Shadowhunters-La nuova battaglia

di LordPando
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Tre nuovi incontri ***
Capitolo 3: *** Amici, alleati, nemici ***
Capitolo 4: *** Guarigione(?) e compagni ***
Capitolo 5: *** Madlene, Drake, Zoe e Anthony ***
Capitolo 6: *** Delner, Lottie, Phineas e Rei ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Una pioggerellina irritante ticchettava sul finestrino dell’automobile. La Renault avanzava con gli pneumatici sporchi di fango lungo la stradina semi sterrata che conduceva in città, con un’andatura irregolare. Alla guida sedeva un uomo alto, dal naso aquilino ed i lineamenti duri. Guardava accigliato la strada da dietro un paio di occhiali scuri che gli nascondevano gli occhi dell’azzurro più puro.  Quasi troppo puro. Stava impettito, i muscoli tesi ed una mano sul volante. Era una mano sottile, rugosa, di uno strano colorito che contrastava con l’interno nero della macchina. L’umo aveva i capelli tirati all’indietro che gli davano un’aria seria e rispettosa. All’improvviso l’automobile si fermò. L’uomo imprecò in una strana lingua lasciando che la sua voce –grave, profonda ed in un certo senso gutturale- rimbombasse nell’auto.
  —Che cosa succede?— disse una voce proveniente dai sedili posteriori. —Dimmi.— Era completamente diversa da quella dell’autista –era melliflua, sottile ma dura- e proveniva da un ragazzino. Aveva la carnagione stranamente pallida e boccoli castani gli incorniciavano il volto come un’aureola. Stava rannicchiato in un angolo dell’auto, come se si stesse nascondendo da qualcosa.
  —Non hai visto, idiota?— rispose l’uomo. —Ci siamo fermati!
  —Oh. Avevo avvertito qualcosa di strano. Come mai?
  —Non ne ho idea.— L’uomo aggrottò le sopracciglia ed imprecò nuovamente –Non ne ho idea…— ripeté. Era palese he i due viaggiavano da giorni, e delle occhiaie scure circondavano gli occhi dell’adulto. Stranamente, il ragazzino sembrava fresco come una rosa.
  —Cosa facciamo?— chiese quest’ultimo.
  Silenzio.
  Dopo pochi secondi si udì di nuovo lo scoppiettio del motore e l’auto ripartì.
  —Non vuoi sapere come ho fatto?— chiese l’uomo.
  —No.
  Ancora silenzio.
  —Ne sei sicuro?
  —Sì.
  —Va bene.
  Nessuno parlò. L’automobile –una Captur- aveva ripreso la velocità e continuava ad avanzare. Ai margini della strada due file di alberi zuppi di pioggia e dalle foglie scure erano soggetto dell’osservazione del ragazzino. I suoi occhi vedevano attraverso il finestrino mentre la pioggia scorreva, lenta. Ogni goccia arrivava singolarmente, poi si univa ad un’altra ed a un’altra ancora, e insieme scendevano lungo il finestrino e poi la portiera.
  —La pioggia è bella…— cominciò a dire il ragazzino. I suoi occhi si iniziarono a chiudere.
  —Forza. Siamo quasi arrivati.— disse l’uomo, ignorando le parole dell’altro. —Sei pronto? Ancor una curva e qualche chilometro di autostrada.
  —Ne se sicuro?—Chiese il ragazzino con voce stanca. Oramai i suoi occhi erano completamente chiusi.
  —Sì.
  —Svegliami quando ci siamo.
  Quel tipo… pensò l’uomo. Mi chiedo come mai ci tenga così tanto. Io ero contrario, ma… glielo devo. Si girò rapidamente come per controllare che il suo protetto fosse ancora al suo posto e con un tenero sorriso dipinto sulle labbra tornò a concentrarsi sulla guida.
  Era passato circa un quarto d’ora dalla conversazione quando con voce leggermente squillante l’uomo annunciò: —Ci siamo!
  —Lo so.— Disse il ragazzino.
  —Quando ti sei svegliato?
  —Lo sai.
  —Vero. Ma volevo sapere se mi avresti mentito.
  —Non è tuo dovere curartene.
  —So anche questo.
  —E sai anche cercare un parcheggio?
  —Sì. Anche se sarà difficile… Ah, New York! Calce, cemento, asfalto, vetro, un sacco di persone ed altrettante grane.
  —Taci.
  —Sissignore.
  —E trova il parcheggio.
  —Subito.
  Altro silenzio. I due erano concentrati sulla città. Il ragazzino si sporse un po’ dal suo nascondiglio, socchiudendo gli occhi verdi e lasciò che lo sguardo si disperdesse per le vie, dove un’enorme folla di passanti aspettava il semaforo. Il verde scattò e mentre uomini e donne attraversavano la strada la Renault si fermò. —Dove siamo, di preciso?— Chiese il ragazzino.
  —A poche centinaia di metri dal posto.— Rispose l’uomo. —E c’è un parcheggio dietro l’angolo.
  —Sei sicuro sia il parcheggio giusto?
  —C’è da chiedere?
  —No. prosegui.
  Mentre l’auto andava avanti l’autista si voltò di nuovo, poi rassicurato premette nuovamente il piede sull’acceleratore. Svoltò in una stradina laterale e condusse l’auto all’interno di un parcheggio a pagamento. Per i mondani l’insegna esterna diceva: “3 dollari all’ora o frazione di ora”, ma tutti coloro con un tocco di Vista avrebbero letto “Stanze per vampiri e succubi ad un prezzo modico”. Quando l’auto raggiunse il centro dello spiazzo che accoglieva le macchine si fermò. Immediatamente vennero raggiunti da un meccanico possente, dalle spalle larghe e la mascella squadrata. Osservò la Captur e con un falso tono gentile disse: —I signori desiderano?
  —Un posto non al sole per il mio padrone.— Cominciò l’uomo togliendosi gli occhiali. Ma non ricevette altro che un’occhiata arrabbiata. —Cosa c’è che non va?
  —Tu non sei un succubo umano.
  —Lo so.
  —Sei al servizio dei Nephilim?
  —No.
  Improvvisamente dal la parte posteriore dell’auto giunse una voce. —Lascialo andare. È il mio succubo.
  —Non è un mondano.— disse il meccanico. Si era reso conto di star parlando con un vampiro e le sue spalle di erano rilassate, ma non ancora del tutto.
  —Lo so. Era un demone, ma sono riuscito ad addomesticarlo ed a ottenere un risultato più… soddisfacente, interessante, di quello che avrei ottenuto con un umano. Ma è sotto il mio controllo. Ora lasciaci passare.
  —Prima un paio di formalità: nome, cognome, clan, luogo di nascita… suo e del suo succubo. Ma per quanto riguarda quest’ultimo faremo un’eccezione.
  —Sono Matthew Bourie, madre inglese e padre francese, nato in spagna –a Madrid- nell’anno di grazia 1455. L’anno della pace di Augusta. Sono qui per ricongiungermi al mio clan, tutt’ora capeggiato da… beh, quando l’ho lasciato c’era una ragazzina, Maureen Brown al potere. Adesso… non so.
  —Ottimo. Entro pure e scusi il disturbo.
 

Spazio autore

Allora? Piaciuto questo incipit? Ma comunque, ecco le istruzioni per le schede:
  1. Ci sarà una selezione fra quelle che mi piaceranno di più.
  2. Vanno inviate come messaggio privato, ma volendo pure come recensione e non c’è un limite né di tempo né di numero.
  3. Vi do ora come vanno fatte.
Nome
Secondo nome (non obbligatorio)
Soprannome (non obbligatorio)
Cognome
Sesso
Età
Razza (Nephilim, Popolo fatato –in tal caso specificare che tipo di creatura-, stregone, vampiro –in questi ultimi casi specificare luogo di nascita e padre demoniaco/da chi il personaggio è stato morso - o lupo mannaro)
Orientamento sessuale
Specializzazione (1 al massimo)
Arma
Talento
Rapporto con i Nascosti / con gli altri Nascosti
Parabatai (non obbligatorio. Se il vostro parabatai è l’OC di un altro giocatore anche lui/lei dovrà confermarlo nella sua scheda. Se volete che crei io il parabatai, specificate. In alternativa allegatene la scheda)
Carattere (molto dettagliato)
Aspetto fisico (non necessariamente dettagliato, ma vanno detti i tratti principali)
PV (presta volto)
Amicizie (stesse regole dei parabatai)
Inimicizie (stesse regole dei parabatai)
Amore (stesse regole dei parabatai)
 
Tutto chiaro?
Allora, via!

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Capitolo 2
*** Tre nuovi incontri ***


 
La ragazza si guardò intorno. Era stata bloccata. Stava con le spalle al muro, in uno stretto vicolo sporco e buio. Attorno a lei i muri scorticati non offrivano possibilità di fuga. —Mi ha presa.— ringhiò. Un ringhio di rabbia repressa, che non voleva far scoppiare. Non ancora. I suoi capelli rosa scintillante le ricaddero sulle spalle dopo una scrollatina di testa; poi dalla tasca estrasse un oggetto dalla forma di penna e se lo rigirò fra le dita. Senza un attimo di esitazione se lo pose sulla fronte e cominciò a disegnare. Il simbolo si illuminò per un istante e poi, con una nuova sicurezza in corpo, estrasse dai pantaloni la propria cintura.  L’oggetto brillò per un singolo momento e si trasformò, rapido. Una frusta di elettro le comparve nelle mani, e la ragazza si mise in guardia. Udì un forte rumore che veniva verso di lei, e tutti i suoi muscoli si contrassero. Da dietro l’angolo, preceduto da un gruppetto di lunghi e possenti tentacoli, comparve il demone. Agli occhi dei mondani un uomo grosso, muscoloso e forte ma con aria assorta nei propri pensieri; agli occhi azzurri della Cacciatrice, un demone enorme, verde e bavoso, con sei teste di serpente e due braccia come tronchi d’albero. Sapevo che stanotte non sarei dovuta uscire a caccia, si disse la ragazza. Vediamo che cosa fa.
  —Dove sono i tuoi compagni, ragazzina?— il demone aveva una voce strascicata, come se faticasse enormemente a palare. La voce che usciva dalle sei cavità orali era una sola, la stessa voce dura e possente
  —Non ci sono.
  —Tu menti.
  —Non posso, sono una mezza fata.— disse queste ultime parole con una punta i disprezzo nella voce. Era facile capire che sebbene rispettasse il suo popolo avrebbe preferito essere una Nephilim purosangue. Da quando suo padre, capostipite della dinastia Azure, aveva deciso di potenziare il proprio sangue sposando ed avendo lei da una fata, era diventato scontroso, violento ed irascibile.
  —Chi mi dice che non stai mentendo?— Chiese il demone.
  La sua logica ha un senso si disse la ragazza, ma l’ardore della battaglia la pervase: come osava un demone idiota mettere in dubbio la sua parola?
  Un lampo, uno scatto del braccio. La frusta partì, tranciando una testa serpentina e lasciando intravedere sotto la manica una runa… ma capire quale fosse era impossibile.
  Il demone ruggì, un suono che apparve innaturale ed in un certo senso profondamente sbagliato. Con un ampio fendente la creatura alzò un braccio e cercò di schiacciare la ragazza. Lei rotolò a terra gemendo a causa dei sanpietrini e si rialzò. La sua pettinatura era stata scombinata, ed una certa furia le apparve negli occhi, che si fecero di un azzurro ancor più intenso. —Che cosa vuoi da me, mostro?
  —No. Che cosa vuoi TU, da me, giovane fata? Sei consapevole he sono una preda al di sopra delle tue misere capacità, eppure tenti di uccidermi. Non sai tu che sono io? Io sono un demone superiore, un Asmodeo!
  —Dunque non un principe dell’Inferno! Rassicurante!— Disse la ragazza. Poi, con un nuovo movimento del braccio ancor più veloce del precedente aprì un profondo taglio nel braccio sinistro della creatura. Poi, rapida, la ragazza saltò su uno dei tentacoli e con lo Stilo che teneva ancora nella mano sinistra disegnò una runa casuale. Immediatamente la pelle passò dal colore verdognolo ad un grigio scuro ed il tentacolo quasi impazzì: si staccò dal resto del corpo e cominciò a ballonzolare in giro senza sosta. Un sorriso tranquillo si dipinse sul volto della ragazza che  tentò di troncare un’altra delle teste. La frusta venne bloccata dal braccio già ferito e la ragazza si morse il labbro inferiore.
  —Sai che non puoi battermi, vero, giovane fata?
  —No,— disse lei. —Non lo sapevo.— Svelta spiccò un balzo all’indietro e cercò di tagliare il braccio ferito al demone, ma finì su un tentacolo scivoloso e cadde malamente a terra con una serie di imprecazioni.
  —Adesso lo sai.— disse la creatura, compiaciuta. Torreggiava su di lei dandole un senso di impotenza. Tutte le teste si leccarono le labbra sottili contemporaneamente ed una risatina beffarda ne uscì. Aveva bloccato con l’enorme mano la Cacciatrice e stava per annientarla con un artiglio. Già aveva sollevato il braccio quando lanciò un urlo di dolore, ed un’altra delle sue teste cadde.
  —Phineas!— disse la ragazza, soffocando un gridolino di gioia. Ale spalle del demone era comparso un ragazzo di circa diciannove anni, dai capelli biondo scuro ed un’espressione dura. In quel momento si vide la runa sul braccio della ragazza e sul collo dell’altro -Phineas Graymark-: parabatai.
  —Non dicevi di non avere compagni, giovane fata?—  ringhiò il demone.
  —Lui è più di un mio compagno.
  Per tutta risposta il demone, infuriato, abbassò il… moncone di un braccio. Il resto dell’arto era stato reciso da un taglio netto dello spadone. La creatura emise un urlo di dolore che fece tremare la Shadowhunter e si girò. Aveva le quattro paia di occhi iniettati di sangue verde per la furia, e tutte le sue bocche erano atteggiate in un ringhio infuriato.
  —Non mi sottovalutare, mostro.— disse Phineas, sputando quasi le parole. Guardava il demone con disprezzo e rabbia, mentre lento si avviava verso di esso. Poi, scattò. Si muoveva così rapido che era difficile intuire i suoi movimenti, fino a quando non si fermò con lo spadone conficcato nel cuore del demone. La creatura cadde all’indietro con un pesante tonfo e scomparse nell’aria tornando nella propria dimensione.
  —Me l’aero vista brutta.— disse la ragazza con un sospiro. —Per fortuna sei arrivato tu…
  —Non preoccuparti. Ma che cosa ci facevi in giro a quest’ora?
  —Ehm… sono stata svegliata da quel demone.— mentì la ragazza. —E tu?
  —Sono stato svegliato da questa.— disse lui, indicando la runa sul collo. —Rei… sei ferita?
  —Poco.— disse la mezzosangue. Prese saldamente lo stilo ed insieme al ragazzo cominciò a coprirsi di iratze.
  —Vieni, torniamo a casa.
  —Subito.
  I due camminavano fianco a fianco, ancora stanchi per la battaglia appena combattuta. Insieme, sospirarono mentre svoltando a destra si avviavano per una strada asfaltata e sicura. Non c’erano mondani in giro e questo rassicurò i Nephilim. Il silenzio non era affatto imbarazzante, ma la ragazza si sentiva in dovere di dire qualcosa. Ai lati della strada i lampioni illuminavano il cammino ai due che avanzavano sempre più veloci.
  —Mi ha chiamata fata.— disse la ragazza, senza guardare il compagno. —Ha capito che lo odiavo e mi ha chiamata fata.
  —Non chiamerà mai più nessuno.
  —Non è vero.
  —Sto provando a rassicurarti, ma rendi il compito parecchio difficile.
  —Scusa.
  —Non scusarti, fatina.
  Altro silenzio. I due avevano svoltato in un acciottolato che conduceva ad un palazzo alto, la cui vernice giallo ocra era resa quasi grigia dalla notte.
  Un sospiro.
  —Casa.— annunciò la ragazza. Ricordava di quando era arrivata per la prima volta a New York ed aveva cercato disperatamente un posto dove andare che non fosse l’Istituto e che contenesse Shadowhunters. Aveva cercato in agenzie immobiliari, visitato le abitazioni di persona, aveva cercato in qualunque modo… ma era stata la sorte a mandarla da Phineas e Roger, i fratelli Graymark. Da lì, diventare la parabatai di uno e la migliore amica dell’altro era stato un anno. Ricordava alla perfezione che al compleanno dei propri diciassette anni erano stati marchiati entrambi, ed avevano giurato.
  —Casa.— convenne l’altro. Prese dalla tasca della giacca di pelle scura che indossava un mazzo di chiavi e cominciò ad armeggiare. Prima prese una chiave lunga e provò ad infilarla nella serratura. Niente. Una chiave ancora più lunga, con dei tagli da coltello. Nulla. Lo Shadowhunter imprecò e presa una terza chiave riuscì ad aprire il portone. I suoi occhi verde mare quasi brillavano al buio ed i suoi capelli biondi e corti risaltavano con la carnagione abbronzata. —Ora, casa.— annunciò con un sorriso. I due cominciarono a salire una rampa di scale che portava al loro appartamento ed iniziarono a togliersi le giacche. Cercando di fare men rumore possibile Phineas aprì la porta e con un gesto galante fece entrare prima la ragazza.
  —Grazie.— sussurrò lei.
  —Prego.
  I due ragazzi vennero accolti da una gatto siamese che si strusciò sulle gambe della padroncina miagolando.
  —Zitto, Kobi.— Fece lei. Poi, rivolta a Phineas: —Ancora non capisco come mai dobbiamo chiamarlo come un soldato de: “La guerra dei cloni”.
  —Perché noi siamo due maschi, e tu sei l’unica a cui non andava bene.
  —Comunista.
  —Dittatrice.
 Poi, i due scoppiarono in una risata.
  —Bene, bene, bene. Vedo che vi divertite senza di me!— dalla finestra era entrato un ragazzo sui diciassette anni, dai capelli neri e riccioluti ed il fisico da palestrato era entrato dalla finestra.
  —E tu che cosa ci fai qui?— Chiese Rei.
  —Roger! Che cosa ci facevi di fuori?
  —Potrei farvi la stessa domanda.— Gli occhi verdi di Roger tradivano che era scandalizzato. I suoi capelli erano scombinati e la camicia candida che indossava era aperta sul davanti. Uno dei bottoni era saltato ed i polsini erano aperti.
  —Io ho salvato la mia parabatai da un demone superiore.— disse con disinvoltura Phineas. Guardava il fratello con attenzione, cercando di cogliere ogni dettaglio. — Ma non è questo che mi interessa. Tu sei mio fratello minore e pretendo una spiegazione.
  —Tu pretendi una spiegazione? Tu che hai appena rischiato la vita?
  I due fratelli si guardarono per un istante in cagnesco, per poi abbassare lo sguardo. Nessuno dei due sapeva che cosa dire, ma Roger stava rapidamente arrossendo: sapeva che poteva evitare le domande di Phineas, ma Rei…
  —Perché non puoi dirmi che cosa facevi?— chiese la ragazza, come se avesse intuito i pensieri dell’altro. —Perché?
  —Sai…— cominciò a dire Phineas, sorprendendo il fratello. —Quello che ti abbiamo raccontato, che siamo qui in viaggio personale… non è del tutto vero. I Graymark, o almeno il nostro ramo della famiglia, sono molto tradizionalisti. Quando qualche anno fa io e mio fratello scoprimmo il nostro… orientamento sessuale, venimmo cacciati da Idris.
  —Che cosa?— gli occhi azzurri ed intensi della ragazza facevano capire che fosse ancora più scossa da quell’affermazione di quanto non lasciasse trasparire. Guardò prima uno e poi l’altro fratello per cercare una traccia di ironia, ma entrambi si erano rabbuiati.—Vi hanno cacciati solo perché non eravate etero?
  —Esattamente.
  —Alla perfezione.
  Rei scosse la testa. —E perché non mi avete detto niente? E questo… che c’entra con Roger?— Silenzio. Perché non vuole che tu sappia con chi stava passando la notte. Quelle parole rimasero sospese e non dette, ma tutti i presenti sapevano che c’erano. —Oh.— disse Rei. —Capisco. Penso che proverò a dormire un po’.
  Tutti ingoiarono l’amaro che avevano in bocca e si diressero a capo chino ognuno verso la propria stanza.
  —Rei?— Phineas si era deciso a parlare.
  —Sì?
  —Vuoi ancora essere la mia parabatai?
  La ragazza scoppiò in lacrime e corse ad abbracciare l’amico. —Non ti abbandonerei mai… —Disse, fra i singhiozzi. —Mai...
  E tutti si diressero verso le loro camere.
 

Spazio autore

 
Ebbene, questo è il secondo capitolo in due giorni, ma… pubblicherò con molta meno frequenza con l’inizio della settimana. Per farlo devo ASSOLTAMENTE ringraziare stardust94, ideatrice di Rei che spero di aver soddisfatto con il parabatai che le ho affibbiato. Inoltre questo capitolo, come quello precedente e coma saranno anche i prossimi è un capitolo di presentazione. Ho lasciato in sospeso Matthew ed il suo servo, ma saranno ripresi quando avrò:
  1. Abbastanza OC, quindi vi aspetto numerosi e
  2. Parlato di abbastanza personaggi da sorprendere con caratteristiche nascoste.

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Capitolo 3
*** Amici, alleati, nemici ***


  —Cala la notte sul villaggio di Tabula e tutti gli abitanti chiudono gli occhi.— disse una voce tetra, che cercava di spaventare. —Il Veggente apra gli occhi e…
  —Un momento!— disse una seconda voce. Veniva da un bambino riccio e dai capelli scuri che stava controllando la carta davanti a sé. Immediatamente tutti coloro che stavano attorno al tavolo aprirono gli occhi e lanciarono un’occhiata truce al ragazzo, le cui guance si fecero rosse come pomodori. —Scusate…— pigolò. —Avevo dimenticato il mio personaggio, ma adesso lo so, sono il Lupo Mannaro e possiamo…—Man mano che parlava la voce si faceva sempre più flebile mentre Kish Bellevard si rendeva conto del proprio errore. —Ops.
  Tutti i presenti si accasciarono e cominciavano a gridare contro il povero ragazzino. —OGNI VOLTA LA STESSA STORIA! NOI GIOCHIAMO BENISSIMO FINO A QUANDO NON ARRIVI TU CHE GUARDI LE CARTE DEGLI ALTRI O TI METTI A BATTIBECCARE O RIVELI IL TUO PERSONAGGIO! NON POSSIAMO FARE COSÌ! LA PROSSIMA VOLTA SARÀ QUELLA IN CUI NON GIOCHERAI! TI È CHIARO!? Anzi… Devi imparare la lezione! Fuori di qui!— stava sbraitando Lasaar Bellevard, un ragazzo alto e dalla pelle scura, dall’aria truce ed il naso aquilino, una faccia che non contribuiva affatto alla sua gentilezza. Ogni venerdì sera lui ed i suoi amici si riunivano lì per giocare a Lupus in Tabula. Da quando sua madre lo aveva costretto a portare il fratellino le serate si erano trasformate in una lotta per farlo arrivare in ritardo. L’unica sua consolazione era quella ragazza… Tessa. In realtà Tessa Aurora Shaine, si era unita a loro una settimana prima, ma nonostante tutti i suoi tentativi di flirtare lei lo aveva sempre respinto con la massima durezza. Ah, le ragazze. La loro menti erano e sarebbero sempre state oggetto di studio…
  —Va bene, fratellone…— Stava dicendo il ragazzino sull’orlo delle lacrime. —Ma io non volevo, non l’ho feto apposta, io…
  —Taci, Kish.— lo zittì l’altro con durezza. —Non ho intenzione di ascoltare le tue lamentele infantili. Torna a casa dalla mamma… ORA.
  —No.— disse con voce risentita il ragazzino.
  —Oh, sì che te ne vai.
  —N-no!
  In quel momento si alzò Tessa, che sedeva accanto al bambino e con una voce profonda, torreggiando su di lui disse: —Tu vai via ora. E non accetto repliche.
  —Sissignora! Ma sappi che il fratellone…— il ragazzino fu interrotto da Lasaar.
  —ORA!
  Il bambino cominciò ad allontanarsi mentre tutti, nella stanza, tiravano un sospiro di sollievo.
  All’esterno Kish avanzava a teta alta e con un sorriso beffardo sul volto, evitando le chiazze di luce che i numerosi lampioni proiettavano per strada. Aveva un’andatura svelta e sicura, ma appena percorsi una ventina di metri si fermò, schiacciandosi contro il muro. —Shroppshire…—Sussurrò. Dalle ombre che li circondavano emerse un uomo dagli occhi azzurrissimi, il naso aquilino ed i lineamenti duri.
  —Padrone?— Chiese, con un’aria umile ma mesta.
  —Ricordi gli ordini?
  —Attaccate quel gruppo di mondani?
  —Già… ma dalla scorsa volta una figlia dell’Angelo si è aggiunta al gruppo, dunque io verrò con te. Nel caso avessi difficoltà a riconoscerla, e quella che si fa chiamare Tessa. E… non farti problemi a chiamare alleati. Vai, ora, e non deludermi.— Le ultime parole furono dette con un tono truce che avrebbe fatto rabbrividire chiunque, tranne il succubo demoniaco di Matthew Bourie. Da quando il vampiro si era sostituito al bambino per cercare grosse riserve di sangue umano, tutto era filato a meraviglia… fino a quando quella cacciatrice non si era intromessa. Ma avrebbe provveduto anche a lei, quella notte. Avrebbe provveduto a tutti.
 
Tessa guardò Lasaar che ci provava con lei per l’ennesima volta, quando il suo cellulare iniziò a squillare. La suoneria si diffuse per la stanza, un’allegra musica di piano. —Scusate un attimo…—Disse con falso imbarazzo. A chiamarla era stato James “Jamie” Shadow Kingsley, parabatai ed amore segreto di Tessa. La ragazza tirò fuori svelta il telefono e rispose. —Jamie.
  —Principessina.
  —Cosa succede?
  —Sono nella tua zona. Hai finito con i… com’è che li hai chiamati?
  —Mondani, Jamie. Non fanno parte del mondo delle ombre, ci nascondiamo da loro ed è nostro compito proteggerli. Non capirò mai come fai a dimenticartene.
  —Bah. Comunque, quello che conta è che sto arrivando. Vuoi andartene da quella gabbia di matti?
  —Sì. C’è un ragazzo che tenta disperatamente di flirtare con me e sono tentata…
  —Di baciarlo?
  —Di ucciderlo.
  —Allora sarà meglio che venga a salvarti da questo mandano.
  —D’accordo. Sto arrivando.— Tu… Tu… Tu… il rumore di telefono attaccato risuonò nelle orecchie di Tessa che stava facendo uno sforzo enorme per non guardare inviperita Lasaar. Si voltò sbuffando verso la porta. In quel momento la suddetta porta si aprì velocemente e ne entrò un uomo alto, dagli occhi azzurro cielo ed il naso aquilino. Sembrava enormemente fuori posto nella sala in cui i ragazzi si accingevano a riprendere la partita. Immediatamente un odore familiare raggiunse le narici di Tessa: demone. Immediatamente tuti  sensi della ragazza si misero all’erta mentre Lasaar si avvicinava all’uomo. Gli arrivava circa all’adunco naso e lo sconosciuto lo fissava senza minima considerazione.
  —Ehi, amico, che cosa ci fai qui? È un posto molto esclusivo!— disse il ragazzo. Poi ci fu un istante di silenzio mentre il demone si rendeva conto di chi aveva davanti. Poi, con un unico movimento al contempo svelto e letale prese il giovane per il collo e lo sbatté contro il muro.
  —Io entro dove, quando e come mi pare!— ringhiò, fissando con aria truce tutti i presenti che venivano rapidamente presi al panico. Solo Tessa rimaneva immobile difronte al demone che si guardava intorno. Tessa no sapeva con esattezza che cosa cercasse, ma quando la vide il volto del mostro si illuminò. Aveva la sua preda.
  Come in fibrillazione la mente d tessa iniziò a parlare di sé in terza persona: Theresa Aurora Shaine. Nata nell’istituto di San Pietroburgo, non puoi morire ora. Devi prima sposare Jamie, e con il tuo fascino –i tuoi capelli color cioccolato, le tue ciglia femminili, i tuoi occhi grandi e gentili e le tue labbra carnose ci riuscirai! Sai che è illegale perché lui è il tuo parabatai ma devi farcela. E non puoi morire proprio ora. Non pensare che con tutta probabilità non se ricambiata e che stai pensando inutilmente, ma vivi bene. O semplicemente vivi. Quindi tira fuori la tua spada angelica e combatti, vigliacca! Poi, rapida come il vento, tirò fuori l’arma celeste che conservava in tasca. —Nakir!— Con un grido fece illuminare la lame che brillò di una luce intensa e chiara, mentre il demone si leccava le labbra. Tutti i mondani erano caduti in uno stato di trance mentre i due contendenti si guardavano pieni di astio. Poi, con un salto, il succubo demoniaco prese la forma di un enorme falco e volò in picchiata verso la ragazza che sbuffò ostentando falsa sicurezza: —Demoni muta forma… una noia!— ma si ritrasse in fretta quando vide che stava per essere infilzata dall’adunco becco dell’animale. —ARGH!— gridò la ragazza, resasi conto di quanto quella “noia” avesse intenzione di ucciderla.
  Mentre Tessa faceva l’ennesimo salto indietro per schivare le zanne acuminate di una tigre la porta si aprì di nuovo.  Con un gridolino di gioia Tessa accolse James Shadow Kingsley, suo parabatai nonché amore segreto. —Jamie! Aiutami!
  Immediatamente gli occhi blu scuro del ragazzo vennero assaliti dalla paura verso la propria compagna di battaglia. Era un ragazzo alto e con un fisico atletico che contribuiva a renderlo ancora più attraente. Ma nonostante avesse potuto avere infinite ragazze, l’unica che le interessava –temendo di non essere ricambiato- era la sua parabatai. Per cui, quando vide che la suddetta stava per essere stritolata da un serpente gigante si lanciò in sua difesa. Tirò fuori dalla tasca -ricoperta di rune per renderla capace di portare enormi pesi senza occupare spazio né pesare- un’ascia bipenne alta due metri e pesante circa quaranta chili e si lanciò sul serpente. La creatura si prostrò in avanti per evitare il colpo, poi si trasformò in un passero per sfuggire agli ampi fendenti del ragazzo. I due Shadowhunters si guardarono attorno confusi fino a quando Jamie non buttò a terra Tessa per salvarla da un gufo reale lanciatosi dal soffitto. Mentre I ragazzi si alzavano un granchio gigante apparve di fronte a loro e prese a minacciarli con le chele. L’enorme mostro avanzava in quella massa di corpi come se l’aggiunta di un nuovo nemico non lo preoccupasse minimamente. I mondani sul pavimento russavano sonoramente spezzando l’atmosfera di tensione, ma i Nephilim stavano comunque in guardia, pronti a scattare al minimo segno di attacco. Nessuno dei due parlava, cercavano solo di aggirare il granchio. Senza riuscirci.
 All’improvviso con uno scatto fulmineo la bestia chiuse la chela sulla zampa di Tessa che cadde a terra con un urlo di dolore, l’arto spezzato. A quella vista, gli occhi di Jamie si annebbiarono per la rabbia. Sollevò con un grido l’ascia e la abbatté su una delle chele del demone che con un urlo di dolore si ritrasse prendendo la forma di una tigre monca. Al posto di una delle zampe anteriori c’era un brandello di carne dal quale usciva sangue a fiotti. Tutto il corpo di Jamie era atteggiato in posizione da battaglia, leggermente piegato sulle gambe e l’enorme ascia protesa in avanti.
  Con un nuovo grido il ragazzo menò un enorme fendente che venne schivato da un enorme serpente a cui mancava la parte posteriore della coda. La creatura si lanciò sul ragazzo e mentre questi parava veniva circondato dalle spire dell’animale. Jamie se ne accorse e spiccò un balzo all’indietro rischiando di spezzarsi un tendine tanto finì lontano. La creatura fece un mezzo sorriso come se si rendesse conto che quello che aveva di fronte era un avversario degno di questo nome. Poi guardò con astio la figura svenuta di Tessa che stava sul pavimento mentre cercava un modo di avvelenare il nemico. E gli venne in mente. —Ragazzo,— disse. —Ti rendi conto di con chi stai combattendo? Io sono Shroppshire, muta forma, demone superiore… e tu speri di battermi? Allora sappi questo, ragazzino: la festa è finita!— Ed il demone scomparve.
  Shroppshire la pulce girava sul pavimento mentre cercava di avvicinarsi al ragazzo che, confuso, cercava l’avversario. —Dove sei?— chiedeva a denti stretti. —Vieni fuori e combatti con me, codardo!
  Ma nessuna risposta. Fino a quando non si udì un feroce sibilo, come di una caldaia che stava per scoppiare. E scoppiò la trasformazione di Shroppshire che aveva finito il proprio tempo massimo da trasformato, mostrando la sua vera natura: il demone non era latro che un cane a tre steste con la bava alla bocca… circa delle dimensioni di un cucciolo. Jamie guardava allibito il nuovo nemico mentre si preparava a finirlo con un colpo d’ascia quando questi si accasciò a terra, dissanguato. Il corpo era in una pozza di liquido verde e se ne stava immobile, fino a quando non scomparve. Il ragazzo si sentì nelle orecchie una canzone che sua madre gli cantava da bambino, quando era triste:
Sparagli Piero, sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
Finché tu non lo vedrai esangue
Cadere a terra e coprire il suo sangue!
Jamie socchiuse gli occhi mentre le note gli risuonavano nella mente. Poi, con un moto di paura, sentì un assurdo dolore alla runa parabatai che aveva dietro la schiena. Tessa! Immediatamente il ragazzo corse verso di lei, in lacrime. La ragazza era ancora svenuta, ma stava pian piano riprendendo conoscenza. Mentre Jamie la stringeva fra le braccia il dolore di Tessa si alleviò, ma nonostante questo sentiva di avere bisogno di aiuto —Ombra…— Sussurrò.
  —Prin-principessina degli Shaine? Mi senti?— rispose lui balbettante.
  —Sapevo che ce l’avresti fatta. Ma morirò se non lo chiami.
  —Chi?
  —Brad… Bradford Chase, lo stregone. Lui può aiutarmi, c’è il suo numero nel mio cellulare.
  Immediatamente il ragazzo prese il telefono dalla tasca di lei e con le dita tremanti scorse la lista dei contatti fino a trovare: Bradford Chase. Che Dio ce la mandi buona! Pensò. Poi premette il tasto di chiamata.
  Al quinto squillo rispose una voce maschile con un accento orientale che lo sorprese. —Chi è che mi disturba a questa tarda ora?
  Jamie rispose con voce sicura. —Sono un amico di Tessa Shaine. Lei sta per morire, e cambierà mondo senza il tuo aiuto.
  —Quanto puoi pagare?— Chiese malizioso lo stregone.
  —Quanto vuoi.
 
Pochi minuti dopo il figlio di Lilith era già lì. Aveva chiamato con sé un paio d lupi mannari e stava facendo portare la ragazza su una barella dai suddetti. Jamie stava accanto a lui nel furgone, pallido come un cencio.
  —Fa molto male la runa?— chiese lo stregone.
  —Lascia perdere.— gli disse il ragazzo. Nel profondo era infuriato con sé stesso, sentiva che avrebbe dovuto proteggerla meglio. E se sarebbe morta? Non poteva permetterlo. Difficilmente la sua vita avrebbe più avuto un senso, senza quella ragazza al suo fianco. Ma, si disse tristemente, mai come sposa. Ancora ricordava di quanto era stato fiero di diventare il parabatai di Tessa. Ma ogni giorno quel legame che impediva ai due di fidanzarsi gli lacerava il cuore come un pugnale. Ed inoltre probabilmente non era nemmeno ricambiato… Intanto però pensava anche allo stregone: Castano, occhi chiari, né smilzo né atletico, aveva un fisico normale e la barba sempre leggermente incolta come probabilmente amava portarla. Le orecchie leggermente a sventola erano una sorta di tratto distintivo, ma aveva anche un sorriso smagliante… Quasi brillasse di Luce propria. Appena il Nascosto era arrivato aveva cecato di guarire le ferite principali, ma aveva detto che la ragazza non avrebbe camminato per un po’. Ma ci avrebbero provato. L’avrebbero salvata.
 
Matthew Bourie stava fermo all’angolo della strada. Non compiangeva la perdita del succubo quanto il fallimento del proprio piano. Certo avrebbe avuto parecchio sangue, ma non quanto ne sperava. Ma si sarebbe riscattato.  E la morte di quella Nephilim sarebbe stato il prossimo passo. Certo, non si aspettava l’intervento dello stregone, ma… ogni cosa a suo tempo. Vivere seicento ani aveva aiutato la sua pazienza a migliorare, affinarsi… poteva aspettare anche un secolo, ma presto tutti i fiori appassiscono, tranne quelli immortali. Lui sarebbe sempre fiorito, anche grazie alle numerose api che portavano in giro il suo polline e  che aiutavano la sua espansione. Ma quello che voleva lui non era la morte dei Nephilim, bensì…
  Le riflessioni di Matthew furono interrotte dall’albergatore che lo aveva raggiunto in camera.
  —Desiderate?— chiese l’imponente uomo.
 
Nel lettino dell’ospedale dell’Istituto di New York Tessa cominciava a guarire. I medici –ed ovviamente Jamie- stavano con lei ventiquattro ore su ventiquattro, ed erano rari i momenti di solitudine con il suo parabatai. Era in quei momenti che stava meglio nonostante la tristezza di on poterlo baciare, di non poter chiedere un conforto superiore a quello che poteva are un amico, che la attanagliava. Ma le bastava che lui le stesse vicino perché potesse sentirsi felice, almeno in parte.
  —Tessa, quel demone era davvero potente. Da dove veniva?— Chiese Jamie in uno di quei rarissimi momenti, con la voce carica di apprensione.
  —Non lo so.— disse lei con voce flebile. Ancora era stanca ed il dolore alla gamba tranciata la faceva svenire spesso.
  —Che cosa può significare?
  —L’inizio.
  —L’inizio?— le fece eco lui.
  —Una nuova battaglia.— rispose Tessa, svenendo nuovamente.
 

Spazio autore

 
Allora… piaciuto questo capitolo de giovedì sera (anche se non ho una data fissa in cui postare)? Spero di sì perché ho inserito tre dei vostri nuovi OC, quindi colgo l’occasione di ringraziare stardust94 e LoveEverlack, entrambe bravissime, e delle quali spero aver esaudito i desideri su come ho fatto agire i personaggi. Ovviamente se che legge queste parole desidera mandarmi un OC non esitate, attendo materiale perché la battaglia cominci! Nei prossimi capitoli aggiungeremo fili alla trama ed approfondiremo il nostro Bradford. In più spero che abbiate colto il riferimento alla canzone “La guerra di Piero” ed al fantastico gioco veramente esistente Lupus in Tabula (spero che nessuno segnali tutto questo come spam) e poi… niente, vedrò di scrivere il più possibile anche se nella prossima settimana sarò parecchio parecchio impegnato quindi mi scuso in anticipo se non riuscirò a pubblicare…
LordPando

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Capitolo 4
*** Guarigione(?) e compagni ***



Lo stregone guardava assorto il lettino ospedaliero da una sedia posata da lui stesso pochi minuti prima. Osservava il respiro regolare di Tessa pensando alle notizie che aveva trovato su quel demone che aveva attaccato lei ed il suo parabatai. Brad sospirò: ah, quei due! Entrambi incorreggibili… ed entrambi con un debito con lui. Ma d’altronde, se pure cercasse di sembrarlo, lui non era attaccato ai soldi come gli altri stregoni.  Però aveva anche lui bisogno di vivere in qualche modo, nonostante fosse il terzo favore gratuito che faceva alla giovane Nephilim. Ma oramai i due erano amici, non semplicemente compratore-venditore di fiducia.  Ed in un momento così difficile, con nessuno che sapeva se avesse potuto sopravvivere o no… non era il caso di anteporre le proprie questioni economiche.
 Pochi minuti dopo Brad si alzò e guardando la finestra vide che un messaggio col fuoco campeggiava nell’aria. Lo fissò con aria interrogativa e le lettere si accesero ancor di più. Lo stregone lesse il messaggio con curiosità inclinando la testa di lato:
 
Salve Bradford. Ho saputo che sei un po’ nei guai con certi demoni che hanno assalito dei tuoi amici, dunque mi chiedevo se ti avesse fatto piacere che venissi da te. Visto che non ho intenzione di aspettare una tua risposta, penso che mi troverai facilmente nella tua cantina. Vieni il prima possibile, e porta qualcosa di meglio da mangiare, a meno che tu non abbia rifornito la tua dispensa.
Drake Jamai Noctable
P. S.
Porto un paio di amici.
 
Brad sospirò. A passi felpati si diresse verso la cantina tremando al pensiero di che cosa avesse architettato il suo amico stregone. Ogni passo che faceva veniva sempre più avvolto nell’apprensione fino a che non scese la ripide scale illuminatissime che conducevano alla cantina. Mentre scendeva udiva urla e risate provenire dalla stanza che, una vola raggiunta, si rivelò la sede di un enorme incontro di nascosti e Shadowhunters. Subito Drake gli venne incontro allegro. Non era altissimo (circa un metro e settantasette) ma aveva comunque –nei momenti di serietà- un aspetto… non classico. Bello, ma non classico: aveva lineamenti molto dolci e gli occhi scurissimi quasi dello stesso colore dei capelli. Le sue labbra erano leggermente carnose ed aveva un naso sottile ma non troppo, esattamente delle dimensioni ideali per quel viso leggermente infantile. —Allora, mio giovane amico, come va?— Drake aveva oltre ottocento anni e chiamava quasi tutti “giovane amico, tranne le persone più fidate. —Che ne pensi delle persone che abbiamo qui? Forza ragazzi, presentiamoci al padrone di casa! Per prima abbiamo Zoe Alexandra Fairchild, ottima Shadowhunter e on eccellenti capacità di rune!— a quella parole, forse dette volutamente quasi urlando, tutta la baldoria si interruppe.
  Si fece avanti una ragazza dai capelli castani tendenti al rosso raccolti in una coda che lasciava uscire parecchie ciocche e gli occhi di un verde intenso. Aveva il mento leggermente pronunciato ed indossava abiti aderenti neri, la maglietta ricoperta da una giacca di pelle anch’essa nera che le forniva un’aria battagliera. Camminava accanto a lei un ragazzo alto, capelli biondo chiaro, anche gli occhi di lui verdi ma molto più scuri di quelli della ragazza. Indossava una camicia immacolata leggermente aperta sul davanti e dei jeans neri tendenti al blu. Portava anche al polso un bracciale simbolo del Praetor Lupus, marchio che fece scattare in Brad un moto di riconoscimento.
  —Lui è il mio migliore amico, ragazzo della Shadowhunters, Anthony Mike Koffrey. Li ho fatti venire qui perché non avevano nulla da fare.
  —Un membro del Praetor che non ha nulla da fare?— chiese con aria interrogativa Brad. A quelle parole Anthony nascose il braccialetto quasi timidamente, mentre abbozzava un sorrisino.
  —Successivamente abbiamo— continuò Drake come se stesse presentando gli attori di una serie TV —Delner,  con mezzo sangue di fata e quindi capace di mentire, dalla corte Seelie!
  Si avvicinò un ragazzo poco più alto dello stregone, con i capelli di uno strano grigio molto spettinati e gli occhi dello stesso colore. La faccia era ovale e le  caratteristiche orecchie a punta delle fate erano visibilissime.
  —Piacere!— disse tendendo la mano.
  —Scusa la diffidenza,— disse un po’ imbarazzato Brad —Ma fra noi stregoni si dice che se stringi la mano alle fate potresti essere in seri guai, quindi… preferirei di no.
  —Capisco.— disse semplicemente il ragazzo con una scrollatina di spalle, e con Zoe ed Anthony tornò a mangiare attorno ad una tavola preparata al momento  e su sgabelli di legno.
  —Per ultimi, ma non per importanza, abbiamo un simpatico quartetto: il Praetor Tullius, unico pretoriano che si fa chiamare per nome, — e si avvicinò ai due stregoni il ragazzo alto, massiccio e con capelli a spazzola neri spruzzati di grigio. Il Lupo Mannaro aveva il viso rotondo e solenne ma si vedeva che aveva appena riso. Accanto a lui, molto più basso, c’era un satiro che fissava interrogativo Brad. —con accanto il satiro relativamente giovane Gaberel.—Brad lo osservò e notò le corna caprine e parte dei muscoli da membro del popolo fatato sotto la camicia di flanella blu. Il “ragazzo” aveva occhi neri come  capelli, corti ai lati. —E dopo di loro due ragazze: Colette Elèa Applegray – Crossmark, Shadowhunter, portatrice di uno dei rarissimi Aegis.
  —Lottie, per favore. — Si fece avanti una ragazza con i capelli scuri ed occhi color cioccolato, dai tratti leggermente asiatici. I denti superiori, al centro, erano leggermente sporgenti, al punto da rendere il suo aspetto più infantile e farla assomigliare ad una tredicenne, visto il suo essere comunque non particolarmente alta. La pelle leggermente olivastra faceva sì che non avesse neanche tanto bisogno di abbronzarsi al sole, facendo dunque risaltare i marchi che sembravano far parte del suo stesso corpo.
  —Salve, signorina.— disse Brad, poi si rivolse a Drake. —Mi diresti che cosa ci fa tutta questa gente in casa mia?
  —Ma è ovvio: portiamo distrazione dal lavoro e tutto l’aiuto possibile. Ma lascia che ti presenti l’unica vampira del gruppo: Madlene Corelle[1].
  Si avvicinò una ragazza decisamente bella, alta circa un centimetro meno di Drake –che la fissava quasi adorante- con un’abbronzatura perfetta, dei riccioli scuri con una sola ciocca bionda, labbra leggermente carnose, faccia rotonda,  un nasino dolce e gli occhi neri  che le davano un’aria dolce. —Ciao!— disse allegra. —Sono felice che tu sia qui, voglio complimentarmi: vedo che inviti spesso vampiri qui.
  All’inizio Brad non si rese conto di che cosa la ragazza stesse parlando, poi s rese conto di aver lasciato le riserve i sangue per le con l’amica Linday. —Diciamo… ho un’amica della tua razza.
  —Capisco. Grazi comunque.— rispose la ragazza, tornando con Drake al tavolo sul quale Gaberel si esibiva in una danza tipica del Popolo Fatato.
  Dopo qualche istante di incertezza Brad mosse le dita e le puntò sulla propria gola per creare un incantesimo microfono. Poi, gridò: —BASTA! ABBIAMO UN PROBLEMA DEMONIACO ED H BISOGNO CHE VOI MI AIUTIATE A RISOLVERLO! SO CHE POTREBBE ESSERE FORSE NOIOSO PER VOI CHE STATE A FARE BALDORIA MA UNA SHADOWHUNTWR STAVA PER MORIRE UCCISA DA UN DEMONE MUTA FORMA!
  Silenzio. Tutti i presenti avevano interrotto le proprie attività e si erano avvicinati allo stregone. A prendere la parola fu Anthony che con voce decisa ma con una puntina di paura, disse:—Hai ragione. Scusaci. È il momento che tu ci spieghi tutto quello che sta succedendo. Il compito di tutti noi è aiutare il mondo invisibile, ed adesso è il momento. Adesso un nuovo pericolo si profila all’orizzonte, un pericolo che potrebbe ucciderci tutti, ed è quindi il momento di affrontarlo a testa alta, anche se non conosciamo te né questa Nephilim di cui parli.
  A quelle parole tutti i presenti si fecero seri. Nessuno proferì parola e Brad emise un sospiro di sollievo sciogliendo l’incantesimo e pregando Lilith che nessuno, al piano di spora, lo avesse sentito. Ma Lilith non ascoltò.
  Jamie stava andando a trovare Tessa quando aveva sentito quell’urlo proveniente dalla cantina. In un primo momento non vi aveva badato, pensando soltanto che doveva andare dalla sua parabatai, ma pochi secondi dopo, quando il suo naso venne raggiunto da un forte odore di nascosti di qualsiasi tipo, si ritrovò a correre per le scale. Appena raggiunse la cantina aprì di scatto la porta con una spada angelica in mano. —Che cosa succede?— disse, puntando istintivamente la spada verso Drake.
  —Nulla.— disse subito Brad. —Questo è un gruppo di miei amici che ho fatto venire qui, molti di loro possono aiutare Tessa.
  Immediatamente l’interesse di Jamie si risvegliò, come se avesse appena sentito dire: “Hai vinto alla lotteria!” Poi, guardando meglio tutti, si rese conto delle due Nephilim nella stanza, emise un sospiro di sollievo. Anche la presenza della vampira a rassicurò non poco, ma quanto agli altri nascosti… in particolare quel Drake: aveva i modo di fare di no stregone ma non si riusciva a notare in li alcun segno demoniaco. Per questo, schietto e franco come sempre, chiese:—E che cosa ci fa un normale qua dentro?
  —Intendi per caso un mondano? Be’, per tu informazione qui non ce n’è nessuno, dunque… di chi stai parlando?
  —Di quello con i capelli neri: odora di stregone, ma non ha nessun segno distinti…
  —Se alludi a me,— si intromise Drake —Ho il mio segno demoniaco da bravo stregone, ma dubito tu intenda vedere qual è.
  —Lo nascondi, figlio di Lilith? No sei orgoglioso delle tua razza?— disse Jamie, quasi sputando le parole dalla bocca, aghi avvelenati che miravano a ferire l’altro.
  —Vivo in questa forma da più di ottocento anni, e pensi davvero che o mi vergogni di essere un Nascosto? No, giovanissimo Nephilim, ti sbagli. Io sfoggerei il mio essere stregone, se potessi, anche con i mondani. Ma non posso andare a torso nudo in giro. Sei tu quello che si vergogna di amare la propria parabatai.
  Quelle parole furono uno shock per Jamie. Infuriato, stava per menare un cazzotto al moro quando si rese conto che tutti quelli che erano nella stanza lo guardavano infuriati, anche le altre Shadowhunters. Per questo ingoiò l’amaro ed incurvando la schiena chiese: —Che cosa potete fare per salvarla?
  Drake stava per continuare l’attacco verbale quando un’occhiataccia di Zoe e le parole sillabate ma non dette: “Tieniti per te” lo convinsero a stare zitto. A parlare per primo f il giovane satiro che guardando il Nephilim disse:—Che ti sia ben chiara una cosa, Figlio dell’Angelo: siamo stati convocati qui per far baldoria ed un culo così ai demoni, non per la tua fidanzatina. Quindi non dovresti chiedere che cosa possiamo far per lei: dovresti chiedere che cosa possiamo fare perché non ci siano altre lei. Questo sarebbe il tuo vero dovere di Shadowhunter.
  Jamie abbassò gli occhi: parlare con quello stregone, Lupi Mannari che Tessa odiava e membri del Popolo Fatato sarebbe stato difficile, se non fosse stato aiutato da Brad. Decise così di guardarlo con aria supplichevole sperando in un eventuale aiuto da parte dell’amico. Certo, probabilmente anche le Nephilim sarebbero state d’aiuto, ma le due ragazze non parevano andare molto d’accordo. Quindi decise che avrebbe aspettato che quel gruppo di matti facesse la prima mossa. Cercò di riavviare la conversazione con una domanda:—Da dove pensate di cominciare le ricerche?
  Per un momento tutti lo guardarono con aria interrogativa, poi Colette decise di prendere la parola. —Pensavamo di dividerci e controllare le ramificazioni della città a coppie: Zoe con Anthony…— Era evidente il disprezzo messo nell’ultima parola. Tullius bisbigliò a Jamie: “Ha problemi con i licantropi, alcuni di noi le hanno letteralmente ucciso la famiglia.” Incurante di quelle parole, la ragazza continuò: —Io con Delner, Gaberel con Tullius,— altro disprezzo. — e Drake con Madlene. Probabilmente tu e Bradford dovreste rimanere qui per non lasciare la casa senza difese.
  Brad guardò la Shadowhunter con aria interrogativa e chiese: —E da quanto tempo avete deciso queste squadre?
 —Ora.— Disse lei sbrigativa. —L’ho deciso io ora, ma tutti sono d’accordo!
  —Oh.
  Silenzio. —E dove andrete?— chiese Jamie. La vice era carica di preoccupazione, ma anche di sete di vendetta: indubbiamente quel demone era stato mandato da qualcuno –Nascosto, Nephilim o mondano che fosse- ed indubbiamente Jamie voleva vedere quella creatura morta, dopo atroci sofferenze. In quel momento i dubbi cominciarono ad assalirlo, ma non doveva pensarci. Non ora, almeno.
  —A questo penseremo noi, Figlio dell’Angelo.— ringhiò Tullius. Il Pretoriano era evidentemente infastidito dal ragazzino che non adempieva ai suoi doveri per salvare u amore impossibile. —Ma quello che intendo darti ora è una possibilità di guarire la tua amica.— pronunciò l’ultima parola in maniera crudele. Prese dalla tasca un ago d’oro ricoperto di rune non presenti non Libro Grigio. —Usiamo questo ago per cucire i vari arti, tutto ciò che lo tocca guarisce più in fretta. Ovviamente alcune delle rune sono un po’ sbiadite perché l’ho usato di recente… ma sappi che funziona ottimamente.— a quelle parole il Pretoriano porse l’oggetto al Nephilim e si rivolse ad Anthony. —Anche tu sei un licantropo del Praetor. Onora questo nome difendendo la tua ragazza ed aiutando questi Nephilim.
  —Certo.— disse questi, sicuro di sé. Sapevano tutti che avrebbe fatto quasi qualsiasi cosa, per salvarla.
  —E voialtri… facciamo un culo così a questo mostriciattolo!
  —Mostriciattolo?— fece Drake con aria interrogativa. Era incerto se prendere l’amico per passo o semplicemente molto, molto coraggioso. Probabilmente entrambe.
 
Jamie stava correndo nella stanza di Tessa. La ragazza era circondata da medici –un lupo, un giovanissimo stregone ed una ragazza dai capelli rosa che si faceva chiamare Rei. La suddetta lo guardò come se fosse piombato dalle nuvole, e quando vide la runa parabatai sulla schiena di lui (parzialmente girato per guardare Tessa, la runa visibile per la sottigliezza del tessuto della camicia), trasalì. Il ragazzo guardava la propria parabatai con gli occhi carichi di apprensione, ma anche con una nuova sicurezza. Con mossa svelta estrasse dalla cintura un piccolissimo ago  il cui giallo materiale risplendeva al sole –riconosciuto come tipica del Praetor dalla ragazza- e lo porse a Rei. —Ho sentito dire che sei un’amica di Tess… Tessa. Io sono il suo parabatai, e… un membro del Praetor, di sotto, mi ha dato questo. Dovrebbe… dovrebbe aiutare la mia… dovrebbe aiutare Tessa. Ti prego, usalo bene: dovrebbe collegare tutte le vene, arterie, muscoli ed ossa nel modo giusto. Ti supplico.
  Sentirsi supplicare da quel ragazzo che tanto Tessa amava era uno strazio, ed anche di più lo era capire che la sua amica era corrisposta, ma stava morendo. Aveva perso quasi troppo sangue e le probabilità di sopravvivenza diminuivano ogni ora che passava. Anche con quell’ago sarebbe stato improbabile che la ragazza riuscisse a sopravvivere. Ma non poteva dire niente a Jamie, così sospirò e disse: —Ci proverò. Ma… non sono sicura di niente. Spero solo che ce la faccia. Sai… è una ferita davvero…
  Ma Jamie non aveva perso tempo ad ascoltarla: e n’era andato verso l’armeria subito dopo averle dato l’ago.
 
Jamie camminava svelto verso l’armeria. Era il suo luogo preferito quando si trattava di sfogarsi, di prepararsi, di alleggerire la tensione… anche solamente per pensare. La sua ascia bipenne si era quasi rotta nel combattimento contro Shroppshire, ed era infuriato con sé stesso per non essere riuscito a difendere Tessa. All’improvviso, però, si arrestò: si trovava nella casa di uno stregone, senza armerie – o almeno così credeva.
  La casa era davvero grande: Jamie si era inoltrato in un corridoio al lato del quale si aprivano numerose porte sconosciute a Jamie. Lo Shadowhunter non era mai stato nella casa dello stregone, ed aveva un rapporto di ignoranza reciproca con quel tipo di Nascosti. All’improvviso decise di fermarsi ed entrare in una porta a caso. Ne aprì una e svoltò, entrando. Quella vista quasi gli mozzò il fiato: dopo una corta rampa di scale quella porta dava l’accesso ad una delle stanze di allenamento-guarigione più grande che avesse mai visto. All’interno risplendevano un centinaio di spade, asce o archi di ogni fattura e colore… dei quali nemmeno no ricoperto di rune. Tutte quelle armi erano state costruite dai mondani per i mondani o per i Nascosti, ma dato che Jamie ed i mondani erano due rete parallele, la prima cosa che gli venne in mente fu che quella era un’armeria per i Nascosti. All’inizio la rabbia stava per accoglierlo fra le sue braccia, ma il ragazzo vide Colette che parlava animatamente… dando le spalle a Brad. Per un momento si sorprese, ma a sentire il buon odorino che si diffondeva nell’aria capì: la ragazza era evidentemente una maestra di cucina e stava sfruttando il piano di cottura che vide nell’angolo della stanza. I due parlavano di Tessa e di lui; di Nascosti e Shadowhunters; di guarigioni e morti; del ciclo della vita e dell’esistenza dello spirito; della vita di lei da orfana e di quella di lui da trovatello; dell’anatra all’arancia che Colette non sarebbe mai riuscita a preparare e della gioconda di da Vinci che Brad non sarebbe mai riuscito a copiare… e poi di nuovo di Jamie e Tessa. Entrambi avevano capito che cosa Jamie voleva ci fosse fra i due e stranamente Colette non era affatto disgustata dalla cosa come spesso si dimostravano altri Nephilim solo a sentirne parlare. Quelle parole imbarazzavano il ragazzo, ma immediatamente la conversazione svoltò sulla possibile morte della ragazza. Parlavano di Tessa –della sua amata Tessa– come se fosse già spacciata. Parlavano di speranze, e non di certezze… Evidentemente nessuno di due l’aveva ancora visto. Ma se avessero avuto ragione? E se davvero per Tessa non ci fossero state possibilità?
  Pensieri del genere si aggiravano nella mente di Jamie, quando all’improvviso udì un’altra voce dietro di sé.
  —Potrei prendere parte alla conversazione sulla scelta della mia bara? Sapete, penso che una rosa non sia adatta ad un evento luttuoso!— proveniva da una ragazza con bellissimi capelli marrone cioccolato, degli occhi intensi che tradivano qualsiasi emozione… ma soprattutto, veniva da una ragazza che Jamie avrebbe riconosciuto fra mille ed anche di più. Proveniva da Tessa.
  Nonostante la ragazza necessitasse di delle stampelle per camminare ed aveva un respiro irregolare, la gamba sembrava tutt’altro che stabile ed aveva la pelle pallidissima… era viva. E questo Jamie non l’avrebbe scambiato per nulla al mondo.
  Per un momento fu tentato di baciarla, di abbandonarsi a lei, di scivolare, volare vivere nel modo più intenso possibile… ma il triste muro della Realtà lo fece sbattere. Erano parabatai. E nient’altro.
 

Spazio autore

 
Salve.
Salve.
Salve.
Per prima cosa complimenti a me stesso per la celerità (e la modestia): credevo di non pubblicare niente, e invece… Ma è per questo che mi volete bene!
In questo capitolo abbiam conosciuto tante persone nuove, tutti finalizzati alla stessa causa: trovare il cattivone!
Anche se in questo gruppone di amici ce n’è qualcuno che non me la racconta giusta… scrivete nelle recensioni secondo voi chi potrebbe essere dalla parte sbagliata.
Ovviamente spero di pubblicare il prima possibile, ma non prometto niente.
Continuate a mandare OC, e salutate Antonio!
LordPando

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Capitolo 5
*** Madlene, Drake, Zoe e Anthony ***


Capitolo 4
Madlene, Drake, Zoe ed Anthony
 
Drake e Madlene si guardarono. —E così noi siamo i primi, eh?— disse lei. La vampira appariva tesa ma pronta. Indossava un completo aderente nero che faceva risaltare ancora di più la sua bellezza. Lei e lo stregone stavano uno acanto all’altra, pronti ad uscire dal portone della casa di Bradford. A loro era toccato l’Upper East Side, ultimamente sempre più pieno di attività demoniaca.
  L’altro assentì e con uno schiocco di dita fece aprire il portone. —Esci.— disse. Il suo tono di voce era secco, la camminata svelta e sicura. Sapevano entrambi che Drake avrebbe potuto aprire un Portale, ma non voleva. Sapevano entrambi che sarebbe stato un errore strategico enorme, senza paragoni: avrebbero evitato di sorvegliare lungo il tragitto ed avrebbero inutilmente attirato l’attenzione dei passanti, che fossero parte del mondo delle Ombre o no. Quindi procedevano senza parlare né guardarsi in faccia ed aspettando di arrivare. Avevano deciso di cominciare col prendere informazioni da una bettola idi fate rinnegate ed alcolizzate, sperando che fossero abbastanza brille per  fornire informazioni utili ma abbastanza ubriache per non aggirare la verità.
  —Sai per che ora dobbiamo rientrare?
  —Penso che appena tu rischierai di essere bruciata dovremmo essere dentro casa.— Nella voce né negli occhi del Figlio di Lilith c’era l’ammirazione che si era notata anche a due chilometri di distanza durante la festicciola, ma solo una concentrazione quasi cinica ai dettagli: Buccia di banana schiacciata al bordo della strada, dall’odore di suola si direbbe pochi minuti fa. Ma non abbiamo visto chi è stato, dunque deve aver svoltato nel vicolo a sinistra. Il vicolo esce in una sede di alcuni Figli della Luna, dunque è probabile che un Mannaro sia passato di qua. Se invece fosse stato un mondano deve essersi recato verso la propria casa, di ritorno da una cena… leggera, o non avrebbe mangiato frutta per la strada. Ne si deduce che non venisse da una festa e quindi non fosse ubriaco. Dall’assenza di feste nella zona, credo che sarà difficile passare inosservati.  Pensieri simili giravano nella testa dello stregone, fino a quando non venne fermato da Madlene. —Che cosa succede?— chiese. Non era irritato né spaventato, ma semplicemente tranquillo.
  —Odore di sangue.
  —Provenienza?
  —Vicolo a destra, Lupi, quattro.
  —Che si fa?
  —Non credo avremmo possibilità di nasconderci, ma d fuggire o combattere…
  —O negoziare. So che sei una vampira,— rispose all’eloquente occhiata di lei —Ma non credo che spargere sangue ci aiuterebbe: nonostante stiamo aiutando di loro membri il Conclave non sarebbe molto contento di quattro cadaveri.
  —Hai ragione. Procediamo.— Mentre i due Nascosti si avviavano comparvero i quattro Figli della Luna. Uno di loro era alto e massiccio, mentre tre erano bassi e gracili. Il quartetto era coperto di ferite che grondavano fiotti di sangue risvegliando l’appetito della Figlia della Notte. —Salve, lupi.
  All’udire la voce di Madlene i quattro si voltarono. Avevano sul volto arie truci, ma erano evidentemente incuranti che se ci fosse stato qualche mondano nelle vicinanze avrebbero rischiato molto. Quello grosso rispose con un ringhio di pura rabbia, era evidente che la vista di una vampira non era certo quello che di più avrebbe desiderato. Ma all’improvviso il mannaro sgranò gli occhi guardando alle spalle dei due e, trasformandosi come i sui compagni, prese a fuggire.
  —Dietro di te!— disse Madlene, voltandosi anche lei e spingendo a terra lo stregone.
  —Cosa succede?
  —Demone!— La ragazza scattò e con un salto raggiunse lo scorpione dalla testa di serpente che aveva quasi ucciso Drake. Quest’ultimo teneva a freno il mostro con un incantesimo mentre Madlene ne dilaniava le carni con le zane facendo attenzione a non ustionarsi con il sangue. —Abbastanza scarsino… mi chiedo chi lo abbia mandato qui. —Abbastanza scarsino… mi chiedo chi lo abbia mandato qui.
  —Probabilmente nessuno, penso sia arrivato dalla sua dimensione.
  —Proprio davanti a noi per attaccare te? Sembra una spiegazione campata per aria.
  —Per una volta si è dimostrata più intelligente di te, Drake.— Disse una voce che lo stregone avrebbe riconosciuto fra mille e più. Una voce il cui possessore aveva accudito, amato come un padre… ma senza una madre al suo fianco era riuscito a fare poco. La voce terribile e gentile, da vampiro, di Matthew Bourie.
  —Figliolo… vedo che accogli bene il tuo padre adottivo! E per di più mi chiami per nome. Non ricordi quello che ti dissi, centinaia di anni or sono?
  —Ovviamente, Drake, ma si dia il caso che come non sono il tuo figlio biologico ora non lo sarò mai. La mia unica madre e la notte.
  —E sarebbe anche lei che ti ha allevato fino a che non sei scappato di casa?— chiese lo stregone. I de Nascosti si guardavano con aria di sfida, uno più teso dell’altro ma al contempo sicuri di sé. Madlene squadrò prima uno e poi l’altro mentre capiva sempre meglio il rapporto fra i due.
  —Chi è la bella Figlia della Notte che ti accompagna, Drake? Ho una nuova “mamma”?
  —Non mi interessa il tuo padre adottivo, ragazzino… anche se penso tu abbia almeno trecento anni. Drake non scherza sull’età.— Poi si rivolse allo stregone. —Da quanto ho capito lo hai adottato da quando era piccolissimo ed è stato trasformato a… quattordici anni? Si direbbe in questo modo a giudicare dal suo aspetto. La mia domanda è: Perché è qui? Hai qualche conto in sospeso con lui?
  —Non credo che ce ne siano di alcun tipo, probabilmente voleva solo parlare con noi… o sbaglio?
  —Perspicace come sempre padre. Sono qui per parlarvi della Nephilim che il mio servo ha quasi ucciso. Tessa Shaine, giusto?
  —Esatto. Anche se non mi aspettavo ci fossi tu, dietro quella storia. Non eri in Europa?
  —Sono tornato, come vedi. Non hai nulla da dirmi dopo tutto questo tempo? Nemmeno vuoi presentarmi a questa donna?
  —Sono capace di presentarmi da sola: Madlene Corelle, vampira da trecento anni, amica di un gruppo di Nascosti e Nephilim, ex capo del Clan di Chicago.
 —Quale onore. E che cosa ci fa qui con mio padre?
  —Indaghiamo per conto di un Nephilim sulla sua parabatai la cui gamba è stata tranciata solo un giorno fa.
  —Matthew, non pensi che sia maleducato non presentarti ad una signora?
  —Non sei più in posizione di parlarmi con questo tono, Drake! Comunque…— disse, tornandosi a rivolgere alla vampira. —Matthew Bourie, vampiro di prima classe da circa cinquecento anni, per quattordici figlio adottivo dello stregone qui presente. Dopo la mia trasformazione, però, o deciso di allontanarmi dalla mia casa.
  —Ha sempre avuto la stoffa per fare il vampiro.— borbottò Drake con una falsa voce orgogliosa. —Parla chiaro. Che cosa ci fai qui?
  —Molto divertente… e comunque sappiate che sono qui soltanto per voi… e per palarvi di quello che sta per succedere. Il mio attacco non aveva come obbiettivo altro se non allertare i Nephilim. Quel gruppo di figli dell’Angelo con cui hai a che fare, Drake, parleranno con il Conclave ed anche se non riferiranno tutto nei minimi dettagli, esso si allerterà. Gli Shadowhunters inizieranno le ricerche di un responsabile… ed il mio scopo è trovarlo. È per questo che sono tornato nelle Americhe.
  —Dal tuo discorso sembra che la sorte degli Shadowhunters ti stia davvero a cuore… —Disse Madlene, fissando negli occhi il vampiro. —Ma non ho mai conosciuto tanti vampiri che fossero sinceri in questa loro idea. Perché fai tutto questo?
  —È semplice, diffidenti.— disse Matthew, sputando quelle parole in faccia allo stregone. Il figlio di Lilith aveva avuto la bontà di fare silenzio e non pronunciare battute sarcastiche, ma tutti sapevano che quella pace non sarebbe durata a lungo.
  —Non credo che tu possa chiamarmi «diffidente» dopo che ti ho creduto circa… sempre. E soprattutto, non credo nemmeno che ti interessi qualcosa del bene dei Nephilim.
  —E su questo hai ragione. Ma come te, io sono un egoista: mi interessa il bene di me stesso. È per questo che sto facendo tutto ciò. Sappiamo entrambi che c’è qualcuno più potente di noi dietro questa storia. E sappiamo entrambi che se ci sarà guerra i primi ad averne colpa saremo ni Nascosti.
  —In quegli anni ti ho insegnato bene le politiche dei Nephilim. Ma tu che cosa sai? Parli di Guerra e come me ne hai vissute tante… dimmi che cosa sai.— sorprendentemente il tono dello stregone si era fatto serio. Tutti i presenti sapevano che se gli immortali prevedevano guerra, guerra sarebbe stata. Ma contro chi? Quel silenzio teso e carico di comande fi spezzato da un grido.
  —UN DEMONE MASTODONTE!— strillò Madlene di fronte all’elefante antropomorfo che era comparso lì davanti.
 
Zoe Alexandra Fairchild ed il suo ragazzo si erano avviati da poco dalla casa del gentilissimo stregone che li ospitava. Già il freddo si insinuava lentamente sotto la tenuta da Nephilim che copriva la ragazza, mentre questa rabbrividiva.
  —Hai freddo?— chiese il Lupo. Guardò con dolcezza la Nephilim mentre la nebbia dell’Upper West Side li circondava. Ringraziò Lilith che non era molto sensibile alla temperatura e togliendosi la ciacca la pose sulle spalle della ragazza.
  —Grazie.— sussurrò lei, visibilmente sollevata. —Ma…
  —Io non avverto il freddo, se è questo che mi stai per chiedere.
  —Mi fa piacere.
  —Anche a me.
   I due rimasero per un attimo a guardarsi in silenzio, fermi. Nessuno dei due sapeva bene che cosa dire, dunque si guardarono intorno. Nessuno nei paraggi. Anthony cinse le spalle di Zoe con un braccio forte, muscoloso. Il ragazzo si ritrovò a pensare a Drake, il suo amico con il fisico di un lanciatore di coriandoli e sghignazzò.
  —Perché ridi?— chiese con voce tranquilla la ragazza.
  —Pensavo ai muscoli del nostro amico stregone.
  —Già.— la ragazza ridacchiò. —Per fortuna è della sua specie, o nel Mondo Invisibile sarebbe già stato spacciato…
  —Non sei molto gentile.
  —A lui non importa… o almeno, saprebbe come rispondere, quindi ora che siam lontani dalle sue battute sarcastiche…— sorrise maliziosa.
  Il Figlio Della Luna chinò la testa. —Siamo sul lavoro…
  —Già. Stavo pensando,— fece lei allontanandosi di mezzo passo. —a come quel James parla di Tessa.
  —Tu e lei vi conoscete?
  —No, ma conosco Lottie, come sai, il cui cugino è fidanzato con il fratello del parabatai di Rei, una delle migliori amiche di Tessa.
  —Mi sono perso a Lottie.
  I due continuarono a guardarsi. Avevano ripreso a camminare lentamente mentre la nebbia si diradava. Entrambi guardavano davanti a sé come per controllare eventuali presenze demoniache, nonostante sapessero che era difficile se ne trovassero: il sensore di Zoe stava zitto e senza quel rumorino e quella luce ammonitrice, era impossibile che in giro ci fosse attività demoniaca.
  —Perché siamo qui se non ci sono demoni?
  —Demoni non vuol dire Nascosti.
  —La tua compagna Nephilim ha ragione!— disse una voce alle loro spalle. Era una voce dura, raschiante, che però aveva la musicalità tipica del Popolo Fatato. —Io e mio fratello vi seguiamo già da alcuni minuti… o almeno minuti su questa terra.
  —Yggr, saresti così gentile da spiegare a questa coppia felice che cosa ci facciamo qua?— sibilò una seconda fata. Come il fratello era molto basso ma entrambi avevano due cinture che gli traversavano il petto piene di coltelli, pugnali e daghe. I due fratelli erano rossi ed avevano un sorriso malizioso sui volti.
  —Subito. Signori Nephilim, siamo qui come delegazione del popolo fatato perché chiediamo di violare gli Accordi: un Nephilim ha mietuto vite nella nostra corte e noi ne conosciamo il nome. Per questo il nostro Popolo vuole vendetta. So che non sarebbe propriamente violare la Legge, ma già siamo stati punii ingiustamente da voi.— Aveva un tono formale, come se stesse parlando di una causa matrimoniale. —Inoltre siamo venuti a sapere da fonti che non intendiamo nominare che questo Nephilim ha anche scatenato demoni sui suoi simili.
  Immediatamente quelle parole risvegliarono l’attenzione dei due. —Cosa… hai detto che sapevi il suo nome! Diccelo, in fretta!
  Yggr aprì la bocca per parlare, ma la sua testa e quella del fratello caddero a terra, mozzate. —UN DEMONE MASTODONTE!— gridò Zoe. E la battaglia ebbe inizio.
 

Spazio autore

Scusate! Faccio, schifo, lo so, avrei dovuto aggiornare, ma in questi giorni sono stato impegnato a:
  1. farmi gli affari miei e
  2. a scrivere una storia Fantasy che sto per aggiornare (per chi fosse interessato a sapere come vi ho traditi: Le Terre Del Cielo)
Dunque tollerate la mia imperdonabilità e… lasciatemi scusare anche per un altro motivo: in questo capitolo non ho inserito i vostri OC ma spero che nonostante questo mi possiate lasciare un commentino piccino picciò. Eh? Dai. Per favore, vi giuro che dalla prossima volta tornano! Promesso! E prometto anche che aggiornerò più in fretta, quindi… alla prossima!
LordPando

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Capitolo 6
*** Delner, Lottie, Phineas e Rei ***


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—Va bene, ora tocca a me.
  —Spara.
  —È vero che scambiate i bambini mondani in culla?
  —Sì… anche se così non è per alcuni rami della specie. Pensa ai satiri… nemmeno il mondano più cieco non si accorgerebbe che suo figlio ha le gambe da capra. Ma adesso è il mio turno… Davvero voi Nephilim fate esperimenti sulla resistenza dei vampiri all’acqua santa?
  —Santo cielo, NO! Che cosa te lo fa pensare?
  —È che ne hai una macchia sulla tenuta, ne ho riconosciuto l’odore!— disse il ragazzo allungando una mano verso il seno di lei, che presentava davvero una macchia. La ragazza gli diede uno schiaffo sulle dita e strillò.
  —PORCO!— Poi si guardò attorno. Erano in un vicolo delle zone centrali di New York e si facevano domande sulle rispettive razze. La conversazione era stata iniziata da Delner che aveva fatto un commento sull’irritabilità degli angeli che veniva trasmessa ai loro figli. Lottie l’aveva guardato male ed avevano continuato a punzecchiarsi sull’argomento, fino a che non erano arrivati a qual punto. La zona che sorvegliavano era tranquilla, ma di tanto in tanto Lottie si guardava attorno con aria sospetta. Delner non sapeva che cosa cercasse con quelle occhiatine indagatrici fino a quando, dopo qualche minuto, la ragazza non lo guardò, e disse: —Pokerino?
  —Gli Shadowhunters giocano a poker?
  —Tu conosci il poker?
  —Faccio parte del Popolo Fatato… come faccio a non conoscere il poker?
  —Non lo so. Quello che mi interessa ora è se ti va di fare un giro di poker.
  —Certo che voglio fare un giro di poker, ma ei sicura che a due sia divertente?
  —Giocare a poker con una fata è sempre divertente.
  —In realtà tecnicamente io non sono una fata.
  —In realtà tecnicamente noi saremmo sul lavoro… vuoi giocare, sì o no?
  Il satiro le fece un sorrisino malizioso e le prese da una tasca che lei aveva sul fianco un mazzo di carte. —Ovvio.— disse, e prese a mischiare. Entrambi cercavano di guardare l’ultima certa, ma prima che Lottie potesse rendersi conto di qual era, Delner aveva già messo il piatto iniziale. Come da regolamento la Shadowhunter mise un quantitativo di monete pari alla metà di quelle poggiate lì dal suo avversario.
  —Carte.— disse Lottie, mentre il satiro distribuiva cinque carte a testa. La ragazza le guardò una a una: Jack di quadri, Jack di picche, Nove di picche, Donna di cuori, Donna di fiori. Una doppia coppia… non prometteva nulla di buono. Ma sapeva come imbrogliare: —Che punteggio hai in mano?
  —Una coppia.— disse Delner con voce distratta, poi di morse il labbro con foga.
  —Apro io.
  —Di quanto?
  —Cinquanta.
  —Accetto.— disse il membro del Popolo Fatato con un sorriso. Tornò a fissare gli occhi della ragazza. —Quante carte?
  —Una.— disse lei, sicura.
  Di solito con una coppia in mano si cambiavano due carte, ma il suo avversario si dichiarò servito (non cambiò carte). Strano.
  —Allora… vuoi scommettere altro?— chiese la ragazza.
  —Trenta.
  —Ci sto.— disse, con voce che cominciava a tremare.
  —La parola all’apertura.
  La ragazza incrociò le dita mentre poggiava a terra le carte. I due Jack, e le due donne. —Ho vinto.— disse con tranquillità. —Mi hai rivelato il tuo punteggio.
  —Hai perso: ti ho mentito.
  —Non puoi, sei una fata.
  —Posso: sono un mezzosangue. Un mezzosangue con in mano un poker di Re.
  —Vedere.
  Il ragazzo mostrò le carte e prese i soldi mentre la Shadowhunters lo fissava interrogativa. –che hai da guardare?— le chiese.
   —Voi fate non vi fate problemi sul sangue di qualcuno?
  —Sono i Nephilim che discriminano in base a questo… anche se in certi casi è davvero utile.
  —Io ho sempre pensato che fosse orribile.
  —Sì, ma pensa ad un branco di lupi mannari che entrano nella Città di Diamante. Prenderebbero armi sante e farebbero strage di vampiri. Se questo succedesse sarebbe guerra fra le varie specie di Nascosti e bisognerebbe scoprire con chi è più utile allearsi! Dunque la guerra diventerebbe su scala molto più larga, ed il mondo invisibile potrebbe essere scoperto dai mondani… sarebbe un guaio, non trovi? Ed invece non succederà mai, perché solo chi ha del sangue di angelo può entrare nella Città di Diamante. Chiaro?
  —Limpido, ma non si scatenerebbe la guerra se i mannari non cercassero di uccidere i vampiri… mentre cercano di farlo solo per via del sangue!
  —Non capisco il tuo ragionamento…
  —È perché non vuoi ammetterlo…
  —Io non voglio ammettere che ci sono difetti nella TUA razza? Già solo che tu ne faccia parte è uno sbaglio!
  —Potrei anche offendermi… ed in questo caso le cose non si metterebbero bene per te.
  —Parli come Zoe.
  —Rimangiati quello che hai detto!— strillò Lottie con gli occhi che cominciavano a riempirsi di lacrime.
  —Ops… ho fatto una gaffe. Scusami…
  Il membro del Popolo Fatato abbracciò la Nephilim, mentre lei sei sforzava di non scoppiare a piangere come una fontana, cosa che succedeva una volta su due che le veniva ricordata la morte di sua madre.
  All’improvviso i due vennero raggiunti da una voce di Nephilim. —Ma che bel quadretto… voi non eravate incaricati di sorvegliare questo punto di strada?
  —Forse… ma prima ho due domande da fare.— disse il membro del Popolo Fatato. —La prima è che Rei sarebbe dovuta rimanere in casa di Bradford…
  —E la seconda?— Chiese quest’ultima, che stava lì con accanto il proprio parabatai.
  —Chi è il ragazzo affianco a te?
  Phineas lo guardò come se non capisse di cosa stesse parlando, poi si rese conto di non essersi presentato. —Piacere! Sono Phineas Graymark, parabatai della magnifica ragazza al mio fianco,-
  —Non farti strane idee, Graymark.
  —Sai di non essere il mio tipo. Comunque, dicevo… siamo qui perché pensavamo che Jamie e Brad sarebbero bastati a difendere una casa che non sarebbe nemmeno stata attaccata! Non trovate?
  —Le ultime parole famose…— bofonchiò Lottie fra i denti.
  —Je pense que n’est pas gentil que tu as dit…
  —Parli francese?— chiese la ragazza quasi allibita. —Qui…
  —Me l’ha insegnato mio fratello… Roger Graymark.
  —ROGER? Quel Roger Graymark? Sai per caso se ultimamente ha avuto contatti con Alexandre Applegray?
  —Oui… Est-ce que tu sais qui est-il?
  —Certo che lo so… è mio cugino!
  —Tuo cugino? Mio fratello esce con tuo cugino?
  —Ragazzi… mi dispiace interrompere il vostro entusiasmante discorso,— cominciò a dire Delner. —Ma teoricamente siamo sul lavoro!
  —Stavate giocando a POKER!— Esclamò Rei quasi indignata. —Anche se sono d’accordo con lui. Potreste fare fra un po’ l’albero genealogico? Ho un brutto presentimento… non so il perché!
  —Curioso, detto da una ragazza con i capelli rosa.— disse con noncuranza Delner, fissando la chioma della mezza fata. —Anche se provo per te un moto di solidarietà… anche io sono in parte fata, ma nel mio caso servo il Popolo Fatato ed è di fata il sangue dominante. Mentre di fronte a me vedo una Shadowhunter…
  —Complimenti, ottimo intuito. Ma che cos’hai contro i capelli rosa?
  —Non ha nulla contro i capelli rosa.— si intromise Lottie. —Vero?
  —Nah… penso solo che sia curioso che una persona non abbastanza lungimirante da capire che sarebbe stata orribilmente con i capelli rosa possa avere un qualsiasi tipo di presentimento.
  —Questo è un colpo basso!— strillò Rei indignata. —I miei capelli rosa sono meravigliosi!
  —Je pense que mi state ignorando.— disse Phineas.
  —Non parlare metà in una lingua e metà in un’altra… Ce n’est pas bien.
  —Pourquoi?
  —Parce-que…
  —Siete pregati di parlare in una lingua nota ai presenti, s’il vous plait.
  —Allora vedi che il francese lo parli anche tu!
  —Penso che potrei mettermi a parlare in lingue demoniache a voi sconosciute, se non la smettete.— Sbuffò Delner. Alzò gli occhi al cielo e poi si guardò intorno. —Ho sentito un rumore!
  —Che cosa?— chiesero gli Shadowhunters, subito all’erta e tirando fuori le armi.
  —Non lo so… ma mi pareva un ululato.
  —Un ululato a basso volume?
  —Esattamente… c’è un Lupo nelle vicinanze, forse due… e non credo bene intenzionati.
  —Che cosa te lo fa pensare?
  —Siete Shadowhunters, i Nascosti vi odiano per principio!
  —Anche tu?
  —Io lavoro con voi e conosco gli Shadowhunters come sono veramente, ma se non lo facessi sono sicuro che sarei anche io così. Siete odiati i modo particolare dagli immortali, perché spesso molti di voi non ricordano lee offese fatte centinaia di anni prima… mentre noi immortali ricordiamo tutto. Sempre.
  Silenzio. Tutti si erano resi conto del peso di quelle parole ma non osavano continuare a parlarne rischiando di abbandonare la guardia. Otto paia di orecchie erano tese fino a quando non si udì rumore di un ringhio: Lupi. Quella era la conferma. Lottie iniziò immediatamente a far capire che non aveva intenzione di negoziare lanciando uno dei suoi coltelli. L’arma attraversò l’aria ed andò a conficcarsi in un muro del vicolo che vedevano dal tetto su cui stavano. Il colpo causò un nuovo ululato e la comparsa di un quintetto di lupi sul tetto. Appartenevano evidentemente allo stesso branco perché guardarono l’animale più grosso e questi fece un cenno con il capo. Trasformiamoci. I cinque presero rapidamente forma umana e si mostrarono come un gruppo piuttosto pericoloso, ma evidentemente della stessa famiglia (avevano gli stessi occhi castano chiaro), cosa che li rendeva contemporaneamente più vulnerabili e più affiatati. Lottie sbuffò.
  Il primo era molto alto, quasi un metro e novanta, e con un fisico da palestrato. Indozzava una camicia candida e dei pantaloni di tuta blu scuri, come gli altri. Quella strana uniforme gli dava un’aria ancora più simile, così gli Shadowhunters e Delner cercarono di assimilare il più possibile le differenze fra i Licantropi. Ognuno di loro aveva una pettinatura diversa: il primo portava i capelli neri a spazzola; il secondo li aveva tinti di un rosso quasi innaturale ed erano “strategicamente” scombinati; il terzo li aveva grigio-scuro e tirati all’indietro, raccolti in una coda bassa e indossava gli occhiali da sole; il quarto li aveva biondi e con un ciuffo sparato in alto mentre il quinto li aveva quasi bianchi e cortissimi. Lottie li fissò tutti con intensità, cercando di capire se qualcuno di loro fosse o fosse parente dell’assassino di sua madre. Nulla, nemmeno di vagamente simile. Sbuffò, mente prendeva dal cinturone il proprio aegis, un pugnale temprato in sangue di angelo. A quella vista uno dei lupi ringhiò, ma fu fermato del primo.
  —Che cosa volete da noi?— chiese quest’ultimo, anche noto come Prectnell Heberswalde.
  —Sapere che cosa ci fate qui.— fece immediatamente Phineas. Aveva tirato fuori il suo spadone e lo stava puntando al collo del quinto lupo –Ecne Heberswalde. All’improvviso, però, si sentì il trillo di un telefono. Quello di Rei. La ragazza rispose immediatamente, e la prima cosa che gli latri sentirono u un gridolino. Passò qualche secondo, in cui tutti i presenti erano tesi: sei i Lupi avessero attaccato, avrebbero vinto. Ma non lo fecero. Aspettarono, aspettarono, aspettarono.
  Quando chiuse il telefono, Rei era pallida come un cencio. —Hanno attaccato casa di Brad, non so chi sia morto e chi no. L’unica cosa che ho udito è stato uno strillo e lo stregone che diceva: «Ci stanno attaccando, tornate.» Poi nulla.
  Immediatamente tutti si fecero seri, le inimicizie per un momento placate. Chi attaccava la casa di uno dei più famosi stregoni di New York e… che rapporto avevano quei Nephilim e quel membro del Popolo Fatato con lui? I Lupi non lo sapevano.
  Non ci volle molto che Delner spiegasse quello che stava succedendo e del potenziale nuovo nemico ai Licantropi, ed immediatamente questi ultimi decisero di aiutare, cosa accolta con calore da tutti tranne che da Lottie. Poco dopo, però, Nephilim e Nascosti si erano decisi a correre verso la casa…  almeno lo avrebbero fatto. Purtroppo, sentirono alle loro spalle una voce suadente ma inumana… la voce di uno fra i più famosi demoni Asmodei. Aknàthon, signore degli elementi. Padre demoniaco di Drake. Uno fra i peggiori nemici di Shadowhunters e Nascosti, quando compariva… e casualmente, era comparso in quel momento. Tutti imprecarono, mentre il demone parlava.
  —Sapete… io non credo proprio che andrete a soccorrere i vostri amici. Mi hanno dato un buon pranzetto di ricordi purché venissi qui… ed io non sono un ipocrita! Nono! Io adesso assolverò il mio compito da bravo bimbo e banchetterò con le vostre carni!
  —L’unico sangue che vedrai sarà il tuo!— gridò il terzo lupo –Ashnow Heberswalde- mentre si scagliava sul demone e veniva gettato malamente a terra da una folata di vento.
  —Non si fa così! Nono! Non si attacca senza il mio via! Potete te cominciare…— disse, mentre bloccava in un cerchio di fuoco i presenti. —…ORA!
  Sembrava un bambino che si apprestava a spacchettare un regalo, ma un’espressione di falsa preoccupazione si dipinse sul suo viso quando vide che stava venendo attaccato.
  —Ops!— fece, mentre bloccava con folate di vento i Nephilim. —Come farete ora?
 

Spazio autore

Ebbene, il nemico si è fatto notare… e dispone di mezzi davvero potenti! Come vedete in questo capitolo sono tornati i vostri OC… e spero anche che questo –sudatissimo- capitolo vi sia piaciuto, se sì o anche se volete dare critiche recensite…. Per favore! Mi fate felice! Ora vi lascio che sono di corsa e… ciao!
LordPando

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