Una granduchessa a New York tra atroci sofferenze e amore

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solitudini e vecchi ricordi ***
Capitolo 2: *** Central Park ***
Capitolo 3: *** Lettera ai genitori ***
Capitolo 4: *** Una confessione che fa male ***
Capitolo 5: *** Mi hai salvato ancora una volta ***



Capitolo 1
*** Solitudini e vecchi ricordi ***


Era rimasta sola in questo mondo.
Non aveva più nessuno.
Tutta la sua famiglia era stata catturata dai sovversivi bolscevichi.
Solo lei era riuscita a fuggire grazie all’aiuto di un giovane servitore.
Ma quel giovane non riuscì ad andare con lei.
Mentre fuggivano insieme, per evitare che la piccola principessa Anastasia avesse avuto la stessa sorte della sua famiglia, dovette distrarre i numerosi rivoluzionari che avevano attaccato il Palazzo D’inverno.
«Dov’è la principessa Anastasia?!» tuonò un rivoluzionario fissando il povero ragazzo con sguardo truce e pieno di odio.
«Non ne ho la più pallida idea. Andatevene subito da qui!» cercò di intimare il ragazzo.
«Ahahah ma non pensi che non sei nelle condizioni nel darmi ordini? Dopotutto, sei disarmato»
«Tu e i tuoi uomini avreste il coraggio di uccidermi seduta stante?»
«Perché no? La tua insolenza e veramente insopportabile»
«Non quanto la vostra maleducazione…»
«Adesso basta! Mi hai stufato piccolo moccioso!»
«Boris, smettila di perdere tempo con quel ragazzo! Dobbiamo andare!»
«Non prima di averlo fatto fuori…»
Boris teneva puntato il suo fucile contro quel povero ragazzo.
Il piccolo aveva le gambe che gli tremavano, ma di sicuro non avrebbe dato la soddisfazione ai due soldati di fuggire a gambe levate come un vigliacco.
«Pronto a morire?»
«Dopo di me, verrà anche la tua ora. Non scordarlo»
«Dimitri, cosa stai facendo?!»
Un altro servitore del palazzo, era venuto in soccorso del ragazzo.
«Lo lasci immediatamente! Lui non ha nessuna colpa in tutto questo!»
«Voi chi siete?!»
«Sono il suo superiore. Ed è mia premura prendermi cura di lui finchè sarò sempre in vita»
«Quindi è colpa vostra se avete cresciuto un ragazzo maleducato come lui. Peccato che la maleducazione sia una cosa di cui non sopporto…»
«Se uccidete lui, dovrete uccidere pure me» ribadì il protettore di Dimitri.
«Come volete voi…»
«Boris, ancora qui sei? Andiamocene subito. Non c’è tempo da perdere!»
«Aspetta un attimo, Igor. Finisco questi due e…»
«Lascia perdere! Ucciderli non servirà a nulla. Andiamo!»
Per fortuna quel rivoluzionario non riuscì nel suo intento. Il suo compagno rivoluzionario lo portò via da quella stanza del palazzo prima che potesse scagliare il suo proiettile mortale.
«Grazie al cielo. Siamo stati miracolati»
«Potete ben dirlo, Viktor» rispose Dimitri emanando un respiro di sollievo.
«Adesso andiamocene da qui senza incrociare nessun’altro rivoluzionario. Solo così possiamo sperare di rimanere vivi»
«Ma io…»
«Tu cosa? Che ti sta succedendo?»
Perlustrò tutta la stanza dove Dimitri aveva nascosto la piccola principessa.
Ma lei non c’era più.
Era scomparsa.
«La principessa Anastasia… non c’è più…»
«Certo che non c’è più, sciocco. È stata catturata insieme a tutta la sua famiglia»
«No Viktor, vi sbagliate… fino a poco tempo fa’ era con me. Cercavo di intrattenere quel soldato per salvargli la vita… Forse è riuscita a fuggire…»
«Secondo me stai vaneggiando»
«No, non è vero! Devo ritrovarla e portarla in salvo»
«Cosa? Sei impazzito per caso?! Tu non andrai da nessuna parte finchè io sarò con te. Adesso andiamo»
Purtroppo Dimitri non riuscì a persuadere quello che era il suo protettore, e le speranze di ritrovare un giorno la piccola principessa, svanirono per sempre rimanendo solo un grosso rimpianto.

I ricordi era fiochi e quasi cancellati.
Riusciva a ricordare poco del suo passato.
Un passato che presto o tardi sarebbe tornato a manifestarsi, facendo riviverle vecchie conoscenze che era certa non avrebbe mai più incontrato.

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Capitolo 2
*** Central Park ***


La principessa Anastasia era riuscita a rifugiarsi nell’hotel più bello e costoso di tutta la città: il Plaza Hotel.
Mentre era riuscita a fuggire da quella che era la sua casa, con sé riuscì a portare qualche vestito e una numerosa cospicua somma di denaro, che gli ha facilitato il soggiorno in quel meraviglioso albergo.
Naturalmente non dette le sue vere generalità.
Appena calcò il suolo americano, si fece fare una carta d’identità falsa, ma puramente autentica.
«Buon pomeriggio, signorina Klasic. Si goda le meraviglie della città» gli disse la receptionist.
«Grazie mille. Lo farò»
 
Era inverno.
Ma non era un inverno rigido come quello russo.
Il clima era più sopportabile.
La neve era caduta a grandi fiocchi sull’intera città.
Tutte le strade e i palazzi erano sotto una coltre immensa di neve.
Presto si sarebbe festeggiato il Natale.
Un Natale molto triste per la principessa. Se non fosse per…
«Fa molto freddo oggi, non trovate?»
Uno sconosciuto si era seduto su una panchina accanto a lei, ignorando completamente chi fosse veramente.
«Eh sì…»
«Non posso credere che una giovane donna come lei sia tutta sola qui al freddo»
«Beh, certe volte preferisco la solitudine alla compagnia»
«Vuole che me ne vada?» domandò l’uomo serio.
«No, stia pure. Non è certo facile trovare un uomo che ti parla con tale naturalezza con una sconosciuta come me»
«Ah, che maleducato che sono. Il mio nome è Erik. Lei è…»
«Anna. Anna Klasic»
«Piacere Anna. Possiamo darci del tu?»
«Certamente» rispose la giovane donna sfoggiando uno dei suoi rari sorrisi.
«Lo immaginavo che lei era russa. Ma non ne ero del tutto convinto…»
«Perché?»
«Parli perfettamente l’americano. E per un russo non è una cosa facile. È come se io parlassi perfettamente russo. Impossibile»
«Mai dire mai nella vita…»
«Già. Mi piacerebbe imparare una nuova lingua. Ma con il mio lavoro, non ho quasi mai tempo per me stesso»
«Che lavoro fai, Erik?»
«Sono un facchino, e lavoro all’hotel dietro di noi»
Anastasia girò lo sguardo per poi capire che si riferiva all’hotel dove alloggiava.
«Al Plaza Hotel? Che coincidenza. È proprio lì dove risiedo tutt’ora»
«Davvero? Strano, non ti ho mai visto»
«Bisogna anche dire che è il più grande albergo al mondo, quindi ritrovarsi in un posto simile, non è mai facile»
«Sì, hai perfettamente ragione. Pensa che lavorandoci da tre anni, certe volte continuo a perdermi. Anche se mi hanno dato una mappa dell’albergo, non mi serve quasi a nulla. È pieno di passaggi e scale che sulla mappa non sono segnati»
«Cosa serve fare una mappa se poi è decisamente così diversa?»
«Non lo so proprio… Bisognerebbe dirlo al direttore»
«Secondo me non sanno stilare una semplice mappa di un edificio»
La battuta di Anastasia fece scoppiare dal ridere il giovane Erik.
«Allora per fortuna che sono molto più bravi a dirigere un albergo che a fare questo altro tipo di cose»
«Puoi ben dirlo»
Improvvisamente, il cielo divenne nuvoloso, e una fitta pioggia si era abbattuta proprio su Central Park.
Ma per fortuna riuscirono ad entrare in hotel in tempo, evitando così di bagnarsi.
«Chiamo subito qualcuno per aiutarti»
«No Erik, lascia perdere. Non è così grave. Vado subito in camera a sistemarmi»
«Beh, allora grazie di tutto» fece il facchino distogliendo lo sguardo dalla giovane donna.
«Grazie a te per la compagnia»
Si fissarono qualche secondo senza dire una parola, mentre decine di persone affollavano la hall dell’albergo.
«Visto che sei stata bene con me, che ne diresti di un altro incontro?» domandò Erik imbarazzato.
«E’ forse un appuntamento?» domando Anastasia alquanto divertita.
«No, no. Certo che no. È solo che… voglio rivederti»
«Anch’io Erik. Magari ci possiamo vedere nel bar dell’hotel»
«Preferirei di no. Qui mi conoscono tutti e non voglio dare stupidi pettegolezzi frequentando una giovane e bella donna come te… Oddio, non posso averlo detto»
«Ahahah. Viva la sincerità!»
«Ti prego, dimentica le mie parole»
Erik era diventato rosso come un peperone. Se fosse stato per lui, sarebbe sparito dalla faccia della Terra.
«E perché dovrei? Mica mi hai offeso»
«Sì però… forse penserai che sto correndo troppo…»
«No, sinceramente no. E poi finora non abbiamo fatto nulla di male e di compromettente. Ci stiamo dando solo un appuntamento… ah no, un incontro»
«Ok. Che ne dici se ci incontriamo nel solito posto di oggi?»
«Perfetto. Domani alla solita ora?»
«No, domani lavoro tutto il giorno. Facciamo dopodomani. Sarai sempre qui vero?»
«Certo che sì. Allora ci vediamo dopodomani. A meno che non ci incontriamo qui in albergo»
«Anche se ciò succedesse, non posso rivolgerti la parola. Tranne che dirti buongiorno e buonasera. Giusto per tenere le distanze tra cliente e dipendente»
«Capisco. Allora buon lavoro» disse infine Anastasia congedandosi con un sorriso splendente e salutandolo con un cenno della mano.
Erik non potè ribattere visto che era rimasto spiazzato dal comportamento della giovane che aveva appena conosciuto.
 
Parlò di tutto questo subito con Gregory, un suo fedele amico.
«Oggi ho conosciuto una donna a Central Park»
«Ah sì? E com’è?»
«Penso che sia lei…»
«Come scusa?»
«Credo di aver trovato l’imperatrice di Russia»

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Capitolo 3
*** Lettera ai genitori ***


«Andiamo Erik, ma cosa stai dicendo? L’imperatrice di tutte le Russie che alloggia in questo hotel? Ma non farmi ridere!»
«Ti dico che è vero! È proprio lei!» ribattè convinto Erik.
«Da cosa l’hai intuito? Dal suo accento russo?»
«Gregory, ti vorrei ricordare che sono stato io a salvarla. Quindi, se c’è qualcuno che ha voce in capitolo su di lei, quello sono proprio io»
«Voce in capitolo va bene. Ma dire che è proprio lei…»
«I suoi occhi. Sono proprio uguali a quelli che aveva la principessa Anastasija Nikolaevna Romanova»
«Ne sei estremamente certo, Dimitri? Non è che forse ti sei sbagliato? In fondo, l’hai vista soltanto una volta…»
«Ti prego di non chiamarmi con il mio vero nome. Qualcuno potrebbe sentirci, e non voglio far sapere a nessuno le mie radici russe»
«Non capisco perché rinneghi così la tua patria»
«Gregory, ne abbiamo già parlato!... Tornando a noi, ti dico che sono sicuro di quello che ho visto. Tra due giorni la rivedrò. Magari potresti venire anche tu. Solo per vederla»
«Tra due giorni? Mi dispiace, ma quel giorno ho il turno pomeridiano»
«Capisco. Vorrà dire che se non la vedrai, ti dovrai fidare di me»
«L’ho sempre fatto, Erik. Ma questa volta è diverso… Stiamo parlando della principessa Anastasia, colei che sarebbe riuscita a fuggire dalla minaccia bolscevica»
«Lo so. E per andare in fondo a questa storia, non ho niente da perdere. Solo da guadagnare»
«Già, ma intanto andiamo a guadagnarci il pane in tavola. Siamo in ritardo e se il direttore o il concierge non vede che siamo al nostro posto, siamo licenziati»
«Hai ragione. Andiamo»
Quando Anastasia tornò nella sua camera d’albergo, si sentì stranamente sollevata.
Aver parlato con quell’uomo sconosciuto gli aveva fatto ritrovare il sorriso che da tanto tempo non sfoggiava.
Però parlare del suo passato era troppo presto.
O forse non l’avrebbe mai fatto.
Passò la seguente giornata a leggere libri della sua infanzia e a leggere i quotidiani che ogni giorno l’albergo gli recapitava sotto suo preciso ordine.
Purtroppo non c’erano mai notizie sulla sua amata Russia.
Chissà cosa stava succedendo dopo la rivoluzione…
Anche se era curiosa di scoprirlo, aveva paura della verità.
Pensava che se il suo paese fosse caduto in disgrazia come lei credeva, era meglio rimanere nel dubbio.
Ma oltre a pensare al suo vecchio paese, i suoi pensieri erano rivolti anche ai suoi amati genitori, a suo fratello più piccolo e alle sue sorelle.
Ogni tanto scriveva alcune lettere su di loro, senza l’intenzione di spedirle mai.
Scrivendo i loro nomi e parlando delle loro abitudini, si sentiva più vicina a loro.
Come in quest’ultima lettera che aveva scritto:
Cara famiglia
E’ da molto tempo che non vi scrivo, quindi credo che sia venuto il momento di parlarvi un po’ di me.
Mi trovo rinchiusa al Plaza Hotel di New York in una specie di gabbia d’orata.
Qui sono servita e riverita come ero a Palazzo.
Ma ci sono molti cambiamenti rispetto a dove sono ora.
Anche se il personale d’albergo è molto premuroso, gentile e servizievole, qui mi mancate voi.
Mi manca la mia famiglia.
Vorrei tanto sapere dove siete finiti.
Se state bene e se siete ancora vivi.
Mi sono sempre ripromessa di tornare nel luogo in cui sono nata, ma chi me lo dice che la situazione si è finalmente placata?
Chi mi dice che se torno laggiù io non venga aggredita e magari uccisa?
Purtroppo correrei un sacco di pericoli.
Se solo sapessi dove trovarvi…
Comunque anche se non siete qui con me, vi porto sempre nel mio cuore, con la speranza che un giorno ci rivedremo tutti assieme.
Vi saluto e vi auguro buona fortuna per tutto.
Con affetto.
                                                                                                                                                              La vostra Anastasia

Ogni volta che smetteva di scrivere e parlare di loro, le lacrime inondavano i suoi bellissimi occhi, facendoli diventare tutti rossi dal dolore.
Parlare di loro era sempre più difficile.
La faceva continuamente soffrire.
Ma chi poteva aiutarla a uscire da questa spirale di dolore?
Ci sarebbe stato qualcuno che l’avrebbe aiutata e che l’avrebbe riportata ad assaporare la vita che un tempo amava?
Troppe domande e nessuna risposta.
E il tempo trascorreva inesorabilmente e la depressione galoppava senza mai fermarsi.

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Capitolo 4
*** Una confessione che fa male ***


Il giorno dell’appuntamento arrivò, ed Erik era in ansia come un ragazzino al primo appuntamento.
Poter rivedere una seconda volta faccia a faccia la principessa Anastasia in così poco tempo non era da tutti.
Il sole batteva forte per essere una giornata di dicembre.
Il clima era freddo, ma sopportabile.
Molta gente si riversava nelle strade per andare nei locali alla moda o semplicemente per passeggiare.
Però per fortuna Central Park era deserta.
Erik aveva occupato la solita panchina di due giorni fa’.
Però lei non arrivava.
Era inspiegabilmente in ritardo.
Ma Erik non si dava per vinto.
Continuava ad aspettare e ad aspettare.
Dieci minuti. Venti minuti. Trenta minuti.
Niente. Lei non c’era.
Passò un’ora ed Erik si convinse che era inutile continuare ad aspettarla. Non sarebbe più venuta.
Ma quando Erik stette per andarsene, ecco che Anastasia correva verso di lui per scusarsi umilmente.
«Mi stavo seriamente preoccupando. Ma dove eri finita?»
«Ero in albergo e ho perso la cognizione del tempo. Scusa»
«E io che pensavo che ti fosse successo qualcosa di grave… Ma lasciamo perdere. Come stai?»
«Non molto bene, purtroppo» rispose Anastasia con sguardo mortificato e triste.
«Che cos’hai?»
«Beh, non so se posso dirtelo…»
«Hai qualche segreto da nascondere?»
«Ogni donna ha sempre un segreto da nascondere. Non scordarlo»
«Mi dici cosa ti prende? Prima arrivi inspiegabilmente in ritardo di un’ora e adesso fai tutta la misteriosa. Ti potresti spiegare meglio? Così forse potrei aiutarti»
«No, non puoi aiutarti. Non può aiutarmi nessuno…»
«Perché dici questo?»
«Perché è così. Mi sento così sola in questa grandissima città. Non so cosa fare e non so dove andare»
«Se è questo il problema, che ne dici se andiamo a prendere una buona cioccolata calda qui vicino? Vedrai che dopo ti sentirai meglio»
«Non mi va di stare in luoghi dove c’è tanta gente. Preferisco rimanere qui»
«Ok, come vuoi tu»
Anastasia si era seduta e aveva la testa tra le mani, come se avesse commesso un fatto imperdonabile.
Ma non aveva fatto niente di male.
Era solo depressa.
«Mi manca la mia famiglia. Sono tre anni che non li vedo e non ricevo notizie. Non so nemmeno se sono morte o vive»
«Capisco… Vuoi che te lo dica io?»
«Come?... E tu come fai a saperlo?»
Dimitri fissava la ragazza con sguardo innocente e privo di emozioni.
«Adesso basta Anastasia. Smettiamola di giocare a carte coperte. È dal primo giorno che ti ho visto che ho capito che eri tu…»
«Cosa? Ma sei impazzito? Io non sono quella che tu dici di essere!» gridò improvvisamente la giovane donna.
«Quei tuoi occhi… quei tuoi vestiti… quel tuo vestito… smettila di mentirmi. Sei tu Anastasia, non c’è alcun dubbio»
«No! Io sono Anna Klasic!»
La confessione di Dimitri destabilizzò la povera principessa a tal punto da farla piangere.
«Io… io non credevo a questa tua reazione… io non capisco…»
«Non capisci perché non mi conosci affatto!»
«Allora guardami negli occhi e dimmi chi sei veramente!»
Dimitri afferrò il braccio della donna, costringendola a fissarlo negli occhi.
Anastasia non disse neanche una parola.
Era ancora scossa dalla scoperta dell’uomo.
«Perché non mi parli?»
«E va bene! Hai vinto tu! Sono la principessa Anastasija Nikolaevna Romanova, quartogenita dello zar Nicola ll di Russia e dell’imperatrice Aleksandra Fedorovna Romanova. Soddisfatto adesso?!»
«Perché? Perché non volevi dirmelo?»
«Perché il mio passato non ha fatto altro che portarmi atroci sofferenze. Quando quel giorno scoppiò la rivoluzione e i bolscevichi si insidiarono nella mia casa, la mia vita non è stata più la stessa. Ancora oggi continuo a soffrire di atroci incubi sulla mia famiglia e su quei maledetti soldati»
«Le tue notti sono solo costituite da incubi? Vedi solo il male in esso?»
«E questo cosa vuol dire? Perché ti interessa saperlo?»
«Prova a sforzarti… non ricordi altro?»
«Perché dovrei ricordarmi di altre cose?! Non bastano i ricordi che ho?»
«Non ricordi come sei riuscita a scappare dal Palazzo d’Inverno?»
«Ricordo solo un ragazzo… un ragazzo che mi aveva protetta a costo della sua vita. Poi, non so come, grazie ad alcuni passaggi segreti che caratterizzavano il palazzo, sono riuscita a fuggire, a prendere un treno che mi ha portato a Vladivostok e a salpare per l’America. Ecco, questa è la mia storia»
«Quando in quella stanza non ti vidi più, pensai che ti avessero catturato e imprigionato. Ma invece il tuo coraggio e la tua buona sorte ti hanno condotto fin qui. Sono molto contento per te, Anastasia»
«Quindi vorresti dirmi che tu…»
«Non sono Erik. Il mio nome è Dimitri»
Il giovane si sarebbe aspettato che quella ragazza fosse stata riconoscente per tutto quello che aveva fatto per lei. Ma la sua reazione fu quasi il contrario.
«Forse è meglio se non ci vediamo più Erik, o Dimitri, o come diavolo ti chiami… Oh, santo cielo, non posso crederci»
«Ma Anastasia, perché mi dici così? Cosa ti ho fatto di male?»
«Tu niente… sono io quella che non va. E ti prego di esaudire questo mio desiderio. Non cercarmi mai più almeno che non sia io a farlo»
«No, non puoi dirmi questo! Dopo tutto il tempo che ho trascorso per ritrovarti, non puoi mollarmi in questo modo»
«E invece posso eccome. Se non vuoi rispettare il mio ordine da imperatrice di Russia, rispetta la mia scelta di donna libera. È tutto quello che ti chiedo. Ho bisogno di riflettere su tutti questi ultimi avvenimenti»
«Posso capire che ora sei confusa, ma dire che non vuoi più vedermi… insomma, mi sembra esagerato»
«No, ti assicuro che non lo è»
Anastasia continuava a fissare Dimitri con occhi imploranti e pieni di preghiera.
«Va bene… non posso dirti di no…» disse Dimitri con tono affranto.
«Grazie. Immaginavo che tu avessi capito… Ora devo andare»
Fu così che Anastasia si congedò dal suo ritrovato salvatore.
Nemmeno un saluto.
Nemmeno un grazie.
Nemmeno un bacio.

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Capitolo 5
*** Mi hai salvato ancora una volta ***


Anastasia si chiuse a chiave dentro quella che era la sua “gabbia d’oro”.
Non voleva vedere nessuno.
Non voleva parlare con nessuno.
La sua solitudine ebbe il trionfo sulla sua felicità.
Ma perché essere l’ultima erede della dinastia dei Romanov sarebbe stato un problema?
Perché non voleva essere se stessa?
Forse perché essere se stessa comportava grandi responsabilità.
Come poteva reagire?
Come poteva andare avanti senza pensare più a tutto questo?
“Basta, non ce la faccio più. È ora di finirla una volta per tutte. Non so dove siano i miei genitori. È inutile continuare una vita vuota e piena di sofferenze…”
In quel momento, aprì uno dei cassetti della sua camera.
Prese una boccetta che non conteneva un liquido trasparente.
La versò dentro un bicchiere d’acqua e la bevve tutto d’un fiato.
“Ecco. Questa è l’ultima scelta della mia vita”
 
Dimitri continuava a rimuginare per l’appuntamento che ebbe poco fa’ con la granduchessa Anastasia.
Non riusciva a comprendere perché non voleva più frequentarlo.
“Perché tutto questo astio? Perché si è comportata in quel modo? Io… non la capisco…”
Tra poco sarebbe iniziato il suo turno.
Non riusciva a concentrarsi con tutti quei migliaia di pensieri che gli affollavano la mente.
Nemmeno Gregory riusciva a riportarlo sulla Terra.
«Pronto? Ci sei Dimitri?»
«E’ stata una giornata alquanto strana…»
«Che intendi dire?»
«Ormai non ha più importanza Gregory. Non la rivedrò più» rispose il giovane con tono affranto.
«Avanti, non dire così. Sono sicuro che prima o poi si sistemerà tutto»
«Magari potessi essere ottimista come lo sei tu. Ma guardiamo in faccia alla realtà: lei non mi vuole più vedere»
«Allora dagli un motivo valido del perché ti deve rivedere. Andiamo Dimitri, non può finire così! E tu lo sai bene»
«Andare avanti è inutile. Lei è l’ultima erede al trono dei Romanov, mentre io sono un semplice facchino. Cosa vuoi che succeda tra noi due? Il nostro abisso sociale è incolmabile»
«Non posso crederci… non posso credere che uno come te che non si arrende mai, voglia chiudere questa storia così, senza fare nulla»
«Ho già fatto troppo per lei e tu lo sai bene. Non voglio più importunarla. Fine della storia»
«Va bene, fa pure. Ma vedrai che questo tuo rifiuto ti perseguiterà per tutta la tua intera esistenza. Non scordartelo»
«Vedrai, saprò conviverci»
«Bene, allora andiamo a lavorare. Ci aspetta una giornata molto lunga»
 
Purtroppo Gregory aveva ragione.
Dimitri non smetteva di pensare a lei.
Ai suoi occhi.
Alla sua voce.
Non voleva ammetterlo, ma si era perdutamente innamorato.
«Gregory, secondo te, cosa dovrei fare?»
«Trasportare questi dannati bagagli nelle stanze giuste»
«Al diavolo i bagagli! Mi riferivo ad Anastasia»
«Ma come? Prima non mi hai detto che per te era un argomento chiuso per sempre?»
«Ti ho mentito. Ho mentito a me stesso. Non posso rinunciare a lei ora che l’ho ritrovata»
«Benissimo, allora cosa stai aspettando? Vai da lei e confessagli tutto il tuo amore! Basta perdere tempo»
«Ma come faccio con il lavoro? Sono in servizio»
«Secondo te cosa servono gli amici se non nei momenti di difficoltà come questi?»
E Gregory era veramente l’amico che ti aiuta nei momenti difficili come quello.
«Grazie. Ti devo la vita Gregory» disse Dimitri al colmo della sua gioia abbracciando il suo migliore amico.
«Lasciami. Smettiamola di dare spettacolo altrimenti la gente penserà male» ribattè Gregory liberandosi dalla presa.
«Sì, hai ragione… beh, allora io vado»
«Sei ancora qui? Ma ti ci devo spedire io a calci in culo?»
«Certo che no! Fortunatamente posso camminare ancora con le mie gambe»
«Allora usale! E… buona fortuna»
«Grazie ancora Gregory. Per tutto»
 
Corse come un forsennato.
Corse per gran parte dei piano dell’hotel.
Ma il guaio era che non sapeva in che stanza alloggiava visto che non fu lui a portare i suoi bagagli.
Cercò di farsi dare alcune informazioni dai clienti dell’albergo, ma nessuno potè aiutarlo.
L’unica possibilità era farsi aiutare da quell’antipatico del concierge. Anche a costo di essere licenziato.
«Rudolf, mi devi aiutare. È un emergenza»
«Che cosa ti serve Erik?»
«Devi dirmi dove alloggia la signorina Anna Klasic»
Il concierge fissò il giovane facchino con sguardo carico d’odio e di sorpresa.
«Ma sei impazzito?! Sai benissimo che non posso rivelare informazioni sui clienti dell’hotel ad uno come te»
«Ti prego Rudolf, è importante. È questione di vita o di morte»
«Non credo che sia così importante. Cosa vuole sapere un insignificante come te di una giovane donna e ricca come la signorina Klasic? Vuoi forse irrompere nella sua stanza saccheggiando tutti i suoi averi?»
«Certo che no! Ma per chi mi avete preso?»
«Per un perditempo! E se non torni alla tua postazione, puoi considerarti licenziato»
Dimitri non sapeva come controbattere.
Essere insistente avrebbe peggiorato le cose.
Ma ecco che in quel momento…
«Ecco perché devo vedere la signorina Klasic! Devo consegnargli questo mazzo di rose che gentilmente hanno appena portato» disse il facchino indicando al concierge un meraviglioso mazzo di rose.
«E perché non l’hai detto prima? Allora, la signorina Klasic risiede nella camera 796 all’ultimo piano»
«Perfetto. Grazie mille»
E afferrò l’immenso mazzo di rose dirigendosi all’ultimo piano.
 
Finalmente era arrivato dinanzi alla sua stanza.
Era impaziente come non mai.
Non sapeva come parlargli.
Non sapeva da dove cominciare.
Anche se non era pronto, bussò alla sua porta.
Ma nessuno rispose.
Provò ancora ma niente.
“Che strano, ma dove può essere finita?”
Per fortuna che Dimitri aveva con sé il passepartout che apriva tutte le camere dell’albergo.
L’aveva rubato furbescamente al concierge appena fu un momento distratto.
Aprì la porta.
Controllò tutte le stanze fino ad arrivare alla camera da letto.
E fu lì che vide una scena a dir poco raccapricciante.
Il suo corpo giaceva a terra inerte.
«Anastasia! Anastasia, cos’hai?»
Anche se Dimitri continuava a scrollarla, lei non accennava a rispondere.
«Anastasia svegliati!»
Fu in quel momento che la giovane aprì gli occhi.
«Dimitri… sei tu?»
«Sì amore della mia vita, sono io. Ma cosa ti sta succedendo?»
«Sono una sciocca»
«Perché sei una sciocca? Perché dici questo? Avanti parlami!»
«Volevo farla finita… ma non mi rendevo conto che c’è qualcuno per cui vivere…»
«Che cosa stai dicendo? Non capisco!»
Anastasia parlava con fatica, e la sua voce flebile si udiva a malapena.
«Ho preso un veleno… morirò molto lentamente. Manca poco all’ultimo respiro...»
«No, non è possibile. Non dovevi farlo!»
«Mi dispiace Dimitri. Per tutto. Per essere scappata da te»
«No Anastasia, non dire così. Tu non ti devi dispiacere di nulla»
«È tutta colpa mia se sono in questo stato…»
«Adesso smettila di pensarci! Dimmi piuttosto se esiste un antidoto al veleno che hai ingerito»
«L’antidoto… sì, è quello che mi salverà…»
«Ti prego, dimmi dove si trova»
«Nell’armadio dietro alle nostre spalle»
Dimitri si alzò di scatto e frugò nell’armadio dettogli da Anastasia.
Trovò una boccetta di vetro dove sopra non c’era scritto niente.
«Sì, è quello l’antidoto!» gridò Anastasia appena lo vide.
«Avanti bevilo tutto!» gli ordinò Dimitri.
Dopo averlo ingerito tutto d’un fiato, Anastasia chiuse di nuovo gli occhi e stavolta non emise nessun suono. Nessun lamento.
«Anastasia, cosa ti succede?! Perché non mi rispondi?!»
Dimitri continuava a scrollarla a sé, ma senza successo.
La giovane non rispondeva più.
Il giovane Dimitri, affranto e pieno di disperazione, iniziò a gridare mentre le sue lacrime sgorgavano interminabili sul suo viso.
Ma ecco che il miracolo si compì.
Improvvisamente, Anastasia riaprì gli occhi, alzandosi con le sue gambe.
Appena Dimitri la vide, credeva di avere le allucinazione.
Ma la cosa più bella è che era tutto vero.
«Anastasia! Ma sei viva!» gridò Dimitri pieno di commozione con le lacrime che gli avevano bagnato le sue guance.
«Sì, e tutto grazie a te. Mi hai salvata… ancora una volta»
I due giovani si lasciarono perdere in un lunghissimo bacio appassionato, mentre il loro legame sarebbe stato indissolubile e forgiato del più profondo amore.
Un amore che sarebbe durato per tutta l’eternità.
 
Angolo d’autore lmpaoli94
Eccomi di nuovo qua!
Ho voluto scrivere questa storia su uno dei miei film d’animazione preferiti in assoluto.
Spero che vi sia piaciuto come è piaciuto a me.
Scrivetemi per sapere cosa ne pensate e grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi e che hanno letto questa storia.
Ciao a presto
lmpaoli94

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