Il sapore della Ribellione

di Noeru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***
Capitolo 17: *** XVII ***
Capitolo 18: *** XVIII ***
Capitolo 19: *** XIX ***
Capitolo 20: *** XX ***
Capitolo 21: *** XXI ***
Capitolo 22: *** XXII ***



Capitolo 1
*** I ***


Era stata un'estate diversa dal solito, quella del 2016.
Innanzitutto era riuscito a vedere i suoi compagni di squadra per un tempo più breve del solito, ovvero quell'infernale settimana a Rimini durante la quale aveva capito di detestare le sbronze e la musica elettronica, contrariamente alla maggior parte dei ragazzi della sua età.
Grande assente delle vacanze era stato Ralf, il quale aveva fatto la scelta più saggia di trascorrere le settimane più calde in Norvegia assieme ad Henriette.
Ma niente di tutto quello c'entrava: il Regno Unito era prossimo ad uscire dall'Unione Europea.

E i suoi genitori erano tra le persone favorevoli a ciò.
"Ma Signor Padre…" Aveva detto Andrew quando lo aveva scoperto: "I miei amici? Ralf, Olivier e Gianni? E i rapporti con i signori Tornatore, Boulanger e Jurgens?" non riusciva a crederci.
"è tutto sotto controllo" aveva risposto Sir Stuart, accendendosi la pipa senza guardarlo negli occhi: "E comunque un giorno capirai. Quando sarai più grande!" "Abbiamo votato perché ci teniamo al tuo futuro!" Aveva aggiunto Lady Elizabeth, accesa sostenitrice della Brexit: "Vedrai che andrà tutto per il meglio! Se ti viene da pensare male è perché sei troppo giovane per capire la politica!" Anche lei lo aveva liquidato in tutta fretta perché aveva un tè con alcune delle sue noiose amiche.
Ma cosa poteva capire lei di politica se nella vita si era solo preoccupata di scegliere quale cappellino mettere fino a che non si era sposata, peraltro con suo cugino?

Quelle parole non lo avevano tranquillizzato per niente.
Il suo posto nella squadra europea di Beyblade era compromesso?

Poteva immaginarsi Ralf tirare un sospiro di sollievo e Gianni ed Olivier festeggiare perché l'insopportabile, antipatico Andrew se ne andava e poi sempre l'italiano su un manifesto in cui, con un sorriso convinto e l'indice puntato verso chi guardava, pubblicizzava un'audizione rivolta ai bladers desiderosi di sostituirlo.

Andrew richiuse la bottiglietta d'acqua e trascinò la sacca delle mazze alla buca successiva.
La diciottesima; l'ultima.
In un solo colpo la pallina vi finì dentro: "Complimenti, Signorino McGregor! Diciotto su diciotto!"
Il suo maggiordomo, Harvey, segnò il punteggio e si accinse a prendere l'attrezzatura del giovane scozzese.
"No, faccio da solo!" Sapeva quanto teneva a quel costoso materiale e si limitò a precederlo per aprirgli la porta.
Arrivati alla Rolls-Royce lucida e nera in attesa fuori dall'esclusivo club, si mise alla guida mentre Andrew guardava
fuori dal finestrino.
Era uno dei suoi rari momenti di riflessione: gli piaceva davvero essere stato lì?
Non se lo stava chiedendo per la prima volta.
Un tipo impulsivo e indomito come lui preferiva di gran lunga attività più dinamiche, quali il tennis ed il Beyblade.
All'interno del suo neonato team era Ralf quello tutto concentrazione e nervi saldi.
Tuttavia impugnava la lunga e sottile mazza senza fare storie da ormai dodici anni e nei finesettimana accompagnava suo padre a disputare tornei amatoriali insieme ad altri industriali, Lord e nobili decorati da Sua Maestà la Regina.
Harvey frenò di fronte ad una lussuosa sala da Tè, risvegliandolo di colpo dai suoi pensieri.
Seduto al tavolo, il rampollo ordinò un'infusione speziata e lasciò la sua coscienza fluire: erano tutto i soldi? Si fosse trovato nel periodo antecedente all'incontro con i Bladebreakers certamente avrebbe detto di sì, ma loro non c'entravano niente.
Nemmeno Kai preso da solo.
A mettere in dubbio tutte le sue convinzioni era stata una sfida terminata in parità contro al blader svedese Lars Eriksson.
Molto più di un semplice duello; una vera e propria performance nella quale l'avversario aveva messo un immenso sforzo accuratamente nascosto dietro la naturalezza con cui le sue dita correvano su e giù lungo il manico di una Flying V blu elettrico e ne strimpellavano le corde facendola cantare.
Gli erano rimasti impressi il suo esile e lentigginoso coetaneo, la sua trottola in perfetta sincronia con la musica e la sua castana chioma folta e liscia in continuo movimento illuminata dalle luci in tutte le sue sfumature.
Non era al corrente delle sue ricchezze ed era certo non aveva titoli nobiliari, ma era una figura in ascesa.
Merito dei sacrifici per la sua arte.
"Un'altra tazza di tè? La vedo sovrappensiero"
Gli si rivolgeva ancora formalmente, nonostante con la sua giovane età, Harvey avrebbe potuto essere il fratello maggiore di Andrew.
Era stato assunto dai McGregor come maggiordomo, ma in verità si occupava solamente di portare il ragazzo agli allenamenti e alle gare sportive. Non aveva tutti gli incarichi di Johann, ovvero il maggiordomo degli Jurgens che doveva anche accogliere gli ospiti, rispondere alle telefonate, prendersi cura del castello in assenza dei padroni e coordinare uno stuolo di altri inservienti, essendo il più anziano servitore della famiglia.
Harvey era l'ultimo arrivato e riceveva dai colleghi scarsissima considerazione.
"No grazie" Il blader lasciò il denaro sul tavolo: "Possiamo pure andare"
L'automobile costeggiò un muro in mattoni rossi sparso di poster raffiguranti quattro individui abbigliati in maniera del tutto informale: camicie sbottonate in fantasie improbabili, magliette stropicciate con loghi o scritte ignoranti, giacche di pelle, jeans stinti risvoltati ed anfibi consunti.
Aveva maggior risalto un uomo con un folto ciuffo rosso ribelle, lo sguardo provocatorio e il dito medio censurato.
Ai loro piedi era chiaramente leggibile la scritta LIBERTY in nero su sfondo rosso.
"è una foto loro oramai datata. Sono sul finire dei trent'anni di età e si sono dati una regolata, ma i loro primi album erano parecchio irriverenti" Harvey era un grande fan dei principali gruppi rock del panorama britannico. Aveva da poco rimpiazzato l'anziano Hugh dopo quarant'anni di onorato servizio presso la magione McGregor, rivelandosi molto professionale ed efficiente a dispetto della sua giovane età.
Tanto che concordava con l'industriale Stuart permessi speciali ogni qualvolta una delle sue band preferite capitava a Glasgow;
Andrew non aveva mai mostrato un particolare interesse verso gli artisti in voga al momento. Nella scuola femminile di fronte alla sua le ragazze erano quasi tutte perse marce dietro ad insulsi complessi pop e cantanti donne più belle che brave.
Harvey continuò a raccontare infervorato: "Lui" riferito al rosso: "si chiama Liam Rixton ed è il principale paroliere e compositore, cantante e chitarrista, nonché più irruento del quartetto. Gli altri invece sono Gad Thomas Auerbach al basso, il batterista Dan Lewinsky ed il secondo chitarrista Jed Clarke" In ordine venivano un ragazzo dai folti ricci neri e la pelle colorita dal sole, un esile biondo con i capelli rasati sul lato destro e tinti di turchese acceso, ed un individuo di statura bassa con un caschetto castano chiaro ed un paio di occhiali da nerd squadrati verde lime.
A mezzanotte il golfista digitò il nome della band su internet. Era l'ora più sicura in cui farlo; il rock era anticonvenzionale, pertanto era bandito dalle mura di casa McGregor insieme all'arte non classica e qualsiasi altro possibile stravolgimento delle norme vigenti in quell'immensa villa.
La camera di Andrew era tenuta in ordine perfetto da un gruppo di camerieri e soltanto la cassetta contenente il suo beyblade coi pezzi di ricambio e i lucenti trofei di tennis e golf erano gli oggetti a lui appartenenti.
Il resto erano mobili risalenti all'epoca vittoriana conservati perfettamente ed un ritratto di famiglia appeso sopra al letto.
Sir Stuart McGregor, baffi a manubrio e pànama; sua moglie Elizabeth, un vistoso cappello verde pistacchio intonato ad un leggero vestitino del medesimo colore e al centro lui, sorriso forzato e abbigliamento fresco di sartoria.
Forse l'unica nota stonata del quadro.

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Capitolo 2
*** II ***


"Signorino McGregor! La colazione è pronta!" Andrew si tirò la trapunta fin sopra i capelli spettinati.
Avrebbe preferito di gran lunga starsene lì sdraiato e riprendere l'ascolto dei LIBERTY da dove lo aveva interrotto quando, alle due e mezza di notte, nemmeno un litro di caffè lo avrebbe tenuto sveglio e leggere curiosità sui quattro musicisti, lasciandosi trasportare in un viaggio nelle loro terre d'origine dalle Blue Ridge Mountains e le distese sconfinate a misteriose chiesette nel profondo di foreste polacche passando attraverso gli stretti vicoli della magica vecchia Praga per tornare a Edimburgo, dove si erano intrecciati i destini di un giovane ebreo, un nerd, una promessa del pattinaggio sul ghiaccio ed un reietto ribelle, dando vita ad un gruppo fra i più curiosi ed eclettici del panorama rock alternativo il cui nome derivava dal concetto di aree non governate fuori dalle mura londinesi nell'era elisabettiana; spazi di esilio e licenza, trasgressione e controcultura che diedero i natali ad un teatro in opposizione ai poeti cortigiani.

La voce giovanile, graffiante e schietta di Liam Rixton che cantava la frustrazione dovuta ad un tradimento subito, la solitudine insopportabile e la rabbia provocata dall'ipocrisia della gente circostante oppure denunciava il disagio nei quartieri operai e il divario fra gli abbienti e i non gli era già rimasta impressa nella memoria, ma lui voleva ripassare quei testi come se fossero materiale da interrogazione.
Svogliatamente scese in sala da pranzo e spalmò un toast di marmellata d'arance.
"Tutto bene?" Harvey gli versò una tazza di tè.
"Sì..." Si limitò a rispondere Andrew; dentro moriva dalla voglia di iniziare una lunga conversazione sulla band appena scoperta, ma temeva sarebbe giunto alle orecchie dei suoi genitori.
Il maggiordomo non faceva parte della famiglia; lui sì.
Fu uno dei primi svantaggi dell'appartenere ad una casata facoltosa a venirgli in mente.
Gianni era l'unico degli European Dream ad avere gusti musicali un attimo più contemporanei.
Non avendo un'etichetta così rigida a cui attenersi andava persino a serate in discoteche e club sulla riviera con DJ di fama internazionale.
Il giovane golfista era stato con lui ad una di quelle feste e si era preso una tremenda sbornia nel vano tentativo di combattere la noia, ritrovandosi un tremendo cerchio alla testa il giorno successivo.
Olivier e Ralf al contrario ascoltavano solo musica classica oppure medievale nel caso del tedesco, il quale aveva allargato i suoi orizzonti da quando si era fidanzato con una violinista norvegese dello stesso team di Eriksson.
Si aspettava di vederlo prima o poi in nero dalla testa ai piedi, con qualche tatuaggio o una strana tintura alla chioma; erano tutti musicisti in quella squadra e vestivano in maniera simile ai Liberty nei primi anni 2000
Del resto Liam affermava le canzoni d'amore erano spesso scontate e aveva composto pezzi senza voce dedicati ai suoi tre amici, aggiungendo ai classici chitarra, basso e batteria strumenti quali armonica a bocca, clarinetto e altri tipici della musica folkloristica americana, ebraica e slava.
Mentre indossava l'uniforme scolastica programmò un salto in qualsiasi negozio di CD nel pomeriggio libero.
Frequentare uno dei migliori istituti in tutto il Regno alla fine non era questa gran cosa dal suo punto di vista.
Ringraziava gli sport praticati ad alto livello avessero impedito il suo trasferimento in un collegio avente convitto: sarebbe stato ancora più solo e avrebbe dato in escandescenza.
Molti ragazzi della sua classe adoravano prendersela coi coetanei delle scuole meno prestigiose ed erano orgogliosi d'essere parte del Worthington, rinomato comprensivo maschile nel quale vigevano la legge del più ricco e del più forte, dalle quali Andrew era stato sporadicamente toccato; erano consapevoli fosse un ragazzo difficile e temevano Sir Stuart avrebbe sollevato un polverone a scoprire il suo unico erede veniva maltrattato.
Nonostante ciò, alcuni compagni dall'inizio di Settembre lo sorvegliavano con occhiatine poco benevole, non stavano in silenzio se lui aveva qualcosa da dire e alle riconsegne dei compiti in classe aspettavano trepidanti il suo risultato con lo scopo di dargli del secchione o credersi premi Nobel a seconda di esso.
Prese posto in fondo, col fine di non essere richiamato nel caso la testa gli fosse finita sul banco.
Durante la lezione di matematica abbandonò ogni speranza di imparare nuove nozioni e scribacchiò giusto per fingere un interesse minimo:

"I Don't need your compassion
Your attention Your commiseration"


Al suono della campanella si fiondò fuori dalla cancellata: "Torno a casa da solo! Ci metterò un po' di più!" A casa nessuno rispose.
Raggiunto il centro si addentrò in un vicolo e prese una porta alla sua sinistra sormontata da un'insegna costruita in vinili.
"Buongiorno..." Prese confidenza con il concetto dei bladers nordici di "Parco dei Divertimenti": C'erano diversi scaffali traboccanti in CD e poster di
famose band appesi alle pareti.
Alcune erano simili ad Eriksson e soci: capelli lasciati crescere disordinatamente, abiti neri strappati e borchie.
Altre avevano il nome in un artwork psichedelico disegnato appositamente.
La maggior parte mai sentite nominare.
In mezzo a tutte quelle immagini c'erano i LIBERTY, il dito medio di Liam e le espressioni trasognate dei tre restanti elementi.
Il proprietario lucidò gli occhiali nella maglia raffigurante quattro figure stilizzate intorno ad un sottomarino giallo
"Che hai da guardare?!" Sputò fuori Andrew
"Fra i miei clienti sei il primo allievo dell'Istituto Worthington" Spiegò il venditore senza perdere di vista lo stemma ricamato sulla giacca verde del ragazzo: "Come posso aiutarLa? LIBERTY ?"
Gli aveva rubato le parole di bocca.
Tornò ansimante, portando una pila di confezioni in plastica: "Altrimenti c'è un greatest hits uscito lo scorso anno..."
"No!" Ribatté il giovane, il portafoglio già pronto a pagare l'intera discografia.
"Tra una settimana dovrebbe uscire il quinto album...Forse verranno in città ad esibirsi...Abbiamo anche poster, magliette, tazze e non unicamente loro..."
Avere quel sacchetto tra le mani era più eccitante di qualunque trofeo tennistico o golfistico.
"Aspetta, ragazzo!  mi ricordi troppo Liam!"
La sua voce risuonò in lontananza.

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Capitolo 3
*** III ***


Osservò meglio il poster acquistato pochi giorni fa.
Gad Thomas impugnava un arco e lasciava vedere sei centri perfetti, tre frecce per due bersagli; il tiro con l'arco era il suo sport preferito ed era nato sotto al Sagittario.
Nel riquadro sottostante, Jed osservava con fare scientifico un teschio appartenuto a qualche grosso bovino all'interno di un saloon degno del migliore film western. I suoi genitori erano due americani partiti per l'Europa in cerca delle loro origini.
Dan si mostrava di profilo abbagliato in un leggerissimo completo azzurro cielo che esponeva la schiena. Non aveva più la rasatura laterale da lui descritta come un "periodo buio della vita" e i capelli erano raccolti in una fluente coda a spina di pesce.
Per ultimo, Liam emergeva da una cupa stanza riccamente decorata e arredata, esponendo il braccio destro ricoperto di tatuaggi fra i quali spiccavano uno scorpione sulla spalla ed un cerchio infuocato appena sopra al gomito.
L' immagine era appena stata attaccata alla tappezzeria bordeaux, intonata ai capelli suoi.
E di Liam.
Quell'uomo esprimeva tutto quello che Andrew era obbligato a reprimere.
Era nato in una delle zone più malfamate di Edimburgo e aveva impugnato una chitarra all'età di undici anni; lezioni di canto non ne aveva mai prese.
"La musica è stata la mia salvezza" dichiarava: "Senza sarei già morto, probabilmente!"
Non aveva mai conosciuto suo padre né legato con sua madre, la quale non incoraggiava affatto il suo sogno e avrebbe preferito coltivasse aspirazioni di economista, ingegnere o avvocato.
Si soffermò nuovamente sul suo folto ciuffo rosso e lo sguardo sprezzante.
In un certo senso il signor Peters, proprietario dell' "Abbey Road record store", ci aveva preso, ma era solo una vaga somiglianza fisica come quella fra Gianni Tornatore e Jens Christensen dei Northern Lights: entrambi biondi chiarissimi e ben strutturati, ma abbronzatissimo e azzurro d'occhi il primo e pallido con iridi marroni il secondo.
Uscì portandosi anche la borsa del tennis.
Per tutto il riscaldamento tenne su gli auricolari; conosceva ormai tutta la routine a memoria. Necessitava delle parole del cantante per motivarsi:

"There are times your determination isn't enough
And Life hits you harder than you can imagine"


Colpì ogni palla in uscita dalla macchinetta sfruttando le sue profonde conoscenze del gioco e cercando di riproporre mosse viste all'edizione di Wimbledon appena trascorsa.
A causa della sua passione per la racchetta Gianni gli aveva proposto di tentare un approccio con Emily.
"Ci hai forse preso per cani al parco?!" Aveva ribattuto seccato.
Oltretutto l'americana nemmeno gli piaceva a dispetto degli interessi condivisi: un'aria troppo saccente ed un accento inascoltabile che in famiglia non sarebbe stato assolutamente tollerato insieme alle sue origini non nobili.
Aveva già cominciato a fare le prime conoscenze di ragazze d'alta società alle varie feste in giardino presenziate dai McGregor.
Nessuna gli era andata a genio: Arabella aveva i denti accavallati e l'alito fetido, a Margot si leggeva in faccia l'aspirazione a riempire i tabloid del paese, Grace voleva più bene al suo equino data la loro somiglianza e Patricia era già pazza per Richard Dobbins.
Avrebbe dovuto sposarne una per mantenere il sangue nobile ead accumulare ancora più ricchezze esattamente come usava secoli fa.
Sotto la doccia altri versi gli vennero in soccorso:

"Don't try to save me
No hero is needed
I just want the flow
to captivate me"


"Signorino McGregor" mormorò Harvey: "Il signore e la signora avrebbero programmato per domani un Tè con i coniugi Wilkinson-Hidding"
I genitori di Arabella.
"Pertanto..."
"Ma non se ne parla proprio!" Sbottò il giovane padrone; si rendeva conto il guidatore non era coinvolto nella faccenda e aveva avuto l'ingrato compito di annunciarla e subire la malcontenta reazione del diretto interessato.
Un ruolo di cuscinetto dietro al quale ripararsi.
A differenza del precedente maggiordomo, Harvey si era più volte rivelato un compagno di sventure per il tennista: insieme si facevano grasse risate dei cappellini di Lady McGregor e le sue amiche, degli elaborati vestiti delle possibili fidanzate e dell'eccessiva impostazione nella voce di Sir Stuart.
Andrew lasciò cadere il borsone all'ingresso e corse in camera.
L'immagine del quartetto era scomparsa.
"La signorina vorrà di sicuro entrare!" Si giustificò Beth, La governante: "Ha la vaga idea del patrimonio che sfuggirebbe se lei vedesse quei...quei...mendicanti...?!"
"Lo impiegherebbe meglio rivolgendosi ad un bravo dentista! Non mi piacerà mai!" Sbatté la porta.
I dischi erano ancora tutti nascosti nel cassetto delle magliette.
Aspettò tutti si fossero addormentati e sgusciò fuori, strisciando lungo le pareti.
Il rumore tonante della pioggia lo aiutava a coprire i suoi passi
Attraversando il giardino umido raggiunse i bidoni dell'immondizia e, illuminando con il suo telefono, riconobbe una grossa palla accartocciata.
Liam, Gad Thomas, Jed e Dan erano in gran forma.
Li mise al riparo sotto la sua T-shirt e ritornò indietro.
Solo gli angoli erano strappati.
Il mattino dopo si risvegliò rabbrividendo.
La fronte era più calda del normale, ma un largo sorriso occupò il suo volto.





 

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Capitolo 4
*** IV ***


Nemmeno ammalato venne lasciato in pace: Beth entrava nella stanza ogni quindici minuti per assicurarsi le sue condizioni non peggiorassero e se non era lei allora un altro domestico spalancava le porte senza curarsi aprissero al delicato mondo di un adolescente.
"Basta così!" Nascose la testa sotto il cuscino.
Avrebbe voluto premerselo contro la faccia e morire soffocato piuttosto che tollerare quella ridicola parata e l'eventuale recupero del mancato appuntamento.
Solo la visita di Harvey fu di suo gradimento: "Signorino McGregor, ho pensato queste letture potrebbero distrarla dal dolore.
La prego, Le tratti con cura. Alcune le acquistai risparmiando le mie mance da ragazzino; altre mi fecero trascorrere diversi pomeriggi a rovistare tra diverse bancarelle dell'usato..."
Con poca forza in corpo, il blader sorrise riconoscente: "In cambio potresti ordinare alle cameriere di non disturbarmi?"
"Sarà fatto!" Il giovane maggiordomo era riuscito ad intuire la vicissitudine del poster e preferì non correre alcun rischio.
Andrew si immerse tra le consunte pagine di NME, Rolling Stone e Kerrang!

"Liam Rixton non si risparmia:
Il vocalist dei Liberty sui Talent Show, la progressiva digitalizzazione della musica ed i recenti casi di plagio.
Stavo perdendo le mie speranze di riportarvi quanto scritto, quando la mia giornata è stata salvata da un colpo di telefono!
Un'ora dopo nel VIP Lounge di Heathrow me lo ritrovo davanti: un po' stanco a causa del Jet-lag, ma ben disposto e soprattutto inconfondibile!


D: In questi ultimi anni la televisione sta proponendo sempre più format che prevedono sia il pubblico ad eleggere le stelle musicali del futuro.

R: Niente di più sbagliato! La maggior parte dei votanti non ha un'educazione musicale abbastanza sviluppata per comprendere chi davvero merita una carriera e sceglie basandosi solo su stile ed apparenza fisica dei partecipanti.
Screditano quindi chi ha effettivamente qualcosa da comunicare, ma non è un fottuto modello ritoccato!
Ad esempio i Pink Floyd sarebbero stati rimandati a casa: gli spettatori sono come bambini a cui fornire la pappa pronta secondo chiunque sia dietro a tale forma di intrattenimento!
E pure noi quattro avremmo avuto più difficoltà ad emergere adesso rispetto a vent'anni fa.


D: I singoli in cima alle classifiche più recenti non nascondono affatto l'assonanza a hit del passato. Soprattutto se si tratta del genere pop

R: Perché certa gente sorridente col Grammy in mano ha il nulla al posto del cervello!

A parte gli scherzi, essendo le note un numero limitato non esistono combinazioni infinite.
In quest'era è più difficile essere creativi, essendo già quasi tutto stato sperimentato i sovracitati X factor e The voice si occupano di trovare interpreti al posto di artisti e diffondono l'idea che il talento risieda solo in una bella voce mentre in verità ci vogliono anni e anni di gavetta!


D: Inoltre la musica si trova di fronte ad una crisi dovuta all'avvento del digitale

R: ricordo ancora quando trascorrevo ore alla radio in attesa della canzone che mi piaceva per registrarla su audiocassetta mentre oggi è sufficiente spotify o altrimenti digitare una strofa su youtube per trovare un singolo.
Il crollo delle vendite dei Compact Disc ha fatto ricadere la maggior parte dei guadagni sulle performance dal vivo.
Pertanto sono aumentati i prezzi dei biglietti ed i mezzi per acquistare interi settori e rivenderli illegalmente a costi ancora più elevati

..."


Questa risaliva a pochi anni fa.
Ne prese un'altra dalla copertina raffigurante un volto-collage delle facce dei quattro: un occhio di Dan, l'altro di Gad Thomas, gli occhiali di Jed e i capelli che partivano lisci e color mogano per arrivare a punte bionde arricciate.

"Quindici anni fa, sugli schermi di una MTV che ancora trasmetteva musica, facevano irruzione quattro sbarbatelli completamente diversi l'uno dall'altro -e vestiti per uccidere il buongusto- che davano il tormento ad un quarantenne reo di frequentare una loro coetanea col solo fine di pompare il proprio ego, senza amarla veramente.
Ai giorni nostri, dopo cinque album e diversi riconoscimenti, i Liberty non sono più quelli che attraversano la campagna americana a bordo di un trattore o suonano sopra un tagadà impazzito, ma né si sono adagiati sugli allori del successo né sono stati colti da crisi di mezza età improvvise...

R: "Parlando per me, ho già affrontato il mio periodo più nero e in materia di sballo ho già dato all'età giusta, ossia fra i venti e i trent'anni.
In gioventù gli errori sono naturali e giustificabili; ci si deve auto-costruire. L'importante è non ripeterli e far tesoro anche delle esperienze peggiori.
Riguardo Sugar Daddy, dubito la rifaremo dal vivo: oltre ad essere triste vedere degli ultratrentenni comportarsi come adolescenti in piena tempesta ormonale, ha un testo fuori dal tempo.
Negli anni 2000 a quarant'anni si era già vecchi mentre oggi non si ha niente da invidiare ai trentenni.
Merito della digitalizzazione e la dilagante mania della cura personale.

Ti piacerebbe ringiovanire?

R:Ho la nausea al solo pensiero.
Mi preferisco mille volte adesso rispetto a quand'ero ventenne: allora la mia vita era un autentico casino e non avevo idee per riprenderla in mano e darle un senso.
A ventotto anni desideravo addirittura togliermela, ma il fallimento del mio primo ed unico tentativo di suicidio mi fece capire che devo stare al mondo e ci sono tante persone per le quali valgo."


Era così umano; non nascondeva affatto le proprie difficoltà al contrario di celebrità che avrebbero sfoggiato un sorriso smagliante persino in un maremoto.
L'assenza di filtri nelle sue parole, musica, tweets e post su instagram lo distanziavano pure dai precedenti idoli tennistici di Andrew; le battute sagaci e le schermaglie con Jed non erano programmate, come la convinzione sul red carpet che gli donava la sicurezza di un predatore in cima alla catena alimentare.
Nel corso degli anni Liam non era cambiato troppo: anche sulla soglia degli anta la sua capigliatura rossa si distingueva sebbene avesse smesso di elevarla in una cresta, preferendo un taglio sfilato che incorniciava un viso espressivo dalle guance scavate sulle quali prendeva posto una barba leggera, gli zigomi affilati e caratteristici occhi a mandorla le cui iridi dal marrone più scuro sfociavano in un fuoco d'artificio verde acido.
Il sorriso beffardo portava orgoglioso i segni del tempo vissuto ed il mento appuntito completava il ritratto dell'uomo-serpente, così talvolta lo definivano per via dell'alone di mistero in cui si avvolgeva ed il suo sangue apparentemente freddo che lo allontanava dai divertimenti in cui i suoi colleghi di altre band spesso si abbandonavano, trascinando la carriera alla deriva.
Quando era più giovane sfoggiava aderentissime camicie traslucide, magliette sovrapposte e aveva le braccia ricoperte di scritte tracciate da un pennarello indelebile mentre nella fotografia più recente reggeva un Fedora nella mano sinistra e teneva la cravatta informalmente sfatta.

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Capitolo 5
*** V ***


Arrivato a scuola si disfece il nodo della cravatta.
Non era il primo a trasgredire le ferree regole: c'era chi si risvoltava i pantaloni, chi portava la camicia aperta sopra ad una maglietta con una scritta spiritosa, chi si appuntava spille sulla giacca.
I professori cercavano di segnalare i casi, ma molti riuscivano a sfuggire presentandosi normalmente nei restanti giorni della settimana.
Si svaccò in fondo all'aula ed estrasse un quaderno oramai ricoperto di scritte e disegnini. Non sapeva tenere la matita in mano come il suo compagno di squadra Olivier, il quale avrebbe poi frequentato l'accademia di belle arti nella sua natia Parigi senza però abbandonare la passione per la cucina.
Andrew aveva provato a ritrarre Liam con scarsi risultati: il gomito era piegato innaturalmente e gli occhi erano visibilmente asimmetrici.
Decise di scrivergli:

"Spero questa mia lettera riesca a raggiungerti in un modo o l'altro.
Mi presento: sono un tuo grande ammiratore, mi chiamo Andrew McGregor e ho sedici anni.
Forse il mio cognome non ti sarà nuovo, siccome sono figlio di Sir Stuart, un industriale ricevuto dalla Regina.
E ti chiederai come ha fatto la tua musica a raggiungere un ragazzo di una famiglia tanto in vista.
Sto cominciando a sentirmi troppo costretto in questa alta società e sono in cerca dell'ennesima via di fuga.
Lo sport non mi basta più e..."


"Guardate! Guardate! McGregor ha un diario segreto!" Gridò Bruce Walliams, il capitano della squadra di rugby scolastica.
Doveva proprio essere disperato se aveva deciso di fare di lui la sua prossima vittima: aveva imparato ad ignorare le sue risatine e non fare caso ad ogni menzione indiretta ad opera sua.
In breve si trovò accerchiato da sei ragazzi: "Questo sono io in versione più cool!"
"Sembri mia sorella grande con i Take That quando erano di moda!" Gli tirò uno schiaffo.
"Oddio! Spero questa mia lettera...Da quando hai una fidanzata?"  Un pugno partì dritto in faccia a Paul Robert Thatcher.
Quest'ultimo era già corso fuori dall'aula a lamentarsi: "Non so cosa sia successo! Si è come imbizzarrito tutto ad un tratto!"
"McGregor!" Un bidello entrò in classe la lezione successiva: "Ufficio del preside, seguimi"
"Posso spiegarl..." Gli occhi dell'intera classe erano fissi su di lui.
"In piedi! Non si discutono gli ordini!" Si limitò ad obbedire.
"McGregor" Ebenezer Hastings lo scrutava da dietro le piccole lenti: "Si guardi intorno" Oltre a pezzi unici d'arredo e una moquette pulita spiccavano le diverse fotografie degli ex studenti al momento in posizioni di prestigio.
Il direttore puntò un dito grassoccio contro le pareti: "Mi rincresce dirlo, ma in seguito ai deplorevoli atti verificatisi in questa giornata non credo troverà posto..."
"Come se me ne fosse mai importato qualcosa!" Non era nuovo a quella cappa di fumo: alle elementari durante una partita di calcio aveva preso apposta in pieno viso un ragazzino con la faccia da topo che prendeva in giro la sua testa rossa mentre in settima classe era stato accusato di avere sostituito con sale il contenuto della zuccheriera degli insegnanti.
"Oltretutto si dovrebbe sistemare l'uniforme!"
Il pugno di Andrew colpì la scrivania di mogano: "Ma lei ci vede?!"
"Intanto Calmati!" La pipa gli cadde, macchiando la giacca, le mani ed il tavolo.
"No affatto! Cose del genere succedono ogni singolo dannato giorno! E anche i suoi cavolo di tirapiedi appesi alle pareti non si salvano! Ad esempio Charles Von Celsing si divertiva a terrorizzare gli studenti del primo anno e Francis Burchett faceva parte di una gang che andava a malmenare gli studenti delle scuole pubbliche! Matthew Smith è rimasto di sua spontanea volontà una giornata intera in bagno solo per sfuggire a Duncan Poole, Bruce Walliams e Timothy Lynch..."
"Basta così! Ho sentito abbastanza! Ora mando a chiamare a casa tua!"
Harvey entrò nell'ufficio ed accolse malvolentieri la strigliata del preside.
In auto non scambiò mezza parola con Andrew.
Un nota positiva c'era però: varcata la soglia gettò per aria la camicia, la cravatta, la giacca e i pantaloni e si infilò una vecchia tuta da tennis con la sua nuova maglietta dei LIBERTY e poi sotto alle coperte mise su uno dei loro rari brani più
lenti:

"You saved me
When everyone else was pretending
I was invisible"


Amava anche quell'aspetto più umano ed intimo di Liam decisamente in contrasto con l'uomo ruvido senza peli sulla lingua solitamente mostrato.
Provava quelle stesse sensazioni toltasi l'armatura dopo un incontro di Bey oppure nel mezzo di una doccia post-tennis.
Ed era un mistero il destinatario di quella canzone: c'era chi diceva lo avesse salvato la donna amata, chi sosteneva fosse per gli amici, chi ne interpretava un messaggio ai fans, ma Liam non aveva mai fornito una risposta.

The answer is blowing in the wind

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Capitolo 6
*** VI ***


Avanzò sotto l'ombrello, ma non oltrepassò il cancello del Worthington.
I ragazzi che saltavano la scuola andavano a bighellonare nelle vie del centro oppure in cerca di qualche studente di scuola pubblica da malmenare, ma lui aveva già in mente la sua meta.
"Ma chi si rivede!" Esclamò il signor Peters: "Il giovane sosia di Liam Rixton! Come posso esserle d'aiuto?"
"Dammi pure del tu!" Si addentrò in una stanza dietro al settore World Music.
Vi erano chitarre ovunque: elettriche, acustiche, glitterate, lucide, colorate, opache, a sei o sette corde. Perfino un Sitar faceva bella mostra di sé nella sua teca.
Andrew ne adocchiò una in legno rossastro: "Posso provarla?"
"Certo!" Come gli fu consegnata si sforzò di ricordare Eriksson e posizionò le dita della mano sinistra lungo il manico e quelle della destra sulla cassa di risonanza.
Il primo suono non gli piacque.
Peters girò alcune meccaniche sulla paletta: "così dovrebbe andare meglio! Nel caso la voglia sostituire dimmelo!"
"No!" Riconosceva era lei. Fortuna ad averla trovata subito.
"Scommetto sei stato influenzato dai Liberty! Però! ricordi proprio Liam in "You saved me"!" Aveva in parte ragione; gli mancavano solo diversi tatuaggi, la barbetta incolta e la chitarra andava tenuta da mancino.
"In verità ho conosciuto uno svedese molto più avanti rispetto a me! Si chiama Lars..."
Non dovette aggiungere altro: "Non illuderti! Eguagliarlo è impossibile! Quel ragazzo...John Petrucci, ma per ogni pelo della barba ha una lentiggine!"
"Chi è questo John?"
"Chitarrista dei Dream Theater, grande gruppo progressive metal! Non addentrarti troppo in quel mondo altrimenti non ne uscirai più! Partiture assurde ed arpeggi di una difficoltà indicibile per noi comuni mortali!
Oltretutto pieno di gente che si crede superiore a chiunque non sia alla loro altezza!"
Al muro era appesa una tavola riportante i principali accordi e le istruzioni per eseguirli: "Se ne hai bisogno sono in vendita anche manuali di teoria e pratica, spartiti, Lezioni in DVD..."
"Grazie!" Pagò lo strumento, un manuale ed una decina di plettri.
"Sei stato uno fra i più rapidi! Certi clienti trascorrono di là ore intere e non sono mai soddisfatti!"
A casa si diresse nei sotterranei dove solitamente si allenava con il beyblade e si sedette a terra, il libro spalancato davanti e la chitarra in grembo.
Ripeté cinquanta volte lo stesso gesto e sbuffò scocciato: era normale sbagliare, ma almeno non rischiava di rimetterci le giunture.
In più l'atmosfera creatasi là dentro si adattava perfettamente alla sua interiorità; Olivier, Gianni e Ralf non avrebbero mai riconosciuto l'Andrew fragile ed isolato in contemplazione a diretto contatto col suolo.
Il vibrato prodotto dalle corde divenne poco a poco orecchiabile e passò all'esercizio successivo. E al terzo, al quarto, al quinto.
Non gli sarebbe mai bastato: "Signorino McGregor!"
Saltò in piedi e nascose subito i suoi ultimi preziosi acquisti sotto ad una panchina; Harvey li vide lo stesso: "Terrò il segreto! Promesso! Comunque perché oggi non eri a scuola? Capisco! Quanto era accaduto ieri non si scorda con facilità!" Si limitò a dire, ricordando anche lui tutte le volte in cui aveva saltato la scuola per acquistare un CD o un biglietto per un concerto prima degli altri, o anche solo per mettersi in fila davanti ai palazzetti.
Capì quale tesoro fosse quell'umile servo: "Grazie! Chiamami pure Andrew!" Gli sorrise riconoscente.
"Posso sentire qualcosa?"
"Ho appena cominciato!" Si risistemò e replicò la pagina di accordi.
Le dita dolevano di già. Nessuno aveva detto sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Ripensò alle mani di tutti e cinque i bladers nordeuropei e ai callosi piedi di Jens Christensen, il quale era persino ballerino e li teneva spesso in posizioni alla lunga dannose.
Henriette, la fidanzata di Ralf, non aveva mai fatto mistero del duro lavoro dietro la sua abilità nel suonare il violino danzando contemporaneamente: note mancate, stecche, cadute non indolori e risvegli senza sentire mezzo muscolo erano dietro ogni sua performance e ne era orgogliosa.
Un altro esempio era Daniel Lewinsky; oltre ad essere il batterista dei Liberty era un pattinatore di figura sul ghiaccio ed il ciuffo biondo gli copriva quanto rimaneva di un taglio che gli aveva spaccato il sopracciglio destro. A seguito della prolungata convivenza con l'autoironia di Jed aveva trovato il coraggio di postare su instagram i suoi voli peggiori, certi dei quali -ammise Andrew a sé stesso-, lo avrebbero mandato nel panico.
Né lui né Salamalyon erano fatti per sfidare la forza di gravità, contrariamente ad altri bit-power aerei.

"You cannot expect a miracle within 'few days..."

Gli tornarnono in mente anche le innumerevoli palline mancate e la distorsione alla caviglia a dodici anni.
Passò diverse settimane rinchiuso nello scantinato, provando e riprovando quegli esercizi, perfino simulandoli su una racchetta durante gli allenamenti di tennis: "Fa' meno lo spiritoso, McGregor!"
Talvolta tentò di farsi male in modo da ottenere un periodo di fermo in compagnia della musica e si inventò scuse su scuse relative a ricerche e compiti per evitare il golf.
La lista di band ascoltate e da provare si allungò a dismisura: The Strokes, Queen, Franz Ferdinand, Manic Street Preachers, The Clash, Ramones, The Black Keys.
Nomi vecchi e nuovi spuntavano ogni giorno e lo arricchivano di idee, aiutandolo a proseguire la ricerca del suo stile.
Tra le principali influenze di Liam spiccavano Beatles, Doors, Bob Dylan, Pearl Jam, Soungarden e Audioslave oltre ai Radiohead nel periodo compreso fra Pablo Honey e Amnesiac.

"D: Diversamente da molte altre band che in questo periodo stanno sperimentando di tutto, voi siete rimasti lineari nel corso della vostra carriera...

R: La gente ci deride perché crede siamo poco creativi. Noi ci facciamo delle grasse risate sui tre quarti dei fallimenti di certe sperimentazioni.
Le sole che ci siamo concessi in "Last Young Marauder" attingono dalla musica Klezmer e dalle sonorità folkloristiche polacche in quanto Gad Thomas è ebreo ashkenazita e Dan è originario della Pomerania, ergo si navigava in acque sicure.
Stesso discorso vale per "Aye or Die", nella quale ci misi veramente il cuore.
Non nego ci potremmo riprovare in futuro, ma se rifletto sulla deriva dei Coldplay secondo me ha fatto più male che bene. In termini di vendite riempiono gli stadi di ascoltatori attratti dall'idea di partecipare ad un evento massivo al posto di persone in cerca di buona qualità nel suono o semplicemente
sé stesse.
Un esempio positivo invece sono i Muse: sebbene i loro ultimi lavori siano commerciali, Matthew Bellamy riesce sempre a trovare quel particolare in grado di rendere il tutto né blando né dispersivo."

D: Sei uno fra i pochi a non avere una casa a Los Angeles...

R: Mi è sufficiente stare in quella città solo in occasione dei concerti. Ho provato a trattenermici più a lungo, ma persone, clima e stile di vita mi hanno fatto cambiare idea.
Le ragazze lì ti si avvicinano soltanto sperando di farsi mettere l'anello al dito e spenderli per rifarsi il sedere come le Kardashian varie...
Inoltre quando avevamo suonato al Coachella c'erano perlopiù celebrità evase dai circhi, a giudicare dall'abbigliamento.
Ed avranno conosciuto sì e no due nostre canzoni.
Se proprio vogliamo calore, sole e mare andiamo in Israele, dove oramai anche per gli Auerbach siamo famiglia. A proposito, vi posso garantire non tutte le madri ebree sono come la signora Wolowitz!"


Angolo dell'autrice:  Mi dispiace nel caso siate fan accaniti dei Coldplay o degli artisti citati in precedenza.

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Capitolo 7
*** VII ***


Sedici anni prima:
"Dovete proprio portarmelo via?" Singhiozzò una voce femminile.
Sir Stuart le strappò di mano un neonato avvolto in una coperta bianca: "Non aveva detto lei di non poterlo tenere? Crescerà in ottime mani, riceverà la migliore educazione e potrà scegliere i passatempi di suo maggior gradimento"
"Ma ho cambiato idea...Senza di lui non ho più nulla e nessuno!"
"I patti erano chiari! Le spediremo in cambio un compenso in sterline sufficiente al mantenimento!"
"Potrò almeno rivederlo? Ricevere foto?"
Lady Elizabeth storse il naso, come se quella poveretta avesse malattie contagiose.


Un pilota sfrecciò, inondandolo da capo a piedi ignaro degli insulti successivi.
Aveva deciso di scoprire di più sulla vita personale di Liam, sconosciuta ai più A dispetto di fama ed elevato numero di seguaci, Andrew compreso.
Era risaputo essere l'unico ancora senza figli nella band: Gad Thomas aveva due figli -un maschio ed una femmina- undicenni, Dan conviveva da qualche anno insieme ad un'ex ginnasta ritmica ucraina divorziata con un bambino dal precedente matrimonio e Jed era prossimo alla paternità.
Si rifugiò in una libreria.
Non aveva tempo per leggere al contrario del suo migliore amico Ralf, noto per trascorrere ore nella fornitissima biblioteca del suo maniero anche a decifrare testi nell'antica lingua madre di tedesco, lingue scandinave ed inglese.
Una copertina rossa richiamò subito la sua attenzione:

"Tutto quello che non avete osato chiedermi nelle interviste sennò vi avrei bruciato la casa"

Una sola persona era capace di scegliere un titolo del genere.
Tra le quattro pareti rosse cominciò la lettura:

"La nostra storia ha inizio a Edimburgo, in un grosso palazzo di un vivace grigio smog al cui ultimo piano un eroinomane sta sfondando una sedicenne del tutto ignara della sua dipendenza, la quale lo scaricherà pochi giorni dopo e si scoprirà incinta siccome i
preservativi non sono economici (...)
Nove mesi dopo nasce William Gordon Rixton, destinato a diventare una leggenda.
Il suo primo ricordo dell'infanzia è una palettata sul naso del bambino più robusto dell'asilo, reo di aver calpestato il suo fortino di sabbia mentre il primo approccio con la musica avvenne quando per la recita delle elementari scrisse una
canzoncina in cui negava l'esistenza di Babbo Natale, avendola già scoperta a sei anni si sentiva in dovere di informare gli altri bambini (...)
A scuola fu sempre il miglior alunno al corso di scrittura creativa, ma la carriera accademica gli interessava ben poco: influenzato dai vinili di Bob Dylan, Beatles e The Kinks imbracciò la sua prima chitarra all'età di undici anni.
Appresi i rudimenti, ampliò le sue conoscenze includendo Soundgarden, Pink Floyd e Radiohead, dei quali Gad Thomas Auerbach, suo grande amico d'infanzia era un grande fan (...) I due ad appena tredici anni si imbucarono ad un Live dei Queen, seguendo in gran segreto Yoav, fratello maggiore del futuro bassista dei Liberty..."


Le pagine andavano avanti con i primi anni della band, costellati di rifiuti, derisioni e l'autoanalisi di Liam circa la propria dipendenza da alcool e droghe leggere finché un tragico incidente costato la vita a tre suoi amici di un altro gruppo avvenuto in piena estate non lo forzò ad aprire gli occhi.
Tuttavia non apprese subito il valore della vita, collezionando nel periodo immediatamente successivo alla riabilitazione episodi di autolesionismo legati ad un rimorso non ben specificato culminati in una serie di tagli sul torace le cui cicatrici erano ancora ben visibili nonostante i peli lasciati crescere.
Lo studente scese in salotto e spalancò un'anta in mogano odorosa di impregnante per legno: "Ha bisogno di una mano, signorino Andrew?"
Harvey si alzò dal divano sul quale stava sfogliando NME, una tazza di tè sul tavolino in mogano intarsiato.
"No, no. Posso fare da solo! E non chiamarmi Signorino! Va bene Andrew e basta! Anzi, Andy!"  Nemmeno i suoi compagni European Dream lo avevano mai chiamato così.
"Sarà difficile. Piuttosto, cosa stai cercando?"
"Foto della mia infanzia!" Il maggiordomo riuscì ad arrivare più in alto e gli consegnò un voluminoso libro dalla copertina in pelle bordeaux con inciso a caratteri gotici il suo nome.
Il giovane McGregor ringraziò educatamente e tornò barcollando in camera.
Nemmeno era al corrente di quella sua biografia non autorizzata; Ralf invece si ricordava perfino quante volte usava il vaso da notte lo Jurgens che posò la prima pietra costituente quel lugubre castello in mezzo alla Foresta Nera.
La polvere gli provocò diversi starnuti.
Di solito gli album dei primi anni di vita ritraggono i bambini mentre fanno il bagnetto, giocano o hanno la faccia sporca di colori o cibo.
Nel suo trovò opere di fotografi chiamati appositamente per le più disparate occasioni: il primo trofeo a tennis, il campionato under10 di golf, il giorno d'ingresso al Worthington con quella ridicola paglietta, la regata delle università, la giornata dell'orgoglio nazionale scozzese.
Il libro appena comprato conteneva un piccolo inserto fotografico. Accanto alla classica foto in uniforme ve n'era una di Liam adolescente in un'enorme giacca verdastra, Jeans logori e i capelli tenuti lontani dal viso attraverso occhiali scuri.
Eccetto gli occhi fra il castano ed il verde era il suo riflesso allo specchio.
Alla pagina successiva circondava con un braccio una giovane donna di nome MaryAnne Madden.
Era vecchia di sedici anni.
Gli tornò all'improvviso in mente una canzone sulla nostalgia e la perdita intitolata proprio col suddetto nome.
Non aveva mai ipotizzato chi potesse essere.

"Lavender scent's dead
A heart is just a shape
Since you're gone

Time we spent together
Is now unreachable
Grass we walked, a lifeless desert"

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Capitolo 8
*** VIII ***


"D: "Il Rock è morto" Senz'altro ti sarà gia capitato di sentire tale affermazione...

R: Il Rock non è morto! Basta saperlo cercare! Non siamo più ai vecchi gloriosi tempi, ma da qui a dichiararne il decesso ce ne passa, di acqua sotto i ponti.
Nel panorama underground è pieno di talenti e geni incompresi.
Tuttavia ci si tende a focalizzare unicamente sulla punta dell'Iceberg, dove il rock si è fossilizzato su band per le quali sarebbe giunto il momento di ritirarsi dalle scene e lasciare spazio a giovani aspiranti invece di continuare ad essere parodie di sé stesse.
Avete capito bene: non me la prendo affatto con l'evoluzione della musica, che piaccia o no è naturale avvenga poiché il tempo modifica tutto alla cieca.

D: Bob Dylan è fra i candidati di quest'anno al premio Nobel per la letteratura ed in quanto principalmente musicista, nominarlo è stata una scelta parecchio discussa...

R: Parlo a nome mio: Se ce la farà, sarò euforico esattamente come quando la Scozia vince una partita di rugby! è sempre stato un mio grande idolo e mai mi stancherò di ripeterlo!
Knockin' on heaven's Door è stata la primissima canzone che ho imparato alla chitarra!"


Un giorno avrebbe potuto dire lo stesso di MaryAnne, pensò Andrew.
Aveva ascoltato l'americano, cogliendo subito diverse somiglianze fra le due sincere voci fuori dal coro.
Non tanto a livello tecnico o fisico, quanto più ai messaggi portati.
Il frontman della sua band preferita aveva ripreso il cammino sul problematico universo a lui vicino dove Dylan si era fermato, imponendosi fra i suoi degni eredi di fronte alla stampa musicale.
Altro punto da aggiungere alla lunga lista delle cose in comune: pure il blader era stato intervistato, ma per noiosi articoli di golf e tennis.
Quella sera i Liberty avrebbero tenuto un Q&A on-line coi fans.
Il tennista lesse trepidante le domande, incrociando le dità affinché l'argomento MaryAnne venisse fuori, però le più personali vennero rivolte al neo-papà Jed:
Come stava sua moglie? Quanto pesava il pargolo? Somigliava di più al padre o alla madre?
Nonostante gli occhietti ancora chiusi almeno si vedeva era figlio loro, al contrario del rampollo in mezzo ai suoi genitori.
Chiuse la stanza a chiave e portò su altri album di famiglia, oltre al suo.
Da bambino Sir Stuart aveva capelli di carbone trasferitisi col passare degli anni sotto al suo naso; Nonno Fergus ne pareva una versione aggiornata da monocolo e cilindro e sua moglie RoseMary era bionda, pallida e allungata.
Per divertimento il giovane scozzese disegnò sulla testa paterna un berretto rosso recante una M e su quella del Nonno uno verde con una L.
Lady Elizabeth non era messa molto meglio: chioma rada di uno scialbo color topo coperta dai più ridicoli cappelli fin dalla prima infanzia, volto rotondo e piatta fronte spaziosa.
I nonni materni, manco a dirlo, condividevano la sua medesima rassomiglianza alle triglie.
Attraversò i corridoi della magione, scrutando i ritratti degli antenati dipinti dai grandi maestri delle loro epoche, sentendosi un estraneo al clan: nessun capello rosso scuro od occhio violaceo era incorniciato in legno dipinto d'oro.
Gli tornò in mente l'immenso arazzo genealogico del maniero Jurgens riempito dalle vite precedenti di Ralf: non si spiegava sennò perché avessero tutti naso aquilino e severi occhi scuri.
Olivier era invece tutto sua madre, come Max dei BladeBreakers e non c'era alcun Tornatore moro.
Altri esempi all'infuori della sua squadra?
Digitò Ivo Kovalainen e Leif Johansen, ritrovandosi davanti una foto dal futuro del campione finlandese Tuomas e la versione maschile della ragazza del suo migliore amico provvista persino di sporgenze nere seghettate vicine alle orecchie.
Nel frattempo la band aveva continuato a rispondere ai quesiti più disparati, relativi pelopiù alle origini dei musicisti.

Cosa significa Gad?
Vuole dire "buona sorte" e ha quindi significato affine a nomi quali Felicity o Lykke, oltre ad essere il primo figlio di Giacobbe e capostipite di una delle dodici tribù d'Israele ed un profeta presso la corte di re Davide.

Festività ebraica preferita?
Difficile rispondere perché le andiamo a celebrare in Israele e significano, al di là della religione, rivedere tutti i nostri familiari giù e trascorrere tempo tutti insieme.

E Jed da dove deriva?
è l'acronimo di Jonathan -scelto in quanto fusione fra Josephine, mia madre e Nathan, mio padre- Edwin -mio nonno paterno- Douglas -antenato per parte di mamma proveniente dalla Pennsylvania che combatté schierato coi Nordisti nella guerra di secessione americana-.

Se vivessi negli States, chi avresti votato?
Il mio candidato ideale era Bernie Sanders, ma non avendocela fatta, mi fossi trovato a scegliere avrei messo Sheldon Cooper! In mancanza d'altro...

Marvel o DC?

Sono un fedele di Stan Lee ed il mio personaggio preferito è Capitan America! Riuscivo benissimo ad identificarmi nelle sue storie sebbene fossi uno degli sfigati nella scuola che frequentavo in America! Per intenderci uno di quelli con le calze arrotolate sotto alle ginocchia che faceva parte degli scout ed era una frana negli sport!

Dan, quale preferisci tra i pattinatori competitivi di oggi?
Scelta difficile. Ognuno di loro ha punti di forza e debolezza e i metodi per compensare le carenze sono diventati più raffinati col tempo ed è quindi più difficile trovare chi si distingue, ma tra tutti direi Yuzuru Hanyu. Lo reputo il più competo e mi ritengo fortunato a non averlo come avversario!

Come sei riuscito a conciliare la carriera sportiva e quella musicale?
La risposta è semplice: sacrifici su sacrifici. La mattina mi sveglio tuttora molto presto la mattina per andare a riscaldarmi, abitudine che ho dovuto acquisire per riuscire a fare tutto. Inoltre durante l'adolescenza avevo tagliato i divertimenti, le uscite, le feste e qualsiasi altra perdita di tempo. Sembrerà drastico, ma la vita aggiunge tanto quanto toglie.


Le domande per Liam riguardavano invece gli innumerevoli tatuaggi di cui il suo corpo era coperto, le sue opinioni sul populismo in espansione e quali idee avesse in mente per il futuro dal punto di vista musicale.

"La difficoltà più grande da te affrontata?"
Imparare a volermi bene dopo la scia di casini inenarrabili sui quali si costituisce la mia giovinezza; sono stato un figlio da incubo e ho quasi condotto le vite dei miei amici alla deriva.
L'illuminazione più grande l'ho avuta lo scorso Natale, quando il destino mi ha regalato Harrison; prendermene cura è una sorta di espiazione"


Harrison era un giovane esemplare di riccio pigmeo africano trovato dal musicista in uno scatolone sul marciapiede e diventato a tutti gli effetti la mascotte del fandom, tanto che i giapponesi gli avevano dedicato un account su instagram e gli facevano dono dei più assurdi accessori per animali concepibili solo nella loro terra.
Il campione di beyblade britannico Si fece coraggio e scrisse la sua domanda negli ultimi cinque minuti:

"Chi è MaryAnne?"

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Capitolo 9
*** IX ***


Un delirio di mani per aria in movimento da destra a sinistra filmavano e sventolavano accendini, cartelloni e bandiere: "Fatemi sentire le vostre voci! Siete carichi?"
Scambiò una rapida occhiata con Gianni. Imbracciava un basso elettrico e ai suoi piedi c'erano diversi reggiseni; Alla sua destra Olivier si divideva fra la chitarra ritmica e le tastiere mentre Ralf sedeva dietro le pelli su una pedana rialzata.
Cominciò a battere sugli Hi-hat e Andrew lo seguì con una schitarrata.
Il pubblico saltava scatenato, costringendo la sicurezza ad impegnarsi il doppio affinché non riuscissero ad arrivare al palco: erano più di diecimila persone entusiaste in piedi sotto di loro oppure a sedere sugli spalti dai quali pendevano striscioni colorati.
Continuando a suonare, salì sulla grancassa, ma saltando giù si risvegliò nel suo letto.
Ogni mattina si alzava prestissimo e si chiudeva in cantina a strimpellare. Era il solo modo per non essere scoperto ed incedeva furtivo come se al posto della chitarra ci fosse il portagioie di Lady Elizabeth oppure il prezioso orologio da taschino di Sir Stuart.
Si era messo in testa di imparare MaryAnne; era una melodia semplice abbinata ad un testo relativo al vissuto personale dell'autore toccante e difficile da interpretare.
L'altra sera aveva assistito alla fallimentare cover di un giovane aspirante e si era immaginato tutti gli improperi gridati da Liam contro lo schermo.
Aveva goduto quando i giudici del talent lo avevano scartato senza troppi complimenti.
Ripose lo strumento sotto al letto e svicolò fuori dalla stanza: "Signorino McGregor! Ancora in pigiama? Si sbrighi!"
"Oggi è domenica..." Mormorò Andrew.
Sue, una cameriera gesticolava concitata: "Hugh è venuto a mancare!"
"Davvero?" Non era mai riuscito ad affezionarcisi; se lo ricordava già anziano quando era piccolo.
Si infilò un completo nero e gli anfibi e salì svelto sull'auto diretta verso la chiesa.
Specchiandosi ammise a sé stesso di somigliare davvero a Liam nonostante fosse il momento meno opportuno per pensarlo.
"Era così in buona salute..." Sospirò Stuart, manco fosse una bestia da soma.
Sua moglie si calcò in testa la veletta nera e si passò sugli occhi arrossati un fazzolettino: "La vita è un'ingiustizia!"  

"Keep growing
Don't let them
Decide for you"


"Andrew! Cos'è quella faccia?!" Singhiozzò, sebbene conoscesse benissimo suo figlio, il quale avrebbe voluto aprire le braccia e sorriderle simboleggiando quanto gliene importava.
Sull'umida panca di legno avvertì un conato di vomito al discorso dei suoi genitori.
Avevano trattato il defunto con indifferenza fino al suo ultimo giorno di lavoro ed improvvisamente lo piangevano, sperando in una redenzione.
Lui e Harvey si appoggiarono davanti e caddero addormentati, giustificandosi più tardi con la tristezza.
Seguì lo sparuto corteo funebre al cimitero e buttata la sua manciata di terriccio nella fossa si allontanò dal tetro gruppetto.
Avanzando nella nebbia si guardava attorno timoroso.
Possedeva una vaga reminescenza delle esequie del suo bisnonno Fergus avvenuta quando era alle elementari.
Nel camposanto dei bambini le lapidi erano già coperte di muschio e ingiallite dal tempo.
La più nuova risaliva ad una quindicina di anni fa:

"Angus McGregor - Vissuto un solo giorno"

C'erano tanti McGregor da quelle parti, anche non nobili e non connessi al suo clan. Poco lontano lesse un nome familiare:

"Qui riposa MaryAnne Madden"

Le date indicavano una breve vita trascorsa fra gli anni ottanta e i primi anni duemila.
In tempo per conoscere un giovanissimo Liam e farsi dedicare una canzone.
Sarebbe senza dubbio tornato a trovarla.
Quel pomeriggio lo trascorse al PC per la videoconferenza mensile degli European Dreams: Gianni si stava abbrustolendo al sole in Egitto, Olivier sorvegliava il forno della sua cucina e Ralf sfoggiava il suo completo più elegante.
Dopo un saluto in quattro diverse lingue il Francese parlò una mezzora buona della sua nuova passione per la fotografia e tutti i nuovi pittoreschi scorci parigini da lui scoperti.
Fu interrotto dal romano, il quale pareva avesse trovato una ragazza seria dopo tutte quelle storielle da una notte
Ralf tentava di mascherare la sua percepibile agitazione; quella sera avrebbe dovuto presentare Henriette ai suoi genitori e già per i suoi compagni non era stato facile accettare stesse con lei siccome non discendeva da famiglie nobili.
Al proprio turno Andrew non ricorse a troppi giri di parole: "E se formassimo una band?"
Provarci non sarebbe costato loro nulla.
"Sono le persone che nessuno immagina possano fare certe cose, a fare cose che nessuno può immaginare".
Era il mantra dei Liberty; nei lontani anni novanta i critici si divertivano a scommettere sulla brevità della loro carriera e, nonostante gli anni d'attività fossero quasi venti, a vederli non sembravano far parte della stessa band: gli innumerevoli tatuaggi e l'attitudine spinosa di Liam contrastavano con l'aria serafica e soave di Dan, a sua volta fisicamente opposto agli indomabili riccioli corvini di Gad Thomas, la cui serietà si fronteggiava con la goffaggine di Jed.
In diverse interviste e video emergevano un'alchimia ed uno spirito di gruppo sia nei battibecchi che nei complimenti reciproci che i quattro uomini solevano scambiarsi.
E poi c'erano numerosi frangenti di momenti dietro le quinte o in giro per il mondo che facevano sentire lo spettatore coinvolto: dall'abbraccio di gruppo rituale prima di ogni performance dal vivo alle più insignificanti foto stupide scattate in aeroporto nei momenti di noia.
Dunque, se ce l'avevano fatta loro, una chance per i bladers europei non era da escludere.
Gianni si ribaltò dal lettino; Olivier ed il tedesco lo guardarono come se avesse appena pronunciato un'atrocità.
Il suo migliore amico storse il naso aquilino: "Mi è sufficiente essere fidanzato con una componente"
"Il cui gruppo basta e avanza" Proseguì Olivier.
"Conosco metodi più semplici per attirare l'attenzione delle ragazze!" Concluse in bellezza il biondo.
In parte si aspettava quelle risposte, ma preferì non accennare loro i suoi nuovi interessi e l'ultimo sogno fatto.
Conoscendoli avrebbero potuto tirare fuori l'argomento in presenza di camerieri impiccioni o, peggio ancora, Sir Stuart e Lady Elizabeth.
In particolare Gianni ed Olivier gli erano sempre parsi poco affidabili, nonostante avessero provato ad avvertirlo all'ultimo durante il secondo match contro Kai.
Con Ralf invece correva il rischio di vedere il suo segreto rivelato dall'amico convinto di agire "Per il suo bene"; non perché il capitano della squadra fosse pettegolo, ma per il contenuto talvolta esplicito di alcuni testi dei Liberty.
Liam non si faceva problemi a parlare di demoni interiori, depressione ed istinti suicidi che aveva vissuto in prima persona.

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Capitolo 10
*** X ***


Tornò a trovare MaryAnne con regolarità e strimpellare la canzone omonima di fronte al marmo, servendosi di Hugh come scusante.
Fino a poco tempo fa avrebbe deriso chiunque fosse stato sorpreso in azioni del genere.
L'unica risposta ricevuta da parte della band suggeriva di concentrarsi sulla musica, tralasciando il testo, ma non si sarebbe arreso tanto facilmente: qualcosa di nascosto c'era per certo.
Le spedizioni al cimitero si intensificarono man mano: la fredda pietra bianca tornò a splendere e ogni settimana i fiori avevano un colore diverso.
Aveva appena terminato il suo piccolo concerto quando si accorse dello sguardo torvo di un anziano: "Va' a fare l'alternativo da un'altra parte! Come fai a conoscere mia figlia?!"
Gli occhi erano color lavanda.
Come i suoi.
"Non la conosco di persona, ma c'è una canzone col suo nome" La risuonò, sperando di alleviare l'atmosfera tesa.
"L'hai composta tu?" Al vecchio sembrò non dispiacere.
"Magari fossi già a questi livelli! è di una band famosa..." Non servirono più spiegazioni.
"Verresti a casa mia per un tè?" Gli avevano insegnato a diffidare dagli sconosciuti, ma questo non sembrava malintenzionato.
"Mi chiamo Scott Madden" Si presentò al volante di una scalcagnata utilitaria verdina: "Non saremo raffinati quanto la tua famiglia..." Mormorò, aprendo la portiera di fronte al cancello arrugginito di un cottage in mattoni che Andrew riconobbe al volo.
Alle elementari, Bruce Walliams si vantava di esserci stato ed aver affrontato il fantasma che lo infestava, aumentando di volta in volta i dettagli al fine di guadagnarsi il rispetto incutendo paura.
"Se mi dai la tua merenda avrai la protezione dallo spettro!" Gli aveva proposto, ma lui aveva ribattuto di non crederci e si era preso un manrovescio ben assestato cui aveva replicato con un calcio dopo il quale il bambinone era andato a frignare dalla maestra dichiarando i compagni lo prendevano in giro per la sua stazza.
Nonostante la signorina Lester sapesse benissimo era lui il colpevole, mettersi contro i signori Walliams significava rovinarsi l'esistenza e l'intera classe dovette ricopiare la frase "Non si insultano le persone in sovrappeso" almeno una sessantina di volte.
Un'ottantina per Andrew, reo di aver sottolineato Bruce rasentava l'obesità infantile.

"Devo ricordarmi di aggiustare anche questo...Caroline, sono a casa!" le sbarre rossastre si richiusero cigolando.
"Dopo tutto questo tempo ti rifai vivo?!" Sbraitò una signora il cui rosso dei capelli stava sbiadendo.
"Non è lui! è il figlio dei McGregor! Ci somiglierà per caso! Sono passati più di dieci anni ormai!"
In salotto sul caminetto acceso era incorniciata la vita di MaryAnne dalla nascita agli ultimi istanti precedenti la morte, nei quali sorrideva a fianco di Liam ignara avrebbe cessato la sua esistenza poco tempo a seguire.
"Tornò da noi incinta dichiarando avrebbe cresciuto da sola il bambino, ma questo morì giunto a casa per una malformazione cardiaca congenita.
è strano perché le ecografie lo davano perfettamente sano...Sentendosi colpevole, nostra figlia si tolse la vita...Depressione post-partum..." Qui si arrestò, troppo triste per ricordare la scoperta dei sonniferi nel suo armadietto dei medicinali.
"E il padre?" Andrew voleva imprimersi nella mente quelle fotografie.
"Non gli disse nulla. L'avrebbe senza dubbio lasciata e preferì soffrire meno e risparmiargli varie complicazioni...I musicisti sono i marinai d'oggi!"
Nonostante la malinconia permeasse le quattro pareti e col tè ci fosse solo pane secco con marmellata di fragole, i due anziani furono più ospitali possibili e si interessarono alla sua vita personale, chiedendogli cosa facesse e quali fossero i suoi hobby preferiti.
Andrew rispose senza rivelare troppi dettagli. Nemmeno ai suoi compagni di squadra avrebbe rivelato certi particolari, specialmente relativi agli ultimi tempi.
Una sola persona avrebbe potuto comprendere quello che stava passando. Era Liam
Nelle sue canzoni aveva confessato al mondo intero i suoi stati d'animo e pensieri provati nei momenti peggiori della sua vita: dal cuore infranto all'istinto suicida vicino alla concretizzazione la gioia trovava di rado spazio e ad Andrew sembrava quantomeno doveroso ricambiare quegli sfoghi attraverso le sue confessioni private.

Con molto rammarico lasciò la casa di Scott e Caroline e tornò a piedi verso la lussuosa magione
"Ma si rende conto dell'ora?!" Fu accolto da una sfuriata di Beth al suo ritorno.
Sue le diede corda: "Ci hai fatto stare in pensiero! I signori la stanno aspettando per la cena da oltre un'ora!" Solitamente i domestici ignoravano
i suoi bizzarri orari ed era più volte tornato a casa tranquillamente alle quattro di notte, ma cos'era successo stavolta?
"Dobbiamo parlare" Forse avevano scoperto la chitarra nascosta sotto al letto, i CD nei cassetti e la biografia di Liam sotto lo scrigno di Salaman.
Sir Stuart si schiarì la gola: "Ahem!" Lady Elizabeth teneva le braccia conserte e la sua fronte aveva più righe di un campo arato.
"Quante assenze intendi fare?!" Il padre sbatté sul tavolo un comunicato da parte del Worthington:

"Egregi Signori McGregor

Ci terremmo veniste informati della quindicesima assenza ingiustificata consecutiva dell'alunno figlio vostro, il quale ha in un breve tempo raggiunto la metà del numero massimo consentito e ancora non ha riportato un certificato medico o giustificazione atto a dare una ragione al suo insolito comportamento avversario alle regole d'istituto.
Un altro caso che ha visto il coinvolgimento dell'allievo è stata un'aggressione ai danni di Paul Robert Thatcher verificatosi durante un intervallo.
La nostra scuola non contempla il ricorso alla violenza e si impegna nella lotta contro al bullismo..."


"Non pensi alla retta?!" L'industriale era paonazzo.
"Sei diventato strano! Cosa sono questi silenzi?" Lady Elizabeth stropicciò il fiocco sul cappellino rosa cipria.
"Quali? Siete voi i primi ad evitarmi! Da sempre! Mi avete avviato al golf e al tennis per tenermi fuori dai piedi e potervi tranquillamente andare a sballare con tè e dolcetti alle vostre ridicole mascherate!"
I genitori fecero orecchi da mercante: "La scuola ha chiamato. Hai davvero fatto due settimane senza andarci?"
Avrebbe voluto annuire e confermare erano state uno spasso.
"Avanti, parla!" Lo esortò Sir Stuart: "I bulli ti perseguitano? è vergognoso! Dovresti essere abbastanza forte da affrontarli!"
"Anche se significa finire dal preside?" Questa goccia fece traboccare il vaso.
Il prezioso piatto di un servizio passato di generazione in generazione ricolmo di roast-beef e patate raffreddati volò sul pavimento seguito da un bicchiere e due posate.
"Ti stai comportando come un bambino!"
Corse nella sua stanza e vi si chiuse a chiave, giurando a sé stesso sarebbe morto di fame là dentro piuttosto che rivedere ancora le loro facce e al fine di rimuoverle del tutto staccò la massiccia cornice dorata dalla parete e sfondò con la mazza da golf la tela dipinta finché non rimasero nemmeno un millimetro di vestitino verdolino e completo estivo elegante abbinato a cappello intrecciato a mano.

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Capitolo 11
*** XI ***


La scuola non gli era mancata per niente.
Se c'era una differenza fra lui e Liam era proprio quella: il musicista aveva trovato fra i banchi i compagni di vita, disavventure, viaggio e band nello svantaggio dell'emarginazione in un istituto cattolico e ogni giorno inventava assieme a Gad qualche scherzo ai danni di insegnanti, parroci e compagni ciechi al loro disagio.
L'unica volta in cui vennero beccati divennero un trio, vanificando qualsiasi speranza del corpo docente in una redenzione ad opera di Daniel Lewinsky, rivelatosi un'ottima copertura.
Sembrava un angelo con quei capelli biondo grano e gli occhioni cerulei, ma si sbagliavano: contro i nemici era un subdolo manipolatore in grado di disarmare attraverso la gentilezza: "Voi lo sottovalutate, ma potrebbe conquistare il mondo!" Affermava Liam in modo iperbolico. Non a caso il primo nome del progetto era stato "Pinky & the Brains"

Andrew si sedette e cercò di far passare la giornata fra dormite sui libri e viaggi mentali senza che i professori si curassero stesse attento.
Nonostante la sua nobile stirpe non si erano sorpresi di rivederlo e nemmeno si erano presi il disturbo di domandargli il perché della lunga assenza, accettando soltanto la banale "Indisposizione" firmata da Sir Stuart nel quadratino apposito sull'orrendo libretto personale verde.
Men che meno i compagni si stupirono l'ultimo banco in fondo a sinistra fosse nuovamente occupato da Andrew l'instabile, così era stato ribattezzato da Bruce, detto invece "Lo spaccapietre".
Le regole dei soprannomi al Worthington erano due: L'ironia oppure l'enfasi.
Il primo caso era visibile in Joey Dewan, soprannominato "Fotomodello" sebbene pesasse novanta chili; il secondo lo rappresentava lui.
Mentre stava scoprendo un nuovo mondo, Walliams & co., avevano riportato a galla diversi episodi veri e falsi sul suo conto, diffondendo l'idea McGregor potesse attaccare improvvisamente.
Nascondere la mano dopo il lancio del sasso era la strategia del rugbista dentro e fuori dal campo sportivo: derideva ed aggrediva verbalmente le sue vittime e quando perdevano le staffe lasciava continuassero il gioco Paul Robert Thatcher, Dudley Robertson, Alan Henderson ed altri quattro o cinque nani facilmente lacrimevoli che in mancanza di lui sarebbero stati loro gli scherniti.
Andrew sapeva lo tenevano in squadra unicamente per la sua stazza e l'amicizia fra Walliams senior e l'allenatore.
In casa si rilesse da cima a fondo la biografia di Liam ed approfittandone non c'era nessuno provò per la prima volta MaryAnne fra le mura più intime della camera da letto, avvertendo tutt'altra sensazione: la tappezzeria cominciò a sfaldarsi rimpiazzata da un'inebriante nebbiolina profumata di tè alla menta misto a ciocco ardente e fumo dissolto nell'aria fresca:

"Love doesn't mean anything
Now that you're gone
What have I done? Lord, what have I done?"


Si intuiva Liam non era credente, eppure nel suo testo più personale rivolgeva una domanda al Signore.
A tenere il tempo si aggiunsero pesanti, secchi colpi all'uscio.
Harvey entrò nella sua stanza in felpa, sneakers e Jeans strappati.
Pareva un'altra persona: "Mi hanno licenziato" Disse, facendo intendere si aspettava sarebbe accaduto prima o poi.
Andrew quasi lasciò cadere la chitarra.
Come si azzardavano a togliergli il suo unico alleato?!
"Tuo padre pensa io abbia una cattiva influenza su di te..." Questo era troppo. Strinse i pugni e li batté sul letto.
"Volevo salutarti, ricordarti di essere forte e non smettere mai di imparare a suonare! Sono certo hai un fattore speciale!"
La vampata d'ira si placò, lasciando spazio alle lacrime.
Gli gettò le braccia al collo manco fosse la sua fidanzata.
"Non ti preoccupare per me! Sono laureato, ho un buon curriculum e me la caverò in un modo o nell'altro!"
Il giovane nobile voleva gridargli la sua intenzione di seguirlo, ma Harvey si sciolse dall'abbraccio e chiuse la porta dopo un ultimo cenno come una madre che affida il bambino alla scuola materna.
Restò sotto al piumone in compagnia dello strumento rosso ed il suo beyblade, ma Liam avrebbe fatto così?
No. Al primo produttore desideroso di trasformare il giovanissimo quartetto in una macchina da soldi capace di scatenare l'ormone femminile adolescenziale, la rockstar aveva rovesciato il caffé su cravatta e contratto.
Altre follie nel suo vissuto includevano la proiezione durante alcuni concerti di scene riprese in un allevamento di cincillà da pelliccia al fine di sensibilizzare il pubblico sui danni dell'obsoleta industria, regalare ad un agnellino morto ancor prima di giungere al mattatoio un degno funerale e i ripetuti graffi sul volto di un negligente organizzatore di eventi colpevole di aver trattato gli avventori di un festival come se fossero bestiame.

Entrò nel soggiorno e gettò nel caminetto in fiamme l'album della sua infanzia insieme a diverse altre foto sue insieme a quelli che si spacciavano per suoi genitori.
Li aveva sentiti benissimo un paio di sere fa: "Cosa gli avrà preso?"
"Normalissima voglia di trasgredire! Avresti dovuto vedere cosa facevo io alla sua età! Almeno Andrew non va in giro a fare il teppistello!"
"Lo sapevo! Avremmo dovuto tenere Angus! Capelli rossi equivalgono a cattivo carattere!" La moglie non l'aveva ascoltato
"Non me ne vorrai, cara, ma sei stata tu a dirmi di volere un figlio sano! Angus era cardiopatico, se non ricordi!"
Discutevano animatamente ignari il diretto interessato fosse ancora sveglio e solerte.
Finalmente la conferma dei suoi insoliti sospetti.
Restava unicamente una cosa da fare.
Trasgredire? Gianni era oramai talmente avvezzo a violare l'etichetta che di essa non si poteva più parlare e persino il rigido e tradizionalista Ralf Jurgens aveva infranto una regola rilevante, ma Henriette si era rivelata una ragazza dolcissima e i coniugi Jurgens erano sempre in platea quando Lenore Dahl, vedova Johansen interpretava personaggi Wagneriani.
Andrew aveva sempre aggirato i divieti imposti dall'alta società clandestinamente, però quanto aveva sentito quella notte era anche troppo; per anni avevano occultato la sua vera identità: la sua vita era stata una farsa costruita ad hoc da due eterni insoddisfatti incapaci di accettare la vita non fosse sempre rose e fiori
Era solo Andrew, non più McGregor.

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Capitolo 12
*** XII ***


Voleva essere sé stesso.
Non ne poteva più di vestire panni altrui.


Chissà cos'avrebbero detto Gianni, Olivier e Ralf se lo avessero trovato a vagabondare nel parco senza un centesimo.
Era stata una pessima idea fuggire di casa senza una minima parte della sua paghetta spaventosa, dovette constatare.
Con sé aveva solamente la chitarra, tutto il merchandise dei Liberty ed il suo beyblade afferrati e cacciati in uno zaino la sera dell'evasione.
Indossava i suoi jeans più consumati, la maglietta della band preferita ed una larga giacca verde il cui cappuccio copriva i fiammeggianti capelli al fine di destare meno sospetti possibili e passare inosservato in mezzo alla folla.
"Cane!", "Tornatene a casa, ragazzo!", "Sfaticato!"...Il suo nome era già stato seppellito meno dignitosamente del suo fratellastro.
La pioggia gli aveva abbassato la cresta.
Come suo solito aveva agito d'impulso e passò un'altra notte in stazione cercando di non rabbrividire e prestando attenzione al minimo rumore: era un posto tutt'altro che sicuro per i minorenni.
Tuttavia sempre migliore della stanza blu, sinistro abitacolo in casa McGregor all'interno del quale doveva stare quando faceva sfigurare Sir Stuart e consorte ai ricevimenti.
Il suo unico terrore.
Lì dentro avrebbe dovuto riflettere sui comportamenti sbagliati, ma armature,spade e ritratti lo spaventavano a morte con le punte aguzze annerite dall'ombra e gli occhi senza quella vita temeva avrebbero preso.
Una volta la paura era talmente tanta che nel disperato tentativo di uscire aveva battuto la testa contro la porta, svenendo e rischiando di venir dimenticato a vita in quell'inferno.
Erno trascorsi ormai tre giorni lontani dalla Magione, non che gli mancasse, ma privo di casa e completamente solo era un opaco ciottolo nel cumulo di pietruzze.
Dal giorno della grande fuga aveva però finalmente la possibilità di respirare a pieni polmoni l'aria esterna alla gabbia dorata e ripartire da zero.
Quando ancora si vestiva perbene ed attraversava le vie del centro, voltandosi dall'altra parte di fronte ai mendicanti mai credeva si sarebbe trovato a vivere la situazione inversamente. I McGregor lo avevano soggiogato e si era ritrovato in bocca parole non sue: i Reali erano davvero le migliori persone in tutta la Gran Bretagna? In un matrimonio contava di più l'amore o l'interesse materiale? Nel nome della seconda aveva quasi spinto Ralf a mettersi insieme ad un'incartapecorita contessina, la quale sarebbe diventata oggetto di scherno dello scozzese e di Gianni.

Aveva cambiato più zone, girovagando l'intera città e combattendo per guadagnarsi quel che bastava per un calorico snack di macchinetta o, se andava bene, un oleoso pasto da un qualche disgustoso Take-Away cinese.

Era invisibile comunque
Tornato alla stazione si appoggiò al muro, suonando nella speranza di qualche pence.
Non aveva pianificato ciò.
Aveva la soluzione del mistero, ma la porta non si sarebbe aperta facilmente
La nebbia intorno a lui si era intensificata e la via d'uscita era introvabile. Tuttavia un altro testo intervenne in suo aiuto:

"I've spent one whole life wandering
Searching for my real self
Into a pile of lost souls"


Liam pareva proprio conoscerlo e sapere quanto la sua anima stesse lacrimando.
Almeno la sua vita si era sviluppata secondo un unico senso e le sue radici erano sempre state visibili invece di frantumare prepotentemente l'asfalto senza preavviso.
Ingabbiare la natura comportava due conseguenze: la sua morte oppure una ribellione ed una rinascita.
La fenice risorge dalle proprie ceneri.
La fenice di Kai, pure lui scontratosi col cambiamento, passando addirittura al lato oscuro e rinnegando le sue amicizie più importanti, ma poi ravvedutosi, tornando al proprio vero posto d'appartenenza.
Non avrebbe mai ammesso il bisogno d'aiuto ed il semplice desiderio di sentirsi meglio e nemmeno il filo più resistente avrebbe ricucito lo strappo fra lui e i McGregor.

La schiena poggiava sul cemento grigiastro.
Concentrandosi, visualizzò una spirale di triangoli gialli turbinare nel rosso, formando un vivace arancione brutalmente lacerato dal profondo blu nel quale scoppiettavano pallini bianchi, schiarendolo progressivamente e venendo risucchiati nell'oscurità intervallata da frammentarie linee fluorescenti e piccole scintille dorate confluenti verso una cerchio luminescente
"Ma chi si rivede!" Riconobbe quella tremenda voce.
Bruce non era un frutto dell'immaginazione.
"è stato cacciato via dai genitori perché ha dato le botte al compagno di classe indifeso! La prossima volta te la prendi con uno della tua taglia!" Fosse stato in forze, Paul Robert Thatcher si sarebbe ritrovato sdentato.
"No! Se n'è andato perché vuole giocare al ribelle! Come sei trasgressivo!" Andrew incassò silenziosamente due dolorosi calci nello stomaco già tormentato dai morsi della fame.

Il problema era trovare sé stesso.
Walliams e soci avrebbero senz'altro riportato l'avvistamento, desiderosi di riavere un capro espiatorio; non poteva più stare a Glasgow.
Saltò a bordo di un convoglio, ignorandone la destinazione.

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Capitolo 13
*** XIII ***


Sceso al capolinea e lasciata la stazione vagò per le campagne solitario a guisa di nuvola, sentendosi un Oliver Twist d'altri tempi.
Anche il popolare personaggio Dickensiano aveva intrapreso un viaggio alla ricerca di sé stesso ed affrontato oltre mille peripezie.
Ed era un bambino vissuto nell'epoca vittoriana, nella quale il digitale nemmeno era un miraggio.
Se ce l'aveva fatta lui allora c'erano speranze.
Magari non grosse, ma neppure un oceano di sconforto.
Però quello era un romanzo; la vita vera aveva tutto un altro sapore, più amaro e nessuno scrittore benevolo gli avrebbe creato dei benefattori su misura e disboscato il cammino.

La fortuna andava creata attraverso le buone azioni, aveva imparato.
Tutte le volte in cui era stato insultato dagli abbienti o altri mendicanti aveva rivisto in loro pezzenti insultati ai tempi della sua nobiltà o avversari stracciati coi quali si era poi vantato del risultato invece di instaurare un legame basato su una passione in comune.

Quando avevano affrontato Charles Dickens al Worthington era stato un autentico strazio: il professore spiegava come se Twist, Copperfield e Pip fossero piccoli angeli e l'attenzione degli studenti i mi piace necessari a salvarli dallo sfruttatore di turno.
Riprovevole.
Mancò poco rigurgitasse il pane raffermo mangiato ore fa, gentilmente offertogli da una signora povera quasi quanto lui che aveva salvato da dei borseggiatori.

Davanti a lui un deserto di sterpaglie: la brughiera scozzese popolata da fate, folletti e spettri pareva infinita.
Cominciò a figurarsi sarebbe svenuto e trasportato da cugini che non sapeva di avere coi quali condivideva un bel gruzzolo.
Jane Eyre, altra lettura trattata con ridicola ampollosità ed intervallata da battute sconce, giudizi sessisti e tutta l'ignoranza trovabile in una classe esclusivamente maschile.
Andrew si ricordava solo Rochester perché lo aveva immaginato tale e quale a Ralf: entrambi burberi, residenti in un maniero nel Granducato del Nulla ed impegnati con una ragazza un bel po' più giovane di loro.

Nella sua tasca il beyblade era intatto e sembrava non vedesse l'ora di scendere in campo scatenando il potere del fuoco.
Emanava abbastanza calore per le mani e la Salamandra non lo aveva abbandonato nonostante Sir Stuart fosse stato il suo precedente possessore. Appartenendo ai McGregor avrebbe potuto benissimo tornarsene nell'alabarda usata come dispositivo di lancio al campionato che lo aveva incoronato vincitore nazionale.
Invece lo aveva seguito.
Perché?
E dire che non era stato un proprietario modello; a vedere il trattamento riservato a drago azzurro e tigre bianca da Takao e Rei durante i loro incontri si poteva dire Andrew aveva ancora parecchio da imparare. Non era dispotico e senza scrupoli come i suoi compagni Gianni e Ralf, ma la sua creatura era vittima dei suoi impulsi e ne soffriva le conseguenze quando Si rivelavano scelte sbagliate.
I dolori provocati dalla caduta da Dranzer gli erano rimasti una settimana abbondante e anche l'attacco alare del grifone alle finali continentali non era stato una passeggiata.

"Ti tratterò meglio..." si ripromise, una lacrima in caduta libera: "Se troverò me stesso...se sopravvivrò..."

Il calore si intensificò ed una fiammella emerse dalla trottola per guidarlo fino ad un casolare fuorimano dove Si addentrò e prese sonno contando le poche stelle visibili attraverso la fitta coltre nuvolosa rosata.
I veri amici sono come le stelle, aveva letto in uno stupidissimo bigliettino, anche se oscurate, si sa ci sono.
Al di là dei tre compagni di squadra non ne aveva altri: a scuola il suo carattere era sempre stato un isolante efficacissimo e le insinuazioni dei tempi recenti avevano definitivamente spento la già tremolante fiammella nel buio della sua solitudine, abbandonandolo a sé stesso.

Era consapevole di essere stato il reietto al Worthington, dove tutti avevano almeno un migliore amico o giravano a gruppetti: Walliams e la sua cricca oppure Charles Arlington e Richard Collins, incollati fin dall'asilo.
Un rifiuto pari a Lars Eriksson o Kai Hiwatari, ma potevano rispettivamente contare su Jens Christensen e la nazionale di beyblade giapponese.

durante gli allenamenti golfistici e tennistici ognuno pensava per sé; Sir Stuart e Lady Elizabeth lo avevano iscritto
esaltati dall'idea del figlio campione, mica affinché si divertisse ed imparasse la gioia della collaborazione insieme agli altri.
Stesso discorso il beyblade: c'era un nome familiare da tenere alto.
L'onore prima di tutto.

Il mattino dopo si mise in cammino lungo quella sterrata strada solitaria la cui fine era ignota.
Era l'unica conosciuta, essendo la sola percorsa
Non c'era neppure la sua ombra a tenergli compagnia e l'unico suono avvertibile era il battito del suo cuore.
Il corpo era stremato dalle condizioni al limite del disumano in cui aveva vissuto in quell'ultimo periodo

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Capitolo 14
*** XIV ***


Aveva sopravvissuto un'altra settimana girovagando fra campagna, paesini e cittadine contando su rare manifestazioni di solidarietà e piccoli colpi di fortuna.
La pratica musicale almeno lo aiutava a non pensare alla propria miseria e teneva calde le dita non munite di guanti.

Lunedì lo aveva distrutto.
Martedì ispirato: suonando la chitarra aveva accidentalmente composto la sua prima piccola linea e l'aveva segnata su un angolo di muro mediante un frammento di mattone rosso scuro.
Trovando poi una penna se l'era scritta sul braccio e rimarcata nel Mercoledì che gli aveva svuotato le mani a causa di un Tesco Express dove aveva speso tutto il poco guadagnato.
Giovedì si era svegliato in un'aiola; venerdì le speranze stavano poco a poco tornando nell'udire la voce di Liam trasmessa dalla radio in quel mini market.
Passavano spesso brani rock a quella stazione e si sedeva davanti all'entrata, affidandosi alle sue orecchie per interpretare Queen, The Police, Green Day e qualsiasi altra sonorità gli sembrasse gradevole.

"Odio la definizione di Frontman; secondo me svilisce il senso della parola Band come struttura orizzontale.
Noi quattro siamo sullo stesso livello, le idee di tutti vengono prese in considerazione e nessuno è di sfondo, contrariamente ad altre formazioni in cui tutto ruota intorno all'elemento più bello dal punto di vista esteriore, ottenebrando gente magari più talentuosa."

"...E non voglio nessun periodo post-Maryanne.
Nessuna persona da paragonare a quando stavamo insieme, di cui imparare il linguaggio non verbale.
Nessun altro corpo da conoscere e toccare o personalità da decifrare.
Il ricordo dei suoi capelli castani, occhi speranzosi e nostre mani intrecciate è sufficiente a confermare lei è stata la sola per me"

Di rado si esprimeva su di lei, ma se capitava il trasporto emotivo era tale da commuovere chiunque sentisse o leggesse le dichiarazioni dell'artista. Ad Andrew bastò ascoltarlo per autoconvincersi a resistere ed essere notato dal musicista divenne un nuovo sogno praticamente irrealizzabile benché lui fosse tra i pochi ad avere cura del proprio pubblico, rispondendo alle domande sui social e non negandosi mai a foto e autografi; instaurare un rapporto col proprio idolo accadeva solo nelle storielle scritte dalle dodicenni alla scoperta del magico mondo degli adulti.

Successivamente la radio lanciò Fell on Black Days dei Soundgarden, gruppo fra i punti di riferimento dei Liberty insieme ai primi Radiohead e i Doors.
I tre quarti del suo cervello erano ingombri di versi e frammenti musicali; alcuni talmente lo segnavano da appuntarseli sul braccio.
"Ragazzo!" Esclamò di Sabato il nerboruto cassiere indiano: "Non hai casa?"
"No, signore...Sono un ragazzo solo e possiedo unicamente una vita da ritrovare..."Andrew si allontanò da quell'omone baffuto.
Avrebbe potuto chiamare la polizia e riconsegnarlo a quei nobiliastri peggio delle autorità.
"Tolgo subito il disturbo! Mi spiace se non resisto alla tentazione..."
"Aspetta!" Lo trattenne il venditore. Sorrideva clemente, mostrando una dentatura giallastra: "Tutti noi ci adattiamo ai contesti in cui veniamo lanciati coi nostri soli mezzi ed apprendiamo mediante l'imitazione..."
Come facesse una simile perla ad emergere dallo strato più basso della società classista britannica se lo domandò, ma gli tornò in mente la filosofia orientale tanto contemplata anche dai Beatles nella loro sperimentale seconda fase.
"Hai fatto bene a perderti...Ogni tanto serve a trovare nuovi percorsi e sono le avversità a mostrare la vera faccia degli uomini..." Sparì nella porta sul retro e tornò con due sandwich confezionati: "Grazie ancora per l'intrattenimento!"

Mangiando, Andrew rifletté su quelle apparenti frasi fatte che un tempo avrebbe messo a tacere con disprezzo, convinto solo la propria voce contasse e gli altri fossero nessuno per dirgli cosa fare.
L'aveva cambiato la strada? No, erano stati i Liberty a portarlo su quel gelido marciapiede.
Se non avesse notato il loro poster sopra i muri rossi della città starebbe di certo ancora inchiodato al suo banco del Worthington tutto ben inciso di poesiole oscene e avrebbe ancora qualche speranza di diventare il prossimo Andy Murray.
Il vetro della porta scorrevole gli restituì due zigomi più sporgenti, profonde occhiaie e capelli inestricabili spalmati sulla sua fronte dall'umidità.
Tremava sotto la lunga giacca verde quando notò un vivace ciuffo castano e degli attenti occhi del medesimo colore passargli dietro svelti.

"Harvey!" L'ex maggiordomo stava uscendo da un palazzo.
Indossava una tuta grigiastra e portava un sacchetto di cartone sottobraccio: "Andrew! Dovresti essere a casa!"
"Non è più casa mia...Loro non sono mai stati i miei veri genitori"
"Allora vieni con me" Si sentiva in debito col giovane nobile, ma era anche curioso; aveva sempre avuto qualche sospetto riguardo i legami fra i padroni ed il figlio.
Nell'appartamentino, Andrew ne approfittò per farsi una doccia, cambiarsi e mettere sotto ai denti qualcosa di sostanzioso: "Tu sapevi già di Angus?"
"Non mi avevano detto niente. Evidentemente è uno scheletro nell'armadio bello grosso..."
Gli raccontò anche di MaryAnne, dei suoi anziani genitori e delle foto assieme a Liam.
"Incredibile quanto velocemente sei entrato nel loro mondo! Da sempre pensavo fosse un nome di ex scelto a caso invece di un tasto dolente della sua vita personale..."
Il più giovane stava per rispondere: "Etcì!"
"Salute!" Harvey non sembrò sorprendersi.
Seguirono altri quattro starnuti consecutivi, effetto dello sbalzo di temperature.
Trascorse i giorni successivi sul divano in casa dell'ex inserviente raggomitolato sotto un plaid a bere rimedi solubili e soffiarsi il naso, cercando di fare meno rumore possibile.
Il condominio era piccolo; qualcuno avrebbe potuto accorgersi del coinquilino del residente all'ultimo piano.

Era come un ebreo rifugiato durante la seconda guerra mondiale, nel corso della quale Werner Jurgens, bisnonno di Ralf, sfidò i princìpi vigenti nel terzo Reich, trasformando i suoi appartamenti nel maniero in uno snodo per la neutrale Svizzera e provvedendo persino ai documenti falsi dal bambino con meno di un anno all'anziano rabbino.

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Capitolo 15
*** XV ***


Un giorno, svegliatosi come al solito più tardi prese l'iniziativa di ringraziare Harvey.
Sarebbe probabilmente in compagnia di MaryAnne se non lo avesse soccorso. Scivolò lentamente giù dal divano, piegò il plaid ed esaminò i metri quadrati dove risiedeva, divisi in soggiorno, bagno, cucina e camera da letto la cui porta era contraddistinta da diverse scritte nere su sfondo bianco o viceversa:
Arctic Monkeys, Queen, Muse, The Police, Pearl Jam, Franz Ferdinand, The Beatles, Radiohead e gli immancabili Liam, Gad Thomas, Jed e Dan appena sotto ai Kasabian.
Si sentì un ladro, ma ricordò tutte le visite di Harvey alla sua stanza ed i sensi di colpa si placarono.
Al muro biancastro era incorniciato un collage all'apparenza incolore, ma avvicinandosi meglio si potevano scorgere Green Day, Kaiser Chiefs, Sting, Tame Impala, David Gilmour e quasi tutti i nomi appesi all'uscio.
Ecco dove finiva il suo stipendio di maggiordomo.

Il letto era integrato con un armadio nel quale si aspetto ci tenesse i vestiti, ma lo trovò pieno di CD impilati e suddivisi alfabeticamente.
Unica traccia di ordine in quel bugigattolo.
Salendo sul materasso cercò un greatest hits dei Queen, ma cambiò idea temendo lo sentissero.
La portinaia era una gran pettegola ed erano sgattaiolati sul retro al fine di evitare li vedesse.
Tirò su il doppio piumone e raccolse dalla moquette grigia vari capi di vestiario, chiudendoli nel sacchetto da portare in lavanderia.
Passò uno straccio sulla disordinatissima scrivania e rimosse le ragnatele dagli angoli, continuando poi in cucina.
Sopra al tavolo vegetavano ancora le stoviglie della notte precedente ed il lavello conteneva quelle dei giorni scorsi.

Spesso nemmeno utilizzava i piatti, tornando a casa con pietanze precotte in scialbi contenitori in plastica.
Osservò confuso vari flaconi e ne scelse uno verde brillante, accese l'acqua calda.
Si armò di spugna, riflettendo su tutti i favori ricevuti e diede una passata al tavolo incrostato di caffè, untuosità e briciole.
In soggiorno raccattò diverse cartacce e riposizionò i cuscini sopra al divano coperto da un telone indiano tutto stropicciato.

"Andrew!" Esclamò Harvey, assicuratosi non lo sentissero: "Non dovevi prenderti questo disturbo!"
"Era il minimo potessi fare! Figurati!" sussurrò il rosso.

Si sfamarono mediante un cartoccio di patatine e pescetti fritti seduti sul divano guardando scorrere sullo schermo in frantumi del cellulare di Harvey la compilation dei momenti più divertenti di Liam e i suoi compagni: in un'intervista doppia con Jed, il rosso presentava l'americano mediante una sequela di prenomi maschili mentre questi controbatteva chiamandolo Free Willy, wonka, principe di Bel-Air e qualsiasi altro riferimento a televisione, letteratura e cinema il cervello gli suggerisse.
Un altro spezzone vedeva il musicista scozzese fargli una doccia gelata poiché si era dimenticato di togliere la sveglia costituita da una sovrapposizione dell'abbaiare di un cane alla marcia imperiale di Star Wars.

Su Gad Thomas e Dan non c'era molto; entrambi erano più timidi e riuscivano ad andare d'accordo diversamente dagli altri due. Tuttavia Andrew avvertì una certa malinconia, vedendo il tipo di rapporto avrebbe desiderato con gli European Dreams.
"Finalmente" aveva pensato: "Amici non imposti dalla società!" Ritrovandosi poi a tu per tu con un italiano superficialotto, un francese col quale nulla aveva in comune ed un tedesco nel cui maniero le armature erano più di compagnia delle persone.
"Ho una curiosità" Domandò il più grande, accortosi qualcosa non andava: "Mi faresti sentire come suoni? Se ti va?"
Anche lui aveva presenti Ralf, Gianni ed Olivier, rimasti di sasso quando avevano visto l'ultimo acquisto di Sir Stuart sembrava più un fratello maggiore che un dipendente in livrea.

Silenziosamente, Andrew estrasse la chitarra rossa dalla custodia, anch'essa da sbattere a lavare ed occupò i tre quarti del divano, dispiacendosi per aver costretto il padrone di casa a spostarsi, ma Harvey ribatté a tutti i concerti dov'era andato era sempre stato in piedi
schiacciato in mezzo a gente sudata e urlante: "Il mio sogno è andare al Glastonbury! Campeggio fra pioggia, fango e freddo mentre altrove si crepa dall'afa! Altro che Coachella ed altre messinscene infighettate! L'unica pecca è l'acquisto dei biglietti a scatola chiusa, ovvero prima vengano annunciati gli headliners!
Quest'anno mi sono perso i Muse, ma li avessi presi lo scorso mi sarei beccato quel montato di Kanye West!"

"Hai richieste in particolare?" Domandò il performer in erba al suo unico spettatore.
"Fai quello che ti senti" Andrew sfoderò subito il cavallo di battaglia.
La voce era ancora un po' arrocchita dal vagabondaggio, ma Harvey sembrò non disprezzare: "Potrei vantarmi Liam Rixton sia venuto a farmi visita! Chissà quanto rosicherebbero!"
"Poi ci sarebbe questa...

It feels like I only go backwards, baby
Every part of me says "go ahead".
I got my hopes up again, oh no... not again.
Feels like we only go backwards, darling."


"Conosci pure i Tame Impala?" Harvey era sorpreso
"Così si chiamano?" Era stato l'ennesimo motivetto non si voleva scordare.
Tirò indietro la manica della felpa.

Nonostante la doccia si era rimarcato addosso le parole talmente tante volte ormai erano incancellabili.
Come la sua esperienza sulla strada.

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Capitolo 16
*** XVI ***


"Di solito come trascorri la Domenica?"
"Ora che non ho più da portarti al circolo del golf o del tennis me la prendo molto più comoda...Gradisci un toast?"
"Ormai sono in grado di mandare giù anche le rocce!" Erano le dieci e mezza.
Andrew e Harvey si erano appena seduti a tavola quando una scampanellata furiosa interruppe la colazione tardiva.
Già altre volte avevano citofonato, certe in assenza del padrone di casa, ma lo scozzese aveva obbedito, ignorando quel fastidioso suono
a diffrenza dei personaggi delle favole che poi si ritrovavano mille magagne da risolvere.

"Giornalisti!" Sussurrò allarmato l'ex maggiordomo.
Il vitreo centimetro quadrato sulla porta gli aveva mostrato un uomo ed una donna fasciati stretti nei loro tailleur seguiti da una telecamera ed uno stuolo di tecnici.
"Nasconditi!" Una mano bussò con insistenza alla porta.
Sarebbero entrati a cannonate piuttosto che aspettare ancora un po'.
Non rimaneva altra soluzione: il giovane corse in camera da letto e si infilò nello spazio sotto al legno, osando appena respirare.

"Vogliate perdonarmi l'attesa e lo stato in cui mi presento" Dal soggiorno provenne uno spostarsi di seggiole.
"Non fa niente...Scusaci piuttosto l'intrusione, ma ci manda Channel 4 per l'emissione di stasera...è sul ragazzo scomparso..."
Le registrazioni cominciarono: "Ci troviamo dove abita Harvey McCarthy, che servì alla residenza dei McGregor fino a poco tempo prima della sparizione di Andrew. Sapresti illustrarci com'era?"
"Era..." Innanzitutto acquattato sotto al materasso, poi vivo e vegeto: "...Un adolescente con le sue passioni, i suoi sogni...Il tennis e il golf..."
"E caratterialmente?"
"Stavo imparando a conoscerlo davvero solo quel periodo antecedente alla sua dipartita: un ragazzo sì, acido e strafottente fuori, ma tanto insicuro e timoroso dentro. Tuttavia  dotato di immensi spirito d'osservazione e determinazione..."
"Quali motivi ritieni possano averlo spinto ad abbandonare casa senza lasciar traccia?"
"Penso l'etichetta alla quale gli aristocratici devono attenersi, costituita perlopiù da usanze ormai superate...Andiamo, chi mai costringerebbe il proprio figlio a sposare una tipa il cui alito odora come la toilette maschile di un club Sabato sera? Perfino il Principe William si è scelto Kate!"
Dal suo rifugio il diretto interessato avrebbe voluto ridere a squarciagola.
"Quindi, secondo te è una ribellione ad un sistema rimasto arretrato...E se ci fosse dietro la musica?"
"Ascoltava soprattutto i Liberty e tramite loro aveva iniziato a farsi una cultura musicale, ma non ci vedo nulla di particolare...Molti suoi coetanei trovano sé stessi ed un rifugio nelle canzoni ed io alla sua età mi sentivo Verve, Rage Against the Machine e Radiohead fino a consumare i CD! Questa storia il rock porti su una cattiva strada deve finire! Oggigiorno sono le popstar a dare un cattivo esempio!"
Prese in prestito le ultime due frasi da Liam e si congedò dagli inviati, sospirando sollevato non appena fu sicuro fossero dall'altra parte del marciapiede.

"Andrew! Come hai resistito così tanto tempo? Sei tutto voncio! Dovresti farti una doccia!"
"Ti giuro! Quando hai parlato di Arabella è stato fortissimo! Non fossi così ricercato, sarei parso un delfino spastico col singhiozzo!"
"Il punto è un altro" Harvey era serio: "Mi rincresce dirlo, ma questo luogo non è più sicuro. Temo torneranno; Sir Stuart può permettersi i migliori investigatori e giornalisti e, conoscendo il mio rapporto con la musica ora che ho vuotato il sacco anche sul tuo conto, posso prevedere da sempre sospetta io sia l'artefice del tuo cambiamento.
Sono dispiaciutissimo.
Avrei tanto voluto potessi restare di più ed aiutarti nella tua ricerca"

"Dispiace a me di averti provocato questo inconveniente ed averti fatto faticare!"
"Ma no, Andy! Cosa te lo fa pensare?"
"Chi è fuggito di casa?"

"Giustamente vuoi scoprire da solo fatti mai rivelati e ritrovare quella parte di te rimasta seppellita per troppo tempo...Il diavolo fabbrica pentole, ma non coperchi, tu sei tutt'altro che sciocco e Sir Stuart e Lady Elizabeth avrebbero dovuto tenerlo in conto."

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Capitolo 17
*** XVII ***


Purtroppo Harvey aveva ragione.
Tornare in strada non fu affatto facile: i capelli si afflosciarono nuovamente con la pioggia e le provviste lasciate si esaurirono in breve.
Sotto ad un ponte, fra i giornali vecchi, ne trovò uno con la sua faccia:

"Dopo Madeleine McCann un'altra sparizione sconvolge La Gran Bretagna"
"Ultime novità sul Caso McGregor"
"Chi era in verità Andrew? Cos'ha spinto un rampollo ad abbandonare una vita di agi?"


Non lo sapeva nemmeno lui

Magari su qualche piattaforma social uno o più utenti stavano pregando per lui, divenuto un piccolo angelo mentre investigatori e giornalisti gli avevano sezionato lo scarno profilo, la cui nuova direzione si notava nella condivisione di apprezzamenti ai ricci scuri di Gad Thomas, teorie che affermavano esistesse una risposta universale al senso della vita a scapito delle sopracciglia di Dan ed "anyone can play guitar" dei Radiohead.

Di solito non usava i social network, siccome erano potenziali distrazioni da sport, studio e apprendistato musicale, oltre a dispensare il rischio elevato di sfottò virtuali da parte di Walliams e i sette Nani.

Oramai era ovunque.
Forse Sir Stuart e Lady Elizabeth gli tenevano davvero, ma anche se gli avessero concesso di trasformare un Garden Party nel T in The Park insieme ai Liberty, Eriksson e soci, sarebbero rimasti comunque due estranei.
Avrebbero dovuto adottare un bambino veramente bisognoso in Asia, Africa o America Latina.
Nonostante la scelta del Kilometro Zero si vedeva qualcosa non quadrava nell'esemplare famiglia aristocratica.
Desiderò cambiare il suo volto; rendersi irriconoscibile.

Cercò di immaginarsi un letto grande e comodo dove sprofondare e sognare. Anche il divano di Harvey sarebbe andato benissimo sebbene ci fosse una molla sporgente accuratamente coperta da un cuscino.
Ripensò a quello della magione, ma gli tornò in mente la stanza blu e il sogno divenne l'ennesimo incubo.
Era finito in un crepaccio, le ossa distrutte dalla caduta. Incapace di rialzarsi, ma in grado di distinguere i volti sogghignanti affacciati sul ciglio del burrone: c'erano Sir Stuart e Lady Elizabeth insieme alla loro servitù storica, ma anche Gianni, Olivier, Ralf e i loro genitori.
Tutti ridevano come se si fossero alleati per fargli uno scherzo epico ignorandone le conseguenze.
C'era quel film che una notte lui e Harvey si erano guardati, The Truman Show, la cui vicenda era più o meno analoga alla sua, ma mancavano Jim Carrey e le sue perle memorabili e soprattutto ridere era l'ultimo pensiero di Andrew.
Merito della Salamandra se non morì assiderato.

L'aria fresca del mattino lo svegliò, trasportando un invitante odore di frittura tempo addietro ritenuto disgustoso: era giorno di mercato.
Non sarebbe morto di fame.
Raccolse il logoro zaino, ripassandone il contenuto a memoria, la custodia della chitarra anch'essa infangata e si affidò al suo olfatto, ritrovandosi di fronte a bancarelle attorno alle quali la gente sciamava a guisa di api in primavera.

Le violacee nuvole gonfie non erano una novità.
Doveva affrettarsi e tornare il prima possibile al rifugio.
Alla lunga una polmonite sarebbe arrivata, ma almeno i suoi ultimi attimi sarebbero stati vita vera.

Era sul punto di attraversare le strisce quando per poco un losco figuro non lo fece volare nella sua folle corsa.
Stringeva fra le mani una borsetta in pelle ricamata a fiori pastello.
Rimase un mistero da dove Andrew tirò fuori l'energia  necessaria ad atterrarlo con un colpo in testa di cassa armonica.
Continuò a percuoterlo, temendo non fosse totalmente K.O. e non si accorse della mano riconoscente appoggiata sulla sua spalla: "Grazie, giovanotto..."

Un'esile signora riprese l'oggetto del furto e ne esaminò gli interni, sospirando sollevata.
Fosse stato ancora un riccastro avrebbe voltato gli occhi dall'altra parte, ma sapeva cosa si provava ad essere derubati dei propri pochissimi averi.
"Anche se penso abbia usato un po' troppa violenza..." mormorò scossa la donna.
"Ma contro persone del genere è lecito usarla..." Diede un calcio al malvivente e controllò lo strumento non avesse riportato danni.

Riaccompagnò la vecchietta al suo appartamento: "Sai, hai dimostrato di essere giovane, forte e soprattutto di buon cuore. Avrei proprio bisogno di una mano...Sai, l'età si fa sentire...Inoltre sembri non spassartela troppo..."
Andrew non abbassò la guardia fino a che non si fu presentata e rimase esitante; la strada gli aveva insegnato la rarità delle buone intenzioni.
"E qual è il tuo nome?" Gli domandò Alice Tinkler, così si chiamava.
"Andrew" Rispose il vagabondo.
"E poi?"
"Andrew e basta. Avevo un cognome, ma mi era stato imposto e mai mi era appartenuto..."
"Il ragazzo scomparso!" Per poco la nuova conoscenza non svenne.
Fortunatamente la sua voce era martoriata dal mal di gola: "Non vorresti tornare alla tua famiglia originaria?"
"Se sapessi chi sono ci andrei volentierissimo! Tanto sarebbe comunque gente migliore rispetto ai McGregor!"

"Accetto volentieri di aiutarla, ma deve in cambio fare in modo non mi trovino!"
"Va bene. Da quanto tempo sei in fuga?"
"Ho perso la cognizione..."
"E come hai fatto a sopravvivere finora?" Domanda da un milione di sterline.
La fortuna era una risposta troppo scontata ed insufficiente a giustificare una lotta per la vita condotta con la massima determinazione, che non sempre poteva tutto.
Sarebbe andato in capo al mondo pur di scoprire le sue origini, ma non aveva abbastanza luce per schiarire la tenebra.

Senza dubbio opera divina, pensò la signora, aprendogli un piccolo, stantio mondo rimasto paralizzato agli anni cinquanta popolato da coniglietti, porcellini d'india e felini raffigurati su porcellana bianca: "Dio ci insegna a non negare mai un aiuto al prossimo. Ogni buona azione ha il suo risvolto..."
Su un logoro divanetto un grosso gatto soriano distese pigramente le zampe posteriori: "Dai il benvenuto al nostro ospite, Signor Ginger! Ah! Perdona la sua maleducazione!"

Andrew cominciò a suddividere la spesa in base a categorie alimentari, sperando di vanificare qualsiasi conversazione nonostante necessitasse un espianto di tutta la sua storia ed un reset.


 

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Capitolo 18
*** XVIII ***


"La perturbazione non sembra volerci dar tregua..."
Girò una resistente manopola e raddrizzò un'antenna storta finché il suono non divenne quanto più nitido possibile, sperando nella stessa fortuna di fronte al Tesco Express
"...Da adolescente cantavo tenendo la voce più bassa per somigliare a Bob Dylan e Jim Morrison; credevo la mia fosse troppo acuta e ogni giorno incrociavo le dita affinché il tanto citato dai libri e certificato sviluppo delle corde vocali nella pubertà dei ragazzi accadesse, ma invano."
In effetti al primo ascolto, Liam gli era parso un teenager a livello canoro, o un venticinquenne volendo esagerare.
Nel parlare invece aveva mantenuto intatto un forte accento scozzese a differenza di Sir Stuart, che si ostinava ad imitare la Regina sfociando spesso nel ridicolo e disapprovando Andrew cercasse di apprendere quel nuovo linguaggio.
Nella band non nascondevano le loro diversissime inflessioni linguistiche: Dan, sebbene nato nel Regno, non differiva da chi aveva appena lasciato l'est, Gad Thomas non mancava mai di inserire qualche parola in ebraico nelle già sintetiche risposte e Jed era in grado di cantare come un vero country man cresciuto in una città senza nome fra campi di granoturco.

Insieme ad una televisione a tubo catodico avente lo schermo granuloso, la vecchia radio ancora funzionante era l'unica traccia tecnologica in quell'abitazione dalla quale Andrew uscì con grande coraggio per accompagnare Alice a messa e ad acquistare il giornale, temendo in edicolanti dotati d'occhio falconesco.
"Il resto è giusto" si assicurò.
"Proprio su tutte le copertine!" L'anziana era frastornata dalle innumerevoli facce del ragazzo fisse su qualsiasi acquirente si fermasse lì.

Persino sui settimanali di caccia era più preda di fagiani e volpi e probabilmente stavano addestrando cani su cani al fine di rintracciarlo, ma ormai aveva perso ogni traccia di odore della magione.

"Andrew, Andrew, Andrew...Il nostro santo protettore..." La signora non distolse lo sguardo da lui mentre si accomodava a tavola dopo l'apparecchiatura.
Gli occhi brillavano dietro mezzelune vitree, le dita scorrevano sul dorso della mano solcato da ossa, macchie e vene in rilievo: "Era molto religiosa la tua famiglia?"
Sir Stuart e Lady Elizabeth erano fra i molti ad appellarsi a Dio esclusivamente nel momento del bisogno o in caso di richieste particolari.

"Fa' che Andrew vinca questo set!"
"Che il mio cappellino non passi inosservato al ricevimento!"
"Te ne prego, mandami in porto gli affari!"


Andrew non aveva mai sentito la necessità di affidargli i propri successi. Se gli andava bene era il magico potere del colpo di fortuna, altrimenti era la sfiga.
"Shai?" Sbadigliò Alice, sul punto di addormentarsi sopra alla poltrona preferita: "Lo shpirito shanto ci asshiste shensha noi she ne accorgiamo...Per eshempio, incroshando le noshtre shtrade..."
Il gatto si precipitò ad impastarle il grembo, seguendola nel consueto riposino pomeridiano.
Quanti anni poteva avere? Aveva abbondantemente superato i settantacinque.
La fatica del vivere si faceva già sentire; il mal di gola non era migliorato affatto dai pochi giorni spesi insieme nonostante i rimedi assunti con regolarità.

Cercando di fare meno rumore possibile, il fuggiasco si apprestò a riempire un tegame arrugginito e metterlo sul fuoco mentre sul tavolo disponeva una finissima tazzina a fiori contrastante con le sue grezze mani inasprite dalle intemperie ed i calli chitarristici.
Aspettando l'ebollizione si spostò nelle altre, deserte stanze ricche di vestigia di tempi felici: una bambina vivace in mezzo alla natura, un gruppetto di donne sorridenti con un vinile dei Beatles, un vecchio cappellino ed una scatola di cosmetici scaduti accanto ad un vasetto di riso impolverato.
Quel mattino in chiesa erano soltanto loro due ed il prete e a dispetto del suo ateismo si era fatto convincere ad accendere un'augurale candela a Sant'Andrea affinché i suoi sogni si realizzassero.
Nello specchio opaco avvolto in plastica comparve improvvisamente una figuretta arancione miagolante: "Cosa vuoi, micio?"

Aveva perso vent'anni; ogni oggetto in quella camera era abbandonato nel limbo della vecchiaia e la bambola di porcellana adagiata sulla sedia a dondolo contribuiva a rendere inquietante l'atmosfera.
"Hai fame?" Si apprestò a riempirgli la ciotola di gelatinoso manzo, ma il felino saltò in braccio alla padrona di casa.
Immobile, forse ancora profondamente addormentata: "Alice..."
La vecchia non rispose.
Provò a scuoterle delicatamente una spalla, ma si lasciò cadere interte sul bracciolo destro.

Il polso non rimandava niente e non era udibile alcun respiro.
Nulla funzionò per rianimarla.
Con un amaro dispiacere nel cuore, Andrew la depose sul suo letto; almeno una buona azione aveva coperto i suoi ultimi giorni fra i vivi, contrariamente a chi moriva abbandonato nella propria meschinità. Una persona appartenente a nessuno aveva avuto la fortuna di incontrare qualcuno nelle medesime condizioni.
La solitudine, etichettata massimo isolante, aveva unito due generazioni opposte.

Magari stava già parlando a MaryAnne di quel giovane così simile all'uomo da lei amato il cui viaggio ancora non era finito.

Quale sarebbe stata la prossima tappa?

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Capitolo 19
*** XIX ***


Andrew decise di cambiare nuovamente domicilio.
Sarebbe stato troppo da sciacallo continuare ad abitare lì ed approfittarne dei pochi beni a disposizione, ma in quale altro luogo avrebbe trovato rifugio?

Non poteva fidarsi di nessuno e non c'era direzione giusta in cui girarsi e andare.
Si sentiva tradito persino dai compagni di squadra e le loro famiglie: possibile una persona sincera ai limiti del brutalmente onesto e sveglia come Ralf non avesse notato nulla?
Persino i soggetti più affabili e alla mano come i Tornatore erano tacciabili di omertà, avendo per anni taciuto il misfatto di Sir Stuart sebbene in possesso dei mezzi giusti per distruggerlo.
Stesso discorso valeva per l'integerrimo e incorruttibile Leopold Jurgens, mai pronunciatosi sulla cattiva azione dei McGregor. Eppure gli amici fanno notare gli errori.
Ne era stato la prova Olivier durante il match contro i BladeBreakers oppure Gad Thomas quando aveva fatto leva su un nervo scoperto di Liam per riportarlo sulla retta via.

Le case occupate da altri giovani ascoltatori di musica inusuale vestiti contro le tendenze avrebbero ripudiato quel fighetto, etichettandolo come un figlio di papà in cerca di avventure che non sapeva più come impiegare i soldi.
Lasciò l'appartamentino nella tarda notte.
Mentre attraversava le strisce pedonali udì un inconfondibile miagolio: "Gatto!"
Il Signor Ginger gli saltò in braccio: "Guarda, non so dove andare..." Accettò comunque il nuovo compagno di viaggio.

Meglio che soli e gli mancava la parola.
Il rosso del pelo sotto al lampione pareva un piccolo, guizzante tramonto e gli riportò alla mente la sagoma scura di una casetta sempre più piccina...La casa di Scott e Caroline!
Percorse il marciapiede col felino infilato nella giacca.
Gli parve inutile sperare nella Sorte, non essendo mai stato superstizioso.

Sfilò davanti alla cancellata del cimitero, timoroso di fantasmi inquieti o mani scarnificate predatrici dal terriccio, ma si ripromise sarebbe tornato a trovare MaryAnne un giorno o l'altro.
Chissà in quali condizioni versava la sua pietra tombale, affidata unicamente alle cure degli anziani genitori.

Non osò addentrarvisi, sebbene molti suoi coetanei del Worthington si arrampicavano e scavalcavano le sbarre metalliche arrugginite per dimostrare coraggio e guadagnarsi così un posto nella compagnia di Walliams.
Le altre prove erano la resistenza ad una decina di bicchierini alcolici forti ed infiltrarsi nella vicina scuola privata femminile tornando con oggetti rubati dallo spogliatoio durante l'ora di ginnastica delle ragazze.

Bruce, in verità, aveva cominciato a guardarlo storto già dall'anno passato.
Andrew gli aveva ribattuto di preferire essere suo amico senza sostenere esami, attirandosi accuse di vigliaccheria che poté solo ignorare.
La sua unica risata fu ad immaginarsi i nani scalare l'ingresso del camposanto armati di funi, moschettoni e piccozze uno in spalla all'altro e adottare la medesima strategia al St. Mary venendo sgamati al volo.
Né loro né il gigante capo erano tanto furbi, ma l'omertà scolastica non differiva da una mafia italiana.
Gianni gli aveva raccontato quanto riprovevoli fossero i boss, gli sgherri e chi taceva le loro malefatte.

Liam invece sosteneva esistesse una mafia musicale pronta a sbarazzarsi di personaggi particolarmente scomodi, primi fra tutti Kurt Cobain dei Nirvana ed il recente scomparso Prince: due voci fuori dal coro della marcia industria intrattenitrice.
E se fosse successo pure a lui?
Improbabile; si teneva fuori il più possibile da quel mondo malato e la sua ultima azione a sconvolgere la cronaca era stata un morso sopra al collo di Adam Levine risalente al 2014 che gli era valso l'insopportabile nomignolo "Suarez".
I media avevano, come loro solito ingigantito l'episodio, siccome il dramma quello vero era in progressiva rarefazione, ma i fans dei Liberty sapevano il frontman dei Maroon 5 aveva cominciato tutto con un paragone fra i quattro di Edimburgo e le Little Mix, nota girl band per poi sparare una cavolata dopo l'altra sul fatto che Liam non volesse più relazioni sentimentali fino ad una risposta provocatoria dello scozzese, che si era difeso dalla reazione del californiano azzannandolo manco fosse un vampiro a digiuno.
Essendo accaduto nel backstage di un festival, sarebbe potuto passare inosservato, ma eh, era uscito il sangue!

In lontananza si cominciava a scorgere un piccolo, sgangherato cottage stagliarsi su una nuova, gelida e rannuvolata alba.
Nemmeno una coperta davanti ad un caminetto gli avrebbe riscaldato i piedi provati dall'umidità e le ore di marcia ininterrotta.
Lo sporco gli si insidiava sotto le unghie dei piedi e l'asfalto fresco gli aveva fatto dimenticare ogni altro odore esistente mentre l'unico ritmo erano i suoi passi.

Si erano già incontrati e sembravano condurre vite sobrie al margine della caotica città.
Saltò la staccionata, riatterrando impacciatamente nel giardino, al contrario dell'agile gatto appollaiatosi subito su un davanzale al di là del quale si mosse una tendina floreale stinta seguita da un rigirarsi di chiavi ed uno scatto.
"Chi va là?!" Andrew rialzò il viso in direzione di passi stanchi ed esitanti, adocchiando un attizzatoio a guisa di arma difensiva e strisciò verso il sottile cancello arrugginito chiuso da una rudimentale catena da bicicletta, ma la luce del mattino e quelle complicate manovre rivelarono a Caroline la sua identità.
"Misericordia!" lo trascinò dentro per un braccio: "Quanto tempo! Avrai passato la notte fuori!"
Corse poi a svegliare il marito: "è venuto da noi! Il ragazzo della tomba di Maryanne poi scomparso!"

Dal nome di Angus emerso in un litigio all'assenza di somiglianze fra lui ed i McGregor, Andrew sviscerò la storia già nota, promettendo loro di svolgere più faccende possibile in cambio dell'alloggio, stupito si ricordassero ancora di lui.
Chi lo avrebbe mai detto?
Un ragazzo abituato ad essere servito si sarebbe improvvisato servitore.

Il giorno dopo stava già rastrellando il fogliame autunnale alle sei del mattino e come finì entrò in cucina e mise su due tè per gli anziani mentre nel pomeriggio aiutò Scott a riverniciare la staccionata.
Quando pioveva invece toglieva lo sporco dove Caroline non arrivava più e lucidava l'argenteria di casa;  il Signor Ginger riscaldava le poltrone e i grembi dei coniugi.
La sua attività preferita restava però passare lo straccio sui vetri di MaryAnne: "Come voleva chiamare suo figlio?"
"Le sarebbe piaciuto un nome per A, come Anytime; ascoltava di continuo una canzone con quel titolo"
Era la terza ballad presente nel repertorio dei Liberty, definita dalla critica "Something del ventunesimo secolo", spensierato e gaio preludio della disperata e tragica canzone omonima che decantava gioia ed ingenuità in un primo amore adolescenziale.
Anch'essa mai era stata eseguita dal vivo perché troppo personale secondo Liam.

"L'ho lasciato.
Perché sono incinta.
Non posso credere di averlo fatto veramente e mi manca già tantissimo sentirlo cantare i Guns 'n' Roses e i Beatles, correre insieme nei prati a piedi nudi e ascoltare tutte le canzoni conosciute da lui sul vecchio stereo in camera sua, ma penso sia stata la scelta giusta per risparmare a me stessa e al bambino le sofferenze di una rottura ed un padre negligente.
Lo vedo impegnatissimo a suonare coi suoi amici d'infanzia; sono perfino stati a Manchester e li conosce da tempo prima del nostro incontro.
In più non vorrei mai dipendere da lui. Perciò ho deciso crescerò da me il nascituro, frequentando l'università. è un'idea che a Mamma e Papà piace.
Il bambino è ancora molto piccolo e non se ne conosce il sesso; la pancia si nota appena.
Mamma e Papà non si sono arrabbiati con me; l'importante è io riesca a conciliare studio e maternità e sono disposti ad aiutarmi.
Tuttavia con Liam se la sono presa per avermi scombinato la vita e pensare solo a sogni irrealizzabili.
Papà ha detto che se prova a ripresentarsi lo farà pentire amaramente.
Anche per questo fra noi è finita; non voglio essere una nuova Giulietta."

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Capitolo 20
*** XX ***


"Sai, hai gli stessi occhi di Scott..." Mormorò Caroline, rimirando il riflesso del fuggiasco nel lucido vassoio argentato: "Era proprio una testa calda quando era più giovane, ma MaryAnne doveva pur aver ereditato la sua caparbietà da qualcuno...Altrimenti non avrebbe preso la decisione di crescere suo figlio senz'alcun sussidio..."
"Mannaggia al demonio!" Esclamò il marito da fuori, intento a riparare il cornicione cadente della finestra: "Nemmeno dopo il dodicesimo chiodo vuole saperne di stare su!"
"Vieni dentro, caro, sta cominciando a fare freddo..."
"Posso sempre darle una mano io" Si offrì volontario Andrew; era lì per quello.
"Non se ne parla! Sei stato senza tetto anche troppo!" Il fischio della teiera richiamò l'attenzione, convincendolo a rientrare.

I due anziani accesero il televisore.
Andrew credette fosse uno scherzo, ma c'era lui veramente: scorrevano sue immagini mentre reggeva trofei sportivi, cerchiato in rosso in mezzo ad altri venti studenti in giacca e cravatta, in posa elegante con Sir Stuart e Lady Elizabeth ad un garden party.
I suoi -non osava più chiamarli genitori dal giorno della grande fuga- si erano divertiti come bambini a giocare col loro bel bambolotto in salute.
"Continuano le indagini circa la scomparsa del giovane erede dei McGregor, ormai disperso da venti giorni. L'ultimo avvistamento è avvenuto alla stazione di Glasgow e da allora si sono smarrite le sue tracce"

Le telecamere inquadrarono sontuosi arazzi, un caminetto importante e poltrone vellutate: "Se avete visto il nostro Andrew" Singhiozzò Lady Elizabeth: "Non esitate ad avvisarci. Ne sarete ricompensati"
Il diretto interessato quasi non riuscì a mandare giù il prelibato muffin ai lamponi preparato dalla sua benefattrice, immaginandosi  ogni abitante del Regno impegnato in una disperata caccia al tesoro.
Non aveva un prezzo in denaro né era stato partorito da quella dama avvizzita.
Ricevuto il consenso di Caroline cambiò canale:

"Oggi avremo l'onore di parlarne con Noel Peters, proprietario dell'Abbey Road Records store, dove Andrew era stato visto più volte. Come se lo ricorda?"

"Premettendo è stato il mio primo cliente fra gli studenti del Worthington, era un ragazzo con le idee chiarissime. Entrò nel mio negozio, acquistò l'intera discografia dei Liberty e ne uscì per poi ripresentarsi qualche settimana dopo intenzionato ad imparare a suonare la chitarra...Lui e Liam Rixton...Due gocce d'acqua!"

Le cinque del pomeriggio erano ufficialmente divenute L'Ora Andrew e cercare di leggergli la mente il nuovo sport nazionale: c'era chi riteneva fosse l'amore, chi sospettava fosse stato rapito e chi lo dava per morto.

Quella notte l'anziana non prese il minimo sonno: "Caro..."
"Cosa?" Sbadigliò Scott dalla sua metà del letto; non vedeva l'ora di addormentarsi
"Sono convinta quel ragazzo non sia capitato nelle nostre vite per caso. Rendiamocene conto: fuggito di sua spontanea volontà e arrivato da noi, che conoscendolo potremmo benissimo rivelarlo in giro e ricoprirci di gloria tramite il ritrovamento di uno dei più importanti rampolli del Regno.
Sento si fida in qualche modo...Poi il suo sguardo è così simile al tuo..."
"Dagli ultimi aggiornamenti sul caso e a vedere le facce dei McGregor si evince non fa parte di quella nobile stirpe..." Si limitò a replicare Scott.

Nella stanza un tempo appartenuta a MaryAnne, Andrew si rigirò l'ennesima volta dopo l'ennesima doccia; desiderava lavare via da sé stesso ogni traccia di McGregor rimastagli addosso, cancellare il suo passato nella loro casata e riviverlo con le persone a cui davvero era legato.
Osservò alla delicata Abat Jour a fiorellini il diario di MaryAnne e le sue vecchie foto.
Tutto profumava di lavanda nel mondo fermatosi all'ingenua età tardo-adolescenziale: il soffice copriletto lilla, le copie finemente illustrate dei classici della letteratura femminile, sebbene non sognasse alcun Darcy o Rochester; Liam era un giovane spirito libero e precario che l'aveva indirizzata verso
Siddharta, Brecht e la generazione degli arrabbiati, aprendole un mondo a lei noto solo grazie a Virginia Woolf.
Si distinguevano le annotazioni illeggibili del cantante sulla Dreigroschenoper, che aveva ispirato il singolo della band "A shark's teeth".

I mobili bianchi trasmettevano l'idea di una casa delle bambole, ma lei non era materiale senz'anima abbellito per dare un'idea di vita.
Altrimenti si sarebbe messa con qualche bel borghesotto idiota, annullando le sue passioni per la letteratura e la storia in favore di doveri imposti dalla
società ancora machista.

Si fece coraggio e sciolse nuovamente il nastro violetto che richiudeva le memorie della scomparsa: All my loving dei Beatles, spighe essiccate, vecchi biglietti delle giostre, citazioni dai libri preferiti.
Non la tipica pazza femme fatale al fianco di una rockstar.

Giunto a metà della lettura, il manoscritto scivolò giù dal letto, colpendo il tappeto lilla e spargendo in giro foglietti volanti e polaroid scattate in mezzo ai campi nella bella stagione segnate dalla data nello spazio bianco

"7 Aprile 2000

La vita è una continua sorpresa, incredibilmente meravigliosa nei suoi meccanismi tanto delicati e complessi.
Sono troppo stremata per narrare le emozioni appena provate: una mia parte mi ha abbandonato, ma al contempo ha fatto ritorno.
Viveva dentro di me, seguiva i miei movimenti al riparo dal mondo crescendo giorno dopo giorno ed ora è qui accanto, addormentato dopo le visite, ancora ignaro di esistere.
Ho deciso di chiamarlo Andrew..."


Non riusciva a credere ci fosse scritto veramente. Maryanne, l'unico vero amore di Liam Rixton, era sua madre.
Troppi elementi lo inquadravano come il nipote creduto morto di Scott e Caroline: dall'osservazione della donna sui suoi occhi a quelle del signor Peters e Harvey sulla sua somiglianza con il musicista tutto si incastrava in un puzzle rimasto troppo tempo disfatto.
Cercò di tornare indietro coi ricordi il più possibile, ai primissimi istanti con Maryanne soppiantati ingiustamente dalla stanza blu e gli orridi vestitini sartoriali per bambini.

Finalmente aveva scoperto la sua vera identità ed era certo i nonni lo avrebbero accettato con gioia, ma sarebbe valso lo stesso per Liam?
Sembrava avere altre priorità rispetto a star dietro alle frenesie di un adolescente e molti personaggi al suo livello non volevano relazioni affettive a lungo termine o avere a che fare con la gente comune.
Tuttavia si ripromise di raccontare tutto ai coniugi Madden la mattina successiva; sarebbero andati al cimitero, dove c'erano le prove.

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Capitolo 21
*** XXI ***


La nebbia era particolarmente fitta, l'orario giusto; nessun paparazzo si sarebbe addentrato nel camposanto alle sei.
Precedette il mattino, prendendo l'uscita sul retro dell'albergo e si immerse nella dormiente città coperta dal cielo bluastro privo di stelle, a dispetto della notte trascorsa fra sonno e risvegli improvvisi come se nel letto ci fossero strane creature.
Jed invece sarebbe riuscito ad addormentarsi anche sui sassi senza bere litri di infusioni o leggere fino alla disperata richiesta di pietà delle pupille.
Gli anfibi si bagnarono in pozzanghere mentre il freddo gli sferzava la faccia senza provocargli il minimo brivido a dispetto della logora giacca in cuoio gettata sulle spalle: bastava il fuoco avvertito dentro al pensiero di raccontarle il mondo l'ennesima volta, discorrerne insieme e rinnovare la promessa d'amore le avrebbe fatto fosse stata ancora in vita.

Meglio per lei, perdersi tutto il baratro nel quale la Terra stava precipitando: progressiva scomparsa di personaggi meritevoli, un meme vivente a due passi dalla Casa Bianca, la natura in diminuzione, la musica sempre meno sincera.
Esalò una nuvoletta condensata, percorrendo croci, monumenti, fiori e umidi cerini destinati ad anime in pena.
Difficile credere si trovasse lì sedici anni orsono.

Ricordava i vividi caratteri cubitali su un annuncio funebre inzuppato dalla pioggia notato fugacemente nella notte dopo un promettente concerto.
Aveva in tutta fretta prosciugato il guadagno in ributtanti ibridi fra vodka e aromi artificiali e sopravvissuto gli esordi ad adrenalina e intrugli al cui contenuto rifiutava di pensare, lasciandosi cadere a peso morto verso il Club 27, formato dalle fiamme spentesi troppo presto alle quali non si era miracolosamente unito.
"Pensa a cosa direbbe lei! Alla canzone che le hai scritto in un mese!" Gad Thomas se n'era fregato della voce troppo alta in ospedale dopo quel fatale incidente d'auto mentre il suo razocinio, come un pugno in pieno stomaco, gli schiaffava nel cervello confuso un'immagine mai totalmente sbiadita:

Sorrideva appena fra le soffici onde color nocciola vestita di lavande pastello, la pelle talmente bianca da sembrare porcellana pronta a frantumarsi contro al suolo.
Ferma ai vent'anni proprio come l'aveva lasciata; lui ne aveva quasi il doppio.
Il labirinto delle memorie gli si ergeva infelice dinnanzi, invitandolo ad abbracciare il dolore come se mai l'avesse fatto.
Si chinò e sfiorò le lettere incise tanto sul marmo quanto sul suo petto da quel coltello che aveva fallito la sua missione di togliergli l'indesiderata vita.
Cosa fregava a fare l'ossigeno agli altri quando lei non c'era e lo stava aspettando nell'aldilà?
Fissando il cielo vuoto raggiunse un campo verdeggiante in contrasto col rosa pallido della sua delicata mano colpita da goccioloni illuminati da un sole gagliardo contro le nuvole temporalesche cariche di pioggia estiva.
Corsero a perdifiato fino a casa di lei e fradici entrarono svelti dalla finestra appena in tempo per scampare la grandine il cui ticchettio sui vetri li trasportò in un'altra dimensione lontana dalla cupa, gelida Scozia, teatro del loro incontro.

La ragazzina nella raffinata uniforme di liceo femminile era rimasta folgorata dallo scapestrato musicista di strada, tanto che nella custodia della chitarra fra mille spiccioli il tesoro più prezioso fu un bigliettino recanti alcune cifre ed un nome elegantemente scritti.
Il denaro raccolto in quella giornata gli servì a pagarsi una sola andata per Glasgow.
Rivederlo davanti alla cancellata dell'istituto St. Mary le provocò una gioia incontenibile: ne era valsa la pena di saltare su un treno al volo ed esplorare una città sconosciuta addentrandosi persino nei quartieri alti dove avrebbero sputato addosso ad un ragazzo di periferia.

"Scott, c'è qualcuno..." La desolazione novembrina sgretolò le fragili quattro mura mentalmente erette.
Quella voce non gli era nuova, ma non suonava amichevole ed energica paragonata a quella suggerita al volo dalla mente.
"State indietro! Andrew, all'erta!" La sagoma di un anziano armato di fiori freschi fendette la caligine, retrocedendo subito verso una signora davanti alla quale si parava un adolescente incappucciato con una chitarra di traverso sulle spalle.
"Inconcepibile! Proprio tu?! Cosa sei venuto a fare?!" Disorientato, il vecchio guardò prima il ragazzo, poi lui svariate volte alla stregua di un investigatore di fronte a falso d'autore e opera originale.
"Che domande! Rendere omaggio alla memoria..." Cercò di rispondere, irritato da quel tono e l'interruzione dell'intimità; odiava si dubitasse della sua fedeltà e i suoi sentimenti, immutati dal tempo in camminata.
Gli era sufficiente il nome a far capitolare schiere di bellezze ai suoi piedi, tutte respinte; già apparteneva a lei.
Al contrario, innumerevoli sue conoscenze davano eccessivamente retta al più basso istinto umano.
Si era addirittura inciso le otto lettere del suo nome nel petto utilizzando un coltello spinto dalla disperazione e dal desiderio di levare le tende per sempre, svuotarsi, privarsi di ogni vitalità; il sangue che gli innaffiava la carne era niente comparato a ciò che credeva di meritarsi per i suoi errori del passato.

Cos'altro gli mancava?

"Stento a crederci!" Si intromise la moglie: "Dopo averla lasciata perché l'avevi messa incinta! Tu non lo sai, ma MaryAnne aspettava un figlio da te!"
"Me ne sarei occupato tanto quanto lei!" Perché lo abbandonò nel dubbio? Le scrisse con ogni mezzo possibile e tornò ai loro luoghi nella speranza di trovarla in un'era ancora lontana dalla sfruttatissima tecnologia.
Aveva suonato la loro playlist fino a non poterne più di quei versi, aggiornandola con brani più malinconici dell'Intera discografia dei Radiohead.
Migliaia di giovani artisti avrebbero potuto campare mediante le canzoni destinate a lei custodite gelosamente perché non alla portata di un pubblico incapace di comprensione ed introspezione.
"Avresti detto lo stesso all'età di allora? Comunque il bambino è morto poco dopo la nascita!" Fece lapidario il padre di Maryanne, sperando di chiuderla lì.
"Vi state sbagliando!" Intervenne il giovane, scoprendosi una folta e indomabile chioma fulva: "Il bambino sono io! Mi avevate conosciuto come Andrew McGregor, ma non sono mai appartenuto al loro clan ed in questo momento posso affermare di aver ritrovato le mie vere origini! "
Gli sguardi si spostarono tutti su una lapide alla sezione infantile destinata alla brevissima vita di un neonato chiamato Angus: "Questo è il vero figlio dei McGregor!"

Il respiro di Liam si fermò e le ginocchia crollarono come edifici instabili in un terremoto, avvertendo una confusione più forte di qualsiasi sostanza mai assunta nella vita precedente.
Di solito non seguiva le scomparse riportate dai notiziari sulle quali banchettavano gli sciacalli e le persone annoiate dalla vita comune, volendo godersi quella minima tranquillità a disposizione fra viaggi, interviste, premiazioni, incontri con autori, ma i suoi compagni erano stati subito colpiti e non avevano tutti i torti.

Era sogno vivido o realtà? Nemmeno nei suoi film mentali più qualificabili all'Oscar un minorenne a lui ignoto si rivelava essere frutto dell'amore che c'era stato fra lui e MaryAnne. Jed spesso scherzava sulle sue congetture, ma fin dal primo articolo relativo al rampollo sul Mirror sosteneva ci fossero legami fra loro, data la somiglianza che avrebbe potuto essere benissimo una casualità.

La lucidità se ne andò del tutto mentre le braccia si riempivano del corpo che non avevano potuto cullare, abbracciare, stringere prima di quel giorno.
Quanto distava nel tempo il suo ultimo pianto?
Non riuscì ad incrociare lo sguardo con il figlio ritrovato, tanto accecanti erano le lacrime; un odore di umidità pluviale con una lieve nota di lavanda gli fece affondare il capo nello spazio fra spalla e collo del ragazzo, avvertendone la volontà di percepirlo il più possibile e le mani corrergli lungo schiena e fianchi sotto la giacca ansiose di trattenerlo e accertarsi fosse reale.
La sua anima ancora piccola annaspava alla ricerca dell'affetto mai ricevuto e voleva crogiolarsi il più possibile nell'ondata di tenerezza avvertita da Liam dentro di sé.
Gli aerei illuminati, alla fine avevano esaudito i suoi desideri persino meglio delle stelle cadenti.
I signori Madden abbandonarono ogni rancore, unendosi a quella neonata cellula, confusi e felici dalla conferma dell'esistenza di una traccia della loro unica figlia, talmente impegnati ad abbracciarsi da non accorgersi degli abiti eleganti di Sir Stuart McGregor macchiati di fango fino alle caviglie e l'assenza del cappellino di Lady Elizabeth, probabilmente rimasto impigliato in qualche albero morto.

"Finalmente ti abbiamo trovato! Adesso allontanati da quei poveracci immediatamente!" Ordinò marziale l'aristocratico, ma gli uscì smorzato dalla gola mentre il viso sembrava sul punto di esplodere dal rossore.
"Silenzio!" Al contrario Liam non alzò affatto la voce incrinata dall'emozione, si passò rapidamente una mano sule ciglia e rafforzò la stretta intorno al polso di Andrew: "Lui è mio figlio! Anche se si trovasse al posto del Principe George resterebbe sangue del mio sangue!"
"Ma è sotto la nostra custodia!" Replicò la nobildonna fra un sospiro e l'altro: "Risponde al cognome McGregor!"
"Basta così!" Scott lo affiancò, sempre coi fiori in mano: "Siete stati fin troppo con nostro nipote!"

"E avete ucciso MaryAnne!" Non meno determinata, Caroline si posizionò sul lato scoperto.
"Non ho...la benché minima...idea...di questa storia!" farfugliò l'industriale, passato da tramonto a neve.
Il sudore era abbastanza per trasformare il cimitero in una foresta.
"è tutta una bugia!" Esclamò la consorte: "Non è vero, Andrew? Su, vieni! Ci sei mancato..."

"Scordatevelo!" Prese parola il diretto interessato: "Non fingete di non riconoscere chi c'è qua sotto! E là di fronte! Vi credevate tanto furbi? Be' non lo siete affatto!" Ci era già arrivato dieci anni prima, rifiutando una porzione di Haggis attraverso la dichiarazione i due nobili non erano suoi genitori; troppo avanti con gli anni per stargli dietro, nutrire la sua immaginazione, semplicemente giocarci insieme.

Innumerevoli volte Andrew aveva desiderato una madre giovane ed empatica come la signora Tornatore o un padre abbastanza vigoroso da tenerlo in spalla e con tante storie da raccontargli.
Nemmeno nei sogni credeva fosse il suo artista preferito in assoluto a dispetto delle loro mani ancora congiunte, gli stessi occhi castani striati in verde bagnati dal pianto che sul poster sembravano fulminare chiunque li incrociasse e la stessa voce udita in canzoni ed interviste.

Come gesto di sfida si abbracciarono ancora più stretti, desiderando non dividersi mai più.

Sir Stuart perse del tutto colore; Lady Elizabeth i propri sensi al pensiero di quanto si sarebbe detto di loro.


 

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Capitolo 22
*** XXII ***


Era passato ormai un mese eppure la notizia del ritrovamento del figlio di Liam Rixton a quindici anni di distanza continuava ad essere discussa anche dai maggiori quotidiani.
"Beh, qualcosa di allegro ci voleva proprio dopo tutte le recenti morti celebri..." L'artista aveva preso parte agli innumerevoli funerali privati avvenuti in quell'anno terribile per la musica che ancora doveva volgere al termine.
"Infatti!" Andrew si stava sistemando la nuova uniforme nera e bordeaux.

Quei colori promettevano bene: era il suo primo giorno nella nuova scuola pubblica di quartiere a Londra.
Non era rinomata come il Worthington, ma l'assenza di  tremendamente scomodi mocassini o cappellini di paglia obbligatori al vecchio istituto prometteva bene.
Si sarebbe impegnato sul serio; riguardando il vecchio sé stesso, sentiva di non meritare né di aver conosciuto Harvey né il ricongiungimento col miglior genitore del mondo.
Lo stesso ragazzo che aveva trattato dei visitatori stranieri arrogantemente e rifiutato di formare una squadra, oltre ad essere fuggito di casa sospendendo il fiato di un'intera nazione fra le più potenti del mondo gettò le braccia al collo di suo padre, schioccandogli un bacio sulla guancia ispida prima di uscire

Aveva attraversato un calvario, rinunciando agli agi e offrendo aiuto a diversi sconosciuti.
Proprio vero le avversità rivelano la vera natura degli uomini.

Fuori di casa diversi compagni e compagne lo guidarono ad una cancellata blu scrostata mentre le domande della preside furono incentrate sulla sua precedente esperienza.
Sfatò con piacere diversi miti e rimase altrettanto di sasso al loro sentirsi inferiori a quell'inferno dove bazzicava la peggior feccia a dispetto dei campi verdeggianti e la facciata priva di scritte.
Credeva lo avrebbero sottoposto a dei test d'ingresso, ma la signora Edwards, consegnato il foglio del regolamento, scrisse il suo nome in fondo ad un elenco ed un bidello lo scortò di fronte alla liscia porta rossa: "Prego!"

Varcò la soglia davanti a diciannove coetanei smarriti nel cazzeggio: "Ragazzi!" Miss Richardson, professoressa di storia e letteratura li richiamò al silenzio.
"James, non si sta col cappello in classe! Da oggi un nuovo studente prenderà parte alle vostre lezioni! Andrew Rixton-Madden!"
Cercò di trattenere un sorriso troppo grande mentre un frettoloso brivido gli percorreva la schiena; doveva ancora abituarsi alla condivisione del cognome col suo più grande idolo in confronto alla quale gli onori della nobiltà valevano zero.
Al cimitero era scoppiato di rimando a piangere, avvertendo tutto l'affetto Liam gli avrebbe donato negli anni precedenti sciogliergli il cuore inaridito dalle mancanze dei Mcgregor.
Aveva ritrovato sé stesso in quell'abbraccio talmente stretto e sincero da sembrare irreale.
Non riusciva a credere stesse appoggiando il mento proprio sulla spalla del suo mito e che le stesse mani artefici della cononna sonora di quegli ultimi mesi gli stessero cingendo la vita intenzionate a non lasciarlo.

Persino il puntiglioso Ralf ogni tanto faceva confusione,  ricordando vicinissimo il giorno in cui il suo amico aveva rotto l'internet.
A sentire Gianni ed Olivier invece pareva fossero passati loro in mezzo ad indigenza, vita di strada  e pericoli annessi, ma il peggio del peggio era costituito dai giorni in tribunale, talmente stressanti padre e figlio avevano condiviso il medesimo letto timorosi Lady Elizabeth e Sir Stuart avrebbero vinto sebbene in torto marcio.

Un bisbigliare ben distinguibile si impadronì dell'aula intera: "Oddio!", "Quello sui giornali!", "Il figlio di Liam dei Liberty", "Davvero è lui?", "Ne parlavano al telegiornale!"
Tutti speravano di averlo come compagno di banco, ma occupò l'ultimo posto, accanto a James-col-cappello, sorpreso fosse stato scelto.
Per tutto l'anno scolastico.
Si ravviò il soffice caschetto marrone scuro: "Mi chiamo James Hodgson" Quel nome piacque allo scozzese, portandolo a scoprire nel tempo libero gli piaceva cantare e suonare i sintetizzatori.
Non era però nel coro della scuola a causa della voce troppo acuta valsagli il nomignolo "James il fr*cetto", più doloroso di "Andrew l'instabile".
Il rosso aveva imparato ad apprezzare ancora di più il pizzico di follia grazie al quale si era avventurato nella delicata ricerca del vero sé stesso.
Oltre la musica James adorava disegnarsi stravaganti abiti che sfoggiava nel quotidiano.

"Perché ti sei messo di fianco a quello?" Gli domandò un corpulento allievo di origine pakistana.
"La madre di James fa la..." Cantilenò un foruncoloso piccoletto rasato a zero.
"è più donna di me!" Fece una ragazza dal fisico sproporzionatamente muscoloso ed il viso truccato nella speranza di apparire più carina
"Lasciatelo in pace!" Il nuovo arrivato decise di conservare le frecce avvelenate per i giorni a venire: "Ti dicono spesso queste oscenità?"
"A volte fanno anche di peggio..." Andrew gli notò solo in quel momento un alone bluastro intorno all'occhio destro e preferì non domandargli oltre, ma ci pensò lo scheletro nell'aula di scienze a spiegargli tutto, col cappello nero a tesa larga calato sul cranio in plastica bianca: "Ad ogni modo né cadrò ai loro piedi né mi feriranno. E non sono abbandonato a me stesso. "

"Sembra comunque meglio qui rispetto al mio vecchio liceo. Posso assicurartelo!" Non c'erano il nepotismo e giochi di potere a cui aveva assistito nel corso della carriera scolastica.
In più al Worthington un ragazzino così piccolo con un'individualità ben definita e i piedi ben saldi a terra non sarebbe sopravvissuto alla giornata di accoglienza.
Raggiunsero in cortile due coetanei sopra ad una panchina sbrecciata: "Lui si chiama Conor Murphy. Sua madre è di Belfast, suo padre di Cork e si sono incontrati a Dublino durante un'insurrezione popolare. Il suo compito è assicurarsi  nessuno abbia insufficienze" Uno studente i cui riccioli rossi ricadevano soffici sul lato sinistro facciale accennò un saluto senza distogliere gli occhi da una profonda lettura.
"Lui invece è Rhys Cadwalader e..." Un biondino steso con le gambe sullo schienale e le braccia incrociate dietro la testa ebbe un fremito.
"Chi va là?!" Fra i suoi disordinati ciuffi paglierini spiccavano due rotonde lenti scure: "E lui chi è?"
"Perdonami, ma devo mettermi in viaggio col Tardis" James mimò una cornetta telefonica: "Qualcuno è rimasto bloccato al 1996!"
"In verità meglio così" Andrew gli tese la mano: "Sono stanco di essere quello-sui-giornali"
"Oddio! Il vero Andrew? In carne ed ossa?!" Rhys si stropicciò gli occhi verde chiaro e sbatté confuso le palpebre: "Posso dirti ciao?"

"è sufficiente non utilizzi il cognome McGregor! Per il resto è già dei nos..." era più forte di James schiudersi completamente le poche volte gli dimostravano benevolenza.
E Andrew era solo il terzo compagno di scuola ad esserglisi avvicinato senza l'intervento dei professori per stupidissime attività in coppia o gruppo.
Aveva conosciuto Conor grazie ad un piovoso ritardo all'età di quattordici anni, parlando fuori dalla segreteria di Oscar Wilde, i suoi favolosi abiti e vita da esteta mentre un anno più tardi alcuni simpaticoni avevano avuto la geniale idea di nascondere il cappello nello zaino di Rhys, regalandogli un piacevole pomeriggio a base di pane all'aglio fatto in casa e audiocassette che necessitavano la penna, ma il biondino conosceva alla perfezione il trucchetto, oltre a padroneggiare la vecchia batteria in mansarda meglio del fratello maggiore.
Strano perché fra i corridoi era noto per conoscere le otto mogli di Enrico sesto e avere più testi di Oasis e Blur che numeri sul quaderno di matematica.

"Sì, sono dei vostri!" Andrew cercò il modo per farli stare tutti e tre in un abbraccio. 
Il graffito sul ponte tappezzato di volantini ritraenti una sua espressione corrucciata, l'odore della nebbia, la colonna sonora di bollitore, citofoni e scalinate della palazzina di Harvey ed il freddo erano ormai ricordi lontani.

Tuttavia il sapore della ribellione mai lo avrebbe dimenticato: acido e amaro, inidoneo a stomaci delicati, ma dalle molteplici proprietà.

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