Beauty and The Beast!!! on Ice

di BlackNeko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Questa storia, ispirata al film La bella e la bestia (1991), ha partecipato al contest Raccontami una favola! indetto da supersara89, classificandosi al secondo posto.

 


      Beauty and The Beast!!! on Ice


Tanto tempo fa in un paese lontano lontano della fredda Russia, un giovane principe viveva in un castello splendente. Benché avesse tutto quello che poteva desiderare, il principe era viziato, egoista e cattivo.
Accadde però che una notte d’inverno, una vecchia mendicante arrivò al castello e offrì al principe un paio di pattini in cambio del riparo dal freddo pungente. Lui, che provava repulsione per quella vecchia dal misero aspetto, rise del dono e la cacciò. Ma lei lo avvertì di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore. Il principe la respinse di nuovo e in quel momento la bruttezza della mendicante si dissolse ed apparve una bellissima fata. Il principe si scusò ma era troppo tardi, perché lei ormai aveva visto che non c’era amore nel suo cuore e per punirlo lo tramutò in un’orrenda bestia e gettò un incantesimo sul castello e su tutti i suoi abitanti. Vergognandosi del suo aspetto mostruoso, la bestia si nascose nel castello. I pattini che gli aveva offerto la fata erano davvero dei pattini incantati e la loro vernice sarebbe rimasta intatta fino a che il principe avesse compiuto 27 anni. Se avesse imparato ad amare e fosse riuscito a farsi amare a sua volta prima che fosse caduto l’ultimo pezzo di colore, l’incantesimo si sarebbe spezzato; in caso contrario, sarebbe rimasto una bestia per sempre.
 Con il passare degli anni, il principe cadde in preda allo sconforto e perse ogni speranza.
 Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?

 

 

Quella mattina grosse e grigie nuvole oscuravano il calore e i brillanti raggi del sole, e coloravano il cielo di un pallore simile a quello creato dalla neve che ricopriva prati una volta fioriti ed alberi ormai spogli della loro fitta chioma verde. Era una di quelle mattine in cui Yuuri afferrava i propri pattini ed usciva di casa con passo spedito, i piedi che affondavano nella neve candida e precedentemente intonsa e un sorriso che gli nasceva spontaneo sulle labbra nonostante il freddo gli aggredisse il viso, l’unica parte del corpo che i numerosi indumenti che stava indossando non riuscivano a coprire.
 Si incamminò verso il retro della casa, dove una piccola stalla ospitava il suo vecchio e fidato cavallo, Vicchan. Gli diede qualche pacca amorevole sul collo e, facendolo uscire dalla stalla, lo sellò. Quello nitrì, visibilmente contento di poter abbandonare il piccolo spazio in cui era costretto a passare la maggior parte dell’inverno.
 Yuuri era sul punto di saltare in groppa al suo cavallo quando sentì qualcuno chiamare il suo nome. Trattenne a stento lo sbuffo di sorpresa e noia che minacciò di lasciare le sue labbra: conosceva fin troppo bene di chi fosse quella voce. Neanche il tempo di voltarsi che la figura alta e slanciata di Jean-Jacques Leroy gli si parò davanti. Yuuri riuscì a distendere le labbra in un sorriso, nonostante il fastidio che l’avere l’altro ragazzo così vicino gli provocava. “JJ…! Che…che bella sorpresa vederti!”
 “Concordo” Yuuri alzò gli occhi al cielo, consapevole che questa fosse solo la prima di tante altre battutine simili. “Sai Yuuri, non c’è nessun’altro in questo paese che non vorrebbe essere te in questo momento, proprio qui e adesso”
 “Ah, ma davvero…? E perché mai?” JJ rise, una risata che risuonò nel petto muscoloso. “Ma è ovvio, mio caro Yuuri! Quest’oggi sono venuto per realizzare i tuoi sogni e desideri!”
 “E tu sapresti quali sono i miei sogni e i miei desideri, JJ?”
 “Ma certo Yuuri, sono i sogni che tutti i ragazzi della nostra età hanno, dopotutto! Una bella casetta ai piedi del bosco…tu che prepari la cena che io stesso ho cacciato mentre il nostro cane, uno tra le migliori razze da caccia ovviamente, dorme davanti al camino…” JJ gesticolava ampiamente mentre parlava, come se avesse voluto indicare l’esatta posizione che avrebbero avuto in quell’immaginaria casa. Yuuri storse il naso, a metà tra il divertito e l’esasperato. “Non so cucinare bene la carne, mi dispiace” JJ emise di nuovo quella che presumibilmente era una risata, ma che in realtà assomigliava soltanto ad un fragoroso boato.
“Ma non preoccuparti” disse avvicinandosi con uno scatto a Yuuri, che indietreggiò a disagio. “Imparerai”
 “JJ, sono veramente onorato…”
 “Lo immaginavo” ridacchiò, avvicinando il volto al suo. “Ma io, veramente…” Yuuri posò la mano sul dorso del cavallo, approfittando del fatto che JJ aveva chiuso gli occhi nell’intento di avvicinarsi per baciarlo. “…non ti merito!” Yuuri saltò in un groppa a Vicchan con uno scatto improvviso e, premendo i talloni sullo stomaco del cavallo, lo incitò a correre via. “Grazie per essere passato a trovarmi, comunque!” Yuuri urlò e salutò dietro di sé con una mano.
“Yuuri! Tornerò a trovarti, Yuuri! Noi due ci sposeremo, vedrai!” le urla di JJ si fecero sempre più fioche fino ad essere completamente mute, sostituite dal rumore ritmico degli zoccoli di Vicchan contro il suolo innevato. Yuuri sospirò, odiava essere scortese ma la corte che JJ si ostinava a fargli si era protratta ormai per mesi, lunghi ed estenuanti mesi di continue visite, battute volgari e maleducazione senza alcun freno. Yuuri ne aveva avuto abbastanza. A volte e in certi casi, si ritrovò a pensare, un po’ di scortesia era lecita.

Yuuri si avviò lungo la strada principale del proprio villaggio, quella che lo percorreva in lungo e che portava direttamente al bosco di abeti che ospitava un piccolo laghetto ghiacciato dove Yuuri pattinava da quando era bambino. I pochi raggi solari che riuscivano a farsi strada tra la fitta coltre di nubi illuminavano i tetti dei negozi e i volti delle persone che si preparavano ad affrontare la giornata sperando di riuscire a vendere la merce necessaria per contentarsi un piatto caldo in tavola. I suoi abitanti alternavano sorrisi ampi e saluti vivaci al suo arrivo, a bisbigli e parole sussurrate quando lo vedevano allontanarsi.
“Oh, per l’amor del cielo! Va ancora a danzare sul ghiaccio?”
 “Davvero, quel ragazzo è senza speranze. Tanto gentile e di bell’aspetto, eppure…”
 “Ma quando capirà che deve smetterla con quelle sciocchezze e trovarsi un bel lavoro e metter su famiglia per vivere una vita degna di essere chiamata tale? E invece eccolo lì, che va a pattinare”
Yuuri non ci fece caso, troppo impegnato a calcolare quanti minuti lo separavano dal luogo in cui avrebbe potuto finalmente divertirsi e liberarsi della pesante monotonia che la vita del villaggio gli imponeva. La noia e la monotonia erano quello che Yuuri più odiava, quello che avrebbe voluto cambiare più di tutto nella sua vita, a qualsiasi costo. Era per questo motivo che solo quando pattinava si sentiva vivo, perché mentre le lame dei pattini graffiavano il ghiaccio sotto di lui, riusciva ad immaginarsi situazioni e mondi completamente differenti dai suoi.
 Finalmente giunto all’entrata del bosco, vi entrò senza esitazione: quel luogo non aveva segreti per lui, Yuuri avrebbe persino detto che lo conosceva come il palmo della sua mano.
 Yuuri, arrivato al laghetto, fece un piccolo salto per scendere da Vicchan e, una volta che fu sicuro di aver legato il suo cavallo all’albero più vicino, si infilò i pattini ormai consunti dall’essere usati così tante volte per così tanto tempo, e sfilò sul ghiaccio tirando un sospiro di sollievo.
 Si lasciò trasportare dal proprio corpo per alcuni minuti prima di fermarsi proprio al centro del laghetto: espirò con lentezza, alzando il volto verso il cielo e beandosi del sole che gli riscaldava la pelle; alzò le braccia, facendole ruotare con lentezza in una serie di movimenti fluidi intorno al proprio corpo: adesso era una donna di passaggio in un villaggio sconosciuto che seduceva con la sua bellezza tutti gli uomini caduti ai suoi piedi per poi abbandonarli e dimenticarsene. Il vento gli scompigliò i capelli e di nuovo il freddo gli punse il viso mentre si muoveva con leggerezza sul ghiaccio, saltando e piroettando come se stesse ballando nella piazza di quel villaggio sconosciuto, gli occhi di tutti i presenti fissi solo e soltanto su di lui e sui suoi movimenti aggraziati.
“Ah, dannazione” Yuuri mormorò quando fu costretto a fermarsi dalle prime gocce di pioggia che gli caddero sul viso. Le nuvole si erano ammassate fra di loro, facendosi nere e minacciose e riempendo ogni lembo di cielo prima visibile. “E’ ora di andare Vicchan, mi sa che è in arrivo una bella tempesta”

La neve aveva iniziato a scendere giù veloce e pesante come la pioggia, ed esse gli impedivano di vedere con chiarezza. Yuuri non era spaventato per il non poter mettere a fuoco il percorso davanti a sé quanto era invece infreddolito, la pioggia gli aveva ormai inzuppato i vestiti e il freddo gli penetrava nelle ossa facendolo rabbrividire.
 Fu un ululato a ghiacciargli il sangue nelle vene completamente. Vicchan rizzò le orecchie per identificare la provenienza di quel suono sinistro.
 Un secondo, terzo e poi quarto ululato in risposta al primo, lo misero in allarme e lo riscossero da quello stato di immobilità indotto dalla paura. “Andiamo Vicchan, hop-hop
Il cavallo riprese a camminare, Yuuri gli fece tenere un’andatura lenta per creare quanti meno rumori possibili, in modo da non attirare l’attenzione. Il suo piano però fallì miseramente quando con un balzo il lupo più grosso che Yuuri avesse mai visto gli si parò davanti. Era enorme, la folta pelliccia bianca irta sulle spalle possenti; il muso era tirato indietro a rivelare denti grandi ed appuntiti in un ringhio intimidatorio. Vicchan nitrì spaventato e indietreggiò. “Vicchan sta buono, andiamo, non è niente” Yuuri cercò di parlargli a voce bassa in modo da tranquillizzarlo, nel mentre cercava una via d’uscita che sembrava essere sempre meno propensa a farsi trovare nel momento in cui il resto del branco sbucò da entrambi i lati. Yuuri si voltò, disperato: l’unica via di scampo che gli era rimasta era dietro di sé, un sentiero buio che Yuuri riconosceva come la via d’accesso a quell’unica parte di bosco che i suoi genitori, quando erano ancora in vita, gli avevano assolutamente vietato di esplorare perché a detta loro estremamente pericolosa.
 Il lupo alpha ringhiò e scattò in avanti, Vicchan si alzò sulle zampe posteriori, terrorizzato, e quando tutte e quattro furono di nuovo sulla neve appiccicosa per la pioggia, prese a correre verso il sentiero buio dietro di loro.

 

Quando Vicchan finalmente sembrò essersi tranquillizzato abbastanza da permettere a Yuuri di governare il passo della cavalcata, quest’ultimo alzò lo sguardo per capire in quale parte del bosco il suo cavallo li avesse portati.
 Un enorme e cupo castello si stagliava minaccioso di fronte ai suoi occhi spalancanti per lo stupore. Yuuri riconobbe subito il castello come quello delle leggende che correvano in paese e alle quali lui non aveva mai creduto. Perché, dopotutto, credere a pregiudizi e voci infondate riguardo una fantomatica bestia, padrona di un castello stregato?
 Legato Vicchan al cancello, e avvicinatosi alle enormi porte nere e magnificamente lavorate, le spalancò ed entrò.
“E’ permesso?” la sua voce riecheggiò nell’enorme entrata del castello. “C’è nessuno?” le sue domande non ricevettero alcuna risposta. Continuò a camminare nel castello, incerto. Quando sentì lo scricchiolio di una porta, Yuuri si voltò di scatto. “Chi è? C’è qualcuno?”
Prese a muoversi lentamente verso il punto in cui credeva di aver sentito il suono. Tuttavia quando non sentì nessun altro suono, attribuì il rumore precedente al vento che entrava nella grande sala da una delle grandi finestre semi-rotte che la abbellivano.
 Yuuri si sentiva terribilmente a disagio: per quanto il castello potesse sembrare disabitato da molti anni, era pur sempre proprietà privata di sconosciuti, ciò faceva di lui un intruso.
 Davanti a lui c’erano due rampe di scale: una portava al piano superiore a destra, l’altra a sinistra. Yuuri, incerto sul da farsi, temporeggiò pulendosi gli occhiali ancora imperlati di piccole goccioline di pioggia e neve sciolta.
“Chi va là?” un ruggito improvviso squarciò l’aria, facendo sobbalzare Yuuri dallo spavento. “Chi è lei? Che cerca nel mio castello?! Ladro!”
 “Mi dispiace, le faccio le mie più sincere scuse!” si affrettò a rispondere, in preda al terrore per l’animalesco verso emesso dalla figura massiccia nascosta nell’ombra. “Non sono un ladro, mi creda! Stavo tornando a casa quando la tempesta mi ha sorpreso e successivamente un branco di lupi mi ha attaccato ed ho trovato rifugio nel suo castello! Sono infinitamente dispiaciuto!”
 “Non è il benvenuto qui!” sputò con rabbia quello. “Vada via! Subito!” il rumore brusco di un tuono sembrò far vibrare persino le pareti del castello. “Aspetti, la prego! Mi dispiace di essere entrato senza permesso, ma mi permetta di restare qui almeno fino a quando la tempesta sarà passata!”. Quello ruggì di nuovo, e il suono che emise rimbombò nel petto di Yuuri. “Non sarebbe mai dovuto entrare qui! Adesso se ne vada!”. I lupi potevano ancora essere vicini nel bosco, e questa volta Yuuri non era sicuro che sarebbe riuscito a scappare con la stessa fortuna che aveva avuto prima. “Non avrò bisogno di nessun tipo di ospitalità: né cibo, né acqua. Le chiedo soltanto una stalla per il mio cavallo” Yuuri provò a ritrattare, speranzoso. “Appena la tempesta finirà le giuro che non le darò più alcun tipo di fastidio!” strinse i pugni, un’espressione determinata era ora dipinta sul suo viso. “Farò qualsiasi cosa!”
Nei secondi che seguirono, Yuuri rimase a fissare il volto oscurato dalle tenebre dello sconosciuto, ansioso del responso alla sua proposta. Egli rimase in silenzio prima di emettere un ringhio basso. “E’ disposto a tutto, dice?” chiese a voce bassa. Yuuri confermò con un cenno del capo, prima di dare voce al suo assenso. “Qualsiasi cosa” ripeté.
“E così sia, resterà qui per sempre”
L’uomo fece per allontanarsi ma Yuuri, dopo un attimo in cui rimase totalmente pietrificato, gli corse incontro, spaventato. “Come sarebbe a dire, per sempre?”
 “E’ quello che lei stesso ha proposto: qualsiasi cosa!” ribatté con voce gelida. “Ora mi lasci solo” Yuuri scosse la testa, incredulo. Restare prigioniero in quel castello? Per la sua intera esistenza? Yuuri non avrebbe mai potuto accettare una cosa del genere.
“No, non posso accettare! Me ne vado!” corse subito all’immensa porta che l’avrebbe portato al freddo della tempesta che infuriava all’esterno. Riuscì a stento ad aprirla che fu subito afferrato da una grossa mano, fin troppo grossa per appartenere ad un uomo di proporzioni umane, e brutalmente strattonato all’indietro. “Non le permetterò di rimangiarsi la parola data adesso!”
Yuuri fu finalmente capace di vedere in volto lo sconosciuto: due grandi occhi, di un azzurro così puro e limpido da sembrare il cielo in una calda mattina d’estate, erano grottescamente collocati su di un volto che Yuuri avrebbe potuto descrivere soltanto come quello di un animale.
 Il pelo, tipico di un animale selvatico, gli ricopriva il volto e si univa ai capelli per poi terminare in un contorto intreccio sotto il mento, formando quella che doveva essere una criniera. Il corpo, grosso e definito, era come ricurvo su sé stesso e terminava in zampe adorne di artigli neri lucenti.
 Yuuri si coprì la bocca con le mani per evitare di urlare a pieni polmoni. Che mostro era mai quello? Possibile che le vecchie leggende del suo villaggio fossero vere? Yuuri non capiva e stentava persino a credere a quello che i suoi occhi non potevano fare a meno di mostrargli.
“Portatelo subito nella sua camera!” ordinò, ad una servitù apparentemente invisibile, con un ringhio contro la sua faccia, mostrando denti bianchi e aguzzi.
 Yuuri fu sollevato dal pavimento, non si era nemmeno accorto di essersi accasciato su di esso, e trascinato via.
 I suoi pensieri gli turbinavano nella mente accompagnati dalle immagini orribili di quella bestia e dal suono dei suoi ringhi che formulavano parole minacciose. Registrò appena il fatto che venne fatto salire per le scale a sinistra, prima che la stanchezza dovuta all’adrenalina di essere scampato per un soffio ad una situazione letale e lo shock, lo facessero cadere in un profondo stato di incoscienza.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


JJ passeggiava per le vie del villaggio con passo sicuro, come a sfidare chiunque avesse osato guardarlo in un modo che non gli andasse a genio. Molte donne lo salutavano con euforia e arrossivano quando lui sorrideva loro, e ancora più uomini si complimentavano con il suo grande ed invidiabile talento nell’avere una mira e velocità tali che nel paese si pensava che nessun animale, per quanto esso fosse veloce, non sarebbe stato in grado di sfuggire al mirino del suo fucile.
JJ, la postura ritta e il petto gonfio d'orgoglio per i complimenti che gli abitanti del villaggio gli riservavano in ogni momento della giornata, andò a bussare con risolutezza alla porta di Yuuri.
Yuuri Katsuki veniva considerato da tutti come una persona bizzarra, per quella mania di voler danzare sul ghiaccio che aveva, ma era nota anche la sua unica e singolare bellezza: capelli neri, occhi di un marrone scuro e caldo e di una forma diversa da tutti gli altri occhi che JJ avesse mai visto prima di conoscerlo, a mandorla.
Quando Yuuri, all’ennesimo battere del suo pugno contro il legno della porta, non si degnò di dargli risposta, JJ si spostò velocemente ai lati della casa per sbirciare al suo interno: Yuuri non c’era.
Aggrottando le sopracciglia in un cipiglio confuso si recò verso il retro della casa per esaminare la stalla, ma anch’essa era vuota. JJ si portò due dita sotto il mento, a massaggiarlo mentre rifletteva intensamente su dove potesse mai essere Yuuri.
“E’ andato via questa mattina presto per andare a danzare in quel bosco” disse tra sé e sé. Pensare ad alta voce lo aiutava, diceva. “Ormai è tardo pomeriggio, a quest’ora di solito è a casa a preparare la cena oppure a leggere qualche libro, ma in casa non c’è”. Se possibile, il cipiglio di JJ divenne ancora più pronunciato mentre cercava di arrivare ad una conclusione che potesse sembrargli accettabile.
“Che si sia perso?!” esclamò all’improvviso, battendo il pugno chiuso di una mano sul palmo aperto dell’altra. “Ma certo, deve essere così! E se è così come penso che sia, e lo è sicuramente, sarò io a salvarlo!" JJ fremette di entusiasmo. In quell'inaspettata piega degli eventi riusciva soltanto a pensare al tanto atteso raggiungimento del proprio obiettivo, il fatto che Yuuri potesse essere in grave pericolo non l'aveva neanche minimamente sfiorato. "Si innamorerà di sicuro del suo salvatore, e così ci sposeremo!” JJ rise e si incamminò verso casa sua, dove avrebbe sellato il suo cavallo per poi partire verso il bosco alla ricerca di Yuuri.
Durante il tragitto, i residui della scorsa tempesta erano evidenti sul terreno, ora ricoperto da molte pozzanghere. Quando JJ passò accanto ad una di esse, si specchiò nell’acqua torbida e fece il suo miglior sorriso al suo stesso riflesso.
“JJ, sei davvero un genio!”


Yuuri fissava il piatto fumante di zuppa con espressione vuota, il proprio riflesso ricambiava impassibile il suo sguardo.
“Mangiate”
“Non ho fame”
“Non mi interessa!” la bestia sbatté il pugno sul tavolo, palesemente indispettito dal comportamento del ragazzo. Yuuri sobbalzò per il gesto improvviso, ma non ne fu eccessivamente spaventato: era ormai abituato al fare irascibile della bestia.
Erano passati due giorni dal suo arrivo al castello e dall’incontro con la bestia. La leggenda che aveva sempre sentito mormorare con paura e timore dalla gente del proprio villaggio, Yuuri dovette constatare, era assolutamente fondata: il castello era davvero stregato, tutti gli oggetti inanimati avevano vita.
“Padrone, si controlli!” Christophe, un candelabro dal carattere esuberante, lo ammonì. La bestia rispose con un grugnito di assenso, accettando con poca voglia il rimprovero. Christophe si voltò poi verso di lui, rivolgendogli un sorriso di conforto. Yuuri sorrise di rimando, accettando il gesto gentile di buon grado.
Christophe era stato uno dei primi, tra la servitù, a credere nel fatto che non avesse cattive intenzioni nei confronti del loro padrone. Gli aveva presentato Makkachin, un amorevole poggia-piedi che abbaiava e gli si accoccolava sempre vicino ogni qualvolta ne avesse l’occasione ed il suo inseparabile compagno di servitù, come lui lo chiamava, un orologio brontolone di nome Yuri. Yuuri era subito scoppiato a ridere, liberandosi almeno un po’ della tensione che aveva attanagliato il suo corpo, quando Christophe aveva chiamato Yuri Yurio e lui si era arrabbiato così tanto da far saltare via la lancetta che segnava il tempo delle ore.
“Per favore, vorrebbe farmi la cortesia di mangiare?” la bestia fissò i suoi penetranti occhi azzurri in quelli di Yuuri. Seppure il suo tono fosse gentile e le labbra rivolte all’insù nel vano tentativo di imitare un sorriso, gli occhi cerulei lo fissavano con straordinaria freddezza e fermezza. Yuuri però impedì a sé stesso di sentirsi intimidito da quello sguardo. “Mi pare di aver già detto di non avere fame”
La bestia si alzò di scatto e con un movimento brusco rovesciò a terra la tavola, accompagnando il gran fracasso che l’argenteria produsse rompendosi sul pavimento con un potente ruggito. “Vuole forse morire di fame?” Yuuri era scattato in piedi indietreggiando, adesso impaurito. “Se è questo che vuole, lo faccia pure! Mi risparmi soltanto il fastidio di vederla comportarsi in un modo così sciocco!” Yuuri arrossì. Sciocco? Era costretto a vivere in quel castello per tutta la vita, e la stessa persona che lo costringeva ad una cosa simile, gli dava anche dello sciocco?
“Yuuri, andiamo, il padrone si è solo un po’ arrabbiato!” Christophe ridacchiò nervosamente. “Se aveste mangiato come aveva detto il padrone, nulla di tutto ciò sarebbe accaduto” aggiunse Yuri.
Yuuri strinse i pugni abbandonati lungo i fianchi, abbassando lo sguardo e aggrottando le sopracciglia in un’espressione di pura rabbia. “Basta! Non ne posso più di stare qui con lei! Me ne vado!”
Yuuri corse via dalla grande stanza dove di solito erano tenuti pranzi e cene in tutta fretta, ignorando il suo nome che veniva urlato alle sue spalle. Strinse gli occhi, sentiva le lacrime pizzicargli le palpebre. Cosa aveva mai fatto per meritarsi un trattamento del genere? Nulla. Assolutamente nulla.
Yuuri rallentò la sua corsa fino a fermarsi del tutto, alzò lo sguardo per identificare il luogo in cui i suoi piedi lo avevano portato. Quell’ala del castello non gli era familiare: era ancora più buia e trascurata delle altre zone del castello. Yuuri non era disposto a tornare indietro, ancora ferito per essere stato insultato per nessuna valida ragione, decise quindi di proseguire verso il grande corridoio poco illuminato.
Ai lati del corridoio, statue di bellissime donne ed uomini sembravano librarsi nell’aria con leggerezza nelle pose in cui erano state scolpite per l’eternità. Yuuri fu sorpreso nel conoscere molte pose che usava lui stesso quando pattinava. Una fitta gli strinse il cuore al pensiero di quel laghetto che non avrebbe mai più rivisto, e con esso il pattinare sul ghiaccio ogni mattina.
Yuuri si ritrovò senza accorgersene, troppo preso dai suoi pensieri, in una piccola stanza completamente in subbuglio. Sedie e tavoli rotti erano rovesciati a terra, le tende erano state ridotte a brandelli, strappate in più punti, i quadri alle pareti erano stati stracciati da quelli che Yuuri riconobbe come segni di artigli. Uno in particolare attirò la sua curiosità. Yuuri cercò di far sì che la tela si ricongiungesse alla sua parte strappata: il volto, quello di un bellissimo ragazzo, era coperto da alcune ciocche di lunghi capelli lisci e leggeri, quasi come fili di seta, del colore di un grigio straordinario, i quali ricadevano su un paio di magnifici occhi azzurri. Yuuri trovò che il colore di quegli occhi e la bellezza gelida che emanavano fossero familiari, non ebbe però il tempo di indagare oltre su quella sensazione che un luccichio improvviso colse la sua attenzione. Un paio di pattini di un bianco scintillante erano protetti da una teca di cristallo. Avvicinandosi, Yuuri notò che la gran parte del bellissimo colore dei pattini era caduta sul fondo della teca, lasciando un vuoto di un nero spento e vuoto.
“Che sta facendo qui?!” Yuuri si voltò, colto di sorpresa alla vista della bestia. Corse ad esaminare la teca, un’espressione di panico gli contraeva il viso. “Ha l’abitudine di entrare in posti privati in cui non deve entrare, lei?! Se ne vada!”
“Non ho fatto niente!” Yuuri replicò, alzando la voce per difendersi da quell’accusa. “E non ero a conoscenza del fatto che questa fosse un’ala proibita del castello!”. La bestia gli si avvicinò velocemente, mostrando i denti in un ringhio. “Vada fuori di qui! Subito!”. Quando la bestia sollevò il braccio per ferirlo, Yuuri urlò e, correndo fuori dalla stanza, scappò via dal castello.
La paura gli pulsava nelle vene al posto del sangue. Stava per afferrare le sbarre del cancello quando lo stesso enorme lupo, quello che aveva provato ad attaccare lui e Vicchan nel bosco, apparve dietro di lui, ringhiando. Yuuri gridò e si accovacciò su se stesso nel momento stesso in cui il lupo balzò verso di lui per attaccarlo.
Ma le zanne del lupo non raggiunsero mai la sua carne.
“Sta bene?” Yuuri alzò lo sguardo in direzione della voce. La bestia si era inginocchiata davanti a lui e lo fissava, in attesa.
“I-io…Il lupo? Un lupo mi stava attaccando, mi è balzato addosso ed io…” Yuuri fu interrotto dalle parole della bestia. “L’ho fermato. Adesso è andato via, non è più un pericolo” Yuuri lo guardò per alcuni lunghi istanti, sorpreso. “Perché?”
La bestia distolse lo sguardo dal suo, posandolo sulla neve accanto a loro. “Sono dispiaciuto per quanto è successo prima. Io…” si schiarì la gola, incerto. “Quei pattini sono molto…importanti per me, nessuno può avvicinarsi a loro” disse, tornando a guardarlo negli occhi. “Mi capisce?”
Yuuri si sentì come se qualcuno lo avesse appena schiaffeggiato: la bestia gli stava parlando con un tono di voce pacato e anche vagamente gentile, e si stava scusando per il proprio comportamento.
“D-dispiace anche a me!” Yuuri rispose in fretta, arrossendo quando si rese conto di aver fissato la bestia con occhi sgranati senza proferir parola. “Per essere entrato in quella stanza, ecco”. La bestia inclinò la testa da un lato, osservandolo con curiosità. Yuuri si sentì arrossire ancora di più, imbarazzato. “E’ ferito?”
“No, sto bene, grazie”
“Ottimo” rispose alzandosi. “Voglio mostrale una cosa, mi segua”
“Una cosa?” Yuuri domandò, scettico. “Che tipo di cosa?”
La bestia roteò gli occhi, ma non disse niente. “Mi segua e lo vedrà”

La bestia non li fece camminare per molto tempo. Yuuri aveva deciso di seguirlo in silenzio, senza fargli domande, dopotutto gli aveva appena salvato la vita e un minimo di fiducia gli era dovuta.
“Ecco, siamo arrivati” Yuuri stava per chiedere esattamente dove, visto che non avevano fatto altro che camminare nell’immenso giardino coperto dalla neve e dal ghiaccio. Le parole tuttavia gli morirono in gola quando vide quello che la bestia gli stava mostrando: un enorme distesa di ghiaccio, liscia e ben curata, brillava alla luce del sole.
“Ma questo…!” Yuuri non sapeva come descrivere la miriade di emozioni che rivedere il ghiaccio gli provocava. In confronto, il laghetto del bosco era come un piccolo fiore comparato ad una grande e secolare quercia. “Questo è magnifico!” si voltò verso la bestia, gli occhi che brillavano per l’emozione.
“Ho accidentalmente origliato la sua conversazione con Yuri e Christophe” spiegò. “E’ suo d’ora in avanti, può venire qui e pattinare quando vuole” concluse. “Come segno di scuse” aggiunse.
Yuuri era così felice che sentiva che sarebbe potuto scoppiare a piangere da un momento all’altro. “Io non so davvero come ringraziarla! Lei…”
“Viktor” lo corresse. “Il mio nome è Viktor”
“Viktor” Yuuri ripeté. Pensò che fosse un bel nome. “Viktor, ti ringrazio davvero moltissimo! Pattiniamo stasera, d’accordo?” gli sorrise candidamente.
La bestia, Viktor, spalancò gli occhi, sorpreso, poi si grattò il collo, annuendo con un piccolo cenno del capo.
Yuuri avrebbe potuto giurare di aver visto un’espressione imbarazzata sul suo volto.


“Sono qui per parlavi di una faccenda più che importante!”
JJ, al centro della piazza, parlava a gran voce, gli occhi e le orecchie di tutto il villaggio su di sé.
“Yuuri non ha fatto ritorno a casa da quando è andato al bosco, due giorni fa!” annunciò. Un mormorio si sollevò dalla folla, ma JJ continuò a parlare. “Io sono subito andato a cercarlo, ed ho trovato questi!” alzò il braccio per permettere alla folla di guardare quello che stringeva in una mano. “I suoi pattini! Erano nel sentiero che porta al Castello Maledetto!” il mormorio si interruppe di colpo al sentir nominare quel luogo.
“Sono qui oggi per chiedervi di venire con me e conquistarvi la mia più totale riconoscenza e gratitudine!” dichiarò. “Aiutatemi a salvare Yuuri, amici miei!”
Se fosse stato qualcun altro a fare quel discorso, tutti sicuramente si sarebbero allontanati additandolo come un ciarlatano, alcuni lo avrebbe anche considerato un pazzo. Ma quello era JJ, e la sua riconoscenza poteva valere molte cose per gli abitanti del villaggio: aiuti economici, riuscire a far maritare le proprie figlie con un più che buon partito. Fu così che ben presto la folla urlò all’unisono grida di assenso. JJ sorrise, soddisfatto e fiero di aver avuto il consenso che cercava.
“Allora è deciso, siete con me!” JJ alzò il pugno verso il cielo, come ad annunciare già l’imminente vittoria.
“Domani la testa dell’orribile bestia e il suo dannato castello saranno nostri!”

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Yuuri aveva indossato un vestito di un blu che sfumava nel lilla, molto elegante, per quell’occasione. Da quando era arrivato al castello si era sempre dimostrato estremamente diffidente nei confronti di Viktor, rifiutando qualsiasi tipo di pranzo o cena, e con essi anche gli abiti estremamente raffinati. Ma quell’occasione era speciale: Yuuri avrebbe potuto pattinare di nuovo. Erano passati soltanto pochi giorni dall’ultima volta che Yuuri aveva toccato la familiare durezza del ghiaccio con la tagliente lama dei suoi pattini.
  Yuuri ricordò con tristezza i suoi vecchi pattini. Li aveva persi quando i lupi lo avevano attaccato, nel bosco. Vi era molto affezionato, e il pensiero di non averli più, neanche come ricordo, lo rendeva triste. Cercò però di non pensarci troppo a lungo, altrimenti avrebbe finito per rattristarsi. E quella serata non aveva affatto bisogno di sentimenti negativi.
  Quando Yuuri raggiunse il luogo in cui Viktor lo aspettava, notò con un sorriso che anche lui aveva prestato maggiore attenzione verso il suo aspetto fisico: il pelo della criniera era pettinato all’indietro, privo di nodi; indossava vestiti finemente decorati con piccole pietre preziose, indubbiamente disegnati su misura. “Salve, Yuuri” lo salutò. “Avete indossato il vestito che ho fatto preparare per voi, ne sono contento”. Yuuri rispose con un piccolo cenno di assenso del capo, accompagnato da un timido sorriso. “Grazie, Viktor”
 “Non ringraziarmi, ti dona molto” disse, accogliendo lo sguardo sorpreso di Yuuri con calma.
“Miei cari signori, che le danze abbiano inizio” la voce di Christophe annunciò improvvisamente. Yuuri lo vide su un piccolo cespuglio innevato e lo salutò con una mano, Christophe rispose con un sorriso. Aspettò che Yuuri mettesse i pattini prestatigli da Viktor e sfilasse sul ghiaccio davanti a quest’ultimo prima di far partire la musica.
 Sento una voce che piange lontano, anche tu sei stato forse abbandonato?
“Sai pattinare, Viktor?” chiese. Non vedeva l’ora di correre sul ghiaccio e saltare, piroettare, tutto quello che non aveva potuto fare in quei giorni. Viktor lo guardò per alcuni secondi prima di rispondere. “Più o meno”
Orsù finisca presto questo calice di vino
“Ti aiuterò io!”
 “Yuuri, veramente io…”
Adesso fa’ silenzio
“Forza, prendi le mie mani!” Yuuri rise al verso gutturale che Viktor emise quando Yuuri li portò a scivolare sul ghiaccio insieme. Viktor si aggrappò alle mani di Yuuri cercando di trovare un minimo di equilibrio. “Finiremo per cadere entrambi in questo modo!” Viktor provò. “Non fa niente, vuol dire che ci rialzeremo e cominceremo di nuovo! Non puoi arrenderti, Viktor!”
Con una spada vorrei tagliare quelle gole che cantano d’amore
  In qualche modo riuscirono a trovare un equilibrio e cominciarono a danzare sul ghiaccio, Yuuri con il sorriso stampato sulle labbra e anche Viktor, dapprima titubante, si era lasciato andare alla leggerezza che scivolare in modo così armonico sul ghiaccio gli regalava.
Vorrei serrar nel gelo che esprimono quei versi d’ardente passione
  Gli occhi di Viktor brillavano di una luce diversa al chiarore lunare, e sembravano colorarsi del grigiore metallico dei raggi di luna. Yuuri li trovava ancora incredibilmente belli. “Sai pattinare piuttosto bene, Viktor”
 “Grazie, anche tu sei così leggero ed aggraziato, sembri appartenere al ghiaccio più che al terreno solido”. Yuuri si sentì arrossire, provò ad abbassare il capo verso il basso ma Viktor glielo impedì sollevandolo con delicatezza prima di riportarlo di nuovo sul ghiaccio.
Questa storia che senso non ha, svanirà questa notte assieme alle stelle
  Se potessi vederti, dalla speranza nascerà l’eternità
 Stammi vicino, non te ne andare
 Ho paura di perderti

“Mi dispiace di essermi comportato in modo così scortese” Yuuri lesse pentimento nei suoi occhi e sentì qualcosa premergli sullo stomaco all’oscurarsi della luce che prima accendeva quelle iridi cristalline. “Scuse accettate” disse. “Sei diverso stasera”
 “Ci sto provando” Viktor emise un basso verso, Yuuri pensò che se fosse stato umano sarebbe stato una risatina. “Per te”
Le tue mani, le tue gambe
  Le mie mani, le mie gambe
  I battiti del cuore si fondono tra loro

  La musica raggiunse il suo culmine e Yuuri e Viktor presero a volteggiare.
 Partiamo insieme, ora sono pronto
  La canzone scemò fino a raggiungere la sua fine. Viktor e Yuuri erano senza fiato, ma nonostante la pesantezza di non aver abbastanza ossigeno nei polmoni, si sentivano leggeri e felici come piume.
“Qual è il titolo della canzone, Viktor?”
 “Stammi vicino, non te ne andare

 “Padrone, è terribile! E’ terribile!”
Viktor e Yuuri furono interrotti improvvisamene da Yuri, che correva in modo impacciato sulla neve. Viktor si separò da Yuuri, raggiungendo Yuri a metà strada. “Cos’è successo, Yuri?”
 “Il castello, padrone! Il castello è stato attaccato!”

“Prendete tutto quello che desiderate, compagni miei!” gridò JJ alla folla che entrava dalle porte spalancate del castello. “Prendete pure tutte le ricchezze che riuscite a trovare, ma non toccate la bestia! La bestia è mia!” JJ ricevette in risposta un unico forte grido. Con un ghigno stampato sulle labbra, si avviò verso la scala che sembrava più minacciosa, immaginando che la bestia si nascondesse lì.

“Yuuri, resta qui” Viktor cercava di convincere Yuuri a lasciarlo da solo, fermi fuori al grande terrazzo dell’ala ovest, nella stanza in cui Viktor gli aveva assolutamente proibito di entrare. “Resta qui al sicuro”
 “No! Sono gli abitanti del mio villaggio, sono venuti a cercare me ed uccidere te!” sbottò, la paura gli faceva tremare le mani, ma a differenza di queste la sua voce era ferma e risoluta mentre pronunciava quelle parole. “Resterò con te, è una mia responsabilità!”. Viktor lo guardò, la disperazione evidente nei suoi occhi. “Yuuri, se io dovessi…”
 “Bestia, togli subito le tue sudice zampe da lui!”
Viktor e Yuuri si voltarono contemporaneamente verso la persona che si parava davanti a loro: JJ, armato di spada, sorrideva vittorioso.
“Yuuri ti ho trovato, finalmente!”
 “JJ, tornatene subito al villaggio e porta tutti gli altri con te!” Yuuri avanzò di alcuni passi, prima che Viktor lo afferrasse per un polso. “Lascia Viktor in pace, non mi ha fatto nulla di male!”
 “Viktor…?” JJ ripetè, non credendo alle sue orecchie. “Chiami per nome quella…quella bestia? Lo difendi, addirittura?!”. Yuuri lo fissò con sguardo duro: Viktor si era dimostrato aggressivo all’inizio, neanche Yuuri avrebbe creduto che Viktor non gli avrebbe fatto del male; ma Yuuri l’aveva conosciuto meglio, si era dimostrato una persona un po’ impacciata, si arrabbiava spesso, ma gentile.
“Sì, tu non lo conosci, JJ!” continuò. “Va’ a casa!”. JJ scoppiò a ridere, portandosi la mano che non reggeva la spada sul viso. “Non ci credo…Ho fatto tutto questo per trovarti, affinché tu mi sposassi e… cosa? Ti sei innamorato di una bestia?” terminò con disprezzo. “Non posso accettarlo! Non lo farò mai!”
Successe tutto in una frazione di secondo: JJ prese la rincorsa, puntando la spada verso il petto di Viktor, Yuuri provò a spostarsi davanti a lui, senza nemmeno pensarci, ma fu spinto di lato dalle braccia possenti di Viktor. Mentre Yuuri cadeva, ed osservava con orrore la lama della spada trafiggergli il petto, il muso di Viktor sembrò piegarsi in un sorriso.
  Quello che successe dopo fu altrettanto veloce: l’urlo di Yuuri, Viktor che prendeva JJ e lo scaraventava dal parapetto del terrazzo prima che riuscisse ad avvicinarsi a Yuuri. Viktor riuscì a restare in piedi per pochi secondi prima di accasciarsi al suolo. “Viktor!” Yuuri lo raggiunse, prendendogli una zampa e stringendola tra le sue mani, così piccole in confronto. “Viktor, ti prego!”
 “Yuuri” Viktor portò una zampa contro il suo volto, poggiandola contro una guancia con delicatezza. “Sei così bello, Yuuri”
 “Viktor…”
 “No, aspetta, Yuuri” Viktor lo interruppe e Yuuri rabbrividì per la calma innaturale della sua voce. “Sei la persona più bella che io abbia mai visto. Non solo esternamente, Yuuri” portò la mano che Yuuri stringeva tra le sue dita contro il suo petto. “Hai un animo gentile e generoso” riprese. Tossì alcune volte, respirare gli risultava sempre più difficile con il passare dei secondi. “Sono felice che tu sia entrato nel mio castello senza permesso, quella volta”
 “Viktor, ti prego…” iniziò a piangere, le lacrime cadevano sul vestito di Viktor, bagnandolo. Viktor gli strinse le mani un’ultima volta, mentre l’altra scivolava contro il suo volto come una carezza. Dopo, il corpo di Viktor fu immobile.
  Yuuri sentì il respiro fermarsi in gola ed impedirgli di respirare.
Tutta colpa sua.
  Era tutta colpa sua: la morte di Viktor, l’assalto al castello. Tutta colpa sua.
“Viktor, ti prego” mormorò, accasciandosi sul suo petto.
 Yuuri, la faccia premuta contro Viktor, non vide il bagliore sempre più forte che aveva iniziato a crearsi dai pattini coperti dalla teca. La luce si espanse e al centro del suo nucleo di luce, apparve il volto di una donna sconosciuta. Ella pronunciò alcune parole e il corpo inerme di Viktor iniziò a sollevarsi.
  Il volto della donna sparì, la luce circondò Viktor. “Viktor?!” Yuuri si alzò di scatto dal pavimento, le mani ancora strette intorno alla zampa di Viktor. Sentì quella stessa zampa cambiare inspiegabilmente forma, anche se non poteva vederla perché avvolta dalla luce, così come il resto del suo corpo.
  Quando la luce iniziò ad affievolirsi gradualmente e con essa il corpo di Viktor, che tornò alla posizione precedente per terra, Yuuri non stava stringendo più una zampa, ma delle dita. Lunghe, pallide e affusolate dita. Yuuri le guardò, sconcertato.
Dita?
“Yuuri” una voce, vellutata e profonda, pronunciò il suo nome. Yuuri alzò lo sguardo, puntandolo sull’uomo più bello che Yuuri avesse mai visto: lunghi capelli grigi, pelle candida e pallida, e gli stessi magnifici occhi, di quell’azzurro vivido, che Yuuri era abituato a vedere. “V-Viktor?!” Yuuri disse il suo nome in un rantolo. Viktor guardò le sue mani strette intorno ad un’altra mano, la sua mano. Portò entrambe davanti al proprio viso, esaminandole con incredulità.
“Yuuri!” disse improvvisamente, Yuuri sobbalzò sentendosi chiamare così all’improvviso. “Sono io, Viktor!” Viktor gli prese il volto in entrambe le mani, sorridendogli ed esibendo denti diritti e candidi. “Oh Yuuri, ti amo così tanto!”
Viktor fece incontrare le loro labbra troppo velocemente, rise contro la sua bocca prima di scusarmi e baciargli le labbra piano.
“Viktor? Ma la bestia…! E…E la tua ferita!” Yuuri balbettò. Tra il bacio, la trasformazione in quell’uomo meraviglioso, Yuuri faceva fatica ad articolare frasi di senso compiuto. Poi un pensiero si fece spazio nella sua mente: Viktor era lo stesso ragazzo del quadro. “Tu…” Yuuri si coprì la bocca spalancata dallo stupore con mani tremanti. “Viktor, sono così felice!”
Nel castello, ora abitato da persone in carne ed ossa e non più da oggetti inanimati, che si abbracciavano e salutavano, liberato finalmente dagli abitanti del villaggio che avevano cercato di depredarlo, rieccheggiò la risata di Viktor mentre, abbracciato da Yuuri, cadeva all’indietro.
“Stammi vicino” Yuuri mormorò contrò le sue labbra, sorridendo come non sorrideva da molto tempo.
“Non te ne andare” Viktor completò, sorridendogli di rimando prima di baciarlo con dolcezza.

Fine.

 

Spazio Autrice.
  Okaaay, quindi sì, questa è la prima storia che scrivo per un contest, quindi sono un po' nervosa, spero di aver seguito bene il regolamento! Ed ovviamente spero possa piacervi! :)

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