I Gemelli Potter

di Gremilde
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Avviso ***
Capitolo 2: *** Gemelli fraterni ***
Capitolo 3: *** Crescendo ***
Capitolo 4: *** Il primo incontro al Binario 9 e ¾ ***
Capitolo 5: *** La Pietra Filosofale e i primi amori... ***
Capitolo 6: *** Fine ed inizio... ***
Capitolo 7: *** Estate ***
Capitolo 8: *** Vacanze estive... ***
Capitolo 9: *** Alla ricerca della serenità ***
Capitolo 10: *** Dall’amore all’odio, come cambia la magia… ***
Capitolo 11: *** Il primo compleanno separati ***



Capitolo 1
*** Avviso ***


Questo credo sia il messaggio più difficile che mi sia mai trovata a scrivere. Non è facile mettere nero su bianco determinati sentimenti, momenti, emozioni. Soprattutto quando non sei pronta ad affrontare grandi cambiamenti. Beh, è ciò che sta succedendo a me. Come se, nella mia vita, non ne avessi già passate tante. Il destino beffardo ha deciso di giocare un altro po’ con noi che avevano, dopo tanto, trovato un pizzico di stabilità. La mia famiglia subirà l’ennesimo trasloco ed un probabile distacco per poi, forse, riformarsi più in là. Ancora non sappiamo né dove né quando. Ma questo fatto ha essiccato la mia vena artistica e la mia fantasia è affogata in un mare di lacrime. Non proseguirò nessuna delle storie che ho iniziato. Non me la sento. Non ce la faccio. Non ho né cuore, né cervello né voglia per farlo. Ho chiesto alla preziosa e onnipresente Fata_Morgana 78 di prendere e proseguire le mie storie. Se non tutte, solo quelle che se la sente di prendere e fare sue. Lei ha accettato. Ed io le ho concesso carta bianca. Mi ha detto che inizierà da “I Gemelli Potter”, tempo e famiglia permettendo. Mi ha già informato che la storia subirà dei cambiamenti. Non impressionatevi né inviate segnalazioni per plagio o altro. Fata_Morgana 78 ha tutta la mia stima e completa fiducia. Le affido le mie storie sperando che lei riesca a finirle. Continuerò a leggere e commentare. Ma non ho proprio nessuna voglia di scrivere altro. Grazie a chi è stato vicino a me finora. A chi mi ha supportata, recensita o aggiunta in una delle categorie. Grazie a Fata_Morgana 78 per tutto, anche per ascoltare i miei sfoghi come la più dolce e disponibile delle mamme/sorelle maggiori!

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Capitolo 2
*** Gemelli fraterni ***


Primo capitolo

Il sole splendeva fiero nei Cieli dell’Inghilterra, sembrava quasi che volesse festeggiare il primo compleanno dei figli di James e Lily Potter: Harry ed Elizabeth.
A festeggiare il loro primo compleanno, erano intervenuti gli amici più stretti dei loro genitori e i professori della scuola di magia e stregoneria che li aveva fatti innamorare.
Il giardino di casa era stato addobbato magicamente dai padrini dei piccoli Potter; Sirius Black e Severus Piton che avevano dato il meglio di loro stessi per dare un tocco di originalità all’ambiente.
I due uomini erano in perenne competizione ed il giardino era un tripudio di divertimenti, artefatti e giochi pirotecnici magici che si susseguivano senza interruzione.
- Severus… - lo chiamò Lily – Alla fine non hai resistito, eh? Tra tutti i colori che potevi scegliere, hai usato argento e verde.
- Lily. – fece un rapido inchino lui – Sento che la mia figlioccia sarà una potete Serpeverde. Vedi che già ama le mie decorazioni? – il mago indicò la bambina che giocava affascinata con alcuni palloncini a forma di serpente.
- Ma zittati “Moccius”! – lo redarguì arrogante Sirius gonfiando il petto – I miei nipoti saranno entrambi Grifondoro, esattamente come noi.
- Come osi tu… - Severus strinse gli occhi offeso ma, prima che potessero dire o fare altro, la voce di Silente li zittì:
- Basta! I bambini saranno ciò che vorranno essere. Serpeverde, Grifondoro, Corvonero o Tassorosso. E voi non farete niente di niente per condizionarli, altrimenti pagherete le conseguenze del vostro comportamento, sono stato abbastanza chiaro?
- Sì, Preside. – annuì Sirius.
- Cristallino, signore. – bofonchiò Severus.
- Grazie signore. – lo gratificò con un ampio sorriso Lily – A me non danno ascolto.
- Cara Lily, tu sei troppo buona e non fai loro paura. – rise l’uomo baciandole la mano con galanteria.
- Non si lasci ingannare, signore. – rise James porgendo all’uomo un bicchiere di whisky incendiario – Lily non è buona come sembra.
- Jamie! – arrossì la donna.
Silente sorrise, alzò il bicchiere a mo’ di brindisi e si allontanò lasciando i coniugi Potter un attimo da soli.
- Lily Potter, - la abbracciò James – ti amo immensamente. Ed amo follemente i nostri figli.
- Ooh signor Potter! – gli cinse il collo con le braccia sottili lei – Così mi confonde. – si scambiarono un bacio ricco d’amore, ma furono interrotti dal pianto dirotto di uno dei bambini.
- Harry. – dissero in coro dividendosi.
- Ora perché starà piangendo? – sospirò James.
- Temo che sia colpa di mio nipote. – ammise Lily.
- Tua sorella e tuo cognato sono dei Babbani ingrati. – sibilò stringendo gli occhi l’uomo – E tuo nipote un grasso, perfido marmocchio.
- Non osare rivolgerti a Duddy in quel modo, sai! – squittì una voce alle loro spalle, era Petunia la sorella di Lily – Siete voi gli strani, gli anormali.
- Se siamo così anormali, perché sei venuta al compleanno cara “cognata”? – chiese James sentendo montare la rabbia.
- Perché sono la sua unica sorella.
- Quella normale. – concluse Lily a denti stretti – Perché tuo figlio ha fatto piangere il mio?
- Non è colpa di Dudley. – sobbalzò Petunia.
- Invece sì. – rispose Remus Lupin con Harry in braccio, il bambino aveva il segno di un morso sul polso – Quel botolo rosa lo ha morso, Harry giocava tranquillo con il trenino che gli ho regalato.
Lily prese in braccio suo figlio, lo cullò dolcemente e dopo aver recitato un breve incantesimo, il morso sparì portandosi sia il dolore e lo spavento.
- Mamma! – sorrise felice il bambino facendo brillare i suoi occhioni azzurri.
- La mamma ti ama tanto Harry. – lo baciò sulla fronte, facendolo ridere felice.
Harry ed Elizabeth erano due bambini sereni, amavano molto le coccole ed erano tremendamente legati. Avevano da poco imparato a camminare e, piano-piano, stavano iniziando a parlare.
Mentre Lily e Harry si coccolavano, Elizabeth li raggiunse sgambettando per mano a Minerva MacGranit, vice preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwards ed insegnante di trasfigurazione.
- Questa signorina reclama la mamma. – parlò la donna.
- Professoressa McGranit – sorrise James – Grazie.
- Oooh James. – scosse la testa la donna – Quando la smetterai di chiamarmi “professoressa”? Stai per diventare Auror, non sei più mio alunno. – lo baciò sulla guancia, facendolo arrossire.
- Minerva. – finse di offendersi Lily prendendo in braccio anche la bambina – E a noi niente?
- Ancora non ci credo. – sorrise la donna – La mia migliore alunna… Mamma…
- Suvvia Minerva. – la sgridò dolcemente Silente – Niente lacrime.
- Oooh Preside. – alzò gli occhi al cielo – E’ che sono felice. – sorrise ancora – E piena di emozioni.

I loro discorsi furono interrotti da una serie di “pop” all’interno del giardino che indicavano l’arrivo del resto degli invitati. Ex compagni di scuola, colleghi di lavoro, vicini di casa, tutti erano accorsi per partecipare al primo compleanno dei piccoli Potter.
La festa fu un enorme successo. Gli adulti si divertirono ed i bambini, grazie agli animatori magici, giocarono tra loro per tutto il tempo, lasciando ai genitori la possibilità di godersi una giornata di svago.
Gli ospiti, lasciarono il giardino della villetta di Godric's Hollow nel tardo pomeriggio. Andarono via soddisfatti e felici per la bella giornata trascorsa in compagnia della famiglia Potter e Lily li osservava rientrare alle rispettive case con un caldo sorriso sulle labbra.
Sospirando, quando anche Hagrid e Silente lasciarono il giardino, la giovane madre entrò in casa e, guardandosi attorno, mormorò:
- Ci vorranno ore per sistemare tutto, anche usando la magia.
- Dai amore. – le porse un bicchiere di succo di zucca James – Non pensarci adesso. Domani è domenica, non dobbiamo lavorare e avremo tutto il tempo di sistemare casa.
- Sai perché ti amo, James? – sorrise lei con gli occhi azzurri che brillavano di gioia.
- No, perché?
- Perché sai sempre come farmi stare bene. – e, senza aspettare la risposta maliziosa che aveva visto illuminare gli occhi di suo marito, lo baciò sulle labbra.
- Fai lo stesso effetto tu a me, mia piccola grande Lily. – mormorò emozionato lui, sulle labbra piene di sua moglie.
- Caro, dove sono i piccoli? – domandò d’un tratto preoccupata di quello strano silenzio.
- Stanno giocando nel soggiorno. – la prese per mano e la guidò fino al divano. I gemelli erano seduti sul tappeto impressionati dai giochi magici ricevuti in dono.
- Che strano vederli così… tranquilli… - ridacchiò la donna mettendosi seduta.
- Non hanno mai visto giochi così. – si strinse nelle spalle lui – E’ stato Albus a regalare loro questi giochi. Credo siano sue invenzioni.
- Sono molto belli.
- E istruttivi. – rise James osservando i suoi figli.
- Non mi sarei aspettata altro dal Preside. – si aggiunse alla risata del marito lei.
I bambini, osservarono i genitori sul divano e, dirigendosi verso di loro, chiesero di essere presi in braccio.
- Siete stanchi, eh? – li baciò dolcemente Lily sulla fronte – Siete stati bravissimi oggi. I miei cuccioli!!!
- Mamma… - gemette piano Elizabeth sbadigliando – Stanca io…
- Mamma nanna… - le fece eco il fratello Harry.
- Ora mamma e papà vi porteranno subito a fare la nanna. – li cullò James.
La famiglia Potter, restò teneramente abbracciata sul divano fino a quanto uno schianto ruppe il silenzio ovattato della notte estiva.
- James! – era la voce di Remus, spaventata – Lily. – li chiamò.
- Ehi. Lupin. – lo accolse James cullando la figlia che si era svegliata di soprassalto – Ma cosa diavolo ti prende?
- Scappate! – urlò raggiungendoli nel salotto, era ferito – Sta arrivando.
- Chi? – si alzò Lily stringendosi al petto Harry.
- Voldemord. – rispose Sirius materializzandosi vicino a Remus.
- L’Oscuro Signore? – chiese la giovane madre con voce tremante – Ma perché, cosa vuole da noi…?
- Vuole i bambini. – rispose Remus prima di venire schiantato da un potente incantesimo, i Mangiamorte erano arrivati.
- A causa della profezia di Sibilla Cooman.
- La Cooman? – Lily storse la bocca – Quella sta alla Divinazione come io ad Erbologia!
- Lily non è il momento di fare la saccente! – la sgridò Sirius – Prendete le vostre bacchette e prepariamoci a difendere i bambini. Remus è ferito e non può aiutarci. Silente e gli altri saranno presto qui.
- Accio bacchetta! – tuonò James seguito a ruota da Lily.

La battaglia tra i membri dell’Ordine della Fenice, capitanati da Silente, ed i Mangiamorte devoti a Lord Voldemord, fu cruenta lunga e sanguinosa.
Caddero molti Mangiamorte, colpiti dalle maledizioni dei maghi dell’Ordine delle Fenice e, quando sembrava che la battaglia volgesse a buon fine per il male, gli Auror del Ministero della Magia e alcuni Dissennatori, aiutarono il bene ad avere la meglio.
- Via. – tuonò il Capo del Ministero – Portate via tutti questi ridicoli Mangiamorte. La prigione di Azkaban li sta aspettando.
I membri dell’Ordine della Fenice, si guardarono intorno respirando a fatica. La casa di Lily e James era quasi completamente distrutta, ancora faticavano a credere di aver vinto. Di aver avuto la meglio su tutto quel male.
- Non cantante vittoria troppo presto sudici! – ringhiò Bellatrix nel suo delirio – L’Oscuro Signore non ha ancora finito con voi!
- Zitta pazza! – le rispose Sirius che odiava essere imparentato con lei – Arrendetevi, siete deboli, avete perso.
- Non esserne così sicuro. – rise ancora lei prima di essere portata via dagli Auror.
- Cosa… - ansimò Lily reggendosi il braccio – Cosa avrà voluto dire?
- Quella è una pazza. – tagliò corto Sirius – Non date troppo peso alle sue parole. Abbiamo vinto.
- Questa battaglia sì, Black. – annuì Silente – Ma dobbiamo tenere i bambini al sicuro. James, Lily…
- Non lo dica signore. – mormorò senza fiato James – Non lasceremo casa nostra per venire ad Hogwards!
- Ma lì sarete al sicuro. – protestò Minerva.
- Al sicuro? – inarcò un sopracciglio Remus ansimando dolorante.
Silente scosse la testa sconsolato, i coniugi Potter ed i loro amici erano dei ragazzi d’oro dei maghi eccellenti, ma delle teste calde che non davano ascolto a nessuno.
Si girò ad osservare i bambini che, per tutto il tempo della battaglia erano rimasti tranquilli a giocare nella loro sfera protettiva. Il Preside della scuola cercò di replicare, ma un potente sortilegio li fece cadere a terra come birilli.
- Ora vi ucciderò tutti! – tuonò Voldemort comparendo seguito dal suo enorme serpente Nagini.
- Maledetto! – si alzò traballante sulle gambe James – Non ti premetterò di fare del male ai bambini.
- E cosa vorresti fare, tu, pidocchioso Potter? Un Purosangue che ha procreato con una sudicia Babbana!
- Non osare chiamare la mia Lily sudicia! – il mago strinse i pugni e cercò nella stanza la bacchetta.
- Cruciooooo!!! – tuonò Voldemort senza alcuna pietà, James rantolò al suolo contorcendosi dal dolore, Lily e Silente scagliarono sull’uomo due attacchi, lui li schivò prontamente ma fu costretto a smettere di far del male a James con la maledizione.
- Arrenditi. – parlò ansimando la Mac Granitt.
- E vorresti battermi tu, professoressa?! – rise lui sguaiato e, mettendosi in guardia continuò – Ho ancora molti Mangiamorte dalla mia parte.
La battaglia riprese più cruenta di prima. Altri maghi passati dalla parte di Voldemord erano arrivati e lo stavano aiutando. Silente, che stava tenendo impegnato l’Oscuro Signore in un duello, venne scagliato da Voldemord contro una parete e, frantumandola, perse i sensi.
La bolla d’energia creata per proteggere i bambini si infranse permettendo agli stessi di vedere cosa stesse succedendo.
- Lily! – gemette James – I gemelli!
- Jamie! – mormorò lei – Corriamo!
Schivando e schiantando maghi nemici sul loro cammino, i coniugi Potter raggiunsero i figli nel momento stesso in cui Voldemord si avventava su di loro.
- Adesso niente e nessuno mi impedirà di uccidervi sudici mezzosangue! – ringhiò il Mago con un ghigno malefico a contrargli il viso.
I coniugi Potter si posero davanti ai figli per proteggerli dall’attacco di quel mago oscuro; ma furono spazzati via da un incantesimo muto.

I gemelli, spaventati dalla faccia cattiva di Voldemord e da quello che stava succedendo loro intorno, si avvicinarono senza mai smettere di guardarsi.
Tra loro, dai primissimi istanti di vita dentro la pancia di Lily era sempre stato così: comunicazione non verbale. Bastava che si guardassero negli occhi per comprendersi.
“Paura” stavano dicendo entrambi “Mamma e papà”. Nel loro cervello di unenni, si erano detti molte cose con tre banali parole.
Avevano capito che la mamma e il papà avevano paura, avevano intuito di essere in pericolo e avevano deciso che dovevano assolutamente fare qualcosa.
Osservando i loro genitori strisciare verso di loro per proteggerli, intuendo che stavano per sacrificarsi per non farli uccidere, i gemelli Potter si presero per mano ed affrontarono Voldemord mentre scagliava contro di loro una delle Maledizioni senza Perdono, l’Avanda Kedavra con lo scopo di ucciderli.

Nello stesso istante in cui l’Oscuro Signore lanciò la Maledizione senza Perdono verso i gemelli, Harry ed Elizabeth si presero per mano innescando un potente controincantesimo che rimbalzò tra le pareti della casa, distruggendo tutto al suo passaggio.
Una luce bianca si scontrò con quella verde dell’Avanda Kedavra, l’affetto sincero dei piccoli verso i propri genitori alimentò l’incantesimo più potente dell’Universo: l’amore incondizionato che disintegrò Lord Voldemord relegandolo ad una vita in un limbo parallelo, senza poteri né forza né corpo.

Quando l’incantesimo si dissolse, i bambini svennero stremati. Silente, si alzò su gambe tremanti e raggiunse James e Lily che erano poco distanti da lui.
- Lily… James… - li chiamò – Rispondete…
- Preside… - biascicò Lily con la bocca impastata – Io…
- Ahi la testa! – si lamentò James che, guardando la moglie, esclamò – I gemelli!
- Silente… - ansimò Lily – I bambini!
- Io… - iniziò l’uomo scuotendo la testa.
- Stanno bene. – parlò Minerva – Sono svenuti, ma stanno bene.
- Ma cosa è successo? – domandò Lupin massaggiandosi la testa – Io…
- Io ricordo un lampo di luce verde. – parlò Sirius.
- L’Avanda Kedavra. – sobbalzò Lily correndo dai suoi bambini.
- E un lampo di luce bianca. – mormorò Minerva portandosi una mano al petto.
- Una contro maledizione? – domandò James prendendo in braccio Harry.
- Un atto d’amore incondizionato. – spiegò Silente – I vostri bambini volevano sacrificarsi per salvarci tutti.
- Cosa? – balbettò Lily cullando con amore Elizabeth.
- Loro hanno fatto da scudo tra l’Avanda Kedavra e tutti noi. – annuì lentamente Minerva.
- Un gesto d’amore. – le fece eco Remus – Ci hanno salvato e…
- Hanno sconfitto l’Oscuro Signore. – concluse Sirius – Il regno del terrore è finito. Voldemord è morto! – esultò.
Un coro di voci si unì a quella di Sirius, la notizia che i gemelli Potter grazie al loro gesto d’amore, avevano sconfitto l’Oscuro Signore, si propagò a macchia d’olio nel Mondo Magico e in quello Babbano.

Un gemito interruppe il giubilo dei Membri dell’Ordine della Fenice, uno dei loro infiltrati tra le fila di Voldemord era rimasto ferito, intrappolato da cumuli di macerie di una parete.
- Severus! – lo chiamò Lily – Presto, aiutiamolo.
Minerva prese in braccio entrambi i bambini mentre tutti correvano verso Piton gravemente ferito.
- Si… - rantolò – Signore…
- Ssshhh Severus. – lo zittì Silente – Sta zitto e lascia che la miglior Medimaga del San Mungo si occupi di te.
- Sì… - tentò di sorridere il mago ferito – La mia Lily…
Lily, accarezzandogli la fronte, lo fece addormentare poi istruì i presenti su come liberarlo dalle macerie.

Non appena riuscirono a liberare Severus dalle macerie, Lily controllò con attenzione le sue funzioni vitali poi chiese a Remus e Sirius di trasportarlo in Ospedale perché doveva essere operato rapidamente.
I due uomini annuirono e si smaterializzarono da casa Potter all’Ospedale San Mungo.
- Perché non sei andata amore? – le chiese James.
- Ho scritto un messaggio per i medici che lo prenderanno in cura. – sorrise triste – Il mio posto è qua. Con i miei bambini e… - si girò verso quella che un tempo era casa sua ed emise un lungo e straziante gemito di dolore.
- Lilian. – la chiamò il Preside – Su, su mia cara…
- Oooh Silente. – iniziò a piangere lei – Siete tutti feriti gravemente. Lei e Severus siete quasi morti. – un singhiozzo la zittì – I miei bambini… La casa…
- Una cosa per volta, - le sorrise incoraggiante Minerva – ma aggiusteremo tutto.
Attorno a loro, si era creato un capannello di persone: maghi e streghe che avevano assistito alla battaglia e che erano accorse per aiutare.
- Signori Potter? – li chiamò una voce che non avevano mai sentito, Lily e James si voltarono lentamente – Io sono… Sono Molly Weasley. Mio marito è…
- Arthur Weasley. – concluse con un sorriso James – Io e suo marito abbiamo fatto lunghe e piacevoli chiacchierate al Ministero della Magia, signora Weasley. Lui è affascinato dal mondo Babbano.
- Ooh signor Potter. – arrossì deliziosamente la donna – Spero che non l’abbia importunata.
- Affatto. – sorrise ancora.
- Bene. – annuì con calore – Io volevo offrirvi un posto alla Tana. Ecco, a casa Weasley. Non è un’abitazione di lusso, ma ci sono bambini e campagna. Preside, lei cosa ne pensa?
- La sua proposta è molto gentile ed allettante signora Weasley, ma… - iniziò Albus con un sorriso.
- Non è abbastanza? – mormorò mestamente la donna.
- Grazie Molly. – sorrise Lily abbracciandola di slancio – La tua offerta è molto gentile. Deve essere una casa bellissima. Piena di amore e risate; ma non possiamo accettare.
- Perché no? L’Oscuro Signore è morto.
- Ma non i suoi Mangiamorte. – sospirò James –Noi siamo in pericolo e metteremo in pericolo tutti coloro che ci aiuteranno. Almeno i primi tempi sarà così. – spiegò.
Molly rifletté sulle parole del giovane mago, poi annuì brevemente: James aveva ragione, molti Mangiamorte avrebbero provato a vendicare la dipartita dell’Oscuro Signore e chiunque avesse ospitato i Potter sarebbe stato in grave pericolo.
- Avete ragione.  – annuì la donna con un caldo sorriso – Ma non siete soli. – concluse.
- Molly Weasley. – le sorrise Silente – E’ sempre una gioia vederti.
- Preside Silente. – arrossì deliziosamente – Sono venuta non appena Arthur mi ha avvisata.
- Signori, anche i coniugi Weasley fanno parte dell’Ordine della Fenice. Non ho coinvolto Molly perché il suo ultimo figlio, Ronald, ha l’età dei gemelli.
- Ero informata su tutto da Arthur. Mi sarei organizzata in ogni modo.
- È giusto che una madre stia vicino ai propri figli. – scosse la testa Lily – Non su un campo di battaglia. È bello vedere il tuo sorriso, Molly dona serenità e in questo momento Merlino sa se ne abbiamo bisogno. Sento che diventeremo grandi amiche.
- Permettetemi almeno di condurvi alla Tana fino a che avrete un altro alloggio. – guardò Albus e Minerva – I bambini non possono stare all’addiaccio. – sospirò.
- Molly ha ragione. – annuì lentamente Minerva – I bambini non possono dormire in tenda, per quanto una tenda magica sia paragonabile ad una casa. Dopo tutto quello che hanno passato oggi, hanno bisogno di calore umano.
- E la famiglia Weasly è famosa per il suo calore umano. – concluse Arthur che si era materializzato accanto alla moglie.
- Arthur. – gli sorrise stancamente James.
- Potter. – rispose al suo sorriso – Che brutta cera.
- Ahahahahah… - annuì – Ottimo uso del linguaggio babbano. – si strinsero le mani.
- Andiamo via da qui. – li pregò Albus – Stiamo attirando troppa attenzione. – fece notare – Tra tutte queste persone, potrebbero esserci anche dei fedeli all’Oscuro Signore.
- I bambini si stanno riprendendo. – annuì Lily – Vorrei portarli al San Mungo.
- Non è sicuro. Ho inviato un gufo a Madama Chips prima di venire qua. Ci sta aspettando alla Tana. – spiegò sbrigativa Molly.
- La mia signora. Che efficienza! – sorrise l’uomo dai capelli rossi.

Albus radunò tutti i maghi nel cortile di casa, poi si smaterializzarono e si ritrovarono nel giardino di casa Weasly. Lily e James si guardarono intorno, la casa era in aperta campagna; aveva una forma strana ma trasudava amore. Dalla Tana uscirono alcuni bambini, tutti con i capelli rossi.
- Ecco i nostri figli. – sorrise Arthur.
- William, Charles, Percy; Fred e George e l’ultimo nato Ron.
- Che belli… - sorrise tenera Lily stringendo al petto Elizabeth.
- Sono Weasly. – ridacchiò orgoglioso l’uomo osservando i suoi figli.
- Per me sono bellissimi. – annuì Molly spiccia – Adesso venite, entriamo in casa. Siete stanchi e feriti.
- Mamma! Mamma! – piagnucolò Ron trotterellando verso i genitori – Papà!
- Ron tesoro mio. – la donna lo prese in braccio – Hai fatto il bravo con i tuoi fratelli? – poi si sporse oltre la testolina rosso carota del figlio domandando – E voi? Avete fatto i bravi con lui?
- I gemelli no, mamma. – fece la spia Percy – Loro non sono miei fratelli.
- Non dare ascolto a Percy, mamma. – sospirò il figlio più grande – Sai che è sempre esagerato.
- Oooh Bill. Siete tutti esagerati. A volte ho come l’impressione di star crescendo dei selvaggi, non dei giovani promettenti maghi. – alzò gli occhi al cielo la donna.
Borbottando, la famiglia Weasly entrò in casa, facendo accomodare i Potter che li guardavano sorridendo.
- Vorresti anche tu una famiglia tanto numerosa, signora Potter?
- Morgana, Jamie. – scosse la testa lei – Non farti venire strane idee. – lo baciò – Non ti bastano loro due?!

Non appena entrarono nella Tana, Arthur lanciò una serie di incantesimi a protezione della casa e, dopo alcuni  minuti, i gemelli Potter si svegliarono.
- Mamma. Ma sono gemelli come noi due! – esclamò Fred.
- Sì, tesoro. – annuì la donna.
- Ma loro sono un maschio e una femmina. – fece eco George.
- Bleah! Una sorella! – mormorò Charlie.
- Non vorresti avere una sorellina? – lo guardò in tralice Molly che sperava di avere almeno una figlia femmina, dopo tutti quei maschi.
- Anche no mamma. – si strinse nelle spalle il bambino.
- Maschi! – sbuffò Molly che ricevette da Lily un’occhiata carica di comprensione.
- Oooohhhh… - mormorò Ron che era in braccio a suo padre – Bellaaaaa… - e indicò la bambina che si era appena svegliata.
Lily seguì lo sguardo rapito di Ron e sorrise alla figlia che si stava stropicciando gli occhi dolcemente.
- Amore mio… - l’apostrofò – Buongiorno.
- Mamma! – biascicò lentamente la bambina, Lily le baciò la nuca.
- Signora Potter. – la chiamò Bill – Cos’ha sua figlia sulla fronte?
- E suo figlio?! – gli fece eco Charles.
- Hm? Dove? – Lily osservò i figli, seguita a ruota ad James.
Sulla fronte di entrambi i figli c’era una cicatrice a forma di saetta,  Elizabeth aveva delle pagliuzze dorate negli occhi che la facevano assomigliare ad un serpente, che non aveva mai avuto prima.
- Deve dipendere dallo scontro con… - iniziò James prendendo la mano di Lily.
- Sì. – annuì – Lizzy, amore, hai la bua qua? – e le sfiorò la fronte.
- No. – la bambina sorrise, facendo brillare gli occhi.
- Bellaaaaaaaa!!! – ripeté Ron affascinato.
- Bimbo! – rise lei facendo scintillare gli occhi con mille stelline colorate, riuscendo così a  svegliare suo fratello.
- Lizzy… - sbadigliò Harry – Ciao…
- Harry! – Elizabeth scese dal grembo materno e raggiunse suo fratello.
Harry scese dal grembo paterno e strinse la sorella in un lungo e tenero abbraccio. Creando, con la loro magia involontaria, una bolla i fratelli Potter restarono così per un prolungato momento.
Arthur e Molly li guardarono a bocca aperta, così piccoli e già così potenti. Forse la Cooman non si era sbagliata su di loro.
Prima che Arthur potesse iniziare a parlare, Madama Chips li raggiunse in cucina con la sua enorme borsa piena di medicamenti.
- Signori Potter. – sorrise loro – Vorrei visitarvi.
- Può iniziare dai bambini? – domandò James educato.
- Non vedo come potrei. – ed indicò che erano ancora dentro la “bolla”.
- Inizi da me Madama Chips. – sospirò alzandosi Lily – Sono tutta indolenzita.
- Lo credo bene mia cara. – bofonchiò spiccia l’infermiera – Signora Weasly, c’è una stanza dove avere della privacy?
- Sì, seguitemi. – annuì Molly – Questa è la camera che abbiamo ricavato per voi. – spiegò – Non è niente di elegante ma…
- È perfetta. – sorrise grata la giovane madre abbracciando la donna – Non potrei chiedere di meglio. – annuì, Molly le strinse le mani con dolcezza poi uscì lasciandola alle cure di Madama Chips.
La visita durò una mezz’ora, l’infermiera della scuola di magia e stregoneria, fece molti esami magici diagnostici a Lily e, non avendo riscontrato lesioni gravi o altro, le dette una fiala con dentro un liquido rinvigorente e dell’antibiotico per evitare che i graffi e le escoriazioni si infiammassero.
- Grazie. – mormorò lei dopo averlo bevuto.
- Dovere, signora.
- Madame? – la chiamò.
- Sì?
- Ha saputo nulla di Piton? – domandò con un groppo in gola.
- È stato fortunato, dottoressa Potter. – le sorrise dandole un colpetto affettuoso sulla mano – Se lei non fosse stata lì, lui sarebbe potuto morire. Nonostante il momento, ha saputo usare gli incantesimi con lucidità.
- Sono molto in ansia. – ammise – Mi farà avere notizie?
- Lo consideri fatto. – annuì – Adesso mi mandi quel malandrino di suo marito. – le strizzò l’occhio – Poi mi occuperò dei vostri splendidi figli.
- Grazie… - Lily uscì sorridendole, raggiunse nuovamente la cucina dove trovò il marito seduto per terra che giocava con i bambini più piccoli.
- Ecco la mamma. – la accolse con un ampio sorriso – Tutto bene, amore?
- Sì. – annuì lei – Adesso è il tuo turno. Va che poi faremo vedere i bambini.
- Ok. – James si alzò e raggiunse la stanza dove l’aspettava Madama Chips.
Anche per lui la visita durò una mezz’ora, le sue condizioni erano peggiori rispetto a quelle della moglie. L’infermiera riscontrò un paio di costole incrinate e una lieve lesione che aveva creato sul suo fianco un ematoma violaceo.
Rapidamente, gli somministrò alcune pozioni e poi si raccomandò di stare il più possibile al risposo per permettere ai suoi organi interni di riprendere a funzionare correttamente.
James sbuffò, la donna lo guardò duramente dicendo che se non avesse seguito le sue indicazioni, la sua situazione avrebbe potuto aggravarsi e che un letto libero vicino a Severus lo stava già aspettando.
La minaccia sortì l’effetto desiderato e James promise che avrebbe evitato di fare il malandrino per le ventiquattro ore successive. Madama Chips sorrise, lo invitò ad uscire e portare i bambini. Mancavano solo loro.

La visita ai gemelli fu veloce e divertente. La donna riuscì a creare un clima sereno e visitò i bambini giocando con loro, distraendoli con piccole magie divertenti.
Lily osservava la scena un po’ da medico un po’ da mamma e si sentì sollevata quando l’infermiera disse che i bambini non avevano niente. Che stavano bene e che godevano di perfetta salute.
Lily e James chiesero cosa fosse quella cicatrice a forma di saetta che era apparsa sulle fronti dei figli e la donna scossa la testa dicendo che anche lei non lo sapeva. La ringraziarono e la lasciarono tornare alla sua infermeria.
- Adesso dove andrete a vivere? – domandò Arthur dopo che furono tornati in cucina.
- Non permetteremo ai Mangiamorte o chicchessia di portarci via la nostra casa. – borbottò James osservando i figli giocare con Ron sul pavimento.
- Non potrete tornare lì. – scosse la testa Molly – La casa è rasa al suolo.
- Ci vorrà tempo per bonificare l’area e ricostruire. – annuì lentamente l’uomo.
- I bambini hanno bisogno di protezione.
- Io credo che… - iniziò Lily, ma un “pop”, interruppe la sua frase a metà.
- Eccomi qua. – si annunciò Silente – Scusate, ho fatto tardi. – sorrise.
- Preside. – lo accolse Lily – Ben arrivato.
- Signore. – mormorarono gli altri.
- Ci ho messo molto a raggiungervi, ma abbiamo avuto il nostro bel da fare. Mentre siete venuti alla Tana, abbiamo catturato altri Mangiamorte in fuga. Alcuni sono stati rapidi a far perdere le proprie tracce o cancellarle.
- Non potranno essere accusati quindi. – bofonchiò Arthur rabbiosamente.
- Eeeh già! – annuì l’anziano mago – Ho parlato con Madama Chips. – sorrise – Mi ha detto che i bambini godono di ottima salute. – li osservò – La Cooman aveva ragione. – sorrise.
- Non del tutto. – rispose Lily – Lei non aveva previsto questo. – e mostrò la cicatrice sulle fronti dei figli.
- Ooh. – Silente osservò le saette a lungo, senza dire niente. Di tanto in tanto distoglieva lo sguardo, perso tra i suoi pensieri.
- Sa dire solo “oh”, signore? – chiese James abbracciando la moglie – Non è granché come spiegazione.
- Credo che… Credo che durante lo scontro tra il potere dei bambini e quello oscuro di Voi-Sapete-Chi, si sia creata una specie di frattura nell’incantesimo dei gemelli.
- Una “frattura”? – domandò Molly non capendo.
- I bambini sono piccoli. Hanno seguito il loro istinto. Hanno deciso di sacrificarsi per proteggere i loro genitori. – sospirò – Forse, durante lo scontro, hanno avuto paura.
- Hanno un anno. È pacifico che abbiamo avuto paura! – si arrabbiò Lily.
- Ma certo mia cara, certo. – le sorrise Silente – Questo calo di potere, ha fatto in modo che Voldemord potesse “toccarli”, ma non ucciderli. Quando loro si sono resi conto del pericolo che stavano correndo, hanno rinforzato l’incantesimo di amore e hanno sconfitto il male.
- Sconfitto definitivamente? – chiese James con un filo di voce, quasi temendo la risposta.
- Temo di no, signor Potter. Temo di no. – scosse la testa il mago facendo oscillare la lunga barba – Quel segno sulle loro fronti è un ammonimento per noi. Lui, adesso, è stato sconfitto. Ma non del tutto.
- Dov’è andato allora?
- Questo non mi è dato di saperlo. – ammise – Il potere primordiale dei gemelli, lo ha mandato in una specie di limbo senza tempo. Lui non ha più un corpo. Né poteri.
- Ma ha qualcosa che lo lega a questo mondo. – intuì James – Vero, signore?
- Esatto! – sospirò – Ma ancora non ho capito cosa!
- Adesso siamo in pericolo? – chiese Lily portandosi una mano sul cuore.
- No Lily. – la rassicurò l’uomo – Il potere di Voldemord si è dissolto, i suoi fedeli sono stati uccisi in battaglia, oppure catturati o dissolti come nebbia. Non c’è più oscurità fuori. Né il Marchio ad oscurare il sole.
- Abbiamo vinto. – mormorò James.
- Sì, abbiamo vinto. – confermò Silente – Ma non possiamo riposare sugli allori.
- Cosa vuol dire, signore? – domandò Arthur offrendogli del tea.
- I bambini hanno lasciato qualcosa a Voldemord e lui ha fatto lo stesso con loro. – sospirò criptico.
- Qualcosa in loro è cambiato. – annuì Lily – Soprattutto in Lizzy.
- Potrebbero sviluppare qualche caratteristica diversa. Poteri diversi.
- Questo non li renderà pericolosi, vero?
- No. Li renderà potenti. – sorrise Albus – Saranno gli unici a poter sconfiggere il male se dovesse ripresentarsi.
- È un peso enorme per due bambini tanto piccoli. – gemette Lily.
- I tuoi figli hanno cambiato il futuro. – sospirò l’uomo – Almeno una parte di ciò che aveva previsto Sibilla è cambiato.
- Allora dovranno essere addestrati. – annuì dopo un lungo silenzio James – Dovranno essere pronti per qualunque cosa.
- E dovranno essere liberi di essere loro stessi, Jamie. – mormorò la giovane madre – Senza imposizioni. – lo guardò.
- Cosa vuoi dire?
- Sento che Elizabeth sarà verde e argento. – rispose quasi in trance.
- Serpeverde? – sputò – No, mai.
- È il suo destino. E questo le permetterà di dare il meglio.
- E tuo figlio? Tassorosso? – domandò sprezzante.
- No. Grifondoro. E il suo nome diventerà leggenda. – concluse, poi svenne sfinita.
- Tua moglie è un’occlumante? – domandò Molly stupita.
- Onestamente non lo so. – scosse la testa nera James – A volte ha questa sorta di “visioni”.
- È un dono che non ha mai voluto ampliare. – sorrise Albus che, con un tocco di bacchetta, la fece riprendere – Come va mia cara?
- Spossata. – ammise – Ho nuovamente dato spettacolo?
- Un po’. – la abbracciò James.
- Mmmh, signor Potter… Ti amo sai?
- Anch’io signora Potter. – ridacchiò e si baciarono dolcemente.

La giornata in compagnia della famiglia Weasly passò in modo piacevole e disteso, la famiglia Potter si ritirò presto nella stanza per riposare, sfiancati dai fatti che avevo vissuto sulla propria pelle.
- Buon primo compleanno amori miei. – li baciò teneramente Lily rimboccando loro le coperte.
- Auguri miei tesori! – fece eco James sorridendo.
I bambini risposero con un sorriso ed uno sbadiglio, poi si presero per mano e si addormentarono stremati.
Lily e James li osservarono per alcuni istanti in silenzio; poi chiusero le tende attorno al letto al baldacchino e si lasciarono scivolare in un sonno ristoratore.

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Capitolo 3
*** Crescendo ***


Secondo Capitolo

… Hogwards …

Dal giorno del primo compleanno dei gemelli Potter, erano trascorsi serenamente alcuni anni.
Harry ed Elizabeth erano cresciuti molto e, dopo i primi 5 anni vissuti ad Hogwards, erano tornati con la famiglia a vivere nella villetta dove erano nati.
Ad Hogwards erano stati seguiti nelle prime fasi della crescita da Albus e Minerva che volevano controllare che la magia dell’Oscuro Signore, non avesse intaccato la purezza dei loro cuori e del loro Nucleo Magico così potente. Per fortuna, i gemelli sembravano “normali”, il potere oscuro non aveva intaccato il loro Nucleo Magico, sembrava aver generato in loro un potere maggiore che per il momento era in stand-by perché troppo piccoli.
Albus rasserenò i genitori, dicendo loro che probabilmente i bambini avrebbero sviluppato caratteristiche simili a quelle di Voldemord, ma in loro non c’era nessuna traccia di magia oscura o cattiveria.
- Signore… - mormorò Lily osservandoli giocare – E’ sicuro che staranno bene e che non… - ingollò – Impazziranno come ha fatto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?
- Non lo faranno. – scosse la testa saggiamente l’uomo – Loro hanno voi, che li amate molto. Avranno insegnanti adeguati ad incanalare la loro rabbia o paura.- sorrise – Severus e Sirius, e lo stesso Remus, saranno sempre presenti nelle loro vite.
- Lily. – la abbracciò James – Hai sentito anche tu la profezia.
- Sono così piccoli. – mormorò.
- Ma cresceranno. – parlò Minerva raggiungendoli – E cambieranno le sorti del mondo magico.
Gli adulti continuarono ad osservare i bambini giocare con Rubeus e il suo grosso cane fifone, ridendo di tanto in tanto, lasciandosi cullare dalla quiete che regnava vicino alla scuola.
- A dicembre, - parlò Albus dopo un lungo silenzio – potrete rientrare a casa vostra. – sorrise.
- Dicembre? – sorrise Lily –Per Natale. – i suoi occhi brillarono.
- Sì Lilian. – annuì Albus – Sappiamo quanto ami il Natale, ed abbiamo pensato che fosse giusto farvi tornare a casa per una festa tanto importante.
- Grazie signore. – Lily abbracciò il preside Silente.
L’uomo, imbarazzato, picchiettò alcuni colpi affettuosi sulla spalla della sua ex-allieva, poi tornò ad osservare i piccoli Potter affascinato; erano uguali e diversi al tempo stesso.
Entrambi adoravano volare con la scopa ed avevano talento; Elizabeth era più maliziosa e spigliata rispetto al fratello che, all’apparenza, appariva più posato e riflessivo.
Avevano i capelli scuri del padre, ma Elizabeth aveva dei riflessi rossi tra i capelli “rubati” alla madre, Harry aveva ereditato gli occhi dalla madre e lei quelli del padre.
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Piton che l’aveva raggiunto con una pergamena in mano.
- Signore, famiglia Potter, scusate. – sorrise brevemente solo a Lily – E’ arrivato un gufo urgente per lei, Preside.
- Grazie Severus. – lo accolse l’uomo – Come vanno le lezioni con i gemelli?
- Bene, signore. – mormorò – Harry è uno scansafatiche come il padre, Liz è più attenta e diligente, come sua madre.
- Dici così perché Harry mi assomiglia e ti ricorda i nostri trascorsi a scuola, Moccius.
- Non chiamarmi così, Potter. – ringhiò Severus perdendo per un attimo il controllo.
- Signori! – si frappose tra loro Lilian – Siete adulti adesso. E dovete smetterla di fare i ragazzini in piena crisi ormonale. – li guardò duramente – Severus, non devi lasciarti influenzare dai discorsi di James. – si girò verso il marito – Jamie, ho scelto te. Smettila di fare il gorilla.
- Scusa Lily. – mormorarono in coro gli uomini.

La giovane donna sorrise ad entrambi, poi raggiunse i figli che stavano giocando serenamente.
E fu in quel momento che successe per la prima volta: Elizabeth, che giocava a rincorrersi con il grosso cane di Hagrid, si trasformò mostrando i suoi poteri innati di Animagus.
Lilian trattenne un urlo e si fermò sul posto, tutto sembrò fermarsi e gli adulti si voltarono in silenzio verso i gemelli Potter.
Harry, che stava facendo volare un aquilone babbano, perse interesse per il gioco e si avvicinò alla sorella affascinato dalla sua nuova “forma”.
Parlandole in serpentese, le disse che la trovava bellissima. Elizabeth, che non si era assolutamente resa conto della sua trasformazione, puntò i suoi grandi occhi in quelli del fratello chiedendogli perché dicesse quelle cose.
- Lizzy, tesoro… - la chiamò il padre con voce incerta – Sei… Sei tu?
La bambina, sempre più confusa, annuì rispondendo in serpentese:
- Sì, papà… Ma che domande fai?
- Tesoro, papà non…
- James, no. – lo zittì Silente – Osserva bene tua figlia, è stata una trasformazione spontanea. Se la spaventi potrebbe andare a nascondersi.
- Harry. – si voltò verso il gemello lei – Mi spieghi perché mi guardano tutti così?
- Forse perché non ti hanno mai vista tanto bella. – il fratello le sorrise e le si avvicinò.
Elizabeth emise un lieve sbuffò e notò che c’era qualcosa di diverso in lei. Percepiva il proprio corpo in modo nuovo, i suoni e gli odori sembravano giungerle con “violenza”.
Fu solo quando tentò di muoversi per raggiungere il fratello che si rese conto che qualcosa in lei era cambiato; così abbassò la testa per guardarsi e sgranò gli occhi osservandosi spaventata.
- Harry! Harry! – chiamò con voce stridula – Harry sono…
- Bellissima. – la rassicurò il fratello facendo un passo verso di lei, Elizabeth si era trasformata in un Basilisco nero con venature dorate, era spaventosa quanto affascinante.
- Harry, figliolo. – lo chiamò Albus – Tu capisci cosa dice tua sorella?
- Sì, signore. – annuì il ragazzino osservando il preside della scuola.
- Puoi chiedere a Lizzy se riesce a capirci? – domandò Lily facendo un passo avanti verso i figli.
- Certo che vi capisco mamma! – ribatté stizzita la ragazzina.
- Ha detto di sì, mamma. – ridacchiò Harry.
- Lizzy capisco la tua indignazione dall’espressione dei tuoi occhi, ma la mamma non parla serpentese. – si strinse nelle spalle la giovane donna.
- Lizzy ti chiede scusa… - la anticipò Harry accarezzando con dolcezza la pelle fredda della sorella – Sorellina, sei wow… magnifica…
- Elly, tesoro. – le parlò il padre – Anch’io sono un Animagus, sai? – le sorrise.
- Tzh. – borbottò Severus – Un Animagus clandestino, Lizzy. – sorrise alla figlioccia e lei toccò la mente del padrino condividendo una breve risata.
- Severus? – lo chiamò Lily notando il turbamento dell’uomo – Va tutto bene?
- In forma di basilisco, Elizabeth è in grado di entrare nella testa delle persone. Ha condiviso con me la sua risata.
- Affascinante. – borbottò Albus Silente lisciandosi la barba – Potremmo comunicare con lei quand’è in questa forma, lontano da Harry.
- Dovremmo avvisare il Ministero. – disse Severus – Dobbiamo registrare Liz.
- Non se ne parla. – ringhiò James.
- Jamie. – lo bloccò la moglie – Basta un Animagus clandestino in famiglia. Il dono di nostra figlia è prezioso. Dobbiamo proteggerla. È ancora piccola e ha degli attacchi di magia involontaria. Pensa cosa potrebbe succedere se si trasformasse in classe all’asilo, pur essendo un asilo nel mondo magico potrebbe scatenarsi il panico. Oppure al parco. – negli occhi di Lilian passarono lampi di terrore ed Elizabeth vide le peggiori paure nascoste nel cuore della madre.
Furono quelle immagini a spingerla a ritrasformarsi in bambina.
- Mamma… - pigolò – Non avere paura.
- Tesoro! – la giovane donna la strinse al petto – Scusa, non volevo spaventarti.
- Lily e Severus hanno ragione, James. – mormorò Albus – Dobbiamo registrare Lizzy come Animagus. E che meraviglioso Animagus. – le sorrise il preside facendola arrossire.
- Magari potremmo aspettare qualche anno, potremmo… che so… evitare di mandarla all’asilo fino a che…  – James mormorava frasi sconnesse – La trasformazione è stata spontanea e…
- Proprio perché è stata spontanea è meglio che sia fatto presente. – lo interruppe Lily – Spiegami perché non vuoi registrarla.
- Perché si trasforma in un basilisco. – gemette il giovane padre – Quando si trasforma ricorda molto Nagini. – spiegò ingollando a vuoto.
- Non puoi dire sul serio! – si arrabbiò Lily – Non puoi tenere nascosta questa peculiarità di tua figlia solo perché non ti aggrada ciò in cui si trasforma o solo perché temi il giudizio di alcuni imbecilli del mondo magico.
- Voglio proteggere i bambini. – alzò la voce lui serrando i pugni.
- O vuoi proteggere te stesso, Potter? – ghignò crudelmente Severus dando voce ai pensieri di Lily.
- Cosa?! – James lo guardò con odio malcelato ma non poté aggiungere altro, perché la figlia era scoppiata a piangere disperatamente.
- Papà mi odia, mamma! – stava dicendo tra i singhiozzi – Papà pensa che sono un mostro.
- Ecco. – borbottò Lily prendendo in braccio la figlia – Sei contento adesso? – e, senza dargli il tempo di replicare, si allontanò seguita da Harry.

In silenzio, si inoltrarono per qualche metro nella Foresta Proibita ma furono fermati dall’arrivo di un Centauro a protezione del confine tra la scuola ed il loro territorio.
- Spiacenti, di qua non si passa. – parlò con la sua voce profonda e cavernosa.
- Ooh… - Lily puntò i suoi occhi in quelli del Centauro – Chiedo scusa. Non mi ero resa conto di essermi spinta così oltre.
- Io vi conosco… - mormorò la creatura – Voi abitate nella casetta laggiù. Voi siete… - osservò i bambini – I Potter! – sorrise – Chiedo scusa io per la scortesia, signora.
- Che cosa sei? – domandò curioso Harry per niente spaventato.
- Io sono un Centauro piccolo. – rispose fiero impennandosi sulle sue possenti zampe – E mi chiamo Fiorenzo.
- Io sono Harry Potter. – si presentò – E lei è mia sorella Elizabeth, sai che si trasforma in un bellissimo basilisco?
- Veramente? – gli occhi di Fiorenzo brillarono – E perché piange?
- Perché il suo papà è un cretino. – sbottò Lily – E l’ha fatta sentire un mostro.
- Secondo me, tuo padre è solo geloso sai signorina? – ridacchiò il Centauro – Anche lui è un Animagus, ma la sua trasformazione non è bella come la tua.

Elizabeth smise di piangere, si girò verso il Centauro ed aprì la bocca in una perfetta “O” di meraviglia.
- Non avevo mai visto un Centauro… - mormorò – Siete più belli che sui libri. – sorrise timida.
- Grazie signorina. – Fiorenzo fece un breve inchino, poi ascoltò i rumori della foresta dicendo – Dovete andare via, tornate verso il limitare della foresta. Non tutte le creature sono felici di avere umani qui.
- Grazie signor Fiorenzo. – sorrise Lily – E ci scusi ancora per l’invasione.
- Sento che questi piccoli maghi faranno parte della mia vita. – ridacchiò – E non vedo l’ora di vederti trasformata in basilisco, signorina.
- Devo imparare a trasformarmi. – arrossì Lizzy – Ma tornerò, magari passeggiando per la Foresta in forma animale.
- Ottima scelta. – rise Fiorenzo – Adesso andate, stanno per arrivare gli altri Centauri.
- Andiamo. – Lilian prese per mano i figli e li guidò fin verso il Lago Nero.
- Perché gli altri Centauri non sono gentili? – domandò Harry.
- Perché i maghi li hanno perseguitati per secoli, tesoro. – sospirò la madre – E loro hanno eretto una barriera attorno al cuore.
- Li capisco. – annuì Elizabeth – A nessuno piace essere perseguitato. – mormorò.
- Nessuno ti perseguiterà, amore. – le sorrise la madre.
- Papà la pensa diversamente. – sospirò.
- Papà è un’idiota. – rispose una voce maschile alle loro spalle, facendoli sobbalzare – E ti devo chiedere scusa, amore.
- Mh. – la bambina storse la bocca e continuò a fissare i sassi davanti ai propri piedi.
- Hai capito di aver sbagliato, Potter? – domandò incrociando le braccia sotto al seno Lily.
- Sì, Evans. – annuì l’uomo – Ho lasciato che la paura prendesse il sopravvento.
- E…
- Devo scusarmi con voi, ragazzi. – aprì le braccia sospirando – Papà si è comportato da scemo. Ma ho paura per voi. Non vorrei che niente e nessuno, mai, potesse farvi del male. – fece un sorriso tremulo e non riuscì ad aggiungere altro, perché si ritrovò entrambi i figli tra le braccia.
- Mi dispiace di averti spaventato papà. – mormorò Elizabeth.
- Sei il basilisco più bello di sempre. – sorrise l’uomo – Io sono un cervo, vuoi vedere?
- Sì.
James baciò sulla nuca entrambi i figli, poi si trasformò in Frondoso, il suo alter ego animale.
I bambini lo osservarono a bocca aperta, lui li caricò entrambi sulla schiena e li portò a correre sulla riva del Lago Nero. Lilian li osservò con un sorriso gentile sulle labbra e sobbalzò quando una mano le si posò sulla spalla.
- Scusami. – parlò Severus – Non volevo spaventarti.
- Piton. – mormorò ritrovando la voce – Sei troppo silenzioso.
- Sono il Re delle Serpi. – rise l’uomo.
- Dovresti ridere più spesso. – mormorò lei.
- Sai che non sono il tipo. – scosse la testa.
- Sai che amo James. – lo redarguì.
- Sì. Lo so. – borbottò.
- Sei una brava persona, Severus. – gli disse – Ma ti sei chiuso in te stesso.
- Sai perché.
- Scuse. – gli sorrise – Silente ti ha affidato un compito importante. Ne sono consapevole. Ma non ti ha mai detto di gettare via la tua vita.
- Io speravo che le cose andassero diversamente tra noi. – ammise osservando James giocare con i gemelli.
- Anch’io speravo di non far vivere una guerra ai miei figli. – sospirò – Ma siamo vivi, ringraziando Merlino. – gli strinse con affetto il braccio – Non continuare a stare attaccato al passato, Sev. – solo lei poteva chiamarlo così – Sai benissimo che non puoi obbligare nessuno ad amare qualcun altro. – scosse la testa rossa.
I due restarono in silenzio per un po’, poi Severus si congedò con la scusa di dover preparare la lezione di Pozioni per l’indomani. Lilian lo salutò con un sorriso, poi tornò ad osservare la sua famiglia intenta a giocare.
James, lasciò i figli in riva al Lago Nero; Elizabeth si era ritrasformata e stava giocando a chiapparella con Harry che correva tentando di nascondersi al suo infallibile fiuto.
- Lily. – la chiamò l’uomo.
- Mh? – gli sorrise lei.
- Mi perdoni?
- Sei un cretino, ma ti amo. – lo abbracciò e si lasciò baciare a lungo sulle labbra.
- Ti amo. E non vedo l’ora di tornare nella nostra casetta.
- Anch’io. Vivere qui è stato bello, ma tornare alla normalità sarà… piacevole.
Annuendo, il mago la prese per mano e la condusse verso quella che era stata la loro casa per i primi anni di vita dei bambini.
Le vacanze di Natale giunsero rapidamente, Hogwards si imbiancò di neve e la famiglia Potter poté tornare ad abitare nella propria casa a Godric’s Hollow nei tempi previsti.

… Godric's Hollow …

Il trasloco nella villetta di Godric’s Hollow, fu rapido ed indolore. Tutto per merito dell’utilizzo della magia che facilitò molto imballare e mettere a posto tutti gli oggetti.
Lilian era felice. Felice di poter tornare in quella casa che aveva amato dalla prima volta che aveva visto. Dove aveva scoperto di aspettare i bambini. Dove aveva imparato ad amare suo marito ogni giorno di più.
Anche James era felice di tornare a casa sua. Felice di poter dare ai bambini un po’ di normalità. In quella casa c’erano molti ricordi, alcuni non particolarmente felici, e lui sperava di costruirne degli altri.
I gemelli, furono felici di tornare in quella che sentivano la loro casa. Avevano una camera ciascuno ed un bel giardino dove poter giocare e, nella via, abitavano bambini più o meno loro coetanei con cui poter fare amicizia.
Una sera, durante la cena, James si schiarì la voce dicendo:
- Ho superato l’esame da Auror. – i suoi familiari applaudirono – Però… Vorrei accettare l’offerta di Silente.
- Quale lavoro? – domandò Lily dopo essersi pulita le labbra con il tovagliolo.
- Di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. – sorrise, la moglie sgranò gli occhi.
- Ho visto ieri cosa può succedere ad un Auror. – guardò i figli – E…
- Difesa contro le Arti Oscure è stata sempre la tua materia preferita. – sorrise lei – E Remus?
- Insegneremo in due. Sai… - indicò i gemelli – Per non essere il loro insegnante.
- E per aiutare lo zio nei suoi giorni neri. – concluse Harry bevendo il suo succo di zucca.
- Sì. – annuì James – Esatto. Ma voi…
- Glielo abbiamo chiesto, papà. – si strinse nelle spalle Elizabeth – E lui ci ha raccontato di essere un Licantropo. E che, grazie allo zio Piton, sta meglio.
- Zio Piton. – gemette reprimendo a stento un ghigno di disgusto James.
- Jamie, - Lilian lo guardò duramente – basta.
- Ma…
- Ho detto basta. Il passato è passato. Non serve a niente covare odio e rancore a distanza di tutti questi anni.
- Ma lui… Io…
- Io, tu, lui. Tutti abbiamo commesso errori. Più o meno gravi. Lui, con il cuore spezzato, ha fatto la scelta sbagliata. Quando si è reso conto di aver commesso un’enorme cazzata, è tornato sui propri passi ed ha chiesto aiuto. È grazie a lui se tu, oggi, sei ancora vivo. Se non ti avesse lanciato quello schiantesimo, al primo compleanno dei bambini, tu non saresti qua, sai? – fissò i suoi occhi in quelli del marito – Smettila di trattarlo da traditore. Smettila di riversare su di lui un odio che provi per un’altra persona. Smettila di deriderlo. Lui è un grande mago, Jamie. E una brava persona. Stava morendo per salvare loro la vita. Devi toglierti di dosso questa gelosia. È sbagliata e fuori luogo.
- Lily, tu sei sempre stata più brava di me in queste cose. Io non riesco.
- Papà. – sospirò Harry – Eravate ragazzini. Entrambi innamorati della mamma. – sorrise facendo arrossire la madre – E immagino di sapere perché…
- Ooh anch’io! – rise la sorella – La mamma è bellissima anche ora. Da ragazzina dev’essere stata uno schianto!
- Era bella da togliere il fiato! – rise felice James – Con quei capelli rossi e quegli occhi sempre pronti a lanciare sfide. Sembrava una dea della guerra, non una giovane strega.
- Ooooh smettetela! – mormorò Lilian – Mi state mettendo in imbarazzo. – li ammonì – Ma dai ascolto ai tuoi figli, Potter. Loro sono più maturi di te, sai? Io ho scelto te. Scelgo te ogni giorno. Ogni momento della mia vita, scelgo di passarlo stando al tuo fianco. Non dubitare di me, del mio amore. Severus è un caro amico. Lo sarà sempre. È il padrino della tua splendida figlia.
- Sono uno sciocco geloso. – borbottò James imbronciato, Lily gli sorrise e si alzò per baciarlo teneramente sulle labbra.
- Uno sciocco che amiamo molto. Vero ragazzi?
- Ssssìììììì!!!! – urlarono felici i gemelli lanciandosi tra le braccia di un impreparato padre che, sotto il peso dei due terremoti cadde rovinosamente a terra, facendo ridere forte la moglie.
- Ahi, ahi, ahi! – gemette quando riprese fiato – Ragazzi, state diventando grandi. – li abbracciò – Questi abbracci rimbalzosi sono pericolosi per un povero vecchio come me.
I figli lo baciarono sulle guance, poi si alzarono e lo aiutarono a rimettersi in piedi.
Lily li osservò con amore, sentendosi fortunata. Durante la guerra magica, aveva perso molti dei suoi più cari amici e le sembrava di vivere un sogno ad essere ancora viva a vedere crescere i suoi figli.

Da quella cena, dalla creazione di quei nuovi preziosi ricordi, passarono velocemente sei anni e, nel giorno dell’undicesimo compleanno di Harry ed Elizabeth, il sole splendeva fieramente in Cielo.

Il mattino del compleanno dei figli, James e Lilian si svegliarono presto ed addobbarono casa con decorazioni che avevano creato loro nel corso degli anni con foto e ricordi accumulati nel corso della loro vita.
Bussarono piano alla porta, i coniugi Potter si guardarono interrogativi, poi andarono ad aprire.
Sulla porta, si stagliava la figura gigantesca di Hagrid.
- Hagrid! – lo accolse James – Entra.
- Rubeus. – lo baciò sulla guancia Lily – Ciao.
- Io… Ecco… Sono passato troppo presto? Volevo aiutare.
- Ci sono i tavoli da spostare in giardino. – sorrise James – Insieme faremo prima.
- Ti aiuto volentieri, James! – sorrise felice di potersi rendere utile, poi puntò i suoi occhi su Lilian dicendo - Ho un regalo per i bambini. Uno ciascuno. -  specificò fiero.
- Hagrid! – trillarono i gemelli dalle scale, felici di rivederlo.
- Bambini! – li accolse lui emozionato – I Bambini Sopravvisuti, i miei Potter. I miei piccolini!
- Dai Hagrid! – rise Elizabeth – Non siamo più così “ini”.
- Sì, - le fece eco il gemello – siamo cresciuti!
Il mezzo gigante guardò con affetto i fratelli Potter, per lui erano ancora due scriccioli minuscoli, però doveva ammettere che, dalla prima volta che li aveva conosciuti, erano cresciuti molto.
Entrambi, erano più alti dei loro coetanei. Harry aveva un ciuffo disornato di capelli neri, esattamente come quelli del padre James, e gli occhi meravigliosi della madre erano messi in risalto da un paio di occhiali rotondi dalla montatura nera. Era magro ma muscoloso.
Elizabeth stava diventando una signorina, aveva i capelli castani lunghi fino a metà schiena con striature rosse ereditate dalla madre. I suoi occhi erano come quelli del padre con pagliuzze dorate che erano spuntate dopo lo scontro con l’Oscuro Signore.
Anche lei era magra, come il fratello, ma alcune delle sue forme acerbe si stavano lentamente arrotondando.
- Siete cresciuti un po’! – annuì lui facendo segno con le dita – Eravate più piccoli l’ultima volta. – sorrise.
- Visto? – rise felice la bambina.
- E tu, signorina. Ti trasformi sempre in basilisco?
- Sì. – annuì – Ma adesso riesco a controllare la trasformazione.
- Il Ministero della Magia non voleva darle l’abilitazione da Animagus. – ridacchiò Harry – Perché non riusciva a trasformarsi davanti a loro.
- Uffa! – ruotò gli occhi al Cielo – Ero piccola, Potter sai? – e gli fece la linguaccia.
- E per fortuna tuo fratello ti ha fatta arrabbiare. – rise James – Forza, andiamo a fare colazione. Hagrid, ti unisci a noi?
- No, grazie. – sorrise il mezzo gigante – Devo passare alla Gringod a fare una commissione per Silente. – spiegò tutto fiero – Lascio il regalo ai gemelli, ti porto fuori i tavoli e poi vado.
- Un regalo per noi? – domandarono in coro.
Il guardiacaccia della scuola di magia e stregoneria annuì, ed entrò nella villetta portandosi dietro due gabbie coperte da uno spesso tessuto scuro.
- Beh… Cosa aspettate? - Hagrid porse loro le gabbie – Vediamo se vi piacciono i miei regali.

Harry ed Elizabeth presero le grosse gabbie che Hagrid tendeva loro e tolsero lentamente da sopra il tessuto. All’interno delle gabbie, riposavano due grosse civette delle nevi.
I gemelli squittirono felici: quelle erano le più belle creature che avessero mai visto dal vivo.
Al suono delle loro voci, le civette aprirono gli occhi puntandoli in quelli dei nuovi padroni.
- Hagrid, sono bellisssssime! – batté le mani felice Elizabeth.
- Sono semplicemente perfette! – annuì Harry – Come noi, uguali e diverse. – sorrise.
- Esatto. Ho scelto un maschio e una femmina. – spiegò – Erano in coppia e il negoziante mi ha detto che sarebbe stato un peccato separarli. Lizzy tu hai scelto il maschio, Harry tu hai la femmina.
- Non ho intenzione di fare cambio. – scosse la testa Harry – Lei è bellissima e ha conquistato il mio cuore. – ridacchiò accarezzandola con dolcezza, la civetta si lasciò allisciare le piume con espressione soddisfatta.
- È il regalo più bello di sempre. – annuì convinta Elizabeth aprendo la gabbia – Ciao… Sei bellissimo. – anche la sua civetta di lasciò accarezzare senza ribellarsi, gonfiando le piume mostrando il benessere che quelle coccole gli stavano dando.
- Non hanno ancora un nome. – sorrise felice Hagrid – Quello ho preferito che foste voi a sceglierlo.
- Grazie Hagrid. – Lilian aveva osservato quelle civette con espressione dolce, lei non aveva avuto un animale durante il suo soggiorno ad Hogwards ed era felice che i figli potessero crescere in compagnia di quelle due meravigliose creature.
- Non dovevi fare un regalo così costoso, vecchio mio! – lo sgridò con dolcezza James.
- L’ho fatto con piacere. – si strinse nelle grosse spalle l’uomo – Non ho fatto molto per i bambini. Ed ho pensato che… avere loro due vicino, li avrebbe aiutati a sentirsi meno soli. Soprattutto i primi tempi a scuola.
- Hai avuto un pensiero bellissimo. Hagrid, grazie. – annuì Lily mettendogli una mano sul grosso braccio – Adesso, però, ti siedi con noi a fare colazione.
- Io…
- Non accettiamo un “no” come risposta, vero ragazzi? – rise James annuendo.
- Mamma e papà hanno ragione. – replicarono insieme i gemelli – Non puoi andare via adesso Hagrid. Resta a colazione.

Commosso, il mezzo gigante non riuscì a trovare le parole giuste per allontanarsi da quella casa e restò con la famiglia Potter per la colazione, godendosi quel calore familiare che spesso gli mancava.
Prima di andare via, il guardiacaccia, si voltò verso i gemelli chiedendo come avrebbero chiamato le loro civette.
- La mia si chiamerà Edvige. – rispose Harry con un sorriso a trentadue denti.
- Il mio… - Elizabeth si pensò su per qualche secondo, battendosi il dito sul labbro carnoso – Sono indecisa tra due nomi… Posso chiamarlo Ruby in tuo onore Rubeus Hagrid?
- Io… - il mezzo gigante sobbalzò, il pensiero della piccola Potter gli aveva riempito il cuore di gioia e, incapace di dire altro, annuì solenne.
- Allora, Hagrid, ti presento Ruby.
Le due civette, felici di avere finalmente un nome, emisero un lungo verso di apprezzamento, poi nascosero le teste sotto l’ala tornando a dormire.
- Sono animali notturni. – spiegò Lilian – Adesso hanno bisogno di riposare.
- Abbiamo letto sul libro di papà, - annuì Elizabeth – speravamo tanto di ricevere o una civetta o un gufo per il nostro compleanno.
- Piccoli fortunati! – ridacchiò James.
- Ehm… Potter… - tossì Hagrid – Adesso devo andare, altrimenti non potrò fare la commissione per Silente. È molto importante e non posso più trattenermi.
- Scusaci Hagrid. Spero di non averti fatto perdere troppo tempo. – sorrise dolce Lily.
- No, no… Tranquilla. – il mezzo gigante salutò con la sua grossa mano la famiglia riunita in giardino, poi salì sulla sua moto volante e si diresse verso la Londra magica, per portare a termine la sua missione.
- Mamma, papà. – li chiamò Harry – Visto che Ruby ed Edvige sono cresciuti insieme, potremmo creare loro una voliera unica?
- Bella idea figliolo. – annuì James.
- Volete tenerli in gabbia? – chiese Lilian mandando la testa di lato – Poverini… E se… creassimo loro un appollaiatoio, tipo quello di Hogwards? – domandò al marito.
- Potremmo creare qualcosa in salotto. – approvò.
- Sarebbero più felici liberi. – annuì Elizabeth – Vieni Harry, andiamo a vedere in che tipo di ambiente preferiscono stare.
- Arrivo. – sorrise lui mettendo la gabbia di Edvige vicino a quella di Ruby.

Mentre i gemelli correvano verso lo studiolo condiviso dai genitori, James si chinò a baciare Lilian dicendo:
- Sicura di volerli lasciare liberi?
- Sì, sono sicura. Ci saranno dei piccoli accorgimenti da fare, tipo insegnare loro dove non sporcare. O lasciarli in giardino mentre mangiano. Ma per il resto, saranno felici in casa nostra.
- Potremmo usare degli incantesimi. – annuì lentamente lui – Chiederò il permesso a Silente di poter usare la magia fuori dalla scuola per ricreare un luogo adatto ad Edvige e Ruby.
- Ottima idea, amore. – si scambiarono un altro bacio, poi continuarono a sistemare casa per l’arrivo degli ospiti e degli amici, pronti a festeggiare un traguardo importante nella vita dei gemelli.

La festa per l’undicesimo compleanno di Harry ed Elizabeth fu un vero successo. I ragazzi ricevettero molti regali utili e, non da meno, le lettere per iniziare l’anno scolastico ad Hogwards.
Felici, mostrarono le lettere ai rispettivi genitori, poi corsero dai loro amici per continuare a giocare.
- Sarà interessante vederli a scuola. – sorrise Minerva mangiando una porzione di dolce fatto da Molly.
- Chissà se saranno insieme. – borbottò pensierosa Lilian.
- Sai già la risposta, piccola Evans. – le sorrise cordiale Silente.
- Lo so. – annuì – I bambini sono stati preparati. Sanno di avere un compito. Gli zii padrini li hanno istruiti fin dalla più tenera età. È solo che… - sospirò – Non sono ancora certa che il vostro piano funzioni.
- Ragioni da madre. – le sorrise l’uomo – E’ naturale che ti senta così.
- Forse ha ragione. – annuì lei – Adesso scusatemi, raggiungo Molly e la piccola Ginny, vittima di uno scherzo di uno dei suoi fratelli maggiori. – e si allontanò.
Nel corso degli anni, l’amicizia tra le due famiglie era cresciuta e si era solidificata.
I figli più grandi di Molly ed Arthur, erano lontani da casa per studiare in modo approfondito le loro passioni ed i figli più piccoli, avevano accettato di buon grado l’amicizia della famiglia Potter e la presenza di Elizabeth non era più così “disprezzata”, in quanto anche loro avevano avuto una sorella Ginevra.
Elizabeth e Ginevra, avevano legato subito molto. Non erano le classiche principessine tutto tulle e merletti. Erano spericolate ed adoravano volare sulle scope. Avevano presto imparato tutte le regole del Quidditch  e sfidavano spesso i fratelli maggiori, Harry e Ron, in partite che, spesso, le vedevano vincitrici.
Harry e Ronald erano diventati migliori amici da subito, ed il loro legame era andato rinforzandosi nel corso degli anni. Ronald aveva preso una cotta, la sua prima cotta, la sorella gemella del suo migliore amico; ma lei era stata lapidaria: non aveva mai pensato a lui in “quel modo” (come possibile fidanzato), per lei era come un alto fratello e non avrebbe mai voluto fidanzarsi con qualcuno che considerava un fratello.
Ron, geloso e rancoroso, la accusò di essersi innamorata di uno dei gemelli ma lei ridendo replicò che ancora non aveva incontrato nessuno capace di tenerle testa.
Così, davanti al suo ennesimo rifiuto, Ron si era arreso ed aveva raggiunto il suo amico fraterno abbattuto dicendo:
- Miseriaccia. Tua sorella è un osso duro, potrebbe essere una perfetta Tassorosso o un Corvonero.
- Sei tu che non ti arrendi, Ron! – rise Harry passandogli del succo di zucca – Lei ti ha detto “no” dalla primissima volta. – lo guardò notando il suo sgomento – Certe cose tra gemelli non si possono nascondere. E poi… Il tuo tentativo di baciarla, l’ha fatta talmente infuriare che è rimasta trasformata in basilisco per ore. Ricordi?
- E come… - ingollò a vuoto – E come potrei dimenticare? Mi ha quasi strangolato con le sue spire. Se non fosse stato per te, amico, forse oggi non avrei ricevuto la leggera per Hogwards.
- Sei uno spasso! – rise Harry, felice.
- Di cosa ridete? – domandò Elizabeth dopo averli raggiunti, si era cambiata per la festa, indossando un abito blu notte corto sul ginocchio.
- Di strane trasformazioni e rabbia.
- Quindi mi stavi prendendo in giro, Harry! – i suoi occhi brillarono, il fratello annuì e lei per fargli un dispetto, gli rubò il succo di zucca.
- Ehi! – borbottò – Quello è il mio bicchiere.
- Era. Fratellino. Era. – e, dopo avergli fatto la linguaccia, scappò via raggiungendo Remus e Severus.

Sconsolato, Harry si voltò verso Ron che era rimasto ad osservare adorante Elizabeth per tutto il tempo, senza riuscire a dire una sola parola.
- Ehi amico. – lo scosse – Vieni, andiamo a mangiare qualcosa.
- Eh?! – si riscosse l’altro scollando gli occhi dal fondoschiena di Elizabeth messo troppo in risalto dal tessuto del vestito – Sì. Sì, è meglio… - annuì.
- Fratellino, rimetti a posto gli occhi! – lo derise Fred che si era pienato il piatto di leccornie varie – Lizzy non è interessata a te.
- In effetti, non è interessata a nessuno di noi. – gli fece eco George.
- È che non capisce il fascino degli Weasley. – rise Harry coinvolgendoli tutti.
- Il nostro Harry ha ragione. – borbottò Fred, ma era sereno e nella sua voce non c’era cattiveria o gelosia – Noi siamo merce rara.
- Per alcune. Non per tutte. – annuì George facendo l’occhiolino.
- Quindi devo aspettare che qualcuna mi scelga? – chiese con un sospiro sconsolato Ron.
- Sei un bambino con la bocca ancora sporca di latte, che fretta hai?
- È che lei mi piace! – gemette impacciato.
- Di chi state parlando? – chiese Percy facendoli sobbalzare, al suo fianco c’era Elizabeth.
- Di ragazze, Percy. – spiegò Fred – Ciao Liz. Buon compleanno.
- Grazie. – sorrise lei, ancora troppo inconsapevole dell’effetto che il suo sorriso e il brillio dei suoi occhi avessero sul “sesso forte”.
Gli unici ad esserne refrattari erano suo fratello Harry e Percy che considerava la piccola Potter come una sorella e non l’aveva mai guardata come una possibile “fidanzata”, anche perché era ancora troppo piccola e a lui piacevano le ragazze più grandi. Più vicine alla sua età ed al suo modo di pensare.
- Percy? – lei ammirava la freddezza e la grande conoscenza del giovane Weasley su molti argomenti e, spesso, lo interrogava su articoli che aveva letto in qualche rivista magica.
- Sì, Lizzy?
- Potresti aiutarci a creare un ambiente ideale per le nostre civette delle nevi? – domandò con il suo sorriso più disarmante, Percy la guardò ed annuì lentamente (quella ragazzina avrebbe fatto strage di cuori da grande).
- Saranno il vostro animale per la scuola? – domandò lui.
- Sì, Harry vieni con noi? Ti va? – invitò il fratello, mostrando che non c’era (per ora) malizia in quello che faceva.
- Sì, ho voglia di vedere se la mia Edvige si è svegliata.
- Chissà se avranno fame. – annuì Elizabeth prendendo la mano del gemello – Ragazzi, volete unirvi a noi?
- No, grazie. – risposero in coro i gemelli – Qui ci sono cose più interessanti di due civette.
- Ok. – annuì Harry – Ron, tu che fai?
- Mangio. – si strinse nelle spalle l’undicenne dai capelli color carota.

I tre entrarono in casa chiacchierando. Elizabeth fu la prima a rendersi conto che le gabbie erano sparite.
- Dove sono? – domandò preoccupata.
- Colpa mia. – spiegò Hagrid facendoli sobbalzare – Ho chiesto ai vostri genitori di poterli spostare nello studio. Qui c’erano troppi rumori e troppa gente.
- Fiuuuu! – lasciò andare fuori il fiato Harry – Che spavento. Stanno bene Hagrid?
- Sì sì. – annuì il guardiacaccia – Andate pure, saranno felici di vedervi. Percy.
- Hagrid. – si salutarono con un cenno del capo, poi il ragazzo li seguì nello studio dove restò per qualche attimo senza fiato – Sono bellissime. – mormorò, erano state liberate dalle gabbie e riposavano su un grosso ramo vicine.
- È vero… - annuì Elizabeth sorridendo – Sono il regalo più bello di sempre.
- Sì. – le fece eco il fratello – Anche meglio del nuovo completo da Quidditch dono di Minerva.
- Hai ricevuto un nuovo completo? – si indignò la gemella – E perché io ho avuto da lei in dono un calderone? Cosa devo farmene di uno stupido calderone? – e sbatté il piede, imbronciandosi.
- Ahahahahahahah… - risero Harry e Percy insieme.
- Hai perso Potter! – continuò Percy – Dammi subito i miei tre galeoni.
- Perso? Galeoni? – Elizabeth mandò la testa di lato, non capendo.
- Abbiamo ricevuto entrambi un calderone, ma parlando con Percy ed i gemelli abbiamo pensato di farti un piccolo scherzo sorellina. – la abbracciò Harry – Spero di non averti fatta arrabbiare troppo.
- Blh! – fece loro la linguaccia – Antipatici. – poi si unì alla loro risata – Non sono arrabbiata. È che… mi piacerebbe davvero avere un nuovo completo da Quidditch!
- È inutile comprarne uno ora. – scosse la testa Percy – Potrete fare le selezioni una volta a scuola. E lì, sarà la vostra Casa a fornirvi tutto.
- Giusto! – annuì Harry – Non vedo l’ora di poter fare le selezioni.
- Chissà se mi faranno giocare. – replicò intristendosi.
- Perché no? – domandò Sirius che li aveva visti entrare nella stanza ed aveva ascoltato i loro discorsi per un po’ nascosto nel corridoio, lui non sopportava di vedere gli occhi della “nipote” tristi.
- Perché sono un Animagus? – borbottò lei stringendosi nelle spalle.
- E cosa temi, di trasformarti in volo? – ridacchiò Sirius entrando.
- Dici che non potrebbe succedere, zio? – lo guardò dal basso verso l’alto.
- Ti sarà insegnato a gestire la tua magia, piccoletta. – le sorrise – Non ti manderanno certo in una gara, in una partita, senza darti le dovute spiegazioni.
- Secondo me sarai un’ottima giocatrice. – sorrise il gemello dandole una spallata gentile – Sei spietata e non ti arrendi facilmente. Saranno fortunati ad averti in squadra.
Elizabeth, rassicurata dalle parole del fratello e dello “zio”, distese le labbra in un timido sorriso.
- Torniamo alla festa, piccoli Potter! – li invitò Sirius – Altrimenti che siamo venuti a fare tutti qua?
La serata si concluse nel migliore dei modi, la festa di compleanno fu (al contrario di quella del loro primo anno di vita) un successo e non terminò con l’irruzione di Voldemord e dei suoi Mangiamorte.

I giovani Potter, raggiunsero le rispettive camere stanchi e stremati. Come regali di compleanno avevano ricevuto quasi tutto il necessario per andare il loro primo anno ad Hogwards, mancavano solo i libi e le bacchette magiche; poi erano pronti per affrontare una nuova emozionante avventura.

Angolo dell'Autrice:
mi sono resa conto, subito dopo averla pubblicata, di aver commesso molti errori di battitura... Chiedo scusa ma la frenesia di mettere online il secondo capitolo, mi ha fatto pubblicare senza rileggere. Adesso, spero vivamente di aver eliminato buona parte (forse tutti) gli "orrori" commessi.
Ringrazio caldamente chi ha speso un po' del suo tempo per leggere questa mia nuova FF. Chi ha deciso di accompagnarmi lungo questo nuovo percorso mettendo la mia storia in una delle categorie, tutti quelli che passano a leggere e chi mi lascia una recensione.

Grazie a tutti, al prossimo capitolo
XOXO Gremilde

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Capitolo 4
*** Il primo incontro al Binario 9 e ¾ ***


Terzo Capitolo:

L’estate passò in un lampo per i Potter che, emozionati e felici, accompagnarono i figli alla stazione di Londra per prendere l’Espresso di Hogwards.
La stazione, come ogni anno, era gremita di gente. C’erano Babbani in arrivo ed in partenza, giovani maghi con i carelli pieni di oggetti; famiglie intere a salutare i figli, tutti in fila tra il binario 9 e il 10; pronti per attraversare la barriera magica.
- Emozionati, ragazzi? – domandò James spingendo il proprio carello dietro Elizabeth, lui aveva scelto di viaggiare con gli altri professori sul treno e di non usare la metropolvere.
- È tipo la centesima volta che ce lo chiedi, papà. – rise Harry – Dovresti aver capito che sì…
- Siamo molto emozionati. – concluse Elizabeth unendosi alla risata del fratello.
- È che… - iniziò Lily – Siamo emozionati come voi.
- E siete spaventati. Lo abbiamo capito. Per tutta l’estate ci siamo allenati con gli zii e con voi. – alzò un angolo della bocca al ricordo – Sappiamo qual è il nostro destino. Siamo pronti e preparati. Abbiamo te, papà e gli zii vicino. Sappiamo cosa vuol dire minaccia, mamma. – le sorrise Harry comprensivo – E sappiamo che dobbiamo stare attenti e studiare, studiare, studiare!
- Esattamen… - iniziò Elizabeth che non riuscì a terminare la frase perché era andata a sbattere contro una persona, rovinando a terra e facendola cadere.
- Ma potresti stare più attenta? – balbettò con voce stridula la “vittima” della giovane Potter.
- Mi dispiace signore… - arrossì la ragazzina – Io non l’avevo proprio vista… Mi scusi. – era mortificata, avrebbe voluto scusarsi al meglio delle sue proprietà lessicali; ma una fitta alla sua cicatrice (ed a quella del fratello a giudicare dalla faccia di Harry) le tolse il fiato lasciandola senza parole. Era la prima volta che bruciava in quel modo.
- Ma lei è il professor Raptor? – si fece avanti Lilian aiutando la figlia ad alzarsi – Sbaglio?
- No, sono io. – balbettò ancora l’uomo squadrandoli con sospetto, in testa aveva un turbante viola scuro – Voi…?
- James, Lily, Harry e Lizzy Potter. – sorrise l’uomo osservando il professore.
- Potter!? – ripeté trattenendo il fiato e, portandosi una mano al turbante, mormorò qualche insulsa parola di scusa e scappò via, come se avesse visto il diavolo.
- Come lo conoscevi, mamma? – domandò curiosa Elizabeth, turbata massaggiandosi la fronte, gesto che non passò inosservato ai genitori che li osservavano con attenzione.
- Ho letto qualche sua pubblicazione. – sorrise – Ma non credevo di trovarlo qua in stazione.
- Ragazzi. – li richiamò il padre – Sinceri.
- Fa male, papà. – piagnucolò lei.
- È come se ci avessero messo un ferro rovente. – annuì Harry con i grandi occhi lucidi.
- Questo non è buon segno…
- Buongiorno famiglia! – salutò con un sorriso sincero Lupin raggiungendoli, aveva il viso stanco e spingeva con fatica il suo carello.
- Remus. – lo accolse Lily con un sorriso – Che brutta cera.
- Hm. – annuì – Ho passato dei momenti non troppo belli. – ammise – Ragazzi, anche voi state male?
- Dopo undici anni di silenzio, la loro ferita brucia. – spiegò James sistemandosi gli occhiali sul naso.
- Guarda caso, proprio ora che devono iniziare a studiare magia e stregoneria. – mormorò l’uomo – Su avremo tempo per parlarne a scuola, adesso attraversiamo la barriera. L’Espresso non aspetta.
- Sssssssììììììììììììì!!!!! – urlarono i gemelli felici ed emozionati.

Ridendo, oltrepassarono la barriera e si ritrovarono sul binario 9 e ¾. Chiacchierando, si avvicinarono all’Espresso ma i loro discorsi, furono interrotti dall’arrivo della numerosa e chiassosa famiglia Weasley.
- Potter, buongiorno! – sorrise Arthur – Tutto bene?
- Ottimamente! – annuì James stringendogli la mano con affetto – E voi?
- Non ci lamentiamo. Specie quando 4 figli spariranno fino a Natale. – rise l’uomo osservando con amore la sua famiglia.
- Mi mancherai Ginny! – borbottò Elizabeth abbracciando la piccola amica.
- Ti raggiungerò presto! – mormorò la rossa ricambiando l’abbraccio.
- Oooh ma come siete carine! – le prese in giro Fred.
- Tutta invidia la tua! – rise Harry – Perché mia sorella non abbraccerà mai uno di voi in quel modo! – e, prima che potessero dargli uno scappellotto, Harry corse lungo il binario, seguito a ruota dalla sorella.
- Sei tremendo! – rise Elizabeth.
- Sono sincero. – si strinse nelle spalle lui.
- Weasley. – rabbrividì  Elizabeth – No, grazie. – si guardò affascinata attorno, ed i suoi occhi furono catturati dalla chioma quasi albina di un loro coetaneo. Era talmente concentrata a seguire i movimenti del ragazzino e della sua famiglia, che sobbalzò quando sentì la voce del padre.
- Loro sono pericolosi, Elly. – scosse la testa James osservandoli con malcelato odio – Sono i Malfoy e…
- Sono Mangiamorte, lo so. – annuì – Silente ci ha fatto lunghe lezioni sulle famiglie magiche. Su coloro che sono fedeli a Tu-Sai-Chi. Su coloro che hanno fatto parte della resistenza. Su chi, da entrambi i lati, ha fatto il doppio gioco. Su quello che dovremmo fare noi. – sorrise baciando il padre sulla guancia – Noi siamo i Bambini Sopravvissuti, papà. E faremo ciò che dobbiamo. Ci avete preparato, la scuola continuerà il vostro lavoro e lo zio Severus ha fatto in modo di far sviluppare i nostri poteri di Occlumanti e Legimentis. – ricordò loro – E se… Uno di noi due dovesse diventare un Serpeverde…
- Se uno di voi due, dovesse finire in quella casa, il suo compito sarebbe quello di entrare nell’élite. – annuì la madre.
- Se questo sarà il mio destino, sappiate che farò del mio meglio. – sorrise sfoderando un briciolo di fascino – Vediamo se anche a Malfoy piacciono i miei incredibili occhi.
James provò a fermarla, ma sia Harry sia Lily lo trattennero: Elizabeth aveva ragione, dovevano fare in modo di attirare l’attenzione di Malfoy in qualche modo e fare in modo che scegliesse la compagnia di uno di loro due.  Così, la ragazzina fece in modo di colpirlo con il proprio carrello.
- Brutto idiota! – urlò il coetaneo biondo platino – Ma non potresti stare più attento?
- Draco! – lo rimproverò la madre che, voltandosi verso il “malcapitato”, aveva visto che era una ragazza e che era caduta causando l’incidente.
- Educazione, figliolo. Educazione. – lo riprese il padre, elegante nel suo soprabito nero.
- Ma padre. – si lagnò Draco.
- Vi chiedo scusa… - piagnucolò dolcemente Elizabeth – Io… Sono mortificata. Ho perso il controllo del carello e… Spero di non avervi fatto male…
Fu in quel momento che Draco si voltò verso il malcapitato che aveva osato colpirlo e, quando i suoi occhi grigi si posarono in quelli di Elizabeth, tutta l’indignazione provata svanì.
La giovane strega sorrise tra se e se e, inviando un messaggio telepatico al gemello, lo invitò a raggiungerla per dare vita al piano che mettevano a punto da mesi ormai.
- Non ci hai fatto male. – scosse la testa Draco tendendole la mano per aiutarla ad alzarsi, era veramente carina e quegli occhi particolari l’avevano colpito.
- Sei gentile, - sorrise lei – grazie…
Fu in quel momento che Harry li raggiunse, sembrava preoccupato e, mettendosi al suo fianco, disse:
- Sorellina, tutto bene? – le sorrise, poi guardò la famiglia Malfoy sgranando gli occhi per lo stupore – Buongiorno, scusate la maleducazione, non ci siamo nemmeno presentati… Noi siamo i fratelli Potter, Elizabeth ed Harry.
- I Bambini Sopravvissuti. – biascicò senza calore il capofamiglia.
- Voi… - mandò la testa di lato la ragazzina – Se non sbaglio… Siete la famiglia Malfoy, vero?
- Esattamente. – annuì colpito l’uomo – Come fate a saperlo?
- Abiti dal taglio sartoriale, cuciti per risaltare perfettamente il vostro fisico… Capelli bianchissimi, pelle diafana… Occhi affascinanti… Aria aristocratica…
- Non potete che essere la famiglia Malfoy. – concluse Harry con un sorriso freddo, a pelle quel ragazzino non gli piaceva e non riusciva a fingere di essere affascinato come sua sorella.
- Che c’è, sfregiato. Il cognome della mia famiglia non ti piace? – sbottò pieno di rabbia Draco.
- Tzh… - si strinse nelle spalle Elizabeth fulminando con lo sguardo il gemello – Lui preferisce altre compagnie. – i fratelli si scambiarono poche frasi con il pensiero, poi salutarono la famiglia Malfoy e raggiunsero i propri genitori.
- Sei una vipera. – la apostrofò Harry.
- No, sono un basilisco. – rise lei.
- Allora… com’è andata?
- Abbastanza bene. – annuì – Ma, secondo me, nascondono qualcosa. – rispose la ragazzina.
- I signori Malfoy sono dei Mangiamorte, ragazzi. – spiegò loro a bassa voce Lily – Tutti lo sanno, ma nessuno è riuscito a trovare le prove per incriminarli. – sospirò.
- Troppi soldi. Amici troppo potenti. – annuì osservando gli studenti salire sul treno James – State attenti se decidete di diventare amici di Draco. È una famiglia pericolosa, che si circonda di gente pericolosa e senza scrupoli.
- Non ho intenzione di diventare amico di quel coso viscido e platinato! – rabbrividì Harry – Ho già un migliore amico. – sorrise indicando Ron con la testa.
- Io non ho migliori amici. – si strinse nelle spalle Elizabeth – Se il Cappello Parlante mi smisterà in Serpeverde, vedrò di fare del mio meglio per entrare nelle grazie di Malfoy jr.
- Bimba… - la abbracciò la madre – Sta attenta.
- Sempre, mami. – ricambiò l’abbraccio lei nascondendo il viso nel florido seno della madre.
- Tutti in carrozzaaaaaa!!!! – tuonò una voce rimbombando nella stazione.
- Andate ragazzi. Forza. – Lilian abbracciò un’ultima volta i figli e li riempì di baci – Mi mancherete terribilmente.
- Anche tu mamma. – mormorò Harry riempiendosi le narici del profumo di fiori freschi della madre.
- Fate attenzione a papà. – mormorò mentre salivano, Elizabeth l’aveva abbracciata un’ultima volta ma non era riuscita a dire niente, troppo emozionata per parlare.

L’Espresso per la scuola era già stracolmo di studenti. Harry ed Elizabeth arraccancarono alla ricerca di uno scompartimento vuoto, o per lo meno non stracolmo di persone che non conoscevano.
Quando passavano davanti agli scompartimenti, gli occupanti li osservavano in silenzio, mormorando tra i denti “sono i Bambini Sopravvissuti”, oppure “allora esistono davvero, non sono una leggenda”; e altre cose del genere.
- Uffa! – sbuffò la ragazzina tentando di nascondere al meglio la cicatrice – Finirà mai?
- Sì, - annuì il fratello stringendole la mano – quando sconfiggeremo completamente il male, sorellina.
- Harry! Lizzy! – la voce di Ron li fece sobbalzare, l’amico li stava chiamando da uno scompartimento non troppo distante da dove si erano fermati loro.
- Ron! – sorrise Harry raggiungendolo – Amico, grazie.
- E di che! – sorrise facendoli entrare.
- I gemelli e Percy dove sono, Ron? – domandò Elizabeth curiosa.
- Percy è nello scompartimento dei Prefetti. I gemelli sono andati a salutare gli amici. – borbottò mettendosi seduto – Non so se torneranno qua, loro frequentano la scuola da un po’ e si sono fatti molti amici.
- Lo immagino. – ridacchiò la ragazza continuando ad osservare il flusso di studenti.
- Facciamo così paura? – domandò Harry sbuffando – Ci sono posti liberi, ma qui non entra nessuno.
- È colpa della tua brutta faccia. – rise la gemella mettendosi seduta vicino a lui.
Harry la abbracciò forte, percepiva l’ansia e la paura della gemella e stava facendo del proprio meglio per farla ridere per non farla sentire troppo a disagio.
- Harry… - lo chiamò Ron – Ma quando si sono rotti i tuoi occhiali?
- Mmhhh… - il giovane mago se li tolse osservando l’incrinatura della lente – Sai che non ci avevo fatto caso, Ron?
- Nemmeno io. – mandò la testa di lato Elizabeth – Forse è successo quando giocavi a Quiddich con papà? – chiese.
- Ho preso un Bolide in faccia. – annuì – Ma non mi ero accorto che avesse rotto gli occhiali.
- Conosco un incantesimo per ripararli. – dissero in coro due voci femminili, una era di Elizabeth, l’altra di una ragazzina che si era appena affacciata nello scompartimento.

Ron, Harry ed Elizabeth si voltarono verso di lei osservandola in silenzio per alcuni minuti. Era alta e snella, come Elizabeth, con una massa di capelli ribelli castano chiaro e pelle rosa come una pesca. Era molto carina, anche con quel cipiglio fiero e la divisa della scuola già indosso.
- Avete, per caso, visto un rospo?
- Rospo? – inarcò un sopracciglio Ron ritrovando la voce, quella era la seconda ragazza più carina che avesse mai visto – No, ma abbiamo delle cioccorane.
- Non voglio cioccorane. Il ragazzo che è nello scomparto con me, Neville Packioc ha perso il suo rospo Oscar, ma non ricorda dove.
- Ah. – ridacchiò Elizabeth – Io potrei aiutarti a trovarlo velocemente.
- Sei anche tu una studentessa del primo anno, non puoi già conoscere incantesimi troppo complessi. Lo so. Ho studiato.
- Non ho parlato di incantesimi. – rise trovandola molto simpatica – Sei nata Babbana, vero?
- S… Sì… - balbettò sulla difensiva – Perché è un problema?
- No, è che ci ricordi la mamma. – spiegò Harry intuendo il pensiero della sorella – Io sono Harry Potter, lei è Elizabeth mia sorella. Lui un caro amico Ronald, Ron, Weasley.
- Piacere. – mormorò – Hermione Granger.
- Hermione. – sorrise Elizabeth tendendole la mano – Bellissimo nome. – poi, voltandosi verso il fratello, chiese – Che faccio, aiuto nelle ricerche?
- Non credo sia il caso, Lizzy.
- Uffa però… - gli occhi della ragazza brillarono e, per un attimo, la sua lingua divenne biforcuta facendo fare un sobbalzo ad Hermione.
- Sei… Un Animagus? – domandò la ragazzina.
- Sì, e sono stata riconosciuta dal Ministero. Quindi se dovessi trasformarmi, non sarei nei guai.
- Ho letto molto sugli Animagus. – replicò con un guizzo negli occhi marroni – Ad essere sincera ho letto molto su tutto. Sai, non volevo arrivare impreparata a scuola.
- Ma andiamo lì appunto per imparare. – borbottò Ron alzando le spalle – Che senso ha studiare tutto prima?
- La curiosità di sapere le cose. – la difese Elizabeth – Anch’io ho letto molto mentre tu ed Harry volavate per migliorare la vostra stabilità sulla scopa.
- Sapete già volare? – gli occhi di Hermione si spalancarono.
- Sì… Noi anche se siamo Mezzosangue abbiamo imparato presto a volare. – spiegò Harry – I nostri genitori hanno frequentato la scuola di Hogwards prima di noi, è lì che si sono conosciuti.
- Prima con scope giocattolo, tipo il cavallo a dondolo per i bambini non magici. – ridacchiò Elizabeth.
- Wow… Dev’essere stato bello. – annuì, poi sentì la voce disperata di Neville che chiamava Oscar nel corridoio e si riscosse dicendo – Devo andare. Ho promesso a Neville di aiutarlo. Non posso deluderlo, è disperato.
- È uno smemorato. – rise una voce acida dietro di lei, era Malfoy.
- E tu sei un maleducato! – replicò piccata Hermione.
- Babbana, levati. – la spintonò per passare, ma si fermò non appena i suoi occhi si posarono su Elizabeth – Signorina Potter. – la salutò con un ghigno.
- Signor Malfoy. – ricambiò il saluto facendo scintillare i suoi occhi “magici”.
- Invece di stare in questo scompartimento con un pezzente, - disse indicando Ron – perché non vieni nel mio?
- Prendo l’uniforme. – si alzò fluida lei facendo spalancare la bocca a Ron ed Hermione, Harry la osservava meditabondo, ma non disse o fece niente per fermarla.
“Fa attenzione” le disse telepaticamente “Non metterti troppo in mostra. Se non dovessi finire a Serpeverde sarebbe tempo sprecato”.
“Ok fratellino, stai tranquillo… E, comunque, non sarebbe tempo sprecato.” Replicò sorridendo lei “Ti voglio bene Harry!”
“Anch’io!”.
Quando Draco, Elizabeth e le grosse e stupide guardie del corpo del giovane Malfoy si furono allontanati, Hermione guardò Harry chiedendo:
- Chi era quello lì?
- Draco Malfoy. Rampollo di una delle famiglie Purosangue più antiche e potenti del Mondo Magico.
- La sua famiglia è una tra le più ricche che conosca. – continuò Ron – Misericcia, amico. Se mi tingessi i capelli di biondo, pensi che…
- Ron rassegnati. – sorrise Harry – Tu non piaci a mia sorella.
- Non le piace neanche quel Malfoy. – borbottò meditabonda Hermione – Ma è brava a fingere.
Harry guardò con ammirazione la ragazzina e le sorrise timidamente, era carina ed improvvisamente sperò che finissero nella stessa casa così avrebbe potuto conoscerla meglio.

La voce dei prefetti lungo i corridoi del treno, interruppe i loro discorsi. Si stavano avvicinando alla scuola e dovevano indossare le loro uniformi.
Hermione, salutò i due ragazzini con un cenno del capo e tornò al proprio scompartimento lasciandoli soli.
- Ehi amico. – parlò Ron dopo aver indossato l’uniforme – Dici che Hermione ha ragione?
- Su cosa, Ron?
- Sul fatto che a tua sorella non piaccia veramente quel… quel… furetto platinato.
- Sei adorabile quando fai il geloso. – parlò George rientrando nello scompartimento.
- E quel broncio, poi… - continuò a prenderlo in giro Fred – Da baci!
- Oooh piantatela! – ringhiò arrossendo Ron, Harry scoppiò a ridere troppo divertito dalla scena; ma non ebbe il tempo di rispondere alle domande del suo amico perché il treno era entrato in stazione ed era giunto per loro il momento di scendere.
- Ci vediamo dopo ragazzi. – li salutò Fred con un gesto della mano.
- Sì, in Sala Grande. – annuì George – Il primo anno raggiunge la scuola tramite barche. – concluse e poi sparì, lasciandosi trascinare via dagli studenti che scendevano dal treno.
Ron ed Harry raccolsero i loro effetti personali e scesero.
- Primo annooooo!!!- urlava Hagrid con il suo vocione – Studenti del primo annoooooo!!!
- Accidenti! – sobbalzò Ron – Ma quello è enorme.
- Ciao Hagrid. – lo salutò Harry felice – Come stai?
- Oooh Harry! Tutto bene. – sorrise – E Lizzy?
- Rubeus! – lo chiamò agitando la mano – Che bello rivederti!
- Lizzy! – sorrise – Benvenuti ad Hogwards ragazzi. Io sono Rubeus Hagrid, il mio compito è quello di scortarvi a scuola. Seguitemi.
Vociando emozionati, gli studenti del primo anno seguirono il mezzo gigante fino alle sponte del Lago Nero, poi salirono sulle imbarcazioni in piccoli gruppi e raggiunsero il Castello scuola.
- Oooohhhh! – mormoravano voci tra le barche.
- Guardate, è stupendo.
- Ancora meglio di quello che mi aveva detto mio fratello.
- Mia sorella non mi ha voluto raccontare niente.
Un girotondo di voci e commenti entusiasti per chi non aveva mai avuto modo di vedere prima la scuola.
Harry ed Elizabeth, si presero per mano condividendo tra loro i loro ricordi, sentendosi nuovamente a casa, accolti e coccolati dalla serenità che l’antico castello emanava.
- Harry, Liz. Tutto bene? – domandò Hermione.
- Sì. – annuì la ragazzina – Conosci la nostra storia?
- Come tutti. – sorrise.
- Noi siamo cresciuti qua. – continuò Harry – È bello tornare. Hogwards ci è mancata. – spiegò.
- Lo immagino. – annuì lentamente guardando il profilo del castello – È un posto bellissimo.
“Harry…” gemette imbarazzata Elizabeth nella testa del fratello “Da quando sei così sdolcinato?”
Il giovane mago sobbalzò, rendendosi conto che aveva pensato che Hermione aveva occhi bellissimi e che aveva condiviso il pensiero anziché tenerlo per sé.
- Scusa… - mormorò baciando la mano della sorella.
- Niente…
- Siete telepatici? – domandò intuitiva una ragazzina seduta lì vicino a loro.
- Sì. – annuì Harry – Da quando siamo nati. È un dono.
- Bellooooo… - mormorò sognante, poi tornò a guardare il castello, smettendo di chiacchierare.
Le imbarcazioni si fermarono sulla riva opposta del Lago, gli studenti scesero e si raggrupparono sulle scale dove li aspettava una donna dall’aria severa.
La donna si presentò alla folla degli studenti con voce forte e chiara, poi li pregò di seguirla in Sala Grande che sarebbe iniziato da lì a poco lo smistamento nelle quattro case.
- La professoressa Mac Granit fa paura… - ingollò a vuoto Ron – A voi non sembra arcigna?
- È severa, ma è molto brava. – annuì Elizabeth.
- Che strano che voi già li conoscete tutti. – bofonchiò quasi geloso.
- Avremmo preferito di no, Ron. – rispose seccato Harry – Non siamo da invidiare, sai?
- Scusate. – sobbalzò – Non volevo… Ecco io…
- Ron. Zitto. – lo pregò Hermione mettendogli una mano sulla spalla – È meglio.
Elizabeth ed Harry le sorrisero grati, lei arrossì deliziosamente, felice di aver trovato qualcuno con cui parlare in quella scuola dove non conosceva nessuno.
Raggiunsero la Sala Grande mormorando tra loro e, non appena entrarono, furono accolti dalla voce serena del preside Albus Silente.
- Benvenuti studenti a questo nuovo anno ad Hogwards. Per chi non mi conosce, io sono il preside della scuola, il mio nome è Albus Silente. – un applauso spontaneo partì dai tavoli degli studenti più grandi, che l’uomo placò con un gesto gentile delle mani – Sono lieto di accogliervi in quella che a me piace considerare come una grande famiglia, composta dai migliori professori e collaboratori che una scuola di magia e stregoneria potrebbe mai avere. – sorrise – Adesso, prima di iniziare il banchetto, passiamo allo smistamento di voi del primo anno.
La professoressa Mac Granitt portò uno sgabello con un vecchio Cappello Parlante che si presentò cantando una vecchia filastrocca. Alla fine della sua canzoncina, la professoressa iniziò a chiamare ad alta voce gli studenti del primo anno in ordine alfabetico.
Elizabeth osservava affascinata il Cappello Parlante e si stupì della rapidità con la quale smistava i nuovi arrivati nelle varie case.
Per tutto il tempo della fila, era rimasta per mano a suo fratello e sobbalzò quando sentì chiamare il suo nome.
- Potter, Elizabeth. – lei guardò la professoressa e poi il gemello che la incoraggiò a salire sullo sgabello con un bel sorriso.
La ragazza, creando un mormorio lieve nella sala, raggiunse lo sgabello ed aspettò che Silente le appoggiasse sulla testa il Cappello Parlante.
- Mmmhhh… - parlò lui – Che strega eccelsa sarai, ragazza mia.
- Grazie. – sorrise lei rilassandosi.
- Hai mille pensieri. Molti poteri ancora latenti. Sei potente. A volte ai tuoi amici fai paura. Potresti essere una perfetta Tassorosso… - e le fece girare la testa verso il tavolo appena nominato – Un’indomita Grifondoro… - schioccò una specie di lingua – Ma saresti sprecata a Corvonero…
- Allora… - sbuffò sibilando Elizabeth – Hai deciso, vecchio cappello?
- Serpeverde! – l’urlo del Cappello Parlante ammutolì la Sala Grande.
Elizabeth scese dallo sgabello con gambe tremanti, si girò verso il tavolo dei professori incontrando gli occhi del padre che annuiva sorridendo. Severus era felice, una strega come la figlioccia avrebbe portato molto lustro alla sua casa.

L’ingresso di Elizabeth Potter nelle file dei Serpeverde, fu accolto calorosamente. Tutti sapevano chi lei fosse, cosa avesse fatto da lattante e chi fossero i suoi genitori (il padre apparteneva ad una delle più vecchie, ricche ed illustre famiglie magiche di sempre).
Le ragazze la guardarono con malcelato odio, lei era così bella. Loro così… ordinarie…
- Signore. Signori. – parlò uno del quinto anno – Abbiamo il Principe e la Principessa delle Serpi. – e, dopo averla presa per mano, la condusse al fianco di Draco, esattamente al centro della tavola.
- Signorina Potter. – la accolse lui galante – Benvenuta.
- Grazie signor Malfoy. – sorrise lei.
Il resto dello smistamento fu veloce, Hermione; Harry e Ron finirono a Grifondoro ed Elizabeth sentì una punta di gelosia pizzicarle il petto. Avrebbe sentito molto la mancanza di suo fratello.
Il preside disse alcune rapide parole, poi dette il buon appetito, facendo riempiere magicamente le tavole di centinaia di leccornie.
Elizabeth sentiva lo stomaco chiuso, non si sentiva a proprio agio in quel tavolo anche se era stata preparata a quell’eventualità.
“Ehi sorellina” la chiamò Harry “Ti vedo strana. Malfoy o qualcun altro ti ha offesa?”
Lei alzò gli occhi, trovando quelli preoccupati del gemello che la fissavano.
“Mi manchi” ammise con un sospiro teatrale.
“Anche tu” le sorrise “Vuoi chiedere una nuova assegnazione?”
“No, va bene così. Avremo modo di parlarci e stare insieme. Vero?”
“Sì, adesso mangia però”.

Draco, che non aveva mai staccato gli occhi da Elizabeth, quando la vide sorridere le disse:
- Lettura del pensiero?
- Mh? – lei si voltò con un sobbalzo – Tra le altre cose… - annuì.
- Hai conversato con il fidanzato rosso lenticchia?
- Fidanzato?! – l’espressione di disgusto che si dipinse sul viso di Elizabeth fu talmente eloquente che Draco sorrise suo malgrado – Signor Malfoy lei mi offende. – continuò mettendo su un adorabile broncio.
- Scherzavo. – le sorrise fugacemente, facendo scintillare i suoi occhi di metallo.
- Anch’io. – annuì – È difficile da spiegare, ma è la prima volta che ceno senza mio fratello. – svelò.
- Harry Potter. – borbottò il platinato.
- Non voglio rovinare la sera a nessuno però. – sorrise ed i suoi occhi verdi con pagliuzze d’oro rosso brillarono come non mai, producendo stelline – Cosa mi consigliate di mangiare? – domandò ai compagni di tavolo.
- Assaggia qualcosa di tutto. – le sorrise un ragazzo del terzo anno – Gli Elfi Domestici di Hogwards sono cuochi eccellenti.
- A meno che non sei una di quelle fissate con la linea, ed allora non mangi mai niente. – rise un ragazzo in carne del quarto o quinto anno.
Elizabeth ringraziò tutti per l’accoglienza e, sorridendo, mise nel proprio piatto alcuni dei suoi piatti preferiti che, notò, erano quasi del tutto simili a quelli di Malfoy Jr.
La cena passò nel chiacchiericcio generale, alla fine del pasto, dopo il commiato del preside, i Capoclasse accompagnarono i ragazzi del primo anno nei rispettivi dormitori.

Harry ed Elizabeth si salutarono con un rapido abbraccio fuori dalla porta della Sala Grande, poi si divisero raggiungendo ognuno le rispettive Case.
Mentre i Grifondoro erano sulle scale per raggiungere il dipinto della Signora Grassa, che nascondeva l’ingresso della loro sala comune, Percy disse:
- Attenzione studenti del primo anno, state tutti vicino. Ricordate che alle scale piace girare.
Ma non ci fu tempo per le domande perché lui li accompagnò rapidamente al dipinto e li fece entrare, raccomandando loro di andare subito a dormire.
Ron ed Harry salutarono Hermione in sala comune e raggiunsero la camera da letto, scoprendo che l’avrebbero divisa con altri tre ragazzi.
- Ciao… - si presentò uno – Io sono Neville Paciock.
- Ciao Neville. – sorrise Harry – Io sono…
- Harry Potter. – concluse Paciock stringendogli la mano – Tu e tua sorella siete famosi nel mondo magico.
- E non solo in quello. – rise il quarto compagno di stanza entrando – Ciao a tutti. Sono Dean Thomas, e lui è Seamus Finnigan.
- Ciao a tutti. – mormorarono stringendosi le mani tra loro.
- Che ne pensate della scuola? – domandò Dean mettendosi seduto sul proprio baule.
- È una figata! – mormorò Seamus felice.
- È una scuola. – si strinse nelle spalle Ron raggiungendo il proprio letto.
- Trovo che sia molto bella. – annuì Neville.
- Concordo. – sbadigliò Harry.
- Ma sapete, invece, chi è bella?! Elizabeth Potter! – gemette Dean – Harry… Fammi conoscere la tua sorellina. Ti pregoooooooooooo!!!!
- Ehi tu. – Ron si sollevò di scatto a sedere – Giù le mani da Lizzy!
- Oooh ooh… - rise Seamus – Qui qualcuno è geloso.
- È innamorato di mia sorella da quando aveva tre anni. – sospirò Harry – Peccato che lei non lo ricambi.
- Col tempo, imparerà a ricambiare i miei sentimenti. Io non mi arrendo.
- Illuso! – si strinse nelle spalle Neville che si era già preparato per andare a dormire – Non hai visto come… Come la guarda quel Malfoy?
- Harry! – strillò Ron – Tua sorella e Malfoy?!
- Ron! Mia sorella ha 11 anni. – lo sgridò stringendo gli occhi – Tu non sei né suo marito né il suo padrone. Potrebbe sposarsi anche con Neville o con uno dei gemelli. Cosa dovrei fare, costringerla ad innamorarsi di te? – Harry si tolse l’uniforme ed indossò il proprio pigiama, mentre gli altri mormoravano sommessamente tra loro, finì di prepararsi e si infilò nel proprio letto.
- Vi chiedo scusa per prima…  – borbottò resosi conto di aver esagerato – È stata una lunga giornata, sono stato diviso da mia sorella per la prima volta dopo 11 anni, sono un po’… scosso… - ingollò a vuoto e, appoggiano gli occhiali sul comodino, continuò – Spero che possiate perdonarmi… Domani le lezioni saranno impegnative, mettiamoci a dormire... – disse chiudendo le tendine del baldacchino – Notte.
- Buona notte… - mormorarono in coro gli altri anche loro erano già coricati nei rispettivi letti e, ben presto, tutti si lasciarono andare ad un benefico sonno ristoratore.

Nei sotterranei dei Serperverde, invece, le ragazze compagne di stanza di Elizabeth l’avevano boicottata non appena avevano saputo che lei era in grado di trasformarsi in un basilisco e non le permettevano di entrare in stanza.
Così, lei si ritrovò sola a piangere lacrime di rabbia, in sala comune seduta davanti al camino nell’enorme divano verde con rifiniture argento.
- Ehi. – le disse Draco facendola sobbalzare – Tutto ok?
- No. Ma grazie. – borbottò offesa e triste – Le tue amiche sono delle stronze. – puntò i suoi occhi in quelli di lui – Mi hanno chiuso fuori dalla stanza.
- Perché? – domandò lui.
- Mi hanno definita una sfregiata maledetta. Una figlia di Voldemord. – lo vide sobbalzare – Ma loro non hanno neanche il coraggio di dire il suo nome.
- Sono solo gelose. – le sorrise – Dai, torna da in camera. Non puoi dormire qui. Potresti essere punita severamente.
- Non sarà punita da nessuno. – parlò una voce femminile alle loro spalle – Lei è la figlioccia di Piton. È una spia, non la vogliamo in camera nostra.
- Non sono la spia di nessuno, Parkinson. – sbottò Elizabeth, doveva smetterla di essere debole, altrimenti non sarebbe mai entrata nelle “grazie” (tra le amicizie) di Malfoy, doveva reagire come le avevano insegnato i suoi genitori. Doveva smetterla di crogiolarsi nella tristezza che la mancanza del gemello le procurava. Lei era più forte di così, non era una principessa da salvare. Ma una guerriera e doveva tirare fuori la propria grinta.
- Pansy! – la redarguì duramente Draco – Ma sei scema?
- No. Onesta. – gonfiò le guance offesa la serpeverde – Dimmi, Dray, lei è più bella di me?
- Merlino! – continuò Elizabeth alzandosi – Pensi davvero che tutto si riduca a questo? Al fatto che Draco Malfoy mi trovi o meno più bella di te?  Nel castello ci sono centinaia di ragazze più belle di entrambe, Parkinson. – la guardò mandando la testa di lato – La tua povertà interiore mi intristisce ragazzina! – l’ultima parte della frase l’aveva detta in serpentese, le succedeva sempre quando si arrabbiava.
- Elizabeth. – la chiamò Draco stupito dal fatto che lei fosse una rettilofona – Ehi… mi senti?
- Primo anno. – intervenne il Caposcuola attirato dalle voci – Qualcuno può dirmi cosa sta succedendo qui? – chiese e, dopo che Draco ebbe spiegato brevemente ciò che era successo, lui preferì andare a chiamare Severus Piton.

La rabbia di Elizabeth si era trasformata in un attacco di magia spontaneo che aveva arruffato i capelli perfetti dell’antipatica Pansy e trasformato lei in un basilisco.
Severus raggiunse la propria casa in pochi istanti e trovò la “nipote” che si muoveva davanti al camino e che teneva in scacco Draco e Pansy.
- Potter. – la chiamò con voce dura – Guardami.
Lei si girò verso il professore tirando fuori la sua lingua biforcuta.
- Che bella sceneggiata. – la derise – Di chi è la colpa?
- Di Pansy, signore. – balbettò Draco ritrovando la voce, era affascinato.
- Pansy Parkinson, pretendo una spiegazione.
- Io… io… io… - iniziò a balbettare la ragazza, incapace di dare una risposta coerente, fu Elizabeth che riversò nella mente di Piton tutto quello che era successo, fino al suo arrivo.
- Interessante. – mormorò a labbra strette – Per quanto io detesti togliere punti alla mia casa, sono costretto a punire la signorina Parkinson per il suo comportamento inappropriato. Siete 5 in stanza, Potter? – il basilisco annuì – Bene. Dieci punti in meno ad ognuna di voi, tranne che alla signorina Potter che avrà 20 punti per come l’avete trattata.
Elizabeth, più calma grazie alla presenza di Piton, riprese le sue sembianze umane e ringraziò il professore con un ampio sorriso, avrebbe voluto abbracciarlo ma sapeva di non poterlo fare lì davanti a tutti.
- Adesso andate a letto. Tutti nelle rispettive stanze. Domani parlerò con il preside, chiedendo che alla signorina venga data una singola, visto che le sue compagne non gradiscono la sua compagnia.
- Grazie signore. – mormorò affranta Elizabeth.
- Ah. Signorina Parkinson, se domani mancherà anche un solo capello all’Animagus Potter, la riterrò responsabile e la punirò severamente. Una punizione degna del capo della casa dei Serpeverde. Chiaro?
- Chiarissimo signore.
Silenzioso come era arrivato, Piton lasciò la sala comune dei Serpeverde per raggiungere la sua stanza.
Lungo il percorso, trovò ad aspettarlo James.
- Potter. – lo apostrofò – Che vuoi?
- Come sta mia figlia? – domandò senza mezzi termini – Ho avvertito il suo disagio.
- Domani le farai avere una camera singola. Le femmine sono delle stronze. – spiegò continuando a camminare.
- Si è trasformata? – chiese anche se lo sapeva.
- Sì. E lo sai. Lo avverti quando un Animagus si trasforma, no?
- Sì. – annuì.
- Le hanno detto cose ignobili e lei ha reagito lasciandosi prendere dalla rabbia. È stanca e stressata.
- La stai giustificando? – James lo guardò aggrottando le sopracciglia.
- Tu mi giudichi un meschino senza cuore, ma sono affezionato ai tuoi figli. – sputò Severus – Mi dispiace vederla così, avrebbe bisogno di un abbraccio ma né tu né io possiamo darglielo in questo momento. Deve crescere.
- È un grosso peso quello che grava sulle loro spalle.
- È un grosso peso per tutti noi, Potter. – rispose Piton guardandolo – Siamo tutti in pericolo, e tu lo sai. Sei a conoscenza di cosa ha preso Hagrid dalla banca. Sai cosa sta cercando il Signore Oscuro.
- Lo so. – annuì.
- Allora aiuta i tuoi figli e rendili forti. Lasciala stare. Torna nella tua stanza. Dormi.
- A domani Severus. Grazie. – sorrise tristemente James, Piton aveva ragione anche se gli costava molto caro ammetterlo.
Il resto della sera trascorse serenamente, ed il mattino dopo le varie case si ritrovarono in Sala Grande per la colazione.
- Sei riuscita a dormire, Liz? – domandò Draco affiancandola.
- Sì. – annuì – Scusa per ieri sera. Ho fatto uno spettacolo indegno. – sospirò.
Draco avrebbe voluto rispondere, ma furono interrotti dai compagni di casa che li tempestarono di domande per tutta la durata della colazione.

Elizabeth, estraniandosi nel suo modo unico, alzò gli occhi verso il tavolo dei Grifondoro e notò lo sguardo preoccupato di Hermione posato su di lei. La cosa le fece piacere e le sorrise, ricevendo in cambio un piccolo cenno di saluto.
- Uffa! – Elizabeth si riscosse dai propri pensieri, sentendo la voce di uno dei ragazzi del primo anno lamentarsi – Non ho proprio voglia di fare lezione con i perfetti Grifondoro.
- Dai non sarà male. – ridacchiò un’altra voce – Verranno nella tana delle serpi.
- La principessa è interessata ai discorsi di noi comuni mortali? – domandò con cattiveria Pansy, facendo ridere il suo seguito di cretine.
- Abbiamo lezione di Pozioni con i grifoni, oggi? – domandò senza dare peso alle parole della compagna di camera gelosa.
- Sì, non hai guardato l’orario? – domandò la prima voce che aveva parlato.
- Onestamente no. – arrossì deliziosamente Elizabeth – Non ho aperto il baule per controllare. Sai, una delle nostre compagne, ha pensato bene di chiudermi fuori dalla camera da letto perché teme che sia la spia di Piton. – sorrise serafica, provocando un brivido alla schiena di Pansy.
- E chi è quell’idiota? – rise uno del quarto anno – Tutti sanno chi siete tu e tuo fratello. Tutti sappiamo cosa avete fatto e chi sono i vostri padrini. – le sorrise – Sono felice che sei finita nella mia casa, Liz.
- Grazie. – sorrise lei.
- Tutti preferite già lei. – sbottò Pansy dando voce alle lamentele delle sue “amiche”.
- Siete delle lagne. – sbottò Tiger che aveva finito di fare colazione – Insopportabili. – e le guardò torvamente.
Elizabeth nascose un sorriso soddisfatto dietro un bicchiere di succo di zucca, poi contattò telepaticamente il fratello aggiornandolo su quanto era successo fino a quel momento.
Harry, dopo la rabbia iniziale per ciò che le era successo la sera precedente, rise davanti alle espressioni che la sorella aveva condiviso con lui; le ricordò che le voleva bene e di stare attenta agli idioti di cui si era circondata.

Alla fine della colazione, gli studenti si divisero raggiugendo ognuno la propria classe.
Grifondoro e Serpeverde, si trovarono davanti all’aula di Pozioni dove li stava aspettando Piton, più arcigno che mai.
- Entrate primo anno. – li invitò con la sua voce cavernosa.
- A me quell’uomo fa paura. – pigolò Ron dietro ad Harry.
- A te fa paura tutto, Ronny! – lo derise con dolcezza Elizabeth facendolo sobbalzare.
- Sei troppo silenziosa. – la sgridò il ragazzino arrossendo.
- E tu sei noioso. – gli fece la linguaccia – Ciao Hermione.
- Lizzy… - le sorrise – Mi dispiace che ci hanno divise.
- Anche a me. – annuì, ma furono zittite dall’occhiata dura di Piton.
- Prendete posto. Un serpeverde e un grifondoro. Su. Sbrigatevi, altrimenti farò io le coppie.
- Insieme? – si dissero all’unisono Hermione ed Elizabeth.
- Signorine, se non andate subito a posto, toglierò 50 punti ad una casa.
- Scusi signore. – rispose arrossendo Elizabeth infilandosi nel primo banco libero che aveva trovato.
- Bene. – continuò Piton – Ora che vi siete sistemati tutti, possiamo iniziare la lezione. Io sono Severus Piton, insegnante di Pozioni. – spiegò – Alle mie lezioni, imparerete a fare pozioni salvavita. Pozioni mortali. Pozioni inutili come quelle d’amore, e così via.

Il professore, interamente vestito di nero, camminava per i banchi della sua classe mentre parlava, guardando un po’ a destra un po’ a sinistra.
- Chi tra voi, sa dirmi a cosa serve la radice di mandragola?
Tra gli studenti calò il silenzio, solo due mani si alzarono rapide: Elizabeth ed Hermione.
- Signorina Potter?
Elizabeth rispose correttamente alla domanda di Piton, facendo guadagnare 10 punti alla sua casa.
La lezione continuò, l’uomo continuò a fare domande durante la spiegazione alle quali risposero sempre e solo correttamente Elizabeth ed Hermione.
- Harry Potter. – lo trattenne a fine lezione, mentre tutti gli altri studenti erano già usciti.
- Mi dica professore.
- Si impegni di più durante le mie lezioni. – lo guardò duramente – Non creda perché le permetto di chiamarmi “zio” fuori dalla scuola, che sarò più tenero con lei o con sua sorella.
- Mi scusi professore. – sorrise il giovane mago – È che…
- Capisco. – annuì – Lo sono anch’io. – mormorò – La signorina le ha raccontato cosa è successo ieri sera?
- Sì, signore. Grazie per essere intervenuto subito. – gli sorrise grato.
- Adesso vada. – lo liquidò.
- Grazie ancora. – mormorò Harry correndo lungo i corridoi alla ricerca dei suoi amici per andare insieme alla lezione successiva.
Nel corridoio, fu intercettato dalla sorella che lo avvolse in un caldo abbraccio.
- Harry Potter! – rise mentre si fondevano in un abbraccio.
- Elizabeth Potter! – la strinse lui – Stai bene vestita in verde, sai?
- Bllhhh! – gli fece la linguaccia – Scemo.
- Potter?! – una voce alle loro spalle, li fece separare con un sobbalzo, era Lupin – Il professor Silente vi sta cercando.
- Ahi. Già il primo giorno? – mormorò a bassa voce Elizabeth.
- Ti ho sentita signorina. – ridacchiò il licantropo strizzandole l’occhio – Adesso avete lezione con me. Andate da lui, non fatelo aspettare.
- Ma… - fece Harry, ma il professore lo zittì con un cenno della mano.
- Mi domando come faremo ad entrare nel suo ufficio. – sbuffò annoiata Elizabeth.
- Con me. – rispose il padre che li aspettava appoggiato alla parete.
- Papà! – urlarono in coro volando tra le braccia dell’uomo.
- Allora, ragazzi. Come sta andando il primo giorno di lezioni? – domandò l’uomo baciandoli sulla nuca.
- Bene. – annuì lei.
- Insomma. – borbottò lui.
- Harry?
- Lo zio Severus mi ha rimproverato. – rispose abbassando gli occhi – Non mi piace Pozioni. Perché proprio lui deve insegnarla?
- A me piace molto, invece. – ridacchiò – Papà, anche se di due case diverse potremmo studiare insieme?
- Certo. Nessuno vi potrà vietare di passare il tempo libero insieme. – sorrise il padre accarezzando i capelli della figlia, notò che aveva profonde occhiaie attorno agli occhi e l’aria stanca – Andiamo ragazzi, il preside ci aspetta.
- Ok…
James disse la parola d’ordine alla statua d’ingresso, aspettarono che il passaggio si aprisse e salirono fino all’ufficio del preside.
- Famiglia Potter. – salutò accogliendoli – Ben arrivati.
- Buongiorno signore. – sorrise James.
- Signore… - borbottarono i gemelli.
- Tranquilli. Vi ho convocato per parlare. – fece loro segno di accomodarsi – Sedetevi. Anche lei professore. – li invitò.
- Grazie… - sorrise Elizabeth.
- Signorina, ho saputo da Severus, che ha avuto dei problemi con le compagne di stanza.
- Sì, signore. – mormorò.
- Si è trasformata in basilisco ed ha spaventato la signorina Parkinson. – sorrise – E il signor Malfoy.
- Malfoy non era spaventato. – scosse la testa lei – Era…
- Affascinato. – concluse il fratello prendendole la mano.
- Sì. Esatto… - annuì lei imbarazzata.
- Comunque, sulla base di quello che è successo abbiamo pensato di sistemare Lizzy in una camera singola.
- Grazie preside. – sorrise grata la ragazzina.
- La tua porta sarà dotata di apertura con riconoscimento del DNA. Solo i membri della tua famiglia e chi deciderai tu, potrà entrare. Una parola d’ordine può essere sentita da indesiderati, una goccia di sangue è più efficace di certi incantesimi.
- Grazie signore. – mormorò James.
- Harry, tu hai problemi in camera?
- Nessuno signore. A parte che tutti i miei compagni di stanza hanno preso una cotta per mia sorella. – rise facendola arrossire.
- Per me abbiamo finito. Io e vostro padre andremo con Piton a sistemare la stanza di Lizzy. Voi andate pure a lezione.
- Signore? – lo chiamò lei alzandosi – Infrangiamo dei regolamenti se ci teniamo per mano o studiamo insieme?
- Nessuno. – le sorrise – Siete fratelli. – disse a mo’ di congedo.

Harry ed Elizabeth salutarono i due uomini e scesero nel corridoio tenendosi per mano. In silenzio, troppo presi dalle novità della scuola, raggiunsero l’aula del professor Lupin dove trovarono i compagni delle rispettive case intenti a seguire la lezione del professore.
- Eccovi. – li accolse con un sorriso – Raggiungete i vostri compagni. Eravamo all’inizio delle nostre chiacchiere, non vi siete persi molto.
- Grazie professore. – risposero in coro i gemelli che, a malincuore presero posto nei banchi vicino ai compagni di “casa”.
Harry finì vicino a Ron ed Hermione; Elizabeth vicino a Blaise Zabini e Draco.
La lezione con Lupin fu divertente ed interessante; la classe fu coinvolta ed anche tra le fila dei serpeverde la giovane strega sentì dei commenti positivi sui metodi usati dal professore per fare lezione.
- Bene ragazzi. – li congedò a fine lezione – Adesso avete pausa pranzo. Buona giornata.
- Grazie prof. – salutarono uscendo, a restare indietro fu Elizabeth che, anche se non l’avrebbe ammesso mai con suo fratello, aveva preso una cotta per Remus Lupin.
- Prof. – lo chiamò quando tutti erano usciti – Non vieni a mangiare con noi?
- Non oggi Lizzy. – scosse la testa – Sono un po’ stanco. – le sorrise – Anche tu hai delle brutte occhiaie viola.
- Hm. – annuì – Colpa delle oche verdeargento. – borbottò.
- Ho saputo. Ma adesso vai. Parleremo più tardi se vuoi.
- Ok. – sorrise felice – A dopo e buon riposo prof.
- Buon pranzo a te, signorina Potter.
Ad aspettarla fuori dalla porta trovò Blaise Zabini che la fece sussultare quando la chiamò.
- Zabini… - gli sorrise mettendosi una mano sul cuore – Mi hai spaventata.
- Scusa. – si grattò la nuca arrossendo – Non mi andava di farti andare da sola a pranzo. Ti dispiace?
- No, anzi. Grazie.
In silenzio, camminarono per i corridoi della scuola e raggiunsero la Sala Grande in tempo per prendere posto per il pranzo.
Al tavolo, il posto che generalmente occupava Elizabeth, era stato occupato da un’imbronciata Pansy che la guardava con aria di sfida.
Draco aveva indossato la sua faccia da “che noia” e si notava che cercava il modo di liberarsi della Parkinson ma con scarso risultato.
- Ecco la principessa delle serpi. – la annunciò Zabini facendole un breve inchino.
- Ma perché mi chiamate così?
- Perché ci hanno detto che sei una rettilofona, è un dono raro e oscuro.
- Oscuro? – domandò prendendo posto in una panca libera – Io ho sempre parlato serpentese, soprattutto con mio fratello.
- San Potter è un rettilofono? – rise Draco quasi strozzandosi con il succo di zucca.
- Perché lo chiami “San Potter”?  - domandò Elizabeth stringendo gli occhi, facendoli diventare simili a quelli del basilisco nel quale si trasformava.
- Perché sembra un tipo noioso. – borbottò stringendosi nelle spalle, non era abituato a dare spiegazioni, ma con quella ragazza era tutto diverso.
- Mah… - lei ruotò gli occhi al cielo e si concentrò sul pranzo e sui nuovi vicini di posto, perdendo completamente interesse per Draco ed il suo seguito.
- Così lo farai impazzire. – le disse all’orecchio una sua coetanea – Gli piaci molto.
- A chi? – sussultò lei facendo cadere alcune gocce di succo di zucca sulla sua gonna.
- A Malfoy. È da quando sei entrata in Sala Grande con Zabini che non ti stacca gli occhi di dosso. Se lo sguardo potesse uccidere, il povero ed affascinante Blaise sarebbe già un mucchietto di cenere da un pezzo.
- Davvero? – rise la giovane Potter che non si era resa conto di niente, troppo stanca per rendersi conto di ciò che le succedeva intorno.
- Già… - ridacchiò ancora la compagna – Senti, dopo pranzo abbiamo un’ora libera. So che sei molto brava a Pozioni, vorresti… aiutarmi?
- Con piacere. – sorrise lei.
- Ripetizioni di Pozioni? – si intromise Blaise affascinante come non mai – Potrei unirmi anch’io?
- Certo. – gli dedicò il suo sorriso più bello – Mi piacciono i gruppi di studio.
- Gruppi di studio, eh? – parlò Draco saccente – Io non ne ho bisogno.
- Non le farebbe male, invece, signor Malfoy imparare a stare un po’ con i suoi compagni di casa. – rispose indignata Elizabeth alzandosi, non capiva il perché dell’astio di Draco nei suoi confronti non aveva mai avuto esperienze simili nelle altre scuole; le era passato l’appetito ed aveva tutta l’intenzione di lasciare la Sala Grande prima di dire o fare qualcosa che l’avrebbe messa nei guai.

Senza ascoltare i pensieri del fratello che la chiamava preoccupato, Elizabeth uscì dalla Sala Grande e raggiunse le rive del Lago Nero dove trovò Hagrid a fumare la sua strana pipa.
- Ehi Rubeus. – lo chiamò facendolo sobbalzare – Cosa ci fai qui?
- Io? Ehm… Ecco niente. Mi sto rilassando un po’ fumando. – balbettò arrossendo, era evidente che nascondeva qualcosa – Ho un appuntamento in città tra poco e stavo fumando per rilassarmi.
- Appuntamento galante? – ridacchiò lei facendo scintillare gli occhi.
- Ma cheeee!!! – il mezzo gigante si mosse a disagio – Non essere ridicola ragazzina. – le sorrise e la salutò con un cenno della mano – Ho delle cose importanti da sbrigare per conto di Silente e Flamel. Ma, questo, forse non dovevo dirtelo.
Elizabeth si strinse nelle spalle, ricambiò il saluto di Hagrid e camminò immersa nei propri pensieri per un po’, finché non fu affiancata da una preoccupata Hermione.
- Lizzy. Tutto ok? – le domandò sollecita.
- Hm? – si riscosse dai propri pensieri – Ooh sì… - annuì – È una giornata strana questa. – si strinse nelle spalle.
- Immagino. – le sorrise – Anche per me. Sai, ho scoperto di avere dei poteri solo al compimento dei miei 11 anni. Per tutto il tempo ho frequentato scuole babbane e mondo babbano.
- Oooh beh. – spalancò gli occhi la piccola Potter – Allora per te sarà ancora più strano che per me. – la prese a braccetto – Io conosco abbastanza bene la scuola. I primi cinque anni li ho trascorsi qua dentro. Anzi… - le mostrò la casetta al limitare del bosco – Là dentro.
- So che hai il potere di condividere i ricordi con gli altri. È vero? – domandò curiosa la giovane Granger.
- Sì. Sai molte cose su di me e mio fratello. – le sorrise amichevole.
- Siete i Bambini Sopravvissuti. – rispose a mo’ di giustificazione – Tutti sanno molto di voi.
- Ooh non tutti, credimi. – rispose rabbiosamente – Ci sono persone che sono talmente tanto piene di sé da ritenere le vite degli altri completamente prive di significato.
Aveva sentito l’odore di Malfoy nelle vicinanze, faceva parte dei suoi poteri: dopo la trasformazione in basilisco, registrava odori nuovi e sapeva esattamente a chi questi appartenessero.
- Mezzosangue. – parlò infatti Malfoy – devo parlarti.
- Hm? – entrambe le ragazze si voltarono verso il nuovo arrivato, troppo sconvolte per dire altro.
- Mezzo, cosa? – parlò Hermione incrociando le braccia sul petto.
- È uno degli appellativi gentili che usa quando si rivolge a me, vero furetto platinato? – rispose senza scomporsi la Potter – Vedi, Hermione, io sono una sangue misto. Mio padre fa parte di una famiglia di maghi Purosangue da generazioni. Mia madre è una nata babbana, come te.
- Non ci vedo niente di male. – rispose scrollando le spalle – Quando due persone si amano…
- Thz. – sbruffò Draco – Amore. È troppo sopravvalutato come sentimento.
- Perché non ti sei mai innamorato, non significa che come sentimento non sia importante, Malfoy. – ringhiò Elizabeth – Vorrei ricordarti, signor perfettini, che è grazie all’amore che i miei genitori e noi fratelli siamo ancora vivi.
- Se l’intero mondo magico è vivo, vorrai dire. – le diede man forte Blaise con un sorriso.
- Ehi. – si rabbuiò il giovane Malfoy – E tu da dove spunti, Zabini?
- Non vi vedevo arrivare, e sono venuto a vedere perché la mia Aldebaran tardasse ad arrivare.

Elizabeth arrossì violentemente e non trovò le parole adatte per rispondere a quell’inaspettato complimento. Non che le dispiacesse o che non fosse abituata a simili parole; ma non si aspettava che un ragazzo conosciuto da poche ore, già la paragonasse ad una delle stelle più brillanti dell’universo.
- Oooh ma che complimento poetico, Zabini. – la prese per il braccio Hermione – Sei in cerca di aiuto per Astronomia? – e la trascinò lontana da entrambi.
- Grazie mille Hermione. – mormorò non appena furono al riparo nel chiostro – Non capisco cosa stia prendendo a tutti.
- Non lo so. – scosse la testa Hermione – O forse sì. – le sorrise – È che sei la ragazza più bella del primo anno. Tutti i nostri coetanei ti osservano, solo i più coraggiosi si avvicinano.
- Allora immagino quanto invidino Ron. – sospirò – Lui si sarà montato così tanto la testa che avrà iniziato a credere che io… io e lui… - e un lungo brivido la percorse.
- In effetti è successo qualcosa del genere. – mormorò la castana abbassando la testa.
- Al diavolo. – sbuffò – Ascolta, ho incontrato Hagrid sulle rive del Lago quando sono uscita.
- Il guardia caccia? – chiese mettendosi seduta su un muretto al sole – E cosa c’è di strano? Lui abita qua.
- Sì. Ma aveva l’aria preoccupata. Come se…
- Come se fosse successo qualcosa nella Foresta Proibita. – concluse per lei Harry facendole sobbalzare – Scusate ragazze. Non volevo spaventarvi.
- Harry, hai imparato a muoverti silenzioso come me. – gli sorrise Elizabeth – Questo non me l’aspettavo.
- Eravate molto concentrate. – si strinse nelle spalle – Forse non mi avete semplicemente sentito arrivare. Parlavi di Hagrid, vero?
- Sì. Esatto. – annuì – Tu cosa hai visto di strano?
- Papà e lo zio Remus. – disse abbassando la voce.
- Zio Remus? – domandò Hermione – Cioè… Voi chiamate “zio” i nostri professori?
- Non tutti. – ridacchiò Elizabeth sedendole di fianco – Per esempio, la Mac Granit non gradisce essere chiamata “zia”, e nemmeno il preside. Però a loro possiamo rivolgerci con tono più confidenziale quando siamo fuori dalla scuola.
- Piton, Remus, Sirius sono i nostri “zii”.
- Piton? – sgranò gli occhi nocciola – Davvero?
- È il mio padrino di Battesimo. – rise Elizabeth – È una persona completamente diversa fuori da qua. È il migliore amico della mamma.
- La dottoressa Evans in Potter. – borbottò seguendo i suoi pensieri la ragazzina.
- Esatto. – annuì Harry – L’unico che non insegna in questa scuola è Sirus, il migliore amico di papà.
- Sirius Black? – chiese sospirando – Lui è un famoso ricercatore di artefacci magici. Lavora con il Ministero della Magia e viaggia tantissimo.
- Ed è affascinante come si vede in foto. – le strizzò l’occhio Elizabeth facendola arrossire.
- Ti piace lo zio Black? – sorrise Harry – È un tipo strano, ma è il mio preferito.
- Potter. Granger. – tuonò una voce alle loro spalle – Cosa state facendo in cortile?
- Professor Lupin. – scattarono sull’attenti – Noi…
- Tra pochi minuti inizieranno le lezioni. Andate forza. – e sorrise continuando la sua passeggiata.
- Grazie. – mormorarono i tre scappando via.
- Tu che lezione hai sorellina?
- Storia della Magia.
- Noi Rune Antiche. – rispose prontamente Hermione – Andiamo Harry, ho studiato la mappa delle classi. Noi siamo da questa parte e tua sorella da quella.
- Abbiamo insieme Trasfigurazione, tra un paio di ore. – annuì Hermione.
- Ok. Perfetto. – sorrise Elizabeth – A dopo ragazzi.

Gli studenti, seguirono con interesse le lezioni fino a quando si ritrovarono insieme nell’aula di Trasfigurazione.
Elizabeth era molto distratta e, molto spesso durante la lezione, fu richiamata dalla professoressa Mac Granit.
- Bene. – disse la donna alla fine della lezione – Visto che alla signorina Potter la mia lezione di oggi è piaciuta particolarmente, le assegno un compito extra…
Un lieve mormorio si diffuse nella classe, alcuni difendevano la giovane Potter, altri ridacchiavano felici che una simile sventura non fosse capitata a loro.
- Voi altri potete andare. – li congedò con un gesto – Se sento ancora una parola, punirò anche voi con un compito extra. Chiaro?
- Sissignora. – borbottarono in coro uscendo gli altri studenti.
- Bene signorina. Mi faccia un tema sulla lezione di oggi di almeno una pergamena. In più al resto dei compiti assegnati al resto della classe.
- Si professoressa. – annuì dispiaciuta.
- Adesso vada, raggiunga gli altri.
- Grazie signora. – Elizabeth salutò Minerva con un debole sorriso ed uscì dalla classe di Trasfigurazione.
- Tutto bene Lizzy? – le domandò Draco.
- No. – scosse la testa facendo ondeggiare i lunghi capelli lei – Oggi non ne combino una giusta. – fece un sorriso mesto e fissò i suoi occhi in quelli di lui – Grazie per avermi aspettato.
- Figurati. – mormorò – Hai fatto togliere punti alla nostra casa, per caso?
- No, nessuno. Mi ha solo dato un tema da fare, in aggiunta a tutto il resto delle cose da studiare per domani.
- Domani, eh? – le fece un mezzo sorriso – Domani non abbiamo Trasfigurazione.
- Vorrà dire che le porterò la pergamena tra una lezione e l’altra. – Elizabeth si girò ad osservarlo e si strinse nelle spalle.
- Lizzy, scusa… - la voce di Harry interruppe i loro discorsi – Posso parlarti un attimo?
- Sì. – annuì – Scusami Draco. – gli sorrise e poi fece per allontanarsi, ma lui glielo impedì.
- Dimmi Potter, è tanto urgente quello che hai da dire a tua sorella? Non puoi stare un po’ senza di lei?
- Certo che posso. – sobbalzò Harry.
- Allora lasciala in pace. Non può sempre stare nella tua ombra, grifone.
- Ragazzi… - parlò James che stava passando con un fascio di libri in mano – Ci sono problemi?
- Professor Potter. – bofonchiò Draco – Nessuno. Stavo solo dicendo a suo figlio, che opprime troppo sua sorella.
- Ma non è vero… - tentò di difendersi Harry, ma Elizabeth scosse la testa dicendo:
- Nessuno mi sta opprimendo. Ho solo molto da studiare. Draco, vorresti aiutarmi con il tema di Trasfigurazione? – e lo prese sotto braccio.
- Con molto piacere signorina Potter. – Draco gonfiò il petto fiero che la giovane strega avesse scelto la sua compagnia anziché quella del fratello.
- Non mi piace quel Malfoy. – borbottarono insieme i due Potter che si guardarono e scoppiarono a ridere.
- Non dovresti andare a lezione, figliolo?
- Adesso no, papà. – scosse la testa Harry – Prima della prossima lezione abbiamo un’ora di buco oggi. – sorrise - Ero preoccupato per Lizzy. È stata strana per tutta la lezione. Non mi ha permesso di entrare in contatto con lei. Come se…
- È normale. Forse aveva bisogno di mettere ordine nei suoi pensieri. Ve lo ha spiegato Piton, ci sono momenti in cui è bene smettere di condividere troppo.
- Sì, - sorrise Harry – hai ragione tu. La camera è pronta?
- Pronta. Purtroppo ho dovuto arredarla con i colori della casa di Lizzy, ma ho potuto mettere alcune nostre foto e i suoi cuscini preferiti.
- Sono curioso di vederla. – sorrise – Sono felice di poterci entrare visto il divieto che hanno i ragazzi di entrare nei dormitori delle ragazze.
- Ma voi siete fratelli. – rise James mentre camminavano lungo il corridoio – Hanno fatto un’eccezione.
- Papà… - Harry distolse lo sguardo a disagio – Ho trovato una ragazza che mi piace…
- Ah sì?! – ridacchiò – E chi è? Una della tua casa oppure una Tassorosso?
- Una della mia casa.
- È carina? – domandò ridacchiando l’uomo.
- Molto. – arrossì Harry – Ma non so cosa fare, papà.
- Sii te stesso. – il padre gli scompigliò i capelli con amore, poi lo salutò raggiungendo la classe dove doveva tenere lezione.


Draco ed Elizabeth avevano intanto raggiunto la biblioteca dove ad aspettarli trovarono alcuni ragazzi della casa dei Serpeverde.
- Lizzy, ciao… - parlò una di loro – Ricordi? Avevamo un ripasso di Pozioni.
- Oddio… - gemette lei – Scusate ma…
- Oggi vi aiuto io con Pozioni. – parlò Draco lasciando la giovane Potter senza parole – La nostra principessa deve fare un compito per Trasfigurazione.
- Grazie signor Malfoy. – sorrise Elizabeth – A buon rendere.
- A buon rendere… - rispose al sorriso lui.
Elizabeth prese alcuni libri da uno scaffale, poi raggiunse un banco vuoto per mettersi a studiare in pace.
Dopo alcuni minuti, fu raggiunta da Hermione, carica di libri e pergamene.
- Ciao. – la salutò sottovoce.
- Ciao. – le sorrise – Sono in altissimo mare. – sospirò Elizabeth passandosi nervosa le mani tra i capelli.
- Non hai ascoltato una parola a Trasfigurazione, eh?
Un lungo sospiro fece sorridere Hermione che, mettendosi seduta vicino all’amica serpeverde le fece un riassunto sulla lezione che aveva tenuto la Mac Granit.
- Grazieee! – la abbracciò – Sei un tesoro!
- Non è così che si fa tra amiche? – domandò ricambiando l’abbraccio.
- Sì. Non ho mai avuto molte amiche, sai? Per lo più, siamo stati sempre io e il mio gemello.
- Io neanche. – scosse la testa – Le uniche “amiche” che ho avuto durante gli anni di scuola, mi si erano avvicinate perché sono sempre stata la migliore della classe.
- Della scuola. – la corresse sottovoce Elizabeth.
- Non volevo esagerare. Ma sì, hai ragione. – ridacchiò.
- Silenzio laggiù. – disse la bibliotecaria.
- Scusi. – sussurrarono i presenti.
- Ascolta Hemione. – sospirò la strega – Conosci un certo Nicolas Flamel?
- Flamel, eh? – Hermione si batté un dito sul labbro con fare meditabondo.
- Il suo nome non mi è nuovo. Ho come un vecchio ricordo…
- La sensazione di averlo già sentito nominare? – chiese Hermione osservando con attenzione la sua nuova amica.
- Esattamente. – annuì.
Un colpo di tosse interruppe i loro discorsi, le due ragazze si voltarono e si ritrovarono a fissare Draco Malfoy.
- Avete finito di studiare Trasfigurazione? – domandò con voce distaccata.
- Sì. – mormorò Hermione raccogliendo le sue cose – Vi lascio soli. Farò delle ricerche per quella cosa, Lizzy.
- Grazie Hermione. – le sorrise osservandola andare via.
- Soddisfatta del tuo tema? – le domandò Draco.
- Sì, sono riuscita a scrivere una pergamena e mezzo. – sorrise riconoscente – E tu? Com’è andata la lezione di Pozioni?
- Ottimamente. – ghignò – Avevi dei dubbi?
- Nessuno, signor Malfoy. – un sorriso le incurvò le labbra, poggiando il mento sul palmo della mano fissò i suoi occhi in quelli di lui – Posso farti una domanda, Draco?
- Hm? Cosa vuoi sapere?
- Conosci un certo Nicolas Flamel?
- Flamel? – ripeté mettendosi seduto vicino a lei, fingendo di leggere qualcosa sul libro per non essere rimproverato dalla bibliotecaria.
- Sì. Ho sentito il suo nome oggi durante una conversazione tra adulti, e quel nome mi ricorda qualcosa… ma non riesco a trovare il ricordo. È una scocciatura.
- Mio padre mi ha parlato di lui qualche volta. – annuì dopo averla osservata in silenzio per alcuni istanti – Mi ha detto che è un Mago e alchimista francese, famoso per l'invenzione della Pietra Filosofale, una leggendaria sostanza con incredibili poteri.
- La pietra filosofale… - si alzò Elizabeth con un movimento fluido – Interessante.
- Per me è una favola per bambini e basta. – sbuffò alzandosi – Hai raccolto le tue cose?
- Sì, signor Malfoy. – annuì.
- Bene, andiamo. Tra qualche minuto siamo a lezione.
- Ok. Ancora con i grifoni?
- No, stavolta con i corvonero. Ma l’orario lo guardi ogni tanto?
- No. È una cosa che mi annoia. – ammise stringendosi nelle spalle – Vado a portare questi libri in camera, Draco. Ci vediamo a lezione? – gli lanciò un bacio e lasciò la biblioteca senza dargli il tempo di replicare.
Draco la osservò allontanarsi in silenzio, poi alzò gli occhi al Cielo sospirando. Doveva ammettere che Elizabeth sapeva essere deliziosamente impertinente quando voleva. E la cosa gli piaceva.

La giovane strega, fuori dalla biblioteca, si scontrò con Hermione e Ron.
- Scusate ragazzi. – borbottò massaggiandosi il sedere.
- Scusa tu. – rispose Ron aiutandola – Stavamo parlando e non ti abbiamo vista.
- Harry dove si trova? – chiese non vedendolo con loro.
- È stato chiamato dalla Mac Granit. – rispose Hermione – Noi stavamo facendo delle ricerche su… - e si zittì vedendo passare un gruppo di studenti più grandi nel corridoio, non voleva che li sentissero discutere.
- Ho chiesto a Malfoy. – annuì capendo a chi stava riferendosi.
- Perché?! – gemette Ron alzando le braccia al cielo – Perché a lui?
- Perché suo padre è un tipo talmente tanto pieno di sé che avrà raccontato al figlio molte cose. Non aveva tempo per giocare con lui a Quiddich come il nostro. – e lo guardò sfidandolo a dire il contrario.
- Hai ragione. – ammise.
- Cos’hai scoperto? – chiese Hermione spicciola, mettendosi a camminare lungo il corridoio – Qualcosa di interessante?
- Sì. Forse. – mormorò mordendosi il labbro – Flamel è un mago alchimista. Sembra abbia inventato la pietra filosofale.
- Ma daiii? – rise Ron – La pietra filosofale? – e continuò a ridere.
- Posso sapere perché ridi, Ronny? – chiese indurendo lo sguardo Elizabeth.
- La favola della pietra filosofale, me la raccontava sempre la mamma quand’ero bambino. Una specie di elisir della lunga vita. – scosse la testa rossa – Davvero credete che possa essere vero?
- Fino allo scorso anno non pensavo nemmeno che esistesse una scuola simile a questa. – rispose piccata Hermione girando su se stessa – Perché ci prendi in giro, Ron?
- Non vi… vi… sto… - ma le ragazze non gli diedero il tempo di continuare la frase, perché si allontanarono continuando a parlare tra loro.
- Secondo me in biblioteca potremmo trovare qualche informazione. – sussurrò Elizabeth.
- Dici? Il problema è… in quale sezione?
- Questo non lo so. Potrei provare a parlare con mio padre.
- Non credo che il professor Potter sia un tipo che si lascia sfuggire le cose.
- Ma certttoooooo! – rise la strega facendo scintillare gli occhi – Sei un genio Granger!
- Grazie. – rise – Ma perché?
- Perché mi hai indicato la via. – rise a sua volta – Chi è che non sa tenere la bocca chiusa?
- Hm… non saprei… Ron?
- No, no… il guardia caccia. – sorrise sussurrandole nell’orecchio – Ma non possiamo farci sentire né vedere. Hermione… Mi regaleresti una goccia del suo sangue?
- Eeehhh?
- Possono entrare nella mia stanza solo le persone che mi lasciano il loro DNA.
- AAh ok… Ma io non so se avrò il permesso di entrare nel covo delle serpi. – fece un sorriso tirato, come se la prospettiva la spaventasse.
- Uffa. Essere in un’altra casa, non aiuta molto.
Le due amiche sospirarono, ma furono raggiunte da Harry che le fece sobbalzare quando parlò.
- Ehi streghe, tutto ok?
- Sì fratellino. – annuì Elizabeth dopo averlo abbracciato – Tutto ok. Stavamo parlando.
- Di cosa? Mi sembrate molto pensierose.
- Stavamo parlando di una cosa che Hagrid si è lasciato sfuggire parlando con tua sorella. – rispose rapidamente Hermione.
- Cosa ha combinato stavolta Rubeus? – sospirò Harry.
- Ha un compito importante che gli ha affidato il preside. – spiegò Elizabeth – Qualcosa che ha a che vedere con Nicolas Flamel e la pietra filosofale.
- Cosa? La pietra per fare l’elisir di lunga vita? – chiese il mago mettendosi a posto gli occhiali sul naso.
- Sì, lui. – annuì Hermione – Siamo un po’ arrabbiate con Ron. Ci ha preso in giro, dicendo che la pietra filosofale è solo una favola per far addormentare i bambini. – disse gonfiando le guance.
- Invece Malfoy mi ha spiegato chi fosse Flamel, perché non lo ricordavo affatto.
- Ma… - Harry spalancò gli occhi – Non devi fidarti di lui, Lis.
Elizabeth sospirò, si sentiva ripetere centinaia di volte al giorno che non doveva fidarsi di Malfoy. La cosa che più la faceva arrabbiare era che sembrava che nessuno si fidasse di lei.
- Harry. Tua sorella non è una sciocca. – la difese Hermione stringendo con forza i libri che aveva in mano – Invece di dirle sempre la stessa cosa, perché non la aiutiamo a scoprire qualcosa?
- Hai ragione. – arrossì il mago abbassando lo sguardo – Sono preoccupato. Lis sei sola in un covo di serpi.
- E tu in uno dei grifoni. – replicò la sorella a denti stretti – Ma non voglio litigare con te. – lo baciò sulla guancia – Studiamo su quello che sappiamo. Hermione potremmo trovarci domani dopo il pranzo in biblioteca? Domani abbiamo lezioni insieme, vero?
- Sì, la mattina abbiamo Erbologia. – annuì la strega – Poi Volo. E saremo insieme entrambe le volte.
- Io stasera ho Astronomia, con i Tassorosso. – disse mandando la testa di lato Elizabeth – Ma non ho nessuna voglia di andare a lezione.
- La Torre di Astronomia è molto bella. – mormorò Hermione.
- E dicono anche molto romantica. – sospirò Elizabeth – È uno spreco andarci per una lezione.
- Ragazze! – borbottò imbarazzato Harry, si erano uniti al flusso degli studenti.
- Ehi Potter! – li chiamarono i gemelli Weasley – Volete fare le selezioni per la squadra di Quiddich? – avevano parlato insieme.
- Quando ci saranno? – chiese Elizabeth facendosi avanti.
- Non so se mi conviene dirtelo sai. – scosse la testa Fred.
- E se ti faccio gli occhioni da cucciolo? – ridacchiò la strega.
- Non attacca. – parlò George – Io e mio fratello siamo senza cuore. – disse cercando di fare il duro, ma aveva ingollato a vuoto davanti all’espressione da cerbiatto di lei.
- Femmine! – alzò le mani al cielo Fred.

Il prefetto di Serpeverde raggiunse il gruppo di studenti che era fermato nel corridoio e, riconoscendo una delle appartenenti alla propria casa, si fermò.
- Cosa succede qua?
- Arrivi a proposito… - sbatté le ciglia civettuola Elizabeth – Questi cattivi grifoni non vogliono dirmi quando ci saranno le selezioni per le squadre di Quiddich.
- Sei una giocatrice di Quiddich? – ridacchiò il prefetto.
- Mio padre è stato un campione per i grifondoro. – sorrise di rimando – È stato un cercatore. E ci ha allenato molto da piccoli.
- Le selezioni saranno domani dalle 17 in poi.
- Grazie.
Il prefetto, senza rispondere, si allontanò raggiungendo il gruppo di studenti del proprio anno.
- Vuoi giocare allora? – domandò Fred.
- Mi piacerebbe molto. Domani parteciperò alle selezioni. Tu Harry?
- Senz’altro. – rise il gemello abbracciandola – Non mi perderei le selezioni per niente al mondo.
- Almeno su qualcosa siete d’accordo. – rise felice che avessero fatto pace Hermione.

Il resto della giornata trascorse ricco di impegni e lezioni, i professori li caricarono di compiti sia per il giorno dopo che per quelli a seguire, lasciando ai ragazzi poco tempo per distrarsi o rilassarsi un attimo.
- Basta mi arrendo! – sbuffò Ron sprofondando nella poltrona in sala comune – Sono esausto. Miseriaccia. Ho il cervello fuso.
- A chi lo dici! – sospirò Harry sistemandosi gli occhiali sul naso, aveva l’aria stanca – Ho dovuto fare doppi compiti di Pozioni per domani, il professor Piton. Per non parlare del resto…
- Maschi. – chiuse un grosso libro Hermione, lei aveva terminato tutti i compiti della settimana nel pomeriggio e si stava rilassando in sala comune leggendo un grosso libro preso in biblioteca.
- Tu e mia sorella non siete normali. – scosse la testa Harry, ma il suo tono era ammirato.
- Ci piace studiare. – si strinse nelle spalle lei – Non ci vedo niente di male, sai?
Una civetta delle nevi bussò alla finestra della sala comune di Grifondoro, Harry andò ad aprire sorridendo.
- Ciao Ruby, hai un messaggio per me? – la civetta emise un lungo verso, tese la zampa al giovane mago e lasciò che prendesse il messaggio – È un messaggio di Lizzy. – spiegò – Ci sta aspettando in Sala Comune.
- Forse ha qualche notizia in più per noi. – mormorò Hermione chiudendo il suo grosso tomo – Andiamo ragazzi. La tua civetta è bellissima, Harry.
- Non è la mia. – sorrise lui accarezzando il petto di Ruby – Lui è la civetta di mia sorella, io ne ho una simile ma è una femmina e si chiama Edvige. – spiegò.
- Non rispondi a tua sorella? – chiese Ron osservando con invidia la giovane creatura.
- Sì, ho già risposto che stiamo arrivando. – annuì Harry legando la pergamena alla zampa della civetta che volò via in un grande frullio d’ali.
- Tu, Ron, che animale hai?
- Uno stupido topo, Crosta, ereditato da mio fratello. – sospirò – È un animale inutile. Pensa solo a mangiare e dormire. – spiegò.
- E tu Hermione? – chiese il maghetto raggiungendo la porta.
- Nessuno. – si strinse nelle spalle – Ma spero di convincere i miei a prendermi un gatto. – sorrise ed Harry pensò che non sarebbe stato male regalarle un gattino, magari per farle una sorpresa per San Valentino.
Scuotendo la testa, fece scorrere il quadro della Signora Grassa e, seguito dai suoi nuovi amici, raggiunse la Sala Grande dove li stava aspettando Elizabeth con alcuni libri aperti davanti.
- Ehi ragazzi. – li salutò con un bellissimo sorriso – Scusate se vi ho chiamato. Ho provato a mettermi in contatto con te, Harry, ma non ci sono riuscita.
- Davvero? – mandò la testa di lato lui – Non ho mai sentito il tuo tocco.
- Forse perché l’intero castello è incantato. Ci saranno degli incantesimi di protezione. – azzardò saggiamente Hermione.
- Non ci avevo pensato. – annuì Elizabeth – Mettetevi seduti. Ho chiesto alla Mac Granit se potevamo venire in Sala Comune a riguardare alcune cose per le lezioni di domani. Mi ha detto che non ci sono problemi. – sorrise.
- Lizzy… - la chiamò Ron mettendosi seduto davanti a lei – Domani farai le selezioni per il Quiddich? – chiese.
- Pensavo di sì. – gli sorrise – Farai il tifo per me?
- Lo vorrei. Ma sei nella casa avversaria della mia. – fece un sospiro teatrale.
Gli amici scoppiarono a ridere, coinvolgendo anche Ron che si sentì sollevato nessuno era rimasto offeso dalla sua battuta.
- Ho fatto alcune ricerche ragazzi miei. – spiegò Elizabeth – Abbiamo poco tempo, perché tra poco inizieranno a preparare la Sala per la cena.
- Cos’hai scoperto? – le chiese Hermione.
- Che i miei sospetti erano corretti. Flamel non un personaggio inventato per far addormentare i bambini. – spiegò mostrando loro un libro – È un amico di Silente che esiste veramente. Abita in Francia, o almeno viveva lì quando è stato scritto questo.
- Dove hai preso questo libro?
- Ti prego, Harry, non chiedermelo. – arrossì la strega abbassando gli occhi, colpevole.
- Hai chiesto ancora l’aiuto di Malfoy? – ringhiò a bassa voce Ron.
- No, non l’avrei mai fatto. Lui sarebbe andato immediatamente a fare la spia. Ho chiesto… - tossì muovendosi a disagio sulla panca – Ho chiesto allo zio Remus.
- Hai coinvolto Lupin? – si alzò di scatto dalla panca Harry.
- Ho trovato insieme lui e papà. Stavano parlando fittamente di qualcosa. Quando mi hanno visto, hanno smesso e si sono messi a chiacchierare del campionato di Quiddich. – incrociò le braccia sul tavolo – Mi è sembrato molto strano il loro comportamento, così ho iniziato a parlare della lezione di oggi di Storia della Magia. Mi sono inventata un tema per la fine della settimana in cui dovevamo parlare di un grande mago della storia.
- E così li hai convinti a parlarti di Flamel? – chiese scettica Hermione.
- Non proprio. Ho chiesto loro un libro, visto che non avevo accesso completo a tutte le sezioni della biblioteca, su cui poter fare un tema degno di mamma Lily.
- Al nome della mamma, né Lupin né papà hanno obiettato più e lo zio mi ha dato libero accesso alla sua biblioteca personale. – fece un sorriso ferino, tirando su solo una parte della bocca – Ho trovato dei libri che non pensavo che fossero mai stati scritti. Alcuni di magia oscurissima, che non ho nemmeno aperto. E poi questo… dove ho trovato molte informazioni utili.
- Posso leggerlo anch’io? – chiese Hermione – Questo libro dev’essere molto interessante.
- Oooh sììì! – annuì – Lo è. L’ho quasi finito, ti dispiace se te lo passo tra qualche giorno, Hermione?
- Assolutamente no. Intanto, se vuoi, ti aiuto con le ricerche su questi altri libri.
- Ecco, era quello che volevo chiedervi. Scegliete un libro a testa e cercate informazioni utili. Dobbiamo scoprire dov’è nascosta la pieta filosofale.
- Secondo me è alla Gringott. – rispose di getto Ron.
- Cos’è la Gringott? – chiese Hermione aprendo un libro.
- È la banca dei maghi. – rispose Harry – È la banca più sicura del mondo. È tenuta dai Folletti e si estende per chilometri nel sottosuolo. – le sorrise – Non ci sono mai stato, ma Elly sì.
- Hm hm. – annuì – Con la mamma, una volta sola. È un labirinto di corridoi. Impossibile percorrere due volte la stessa strada. – rabbrividì – Ho un pessimo ricordo di quel giorno.
- Quindi pensate che qualcuno stia cercando questa pietra.
- Non qualcuno. – mormorò Elizabeth osservando attentamente i suoi amici e il fratello – Ma Tu-Sai-Chi.
- Ma non l’avevate polverizzato? – chiese balbettando Ron.
- Non completamente. – scosse la testa Harry – Silente ci ha sempre detto che l’avevamo spedito in una specie di limbo, privandolo dei poteri e di un corpo fisico.
- Ma se lui trovasse la pietra filosofale…
- Potrebbe tornare in vita. Più forte che mai.
- Eterno. – ingollò a vuoto Ron sgranando gli occhi.
- È una prospettiva orribile. – rabbrividì Hermione – Cosa possiamo fare?
- Sappiamo che l’Ordine della Fenice, una specie di reparto speciale della “polizia Magica”, sta già facendo delle ricerche. Il Ministero della Magia non si ferma un attimo. Cerca segnali, li analizza. Ha fermato alcuni Mangiamorte in atteggiamenti sospetti.
- Ma ancora di lui non c’è traccia. – borbottò Harry.
- Voi avete… Avete un modo per sentirlo? – chiese Ron.
- In stazione ci è successa una cosa molto strana. – annuì Elizabeth – In presenza di un ometto buffo, piccolo e emaciato, la cicatrice ha iniziato a farci malissimo. Ma poi…
- Poi è passato. Ed io ho non ci ho più pensato. – concluse Harry meditabondo.
- Chi era l’ometto buffo? – chiese Hermione.
- La mamma l’ha chiamato… Ra… Rap… qualcosa.
- Raptor? – domandò la strega babbana.
- Esatto! – annuì sorridendo il mago.
- Come l’hai capito?
- Ho letto un suo articolo sulla Gazzetta del Profeta alcuni giorni fa. – spiegò – È stato chiamato dal preside Silente per fare delle ricerche qua attorno. – mostrò loro il giornale che aveva messo nella borsa – Sembra che stia succedendo qualcosa di strano nella Foresta Proibita.
- Nella Foresta? – chiesero in coro i gemelli leggendo l’articolo.
- Ci siete mai stati? – domandò Ron rabbrividendo – Voci di corridoio dicono che sia… Spaventosa…
- Non è il mio posto preferito di Hogwards. – annuì Harry – Però ci siamo andati, ricordi Lizzy?
- La mia prima trasformazione in basilisco. – assentì – E l’incontro con il Centauro Fiorenzo.

Hermione e Ron avevano per i fratelli Potter milioni di domande, ma non poterono chiedere loro nulla perché il custode Gazza li mandò via in malo modo dalla Sala Grande, perché dovevano iniziare ad apparecchiare per la cena. Sbuffando, i ragazzi rientrarono nei rispettivi dormitori curiosi di scoprire più cose possibili sulla pietra filosofale e Flamel.

 

 

Angolo dell’Autrice:
Non ho mezze misure… Da che non riuscivo a scrivere questo capitolo, a che l’ho fatto anche troppo lungo.
Non ho ancora deciso se mettere qui tutti i libri o concentrarmi solo sulla pietra filosofale ma, come avrete capito, per adesso i nostri maghi e il nuovo personaggio Elizabeth stanno indagando su Flamel…
Vediamo la mia fantasia e i personaggi verso che terre mi guideranno…

Vorrei ringraziare di cuore tutti coloro che passano a leggere la mia storia.
A chi mi ha inserito in una delle varie categorie.
E, soprattutto, grazie di cuore a chi si prende cinque minuti di tempo per lasciare una recensione…

Ho già il quarto capitolo iniziato… Faccio un Draco Malfoy un pochino più “buono”? Lo facciamo innamorare di Elizabeth Potter, oppure… lo faccio cattivo…? Ho lasciato una scena in sospeso nel quarto capitolo ed ho alcuni dubbi su come continuarla…

Ancora grazie mille a tutti voi…
XOXO Gremilde.

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Capitolo 5
*** La Pietra Filosofale e i primi amori... ***


Capitolo Quattro:
 

Dall’inizio della scuola, erano trascorsi alcuni mesi durante i quali i gemelli avevano consolidato i loro rapporti di amicizia con alcuni membri delle rispettive case e dove avevano imparato molte cose interessanti.
Durante tutto il periodo, avevano continuato ad indagare sulla pietra filosofale e si erano convinti che Severus non fosse propriamente onesto con loro. Avevano provato a fare domande ai genitori ed agli altri zii, ma non avevano ottenuto nessuna informazione né risposta.
- Secondo me Raptor ha qualcosa di strano… - bofonchiò pensieroso Harry guardando il suo piatto di eggs and bacon – Da quando è arrivato lui, io e Lizzy abbiamo spesso mal di testa.
- Non capisco cosa sia venuto a fare. – annuì distratta Hermione.
- Miseriaccia! – sbottò Ron – E’ stato chiamato per indagare sulle stranezze della Foresta Proibita. –sospirò addentando un wurstel - Non ho voglia di andare ad Erbologia. – si girò a guardare Harry ed Hermione – E se…
- No Ronald. – rispose dura Hermione alzando la testa dal suo libro – Non dirlo.
- Non pensarlo neanche. – scosse la testa Harry – E poi, non vuoi vedere Lizzy?
- Hm. – mise il broncio – Lei fa la carina con Zabini.
- Oooh qui qualcuno è geloso. – parlò Elizabeth comparendo dietro di loro in compagnia di alcuni serpeverde, quella mattina era più graziosa del solito, aveva tirato i capelli in una coda di cavallo alta e le spiovevano attorno al viso morbidamente.
- Giorno sorellina. – le sorrise Harry accettando di buon grado il suo bacio sulla guancia – Ragazze.
- Potter. – borbottarono a disagio.
- Ci vediamo a lezione? – domandò la gemella con un sorriso.
- Senz’altro sì. – annuì Hermione – Intanto andate a fare colazione.
Elizabeth salutò i grifondoro con un cenno della mano, poi seguì le compagne di casa verso il loro tavolo.
Ad aspettarla, c’era Draco Malfoy.
- Principessa. – la salutò.
- Principe. – sorrise, tra loro le cose erano molto tese ma erano stati eletti all’unanimità “Re e Reginetta della casa” e, almeno in pubblico, dovevano stare vicino.
- Riposato bene? Mangiato abbastanza? – domandò osservandola, trovandola incantevole ed odiandosi per quel pensiero.
- Molto, grazie. – poggiò la mano in quella di lui, un brivido la percorse – E tu?
- Sono andato ad una festa sulla Torre di Astronomia, ho dormito poco.
- Ooh. – negli occhi di lei passò un lampo di tristezza, fu un bagliore che durò una frazione di secondo, ma che non sfuggì al giovane Malfoy.
- Non sapevi della festa? – domandò accompagnandola al dormitorio.
- Ho studiato Erbologia e Storia della Magia fino a tardi. Nessuno mi ha detto della festa. – sorrise – Ti sei divertito?
- Sì. Abbastanza.
- Mi fa piacere. – tolse la propria mano da quella di Draco e si mise seduta, allontanandosi da lui – Buongiorno a tutti. – sorrise.

Draco sentì improvvisamente freddo, la mano di Elizabeth era morbida e calda, gli piaceva il tocco gentile di lei sulla propria pelle diafana e fredda.
- Dray… - lo chiamò Pansy civettuola – Tutto ok?
- Mai stato meglio. – ringhiò mettendosi nuovamente al fianco di Elizabeth. La giovane Potter sorrise quando sentì la mano di Draco prendere la sua, forse non gli era completamente indifferente.
- Ehi Malfoy. – borbottò Zabini, ma non riuscì a continuare, interrotto dall’arrivo della posta mattutina.
- Draco, vorresti del succo di zucca? – domandò Elizabeth godendosi il contatto con la pelle di Malfoy.
- Sì, grazie. – mormorò osservando avido le sue labbra carminio.
“Sorellina…” la chiamò a disagio Harry “Potresti smetterla per cortesia?”
“Di fare cosa?” sobbalzò sentendo la voce del fratello in testa.
“Di pensare alle labbra di Malfoy” replicò con disgusto.
“E tu agli occhi della Granger” rispose piccata.
La loro conversazione mentale fu interrotta bruscamente dal professor Piton che, prendendo la parola, annunciò che nel pomeriggio ci sarebbero state le selezioni per le squadre di Quiddich in vista dell’inizio del Torneo. Elizabeth strinse la mano di Draco e, senza pensarci, lo baciò sulla guancia facendo zittire l’intera Sala.
- Potter. Malfoy. – si alzò di scatto Minerva – Contegno per favore.
I due ragazzini si guardarono intorno senza capire il perché di tanto scompiglio, poi notarono le loro dita intrecciate e si allontanarono imbarazzati. La colazione finì senza altri incidenti. Gli studenti andarono a prendere i libri di Erbologia ed i mantelli per uscire fuori.

Draco restò indietro ad aspettare Elizabeth, sulla guancia aveva ancora la sensazione delle labbra tiepide di lei.
- Lis. – le sorrise.
- Draco. – lo prese sotto braccio con naturalezza – Sei gentile.
- Gentile? – arcuò un sopracciglio.
- Mi aspetti sempre. – si imbronciò – Ma non mi inviti alle feste.
- Non mi piace condividerti. – rispose di getto, pentendosi subito.
- Ooh… - Elizabeth sorrise, a disagio – Eppure mi lasci spesso con Zabini per passare tempo con Pansy. – lo guardò, verde oro cielo in pozze di metallo fuso.
- Gelosa?
- No, tu? – e successe, rapidamente, le labbra di Draco si posarono su quelle di lei.
Fu il primo bacio per entrambi, uno sfiorarsi timido di labbra che cercavano sempre maggior contatto.
Il bacio fu bruscamente interrotto dall’arrivo di Harry, Ron ed Hermione.
- Malfooooooooooooyyyyyyyy! – urlò Ron scagliandosi addosso a Draco – Maledettooooo!!!

Poi fu tutto troppo veloce, il pugno di Ron sul naso di Draco… Il ragazzo che cadde a terra pesantemente e che sbatté la testa sulla base di una delle statue del corridoio… il sangue che macchiò il viso di Elizabeth… Urla… Urla dei compagni di scuola e dei docenti… Le urla del custode Gazza…
Elizabeth, con il viso sporco di sangue e lacrime, cadde in ginocchio. Non sentì più le urla né vide le persone correre. I suoi occhi erano fissi sul corpo immobile di Draco.
- Portate la signorina in infermeria. – tuonò Silente – Potter, pensa a tua sorella.
- Sì, signore… - Harry prese in braccio la sorella e la portò fino all’infermeria da Madama Chips.
I due serpeverde furono trasportati rapidamente in infermeria ed affidati alle cure sapienti dell’infermiera.
Visto il caso, Silente chiamò Lily che raggiunse la scuola con la metropolvere nel giro di qualche minuto.
La Medimaga, si prese cura degli studenti con pazienza e professionalità.
Per fortuna, le condizioni di entrambi non erano gravi. Avevano bisogno di tranquillità e riposo.
- Non voglio che quella tocchi mio figlio! – tuonò una voce dura, fredda.
- È la miglior Medimaga del San Mungo, signor Malfoy. – rispose duramente Madama Chips.
- È una…
- Malfoy. – intervenne James.
- Potter. – rispose con un mugugno l’uomo dai lunghi capelli biondo platino stringendo la persa sul suo bastone da passeggio.
- Mia moglie sta visitando tuo figlio.
- Mio figlio è stato ferito per colpa di tua figlia.
- Signori basta. – rispose Lily raggiungendo i due uomini in corridoio – I ragazzi stanno male. Devono riposare.
- Farò portare Draco al San Mungo. – intervenne Narcissa.
- Non è opportuno spostarlo, signora Malfoy. – scosse i lunghi capelli Lily.
- Concordo con la dottoressa Evans. – annuì l’infermiera.
Narcissa e James, non erano d’accordo su quanto dichiarato dalla Medimaga e dall’infermiera, avrebbero gradito un’altra soluzione e stavano alzando troppo le rispettive voci nel corridoio.
Lucius puntò i suoi freddi occhi su Lilian soppesandola attentamente, l’aveva sempre trovata attraente e si odiava per questo: lei era una Babbana. Al massimo avrebbe potuto fare da sguattera nelle cucine del Malfoy Manor insieme agli Elfi Domestici; non essere così attraente con quei capelli d’oro rosso e gli occhi verdi come le foglie degli alberi.
- Signori basta per favore. – li pregò stancamente la dottoressa – Le vostre urla non fanno che peggiorare la situazione.
- Cissy smettila. – la pregò Lucius con la sua voce pacata – Dottoressa, posso entrare un attimo da mio figlio?
- Prego signor Malfoy… - annuì consentendo all’uomo di entrare.
- Il giovane Malfoy e la giovane Potter devono riposare tranquilli. Voi andate ad Hogsmeade, ai Tre Manici di Scopa, contatteremo Madama Rosmerta non appena i ragazzi si sveglieranno. – concluse il preside che aveva assistito alla scena, con un tono che non ammetteva repliche.
- Ma signore… - protestò James.
- Professor Potter, lei non deve preparare una lezione? – continuò l’uomo sistemandosi gli occhiali – Qui state dando fastidio al personale medico. Vi prego di seguire le mie indicazioni.
Lucius aspettò che l’uomo si allontanasse, poi entrò e raggiunse il letto dove il figlio riposava sereno.
Si accostò all’orecchio del giovane rampollo e gli mormorò qualcosa più e più volte. Una litania, una specie di incantesimo oscuro per fargli credere che l’intera colpa era di Elizabeth. Non poteva permettere che suo figlio, il suo erede, si insudiciasse con una sporca mezzosangue.
Soddisfatto della risposta inconscia di Draco, Lucius uscì e raggiunse la moglie.
Parlottando a bassa voce, i coniugi Malfoy ed i Potter lasciarono l’infermeria. Nel corridoio, restarono Harry; Hermione; Ron; Blaise e Pansy.
- Studenti, tornate nelle vostre rispettive Sale Comuni.
- Signora… - mormorò Harry – Vorrei vedere Lizzy… - scosse la testa – Sento i suoi pensieri.
- Signor Potter… - iniziò l’infermiera, ma davanti all’espressione sofferta e preoccupata di Harry, si arrese – Ho capito. Entri. – sospirò – Lei, signor Weasley, vada immediatamente nell’ufficio del preside.
Vane furono le proteste degli studenti, Madama Chips fece entrare solamente Harry e lo accompagnò dalla sorella. Elizabeth non aveva mai perso i sensi, però non aveva più parlato.
- Vi lascio soli. – dichiarò andando verso il proprio studio.
- Grazie… - mormorò lui - Lizzy… - la chiamò dolcemente mettendole una mano sul braccio.
- Harry. – singhiozzò lei.
I due fratelli restarono a lungo abbracciati, Elizabeth pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto ed Harry la cullò con dolcezza lasciandola sfogare. Stavano in silenzio, e sobbalzarono quando sentirono un gemito.
- Lissss… - la chiamò Draco – Liss…
- Draco… – Elizabeth scese dal letto e lo raggiunse barcollando, tanta era la tensione accumulata che non si sentiva sicura sulle gambe.
- Lizzy… - le sorrise quando la ragazza entrò nel suo campo visivo.
- Mi dispiace immensamente… - singhiozzò lei, gli occhi verdi due grandi laghi colmi di lacrime.
- Sssshhhh… Sta zitta, per favore. – il tono duro del ragazzino la ferì, smise immediatamente di parlare e lo ascoltò con attenzione – E’ solo per colpa tua, maledetta Mezzosagnue, se sono qui.
- Io…
- Zitta! – tuonò – Mi hai fatto una qualche fattura. Mi hai costretto a baciarti. Io un Purosangue. Ho baciato te una sangue sporco.
Elizabeth sentì un “crack” dentro di sé, come se si fosse rotto qualcosa dentro di lei. Ma non capì se il cuore o l’anima.
- D’ora in poi starai lontana da me, Mezzosangue. Non mi parlerai né guarderai. Mai, in nessuna occasione il mio nome dovrà essere pronunciato dalle tue sudicie labbra.
- Malfoy. Ma non ti sembra di esagerare? – provò ad intervenire Harry, ma la situazione precipitò perché Draco continuò ad insultare i fratelli pesantemente, fino a che, senza più lacrime da piangere, la giovane strega disse:
- Il tuo desiderio è un ordine per me, signor Malfoy. Da questo momento non avremmo più niente da spartire. Non mi chiamerai più principessa ed io non mi rivolgerò più a te in alcun modo. Non mi guarderai o parlerai. Ed io farò lo stesso, come se non fossi mai esistito; come se non esistessi. Saremo completamente trasparenti l’uno per l’altra in ogni occasione, anche le formali della Casa Serpeverde. Le nostre strade smetteranno adesso di incontrarsi. Tu sei solo un inutile ragazzino biondo platino, viziato e spaventato che non sa ragionare con la propria testa. Le mie labbra non sono degne di te, schifoso Purosangue. – concluse uscendo.

La giovane strega, lasciò l’infermeria seguita a ruota dal gemello. Fremeva di rabbia, i suoi occhi erano diventati dorati come quando si trasformava in basilisco.
Mormorava frasi sconnesse e piene di rabbia in serpentese, la sua magia era incontrollabile e rovesciò quasi tutte le statue presenti lungo il corridoio.
- Lizzy! – la chiamava inutilmente Harry – Lizzy, fermati.
- Dov’èèèèè? -  urlò girandosi, sembrava una furia – Dov’è il tuo amico inutile!
Come evocato, Ron comparve nel corridoio con l’espressione triste ed una lettera tra le mani.
Elizabeth lo raggiunse correndo, urlandogli contro tutta la sua rabbia.
Ron alzò le mani a proteggere il viso, ma accettò la granicola di colpi che lei gli dette sentendosi ancora più colpevole.
- Ti odio Ronald Weasley. Sei solo un cretino, inutile pel di carota!
- Lizzy. – la bloccò Harry – Adesso basta.
- Lui. – si girò a guardarlo – Lui ha rovinato tutto. Tutto. – e si accasciò a terra, piangendo.
- Cos’ha quel coso biondo platino più di me, eh? – urlò Ron attirando su di loro l’attenzione degli studenti di passaggio – I soldi? È per quello che fai la carina con lui?
- Non ho bisogno dei suoi soldi, Weasley. I Potter sono una famiglia ricca. Oooh sì, inutile pel di carota, noi i soldi li abbiamo. E tu lo sai. – fissò i suoi occhi in quelli di lui – Quindi è per questo che tu fai il carino con me, eh? Per i miei soldi.
- Elizabeth Willow Potter! – tuonò dura Lilian – Silenzio, subito! – e la strega restò senza voce.
Elizabeth si voltò a guardare la madre, grosse lacrime rotolavano lungo le sue guance ma abbassò la testa restando in silenzio.
- Ron. I tuoi genitori sono all’ingresso. – mormorò freddamente Lilian – Harry, va con lui.
- Sì mamma. – annuì il mago.
- Grazie signora Potter. – gemette Ron a bassa voce.
Non appena i ragazzini furono spariti dalla loro vista, Lily fece tornare la voce alla figlia.
- Vieni con me. – le disse.
- Ok… - mormorò mestamente la giovane strega.
In silenzio, madre e figlia raggiunsero la stanza di Elizabeth. Fuori dal dormitorio di Serpeverde, trovarono una spaventata e preoccupata Hermione.
- Lizzy! Ohmiodiolizzy! – gemette stritolandola in un abbraccio – Mi hai fatto morire di paura, sai?
- ‘Mione… - riuscì a borbottare Elizabeth intrappolata in quel soffocante abbraccio – La… non re…
- Signorina… - sorrise Lilian – Potrebbe allentare la presa? Mia figlia sta diventando blu.
- Merlino! – squittì Hermione facendo un passo indietro – Io… Scusatemi…
- Mamma, lei è la mia amica Hermione Granger. Hermione, lei è la mia mamma la dottoressa Lilian, Lily, Evans.
- Piacere di fare la sua conoscenza, dottoressa. – mormorò la strega più giovane guardandola adorante.
- Piacere mio. Nelle loro lettere, entrambi i miei ragazzi parlano molto di te. Sai? – e le dette un buffetto affettuoso sulla guancia.
- Entriamo. – propose Elizabeth – Non stiamo a parlare qui. Non sopporto già più gli sguardi di queste viscide serpi. – e, dopo aver sbloccato la porta d’ingresso in sala comune, condusse la madre e l’amica fino alla sua stanza.
- Ehi, dove pensi di andare con quella lì? È una grifona. Non può stare qua.
- È con me. – parlò Lily mettendo a tacere le ragazze del settimo anno, troppo spavalde per i propri gusti – Oggi mi farà da assistente. Sapete chi sono io, vero?
- Sì dottoressa… - mormorarono in coro le due allontanandosi.
- Odio queste cretinate. – borbottò Lily – Siamo arrivati?
- Sì mamma. – annuì Elizabeth che, dopo aver appoggiato la mano su una pietra liscia e verde come uno smeraldo, lasciò entrare in camera sua l’amica e la madre.
Le due si guardarono intorno incuriosite. La stanza rispecchiava abbastanza il carattere di Elizabeth. C’erano un’enorme libreria strapiena di libri, una scrivania ordinata, un letto a baldacchino da una piazza e mezzo, un piccolo caminetto con davanti un divanetto e un poggiapiedi.
- Peccato per i colori dominanti. – si lasciò sfuggire Lily con un brivido.
- Mamma, anche tu? – ridacchiò Elizabeth lasciandosi cadere su uno dei grossi cuscini sparsi a terra.
- E scusa. Quando uno è grifone, lo è per sempre. – rise mostrandole il ciondolo che portava al collo.
- Lo so. – annuì – Mi sono pentita di non aver scelto un’altra casa… - mormorò.
- Adesso, per cortesia, potete spiegarmi tuttotuttotutto? – le pregò Hermione – Credo di aver capito molte cose, soprattutto dopo aver chiacchierato con uno spaventato Harry oggi. Ma ci sono delle lacune che devo colmare, altrimenti impazzisco.
Sospirando, Elizabeth guardò la madre che annuì dicendo:
- Se ti fidi di questa ragazza, raccontale tutto dall’inizio. Senza omettere niente. Lei non è Ron.

Rabbrividendo di rabbia, la ragazzina raccontò ad Hermione tutta la storia della sua famiglia. Dal giorno del loro primo compleanno fino a poche ore fa, senza omettere nessun particolare.
Hermione, ascoltava l’amica a bocca aperta, di tanto in tanto annuiva o l’interrompeva per avere maggiori informazioni.
- Quindi, se non ho capito male, - disse analizzando tutto ciò che aveva saputo – Ron ha rovinato ciò che stavi cercando di costruire con quel Malfoy.
- Già. – sospirò – Draco non mi è piaciuto affatto la prima volta che l’ho visto. Troppo borioso e con un’altissima stima di sé. Ma ho fatto del mio meglio per entrare nella cerchia dei suoi amici, per ingraziarmelo. Anche mettendo a tacere la vera me stessa.
- Non è colpa sua, tesoro. – scosse la testa la madre – Sai che tipo di famiglia stramba è la sua.
- Lo so. Me ne sono resa conto. – fece un sorriso triste – Il fatto è che… per un brevissimo istante, mi è sembrato di conoscere il vero Draco. Non quello che lui impersona per compiacere chi gli sta intorno.
- Quindi un ragazzo diverso da quel borioso, saccente, furetto platino. – Hermione la guardò intensamente – Ma… Non è che ti sei innamorata di lui?
- Innamorata…? – Elizabeth scoppiò a ridere talmente forte, che i suoi occhi prudessero non solo stelline ma anche piccole fiammelle – No… Non ne sono innamorata.
- Lis? – la madre la guardò, scavando profondamente in lei.
- Non voglio che entri così nella mia testa, mamma. – si alzò di scatto lei – Lo sai che mi sono presa una cotta per lo zio Remus. Ne abbiamo parlato. Adesso sto meglio, perché sono cresciuta. Ma davvero non puoi pensare che io possa essermi innamorata di Draco quando come modello ho… - e si zittì, una tremenda fitta alla cicatrice sulla fronte le tolse il fiato.
“Vi troveròòòòò…” parlò una voce nella sua testa mandandole immagini cupe, della Foresta Proibita la notte “Non potrete sfuggirmi disgustosi Potter…”
- Aaaahhhh mammaaaaa!!! – urlò Elizabeth mettendosi le mani sulle orecchie – Fallo uscire mamma! Mandalo via!
- Lizzy! Lizzy amore! – Lilian si alzò in piedi di colpo, prese per le spalle la figlia e notò che era come in trance, persa chissà dove.
- Dottoressa Evans. – la chiamò spaventata Hermione – Cosa… Cosa succede?
- Non lo so. – scosse la testa – Presto, corri a chiamare Silente. Se Lis è così, suo fratello non starà affatto meglio.
- Volo!

Lily lanciò un incantesimo rilassante sulla figlia, ordinando alla magia che lo stesso agisse sul figlio anche se non presente. Poi la fece levitare e la condusse nuovamente in infermeria, dove trovò il marito in compagnia di un preoccupato Silente.
- Cosa sta succedendo? – chiese James sbuffando – Perché i nostri figli stanno tanto male, Silente?
- Non lo so. – ammise sospirando, poi fece loro cenno di stare zitti e lanciò una serie di incantesimi sulla stanza, insonorizzandola – Ci sono orecchie indiscrete in infermeria stasera. – disse riferendosi al giovane Malfoy.
- Lizzy era molto arrabbiata. Molto scossa. – disse Lilian – Tutti sapete cos’è successo. Draco le ha dato un bacio, un innocente bacio sulle labbra.
- Il primo bacio. – sorrise James ricordando il proprio.
- Sì. – annuì la moglie – Andava tutto bene, ma poi l’intervento di Ron ha guastato tutto. Lizzy era sconvolta.
- Sconvolta perché ha perso Malfoy? – domandò passandosi una mano sulla barba Albus.
- Perché dovrebbe averlo perso?
- Sembra che le abbia detto cose irripetibili. – fece un mezzo sorriso il preside – Ma sono poco più che bambini, basta poco per sconvolgerli tanto. – si strinse nelle spalle.
- Sentirsi dire “sudicia sangue sporco, mi hai costretto con una fattura a baciarti perché io, Purosangue, non avrei mai baciato una come te”, in effetti un po’ ti sconvolge. – rispose piccata Lily che non tollerava il modo di fare, a volte, troppo leggero del preside.
- Oh beh. Queste sembrano le parole del padre di Malfoy. Non del giovane Draco. – annuì pensieroso James – Ho avuto modo di osservarlo in classe. Remus mi permette di assistere alle sue lezioni, non sempre. Ma quando non si sente bene mi chiede di restare nei paraggi.
- Osservi senza essere visto? – domandò Lily riferendosi al Mantello dell’Invisibilità che faceva parte della famiglia Potter da generazioni.
- No. Resto nella stanza che usiamo come studio. – sorrise – Lì osservo i ragazzi. Il loro entusiasmo nel seguire le lezioni. Draco mi sembrava diverso da Lucius.
- Forse lo è. – lo difese il preside.
- O forse no. – scosse la testa Lily – Come sapete, nel mondo non magico, esiste un proverbio che dice “la mela non casca mai troppo lontana dall’albero”.
- Cosa vorresti dire?
- Che forse è venuta fuori la vera natura di Malfoy Jr. – rispose osservando le espressioni dei figli che, anche nel sonno magico, erano tese e dolorose.
- Volete cambiare casa a Lizzy? – chiese il preside – Dopo quanto è successo, lei può chiederlo. È suo diritto.
- Non credo sia disposta a rinunciare. Ma lasciamo che sia lei a decidere.
- Come preferite. – annuì l’uomo.
- Ma ancora non ho capito che cosa è successo.
- Eravamo in camera di Lizzy, io lei ed Hermione. Stavamo parlando di quant’è successo. Poi lei si è accasciata al suolo urlando di dolore. Mi implorava di farlo uscire, di mandarlo via. E si reggeva le tempie.
- Qualcuno è entrato nella sua testa? – domandò con un sobbalzo James – Ma com’è possibile? È da quando sono poco più che infanti che insegniamo loro…
- È Voldemord. – li zittì Silente dando voce alle paure di Lily – E’ l’unico che può entrare così profondamente in contatto con loro, violando ogni loro difesa.
- La cicatrice. – balbettò la Medimaga.
- La cicatrice. – annuì il preside.
- E cosa possiamo fare? – chiese James sospirando, stanco.
- Abbiamo bisogno di Severus. – rispose Lily – Lui è il migliore Occlumante e Legimentis tra tutti noi. I ragazzi devono essere tranquillizzati e portati qui. Adesso si sono chiusi nella loro “bolla” e non sono raggiungibili. Io non riesco.
- Ho provato anch’io. – annuì Silente – Ma sono stato spinto via da una magia molto potente.
- Il cuore di Lizzy è integro ancora? Il loro Nucleo Magico è sempre puro? – domandò James sondando i figli preoccupato.
- Sì. Una delusione d’amore non farà spezzare niente, Jamie. – lo baciò Lily – E’ l’orgoglio di tua figlia che è stato ferito. Lei sta cercando un tipo diverso di persona. Ma è ancora una bambina e la delusione di essere stata respinta dopo il suo primo bacio, l’ha resa furiosa.
- Accidenti. Sembrava una Veela da quant’era arrabbiata! – ridacchiò il mago – Mi ha mostrato i suoi ricordi Harry.
- La nostra Lizzy ha molto potere. – annuì pensieroso Silente – E avrà una persona speciale al suo fianco. Ma ora hanno bisogno di aiuto. Forza. James, va a chiamare il professor Piton.
- Perché io?
- Perché sei un suo collega. Darà meno nell’occhio se vai tu anziché io. – spiegò duramente la moglie incrociando le braccia sul petto.
- Oh giusto. Vado. – annuì.
James baciò i figli sulla fronte, restando come scottato dalla cicatrice di entrambi; poi si diresse verso il laboratorio dove Piton stava tenendo lezione.
Arrivato davanti alla porta, rimase per qualche istante indeciso se bussare o meno alla porta. Non aveva voglia di scontrarsi verbalmente con l’antico rivale in amore, così, restando impalato a pensare per qualche istante di troppo non si rese conto dell’arrivo di Pix più dispettoso che mai.
Il fantasma più temuto del castello, perché dispettoso e dispensatore di orridi scherzi, iniziò ad urlare che c’era un guardone nel corridoio e che, a vederlo da lontano, sembrava nudo sotto il lungo cappotto.
James, sobbalzando, alzò gli occhi ed un pugno in direzione del fantasma che continuò ad urlare sconcerie senza senso correndo lungo il corridoio.
- Si può sapere…? – uscì arrabbiato Severus – Ah, Potter. Sei tu.
- Severus. – annuì ritrovando la parola – Scusa se disturbo la tua lezione. I ragazzi…
- Harry? Lizzy? – lo interruppe e quando James annuì domandò – Dove sono?
- In infermeria. È successo qualcosa di strano.
- Strano come?
- Stavamo parlando, io con Harry e Liz con Lily. D’un tratto, hanno iniziato ad urlare di dolore reggendosi la testa.
- La testa? – gli occhi di Severus si dilatarono, ma non aggiunse altro, camminando veloce lungo il corridoio deserto – Sbrigati Potter. Non abbiamo tempo.
- Tu sai cosa sta succedendo? – domandò il mago seguendolo.
- Sì. Come vi ha spiegato Silente, la cicatrice è una specie di “antenna” che riesce a metterli in contatto. I gemelli sono molto bravi a chiudersi. Ho insegnato loro tutto…
- Ma quando qualche evento li sconvolge… - capì James il ragionamento del padrino della figlia – Le loro difese mentali si possono abbassare…
- Esatto. E lui ne approfitta. Devo vederli.
- Lily li ha fatti addormentare. Ma sono tutt’altro che sereni. Sembrano spaventati.

Entrarono in infermeria senza dire altro, Severus raggiunse i gemelli e chiese a Madama Chips e Lily un resoconto dettagliato.
- Ho capito. Devo raggiungerli io. – annuì – So come fare. Ho spiegato loro dove rifugiarsi e in che modo io li avrei raggiunti. – sbuffò – Servirebbe anche il Licantropo, ma non c’è.
- Licantropo? – arcuò un sopracciglio Madama Chips non capendo.
- È il pupazzo preferito di Lizzy di quand’era piccola. – rispose prontamente la Medimaga – Sono anni che lo ha “perso” – sorrise – Con quello vicino si è sempre sentita sicura.
- Con un pupazzo di licantropo? – rabbrividì – Che bambina strana… - scosse la testa l’infermiera andando via.
- Uscite anche voi. – li pregò Severus – Le vostre auree magiche, sorpattutto la tua Lilian, potrebbero interferire.
- Perché la mia?
- Perché hai un’altra aura magica dentro di te. Congratulazioni. – borbottò l’uomo – Un altro Potter. – completò alzando gli occhi al cielo.
- Severus ha ragione. – mormorò James – Mi costa molto ammetterlo, ma lui sa bene di cosa sta parlando. Noi siamo preoccupati. Lui non potrebbe lavorare in pace. Usciamo Lily, vieni.
- O… Ok… - si arrese la giovane madre – Noi siamo qua fuori…
- Tranquilla dottoressa. – le fece un sorriso poi bloccò la porta con un incantesimo e si concentrò, raggiungendo la coscienza dei suoi pupilli.
Harry ed Elizabeth erano esattamente dove dovevano essere. Nel piccolo parco giochi dove lui li portava sempre da piccolo.
- Piccoli Potter. – li chiamò, i bambini alzarono su di lui uno sguardo confuso; lo osservarono a lungo e poi chiesero:
- Chi sei? Parola d’ordine.
- Mi chiamo Severus Piton. La parola d’ordine è Alga Branchia. – e sorrise.
- Zio! – urlarono in coro riconoscendolo.
- Ragazzi, perché siete finiti qua?
- È il nostro posto sicuro. – rispose prontamente Harry – Siamo stati attaccati e…
- Abbiamo avuto paura. Per non fare del male a nessuno…
- Ci siamo rifugiati qua. Nel nostro parco.
Severus li accolse nel proprio abbraccio, lui non era tipo da tante dimostrazione di affetto, ma capì che i bambini in quel momento ne avevano bisogno.
- Usciamo. Tornate nelle vostre coscienze. Dobbiamo parlare.
- Ma… - lo guardò spaventata Elizabeth.
- Lizzy. – le sorrise lui – Siete a scuola. Protetti dai migliori maghi del mondo magico.
- Lo zio ha ragione. – annuì Harry – Mamma e papà?
- Vi stanno aspettando. Forza.
Questa volta, riportarli allo stato di coscienza, non fu un’impresa complicata. I ragazzi si erano spaventati a causa del dolore subito ed avevano preferito rinchiudersi nel loro mondo piuttosto che continuare a sentire dolore.
Per fortuna, i coniugi Potter avevano richiesto immediatamente il suo intervento, limitando i danni.
- Ben tornati. – li accolse con il suo solito ghigno.
- Grazie zio… - mormorò riconoscente Elizabeth.
- I vostri genitori sono qui fuori. Adesso mi racconterete tutto. Senza omissioni.
I gemelli Potter annuirono, sapevano che non potevano mentire a Severus Piton; altrimenti lui avrebbe estorto loro la verità con altri mezzi.
Gli raccontarono dell’assurda giornata che avevano vissuto. Del primo bacio di Malfoy ad Elizabeth; del litigio con Ronald fino al ricovero di Draco in infermeria.
Poi gli dissero del cambiamento operato da Draco in poche ore: da quasi “fidanzato” a gelido e scostente. Gli raccontarono con quali parole avesse apostrofato la giovane Potter e che, in seguito a quello ed un’assurda litigata con Ron, si erano divisi andando ognuno a parlare con un genitore.
Mentre stavano aggiornando i genitori sui fatti, la testa aveva iniziato a fare male e la voce sibilante dell’Oscuro Signore, si era impossessata di loro dicendo cose irripetibili.
Severus, che aveva ascoltato in religioso silenzio, chiese loro il permesso di entrare nelle loro teste per recuperare ogni tipo di ricordo. Tutto poteva essere prezioso per capire quando Voldemord sapesse del nuovo nascondiglio della Pietra Filosofale.
Riluttanti, i gemelli annuirono. Non era piacevole essere letti; ma sapevano che lo zio lo faceva a fin di bene.
Come promesso, Severus andò alla ricerca dei ricordi più dolorosi. Li osservò con attenzione fino a trovare il momento in cui Voldemord si era messo in contatto con i suoi pupilli. Aveva ragione James, le emozioni della giornata, avevano indebolito le loro difese mentali permettendogli di entrare.
- Ho visto abbastanza. – disse con tono piatto – Dobbiamo lavorare di più su come mantenere saldi i confini della vostra mente. È utile che possiate “sentirlo”, ma non è utile che lui possa farvi del male.
Harry ed Elizabeth annuirono sospirando, Severus fece entrare i loro genitori ed uscì lasciandoli soli.

Il resto della giornata, lo trascorsero in compagnia dei genitori. Avevano bisogno di riprendersi dagli eventi e Silente aveva dato loro il permesso di usare la vecchia casa sul limitare della Foresta Proibita.
La notte calò presto, James e Lilian salutarono i figli ed andarono a dormire, lasciandoli davanti al camino intenti a finire i compiti per il giorno dopo.
- Hai ancora molto da studiare Lizzy? – chiese Harry curioso.
- Onestamente ho finito almeno un’ora fa. Tu?
- Idem. – sorrise – Senti…
- Qualcosa di strano provenire da là. – annuì.
- Andiamo a vedere?
- Ci metteremo nei guai?
- Siamo Potter. Il nostro cognome…
- È sinonimo di guai. – rise Elizabeth.
Facendo il più silenziosamente possibile, Harry ed Elizabeth uscirono di casa e, dopo aver preso un paio di lanterne magiche, camminarono per mano all’interno della Foresta.
Sentivano uno strano accumulo di magia nell’aria. Ma non era magia positiva. Era qualcosa di oscuro, dolorosamente malvagio.
- Sicuro di voler continuare? – chiese rabbrividendo.
- Onestamente no. – ingollò a vuoto il fratello.
Stavano per tornare indietro quando videro qualcosa, una strana creatura, nutrirsi di un animale bianchissimo e con un’aura lucente.
- Ehi tu! – gridarono sfoderando le bacchette – Fermati!
La strana creatura, alzò la testa dal corpo senza vita dell’unicorno, fece per attaccare i gemelli ma l’intervento di Fiorenzo, glielo impedì.
Harry ed Elizabeth lasciarono cadere a terra le lanterne magiche e si toccarono la fronte, gemendo di dolore.
- Ma quello… - iniziò lui.
- Potrebbe essere… - gli fece eco lei.
- Una creatura malvagia. – concluse per entrambi il Centauro – Giovani Potter, cosa ci fate voi qui?
- Fiorenzo. – si inchinarono.
- Oggi abbiamo avuto dei problemi a scuola. – iniziò Harry a disagio.
- Il preside ci ha concesso di dormire una notte nella vecchia casa. – continuò Elizabeth mostrando con un dito la direzione dalla quale erano venuti – Con mamma e papà.
- Cosa vi ha portato qui? – chiese muovendosi irrequieto sulle zampe equine.
- Magia oscura. – mormorarono in coro prendendosi per mano, quel gesto scaramantico aveva il potere di farli sentire più forti e di calmarli.
- Avete ragione. – annuì il Centauro triste – La Foresta è stata zozzata con magia oscura molto potente. – mostrò loro il cadavere che nascondeva – Qualcuno sta cibandosi di sangue di Unicorno.
- Nooo! – gemette Elizabeth con gli occhi che si riempirono di lacrime – Gli Unicorni sono gli animali magici più rari e preziosi…
- Hai ragione signorina. – annuì il Centauro che, avvertendo del movimento nella Foresta, continuò – Tornate a casa, giovani Potter. Sento delle voci. Una è quella di Hagrid. Mi sembra in compagnia di alcuni vostri compagni di scuola. Qualche punizione.
- E noi non dovremmo essere qui.
- Esattamente. – Fiorenzo salutò con un cenno del capo i gemelli, poi si diresse al trotto verso Hagrid per avvisarlo di quello che aveva scoperto.

Harry ed Elizabeth rientrarono in casa un attimo prima che alcune lanterne magiche passassero davanti alle loro finestre, il vocione di Hagrid li fece sobbalzare. Stava accompagnando alcuni studenti in punizione verso il castello.
- Secondo te, a cosa serve bere sangue… - le labbra di Harry si contrassero per il disgusto – Di Unicorno?
- Ci stavo pensando anch’io… - annuì la sorella con un sorriso – Dovrei avere un libro qui che parla di Unicorni. – arrossì – Mi sono sempre piaciuti molto e…
- Speri che il tuo Patronus sia un Unicorno? – ridacchiò il gemello, ma non c’era cattiveria nella sua voce.
- Esatto. – annuì Elizabeth mettendosi seduta vicino ad Harry sul tappeto, in mano aveva un piccolo volume dai tenui colori dell’alba; la giovane strega lo aprì mostrando al fratello ciò che stava studiando.
- Guarda. – le indicò un paragrafo il maghetto – Forse la risposta è qui… - prese il libro e lo girò per leggerlo meglio – “Il sangue di unicorno è un liquido denso e argento. Si può bere il sangue di unicorno per prolungare la vita, ma chi uccide un unicorno avrà una vita maledetta.”
- Chi vorrebbe una vita maledetta? Gli Unicorni sono le creature pure ed indifese. Ricordi cosa ci ha raccontato Fiorenzo?
- Ooh sì. – Harry sospirò, reprimendo a stento uno sbadiglio – Noi conosiamo qualcuno che ha una vita maledetta e che non è ancora abbastanza forte per essere vivo.
- Stai pensando che…
- Certo! Quello che abbiamo visto accucciato sull’Unicorno, secondo me, è Voldemord. – mormorò Harry osservando la sorella negli occhi, Elizabeth si tormentò per qualche minuto le labbra con i denti riflettendo poi annuì, il fratello aveva ragione.
- Sappiamo che sta cercando la Pietra Filosofale. Con quella potrebbe tornare in vita e diventare eterno. – disse – Ma è ancora troppo debole per farlo.
- Senz’altro qualcuno lo aiuta. – continuò il gemello – Qualcuno che può entrare ed uscire dalla scuola senza destare sospetti.
- Tu pensi che sia Piton. – ringhiò Elizabeth.
- È uno dei miei sospettati. – annuì arrossendo Harry – Perché mi guardi così?
- Perché quando siamo insieme a lui la cicatrice non ci fa male. – rispose con un’alzata di spalle – Cosa che non è successa in presenza di… Lord Malfoy, ad esempio. O di quell’uomo strano, che la mamma ammira tanto.
- Mmmhhh… - annuì nuovamente – Devo darti ragione sorellina… ma…
- Sì, è tardi. Andiamo a dormire.
I gemelli Potter raggiunsero la camera che avevano diviso per i primi cinque anni di vita, si stesero sul letto che stava al centro della stanza e si addormentarono tenendosi per mano.
Per fortuna, caddero in un profondo sonno senza sogni che li condusse fino al mattino dopo.
Dall’uccisione dell’Unicorno nella Foresta Proibita, i ragazzi coinvolsero Hermione e Ron nelle loro ricerche raccontando loro quanto avevano scoperto e su chi ricadessero i loro sospetti.
Elizabeth provò a coinvolgere anche qualcuno della propria casa ma nessuno dei suoi compagni serpeverde sembrava avere voglia né di studiare materie extra né di cacciarsi nei guai per risolvere un mistero su cui stavano lavorando alacremente gli adulti.

Severus notò che la figlioccia non era felice, che le mancava qualcuno più o meno della sua età con cui parlare e confrontarsi così, mentre i gemelli ed i loro amici continuavano ad indagare sul mistero della Pietra Filosofale, il professore andò da Silente raccontandogli dei propri sospetti.
L’uomo, osservando i ragazzi fare lezione di volo, osservò Piton dicendo:
- Hai qualche suggerimento, Severus?
- In realtà sì, signore. – annuì lentamente l’uomo mostrando al preside della scuola una serie di lettere che teneva nella sua tunica – Come vede, signore, ho cercato qualcuno che potesse aiutarmi come apprendista. Tra tutti i candidati, reputo lui il migliore.
- Un apprendista? – il preside arcuò pensieroso un sopracciglio – Non hai mai chiesto l’aiuto di un apprendista.
- Non posso certo chiamarlo “fidanzato per la giovane Potter”, signore. – sorrise Severus scuotendo piano la testa – Un apprendista potrebbe essermi utile, è un ragazzo di 16 anni. Un pozionista molto dotato. Il migliore della sua scuola in America. – mostrò ad Albus il fascicolo dello studente – Ha chiesto di poter fare un anno qui nella nostra scuola, per studiare Pozioni con me. Per quanto mi riguarda, ha un’aria un po’ troppo da “surfista”, però è molto preparato ed ha un’età consona per frequentare Elizabeth.
- È un bel ragazzo. – notò il preside – Completamente diverso da Malfoy. – continuò.
Severus sbuffò, conosceva Silente da un’intera vita ma, a volte, faceva fatica a seguire i suoi voli pindarici.
- Signore, dell’aspetto fisico di questo ragazzo non mi interessa granché, mi sembrava di averlo specificato prima. – rispose – È un bravo pozionista. Ama molto il Quiddich, è il capitano della squadra della sua scuola di magia. È stato il primo del suo corso dal primo anno di scuola. Frequenta il corso avanzato di Pozioni nella sua scuola e vorrebbe venire qua per approfondire alcuni dei nostri studi. Visto che, la mia figlioccia, è molto portata per Pozioni, avevo pensato di farli lavorare insieme. Di proporre ad Elly un corso avanzato di Pozioni, proprio in compagnia di questo giovane.
- La tua idea non mi convince. Perché stai cercando qualcuno per Lizzy? – chiese continuando ad osservare il fascicolo con foto ed onorificenze del giovane mago.
- Perché è triste. Ed è sola. È “fragile”. – spiegò indicandogli la ragazzina che volava staccata dal resto del gruppo, il suo umore era cupo come il cielo di quel giorno.
- Triste dici? – Silente la osservò attentamente, come non faceva da tempo. Tutta quella faccenda di Voldemord e della Pietra Filosofale l’aveva tenuto impegnato molto.
- Sì, signore. Suo fratello Harry, oltre agli amici che si è fatto nel dormitorio, ha al suo fianco Ron ed Hermione. – sospirò – Elizabeth, per quanto è diventata amica di Hermione, non ha al proprio fianco una persona “speciale”.
- Harry si è preso una cotta per la signora Granger? – sorrise capendo il ragionamento di Piton il preside.
- Esattamente signore. – annuì lui con voce bassa – Non so se è ricambiato o meno, ma lui è meno fragile rispetto a sua sorella perché il suo cuore non è stato spezzato dal primo cocente rifiuto. – spiegò.
- Malfoy ha fatto molto più danno di quello che avevo pensato io, vero?
- Sì, signore. – annuì lentamente – Il Nucleo Magico di Elly è intatto. La magia nera che ha li ha toccati è ben lontano dall’essere attiva; ma lei… potrebbe essere usata come “marionetta” più facilmente dall’Oscuro Signore, perché…
- Si sente sola. – comprese Albus – Allora chiama questo giovanotto. Il prossimo anno studierà nella nostra scuola e poi resterà come tuo apprendista.
- Grazie signore. – sorrise ferino Severus – E’ meglio che Elizabeth si innamori di un ragazzino, piuttosto che continui a sentirsi rifiutata dal giovane Malfoy e da Remus.
- Remus non ha mai… - iniziò Albus alzando gli occhi di scatto.
- Mai. Lupin vuole sinceramente bene ai ragazzi Potter. Esattamente come me e lei, signore.
- Bene… allora fa ciò che è in tuo potere per farla sentire meno sola e più apprezzata.
- Lizzy e questo ragazzo hanno molti punti in comune. Lui è un rettilofono, come i gemelli. Non ha maghi oscuri in famiglia ed il suo dono, nella scuola che frequenta, è considerato raro e molto prezioso.
- In quale delle quattro case si trova il ragazzo? – chiese con un sospiro l’uomo intuendo già la risposta.
- La Scuola di Magia e Stregoneria di Ilvermorny, come sa, è suddivisa in case come la nostra. Lui è stato smistato nella casa di Serpecorno.
- Quindi un Serpeverde. – rise – Hai fatto veramente bene i compiti Severus. Ottimo. Darei dei punti alla tua casa, ma non mi sembra il caso.
- La ringrazio signore. – si mosse a disagio – Adesso vorrei congedarmi, devo mandare molti gufi.
- Va pure. Mi raccomando, prepara tutto nei dettagli. Non possiamo permetterci di perdere un gemello. Significherebbe perdere la battaglia finale.
- Lo so signore. È per questo che intendo agire subito. Quando i ragazzi torneranno a scuola, lui sarà già qui.
- Facciamolo venire prima. Le vacanze sono lunghe, i ragazzi avranno modo di conoscersi così.
- Vedrò cosa posso fare, signore.
- Mi fido di te. Va pure Piton. – Albus lo congedò con un sorriso, poi sprofondò nella sua poltrona tornando a leggere le molte lettere ricevute quel giorno.

Gli studenti furono molto occupati con la scuola, avevano tutti molto da studiare, soprattutto quelli del primo anno ma Harry; Ron; Hermione ed Elizabeth avevano anche dei compiti extra da sbrigare: scoprire chi stava aiutando Voldemord per recuperare la Pietra Filosofale che sapevano essere nascosta da qualche parte nella scuola.
- Hermione. Lizzy. – sbadigliò Harry dopo aver finito di sfogliare l’ennesimo tomo – Mi si stanno chiudendo gli occhi… Sono troppo stanco.
- Anch’io. – fece eco Ron aprendo gli occhi faticosamente.
- Il mio cervello non riesce più a registrare informazioni. – sospirò Elizabeth chiudendo un libro dalla copertina di pelle – Continueremo domani.
Mormorando saluti a fior di labbra, il gruppo di amici si divise ed ognuno rientrò nel proprio dormitorio.
Harry aspettò che Ron salisse nella loro camera, poi si girò a guardare una pensierosa Hermione.
- Ehi… - la chiamò facendola sobbalzare – Va tutto bene, Hermione?
- Sono preoccupata. – ammise la giovane strega giocando con i capelli – Tua sorella…
Ma non finì mai la frase, Harry aveva improvvisamente trovato il coraggio e la stava baciando deliacamente sulle labbra, come aveva sognato di fare da mesi.
Hermione, dopo il primo momento di incredulità, chiuse gli occhi e si lasciò andare rispondendo al bacio di Harry con il cuore che batteva forte contro le costole.
- Hm. Hm. – un colpo seccato di tosse li fece separare – Primo anno?
- Percy! – mormorò Harry.
- Potter e Granger? – sorrise il compassato e rigido Prefetto – Non ho visto niente. Buonanotte.
- Notte Percy. – sorrise riconoscente il mago.
- Buona notte… - arrossì Hermione abbassando lo sguardo.
- Hermione… - la chiamò Harry quando restarono nuovamente soli.
- Sì, Harry? – lei alzò i suoi occhi incatenandoli in quelli di lui, facendogli dimenticare tutto quello che avrebbe voluto dirle.
- Sei bellissima. – sussurrò sulle sue labbra e la baciò ancora.
Si scambiarono ancora alcuni teneri baci, poi salirono ai rispettivi dormitori, con il cuore gonfio di emozioni.

Il mattino dopo, si salutarono con un sorriso timido e, senza aspettare Ron, raggiunsero per mano la Sala Grande dove Elizabeth li stava aspettando al tavolo di Tassorosso, chiacchierando amabilmente con alcune loro compagne.
Quando li vide entrare, il sorriso che spuntò sulle labbra della giovane strega fece esplodere l’arcobaleno nel cielo incantato della scuola.
- Finalmente!!! – corse loro incontro dopo essersi congedata dalle amiche – Finalmente!
- Tu sapevi? – arrossì Hermione.
- Che mio fratello ti adora? – rise baciandola sulle guance con calore – Sì. Ma è un timidone.
- Dai Lisy, basta! – si mosse a disagio il Bambino Sopravvissuto.
- Scusa. Ma se non ti prendo in giro io che ho condiviso con te nove mesi di pancia di mamma, chi deve farlo?
- Tu. – concesse abbracciandola – Come stai tesoro? – le domandò.
- Stanchissima. – ammise – Ieri sera non riuscivo a prendere sonno ed ho continuato a studiare per la nostra… ehm… ricerca.
- Trovato qualcosa?
- Sì, ma non mi va di parlarne adesso. – sorrise – Andiamo a fare colazione? Io ho lezione con i corvi, voi?
- Mmh… tassi… - rispose Hermione – Due ore con loro e poi abbiamo con voi Pozioni.
- Pozioni? – Elizabeth sgranò gli occhi – Non ho finito il compito dello zio! Oddiopapàmiucciderà! – mormorò scappando via dalla Sala senza fare colazione.
- Zio? – la giovane strega Babbana si girò a guardare Harry e lui le sorrise stringendosi nelle spalle.
- Abbiamo padrini ingombranti. – ammise, poi le dette un bacio a stampo sulle labbra e la accompagnò al tavolo per fare colazione – Ho una fame da Licantropo. – disse facendola ridere forte.
Non fu facile far accettare a Ron che Harry ed Hermione avevano iniziato ad uscire insieme come “coppia”, soprattutto perché Elizabeth non lo aveva ancora perdonato completamente e lei stessa aveva iniziato a frequentare un corvonero del primo anno che sembrava molto preso da lei.
I quattro giovani maghi, destreggiandosi tra partite di Quiddich; allenamenti; prime uscite romantiche; compiti ed esami di fine anno; scoprirono cose molto interessanti grazie ad Hagrid ed alla sua incapacità di mantenere i segreti.

Verso la fine dell'anno scolastico Harry; Elizabeth; Ron ed Hermione scoprirono che a proteggere la Pietra Filosofale all’interno della Torre del Castello, c’era un grosso cane a tre teste che il guardiacaccia aveva chiamato Fuffi, che si placava ascoltando della musica.
Hermione ed Elizabeth avrebbero voluto parlarne con Silente; ma l’uomo non era a scuola e i due maghi convincono le streghe a salvare senza l’aiuto di nessun adulto la Pietra, convinti che Piton voglia prenderla per darla all’Oscuro Signore.
Elizabeth è l’unica a non credere che dietro al ritorno di Voldemord ci sia il suo professore di Pozioni, il suo padrino. Ma le sue parole non vengono ascoltare dal fratello e dai loro amici e lei comprende che ha solo un modo per dimostrare che si sbagliano: trovare il vero colpevole.
Così, dopo aver trovato l’ingresso della Torre che nasconde la camera dove si trova la Pietra Filosofale, i ragazzi scappano dall’ira di Fuffi che si sveglia un attimo prima che loro riescano a scivolare dentro la botola.
- Miseriaccia! – geme Ron mentre continuano a scivolare – Ma Hagrid è pazzo? Chiamare
- Cucciolone quella cosa? – concluse Elizabeth che stava ancora tremando.
Harry ed Hermione non fanno in tempo a replicare, loro sono i primi della fila e si trovano tra le grinfie del Tranello del Diavolo, una pianta che strangola gli sfortunati umani che vi vengono a contatto, Elizabeth si ricorda come la pianta possa essere sconfitta e, riesce ad uscire dal groviglio delle spire senza farsi del male.
- Lizzy! – la chiamò Harry spaventato mentre la pianta lo stringeva ancora di più – Lizzy dove sei!
- Harry! Harry sono quaggiù. – parlò lei con voce più rassicurante possibile – Ragazzi, ascoltatemi. Quello dove siamo caduti è una pianta di Tranello del Diavolo.
- Il Tranello del Diavolo? – ripeté Hermione dandosi della stupida per non averlo riconsciuto prima – E’ una pianta molto infida.
- Lo so. Si nutre della paura. State calmi. Io sono bene. Ascoltate la mia voce. – Elizabeth continuò a parlare, raccontando le cose più rassicuranti e divertenti che le vennero in mente, aiutando il fratello e l’amica a rilassarsi.
Quadno anche loro oltrepassarono la barriera della pianta, l’unico a restare intrappolato fu Ron che continuò ad urlare e invocare aiuto con tutto il fiato che aveva in gola, facendosi quasi strangolare dalle spire della grossa pianta.
- Ronald smettila! – lo sgridò aspramente Elizabeth, stanca di sentirlo piangere.
- Morti! I miei amici sono morti! – e singhiozzava senza nessun ritegno.
- Inutile. – scosse la testa Harry – Ha smesso di ascoltarci. Crede che siamo morti. Hermione, Lizzy… Avete un asso nella manica voi?
- Mmmh… - la gemella portò un dito alle labbra pensando il più velocemente possibile, ma fu la “cognata” a trovare più rapidamente di lei la soluzione.
- Tranello del diavolo, tranello del diavolo è uno spasso mortale, ma il sole gli fa male... ma certo, il tranello del diavolo odia la luce del sole! – disse e, brandendo la bacchetta con Elizabeth, gridò verso il soffitto: - Lumus Solem!
Causando dolore al Tranello del Diavolo, costringendo la pianta a ritirarsi e liberare uno spaventato e balbettante Ron.
- Ma come diavolo… - iniziò Harry scuotendo la testa mentre aiutava l’amico ad alzarsi.
- Ho letto di questa pianta in un libro di Erbologia che ho preso in biblioteca. – spiegò Hermione, le guance rosse – Lì ho scoperto che il Tranello del Diavolo può essere messa fuori combattimento con la luce solare.
- Siete uniche! – sorrise loro il giovane mago sistemandosi gli occhiali – Ron, ti hanno salvato la pelle. Ringrazia.
- Gra… - balbettò – Grazie ragazze.
- Forza, dobbiamo muoverci. – li incitò Elizabeth – Se il mago che sta aiutando l’Oscuro Signore ha oltrepassato il Tranello del Diavolo, non può essere troppo lontano da noi. Dobbiamo prenderlo e salvare la Pietra.
- È inutile che dici “un mago”. Perhcè non vuoi accettare che è Piton?
- Perché non ti credo, Harry. Non può essere lui. – lo guardò negli occhi – Io ho fiducia nello zio Severus. Lui non ha mai fatto niente per farci del male. Ci ha sempre protetto e consigliato. Se fosse un uomo di Voldemord, ci avrebbe uccisi. Quante occasioni ha avuto, eh?
- Ecco…
- Potrete litigare dopo, gemelli. – li zittì Ron – Continuiamo prima che cambi idea e torni in sala comune?
- Sì… - ridacchiarono in coro – Andiamo…
In silenzio, raggiunsero una stanza dall’aspetto stranissimo. Nell’aria galleggivano centinaia di chiavi e c’era una grossa porta ovviamente chiusa.
- Secondo voi… - iniziò Hermione – Per aprire serve una chiave? – e si guardò intorno.
- Sì, ma non una chiave comune. – annuì Elizabeth – Guardate la porta. Ha una serratura…
- Molto antica, non serve una di queste chiavi moderne che volano qua e là. – continuò il gemello – Ma una vecchia.
- Tipo quella lassù? – indicò Ron – Ha l’aria molto antica e stanca. Ha un’ala spezzata. Deve esser lei.,
- Ron ha ragione. – annuì la strega mora – Harry, io mi trasformerò in basilisco, tu prendi la scopa.
- Sì.
I gemelli Potter si misero sulle tracce della chiave magica, non appena Harry salì sulla scopa, le chiavi si animarono e tentarono in ogni modo di disarcionarlo e di impedirgli di prendere la chiave.
Da terra, Ron ed Hermione lo incitavano a continuare a non arrendersi perché se c’era riuscito qualcuno che non era un cercatore della squadra di Quiddich, lui non poteva gettare la spugna.
Harry strinse i denti e si gettò a capofitto nella ricerca della chiave magica volante tra le altre 100; aiutato dalla sorella che distraeva le chiavi volanti serpeggiando qua e là.
Non appena Harry riuscì ad afferrare la chiave, si gettò in picchiata verso la porta inseguito dalle altre chiavi che avevano l’intenzione di ucciderlo; Hermione aprì la porta con l’aiuto di Ron ed i ragazzi entrarono e si chiusero le “chiavi assassine” alle spalle.
- Miseriaccia! – borbottò Ron guardandosi intorno – Chiavi assassine. Piante impazzite. Che altro?
- Non lo so. – gemette Elizabeth – Ma sarei anche stanca di tutte queste sorprese.
Continuando lungo il loro percorso, si trovarono in un’enorme scacchiera e, guidati da Ron, giocarono una partita a scacchi dei maghi, durante la quale Ron ed Hermione caddero a terra svenuti e feriti, dando la possibilità ad Harry ed Elizabeth, di continuare lungo il percorso per arrivare, senza fiato, nella stanza finale dove li attende l’ultima e più difficile prova.
- Sorellina… - la chiamò il fratello – Se dovesse esserci Severus…
- Lo affronteremo. – annuì Elizabeth.
Ma l’uomo che si trovarono di fronte, e che cercava in tutti i modi di recuperare la Pietra non era Piton, ma il timido Raptor, che sconvolto dalla capacità dei gemelli di raggiungerlo fin lì, decise di raccontare loro la verità: era sempre stato  lui a tentare per tutto l'anno di rubare la Pietra, a causare le strane morti nella Foresta Proibita, a far nutrire il suo padrone  Voldemort con il sangue di Unicorno; lui che ha tentato di conquistare la fiducia di tutto il corpo studentesco della scuola e di aver trovato in Severus Piton e James Potter degli ossi duri, che non si fidavano e che avevano cercato in tutti i modi a loro conosciuti di ostacolarlo per non fargli trovare la Pietra.
Ma lui, a suo dire, era stato più “furbo”, ed era riuscito a conquistare la fiducia del guardiacaccia Hagrid ed a farsi dire dallo stesso dove Silente aveva realmente nascosto la Pietra ed in che modo riuscire a superare le prove. Non era stato facile; soprattutto perché Voldemord, ormai senza forma corporea propria, aveva bisogno di molte delle energie di Raptor per sopravviviere, usandolo come ospite in attesa dell'Elisir di Lunga Vita. In tutto ciò Piton cercava, invece, di salvare Harry ed Elizabeth.
Parlando, Raptor si svolse il turbante, e, riflesso nello specchio, i gemelli poterono vedere il mostruoso viso di Voldemort sbucargli dalla nuca.
Non appena Raptor si voltò per permettere a Voldemort di guardare con i suoi occhi coloro che lo avevano ridotto ad uno spirito vendicativo, la loro cicatrice iniziò a bruciare come se fosse stata impressa sulla pelle con un marchio a fuoco.

Mentre le fiamme circondavano l’ambiente, impedendo a chiunque di entrare, Harry ed Elizabeth cercavano con lo sguardo la Pietra per tutta la stanza, non riuscendo a capire perché non la vedessero né dove fosse stata nascosta dal preside.
- Non può essere qui. – gemeva la strega cercando una via di fuga – Non ci sono nascondigli.
- Non possiamo aver fatto tutta questa strada per morire adesso. – la sgridò Harry, la sorella era molto spaventata, lo capiva da quanto erano dilatati i suoi occhi.
- Ooh ma non preoccupatevi. – rise sguaiato Voldemord dalla testa di Raptor - Voi state per morire. La vostra inutile vita è finalmente giunta al termine ed io potrò tornare a conquistare il mondo più forte che mai. Il mondo magico è mio. – disse loro.
- Signore… - lo chiamò Raptor tremando – La prego signore. Non si agiti così.
Voldemord sgridò aspramente l’uomo che lo stava ospitando, dandogli dell’inutile inetto, ripetendogli di continuo che non doveva allontanarsi troppo dai bambini, perché ha l’assoluta certezza che loro sono la chiave: che solo grazie a loro due potrà mettere le sue mani sulla Pietra per creare l’elisir.
Raptor, pur ascoltando le parole del suo padrone, tenta di obbiettare ed è proprio in quel momento che Harry ed Elizabeth riescono a ricongiungersi e prendersi per mano. Harry, facendosi coraggio, le sussurra di guardare nello specchio.
Non appena entrambi osservano la loro immagine nello specchio, tra le loro mani unite si nasconde la Pietra Filosofale che era stata nascosta da Silente all’interno dello stesso.
- Harry! – mormorò Elizabeth spaventata.
- Lizzy… - le sorrise lui annuendo – Andrà tutto bene, vedrai.
- Bene! – sibilò Voldemord – Hanno la Pietra! Lo sapevo!
- Signore ma…
- Zitto Raptor! – tuonò arrabbiandosi il potete mago oscuro – Uccidili entrambi. Quella Pietra dev’essere mia!

La voce preoccupata di Silente che chiamava a gran voce i giovani Potter, seguita come un’eco da quella dei genitori dei gemelli, distrasse per una frazione di secondo Raptor facendogli perdere la concentrazione e la presa magica che aveva lanciato su di loro.
Harry ed Elizabeth tentarono di scappare, ma fallirono, cadendo pensamente sulle scale. Le mani strette a reggere la Pietra Filosofale, una nuova consapevolezza dipinta negli occhi: se fossero morti in quel momento, avrebbero portato l’uomo e l’oscuro signore con loro nell’aldilà.
- Avverto la loro paura Raptor. – sibilava l’uomo facendo pulsare loro le cicatrici – Sono dei bugiardi. Guarda meglio.
- Sì… padrone… - ansimò l’uomo.
“Paura…” gemette nella testa di Harry la gemella.
“Sii forte sorellina” Harry le sorrise e strinse con forza la mano di lei.
Raptor stanco di tutte quelle interruzioni e delle continue vessazioni di Voldemord, decise di avventarsi sui gemelli con l’intento di prendere la Pietra per poi ucciderli; ma non appena le sue mani toccano quelle unite dei piccoli Potter, iniziò a sgretolarsi.
Harry ed Elizabeth, senza bisogno di parlarsi, decidono di sfruttare questa inaspettata possibilità e, toccando l’uomo in vari punti del corpo, lo incenerirono, facendo scappare via un urlante Voldemort ancora senza un corpo.


Angolo dell’Autrice:

Lo confesso… Scrivere questo capitolo è stato davvero molto impegnativo.
Ma spero che, per chi passa a leggere anche solo per curiosità la mia storia, sia valsa la pena di aspettare.
Purtroppo, tra la mia Lizzy e l’algido Malfoy Jr le cose non stanno andando molto bene, per colpa di Lord Malfoy loro due non si parlano e… non ho ancora deciso cosa riserva per loro il futuro.
Ci sono stati i primi timidi baci tra Harry ed Hermione, che sono la mia coppia preferita…
Ho deciso di inserire un nuovo personaggio (ancora senza nome) per dare un amico speciale (forse un fidanzato) alla mia Elizabeth.
Lo introdurrò nel prossimo capitolo che ho già iniziato a scrivere…

XOXO Gremilde.

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Capitolo 6
*** Fine ed inizio... ***


Capitolo Quinto:

Tutto si svolse molto rapidamente: mentre tra le mani giunte dei gemelli era racchiusa la pietra filosofale… e loro combattevano contro Voldemord e Raptor nel castello c’era un gran fermento, tutti li stavano cercando…
Raptor, non ascoltando le raccomandazioni del proprio “padrone”, si scagliò addosso ai gemelli per strappare loro la pietra e… morì polverizzato… Lo spirito senza corpo di Voldemord fuggì via urlando, attraversando pieno di rabbia il corpo di Silente per poi scomparire, come polverizzato.
I gemelli svennero sopraffatti dalla stanchezza accumulata e si risvegliarono, feriti e pieni di escoriazioni in infermeria.

Al loro risveglio, trovarono alcuni amici grifondoro, corvonero e tassorosso che li guardavano con ammirazione e preoccupazione.
- Finalmente! – gemette James abbracciando la moglie – Vi siete svegliati.
- Ci avete fatto morire di paura, ragazzi. – mormorò la madre asciugandosi una lacrima.
- Abbiamo chiesto aiuto… - gemette Harry – Ma nessuno ci ha creduto…
- Già… - mormorò Elizabeth che guardava i volti degli amici cercando disperatamente “lui”, quella testa biondo platino che, dal giorno della loro discussione, non le aveva più rivolto la parola.
- Non è qui. – la abbracciò Hermione – Sai che è troppo orgoglioso per essere qui. E poi… - e le accarezzò con dolcezza la schiena la strega Babbana.
La giovane Potter annuì, con il permesso di Minerva Mac Granit e Silente, Elizabeth ed Hermione avevano usato un incantesimo celante in grado di “nascondere” Draco ad Elizabeth ed Elizabeth a Draco che sarebbe durato fino alla fine della scuola.
- Non stavo cercando lui… - mentì a sé stessa Elizabeth.
- Che fine ha fatto Voldemord, signore? – domandò Harry a voce alta fissando i suoi occhi azzurri in quelli chiari del preside.
- Non è riuscito a prendere forma in un corpo fisico, Harry. – spiegò appoggiando le lunghe dita sulla parte finale del letto – È scappato.
- Ma alcuni dell’Ordine della Fenice, sono già sulle sue tracce. – sorrise il padre.
- Lo zio Remus, vero? – ingollò a vuoto Elizabeth.
- Sì, partirà alla fine dell’anno scolastico. – le sorrise Lily accarezzandole il viso.
- Perché non è qui? – domandò Harry.
- Sono qui. – parlò a voce bassa, anche lui era rimasto ferito.
- Zio. – gli sorrisero i gemelli.
- Quel maledetto mi ha ferito. – sorrise a fatica l’uomo – E’ stato uno scontro cruento. Siete stati bravi ragazzi. Ed anche i vostri amici.
- Grazie. – mormorarono in coro, Lily accarezzò loro la testa e, mormorando un incantesimo, li fece addormentare.
- Lasciamoli dormire. – annuì lentamente Silente – Andiamo nel mio ufficio, abbiamo tutti bisogno di una tazza di tea.

In silenzio, gli adulti lasciarono i ragazzi alle cure di Madama Chips e raggiunsero l’ufficio del preside per parlare in libertà, lontano da orecchie indiscrete.
Silente fece accomodare i suoi ospiti nello studio e, dopo alcuni secondi, apparve sulla sua scrivania un vassoio con pasticcini una teiera fumante ed alcune tazze.
- Servitevi signori. – sorrise loro il preside.
- Grazie. – bofonchiò Piton che era rimasto in silenzio per tutto il tempo.
- Severus. – Lily poggiò la mano sul braccio dell’uomo – Come stai? Tu…
- Sto bene, grazie. – annuì sorridendole.
- Ti fa male? – chiese ancora, non credendogli.
- Cosa? – arcuò un sopracciglio l’uomo.
- Raptor ti ha ferito. Si è rivelato un discreto combattente. – sospirò la Medimaga -  Il Marchio Nero è ricomparso Sev?
- La ferita è superficiale. – la tranquillizzò – Ho chiesto a Madama Chips di darle un’occhiata, mi ha disinfettato e fasciato. Più tardi mi preparerò un infuso medicamentoso. Sono il miglior pozionista di Hogwards, no? – le sorrise brevemente.
- Gradirei controllare personalmente. Non che non mi fidi del giudizio di Madama Chips; ma… non mi fido molto dei metodi usati da Tu-Sai-Chi. – fissò i suoi occhi azzurri in quelli scuri di lui.
- Non è necessario. – sibilò Severus a disagio.
- Hai paura di Lily? – gli sorrise James.
- Fa più paura lei di Tu-Sai-Chi. – annuì il professore distogliendo lo sguardo.
- Il Marchio Nero è ricomparso, Severus? – chiese Silente dopo aver bevuto un lungo sorso di tea.
- No, preside. – mostrò entrambi gli avambracci per dimostrare che stava dicendo la verità – Stava comparendo mentre l’Oscuro Signore prendeva forza. Ma quando i ragazzi l’hanno nuovamente sconfitto, è scomparso.
- Ma perché… - sospirò Lily appoggiandosi allo schienale della poltrona.
- Perché Raptor? – le sorrise Severus – Perché era un debole, facile da plagiare. Forse Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato gli aveva promesso ricchezze e immortalità. – si strinse nelle spalle – Il mondo è pieno di deboli codardi.
- Severus ha ragione. – annuì lentamente James – Dobbiamo stare attenti.
- Non è giusto caricare i ragazzi di preoccupazioni. – parlò Minerva osservandoli attentamente – Raptor è stato sconfitto e, con lui, l’Oscuro Signore.
- Ma non è una sconfitta definitiva questa. – parlò a bassa voce Piton.
- Ne sono consapevole Severus. – annuì lei – Ma ci siamo noi adulti. – ed indicò tutti loro – I membri dell’Ordine della Fenice. Bastiamo per indagare.
- Ma non possiamo lasciare che i ragazzi si adagino. – scosse la testa Lily.
- Mai detto questo. Devono finire la scuola, hanno gli esami finali. – sorrise – Però lasciamo che si godano le vacanze. Magari prepareremo per loro una serie di esercizi da fare. Insegneremo loro degli incantesimi di difesa ed attacco. Non si è mai troppo giovani per imparare a difendersi.
- Non possono usare la bacchetta prima dei 17 anni fuori dalla scuola, Minerva. – ricordò Silente – E’ vietato dalla legge.
- Questo lo so, ma…
- Non possiamo fare eccezioni per loro. – scosse la testa il preside – Perché a loro potremmo permettere di esercitarsi ed altri studenti no?
- E se li richiamassimo qui un paio di settimane prima dell’inizio dell’anno scolastico?
- Con quale scusa? – chiese Lily osservando i presenti – Perché loro sì ed altri studenti no?
- E se usassimo come scusa il Quiddich? – propose Remus che si era unito a loro pur sempre dolorante – Entrambi i ragazzi giocano a Quiddich. Se richiamassimo le squadre di tutte le case per far fare loro un allentamento in vista di un torneo, magari con altre scuole… - guardò il preside.
Silente restò in silenzio per alcuni minuti, lisciandosi la lunga barba bianca, sembrava pensieroso.
- Potrebbero passare alcuni giorni alla Tana. – parlò James stanco di quel silenzio, prendendo la mano della moglie.
- Non credo sia una buona idea. – sospirò – Ricordi? Per colpa della gelosia, Ron è stato sospeso due settimane. E, da quel momento, i rapporti con nostra figlia non sono granché.
- Ha mandato Malfoy in infermeria. – ringhiò Severus stringendo i pugni – E tutto per uno stupido bacio!
- Ron è innamorato di nostra figlia. – borbottò James, non amava parlare di quell’argomento e non pensava che il giovane Weasley fosse la persona adatta a stare a fianco della giovane strega.
- So che Lizzy è stata chiara con lui. – Piton si lisciò alcune pieghe della tunica che indossava – Non ha mai né incoraggiato né contraccambiato i suoi sentimenti.
- Sto prendendo in considerazione la vostra idea. – mormorò Silente calmando gli animi – Trovo che sia una pessima idea mandare i gemelli alla Tana. Per quanto Harry sarebbe felice di trascorrere del tempo con Ron e gli altri fratelli, Lizzy sarebbe a disagio. Nemmeno l’amicizia che la lega a Ginny sarebbe sufficiente per non farla stare male. – li guardò attraverso gli occhiali a mezza luna – Ho cercato nei meandri della mia memoria delle scuole con squadre di Quiddich e penso che proporrò al Ministero un Torneo di dilettanti.
- Torneo di dilettanti? – chiese James.
- Sì, richiameremo a scuola a metà agosto tutti i ragazzi che giocano a Quiddich. Tra loro sceglieremo i migliori di tutte le case per comporre una squadra unica. E dovranno essere pronti a partecipare a Tornei contro altre scuole di magia che avranno adottato il nostro stesso metodo. Diremo loro che è una cosa sperimentale.
- Magari le squadre nazionali di Quiddich potrebbero mandare dei talent-scout. Durante un Torneo, potrebbero trovare giocatori validi.
- Bella proposta James. – annuì pensieroso Silente – Lily…
- Hm. I nostri ragazzi, quindi, saranno scartati anche se risulteranno essere i migliori cercatori.
- No. Ma dopo gli allenamenti, potranno esercitarsi in incantesimi di attacco e difesa. Tutti conoscete la Stanza delle Necessità. Non c’è bisogno che ve ne parli io, no? – e fece un sorrisetto furbo, se quella stanza avesse potuto parlare, avrebbe messo nei guai i presenti.
Lilian arrossendo annuì lentamente, seguita a ruota dal resto dei presenti nella stanza.
- Bene. – continuò Silente – Adesso potete andare. Non dite niente né ai vostri figli né agli studenti. Se il Ministero dovesse bocciare la mia proposta, dovremmo trovare un’altra soluzione.
- Potremmo fare come nelle scuole babbane signore. – propose Lily alzandosi – Quando alcuni studenti hanno delle lacune in alcune materie, sono rimandati a settembre. E devono andare a scuola per seguire delle lezioni che precederanno un esame. In base a quello, saranno mandati nella classe successiva o costretti a ripetere quella da dove stavano uscendo.
- Impossibile. Harry e Lis sono i migliori studenti di ogni corso. – scosse la testa sconsolato Severus – Harry non eccelle in tutte le materie come la sorella, ma nessuno dei suoi voti giustificherebbe una cosa simile.
- E Lizzy, - continuò Minerva – è la studentessa più brillante tra tutte, seguita a ruota dalla Granger. Non ha mai preso un brutto voto. Non si possono “rimandare a settembre”. – concluse.
Gli adulti uscirono alla spicciolata dall’ufficio di Silente, il vecchio preside li osservò mentre uscivano con un sorriso sulle labbra, poi guardò la sua fenice Fanny scuotendo la testa.
- Oooh cara la mia Fanny. – la accarezzò dolcemente facendole la testa – A volte gli adulti sono troppo complicati.
La fenice puntò i suoi occhi in quelli di Silente, poi emise un lungo verso ed aprì le ali per sgranchirsi un po’.
Il preside, le sorrise con affetto poi si diresse verso il suo Pensatoio ed estrasse dalla propria mente alcuni ricordi che voleva conservare nel tempo aggiungendoli a quelli già presenti nello strano “pozzo dei ricordi”.

James e Lily, salutarono Remus; Severus e Minerva e, tenendosi per mano, raggiunsero l’infermiera dove avevano lasciato a riposare i gemelli.
- Ti vedo strana amore… - le prese la mano James – Ricordo che prima che succedesse tutto questo caos, Severus ti ha sussurrato qualcosa; ma non ho capito cosa. Sei preoccupata per qualche cosa, amore? – domandò James.
- Un po’. – annuì lentamente lei – E non solo per i ragazzi. – ingollando a vuoto, lo guardò.
- Non devi preoccuparti per Severus e Lupin. Sono adulti e sanno difendersi, sai? – la prese in giro chinandosi a baciarla.
- Scemo. – ridacchiò rispondendo al bacio.
- Scusa. – le sorrise – Allora… dimmi…
- Ho un ritardo James. – lo disse d’un fiato, consapevole che se non l’avesse fatto in quel momento, difficilmente avrebbe trovato il coraggio.
- Ritardo? – James la guardò attentamente, l’aria preoccupata, profonde occhiaie, colorito verdastro.
- Sì… - mormorò con voce flebile.
- E quando… ? – chiese sconvolto l’uomo.
- Sospetto un paio di mesi fa… ricordi? – domandò arrossendo lievemente.
James andò con la memoria indietro di un paio di mesi, a quando lui e sua moglie si erano trovati al villaggio di Hogsmeade, era la giornata di uscita degli studenti e loro ne avevano approfittato per mangiare tutti insieme. Dopo il pranzo, i gemelli avevano raggiunto i loro amici ed i coniugi Potter erano andati nella stanza di motel che aveva affittato Lily ed erano rimasti insieme a fare l’amore per l’intero giorno e quello successivo.
- Hogsmeade… - biascicò James serrando la mascella – E la pozione?
- L’ho presa, ma temo non abbia fatto effetto. – sospirò – In Ospedale c’è stata un’epidemia e siamo stati vaccinati. Temo che il vaccino abbia cancellato gli effetti della pozione… Jamie… Io… Severus si è reso conto di qualcosa, ma non ero ancora sicura di niente. Per questo non ti ho parlato prima.
- Amore… - la prese tra le braccia – Tu lo vuoi?
- Sì. – disse a bassa voce, nascondendo il viso nel torace del marito.
- Io voglio te. Sempre. – le baciò la nuca – E con il lavoro, amore?
- Pensavo… di venire qui… non posso lavorare in ospedale. Ma qui…
- In infermeria? – la cullò – Mi sembra un’ottima idea.
- Tu vuoi un altro figlio?
- Sì, Lilian. È me e te. – si baciarono a lungo, dolcemente.
- Potter! – li fece sobbalzare Gazza – Certe cose non cambiano mai, eh? – e andò via, seguito dalla sua gatta con gli occhi rossi.
- Odio Gazza e quella sua gatta malvagia. – sibilò Lily.
- Anch’io. – le sorrise – Adesso andiamo dai gemelli. Dobbiamo raccontare loro le ultime novità.
Per mano, continuarono a passeggiare lentamente per i corridoi della scuola, ognuno perso nei rispettivi pensieri.

Harry ed Elizabeth, si erano svegliati da poco. Avevano dolore in tutto il corpo e Madama Chips si prendeva amorevolmente cura di loro. Nella stanza, al loro risveglio, trovarono Ron ed Hermione che parlottavano tra loro sottovoce.
- Ehi. – sorrise Harry – Ciao ragazzi.
- Mmh… - si mosse stirandosi Elizabeth – Che giorno è? Che ore sono?
Nessuno fu in grado di risponderle, perché la porta si aprì con un tonfo, lasciando entrare Malfoy a mo’ di tornado.
- Allora è vero! – rideva entrando – Potter lo Sfregiato è ricoverato e non potrà partecipare alla partita finale di Quiddich. – lui era corso in infermeria perché aveva sentito che i gemelli Potter erano ricoverati e si era preoccupato per Elizabeth. Di comune accordo, avevano recitato l’incantesimo e non potevano né vedersi né sentirsi; ma non sapere come stava o se era stata ferita gravemente, lo faceva stare in ansia.
- Non illuderti, furetto biondo platino! – ringhiò Ron facendo un passo avanti.
- Ehi, lenticchia. Cos’è? Vuoi picchiarmi ancora? Non ti è bastata la sospensione? Vuoi la bocciatura? – rise Draco incrociando le braccia sul petto.
- Io… - Ron abbassò il viso, arrossendo, Elizabeth osservava la scena con distacco anche se il suo cuore batteva forte.
- Come sta? – domandò Draco indicando il letto che per lui era vuoto, ma dove senz’altro stava riposando la giovane strega.
- Stiamo bene Draco. – rispose con un sorriso Harry, quel ragazzo continuava a non piacergli; ma sembrava sinceramente preoccupato.
- Digli che il miglior cercatore di Serpeverde giocherà nell’ultima partita. – Elizabeth prese la mano di Harry e lo pregò di dare un messaggio al giovane rampollo dei Malfoy.
- Se ci tieni. – bofonchiò il gemello.
- Ti prego. – lo supplicò, Draco osservava la scena in silenzio, vedeva San Potter parlare al letto vuoto, ma sentiva solamente una parte del discorso, stava diventando snervante, soprattutto perché tutta la fauna maschile della scuola non faceva altro che dire quanto fosse diventata bella Elizabeth Potter da quando aveva iniziato a giocare a Quiddich ed uscire con Michael Corner di Corvonero.
Draco stava pensando al perché una ragazza come Elizabeth avesse iniziato ad uscire con un tipo scialbo come quel Corner. Aveva preso informazioni su di lui e l’aveva osservato per un po’, non trovandoci niente di che; ma lui era una maschio e forse determinati meccanismi della mente femminile gli erano esclusi.
Un rumore di passi interruppe il filo illogico dei suoi discorsi, qualcuno stava raggiugendo correndo la stanza dei gemelli.
- Lizzy! Lizzy, scusa se non sono venuto prima. Ci hanno chiusi tutti in Sala Grande. Come stai?! – la chiamò Michael entrando, Draco lo guardò non riuscendo a reprimere un moto di disgusto, alto e muscoloso con lunghi e disordinati capelli castano scuro, aveva l’espressione preoccupata a deformargli il volto.
- Mike… - sorrise lei girandosi a guardarlo, era un bel ragazzo e sembrava volerle bene. Si scambiarono un bacio a fior di labbra, molto rapido, arrossendo entrambi.
- Ciao a tutti. – parlò lui osservando i presenti, rendendosi conto solo in quel momento che non erano soli – Scusate, ho interrotto qualcosa…? – chiese girandosi verso Malfoy.
- No, siamo tutti venuti a trovare i gemelli per vedere come stavano. – rispose Hermione con un sorriso.
Michael sorrise di rimando, si mise seduto su uno sgabello e parlò piacevolmente con tutti senza mai staccare la propria mano da quella di Elizabeth.
Draco si appoggiò al muro e continuò a fissare insistentemente il letto che vedeva vuoto, odiando quel Corner che riusciva a vedere e toccare la sua compagna di Casa.
Madama Chips entrò e chiese cortesemente a tutti di uscire. Uno dopo l’altro, gli studenti salutarono gli amici e lasciarono la stanza. Michael baciò dolcemente Elizabeth sulle labbra, strinse poi la mano ad Harry ed uscì dalla stanza.
- Malfoy. – lo chiamò Harry, era rimasto l’ultimo in camera– Lis mi ha chiesto di dirti di stare tranquillo, lei sta bene.
- Cosa? E pensi che mi interessi? – sbuffò Draco.
- Secondo me sì. – annuì Harry ridacchiando.
- Siete due palloni gonfiati. – rispose uscendo, ma era molto più sollevato.
- Sorellina. Tutto ok?
- Mh. – annuì – Stanca.
- E così stai con Corner, eh?
- Sì. Da qualche settimana. Te l’avevo detto, però.
- Hm. – annuì Harry – Sì, hai ragione… Ma non avevo capito che fosse lui, scusa. Sono un disastro con i nomi.
- E con Hermione come va? – domandò sistemandosi meglio nello scomodo letto.
- Insomma. – sbuffò lui – Potrebbe andare meglio, ma sono io che…
- Baciala. – ridacchiò Elizabeth, che si fermò di colpo perché nella sua mente era appena apparso il ricordo di lei che baciava timidamente un ragazzo biondo che subito riconobbe essere Draco.
- Elly. Elly. – la scosse il fratello – Ehi.
- Scusa. – ingollò a vuoto – Manca poco alla fine della scuola. Iniziano a riemergere i primi ricordi.
Il giovane mago sorrise comprensivo alla sorella, poi si tolse gli occhiali massaggiandosi lentamente il naso.
Fu in quel momento che entrarono i loro genitori tenendosi per mano.
- Ragazzi. – parlò il padre – Ben svegliati.
- Mamma… - Elizabeth aprì le braccia – Papà… - e scoppiò a piangere, seguita a ruota dalla madre.
- Su, su… - le consolava imbarazzato James – Basta piangere.
- Abbiamo avuto paura papà. – ammise Harry ricambiando l’abbraccio della madre – E non volevamo piangere davanti ai nostri amici.
- Beh… lo immagino. – James baciò entrambi i figli mentre la moglie li visitava.
- Gli infusi di Madama Chips stanno avendo effetto. Entro stasera potrete tornare nei vostri dormitori. – sorrise felice Lily.
- Bene. – annuì la ragazzina – Ho bisogno di un luuuungooo bagno.
- Anch’io. – sospirò il fratello guardandosi le mani – Siamo sporchi di fumo.
- Siete vivi. Questo è ciò che più conta. – sorrise il professore felice.
- Ragazzi… - parlò la madre dopo averli guardati a lungo per un po’ – Io… Devo dirvi una cosa.
- Cosa mamma? – chiesero in coro.
- Sono incinta. – disse a voce talmente bassa che faticarono a sentirla.
- In… - iniziò Harry.
- … Cinta? – concluse Elizabeth, nel loro tono di voce c’era sorpresa e Lily li guardò da sotto le lunga ciglia.
- Sì ragazzi. – annuì.
- Ma è una notizia bellissima mamma! – applaudì la figlia – Sono felice.
- Anch’io! – sorrise Harry – Spero che sia un maschietto. Almeno starà dalla mia parte e giocherà a Quiddich.
- Ooh beh. Maschietto o femminuccia mi adorerà, fratellino. E ti riempiremo di dispetti.
- Nnoooo povero meeee!!! – finse di mettersi a piangere disperatamente Harry, facendo scoppiare a ridere tutti i presenti.
- Non siete arrabbiati con me? – domandò la donna mettendosi seduta sul letto della figlia.
- No. – risposero in coro.
- Tu stai bene? – le chiese Harry.
- Noi siamo sereni. Siamo grandi, mamma. Autosufficienti quanto basta per aiutarvi. – sorrise Elizabeth.
James osservò con attenzione la sua famiglia, sentendosi in quel momento l’uomo più fortunato del mondo intero, sia magico sia babbano.

I gemelli Potter restarono in infermeria fino alla fine della giornata, già a cena poterono unirsi ai rispettivi compagni di casa in Sala Grande.
Quando entrarono, furono accolti da un applauso roboante: tutti sapevano cosa avevano fatto e come avevano sconfitto nuovamente l’Oscuro Signore.
Il soffitto magico della scuola di magia e stregoneria, brillava di mille stelle e per la stanza volteggiavano minuscole lucciole, gli animali notturni preferiti di Elizabeth.
Michael si alzò dal proprio tavolo e raggiunse i gemelli Potter, portando un fiore di lillà tra le mani e la accompagnò fino al tavolo dei serpeverde parlandole dolcemente all’orecchio.
- Studenti. – parlò Silente – Prendete posto ai vostri tavoli. Dobbiamo festeggiare.
- Grazie signore. – risposero con un cenno del capo.
- Sono felice di vedere che stai bene. – le mormorò Michael aiutandola ad accomodarsi al suo posto – Mi sono preoccupato molto.
- Sei molto gentile Mike. – sorrise lei mentre sentiva tutti gli occhi puntati su loro due – Adesso, per favore, torna al tuo tavolo. Potremmo metterci nei guai.
- Sì, principessa. – Michael le dette un bacio sulla tempia, poi si allontanò lasciando una scia di chiacchiere alle sue spalle.
- Ma cosa ci trovi in quello lì? – domandò una ragazzina del secondo anno – Davvero… Io…
- È stato il primo ad avere il coraggio di avvicinarsi a me senza insultarmi. – rispose bevendo un lungo sorso di succo di zucca lei – Senza avere paura. – sorrise – Sono certa che la nostra storia finirà presto, non è lui quello giusto. Non mi fa sentire abbastanza vita. – sospirò, poi chinò il proprio viso sul piatto ed iniziò a mangiare senza prestare più attenzione alle conversazioni attorno a lei.

La fine dell’anno scolastico e l’inizio delle sospirate vacanze estive, arrivò senza che ci fossero ulteriori complicazioni. Tutte le classi furono impegnate negli esami di fine anno e, alla fine, organizzarono un’enorme festa per salutare gli studenti del settimo anno che stavano per lasciare definitivamente la scuola. L’effetto dell’incantesimo che nascondeva Draco ad Elizabeth e viceversa, finì il suo effetto la sera della cena in Sala Grande prima della festa.
Quell’anno, non era stato poi completamente disastroso. Tra le ragazze del primo anno, Elizabeth era riuscita a trovare anche delle amiche, compagne con le quali studiare quando Hermione non era disponibile e, come aveva previsto, la sua storia con Michael finì in modo completamente indolore, esattamente com’era iniziata. Una delle sue nuove amiche, la chiamò:
- Lizzy… - era Pansy, alla fine si era dovuta arrendere e chiederle aiuto per superare l’esame finale.
- Sì? – le sorrise fermandosi nel corridoio di Serpeverde, stava raggiungendo la sala per cenare, era affamata dopo l’ultimo incontro di Quiddich.
- Sei bellissima stasera. – le sorrise, ed era vero.
- Oh… grazie… - arrossì la strega.
- Principessa?! – la voce sorpresa di Draco la fece sobbalzare, erano cambiati molto entrambi in quel lungo anno scolastico; soprattutto Elizabeth che era molto cresciuta.
- Malfoy. – ricambiò il saluto con un cenno leggero del capo, la voce era fredda.
- Pansy. – continuò – Stavate andando in Sala Grande?
- Sì. – rispose la Parkinson aggrappandosi al braccio di Draco – Ci accompagni?
- Ne sarei onorato. – sorrise affascinante.
Elizabeth arricciò le labbra carnose, scosse i lunghi capelli castano ramato dicendo:
- Malfoy, va pure in Sala Grande con il gruppo di serpi che preferisci. Io andrò da sola.
- Ma… - Draco era confuso, non riusciva a capire comprendere quello strano comportamento. Non ricordava molto di quello che era successo prima dell’incantesimo. Molti dei suoi ricordi erano come “bloccati”.
- Che strano che dopo un anno di silenzio, avete ripreso a parlarvi proprio stasera. – borbottò una ragazzina del primo anno accodandosi a Pansy e Draco.
- Già. Voci di corridoio dicono che avete avuto una tremenda litigata, è vero?
- Io… - Draco tentò di ricordare, ma un dolore lancinante alle tempie glielo impedì – Non ricordo, ma se non ci siamo parlati per un anno, qualcosa dev’essere successo. – sorrise alle compagne di casa e le invitò a proseguire la passeggiata fino alla Sala Grande.
- Stai bene? – domandò Blaise avvicinandosi alla giovane strega, aveva assistito alla scena.
- Bene. – annuì – Non mi aspettavo che mi riparlasse così…
- È stato molto in pensiero per te, sai? – le disse porgendole il braccio con un gesto galante, ma Elizabeth lo rifiutò con un breve cenno del capo.
- Scusami Zabini, ma ho un appuntamento. – sorrise, aveva sentito l’odore del suo padrino ma non voleva dire niente a Blaise – Ci vediamo in Sala Grande.
- Nessun problema Aldebaran. – le sorrise e si allontanò raggiungendo gli altri compagni di casa.
Dall’ombra del corridoio uscì Severus Piton, aveva assistito a tutta la scena, compresa la ricomparsa della memoria da parte dell’altro suo figlioccio Draco.
- Stai bene?
- Professor Piton. – sorrise lei – Sto bene, grazie.
- L’effetto dell’incantesimo è finito. – le disse mentre camminavano lungo il corridoio diretti alla Sala Grande.
- Speravo che succedesse dopo. – sbuffò gonfiando la frangetta che si era fatta per nascondere la cicatrice – Ma va bene anche così.
- Sicura? – Piton la guardò attentamente, provando a sfiorare la sua mente con la propria; ma la ragazzina era un’occlumante prodigiosa e glielo impedì senza il minimo sforzo.
- Si bussa, prima di entrare zio. – gli disse con un sorriso.
- Ti chiedo scusa. Non volevo.
- Ti voglio bene zio. – mormorò dandogli un bacio veloce sulle guancia.
- Anch’io piccola serpe. – le fece un rapido sorriso lui prima di sparire nel corridoio, silenzioso com’era arrivato.
Elizabeth, indossando il suo sorriso più bello, raggiunse la Sala Grande dove trovò ad aspettarla suo fratello con Hermione.
- Ehi. – li salutò – Tutto ok? – chiese.
- Sì. Tutto bene. – annuì Hermione – Ti stavamo aspettando perché oggi…
- Vi siete messi insieme? – scherzò la strega serpeverde facendoli arrossire.
- No, scema! – la sgridò il fratello stringendo i pugni – Oggi è finito l’incantesimo, vero? L’ho sentito.
- Già. – mormorò a disagio.
- E stai bene? – domandò Hermione pensando, per la prima volta, che non sarebbe stato affatto male avere vicino un ragazzo come Harry.
Elizabeth, intuendo il pensiero di Hermione, sorrise sorniona; poi abbracciò la sua amica dicendo:
- Mi è preso un colpo quando mi ha vista e mi ha parlato.
- Ci credo! – mormorò la strega Babbana ricambiando l’abbraccio – Ma ti ha offeso…?
- No. Sembra quasi non ricordare niente di quello che mi ha urlato contro. – rispose con un sospiro.
- Potter! Granger! – gracchiò Gazza – Entrate o andate via!
Il mago e le due streghe entrarono in Sala Grande dove furono costretti a separarsi per raggiungere ognuno il proprio tavolo.

Elizabeth, com’era diventata sua abitudine, prese posto tra gli studenti del secondo anno e Draco la guardò senza capire.
- Ehi, Draco. – lo chiamò Zabini che gli sedeva al fianco – Tutto bene?
- Perché… Perché Lizzy è seduta laggiù? E perché non mi parla?
- Eeeh? – squittì Pansy strozzandosi quasi con il succo di zucca – Draco, ma sei serio?
- Perché? Cos’ho detto di strano? – il mago osservò gli amici e compagni di casa senza capire, non ricordava cos’era successo “prima” e lui aveva dei ricordi legati ai primi giorni di scuola, quando il Principe e la Principessa delle Serpi mangiavano vicino a tavola.
- Avete avuto una grossa litigata. – iniziò una ragazzina con i capelli color sabbia e le lentiggini – Ma veramente grossa. – annuì arrossendo.
- Io… Non ricordo.
- È successo in infermeria. – spiegò Blaise – Vi siete detti cose orribili. Soprattutto tu. Chiamandola sudicia Mezzosangue. – concluse puntando i suoi occhi scuri in quelli dell’amico.
Draco annuì lentamente, assaporando quelle parole. Sapeva che nessuno lì al suo tavolo gli avrebbe mentito e, a giudicare dal comportamento distaccato di Elizabeth, doveva essere tutto orribilmente vero.

La cena trascorse serenamente, nell’aria c’era la gioia di essere arrivati sani e salvi all’ultimo giorno e la felicità di poter lasciare la scuola per rientrare in famiglia e godersi una meritata vacanza.
Elizabeth stava parlando amabilmente con i suoi vicini di posto, quando il preside chiese che tutti facessero silenzio.
- Ebbene sì, miei cari. – esordì mentre gli stendarti delle case prendevano vita nel soffitto magico della scuola – Siamo giunti all’ultimo giorno di scuola. – sorrise mentre un applauso partì dai tavoli degli studenti – E’ stato un anno impegnativo. Soprattutto per alcuni di voi. – ed indicò il tavolo dei grifoni e quello delle serpi – E’ giunto il momento di decretare il vincitore del Coppa delle Case. – annunciò e la Sala Grande si riempì di stendardi verde ed argento con il simbolo di Serpeverde.
- Sììì! – gioì Draco coinvolgendo i propri compagni – Serpeverde ha vinto!
- Evvaiiii!!! Grazie alla nostra Principessaaaaa!!! – urlarono i ragazzi più grandi, battendo le mani.
- Complimenti alla casa Serpeverde che quest’anno ha sbaragliato tutte le altre case vincendo la Coppa. Meritatamente, oserei dire. – sorrise Silente – Però… Alla luce dei fatti… vorrei attribuire alcuni punti extra ad alcuni coraggiosi Grifondoro che hanno combattuto strenuamente per aiutare i fratelli Potter a sconfiggere l’Oscuro Signore.
Così dicendo, Silente dette dei punti ad Hermione; ad Harry; a Naville per il coraggio dimostrato durante la battaglia finale, facendo vincere la casa di Grifondoro.

Mentre tra gli altri studenti serpeggiavano mormorii scontenti, Elizabeth sorrise al fratello indicandogli di guardare in alto, gli stendarti stavano cambiando colore da verde-argento a rosso-oro.
La giovane strega, osservando i propri compagni di casa chiese loro perché si lamentassero: più volte aveva chiesto il loro aiuto; ma tutti si erano rifiutati di seguirla in quell’impresa che coinvolgeva il Signore Oscuro e alcuni scellerati grifoni.
- Potter. – borbottò Severus stringendosi nel suo mantello – Ti sarei grato se la smettessi di gongolare così.
- Perché dovrei, Piton? – ridacchiò l’uomo facendo un brindisi al tavolo dei grifoni.
- Perché non dovresti fare il tifo così spudorato per una delle case. Soprattutto perché un figlio ha vinto ed uno ha perso.
- Questo succederà tutti gli anni, Severus. – rispose Minerva interrompendo i loro discorsi – Il fato ha voluto che fossero in competizione tra loro.
- Lo sono sempre. – mormorò Lilian osservando con amore entrambi i figli – E non saprei immaginarli diversi.
La cena finì nel chiacchiericcio generale, Silente salutò gli studenti lasciandoli liberi di partecipare alla festa che avevano preparato per l’ultimo giorno di scuola e per salutare quelli del settimo anno.

Elizabeth, seguendo la scia dei suoi compagni di casa, raggiunse il giardino pensando che lei non aveva molta voglia di partecipare a quella festa, non dopo tutto quello che era successo in quell’anno.
Sospirando, si staccò dal resto del gruppo e raggiunse il tavolo con le bevande dove aveva intravisto il fratello in compagnia di alcuni dei suoi compagni di dormitorio.
- Ciao a tutti. – salutò – Complimenti per la vittoria grifoni. – sorrise.
- Lizzy! – Harry fu l’unico a salutarla senza balbettare, gli altri erano rimasti senza parole, era la prima volta che potevano parlarle e vederla così da vicino.
- Harry, non mi presenti i tuoi amici? – sorrise nuovamente, facendo scintillare i suoi occhi.
- Sono i miei compagni di stanza. – annuì Harry arruffandosi i capelli nel vano tentativo di sistemarli – Loro sono Seamus Finnigan; Dean Thomas e Neville Paciock. Ron lo conosci già. – concluse con un sorriso.
- Piacere di conoscervi ragazzi. – strinse loro le mani – Io sono Elizabeth.
- Sei la miglior cercatrice di Serpeverde da anni. – mormorò Neville arrossendo.
- Ho i geni Potter. – rise lei – Papà è stato un grande cercatore. – spiegò.
- Lo sappiamo. – sospirò Seamus – Harry ce lo ripete spesso.
- Cosa pensate di questa serata?
- Ottima idea. – sorrise Dean – Ma da un momento all’altro mi aspetto qualche scherzo da parte dei gemelli. – ridacchiò – Non voi…
- Li ho pregati di fare i loro fuochi d’artificio. – si unì alla risata Elizabeth.
- È vero, mi ero dimenticato che siete amici della famiglia…
- Di pezzenti? – si inserì nella conversazione Draco – Principessa, cosa ci fai qui? Dovresti stare con…
- Con chi, eh Malfoy? – chiese lei mettendosi vicino al fratello – Con qualcuno che prima mi bacia e poi mi accusa di avergli fatto una fattura perché le sue labbra purosangue sono troppo preziose per le mie da sporca mezzosangue? – lo guardò sgranare gli occhi davanti alle sue parole dure.
- Non sei gradito tra i grifoni, serpe. – le si parò davanti Seamus seguito a ruota da Dean e Neville.
- Aah no, principessa… - mormorò mestamente il giovane mago – Così ferisci il mio cuoricino.
Elizabeth alzando gli occhi al cielo, salutò il gemello ed i nuovi amici; poi si allontanò seguita a ruota da Draco che non voleva lasciarla in pace.
- Elizabeth. – la chiamò.
- Ora mi chiami nuovamente per nome? – domandò arcuando un sopracciglio lei – Sono stata la Sfregiata per l’intero anno. Mi ero quasi dimenticata il suono del mio nome sulle tue labbra. – sorrise, suo malgrado si sentiva attratta da lui.
- Sembra che dopo il pugno di lenticchia, io abbia avuto una perdita di memoria. Non ricordo niente delle cose orribili che mi hai raccontato. E che mi hanno confermato Pansy e Blaise.
- Ho litigato con Ron, arrivando a toglierli la parola. Non doveva permettersi di intromettersi. – mormorò, Draco tentò di fare un passo verso di lei ma un rumore di passi glielo impedì.
La strega si girò curiosa verso la Foresta Proibita e notò che la casetta dove aveva vissuto con il fratello e la famiglia, era illuminata.
- Lizzy, tutto bene? – chiese preoccupato Draco.
- Mh, sì… - annuì lei – Scusami… - e, senza dargli il tempo di aggiungere altro, si allontanò spinta dalla curiosità di scoprire chi fosse andato a vivere lì.

Trasformandosi in basilisco per sfruttare le sue capacità di vedere in ambienti “bui”, strisciò verso la casa e si fermò davanti alla finestra del primo piano che qualcuno aveva lasciato aperta. Restando al buio, osservò con attenzione i movimenti all’interno della casa.
- Questa casa è piccola, ma perfetta. – parlò una voce femminile molto dolce, ad Elizabeth ricordò il miele.
- Sì mamma. – rispose una voce maschile – Vorrei chiedere il permesso di attrezzare un piccolo laboratorio per studiare là, nello studio.
Entrambe le voci entrarono nel campo visivo della strega e lei restò completamente paralizzata, davanti ai suoi occhi si stagliò nitida la figura di una Veela in tutta la sua fulgida bellezza.
La donna, alta e slanciata, indossava un abito a tunica rosso cupo che fasciava morbidamente le sue forme; aveva i lunghi capelli biondi che sfioravano quasi il pavimento ed una serie di tatuaggi disegnavano la sua pelle perfetta.
- Chiunque tu sia, mostrati! – parlò la donna avvertendo una presenza.
- Mamma? – la chiamò la voce maschile ed Elizabeth restò senza parole.
- C’è qualcuno là. – disse la donna indicando la finestra.
- Hm? – il giovane raggiunse la finestra e il basilisco Elizabeth si appiattì contro il muro al riparo del buio – Sei sicura, mamma? – domandò ancora appoggiandosi.
- Sì, caro. – annuì – Guarda meglio…
- Ok…
Elizabeth osservò con attenzione il mago sentendo improvvisamente la bocca asciutta come se avesse mangiato una manciata di sabbia; non aveva mai visto esemplari di maschi talmente belli da toglierle il fiato.
Il giovane si appoggiò allo stipite della finestra facendo forza sulle braccia, gonfiando i muscoli con indifferenza.
Elizabeth lo osservò ingollando a fatica: era alto e muscoloso (alto come i gemelli Weasley, ma con un fisico molto più strutturato e atletico rispetto ai gemelli o ad altri ragazzi della loro età), con il petto ambio ed il torace scolpito da prolungate ore di palestra; aveva lunghi capelli biondo grano, viso dai tratti mascolini con labbra carnose ma non troppo e grandi occhi azzurri, trasparenti come laghi di montagna.
La giovane strega respirò a lungo l’aria registrando il suo odore; sapeva di salsedine e crema solare, segno che praticava sport a contatto con l’acqua di mare.
Il mago, avvertendo la presenza magica della ragazza, rilasciò il proprio potere trasformandosi in un Animagus straordinario dal corpo leonino e dalle immense ali di falco, con il fisico asciutto e la muscolatura ben sviluppata. Ad Elizabeth ricordò una IIeracosfinge, ne aveva vista una su un libro in biblioteca: era raffigurata come una creatura molto robusta, dotata di buona forza fisica. Il colore del suo manto a pelo corto può assumere una tonalità che va dal giallo oro al giallo scuro; in prossimità del colo, il manto muta in piume dal colore che varia dal nero al marrone scuro.
L’unica differenza tra l’Ileracosfinge che aveva visto la strega e quel giovane mago era la testa: nel libro la creatura era rappresentata con un’elegante testa di falco adorna di un tipico copricapo egizio, mentre lui aveva solo un piumaggio sottile e soffice su guance, contorno occhi e fronte.

Preoccupata di poter essere scoperta, Elizabeth avrebbe voluto fuggire, ma non poté perché l’Animagus uscì con un balzo dalla finestra, intrappolandola contro il muro. La lunga e sottile coda leonina frustava l’aria.
Non appena gli occhi azzurri di lui si posarono sulla figura tremante di lei, le sue labbra di piegarono in un bellissimo sorriso.
- Ciao. – le parlò ed Elizabeth lo invidiò, anche da Animago conservava la capacità di parlare.
Abbassando lo sguardo, la strega strisciò contro il muro come per scappare, ma lui la fermò parlandole in serpentese:
- Così mi comprendi meglio?
- Sì. – annuì – Sei un rettilofono?
- Esatto. E tu un basilisco. – le sorrise.
- Non proprio. – mormorò lei riprendendo la sua forma umana.
L’Animagus la osservò per qualche momento in silenzio, poi riacquistò la propria forma umana dicendo:
- Beh, questa sì che è una sorpresa. – incrociò le braccia sul torace ampio ed Elizabeth seguì il guizzo dei muscoli – Perché ci stavi spiando?
- Non vi stavo spiando. – scosse la testa – Io… Ero alla festa. – balbettò a disagio.
- Robert? – la voce della donna interruppe quella specie di interrogatorio – Robert.
- Sono fuori mamma. Avevi ragione. – ridacchiò – Abbiamo un ospite.
- Ospite? – la donna si affacciò osservando attentamente la strega.
- Non volevo disturbarvi e nemmeno spiare. – arrossì violentemente Elizabeth – Mi chiamo Elizabeth Potter, studentessa Serpeverde al primo anno. – si presentò.
- Potter? – la donna arcuò un sopracciglio.
- Il tuo cognome ti precede. – ridacchiò il ragazzo che la donna aveva chiamato Robert – Voi avete sconfitto l’Oscuro Signore, piaga dell’umanità. Non una volta, ma due.
- Così sembra. – ridacchiò a disagio.
- Cosa ti ha portato qua?
- Le luci accese. – spiegò – Sono molto legata a questa casetta. – sorrise – Ci sono cresciuta con mio fratello Harry. Quando ho visto le luci, non ho resistito alla tentazione di venire a vedere.
- Sei la benvenuta. – le sorrise la Veela notando con piacere che sembrava immune al suo “fascino”.
- Grazie signora. – fece un breve inchino.
- Io mi chiamo Robert O’Hurn; lei è mia madre Violet O’Hurn.
- O’Hurn? – ripeté la giovane strega – I maghi serfisti? – sorrise.
- La signorina ha fatto i compiti. – ridacchiò Violet.
- Mi piace tenermi informata. – annuì – E mio fratello è abbonato a qualunque tipo di rivista sportiva.
- I miei cugini O’Hurn sono campioni di surf magico. – spiegò – Lo praticano più del Quiddich. Ma a me non piace avere un solo interesse. – le strizzò l’occhio Robert facendola avvampare, Violet ridacchiò quella ragazzina non subiva il suo fascino di Veela ma non era indifferente a quello del figlio.
Un colpo di tosse interruppe i loro discorsi, Elizabeth sobbalzò avrebbe riconosciuto quell’odore tra mille.
- Disturbo? – domandò Severus con la sua voce strascicata.
- Professor Piton. – lo accolse con calore Robert – Nessun disturbo. Anzi, grazie per avermi permesso di venire a sistemarmi prima dell’inizio della stagione estiva.
- Non ringrazi me, ma il preside signor O’Hurn. – Severus si sporse oltre la montagna di muscoli del suo nuovo apprendista – Signorina Potter, cosa ci fa lei qui?
- Professore… - sobbalzò – Ho visto le luci accese in casa e sono venuta a vedere chi fosse. – sorrise – Sarà meglio che faccia ritorno alla festa, non voglio mettermi nei guai.
- Ottima scelta, signorina.
- Mamma, posso andare con lei? – domandò Robert, Violet gettò un’occhiata a Severus e, dopo che l’uomo annuì, disse:
- Va pure. Divertiti. Arrivederci signorina.
- Arrivederci signora.

In silenzio, i due studenti si lasciarono inghiottire dal buio della Foresta e raggiunsero gli altri che stavano continuando a festeggiare la fine dell’anno scolastico.
- Da dove vieni Robert? Che scuola hai frequentato? – domandò porgendogli un boccale di Burrobirra.
- Sono originario della Florida, - rispose accettando il boccale con un sorriso – Ma la scuola è molto lontana dal mare. Come sei messa a geografia babbana?
- Hm… Insomma… - ridacchiò.
- La Scuola di Magia e Stregoneria di Ilvermorny si trova nello stato del Massachusetts sul Monte Greylock.
- Lontano dall’Oceano e dal surf. – rifletté lei.
- Abbastanza. – annuì, avrebbe voluto chiederle qualcosa ma l’arrivo di un gruppo di studenti capeggiato da un ragazzino biondo platino, glielo impedì.
- Principessa. Ci presenti il tuo… Body Guard?
Robert notò gli occhi di Elizabeth cambiare e diventare dorati come quando si trasformava in basilisco, ma durò una frazione di secondo, il tempo per fare un lungo e profondo respiro.
- Classe, lui è Robert O’Hurn. A quello che ho capito, studierà con noi il prossimo anno.
- O’Hurn? – fece strabuzzando gli occhi un ragazzino dai tratti orientali – Il pluricampione di surf?
Il suo nome rimbalzò da una bocca all’altra, tutti più o meno avevano sentito parlare di lui.
Robert accettò di buon grado di rispondere a tutte le domande, parlò molto della sua scuola e della sua casa. Disse che era il capitano della sua squadra di Quiddich ed era il miglior pozionista di sempre, almeno a detta degli insegnanti e della preside del suo istituto.
Lo ascoltavano tutti, curiosi di conoscerlo e di sapere di più sull’America magica e sulle onde da cavalcare.
Harry, Ron ed Hermione, si fecero strada tra i compagni di scuola a fatica. Harry temeva che sua sorella ne avesse combinata una delle sue, invece era lì serena che rideva e chiacchierava insieme agli studenti di tutte le altre case.
- Harry! – lo accolse con il suo sorriso più bello – Ciao fratellino.
- Lizzy. – le andò incontro – Cosa succede qua?
- Ma… ma… ma… ma… ma… - balbettò Ron diventando rosso in viso come i suoi capelli.
- Ti sei bloccato Ronald? – domandò dandogli una pacca nella schiena Hermione – Sai dire qualcosa di diverso a “ma”?
- Ma quello è Robert O’Hurn! – strillò emozionato.
Il brusio della folla si chetò, tutti si girarono a guardare i nuovi arrivati come se avessero tre teste o come se avessero portato Voldemord alla loro festa.
- Sì, sono io. – rise Robert scompigliandosi i capelli, le ragazze sospirarono colpite dal suo lato ereditario Veela, tutte, comprese Elizabeth ed Hermione.
- O’Hurn… - ripeté Hermione osservandolo attentamente – Non solo sei un grande campione di surf e Quiddich, ma sei il migliore pozionista che la tua scuola di magia abbia mai istruito da anni.
- Esattamente. – annuì lui – La mia insegnante di Pozioni, mi ha proposto di fare un corso di livello avanzato di Pozioni presso la vostra scuola. – sorrise – Non so se siete a conoscenza di avere come insegnante il miglior pozionista riconosciuto dal Ministero della Magia.
- Ne siamo consapevoli. – borbottò duro Draco, era geloso ma non lo avrebbe mai ammesso.
- Bene, se l’interrogatorio è finito. – cinguettò Elizabeth – La festa potrebbe continuare?
La folla di curiosi che si era riunita attorno a Robert ed Elizabeth, lentamente scemò ed ognuno tornò a festeggiare la fine dell’anno scolastico e la seconda sconfitta di Voldermord.
Harry ed i suoi amici grifoni, restò al fianco della sorella curioso di conoscere meglio il nuovo arrivato.
La festa finì a tarda notte, con l’esplosione in cielo di bellissimi fuochi d’artificio dei gemelli Weasley.
Quando l’ultimo fuoco d’artificio magico si spense, Fred e George corsero verso i gemelli Potter chiamando la ragazza a gran voce.
- Lizzy!
- Elly!
- Ragazzi. – sorrise lei mandando la testa di lato – Che succede?
- Vuoi uscire con me? – chiese d’un fiato George battendo sul tempo il fratello.
- Uffa! Non è giusto! – squittì Fred osservandolo cupo.
- Io? – rise Elizabeth – Uscire con uno di voi due?
- Non con uno di noi due. – finse di offendersi George – Ma con quello più affascinante.
- William? – ridacchiò ancora facendoli sorridere – Ma non studia all’Estero?
- Così ci spezzi il cuore. – le sorrise Fred – Perché non vuoi uscire con uno di noi?
- Perché ha promesso di uscire con me. – fece un passo avanti Robert, non sapeva il perché di quell’uscita ma voleva conoscere meglio quella ragazzina.

I gemelli osservarono Robert in silenzio, tutte le battute del loro repertorio si erano come volatizzate. Elizabeth li osservò incassare la testa tra le spalle e fare per andarsene, ma prima che lo facessero, li baciò entrambi sulla guancia.
- Siete da sempre i miei Weasley preferiti! – mormorò e loro gonfiarono il petto felici di quella confessione dolce e spontanea.
Quando anche l’ultimo studente rientrò nel castello, Elizabeth ed Harry si voltarono verso Robert che stava parlando di scuola con un’entusiasta Hermione.
- Potter, prendi la tua ragazza. – ridacchiò la sorella.
- Agli ordini, signora! – scattò sull’attenti lui.
- Tutti avete una persona a cui volete bene. Una… - sospirò – Fidanzata. Tranne me.
- Ron? – lo guardò Elizabeth mandando la testa di lato – Nemmeno io ho una fidanzata. – e scoppiò a ridere davanti all’espressione sconcertata del giovane mago.
- Hai capito perfettamente ciò che volevo dire. – bofonchiò.
- Come sei noioso. – gli fece la linguaccia – Andiamo, siamo rimasti solo noi e sta già arrivando Gazza.
- Sì, Liz ha ragione. Andiamo. – sorrise Hermione abbracciando con affetto l’amica – Buona notte. È stato un piacere conoscerti Robert.
- Anche per me ragazzi. – sorrise – Buona notte e… buone vacanze.
Elizabeth aspettò che i grifoni si fossero allontanati poi, mettendo le mani dietro la schiena, disse:
- Posso accompagnarti a casa? Non ho voglia di rientrare.
- Grazie. Sei gentile ma… pensavo di farmi un voletto. È una notte splendida.
- Ooh. – lei si mordicchiò le labbra e prima ancora che avesse la possibilità di chiedere a Robert di poter volare con lui; lui si trasformò librandosi in cielo con lei stretta al petto.

Robert ed Elizabeth si ritrovarono immersi nel blu della notte, circondati da centinaia di migliaia di stelle.
La giovane strega allentò la presa attorno al collo di lui e si girò per ammirare il bellissimo panorama che lui le stava mostrando.
- Stai bene? – le domandò continuando a volare attorno al castello, la luna era enorme e sembrava che potessero raggiungerla continuando a volare.
- Sì… - mormorò lei – Ti faccio male? – domandò preoccupata.
- No. Ma se ti rilassi e metti le braccia attorno al mio collo, starai meglio.
Lei annuì, si aggrappò come lui le aveva suggerito, e continuò a godersi le meraviglie del volo, condividendo le emozioni con il gemello che li osservava dal balcone della sua stanza.
Robert atterrò sulla Torre di Astronomia, la poggiò delicatamente a terra e riacquistò le sembianze umane.
- È stato bellissimo. – disse lei con gli occhi che brillavano come stelle – Mai provate sensazioni così. Neanche volando con la scopa.
- Sei la prima ragazza che osa volare con me. – ridacchiò lui appoggiandosi al parapetto della Torre – Ora è tardissimo. – continuò mettendosi in piedi sul muro – Va a dormire signorina. – e si lanciò nel vuoto, trasformandosi durante la caduta.
- Robertttt!!! – urlò lei spaventata affacciandosi, ma lui si era trasformato e stava volando sopra la Foresta Proibita sfruttando la forza delle correnti. “Pazzo” pensò scuotendo la testa, sentendo il cuore battere forte contro le costole.
- Signorina Potter?! – la chiamò una voce, erano i Prefetti di Corvonero e Tassorosso – Possiamo sapere cosa ci fa quassù? La festa è finita da un pezzo, dovrebbe essere nel suo alloggio, no?
- Io… - mormorò – Non ho scuse, avete ragione. – fece un minuscolo sorriso – Per questa volta mi perdonate? – li implorò.
- Per questa volta sì, anche perché la scuola è finita. – sorrise il tassorosso – Ma adesso rientra nei tuoi alloggi, o saremo costretti a fare rapporto al tuo capo casa.
- Grazie. – Elizabeth fece scintillare gli occhi con le sue stelline, poi corse a perdifiato per i corridoi deserti fino a raggiungere la sua camera da letto.
Con il fiato corto ed il cuore che le batteva forte contro le costole, si gettò sul letto senza neanche cambiarsi d’abito, troppo scossa dagli eventi della giornata trascorsa.

Il mattino dopo, gli studenti lasciarono la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwards per le vacanze estive vociando felicemente.
- Ragazzi. – domandò Ron mentre caricavano i bagagli sul treno – Che programmi avete per quest’estate?
- Finire i compiti. – risposero in coro Elizabeth ed Hermione, scoppiando a ridere.
- Dio, mi fate paura voi due. – rabbrividì Harry facendo un passo indietro.
- E dopo aver finito i compiti? – alzò un sopracciglio Ron sospirando.
- Andare un po’ al mare. – rispose di getto Elizabeth – Mi piacerebbe rilassarmi un po’ sulla spiaggia.
- Ooh sì. – annuì Hermione – Scommetto che ti piacerebbe molto imparare a fare surf, vero?
- Hermione! – gemette Elizabeth arrossendo – Ma cosa stai dicendo?!
- Mia sorella sulla tavola da surf? – rise forte Harry – Per favore, non scherziamo.
- E perché? – si intromise una voce facendoli sobbalzare – Ha il fisico adatto e, scommetto, starebbe benissimo con una tutina attillata.
- Ciao Robert. – mormorò lei diventando scarlatta – Grazie.
- Ehi, O’Hurn, non ti sembra di esagerare? – borbottò arrabbiato Ron.
- Esagerare? – chiese mandando la testa di lato – Se sono stato offensivo, vi chiedo scusa. Volevo fare un complimento a Lisy. – e le sorrise.
- È lui che è un Troll delle montagne. – alzò gli occhi al cielo Hermione – Era un complimento un po’ troppo sexy per una ragazzina della nostra età, ma è stato apprezzato.
- Allora mi scuso ancora. – mormorò – Non volevo mettervi in imbarazzo.
- Tranquillo. – gli sorrise comprensivo Harry – Viaggi con noi, Robert?
- No, non posso prendere l’Espresso. Non farei in tempo a tornare in Florida. Il preside mi ha dato il permesso di viaggiare con la metro polvere.
- Torni a casa? – domandò Elizabeth puntando i suoi occhi in quelli chiarissimi di lui.
- Sì, mi devo preparare per il prossimo anno. – sorrise – Ho alcune cose da terminare.
- Ragazzi, intanto saliamo. – li spinse via Hermione strizzando l’occhio ad Elizabeth – Ciao Robert, ci vediamo a settembre.
- A settembre. – le sorrise lui salutandola con un cenno della mano.
I due Animagus restarono in silenzio fino a quando i tre grifoni non sparirono sul treno, poi Robert le sfiorò il braccio dicendo:
- Non volevo farti andare via senza salutarti.
- Grazie. – mormorò lei a disagio – È stato gentile da parte tua.
- Non è gentilezza. – sussurrò – Ma egoismo. – confessò.
- Egoismo? – ripeté lei senza capire.
- Non potevo andare via senza rivederti. – si strinse nelle spalle, poi si chinò e le dette un bacio sulla guancia, sfiorando appena l’angolo delle labbra di lei con le proprie.
Elizabeth avvampò e chiuse gli occhi, troppo emozionata per dire o fare qualunque cosa.
- Sali sul treno signorina. – le disse con dolcezza lui – E non guardarmi così, perché non ti bacerò neanche, benché tu ne abbia bisogno. È questo il guaio: dovresti essere baciata, e spesso, e da qualcuno che sa come farlo. – concluse spingendola con ferma gentilezza sul treno.
- Bisogno di essere baciata? E da qualcuno che sa farlo? – si arrabbiò lei salendo sull’Espresso che aveva iniziato a fischiare.
- Ne parleremo a settembre. – rise lui allontanandosi dai binari.
Elizabeth, con un diavolo per capello, cercò la carrozza del fratello e dei loro amici trovandola dopo pochi metri. Hermione, che stava parlando di Erbologia con Neville, notando l’espressione atterrita dell’amica, si scusò con il compagno di casa e la raggiunse, bloccandola sulla porta.
- Mi accompagni al bagno? – le domandò innocente.
- Mh? – Elizabeth si riscosse e guardò Hermione come se la vedesse per la prima volta – Scusa, ero persa nel mio mondo. Cosa mi hai chiesto?
- Potresti farmi compagnia mentre vado al bagno? – le sorrise.
- Certo. – annuì, non aveva voglia di sentire le chiacchiere del fratello e del suo amico né di rispondere alle loro inutili domande.
Quando furono abbastanza lontane, Hermione le domandò cosa fosse successo e perché fosse tanto arrabbiata e sconvolta. Tremando, Elizabeth raccontò alla sua più cara amica tutto quello che era successo fino al bacio mancato ed alla frase con la quale lui si era accomiatato da lei.
- Oooh che romantico!!! – mormorò Hermione sospirando – MA non hai riconosciuto la sua citazione?
- Citazione? Riconosciuto? – Elizabeth la guardò senza capire, a volte faticava a stare dietro ai ragionamenti veloci della strega.
- Ma dai, sei mezza babbana. Possibile che tua madre non ti ha mai parlato di “Via col Vento”?
- Sì, mi ha anche costretto a vederlo. Ma…
- Non dirmi che non ti è piaciuto! – Hermione era scandalizzata.
- No, non mi è piaciuto. – sospirò – A te sì, a quello che ho capito.

Borbottando cose senza senso, Hemione accompagnò Elizabeth nello scompartimento e fecero il resto del viaggio chiacchierando e mangiando i dolciumi della signora con il carrello.
Elizabeth restò per lo più in silenzio, con il naso affondato dentro un romanzo che sua madre le aveva regalato per Natale.
L’Espresso per Hogwards arrivò in stazione in perfetto orario, gli studenti scesero dal treno e, dopo aver recuperato i bagagli, tornarono ognuno a casa propria pronti per trascorrere le loro vacanze in famiglia.

 

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Capitolo 7
*** Estate ***


Capitolo Sei

La festa di fine anno scolastico, fu un vero e proprio successo, grazie soprattutto ai fuochi magici dei fratelli Weasly.
Per Harry ed Elizabeth, svegliarsi il mattino dopo nella loro confortevole casa fu strano.
Si erano abituati alla confusione di voci, suoni e odori della scuola. Si sentivano come fuori posto ed un po’ spaesati.
- Giorno sorellina. – sbadigliò Harry raggiugendo la sorella nella sua camera da letto – Dormito bene?
- Mmmhhh – si stiracchiò lei – Sì. Casa è silenziosa, però mi piace potermi vestire come voglio e non sempre con la divisa.
- Sì. – annuì lui – Concordo… - lo stomaco di entrambi brontolò, si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
- Chissà cosa ha preparato la mamma.
- Ho una fame! – mormorò lui tendendole la mano.
- Anch’io…
Chiacchierando della festa e di Robert O’Hurn, scesero al primo piano e raggiunsero la cucina dove il padre e la madre stavano terminando di fare colazione.
- Giornoooo!!! – salutarono in coro entrano.
- Ragazzi! – li accolse James chiudendo il giornale – Già svegli?
- Hm. – annuì lei – Ho dormito come un ghiro, e mi sento piena di energie.
- Io sono un po’ meno energico, ma ho dormito abbastanza. – sorrise Harry.
- Ottimo. – sorrise Lilian voltandosi, la gravidanza non le donava era sempre stanca ed emaciata.
- Mamma. – mormorò Elizabeth – Non hai un bell’aspetto.
- Non mi sento bene. – ammise mettendosi seduta – Oggi io e papà andremo al San Mungo.
- Veniamo con voi? – domandò sollecito Harry servendosi la colazione.
- No cari. – scosse piano la testa la Medimaga – Sarà una giornata lunga e noiosa, non è giusto imporvi una simile tortura. – fece un breve sorriso e, prendendo la mano del marito, continuò – Abbiamo chiesto allo zio Sirius di tenervi compagnia oggi.
- Che bello! – esultò Harry – È da tanto che non stiamo con lo zio.
- Ma verrà come zio oppure in versione Felpato? Papà, se farà qualche battuta di cattivo gusto sul mio essere serpeverde, lo abbraccio nelle mie spire. – borbottò Elizabeth, felice di poter passare del tempo insieme al migliore amico dei suoi genitori.
- Tranquilla ragazzina. – parlò Sirius entrando in cucina – Ci tengo alla pelle, sai?
- Ziooooo!!! – i gemelli si alzarono da tavola e corsero incontro all’uomo, abbracciandolo strettamente.
- Ehi, ehi… - ridacchiò lui felice – Anch’io sono felice di vedervi ragazzini!
- Oooh zio! – mormorò Elizabeth – Mi sei mancato davvero tanto. – e lo annusò, registrando i nuovi odori che si erano impressi nella pelle dell’uomo.
- Ehi. Sbaglio o sono io il cagnaccio? – la prese in giro dolcemente.
- Dai zio. – arrossì facendo ridere il gemello – Sai che mi piace imparare odori nuovi. Sei stato in Egitto?
- Brava. – annuì lui colpito – Il Ministero mi ha chiesto di cercare un manufatto in un’antica tomba egizia. – sorrise scompigliando i capelli del figlioccio – È stato emozionante. – ammise.
- Sirius. – James si alzò da tavola ed abbracciò l’amico che ricambiò con affetto.
- Sono felice di vedervi ragazzi. – sorrise l’uomo raggiugendo la tavola – Lily, - la baciò sulla tempia – come stai?
- Non molto bene. – ammise – Ma spero che i medici mi aiutino a capire cosa c’è che non va. – fece un sorriso mesto, poi lo invitò a sedersi per fare tutti insieme colazione.
Mangiarono chiacchierando allegramente, Lilian partecipò scarsamente alla conversazione, si sentiva strana ed aveva paura di non ricevere buone notizie dai colleghi Medimaghi.
- Tesoro. – la chiamò James scuotendola dolcemente – Ehi. Mi senti?
- Jamie. – arrossì – Amore scusa. Ero concentrata su me stessa.
- Andiamo amore, Sirius ha portato i ragazzi fuori a giocare.
- Ok. – la strega si alzò lentamente dalla sedia, prese la mano di suo marito e si lasciò guidare al piano di sopra per finire di prepararsi.
In silenzio, i coniugi Potter entrarono in camera da letto, si vestirono e raggiunsero il caminetto per viaggiare con la metropolvere.
- Sicura di non volerti smaterializzare?
- Sicura. – annuì – Non mi sento molto bene. Possiamo viaggiare insieme?
- Sì, amore. – James prese posto nel camino di fianco alla moglie, gettò una manciata di polvere magica nel camino e disse chiaramente “San Mungo”.
Mentre James e Lily aspettavano pazientemente la Guaritrice incaricata di seguire la gravidanza della Medimaga si liberasse, i gemelli Potter e Sirius si stavano divertendo pazzamente in giardino giocando a Quiddich.
- Allora ragazzi. – ridacchiò l’uomo – Come è stato questo primo anno?
- Interessante. – sorrise Elizabeth.
- Solo interessante? – rise forte il gemello – Abbiamo trovato la Pietra Filosofale, sconfitto un pazzoide che ospitava nel proprio corpo Voldemord e tu, sorellina, liquidi tutto con “interessante”? maaaah.
- Harry! – sorrise Sirius – Quello che è straordinario per te, può essere solo “interessante” per tua sorella.
- Grazie zio. – gli lanciò un bacio – Sono successe molte cose, sai? Alcune non proprio positive.
- La mamma e il papà ce lo hanno detto. Con gli altri membri dell’Ordine siamo sempre in contatto.
- Non so come comportarmi. – mormorò lei.
- Non so come aiutarla. – sospirò lui.
- Non potete fare niente di più di quello che state facendo. – l’uomo li fece scendere dalle scope e sedere vicino ad un grande albero – Non potete costringere qualcuno ad accettarvi. Né come amico né come probabile compagno. – sorrise accarezzando il viso triste di lei – Tu hai agito bene.
- Per la barba bianca di Merlino, zio. – sbottò Elizabeth – Se quel cretino di Ron non avesse sbroccato, forse…
- Forse Lucius avrebbe fatto qualche mossa più avventata, tesoro. – scosse la testa – Come dice sempre tua mamma “non tutti i mali vengono per nuocere”.
- Mah. – sospirò stendendosi sull’erba – È che mi sembra di aver perso solo tempo. Ho fatto di tutto per essere accettata da quel gruppo di esaltati.
- Posso immaginarlo. – annuì distrattamente lui appoggiandosi contro il tronco di un albero – Sai, non pensavo che uno di voi due potesse finire in quella casa.
- L’ho chiesto. – mormorò – Il Cappello Parlante voleva mettermi in Corvonero. Ma ho pensato che stare tra loro mi avrebbe aiutato ad avere migliori risultati.
- Hai ottenuto strepitosi risultati sorellina. – le sorrise con affetto Harry – Sei diventata la paladina di quasi tutti i componenti della tua casa. Soprattutto perché sei un’ottima giocatrice di Quiddich.
- È vero. – ridacchiò – E molti mi chiedono aiuto per i compiti.
- Sei riuscita a diventare amica di qualcuno vicino a Malfoy? – domandò Sirius.
- Sì, il suo amico Zabini.
- Zabini. – ringhiò mostrando i denti come quando era Felpato.
- Zio? – Harry lo guardò inarcando un sopracciglio.
- Scusate. – borbottò – Ricordi di gioventù. – sorrise ai “nipoti” poi disse – Che programmi avete per oggi?
- Io vorrei rilassarmi un po’ leggendo. – rispose Elizabeth – Hermione mi ha prestato alcuni libri e sono curiosa.
- Ok. Lettura. – sospirò – E tu, Harry?
- Io pensavo di stare senza fare assolutamente niente. – rise, coinvolgendo lo zio e la sorella.
- Allora facciamo così. Andiamo al mare. Tu farai assolutamente niente in spiaggia. Tua sorella potrà leggere ed io… - e ridacchiò.
- E tu? – chiesero in coro i gemelli.
- Io potrò rivedere una persona che sto corteggiando da un po’. – ammise a disagio.
- Zio che corteggia? – rise Harry.
- Ma sei sicuro di stare bene? – si unì alla risata Elizabeth.
- Ehi. – finse di offendersi l’uomo – Ho anch’io una vita privata. E mi piacciono le donne. – strizzò loro l’occhio facendoli ridacchiare.
- Come si chiama? – domandò lui.
- Che lavoro fa? – volle sapere lei.
- Fa parte di una famiglia inglese molto antica.
- Babbana zietto? – chiese Elizabeth, intuitiva come sempre.
- Sì. – annuì arrossendo – Ha una gelateria vicino al mare nell’Inghilterra non magica. – spiegò a disagio – Mi ha soccorso quand’ero stato ferito ed ero Felpato.
- Sai chi sei? – chiese Harry mandando la testa di lato, curioso.
- Sì. Le ho detto chi sono e cosa faccio. Le ho mostrato alcune piccole magie. E l’ho portata a bere una burrobirra. – sorrise.
- E lei non ti ha fatto ricoverare nell’ospedale dei pazzi? – chiese Elizabeth – Allora mi piace. – sorrise.
- Come si chiama? – domandò Harry.
- Daisy Moore.
- Bel nome. Mi piace. – annuì – Allora, cosa aspetti ad offrirci un gelato da Daisy?
- Il suo nome significa margherita. – mormorò Elizabeth – Sicuro che non faccia parte del mondo magico?
- Ci sono dei Moore nel mondo magico. – spiegò Sirius – Ma lei fa parte del ramo della famiglia senza magia. – sorrise – Onestamente non mi interessa. A me piace lei come persona.
- E allora, Felpato, portaci da lei. – annuì Harry alzandosi in piedi.

In quel momento, un’ombra oscurò il sole. Zio e nipoti alzarono gli occhi al cielo restando a bocca aperta: sopra le loro teste stava volteggiando un volatile enorme.
- Sorellina… - la scosse Harry – Ma quello…
- Ti prego non dirlo. – gemette lei nascondendosi il viso tra le mani.
- Nipoti. Fate capire anche me? – arcuò un sopracciglio Sirius.
- Conosci Robert O’Hurn? – fece lei.
- Certo che sì! Non lui personalmente, ma la sua famiglia è molto famosa. Sua madre è una Veela d’enorme bellezza, una grande esperta di creature magiche, ha una clinica in America molto conosciuta. – sorrise – Spesso Silente si rivolge a lei per chiarimenti sugli animali magici della scuola. Il padre era un pozionista eccellente; credeva molto nel bene e non ha mai accettato che l’Oscuro Signore imperversasse sul mondo intero. – sospirò – A quello che ricordo, è morto durante la prima guerra contro Tu-Sai-Chi. Ma questo cosa c’entra con…? – non finì la frase perché il grosso volatile atterrò nel giardino rivelandosi l’Animagus più spettacolare che avessero mai visto.
Harry, divertito dall’imbarazzo della gemella, dette una pacca al braccio dello zio dicendo:
- Lui è Robert O’Hurn.
- Cosa?! – l’urlo dell’uomo fece sobbalzare Elizabeth che, riscuotendosi dal torpore, alzò lo sguardo sul nuovo arrivato.
- Ciao. – salutò Robert tornando umano.
- Ciao. – biascicò lei – Cosa… Cosa ci fai qui?
- Ti ho scritto una lettera. – sorrise.
- E non potevi affidarla ad un gufo? – ridacchiò Harry.
- Mmmh no. – scosse la testa – La mia famiglia non usa gufi.
- No, è vero. – parlò Sirius – Gli O’Hurn hanno ottenuto il permesso dal Ministero della Magia di poter usare le aquile reali. – fece un passo avanti – Salve, io sono Sirius Black. Lo zio di Harry e Lizzy.
- Piacere signor Black. La sua fama la precede. – sorrise il giovane mago stringendo la mano di Sirius.
- Vuoi accomodarti in casa? – domandò Harry – Sarai stanco.
- Non più di tanto. – sorrise – Grazie Harry, ma vorrei parlare un attimo da solo con Lizzy. Se posso.
- Per me va bene. – annuì il mago che, guardando lo zio disse – Andiamo a fare una partita a scacchi zio?
- Volentieri. – Sirius annuì dopo aver lanciato uno sguardo interrogativo alla nipote che gli sorrise, rassicurandolo.
- Grazie. – mormorò Elizabeth osservandoli camminare verso casa.

Il mago e la strega, aspettarono che i due entrassero in casa, poi lui si girò verso di lei con un ampio sorriso.
- Come stai Lisy? – le domandò.
- Ottimamente. – si strinse nelle spalle.
- Ieri mi è dispiaciuto lasciarti così.
- Ah sì? – lo guardò facendo un passo verso la recinsione – A me, personalmente, non sembrava.
- Voglio che mi guardi. – le disse all’orecchio – Voglio che mi guardi come fai con quel Malfoy.
- Coosaaaaaaaaaaaaa?! – gridò facendo girare alcuni passanti.
- Ti ho visto. Vi ho osservato durante la festa.
- E cosa hai visto?
- Che vi siete lasciati da poco.
- Mai stati insieme.
- Bugia. – le sorrise.
- Ascolta Robert, tu…
- Tra te e quel ragazzino biondo platino c’è qualcosa in sospeso.
- In sospeso? – fece ancora qualche passo avanti – Mi ha dato il mio primo, orrendo, bacio. Mi ha accusata di averlo costretto a baciarmi. Mi ha detto che le sue labbra purosangue non sono degne delle mie mezzosangue. – si strinse nelle spalle.
- È un idiota. – sbuffò Robert facendola fermare – È che… - sospirò – Io vorrei davvero tanto baciarti.
- Sì, me l’hai già detto citando un vecchio film babbano. – scosse la testa – Non hai bisogno di ripeterti. – sorrise.
- È che voglio essere sicuro. – borbottò.
- Sicuro di che?
- Che tu sei coinvolta. Che stai baciando me e non la persona che non potrai avere.
Elizabeth sgranò gli occhi sconvolta da quella confessione. Onestamente, non aveva mai pensato di usare un ragazzo per scacciare il pensiero (il ricordo) di un altro.
Nemmeno quand’era stata con Michael aveva mai immaginato di avere Draco o Remus al proprio fianco.
Così, senza pensarci troppo, si alzò sulle punte e lo baciò sulla guancia mormorando:
- Sei uno scemo. – poi si trasformò in basilisco e scappò via correndo veloce nel giardino.
Robert sorrise e, portandosi una mano sulla guancia, si diresse verso la casa dove lasciò una pergamena per Elizabeth. Sirius, che aveva osservato la scena, sorrise dicendo:
- La tua sorellina si è trovata un degno fidanzato.
- Chi? Quell’O’Hurn? – si alzò Harry raggiungendo lo zio – Onestamente mi piace. – annuì – E piace anche ad Hermione.
- Hermione, eh? – Sirius si voltò verso il figlioccio, lui arrossì mostrandogli una foto di loro due insieme.
- Lei è Hermione. – mormorò.
- Molto graziosa. – sorrise l’uomo osservandola – So da Lizzy che è la migliore dei grifoni.
- Sì. Sono molto amiche. – annuì.
- Ottimo. Sa… - domandò curioso l’uomo.
- Sa tutto. – sorrise Harry riprendendo la foto – Dopo quello che è successo a scuola tra Ron e Lizzy, lei ha voluto sapere tutta la verità. Mia sorella, in accordo con la mamma, le ha detto tutto. Anche del fatto che ci avete allenato fino allo sfinimento.
- E lei?
- Lei si è alleata con noi. – ridacchiò – È stato grazie ad Hermione se abbiamo oltrepassato il Tranello del Diavolo. È molto logica.
- E tu le vuoi bene. – sorrise Sirius osservandolo attentamente.
- Hm. – arrossì – Ho chiesto a mamma e papà di poterla invitare alla casa dei Potter al mare…
- Credi che i suoi genitori le permetteranno di trascorrere le vacanze con voi? – ridacchiò l’uomo.
- Sì, perché Lizy ha proposto di invitare anche loro. Di trascorrere un paio di settimane insieme. – sorrise Harry.
- Mi sembra un’ottima idea. – approvò Sirius, ma i loro discorsi furono interrotti dall’arrivo di Elizabeth.
- Lizzy! – la accolse Harry.
- Mh. – mugugnò lei, tra le mani stringeva la pergamena di Robert ancora con il sigillo intatto.
- Tutto bene? – domandò l’uomo preoccupato.
- Sì. – lasciò il foglio sul tavolo – Ora ho voglia di un mega gelato, zio. – sospirò.
- E allora andiamo. – annuì lui – Volete smaterilizzarvi?
- Sssììì! – urlò felice Harry.
- Ma non possiamo.
- Ma io sì. – abbracciò i gemelli e si smaterializzò con loro in una stradina vicino alla gelateria babbana di Daisy.
Sirius trasfigurò i suoi abiti facendoli assomigliare di più a quelli del mondo non magico, poi prese i gemelli per mano e li guidò fino alla gelateria.

Il negozio era pieno di gente, era molto colorato e ospitale. Elizabeth lo osservò sorridendo, le piacevano le vasche piene di fiori che impreziosivano l’ambiente e gli ombrelloni colorati che delimitavano il perimetro del locale. Sirius fece accomodare i ragazzi all’interno del locale ed aspettarono che Daisy fosse libera per poterla salutare.
- Sirius! – trillò lei non appena finì di servire alcuni clienti – Ciao! – uscì da dietro il bancone e lo raggiunse ridendo.
Harry ed Elizabeth la osservarono sorridendo, Daisy era alta più o meno come la loro mamma, con lunghi capelli neri ed occhi nocciola. I due si scambiarono un tenero bacio, poi Sirius la prese per mano presentandola:
- Lizzy, Harry. Lei è Daisy. Tesoro, loro sono i miei nipoti.
- Ciao ragazzi. – sorrise Daisy.
- Daisy, piacere di conoscerla. – rispose formale Harry.
- Piacere. – fece eco Elizabeth.
- Per favore, non siate formali. Chiamatemi per nome e datemi del tu. Sono felice di conoscervi. Sirius mi ha parlato molto di voi.
- Il tuo locale è bellissimo. – sorrise Elizabeth – Molto colorato ed accogliente.
- Grazie tesoro. – arrossì la giovane donna – Ho impiegato anni per renderlo così. I vecchi proprietari lo avevano reso triste e grigio. – si guardò intorno osservando i clienti felici – Volete un gelato? C’è un tavolo libero sulla veranda.
- Sì, grazie. – annuì Harry.
- Allora accomodatevi, ci penso io. – disse strizzando loro l’occhio.
Sirius e i gemelli Potter presero posto al tavolo sulla veranda, Elizabeth si girò ad osservare il mare estraniandosi completamente dalla conversazione tenuta dal fratello e il padrino.
Era così presa dall’osservare le persone in spiaggia e le onde, che sobbalzò sentendosi chiamare.
- Elizabeth Potter?
- S… Sì… - annuì voltandosi verso la voce, l’avrebbe riconosciuta tra mille, era Violet O’Hurn.
- Cosa ci fai nella parte non magica? – chiese ancora la donna alzandosi e raggiungendoli.
- Sono venuta a mangiare un gelato con mio zio e mio fratello, signora O’Hurn. – rispose con un sorriso timido.
- Salve. – sorrise la donna – Io sono Violet O’Hurn, la mamma di Robert.
- Piacere di fare la sua conoscenza. – si alzò galante Sirius – Io sono Sirius Black, lo zio dei giovani Potter. E lui è Harry.
- Cosa la porta qui, signora O’Hurn? – domandò Elizabeth facendole posto a sedere.
- Il surf. – sbuffò – C’è Robert laggiù. – ed indicò un punto sulla spiaggia dove erano radunati molti surfisti, il giovane campione era quello circondato da più ragazze adoranti.
- Maledetti tratti Veela. – borbottò la strega scoprendosi gelosa.
Violet sorrise, poi iniziò a conversare con Sirius chiedendogli del suo lavoro come cercatore di manufatti, e rispondendo alle curiosità di Harry su alcuni animali magici.
Daisy raggiunse il loro tavolo portando un vassoio con delle enormi coppe di gelato, gli occhi dei ragazzi brillarono di gioia: il gelato era una delle cose che preferivano.
- Signora O’Hurn. – le sorrise Daisy – Conosce Sirius?
- Di fama, - annuì – è famoso per il lavoro che svolge. Mio figlio e sua nipote sono amici, per questo mi sono permessa di sedermi al loro tavolo.
- Ha fatto bene. – annuì la gelataia – Vuole qualcos’altro? – le chiese notando che aveva terminato di bere il suo tea freddo.
- Una macedonia con gelato. – le sorrise.
- Andata. – Daisy scoccò un bacio sulle labbra di Sirius e poi tornò dietro il bancone.
- Tesoro… Robert è un eccelso Legimentis. – le sussurrò Violet.
- Hm? – Elizabeth sobbalzò.
- Non vorresti aiuto per finire quella coppa immensa di gelato?
- Sì… - arrossì lei che, chiudendo gli occhi abbassò le proprie difese mentali fino ad incontrare una coscienza magica, l’unica presente nella spiaggia. “Ciao… sono…” iniziò chiedendo permesso.
“Lizzy!” la voce mentale di Robert le esplose nel cervello come un caleidoscopio di colori “Dove sei? Stai bene?”
“Sono alla gelateria con tua mamma…” sorrise mentalmente, inviando a Robert l’immagine di una coppa gelato enorme.
“Wow! È per me?” ridacchiò.
“Potrebbe…” arrossì deliziosamente lei.
“Ok. Arrivo” Robert salutò i surfisti presenti con un cenno della mano, prese la sua tavola sotto braccio e raggiunse la veranda correndo.
Elizabeth si girò ad osservarlo, trasportava quella grossa tavola da surf come se non avesse peso e correva sicuro sulla spiaggia dorata come se ci fosse nato, come se quello fosse il suo elemento.
Prima che qualcuno entrasse a curiosare nella sua mente, lei innalzò nuovamente le barriere escludendo tutti, compreso suo fratello.
- Ehi. – borbottò Harry smettendo di mangiare il gelato.
- Scusa. – abbassò la testa lei – È che…
- Tranquilla. Capisco. – le sorrise.
Robert appoggiò la tavola alla balaustra, poi la saltò agilmente, raggiungendo il tavolo dov’era la madre.
- Caro. – lo accolse – Divertito?
- Molto, mamma. Grazie. – sorrise – Salve, io sono Robert O’Hurn. Ciao Harry.
- Ciao Robert. – lo salutò Harry – Lui è mio zio Sirius Black.
I due si strinsero la mano, poi Robert si concentrò su Elizabeth e la coppa di gelato che aveva di fronte.
- È il doppio di te. – le disse – Vuoi una mano a finirla?
- Sì grazie. – annuì lei, Robert le dedicò uno dei suoi sorrisi più belli, poi le tese una mano e la condusse in un tavolo per due, riparato da sguardi indiscreti.

In silenzio i due ragazzi iniziarono a mangiare il gelato, gustandolo attentamente.
Era squisito, un’esplosione di sapori che nessuno dei due aveva mai avuto modo di assaggiare.
Elizabeth, chiuse gli occhi mentre le sue papille gustative erano accarezzate dal gusto mirtillo e fu in quel momento che Robert la baciò, mescolando al gusto del gelato al mirtillo quello alla vaniglia ed il suo proprio sapore. Elizabeth lasciò andare il cucchiaino, irrigidendosi, ma Robert non perse la speranza e continuò a baciarla con dolce pazienza ricordando che il primo bacio di quella ragazzina era stato un completo disastro.
Lei, lentamente, iniziò a rilassarsi rispondendo al bacio che via via si stava facendo più profondo e appassionato. Piccoli scoppi di magia involontaria colpirono il locale, facendo sogghignare Sirius che si gustava la propria coppa di gelato parlando amabilmente con il figlioccio e Violet.
Il bacio finì quando entrambi i ragazzi restarono senza fiato. Elizabeth appoggiò la fronte contro il petto di Robert, rossa in viso e con il fiato corto.
- Stai bene riccia… - le mormorò lui ridacchiando, lei sorrise toccandosi i capelli.
- Grazie… - rispose troppo emozionata per aggiungere altro.
- Lis… - le prese il mento tra le dita e le alzò il viso, fino ad incontrare i suoi occhi.
- S… Sì? – ingollò a vuoto lei.
- Tutto ok?
- Hm. Hm. – annuì – Avevi ragione.
- In che senso?
- Ho bisogno di essere baciata e da qualcuno che sappia farlo. – ed arrossì fino alla radice dei capelli.
Robert scoppiò a ridere gettando la testa all’indietro, coinvolgendo Elizabeth nel suo scoppio di ilarità.
- Sei bella quando ridi. – le disse dandole un buffetto sul naso.
- Anche tu. E non solo quando ridi. – arrossì felice del complimento.
- Lis… - la chiamò dopo un attimo di silenzio.
- Sì…? – alzò gli occhi a guardarlo, ma non completò la frase perché lui la stava baciando nuovamente, con la stessa dolce passione di prima.
- Hhhmmm – sospirò contro le sue labbra – Come farò a resistere a settembre alla tentazione di baciarti ogni momento?
- Robert… - ansimò lei a disagio.
- Ho detto qualcosa di male? Sei arrabbiata?
- No. – rispose a voce bassa, poi prese coraggio e lo baciò nuovamente sulle labbra.
Un bacio veloce, a stampo, ma che fece vibrare il cuore di Robert.
Chiacchierando, i due ragazzi continuarono a mangiare il gelato, ridendo e raccontandosi aneddoti delle rispettive scuole. Alla fine del gelato, Robert le prese una mano dicendo:
- Vorresti venire sulla spiaggia a vedermi surfare?
- Mi piacerebbe. – sorrise lei – Ma non credo di potermi trattenere ancora. – ed abbassò lo sguardo.
- Non stai bene?
- È la mamma. – rispose – Temo che la sua gravidanza non stia andando bene. – spiegò.
- Oh no. Poverina. – gli occhi azzurri di lui si incupirono – Tu ed Harry statele vicino.
- Hm. – sorrise lei – Faremo del nostro meglio. – promise Elizabeth che, seguendo il proprio istinto, gli accarezzò il viso con una carezza gentile.
Robert prese la sua mano e la baciò languidamente, aspirandone il profumo.

Un colpo di tosse astioso, interruppe il loro momento magico, facendo sobbalzare Elizabeth.
- Disturbiamo? – domandò una vocetta altezzosa.
- Onestamente sì. – rispose rapida la strega osservando le nuove arrivate, un gruppo di ragazze vestite di ricordi, con microbikini che a malapena coprivano i lembi di pelle del seno.
- Tu chi sei? – parlò un’altra.
- La mia ragazza, Lis. – rispose Robert stringendole la mano.
- Ma Lis non era il nome della tua tavola? – intervenne una terza ragazza.
- No. – rise Robert – Non solo almeno.
- Ma dai… - ridacchiò Elizabeth – La tua nuova tavola porta il mio nome? Se ci hai disegnato sopra un basilisco, giuro che ti sposo. – concluse con gli occhi che scintillavano.
- L’hai detto. – annuì lui stando al gioco, poi si alzò e prese la tavola mostrandola alla strega.
Sulla tavola, era stato disegnato veramente un basilisco. E non un basilisco qualsiasi, ma lei in versione Animagus. Stessi colori. Stesse spire color oro. Stessi occhi. Osservando quel disegno, si sentì spaventosamente bellissima.
- Lis? – la chiamò Harry che aveva osservato la scena.
- Harry. – sorrise lei – Visto che meraviglia? – poi nell’orecchio gli chiese – Ma sono veramente così?
- Il disegno ti rende giustizia. – le sorrise il gemello – Complimenti all’artista che ha creato questa meraviglia. – annuì.
- Grazie Harry. Di solito, mi creo da solo le mie tavole e faccio io i disegni. – arrossì Robert, Elizabeth sentì il cuore scoppiarle nel petto – Sono stato ispirato dalla bellissima creatura che ho disegnato e la tavola è nata così… Quasi da sola. – si strinse nelle spalle, come se avesse fatto la cosa più banale del mondo.

I tre giovani maghi, restarono a parlare fino a quando non furono interrotti da Sirius.
- Ragazzi. – li chiamò – Ho ricevuto un gufo da James. – il tono di voce dell’uomo non preannunciava niente di buono.
- Zio, la mamma sta bene? – domandò Harry prendendo la sorella per mano.
- Non lo so. Nel messaggio ci chiedeva di tornare a casa, ma non ha detto di più. – l’uomo guardò Robert dicendo – Scusaci Robert, ma dobbiamo affrettarci.
- Certo signor Black. – annuì il ragazzino comprensivo, anche sua mamma aveva perso un bambino e il dolore negli occhi di Sirius non era confortante.
- Possiamo unirci a voi, se preferite. – sorrise dolcemente Violet – Così, potrei stare io con i ragazzi se…
- La sua offerta è molto gentile, ma sono cose di famiglia. – scosse la testa Sirius prendendo i gemelli per mano.
- Lizzy… - la chiamò Robert – Promettimi che mi scriverai. – le sorrise, Elizabeth annuì, poi si alzò sulle punte e lo baciò sulle labbra con dolcezza.
- Andiamo ragazzi. Ho già salutato Daisy, i vostri genitori ci aspettano.

In silenzio, i tre maghi lasciarono la gelateria e tornarono a casa Potter in religioso silenzio.
Quando si smaterializzarono in casa, trovarono solo James ad aspettarli.
- Ragazzi. – li accolse aprendo le braccia.
- Papà. – mormorarono loro abbracciandolo.
- Dov’è la mamma? – domandò Elizabeth temendo la risposta.
- È rimasta ricoverata al San Mungo. – fece un sorriso triste.
- Non sta bene, vero papà? – chiese Harry.
- No. Affatto. – sospirò passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
- Jamie… - fece un passo avanti Sirius – Volete restare da soli? – chiese con un sorriso triste.
- No. Ti voglio bene come ad un fratello. – gli fece un sorriso mesto – Resta pure.
- Papà. Ci stai facendo spaventare. – mormorò lei – Ti prego. Parlaci.
- Vogliamo sapere della mamma. Come sta e il bambino è in pericolo.
- Vi racconto tutto. – annuì – Mettiamoci seduti.
I maghi e la strega presero posto nel salotto di casa Potter, James si tolse gli occhiali e, iniziando a piangere, disse:
- La mamma si è sentita male, è già da qualche mese che non è in forma. Il guaritore che segue la sua gravidanza, non ha mai dato ascolto alle sue parole, dicendo che era stanca a causa dello stress e altro.
- E invece…? – domandò Elizabeth.
- Invece la mamma aveva ragione. – ingollò a vuoto – Per tutto questo tempo, ha portato avanti una gravidanza extra-uterina. – una lacrima gli rigò il viso – Che era stata classificata come un feto “mago-no”. – sospirò.
- Scusa papà. – lo chiamò Harry – Che differenza c’è tra una extra uterina ed un mago-no?
- La vita della mamma. – sibilò Elizabeth indurendo lo sguardo.
- In caso di gravidanza con feto mago-no, è che la mamma si sarebbe stancata di più. Che avrebbe avuto bisogno di aiuto e molto riposo. Che il bambino avrebbe “mangiato” la sua magia, non essendo possessore di un suo nucleo magico. Per quanto rischiose, se seguite e curate per tempo, questo tipo di gravidanze arrivano a termine. La mamma aveva parlato a lungo con Piton, e lui le aveva iniziato a preparare tutta una serie di infusi e pozioni da prendere per aiutarla nei momenti critici. – un singhiozzo interruppe il discorso dell’uomo.
- Però, da quello che ho capito, la mamma non aspetta un mago-no. – intervenne Harry.
- Già. – annuì l’uomo – La mamma ha una gravidanza extrauterina che i Medimaghi non hanno saputo riconoscere. Il bambino non stava crescendo dentro l’utero, nel posto dove tutti i bambini si sviluppano, ma dentro una delle tube della mamma. Causandole fortissimi dolori e… - chiuse gli occhi – Un’emorragia interna che ne ha quasi causato la morte.
- E quando è successo? – domandò Elizabeth alzandosi in piedi di scatto.
- In fase di visita. La mamma insisteva perché facessero degli esami più approfonditi, perché lei sentiva molto dolore qui… - si toccò in un punto – E quando l’hanno accontentata, hanno visto che c’era qualcosa di anomalo. E…
- Ha avuto l’emorragia. – concluse Sirius a corto di fiato.
- Esatto. – annuì – Per fortuna eravamo lì. Fosse successo a casa, non credo che sarei arrivato in tempo al San Mungo. – scosse la testa – Adesso la mamma è in coma. Dorme serena. È stata operata ed hanno portato via il feto responsabile di tutto questo. – ingollò a vuoto – È in prognosi di 24 ore.
- E… - iniziò con voce tremante Elizabeth.
- Il bambino? – concluse Harry prendendo la mano della sorella.
James si nascose il viso tra le mani ed iniziò a piangere tutte le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. I gemelli, intuirono che la risposta non era positiva e si strinsero al padre, facendolo piangere.

Sirius, si unì all’abbraccio della famiglia Potter con gli occhi lucidi di pianto. Non bastava che i suoi nipoti fossero perseguitati da un pazzo assassino, ma anche la dolce Lily doveva soffrire sul proprio corpo.
- Ragazzi… - parlò Severus materializzandosi in casa – Ho saputo solo ora.
- Sev… - singhiozzò James alzando la testa.
- Potter. – l’uomo gli rivolse un sorriso sincero e carico di affetto – Stai tranquillo, la nostra Lilian è molto forte.
- Io… - iniziò – Mi sento inutile.
- Non sei inutile. – lo sgridò Elizabeth – Sei suo marito. Nostro padre. Tu sei la sua forza.
- La mamma ti chiama “la mia roccia” per un motivo, sai? Non perché sei uno zuccone. – annuì Harry con gli occhi pieni di lacrime.
- Lo vedi? – annuì Severus abbracciando i ragazzi – I miei nipoti sono molto maturi per la loro età.
- Posso piangere abbracciata a te, zio? – chiese la strega stringendosi al petto del Pozionista.
- Certo che puoi! – lui la baciò sulla nuca con affetto e la ragazzina scoppiò a piangere a dirotto, seguita a ruota dal gemello.
La crisi di pianto della famiglia Potter durò alcuni minuti, nel corso dei quali nessuno fece caso ad un’aquila reale che aspettava pazientemente sul davanzale della finestra.
La prima a vederla su Severus che, asciugando gli occhi di Elizabeth, disse:
- Credo che sia un messaggio per te.
- Mh? – la strega si asciugò gli occhi, aprì la finestra e restò a bocca aperta dallo stupore di fronte alla meraviglia della creatura.
L’aquila la guardò per qualche istante, poi tese la zampa e le porse la busta che custodiva.
- Grazie. – mormorò Elizabeth, l’aquila fece un lungo e stridulo verso, poi spiccò il volo tornando dal suo padrone.
- Chi ti scrive? – domandò Harry raggiungendo la sorella.
- È una lettera di Robert. – spiegò, poi aprì il sigillo e la lesse.
Robert le chiedeva come stava sua madre e di come si sentisse lei, era una lettera molto tenera dove le raccontava di cosa era successo a sua madre molti anni fa e di come andare via, lontano dalla propria casa, l’aveva aiutata a superare la cosa.
Elizabeth passò la lettera a suo fratello, poi disse che sarebbe andata in camera sua per rispondere con calma.
- Questo Robert si è preso una bella cotta per la piccola. – mormorò sottovoce Sirius che aveva letto la pergamena con Harry.
- Non speravo in tanto. – borbottò Severus – Robert e sua madre sono brave persone. Quando ho deciso di farli avvicinare, non speravo che…

Harry lasciò gli adulti parlare nel salotto, la notizia della perdita del fratellino (o sorellina) l’aveva scosso profondamente. Poteva solo immaginare il dolore provato dai suoi genitori, soprattutto dalla madre, che fino a quel momento aveva sentito crescere dentro di sé una nuova vita.
Così, mentre i maghi continuavano a parlare di Robert ed Elizabeth, lui salì in camera sua per scrivere una lettera alla sua Hermione. Non la vedeva da un paio di giorni, e già sentiva terribilmente la sua mancanza.
Arrossendo al ricordo dei baci che si erano scambiati, prese una pergamena ed iniziò a raccontarle la sua giornata, dall’incontro con la simpatica fidanzata dello zio Sirius fino alla scoperta che non avrebbe conosciuto mai il nuovo cucciolo Potter.
Si accorse di essersi messo a piangere, quando una lacrima cadde sul foglio, cancellando una parola.
Harry fece un mezzo sorriso, e, scusandosi con Hermione per l’incidente della lacrima, la salutò pregandola di rispondere quanto prima e di cercare di convincere i suoi genitori a mandarla a casa loro per qualche giorno perché sentiva tanto la sua mancanza.
Usando il tampone, asciugò l’inchiostro, poi piegò con cura la pergamena e chiamò Edvige affinché la consegnasse ad Hermione che abitava nella Londra non magica.
La civetta frullò le piume delle ali, poi pizzicò con dolcezza i capelli di Harry e partì alla volta della casa della giovane strega babbana.

La giornata passò lentamente, quando Severus e Sirius lasciarono casa Potter, i gemelli trovarono il padre in poltrona con una bottiglia di whisky incendiario accanto.
- Papà? – lo chiamarono facendolo sobbalzare.
- Ragazzi. – li accolse con un sorriso mesto.
- Come stai? – domandò Elizabeth sedendosi sul tappeto ai suoi piedi.
- Così. – si strinse nelle spalle.
- Possiamo andare a trovare la mamma? – propose Harry.
- Non oggi. – scosse la testa lui – Dorme.
Restarono a parlare per minuti interminabili, immobili nel salotto incredibilmente grande e silenzioso. Tutti e tre stavano pensando che non avrebbero sentito lo zampettio di un bambino o le sue risate riempire quelle stanze, ed erano molto tristi. Un lieve bussare alla porta, interruppe i loro discorsi.
- Chi – iniziò James alzandosi – è? – terminò aprendo e trovando fuori dalla porta la creatura più bella che avesse mai visto, in compagnia di un ragazzo poco più grande dei gemelli.
- Mi scusi signor Potter per l’intrusione. Immagino che questo non sia il momento più adatto, lasci che mi presenti. Io sono Violet O’Hurn. Lui è mio figlio, Robert.
- Salve. – mormorò il mago stringendo loro la mano – In effetti la mia famiglia non sta passando un bel momento. – sorrise triste – Cosa vi ha portato qui con tanta urgenza? – chiese.
- Mio figlio questo pomeriggio ha inviato una lettera ad Elizabeth.
- Sì, ho visto mia figlia leggerla. – annuì – Mi è sembrata molto felice di ciò che c’era scritto. Ha chiesto di poter andare in camera per rispondere in pace, senza il gemello a disturbarla.
- Vede signore, - parlò il ragazzo facendo un passo avanti – questo è quello che ho ricevuto in risposta.
Robert passò la pergamena a James che, mano a mano che leggeva le parole impresse sopra di essa, sbiancava. Quella non poteva essere una lettera scritta dalla propria figlia, non c’erano né la sua personalità né il suo stile e mai, per nessuna ragione, avrebbe usato termini così offensivi per rivolgersi ad un suo conoscente.
- Non credo che… - ma non terminò la frase, perché una strillolettera arrivò a casa dirigendosi verso Harry che leggeva un fumetto in soggiorno.
- Tuuuu! – iniziò la lettera piena di rabbia – Sei solo un pallone gonfiato, stupido ed arrogante! Ma chi ti credi di essere, eh, Potter! Non farti più sentire! Hermione. – alla fine della lettura, la lettera si ruppe in mille pezzi.
- Harry?! – lo chiamò Elizabeth dalla cucina – Cosa è successo?
- Io… non lo so. – mormorò osservando i pezzi della strillolettera.
- Cosa hai detto ad Hermione?
- Le ho raccontato della mamma. Le ho detto che mi manca e che vorrei vederla presto. – si strinse nelle spalle – Non capisco il perché della sua reazione…
- Hm. Che strano… - mormorò la streghetta, ma un rumore sul davanzale la interruppe.
- E questo? – domandò Harry.
- È il gufo vecchio e tonto di Ron. – sorrise Elizabeth aprendo all’animale che le porse la zampa per farle prendere la lettera.
I gemelli Potter aprirono la lettera di Ron guardandosi con aria interrogativa, lessero la pergamena sgranando gli occhi, non capendo il tono arrabbiato e petulante della missiva.
Il gufo era ancora lì, non era tornato indietro. Harry si alzò e lo raggiunse, l’animale gli tese l’altra zampa, lasciandogli prendere una seconda lettera.
Il giovane mago aprì il sigillo di ceralacca e lesse il foglio a mezza voce. Via, via che lo leggeva sgranava gli occhi incredulo.
- Fratellino…? – lo chiamò lei – Stai bene?
- Hai scritto tu a Ron questa? – mormorò passandole la lettera.
- Mmmh… no… Non ho scritto a Ron, ma solo a Robert rispondendo alla sua lettera… - Elizabeth prese la pergamena con la testa di lato e, mentre leggeva, i suoi occhi si dilatarono.
- Ragazzi! – tuonò il padre entrando nel salotto con passo marziale, seguito a ruota dalla famiglia O’Hurn – Ma si può sapere cosa vi prende? Cosa sta succedendo?
- Papà… - sibilò Elizabeth parlando in serpentese – Vorrei sapere cosa sta succedendo.
- Anch’io sorellina. – annuì Harry usando lo stesso linguaggio.
- Non parlate serpetese! Sapete che non vi capisco e la cosa mi fa arrabbiare ancora di più, maledizione! – sbottò battendo il pugno sul tavolo, i gemelli sobbalzarono spaventati dalla reazione del padre che, per fortuna, fu mediata dall’intervento di Robert che tradusse ciò che avevano detto:
- Signor Potter, la prego di non perdere la pazienza. – sorrise – Io sono un rettilofono. I suoi figli hanno detto che non sanno cosa stia succedendo.
Elizabeth, ringraziando Robert con un sorriso, porse al padre il pezzo di pergamena che aveva in mano; James lo prese e, leggendola, notò che era perfettamente uguale a quella che aveva ricevuto Robert.
- Ma cosa…? – iniziò il mago, ma il giovane surfista si era fatto avanti con gli occhi pieni di dolore.
- Davvero pensi quelle cose di me? – le domandò in serpentese, troppo scosso per parlare una lingua comprensibile a tutti.
- Quali cose? – sobbalzò Elizabeth spaventata dalla sua espressione e dal suo tono di voce, senza capire.
- Quelle che hai scritto lì. – e le mostrò la pergamena.
I gemelli confrontarono le due lettere, erano uguali scritte dalla stessa mano, con le stesse dure parole. Offensive e prive della passione e dei sentimenti che contraddistinguevano i gemelli.
- Non abbiamo mai scritto niente di simile. – scosse la testa lei parlando normalmente.
- Ma nemmeno per scherzo. – le fece eco il gemello.
- E allora come…?
- Riflettete. – parlò Violet – Hanno inviato quelle lettere ai vostri più cari amici. Sembra che…
- Vogliano escluderci. – concluse Elizabeth annuendo.
- Dimmi che non pensi ciò che è scritto lì. – Robert aveva parlato in serpentese.
- Neanche una… - rispose lei prendendo dalla tasca dei suoi jeans un foglio stropicciato – Faccio sempre una copia delle lettere… - arrossì – Ecco quello che ti avevo scritto.

Il mago prese la lettera con mani tremanti, fece qualche passo indietro e la aprì lentamente.
Nella grafia ordinata ritrovò immediatamente la sua piccola Lisy, una ragazza gentile e determinata ma molto triste per ciò che stava vivendo sua mamma.
Alla fine della lettera, lei lo ringraziava per averle scritto, per come era riuscito a starle vicino e farle spuntare il sorriso dopo le lacrime versate.
Robert, con gli occhi lucidi, la raggiunse con due brevi falcate poi l’abbracciò e la baciò dolcemente incurante della presenza dei rispettivi genitori e del fratello di lei.
- Scusami piccola… - le sussurrò tra i capelli – Non avrei dovuto dubitare di te…
- Non scusarti… - mormorò lei stringendolo – Mi dispiace di avervi fatto stare male, ma non pensavo che potesse arrivarvi una lettera del genere…
- Merlino! – gemette Harry – Ora che ci penso…
- Hai scritto ad Hermione e lei è arrabbiata come una furia. – concluse la sorella.
- Anche lei ha ricevuto la lettera sbagliata ma… - Harry corse verso la voliera e trovò Edvige profondamente addormentata, il padre osservò la civetta e disse al figlio che quello non era un sonno naturale, ma causato da un incantesimo. Qualcuno stava cercando di distruggere tutto ciò che avevano creato i gemelli nel corso di quell’anno.
- Ora ci manca solo che mi scriva Malfoy, poi siamo tutti. – gemette Elizabeth mordicchiandosi nervosamente le labbra.
- Malfoy? – ringhiò a denti stretti Robert – Quella mezza cartuccia che ci ha provato con te la sera della festa?
- Lui ha baciato mia sorella poi ha scatenato l’inferno.
- Robert! – la madre lo redarguì e lui chiuse gli occhi cercando di mantenere la calma il più possibile.
- Adesso basta parlare di me come se non fossi qui. – sbottò arrabbiandosi Elizabeth – Ci sono cose ben più importanti di uno stupido bacio di uno stupido ragazzino. – strinse gli occhi – La mamma è in ospedale. Ci sono dei Mangiamorte che stanno inviando lettere ai nostri amici per isolarci da tutto e tutti. Concentriamoci sulle cose importanti.
Nessuno poté rispondere alla giovane serpeverde perché un “pop” interruppe la conversazione.
- Sono arrivato in un momentaccio? – sorrise Lupin esausto.
- Zio! – lo abbracciarono i gemelli riempiendosi le narici dei profumi portati dall’uomo – Che bello vederti.
- Ragazzi! – li strinse – Mi siete mancati terribilmente! – ammise baciandoli sulla nuca – Jamie. – gli sorrise – Ho saputo da Sirius di Lily, hai avuto notizie?
- Non ancora. L’ho lasciata addormentata, i Medimaghi mi hanno spiegato che così si riprenderà più rapidamente.
- Mh. – annuì distrattamente il licantropo accarezzando le schiene dei nipoti, fu solo quando alzò gli occhi sul salotto che si rese conto della presenza di due estranei. Osservando Violet arrossì impercettibilmente, era una donna bellissima con poteri di Veela molto ben celati.
- Sono un maleducato. – parlò il padrone di casa – Remus Lupin loro sono Robert e sua madre Violet O’Hurn.
- Piacere di conoscervi. – sorrise il mago.
- Il professor Lupin? – sorrise a sua volta Robert – Piton mi ha parlato molto di lei.
- Tu sei il suo nuovo apprendista? – domandò intuendo la risposta.
- Sì, signore.
- Ottimo. – sorrise – Severus mi aveva parlato di te e delle tue doti di pozionista. Fa sempre comodo avere qualcuno di capace dalla nostra parte. Signora O’Hurn, io e lei ci conosciamo…
- Veramente? – la strega Veela lo guardò, poi annuì lentamente – Ho curato un Licantropo ferito molti e molti anni fa.
- Esatto. Ero in missione per Silente. lei è stata molto brava a farmi addormentare. – scosse la testa – Spero di non averla ferita.
- No. Nella foresta dove sono cresciuta, c’erano molti Licantropi. – spiegò – Ho imparato che per curarli è necessario farli addormentare.
- Non è cattiveria la loro. – lo difese Elizabeth.
- È istinto. – concluse Harry lasciando andare lo zio.
- È che mi volete troppo bene. – rise l’uomo – Adesso vi dovrei parlare…
- E noi dovevamo andare, vero Robert?
- Sì, mamma… - il ragazzo annuì, fece un passo verso Elizabeth ma un gufo del San Mungo entrò nella stanza come un tornado.

James prese il messaggio dando un biscotto al gufo, aprì il sigillo di ceralacca e lesse gli aggiornamenti sullo stato di salute di sua moglie.
- Papà? – lo scossero i gemelli.
- Come sta la mamma? – domandò Harry.
- Meglio. – sorrise – Le sue condizioni sono stabili. – mostrò loro la pergamena – L’operazione è riuscita e lei deve solo avere il tempo per riprendersi.
- Sono notizie bellissime. – sorrise Violet sincera.
- Grazie signora O’Hurn. – mormorò stanco James.
- Papà, qui dicono che puoi andare a trovarla. Ma che l’ingresso è consentito ad una persona alla volta.
- L’avevo visto Lizzy. Ma non vorrei lasciarvi da soli.
- Resterò io con loro. – gli poggiò una mano sulla spalla Remus – Tu vai da Lilian. Lei ha bisogno di te. Ed i gemelli hanno bisogno di entrambi.
- Vai papà. – lo spronò Harry.
- Corri dalla mamma e dille che l’amiamo moltissimo. – annuì Harry.
Gli O’Hurn salutarono i maghi, Robert non avrebbe voluto lasciare casa Potter in quel momento, ma la madre gli fece che capire che erano fuori luogo perché avevano bisogno di avere vicino persone a loro care e non estranei che erano da poco entrati nelle loro vite.
Robert, sospirando, salutò con un ultimo bacio ed un abbraccio Elizabeth, poi seguì la madre e si smaterializzò con lei fino all’albergo dove avevano preso una stanza.

Appena soli, Remus raccontò loro tutto quello che aveva scoperto in quel periodo di lontananza. C’erano molti Mangiamore che stavano reclutando schiere di seguaci, non solo tra i maghi ma anche tra i licantropi ed altre creature.
Elizabeth rabbrividì, seguita a ruota da suo fratello Harry. Com’era loro successo a scuola, entrarono come in sintonia con la mente dell’Oscuro Signore, sentendone i sibilanti pensieri.
Lui stava ancora cercando la profezia che li riguardava e stava giurando di mettere a ferro e fuoco tutto il mondo magico e non, a costo di trovarla.
Seguendo i consigli di Piton, i gemelli si presero per mano e riuscirono a schermare le loro menti, continuando a seguire i pensieri deliranti dell’uomo ma senza che egli potesse entrare nelle loro teste e rubare i loro pensieri.
- Ragazzi. – li chiamò James notando il loro stato di trance – Ehi, ragazzi?!
- Lasciali stare Jamie. – scosse la testa il licantropo – Credo che abbiamo un contatto.
- Un contatto? – sobbalzò il mago – Ma quando finirà questa storia?
- Quando sarà definitivamente morto. – borbottò Remus lasciandosi andare sulla poltrona del salotto – Sono dannatamente stanco. Sento la luna, e la pozione che mi ha dato Severus è quasi finita. – fece un lungo sospiro – Credo che stanotte dovrò andare ad isolarmi nella foresta.
- Per la barba bianca di Merlino, Remus. Mi spiace. – sospirò l’uomo passandosi una mano tra i capelli.
- Non è colpa tua. – gli sorrise – Non devi dispiacerti. Abbiamo avuto tutti molti impegni. Ed io non ho fatto bene i calcoli. – sospirò, poi posò lo sguardo sui gemelli e restò in silenzio ad osservarli.
Il contatto telepatico con Voldemord durò solo pochi secondi, Harry ed Elizabeth osservarono quanto più possibile tutto ciò che potevano, ma non c’era niente che potesse essere utile all’Ordine della Fenice per capire dove si stesse nascondendo.
Poco prima di lasciare il contatto, i due ragazzi videro che al fianco di Tu-Sai-Chi c’era un enorme basilisco, che lui vezzeggiava e cullava come se fosse la sua compagna di vita.
Elizabeth rabbrividendo, tornò in sé e, prima che il fratello potesse dire qualcosa, esclamò:
- Nagini!
- Cosa Lizzy? – domandò Remus – Cosa hai detto?
- L’Oscuro Signore ha riacquistato forma corporea. – spiegò Harry rabbrividendo – Ma è molto debole.
- Incredibilmente debole. – confermò la sorella.
- È come se fosse la larva…
- Di sé stesso…
- Esatto sorellina. Al suo fianco…
- Oltre ad alcuni servitori, c’è un…
- Basilisco. Tetro. Grigio. Cattivo.
- Lui l’ha chiamata Nagini.
- Nagini. – balbettò James – Si sono ritrovati.
- È una specie di compagna. – spiegò Remus – E’ lei che gli ha permesso di riacquistare una forma di vita larvale. Non so che poteri ella abbia. Né quali le sono stati donati da Tu-Sai-Chi quand’era potente. So solo che è pericolosa.
- E dovete stare attenti a lei. – concluse James osservando i figli.
- Lui ha toccato le vostre menti? – chiese Remus – HA visto ho rubato a voi dei ricordi?
- No. – risposero in coro.
- Lo zio Piton si è reso conto che quando io ed Harry ci tocchiamo…
- Sappiamo creare una potente barriera magica. – concluse il mago baciando la sorella sulla guancia – Noi abbiamo visto ciò che lui ha lasciato libero di farci vedere.
- Strano che abbia commesso un errore.
- Non sarà stato un errore Jamie.
- Dici Remus?
- Magari sperava che i ragazzi, incuriositi da quelle immagini, scavassero più a fondo. Che lasciassero una traccia magica. Ma loro hanno fatto lo scudo, come Piton ha insegnato loro. E quindi…
- Noi abbiamo visto le briciole e lui un bello schermo nero.
- Fine delle trasmissioni. – ridacchiò Elizabeth.
- Bravi gemelli! – James li abbracciò e aspirò i loro odori, quando erano insieme si sentiva a casa anche se Lily gli mancava terribilmente.
- Papà, noi stiamo bene. Ti prego vai dalla mamma.
- Sì papà, vai. – annuì Elizabeth baciando il padre sulla guancia.
- Resterò io con loro. E manderò un gufo a Severus. Forse ci troverai all’Ordine della Fenice. Devo ancora aggiornarli sulle ultime novità.
- E noi potremmo raccontare quello che abbiamo visto.
- E sentito.
- Va bene. – annuì l’uomo – Andate alla sede dell’Ordine. La casa ha più incantesimi di questa. Starete al sicuro e, spero, la follia dei finti messaggi finisca presto.
- Finti messaggi? – domandò Remus inarcando un sopracciglio.
- Sì. – mormorò Harry prendendo una pergamena – Tipo questo.

Il mago lesse il foglio sgranando gli occhi, non credendo neanche per un minuto che quegli scarabocchi pieni di rabbia fossero parole scritte da uno dei suoi nipoti.
- Chi è stato? – domandò.
- Non lo sappiamo. – mormorò Elizabeth osservando il padre allontanarsi dalla sala.
- Oggi abbiamo scritto ai nostri amici. – spiegò Harry – E loro ci hanno risposto, anzi solo Ron ed Hermione hanno risposto con una lettera, arrabbiati e delusi.
- Robert è passato a vedere cosa fosse successo. Non credendo che potessi aver scritto io una cosa del genere.
- Perché i vostri amici non sono venuti a parlare con voi?
- Perché non possono? – sorrise Elizabeth – Siamo minorenni. Non possiamo usare la magia fuori dalla scuola. Non possiamo smaterializzarci fino ai 17 anni, no?
- Giusto. Scusate. – ridacchiò Remus – L’età per lo zio avanza.
- Ma vaaaaa! – rise Harry – Però io non sono riuscito a chiarirmi con Hermione.
- E se le facessi una telefonata fratellino? – domandò Elizabeth.
- Una cosa? – chiese Remus osservandoli affascinato, amava il loro lato babbano.
- Telefonata, zio. – ripeté con un sorriso – Nel mondo non magico, è il modo che hanno i babbani di parlarsi anche quando non sono nella stessa casa.
- Affascinante. – borbottò l’uomo – E voi, avete un telefono?
- In casa no. – scosse la testa Harry – Però ho visto un telefono in piazza.
- Sì, è vero. – annuì la gemella – Ho notato anch’io la cabina babbana.
- Una cabina del telefono babbana in questo mondo? – inarcò un sopracciglio lui – Perché?
- Perché ci sono dei maghi nati in famiglie babbane che abitano qui vicino. – spiegò Harry – Non tutti apprezzano la posta via gufo. Alcuni preferiscono sentirsi alla maniera non magica.
- Oooh. Giusto. – annuì.
- Zio, non occorre che vieni con noi. – lo pregò Harry imbarazzato – Vorrei parlare con Hermione da solo.
- Io ti seguirò ma starò a distanza. – sorrise comprensiva Elizabeth, immaginava i sentimenti del fratello in quel momento.
- Ok ragazzi. Mi raccomando, urlate forte dentro la mia testa se dovesse succedere qualcosa.
- Lo faremo. – promisero prima di uscire a mo’ di razzo da casa per raggiungere la cabina babbana nella piazza.

Harry prese l’elenco e cercò Granger, per fortuna non c’erano molti Granger nell’elenco babbano e trovò il numero giusto al secondo tentantivo.
- Casa Granger. – rispose Hermione.
- Hermione. – balbettò lui emozionato – Ciao sono io, Harry.
- Harry?! – la voce di lei divenne incerta – Perché mi hai chiamato? Come mi hai chiamato? Che vuoi?
- Vicino a casa Potter hanno istallato una cabina telefonica per parlare con il mondo non magico. – spiegò a disagio tormentando il filo – Ti chiedo scusa per la lettera che ti è arrivata. Ma, ti giuro, che non ho scritto io nemmeno una parola.
- E chi l’ha scritto? La fatina dei denti? – sbottò arrabbiata.
- No. Non credo che sia stata la fatina dei denti, - balbettò lui – ma penso che sia qualcuno che voglia far litigare noi fratelli con voi. – sospirò, dall’altro capo del filo ci fu un lungo silenzio, Elizabeth poteva immaginare la sua amica intenta a riflettere, sorrise al fratello incitandolo a non demordere.
- Quando mi è arrivata la tua lettera… - mormorò a voce bassissima la strega – Ero felice, Harry. Felice perché con te mi sento al sicuro, anche durante una partita a scacchi dei maghi con pedine giganti. – ridacchiò nervosa – Le parole che ho letto, però…
- Lo so. Lo immagino. – la zittì lui, quel discorso era strano, suonava come un “addio” e non gli piaceva – La stessa lettera che hai ricevuto tu, è stata inviata anche a Robert e Ron. Pensi davvero che avrei potuto scrivere le stesse cose anche a loro due? Nella pergamena originale, ti raccontavo della mia giornata, del fatto che sono triste. Molto triste oggi. E che mi manchi. Mi manca il tuo sorriso. Il tuo umorismo sarcastico e quel modo saccente di dirmi “visto, avevo ragione io Potter”.
- Oooh Harry… - gemette Hermione arrossendo – Anche tu mi manchi terribilmente. – ammise poi, dopo un minuto di silenzio, chiese – Perché sei triste?
- Perché la mamma ha perso il bambino. – mormorò accasciandosi a terra e scoppiando a piangere – Ed io mi sento completamente inutile.

Elizabeth corse ad abbracciare il gemello e sentì le parole piene di dolore e lacrime di Hermione che cercava di consolarlo dall’altro lato del telefono.
- Mi dispiace immensamente Harry… - singhiozzava – Io… Lizzy è lì con te?
- Sono qui… - mormorò la strega.
- Ehi… - un lungo sospiro interruppe la conversazione – Dio cosa darei per potervi abbracciare.
- Perché non vieni da noi? – la pregò Elizabeth.
- E se venite voi da me? – propose – Vostra madre avrà voglia di un po’ di pace, non vorrei presentarmi a casa vostra a dare fastidio. Ma voi… Potete venire qui. Almeno per qualche giorno.
- Hermione… - sospirò Harry – Grazie…
- Non dovete ringraziarmi… Harry, tu e Lizzy, siete la mia famiglia.
I tre maghi continuarono a parlare fino a quando calò l’imbrunire, poi si salutarono con la promessa di risentirsi il giorno successivo.
Non appena entrarono in casa, i gemelli trovarono il padre che era appena tornato dal San Mungo.
- Come sta la mamma? – chiesero in coro.
- Meglio. – sorrise sollevato – Sta reagendo molto bene alla terapia e il Medimago mi ha detto che spera di poterla svegliare domani in mattinata.
- Ooooh, che bello! – sospirò Elizabeth volando tra le braccia del padre.
- Grazie ragazzi. – mormorò l’uomo – Io…
- Papà… - scosse la testa Harry – Tu e la mamma siete il nostro tutto. Se non ci aiutiamo tra di noi…
- State crescendo troppo in fretta! – gemette l’uomo.
- Papà… - iniziò Elizabeth – Hermione ci avrebbe invitati a casa sua per qualche giorno. Per dare il tempo alla mamma di riprendersi da tutto.
- Mi sembra un’ottima idea. – annuì James – Se i genitori di Hermione sono d’accordo, sarei felice di accompagnarvi a casa loro.
- Ma non abitano nella Londra magica.
- Lo so. – annuì – So ancora come muovermi nella parte babbana della città. – ridacchiò – La mamma mi ha insegnato qualche trucco per passare “inosservato”. – spiegò fiero ed i ragazzi sorrisero.
- Sei il padre migliore del mondo. – mormorò Harry baciandolo sulla guancia.
- E voi i figli. – replicò commosso e, girandosi verso il divano, notò Remus profondamente addormentato.
- Lo zio è sfinito. – mormorò Elizabeth seguendo lo sguardo del padre.
- Dovrei chiamare Severus. – annuì James – Spero che anche il mio gufo non porti il messaggio sbagliato. – concluse andando a scrivere un messaggio al pozionista, pregandolo di raggiungerli con la pozione per Remus che riposava a casa Potter.

Il resto della serata trascorse tranquillo, la famiglia Potter ordinò la cena in uno dei locali preferiti dei gemelli lungo la via principale del paese dove vivevano ed invitarono a cenare con loro anche Remus e Severus.
- Allora zietto… - gli sorrise furba Elizabeth – Dimmi un po’… E’ da molto tempo che conosci la signora O’Hurn?
- Alcuni anni. – mormorò il pozionista passandole i piatti – Perché?
- Perché trovo che sia una bellissima donna. – sorrise.
- Dici così perché è una Veela. – replicò prendendo i bicchieri l’uomo.
- A me il suo essere Veela non fa alcun effetto. – ammise stringendosi nelle spalle – Io trovo che sia bellissima quando non usa il suo potere. – spiegò – Forse perché sono un…
- Basilisco? – concluse il padrino – Potresti avere ragione. – annuì.
- Ha usato il suo potere di Veela su di te? – domandò curioso Harry che aveva finito di sistemare le posate e i tovaglioli.
- No, mai. – scosse la testa Piton – Ho scoperto per caso suo figlio. – spiegò osservandoli – Leggendo una rivista di Pozioni. – prese una rivista rimpicciolita dalla tasca della veste che indossava, la ingrandì e la passò ai gemelli.
- Conosco questa rivista. – mormorò Elizabeth.
- Non l’avevo mai vista. – ammise Harry.
- Per forza. – rise James raggiungendoli colmo di pacchetti di cibo – Tu cerchi solo riviste sportive.
- Non è vero papà. – ridacchiò – Mi piacciono anche quelle sui gufi.
- Quelle sui gufi piacciono anche a me. – sorrise Remus portando da bere.
- Zio Rem. – gli sorrise Harry – Ti vedo molto meglio adesso.
- È perché mi sento meglio. Merito della pozione di Severus. – gli sorrise grato – E’ l’unico in grado di prepararla nelle giuste dosi.
- Grazie Remus. – fece un breve cenno con la testa l’uomo – La insegnerò anche a Lizzy quando sarà più grande. È una pozionista eccelsa, sono certo che saprà renderla migliore.
- Grazie della fiducia zio. – gli scoccò un bacio sulla guancia la ragazzina – Adesso mangiamo. Ho una fame.
- Vi dispiace se metto un po’ di musica? – domandò Remus prima di sedersi.
- Affatto. – scosse la testa James – Anche noi mangiamo con un po’ di sottofondo. Ma, per favore, non mettere il radiogiornale.
- Non era mia intenzione. – sorrise l’uomo andando ad accendere lo stereo e, dopo aver selezionato un canale di musica classica, raggiunse gli altri al tavolo.
I Potter mangiarono in compagnia dei loro amici chiacchierando e ridendo. Gli adulti raccontarono loro di alcuni aneddoti di quando erano studenti, degli scherzi che avevano fatto a Severus e di quando fossero stati tesi i rapporti tra il loro padre e il professore perché entrambi amavano Lilian.

Evitarono di parlare della madre, non volevano rendere triste l’ambiente che, dopo ore di malinconia, si era finalmente rasserenato.
A fine pasto, mentre Severus e Remus sorbivano un bicchierino di whisky incendiario in giardino, qualcuno bussò alla porta.
- Aspettavi visite, papà? – domandò Harry che stava asciugando i piatti con sua sorella.
- In effetti no, ragazzi. – scosse la testa l’uomo.
- Vuoi che andiamo noi a vedere? – propose la figlia – Non credo che l’Oscuro Signore faccia visite porta  a porta. – ridacchiò.
- A volte il tuo umorismo serpeverde mi lascia senza fiato. – gemette il gemello distogliendo lo sguardo.
- Oooh come sei noioso fratellino. – rise lei andando ad aprire. Sull’uscio, trovò i coniugi Weasley e Ginny.
- Tesoro! – le sorrise Molly gentile aprendo le braccia.
- Molly, Arthur! – volò nel loro abbraccio Elizabeth – Che bello vedervi! Ginny… - abbracciò anche la ragazzina – Io…
- E’ da questa mattina che stiamo cercando di contattarvi tramite gufo. – spiegò Arthur – Ma o non ottenevamo risposte oppure le pergamene di ritorno erano fredde e colme di rabbia. – sospirò.
- Volevamo sapere com’era andata la visita della mamma. – continuò Molly cullandola con dolcezza – E ci siamo molto preoccupati davanti al vuoto di notizie.
Elizabeth stava per spiegare che era da tutta la mattina che succedevano cose strane con la posta, che i gufi di casa Potter sembravano impazziti; ma non ci riuscì perché fu interrotta da Remus che, non avvertendo la presenza della figlioccia in casa, aveva iniziato a preoccuparsi.
- Ehi Lizzy. – la voce del licantrompo la riscosse – Tutto ok? – domandò.
- Sì, zio Rem. – annuì vedendolo arrivare – Sono amici.
- Entrate. – li invitò Harry che aveva raggiunto la sorella, curioso – È bello vedervi.
- Grazie Harry. Ron ti saluta e si scusa di non essere passato ma…
- Immagino sia molto arrabbiato con noi. – mormorò Harry – Ma, giuro, che non né io né mia sorella abbiamo scritto quella pergamena piena di rabbia.
- Lo so. – annuì Arthur mettendo una mano sulla spalla di sua figlia – La nostra Ginny vi ha difeso fino a perdere la voce. – sorrise e la figlia arrossì deliziosamente – Lei conserva tutte le lettere di Elly. Ci ha fatto vedere una cartolina di auguri di Natale, la vostra scrittura non assomiglia affatto a quella della pergamena. Per questo motivo abbiamo preferito venire di persona. Sperando di non risturbare.
- Sono felice che ci credete. – sospirò Elizabeth – Mi sarebbe dispiaciuto perdere una preziosa amicizia per uno scherzo di pessimo gusto. – sbuffò.
- Ho chiesto ad alcuni amici del Ministero di dare un’occhiata alla pergamena che è arrivata a Ron. – annuì l’uomo – Dicono che sia stata scritta con la magia. Stanno indagando.
- Arthur. Molly. – li accolse con un ampio sorriso James – Che bello vedervi. Ginny… ogni volta sei sempre più graziosa! – le strizzò l’occhio e Ginevra sorrise felice del complimento.
- Oooh che Malandrino che sei James! – lo baciò con dolcezza sulla guancia Molly – Hai sempre saputo farci con le fanciulle.
- Grazie Molly. – mormorò con un sorriso sincero – Venite, abbiamo finito di cenare e ci stavamo godendo il fresco del giardino. Arthur, ti va di bere un goccetto con noi?
- Volentieri. – annuì l’uomo – Cara, perché non tagli la torta che hai portato?
- Senz’altro! – annuì vigorosamente la donna che, guardandosi intorno, notò l’assenza di Lilian ma, prima che potesse dire qualcosa Elizabeth ed Harry scossero la testa, portandola in cucina.
- Ti prego Molly, papà si è tranquillizzato ora… - iniziò la ragazzina rabbuiandosi – Ti spieghiamo tutto noi.
- Oooh ragazzi… - Molly capì che era successo qualcosa di grave, non aveva mai visto la famiglia Potter tesa come quella sera.
I gemelli chiesero il permesso alla strega di poter toccare la sua mente; la donna annuì lasciando che loro riversassero nella sua coscienza tutto ciò che era successo dalla mattina fino a qualche minuto prima del loro arrivo.
Alla fine del resoconto, si ritrovarono sul pavimento della cucina abbracciati. Ginevra, che non li vedeva arrivare, li trovò tutti e tre in lacrime e, spaventata, li raggiunse.
- Mamma? – chiamò con voce sottile – Cosa succede?
- La nostra mamma è ricoverata al San Mungo. – spiegò Elizabeth dolcemente – Siamo preoccupati per lei e abbiamo approfittato dell’abbraccio di mamma Weasley per trovare un po’ di coraggio.
- Mi dispiace. – mormorò unendosi all’abbraccio la giovane strega – Io…
- Va bene così, Ginny… - le sorrise Harry – Grazie.
La strega sorrise timidamente e si strinse contro gli amici in silenzio. Molly si asciugò le lacrime, sorrise ai ragazzi e disse loro di prendere i piatti per servire la torta.
La serata si concluse placidamente, con gli adulti che chiacchieravano in giardino bevendo e fumando; mentre i ragazzi giocavano a gobbiglie.

La serata in compagnia degli amici di sempre, passò piacevolmente lenta. Quando tutti salutarono la famiglia Potter, James si girò ad osservare i figli che si erano appisolati sul divano abbracciati.
- Ragazzi… - li chiamò dolcemente – E’ molto tardi, andiamo a dormire?
Da Harry ed Elizabeth ricevette in risposta un mugolio indistinto, così, sospirando, li trasportò con la magia fino a camera sua e di Lily. Quella sera non avrebbe usato il letto matrimoniale, sentiva troppo la mancanza della moglie.
Non appena i ragazzi furono sistemati a letto, la giovane strega lo chiamò.
- Papà…?
- Sì, Elly? – le accarezzò i capelli.
- Dormi con noi. – lo pregò.
- Lizzy ha ragione… - sbadigliò Harry – Allarga il lettone e dormi con noi.
James sentì gli occhi riempirsi di lacrime, era fortunato ad avere due figli splendidi come loro. Non erano facili, erano faticosi, ma erano due ragazzi in gamba e lui li amava profondamente.
Con un incantesimo silenzioso, allargò il letto matrimoniale, indossò il suo pigiama e si infilò tra i gemelli che lo abbracciarono come facevano quand’erano bambini piccoli.
L’uomo chiuse gli occhi e si lasciò trasportare in un mondo senza sogni, cullato dal respiro regolare dei propri figli.

La mattina, il sole li trovò così abbracciati nel lettone. La prima a svegliarsi su Elizabeth che, stirandosi, corse il rischio di cadere dal materasso perché era finita proprio sul bordo del letto.
- Ma cosa… - borbottò, poi si ricordò della serata e della tristezza che aveva visto negli occhi del padre prima di addormentarsi, così sorrise e si alzò scivolando lentamente dal letto.
- Lis… - la chiamò piano Harry che aveva sentito più che visto la gemella muoversi – Tutto ok?
- Sì fratellino. – sussurrò – Vado in bagno e poi preparo la colazione, tu riposa un altro pochino.
- Mh. – sorrise il gemello stringendosi sulla schiena del padre felice di poter dormire ancora.
Elizabeth sorrise osservando il padre e il gemello dormire abbracciati. Più che padre e figlio sembravano due fratelli per quanto si assomigliavano. Tra lei e la madre non c’era tutta quella somiglianza.
Facendo il più silenziosamente possibile, la streghetta lasciò la camera matrimoniale per raggiungere la sua stanza dove si preparò per affrontare una nuova calda giornata.

Canticchiando una canzone del coro di Hogwards a mezza voce, la ragazzina scese in cucina dove iniziò a preparare la colazione alla “babbana”. In casa Potter non c’erano elfi domestici e lei era ancora troppo piccola per usare la magia. Mentre faceva sfrigolare il bacon nella padella, sentì un rumore alla finestra della cucina che la fece sobbalzare.
Si girò togliendo la padella dal fuoco e sorrise: sul davanzale della finestra c’era la magnifica aquila reale di Robert che attendeva di essere ricevuta in casa Potter.
- Buongiorno. – la salutò facendole un breve inchino Elizabeth, l’aquila rispose muovendo fieramente la testa, poi le porse la zampa elegante permettendole di prendere la pergamena che aveva portato – Grazie. – le sorrise la strega reprimendo l’impulso di accarezzare quelle magnifiche piume dorate. Non sapeva se poteva permettersi una tale confidenza.
L’aquila, come intuendo il pensiero della giovane Potter, le colpì la mano con la testa permettendole di accarezzare il suo piumaggio morbido.
- Wow… - mormorò mentre sfiorava le piume – E’… una sensazione bellissima… - sorrise – Grazie… - l’aquila la osservò per alcuni minuti, poi si allontanò rimettendosi sul davanzale – Vorresti… - domandò la streghetta – Vorresti del bacon? Io ho solo biscotti per gufi. – concluse dispiaciuta.
L’animale la osservò con attenzione, capendo perché il suo padrone ne fosse così innamorato: era la prima, tra le tante ragazzine che aveva visto circolare a casa O’Hurn a mostrare un simile rispetto nei suoi confronti; ad essere seriamente dispiaciuta perché non aveva niente di appetitoso da poterle offrire.
Elizabeth, non ricevendo nessuna risposta dall’animale, aprì il sigillo di ceralacca della pergamena ed iniziò a leggere la lettera di Robert. Non appena aprì il sigillo, la casa fu invasa dal profumo di Robert ed il cuore della strega si strinse per la malinconia di non poterlo vedere.
“Mia dolcissima strega” iniziò a leggere e le scappò un sorriso “spero che la tua notte sia stata buona e che tu sia riuscita a riposare bene nonostante la preoccupazione… Come sta la mamma? Appena hai sue notizie fammi sapere. Questa mattina, ho preferito inviarti un messaggio tramite la mia aquila. Mamma mi ha spiegato che loro non sono soggiogabili come i gufi e le civette, perché incutono paura e difficilmente vengono avvicinate.” Elizabeth si girò ad osservare l’aquila trovandola magnifica e niente affatto spaventosa, maestosa ed altera sì, sorridendo, continuò a leggere “L’aquila si chiama Aegnor, il suo nome significa ‘fuoco funesto’, è un maschio ed è molto goloso di carne e pesce. Non si fida delle persone e se ti dovesse permettere di toccarlo, ritieniti fortunata piccola mia.”.
Elizabeth sobbalzò di fronte a quella rivelazione, si girò a guardare Aegnor trovandolo bellissimo. L’aquila la fissò mandando la testa di lato, compiaciuta di essere studiata e venerata in quel modo da quella piccola umana.
- Aegnor, - lo chiamò – Robert mi ha detto il tuo nome. Sei la creatura più bella che io abbia mai visto. Posso offrirti del bacon?
Aegnor emise un lungo verso, Elizabeth si alzò dalla sedia e gli porse un pezzo di bacon ancora da cuocere. L’aquila accettò la carne con uno schiocco sonoro del becco ricurvo e, mentre la strega finiva di leggere la lettera, si mise a mangiare serena.

Elizabeth strinse contro il proprio petto la pergamena poi prese un foglio nuovo ed una piuma rispondendo al suo Robert. Dopo aver chiuso la risposta, chiese il permesso ad Aegnor di poterla legare alla sua zampa. L’aquila tese la zampa preposta a portare le missive e, non appena Elizabeth allontanò le mani dal lui, spiccò il volo emettendo un lungo verso a mo’ di saluto. Volando via, perse una piuma che cadde davanti alle mani della strega.
- Grazie Aegnor! – urlò verso il cielo, ormai la creatura era un puntino color oro nell’azzurro della mattina – Conservò gelosamente questa piuma. – concluse prima di chiudere la finestra.
Sorridendo, la giovane strega finì di preparare la colazione, poi inviò un origami magico in camera del padre per svegliare gli uomini della famiglia Potter che la raggiunsero dopo alcuni minuti.
- Giorno dormiglioni. – li accolse versando il caffè al padre.
- Mmmh. – mugolarono in coro.
- Sei troppo allegra. – constatò il gemello – E’ venuto Robert a trovarti?
- No. No. – scosse la testa lei che si era acconciata i capelli usando la piuma di Aegnor.
- Cos’hai tra i capelli, bimba? – le domandò il padre.
- Ho ricevuto una pergamena stamattina. Mi ha scritto Robert. – spiegò – Ha mandato la sua bellissima aquila.
- Chiunque voglia escluderci dal resto del mondo, ha paura delle aquile. – ridacchiò Harry.
- Esatto. – annuì lei – Sono le stesse cose che ha detto Robert.
- Mi sarebbe piaciuto vederla. – bofonchiò il maghetto versandosi un po’ di caffè nella tazza di latte.
- Ooh ma credo che la vedrai a scuola, fratellino. – ridacchiò Elizabeth facendo colazione.
- Ti piace molto questo ragazzo. – notò il padre che aveva osservato i figli in silenzio.
- Sì. – annuì arrossendo.
- Non sei troppo piccola per lui? – domandò ancora dopo aver bevuto il suo caffè.
- Papà, compirò 12 anni. Non voglio sposarmi domani. – sospirò – Perché per Harry può andare bene stare con Hermione, mentre per me Robert no?
- Non ho detto questo. – sorrise l’uomo – E’ che…
- Nessuno mi potrà costringere a fare qualcosa che non voglio. – lo rassicurò – Robert è un bravo ragazzo. Un ottimo pozionista. Lui mi fa sentire speciale e non mi dice “lurida mezzosangue”. – concluse sbattendo il tovagliolo sul tavolo.
- Le parole di quel biondino ti hanno ferita molto, vero? – chiese il gemello prendendole la mano.
- Io… - ingollò a vuoto – Io stavo iniziando a provare qualcosa per lui… - ammetterlo le costò molta fatica – Avevo iniziato a vedere il suo vero io. Non quella maschera che indossa in pubblico da Purosangue. – un singhiozzo interruppe la sua frase – Il nostro primo bacio è stato tenero. Impacciato ma tenero. – sorrise osservando il padre – E poi tutto è precipitato ed il mio cuore si è come… rotto..
- Tesoro. – James si alzò abbracciandola – Perché non ci hai detto niente?
- E cosa sarebbe cambiato? Le cose dovevano andare avanti, anche se Malfoy mi teneva lontana da sé. Lo zio Piton sta continuando le sue indagini. E noi dobbiamo continuare le nostre. Siamo ragazzi. Abbiamo più possibilità di vedere, o sentire qualcosa. – sospirò – Ho mio fratello ed Hermione vicino. Loro sono due rocce. – sorrise – Poi ho conosciuto Robert e… - arrossì – Ho capito perché quando la mamma è con te ha sempre il sorriso. Perché tu la fai sentire speciale in ogni momento della vostra vita.
- Non chiudere il tuo cuore, piccola mia. – le accarezzò i lunghi capelli l’uomo – Non sarà sempre facile, sai? Ci saranno giorni pieni di luce e giorni tempestosi. A volte, sentirai come se qualcuno ti strappasse via il cuore dal petto. Altre, con un semplice sorriso, ti sembrerà di volare sulle nuvole. – tese la mano al figlio che si unì all’abbraccio – Non dovete mettere il cuore in una teca come hanno fatto gli zii Severus e Remus. Anche se vi farà soffrire, voi dovrete continuare a cercare l’amore. L’amore che potrebbe avervi già trovato. Ma che potrebbe cambiare nel corso degli anni.
- Cosa vuoi dire papà? – domandò Harry.
- Che l’amore della tua vita, potrebbe non essere Hermione. Ma Ginny. Oppure una ragazza tassorosso o corvonero.
- Perché non serpeverde? – domandò Elizabeth irrigidendosi.
- Perché sono contrario alle storie d’amore tra fratelli. – spiegò ed i gemelli scoppiarono a ridere, capendo da quella risposta che James non riteneva nessuna delle ragazze della casa della figlia adatta a rendere felice il proprio figlio – Chissà, da qui a sette anni potrebbe arrivare una serpeverde che faccia girare la testa a tuo fratello.
- O forse no. – sorrise Harry – E vivrò con Hermione.
- E mi farete tanti bellissimi ed intelligenti nipotini. – rise Elizabeth abbracciando il gemello che, arrossendo, si unì alla risata di lei.

James sorrise, poi chiese ai figli di sbrigarsi a fare colazione così che avrebbero potuto raggiungere presto la mamma al San Mungo.
Chiacchierando del più e del meno, i gemelli mangiarono osservati dal padre che beveva silenzioso la propria tazza di caffè.
- Vado a vestirmi ragazzi. – disse posando la tazza nel lavandino.
- Non mangi papà? – domandò Harry che stava pulendo il piatto dai resti della colazione.
- Non ho molta fame. – ammise – Ho bevuto troppo ieri sera. Preferisco aspettare di mangiare a pranzo.
- Ho finito anch’io. – sorrise Elizabeth – Harry, sparecchi tu?
- Sì. – annuì il gemello con la bocca piena.
Padre e figlia salirono in silenzio al piano superiore della casa, la streghetta salutò il padre con un bacio sulla guancia poi entrò in camera sua per prepararsi a un’altra lunga giornata.
Fece una rapidissima doccia, poi indossò un paio di jeans scoloriti sulle ginocchia ai quali abbinò una camicetta rosa antico con le maniche a tre quarti.
Si guardò nello specchio e sorrise alla propria immagine, era carina ma non troppo appariscente. Dalla scarpiera prese le sue scarpe estive, poi si acconciò i capelli, tirandoli in alto sulla nuca per non soffrire troppo il caldo.
Mentre metteva alcune cose dentro la propria borsa, sentì il fratello salire le scale fischiettando e sorrise: così uguali e così diversi, ma non poteva immaginare la propria vita senza Harry Potter.
- Pronta sorellina? – domandò lui osservandola uscire dalla sua camera.
- Pronta. – annuì facendo una giravolta – Ti piaccio?
- Molto. – sorrise – Adoro quella camicetta. – ridacchiò, era un suo regalo ed era sempre felice quando lei la indossava.
- Io adoro te. – ammise – Siamo pari. – lo baciò sulla guancia e scese le scale canticchiando.
Harry entrò in camera sua, si tolse la maglietta che aveva usato per dormire e si concesse una doccia veloce. Voleva essere al meglio per la mamma.
Con questo pensiero, estrasse dall’armadio un paio di bermuda verde militare con i tasconi laterali ai quali abbinò una maglietta verde chiaro con un grifone ricamato sulla manica sinistra.
Si vestì e poi inforcò occhiali e scarpe. Soddisfatto del risultato, cercò di dare un senso ai propri capelli, poi scese le scale e raggiunse il padre e la sorella vicino al camino.
James osservò i figli e sorrise, lui aveva indossato un paio di jeans ed una camicia celeste, non voleva essere né troppo elegante né troppo formale.
- Siete molto belli figli. – sorrise felice.
- Non ci siamo fatti belli per te, caro papà. – gli fece la linguaccia Elizabeth – Ma per la mamma.
- Lo so. – annuì tendendo loro la mano – Per questo vi amo ragazzi. – concluse, poi non ci fu tempo per rispondere perché la Metropolvere li stava conducendo fino al San Mungo.

I tre Potter comparvero nel camino in sala d’attesa al piano dov’era ricoverata la giovane Medimaga e, dopo essersi spazzolati via i resti della Metropolvere dai vestiti, raggiunsero il banco della reception sorridendo.
- Buongiorno signor Potter. Ragazzi.
- Buongiorno. – mormorano in coro.
- Il Medimago vi sta aspettando. – sorrise incoraggiante.
- Possono entrare anche i ragazzi? – domandò James mettendo una mano sulle spalle dei figli.
- Certo. – annuì – Andate… - strizzò loro l’occhio – La vostra mamma sarà felice di vedervi.
- Grazie… - mormorò con un sorriso sincero Harry, subito imitato dalla gemella che si limitò a sorridere.
James accompagnò i figli lungo il corridoio, fino alla stanza dove avevano ricoverato la moglie.
Bussò dolcemente e non appena il medico gli dette il permesso, entrò seguito a ruota dai gemelli.
- Famiglia Potter. – li accolse con un ampio sorriso il Medimago – Entrate e chiudete la porta, la dottoressa Evans sta per svegliarsi. – annunciò.
I gemelli presero posto al fianco destro della madre, il padre a quello sinistro posizionandosi vicino al medico.
Lilian aprì lentamente gli occhi, la pozione che le avevano somministrato stava facendo effetto e lei stata riprendendo contatto con la realtà.
Si sentiva indolenzita, aveva ricordi vaghi di quello che era successo. Il peggiore di tutti era quello legato alla brutta emorragia che aveva costretto il Medimago ad addormentarla mettendola in una specie di coma farmacologico.
- Ben tornata. – le parlò il medico, lei sorrise ed aprì lentamente gli occhi trovando nella stanza il marito ed i figli.
- Grazie dottore… - disse piano – Amori miei! – continuò tendendo una mano ai gemelli.
- Mamma! – mormorarono in coro i gemelli.
- Come ti senti mammina? – domandò Elizabeth accarezzando la mano della madre.
- Stanca. – ammise con un sorriso – Come se avessi partecipato a tutte le partite del torneo di Quiddich. – confessò.
- Staresti bene con un completino da Quiddich, amore mio. – ridacchiò James facendosi vedere.
- Jamie… - mormorò.
- Risposte vigili ed orientate. – mormorò il Medimago prendendo appunti – Ottimo. Ottimo davvero. – annuì – Dottoressa Evans, come si sente?
- Dolorante, dottore. – rispose – E’ come se fossi stata schiacciata da una slavina. – guardando l’espressione sconcertata dell’uomo, si corresse – Come se fossi stata schiantata da un incantesimo, signore.
- A volte dimentico che lei è una Nata Babbana. – rise il Medimago – Molte delle sue espressioni non le conosco. Ma sono felice di sapere che è molto lucida.
- Cosa è successo? – chiese la donna.
- È arrivata in Ospedale in gravi condizioni, signora. – spiegò il Medimago – Preferite far uscire i bambini?
- Non è necessario… Parli liberamente. – scosse la testa James.
- Come preferite. – si sistemò gli occhiali dalla montatura quadrata – Bene, stavo dicendo. Dottoressa Evans, è arrivata da noi in gravi condizioni. Il medico che seguiva la sua gravidanza, l’aveva classificata come gravidanza con feto “magonò”. – la donna sussultò – E’ una gravidanza che può essere pericolosa, soprattutto per la madre se non si nutre o cura nel modo adeguato.
- Lo sappiamo dottore. – annuì Elizabeth – Ci siamo documentati dopo che ce ne ha parlato papà.
- Ragazzi… - mormorò la donna.
- Volevamo sapere. – si strinse nelle spalle Harry.
- State diventando troppo grandi! – borbottò James scuotendo la testa, i due Medimaghi sorrisero, poi l’uomo continuò:
- Purtroppo non stava aspettando un “magonò”, dottoressa. Purtroppo la sua gravidanza si era impiantata dove non doveva. – sospirò – Causando disagi al suo corpo ed una grave emorragia.
- Capisco. – mormorò piatta la donna – E…
- Come sa perfettamente, una gravidanza del genere è molto pericolosa e, se non curata in tempo, causa la morte della donna e del bambino.
- Come è possibile essere arrivati a questo punto? – domandò stringendo con rabbia le lenzuola Lily.
- Ecco vedete… - il medico distolse lo sguardo, sembrava imbarazzato – Abbiamo scoperto che il medico che stava seguendo il suo caso, dottoressa, in realtà è un Mangiamorte. – spiegò stringendo gli occhi.
La famiglia Potter sgranò gli occhi di fronte all’enormità della notizia.
- Un Mangiamorte al San Mungo? – sbottò James rabbiosamente – Ma i vostri controlli… - e gesticolò, troppo arrabbiato per articolare una frase di senso compiuto.
- Ha perfettamente ragione signor Potter. L’uomo ha eluso tutti i nostri controlli. L’unica cosa che posso pensare è che fosse un aspirante Mangiamorte, che è stato definitivamente arruolato quando la notizia della gravidanza della dottoressa Evans si è diffusa. – sospirò – Questo non consola né esime l’Ospedale da quanto successo. Siamo pronti a risarcire… - Lily lo interruppe dicendo:
- Non voglio alcun risarcimento. – scosse la testa – La vita di un bambino non ha prezzo. L’Oscuro Signore ed i suoi seguaci hanno tentato di uccidermi, colpendo un innocente.
- Con lui è riuscito dove con noi ha fallito. – borbottò Harry cupamente.
- Ci pagherà anche questa. – ringhiò Elizabeth, i suoi occhi tempestosi mandavano lampi – Non perdonerò a nessuno la morte del nostro fratellino né la paura provata per aver quasi perso la mamma.
- Ragazzi… - cercò di placarli James, ma inutilmente perché anche lui sentiva la stessa rabbia e lo stesso dolore dentro.
Il Medimago sospirando fece per uscire, ma fu bloccato dalla donna che domandò:
- Dottore. Adesso, come sono le mie condizioni?
- Sono buone dottoressa. Nonostante abbia perso molto sangue e sia stata sottoposta a un’operazione molto lunga, il suo corpo sta reagendo bene alla terapia.
- Danni permanenti? – chiese sottovoce.
- Nessuno. – le sorrise il medico – Dovrà stare a riposo e seguire una terapia una volta dimessa. E poi, potrà tornare alla sua vita di sempre.
- Grazie dottore. – sorrise più sereno James.
- Grazie… - fecero eco Lilian ed i ragazzi.
Il medico salutò con un sorriso imbarazzato poi uscì, lasciandoli soli. I Potter, restarono con Lily finché fu loro concesso; poi tornarono a casa e i gemelli aggiornarono i rispettivi fidanzati sull’ospedalizzazione della mamma.

La degenza di Lilian al San Mungo, durò un’intera settimana. Il giorno della dimissione, Harry ed Elizabeth organizzarono un pranzo speciale per la mamma che, finalmente, poteva tornare a casa.
Chiesero aiuto a Molly che, in cucina, era un vero portento e prepararono tutti i manicaretti preferiti della Medimaga. Al pranzo, invitarono Hermione con i genitori e Robert con sua madre.
Gli amici ed i padrini, furono avvisati dell’arrivo a casa di Lily ma li pregarono di non accorrere perché la donna doveva riposare in tranquillità.
Furono tutti molto comprensivi, soprattutto Molly che aveva suggerito ai giovani Potter di avvisare gli amici di sempre dei genitori per evitare che si precipitassero a casa loro portando solo confusione.
A metà mattina, grazie alle conoscenze culinarie di Molly ed alla magia in cucina, il pranzo fu pronto.
I gemelli apparecchiarono la tavola usando la tovaglia ricamata preferita della mamma, sistemarono sul tavolo un vaso pieno di fiori e poi il servito di piatti “quello buono”, che usavano solo nelle situazioni più importanti.
Molly, dopo aver terminato di sistemare la cucina, li raggiunse pulendosi le mani su un canovaccio.
- Ottimo lavoro ragazzi. – approvò osservando la stanza – Qui trasuda amore e gioia di riavere la mamma.
- Grazie Molly. – sorrise Elizabeth – La mamma è tanto triste. – sospirò.
- Tesoro mio… - scosse la testa la donna, ma la sua frase fu interrotta da un discreto bussare alla porta.
- Chi sarà? – domandò Harry andando ad aprire – Di solito si materializzano sul tappeto… - borbottò non pensando che, alla porta, potesse esserci Hermione.
- Secondo me è la tua fidanzata. – borbottò Arthur che era uscito in giardino a fumare – Nella Londra non magica si usa bussare alle porte, se non sbaglio.
- Aspetta… Aspetta… - lo fermò Molly – Dacci solo un minuto. Il tempo di andare via. – la strega dai capelli rossi raggiunse il marito, salutò con un cenno i gemelli e poi si smaterializzò con lui alla Tana. Era il primo incontro, non sarebbe stato giusto essere presenti.

Harry imbarazzato ed emozionato, sistemandosi meglio la frangetta sulla fronte, aprì la porta indossando il suo sorriso migliore. Come previsto da Arthur, sulla porta c’erano Hermione ed i suoi genitori.
- Harry! – pigolò lei, felice di vederlo.
- Ciao Hermione! – le sorrise il maghetto – Buongiorno signori Granger. – si riscosse ricordando le buone maniere – Prego, accomodatevi.
- Grazie ragazzo. – borbottò burbero il padre della strega – Ho portato del vino, - continuò – potresti metterlo in fresco?
- Con piacere. – annuì lui.
Elizabeth, che aveva osservato la scena dalle scale, li raggiunse in salotto sorridendo.
- Buongiorno e benvenuti in casa Potter. – si presentò – Io sono Elizabeth, sorella di Harry.
- E migliore amica di nostra figlia. – annuì la madre di Hermione – ‘Mione ci parla molto spesso di te.
- Veramente? – arrossì la strega – Ne sono felice. – le due amiche si abbracciarono, poi Elizabeth li pregò di accomodarsi sul divano e chiese loro se poteva offrire qualcosa.
- Del tea freddo? – domandò il padre di Hermione – Fa veramente molto caldo anche nella parte magica.
- È vero signor Granger.
- Mio madre si era convinto che voi maghi viveste in case ricavate da rocce.
- Ma quelli sono i Nani! – rise Harry portando il vassoio con il tea freddo ed alcuni bicchieri.
- Ho provato a spiegarglielo, ma non voleva credermi.
- Beh… - ridacchiò Elizabeth servendo il tea – La nostra è una casa modesta. Ma noi l’amiamo molto.
- Ooh sì. – annuì il gemello porgendo alla signora Granger un vassoio con alcuni biscotti al cioccolato – Come nella Londra non magica, qua vivono maghi più ricchi e maghi meno ricchi. C’è chi, addirittura, abita in un vero e proprio castello.
- Wooowww… - mormorò sognante Hermione pensando a quanto dovesse essere bello essere cresciuta in un ambiente non solo magico, ma anche agiato.
Elizabeth prese un biscotto dal piatto e lo sgranocchiò sovrappensiero, anche lei aveva pensato ad un maniero e non uno qualsiasi, ma il Malfoy Manor. Due lievi “pop”, interruppero i discorsi tra i Potter ed i Granger. I genitori di Hermione sussultarono vedendo comparire nel salotto due persone che prima non c’erano.
- O Santo Cielo! – gemette la donna – Non mi abituerò mai alla vostra magia!
- Già… - le fece eco l’uomo osservando i nuovi arrivati.
Nel salotto di casa Potter, erano arrivati Robert e Violet O’Hurn bellissimi ed alteri nei loro completi da viaggio verde sottobosco.
- Robert! – gemette la giovane Potter arrossendo – Signora O’Hurn. Ben arrivati.
- Benvenuti. – li accolse Harry – Loro sono i genitori di Hermione, i signori Granger. – si girò verso i genitori della sua ragazza continuando – Signori Granger, loro sono Violet e Robert O’Hurn.
In casa ci fu un mormorio di voci di presentazione, Violet si tolse il mantello da viaggio che aveva indossato e, con un gesto elegante della mano lo spedì sull’attaccapanni insieme a quello del figlio.
- Ooh… - fece stupita la madre di Hermione – Io credevo che per fare magie vi occorresse una bacchetta.
- All’inizio è così. -annuì Violet mettendosi seduta in poltrona – Poi, con la pratica, si impara a fare piccoli e grandi incantesimi senza bacchetta.
- E senza pronunciare ad alta voce la formula. – concluse Elizabeth versando il tea freddo in due bicchieri puliti.
- Esatto giovane strega. – la ringraziò con un sorriso Violet.
Violet, si girò verso i genitori di Hermione e, sfoggiando il suo sorriso più bello, iniziò a chiacchierare con loro chiedendogli cosa facessero nella Londra non magica e se fossero felici di avere una strega ingamba come Hermione in famiglia.
L’atmosfera si rilassò all’istante e Robert, ringraziando la madre con un sorriso, prese posto sul tappeto vicino ad Elizabeth.
- Mi sei mancata da impazzire. – le mormorò all’orecchio facendola tremare – Possiamo uscire un attimo in giardino?
- Mh… - annuì lei, nessuno notò la loro uscita di scena, troppo concentrati a parlare tra di sé.
Non appena furono lontani da occhi indiscreti, Robert strinse tra le proprie braccia Elizabeth baciandola appassionatamente.
Si erano scritti ogni giorno in quel periodo, lui l’aveva sentita vicina ma niente poteva sostituire la sensazione meravigliosa di stringerla contro il proprio petto.
Elizabeth si alzò sulle punte dei piedi, intrecciò le dita nei capelli biondo grano del mago e sospirò di piacere rispondendo al bacio, strigendosi contro quel corpo solido e muscoloso che tanto le piaceva e le dava sicurezza. Si separarono quando per entrambi finirono le scorte di ossigeno.
- Non posso pensare di passare un’estate intera senza di te. – mormorò mestamente.
- Potremmo scriverci ogni giorno… - ansimò lei con il cuore in gola per l’intensità del bacio.
- Non sarà come vedersi. – scosse la testa lui appoggiando il mento sui capelli di lei, le sue mani carezzavano dolcemente la schiena della streghetta, facendola fremere.
- Puoi venire a trovarmi.
- So già che non potrò. – spiegò con rammarico.
- Oooh. Perché?
- Perché prima di conoscerti, mi ero iscritto al torneo di Surf Magico con i miei cugini. Non posso tirarmi indietro ora. – sospirò, subito imitato da lei.
- E se… - iniziò, arrossendo per la propria audacia.
- Se…? – chiese, ma furono interrotti da un “pop” in giardino poco distante da dov’erano loro – Aspettavi qualcun altro oltre i tuoi genitori? – domandò a voce bassa Robert.
- No. Nessuno. – rispose.
- Stai dietro di me. Potrebbe essere… - ma non riuscì a terminare la frase, perché lei si era trasformata in Basilisco e si era lanciata all’inseguimento dell’ospite inaspettato – Maledizione! – borbottò lui che, mettendosi in contatto mentale con la madre, la pregò di creare un’illusione per non permettere agli altri di rendesi conto che c’era qualcosa di strano.
“Tutto bene, tesoro?” domandò la donna allarmata dal tono del figlio.
“Sì, mamma” sospirò “Ti spiego dopo” e chiuse i contatti, correndo dietro alla fidanzata e all’intruso.

Elizabeth aveva catturato l’ospite indesiderato in cucina, stringendolo tra le sue spire, non troppo da fargli male ma nemmeno troppo poco da lasciarlo scappare.
- Un elfo domestico? – parlò Robert osservando la creatura sporca e malconcia che era in cucina.
- Dobby si scusa. – parlò puntando i suoi occhi in quelli del mago – Dobby non voleva fare male a nessuno. Dobby è qui perché vuole proteggere i Gemelli Potter! – gemette mentre Elizabeth lo guardava con rabbia – Bel serpente, lascia Dobby.
- Cosa ci fai qui, Dobby? – domandò Robert – Per chi lavori? I tuoi padroni sanno che sei qui?
- No signore. Nessuno sa dove si trova Dobby in questo momento. – gli occhi dell’elfo erano dilatati per la paura – Se padron Malfoy immaginasse che… - si rese conto di aver parlato troppo, quando le spire di Elizabeth si sciolsero, lasciandolo cadere – Grazie… - fraintese la creatura – Grazie per aver liberato Dobby. Dobby non è cattivo. – fece una specie di sorriso rassicurante.
Elizabeth riacquistò la propria forma umana e, incrociando le braccia al petto, disse:
- Lavori per i Malfoy, eh, elfo? Perché sei in casa nostra? Cosa ti porta qua?
- Oooh signorina Potter! – Dobby sembrava commosso – Dobby si scusa per non averla riconosciuta. – e prese a battere la testa contro la zampa del tavolo per punirsi.
- Smettila! – gridò Elizabeth esasperata – Smetti ti ho detto, perché fai così?
- Perché Dobby merita di essere punito per la sua stupidità. Per non averla riconosciuta sottoforma di Basilisco. – spiegò e stava per riprendere a punirsi, ma l’ingresso di Harry in cucina glielo impedì.
- Cosa succede? – domandò il mago – Ho sentito Elly urlare.
- Quanta grazia! – parlò nuovamente l’elfo – Se Dobby dovesse morire oggi, sarebbe un elfo domestico felice! Ha visto i famosi Gemelli. Colori che salveranno il mondo dalla piaga del male.

Harry, che credeva che la sorella urlasse per tenere a freno la libido di Robert, sobbalzò quando vide l’elfo domestico in ginocchio nella loro cucina.
- Ehm… - si grattò la testa – Qualcuno sa spiegarmi…
- Cosa succede? – concluse Elizabeth sospirando – Se lo capisci, spiegalo anche a me.
- Sappiamo solo che lui si chiama Dobby. È un elfo domestico alle dipendenze dei Malfoy. E, da quello che vedo, è anche denutrito e maltrattato.
Dobby abbassò le lunghe orecchie ed evitò sia di guardare negli occhi i maghi sia di rispondere alla frase di quello che sembrava essere il fidanzato della signora Elizabeth. Non sarebbe stato carino ammettere che avevano ragione e lui sarebbe stato costretto a punirsi seriamente se avesse parlato male della propria famiglia.
- Dobby. – lo chiamò Harry inginocchiandosi davanti a lui – Sei venuto qua per farci del male? Sei stato incaricato di fare del male alla mamma?
- Oooh no! – urlò l’elfo alzando la testa di scatto – Oooh no! Dobby… - sembrava avere una crisi di panico – Dobby non potrebbe mai fare del male alla dottoressa… Mai… La dottoressa è sempre gentile con Dobby e i suoi fratelli… Ci cura sempre quando siamo sbadati. – spiegò singhiozzando.
- Allora perché sei qui. – domandò Elizabeth esasperata.
- Perché… - l’elfo fissò il pavimento per alcuni istanti, indeciso se prendersi a schiaffi o chiedersi la testa dentro il forno per essersi fatto scoprire.
- Rispondi. – parlò Robert mettendogli una mano sulla testa, non c’era cattiveria nel suo gesto, e la sua mano era calda e rassicurante.
- Perché ho sentito dei discorsi tra il padrone e alcuni suoi “amici”. – mimò le virgolette sulla parola amici – Gli amici del padrone, stavano studiando un piano per fare del male ai Gemelli Potter e Dobby non può permetterlo. – sospirò – Allora Dobby ha pensato che… Che se… Avesse creato malumore tra i Gemelli e gli amici, loro non sarebbero tornati a scuola e non sarebbero stati in pericolo.
- È la cosa più tenera… - iniziò Harry.
- Ma stupida, - continuò la sorella – che qualcuno abbia mai fatto per noi. – conclusero insieme i gemelli.
- Non siete arrabbiati con Dobby? – domandò l’elfo che si era aspettato di essere cruciato per il suo comportamento.
- No. – Elizabeth gli sorrise e lo aiutò ad alzarsi in piedi – Siamo felici di avere un amico fidato in una casa piena di nemici.
- Non tutti sono vostri nemici in quella casa, signora. – singhiozzò l’elfo commosso.
- Ma non ci sono nemmeno amici. – scosse la testa Harry porgendogli dei biscotti.
- Sono per Dobby questi? – domandò l’elfo sgranando gli occhi.
- Sì, - annuì la strega – sei così magro. Mangia mentre ci racconti cosa hai sentito.

L’elfo domestico, ammansito dai modi gentili e dal buon cibo che i gemelli gli stavano offrendo, raccontò loro in modo sconclusionato e senza logica, tutto ciò che aveva sentito di interessante al Manor e, non appena finì il suo resoconto, si scusò per non essere riuscito ad avvisarli prima del pericolo scampato dalla loro mamma. Harry ed Elizabeth, di slancio, abbracciarono il piccolo essere che, piangendo lacrime di gioia, si smaterializzò con la promessa di tornare a trovarli presto.
Rimasti soli in cucina, i tre ragazzi restarono in silenzio per alcuni minuti.
- Dovremmo informare l’Ordine. – biascicò Harry a denti stretti.
- L’Ordine? – domandò Robert arcuando un sopracciglio.
- L’Ordine della Fenice. – annuì Elizabeth – E’ una specie di congrega di maghi e streghe in lotta contro i Mangiamorte ed il loro Signore.
- So cos’è. – annuì con un sorriso – Ma non pensavo che voi lo sapeste.
- I nostri genitori ne fanno parte. Noi stessi siamo protetti dai maghi e dalle streghe dell’Ordine. – si strinse nelle spalle Harry.
- Non lo abbiamo chiesto noi. – continuò meditabonda Elizabeth – Ci è successo.
- Scusatemi. – sorrise a disagio il mago più grande – A volte dimentico chi siete.
- Per fortuna che lo fai! – rise la strega volando tra le sue braccia – Siamo cresciuti tra maghi e streghe che mormoravano “quelli sono i Bambini Sopravvissuti”, e cose del genere...
- Che essere trattati da maghi comuni ci piace! – concluse sorridendo Harry.
- Ora dobbiamo inventarci una scusa con i Granger. – sospirò la strega.
- Non è necessario, quando sei scappata a rincorrere l’intruso, ho chiesto alla mamma di creare uno dei suoi incantesimi di illusione. Nessuno si è accorto di niente.
- Tranne me. – ridacchiò Harry.
- Voi Potter siete immuni al fascino della Veela. – annuì Robert – E’ interessante questa cosa.
- Adesso, per favore, avvisa tua madre che stiamo per rientrare in sala… Noi eravamo usciti. È Harry che deve rientrare prima che l’illusione finisca.
- Giusto. – Harry salutò con un sorriso la sorella ed il “cognato”, e tornò in sala rimettendosi seduto a fianco di Hermione senza che lei si fosse accorta di niente.

Robert ed Elizabeth entrarono in salotto tenendosi per mano, chiacchierando allegramente, facendo i “fidanzatini”.
- Oooh… - mormorò la mamma di Hermione – Come sono carini. – ed indicò i ragazzi con un cenno del capo.
- Ben tornati. – li accolse con un sorriso Harry.
- Grazie. – arrossì Elizabeth distogliendo lo sguardo.
Due “pop” la salvarono dall’imbarazzo nel quale si era intrappolata da sola, erano le dodici ed erano appena rientrati a casa i signori Potter.
- Mamma. Papà. – li accolsero urlando di gioia i gemelli.
- Ragazzi. – Lily aprì le braccia e li accolse annusando loro i capelli.
- Ben tornati. – continuò Elizabeth affondando il viso nel seno della madre.
- Quanto mi siete mancati. – mormorò la donna.
- È bello vederla dottoressa Evans. – parlò Hermione, per far notare anche la loro presenza.
I coniugi Potter sobbalzarono e si guardarono intorno, notando solo in quel momento che non erano soli in casa.
- Buongiorno a tutti. – parlò James imbarazzato – Scusateci, ci siamo lasciati prendere dall’abbraccio dei nostri ragazzi.
- Buongiorno signor Potter, signora. – salutò rigido un uomo alzandosi – Io sono William Granger, il padre di Hermione. Lei è Bianca Granger, mia moglie e madre di Hermione.
- Piacere di conoscervi signori Granger. – salutò Lily – Grazie per essere venuti qui. Mio marito mi ha detto che vi siete offerti di ospitare i nostri figli per un breve vacanza.
- Diamoci del “tu” per favore ed aboliamo i cognomi. – si alzò in piedi Bianca – Non sopporto troppi formalismi.
- Mi trovi d’accordo con te. – annuì Violet sorridendo – Sono felice di rivedervi. Come stai Lilian?
- Stanca, ma bene. – annuì la Medimaga, era sincera. I suoi occhi erano spenti, sarebbe occorso del tempo prima che ricominciassero a brillare.
- Come è andato il vostro viaggio William? – domandò James dopo aver stretto la mano a tutti, Robert compreso.
- Lungo e interessante. – ammise – Non siamo molto abituati a viaggiare tra la Londra Magica e quella non Magica, però è andato tutto bene.
- Ne sono felice. – annuì – Andiamo a mangiare qualcosa cara? Magari nel tuo ristorante preferito.
- Ma… - tentò di protestare Lily, interrotta dai figli.
- Non è necessario papà. – scosse la testa Elizabeth.
- Elly ha ragione. – annuì Harry – Abbiamo preparato tutto, con l’aiuto di Molly. – spiegò orgoglioso.
- Ma che bell’idea. – sorrise la Medimaga – Allora accomodiamoci a tavola. – propose – Oggi ci faremo servire dalla magia… - annunciò.
- Trovo che sia una splendida idea amore. – le baciò la guancia James – Prego, sedetevi a tavola.
Lily osservò la sala apparecchiata come amava lei, con i suoi fiori preferiti e sorrise con amore ai figli, ringraziandoli silenziosamente per tutte le coccole che le avevano destinato.

Il pranzo scorse sereno tra chiacchiere e frivolezze. Nessuno domandò a Lilian come si sentisse, perché era evidente che stesse soffrendo ancora molto e che avrebbe impiegato tutto il tempo necessario per ritrovare il proprio equilibrio.
Al momento del dolce, James si alzò dicendo:
- Con il dolce ci vuole un goccio di whisky.
- Il famoso whisky incendiario di cui mi parla sempre mia figlia? – domandò curioso William.
- Proprio quello. Hermione, in quanto minorenne, non può portare del liquore nella Londra babbana. – spiegò Lilian.
- Però posso portarlo io quando accompagnerò i gemelli. – sorrise James.
- Trovo che sia un’idea geniale, caro. – sorrise la Medimaga – Perché non ci trasferiamo in giardino? Staremo più freschi e i nostri ragazzi saranno più liberi di fare i fidanzati.
Ridacchiando, gli adulti accolsero favorevolmente la proposta della dottoressa Evans e, continuando a parlare si sistemarono nel fresco del giardino e mangiando dolci e bevendo liquore e caffè, restarono in compagnia fino a quando il cielo si imbrunì, palesando l’arrivo dell’ora di cena.
Fu in quel momento che un “pop” in giardino li fece sobbalzare. Era arrivato il preside della scuola, Albus Silente.
- Buon pomeriggio a tutti voi. – salutò con la sua voce pacata.
- Professor Silente. – lo accolse Lily alzandosi dalla poltrona – Ben arrivato.
- Mia cara dottoressa. – la abbracciò – È un piacere vederla fuori dal San Mungo. – le sorrise con affetto.
- Grazie signore. – mormorò facendosi cullare dal suo abbraccio paterno.
- Preside Silente. – lo salutò James – Posso offrirle del whisky?
- Gradirei un po’ di tea. – ammise stringendo le mani ai presenti e baciando galantemente quella di Violet.
- Del tea – annuì Lily – lo stavamo bevendo anche noi donne.
- Quella è la famosa torta alle carote di Molly? – chiese ancora mettendosi comodamente seduto tra gli uomini.
- Esatto. – sorrise James.

Continuarono a chiacchierare del più e del meno come se fossero amici da sempre, Lilian ringraziò mentalmente tutti per essere così comprensivi e gentili con lei ma intuì dai lunghi silenzi dei figli che c’era qualcosa che li preoccupava.
Quando tutti se ne andarono, James rassettò casa con un colpo di bacchetta mentre Lilian interrogava i figli sul perché erano così tesi.
Elizabeth ed Harry raccontarono ai genitori di Dobby e di quello che avevano scoperto grazie a lui. Che era stato lui a mettere zizzania tra loro e gli amici, con la speranza che non tornassero più ad Hogwards perché erano rimasti soli.
Lilian annotò tutto ciò che avevano scoperti i gemelli su un taccuino, poi inviò un gufo ai membri dell’Ordine della Fenice chiedendo un incontro urgente.
I membri dell’Ordine della Fenice, compresa Violet O’Hurn, si materializzarono a casa Potter con la scusa di festeggiare il ritorno di Lilian, e mentre mangiavano i manicheretti di Molly e bevevano il vino di James, i gemelli li ragguagliarono su quanto era successo loro quel pomeriggio.
Violet e Severus sedettero vicini per tutto il tempo, chiedendo dettagli, facendo molte domande per riuscire a comprendere meglio come potersi muovere. Soprattutto il professor Piton che era una spia tra le fila di Voldemord e dei suoi Mangiamorte.

Harry ed Elizabeth si addormentarono stremati sul divano, troppe emozioni da metabolizzare in una sola volta. I membri dell’Ordine della Fenice, lasciarono casa Potter a notte fonda. Lily trasformò il divano in un comodo letto e lasciò i gemelli a riposare, troppo stanca per fare incantesimi più complessi.
James sbadigliando, abbracciò la moglie e la condusse in camera stanco ma felice di poter condividere finalmente il letto con lei e non con il suo fantasma.

Severus e Violet andarono via insieme e si materializzarono ai confini della Foresta Proibita.
- È stata una bella giornata. – parlò Violet mentre camminavano vicini all’interno della Foresta.
- Ottimo. – annuì Severus, era rimasto male dal fatto di non essere stato invitato dai gemelli al pranzo di famiglia.
- Qualcosa ti turba, Piton? – domandò la donna inciampando su una radice.
Severus la prese al volo, impedendole di cadere, i loro visi erano vicinissimi. Lui poteva sentire l’odore del tea bevuto dalla Veela, inebriarli i sensi.
Violet non gli dette il tempo né di agire né di rispondere, perché lo baciò. Severus, restò rigido per alcuni attimi, poi chiuse gli occhi e strinse il corpo della Veela contro il proprio, coprendola con il suo mantello nero, come ad impedire a qualcun altro di vedere cosa stessero facendo.
Si separarono quando restarono entrambi senza fiato, Severus le accarezzò i capelli e le guardò gli occhi illuminati dalla luce della luna.
- Sei dannatamente bella. – mormorò scendendo ad accarezzarle il collo.
- Severus… - gli sorrise lei, un sorriso sincero che lo fece fremere.
Imbarazzati, come due ragazzini al primo appuntamento, i due ripresero a camminare tenendosi per mano. Severus illuminava il cammino con l’incantesimo Lumus Maxima, fino a quando raggiunsero la casa dove abitava in quei giorni con il figlio Robert.
Si scambiarono un bacio davanti casa, per darsi la buona notte poi Severus sparì inghiottito dal nero della notte, con il cuore un pochino più leggero ed un lieve accenno di sorriso ad increspare le sue labbra.


Angolo dell'Autrice:

Questo capitolo l'ho scritto e cancellato non ricordo più quante volte... Avevo milioni di idee, ma svilupparle tutte in una sola volta mi è risultato complicato, spero di non aver fatto troppa confusione e troppi sbalzi temporali scrivendo... Seguirà una seconda parte dove parlerò delle vacanze estive, omettendo quelle vissute a casa di Hermione per concentrarmi su quelle passate da... E qui mi fermo, non vorrei farmi spoiler da sola... ^_^ Ringrazio chi ha messo la mia FF in una delle categorie, chi mi segue silenziosamente e chi spende il proprio tempo per lasciarmi una recensione... Al prossimo capitolo. XOXO Gremilde

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Capitolo 8
*** Vacanze estive... ***


Capitolo Sette:


Dopo che i fratelli Potter aggiornarono i membri dell’Ordine della Fenice di quello che avevano scoperto, il resto dell’estate trascorse placida e serena.
I gemelli, dopo aver chiesto scusa ai loro amici per i guai combinati dall’elfo domestico della famiglia Malfoy, erano riusciti a fare la pace con essi ed a trascorrere in loro compagnia del tempo prezioso. Le settimane in compagnia della famiglia Granger, nella Londra non magica; e quelle alla Tana insieme alla famiglia Weasley, servirono ai Potter per fare il pieno di energia in attesa dell’inizio del secondo anno di scuola ad Hogwards.

Erano rientrati da qualche giorno nella casa di famiglia, quando ricevettero degli inviti in carta pergamena molto preziosi per partecipare, come ospiti, al Torneo di Surf Magico che si sarebbe tenuto in Florida presso la tenuta della famiglia O’Hurn finalista del Torneo.
Emozionati, i fratelli corsero in giardino dove i genitori stavano riposando all’ombra di un grosso ombrellone magico, che manteneva sempre una rinfrescante temperatura.
- Mamma! – urlò Harry.
- Papà! – fece eco Elizabeth.
- Ragazzi. – sospirò Lilian, più serena dopo la disavventura della gravidanza.
- Cosa succede? – domandò il padre.
- Robert ci ha invitati in Florida. – ridacchiò il maghetto.
- Sì, vuole che partecipiamo alle feste per la fine del Torneo di Surf.
- Ooh. – la dottoressa Evans sorrise prendendo la pergamena che la figlia le stava porgendo – Ma dai, che bell’idea.
- Possiamo andare papà? – lo guardò implorante Harry.
- L’invito è aperto a tutti. – annuì il professore – E, certamente, siete troppo piccoli per andare così lontano da soli.
- Chissà se tutti i nostri amici sono stati invitati. – mormorò Elizabeth, e, come evocato, in quel momento comparve il gufo della famiglia Weasley con alcune lettere per i Potter.
- Lo scopriremo subito. – ridacchiò Lily alzandosi dalla poltrona – Ciao gufetto. – lo accolse accarezzandogli dolcemente la testa – Jamie, vai a prendere qualcosa per il nostro postino.
- Vado subito amore. – James si alzò dalla sedia ed andò verso casa per prendere una manciata di biscotti per gufi da dare come ringraziamento al “postino volante”.
Lily prese la pergamena indirizzata a lei e James, poi passò quelle di Ginevra e di Ron ai suoi figli.
I gemelli presero con un sorriso le loro lettere, poi sedettero sull’erba aprendo i sigilli.
Leggendo, scoprirono che tutta la famiglia Weasley era stata invitata al Torneo; così come era stata invitata anche la famiglia Granger.
- Che bellooooo!!! – cinguettò Elizabeth – Saremo nuovamente tutti insieme.
- Sono felice. – annuì Lily – Andare in vacanza tutti insieme ci farà bene.
- Come ti senti, mamma? Te la senti di fare questo lungo viaggio?
- Sto bene ragazzi. – annuì la donna – Il medimago ha detto che la terapia sta facendo il suo effetto. Mi sento più forte, ho ancora un po’ di male qui… - si portò una mano sul cuore ed i figli corsero ad abbracciarla – Ma ho voi. E vi amo più della mia stessa vita.
- Sai che con noi puoi parlare sempre, vero mammina? – mormorò Elizabeth insinuando il naso nel collo della madre.
- Lo so, amore. – sospirò serena la donna, poi li baciò entrambi sulla nuca aspirando il loro odore.
James li trovò così, seduti sull’erba del giardino abbracciati e sorridenti. Lui dette i biscotti al gufo e li raggiunse.
- Allora, cosa dicono le pergamene? – domandò abbracciando da dietro la moglie.
- Mmmh… - lei si appoggiò al petto del marito, sospirando beata, si sentiva circondata d’amore in quel momento.
- Sono stati invitati tutti. – rispose felice Harry – Tutti i nostri amici sono stati invitati alla festa degli O’Hurn.
- Questa è un’ottima notizia. – annuì il padre – Quando sarà la festa?
- Siamo stati invitati a casa O’Hurn per tutto il mese di luglio.
- Tutto il mese? – aprì gli occhi la madre.
- Sì, perché? – domandò il mago.
- Non potremmo festeggiare a casa il vostro compleanno. – sospirò la madre.
- Potremmo festeggiarlo in Florida. – propose Elizabeth guardandola con occhi imploranti.
- Mmmh. – mugugnò la donna – Credo che si possa fare, spero solo che Violet mi permetta di fare qualcosa di speciale per voi. – li baciò sulle guance – Rispondete ai vostri amici. Forza su… - li cacciò dolcemente, poi si accomodò contro il petto del marito.
- Adoro il profumo di mughetto dei tuoi capelli, mia sposa. – le disse mordicchiandole l’orecchio.
- Mmmh daiiii! – un lungo brivido percorse la schiena di Lily che girò il viso per ricevere un bacio che non tardò ad arrivare.
- Sicura di voler andare a casa O’Hurn? – le chiese il marito alla fine del bacio.
- Sì, i ragazzi sono stati promossi con il massimo dei voti in tutte le materie. – annuì – Abbiamo passato un periodo brutto. Tutti quanti.
- Quindi una vacanza ce la meritiamo? – concluse James.
- E non una vacanza qualsiasi. – annuì lei – Ma a casa O’Hurn, durante un torneo di Surf Magico. – ridacchiò – Fino a quando Severus non ha messo sul nostro cammino quel ragazzino, neanche sapevo che esistesse il surf magico. – ammise scuotendo la testa lei.
- Io sì, ma qui da noi non è uno sport molto sentito. Noi inglesi magici, - e le fece il solletico quando la sentì ridacchiare – preferiamo il Quiddich.
- Mai capito neanche quello di sport. – ammise.
- Ti amo Lilian Evans in Potter.
- Ed io amo te James Potter. – sorrise felice la giovane donna.
Un “pop” interruppe le loro effusioni, erano arrivati Sirius e Remus.
- Potter! – ridacchiò Lupin – Sempre il solito Malandrino.
- Malandrino fino al midollo. – rise Black.
- Fino alla fine. – annuì James unendosi alle risate dei suoi migliori amici.
- Ragazzi! – sospirò Lily, ma il sorriso che le faceva brillare gli occhi dimostrava che era felice di vederli – Qual buon vento?
- Abbiamo qualche aggiornamento per voi. – disse senza perdere il suo sorriso rassicurante Remus.
- Qualcosa di interessante? – chiese James fingendo un’indifferenza che non provava.
- Sì, qualcosa che richiede una conversazione privata. – annuì Sirius – Magari nel tuo ufficio.
- Certo. – annuirono i coniugi Potter alzandosi dal prato.
- Cara, avvisa i bambini.
- Non ci provare caro. – scosse la testa lei – Io voglio essere presente. Hanno tentato di uccidermi. – e puntò i suoi occhi in quelli del marito che, sconfitto dalla determinazione negli occhi della moglie, annuì mormorando:
- Andiamo ad avvisarli insieme. Rem, Sir, andate pure nello studio vi raggiungiamo subito.
- Ok. – sorrisero i due seguendoli fin dentro casa.

Harry ed Elizabeth erano in salone che stavano rispondendo ai loro amici ridendo tra loro, erano felici e i loro genitori si sentirono terribilmente fortunati ad averli lì, così sereni nonostante tutto il male che avevano visto con i loro giovani occhi.
- Harry, Lisy. – li chiamò Lilian – Sono arrivati gli zii.
- Dobbiamo parlare con loro. – continuò il padre.
- Va bene, papà. – annuì Elizabeth.
- Mh. Mh. – fece eco Harry.
- Metteremo degli incantesimi a protezione dello studio di papà. Prima parleremo con loro, in privato. – specificò la madre – Poi vi diremo cosa hanno scoperto.
- Non siamo molto d’accordo mamma. – scosse la testa nera come la pece Harry.
- Non lo siamo affatto. -confermò Elizabeth – Ma sappiamo che non ci state mentendo. – fece loro un sorriso – Andate, che poi dobbiamo preparare le valige.
I coniugi Potter baciarono un’ultima volta i loro figli; poi raggiunsero gli amici nello studio di James per parlare in pace. Lily e Remus, lanciarono alcuni incantesimi a protezione della stanza, poi sedettero nelle sedie libere della stanza ed aspettarono che qualcuno iniziasse a parlare.
- Allora. – parlò con uno sbuffo annoiato James – Cosa dovete dirci?
- Inizio io. – parlò Sirius dopo aver lanciato un’occhiata a Remus, il Licantropo annuì e si accomodò contro la spalliera della comoda sedia.
Sirius raccontò loro cosa avevano scoperto grazie alle informazioni raccolte al San Mungo, i medici e gli infermieri erano stati molto collaborativi. Su di loro, non era stato necessario usare il serio della verità, avevano dato il permesso agli uomini dell’Ordine della Fenice di ripescare tutti i loro ricordi riguardanti all’uomo che aveva tentato di uccidere la dottoressa Evans.
Lily domandò se era possibile visionare tali ricordi, e Remus disse sì ma che dovevano avere a disposizione un “Pensatoio”. James sfiorò una statuetta sulla scrivania ed un pensatoio apparì da un nascondiglio laterale.
- Questo può andare bene? – ridacchiò il professore.
- Direi che è perfetto. – rise forte Sirius.
Remus passò le bottigliette a Lily ed i coniugi Potter visionarono le cose che avevano scoperto i loro amici in rigoroso silenzio. Alla fine del resoconto, gli occhi di Lily erano pieni di lacrime. Finalmente avevano il nome ed il viso della persona che aveva tentato di ucciderla, finalmente potevano cercarlo, catturarlo e… inviarlo ad Azkaban…
- L’Ordine ha cercato questo criminale? – domandò James stringendo i pugni.
- L’uomo è stato catturato. – annuì Remus trattenendo a stento un ringhio – Severus ed Albus hanno interrogato quello schifoso per ore. Non solo usando il Veritaserum.
- Spero che quel bastardo abbia sofferto fino a che non è stato portato in prigione. – mormorò Lily stringendo gli occhi.
- L’ha fatto. – annuì Sirius con un lungo sospiro – Ha pensato Severus a fare in modo di pregare di venire ucciso. Ma non è stato fatto. – aggiunse dopo un attimo.
- Non merita la morte. – scosse la testa James – Merita di marcire in prigione e soffrire ogni giorno.
- Avete scoperto perché? - domandò la dottoressa.
- Sembra che qualcosa tra le fila dei Mangiamorte si stia muovendo. – rispose Remus – Ci sono notizie discordanti. Ma alcune delle nostre sentinelle, hanno trovato tracce della magia nera.
- Magia nera molto potente. – annuì Sirius – Forse…
- Forse avevano bisogno del tuo bambino. – continuò James – Del suo sangue.
Lily annuì lentamente, soppesando tutte le cose che aveva scoperto fino a quel momento. Poi scosse la testa, chiudendo gli occhi, troppo stanca per dire una sola parola.
Gli uomini continuarono a parlare tra loro, lasciando il tempo alla giovane dottoressa di metabolizzare le nuove informazioni. D’un tratto, si alzò dalla sedia, dicendo:
- Voglio parlare con lui.
- Eh? – sobbalzò James – Ma cosa stai dicendo?
- Ho diritto a parlare con colui che ha tentato di uccidermi. – ribatté risoluta la donna.
- Non adesso Lily. – scosse la testa Remus alzandosi e mettendole una mano sulla spalla – Questo non il momento adatto.
- Perché no? – chiese con la voce prossima alle lacrime.
- Perché non è in grado di palare. – rispose semplicemente Sirius – Albus e Severus, gli hanno somministrato una pozione per farlo cadere in una sorta di coma vigile. Non può parlare con nessuno, anche il suo cervello è stato messo in standby. – le sorrise il Licantropo.
- Per non farlo comunicare con lui vero? – chiese Lily intuendo i ragionamenti degli uomini dell’Ordine della Fenice.
- Sì Lily. – annuì Sirius – Proprio così. Silente ha preferito non ucciderlo, perché pensa che quel marchio sia connesso in qualche modo con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
- Sì, ho capito. – si passò la lingua nervosamente sulle labbra – Ma dopo che tutto questo sarà finito, promettetemi che potrò andare in prigione a trovarlo. A finire di spaccare le ossa che gli avete lasciato sane.
- Lo promettiamo. – risposero in coro i tre uomini.
- Vi amo miei Malandrini! – rise tra le lacrime Lily gettandosi sui tre uomini e stringendoli forte tra le sue braccia.
- Oooh Evans! – ridacchiò Sirius – Smettila di essere così sdolcinata.
- Ssshhh zitto! – lo redarguì Remus ridendo.
I quattro, restarono abbracciati a ridacchiare per un altro po’; poi Sirius e Remus salutarono la famiglia Potter e tornarono all’Ordine della Fenice per pianificare le prossime mosse.
Non appena gli zii andarono via, i gemelli corsero dai loro genitori per essere messi a conoscenza di quello che avevano scoperto.
- Ragazzi. – Lily si lasciò cadere pesantemente sul divano – E se non avessi voglia di parlare?
- Permettici di guardare. – la pregò Elizabeth facendo gli “occhioni da cucciolo”.
- Guardare? – la dottoressa alzò un sopracciglio, poi sorrise.
- Promettete di guardare solamente le cose che abbiamo scoperto. Senza ficcanasare. – pretese il padre.
Harry ed Elizabeth annuirono, grazie allo zio Piton, erano diventati degli eccelsi Legimentis e per loro fu un gioco da ragazzi leggere i ricordi dei loro genitori in relazione a quanto avevano scoperto sul Mangiamorte che aveva quasi ucciso la loro mamma.
Come promesso, i giovani Potter lessero solamente i ricordi inerenti alle scoperte dell’Ordine della Fenice; poi uscirono dalle menti dei genitori con gli occhi sgranati dalla rabbia.
- Ho già chiesto di poterlo incontrare quando sarà finito tutto. – li abbracciò Lily – Per adesso, mettete da parte questa rabbia. Usatela quando sarà necessario. Usatela per sprigionare una potente magia.
- Lo faremo mamma. – mormorarono in coro i maghi – Non permetteremo a quel pazzo di vincere.
- Lo so. È per questo che sono orgogliosa di voi.

Restarono abbracciati sul divano per diversi minuti, in silenzio, godendosi il calore e l’amore che li univa.
La prima ad alzarsi fu Elizabeth che, canticchiando a mezza voce, raggiunse camera sua per iniziare a preparare le valigie.
Era così felice di poter partire che sobbalzò quando trovò Robert in versione Animagus nella sua stanza.
- Rob! – lo chiamò avvampando.
- Lizzy! – la accolse con un sorriso lui – Scusa, non volevo introdurmi in camera tua.
- Ma l’hai fatto. – lo guardò torva, ma solo per pochi secondi.
- Hai ragione. Sono passato per lasciare un regalo a te ed Harry, ma erano troppo ingombranti per la mia aquila.
- Regalo? – Elizabeth aprì il viso in un ampio e radioso sorriso facendo un passo verso di lui.
- Ah ah. – annuì lui riacquistando la sua forma umana.
- Cos’è? – chiese felice di vederlo.
- Una tavola da surf. – le sorrise mostrandole la tavola avvolta in una carta argentata con dei piccoli delfini in rilievo che saltavano tra le onde.
- Oooohhhh! – Elizabeth batté le mani felice, prese il pacchetto e, dopo aver osservato la carta incantata, lo aprì curiosa.
La tavola non era molto grande, si adattava perfettamente alle sue proporzioni, era leggera e maneggevole. Robert l’aveva dipinta usando i colori dell’aurora che degradavano dal rosa al blu scuro, aveva usato una pittura magica e i colori si muovevano sulla tavola creando sempre disegni diversi.
- Ti piace? – domandò curioso.
- È bellissima. – annuì lei felice, sfiorando la superficie della tavola notò che i disegni cambiavano nuovamente.
- È un incantesimo che ci ha applicato il mio insegnante di surf. – spiegò osservando i suoi occhi produrre stelline – Gli ho parlato di te, e di come sono “magici” i tuoi occhi. Non era possibile mettere le stelline sulla tavola per farla scintillare, questa ci è sembrata la soluzione più… - non terminò la frase, perché Elizabeth si era gettata tra le sue braccia e lo stava baciando con passione sulle labbra piene.
Robert la strinse contro il proprio petto e, sospirando, rispose al bacio esplorando con timida passione la bocca di lei con la propria lingua.
Elizabeth, sentendo la lingua di Robert cercare la propria, si irrigidì e fece un passo indietro. Abbassando gli occhi, mormorò:
- Robert… Scusa io…
- Non scusarti. – le sorrise – È che, a volte, dimentico che hai solo 11 anni.
- Quasi 12. – rispose piccata.
- Ooh, allora sei una donna adulta. – ridacchiò ancora lui.
- Scemo! – gli fece la linguaccia gonfiando le guance lei.
Il giovane mago, sedette sul bordo della finestra sorridendo felice. Quella ragazzina, che doveva corteggiare “solo per non farla sentire sola e per dare tempo al suo nucleo magico di stabilizzarsi”, come gli avevano detto Severus Piton ed Albus Silente quando l’avevano convocato per rivestire il ruolo di apprendista del Pozionista della scuola di Hogwards, si stava rivelando una compagnia più piacevole del previsto.
Era molto giovane, aveva solo 12 anni contro i suoi 17, ma era una tipa sveglia che aveva visto la morte in faccia due volte consecutive e che, con l’aiuto di suo fratello, era riuscita a rispedire l’Oscuro Signore (lo stesso che aveva ucciso suo padre) nelle tenebre che lo attendevano.
- Robert… - lo chiamò Elizabeth mandando la testa di lato – Ho detto qualcosa che ti ha offeso? – domandò.
- No, niente. – arrossì lui, non si era reso conto di essere stato tanto a lungo in silenzio ad osservarla – Ti chiesto scusa. – mormorò – Stavo pensando che mi sento fortunato. – continuò dicendo una mezza bugia – Sia perché posso lavorare con il Potion Master migliore di sempre. Sia perché… Questo mi ha permesso di trovare te.
- Oooh! – le guance di Elizabeth diventarono incandescenti, mettendo da parte la timidezza, si strinse contro il petto del giovane mago, riempiendosi i polmoni del suo profumo.
- Mi piaci molto, Lisy. – le disse tra i capelli, stringendola con possesso.
- Anche tu mi piaci molto Robert. – ammise lei, il viso nascosto nel suo petto.
- Mi darai il permesso di presentarti come mia ragazza al Torneo?
- Ma dai… - lei scosse la testa facendo un passo indietro, Robert sentì improvvisamente freddo – Non credo sia il caso. – sorrise – Ci conosciamo da poco tempo. Non sai niente di me. Né io so niente di te. – fece un altro passo lontano da lui – Noi siamo i “Salvatori del Mondo Magico”. Quelli che tutti amano chiamare i “Prescelti”. – aveva usato quei due nomignoli con velato disprezzo – Non voglio che pensino che ti sei avvicinato a me per ciò che rappresento, e non per la persona che sono in realtà.
- Hm. – annuì Robert, ferito dalle sue parole – Tu stai pensando ancora a quel ranocchio biondo platino.
- Quel ranocchio biondo platino, - rise Elizabeth – si chiama Draco Malfoy. E, per la cronaca, non stavo pensando a lui ma a tutto il casino mediatico che avrai attorno durante il Torneo e, dal quale, gradirei essere estromessa. – gli lanciò un’occhiata in tralice – Mi sembra che io e mio fratello siamo stati anche troppo spesso ultimamente sui giornali. – e gli mostrò con un gesto della mano alcuni ritagli di articoli che aveva appeso nella bacheca sopra la sua scrivania.
Fu in quel momento che Robert capì il suo ragionamento, stupendosi ancora una volta per il fatto che, nonostante la giovane età, fosse capace di ragionamenti veloci ed efficienti.
- Non avevo visto né valutato la cosa dal tuo punto di vista. – ammise facendo un cenno con il capo a mo’ di scusa.
- Lo so. – annuì lei più tranquilla – E mi dispiace di averti ferito o deluso. – continuò.
- Nessuna delle due, Amana. – le sorrise.
- Amana? – ridacchiò mettendosi seduta sul letto – Perché mi hai chiamato così?
- Perché mi piace il suono di questo nome. – rise lui, una risata profonda di pancia, che scosse profondamente Elizabeth, facendola avvampare.
Poi si alzò dalla finestra e la raggiunse per rubarle un altro lungo e struggente bacio.
- Se non sai chi è Amana, saputella mia, fai qualche ricerca… - le dette un buffetto sul naso ed uscì dalla finestra, trasformandosi nel suo Animagus per raggiungere nuovamente casa sua.

Elizabeth lo osservò fino a quando non diventò altro che un puntino indistinto nel Cielo; poi, sospirando, si girò verso il proprio armadio dov’era rimasta appoggiata la tavola da surf.
“Ooh, Robert…” pensò osservandola con attenzione “È bellissima… Ma io vorrei tanto sapere cosa tu vuoi da me…” i suoi pensieri furono interrotti da un lieve bussare alla porta.
- Chi è? – domandò con un sorriso, avrebbe riconosciuto quel profumo ovunque.
- Nipote! – rise infatti Sirius entrando – Posso?
- Zioooo! – gli volò tra le braccia ridendo felice – Che bello vederti! – si scambiarono alcuni baci sulle guance – Come mai da queste parti?
- Ho ricevuto un messaggio dagli O’Hurn. – ammise – Esteso anche a Daisy. Volevo chiedervi una mano per convincerla a venire con noi.
- Io sono dalla tua parte zio! – rise forte Elizabeth.
- Tuo fratello ha detto la stessa cosa. Ecco… - vedere Sirius a disagio non capitava tutti i giorni – Vorrei portarla a cena da voi. Così che possa conoscervi prima del viaggio.
- Mamma e papà che hanno detto? – domandò Harry facendoli sobbalzare, quando voleva era silenzioso come una serpe.
- Hanno qualche dubbio. Ma io sono sicuro che vostra madre e Daisy potrebbero diventare amiche. Non subito. Ma…
- Tempo al tempo, zietto! – ridacchiò Harry che, osservando la stanza di sua sorella notò la tavola da surf che non prima non c’era.
- Ti posso spiegare. – arrossì lei fino alla radice dei capelli.
- Spiegare cosa? Che Robert si è introdotto in camera tua dalla finestra? – la guardò duramente, seguito a ruota dal padrino.
- Robert? Ma cosa sta succedendo?
- Il “fidanzato” di Lizzy, - rispose Harry mimando le virgolette sul termine fidanzato – È stato qui. È entrato in camera sua dalla finestra.
- Lizzy. – Sirius la guardò con attenzione, lei sbuffando non distolse mai lo sguardo, non aveva niente da nascondere.
- Robert mi ha portato in regalo questa tavola da surf. Una del tutto simile alla mia è in camera tua, fratellino. – spiegò – E poi mi ha chiesto se, durante il Trofeo, poteva presentarmi come sua fidanzata.
- Coooosaaaaaa?! – gemette Harry.
- Ho detto di no. – lo zittì Elizabeth – Non sono così scema come pensate tutti quanti voi. – replicò offesa – Non voglio finire più del dovuto sui giornali, né dare modo ai Mangiamorte di raggiungerti e fare strage di maghi e streghe. – sbuffò – Non voglio avere più morti del necessario sulla coscienza. – una lacrima le rigò il viso – Già mi sembra di sentire urlare quelli che non siamo riusciti a salvare nella Foresta Proibita.

Harry, dandosi mentalmente dello stupido, abbracciò sua sorella e le chiese scusa per gli sciocchi dubbi che si era fatto venire. Lo stesso fece Sirius che, grazie all’aiuto dei gemelli, riuscì a convincere i coniugi Potter a conoscere Daisy.
- Invitiamo anche Remus e Severus. – propose Lily mentre preparava la cena con l’aiuto della magia.
- Perché? – chiese il marito alzando un sopracciglio – Non ti basta il mio migliore amico?
- No. Perché più siamo e meglio è.
- Ma loro sarebbero da soli, mogliettina. Siamo tutti coppie. – le fece notare.
- Anche loro sarebbero una…
- Aaah no! – rise l’uomo – Ancora con la tua teoria che…
- Quale teoria? – domandò Harry entrando in cucina, tra le mani aveva alcuni dei fiori che la madre gli aveva chiesto di cogliere.
- Niente di che, Harry. La mamma pensava di invitare anche Severus e Remus a cena.
- Ooh no. – gemette il maghetto – Il professore di Pozioni noooo…
- Perché odi tanto lo zio Sev? – domandò Elizabeth entrando, aveva finito di apparecchiare la tavola in soggiorno.
- Perché sono una schiappa nella sua materia. – ammise distogliendo lo sguardo – E ho preso dei voti decenti solo grazie a te ed Hermione.
- E non scordarlo mai, fratellino! – gli puntò un dito sul petto – ‘Mione è una ragazza d’oro. Tienitela stretta e falla sempre, sempre, sempre, sentire importante. Non darla mai per scontata. – guardò i loro genitori – Prendi esempio dal papà e dalla mamma. – sorrise – Anch’io voglio trovare un amore così.
Lily non riuscì a trattenere un singhiozzo e, emozionata per le parole della figlia, corse verso i gemelli e li avvolse nel suo più caldo abbraccio. James li raggiunse poco dopo, troppo emozionato per dire anche solo una parola.  
Quando si furono calmati, continuarono a preparare per la cena della sera; Lily ebbe la meglio ed invitò anche Severus e Remus all’evento.
Puntuali alle 20:00, si presentarono tutti a casa Potter. Chi portando del vino, chi un mazzo di fiori e chi del gelato per il dessert.
Dopo i primi momenti di imbarazzo, grazie soprattutto alla presenza dei gemelli che erano la colla che teneva unita la famiglia, il ghiaccio si sciolse e tutti si rilassarono.

Lilian e Daisy, come aveva previsto Sirius, legarono subito. Avevano un modo di fare molto simile e questo fece sentire la Babbana meno fuori luogo.
- Ti piace fare il Medimago, Lily? – domandò la gelataia aiutandola a sparecchiare.
- Molto. Ho scelto il lavoro seguendo la mia passione. – rispose – Tu sai molte cose sul mondo magico. – la osservò con un sorriso.
- Non so se Sirius vi ha parlato di me. – arrossì.
- Non molto. – ammise rammaricata – Avrei tanto voluto imparare a conoscerti meglio.
- So quello che ti è successo. – le disse – È terribile. Sirius era sconvolto. Ha pianto moltissimo. – notando il lampo di dolore oscurare gli occhi della strega, si affrettò ad aggiungere – Scusa, ovviamente non sono affari miei è che…
- No. Tranquilla. – le sorrise senza allegria – È una ferita aperta, fa ancora molto male.
- Immagino… - annuì.
- Scusa, mi stavi dicendo della tua famiglia.
- Ooh giusto… Parte della mia famiglia è dotata di poteri, e vive nel mondo magico. – sorrise – Nonostante la mia non magicità, - ridacchiò – la mia famiglia e quella dei miei cugini sono rimaste in contatto. Loro spesso venivano a curiosare nell’Inghilterra Babbana, ed io trascorrevo del tempo con loro in quella magica, imparando molte cose.
- Avrei voluto farlo io con mia sorella. Ma lei mi ha dato per morta il giorno stesso in cui ho ricevuto la lettera per la scuola.
- Che brutto. – gemette Daisy – Mi dispiace.
- Figurati. – si strinse nelle spalle – Lei mi ha sempre trovato strana. Troppo bella. Troppo intelligente. Non mi ha mai perdonato di averle “soffiato” il ragazzino che le piaceva al ballo studentesco. – ridacchiò, facendo sorridere anche la gelataia – Tu hai fratelli o sorelle?
- Un fratello. – le mostrò la foto che teneva nel ciondolo sul petto – È un soldato, in questo momento è da qualche parte in Afghanistan. – fece un sorriso triste – Spero solo che stia bene. Ho sempre pochissime notizie di lui e del suo gruppo di soldati scelti.

In silenzio, continuarono a sistemare nei piatti da portata il secondo ed i contorni; quando terminarono Daisy disse:
- Vado a chiamare Sir, almeno ci aiuterà…
- Vuoi vedere un piccolo trucco? – le domandò strizzando l’occhio Lily che, pronunciando un incantesimo non verbale di lievitazione, fece sollevare i piatti dal tavolo come se fossero senza peso.
- Woooowwww! – gemette Daisy ammirata – Che meraviglia!
- Non mi piace abusare della magia; - si strinse nelle spalle – ma, ogni tanto, è utile.
- Concordo… - annuì la Babbana che, prima di rientrare in sala da pranzo, le domandò – Ma… Tra Severus e Remus, c’è qualcosa?
Lilian scoppiò a ridere forte, facendo girare i commensali verso di loro, Daisy la guardò sgranando gli occhi e la strega rispose che no, al momento tra loro non c’era ancora niente.
Il resto della serata trascorse sereno, parlarono e mangiarono molto. Finirono un paio di bottiglie di vino e, dopo l’ottimo gelato di Daisy, i gemelli chiesero e ottennero il permesso di andare in camera loro. Troppo stanchi dalle chiacchiere degli adulti per trattenersi ancora.
- Forza, andate in giardino. – ordinò loro con gentilezza Lily – Io e Jamie vi raggiungeremo a momenti.
Vociando, i maghi e la gelataia, presero posto nel giardino, accomodandosi nei divanetti.
- Severus. – lo chiamò Daisy – Cosa insegna lei a scuola?
- Sono insegnante di Pozioni. – spiegò con il suo solito ghigno.
- La materia più noiosa di sempre. – lo prese in giro Sirius.
- Sei ingiusto. – lo difese la sua fidanzata, lasciando a bocca aperta Remus – Nei secoli, gli Alchimisti sono sempre stati fondamentali. È grazie a loro se molte medicine sono state create. – guardò Severus – Credo che, se non ho capito male, il suo lavoro sia molto simile a quello che noi babbani conosciamo come alchimista, vero?
- Esattamente signorina. – le sorrise, un sorriso vero che fece arrossire non solo Daisy ma anche il Licantropo che si era accomodato su una poltroncina lontano da Severus.
- Posso chiedere di abolire questo “lei”? – li pregò dopo qualche istante di silenzio.
- Finalmente qualcuno ha trovato il coraggio di dirlo! – approvò Remus – Grazie!
- Ma figurati! – ridacchiò lei stringendosi nell’abbraccio del fidanzato – E tu, Remus, che lavoro fai?
- Il nullafacente! – rise forte James raggiungendoli in giardino con un vassoio.
- Ecco qua il gran lavoratore! – alzò gli occhi al cielo Severus – Siamo tutti insegnati, Daisy. – poi si accorse di aver risposto al posto di Remus e, sobbalzando, si girò verso di lui dicendo – Scusa, ho risposto per te.
- Tranquillo. – si scambiarono un sorriso – Io e Jamie insegniamo Difesa contro le Arti Oscure. Non è facile da spiegare con parole Babbane.
- Una specie di autodifesa contro chi vuole farti del male. – spiegò Lily raggiungendoli.
- Ooh. – gli occhi di Daisy brillarono – Mi piacerebbe molto vedere la vostra scuola. – sospirò – I miei cugini mi hanno detto che noi non possiamo vederla. – fece un sorriso triste – Ma nemmeno su un libro?
- Ci sono i libri per bambini. – annuì Remus – Quando ancora non si è sviluppato il loro nucleo magico. Lì si parla di Hogwards come in una favola. Tutti possono vederla disegnata.
- Abbiamo uno di quei libri da qualche parte. – annuì James porgendo ai suoi amici un bicchiere di whisky incendiario – Ma dovrei chiedere a Lizzy.
- Non è urgente. – sorrise lei, poi si girò ad osservare lo scorrere del tempo della parte magica dell’Inghilterra. Notando che c’erano molte similitudini, le persone a passeggio; il vociare dei bambini che giocavano in giardino.
Poi osservò con attenzione le persone che aveva appena conosciuto. Tre di loro, James; Lilian e Remus, erano tra i migliori amici del suo Sirius. La nota stonata, oltre lei stessa, era Severus Piton arcigno e distante nel suo abbigliamento nero. Da Sirius e dai gemelli, aveva saputo che Severus si era aggiunto da pochi anni al loro gruppo. Da principio, era stato un loro avversario, soprattutto di James perché entrambi si erano innamorati della dottoressa Evans. Poi lei aveva scelto il giovane Potter e la vita l’aveva portata ad abitare in quella bella villetta e crescere due figli fantastici.

I suoi occhi, infine, si posarono sull’emaciato professor Lupin. Lui, con aria languidamente malinconica, di tanto in tanto lanciava delle rapide occhiate a Severus Piton; ma non erano gli sguardi pieni di scherno che si lanciavano Sirius e James, erano sguardi profondi pieni di sentimenti non confessati.
- Daisy, amore. – la scosse Sirius – Stai bene?
- Dio, scusate. – gemette lei arrossendo – L’ho fatto di nuovo? – domandò al suo compagno.
- Ti sei isolata e persa nei tuoi pensieri, sì. – le dette un bacio sulla punta del naso.
- È come se ci fosse una traccia magica in lei. – mormorò Remus, le sue parole furono confermate da Severus:
- Avevo avuto anch’io questa impressione.
- Cosa…? – chiese James.
- Stanno dicendo che potrebbe essere una Maganò. – spiegò Lily mandando la testa di lato.
- Una che cosa? – domandò curiosa la gelataia guardando i presenti.
- Un Magonò è un individuo senza poteri magici, o con poteri molto limitati, nato da una famiglia magica; è il contrario di un mago nato da Babbani. – spiegò Severus, dettagliato come sempre.
- Ma non è possibile. – Daisy scosse la testa – Nessuno del ramo della mia famiglia ha mai avuto poteri magici. – fece un sorriso – Sicuramente quello che sentite, percepite, è la mia forte empatia.
- Forse è così. – la rassicurò Remus – Scusaci, non volevamo spaventarti con i nostri discorsi.
- Scusate è che… non ho mai pensato di poter essere qualcosa di diverso da Daisy… - sorrise loro, poi appoggiò la testa sulla spalla di Sirius, facendosi coinvolgere dalle chiacchiere su come organizzare al meglio il viaggio dagli O’Hurn.
La chiacchierata terminò tardi, i primi ad andare via furono Sirius e Daisy; seguiti a ruota da Severus e Remus. I coniugi Potter, salutarono i loro amici con un abbraccio, poi sistemarono casa con un colpo di bacchetta e raggiunsero la camera da letto, troppo stanchi per parlare.
Lily guardò i gemelli, dormivano serenamente ognuno nel proprio letto. Elizabeth si era addormentata leggendo un libro di pozioni del terzo anno, Harry un libro di difesa contro le arti oscure.
Con un sorriso, tolse loro i libri e spense la luce. Poi li baciò, facendo attenzione a fare il minimo del rumore.
In camera, James la stava aspettando.
- Tutto ok, amore? – le domandò.
- Sì, ho controllato i ragazzi. – ammise arrossendo – Sai che non posso farne a meno.
- Lo so. – la abbracciò – Hai l’aria stanca, temo di averti fatto strapazzare troppo.
- Ma no. – lo baciò sulla guancia rasata – Sto bene. Non ho niente che una notte di sonno, non mandi via.
James sorrise alla moglie, la lasciò andare e finì di prepararsi per la notte; imitato dalla Medimaga che, con uno sbadiglio, scivolò tra le lenzuola fresche di bucato.

Mentre casa Potter scivolava nel sonno, Remus e Severus stavano camminando per le vie silenziose di Godric's Hollow, cercando un luogo dove potersi smaterializzare senza disturbare i cittadini addormentati.
- È stata una bella serata. – parlò Remus, non tollerava più quell’assordante silenzio.
- Piacevole. – rispose l’altro continuando a camminare.
- Severus. – lo chiamò il Licantropo.
- Sì? – il Pozionista si voltò verso il suo collega.
- Hai un odore diverso addosso. – gli disse trattenendo a stento un ringhio.
- Tu vaneggi. – Severus alzò un sopracciglio nero, osservandolo distrattamente – Non ho incontrato nessuno che tu non conosca già.
- È un odore che conosco. – ammise – E non mi piace che sia sul tuo mantello. – la voce, solitamente, pacata e gentile di Remus aveva assunto una sfumatura “lupesca”.
- È gelosia quella che sento nella tua voce, lupastro? – ridacchiò il Pozionista riprendendo a camminare.
- Perché il suo odore. L’odore di lei è su di te? – domandò ancora, senza rispondere alla domanda del mago.
- Sai che non è buona educazione rispondere ad una domanda con un’altra domanda, vero? – lo guardò, putando i suoi occhi neri come una notte senza stelle in quelli color nocciola di lui.
- Lo so. Ma tu stai facendo lo stesso. – mormorò il Licantropo facendo un passo verso di lui.
- Se proprio vuoi saperlo, - sospirò Severus stanco di quel gioco – lei, come la chiami tu, è caduta nella Foresta Proibita, su una delle radici. L’ho sorretta. Per questo il suo odore è sul mio mantello.
Continuarono a camminare in silenzio nella via semibuia per alcuni minuti, Remus aveva un sacco di domande a tormentarlo; ma sapeva di non poterle fare al suo “collega”. Non aveva nessun diritto di essere geloso della sua vita privata.
- Prima che il tuo cervello da lupo fonda. – parlò Severus rompendo il silenzio – Ti dirò che Violet mi ha baciato. Mi ha colto alla sprovvista. È successo solo quella volta, quando è caduta nella Foresta.
- Mh. – Remus annuì, mostrandosi più interessato ai sassi del selciato che all’uomo che gli era di fianco.
- Vuoi saperlo? – lo prese per un braccio, strattonandolo – E’ stato bello. – fissò i suoi occhi in quelli di lui, un ghigno crudele sul viso – E’ stato bello essere baciato da qualcuno che desiderava farlo.
- E credi che mi importi qualcosa di chi baci tu? – lo sfidò Remus puntando i suoi occhi in quelli di lui, un sorriso beffardo a deformargli la bocca – Per me puoi baciare tutte le streghe e le babbane che vuoi.
- E se volessi baciare i maghi e i babbani? – gli domandò annullando la distanza tra loro.
- Li… - inghiottì a vuoto il Licantropo, senza saliva – Libero di fare ciò che… - ma non finì la frase, perché la bocca dura, esigente e incredibilmente calda di Severus fu sulla propria, cancellando dalla sua mente ogni pensiero coerente.
Severus avvolse Remus nel proprio mantello e lo attirò a sé, continuando a baciarlo. Baciandolo come aveva sempre desiderato essere da quell’uomo complicato che si nascondeva dietro la maschera di Licantropo per paura di soffrire.
Continuarono a baciarsi fino a che i polmoni glielo permisero. Quando si separarono, Remus guardò Severus troppo sconvolto per dire anche solo una parola.
Il Pozionista lo guardò sorridendo, un sorriso dolce; ma il Licantropo fece un passo indietro e con un sonoro “pop” si smaterializzò lasciandolo da solo nella via dove si erano scambiati il loro primo bacio.
Severus, indossando nuovamente la sua maschera gelida, si smaterializzò nella Foresta Proibita e tornò nell’appartamento che occupava ad Hogwards, troppo stanco per rispondere al messaggio che Violet gli aveva lasciato sulla porta.

Remus, troppo scosso per pensare coerentemente, era tornato a casa Potter facendo svegliare con un sobbalzo ed un urlo i suoi più cari amici.
- Rem! – lo sgridò Lilian – Ma si può sapere cosa ti passa per la testa?
- Io… - Remus balbettava, si muoveva per la stanza torcendosi le mani – Io… Non sapevo dove andare… Io…
- Ti senti male? – domandò James preoccupato per il suo amico.
- Sì… No… - guardò i Potter – Ho bisogno di parlare con Lily. In privato. – la pregò.
La Medimaga si alzò sospirando, indossò la vestaglia sopra la camicia da notte che usava per dormire e gli disse:
- Vai in cucina, metti su il bollitore. Abbiamo bisogno di tea. Tanto tea.
- Io preferirei della cioccolata calda. – ammise con un sorriso mesto.
- Ho detto che prenderemo del tea. – lo guardò duramente – Tra i due, il medico sono io.
- Ok…
Remus, scese in cucina mentre Lily si girava verso James preoccupato.
- Amore, non è niente… - lo tranquillizzò.
- Come fai ad esserne certa? – domandò lui.
- Come hai reagito al nostro primo bacio?
- Io… - gli occhi di James brillarono al pensiero – Avevo il cervello in tilt. Gioia. Paura. Avevo diecimila sentimenti… e…
- Esatto. – annuì la dottoressa – Credo che Remus abbia, finalmente, ricevuto il bacio da parte della persona che lui ama da tutta la vita. – lo baciò sulle labbra – Torna a letto, occupati dei ragazzi. A Remus penso io.
- Va bene amore… - le dette un ultimo bacio – Ti amo…
- Ti amo anch’io… - sorrise Lily uscendo dalla stanza.

La Medimaga, raggiunse l’amico Licantropo in cucina. L’uomo aveva preparato il tea e aspettava la dottoressa guardandosi attorno con aria spaventata.
Lilian lanciò un incantesimo silenziante alla cucina, poi sedette sullo sgabello vicino a Remus dicendo:
- Vuota il sacco, lupastro.
Remus sobbalzò, accorgendosi solo in quel frangente che lei era la seconda ed unica persona a chiamarlo così.
- Mi chiami come fa Severus. – spiegò girandosi a guardarla.
- Lo so. – annuì – Siamo gli unici a poterlo fare. – gli appoggiò una mano sul braccio, Remus stava tremando – Mi spieghi cosa è successo?
- Io e Severus stavamo tornando a casa… - spiegò mettendo entrambe le mani attorno alla tazza fumante.
- Sì… e poi?
- Abbiamo iniziato a parlare della serata ed io…
- Tu? – lo incitò, odiava il dovergli estorcere le informazioni con le pinze.
- Io gli ho fatto una mezza scenata di gelosia. – ammise arrossendo – Gli ho detto che sentivo il profumo di Violet sul suo soprabito. Gli ho chiesto perché.
- E Sev?
- Severus mi ha spiegato di averla soccorsa dopo che era caduta nella Foresta Proibita.
- Eeeee…?
- E che poi l’ha baciata.
- Cosa? – Lilian urlò facendolo sobbalzare – Ma sei sicuro?!
- Ecco sì… No… Insomma, mi ha detto che si sono baciati.
- Forse è stata lei a baciarlo. Severus non è mai stato il tipo da prendere l’iniziativa.
- Ma stasera con me l’ha fatto.
- Cosa? – lo guardò strabuzzando gli occhi – Che ha fatto?
- Ha preso l’iniziativa. Mi ha baciato! – lo disse così talmente a bassa voce che Lily credette di non averlo sentito.
- Baciato? Rem, Severus il mio Sev, ti ha baciato? – domandò e quando il Licantropo annuì, la dottoressa lo abbracciò più forte che poté.
- Lily… - mormorò lui – Io sono scappato. Dopo che lui mi ha baciato, sono fuggito qui, per parlare con te… Io…
- Io sono felice per te, Remus. Tu e Severus siete i miei più cari amici. Vi amo come se foste miei fratelli. – lo baciò con dolcezza sulla fronte – Raccontami, da quanti anni è che sei segretamente innamorato di lui?
Remus sobbalzò, rendendosi conto solo in quel momento che era riuscito a nascondere i propri sentimenti a tutti, tranne che alla persona che considerava una sorella: Lilian Evans, in Potter.

Il Licantropo, dopo aver bevuto un lungo sorso di tea, raccontò che si era innamorato di Severus la prima volta che l’aveva visto che, per lui, aveva subito quello che veniva definito “imprinting” per i Licantropi.
Lilian annuì, in quanto Medimaga aveva studiato anche le Creature Magiche e sapeva che l’imprinting era molto forte per i Licantropi.
Anche se era stato romanzato e descritto come un “colpo di fulmine”; l’imprinting era molto di più era un fenomeno che si verificava raramente nei Licantropi, ed avveniva “stampando”, focalizzando, nel proprio cervello la figura di una sola persona che per loro sarà una sorta di guida.
Molto più di semplice amore. Era qualcosa di meravigliosamente magico e spaventoso, che legava il Licantropo alla persona per l’eternità.
- Quindi la prima volta che hai visto Severus, hai sentito questo sentimento? – domandò Lily curiosa.
- Non subito. – ammise – C’erano troppe persone alla stazione. Milioni di odori e tracce magiche. Ho impiegato molto tempo a capire di chi fosse quella. – sorrise a mezza bocca – Per un lungo periodo, ho pensato che fosse Jamie. Poi ho creduto che fosse Sev. – ridacchiò – Mai pensato a Peter, mi disgustava troppo, anche nella sua forma Animagus.
- Comprendo perfettamente. – annuì Lily.
- Severus, è in grado di tenere “nascosta” la sua vera aura magica. Quella che mi solleticò le narici il giorno che ci siamo conosciuti.
- L’avevo notato. È come se…
- Dovesse nascondere qualcosa. – concluse per lei Remus osservando la notte fuori dalla finestra della cucina – Chissà se un giorno sapremo tutto di lui.
- Ora sei più sereno? – gli chiese lei con un sorriso fraterno.
- Sì, Lils. – annuì lui – Scusami, sono scappato via come un’adolescente alla sua prima cotta.
- Sbagliato, amico. – lo abbracciò – Gli adolescenti di oggi non scappano. Guarda i tuoi nipoti.
Remus pensò per qualche secondo alle parole dell’amica, poi scoppiò a ridere coinvolgendola.
- E ora? – chiese.
- Beh… - Lily gli accarezzò il viso con una carezza gentile – Ora devi agire.
- Sarà furibondo. – rabbrividì.
- Sarà deluso. – lo contraddisse la strega – Ma non furibondo. Magari penserà che l’hai respinto perché è un Mangiamorte. – lo guardò, Remus sgranò gli occhi non aveva valutato quell’opzione.
- È orribile. – gemette portandosi una mano sul viso stanco.
- Va da lui. È inutile che continui a tormentarti così. – gli sorrise Lily reprimendo a stento uno sbadiglio.
- È tardissimo ed io ti sto annoiando con le mie paranoie da prima donna.
- Non sono paranoie. Non sei una prima donna. – lo abbracciò strettamente, Remus ricambiò l’abbraccio sentendo l’affetto dell’amica scaldargli il cuore.
- Sei eccezionale. – le disse tra i capelli.
- Perché?
- Perché non hai fatto scene di panico. Pensavo che… alla notizia della mia omosessualità tu…
- Il mio mondo è stato completamente stravolto quando avevo 11 anni ed ho ricevuto la lettera per la scuola. – gli sorrise comprensiva – Da quel momento ho visto cose che avevo letto solo nelle favole. Ho conosciuto creature fantastiche. Combattuto duelli. Studiato materie di cui non avevo mai sentito parlare. Ho conosciuto te. Un Licantropo. Pensi davvero che… Il tuo orientamento sessuale mi sconvolga più di aver conosciuto Fiorenzo il Centauro? – si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere, divertiti.
- Adesso vado. – si alzò dallo sgabello il Licantropo – Devo sistemare questa faccenda.
- Vai. Io parlerò con Jamie ed i ragazzi, ma solo dopo che mi dirai come è andata la tua chiacchierata con Sev.
- Sei un tesoro, Lily.
I due amici si scambiarono un ultimo abbraccio, poi Remus si smaterializzò, lasciando casa Potter per raggiungere il Castello di Hogwards fin dove le protezioni della scuola lo permettevano.
Mentre lui correva a chiarirsi con Severus, Lilian tolse l’incantesimo silenziatore e raggiunse il marito in camera da letto dove lo trovò profondamente addormentato.
Con un sorriso, si tolse la vestaglia, si stese di fianco al marito e si lasciò cullare dal suo dolce respiro rilassato.

Remus raggiunse l’appartamento nei sotterranei della scuola correndo a perdifiato. Aveva perso fin troppo tempo e più correva, meno sapeva come affrontare l’argomento “bacio”. Nella sua testa, aveva fatto mille discorsi, ma nessuno di loro sembrava andare bene ripensandoci.
Facendo un profondo respiro, il Licantropo si fermò davanti alla porta dell’appartamento del mago indeciso se bussare o meno.
Quando stava per rinunciare, la porta dell’appartamento si aprì, rivelando la figura semivestita di Severus nella cornice della stessa.
- Ah sei tu. – bofonchiò, Remus aveva perso momentaneamente l’uso della parola, troppo preso dalla contemplazione del fisico del Pozionista. Fisico che, nascosto dalla pesante tunica nera, non sembrava così allenato né tonico – Hai fatto scattare i miei incantesimi. – spiegò facendosi da parte per farlo entrare – Pensavo che fosse quell’odiosa Mrs Purr. Di solito è Gazza che la manda a cacciare i topi.
Remus entrò nell’appartamento del Capo Casa di Serpeverde ingollando a vuoto, non aveva detto ancora una parola e Severus sembrava evitare sia il contatto visivo, sia di restare troppo vicino.
- Io… - iniziò il Licantropo – Mi sono comportato da vero idiota Severus. – ammise.
- Ah sì? – il mago inarcò un sopracciglio sedendo nella poltrona di pelle accanto al camino, anche se era estate nel suo appartamento il caminetto era acceso, nei sotterranei faceva sempre più freddo ed era più umido rispetto alle altre stanze del Castello.
- Sì. Primo non avrei dovuto fare il geloso. – lo guardò di sottecchi, Severus osservava le fiamme che crepitavano annuendo distrattamente – Secondo, non sarei dovuto scappare dopo…
- Dopo? – il Pozionista si alzò in piedi di scatto, sovrastandolo con la sua altezza.
- Dopo che mi hai baciato. – soffiò a pochi centimetri dalle sue labbra.
- Codardo. – mormorò Severus facendo un passo indietro – Per anni ho sentito la tua magia lanciarmi segnali inequivocabili. Ma io ero troppo idiota per comprenderli. Per accettarli.
- Cosa… - chiese Remus colpito dalla sua dichiarazione – Ti ha fatto cambiare idea?
- Il bacio di una Veela. – sorrise triste – Un bacio che mi ha fatto piacere. Ma che non mi ha fatto provare altro. – lo guardò, occhi di pece in occhi d’ambra.
Remus trasse un profondo sospiro, poi si alzò dal mobile sopra il quale si era appoggiato e raggiunse Severus al centro della stanza.
Senza dargli il tempo di dire o fare alcunché, lo prese tra le sue forti ed esili braccia e lo baciò esattamente come sognava di fare da quando era poco più di un ragazzino.
Severus si aggrappò con entrambe le mani alla giacca del Licantropo, approfondendo il bacio, sospirando per aver finalmente trovato quella scintilla che gli era mancata durante il bacio con la bellissima e seducente Violet O’Hurn.

I due potenti maghi, continuarono a baciarsi davanti al caminetto acceso fino a quando i polmoni di entrambi non chiesero pietà per rifornirsi d’aria.
- È molto tardi… - mormorò Remus accarezzando il viso arrossato di Severus – Io non dovrei essere qui.
- Non c’è scuola. – gli sorrise l’altro – E tu non hai una casa.
Remus sorrise con calore, a dire la verità aveva ereditato una piccola baita tra i boschi dalla sua famiglia. Ma non c’era mai andato e non l’aveva mai sentita “casa” come sentiva il Castello.
- Fermati qua stanotte. – mormorò di getto Severus. Remus arrossì fino alla radice dei capelli, stava per rifiutare ma l’altro continuò – Sei stanco. Hai usato molta magia. Qui sei nell’appartamento del miglior Pozionista di sempre. – sorrise notando il lampo brillare negli occhi del Licantropo – Resta a dormire. Siamo stanchi entrambi. Non andare via.
- Voglio restare Severus. – annuì lui abbracciandolo – Voglio dormire circondato dal tuo odore. – lo baciò nuovamente – Vorrei essere più poetico. Ma sono così… - e non terminò la frase, perché svenne tra le braccia di Severus che, come se niente fosse, lo portò in camera da letto e lo adagiò tra le lenzuola di raso.
Con pochi rapidi colpi di bacchetta, gli tolse le scarpe e cambiò gli abiti da viaggio del professore in un comodo pigiama.
Remus, sentendo il calore del tessuto avvolgergli la pelle, sorrise soddisfatto poi si girò ad abbracciare il cuscino, cercando l’odore che più lo rassicurava, quello di Piton.
L’uomo, senza indossare la parte sopra del pigiama, si stese di fianco a Lupin, lo avvolse tra le sue braccia e si lasciò trasportare, troppo stanco anche solo per pensare, nel mondo dei sogni.
“Domani” pensò il Pozionista sbadigliando “Domani parleremo ancora. E da domani mi prenderò cura di te, obbligandoti a prendere tutte le pozioni che ho già pronte per te, cocciuto lupastro”.

E, con un sorriso sulle labbra, Severus si addormentò conscio che la guerra era vicina; ma felice, almeno per quella sera, di poter stringere quel “cocciuto lupastro” tra le sue braccia.

 


Angolino dell’Autrice:

E dopo tempi a dir poco biblici, causati per volontà della mia “vena poetica” quasi del tutto prosciugata dal caldo torrido di questi giorni, eccomi tornata a voi con un nuovo capitolo della mia storia.
Ho cancellato e riscritto alcune scene tante di quelle volte che spero di non aver confuso i personaggi di Harry Potter ed i suoi luoghi, con quelli di altre storie che sto leggendo/scrivendo.

Non odiatemi, ma non mi piaceva molto la vedova O’Hurn di fianco a Piton. La mia mente perversa me lo ha fatto immaginare insieme a Remus Lupin… Al momento mi sembrano abbastanza credibili insieme…
Vediamo andando avanti cosa succederà, soprattutto quando Remus scoprirà che Robert O’Hurn è stato messo apposta lungo la strada di Elizabeth per distrarla e tenerla lontana da… un certo biondino che però continua a tormentarle il cervello…

Al prossimo capitolo…
XO XO Gremilde.

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Capitolo 9
*** Alla ricerca della serenità ***


Capitolo Otto:


Il mattino dopo, il sole trovò Severus e Remus teneramente abbracciati nel grande letto del Pozionista.
Il primo a svegliarsi, colpito in viso da un raggio di sole, fu Remus che resosi conto di essere in un luogo a lui sconosciuto si tirò a sedere nel letto svegliando bruscamente l’uomo che gli dormiva accanto.
- Buongiorno. – biascicò Severus – Non amo i bruschi risvegli. – lo avvisò girandogli le spalle.
Remus lo guardò sgranando gli occhi: aveva realmente dormito con lui. Si erano realmente baciati. Non era stato solo il frutto della sua immaginazione.
- Lupastro! – mugugnò il mago – Fai troppo rumore quando pensi.
- Severus. – lo chiamò passandosi una mano sul viso – Cosa è successo ieri sera?
- Sei svenuto per abuso di magia. – si girò nuovamente, fissando i suoi occhi neri in quelli di lui – Da quanto tempo è che non mangi adeguatamente e che non prendi le pozioni che ti ho dato?
Una luce colpevole illuminò gli occhi del Licantropo, Severus non riuscì a trattenere una smorfia.
- Sempre il solito supponente, vero Lupin? – la voce tremava per la collera – Mi chiedo cosa mi preoccupo a fare.
- Ti chiedo scusa. – mormorò Remus alzandosi, un sorriso triste sulle labbra – Lungi da me crearti tanto disturbo, sai?
Il serpeverde, fulmineo, prese il polso del grifondoro un attimo prima che si alzasse dal letto.
- Ti sei pentito di avermi baciato? Ti sei accorto che, in realtà, faccio schifo come ha sempre detto il tuo amichetto del cuore Potter? – la sua voce era uscita più fredda e graffiante di quanto in realtà non avesse voluto.
- No. – Remus puntò i suoi occhi in quelli di Severus – Mi sono pentito di essere scappato dopo che mi hai baciato la prima volta. E… - distolse lo sguardo – Di aver fatto passare tutti questi anni per darti il primo bacio. – sorrise quando sentì la presa sul polso diventare più leggera, simile ad una carezza.
- E allora perché stai scappando ancora? – domandò.
- Perché non so cosa frulla in quella tua testa verdeargento. – ammise.
- Non ti permetterò di leggere la mia mente. – rispose dentro il suo orecchio – In questo momento è piena di immagini sconvenienti e di “cosa ti farei” …
Remus arrossì davanti a quella confessione; ma si girò per incontrare le labbra di Severus in lungo e torrido bacio che lasciò entrambi senza fiato.

Alla fine del bacio, il Licantropo strinse il corpo di Severus contro il proprio, accarezzandogli dolcemente la schiena nuda.
- Non scapperò più. – promise dopo un lungo momento di silenzio.
- Non posso prometterti la stessa cosa. – sospirò Severus – Sai che…
- Lo so. – lo zittì con un bacio a stampo – Ma non voglio parlare né dell’Ordine della Fenice né dei piani dell’Oscuro Signore. – lo pregò – Non adesso. Non oggi per lo meno.
- Concesso. – annuì il Pozionista mettendosi comodo – Sei un po’ troppo magro per i miei gusti. – lo prese in giro, ma senza cattiveria – Non sei granché come cuscino.
- Hai ragione. – rise Remus, rilassandosi sotto le carezze del Pozionista – Dovrei decidermi a mangiare regolarmente.
- Già. – biascicò Severus – Cosa vorresti per colazione?
- Una cioccolata calda e muffin al cioccolato. – rispose di getto.
- Tutta questa cioccolata… - iniziò, ma non riuscì a proseguire davanti agli occhi “da cucciolo” esibiti dall’uomo – Sei impossibile. Il tuo sguardo non attacca con me. – sbuffò – Ti ricordo che sono il terribile professore di Pozioni. Non una balia disposta a viziarti.
- Mh. – gli fece la linguaccia Remus – Sei antipatico.
- È da mezz’ora che mi accarezzi… Mi baci… - replicò – La lista dei “cosa ti farei”, si è spaventosamente ampliata. È bene che vada a farmi una doccia. Gelata. – biascicò alzandosi dal letto, allontanandosi faticosamente da quelle braccia calde.
Remus sorrise alzando solo un angolo della bocca, la schiena di Severus era ampia e calda. Aveva sentito sotto le dita i segni di vecchie cicatrici. Senz’altro cinghiate. Ma non aveva chiesto niente e l’aveva lasciato andare quando aveva sentito che a crescere era l’imbarazzo del Pozionista anziché la sua eccitazione.
- Hai un corpo magnifico. – gli disse facendolo bloccare sulla porta del bagno – Quelle inutili tuniche che indossi, nascondono troppo.
- Diciamo che è fatto apposta. – rispose a disagio – Mi piace tenermi in forma. Ma senza esagerare. – spiegò – Penso che dell’esercizio fisico e disciplina, siano importanti per noi maghi. – si strinse nelle spalle – Ma Silente mi ha chiesto di fingere di essere “meno in forma” e meno potente di quando realmente io sia. – fece una smorfia e continuò – Mi ha detto che, in questo modo, non avrei insospettito né gli altri Mangiamorte né l’Oscuro Signore. Mi ha chiesto di fingere di non essere fisicamente prestanti. Almeno non così tanto. – sorrise.
- Mi parlerai mai del tuo ruolo di spia, o del perché sei entrato nell’esercito di…?
- No. – rispose secco, e non aggiunse altro, chiudendosi la porta alle spalle.
Remus sobbalzò, si alzò con un sospiro dal letto e si diresse verso l’armadio del Pozionista. All’interno c’erano solo abiti neri, ed erano tutti troppo grandi per lui.
Mugugnando prese dei pantaloni neri e una camicia grigio fumo. Con un colpo di bacchetta, ridimensionò gli abiti rendendoli adatti al suo fisico, schiarì la camicia facendola prendere la sfumatura della luna; poi li indossò avendo cura di piegare il pigiama e di metterlo nella cesta della biancheria da lavare. Soddisfatto del risultato che gli rimandava lo specchio, decise di fare un giro per gli appartamenti del Pozionista, osservando la cura posta da Severus nell’arredare le proprie stanze.
Dalla collezione di libri antichi, alle ampolle contenenti pozioni. L’uomo lo raggiunse dopo alcuni minuti, vestito di tutto punto e con un odore di muschio a riempire l’aria.
- Ti piace quello che vedi? – gli domandò abbracciandolo da dietro – Le mie stanze, sono di tuo gradimento, lupastro?
- Troppo verde e nero per i miei gusti. – ridacchiò appoggiandosi contro il suo petto Remus – Ma hai buon gusto, Potion Master. – si girò a baciarlo languidamente, togliendogli il fiato.
- Puoi vivere qui, se lo vorrai. – gli mormorò sulle labbra Severus.
- È un’offerta generosa ma…
- Ma io sono il migliore pozionista di sempre. Insieme troveremo la pozione giusta per te.
Gli occhi chiari di Remus si riempirono di lacrime di meraviglia, si strinse con forza al petto di Severus lasciandosi abbracciare e cullare per lunghi interminabili minuti.
- Rem… - lo baciò tra i capelli – Ho una serie di pozioni pronte per te. Sei debole. Ti sei lasciato andare troppo.
- Non ho avuto molto tempo per prendermi cura di me. Soprattutto perché…
- Lo so. – annuì irrigidendosi – E non ero d’accordo con quella parte del piano.
- Mi è stato riferito da Jamie. – insinuò il naso nel collo dell’altro uomo ispirandone l’odore – Non chiudere tanto il colletto della camicia. – lo pregò sganciando un paio di bottoni, l’odore di Severus gli riempì le narici facendogli dilatare gli occhi – Così va meglio… - mormorò assaggiando quella carne delicata con la lingua.
- Remus… - ansimò Severus – Se continui così… Non credo che raggiungeremo mai la Sala Grande per la colazione.
- Colazione? – il licantropo fece un passo indietro e lo guardò con uno sguardo talmente carico di desiderio che tutti i buoni propositi del Pozionista si dissolsero come neve al sole -Sei tu la mia colazione. – ringhiò avventandosi contro le sue labbra, stringendolo con forza contro di sé.

Severus si lasciò travolgere completamente dal desiderio dell’altro uomo, perché era lo stesso che sopiva dentro di lui da anni.
Disseminando gli abiti sul pavimento, strappandoli e gettandoli a terra, raggiunsero la camera da letto.
- Sei bellissimo. – mormorò Remus baciandogli il petto.
- Rem… - Severus affondò una mano tra i capelli setosi di lui, incapace di aggiungere altro.
- Ti desidero tanto. – confessò il licantropo facendo scivolare una mano fino ai boxer scuri che il pozionista indossava – È da quando sono arrivato in questa scuola che sogno di te… Sei stato il mio tormento.
- E tu il mio. – ridacchiò imbarazzato Severus inarcandosi contro la sua mano – Eri sempre tra i piedi, anche quando non avevo voglia di vederti. Sempre con quegli idioti di amici a prendermi in giro.
- Era l’unico modo che avevo per vederti… - lo disse a mo’ di scusa, dispiaciuto per tutto il dolore che gli avevano causato – Ma non ho mai apprezzato la loro idiozia.
- Hai molto di cui farti perdonare. – voleva suonare come una minaccia, ma entrambi sapevano che era tutt’altro e Remus arorssì fino alla radice dei capelli sentendo il desiderio nella voce di quell’uomo che aveva scelto come suo compagno.
Severus ribaltò le posizioni, facendo affondare il licantropo nel materasso sotto il peso del proprio corpo.
Ripreso a baciarsi ed accarezzarsi dolcemente, languidamente, imparando a conoscere l’uno il corpo dell’altro.
Si tolsero i boxer e si fissarono per un lungo momento, in silenzio, occhi negli occhi.
- Non credo di avere ancora sufficiente forza di aspettare Remus… - ansimò continuando ad accarezzare l’erezione dell’altro.
- Non ho più voglia di aspettare Severus. – ansimò il licantropo tendendosi verso la mano che lo stava torturando in modo così piacevole – Fammi tuo… - lo pregò, li occhi liquidi di passione.
- Sei mio! – lo baciò, fino a farlo restare senza fiato.
- E tu sei mio. – ringhiò l’altro prendendolo per i capelli.
Si sorrisero, sarebbe stato sempre così tra loro ne erano certi. Ma la cosa non dispiaceva a nessuno dei due.
Piton si staccò per un attimo dal corpo del compagno per prendere un lubrificante nel cassetto del suo comodino e, stappando il tubetto, disse:
- Sei sicuro Remus?
- Sicuro. – annuì il licantropo – Ho bisogno di essere tuo. Di averti dentro di me. Di sentire il tuo odore invadermi… - arrossì – Ma tu dovrai essere mio allo stesso modo. – lo guardò in cerca di una risposta.
- Sì. – mormorò Severus troppo scosso dalle parole dell’uomo per articolare qualcosa di più di un semplice “sì”.
Remus si alzò per baciarlo, prese dalle sue mani il lubrificante e se ne versò un po’ nella mano.
- Tu prepara me… Io mi occuperò di te… - gli sorrise e l’erezione di Severus tremò d’aspettativa.
Continuarono ad accarezzarsi e baciarsi fino a quando si sentirono pronti. Severus entrò lentamente nel corpo gemente di Remus che sembrava creato appositamente per accoglierlo.
Si amarono famelici, voraci, urlando l’uno nella bocca dell’altro il proprio piacere e raggiunsero l’apice insieme chiamandosi languidamente per nome.

Severus si accasciò sulla schiena di Remus, gli baciò la spalla e gliela morse con dolcezza. Il licantropo ridacchiò e rabbrividì sentendo il fiato del suo compagno sulla pelle accaldata.
- Ti amo Severus Piton. – ammise stringendosi a lui.
Il Pozionista si irrigidì leggermente, poi sorrise contro la spalla del Licantropo ma non rispose, lasciando che l’udito fine del mago che teneva stretto sentisse il battito impazzito del suo cuore.
- Ho avuto paura per tutta la vita. – continuò Remus girandosi per guardarlo negli occhi – Voglio iniziare a vivere.
- Anch’io. – sorrise ancora Severus e si chinò a baciargli dolcemente le labbra.
Le loro effusioni furono interrotte da un deciso bussare alla porta. Piton sbuffando, lasciò il suo giaciglio e, avvolgendosi un asciugamano sui fianchi, raggiunse la porta d’ingresso.
- Sì? – parlò con la sua voce strascicata – Chi è?
- Sono Albus, Severus. – parlò il Preside al di là della porta – Posso entrare?
- Non sono solo.
- Ooh ma lo so! – ridacchiò – Ho chiesto agli elfi della cucina di preparare qualcosa da mangiare per noi.
- Silente. – sbuffò aprendo la porta, gli occhi dove brillava una tempesta di rabbia – Possibile non poter avere un minino di privacy?
- È una scuola questa. Non la tua abitazione privata, professore. – gli fece notare il Preside entrando.
- Touché… - brontolò il professore di Pozioni – Si accomodi, signore. Il tempo di vestirci e saremo da lei.
- Certo, certo. – Silente si accomodò su una delle poltrone di pelle davanti al caminetto; con un gesto elegante della mano fece comparire un tavolino dove gli elfi appoggiarono i vassoi con il pranzo.
Severus, borbottando insulti irripetibili, raggiunse Remus in bagno.
- È il Preside, vero? – domandò il Licantropo che era fresco di doccia – Ho percepito l’odore non appena hai aperto.
- Sì, è lui. Mi ha detto che non posso avere più privacy di così perché questa è una scuola. – gli occhi neri di Severus erano tempestosi.
- Va bene così. Finirà questa maledetta guerra, Sev. Avremo tempo per noi. – lo rassicurò Remus con una carezza gentile sul viso, si scambiarono un bacio e l’uomo lo lasciò in bagno per finire di prepararsi.
Il Pozionista sospirò dandosi mentalmente dello stupido, Remus aveva ragione ovviamente ma quel giorno si sentiva particolarmente egoista e non avrebbe voluto condividerlo con nessun altro, nemmeno con il Preside della scuola.
Rapidamente si lavò e si vestì, raggiungendoli nel salottino dove stavano parlando tranquillamente.
- Oooh caro ragazzo. – lo accolse con un sorriso il Preside.
- Signore, per favore, la smetta di chiamarmi così. – arrossì leggermente Severus – Mi sembra di essere sempre un suo studente.
- Eheheheheh… - ridacchiò lisciandosi la barba bianca l’uomo – Resterete tutti miei studenti. – ammise – E così… Finalmente…
- Come finalmente!? – sbiancò pericolosamente Remus – Lei…
- Lo sospettavo. – ammise osservandoli con attenzione – Sentivo che le vostre magie erano…
- Complementari? – lo aiutò Severus a trovare la parola più adatta.
- Sì, esatto. – annuì – Complementari. Vi siete studiati da lontano per moltissimi anni.
- Anni sprecati. – borbottò Remus puntando i suoi occhi in quelli del suo compagno.
- Anni che vi sono serviti a crescere. – lo contraddisse – Avete affrontato dei percorsi di crescita molto duri. Forse, e dico forse, se foste diventati coppia prima, nessuno dei due avrebbe fatto determinate scelte.
- Senz’altro è così, signore. – ammise Severus – Se fosse stato il mio compagno, non avrei mai permesso a Remus di trasformarsi in Licantropo per un periodo così lungo. – era una velata accusa al Preside che incassò il colpo con un sorriso colpevole.
- E tu non saresti di certo diventato un Mangiamorte. – ringhiò a bassa voce Remus – Non ti avrei mai permesso né di diventarlo né di fare il doppiogioco.
- Visto? – ridacchiò Albus – Avevo ragione.
- Già. – borbottarono all’unisono i due uomini che sorrisero al vecchio Preside.
- Adesso mangiamo, ragazzi miei. Abbiamo molte cose di cui parlare. Dobbiamo continuare a preparare i nostri Gemelli.
- Anche durante il pranzo dobbiamo parlare dei Potter, signore? – domandò arcuando un sopracciglio Severus – Non potremmo discutere di cose più piacevoli, tipo la vacanza dagli O’Hurn?
- Perché, ragazzo mio, le due cose non sono correlate secondo te?
- Purtroppo sì. – sospirò il Pozionista, Remus sorrise, versò del vino nei calici e ne passò uno a ciascuno.
- Mangiamo chiacchierando. – li pregò – Di qualunque argomento ci venga in mente. – i due annuirono – Basta non entrare troppo nel personale, Preside. – concluse.
- Oh non temere, - rise Albus capendo dove voleva andare a parare il Licantropo – non son affatto curioso di conoscere i dettagli scabrosi del vostro rapporto.
Il professore di pozioni e quello di difesa contro le arti oscure arrossirono di colpo, Albus li osservò dal bordo del proprio calice felice che, finalmente, quei due si fossero messi insieme.
Pranzarono parlando del più e del meno, il Preside li ragguagliò su come si sarebbe svolto il Torneo Magico di Surf; disse loro che in America la fama dei gemelli Potter era molto meno forte rispetto all’Inghilterra e che, con le dovute protezioni magiche, se Elizabeth ed Harry non avessero usato in modo sconsiderato la loro magia, non avrebbero corso alcun rischio.

Alla fine del pasto, Albus si congedò dai professori salutandoli con affetto. Gli uomini ricambiarono i saluti e restarono per alcuni minuti sul divano in silenzio mentre gli elfi domestici mettevano in ordine gli appartamenti di Severus.
- A cosa pensi, Remus? – domandò d’un tratto il Pozionista.
- A niente. – scosse la testa, i capelli biondi catturarono la luce delle candele – Stavo rilassandomi. Non mi ero reso conto di essere così stanco.
Severus annuì, chiedendogli scusa si alzò dal divano e raggiunse il proprio laboratorio tornando nel giro di qualche minuto con una cassettina tra le mani.
- Non è romantico come regalo. – biascicò – Lo so. Però è utile. – gli sorrise mettendogli tra le mani la cassettina.
- Cosa…? – domandò il Licantropo non capendo.
- Sono pozioni per te. – aprì il coperchio spiegandogli come erano state divise e a cosa servivano.
Gli occhi di Remus si spalancarono per la sorpresa.
- Da quanto stai lavorando a questo? – chiese commosso.
- Da quando il Preside mi ha detto cosa ti ha chiesto di fare per l’Ordine. Ho immaginato che saresti tornato stravolto. – gli dette un bacio a fior di labbra – Ti prego, inizia a prenderle subito.
- Io… - ma Severus lo baciò nuovamente, impedendogli di continuare.
- Non accetto un “no” come risposta, Lupin. Non fare il lupastro testardo. – gli sorrise – Devi essere in forma. A luglio dovrai tenermi lontano dalle grinfie di una Veela alla quale non sono così indifferente.
- Non è saggio, professore, far ingelosire un Licantropo. – replicò con finta calma Remus, nei suoi occhi si accesero dei lampi.
- Lo so. – Severus fece un sorriso ferino, che fece perdere alcuni colpi al cuore dell’insegnante di difesa.
- Ma non potevo innamorarmi di qualcuno meno stronzo di te? – domandò alzandosi dal divano.
- Non ti saresti divertito abbastanza. – replicò ridendo Severus affatto offeso dalle parole del suo compagno.
Remus alzò gli occhi al cielo sospirando teatralmente, poi appoggiò la cassettina sul tavolo e prese una fialetta per tipo. Girandosi verso Severus domandò:
- Ne devo prendere una per tipo, ho capito bene?
- Sì. – il Pozionista lo raggiunse alzandosi dal divano con un movimento fluido – E, mi raccomando, una volta al giorno.
- Ok… - gli sorrise dolcemente – Devo seguire un ordine preciso?
- Mmh… - fece alcuni passi verso di lui – Una pozione, un bacio a me. – propose.
- Sev! – squittì, aveva iniziato a bere e la sua voce così roca e dannatamente sexy stava per farlo strozzare.
- Ci ho provato! – lo prese tra le braccia e lo baciò – Non mi sembrava una pessima proposta.
- Sei impossibile. – scosse la testa Remus, felice per la prima volta dopo anni.
Severus avrebbe voluto rispondere per le rime, ma l’arrivo di una candida civetta alla finestra del salottino glielo impedì.
- Edvige? – domandò alzando un sopracciglio.
- No, è Ruby. – lo corresse Remus bevendo l’ultima fiala – Harry non ti avrebbe mai scritto. – concluse con un sorriso sulle labbra.
- Oooh già. Harry preferisce lo zio Remus.
- Non fare il geloso. Non preferisce me, ma Sirius. – si strinse nelle spalle osservandolo mentre apriva alla civetta per prendere la pergamena.
- Chi sei, Ruby? – domandò all’animale che emettendo un verso acuto mostrò l’anellino alla propria zampa dov’era inciso il suo nome e il nome del suo proprietario “Ruby di Elizabeth Willow Potter”.
- Perché hai scelto per lei il nome Willow? – chiese curioso Remus.
- Perché, di solito, nelle famiglie purosangue si usano nomi di costellazioni o floreali. Mi piaceva il suono del nome Willow. Non ti piace?
- Molto. – annuì – Il salice piangente è una pianta molto bella.
- Già… - sorrise Severus.
La lettera che aveva tra le mani era da parte di Lily ed era indirizzata ad entrambi.
- È Lily. – annunciò il Pozionista.
- Ah sì? – si irrigidì il Licantropo – Cosa dice?
- Vuole sapere di noi. – fissò i suoi occhi scuri in quelli ambra di lui – Perché vuole sapere di noi, Rem? Cosa non mi hai detto?
- Che dopo il nostro primo bacio sono scappato a casa Potter. Ho parlato con Lilian, raccontandole tutto. – rispose di getto, poi chiuse un attimo gli occhi, aspettandosi la sfuriata di Severus che, sorprendentemente, non arrivò sostituita da una lunga risata.
- Ha scritto se stavamo bene. Se eravamo insieme. – disse alla fine della risata.
- Dovresti farlo più spesso. – mormorò il Licantropo gli occhi che brillavano.
- Mh?
- Ridere. – gli sorrise – Anche se prendi in giro me. – lo raggiunse e lo baciò dolcemente sulle labbra, poi prese la pergamena dalle sue mani e lesse con attenzione il messaggio.
- Rispondi tu. – lo baciò dietro l’orecchio – E ringraziala per averti spinto a venire a parlarmi.
- Mh mh… - mormorò lui.
Remus scrisse un breve messaggio a Lily dicendole che era andato tutto ancora meglio di quanto poteva immaginare, dicendole di parlare con il resto della famiglia per prepararli al fatto che adesso erano una coppia e non solo due professori antipatici.
- Coppia eh? – borbottò lui che aveva letto dalla spalla del suo compagno.
- Non ti va? – chiese Remus girandosi a guardarlo.
- Devo pensarci. Coppia significa che sei mio e che qualcuno ti guarda e non mi piace posso lanciargli addosso una maledizione?
- Severus!? – sobbalzò il Licantropo capendo troppo tardi che lo stava bonariamente prendendo in giro – E questo Pozionista scherzoso dove lo tenevi nascosto? – domandò dopo aver mandato via Ruby con la risposta.
- Dentro il mio baule. – ammise – L’ho chiuso l’ha dentro quando avevo 11 anni e la casa dei Serpeverde mi ha accolto. – gli sorrise.
- Vederti sorridere e fare battute destabilizzerà un po’ tutti, sai? Me compreso.
Severus rifletté un momento sulle parole del suo compagno, poi annuendo lentamente replicò:
- Non voglio cambiare il mio modo di essere. Soprattutto con i ragazzi in classe. Non sopporto che venga presa sottogamba la mia materia. – spiegò – Per questo sono molto duro e severo.
- Per questo sei il migliore. – si strinse nelle spalle lui – Abbiamo due modi diversi di gestire le lezioni. Ma entrambi sono corretti. A me piace stare in mezzo agli studenti. Sentirli ridere. Vederli interessati.
- A me piace leggere il terrore nei loro occhi. Ed è bellissimo quando sono concentrati sui loro calderoni a fare pozioni.
Si scambiarono un bacio tenero, che venne interrotto da entrambe le civette delle nevi dei gemelli Potter.
- Ora è troppo! – bofonchiò Severus aprendo nuovamente la finestra.
Remus prese entrambe le pergamene, erano dei gemelli una per ciascuno. Harry aveva inviato un biglietto d’auguri perfino allo zio Piton, dicendosi felice che finalmente aveva incontrato qualcuno in grado di farlo sorridere.
Severus rilesse più e più volte il biglietto di Harry, stupendosi dell’interessamento e della dolcezza che il ragazzino aveva messo nello scrivere quelle parole. Parole usate in modo migliore e più articolato dalla gemella che aveva scritto una lunga pergamena allo zio preferito, troppo felice di sapere che non era più solo.
- Sono due ragazzini dolcissimi. – mormorò commosso Remus, a lui avevano inviato delle lettere molto lunghe, dove non solo si erano congratulati per aver catturato il cuore sfuggente dello zio “pipistrello” ma dove gli raccontavano le ultime novità apprese da Robert e dal clan O’Hurn.
- Siamo fortunati. – approvò Severus – Ci vogliono bene. Tutta la famiglia Potter ci è vicino. – biascicò – Anche quello scemo del tuo amichetto.
- Non definire James “mio amichetto”, che è disgustoso. – inorridì Remus – Devi imparare ad usare meglio la lingua! – concluse non rendendosi conto del doppio senso.
- Ah sì? – gli occhi di Severus si erano assottigliati – Non mi sembravi dispiaciuto dall’uso della mia… lingua… stamattina!
Le guance di Remus diventarono scarlatte, sgranò gli occhi urlandogli contro che era un assatanato.
Il Pozionista, stringendosi nelle spalle, replicò che aveva molti anni da recuperare e che i doppi sensi lo avevano affascinato sempre tanto. Soprattutto se condivisi con il proprio compagno.
Il suono tipico della smaterializzazione interruppe i loro discorsi, tra loro era apparso uno degli elfi della scuola.
- Míriel si scusa. – parlò inchinandosi – Il Preside Silente mi ha inviato per aiutarvi con la preparazione dei bagagli. – Míriel era un elfo femmina, indossava un abitino lilla ed un fiore di magnolia le abbelliva una delle lunghe orecchie.
- Grazie infinite Míriel, - sorrise Remus – aiuta Severus a sistemare le sue cose. Le mie sono nella mia camera sulla Torre di Grifondoro.
- Sì padron Remus. – annuì la piccola elfa inchinandosi.
- Ci vediamo a cena? – domandò Remus a Severus.
- Sì. – annuì il Pozionista – Riposati un po’ Rem. Le pozioni che hai preso potrebbero farti venire sonnolenza.
- Stai tranquillo. – si scambiarono un bacio davanti alle risatine soddisfatte dell’elfa domestica che felice raggiunse la camera da letto di Severus per iniziare a sistemare i bagagli per il mese di vacanza.
Il resto della giornata trascorse serenamente, Míriel si prese cura egregiamente sia di Severus sia di Remus; sistemando ad arte i bagagli di entrambi e mettendo in ordine al meglio i rispettivi alloggi per farli sentire il possibile a loro agio. La cena si svolse in Sala Grande al tavolo degli insegnanti, alla presenza di Minerva; Hagrid e Silente.
- Remus, - parlò Minerva dopo essersi sistemata il tovagliolo sulle gambe – ti vedo meglio.
- Grazie Minerva. – sorrise il Licantropo – È merito di Severus. – spiegò.
- Veramente? – il tono sorpreso della professoressa di Trasfigurazione fece sorridere il Pozionista.
- Sì, mi ha dato alcune pozioni ricostituenti. – spiegò prendendogli la mano – E non solo quelle. – sorrise con un solo angolo della bocca facendo arrossire la donna.
Severus strinse la mano di Remus nella sua, poi si chinò per rubargli un bacio lì davanti a tutti.
- Ma… Ma… - sobbalzò Minerva sgranando gli occhi azzurri – Albus, tu sapevi?
- Sì, mia cara. – le dette dei colpetti affettuosi sulla mano.
- Che c’è. – ringhiò il Pozionista – Il pipistrello non può amare? – domandò.
- Mai pensato una cosa del genere. – scosse la testa emozionata lei – È che sono felice! – ammise – Finalmente avete trovato chi completa il vostro cuore. – li guardò – Averlo saputo…. Avrei chiesto un dolce speciale agli elfi!
- Lo mangeremo alla fine della guerra, professoressa. – ridacchiò Hagrid imbarazzato ma felice per quei due giovani maghi che aveva visto crescere.
- Hagrid ha ragione. – annuì Remus – Non possiamo permetterci di perdere di vista la fine della guerra. Avremmo tempo dopo di mangiare tutti i dolci di cui avremmo voglia.
Poi propose un brindisi, alla luce generata dal cuore perchè era in grado di sconfiggere anche la più profonda oscurità. Severus sorrise a mezza bocca alzando il calice, facendolo tintinnare dolcemente contro quello di Remus e degli altri presenti a tavola. Ma non disse nulla, non era così convinto che un sentimento come “l’amore” potesse sconfiggere realmente il buio.
Quando gli elfi iniziarono a sparecchiare la tavola, decretando la fine del pasto, i maghi e il mezzo gigante, si alzarono da tavola, dirigendosi ognuno presso il proprio alloggio.

Il Licantropo e il Pozionista, camminarono vicini lungo il corridoio silenzioso. Ognuno perso nei propri pensieri.
- Va tutto bene, Severus? – domandò d’un tratto il professore di difesa.
- Sì. – biascicò continuando a camminare rigido.
- Qualche ripensamento? – gli chiese prendneodlo per una spalla.
- Come? – solo in quel momento Severus sembrò rendersi conto di non camminare da solo lungo il corridoio che conosceva a menadito, e che la persona che era in sua compagnia non era né uno studente né un collega; ma quello che poteva definirsi suo “compagno”.
- Dopo il mio brindisi, ti sei come chiuso in te stesso. – sorrise, ma senza tracce di gioia – Ho detto o fatto qualcosa che ti ha ferito?
- No. – lo rassicurò sospirando – Ho molti pensieri che mi affollano la testa.
- Non sei il solo. Abbiamo un compito arduo. – annuì intuendo dove era andato il pensiero del Pozionista – Dobbiamo allenare, proteggere e aiutare due ragazzini che sono figli di James Potter.
- E di Lily. – ghignò Severus passandosi una mano tra i capelli.
- Già… - Remus lo prese per mano, costringendolo ad alzare lo sguardo – Non devi fare più tutto da solo. Nessuno ti noi ti ha mai voltato le spalle.
- Ora è più complicato. – ammise guardandolo, imprimendosi nella memoria ogni particolare di quel viso che gli faceva battere forte il cuore.
- Perché? – domandò il Licantropo.
- Perché ti amo. – rispose chiudendo gli occhi.
Remus lo baciò, spingendolo contro il muro, stringendosi contro quel corpo che aveva imparato a conoscere attraverso le mani non più tardi di alcune ore fa.
Severus rispose al bacio duro, esigente, vorace del suo compagno, ricambiandolo; stringendoselo contro con passione, toccandolo dove capitava.
- Ah ah ah! – li interruppe Pix – Beccati i due porcellini professori! – li derise – E voi, non dovreste dare il buon esempio?
Severus stava per rispondere per le rime al fastidioso fantasma del castello, ma l’arrivo dello spettro del Barone Sanguinario, fantasma della casa Serpeverde, glielo impedì.
- Pix. – lo richiamò e lo spettro dispettoso tremò impallidendo, se possibile – Sei l’esempio di come niente a questo mondo, o a quello, sia perfetto. – guardò la coppia di professori continuando – Mi dispiace, signori, che questo impiastro vi abbia interrotti. Vi consiglio, però, di evitare simili atteggiamenti in futuro. Settembre si avvicina. – fece svolazzare il mantello e prese Pix per un braccio, conducendolo lontano da loro.
- Il fantasma della tua casa è inquietante. – mormorò Remus ritrovando la voce.
- Meglio del vostro lamentoso e con mezza testa.
- Già… - ridacchiò il Licantropo tornando ad avventarsi sul collo profumato del suo compagno.
Severus si appoggiò al muro dietro di lui chiudendo gli occhi. La bocca e la lingua di Remus lo stava facendo impazzire di piacere.
- La mia classe non è lontana… - mormorò senza staccare la bocca dal suo pomo d’Adamo – Togliamoci da qui… - e lo trascinò senza fiato fino all’aula di Difesa contro le Arti Oscure.
Il Pozionista, lanciando un incantesimo non verbale, bloccò le porte dell’aula e seguì il compagno fino alla camera lasciando una scia di vestiti sul pavimento.

Remus lo aspettò sulla porta della camera ringhiando a bassa voce, l’odore di Severus lo stava facendo impazzire di desiderio.
- Ti voglio Piton! – mormorò tra i denti buttandolo sul letto.
Severus alzò un sopracciglio e sorrise, poi si perse tra i baci e le carezze del suo compagno pronto a donarsi completamente a lui.
- Rem… - ansimò quando i boxer caddero sul pavimento – Ti prego…
- Quanta impazienza, professore… - ridacchiò mentre gli mordicchiava il ventre muscoloso e teso.
- Non farmi cambiare idea. – lo pregò prendendolo per i capelli – Non ho mai desiderato tanto appartenere a qualcuno. – ansimò dichiarando la propria volontà di lasciarsi prendere dal Licantropo.
- Sei sicuro? – domandò Remus che si era allontanato da lui come se lo avessero scottato.
- Mai stato più sicuro in vita mia come in questo momento. – ringhiò Severus avventandosi su di lui.
Ridendo, Remus riprese a baciare, mordere ed assaporare il corpo maschio di Severus, donandogli piacere, portandolo fino alle più alte vette di godimento che il Pozionista avesse mai provato finora.
Lo preparò con attenzione, senza mai smettere di baciarlo e, quando lo sentì pronto, scivolò piano dentro il suo corpo.
- Fa piano… - lo pregò accarezzandogli il viso – È…
- Non voglio farti male, Severus. – lo rassicurò lui – E ciò che mi stai facendo è un regalo enorme.
- Ti amo. – mormorarono l’uno sulle labbra dell’altro, poi Remus riprese a spingere contro l’apertura del Pozionista, entrando lentamente in lui.
Dopo il primo momento di dolore, per Severus esplose un universo sconosciuto fatto solo di piacere e sensazioni che mai, fino a quel momento, aveva avuto modo di provare.

Si amarono senza fretta, vogliosi di provare sensazioni che li spingessero sempre oltre il limite fino a quando raggiunsero il culmine, venendo insieme. Urlando di piacere l’uno dentro la bocca dell’altro.
Ansimando, senza più forze, Remus uscì dal corpo di Severus stendendosi sul letto.
Il Pozionista, cercando di frenare i battiti del proprio cuore impazzito, si girò verso il compagno per osservarlo.
- Non sei tipo da coccole… - ansimò il Licantropo – Oppure vuoi stupirmi ancora?
- Non sono un tipo da coccole. – ridacchiò Severus – Ma non ti mordo se vuoi abbracciarmi. O se vuoi essere abbracciato. – concluse prendendolo tra le braccia.
Remus sorrise stanco, appoggiò il viso nel petto di Severus e chiuse gli occhi lasciandosi trasportare dalla potenza delle emozioni che aveva appena vissuto con lui.

Si addormentarono abbracciati, lasciando che la giornata scorresse placida e lenta fuori dalla porta della loro camera da letto.
Avrebbero avuto tempo domani per completare tutto per l’imminente partenza. Avevano impiegato anni per trovarsi, quel giorno potevano dedicarlo interamente a loro stessi.

 

 

Angolo dell’Autrice:

Questo capitolo, ho voluto dedicarlo interamente alla coppia più “strana” che mi sia mai capitato di raccontare… Non so perché, ma Remus e Severus insieme (almeno per il momento) mi sta piacendo molto.
Hanno due caratteri diversi. Avranno, credo, molti contrasti… però… come ha detto Albus… sono “complementari” (o almeno lo sono nella mia testa pazzoide)…
Comunque, vedremo come prenderà questo cambio di direzione la mia Veela… Non credo sarà molto contenta di essere stata scaricata da Severus per Remus. Non sarà, diciamo così, molto sportiva.
Ho già iniziato un altro capitolo, devo solo fare delle correzioni. Chissà che non riesca a pubblicarlo presto, presto…

Vorrei, dal cuore, ringraziare chiunque passa da qui per leggere… Chi ha inserito la mia FF in qualcuna delle categorie… Chi trova il tempo per recensire e farmi sapere cosa ne pensa…

Grazie, grazie… È bello sapere che ci siete!

 

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Capitolo 10
*** Dall’amore all’odio, come cambia la magia… ***


Capitolo Nove:

Le giornate continuarono a scorrere lente e tranquille, ognuno si preparava per il viaggio a villa O’Hurn e, più si avvicinava il momento della partenza, più l’emozione (soprattutto nei gemelli Potter) era palpabile.
La mattina della partenza, dopo aver inviato tramite camino Ruby ed Edvige, Harry ed Elizabeth piombarono nella camera da letto dei loro genitori, troppo emozionati per aspettare ancora un minuto di più. Avrebbero viaggiato, per la prima volta, con una passaporta ed erano così ansiosi di ritrovare Robert e tutti i loro amici che pregarono i genitori di muoversi, per non arrivare ultimi.

Il viaggio tramite passaporta fu sicuro e veloce, ad attenderli nel giardino di Villa O’Hurn, trovarono non solo Violet ma anche il Preside Silente e un grosso lupo siberiano.
- Ben arrivati signori Potter! – li accolse Violet con un ampio sorriso – Ragazzi. – li baciò.
- Buongiorno signor Preside, buongiorno Violet. – sorrise felice Elizabeth abbracciandola – Wooowww… Questa villa è bellissima. Molto più dal vivo che non nelle foto che ci ha mostrato Rob.
- Grazie piccola. – sorrise felice la padrona di casa – Lui è Rufus, è uno dei lupi di guardia alla villa. Non è cattivo, ma non ama giocare.
- Posso fargli una carezza? – chiese Harry affascinato dopo aver salutato la padrona di casa e il Preside.
- Certo. – annuì Violet – Ma non ti aspettare che giochi con te. Non è addestrato per giocare.
- Lo comprendo. – replicò il giovane mago accarezzando il pelo setoso della creatura.
Rufus mosse la coda mostrando di gradire quelle attenzioni, ma si staccò presto dalle coccole di Harry perché aveva sentito l’arrivo di un’altra ondata di magia.
- Violet… Scusa… - arrossì Elizabeth – Dov’è Robert?
- È già in mare ad allenarsi. – rispose con un sorriso il Preside – È uscito molto presto questa mattina. Il Torneo, se non ho capito male, è nelle fasi salienti.
- Grazie signore. – gli dedicò un sorriso radioso la giovane strega serpeverde.
- E dei nostri amici…? – iniziò a chiedere James.
- Non è ancora arrivato nessuno. – rispose con un elegante cenno del capo la Veela – La passaporta dei Granger è stata appena attivata. Dovrebbero arrivare a momenti. – spiegò.
Come evocati, i signori Granger e la figlia fecero il loro ingresso trionfale nel giardino, non troppo distanti dai Potter.
- Buongiorno a tutti! – trillò Hermione felice – Harry, Lizzy! – chiamò lei, più veloce a riprendersi rispetto ai genitori, splendida nel suo prendisole arancione.
- Ciao Hermione! – la salutò felice il ragazzino andandole incontro – Che bello che siete arrivati! – si scambiarono un rapido bacio sulle labbra, troppo imbarazzati dalla presenza degli adulti - Signori Granger, benvenuti. – salutò con un ampio sorriso.
- Harry. – lo salutò brusco il padre della giovane strega, geloso del rapporto che era nato tra lui e la sua “bambina”.
- Non ascoltare quel burbero di mio marito. – lo baciò sulla guancia la donna – Sono contenta di rivederti. – lo guardò – Come state?
- In fase di ripresa. – mormorò arrossendo – Sono qui anche i miei genitori, almeno la mamma si potrà rilassare al mare. - continuò muovendosi a disagio – Grazie per avermelo chiesto. – sorrise sincero.
- Sono felice di vedervi signori Granger. – li accolse Violet – Spero che il viaggio non vi abbia scombussolato troppo.
- Poteva andare meglio. – replicò l’uomo – Ma, tutto sommato, è stato divertente.
- Sì, veloce soprattutto. – annuì la donna.
- Bene. – sorrise felice la padrona di casa – Se volete seguirmi, vi presento gli altri ospiti. Gradite fare colazione?
Violet, era una padrona di casa perfetta: Hermione la ringraziò con un sorriso poi trascinò via Harry per raggiungere il resto dei loro coetanei. I ragazzini, finalmente soli, si presero per mano e lontano da occhi indiscreti si scambiarono un lungo ed appassionato bacio.
- Mi sei mancata! – le sussurrò sulle labbra stringendola in un tenero abbraccio – Non vedevo l’ora di poter stare con te. – arrossì.
- Anche tu mi sei mancato. – sorrise lei – Sembra passato un secolo da quando siamo stati insieme alla Tana. – sospirò appoggiando il mento contro la sua spalla – Ma lì sono stati giorni difficili. - lo guardò stringendo gli occhi – Ginny è molto presa da te, e non ha accettato bene il fatto che noi… - e non concluse la frase, perché lui la stava nuovamente baciando.
- Sai perfettamente che non ho mai incoraggiato i suoi approcci. – la baciò sulla punta del naso, osservando i diversi sentimenti rincorrersi dentro i suoi occhi.
- Lo so. – rise gettandogli le braccia al collo – Tu le piaci da sempre, Lizzy mi ha raccontato che si è presa una cotta per te fin da subito. Un po’ come Ron per tua sorella. – gli scoccò un bacio sulla guancia.
- Hermione…  – sospirò – Ginevra l’ho sempre vista come una sorella minore. - la guardò negli occhi – Non è tutta colpa mia se è nato questo equivoco. E poi, - la guardò – se vuoi saperla tutta, anche Ron inizia ad essere un po’ troppo preso da te signorina Granger. Credo si sia finalmente reso conto di non avere la minima speranza con Liz!
- Rooon?! – ripeté reprimendo un brivido – Harry… Tu sai che…
Harry la baciò nuovamente, troncandole la frase a metà, facendola sospirare piacevolmente.
- Non ho mai pensato il contrario. – le mormorò cullandola, ma furono interrotti da una voce squillante che li fece separare con un sobbalzo.
- Trovati! – rise Elizabeth – Vi meritate questo spavento! Mi avete lasciata come una babbea insieme al Preside e al gruppo di genitori! – li guardò torvamente, ma non riuscì a restare arrabbiata con loro a lungo. Hermione la guardò trovandola bellissima con quel vestitino azzurro con bikini coordinato.
- Lisy! – arrossì Harry – Sei tremenda.
- Siete voi che siete antipatici! – fece la linguaccia lei – E poi non sono tanto tremenda, potrei fare di meglio essendo una subdola serpe. – ridacchiò allontanando il fratello per abbracciare la sua migliore amica – ‘Mione, mi sei mancata!
- Anche tu! – mormorò la strega – Soprattutto il tuo profumo di lavanda e le nostre chiacchierate. – ammise ricambiando l’abbraccio.
- È bello poterti riabbracciare. - arrossì Elizabeth – È andato bene il viaggio? I tuoi genitori hanno apprezzato viaggiare tramite Passaporta? – domandò girandosi verso il gruppo degli adulti sotto al gazebo.
- Non molto. – ammise – Sono felici che io abbia la possibilità di studiare la magia e la stregoneria, ma per molte cose sono refrattari. Preferiscono i metodi alla babbana. – ridacchiò.
- Dai loro tempo… - sorrise Harry con affetto.
Un applauso interruppe le loro chiacchiere leggere, era appena tornato Robert dall’allenamento ed era stato accolto come un eroe.
- Che esagerazione! – mormorò Hermione alzando gli occhi al cielo, lei non apprezzava simili atteggiamenti.
- Lisy! Harry! Hermione! – Robert li raggiunse correndo, senza degnare d’uno sguardo gli adulti che continuavano ad idolatrarlo. Era bellissimo con addosso la tuta aderente per fare surf blu elettrico con rifiniture blue notte – Benvenuti a villa O’Hurn! – li accolse - Siete qui da molto? Mi scuso per non esserci stato, ma eravamo a domare l’Oceano io ed i miei cugini. – spiegò indicando un gruppo di ragazzi dall’altro lato del giardino. Elizabeth ed Hermione seguirono rapite i raggi di sole colpire i lunghi capelli biondo grano scomposti ad arte attorno al suo viso.
- Ciao… - balbettò la strega ingollando a vuoto, quel mago era di una bellezza “illegale” – Sì, da qualche minuto.
- Sono felice che siete riusciti a raggiungerci. – sorrise stringendo forte Elizabeth – Mi siete mancati terribilmente! – ammise prima di baciarla.
- Mmmmhhh… - gemette lei riempiendosi le narici del suo profumo di mare – Anche tu non immagini quanto.
- È bello sapere che sarete qui per fare il tifo per me… - ridacchiò – Per noi.
Elizabeth appoggiò la guancia contro il petto di Robert, lasciandosi cullare con dolcezza. Si sentiva al sicuro e protetta dentro quell’abbraccio.
- Avete fatto colazione? – chiese d’un tratto.
- No. – scosse i lunghi capelli lei – Abbiamo parlato con gli adulti, ma non siamo andati al loro tavolo.
- Avete fatto bene. – le dette un bacio sul naso – Adesso ci penserò io a sfamarvi. – strizzò loro l’occhio – Così potrete conoscere il clan O’Hurn. - Robert lasciò andare a malincuore Elizabeth poi chiamò – Eärwen, dove sei?
Una graziosa elfa domestica si materializzò vicino ai ragazzi, indossava uno sgargiante abito a fiori ed aveva una ghirlanda di margherite attorno alla testa.
- Sono qui, Robert. – fece un breve inchino.
- Prima che tu possa dire qualcosa. – parlò Harry – Gli elfi di casa O’Hurn sono liberi e salariati.
- Oooh sì. – annuì Eärwen guardando adorante il suo padroncino – Ed abbiamo un giorno di riposo a settimana. E le vacanze. – sorrise – Siamo elfi fortunati. Non tutti sono trattati così. – spiegò.
- Eärwen, - la chiamò Hermione –sono così felice di sentire queste cose. Ho conosciuto degli elfi trattati come…
- Nullità. – concluse Elizabeth assottigliando gli occhi.
- Esatto. – annuì la strega babbana.
- Le signorine non devono essere tristi per noi. – le pregò l’elfa – Qui noi siamo felici. La signora Violet è una padrona gentile. Il signorino ci rispetta e ci vuole bene come noi ne vogliamo a lui. Lo abbiamo visto nascere e crescere.
- Adesso non mettermi in imbarazzo piccola elfa. – ridacchiò Robert abbracciando la sua Elizabeth.
- No. No. Signore. – mormorò – Cosa vi posso portare? – domandò.
- Una bella colazione. E del cocktail alla frutta. – rispose Robert – Quello che hai preparato ieri per il clan O’Hurn. Era buonissimo. – sorrise.
- Vado. – sorrise grata Eärwen.
- Non ho mai visto elfi tanto felici. – mormorò Hermione.
- Merito di Violet. -  spiegò Harry abbracciandola – I suoi poteri Veela, a volte, sono molto utili.
- Sì, però a volte sono ingombranti. – annuì Robert osservando con amore la madre intrattenere i genitori dei suoi nuovi amici.
- Immagino non sia stato facile per lei, soprattutto quando era molto giovane e inesperta. – sospirò Elizabeth godendosi l’odore salmastro della pelle del suo fidanzato.
- Sono d’accordo. – annuì Hermione, Harry le guardò faticando a comprendere il loro ragionamento, mentre Robert aveva gli occhi lucidi dall’emozione.
- Pensaci su fratellino. Quando non sai gestire al meglio i tuoi poteri, e non capisci se le persone ti vogliono bene perché sei tu o perché affascinate dal tuo incantesimo.
- Non avevo pensato alle cose da questo punto di vista. – ammise Harry.

Robert prese il mento di Elizabeth tra le dita, le fece alzare il viso e poi la baciò a lungo e dolcemente sulle labbra. Elizabeth schiuse dolcemente la bocca e lasciò che la lingua Robert entrasse a cercare la sua.
Le mani di Robert la strinsero con dolcezza, ma quando sentì che stava per perdere il controllo, lui fece un passo indietro.
- Scusa amore… - le dette un bacio sul naso – Tu sei peggio di una Veela per me. – ammise.
- Che sciocco sei! – gemette arrossendo, ma furono interrotti dall’arrivo di Eärwen con un vassoio ricolmo di cibo, seguita a ruota da un altro elfo con un vassoio con una brocca di cocktail ghiacciato.
- Eccomi a voi. – parlò – Spero abbiate fame.
- Moltissima. – rise Robert a disagio, stare troppo vicino ad Elizabeth per lui era un problema perché la ragazza risvegliava i suoi istinti animali maschili più irrazionali.
- Ehi cognato. – rise Harry lanciandogli un asciugamano – Ti consiglio di andare a chiamare il clan. re.
- Grazie Harry. – arrossì il mago legandosi attorno alla vita l’asciugamano – Scusate, torno subito. Eärwen, prenditi cura di loro.
- Come se fossero lei, padroncino. – annuì l’elfa servendo loro la bibita fresca.
Elizabeth ed Hermione si guardarono con aria interrogativa senza capire lo scambio di battute tra Harry e Robert, avevano notato uno strano turbamento nel mago più grande ma erano troppo concentrate sui rispettivi ragionamenti per rendersi conto di ciò che era successo.
- Harry. Vuoi dirci perché sghignazzi stile Malfoy? – domandò Elizabeth sedendo nella poltrona che l’aiutante di Eärwen aveva appena fatto apparire.
- Niente. – scosse la testa a disagio – Cose tra maschi. – la liquidò.
- Vabbeh. – si strinse nelle spalle la strega – Prima o poi lo scoprirò.
- E quando lo scoprirai, il genere maschile sarà finito! – borbottò il gemello sprofondando nel divanetto vicino ad Hermione.
- Si può sapere cosa vi prende? – chiese la strega, infatti.
- Siamo felici. -  sorrise – Ieri è successa una cosa che ci ha emozionato molto, siamo andati a dormire tardi. – spiegò Harry – E stamattina ci siamo alzati presto per aiutare mamma e papà a finire di sistemare le cose per il viaggio.
- Eeee… - li guardò – Questa cosa che vi ha emozionato così tanto, la posso sapere anch’io?
- Mmhh… - Elizabeth si morse le labbra e guardò a lungo il gemello negli occhi – Vorremmo dirtelo. – parlò dopo alcuni minuti di silenzio la strega – Ma non riguarda direttamente la nostra famiglia.
- Già. – le dette man forte il fratello – Non ci sembra giusto rivelare una relazione senza i diretti interessati.
Gli occhi di Hermione brillarono, abbracciò il fidanzato e la cognata dicendo felice:
- Qualcuno si è innamorato! – entrambi annuirono – Ok, per il momento non potete dirmi altro. Ma sono felice di questo. – confessò ridacchiando.
- Ragazzi. – li chiamò James raggiungendoli – Va tutto bene? Dov’è Robert? Volevo salutarlo.
- È andato a chiamare i suoi cugini, papà. – rispose la streghetta.
- Ottima scelta. – annuì il mago – Hermione, come stai? – le domandò con un sorriso gentile.
- Molto bene professor Potter. – ricambiò il sorriso – E lei?
- Lei chi? Non siamo ad Hogwards. E, almeno per queste vacanze, non sono il tuo professore.
- Ok. – annuì – Riformulo la domanda. Come stai, tu, James?
- Così suona meglio. – ridacchiò – Sto bene, grazie. Un po’ stanco, ma ho scoperto che mi piace correre al mattino presto. Scarica la tensione.
- E… Lily? – chiese sottovoce.
- Ha accettato di farsi aiutare da uno specialista. – rispose senza vergognarsi – Devo dire che ha iniziato finalmente a reagire.
- Ne sono felice. – sorrise, poi furono interrotti dall’arrivo di Robert e dell’intero gruppo di surfisti.
Gli O’Hurn, sembravano fatti con lo stampino. Erano tutti bellissimi, alti e muscolosi. Biondi con gli occhi chiari e la pelle ambrata, per tutte le ore che trascorrevano all’aria aperta.
- James! – sorrise il surfista tendendogli una mano – Ben arrivato a villa O’Hurn.
- Grazie Robert. – ricambiò la stretta – Ragazzi, salve.
- Signor Potter. – mormorarono in coro, con fare riverente.
- Ragazzi. Loro sono i miei cugini: Mike, Thomas; Devil; Maurice; Parket. Cugini, loro sono i fratelli Potter, Elizabeth e Harry. E lei è Hermione Granger.
- Piacere di conoscervi. – mormorò imbarazzata Elizabeth, troppi occhi la stavano fissando come se fosse una succulenta bistecca.
- Salve a tutti. – salutò Hermione provando le stesse imbarazzanti sensazioni.
- Salve ragazzi. – parlò Harry – È un piacere conoscervi dal vivo. Ho letto molto di voi sulla mia rivista sportiva magica preferita.
I cugini O’Hurn borbottarono delle frasi di saluto di circostanza; poi si allontanarono con la scusa di andarsi a cambiare. James seguì la fiumana di atleti fino al tavolo degli adulti, abbracciò strettamente la moglie e riprese amabilmente a chiacchierare, osservando, di tanto in tanto, il giardino tutt’attorno. Anche lui, come i gemelli, stava aspettando l’arrivo degli Weasley, di Sirius, Remus e Severus.
- Ragazzi… - li chiamò Hermione – Scusate un momento, mi sembra di vedere i miei in difficoltà… Vi dispiace?
- Ma scherzi? – le sorrise Elizabeth – Va pure e, se hai bisogno, chiamaci.
- Ok. Grazie. – Hermione raggiunse il tavolo degli adulti ed affiancò i genitori che erano stati coinvolti in una conversazione troppo “complicata” per loro che non avevano mai vissuto nel mondo magico.
- Lizzy. – la chiamò Harry notando lo sguardo nostalgico della sorella – Tutto ok?
- Mh? – si riscosse – Sì, fratellino… - annuì – Stavo pensando.
- Non erano bei pensieri.
- Non particolarmente. – ammise.
- Non dirmi che pensavi a Draco. – borbottò.
- Uffa… Devo imparare a nascondermi meglio. – sorrise – Lui mi ha ferita profondamente, ma ho come la sensazione che non sia stata tutta opera sua. – guardò il gemello, specchiandosi in quegli occhi chiari così simili ai propri – A volte, ma solo raramente, mi chiedo come sarebbe stato se...
Harry osservò con attenzione la sorella, poi annuì lentamente anche se stentava a comprendere il punto di vista della gemella, non poteva dire di conoscere Draco bene come lo aveva imparato a conoscere lei dopo un anno di convivenza a Serpeverde. Vederla così… felice a metà… lo faceva stare male, temeva che avrebbe potuto fare qualcosa di stupido, per cercare di trovare quel briciolo di felicità che le mancava.
I gemelli rimasero per un po’, fu Harry a parlare per primo. Aveva visto il clan O’Hurn muoversi sicuro di sé in giardino e una sgradevole sensazione gli era corsa lungo la spina dorsale.
- Lizzy. – la chiamò Harry osservando il ragazzo della gemella che camminava sicuro in giardino.
- Sì, fratellino? – alzò lo sguardo azzurro lei sorridendo.
- Io… è imbarazzante quello che sto per dirti, ma sappi che lo faccio per te.
- Mh? – la strega osservò il gemello mandando la testa di lato.
- Vedi… Volevo parlarti di Robert e…
- Harry, mi stai facendo preoccupare.
- Robert è più grande di noi. Ha vissuto esperienze diverse. Anche a livello… - abbassò la voce, rosso in viso – sessuale… Promettimi che non farai niente di cui non ti senti pronta. Promettimi che se dovesse “costringerti” tu gli lancerai almeno 5 cruciatus di fila. – le sorrise – Non pensare che concederti a lui possa renderti più felice… Magari… - ma non finì la frase, perché la sorella gli era volata tra le braccia, felice che lui le volesse talmente bene da preoccuparsi per lei.
“Grazie Harry… Grazie per volermi tanto bene!” mormorò dentro la sua testa troppo emozionata per parlare.
“Robert ti ha chiesto o fatto qualche…” e si zittì, cercando la parola adatta.
“Nessuna pressione” lo guardò negli occhi, era sincera Harry lo sapeva. Le sorrise e l’abbracciò cullandola con affetto. Robert ed Hermione li trovarono così, sul divano a ridere e chiacchierare abbracciati, sereni come non lo erano da tempo.
- Ehi. – li chiamò Robert – Se non fossi il suo gemello, sarei geloso di quell’abbraccio sai?
- Oooh. Quante storie! – rise Harry – Lei è la mia sorellina. E nessuno potrà toglierci questi abbracci.
- Anche perché sono la vostra forza. – sorrise Hermione, felice di vederli così uniti – È grazie al vostro contatto che avete sconfitto l’Oscuro Signore per due volte.
- Esatto… - annuì Elizabeth alzandosi.
- Dove vai Lizabeth? – domandò Robert tendendole una mano. Lei non rispose, limitandosi a raggiungerlo e stringersi a lui.
- Tra le tue braccia. – sussurrò dolcemente – Il secondo luogo dove mi sento più sicura. – spiegò arrossendo. Robert la strinse contro il proprio petto con dolcezza, poi le baciò la nuca e guardò Harry ed Hermione sorridendo.
- Robert, caro. – lo chiamò la madre raggiungendoli, indossava un elegante abito viola scuro.
- Sì, mamma? – si girò lui.
- Se hai finito i tuoi allenamenti, potresti andare a cambiarti. Così poi, ti potresti occupare dei ragazzi accompagnandoli nelle loro stanze. Ho ricevuto un messaggio da Molly, stanno arrivando. Mentre dalla scuola di Hogwards i professori di Pozioni e Difesa, partiranno dopo pranzo. I nostri elfi sono impegnati nella preparazione della cena e della festa di questa sera. – spiegò con un sorriso.
- Lo farò con piacere, mamma. – annuì il mago lasciando andare Elizabeth – Elly e la piccola Hermione dormiranno insieme?
- Sì, ho pensato di sistemare le ragazze insieme. – rispose osservando le giovani streghe.
- È perfetto signora O’Hurn, grazie. – sorrise felice Hermione – Purtroppo ad Hogwards non posso dividere la stanza con Elly.
- Sei nella casa di Godrik Grifondorno. – le sorrise l’amica con affetto – Purtroppo, il cappello parlante ha deciso di dividerci.
- Ti ho già detto più volte di smetterla di chiamarmi “signora O’Hurn”, mi fai sentire vecchia. – ridacchiò.
- Non è facile... – sorrise Hermione – Temo sempre di offendere… Comunque, Violet… Grazie di tutto.
- Finalmente! – annuì la donna –Fintantoché siamo in vacanza, aboliamo i formalismi. – rise – Mi piace che, nonostante destinate a case diverse, siete diventante amiche. – constatò Violet osservandole.
- Hermione è stata una vera combattente durante la battaglia controllo Voldemord. – spiegò Harry – Lei e mia sorella, insieme, sono una vera forza.
- Sei un tesoro fratellino. – sorrise Elizabeth.
- Grazie… - arrossì Hermione prendendo la mano di Harry tra le sue.
- La vostra energia mi rende felice. – mormorò Violet sognante – Mi piace avere attorno tanta gente.
- Si vede che sei felice. – annuì il figlio – È bello quando sorridi così.
- Grazie caro. – gli accarezzò il volto – Era da molto tempo che non mi sentivo così bene. – si girò ad osservare l’orizzonte, come persa nei propri pensieri.
Il figlio la abbracciò e la cullò dolcemente, Elizabeth fece un passo indietro, per lasciare loro un po’ di intimità.
- Perché è diventata triste? – domandò Hermione.
- I parenti di suo marito, - rispose in un sussurro la streghetta – Abbiamo scoperto che non apprezzano molto Violet, vero fratellino?
- Mh. – annuì Harry – La accusano di aver fatto perdere la testa al signor O’Hurn con i suoi poteri di Veela. Ma non è stato così. Lo si percepisce dalle foto che sono in casa. Si amavano davvero, davvero tanto. – concluse.
- Godiamoci queste vacanze senza pensare a cose tristi… - sospirò Violet, più serena – Da settembre alcune cose cambieranno.
- In che senso? – chiese Harry curioso.
- La mamma ha accettato il posto di insegnante di “Cura delle Creature Magiche”. – spiegò Robert orgoglioso – Insieme a Rubeus.
- A lui lascerò la cura degli animali. Io mi occuperò di farvi lezione ragazzi. – annuì con un sorriso la Veela.
- Hagrid è un bravo mezzo gigante, ma come insegnante… - storse la bocca Hermione.
- La stessa cosa che ha ammesso lui. – ridacchiò Violet – È felice di potersi occupare degli animali. Forza ragazzi, muovetevi da qui. Dovete prepararvi per questa sera.
Robert salutò con un sorriso i gemelli Potter e la giovane Granger, poi andò in casa per cambiarsi e togliersi la tuta che usava per gli allenamenti.

Raggiunse i gemelli e la strega Babbana dopo una manciata di minuti. I tre avevano finito di fare colazione e stavano chiacchierando e ridendo, ricordando tutte le avventure vissute durante il loro primo anno di scuola. Robert si annunciò con un colpo di tosse educato, aveva indossato dei bermuda neri multitasche ed una maglietta bianca, molto aderente, con sopra disegnato un teschio. Aveva legato i capelli in un codino basso e guardava i tre con un sorriso seducente sulle labbra.
- Seguitemi, per cortesia. I vostri bagagli sono stati sistemati nelle vostre stanze. – prese Elizabeth sotto braccio – Tu, Harry, dormirai con me.
- Perfetto! – annuì il giovane mago.
- Voi ragazze, - le guardò – ho pensato di sistemarvi nella stanza più bella di tutta la casa.
- Oooh… e qual è? – domandò Elizabeth.
- Sarà una sorpresa. – la baciò sulle labbra poi, riprendendo a chiacchierare, li condusse fino alla camera “misteriosa”.
- Che tipo di festa sarà quella di stasera? – domandò Hermione curiosa.
- Non ho capito molto. – ammise Elizabeth – Credo che sia qualcosa legato all’ultimo campionato di Surf Magico.
- Sì, - annuì Harry – il cugino di Robert ha vinto. E stasera Violet organizzerà un banchetto in suo onore e in quello della sua squadra di surf.
- Tipo torneo di Quiddich? – sorrise Hermione cominciando a capire.
- Sì. Il surf non è riconosciuto a scuola come sport. E fanno piccoli tornei tra famiglie di maghi. Chi vince organizza la festa. – spiegò Robert con un’alzata di spalle.
- Ho capito. Perché Robert non sei nella squadra di surf?
- Spero non sia perché temono che tuo padre sia stato stregato dai poteri Veela di tua madre. – ringhiò Harry arrabbiato, non sopportava quelle distinzioni –
- Per fortuna no, Harry. – sorrise il mago – Mi piace il senso di libertà del Surf Magico; ma preferisco il Quiddich.
- È veramente un campione. – mormorò Harry meditabondo.
- Gioca nella Nazionale. – annuì la strega orgogliosa – Ma il surf resta una sua passione.
Erano arrivati davanti alla stanza di Elizabeth e Hermione, Robert aprì la porta e disse alle ragazze di entrare per prime. Strizzando l’occhio, chiese ad Harry di restare un attimo indietro, per permettere alle due streghette di godersi la “magia” della stanza.
La stanza aveva i colori dell’oceano, dire che era bellissima era riduttivo. Era strepitosa. Semplicemente perfetta. Elizabeth ed Hermione osservarono i disegni animati di flora e fauna marina a bocca aperta. Sembrava di essere immersi nelle profondità oceaniche.
Tra le creature c’erano anche delle meravigliose sirene e dei tritoni che nuotavano sereni, senza degnare d’uno sguardo gli occupanti della stanza.
- Woooowwww! – mormorò la strega babbana – Questa stanza è…
- Superba! – concluse Elizabeth a bocca aperta, mai avrebbe pensato di poter occupare una stanza così.
- Robert mi ha detto che questa è in assoluto la stanza più bella di tutta la villa. Seconda solo a quella di sua madre. – parlò Harry entrando, seguito a ruota da Robert.
- Potrei anche abituarmi a vivere in una camera così… – mormorò Hermione felice come la mattina di Natale – Questa camera è perfetta.
- Guardate! - indicò Robert due coppie (sirena/tritone; sirena/tritone) che nuotavano tenendosi per mano, le cui fattezze ricordavano moltissimo le loro.
- E quelli? – chiese arrossendo Elizabeth.
- È la magia della stanza. – spiegò Robert – Ha sentito la presenza di due coppie di innamorati. – sorrise mentre gli altri arrossivano – Ed ha creato un tritone e una sirena per ricordarli.
- Strepitosa. – mormorò rapita Hermione – Adoro la magia. – sorrise.
Harry abbracciò la strega e la baciò a lungo sulle labbra, pensando che era strepitosa più di quella stanza e che era più bella di tutte le sirene dipinte su quella parete.
Elizabeth si strinse a Robert e chiuse gli occhi, ascoltando in silenzio i battiti del cuore del suo “fidanzato”, felice di essere lì circondata da tanto amore e dall’affetto delle persone più importanti della sua vita.
L’apprendista pozionista, la baciò dolcemente sulle labbra; poi scusandosi disse che aveva un’ultima intervista e che si sarebbero visti per l’ora di pranzo.
Elizabeth lo salutò con un sorriso, raggiunse la stanza da bagno fermandosi di botto: vicino a lei nuotava un tritone dall’aria triste e gli occhi spenti, con i capelli biondo platino.
Ignorandolo, uscì sul piccolo balcone e sprofondò nel morbido tessuto di una poltrona prendi sole.

Hermione pose fine al bacio perché era ormai senza fiato, sorrise al “fidanzato” e raggiunse l’armadio dove gli elfi avevano posizionate le sue valigie.
Dal terrazzo, sentirono la voce della strega cantare una vecchia ballata del mondo magico che parlava di Morgana.
- Harry, ma è tua sorella che canta? – domandò la strega aprendo l’armadio, gli elfi avevano sistemato tutti gli abiti in perfetto ordine.
- Sì. – sorrise lui – Lo fa raramente.
- È un peccato. Potrebbe cantare nel coro della scuola. – sorrise Hermione.
- Non credo lo farà. – scosse la testa.
- Ci canta anche Neville, sai?
- Forse me lo aveva detto, ma preso dagli allenamenti del Quiddich e dalla mia fidanzata. – le sorrise sornione – Non ho prestato attenzione ai suoi discorsi.
- Non dare colpa a me se sei distratto. – ridacchiò avvampando e, aprendo la porta finestra del terrazzino, si lasciò investire dalla dolcezza della melodia, restando in silenzio fino a che questa si fermò.
- ‘Mione… - la chiamò Elizabeth asciugandosi una lacrima – Tutto bene?
- Dovrei chiederlo io a te… - le sedette vicino – Cos’hai?
- Sul muro, è apparso un tritone Malfoy. – rispose.
- Come? – le raggiunse Harry che aveva osservato affascinato la stanza per qualche altro momento – Un tritone biondo platino?
- Sì. Tu non hai una sirena Ginny? – chiese sospirando.
- Per fortuna no. – scosse la testa lui – Ma forse perché sono sicuro dei miei sentimenti. E non sono confuso come lo sei tu, sorellina.
- Hai ragione. – gemette – Sono un disastro.
- Sei una Potter. – replicò una voce alle loro spalle facendoli sobbalzare, era Sirius che, appena arrivato, era andato a cercarli e li guardava dalla porta d’ingresso – Non sei un disastro.
- Zio! – Elizabeth ed Harry volarono tra le sue braccia, stringendolo in un tenero abbraccio.
- Che bello vedervi ragazzini! – li strinse e li baciò, cullandoli con dolcezza.
- Zio… - parlò Harry – Vorrei presentarti una persona.
- Chi? – ridacchiò il Malandrino facendo brillare gli occhi.
- Salve… - parlò la strega – Io sono..
- Hermione! – concluse lui con un sorriso a trentadue denti – Le foto non ti rendono giustizia! – la abbracciò con affetto – Piacere di conoscerti. Io sono Sirius Black. Lo zio Sirius. – concluse strizzandole l’occhiolino.
- Oddei… - gemette la strega – Oddeioddeioddeioddei… - era emozionata – Io…
- Ho detto qualcosa di sbagliato? – domandò guardando i nipoti.
- No, zio. – rise Elizabeth – E’ che tu sei il suo “mito”. Segue sempre le tue ricerche e…
- Aaah! – Sirius scoppiò a ridere forte, facendo tornare Hermione con i piedi per terra.
- Scusatemi. – arrossì – Mi sto comportando da scema. – ammise.
- Non ti comporti da scema, tesoro. – ridacchiò Lily – Il casino che la tua reazione alimenterà per mesi l’ego smisurato di questo Malandrino. – abbracciò Sirius con affetto.
- Esagerata Lily. – finse di offendersi – Solo perché la signorina ha mostrato interesse genuino, non vuol dire che… - ma si zittì, scoppiando a ridere, coinvolgendo tutti i presenti.
Alla fine della risata, Sirius abbracciò nuovamente Lily dicendo:
- Ti trovo meglio, Lils.
- Mi sento meglio. – annuì – Andiamo Sir. Lasciamoli soli. Anzi. – prese Harry per il colletto – Lasciamole sole. Devono finire di sistemarsi per il pranzo. – e, strizzando l’occhio alle due streghe, uscì dalla camera.
Hermione ed Elizabeth restarono sul terrazzino in silenzio per un po’, fino a quando la strega babbana si rese conto che l’amica si era appisolata.
Per non disturbarla, entrò in camera ed iniziò a leggere uno dei grossi libri antichi che aveva visto nella libreria all’interno della stanza stessa.

La quiete della camera, fu interrotta alcune ore dopo da un lieve bussare alla porta.
- Chi è? – domandò Hermione chiudendo il libro.
- Sono Severus Piton, signorina. – parlò l’uomo dall’altra parte.
- Professore. – lo accolse aprendo la porta la strega babbana – Ben arrivato, credevo che arrivasse più tardi…
- Ho terminato prima i compiti che avevo in sospeso. – spiegò entrando nella stanza a tema marino – Dov’è mia nipote?
- Sul terrazzo. – mormorò ma, prima che lui potesse raggiungerla, lo fermò dicendo – Elly non mi sembra felice… Ha molti dubbi sul suo rapporto con Robert. – detto ciò, gli mostrò il tritone biondo platino.
- Ah. – Severus ingollò a vuoto alcune volte, poi ringraziò la Granger con un cenno del capo e raggiunse la figlioccia sul terrazzo.
- Zio?! – Elizabeth puntò i suoi occhi azzurri in quelli neri di lui – Siete arrivati? – gli fece posto sul lettino prendisole, lasciandosi abbracciare.
- Non sarei mancato. – le baciò la nuca, con lei era insolitamente tenero, mostrando un lato sensibile del proprio carattere che non mostrava mai a nessuno - Ho delle cose da chiarire. Sai che non mi piace lasciare questioni in sospeso.
- Tranne le tue pozioni.
- Certo! – ridacchiò, capendo il doppiosenso della battuta della ragazzina – Alcune pozioni devono restare in sospeso, altrimenti non funzionano. – la guardò quando la sentì sghignazzare – Ma tu, questo, lo sapevi già.
- Sono o non sono la tua pozionista migliore del secondo anno?
- Mmmmhhh… - finse di doverci pensare, ma il luccichio dei suoi occhi la diceva lunga. Hermione li osservava da dietro il vetro sorridendo, era strano vedere l’arcigno insegnante di pozioni così umano, Elizabeth era veramente portentosa.
Zio e nipote, restarono sul terrazzo a chiacchierare per una mezz’ora, tempo che Hermione impiegò continuare a leggere il libro che l’aveva appassionata.
Quando Severus si congedò dalla stanza, la giovane Potter rientrò più serena e con un bel sorriso sulle labbra.
- È quasi ora di pranzo. – parlò – Che dici, ci cambiamo?
- Ok… - Hermione chiuse il libro e seguì l’amica fino all’armadio, indecisa su cosa indossare.
In quel momento, Elizabeth estrasse dall’armadio un abitino di lino blu notte corto sul ginocchio con la balsa in fondo e gli spallini incrociati dietro la schiena decorati con piccole stelle; al quale aveva abbinato un paio di sandali dorati, come le stelline.
- Sei bellissima. – le sorrise la strega babbana.
- Grazie. – sorrise Elizabeth – Non voglio essere né troppo appariscente né troppo invisibile. – si strinse nelle spalle.
- Sono sicura che così ti noterà, ma non darai troppo nell’occhio. Ricorda che ci saranno molti giornalisti. Tu ed Harry non volete finire nuovamente sui giornali, vero?
- Mh. – storse la bocca – Non ne avrei voglia. – mormorò.
Ridacchiando, le due amiche finirono di prepararsi; Hermione indossò un abitino di lino color corallo corto sul ginocchio con la gonna a campana ed il corpetto aderente, senza spallini ai quali abbinò un bolerino di tulle ed un paio di sandali dello stesso colore.
Non appena furono pronte, raggiunsero il resto degli invitati nell’immenso giardino e, sgattaiolando via dai giornalisti, presero posto tra i ragazzi presenti al pranzo.
La giornata trascorse lenta e serena. Ci furono giochi, bagni in piscina. Il tutto in allegria. Nella famiglia O’Hurn non c’era posto per la noia.
Gli Weasley arrivarono un’ora dopo l’abbondante pranzo, scusandosi per il ritardo causato da Arthur che aveva avuto un grosso problema al Ministero.

La sera della festa arrivò lenta e tediosa; mentre gli elfi preparavano tutto; Severus decise che era giunto il momento di parlare con Violet.
- Violet?! – la chiamò.
- Sì? – la Veela si girò, bella come non mai, indossava un bikini rosso che metteva in risalto le sue forme – Mi stavi cercando?
- Vorrei parlarti. – disse lui distogliendo lo sguardo imbarazzato.
- Accomodati pure… - lo invitò a sedere su una delle sdraio – Anzi… - si voltò togliendosi il reggiseno – Perché non mi spalmi un po’ di crema? Non essere timido.
- È meglio di no. – mugugnò lui senza saliva.
- Severus. Non mi piace il tuo sguardo. Cos’è successo?
- È successo che sta con me! – ringhiò senza riuscire a trattenersi Remus – Io e lui ci siamo innamorati da bambini. La mia magia si è legata alla sua, entrandoci immediatamente in sintonia. Ma lui è un gentiluomo. Non sapeva come dirtelo.
- Come? – la Veela sgranò gli occhi, sentendo montare dentro un tornado di rabbia – Se è uno scherzo non è divertente!
- Non è un scherzo. – ammise Severus – Quello che dice Lupin è vero. Quando ci siamo visti alla stazione, anni fa, ho sentito che la sua magia mi completava. Ma avevo troppa paura per ammetterlo. Ho impiegato anni per capirlo. – sorrise al compagno – Ed è stato il tuo bacio, Violet, a farmi comprendere che non era te che volevo nella mia vita.
- Cielo. – la strega si chiuse attorno al corpo il pareo abbinato al bikini – Vi chiedo scusa per essermi comportata così… - si alzò – Vi auguro ogni bene. – dette loro un rapido bacio sulla guancia e lasciò il solarium, troppo arrabbiata per fermarsi un minuto di più.
Mentre cercava il modo per vendicarsi, per spezzare il cuore di quell’idiota di un mago che aveva osato rifiutarla; un’idea le si formò in testa: vendicarsi su quell’insulsa creatura mezzosangue che suo figlio era costretto a frequentare.
Un sorriso maligno increspò le labbra di Violet che, raggiungendo i suoi alloggi, si preparò lungamente per la festa della sera, certa che sarebbe stata a dir poco interessante.

La festa arrivò con tutto il suo circo di persone, luci e musica varia. C’erano talmente tante persone, che Elizabeth si sentiva costantemente a disagio. Avrebbe voluto stare vicino a Robert; ma non poteva per non esporsi troppo e non le sembrava giusto nemmeno stare troppo attaccata ai genitori o al fratello o ai padrini, perché ognuno di loro aveva lo stesso diritto di diversi di chiunque altro quella sera.
Così, durante la festa, Elizabeth si allontanò dal gruppo di amici a bordo piscina anche se era felice che la squadra della famiglia O’Hurn avesse vinto la gara, anche se era felice di poter festeggiare in modo così divertente e rumoroso, aveva un vuoto dentro… le mancava qualcosa…
Sospirando, si diresse verso la spiaggia e non appena fu abbastanza lontana dal resto degli invitati, si trasformò in Basilisco e raggiunse il silenzio e la tranquillità della baia della villa.
Arrotolandosi nelle sue spire, come alla ricerca di un abbraccio, alzò gli occhi al Cielo osservando le stelle.
“Perché mi ostino a pensare a te?” sospirò appoggiando il muso sul proprio corpo arrotolato, stava guardando la stella che dava il nome alla sua ossessione, stava pensando a Draco.
Dalla fine del primo anno di scuola, non si erano più parlati. Aveva saputo notizie di Draco e della sua famiglia attraverso l’elfo domestico Dobby; ma non aveva osato chiedere troppo, quell’elfo aveva la tendenza a raccontare troppo.
Dopo che Lily era tornata a casa, avevano ricevuto un gufo con un messaggio da parte di Narcissa e lì i gemelli avevano scoperto che anche Lady Malfoy aveva perso un bambino e che era in grado di comprendere il dolore della madre.
La dottoressa Evans, aveva ringraziato calorosamente Narcissa e l’aveva invitata a prendere un tea a casa Potter; ma non si era mai presentato nessuno né avevano più ricevuto messaggi da parte loro.
Elizabeth emise uno sbuffo e si aggiustò meglio, trovando gradevole la sensazione della sabbia sotto al suo corpo trasformato.

Mentre rincorreva i suoi incoerenti pensieri, sentì un rumore provenire dalla spiaggia.  Era l’eco soffocato di alcune chiacchiere e risate. Curiosa di sapere chi avesse cercato il riparo della spiaggia per ritagliarsi del tempo, strisciò silenziosa fino a raggiungere le voci.
- Erano anni che non mi sentivo così… - la giovane strega sorrise era la voce modulata di Remus.
- Pensavo di non avere diritto a sentirmi nuovamente così. – ammise una voce maschile più bassa, quella voce lei l’avrebbe riconosciuta tra mille, era il professor Piton.
- Perché dici così? – gli chiese appoggiando la testa sul torace di lui.
- Perché, per colpa mia, Lily e James stavano per morire. – sospirò ed Elizabeth vide una lacrima scorrere lungo il suo volto. Provò una gran tenerezza per Severus che si era chiuso in sé stesso schiacciato dal senso di colpa.
- Nessuno ti ha mai incolpato di niente. – gli sorrise il Licantropo.
- Già… - sospirò – Per quello sono stato sufficiente io. – Severus puntò i suoi occhi sul mare continuando – Per la mia scelleraggine, potevano morire i bambini. Li amo come se fossero miei.
- Soprattutto Lizzy. – ridacchiò Remus, ma senza cattiveria.
- Non lo ammetterò mai. – ridacchiò lui più rilassato – Ma è così.
Elizabeth li guardò sospirando quando si baciarono poi, notando che stavano approfondendo il bacio, decise che era giunto il momento di strisciare via per dare loro la privacy che si meritavano. Era felice per lo zio Severus, era il suo “zio” preferito non solo perché era un pozionista eccelso ma perché, fin da quando era poco più di una bambina, era rimasta affascinata dalla sua profonda conoscenza delle cose. Niente a che vedere con Remus che, seppur studioso e curioso, l’aveva ammaliata con quell’aria da “dannato” così affascinante ai suoi occhi di adolescente. Mentre strisciava sulla sabbia calda, Elizabeth pensò che erano realmente una bella coppia e che era felice che si fossero, finalmente, trovati.

D’un tratto, la sua attenzione fu attirata da una fiaccola che brillava poco lontana da lei.
Incuriosita, si avvicinò per vedere chi fosse, quando riconobbe la figura di Robert si fermò nell’ombra per ascoltare senza essere vista.
- Allora è vero. – stava parlando una voce femminile, era una Veela ed era semplicemente bellissima.
- Cosa è vero? – rispose Robert, il viso illuminato dalla torcia.
- Che andrai via, che sei “fidanzato” con quella ragazzina. – sulla parola fidanzato, non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto.
- Non vedo a te cosa interessi, Marylee. – la guardò.
La Veela si trasformò, non riuscendo a trattenere la propria rabbia e gelosia. Elizabeth non aveva mai visto una Veela trasformarsi da creatura bellissima a spirito vendicativo sobbalzò, notando gli occhi di Robert assottigliarsi.
- Mia madre è una Veela. – biascicò senza scomporsi lui – Non credere di spaventarmi.
- Non voglio spaventarti. – rispose lei ed Elizabeth notò il vestito cadere a terra – So che non puoi resistermi. Sento la tua voglia.
Con un ringhio sommesso, il mago lasciò cadere la lanterna nella sabbia, poi si avventò sul corpo della strega Veela gettandola a terra, divorandola di baci. Troppo eccitato per pensare coerentemente.

Elizabeth trattenne il fiato per qualche secondo, poi urlò la sua disperazione con tutta la rabbia e il dolore che le avevano oppresso il cuore.
Il suo fu un ululato muto, perché come Basilisco non aveva una voce spaventosamente potente come quella della Veela; ma il suo grido produsse delle onde sonore talmente forti da far increspare la sabbia ed il mare.
Ed Elizabeth continuò ad urlare dando libero sfogo alla propria potentissima magia; lasciando che la rabbia si impadronisse di lei, creando delle trombe marine e mulinelli di sabbia che distruggevano tutto al loro passaggio.
Harry, che stava ballando con Hermione; Robert; Ron e Ginny, sentì il gelo salirgli dalla schiena fino al petto percependo la rabbia e il dolore della sorella con un’intensità tale che lo fece accasciare al suolo.
- Harry! – lo chiamò Hermione – Harry?!
- ‘Mione… - sussurrò lui – Liz… - e non riuscì ad aggiungere altro.
- Oh mi… se… riac… cia… - sillabò Ron indicando con un dito la spiaggia.
- È Lizzy? – tremò Ginny spaventata.
- Sì. – annuì Harry – Scusatemi. Io…
- Corri da lei! – annuì Hermione che, prima di farlo allontanare, lo strinse e lo baciò sulle labbra – Ricorda che qui ci sono io che ti aspetto. – gli mormorò facendolo arrossire.
Harry annuì, salutò con un cenno del capo la fidanzata e gli amici, poi corse verso la spiaggia per raggiungere la sorella e cercare di calmarla.

Arrivò nel punto dov’era nascosta contemporaneamente a Severus; Remus e Robert e videro la giovane strega urlare contro il nulla. Quello che la ragazzina vedeva, era solo un’illusione creata dalla magia della potente Veela nella sua testa per farla soffrire. Far soffrire lei, per rendere triste quell’inutile Pozionista che l’aveva scaricata per un altro uomo.
- Cosa diavolo sta succedendo? – urlò per farsi sentire.
- Avverto della magia molto potente. – rispose Robert guardandosi intorno – Sembra che sia vittima di…
- Un incantesimo di illusione. – concluse Remus annuendo – Qualcuno le sta facendo vedere una scena, qualcosa che le sta spezzando il cuore. Facendo accrescere la sua rabbia.
Robert sussultò, per un attimo aveva sfiorato la mente di Elizabeth; ma era stato scaraventato fuori da un potente attacco magico.
- Ha visto me e una ragazza fare sesso sulla spiaggia. – mormorò – Ma voi sapete che non è vero. – li guardò – Siamo sempre stati insieme.
I maghi annuirono, comprendendo che un’immagine del genere potesse causare molto dolore e danni al cuore già spezzato della giovane strega.
- Harry. Fermati! – tentò di bloccarlo Severus, preoccupato per i suoi “nipoti”.
- Non posso zio. – sorrise – Lei ha bisogno di me. – strinse l’uomo in un rapido abbraccio mormorando – Avrà bisogno anche di te, zio. Dopo zio Remus, sei l’unico in grado di entrare in contatto con lei.
Elizabeth, tornò nella sua forma originale continuando ad urlare, impedendo agli altri di continuare a parlare, facendo loro tappare le orecchie.
- Lizzy. – la chiamò Harry usando sia la voce sia il contatto telepatico – Ascoltami.
Harry riuscì a raggiungerla e toccarla, la strega si zittì di colpo girandosi verso il gemello con gli occhi colmi di lacrime e il viso rigato.
Senza parlare, Elizabeth si gettò tra le braccia del fratello, sulla spiaggia continuava ad imperversare la tempesta; la strega mormorò un “voglio andare via” telepatico al gemello ed entrambi scomparvero smaterializzandosi.

Harry restò teso e rigido abbracciato alla gemella che non riusciva a smettere di piangere.
Quella smaterializzazione senza la supervisione di un adulto, avrebbe causato loro dei seri e grossi guai.
Poi si sentì in colpa, la sorella era sciolta in lacrime di dolore e lui pensava alla punizione che avrebbero dovuto subire per quello scoppio di magia involontario.
Sospirando, aprì gli occhi, si erano materiliazzati in un luogo a lui sconosciuto. Un luogo che aveva scelto inconsapevolmente la gemella.
- Potter? – la voce di Draco Malfoy li fece sobbalzare entrambi – Come diavolo avete fatto a passare le difese del Manor? Cosa ci fate qui…? – li bombardò di domande il ricco mago, avvicinandosi.
Quando loro erano comparsi nella sua camera da letto, Draco era sul terrazzo che terminava di leggere un libro, godendosi la solitudine della propria camera, il silenzio e il fresco della serata. Aveva poi sentito un “pop”, ed era corso a vedere chi avesse osato smaterilizzarsi in camera sua, pensando a qualche stupido elfo domestico che lo stava cercando. Magari perché i suoi genitori, impegnati in uno dei tanti galà, dovevano comunicargli qualche importante novità, tipo aver stipulato per lui un contratto matrimoniale. Con un ghigno, era rientrato in camera, pronto ad urlare insulti contro il malcapitato essere ma tutte le cattiverie che aveva preparato, gli morirono in gola quando vide chi era entrato in camera sua.
Osservò con sorpresa i gemelli Potter abbracciati sul suo pavimento, notò l’espressione tesa di Harry e il corpo scosso da singhiozzi di Elizabeth che non riusciva neanche a parlare.
- Potter, - scosse la testa bionda – sei un disastro. – sedette accanto a lui storcendo la bocca, poi prese Elizabeth iniziando a cullarla – Non sai come si calma una ragazza in lacrime?
- No. – mormorò mestamente Harry – Non riduco mai le mie ragazze così… - concluse osservando la sorella.
Draco incassò la frecciatina senza replicare, poi si concentrò su Elizabeth cullandola e massaggiandole la schiena come facevano con lui gli elfi domestici quando era poco più di un bambino.
Harry appoggiò stancamente la testa sulle ginocchia ed aspettò che la gemella smettesse di piangere e tremare tra le braccia di Malfoy.
Elizabeth, dopo una ventina di minuti, riuscì a smettere di piangere e lasciò andare il tessuto morbido della camicia indossata dal giovane mago serpeverde.
- Lizzy… - le parlò Draco continuando ad accarezzarle i capelli – Cosa ci fate qui? Cosa è successo?
- Uno scoppio di magia involontario. – rispose Harry, la gemella annuì mettendo la fronte nell’incavo del collo di Malfoy, procurandogli un brivido di piacere.
- Siete in un mare di guai. – scosse la testa biondo platino il ragazzino.
Elizabeth si staccò lentamente dalle braccia del compagno di casa e piantò i suoi occhi chiari in quelli grigi di lui.
- Hai ragione. – mormorò – Harry… Scusa… - gemette.
- Non hai niente di cui scusarti. – scosse la testa nera il mago.
- Ma molto di cui spiegare. – fece Malfoy, ma furono interrotti dalla porta della camera che si aprì con un tonfo, lasciando entrare i genitori di Draco con le bacchette spianate, pronti a difendere il figlio.
- Draco! – tuonò l’uomo – Draco!
- Sono qui, padre. – si alzò da terra – Sto bene.
- Draco, cosa è successo? – domandò Narcissa, bellissima nel suo abito da gala.
- È colpa nostra signori Malfoy. – parlò Elizabeth alzandosi, non osava alzare la testa per guardarli.
- Voi? – ringhiò l’uomo – Voi mezzosangue...
- Lucius! – lo zittì la moglie – Non è il caso.
- Ma…
- Padre… Madre…
- È successa una cosa sulla spiaggia dove eravamo. – spiegò Harry prendendo per mano la gemella – Una spaventosa tempesta. – fece un sorriso mesto – Ci siamo spaventati.
- E come siete finiti qua?
- È solo colpa mia. – pigolò Elizabeth – Ho pensato ad un luogo sicuro e…
- È finita tra le mie braccia. – gongolò Draco facendola arrossire.
- Siete finiti in grossi guai. – biascicò Lucius osservandoli.
- Avete usato della magia senza averne il permesso. – annuì Narcissa.
- È stato involontario. – sobbalzò Harry.
- Prenderò io tutta la colpa. – scosse la testa Elizabeth, ma fu interrotta dal picchiettare insistente di un gufo alla finestra della stanza del rampollo Malfoy.
- È un gufo del Ministero. – mormorò Draco facendo scivolare la sua mano in quella di Elizabeth, la ragazza sobbalzò ma non ritrasse la mano.
- Già. – annuì Narcissa osservando sia i gemelli Potter sia il marito che era andato a prendere il messaggio.
- “I gemelli Potter sono scomparsi.” – lesse ad alta voce Lucius – “Dopo la tromba d’aria in Florida, si sono smaterializzati in località ignota. Chiunque abbia loro notizie, è pregato di rispondere immediatamente”.
- Eravate in Florida? – chiese Draco ad Harry.
- Sì. – annuì lentamente il mago – Eravamo ospiti della famiglia O’Hurn. Oggi…
- Hanno vinto il campionato di Surf Magico. – mormorò con voce rotta Elizabeth – Lord Malfoy? – lo chiamò.
- Sì? – Lucius la guardò trovandola bella nonostante il viso segnato dalle lacrime e gli occhi gonfi.
- Posso… Rispondere io?
- Certo. – il potente mago oscuro passò la pergamena ad Elizabeth e lei lo ringraziò con un sorriso che lo fece sobbalzare, non sorridevano spesso in quella casa.
Draco la condusse al proprio scrittoio e lasciò che rispondesse al messaggio, sobbalzò quando la vide rompere una piuma d’aquila e metterla all’interno del messaggio.
Elizabeth legò la pergamena alla zampa del gufo, poi lo ringraziò e lo osservò volare nella notte.
- È molto tardi. – parlò Narcissa – Stasera vi fermerete a dormire qui.
- Cara… - iniziò Lucius.
- Caro, sono bambini. – rispose – E lei ha il cuore spezzato. Vuoi davvero metterli alla porta?
- No. Affatto.
- Scrivi ai loro genitori. Torneranno a casa domani, accompagnati da uno dei nostri elfi.
- Come desideri. – ringhiò lord Malfoy, ma i loro discorsi furono interrotti dal lieve bussare alla porta di uno degli elfi domestici.
- Sì. Avanti. – parlò Narcissa.
- Padrona, è Dobby. – mormorò entrando senza osare alzare lo sguardo – È arrivato il signor Piton, signori. – alzò la testa e sobbalzò vedendo i gemelli Potter proprio lì – È… è alla porta, signore. – continuò – Vuole… vuole…
- Cosa vuole Dobby? – lo interruppe irritato Lucius.
- Vuole parlare con lei, padrone. – concluse facendo un profondo inchino che lo portò a toccare il pavimento con il naso.
- Digli che sto arrivando. Fallo accomodare nel mio studio. – lo fulminò con lo sguardo – Subito idiota! – lo sgridò.
- Vado… vado signore. – e scappò via, senza poter dire ai gemelli Potter.

Lucius e Narcissa si scambiarono uno sguardo d’intesa che non passò inosservato ai fratelli.
- Narcissa, mia cara, lascio a te il compito di sistemare i nostri ospiti. Scriverò a James dal mio studio.
- Va bene caro. – annuì la donna elegantemente.
I fratelli, aspettarono che l’uomo lasciasse la stanza poi si concentrarono sulla donna che li osservava con occhio critico.
- Siete completamente ricoperti di sabbia. È inaccettabile. – sbuffò e, con un gesto della mano, fece comparire un campanello d’ottone. Dopo averlo suonato, si materializzò una femmina di elfo domestico.
- La padrona ha chiamato? – parlò con voce dolce.
- Sì. – annuì gelida – Conduci i nostri ospiti a fare il bagno. Poi porta loro qualcosa da indossare per la notte.
- Come la padrona desidera. – annuì senza mai alzare gli occhi.
- Madre. – parlò Draco che non aveva mai lasciato la mano di Elizabeth – Possono dormire con me?
- È inammissibile, caro. – scosse la testa.
- Ne andrebbe del buon nome della tua famiglia Malfoy. – rispose Elizabeth togliendo la mano da quella del giovane mago – Ricordi? Siamo solo luridi mezzosangue. – la sua voce era incolore, sembrava spenta, esattamente come il suo sguardo.
- Lizzy. – Harry la guardò scuotendo leggermente la testa, la gemella si limitò a stringersi nelle spalle ed abbassare la testa, chiudendosi in un mutismo assordante – Lady Malfoy… - sospirò il ragazzino – Potremmo… Potremmo parlare con lo zio Severus? Come sa, è il nostro padrino… - disse una mezza verità, e la sorella fece un mezzo sorriso.
- Non avevo pensato a questo. – annuì la donna – Ottima idea, giovane Potter.
- La ringrazio. – fece un sorriso riconoscente lui.

Narcissa lasciò la stanza di Draco mentre l’elfa domestica si prendeva cura dei gemelli Potter, accompagnandoli nel bagno di servizio, che era grande come la camera da letto dei loro genitori.
- Wooow! – mormorò Harry – Se non fosse tutto così dannatamente grigio e nero, sarebbe bellissimo. – ammise guardandosi intorno.
- Sono Malfoy. – rispose la gemella iniziando a spogliarsi – Cosa ti aspetti?
- Lizzy. – Harry si girò a guardarla, era rimasta in costume da bagno, ma non c’era traccia di sentimenti positivi in lei.
- Sono arrabbiata fratellino. – ammise – Sono talmente arrabbiata che potrei far scatenare un uragano anche adesso. – sentirono dei tuoni in lontananza – Sento tanto male qui. – e si toccò il cuore.
- Posso abbracciarti? – le domandò lui evitando di dirle che tutto ciò che aveva visto non era reale, temeva che potesse arrabbiarsi ancora di più, arrivando a chiuderlo fuori dal suo cuore.
- Per tutta la vita. – sorrise lei, un sorriso vero che per un momento le illuminò gli occhi.
Si lavarono e vestirono in silenzio, gli elfi domestici di casa Malfoy, avevano portato nell’antibagno biancheria pulita per entrambi e abiti dal taglio sartoriale, degni della famiglia Malfoy.
- Mi sento ridicola. – bofonchiò la strega osservandosi, indossava un lungo abito a sirena nero con inserti argento, con le maniche a sette ottavi, stretto sul seno e morbido fino alle caviglie.
- Sei bellissima. – le sorrise il gemello, lui indossava dei pantaloni neri che mettevano in risalto le sue gambe ed una camicia verde a cui aveva arrotolato le maniche fin sopra i gomiti.
- Anche tu. – sorrise di rimando – Il verde ti dona molto, fratellino.
- Grazie. – la baciò sulla tempia – Andiamo ad incontrare lo zio?
- Sì. – mormorò lei.
Per mano uscirono dal bagno e tornarono verso la stanza di Draco, non conoscevano il Manor e non sapevano né dove poter andare né a chi chiedere aiuto.

Draco, sentendo la porta della sua camera aprirsi, si alzò dal letto dove si era messo a leggere. Avrebbe voluto dire qualcosa di sgradevole ai suoi “nemici”; ma Elizabeth con indosso quell’abito non solo gli seccò le papille gustative, azzerando la sua saliva, ma gli fece dimenticare ogni cattiveria.
- Malfoy, - biascicò Harry – mi sembra di sentire urlare il tuo cervello. E le frasi che ho intercettato potrebbero anche farmi dimenticare che sono ospite in casa tua.
- Come? – Draco tornò improvvisamente presente, rendendosi conto che non era riuscito a bloccare la mente, lasciando che i suoi pensieri viaggiassero fluidi.
- Sei un pessimo occlumante. – bofonchiò Elizabeth, continuava a sentirsi ridicola vestita così.
- Vi chiedo scusa. – mormorò lui – Lizzy, stai molto bene così. Sembri veramente la principessa delle serpi.
- Grazie. – sospirò.
Draco avrebbe voluto chiederle perché erano piombati nella sua stanza, perché i suoi occhi fossero così spenti; ma non ne ebbe la possibilità perché Narcissa aprì la porta della camera conducendo lì Severus.
- Ragazzi. – li chiamò, la voce tremava di preoccupazione.
- Zio! – risposero i due correndogli incontro.
Il Pozionista li accolse tra le sue braccia e li strinse con forza contro il proprio petto, accogliendo le lacrime di Elizabeth e lo stretto abbraccio di Harry.
Draco guardava la scena spaesato, con lui Severus non era mai stato né tanto espansivo né protettivo.
- Narcissa. – parlò l’uomo – C’è un posto dove possiamo parlare da soli?
- Certo. – annuì elegante la donna – Draco, caro, vieni con me.
- Ma… - protestò – Madre, queste sono le mie stanze.
- Sarà solo per pochi minuti. – lo pregò Severus – Te lo chiedo per favore, Draco.
- Sì zio. – mormorò lui – Ho il permesso di chiamarti così? – chiese speranzoso.
- Certo. – gli sorrise brevemente – Grazie per la comprensione. – lo congedò.
Severus continuò a tenere abbracciati i figliocci fino a quando i due Malfoy lasciarono la stanza, poi scivolò a terra, trascinandoli con sé.
- Ragazzi… - parlò con voce bassa – Che spavento!
- Zio… - riprese a singhiozzare lei – Zio è tutta colpa mia.
- Sssshhhh… - l’uomo lasciò la presa sulla schiena di Harry, concentrandosi sulla nipote che tremava.
Harry abbracciò la sorella, aiutando il Pozionista a coccolarla.
- Come siete finiti qua? – chiese – Cosa è successo sulla spiaggia?
- Non ho voglia di parlarne, zio. – gemette mordendosi le labbra, gli occhi pieni di dolore.
- Allora fammi vedere. Mostrami ciò che è successo.
Elizabeth annuì e, abbassando le difese a protezione della sua mente, permise allo zio ed al fratello di entrare nei suoi ricordi.
Mostrò loro la sua passeggiata sulla spiaggia, condivise con loro la sensazione piacevole della sabbia calda contro la pelle, mostrò alcune delle sue riflessioni e fece vedere le stelle che aveva osservato.
Era tutto molto tranquillo, molto tenero. Evitò di mostrare le scene dei baci di Severus e Remus, quelli erano momenti che lei aveva “rubato” e non voleva mostrarli al fratello né allo zio che ne era protagonista.
- Sorellina… - parlò Harry dopo un minuto di silenzio – È stato tutto bellissimo, ma…
- Ma cosa? Bellissimo?
- Tutto quello che hai visto “dopo”, - disse mimando le virgolette sulla parola dopo – non è mai successo.
- In che senso? – sgranò gli occhi Elizabeth non capendo.
- Robert non si è mai, nemmeno per un momento, spostato dalla piscina. Ha sempre, per tutto il tempo, ballato e giocato con me, Mione e Ginny. – mostrò i ricordi in suo possesso alla gemella che iniziò a piangere.
- Chi può essere stato zio? – domandò Harry abbracciando la gemella.
- Non lo so. Questa è magia molto potente. – sospirò il Pozionista – Potrebbe essere stata la Veela, gelosa per il fatto di essere stata rifiutata.
- Violet? – ringhiò Elizabeth stringendo gli occhi.
- Già, temo che sia stata proprio lei. – mormorò l’uomo – Devo confessarti una cosa, Lizzy.
- Cosa zio?
- Ho conosciuto Robert durante un seminario sulle pozioni.
- Questo lo sapevo. – annuì la ragazzina.
- Quando Draco ti ha spezzato il cuore, causando la quasi rottura del tuo nucleo magico, io e Silente abbiamo pensato che…
- Che avevo bisogno di una persona speciale come Harry ha Hermione? – chiese tremando di rabbia, allontanandosi dall’abbraccio del fratello.
- È andata più o meno così. – annuì il Pozionista, Harry sgranò gli occhi e la bocca, lui di quella storia non sapeva niente ed era inorridito all’idea di come i suoi genitori, il Preside e lo zio avessero “giocato” con i sentimenti della gemella – Non era messo in conto che Robert fosse tanto preso da te. Almeno non subito.
- Lui doveva fingere di trovarmi interessante per non farmi pensare a Draco. – il petto di Elizabeth si alzava ed abbassava ritmicamente, gli occhi erano attraversarti da nuvole temporalesche.
- Non doveva fingere. Doveva diventare amico tuo e di Harry. – sorrise triste – Avete molto in comune tu e Robert. Soprattutto per quanto riguarda le pozioni.
- Mh. – la ragazzina restò per qualche minuto in silenzio, poi si alzò allontanandosi dallo zio e dal fratello – Andate via. – gemette – Porta via Harry. Io non verrò con voi. Non voglio rivederti fino a settembre, professore. – concluse con una smorfia disgustata sulle labbra.
- Ma Elly! – cercò di farla ragionare il gemello, ma lei lo zittì con un gesto della mano dicendo nella loro mente “qualcuno sta ascoltando. Sento un’aura magica che non è di nessuno di noi. Zio, se resto qua, avrò modo di scoprire qualcosa…”
“È molto pericoloso Lizzy…” ingollò a vuoto il professore “I Malfoy sono una famiglia pericolosa. Incontrano molti Mangiamorte.”
“Non ho paura”.
- Elly, non posso lasciarti qui da sola. – stette al gioco il gemello – Non puoi chiedermi una cosa del genere. A casa di questo Serpeverde poi!
- Io sono una Serpeverde, te lo sei dimenticato fratello Grifondoro? – replicò mettendo una nota rabbiosa nella voce, Harry sorrise davanti all’interpretazione della sorella, avevano tante cose da scoprire ma dividersi era pericoloso.
- Di’ alla mamma e al papà che tornerò a casa, ma che non ho nessuna intenzione di tornare a villa O’Hurn. Non voglio stare con quel bastardo di Robert. Né con te, zio.
- Capisco che sei arrabbiata. – le parlò l’uomo – Ma, ti prego, ripensaci.
Un lieve bussare alla porta interruppe i loro discorsi, Severus con espressione triste la aprì, lasciando entrare un elegante Lucius.
- Va tutto bene qua? – chiese l’uomo posando il suo sguardo indagatore sui presenti, cercando di scrutare le menti dei gemelli.
“Che pessimo Legilimens” ridacchiò Harry mantenendo un’espressione neutra sul viso.
“E’ un vero incompetente” annuì mentalmente la gemella osservando lo zio che rideva sotto i baffi davanti ai tentavi di Lucius di penetrare la mente dei gemelli.
- È inutile che ci provi lord Malfoy. – parlò il professore – I giovani Potter sono due occlumanti naturali. La loro mente è inviolabile. È possibile leggerla solo se loro lasciano libero il passo.
- Ma non stavo cercando di leggere loro la mente. – mentì arrossendo.
- Lord Malfoy. – parlò Elizabeth – Avrei un favore da chiederle, se possibile.
- Mi dica signorina Potter.
- Potrei essere vostra ospite fino alla fine del mese?
- Perché non vuole tornare dal suo fidanzato?
- No. Il mio fidanzato e il suo amico – lo indicò con la testa – Piton hanno macchinato contro di me. Non mi piace essere presa in giro né, tantomeno, che qualcuno giochi con il mio cuore ed i miei sentimenti.
- Lei è ancora troppo giovane per parlare con tanta veemenza. – ridacchiò l’uomo biondo platino, ai gemelli ricordò un serpente.
- Forse ha ragione. – sorrise – Le dispiace se resto?
- Non posso darle una risposta, signorina. Devo chiedere il permesso ai suoi genitori. – sorrise felino.
- Io non mi muoverò da qui. – incrociò le mani sotto al seno – Non voglio tornare da chi mi ha tradita con un’altra. – sbottò.
- Per stasera sarete nostri ospiti, lei e suo fratello. – disse rivolto a Piton – Abbiamo scritto ai loro genitori che sarebbero stati nostri ospiti.
- Capisco. – annuì il Pozionista – A questo punto, posso togliere il disturbo lasciando alle vostre cure i miei figliocci.
- Non preoccuparti per loro, Severus. – lo accompagnò alla porta l’uomo – Qui saranno al sicuro.
Severus abbracciò un’ultima volta i ragazzi, salutò Draco e Narcissa e lasciò il Manor senza voltarsi indietro.
Il piano della figlioccia era molto pericoloso. Con la sua empatia lei aveva avvertito “qualcosa”, quella stessa sensazione di disagio che lui stesso provava ogni volta che entrava al Manor. Doveva fare di tutto per proteggere i suoi tre ragazzi, Draco era ancora innocente e non voleva che la follia del padre intaccasse anche il suo cuore.

Draco tornò in camera sua dove trovò i gemelli seduti su alcuni cuscini che teneva vicino alla finestra.
- Ehi Potter. – li chiamò – Tutto ok?
- Sì. – annuì Elizabeth puntando i suoi occhi in quelli di lui – Tutto bene. Grazie.
Draco ingollò a vuoto alcune volte, adorava perdersi negli occhi di lei.
- Siamo solo stanchi. – ammise nascondendo uno sbadiglio Harry – È stata una giornata spaventosa.
- La mamma vi ha fatto preparare la camera degli ospiti. – disse – È vicino alla mia.
- Siete molto gentili. – lo ringraziò il gemello.
- Siamo tutto fuorché gentili. – sorrise triste Draco – Ma grazie.
- Ho chiesto a tuo padre il permesso di restare qui fino alla fine del mese, Malfoy. – disse a voce bassa Elizabeth – Quello che pensavo essere il mio ragazzo, si è fatto beccare a fare sesso con un’altra. – puntò i suoi occhi in quelli di lui che sobbalzò vedendo la rabbia – Non voglio tornare là.
- Sarà un onore averti come ospite. – le sorrise Draco facendo un breve inchino, era sincero ed Harry lo guardò sorpreso, non era così “cattivo” come suo padre.
Un elfo domestico si smaterializzò nella camera del ragazzo, era Dobby che tra inchini e mormorii disse che la camera per i Bambini Sopravvissuti era finalmente pronta.
Elizabeth ed Harry ringraziarono l’elfo, diedero la buona notte a Draco e lo seguirono lungo il corridoio.
Non appena si furono stesi nel letto, si presero per mano, creando la loro bolla magica speciale.
- Sicura di volerti fermare qua fino alla fine del mese?
- Sicura fratellino. Ti prego, non chiedermi di tornare. Dovete capire cosa è successo. Chi è stato a farmi questo. Sono un pericolo per voi. Hai visto cosa sono stata capace di creare? Ed era solo un’illusione.
- Accetterò la tua decisione, ma non la capisco fino in fondo. – ammise il gemello – Ma stai attenta. Questo è un covo di serpi. – ridacchiò.
- Non ho paura dei serpenti. – sibilò.
Abbracciati, i gemelli si addormentarono stremati dagli eventi della giornata, avevano usato troppa magia e non sapevano ancora gestire al massimo le loro emozioni.

Angolo dell’Autrice:

Un infinito, immenso, grazie… A chiunque si è fermato un attimo per leggere la mia FF, a chi l’ha messa in una delle categorie e… a chi è stato tanto paziente da aspettare che arrivasse un nuovo aggiornamento.
Sono ancora molto indecisa su chi scegliere tra Robert e Draco come “compagno” della mia Elizabeth, secondo voi chi tra i due è meglio?
La Veela madre di Robert, si sta rivelando “cattiva”… Lei voleva ad ogni costo Severus, ma lui (almeno nella mia testa) ha scelto Remus…

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Capitolo 11
*** Il primo compleanno separati ***


Capitolo Dieci:

Il mattino dopo i gemelli Potter si svegliano presto, non erano abituati a dormire fino a tardi e trovavano sprecato il tempo perso a dormire quando fuori si potevano fare molte divertenti attività. La prima a svegliarsi, fu Elizabeth che, guardandosi intorno, mormorò spaventata:
- Ma in che razza di posto siamo finiti?
- Siamo al Malfoy Manor. – sbadigliò il gemello – Tu ci hai portati qui. Ricordi?
- Ooh. – borbottò la strega alzandosi – No. Non lo ricordavo.
- È talmente buio qua dentro, che non mi rendo conto di che ore possano essere.
- Hai ragione fratellino. Apriamo le tende? – domandò.
Harry annuì, saltò giù dal letto ed aiutò la sorella ad aprire i pesanti tendaggi che rendevano buia la camera.
- Buongiorno signorini. – parlò l’elfo Dobby – Avete dormito bene?
- Dobby, buongiorno. – lo salutò Elizabeth con un sorriso sincero – Abbiamo dormito bene. Tu come stai?
- Dobby felice. Dobby sta bene quando la signorina sorride. – ammise muovendosi a disagio.
- Dobby, sai dirci che ore sono? – gli chiese Harry.
- Sono le otto e mezzo, signorino Potter. – disse – La famiglia di Dobby sta per scendere a fare colazione. Ho sentito Lady e Lord Malfoy che aspettano i vostri genitori.
- Verranno a prenderci tra poco. – annuì il giovane mago, la sorella fissò lo sguardo fuori dalla finestra.
- Non ho ancora deciso se tornerò con voi, fratellino.
- Lo so. – la baciò sulla tempia – Sento la tua confusione, sorellina… Fa quello che ti senti. Sappi solo che mi mancherai.
- Anche tu. – annuì.
- Il signorino e la signorina Potter sono pronti per scendere a fare colazione?
- Potremmo avere dei vestiti meno seri, Dobby? – chiese Harry – Mi sento un damerino vestito così.
- Dobby può andare a casa Potter a prendere qualcosa di più comodo per i Salvatori del Mondo.
- È un’ottima idea! – annuirono i gemelli in coro.
Dobby fece un rapido inchino, poi si smaterializzò a casa Potter e, nel giro di qualche minuto, tornò nella stanza dei fratelli con una borsa piena di loro abiti.
Elizabeth aprì la borsa esclamando:
- Finalmente torniamo noi stessi.
- Che gioia! – Harry prese dalla borsa un paio di bermuda multitasche di cotone color sabbia ed una maglietta a polo color ghiaccio.
- Io indosserò una gonnellina oggi. – disse la gemella – Anzi no… - Dobby le aveva portato il suo vestito preferito, aveva i colori di Serpeverde: era nero in cotone corto sul ginocchio con lo scollo a barca rifinito in argento, il corpetto che metteva in risalto il suo fisico era verde brillante e la gonna morbida le arrivava al ginocchio.
- È anche il mio preferito. – le sorrise il gemello – Ti sta troppo bene.
- Perché non ne regali uno simile a Mione con i vostri colori? Sono certa che sarebbe bellissima in rosso scuro e oro. – gli sorrise.
- Se mi aiuti a sceglierlo sì. Sai che sono negato con le taglie. – sorrise.
- Lo so. – ridacchiò la sorella – Dai, vestiamoci così scendiamo nel salone.

I gemelli indossarono gli abiti scelti, ringraziarono nuovamente Dobby per essere stato così disponibile, poi scesero al piano inferiore raggiungendo il salone dove sentivano delle voci. I loro genitori erano già arrivati e stavano chiedendo a gran voce di poter parlare con i figli.
- Mamma. – parlò Elizabeth.
- Papà! – le fece eco Harry.
- Ragazzi… - sorriso entrambi i genitori andando ad abbracciarli.
- Lizzy, come stai? – le domandò la madre dopo averla baciata.
- Stanca. Piena di dubbi. Ho parlato con Harry e lo zio Severus. – guardò i genitori negli occhi – Mi hanno detto che era tutta una finzione. Una cosa che ho visto solo io. – una lacrima rotolò lungo la sua guancia.
- Temo che tuo fratello ti abbia detto la verità. Solo tu vedevi cose terribili.
- Cosa… - inghiottì – Cosa succederà adesso?
- Ne parleremo con calma dopo. – la tranquillizzò il padre, non voleva parlare davanti ai Malfoy.
- Sì papà.
- Ragazzi. – li chiamò Narcissa – Mettetevi seduti e fate colazione. Unitevi a noi.
- Grazie lady Malfoy. – sorrise Elizabeth senza allegria.
- Non essere triste, Lissy. – la baciò sulla tempia il gemello, vedrai che sistemeremo tutto.
- Spero tu abbia ragione fratellino. – sospirò mettendosi seduta, seguita a ruota dal gemello e dai loro genitori.
La colazione si svolse in religioso silenzio, i Malfoy non avevano l’abitudine di parlare durante i pasti. Ognuno era chiuso nei propri pensieri.
“Odio questo silenzio” gemette Elizabeth nella testa di Harry.
“È assordante” annuì il ragazzino “Tu sei convinta di voler restare qui?”
“Sì…” annuì continuando a mangiare, lo sguardo fisso nel proprio piatto.
“Ma… il principino non fa colazione?” chiese Harry facendo notare l’assenza di Draco a tavola.
“Ora rompiamo il silenzio” ridacchiò lei nella testa del gemello.
Prima che Harry potesse chiederle spiegazioni, la sorella alzò gli occhi dal proprio piatto dicendo:
- Lord Malfoy, mi scusi la domanda inopportuna; ma… Draco non fa colazione con voi?
- Hm. – le labbra di Lucius si contrassero in una smorfia, chi osava interrompere la sua routine? Poi ricordò improvvisamente di avere degli ospiti a tavola e che, invece di sforzarsi di fare conversazione, si era lasciato prendere dalla lettura della Gazzetta del Profeta – Signorina Potter, purtroppo ho scoperto che mio figlio è un pigro.
- Ma cosa dice! – le labbra di Elizabeth si distesero in un sorriso sincero – A scuola, è tra i primi ad alzarsi per accompagnarmi in Sala Grande. È molto attivo nella squadra di Quidditch, lo sa?
- Non credevo che Draco fosse un mattiniero. – sorrise con dolcezza Narcissa, colpita dalle parole della giovane Potter.
- Credo lo faccia solo perché ci hanno eletto Principessa e Principe delle Serpi. – ammise lei dopo un momento di silenzio – È stato educato molto bene. – i coniugi Malfoy apprezzarono il complimento, poi Lucius si girò verso l’elfo domestico dicendo:
- Tu, va a svegliare Draco.
- Posso andare io, signore? – chiese Elizabeth alzandosi.
- Ma certo. – annuì Lucius – Se ai tuoi genitori va bene.
- Non vedo dove sia il problema. – sorrise Lily – Va pure tesoro.
- Grazie mamma. Arriverò tra poco. – salutò con un sorriso e salì al piano superiore raggiungendo il più silenziosamente possibile la camera di Draco.
Bussò, ma non ottenendo nessuna risposta, aprì lentamente la porta. La stanza di Draco era immersa nella penombra. Le finestre erano aperte, ma la luce era fermata dai pesanti tendaggi di cotone grezzo blu scuro, il letto a baldacchino troneggiava al centro della camera e il ragazzo dormiva di traverso sul letto con nient’altro addosso che non un paio di boxer.
Elizabeth avvampò: non era la prima volta che vedeva il corpo di un ragazzo in biancheria, crescendo con suo fratello Harry le era capitato spesso di vederlo uscire dalla doccia in boxer; oppure al mare i maschi non erano molto più vestiti di così; ma… vedere lui, così etereo, che sembrava uscito dalle nebbie di un sogno… le fece colorire le guance.
- Draco… - lo chiamò piano avvicinandosi al letto – Draco, svegliati… - lo pregò.
- Mmmhhh… - mugolò lui, increspando le labbra – Lisy…
La giovane strega sorrise, nel sonno pronunciava il suo nome. Si sentì stranamente lusingata. Così, si sedette sul bordo del letto e gli toccò la spalla per farlo svegliare.
- Draco… Svegliati, sono qui. – lo scosse.
Il giovane serpeverde aprì i suoi incredibili occhi grigi, fissandoli in quelli chiari di lei.
- Lisy… - biascicò, stava credendo ancora di dormire e, senza darle il tempo di replicare, le prese il polso e se la tirò addosso, baciandola dolcemente.
Elizabeth fu invasa dal profumo di Draco. Ogni sua particella fu investita dall’odore di brezza marina e ingredienti per pozioni, tra i quali riconobbe la cannella.
Chiudendo gli occhi, la ragazzina rispose al bacio di Draco e, senza riuscire a tenere ferme le mani, andò ad accarezzare i capelli di lui, trovandoli morbidi come nuvola tra le dita.
Quando Draco si rese conto di non stare sognando, si allontanò dalle labbra di Elizabeth gemendo.
- Sei vera! – esclamò.
- Sì… - mormorò lei scostandosi, imbarazzata.
- Scusami Elizabeth. – le disse coprendosi con il lenzuolo – Io… Non volevo… - vedendo gli occhi di lei incupirsi si affrettò a rettificare – In effetti volevo, ma magari non in queste condizioni. – e si indicò per farle capire che avrebbe preferito non essere così “svestito”.
- Mi spiace di averti svegliato. Ma non sopporto di stare a fare colazione con i tuoi genitori che non dicono una parola. – sospirò mentre lui si alzava per andare nel suo bagno privato – Sai, ho chiesto di poter restare al Manor fino alla fine del mese. Sarei felice di poter fare colazione con te. Tuo padre dice che sei un pigrone.
- Sono un pigrone a casa. – annuì – Ma perché i miei genitori sono ingessati e noiosi. Preferisco fare colazione in camera mia, sul mio balcone. Almeno guardo un po’ il panorama e leggo un libro. A tavola parlano di lavoro. Di obblighi. Di stupidi party o serate di gala. – fece una smorfia – Ultimamente parlando di matrimonio combinato.
- Che cosa orribile. – Elizabeth non riuscì a trattenere un brivido, la vita di Draco non doveva essere affatto facile. Vivere in quella famiglia che si era creata per interesse e non per amore, lo stava facendo inaridire.
- Dillo a me. – fece un mesto sorriso, poi si scusò e si chiuse in bagno. Elizabeth lo aspettò in camera sua aprendo le tende, permettendo al sole di entrare. Era una bella giornata, e il panorama dal balcone del giovane Malfoy non era affatto male.
- Eccomi pronto. – disse dopo una manciata di minuti. Aveva indossato dei pantaloni di lino color cammello ed una camicia color panna.
- Niente verde o argento? – ridacchiò Elizabeth.
- Se posso evitarlo. – fece una smorfia – Ma non dirlo né allo zio né ai miei genitori.
- Mantenere questo segreto avrà un costo, signor Malfoy. – lo guardò assottigliando lo sguardo.
- Mh. E quanto mi costa?
- Un bacio ogni tanto. – rispose chiudendo gli occhi, le guance in fiamme.
- Vorrei poter pagare. – scosse la testa lui mentre apriva la porta – Ma non mi è mai piaciuto essere usato per cancellare il ricordo di una delusione d’amore. – e, senza aggiungere altro, iniziò a scendere le scale.

Dandosi della stupida, Elizabeth lo seguì al piano inferiore dove trovò gli adulti e suo fratello presi da una piacevole conversazione.
Draco salutò con rispetto i genitori e gli ospiti, poi prese posto a tavola facendosi servire la colazione.
Elizabeth, sedette vicino a suo fratello, gli occhi erano tornati tristi ed Harry le chiese telepaticamente perché.
“Preferisco non dirtelo” ingollò a vuoto “Sono stata una completa idiota”
Il resto della colazione passò tranquillo, alla fine del pasto i coniugi Potter e i Malfoy discussero sul fatto che Elizabeth volesse fermarsi da loro per il resto del mese, per non tornare a casa O’Hurn.
- Per noi non sarà un problema ospitare la giovane strega. – disse Narcissa alzando le spalle – È molto bella e ben educata. Conosce Draco, in quanto è serpeverde.
- Ma cosa diranno le persone? – mormorò James – Non vorrei che pensassero che stiamo programmando un matrimonio. Il loro. – e li indicò, i due ragazzi stavano giocando a scacchi, lei li guardava annoiata.
- Sono ancora troppo giovani. Ma se così fosse, non ci sarebbe niente di male nel far trascorrere loro del tempo insieme. – guardò il marito – Anche a noi è stata concessa questa opportunità.
- Quindi giustificherete la presenza di nostra figlia qua, con la scusa del matrimonio? – domandò Lily osservando con attenzione i figli – Ma come, non siamo indegni sanguesporco? – domandò.
- A volte ho la tendenza ad esagerare, signora Potter. – sospirò Lucius, durante la sua chiacchierata con Severus avevano convenuto che non sarebbe stato male se i due rampolli fossero diventati amici di Draco. Erano Potter e se si fossero fidati abbastanza di loro, sarebbe stato più facile portarli tra le mani vogliose di vendetta dell’Oscuro Signore.
Severus, aveva fatto notare sia a Lucius sia a Narcissa, che, anche se erano Mezzo Sangue, erano considerati più preziosi di un Puro Sangue, perché erano i Bambini Sopravvissuti. Coloro che avevano sconfitto in fasce Colui che non deve essere Nominato.
Quel discorso piacque ai Malfoy, avvicinarsi ai Potter poteva servire loro per dare lustro al loro nome che era stato “appannato” da scelte discutibili fatte nel corso degli anni.
- Elizabeth sarà la benvenuta al Malfoy Manor. – continuò Narcissa – Farò in modo che venga trattata come se fosse mia figlia. – sorrise, avrebbe tanto voluto avere una bambina oltre che Draco – Mi piacerebbe portarla a fare shopping. Se mi è concesso.
- Credo che mia figlia ne sarebbe onorata, lady Malfoy. – sorrise Lily riconoscendo il suo stesso dolore negli occhi della donna, anche gli uomini restarono zitti persi nei propri pensieri.
- E poi, so che è una strega molto preparata. – sorrise a disagio Lucius – Severus ci ha detto che eccelle in tutte le materie. Potrebbe aiutare Draco a finire i compiti. Anche se io sarò impegnato al Ministero, Narcissa sarà presente, vero cara?
- Ma certo. Io posso scrivere per la mia rivista anche da casa. – annuì – E, comunque, avevamo pensato di andare qualche giorno nella nostra casa sul lago. Vero caro?
- Sì, pensavamo di partire l’ultima settimana del mese. – confermò l’uomo – Sul lago, troviamo i nostri amici. Altri compagni di scuola dei ragazzi.
- Allora è deciso. – annuì James che alla parola “amici” si era morso la lingua per non ribattere “Mangiamorte” e, sempre più preoccupato per la figlia, accettò che restasse al Manor in compagnia dei Malfoy.

Dopo le ultime chiacchiere, Harry; James e Lily lasciarono il Manor. Sulla porta, ad osservarli andare via, c’era solo Elizabeth che già si stava pentendo della scelta presa.
“Urla sorellina, e tornerò a prenderti!” le disse nella mente il gemello.
“Sai che lo farei se potessi” sorrise “Ma non posso. Abbiamo una missione. Tutti dobbiamo fare la nostra parte”.
- Ti sei già pentita? – le chiese Draco facendola sobbalzare.
- No. – sorrise voltandosi – Ma è la prima volta che siamo separati. – ammise stringendosi nelle spalle – Mi fa un po’ strano.
- Tranquilla, principessa. – le sorrise – Vedrò di non farti sentire sola.
- Ooh ben gentile – sbuffò lei, ma i suoi occhi brillarono facendo arrossire e sorridere il giovane rampollo Malfoy.
I genitori di Draco, dissero ai ragazzi che avevano improrogabili impegni di lavoro in città. Appuntamenti presi da tempo che non avrebbero potuto rimandare.
- Non è un problema, lady Malfoy. – sorrise gentile Elizabeth – Ho molto da studiare e vorrei tentare di finire parte dei miei compiti.
- Potresti prendere esempio da lei, Draco. – sbottò il padre guardando il figlio duramente.
- Padre. – sobbalzò il maghetto – Non vedo perché dovrei prendere spunto da lei. Al contrario della signorina Potter, io ho quasi terminato i miei compiti.
- Ma davvero? – l’uomo arcuò un sopracciglio – Vuoi che li ricontrolliamo dopo?
- Perché no? – lo sfidò il figlio, certo che l’uomo non l’avrebbe mai fatto.
- Va bene, figliolo. Al mio rientro, ti aspetto nello studio.
- Come vuoi, padre. – bofonchiò il ragazzo incupendosi.
- Draco. – lo chiamò Elizabeth.
- Che vuoi? – le rispose con un mezzo ringhio, lei sobbalzò e fece alcuni passi indietro.
- Niente. – disse – Non voglio niente. Lord Malfoy, posso chiedere ad uno dei suoi elfi ciò che mi occorre per studiare?
- Certo che sì, signorina. – annuì – E ti consiglio di studiare nella biblioteca. – le fece un mezzo sorriso e la strega arrossì deliziata.
- Grazie signore. Grazie signora! – era felice e, di slancio, baciò gli adulti sulla guancia. Il gesto li colse talmente tanto di sorpresa che non seppero come reagire. Elizabeth, a disagio, abbassò la testa e si allontanò chiedendo scusa.
Mentre Draco salutava i genitori, salì in camera per cambiarsi. Non aveva intenzione di stare tutto il giorno vestita così “elegante”, per studiare andava bene anche stare in pantaloncini e canottiera. Sarebbe stata più a proprio agio. Non appena fu pronta, chiamò Dobby in camera sua.
- La signorina Potter ha chiamato? – domandò l’elfo guardandola adorante.
- Sì Dobby. Avrei bisogno del tuo aiuto.
- Dobby aiuta con piacere. È un onore per Dobby servire la signorina Potter.
- Per la signorina Potter andrebbe bene essere chiamata Elizabeth da Dobby. – gli disse e gli occhi dell’elfo di riempirono di lacrime di gioia, la streghetta gli appoggiò una mano sulla testa per concedergli una carezza gentile, poi continuò – Avrei bisogno di inchiostro, pergamene e piume per scrivere, Dobby. Devo fare i compiti per le vacanze.
- Dobby le procura con piacere. – sorrise – Elizabeth vuole che Dobby vada a casa Potter a prendere le sue cose?
- Lo faresti davvero? – gli occhi della ragazzina si accesero di speranza.
- Sarebbe un enorme piacere per Dobby farlo, signorina Elizabeth. – sorrise gongolando.
- Allora accetto la tua offerta. – annuì – Vuoi che ti scriva quello di cui ho bisogno?
- Sì, una lista. – acconsentì – Così Dobby ricorderà tutto.
- Bene. – Elizabeth prese un foglio di pergamena dallo scrittoio, intinse la piuma nell’inchiostro e scrisse tutto quello di cui aveva bisogno. Non appena finì, passò la lista all’elfo che si smaterializzò con un “pop”.
Rimasta sola, la ragazzina uscì sul proprio balconcino, godendosi il tepore della giornata.
- Elizabeth? – la chiamò Draco entrando – Sei qui?
- Sono fuori. – rispose lei tornando in camera – Mi stavi cercando?
- Sì. – ingollò a vuoto – Volevo scusarmi con te.
- Hm? – arricciò le labbra – Non hai niente di cui scusarti. Non sono qui per rubarti le attenzioni dei tuoi genitori. Ho la fortuna di avere una famiglia che mi ama molto. – gli fece un sorriso sghembo – Sono educata e so come essere gentile, checché tu pensi che sono una troglodita. – ridacchiò davanti allo sconcerto del giovane Malfoy – Dovrei imparare ad occultare meglio la tua mente. – si strinse nelle spalle – Hai degli occhi troppo espressivi, Draco.
- Non sei la prima che me l’ha fatto notare. – sbuffò – Anche lo zio Severus me lo ripete, di tanto in tanto.
- Lui è un ottimo occlumante, sai?
- Mi è stato detto da mio padre. – annuì -  Ti ho disturbata? – si accorse dell’aria strana della giovane Potter.
- Disturbata? – fece un mezzo sorriso – Oh no. Ho chiesto a Dobby di andare a prendermi delle cose a casa mia. Materiale per studiare.
- Non ti eri portata niente in Florida? – le domandò con una punta di amarezza nella voce, sembrava che solo lui e pochi altri fossero rimasti esclusi dalla festa degli O’Hurn.
- No. – scosse la testa facendo ondeggiare i lunghi capelli – Primo perché immaginavo di avere poco tempo a disposizione per studiare. Secondo perché immaginavo di poter usare le risorse di casa O’Hurn per i miei compiti delle vacanze. – con uno sbuffo si gettò sul letto osservando il baldacchino – Sai… - disse dopo un attimo di silenzio – La madre di Robert, ci aveva sistemato in una bella camera.
- A te e il tuo fidanzato? – chiese acido, tirando fuori il veleno come una vipera.
- Cielo no. – ridacchiò – Io ed Hermione. Non sono abituata ad avere un compagno di stanza. Io e mio fratello abbiamo dormito poco insieme anche da bambini. – spiegò con gli occhi chiusi.
- Scusa, sono stato…
- Stronzo e inopportuno? – ridacchiò lei.
- Non avrei saputo dirlo meglio. – mormorò – Ma ti ho interrotto. Continua il tuo racconto.
- Grazie. – sorrise, ma lui non poté vederla – La camera da letto che ci aveva dato Violet, aveva le pareti incantante. Non appena entrava una coppia di fidanzati, o persone che si volevano bene, sul muro a tema marino, venivano dipinte una sirena e un tritone con le fattezze della coppia. – alcune lacrime rotolarono sulle sue gote, nuovamente, lui non vide niente perché lei era stesa sul letto.
- E tutto questo cosa c’entra con me? avrai avuto un bellissimo ritratto di te, in compagnia di quel palestrato del tuo fidanzato, no?
- Più o meno. – sospirò – Sul muro è apparso un tritone Draco. – fece un sorriso mesto non appena sentì che lui tratteneva il fiato – Un tritone che nuotava da solo e che mi seguiva per la stanza.
- Eri in una villa fantasmagorica in una delle località più belle della Florida, per assistere al Torneo di Surf Magico più ambito di sempre… - rispose lui con un sussurro dentro al suo orecchio – E pensavi a me?
Elizabeth rabbrividì e si girò verso Draco, inchiodando i propri occhi in quelli di lui che erano spalancanti per lo stupore.
- Sì. – mormorò lei in risposta e chiuse gli occhi, Draco poteva sentire il respiro caldo di Elizabeth sul proprio viso, chiuse gli occhi anche lui ed allungò una mano sul fianco di lei per attirarla contro di sé.
- Perché? – le chiese sulle labbra, ma non le dette modo di rispondere perché la stava baciando come sognava di poter fare dal giorno in cui quello stupido di un pezzente pel di carota lo aveva interrotto.
La giovane Potter esultò, appoggiò una mano sul torace di Draco e sospirò sperando vivamente che lui non si tirasse indietro e approfondisse almeno un altro pochino il bacio.
Ma così non fu, restò un bacio superficiale e freddo che durò giusto il tempo necessario per farla sentire non del tutto appagata; ma, quando cercò di approfondire il bacio, lui si tirò indietro troppo imbarazzato per continuare. Draco la guardò negli occhi in cerca di una qualche emozione; Elizabeth gli accarezzò il viso e lo baciò nuovamente, per accoccolarsi un attimo dopo contro il suo torace.
- Grazie Draco per aver accettato di ospitarmi.
- Io ho fatto poco. – mormorò lui accarezzandole i capelli, stupendosi che fossero morbidi come seta – Mi dispiace per tutto quello che hai dovuto passare il primo anno di scuola. – le disse.
- Figurati. – ridacchiò lei – L’importante è che non ti fai venire crisi di identità e che continui a trattarmi con il rispetto che merito.
- Mi impegnerò a fare del mio meglio. – annuì.

Un “pop” interruppe i loro discorsi, Draco avrebbe voluto lasciare andare Elizabeth, ma lei non glielo permise.
- Perché hai tanta paura? – gli domandò mentre Dobby lasciava nella camera tutto ciò che lei gli aveva chiesto – Che male c’è se abbracci o dimostri il tuo affetto in pubblico?
- Niente, credo. – borbottò – È solo che non ci sono abituato. Come hai potuto vedere, nella mia famiglia non siamo molto espansivi.
- Temono che i sentimenti possano renderti debole. – lo guardò continuando ad accarezzargli i capelli – Ma non sempre è così. – gli sorrise.
Draco non rispose, continuò a godersi le carezze di lei sui capelli; poi si alzò troppo imbarazzato per continuare a stare steso lì.
- Ti lascio sola. – parlò un po’ rigido lui – Così potrai mettere le tue cose in ordine.
- Grazie mille, Draco. – sorrise lei – Potrei sapere come trovare la biblioteca? Ho alcune cose da approfondire.
- Non appena ti sarai sistemata, raggiungimi in salone e ti accompagnerò io.
- Ok.
Draco uscì dalla camera di Elizabeth ripensando al bacio che si erano scambiati, non aveva dato molti baci nella sua breve esistenza; ma non gli era sembrato che la giovane strega ne fosse rimasta soddisfatta.
Da quello che aveva visto, sia dopo che l’aveva baciata il suo primo ex, sia dopo i baci del “ragazzo meraviglia”, gli occhi di Elizabeth brillavano di una luce diversa. Dopo il loro, di bacio, erano rimasti “spenti”.
Mandando la testa da una parte all’altra per allentare la tensione dei muscoli del collo, il giovane Malfoy raggiunse il salone pensando che avrebbe chiesto qualche consiglio a Pansy. Lei senz’altro poteva aiutarlo a chiarire i propri dubbi.
Elizabeth lo raggiunse una ventina di minuti dopo, aveva sistemato le cose che le aveva portato Dobby nella camera che occupava e, armata di una serie di pergamene; piume e inchiostri colorati fece il suo ingresso nel salone.
- Draco, eccomi. – sorrise.
- Principessa. – le sorrise – Vieni… - e, precedendola lungo i corridoi, la condusse fino alla biblioteca di casa Malfoy.
Non appena varcarono la porta, le tende si aprirono grazie ad un incantesimo, facendo riempire di luce la stanza.
- Woow! – gemette con tono reverenziale la strega – È bellissimo qui!
- Sicura? – Draco storse il naso – È pieno di vecchi, polverosi, libri.
- Non preoccuparti. Io e questi “vecchi e polverosi libri”, passeremo estatici momenti insieme. – e sorrise, facendo scintillare le stelline dei suoi occhi.
- Allora ti lascio sola al tuo studio, io vado a finire il mio saggio di Pozioni.
- Buon lavoro.
- Grazie. Anche a te. – sorrise ed uscì richiudendosi la porta alle spalle.
Elizabeth girovagò tra gli scaffali con gli occhi pieni di meraviglia. In quella libreria c’erano solo prime edizioni di molti libri che lei aveva visto solo a Scuola. Quella stanza, per un’appassionata di libri come lei, era una vera e propria miniera d’oro.
Sospirando, si diresse verso la sezione dedicata alle Creature Magiche. Doveva fare una ricerca, ma non sapeva esattamente né di cosa parlare né di come intavolare l’argomento.
Dallo scaffale, prese alcuni libri poi sedette nel morbido tappeto davanti alla finestra ed iniziò la sua attenta lettura. Finalmente, dopo ore spese a non trovare niente che attirasse la propria attenzione, aveva trovato uno studio approfondito sul Basilisco che, essendo il suo Animagus, aveva su di lei un certo fascino.
Era così concentrata in quello che stava leggendo, che sobbalzò spaventata quando sentì la voce di Lucius Malfoy chiamarla.
- Signorina Potter?
- Lord Malfoy! – rispose portandosi una mano sul cuore – Mi ha spaventata a morte! – ammise osservandolo.
- Mi scuso. – fece un mezzo sorriso lui – Non volevo. Ma da quanto tempo è lì?
- Non so… - si strinse nelle spalle – Qualche minuto. Lei ha già terminato il suo incontro di lavoro?
- Incontro di lavoro? – il mago la guardò – Il mio orario di lavoro è finito una mezz’ora fa. Il tempo di sistemare i documenti e sono tornato a casa. Ma sono quasi le 19:00. – disse.
- Cosa? – Elizabeth sgranò gli occhi, era rimasta tutto quel tempo in biblioteca a studiare i libri sulle Creature Magiche – Cielo. – arrossì – Allora non sono pochi minuti che sono qui. È dalla colazione di questa mattina che mi sono lasciata rapire dai suoi libri, lord Malfoy. – ammise arrossendo – Le chiedo scusa per aver occupato così a lungo la biblioteca. – si alzò prendendo i libri da rimettere a posto – È che…  - era a disagio – Sono talmente belli e pieni di nozioni interessanti che non ho notato lo scorrere del tempo.
- E non ha pranzato? – chiese versandosi un aperitivo.
- No. – ridacchiò – Ma per me non è una novità. Mi succede spesso quando mi appassiono alla lettura, di solito è Harry che mi ricorda che devo interrompere per mangiare o dormire… - si morse le labbra – La prego non sgridi Draco. Non è colpa sua. – nei suoi occhi passò un lampo triste – A fatica io e lui ci conosciamo. Non poteva sapere che…
- Lo so. Mi ha detto che lei ha mangiato in biblioteca. Lì per lì mi sono infuriato. Tengo molto ai miei libri.
- Non mangerei mai con uno di questi tesori tra le mani. – replicò indignata – Non tema per i suoi preziosi libri, signore. So esattamente come trattarli affinché non subiscano danni.
- Lo so. – annuì osservandola – Adesso che l’ho vista ho capito. Ma basta studiare.
- Sì. Ha ragione. – sorrise – Posso portare in camera questo libro? Vorrei fare un tema per Cura delle Creature Magiche sul Basilisco. E qua ho trovato tantissime informazioni.
- Perché proprio sul Basilisco? – Lucius si irrigidì, gli occhi lampeggiarono sospettosi.
- Perché è il mio Animagus, signore. – sorrise lei.
- Veramente? – la osservò.
- Vuole vedere? – chiese e, non appena Lucius annuì, lei si trasformò mostrandosi nella sua forma animale.
- Uno splendido esemplare di Basilisco. – mormorò affascinato l’uomo, Elizabeth lo ringraziò ma lui non essendo un rettilofono non capì una sola parola.

Sospirando, la strega riacquistò la propria forma ripetendo:
- Grazie per il complimento signore. L’unica cosa che non mi piace della mia trasformazione è che perdo la capacità di comunicare con gli altri. Sono chi parla serpentese può capirmi.
- Potrebbe esserci un incantesimo per aiutarti, sai? – le disse aprendole la porta con galanteria – Ah, prendi pure tutti i libri che ti servono. Fino a quando sarai nostra ospite, la mia biblioteca non ti rifiuterà.
- La ringrazio infinitamente, lord Malfoy! – gli occhi di Elizabeth brillarono, producendo molte stelline.
- Draco mi aveva raccontato delle “stelline”. Non gli avevo creduto. – ammise.
- Non riesco a controllarlo. – disse contrita, pensando che lo trovasse disgustoso. D’improvviso, riuscire a farsi accettare dai genitori di Draco era diventato importante per lei.
- Non devi farlo. – la corresse l’uomo – È una cosa graziosa da vedere.
- Grazie. – Elizabeth arrossì, colpita dal complimento.
- Ooh caro. – parlò Narcissa raggiungendoli e baciando il marito sulla guancia – Signorina. Non vorrei interrompervi ma abbiamo ricevuto un invito per un evento.
Lo stomaco della giovane strega brontolò, lei arrossì d’imbarazzo facendo sorridere i coniugi Malfoy.
- La signorina non ha pranzato. – spiegò Lucius – È rimasta a studiare mentre nostro figlio non l’ha neanche coinvolta nel pranzo.
- Oh no. – inorridì Narcissa – Devo fare quattro chiacchiere con quel benedetto ragazzo! – sbuffò – All’invito risponderemo dopo, è bene sfamare la nostra ospite.
- Non preoccupatevi per me. E, vi prego, non sgridate Draco. Io… Quando mi appassiono a un argomento, mi perdo nel mio mondo. A casa ho sempre mangiato regolarmente per merito di mio fratello.
Parlando delle proprie ricerche, Elizabeth seguì i coniugi Malfoy fino al salone dove gli elfi stavano già preparando per la cena.
- Madre. Padre. Elizabeth. – salutò Draco formale, la strega notò che si era cambiato per la cena indossando un paio di pantaloni aderenti neri ed una camicia molto elegante anch’essa nera con ricami argentati. Lei, resasi conto di essere sempre in abiti casual, avvampò.
- Io… - ingollò a vuoto – Vi chiedo scusa, sono una gran maleducata. Non sono abituata a cambiarmi per la cena. Ho tempo per cambiarmi?
- Tzh. – sbuffò Draco – Venti minuti ti bastano?
- Sì. – annuì lei correndo al piano superiore.

Lasciando i libri sulla scrivania, Elizabeth si diresse al suo armadio e prese una gonna lunga fino alle caviglie blu scuro con una stampa di motivi floreali e farfalle colorate alla quale abbinò un top blu scuro con alcune farfalle di brillantini ed una camicetta attillata bianca che lasciò aperta sul seno per lasciar vedere il disegno del toppino.
Soddisfatta di come aveva composto l’abbigliamento per la cena, corse in bagno e si fece una rapida doccia evitando di bagnarsi i capelli che avrebbe impiegato troppo tempo ad asciugare.
Appena pronta, si vestì; si pettinò i lunghi capelli lasciandoli sciolti in morbide onde sulle spalle, poi indossò un paio di sandali argentati e scese al piano di sotto. Dei venti minuti a disposizione, ne erano avanzati circa cinque.
- Spero di non averci impiegato troppo. – disse entrando, Lucius e Narcissa stavano bevendo un aperitivo mentre Draco raccontava loro dei progressi fatti nelle proprie ricerche su Pozioni.
- Hai rispettato i tempi. – le sorrise Narcissa, gli occhi di Draco brillarono invidiosi e, gettando a terra il bicchiere con il suo analcolico, disse:
- Perché siete così gentili con lei? È solo una mezzosangue! Io sono vostro figlio!
Le parole dure di Draco bloccarono il sorriso sulle labbra di Elizabeth che, restando impalata sulla porta, rispose:
- Credo che la famiglia Malfoy abbia bisogno di parlare. – sorrise – Ma senza di me perché non faccio parte della vostra famiglia.
- Ma potresti farlo. – disse di getto Narcissa – Sarebbe così male essere una di noi?
- Una di noi? – si alzò in piedi Draco – Ma cosa dici, madre?
- Beh, - continuò il padre – l’idea di imparentarmi con i Potter non mi piace. Ma tua madre la ritiene una buona idea.
- Imparentarvi con i Potter? – rise Elizabeth – Non sono una bistecca da comprare al mercato, signore. E, almeno sui libri di storia magica, è scritto che la tratta di schiavi si è conclusa alcuni secoli fa.
- Tutte osservazioni che condivido. – si ritrovò ad annuire Draco.
- Grazie. – biascicò lei freddandolo con lo sguardo – Adesso, scusate, ma preferisco ritirarmi in camera mia. Ripeto, dovete parlare. E parlare veramente, senza nascondervi dietro il giornale o altro. – e, senza aspettare il consenso di nessuno, sparì dalla stanza correndo verso la propria stanza.

Non appena restarono soli, Draco iniziò ad urlare tutta la sua gelosia e la sua rabbia verso i genitori che, impassibili, stavano continuando a bere il loro drink.
- Adesso basta! – lo zittì Narcissa – Davvero tu pensi che io sia felice di averla intorno? Che sia facile, per me, fingere di essere contenta di sapere che una mezzosangue è in casa nostra?
- Ma… Madre… - ingollò a vuoto lui.
- Ci è stato affidato un compito, Draco. – parlò il padre toccandosi con un gesto inconsapevole il braccio con il simbolo dei Mangiamorte.
Elizabeth, trasformatasi in Basilisco, si era nascosta vicino ad una porta da dove poteva sentire tutto quello che si stavano dicendo: i Mangiamorte a servizio di Voldemord, avevano chiesto alla famiglia Malfoy di tenere d’occhio i gemelli Potter perché avevano sentito che la magia di uno dei due tendeva più al lato oscuro che a quello della luce.
Il respiro della giovane Potter si arrestò, sapeva che il suo nucleo magico si era incrinato, e il suo scoppio di rabbia e magia incontrollata era la conferma che stessero parlando di lei.
- Abbiamo sperato, a dire il vero, che tu diventassi amico di Harry. Avremmo sopportato di averlo attorno di tanto in tanto. Come sopportiamo il resto dei tuoi amici.
- Ma lui è un Grifondoro, padre. Non potete pretendere che io…
- Infatti. Non appena Severus ci ha detto che era stato smistato nella casa dei coraggiosi senza macchia e senza paura, abbiamo capito che non potevamo chiederti di essergli amico. Neanche di fingere di esserlo.
- Così abbiamo sperato che tra e la signorina potesse esserci qualcosa.
- Quando vi siete dati il primo bacio, figliolo, non ho reagito molto bene. Sono diventato folle di rabbia quando ho saputo che tu l’avevi baciata. Così ti ho sussurrato una fattura nell’orecchio mentre eri incosciente e tu hai agito esattamente come speravo: hai ripetuto le cose che ti avevo detto di dire, ferendola mortalmente.
Alcune lacrime di rabbia avevano iniziato a scorrere lungo le guance di Elizabeth, Draco ascoltava i vaneggiamenti dei genitori senza capire ma non disse niente, aveva notato le spire color oro della ragazza nel buio ma finse di essere più interessato alla trama del tappeto che a guardare in faccia i suoi genitori.
- Quindi, come primo compito di futuro Mangiamorte, figliolo è quello di stare vicino ad Elizabeth. Farla sentire speciale. Farla fidare di noi. Abbiamo bisogno di lei.
- Lo farai figliolo? – domandò Narcissa sgranando gli occhi, Draco annuì e, con un inchino chiese scusa e si allontanò dalla stanza.
- Cenerò in camera mia, - annunciò – ho molte cose su cui riflettere. Secondo me state sbagliando tutto. – si strinse nelle spalle – Padre, farò l’amico di Elizabeth, ma non perché me lo ordini tu. E nemmeno perché è un compito da futuro Mangiamorte. Lo farò perché per colpa vostra, io e lei ci siamo allontanati per un intero anno. Perché le ho urlato cose che non pensavo. Perché ero felice id averle dato il mio primo bacio ed ho sofferto quando ho saputo dai miei amici che le avevo detto cose irripetibili e che non ho mai pensato. Per un test che avete voluto farle, ho perso quella che poteva essere una bella amicizia, o qualcosa di più. Non vi perdonerò mai per questa mancanza nei miei confronti. – sorrise triste – Nei confronti di quel figlio che avete detto di amare. Vi auguro la buona notte. – ed uscì raggiugendo velocemente le scale, troppo sconvolto per restare un attimo di più.
Elizabeth restò per qualche altro minuto nascosta dietro la porta. Aveva azzerato la propria aura magica e stava continuando ad origliare i discorsi dei Malfoy.
- Non è giusto caro. – mormorò Narcissa alzandosi dalla sua poltrona.
- Non ho mai detto che lo fosse. – scosse la testa lui – Sai quali sono gli ordini. Non so ancora di preciso cosa stia succedendo. Stanno parlando di un piano. Di un suo ritorno.
- La cosa mi spaventa e mi preoccupa. – la donna si era seduta in grembo al marito, abbracciandolo – Quell’uomo è un pazzo. Tutto quello che facciamo, tutto quello che soffriamo, non sembra mai sufficiente per lui.
- Vorrei trovare il modo di liberami di tutto questo. – sospirò – Ma ho paura. E cerco di eseguire al meglio gli ordini. – si scambiarono un bacio – Sei bellissima moglie mia.
- Andiamo in camera, Lucius. Ho bisogno di te. – arrossì per la propria audacia la strega che, alzandosi, tese una mano al marito che la prese felice per condurla fino in camera da letto e chiudere fuori, almeno per un po’ tutto il resto dei problemi che affliggeva la famiglia Malfoy.

Elizabeth scivolò sinuosa su per le scale. Quando era trasformata in Basilisco aveva una connessione più forte con il fratello che, anche se era a distanza di miglia da lei, aveva assistito a tutta la discussione come se fosse stato presente. La strega aveva sentito tutta la rabbia e lo schifo di Harry e poi l’arrivo di un’altra magia, che si legava perfettamente a quella della ragazzina: Severus.
Con un sorriso sul muso di serpente, si fermò davanti alla stanza di Draco e, senza nemmeno bussare, entrò.
“Elizabeth” era lo zio che le parlava nella testa “sicura di voler continuare?”
“Sicura zio” replicò lei dopo un lungo sospiro “Questa famiglia è incasinata. Ma, forse, un elemento è ancora salvabile”.
“Stai attenta!” le dissero in coro lo zio e il gemello, lei li rassicurò poi chiuse la connessione, concentrandosi su quello che vedeva nella stanza.
Draco, si era buttato in boxer e maglietta sul letto, aveva gli occhi gonfi e il viso rigato di lacrime. L’aveva sentita entrare e l’aveva osservata in silenzio, così come lei aveva osservato lui.
- Vuoi mordermi con il tuo veleno? – chiese, ma Elizabeth scosse la testa e si ritrasformò.
- Non ho mai morso nessuno, non voglio iniziare proprio da te. – gli sorrise e fece un passo verso di lui.
- Nonostante tutto, devo dire che sei molto graziosa vestita così.
- Hm. Grazie. – si lisciò una piega della gonna, facendo muovere le farfalle, Draco sorrise - Perché non hai detto di avermi vista? In fin dei conti, non mi vuoi tra i piedi. Se avessi fatto la spia…
- Non sarebbe cambiato niente. – scosse la testa – Avrebbero punito me perché ti avevo smascherata. Sentito mio padre? Gli è stato ordinato di ordinarmi. – e si chetò, troppo arrabbiato per continuare.
- Non sei l’unico che deve eseguire ordini, perché tutto ciò che gli viene imposto è per “un bene superiore”. – ammise con un sospiro, non voleva dire troppo ma voleva tentare di fagli capire che anche lei si sentiva in trappola.
- Io e te non abbiamo niente in comune. Niente. – ruggì stringendo i pugni.
- Forse hai ragione. Ma entrambi siamo intrappolati in questa assurda situazione. A me è stato chiesto di fermarmi qua per tenerti d’occhio, Malfoy. E tu devi starmi vicino per lo stesso motivo. Vogliamo fare buon viso a cattivo gioco?
- Eh? Che c’entra adesso? – la guardò perplesso – Qui nessuno sta giocando.
- Ooh se solo ti applicassi di più a Babbanologia, saresti davvero il mio compagno di vita perfetto! – gemette battendosi una mano sulla fronte lei – È un proverbio, Draco. Un modo di dire babbano. Significa che, se collaboriamo invece di farci la guerra, potremmo ottenere delle cose entrambi. Altrimenti io manderò Ruby dai miei genitori e entro la fine della settimana, sarò tornata a casa. Non ti parlerò più. Nemici come prima. E tu avrai deluso paparino e il suo nugolo di spietati Mangiamorte non saranno felici che il piccolo e biondo principe ha fallito una missione tanto facile come quella di fare la corte a una ragazzina che nutre un debole per lui.
- Cosa? – la guardò sgranando gli occhi – Tu nutri veramente un debole per me? – lei annuì replicando:
- Se ne sono accorti anche i sassi, Draco. Ma tu sei troppo preso da te stesso per vedere il resto del mondo oltre te e la tua chioma bionda.
- Per una cosa carina che mi dici, devi subito offendermi. Non mi sembravi tanto presa da me quando eri appiccicata a quel coso pieno di boria e muscoli.
Elizabeth sbuffò, Draco aveva ragione, aveva usato Robert per smettere di soffrire sapendo dalle compagne di casa Serpeverde tutto quello che il biondo furetto combinava con le altre ragazze ogni giorno.
- Una cosa di te, biondino, mi sorprende: mi hanno detto che sei volato di ragazza in ragazza…
- E se anche fosse?
- Possibile che con tutte le ragazze che hai frequentato tu non sappia baciare? – e, senza aspettare una risposta, girò le spalle ed uscì dalla camera del ragazzo.
La strega raggiunse la propria stanza, chiuse la porta con un sospiro ed iniziò a cambiarsi; non aveva senso restare ancora vestita in quel modo.
Con cura, appoggiò la camicia e la gonna sulla sedia, si sfilò i sandali e cercando un abitino da camera tra le sue cose sobbalzò quando Draco entrò nella sua stanza urlando:
- Non so baciare? Come osi dire che non so baciare?
- Draco! – strillò lei cercando qualcosa per coprirsi, era in slip e top con le farfalle – Esci subito!
Ma lui non l’ascoltò, la raggiunse spinto dalla rabbia e, prendendola tra le braccia, la baciò come non aveva mai baciato nessun’altra fino a quel momento.
Catturò le labbra di Elizabeth con le proprie, le assaggiò con la lingua e le mordicchiò con i denti facendola gemere piano. Elizabeth si aggrappò alle spalle sottili di Draco e chiuse gli occhi, rispondendo al bacio pensando che questo era il migliore che avesse mai ricevuto da quando aveva memoria.
Mentre continuavano a baciarsi, nella mente della strega si affacciò il ricordo di un brano babbano che aveva letto in uno dei libri di sua madre: “Mi chiedi cos’è un bacio d’amore? È una farfalla che si posa, dolcemente, sulle tue labbra”. La sensazione era quella… di avere delle impalpabili ali di farfalla che danzavano sulle proprie labbra…
Quando si separarono, avevano entrambi il fiato e, Draco, appoggiando la fronte contro la sua ansimando disse:
- Sempre convinta che non sappia baciare?
- Ritiro quello che ho detto prima. – sorrise lei, le mani di lui bruciavano sopra i suoi fianchi nudi – Ma, giuro, che non esci subito mi trasformo in Basilisco e ti mordo.
- Perché…? – lui fece un passo indietro offeso da quelle parole e fu solo in quel momento che si rese conto che Elizabeth era più nuda di quanto non avesse notato prima.
La strega arrossì imbarazzata sotto il suo sguardo e fece un passo indietro per cercare qualcosa con cui coprirsi.
- Perdonami. Io… - balbettò Draco – Non avevo visto che…
- Non è successo niente. – sorrise lei – È che mi hai colto alla sprovvista.
- Mi hai fatto arrabbiare. – ammise – Ora ti lascio.
- No! – lo trattenne – Dammi il tempo di mettere qualcosa… - prese degli hot pants dalla sedia e li indossò – Vorresti mangiare con me, Draco?
- Mangiare? – lui la guardò – Dopo un bacio come quello vuoi mangiare?
- Mio principe, io ho fatto solo colazione poi ho saltato il pranzo. Per quanto il tuo bacio possa essere magico, non riempie di cibo il mio povero stomaco.
Un’espressione colpevole si dipinse sul viso di Draco, era così abituato a stare da solo che non aveva pensato a dire a uno degli elfi del Manor di portare del cibo all’ospite in biblioteca.
Elizabeth gli sorrise, gli passò le braccia attorno al collo e, tormentandogli il collo con piccoli baci disse:
- Allora… Mangi qualcosa con me?
- Lis… - la allontanò – Ti prego non farlo.
- Ooh. – la ragazzina ridacchiò, poi fece un passo indietro e cercò con lo sguardo la campana che le aveva lasciato Narcissa. Non appena la trovò, la suonò facendo apparire Dobby in camera.
- La signorina Elizabeth ha chiamato? – si inchinò.
- Sì, piccolo elfo. Potresti portare la cena in camera a me e Draco? – gli sorrise.
- Lo consideri fatto, signorina. Dobby va e torna subito.
- Possibile, - disse il giovane padrone di casa – che abbia più rispetto per te che non per me?
- Ma io sono la Salvatrice del Mondo. – gli fece notare lei stringendosi nelle spalle – Possiedo una notorietà e il rispetto di persone o creature di cui ignoro persino l’esistenza. – fece un sorriso triste – Non sempre essere i primi, essere famosi, rende migliore la vita. – ammise.
- Immagino che da lassù, - rispose riferendosi alla cima della vetta della celebrità – si è spesso soli.
- Molto spesso sì. – annuì – Ma non voglio deprimermi. Ho già troppo di cui deprimermi… primo tra tutti il pensiero che io e te siamo costretti a fingerci amici.
- Magari fosse solo dover fingere di essere amici. – mugugnò.
- Guarda che se preferisci fare la corte al mio gemello, glielo dico. Ma dovrai strapparlo via dalle grinfie di Hermione che è molto innamorata di lui. – e lo guardò stringendo gli occhi.
- Ma per carità! – gemette passandosi una mano sul viso – Non mi piacciono i maschi, primo. Secondo non sprecherei mai il mio tempo con uno schifoso Grifondoro! – e fece una faccia disgustata.
- Non sono così male.
- Weasley?! – replicò lui facendola rabbrividire.
- Va bene hai ragione. – sorrise – Non sono tutti poi così male. Non posso parlare male del mio gemello né della sua ragazza.
- Te lo concedo. Spero che loro siano così clementi con me. – e la fissò a lungo negli occhi, lei distolse lo sguardo a disagio – Non devi temere che ti legga la mente. – sospirò – Sono affascinato dalla Legimanzia, ma ancora nessuno ha voluto insegnarmela.
- Chiedilo allo zio. – gli sorrise – Lui è molto bravo.
- Anche tu lo sei. – la guardò di nuovo, era come se iniziasse a vederla solo in quel momento, solo ora che si erano urlati in faccia la rabbia e il dolore reciproco.
Il ritorno di Dobby e di un altro degli elfi del Manor, interruppe i loro discorsi contorti. I due servitori apparecchiarono il tavolo per i due ragazzini e sistemarono velocemente le stoviglie e la cena.
- Buon appetito.  – mormorarono gli elfi un attimo prima di scomparire.
I due presero posto a tavola e mangiarono in silenzio, rincorrendo ognuno i propri inconsulti pensieri.
Elizabeth, dopo aver mangiato tutto quello che aveva nel piatto, si rilassò appoggiandosi contro lo schienale imbottito della sedia continuando a sorseggiare il succo di zucca con il quale aveva accompagnato il pasto.
Era piacevole stare in silenzio, ognuno a rincorrere i propri pensieri senza interruzioni esterni; senza il vociare dei compagni di casa Serpeverde in sottofondo.
- Grazie per la compagnia durante la cena. – mormorò Draco – Ti lascio alle tue cose. Vado a leggere in camera mia.
- Oh. Ok. – gli sorrise – Grazie a te, Malfoy.
Draco uscì dalla camera della ragazza dopo aver fatto un breve inchino e lei, finalmente sola, prese il diario incantato che le aveva regalato Hermione e lo aggiornò, scrivendo tutto quello che aveva scoperto e sentito durante il suo breve soggiorno a casa Malfoy.
Chiunque avesse preso in mano il diario, avrebbe letto solo alcuni pensieri della giovane strega tutti incentrati sul fatto che le mancava la sua famiglia e che era arrabbiata per come Robert l’aveva ingannata.
Non appena terminò di scrivere il resoconto della giornata, sentì un formicolio alla cicatrice, segno che il gemello stava tentando di mettersi in contatto con lei ma era rischioso e stancante parlare telepaticamente, così rinforzò le sue difese mentali e si gettò sul letto, troppo stanca per continuare a pensare.

Le giornate si susseguirono per un lungo periodo tutte uguali: colazione in famiglia; saluti e coniugi Malfoy ognuno preso dai propri impegni; studio; qualche chiacchiera con Draco; pranzo spesso ognuno per conto proprio e cena tutti insieme nell’austero salone del Manor.
Una sera, mentre Elizabeth giocava con la verdura nel proprio piatto, Narcissa ruppe il silenzio dicendo:
- Siamo stati invitati ad una raccolta di beneficienza domani sera.
- Mh. – mugugnò Lucius bevendo una lunga sorsata di vino elfico – E dobbiamo andare per forza?
- Sì, dobbiamo. – annuì lei facendo apparire l’invito – È un evento organizzato dal Ministero per gli orfani della Guerra, Lucius. – il tono non ammetteva repliche e gli uomini sobbalzarono spaventati davanti alla glaciale determinazione della donna – L’invito è esteso anche a te, signorina. – le sorrise.
- Non ho mai partecipato ad un evento simile, lady Malfoy. – arrossì lei, felice di essere coinvolta e di poter uscire da quella casa.
- Nemmeno a quelli organizzati dal San Mungo? – domandò Draco dopo essersi pulito la bocca.
- Di solito lasciavamo andare la mamma e il papà a simili eventi. Hanno sempre detto che sono ambienti troppo noiosi per ragazzi della nostra età.
- Magari siete troppo maleducati voi. – le fece notare con una punta di cattiveria il compagno di scuola.
- Probabilmente hai ragione tu. – annuì senza prendersela – Sai, non tutti hanno la fortuna di crescere in una famiglia come la tua, signorino Malfoy. – e gli sorrise, ma senza calore né altro.
- Draco, dove è finita l’educazione che io e tua madre ti abbiamo impartito? È così che ci si rivolge ad una ragazza?
- Ma padre. – sbuffò risentito il ragazzino – Sembra quasi che preferite lei a me.
- Non preferiscono me a te, è impossibile Draco. Non lo faranno mai. Tu sei il sangue del loro sangue. Io sono solo un ospite di passaggio. Cercano di essere più gentili con me, perché capiscono che mi sento a disagio. Che sento la mancanza della mia mamma e del mio papà. – non riuscì a trattenere una lacrima – E tutto il tuo astio mi ferisce profondamente. – guardò Draco negli occhi, poi si alzò di scatto continuando – Scusate. Io… - e corse fuori dalla sala da pranzo, il ragazzino sorrise nascondendosi dietro il suo calice di succo di zucca.
- Madre, padre. – disse alzandosi – Io… raggiungo Lizzy… Scusate. – ed uscì.
I coniugi Malfoy si scambiarono un rapido sorriso e terminarono di cenare, sperando che il figlio avesse finalmente preso sul serio il suo compito di fingersi il fidanzato della piccola Potter.
- Sei brava a recitare. – disse Draco raggiungendola sulle scale dove si era seduta.
- Anni di esperienza. – ridacchiò Elizabeth – Ero brava a far incolpare Ron delle mie malefatte.
- Sei proprio una serpe! – scoppiò a ridere Draco.
- Beh… poi dire che mi manca la mia famiglia è la verità. Quindi è facile trovare emozioni.
- Lo immagino. – il ragazzo fece scontrare il suo ginocchio con quello di lei.
- Hai deciso cosa fare allora?
- Non voglio diventare come mio padre. Non voglio servire una causa che non è la mia. – la guardò negli occhi – Cosa dovrei fare?
- Baciami! – mormorò aveva sentito la porta del salone aprirsi.
- Ti sembra il momento? – soffiò lui.
- Oooh sì! – annuì lei – Stanno uscendo i tuoi. – e, senza dargli il tempo di replicare fu lei a baciarlo, facendo in modo che i Malfoy potessero vedere il figlio baciare la strega.
Il colpo di tosse di Lucius li fece separare. Elizabeth arrossì fino alla radice dei capelli e si nascose dietro la schiena di Draco che si girò verso i genitori a disagio.
- Quindi la vostra era una litigata tra… - iniziò Narcissa posando una mano sul braccio del marito.
- Fidanzati? – concluse l’uomo osservandoli attentamente.
- Ieri sera abbiamo parlato a lungo. – confessò Draco – Dopo il mio comportamento da bambino viziato prima della cena, io ed Elizabeth abbiamo avuto una discussione molto accesa.
- Definirla molto accesa è un eufemismo. – ridacchiò la streghetta affacciandosi da dietro la schiena del maghetto – Però urlarci contro tutta la rabbia che provavamo l’uno per l’altra ci è servito.
- Sì. – annuì Draco – Ci è servito a capire che…
- Che forse non siamo così indifferenti l’uno all’altra. – arrossì lei.
- Quindi? – chiese Narcissa con gli occhi che brillavano.
- Potresti chiedere, padre, ai signori Potter se posso corteggiare loro figlia?
- Lo faremo subito, figliolo. – annuì l’uomo – Li chiameremo tramite camino. Seguitemi.
I quattro raggiunsero lo studio di Lucius, l’uomo accese il camino e lanciò una manciata di polvere magica al suo interno chiedendo di essere messo in contatto con villa O’Hurn.

Dopo alcuni secondi, rispose uno degli elfi domestici degli O’Hurn che, riconoscendo Elizabeth, scoppiò a piangere disperatamente pregandola di tornare perché il signorino Robert aveva il cuore spezzato e senza di lei era talmente triste da aver smesso di fare surf.
Elizabeth ascoltò con il cuore che batteva forte, alla fine chiese di poter parlare con i suoi genitori e il gemello ma non chiese né di Robert né di nessun altro.
Lucius le sorrise e Narcissa le poggiò con dolcezza una mano sulla spalla sussurrandole che aveva fatto bene a non chiedere di Robert.
- Grazie lady Malfoy. – sorrise.
La donna stava per pregarla di smettere di chiamarla in quel modo, ma le figure dei suoi genitori nel camino, interruppero i loro discorsi.
- Lizzy amore! – la chiamò la madre – Dei quanto mi manchi!
- Tesoro di papà! – le sorrise il padre – Stai bene? Vuoi che venga a prenderti?
- Mamma! Papà! – squittì lei – MI mancate tanto, ma sto bene.
- Sicuro? Tutto ok? – chiese l’uomo osservando attentamente la figlia.
- Tutto ok. – sorrise Elizabeth – È che…
- È che vorremmo parlare con voi di cose serie. – intervenne Lucius mettendo una mano sulla spalla della ragazzina.
- Nostra figlia si è comportata in modo inadeguato? – domandò subito James – Vi ha messo in imbarazzo in qualche modo?
- Affatto. – li tranquillizzò Narcissa – È molto ben educata e non ci ha mai messo in imbarazzo.
- Tra lei e Draco… - iniziò Lucius indicando le mani intrecciate del figlio e della ragazzina – Sembra che qualcosa sia cambiato.
- Lizzy? – era la voce di Harry – Tu e il furetto biondo platino state insieme?
- Sfregiato, come osi chiamarmi in quel modo ridicolo? – si arrabbiò Draco stringendo la mano di Elizabeth.
- Harry. Draco. – li zittì lei – Non state facendo capire niente di questa conversazione. – era inorridita e Narcissa sorrise, non sarebbe stato male averla come “nuora” almeno fino al ritorno dell’Oscuro Signore.
- Tua sorella ha ragione Harry. – lo redarguì la madre – Sei maleducato ad interrompere così.
- Non ci si rivolge così a tuo cognato! – rincarò la dose Draco che, davanti alla faccia sconcertata di tutti, scoppiò a ridere.
- Draco! – ridacchiò Elizabeth.
- Che c’è? Tu puoi chiamare Hermione “cognata” ed io non posso rivolgermi a tuo fratello chiamandolo “cognato”? Non è giusto. – e le dette un bacio sulle labbra.
- Quindi è per questo che ci avete chiamati? – sorrise Lily – I nostri ragazzi…?
- Vorremmo chiedervi di discutere di un possibile fidanzamento tra Draco ed Elizabeth. – assentì Lucius.
- Non possiamo parlane tramite camino. – scosse la testa James, sapeva quanto potessero essere lunghi e complicati i fidanzamenti ufficiali.
- Certamente no. – sorrise Narcissa – Ne parleremo al vostro ritorno dalla Florida; ma…
- Intanto possiamo presentare Elizabeth come fidanzata di Draco? – chiese l’uomo.
- Lizzy, amore. – la chiamò la madre – Tu cosa dici?
- Sì mamma. – mormorò a voce talmente bassa che stentarono tutti a sentirla.
- Essia. – annuì James – Elizabeth, sei sicura al cento per cento di voler essere presentata come fidanzata di Draco Malfoy?
- Sì papà. – annuì con voce più chiara e forte – Sono sicura di voler essere presentata come fidanzata di Draco. So come comportarmi in società. So come non far sfigurare la famiglia del mio fidanzato e voi. Sono onorata che i signori Malfoy mi permettano di frequentare loro figlio, nonostante io sia solo una mezzosangue.
- Il tuo essere mezzosangue, cara, - parlò Draco – è in secondo piano rispetto a tutto il resto. Tu e tuo fratello ci avete salvati per ben due volte dall’Oscuro Signore. Tu, ai miei occhi, vali più di mille ragazze purosangue. – e la baciò per evitare che lei scoppiasse a ridere divertita da quella dichiarazione.

I Malfoy e i Potter restarono a parlare attraverso il camino per qualche altro minuto; poi si salutarono tornando ognuno ad occuparsi delle proprie attività.
In Florida, alla conversazione, avevano assistito Lupin; Piton, Hermione e Silente.
- Possiamo dire che una parte del piano è stata avviata. – mormorò Severus stringendo la mano di Remus che era al suo fianco.
- Non essere preoccupato per Lizzy. – gli sorrise il licantropo – Lei sa quello che sta facendo.
- Lo so. – annuì il mago – Ma sono preoccupato lo stesso. La maggior parte degli amici dei Malfoy sono Mangiamorte. Non tutti prenderanno bene il loro legame.
- Hai letto tu stesso il resoconto di Lizzy. – replicò Harry – Secondo me Draco può ancora essere salvato. Lui non voleva mettere su questo circo. – il ragazzino abbracciò Hermione che stava annuendo in silenzio – Non voleva fingere di essere attratto da Elly.
- Perché ne è attratto veramente. – gli fece notare Lily – Non vuole costruire un rapporto su bugie ed imposizioni.
- Per questo la nostra Elly ha parlato chiaramente con lui. Confessandogli che le hanno chiesto di “tenerlo d’occhio”. – sorrise Remus – È stata una mossa azzardata ma giusta. In quel modo, ha attirato l’attenzione del biondino.
- Da quello che mi trasmette mia sorella, - sospirò Harry – sembra che anche Narcissa fosse contraria a questo piano. Non tanto perché Elly è una mezzosangue, ma perché è contraria a far entrare il figlio nell’esercito di Voldemord.
- Se fossi Narcissa anch’io farei di tutto per proteggere mio figlio. – mormorò Lily mordendosi il labbro, pensierosa.
- Dobbiamo capire che persone sono. – rifletté Remus – Dobbiamo capire se possono essere salvate.
- Se vogliono essere salvate. – lo corresse Severus guardandolo con amore.
- Tu li conosci meglio di noi tutti. – parlò dopo un minuto di riflessivo silenzio James – Cosa puoi dirci di loro, Sev?
- Che “Sev” possono chiamarmici solo Lily e Remus, Potter. – ringhiò in risposta il Pozionista.
- Ok, scusa, riformulo: cosa puoi dirci di loro, Piton? – ghignò – Va meglio così?
- Sì. – ridacchiò l’uomo – La famiglia Malfoy è molto complicata. Da una parte sono molto legati alle tradizioni. Lucius e Narcissa sono stati uniti in matrimonio per interesse più che per amore.
- Ma è orribile! – gemette Remus rabbrividendo.
- Nelle famiglie molto ricche, molto antiche, spesso funziona così. – confermò James – Io mi sono opposto a simili tradizioni. Anche se i miei genitori hanno provato ad appiopparmi una moglie scelta da loro, io ho detto che ero innamorato di una donna meravigliosa. Ed alla fine me la sono sposata.
- Ma solo perché questa donna meravigliosa, era follemente innamorata di te. – rise Lily abbracciando il marito.
- Ovvio, amore. Altrimenti sarei morto di crepacuore nel tentativo di conquistarti! – e la baciò con dolcezza.
- Durante le ultime riunioni dei Mangiamorte, ho notato che Narcissa non si è presentata. E non sono più state fatte al Manor. – raccontò Severus – Ho provato a chiedere spiegazioni a Lucius; ma lui ha sempre cercato di cambiare discorso. Una sera, stanco di essere preso per il culo da lui, ho fatto cadere alcune gocce di siero della verità nel suo vino elfico. Alla fine, ha cantato come un uccellino. – sorrise.
- È lì che hai scoperto che volevano uno dei miei figli, Severus? – domandò Lily.
- Sì. Tutto quello che ho scoperto quella sera, l’ho subito raccontato agli uomini ed alle donne dell’Ordine della Fenice. – annuì – Purtroppo per salvare il vostro terzo bambino era troppo tardi. – mormorò dispiaciuto, Remus rafforzò l’abbraccio mormorandogli nell’orecchio che nessuno lo incolpava di niente. Severus sorrise tristemente e baciò sulle labbra il suo compagno, rasserenato dalle sue parole.
- Quello che non capisco, è questa mossa di farli fidanzare. – sospirò Harry.
- La colpa è del nucleo magico ballerino di tua sorella, Harry. – rispose Hermione come se la cosa fosse ovvia – Lo scoppio improvviso di magia che è avvenuta qua, tutta la bufera con le trombe d’aria le cose distrutte. Tutti hanno sentito che è stata creata da una magia potentissima. – sospirò – Al mondo, solo pochissimi maghi sono in grado di generare una simile potenza magica.
- Voldemord, Silente e… - ingollò a vuoto il giovane Potter – Noi gemelli. – concluse, Hermione annuì.
- Esatto, amore. – gli accarezzò il viso – Stanno cercando di far tornare in vita l’Oscuro Signore. – continuò – Le notizie del professor Piton non sono rincuoranti. Stanno cercando di capire chi tra te e Lizzy ha il nucleo magico più vicino alla magia oscura…
- Dici che ci saranno delle spie anche tra i Grifondoro? – chiese con un sobbalzo.
- Senz’altro sì. – annuì Remus – Dobbiamo stare attenti. Molto attenti.
- E stiamo continuando a parlare così come se niente fosse? – alzò un sopracciglio il giovane Potter.
- Pensi davvero che non abbiamo provveduto nottetempo a mettere in sicurezza questa stanza, moccioso? – ridacchiò Severus.
- Onestamente no. Zio. Non ci avevo pensato! – si strinse nelle spalle – Sono terribilmente preoccupato per mia sorella. Non so se sta veramente bene. Se quella famiglia di pazzi la tratta da essere umano o da animale. Mi sento… a metà! – concluse scoppiando a piangere per la tensione.
Hermione e Lily lo strinsero in un forte abbraccio, lasciandolo sfogare mentre gli uomini continuavano a parlare cercando tra i ricordi di Severus qualcosa che potesse essere loro utile.

Nel frattempo, al Malfoy Manor, Draco ed Elizabeth stavano parlando in camera di lei.
- Quindi è andata. – mormorò lui – Siamo fidanzati ufficialmente.
- Già. In questo modo, tu potrai tenere d’occhio me ed io potrò fare lo stesso con te.
- Ti ho già detto che non voglio diventare un Mangiamorte? – le domandò.
- Ti ho già detto che hai la possibilità di scegliere un’altra strada?
- Mh. – annuì, ma non continuò perché temeva che qualcuno li stesse ascoltando così riportò la conversazione su un piano meno personale – Qual è il tuo colore preferito, Lizzy?
- Mi piace l’argento. – sorrise intuendo il perché di quel cambio di discorso – Ma amo anche il rosso. E tu?
- Uno dei miei colori preferiti è il nero. – le sorrise – Ma anche il verde non mi dispiace.
- Secondo me, staresti molto bene anche in blu. – annuì dopo averlo guardato in silenzio per alcuni secondi.
Draco si morse le labbra, a disagio. Elizabeth gli dette un morbido bacio sospirando di beatitudine.
- Tra qualche giorno, - parlò il ragazzo abbracciandola – andremo nella tenuta estiva dei Malfoy.
- Ti dispiace tanto avermi tra i piedi? – domandò tormentandosi la bocca Elizabeth.
- No, non volevo dire questo. – si era irrigidito – Volevo solo sapere se sei pronta ad affrontare i pettegolezzi e tutto il circo.
- Adesso o il primo settembre, non cambierà molto.
- Già. – annuì – Di solito, passo le mie giornate in compagnia di Zabini e Parkinson. A volte si uniscono a noi i Greengrass.
- Woow. – sbuffò, poi decise di farlo ingelosire un po’ – Della Parkinson, così come della Greengrass, mi interessa il giusto. Sono felice che ci sarà Zabini, lui ha un debole per me. Sarà piacevole passare del tempo in sua compagnia.
- Non potrai passare del tempo in sua compagnia. – ringhiò reagendo esattamente come prevedeva lei – Non potrai ignorarmi come fai qui al Manor. Inizieremo ad uscire come fidanzati ufficialmente.
- Vorrei farti notare che sei tu, quello che mi ignora Draco.
Un bussare deciso alla porta, interruppe i loro discorsi.
- Avanti. – sospirò Elizabeth, entrò Lucius con un sorriso ferino sulle labbra.
- Discussioni tra fidanzati? – domandò, aveva sentito dal corridoio qualche parola mentre passava per andare verso il suo studio.
- Piccole incomprensioni, lord Malfoy. – annuì Elizabeth.
- Non devi più chiamarmi così, Elizabeth. – le sorrise – Adesso sei la fidanzata di mio figlio. Potrai rivolgerti a me chiamandomi signor Malfoy. Oppure Lucius.
- Non padre? – ghignò Draco.
- Mi sembra un po’ prematuro. – bofonchiarono in coro Lucius ed Elizabeth e Draco non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere divertito.
- Scusate, non ho potuto fare a meno di prendervi in giro. – sorrise.
- Sei tremendo Malfoy. – finse di arrabbiarsi Elizabeth, ma i suoi occhi scintillarono producendo molte stelline.
- Avevi bisogno di qualcosa, padre? – chiese Draco prendendo la mano di Elizabeth nella sua.
- In realtà no. – ridacchiò – Ho solo sentito la nostra signorina che ti prendeva in giro e tu che ci sei cascato con tutte le scarpe.
- Non lo stavo prendendo in giro. – finse di offendersi la giovane strega – Stavo dicendo la verità. Suo figlio, signore, ha la tendenza di mettermi da parte quando nei paraggi ci sono la Greengrass e la Parkinson. Se lui può divertirsi con lei, io potrò fare lo stesso con il signor Zabini. – e sorrise rivolta verso Draco.
- Padre, ma anche la mamma era così cattiva quand’eravate fidanzati?
- Sapeva esattamente su quali sentimenti fare leva. – annuì l’uomo, la luce delle candele scintillò sui suoi capelli biondissimi – Usava soprattutto quella della gelosia. – uno scintillio infiammò gli occhi di Lucius – Quella funzionava, e funziona, sempre benissimo.
Elizabeth sorrise, abbracciò Draco e lo baciò davanti al padre che sghignazzando si allontanò.
- È divertente prenderti in giro, Draco. – gli mormorò sulle labbra – Non mi piace Blaise, non mi piace il modo in cui mi guarda. Ma è divertente farti ingelosire.
- Sei tremenda. – sbuffò – Attenta, potrei ripagarti con la stessa moneta e farti sentire ciò che si prova. – la avvisò guardandola negli occhi.
Elizabeth sorrise e lo baciò sulla guancia come per chiedergli scusa, lui rispose al sorriso e si congedò da camera sua ritirandosi per la notte.

Il resto dei giorni che li separavano dal soggiorno alla casa estiva, li trascorsero per lo più insieme imparando a conoscersi per essere in grado di rispondere alle domande dei curiosi che li avrebbero investiti una volta ufficializzato il loro fidanzamento.
Elizabeth, grazie a Narcissa, aveva imparato come comportarsi nei salotti dei maghi e delle streghe più facoltosi. Aveva una grazia innata che era un piacere per la strega chiederle di farle compagnia durante i tea pomeridiani con le sue ricche ed aristocratiche amiche.
Il mattino della partenza, fu Draco a svegliarla con un fiore di girasole e un bacio sulla tempia.
- Mmmm… - mugolò lei stiracchiandosi – Buongiorno!
- Buongiorno a te, principessa. – le sorrise osservandola aprire gli occhi – Fatto tardi ieri sera?
- Mh. – annuì mettendosi seduta – Ho finito tutti i compiti che mi erano rimasti. – confessò.
- Non è giusto! – fece labbrino lui – Anche Trasfigurazione?
- E Storia della Magia… E Pozioni… - annuì chinandosi a baciarlo – Hmmm… Potrei abituarmici.
- A cosa? – le domandò con il fiato corto per il bacio.
- Al bacio del buongiorno. A te e me che andiamo d’accordo. – gli sorrise.
- Non è così male, vero? – le sfiorò la guancia con i polpastrelli – Soprattutto se la mia fidanzata mi farà copiare i suoi compiti.
- Devo pensarci. – rispose alzando gli occhi al cielo, ma Draco sapeva già che l’avrebbe aiutato a recuperare i compiti che non aveva ancora finito. Era una Serpeverde ma con cuore Corvonero e una punta di Grifondoro che la rendeva unica.
- Mentre ci pensi, ti lascio vestirti. Partiremo subito dopo la colazione.
- Ok. – annuì alzandosi, il girasole stretto tra le mani – È bellissimo, Draco. Grazie.
- Non sei tipa da rose. – le disse cogliendola di sorpresa – Ti ho visto osservare i girasoli e sorridere, non so quali ricordi stessi rincorrendo. Ma eri particolarmente bella.
- Grazie Draco. – arrossì lei fino alla radice dei capelli, raramente lui riusciva a destabilizzarla, ma con quell’inaspettato complimento, c’era riuscito.
Il giovane Malfoy uscì dalla stanza di Elizabeth e scese nel salone dove i suoi genitori lo stavano aspettando.
- Hai svegliato Lizzy? – domandò Narcissa sistemando ad arte il tovagliolo.
- Sì, madre. – annuì – Padre, buongiorno.
- Buongiorno a te, Draco. – lo salutò continuando a leggere la Gazzetta.
- Notizie interessanti, padre? – chiese gettando un occhio sul giornale.
- Le solite idiozie. – sbuffò l’uomo – Draco. Volevamo chiederti, io e la mamma…
- Cosa, padre? – chiese il ragazzino mettendo la marmellata su una fetta di pane tostato.
- Stai iniziando a provare realmente qualcosa per quella ragazzina? – chiese a bassa voce Narcissa, il cuore che batteva forte contro le costole sperando in un “sì”.
- Io… - Draco arrossì, avrebbe voluto rispondere sinceramente alla domanda della madre, ma l’ingresso in sala di Elizabeth non glielo permise.
La giovane Potter aveva indossato una gonna a balze nera con glitter argentati, ai quali aveva abbinato una magliettina aderente di raso lucido verde. Aveva legato i capelli in una coda alta e li aveva lasciati liberi di volteggiare attorno al suo viso in morbide onde.
- Spero di non avervi fatto aspettare troppo. – salutò a mo’ di buongiorno.
- Magari tutte le donne fossero così veloci, Lizzy. – la accolse con un sorriso sincero Lucius – Narcissa, perché non impari la velocità da lei?
- Ooh caro! – ridacchiò la strega – Ma tu mi ameresti di meno, se fossi più veloce nel prepararmi. Non sarei così accurata, come tu ami che io sia.
Lucius si soffocò con il caffè e, arrossendo, annuì senza dire una parola.
Elizabeth e Draco si guardarono negli occhi ridacchiando, poi fecero colazione chiacchierando piacevolmente la giovane Potter era molto curiosa, voleva sapere dove si trovava la casa per le vacanze e cosa avrebbero potuto fare una volta arrivati là.
Lucius rispose a tutte le domande intelligenti di Elizabeth, stupendosi più volte dell’arguzia della giovane strega.
La famiglia Malfoy e la Potter, lasciarono il Manor e, usando una Passaporta, raggiunsero la residenza estiva della famiglia.

La villa era di proprietà di Narcissa, l’aveva ereditata dalla famiglia Black come dono di nozze dopo il suo matrimonio con Malfoy.
La villa era a dir poco bellissima, con una vista incantevole e suggestiva sul Lago di Como.
Elizabeth si guardò intorno estasiata: la residenza, antica ed elegante, era stata conservata egregiamente da una serie di incantesimi che la rendevano inattaccabile da agenti atmosferici e calamità. Mentre osservava il panorama, il portone del 1600 si aprì, facendo uscire un elfo domestico vestito eleganemente.
- Ben arrivati padroni. – fece un profondo inchino – Le vostre stanze sono pronte.  – concluse e poi si fece da parte, per lasciarli entrare nella struttura.
Elizabeht ringraziò con un sorriso l’elfo domestico e guardò con curiosità l’interno della struttura: nell'ampio ingresso di rappresentanza c’erano armadiature fatte su misura e una suggestiva scalinata di marmo bianco che conduceva ai piani superiori. Spaziosi guardaroba, un salottino con divani e poltrone imbottite in pelle bianca e vari locali di servizio completavano lo spazio circostante.
- Questa villa è meravigliosa. – mormorò Elizabeth a bassa voce cercando la mano di Draco.
- Lo so. Ho passato moltissime delle mie estati migliori qui. – le sorrise – E le sorprese non sono ancora finite, principessa.
- Davvero? – gli occhi della streghetta brillarono di aspettativa, intrecciò le dita a quelle della mano di Draco e continuò la sua escursione.
- Madre, - interruppe il silenzio Draco – posso accompagnare Lisy al piano di sopra?
- Ma certo caro. – annuì la donna – Io e tuo padre andremo a prendere un aperitivo sul terrazzo.
Draco annuì, prese saldamente la mano di Elizabeth nella propria e la condusse al piano superiore; i due ragazzi si fermarono al primo piano della villa e Draco le mostrò un accogliente salone con una enorme libreria molto fornita, una serie di poltrone da lettura ed un comodo divano con penisola; una meravigliosa sala da pranzo, caratterizzata da ampie vetrate che permettono una vista unica sul paesaggio; uno studio/laboratorio e un bagno per gli ospiti.
- Woooooow! – mormorò lei osservando il paesaggio dalle vetrate – E la cucina dove si trova?
- Hai fame tesoro? – le domandò lui con un ghigno.
- No. Sono curiosa. – mormorò facendogli la linguaccia lei.
- È al piano inferiore. – ridacchiò Draco – Te la farò visitare se vuoi.
- Ne sarei felice. – annuì lei – Mi piacciono le cucine.
- Attenta, o diventerai grassa e brutta.
- Ti piacerebbe. Così potresti prendere il mio posto nella squadra come cercatore! – lo guardò incrociando le braccia sotto al seno.
Il giovane Malfoy scoppiò a ridere, poi continuò a farle visitare la villa, chiacchierando di partite di Quidditch e strategie da tenere nel prossimo campionato.

Elizabeth seguì Draco al secondo piano dove lui le mostrò la suite padronale, con i suoi acquerelli originali del '600, con tanto di bagno padronale e spogliatoio; godeva di una posizione esclusiva ed era l’unica camera ad avere l’accesso ai terrazzi del piano. A metà corridoio, c’era un’altra camera da letto matrimoniale con bagno privato.
- Accidenti. Questa casa è enorme. Mi sono già persa! – ridacchiò Elizabeth.
- E non hai ancora visto la parte che preferisco della Villa! – le fece un ampio sorriso Draco.
- E qual è? I giardini? – chiese curiosa.
- No, principessa. – scosse la testa platinata il ragazzino, alcuni raggi di sole brillarono sui suoi capelli - La villa di lusso vanta un piano mansardato dove si trovano: la mia camera da letto con stucco veneziano; il mio bagno privato con Jacuzzi, e un'altra camera da letto con bagno privato con doccia termale… Per non dimenticare la sala biliardo, dove ho passato delle piacevoli serate a giocare contro Zabini.
- Accipicchia! – Elizabeth ingollò a vuoto – Non pensavo che la famiglia Black fosse così… Facoltosa.
- Mia madre è la prima figlia. Lei ha ereditato questa villa e, un domani, sarà mia.
- È bellissima. E tu sarai un padrone di casa eccelso. – gli sorrise e, guardandosi attorno, esclamò – Ehi, ma quella è una torretta di astronomia!
- Non del tutto esatto mia cara! – scosse la testa – Quella torretta ospita un incantevole saletta, oltre che un telescopio per osservare le stelle.
- Posso andarci stasera? – domandò speranzosa.
- Ma certo che sì! – annuì lui – Questa villa è anche casa tua. – le dette un bacio rapido sulle labbra – E sembra che abbia accettato la tua presenza molto meglio del Manor.
- Mi sento meglio qui. – annuì lei – Gli incantesimi del Manor sono più… opprimenti.
- Mia principessa, vorresti vedere il curatissimo e rigoglioso parco di circa 6500 mq, che abbraccia interamente la villa sul lago? Scommetto che amerai la splendida piscina, dotata di tutti i confort che non possono mancare ad un Malfoy.
- Un parco niente male. – scoppiò a ridere Elizabeth – Mi piacerebbe molto poter passeggiare liberamente nel parco. E la piscina. – lo guardò negli occhi – Non vedo l’ora di poter fare un lungo e rigenerante bagno.
- Già ti immagino in un sexy bikini. – le sorrise, ed Elizabeth arrossì ricordandosi che non aveva nessun costume per fare il bagno – Qualcosa non va? – domandò Draco.
- Credo che non farò il bagno in questa settimana. Non in piscina almeno. – sorrise triste – Ho scordato tutti i costumi in Florida.
- Lizzy, Draco? – era Lucius – Venite a bere un succo di frutta?
- Arriviamo padre. – rispose il giovane mago – Del costume non devi preoccuparti. Potremmo andare in città a fare dello shopping. Anche qui ci sono dei negozi… Interessanti… - le strizzò l’occhio.
- Interessanti, eh? – mormorò curiosa Elizabeth facendo scintillare gli occhi.

Draco sorrise, scesero le scale tenendosi per mano e, entrambi, si bloccarono sull’ultimo gradino della scalinata di marmo: al tavolo sotto al gazebo, in compagnia dei coniugi Malfoy c’erano i loro amici e vicini di villa. Elizabeth si lisciò istintivamente le pieghe del vestito che indossava, strinse la presa sulla mano di Draco e gli sorrise, pronta ad affrontare gli ospiti.
- Eccoci padre. – parlò Draco palesandosi.
- Draco, Elizabeth. – li accolse con un sorriso sincero Narcissa – Sedete qui, credo che conosciate i nostri vicini.
- Signori Zabini. – sorrise educata Elizabeth – Signori Greengrass. Buongiorno a voi.
- Signorina Potter. – parlò il padre di Blaise alzandosi – Allora le voci sul vostro fidanzamento sono reali?
- A quanto pare. – fece un sorriso freddo Draco – Sono felice che siate venuti a darci il benvenuto. Avete fatto buon viaggio?
- Ottimo. – mormorò la signora Greengrass – Sono un po’ dispiaciuta per la scelta fatta dai tuoi genitori. Speravo di stringere con la vostra famiglia un contratto matrimoniale. – e guardò seria i genitori di Draco – Mi era sembrato di capire che i nostri figli avrebbero dovuto sposarsi.
- Con tutto il rispetto, signora Greengrass. – parlò con voce bassa Elizabeth – Questi sono argomenti che dovreste discutere tra adulti. E qui, mi sembra, manchi una coppia di adulti: i miei genitori.
- La signorina Potter ha ragione. – annuì la madre di Blaise, la giovane Potter la trovò molto bella e pericolosa, affascinante come una mantide religiosa – Siamo qui per trascorrere una settimana di vacanze lontano dalla confusione del resto del mondo magico. Non vorremo rovinare tutto no?
- Assolutamente no, mia cara! – annuì Narcissa sorridendole – Ho sempre adorato la mia casa sul lago. Qui possiamo rilassarci. Se volete discutere, rimanderemo tutto alla prossima cena al Manor.
Gli adulti bofonchiarono delle risposte di assenso, i ragazzi raggiunsero i loro compagni di scuola e di casa e presero posto accanto a loro.
- Ciao ragazzi. – li salutò Draco – Come stanno andando le vacanze?
- Bene. Purtroppo non ho ancora finito i compiti. – borbottò la maggiore delle Greengrass, Daphne.
- Giusto, i compiti. – borbottò la minore, Astoria gelosa del fatto che Draco ed Elizabeth fossero così vicini.
- Noi li abbiamo finiti. – sorrise Elizabeth – Così possiamo goderci questi giorni di vacanza in santa pace.
- Finiti? – Blaise sgranò gli occhi – Non credevo che Malfoy fosse un tipo da finire i compiti prima del rientro a scuola.
- In effetti non lo sono. – mormorò il giovane mago – È stata colpa sua. – e dette un bacio sulla guancia della giovane Potter.
Elizabeth arrossì deliziosamente ed abbassò il viso, per nascondere lo scintillio degli occhi.
- Ma sono vere le voci che circolano su di voi?
- Sì Blaise. – annuì Draco – I nostri genitori hanno deciso di farci fidanzare.
- Ma non è giusto! – sbottò Astoria – Dovevamo fidanzarci noi.
- Cara piccola Greengrass, - le sorrise mellifluo Malfoy – non sono affatto dispiaciuto per lo scambio.
- Drake! – lo riprese con un sobbalzo Elizabeth – Non essere così scortese.
- Non mi piacciono queste insinuazioni. – rispose stringendosi nelle spalle – Sono abbastanza soddisfatto della scelta fatta dai miei genitori. In fin dei conti, la famiglia Malfoy è antica, potente e ricca. Ma, nel proprio passato, ha dei lati oscuri di cui non vado fiero. La famiglia Potter ha insudiciato il proprio sangue generando due mezzosangue. Ma è potete, antica e ricca quanto la Malfoy e, soprattutto, non ha lati oscuri. Ha sempre lottato per la luce. I frutti dei lombi di James Potter hanno generato i salvatori del Mondo Magico.
- E non dimenticare che i nostri padrini sono di tutto rispetto. – rise apertamente Elizabeth, più serena dopo il discorso del suo “fidanzato” – Io sono stata battezzata da Severus Piton. Mio fratello da Sirius Black. – annunciò fiera.
- Sei un bel rompicapo piccola Potter. – sorrise facendole un brindisi con il proprio bicchiere Zabini.
- Dici davvero Blaise? – Elizabeth si portò un dito sulle labbra e sorrise chiedendo perché.
- Per un intero anno hai finto che Drake non esistesse nemmeno. Non vi siete parlati. Né guardati. Niente. Due estranei. Come se frequentaste due scuole diverse.
- È stata una cosa indotta. – rispose di botto Draco, pentendosi immediatamente di aver parlato.
- Specifica “indotta”. – volle sapere Pansy.
- Siamo stati colpiti da una fattura. – spiegò Elizabeth – Ci siamo urlati cose irripetibili. Non appena lo abbiamo fatto, si sono innescati degli incantesimi che ci hanno fatto ignorare per il resto dell’anno.
- Io non mai smesso di pensare a lei. – ammise Draco – Quando ho saputo che era stata ricoverata in infermeria, sono corso a vedere come stava. Ed ho potuto parlare solo con il suo gemello. – una smorfia gli attraversò il viso – E con il suo ex fidanzato corvonero.
- Dai… non essere geloso di lui… - lo pregò dandogli una spallata giocosa.
- Di quell’inetto non sono geloso. – ringhiò a denti stretti – Sono più geloso del bellone californiano che ogni giorno è sul giornale con qualche impresa magnifica che non smette mai di dedicarti!
Elizabeth non rispose a quel commento e, con un sorriso, ringraziò l’elfo domestico che aveva portato anche a loro alcuni rinfreschi tiepidi, appena pronti.

I ragazzi continuarono a chiacchierare allegramente, la giovane Potter si appoggiò allo schienale imbottito del divano e non partecipò alla conversazione, troppo concentrata sui propri pensieri e sui sentimenti che la attraversavano tumultuosamente.
- Lisy? – la chiamò Draco – Ehi, stai male?
- Come? – la giovane strega sbatté alcune volte le palpebre, poi osservò i compagni rendendosi conto di non aver ascoltato neanche una parola – Scusate. – sorrise arrossendo – Ero completamente persa nel mio mondo.
- Ce ne siamo accorti! – rise Blaise facendola arrossire ancora di più.
- Di cosa stavate parlando?
- Party in piscina. Shopping. – sbuffò Astoria – Cose così.
- Divertimento. – ridacchiò Daphne.
- Tutte cose che mi sono avulse. – ammise stringendosi nelle spalle – Non sarò un peso, lo giuro. – promise con un sorriso.
- Perché, tu come ti diverti scusa? – domandò Pansy curiosa.
- Libri. Esperimenti. – rispose e vide i volti dei suoi coetanei contrarsi.
- Ma sei una vecchia! – la rimbeccò con cattiveria Astoria.
- Grazie. – rise lei – Non mi sento “vecchia”.
- Scusa, volevo dire povera. Ti comporti da stracciona. Davvero non organizzate party o giornate dedicate allo shopping sfrenato nella tua famiglia?
- No. Perché, al contrario di molti di voi, entrambi i miei genitori lavorano. E il tempo che riusciamo a passare insieme è prezioso. Così cercando di coltivare al massimo le nostre passioni. Io adoro volare. Il Quidditch è il mio sport preferito. Sono un’eccelsa cercatrice. Però adoro perdermi in un buio e polveroso laboratorio e creare pozioni. – le guardò, tutte così perfette così dannatamente uguali – Per fortuna non siamo tutti uguali. – concluse e si alzò – Con permesso. – concluse e si allontanò, senza dare il tempo a nessuno di replicare.
- Ma come ho fatto a credere che una di voi potesse piacermi realmente più di lei? – sbottò a voce alta Draco alzandosi.
- Finalmente l’hai capito amico! – annuì Blaise – Va da lei, prima che lo faccia io. – e si passò la lingua sulle labbra carnose.
- Non lo farai. – rispose con un ringhio velatamente minaccioso il biondo che, senza guardare nessuno in viso, raggiunse Elizabeth dentro casa.

La giovane strega, girovagando per il primo piano dell’enorme villa, aveva trovato la sala della musica ed era entrata guardando estasiata gli strumenti magici presenti in essa.
- Lisy. – la chiamò Draco facendola sobbalzare, la ragazza aveva gli occhi lucidi ma non aveva pianto – Tutto ok?
- No. – scosse la testa – Ma, almeno finché questa farsa andrà avanti, dovrò farci l’abitudine.
- Mi dispiace. – mormorò e gli costò molta fatica farlo – Molti genitori purosangue, educano i propri figli in modi che stendo a capire. E sono anch’io un purosangue. – le sorrise – I miei genitori sono assenti. Silenziosi. Freddi. Però hanno sempre cercato di farmi avere il meglio. Sempre.
- Avere il meglio è avere una famiglia alle spalle che ti ama e ti supporta. Che ti sprona. E che ti sgrida. Non permetterò a degli estranei di crescere i miei figli. Quando, se e mai ne dovessi avere.
- Saranno fortunati. E sarà fortunato anche il tuo compagno. – le sorrise accarezzandole la guancia – Sai suonare il piano?
- Magari! – mormorò arrossendo – Tu?
- Ma certo che sì. - Draco prese posto al pianoforte incantato, lo aprì ed iniziò a suonare una melodia a memoria, lasciando che le note si diffondessero per la casa fino al giardino.
Elizabeth restò al suo fianco ad occhi chiusi, lasciandosi trasportare e cullare dalla bellissima musica, si accorse di stare piangendo solo quando lui smise di suonare e le baciò le guance rigate di lacrime.
- Suono così male? – le domandò appoggiando la fronte contro la sua.
- No sciocco. Le note che hai suonato hanno toccato il mio cuore. Mi sono commossa. – ammise facendo un piccolo sorriso.
- Sei pericolosamente bella. Sai? – le disse un attimo prima di baciarla e, Astoria e Narcissa, li trovarono così vicini, vicini nel seggiolino del pianoforte che si baciavano dolcemente.
- Avevo ragione, visto lady Malfoy? – mormorò gelosa Astoria – Era Draco a suonare.
- Erano anni che non suonava. – rispose con un sorriso la donna.
- Madre. Astoria. – mormorò Draco lasciando andare a malincuore la ragazzina – Ci stavate cercando?
- No caro. – le sorrise la madre – Abbiamo sentito una musica soave irradiarsi per casa. Astoria ha detto che eri tu a suonare. Le ho risposto scetticamente, perché pensavo che non fosse possibile.
- Sono anni che non sono suono, madre. Ma oggi l’ho fatto unicamente per la mia Lisy.
Elizabeth sorrise emozionata, dette un bacio veloce sulle labbra di Draco e poi si alzò agilmente tendendogli la mano.
- Ho come la sensazione che non possiamo stare soli. – gli disse osservando la donna e la compagna di casa uscire.
- Temo che tu abbia ragione. Forse pensano che potrei portarti sulla cattiva strada. – ridacchiò Draco.
La giovane Potter alzò gli occhi al cielo e sospirò teatralmente, scatenando l’ilarità del rampollo Malfoy.
La giornata trascorse tranquilla, Elizabeth in compagnia di Pansy esplorò una parte del giardino della villa. La strega le raccontò alcuni aneddoti divertenti sulla villa e sulle altre famiglie, dicendole di fare attenzione ad Astoria perché era velenosa come una serpe e non tollerava di aver perso così le attenzioni di Draco.
Elizabeth ringraziò con un sorriso sincero Pansy, poi la prese sotto braccio e la condusse verso la fontana che faceva bella mostra di sé nel giardino per osservare i pesci che nuotavano tranquilli.
- Pansy. – la chiamò la madre – Vieni cara, salutiamo che è ora di andare.
- Ooooh daiii mammaaaa!!! – mugolò la ragazzina mettendo il broncio – Ti prego, ancora 5 minuti.
- Non possiamo tesoro. Abbiamo preso un altro impegno, staremo domani tutto il giorno con i Malfoy e la mezzosangue. – concluse con una punta di acredine che indusse Elizabeth a sporgersi per farsi vedere.
- Sarà un piacere anche per me trascorrere del tempo in sua compagnia, signora Parkinson. – sorrise e la donna prima sbiancò, poi arrossì diventando color papavero – Grazie per la compagnia Pansy. Ti auguro una buona serata. A domani. – la salutò Elizabeth andandosene.

Il soggiorno a villa Black, sul braccio del ramo di Como in Italia, per Elizabeth fu un’esperienza bellissima.
Draco la coinvolse in tutte le attività che faceva con i propri amici, trascorsero molte ore in piscina a giocare; fare lunghe passeggiate; e shopping compulsivo senza mai lasciarle il tempo per annoiarsi o sentire troppo la mancanza della sua famiglia.
Così, la settimana trascorse placida e impegnata, ed il giorno del suo 12esimo compleanno si aprì con un meraviglioso sole che le riempì il cuore di malinconia e gli occhi di lacrime.
Non appena Elizabeth si svegliò, sentì l’irrefrenabile impulso di piangere e, mentre si rilassava con un bagno con sali di lavanda, pianse tutte le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento.
“Harry” chiamò mentalmente il gemello, ma in Florida forse era notte ed il gemello non le rispose subito “Ooh fratellino…”
“Lizbeth!” si insinuò nella sua testa un’altra voce, una voce che la fece sobbalzare “Ti prego, ti prego non chiudermi fuori”
“Ciao Robert” rispose appoggiando la testa contro il bordo della vasca “Scusa, ti ho svegliato. Cercavo mio fratello”
“Buon compleanno Lizbeth” le inviò l’immagine di un mazzo di fiori, delle margherite, lei sorrise e lo ringraziò gentilmente “avrei preferito delle rose,” continuò “ma ho pensato che non fossero indicate”
“Concordo” rispose semplicemente “Come… Come stai Robert?”
“Sopravvivo” mormorò flebile nella sua mente, sembrava che qualcun altro volesse intromettersi dentro la testa di Elizabeth e lei, prima di riconoscere la firma magica, bloccò nuovamente l’ingresso ai propri pensieri.
Finì di lavarsi ed uscì dalla vasca canticchiando “tanti auguri a me” a mezza voce. Si asciugò e passò un olio profumato che le aveva regalato Narcissa sul corpo e, in intimo, rientrò in camera dove trovò gli elfi domestici che avevano già provveduto a sistemare tutto.
Sorridendo, si vestì indossando un paio di leggins neri con piccole borchie che partivano da metà coscia e salivano fino alla vita; sopra ai quali abbinò una maxi maglietta composta da una canottiera nera ed una sopramaglietta di pizzo rosa antico con lo scollo a barca.
Ai piedi, inforcò un paio di sandali neri con le borchie, si pettinò i lunghi capelli castano ramato ed uscì dalla stanza sospirando.
La famiglia Malfoy era riunita nel salone per la colazione; Draco, non appena la vide entrare, si alzò sorridendole.
- Buon giorno Lisy.
- Buongiorno a tutti. – sorrise di rimando – Non finirò mai di ringraziarvi per avermi permesso di trascorrere questi giorni con voi. – mormorò mettendosi seduta.
- È stato interessante. – annuì Lucius – Temevo, onestamente, che fosse più difficile convivere con te signorina.
- Felice di averla sorpresa, signore. – sorrise felice – Quali sono i nostri impegni di oggi, signora?
- Oggi faremo una festa in giardino. Dal pranzo, fino alla cena. È una nostra tradizione.
- Che bello! – sorrise, e si rese conto che nessuno lì sapeva che era il suo compleanno che Draco non lo sapeva; tutta l’allegria raccolta durante il bagno svanì lasciando posto all’apatia che l’aveva attanagliata la sera precedente.
- Perché non indossi il costume che hai comprato ieri? – le domandò Draco facendola trasalire.
- Cosa? – Elizabeth arrossì – Quello?! Dei no… mi hai convinto tu a comprarlo, ma non credo che sia adatto per l’occasione.
- Cos’ha questo costume di così “scandaloso”? – rise curiosa Narcissa.
- Parla serpentese. – rispose Draco – È un due pezzi molto bello, verde lucido. Al posto dei lacci classici c’è una vipera che corre lungo il collo. – lo descrisse così dettagliatamente che le guance di Elizabeth si tinsero di rosso al pensiero di averlo indossato, di essersi fatta consigliare da lui sull’acquisto e di averlo comprato soprattutto.
- Da ciò che dice mio figlio, - parlò Lucius tossicchiando – deve essere splendido e… - furono interrotti dal “pop” della smaterializzazione di un elfo domestico.
- Dobby si scusa signori Malfoy. Dobby non voleva interrompere. Dobby è mortificato.
- Abbiamo capito stupido elfo. – ringhiò perdendo la calma il padrone di casa – Cosa vuoi?
- A casa Malfoy, padrone, sono iniziati ad arrivare tanti… - stava per dire “regali”, ma Elizabeth si alzò dicendo:
- Dobby, stavamo facendo colazione. Perché non raggiungi le cucine e mangi anche tu qualcosa? Hai fatto un lungo viaggio, sarai stanco. – gli mise una mano sulla spalla tremante – Vieni che ti accompagno.
- Dobby ringrazia la signorina. – sorrise l’elfo seguendola fuori dalla stanza; non appena furono abbastanza lontano dai Malfoy, la giovane Potter disse:
- Nessuno di loro sa che oggi è il mio compleanno. Ti prego, Dobby, non voglio che lo sappiano. Non voglio un party di compleanno in perfetto stile Malfoy. Io gradirei una festa in perfetto stile Potter e… - non appena aprì la porta della cucina, si trovò investita da coriandoli e stelle filanti con gli elfi di casa Malfoy e della residenza estiva che gridarono:
- Buon compleannooooooooo!!!
- Oddei! – gemette Elizabeth scoppiando a piangere – Avete fatto tutto questo per me? Dobby, tu hai rischiato di essere punito solo per…?
- Dobby sapeva che Elizabeth non avrebbe permesso a lord Malfoy di farmi del male. Sapeva anche che i padroni ignorano che oggi è un giorno molto importante e…
- Abbiamo pensato di festeggiare la nostra signorina. – disse il capo degli elfi della residenza estiva – Lei è l’unica ad essere gentile con noi.
- Ad ascoltare le nostre chiacchiere. – annuì una giovane elfa.
- A dirci “grazie” e “per favore”. – mormorò Dobby – Questa festa a sorpresa ci è sembrato un modo carino per dirle che le vogliamo bene, signorina.
Elizabeth abbracciò gli elfi domestici, uno per uno. Baciandoli tra le orecchie mormorbide, bagnando la loro pelle morbida con le sue lacrime di gioia.
- Grazie a tutti. Io… Non ho mai avuto una festa così bella.
- Non abbiamo molto tempo, signorina. – disse Dobby – Purtroppo noi dovremmo tornare al Manor e lei dai Malfoy.
- Lo so. – annuì – Mangiamo una fetta di torta.
- Prima spenga le candeline. – la pregò un’elfa.
La strega spense le candeline desiderando di poter vedere la sua famiglia quanto prima, poi mangiò una fetta di torta insieme agli elfi e li salutò tornando nel salone per la colazione.
Prima di andare via, pregò Dobby di portare i doni e le pergamene nella camera che occupava nella casa al lago, nessuno doveva sapere niente.
- È tutto a posto, Lisy? – le chiese Draco.
- Sono emozionata. – annuì con un sorriso – Domani torneremo a casa. E potrò rivedere mamma e papà. – fece uno sbuffo – Ed anche mio fratello, ammetto che mi è mancato.
- Sei stata tanto male con noi? – le chiese Narcissa dopo aver sorseggiato il suo tea.
- Male? Sono stata benissimo, signora! È stato unico poter trascorrere del tempo in vostra compagnia. Ho conosciuto un mondo che non avevo mai visto, neanche da lontano. Ho imparato moltissime cose ed avuto accesso ad una biblioteca che… sognerò tutte le notti. – ammise arrossendo.
- Sarai sempre la benvenuta al Manor. – le sorrise Lucius – E la mia biblioteca non ha mai conosciuto una lettrice appassionata e gentile come te.
- Accarezza i libri con una tale dolcezza, che ne sono quasi geloso! – sbuffò Draco melodrammatico, Elizabeth arrossì poi scoppiò a ridere, coinvolgendoli.
- Sei uno sciocco biondino! – gli mormorò all’orecchio e Draco tremò.
- Ma uno sciocco che sa farti ridere. – e le rubò un bacio appassionato, baciarsi era diventata una piacevole abitudine per entrambi.
Lucius e Narcissa si strinsero le mani con dolcezza, erano felici di aver coinvolto quella ragazzina nella vita di loro figlio. Era una strega potente e l’Oscuro Signore aveva grandi progetti per lei.
Narcissa era un po’ dispiaciuta, non voleva farla soffrire e sperava che il marito cambiasse idea che vedesse che Voldemord era solo un pazzo con manie di grandezza.

Persi ognuno nei propri pensieri, i quattro maghi continuarono a fare colazione in silenzio fino all’arrivo dei primi ospiti che avrebbero passato con loro l’intera giornata.
Per prima arrivò la famiglia Greengrass; seguita a ruota dalla famiglia Parkinson; dai Tiger e dai Goyle; dalla famiglia Nott e, per ultimi, dagli Zabini.
- Wow. – mormorò Elizabeth nascondendosi dietro a Draco – Non immaginavo che…
- In effetti nemmeno io.
Erano usciti ad accoglierli in giardino, erano tutti molto eleganti e la giovane Potter si sentì un corvo in mezzo ai pavoni. Draco, intuendo il suo turbamento, le strinse la mano dicendo che la trovava bellissima vestita così e che non doveva assolutamente sentirsi a disagio. Lei gli sorrise e continuò a salutare educamente le persone che arrivavano per la giornata a casa Malfoy.
L’ultimo ad arrivare a salutarla, fu Blaise Zabini che, portando un mazzo di dodici rose bianche ed una blu come gli occhi di Elizabeth, fece un inchino davanti ai Malfoy e si fermò di fronte alla ragazzina dicendo:
- Oggi è un giorno speciale, Aldebaran. La tua stella brilla più luminosa che mai. Accetta questo dono.
- Grazie Blaise. – mormorò lei arrossendo fino alla radice dei capelli, le rose avevano un profumo così buono che i suoi occhi brillarono.
- Buon compleanno, Aldebaran.
Non appena Blaise le fece gli auguri, nel giardino calò un silenzio imbarazzato. Nessun altro era a conoscenza che quello fosse il giorno del suo compleanno.
- Oggi. – le domandò fremendo di rabbia Draco – Oggi è il tuo compleanno?
- S… Sì… - un brivido di paura le attraversò la schiena, provò a sorridere ma non ci riuscì.
- Perché non me lo hai detto? – le ringhiò contro.
- Perché pensavo che lo sapessi. – gemette in riposta – E perché non volevo che i tuoi genitori organizzassero una festa per me. per festeggiare il mio compleanno.
- Perché no? – domandò Narcissa ferita – Pensi che non sarei stata in grado di organizzarti un party di compleanno?
- Affatto signora. Scommetto che sarebbe stato perfetto. Ma io avrei pianto tutto il tempo. – ammise senza vergogna – Perché oggi sento insopportabilmente la mancanza di mio fratello. – e grosse lacrime rotolarono lungo le gote della giovane Potter che mormorando uno “scusate” scappò in casa facendo cadere il bouquet di rose che le aveva donato Zabini.
Lucius fece accomodare i propri ospiti nei gazebi pronti in giardino dicendo:
- Adesso, signori, risolveremo questo piccolo inconveniente. Intanto servitevi dei rinfreschi.
Mormorando i maghi e le streghe fecero come suggerito dal padrone di casa; Draco si chiuse in un ostinato silenzio e tenne il broncio per buona parte del party di fine luglio.
Mentre sedevano a tavola per il pranzo, Blaise raggiunse Narcissa dicendo:
- Signora, è tutta colpa mia se Lizzy e Draco hanno discusso. Potrei…
- No Blaise. – lo zittì il rampollo Malfoy – Hai fatto abbastanza per oggi, grazie. Porterò io un vassoio ad Elizabeth, pregandola di raggiungerci non appena si sentirà meglio.
- Concordo con te, figliolo.
Narcissa chiamò con un campanellino in argento uno degli elfi, gli ordinò di preparare un vassoio per la signorina Potter e di seguire Draco fino alla stanza dove riposava.
L’elfo eseguì mettendo nei piatti alcuni dei piatti preferiti dalla giovane strega e, inchinandosi, seguì il padrone fino alla stanza della signorina.
Draco bussò alla porta della camera di Elizabeth con insistenza, fino a quando si arrese ordinando all’elfo di entrare.
- Signorina Potter. – parlò l’elfo con voce modulata, ma lei non rispose, aveva pianto tanto che si era addormentata, sconsolato il servitore uscì dicendo – Padrone, la signorina dorme.
- Lasciale da mangiare. – ghignò – Io torno al party. Quando ha voglia di scendere, ci raggiungerà.

La giornata del 31 di luglio passò così, con un gruppo di maghi e di streghe che godeva dell’ospitalità dei Malfoy godendosi il cibo ed i giochi che erano stati organizzati per intrattenerli ed una giovane strega che passò la propria giornata in solitaria scartando i regali che Dobby le portava e rispondendo in lacrime a tutte le lettere di auguri che le erano arrivate.
In Florida, il gemello si godeva la cena in compagnia dei genitori e della famiglia di Hermione ma, anche lui, come la sorella, aveva chiesto ed ottenuto di non avere un grande party perché senza la presenza di Elizabeth si sentiva a metà e non gli sembrava giusto festeggiare in grande.
“Faremo una grande festa non appena saremo insieme, sorellina” la contattò telepaticamente dedicandole il brindisi con il succo di zucca “Ti voglio bene”.
“Anch’io Harry!” mormorò lei “Buon compleanno!” e poi chiuse la mente, troppo stanca per riuscire a bloccare eventuali intrusioni.
La festa a casa Malfoy finì molto tardi, Elizabeth si addormentò nella torretta di astronomia con la musica del pianoforte di Draco in sottofondo.

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