Zombie Apocalypse

di SolfatoDiLinfa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Abby ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Brianna ***
Capitolo 3: *** C. 3 - La ragazza in manette ***
Capitolo 4: *** C. 4 - Vuoi morire oggi? ***
Capitolo 5: *** C. 5 - Silenzi e vetri rotti ***
Capitolo 6: *** C. 6 - Salvarsi le chiappe è un hobby ***
Capitolo 7: *** C. 7 - Né vivi né morti ***
Capitolo 8: *** C. 8 - C'è qualcuno? ***
Capitolo 9: *** C. 9 - Bry per Briccona ***
Capitolo 10: *** C. 10 - Organizzazione in boxer e canotta ***
Capitolo 11: *** C. 11 - Più buio di ieri ***
Capitolo 12: *** C. 12 - E luce fu ***
Capitolo 13: *** C. 13 - Alla ricerca di provviste ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Abby ***


× Capitolo 1 ×

 
Abby stava passeggiando sul marciapiede, accanto ai suoi genitori, con una borsa della spesa per mano. Il padre ne portava una sola, più pesante, mentre la madre non faceva alcuna fatica. Abby chiacchierava, a volte rideva ad una battuta del padre, mentre l'aria si faceva pian piano più pesante. La ragazza, bionda e dalla pelle chiara e pulita, iniziò a guardarsi attorno.

L'orologio segnava le 5:53 del pomeriggio ma, anche considerando il periodo autunnale, il cielo sembrava più buio del solito.
«Cara, tutto bene?» la chiamò sua madre, poco più avanti.
«Non sentite... non c'è qualcosa di strano?»
I due parvero inizialmente perplessi, ma si concentrarono.
«È vero!» esclamò il padre, fissando le piccole villette a schiera dall'altro lato della strada. «C'è odore di bruciato!»
«No, non intendevo questo...» sussurrò lei, ma riprese a camminare. Qualche minuto dopo, però, si resero conto che la situazione era decisamente insolita. Il cielo si stava nettamente scurendo e l'aria sembrava irrespirabile. Come se le fogne fossero, in un attimo, diventate la superficie, dove tutti comunemente camminavano.
 
La madre tossì un paio di volte; accelerarono il passo, per arrivare a casa il prima possibile. Era evidente che qualcosa non stesse andando per il verso giusto: i gatti del quartiere sembravano dare di matto. Si stavano affollando per la strada, annusandosi a vicenda. Il loro pelo pareva essere più scuro del solito, ma forse era a causa del buio.
Come se non bastasse, la nebbia si stava affittendo.

Abby ricontrollò l'orologio, 5:58; erano passati solo 5 minuti. Il vento era calato. Per arrivare a casa, la famiglia avrebbe dovuto camminare per ancora una decina di minuti. In fretta, decisero di fermarsi nella centrale di polizia, che si trovava a pochi passi da loro, dove già altre persone stavano cercando rifugio. Tutto, poi, accadde in un secondo.
La bionda riuscì a controllare l'orologio un'ultima volta, prima di imprecare assieme a tutti gli altri, che osservavano l'esterno dalle finestre della centrale.
6:00.


N.d.A. Buonsalve! Questa storia è stata ispirata da un sogno: fin da subito non ho desiderato altro che buttare giù qualche appunto, tanto che per un paio di giorni non sono riuscita a fare altro che scrivere, scrivere, e ancora scrivere... Spero che questo mini-capitolo introduttivo sia un pochino allettante; il bello arriverà, promesso!
Vi invito gentilmente a lasciare un commento, positivo o negativo che sia, anche se comprendo che questo non è un gran pezzo su cui basarsi per potersi fare un'opinione piena e completa.
Aggiornerò presto, alla prossima :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Brianna ***


× Capitolo 2 ×

 
«Ahi! Mi fate male!» si lamentò Brianna, tenuta ferma da due poliziotti. «Mi state facendo male!»
Le manette le stavano graffiando i polsi, ed effettivamente i poliziotti sembravano più scontrosi del solito, ma le sue proteste erano più finte di una parrucca. Aveva passato molto di peggio, nei suoi 17 anni di vita.

Era stata appena stata spinta fuori dalla volante e portata alla centrale, scalciò verso un gatto nero che si era avvicinato, con l'intento di spaventarlo. L'animale, però, non si mosse, anzi sembrò osservarla con malignità. E Brianna ne rimase delusa, anche se di certo non spaventata.

«Brianna, Brianna» sussurrò il commissario, facendola sedere di fronte alla sua scrivania e liquidando con un gesto i due dipendenti. «Che mi ha combinato, questa volta?»
La ragazza, ancora in manette, rispose con un sorriso sornione. «Dovrebbe dirmelo lei, commissario»

«Furto d'auto» le piazzò davanti la fotografia di una vecchia Punto rossa, dal cofano decisamente ammaccato.
«Non è mia» Brianna spinse indietro la testa per togliere dal viso un ciuffo che sfuggiva al controllo della coda di cavallo, che raccoglieva la maggior parte dei suoi capelli castani. Sbuffò quando le tornarono di fronte agli occhi, e si arrese. Detestava avere le mani legate dietro la schiena.
«Certo che non è tua, ragazzina! L'hai rubata!»

«Mh, non ricordo di aver fatto la patente. E sono minorenne, perciò non potrei comunque guidare. Inoltre, se io avessi voluto rubare un'auto, di certo non mi sarei accontentata di quel catorcio. Oh, e non per vantarmi, ma vogliamo parlare del fatto che non farei mai un incidente? Posso assicurare che...» la sua voce venne sormontata dalle urla di, si accorse voltandosi, almeno una decina di persone.
 
«Signori! Signori!» il poliziotto cercò di attirare l'attenzione dei presenti, senza risultato. «Che succede? Fate vedere» si avviò verso le finestre che davano sull'esterno, a cui tutti erano incollati.

Brianna leggeva sui volti dei diversi presenti emozioni differenti. Alcuni erano spaventati, altri avevano fatto cadere le borse della spesa dall'incredulità, altri semplicemente perplessi. La ragazza, allora, si alzò dalla sedia, voleva vedere con i propri occhi cosa stesse accadendo. Faceva fatica a respirare, sembrava che l'aria non fosse più un miscuglio di gas, ma piuttosto un liquido poco denso. Avvicinandosi, notò che, nonostante l'ora, fuori regnasse il buio quasi totale.
Una ragazza bionda, che avrebbe potuto avere la sua età, le fece spazio.

«Che cazzo...?» sussurrò, prima di fare un balzo indietro.



N.d.A. Ed ecco il 2o capitolo che, perdincibacco, ho pubblicato solo poche ore dopo il primo. Questi primi due pezzi sono una specie di prologo, e raccontano gli attimi che precedono il vero e proprio inizio della storia. Inoltre, sono la primissima presentazione delle due protagoniste.
Ora ci si diverte :) Naturalmente, qualsiasi tipo di commento o giudizio è gradito.
Alla prossima!

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Capitolo 3
*** C. 3 - La ragazza in manette ***


× Capitolo 3 × - La ragazza in manette

Ad Abby non erano mai piaciuti, gli animali. Tranne magari il cane del vicino, quando era voglioso di coccole, cioè poche volte rispetto a quelle in cui abbaiava come una macchina da guerra.
 
Di certo i topi non le piacevano. Non amava nemmeno i gatti. E, senza ombra di dubbio, non amava i gatti neri, soprattutto quelli che, dandosi una mano l'un l'altro, alzano i tombini da cui iniziano a sfociare decine e decine di grossi topi scuri e raccapriccianti.
Perché sì, era ciò che vedeva dalla finestra.
 
«CHE CAZZO STANNO FACENDO QUEI GATTI?!» urlò sua madre, nascondendosi dietro il marito. Abby ricalcava le imprecazioni dei genitori, ma la voce sembrava non voler uscire dalla sua gola: muoveva solo le labbra. I topi si erano posizionati ordinatamente dietro i gatti, in un rapporto di circa dieci a uno. Erano scuri quasi quanto la strada, perciò risultava difficile contarli. Solo gli occhietti luminosi risaltavano nel buio innaturale.

Abby sentiva lo sguardo degli animali su di sé; alcuni puntavano la centrale, altri erano rivolti verso l'altro lato della strada.
A disagio, si scostò per lasciar spazio ad una ragazza mora, in manette, che si era avvicinata.
«Che cazzo...?» sussurrò lei lentamente, cercando di inquadrare la situazione. In un attimo, i topi si erano lanciati in avanti scontrandosi con il muro dell'edificio, mentre alcuni avevano addirittura raggiunto le finestre.
 
Solo pochi presenti erano fermi e scandalizzati; la maggior parte, come la "ragazza in manette" (così l'aveva ingenuamente rinominata Abby) aveva fatto un balzo indietro, cadendo dallo spavento o, nel suo caso, a causa delle borse della spesa ancora a terra.
La bionda, tanto terrorizzata quanto reattiva, l'aveva afferrata per le ascelle e trascinata dall'altra parte della stanza. Alcune persone avevano già occupato gli uffici, nascondendosi sotto le scrivanie.
 
La mora non ringraziò, ma una volta di nuovo in piedi scavalcò agilmente un tavolo e prese in bocca un mazzetto di chiavi da uno scaffale. Abby era ancora a bocca aperta a causa di ciò che aveva visto fuori dalla finestra, ma non staccava gli occhi dalla "ragazza in manette", che nel frattempo aveva lanciato all'indietro le chiavi e afferrate poco dopo con le mani, per liberarsi. Contemporaneamente, un'altra orda di topi si era abbattuta sulle finestre, mentre la porta di ingresso stava vibrando pericolosamente.
 
Possibile che gli animali avessero unito le forze per aprirla? No, avrebbe pensato fino a qualche minuto prima. Figuriamoci, si sarebbe detta, tra le risate.
«Cazzo!» avrebbe urlato quando almeno una decina di ratti sarebbe entrata, scatenando il caos nella stanza.

Abby aveva perso di vista i genitori, nella folla, ma vedeva ancora chiaramente la ragazza, che stava piantando un coltellino svizzero nella serratura della porta con un'insegna che diceva "Archivio", scassinandola con successo. Nessuno si era accorto di lei oltre alla bionda, che, dopo aver lanciato uno sguardo attorno alla ricerca disperata dei genitori, era corsa nella sua direzione. Si gettò nella stanza; la porta venne sbattuta alle sue spalle con un forte crock e uno squittio. Terrorizzata, in particolare dall'ultimo suono, balzò in aria ma il topo giaceva a terra, immobile perché schiacciato dallo scarpone della mora. Si allontanò dall'animale.
 
La "ragazza in manette ma senza manette" si piazzò addosso alla porta per evitare che si aprisse a causa della spinta dei ratti. «Porta qui quel tavolo!» urlò all'altra, che non esitò un secondo. Si precipitò su di esso, ma non riuscì a spostarlo se non di qualche centimetro. Doveva essere ben ancorato a terra e pesante. Oppure, Abby era decisamente fuori allenamento.

La mora le imprecò contro, lanciandole uno sguardo truce, ordinandole di venire al suo posto. Più veloce della luce, afferrò il tavolo e lo trascinò fino all'altra parte della stanzetta, sbattendolo contro porta. Ne approfittò per far assaggiare la suola del suo scarpone ad un altro topo. Abby non aveva fatto un buon lavoro, ma un paio di ratti erano riusciti ad entrare nella stanza prima che l'altra bloccasse la porta. Per non parlare dell'uomo che, urlante, le aveva pregate di lasciarlo entrare. Ora, le parole che fino a prima stava gridando, si erano trasformate in urla incontrollate e disumane.

Abby si prese il volto tra le mani, schiacciandole contro le orecchie, per non far trapelare alcun suono. Gli occhi, perlopiù fuori dalle orbite, fissavano il pavimento con espressione vuota. Non riusciva a controllare il tremolio del suo corpo. Si accasciò a terra, priva di sensi.


N.d.A. Ed ecco un nuovo capitolo; inizia a delinearsi la situazione in cui sono immischiate le protagoniste. Spero lo troviate interessante!
Naturalmente, ogni tipo di recensione è sempre gradito, siate cattivi!
Alla prossima :)

 

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Capitolo 4
*** C. 4 - Vuoi morire oggi? ***


× Capitolo 4 × - Vuoi morire oggi?

 
«Bleah» Brianna estrasse il suo fidato coltellino svizzero dal ventre del ratto che aveva cercato di saltarle addosso. Non era la prima volta che lo usava per difesa: ricordò quando dovette piantarlo nell'addome di un uomo ubriaco che l'aveva afferrata per le spalle, perché l'aveva scambiata per una prostituta. Sospirò. Andare in giro la notte, ormai, non era sicuro per nessuno.

La bionda, a terra, riuscì a destarla dai suoi pensieri.
«Hey, hey» la sua voce si fece strada tra le urla che provenivano da oltre la porta; le schiaffeggiò dolcemente le guance sperando che riprendesse presto i sensi. La ragazza, fortunatamente, sbatté le palpebre e assunse un'espressione dolorante. Forse aveva battuto la testa.
 
«Mmmh» grugnì, e Brianna l'aiutò ad alzarsi. Dopo pochi secondi ricordò ciò che stava accadendo. Sbatté i pugni sulla porta. «I miei genitori sono là fuori!»
La mora, intanto, stava pulendo il suo coltellino sulla maglia che portava sotto il giubbino di pelle nera, con una calma innata.
 
«Hai sentito quello che ho detto?» le urlò l'altra. «Dobbiamo aiutarli!»
«Sei pazza?» Brianna si rese conto che, forse, avrebbe dovuto prendere la situazione con più serietà. Le aveva quasi risposto ridendo. «Non possiamo uscire di qui, è un miracolo se siamo ancora vive!»
La bionda, però, sembrava voler dare di matto ancora per un po': prese a spingere il tavolo verso di sé per spostarlo ed uscire dalla stanza. Brianna già sentiva le bestiacce fremere, vogliose di entrare.
 
«No cazzo, no!» la prese per i fianchi, gettandola contro un armadio. «Smettila! Calmati!» le sputò quasi in faccia dalla rabbia. Possibile che fosse l'unica persona lucida, sempre, in qualsiasi situazione? Era davvero così difficile starsene tranquilli, non cercare guai? Lei era la prima a mettersi nei pasticci, ogni volta. Eppure l'unica ad uscirne sempre sana e salva.

«Fai un bel respiro» le sussurrò, cercando di apparire più convincente e autoritaria possibile. La bionda sembrò ascoltarla; la teneva schiacciata contro le ante dell'armadio, impedendole di muoversi. Iniziò a fare meno pressione, vista la sua apparente obbedienza. Lei stessa, riprese fiato. «Mi chiamo Bry. Il tuo nome?»
«Abby» sussurrò l'altra con un tono di voce che sarebbe potuto appartenere ad una bambina di 10 anni. Era ancora un po' pallida, ma di certo stava meglio di qualche secondo prima.

«Ascoltami, Abby» esordì allora la mora. «Uscire di qui, ora, non sarebbe una scelta saggia. È pieno di gatti neri e topi schifosi là fuori, non ho idea di che cosa facciano alle persone ma non voglio davvero scoprirlo. E non voglio nemmeno morire oggi. Tu vuoi morire oggi?»

Anche di fronte ad una domanda così semplice, Abby sembrò in difficoltà, rispose solo dopo qualche attimo e un'occhiata truce dell'altra. «No»
«Molto bene. Nemmeno i tuoi genitori lo vorrebbero. Ora, noi ce ne stiamo qui, al sicuro. Ci stai?»
«Sì» aveva ripreso un po' di colore, sembrava più cosciente.

«Usciremo di qui, prima o poi. Promesso» sospirò Brianna, raccattando una grande forbice dalla scrivania (la ragazza conosceva ogni angolo della centrale e sì, anche lì c'era una scrivania) per poi lanciarla ad Abby. «Vive o morte»

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Capitolo 5
*** C. 5 - Silenzi e vetri rotti ***


× Capitolo 5 × - Silenzi e vetri rotti

Abby serrava gli occhi ogni volta che alle sue orecchie giungeva un rumore, un urlo, qualsiasi cosa. Le grida erano praticamente cessate, nella centrale. La sua compagna d'avventura se ne stava sul tavolo addossato alla porta, seduta, la schiena poggiata su di essa e la bocca fischiettante. Come se fosse tutto un gioco, uno scherzo.

Certo, il suo discorso era stato terribilmente convincente, ma... ecco, c'erano troppi ma.
No, ad essere sincera, non ci capiva più un cazzo. Gatti neri che aprivano tombini da cui uscivano topi assassini. Assassini? Lei doveva uscire da quella stanza. Fuori sembrava ancora regnare il caos, ma dentro... magari avrebbero potuto dare un'occhiata.

«Possiamo uscire, adesso?» azzardò.
«Da quanto siamo qui dentro?» Bry sembrava per metà addormentata, per metà vigile ma assorta nei suoi pensieri.
«Quasi un'ora» non avevano parlato, dall'ultima discussione. L'orologio segnava le 6:54.
La finestra mostrava ancora un esterno buio, anche se le immagini erano confuse a causa dell'albero che copriva la visuale.
«Allora non possiamo uscire»
«Ma è tutto silenzioso, adesso» protestò.
 
«I tuoi genitori ti hanno mai detto di non tornare da sola la sera, perché non c'è in giro nessuno?» la squadrò da capo a piedi. Forse aveva colpito nel segno, con quella contraddizione. Certo che le era stato detto, più e più volte.
Magari, Abby doveva solo rispondere con un "Sì" pacato, farle sapere che capiva ciò che intendeva. Invece se ne stette zitta, a subire lo sguardo truce dell'altra. Forse, la considerava inutile. Anzi, peggio: un impedimento. Non era riuscita a spostare un tavolo, figuriamoci fare altro di minimamente più impegnativo.

Era stata dannatamente fortunata, a trovare Bry. Se lei non le avesse tenuto la porta aperta, se non l'avesse salvata, se non avesse rimediato ai suoi stupidi sbagli, chissà cosa sarebbe successo.
E ora, la bionda era appartata in un angolo, ancora un po' tremante, ad osservare l'altra che puliva il suo stupido coltellino. A malapena l'aveva usato, come poteva essere ancora sporco? La luce veniva riflessa dalla lama, lievemente scheggiata da un lato, ma senz'altro pulita. Perché continuava a pensare a quel maledetto oggetto? Era come se le mani della ragazza l'avessero stregata, mentre giocavano con quell'affare. Ma non c'era molto altro da fissare, lì dentro.

«Senti...» Abby si avvicinò all'altra, cauta, mostrando le forbici che teneva in mano da ormai un po' di tempo. «Che me ne faccio di queste?»

«Sono la tua arma» sussurrò Bry in risposta, pareva stanca di doverle spiegare ogni cosa, di doverle fare da madre, in quella situazione. Ripensò ancora una volta ai suoi genitori, e si sforzò per non mostrare il suo dolore. La mora la fissò per qualche secondo, forse comprensiva, o forse ancora irritata. Abby non riusciva mai a decifrare il suo sguardo.

Bry si alzò e le venne incontro. Sfiorò una lama delle forbici con le dita. «Vedi? Questa parte è tagliente. Non lo sarà mai come un coltello, certo, ma come arma di difesa è meglio di niente» spiegò.
«Dovrei infilzare i topi, con questa?»
«Qualunque cosa venga verso di te, e non alla ricerca di un abbraccio»

Abby restò perplessa per un secondo, poi sorrise. Caspita se era forte, quella ragazza. Probabilmente, un secondo più tardi, l'avrebbe semi-odiata di nuovo, ma decise di godersi il momento. Non ebbe, comunque, l'opportunità di scoprirlo.

Perché, pochi secondi dopo, un sonoro rumore di vetri rotti occupò qualsiasi suo recettore sensoriale e allertò la mente. Sentì un liquido caldo e fluido scorrerle lungo le gambe, ma non ci badò. Era troppo spaventata.

«Merda» sussurrò Bry, gli occhi fissi sulla finestra, da cui alcuni ratti stavano facendo capolino, fissando le due ragazze con i loro occhioni iniettati di sangue.
«Merda» ribadì Abby, le forbici strette tra le nocche pallide dallo sforzo e i pantaloni ormai fradici. Avrebbe voluto svenire di nuovo.



N.d.A. Ciao! Spero che la storia vi stia interessando!
Ricordate che una recensione (anche se piccola minuscola ermetica) è sempre gradita :)
Alla prossima!

 

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Capitolo 6
*** C. 6 - Salvarsi le chiappe è un hobby ***


Capitolo 6: Salvarsi le chiappe è un hobby

 
«Merda» Brianna si chiedeva come un branco di stupidi roditori potesse agire in quel modo.
«Merda» la seguì a ruota la bionda.
«L'armadio! Riesci a spostarlo?» esclamò la prima, la mente occupata ad elaborare un piano che non finisse con la loro morte. «No che non riesci a spostarlo, cazzo!» si rispose da sola.

Alcuni topi, nel frattempo, erano atterrati sul pavimento e le stavano aggirando. Sembravano pronti a colpire, eppure esitavano.
Abby aprì le forbici, in modo da avere due lame su cui fare affidamento.

«Dammi una mano, svelta!» la bionda si precipitò ad aiutarla. Brianna, nel frattempo, aveva afferrato l'armadio più lontano dalla finestra e lo stava spingendo verso il centro della stanza.
«Cosa stiamo facendo?» i topi stessi sembravano guardarle con perplessità, lì fermi ma frementi. Erano almeno una decina.

«Non cercare di prenderti il merito per le mie azioni» rise Brianna. Si portò dietro l'armadio e ci si gettò contro. Abby temette si fosse rotta una spalla, il braccio, e che fosse letteralmente impazzita. Capì invece il suo genio quando l'armadio si schiantò sopra la maggior parte dei ratti, risparmiando solo i più reattivi.

La mora non perse tempo. Questa volta si dedicò al secondo armadio, spingendolo addosso alla finestra, bloccando la via d'accesso. Peccato che, durante la carneficina, altre "piccole" bestie avevano approfittato della libertà d'entrata, sgattaiolando e nascondendosi negli angoli bui della stanza.
Abby se ne sarebbe probabilmente vergognata per tutta la vita, ma si rifugiò dietro alla mora, che si lanciò all'attacco. Bene, ancora una volta Brianna avrebbe dovuto fare tutto da sola.

Gli scarponi erano la sua arma migliore, al momento. Schiacciò l'ennesimo ratto a terra, ma gli animali sembravano voler attaccare assieme, circondare la ragazza. E lei aveva due scarpe, un solo senso dell'equilibrio.

Le difficoltà iniziarono quando ben due topi si lanciarono verso Brianna. La ragazza spostò il baricentro all'indietro, tenendosi ad Abby per la spalla e parando un attacco con un piede, mentre ancora l'altra bestiaccia saltava verso di lei. Decise di non pensare al fatto che i denti aguzzi si sarebbero conficcati presto nella sua carne. Non la spaventava il danno fisico in sé, ma le urla che aveva sentito fino a pochi minuti prima. In qualche modo, dovevano giustificarsi.

E in tutto quel subbuglio, il corpo del topo sbatté all'altezza del suo ginocchio, sporcando i pantaloni di una sostanza rossa e viscida, forse il suo sangue. La testa aveva raggiunto terra molto prima, tranciata dalle forbici di Abby, che le lanciò uno sguardo d'intesa. Dopotutto, quella ragazza non si era dimostrata così inutile, si convinse.
 
La lotta continuò, fino a che tutti gli altri topi non si ritrovarono a terra, ossa rotte e crani spappolati.
La bionda respirava più affannosamente dell'altra, nonostante avesse fatto molto meno.
«Bel lavoro» sussurrò Abby, ancora scossa dallo spavento.
«Già» Brianna rise, e indicò i pantaloni dell'altra. «Ne hai bevuta di acqua oggi, eh?»

Sgranò gli occhi quando la bionda si precipitò su di lei, con le forbici in mano. Non ebbe nemmeno il tempo di pensare a delle scuse credibili per la battuta, che il corpo dell'altra cozzò contro il suo, eppure non aveva ancora sentito alcuna lama penetrarle l'addome. Anzi, uno squittio giunse alle sue orecchie.

Quando Abby si staccò da lei, Brianna poté chiaramente vedere il topo che ancora si muoveva; le forbici della ragazza lo trapassavano da parte a parte.
«Bleah!» esclamò lei, lanciò via le forbici assieme al loro ospite e si mise a saltellare dal disgusto.
«Mh, potremmo cucinarlo assieme ai marshmallows»
«Bry, che schifo! Ringraziami, maledetta idiota! E controlla che non ce ne siano altri!» sbraitò.
La mora avrebbe dovuto essere preoccupata, ma la scena a cui stava assistendo era di una dolcezza unica.

«E non ho nemmeno un'arma!» si lamentò ancora Abby.
Brianna estrasse le forbici dal corpo morto dell'animale, le pulì accuratamente sulla maglia. Non accadeva spesso, ma quella volta si rendeva conto che ciò che stava facendo era di una schifezza incomparabile. Porse poi le forbici alla compagna, che le accettò riluttante.
«Grazie» sussurrò la mora, riferendosi al lavoro di squadra svolto durante la "battaglia".
«Prego» si snobbò Abby.
 
Brianna si morse il labbro, indecisa. Sì immaginò porgere ad un numero dispari di persone la stessa domanda: "Sì o no?" senza rivelare l'argomento di discussione. La maggior parte rispose . Yoda aggiunse: "Fare o non fare, non esiste provare"*.

Si avvicinò alla bionda, che intanto la guardava perplessa. Notava un pizzico di ammirazione, nei suoi occhi. «Mi fido di te» bisbigliò.
L'altra rimase ferma, come in trance. Forse non se l'aspettava. «Anche io mi fido di te» sussurrò dopo qualche attimo.
 
Bene, lo aveva fatto. Con serietà, oltretutto. Ora poteva concedersi una buona fetta di arroganza, espressa in primis da un largo sorriso. «Ovvio. Anch'io mi fiderei di me stessa»
«Intanto, ti ho salvato la vita per ben due volte!»
«Tu dici? Sei sicura che quelle bestiacce immonde non volessero solo abbracciarmi?» rise. «Mi hai privata del loro affetto!»

Dopo aver ricontrollato la stanza più e più volte, per assicurarsi che fossero sole, decisero che avrebbero aspettato l'alba, prima di uscire. Si accordarono sul fatto che ognuna avrebbe protetto il culo dell'altra. Brianna tenette a precisare il significato letterale dell'affermazione, spiegando che non avrebbe gradito i dentini di un ratto sulle (o peggio, nelle) sue belle chiappe.
Sostenne inoltre che era abituata a stare sveglia la notte, invitando la bionda a riposarsi. Ormai erano al sicuro, lì dentro.
La mora, quindi, non fece altro che osservare Abby, per tutto il tempo. La sera, mentre si addormentava, a pochi passi da lei e lontana dalle budella dei topi morti. La notte, mentre dormiva, si concentrò sul filo di bava che scendeva dal labbro inferiore della ragazza. E la mattina, quando si decise a svegliarla.

«Su, in piedi ragazzina» le sussurrò all'orecchio. «L'apocalisse è iniziata»



* Traduzione letterale dall’inglese “Do. Or do not. There is no try.
(Yoda, da “L’impero colpisce ancora” – Star Wars)


Heeey! Eccomi qui con un nuovo capitolo. La storia potrebbe sembrare un po' superficiale all'inizio, perché, a dire il vero, era stata concepita per esserlo. E invece, più o meno dopo il decimo capitolo, mi sono fatta prendere dalla trama e ora sono decisamente più avanti, pur non sapendo quando caspiterina finirà (ho calcolato una quarantina di episodi, ma d'altronde ne avevo pensati venti e ora sto scrivendo il trentesimo) (uccidetemi).
Più avanti ci sarà modo di scoprire qualcosa in più di entrambe le ragazze, e i fatti si faranno più interessanti e complessi.
Detto questo, ci tengo a ringraziare Manga9000 per le recensioni, e coloro che stanno seguendo la mia storia. Grazie di cuore!
E, ripeterlo non guasta mai, una recensione o un mini-commento sono sempre graditi!
Spero che la storia che sto macinando sia di vostro gradimento!
A presto,
BlueRhylia :)

 
 

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Capitolo 7
*** C. 7 - Né vivi né morti ***


Capitolo 7: Né vivi né morti

 
Quando Abby aprì gli occhi, si trovò davanti la faccia della mora. Probabilmente, aveva davvero fatto la guardia, quella notte: i suoi occhi erano notevolmente stanchi, ma mantenevano ancora un luccichio di lucidità.

«Mh, buongiorno» grugnì, e per un attimo pensò di essere al campeggio scolastico, in gita, immaginò perfino di essersi addormentata mentre studiava. Poi Bry si alzò per mettersi da parte, lasciandola libera di vedere il tavolo e gli armadi, i ratti morti, e non poté far altro che ricordare. Sentì un conato di vomito farsi strada nel suo corpo.
 
«Non ci pensare neanche!» la rimproverò l'altra. «Non ho idea di quando potremo mangiare, e tu che fai? Vomiti il poco cibo che hai ancora in corpo?»
La aiutò ad alzarsi, e già dopo qualche minuto sì sentì meglio. Spostarono lievemente l'armadio che bloccava la finestra per controllare l'esterno, e un raggio di luce entrò nella stanza.

«Yessss» esultò Bry. «Ok, ascoltami bene. Ora usciamo, e tu mi stai vicina. Qualunque cosa succeda, tu fai quello che dico io. Non puoi farti prendere dal panico, non puoi scappare. Hai capito?»
Abby annuì. L'atteggiamento autoritario dell'altra non le piaceva affatto, ma sapeva che, senza di lei, a quell'ora sarebbe già stata pasto di almeno mezza dozzina di ratti neri e sporchi.
«Troveremo i tuoi genitori» la rassicurò.

La mora, coltellino svizzero sempre pronto, spostò leggermente il tavolo, e si affacciò sull'atrio della centrale. Abby tremava dalla paura; il fatto che Bry ci stesse mettendo così tanto per osservare la scena la spaventava da morire. Era così orribile, ciò che stava vedendo?
Magari le avrebbe ordinato di uscire dalla finestra per non imbattersi in quella visuale. Ma la bionda voleva assolutamente vedere, voleva disperatamente cercare i suoi genitori. Anche scoprirli lì dentro, morti, sarebbe stato meglio che darli per dispersi. Scosse la testa: non poteva arrendersi così facilmente. Erano di certo ancora vivi, come lei.

Abby, allora, prese un bel respiro, e gonfiò il petto. Si preparò a giustificare il fatto che volesse attraversare l'atrio, vedere con i propri occhi ciò che era accaduto. Ma non ne ebbe l'occasione.
Bry si voltò, e la fissò con sguardo perplesso e, forse per la prima volta, spaventato. «C'è un problema»
La bionda la sorpassò, infilando la testa tra la porta e lo stipite per osservare a sua volta.

La centrale era in subbuglio. Le pareti e il pavimento erano sporchi di sangue, le scrivanie spaccate, le cianfrusaglie gettate via alla rinfusa; ricordò il caos della notte precedente. Frammenti di vestiti, impregnati di sangue e sporcizia, occupavano ogni superficie piana. A terra, giacevano decine di topi, oltre a qualche gatto nero. E fino a quel punto, Abby non trovava nulla di strano. Insomma, era decisamente ciò che si sarebbe aspettata di trovare, dopo la baraonda di quella notte.
 
Non ebbe bisogno di ragionare un secondo di più, quando capì cosa intendesse Bry, con "problema". La mandibola sembrò caderle a terra dallo stupore, e si sentì perdere le forze. La mora, dietro, la sostenne, sbuffando dal disappunto. Sì, era troppo debole, per reggere tutto quanto.

Degli esseri umani che la notte prima occupavano la centrale, neanche l'ombra. Né vivi né morti. Erano sole, e spaventate.

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Capitolo 8
*** C. 8 - C'è qualcuno? ***


Capitolo 8: C’è qualcuno?
 

Brianna si fece largo tra il caos. Non senza difficoltà, naturalmente, ma di certo con più naturalezza dell'altra. A lei non importava, se si fosse sporcata: aveva già la maglia impregnata di budella.
Puzzava terribilmente. Raccolse da terra la gamba di un tavolo, e la brandì come una sottospecie di mazza da baseball. Sarebbe tornata utile.

Scorse Abby, che, cercando di non farsi notare, saltellava in modo strano per non pestare o avvicinarsi ai cadaveri dei topi. Sospirò, dando un ultimo sguardo alla macchia che lo spavento aveva lasciato sui suoi pantaloni.

«Ora che facciamo?» chiese la bionda.
«Penso che dovremmo combattere tra di noi. In due, siamo un bersaglio troppo grande... solo una di noi uscirà viva da qui» le spiegò Brianna, seria. Dopo qualche secondo, scoppiò a ridere di fronte al viso perplesso di Abby. «Scherzo, idiota!» e spalancò la porta, avanzando per prima.

Regnava il silenzio. Una brezza leggera scuoteva le chiome degli alberi; il quartiere sembrava tranquillo e addormentato. "Solo" i cassonetti della spazzatura rovesciati, le porte delle case aperte, la sporcizia organica sparsa un po' ovunque, stonavano.

Superarono pian piano un isolato, senza emettere un suono. Entrambe, erano sconcertate.
«Qui abitava un mio amico» sussurrò Abby, indicando una casetta dai vetri rotti. Le due si scambiarono uno sguardo triste.
«Entriamo?»
La bionda annuì, e si rifugiò dietro Brianna, che prese un bel respiro e attraversò la porta d'entrata.
Un odore di uova marce impregnò le sue narici. Si mosse con cautela, l'udito in allerta tanto quanto la vista. I topi, a terra, erano decisamente pochi. Si chiese dove fosse la famiglia, dove fossero tutti, ricordando il vuoto della centrale.

Si destò solo quando un rumore sordo, proveniente dal retro dell'abitazione, giunse alle sue orecchie. Abby si nascose dietro di lei, come se fino ad allora avesse fatto altro.
«C'è qualcuno?» Brianna sperava veramente che, qualunque cosa avesse provocato quel suono, fosse viva. Perciò, con tutti i buoni propositi del mondo, avanzò lentamente.
Un ringhio animale fece vibrare l'aria, già pesante a causa del fetore. La mora si arrestò appena in tempo.
Davanti alle due fece capolino un uomo, l'equilibrio instabile, gli occhi rossi e assonnati. Fosse stato solo quello, ciò che non quadrava. I capelli erano scompigliati, i vestiti a brandelli, le gambe puntellate da lividi e piccoli tagli: senz'altro opera dei ratti. Aveva proprio un aspetto orribile.

«Signore...?» bisbigliò Abby, alla ricerca disperata di un qualunque segno di lucidità da parte dell'uomo. Egli, invece, si scagliò contro di loro.
«Via! Via!» urlò Brianna, che raccolse (letteralmente) la bionda per poi precipitarsi fuori dall'abitazione, con il mostro alle calcagna. Riuscì a lasciargli un calcio sullo sterno, con una potenza che avrebbe spaccato 2 o 3 costole a qualunque essere umano. Ma l'uomo, se così fosse possibile chiamarlo, si fermò solo per un attimo, prima di riprendere l'inseguimento. La mora lo guardò sorpresa, prima di notare, da una lacerazione della camicia, il suo petto. Sarebbe stato impossibile rompergli le costole, perché erano già tutte spaccate e attraversavano la carne, sporca di sangue ormai secco.

Brianna brandì la gamba del tavolo raccattata alla centrale con due mani, e la piantò sulla fronte dell'essere, che cadde a terra, morto o forse solo privo di sensi. Ma non volle veramente scoprirlo, perciò prese la mano di Abby per spingerla avanti, nella direzione opposta, e correre via. Gettò l'arma, piegata dal colpo e ormai inutilizzabile.

Dopo pochi secondi, un singhiozzo terrorizzato della bionda le fece notare che altri due mostri stavano avanzando nella loro direzione.
 
Brianna si guardò intorno, scorgendo un'automobile dall'altra parte della strada. «Va bene, lo confesso! La Punto rossa l'avevo rubata!» urlò a sé stessa, infilando il coltellino nella fessura delle chiavi. In pochi secondi la portiera si aprì. «Abby, entra dall'altra parte, svelta!»

Armeggiò ancora un po' con i fusibili sotto il volante, strappò dei fili ragionando su quali fossero da collegare e quali da mettere solo in contatto. L'istinto, l'esperienza e la voglia di rimanere in vita la guidarono: con una scintilla la macchina si mise in moto. Un piede sulla frizione e l'altro preposto a premere l'acceleratore, Brianna era pronta a partire. Ma la sua compagna sembrava non avere intenzione di salire sull'auto. Rimaneva ferma nel bel mezzo della strada, a fissare i due mostri ad alcuni passi da lei.

«Abby, cazzo!» gridò. «SALI!»
«È mio padre!» esclamò invece l'altra, indicando uno dei due "uomini", quasi contenta e beata nonostante si trovasse a pochi centimetri dalla morte.
 
«Merda, merda, merda!» sputò Brianna tra sé e sé. Il tempo sembrò fermarsi, mentre ragionava. Le attraversarono la mente talmente tanti pensieri che non sembrò passasse solo un millesimo di secondo. Si immaginò partire a tutta velocità, verso la salvezza. Lasciare la ragazza in balia della sua stupidità, perché, accidenti se quella ragazza era stupida. E fifona, e debole, e bellissima.
Avrebbe potuto fare come sempre, salvarsi la pelle. Cosa ci sarebbe stato, di male? Chi non avrebbe voluto salvare il proprio culo, invece che perderlo per qualcun altro? E di certo, quella ragazza non lo meritava. "Un impedimento, lei è" confermò Yoda, nella sua testa. Possibile che il piccoletto verde fosse sempre ovunque? "La cosa giusta, devi fare".

Quel fatidico millesimo di secondo era ormai trascorso. Brianna si lanciò fuori dall'automobile, spingendo indietro Abby.
Tirò un calcio al mostro più vicino, confondendolo, per poi rubare le forbici che l'altra teneva ancora in mano e piantarle nel cranio di quello che, oramai, era chiaro cosa fosse: uno zombie.
Non perse tempo e raccolse (di nuovo, letteralmente) la bionda per scaraventarla dentro l'automobile.

Non avrebbe voluto ferire quello che rimaneva del padre di Abby. Ma, veramente, non ebbe molta scelta. Le forbici si ritrovarono conficcate anche nel suo cranio, da cui tra l'altro non vennero più estratte.
Brianna si gettò infine nell'automobile, partendo a tutta velocità ancora prima di chiudere la portiera. Non si voltò, né verso gli zombie a terra, né verso la bionda, dallo sguardo vuoto e perso di fronte a sé, sconvolta da ciò che era appena accaduto.
Si convinse che, anche se Abby l'avrebbe odiata, aveva fatto la scelta giusta, salvandole la pelle.
Yoda sarebbe stato fiero di lei.
 



N.d.A. Buon pomeriggio! Mi permetto di rubarvi ancora un secondo con queste ultimissime righe.
Siamo all'ottavo capitolo, e sono davvero contenta perché finalmente le due tipette entrano nel vivo della storia, e quindi magari le vicende iniziano a presentarsi in modo un po' più interessante. Inoltre, ho superato il "blocco dello scrittore" che mi ha assalito quest'ultima settimana, perciò yeah.
Continuo a ringraziare coloro che hanno recensito o inserito la storia tra le seguite/ricordate e *wooooow* addirittura preferite. Graziegraziegraziegrazie.
Ah, capita che, in alcuni momenti, mi fissi con qualcosa in particolare, ed è per questo che ritroviamo Yoda anche in qui, non sono riuscita a resistere!
Per il resto, un bacione e un augurio di buon weekend a tutti i lettori che sono passati di qui (e anche agli altri, suvvia).
Alla prossima!

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Capitolo 9
*** C. 9 - Bry per Briccona ***


Capitolo 9:Bry per Briccona
 


Abby fissava la strada. Se ne stava semi-sdraiata sul sedile di un'automobile rubata da una sconosciuta, seduta di fianco alla sconosciuta stessa, che tra l'altro stava pure guidando. Rivide gli occhi rossi di suo padre, che la fissavano, mentre si avvicinava traballante. Rivide Bry mentre gli piazzava le forbici in testa, lasciandolo a terra, come una carcassa animale.

«Hai ucciso mio padre» sussurrò, con voce roca. Era troppo sotto shock perché il suo tono facesse trapelare qualsiasi emozione.
«Lo so» rispose l'altra, senza degnarla di uno sguardo.

Il fatto era che, cazzo, Abby gliene era infinitamente grata. La bionda aveva compreso tutta l'incoscienza che aveva dimostrato in quel momento, si sentiva un'emerita idiota. Sarebbe potuta morire. Sarebbe morta, se quella che ancora le sembrava una sconosciuta non l'avesse salvata. Rischiando la sua, di vita, oltretutto.

«Tu hai ucciso mio padre» Abby sapeva che non era colpa della ragazza, eppure voleva puntarle il dito contro. Perché in realtà, se lei fosse entrata subito in macchina come le era stato detto, forse quel mostro di suo padre sarebbe rimasto là fuori. Misera consolazione.

«Vuoi che ti dica che mi dispiace?» chiese l'altra. Sembrava seccata, e stanca. Decisamente molto stanca. Abby si domandò se anche lei avesse mille pensieri, mille rimorsi. Qualcuno per cui fosse preoccupata, qualcuno che avrebbe voluto rivedere, sano e salvo.
La mora si decise a spostare uno sguardo di rimprovero verso di lei. «No che non mi dispiace. Se tornassimo indietro, lo farei di nuovo, pur di salvarti»

«Se tornassimo indietro, mi faresti entrare ancora in quella stanza, assieme a te?» anche Abby, nonostante avesse dormito la notte, si sentiva esausta. Come faceva, la mora, ad essere sempre così vigile?
«Sì, lo rifarei» Bry deglutì sonoramente, prima di arrestare l'automobile. «Cazzo!»
 
Il mezzo si era fermato contro il suo volere: l'indicatore della benzina segnava chiaramente lo 0.
«Usciamo» sussurrò la mora. «Non manca molto»
 
Abby riconobbe i tipici tratti della periferia: alcuni grattacieli si arrampicavano in altezza, e ovunque era pieno di sporcizia. Anche quella zona sembrava essere stata attaccata dai topi, eppure, pensò la bionda, l'aspetto del quartiere non doveva essere peggiorato poi tanto, nel corso della notte.
«Dove stiamo andando?» domandò cauta. Non voleva irritare la compagna, che sembrava avere le idee molto chiare.

«Per ora, ti accompagno a casa mia» sussurrò lei, con un sospiro. «Sperando di non incontrare altri zombie puzzolenti. Poi vedremo che fare»
«Abiti qui?»
La mora rispose con il gesto delle virgolette. Evidentemente, "abitava" lì.
«Ce la fai a correre? Vorrei arrivare il prima possibile. Di solito questa strada è un casino, invece ora non c'è nessuno. Non mi piace affatto»

Iniziarono a passo sostenuto, ma Abby, già dopo qualche centinaio di metri aveva il fiatone.
«Quanti anni hai?» chiese alla mora.
«Quanti me ne dai?» le sorrise, alzando un sopracciglio. Abby odiava quando le persone rispondevano in quel modo.
«Una ventina» azzardò, cercando di rimanere più vaga possibile.
«Allora ne ho una ventina. E te?»
«Anche io» tentò di fare la misteriosa, ma la ragazza non abboccò. «Bry è il diminutivo di Brianna?» domandò tra un affanno e l'altro.
«Briccona»
«Cosa?»
«È il diminutivo di Briccona»
 
«Ah» per un attimo, Abby prese l'affermazione per vera, prima di scuotere la testa come per farci uscire tutta l'ignoranza e la vergogna. «Dai, dico sul serio!»
«Sì» rise l'altra. «Ma continua a chiamarmi Bry»

Trovarono un'altra vecchia automobile, e la mora la scassinò con ancora più facilità della precedente. Il motore rombava in modo strano e la velocità non era il suo forte, ma almeno riuscirono a seminare alcuni zombie che erano apparsi dai vicoli in rovina.

Arrivarono ai pieni di uno dei grattacieli che, prima, Abby aveva visto solo da lontano. Bry la fece accomodare in ascensore, e fu contenta che funzionasse ancora. In effetti, salirono fino al 28esimo piano. Di certo, la bionda sarebbe svenuta al terzo, se avesse dovuto usare le scale.

Si trascinarono per un corridoio sino a che Bry non estrasse una chiave (Abby si chiese dove cavolo l'avesse tenuta, fino a quel momento) e fece entrare la compagna nel suo minuscolo appartamento. Chiuse a chiave, si precipitò alle finestre e serrò qualunque possibile buco o fessura, abbassò le tapparelle, esultando quando scoprì che luce ed elettricità funzionavano ancora. La mora lasciò poi a terra il giubbino e il suo coltellino, si sfilò la maglia per rimanere in reggiseno e si gettò a letto. Pochi secondi dopo, russava.

Abby voleva guardarsi intorno e scoprire qualsiasi cosa in più sulla persona a cui, in pratica, aveva deciso di affidare la propria vita, ma non ne aveva le forze. Si sfilò i pantaloni con disgusto, annusandoli e sì, odoravano ancora della sua urina. Li lanciò via e sì adagiò sul letto, di fianco a Bry. Meno di un minuto dopo, il suo russare andava a ritmo con quello dell'altra.

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Capitolo 10
*** C. 10 - Organizzazione in boxer e canotta ***


Capitolo 10: Organizzazione in boxer e canotta
 

Quando riaprì gli occhi, Brianna percepì per prima cosa il volto di Abby appoggiato alla spalla, l'ennesimo filo di bava a bagnare la sua pelle. Quella ragazza aveva proprio uno strano modo di dormire. Si voltò a pancia in su, ringraziando il vecchio lampadario (ancora acceso, sia sempre lodato). Se si fosse svegliata al buio, sarebbe probabilmente morta di paura.

Non ci mise molto a notare che, di fianco a lei, Abby dormiva serenamente senza i pantaloni. Si sforzò con tutta sé stessa per non poggiare lo sguardo su di lei, ma non riuscì a trattenersi. Tanto, la bionda era ancora K.O. e non si sarebbe accorta di nulla.

Si stiracchiò e rimase seduta, a fissarla. La bocca aperta di Abby e la sua saliva continuavano ad attirare la sua attenzione, tanto quanto il fondoschiena. Brianna ricordò come, l'ultima ragazza che era stata nel suo letto, non portasse le mutande, ma alla bionda i supereroi della Marvel stavano particolarmente bene.

«Hey...» quasi sobbalzò quando Abby emise il primo grugnito, segno che non era più nel mondo dei sogni. La mora si decise a spostare lo sguardo, che fino ad un attimo prima era ancora fisso sullo scudo di Captain America.
Si stese di nuovo accanto a lei.

«Buon pomeriggio» sorrise.
Abby non aveva ancora schiuso le palpebre, si limitava ad emettere suoni poco umani di tanto in tanto. «Ho fame»
«Dovrei avere qualcosa in frigo. Puoi dare un'occhiata, mentre io mi faccio una doccia» propose all'altra, che dopo la risposta affermativa di Brianna sembrò svegliarsi completamente, come un bebè all'ora di pranzo.

«Poi posso lavarmi anch'io?» si sedette, spostandosi i capelli scompigliati dietro le orecchie.
«No»
«Davvero?» Abby-bimba-di-10-anni tornava a farsi sentire. Anche se, invece che una bambina, sembrava un'adolescente ubriaca, con un sorriso stanco sulle labbra. Brianna era sicura che la bionda avrebbe potuto dormire per una giornata intera senza problemi.

«Davvero» la prese in giro, rispondendo con un sorriso più sveglio. Si alzò, scavalcò Abby con un balzo, prese un paio di boxer ed una canotta troppo grande da un cassetto, chiudendosi la porta del bagno alle spalle. Si spogliò, ascoltò con attenzione i passi dell'altra alla ricerca del frigorifero o di informazioni sul suo conto.

Si immerse sotto un fiotto d'acqua fredda che le ghiacciò anche l'anima. Non emise un lamento, si grattò via la sporcizia dal corpo, e fissò l'acqua scorrere giù dallo scarico. Sputò quella che era rimasta nella sua bocca, abbassò poi la manopola del rubinetto, godendosi quei pochi secondi di gelo, prima di uscire e sbattersi addosso un asciugamano. Abby, nell'altra stanza, doveva aver trovato ciò che cercava, perché i suoi passi non vibravano più nell'aria.
Si asciugò in fretta e indossò quei pochi indumenti che aveva trovato. I boxer le stavano decisamente larghi, ma erano comodi; la canotta era più simile ad una camicia da notte.

«Non sono tuoi, vero?» chiese Abby non appena la vide, indicando i vestiti.
«Sì, invece» scherzò, ma la bionda sembrò crederle. «Sono di mio padre. Lui vive, o viveva qui. Non ho idea di dove sia, al momento»
«Ah» sembrò scusarsi con uno sguardo. «Sei preoccupata per lui?»
«Spero stia marcendo nelle fogne, sotterrato da una mandria di ratti puzzolenti» le sorrise con durezza. «Nel migliore dei casi»
Abby non replicò, ma accettò il paio di boxer e la canotta che Brianna le porse, rifugiandosi in bagno.

Brianna rise quando udì l'urlo dell'altra, sotto la doccia. «Bry! È fredda! CAZZO SE È FREDDA!»
Mangiò una barretta energetica e finì la bottiglia d'acqua che Abby aveva lasciato aperta sul tavolo, in cucina. Si sdraiò di nuovo a letto, aspettando l'altra.

«Erano le 6 esatte, quando i topi sono usciti dai tombini» spiegò la bionda, non appena l'ebbe raggiunta. Brianna non poté non posare gli occhi sulle sue gambe ancora una volta. A dire il vero, lo sguardo si fece il tour completo su tutto il corpo della ragazza.
«Quindi?»
«Non lo so. Potrebbe non essere un caso. Sono quasi le 6» precisò dando un'occhiata veloce al suo orologio da polso.
 
Sospirò. «Che cosa proponi fare?»
«Stare all'erta? Nulla di che, solo vedere cosa succede...»
«Ok. Domani avremo bisogno di un piano»
«Sei tu quella intelligente...»
«Proviamo ad arrivare vive al negozio di alimentari qui vicino, cerchiamo cibo e qualsiasi altra cosa utile alla sopravvivenza. Poi vedremo di trovare altri superstiti»

Abby scoppiò a ridere, prima di sdraiarsi di fianco all'altra, sul letto.
«Che ti prende? Per una volta stavo parlando seriamente...» si lamentò Brianna, un po' delusa.
«È solo che... sembri così a tuo agio, nonostante tutto» tentò di spiegare l'altra. «Sicura di non aver già vissuto un'invasione di zombie, magari qualche anno fa o in una vita precedente?»

La mora le posò addosso uno sguardo e sorrise. Forse, aveva trovato il suo vero campo di battaglia. Era sempre stata una ragazza organizzata; quel tipo di persona che, in ogni situazione, non esita un secondo e riesce sempre ad imbroccare la scelta giusta. Si chiese se, ironicamente, non fosse nata proprio per quello.

«6:00» annunciò la bionda.



 
Heyy! Come state? Spero benone!
Grazie, grazie, grazie a tutti. Perché? Beh, per essere arrivati fino a qui e continuare a supportare la mia storia. E poi boh, mi andava. È un pomeriggio un po' così; ho tante cose da fare e poco tempo, ma qualche minuto per pubblicare un nuovo capitolo e scriverci sotto delle paroline è bene spenderlo :)
I prossimi capitoli saranno principalmente d'azione (come forse avrete intuito dall'ultima riga, spero abbia creato un po' di suspance), quindi aspettatevi avventura e pericolo. Se vi va, lasciate un piccolo commento per farmi sapere cosa ne pensate.
Giuro solennemente di non avere buone intenzioni di aggiornare entro la fine di questa settimana!
Alla prossima! :)

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Capitolo 11
*** C. 11 - Più buio di ieri ***


Capitolo 11: Più buio di ieri


Abby fissava ancora il quadrante dell'orologio, ansiosa. Sembrava passata un'eternità, quando un rumore giunse dalla cucina, facendola saltare in aria.
La compagna rise di gusto.

«Bry, taci!» aveva davvero voglia di picchiarla. «Chiunque si sarebbe spaventato!»
Non era stato altro che il rumore del frigorifero, intento a raffreddare il suo interno.
Abby fece un paio di respiri profondi, osservando la compagna ancora zitta ma con un sorriso sulle labbra. Per quanto la situazione potesse essere divertente, la bionda era estremamente seria. Non capiva come l'altra potesse comportarsi in modo così tranquillo e contenuto. E, anche se fino ad allora aveva funzionato, il suo menefreghismo avrebbe potuto ucciderle.

«Non si sente nulla...» commentò Abby, a bassa voce.
«È ancora presto» sussurrò Bry, calma ma in allerta. «Immagino che non tutti siano così incoscienti da girare a quest'ora, dopo i recenti avvenimenti»
La bionda annuì.
«Oppure non c'è più pericolo, oltre agli uomini che ieri sono stati attaccati e morsi» ragionò ancora.
Sembrò prepararsi ad esporre una nuova ipotesi, ma non ne ebbe l'occasione. Il rumore del frigo si interruppe ma, peggio, nel piccolo appartamento calarono le tenebre. Abby non perse tempo e si lanciò sulla compagna (per la prima volta...) in cerca di protezione.

«B-b-bry...» tremò. «È andata via la luce...»
«Ho visto» sbuffò l'altra, seccata forse più per la battuta appena fatta che per l'avvenimento. «Anche la corrente» e fece per alzarsi dal giaciglio.
«No, no! Dove vai?» Abby la strinse a sé, le braccia molle a causa del terrore che, sempre di più, si stava impossessando di lei.

«Prendo una candela e un accendino, torno subito» e riprovò a lasciare il letto, ma ancora una volta venne trattenuta.
«Ti prego, posso venire anche io?» la supplicò Abby.
«Sì, puoi venire anche te» sospirò Bry, dopo aver concesso la caramella tanto desiderata al bambino affamato. La bionda le si attaccò addosso come una cozza. Quasi non riusciva a camminare.

Quando si fermarono, dopo una decina di passi, Abby sentì l'altra armeggiare con alcuni sportelli, fino a che una fiammella non illuminò il suo viso concentrato. Aveva trovato l'accendino e, dopo aver acceso ben due candele, lo lasciò sul tavolo, a portata di mano. Ora, il buio era un po' meno rado.
«Dovremmo risolvere il problema» bisbigliò, pensierosa.

«Che diamine vuoi fare?»
«Potrebbe essere semplicemente saltata la corrente... sai è normale. Capita, a volte»

«Succede quando c'è un sovraccarico! E qui non abbiamo fatto un bel niente!» Abby si sforzò per non urlare.
«Ascolta, c'è una centralina alla fine del corridoio. Posso andare a controllare, se si tratta di un comune sbalzo di energia sarà sufficiente alzare un paio di leve» la rassicurò. «So come fare, e nel giro di pochi minuti sarò di nuovo qui»
«Neanche per sogno, è troppo pericoloso!» anche nell'oscurità, il nervosismo della ragazza si propagava alla perfezione.
«Hai qualche alternativa? Vuoi restare al buio per tutta la notte?»

Abby, al solo pensiero, tremò. Chiaro, non aveva smesso di tremare dallo spavento iniziale, ma tremò di nuovo. «Almeno, non andare da sola. Fammi venire con te, posso darti una mano»
L'altra rise di gusto. Ma non era una risata scherzosa, non era successo di nulla di divertente. Era una risata che, percepì la bionda, conteneva in sé rabbia e forse un pizzico di disperazione.

«Tu? Aiutarmi?» la schernì Bry. «L'unica cosa utile che puoi fare è rinchiuderti in bagno, e aspettare che io risolva la situazione. Non è quello che hai fatto fino ad ora?»
Il volto della mora non era lo stesso che Abby ricordava, lì al buio. Forse era il momento, ma pareva che le tenebre avessero rivelato ciò che era realmente: una persona sola, totalmente autosufficiente e, in alcuni casi, cattiva.

La bionda non se la sentì di obiettare. Aveva ragione, e si fece da parte.
«Voglio solo che tu rimanga qui, al sicuro» aggiunse Bry, in tono di scuse, ma l'altra aveva già raccolto una candela dal tavolo, dirigendosi verso il bagno. Sbatté la porta alle spalle, mentre diverse lacrime rigavano il suo volto.
 

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Capitolo 12
*** C. 12 - E luce fu ***


Hey! Vi rubo solo un secondo, prima di lasciarvi alla lettura di questo capitolo.
Partiamo dal fatto che mi dispiace. Ho impiegato oltre un mese e mezzo per aggiornare la storia, e non ho alcuna scusa convincente da presentarvi.
Si sono alternati giorni troppo felici perché volessi dedicarmi alla pubblicazione del capitolo, altri troppo complicati perché avessi anche solo voglia di alzarmi dal letto. Ho scritto pezzi che tuttora ritengo davvero belli, anche se magari ancora incompiuti, altri che non ho potuto fare a meno di cestinare subito dopo averli terminati, da quanto li ritenessi insoddisfacenti.
E non ha nemmeno senso parlarne (allora perché l'ho accennato? ipocrisiaaa), sono solamente fatti personali e molto probabilmente banali ma che hanno segnato queste mie ultime settimane, e di certo influenzato la mia inesistente costanza nel portare avanti un progetto.
Ora che sto meglio mi sento pronta a riprendere in mano la storia, prometto che mi impegnerò a fondo in questa storia.
Vi auguro una buona lettura! A presto :*


 
Capitolo 12: E luce fu
 

Brianna, per la prima volta negli ultimi giorni, era spaventata. Non dagli zombie, non dai topi, non da qualsiasi cosa sarebbe successa non appena avesse aperto la porta di casa, munita di scopa per difendersi e candela. Aveva paura che Abby la lasciasse sola. L'aveva ferita, lo sapeva. Lo sapeva in quel momento, come prima di pronunciare quelle terribili parole. Ma non c'era altro modo per evitare che la seguisse.

Il corridoio era silenzioso e, ovviamente, buio. Molto buio. La luce della candela non faceva altro che proiettare ombre strane sulle pareti, e di certo non dalle forme simpatiche. Brianna socchiuse la porta alle sue spalle, incamminandosi velocemente verso la centralina. Non era altro che un insieme di piccole leve, distinte dal numero di appartamento. Non sapeva nemmeno a cosa servissero realmente, "salvavita" dicevano, interrompevano i contatti quando necessario. Comunque, l'importante era che trovasse quella benedetta centralina e alzasse quelle dannate leve. Voleva solo darsi una mossa per tornare nel suo appartamento, e scusarsi con Abby. Inoltre, si sentiva terribilmente a disagio, lì fuori con quei larghi boxer.

Svoltò l'angolo e, dopo pochi passi, spalancò lo sportello del pannello.
Come sospettava, erano tutte abbassate. Ci mise diversi secondi per scorrere con il dito tutte le leve, fino a trovare le due del suo appartamento. Impiegò un attimo per concedersi un ghigno soddisfatto, ma dovette immobilizzarsi subito dopo. Rimase in ascolto per alcuni secondi, prima di capire cosa fossero quei suoni acuti che percepiva: squittii. Possibile che i topi fossero arrivati fino al 28esimo piano del grattacielo? "" risposero i suoi occhi, dopo aver avvistato almeno una decina di ratti a qualche metro di distanza. Puntavano verso di lei e squittivano con malignità. Gli occhi rossastri e luminosi erano più potenti di qualsiasi candela, e sembravano davvero illuminare il corridoio.
Brianna avrebbe comunque preferito il buio.

Con un movimento lesto, alzò i due interruttori, sperando che servissero a riportare la corrente dove ora stava Abby. Oh, Abby. Doveva tornare da lei. Doveva farsi perdonare.
 
La ragazza scattò, ma dopo pochi passi andò a sbattere contro il muro. Il corridoio era finito. Prese a pugni la porta che si trovava di fianco, sperando di romperla in qualche modo. Non aveva nemmeno il suo coltellino con sé: scassinarla sarebbe stato impossibile.

«Ok, ok» sussurrò sciogliendo le spalle e brandendo la scopa, saltellando sul posto per scaldarsi. Non aveva via d'uscita. «Fatevi avanti»
Nel frattempo, altri topi erano arrivati, per unirsi ai festeggiamenti. La fissavano tutti con i loro sguardi molesti, pronti all'attacco.

«Cos'è, avete paura?» Brianna si chiese perché cazzo stesse facendo ironia. E perché stava parlando con quelle bestiacce? Era più forte di lei. «Anche io ne avrei, fossi in voi»
I primi due ratti saggiarono il terreno. Si lanciarono verso di lei a mo' di kamikaze come aveva già visto fare, e la ragazza riuscì a colpirli con la scopa, scagliandoli addosso alla porta che prima aveva colpito. «Non sapete fare di meglio?»
Le bestie esitarono. Anzi, decisero di esitare. Sembravano così organizzate, così coscienti. Si avvicinarono lentamente.

«Hey, via... Sciò!» Brianna sbatté la scopa a terra, ma non riuscì ad intimorirli. Anzi, più i secondi passavano, più la distanza tra lei e dentini velenosi diminuiva, più lei si sentiva messa alle strette. Più la sua capacità di difendersi precipitava verso lo zero. Schiacciò due topi che stavano in testa al gruppo, ma tutti si avvicinavano compatti. Quando si concesse alla sconfitta, una piccola luce arancione balenò verso di lei. Fu come osservare la scena fuori dal suo corpo e al rallentatore. Si sentì uno spettatore, seduto su di una poltroncina del cinema come aveva fatto solo poche volte nella sua vita. In un certo senso, fu straordinario. Percepì un piccolo click e poi tutto, di fronte a lei, divenne una grande fiammata.

Chiuse gli occhi per istinto, parando il volto con le braccia. Quando si decise a sciogliere la posizione di difesa, i ratti se ne stavano a terra, carbonizzati e fumanti. In fondo al corridoio, a pochi passi da lei, Abby teneva in mano una bottiglietta di deodorante spray. Fissava la carneficina e l'accendino, ancora a terra tra i piccoli cadaveri. Aveva usato la fiamma per dar fuoco allo spruzzo del deodorante e, Brianna dovette ammetterlo, probabilmente salvarle la vita. Probabilmente.

La mora si rivolse di nuovo verso la centralina, accendendo la luce del corridoio, e seguì la compagna, ancora imbronciata, nell'appartamento.
«Grazie» sussurrò, non appena si trovarono al sicuro.
 
«Ne parliamo domani. Non ce la faccio, adesso» rispose l'altra, prima di gettarsi da una parte del letto e addormentarsi. Era così bella, arrabbiata e non. Quando dormiva, e pure da sveglia. Si era dimostrata quasi utile, pensò Brianna, sottovalutando scherzosamente la situazione in cui si era appena cacciata. Se non fosse stato per Abby, a quell'ora si sarebbe già trasformata in un mostro.
Sorrise tra sé e sé, adagiandosi di fianco alla compagna.

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Capitolo 13
*** C. 13 - Alla ricerca di provviste ***


Hey! Un ringraziamento a coloro che hanno aggiunto questa storia alle seguite o addirittura alle preferite: grazie di cuore!
Ne approfitto per augurarvi buona Pasqua, tante uova di cioccolato e tanta felicità in questi pochi giorni di "vacanza".
Siete sempre invitati a lasciare una recensione, che sia di poche parole o tante critiche (costruttive, sia chiaro :P)
Vi lascio al capitolo... via!


 
Capitolo 13: Alla ricerca di provviste
 
Abby aveva sempre amato dormire. Era il suo unico modo per uscire dal mondo, staccare la spina. Neanche la musica ci riusciva. Per questo, ogni volta che ne aveva la possibilità, dormiva per ore.
Il suo viso era ancora umido dalla notte precedente. Bry, non più in boxer e canotta ma vestita di pantaloncini e t-shirt, stava raccattando borse e zainetti. Ricordò che, quel giorno, avrebbero raccolto provviste.

Grugnì (ormai era un'abitudine, appena svegliata) e si alzò piano dal letto, senza degnare la ragazza di uno sguardo. Era ancora scossa dalle sue parole.
Si vestì in fretta e, assieme, entrarono caute in ascensore.
«Tutto bene?» sentì Bry sussurrare. Fissava il suo riflesso metallico sulle porte della cabina.
«Ah-am» annuì con indifferenza.

La mora sospirò sonoramente. «Ti devo delle scuse»
«Non voglio parlarne» sbraitò Abby. Sì che voleva parlarne, cazzo. Voleva che Bry si gettasse ai suoi piedi, voleva che si scusasse, voleva che le facesse i complimenti per il lavoro svolto. Le aveva salvato la vita, dopotutto. Eppure, fare la "preziosa" era più forte di lei.

«Hai detto che ne avremmo parlato oggi» scherzò l'altra, ma non aveva riso né sembrava volerla prendere in giro.
«La giornata è lunga, sono appena le 8 di mattina» chiuse il discorso con un'occhiata all'orologio.

Uscirono dall'ascensore; Abby si sistemò lo zaino che portava in spalla, pieno di ulteriori sacchetti. Bry aveva un carico molto più pesante.

«Ok» la mora si schiarì la voce. «Il negozio non è lontano, possiamo farcela a piedi. Nel caso, possiamo sempre inventarci qualcosa»
«Magari tu puoi inventarti qualcosa» ecco, l'aveva fatto. Il cuore, ancora una volta, aveva agito prima del cervello. Ammesso che ne avesse uno. Sentiva le lacrime salire, di nuovo. Strinse i denti.
«Abby... l'ho detto solo per farti restare dentro, al sicuro. Non lo intendevo sul serio»
«Sì invece» sorrise amaramente, e una lacrima sfuggì al suo controllo. Ciò che la turbava di più non erano le parole di Bry, ma il fatto che fossero terribilmente vere. E il gesto "eroico" della sera precedente era stato solo un caso.

«No» ripeté la mora. Abby percepì il suo sguardo su di sé, ma non si voltò. Anzi, qualcosa in fondo alla strada attirò la sua attenzione.
«Zombie?» chiese, tra sé e sé, indicando le diverse figure poco lontane da loro.
«È strano, sono tante e se ne stanno lì, ferme» ragionò Bry. «Se sono mostri, dobbiamo andarcene, subito. Sono troppi anche per noi»
«Per te» la corresse Abby.

Sentì l'altra ridere amaramente. «Sai che ti dico? Fai quel cazzo che ti pare. Quando vorrai parlare da persona civile, sarò qui ad aspettarti. Ora come ora, per me vali zero» e si allontanò, verso il gruppo di uomini.
Abby non si aspettava una risposta tanto diversa. Si sentiva così stupida.

La seguì a pochi metri di distanza. Era troppo scossa anche solo per pensare.
«Hey!» gridarono quelli che, notarono, erano proprio uomini. Otto, per la precisione, otto sopravvissuti.
Bry alzò la mano in segno di saluto, mentre la compagna si dimostrò molto più entusiasta. «Ciao!» finalmente non era più sola con la mora.

Gli uomini erano di certo preparati ad un attacco imminente. Uno di loro era armato di ascia, due imbracciavano un fucile. Avrebbero potuto affrontare senza troppi problemi un gruppo di zombie.
Bry, invece, non aveva nemmeno avuto la decenza di portare la scopa.

«State bene? Siete ferite?» il primo uomo con il fucile si fece avanti. «Io sono Carl. Voi?»
«Tutto bene. Io sono Abby» gli sorrise. «Lei è Brianna» aggiunse con una smorfia.
«Bry» la corresse l'altra, fino ad allora muta come un pesce.
«Piacere ragazze. Stavamo facendo un giro nei dintorni, venite con noi? Qual era il vostro programma?»
«Stavamo per fare un salto al negozio...» Bry le rifilò una gomitata tra le costole, ma l'altra rispose con uno sguardo truce. «Al negozio di alimentari qui vicino» e indicò un'insegna in fondo alla strada.
«Oh, a fare provviste?» commentò Carl, chiamando a raccolta il gruppo. «Perché no? Forza ragazzi»
E tutti, compresa la bionda, si avviarono verso il palazzo.
Solo Bry se ne stava in fondo alla comitiva, nervosa. Abby non ci fece caso. Si sentiva finalmente libera dalla sua influenza.

Era più che evidente che il negozio fosse stato letteralmente assalito dai topi. Chissà quante persone si erano rifugiate lì dentro, la prima sera. Chissà quante erano diventate dei mostri.
Gli scaffali sembravano a posto, anche se molti prodotti erano sparsi qua e là nel sudiciume.

«Secondo voi, quante persone ci sono ancora vive, là fuori?» chiese Abby a tutto il gruppo, ma rivolta a Carl.
«Spero molte. Sono alla ricerca di mio fratello, ancora là fuori da qualche parte» sospirò lui, con un velo di malinconia a coprire la voce. «Più siamo, meglio è. Dobbiamo resistere»
 
Abby poteva leggere il suo dolore, lo vedeva uscire dagli occhi, da ogni parola che l’uomo pronunciava. E poteva perfino capirlo, perché non appena il pensiero di sua madre, sperduta chissà dove e magari in pericolo, le sfiorava la mente, trattenere le fitte amare che le perforavano il petto era sempre più difficile.

Alcuni uomini aprirono sacchetti di patatine e croccantini a buffet, altri si infilavano piccoli oggetti in tasca mentre la bionda riempì la prima borsa con torce e uno spray urticante al peperoncino. Bry passeggiava tra gli scaffali, pensierosa o forse in allerta. Non si stava dando da fare. Che volesse lasciare a lei il compito di riempire le borse, per farla sentire utile? Non ebbe il tempo di pensare ad una possibile risposta.

Un mostro fece capolino da una porta, in fondo al discount, ma l'uomo più vicino (quello con l'ascia) gli conficcò l'arma nel cranio. Sorrise agli altri, in quella buffa posizione, quando lo zombie, prima di cadere a terra, afferrò il suo braccio sinistro. Gli piantò le unghie nella carne, facendolo urlare dal dolore.

Il tempo si fermò. L'uomo si guardò intorno, prima con occhi lucidi e coscienti, poi sempre più rossi e vuoti. La pelle assunse un colore più olivastro, sbavò un quintale di saliva sul pavimento. Puntò verso Abby.
 
La ragazza non fece a tempo a voltarsi che Bry era su di lei: la spinse indietro, lontano dal mostro, che però aveva preso a camminare. La gettò verso l'uscita assieme agli altri, mentre lei rientrò nel negozio.
«Che cazzo stai facendo?!» le urlò dietro la bionda, ma l'altra non rispose. Intanto, era diventata il nuovo target della creatura.

Degli spari attirarono l'attenzione di Abby. Solo allora, si accorse che erano circondati. Sembravano ovunque. Bry, nel frattempo, era uscita dal negozio brandendo l'ascia sporca di liquido celebrale con una maestria innata. «Facevo baseball, da piccola» sorrise con arroganza. Anche la compagna fu costretta a sorridere, con uno sbuffo.

Nonostante tutto, i fucili si erano rivelati utili. Gli zombie cadevano uno dopo l'altro, anche se non abbastanza velocemente. Dovevano essere colpiti al cervello, e i due uomini non avevano di certo una mira perfetta.
Bry si parò di fronte ad Abby (che novità) e sembrava perfino divertirsi, mentre combatteva contro l'orda di mostri. Il loro lato andava alla grande. La bionda si sentiva al sicuro, dietro la compagna, e gli zombie rimasti erano ormai pochi.

Un uomo venne ferito. Due, tre. Un fucile a terra, e tre nuove paia di occhi da cui difendersi, ma dopo poco caddero tutti quanti. Avevano vinto.
Bry respirò profondamente, aveva bisogno di riprendere fiato.

Anche Carl sembrava scosso. «Bel lavoro, ragazzi» si congratulò, prima di assumere un'espressione cupa. «Ma siamo in troppi, per i miei gusti... troppi possibili bersagli, e due nuovi possibili zombie. Non troverò mai mio fratello, in questo modo» sussurrò, osservando i pochi uomini rimasti e le due ragazze. Puntò il fucile verso Abby.

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