Amor che nella mente mi ragiona

di Moon_Wolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Canto I ***
Capitolo 3: *** Canto II ***
Capitolo 4: *** Canto III ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Amor che nella mente mi ragiona


Prologo


-…E quindi hai sentito l’ultima notizia bomba? Quest’anno abbiamo un nuovo professore di Latino, niente più Cicerone visto che ormai ha ottenuto quella promozione dai piani alti…-sussurrò Catullo, in modo da non farsi beccare dal prof alla lavagna- e finalmente, direi- che fra i due non scorresse buon sangue era noto all’intero collegio ormai, e in particolare da quando aveva pubblicato sul suo blog- il Liber- un simpatico carme dedicato al suo adorato professore di Latino, insomma una rude invettiva travestita da finti elogi*.

Ciò che arrivò veramente a Dante tuttavia, fu solo un ronzio, lo stesso suono delle zanzare che infestavano la sua camera d’estate, lasciandogli passare la notte in bianco. Certe volte si chiedeva perché esistessero, insomma qual era il loro scopo nel grande ciclo della natura? Tenere svegli quei pochi sfortunati che la zanzariera non l’avevano? Dante ora si chiedeva come fosse arrivato agli insetti, quando buona parte dei suoi neuroni erano concentrati su una visione celestiale, che lo abbagliava con la sua beltà. Il suo nome era Beatrice Portinari, banco vicino alla porta, due file più avanti, che giocherellava con una ciocca d’oro. I capelli erano intrecciati con dei fiori, naturalmente finti, e sul viso aveva un’espressione un po’ annoiata, come se anche lei pensasse ad altro…

-E l’abbiamo perso, quando ha quell’espressione da idiota vuol dire che si sta facendo le seghe mentali su Bea…qui ci vogliono le maniere forti, se la montagna non si muove, allora Maometto andrà dalla montagna... o era il contrario?- mormorò fra sé e sé Catullo- Terra chiama Dante!- ripeté l’amico nel suo orecchio, riuscendo finalmente a svegliarlo dal torpore in cui era sprofondato, con un paio di scosse- avvertimi la prossima volta che vai in catalessi indotta-

Dante si voltò verso Catullo, un po’ infastidito dal fatto che lo avessero distolto dall’operazione giornaliera di stalking, ma allo stesso imbarazzato perché a quanto pare si era accorto di averlo smesso di ascoltare, ciò nonostante finse di sapere quello su cui stesse blaterando- …da dove hai preso questa idea? Ti stavo ascoltando- provò.

Il suo tentativo fu come si aspettava, ossia inutile. Dopotutto non sapeva mentire, glielo dicevano tutti. Infatti in risposta ricevette un’occhiata scettica da Catullo- seh, e io sono Princess Celestia…- scherzò sempre a bassa voce ignorando bellamente il “Allora li conosci i My Little Pony!” di Dante- ma dopotutto di che mi stupisco? Sbavi dietro a quella, praticamente da sempre-

-Non è vero!- ribatté il fiorentino, portando il naso aquilino all’insù, come soleva fare quando era indignato per qualcosa- in tal caso la sua modestissima persona.

-Componi liriche in suo onore quasi ogni giorno, non la finisci più di parlare di lei e grazie, ho capito di quante sfumature ha gli occhi dopo la nona volta, la spii dal corridoio del terzo piano e poi…- Catullo stava facendo un elenco con le dita.

-Cat zitto!- sibilò Dante, temendo che qualcuno dei suoi compagni udisse qualcosa.

-Dia retta al suo compagno di banco, sarò pure cieco ma non sono sordo- sia Dante che Catullo ammutolirono, al richiamo del professore di lettere greche, Omero, che ora era voltato verso di loro. Aveva un sorriso sul volto, inquietante in verità, come se fosse onnisciente. Al liceo giravano parecchie storie e teorie, come che in realtà avesse poteri paranormali, perché appariva quando meno te lo aspettavi, e senza fare il minimo rumore per giunta. Secondo altre testimonianze la cecità invece gli aveva donato oltre che profonda saggezza, anche la possibilità di vedere il futuro, perché sembrava sapere se non avresti studiato**.

Dopo qualche minuto di silenzio da un Dante che imbarazzato aveva lo sguardo puntato sul quaderno, riprese la lezione- e come stavo dicendo, prima della vostra gentile interruzione, per quanto riguarda il distico elegiaco…-

E così mentre Dante seguiva la lezione, uno dei pochi in verità, Catullo si limitò a lanciargli un occhiata divertita, ma non aggiunse altro preferendo limitarsi al suo sport preferito: messaggiare con Lesbia. Al secondo posto della classifica c’era -obviously- prendere in giro Dante, mai svago fu più spassoso.

 



*riferimento al carme 49, un componimento che in passato è stato interpretato come un sincero elogio, ma il tono pomposo che non era caratteristica di Catullo, appartenente al cenacolo dei “Poetae Novi”, fa intendere il contrario.
**Omero, secondo la tradizione antica, poteva predire il futuro. La cecità infatti aveva connotazione sacrale, e colmata dall’ispirazione proveniente dalle Muse.



Note dell’autrice

E così eccomi tornata con una altra storiella. Sono nuova di questo fandom, quindi mi piacerebbe lasciaste il vostro commento che sia positivo o meno, per capire se sto andando nella direzione giusta, o come si suol dire, toppando alla grande. In ogni caso ringrazio tutti, anche i lettori silenziosi, che come me apprezzano la Divina Commedia e ripagano creando scempi fanfiction ecco.
E devo dire anche che per me questa è un esperienza nuova, finora ho sempre pubblicato one shot al massimo, mentre ora mi sto gettando in una long senza aver ancora terminato nemmeno il chapter number one.
E quindi nulla… alla prossima.
P.S. un abbraccio a Biceportinari03 grazie alla quale ho scoperto questo pairing. <3

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Capitolo 2
*** Canto I ***


Canto I


Durante Alighieri, ma soprannominato Dante da che aveva memoria, non era un ragazzo come tutti gli altri. Da bambino non giocava nel fango, non si azzuffava come gli altri suoi coetanei dietro a un pallone. No, Dante era un ragazzo introverso, o come preferiva dire sua madre quando gli rimboccava le coperte, “speciale”.

Solo alle medie aveva compreso che era un modo per indorargli l’amara pillola, cospargendo di miele il boccale colmo di assenzio: ovvero che non sarebbe mai stato accettato dagli altri, perché troppo sensibile, o meglio troppo strano.

Preferiva infatti osservare le persone, piuttosto che interagirci realmente, creando storie fantastiche in un mondo ordinario e dai toni spenti. Così l’anziana signora, dai capelli raccolti in una treccia e con le buste della Coop, diveniva una megera sotto mentite spoglie che stava per preparare un incantesimo. L’uomo vestito ogni giorno di grigio, che era in realtà un impiegato di una multinazionale, un James Bond in incognito, e il barbone sui gradini della Basilica di San Lorenzo, e a cui sua madre dava sempre qualche spicciolo se lo aveva in tasca, diventava un esploratore. Il caro vecchio Jones ormai novant’enne, che aveva fronteggiato il nevischio a petto nudo e fatto chiasso e bevuto, né pensando mai ai figli o ai parenti, al denaro, all’amore o al cielo… Lui sì che ne aveva di storie da raccontare. Da bambino gli narrava di come venisse da Springfield, e avesse girato tutta l’America, e poi anche l’Europa, prima di stabilirsi lì con la inseparabile chitarra. Ricordava ancora come aveva pianto quando il suo caro amico era scomparso, ma felice allo stesso tempo, perché ora anche lui era tornato alla collina come tutti gli altri. (1)
Il non saper rapportarsi bene con gli altri, pertanto, lo aveva guidato attraverso quell’inferno che erano le medie, dove il preferire rimanere a casa di sabato per finire l’ultimo best-seller, piuttosto che uscire di notte in discoteca per ubriacarsi o fumare qualche canna, non ti rendeva popolare ma solo un secchione, nel senso dispregiativo del termine.
Tutto cambiò quando prese la decisione di iscriversi al liceo classico Galileo, una struttura alquanto disastrata in verità, per essere situato in una delle piazze più famose di Firenze.

Non che i compagni di scuola fossero migliori, i cervelli di gallina erano ovunque, o che lui fosse considerato qualcosa di più che un nerd sfigato, o che non ci fossero i professori il cui unico pensiero era ricevere la busta paga a fine mese, ma almeno qualcosa di buono secondo Dante c’era. Ora aveva degli amici, non quelli per convenienza che ti sorridono falsi mentre parlano male di te alle tue spalle, ma amici veri. Amici su cui poter contare, che erano con te nei momenti migliori così come in quelli più bui, e a cui volevi bene veramente. Qualcuno che spesso e volentieri volevi anche uccidere per la frustrazione, se l’omicidio fosse stato legale, e non perseguibile. Perché sì.

-Che stai scrivendo? – chiese Ovidio interrompendo i suoi pensieri, avvicinandosi alla panchina a bordo campo dove era seduto. Era l’ora di ginnastica, ma l’attività fisica non era il suo forte, e per questo motivo lo avevano relegato al ruolo di mascotte. E comunque non è che si fidasse tanto a stare in quella palestra. Come aveva detto in precedenza la struttura per mancanza di fondi non versava in ottime condizioni, anzi era pericolante, e quindi non era da escludere che da qualche parte vi fossero gatti morti misti all’intonaco.

-La Vita Nova(2), ho terminato quasi il dodicesimo capitolo. – rispose Dante, giocherellando con la stilo, mentre alzava finalmente il capo dal piccolo diario in pelle marrone. Doveva ancora scrivere di come aveva conosciuto i suoi amici, ma sarebbe stato per un’altra volta visto che il ragazzo non pareva volerlo lasciare in pace.

-Oh intendi il diario sulla tua vita sentimentale? Perché pensavo fosse inesistente- scherzò Ovidio. Era lì perché qualche minuto prima, si era dato il cambio con Catullo nella partita di pallavolo. -Se seguissi i consigli del mio Ars Amatoria(3), a quest’ora Beatrice sarebbe già ai tuoi piedi, amico. I miei metodi funzionano sempre, non sono forse io il ragazzo più popolare fra le studentesse e non solo?- terminò la domanda retorica con un occhiolino.

-Non ascoltare questo idiota, una donna non si conquista con parole fatte o frasi trovate su facebook- si intromise Saffo nella conversazione, e gettando un occhiataccia all’amico mentre legava i lunghi capelli rossi in una coda, in modo che le ciocche non le cadessero sugli occhi durante la partita. Disapprovava in pieno quel manuale su come “accalappiare” le fanciulle, ma in fondo non tutte avevano il suo amor proprio- E le studentesse di cui parli tu sono delle oche-

-Qualcuno è gelosa…- cantilenò Ovidio- ma so che mi ami in fondo. Ho sempre sostenuto che sei una tsundere-

-Tesoro, il giorno in cui mi piacerai, te ne accorgerai subito perché ci sarà l’apocalisse- ribatté Saffo incrociando le braccia, e con lo stesso tono canzonatorio di Ovidio. I due si punzecchiavano alla prima occasione, ma in realtà Dante sapeva che si volevano bene a modo loro. Anche se non l’avrebbero mai ammesso.

-Non ti preoccupare Saffo non ho intenzione di seguire i suoi consigli. Mi è bastata solo quella volta, grazie- disse Dante riferendosi a un certo fatto accaduto nel terzo anno, e il cui esito era stato quasi-disastroso.

-Ma quello è stato un incidente di percorso!- ribatté Ovidio- il piano era geniale- come tutti quelli, a detta sua, che aveva escogitato lui ovviamente.

-Mi è scostata quasi l’espulsione!- rispose Dante guardandolo male, e poi sbuffando perché sapeva che era una causa persa.

-Saffo entra in campo, tocca a te- la chiamò Orazio, gettando un occhiata verso di loro. Il ragazzo faceva infatti l’arbitro, e pertanto non poteva distrarsi dal gioco.

-Vengo, un attimo!- disse in risposta lei mentre si allacciava le nike nere.

-In che senso? – rise Ovidio, beccandosi così un ceffone, sorriso dolcissimo incluso- donna di poca fede, non volevo dire nulla di male!- esclamò melodrammatico.

-Ci credo, guarda… sicuro di non fare teatro, drama-queen?- disse Saffo correndo poi nella sua postazione.

Ov rise, strofinando la guancia indolenzita- la forza ce l’ha però, per essere una ragazza-

-Ovidio se hai finito di flirtare vieni- disse Orazio esasperato, mentre in campo Catullo che aveva ascoltato tutto se la rideva.

Dante scosse la testa, che aveva scritto prima? Ah sì, era rimasto al punto in cui avrebbe voluto uccidere i suoi amici. Meglio cancellare va, non voleva sembrare un assassino, sebbene certe volte lo esasperassero.

Guardò il resto della partita con poco interesse, e quando a vincere fu il gruppo capitanato da Saffo non si stupì. La ragazza era sicuramente competitiva, e mai si sarebbe lasciata battere da Ov, quindi che vincesse quest’ultimo era poco probabile. Personalmente, non ci avrebbe scommesso nemmeno un centesimo.
                                                      
                                                                                          *

La campanella era suonata dopo un breve lasso di tempo, e così il gruppetto costituito da Dante, Catullo, Ovidio, Orazio e Saffo si erano diretti verso la sala mensa del liceo, occupando il solito tavolo.

-Finalmente ricreazione, il momento più bello della giornata- disse Catullo sedendosi a gambe aperte, e tirando fuori dallo zaino un pacchetto di Fonzies al cioccolato, e offrendoli agli altri che declinarono gentilmente l’offerta- peggio per voi, non sapete cosa vi perdete-

-Lo sappiamo, Cat, lo sappiamo- disse Orazio, il più normale e pacato fra i suoi amici. E anche l’unico che non mangiava schifezze, ma tenesse al suo fegato- qualcuno sa che compiti ha dato il prof Pitagora per casa? Con il casino che c’era in classe alla prima ora non ho sentito nulla– ed essere all’ultimo banco con Ov certamente non aiutava.

-Poi te li passo in classe- disse Dante, addentando un tramezzino al prosciutto- piuttosto Cat come vanno le cose con Lesbia? Ultimamente non hai parlato molto di lei- dicevano infatti che amasse ficcare il naso dappertutto, ma la sua era solo curiosità.

Il veronese parve un po’ incupirsi- Le cose non vanno molto bene fra noi- borbottò.

-Perché, c’è mai stato un noi fra voi due?- chiese allora Ovidio con poco tatto, guardandolo perplesso.

-Ov…- Saffo e Dante lo guardarono male, mentre Catullo sprofondava nella sedia.

-Non guardatemi così, sapete bene che la loro relazione è iniziata con un semplice amici con benefici, quindi non vedo qual è il problema. Probabilmente avrà trovato qualcun altro che gli scaldi il letto la sera- terminò la sua sentenza, diretto. Ovidio non era cattivo o insensibile, era sempre pronto a difendere i suoi amici se fosse accaduto qualcosa o erano in pericolo, semplicemente non aveva peli sulla lingua. Il che non lo rendeva simpatico se non lo si conosceva bene.

-Ovidio per favore- disse Orazio- non migliori la situazione di certo-

-No ragazzi, Ov ha ragione- parlò Catullo con un tremulo sorriso che non raggiungeva gli occhi- avevamo chiarito che io e lei eravamo solo amanti, quando siamo finiti di nuovo un anno fa a letto insieme, dopo la prima volta ubriachi fradici al party di Pascal. Ma io, come un coglione, mi sono innamorato. Mentre lei ora sta con Celio – confessò, pronunciando il nome del nuovo bambolotto di Lesbia, con stizza. Orazio gli gettò un paio di pacche sulle spalle, non sapendo cosa fare per consolarlo.

-E quindi?- chiese a un certo punto Dante, quando il silenzio si era fatto quasi soffocante tra di loro, nonostante il chiacchiericcio degli altri studenti non si fosse certo fermato- hai intenzione di arrenderti?-

-E cosa potrei fare?- chiese guardandolo- Mettendosi con un altro pubblicamente, lei mi ha rifiutato-

-Questo non è il Cat che conosciamo tutti noi. Lui non si arrende, ma ci ride sopra e continua ad andare avanti finché non vince, finché non raggiunge il suo obbiettivo- disse Dante guardandolo negli occhi senza timore.

-Dante ha ragione, non mollare. Ma conquistala- si intromise Ovidio. Di solito lui era contro l’amore, sostenendo la bellezza di non avere legami o meglio catene, ma il limbo in cui viveva l’amico non era salutare. Lui la avrebbe mandata a quel paese, e si sarebbe già scelta un’altra ragazza, anche due volendo… ma sapeva che Cat non era così- Fa finta di non voler sapere nulla di lei, ignorala. E lei si accorgerà di quanto gli manchi, e in caso contrario, non sarà valsa il tuo tempo, né sarà stata degna del tuo amore- concluse prendendo un sorso dal suo milkshake alla fragola.

-Wow, non ci credo ma devo dar ragione a Ov- sdrammatizzò Saffo dandogli una stretta al braccio- è vero che lei si è fidanzata con un altro, ma voi non avete mai parlato dopo quella volta o sbaglio?- chiese la ragazza. Cat annuì- Ah gli uomini…- sospirò Saffo, chiedendosi mentalmente come il mondo fosse andato avanti e non fosse già bruciato a causa del loro stupido orgoglio maschile- appunto, se non avete mai discusso sull’argomento di essere esclusivi o meno, come puoi dire che ti ha tradito? Magari non sapeva nemmeno che tu provassi qualcosa per lei.-

-Comunque sia… noi siamo qui per te- disse Orazio, non aveva bisogno di molte parole per dimostrare che volesse bene a qualcuno. Erano i gesti che contavano per lui.

-Grazie ragazzi, questo conta davvero molto per me- disse Catullo sorridendo davvero stavolta. Poi si ricompose- e ora smettetela di guardarmi così, please. Non sono un cucciolo abbandonato-

-Davvero? E io che pensavo di dover portare già il gelato e commedie romantiche anni 90- scherzò Saffo.

-Ehy, Dirty Dancing era bello!- esclamò Cat, facendo ridere tutti gli altri.

Dante sorrise, pensando che spesso e volentieri gli pareva di essere finito in una sitcom come il Segreto, una di quelle che piacevano tanto a Manzoni, il loro prof di italiano, sebbene non volesse ammetterlo. Ma anche, che alla fine non gli sarebbe dispiaciuto poi così tanto, se poteva avere degli amici così meravigliosi e...

-Cambiando argomento, quando ti deciderai a dichiararti a Beatrice?- chiese Orazio, guardandolo divertito, il traditore.

Forse era stato avventato nel cancellare la teoria dell’omicidio, al momento non sembrava un’idea così cattiva.






 

 

1. Riferimento a Spoon River di Edgar Lee Master. Si tratta di un libro della letteratura d’oltralpe, americana per la precisione, pubblicato in Italia nel 1943 grazie alla traduzione di Pavese. Jones è un personaggio di cui si parla nella Collina, celebre componimento a cui si ispirò anche Fabrizio De André.
2. Se conoscete Dante, non potrete non sapere cosa sia la Vita Nova.
3. L’ars amatoria è un’opera di Ovidio, poeta latino, nel quale illustra tutti i modi per conquistare le cortigiane e comunque le donne poco di buono. Il poeta latino infatti, non metteva in dubbio il matrimonio o le donne oneste, a cui il suo poema non faceva riferimento.

 

Note dell’autrice

Salve a tutti.
Se siete arrivati fin qui vi meritate un biscotto, direi.
Questo capitolo è abbastanza introduttivo, e inizialmente doveva esserci l’incontro fra Dante e il nostro professore misterioso. xD
MA poiché si è dilungato, ho deciso di inserirlo nel prossimo capitolo, che non sono sicura di quando arriverà perché domani si torna a scuola, e pertanto il tempo che ho disposizione si riduce notevolmente.
Che altro dire? Beh posso dire ufficialmente, non che a voi interessi sicuramente, che mi sto sbizzarrendo con le citazioni in questa storia. E devo dire che è anche divertente.
E per ora è tutto, per cui… alla prossima.

P.S. un abbraccio a BicePortinari03, con la quale sclero alla grande su Dante. xD E grazie anche a Ciux_, i vostri commenti mi aiutano, anche per sapere se i personaggi sono OOC o meno. <3

 

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Capitolo 3
*** Canto II ***


Canto II

 

La prima volta che aveva incontrato la sua Musa aveva solo nove anni.

L’incontro non era stato dei più romantici, visto che era ancora un bimbo che si nascondeva tra le pieghe della gonna di sua madre, fedele cristiana, mentre lei gli scompigliava i capelli, sempre il sorriso sul volto. Né il luogo, se era da considerare che si trovassero alla messa di Natale che si teneva ogni anno a Santa Maria del Fiore. L’aveva intravista da lontano, una ragazzina dalle guance un po' paffute e dai capelli biondi raccolti in una crocchia. Là il suo cuore aveva perso un battito per la prima volta.

Ma non era dove lo aveva capito.
 
 

A dodici anni le ragazze né tantomeno le relazioni facevano per lui.

Osservava tutti i suoi compagni di scuola, dall’ultimo banco dove era seduto solo, il cui cosiddetto amore della loro vita durava tre giorni. Un giorno per far sfilare il fidanzato di turno nei corridoi e farsi invidiare dalle amiche, il secondo per lasciarsi a causa di una discussione o un disguido irreparabile e piangere con le suddette amiche che solo un giorno prima parlavano male di lei, il terzo per tornare ad essere amici come prima sui social network. E poi il quarto, avrebbe aggiunto, in cui si innamoravano di nuovo per riprendere, seppur con un altro, lo stesso circolo vizioso di cui amava parlare Arnaud nelle sue critiche a Cartesio… in effetti paragonare la filosofia del seicento con il tempo delle mele non era il massimo, ma sempre di un continuo ripetersi di eventi si trattava in fondo. (1)

Tuttavia c’è n’era solo una, Beatrice… ogni tanto la guardava, ma ancora non capiva perché si sentisse nervoso in sua presenza e perdesse la facoltà di parlare, nonostante possedesse una discreta dialettica di cui andava fiero sia egli stesso che il suo maestro di italiano, Brunetto Latini. Era addirittura arrivato a ipotizzare che fosse affetto da qualche malattia rara.

Si era confidato con Jessica, una sedicenne dal viso sempre truccato e maglietta di qualche band famosa inclusa che capitava di essere anche sua cugina, che aveva riso, deridendolo perché non capiva le cose degli adulti. (2)
E lui in risposta aveva tirato fuori la lingua, in un gesto molto infantile lo sapeva, affermando che se gli adulti erano stupidi come lei preferiva rimanere così, grazie tante.  

 
 
Tuttavia solo verso i quindici anni aveva capito di provare qualcosa per lei, più di semplice affetto.

I sospiri trasognati sarebbero stati i suoi compagni per il resto della sua vita- “e la tua mano destra se non sei mancino” aveva aggiunto Ovidio, beccandosi un “hey” indignato da Dante, suscitando così più ilarità che senso di colpa nell’amico. Perché avesse raccontato ai suoi amici della sua cotta, quello era il vero mistero della fede.

C’era anche da aggiungere che Dante era purtroppo un romantico senza speranza. E come tutti i romantici credeva nel destino, per cui aveva costruito una elaborata teoria con tanto di calcoli matematici- e Dante il tuo attaccamento a Bea è preoccupante- che avrebbero fatto invidia a Gauss. Solo per dimostrare, forse più a sé stesso che agli altri, che l’incontro con Beatrice era stato per il volere del destino. Per cui lei doveva essere quella giusta.
Peccato che fosse irraggiungibile: era fidanzata.
 

 
A diciassette anni Dante aveva capito e quasi accettato di poterla solo guardare da lontano, amandola in silenzio.
 
 
*
 
 
A parte la sua attuale situazione sentimentale disastrosa, Dante conduceva la vita di qualsiasi altro studente della sua età.
 
Era un mercoledì e Dante era quello lì, in mezzo a un altro paio di persone che vedeva ogni giorno ma a cui non aveva mai rivolto la parola. Mordicchiava le cuffie rosse, con indosso una felpa un poco logora del medesimo colore, ma più grande di una taglia. Una mano infilata nella tasca dei jeans e l’altra che sorreggeva lo zaino, il cappuccio in testa da cui solo qualche ciocca nera sfuggiva, e lo sguardo un po' assente.

Anche quella mattina aspettava sul ciglio del marciapiede l’autobus 117, osservando il cielo plumbeo di settembre e il sole far capolino di tanto in tanto tra le nubi, per illuminare gli edifici della periferia.  Lui, immobile in mezzo al rombo dei motori e alla confusione che già andava a crearsi, nonostante fossero le sette e mezzo del mattino, e un po' assonnato ancora lo fosse per prestarvi alcuna attenzione.

Pochi minuti dopo, il pullman di un giallo canarino entrò nella sua visuale. Salì in fretta, preferendo trovare quatto quatto un angolino e sedersi, senza disturbare il guidatore con più caffeina che sangue nelle vene, se erano da indicare i bicchieroni semi-vuoti dell’Indipendent State of Coffee che immancabilmente appoggiava qua e là.

L’autista -Caronte, il cognome non era specificato dal tesserino- era un uomo di mezz’età dalla lunga barba grigia e consunta, perennemente incazzato con il mondo intero, il perché non si sapeva, diventato “famoso” per il suo pessimo carattere. Ma dopotutto Dante non poteva di certo essere schizzinoso, essendo quello l’unico pullman che giungeva al liceo passando dal suo quartiere. Di sicuro Caronte aveva un sacco di difetti, come l’essere eccessivamente irascibile, ma bisognava ammettere che era anche estremamente puntuale- come la morte, aveva scherzato una volta con i suoi amici.  
Ricordava di quando il suo primo giorno di scuola aveva tardato di solo due minuti, riuscendo a salire sul mezzo che stava per ripartire ma subendo anche il rimprovero di colui che per lui era uno sconosciuto ancora. Caronte teneva una serrata tabella di marcia e su questo, come avrebbe imparato molto presto, era intransigente.

E chissà, forse era per quello, ossia essere un ritardatario cronico, che Caronte mal lo sopportava, perché non ricordava di aver fatto altro per meritarsi le occhiatacce da parte dell’autista a parte… essere vivo?

Ma non era colpa sua. Il fatto è che avendo la testa fra le nuvole o immerso com’era nel chiedersi i “perché” della vita, tendeva a non tenere conto dell’orario, e così capitavano giorni come “ommidio sono già le sette e venti, sono in ritardo! Dovrò farmela a piedi se non mi sbrigo!”, e altri dove la sfortuna lo perseguitava già dalla mattina. Come quel giorno.

Non solo si era bagnato come un pulcino, perché era scoppiato un acquazzone estivo all’improvviso e aveva dimenticato l’ombrello: si era perso. Nel liceo. Sì, proprio quello che frequentava da ormai cinque anni.

Aveva già detto di avere anche un pessimo senso dell’orientamento e che in geografia era una schiappa?

A sua difesa la struttura si ergeva in altezza, con scale e corridoi che erano tutti uguali, stretti e dal soffitto alto, oltre ad essere perlopiù spogli, crepe qua e là incluse. Se avesse dovuto fare un parallelismo, li avrebbe paragonati al labirinto di Minosse… Peccato solo che egli non avesse un filo per orientarsi come Teseo o delle ali di cera per volare via (Da bambino aveva provato a bere la Red Bull, convinto che lo spot pubblicitario fosse vero, ma a niente era servito imitare Superman… uno dei tanti episodi imbarazzanti della sua infanzia, stendiamo un velo pietoso); era solo un mortale, e come tutti i mortali doveva farsela a piedi.
Guardò il display del cellulare. La campanella era già suonata da cinque minuti, notò, maledicendo i suoi amici per essere entrati prima senza aspettarlo. Ovvio che i corridoi fossero senza un’anima in giro, dovevano essere già tutti in classe con il diluvio che c’era fuori, mentre lui vagava come un idiota senza meta. Di sicuro il prof di inglese lo avrebbe rimproverat-

-Oh-

Inciampò mettendo il piede in fallo, forse perché stava correndo- si diede del genio da solo-, e si preparò in meno di un secondo all’inevitabile collisione con il pavimento polveroso.

Che non accadde.

Al posto del dolore infatti la prima cosa che avvertì fu una lieve pressione, accorgendosi un attimo dopo che un paio di braccia lo stavano sostenendo, impedendo la sua rovinosa caduta.

Non sapeva quando aveva chiuso gli occhi, probabilmente era stato un gesto istintivo, ma per fortuna i fogli non era caduti a terra, li teneva ancora stretti a sé. Dopo essersi accertato della sua incolumità, il tutto nel giro di pochi secondi, alzò il viso per guardare il suo “salvatore”, perché le mani che lo stavano trattenendo non potevano appartenere a una ragazza di certo.

Era bello. Il primo pensiero che la sua mente riuscì a scaturire fu quello.

Capelli castani color della quercia e due occhi ambrati che lo scrutavano a loro volta con quella che sembrava sorpresa, incorniciavano un viso dai tratti maturi ma delicati al tempo stesso. Indossava una camicia azzurra e dei jeans blu scuro. Sicuramente il tipo di ragazzo per cui le studentesse stravedevano.

Si guardarono a vicenda, prima che Dante facesse un passo indietro imbarazzato, gli appunti tenuti ancora saldamente al petto. Non sapeva che dire, gli era praticamente caduto addosso- Io… mi dispiace, stavo camminando senza guardare intorno perché ero sovrappensiero, non trovavo più la mia classe e poi…-

-Tu… ti sei perso? -

-Si, dovevo andare nella 5 B, e sarei anche in ritardo, quindi se non ti dispiace...- mormorò imbarazzato, che bella figura che aveva fatto di fronte a questo sconosciuto. Sperava solo che Catullo, o peggio ancora Ovidio, non lo venissero a sapere o lo avrebbero preso in giro fino alla fine dei suoi giorni… certe volte si chiedeva anche lui come diavolo fossero amici- I corridoi possono essere una vera giungla-

-Più una selva...-mormorò- Non sai chi sono?- chiese interdetto lui, con una ruga che gli increspava la fronte, come se trovasse impossibile che Dante non sapesse chi fosse. Forse era famoso, uno di quegli youtuber o qualcosa del genere?

-Dovrei saperlo?- chiese allora Dante confuso, non ricordando di averci mai parlato -Non mi sembra di averti mai visto in giro prima-

-Non frequentiamo gli stessi luoghi- sospirò il ragazzo senza nome. Sembrava aver esitato per un istante nel parlare- Se vuoi ti accompagno io, so dove
si trova la tua classe- propose comprensivo, iniziando a camminare senza aspettare una risposta.

Dante si affrettò a seguirlo. Per il resto non avevano parlato molto, ma si era accorto che di tanto in tanto il ragazzo gli lanciava qualche occhiata perplessa prima di proseguire con più grinta di prima, quando si accorgeva che il suo sguardo lo notava, o forse era solo la sua immaginazione.

Poco dopo arrivarono in aula, ma prima di entrare Dante si voltò- Grazie… non so come avrei fatto senza di te, sei un’ottima guida- ammise grattandosi la nuca, e chiedendosi mentalmente perché avesse appena detto una simile sciocchezza.

Ma egli non parve farci caso, anzi rise di gusto, mostrando così una linea perfetta di denti bianchi- Potrei mettere la referenza come cicerone nel mio curriculum, grazie del consiglio-

Quando fece come per andarsene, Dante spinto da non sapeva nemmeno lui cosa chiese- Ma non so nemmeno come ti chiami!-

​Si fermò, ma ciò nonostante gli dava ancora le spalle, la postura irrigidita. Forse aveva sbagliato a... -Virgilio-

-Io sono Dante-

-Piacere di conoscerti Dante- disse il suo nome, come se stesse provando il suono sulla lingua- Sono sicuro che i nostri cammini si incroceranno di nuovo- disse facendo un saluto con la mano, prima di scomparire nell’ombra, o meglio svoltare un angolo.

-Ok...- Dante rimase un po' spiazzato sull’uscio della porta, indeciso se entrare o seguire quello strano ragazzo, per domandargli il significato di quell’enigmatica affermazione. Cioè poteva trattarsi di un semplice ci vediamo, ma era il modo in cui lo aveva detto a renderlo quasi inquietante.

-Finally Alighieri!- o almeno finché il prof di letteratura anglofona non lo richiamò, sentiva di aver dimenticato qualcosa.

-Sorry Mr. Shakespeare- disse in un inglese stentato. Infatti sebbene si impegnasse non era portato per quella materia, anche se era migliorato grazie alla Dickinson che gli aveva fatto da tutor, una ragazza dolcissima che componeva poesie in quella lingua che per lui era ostrogoto, peccato solo si assentasse spesso a causa della sua cagionevole salute.

Dante entrò e per un istante si sentì a disagio, poiché aveva addosso gli occhi di tutti gli studenti, che annoiati in mancanza di altro, fissavano lui.
Tirò un sospiro di sollievo solo quando si sedette accanto a Catullo, dimenticando così per il resto della giornata lo strano incontro con quello dello sconosciuto dall’accento romano leggermente marcato.

E quando qualche ora dopo Saffo gli chiese come mai imitasse il punk del biennio, quel tal Giacomo, nel fissare al di fuori della finestra come se i suoi pensieri sfiorassero le nuvole -non era l’esatto modo in cui l’aveva detto ok, ma si poteva un po' romanzare no?-, Dante si riscosse. Perché in effetti non aveva dimenticato il ragazzo, ma continuava a pensare a quel nome, che gli pareva familiare.

Virgilio…

Eppure doveva essere la prima volta che lo vedeva, un volto così non lo avrebbe dimenticato, pensava masticando una matita per il nervosismo al posto degli auricolari.
 


E poi erano iniziati i sogni.
 
 
 
 


 

1. Se non conoscete “Il tempo delle mele” forse è perché siete molto giovani, ma i vostri genitori lo conosceranno sicuramente o coloro che come me, amano i film vintage anche se in realtà non è così vecchio.  In ogni caso nel testo era una metafora per indicare i primi amori e cotte, e in effetti si tratta di un film francese del 1980, cui protagonista è proprio una tredicenne. Vi consiglio di ascoltare Reality di Richard Sanderson, perché è meravigliosa e si adatta perfettamente a questo capitolo.
2. Inizialmente l'ho identificata con Tana (Gaetana), sorellastra di Dante, ma ho modificato il testo in seguito, creando questo personaggio originale. In seguito spiegherò le vicende della famiglia Alighieri.

 
 
Note dell’autrice
Salve gente, vi sono mancata? Scommetto di no.
In ogni caso, perdonate l’assenza di circa tre settimane ma è un periodo stancante, e francamente non vedo l’ora giungano le vacanze così potrò dedicarmi di più alla scrittura, avendo più tempo libero.
Come ho forse già accennato in precedenza sto facendo tantissime ricerche, e ho anche riletto il primo e il terzo canto dell’inferno per trovare spunti, quindi se qualcuno di voi è di Firenze, gli sarei grata se mi comunicasse attraverso una recensione o privatamente se sbaglio qualcosa parlando delle vie e piazze. Perché per ora sto utilizzando Google Maps, lo ammetto.
E così eccoci già al secondo capitolo di questa long, ora le cose iniziano a farsi un po' più interessanti… o forse no, chissà.
Come al solito ringrazio tutti, anche i lettori silenziosi.
Alla prossima

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Capitolo 4
*** Canto III ***


Canto III

 

Il buio. Maledetto buio. Ha l’impressione di esserci sepolto vivo. Murato.

Solo lui e il buio, ci galleggia dentro perché l’oscurità è l’assenza di qualcosa, il vuoto, uno squarcio che nessuno riesce a riempire come la sua anima.

Solo poi nota di essere in movimento, di star camminando senza sosta, senza meta alcuna. La fronte solcata da piccole perle di sudore, e la gola stretta in una morsa, non riesce a respirare, si sente affogare. L’angoscia lo sta schiacciando, è un fardello troppo pesante da trasportare tanto che un pensiero fa capolino, che sia preferibile a tanto strazio la morte del corpo.

Sente di aver perso la via, ma non come sia giunto lì, ovunque si trovi. Appena ne sfiora il bordo, i ricordi sembrano allontanarsi di più, conducendolo in un oblio da cui non riesce a risalire. Tenta di nuovo, ancora e ancora, ma perde inesorabilmente contro sé stesso. Chi non è in grado di ricordare il passato è condannato a ripeterlo. Ed è perso, perso, perso.

Non sa nemmeno lui da quanto, il tempo sembra sfuggirgli come sabbia tra le dita ed essere nello stesso istante immobile, congelato in un singolo intervallo che continua a ripetersi all’infinito.

In una impervia selva senza sentieri, scruta le antiche querce, più alte dell’ordinario, che precludono la vista del cielo con i loro spessi rami intrecciati. Ma soprattutto il silenzio innaturale, come un manto che soffoca, avvolgendo tutte le cose nelle sue spire. Non ode parole umane, né parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane.
Cammina, corre, e si affretta. Il fiato corto, mozzato, le labbra inasprite in una linea dura, le membra contratte e spossate dalla fatica. Non sa nulla, solo che vuole uscire da lì, è un bisogno viscerale, impellente. Continua a correre, più veloce. Uno sforzo in più, un altro passo ancora.  

Poi l’alba.

La intravede da lontano, illuminare un colle, e il cuore si sente un poco più in pace e sollevato dall’affanno che lo opprimeva come un macigno. L’alba vuol dire luce, e la luce segna la fine dell’arduo peregrinare. Si volta indietro un’ultima volta, cercando di imprimere nella mente ciò che non avrebbe più rivisto, peccato che così non fu.

Pochi passi e il cammino gli è impedito da una lonza, dal pelo maculato, da un leone e una lupa, dalle costole sporgenti, che rabbiosi gli ringhiano contro aprendo le larghe fauci pronte ad inghiottirlo, per trascinarlo sul fondo, ma forse lui lo ha già toccato. Per un momento domanda a sé stesso, se non sia colpa della follia ciò che i suoi occhi vedono, la ragione cerca di dar spiegazione, ma fallisce. Avvilito e sconfitto, torna nel buio privo di speme alcuna.

Ma ecco arrivare un’ombra i cui contorni sono sfocati per il tacere del sole, che con passo cauto si avvicina nel deserto. E il suo cuore batte, spaventato.  

-Miserere di me- grida a lui- Qual che tu sii, od ombra od omo certo!
 
*
 
-No… proprio ora che si stava facendo interessante, non di nuovo- borbottò Dante, seppellendo la testa sotto al cuscino, il cervello mezzo annebbiato dal sonno e i capelli corvini arruffati, mentre alla ceca cercava la sveglia digitale, posta sul comodino, per spegnerla. Finalmente la trovò, ponendo fine ai trilli spaccatimpani che le sue povere orecchie mal potevano sopportare. Si godette per altri cinque minuti la quiete dell’appartamento.

Suo padre era un ricco banchiere per gli amici, un infame strozzino per tutti gli altri, e così poteva permettersi di avere il piano superiore solo per lui, mentre in quello inferiore abitavano la moglie di suo padre, e i fratellastri. Ma a lui stava bene, gli piaceva avere uno spazio da non dover condividere con persone con le quali non voleva avere nulla a che fare.

La luce faceva già capolino dalle persiane socchiuse, quando Dante si decise ad alzarsi. Si stropicciò gli occhi e, esausto, si diresse in bagno per prepararsi dopo l’ennesima notte senza riposo. Pensò pigramente che forse era così che si sentivano i genitori con bambini molto piccoli. Non li invidiava affatto.
 
 
*
 
-Stai cercando qualcuno?- la domanda di Orazio lo colse impreparato, come un fulmine a ciel sereno. 

-Certo che no… Perché?- chiese a sua volta perplesso, un sopracciglio arcuato.

-Continui a guardarti intorno da giorni…- disse il ragazzo scrollando le spalle, e lasciandolo interdetto nel corridoio. Non se n’era accorto neanche lui.
 
 
*
 
 
Un’altra giornata nella norma: era andato a scuola, tornato a casa, fatto i compiti e ora era fuori di nuovo. Insomma, la solita routine.

Aspettava i suoi amici nel Parco delle Cascine, al solito posto dove usavano incontrarsi. Non avendo nulla da fare nell’appartamento vuoto, era arrivato in anticipo e ora sedeva su una delle panchine che costeggiavano l’Arno. Cullato dallo scrosciare dal fiume, scriveva con la biro sul libricino relegato che si portava sempre dietro, con una calligrafia pulita e ordinata, e la firma in stampatello nero che faceva bella vista sulla copertina bordeaux. “La Vita Nova” recitava il titolo, uno dei gadget per turisti che vendevano alle bancarelle del mercato di San Lorenzo e non solo, sull’originale Dante Alighieri. Glielo aveva comprato sua madre a dieci anni e da allora lo utilizzava per annotare su tutto ciò che lo colpiva, eventi reali o sogni. Sfruttandolo quindi come una sorta di diario da viaggio, alcune pagine erano dedicate alla sua cotta e altre ai suoi amici.

Chiuse gli occhi per qualche istante, mettendo da parte carta e inchiostro, godendosi la tranquillità di quel posto: Era davvero rilassante, un lieve venticello a scompigliargli i capelli e le biciclette veloci le cui ruote sfrigolavano sul selciato, oltre a quello delle cicale. Udì qualcuno gridare un- Per Zeus, fermo!-, e non fece in tempo ad alzare il capo che venne aggredito. Letteralmente.

-Ma cosa- un cane gli saltò in grembo, accucciandosi addosso a lui e iniziando a scodinzolare. Era un cane di grande stazza, aveva pelo nero e due occhi dello stesso colore. Poco dopo arrivò anche il padrone, trafelato e con in mano il guinzaglio.

-Cerbero! Scusa davvero, è fuggito… Dante?!- disse senza fiato proprio Virgilio, si guardarono a vicenda. Dante era sorpreso di rivederlo lì di tutti i luoghi, e a quanto pare la sensazione era reciproca -Ci incontriamo di nuovo-

-Così pare- disse Dante accarezzando il bestione, che nonostante tutto sembrava docile. - di sicuro è appropriato come nome quello di un cane demoniaco, incute timore all’apparenza.-

-Parli come un libro di letteratura… immagino sia l’influenza del classico- notò Virgilio con un sorrisetto divertito- Su bello scendi… scusa il disturbo, di solito non fa le feste al primo che passa. -

-No, anzi. In realtà non ho molto da fare al momento, sto aspettando alcuni miei amici per uscire fuori. Ma siediti che sembri star male- Dante lo guardò, sembrava veramente contrito ma alla fine non era successo nulla.  

Virgilio si sedette accanto a lui- Lo stavo portando a passeggio, e mi sono distratto solo per un paio di minuti. Mi volto e non c’era più. Poof, scomparso nel nulla -spiegò brevemente e gesticolando con le mani- Il bastardo mi ha fatto fare minimo un kilometro di corsa avanti e indietro- lasciò una carezza sul capo del cane, lasciando trasparire che alla fine al "bastardo" bene gli voleva, e allungò le gambe aderendo la schiena alla panchina.

-Strano, sembra così docile…- ridacchiò Dante, guardando Cerbero che giocava nell’erba poco distante a loro.

-Appunto, sembra. – ribatté prontamente il ragazzo, poi aggiunse- Sono quelli dei libri? Miracolo, pensavo che nessuno leggesse più in questa era digitale. Sai sono sempre tutti chini anche in tram sui cellulari-

-In effetti il libro ormai viene sottovalutato, quando è un mondo- commentò Dante e quando Virgilio gli chiese forse per fare conversazione, quale fosse il suo libro preferito, Dante come qualsiasi fan che si rispetti, si mise a sciorinare vita, morte e miracoli della sua opera preferita tirando fuori il volume, le cui pagine ormai gialle erano usurate tanto lo aveva sfogliato. - …e questa è l’Eneide. L’avrò letta così tante volte che potrei citare interi passi a memoria- ammise un po' imbarazzato sia per la foga con cui aveva parlato, che per il fatto che amasse così tanto i versi di un libro di un autore antecedente perfino a Cristo- Mi sarebbe piaciuto incontrare il vero Virgilio…-ammise, e magari porgli delle domande, conoscerlo- è strano?-

-Sembra che dovrai accontentarti di me per ora- disse lui divertito- Non c’è niente di male a voler conoscere autori del passato… voglio dire, chi non ha mai avuto il desiderio di incontrare Petrarca e domandargli della sua bella Laura, o tanti altri letterati e artisti? E comunque sono contento che a qualcun altro piaccia l’Eneide, io lo considero un capolavoro-

Condivisero un sorriso d’intesa.

-Posso farti una domanda?- osò stavolta Dante, le mani in tasca.

-Spara- disse Virgilio scrollando le spalle, diede un’occhiata a Cerbero purché non si allontanasse troppo di nuovo.

-Non sei di Firenze, vero?- domandò curioso.

-Il mio accento si nota eh? Vengo da Mantova, un paesino nei pressi della capitale- disse lui, lo sguardo quasi malinconico rivolto verso il cielo come se stesse ricordando qualcosa- Mi sono trasferito qualche settimana fa per un mio caro amico, Mecenate. Gli devo un favore, e quindi eccomi qui-

-Ecco perché non ti avevo visto prima di allora nei corridoi. Sei nuovo… Beh fondamentalmente non c’è molto da sapere sul nostro liceo, a parte ovviamente i discorsi
sussurrati nei corridoi e nei bagni.- disse il fiorentino scrollando le spalle magre, e giocherellando con l’elastico della felpa- L’anno scorso ad esempio c’è stata una lite fra il prof Cicerone e Catullo, ma sai, non si sono mai visti di buon occhio. Se fosse stato più scarso in latino, avrebbe rischiato la bocciatura, ma Cat è eccellente per cui… Solitamente sono oggettivo, ma quando ti interrogano il dieci giugno, ti accorgi che proprio ti vogliono male… Spero davvero che il prossimo prof che verrà sia meno palloso di quello precedente, magari non una donna in meno pausa come quella di filosofia-

-Aspetta, stai parlando del vice preside giusto?- pareva proprio divertito.

-Si, quindi non stupirti se la sua sezione è sempre presente ai convegni, la trovi dappertutto come il prezzemolo…- disse con una smorfia Dante- Tu in che sezione sei?-

-Nella B se non sbaglio-

-Quella in cui sono anch’io. Che stupido, non ci avevo fatto caso, ma abbiamo anche i nomi abbinati…-rise Dante- proprio come nella Divina Commedia, le coincidenze
no?-

-Talvolta qualcosa, una moneta che cade, un piccolo braccialetto che si impiglia alla maglia di qualcuno, uno scontrino che scivola via, cambia il destino di una persona. E quella persona, per un piccolo, banalissimo gesto, non farà più le stesse cose che avrebbe fatto invece se quel gesto non si fosse verificato. E la sua vita prende un altro binario. Magari per sempre. Magari per un po’ soltanto. Chissà. Spesso si incontra il proprio destino nella via che s’era presa per evitarlo- disse Virgilio, lo sguardo perso, quasi assente, e il capo chino. Si riscosse- Scusa per lo sproloquio non voluto, non volevo annoiarti…-

-Scherzi vero? Hai un’eloquenza eccezionale, senza contare che si sente la passione in quel che dici- disse Dante sinceramente, che lo aveva ascoltato rapito, pendendo dalle sue labbra come un assetato di fronte alla sorgente.

Virgilio sorrise, stranamente sembrava imbarazzato, forse non era abituato ai complimenti. Poi guardò l’orologio che portava al polso- Devo andare ora, si è fatto tardi. Scusami se scappo, ma ho un appuntamento importante- si alzò e si spolverò i jeans, per poi prendere per la collottola la “pulce” e legarlo al guinzaglio- Mi ha fatto piacere parlare con te- disse alla fine, fermandosi sui suoi passi.

-Anche a me- affermò a sua volta Dante, l’ennesimo sorriso inconsapevole sul volto quel pomeriggio. Rimase a lungo a fissare il punto in cui il profilo incerto del mantovano era scomparso dalla sua visuale, alle prime ombre del crepuscolo, con una sensazione di inquietudine cui non sapeva dare risposta razionale. C’era qualcosa in quel ragazzo, lo aveva sentito dalla prima volta che lo aveva visto, qualcosa di strano. Ma poi si diede dello stupido, schiaffeggiandosi mentalmente, era solo paranoico.
Dopo circa dieci minuti arrivarono Saffo e Ovidio che si punzecchiavano, seguiti da Orazio che cercava di calmarli affermando che era inutile turbare il loro animo per un nonnulla, mentre Catullo li ignorava bellamente seguendoli. Ormai erano un po' tutti abituati ai loro litigi occasionali di poco conto.

-Scusa il ritardo Dante, ma questo qui- e doveva essere arrabbiata se Ovidio aveva perso il diritto di essere chiamato per nome, ma indicato con il pollice- ha deciso che era giusto stare fermo a scattare selfie con delle ragazzine del professionale-

-Do sempre antecedenza alle mie fan- fu la risposta di Ov, calma e serena.

-Per un’ora?!- si pizzicò il naso- Non ci posso credere, ma perché discuto ancora con questo coglione?-

-Perché ti piacciono i casi persi. Guardati intorno, oltre a me, hai due nerd innamorati persi della loro cotta, entrambi molto masochisti, visto che sia Bea che Lesbia sono delle grandissime figlie di... è inutile che mi guardate così, le conoscete amore o no. E infine, uno che non si scompone mai, tanto che sembra la versione moderna di Io Robot. Per cui… De Gustibus, cara. Io non giudico eh-

Saffo gli gettò il giornale, che aveva arrotolato, in testa per la felicità di tutti i presenti.

-Ahi! Sai che fa male?- si lamentò con un broncio degno di un bambino di cinque anni, e non di un maggiorenne patentato.

-Era quella l’intenzione- affermò Saffo, con un sorrisetto maligno.

-Quando si dice il peso della cultura- rise Catullo- ma sorella, piuttosto che La Lettura, in testa dovevi gettargli il vocabolario di greco-

Dante intanto si era alzato e ascoltava le polemiche- Sarei davvero curioso di conoscere quali sono i tuoi difetti Mr. Io Sono Perfetto- disse ironicamente diretto a Ovidio con uno sguardo di puro biasimo- Dove si va?- chiese poi per cambiare argomento, alzandosi

-Visto che sono già le sette, pensavamo di andare a mangiare qualcosa e poi al Tenax- disse Catullo dandogli una pacca sulla spalla- musica dal vivo per Orazio, dj sopranazionali per Saffo, tante ragazze per Ovidio e un wine bar per affogare i nostri problemi in amore. Cosa volere di più dalla vita?-

-È così tardi? Non mi ero nemmeno accorto che era passato tutto questo tempo- mormorò Dante stupito da sé stesso, quanto tempo era rimasto immobile senza che se ne accorgesse? Non era solito fissare il vuoto, per l’amor del cielo.  

-Hai detto qualcosa?-

-Niente di importante- scosse la testa. Doveva smetterla con queste seghe mentali, probabilmente era tutto nella sua testa. Questa sera si sarebbe divertito con i suoi amici e al diavolo tutto il resto.
 
 
*
 
 
-Ciao a tutti!- esclamò Catullo con un sorriso da un orecchio all’altro, poggiando la cartella sul banco- è una bellissima giornata, non è vero?-

-Hey- Dante lo guardò. Cat pimpante già dal primo mattino era un evento spettacolare, di solito sonnecchiava durante l’intera prima ora sul banco- Come fai ad essere così energico dopo ieri sera non lo so… Successo qualcosa di bello?-

-Lesbia ha litigato con Clodio in discoteca di fronte a delle compagne di classe, e così "casualmente" sa di questo fatto tutta la scuola- disse Saffo mentre giocava sullo smartphone a Ruzzle e imprecava in greco fra i denti contro l’avversario- Ecco perché è così contento.-

-Tradito dal mio stesso sangue, mi sento offeso. Non posso credere che crediate io sia così meschino- Entrambi lo fissarono scettico, perfino Orazio dal banco dietro al loro- Ok, è per questo.-

-Comunque oggi arriva il nuovo prof di latino, sono curiosa di sapere chi sia…- disse Saffo, lei era al banco con Leuconoe affianco al loro- Perfino Sallustio, quello del corso di giornalismo, ha pubblicato un articolo sul giornale online della scuola-

-Okay…- Dante intanto stava posizionando ordinatamente il materiale scolastico sulla sua metà del banco, quella di Cat invece era in perenne disordine e nello zaino insieme ai libri, vi erano merendine e caramelle.

-Potresti mostrare un po' di entusiasmo- disse Catullo, appoggiando la testa sulla mano.

-Yay- imitò lo strillo delle cheerleader americane, roteando gli occhi.

-Almeno si è sforzato- commentò Orazio- non capisco tutto questo entusiasmo, basta avere pazienza e…-

-Shhhh, l’obbiettivo è in avvicinamento! Ognuno alla sua postazione!- disse Ovidio, che stava facendo la “posta” alla porta.

-Ov… non siamo in un film di spionaggio- disse Orazio sospirando.

-Dettagli-

Tutti si zittirono e volarono al loro posto quando ad entrare fu effettivamente l’insegnante. Dante non aveva detto nulla, ma anche lui era molto curioso sulla sua identità, alzò lo sguardo e aggrottò la fronte. Ma quello non era…

-Salve ragazzi, sono il vostro nuovo professore di latino-
 
 
 
 
 
 
 
                            
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


1. Nella parte iniziale, che è tratta dal primo canto dell’inferno naturalmente, ho inserito delle citazioni che non ho inserito nelle note qui sopra per motivi stilistici, non volendo distogliervi dalla lettura. Due in particolare di Gabriele D’annunzio e di Stephen King, sono curiosa se riuscite a trovarle.
2. Ho fatto delle modifiche nell’altro capitolo, pertanto ho modificato il personaggio di Gaetana, preferendo lasciarla canon. Lei è sempre la sua sorellastra, ma più piccola di lui. Ho deciso di cambiare questo piccolo particolare per non creare buchi di trama.
 

 
 

Angolo dell’autrice
Salve cari lettori, e così eccoci alla fine del terzo capitolo di questa storia. Per la composizione ho ascoltato tanta musica nella composizione di questo pezzo, fra cui la colonna sonora della Finestra di Fronte, e Le Ali della libertà, ma non solo. Ci ho messo parecchio stavolta a scriverlo, vuoi per mancanza di tempo o di voglia. In ogni caso spero che vi sia piaciuto, e ringrazio coloro che sono arrivati fino a qui, ai lettori silenziosi e a coloro che hanno messo tra le preferite/seguite la mia storia. Sono stupita, non pensavo che potesse piacere così tanto.
Vi lascio qui, che il libro di filosofia mi sta chiamando. Alla prossima

 

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