvi arrestare per estorsione e passerete i prossimi cinque anni in prigione.” Disse facendo qualche passo in avanti.
Ma dieci sterline sono una miseria! Cosa ci dovrei fare?” Aveva sperato di ricavare almeno trenta sterline dal suo viaggio! Owen non aveva nemmeno provato a negare e lui si ritrovava con solo dieci sterline?
Erik si avvicinò abbastanza perché nessuno tranne Andy lo sentisse la sia voce da demone infernale: “Avrete un pasto caldo e un biglietto del treno. Oppure potrei togliermi la maschera e infestare ogni vostro incubo fino al giorno in cui la Morte non avrà deciso di privarvi della vostra inutile vita.”
Andy non poté evitare di tremare. Mai aveva sentito una voce del genere, nemmeno nei teatri, e mai avrebbe pensato che cose simili potessero esistere. “Voi state scherzando? Non ho fatto tanta strada per essere trattato in questo modo!”
Il Fantasma dell’Opéra ghignò. Quasi, quasi aveva perfino voglia di togliersi la maschera per vedere quel piccolo omino scappare urlando. “Mettetemi alla prova.” Rispose senza muovere le labbra.
Andy sentì una paura mai provata torcergli le viscere. Sudava freddo e le mani gli tremavano. Coyle e la ragazza continuavano a fissarlo come se fosse un matto, come se quella voce terribile l’avesse sentita solo lui. Che razza di essere umano poteva avere quella voce infernale e camminare sulla terra come qualsiasi altra creatura di Dio? E perché nessuno aveva paura di quell’uomo? Se uomo si poteva chiamare. “Accetto le dieci sterline.” Disse con voce tremante.
Perfetto!” La voce di Erik fu di nuovo udibile a tutti e Andy pensò di aver perso un ottimo affare solo per un brutto scherzo della sua mente “Mr Coyle, sono sicuro che saprete dare al vostro amico quanto promesso. Adesso uscite da qui Mr Brooks, mi avete fatto sprecare fin troppo tempo.”
Coyle accompagnò Andy Brooks di sotto per dargli le sue dieci sterline, sperando di non vederlo mai più.
Ophelia posò il carboncino sul cavalletto. Cosa era successo? Cos’aveva detto Mr Destler per spaventare in quel modo Andy Brooks? Forse la domanda giusta, conoscendo le incredibili doti del suo precettore, era come glielo aveva detto. Anche se, qualunque cosa fosse appena successa, era infinitamente grata che Mr Destler avesse difeso Mr Coyle.
Credo che per oggi abbiamo finito. Dirò a Coyle di non far spostare nulla così potrete terminare il disegno domani.” Disse Erik guardando il foglio bianco con le dalie abbozzate per la terza volta.
Ophelia si pulì le mani con un canovaccio. Quando aveva visto il cavalletto in biblioteca aveva pensato che sarebbe stato divertente non dover studiare francese o tedesco, ma non aveva considerato la severità del suo insegnante: non era importante se era l’ampiezza dei petali, la lunghezza dell’ombra del vaso o il più insignificante dettaglio: se non era fedele al modello andava ridisegnato ancora e ancora fino a quando non era corretto. Così le mani di Ophelia si erano ben presto ricoperte di carboncino.
Mr Coyle tornò in biblioteca portando il vassoio del tè dopo pochi minuti ed era tornato il solito maggiordomo dall’espressione imperturbabile e le movenze rigide. Posato il vassoio accanto al vaso di fiori servì prima di Ophelia e poi Erik, seduti sui grandi divani rossi. “Vorrei presentare le mie dimissioni.” Disse austero appena ebbe finito.
Ophelia si affrettò a posare la tazzina per scrivere che non erano necessarie le sue dimissioni ma Erik l’anticipò: “Perché vorreste dimettervi? Non sentirete la mancanza del palcoscenico?
Assolutamente no, signore. Però non voglio essere causa di disonore per questa casa signore.” Rispose con vigore il maggiordomo.
Erik rimase in silenzio. Da una parte ammirava la lealtà incondizionata che Coyle dimostrava verso i Weston, ma dall’altra trovava qualcosa di estremamente ridicolo in quella situazione. Dopo tutto Coyle era stato solo un teatrante mentre lui aveva incarnato perfino l’Angelo della More, eppure gli era stata affidato ciò che c’era di più prezioso in tutta Grainstar House. “Tutti abbiamo dei capitoli delle nostre vite che non vorremo vedere pubblicati, ma non vi sembra di esagerare?
Se si sapesse che ho lavorato nei Music-hall porterei sicuramente disonore in questa casa.
Voi non potrete mai portare disonore a me o alla mia famiglia. Si affrettò a scrivere Ophelia
Vi ringrazio Milady, ma sono costretto ad insistere. La mia presenza in questa casa è inopportuna.
Il precettore sospirò. Aveva capito che non era la vergogna per essere stato scoperto a spingere Coyle, ma lui meglio di tutti sapeva quanta rilevanza avrebbe dato Sir Edward a questa storia. “Ditemi Coyle, è vero che avete insegnato voi a Ophelia a suonare il pianoforte?
Il maggiordomo guardò la giovane duchessa ricordando ancora la bambina che per giorni non aveva voluto parlare, mangiare o vivere. Un pomeriggio se la ritrovò accanto mentre suonava, era scesa fino al refettorio della servitù attirata dal suono del vecchio pianoforte. Quel giorno non era una nobile ereditiera ma solo un orfana che trovava un po’ di conforto nella musica. “Solo la melodia di qualche vecchia canzone, signore. Il resto è merito di musicisti molto più dotati di me.”
Ve lo chiese Sir Edward?”
No, fu una mia iniziativa. In quel momento mi sembrò giusto.” Dopo vennero i migliori insegnanti di Londra, sperando che come l’appetito e il resto sarebbe tornata anche la voce. Ma questa non giunse mai e tutti gli insegnanti di Ophelia, presto o tardi, decidevano che dedicarsi a una muta era uno spreco di tempo.
La rimpiangete?
Mai.” Coyle era un uomo che credeva fermamente nelle rigide gerarchie della società inglese, ma, anche se quel giorno decise di ignorarli, sapeva di aver fatto la cosa giusta nel chiedere a Lady Ophelia di sedersi sul seggiolino del pianoforte accanto a lui.
In tal caso, concordo con Lady Ophelia nel respingere le vostre dimissioni.” Disse Erik dopo un istante di riflessione. Non che ci fosse da pensare molto, ma doveva almeno far credere di aver riflettuto prima di decidere.
Ma Mr Destler …” Il maggiordomo provò ad opporsi stentando a credere che quella fosse una decisione adeguatamente ponderata.
Non ho il diritto di giudicare nessuno e vi posso assicurare che se il vostro caro desse importanza al passato altrui io non sarei qui.”
Grazie.” Disse con un inchino prima di andarsene.
Ophelia passò il quaderno a Erik appena fu sicura che nessuno li avrebbe sentiti. Davvero avete respinto le sue dimissioni solo perché mi ha insegnato a suonare?
Vostro nonno avrebbe fatto lo stesso. Ma credo che Coyle abbia visto cos’è per voi la musica, anche se non credo se ne sia accorto.”
Come al solito Mr Destler sembrava conoscerla meglio di tutti, perfino di lei stessa.E cosa sarebbe per me la musica?
L’aria che avete nei polmoni, il sangue che pulsa nelle vene o la vostra stessa anima. La Musica è una parte di voi, senza essa non potreste vivere. Un giorno lo sentirete e allora nient’altro avrà importanza.”
Per voi è così?
Si.
Anche il vostro insegnante vi disse queste cose?
Non ho avuto nessun insegnante.”
Fin dal primo giorno Ophelia aveva capio che le conoscenze di Mr Dester erano sterminate: parlava perfettamte cinque lingue, conosceva la matematica e le scienze. Perfino la poesia non sembrava avere segreti per lui. Avete davvero imparato da solo?
Ho vissuto in molti luoghi diversi e conosciuto molte persone, alcune le ho osservate attentamente per imparare la loro arte. Ho ascoltato i loro discorsi e letto i loro libi per imparare la loro lingua. Ma nessuno mi ha insegnato a suonare o a leggere un pentagramma. E adesso smettete di guardarmi in quel modo, sono sicuro che le vostre balie vi abbiano già spiegato quanto non sia educato.” Disse sentendo che la nobile non riusciva a distogliere gli occhi dal suo viso.
Grazie per insegnarmi tutto questo
Erik lesse più volte quelle parole cercando di ricordare se anche Christine lo aveva mai ringraziato per averle insegnato a cantare, ma per quanto ci provasse non trovava nulla di simile nella sua memoria. Eppure anche lei gli aveva detto un’infinità di grazie. Grazie per non averla lasciata sola o per averla consolata con il suo canto, ma mai per aver condiviso il suo sapere con lei. “Non ringraziatemi, un giorno potreste desiderare di non avermi mai incontrato.”

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Capitolo 7
*** Silenzio apparente ***




 
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NOTA DELL’AUTRICE: scusate il ritardo con cui aggiorno questa storia! La verità è che il tempo per scrivere mi scarseggia sempre di più e durante l’estate avevo deciso di dedicarmi solo a I’ll Count the Days che richiede delle ricerche storiche prima di scrivere ogni capitolo. Speravo di finirla entro settembre, ma come al solito mi sbagliavo.
Anyway … eccomi di nuovo in modalità Phantom-fan!
Terminate le scuse, faccio un doveroso disclaimer: se a qualcuno la scena della biblioteca ricorda qualcosa sappiate che temo di essermi fatta influenzare da Mozart in the Jungle. Adoro Rodrigo, credo che sia ciò che Erik sarebbe potuto essere se avesse avuto una vita normale e fosse stato dotato di un buon carattere. Il modo in cui sente la musica, in cui la ama, quel “suona col sangue” sono tutte cose che mi ricordano molto Erik (o meglio: il mio Erik) e rileggendo questo capitolo ho rivisto Rodrigo che insegnava a Hayley che la musica è ovunque attorno a lei, perfino nel caos di New York. Non è stato fatto apposta e questa scena era una di quelle che ho avuto in mente da più o meno il momento in cui ho pensato a come sviluppare la trama di Ophelia. Di solito dichiaro le fonti da cui prendo in prestito le mie idee, ma questa volta la somiglianza non è stata voluta (e forse c’è solo nella mia testa).
Spero comunque che il capitolo vi piaccia e che mi lascerete un commento.
 
PS: se non avete ancora visto Mozart in the Jungle, iniziate questa serie.
 
 
 
 
 
Ophelia era tornata in camera appena Coyle aveva suonato il gong per annunciare che mancava un’ora alla cena. Aveva suonato il campanello per chiamare Daisy e aveva aspettato la cameriera perché l’aiutasse a cambiarsi d’abito, osservando distrattamente il suo riflesso allo specchio.
Mr Destler aveva dimostrato gentilezza verso Coyle, anche se per ragioni che non capiva. Sicuramente non per la precisione con cui il maggiordomo svolgeva le sue mansioni. Forse perché anche Mr Destler nascondeva un passato di cui non andava fiero. Forse perché davvero a suo nonno non importava chi o cosa fosse qualcuno prima di arrivare a Grainstar. Forse era solo perché le aveva insegnato a suonare che si era convinto di aver fatto la scelta giusta. Quali che fossero le sue ragioni, Ophelia sapeva che molti altri avrebbero accettato le dimissioni di Coyle senza battere ciglio.
Ma il Fantasma dell’Opéra era capace della comprensione che Mr Destler aveva dimostrato?
Probabilmente no. Il Fantasma del libro di Daisy era una creatura sanguinaria, un assassino che aveva rapito una ragazza della sua età per costringerla ad amarlo. In un uomo del genere non potevano trovare posto la comprensione e tantomeno la compassione.
Appena Daisy arrivò le chiese quale abito volesse indossare per la cena. Una parte di lei trovava alquanto inutile cambiarsi per cenare con il suo precettore, che aveva sempre dimostrato un certo disinteresse per molte delle formalità di Graynstar, ma era abbastanza sicura che Coyle non l’avrebbe fatta sedere a tavola se non fosse stata vestita in modo appropriato. Con un mezzo sorriso indicò un semplice abito di seta rosa che la cameriera aveva appoggiato sul letto accanto a uno color grigio di taffettà ornato da pizzo e fiori ricamanti.
Siete sicura di voler scendere per la cena, Milady? Sembrate pallida.” Disse Daisy mentre le stingeva un po’ il corsetto.
La nobile si limitò ad un cenno di assenso e a un sorriso. Non si era nemmeno accorta di essere così pallida, ma farsi portare la cena in camera non le avrebbe dato nessun conforto.
Sono sicura che è stato quel signor Brooks che è sceso con Mr Coyle. Anche se era solo un lavoratore a cottimo avrebbe dovuto bussare alla porta di servizio, senza farvi prendere quello spavento.” Continuò prendendo l’abito posato sul letto. “Non oso pensare cosa vi sarebbe potuto succede se non ci fosse stato Mr Destler!
Ophelia rabbrividì. Non lo aveva notato prima, ma il suo precettore era sempre stato tra lei e Andy Brooks facendo in modo che questi restasse poco oltre le colonne che separavano la biblioteca grande da quella piccola. Cosa sarebbe successo se quell’individuo orrendo fosse comparso quattro mesi prima?
Siete sicura di sentirvi bene?” domandò Daisy preoccupata di aver spaventato la ragazza più di quanto non lo fosse già.
Ophelia annuì e i suoi lineamenti si distesero in un sorriso.
La cameriera sembrò rasserenarsi “Vi porterò della camomilla prima che andiate a letto e dirò alla signora Cooke di preparavi dello zabaione per la colazione di domani.”
La nobile posò le mani su quelle della cameriera nel gesto che tra loro significava grazie, poi aspettò che Daisy le finisse di sistemare l’abito e tornò al pian terreno. Mr Destler non c’era ancora così decise di suonare qualcosa per distrarsi dai suoi pensieri.
Iniziò a suonare senza aver deciso quale brano eseguire. Suonò senza sentire le singole note. Non do, re o mi, forse non c’era nemmeno Ophelia Weston. C’era solo la musica che le scorreva attraverso, portandola di nota in nota verso una destinazione che non riusciva a trovare. Forse non c’era una meta in quel viaggio. Forse c’era davvero solo la musica come diceva Mr Destler.
 
Erik aveva sentito le prime note del Canto del Cigno di Schunert mentre scendeva la grande scalinata. Si avvicinò alla sala da musica decidendo di rimanere sulla porta. Ophela suonava sempre con estremo trasporto, ma quel momento era diverso, gli bastò vedere come suonava per accorgersene.  
La prima volta che lui si perse così nella Musica credette che fosse un sogno a occhi aperti. Nella sua casa di Rouen c’era un pianoforte che fu il suo compagno di giochi preferito fin da quando aveva memoria. Su quel pianoforte dimenticava ogni cosa: le inutili lezioni del vicario sul bene e Dio, l’orrore negli occhi di sua madre, perfino il suo viso o la sua maschera di stracci. Su quel pianoforte c’era solo la Musica. Un giorno, non avrebbe saputo dire quanti anni avesse, sentì che quello che suonava era reale proprio come i tasti bianchi e neri che vedeva attraverso lo straccio di iuta che doveva indossare. Fu come avere accanto una persona che gli raccontava una storia in una lingua che solo lui poteva capire. Appena finì di suonare, con il cuore che gli batteva ancora forte, corse nella camera da letto di sua madre, dove c’era l’unico specchio della casa, e si tolse la maschera. Non lo faceva mai. Non gli piaceva osservare il suo riflesso, ma doveva sapere se era stato un sogno o se era tutto vero. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire la iuta strusciare contro la pelle mentre sperava di vivere un sogno dal quale non si sarebbe svegliato mai più. Quando il panno cadde sul tappeto rivelando il suo volto sfigurato non versò nemmeno una lacrima: dietro le ossa scombinate, la pelle cadente e raggrinzita poteva vedere la stessa espressione di gioia e meraviglia che Ophelia aveva in quel momento.
Erik rimase sulla porta scoprendosi a sorridere a quel ricordo. Quando arrivò Coyle per annunciare che la cena era pronta non ci fu bisogno di dirgli che poteva attendere qualche minuto. Entrò appena Ophelia ebbe finito di suonare. La vide guardare incredula i tasti del pianoforte proprio come aveva fatto lui ed era sicuro che se avesse fatto attenzione avrebbe anche sentito il suo cuore battere con la stessa forza.
Credo che la cena sia pronta.” Disse porgendo la mano.
Ophelia si girò per guardarlo. Normalmente, appena l’ultima nota si dissolveva, tutte le sue emozioni erano già scomparse, ma adesso Erik poteva nitidamente vedere un crepa in quell’apparenza perfettamente composta che ogni futura duchessa avrebbe dovuto possedere. Anche quando posò la mano sulla sua notò qualcosa di diverso: normalmente sarebbe stata restia a farlo, ma quella sera non ebbe nessuna esitazione. Erik accompagnò Ophelia fuori dalla stanza da musica vedendola tornare alla realtà ad ogni passo che faceva.
Subito oltre la porta Coyle li aspettava. “È stata un’esecuzione splendida.” disse mitigando il suo aspetto severo con un sorriso che Ophelia ricambio istantaneamente.
La cena fu semplice. O almeno semplice secondo gli usi di Grainstar: i commensali indossavano abiti da sera, sulla tovaglia bianca erano adagiate posate e candelabri d’argento con lunghe candele accese, due centrotavola colmi di fiori facevano da ornamento e c’erano due camerieri in livrea a servire la cena ma Mr Coyle e la signora Cooke avevano presto capito che Erik Destler era un uomo dall’appetito frugale per cui, in assenza di Sir Edward, non venivano mai serviti piatti elaborati. La prima volta che Erik cenò con Ophelia, senza Lord Weston fosse presente, capì che per Mr Coyle nemmeno la fine del mondo sarebbe stata una ragione sufficiente per ignorare che quella era sempre la casa di un duca. Da allora sedeva accanto alla sedia vuota del Duca e si faceva servire come se anche lui fosse stato un nobile solo per non mancare di rispetto al lavoro della servitù, anche se era perfettamente capace di versare il vino nel proprio bicchiere. Terminato il pasto disse a Coyle e all’altro cameriere che potevano andare a cena anche loro. Quella era l’unica libertà che si prendeva: versarsi da solo il brandy in biblioteca. Un gesto che per Mr Coyle sarebbe stato rivoluzionario se compiuto da Sir Edward, ma per sua fortuna era solo un precettore.
 
 
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Povera Lady Ophelia!” Disse Daisy apparecchiando la tavola per la servitù “Dovevate vedere com’era turbata. Era bianca come un tovagliolo!
Se Lord Weston fosse stato qui …” iniziò Bess prima di rendersi conto che nemmeno il Duca avrebbe potuto evitare l’intrusione di quell’Andy.
Di sicuro avrebbe saputo come cacciarlo e non fargli più venire in mente di tornare.”
Credo che per questo sia bastato Mr Destler.” Disse un cameriere seduto vicino al caminetto “Ho parlato con il giardiniere che ha visto Andy andare via. Ha detto che aveva la faccia di chi ha visto un demonio.
Certo che chi avrebbe mai detto che Mr Coyle conoscesse un tipo del genere!” esclamò Daisy finendo di mettere a tavola i bicchieri.
Io no di sicuro.” Disse Bess dopo aver rimesso nel cassetto un cucchiaio di troppo.
Io ero convinto che fosse nato con il vassoio in mano.” Rispose sarcastico un altro cameriere nella stanza gettando il mozzicone della sigaretta nel camino.
Voi non avete niente di meglio da fare che parlare male degli assenti?” Mis Price entrò nella stanza smorzando le risatine dei presenti. “Evan hai preparato la camera di Mr Destler?
Si signora. È tutto pronto, i vestiti sono stati sistemati e Mary ha già acceso il camino.” Disse l’uomo che aveva appena spento la sigaretta. Il maggiordomo aveva affidato a lui la cura di Mr Destler, nonostante Evan avesse mostrato di provare un certo ribrezzo per quell’uomo. Certamente aver servito l’esercito in India assieme a Sua Grazia gli dava diritto a qualche privilegio rispetto agli altri precettori, ma Evan non poteva fare a meno di provare un certo fastidio per quell’uomo mascherato che veniva trattato come un nobile. Dopotutto, non faceva anche lui parte della servitù? Ma, per quanto volesse lamentarsene, occuparsi di Mr Destler non era una cosa molto difficile: i vestiti se li sceglieva e metteva da solo, e lui doveva solo passare nella camera da letto quando aveva finito per controllare che tutto fosse in ordine e portare gli indumenti sporchi in lavanderia.
Bene, allora vai di sopra per vedere se hanno finito.” Comandò la governante solo per non lasciarlo senza fare niente. Mis Price aspettò che Evan fosse uscito per parlare s Daisy “Come sta lady Ophelia?
“Scossa. Ma credo che domani mattina starà meglio.”
La donna sospirò di sollievo “Bene. Dio solo sa cosa le sarebbe potuto succedere se fosse stata sola. Adesso andate in cucina e dite alla signora Cooke che non dovrebbe mancare molto.”
 
 
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Dopo cena Ophelia aveva preso un vecchio libro di illustrazioni ma non lo aveva nemmeno aperto. Se lo era dimenticato in grembo, mentre osservava il fuoco scoppiettare nel camino e sentiva il vento battere sulle grandi finestre della biblioteca. Era il ricordo di come aveva suonato che le impediva di pensare ad altro.
Aveva sempre messo tutte le sue emozioni in ciò che suonava, per quanto desiderasse parlare c’erano cose che non sarebbe mai riuscita a dire ad alta voce. Per queste, e tutto il resto, c’era il pianoforte. Ma prima era stato diverso. Era come se, invece di essere la pianista, era stata il pianoforte di qualcun altro. Era stata pervasa così tanto da quello che stava suonando da non sentirsi nemmeno più una persona. Ophelia era scomparsa nella musica e, adesso che ci ripensava, aveva paura che non sarebbe stata capace di ritrovarsi la prossima volta che le sarebbe successo qualcosa del genere.
Alzò gli occhi verso il suo precettore: Mr Destler era seduto di fronte a lei, con le gambe elegantemente accavallate e il bicchiere di brandy nella mano destra. Ogni tanto ne beveva un sorso ma quello che stava davvero facendo era aspettarla, proprio come durante le loro lezioni di matematica o di musica, quando Ophelia sentiva quei penetranti occhi gialli scrutarla nell’attesa che scrivesse una domanda che lui già conosceva. Allora Ophelia prese il piccolo quaderno dalla tasca dell’abito e scrisse.
Cosa mi è successo mentre suonavo?
Avete percepito la Musica e vi siete abbandonata ad essa.”
Ophelia riprese il taccuino in mano e rimase a fissare una pagina bianca aperta sulle ginocchia. Quindi quella era l’entità che l’aveva pervasa fino al punto di annullarla? Fino al punto di renderla un burattino? La stessa musica l’aveva spaventata a morte la prima volta che aveva sentito Mr Destler suonare, solo il ricordo bastava per farle tremare le mani.
Devo avere paura?
Il vento era diventato tempesta e grosse gocce d’acqua picchiettavano sulle finestre rimbombando nella biblioteca, adesso il vento ululava nel camino attorcigliando le fiamme su loro stesse, tra uno schiocco di lega e l’altro. Anche in quel silenzio apparente c’era Musica, per coloro che sapevano ascoltarla. Senza rispondere si alzò dal divano e spostò una delle pesanti tende di velluto rosso per amplificare il rumore della pioggia poi fece qualche passo verso il centro della stanza e tese la mano destra verso Ophelia perché lo raggiungesse. Quando aveva offerto la mano Christine, invitandola a oltrepassare lo specchio del camerino della Carlotta, lei si era lasciata condurre senza esitazione nel buio più profondo dell’Opéra mentre Ophelia aveva esitato anche solo per quei pochi passi, stringendo il quaderno al petto, prima di alzarsi dal divano a su volta.
Erik fece un passo di lato “Chiudete gli occhi.” Disse con voce ipnotica calando una mano sul viso della ragazza. “Ascoltate la pioggia cadere sulle finestre … sentite il suo ritmo irregolare.” lasciò il tempo ad Ophelia di concentrarsi sulla pioggia restando immobile al suo fianco “Adesso ascoltate la legna che scricchiola, ogni volta è una nota diversa.”
Ophelia aveva chiuso gli occhi e si era fatta guidare dalla voce suo Maestro. Si era prima concentrata sulla pioggia, ed in un certo senso fu come ascoltarla per la prima volta: ogni goccia era diversa dalle altre, l’una più piccola o più grande dell’altra, più forte o più debole nell’infrangersi sui vetri. Ad ognuna di loro poteva affibbiare una nota diversa. E poi c’era il fuoco, che adesso le sembrava quasi un accompagnamento sincopato. Non si poteva definire musica, non nel senso tradizionale del termine, ma in qualche modo la pioggia e i crepitii erano musicali.
“Adesso ascoltate il vento che fischia nel camino, il suo canto.” Erik si interruppe ancora. Il taccuino, che Ophelia portava sempre con sé, era scivolato dalle dita cadendo lungo la gonna e per adagiarsi sul tappeto, ma lei era talmente concentrata sui suoni che la circondavano da non accorgersene. “Questa è la Musica. Lei è ovunque. Non dovete temerla. Lasciate che vi sussurri all’orecchio, abbandonatevi a lei senza paura perché non vi farà mai del male.” Per un momento gli sembrò di tornare nella sua Dimora e rivide Christine davanti ai suoi occhi. Si rivide cantarle della bellezza nascosta nell’oscurità e sfiorarla con il dorso della mano. Ricordò che la sua ex pupilla piegò la testa sulla sua mano e che i quel momento lui la credette sua per sempre. Proprio come la Musica lui non le avrebbe fatto mai del male. Ma così non fu e alla fine Christine aveva visto solo la sua oscurità, la sua Dimora era stata bruciata e davanti a lui c’era solo una ragazza che aveva spaventato già a sufficienza.
Ophelia riaprì lentamente gli occhi realizzando che la Musica di cui Mr Destler parlava sempre non era quella scritta sul pentagramma, quella era creata solo da semplici note. Questa era qualcosa di diverso, più profondo e intimo, qualcosa che riguardava la sua anima, per quanto blasfemo le potesse sembrare. Cercò il quaderno nella mano sinistra ma lo trovò sul tappeto, accanto alla gonna, allora Erik le offrì il proprio palmo.
Per voi è sempre così? 
 “Si.”
Com’è stato la prima volta che l’avete sentita?
Ero un bambino … stavo giocando con il pianoforte e mi sono semplicemente perso nella Musica. All’inizio credetti si trattasse di un sogno.” Era la prima volta che lo raccontava a qualcuno, nemmeno con il parroco che veniva ogni giorno per insegnargli la differenza tra bene e male ne aveva mai parlato. All’epoca era abbastanza intelligente da capire che se avesse provato a spiegare quella sensazione a qualcuno sarebbe stato sottoposto ad un esorcismo e non avrebbe più rivisto un pianoforte.
E quando avete capito che era reale siete rimasto deluso?
All’inizio … si. Ma poi ho capito che Lei ci sarebbe sempre stata. La Musica è tutto ciò che importa, è tutto ciò che resta.”
Ophelia sorrise brevemente. Quello che chiunque altro trovava in Dio, per Mr Detler era nella Musica. Vorreste suonare per me? La vostra musica se non vi dispiace.
Erik stentava a credere a quello che aveva letto. Proprio Ophelia che non riusciva a nascondere la paura quando si sedeva al pianoforte gli chiedeva di suonare una sua composizione! Dopo il modo in cui l’aveva spaventata si era convinto che avrebbe preferito ingoiare biglie piuttosto che stare immobile accanto al pianoforte mentre suonava nella speranza di riuscire a cantare un giorno o l’altro. “Solo se lo volete davvero.”  
La giovane annuì in risposta e Erik le porse la mano per accompagnarla nella sala da musica. Ophelia rimase ad ascoltarlo tutta la sera, non si allontanò nemmeno per andare a prendere lo scialle ed il taccuino dimenticati in biblioteca. Era come una bambina che aveva deciso di non avere più paura del buio. E, per quanto Erik ci potesse pensare, non trovava la ragione di un cambiamento tanto repentino. Ma, qualunque questa fosse, sarebbe bastata per fare abbandonare Ophelia alla Musica fino al punto di cantare per lui?
Quando Ophelia decise di ritararsi al piano di sopra ringraziò Mr Destler per il concerto privato prima di augurargli un buona notte. Ai piedi della scalinata, appoggiati su un tavolino rotondo, c’erano due candele e dei fiammiferi, ne accese una sapendo che l’altra sarebbe rimasta lì fino al giorno dopo e poi salì le scale. Aveva smesso di piovere e tutto sembrava immobile sotto qualche timido raggio di luna che sfidava le nuvole, anche Grainstar era diventata silenziosa. Arrivata in camera sua trovò il fuoco già acceso, non le restava che chiamare Anna ed aspettarla al tavolo da toiletta. Poi aspettò ancora: aspettò che la cameriera le sciogliesse l’acconciatura e le slacciasse l’abito, che tornasse con una tazza di camomilla e che le augurasse la buona notte. Solo quando fu sicura che la cameriera stesse scendendo le scale si alzò dal letto per dirigersi al segreter e prendere Il Fantasma Sanguinario da uno dei cassetti.
L’uomo di quel racconto era un mostro, non aveva dubbi e non le serviva sfogliare le raccapriccianti illustrazioni per ricordarlo. Non era il suo aspetto a renderlo tale ma il modo con cui trattava gli altri: come fossero marionette aveva preteso di controllarne ogni gesto e aveva ucciso, o aveva minacciato di farlo, per ottenere quello che voleva. Per quanto angelica potesse essere la sua voce, nel suo cuore non c’era spazio per il rimorso e l’empatia.
Ma quell’uomo e Mr Destler non erano la stessa persona: il suo precettore aveva una morale che forse era assolutamente personale, ma era definibile tale. La Musica era per lui quello che per altri uomini era la fede o la scienza. Per Lei aveva respinto le dimissioni di Coyle. Sempre per la Musica aveva accettato di farle da precettore: non era per il salario o per dimostrare che avrebbe riuscito dove altri avevano fallito, ma perché aveva sentito che in lei c’era la Musica. Per Lei le insegnava tutto quello che lui aveva appreso da solo. E non erano questi gesti di sincero altruismo?
Tutti abbiamo dei capitoli delle nostre vite che non vorremo vedere pubblicati.
Non ho il diritto di giudicare nessuno e vi posso assicurare che se il vostro caro Duca desse importanza al passato altrui io non sarei qui.
Suo nonno lo sapeva?
Per quanto impossibile potesse sembrare, più ci pensava e più si convinceva che fosse proprio così.
Ophelia si alzò di scatto iniziando a camminare per la stanza cercando dell’aria che era venuta improvvisamente meno.Davvero suo nonno voleva sentirla parlare al punto tale da accogliere un assassino a Grainstar? Lasciarla sola con lui? Gli occhi di Ophelia si riempirono di lacrime mentre si copriva la bocca con le mani in un gesto istintivo. L’ultimo dei suoi medici, che era venuto appositamente dal Continente, le aveva messo dodici biglie in bocca e suo nonno era rimasto con loro fino a quando lei non ne ingoiò una, allora smise di fumare la pipa e trascinò quel professore tedesco fino alla porta tenendolo per il bavero della giacca. Non lo aveva mai visto così arrabbiato! Invece aveva acconsentito ad ogni richiesta di Mr Destler senza battere ciglio. Gli aveva perfino affidato la responsabilità sua e della tenuta mentre era assente. Di sicuro non lo avrebbe fatto se avesse ritenuto Mr Destler il mostro di cui aveva letto.
Magari in una vita passata il Fantasma dell’Ophera e Erik Destler erano stati una sola persona, ma se suo nonno non lo aveva giudicato per il suo passato non lo avrebbe fatto nemmeno lei. E poi non le sembrava giusto trattarlo in un modo diverso da come si era comportato con Coyle.
Ophelia si asciugò gli occhi, rimise il libro nello stesso cassetto da cui lo aveva preso ed infine richiuse il segreter. Lo avrebbe conservato come monito e un giorno, se avrebbe trovato abbastanza coraggio, avrebbe chiesto a Mr Destler come era arrivato a Grainstar.

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Capitolo 8
*** Listen to the Angel of Music ***







Il giorno seguente si presentò come una mattina grigia e umida. Ophelia aspettò che Daisy arrivasse per vestirla sbirciando da dietro le tende il ragazzo che arrivava da Eastwood ogni mattina per consegnare i giornali e la posta: un cappello ed una giacchetta di tweed marrone che correvano via in bicicletta verso l’ingresso di servizio per poi tornare subito in paese.
Appena la cameriera arrivò, Ophelia la salutò con un sorriso, scoprendosi nervosa per qualcosa che non riusciva a capire. Daisy le propose qualche abito e Ophelia ne scelse uno senza troppi decori: la gonna era color ciclamino con piccole righe bianche ed un panneggio laterale in tinta unita che si arricciava nella parte posteriore, la giacca, dello stesso color ciclamino, aveva un profondo scollo e le maniche fino al gomito, permettendo di mostrare la camicia bianca di pizzo finemente ricamato.
Scegliere l’acconciatura non fu altrettanto facile: la giovane duchessa avrebbe lasciato i capelli sciolti, o al massimo ne avrebbe raccolti solo una parte in una semplice treccia, ma Daisy fu irremovibile sul punto che si trattasse di pettinature più adatte ad una bambina che ad una ragazza dell’età per entrare in società. Ophelia era pronta a scrivere sul suo quaderno che solo lei poteva decidere cosa fosse appropriato per i suoi capelli ma si scoprì priva del coraggio necessario nel momento in cui prese la matita in mano, e le due donne si accordarono per un mezzo raccolto ornato da un pettine di giada.
L’ultimo accessorio che indossò fu una spilla, un cameo incastonato in una cornice di piccoli fiori d’oro, che era appartenuta a sua madre e che Ophelia appuntò alla base del colletto della camicia.
Prima dell’arrivo di Mr Destler, per lei era normare restare da sola a Grainstar durante i viaggi di suo nonno. Potevano essere assenze di pochi giorni per recarsi a Londra, oppure periodi più lunghi quando era necessario che andasse all’estero. Sir Edward non la portava mai con sé, nemmeno per i viaggi nella capitale, e quando era via tutto sembrava fermarsi in una sorta di pacifica attesa in cui la dedizione di Mr Coyle mandava avanti la casa con la precisione di un orologio svizzero: le cameriere ne approfittavano per pulire lo studio di suo nonno fino a quando le porte non erano tanto lucide da potercisi specchiare, la signora Cooke si dedicava all’inventario della dispensa; la colazione era sempre servita in sala da pranzo e la cena annunciata da un colpo di gong alle cinque precise anche se lei era l’unica commensale. Se c’era qualche problema alla tenuta se ne occupava Mr Coyle che riceveva il fattore o l’affittuario per poi riferire a Sir Edward il giorno stesso del suo ritorno. Non c’era nulla di tanto urgente o grave da infrangere la bolla che calava su Grainstar appena il Duca lasciava la residenza.
Ma poi era arrivato Mr Destler e molte cose erano cambiate: le cameriere lucidavano ancora le porte allo stesso modo, la cuoca continuava a fare l’inventario, la colazione era sempre servita in sala da pranzo su fini porcellane ed il gong suonava alle cinque di ogni giorno, ma la bolla si era dissolta. Non era solo la nuova routine introdotta dal suo precettore o il fatto che Sir Edward gli aveva affidato la gestione di ogni cosa in sua assenza, era qualcosa di diverso che si poteva percepire ma non vedere. Solo la scacchiera nello studio di suo nonno non venivs toccata da nessuno fino a quando la partita non fosse finita.
Quando Ophelia raggiunse la sala da pranzo il suo precettore leggeva il Times appena stirato; alle sue spalle, accanto al tavolo del buffet, c’erano Mr Coyle e un cameriere di nome Tom. Appena la nobile varcò la soglia Erik la salutò mentre chiudeva il giornale e si alzò per fare una leggera riverenza di cortesia mentre i due domestici lo imitavano. Ophelia ricambiò con un sorriso ed un gesto della mano che invitava tutti a mettersi comodi, per quanto possibile. 
 “Posso suggerirvi il pudding di zucca, my lady? La signora Coocke ha detto di aver seguito una nuova ricetta.” disse il maggiordomo scoperchiando i porta vivande in argento. La nobile acconsentì indicando anche le frittelle di uova e le verdure cotte. Tom l’accompagnò al tavolo, spostò la sedia per farla sedere ed infine le versò una tazza di tè al bergamotto mentre Mr Coyle preparava il piatto.
Sir Edward vi ha mandato un biglietto.” Disse Erik porgendole una piccola busta chiusa da un sigillo di cera rossa, Ophelia spezzò il sigillo e lesse le poche righe che annunciavano il ritorno di suo nonno prima di cena prima di restituirla al precettore perché la leggesse. “Vi ringrazio, ma vostro nonno mi ha già informato.
La colazione non durava mai molto, nemmeno quando suo nonno era a Grainstar, così capitava spesso che la lezione di musica iniziasse prima delle nove. Erik la precedeva nella sala da musica e si faceva consegnare il quaderno, a quel punto Ophelia si sedeva sul seggiolino del pianoforte aspettando che il suo precettore decidesse come iniziare.
Scala di La maggiore a moto retto e contrario. Per quattro ottave.” Disse Erik dopo aver dato una veloce occhiata al rondò di Mozart aperto sul leggio del pianoforte. Le mani di Ophelia si mossero istantaneamente ma a metà del primo esercizio il precettore la fermò “Ogni suono deve avere la stessa durata ed intensità, cercate di non farmi sentire altri passaggi del pollice.” La ragazza riprovò, un po’ più lentamente di prima ma Erik la interruppe ancora “Non vi ho detto di rallentare.
Le ci vollero altri tre tentativi perché Erik fosse soddisfatto solo del primo esercizio; per sua fortuna il moto contrario si rivelò più semplice ma, per altrettanta sfortuna, Erik decise che avrebbe dovuto suonare la scala di La anche per terze e quinte parallele, il che richiese ben più di tre tentativi e consumò la poca pazienza del suo precettore.
Quando arrivò il momento di cedere il seggiolino, Ophelia si sentì sollevata di non dover più suonare. Quella lezione era stata estenuante. Mr Destler l’aveva corretta decine e decine di volte sia sulla tecnica, sia sul rondò di Mozart, lasciandola frastornata. Ormai conosceva il temperamento del suo insegnante, ma questo non voleva dire che ci fosse abituata o che si ritenesse capace di raggiungere quell’assoluta perfezione a cui lui mirava. Era migliorata tantissimo negli ultimi mesi, ma ciò nonostante non si riteneva all’altezza delle sue aspettative. Certo, il fatto che non se ne fosse ancora andato come tutti gli altri le dava un po’ di speranza, ma una voce dentro la sua testa le sussurrava che lei non era abbastanza e che non lo sarebbe mai stata.
Concentratevi.” Disse Erik prima di iniziare a suonare. Le sue mani erano eleganti, agili e veloci, forti e delicate insieme, sovrane incontrastate di quel bizzarro regno bianco e nero. Non c’era tasto che non gli ubbidisse solerte, per concorrere con i suoi compagni a creare melodie bellissime.
Fino al giorno prima, quando Mr Destler suonava, Ophelia faceva del suo meglio per non ascoltare. Si rifugiava in un angolino della sua mente e cercava di restarci per tutto il tempo. Non era un’impresa facile perché quelle melodie erano suadenti come il canto di una sirena, ma il ricordo della prima volta che le aveva sentite bastava sempre a non farla cedere. Anche se Mr Destler le aveva assicurato più volte sul fatto che non le avrebbe fatto alcun male lei non si era mai fidata di lui. Almeno non quando era al pianoforte.
Dopo tutto, per quanto Mr Destler avesse dimostrato di capirla più di chiunque avesse incontrato, come poteva essere sapere che un giorno non si sarebbe ritrovata al posto di quella cantante dell’Opéra?
Solo la sera precedente era stata lei stessa a chiedergli di suonare la sua Musica. Era stato il modo in cui ne aveva parlato a farle cambiare idea e per tutto il tempo non ne ebbe paura. Nella Musica di Mr Destler c’era molto di più dell’insieme delle singole note: c’erano gioia e speranza, ma anche solitudine e oscurità; c’erano la bellezza sublime ed il mistero, ma c’era sicuramente molto atro. Ed ascoltarla era stato facile.
Adesso sembrava che le tendesse la mano, per accompagnarla nella Musica. Ophelia chiuse gli occhi e respirò lentamente. Prima di addormentarsi si era ripromessa che non avrebbe più giudicato Mr Destler per l’uomo che era stato prima di incontrarla, poche ore prima si era abbandonata alla sua Musica naturalmente, eppure adesso non ci riusciva.
Secondo lui un giorno avrebbe cantato. Oggi o magari tra un mese, o un anno. Non aveva importanza quando, ma un giorno sarebbe successo e l’avrebbe aspettata per tutto il tempo necessario. Proprio come aspettava che scrivesse sul quaderno domande che lui sembrava leggerle nel pensiero. Proprio come la stava aspettando adesso, alle soglie di quel reame incantato.
Mr Destler aveva sempre dimostrato di conoscerla meglio di chiunque altro, fin da quando era arrivato a Grainstar. Gli era bastato sentirla suonare per leggerle dentro ed arrivare a pensieri ignoti perfino a suo nonno. Forse avrebbe dovuto fidarsi anche questa volta. Lei continuava a credere di non poter più parlare, ma se il suo precettore era così tenacemente convinto del contrario allora, forse, c’era una speranza?
Il suo Maestro non dimostrava pazienza se ripeteva lo stesso errore per più di una volta, ma quando si trattava della sua voce sembrava capace di aspettare anche mille anni.
Mr Destler credeva in lei molto più di quanto non facesse lei stessa.
Poche ore prima si era ripromessa di non giudicarlo per il suo passato, per chi o cosa potesse essere stato prima di arrivare a Grainstar, ed ora non poteva tirarsi indietro: se Mr Destler aveva tanta fiducia nelle sue capacità, le ne doveva avere in egual misura in quelle del precettore. Così prese la spilla in una mano e si lasciò condurre dal suo Maestro nella sua Musica, ed appena lo fece lui iniziò a cantare.
 
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Sir Erward arrivò in perfetto orario per il tè.
Ophelia sentì la carrozza dalla biblioteca, dove aveva passato il pomeriggio ombreggiando il vaso di dalie disegnato il giorno prima. Fino a pochi mesi prima avrebbe smesso di disegnare e gli sarebbe corsa incontro, ma anche quella era una delle tante cose che erano cambiate dall’arrivo del suo precettore. Se non fosse rimasta a disegnare Mr Destler avrebbe lasciato Grainstar prima di cena e, nonostante tutto, Ophelia non aveva mai voluto nulla del genere. Se anche lui se ne fosse andato, lei che speranze restavano?
Appena Erik sentì la carrozza di Sir Edward sul selciato estrasse l’orologio da taschino per controllare che ora fosse e poi diede un ultima occhiata al disegno di Ophelia. Oramai era quasi finito: i chiaroscuri dei fiori erano stati completati dando alle dalie i corretti volumi, le ombreggiature del vaso erano pressoché complete, Ophelia si stava dedicando allo sfondo ma continuarlo con la luce che iniziava a calare sarebbe stato solo una perdita di tempo. “Domani aumenterete l’ombreggiatura qui e … qui.” Disse indicando due punti precisi sulla tela “Così i fiori saranno in risalto maggiore.” L’uomo sospirò chiudendo l’orologio con un leggero clack “Per il resto è accettabile. Ma dovrete esercitarvi molto ed mi assicurerò che ciò avvenga.”
Pochi istanti dopo il Duca entrava in biblioteca con il sorriso più ampio di cui era capace. Ophelia gli andò in contro con lo stesso sorriso e Sir Edward la abbraccio sollevando la nipote di pochi centimetri prima di baciarle i capelli e chiederle come stesse, o cosa avesse fatto mentre era stato a Londra. Poi sarebbero arrivati i regali. Non mancavano mai: nuovi vestiti o cappelli, libri o ombrellini parasole, magari degli spartiti nuovi. Tutto sempre della fattura migliore.
Erik aveva imparato a conoscere quel rituale ed ad allontanarsi il prima possibile.
Era il modo in cui gli occhi del duca si illuminavano o quel tono di voce che non riservava a nessun’altro a rendere il momento tanto privato.
E poi … quei momenti gli ricordavano sua madre.
La sua povera madre che come unico regalo gli aveva dato una maschera di stracci e che non sopportava nemmeno di stare nella stessa stanza con lui. La sua povera madre che aveva portato alla pazzia, prima, e al suicidio poi. La sua povera madre per cui non era capace di provare il giusto rimorso.
Erik seguì con le dita gli intarsi del mobile accanto a lui con sguardo assorto. I fiori e le foglie in madreperla bianca si inseguivano sul legno nero come la pece. Poi alzò gli occhi per osservare l’enorme sala centrale del piano terra: il camino in pietra bianca intagliata, i quadri, i tappeti e le tappezzerie, fino al lucernario sopra la sua testa. Grainstar era una lussuosa gabbia dorata, ma era stata costruita per proteggere Ophelia non per nasconderla con vergogna.
L’amore di Sir Edward era … ostinato. Glielo aveva detto appena arrivato a Grainstar che sarebbe stato capace di uccidere il mondo per Ophelia ed Erik non ne aveva mai dubitato. Non di meno, quando parlava con la nipote sembrava un’altra persona. L’amava tanto da volerla proteggere perfino dai suoi demoni. L’amava tanto da lasciarla con un omicida perché era sicuro che anche lui l’avrebbe protetta allo stesso modo.
A ben pensarci quella era follia, non ostinazione.
Se esisteva un Inferno dopo la morte probabilmente si sarebbero rincontrati lì, a meno che l’amore per Ophelia non bastasse, da solo, a salvargli l’anima.
 
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Sir Edward rimase a lungo senza parole, boccheggiando con la pipa. “Coyle un cantante di vaudeville!” mormorò scuotendo la testa. “Non riesco ad immaginarlo su un palcoscenico.” Non che cambiasse molto, a dire il vero, ma la rivelazione era comunque sorprendente.
Vedo che la notizia vi incuriosisce.” Commentò Erik versandosi del brandy. La cena era finita, i domestici erano stati congedati ed Ophelia si stava preparando per la notte, quello era un ottimo momento per parlare degli avvenimenti del giorno precedente. “Magari porreste chiedere al vostro maggiordomo un’esibizione privata.”
Sapevano entrambi che non sarebbe mai successo, ma il Duca sorrise ugualmente. “Dimostra che non si conosce mai davvero qualcuno fino in fondo.” Disse alzando gli occhi verso il ritratto di sua moglie “È stimolante, non trovate?
Erik tornò a sedersi e la pelle del divano si tira seguendo i suoi movimenti. “Estremamente.” Rispose con disinteresse.
Sir Edwatd valutò la domanda successiva con la stessa cura riservata agli scacchi, prendendosi una lunga boccata di fumo. “E cos’avete fatto con Andy Brooks?
Gli ho fatto prendere un piccolo spavento e lui è stato più che felice di andarsene.
Lord Weston poté ammirare gli occhi d’ametista del Fantasma dell’Opera luccicare e la sua voce indugiare piacevolmente al ricordo della paura provata da quel pover uomo. “Non gli avrete mostrato il vostro volto?
L’altro gli lanciò uno sguardo di rimprovero, come se quello fosse l’unico modo che conoscesse per terrorizzare qualcuno. “Andy Brooks è uscito da questa casa sulle sue gambe e perfettamente sano di mente.
E Ophelia?” Adesso la voce del Duca era bassa e affilata come una lama. Se fosse stato presente Andy Brooks sarebbe stato sicuramente arrestato per vagabondaggio, ma non voleva pensare a cosa sarebbe potuto succedere se quel mendicante si fosse presentato solo pochi mesi prima.
Andy non è mai nemmeno entrato nella stessa stanza di vostra nipote.” Se ci avesse provato ad avvicinarsi ulteriormente non sarebbe stato altrettanto gentile. Quello stolto non lo sapeva, ma era un uomo fortunato.
Immagino di dovervi ringraziare.”
Non tra vecchi amici.”
Sir Edward Weston ignorò il tono sarcastico. Loro non erano vecchi amici e Erik Dester non interessavano i suoi ringraziamenti, anche se aveva protetto Ophelia. Loro erano alleati, perfino complici, una cosa molto diversa. “Ci sono altre novità?” 
Vostra nipote ha ascoltato.” Con la coda dell’occhio Erik vide il nobile smettere di fumare la pipa e allontanarsi dallo schienale della sua poltrona assottigliando gli occhi. “La mia Musica, ieri sera ha chiesto che la suonassi per lei.”
Il Duca sorrise: se il suo complice aveva ragione Ophelia avrebbe parlato presto.
 
 


 

NOTA DELL’AUTRICE: lo so che sono una persona orrenda. Lo so che in molti mi avete dato per morta e che magari vi aspettavate qualcosa in più in questo capitolo. La verità è che dall’ultimo aggiornamento la mia real life è diventata un po’ più esigente e mi è più facile scrivere OS o piccole raccolte. Però non ho intenzione di abbandonare questa storia e nemmeno The Angel (per cui ho iniziato finalmente a scrivere il prossimo capitolo, ma abbiate sappiate che potrebbero volerci mesi).

Venendo a questo capitolo, mi spiace che non sia più lungo come sarebbe dovuto essere nei piani ma mentre scrivevo mi è sembrato più giusto fermarmi qui. Non sono molto sicura che lo stile sia lo stesso a cui eravate abituati, ma spero che il risultato vi piaccia lo stesso.

Il banner e i divisori di testo non ci sono perché il mio account photobucket ha deciso di piantarmi in asso, quindi devo ricaricare tutte le immagini di tutte le mie storie su un altro sito di hosting, e fino ad allora niente banner.

Finite le scuse e le comunicazioni di servizio, vi ricordo che le recensioni non solo sono ben gradite ma che mi fa davvero piacere cosa pensano i miei lettori.

A presto, Aris

 

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Capitolo 9
*** Un Atto di Fede ***


 “Mr Coyle, posso andare ad ascoltare? La signora Cooke ha detto che devo chiedere a voi il permesso.” La sguattera era diventata tutt’occhi e se ne stava con le mani giunte al petto, come se fosse in preghiera.
Non ho nulla in contrario.” Rispose con la sua solita voce greve e composta “ma dovrai restare sulle scale della servitù, non farti vedere da nessuno e tornare in cucina appena la signora Cooke ti chiamerà.”
Grazie Mr Coyle!” Gli occhi della ragazza si illuminarono e sembrarono diventare ancora più grandi, e l’attimo dopo era già uscita dalla stanza veloce come un gatto permettendogli di tornare a lucidare l’argenteria da tavola che era riposta nel suo ufficio.
Che i domestici chiedessero a Mr Coyle di poter ascoltare Mr Destler suonare almeno per qualche minuto era diventato parte della routine di Grainstar House. Le prime settimane erano state ricche di commenti su quanto strano fosse il suo metodo per far parlare Ophelia, ma non più delle biglie di vetro o degli altri tentativi fatti dai suoi predecessori. Alla maschera si erano abituati tutti sorprendentemente presto, forse era stata la spiegazione del Duca o magari il fatto che né Me Coyle e né Mis Price permettessero che se ne parlasse, a spegnere ogni commento al riguardo. Però tutti i domestici gli riconoscevano una rimarchevole perseveranza: erano ormai quasi quattro mesi che continuava a provare, tutti i giorni con l’esclusione delle domeniche, ma anche se nulla sembrava cambiare il precettore non voleva abbandonare l’impresa. Cosi piano, piano le chiacchiere erano finite e i domestici si erano abituati perfino alla maschera bianca e alle altre stranezze dell’uomo, ma la musica era ancora capace di distrarre i domestici fino al punto di far cadere vassoi colmi di bicchieri o farli restare immobili senza alcun ricordo di cosa stessero facendo. Perfino l’imperturbabile Coyle non era immune da quella magia.
A dire il vero il maggiordomo si fermava spesso ad ascoltare per qualche minuto dalla biblioteca o dalla scala della servitù. Cinque minuti esatti, cercava di non restare mai di più per non farsi prendere da quella malia. In quei pochi minuti sperava che sarebbe stato il giorno buono, quello in cui Ophelia avrebbe parlato, cantato o fatto quel qualsiasi cosa Mr Destler era così certo che prima o poi sarebbe successa, ma quel giorno non sembrava giungere mai e lui finiva per richiudere l’orologio da taschino sospirando. Sapeva che Mr Destler era un musicista molto più bravo di lui e forse un giorno avrebbe ridato la voce a Ophelia, ma ogni volta che lo ascoltava gli tornava in mente il giorno in cui la nobile scese ad ascoltarlo suonare nel refettorio della servitù.
Dalla visita di Andy si era chiesto spesso come gli fosse venuto in mente di chiederle se volesse provare a suonare. Il maggiordomo di allora, appena vide la giovane duchessa nelle stanze riservate ai domestici seduta accanto a un comune cameriere intenta ad imparare la melodia di una ballata popolare, andò immediatamente da Sir Edward per farlo licenziare, ma il Duca aveva respinto la richiesta quando vide la nipote seduta su quel vecchio piano scordato muovendo le gambette avanti e indietro a tempo di musica. Lo aveva perfino ringraziato, perché gli aveva dimostrato che un giorno Ophelia avrebbe parlato ancora. Il suo predecessore si dimise in quell’istante e Sir Edwsrd gli propose di essere il nuovo maggiordomo prima ancora che l’altro riempisse la sua valigia. Da allora aveva diretto la casa con tutta la millimetrica precisione di cui era capace aspettando che Ophelia parlasse, ma ogni mattina doveva riporre la sua fiducia nella lezione successiva e se, mentre Destler suonava, vedeva un vassoio scivolare di mano a qualcuno lo aiutava a raccogliere i cocci senza dire niente.
L’improvviso scompiglio proveniente dal corridoio lo riportò nel presente. Con gesti composti e precisi si tolse i guanti e appoggiò il grembiule accanto agli argenti appena puliti prima di uscire dalla stanza per domandare spiegazioni e ricordare a chiunque stesse correndo a destra e a sinistra il decoro che la servitù di una nobile casata deve sempre possedere. Apri la porta e percorse il corridoio che portava al refettorio dove sembravano essersi radunati tutti, inclusa la signora Cooke e il resto del personale di cucina. “Posso chiedere qual è la causa di questo trambusto?”
Mis Price scambiò uno sguardo complice con le due cameriere accanto a lei. Tutti avevano un’espressione strana, come se qualcosa di assolutamente straordinario fosse appena successo. Daisy e Margaret stavano piangendo, ma se fossero lacrime di gioia o disperazione Coyle non avrebbe saputo dirlo. Perfino Evan sembrava senza alcun commento sarcastico da fare, e restava immobile con l’orologio della sala da fumo in mano. “Ha parlato!” Disse la governante.
La terra gli mancò sotto i piedi mentre si scoprì a sgranare gli occhi e senza parole.
Lady Ophelia non ha proprio parlato …” intervenne Bess “ha emesso un suono …come un canto … è … è durato solo qualche secondo ma … ma è qualcosa, no?” domandò cercando negli altri la risposta.
Con gambe tremanti Coyle si avvicinò al tavolo per cercare un sostegno “Ne siete sicure?
L’abbiamo sentita … io e Margaret … ci eravamo fermate nella sala grande prima di andare a pulire la camera da letto del Duca e … per un attimo abbiamo sentito un’altra voce oltre a Mr Destler.”
Coyle sapeva cosa doveva fare: dire a tutti di tornare a lavoro e ricominciare a lucidare gli argenti da tavola. Era sicuro che il suo predecessore avrebbe agito esattamente così, ma non lo fece. Gli occhi caddero sul pianoforte, forse Mr Destler aveva ragione e magari la musica era la strada giusta. Anche se si trattava di una via che lui stentava a vedere, cosa importava? Per la prima volta dopo anni di tentativi c’erano reali possibilità che Ophelia parlasse ancora, e non poteva chiedere di più.
Vi sentite bene Mr Coyle?” chiese Mis Price dopo qualche attimo di silenzio.
Che ci crediate o no, non sono mai stato meglio.
Rimasero tutti lì ancora per qualche minuto assaporando la gioia del momento, almeno fino a quando il campanello della sala da musica non li richiamò tutti ai loro doveri. Oscar, uno dei camerieri, si avviò verso le scale ma il maggiordomo lo fermò con un gesto della mano.  “Vado io.” Disse prima di recuperare la solita voce severa e la postura dritta “Voi ritornate a fare quello che stavate facendo prima.”
 
 
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La tenuta di Grainstar House era di oltre mille acri e sulle sue terre vivevano pastori, commercianti e contadini. Ovviamente la maggior parte della sua gestione era affidata a un amministratore, ma ciò non impediva che lord Weston passasse molte mattine nel suo studio a leggere rendiconti, progetti e relazioni. Prima e dopo l’arrivo del Fantasma dell’Opera in casa sua.
Durante le prime settimane era stato difficile trovare la concentrazione con Erik che suonava nella stanza accanto, ma alla fine aveva imparato a resistere all’urgenza di lasciare le carte sulla scrivania e spiare il procedere dei tentativi del Fantasma. Aveva dovuto far appello a ogni oncia della sua forza di volontà, ed erano state molte le volte in cui le righe di numeri neri su fogli candidi si erano confusi gli uni con gli altri in una nuvola di grigio indistinguibile. Ma Lord Weston si riteneva dotato di una tempra molto resistente e si impegnava costantemente per vivere secondo quell’idea.
Tuttavia quella mattina si era ritrovato paralizzato alla scrivania, con la penna che gli tremava tra le dita. La giornata era iniziata in modo assolutamente ordinario, con il Times appena stirato e il pudding della signora Cook accompagnato dal solito caffè nero. Ophelia lo aveva salutato con il solito bacio sulla guancia prima di iniziare a fare colazione. La lezione di musica era iniziata prima delle nove con le solite scale ed esercizi, ma anche questo accadeva ormai spesso. Poi Ophelia aveva smesso di suonare e c’era stato qualche minuto di silenzio prima che il suo posto sul seggiolino fosse preso da Erik e in quel momento Sir Weston aveva capito che qualcosa era cambiato. Aveva girato la testa verso la porta incuriosito, avrebbe voluto dire di capire perché quella fosse la musica di Ophelia ma non ne era in grado. Era una sensazione istintiva: sapeva che quella era la musica di sua nipote nello stesso modo in cui sapeva stare in equilibrio sui propri piedi.
Si scoprì a trattenere il fiato, come se stesse prendendo la mira durante una battuta di caccia, e dovette ricordarsi più volte di respirare. Era quello il giorno che stava aspettando da tanti anni?
Secondo Destler sarebbe stato facile, per lui era solo una questione di scegliere i tasti giusti tra gli ottantotto del pianoforte e poi lei avrebbe cantato. Dal canto, prima o poi, sarebbe nata la parola. Ma per lui crederci era stato un atto di fede.
Aveva incontrato la Viscontessa de Chagny e l’aveva vista rabbrividire e tremare come una foglia colpita da una gelata a maggio al ricordo dei prodigi che il suo Maestro sapeva creare usando solo un violino e la sua voce. Lo credeva una sorta di demone dell’inferno con la voce d’angelo, non una totale bestia ma di sicuro non un uomo. Se non fosse stato per il terrore nei suoi occhi probabilmente non si sarebbe mai fatto invitare a cena dal sindaco di Parigi per scoprire quanto più possibile sul Fantasma dell’Opéra mentre cercava di capire se potesse essergli utile o meno.
Non lo avrebbe confessato nemmeno sul letto di morte, ma aveva avuto più fede nei miracoli di un uomo deforme che in Dio. Per questo aveva accettato tutte le bizzarre richieste dell’uomo e aveva aspettato, armandosi della stessa pazienza dei ragni. Lo aveva sentito suonare quasi tutti i giorni negli ultimi mesi, conosceva la sua musica ed ormai era certo che, se non fosse stato per il suo aspetto, il suo talento avrebbe fatto impallidire perfino Listz. Ma quella musica era diversa da tutte le altre; non era solo una successione di accordi dissonanti e consonanti, ma aveva un certo potere sulle persone e dopo averla ascoltata non era stato difficile credere che le suggestioni della Viscontessa fossero vere.
Si impose di ricominciare a lavorare e ci riuscì con più facilità del solito, almeno fino a quando si chiese se questa fosse la prova che determinate musiche possono avere maggiore potere di altre sulle persone. E se fosse stato davvero quello il caso, c’era un limite a quel potere? Fino a che punto avrebbe potuto esserne influenzato se quella fosse stata la sua musica?
Per quanto avesse girato il mondo non aveva alcuna risposta al riguardo, ma l’importante era il risultato: Ophelia doveva parlare ancora se voleva un posto in società e non finire in un manicomio, che ci riuscisse con la musica o le biglie di vetro era assolutamente secondario.
Poi Ophelia cantò davvero: per pochi secondi e con una voce appena percepibile, ma Sir Edward non ebbe dubbi sul fatto che la magia stesse funzionando davvero, proprio come era successo con Christine.
Un sorriso da predatore soddisfatto apparve sotto la barba grigia, aveva avuto ragione di tutti quelli che erano conviti che Ophelia fosse solo una giovane isterica. Ripose con ordine tutte le carte che stava esaminando ed estrasse la pipa dalla giacca, doveva solo continuare a fare la parte del ragno e il resto sarebbe venuto da sé.
 
 
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La pazienza era una delle poche doti che il Destino si era degnato di concedergli.
Conoscere a fondo la medicina o le arti dell’illusione aveva richiesto anni, ma sopravvivere si era rivelato, spesso, una questione di paziente attesa. Per questo, al contrario di Sir Edward, lui non aveva alcuna fretta, gli bastava sapere che Ophelia stesse ascoltando la sua Musica.
Sapeva che poteva farla urlare o cantare a piacimento in poche ore soltanto, ma non era un ipotesi che voleva prendere in considerazione: Ophelia avrebbe cantato quando sarebbe stata pronta a farlo, non prima, e lui non l’avrebbe torturata più di quanto non avesse già fatto.
Aveva aspettato mesi solo perché lei si fidasse di lui tanto da abbandonarsi completamente alla Musica, e come sempre la sua pazienza era stata premiata. Era passata qualche settimana da quando Ophelia gli aveva chiesto di suonare per lei e aveva osservato come, giorno dopo giorno, si lasciasse trasportare sempre di più dalla sua Musica, ma il risultato era diverso da quanto aveva immaginato.
La prima volta che Ophelia ascoltò fu quando gli chiese di suonare per lei, lo stesso giorno dell’apparizione di Andy Brooks, e forse non era una coincidenza. Si era domandato in che modo un ladro ubriacone avesse potuto spingere Ophelia a abbandonare i suoi timori e non aveva trovato risposta. O forse il passare del tempo aveva fatto il suo corso e Ophelia si era semplicemente abituata a quei suoni suadenti. O forse era la sua connessione con la Musica, diventata più profonda, a infonderle la fiducia necessaria.
Era certo di essersi comportato sempre allo stesso modo con la sua nuova allieva, era stato attento a mantenere la distanza che sentiva necessaria per evitare di perdere il controllo come aveva fatto con Christine. Ed era altrettanto certo che la ragazza non avesse mai cercato di valicare quei limiti non detti, semplicemente si era aperta alla Musica come si schiudono i fiori alla luna, senza che null’altro sembrasse cambiato. Non si era lasciata andare completamente, non all’inizio almeno, ma ogni giorno si era fatta trasportare un po’ più lontano dalla sua coscienza.  E, per quanto ci avesse riflettuto, Erik non aveva capito la ragione di un tale e improvviso cambiamento.
Qualsiasi cosa fosse stata, era come se all’improvviso Ophelia avesse deciso di dimenticare i suoi timori e fidarsi, di qualcuno che aveva dimostrato di poterle fare più male di quanto fosse capace di sopportare. Avrebbe voluto poter dire di meritare quello stato di abbandono o di essere compiaciuto dei suoi progressi, ma una parte di lui preferiva i giorni in cui faceva del suo meglio per non ascoltarlo.
Dopotutto, i mostri vanno tenuti a distanza.
Ma così non era più e la fiducia che Ophelia gli aveva concesso traspariva in piccoli gesti che lo coglievano ancora di sorpresa. Come quando le offriva la mano per alzarsi dal seggiolino e lei l’accettava con una naturalezza che trovava ogni giorno sorprendente.
Ancora una volta l’aveva paragonata a Christine per cercare una spiegazione, ma non era servito a niente. Christine era stata messa su un piedistallo e, per non farsi rifiutare, si era presentato come un angelo sfruttando tutti i trucchi da prestigiatore che conosceva per dare corpo a quella illusione. Aveva perfino risvegliato i morti perché la sua Musa non lo lasciasse mai.
Non aveva mai ingannato Ophelia, non in quel modo almeno. Le stava nascondendo chi era e il suo passato, ma tutto quello che le diceva sulla Musica era vero. Non aveva mai fatto nulla che non fosse rivolto a farle trovare la sua voce, anche se in alcuni momenti era stato un processo doloroso.
Cosa importava del resto?
Ophelia aveva vissuto in un castello protetta da tutte le cose terribili che popolano il mondo; un lusso concesso dalla sua posizione sociale, ma anche una prigione in cui aspettare il suo debutto in società. E in quel castello sarebbe rimasta anche quando lui sarebbe tornato nella pace dell’oscurità. Non c’era bisogno di rompere quel precario incantesimo per farle sapere quanto sangue gli avesse macchiato le mani, o cosa nascondesse la sua maschera.
Peccato che lui conoscesse la risposta a entrambe le domande, e tanto bastava perché una parte della sua coscienza gli dicesse di non meritare la fiducia che gli Ophelia gli concedeva.  
Aveva accettato di diventare suo precettore solo perché trovava ripugnante il pensiero di far morire in manicomio qualcuno che sentiva la Musica con la sua stessa intensità, ma osservandola aveva imparato che c’era più del talento da apprezzare. Ophelia era gentile, dote non scontata per un nobile. Anche se la sua posizione non le imponeva di esserlo e la sua condizione spesso le impediva di dimostrarlo come avrebbe voluto, Ophelia era naturalmente gentile. Forse gentile non era nemmeno la parola adatta, ma non ne trovava altre. La prima volta che se ne accorse realmente fu quando lo ringraziò per insegnarle ciò che aveva imparato durante i suoi viaggi e Erik era sicuro che fosse molto più di quanto meritasse.
All’inizio aveva deciso che il carattere della sua allieva fosse ininfluente, dopo tutto lui aveva un compito ben preciso e una volta che si fosse esaurito Grainstar House sarebbe stata solo uno dei tanti posti in cui era vissuto. Ma più Ophelia si faceva guidare nella Musica, più gli dimostrava di non temere la sua Arte, e più si sentiva più in debito con lei di quanto non lo fosse con Lord Weston per avergli salvato la vita. E tutto solo per il banale motivo che Ophelia era gentile.
Era quasi ridicolo a ben pensarci, l’Angelo della Morte disarmato da una ragazza muta, ma era tutto tremendamente vero.
Venite vicino al pianoforte.” La ragazza smise di guardare i giardinieri che portavano via le foglie secche e si avvicinò. “Mettete le mani sulla cassa e ascoltate.” Ancora una volta la ragazza ubbidì senza esitazione e Erik iniziò a suonare. Dopo pochi minuti unì la sua voce al pianoforte, osservando la sua allieva scendere in una sorta di trance progressiva.
Cantò e suonò per lei, come faceva ormai da mesi, fino a quando un flebile mi bemolle non uscì dalle labbra di Ophelia. Appena cantò lui smise perché anche lei potesse finalmente ascoltare la propria voce. Non era un suono pieno e rotondo; si sentiva che le corde vocali, la laringe e tutti i muscoli della gola non erano più abituati ad essere usati, ma era un suono percepibile e tanto bastava.
Quando nella stanza tornò il silenzio, Erik aspettò qualche istante per farle assaporare quanto più possibile quel momento prima di guardarla in volto. La ragazza era rimasta immobile con le mani che coprivano la bocca e occhi spalancati colmi di lacrime. Ancora incredula riportò le mani tremanti sul pianoforte per cercarvi un sostegno. Poi chiuse gli occhi e fece molti respiri profondi, quando li riaprì le lacrime erano sparite.
Immagino che questa volta ve ne siate accorta.”
Lentamente, Ophelia annuì. La prima in cui sentì suonare il suo precettore doveva aver urlato, anche se non se ne era convita di averlo solo immaginato. Ma quel giorno non era stato facile distinguere cosa fosse reale da cosa non lo era, e aveva dovuto fidarsi più della parola del suo precettore che delle sue percezioni. Quello che era appena successo era diverso: lei aveva voluto cantare, era come se avesse avuto quella nota sulla punta della lingua fino al momento adatto per cantarla.
Immagino anche che comprendiate che se potete cantare, un giorno sarete anche in grado di parlare.”
Un altro cenno di assenso.
Bene.” Erik si alzò dal seggiolino. “Devo accertarmi delle condizioni di alcuni muscoli e per farlo ho bisogno che vi facciate toccare. Non vi farò del male.”
Ophelia annuì ancora e Erik si avvicinò tanto da fiorare la gonna con le scarpe. Posizionò una mano sullo sterno e l’altra sulla pancia, poteva sentire che erano fredde da sotto gli indumenti.
Respirate con la bocca, immaginate di mandare l’aria oltre i polmoni, più in basso che potete” disse osservandola allo stesso modo di un medico “Cercate di usare il diaframma …” la mano posata sul ventre fu portata su un fianco “Immaginate di espandere solo i lati della cassa toracica … adesso potete respirare normalmente.” Poi iniziò a tastarle punti specifici del collo, prima di farle piegare la testa a destra e a sinistra, avanti e indietro. “Dato che non parlate da molto tempo avete dei muscoli atrofizzati.” Disse quando l’esame fu finito, ritraendo subito le mani. “Ma dovrebbero riprendere le loro normali funzionalità con il tempo.”
Ophelia lo guardò ad occhi granati, era davvero così facile? Poteva davvero parlare ancora?
Nelle prossime settimane continuerò a suonare fino a quando catare non sarà più facile. Poi vi insegnerò come respirare nel modo corretto, come mantenere il suono o variare la sua intensità senza sprecare aria, come muovere la bocca e la postura adatta. In qualche mese dovreste riuscire a cantare in modo accettabile. Avete qualche domanda?
Ophelia cercò il quaderno che aveva appoggiato sulla cassa del pianoforte qualche ora prima. E le parole? Scrisse appena lo ebbe trovato.
Io posso solo darvi gli strumenti per parlare, non posso costringervi a farlo. Ma sono sicura che parlerete prima o poi, quando sarete pronta.” Doveva solo avere abbastanza pazienza per vederlo.

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