Tocco Sconsiderato

di Roberta_Bavia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Mano del Destino ***
Capitolo 2: *** Sfiorarsi per sopravvivere ***



Capitolo 1
*** La Mano del Destino ***



 

LA MANO DEL DESTINO

 
“Credono che il principe sia morto. Se lo crederanno anche della principessa non verranno mai.”
Il piano di Bellamy Blake per impedire l’arrivo del suo popolo sulla Terra era semplice: doveva sbarazzarsi di Clarke Griffiths…o meglio, doveva inscenarne la morte.
Solo a quel punto sarebbe stato veramente libero.
“Le prenderò quel bracciale a costo di tagliarle la mano.”
 

Quella che per lui era una missione suicida sembrava dare a Clarke una ragione per metterlo in difficoltà.
Stavano andando incontro al pericolo per uno sconosciuto. Quell’idiota era già morto, e lui lo sapeva.
Ma non poteva farsi vedere debole o spaventato, non quando con lui si trovava anche Murphy.
Non si fidava di lui. In realtà non si fidava di nessuno.
Ma non avrebbe permesso a due privilegiati di mandare a monte i suoi piani, e il suo aiuto era indispensabile.

 
Si affrettò, avvicinandosi a Clarke e Wells.
“Piano” disse, estraendo la pistola, “Che fretta c’è? Nessuno sopravvive ad una lancia nel cuore.”
Guardò per un attimo la bionda, stupendosi di quanto fosse calma in quel momento.
Mentre Murphy e Wells discutevano, le si avvicinò, prendendole il braccio.
“Appena ti togli il bracciale possiamo andare.” le disse, ammiccando leggermente, sperando di non dover usare le maniere forti.
Clarke libero il braccio dalla sua presa, con stizza.
“Sull’Arca penseranno che sarò morta solo quando sarò morta, chiaro?” gli rispose lei, sfidandolo con il solo sguardo.
Un germoglio di rabbia si fece strada fino al suo viso, su cui apparve però un sorriso diabolico. Non poteva perdere la pazienza. Non poteva abbassare la corazza che si era costruito intorno dal suo arrivo sulla Terra.
“Principessa coraggiosa.”

 
Bene, avrebbe dovuto usare la forza.
Murphy avrebbe tenuto occupato Wells, mentre lui l’avrebbe bloccata per sfilarle finalmente il bracciale.
Iniziò ad avvicinarsi a lei, facendo piccoli passi ma, prima di avere il tempo di fare qualunque cosa, una voce dietro di lui li interruppe.
“Trova un soprannome anche per te.”
Ed eccolo arrivare, il grande eroe, “Spacewalker”. Si allontanò leggermente da Clarke, guardò Finn con voluto distacco e diede un’altra occhiata alla ragazza, fissandola mentre andava via.

 
-Così non va…- pensò Bellamy. Doveva escogitare qualcos’altro.
Si erano divisi per lavorare su più tracce. Cosa si aspettavano di trovare, non lo sapeva.
Tutto quello a cui riusciva a pensare era di isolare al più presto Clarke. Se fossero riusciti a contattare l’Arca avrebbero scoperto il suo segreto, avrebbero capito in che modo era riuscito a salire sulla navicella.
Sarebbe stato etichettato, “Assassino”.
No, non l’avrebbe permesso. Dannato Finn, aveva mandato all’aria tutto.

 
Camminavano da ore, Finn e Clarke in testa, quando si ritrovano improvvisamente di fronte ad una radura. Uno spettacolo sconvolgente si presentò ai loro occhi.
“Oddio, Jasper” sospirò Clarke, affrettandosi verso di lui con Bellamy alle calcagna.
Jasper si muoveva leggermente, aveva una strana patina verdognola in mezzo al petto ed era quasi irriconoscibile per il pallore del volto.
Bellamy dimenticò la sua missione…dimenticò tutto.
In quel momento, l’unica cosa che vedeva era un ragazzino in punto di morte legato ad un albero.
“Che diavolo è questo?” disse, a metà tra il preoccupato e lo spaventato.
Accanto a lui, Clarke fece un passo avanti, e una voragine si aprì ai suoi piedi.


Senza pensare, il moro si protese. Le loro mani si intrecciarono l’una al polso dell’altro, e tutto quello che aveva provato prima divenne annebbiato.
Intorno a loro, le grida degli altri sembravano come sfocate.
Quello che era il suo obiettivo, in un attimo era cambiato. Il bracciale stretto intorno al polso di Clarke non contava più nulla, ora che il suo sguardo castano era intrecciato all’azzurro degli occhi di lei.
Una leggera tensione si fece strada sul suo volto, un tipo di sensazione che non aveva mai provato prima d’allora.
“Tirami su” dicevano gli occhi imploranti di lei, ma lui a malapena sentiva le braccia tanto era concetrato a guardarla in volto.
La sensazione della sua mano sul polso, del suo viso così vicino al suo eppure così lontano lo intontivano e non riusciva a distogliere lo sguardo.
Espirò leggermente, e qualche secondo dopo il mondo prese di nuovo forma.
Finn, Wells e Murphy si avvicinarono per aiutare Bellamy a tirare fuori Clarke da quella trappola mortale.

 
Si guardarono per una frazione di secondo.
In quell’attimo, il moro lesse negli occhi di lei un misto di sollievo, sorpresa e gratitudine.
“Di nulla”, le disse con gli occhi, mentre si voltava cercando di respingere un’inspiegabile sensazione di euforia.


                                

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Capitolo 2
*** Sfiorarsi per sopravvivere ***


 
Sfiorarsi per sopravvivere
 


Clarke uscì dalla navetta. Sconvolta.
Aveva con sé il puntale con cui, pochi minuti prima, Bellamy aveva torturato quel terrestre.
Il sangue sulle sue mani era appiccicoso e ancora caldo, e lei non riusciva a pensare ad altro.
Si avviò verso la cisterna d’acqua che erano riusciti a costruire solo pochi giorni prima, cercando
di non pulirsi le mani addosso all’unica maglietta pulita che le rimaneva.
Le lacrime tentavano di farsi strada nei suoi occhi, ma lei le respingeva, così come respingeva
il senso di colpa, il rimorso…e il sollievo.
Il sollievo per essere riuscita, almeno stavolta, a salvare qualcuno.

 

“Clarke, non è necessario che tu assista” gli aveva detto Bellamy. Ma lei doveva rimanere. Lui la capiva, giusto?
“Non me ne vado finché non ho l’antidoto.” Si, lui capiva. Aveva fatto scelte difficili, e aveva dovuto risponderne. E la stessa cosa avrebbe fatto lei.

 
“La tua capacità di sopravvivenza
Dipende dalla tua forza di volontà.”
 


Bellamy vide Clarke uscire dalla navetta. Aveva un’espressione che non le aveva mai visto sul volto.
Sembrava sconvolta, si, come lo era stata alla vista di Jasper quasi in punto di morte, come lo era stata quando Charlotte si era buttata dal dirupo…
Ma, stavolta, c’era qualcosa di diverso.
Quella grinta che aveva sempre negli occhi, e che non l’aveva abbandonata dall’arrivo sulla Terra, era stata sostituita da qualcos’altro.
E lui la capiva, perché quel qualcos’altro tormentava continuamente anche lui: si chiamava “senso di colpa”.

 
Bellamy la vide avvicinarsi; notò un oggetto appuntito e insanguinato tra le sue dita.
Voleva riuscire a dire qualcosa, o a fare qualcosa, per farla stare meglio.
Clarke lo aveva ormai superato e Bellamy, cercando di fermarla, colse l’occasione per sfiorarle la mano.
Era morbida, leggermente appiccicosa, ma pur sempre morbida.
La guardò per qualche secondo, notando piccole cicatrici sulle nocche che si era sicuramente procurata in quel posto maledetto.
 
Lei si girò, lentamente, fissandolo.
Lui sentì il suo sguardo addosso e alzò gli occhi, trovando il contatto che non pensava potesse mancargli.
Una sorta di capriola all’altezza del petto lo costrinse a distogliere gli occhi per riconcentrarsi su quello che avrebbe dovuto dirle.
Il suo sguardo vagò sul puntale insanguinato e tutti i sensi di colpa che aveva cercato anche lui di sotterrare tornarono a galla.
 
Si fece forza; guardò Clarke, lasciando la sua mano dove si trovava, e cioè intorno a quella piccola e paffutella di una ragazza che aveva bisogno di essere salvata da se stessa.
Si guardarono a lungo, più a lungo di quanto avessero mai fatto, e quell’azzurro che Bellamy aveva negli occhi grazie a lei divenne un po’ più intenso.
Lo sguardo di Clarke sembrava chiedergli quello che le parole non riuscivano a dire.
“Riuscirò a perdonarmi? Chi sono? Chi siamo diventati?”
Bellamy respirò a fondo e poi disse: “Clarke…”, il suo nome faceva uno strano effetto sulle sue labbra, “…ciò che siamo, e ciò che dobbiamo essere per sopravvivere, sono due cose ben diverse.”
                                                                                                                                                         
Si guardarono ancora.
Forse gli avrebbe creduto da subito, o forse le sarebbe servito un po’ di tempo.
In ogni caso, lui sarebbe rimasto al suo fianco.                                                                                

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Note d’autore.
 
Buonsalve gentaglia!
Questa è la prima volta in cui scrivo delle note d’autore, più che altro perché definirmi “autore” è un parolone, quindi finora ho evitato di farlo.
In ogni caso, credo di dover scrivere qualcosa, qui ed ora, proprio perché con questa ff ho avuto più difficoltà che con le altre, forse per la situazione densa di emozioni che dovevano essere sviluppate, forse perché il mio vocabolario è ancora troppo smunto.
O forse, semplicemente, perché in fondo non so scrivere, ma comunque ci provo.
 
Per la riuscita di questa mia storia devo ringraziare Wanheda_Skaikru, che ha sopportato le mie continue e insistenti richieste di consiglio riguardo…beh, riguardo a tutto ciò che avete letto.
Quindi, Federica, anche se nei ringraziamenti non sono sicuramente brava quanto te, devo dirtelo: grazie mille!
Senza il tuo aiuto, questa storia sarebbe probabilmente finita nel cestino.
Ti voglio bene.

Alla prossima fanfiction,
Roberta.

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