Aoi aoi ano sora

di Pinca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capelli rossi... ***
Capitolo 2: *** Il ritorno ***
Capitolo 3: *** Poison ***
Capitolo 4: *** Eh sì, che cosa non si fa per amicizia! ***
Capitolo 5: *** Wo bist du ***
Capitolo 6: *** Un mese, una settimana, cinque giorni ***
Capitolo 7: *** Alla festa di Ayumi ***
Capitolo 8: *** Agenti in missione ***
Capitolo 9: *** L'amore si odia ***
Capitolo 10: *** Un nuovo affare! ***
Capitolo 11: *** Beliy plaschik ***
Capitolo 12: *** Tutta colpa di Takao ***
Capitolo 13: *** In ritiro ***
Capitolo 14: *** Secondo giorno. Mad world ***
Capitolo 15: *** Terzo giorno. Break me, shake me ***
Capitolo 16: *** La furia di Yuriy ***
Capitolo 17: *** Tempesta in arrivo ***
Capitolo 18: *** Non si gira per il bosco di notte ***
Capitolo 19: *** Le mutande di Kai ***
Capitolo 20: *** Vodka alla menta ***
Capitolo 21: *** Scala colore ***
Capitolo 22: *** Nascondino ***
Capitolo 23: *** Gelato ***
Capitolo 24: *** Slabyi ***
Capitolo 25: *** Me lo dice sempre la mamma.... ***
Capitolo 26: *** La spada del cuore di drago ***
Capitolo 27: *** Shell Killer ***
Capitolo 28: *** Shell Killer vs Quazar ***
Capitolo 29: *** The return ***
Capitolo 30: *** Nuovi guai all'orizzonte ***
Capitolo 31: *** Gli artigli della dolce Claire ***
Capitolo 32: *** Il cambiamento di Takao ***
Capitolo 33: *** Why don't you love me? ***
Capitolo 34: *** Il punto della situazione ***
Capitolo 35: *** Perché Ari non può dire di no a me! ***
Capitolo 36: *** Bacio della buona notte ***
Capitolo 37: *** Iniziamo bene! ***
Capitolo 38: *** E sono solo le dieci del mattino... ***
Capitolo 39: *** Perchè la giornata non poteva certo finire meglio ***
Capitolo 40: *** Ombre dal passato ***
Capitolo 41: *** Going Under ***
Capitolo 42: *** Sorprese inaspettate ***
Capitolo 43: *** Alla HitoCorporation ***
Capitolo 44: *** Numb ***
Capitolo 45: *** Capitan America in azione! ***
Capitolo 46: *** La fatina Claire ***
Capitolo 47: *** Dranzer O ***
Capitolo 48: *** Il gattino glitterato della newsletter della domenica ***
Capitolo 49: *** Il cerchio ***



Capitolo 1
*** Capelli rossi... ***


1aoi
Ciao ragazzi sono tornata!
Intanto voglio fare gli auguri a tutti coloro che adesso avranno gli esami di stato ed universitari. In bocca al lupo!
Ed eccomi qui con il seguito di Return of revenge, si ricomincia!
Questa che vedete è stata la reazione di Kai quando gli ho detto che era stato scritturato anche per il seguito….
 
ovviamente non ha potuto fare altro che questo, perché comando io e se dico che c’è c’è! Amore non hai scampo! Wahaha!
A parte gli scherzi:
Vi avviso che da ora ci sarà una svolta, si farà seriamente, quindi mi dispiace se qualcuno non potrà accedere perché ho alzato il raiting, e avverto che il “non per stomaci delicati” non è messo tanto per. Ci saranno scene di sesso (speriamo di riuscirci e di non fare gaf), e scene violente e crude, fidatevi….
Questa volta partirò un po’ in quinta (sperando di non spegnermi come una macchia XD l’unica cosa che so). nonostante questo non preoccupatevi, non sarà una palla pesante, anche perché se mi date Takao e Kai mi viene impossibile non fare uscire qualcosa di comico (comico, che parolone! Ndkai e takao) (si si parlate voi! Poi vedrete cosa vi combino! Ndme).
Spero che vi continui a piacere e se c’è qualcosa di poco chiaro chiedete pure.
Il titolo forse già lo conoscete, è quello della canzone di naruto ed è bellissima. Significa azzurro azzurro questo cielo o così azzurro questo cielo, per renderlo più sonoro. Buona lettura!    
 
 
Aoi aoi ano sora 
 
1. Capelli rossi….
 
La grigia luce pomeridiana filtrava debole attraverso le pesanti tende verdi, immergendo l’ufficio in un torpore pesante ed insopportabile. Le lancette del l’orologio sopra la mensola del camino scandivano i silenzi mortificati della donna seduta di fronte l’ampia e lucida scrivania. 
Il preside non si sarebbe mai aspettato che proprio lei, una donna così bella e dolce, si sarebbe mai trovata a dover affrontare un cruccio simile. Decisamente non se lo meritava.
-Mi creda, ho ricevuto fin troppe lamentele che non posso ignorare. Come ben sa, un comportamento del genere non sarebbe stato tollerato sin dall’inizio in questa scuola, ma abbiamo cercato di evitare dei provvedimenti disciplinari troppo drastici, siamo stati pazienti.-
-Capisco….-
-Credo che dovrò espellere sua nipote, Ariana…. Sempre se prima, ecco, non ritenga più saggio ritirala da questo istituto….-
La donna sospirò affranta stringendo i candidi guanti tra le dita.
Aveva fallito. Non era riuscita a prendersi cura e ad aiutare l’unica persona che le era rimasta della sua famiglia. La frustrazione e il dispiacere la logoravano.
Sapeva benissimo che in quel monastero in Russia doveva aver passato un'infanzia orribile, ma lei non le parlava, e di conseguenza non poteva sapere come aiutarla. Non poteva giustificare continuamente le sue azioni sulla base di un ipotetico passato che rimaneva sempre e comunque chiuso in lei. Nonostante questo però, ogni volta che combinava qualcosa, non poteva fare a meno di vedere una richiesta disperata di aiuto di una persona che soffre in silenzio.  
-È questa l’unica soluzione possibile? Non c’è nessun altro modo?- chiese, ma sapeva già la risposta.
-Lo sa bene quanto me. Ci abbiamo messo tutta la volontà possibile, e la sua apprensione mi fa capire quanto ci tiene alla ragazza; ma non c’è stata collaborazione alcuna. Non c’è stata volontà da parte sua. Abbiamo provato anche a farle intraprendere un percorso di psicoterapia con la dottoressa della scuola che, come è ben noto, è una delle migliori nel suo campo, ma l’unica cosa che abbiamo ottenuto è stato l’ufficio allagato e semi distrutto.-
L’uomo si appoggiò stancamente allo schienale della poltrona di pelle. Era dall’inizio dell’anno scolastico che questa storia andava avanti e, dopo tre esasperanti mesi, erano stati portati con la forza a segnarne il termine, nella maniera più discreta possibile, come da protocollo d’altronde. Solo il dispiacere della donna gli lasciava un fastidioso sapore amaro nel chiudere della faccenda.
Spinse il foglio e la penna verso l’altra estremità della scrivania.
-È l’unica soluzione. Più di questo….-
 
 
 
 
Buttò fuori una boccata di fumo grigiastro che si disperse nel venticello freddo che entrava dalla finestra spalancata.
Un’altra volta in direzione. Che cosa la chiamassero a fare ancora doveva capirlo. La rimproveravano, facevano le loro stupide facce indignate, senza mai abbandonare la loro aria pomposa e ridicola, e la rimandavano a casa.
Con un leggero tocco sulla superficie bianca della sigaretta, la cenere si staccò finendo fuori. Si voltò e poggiò i gomiti sul davanzale, osservando con disinteresse la stanza agghindata con quello che doveva essere considerato buon gusto perlomeno nell’ottocento. Pesanti mobili in legno scuro cosparsi di oggettini di marmo ed argento, pareti dai colori cupi dove erano appesi quadri ad olio di paesaggi autunnali e nature morte, e quell’orribile tappeto polveroso e osceno al centro del parquet.
La ragazzina seduta sulla vecchia panca tremò quando il suo sguardo si posò su di lei. I capelli rossicci erano legati in due graziosi codini tenuti fermi da nastri turchesi.
Le spalle si curvarono sotto il peso del suo sguardo, e gli occhi sgranati si incollarono al pavimento. Strinse nervosamente il tomo di letteratura che teneva poggiato sulle ginocchia candide che si intravedevano tra la gonna bluette ed i calzettoni.
Sperava solo che la chiamassero al più presto per scappare da quella stanza.
Ghignò beffarda.
Aveva paura, ed era la sua sola presenza a farla tremare. Così piccola ed indifesa….
Fece un altro tiro e gettò la cicca ancora accesa sul tappeto.
La ragazzina sussultò. 
Mise le mani nelle tasche del jeans. Con un piede spense quello che era rimasto della sigaretta, lentamente, senza alcuna fretta. Le fibre del tappeto bruciacchiate spiccavano come un sfregio.
-Quanti anni hai?-
La domanda risuonò nella stanza come un tuono, anche se il tono era pacato e sfiorava la normale curiosità.
La piccola tremò visibilmente per un attimo. Gli occhi parvero incollarsi a terra e la bocca si fece secca.
-Tredici.- sussurrò piano. La voce acuta e tremula.
La guardò per diversi secondi. Tredici anni. Una bambina con le codine rosse e i calzettoni tirati diligentemente su.
Passo dopo passo si avvicinò e si sedette nel posto accanto, lentamente, senza alcuna fretta.
Lei istintivamente si strinse leggermente più in là di qualche centimetro, cercando in tutti i modi di non farglielo notare e di non attirare ulteriormente l’attenzione con gesti troppo bruschi.
La ragazza passò un braccio sul sedile della panca. Non la guardava, non ne aveva bisogno per sapere quanto l’ansia e la paura stessero crescendo nel piccolo petto dell’altra.
-Tu sai chi sono….-
-Mayer.-
Dalla risposta secca ed immediata capì che doveva essere diventata veramente popolare in quel posto di rammolliti. Niente male diventare l’incubo dei primini, anche se poteva fare decisamente di meglio, o peggio, dipendeva dal punto di vista.
-Per questo hai paura?-
Finalmente gli occhi saettarono dal pavimento alla parete di fronte. Il labbro inferiore stretto nella morsa della tensione.
No, questa vista non se la sarebbe persa per nulla al mondo. La consapevolezza che, come un faro, brillava negli occhi verdi metteva a nudo la sua anima. Finalmente aveva capito che non aveva scampo.
Le sfiorò la guancia lentigginosa con le dita   
-…. Per favore, lasciami stare….-
Si bloccò sorpresa. Non pensava che quella piccola ragazzina avrebbe avuto il coraggio di chiederlo. Ma da come tratteneva il respiro non avrebbe più aperto bocca.
Inclinò leggermente il capo, ora osservandola intensamente. I suoi occhi verdi si muovevano verso di lei, ma senza mai il coraggio di fermarsi e guardarla, di sapere cosa voleva, e quali fossero le sue intenzioni e quale la sua sorte. 
Le accarezzò nuovamente la guancia liscia e passò le dita tra le ciocche di capelli rossi.
Quando si avvicinò a suo orecchio, il suo fiato la fece tremare.
-Dimmi bambina, hai mai giocato con le bambole?-   
Non rispose. Come poteva ad una domanda senza significato. La risposta sarebbe comunque stata sbagliata. Non riusciva neanche ad immaginare quale idea perversa potesse passare nella mente della Mayer. Gli occhi supplichevoli si fermarono sulla porta dell’ufficio, nella preghiera che qualcuno entrasse e le desse la possibilità di salvarsi.
Le dita scesero sfiorandole il piccolo ed esile collo, fino alla bianca camicetta inamidata.
-Io no….- Il fiato solleticò il suo orecchio. 
Quel segreto appena sussurrato la fece inorridire.
Un brivido di terrore le accapponò la pelle. 
-Vuoi giocare con me?-
 
 
Piccole ciocche rosse si aggiunsero alle altre già tagliate di netto sul pavimento bianco. Il continuo sforbicio secco e deciso era l’unico rumore che risuonava nel bagno piastrellato, oltre i singhiozzi strozzati.
Prima piccoli tocchi poi, afferrato il codino lo tagliò per intero fino al nastro celeste.
Le lacrime scendevano silenziose sul viso pallido e lentigginoso. Lo specchio rimandava loro una figura sempre più squallida e affranta.
Prese l’altra ciocca e con le forbici iniziò a tagliuzzare le punte andando sempre più a stringere. Taglio, dopo taglio. Centimetro a centimetro. Piccoli, sempre di più i capelli che finivano sul maglione e a terra, finché negli occhi freddi e distaccati improvvisamente implose un’accecante luce irosa. 
Tagliò malamente, con veemenza, oltre il nastro, tutto d’un colpo, strappando un lamento alla ragazzina.
Li gettò a terra con rabbia. Il nastro celeste ancora annoccato alla ciocca intera di capelli rossi, sul pavimento. A quella vista, la belva che per un attimo aveva ruggito furiosa nella sua mente e nel suo petto scomparve.
La piccola scoppiò in un pianto convulso a questa vista, non riusciva neanche più a guardarsi nello specchio che le stava sadicamente di fronte. Era troppo penoso e orribile il riflesso di sé con i capelli corti e irregolari e il viso contratto in una smorfia disperata.
Ma più piangeva più l’altra si chiudeva in un freddezza agghiacciante, come se non fosse l’artefice di tutto e non stesse neanche assistendo. Quelle lacrime e quei lamenti non la sfioravano.
Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Aveva compiuto la sua opera e il vuoto aveva ripreso il dominio della sua anima.
Avanzò verso l’uscita con le forbici che pendevano pesanti dalle dita lunghe e bianche.
-Perché?-
Il lamento della ragazzina si alzò altisonante tra i muri del bagno. Si era accasciata a terra in ginocchio, tenendo stretti tra le mani i capelli e il nastro colorato.
-PERCHÉ!?- ripeté ancora più forte guardando con odio la sua aguzzina che finalmente si fermò.
Perché!
Perché cercava una ragione? Non c’era alcuna ragione, la realtà era quella.
Lei non aveva mai cercato una ragione, aveva accettato la sua sorte. Lei non aveva trovato il bisogno di chiedersi il perché; lei il perché lo sapeva già!
Come una freccia un tremito la scosse. No che non c’era una ragione, non c’era mai stata!
Abbandonò quel bagno lasciando i singhiozzi convulsi e disperati dietro di sé.
Passò oltre i corridoi avanzando come un automa, finché non si ritrovò nella sala d’attesa della direzione.
Seduta sulla panca questa volta c’era una ragazza dai capelli biondi, che la guardava con un misto di altezzosità e derisione.
-Ariel.- disse a mo di saluto con tono trascinato e superbo. -Cosa hai combinato stavolta?-
Ariel la ignorò, come sempre d’altronde. Claire era l’unica che si permetteva il lusso di rivolgerle la parola senza rischiare di finire nelle sue mire. Si limitò a rimettere le forbici nel porta penne impreziosito da fregi sul tavolino verde dove le aveva prese.
In quel momento la porta della presidenza si aprì, ed uscì Ariana La Fayette.
-Si sono decisi finalmente a buttarla fuori?- chiese con sufficienza Claire, attirando così un’occhiataccia da parte della madre già abbastanza nervosa.
-Claire, la tua collaborazione sarebbe stata utile… se ci fosse stata.- le rinfacciò la donna infilandosi i guanti.
Claire a questa affermazione rimase sconcertata e scandalizzata, tanto che non seppe come reagire per diversi secondi. Per di più sua madre andò incontro alla sua quanto mai odiata cugina, sorridendole amabilmente. Si alzò ed uscì dalla stanza offesissima.
-Ariel, tesoro! Tutto bene?- Ariana poggiò una mano sulla spalla della ragazza.
Ariel spostò lo sguardo dal viso dolce della donna, alla mano.
Ariana la guardò attentamente con apprensione. Aveva quel suo solito sguardo vacuo e vuoto. La faceva stare male tanto quanto i suoi silenzi interminabili.  L’ossessionava il perché di quel suo continuo mutismo e, a volte, la premeva anche il dubbio di non aver mai sentito veramente la sua voce.
Le alzò il mento con un leggero tocco della mano, costringendola a guardarla negli occhi.
-C’è qualcosa che non va?- le chiese gentilmente.
Per un attimo sperò che veramente le rispondesse, anche con un semplice no, ma fu solo un attimo. La solita reazione di Ariel non tardò ad arrivare: si girò di scatto, scansando con sdegno il suo tocco e se ne uscì dalla stanza lasciandola lì sola, sconfortata più che mai.
Indossò il cappotto scuro e raggiunse le ragazze fuori dalla scuola dove la attendeva un’auto nera nel vialetto ciottoloso nel cortile verdeggiante.
L’aria umida e fredda, e il cielo plumbeo preannunciavano la solita pioggia dicembrina.
Salì in macchina e, quando attraversarono i cancelli in ferro battuto della scuola, le prime gocce iniziavano a imperlare il finestrino.
Pensieri su pensieri si accavallavano nella sua mente mentre avanzavano per le strade alberate. Ricordi tristi e nostalgici della sua famiglia, in Germania, prima della fine di tutto, prima della morta del fratello. E adesso, che finalmente aveva trovato l’unica persona che le era rimasta, l’unica sopravissuta a quella tragedia, non sapeva come aiutarla.
Spostò lo sguardo dal paesaggio sfocato fuori dal finestrino alle due ragazze sedute di fronte a lei.
Sembravano così diverse, e forse lo erano irreparabilmente.
Il broncio altezzoso di sua figlia e le continue occhiatine di disprezzo, le fecero capire che qualcosa non le doveva essere andato particolarmente giù, e che fremeva per liberarsene.
-Claire cara, c’è qualcosa che ti turba?-
Come previsto scattò come una molla.
-Certo! E me lo chiedi pure!- fece con disprezzo alzando ancora di più il mento e incrociando le braccia. –Se questa è una psicopatica, disadattata sociale, ed è stata buttata fuori dalla scuola, la colpa di certo non è mia!-
-Claire! Chiedi scusa immediatamente!- la riprese subito sua madre.
-Ma non ci penso nemmeno! E poi a lei non importa niente!- disse indicando scocciata la ragazza dall’altra parte del sedile che disinteressata guardava fuori.
Ariana fece per parlare di nuovo, anche se questo totale disinteresse da parte della nipote la lasciava parecchio disarmata, ma la figlia non le diede il tempo che riprese a parlare.
-Secondo te non ho fatto anche io la mia parte? Ho provato a farle conoscere le mie amiche, ma hanno tutte paura di lei, e mi sembra più che normale! Quindi non dire che io non ci ho provato. Anzi, ci terrei a ricordare che fin dall’inizio ha messo lei in difficoltà la sua posizione. Le abbiamo organizzato una serata per debuttare in società, e ha dato il massimo di sé possiamo dire! Non solo è spuntata con due ore di ritardo con degli straccetti logori e sporchi tipo barbona, ma ha anche spalmato la faccia di Daniel DeBouden nella torta! Ti rendi conto che è il ragazzo più popolare e ambito non solo della scuola, ma anche dell’alta società?!-
Poi sempre più infervorata ed inviperita spostò l’attenzione da sua madre, basita e mortificata di fronte a lei, alla ragazza che continuava ad ostentare la più totale indifferenza.
-Mi potresti spiegare per quale ragione l’hai fatto? Hai messo in imbarazzo la mia famiglia e me! Non so da quale bettola vieni, ma in una società civile esistono delle regole da rispettare, e quando una persona ti rivolge la parola, è segno di educazione rispondere!-
La bionda restò in silenzio, sempre più nervosa, a fissare la cugina in attesa di una risposta.
-Allora?- chiese spazientita.
Ariel senza neanche voltarsi a guardala, le vece un gestaccio con la mano.
Claire si voltò dall’altra parte disgustata e altezzosa.
-Hanno fatto bene a buttarti fuori, era ora!- disse. -Col tuo modo di fare non andrai lontano, credimi. Non sei capace di integrarti tra la gente civile! Non hai amici e nessuno ti vuole, non ti senti insignificante ed inutile?-
Da quel momento stette zitta, ma almeno si era tolta la soddisfazione di dire a lei e a sua madre quello che pensava da mesi, anche se c’erano ancora molte altre cose da dire.
Ariana rimase basita a fissare le due e alla fine distolse lo sguardo fuori dal finestrino.
Claire non aveva tutti i torti. Era un fallimento su tutti i fronti, ed era stata solo colpa sua che era riuscita a trovarla troppo tardi. Marchi indelebili, ferite profonde ed inguaribili l’avevano segnata per sempre, senza l’asciare ombra di quella che doveva essere stata la vera Ariel. 
Tornò a guardare la nipote con sguardo assente. Un livido violaceo sotto lo zigomo faceva bella mostra come una medaglia di guerra. Uno dei tanti che comparivano dopo le sue lunghe assenze, ma le faceva sempre impressione vedere la sua figura malconcia e sciupata e non riuscire a fare niente. Non sapeva cosa faceva, dove andava, con chi passava il suo tempo, cosa pensava….
Non era riuscita a darle niente, una casa, un punto di riferimento, ma forse…. Un’ultima speranza si accese. Forse erano loro il problema! Magari il suo era un modo di ribellarsi!
Dopo tutto non era vero che sua nipote Ariel non era capace di inserirsi in un contesto sociale con delle regole, di avere degli amici o delle persone care…. Forse doveva mettere da parte il suo egoismo nel volerla per forza accanto a sé e farle vivere la sua vita!  
-Ariel tesoro!- disse questa volta con una nota di speranza nella voce e nell'animo. -Ti piacerebbe cambiare scuola? Magari anche paese, la Francia forse ti sta un po’ stretta. Che ne dici? Vuoi tornare dai tuoi amici?-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ps: nell’ultimo capitolo Takao scambia Claire con Ari, lasciando intendere che si somigliano, mentre qui si capisce che Claire ha i capelli biondi. Non è ne un errore mio ne Takao è diventato daltonico, semplicemente Claire si è fatta bionda, ma poi si capisce il perché, anche se mi sembra abbastanza chiaro….
Beh, che altro dirvi? In questo seguito darò un po’ meno importanza ai beyblade (siiiiiiiii!!!!! Ndtutti) ok ok non festeggiate. Comunque il campionato ci sarà e… e vabbè tutto il resto eccetera ecc….
Un bacione e un ringraziamento a tutti! Senza di voi e il vostro sostegno non sarei arrivata fin qui! Ciao!
Pps: ringrazio Kla per avermi ispirata e avermi dato delle splendide idee e consigli che solo a pensarci mi fanno morire dalle risate.  

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Capitolo 2
*** Il ritorno ***


2 aoi
 
2. Il ritorno
 
Riagganciò la cornetta con aria assente. La voce speranzosa del presidente Daitenji risuonava ancora nella sua testa. La scena di mesi prima offuscò prepotentemente ogni altro pensiero logico. Come in una visione si ritrovò in quella stanza d’ospedale con Takao e gli altri, tutti intorno al letto. Boris era rimasto sulla porta, Kai non era neanche entrato. 
Lui si trovava dall’altra parte della stanza, ma era come se ce l’avesse avuta di fronte con quel suo cipiglio malevolo. Non era riuscito a tollerare oltre la sua presenza e l’atteggiamento amichevole dei Bladebreakers che, nonostante continuasse ad umiliarli, le stavano ancora accanto.
Scorreva veleno in quelle vene, o forse non scorreva proprio niente, e questo l’aveva costretto ad andarsene da lì il più velocemente possibile.
Boris lo aveva richiamato, lo guardava dalla soglia della parta con una muta richiesta dipinta negli occhi grigi. Voleva sapere cosa fare. Doveva seguirlo senza discutere e voltarle le spalle senza un ultimo addio, o poteva permettersi un’ultima piccola vana speranza e il sollievo di sapere che stava bene senza correre il rischio di perdere lui, il suo migliore amico?
In quel momento era rimasto immobile nel corridoio a guardarlo. Boris era come un cucciolo perso senza di lui. Non se lo sarebbe mai dimenticato quel suo sguardo.
Era venuto solo per lui, per dargli sostegno, solo per questo! Gli aveva fatto un cenno col capo e gli aveva detto che l’avrebbe aspettato all’uscita.
In quel momento la voce dell’amico lo sorprese come una folgore facendolo tremare.
-Allora Yuriy?- gli chiese Boris spazientito masticando la punta della matita davanti al libro di fisica. –Chi era la telefono?-
Yuriy si voltò verso di loro. Ora anche Kai e Sergay lo guardavano interessati.
-Daitenji….- disse vacuo.
Rimase lì vicino al telefono a fissare il pavimento senza sapere che fare. La curiosità dei tre sembrava essersi acquietata, ma il problema restava. Si sentiva frastornato. Non poteva essere!
-E che voleva?- chiese dopo poco sempre Boris alzando gli occhi dal libro che, a quanto pareva, doveva essere più ostico del solito.
-Niente, il solito… ci ha invitati a passare il finesettimana a casa sua.- rispose.
Non poteva ancora dirglielo, o più semplicemente non si sentiva ancora pronto per questo. Non poteva ancora accettare che lei tornasse di nuovo nelle loro vite, non dopo che si era convinto che sarebbe scomparsa per sempre. Come poteva dirlo a Boris?
-Tutto bene Yuriy, mi sembri un po’ scosso….-
-Non ho niente Boris!- disse riprendendo il suo solito tono sicuro ed autoritario. –Torna a studiare, domani abbiamo il compito.-
Si diresse verso la porta con l’intenzione di uscire, ma questa volta fu Kai a richiamarlo.
-E tu non studi?- una richiesta sottile e tagliente, come i suoi occhi ametista che lo scrutavano indagatori.
Non avrebbe fatto tanto il furbo se gli avesse detto il vero contenuto della telefonata. Kai, anche se da quando era andata via era tornato lo stesso di sempre, ogni volta che anche per sbaglio Takao, o chiunque altro, toccava l’argomento tornava ad incupirsi e stare a disagio.
Il rosso sospirò pazientemente sotto il suo sguardo, poi si decise sul da farsi.
-Ho bisogno di un po’ d’aria, non la tollero proprio la fisica! Vuoi venire a fare due passi con me?- gli propose in fine subdolamente.
Abbozzò un mezzo sorriso quando Kai si alzò dal letto e lo seguì fuori dalla stanza.
Tanto meglio, sarebbe stato il primo a saperlo….
 
 
 
 
 
-COOSA?! ARI TORNA?!- Takao scattò giù dal letto ed andò incontro al nonno saltellando impaziente. -Perché nessuno mi ha detto niente?! Quando arriva?-
-Calmati Takao, l’ho saputo solo ieri sera e l’ho detto a Daichi!-
Takao si voltò verso il ragazzino sorprendendolo con le dita nel naso.
-E tu perché non mi hai detto niente?-
-Perché ogni volta che esci coi tuoi amici non mi fai mai venire!- gli rinfacciò il rosso.
-In effetti Daichi ha ragione Takao, vorrei tanto sapere perché non porti anche lui con te!- disse nonno Jey.
-Perché è un moccioso e mi fa vergognare!- rispose prontamente.
-Ehi non sono un moccioso! E poi con la faccia che ti ritrovi ti vergogni di me!?- rimbeccò offeso Daichi venendo ignorato da Takao che invece riprese a parlare con nonno.
-Allora si può sapere quando arriva?-
-Mi sembra che Max abbia detto che….- iniziò il nonno.
-Cosa? Lo sapeva anche Max?- fece sorpreso Takao.
-Certo!- asserì il nonno. –Gliel'ha detto Kappa, che gliel'ha detto Hilary, che ha parlato con Ayumi che ha…-
-Ma perché sono l’ultimo a sapere le cose?!-
-Forse perché ieri hai preferito stare fuori con gli amici tutta la giornata!- gli disse acido Daichi. –Ieri pomeriggio il presidente Daitenji ha telefonato proprio per parlare con te….-
Takao mise il muso iniziando a sentirsi attaccato dalle accuse di Daichi. -Va bene, ho capito! Vedi tu, per una volta che esco un po’….-
-Una volta che esci? Ma se stai sempre fuori a bighellonare! Nipote sfaticato!- disse nonno Jey facendo schioccare la spada di bambù sul pavimento di parquet.
Takao incrociò le braccia offeso e si voltò dall’altra parte brontolando scocciato.
-Adesso muoviti e vestiti!- gli ordinò il nonno. –Che si va a prendere Ari all’aeroporto!-     
La porta si richiuse con uno scatto e Takao si voltò a guardare. Era rimasto solo nella stanza, anche Daichi se ne era andato.
Dovevano prendere Ari all’aeroporto, il che significava che era praticamente già lì. 
Improvvisamente, senza sapersi spiegare il perché, tutta l’agitazione che era esplosa a quella notizia scomparve come un fuoco di paglia.
L’ultima volta che l’aveva vista era stato all’ospedale. Era partita senza per l’Europa salutare, e poi da lì non aveva saputo più niente, non che si aspettasse una telefonata o una lettera, ma gli sembra così strano che potesse sparire veramente per sempre come aveva detto Yuriy. Spesso ci aveva pure creduto.
Ma adesso stava per tornare e quasi non se lo era aspettato, almeno non così presto.
Si lasciò cadere sul bordo del letto guardando fisso le sue pantofole verdi.
Era tutto così diverso, si sentiva devastato, lui che si era sempre creduto incrollabile.
Non sarebbe cambiato molto dall’ultima volta che si erano parlati, e questa consapevolezza gli fece capire quanta fiducia riponesse in lei.
Come poteva essere? Possibile che le sue parole lo avessero ferito veramente, che non fosse rimasto indifferente come aveva creduto fino ad allora?
Gli sembrava ancora di sentire la sua voce e quasi di vederlo davanti a sé il suo sguardo infiammato di disprezzo.
Non erano niente per lei, non lo erano mai stati. Per lei avevano rappresentato solo un mezzo per raggiungere il suo scopo, nient’altro. E la freddezza delle sue parole lo stavano gelando a distanza di mesi.
Perché adesso e non subito? Perché ora che stava per tornare? Gli aveva fatto effettivamente male….
Una voce allegra fuori dalla finestra lo riportò alla realtà. Andò ad affacciarsi e si ritrovò a sorridere come sempre.
-Ehi Takao, già sveglio vedo!-
Hilary, dalla stradina di fronte, scuoteva in aria la mano salutandolo, mentre nell’altra teneva un cestino di paglia e cotone. Si era messa il maglioncino azzurro, il suo preferito. Lui annuì guardandola correre verso l’ingresso della casa.
-Vestiti e vieni a fare colazione!- gli disse prima di vederla sparire.
Effettivamente iniziava ad avere un po’ freddo solo col pigiama. Chiuse le finestre e andò a vestirsi. Quando scese in cucina trovò la tavola imbandita e Daichi, il nonno ed Hilary già seduti.
-Buongiorno!- esordì sedendosi a capotavola e passando a rassegna tutte le prelibatezze che si trovava davanti. –Ho una fame stamattina….-
-Bene, così potrai assaggiare tutto!- disse Hilary passandogli una fetta di torta al cioccolato dall’aspetto squisitamente invitante.
-Hilary è stata così brava, ha preparato tutto lei!- disse il nonno addentando un dolcetto alla crema.
-Veramente!?- Takao guardò la torta al cioccolato che l’amica gli aveva piazzato davanti con diffidenza, cercando quella qualunque cosa che sicuramente non andava. 
Hilary annuì orgogliosa mentre il nonno iniziava a farle una serie di complimenti del genere: “come sei migliorata”, “la crema ai mirtilli secondo me è il tuo forte”, “bravissima”, e intanto Takao ebbe come la brutta impressione che la sua torta al cioccolato si fosse mossa da sola.
-Ehm…. Io veramente, ripensandoci non avrei tutta questa fame, anzi penso di non averne proprio….-
-Che cosa vorresti dire?!- la reazione di Hilary fu immediata: gli scoccò un’occhiata che lo folgorò. Il suo tono non ammetteva repliche.
-Niente, perché dovrei dire qualcosa?- si difese lui in modo poco convincente ridacchiando nervoso.
-Semplicemente per il fatto che mi sembra che tu lo stia dicendo apposta per non mangiare quello che ho cucinato!-
Daichi alzò la testa dal piatto. Il tono minaccioso della ragazza era riuscito a distrarlo dal suo continuo abbuffarsi, e ora passava gli occhi dall’uno all’altra in attesa dei risvolti tragici che ci sarebbero stati da lì a pochi secondi.
-No, no, perché mai!- ridacchiò Takao.
-Allora mangia!- gli ordino lei senza dargli scampo.
Il nonno annuì vigorosamente mandando giù l’ennesimo pasticcino. -Non fare lo sciocco come al solito nipote, e mangia! Hilary si è svegliata molto presto per preparare tutto!-
-Ma non se ne parla! Non voglio farmi avvelenare solo per fare piacere a lei!- sbottò Takao incrociando le braccia.
Hilary scattò in piedi. -Io non avveleno nessuno!-
-Lo so che ci hai messo impegno Hilary, e lo apprezzo, ma non puoi pretendere che io mangi cose non commestibili!- le spiegò Takao con calma come se non ci fosse davanti a lui una ragazza capace di strozzarlo da un momento all’altro. –Non puoi migliorare da un giorno all’altro!-
-Ma tu che ne sai?!- disse stizzita Hilary.
-Se sei negata resti negata, non è colpa tua! Potranno sembrare pure buone, ma chissà cosa ci hai messo dentro! E se magari sono veramente buone, le hai comprate in qualche pasticceria prima di venire qu….-
L’intera torta al cioccolato finì spiaccicata in faccia a Takao zittendolo.
-Ecco!- disse Hilary poggiando soddisfatta il vassoio sul tavolo. Daichi stava per scoppiare in lacrime per lo spreco.
-Ora che l’hai assaggiata puoi anche dirmi com’è!- e detto questo, Hilary si risedette spalmando altezzosamente la marmellata di fragole su una broche.
-Ma io non l’avevo ancora assaggiata!- si lagno disperato Daichi.
Hilary prese la fetta ancora intatta che aveva servito prima a Takao, ora pietrificato con la torta che gli colava dalla faccia sui vestiti, e gliela passò.
-Tieni, sicuramente tu l’apprezzerai!- gli disse spiccia.
-Hilary ha fatto bene, sei stato veramente un cafone!- disse il nonno addentando un bignè.
Takao si passò la mano sulla faccia levandosi ben poco, e batté un pugno sul tavolo scattando in piedi.
-MA SEI SCEMA!? MA CHE CAZZO FAI!?-
La nonno andò di traverso il bignè, Daichi si affrettò a mangiare la fetta di torta rimasta per svignarsela saggiamente. Infatti presero a litigare peggio del solito.
Anche il nonno sembrava dello stesso avviso, difatti, quando si richiusero la porta alle spalle, sentirono qualcosa di pesante infrangersi contro.
Nonno Jey sospirò scocciato, mentre le urla dei due si diffondevano per la casa e i continui oggetti volati si infrangevano contro i muri. -Quei due se continuano così mi distruggeranno la casa!- 
-Mi dispiace, ma mi sa che ne avranno ancora per molto…. - disse Daichi allontanandosi dal campo di battaglia e andando verso il salotto per guardarsi i suoi cartoni preferiti. –Però devo ammetterlo, l’ochetta è migliorata molto in cucina!-
-E si, basta perseveranza e voglia di fare!- disse il nonno fiero. -È una ragazza veramente forte e valorosa!-
Si fermarono sorpresi nel corridoio trovandosi di fronte Kai.
-Oh, buongiorno!- lo salutò nonno Jey. -Vieni anche tu con noi all’aeroporto?-
-Dove è Takao?- chiese il russo senza troppi giri di parole ignorando il saluto.
-In cucina, ma non credo che sia il caso….-
Ma Kai, non ascoltò il consiglio del nonno, tanto meno le proteste di Daichi che immediatamente lo mandò a quel paese.
Di certo Kai non si faceva impressionare da qualche urlo.
Non appena aprì la porta schivò prontamente una tazza che andò a schiantarsi contro la parete dietro di lui.
Takao e Hilary stavano dando il meglio di loro a quanto pareva, e ci mancava poco che arrivassero alle mani.
-Voi due, la volete finire?!-
Un coltello a sorpresa partì dritto verso di lui. Era passato tanto vicino che sentì lo spostamento d’aria vicino all’orecchio.
-CRETINA! MI VOLEVI AMMAZZARE?!- urlò Takao che ancora non si era accorto della presenza dell’amico.
-NON SAREBBE POI UNA CATTIVA IDEA!- continuò Hilary ma non appena vide Kai dall’altra parte della stanza si zittì.
Finalmente Takao si voltò e vide l'amico, e come se non fosse siccesso niente disse: -Ehi Kai, da quanto sei qui?- 
Kai deglutì sentendo la gola secca. –Abbastanza direi….-
-Tutto bene?- gli chiese Hilary.
Lui annuì grave, ma dentro di sé pregava solo di non dover passare mai troppo tempo con quei due se un giorno si fossero sposati.
 
 
 
 
Bella cosa rigirarsi i pollici, un’attività impegnativa, richiedeva concentrazione e tempo vuoto, ma avrebbe preferito fare altro di domenica mattina, magari continuare a dormire. Sbuffò nuovamente e scivolò nella sedia imbottita. Chissà quante persone avevano dormito su quella stessa poltrona in attesa tra un aereo e l’altro….
Perlomeno nessuno aveva notato il suo umore piuttosto fiacco.
Kai era già tanto se era venuto, Max si era messo le cuffie nelle orecchie, nonno Jey e Kappa parlavano chissà di che e con Hilary ci aveva litigato, anche se oramai era diventata un’abitudine. Forse la provocava di proposito, perché oltre a questo tra di loro non c’era nient’altro. Da quando avevano ripreso ad andare a scuola, Hilary passava tutto il suo tempo con le amiche. Passava l’intervallo con loro, non veniva più agli allenamenti e alla fine si era trovato praticamente da solo.
Certo, c’erano Kappa e Max, ma Rei era in Cina e per fortuna Kai ogni tanto si faceva vedere e passavano le giornate assieme, a costo di saltare la scuola, come il giorno prima.
Ed era questo a sorprenderlo, perché fino al giorno prima l’amico a solo sentire il nome di Ari, cambiava espressione e teneva lo sguardo basso, e perché dopo la finale, quando erano andati a trovarla in ospedale, dopo una notte passata ad aspettare fuori, non era voluto neanche entrare a vedere di persona come stava. Ora invece era addirittura venuto a prenderla all’aeroporto.
Ma non riusciva a capire neppure se stesso, come poteva pretendere di capire Kai.
La voce dell’alto parlante riecheggiò nell’aeroporto attirando l’attenzione di tutti.
-Il volo RI227 Parigi-Tokio è atterrato sulla pista 10. Ritiro bagagli numero 8.-   
Era arrivata. Istintivamente cercò lo sguardo di Hilary. Lei non lo distolse, era forse preoccupata come lui.
Senza dire una parola si alzarono e si incamminarono verso l’imbarco. Nonno Jey era l’unico ad essere di buon umore e sembrava non essersi accorto del nervosismo dei ragazzi.
Tra la folla dell’imbarco scorsero solo turisti, finché non notarono una ragazza bionda che puntava  dritto verso di loro trascinandosi dietro due grossi trolley.
Si fermò proprio davanti a loro e, mollando i bagagli esasperata, squadrò Takao a capo a piedi.
-Siete voi gli amici di Ariel, vero?-
-Ehm… si, certo!- rispose Takao sorpreso quando i compagni che la guardavano incuriositi.
-Finalmente!- esclamò lei in modo teatrale. -Mi dareste una mano? Potreste portare questi?- indicò i due enormi trolley color grigio perla e gli mollò addosso un grazioso beauty case alquanto pesante. –Non so come faccia quella musona di mia cugina a partire solo con uno zaino, mentre io mi devo fare spedire anche il resto! Comunque è sicuro che non le presto niente! A parte il fatto che mi ridurrebbe a brandelli qualunque cosa, ma…-
-Ehm scusa….- la interruppe Takao, irritato dai modi della ragazzina e cercando di reggere il bagaglio. –Ma tu chi saresti?-
Lei finalmente tornò a considerarlo e lo guardò in modo indecifrabile.
-Chi sarei io?- chiese quasi scandalizzata. –E me lo chiedi pure? Pour l’amor del cielo, allora sei veramente tonto! D’altronde mia cugina solo tipi del genere potrebbe frequentare… Ci siamo conosciuti solo qualche mese fa!-
-Ah! Ma tu sei la ragazza che Takao ha abbraccia e ha confuso per Ari!- disse Max scoppiando a ridere. –Dicevo che mi venivi a conoscere! Ti sei fatta bionda!-
-Si, l’ho ritenuto opportuno….- disse lei passandosi una mano tra i capelli e facendo un sorriso un po’ tirato al ricordo dell’accaduto.
Tutti scoppiarono a ridere mentre Takao diventava rosso.
Nonno Jey gli diede una pacca sulla spalla facendosi una grassa risata. –Perdonalo, a volte mio nipote è proprio un tontolone!-
-Certo, ne sono sicura. Comunque il mio nome è Claire, e sono la cugina di Ariel… fortunatamente….- si presentò la ragazza, restando delusa constatando che la persona per cui aveva veramente affrontato quel viaggio al fianco di quella pazza era assente. Ovviamente uno come lui non poteva perdere tempo con una come sua cugina, il che da un lato le fece piacere. 
-Io sono Hilary, piacere di conoscerti....- iniziò la ragazza.
-Ehm, ma l’ultima volta non eravate di più?- la interruppe Claire. La curiosità c’era comunque. Come mai Yuriy non era venuto? Dopo tutto non poteva chiederlo direttamente e al diavolo se sembrava scortese o maleducata. –Se non sbaglio c’erano anche… ehm, un ragazzo cinese… uno punk con i segni sulla faccia e uno rosso con gli occhi azzurri….-
-Infatti….- disse un po’ in imbarazzo Hilary. –Avevano da fare….-
-Ma chi sarebbe il punk con i segni in faccia?- chiese Max curioso.
-Non so, ha dei segni blu decisamente ridicoli e i capelli bicolore….- lo descrisse Claire distrattamente.
-Ah, ti riferisci a Kai!- fece Hilary decisamente punta dal “ridicoli” che aveva usato la bionda.
-Ma è qui!- disse Takao.
Tutti si voltarono verso il punto in cui doveva essere Kai, ma era scomparso.
-Volevo dire era qui….- si corresse Takao niente affatto sorpreso. –Piuttosto, Ari?-
 
 
 
 
Uscì dalle porte a vetro automatiche dell’aeroporto. La strada piena di turisti confusi, gente che trascinava bagagli e parlava ai cellulari, persone che si muovevano di fretta tra il traffico e il rumore dei clacson e dei motori dei taxi e delle macchine che andavano a venivano.
Fece solo qualche passo per ritrovarla dopo averla persa di vista per quei trenta secondi che, a quanto pareva, le erano bastati per accendersi una sigaretta.
Era appoggiata alla parete con lo zaino buttato per terra ai suoi piedi, completamente rilassata ed indifferente al fatto che l’avesse seguita e che adesso le stesse quasi di fronte.
Era molto smagrita dall’ultima volta che l’aveva vista, e la pelle cerea del viso la faceva apparire sciupata e fiacca. Certamente non era stato il viaggio a stancarla, ma erano chiari segni di un totale abbandono.
Quando ispirò per l’ennesima volta, trattenne il fumo per poi lasciarlo gradualmente scivolare dalle labbra pallide appena schiuse, ed ebbe come l’impressione che fosse proprio il fumo a corroderla da dentro e a toglierle ogni vitalità. 
-Dovresti fermarti, sai? Takao e gli altri sono venuti apposta per te.- disse rompendo di proposito il silenzio.
Lei neanche lo degno di uno sguardo. I suoi occhi scuri e sempre più grandi a causa della magrezza del viso, rimanevano fissi sul ciglio e le ruote delle vetture che passavano vicino al marciapiede.
Anche prima era sciupata, ma adesso lo sembrava molto di più. Prima, nonostante tutto il resto, i suoi occhi erano vivi e attenti.
-Sono stata dodici ore su un aereo, in mezzo a bambini petulanti e hostess rompipalle. Preferisco farmela a piedi piuttosto!-
La risposta fu quasi una sorpresa, per quanto spiccia e apatica. 
Restò a guardarla fumare come affascinato dalla sua figura grigia e un po’ sbiadita.
La mano che portava la sigaretta alla bocca tremava leggermente ogni volta che si alzava, e gli occhi ogni tanto si assottigliavano quando aspirava.
Si mise le mani in tasca. 
Sicuramente questa sua insistenza la stava infastidendo, difatti inclinò il capo dal lato opposto e sbuffò con impazienza.
Portava i capelli in una coda alta e malfatta, con tanti ciuffi che ricadevano sul viso e sul collo. 
Non lo aveva mai notato il suo collo, ma era molto sottile, così esile che gli diede l’impressione di poterlo spezzare anche solo sfiorandolo.
Gli venne in mente di toccarlo anche solo per un attimo, spinto dalla curiosità di sentire se era freddo come sembrava. Forse non l’avrebbe solo toccato. Aveva una linea così dolce e delicata…. Le labbra fremettero soltanto all’idea e distolse lo sguardo come bruciato.
-Starai a scuola con Sergey, Yuriy, Boris e me ….- le disse allontanando quell’attimo in cui si era sentito stranamente perso.
-Non me ne fotte chi c’è in questa scuola, non starò proprio con nessuno!-  
Tirò un’ultima volta e buttò la cicca a terra pestandola con il piede. Finalmente, da quando si erano incontrati, lo guardò.
Lui tremò quando il loro sguardi si incrociarono. Non era timore, lei l’avrebbe riconosciuto immediatamente altrimenti.
Si scostò dal muro dove era appoggiata, prese lo zaino da terra e lo sistemò sulla spalla. Si avvicinò a lui senza staccare un attimo gli occhi dai suoi.
Lui restò immobile anche quando fu ad un palmo dal suo viso, sostenendo il suo sguardo incattivito che un attimo prima non era riuscito a reggere, nonostante quella vicinanza lo mettesse a disagio. Come prima lei schiuse le labbra, gli sbuffò in faccia il fumo che uscì sinuoso e lento, come a volerlo ulteriormente provocare.
Sentì la rabbia crescere per quel gesto sfrontato, ma si trattenne dal mostrare la minima reazione.
-Spero che il messaggio sia stato chiaro!- gli disse Ari.
Kai storse il naso. Non sopportava l’odore della nicotina.
-Un po’ annebbiato direi!- 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Saaaaalve! nella speranza di non aver scritto una minkiata, scusate l’attesa, ma quando cambio ambiente devo adattarmi e ritrovare un ritaglio di tempo solo per questo, cosa ben difficile a casa mia con mio fratello che mi gironzola attorno come un cagnolone!
A parte questo spero di prendere subito a scrivere, che sono curiosa pure io di sapere cosa ne esce (oddeo! XD che minkiatona che ne esce!).
Ho notato che Claire non sta molto simpatica XD, in effetti è un po’ snob (solo un po’? ndtakao), comunque fidatevi che non è solo questo, ma è molto altro…. 
Per quanto riguarda Ari invece si, è molto più sadica e bastarda (solo perché prima si controllava per prendere per il culo i bladebreakers! Ndyuriy) (non è vero! :P ndTakao). In effetti con la ragazzina dai capelli rossi ho inserito anche una sfumatura… dai, da maniaca depravata, mi affascinava molto, quindi crazykikka (o pazzerella :D) hai colto in pieno.
Per quanto riguarda gli altri personaggi, come vedere Takao in fondo si è reso conto che c’è rimasto un po’ male per come Ari l’ha trattato in ospedale, ma non temete, all’amore mio gli passerà subito ;) (e di nuovo con sta storia dell’amore tuo! Non sono l’amore tuooo!!!! Nd takao).
Come andrà invece con Yuriy e Boris, se non nel prossimo, ma in quello dopo ancora si vedrà sicuro e, anticipando, dico solo che Yuyu riprenderà a fumare. (lo so che detto così sembra una minkiata, ma andate a pensare quello che combino e combino e combino….) (Bobo, mi hai tradito! Ç_ç ndyuriy) (noooooo te lo giuro! Nd boris col carbone bagnato) (le litigate tra marito e moglie fuori da questo spazio! Ndme)
Ora che ci penso invece, sempre a proposito dei personaggi, che cosa mi dite di Ming Ming? La faccio ricomparire? Come vi è sembrata nella ff precedente? A me anche stava sulle palle (e non poco) ma certi personaggi che trovo profondamente antipatici (prendi daichi ad esempio) sono ottimi se rivalutati e usati per qualche scenetta sfiziosa. E a proposito di questo vi annuncio che ci sarà il ritorno in un altro personaggio molto odiato (almeno io lo odiavo a morte e lo schifavo), ma vi assicuro che solo pensando a lui e a quello che combinerò…. *_* ah.. WAHAHAHA!!!
(questa risata mi mette i brividi…. Nd Takao) (non ti preoccupare, riguarda Kai! nd me^^) (ah, meno male! ndTakao) (meno male lo zoccolo! che sta storia!? ndKai è_é)
Comunque, passando avanti ai ringraziamenti:
Lexy90: ciao! anche tu esami che bello! Fai bene a distrarti un po’, studiare troppo fa male alla salute (concordo! ndTakao). Come vedi la cugina le è venuta appresso, e chi non l’avrebbe fatto per yuyu ammettiamolo! Spero che questo capitolo vada bene, fammi sapere, un bacione ciao ciao!
Pazzerella: ciao! complimenti, in due giorni ti sei letta 215 pagine di word! Lo so la fine è un po’ inconcludente, ma se sistemavo già tutto e tutti poi il gioco finiva lì, e io non voglio mica, mi diverto troppo a torturarl... ehm a scrivere (ha detto torturarli, l’ha detto!l’ha ammesso! NdTakao), quindi tiro per le lunghe, e prolungo l’agonia dei personaggi… ehm cioè il divertimento ^^’’’! (sadica bastarda! Ndkai incazzato). Cmq si, diminuisce il bey e aumenta il resto. Come ti ho detto sopra ci hai azzeccato in pieno con Ari maniaca sessuale XD! Hai apprezzato anche il personaggio di Ariana che credevo di aver messo da parte, e devo essere sincera, rispetto alle intenzioni iniziali non c’è molto ed è molto concentrato in quell’unico capitolo. Grazie mille, un bacione e spero che questo capitolo ti piaccia J!
Klarai: ciao ciccia! Ecco il secondo capitolo, visto che l’ho finito J, sempre grazie a te! ovviamente hai capito come mai claire si è tinta i capelli! Devo ammettere che mi hai ispirata molto per questo personaggio (non che tu sia snob, per carità!), soprattutto per il seguito e le somiglianze tra lei e ari. non oso perché ma ti ci vedo molto, se si gira faccio fare a te la parte XD, tanto sei già dentro il mondo dello spettacolo! Invece per ari sadica, non è solo l’aria francese, anche se avrei voluto dedicare qualche capitolo alle “marachelle” che ha combinato lì, ma ne combinerà un sacco anche qui. Comunque credo che hai proprio ragione, ora che mi ci fai pensare può essere la lontananza da Kai XD! Ps: grazie per l’idea, mo posto claire ;). È perfetta!
Clown: wow oddeo grazie per i complimenti, spero solo di non deluderti in nessun modo :)! Sono contenta che questo aumento di sadismo in ari non dia fastidio o che impressioni negativamente, sai è tutta una scommessa dopo tutto, non si sa mai quando si passa il limite o quando si è troppo lontani. Claire invece non la sopporti vero? Dai che forse nel prossimo capitolo la vedrai un po’ meglio ;). Kai è splendido in quel disegnino, non ho potuto fare a meno di metterlo, lo adoro *ç*! A parte questo cmq grazie, un bacione e ciaoooo!
Helens: ciao, grazie per i complimenti! Mi fa piacerissimissimo! Eheh yuriy che fuma ha un certo fascino vero!
Grazie mille a tutti e un bacione grande grande! Buona notte!
 
 
Klarai mi ha dato l’idea di mettere le immagini dei nuovi personaggi (e non solo, se trovo qualcosa di sfizioso lo condivido con voi) in ogni capitolo, quindi iniziamo con Claire. ecco, ora si dovrebbe vedere, ieri notte non ci sono riuscita perchè ero rincoglionita dal sonno :D....

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Capitolo 3
*** Poison ***


aoi 3
Salve! In questo capitolo ho accorpato il 3° e il 4°, che avevo postato separatamente per non so quale motivo. comunque non avevano senso separati. dovrei anche averlo corretto ieri notte. in fondo ho aggiunto i ringraziamenti che avevo in precedenza scritto per i due capitoli. 
un bacio grande grande! ciao!


3. Poison
 
L’aria invase i polmoni come un’esplosione. Gli occhi sbarrati nel vuoto, il respiro corto e il petto stretto in una morsa. Cercò con mani tremanti di scrollarsi le coperte di dosso, ma sembravano avvilupparla da ogni parte; quell’incubo continuava a risucchiarla verso il basso con onde nere che la opprimevano e la soffocavano ad ogni doloroso respiro.
Sudore freddo scendeva lungo la schiena e le riusciva difficile credere di non essere ancora intrappolata in quell’incubo.
Si buttò giù dal letto, le gambe le tremavano. Tremava da capo a piedi senza controllo, e si avventò contro l’interruttore della luce che accese con un pugno poco assestato.
Doveva smetterla, doveva finirla di fare certi incubi.
Doveva calmarsi. Il petto era attraversato da leggere fitte, la gola era secca e tutto girava.
Aprì l’ultimo cassetto del comò con veemenza, cercando tra maglie e calzini le confezioni dei medicinali.
Aprì diverse confezioni, ma erano tutte maledettamente vuote.
Lanciò l’ultima fialetta per terra mandandola in frantumi e tirò completamente fuori il cassetto dai cardini del mobile.
Non poteva essere, doveva essere rimasto qualcosa! Non poteva averli finiti tutti!
Un borbottio insistente dall’altra parte della camera, e una testa bionda spuntò da sotto le coperte.
-Ariel….- la voce lamentosa della cugina la fece irritare oltre ogni modo e fu tentata di lanciarle qualcosa per farla stare zitta.
Ma Claire si rigirò con impazienza nel letto e la chiamò di nuovo, e di nuovo ancora con voce impastata dal sonno.
Quando per l’ennesima volta non ricevette risposta, Claire si tirò su a sedere con tutti i capelli biondi scompigliati e arruffati e gli occhi gonfi, guardando inviperita la cugina che stava mettendo a soqquadro la stanza in piena notte senza alcun rispetto per la sua persona. 
-Sono le tre di notte e vorrei continuare a dormire! Sei ancora più matta di quello che credevo! Si può sapere quello che stai combinando?-
Ma Ariel manco la degno di uno sguardo e continuò freneticamente a spulciare tra le scatolette di medicinali.
-Le hai già finite tutte?!- disse con una punta di acidità Claire. –Ben ti sta! Dovevano bastarti per tutto il mese e te li sei sparecchiati in meno di due settimane! Oltre tutto fanno anche male….- ma la sua impeccabile parlantina, che stava già prendendo una bella piega, fu interrotta bruscamente.
Ariel si alzò da terra barcollando. La mano stretta al petto fu un allarme per Claire, che scattò in piedi in meno di un secondo completamente sveglia.
-Ari…. Ariel cosa hai?- Claire si avvicinò timorosa alla ragazza, come se avesse paura che da un momento all’altro potesse esplodere. La cugina si lasciò cadere seduta sul letto senza darle alcuna risposta.
Anche se non riusciva a vederle completamente il viso, nascosto da ricci scuri ed incolti, non le sfuggì il pallore ed il tremito.
-Per amor del cielo, non fare scherzi, non li trovo affatto divertenti!- disse sempre più nel panico.
Una fitta tremenda attraversò nuovamente il petto di Ari, smorzandole il respiro e la stanza intorno a lei per una attimo si annebbiò.
-Lo sai cosa ha detto il dottore, non ti devi agitare! E invece tu ti agiti!- Claire era spaventata come mai in vita sua, ma questo Ari non poteva saperlo, riusciva a malapena a rendersi conto che stava palando con lei.
Doveva riprendere il controllo di sé e calmarsi, doveva farlo o il dolore al petto sarebbe aumentato. Prese dei profondi respiri cancellando dalla mente ogni pensiero, ma la rabbia e la frustrazione non la abbandonavano. Non erano solo gli incubi e i ricordi, era anche la sensazione di avere ancora quelle schifose mani addosso che la soffocava.
-Ti accompagno in infermeria? Vuoi che chiami qualcuno?-
Scosse la testa e si alzò sulle gambe tremanti che la reggevano appena, mentre il dolore diminuiva.
Claire non osò protestare, soprattutto per l’espressione incazzosa che l’altra aveva impressa sulla faccia. Non lo fece neanche quando Ari indossò la felpa sopra il pigiama e un paio di jeans, ma non poté evitare di intervenire quando comprese che stava per uscire. La seguì mentre avanzava verso la porta con passo spedito.
-Dove vai? Ari, che cosa hai intenzione di fare?- le chiese sperando di farla ragionare, ma non dava segno di ascoltarla.
-Per amor del cielo Ariel, sono le tre di notte e non stai bene!-
Per un pelo non le arrivò la porta sul naso, visto che la cugina aveva avuto questa grande considerazione di lei da sbattergliela in faccia.
 
 
 
 
Silenzio intorno a lui. Un tremito dell’aria lo fece tremare.
Spazio immerso nell’oscurità. Luci rosse e nere, e l’inferno si aprì e lo richiamò ancora una volta a sé.
 
il tuo crudele piano
il tuo sangue, come ghiaccio
uno sguardo potrebbe uccidere
il mio dolore, il tuo fremito
 
Fremente tortura, lenta e tremenda. La frenesia del ritmo incalzante e soffocante, e nuovamente due fuochi neri, quegli occhi scuri lo catturarono, e il suo corpo sinuoso comparve davanti a lui.
Una lama dritta al petto, una folgore gli tolse il fiato. Cadde in ginocchio.
Un fremito le percorre la schiena e un guizzo le accende gli occhi.
La sua felicità scoppiava nella sofferenza sul suo volto.
Nessuna pietà. Questa era la sua vendetta.
Lui in suo possesso....
 
voglio amarti
ma è meglio che non tocchi
voglio possederti
ma i miei sensi mi dicono di fermarmi
voglio baciarti
ma voglio troppo
voglio assaporarti
ma le tue labbra sono maligno veleno
il tuo veleno scorre nelle mie vene
il tuo veleno
non voglio giocare a questi giochi

Il desiderio graffiante gli logorava l’anima mentre si avvicinava a lui.
Voleva il suo corpo. Il suo corpo, lì per tentarlo.
Il cuore aumentò i battiti. 
Il suo seno, le sue labbra rosse ad un soffio dalla sua bocca, lo sfidavano presuntuosi.
Gli era proibito.
La voleva sua, ma non gli bastava. Voleva baciarla, stringerla, morderla, assaporarla, ma le mani tremavano. La frustrazione combatte contro il desiderio. Non poteva.
Ma le sue labbra sono rosse, rosse come il fuoco.
Non deve toccarle. Non deve, non deve, non riesce a vedere altro….
Sono di veleno.
E già, senza rendersene conto, senza toccarle, gli è in circolo, gli confonde la mente…
 
la tua bocca così calda
la tua trappola, sono stato preso
la tua pelle, così umida
nero pizzo, sul sudore

Cede ed è in suo possesso, schiavo di lei, del suo corpo che percorre con bramosia, delle sue labbra di fuoco che gli bruciano l’anima, che disintegrano la sua volontà. Schiavo del suo seno accarezzato da pizzo nero, della sua pelle sudata e lucida.  
Alza lo sguardo. Lei, era là per lui, per il suo piacere, per umiliarlo e renderlo suo prigioniero. Le dita affondano nella carne
 
ti senti chiamare
ed stai sulle spine
 
Un ghigno smuove finalmente anche le sue labbra. Adesso tocca a lui sorridere.

voglio farti del male
solo per sentirti urlare il mio nome

Il suo ultimo più grande desiderio: il suo nome dalle sue labbra rosse.
Brucia come brucio io!
Doveva essere pronunciato da quella bocca. Lei doveva essere sua.
Segni rossi sulla pelle bianca e una lacrima sfugge al suo controllo.
 
non voglio toccarti
 
Chiude gli occhi. Aveva perso e lei sorridere ancora.
Il suo dolore era l’unica cosa che le dava gioia.
Di nuovo quel misero desiderio si impossessa di lui, accecandolo e si abbandona, e non può fare altro che dimostrarsi debole.
E il suo veleno di nuovo in circolo nelle sue vene, dal cuore fino alla mente. E le sue labbra rosse catturate in un bacio che va oltre ogni senso. Il suo corpo intrecciato nelle fibre della sua anima.

ma tu sei sotto la mia pelle, nel profondo
voglio assaporarti

ma le tue labbra sono maligno veleno
il tuo veleno
scorre nelle mie vene
il tuo veleno
non voglio rompere queste catene
veleno.
uno sguardo può uccidere
il mio dolore,il tuo fremito
 
Avrebbe fatto di tutto per restare per sempre così. Sarebbe rimasto imprigionato nella sua trappola d’odio per sempre pur di non perderla. Quelle catene, l’unica unione che la tenevano legata a lui, non le avrebbe mai spezzate. Era l’unica cosa, l’unica.
Il suo odio per lui: il veleno che le scorreva nelle vene.
La sua unica debolezza, il desiderio lussurioso a cui non riusciva a non piegarsi. E lei lo sapeva e rideva, rideva del suo dolore, del veleno che lentamente gli logorava le viscere e lo uccideva in quella danza infernale.
BATABANGH
Si sollevò trafelato e confuso e guardò oltre il letto. Dall’altra parte della stanza Yurij lo guardava con aria interrogativa da sopra il libro di fisica, illuminato dalla lampada sul comodino accanto.
-Mi piacerebbe tanto vedere uno di questi tuoi sogni. Prometto molto più di quegli orrendi film porno che tenta di rifilarmi Boris!-
Kai si ributtò a terra e sbatte più volte la fronte contro il pavimento di parquet freddo.
-Non vorrei infierire, - continuò il compagno di stanza. –… ma credo che dopo tutto Boris non abbia tanto torto su quel fatto di trovarti una ragazza!-
Kai sbuffò scocciato. Era l’ennesima volta che cadeva dal letto e, cosa ben peggiore, che faceva quel maledetto sogno. Stava per impazzire, non poteva continuare così.
-‘Fanculo Yuriy!-
Sospirò stancamente e si sbrigliò dalla coperta che sembrava avvolgerlo come le spire di un serpente. Avanzò verso il bagno barcollando e ci si chiuse dentro per fare una doccia.
Quella era la terza doccia fredda che si ritrovava a fare in piena notte in quella settimana, e in pieno inverno la faccenda si faceva decisamente poco piacevole.
Non poteva fare sogni del genere, non su di lei poi.
Perché, con tante persone esistenti sulla terra, doveva farli proprio su di lei?! Non bastavano già i sensi di colpa per averla abbandonata al monastero, adesso la sua testa gli faceva anche questi brutti scherzi!
Ogni volta lei appariva come se fosse stata sempre lì, con i capelli ricci e scuri che ricadevano morbidi sulle spalle come quella volta in Grecia, con le labbra infuocate e un provocante completino nero di pizzo.
Solo a ripensarci gli si chiusero gli occhi e lei tornò, nonostante l’acqua fredda che gli scivolava lungo la schiena, lei tornò a baciarlo e ad accarezzargli il petto, mentre lo guardava coi suoi occhi scuri che scintillavano soddisfatti e maliziosi.
Un impeto di rabbia lo riscosse e diede un pugno al muro piastrellato.
Lei non esisteva. Quella che sognava lui non era Ari, era solo uno scherzo della sua fantasia, perché Ariel era ben diversa da quella dei suoi sogni, e lui lo sapeva.
Non sopportava l’idea che dei sogni così su di lei lo svegliassero in piena notte. Era una cosa che la sua coscienza non poteva accettare.
Non riusciva a spiegarsi perché, non aveva nessun tipo di attrazione per lei, e a malapena riusciva a guardarla, nonostante fossero passati mesi da quando aveva recuperato la memoria e si fosse reso conto del grave peso del suo errore.
Usci dal bagno strofinandosi i capelli bagnati con un asciugamano e si sedette pesantemente sul letto. Le lancette della sveglia sul comodino indicavano le due e venticinque.
-Che ci fai ancora sveglio?- chiese a Yuriy con voce spenta.
-Abbiamo il test di fisica.- gli ricordò il compagno di stanza.
-Ma questo lascia test ogni settimana!?- si lamentò Kai di malumore come ogni volta che qualcosa lo disturbava.
-No, ogni due!- precisò Yuriy chiudendo il libro e posandolo. –Anche se non credo che ci sia speranza che questo vada meglio degli altri….-
Kai si sdraiò e guardò il soffitto con aria assente. Almeno condivideva la stanza con Yuriy, il che era positivo, dato che si limitava a qualche battutina. Non voleva neanche immaginare il disastro se al posto suo ci fosse stato Boris. Non gli avrebbe dato pace, e sicuramente avrebbe iniziato ad insinuare qualche storia assurda e a sfotterlo rendendo la cosa pubblica.                                                                                                       
La mattina seguente Kai mantenne il muso fino a pranzo. Doveva trovare un modo per risolvere il suo problema, perché non aveva alcuna intenzione di continuare a fare certi sogni osceni su una persona verso la quale nutriva un senso di colpa che non riusciva a smaltire.
A un certo punto, mentre stava seduto al suo solito tavolo in mensa, lo raggiunsero Yuriy, Boris e Sergey, che fulminò con un’occhiata per chiarire che per quella giornata non era affatto incline alla socializzazione. Dopo tutto non è che fosse veramente necessaria, ma era sempre meglio chiarire, soprattutto con quella testa calda di Boris.
-Ciao ragazzi, posso sedermi qua?- la voce titubante di una ragazza attirò l’attenzione dei quattro. Nessuno in tutta la scuola si era mai permesso di chiedere una cosa simile a loro, perché tutti sapevano che quello era il tavolo dei ragazzi russi, e questo metteva tutti troppo in soggezione anche per avvicinarsi a quel posto.
La ragazza bionda ricevette solo qualche occhiata inquisitoria da Kai e una radiografia da Yuriy, ma si fece coraggio quando Boris con un ghigno poco promettente le fece spazio.
-Certo accomodati….- disse squadrandola da capo a piedi come un bocconcino succulento.
Lei si sedette ignorando il suo sguardo fin troppo chiaro, e appoggiò il vassoio sul tavolo.
Di solito lei non era un tipo timido quando si trovava con persone nuove, anzi era molto socievole e coraggiosa, ma in quel momento aveva un problema che la preoccupava, e parlarne con loro era l’unica soluzione per stare meglio.
-Voi siete gli amici di Ariel, non è vero?- chiese guardando i quattro speranzosa di ricevere una risposta positiva da parte dei ragazzi. Ma come si aspettava rimasero freddi e zitti. –Io sono sua cugina, Claire! Frequento i corsi con voi!-
Guardò sconsolata il suo piatto di involtini e sospirò affranta.
-Sappiamo chi sei!- l’inaspettata risposta, proprio da parte di Yuriy poi, fu un sollievo per lei.
Certo, era stato alquanto algido, ma aveva risposto!
-Mi chiedevo se avevate visto Ari…-
-No, è inutile che chiedi a noi, non abbiamo nessun rapporto con lei!- fu la risposta di Yuriy. Questo non la stupì affatto, ma troncò bruscamente le sue speranze facendola ripiombare nello sconforto.
Quando la conobbe, non si sarebbe mai aspettate che si sarebbe preoccupata così per quella antipatica di sua cugina, ma in quel momento chiunque si sarebbe preoccupato, soprattutto dopo averla vista così sconvolta la notte prima.
-Ehi che ti prende!?-  Boris le passò il braccio attorno le spalle e le sorrise maliziosamente. -Questo non toglie la possibilità di avere un qualche tipo di rapporto con la sua bella cuginetta, soprattutto se poi le dispiace così tanto….-
-Boris….- lo richiamò Yuriy per ricordargli di non fare troppo il farfallone.
-Non è questo.- disse Claire mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore. -È che sono preoccupata per lei!-
-Non dovresti- la interruppe Yuriy algido. –Non ne ha bisogno!-
-Perché dici di essere preoccupata?- le chiese Kai ignorando il fare sempre più altezzoso di Yuriy.
Claire prese un respiro e guardò i quattro chiedendosi in che modo poi potessero veramente aiutarla, ma d'altronde aveva bisogno di parlare con qualcuno.
-Ieri notte Ariel è andata via, e oggi a lezione non si è fatta ancora vedere!- disse.
-E ti fai scoraggiare da così poco?- chiese Boris. –Ariel fa quello che vuole senza dare retta a nessuno! Ma se proprio vuoi, ti posso consolar…. Ahi!-
Yuriy gli diede un calcio sugli stinchi e lo fulminò con un’occhiataccia.
-Lo so!- disse Claire, scocciata perché non capivano la portava della situazione. –Non è la prima volta che lo fa, anzi lo faceva sempre a casa…. Ma non è questo il problema! Questa notte stava male….- prese una pausa per decidere se continuare, dopo tutto era una cosa molto personale. Guardò timorosa il suo piatto.  
-Dopo quello stupido incontro di trottole, il cuore di Ari si è indebolito. Il dottore le ha raccomandato di non agitarsi e di prendere alcune medicine. Adesso non so dov’è, se sta bene…. Non so cosa devo fare!-
Kai si strozzo con un sorso l’acqua, mentre Boris divenne serio.
-Non sappiamo come aiutarti!- liquidò subito Yuriy chiaramente innervosito alzandosi da tavola. –Io vado, si sta facendo tardi!-
Mentre usciva andò a sbattere contro un ragazzino che si scusò un’infinità di volte, anche quando Yuriy fu scomparso dalla mensa.
Claire lo fissò andare via mortificata. A loro non importava niente né di Ariel né di lei. Si sentiva sola, lontana da casa e dalle attenzioni e l’aiuto di sua madre. Adesso capiva che cosa le aveva fatto passare per tutti quei mesi.
-Non ti preoccupare, tua cugina è un osso duro!- le disse Sergey. –Vedrai che sta bene!-
-Ciao Kai!- il ragazzino che poco prima era andato a sbattere contro Yuriy si fermò davanti al loro tavolo e rivolese un gran sorriso al ragazzo che lo guardò un attimo stranito, mentre ancora tossiva per via dell’acqua che gli era scesa storta alla notizia che gli aveva dato la cugina di Ari.
Boris si sporse verso di lui e sembrava aver ritrovato il giusto umore per sfotterlo. –Kai, hai visto? È venuto a trovarti il tuo fidanzatino!-
Kai lo fulminò con un’occhiata. Il suo pessimo umore stava decisamente peggiorando. –Ciao Yuya….-
Yuya era l’eccezione che conferma la regola. Era l’unico in tutta la scuola che si avvicinava a quel tavolo e a quei quattro strani tipi russi, a volte sembrando un idiota rincitrullito incosciente.
Si sedette accanto a Kai come faceva quasi ogni giorno a pranzo, puntualmente senza capire le battutine di Boris, che da quando l’aveva conosciuto non aveva fatto altro che fantasticare sui modi più sublimi di prendere per il culo Kai.
-Ciao ragazzi!- li salutò Yuya. Era sempre stato molto contento di conoscere e poter “frequentare” i ragazzi che per lui erano miti, ma mai quanto Kai. –Come è andata oggi? Passata una buona mattinata? Ho appena incontrato Yuriy…-
-Ci sei andato a sbattere vorrai dire…- precisò Boris a mezza bocca, poi facendo un sorriso sornione continuò: -Abbastanza scorrevole comunque…. Come mai non c’eri a colazione? Sai, ci siamo preoccupati, visto che stai sempre qui!-
-Oh si, stamattina ho sistemato la palestra, ma stasera a cena sono libero!-
-Benissimo! Spero che tu sia libero anche per le prossime vacanze di pasqua!-
Ecco, Boris aveva sganciato la bomba. Kai gli diede un calcio sugli stinchi e fece la faccia più minacciosa possibile per fargli capire di tenere a freno la stronzaggine.
-Passiamo le vacanze con i Bladebreakers, non so se li conosci già, ma penso che Kai te li abbia già presentati!-
Il viso di Yuya si illuminò di felicità, e Claire poté giurare di non aver mai visto uno più sfigato di quel tipo, tanto che si accorse ad un certo punto di avere stampata sul volto un’espressione nauseata.
-Si, già ci conosciamo!- squittì Yuya al settimo cielo.
-Bene… vedo che la vostra è un fidanzamento in famiglia!- disse Boris lanciando una frecciatina a Kai che sembrava là là per trasformarsi in una belva.
-Allora Yuya, ci sei per pasqua?- insistesse Boris per niente intimorito e intenzionato a continuare fino a che avesse potuto.
-Certo!- disse ingenuamente Yuya.
-Ovviamente vieni anche tu, vero biondina?- chiese questa volta a Claire che, non aspettandosi una proposta del genere, rimase a fissarlo finché non accennò un si con la testa.
La campanella suonò annunciando la fine della pausa pranzo.
Toccava loro una noiosissima lezione di letteratura inglese con una vecchia bacucca bacchettona che Boris non poteva soffrire: la professoressa Bulstrode, di cui lo stesso preside sospettava che fosse già vecchia ai tempi d’oro di Stone Age.
Entrarono appena prima che entrasse l’insegnate, che si richiudesse la porta alle spalle.
Raggiunse la cattedra come sempre tutta impettita, con la camicetta bordata di merletto, i capelli grigi stretti in una crocchia sopra la testa e la bacchetta, che lei tanto amava per bacchettare i ragazzi indisciplinati, stretta ardentemente nelle mani mentre passava a rassegna tutti gli alunni con sguardo intransigente, fermandosi soprattutto sulla camicia fuori dai pantaloni di Boris.
Non fece in tempo ad aprir bocca che saltò in aria quando la porta fu aperta con poco garbo.
A sorpresa di tutti, e soprattutto, per il sollievo di Claire, nell’aula entrò Ariel lasciando tutti ammutoliti. Non soltanto perché era venuta a lezione per la seconda volta da quando si era trasferita lì e per giunta in orario, ma anche perché era senza divisa e sembrava uscita da una rissa.
Claire sprofondò nella sedia, divisa tra il sentirsi sollevata e lo scocciato nel vederla conciata così.
Avanzò senza dire una parola versò il suo banco in fondo alla classe, zoppicando su una gamba. Il jeans era strappato all’altezza del ginocchio ed era sporco di sangue e di terra. Un livido violaceo le solcava un cipiglio scorbutico e stanco che arrivava a gonfiare l’occhio destro.
Claire sospirò sconfortata. Aveva sicuramente fatto a pugni con qualche teppista, perché era certa che il giorno prima non fosse conciata così.
La professoresse, superata la prima fase di indignazione, si avviò a passo di marcia fermandosi di fronte al suo banco e guardandola dall’alto.
-Signorina Mayer! Come si permette ad entrare nella mia classe in questo modo conciata!?- gracchiò inviperita la donna stringendo la bacchetta di legno tra le mani rugose.
-Voglio la giustificazione per le sue precedenti assenze, per il suo abbigliamento inappropriato e il suo modo di entrare nella mia classe, non solo dopo il suono della campanella, ma per di più senza mostrare il benché minimo rispetto!-
Ariel le diede una occhiata di sufficienza che nessuno, in tutto l’istituto, avrebbe mai avuto il coraggio di rivolgerle, ma non rispose, e questo fece tirare un sospiro di sollievo alla cugina che già vedeva abbastanza male la situazione.
-Signorina Mayer, non si permetta di guardarmi con tale impertinenza!- insistette la professoressa. Ma Ariel alzò un sopracciglio e fece un risolino derisorio.
-Non l’accetto nella mia classe!- disse risoluta la Bulstrode. –Prenda carta e penna, la mando dal preside!-
Ma la ragazza non mosse neanche un dito. Era fin troppo chiaro che non avrebbe tirato fuori quello che la professoressa aveva richiesto, visto che era sprovvista di zaino.
L’insegnate tornò alla cattedra e prese un foglio bianco e una penna blu. Non si sarebbe mai privata di quel perverso piacere che sembrava essere l’unica cosa che la teneva ancora inchiodata alla sua cattedra. Era sua abitudine far scrivere la propria condanna agli alunni stessi, per farli sentire ancora più impotenti e umiliati.
Glieli mise davanti con un cipiglio di piacere, pronta a vedere la familiare frustrazione far ribollire di rabbia l’alunno.
-Visto che si rifiuta di parlare, signorina Mayer, la farò scrivere. Magari una bella lettera al preside per informarlo del suo comportamento inadeguato…. Scriva: al signor preside, la informo che…-
Ariel prese la penna e iniziò a scrivere.
I ragazzi dei banchi accanto sobbalzarono al suono della frustata. Yuriy, Boris e Sergey rimasero pietrificati, mentre Kai tremò di rabbia.
La Bulstrode tornò a stringere la bacchetta di legno nelle mani con gli occhi fuori dalle orbite, dopo averla fatta scattare come una frusta sulle mani di Ariel, che si mantenne fredda nonostante il bruciore alla mano e il segno rosso che iniziava ad accendersi sulla pelle.
Tutta la classe rimase col fiato sospeso aspettandosi da un momento all’altro la reazione di Ari.
-Mancina!- gracchiò indignata la professoressa come fosse un’accusa, facendosi più volte il segno della croce in preda ad una crisi di panico. Continuò con voce sempre più stridula: –Per l’amor del cielo! Non qui e non nella mia classe!-
Si allontanò a grandi passi dal banco dove si trovava la ragazza farfugliando cose senza senso. –La mano del diavolo! Disgraziata! Mancina!-
Si fermò e si rivolse con tono autoritario come a voler riprendere il controllo della situazione. –Con la mano destra, immediatamente!-
Ariel non se lo fece ripetere due volte. Passò la penna da una mano all’altra e riprese a scrivere quello che dettava la professoressa.
-Adesso fammi controllare quello che hai scritto!- le ordinò l’insegnante con fare scorbutico non appena finì l’elenco di regole infrante.
Ariel alzò il foglio e lo rivolse verso il resto della classe senza accennare ad alzarsi. Sul foglio non c’era il lungo e noioso dettato, ma una sola frase scritta a stampatello, che lasciò sconcertati sia i compagni sia la professoressa:
Si infili cortesemente,
come fa ogni notte,
la sua amata bacchetta
su per il culo!
 
 
 
 
Ovviamente dopo la sua seconda comparsata nella classe della Bulstrode, che la rese decisamente popolare anche tra le cariche più alte dell’istituto, Ariel Mayer finì automaticamente in punizione; punizione che poi in effetti non la vide mai comparire nella biblioteca dell’istituto come richiesto.
Si sarebbe dovuta presentare lì ogni pomeriggio dopo le lezioni, e passare ore e ore a riordinare e catalogare vecchi libri impolverati e inutilizzati.
Non si presentò mai.
Non che questa fosse una grande sorpresa per nessuno, ma i professori, oltre a mandare lettere e chiamare la famiglia, si scoprirono impotenti. Sospenderla sarebbe equivalso a uno sbuffo in una giornata afosa. Oltretutto le avrebbero fatto sicuramente un favore dato che si presentava a lezione a singhiozzo. Capitava a volte che frequentava le prime due ore e spariva per il resto della giornata o, se qualcosa la infastidiva o l’annoiava, se ne andava nel bel mezzo della lezione e non si faceva più vedere per giorni.
L’unico professore che non si lamentava era quello di fisica e matematica. Anche se quando veniva non girava un chioso, restando a braccia conserte in fondo alla classe senza calcolare nessuno della benché minima attenzione, il professore poté notare una frequenza assidua, e considerata la sua condotta, era veramente apprezzabile quasi quanto un miracolo.
E chi era veramente entusiasta di questo era proprio Boris, che si crogiolava al pensiero di poter copiare finalmente da qualcuno durante i compiti in classe.
Yuriy non era ovviamente del suo avviso. Oltre al fatto che non voleva avere nulla a che fare con lei, al costo di prendere voti vergognosi nella materia che lui più odiava, era alquanto scettico a riguardo: Ariel non si sarebbe neanche sprecata a guardare il foglio o a prendere una penna in mano. E poi non credeva che fosse veramente tanto brava come insisteva a dire Boris.
-Amico, tu devi pensare positivo!- gli disse per l’ennesima volta dondolandosi sulla sedia. –E essere meno nervosetto! Ultimamente sei veramente intrattabile, lo dico per te. Hai una marea di ragazze che ti sbavano dietro, ma se continui così le fai scappare tutte!-
Gliene indicò due dai capelli neri e lisci in fondo alla classe che chiacchieravano vicino alla finestra.
-Vedi quelle due?- gli chiese facendogli un cenno. –Quella bassina farebbe qualunque cosa per stare da sola con te per almeno dieci minuti! Hai capito cosa intendo, no?-
Yuriy roteò gli occhi al cielo. L’unica voglia che aveva in quel momento era uscire e fumarsi una sigaretta prima che iniziasse la lezione, ma ovviamente non poteva.
Boris continuò a parlare, ma questa volta la sua attenzione si spostò su Kai.
-Di un po’, Yuya lo sa che lo cornifichi con Takao, o è d’accordo e ben felice all’idea di una cosa a tre?-
Kai non diede segno di averlo sentito. Possibile che ogni volta che saltava la scuola quell’idiota di Boris dovesse sempre dire la sua? Sbuffò e affondò nella sedia continuando a fare finta di non sentire, ma a un certo punto fu così saturo, dopo mesi di frecciatine e domande impertinenti, che si voltò verso di lui e gli fece senza troppi giri di parole una domanda che sicuramente l’avrebbe messo a tacere: -Tu che parli tanto, tra le miriadi di ragazze che dici di esserti fatto, c’è per caso anche quella che vuoi veramente?!-
Boris si spense con uno schiocco di dita. Pure Yuriy sembrò sorpreso dall’improvvisa sfacciataggine dimostrata dall’amico.
Kai odiava essere tanto volgare, ma quando ci voleva ci voleva, e che diamine!
In quel momento Yuya entrò in classe tutto affannato e li raggiunse.
-Ragazzi! La Mayer sta picchiando Penny Sumisu! Le ha lanciato lo zaino in faccia!-
Claire, seduta poco più avanti, alla notizia si mise le mani nei capelli e sperò solo che fosse un errore.
-Non di nuovo!- disse esasperata.
Penny Sumisu era la ragazza più popolare e odiosa, una di quelle che ogni scuola deve avere, e questo Claire lo sapeva bene: prima che arrivasse sua cugina lei era una di loro. E sapeva altrettanto bene che Ari non poteva soffrire questa particolare razza.
Già nella sua vecchia scuola aveva quasi steso una sua amica solo perché questa si era permessa di deriderla per via delle gambe tutte graffiate e rovinate.
Yuriy scattò in piedi e corse fuori dall’aula con a seguito Boris, Sergey e Kai e, suo malgrado, anche Claire, trovandosi davanti un capannello di ragazzi in fondo al corridoio.
Si fecero spazio tra i curiosi, sentendo gli strepiti isterici e le minacce di Penny Sumisu che cercava di ribellarsi.
Ariel la teneva spiaccicata senza problemi contro gli armadietti tenendole il braccio bloccato dietro la schiena, e dall’espressione minacciosa capirono che doveva essere veramente incazzata.
-Mayer, lasciala immediatamente!- le ordinò Yuriy.
Ari si voltò lentamente. L’espressione indecifrabile che comparve sul suo volto non fece vacillare lo sguardo di fuoco di Yuriy. Molti ragazzi si ritrassero intimiditi.
Lei ghignò. Le sue labbra si curvarono ma lo sguardo rimase spento. La mano si strinse attorno al braccio di Penny Sumisu fino a farla tremare per il dolore.
-Basta ti ho detto!- Yuriy fece un passo avanti sul limite della pazienza.
Ariel la spinse con forza a terra e si voltò verso Yuriy, come se adesso se la volesse prendere con lui.
Le amiche andarono subito a soccorrere Penny che si rialzò barcollante e fremente di rabbia.
Ari fece un passo verso di lui. Gli era così vicina che le sembrava di poter sentire la rabbia ruggire furiosa nel petto del lupo. Gli occhi azzurri si erano fatti scuri come il mare in tempesta. Sembravano due furie, uno di fronte all’altra, e nessuno dei presenti riusciva ad immaginare chi dei due avrebbe potuto avere la meglio.
-Altrimenti che mi fai?- lo sfidò lei.
Si stava porgendo su un piatto d’argento con una aperta provocazione. Non mostrava la benché minima paura, sfiorando l’incoscienza, mentre Yuriy tremava impotente con le unghie conficcate nei palmi delle mani.  
Nel suo sguardo di sfida vedeva solo il vuoto, sulle sue labbra qualcosa di più malevolo di un semplice ghigno.
Si avvicinò ulteriormente. Lui poté sentire il suo respiro sfiorargli l’orecchio.
-Niente.- bisbigliò piano, quasi con delicatezza. -Non farai niente. E vuoi sapere perché?-
Fece una pausa. Il petto di Yuriy si abbassava e si alza aritmicamente mentre un cumulo di orrore e rimorso tornava a galla. E Ari lo sentiva. Sentiva il suo tormento battere rampante nel suo cuore.
Tornare a guardare i suoi occhi fu un impulso irrefrenabile per lei.
Teneva lo sguardo fisso nel vuoto il povero e tenero Yuriy.
Sfiorò la guancia candida con le labbra.
Quello che agli altri sembrò un bacio, fu una fucilata dritta al cuore di Yuriy: -Perché sei un vigliacco.-  
Mai parole così furono dette con tanta dolcezza, e mai la dolcezza era stata così infida e penetrante.
Ariel afferrò lo zaino dall’angolo in cui era finito e se lo mise su una spalla con un’indifferenza sconcertante, come se non fosse successo niente, come se non avesse picchiato Penny Sumisu, la ragazza più popolare della scuola, come se non avesse paralizzato con qualche parola l’algido capitano dei DemolitionBoy.   
A sorpresa sua e di tutti, Yuriy fu superato di corsa da Penny che, non volendo arrendersi e darla vinta a quella ragazzetta appena arrivata, provò ad avventarsi su Ari approfittando che fosse di spalle. Ma Boris la afferrò per la vita appena in tempo, prima che si cacciasse ulteriormente nei guai.
-Lasciami idiota!- gli urlò Penny cercando di liberarsi dalla sua presa dandogli calci e pugni. Ari si voltò appena, come se quella non fosse degna neanche della sua considerazione, e poi riprese a camminare nella direzione opposta.
-Tu sei pazza, fuori di testa!- le urlò ancora più infuriata la ragazza. -Perché non ve ne tornate tutti al manicomio da dove siete venuti?!-
A quel punto Boris la lasciò. Una lastra di ghiaccio sembrò avvolgere Penny Suminu, che non osò più proferire parola, e tutte le persone radunata attorno ai ragazzi russi.
 
 
 
 
Riparò con la mano la fiamma dal vento tagliente di gennaio, quel tanto che bastava per accendere la sigaretta, ma dovette provarci quattro volte prima che ci riuscisse.
Buttò la testa indietro e fissò il cielo plumbeo appoggiata alla ringhiera del terrazzo della scuola. Non le passava niente per la testa. Aveva dato una bella lezione alla ragazzina oca e tutto ciò la lasciava totalmente indifferente. Già dal primo giorno l’aveva subito infastidita col suo modo di fare, e le era bastato quel minimo di provocazione per darle il via libera.
Sì, poteva anche dire di aver avuto un comportamento più che signorile questa volta.
La porta sbatté dopo pochi minuti proprio come si aspettava.
Yuriy percorse con un’occhiata di fuoco tutto il terrazzo finché i suoi occhi non la trovarono.
La raggiunse con poche e impetuose falcate. Il viso corrucciato per la collera e lo sguardo infiammato e minaccioso lo facevano sembrare un lupo che si avventa sulla preda.
-Fuori da qui puoi fare quello che vuoi, Mayer!- disse con la voce pervasa dalla collera a un palmo dalla sua faccia. -Puoi ubriacarti, farti ammazzare e picchiare chi vuoi! Ma questa è una scuola, ti conviene adeguarti!-
Ariel alzò un sopracciglio come a sfotterlo. La sua furia non la scalfiva e continuò a fumare senza neanche guardarlo.
Yuriy la guardò dall’alto con un senso di disgusto e di malessere che gli increspava le labbra. Forse per colpa della camicia larga e logora, o forse per i segni scuri sotto gli occhi, ma gli sembrava che il trascorrere del tempo fuori dalla Borg la stesse logorando molto più velocemente.
Si voltò di spalle. Preferiva non guardarla.  
-Yuriy….-
Ariel uscì dalla tasca dei jeans il pacchetto di sigarette e glielo porse.
Nonostante tutto, quello era l’unico gesto veramente amichevole che riusciva a esserci tra loro. Nessuno dei ragazzi della Borg aveva mai avuto veramente il coraggio di non condividere con gli altri anche il poco che si aveva, che questo fosse un po’ d’acqua, un pezzo di pane o una semplice sigaretta. Era una strana solidarietà che andava oltre le barriere dell’amicizia e dell’inimicizia.
Questo Yuriy lo sapeva bene, e guardò disincantato il pacchetto nelle mani di Ariel.
-No, non fumo più.- disse chiudendo lì la loro conversazione, o almeno così sperava lui.
Una volta arrivato alla porta, l’ex compagna di squadra lo chiamò di nuovo.
-E come mai?-
Yuriy strinse il pugno attorno la maniglia. Improvvisamente gli fu chiaro che qualunque cosa avesse detto, avrebbe rischiato di attirare pericolosamente la sua attenzione.
La guardò con occhi sgranati, e lei non trovo difficile leggervi la paura che trapelava.
La gola si fece secca. Deglutì e distolse lo sguardo. -Fanno male.-
Si chiuse la porta alle spalle e iniziò a scendere le scale, sempre più in fretta.
Sperava che non avesse capito, ma sapeva che era impossibile.
Sperava che non succedesse quello che più temeva, ma era inutile.  
Il pacchetto di sigarette rimase a mezz’aria nella mano di Ari, che si strinse, fino a stritolarlo nel suo pugno chiuso. Gli occhi fermi sulla vecchia porta di ferro del terrazzo si assottigliarono mentre un vento gelido le tagliava il viso e si insinuava sotto la leggera camicia di cotone.
Il pacchetto rotolò per terra accartocciato. Grandi passi, e gocce di pioggia iniziarono a scurire il pavimento di cemento.
 
 
 
 

Salve ragazzi! Non linciatemi vi prego, lo so che è passato più di un mese e vorreste solo prendermi a calci, ma perdonatemi. Avrei dovuto prepararmi storia per fare l’esame, ma ero troppo frastornata (i miei colleghi quando mi hanno vista mi hanno detto che avevo lo sguardo un po’ svanito, il che è preoccupante) e credo di esserlo tutt’ora perché non ho concluso niente. Non ho dato nessun esame e me ne sono tornata trionfante a Messina. Almeno questo mese mi ha dato il tempo di riordinare le idee, e di ridare una lettura alla ff precedente. HO TROVATO UNA CATERBA DI ORRORI!!!!!!
Quindi pian piano gli darò un’aggiustatina.
Tornando a noi la maggior parte del capitolo l’ho scritto come mio solito in piena notte, quindi ogni minchiata, ogni orrore cercate di non farci caso, lo aggiusterò prima o poi, quando me ne accorgerò.
Spero di non aver scritto un’idiozia, non so da dove mi sia venuta quella dei petali di pizzo nero, ve lo giuro che solo a pensarci mi viene da ridere XD! Che cazzata, mai scritta una così grossa!
Comunque, la canzone è Poison di Alice Cooper. Ho messo la traduzione direttamente perché ogni volta che mettono le canzoni in inglese mi incazzo e non le leggo perché non lo so, anche se stavolta il testo era abbastanza semplice (una delle poche canzoni in inglese che canto senza inventare le parole). A me piace da impazzire! ^^
Come vedete poi c’è un grande ritorno! Grazie a Klarai che se ne esce con certe idee che mi fanno piegare in due! Grazie ciccia!
Un grandissimo grazie a BenHuznestova, Clown, Lexy90, Kla e Crazykikka, e PGV2. Ho notato che Kai ne capitolo precedente ha avuto successo!
X PGV2:  grazie, sono contenta che ti sia piaciuta la prima ff. Per quanto riguarda i paring nella prima parte ci sono andata molto piano, anche se c’erano accenni alla Takao/Hilary, che comunque non farò subito perché voglio divertirmi un po’ prima, e un accenno a Boris/Ari, ma questa è molto variabile in molte direzioni adesso. Comunque niente è sicuro e tutto è molto variabile e imprevedibile.
Il titolo è quello che volevo mettere inizialmente alla ff, ma ho voluto dare un tocco positivo, visto che già promette tempesta all’orizzonte ma finirà con un cielo azzurro.
Un grazie a chi segue la ff e l’hanno messa tra i preferiti! Ciao!!!!!! BUONE VACANZE A TUTTI!!!
 
Ciao ragazze! (se c’è qualche ragazzo che me lo dica) questo capitolo non so perché ma non mi convince per niente, mi sembra un po’ forzato e ancora devo pensare a come fare l’altro. diciamo che è tutta la ff che non mi convince per niente. Non so perché, ma qualcosa mi blocca.
È come se mancasse quella cosa in più, non so, sembra spento e piatto.
Ditemi voi, perché non sono per niente convinta.
Forse sono troppo distratta, o forse mi manca takao (senza offesa per gli altri) (ma no, di che! Figurati! Fai pure! Ndkai yuri boris)(<_<) (:D nd kai yuri bobo).
Cmq vi ringrazio tantissimo, ma veramente tanto. Mi chiedo come facciate a leggere senza seccarvi o annoiarvi, io ne sono terrorizzata.
XCrazykikka: io quella canzone la adoro, è bellissima, la collego subito a kai. ihih invece di prof del genere non so se ne esistono, ma di persone così si, te lo assicuro. Sono contenta che cmq claire ti inizia a piacere, sapevo che un po’ con quel capitolo avrebbe guadagnato qualche punto :D. grazie kikka!
XKlarai: ciao bella! Qui devi essere sincera, lo sai ;)! Non vedo l’ora di mettere kai seriamente alla prova, altro che sogni…. Buaahaha! E non mi riferisco a yuya… ohoho! Ok basta, divago! Cmq bobo ci prova con tutte, ma non gliela toglie a yuyu, nonostante tutto…. :D. grazie dei complimenti, adesso però vediamo se me li merito -_____-…. Ho cercato di postare entro i tre giorni come prima, ma intanto provo a riprendere il ritmo. Mi raccomando, sincera e non ti preoccupare! Cercherò di smuovermi un po’ da ari e tornare dal mio amoruccio (a chi si riferisce? O_o nd tutti) (^^ ma a takino mio!)(nooooooooooooooo!!!!!!!!ndtakao mentre gli altri tirano un sospiro di sollievo).
XBenHuznestova: ciao ed eccola aggiornata! Come vedi kai non si fa mettere i piedi in faccia da bobo, ha la lingua un po’ più tagliente, ma è pur sempre kaiuccio l’amore nostro ^^! Non ti preoccupare per claire, sa tenere a bada boris. Lei vede solo yuri come suo obbiettivo ;). Grazie mille perché ancora mi segui, anche se non so ancora per quanto -_______-.
XLirinuccia: :D grazie liri, sono contenta e mi fai sempre sorridere. Io mi diverto, per me è tutta una commedia (anche se da questi capitoli piatti non si direbbe -_-). Un bacione e grazie ancora J!
Ciao a tutte e un grazie grande grande!
Buona notte e buona estate.


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Capitolo 4
*** Eh sì, che cosa non si fa per amicizia! ***


4 aoi
 
4. Eh sì, che cosa non si fa per amicizia!

 
-Pis! Ehi, ehi Ari!- Boris sbirciò in fondo alla classe per vedere se il professore si fosse accorto di lui,  ma continuava a fare avanti e indietro tra e prime file distrattamente.
Si voltò di nuovo verso la ragazza del banco accanto e cercò di attirare disperatamente la sua attenzione. Appallottolò un pezzo di carta e glielo lanciò, e finalmente questa sembrò notarlo visto che lo fulminò con un’occhiataccia.
Gli fece segno di tacere e le indicò il foglio del compito. Lei aggrottò la fronte.
-L’hai fatto?-
Domanda stupida visto che non aveva neanche preso la penna in mano e non aveva sfiorato il foglio nemmeno con gli occhi, tanto per curiosità.
Infatti lei sbuffò e si voltò dall’altra parte.
-Ehi! Ari!- sussurrò ancora. –Ti prego!-
Ari sbuffò per l’ennesima volta, poi con tanta pazienza frugò nella cartella senza trovare però niente con qui scrivere. Boris guardò un’altra volta il professore, e senza farsi vedere si sporse e poggiò sul suo banco una penna nera. Lei la afferrò malamente e iniziò a svolgere il compito.
Boris non se ne sorprese che non avesse neanche una matita, anzi lo meravigliava di più vedere che aveva uno zaino!
Dopo dieci minuti Ari poggiò la penna sul banco e senza farsi notare passò il compito a Boris. Quando vide quelle risposte tutte complete e gli esercizi svolti, gli salirono le lacrime agli occhi. Finalmente non avrebbe preso la solita F in matematica.
Batte sulla spalla dell’amico davanti a lui e gli passò un foglietto con tutte le risposte. Yuriy quando lo aprì sgranò gli occhi impressionato. Si voltò verso di lui con un’espressione interrogativa e Boris gli sorrise furbescamente.
Anche Kai e Sergey si accorsero che stava avvenendo un miracolo, e guardarono i due sperando di captare qualche informazione. Yuriy guardò il foglio e poi Ari, con l’espressione di uno che non disapprova queste cose, le aborra!
A Kai d’altronde non gliene fregava niente degli scrupoli di Yuriy, era troppo disperato, quell’anno non era riuscito a capirci niente di matematica. Guardò truce Yuriy intimandogli di non fare azioni avventate come rifiutare quell’aiutino. 
E così fu, dopo qualche attimo di tentennamento copiarono paro paro, con l’accortezza di passare le soluzioni anche a Claire, dato che era la cugina di chi aveva svolto il compito per intero, e che si trovava a mare quasi quanto loro perché nella vecchia scuola non aveva mai fatto cose del genere.
I risultati furono impressionanti. A parte il fatto che tutto il corpo docenti era quasi commosso perché quello era il primo compito che Ari faceva di sua spontanea volontà da quando era in quell’istituto, prendendo per di più il massimo, Boris e combriccola, e in particolare Yuriy che era il più scarso di tutta la classe nonostante la buona volontà, riuscirono a prendere la loro prima A.
E mentre il loro professore di matematica era troppo contento per farsi venire il dubbio che si fosse copiato da qualcuno, Hilary non aveva niente di tanto entusiasmante che la distraesse dal suo compito di capoclasse.
Era severa e non transigeva, doveva supervisionare sulla classe e sui suoi compagni, e in particolare su uno decisamente indisciplinato.
Alzò gli occhi dal registro e guardò male il ragazzo che sghignazzava stupidamente cercando di attaccare bottone con le sue compagne facendo decisamente la figura dell’idiota.
-Takao, immediatamente qui!- lo richiamò lei furente.
Takao trasalì e si voltò verso di lei, sicuro che avesse scoperto il suo trucchetto per saltare le pulizie pomeridiane.
-Si?- chiese sorridendole sornione cercando un modo di squagliarsela prima che potesse parlargli.
-Potresti venire qui….- 
-Cosa professore? Devo correre?!- la interruppe Takao facendo finte di sentire la voce lontana del professor Kappa che lo chiamava, tanto che questo, che in verità stava proprio dietro di lui, guardò senza capire i due amici.
-Si! Sto arrivando professore!- continuò Takao avviandosi di corsa verso la porta mentre il nervosismo di Hilary aumentava sempre più.
-TAKAO!-
Questo si fermò proprio sulla soglia e si voltò verso di lei come se nulla fosse.
-Oh Hilary, quasi dimenticavo… per caso dovevi dirmi qualcosa?- fece cercando di essere più ruffiano possibile.
Ma l’espressione ancora più furente di Hilary lo fece filare dritto davanti a lei con la coda tra le gambe.
-Che cosa è questo?- chiese lei indicandogli un punto sul registro.
-Dovrebbe essere il registro…..- temporeggiò lui senza comunque sapere dove volesse andare a parare iniziando da lì.
-Questo lo so Takao.- disse lei spazientita. –Parlo delle tue assenze ingiustificate!- 
-Aaaahh!! Quelle! Fihu, pensavo ti riferissi ad altro!- disse Takao decisamente sollevato.
-Del resto ne discuteremo poi Takao! Non sono scema, me ne sono accorta che hai saltato i tuoi turni di pulizia….- chiarì subito lasciando Takao a bocca asciutta.
-Dall’inizio dell’anno hai ben tredici assenze ingiustificate! So anche che falsifichi la firma di tuo nonno, ma voglio sapere perché e che tu la smetta, altrimenti sarò costretta a dirglielo e per te saranno guai!-
Hilary chiuse il registro con uno scatto e si alzò. L’espressione seria che aveva stampata in faccia non suggeriva niente di buono a Takao che era rimasto zitto zitto impalato davanti a lei a fissarsi le sue scarpe.
Fece il giro del banco e poggiò una mano sulla spalla dell’amico.
-Seguimi!- gli disse a bassa voce come una confidenza.
Il cuore di Takao aumentò il battito alle sue parole senza sapersi controllare.
Uscirono dalla classe e andarono in giardino. Non molti alunni erano usciti nonostante la pausa pranzo per colpa del vento freddo che non dava tregua.
Hilary si strinse nella felpa affondando metà del viso nella sciarpa arancione.
Takao la seguiva con le mani nelle tasche senza dire una parola. Tutta la preoccupazione per la minaccia di prima era svanita e iniziava a sentirsi a disaggio. Sapeva che era stupido, perché erano usciti per altro, ma i suoi pensieri stavano iniziando ad andare per i fatti loro, abbandonando la realtà per attorcigliarsi nella fantasia. 
Hilary si fermò sotto la fila di alberi del cortile, nel punto più riparato, e si voltò verso di lui.
Aveva le guance e la punta del naso arrossati per il freddo e Takao si ritrovò a sorridere come un babbeo, mentre lei non abbandonava quell’espressione seria e preoccupata. 
-Takao che cosa sono tutte queste assenze? Dove te ne vai senza dire niente neanche a noi?-
Takao sospirò e si voltò dall’altra parte. Che illuso che era. No sarebbe successo mai niente, e in fondo neanche lui sapeva cosa voleva. Che pretendeva? Che per qualche strano caso Hilary lo abbracciasse, gli saltasse al collo e poi…. E poi la cosa si faceva tanto stupida che non riusciva neanche ad immaginarsela!
Hilary notò che stava diventando più irrequieto. Sicuramente quella specie di interrogatorio che gli stava facendo lo innervosiva, ma lei era sua amica, chi altri doveva preoccuparsi per lui?
-Io e il professore siamo preoccupati….-
Takao quasi le dava le spalle e aveva messo il broncio come un bambino capriccioso. Pensieri sempre più scontrosi gli affollavano la mente. Era dovuto passare mezzo anno perché lei se ne accorgesse che saltava la scuola! In fondo cosa gliene poteva fregare di lui?   
Calciò in sassolino con rabbia sempre più seccato dagli occhi indagatori di Hilary che non lo lasciavano un attimo. Se li sentiva premere, proprio lì, sulle spalle.
Hilary fece un passo verso di lui e toccò il suo braccio per farlo voltare verso di lei, ma Takao scattò come una furia e le urlò in faccia.
-E non rompere! Vattene dalle tue amiche e fatti i cavoli tuoi!-
Hilary si ritrasse offesa.
-Ma cosa ti prende?! Io mi stavo solo preoccupando per te!- rispose scontrosa anche lei.
-Beh, non ne ho bisogno!- le disse ad un centimetro dal suo viso.
-Ma non puoi saltare la scuo….-
-Fatti i cazzi tuoi! Io faccio quello che voglio…-
Uno schiaffò lo mise a tace. Non aveva mai brucato così tanto, ma si rese immediatamente contro che era dentro che faceva più male.
Hilary si ritrasse con le lacrime agli occhi tenendosi stratta al petto la mano che ancora pulsava.
-Perché mi tratti così? Che cavolo ti ho fatto? Sono solo preoccupata per te! Se non me ne vuoi parlare fai pure, non fa niente! Ma se continui a fare assenze così prima o poi i professori ci faranno caso e finirai nei guai!-
Un drago furioso ruggì nel petto di Takao sempre più stretto dal bruciore di quello schiaffo. Si sentiva umiliato e ancora non ci poteva credere. Non sentiva più la voce di Hilary e quasi non riusciva a vederci più per la rabbia che provava. Strinse i pugni sperando che il bruciore alla guancia terminasse in quel momento, ma sembrava solo aumentare, e più aumentava e più si sentiva esplodere, sentiva di perdere il controllo.
-Sei un idiota! Io e Kappa….-
Takao la spinse violentemente facendola sbattere l’albero.
Hilary rimase pietrificata sotto il suo sguardo infuriato. I suoi occhi erano neri e cupi. Si fece piccola, incredula di vederlo così, troppo incredula che l’avesse spinta con l’intento di farle male.
Sembrava che la volesse ammazzare. Era terrorizzata.
Il segno sulla guancia ancora pulsava forte come il cuore di Takao.
-Io ti odio!- le disse. Si voltò e corse via lasciandola lì.
No, non si era liberato, anzi si sentiva peggio. La odiava come mai in vita sua, odiava se stesso perché era un incapace e un vigliacco.
Quando rientrò in classe la lezione era già incominciata da un pezzo. Ed era stato pure sfortunato perché capitò il professore più severo che aveva.
-Kinomiya che cosa è questo ritardo?- gli chiese.
Ma Takao tanto era infuriato che non lo calcolò minimamente mentre avanzava tra i banchi sotto gli sguardi incuriositi dei suoi compagni.
-Fuori dalla classe! Hai interrotto la lezione!-
Takao non se lo fece ripetere due volte. Afferrò la cartella e fece marcia indietro.
-Che scostumato!- commento il professore indignato tornando a guardare il grosso libro di storia.
-Ma vaffancu….- il resto non si sentì perché Takao sbatté la porta proprio in quel momento, ma nessuno trovò difficile immaginare come continuava, soprattutto il professore, il cui petto si gonfiò per l’indignazione e i folti baffi grigi frizzarono come se avessero avuto vita propria.
Invece Hilary corse via. Non voleva tornare più in classe, ne vedere più Takao. 
Le lacrime scendevano copiose sulle guance. La paura le faceva ancora tremare il cuore.
Corse via e non si fermo neanche quando si mise a piovere. Continuò anche se le gambe le chiedevano tregua e il fiato le mancava.
Pioveva così forte che si ritrovò i vestiti zuppi e i capelli appiccicati fastidiosamente sulla fronte e sulle guance. Sentiva freddo e tremava. Salì di corsa le scale che portavano al promontorio chiedendosi quanta strada avesse fatto e quanto tempo fosse passato.
Il cielo si era fatto più scuro e quando arrivò in cima si trovò di fronte il mare in tempesta e il vento che ululava forte le sollevava continuamente la gonna scarlatta della divisa scolastica.
Le gambe le tremarono per il freddo e la pelle si accapponò, nonostante i calzini di lana fossero tirati su, ma erano tutti bagnati.
Si riparò nella felpa. Le punte delle dita erano diventate viola.
Perché cavolo era salita fin lassù con quel freddo?
L’odore di umidità e di terra bagnata la fece rabbrividire e corse verso il piccolo tempio dietro gli alberi per trovare riparo, ma quando si avvicinò si accorse che c’era già qualcuno.
Si fermò proprio davanti ai tre gradini e fissò la persona che la guardava sorpresa.
La pioggia continuava a cadere senza sosta, confondendosi con le sue lacrime che ripresero a scendere copiose.
Doveva avere un aspetto orribile, ma non le importava niente in quel momento, voleva solo trovare riparo.
Fece un passo e poi un altro e si gettò tra le braccia del ragazzo, senza curarsi di bagnarlo o di quello che avrebbe potuto pensare.
Si aggrappo alla sua felpa e lo strinse continuando a piangere soffocando i singhiozzi sul suo petto.
Sentì le sue mani poggiarsi sulle sue spalle ricambiando la stretta. Hilary si sentì tremare.
-Kai….- una lacrima calda scese sulla guancia pallida. Le stava scaldando il cuore solo tenendola vicina, stretta a sé.
Le accarezzò i capelli scostandole le ciocche scure dal viso bagnato.
Stava tra le braccia di Kai, ma stranamente non sentiva il cuore battere a mille, non sentiva l’agitazione e l’imbarazzo che normalmente l’avrebbe travolta fino a non farle capire niente. Era serena. Chiuse gli occhi e ascoltò lo scrosciare della pioggia sul tetto di legno del piccolo tempio e il battito lento del cuore di Kai.
-Cosa è successo?- le chiese.
Hilary alzò gli occhi incrociando quelli splendidi color ametista di cui era tanto innamorata. Appoggiò la testa sulla sua spalla e guardò la pioggia infrangersi sul sentiero lastricato di pietra. Non voleva raccontargli di Takao, non voleva dirgli che gli aveva dato uno schiaffo e che lui l’aveva spinta. Non voleva dirgli che le aveva urlato che la odiava.
Si strinse istintivamente cerando conforto.
Era così sconvolta che Kai non sapeva cosa pensare.
-Hilary, qualcuno ti ha fatto qualcosa?- le chiese.
Hilary non rispose. La consapevolezza che Takao la aveva spinta e che non si sarebbe trattenuto solo perché era una ragazza, perché era lei, le aveva messo una paura che neanche pensava di poter avere.
Che cosa cavolo gli era preso al suo migliore amico? Perché non riusciva più a riconoscerlo?
Kai vide le lacrime continuare a scendere sulle guance, e la scostò da se e la guardò dritta negli occhi per convincerla a parlare.
-Hilary, dimmi cosa è successo!-
Era così preoccupato per lei che Hilary si sentì quasi in colpa.
-Niente….-
Kai la lasciò e le diete le spalle. Si sentì sconfortare, l’aveva abbandonata.
Lui si andò a sedere su dei gradini più interni al tempio e le fece segno di raggiungerlo.
Si accovacciò accanto a lui e si spostò tutti i capelli bagnati su una spalla. Sentiva freddo e tremava come una foglia.
-Levati la felpa!- le disse lui togliendosi la sua. Hilary lo guardò senza sapere che pensare.
D’un tratto si sentì molto imbarazzata e si trovò istintivamente ad arrossire.
Kai aveva una camicia bianca, e fu sicura di non averlo mai visto più bello di così.
Lo stava fissando come inebetita, e se ne accorse perché lui tossicchiò un po’ guardando dall’altra parte.
Si tolse la felpa anche lei, sapendo bene di aver fatto la figura dell’idiota e le venne meno il coraggio anche solo per guardarlo, finche non senti qualcosa di caldo poggiarsi sulle spalle e coprirle la schiena.
Le aveva dato la sua felpa.
-Grazie….- disse timidamente. Già era imbarazzata per la brutta figura perché era stata sorpresa a fissarlo, e adesso quelle gentilezze le stavano iniziando a dare alla testa. Doveva essere diventata rossa come un peperone perché si sentiva bruciare.
-Allora?- le chiese dopo un po’ Kai. Tornò a guardarla.
I suoi occhi non le erano mai sembrati così limpidi e profondi, come se volessero risucchiarle l’anima.
-Ho litigato con Takao…- ammise guardandosi le scarpe.
Gli raccontò ogni cosa, delle sue assenze, del suo strano comportamento, di come l’aveva trattata, e della sua reazione, anche se andando avanti tutto l’accaduto le sembrava stupido, ma lei ci era rimasta veramente male, e non sapeva come farglielo capire, perché non lo capiva bene neanche lei. Forse la stava prendendo per una bambina che si mette a frignare perché un compagno l’ha spinta. Forse stava pensando che era solo una ragazzina piagnona….
Si strinse nella felpa blu, calda e morbida.
-Io volevo solo aiutarlo, e invece non fa altro che aggredirmi. Avevo pure pensato che stesse con una ragazza di un’altra scuola e che non entrava per questo, per stare con lei. Ma da come mi ha trattata non credo che sia questo….-
Si morse le labbra mentre il magone tornava a stringerle la gola. Non le importava se faceva la figura della mocciosa ipersensibile, ma le faceva troppo male.
-Kai, Takao mi odia veramente?- gli chiese con voce graffiata per trattenere un singhiozzo.
-Ma che scemenza Hilary! Takao non ti odio affatto!-
Lei lo guardò sorpresa. Aveva parlato con una spontaneità quasi disarmante che mai nessuno aveva sentito da lui, sempre misurato e riflessivo.
Le sorrise, e non era uno dei suoi soliti sorrisi celati, ma uno di quelli che si hanno quando si trova buffa qualcosa.
Fuori smise di piovere. Si era fatto buio e riuscivano a malapena a vedere le goccioline d’acqua cadere giù dal tetto.
Si alzò e si mise le mani in tasca.
-Con Takao ci parlo io. Tu non ti preoccupare…. Adesso andiamo prima che ricominci a piovere, ti accompagno a casa.-
 
 
 
 
 
Finalmente si chiuse la porta di casa Tachibana alle spalle e tirò un sospiro di sollievo a sentire l’aria fredda della sera pizzicargli il volto. La madre di Hilary l’aveva trattenuto per due ore perché fuori pioveva e, arrivato alla quinta tazza di tè, quando fuori si era fatto totalmente buio, il cielo diede una tregua.
Percorse il vialetto guardando fisso a terra.
Hilary dopo la loro litigata non era tornata più in classe e alla fine il suo zaino lo aveva preso Kappa, che glielo aveva praticamente lanciato dietro intimandogli di andarle a chiedere scusa o altrimenti il suo Dragoon se lo sarebbe dovuto sistemare da solo.
E così era partito per casa sua sperando di trovarla per chiederle scusa, ignorando di presunzione il suo orgoglio, e non perché Kappa l’avesse minacciato, ma perché si sentiva veramente una schifezza.
Non faceva altro che allontanarla e trattarla male, e questo perché era un idiota e si comportava da vigliacco.  
E adesso se ne andava deluso perché non l’aveva trovata e aveva perso un pomeriggio intero. Ma anche se fosse stata in casa, era certo che non le avrebbe detto niente, si sarebbe limitato a darle lo zaino nella maniera più sgarbata possibile e se ne sarebbe andato di corsa.
Saltò una pozzanghera e attraversò il cancelletto di ferro. Le goccioline d’acqua posare sulla sua superficie sembravano piccole gemme che risplendevano alla luce del lampione sulla strada.
Quando guardò in fondo alla strada però un’immagine quasi surreale lo costrinse a fermarsi.
C’era Hilary, sorrideva timidamente, e i suoi occhi brillavano felici. Cercava di tenere il passo saltellando ogni due e tre passi e si teneva stretta in una felpa blu che lui conosceva bene.
E c’era Kai, qualche passo più in là, teneva le mani nascoste nelle tasche, con la leggera camicia bianca, e la seguiva con la coda dell’occhio. Sembrava comparso sulle sue labbra un lieve sorriso sereno.
Kai si fermò di botto non appena lo vide, e Hilary fece altrettanto.
Improvvisamente il suo viso, fino ad un momento prima luminoso, sembro spegnersi quando lo vide fermo davanti al cancello di casa sua. Si nascose dietro le spalle di Kai e distorse lo sguardo per non guardarlo più.
Kai lo guardava. Molto probabilmente voleva dirgli qualcosa, ma Takao preferì non ascoltare. 
Gli sorrise e mise le mani in tasca. Abbassò lo sguardo e si voltò prendendo la sua strada.
Si sentiva decisamente di troppo.
Chiuse gli occhi e impresse nella sua mente l’immagine di loro due camminare per la strada, insieme, l’una che seguiva l’altro trotterellando. Chiuse in sé il volto felice e lo sguardo dolce, color del cioccolato di Hilary, prima che si posasse su di lui, prima che si spegnasse in un lampo.
Kai lo chiamò.
Impresse nella sua memoria questa immagine e, passo dopo passo, questa prese sfumature sempre più amare.
La consapevolezza che era stato lui a toglierle quel sorriso sereno, che era stato lui ad interrompere quel momento magico, che lui non sarebbe mai stato capace di farla sorridere così, gli strinse il petto così violentemente che il drago dentro il suo cuore graffiò le pareti, soffocato e straziato da quell’amarezza improvvisa.
-Takao….-
Kai lo raggiunse e lo afferrò per il braccio facendolo fermare.
Takao inaspettatamente lo guardò e gli sorrise. Ma era un sorriso sofferto, di quelli che costano molta forza di volontà.
Era impossibile non leggere sul suo volto la sofferenza, non notare gli occhi lucidi lottare per non far scendere le lacrime. Eppure gli stava sorridendo veramente.
-Vai Kai… veramente, vai da lei.- gli disse con voce chiara e limpida.
Kai scosse la testa sbalordito. Non poteva dirgli questo, non poteva veramente arrendersi.
Avrebbe benissimo potuto prenderlo a calci solo per quel sorrisino idiota che gli stava facendo o per quel disgustoso sguardo languido, ma non sarebbe servito a molto. Avrebbe potuto dirgli senza troppi giri di parole che quel suo improvviso atteggiamento da rammollito non gli si addiceva affatto e che non dava giustizia ad entrambi, che gli conveniva tirare fuori il carattere forte e indomabile per colpa del quale lui, il grande Kai, era sempre al secondo posto, ma si limitò a ricambiare il sorriso.
Gli sorrise sempre più furbescamente e gli fece l’occhiolino.
-Non è come sembra Takao! Tra me e Hilary non c’è niente!- disse serio tutto d’un botto, facendo attenzione da farsi ben sentire anche da lei.
Takao sembrò non capire, al contrario di Kai, che sapeva bene quello che stava per fare.
Un bacio sarebbe bastato più di mille parole.
A tradimento, si avvicinò tutto in una volta, e lo baciò sulla bocca.
Lo tenne forte per il braccio e, per fare le cose per bene, rifinite come piacevano a lui, chiuse gli occhi e gli mise la mano dietro la testa schiacciandolo e costringendolo a stare attaccato alla sua bocca.
Takao sgranò gli occhi incredulo e inorridito. Hilary rimase a bocca aperta sicura di non aver mai visto in vita sua nulla di più… disgustoso.
Kai stava baciando Takao!
Due ragazzi davanti a lei si stavano baciando. Il ragazzo di cui era follemente innamorata da anni stava baciando il suo migliore amico davanti ai suoi occhi dopo quella che doveva essere una dichiarazione d’amore!!
Takao sembrava pietrificato e non reagiva. Kai allora decise che era arrivato il momento di dargli una bella scossa, perché poteva capirlo, lo shock era forte.
Gli infilò pure la lingua in bocca, spedito, senza alcun timore, e reagì immediatamente.
Gli arrivò un pugno sul muso che lo rimbecillì letteralmente, e si ritrovò steso a terra con tutta la stradina che girava e rigirava come su una giostra.
Takao indietreggiò scuotendo le mani davanti a sé con un’espressione nauseata, senza riuscire a sputacchiare, a pulirsi la bocca e ad esprimere tutto il suo disgusto nello stesso momento, e alla fine inciampò contro il muretto e cappottò a gambe all’aria nel giardino del vicino di Hilary.
Hilary impietrita al centro della strada si teneva le mani davanti la bocca.
Tra l’andare a soccorrere prima Kai, steso a terra con un’espressione del tipo “gli uccellini piu piu che belli!”, o Takao scomparso dietro la siepe, preferì non muoversi da dove stava.
Takao riemerse da dietro il muretto pieno di foglie e rametti tra i capelli e i vestiti come se fosse uscito da una pozza piena di melma.
Iniziò a sputacchiare mentre si puliva il muso con le maniche della felpa  emettendo gemiti e conati.
Scavalcò quel cavolo di muretto e tornò sulla strada guardando l’amico ancora steso per terra che cercava di mettersi a sedere a fatica.
-Ma che cazzo ti salta in testa?!- strepitò ancora incredulo. -Stronzo e idiota! Mi hai… oddio!- tanto gli faceva schifo che al solo pensiero ricominciò automaticamente a strofinarsi la felpa sulla bocca e a sputacchiare.
  
 
 
 
 
 
 
 
Ciao!!!!!
Ecco il nuovo capitolo! Visto Kla, avevi ragione, mi mancava Takichan mio! Il mio amore, la mia musa! L’ultima parte mi è venuta in un lampo di genio XD! (Se per te questo è geniale…<.< ndkai e takao incazzati neri) MA IO VI ADOROOO!!!!!!
Mamma mia kaiuccio è troppo dolce cmq, per takao farebbe questo e altro penso (anche prostituirsi immagino! è sempre pronto a sacrificarsi e lo fa con piacere! XDndboris che se la sta ridendo come a ché) (si si, ridi pure amore mio, che nel prossimo ti prendo di mira!nd me) (O.o o no!ndboris)
Che altro dirvi? Come vi è parso?
Cmq se ci sono errori strani ditemelo che sono precisamente le 3 e 40 di notte in questo momento quindi immaginate come sto XD! Mezza rincoglionita! Mi’, oggi ho pure fatto la guida con mio padre e non ho bruciato la frizione, l’ho data alle fiamme XD! Evvviva! Quindi sono stanca e pazza, e anche alquanto gasata!
Vabbé, non divaghiamo ehm ehm….
Nel prossimo se riesco mi do alla pazza gioia e violento boris (O.O comecomecome?!ndboris) ehm… cof cof… avete sentito qualcosa? Io no…. Scherzo… se riesco….. cercherò di fare al più presto.
AAAA!!!! Altra cosa! L’alimentatore di sto minkia di pc si è rotto di nuovo, non faceva più contatto, e praticamente ero così incazzata e nervosa che stamattina mi sono accorta che mi stavo grattugiando i senti mentre mi svegliavo. Sono andata per l’ennesima volta al negozio e manco ho messo piede lì dentro che mi hanno subito salutata “ah la ragazza dell’alimentatore!”. Oddio io mi dispero e quelli sono felici di vedermi.
Poi arriva l’altro ragazzo che lavora là e mi saluta “ah, la ragazza del Toshiba” (il mio pc per la cronaca -.- che ha avuto anche lui i suoi problemi) XD oddio mi hanno cambiato l’alimentatore e mi hanno detto “ci rivediamo a settembre!” tutti felici e contenti! Nooooooooooo!!!!!!!!! Me lo fanno apposta!!!!!!!! 
Io mi esaurisco, parlo col computer, lo minaccio e quelli quando mi vedono spuntate lì son felici! XD minkia gente mi sto esaurendo!
Cmq un bacio a tutti dalla mia vita super esaurita e schizzata! Ciaooooooooooooooo!!!!!!!!!!!
 
 
Ps: carino il titolo, vero? ^^

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Capitolo 5
*** Wo bist du ***


6 aoi
Solito titolo messo a caso (s=zz :D)! “dove sei” dei rammstein, che a me piacciono tanto! (forse perché sono sei bei ragazzoni tedeschi?ndkai<.<)(fatti i casi tuoi!)
A parte questo non so cosa ne sia venuto fuori, ero partita con un’idea e sono arrivata ad un’altra.
Vabbè non mi soffermo molto (anche perché c’è kla dall’altra parte che aspetta), buona lettura, buone vacanze un bacione a tutti, ciaooooooo!!!!!!!!!!!!!

5. Wo bist du
 
Eh sì, per amicizia si è disposti a fare qualsiasi cosa. Farsi prendere a pugni, farsi sfottere, saltare giorni di scuola, baciare il proprio migliore amico, farsi passare per gay…. Cosette così, niente di che!
E guardandosi allo specchio il labbro ancora un po’ gonfio dopo una settimana, poté affermare con assoluta fermezza che ne valeva la pena.
Di scatto distolse lo sguardo e starnutì così forte che per poco non scivolò sul tappetino. Tirò su col naso un po’ rintontito e si affrettò ad asciugarsi, stava congelando dopo l’ennesima doccia fredda. 
Yuriy bussò alla porta e la aprì leggermente.
-Tutto bene?- gli chiese da dietro lo spiraglio della porta. –Sono le cinque e mezza, che fai?-
-Vado da Takao….-
Yuriy lo guardò un po’ rintontito senza riuscire a capire l’amico, e non perché si era appena alzato e preso dal sonno. Ogni tanto Kai si alzava alle cinque e si faceva due ore di treno per andare a trovare Takao, cosa decisamente inconcepibile per lui. Non che volesse dare ragione a Boris, ma l’attaccamento di Kai era alquanto ambiguo per lui. Per non parlare delle volte che si alzava in piena notte e si buttava sotto la doccia, ecco quello lo incuriosiva più di ogni altra cosa.
-Mi dici una cosa Kai?- chiese dopo un po’ Yuriy.
Kai lo guardò infastidito mentre si vestiva.
-Una semplice curiosità…- continuò il rosso senza riuscire più a trattenersi. –Quei sogni che fai da qualche mese a questa parte, per caso hanno un soggetto ben preciso? Voglio dire, se continui con tanta audacia ad insistere con queste docce fredde in piena notte, mi viene da pensare che è qualcuno che conosci che viene a trovarti nei tuoi sogni….-
Kai lo guardò con aria altezzosa e uscì dal bagno per vestirsi.
-Da quando così loquace, Yuriy?- lo rimbeccò acido mentre si infilava il maglione.
-Ah ah! Si abbiamo capito, mi faccio gli affari miei.- rispose Yuriy buttandosi sul letto.
Kai si mise le scarpe e il giubbotto ed uscì dalla stanza.
Anche se avesse voluto, come faceva a dirgli che il soggetto dei suoi sogni scandalosi era la persona che lui tanto odiava? Avrebbe rimesso il muso e l’avrebbe avvertito di starle alla larga, che dopo tutto era un gran bel consiglio!
Stare alla larga da Ari, come se poi Ari ci fosse in giro! Erano cinque giorni che non si faceva vedere, e guarda caso in questi cinque giorni Yuriy aveva un umore decisamente migliore. Scherzava con Boris, non guardava più in cagnesco nessuno (anche se lui asseriva di non averlo mai fatto), il suo livello di acidità era indiscutibilmente calato a livelli storici, e si prendeva pure certe confidenze con lui fino a chiedergli chi cavolo si sognava la notte.
Ma non erano per niente affari suoi! Cose da matti!
Che cosa doveva dire poi? Che da quando erano tornati dalla Grecia non faceva altro che sognarsi una copia decisamente più sensuale, garbata e… inesistente di Ari? Non aveva assolutamente senso per lui.
Sospirò e una nuvoletta di vapore uscì dalla sua bocca mentre attraversava la stazione fredda e vuota, in attesa del treno. Non c’era anima viva, se non qualche cane randagio, e l’alba sembrava ancora lontana.
Comunque, Ari a parte, doveva andare da Takao e fargli capire che non era gay, ne innamorato di lui. Chissà che cosa era passato per la testolina bacata e ingenua di Takao in quei giorni! Magari si sarebbe rifiutato di parlargli, o aveva organizzato un comitato per non discriminare gli omosessuali. In effetti le possibilità erano svariare se si considerava l’imprevedibilità di Takao, o meglio dei suoi ragionamenti lasciati a ribollire per giorni senza che qualcuno gli spiegasse tutto.
Era decisamente pericoloso, non avrebbe dovuto far passare tutto questo tempo prima di illuminarlo spiegandogli che l’aveva fatto per lui, il suo migliore amico, per levarsi di dosso una volta per tutte la cara Hilary. Dopo tutto questo era il metodo più “soft” per “spezzarle in cuore”, o c’era di meglio?     
Beh, sul momento gli era venuto quello in mente, quindi Takao si doveva accontentare!
Non solo aveva dovuto baciarlo, e la cosa era disgustosa di per sé, adesso doveva pure fare finta di essere dell’altra sponda.
Durante il viaggio si assopì qualche minuto e quando arrivò era nell’ora di punta. La stazione era piena di gente che andava e veniva.
Potevano essere le otto quando arrivò davanti la scuola di Takao e si appostò all’angolo dove di solito passava sempre correndo perché si alzava tardi.
Dopo cinque minuti vide arrivare Hilary e Takao che confabulavano tra di loro senza prestare attenzione. 
-Takao devi chiarire subito con lui!-
-Cosa dovrei chiarire? Io non ho niente da dirgli!-
-Non puoi comportarti da immaturo, è il tuo migliore amico, non puoi fargli questo!-
-I migliori amici non ti saltano addosso e ti baciano!-
Erano così intenti a parlottare senza farsi sentire da nessuno, che passarono dritti senza vedere il soggetto dei loro discorsi.
-Takao…- lo chiamò seccato Kai in modo trascinato quando passarono dritti davanti a lui.
Takao si irrigidì d’un botto e Hilary si voltò sorpresa.
Kai si staccò dal muro al quale era appoggiato e si mise le mani in tasca.
-Cammina.- gli ordinò con un tono che non ammetteva repliche, incamminandosi dalla parte opposta alla loro. Poi si fermò e si voltò a guardarlo.
Non si era mosso da dove stava, e questo gli diede sui nervi.
Hilary percependo immediatamente il crescente disappunto e l’irritazione di Kai iniziò a punzecchiare Takao con il gomito per dargli una smossa.
-Che c’è Hilary?- le chiese. 
Takao si voltò, per quanto riluttante, e fece finta di essersi accorto solo in quel momento della presenza di Kai.
-Oh ma guarda, ciao Kai! Ahah, bella giornata vero?!-
Manco a farlo apposta, un tuono scosse il cielo proprio in quel momento.
Hilary si trovò in imbarazzo per lui e per quel silenzio che Kai non provò manco a rompere. Fissava Takao dall’alto come non faceva da anni.
-Vieni con me!- disse imperioso voltandosi ed andandosene.
-Beh, io veramente avrei il compito in classe, non posso mancare!-
-Andiamo!- lo freddò Kai facendo tremare pure Hilary.
-Ok, andiamo!- fece Takao con una strana sicurezza. Infatti prese il braccio di Hilary e la trascinò con se.
-Solo noi due.- precisò Kai senza voltarsi.
Hilary puntò i piedi a terra ma Takao non ne voleva sapere di mollarla.
-Vai Takao, ma di cosa ti spaventi? È Kai!-
-Lo so, appunto porto anche te, non si sa mai! Aaaaaaa…-
Kai lo afferrò per il maglione e lo trascinò via quasi in lacrime, lontano da Hilary che lo salutava con la mano con un sorriso tirato stampato in faccia.
Dopo una ventina di metri, dato che gli strepiti di Takao stavano attirando l’attenzione di troppa gente, lo mollò malamente e lo guardò truce.  
Camminarono senza scambiare una parola fino al parco. Takao gli stava dietro cercando di mantenere il passo, finché non gli venne la felice idea di interrompere quel silenzio pensando che così la cosa sarebbe stata meno imbarazzante, ma si sbagliava di grosso.
-Senti Kai, tu sei il mio migliore amico, e…- si gratto nervosamente il capo. Neanche quella volta che era finito nel bagno delle femmine in terza elementare era stato tanto imbarazzato. Kai per di più gli lanciava delle occhiate glaciali…   
-Non ho nulla contro di voi, cioè di te, non che ci sia qualcosa di male eh….- farfugliava come un idiota e guardava fisso a terra. –Se tu sei così non è colpa tua ne di nessuno…-
Gli dava le spalle, eppure lo fece tremare come una foglia con un sospiro che sembrava quasi un ringhio.
-Ma io e… tu sei mio amico, io lo accetto, tutti siamo diversi no?-
Kai si fermò e si voltò, e per poco Takao non gli andò a sbattere contro, e si ritrasse come se avesse paura di toccarlo. Era troppa la premura di stargli alla larga per lasciarsi sorprendere. Era un fascio di nervi.
Kai gli stava proprio di fronte e continuava a guardarlo dall’alto e si sentì schiacciare. Era decisamente minaccioso con quel suo cipiglio che non gli vedeva praticamente da quando si erano conosciuti.
-Siamo diversi e ci piacciono cose diverse!- continuò timoroso facendosi sempre più piccolo. –A me piacciono le tette e a te piacciono altre cose che a me ovviamente non piacciono perché siamo diversi! Eheh l’ho già detto che siamo diversi, vero?-
Kai alzò un sopracciglio in quella che doveva essere un’espressione disgustata, ma che Takao, troppo intento a farneticare, non notò.
D’un tratto si chinò verso di lui. Takao fece un salto in dietro di quattro metri terrorizzato e per poco non cacciò un urlo. Kai scoppiare a ridere come non faceva da quella volta che aveva preso in giro Ari.
-Che cavolo ci ridi?!- biascicò Takao che sembrava pronto per darsela a gambe.
-Ma allora sei veramente scemo!- disse Kai continuando a ridacchiare. –Dovresti vedere la faccia che hai fatto! Sei saltato come un petardo!-
Kai stava ridendo di lui? –E vuoi darmi torto? Volevi baciarmi di nuovo!-
Kai scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. –Ma ti pare che ho tutta questa voglia di baciarti, idiota!-
-Beh, l’ultima volta mi è parso di si!- strepitò indispettito.
Kai non gli diede risposta e si andò a sedere con tutta calma su una panca.
-Vieni, e non ti preoccupare, l’unica differenza tra i miei gusti e i tuoi è che i miei sono molto più fini!- gli disse.
Takao ancora titubante si avvicinò a lui. Non aveva capito quello che aveva detto, però il senso l’aveva afferrato lo stesso.
Si sedette sul bordo della panchina lanciando di sottecchi occhiate guardinghe a Kai, come a studiarlo, per capire se fosse prudente o no avvicinarsi.
-Takao!- disse stufo Kai. –Non sono gay e non sono innamorato di te!-
Con Takao era sempre meglio essere chiari e concisi, il piccolo rischiava di pensarci per mesi prima di arrivarci… forse.
Infatti tirò un sospiro di sollievo che per poco non fece volare la vecchietta che proprio in quel momento stava passando là davanti.
-Meno male amico! Mi hai fatto prendere un colpo!- disse rilassandosi tutto d’un botto e afflosciandosi sulla panchina, visto che fino al momento prima stava seduto così dritto che sembrava aver ingoiato un manico di scopa.
-Non che poi ci sarebbe stato qualche problema se tu fossi stato in quella maniera là, ma sono contento di sapere che non lo sei!- si apprestò a chiarire.
Kai scosse la testa e incrociò le braccia. –E te l’ho pure dovuto dire!- disse sconcertato.
-Ma mi hai infilato la lingua in bocca!- gli fece presente. –E vorrei sapere perché cavolo l’hai fatto! È disgustoso!-
-Lo so benissimo che è disgustoso, sai ero presente! Perché non provi a pensarci, lo so che non sei allenato a farlo, ma almeno tenta!-
Si, quando stava con Takao la sua media di parole al giorno si alzava incredibilmente, e non si risparmiava di certo solo perché era lui, anzi lo punzecchiava ancora di più con battutine acide, tanto lui non ci faceva caso.
Infatti Takao non sembrava offeso da quel commento, e aggrottò la fronte cercando di trovare una ragione valida per quello che aveva fatto Kai, ma che cavolo di motivo aveva avuto per baciarlo?! Già solo a pensarci gli faceva schifo, era stato tre giorni chiuso in bagno a lavarsi i denti!
-Come l’ha presa Hilary?- gli chiese.
Takao si strinse nelle spalle. –Inizialmente non molto bene, pensa che si è pure dimenticata che saltavo le pulizie della classe, ma poi ha visto che quello che stava peggio ero io….-
Si voltò verso l’amico guardandolo con tanto d’occhi con un’espressione da beota di quelle che capitano poche volte della vita. Takao era stato illuminato dall’alto, ci era arrivato da solo. Kai sorrise soddisfatto.
-L’hai fatto… tu mi hai baciato per…-
-Si, avevi una faccia da funerale che neanche immagini!-
-Chi io?- gli chiese stupidamente Takao facendo il finto tonto e iniziando a diventare rosso.
Kai guardò scocciato i rami spogli dell’albero di fronte a loro. Takao non avrebbe ammesso neanche a se stesso che era cotto di Hilary.
Il rumore di un bidone che cade attirò la loro attenzione, e con sorpresa videro Ari prendere a calci il cestino dell’immondizia accanto a loro. Lo scavalcò infastidita e se ne andò dalla parte opposta alla loro barcollando, come se non li avesse visti.
Kai e Takao si scambiarono uno sguardo allibito.
Che cavolo ci faceva Ari da quelle parti? Si alzarono in fretta e la raggiunsero.
-Ari, che ci fai qui?- le chiese Takao guardandola perplesso.
Lei si fermò, si voltò lentamente e lo scrutò come se non riuscisse bene a vederlo. Era bianca bianca, due segni blu sotto gli occhi rossi come se non dormisse da giorni. Non rispose, disse una parola, ne sembrò sorpresa di vederlo. Rimase semplicemente impassibile.
-Tutto bene?- chiese titubante.
Kai sentì le budella contorcersi nel vederla così. Aveva gli occhi spenti e sembrava respirare appena per quanto era sciupata e debole.
Per un attimo sembrò ondeggiare pericolosamente all’indietro, tanto che entrambi stavano per afferrarla, ma lei si voltò e continuò per la sua strada come se nulla fosse.
-Che ci fa qua, Kai?- gli chiese Takao guardandola fare qualche passo incerto verso il lato del vialetto.
-Non lo so, è da cinque giorni che non si fa vedere!- gli spiegò Kai.
Con due passi la raggiunsero e la seguirono, ma lei niente. Aveva questi due ragazzi che sembravano bodyguard uno a destra e l’altro a sinistra che la fissavano increduli, e lei non ci fece minimamente.
Continuarono a chiamarla e a farle domande, ma niente continuava ad ignorarli. Passo dopo passo, sempre un po’ malfermo, iniziò a battere verso sinistra, verso il lato della strada.
-Allora Ari, ma che ti prende?- le chiese per l’ennesima volta Takao.
Alla prima panchina che si trovò davanti, Ari non ci si sedette come una persona normale avrebbe fatto, ma praticamente ci si coricò tutta rannicchiata tenendosi stretta stretta la pancia. Tirò su il cappuccio della felpa e con cipiglio burbero finalmente aprì bocca.
-Non rompere….-
 
 
   
 
Per essere la prima volta che la vedeva dopo tanto tempo, sarebbe stato inutile chiederle come stava, purtroppo. Era pallidissima, e le labbra erano secche e spaccate per il freddo. I jeans era logori e sporchi di terra e di sangue sulle ginocchia. Continuava a dormire da quando Kai l’avevano portata a casa di Takao. Niente, nessun segno, nessuna reazione. Eppure non era morta, come le aveva fatto notare gentilmente Daichi dopo aver appoggiato l’orecchio sul petto per sentire il battito del cuore.
-Quando uno muore non batte più, quindi dorme!-
-Grazie per la delucidazione Daichi!- disse aspro Takao prendendolo per la maglia e trascinandoselo fuori. –Andiamo, non possiamo stare qui dentro mentre la spoglia!-
Kai, che la guardava dall’alto come un falco con un cipiglio serio e preoccupato, fece scivolare le braccia lungo i fianchi ed uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Ancora non poteva crederci, Kai era… a Kai piacevano i ragazzi, o meglio Takao. E pensare che le altre si lamentavano perché i ragazzi si innamoravano delle loro migliori amiche. Almeno per loro c’era qualche speranza, per lei no, ma proprio per niente!
Sospirò rassegnata ripensando al bacio praticamente mozzafiato che aveva dato proprio al suo migliore amico, perché sì, era stato mozzafiato, praticamente da film. Lui era bellissimo, l’aveva preso e l’aveva baciato senza indugio. Peccato per il soggetto che si era scelto!
Ma adesso aveva qualcosa di più urgente a cui pensare. Ari era stesa sul letto di Takao e non muoveva un muscolo.
Iniziò a toglierle il giubbotto. Almeno le avrebbe messo il pigiama, e se non si fosse svegliata per l’ora di cena, beh… avrebbero chiamato il dottore.
Le faceva una gran pena a vederla così. Non riusciva a capire perché si trattasse male in quel modo. Kai le aveva detto che non si erano preoccupati a scuola perché non era la prima volta che spariva per qualche giorno, ma non riusciva a spiegarsi come facessero a starle accanto con quella totale indifferenza. Le accarezzò la fronte, fredda.
Prese i pantaloni del pigiama e, dopo aver buttato di lato i vecchi jeans, glieli mise. Anche se erano di Takao gli andavano bene ugualmente. Oltre le vecchie cicatrici sulle gambe, aveva le ginocchia completamente sbucciate. Prese l’acqua ossigenata e le pulì come meglio potè.
Iniziò a sbottonarle la camicia stropicciata. Era più magra di quando l’aveva conosciuta, e di certo non era una bella cosa. Le dava come l’impressione che non ne volesse più sapere di vivere.
Le sue mani si bloccarono e sgranò gli occhi. Richiuse di scatto la camicia e si alzò restando ferma sul posto senza sapere cosa fare. Hitoshi non c’era, era partito proprio il giorno prima, e nonno Jey l’aveva visto uscire per fare la spesa quando era arrivata.
Uscì dalla stanza. Takao era per le scale che sembrava litigare con Daichi facendo chiasso, mentre Kai era rimasto proprio lì di fronte.
-Potresti venire un attimo per favore?-
Richiusero la porta e Hilary si chinò di nuovo accanto ad Ari. A chi altri poteva chiedere? Lui era più grande, lui avrebbe sicuramente saputo cosa fare.
Sollevò la camicia sull’addome e anche Kai rimase impressionato, si chinò subito accanto ad Hilary.
Un livido violaceo, forse tanti, ma non si distinguevano per quanti erano, coprivano tutta la pancia e il fianco destro, lasciando ben poche piccole chiazze bianche.
La sfiorò con la mano. Effettivamente quando si era lasciata scivolare su quella panchina si era tenuta stretta la mano sullo stomaco, ma mai a pensare che fosse combinata così male.
-Vai a prendere il telefono Hilary…-
Lei si alzò di scatto e corse fuori.
Kai percorse la stanza con lo sguardo. Prese il giubbotto e frugò nelle tasche, finche non trovò una boccetta vuota. Xilitio, lesse l’etichetta. Era un sonnifero, ma niente di preoccupante… sempre se non era piena prima che Ari la prendesse!
La guardò nuovamente. Continuava a dormire nonostante l’avesse presa di peso e portata lì.
Sicuramente si era presa un’abbondante dose per non avvertire più il dolore all’addome, ma il viso corrucciavo gli fece capire che, nonostante il sonno, la tormentava lo stesso.
Hilary tornò col telefono. Lo prese e compose il numero sperando di trovarlo.
-Boris, dove sei?-
Dall’altra parte Boris si dondolò sulla sedia con fare molto lavativo.
-Ciao anche a te Kai. Si, tutto bene, è stata una bellissima giornata di scuola ricca di lezioni emozionanti!-
-Smettila di fare il cretino! Dimmi dove sei!- gli disse sempre più irritato da quella perdita di tempo. Possibile che per parlare con qualcuno dovesse prima passare da lui?
-Perché? Mi stai spiando nascosto in qualche angolo? Ti prego di non farmi diventare una delle tue depravazioni gaie, non mi entusiasma affatto!-
-Dove cazzo sei!-
-Sei sicuro di volerlo sapere!?- chi chiese per sfotterlo.
Dall’altra parte della cornetta Kai ringhiò e Hilary si ritrasse spaventata.
-Sono fuori dalla sala studio… oh ma guarda chi c’è, Yuya!- Kai si passò una mano sulla faccia sperando che stesse scherzando e che non facesse quello che stava per fare.
-Adesso te lo passo, mi raccomando non fate cose zozze con il mio telefono!-
-Noooo!-
-Ehi Kai!-
-Ciao Yuya!- salutò cambiando tutto d’un botto il tono da minaccioso a gentile quando sentì la voce del ragazzino al telefono. Hilary lo guardò senza capire quel cambiamento.
-Come va? Come mai non ci sei oggi?- gli chiese e sotto fondo sentì la voce di Boris dire che era andato dal suo altro fidanzato Takao.
-Bene, bene!- tagliò corto Kai. -Per caso lì attorno c’è Claire?- gli chiese.
-E chi è Claire?- gli chiese sorpreso.
Kai sospirò imponendosi la calma. Certo che se avesse detto a Boris che si trattava di Ari si sarebbe stato zitto e muto e avrebbe fatto quello che gli chiedeva invece di fargli perdere tempo.
-È una ragazza straniera, francese, bionda. È la cugina di Ari…-
-Ari?-
-La Mayer, Yuya! Ti ricordi, quella che ha picchiato la Sumisu, che ha risposto male alla Bulstrode, che ha steso il capitano della squadra di calcio….-
-Perché, ha una cugina?-
Con questo Kai fu seriamente tentato di lanciare il telefono contro il muro, ma si trattenne. Yuya era pur sempre Yuya, non poteva pretendere troppo.
-C’è per caso qualcuno che non sia Boris là attorno? Che so, Yuriy, Sergey…-
-No, sono rimasti in sala studio….-
-E passameli!- oramai si sentiva che stava incazzato, nonostante si costringesse con quel tono gentile.
Dopo qualche attimo di silenzio sentì di nuovo la voce di Yuya che lo salutava molto, molto calorosamente, tanto che gli fu strappato il telefono dalle mani perché sembrava per nulla intenzionato a passarlo.
-Pronto Kai…-
-Grazie al cielo, Yuriy!- disse Kai sollevato di sentire la voce di una persona competente.
-Oh, ma chi si sente, Kai! Sei ancora là a Tokio da Takaochan?-
-Fai meno lo spiritoso Ivanov, o ti faccio passare il buon umore in un lampo! Devo parlare con Claire!-
-Va bene…-
-Pronto?-
Kai aggrottò la fronte. Claire era là vicino e quel rincoglionito di Yuya non gliela aveva passata… eppure era l’unica bionda in tutta la scuola!
-Claire sono Kai, ho trovato tua cugina, è combinata male…-
-Non ti impressionare, avrà fatto a pugni con qualche teppista...-
-Clai…-   
-Non fa altro che cercare risse. Sai quante volte mia madre ha dovuto ricevere telefonate dalla stazione di polizia perché l’avevano buttata dentro….-
-Chiudi quella bocca e rispondi solo alle mie domane…-
-Ma come ti permetti di parlarmi così!? Con chi credi di avere a che fare!?- strepitò così forte che Kai dovette allontanare la cornetta dall’orecchio e pure Hilary la sentì.
-Scostumato punkettaro, mi sembra di non averti mai dato tutta questa confidenza! Se vuoi continuare a parlare con me, come minimo devi chiedermi scusa!-  
Kai digrignò i denti. Il suo dito era sul tasto rosso pronto a schiacciare, ma guardò Ari stesa sul letto che non dava segni di volersi svegliare.
-Scusami tanto, principessa del cazzo!- disse senza riuscire a trattenersi. –Se ti fossi stata un po’ zitta sapresti certamente che la tua tanto amata cugina si è ingoiata mezza boccetta di Xilitio, e che è da due ore che dorme. Sapresti che ha un ematoma spaventoso sull’addome, che potrebbe essere provocato da qualunque cosa, e se è come dici tu, che si è ammazzata con qualche teppista, allora siamo fortunati!-
-Potevi dirlo prima?- fece la sostenuta, non volva farsi zittire da quel tipo strambo.
-Dimmi in che dosi può prendere questo Xilitio, e se prende altre medicine, di che tipo sono…-
-Non lo so, ma prende più che altro tranquillanti e lo Xilitio perché a volte non riesce a dormire…-
Kai si sedette accanto ad Ari e le controllò il battito al polso.
-Sei sicura che non ci sia altro? Vasodilatatori… cose del genere…-
-E che ne so? Sei mica un medico? Chiama qualcuno di competente, non mi pare che tu lo sia!-
Kai preferì sorvolare sul suo commento.
-Ho bisogno di sapere cosa dice il foglio illustrativo di questo medicinale intanto, devo sapere in che dosi è pericoloso….-
-Adesso?-
-No, quando sarà molta avvelenata magari! Anzi, sai che facciamo, chiudiamo e ci sentiamo quando è già tre metri sotto terra!-
Hilary lo guardò male per la prima volta in vista sua per la battutaccia veramente di pessimo gusto, visto che era preoccupatissima.
Claire dall’altro capo del telefono sbuffò. -Scusate, ma i doveri di famiglia si fanno sentire un po’ troppo spesso da quando c’è mia cugina….-
Lo lasciò in linea senza dire più niente.
Kai sospirò e abbassò la cornetta sulle gambe. Accarezzò la guancia della ragazza scostandole una ciocca di capelli scuri e crespi, così diversi da quelli ricci e profumati che aveva accarezzato in Grecia.
-Kai, non morirà avvelenata come hai detto, vero? Scherzavi?-
Kai trasalì e guardò Hilary che si tormentava nervosamente le unghie.
Come cavolo gli era venuto in mente una cosa del genere? Quando mai poi aveva accarezzato i suoi capelli!
Automaticamente, come a volerlo contraddire di proposito, un ricordo gli ornò vivido alla mente, un ricordo che lo fece arrossire involontariamente. Conosceva il profumo dei suoi capelli, ci aveva dormito accanto. Conosceva al tatto i ricci morbidi, e se per questo conosceva anche il sapore delle sue labbra, il calore della sua bocca. Aveva rimosso il bacio che le aveva dato quella notte, e adesso qualcosa dentro di lui sperava che si ripetesse ancora, di nuovo quella notte.
-No, no Hilary scherzavo… non preoccuparti…- 
Le sorrise per rassicurarla, ma si sentiva decisamente male. Quei pensieri erano decisamente meschini. Ari stava male e non poteva pensare a certe cose.
Rialzò a cornetta e la riportò all’orecchio.
-Allora?... Claire!-
-Un momento, per favore!- stette un altro poco poi finalmente trovò il foglio. –Ecco, dosaggi.... dose per persona…. Senti signor punk, non pensi che sia meglio chiamare un medico vero e non uno improvvisato?-
-Allora, vuoi dirmi queste dosi?-
Claire sospirò e lesse.
-Le contro indicazioni?- le chiese alla fine Kai.
-Dice di contattare un medico….-
-Quanto dura l’effetto, c’è scritto?-
-Quattro ore…-
-Ok, ciao!-
Le chiuse il telefono in faccia. Almeno questa soddisfazione!
-Allora…- gli chiese Hilary.
-Andate a chiamare un medico intanto.-
Hilary annuì ed uscì dalla stanza lasciandolo solo.
Kai tornò a guardare Ari, e gli occhi gli caddero automaticamente sui lividi violacei sull’addome.
-Perché ti fai questo Ari, adesso che sei libera…-
Hilary e Takao avevano ragione, Ari era venuta fin lì e l’avevano abbandonata, lui l’aveva abbandonata. Invece di starle accanto per riparare al suo errore, aveva preferito nascondersi come un vigliacco.
Decise di metterle il resto del pigiama e le tolse la camicia. La pelle era bianchissima e sulle braccia spuntava qualche livido, qualche cicatrice. La cicatrice, la sua firma, era rimasta coperta da una garza bianca. Il petto era scarno.
Non si era mai curato se mangiava, anzi non l’aveva mai vista alla mensa.  
Lei si mosse, voltò il capo verso di lui e il viso si contorse in un’espressione di dolore. 
La sollevò e le mise la maglia. Si coricò e si mise su un fianco da sola rannicchiandosi. Era un buon segno.
Le prese la mano e la strinse forte nella sua. 
-Mi dispiace. Mi dispiace veramente.-
Le scostò i capelli dal volto e le diede un bacio sulla fronte.
-Ti prometto che mi farò perdonare….-
Sapeva che avrebbe onorato la sua promessa, ad ogni costo, ma non sapeva che proprio questa gli avrebbe cambiato la vita.


 

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Capitolo 6
*** Un mese, una settimana, cinque giorni ***


7 aoi
6. Un mese, una settimana, cinque giorni
 
Ayumi era emozionatissima, mancava solo qualche settimana al suo compleanno, e non vedeva l’ora di festeggiarlo insieme ai suoi amici. Tanto era felice che camminava verso la mensa saltellando. La codina alta ondeggiava a destra e a sinistra e dietro di lei, cercando di starle dietro, c’era il suo compagno di classe stranamente di pessimo umore.
-Sai Yuya, non vedo l’ora di invitare una persona… tu sai chi è?-
-No Ayumi….- le rispose continuando a tenere il muso.
-Come non lo sai?- gli chiese sorpresa. –Dai Yuya che lo sai bene, non faccio altro che parlarti di lui!-
Yuya sbuffò e entrò in mensa senza più darle confidenza, ma tanto lei già era partita, sì per il mondo dei sogni. Per fortuna che non era in classe con lui, altrimenti non sarebbe riuscita più a seguire neanche una lezione. Ogni volta che lo vedeva tutto il resto intorno spariva in una nebbiolina color pesca e restava solo lui. Le gambe si mossero da sole e il sorriso, sempre presente sulle sue labbra, ci accese ancora di più e gli occhi vivaci brillarono.
Sapeva di non essere carina come ragazza, che era cicciottella e un po’ goffa, e che sicuramente lui non la guardava nemmeno, ma non poteva fare a meno di stargli vicino e sorridergli e fargli capire quanto gli volesse bene.
Senza timore si fermò accanto a lui e si irrigidì per l’emozione.
-Ciao Sergey…- disse con aria sognante.
-‘Ayumi!- la salutò lui lanciandole una veloce occhiata.
Lei arrossì senza smettere di guardarlo. Lui era incredibilmente altro e lei stava sempre col naso all’insù pur di non staccargli gli occhi di dosso. Non aveva quel pudore che avevano le altre ragazzine di nascondere i loro sentimenti per paura di essere prese in giro, non lo conosceva, li dimostrava e basta, semplicemente senza pensarci più di due volte.
-E che stai facendo?-
-Prendo il pranzo.- disse lui servendosi un piatto.
Erano in fila al banco, e lei non se ne era ancora accorta.
-Veramente? Che bella cosa! Adesso lo prendo anche io!- fece qualche passo indietro ma andò a sbattere contro un ragazzino del secondo anno.
-Oh scusa….-
Prese il vassoio di corsa senza guardare dove andava ne prestando attenzione a ciò che prendeva. Continuava a guardare verso il bancone della mensa come se avesse paura che se lo avesse perso di vista Sergey sarebbe scomparso, cosa decisamente difficile, vista la stazza.
Tornò a stargli accanto senza badare alla fila e alle lamentele dei ragazzi che aveva superato e gli sorrise.
-Sergey, suoi venire al mio compleanno? Lo festeggio da mio nonno….-
Lui la guardò. Il viso paffuto e sorridente, gli occhi castani che lo guardavano con dolcezza e speranza. Era piccolina, sembrava una bambina, o forse era lui che era alto….
Le sorrise mestamente e annuì. –Certo.-
Quel poco bastò per mandare Ayumi in orbita per la felicità. Agitò i pugni senza riuscire più a trattenersi e, prendendolo alla sprovvista, lo abbracciò passandogli le braccia attorno alla vita e stringendolo forte.
-Oh, grazie Sergey!-
Sergey arrossì leggermente imbarazzato cercando di non farci caso, mentre i ragazzi dietro, che conoscevano Ayumi oramai da tempo, sbuffarono scocciati sapendo che per strapazzarselo avrebbe bloccato la fila per almeno dieci minuti abbondanti.
Boris si stiracchiò dondolandosi sulla sedia e sghignazzò guardando i due dall’altra parte della mensa.
-C’è amore nell’aria! Sarà perché si sta avvicinando la primavera?- disse sprezzante tornando a rivolgersi a Yuriy e Kai. –Se non liberiamo quel poverino la tenera Ayumi non ne lascerà neanche un pezzettino! Forse è per questo che è così… abbondante!-
Yuriy grugnì e scomparve dietro la grande tazza di caffè, senza degnarlo di uno sguardo. Evidentemente gli era bastato vedere Ari quella mattina alla prima ora per riportare il suo umore alle origini, e Kai lo sapeva e gli fece un po’ piacere. Erano “amici”, ma molto taglienti e dispettosi tra di loro.
-Ma guarda chi sta arrivando! Yuya caro, accomodati!- fece Boris non appena notò il ragazzino avvicinarsi. Spostò la sedia accanto a lui battendo delicatamente la mano sul sedile in segno di accomodarsi.
-Come mai questo broncio oggi?- gli chiese mentre Yuya gettava la cartella a terra e si sedeva di malavoglia.
Kai bevve il suo succo pronto a sorbirsi la solita palla di Boris come ogni volta che andava a pranzo. A volte si chiedeva come facesse Yuya a non accorgersi che Boris lo sfotteva ogni volta che gli rivolgeva la parola. Era incredibile, possibile che fosse così ingenuo?
-Niente….- disse Yuya. Sembrava veramente di pessimo umore, teneva il muso e guardava storto tutti quelli che gli passavano attorno e, incredibile ma vero, non aveva salutato prima di tutto Kai con un gran sorriso e poi gli altri come faceva sempre.
-Non te la sarai presa perché Kaiuccio caro ieri è stato tutto il giorno da solo a casa di Takao, il campione del mondo in carica?- insinuò Boris senza riuscire a non sghignazzare, come un diavoletto sulla spalla del ragazzino che sembrò farsi sempre più nervoso. –Soli soletti, lui e… lui!- 
-Per tua norma in regola, eravamo io, lui e lei ieri! Sai Boris, ho dovuto passare tutta la notte lì a causa sua….- lo interruppe Kai insinuando qualcosa nelle sue parole, facendo ondeggiare il succo nel bicchiere. L’espressione di Boris si indurì, ma il ghigno rimase.
-Ah si! Peccato per te che non sei capace di approfittare delle situazioni che ti si offrono e che ti spuntano sotto il naso!- gli desse velenoso.
-Te ti fa sentire meglio essere convito di questo, meglio così!- gli rispose Kai con noncuranza.
Boris sbuffò e si voltò dall’altra parte, ma intanto aveva insinuato il dubbio dentro di lui, e questo non fece altro che piacere a Kai.
-Non capisco perché hai passato la notte fuori dalla scuola!- disse d’un tratto Yuya rivolgendosi a Kai, ma senza avere il coraggio di guardarlo. –Oltre al fatto che se ti beccano finisci nei guai, non c’era proprio il bisogno di farlo. Partivi prima o non andavi proprio! E poi vai sempre tu da questo Takao, mentre lui non è mai venuto! A quanto pare non ci tiene poi tanto a vederti, perché continui and andarci tu?-
Yuriy, Boris e Kai rimasero fissi a guardarlo con tanto d’occhi, troppo stupefatti per l’audacia che quel ragazzino, ora completamente rosso dalla punta dei capelli fino al collo della camicia, stava dimostrando “affrontando” Kai in una discussione.
-Proprio non lo capisco!- continuò tenendo le braccia incrociate strette e lo sguardo incollato al suo vassoio vuoto. –E quell’altra Mayer, dovrebbero buttarla fuori senza pensarci due volte! Se la tengono solo perché sua zia è ricca e ha fatto qualche compito di matematica che le è andato bene! Chissà da dove ha copiato! Avrà picchiato qualcuno per farselo fare!-
Oramai i tre avevano la bocca spalancata come degli idioti e la mascella gli arrivava a terra. Molte teste si voltarono incredule.
Yuya si mosse sempre più a disaggio. Mai nessuno si era permetto di discutere l’operato di Kai, ne tanto meno quello della Mayer così in pubblico. Quest’ultima cosa poteva essere rischiosa se non si stava attenti.
Yuya si alzò e prese malamente il vassoio sotto braccio.
-Si è liberata la fila, vado a prendermi il pranzo!- e detto questo si allontanò a grandi passi.
Boris si voltò verso Yuriy indicando senza riuscire a dire una parola il ragazzino. Yuriy annuì senza riuscire a levarsi dalla faccia quell’espressione sbalordita.
-Quella era… quella, quella…- non faceva che ripetere Boris voltandosi da Yuriy a Yuya.
-Quella era una scenata di gelosia….- completò per lui il rosso.
Si voltarono nello stesso istante verso Kai, seduto in mezzo come un povero scemo, più sconvolto di loro.
Scosse la testa meccanicamente e cancellò con non poca difficoltà la sorpresa stampata a caratteri cubitali sulla sua faccia.
-No… vi sbagliate…. È solo preoccupato per me… sapete come è fatto!- disse cercando di darsi un tono sicuro che non riuscì molto bene.
Boris scoppiò a ridere così forte che molti ragazzi, che erano tornati sui loro piatti per parlare dello strano comportamento di Yuya, si voltarono di nuovo verso il loro tavolo. Yuriy si nascose di nuovo dietro la tazza di caffè.
-Sì certo, si preoccupa se Takao arriva al traguardo prima di lui!- disse tra le risa Boris. Anche Yuriy scoppiò a ridere e gli schizzò il caffè dal naso.
Kai avrebbe voluto che il suo sguardo li incenerisse per davvero, tutti e due, ma si dovette accontentare ad incrociare le braccia al petto e ad arricciare il naso indignato per quel comportamento da idioti.
Al suono della campanella Kai scattò in piedi e si dileguò immediatamente.
Svogliatamente uscirono anche Yuriy, Boris e Sergey che si aggiunsero alla folla di ragazzi che si divideva per le varie aule.  
Si fermarono di fronte all’aula aspettando di entrare. Boris sospirò e si stiracchiò. Non aveva mai riso così tanto. In fondo con Kai ci si divertiva!
Qualcuno gli punzecchiò la spalla. Si voltò lentamente con uno sguardo minaccioso già pronto, ma fu il disappunto a comparire sulla sua faccia.
-Ma chi si vede!- disse a sfottò. –Ma guarda chi si è degnata di tornare tra noi, comuni mortal… Ahi!-
Ariel gli pestò il piede e lo fulminò con un’occhiata.
-Zitto!- gli intimò. Lanciò un’occhiata furtiva a Yuriy per essere sicura che non li avesse notati.
-Vieni….- gli disse facendogli cenno col capo.
Si voltò e si incamminò di fretta dalla parte opposta.
Boris fece un passo verso di lei ma si fermò. Yuriy non stava guardando, era distratto chissà da cosa… sospirò diviso se andare o no.
Alla fine si decise.
Con passò frettoloso e furtivo camminò raso al muro e la seguì.
Sergey gli diede una leggera gomitata. Era sulla porta, alzò lo sguardo su di lui. Con un cenno serioso gli indicò da una parte. Quello che Yuriy vide quando si girò bastò a pietrificarlo. 
 
 
 
 
 
Si richiuse la porta della stanza alle spalle, avendo l’accortezza di non farla sbattere, come se avesse paura che Yuriy potesse scoprirlo così.
-Che vuoi?- gli chiese agitato cercando di fare in fretta.
Ari gli dava le spalle. Lasciò scivolare i pantaloni fino a terra e se li sfilò con lentezza, come se fosse stanca dopo una lunga giornata di lavoro e non avesse neanche più le energie per riposarsi.
Boris sospirò spazientito e distolse lo sguardo. Non aveva alcuna intenzione di stare ai suoi giochi, e glielo avrebbe dimostrato una volta per tutte.
Lei si voltò e aprì un cassetto del comò. Con sorpresa di Boris, tirò fuori una bottiglia di vodka. La stappò e ne bevve un sorso veloce.
-Vuoi?-
-No.- fu la sua risposta secca.
Poggiò la bottiglia su comò senza fare una piega, e si pulì la bocca con il dorso della mano. Non aveva espressione il suo volto, a malapena lo guardava in faccia mentre si avvicinava a lui.
-Secondo te cosa voglio?-
Gli era vicina ora, gli era di fronte.
Lo afferrò per la cravatta e si impossessò delle sue labbra, ma Boris la scacciò con uno spintone.
-No, scordatelo!-
Ariel non sembrò sorpresa da questo rifiuto. Se lo aspettava, dopo tutto c’era di mezzo Yuriy.
-Che cosa?- una domanda che di innocente non aveva niente.
-Non ho alcuna intenzione di avere a che fare con te!-
-Ah, certo….- si fece avanti senza dare peso al suo diniego.
Accarezzò il petto lentamente. Boris era seccato dalla sua insistenza. Aveva promesso a Yuriy che con Ariel aveva chiuso, e non aveva intenzione di deluderlo.
Gli sbottonò i primi due bottoni della camicia e fece per baciargli quella piccola parte scoperta di collo, ma le afferrò saldamente il polso. Finalmente lei lo guardo in faccia infastidita da questa seconda difesa.
Non era intenzionato a cedere, ma non avrebbe resistito, doveva solo essere più persuasiva e ricordargli chi comandava tra i due.
-Che c’è Boris, qualche problema?- gli chiese minacciosa, non nascondendo il suo disappunto.
Boris cambiò la sua espressione severa e intransigente e le sorrise quasi a sfottò.
-Sì, Ariel. Se non te ne fossi accorta io ti ho detto di no, quindi non si fa niente!-
Per Ari fu come ricevere uno schiaffo.
Boris gli diede due buffetti sulla guancia e le sorrise.
-Ciao ciao Ariel Mayer!- le disse sorpreso lui stesso dalla tranquillità con cui stava affrontando la situazione. Girò sui tacchi e raggiunse la porta. Aveva dettato lui le regole, e lo capì perché si era fatta scura in volto e non aveva più insistito.
Abbassò la maniglia, già contento di questa sua vittoria, pronto a condividerla con il resto del mondo, ma si sbagliava.
-Non è così che funziona, lo sai!-
La mano rimase serrata intorno alla maniglia. Cosa voleva dire con quella frase?
Si voltò di scatto.
I suoi occhi non promettevano niente di buono. Erano diventati neri e lo guardava con la stessa ferocia di un predatore.
In un attimo annullò le distanze e lo spinse con forza inaudita contro la porta.
Ma fu la sua espressione furiosa a lasciarlo sgomento.
Si appiattì contro la porta quanto più poté. Lei gli stava così vicina che sentiva il suo seno strofinare contro il petto.
Boris cercò di scivolare di lato, ma Ari affondò con forza una ginocchiata tra le sue gambe facendo tremare la porta e lui.
-Non mi stupisce che tu ti faccia ancora comandare da Yuriy! Sei un debole.- disse velenosa, ma questa affermazione lo scosse e la spinse di lato per liberarsi.  
-Io non sono un debole, e Yuriy non mi comanda! Non hai mai capito niente!- la accusò indietreggiando nella stanza sempre più nervoso.
Lei avanzava verso di lui senza timore, come un diavolo presuntuoso. Era sempre stata brava a comandare. Era una cosa che lui adorava, quando voleva una cosa se la prendeva con la forza. E lui non era da meno.
Così era stato tra loro, cercavano violenza, da dare e da ricevere, un gioco di forze a chi si dimostrava più spietato e forte, a chi si faceva distruggere pezzo per pezzo.
Ma adesso no. Adesso era tutto diverso.
Lui era diverso. Lui cercava altro.
Ma adesso perché si sentiva attratto irrefrenabilmente da dolce sapore di sangue del passato? Perché non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, a non disprezzare il suo atteggiamento? Perché, dopo tutto, se era veramente così diverso come credeva, sentiva rinascere dentro di sé quell’animale spietato e sanguinario, desiderava che tornasse a comandare?
Lei non gli lasciava spazio. Ad ogni passo che arrancava lui - per allontanarsi da lei, per allontanarsi da quei pensieri perversi - Ari ne faceva un altro senza esitazione, finché Boris non inciampo contro il letto e vi cadde seduto.
Sulle sue labbra un ghignò. Si inginocchiò lentamente, davanti a lui.
Deglutì sempre più teso. No, decisamente quella non era una gran bella situazione per lui.
Ari appoggiò le mani sulle sue ginocchia e lui si irrigidì bruscamente, mentre lei si tirava su e si avvicinava pericolosamente al suo viso.
-Ti sbagli invece, io ho capito tutto. Sei tu che preferisci tenere gli occhi chiusi. Non ti sei mai chiesto perché non piaccio a Yuriy? Non ti sei chiesto perché non vuole che io mi avvicini troppo a te…-
-Ti ricordo che agli esperimenti su di lui c’eri anche tu…- si difese lui, ma lei lo interruppe bruscamente. La sua difesa non stava in piedi.
-Non è per questo. Gli ordini erano ordini!-
La bocca si fece secca per l’agitazione, e il suo viso era così vicino che sentiva il suo respiro sulle sue labbra. Sapeva che aveva ragione, e che gli esperimenti non potevano giustificare l’odio di Yuriy.
-Avrà le sue buone ragioni!- disse quasi trattenendo il fiato. Oramai le sue labbra sfioravano le sue. Erano screpolate, rovinate come sempre, ma gli piacevano lo stesso. Bastava succhiarle per sentire immediatamente il sapore del sangue.
-Sì, se la sua buona ragione sei tu!-
Gli posò un lieve baciò sul labbro inferiore e poi un altro ancora, e continuò a parlare con voce roca e sensuale. –Boris, nonostante tutto sei così ingenuo … quando si tratta di lui, diventi come un bambino, e questo a Yuriy piace….-
Scese a baciargli il collo provocandogli brividi lungo la schiena.
-A Yuriy piacciono un sacco di cose….- continuò.
-Non… non…. A-aspetta Ari….-
Boris cerco di scansarla, ma senza impegnarsi poi più di tanto. Chiuse gli occhi lasciando che salisse a mordergli il lobo dell’orecchio.  
-Sai Boris, dovresti prestare un po’ più di attenzione… magari così te ne renderesti conto anche tu…-
Il suo fiato gli solleticò l’orecchio e gli venne la pelle d’oca. Stava cercando di prenderlo con le buone maniere, cosa che non aveva mai fatto.
-Di cosa....- chiese cercando, nonostante fosse oramai chiaramente preso, di non farsi abbindolare da quelle moine e di restare lucido.
Gli era mancato il suo profumo.
-Se per Yuriy sono una minaccia è perché di mezzo ci sei tu….-
Boris si staccò di colpo e la guardò incredulo.
-Che cosa vorresti dire?-
Ari non si lasciò intimorire da questo improvviso cambiamento e dal tono minaccioso. Storse la bocca e concentrò la sua attenzione più in basso, afferrando la cintura dei pantaloni e tirandola dal primo passante.
-Lo sai.- gli disse in tono spiccio. –Voglio dire che in questo momento preferirebbe strare qua, inginocchiato davanti a te, al posto mio…-
Boris fu sicuro di non aver mai provato tanto odio e disgusto nei suoi confronti come in quel momento. La spinse via e si alzò.
-Yuriy ha ragione. Sei una stronza!- disse avventandosi verso la porta.
Ari si alzò indignata.
-Si, vai da lui, non sai quanto lo fai contento!- gli disse prima che sbattesse la porta, poi sentì un bel “vaffanculo ” lasciato nell’aria.
Avanzò per il corridoio con delle falcate furenti e impetuose. Aveva sbagliato a seguirla, a darle quella confidenza, aveva solo perso tempo. Cos’altro si poteva aspettare da quella d’altronde?
Si era permessa di insinuare una cosa così riprovevole!
Aveva voglia di prendersi a pugni per quanto era stato schiocco.
Aveva voglia di distruggere tutto quello che aveva intorno.
Aveva una pazza voglia di prenderla a schiaffi fino a farle passare quella poca voglia di parlare.
Yuriy aveva ragione, come sempre, perché lui sapeva tutto, lui era più saggio e più furbo.
Yuriy aveva sempre stramaledettamente ragione, mentre lui era sempre stato un idiota.
Si fermò davanti ad una finestra del lungo corridoio del dormitorio femminile. Fuori pioveva.
Nella scuola di fronte si stavano tendendo le lezioni, e lui era lì.
Non avrebbe mai dovuta lasciarla per seguirla.
Sarebbe dovuto entrare in classe ignorandola.
Si voltò a guardare da dove era venuto. Il corridoio era grigio e freddo, sempre più buio.
Ma il freddo lui non lo sentiva.
Non sarebbe tornato a lezione, no, sarebbe andato fino in fondo. Avrebbe ottenuto quello che voleva.
Yuriy aveva torto. Yuriy aveva decisamente torto.
Secondo il suo modesto parere lui sarebbe tornato con la coda tra le gambe, deluso e amareggiato. Secondo lui c’era un legame profondo che lo legava ad Ariel,  ma si sbagliava di grosso. A lui non gliene fregava niente di lei, poteva fare e dire quello che voleva. Solo una cosa poteva interessargli di quella stronza.
Ghignò e si tolse la cravatta con foga.  
Cominciò a corse. Tornò indietro.
Si sfilò la camicia, restando in canottiera.
Lui faceva quello che gli pareva, senza chiedere il permesso a nessuno.
Una volta di fronte alla porta della sua stanza, la spalancò e se la richiuse alle spalle.
La camicia scivolò dalle sue dita. Adesso non aveva nessuna importanza.
Lei era sdraiata sul letto con le braccia dietro la testa. Non aveva rimesso su i pantaloni, era rimasta come l’aveva lasciata.
Si voltò verso di lui guardandolo con sufficienza, e poi trovandolo evidentemente poco degno di nota tornò a guardare il soffitto.
Faceva la sostenuta, nonostante le intenzioni di Boris fossero ben chiare, non dava sazio.
Si tolse anche la canottiera, restando a dorso nudo, avanzando verso di lei.
-Per favore, non renderti ancora più ridicolo di quanto tu già non sia!- gli disse lei quando si trovò accanto al suo letto.
Boris sembrò neanche aver sentito questo suo commento. Oh sì, aveva ben altro per la testa!
Si sfilò la cinta dai passanti, passandosela tra le mani, sentendo nel palmo la superficie liscia, studiandola con lo sguardo come se ne dovesse apprezzare la manifattura.  
-Sai Mayer, si potrebbero fare molti giochetti interessanti con questa!- la strinse nelle mani e guardo la ragazza che restava comunque impassibile.
Sorrise e il suo sguardo si accese di malizia perversa.
-Per esempio potrei legarti i polsi…. Ma voglio sentire le tue unghie conficcarsi nella mia schiena quando non riuscirai più a trattenerti per il piace!-
Fece schioccare la cinta a terra come una frusta. Girò intorno al letto con passo misurato,  scrutandola senza staccare neanche un attimo gli occhi da lei.
Un domatore di leoni che studia il felino da ogni angolo per riuscire ad imporsi.
-L’hai avuta la tua possibilità. È inutile che esci il carattere ora, te ne puoi andare!- gli disse mettendosi di fianco e dandogli per giunta le spalle.
Boris scoppiò a ridere, una risata fredda e maligna. Lasciò cadere la cinta a terra.
-Ti sbagli…-
La afferrò per i capelli sollevandola verso di sé.
Partì un pugno che bloccò prontamente. Strinse nella morsa della sua mano il polso sottile fino a farlo scricchiolare.
Era furiosa, come piaceva a lui, pericolosa.
Lei allungò l’altra mano e l’affondò nei suoi capelli, stringendoli tra le dita.
Unirono le loro bocche in un impetuoso bacio. Lottavano l’uno contro l’altra per prevaricare.
Cercava di mordergli le labbra, di fargli male, ma fu lui a vincere.
Da tanto tempo non sentiva più il sapore del suo sangue, da tanto non lo succhiava dalle sue labbra.
Ricaddero sul letto schiacciandola sotto il suo peso. Le lasciò i capelli e la guardò sghignazzando.
I suoi occhi gli mandavano lampi d’odio.
Provò a dargli uno schiaffo ma la bloccò prendendole il polso.
-Sei diventata più lenta o sbaglio?-
Era bellissimo vederla fremere di rabbia, impotente sotto il suo controllo - sottodi lui - consapevole che questa volta sarebbe stato lui a comandare.
-Non credere….-
Boris scattò in dietro e dovette spingerla forte contro il materasso per evitare che gli rompesse il naso con una testata.
Rimbalzò sul letto e fu libera per un attimo. Ma Boris questa volta le strinse i gomiti con forza fino a bloccarglieli sotto la schiena, costringendola a sollevare il petto per non farsi spezzare le braccia.
Si abbassò su di lei all’altezza del seno, questa volta più cauto.
La guardava dritto negli occhi, provocandola con un ghigno beffarlo.
-Ti strapperei questa camicia a morsi….-
Lecco attraverso la stoffa il capezzolo, e Ari senti il calore intenso e umido della sua lingua.
Digrignò i denti.
Lo guardava furente.  
Lei odiava stare sotto, e lo sapeva benissimo.
E il suo odio lo alimentava, lo incoraggiava a continuare, a fare di peggio.
Il braccio nudo le passò intorno alla vita bloccandole anche l’altro braccio in una presa quasi di ferro, così che lui si ritrovò una mano libera che portò immediatamente sotto la camicia.
Con quella presa l’aveva completamente immobilizzata.
Scostò senza difficoltà la fascia impossessandosi del seno. Affondò il viso nel suo collo succhiando prepotentemente la pelle pallida, prendendola a morsi.
Il suo corpo attaccato a quello di lei gli faceva perdere ogni freno inibitorio.
Il suo seno morbido e liscio nella sua mano era un magnifico giocattolo.
Quanto male aveva voglia di farle, solo perché era lei, perché gli faceva perdere il lume della ragione.
Ari provò a dargli una ginocchiata, ma non appena alzò la gamba per poco le scappò un urlo di dolore.
Aveva l’addome a pezzi e il minimo movimento le provocava fitte terribili.
Abbandonò il capo di lato. Per questa volta gliel’avrebbe data vinta.
Si rilassò e smise di lottare. 
Boris morse ancora più forte.
Sapeva cosa voleva.
Voleva sentirla urlare di dolore. Voleva sentirla lottare contro di lui per riuscire a prevaricarlo, ma non ne aveva le forse, non ora.
Confidava nel fatto che lui capisse e continuasse lo stesso.
Fece scivolare la mano lungo il fianco facendole inconsapevolmente male.
Mosse voglioso il bacino contro di lei scendendo con la bocca verso il petto.
Con la mano libera cercò di strappare con troppa impazienza i bottoni della camicia che chiudevano la strada alla sue labbra voraci. Ma ci rinunciò e le sollevò la camicia.
Per un qualche attimo non si mosse.
Ari sentì la presa allentarsi. Il suo braccio scivolò via lasciandola e la pressione sul suo corpo svanì.
Si sollevò sui gomiti e alzò perplessa lo sguardo, ma uno schiaffò la fece ricadere sul letto.
-Che cazzo vuoi fare?- le chiese. La voce era graffiata e iraconda.
La afferrò per la maglia e la sollevò senza difficoltà.
-Non ti sono bastate quelle che hai preso lì dentro!?-
La scosse con forza come una pezza vecchia. Lei teneva la testa bassa per non guardarlo.
-Allora!! NON TI SONO BASTATE!?- le urlò ancora più adirato.
Ari lo spinse via e indietreggiò fino alla testata del letto.
Boris torreggiava davanti a lei, in ginocchiato sul letto. Un’espressione scura e imbestialita gli contorceva il volto come poche volte era capitato in vita sua, facendolo sembrare una belva incattivita e assassina. 
La sovrastava con quel fisico possente e forte, tutto il contrario del suo.
Il petto bianco e levigato che si alzava e si abbassava velocemente. 
-Queste sono cose che non ti riguardano Huznestova. Da quando ti interessi del mio stato…- disse con un filo di voce appiattendosi contro la testata del letto.
Come un falco, fu su di lei in un attimo, braccandola da entrambi i lati tra le sue braccia forti. I muscoli si delinearono e si gonfiarono minacciosamente.
Gli occhi verde oliva inchiodarono furiosi quelli suoi non lasciandole spiraglio, ad un millimetro dal suo viso.
-Se ne vuoi ancora ci sono sempre a disposizione io, non mi tiro in dietro se me lo chiedi. Lo faccio con piacere!- continuò inviperito.
Non faceva che ripetersi che finalmente era libera. Era stata la cosa che tutti loro avevano sempre segretamente desiderato, il loro più grande sogno. E lei invece no, lei la buttava nel cesso la sua libertà! Non la capiva, non concepiva il suo autolesionismo. A lei non gliene fotteva un cazzo, perché lei era tornata nella Borg mentre li avrebbe potuti seguire, perché lei continuava tutt’ora a farsi distruggere.
Perché lei preferiva questo alla libertà, a loro!
Tirò un pugno contro la parete così inatteso e forte che Ari tremò per la prima volta davanti a lui.
Si tirò su e tornò a guardarla dall’alto. Il pugno gli pulsava dolorosamente.
Lei gli era rannicchiata di fronte. Qualche ciocca scura ricadeva davanti al volto. Si tirò giù la camicia per coprirsi la pancia guardando fisso a terra, ma non per vergogna.
Riusciva a vederlo anche da come si muoveva che era debilitata, che era ridotta ad uno straccio. Sempre così, come al monastero, non era cambiato niente, e questo lo faceva impazzire.
Il suo sguardo non si spostò da lei. Era fermo e intransigente come mai lo era stato.
-Se magari hai finito….- disse lei seccata. 
Si avvicinò a lui.
Il petto e gli addominali scolpiti, le spalle larghe, le braccia tese lungo i fianchi con i muscoli delineati, la pelle bianca come il marmo.
Era molto più bello di come se lo ricordava, molto più minaccioso.
Ma non lo guardò negli occhi, non le interessavano i suoi sbalzi d’umore.
Afferrò il bordo dei pantaloni neri, che riuscivano a stento a nascondere il suo rigonfiamento, insinuandovi le dita.
Sfiorò con la lingua e baciò il basso ventre fino all’ombelico, ma non c’era dolcezza, era un gesto meccanico.
Sbottonò i pantaloni e tirò giù la cerniera.
Avvertiva suoi occhi premere contro la nuca, ma li ignorò.
Infilò la mano nei boxer.
Lo sfiorò appena con la punta delle dita.
Un brivido gli percorse la schiena.
Le bloccò il polso e l’allontanò.
Automaticamente Ari alzò lo sguardo come per sfidarlo, ma questa volta fu lui a non volerla guardare.
Guardava un punto indefinito alla sua destra, e una maschera muta aveva completamente congelato il suo volto.
Ari non si fece impressionare, e provò allora a con l’altra mano ma le bloccò pure questa.
La teneva stretta, ma non per farle male questa volta.
Cercò di liberarsi,  ma niente, non la mollava.
Ad un certo punto, quando iniziò ad agitarsi troppo, la spinse delicatamente facendola coricare sotto di lui.
Era stato lui a sbagliare. Gli era piaciuto tonare ad essere il vecchio Boris, quello spietato, quello violento. Lei gli aveva dato questa possibilità e lui non ci aveva pensato due volte, l’aveva colta al volo, ed era stato uno stupido a credere che fosse veramente questa la soluzione giusta.
Affondò un bacio sulle sue labbra screpolate e spaccate.
Quelle labbra che avrebbero dovuto essere come quelle di qualunque ragazza. Quelle labbra che avrebbero trovato giustizia.
Aveva sbagliato. Doveva essere lui a darle la possibilità di essere la nuova Ariel Mayer, o meglio Ari. Avrebbe dovuto darle l’opportunità di buttarsi il passato alle spalle, di cancellarlo per sempre dal suo presente.
Le lasciò i polsi. Le mani scivolarono fino ai fianchi in una carezza.
La baciò ancora, dolcemente, accarezzando le labbra con la lingua.
Lei lo interruppe seccata e spazientita scostando la testa di lato. La stava innervosendo.
La baciò sulla guancia e scivolò fino al collo.  
Ari mise le mani sul suo petto nudo, spingendolo via, ma lui non si smosse.
Le avrebbe donato la sua prima volta della sua nuova vita. La prima volta, quella perfetta che tutte le ragazze sognano, quella che lei non aveva potuto neanche concepire.
Le avrebbe dimostrato che non esisteva più la violenza, che da allora in avanti sarebbe stata libera dal dolore. 
Sfilò via le mutandine delicatamente, sfiorando le gambe, e le lasciò cadere giù dal letto.
Nonostante questo lei era insofferente e lo scacciava, ma lo capiva, questo suo improvviso cambiamento, il suo modo di fare, la mettevano in soggezione, forse arrivavano a spaventarla.   
Le accarezzò la guancia voltandole il viso verso di lui.
I suoi occhi castani lo scrutavano per capire a che gioco stava giocando.
Sorrise. Sempre così sospettosa e malfidente.  
Sempre così stanca e debole.
Le sollevò il ginocchio.
Affondò ma mano tra i capelli increspati e legati male e attirò la sua bocca alla sua.
A fior di labbra…
-Ti amo…-
Ari sgranò gli occhi.
Una sola, lenta spinta, affondò tra le sue gamba, entrò completamente in lei.
   
 
 
 
Si appoggiò al davanzale e chiuse gli occhi. Trattenne in bocca il fumo e lo liberò lentamente, assaporandolo.
Sospirò e rivolse gli occhi al cielo.
Un venticello fresco soffiava nell’aula vuota attraverso la finestra aperta. Fuori pioveva, una pioggerellina fine, fitta, e le goccioline d’acqua si infrangevano contro il marmo grigiastro del davanzale. 
Portò di nuovo la sigaretta alla bocca.
Gli era mancato quel sapore amarognolo. Ma era la delusione a distorcergli le labbra sottili.
Aveva resistito sette mesi, due settimane e tre giorni senza toccare sigaretta.
Boris un mese, una settimana e cinque giorni prima di finire di nuovo nelle sue grinfie.
Quella sigaretta sapeva proprio di amaro, ma oramai nulla gli impediva di fumarsela fino all’ultima tirata.
-Non sapevo che fumassi.-
Spostò lo sguardo verso la porta dell’aula.
Claire era leggermente affacciata. I capelli biondi le scivolavano dolcemente di lato quando inclinò il capo e gli sorrise timidamente.     
Yuriy guardò la sigaretta stretta tra le sue dita e l’avvicinò alla bocca.
Claire entrò e avanzò tra i banchi fino al suo. Tirò fuori da sotto il banco il libro di storia, e lo mise nello zaino.
-Non l’avevo mai notato…- disse spostandosi una ciocca dietro l’orecchio.
-Ho ripreso oggi….-
Alzò gli occhi color nocciola su di lui.
-Beh… forse non dovresti, se avevi smess…-
-E a che pro?-
Il suo tono improvvisamente severo e acuto la fece sobbalzare.
Sembrava irritato. Spense la cicca sul davanzale e si mise le mani in tasca mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore.
Claire abbassò lo sguardo mortificata. Forse aveva detto qualcosa che non andava…. Si mise lo zaino sulla spalla senza sapere se andarsene o no, rimanendo ferma sul posto.
Yuriy tirò su col naso e si voltò a guardarla squadrandola dalla testa ai piedi. Magari aveva una sigaretta, ma gli sembrava difficile.
-Tu non fumi, vero?- le chiese con tono di impazienza che suonò alle sue orecchie leggermente dispregiativo.
Strinse la bretella della cartella e arricciò il naso alquanto offesa.
-Una signora come me sa fare molte cose, anche fumare se lo richiede la situazione!- gli rispose tutta impettita guardandolo di sbieco.
Yuriy sbuffò insofferente e si voltò a guardare fuori.
Claire si indispettì ancora di più per quella sua reazione e uscì dalla classe. 
Yuriy si girò e poggiò i gomiti sul davanzale guardando fuori. Pesanti nuvoloni grigi riempivano il cielo del primo pomeriggio e il vento freddo smuoveva le fronde degli alberi.
Forse se fosse uscito ora avrebbe trovato nessuno aperto nel paesino lì vicino, o qualche macchinetta automatica. Aveva una gran voglia di passare alla seconda sigaretta. Come aveva fatto a resistere per tutti quei mesi, se lo spiegava solo se pensava che lo faceva per il suo migliore amico. Ma ora, a quanto pareva non aveva più voglia di farsi aiutare, ne lui di continuare di non fumare.  
Dei passi attirarono la sua attenzione, ma non si mosse fin quando non si fermarono dietro di lui. L’odore acre della nicotina gli arrivò in un soffio, nonostante il vento contrario.
Si voltò. La biondina era tornata egli stava di fronte. Una sigaretta tra le labbra che strinse tra due dita aspirando.
Ricambiò il suo sguardo con uno di ghiaccio.
Cosa aveva in mente quella ragazzina? Voleva forse provocarlo con quel suo atteggiamento sfrontato?
Si tolse la sigaretta dalla bocca e si avvicinò ancora a lui. Non si smosse da dove stava rimanendo freddo e impassibile. Voleva vedere fino a che punto avrebbe avuto il coraggio.
Lei reggeva il suo sguardo senza dimostrare alcun timore.
Soffiò il fumo contro la sua bocca, che dopo un attimo si rese conto di aver schiuso quel tanto che bastava.
Rimasero immobili, così vicini che i loro nasi si sfioravano.
Il ghiaccio gelido del suo sguardo si sciolse per l’incredulità. Lei gli sorrise maliziosa e fece un passo indietro.
Gli portò la sigaretta alla bocca e girò sui tacchi facendo ondeggiare davanti ai suoi occhi i capelli setosi e ondulati da morbidi ricci.
Tornò sui suoi passi e, prima che sparisse dietro la porta, gli lanciò un eloquente sguardo e se ne andò, lasciandolo là con la sigaretta che fino a poco prima era tra le sue labbra e che ora pendeva dalle sue. 
Claire avanzò per i corridoi ciondolando con un sorrisetto soddisfatto stampato in faccia.
Confidava nelle sue grandi capacità. Il suo caro e bellissimo rosso sarebbe caduto tra le sue braccia molto, molto presto.
 
 
 
 
 
 
 
Salve ragazze!!!
Grazie a tutte e un bacio!
Xkla: grazie mille ciccia, cmq lo sai che per yuya devo ringraziare solo te. non credere, ad ari gliene farò passare di cotte e di crude prima di lasciarla in pace, e altro che sonnifero. Spero che questo capitolo ti piaccia, soprattutto la parte con claire e con boris, e il nostro caro yuya! Non so se è proprio la scenata di gelosia che ti aspettavi, ma yuya essendo timido penso che possa essere questa una sua reazione. Un bacio, fammi sapere che il tuo parere e giudizio è importante ;)!
Xhiwanov: ma lo sai che mi piace un sacco il tuo nome? Ogni volta che lasci una recensione ci penso per un giorno intero. Cmq a parte questo, grazie mille. Si lo scopo finale è fare sciogliere ari, ma siamo ancora lontani non ti lasciare ingannare, è bobo che si è sciolto completamente qui. Chissà se così ti sta antipatico cmq XD. Fammi sapere se ti piace! Un bacione e grazie ancora!
XPICH_91: ciao!! che piacere che mi fa sapere che ti piace tutta sta pazza storia! E mi fa piacere anche che non ti piace affatto ari, possibile che una così antipatica piacesse a tutti XD! Cmq si sistemerà molto, e poi e poi non continuo altrimenti rovino la sorpresa (e non grazie a boris, ancora ce ne vuole). Bobo pure io me lo immagino playboy, anche se in questo capitolo gli ho dato una sfumatura leggermente diversa. dimmi cosa te ne sembra. Grazie e un bacione! Ciao ciao!!!!!
 
 
 

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Capitolo 7
*** Alla festa di Ayumi ***


aoi 8
Salve! Quanto tempo che non aggiorno, vi ricordate ancora di me?
Oddio, sono imperdonabile, la colpa è tutta mia, scusate!
Che posso dire a mia discolpa? Ecco, insomma, sono sommersa dallo studio in questi ultimi due mesi, poi una certa persona mi ha completamente distratto dai miei lavori… ed eccomi qui! Tra qualche settimana avrò gli esami quindi non so quanto vi potrete aspettare, ne ora ne prossimamente, ma cercherò di aggiornare al più presto.
Dopo mesi comunque non potevo non tornare che con una emerita schifezza! Eccola qua, tutta per voi!
Un bacio nella speranza che non mi prendiate a pomodori e uova marce!
 
 
 
 
 
 
7. Alla festa di Ayumi
 
Strana la vita, a volte ti ritrovi in posti e in situazioni che fino ad un attimo prima non ti saresti neanche sognato. E la cosa lì per lì non ti sorprende neanche più di tanto. Solo alla lontana, quando ci ripensi dopo un bel po’ di tempo, pensi: ma chi ci avrebbe mai pensato!?
Eppure adesso si trovava sul sedile posteriore dell’auto di Yuriy, a tracannare chissà quale schifezza in compagnia di Ari.
E no, non pensate male! Questa di certo non era una di quella situazioni che si evolvono in chissà quali risvolti da film di seconda scelta, perché per la testa un po’ annebbiata dall’alcol di Takao passava tutt’altro.
Invece di trovarsi alla festa di Ayumi con gli altri, aveva preferito rifugiarsi in quell’angolino solitario del parcheggio, dove casualmente aveva notato lei, e aveva pensato bene di intrufolarsi in macchina.
Come mai non aveva voglia di festeggiare, abbuffarsi e divertirsi insieme ai suoi amici, e preferiva stare lì, in “compagnia” della sua excompagna di squadra, bevendo qualcosa di incredibilmente forte?
Quando salì in macchina rivolse la stessa domanda ad Ari, e lei gli rispose con un pigro: “non lo so, mi ci sono svegliata”.
Ma da lì a poco lei si sarebbe pentita di avergli dato tanta confidenza, perché Takao si rivolse la sua stessa domanda rispondendosi da solo.
La spiegazione era una e semplice, e si trovava proprio alla festa, a ridere e scherzare con un misterioso cavaliere spuntato dal nulla da un giorno all’altro: Hilary.
Quello stesso pomeriggio era passata da casa sua per andare alla festa di Ayumi insieme -era molto carina, con quel vestitino turchese- ed era spuntata con questo belloccio da strapazzo accanto.
Alto, capelli neri, con un sorriso smagliante, in due parole: Ryoko Kayami, il capitano della squadra di kendo della scuola.
Assurda la vita, assurda davvero. E pensare che suo nonno gli rompeva continuamente le scatole con il kendo… sicuramente lui era molto più capace di quel bell’imbusto che adesso se la rideva accanto a Hilary. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto tranquillamente prendere il suo posto da capitano nella squadra scolastica. In fondo non era un granché, l’aveva già visto gareggiare!
E pensare che Kai l’aveva pure baciato (e la cosa lo disgustava ancora a distanza di tempo, doveva dire), e per cosa poi? Perché il primo scemo sbruffone spuntato dal nulla potesse abbindolare Hilary così, con quattro moine?
Che idiota! Ancora stentava a credere a quello che aveva visto quel pomeriggio.
Come se lo accarezzava Hilary! Come gli sistemava il colletto della camicia con fare gentile la dolce Hilary! Come faceva la smorfiosa ogni volta che lui le rivolgeva la parola!
Tutto questo era veramente snervante, disgustoso… odioso!!
-Era da un po’ che mi faceva la corte e… alla fine ho ceduto. Stiamo insieme da una settimana!-
gli aveva detto quel pomeriggio davanti al portone di casa, stringendosi al braccio di lui,  strofinandosi anche un po’ troppo.
Una settimana!
Glielo aveva detto dopo una settimana! A lui, che era suo amico!
E questo perché c’era stata la festa di Ayumi come occasione, altrimenti chissà quando glielo avrebbe detto, o magari lo avrebbe scoperto lui stesso cogliendoli sul fatto mentre si sbaciucchiavano in qualche angolo della scuola!
Che pena!
Sorso dopo sorso continuava a pensare a quei due.
Se n’era scappato per disperato non appena ne ebbe l’occasione.
Poi lui era antipaticamente perfetto! Come poteva essere possibile?
Oltre ad essere carino, era pure estremamente gentile e riusciva ad essere amichevole con tutti! Anche con lui che sin dal primo momento se l’era messo sul naso! Per tutto il tempo non aveva fatto altro che lodarlo e complimentarsi con lui. Adorava i beyblade, adorava i bladebreakers!
Il tipo perfetto insomma, di quelli che da qualunque parte li prendi e li volti non trovi un difetto o un punto debole…. Tutto il contrario di lui in pratica!
Neanche arrivato alla festa, aveva già conquistato tutti, da Ayumi che, vabbè, già lo adorava solo perché gliene aveva parlato Hilary, a Sergey addirittura! Lui che non parlava mai, aveva iniziato a discutere di motori e meccanica!
Doveva essere lui l’anima della festa, non quell’idiota di Ryoko! LUI!
E invece no! Quel ragazzo era riuscito a fregargli il posto!
Ciliegina sulla torta, la cugina di Ari, Claire, si era avvicinata ad Hilary e con fare leggermente malizioso e confidenziale le aveva detto: -Complimenti, ottima scelta!-
Poi, notando che lui si era piazzato proprio vicino a loro due, come per ascoltare, cosa assolutamente non vera, lo guardò con sufficienza e lo gelò con “Che hai da fissare tu? Dileguati perdente!”
E Hilary? Non aveva neanche sentito perché proprio in quel momento il tanto adorato Ryoko l’aveva chiamata!
Insomma, cosa cavolo restava a fare se nessuno lo voleva e lo considerava?
A quel punto, disperato e solo, prese la decisione di andarsene. Ma proprio mentre usciva, come se non bastasse, Yuya gli andò a sbattere contro rovesciandogli addosso qualcosa che odorava in modo nauseante di arancia.
-Si sente infatti!- ci tenne a puntualizzare Ari storcendo il naso.
A quel punto, dopo essersi asciugato alla meno peggio in bagno, aveva preso la prima cosa che aveva visto prendere a Boris (che sicuramente non prometteva nulla di buono) e se ne era andato tristo e solo a vagabondare per il parcheggio al buio.
Buttò la testa in dietro e chiuse gli occhi sbuffando.
-Kinomiya!- lo chiamò Ari, quando finalmente Takao smise di lagnarsi.
Lui aprì leggermente gli occhi e la guardò.
Gli fregò la bottiglia che teneva stretta in mano, guardando il contenuto cristallino ancora all’interno, e non poté fare a meno di notare che, nonostante questo, lui era già ben stordito.
Strana la vita, lei si era svegliata nella macchina di Yuriy dopo che Boris le aveva rotto le scatole per non sapeva cosa, e poi Takao era spuntato dal nulla e aveva iniziato a blaterare, pensato bene di confidarsi, o meglio, sfogarsi con lei.
Certo, lui non si poteva aspettare consigli da posta del cuore, ma qualcosa con tutta l’anima gliela volta dire lo stesso.
-Senti me, smettila di farti le seghe, fa male! Fatti una bella scopata ogni tanto!- e giù tutto d’un botto, fece fuori mezza bottiglia con un sorso.
Takao rimase sbalordito a fissarla.
-Una sco… scopata?-
Poi sconfortato sbuffò e appoggiò la fronte contro il sedile di fronte, mezzo rimbecillito dall’alcol.
-Hai proprio ragione, sai? Dovrei fottermene di tutto e di tutti, e farmi una bella scopata!- ammise dopo un po’.
Rimasero in silenzio finché Takao non tornò a fissarla.
-E tu che mi racconti?- gli chiese strofinandosi il naso con il dito indice.
-Niente che ad un moccioso come te possa interessare!- lo liquidò lei bevendo ancora un altro sorso.
-Dai!- insistette Takao giocosamente dandole un colpetto sul ginocchio. –Non sono un moccioso!-
-Ah no?- fece lei alzando un sopracciglio. –Allora vediamo, ma devi promettermi che non lo dirai a nessuno!-
-Promesso!- disse Takao ingenuamente.
Ari gli offri l’ultimo sorso rimasto nella bottiglia. Sorrise mentre Takao lo mandava giù. Non sapeva perché lo stava facendo, ma d’altronde non si pose neanche il problema.
Si avvicinò a lui e sussurrò al suo orecchio.
Quando Takao tornò a guardarla non sembrò ne scandalizzato ne preoccupato. Aveva sempre la stessa espressione un po’ rintontita.
Ari tornò ad appoggiarsi allo sportello senza più guardarlo.
La bottiglia scivolò dalle mani di Takao riuscendo a distogliere la sua attenzione dalla ragazza che incurante guardava fuori.
-Stavi scherzando?- le chiede raccogliendo la bottiglia come se questa ora fosse la sia unica preoccupazione.
-No.- gli rispose lei.
-E perché?- gli chiese con curiosità.
Il tempo passò in silenzio, quasi Takao si dimenticò pure di averle fatto quella domanda, quando finalmente Ari si decise ad aprire bocca.
-Non lo so, non sento più niente. Quindi niente per niente, almeno sento qualcosa….-
-… Ah!- si rigirò la bottiglia tra le mani in modo distratto. –La gente ci muore, lo sai?-
-Meglio così!- fu la risposta immediata e secca.
All’improvviso lo sportello alle spalle di Ari si aprì e per poco non finì a terra.
-Fammi spazio!- disse una voce agitata fuori dalla vettura.
Neanche attese che Ari gli facesse posto, che entrò in macchina spiaccicandola contro Takao, e richiuse lo sportello così forte che per poco non si staccava.
-Kai?- esclamò Takao sorpreso scrutandolo nella penombra. –E tu che ci fai qui?-
L’altro incrociò le braccia e sprofondò nel sedile.
-Mi sono rotto i coglioni di quel idiota! Cazzo, non da un attimo di tregua!-
-A chi ti riferisci?- gli chiese l’amico meravigliato.
-Tzs! Indovina!- sbuffò Kai irritato. –….Piuttosto, tu che ci stai a fare qui?- gli chiese di rimando.
Takao rimase impalato a fissarlo con una faccia da pesce lesso, ondeggiando leggermente avanti e indietro.
Kai restò a fissarlo preoccupato.
-Takao, parlo con te….-
-Ah…. Ah! Con me?- disse finalmente come se si fosse ripreso da una trans. –Non lo so, mi seccavo alla festa….-
-Per colpa di quel Kayami?-
Takao sbuffò scocciato e si voltò dall’altra parte come offeso cercando di dare le spalle ai due. –Uff! Ma chi lo pensa a quello lì!-  
-Certo, come no!- smorzò Kai con amarezza voltandosi anche lui.
Boris l’aveva irritato così tanto che non aveva proprio alcuna voglia di dare retta anche a Takao, alla sua testardaggine!
Ma accidenti, quell’idiota si era messo veramente d’impegno, già a partire da quel pomeriggio.
Il caro Boris aveva pensato bene di fare incazzare Yuriy nel migliore dei modi e nel peggiore dei momenti: proprio quando si doveva mettere alla guida. In quella mezz’ora Kai aveva scoperto a sue spese quanto il suo amico fosse pericoloso al volante.
L’aveva fatto così arrabbiare che lui stesso, che col suo sangue freddo tipicamente riusciva a sopportare tensioni molto elevate, aveva iniziato a pregare affinché arrivassero sani e salvi a quella benedetta festa.
Yuriy si era accanito contro l’acceleratore rasentando la media di 180km/h, sorpassando a destra e a manca, percorrendo i mezz’ora una strada che di solito si poteva tranquillamente fare in un’ora e mezza. Cambiava la marcia come un indemoniato, dando l’impressione di voler mettere sotto chiunque si fosse piazzato davanti.
Ad un certo punto, prese una curva così stretta senza accennare a decelerare, che per un momento Kai poté giurare di aver provato l’esperienza della premorte in piena coscienza. 
Quella comunque era di sicuro l’ultima volta che saliva in macchina con Yuriy. Anche se non lo dava a vedere, Kai era molto contento di essere vivo e per questo ci teneva a rimanere così ancora per un bel po’ di tempo.
Ma la colpa restava sempre e comunque di quell’idiota, decerebrato, fesso, babbeo e sbruffone di Boris!
Un po’ più di discrezione, nient’altro. Cosa cavolo poteva costargli un po’ di discrezione in più? Lo sapeva benissimo quanto desse fastidio a Yuriy il fatto che lui avesse una mezza tresca con Ari, e che ogni volta che glielo ricordava si innervosiva e diventava intrattabile.
Quel pomeriggio Yuriy gli aveva chiesto di fare fretta a Claire e “all’altra” (così la chiamava ultimamente), perché non aveva alcuna intenzione di aspettare in macchina ne di arrivare tardi per colpa di vanità femminili.
Ovviamente era andato, ma non era più tornato. A detta della biondina, che con indignazione si era lamentata dei modi confidenziali con i quali il ragazzo l’aveva buttarla fuori dalla sua stanza, Boris aveva trascinato sua cugina in bagno con la scusa di volerla aiutarla a lavarlsi la schiena.
-Quel Boris sarà pure un bel ragazzo, ma ha dei gusti pessimi in quanto a ragazze. Potrebbe permettersi ben altro!- aveva detto sedendosi accanto al posto guida e chiudendo lo sportello. E questo commento non sfuggì a Yuriy che si adirò ancora di più.
Kai, già di mal’umore per conto suo sprofondò nel sedile posteriore sbuffando.
Dieci, quindici, venti minuti. Niente, ancora non si facevano vedere.
Yuriy fremeva seduto al volante, oramai arrivato alla sua sesta sigaretta.
Ad un certo punto spaccò il silenzio che era calato in quella macchina, e che neanche l’audace parlantina di Claire aveva osato rompere, spense l’ennesima sigaretta e con un tono straordinariamente pacato disse:-Qualcuno vada immediatamente a chiamare quella testa di cazzo!-
Ovviamente Claire non si mosse, e quindi chi fu costretto ad alzarsi fu proprio lui: Kai.
Scese dalla macchina sbattendo lo sportello contrariato, e si avviò verso la scuola. Sperava che almeno avessero finito e che magari stessero già arrivando; non gli andava per niente l’idea di coglierli sul fatto.
Le sue speranze furono esaudite, ma qualcosa lo scosse lo stesso.
Li incrociò appena arrivato nel dormitorio femminile, o meglio, La incrociò.
Fu lei che vide nel corridoio, nessun’altro, solo lei. Lei come non la vedeva da tempo, così come la poteva vedere solo nei suoi sogni confusi.
Non fu la bellezza a scuoterlo, ma l’inatteso ardore dei suoi occhi, delle sue guancie, che oramai era abituato a vedere spente e pallide, gelide come una lastra di marmo.
Una fiamma quella che brillava negl’occhi, un guizzo incandescente di disprezzo e forza, rivolto a lui, guardava lui ora.
Forse per questo non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, forse per questo si accorse della presenza di Boris solo quando le cinse la vita bloccandola in mezzo al corridoio, attirandola a sé e affondando il viso tra i suoi capelli ricci e gonfi… i capelli di una bambola di porcellana dalle guance rosse e le labbra pittate.
I suoi occhi si alzarono e il volto si marcò insofferente, per quel gesto così affettuoso e così possessivo, per la sua insistenza e presenza costante.
Solo quando Boris alzò lo sguardo su di lui, si rese conto di essere rimasto pietrificato, e il suo ghigno gli arrivò come uno schiaffo.
-Che c’è Hiwatari, non hai mai visto una donna dopo aver fatto l’amore?-
Ci pensò Ari a rispondergli. Un tenero “fottiti” sibilato a denti stretti, un’occhiata spezzante e un calcio sugli stinchi bastarono a far capire a Boris di stare con due piedi in una scarpa in sua presenza.
Questo non impedì comunque a Boris di scontarsela con lui. Per tutto il tragitto, non solo sembrò che volesse provocare e istigare Yuriy ad andarsi a schiantare contro qualche albero, stando continuamente appiccicato ad Ari, cercando continuamente di baciarla e altre cose che gli valsero comitate fracassa ossa da parte di lei, ma iniziò a tartassarlo con le sue solite battutine su Yuya, Takao e ménage à trois.
La cosa peggiore fu quando arrivarono alla festa, perché lui poteva anche sorvolare quando erano solo loro tre, ma davanti ad altri non si doveva assolutamente permettere di prendersi certe confidenze. Fatto stava che aveva continuato per tutta la sera a sfotterlo, a ridere di lui, finché non toccò l’apice: Yuya, per sbaglio, aveva versato un bicchiere di aranciata addosso a Takao.
-Brutta bestia la gelosia, vero Yuya!? Ma a Kai piacciono queste cose a tre, rassegnati, non puoi togliere di mezzo Takao. E poi lui è il suo primo amore!- disse ad alta voce facendosi sentire da tutti.
Poi, quando lo vide uscire indignato e al limite della sopportazione, ebbe pure il coraggio di urlargli dietro:-Scusa ingegnosa quella del succo di arancia per imboscarsi! Geniale Kai, potrei usarla anche io?!?-
Maledetto idiota! Il suo ghigno beffardo e trionfante lampeggiava ancora nella sua mente. Ancora non riusciva a capire cosa lo trattenesse dal stamparlo al muro e insegnargli un po’ di rispetto.
-Che c’hai da fissare?- Il tono scontroso di Ari lo destò dai suoi pensieri.
Si sorprese lui stesso,la stava fissando, ma da quanto?
Gli rivolgeva uno sguardo truce e intimidatorio, come a volerlo sfidare a continuare, poi storse il naso e si accucciò vicino Takao dandogli le spalle.
Un inaspettato colpo contro il finestrino fece sobbalzare lui e Takao e per poco non gli si rizzarono i capelli per lo spavento.
Il viso rotondo di Yuya gli sorrideva da dietro il finestrino proprio di fronte a loro.
Takao d’impulso spalancò lo sportello con forza afferrando in piena faccia Yuya, che ricadde a terra cacciando un urlo di dolore.
-Oh cielo!- strepitò Takao precipitandosi fuori in modo impacciato per prestare soccorso.
-Oh cielo!- disse Ari seccata per il casino che stavano combinando.
E pure Kai disse il suo “Oh cielo!” scendendo dalla macchina e facendo il giro per aiutare Takao a sollevare Yuya da terra, anche se lui per primo sembrava in difficoltà già a stare in piedi da solo. 
Lo sollevò passandosi un braccio intorno alle spalle, ignorando i lamenti svenevoli del ragazzino che si gettò a peso morto su di lui.
Takao gli stava alle calcagna, mortificato chiedendo scusa in continuazione come un disco rotto.  
-Su, non è successo niente, adesso torniamo dentro!- disse per tranquillizzare i due. Fece un passo indeciso e poi si fermò. –Ari, vieni anche tu, non restare qui fuori da sola!-
-Scordatelo!- disse lei per tutta risposta. –Era ora che ve ne andaste!- e gli chiuse lo sportello in faccia.
Sospirò scocciato e attraversò il parcheggio. Erano le prime parole che le rivolgeva da settimane, o forse anche più, e lo aveva quasi mandato a quel paese. Aveva decisamente buone speranze di realizzare i suoi buoni propositi!
Ma in quel momento aveva altro di cui preoccuparsi. Arrivato nella sala della festa poté constatare che Yuya di era rotto il naso, e dalla faccia pallida intuì che era lì lì per svenire.
Lo fece sedere nel primo posto che capitò mentre un capannello di ragazzi si stringeva intorno a loro incuriosito.
-Passami un fazzoletto!- disse a Takao, che preso dalla premura e dall’ansia iniziò a girasi intorno senza riuscire a fare niente. Kai capì che faceva prima a fare da solo, e prese un tovagliolo e pulì il viso del agazzino tenendogli la testa alzata.
Hilary, Max e Kappa da dietro le spalle di Kai osservava la scena preoccupati.
-Cosa è successo?- chiese curioso Max.
-Ha provato a trasformarsi in Creamy!- ironizzò Kai, ma a quanto parve dalle espressioni degli altri, nessuno aveva capito che quella era una battuta. Sbuffò seccato, quella era veramente una serataccia. –Secondo te? Si è rotto il naso, idiota!-
Yuya sollevò debolmente la mano afferrando la sua che gli teneva premuto il fazzoletto sul viso e la scostò.
-Come ti senti?- gli chiese Kai.
-Ora molto meglio….- soffiò Yuya stordito. Chiuse gli occhi e, senza rendersene conto, ondeggiò in avanti pericolosamente rischiando di finire a terra, ma Kai lo sostenne a se facendolo appoggiare alla sua spalla.
-Su Yuya, apri gli occhi, non è niente!- disse scuotendo il ragazzino.
-Cosa posso fare Kai?!- disse Hilary pronta ad aiutarlo in qualunque modo.
Kai alzò lo sguardo dal ragazzino e li guardò.
-Potresti recuperare Takao….-
Infatti Takao stava ancora girovagando per la sala alla disperata ricerca di un fazzolettino da portargli.
-Che scenetta romantica!- l’improvvisa voce alle spalle di Kai lo fece irrigidire. –O almeno relativamente. A me fa siceramente schifo, spero che adesso non vi diate dei teneri bacetti in pubblico!- 
Kai scattò in piedi, ignorando Yuya che cadde di peso morto sulla sua sedia e tutti i ragazzi intorno a lui che si allontanarono intimoriti. Si voltò furibondo, i denti stretti in una morsa d’acciaio, i pugni tremanti per non scattare d’impulso.
Boris di fronte a lui non si scompose.
-Che c’è Hiwatari….-
-IO TI AMMAZ….-
-Kai, Kai! Ho trovato il bicchiere! L’ho trovato!-
Non ebbe neanche il tempo di allungare su quel maledetto stronzo che, come un fungo, Takao spuntò dal nulla in mezzo Kai e Boris, per fortuna di quest’ultimo.
Kia era oramai fuori da ogni controllo, afferrò Takao per il colletto e per poco non lo sollevò da terra, scuotendolo come un bambolotto.
-Che cazzo vuoi tu?!-
-Ho il bicchiere! Il bicchiere, il bicchiere….- rispose questo tutto contento sventolandogli il bicchiere davanti al naso.
-Takao, ma sei ubriaco!?- strepitò Hilary scandalizzata.
-Fatti gli affari tuoi brutta strega!- sbottò stizzito in risposta Takao.
-E cosa me ne faccio del bicchiere!?- chiese Kai infuriato scuotendolo ancora.
Alla domanda sul volto di Takao comparve il disappunto. –Beh, veramente non lo so…. So solo che devo farmi una bella scopata con Ari!- disse tutto d’un botto sfoggiando il suo solito sorrido tutto denti e lascando tutti di stucco, compreso Kai che strabuzzò gli occhi per la meraviglia.
Boris irritato fino all’inverosimile, gli diede un ceffone in testa.
-Non dire assurdità, idiota!- starnazzò cercano di non darlo a vedere.
Takao per il colpo si rannicchiò a terra ululando per il dolore.
-Mi hai fatto male!- si lamentò. –Ma me l’ha detto lei!-
Non l’avesse mai detto, questo bastò a far scattare l’ira di Boris che lo afferrò come poco prima aveva fatto Kai, questa volta sollevandolo veramente da terra, fino a farlo arrivare all’altezza dei suoi occhi.
-Cosa avrebbe detto?! Niponskj di me….!-
Da quella che sembrava la sua fine, Takao si poté salvare solo grazie al pronto ed immediato intervento di Ryoko, che si mise in mezzo, Yuriy, che tirava Boris da una parte, e Kai che tirava Takao dall’altra.
Chi scandalizzato, chi divertito, chi come Yuya, svenuto su una sedia, tutti oramai erano attirati da quella zuffa continua. 
-Basta ragazzi, calmatevi!- disse Ryoko quando finalmente riuscirono a fare staccare le mani di Boris dal collo di Takao. –Questa è la festa di Ayumi, non è questo ne il posto ne il momento!-
-Sarà pure la festa di Ayumi… Ma Ayumi dov’è?- esordì Max seccato perché in tutta sincerità lui era uno di quelli che si stava divertendo.
Tutti si guardarono intorno spaesati. Effettivamente la festeggiata non si vedeva in giro da un bel pezzo….
Nessuno sapeva ne poteva immaginare, ma là fuori, nel giardino di casa Daitenji, lontano da occhi indiscreti, litigi e scaramucce tra ragazzi, la piccola Ayumi stava festeggiando il compleanno più bello della sua vita, abbracciata tra le forti e rassicuranti braccia del ragazzo che sin dal primo momento le aveva fatto battere forte il cuore.
Le sue dita gentili le scostarono una ciocca nera sfuggita dal codino verde smeraldo, sfiorandola con una leggera carezza.
Lì fuori nell’aria umida della notte, solo la luce che usciva dalle finestre li illuminava, e la musica lontana li raggiungeva a stento. Lei gli sorrise emozionata e felice, le guancie arrossate, gli occhi neri brillavano solo per lui.
-Sergey….-
Si spinse sulle punte, e poi scoppiò a ridere, e gli occhi si assottigliarono.
-Perché ridi?- le chiese lui sorpreso.
Lei tornò a guardarlo con dolcezza.
-Volevo baciarti, ma mi accorgo che non ci arrivo neanche se mi metto su le punte dei piedi!-
A quel punto anche lui non riuscì a trattenersi e abbozzò un sorriso, nel guardarla. Sorrideva, forse un po’ imbarazzata perché ora guardava altrove, dondolandosi di lato come una bambina birichina, con le mani nascoste dietro la schiena.
Mise le mani in tasca senza riuscire a smettere di fissarla. Si abbassò leggermente verso il suo viso.
Un dolce bacio donato dal suo angelo biondo.

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Capitolo 8
*** Agenti in missione ***


9 aoi
 
 
8. Agenti in missione
 
Il Professor Kappa non faceva altro che lamentarsi e ripetergli che quella era la cosa più stupida e assurda che gli fosse mai venuta in mente. Ma aveva torto, su tutti i fronti!
Questo era un loro dovere!
Quindi, sulla base di questo principio, lo afferrò per il collo della camicia e lo trascino con sé per l’ennesima volta, e quatto quatto si nascose dietro un altro cespuglio.
-Shhh! Fa silenzio Kappa!- disse facendogli segno di starsi zitto.
-Se Hilary ci scopre siamo fritti!- continuò petulante lui. –Io non voglio finire in mezzo, non c’entro niente! Perché non me ne posso andare?-
-Perché se Hilary ci scopre…-
-Ti scopre!- ci tenne a specificare Kappa.
-Si si, ci scopre, possiamo dire che stavamo per i fatti nostri! Se resto solo che cosa le dico?!-
-Potevi portarti Daichi allora!-
-Daichi non è credibile!- spiegò Takao seccato tornando a spiare da dietro le foglie i due ragazzi vicino alla fontana. In verità Daichi, aveva intuito i piani di Takao, e si era rifiutato categoricamente e si era dileguato prima che potesse ricattarlo in qualche modo.
-Insomma Professore, non ti preoccupi per Hilary?! Tieni, comportati da amico!- disse infine passandogli un binocolo verde militare.
Kappa lo afferrò di mala voglia del tutto contrariato. –Certo, Io mi comporto da amico!-
E pensare che se solo Hilary se ne fosse accorta li avrebbe trucidati senza pietà.
Takao ignorò il suo ultimo commento continuando a scrutare i due con fare sospetto.
-Mi vuoi spiegare cosa me ne faccio di un binocolo giocattolo? Si vede malissimo!- si lamento Kappa ancora una volta.
-Siamo in missione Kappa.- spiegò esasperato Takao, senza distogliere neanche per un attimo lo sguardo dal suo obbiettivo.
-Ma se Hilary ci scopre, come facciamo a giustificare le tute mimetiche e tutto il resto?-
Takao strabuzzò gli occhi. Ecco, stava succedendo quello che temeva.
Afferrò Kappa e gli piazzo il binocolo sugli occhi.
-Visto Kappa! Lo sapevo, che ti avevo detto!?- urlò infervorato indicando oltre il cespuglio.
Una signorina seduta sulla panchina là accanto saltò spaventata sentendo urlare e vedendo spuntare una mano tremante dal cespuglio.
-Takao….- farfugliò Kappa con voce strozzata cercando di liberarsi.
-Lo so Kappa, è proprio un bastardo!- convenne Takao.
-No Takao… sto soffocando!- riuscì a dire. –Lasciami!-
Takao lo guardò e si rese conto di avergli stretto il braccio intorno al collo.
-Oh, scusa Professore!- disse dispiaciuto mentre il piccoletto riprendeva fiato.
-Mi vuoi spiegare che è successo?- chiese innervosito non riuscendo a capire il motivo che avesse fatto allarmare tanto l’amico.
-Le ha toccato il sedere!- spiegò scandalizzato Takao.
Kappa si sorprese. Hilary che si faceva toccare il sedere? Impossibile! E poi lui non aveva visto nulla del genere. Tornò a guardare incuriosito.
-Takao….-
-Si?-
-Quello è il suo fianco!-
-E con questo? Prima il fianco, e poi il sedere! Quello è un poco di buono Professore! C’è poco da fidarsi!- strepitò Takao buttando fuoco dal naso e dalle orecchie.
-Beh Takao, secondo me dovresti calmarti! - disse in tutta sincerità Kappa. -E poi non ci trovo nulla di male, Ryoko dopo tutto è il suo…-
-Ah! Si stanno muovendo!!!- disse d’un tratto Takao, e di nuovo il Professore fu preso di peso e trascinato questa volta dietro un cestino della spazzatura.
-Dove la sta portando?- chiese Takao seguendoli col binocolo.
-Per quanto ancora dovrà durare?!- si chiese disperato Kappa.
-Finché non avremo capito che intenzioni ha quello!- rispose Takao.
-Ma perché non glielo chiedi direttamente?- propose Kappa sperando che funzionasse.
-Ma allora non ti applichi? Potrebbe anche mentirmi, e così mi scoprirei e lui si metterebbe in guardia! È una mossa a suo favore, ma non capisci?!- disse sempre più isterico Takao.
La sorpresa di Kappa nello scoprire questo lato nascosto da grande stradega di Takao, non compensava affatto il rischio, la perdita di tempo e l’inutilità che stava comportando quella missione. E pensare che a casa sua lo stava aspettando il nuovo programma di Ming Ming! Ma si dovette rassegnare: fu trascinato dietro una macchina, un carretto degli hotdog, il sederone di una signora vestita di giallo, furono inseguiti da un cane e andarono a sbattere contro un omaccione grande e grosso tutto palestrato, riuscendo a svignarsela per un pelo.
-Fuh! Che fortuna!- soffiò Takao sollevato, nascosto in una traversina secondaria. –Di nuovo il tizio dell’anno scorso!- (non so se vi ricordate il tizio della curcuma ndio :D)
Si affacciarono per essere sicuri che più nessuno li inseguisse.
-Bene, via libera!- disse Kappa. –Con quel cane il mio sedere se l’è vista particolarmente brutta!-
-Bene il cavolo!- disse Takao allarmato. –Per colpa loro abbiamo perso Hilary!-
-Allora torniamo a casa! Siamo giusto in tempo per vedere il nuovo programma di Ming Ming!- propose Kappa speranzoso.
-Non dire assurdità Professore! Eccoli lì!-
-Nooo!!- fu il tragico urlo disperato del professore.
Takao lo afferrò per il polso e lo trascino ancora con se.
Non fu difficile ritrovarli. Hilary e Ryoko stava attraversando la strada dopo aver preso un gelato.
Takao si fermò davanti alla gelateria con fare quatto guardandosi attorno accigliato.
-Tutto bene Takao?- chiese Kappa.
-Si! Due gelati per favore!- disse sbattendo una mano sul bancone e rivolgendosi alla signorina che serviva gelati.
Ovviamente la signorina fu un po’titubante, visto i due soggetti strambi dalla faccia verde e pieni di foglie nei capelli che le si piazzarono davanti.
-Uno cioccolato, menta e nocciola. L’altro… ehm Professore come lo vuoi?- gli chiese poi a Kappa.
-Fragola e limone!- rispose questo sempre più desolato.
La signorina non si mosse, continuava a guardare i due incredula. Sembrava turbata, e pure Takao se ne accorse, ma non gli diede peso: aveva da fare lui!
-Allora, si sbrighi, siamo in missione!- starnazzò Takao innervosito.
Dopo dieci minuti ancora si massaggiavano il sedere lì dove il ragazzone della gelateria li aveva presi a calci per allontanarli. 
-Uffa! Volevo solo un gelato, e guarda come mi hanno trattato!- si lamentò Takao con le lacrime agli occhi.
Adesso Hilary e il caro Ryoko si erano seduti su una panchina nel parco, all’apparenza a chiacchierare, quindi i due agenti in missione si poterono riposare accovacciati dietro un albero a poca distanza.
-Senti Takao, perché non lasciamo stare…-
-Non dirlo neanche per scherzo! Quello non aspetta altro!- lo zittì Takao appollaiandosi meglio alla base del tronco.
Ad un tratto sentì qualcosa di umido sulla gamba e il Professore farfugliare qualcosa.
-Shh! Sto cercando di sentire cosa si dicono!-
-Ma Takao!-
Takao si voltò ritrovandosi faccia a faccia con un cane, all’apparenza molto soddisfatto dopo avergli fatto la pipì addosso.
-AAAAAAA!!!!!- scattò in piedi come una furia urlando a squarcia gola, attirando l’attenzione di tutte le persone nel raggio di cinque miglia. –STUPIDO CAGNACCIO!-
Seguì un altro urlo, questa volta della signora grassottella e ingioiellata padrona del cagnolino, che si ritrasse spaventata vedendo spuntare un ragazzo dalle frasche.
-MA DICO! LE SEMBRA QUESTO IL POSTO DOVE PORTARE IL CANE?!-
La signora per tutta risposta, presa dal panico iniziò a tirare borsettate all’aria prendendolo in testa e in faccia. Nonostante Takao provasse a scappare, la signora non si diede per vinta e lo inseguì con cagnolino appeso al guinzaglio, riuscendo ogni volta ad afferrarlo con la sua graziosa borsetta rosa, finché Takao non andò a finire addosso a qualcuno.
Quando si alzò sulle braccia e aprì gli occhi, si ritrasse più spaventato che mai.
-Hilary?!-
Bang!
-Screanzato!- disse infine la signora che, con un’ultima borsettata in testa lo stese definitivamente, e se ne andò soddisfatta tirandosi dietro il suo cagnolino.
-Takao! Takao!-
La voce del professore che lo chiamava continuamente lo fece riprendere. Si alzò sulle braccia trovandosi faccia a faccia con un’Hilary all’apparenza molto, ma molto incazzata.
-Ciao Hilary!- la salutò ridacchiando. –Bella giornata, eh?-
-Levati di dosso, idiota!- ringhiò lei in risposta a denti stretti.
Solo in quel momento si rese conto di starle addosso, o meglio di averla sotto di se. Non sapeva se fosse diventato rosso, e per fortuna aveva la faccia completamente coperta di colore verde, ma un nodo strettissimo alla bocca delle stomaco gli tolse l’aria e la facoltà di pensare o di fare qualunque movimento.
Lo guardava con risentimento. Aveva i capelli sparsi a terra e la maglietta sgualcita.
Doveva levarsi? Oddio, gli aveva detto di togliersi di dosso! E quando?
Saltò su, tirandosi indietro mortificato, mentre Ryoko aiutava Hilary a rialzarsi.
Hilary però si scostò dalle attenzione gentili del ragazzo, e si rivolse a Takao che indietreggiò ulteriormente, intimorito dall’espressione poco rassicurante di lei.
-Takao….- la voce tremava, era pervasa d’ira. Strinse i pugni e avanzò ancora, sovrastandolo, mentre lui, dal suo metro e settanta si rimpiccioliva sempre più. Lo sapeva, ne era certa, la stava seguendo, stava spiando il suo appuntamento col suo ragazzo, il Suo fidanzato!
Voleva metterla in imbarazzo! Doveva stare calma, non doveva perdere le staffe davanti a lui, altrimenti che cosa avrebbe pensato di lei il suo Ryoko?
-Cosa cavolo ci facevi nascosto dietro un albero conciato così?- chiese con tono per niente diplomatico che sapeva tanto di minaccia.
Takao si fece così piccolo, quasi in posizione fetale.
-Ehm… veramene…. Io, ecco….- farfugliò. Adesso si che avrebbe dato qualunque cosa per stare davanti al televisore a guardare quello stupido programma di Ming Ming col professore. Ma perché doveva sempre cacciarsi nei guai?
Ryoko, che aveva Hilary di spalle, riusciva a vedere solo la reazione spropositata di Takao, e il professore nascosto venti metri più in là, dietro ad un cestino dell’immondizia, come se steppe per esplodere una bomba.   
-Allora Takao, mi vuoi rispondere?! Mi stavate spiando!- continuò Hilary alzando un pugno.
-Io… io non lo so!- strepitò Takao. Stava per cedere, sotto la pressione del suo sguardo infuriato, insistente  e accusatore, sotto le minacce nascoste dal suo faccino ora tutt’altro che angelico.
Hilary fece un’ulteriore passo avanti.
-Dimmi che cosa state macchinando voi due!-
-Non lo so, te lo giuro!- disse Takao sull’orlo di un crollo di nervi. Aveva già le lacrime agli occhi. –Non mi ricordo, ma ti prego, non mi fare del male!-
Due mani si poggiarono con delicatezza sulle spalle esili di Hilary, e la strinsero con gentilezza, lasciando la ragazza interdetta.
-Tesoro, non ti arrabbiare, non è successo niente!-
La voce calda, il respiro sul suo collo. Hilary non si aspettava di notare in un momento del genere quanto fosse bella la sua voce. Non riusciva a credere che solo questo fosse riuscita a calmarla. Restò immobile come incantata, in quella stretta così accogliente.
-Ma io….- farfugliò Hilary voltandosi. –Loro mi stavano seguendo….- provò a controbattere seccata, come se fosse un capriccio.
Ryoko inarcò le sopracciglia sorpreso. –Sei sicura Hilary?-
-Certo che sono sicura!- asserì Hilary annuendo col capo. –Li conosco fin troppo bene!-
-La stavate seguendo?- chiese Ryoko questa volta a Takao.
Lui scosse la testa immediatamente. Non ci poteva credere, forse la passava liscia, e odiava ammetterlo, ma proprio grazie a quel Ryoko.
Il ragazzo rivolse un sorriso smagliante a Hilary. –Visto! Non ti stavano seguendo, è stata solo una tua impressione!- disse come se questo confutasse ogni minimo dubbio.    
E infatti Hilary non sembrava ancora del tutto convinta. Mise il broncio e incrociò le braccia.
-E poi anche se fosse, non c’è niente di male!- continuò lui. –Sono tuoi amici, si preoccupano per te!-
Lei guardò prima il suo ragazzo poi Takao. No, non era per niente convinta. Takao sapeva dal suo sguardo improvvisamente gelido che gliel’avrebbe fatta pagare in seguito, lontano da occhi indiscreti.
-Allora, che ne dite di restare con noi?- propose Ryoko in buona fede. Infatti Hilary rimase a bocca aperta a guardare sconcertata il suo ragazzo.
Per Takao questa era una opportunità da non perdere. Poteva stare in mezzo a quei due ed essere sicuro al cento per cento che non sarebbe successo niente.
-Certo!- disse con entusiasmo, ma un’occhiata cagnesca di Hilary gli fece capire che non doveva assolutamente permettersi. Quello era il SUO appuntamento! E se lui si fosse intromesso ancora avrebbe ulteriormente aggravato la sua situazione.
-Cioè, ecco…. Non penso che sia il caso!- disse Takao. –Anzi, adesso che ci penso avrei anche da fare!-
-Infatti!- convenne Hilary guardandolo truce.
-Dai non fatevi pregare!- insistette invece Ryoko.
Takao ci pensò un attimo su. Dopotutto il guaio era fatto, cos’altro aveva da perderci?
-OK!- accettò alla fine. Si voltò verso il cestino dell’immondizia in fondo, e urlò scuotendo la mano in aria. –Ehi Professore! Tutto a posto, puoi uscire!-
E Takao non poté sperare di meglio. Riuscì a prendersi un gelato senza rischiare di finire nelle mire del gelataio, e andarono tutti a casa sua. Dopo tutto doveva lavarsi, un cane gli aveva fatto la pipì addosso!
Una volta uscito dal bagno pulito e profumato, trovo Kappa davanti al televisore a sbavare, Hilary imbronciata seduta in un angolo del divano e Ryoko a chiacchierare con nonno Jei. Quest’ultimo poi sembrava particolarmente entusiasta.
Takao si avvicinò per sentire la conversazione, coperta dagli strepiti giulivi del professore.
-Anche Takao si allena da quando era piccolo, ma, ahimè, non si è voluto mai applicare più di tanto!- diceva suo nonno. –Ha la testa più dura del coccio questo ragazzo! Preferisce le trottole alla nobile e antica arte di famiglia!-
E quando mai, pensò Takao guardando di sbieco il nonno, non toglieva mai occasione per rinfacciargli la sua totale indifferenza per il kendo.
-La vostra famiglia pratica kendo?- chiese Ryoko interessato.
-Certo! Da secoli!- confermò il nonno orgoglioso gonfiando il petto come un pappagallo.
Come ben previde Takao, entro tre secondi il nonno iniziò a raccontare delle nobili gesta e della storia della loro famiglia, una solfa così noiosa e trita e ritrita che preferì andare a prendersi qualcosa da bere.  
Quando tornò stavano ancora su quell’argomento. Hilary era ancora più immusonita di prima, segno che anche lei era stufa di sentire sempre la stessa storia del nonno, o forse, cosa più probabile, perché avrebbe preferito passare tutto quel tempo da sola col suo ragazzo.
Eh si, Hilary era decisamente contrariata a causa di quella assurda situazione, e la colpa era tutta e solo di Takao! Kappa non avrebbe mai perso tempo appresso a lei sapendo che avrebbe potuto guardasi il suo programma preferito.
Takao approfittò di un piccolo spazio appena intravisto tra Ryoko e lei e si sedette comodamente, nonostante stessero stretti in tre su quel divano.
Stappò la lattina e bevve un sorso, soddisfatto per il semplice fatto di essersi messo in mezzo ai due.
-Vuoi?- disse offendo la lattina a Hilary.
Lei lo guardò storto per un attimo, poi appoggiò il mento sul palmo della mano voltandosi completamente dall’altra parte. Takao si strinse nelle spalle e continuò a bere.
-Ti conviene non tirare troppo la corta!- gli disse piano in modo che lo potesse sentire solo lui. –Sono seriamente tentata di dire a tuo nonno che ti sei ubriacato alla festa la scorsa settimana!-
Uno spruzzo di coca cola prese in pieno Daichi appena entrato e che per caso stava passando proprio davanti Takao.
Il silenzio scese immediatamente nella stanza.
Daichi incredulo rimase pietrificato, quando una luce omicida si accese nei suoi occhi. Takao si ritrasse nel divano, sprofondando quando più possibile. Diavolo, era incastrato.
-Scusa, ti giuro non l’ho fatto apposta!- si difese inutilmente.
Daichi gli si gettò addosso a pesce, senza dargli via di scampo. Hilary e Ryoko si scostarono immediatamente di lato.
-Bastardo! Mi hai lavato dalla testa ai piedi!-
Iniziò a tirargli la faccia e a strattonarlo, dandogli pugni e calci.
-Calma ragazzi!- il nonno estrasse una spada di bambù e diede un colpo secco proprio in mezzo alla testa di Daichi. Questo rotolò di lato tenendosi stretta la testa con i lacrimoni agli occhi.
-Ahi nonno! Mi hai fatto male!- si lamentò il rosso.
La faccia di Takao era gonfia e livida come una melanzana di stagione.
-C’è un ospite, non è questo il modo di comportarsi!- lo rimproverò il nonno contrariato più dal fatto che Daichi avesse ignorato bellamente il ragazzo di Hilary, piuttosto che dal comportamento selvaggio al quale era oramai abituato.
-Ma chi se ne frega di quello! Questo scemo mi ha sputato la coca cola addosso!- protestò Dachi.
-Ti ho detto che non l’ho fatto a posta!- ribatté stizzito Takao ancora una volta.
-E con questo!?- Daichi si alzò pronto a saltagli di nuovo sopra, ma il nonno lo fermò bloccandolo con la spada.
-Adesso basta ho detto!- ribadì il nonno. –Tu vatti ad asciugare, e voi invece venite con me nel dojo. Voglio mostrare a Ryoko il nostro cimelio di famiglia! Sono certo che lui lo apprezzerà!-
Anche quest’ultima battuta sembra essere diretta al nipote, ma non se ne preoccupò. Dopo tutto lui ci teneva più di chiunque altro alla spada del cuore di drago.  
  
 
 
 
-Non intendo assolutamente farlo! Non puoi decidere della mia vita!-
-Non dipende da me. Queste sono cose che riguardano la famiglia! È un dovere dal quale non puoi assolverti!-
Kai strinse la cornetta. Sapeva di essere nel torto, ma non poteva fare a meno di rifiutarsi. Doveva trovare un modo per uscirne.
Pochi attimi di silenzio.
Anche Hito Hiwatari era consapevole che il nipote non aveva scelta.
-Ti aspetto per domani a Mosca!- Disse solo questo prima di interrompere la telefonata.
Le braccia di Kai si fecero pesanti. Mise giù la cornetta come se fosse insostenibile.
Rimase zitto, lo sguardo perso e i pensieri impantanati in quella situazione scomoda.
Era totalmente impotente.
Era disarmante per lui questa sensazione, questa consapevolezza. Non poteva fare altro che piegarsi ad una volontà ben superiore alla sua.
Sapeva che prima o poi questo sarebbe stato il suo destino.
Accarezzò la fredda cornetta del telefono ancora sotto le sue dita, e le lasciò scivolare lungo i fianchi rassegnato.
D’altronde era meglio così. Non aveva niente da perdere. Sarebbe tornato in Russia, anche se odiava l’idea, e avrebbe rispettato i suoi doveri in quanto membro della famiglia Hiwatari.
 
 
 
 
 
Salve!!!!!!!
Ecco il capitolo nuovo nuovo!
Questo forse è un po’ più divertente, d’altronde takao si presta benissimo!
Allora, intanto voglio ringraziare tutti quelli che hanno letto fin qui! Spero che piaccia anche questo capitolo.
Ah e poi un’altra cosa per quanto riguarda il capitolo precedente: ari ha consigliato solamente a takao di spassarsela ogni tanto, mica gli ha detto di farlo con lei. Takauccio era semplicemente ubbriaco.
Cherry: ciao! Mi fa piacere che ti piaccia! Devo essere sincera, alla coppia kai claire non ci avevo mai pensato! Assurdo vero? E in effetti adesso che mi ci fai pensare non sono male…. Cmq il bacio kai takao è il mio fiore all’occhiello, modestamente ne sono molto fiera u,u (e lo dici pure!? Io che mi faccio ancora i gargarismi con boccasana! Ndtakao) cmq un bacio e grazie!
Klarai ciao! Quanto tempo che non ci sentiamo, è vero. Uff ma non so perché non riesco a trovare più il tempo di stare al pc ç_ç… e non ti preoccupare per ari, poi la mette in riga kai, mentre boris sarà adorabile più che mai (ah che ragazzo romantico *_*!)….
Pich91: ciao! Si hai ragione dovrei stare più attenta quando posto la storia… prima o poi imparerò a controllare meglio il lavoro prima di metterlo sulla piazza. Come ho detto sopra a mettere ari a posto sarà kai, ma devi aspettare… qualche capitolo credo, perché effettivamente è molto ambigua e strafottente. Pure a me piacciono le scene violente (infatti! Nd takao con la faccia gonfia).
Ok, penso di aver detto tutto. Adesso devo andare che dovrei studiare :D…. un bacio!
  
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** L'amore si odia ***


9 aoi
Salve gente! Come va? A me non un granché. Su due esami ne ho dato solo uno, e il secondo devo darlo tra qualche giorno e, invece di ripassare, mi sono messa a scrivere. Sono la solita beona babbea!
Comunque questo capitolo è un po’ particolare, e spero che l’inizio non vi faccia chiudere la pagina indignati e delusi. Quindi vi dico, resistete fino alla fine, (vi prego ç_ç! Nd me implorante) e poi mi fate sapere!  
Prima parte a parte (<- XD) ho pensato di introdurre un nuovo personaggio, e spero che vi piaccia, anche se è appena introdotto.
Ringrazio tutti quelli che leggono (soprattutto quelli che arrivano a fine capitolo senza mandarmi mentalmente a fare in culo) e che mi seguono con tanto ardore (ma chi? Io non vedo nessuno! Nd daichi)(zitto tu! Ndio).
Cherry_88: ciao! Grazie per la recensione! Si, in effetti hai ragione, kappa ha bisogno di una ragazza…. Vediamo che mi posso inventare (oh no, vi prego, io sto così bene! Ndkappa)(se certo -.-! ndme) in effetti era un po’ transitorio, e non so questo come inquadrarlo invece. Su ryoko hai avuto un buon intuito, ma di questo si discuterà in seguito :D! grazie ancora, un bacione!
Klarai: ciao ciccia! Che bello sentirti! Lo so che è un1a recensione, ma mi fa piacere perché sei tu.
Come vedrai non sei l’unica a pensare questo di ryoko, e forse con kai…. Ma che te lo dico a fare ora?! Ecco il nuovo capitolo, spero che non brucerai il computer per uno scempio simile T_T. un bacio e mille grazie!
Adesso ciao a tutti e buona lettura!
 
 
 
 
 
9. L’amore si odia.
 
Il mondo, vuoi o non vuoi, gira sempre allo stesso modo. Gira, intorno ad assi diverse, ma le regole sono sempre quelle. Questa è l’unica verità. E lei lo sapeva benissimo, lei era rimasta intrappolata in questa spirale. Uscita da una, era stata risucchiata su un altro raccordo, ininterrottamente.
E adesso non c’era niente di male se si prendeva qualche svago, se per qualche momento tutta la realtà intorno a lei svaniva per un istante di puro godimento.
Ma decisioni del genere costano molto caro, e in qualche modo devi ripagarle d’altronde.
Peccato che per quella sera lo svago non se lo era potuto prendere. In cambio aveva ottenuto né più né meno che quello che era sempre stato il suo pane quotidiano.
Si passò una mano tra i capelli scostandoli dagli occhi. Le faceva incredibilmente male la testa, pulsava dolorosamente.
Continuò ad avanzare nel corridoio buio e silenzioso.
E il mondo continuava a girare sempre allo stesso modo. Cambi luogo, cambi gente, esaudisci ogni più piccolo desiderio, raggiungi il tuo più grande obiettivo, ma ciò non implica che tu sia arrivato alla fine. Sei in gioco e devi continuare a giocare, senza giustificazioni, non ti puoi tirare in dietro. Nessuno può.
Nessuno….
Abbassò la maniglia della porta. Entrò, ignorando l’ora tarda e la possibilità che qualcuno potesse dormire, e si richiuse la porta alle spalle.
Il sapore del male, della violenza. Disprezzo per ogni volontà.
L’amarezza le storceva le labbra in un ghigno sadico.
Sentiva diramarsi dentro i palmi delle mani, dolorosamente, un crampo a tirare le dita, causato dalla forte esaltazione che le provocava la prospettiva di quel vecchio gioco.
Sentiva quella sensazione elettrizzante, sotto la pelle, scorrerle nel sangue come una adrenalina nera e velenosa.
La sua preda era un lupo, e lei il cacciatore.
Il mondo gira così. L’importante è esserne consapevoli, e lui lo era di certo.
I suoi occhi azzurri si spalancarono nel buio. Risplendevano come se riuscissero a catturare quel poco di luce che filtrava nella stanza.
Era fermo, nascosto sotto la coperta, attento ad ogni suo movimento. La fissava pronto a scattare.
Sorrise nell’avvertire la più totale ostilità in quello sguardo.
Lo conosceva così bene…. Lui senza rendersene conto, contro ogni sua volontà, aveva accettato la sfida che lei gli aveva lanciato; così facendo aveva premuto lui stesso il tasto start che avviava quel gioco perverso. 
Non era cambiato affatto, lui era sempre lo stesso Yuriy.
-Cosa vuoi?- un ringhio sommesso di avvertimento. Non accettava nessuno nel suo territorio.
Il dito sul grilletto è il secondo più lungo per ogni cacciatore.
Presa la mira: una sola possibilità, due soluzioni. Uno dei due ne sarebbe uscito morto.
Ma questo con Yuriy non valeva. Con lui il gioco si faceva a somma zero.
E poi, non era la pelle del lupo quello che voleva. Il colpo non sarebbe andato volutamente a segno, perché con lui se ne poteva permettere anche un secondo.
Inclinò il capo di lato, senza variare il suo sorriso sbieco: sbottonò il jeans.
-Il solito, no?-
Si rivelò. Il primo sparo riechèggiò nella foresta rivelando la sua posizione.
Ora giocava a carte scoperte.
Dopo il primo colpo a vuoto il cacciatore non può fare altro che attendere la reazione della fiera. Sarebbe scappata o avrebbe raccolto la sfida?
I suoi occhi di ghiaccio non la lasciavano un attimo, la scrutavano torvi intimandole di retrocedere ed andarsene.
Ma lei era intenzionata a restare. Altra mossa: si tolse il giubbino e lo gettò a terra.
-Vattene Mayer.-
Il lupo batté in ritirata. Non raccolse la provocazione del cacciatore.
Si girò, dandole le spalle.
È un errore che si fa quando non si segue l’istinto. Troppa fiducia in chi ti ha già sparato un colpo contro, e non ci pensa due volte a sparartene un altro non appena abbassi la guardia, nonostante tu abbia dimostrato quella parvenza di magnanimità nei suoi confronti.
E infatti ….
Dopo poco avvertì la sua presenza farsi sempre più vicina, qualcosa scrosciare a terra.
L’improvvisa pressione dietro di lui fu l’allarme che lo fece scattare.
Afferrò il suo braccio stringendolo senza freni in una morsa d’acciaio. Si alzò trascinandola con se e la sbatté con veemenza contro il muro. Un rumore sordo risuonò nella stanza.
Mai provocare un lupo, te lo potresti ritrovare addosso, impotente sotto le sue zampe, con le sue zanne affilate a pochi centimetri dalla carotide e il suo fiato caldo sul viso a preannunciare una morte bestiale e feroce.
-Ti ho detto di sparire!- sibilò. Il ringhio rabbioso di un animale pronto ad attaccare, con due occhi che avrebbero voluto ucciderla piantati nei suoi.
Strano a dirsi ma, in quell’attimo, il folle tra i due non era lui.
Lucidità, sprezzo del pericolo, provocazione alla chiara luce della ragione, questa è follia.
La follia è sparare un secondo colpo quando si sa già che andrà a vuoto, e che anzi peggiorerà la tua situazione.  
Con uno slancio, per quanto breve, attaccò le labbra a quelle di lui, alla sua bocca.
Uno schiaffo la fece capitolare sul letto.
Portò una mano alla guancia offesa come se quello schiaffo l’avesse sorpresa. Ma non era certo sorpresa quella dipinta sul suo viso, quando si voltò a guardarlo.
-Vattene!- un’altra volta, sempre più basso e incontrollato.
Provocazioni, assurde e continue.
Provocazioni che stavano avendo effetto.
Si alzò da letto, senza accennare ad abbassare lo sguardo, senza alcun segno di pentimento o  prostrazione. Continuava a reggere il suo sguardo incupito.
I pugni si strinsero lungo i fianchi e i muscoli si tesero. Troppa sfrontatezza in quegli occhi scuri.
Inaspettato quanto sonante, lo schiaffo venne ricambiato.
Lei lo sapeva, lo avvertiva, riconosceva quell’immobilità, quello sguardo, quell’aura che stava esplodendo senza ritegno. Ogni particella del suo corpo stava ribollendo, fremeva incessantemente, come lei desiderava.
Non lo sapeva Yuiry, ma lei riusciva ad avvertire il suo odore, l’odore del lupo orgoglioso e selvaggio quando veniva liberato.
Perse ogni controllo, ogni lucidità. 
Perse, lui era la bestia e perse quel confronto.
Quello che aveva sbranato non era cacciatore, era il diavolo tentatore che lo aveva portato con se negl’inferi con un tranello.
Non poteva che ritrovarsi a perdere, estenuato, scosso, aggrappato a quel corpo dilaniato dalla sua stessa furia. La belva stava tornando soddisfatta e docile nella tana nascosta nel suo cuore che batteva a mille ancora travolto dal sangue di fiera.
Era lì che si nascondeva, nel suo cuore, in attesa di essere liberata ogni sacrosanta volta che veniva provocata.
Una lacrima scese veloce a bagnare la pelle diafana e lucida mischiandosi al sudore.
Gli occhi tornarono tersi, fissi nel vuoto. Quella bestia aveva messo di nuovo a nudo la sua anima già martoriata e tormentata.
-Perdonami….- una preghiera racchiusa in un sospiro. Una richiesta che andava oltre quell’atto appena consumato. Una supplica che Yuriy ogni volta, da anni, le rivolgeva senza ricevere né una condanna né la grazia.
Lei non rispondeva mai. Stava ferma, sotto il suo corpo, le braccia abbandonate di lato, come morta.
Quegli occhi spenti e senza vita, l’espressione vuota, che cercava in tutti i modi di non vedere, facevano riaffiorare sensi di colpa nascosti sotto strati di ghiaccio.
Ma altre lacrime scesero sulle sue guancie, come a voler pulire la sua anima sporca e logora.
Il maglione incolore infeltrito gli pungeva il volto.
Era stretto al suo petto come se fosse quello di un’amante, mentre in verità era quello della sua vittima.
L’aveva trascinato con lei all’inferno, ancora una volta.
Era forse il suo modo per condannarlo per le sue colpe?
Quanto ancora avrebbe dovuto pagare per espiare i suoi peccati?
Ma per lui non ci sarebbe stata mai penitenza grande abbastanza da ripagare la sua ignavia, la sua inerzia d’innanzi ad un omicidio.
L’aveva vista morire, sotto i suoi occhi. Aveva visto la sua anima, per quanto muta e debole, venire strappata via e data alle fiamme irreparabilmente, senza muovere un dito.
Non aveva fatto niente.
Singhiozzò mosso dalla disperazione e affondò le dita nella schiena di lei.
Ma d’altronde lui che cosa avrebbe potuto fare? Il suo intervento sarebbe stato inutile. Era stato anni a ripeterselo: anche volendo, lui non avrebbe potuto fare niente.
E si ritrovò ancora, come allora, come sempre, a piangere sul quello stesso corpo seviziato.  
Ariel si mosse lentamente come se si fosse appena svegliata. I suoi occhi erano sempre stati spalancati, ma era la sua mente ad essere stata assente fino a che non fu quel piccolo e silenzioso singhiozzo a destarla.
-Non sei cambiato.-
Un secondo singhiozzo seguì quelle parole appena sussurrate.
Per quanto si sforzasse di vedere qualcosa, davanti a lui non c’era altro che nero e quella sensazione che lo opprimeva.
-Non sei cambiato affatto…. Lo sapevo.- continuò lei.
Volse il viso verso il soffitto nero davanti a lei. Passò le dita tra i capelli rossi del compagno.
-Anche le tue lacrime sono sempre le stesse.-
Erano parole strane quelle appena dette, che avevano sapore di confidenza. Confidenza che sembrava non esistere tra i due che, nonostante fossero l’uno dentro l’altra, cercavano di evitare di guardandosi in faccia, come estranei. 
-Perché, perché mi fai diventare così? È questa la tua punizione?-
-Non sono io a farti diventare così. Tu sei così Yuriy. Il tuo unico difetto è sempre stato la tua anima.- sospirò e lasciò cadere la mano, che per qualche attimo aveva accarezzato i capelli rossi, di lato.
-Non capisco perché tu non ti voglia decidere a buttarla via.- disse in fine come accusandolo.
Bugiarda! Quella era una menzogna. Parlava come se lei, di sua volontà, avesse rinnegato la sua.
Fatto stava che se era come diceva lei, come era prova quella stessa notte di violenza, lui era veramente quella bestia feroce che la sua parte umana cercava continuamente di sopprimere e di nascondere.
Lui in verità era quella bestia che si annidava nel suo cuore. Quella bestia che quella notte l’aveva picchiata, che le aveva versato addosso tutto il suo rancore solo per il fatto di esistere nella sua vita, che le aveva urlato contro umilianti accuse, e che alla fine, come lo aveva istigato il demonio, si era pure abbassata a violentarla.
Perché era la violenza che cercava quel demonio, e lui, ogni santissima volta, la accontentava.    
-Tu mi odi.- era un’accusa quella appena mossa.
Non c’era altra spiegazione per tanto accanimento nei suoi confronti.
-No!-
Un “no” strozzato. Le unghie di Yuriy si erano conficcate nella pelle della schiena di lei, che si irrigidì a quell’improvviso cambiamento di pressione.
Il lupo stava tornando a ringhiare furioso.
Voleva brutalità. Cercava quello che aveva sempre ricevuto. Non era lui che voleva, non era il risentimento nei suoi confronti quello che la spingeva a farlo stare in quelle condizioni ferine. 
Graffiò stritolando la carne sotto le sue mani. Altre lacrime scesero, questa volta di rabbia, di frustrazione. I denti digrignati pronti a dilaniare qualunque cosa.
Lui e le sue pene non venivano neanche prese in considerazione, lui che si stava ancora dannando a causa sua, di quella stronza che non meritava tanto.
Si stava trasformando di nuovo. Il corpo era scosso sa fremiti.
-Allora se è solo violenza che vuoi, perché cazzo sei venuta da me?- chiese. La voce era bassa e attraversata da tremiti di rancore.
Ariel si fece scappare un gemito di dolore, mentre il torace veniva stretto tra le braccia sempre più irrigidite di Yuriy, e la carne della schiena veniva lacerata. Strinse a sua volta i pugni sulle spalle del compagno, lasciando segni rossi sulla sua pelle diafana.
-Perché non sei andata da Boris! Non c’è lui per questo tipo di giochi? Lui non si è mai fatto problemi per questo!- ringhiò sempre più adirato.
Strinse ancora, sempre di più. Sapeva che le stava facendo sempre più male, ma era ancora troppo poco per soddisfarlo. E lei non parlava e la sua insofferenza cresceva con un ritmo ossessivo.
Perché non rispondeva? Perché continuava ad ignorarlo?
-Perché?! Perché non sei andata da lui e non mi hai lasciato in pace?!-
-Perché non lo sopporto!- finalmente le parole le sfuggirono da quella bocca fino ad allora sigillata e furono libere, e continuarono come un fiume in piena di pensieri che lei stessa aveva ignorato prepotentemente per tutto quel tempo.
-Non sopporto il modo in cui mi tocca, non sopporto il modo in cui mi guarda! Mi fissa come se….- prese ad ansimare, ancora stretta nella morsa di Yuriy, che ora sembrava essersi arrestata.
Forse era quella confessione inaspettata ad averlo pietrificato.
-… non voglio che mi guardi, che mi tocchi in quel modo…. Preferisco essere torturata piuttosto!-
La stretta di Yuriy si sciolse lentamente.
Ariel riprese fiato e si rilassò contro il materasso. Quelle parole le erano costare più fatica di quanto potesse immaginare. Era esausta.
Chiuse gli occhi e sperò soltanto che finisse lì, che Yuriy non cercasse da lei ancora nient’altro.  
-Tu sei ancora Yuriy, mentre Boris… no!- disse infine abbandonando il capo di lato. -Tu non sei cambiato, sei sempre lo stesso!-
Il silenzio scese pesante sui due, inondando quella stanza buia e le loro menti.
Cielo vuoto dopo la tempesta.
Le lacrime smisero di scendere dagli occhi di Yuriy.
I respiri di Ariel tornarono regolari, con gli occhi chiusi come se volesse dormire serenamente.
-Ha detto che mi ama….-
Una fucilata in pieno petto.
Il suono sordo dello sparo riecheggiava ancora nelle sue orecchie mentre cadeva morto a terra.
Aveva sparato più volte mirando, senza mai volerlo veramente prendere, e adesso, con un unico colpo, senza nessuna premeditazione ne intenzione, senza neanche saperlo, aveva centrato il cuore del lupo.
Non aveva la minima idea che peso potessero avere parole come quelle. Per lei erano come parole di un pazzo che affermava di aver trovato l’isola che non c’è, un qualcosa di fantastico, di meraviglioso, e ineluttabilmente inesistente.
Boris aveva perso il lume della ragione, e quella sua insistenza era inquietante per lei.
Ma Yuriy sapeva benissimo che non era così.
No, Boris non sarebbe mai arrivato a tanto se non fosse stato veramente convinto e sicuro di se.
Adesso aveva la conferma di aver fatto sesso con la donna che il suo migliore amico amava.
Anche prima gli era capitato di finire a fare quello stupido gioco con la Mayer,  ma ora tutto cambiava se si metteva in campo quello che era un dato di fatto che fino a quel momento non era mai stato chiarito.
Adesso aveva la conferma direttamente da lei, da lei che stava ancora seminuda sotto di lui e che lo accoglieva ancora tra le sue gambe.
Traditore.
Lui la ama, e tu? E tu le hai strappato le mutande di dosso!
Avrebbe potuto benissimo dire che era stato provocato, che non era colpa sua , che non ne sapeva niente, ma sarebbero state tutte palesi menzogne.
Quelle provocazioni le conosceva fin troppo bene, quella non era certo la prima volta che gli capitava. La colpa era comunque la sua, perché aveva sempre saputo in cuor suo quali fossero i veri sentimenti che il suo migliore amico provava per lei.
Alzò leggermente il capo decidendosi finalmente a guardarla in volto.
Lei aveva il viso rivolto dall’altra parte. Schiuse leggermente gli occhi in due fessure appena distinguibili. Le pupille scure si spostarono su di lui incrociando i suoi occhi azzurri raggelandolo.
Erano opachi come quella notte di tanti anni fa.
-Smettila di piangere. Lo sai che mi da fastidio.- disse con voce atona tornando a nascondere quegli occhi dietro le palpebre.
Come poteva dare la colpa a lei? Era come incolpare un fantasma, un oggetto senza coscienza.
Stava piangendo, di nuovo.
Era tutto così miserabile e squallido.
Boris innamorato di qualcuno oramai morto da tempo, ma che continuava ad aggirasi ancora, per chissà quale motivo, su quella terra, e lui che lo aveva tradito lasciandosi andare a quei giochi perversi.
Come spiegare a Boris che lei non esisteva. Forse quando ancora qualche rancore lo provava per Kai, si poteva affermare che qualcosa in lei c’era, ma adesso era vuota.
Non c’era niente dentro quel corpo.
Tornò ad appoggiarsi a lei cercando di calmarsi, ma le lacrime non si fermarono.
Ariel iniziò ad agitarsi. Odiava sentire piangere, e non perché ciò comportava la tristezza di qualcuno, ma per il semplice fatto che lei non ne era mai stata capace, neanche di buttare fuori una sola lacrima. Non capiva cosa significasse piangere, non sapeva come fosse possibile ne cosa si provasse. Non aveva mai capito Yuriy per questo, e adesso anche Boris, uno dei pilastri della sua realtà, crollava davanti ai suoi occhi, giorno dopo giorno.
Yuriy chiuse gli occhi, oramai gonfi e rossi, che bruciavano.
Era tornato al punto di partenza, anzi, era sceso ancora più in basso, macchiandosi anche di tradimento nei confronti del suo migliore amico.
Cercare perdono? Se lo meritava? Era certo di no. 
Boris non meritava tutto questo.
 
 
 
 
Takao sospirò sollevato e si afflosciò sulla sedia. Ancora due nomi e il professore sarebbe arrivato a lui, che il giorno prima, invece di studiare, si era trattenuto eccessivamente ad allenarsi col suo beyblade in giardino. Quindi non sapeva niente sulla cellula quadrata o tonda, e il suono della campanella era stato un vero prodigio della tempestività.
Mai aveva amato l’ora di pranzo per qualcosa che non fosse il pranzo stesso.
-Dalla tua faccia posso intuire che non hai aperto libro come tuo solito!-
Hilary, seduta nel banco accanto al suo, lo guardava scocciata col viso appoggiato al palmo della mano e le gambe accavallate.
Takao ridacchiò portando le mani dietro la testa facendo il gradasso.
-E come vedi, me la cavo sempre!-
Hilary sbuffò e si voltò dall’altra parte incrociando le braccia al petto.
-Bene! Adesso si mangia!- annunciò Takao afferrando lo zaino e tirando fuori il pacchetto del pranzo.
Quando risollevò lo sguardo si trovò davanti Ryoko.
Come faceva oramai ogni giorno, il ragazzo si affacciava sorridente alla porta dell’aula e, una volta individuata Hilary, le faceva segno di uscire e raggiungerlo.
Ebbe pure il pensiero di salutare lui e il professore, come sempre, prima di sparire nel corridoio insieme alla ragazza.
Takao ricambiò flebilmente, oramai rassegnato a dover passare ancora una volta la pausa pranzo solo con Kappa.
Quella relazione, che andava avanti oramai da settimane, non era passata ovviamente inosservata a nessun elemento della popolazione femminile della scuola, soprattutto alle compagne di classe di Hilary, che certo non si aspettavano che l’amica, tutt’altro che interessata ai ragazzi, finisse col mettersi col il capitano della squadra di kendo della scuola. Praticamente con una celebrità!
Quella strana coppia aveva lasciato l’amaro in bocca a qualcuna, che magari ci aveva messo tutte le speranze sul bel capitano, mentre qualcun'altra si era rassegnata e non ci pensava più. Ma, nonostante questo, la coppia Ryoko – Hilary restava uno degli argomenti principali nelle pause pranzo delle ragazze di tutta la scuola, e in particolare della 3°B.
Ogni volta che vedevano apparire Ryoko sulla porta dell’aula ridacchiavano giulive, dando qualche spintarella a qualche compagna vicina e lo indicavano furtivamente. 
Qualcuna si azzardava pure a salutarlo da lontano con un cenno della mano, scatenando l’ilarità delle altre.
-Chissà che cosa ci avrà trovato nella Tachibana!- ripeteva sempre Mina Haizawa ogni volta che il ragazzo faceva cenno ad Hilary di seguirlo fuori, proprio come questa volta.
Come al solito la sua migliore amica, Seimi, le diede un colpetto col gomito e le rispose ridacchiando: -Magari non ci ha trovato l’invidia!-
-Io non la invidio!- si difese Mina iniziando a mangiare.
-Piuttosto che cosa ci avrà trovato lei in lui!-
Il commento, decisamente fuori luogo e inaspettato, non poteva che arrivare da Sayu Matsuda, ragazzina mingherlina e dai capelli corti, che di solito parlava poco ma, a detta delle sue amiche, quel poco era sempre a sproposito.
Infatti il gruppetto di ragazze si voltò simultaneamente verso di lei con espressioni inebetite.
La ragazzina si fece ancora più piccola sulla sedia, cercando di nascondersi dietro il manicaretto che teneva alto tra le bacchette.
-Che c’è? Che ho detto?- chiese senza capire.
Era da settimane che le sue amiche facevano sempre gli stessi commenti su Ryoko, su quanto fosse bello, su quanto fosse bravo, carino e quant’atro, e adesso che diceva la sua la guardavano con tanto d’occhi.
-Sayu! È di Ryoko che stiamo parlando, di Kayami! Hai presente, il ragazzo più intelligente dell’istituto, il capitano della squadra, eccetera e eccetera?- le fece presente una sua amica con le treccine.
-Sì, lo so, e quindi? Secondo me non è tutto questo granché!- ammise mangiando il gamberetto impanato.
-Non è tutto questo granché?!- esclamarono incredule in coro.
-È un ragazzo come gli altri….- continuò Sayu servendosi di un altro gamberetto, alzando di sottecchi gli occhi sulle compagne per vedere la loro reazione.
-Ma scherzi, vero?!- le chiese l’amica con le treccine. -È il ragazzo perfetto! Ti rendi conto di quanto sia raro trovare un ragazzo intelligente, dolce e che, allo stesso tempo, sia anche bello?!-
-Mikami ha ragione!- disse Seimi agitando le bacchette con fare esperto. –Puoi trovare un ragazzo intelligente, ma brutto e imbranato, o magari bello e bravo negli sport, ma stupido come un sasso e senza il minimo tatto. Cioè, ma ti rendi conto di quanto sia difficile che tutte queste cose coincidano?-
Ma Sayu non sembrava affatto convinta dalle affermazioni delle compagne.
Continuava a vagliare con le bacchette le varie verdurine dentro il suo obento, storcendo la bocca ripensando a Ryoko e alle parole delle amiche.
In tutta sincerità, quel ragazzo non le aveva mai ispirato niente di ché. Le sue amiche non facevano altro che parlare di lui, dei suoi capelli neri, i suoi sorrisi splendenti, delle sue competizioni di kendo, ma tutte quelle chiacchiere le sembravano vuote.  
-Forse è per questo….- disse alla fine buttando giù una verdura a forma di stella. –Sarà che è troppo perfetto, alla fine ci si annoia!-
Mina scoppiò a ridere tenendosi le mani sulla pancia.
-Allora, di grazia, quale ragazzo sarebbe degno di nota secondo te?- le chiese continuando a ridere.
Sayu divenne rossa, più per le risate insistenti delle compagna che per la domanda. La facevano sentire ridicola, ogni volta che apriva bocca lei qualcuno scoppiava a ridere, sempre, era matematicamente attestato.
Anche le altre ragazze presero a ridacchiare.
Si pentì subito di essere intervenuta. Perché doveva fare sempre la parte di quella originale? Che ne poteva sapere lei di chi potesse essere più interessante di quel Kayami?
Si strinse nelle spalle senza sapere che dire, sentendo gli sguardi delle compagne pesarle sempre di più addosso, e le loro risatine sempre più assordanti.
Effettivamente chiunque poteva essere più interessante di quel ragazzo….
Portò le bacchette alla bocca e si guardò attorno.
-Takao!- disse infine e riprese a mangiare come se nulla fosse.
Le ragazze smisero di ridere e si ammutolirono d’un botto. Si voltarono tutte verso il ragazzo che dava loro le spalle, ignaro della loro improvvisa attenzione, spaparanzato, con i piedi sul banco, a mangiare parlando animatamente col suo amico Kappa.
-Stai scherzando, vero?- chiese seria Mina tornando a guardare l’amica cose se fosse affetta da chissà quale malattia.
Sayu tornò a guardare Takao e poi annuì convinta.
-È carino e simpatico, e se lo vogliamo mettere sullo stesso piano di Ryoko, anche lui è alto, ha un bel fisico, ha dei bei capelli…. Certo, non è un genio a scuola, e forse è un po’ sfaticato… ma almeno se gli rivolgi la domanda “che mi racconti”, non ti risponde “oh, il solito, ho preso un buon voto in matematica, ho vinto il torneo regionale di kendo....” e cose così. Non so se mi spiego….-
-Ma che stai dicendo? Stai parlando di quello sfigato di Kinomiya!- le fece presente Seimi scandalizzata.
-E poi lui ti può dire “ho vinto il campionato mondiale di Beyblade!”! Che razza di sport è il beyblade?- disse Mikami facendo scoppiare a ridere tutte quante.
Sayu tornò a fissare imbarazzata il suo pranzo, chiedendosi perché stesse ancora con quelle amiche che la facevano sentire così inadatta. Forse non si potevano considerare neanche amiche, data la loro poca sensibilità nei suoi confronti.
Mina appoggiò le bacchette e poggiò i gomiti sul banco, appoggiando il suo bel visino, incorniciato dai capelli castani e liscissimi, sui palmi delle mani. Le sorrise ma certo non confortò Sayu, che già aveva messo il broncio e la guardava scocciata.
-Perché dovrei preferire Kinomiya, col suo pessimo carattere e i suoi modi rozzi, a Kayami che è gentile, educato e sensibile?- disse, adesso deridendo apertamente l’amica.
Sayu comprese in quel momento che ne aveva abbastanza di quei modi di fare, che in effetti quelle non erano sue amiche ma semplici compagne di classe. Quando Mina continuò ancora più perfida, Sayu iniziò a desiderare con tutta se stessa che la campanella suonasse e gliele scollarsele di dosso, magari definitivamente.
-Fossi scema! Con un tizio così non ci uscirei neanche se fosse l’ultimo ragazzo sulla terra! Che strani gusti che hai Sayu, a volte dici certe scemenze!-
Intanto Takao, dall’altra parte dell’aula, sentendo l’ennesimo scoppio di risa portò la testa in dietro, vedendo sotto sopra il capannello di ragazze che civettavano allegramente e senza contegno.
-Tzs!- fece tornando a rivolgersi a Kappa. –Che oche!-
 
 
 
 
Si era chiuso in camera sua. Non ne era uscito per le lezioni, e aveva intenzione di fare altrettanto per la cena e per le lezioni del giorno seguente.
Vigliacco? Sì, si stava nascondendo, si comportava proprio da vigliacco. Lo sapeva, ne era consapevole, e sapeva altrettanto bene che era una cosa stupidissima e inutile.
Inutile come quella bottiglia che si era scolato piano piano, e che alla fine aveva gettato sotto il letto amareggiato.
Dove aveva trovato una bottiglia di rum? Bella domanda! L’unica persona rifornita di tali schifezze, e l’unica che se ne fotteva delle regole della scuola, era proprio la Mayer, manco a farlo apposta.
Uscì dal bagno asciugandosi la faccia e gettando l’asciugamano sul letto.
Doveva uscire, doveva dirglielo! Non passava secondo che la sua coscienza non glielo ripetesse.
Ma lui come avrebbe reagito? Di certo non bene.
Anni a dirgli, intimargli di allontanarla e, alla fine, lui stesso ci era ricascato.
Lei gli aveva teso la solita trappola. D’altronde non poteva certo violentarlo, era pur sempre una ragazza, ma la sua intenzione era quella.
Violare nel corpo, violare nella mente, violare nell’anima.
Andava dispensando ciò che aveva ricevuto, e questo poteva anche starci.
Era un’esperta in questo, e la colpa in parte era anche sua.
Ma lei non gliela riconosceva, facendolo vagare tra il purgatorio e i girono più infimi e squallidi dell’inferno.
E Boris…. Boris non ne sapeva niente. Nessuno ne sapeva niente.
Solo lui e la Mayer. Complici di quella colpa maledetta che si portava dietro da anni, che aveva dato origine a tutto.
Aprì la finestra e si affacciò. Fuori stava tramontando, dopo l’ennesima giornata di pioggia.
Aveva anche finito le sigarette, il pacchetto giaceva appallottolato sul letto vuoto di Kai.
Se solo non fosse partito proprio il giorno prima per la Russia…. Che pensiero sciocco!
Anche se ci fosse stato non sarebbe mancata comunque l’occasione. Come aveva ceduto quella notte, avrebbe ceduto anche in un altro momento.
Guardò sotto, nel giardino. Molti ragazzi erano usciti approfittando di quella tregua e fare due passi.
Dopo quella notte gli sembrava tutto così estraneo e assurdo. Quasi la vecchia sensazione di nostalgia tornò a farsi sentire. Nostalgia delle vecchie mura di pietra del monastero, della vecchia rigidità, delle vecchie regole assolute e inattaccabili. Un unico solo grande obbiettivo, essere il migliore, prevaricare gli altri. La lotta.
Non esistevano lì fuori, ed era magnifico, ma non poteva fare a meno di quella sensazione. La Borg era lui, intrecciava le sue spire con le fibre del suo cuore in un unico tessuto.
Rinnegare era inutile. Da che ne aveva memoria, lui era sempre stato Yuriy Ivanov, prima parte e poi punta di diamante della Borg. La Borg stessa.
Non era stato facile ricrearsi un mondo, scoprire e adattarsi in uno nuovo, e del tutto impossibile annullare quello vecchio che lo aveva cresciuto.
Non c’era speranza, doveva solo accettarlo e continuare a vivere sapendo di essere diverso da tutto e da tutti, di avere un demone in cuore, di essere figlio dell’inferno.
Doveva dirglielo. Doveva parlarne con Boris.
Chiuse la finestra e si voltò per prendere la giacca e uscire, ma non appena alzò gli occhi si bloccò.
La porta si aprì davanti a lui, pietrificandolo.
I pensieri si bloccarono. Chi poteva essere? Che poteva volere?
Un passo e i loro sguardi si incontrarono.
Quegli occhi così lontani, come se fossero passati anni dall’ultima volta in cui li aveva guardati.
Boris alzò un sopracciglio sorpreso.
-Yuriy! Cavolo amico, che fine hai fatto? Avevo iniziato a sospettare che te ne fossi tornato in Russia con Kai!- disse entrando e chiudendosi la porta alle spalle.
Yuriy non rispose. Non disse niente, continuando a fissarlo come quanto era entrato: disincantato.
Una maschera insensibile e indifferente, il contrario dell’altro, ghignante e furba.
Boris si addentrò nella stanza e con un balzò si gettò sul letto di Kai con tutte le scarpe, come per spregio nei confronti di quest’ultimo, e portò le braccia dietro la testa.
-Oggi quella vecchia racchia della Bulstrode per poco non ci restava secca! Cavolo che peccato, con una scivolata del genere chiunque sarebbe crepato, ma non quella! Hai presente la scalinata principale? Ecco….-
-Boris!- Yuriy lo interruppe. Tono piatto ma che sembrò brusco.
Boris alzò le sopracciglia in un’espressione stupita. Yuriy continuava a fissarlo con la stessa espressione con cui lo aveva accolto.
Uno spietato boia pronto a tutto, anche a l’esecuzione del suo migliore amico.
-Io…-
-Lo so.-
Questa vota fu Boris ad interromperlo portando il silenzio nella stanza.
Yuriy finalmente distolse lo sguardo.
Boris si tirò su, mettendosi a sedere, guardando di fronte a se nella penombra della stanza. Le mani affondate nel morbido piumone, e il respiro lento e appena percettibile.
Yuriy era sicuro che la Mayer non avrebbe detto niente, non era da lei immischiarsi in certe faccende. Ma allora Boris come faceva a saperlo già?
-L’ho capito dai tuoi occhi.- gli arrivò in risposta, come se avesse sentito i suoi pensieri.
Boris aveva fatto finta di niente, come al solito, perché come al solito aveva capito tutto già al primo sguardo posato su di lui.
-So che è così. Ci convivo da anni.- proseguì con parole atone e misere.
Yuriy avrebbe voluto urlagli di allontanarla, di chiedergli perché si fosse così incaponito con lei. Ma sapeva fin troppo bene il perché, che la risposta sarebbe stata “la amo”.
Che cosa insensata, un amore impossibile, che non sarebbe mai stato ricambiato per l’incapacità di lei di provare qualcosa, qualunque cosa.
Ma Yuriy non poteva parlare, poteva solo constatare i fatti: lui aveva tradito.
-Yuriy, lei non ha mai fatto differenza tra noi due. Quello che vuole se lo prende senza pensarci su, e pensandoci non è molto diverso da quello che facevamo noi. Non sono un illuso.-
Discolpava lei, ma non lui, non la sua pessima ricaduta.
-Quello che mi importa non è tanto che mi ricambi, in qualche modo. Forse non lo farà mai…. Voglio solo vederla, almeno per una volta, felice. Voglio che provi almeno qualcosa, anche solo la minima parte di quello che riesco a provare io.- continuò con coraggio.
Yuriy ascoltò incredulo.
Boris non era un illuso? No, era completamente cieco.  
Non sarebbe cresciuto niente in quell’arida terra senza lacrime, e certo non sarebbero state quelle di Boris a rendere possibile un’utopia simile.
-Sto provando in tutti i modi ad aiutarla. Sapere che questa notte è venuta da te mi rattrista solo perché mi fa capire che sto su un binario morto che non mi porterà da nessuna parte, e perché, in tutta onestà, non ho idea di come cambiare questa situazione.-
Si alzò e tornò a guardare l’amico dai capelli rossi.
-Tu sei un pazzo Boris.-
Gli stava parlando come gli avrebbe parlato anni prima, come se l’amico stesse andando contro la legge infrangibile di quel mondo spietato e freddo. Boris si stava condannando a perire e per impedirglielo era anche disposto a sacrificarsi.
-Quella è venuta da me, dopo che le hai detto che la ami, e ci ho fatto sesso!-
Boris si irrigidì.
-Ho dormito sul suo corpo seminudo, dentro di lei, per tutta la notte. Non ha fatto una piega quando mi ha detto che la ami, con me tra le gambe. Capisci quello che dici? Capisci che sono solo cazzate quelle che dici?!-
Il pugno dell’amico gli spaccò il labbro e la parete interna della bocca, e un fiotto vermiglio imperlò l’aria.
Venne afferrato per il collo della camicia e sbattuto contro la parete.
Proprio la stessa parete delle sera prima.
Boris lo schiacciò. Il viso era contorto dall’ira, gli occhi verde oliva erano diventati scuri, sfiorando quasi il nero. Frustrazione, odio, o tutti i sentimenti che erano rimasti nascosti fino a quel momento pulsavano nel petto ad ogni battito, tingendo la mente di rosso.
-Non sono cazzate quelle che dico! Non sono pazzo! Non sono Io il pazzo!- urlò adirato. –Capisci Yuriy che non sono io il pazzo?!-
Le guancie si bagnarono di acqua salata cariche di risentimento, e lo scosse ancora contro quella parete.
Yuriy rimase pietrificato. Boris aveva chiuso gli occhi e aveva appoggiato la fronte contro la sua. I pugni stretti sul tessuto della camicia si abbandonarono contro i petto diafano dell’amico.
Era esausto, era stremato.
-Non dimenticartelo…- disse infine in un filo di voce tremante. –Per favore Yuriy, è importante che tu non te ne dimentichi…-
Una richiesta e infine una supplica umide di compassione.
-Perdonami….- fu la risposta roca di Yuriy che si abbandonò contro il muro.
Le lacrime tornarono a imperlargli le guancie, le stesse di quella notte, di pentimento, di colpa.
Boris aveva ragione, non doveva dimenticarsene. Non doveva perdersi.
Tolti quei pochi millimetri, fu un delicato e fugace bacio a fior di labbra ad occhi chiusi, quella carezza fraterna di perdono e conciliazione.












Allora, che ne pensate?
Boris e yuriy: Ma si può sapere perché c i hai fatto baciare?
Perché siete pucciosi (si l’ho detto! anche io ho usato questa parola! Nd io) siete Kawaii!!!!!!
Boris e yuriy: NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!
Non è vero che sono tenerissimi? ^^
Yuriy: Ma tu sei folle!
Boris. Io mi rifiuto categoricamente di baciarlo ancora! Cazzò è un ragazzo anche se non sembra!
Yuriy: come scusa?!
Boris: cosa?
Yuriy: hai detto che non sembro un ragazzo!
Boris: e quindi? È vero!
Yuriy: ma senti sto pezzo di pqvgjp jcfjp jppe c èwkfè!
Ci tengo a precisare che questo non è russo e si pronuncia così come è scritto U_U nd me.
Ma tu guarda che tipi, litigano per queste scemenze e non quando uno si fa la ragazza dell’altro.
Yuriy: non è colpa mia, è ari che è zoccola!
Ari: ç_ç non è vero!
Yuriy boris e me: O_O….
E con questo chiudiamo in bellezza.
 
Di nascosto dopo dieci minuti, quando yuriy e bori si sono dileguate, mng ming appare dal nulla e si avvicina ad ari.
Ming ming: ehi scusa! Potresti dirmi, si insomma, chi è il più… ben piazzato! Sai, non sono mai riuscita a vedere yuriy sotto la doccia, mentre boris, vabbè, non è un mistero, gira pure nudo per la stanza! ^_^
Ari: O_O…. non te lo dirò mai! Wahahaha! (improvvisa trasformazione in un diavolo, con fiamme e lava che spuntano dal nulla)
Ming ming: ti prego! Ho fatto una scommessa con mao!
Ari: ah, tutto qua! Ok, te lo dico, ma prima dovrai sganciare un bel po’ di grana!
Ming ming incazzata nera che tira fuori da sotto la gonna una valigetta nera piena di soldi: ecco, adesso dimmi!
Ari si avvicina all’orecchio della ragazza sempre più curiosa.
All’improvviso tornano Yuriy e Boris, che intuendo, non si sa come, il grande arcano che stava per essere svelato, prendono ari di peso e la minacciano di morte chiudendola in un angolo.
Ming ming si dilegua spaventata a morte cercando di non farsi notare dai due, e in effetti ci riesce.
Yuriy smette di urlare e fa un cenno al compagno: Se n’è andata!
Boris: bene! dai, tira fuori la grana, vediamo guanto abbiamo fatto oggi!
Ari apre la valigetta nera: con quella deficiente della cantante sicuro abbiamo fatto sopra il milione!
Io: ehi scusate, ma questa si chiama truffa!
Yuriy boris e ari: e quindi? Noi siamo i cattivi!
Io e tutti: i cattivi? O_O
Boris che si passa una mano tra i capelli e fa un sorriso smagliante: certo, altrimenti dove lo prenderemmo tutto questo fascino.
Io: -____- eravate tutti d’accordo. Che delusione!
 
 




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Capitolo 10
*** Un nuovo affare! ***


aoi 10


10. Un nuovo affare!
 
Infilò le scarpette, si sistemò lo zaino in spalla e aprì la porta di casa. Un sole caldo entrò nell’ingresso di casa.
-Mamma, io vado!- urlò Sayu prima di uscire.
Corse lungo il vialetto e imboccò la strada per la metropolitana.
Alzò il viso verso il cielo azzurro e terso. Era una magnifica giornata, si avvertiva che la primavera era alle porte.
Sorrise fra sé: quello era il giorno perfetto per iniziare una nuova amicizia.
Quella notte aveva preso la sua decisione! Addio Mina, Seimi e le altre, era stanca di loro, era stanca di persone che la facevano sentire stupida. Si era presa di coraggio, aveva accumulato un po’ di autostima e quella mattina era partita piena di buon umore e buoni propositi.
Non vedeva l’ora che arrivasse la ricreazione o l’ora del pranzo per avere la possibilità di avvicinarsi a Takao e a Kappa, ma una volta arrivata davanti a scuola si sorprese quando li trovò già lì prima del suono della campana.
Stavano vicino all’entrata e il piccoletto stava facendo vedere qualcosa al computer all’amico, e Takao annuiva distrattamente, sembrando più interessato ad altro.
Si fermò e li osservò per un momento. Doveva andare da loro e parlare, così si stringeva amicizia, no? Si irrigidì, e strinse le mani attorno le bretelle dello zaino.
Come cavolo si faceva amicizia!?!
Ok, ora si stava facendo prendere dal panico! Doveva stare calma e trovare la serenità con la quale si era svegliata quella mattina.
Deglutì a vuoto e partì verso la loro direzione, determinata come un treno. Si piazzò davanti ai due.
-Ciao ragazzi!- li salutò, forse con voce troppo acuta, perché Kappa la guardò storto.
-Ciao!- rispose solamente Takao rivolgendole a malapena un’occhiata e continuando a guardare da tutt’altra parte.
-Che state facendo?- chiese allora cercando di sbirciare sul monitor di Kappa, ma questo chiuse il computer con uno scatto, nascondendolo di proposito.
-Niente!- rispose il piccoletto irritato. –Devi dirci qualcosa?-   
Sayu si irrigidì automaticamente col cuore in gola, e abbassò la testa mortificata e delusa.
-No, a dir la verità non devo dirvi niente…. Scusate!-
Bell’affare, la stava cacciando come una ficcanaso!
Era come se le fosse finito un macigno sulle spalle fatto di imbarazzo e sconforto. Si sentiva più stupida di tutte le volte che le sue amiche avevano riso di lei. Ecco, la risata di Mina riecheggiava nella sua mente in modo ossessivo.
Girò sul posto e mosse un passo - aveva voglia solo di scappare via - ma Takao la chiamò.
-Sayu!-
Si bloccò. Si voltò lentamente a guardare Takao. Lui la guardava come se si fosse accorto della sua presenza solo adesso.
Forse voleva solo sapere l’orario. Certo, per quale altro motivo doveva chiamare lei?
Dopo tutto, solo perché era una loro compagna di classe, non voleva dire che la volessero come amica. L’aveva scoperto solo ultimamente che compagno di classe non equivaleva a amico.
E perché avrebbero dovuto volere l’amicizia di una ragazzina sciocca?
-Si?- chiese timidamente ripetendosi di non illudersi, che altrimenti ci sarebbe rimasta male. Ma più se lo ripeteva e più dentro di se sentiva il contrario. Al diavolo, lei ci sperava, pregava con tutta se stessa, che non fosse solo per l’orario!
-Sei libera questo pomeriggio?- le chiese Takao.
Kappa lo guardò incredulo, Sayu sbatacchiò le ciglia  sbalordita.
-Si.- rispose in attesa di sapere che cosa avesse in mente Takao. La sua espressione tranquilla e indifferente non lasciava intendere niente.
Prese la borsa da terra, se la mise in spalla, e infilò le mani in tasca con disinvoltura.
-Allora ci vediamo alle sei davanti al parco Kouen! Niente di ché, non è un appuntamento, è solo un’uscita tra amici!- le disse.
Kappa strabuzzò gli occhi e rimase a bocca aperta senza parole.
-Da amici dici?- chiese Sayu fissandolo incredula.
-Ma Takao!- protestò il piccoletto.
Takao sbuffò e roteò gli occhi al cielo scocciato, ma lo ignorò tornando a rivolgersi a Sayu.
-Per te va bene, vero?-
-Certo!- esclamò entusiasta annuendo con vigore, come se avesse paura che quell’occasione fruttata proprio quando stava per mollare le sfuggisse dalle mani. Non poteva credere alla fortuna che aveva avuto! Avrebbe voluto saltare per la felicità, ma era meglio trattenersi e avere un po’ di contegno per ora.
-Bene!- disse Takao senza fare caso all’eccessivo entusiasmo che brillava negli occhi di Sayu, con Kappa che starnazzava saltellandogli intorno per farsi notare, e venendo ignorato lo stesso. -Allora entriamo, è suonata la campana! Che noia!-
Sayu osservò i due amici avviarsi verso la scuola, unendosi allo sciame di ragazzi diretti a lezione.
Non ci poteva credere, due minuti e già un invito ad uscire!
Prese il cellulare e lesse il messaggio che le aveva mandato Mina la sera prima.
Ci vediamo a casa mia alla stessa ora. Kiss kiss!
Lo chiuse con uno scatto. Questa volta non ci sarebbe andata, aveva di meglio da fare!
Era tanto contenta che si dovette mordere il labbro inferiore per impedirsi di ridere da sola come una scema. Avrebbe voluto saltellare per la gioia, e in effetti lo fece, certo, trattenendosi, ma per tutta la giornata, fino a che non si fecero le sei non fece altro che saltellare e sorridere ogni volta che abbassava la testa, come per nascondere quel sorriso al mondo.
Quando arrivò davanti al parco Kouen erano le sei spaccate.
Si era messa i colori più stravaganti che aveva nell’armadio, compreso un berretto giallo che le stava grande. Lei era bassina, e se Takao non l’avesse vista in mezzo a tutta quella gente?
Quindi meglio non rischiare e farsi notare.
Dopo poco sentì qualcuno batterle una mano sulla spalla. Si voltò di scatto e si trovò di fronte a qualcosa di rosso. Alzò gli occhi verso l’alto, sempre di più, finche non incontrò il sorriso di Takao.
-Ciao!- lo salutò allegramente.
-Ciao Sayu!- disse lui guardandola dall’alto. –Che ne dici di mangiare qualcosa?-
-Certo!- annuì e lo seguì, pensando che non aveva mai notato che Takao fosse così vertiginosamente alto… o forse era solo lei troppo tappa!
Comunque le andava bene qualsiasi cosa, l’importante era essere disinvolta e normale!
Per qualche ora doveva solo evitare i suoi commenti strampalati, i discorsi stupidi e sconclusionati e tutti i suoi strani incidenti. Quindi niente gomme da masticare, niente fontane e niente secchi! Niente che potesse compromettere la sua uscita col suo nuovo amico.
Arrivati al primo fast food si sedettero con due enormi panini davanti.
Takao afferrò il suo panino e lo addento. Ancora non aveva detto una parola.
Sayu guardò il suo un po’ imbarazzata da quel silenzio. Doveva forzarlo o sperare che la conversazione nascesse da sola?
Prese il panino, più grande della sua mano, e provò a dare un morso, ma non ci riusciva. Lo girava e lo rigirava, per riuscire a trovare il punto giusto da dove iniziare, e finalmente diede un grosso morso. Sgranò gli occhi.
Mancava la maionese!
Posò subito il panino quasi scandalizzata buttando giù quel boccone senza sapore.
Senza pensarci prese il tubetto della maionese e lo stappò, aprì il suo hamburger e puntò.
Schiacciò… ma niente.
Guardò il sua hamburger e aggrottò la fronte. Quella era una dichiarazione di guerra!
Iniziò a scuotere il tubetto con vigore e a dare botte sul fondo per fare scendere la maionese.
Premette… ancora niente!?
Stava iniziando ad accanirsi seriamente quando si accorse che Takao la stava fissando. Sorrise imbarazzata e sollevò il tubetto.
-Ecco… ehm, non riesco…-
Per il nervosismo strinse il tubetto tanto che finalmente decise di far uscire la maionese proprio in quel momento, facendo un volo che mancò Takao per un soffio, imbrattando tutto, tavolo, vassoi, tovaglioli e finendo pure nei bicchieri pieni di cola.
Sayu si fece piccola piccola, sperando di sparire dietro il tubetto di maionese. Perché cavolo doveva andare sempre a finire così? Per una volta non poteva fare a meno della maionese?!
Alzò gli occhi su Takao, mortificata come poche volte nella vita.
-Scusa….-
Ne era certa, si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato lasciandola lì, o magari sarebbe rimasto ma non le avrebbe mai più chiesto di uscire con lui. Era andato tutto per colpa della sua stupida mania per la maionese!
E invece Takao scoppiò a ridere. Rideva di lei? Forse si, ma non era la stessa risata di scherno che conosceva bene.
Aprì il suo panino e lo rivolse verso di lei.
-Dai, vediamo se fai centro!- le disse.
Sayu lo guardò sconcertata.
-Come scusa?-
Non si era andato, non sembrava indignato come sarebbe stato qualsiasi altro ragazzo, non la stava prendendo in giro. Aveva combinato un pasticcio e si stava divertendo?! 
-Dai, un po’ di maionese non guasta!- le disse.
-Ok! Attento!-
Presero a giocare come idioti a “centra il panino”, fino a che l’ennesima cameriera che passava accanto al loro tavolo non li guardò malissimo.
Ad un certo punto si alzò, come se si fosse ricordato di qualcosa, e la trascinò fuori.
Sayu non ci fece caso, e lo seguì per tutto il pomeriggio saltellando, oramai totalmente a suo agio.
La gente in mezzo alla strada si girava a guardare la strana coppia: uno alto come un palo, e l’altra bassina che dava nell’occhio col suo cappello giallo e le calze viola e il traboccante entusiasmo.
-Sai, anche a un mio amico piace la maionese…. Forse è più giusto dire che ne va pazzo! È ossessionato dalla maionese!- le disse fermandosi ad un certo punto.
-Anche io ne vado pazza!- precisò fermandosi anche lei. Takao sembrava fissare qualcosa.
Seguì il suo sguardo e si accorse che erano fermi davanti ad un cinema.
-Che ne dici di un film?-
-Per me va bene!- disse.
Certo non si sarebbe mai aspettata che alla fine Takao avrebbe scelto “L’amore nelle notti dei gelsomini in fiore”, o comunque non si sarebbe mai aspettata che Takao avesse certi gusti.
E così, invece di guardare il film di due ore e mezzo, fissò di sottecchi lui nel buio della sala.
Era strano, molto strano il suo comportamento. Sembrava serio e concentrato, ma per niente interessato al film, anzi, neanche lo guarda lo schermo!
Fissava i posti davanti a loro. Tutti, visto che erano nell’ultima fila, la più alta.
Era come se Takao stesse di vedetta, ma non capiva cosa stesse… vedettando. Nel buio della sala era difficile individuare ciò che Takao stava fissando.
Sbuffò e sopportò la scena madre del film, tragedia distillata fino al patetico, e gli ultimi venti munuti furono forse i più duri, con tre falsi finali che l’avevano fatta gioire fino a sfinirla. Quando finì non ci poté credere.
Scattò in piedi senza più potersi trattenere.
-È FINITA!- urlò per la gioia.
Proprio in quel momento le luci nella sala si accesero e molte teste si voltarono verso di lei.
Divenne rossa, ne era certa. Takao la afferrò immediatamente per un braccio e la fece sedere.
Le fece segno di fare silenzio portando un dito davanti alle labbra e si nascose dietro ai sedili.
-Stai zitta, non ti vorrai fare notare!- le disse.
-Ma scusa, chi ci dovrebbe notare?- chiese sorpresa dal suo ancor più strano comportamento.
-Chi?!- esclamò Takao agitandosi. –Tutti!-
Ok, forse non era lei la persona più strana, Takao la batteva su tutti i fronti.
Ma qualcosa c’era sotto, lo avvertiva. Takao stava macchinando qualcosa, e ne ebbe la conferma quando propose di andare a far due passi nel parco. E fino a qua niente di strano, se non fosse stato che camminando era arrivato nella zona più romantica: il ponte degli innamorati!
No, non c’erano passati sopra per fortuna. Però insisteva per restare lì intorno, mentre erano circondati solo da coppiette mielose, e non sembrava essereper niente uno che voleva farsi avanti con qualche dichiarazione d’amore o stramberie varie, anzi sembrava molto più distratto e quasi non la calcolava. 
No, non era imbarazzo quello che leggeva sul suo volto teso.
Sì, c’era qualcosa sotto. 
-Takao scusa, posso chiederti una cosa?-
Lui  si voltò degnandola di un’occhiata veloce, prima di tornare a guardarsi attorno in modo ossessivo.
-Dimmi!- le disse distrattamente.
-Stiamo seguendo Hilary, vero?-
Takao sgranò gli occhi. Era pietrificato. Come faceva a saperlo?!
Si voltò lentamente e la guardò. Era bassa e lo fissava dal basso come una bambina curiosa e impertinente.
-Ma che dici….- cercò di sviare lui i sospetti facendo finta di niente.
-Siano circondati da coppiette, prima hai voluto vedere un film solo per fidanzatini veramente brutto…-
-Pensavo che alle ragazze piacesse!- ammise lui.
-Non a me!- chiarì lei, ma non sembrava arrabbiata. – Allora che ci facciamo qui? A meno che questo non sia un appuntamento galante, stiamo seguendo Hilary!-
-Non stiamo seguendo Hilary!- protestò lui.
-A no?- Sayu indicò col dito un punto aldilà del ponte. –E allora che cosa ci fanno lei e Ryoko lì?-
Takao si voltò immediatamente e finalmente li individuò, ma qualcosa lo mise in allarme: i due stavano attraversando il ponticello di legno, l’uno a fianco all’altra. 
Si erano fermati.  
Che intenzioni aveva quel Ryoko?!
Parlavano, si erano appoggiati alla balaustra. Hilary sembrava imbarazzata
Ryoko si stava avvicinando…. No sti stava avvicinando troppo!
Afferrò Sayu per un braccio e se la trascino dietro senza il minimo riguardo.
Ryoko poggiò le mani sulle spalle di Hilary.
Sempre più vicino.
Con una mano le sollevò il mento.
Vicinissimo.
Ancora un passo….
Gli afferrò la spalla.
Sayu trattenne il fiato, convinta che Takao volesse dare un pugno a Ryoko.
-Ciao!- salutò Takao allegramente sorridendo piombando tra i due che lo guardarono stralunati.
-Che fate di bello?!- chiese Takao stringendo la presa sulla spalla di Ryoko.  
-Che diavolo ci fai qui Takao?!- chiese infuriata Hilary digrignando i denti. L’unico motivo per cui non gli era saltata al collo per strozzarlo era Ryoko.
-Facevamo due passi!- intervenne Sayu stringendosi al braccio di Takao sorprendendo lui e Hilary. -Vi ho visti e gli ho detto che sarebbe stato carino salutarvi!-
Hilary guardò incredula la compagna di classe e Takao. Poteva essere che fosse un altro degli stupidi piani di Takao? Ma come aveva fatto a coinvolgere Sayu!?
-Che pensiero gentile!- disse Ryoko, in buona fede come sempre.
-E cosa ci fate insieme voi due?- insistette Hilary scettica incrociando le braccia al petto.
-Niente!- disse immediatamente Takao.
Hilary si avvicinò ancora di più, scrutandolo male.
-Secondo me….-
-Dai Hilary!- intervene Ryoko. –Stavano facendo quello che stavamo facendo noi!-
Sayu e Takao si staccarono immediatamente, allontanandosi l’uno dall’altra quasi disgustati.
-No!- dissero all’unisono.
Ryoko scoppiò a ridere e passò un braccio attorno alle spalle di Hilary stringendola a se.
-Certo!- disse rivolgendo un sorrisetto complice a Takao, che non afferrò per niente. –Non vi preoccupate non lo diremo a nessuno!-
-No, ma noi siamo solo amici!- disse Takao mentre Sayu, accanto a lui, annuiva con fervore.
-Comunque, come stavo dicendo a Hilary, forse è meglio tornare a casa, si è fatto tardi! Quindi…-
-Ma guarda che caso! Anche io stavo dicendo la stessa cosa a Sayu!- lo interruppe Takao. –Che ne dite se facciamo la strada di casa insieme?-
-Ehm…. Va bene!- accettò un po’ titubante il ragazzo che evidentemente voleva accompagnare Hilary da solo per poterla salutare come si deve.
E così, dopo mezz’oretta si trovarono davanti a casa di Hilary, e Ryoko, per la felicità di Takao, fu costretto a salutarla osservando la giusta distanza.  
Così, quando anche Ryoko se ne andò, Sayu si trovò finalmente sola con Takao. 
Aveva due o tre cosette da chiarire con lui. Aspettò ancora qualche metro prima di parlare, per vedere se lui aveva intenzione di sollevare spontaneamente l’argomento, ma niente. Guardava avanti a se come se non fosse successo niente.
-Takao, a te piace Hilary!- disse.
Takao si voltò a guardarla e le sorrise. –Ma no! Che stai dicendo Sayu, a me non piace Hilary!-
Lo disse con tanta naturalezza che pure lei per un attimo se ne convinse, ma in verità chi era convinto realmente di questo era proprio Takao.
-A te piace Hilary!- insistette lei.
-Ti ho detto di no!- continuò lui.  
-A te piace e sei geloso!-
Takao si fermò e per poco non ci andò a sbattere contro. Il suo improvviso silenzio però la fece preoccupare.
-Si, è vero.-
Sayu si sorprese. Non si aspettava una confessione così all’improvviso.
-Sono geloso.- ammise Takao.
Sayu gli girò intorno e gli si parò davanti, fissandolo e sorridendogli amabilmente.
-Visto, avevo ragione! Mi hai invitato solo per poter seguire Hilary. Perché non me l’hai detto?-
Takao alzò le sopracciglia incredulo. –Non sei arrabbiata ?!-
Sayu ghignò. –Certo che no! Perché dovrei?!-
-Beh ecco, ti ho chiesto di uscire solo per….-
-Non importa!- lo interruppe lei. –Facciamo così: io ti aiuto a conquistare Hilary e…-
-A me non piace Hilary!- disse Takao sbuffando, incrociando le braccia e imbronciandosi.
Sayu strinse i pugni scocciata.
-Ma che stai dicendo?! Hai appena detto di essere geloso!- gli fece presente.
-E con questo? Hilary è solo un’amica, permetti che un po’ mi secchi il fatto che stia con un altro?!-
-Certo che no!- strepitò seccata. –Non si può essere gelosi di un’amica!-
-E chi lo dice?- sbottò Takao guardandola di sbieco. 
-Certo che hai un testone più duro del coccio! Metti anche che ti secca che non passi più tanto tempo con te, ma appena hai visto che si stavano per baciare sei corso lì per impedirglielo! Allora, signor cocciuto, questo come me lo spieghi!?-
Takao si ammutolì. Non si aspettava che quella piccoletta uscisse un caratterino di tutto rispetto.
-Beh… ecco…. Ecco non significa niente! Non so di cosa tu stia parlando!- disse infine Takao.
Però doveva ammettere che la piccoletta aveva ragione… forse.
Lei lo guardava scettica e in silenzio. Alzò un sopracciglio e si voltò di spalle.
-Bene, allora se è vero che non ti piace, non hai bisogno neanche del mio aiuto!- disse Sayu.
Aiuto? Questa parola attirò l’attenzione di Takao, ma cercò di ignorarla.
Lui non aveva bisogno di aiuto perché a lui non piace nessuno, tanto meno quella rompiscatole di Hilary!
-Ci vediamo domani a scuola allora!- disse Sayu allontanandosi da lui. –Buona fortuna!-
Takao restò impalato. Eppure… eppure era tentato dalla curiosità di sapere come l’avrebbe aiutato. Chissà la piccola Sayu che cosa aveva in mente.
-Sayu…-
La ragazza si fermò. Aveva a malapena sussurrato il suo nome, ma l’aveva sentito benissimo.
Infilò le mani nelle tasche del vestitino azzurro e si voltò lentamente, cercando di fare la parte dell’indifferente.
-Si?-
Takao si gratto la testa imbarazzato.
-In che modo mi vorresti aiutare?- le chiese guardando fisso a terra.
-Mah… non saprei….- disse restando molto vaga e stringendosi nelle spalle.     
-Ah…. No, niente. Solo curiosità!-
La risposta di Takao fece venire voglia a Sayu di urlargli contro di smetterla di fare l’idiota, darsi una smossa e prendersi di coraggio! Che cavolo gli poteva costare ammettere che era cotto di Hilary!?
Non mollava, e lei così era costretta a girarsi e andarsene, perdendo così un’occasione d’oro!
Lo osservò sperando che cambiasse idea e chiedesse il suo aiuto, ma niente!
Sospirò rassegnata e lentamente si girò.
-Sayu!- questa volto il tono era determinato.
Le si fermò e si voltò di scatto.
-Va bene!-
Sorrise e gli corse incontro saltellando. Si fermò davanti a lui, a meno di un passo, guardandolo direttamente in faccia, costringendolo a sollevare la testa.
-Ti aiuterò a conquistare Hilary!- gli disse sorridendo.
Takao storse il muso. –Sai, l’idea non mi entusiasma…-
-Oh, zitto!- gli disse lei severa. –Lo vuoi il mio aiuto o no?!-
-Beh… si.- mugugnò lui seccato perché si trovava costretto ad ammettere un’eresia.
-Allora fidati di me!- disse infine nascondendo le mani dietro la schiena. –In cambio voglio che tu diventi mio amico!-
Takao strabuzzò gli occhi.
-COSA?!-
-Che c’è, scusa?- chiese lei imbronciandosi.
-E perché dovrei diventare tuo amico?!- fece lui scorbutico.
-E perché io dovrei aiutarti?!- rimbeccò lei.
Takao sbuffò irritato e la guardò dall’alto.
-Ma guarda tu che tipo!- disse tra se e se.
-Allora? Che cosa hai deciso?- chiese Sayu.
-E va bene!- disse Takai infine.
Sayu gli tese la mano.
-Affare fatto?-
Takao afferrò la sua mano e la strinse.
-Affare fatto!-
  
 
 
 
 
Salveeeee!!!!! Buona festa delle donne e buon compleanno a me!
In questo piccolo lasso di tempo avrei voluto scrivere qualche capitolo in più, ma la sfiga non mi abbandona! :D
Voglio fare un ringraziamento veloce a tutti soprattutto a Cherry (grazie mille per tutto e non ti preoccupare, non combino niente tra sayu e takao, anche io spero fino alla fine nella hila/takao) e alla principessa giuly (ciao! hai fatto bene ad avvisarmi, tanto le scene un po’ più violente saranno tra un bel po’; piccolo spoiler: tra kai e ari ci sarà qualcosa sì…)
Adesso un bacio a tutti! Grazie mille!!
Un bacione!!!!!!!!!!!
 

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Capitolo 11
*** Beliy plaschik ***


11 aoi

Saaaaaalve! Quanto tempo! Veramente per il da fare che ho non dovrei farmi vedere qui in giro per i prossimi due anni, ma non importa. Scusate se c’è qualche errore, ma non ho la forza ne il tempo per rileggerlo tutto da capo, anche se dovrei rileggere solo l’ultima parte, visto che la prima l’avevo scritta già da un po’. Comunque prima o poi rileggerò le cazzate che ho scritto e a quel punto potrò, da brava nippofila, suicidami del la vergogna.
Comunque ragazze, volevo ringraziarvi tutte! Un bacione in particolare a Cherry_88 (come vedi qui c’è un’altra coppia di amici esordiente) e a Mitsuki91.
Alla prossima!      








11. Beliy Plaschik

 

 Claire era sempre stata forte e determinata, non si abbatteva neanche quando in cuor suo sapeva di aver sbagliato strada.

Ma ora era molto diverso, era sola, lontana da casa, dalle sue amiche, dalla sua famiglia e il suo cuore… beh, il suo cuore era in balia di qualcosa che si poteva definire come amore non corrisposto.

Dopo mesi che stava lì, dall’altra parte del mondo per lui, non era riuscita a concludere niente! E adesso se ne stava lì a sospirare affranta, davanti ad uno scaffale delle biblioteca alla ricerca di uno stupido e inutile libro.

Lui non la calcolava, non la pensava e la fiducia di sé stava andando a farsi benedire giorno dopo giorno.

Eppure lei era sempre riuscita ad ottenere tutto quello che voleva! Perché ora non ci riusciva?!

Era carina, era brillante, era diventata la ragazza più desiderata della scuola, superando senza alcuna difficoltà la stessa Sumisu, ma per lui valeva quanto le altre.

Se le rivolgeva la parola era solo perché era lei a farsi avanti, e quasi quasi era più Boris a considerarla.

Prese il libro di biologia dal ripiano e lo portò con sé al tavolo dove stava studiando proprio con quest’ultimo.

-Ce ne hai messo di tempo biondina!- le disse il ragazzo dondolandosi sulla sedia, ghignando in modo insopportabile. –Non mi stavi mica aspettando per fare qualcosa di indecente tra gli scaffali?-

-Ti piacerebbe, stupido cosacco!?- rispose lei acidula guardandolo storto e sedendosi di fronte a lui.

Assurdo che l’unica persona che la calcolasse lì in mezzo fosse proprio quell’idiota sfrontato di Boris!

Non sopportava il suo modo di parlare, per niente preoccupato di nascondere il suo odioso accento russo, ne sopportava il suo modo di fare da sbruffone!

-Ti piascerebbè, stupidò cosaccò!- le fece il verso Boris.

Lo fulminò con lo sguardo sfogliando le pagine del libro. Voleva forse dire che parlava con la cadenza francese?! Beh, anche se fosse stato, il suo accento era molto più aggraziato!

-A chi non piascerebbé?!- continuò lui sfottendola.

-Io non parlo così!- rimbeccò lei, continuando a sfogliare il libro e cercando qualcosa di indefinito per l’irritazione di dover fare la ricerca con lui, mentre avrebbe tanto preferito farla con Yuriy. Ma tanto le speranze stavo sfumando una dopo l’altra, e Yuriy e la buona sorte sembravano non volerne sapere proprio niente di lei.

Guardò il libro e si scoraggiò. Perché diamine si trovava in biblioteca a fare la ricerca di biologia da sola con quell’idiota?!

Ah vero! Era stato il professore a decidere, ed era anche vero che non era proprio sola col cosacco, anche se praticamente era così. Stranamente c’era anche la sua odi… ehm, cara cuginetta.

Stava lì accanto, nascosta dietro le braccia, appoggiata al tavolo e dormiva.

Tanto per cambiare dormiva! Ultimamente non faceva altro che dormire! L’unico motivo per cui ora veniva a lezione era per poter dormire! La sera se ne andava a spasso e poi tornava la mattina solo per quello.

Claire non riusciva proprio a spiegarsi come cavolo facesse a dormire ovunque!?

Lei aveva bisogno di un bel letto comodo, di una stanza ordinata e accogliente, di totale silenzio e del buio pesto. Certo, forse era troppo puntigliosa su questo, ma il sonno era una cosa delicata. Comunque, assurdo per assurdo, il professore, vedendola in classe, l’aveva affibbiata a lei per fare la ricerca. Ovviamente il lavoro sarebbe toccato tutto a lei, Boris non avrebbe fatto nient’altro che mettere la firma su relazione già fatta.

-Allora, che dobbiamo fare?- le chiese svogliatamente il ragazzo di fronte a lei continuando a dondolarsi sulla sedia con le braccia dietro la testa.

-Tu inizia a leggere questo capitolo, e poi fai il riassunto, io invece inizio da…-

-Non c’è niente di meno noioso da fare?- le chiese subito.

Come volevasi dimostrare, neanche gli aveva passato il libro, che lui già cercava di evitare il lavoro.

-È una ricerca Boris, deve essere noiosa!- gli fece presente. –Adesso fai quello che ti ho detto e non discutere!-

Gli piazzò il libro davanti e si concentrò sul proprio lavoro.

-Wow, quando fai così mi fai impazzire!- disse lui per sfotterla ancora un po’. –Quando userai il frustino?-

Ma Claire si chinò sul libro e lo ignorò mettendosi subito a lavoro, deludendo le sue aspettative. 

Boris sospirò e guardò il libro aperto davanti a lui. Alzò un sopracciglio scocciato. Non gli andava proprio per niente di leggere e di studiare.

Guardò Ari accasciata dall’altro capo del tavolo.

Sbuffò rassegnato e si mise composto. Sistemò il libro davanti a se e iniziò a leggere il primo rigo.

Il secondo passò tranquillamente, e il terzo anche.

Alzò gli occhi dalla pagina, e li rivolse verso la ragazzina antipatica e piena di sé che aveva di fronte. Continuava a studiare senza problemi. Tornò a guardare anche Ari… lei invece continuava a dormire.

Si ricompose e si concentrò sul libro. Quando ci poteva volere a finire un capitolo?

Iniziò a sfogliare le pagine, per curiosità, per sapere quante ne mancavano. Le contò… Quarantasette pagine?!

Aggottò la fronte sconfortato. Ci sarebbe voluta una vita! Forse tutta una sera, si sarebbe alzato di lì solo per l’ora di cena.

Tornò sfogliando alle pagine precedenti, ma un’immagine attirò la sua attenzione. Era una semplice catena alimentare, ma bastò a catturare la sua totale attenzione e a sviarlo completamente dal suo lavoro.

Passò sa un disegno all’altro, imparando anche un sacco di cose interessanti, ma niente che potesse essere utile per la ricerca che dovevano consegnare, e se ne rese conto solo quando finì tutte le immagini del libro.

Tornò alla pagina iniziale deluso, sperando di trovare altre immagini per passarsi il tempo, e lesse di nuovo le stesse tre righe, lesse pure la quarta, ma niente!

Quella giornata proprio non gliene teneva di studiare.

Appoggiò i gomiti sul tavolo e si avvicinò a Ari, fissandola.

Questa, come se avesse avvertito il suo sguardo su di sé, alzò leggermente la testa, quanto bastava per guardare minacciosamente Boris che in risposta le sorrise maliziosamente.

-Ben svegliata bella addormentata! Dormito bene?-

Claire finalmente staccò gli occhi dal libro e guardò i due sorpresa.

-Non dormivo già da un bel pezzo!- rispose Ari in un grugnito. –E adesso smettila di fissarmi come un idiota!-

-Visto che non stai dormendo aiutaci!- disse Claire seccata passandole carta, penna e una fotocopia. –Ricopia in bella tutto questo pezzo….-

-Ti avevo chiesto io di fare qualcosa di meno noioso!- le fece presente Boris offeso.

-Non lamentarti stupido cosacco, e lavora che voglio il riassunto per stasera!- gli disse scontrosa Claire portandosi un ciuffo di capelli biondi dietro l’orecchio.

-Senti un po’, boriosa ragazzetta francese, il riassunto per stasera non ce l’ho, ma ho qualcos’altro per stasera che ti puoi mettere in quel posto!- sbottò irritato Boris. Come si permetteva quelle mocciosa di dargli ordini?!

Claire annaspò indignata e senza parole per così tanta volgarità.

-In effetti Boris ha ragione.- intervenne senza malizia Ari come una voce fuori campo. –Non ha fatto altro che fissare il libro….-

Ma la sua voce fioca venne completamente ignorata da Claire che scattò in piedi, sbatté le mani sul tavolo e iniziò a sbraitare contro Boris in francese.

Il ragazzo si ritrasse automaticamente sulla sedia sentendosi aggredito. Non capiva una parola di quello che la bionda di fronte a lui gli stava urlando con tanta rabbia, ma era certo che fossero tutti insulti rivolti alla sua persona, e il fatto che non capisse lo irritava oltre ogni modo.

Si alzò anche lui per non farsi sovrastare dalle sue urla isteriche, e iniziò anche lui a urlarle contro.

-MA PARLA COME MANGI STUPIDA RAGAZZINA! CHI TI CREDI DI ESSERE?!- fu l’unica cosa che Claire riuscì a capire prima che anche lui continuasse nella sua lingua.

Ari si dovette solo mettere da parte mentre i due continuavano a darsi contro, ognuno pesante a modo suo, e stranamente dovette constatare, per quel poco che capiva, che sua cugina riusciva ad essere volgare quasi quanto Boris, e di certo lui non parlava come un principino delle fredde steppe russe.

Dopo pochi minuti arrivò la bibliotecaria indignata per il chiasso che stavano facendo i due.

Se solo avesse capito anche solo una parola di quelle tante che volavano, sicuramente si sarebbe rimangiata la lingua e non si sarebbe mai intromessa.

-Basta voi due!- starnazzò cercando di farsi sentire. –Vergognatevi, vi sembra questo il modo di comportarsi? Siete in biblioteca!-

Una carta di espulsione dalla biblioteca di due settimane in mano e la porta sbattuta in faccia a tutti e tre, riuscirono a portare finalmente i silenzio tra i due per qualche secondo.

-Bene, ora sarai contento!- disse infine Claire con tono aspro e saccente. –Non potremo entrare in biblioteca per le prossime due settimane e la relazione dobbiamo consegnarla prima delle vacanze di pasqua. Grazie mille Boris!-

-Stai insinuando che la colpa è mia?!-

-Di chi sennò?- ribatté Claire incrociando le braccia al petto.

-Ti ricordo che sei stata tu a iniziare ad urlare come una gallina isterica!- le rammentò Boris.

-Non ho urlato come una gallina isterica! Sei tu il cafone, volgare e rozzo che non ha idea di come si tratti una signora!-

-Quando incontrerò una signora la tratterò con il giusto riguardo!-

-Ah ah ah!- fece Claire per niente divertita. –Come sei divertente!-

-Si può sapere che cosa sta succedendo?- disse una voce alle loro spalle.

I due si voltarono contemporaneamente. Claire arrossi furiosamente e si rimangiò la lingua, e cercò di controllare il rossore imbarazzante e non darlo a vedere.

Yuriy guardava lei e Boris con freddezza, anzi sembrava quasi infastidito. Dietro di lui Sergey e Kai, uno interessato, l’altro che guardava da tutt’altra parte.

-La ragazzetta qui, urlando come una pescivendola, mi ha fatto buttare fuori dalla biblioteca! Non mi sono mai vergognato tanto in vita mia… AHI!-

Claire gli pestò un piede senza preoccuparsi se la notavano o meno e tornò a rivolgersi, ora veramente infuriata, a Boris che saltellava su un piede.

-Non dire sciocchezze stupido cosacco!- disse a denti stretti. Aveva voglia di prenderlo a schiaffi quell’idiota! Come si permetteva di parlare così di lei davanti a Yuriy? Che figura ci faceva?!

-Sei tu a non volere lavorare!-

Boris incazzato per l’aggressione al suo povero piede, fu sul punto di perdere completamente le staffe.

Si avvicinò ulteriormente alla ragazzetta, e tornarono a sbraitarsi contro come pochi minuti prima.

-Adesso basta!- le due parole di Yuriy congelarono la situazione tra i due continuarono a guardarsi in cagnesco.

Claire mise il broncio e diede le spalle a Boris per capriccio. 

-Siete proprio snervanti voi due insieme!- disse seccato Yuriy.

-Adesso grazie a questa prenderò un cattivo voto in biologia.- si lamentò Boris, dichiarazione che scioccò Claire. Si voltò di scatto verso il russo pronta anche a prenderlo a schiaffi, ma Yuriy intervenne immediatamente.

-Non dire sciocchezze Boris, a te non te ne frega un bel niente dei voti, e di certo non ti vergogni se ti buttano fuori dalla biblioteca. Diciamo semplicemente che non hai voglia di lavorare!-

Boris mire il broncio e guardò storto l’amico bofonchiando qualcosa in russo, scocciato per essere stato sgamato così facilmente.

Claire si trattenne dall’ottimistico pensiero che questo potesse essere il modo di Yuriy di difenderla.

-Beh resta il fatto che quella che si prende il cattivo voto sono comunque io!- non si trattenne dal sottolineare lei. –E tutto per colpa di questo stupido cosacco!-

-Forse a questo si può ovviare.- disse Sergey. –Non c’era anche Ariel nel vostro gruppo?-

Boris e Claire si stupirono. Ora che ci facevano caso: dove cavolo era finita Ari?

-Ma non era qui con noi?- chiese Claire.

Boris si passò una mano tra i capelli sorpreso. –Già, e poi lei non è stata espulsa dalla biblioteca….-

-È là sotto.- disse Kai.

I due si voltarono verso il fondo del lungo corridoio.

Ari stava vagando senza meta, con la testa tra le nuvole facendo zigzag da una parte all’altra.

Claire si scoraggiò ulteriormente. E il suo voto doveva dipendere da quella svitata?!

Sospirò rassegnata e si sistemò lo zaino in spalla.

-Va bene ragazzi, non fa niente. Recupererò in qualche modo… me ne vado in camera mia…-

Si voltò pronta per andarsene.

-Non ti fidi ti tua cugina?- 

Claire si fermò. Yuriy le aveva rivolto la parola di sua spontanea volontà. Da quanto non accadeva?! Si voltò lentamente a guardarlo. Era bellissimo, e i suoi occhi di ghiaccio così fermi, determinati incrociarono i suoi castani, insicuri e intimiditi. Il cuore prede velocità e distolse lo sguardo prima di arrossire come poco prima. Non voleva dare l’impressione di una bambina innamorata, ne voleva fare notare questa sua debolezza nei suoi confronti, non davanti a tutti almeno, o comunque non davanti a Boris. Se solo se ne fosse accorto l’avrebbe messa in imbarazzo, anche se non sembrava avere tutta questa sensibilità per accorgersene.

Guardò sua cugina che continuava a vagare lontana da loro e completamente ignara dell’attenzione del tutta rivolta a lei.

Perché si sarebbe dovuta fidare di lei che era tutto il contrario di quello che si poteva ritenere degno di fiducia?

-Veramente non mi ispira tanto….- ammise Claire.

-Devo essere sincero, neanche a me ispira molto.- le rispose Yuriy. –Ma sono certo che è ancora capacissima di svolgere qualsiasi ricerca con un computer sotto mano!-

Non era un elogio, che sarebbe stato veramente il primo da parte di Yuriy, ma semplice constatazione. Conosceva fin troppo bene la Mayer dei laboratori della Borg, e lo sguardo asettico della compagna, che non gli aveva mai mostrato il minimo barlume di umanità, durante le nottate passate nelle sale di ricerca era inciso nella sua memoria come i segni degli esperimenti sul suo corpo.

In effetti non era fiducia in lei, ma semplice certezza che messa sotto nuovi ordini lei avrebbe obbedito, e questo lo fece rabbrividire per l’orrore.

-Dici?- fece scettica Claire tornando a guardare lui.

Yuriy annuì. –Adesso andate a recuperarla, uno di noi la terrà d’occhio.-

E detto fece per entrare in biblioteca, quando Claire gli parlò ancora.

-Grazie!- gli disse un po’ titubante.

-L’ho fatto per riparare a quello che ha combinato Boris…-

-Ehi, io non ho combinato niente!- si lamentò Boris seccato.

-E poi non devi ringraziare me, ma tua cugina se ti fa il favore!- continuò Yuriy ignorando le lamentele dell’amico.

-Beh… grazie lo stesso!- insistette Claire. Si voltò a guardare sua cugina ancora poco convinta, ma adesso del voto e della ricerca non le importava nulla. In fondo Yuriy si era premurato a risolvere il suo problema, anche se, come diceva lui, lo aveva fatto solo a causa di quello stupido cosacco di Boris.

 

 

 

Due mani sulle spalle la spinsero sulla sedia. Davanti a lei un computer.

Alzò lo sguardo su Sergey dietro di lei, e poi lo passò su Yuriy.

-Fai questa ricerca e poi vattene.- le disse algido.

Ari non si scompose a quell’ordine.

-Perché dovrei farlo?- chiese soltanto fissando il monitor.

-Perché non hai nient’altro di meglio da fare!- le rispose. –E adesso mettiti a lavoro!-

Yuriy si voltò e se ne andò, seguito da Sergey, lasciandola in quell’angolo della biblioteca da sola davanti a quello schermo vuoto.

Il ronzio del computer era così familiare…. La luce artificiale le rifletteva negli occhi. Emanava lo stesso bagliore freddo di quelle vecchie macchine dei laboratori.

I computer erano sempre gli stessi d'altronde.

Si voltò leggermente, appoggiando una mano sullo schienale della sedia, e guardò fuori dalla finestra. Si stava facendo notte, e non sapeva se ce l’avrebbe fatta a uscire, anche se pensandoci non le sarebbe dispiaciuto provare ancora e ancora quella nuova e magnifica esperienza. Forse era l’unica voglia che le era rimasta, perché resisterle?

Si alzò lasciandosi alle spalle il computer.

-Dove vai?-

Ari si fermò.

-Non sono affari tuoi, Hiwatari!- rispose atona.

Gli occhi del ragazzo si assottigliarono. Sciolse le braccia incrociate al petto e si scostò dalla libreria alla quale era appoggiato.

Ari mosse un altro passo ma Kai parlò ancora.

-Non dovresti metterti a lavoro?- le chiese ancora.

-Ho di meglio da fare.-

Kai guardò il monitor azzurro. Non aveva neanche iniziato a lavorare, e forse non ne aveva alcuna intenzione.

-Cosa?-

Ma Ari questa volta lo ignorò e continuò ad andare verso la porta.

Kai la raggiunse con due passi affrettati e si mise le mani in tasca.

-Allora vengo con te! Non ti dispiace vero?-

Ari si fermò immediatamente e strinse i pugni.

L’aveva fregata! Dove cavolo andava con lui alle calcagna? Non poteva certo permettere che quel ficcanaso venisse a sapere quello che faceva!?

-Si, mi dispiace molto!- disse senza nascondere l’irritazione. Cavolo, proprio quella volta che non aveva intenzione di passare la notte fuori.

-Va bene, non importa. Verrò lo stesso!-

Ari strinse ancora di più i pugni irritata dall’insistenza dal ragazzo.

-Non vado da nessuna parte!- sbottò tornando sui suoi passi e sedendosi al computer.

Bene, Yuriy gli aveva mandato Hiwatari per controllare che stesse svolgendo il lavoro, e lei avrebbe lavorato, così se li sarebbe tolti dai piedi definitivamente! Che scocciatori!

Kai prese una sedia e le si sedette accanto ignorando i suoi modi sgarbati. Dopo tutto non lo aveva neanche guardato in faccia.

Si mise subito a trafficare con tasti e mouse, ma Kai non si diede la briga di buttare l’occhio sul monitor per vedere se stesse veramente combinando qualcosa o fosse tutta scena per prenderlo in giro e farlo contento. Dopo tutto non gliene fregava niente se la relazione veniva fatta o meno, stava lì perché glielo aveva chiesto Yuriy... forse.

Forse perché avrebbe voluto chiederle come stava, rivolgersi a lei evitando quel suo tono irritante e distaccato. Avrebbe voluto, anzi doveva, ma probabilmente non trovava ancora il coraggio di parlarle con sincerità, di mostrarsi e scavalcare quel muro che li divideva.

Era quello il suo desiderio, eppure non riusciva a proferire neanche una parola, come se qualcosa lo intimorisse.

Desiderio…. Al ricordo di quel meriggio moscovita passato in una sala da tè, si irrigidì. Gli tornò alla mente quello sguardo altezzoso e fiero che lo aveva studiato per tutto il tempo.

Il suo desiderio non andava oltre la volontà di aiutare una amica, una persona che aveva sofferto a causa sua, quindi non doveva preoccuparsi. Non c’era niente di cui preoccuparsi. Non aveva rinunciato a niente.  

Lo strofinio della sedia sul pavimento lo fece trasalire.

Ari si alzò. Fuori si era fatto buio.

-Ho finito.- senza nemmeno guardarlo gli porse un dischetto. –Questo è tutto, adesso se permetti….-

Ari si allontanò dirigendosi alla porta.

Kai guardò il dischetto che aveva nella mano.

-Dove vai?- questa volta il tono non fu indisponente. Era forse speranzoso di ricevere una risposta.

Alzò lo sguardo su di lei. Questa volta non si fermò, abbassò la maniglia e scomparve oltre la porta della biblioteca.

 

 

 

Claire si rotolò sul letto ascoltando annoiando le novità che aveva da dirle l’amica sul suo vecchio liceo.

-Sì, ci avrei scommesso che quei due sarebbero finiti insieme!.... Certo, era chiaro come il sole!- disse. Possibile che tutte le sue amiche stessero riuscendo a trovare il ragazzo e lei fosse ancora in alto mare? Modestie a parte, era stata sempre lei quella vincente del gruppo, la vincente tra le vincenti insomma, come cavolo si era ritrovata a combattere contro i mulini a vento…. Ah vero, l’amore!

E poi era possibile che Aveline non avesse nient’altro da dirle?

Dall’altra parte della cornetta però l’amica si decise a dirle lo scoop dell’anno.

-Il professore di ginnastica è stato scoperto mentre pomiciava con la vicepreside?!- esclamò incredula Claire rotolandosi ulteriormente. Ascoltò i particolari osservando i suoi calzini rosa di fronte a lei, con le gambe appoggiate contro la parete.

Ad un certo punto qualcuno busso alla porta.

Non ebbe neanche il tempo di mettere da parte il telefonino che la porta venne aperta ugualmente.

Bene, questo doveva essere il cosacco villano, e infatti era proprio lui.

Avvicinò il cellulare, che aveva momentaneamente allontanato dall’orecchio, e chiese un attimo alla sua amica, ma questa continuò a parlare.

-Che vuoi?- chiese scocciata guardandolo sotto sopra con la testa completamente buttata in dietro.

Boris fece un sorrisetto malizioso e si appoggiò allo stipite della porta.

-Belle gambe biondina… anche belle mutandine!-

L’espressione contrariata su volto di Claire si afflosciò, completamente atterrita da quel commento.

Si guardò, e in effetti la gonna non poteva coprirle le gambe visto che stavano per aria.

Rotolò di scatto, sentendo gli starnazzi giulivi dell’amica al telefono, e si mise composta.

-Brutto villano e cafone!- urlò rossa per l’imbarazzo. –Chi ti ha dato il permesso di entrare?!-

Lanciò il cellulare a tradimento, e lo afferrò in fronte, facendo capitolare a terra.

Claire rimase a bocca aperta. –Oddio!- strepitò incredula.

Si alzò da letto dirigendosi verso Boris seduto a terra, mezzo stordito, che si teneva la fronte con una mano, ma non lo guardò nemmeno, e passò dritto di fronte a lui come se non ci fosse.

Si inginocchio accanto al suo cellulare, finito nel corridoio, e lo raccolse da terra. Se lo rigirò tra le mani incredula che fosse ancora intero. Addirittura la chiamata era ancora in corso.

Lo portò all’orecchio preoccupata.

-Pronto….- disse timorosa.

-Claire! Ma che succedere?- le chiese l’amica dall’altra parte.

Claire sospirò sollevata.

-Meno male che funziona ancora, pensavo che si fosse rotto!- disse alzandosi da terra. –Quell’idiota del cosacco che sta con mia cugina mi ha quasi rotto il cellulare!-

Dall’altra parte della cornetta l’amica fece un salto per la sorpresa.

-Tua cugina sta con qualcuno?!- strepitò.

-Si, e conoscendola puoi anche immaginare il tipo….- disse scocciata guardando di sbieco il ragazzo che si stava rialzando da terra. –Un cafone di prima maniera!-

L’amica riprese a parlare, ma ad un certo punto Boris la afferrò per un braccio spingendola contro il muro. 

-Brutta stronza! Ma che cazzo ti salta in mente!?- le urlò infuriato ad un centimetro dal suo naso.

-Mi hai preso in fronte demente!-

Claire rimase incredula per un attimo, stretta contro la parete con Boris che le stava praticamente addosso.

-Ti sembra normale lanciarmi il telefono!?- continuò urlando.

Claire si spinse il più possibile contro il muro dietro di lei per allontanarsi da lui. Ad un certo punto, presa dal panico portò le mani davanti a se e lo spinse via.

-Non ti permettere mai più di toccarmi, brutto schifoso porco e maiale!- disse con un filo di voce e,  approfittando di uno spiraglio, scivolò via e scappò verso la porta della sua camera senza neanche guardarlo in faccia. -E non rivolgerti mai più a me così! Ricordati che non stai avendo a che fare con quella matta di mia cugina!-

L’eco della porta appena sbattuta risuonò nel corridoio, lasciando Boris solo e incredulo.

Quella strana reazione aveva completamente freddato la sua ira.

La biondina… Claire aveva avuto paura di lui? L’espressione terrea, quello sguardo atterrito…. L’aveva spaventa e lei era scappata da lui chiudendosi nella sua stanza. Non poteva crederci.

Non stava avendo a che fare con sua cugina…. Lui si comportava così con tutti, ma nessuno si era mai spaventato per così poco. Era anche vero però che lui aveva sempre a che fare con ragazzi come Yuriy o Sergey.

Si avvicinò alla porta e bussò.

Nessuna risposta.

Bussò ancora, ma niente. Claire non sembrava intenzionata ad aprire.

-Senti biondina…- si fermò senza sapere come continuare. Doveva forse chiederle scusa?

Abbassò la maniglia scocciato.

-Apri, che cavolo ti prendere!?- disse notando che la porta non si apriva. –Dai non farti pregare, che diamine!-

-Vattene!- gli rispose una voce soffocata dall’altra parte della porta. Doveva essersi seduta proprio davanti alla porta per impedirgli di entrare.

Boris lasciò scivolare la mano dalla maniglia e abbasso il capo a disaggio. Che cavolo gli prendeva? Adesso gli dispiaceva pure e si sentiva in colpa, nonostante fosse stata tutta colpa di quella ragazzina impertinente.

Alzò di nuovo il pugno per bussare ma si fermò a mezz’aria.

Sicuramente lui era l’ultima persona che voleva vedere in quel momento. Lasciò scivolare il braccio lungo il fianco e fece un passo indietro, mortificato.

-Scusa….- soffiò timidamente piano con la paura di farsi sentire. Si girò e fece per andarsene, ma dopo pochi passi la porta di quella stanza si aprì di uno spiraglio.

Si fermò e si voltò incredulo. Intravide a stento un paio d’occhi castani e un ciuffo biondo.

Tornò indietro ed entrò richiudendosi la porta alle spalle. Claire era seduta sul suo letto e teneva la testa bassa, tormentandosi le unghie con le dita. Le spalle, che di solito stavano dritte e rigide erano afflosciate.

Boris rimase in silenzio senza sapere cosa dire. Si mise le mani in tasca guardandosi intorno, ma gli occhi tornavano sempre e comunque su quella testolina bionda stranamente così infantile.

Un singhiozzo lo mise in allerta.

Claire si portò il pollice in bocca, mordicchiando senza pietà l’unghia.

Si avvicinò cautamente osservandola con attenzione. Stava piangendo? L’aveva fatta piangere?!

Si sedette accanto a lei scrutandola come un bambino curioso, e le scosto i capelli biondi dal viso, fermandoli dietro l’orecchio.

Non appena scese una lacrima lei si affrettò a farla sparire con un gesto veloce della mano. Aveva gli occhi inchiodati a terra, e non poté impedire alle altre lacrime di scendere.

Un groppo pesante si strinse all’altezza dello stomaco di Boris. L’aveva fatta piangere! Era stato lui! si sentiva un animale schifoso ad aver fatto piangere una creaturina così indifesa.

Era bruttissimo vedere piangere una ragazza, anzi era bruttissimo farla piangere. Ma che ne poteva sapere lui che si sarebbe spaventata così tanto?

Claire voltò il viso dall’altra parte per non farsi più guardare in quello stato. Stava piangendo come una bambinetta sciocca. E poi perché stava piangendo così? Perché l’aveva fatto entrare?

Si morse il labbro già arrossato e singhiozzò, ma la mano di Boris afferrò la sua scuotendola con gentilezza.

-Non… non piangere, non volevo!- la supplicò timoroso.

Ma lei non poté farci niente, non aveva neanche il coraggio di voltarsi e guardarlo in faccia.

Boris, l’antipatico cosacco, continuava a stringerle la mano e a scuoterla disperatamente, cercando di farsi ascoltare.

-Non volevo spaventarsi, scusa!- continuò a ripeterle.

Lo sentiva benissimo che era dispiaciuto veramente, ma le lacrime continuavano a scenderle senza fermarsi. Sì, si era spaventata, ma non fino a questo punto. Allora perché cavolo non la smetteva di frignare come una stupida ragazzina!

Claire si asciugò l’ennesima lacrima. Avvertiva l’apprensione di Boris, nella sua stretta, accanto a lei, e si decise e voltarsi e guardarlo.

Aveva le sopracciglia aggrottate e gli occhi verde oliva pieni di rammarico.

-Mi dispice…-

Claire prese un respiro profondo. Assurdo, le dispiaceva che Boris fosse così preoccupato a causa sua.

-Non è colpa tua.- bisbigliò in un filo di voce.

-Allora perché piangi?- chiese ingenuamente lui.

Le rispose le sapeva tutte Claire, apparvero chiare e limpide nella sua mente solo ora. Perché per Yuriy lei era poco e niente, perché sua cugina non c’era mai, lì non aveva amici, lì non c’era sua madre, lì era sola, sola come non era mai stata in vita sua, e l’attimo prima in cui Boris l’aveva spinta contro quel muro facendola sentire completamente debole e indifesa, le era bastato per farla crollare come un castello di carte. Ma non gli disse tutte queste cose, si limitò a stringersi nelle spalle.

-Non lo so…- rispose guardandosi le ginocchia e asciugandosi le ultime lacrime.

Tornò a guardarlo e le scappò da ridere. Boris si sorprese.

-Hai…- farfugliò lei ridendo e singhiozzando allo stesso tempo. –Ti ho fatto un gran bernoccolo!- 

Boris si sfiorò la fronte e per un attimo urlo per il dolore.

Claire continuò a ridere mentre altre lacrime le scendevano sulle guancie.

Si alzò e andò in bagno.

Tornò con un asciugamano bagnato e glielo appoggiò sulla fronte, ignorando le lamentele di Boris.

Restarono in silenzio, Boris contrariato e con il broncio, Claire a mantenergli il panno bagnato d’acqua gelida sulla fronte.

Dopo un po’ glielo scostò. Aveva un gran bozzo sulla fronte…. Forse non avrebbe dovuto lanciargli il cellulare.

-Scusa…- soffiò piano per non farlo sentire al proprio orgoglio.

L’aveva sentita? Non l’aveva sentita? Non lo sapeva. Dopo un po’ mise da parte il panno oramai tiepido.

-Ti ho portato la ricerca.- le disse Boris alzandosi e tirando fuori dalla tasca un cd.

Claire prese il cd incredula. Veramente la ricerca era lì dentro?

-È già finita?- chiese.

-Si, che credevi?- disse dirigendosi verso la porta. –A proposito, hai visto Ari? Non l’ho vista a cena.-

-Ariel non è mai venuta a cena.- gli fece notare Claire rigirandosi il cd tra le mani.

Erano le dieci meno cinque, avrebbero chiuse le entrate a momenti, e se Ari non era lì ciò significava che avrebbe passato l’ennesima notte fuori da scuola a combinare chissà cosa. Avrebbe pagato non sapeva quanto per sapere cosa faceva. Ultimamente poi era più strana del solito, e uno strano presentimento si agitava nel petto.

-Ah, vero….- disse dispiaciuto Boris appoggiando la mano sulla maniglia, improvvisamente a disaggio tornando a pensare a quello che era successo fino a pochi attimi prima.

Doveva andarsene così? Doveva dirle qualcosa?

Sospirò e abbassò il pomello.

-Allora a doma…-

-Grazie Boris!- disse tutto d’un fiato Claire guardando fisso a terra.

-Grazie a te per il bernoccolo, biondina!- rispose lui con un sorriso rassicurante.

Aprì la porta e si trovò Ari di fronte.

Questa si che era una sorpresa per i due che non si aspettavano che tornasse.

Entrò ignorandoli e si buttò seduta sul letto.

-E tu che ci fai qui?- chiese Claire sbigottita.

-Cazzi miei!- rispose Ari strofinandosi gli occhi con la mano. –Smettetela di fissarmi o me ne vado!-

-E vattene!- disse indispettiva Claire. –Ma chi ti vuole!-

Boris le lanciò un’occhiata severa, che lei ignorò. Lo sapeva di essere stata cattiva, ma proprio non ce la faceva a sopportarla. Non lo dava a vedere, ma si preoccupava per lei, e non le andava giù di essere trattata così.

Ari comunque non se lo fece ripetere due volte, si alzò e uscì dalla stanza, e Boris la seguì senza esitazioni, lasciandola lì, di nuovo da sola e sconsolata in quella stanza vuota.

 

 

  

 

Boris si rigirò tra le lenzuola e aprì gli occhi frastornato.

Le lancette fosforescenti della sveglia indicavano le 3 e 10 circa. Si mosse un po’ incontrando il corpo abbandonato al sonno di Ari. L’abbracciò e diede un bacio sulla guancia. Con una mano le scostò i capelli dal volto. Un filo di luce illuminava la stanza quanto bastava per riuscire a vedere il suo viso.

Se Ari non fosse finita nella borg, sarebbe assomigliata a Claire? Un po’ snob e altezzosa….

Era una strana domanda, ma non poté evitare di ammettere che sicuramente sarebbe stato mille volte meglio per lei. Una vita normale, felice; certo non l’avrebbe mai conosciuta e forse, anche conoscendolo, non lo avrebbe neanche preso in considerazione.

Beh, se ci fosse stata una magia così potente che avrebbe potuto esaudire un desiderio simile, l’avrebbe fatto subito, a costo di non averla mai incontrata e di non esistere per lei.

Le baciò la fronte con la paura di svegliarla. Lei aveva sempre avuto il sonno molto leggero.

-Ti amo….- sussurrò prima di alzarsi.

Accese la luce del bagno rimanendo un attimo abbagliato. 

Quando uscì, più che soddisfatto, si guardò attorno. La stata era a soqquadro, libri da ogni parte, vestiti appesi alle ante semi aperte dell’armadio, calzini accumulati in diversi angoli, scarpe sparpagliate per terra, una addirittura sul comodino di Sergey. 

Sbuffò rassegnato. Prima o poi sarebbe toccato a lui sistemare la stanza, il tenace sciopero di Sergey aveva superato le sue aspettative delle due settimane, e non poteva continuare a vivere in quel porcile.

Raccolse la sua felpa da terra e anche la camicia bianca di Ari, e fece per buttarli sulla sedia della scrivania, ma qualcosa attirò la sua attenzione.

Tornò davanti alla luce del bagno scrutando la camicia che aveva in mano. Se la rigirò più volte tra le mani osservando sempre le stesse tre strane macchioline scure.

Aggrottò la fronte stranito.

Si voltò e guardò la stanza semi buia, verso il suo letto, dove Ari continuava a dormire.

Tornò nella stanza. Sergey si mosse sotto le lenzuola, molto probabilmente infastidito dalla luce che proveniva dal bagno.

Boris si sedette sul bordo del proprio letto osservandola dormire. La frangia era scomposta davanti al viso, e forse era cresciuta troppo e i capelli erano legati. Era rannicchiata in un angolo.

Guardò la camicia appoggiata sulle proprie ginocchia e un groppo alla gola gli impedì di respirare.

Nella sua mente non stava passando niente volutamente. Preferiva non pensare, ma non poteva ignorare quello che stava passando proprio sotto il suo naso. Avvertiva la gravità del fatto.

Se solo fosse stato vero, ciò avrebbe significato che lei era persa per sempre, e lui non avrebbe potuto farci niente, nonostante tutto l’amore del mondo.

Prese un respiro profondo e si fece coraggio.

Allungò una mano verso di lei. Le afferrò il polso sinistro.

Non se ne accorse.

Continuò a dormire, ma in cuor suo sperava che spalancasse quei suoi occhi e lo scrutasse minacciosamente come aveva sempre fatto quando la toccava mentre dormiva.

Tirò il suo braccio verso di se.

Era completamente irrigidita.

Accese la lampadina sul suo comodino.

Lasciò andare il polso. Distolse lo sguardo e spense la luce.

Aveva visto abbastanza.

 

 

 

 

 

 

come avete visto poi mi è arrivata l'illuminazione grazie alle tatu per il titolo (white robe). per quanto riguarda il capitolo non so cosa si capisca, cosa io abbia scritto, e non so neanche che cosa sto scrivendo qui. 
un saluto da sta scema carica di lavoro e di studio!


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Capitolo 12
*** Tutta colpa di Takao ***


aoi 12 salve! Finalmente sono riuscita a finire questo capitolo. Vi giuro che non c’era verso di lavorare a casa mia, giù in africa. Ora sono tornata su, nel continente europeo, e sono riuscita. Comunque, grazie mille a tutti! Sono sempre felicissima quando leggo i vostri commenti. Grazie mille a cherry_88, almeno a te piace la povera claire, che all’inizio è stata un po’ bistrattata solo perché un  snob, piena di sé ecc…., infondo anche lei ha la sua simpatia, e forse da ora forse posso iniziare a muovere un po’ il nostro rosso mammalucco tontolone. Hihi, per quanto riguarda ari nel prossimo capitolo si capirà, inizia anche una bella convivenza comica ai limiti della tolleranza.
Un grosso ciao e un grazie anche a Pich_91. ho notato anche io quegli errori, soprattutto quello del tempo verbale, me ne sono accorta mentre scrivevo il capitolo, ma ero così rincoglionita dal sonno che mi sono detta che era normale. Penso comunque di aver aggiustato, grazie per avermi avvisato, anche sui pronomi, quelli sono più difficili da tenere sott’occhio…. Forse dovrei smetterla di lavorare di notte -.-‘… comunque, un altro punto a favore a claire e uno in meno a ari. nel giro di pochi capitoli il peso sulla bilancia si sta spostando da un piatto all’altro, come mi diverto! ^^ (ma te sei fuori! Nd tutti-.-‘). Tornado a claire e ari, sono comunque molto simili, anche se non sembra, ma si noterà presto, visto che siamo arrivati al punto X. ( e quale sarebbe il punto X? Nd tutti scettici) (uff fidatevi! Nd me ><)
Grazie giuly anche a te ^^!
Scherzi a parte, sono contenta che claire vi piaccia, ma adesso il nuovo capitolo!
Non ci sarà claire, ma sperò che sia riuscito comunque simpatico.
Un grande bacio a tutti coloro che leggono e che seguono questa strampalata storia! Ciao!









12. Tutta colpa di Takao
 
Ti fermo alle luci al tramonto e ti guardo negli occhi 
E ti vedo morire 
Ti fermo all'inferno e mi perdo perché 
Non ti lasci salvare da me 
Nego i ricordi peggiori 
Richiamo i migliori pensieri 
Vorrei ricordassi tra i drammi più brutti 
Che il sole esiste per tutti 
Esiste per tutti 
Esiste per tutti 
 
 
 
Il vento ululava fuori dalla finestra. Il cielo grigio del primo pomeriggio non prometteva il calore e il sole che ci si aspettava da un giorno di inizio primavera. Ma anche se al di fuori di quelle quattro mura si fosse preparata una giornata estiva, non l’avrebbe notata, perché il suo animo era dello stesso colore del cielo.
Si rispecchiava in quegli occhi ametista, freddi e indifferenti e vedeva la sua disperazione.
Hiwatari distolse lo sguardo e si alzò e dandogli le spalle.
-Non so che farti!- gli disse con freddezza.
-Kai, lo so che non siamo mai andati molto d’accordo, ma…-
-Vedi Boris…- lo interruppe fermandosi davanti alla finestra e mettendosi le mani in tasca. -Non capisco il motivo per cui sei venuto proprio da me. Tu mi detesti, e vorrei tanto capire il perchè…-
Boris abbassò il capo pazientemente. Era chiaro che l’atteggiamento del ragazzo aveva il solo fine di umiliarlo, ma non gliene fregava niente, poteva chiedergli e fargli qualsiasi cosa.
Per quanto venisse difficile e sgradevole a entrambi, Boris aveva bisogno del suo aiuto e Kai doveva darglielo.
-Non sono qua per me, lo sai….- gli fece presente.
-Non sono affari che mi riguardano.- lo liquidò lui.
Boris fissò la sua schiena incredulo. Hiwatari lo stava rifiutando categoricamente.
Cosa cavolo stava prendendo a Kai, possibile che non capisse la gravità dei fatti? Dopo tutto non era tipo che prendeva le cose sottogamba.
Forse…. Possibile invece che ancora non si sentisse di avere a che fare con lei? Non era da lui, sarebbe stato da vigliacchi ed… egoisti. Si era molto probabile allora. Hiwatari era diverso da loro. L’egoismo era un piacere che loro non avevano mai potuto saggiare, mentre per Hiwatari era stato diverso, molto diverso.
Un moto di rabbia lo fece fremere. Come cavolo poteva un verme simile aiutare lei?! 
Ma la risposta gli arrivò subito, quando Kai inclinò leggermente il capo verso di lui, rivelando ai suoi occhi torbidi il profilo tagliato da quello sguardo duro e superbo.
Proprio Kai era forse l’unico che poteva aiutarla, la chiave di volta che mancava per sbloccare quell’anima persa.
Hiwatari. Quel verme e non lui, lui che era disposto a dare la sua stessa vita per lei.
Quando, la notte prima, aveva visto quei piccoli lividi violacei sul braccio abbandonato di Ari, si era scoperto totalmente impotente. Era stato come un macigno sulla testa, si sentiva ancora tramortito. Solo in quel momento aveva compreso che lei era al di fuori della sua portata. Gli era sfuggita via, tra le dita come sabbia finissima, e a quanto pareva nessuno era disposto a raccoglierla al posto suo… neanche Hiwatari!
-Kai, ti prego!-
Si voltò con uno scatto verso di lui. Si stava umiliando. Teneva lo sguardo fisso a terra per non dargli anche la soddisfazione di leggervi la disperazione.  
-Chiedilo a Yuriy…-
Yuriy. Lui non sapeva ancora niente, non gliene aveva parlato. Non l’avrebbe presa bene, affatto. Sarebbe stato più spietato di Hiwatari, anzi, a confronto Kai sembrava un agnellino.
“Chi non è abbastanza forte deve essere abbandonato.” Era crudele, ma era la legge della sopravvivenza che il tempo aveva inciso nelle loro menti, o meglio, in quella del rosso. E poi, anche se fosse stato disposto ad aiutarla, non ne sarebbe stato capace come non ne era capace lui.
-Yuriy….- Boris strinse i pugni amareggiato, dovendolo ammettere apertamente anche a se stesso. -Lui non è messo meglio.-
-Allora occupatene tu! Non capisco perché vieni a cercare aiuto proprio a me!- disse con sprezzo Kai.
Boris scattò come una molla a quella che a lui parve chiara come una provocazione.
Alzò lo sguardo furibondo sul ragazzo dall’altra parte della stanza.
Kai alzò un sopracciglio, ma non mostrava la minima sorpresa per il cambiamento improvviso del compagno, quando tutto d’un tratto questo si avventò su di lui con poco meno di due falcate e con una velocità disarmante che non gli diede nemmeno il tempo di reagire.
Boris lo afferrò per il collo della camicia e lo scosse con violenza.
Aveva la strana ma quanto mai certa impressione che Boris avesse irrefrenabile voglia di sbatterlo contro il muro e spaccargli la faccia.
-Che cosa credi!?- gli disse alzando la voce ad un palmo da suo viso. -Mi sarei presentato da te e mi sarei umiliato pregando un vigliacco egoista solo per il gusto di farlo?! Vuoi che mi umili ancora? Lo sai benissimo perché lo chiedo a te! Lo sai benissimo che io non posso fare niente, non sono capace di aiutarla! Volevi sentirtelo dire?! Così sei soddisfatto?!-
Lo mollò con una spinta che lo fece barcollare.
-Qui non stiamo più parlando di favori. Tu glielo devi Hiwatari, ricordatelo!- sibilò inviperito ad un centimetro dal suo naso, con un’espressione feroce sul volto.
Boris si allontanò da lui con uno scatto, percorse la stanza verso l’uscita e afferrò la giacca della divida.
-Per ora la sta tenendo d’occhio Sergey!- il suo tono pervaso d’autorità non ammetteva repliche. Non aveva mai avuto in vita sua così tanta determinazione.
-Ci vediamo stasera!- e dicendo così chiuse il discorso e anche la porta, lasciandolo lì senza possibilità di replica, solo con i suoi pensieri.
Lui non era egoista come gli aveva detto Boris, lui voleva aiutarla, ma non così… cioè, poteva aiutarla in tanti modi, perché proprio così?!
 
 
 
 
-Ti vuoi muovere?! Ti ricordo che è tardi, il pullman parte tra dieci minuti dalla stazione, e non so se i ragazzi ci aspetteranno!- urlò con impazienza Takao fermo di fronte le scale con il borsone in spalla.
La signora Matsuda lo fissava perplessa sulla soglia delle cucina, con in mano una tazza e una salvietta con la quale, pochi istanti prima, la stava asciugando.
Quello strano giovane era spuntato lì alle otto di quella domenica mattina, e senza cerimonie stava trascinando la sua piccola Sayu non sapeva dove senza il suo permesso.
La signora tornò in cucina e si rivolse al marito, ancora seduto a tavola a fare colazione, col giornale davanti che lo estraniava dagli strani fatti che si stavano svolgendo in casa loro quella mattina.
-Caro, potresti prestare un attimo di attenzione? Quello strano ragazzo è spuntato qui e pretende che nostra figlia lo segua immediatamente! Fa qualcosa!- disse scandalizzata la moglie.
Il signor Matsuda abbassò di scatto il giornale e si guardò intorno stralunato.
Un ragazzo era lì per sua figlia?
Guardò verso l’ingresso e finalmente si accorse della presenza di una persona estranea in casa. In effetti aveva avvertito un po’ di trambusto ….
Il ragazzo riprese a urlare rivolto alle scale. Sembrava molto agitato e trafelato, portava in spalla uno zaino molto pesante e pieno, a giudicare da come erano allargate le bretelle e le zip.
Rimase a fissarlo sconcertato. Ma quello non era forse… No, non poteva essere, in casa sua poi!
Sayu scese le scale e si fermò sulla prima rampa, guardando l’amico dall’alto, contrariata a causa sua, da tutto il trambusto che stava creando e dalla sua idiozia che era andata oltre i limiti che anche lei non avrebbe creduto possibili.
-Smettila di urlare babbeo! La prossima volta informami con qualche giorno di anticipo!- gli disse indispettita.
-Questo è un discorso a parte!- le rispose Takao con sprezzo. –Piuttosto, quanto cavolo ci vuole a mettere quattro cose in una valigia?! Voi femmine siete uguali!-
Oltraggioso, Sayu lo trovò veramente oltraggioso. Non solo non le aveva detto niente di quella specie di ritiro/raduno di fissati di trottole, ma faceva pure il presuntuoso come se la colpa fosse tutta la sua. Sollevò a fatica il borsone e, dal pianerottolo, glielo lanciò addosso afferrandolo in pieno e facendolo cadere con il sedere per terra.
Tutto questo perché al genio, ora sepolto sotto il suo borsone da campeggio, era venuto in mente di avvertirla che sarebbe dovuta venire con lui a quel ritiro di sette giorni su una montagna sperduta, solo un’ora prima della partenza!
Scese le scale con passo molto pesante e quando arrivò davanti a Takao, invece di aiutarlo a rialzarsi, lo scavalcò ed entrò in cucina.
-Mamma, papà….- si rivolse pietosamente Sayu ai genitori facendo gli occhi da cucciolotta per riuscire a convincerli. Cosa era costretta a fare per colpa di quell’idiota di Takao! Se glielo avesse detto prima, non avrebbe dovuto implorare i suoi genitori di farla partire senza preavviso per sette giorni con degli estranei!
Si mise davanti al tavolo, contando soprattutto sull’appoggio di suo padre.
-Ecco, questi miei amici hanno organizzato un piccolo raduno per queste vacane di pasqua, però mi hanno….-
-Non se ne parla signorinella! Tu non vai da nessuna parte!- fu la risposta fulminea di sua madre.
-Ma ma’!- si lagno Sayu. Era l’unica cosa che sapeva fare quando sua madre si mostrava così categorica.
La donna guardò contrariata il ragazzo appena rialzando da terra e che stava entrando nella cucina, dimostrando così una faccia tosta e una presunzione fuori dall’ordinario.
-E poi chi sarebbero questi tuoi amici? Non credo di averli mai visti. Che fine hanno fatto Mina, Seimi e le altre?- la bombardò sua madre.
Sayu capì immediatamente che se non fosse stato per i modi di Takao, sua madre non sarebbe stata poi così risoluta. Gli scoccò un’occhiataccia che lui ignorò, avvicinandosi a lei trascinando il suo borsone come un sacco della spazzatura, cosa che le diede molto fastidio.
-Allora, ti vuoi muovere?- le chiese lui sbuffando.
-Smettila Takao, la colpa è tua! Non verrei col piacere…- disse Sayu inviperita.
-Tu sei Takao Kinomiya!-
Il silenzio calò nella cucina e tutti si voltarono verso il signor Matsuda, che si era schiodato per la prima volta dalla sua sedia e sembrava al settimo cielo. Si tolse perfino gli occhiali per guardare il ragazzo ancora meglio e più da vicino.
Takao indietreggiò leggermente imbarazzato mentre il padre dell’amica si avvicinava a lui e gli faceva il giro intorno, guardandolo da capo a piedi come se lui fosse una forma nuova e sorprendente di animale.
- Si, sono Takao….Tutto bene signore?-
L’uomo si fermò davanti a lui, col naso ad un palmo dal suo viso.
-Magnifico!- esclamò allibito.
-Beh, si lo so!- disse Takao ridacchiando gratificato.
-Tu sei il campione del mondo di beyblade!- continuò il padre di Sayu al settimo cielo. Con uno slancio sincero lo abbracciò come se fosse il suo stesso figlio.
Gli appoggiò le mani sulle spalle continuando a fissarlo ancora incredulo.
Takao ridacchiava imbarazzato. –Si, in effetti sono io!- diceva molto soddisfatto.
A quel punto il signor Matsuda parve riprendersi dall’emozione di aver incontrato una celebrità, e gli offrì la sedia a capotavola.
-Prego, siediti! È un onore per averti come ospite!- disse.
Takao non fece complimenti e si accomodò. Dio solo sapeva quando questo facesse piacere all’ego del ragazzo.
Sayu e la madre guardarono incredule la scena patetica che si strava svolgendo sotto i loro occhi. Come aveva fatto a dimenticarsi che suo padre era un patito di beyblade?  Eppure nel suo studio aveva tutte le librerie piene di trottole!
-Dimmi.- esordì il padre sedendosi accanto al ragazzo. –Come mai sei qui?-
-Sono venuto a prendere sua figlia!- rispose ingenuamente Takao. Come poteva sapere che così avrebbe acceso le folli speranze del signor Matsuda?
Infatti l’uomo per un attimo di ritrasse sulla sedia attonito. –Per mia figlia?- ripeté più volte facendosi serio. –Oh cielo, e chi se lo sarebbe mai aspettato!-
-Ehm… già!- esclamò Takao trovando il signore sempre più strano, mentre la sua fretta aumentava. –Però adesso dovremmo andare, sa! Siamo in ritardo, abbiamo un raduno di beyblade insieme ai ragazzi russi, e….-
-I Demolition Boys? I Neoborg? Quei ragazzi russi?!- chiese incredulo il signor Matsuda sgranando gli occhi.
Takao aggrottò le sopracciglia e sorrise come se si trovasse a parlare con un pazzo. –Già, esatto, proprio loro! Però abbiamo un piccolo problemino, siamo in ritardo….-
-Tu e la mia Sayu andate a fare un raduno di beyblade con i campioni russi?!- riassunse il capofamiglia incredulo.
Takao annuì, poi il signore si rivolse alla figlia sconcertato. –E tu non mi hai detto niente?!-
-Veramente io non ne sapevo niente!- si difese la figlia guardando storto Takao, causa di tutto quel trambusto.
Il signor Matsuda si alzò, improvvisamente serio, e guardò i due ragazzi restando in silenzio per una manciata di minuti.
Takao guardò perplesso l’amica che sbuffò seccata. La signora perse ogni speranza.
-Sono commosso!- disse infine il padre rimettendosi gli occhiali sul naso, sperando così che non si notassero gli occhi lucidi. –La mia bambina…. Sono fiero di te!-
Sayu sgranò gli occhi incredula e arrossì furiosamente.
Takao passò confuso lo sguardo da lei al padre, a suo modesto parere completamente fuso. –Perché, che hai fatto?- chiese ingenuamente a Sayu.
-Papà non dire sciocchezze! Takao è un amico!- chiarì subito Sayu rendendosi contro che stava scottando per l’imbarazzo.
-Certo, certo!- disse il padre facendole l’occhiolino. –Anche io e tua madre alla vostra età eravamo “amici”….-  
-Mamma!- tornò a lagnarsi Sayu, quasi sbattendo i piedi per terra, implorandola di fare smettere il padre.
La madre sbuffò, ma non fece in tempo a dire una parole che il marito sparì dalla cucina.
Takao rimase impalato, e poi si decise a dire quello che gli passava per la testa: -Ma tuo padre è un po’ suonato?-
Sayu lo ignorò, e proprio in quel momento il signor Matsuda tornò con qualcosa in mano. Takao si sporse curioso.
-Questi sono i miei beyblade migliori.- disse rivolgendosi alla figlia e passandole tra le mani, in maniera un po’ impacciata, una decina di trottole. –Mi raccomando, fatti onore e cerca di imparare qualcosa!-
Takao si alzò e si avvicinò ai due guardando anche lui le trottole. Ne prese una verde scuro tra il pollice e l’indice, e la osservò portandola davanti agli occhi.
-Bell’anello d’attacco!- esclamò.
-Ve..veramente?- chiese emozionato il signore al ragazzo.
-Si, certo!- confermò Takao.
Sayu roteò gli occhi esasperata dal comportamento del padre e dell’amico. Ma fino a cinque minuti fa non erano in ritardo? Quell’idiota era piombato lì alle otto e le aveva fatto preparare la valigia di fretta e furia, com’era possibile che ora tutta la fretta gli fosse passata?!
-Scusate?- li interruppe lei. –Ma il pullman non partiva dieci minuti fa?-
Suo padre e Takao si voltarono a guardarla contemporaneamente.
-Il pullman!?- dissero all’unisono.
Takao scattò immediatamente, prese le borse, se le mise in spalla, la afferrò per un braccio senza preavviso e la trascino verso l’ingresso.
-Aspetta un momento giovanotto!- la voce della signora Matsuda fece frenare la frenetica corsa di Takao, che si fermò sulla soglia della cucina.
-Dice a me?- chiese sorpreso, come se per lui fosse normale trascinare le persone via di casa.
E in effetti, la signora, ferma davanti ai fornelli con uno sguardo scuro e un’espressione corrucciata, pareva avercela proprio con lui.
-Mia figlia non va da nessuna parte!- sentenziò.
-Cosa?!- chiesero tutti e tre.
-Già, avete capito benissimo! Non mando mia figlia fuori per una settimana con degli sconosciuti!-
-Ma cara, non sono degli sconosciuti, sono i campioni del mondo di…- le fece presente il marito.
-Mai io non li conosco!- continuò ancora più indispettita la donna.
-Uffa! Non ci arriveremo mai! Sono le dieci meno un quarto….- si lamentò Sayu guardando l’orologio al polso.
-Cosa!?- esclamò il padre.
Takao si afflosciò disperato, i ragazzi erano sicuramente partiti già da dieci minuti dalla stazione.
Oramai l’attenzione sulla signora Matsuda era completamente svanita, come se non avesse mai parlato, soprattutto per il marito, che non avrebbe mai permesso che la figlia perdesse un’occasione così importante come quella di poter imparare il nobile sport del beyblade direttamente dai campioni del mondo.
-Non vi preoccupate!- disse il padre agguerrito. Un fuoco ardeva  nei suoi occhi, un fuoco di ribellione e accanimento che la signora Matsuda non vedeva oramai da tempo.
Afferrò la giacca nell’entrata, se la mise indosso e afferrò le chiavi della macchina. –Vi accompagnerò io! Vi farò prendere quel pullman ad ogni costo! Seguitemi!-
Aprì la porta e usci.
-Papà, papà! Ma sei in pigiama!- gli disse la ragazzina seguendolo fuori di casa.
Il signor Matsuda esaltato come non mai, mise la macchina in moto e si fermò sul vialetto facendo segno alla figlia, immobile sul prato del giardino di fronte casa, di salire velocemente. Takao la sorpassò correndo entusiasta, caricando i borsoni sui sedili posteriori.
Proprio in quel momento la madre uscì di casa infuriata nera. Sayu si voltò verso l’entrata terrorizzata, anzi era pietrificata dalla paura. Si sentì afferrare per un braccio e si trovò dopo pochi istanti sul sedile posteriore della sua macchina in corsa.
Uscirono dal vialetto a tutto gas e imboccarono la strada.
Era l’assurdo. Suo padre era impazzito e in pigiama, lei stava disobbedendo al volere di sua madre, cosa per niente consigliabile, e stava incastrata su qualcosa…. Si voltò e si trovò  ad un centimetro dal viso sorridente di Takao.
Presa dal panico provò a scansarsi, a scansarlo, a fare qualunque cosa, ma si accorse di essere incastrata tra i borsoni e lo sportello, seduta praticamente sulle sue gambe.
-Levati brutto idiota!- fece imbarazzata cercando si spingerlo da qualche parte, ma lo spazio quello era.
Un’improvvisa curva la fece finire a gambe all’aria e a quel punto si ritrovò veramente incastrata con la testa sotto i sedili dell’auto.
Chiamò Takao in tutti i modi e iniziò a scalciare, con le gambe che sballottavano a destra e a manca senza controllo a ogni curva che prendeva, mentre l’amico a suo rischio e pericolo cercava di afferrale per tirarla su.
-Allora, dove dobbiamo andare?!- chiese suo padre a Takao con la voce resa limpida dall’adrenalina messa in circolo per l’emozione di essere l’autista super che avrebbe permesso a Takao Kinomiya, il campione mondiale di beyblade, di raggiungere il pullman per andare al ritiro, eccetera….
-A destra signor Matsusa, verso il Midoriyama!- rispose altrettanto esaltato Takao.
Com’era che Sayu aveva l’impressione che nessuno la stesse calcolando?
Iniziò a scalciare più forte, ancora a testa in giù. Sentiva che il sangue le stava andando tutto in testa, e la faccia esplodere pure per la rabbia.
-MI VOLETE AIUTARE?!- urlò con tutte le sue forze, ma nessuno l’aveva sentita, troppo intenti a parlare tra loro.
A un certo punto scalciando dovette prendere Takao da qualche parte perché sentì un urlo alquanto acuto.
Dopo dieci minuti stava ancora in quell’assurda posizione, con Takao che cercava di afferrarla per tirarla su.
Quando finalmente suo padre frenò, tutto d’un botto ovviamente, altrimenti non si sarebbe sentito strafico abbastanza, qualcuno le toccò le cosce con troppa insistenza e sicurezza. Presa dal panico iniziò a urlare e ad agitarsi, troppo impotente per potersi difendere secondo lei, ma diede un calcio sul mento a Takao che finì col viso spiaccicato contro il finestrino.
L’autista del pullman, che si era dovuto fermare apposta perché una macchina blu gli aveva sbarrato la strada, guardava dall’alto la scena basito. Un uomo in pigiama era sceso dal posto guida e stava andando a aprire lo sportello posteriore. Non appena aperto un ragazzo finì a terra stordito e dopo pochi attimi scese in retromarcia una ragazzina bassina con i capelli arruffatissimi e rossa in viso come un peperone.
Ad un certo punto l’uomo in pigiama venne a bussare alla porta del suo pullman facendogli segno di aprire, cosa che fece con un po’ di titubanza.
-Dica!- disse una volta aperto.
-Si è dimenticato a terra il pezzo migliore!- esclamò esaltato il signore in pigiama dando pacche sulle spalle al ragazzo alto e ancora un poco rintontito.
-Takao!!- un uragano giallo e arancio si precipitò fuori dal pullman e saltò quasi in braccio al ragazzo lungo lì fuori.
-Ma tu sei….- iniziò a balbettare il sisgnor Matsuda alla vista del ragazzo biondo.
-Lui è Max!- lo presentò Takao. –Il signor Matsuda è il padre di Sayu, non immagini quanto sia simpatico! Ci ha accompagnati fin qui in un batter d’occhio!-
-Oh grazie! È stato un onore per me!- farfugliò gratificato il signore in pigiama. Ma Max, non sebrò aver fatto caso al suo abbigliamento, e gli tese la mano che il signor Matsuda strinse immediatamente.
-Piacere di fare la sua conoscenza!- disse sorridente come al solito. -Ma chi sarebbe Sayu?- chiese alla fine candidamente.
-Sono io Sayu!- una voce furibonda attirò l’attenzione di Max. Sul pullman si affacciarono anche Daichi, Hilary, Ryoko e il Professore.
Max si voltò e abbassò lo sguardo incrociando gli occhi color pece di una ragazzina bassa, rossa come un pomodoro e con i capelli tutti in aria.
-È solo una mia compagna di classe…- semplificò Takao, ma Sayu gli diede un calcio sugli stinchi che lo fece irrigidire per il dolore.
-Volevo dire, è una mia cara amica!- ritrattò con voce strozzata.
Max guardò prima Takao e poi la piccoletta e un sorrisino malizioso comparve sulle labbra. Si avvicinò all’orecchio dell’amico e gli sussurrò: -Sicuro che non è la tua ragazza?- insinuò pettegolo.
-No! Non sono la sua ragazza!- precisò immediatamente Sayu sbuffando e sistemandosi nervosamente i capelli che non volevano stare al loro posto. –E non glielo auguro a nessuno!- 
In quel momento a Takao venne una splendida idea. E se avesse fatto passare Sayu per la sua ragazza… magari Hilary avrebbe capito quanto fosse fastidioso quando stava continuamente con quel Ryoko che, per la cronaca, si era portata dietro pure in questa occasione.
Si avvicinò a Sayu e la afferrò senza troppi complimenti per un braccio trascinandosela in disparte. Lei lo guardava con tanto d’occhi, cercando di capire che cos’altro volesse da lei.
Quando furono abbastanza da parte si abbassò al suo orecchio.
-Senti, fai la parte della mia ragazza per questa settimana…- le chiese sfacciatamente, senza la minima traccia di imbarazzo ne pudore.
-Scordatelo!- rispose scandalizzata lei allontanandolo con uno spintone. Era poco più di un’ora che ce l’aveva appiccicato addosso e quasi non lo sopportava più, altro che amico!
-Perché?!- chiese seccato Takao, apprezzando poco la mancata collaborazione.
-E se incontro l’uomo della mia vita? Come faccio a spiegargli che non sto con te!?- strepitò Sayu.
Il clacson del pullman li fece tornare alla realtà. Dietro si era formata una lunga fila di auto, e l’autista sembrava parecchio incacchiato.
-Muovetevi o vi lascio qui!- gli urlò da sopra il pullman.
I due corsero immediatamente su. Il padre di Sayu aveva già caricato i due borsoni e adesso li salutava allegramente dal ciglio della strada e finalmente il pullman ripartì.
A quel punto Sayu poté prendere un vero sospiro di sollievo e rilassarsi. Si sedette sul primo sedile vuoto che capitò, il caso volle che fosse ancora accanto a Takao, e si guardò intorno.
Pendolari a parte, che li fissavano ancora attoniti, Hilary, Ryoko, Kappa e altri che dovevano essere fissati con trottole, la guardavano incuriositi e divertiti. Oddio che figuraccia che aveva fatto!
In ritardo, suo padre l’aveva accompagnata, aveva fermato il traffico in pigiama e lei era per di più tutta in disordine e combinata.
Sprofondò nel sedile con la voglia matta di sparire, di trovarsi ancora a casa e di non essere mai partita. Perché tutte a lei?! Era tutta colpa di quello stupido di Takao che non le aveva detto niente!
 
 
 
 
 
Si mosse lentamente e sospirò soffocata dalle coperte. Aveva la schiena a pezzi, come se fosse coricata da giorni, sentiva il corpo pesante e stanco. Aprì gli occhi mettendo a fuoco la stanza.
Era in un letto, in una camera dalle pareti color ocra.
Una camera color ocra…. Ultimamente i suoi pensieri andavano lenti… certe volte non andavano proprio da nessuna parte, eppure quella camera era certa di non averla mani vista.
Dove cavolo era finita questa volta!
Scalciò esasperata le coperte e, a fatica si mise a sedere, e si guardò attorno.
-Finalmente ti sei svegliata. Stavo iniziando ad annoiarmi.-
Sgranò gli occhi incredula.
-Hiwatari...-
 



 

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Capitolo 13
*** In ritiro ***


13 aoi
Salve! Finalmente il pc è tornato dalla mamma, vero amore?  (ma parla col computer? O.o Ndtakao)(e bene? Anche io lo faccio…. Ndkappa)(allora è grave é.è! ndme)
Comunque tornando a noi, sono tornata anche se ci ho messo un po’ per riprendere questo capitolo, avevo un po’ perso il ritmo. Spero solo che non ne sia venuta fuori una schifezza.
L’ultima parte l’ho scritta ieri notte (tanto per cambiare -.-! ndme) e mentre in mente aveva tutt’altra cosa, i personaggi, due certi signorini (boris coff coff yuriy coff coff!), hanno preso possesso della storia e hanno fatto di testa loro (certo, altrimenti tu ci avresti fatto baciare come tuo solito! Ndboris)(ma ti pare possibile? Insomma un po’ di coerenza! Ndyuyu).
Non scherzo ne! Mi sembrava la reazione più naturale, e forse sembrerà un po’ esagerata, ma non dobbiamo dimenticare che non sono poi normalissimi i nostri signorini. In effetti mi è venuto in mente e sarà un particolare molto importante alla fine di questa storia.
Tornando a noi, volevo ringraziarvi tutti! Mi viene quasi da piangere quando leggo i vostri commenti, T.T siete troppo buoni! (anche io lo penso! Ndkai)(sta zitto tu! Ndme isterica)( tzs! Io parlo quanto voglio! Stupida gallina! Ndkai)(bene, ricordati che tu sei chiuso in una camera con ari, e che sono io a comandare! Ndme)(che paura, e che mi può fare quella, picchiarmi?ndkai scettico)(ihih wahahahahah! Vedrai vedrai!ndme in versione delirio pazzoide)(oddio!ndkai piccolo piccolo).
Comunque adesso basta vaneggiare ecco il nuovo capitolo. Non so se ho corretto tutto, ma lo farò (promesse da marinaio -.-! ndyuriy)(tu puoi parlare, a te già l’ho combinata grossa! u.u ndme)(O.o ndyuyu).
Grazie a scrlettheart che non porta sfiga (anche il mio pc fondeva gli alimentatori ^^, ad un certo punto ho pensato di essere io a portare sfiga. Un minuto di silenzio per tutti quegli alimentatori che sono morti nell’intento di servirmi con onore u.u….), grazie a soriiil5__5, a elenasama, a cherry_88, a giulytheprincess (rapporti tra ari e kai sono congelati dalla finale del campionato, ma nel giro di due o tre dovrebbero cambiare radicalmente).
Adesso un bacio a tutte e buona lettura!!!!!!!
   
 
 
 
13. In ritiro
 
Ariel Mayer non se lo sarebbe mai aspettato, era fuori da ogni  sua concezione, ma si dovette ricredere immediatamente. Quella non era un’iniziativa di Hiwatari, ne era certa, alla fine lui era solo un incaricato in quello sporco lavoro da ficcanaso.
Tornò al centro della piccola stanza mantenendo la calma, anche se l’idea di essere intrappolata lì dentro la innervosiva non poco.
Si guardò introno. Qualcosa nell’arredamento le diceva che si trattava di una stanza d’albergo, forse per la disposizione dei mobili, forse per lo stile anonimo, o forse era a causa delle pesanti e orrende tende verdi tirate davanti la finestra.
Si soffermò su Hiwatari. Era seduto pigramente su una poltroncina incolore, la guarda con sufficienza, sguardo che lei ricambio senza troppa difficoltà.
Chiusa a chiave in una stanza d’albergo con Hiwatari… fantastico! Il motivo lo intuiva, e l’unica cosa che in quel momento le importava era di uscire di lì.
-Apri la porta.- disse atona. Né una richiesta né un’imposizione.
Kai alzò un sopracciglio indifferente e si voltò dall’altra parte come se non avesse parlato.
Ari rimase in silenzio a fissarlo, poi si voltò verso la porta, studiando nella sua testa un modo per scardinarla senza dover faticare troppo a pregare quell’idiota. Non aveva voglia di parlare per ottenere quello che voleva, lo voleva e basta, lo pretendeva e non voleva dare conto a nessuno.
-Ti ho detto di aprire la porta.- ripeté pazientemente tornando a rivolgersi a lui. Era stranamente calma, a dispetto del nervosismo che latitava inquieto scalciando nelle sue membra.
-Non posso.- le rispose semplicemente.
Ari rimase in piedi in mezzo alla stanza a pazientare. Avrebbe dovuto pianificare un modo veloce e semplice per convincerlo ad aprire, o comunque un modo per uscire di lì, ma in quel momento la testa non le diceva niente, era completamente vuota.
Kai la guardava ogni tanto di sottecchi, un po’ sorpreso dallo strano comportamento della ragazza che iniziò dopo un po’ a ciondolare per la stanza.
Gli dava le spalle ora, e la sua attenzione sembrava completamente rivolta al comò.
Non si sarebbe mai aspettato che dopo una decina di minuti sarebbe andata in escandescenza senza nessun preavviso, dopo tutto sembrava tranquilla!
-Apri!- gli disse con tono duro che lo mise in allerta. -Apri, fammi uscire immediatamente!-
-Non posso.- ripeté Kai aggrottando la fronte in attesa di una reazione più spropositata che tardava comunque ad arrivare.
Passava le dita lungo lo spigolo del comò, continuando a dargli le spalle.
-Perché?- gli chiese d’un tratto.
-Siamo chiusi dentro dall’esterno. Io non ho le chiavi.- spiegò Kai curioso di vedere come avrebbe preso la notizia.
Ari infatti smise di giocare con le dita sulla superficie liscia del comò. Si voltò lentamente verso di lui guardandolo attentamente, come se stesse soppesando se credergli o meno.
A quanto pareva però doveva aver preso per veritiere le sue parole, perché diede un improvviso pugno sul duro legno del mobile.
-Porca puttana!- esclamò a denti stretti iniziando a muoversi per la stanza come un leone in gabbia. Aveva finalmente capito di non avere scampo, si sentiva in trappola, e questo le provocava un fastidio immenso. Doveva fumare, doveva assolutamente accendersi una sigaretta.
Afferrò la giacca sul letto e iniziò a frugare nelle tasche sempre più irritata e nervosa.
Quello stronzo! Sapeva di chi era la colpa, e gli mandava come sempre quel coglione di Hiwatari a controllarla!
-È stato Ivanov vero!?- iniziò a dire lei infuriata come una belva. -È stato lui a chiudermi qui dentro! Che c’è, gli faceva troppo schifo avere a che fare con una tossica?! Com’è che tutto d’un botto non si fa più i cazzi suoi quello lì?-
Trovò l’accendino ma non le sigarette, tutto sotto lo sguardo sconcertato di Kai, che non si aspettava parole così dure, piene di rancore, buttate lì con tanta semplicità.
Ari scosse la giacca come indemoniata. Quante cazzo di tasche aveva quella cosa?! Se la rigirò nuovamente controllando di nuovo in tutte le tasche. Le sigarette, dove diavolo erano!?
-Non è stato Yuriy….- accennò Kai, ma quelle parole arrivarono come una valanga di neve su di lei, raffreddando la sua frenesia.
Finalmente Ari lo degno di uno sguardo e smise di cercare. Alzò gli occhi su di lui, seduto comodamente con le gambe accavallate e il mento appoggiato sul palmo della mano.
Ari rimase per un attimo pietrificata mentre nella sua mente tutti i tasselli si mettevano al loro posto.
-Quel fottutissimo stronzo!- esclamò incredula e a bocca aperta.
-Si, proprio lui!- confermò Kai annuendo, notando con piacere come lei non si risparmiasse sugli epiteti.
Stringeva ancora tra le dita la giacca nera, e non ci poteva credere.
Quale altro fissato poteva averle fatto sparire le sigarette?
-Mi ha fottuto!- realizzò infine lasciando scivolare la giacca a terra.
-Il termine esatto sarebbe aiutare, ma fa lo stesso….- ironizzò Kai.
Da quel momento Ari cadde in un silenzio penoso.
Si mise seduta in un angolo del letto a fissare la porta con lo sguardo vuoto e sordo.
Si sentiva fregata su tutta la linea, proprio perché era stato Boris, proprio perché non lo aveva mai ritenuto abbastanza sveglio e intraprendente da arrivare a farle una mossa del genere.
Eppure, non poteva essere, doveva esserci una via di uscita. Quel Hiwatari non gliela contava giusta…. Si guardò intorno. Sul comodino c’erano dei preparati di ramen istantaneo. Fuori dalla finestra si vedevano altri palazzi alti, troppo in alto per evadere.
Niente, non c’era via di scampo. La situazione era quella, l’aveva fregata!
 
 
 
 
L’acqua calda della doccia le scivolava sui capelli e sul viso. Chiuse gli occhi massaggiando con delicatezza con shampoo all’albicocca il cuoio capelluto.
In verità avrebbe preferito fare un bel bagno per rilassarsi un po’, ma in quella baita c’erano solo docce.
Dopo la figuraccia del giorno precedente, con suo padre che fermava il pullman in pigiama, le cose erano andate migliorando, decisamente… non che potessero andare peggio, ma… sì, ripensando alla proposta idiota di Takao, sarebbero potute andare peggio.
Non appena erano arrivati Takao si era messo a frignare perché un suo amico non si era presentato, un certo Kai, e sicuramente non avrebbe fatto altro che lamentarsi per la sua assenza anche durante i giorni a seguire.
Comunque non poteva lamentarsi, la compagnia c’era, quindi con un po’ di buona volontà non avrebbe avuto bisogno del continuo supporto di Takao.
I ragazzi non erano socievoli, erano travolgenti! Max in primis, era di certo il più simpatico, incredibilmente solare, poi c’era un piccolo selvaggio dai capelli rossi di nome Daichi sempre appiccicato a Takao, un cinese, Rei, vestito come un cameriere, Ayumi, una ragazza un po’ cicciottella ma carinissima, uno strano tipetto tristo e sconsolato, Yuya, e una ragazza francese con la puzza sotto il naso, che da quando aveva messo piede in casa non aveva fatto altro che ordinare a destra e a manca per far sistemare le valige nella sua stanza, che guarda caso era anche la sua! Si era portata due trolley enormi, e per tutta la sera non aveva fatto altro che chiedersi che cosa ci fosse lì dentro, dopo tutto era solo una settimana!
Poi c’erano i ragazzi russi: li aveva salutati e si era presentata, e loro neanche l’aveva degnata di uno sguardo. C’era rimasta veramente di cacca, ma forse non parlavano la sua lingua. 
Oltretutto erano molto inquietanti quei tre. Difficile dire quale lo fosse di più, forse lo era quello alto (oh cielo, erano tutti e tre immensamente alti! O forse era lei immensamente piccola…), quello con gli occhi verdi e i capelli color topo con un musone infinito, o forse il rosso algido… no, il più inquietante era sicuramente l’armadio biondo. Quello si che faceva paura!
Si sciacquò sotto il getto della doccia e vi rimase per qualche minuto. 
In fondo non stava andando poi tanto male, non era neanche l’unica a non giocare a beyblade, e quello era stato cruccio che l’aveva afflitta per tutto il viaggio fin su quel pizzo di montagna. Non voleva essere l’unica scema in mezzo a tanti blaider per di più tutti campioni di alto livello. Che cosa cavolo c’entrava lei lì in mezzo?
E invece c’erano Hilary e la ragazza francese che sembravano non aver mai preso un bey in mano. Non poteva lamentarsi!
Chiuse l’acqua e uscì dalla cabina coprendosi con un asciugamano. Si asciugò frettolosamente e…. I vestiti! Li aveva lasciati in camera! Ma porcaccia loca, perché era sempre così imbranata! E ora?! Cosa poteva fare? la sua stanza era dall’altra parte del corridoio.... magari se faceva in fretta nessuno l’avrebbe vista. Oltre tutto dovevano essere più o meno tutti a colazione in quel momento.
Ecco come vanno le cose stando continuamente con la testa tra le nuvole! Stupida, stupida Sayu!
Prese il pigiama sotto braccio e si strinse per bene nell’asciugamano.
Aprì uno spiraglio della porta e guardò fuori. Il corridoio sembrava deserto, neanche un’anima. Doveva agire in fretta, altrimenti avrebbe perso questa occasione.
Mise un piede fuori, e guardò a destra e a sinistra richiudendosi silenziosamente la porta del bagno alle spalle.
Ancora nessuno, perfetto.
Spiccò una corsa verso la sua stanza, sempre più vicina, sempre più vicina… Bamh!
Finì col sedere per terra, che le fece anche un male cane, ma quando alzò lo sguardo sulla persona contro la quale era andata a sbattere, non fece più caso al dolore e arretrò spaventata.  
L’armadio biondo la guardava dai suoi due metri di altezza, lassù dalla sua cima dove sicuramente anche il tempo era diverso.
Divenne porpora come il giorno prima, forse ancora di più, visto che aveva solo l’asciugamano addosso. Meno male non si era scoperta cadendo e non le era scivolata di dosso, altrimenti ci sarebbe stato da seppellirsi per la vergogna.
Si mise subito in piedi cercando in tutti i modi di stare attenta a come muoversi.
-Ti sei fatta male?- le chiese, cosa che l’avrebbe sorpresa se non fosse stato per la confusione che le aveva messo l’imbarazzo. Si limitò ad annuire vigorosamente e a fissare il parquet a terra.
-Tesoruccio!- una voce allegra attirò la loro attenzione. 
Era Ayumi, la ragazza cicciottella. Sayu strabuzzò gli occhi: aveva per caso chiamato lei tesoruccio?!
Guardò confusa il biondo accanto a lei. Il suo volto era addolcito alla vista della ragazzina ferma sul pianerottolo in fondo.
-Vieni a tavola, ti ho preparato delle frittelle!- continuò Ayumi sorridendo allegramente. –E Sayu, ti conviene muoverti, Takao sta facendo piazza pulita!-
Sayu annuì e provò a fare qualche passo verso la sua stanza, ma non poteva fare a meno di continuare a fissare quei due allibita. Il russo aveva raggiunto Ayumi, e lei si era attaccata al suo braccio… quelli erano una coppia?!
La sorpresa fu grande quanto la botta che prese andando a sbattere contro la porta della sua stanza: inimmaginabile!
Quando scese al piano di sotto le girava ancora la testa e il sedere le faceva male, e le cose non migliorarono trovandosi davanti una tavola in festa. Bicchieri che brindavano, risa, chiacchiere e piatti che volavano da una parte all’altra della cucina. Eppure era solo una semplice colazione!
Non fu molto difficile individuare la causa di tutto quel baccano. Takao e Daichi stavano litigando per una fetta di dolce, mentre Max e Rei stavano discutendo sul significato che poteva avere la maionese servita insieme a uova e pancetta di prima mattina.
Provò a sedersi, ma l’unico posto decente, cioè non sporco di marmellata, cioccolato o caffè, era quello vicino a Claire, la sua compagna di stanza. Era incredibile come riuscisse ad essere elegante lì in mezzo mentre spalmava della marmellata di fragole su una fetta biscottata. 
Lei non aveva avuto mai occasione di conoscere degli occidentali fino ad allora, ma quella Claire era il distillato di tutto ciò che si poteva ritenere francese: era bellissima, bionda, indossava vestiti bellissimi ed era assolutamente chic!
Dopo qualche attimo si accorse si fissarla, e si voltò a guardare il resto dei ragazzi seduti a tavola. Il ragazzo russo dai capelli rossi, Yuriy, sedeva rigido sulla sua sedia sorseggiando una tazza di caffè con l’aria di uno che voleva dare a vedere di non avere niente a che fare con la marmaglia seduta al suo stesso tavolo. Si rese conto però, ad un certo punto, che c’era qualcosa in particolare che il rosso stava guardando, in continuazione, di sottecchi l’altra parte della stanza, e pure lei guardò, incuriosita da tanta insistenza.
Era l’amico che stava fissando? In effetti c’era solo Boris seduto sul divano intento a fissare il vuoto senza espressione. Mamma mia, quello doveva essere il depresso del gruppo! Come cavolo era finito uno come lui in mezzo a quel guazzabuglio che erano Takao, Max e Daichi?
Insomma, il rosso si capiva lontano un miglio che faceva il serioso ma che in fondo gli faceva un gran piacere trovarsi lì, e il biondo alto due metri… beh, a quanto pareva lui stava meglio di tutti visto che Ayumi lo imboccava con dolcezza come si fa con un pascià. Ma Boris…
Tornò a guardare la tavola imbandita, o forse era meglio definirla campo di battaglia? Comunque tornò a guardare il campo di battaglia, prima che il russo gli trasmettesse la depressione, e allungò una mano verso una merendina.
Chissà come sarebbe stato il pranzo? Già si stava figurando Takao e Daichi fare una gara a chi mangia di più, quando Max e Rei la chiamarono in causa senza troppi complimenti.
-Maionese, uova e pancetta!- le disse a bruciapelo il biondo.
-No, pancetta, uova e pane!- ribatté Rei.
Sayu si ritrasse atterrita. E mo’ quei due cosa volevano da lei!? Ecco in questo senso intendeva travolgenti, tanto da lasciare interdetto chiunque.
Continuarono a fissarla in attesa di una risposta. Doveva avere la faccia sconvolta, sicuramente, perché intervenne Claire, inebriandoli col suo fantastico e affascinante accento francese che a lei piacque oltre ogni immaginazione.
-Assolutamente niente maionese, quella roba è grassa!- sentenziò.
Ecco che tutto il suo mondo crollava come un castello di carte. Aveva denigrato la sua adorata maionese! Che disdetta!
-Sì.- continuò Rei infervorato trovando qualcuno che sembrava pensarla come lui. –Ma non trovi che la sua temperatura possa togliere molto a contrasto con la pancetta?!- 
Claire aggrottò le sopracciglia quasi scandalizzata. 
-Ti pare che io mangi cose come pancetta, per di più di prima mattina?!- chiese altezzosa.
-Perché, che c’è di male?- chiese sorpreso Max.
-Beh, io nemmeno mangio pancetta a colazione- intervenne timidamente Sayu. –ma credo che la maionese ci voglia ehm… come dire, sempre!-
Max di alzò di scatto e le afferrò le mani stringendole nelle sue facendola affondare ancora di più nella sedia per l’improvvisa reazione. Gli occhi azzurri gli brillavano per la felicità.
Ma che cavolo gli era preso a Max?! Che aveva detto di strano!?
-Finalmente qualcuno che mi capisce!- strepitò lui, e con un ulteriore slancio l’abbracciò, come se il tavolo tra di loro non esistesse per lui.
 
 
 
 
Doveva stare sveglia, doveva resistere, doveva restare lì seduta e non perdere la pazienza.
Si sistemò meglio le pieghe della gonna e tornò a guardare il campo di beyblade.
Forza Claire, mostra almeno un po’ di interesse, cavolo è finalmente il turno di Yuriy, si disse forzandosi di tenere gli occhi ben sbarrati e attenti.
Ma dopo tutto erano più di quattro ore che non facevano altro che giocare con quelle stupide trottole ininterrottamente. Ma non si annoiavano mai?!
Sospirò cercando di farsi forza. Hilary seguiva non entusiasmo tutte le sfide, era l’unica che non giocava a beyblade. Addirittura Ryoko e Sayu, la pseudo fidanzatina del capo sfigaton, nonché sua compagna di stanza, giocavano a beyblade!
Appoggiò il mento sul palmo della mano e fissò la ragazza seduta accanto a lei sul legno delle scale della porta sul retro, studiandola con attenzione.
Leggeva vero e proprio entusiasmo nei suoi occhi, la sua postura era tesa e trepidante mentre seguiva l’incontro tra Yuriy e Takao, come se da un momento all’altro si volesse alzare e intervenire di persona.
Si chiese come mai non giocasse lei stessa se le piaceva così tanto.
Tornò a guardare con disinteresse il campo, e poi si accorse che c’era qualcosa di molto più interessante. Cosa? Yuriy, ovvio!
Mentre il suo avversario si dimenava come un polipo, Yuriy non si scomponeva mentre giocava, anzi, sembrava ancora più algido e elegante.
Claire inclinò leggermente il capo continuando a fissarlo, come catturata. Era bello, anzi di più. Come aveva fatto a non notare che i suoi occhi si ravvivavano quando giocava? Sembrava trasformarsi in qualcosa di molto più spettacolare. Era impetuoso, emanava grinta.
Iniziava ad amare seriamente il beyblade, e non stava scherzando. Se questo bastava ad accendere così quello stupendo ragazzo, allora per lei poteva essere definito sport degli sport. 
Forse stava sbavando, forse qualcuno si era pure accorto che lo stava fissando, forse lui stesso se ne era reso conto, ma chi le poteva dare torto? Chi non sarebbe rimasto ammaliato?
Un attimo, un piccolo ghigno, e le labbra sottili si arricciarono soddisfatte. Alcuni ciuffi rossi ricaddero sul viso dalla pelle diafana, mentre piegava il capo in avanti e un’ombra minacciosa si rifletteva nei suoi occhi fissando vorace il suo avversario. Erano così lievi quei cambiamenti, particolari che, se non notati, riuscivano comunque a incutere una tremenda paura.
Si morse il labbro impressionata. Inaspettatamente il cambiamento fu così radicale in lui che non riuscì a percepirlo, e sussultò sbigottita.
Un fiotto d’aria gelido le fischiò nell’orecchio sinistro e un rumore alle sue spalle fece girare Hilary, scattata di lato come per evitare qualcosa. Che cosa era successo? Non riusciva a capirlo.
-Cavolo Yuriy, vacci piano, era solo un’amichevole!- gli fece notare Takao mettendo il muso e guardando storto il rosso.  
-Complimenti amico!- la voce di Boris attirò l’attenzione di Claire, che ancora confusa si voltò accorgendosi con sorpresa sono in quel momento della sua presenza alle sue spalle.
-In gran forma come al solito!- continuò alzando a mo’ di brindisi una bottiglietta d’aranciata verso l’amico e poi bevendo una generosa sorsata.
-Ma potreste fare almeno un po’ più di attenzione!- disse Hilary con voce stranamente acuta. Sembrava molto agitata, e Claire continuava a non capire perché fosse tutto finito.
Tornò a guardare Yuriy. Teneva il lanciatore basso lungo il fianco e fissava Boris con un misto di soddisfazione e malcelata modestia. Fece dei passi verso di loro allontanandosi dal campo dove stava giocando. Poi abbasso lo sguardo su di lei. Claire distolse gli occhi come scottata da quelli turchesi del ragazzo. Non si aspettava che la guardasse, l’aveva presa alla sprovvista, d’altronde non l’aveva mai guardata negli occhi, non così almeno, non con tale attenzione.
Delle dita le presero il mento. Trattenne il respiro.
Erano le sue quelle lunghe e sottili dita che si azzardò a guardare, la sua mano dalle nocche così bianche.
Le inclinò il viso di lato. Rimase immobile, pietrificata da quel contatto da non riuscire nemmeno a deglutire. Sentiva i suoi occhi che dall’alto puntavano dritti su di lei. Ok, stava impazzendo. I pensieri vorticavano ereticamente come farfalle nella sua testa e un nodo alla bocca dello stomaco le tolse il respiro.
Yuriy continuò a fissare il taglio sulla guancia sinistra della ragazza, ignorando i rimproveri petulanti di Hilary.
Era una leggera linea rossa, sottile come un filo di seta su quella pelle rosata e liscia.
Non poté fare a meno di notare il profilo familiare dello zigomo e del naso, lo stesso arco perfetto delle sopracciglia sollevato per la sorpresa su quegli occhi dalla stessa forma e colore eppure così diversi, così vividi.
Un pugno allo stomaco gli arrivò quando si accorse che una goccia vermiglia stava scendendo dal taglio, lungo la guancia che non aveva mai conosciuto sfregio. Aveva commesso un peccato intaccando qualcosa di così puro.
Raccolse quella goccia col dorso delle dita, lentamente. Era così concentrato su quella delicata guancia che riusciva a sentirne la morbidezza, il calore e a vederne il nitido candore.
-Scusa….- Yuriy sussurrò appena, ma l’improvviso tono alto e aggressivo di Takao lo fece trasalire.
-Adesso mi devi la rivincita!- gli disse con presunzione per poi rivolgersi a Hilary. –E tu passami Dragoon!-
Hilary si irrigidì infastidita dal suo tono presuntuoso, e non poté trattenersi dal rispondere. Scattò in piedi come una furia, fronteggiando Takao, riuscendo a raggiungere la sua altezza solo perché stava sul gradino.
-Io ho un nome, non mi chiamo tu! E poi si dice per favore!- sottolineò stringendo i pugni.
-Ancora con questa storia?- fece Takao per niente impressionato portandosi le braccia dietro la testa con disinvoltura. –Ma non ti arrendi mai?! Passami dragoon e non rompere….-
-Prenditelo da solo il tuo stupido beyblade!- rispose ancora più inviperita Hilary.
-Beh, allora levati dai piedi, che col tuo grosso sederone non riesco a….-
-TAKAO!-
Sayu spuntò tra i due, come uno di quei pagliacci a molla sorridenti e gongolanti che saltano fuori dalle scatole colorate.
Il ragazzo si ritrasse per la sorpresa di trovarsi la piccola amica dai capelli neri a meno di due centimetri dal suo naso che lo guardava furente.
-Che diamine urli anche tu, mi hai fatto prendere un colpo!- soffiò debolmente Takao.
Sayu storse il broncio irritato e lo guardò infuriata e severa. Come riusciva ad essere così scortese quel ragazzo? Ci si metteva proprio d’impegno! Come pretendeva il suo aiuto se poi lui per primo non ci metteva un minimo di volontà nel comportarsi meglio?
-Si può sapere che cosa stai combinando?!- gli chiese lei assottigliando gli occhi indispettita.
-Tentavo di riprendermi il mio dragoon!- rispose Takao alzando la voce e lanciando un’occhiataccia a Hilary, che fu sul punto di raccogliere la provocazione e rispondere, però Sayu intervenne prontamente.
-Te la prendo io la tua stupida trottola! Stai zitto ora, poi ne riparliamo meglio io e te da soli!-
Le sopracciglia di Takao si inarcarono per la sorpresa. Cosa voleva dirgli Sayu in privato? E poi che cosa era quel tono minaccioso e autoritario?
Intanto la ragazzina si era girata verso Hilary, e con toni gentili le chiese il beyblade, che ricevette con altrettanta gentilezza.
-Visto come si fa!?- disse Hilary con voce acuta rivolgendosi a Takao e lasciando di stucco Sayu. Non si aspettava certo che anche lei si mettesse a provocare.
-Spero che almeno Sayu riesca ad insegnarti un po’ di buone maniere, anche se è un’impresa decisamente impossibile!- continuò con fare ancora più sostenuto Hilary. –Da un cafone come te non mi aspetto più niente, non so neanche perché me la prendo tanto ogni volta….-
Takao fremette di rabbia a quelle parole. Distolse lo sguardo fissandolo a terra e strappò dalle mani di Sayu Dragoon con una reazione decisamente spropositata, anche a giudizio di Yuriy e Boris, che rimasero a guardarlo perplessi, mentre riagganciava il suo bey e si posizionava davanti al campo di gioco dando loro le spalle.
-Voglio la rivincita Yuriy!- tornò a ripetere Takao lanciandogli un’occhiata seccata.
Yuriy si mise le mani in tasca per niente intenzionato ad assecondare la richiesta del ragazzo.
-Scordatelo! Non gioco più di due volte di fila con la stessa persona….- gli rispose con aria sostenuta.
-Beh, allora vieni a giocare tu Boris!- inistette Takao senza arrendersi. Dopo tutto erano già tutti impegnati in altre partite, gli unici due che non stavano facendo niente erano proprio Boris e Yuriy. E per di più Boris non aveva ancora fatto nemmeno un lancio.
Ma la sua risposta fu secca e svogliata mentre si appoggiava al muro con sguardo perso, ondeggiando la bottiglietta che aveva in mano: -Mi secco, chiedi a qualcun altro….-
Molte teste si voltarono per l’incredulità, e per un attimo quasi tutti smisero di giocare.
-Che c’è, non si può giocare sempre a sto cazzo di beyblade!- rispose infine Boris trovando la loro meraviglia molto irritante. Era innervosito, si vedeva lontano un miglio che non aveva alcuna voglia di scherzare e ridere, tanto meno di stare in mezzo a tanta gente e giocare addirittura a beyblade. Che cosa c’era di strano in tutto questo!?
-Ti senti bene amico!?- gli chiese Takao come se parlasse a nome di tutti.
Boris gli lanciò un’occhiataccia e tornò a giocare con la bottiglia.
-Anche se fosse non sarebbero cazzi tuoi… idiota!-
Takao strinse nel pugno il lanciatore del bey sempre più risentito a quel rifiuto, e fu quasi sul punto di urlare.
-Ma se tu non vuoi giocare, e Yuriy non mi vuole dare la rivincita, allora qualcuno mi spiega con chi gioco io!?-
E i ragazzi tutti intorno che per un momento avevano pensato che se la fosse presa per l’idiota, e invece era solo questo il suo problema!
-Ah, sei sempre il solito Takao!- disse Rei sghignazzando. –Se aspetti qualche minuto, il tempo di battere Daichi e ti accontento….-
-Ehi, cosa ti fa credere che mi batterai?- replicò Daichi a quell’affermazione brandendo il suo lanciatore.
-Non te la devi prendere!- gli rispose Rei sorridendogli sicuro di se.
-Sei uno sbruffone!- gli disse Daichi.
-Ah basta!- li interruppe Takao irritato da quella situazione. –Piuttosto vorrei sapere perché cavolo Kai non è venuto!-
-Di nuovo con questa storia!- sbuffò Hilary roteando gli occhi al cielo.
-Takao, lo sai come è fatto, devi metterti l’anima in pace…- gli disse il professore.
-Ma mi aveva promesso che sarebbe venuto!- tornò a ripetere per l’ennesima volta Takao buttando fumo dal naso.
Yuriy si voltò incredulo mentre il campione del mondo continuava con i suoi deliri.
Boris non aveva fiatato. A quell’affermazione era rimasto zitto e in silenzio, anzi, sembrava ancora più distaccato di prima, come se la faccenda non lo riguardasse. Come era possibile che non avesse fatto nemmeno una battuta, o che non avesse neanche sghignazzato? Perfino a lui era venuta in mente qualche stupida battuta, di quelle che faceva sempre lui. Se ne potevano fare così tante su Kai e Takao, e magari un genio come lui sarebbe riuscito a tirare in mezzo pure Yuya.
Ma niente, la voce alta e trepidante di Takao tornò ad insinuarsi nelle sue orecchie mentre continuava a fissare l’amico rigido e serio sotto la veranda.
Quella sfumatura amara nei suoi occhi non lo faceva stare tranquillo già da diversi giorni. 
-E poi vorrei tanto sapere anche Ari che fine ha fatto!- continuò a strepitare Takao alle sue spalle. –Com’è che voi non sapete mai niente?-
Takao mise le mani sui fianchi e si rivolse a Claire che aggrottò la fronte sorpresa.
-Tu sei sua cugina, dovresti sapere perché non è qui! Ti avrà pur detto qualcosa!- le disse pretendendo una risposta dalla biondina che sospirò rassegnata.
-Che ti posso dire Takao, anche io credevo che venisse. Le avevo portato pure il regalo….-
-Il regalo per cosa?- chiese Hilary.
-Come per cosa?- disse Claire sorpresa. –Tra tre giorni è il compleanno di Ariel, non lo sapevate?-
Ma a quanto pareva nessuno sapeva niente visto che c’erano rimasti tutti di stucco.
-È ovvio che nessuno lo sappia. Scommetto che neanche lei lo sa.- spiegò Yuriy –Molto spesso i trovatelli presi dalla borg non conoscevano certe informazioni, quindi venivano registrati tutti sotto un’unica data di nascita. A volte anche il nome e il luogo di nascita venivano creati dalla borg. Tutti con lo stesso cognome e la stessa città di provenienza.-   
-Mi dispiace!- disse Hilary.
-Come se a tipi come mia cugina importasse qualcosa del giorno del compleanno!- la freddo con un certo cinismo Claire, ma a un occhiata quasi di disapprovazione da parte di Hilary si rese conto di aver detto qualcosa di poco carino nei confronti dei ragazzi russi. Alzò intimorita lo sguardo su Yuriy, ma lui non sembrava offeso.
-Esattamente!- convenne il rosso con sollievo della bionda.
-Si si, il tutto risulta molto interessante.- proruppe Takao spazientito. Il suo problema non era stato ancora risolto. –Ma ancora non sappiamo perché Ari non è venuta. Quando la vedo mi sente! Allora cuginetta, mi vuoi dire che cosa aveva di tanto importante da fare Ari?-
-Ma credi veramente che mi riservi le esclusive su quello che va combinando solo perché sono sua cugina?- esclamò Claire irritata dalla presunzione del ragazzo. –Prova a chiederlo chiedilo a Boris, è lui il suo ragazzo, l’ultima volta che l’ho vista stava con lui….- disse infine nella speranza di levarselo dai piedi.
Ma l’espressione sbigottita che comparve sul volto di Takao, e su quelli degli altri ragazzi le fecero intuire per qualche strano caso che nessuno sapeva di Boris e Ari.
-Boris è il ragazzo di Ari?- chiese sconcertato Takao.
-Cavolo che coraggio!- esclamò a gran voce Daichi sghignazzando.
-Ehm…. Non lo sapevate?- oddio che imbarazzo, pensò Claire.
Lanciò uno sguardo fugace a Boris, che non sembrava per niente entusiasta di quella situazione, e desiderò ardentemente di non aver detto niente. Era mortificata come poche volte in vita sua. Perché cavolo doveva dare sempre aria a quella sua stupida boccaccia?!
-No, ma ci fa piacere!- rispose Rei.
-Ma veramente?- chiese ancora incredulo Takao, come se fosse una cosa fuori dal mondo.
-Perché, che c’è di strano?- chiese Hilary.
-Ero convinto che a Ari piacesse Kai! Almeno l’anno scorso, non faceva altro che fissarlo….-
-Ma ti sei rimbecillito!?- gli urlò Hilary fuori di se scattando in piedi. –Ti sei forse dimenticato che cosa è successo alla fine?! Come fanno a venirti certe idee?-
E in effetti le considerazioni di Takao avevano lasciato di stucco tutti, compreso Yuriy che lo guardò con tanto d’occhi. Ma Boris non si scompose, anzi quell’affermazione fu un ulteriore pugno al cuore, che per fortuna arrivò passando inosservato. Yuriy era da un pezzo che lo stava studiando senza tregua, ma in quel momento era troppo distratto dalle considerazioni decerebrate di Takao.
-Ma perché, che è successo?- chiese Claire venendo totalmente ignorata.
-Ah già, è vero!- esclamò Takao ripensando che in effetti quello che aveva detto era più che stupido. –Mi era passato di mente questo particolare! Scusate, può capitare…. Beh, però adesso Boris sarà contento, vero amico?-
Ma Takao si zittì quando posò lo sguardo su Boris. Solo allora si accorse dell’ombra scura che nascondeva i suoi occhi e dello strano peso che sembrava gravargli sulle palle.
-Ho detto qualcosa che non va?- chiese timidamente.   
-Vi sbagliate.- disse con tono duro scostandosi dalla parete alla quale era appoggiato e aprendo la porta che portava alla cucina. -Non sono mai stato il suo ragazzo!-
Quando la si richiuse alle sue spalle, sparendo dentro la casa, nessuno osò dire niente ma aleggiava tra loro un’aria di preoccupazione.
Ma chi era veramente sconcertato da tutta quella faccenda era Yuriy. Era successo qualcosa, e lui non ne sapeva niente, ora ne aveva la certezza.
Cosa aveva fatto questa volta quella bastarda da riuscire a ferirlo come non era riuscito a farlo quella notte che aveva passato con lui? Cosa da riuscire a disilluderlo a tal punto?
Perché Boris non gli aveva detto niente?!
Cercò istintivamente lo sguardo di Sergey. Lo evitò. Il suo compagno di squadra evitava il suo sguardo!
Insubordinazione! Nella sua mente questa parola lampeggiava a caratteri rossi, pulsava nel suo petto come un’offesa.
L’avevano tagliato fuori di proposito. Era inorridito. Lui… lui aveva dei doveri, delle responsabilità nei confronti dei suoi compagni, era il capitano, e loro gli dovevano onestà e lealtà!
E invece…. E invece l’avevano lasciato all’oscuro, era successo qualcosa, qualcosa di veramente grave se c’era di mezzo anche Sergey.
Strinse i pugni lungo i fianchi cercando di trattenere lo sdegno. Mai era successa una cosa simile! Mai si erano permessi!
Boris, suo fratello, l’aveva deliberatamente tenuto fuori!
Entrò in casa.
Sentiva venire meno il terreno da sotto i piedi. Era disarmante scoprire dopo tanti anni una simile debolezza nella loro squadra, e ancora più disarmante era vedere la sua autorità calpestata.
Quando entrò nella sua stanza trovò Boris seduto sul bordo del letto ad aspettarlo.
Si richiuse la porta alle spalle.
L’espressione sul suo volto era intransigente, come quella di un giudice spietato che non contempla la grazia.
Lo guardava dall’alto. Aveva sfidato la sua autorità, e Boris lo sapeva, sapeva bene a che cosa andava incontro, ed era pronto a prendersi tutte le colpe e tutte le pene. Lo avrebbe cacciato, si era giocato tutto.
Restò in silenzio, a testa alta, pronto a non piegarsi di fronte a niente e tenere duro.
Yuriy era ammutolito, indignato. Che tradimento, e proprio da Boris!
Che dolore che gli procurava quel suo sguardo determinato e fiero che non lasciava spazio a dubbi. Era come se gli avesse strappato via un pezzo di cuore.
Le sue labbra sottili si incresparono per l’amarezza.
Niente, nessun pentimento riusciva a scorgere nel ragazzo seduto su quel letto. Meglio così, voleva dire che non aveva ripensamenti ne rimpianti.
-Hai perso la mia fiducia, sappilo Boris, sei fuori.- la sua voce gli sembrò quasi innaturale.
Boris tremò da capo a piedi. Solo quando quelle parole risuonarono nella stanza si rese veramente conto di essere smarrito.
Una voragine si squarciò nella sua anima risucchiando ogni pensiero, e la stanza iniziò a vorticare pericolosamente.
Provò a deglutire, a sospirare.
Era fuori. Avrebbe voluto prendersi la testa tra me mani per evitare che girasse così forse, ma doveva darsi un contegno. Non era stato sconfitto, era stato lui a volerlo, no? Doveva comportarsi da uomo.
Fece forza sulle ginocchia, incredulo nel constatare con che vigore avessero risposto al suo impulso, e senza guardare l’ex-capitano, gli passò affianco e uscì dalla stanza nel silenzio più totale.
Yuriy restò solo. Sospirò profondamente, cercando di ostentare una posa fiera e inflessibile, di non tremare.
Mi hai ferito come mai nessuno avrebbe potuto ferirmi. Mi hai affondato sfoderando così tanta sicurezza e un atteggiamento tanto impavido.
Mi chiedo come mai, mio vecchio amico, mio vecchio amante, tu abbia trovato così tanto orgoglio nel voltarmi le spalle.
Alla fine chi ne è uscito sconfitto sono stato proprio io, che ti ho perduto senza possibilità di scelta, perché così hai deciso tu.
 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Secondo giorno. Mad world ***


14 aoi
14. Secondo giorno. Mad World
 
Quello si poteva definire un giorno infernale, di certo il peggiore di tutti. Kai era rimasto sconcertato davanti a tanta furia. Sembrava impazzita, imbestialita, era completamente sclerata!
Aveva distrutto mezza camera, rotto le ante dell’armadio, distrutto i cassetti dei comodini, era quasi riuscita a scardinare la porta a furia di calci, e non aveva fatto altro che urlare insulti in russo a lui, Boris e Yuriy.
Riuscì a salvare la televisione dalla sua furia solo perché si era frapposto di persona. Incredibile ma vero, in tutto questo non l’aveva mai neanche sfiorato con un dito, come se non ci fosse.
Aveva continuato così per diverse ore finché, esasperato da tanto casino, non aveva iniziato ad urlare anche lui.
Lei per tutta risposta gli aveva fatto un gestaccio col dito medio, e aveva ripreso ad accanirsi contro la porta.
-Ma ti vedi, non te ne rendi conto? Sembri una pazza, quella robaccia ti ha bruciato il cervello! E quella era l’unica cosa buona che avevi!- le urlò esasperato buttandosi sulla poltrona. 
A quelle parole finalmente si fermò e si voltò verso di lui.
-Quale robaccia!?- chiese sibilando come se lo volesse sfidare.
-Quella schifezza che ti inietti nelle vene!- le rispose lui senza esitazione fissandola dritto in quegli occhi folli.
Lei sembrò incassare il colpo senza sapere cosa ribattere. Le labbra si erano fatte aspre e distolse lo sguardo incattivito. Era esasperata, voleva uscire, voleva andare via. Non ce la faceva più lì dentro!
-Io non prendo nessuna robaccia! E comunque quello che faccio non sono cazzi che vi riguardano! Voglio uscire di qui!- gli rispose con voce graffiata a causa delle urla che aveva fatto per tutta la mattinata.
Kai incredulo a quelle parole, si alzò fronteggiandola. Aveva avuto la presunzione di dire che non prendeva niente?!
-Eroina tu la chiami niente?!- sibilò a mezzo centimetro dal suo viso.
Lei voleva solo negare, anche l’evidenza. Non voleva sentire certi discorsi, non le interessavano. Voleva solo andare via e stare da sola.
I suoi occhi violacei insistevano nel cercare i suoi, ma lei li teneva inchiodati al letto sfatto.
-Pensate che io sia una drogata? Vi sbagliate, non sono dipendente da quelle cose…- gli disse a denti stretti.
-Allora cos’è tutto questo?- la interruppe Kai senza riuscire a trattenere la collera, indicandole con un gesto del braccio la stanza tutta intorno.
-Voglio solo uscire!- insistette lei. La sua mente andava a senso unico. Non voleva ascoltarlo, non voleva vedere tutto quel disastro.
Kai prese un respiro profondo, prendendo qualche centimetro di distanza da lei, e chiuse gli occhi avvilito. Doveva calmarsi, doveva essere paziente. Lo sapeva che sarebbe stato difficile, e che lei non avrebbe voluto ragionare.
-Non ti prendere per il culo da sola!- le disse sospirando e portando le mani sui fianchi.
A quell’affermazione però la collera di Ari, che sembrava essersi acquietata, scattò scuotendola. Riprese a urlare e a sragionare, tornando a guardarlo dritto negli occhi senza problemi.
-Ti ho detto che non sono dipendente! L’ho fatto solo qualche volta, cazzo! È quel coglione che ha frainteso tutto!-
-Cosa c’è da fraintendere?- le chiese con tono pacato e fermo. -Queste non sono cose che si fanno solo un paio di volte! Adesso datti una calmata, guardati attorno e fatti qualche domanda!-
Lei rimase in silenzio mordendosi internamente il labbro per la rabbia.
Kai aveva riacquistato la sua impassibilità. Si voltò e tornò a sedersi comodamente sulla sua poltrona.
Lei gli diede le spalle e si andò ad appollaiare in un angolo del letto rimuginando tra se e se.
Finalmente dopo ore di urla e di oggetti presi a calci e scagliati contro i muri, si poté apprezzare il silenzio.
Kai sospirò e chiuse gli occhi buttando indietro la testa svuotando la mente, e rimase così per molto.
-Non sono affari vostri. Io faccio quello che voglio, non devo darvi conto.- la sua voce proruppe inaspettatamente con presunzione.
Perché glielo stava dicendo? Cercava forse di giustificarsi? Kai aggrottò la fronte scrutandola, lì chiusa nel suo angolo di letto, come se stesse parlando con se stessa.
-Credi?- le chiese cercando di comprendere cosa stesse succedendo in quello strano involucro confuso.
Si mordicchiava l’unghia del pollice e poi, ogni tanto, lo guardava come se fosse quella la sua principale occupazione. Anche se di spalle, riusciva a notare il broncio e l’espressione torva e presuntuosa.
-Avrò il diritto o no di fare quello che voglio? Perché non dovrei, non me lo merito dopo tutto?- farfuglio con tono scorbutico. -Tanto non ho niente da perdere….-.
-La vita secondo te non la perdi così?- avanzò lui sonante e sicuro di se, rispondendole come se fosse stato la sua ragione, la coscienza che lei aveva cacciato via. -Lo sai che si muore con l’eroina?-
-Meglio così…. Non ho più niente da fare qui.-
Kai strinse i pugni sul tessuto ruvido della poltrona. Si rendeva conto di ciò che diceva o lo diceva solo perché in quel momento voleva avere ragione per forza?
-Perché non mi avete lasciato morire quando avrei dovuto?- era una accusa piena di rammarico che si spense nel silenzio della stanza.
Kai questa volta non disse niente. Gli stava rinfacciando di averla salvata, come se si potesse sentire veramente in colpa per una cosa del genere.
Stava accusando lui e gli altri di averla salvata quella volta alla finale del campionato. Non riusciva a credere che avrebbe preferito morire. Non poteva pensare che lei quella volta avesse programmato anche quello.
Ma qualcosa in tutto ciò aveva un non so che di familiare, che non stonava.
Anche lui, quella volta contro Brooklyn, era stato disposto a mettere la sua vita nella posta in gioco.   
Allora che c’era di tanto assurdo in quello che aveva detto lei da sconvolgerlo?
Anche lei era stata determinata a vincere a ogni costo.
Lui aveva rialzato la mano mettendo la sua vita sul tavolo verde, e aveva giocato alla roulette russa con la buona sorte. Lei la vita l’aveva segnata in una lista delle cose scomode di cui liberarsi, pronta a spuntarla con soddisfazione.
Era sicuramente stato un pazzo in quella occasione, e non lo negava, e invece lei era convinta e totalmente fuori di testa! Quello era stato un suo obbiettivo che loro le avevano impedito di raggiungere.
I brividi percorsero la spina dorsale facendolo tremare. Era forse per l’orrore di tutta quella faccenda?
Veramente non le importava niente adesso di vivere? Veramente desiderava essere morta allora?
La guardò in preda ad una grande angoscia.
Era seduta sul bordo del letto e gli dava le spalle, con la schiena ricurva e la testa bassa.
La sua aura di forza non era sbiadita, come quella volta che l’era andata a prendere all’aeroporto mesi prima, era scomparsa del tutto.
Anche nei momenti precedenti in cui aveva distrutto la camera, non aveva avvertito quella potenza inattaccabile che aveva notato la prima volta che l’aveva vista l’anno precedente, quando si era presentata alla squadra. Si ricordava ancora lo sguardo attento, il portamento fiero e scattante, la sicurezza che permeava da ogni poro della sua pelle, simile a quella di un leader mancato.
Adesso non riusciva neanche più a comandare se stessa, e provava pena per tanta miseria, per quella caduta così rovinosa nello squallore di una rinuncia a vivere. Era come se quello spirito combattivo fosse già morto, come se si fosse spento lentamente dopo quell’ultimo incontro di beyblade.  
-Perché non hai provato a suicidarti?-
Alzò leggermente il capo, come se la voce di Kai fosse il segnale della presenza di qualcuno che ancora non si era rivelato.
-Oramai non voglio più niente, neanche quello.-
Kai abbassò gli occhi sulla moquette grigiastra.
-Capisco….-
Non aveva più niente da fare lì, era stata sincera.
Ari inclinò il capo appoggiandolo alla parete.
-E trovo un po’ buffo, e trovo un po’ triste, i sogni in cui muoio sono i più belli che io abbia mai fatto…- si strinse di più  le gambe al petto. La sete stava tornando, si faceva strada dentro di lei come un morbo incurabile. Riuscivano a vedere veramente quei suoi occhi opachi alla luce del sole? Li chiuse. -È davvero un mondo folle….-  
 
 
 
 
Sayu e Hilary non aveva mai visto indumenti più belli.
Erano rimaste incantate entrambe quando Claire aveva aperto la sua valigia e aveva tirato fuori un completo di biancheria intima color avorio. E da lì, era venuto naturale svuotare l’intero bagaglio.
Adesso sul letto c’erano vestiti dai tessuti sottili come la seta, dai colori più tenui e delicati a quelli più decisi, collant e autoreggenti color carne dalla trasparenza velata, indumenti intimi in elegante pizzo, giarrettiere in raso, corsetti, dolci sottovesti.
Tutto ciò che la bionda toccava sembrava prendere vita, ogni cosa pretendeva la sua importanza, rendendo gli accessori indispensabili.
Collane, ciondoli, orecchini, bracciali, anelli, scarpe, guanti, foulard, fermagli. Per non parlare della camicia da notte e della vestaglia svolazzante che aveva ancora addosso. Un misto di fresca e profonda innocenza dalla quale traspariva una malizia appena accennata e invitante.
I capelli biondi, raccolti malamente in una pinza che non riusciva a trattenerli tutti, ricadevano ribelli incorniciandole il viso. In tutto questo il trucco era un soffio di colore rosa sulle guancie.
Seguivano ogni sua indicazione, ogni suo gesto come due allieve. Ma come avrebbero mai potuto eguagliare una maestra tanto perfetta?
Claire ancora si aggirava per la stanza cercando di sistemare il tutto, e quando finalmente finì, sotto lo sguardo rapito delle due ragazzine giapponesi, si fermò davanti alla seconda valigia e sospirò stancamente, portando le mani sui fianchi.
-Cosa c’è lì dentro?- chiese Sayu non riuscendo a trattenere la curiosità. In effetti sperava, tanto quanto Hilary, che ci fossero un’altra sfilza di abiti raffinati.
Claire si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e distolse la sua attenzione da quel bagaglio.
-Niente….- disse infine sorridendo alle due che le avevano fatto compagnia mentre sistemava le sue cose.
La porta si spalancò all’improvviso facendo sobbalzare Hilary e Sayu. Claire si voltò irritata verso la persona che con tanta impudenza aveva fatto irruzione nella Sua stanza, pronta a fulminarla con uno sguardo. E come si aspettava, era proprio Takao l’invasato invasore.
-Sayu sei qui?!- chiese con ancora la mano sulla maniglia.
-Si….-
Hilary si alzò con uno scatto, trattenendo a stento l’irritazione.
-Quante volte ti ho detto che si deve bussare?!-
-Uffa Hilary! Fammi il favore, lasciami in pace, non cercavo te!-
L’ira di Hilary si placò d’un botto, rimanendo di stucco. L’aveva liquidata?
Takao afferrò Sayu per un braccio e se la trascinò fuori senza dare adito ad altre discussioni. Era entrato semplicemente per Sayu e se ne era andato… tutto qua.
L’aveva liquidata!!
Assurdo!
-Chiudi la bocca, non è il caso di farti vedere così sorpresa.- l’ammonì Claire sistemandosi davanti alla toiletta.
Hilary si voltò verso la ragazza. Si stava sistemando i capelli, pettinandoli e acconciandoli in una treccia morbida e ordinata.
-Ma mi ha ignorata!- le fece predente Hilary ancora offesa dal comportamento di Takao.
-Può capitare, e comunque è solo un amico. Io mi preoccuperei di più se mi ignorasse il mio ragazzo per stare con un’altra!- le rispose con nonchalance sistemando dei piccoli fermaglietti colorati tra i capelli.
Hilary provò a controbattere, ma dovette mollare la spugna. Che cosa avrebbe dovuto risponderle? Dopo tutto Takao era un amico, la trattava sempre male, perché cavolo se l’era presa?
Intanto nella stanza accanto Sayu rifletteva su come procedere per aiutare il ragazzo seduto rigido come un palo sul quel letto, che la guardava fare aventi e indietro in attesa che lei parlasse, con in viso una strana espressione, come se si stesse spremendo.
Sayu si fermò, e lo fissò attentamente puntellandosi il mento col dito indice.
Quella doveva essere la faccia seria di Takao, pensò come se non riuscisse a notare altro, e gli riusciva anche piuttosto male! Era proprio strano quando provava a fare il serio!
Aveva solo accennato che l’argomento sarebbe stato su Hilary, e lui si era trasformato.
Ok, ma adesso stava divagando, doveva concentrarsi! Il giorno prima gli aveva detto che doveva parlargli, ed era vero… ma che cosa doveva dirgli? Non ci aveva proprio pensato!
Sicuramente lui si aspettava delle indicazioni sicure e precise…. Ma lei non aveva idea da dove iniziare! Perché si cacciava sempre in queste situazioni assurde? Come aveva preteso di poterlo aiutare a conquistare Hilary? Cavolo, le sue amiche avevano ragione, non c’era paragone tra Ryoko e Takao!
Takao era scorbutico, testardo, orgoglioso e, come aveva potuto constatare lei stessa il giorno prima, anche molto pieno di se. E poi, cosa ben peggiore, trattava sempre male Hilary….
Sayu si voltò di spalle continuando a riflettere.
Perché trattare male la persona che ti piace? Mh… ragiona Sayu….
Perché è un cafone! Le rispose una vocina nella sua testa.
No, perché è un orgoglioso citrullo timidone! Ecco trovata la soluzione!
Si voltò verso di lui, allungò un braccio per aria assumendo una posa da eroe epico, e alzando il dito indice verso l’alto. Takao seguì la traiettoria del dito pensando che gli stesse indicando qualcosa nell’angolo del soffitto.
-Primo punto!- disse a gran voce. –Alle ragazze non piace essere trattate male, a nessuno piace, quindi vedi di smetterla!-
-Io non tratto male nessuno!- si difese Takao.
-A no?- gli chiese Sayu poggiando le mani sui fianchi. Lo fissò con uno sguardo eloquente, e alla fine lui cedette e sbuffò incrociando le braccia al petto.
-Prova a essere più gentile, non dico con tutti, anche perché sarebbe uno sforzo inutile, tu solo ad una persona devi piace…-
-A me non piace Hil…-
-Ancora con questa storia?- chiese incredula Sayu. Possibile che fosse così testardo.
-Sei tu che ti sei fissata!-
-Allora devo aiutarti a fare cosa? Spiegamelo!-
Takao aprì la bocca pronto a controbattere, ma la richiuse indispettito. Quanto gli dava fastidio quella situazione!
-Comunque, che ti piaccia o no la nostra cara amica, ti chiedo solo di essere più gentile! Inizia da questo….-
Rimase a fissarlo. Aveva messo il broncio come un bambino. Si poteva definirlo tenero? Era così cocciutamente infantile che anche se ti faceva passare la pazienza, alla fine ti dimenticavi di tutto  solo a guardarlo.
Si chinò di fronte a lui e appoggiò le braccia sulle sue ginocchia. Inclino la testa di lato sorridendo e alla fine, solo perché cedette alla curiosità, lui la degno di uno sguardo un po’ minaccioso e contrariato.
-Perché quel broncio?- chiese lei inarcando le sopracciglia.
Il muso di Takao si fece ancora più lungo e buffo, e l’espressione più corrucciata mentre tornava a fissare qualcosa di indefinito alla sua destra.
-Non lo so… mi da fastidio!- disse.
Sayu sorrise divertita, e restò lì a guardarlo come se fosse stato un buffo personaggio scorbutico e goffo.
Era più confuso di un frappé alla frutta! Non capiva che cosa gli stesse prendendo, perché si sentisse così tormentato, eppure a lei appariva così chiaro. Era un gelosone orgoglioso!
-Smettila di fissarmi!- sbottò dopo un po’. –Cosa ci trovi di divertente?-
-Te!- rispose lei sorridendo ancora.
Takao tornò a guardare i suoi neri occhi a mandorla. Brillavano, e bastava solo questo a capire che stava sorridendo, non c’era bisogno di guardare le guance rosa più rotonde e le labbra arricciate graziosamente.
-Trattarla meglio Takao, fidati di me, sono tua amica, no?- gli disse, e i suoi occhi divennero ancora più grandi come a volergli dire “leggi quello che c’è dentro, puoi veramente fidarti di me”.
La frangetta nera sulla fronte le dava un’aria così fanciullesca da sembra una bambina più che una ragazza di diciassette anni.
Takao annuì impercettibilmente. Si sentiva più sollevato adesso.
Forse Sayu era una fatina. Se la sarebbe messa in tasta e sarebbe stata sempre con lui nel momento del bisogno…. Era un pensiero stupido, ma era così piccola e rassicurante, e poi ci sarebbe stata proprio bene in una tasca!
-Ragazzi!- Max entrò in camera sghignazzando come un matto. Si richiuse la porta alle spalle e vi si appiattì contro, ascoltando con l’orecchio spiaccicato al legno scuro se ci fosse qualcuno nel corridoio.
Takao e Sayu lo guardarono perplessi. Sembrava ubriaco!
Non smetteva di sghignazzare e faceva loro segno di fare silenzio con un dito davanti alla bocca, nonostante loro fossero muti come pesci, ed era lui stesso che quello che stava facendo più rumore di tutti con quelle risate trattenute a stento.
Era così in preda al delirio che neanche si accorse della strana vicinanza tra i due ragazzi. Si avvicinò a loro due e provò a dire qualcosa, ma molto probabilmente proprio quella cosa doveva farlo morire dalle risate. Dopo la terza volta che aveva provato a parlare, senza riuscirci però, Takao iniziò a spazientirsi: -Max ti puoi dare una calmata? Che cosa cavolo è successo?-
Max annuì e prese un respiro profondo.
-Bene, ora va un po’ meglio!- si disse il biondo trattenendo a stento un ennesimo scoppio di risa.
-Allora? Che è successo?- chiese Sayu incuriosita.
Max passò le braccia attorno le spalle dei due e fece un sorriso furbo.
-Quello che deve succedere è meglio dire!- la corresse. –Ho un piano, e scommetto che vi piacerà!-
 
 
 
 
Finalmente era arrivata la pausa merenda, stava seriamente iniziando a scocciarsi di stare lì a non fare niente, e per di più Takao aveva ricominciato a rompere con la solita storia di Kai che non era venuto e blablablà vari.
Era decisamente esasperante, anche perché sapeva che da un momento all’altro sarebbe tornato a cercare da lei qualche informazione su sua cugina. Ma insomma, quanto era stupido quel ragazzo!?
Sorseggiò una tazza di tè seduta sui gradini della verandina. La cosa ancora peggiore era che non poteva neanche rifarsi gli occhi: Yuriy si era dileguato da un pezzo insieme a Sergey, privandola così dell’unica motivazione per cui resisteva a un tale sopruso nei confronti della sua pazienza.
Che stupenda situazione, lei da sola lì e quei due piccioncini di Hilary e Ryoko abbracciati a scambiarsi fugaci baci innocenti.
Come volevasi dimostrare Takao le si stava avvicinando a grandi pazzi.
Alzò gli occhi su di lui da dietro la tazza in porcellana, sorseggiando il suo tè con aria disinteressata.
Era fermo proprio davanti a lei, e attendeva che gli prestasse attenzione. 
Abbassò la tazza con estrema lentezza, poggiandola sul piattino decorato senza fare alcun tintinnio.
-Sì?- chiese lei mostrandosi del tutto indifferente all’agitazione del ragazzo, pronta a liquidarlo.
A sorpresa però la afferrò per un polso di malagrazia, facendo traballare pericolosamente la tazza, evitando per poco di sporcarsi il vestito verde pallido a fiori. Fu costretta a poggiare il tè sul gradino dove era seduta, perché Takao la trascinò di peso, sotto lo sguardo sconcertato dei ragazzi intenti a mangiare torte e a bere succo di frutta, fino al primo campo di beyblade.
-Adesso ti insegno a giocare a beyblade!- esordì mollandola e porgendole un beyblade giallo.
-Come scusa?- chiese incredula.
-Almeno un po’ del suo talento devi averlo, no?- disse lui agganciando la trottola gialla che lei aveva ignorato ad uno scuter. 
Con “un po’ del suo talento” si riferiva per caso a Ari? Quel tizio era fuori di testa?
-Mi ringrazierai alla fine, essere allenati da un campione come me è un onore che non hanno avuto in molti! Ritieniti onorata, lo faccio solo perché sei la cugina di Ari!-
-Tu sei malato!- gli disse scandalizzata. –Ma come ti viene in testa una cosa del genere!? Mi rifiuto di giocare a questo stupido gioco da sfigati, e mi rifiuto categoricamente di sostituire mia cugina! Non sono la sua bella copia e non ho intenzione di rimpiazzare un’altra persona!-
Takao si ammutolì e il suo viso si afflosciò.
Claire iniziò ad avvertire la pesantezza del silenzio che era sceso nel giardino.
Forse si sarebbe potuta risparmiare la parte del “gioco per sfigati” visto che si trovava ad un raduno di blaider. Aveva la strana sensazione che tutti avessero assistito alla sua crisi isterica.
Si irrigidì, ma mantelle l’aria sicura ed arcigna per non mostrare l’imbarazzo incombente. Poi si sentì stringere il braccio e scostare di lato. Era Boris, e sembrava anche abbastanza irritato.
Si era fatto minacciosamente vicino a Takao, e sembrava volerlo picchiare.
-Vedi di finirla con questa storia! Hai rotto i coglioni a tutti con sta solfa di Kai e Ari!- ringhiò.
Claire si ritrasse intimorita, ma anche gli altri che erano più distanti fecero altrettanto. Ma Takao resse lo sguardo del russo con coraggio e sfida.
-Non ci sono, ok? Non sono venuti perché magari avevano qualcosa di più importante da fare! Hai capito o sei completamente deficiente!?-
I due continuarono a scrutarsi in cagnesco per diversi secondi.
-Boris, è tutto a posto, non è successo niente!- cercò di tranquillizzarlo Claire poggiando delicatamente una mano sul suo braccio. Era rigido come il marmo, e non aveva mai notato quanto fossero delineati i muscoli delle sue braccia. Era certa che con un pugno sarebbe riuscito a far girare Takao proprio come una trottola.
Nessuno capiva la sua reazione così spropositata. Certo, era vero che Takao aveva fatto partire la testa a tutti con quella storia di Kai, ma non c’era motivo di prendersela tanto.
Neanche Claire se l’era presa tanto, nonostante fosse stata presa di peso.
Rei si avvicinò pronto a placare gli animi, ma a sorpresa Takao rispose, pietrificandolo.
-Datti una calmata Boris, adesso stai esagerando!- gli intimò a denti stretti per niente allarmato dalla stazza e dallo sguardo omicida del ragazzo a una manciata di centimetri da lui, che sembrava farsi più grosso ad ogni respiro.
Takao aveva perso la testa, voleva morite! Claire era certa che Boris gliel’avrebbe staccata con un pugno.
Fino ad allora nessuno mai, Sergye compreso, aveva avuto il coraggio di ammonire il russo quando era incazzato, solo Yuriy si era permesso di fronteggiarlo e contraddirlo in quel modo.
La tensione si fece insopportabile. Hilary si divincolò dall’abbraccio di Ryoko e corse dall’altra parte del giardino. A fare cosa? Non lo sapeva neanche lei, sapeva solo che Takao era impazzito, perché Boris era veramente incazzato, non stava scherzando. Sembrava una bestia feroce pronta ad attaccare.
Hilary si aggrappò con uno slancio al braccio di Takao, con l’intento di allontanarlo da Boris e dissuaderlo, ma con sua sorpresa la spinse via allontanandola con fermezza.
Per Takao era solo un intralcio tra lui e il russo che gli stava di fronte. Si fece ancora più vicino. Sembrava un’assurda gara a chi avrebbe resistito di più alle provocazioni prima di passare ai fatti.
Takao non poteva permettere che Boris perdesse le staffe senza controllo, non lì e non in sua presenza.
Gli occhi di Claire vagarono disperatamente per il giardino alla ricerca di Yuriy. Perché non era lì a fermarlo?!  
Ma i suoi occhi si fermarono sulla figura ferma sulla porta della veranda. Yuriy era lì, con un’espressione fredda e distaccata, come se il fatto non lo riguardasse.
Claire non comprese, perché non interveniva, perché lasciava affrontare Boris a Takao?
-Se hai qualche problema per i cazzi tuoi, tienilo fuori da qui!- continuò il capitano dei blaidebreakers con risolutezza.
Gli occhi del russo si fecero ancora più neri e minacciosi.
-Io avrò pure i miei problemi, ma tu non pensare mai più, nemmeno per scherzo, di poter sostituire Ariel con qualcun’altro!- fu la sua risposta, oltremodo civile per le aspettative dei presenti, e risoluta tanto quanto quella di Takao, che era riuscito a tenergli testa.
Quel tète-à- tète sembrava essere arrivato al termine, e infatti Boris, dopo un’ultima occhiata torva scansò Takao e si allontanò a grandi passi da loro, inoltrandosi dopo una ventina di metri nella fitta boscaglia che circondava la casa senza accennare a fermarsi.
Claire lanciò un ultimo sguardo a Yuriy. Era incredula? Era delusa? Si sarebbe aspettata il suo intervento per placare l’amico, e invece era rimasto immobile sulla soglia della porta a guardare la scena.
Prese a correre. Non poteva rimanere anche lei ferma lì, sentiva a distanza che Boris aveva bisogno di qualcuno. Corse via, lontano dai ragazzi e soprattutto da Yuriy, l’unica persona di cui fino a quel momento le era importato qualcosa, e si inoltrò nel bosco sempre più fitto.
Yuriy si girò di spalle e rientrò in casa.
-Seguimi, dobbiamo parlare!- disse a Sergye.
Arrivati nella loro camera gli fece segno di chiudere la porta. I ragazzi erano tutti fuori, ma non voleva rischiare ne di essere disturbato ne che la loro discussione uscisse da quelle quattro mura.
Scostò leggermente la sedia di legno di fronte alla scrivania e si sedette accavallando le gambe.
-È successo qualcosa. So per certo che c’è di mezzo Ariel.-
Sergey restò in silenzio, in piedi davanti l’entrata, come se non avesse il coraggio di inoltrarsi ulteriormente in quella stanza. Yuriy mostrava impazienza, si vedeva dai suoi modi, dalle dita che tamburellavano sul braccio, dalla mascella sempre più stretta e marcata.
-Lo sai o devo rinfrescarti la memoria ricordandoti che Ariel fa parte della squadra tanto quanto te? Non mi interessa quello che ha fatto Boris, ciò non mi riguarda. Voglio sapere cosa succede!-  
Sergey annuì e gli disse tutto e, a mano a mano che andava avanti, Yuriy diventava sempre più sconcertato. I suoi occhi si erano allargati per l’incredulità e stava impallidendo.
Non poteva credere alle proprie orecchie Yuriy, e non per perché Ariel si fosse cacciata nuovamente in un guaio ancora peggiore del primo. No, quello che lo faceva arrabbiare oltre ogni modo era il constatare che era bastata una crisi per far si che l’intero sistema della sua squadra crollasse come un castello di carte. Che cosa era accaduto, che cosa aveva sbagliato?
-Chiusa a chiave con Kai!- si ritrovò a ripetere Yuriy ancora sbigottito da tanta incoscienza e incompetenza. –E cosa gli fa credere che servirà a qualcosa!?-
-Ha voluto provare….-
Yuriy lo fulminò con un’occhiata. Adesso anche Sergey stava diventando stupido!
-In queste situazioni non si va a tentoni Sergey, si affronta il problema direttamente come deve essere affrontato!- lo ammonì senza riservarsi lo sprezzo nella voce.
Sergey abbassò lo sguardo, ma la sua lingua fremeva, non riusciva più a trattenersi, doveva dirglielo: -Proprio per questo non ti ha detto niente e ha fatto di testa sua.-
Gli occhi azzurri di Yuriy si spalancarono come se avesse ricevuto un inatteso e doloroso colpo alla schiena. Si alzò d’impulso. La sedia fu scaraventata sul pavimento in legno con un tonfo.
-E per un suo capriccio non mi avete detto niente?!-
Esplose? Stava urlando? Forse si, forse sembrava un folle, ma era certo di essere circondato da cretini!
-Ti rendi conto della gravità dei fatti, delle conseguenze?! Non posso tollerare una tale irresponsabilità. Col suo comportamento ha messo in serio pericolo la vita di Ariel. Non bastano i buoni propositi in casi come questi!- continuò adirato. -Dovevate dirmelo immediatamente. Solo perché me ne sono accorto da solo che c’era qualcosa che non andava, altrimenti mi sarebbe morta sotto il naso senza sapere neanche come! Porca puttana, sono il vostro capitano, devo essere il primo ad essere informato su questi fatti! Come pretendete che una persona totalmente ignorante su come affrontare una situazione di dipendenza da eroina, riesca per giunta a tenere a bada una come Ariel. Nessuno ne è capace, Kai non fa eccezione!-
Ma niente, lui si stava sgolando e Sergey sembrava non capire. Si appoggiò alla scrivania prendendo dei profondi respiri e si passò una mano sulla fronte. Si stava agitando, l’aria gli veniva meno e il sangue pulsava furioso alla testa.
Tremava. Osservò le sue mani, erano viola e sudate. Proprio quando dovevano dimostrarsi all’altezza di saper affrontare un problema talmente grave, quella che credeva la loro forza, veniva a disgregarsi. E la disapprovazione che vedeva stampata sul volto del compagno lo tormentava.
-Come posso fare ad ammettere una cosa del genere?- parlò questa volta come se si stesse rivolgendo a se stesso, dopo aver ripreso fiato e si fu calmato abbastanza da non urlare, ma era incollerito forse più di prima. -Per fortuna non lo sapevo quando l’ho cacciato, altrimenti lo ammazzavo!-
Sergey rimase fermò a fissarlo, era mortificato ma non riusciva a condividere le sue stesse preoccupazioni.
Yuriy si destò e si mise dritto.
-Adesso andiamo, non possiamo restare qui a perdere tempo!- disse con risolutezza prendendo la giacca di jeans appoggiata sul suo letto. -Dove si trova l’albergo?-
Ma Yuriy capì subito che Sergey questa volta non avrebbe fatto quanto dettogli. Il braccio gli scivolò lungo il fianco, e il giubbino strofinò a terra.
-Mi dispiace, ma io credo che dovremmo dare una possibilità a Kai.- affermò il compagno. Non riusciva a vederlo in volto, gli dava le spalle e teneva la testa bassa.
-Kai è una persona incompetente, e su questo non si discute. Ariel sta male, ha bisogno di essere curata.- disse atono.
Sergey sospirò. Non si aspettava che fosse così difficile andare contro Yuriy. Era il suo capitano, era sempre stato lui a prendere le decisioni, a coordinarli, e aveva sempre fatto un ottimo lavoro, non si era mai sbagliato, si era sempre preso cura di tutti loro e per questo gli aveva sempre portato rispetto: Yuriy era il migliore. Ma adesso non poteva fare a meno di opporsi a lui.
Quella volta Boris aveva ragione, credeva veramente in lui. Quella volta Sergey si rendeva conto di dover prendere una decisione, e aveva scelto quello che lui riteneva meglio, e gli dispiaceva per Yuriy, ma non poteva evitarlo, non questa volta.
Si sentì scrutare dai suoi occhi azzurri. Rimase in silenzio senza il coraggio di guardarlo.
-Bene.- disse infine con tono asciutto alzando la testa. Sospirò mostrando un’aria di dignità e compostezza di un capo oramai in declino che riconosce di essere stato sconfitto. -Così è deciso? Allora  mi tolgo da ogni responsabilità, da ora tutto quello che accadrà sarà merito vostro. Ma sappi che se le accade qualcosa non mi vedrete mai più, non sentirete più parlare di Yuriy Ivanov, dimenticate pure di avermi conosciuto.-
Solo a quel punto Sergey si rese conto di quanto stessero giocando col fuoco. Per un attimo vacillò, ma poi si ripeté di avere fiducia, che doveva essere forte. 
-Il mio rammarico è che me ne sarei dovuto occupare prima…. Non sono stato all’altezza del mio compito.- furono queste le sue ultime, amare parole prima di sparire da quella stanza.
Si era infilato il giubbino di jeans e se ne era andato.
Un senso di vuoto, e fu come se sotto i piedi di Sergey si aprisse una voragine. Mi dispiace amico!
 
 
 
 
 
Dopo aver corso per decine e decine di metri si fermò a riprendere fiato appoggiandosi ad un tronco. Non sapeva neanche dove stava andando e iniziava a pentirsi di essersi inoltrata in maniera così sconsiderata e da sola in quel bosco.  
Si guardò intorno cercando di orientarsi. Istintivamente alzò gli occhi guardando il cielo sempre più scuro attraverso le fronde degli alberi. Un’idea spaventosa quella di restare nel bosco di notte. Dove era finito Boris?!
Riprese a camminare facendosi coraggio. Non aveva di certo paura del buio lei, ne di uno stupido bosco!
Dopo una decina di minuti gli alberi iniziarono a diradarsi e il pendio a farsi leggermente più scosceso. Il sole filtrava più facilmente adesso e iniziava a sentire anche l’aria più fresca e ventilata.
Infatti ancora pochi passi e avrebbe scoperto un lago, lo riusciva a scorgere attraverso le fronde basse e i cespugli.
Seguì il selciato senza difficoltà trovandosi sulla sponda ciottolosa di un grande specchio d’acqua. Il cielo era di un blu tenue a est mentre a ovest il sole ancora fiammeggiava sopra le montagne e sembrava abbracciare con i suoi raggi la notte in arrivo.
Passo con lo sguardo le rive del lago sperando di trovarvi Boris, e si fermò con un sospiro di sollievo su una figura un centinaio di metri più in là, sopra degli enormi massi che costeggiavano la parte est del lago.
Avvicinandosi la strada si faceva sempre più accidentata. I ciottoli sotto i suoi piedi divennero grosse pietre dalle forme contuse o affusolate. Per lei che calzava delle semplici ballerine quella passeggiata fuori programma si stava rivelando un dramma, mentre per Boris doveva essere stato uno scherzo da ragazzi saltare da un blocco ad un altro con i suoi stivaloni da cosacco!
E più si avvicinava e più le veniva difficile avanzare. Anche la gonna stava diventando un problema, mentre si arrampicava per salire gli ultimi grossi macigni dove si era appollaiato. Si sentiva un po’ come Wendy che cerca di raggiungere Peter Pan saltando da uno scoglio all’altro nella baia delle sirene. Peccato che se lei avesse perso l’equilibrio sarebbe caduta sulla dura pietra e non in acqua.
Si sollevò sulle braccia e salì con un ultimo sforzo sul masso. Era molto largo e quasi piano, sembrando una terrazza sul lago. Lì il vento fresco della sera soffiava leggero e con costanza. Si sistemò le pieghe del vestito cercando di darsi una sistemata generale, e infine lo guardò.
Era seduto per terra, con le braccia appoggiate sulle ginocchia piegate, rivolto al lago. Le dava le spalle e non accennò a voltarsi, ma era certa che si fosse accorto della sua presenza. Non aveva fatto che lamentarsi mentre saliva, solo un sordo non l’avrebbe sentita!
-Boris….- accennò un passo verso di lui ma fu interrotto bruscamente.
-Vattene!-
-Come?-
La stava cacciando! Dopo tutta la strada che aveva fatto!
-Ma io….- provò un forte senso di sconforto. Fece un ulteriore passo, ma questo sembrò allarmarlo come se avesse superato una linea invisibile.
-VATTENE!-
Tremò per tanta irruenza. La sua voce era possente, profonda e violenta. La schiena vigorosa sembrava essersi allargata a quell’urlo facendosi minaccioso.
Deglutì ma aveva la bocca secca per lo spavento. Strinse i pugni e pestò un piede a terra.
-Beh, scusami tanto. Me ne vado immediatamente, non ci tengo a farmi trattare così da uno stupido cosacco!-
Girò sui tacchi offesa a morte. Non c’era bisogno di reagire in quel modo facendola spaventare così! Avrebbe dovuto ringraziarla quel cafone mangia patate…. Un gemito strozzato la fece fermare e si voltò.
Boris tremava, sembrava che dei crampi di dolore gli stessero affliggendo il petto. Nascose immediatamente il viso tra le mani. 
-Boris ma….-
Tornò indietro, e questa volta Boris non ebbe la forza di impedirle di avvicinarsi tanto da trovarsela a fianco, di fronte.
Sentì le dita calde e delicate, piccole e sottili insinuarsi tra le sue mani grandi e scostarle dal suo viso con cautela. Le lasciò scivolare, ma quando incontrò i suoi occhi castani rimase folgorato. L’aveva smascherato, l’aveva scoperto!
-Hai pianto…-
-Non è vero!- la negazione fu immediata. Rifiutava di farsi vedere così debole! Non poteva accettarlo! Ma gli occhi cerchiati di rosso non mentivano a differenza del suo orgoglio.
-Sei stravolto!-
Non le diede risposta. Voltò il capo dall’altra parte evitando il suo sguardo come se si vergognasse.
Avrebbe voluto urlarle di smetterla di guardarlo, ma qualcosa lo trattenne. Si mosse il labbro inferiore per l’impazienza.
Claire si inginocchiò di fronte a lui continuando ad osservarlo. Gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte con un tocco leggero e incerto. Aveva un po’ di timore a toccarlo. Fece scivolare le dita lungo la guancia umida fino alla mascella serrata.
-Che cosa ti è successo?- gli chiese allora facendosi avanti.
Ma ancora niente. Boris osservava con determinazione un assoluto mutismo. Gli occhi erano infiammati e carichi di quello che doveva essere un misto di angoscia e rancore.
Abbassò lo sguardo mortificata stringendo le mani sulle ginocchia. 
-Mi dispiace per ieri pomeriggio, non volevo. Non credevo che gli altri non ne sapessero niente.- disse dopo un po’ sperando di alleviare così il dolore del ragazzo.
-Non importa.- le rispose scontroso.
Claire gli lanciò un’occhiata di sottecchi. L’espressione era indurita come il ghiaccio, e labbra erano strette e tremavano impercettibilmente, forse per amarezza, ma gli occhi, quegli occhi verde oliva risplendevano tremolanti e intensi come due smeraldi.
Inclinò il capo di lato, alcune ciocche bionde ricaddero dall’acconciatura oramai andata ondeggiando al venticello lieve. Sperava che ricambiasse lo sguardo, in qualche modo voleva infondergli serenità, coraggio.
-Senti Boris, non so cosa ti abbia detto o fatto Ariel, ma non devi prendertela. La conosci, lo sai come è fatta, è sbadata, non fa molto caso ai sentimenti.- disse con dolcezza. -Ma scommetto che ti vuole bene, e in fondo non lo fa apposta a trattarti male.-
-Si, hai ragione, forse mi vuole bene….-
Claire tornò a guardare le proprie mani premute contro le ginocchia. Non seppe definire cosa c’era in quelle parole, ma non vi scorse l’amarezza.
-Mi dispiace. Capisco cosa….-
-No, non puoi capire, ed è meglio così.- la freddò con tono improvvisamente brusco.
Le lacrime le salirono agli occhi. Perché era così duro con lei?
-Scusa.-
Si alzò e lo oltrepassò, decisa a scendere da quel grosso masso e andarsene, ma si sentì sfiorare la mano.
Avrebbe voluto dirle che Yuriy lo aveva cacciato, ma non avrebbe capito il significato. Era solo, forse questo l’avrebbe capito.
Lo sguardo addolorato e smarrito. Le sopracciglia piegate in un’espressione costernata gli davano un’aria da cucciolo abbandonato. Come poteva Claire lasciarlo lì?
Insinuò le sue dita nella mano piccola e delicata di lei. Era così perfettamente curata da sembrare eterea. La strinse e l’avvicinò a se, a suo viso.
Le carezzò la mano con la sua guancia, strofinandola leggermente sul dorso, alla chiara ricerca di affetto. Era un gesto così delicato, Claire sentì la pelle rasata sulla sua alla ricerca di calore.
Doveva abbracciarlo?
Alla fine non lo fece, alla fine rimase lì, in piedi accanto a lui, ad assaporare quel dolce e tenero contatto, carico si sentimento e di bisogno. Non aveva mai provato una sensazione tale. Le veniva da piangere. C’era sempre stato qualcuno attorno a lei, non aveva mai sofferto la solitudine, ma quello sembrava il suo primo sorso d’acqua dopo mesi di siccità, ed era così pura e cristallina che le sembrava addirittura di sentirla suonare come una piccola sorgente di montagna. Non aveva mai apprezzato così bene la vicinanza di un amico, e forse non aveva mai capito cosa fosse veramente l’amicizia fino a quel momento.
Questo era forse segno che quel viaggio scapestrato non si stava rivelando poi un fallimento come aveva iniziato a credere? Che in fin dei conti non era stato uno sbaglio di una pazza innamorata e folle?
-Perché piangi?-
Claire sussultò e incrociò gli occhi smeraldini di Boris attraverso una patina brillante e sfocata.
Si asciugò con la mano libera la lacrima che lenta aveva preso a scenderle sul volto.
-Oh, tais-toi stupide cosaque!-
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi qui! Dopo tre giorni come i vecchi tempi! Non ci fate l’abitudine, questo è stato solo un caso, non capiterà molto spesso.
L’ultima battuta significa “sta zitto stupido cosacco”, spero che la scena sia di vostro gradimento, ma se sto diventando troppo melensa vi prego di dirmelo che mi riprendo subito!
Mentre nella parte kai ari, l’ultima battuta di ari è tratta dalla canzone mad world.
Che altro dirvi? Non lo so, ho appena finito di scrivere e non so neanche se è tutto a posto. Dovrei rileggerlo ma sinceramente sono stance e vorrei postare. Spero di non aver lasciato qualche lavoro in corso per strada. Vi prego ditemi che cosa ne pensate? Ho esagerato!? E la scena yuyu e sergey? E quella takao vs boris? ha dato l’idea della determinazione e della forza che ha uscito takao? In fondo anche lui è un capitano nato come yuriy, doveva essere all’altezza di tenere a bada il nostro bobo.
Cmq fatemi sapere e inoltre volevo chiedervi un consiglio. Per i campionati come devo organizzare le squadre e gli incontri? Facciamo tornare i blaidebreakers insieme come la scorsa storia o ognuno al paese proprio? Le squadre devono essere ridotte per accontentare entrambe le parti o facciamo gli squadroni da sei? Ditemi la vostra, e le vostre idee.
Grazie come sempre a giuly the princess (boris nega di essere il ragazzo di ari perché oramai si è reso conto di non esserlo mai stato veramente, ha capito che lei non è alla sua portata, è troppo lontana, e infatti si rende conto di non poterla aiutare se non passando la palla avvelenata a kai), sorriiil 5__5 (mi fa piacere che ti sia piaciuta la parte yuyu e bobo, nel prossimo capitolo mi concentrerò solo su ari e kai) e a cherry _88 (nooooo mi hai smascherato subito una coppia! Ma tanto ci vorrà un bel po’ prima che si formi U_U. comunque eccoti accontentata col seguito. Come vedi l’amicizia tra claire e boris prende a definirsi, anche perché sti due tipi stanno iniziando a capire di essere amici. Per quanto riguarda ari ci hai azzeccato, inoltre c’era già qualche indizio già dalla festa di ayumi, dove lei stessa lo ammette confidandolo a takao, ma ovviamente non l’ho detto esplicitamente altrimenti mi sarei persa tutto il divertimento.)
Un bacione grande e grosso e tutti! Grazie!!!!!
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** Terzo giorno. Break me, shake me ***


15 aoi

Arciderbolina! Questo è il più lungo e faticoso capitolo che io abbia mai fatto! Oh cielo, faticoso non lo so, visto che non mi ricordo quanto ho faticato per gli altri, ma il più lungo e logorante di sicuro.
A chi raggiunge il traguardo una valanga di spoiler!!!! Lo so che non ve ne frega niente degli spoiler, per questo in fondo al capitolo c’è un buffè preparato da rei. Lì troverete Max e Kai (molto riluttante) a servirvi. E mi dicono dagli studio che per finire... (daichi arriva correndo con una busta gialla in mano e me la passa) scusate un attimo che apro la busta! Ecco, per finire ci sarà anche uno spogliarello fatto da “gli smantellatori” O.o?  Boris, Sergey, Yuriy e Ivan (e tu da dove salti fuori? O.o) (ehi bella bambola, vieni a spassartela con me!;) ndivan) (o mio dio! Ndme sviene per l’orrore)
Boris e Yuriy si danno il cinque.
Boris: te lo dicevo che così l’avremmo fatta fuori!
Yuriy: sei un genio!
Boris: ho avuto un buon maestro!
AVETE FINITO DI COMPIACERVI!?
Le trombe del giudizio universale suonano infervorate e i due mi guardando sempre più piccoli e tremanti. ME LA PAGHERETE BASTARDI! FATE SPARIRE QUEL NANO!!!
Ehm… ecco (mi ricompongo e mi sistemo l’acconciatura)  stavamo dicendo? A si buona lettura e grazie mille a tutti!
Grazie sorriiil! Non pensavo che riuscissero a dire qualcosa quelle parti di quei tre scappati di casa, ma a quanto pare qualcosa ti hanno detto! Grazie mille!
E adesso finalmente la tanto attesa parte dedicata solo ed esclusivamente al grande e unico Kai!!!!
(uuuuuuu! Via!!!!!) (chi osa! Ndkaiè_é) (chiunque sia si sta nascondendo sotto il tavolo del buffè -.- ndme)(o caccio! Nd da sotto il tavolo del buffè)(kai scaraventa il tavolo per aria facendo perdere tutto il lavoro fatto da rei per le sue fans. Da sotto spuntando Takao, max , daichi e un kappa tremante)(ci tengo ad informarti che io non c’entro niente in questa storia! Non li conosco! Ndkappa e mentre lui parla gli altri tre se la danno a gambe lasciandolo da solo con la furia omicida di kai)(chi è stato!!! nd rei appena giunto a causa del casino)(kappa gli indica kai, che oramai lo sta tenendo dal collo come una gallina da strozzare) ebbene signori, chi sarà più infuriato tra kai e rai, chi trionferà!?
Tutto questo nella prossima puntanta!
Ps: mi sembra inutile aggiungere che il capitolo non l’ho riletto tutto e che quindi ci potrebbero essere orrori per strada.
Le frasi che incontrerete in corsivo, tranne forse qualcuno, sono tratte dal testo della canzone “break me, shake me” che da pure il titolo al capitolo. inoltre se volete farvi un'idea di ari ho già trovato un personaggio che le assomiglia (io personalmente l'adoro), e la posto nel prossimo capitolo, ma per chi è curioso posso dire che è revy di black lagoon. certo è mezza nuda, ha le pistole ed è cinese, ma non fateci caso :D. Adesso buona lettura.
 
Avviso: mi è appena arrivava un ansa, dice che alla fine del capitolo non ci sarà nessun buffe per motivi a noi ignoti…O.o ma non era a causa di kai che aveva fatto saltare il tavolo?... però ci sarà lo stesso lo spogliarello de “gli smantellatori”.
Buona lettura e buona notte!
Ciao e un bacione a tutti!!!!!!!
 
 
 
 
 
 
 
15. Break me Shake me.
 
Kai lasciò cadere il foglio di lato e si rilassò contro la poltrona. Un senso di sollievo lo avvolse fino a fargli chiudere gli occhi e sospirare.
Non aveva niente. Ari stava bene. Le analisi riportavano solo una carenza di ferro e di qualche vitamina, ma niente più. Niente infezioni e niente malattie, era stata più fortunata di quello che ci si potesse aspettare.
E lei straordinariamente era stata sincera quando gli aveva detto che l’aveva fatto solo qualche volta. Non aveva avuto nessun sintomo d’astinenza, mentre di solito si presentavano subito dopo il primo giorno. Solo quella notte era stata male abbastanza da pensare che fosse quella la causa. Non aveva dormito per l’agitazione: tremava, sudava freddo come se fosse sotto l’effetto di una febbre tropicale e, a quanto aveva potuto capire, le facevano male i muscoli e le ossa, ma non aveva la febbre. Forse non era da collegare per forza all’ero, o forse si, ma dopo tre giorni si poteva definire irrilevante come reazione.
Ascoltò lo scrosciare della doccia sotto la parlantina chiassosa della televisione.
Come stabilito, un cameriere gli aveva passato sotto la porta la busta con i risultati delle analisi del sangue che avevano prelevato prima di chiuderla lì dentro.
Non sapeva come, ma Boris era riuscito ad addormentarla in qualche modo. Non ci sarebbe stato altro modo d’altronde per chiuderla in quella stanza. Avevano chiamato un medico che le aveva prelevato un campione di sangue e che gli aveva fatto avere i risultati proprio quel giorno.
Guardò nuovamente quel foglio stretto tra le dita come per essere sicuro di quello che c’era scritto.
Gli tornò in mente in modo in cui Boris l’aveva adagiata sul letto. Una tenerezza disarmante e struggente. Sergey l’aveva chiamato fuori, fortunatamente. Quell’unico attimo in cui era stato lì l’aveva scosso. La mano di Boris tremava visibilmente mentre le accarezzava la guancia.
Avrebbe voluto dimenticare. Lui non aveva alcun diritto di possedere un tale ricordo, non apparteneva a quell’attimo che era solo di Boris.
Quando aveva raggiunto lui e Sergey fuori nel corridoio era tornato il Boris teso e serio.  
-Ti consiglio di non abbassare mai la guardia, è astuta. Ha un’abilità incredibile nell’individuare i punti deboli…-
-Non starai un po’ esagerando?- l’aveva freddato lui neanche dandogli il tempo di terminare.
-No, fidati di quello che ti dico. Non lasciarti ingannare, è riuscita a far cadere addirittura Yuriy nelle sue trappole.-
Alla diffidenza iniziale si erano aggiunti quei tre giorni passati lì con lei, e gli veniva ancora più difficile dare perso a quelle parole. Era difficile credere, ora come ora, nelle condizioni psicologiche in cui versava che sarebbe riuscita a individuare un suo eventuale punto debole e sfruttarlo senza che lui se ne rendesse conto.
Ariel non era più forte come un tempo, forse allora sì, ci sarebbe riuscita.
L’acqua della doccia si spense e Kai spostò lo sguardo verso la porta del bagno, appoggiando il mento sul dorso della mano. Si chiese se si sarebbe resa conto della fortuna sfacciata che aveva avuto una volta mostratole il foglio che teneva ancora stretto in mano.
Un campanello squillò dall’altra parte della camera, avvisandolo che il pranzo aveva appena finito di essere scaldato del piccolo fornetto a micro-onde.
Magari questa volta Ari avrebbe mangiato qualcosa di più del solito pezzo di pane. Quella mattina sembrava molto più tranquilla, forse proprio a causa della notte insonne e tormentata che aveva passato.
Era probabilmente una vera e proprio illusione la sua, ma credeva che un po’ si fosse resa conto con quella notte del pericolo della strada che aveva preso, e forse la via della guarigione non era poi tanto lunga e impervia.
Si alzò riponendo il foglio con i risultati nella busta, e lo appoggiò sul comò che quella mattina aveva tentato di ricomporre alla meno peggio dopo aver subito la furia di Ari il giorno prima.
Tornò a buttarsi svogliatamente sulla poltrona portando le mani dietro la testa e stiracchiandosi, mentre mandavano in onda l’ennesimo telegiornale.
Non si era mai annoiato così tanto in vita sua come quella volta. Possibile che con tanti canali non ci fosse niente di decente? Ma la soluzione era semplice, lui non era fatto per la televisione, odiava oziare e buttare il suo tempo in quel modo, lo aveva sempre saputo. Preferiva mille volte allenarsi col suo dranzer.  
Quando anche il suono del fon si spense, la porta si aprì.
Kai incrociò le braccia dietro la testa mettendosi comodo.
-Prendi le cose nel micro-onde!- le disse senza neanche guardarla. A quanto pareva era molto più interessante la signorina dell’ammorbidente. Kai aggrottò la fronte scocciato. Ma possibile che tutte le ragazzine giapponesi si comportavano allo stesso modo? Sembravano tutte uguali, tutte carine e gentili con quegli strani sorrisi inquietanti!
Eppure Hilary non era così. Sarebbe riuscito sicuramente a distinguerla in mezzo ad una folla! E poi non sorrideva in quel modo, come una che ha avuto un crollo di nervi e da allora si comportava sempre in modo gentile e affabile con tutti.
Afferrò il telecomando e cambiò esasperato. Saltò tutti i canali giapponesi e passò su quelli americani.  
Afferrò il vassoio azzurrino che gli stava passando Ariel, quando si sorprese di trovarselo effettivamente in mano. Ari aveva fatto quello che gli aveva chiesto!
Alzò lo sguardo su di lei incuriosito, ma le sorprese sembravano non voler finire lì. Oltre al fatto che gli aveva portato il vassoio senza battere ciglio, anche lei aveva preso il suo spontaneamente. Ma ciò che lo colpì maggiormente, e che fece passare tutto in secondo piano, fu lei in prima persona.
C’era qualcosa di rigoglioso in lei, come se la doccia fosse stata una pioggiarella miracolosa su una piantina che stava appassendo.
Forse erano i capelli gonfi e ricci che ricadevano liberi sul petto, forse le labbra vermiglie e le guancie accese contro quella pelle bianca, o forse lo sguardo stranamente intenso. Cosa ci fosse dentro non riusciva a capirlo, gli occhi sembravano stranamente brillanti, attraversati da una patina d’emozione che li inumidiva. Sembrava la stessa persona dei suoi sogni, quei terribili  e sconvolgenti sogni che lo stavano tormentando da mesi.
Si rese conto solo allora che anche lei lo stava guardando, come se si aspettasse qualcosa da lui. Abbassò la testa. Oddio, si era forse imbarazzato come un ragazzino qualunque? Dovette metterci molto impegno per impedirsi di arrossire, ma quello che accadde immediatamente dopo lo distrasse dal suo intento.  
Si stava sedendo accanto a lui! Si stava accucciando accanto a lui sulla poltrona che iniziò a diventare stretta, sin troppo per i suoi gusti.
Ma lei non ci fece caso, anzi, aprì il coperchio del vassoio ignorando la sua meraviglia e i suoi occhi costantemente su di lei, come se non volesse ammettere di aver fatto tutto questo di sua volontà.
Prese le bacchette e iniziò a smuovere i vari involtini che c’erano, studiandoli come non avesse mai visto niente del genere.
Sentiva il profumo di shampoo e il caldo tempore del fon intrappolato nell’intricata massa dei suoi capelli. Alcune ciocche erano rimaste umide e ricadevano sul petto, bagnando la canottiera bianca che le aveva prestato. Sotto non portava niente, si notava dal seno, e le gambe scoperte e piegate in petto facevano sfoggio delle cicatrici lunghe e profonde e delle ginocchia rovinate.
L’aveva vista mille volte così, perché si sorprendeva ora? Probabilmente perché in quel momento non si aspettava tanta vicinanza proposta con tanta timidezza. Non lo guardava sfidandolo a continuare con uno sguardo truce, non c’era presunzione sul suo volto ne nel suo atteggiamento, solo una strana silenziosa richiesta di vicinanza.
-Se mi continui a fissare non mangio…- disse ad un certo punto distogliendo lo sguardo dalla parte opposta. Non era stato un commento sgarbato o minaccioso. Che la sua insistenza la mettesse in soggezione?
Stentava a riconoscerla. Ma l’Ari che aveva conosciuto era sepolta, viva o morta, da qualche parte dentro di lei, e quella che aveva davanti era solo un’ombra, piccola e muta.
Presero a mangiare in silenzio, ma insieme. Ogni tanto lanciava qualche occhiata di sottecchi constatando che stava veramente mangiando, certo, con un po’ di difficoltà a causa della poca praticità con le bacchette, ma si stava impegnando.
Alla televisione non davano niente, ma nessuno dei due ci stava facendo caso.
-Kai….- quella era la prima volta in tre giorni che gli rivolgeva la parola  spontaneamente. -A me non piacciono queste cose col tonno….- continuò punzecchiando con le bacchette un onigiri, ma evitava sempre il suoi occhi.
-Mangia i miei involtini allora, lascialo quello col tonno!- le rispose. Lei annuì e provo a prenderli, ma più tentava e meno ci riusciva. Teneva le bacchette troppo larghe tra le dita e le scivolavano.
Dopo la terza volta, il segnale del disaggio che avanzava per il non sapere usare quelle cose, fu la sottile piega che presero le sopracciglia.
-Scusa, io non…- disse ma Kai le tappò la bocca con l’involtino che lei non era riuscita a prendere.
Finalmente erano occhi negli occhi, e ciò parve sorprenderli entrambi. Era stato così semplice e spontaneo che nessuno dei due se lo aspettava.
Kai tornò al suo vassoio indifferente, mentre Ari si voltò, forse imbarazzata.
-Grazie… cioè, scusa!-
-Non dirmi che non hai mangiato niente in questi giorni perché non sai usare le bacchette!- la sbeffeggiò Kai ghignando.
-Anche. Non ho molta fame ultimamente… non me ne importa niente di mangiare.- aggiunse alla fine parlando piano.
Kai la guardò di sbieco alzando un sopracciglio. Che le stava prendendo? Perché si comportava così… come se si fosse sciolta la cortina di ghiaccio che la faceva sembrare fredda e dura?  
Era accovacciata, stretta tra lui e il bracciolo e teneva il vassoio tra le ginocchia e il petto.
Si scostò una ciocca portandola dietro l’orecchio, e i suoi occhi parvero essere catturati dalla televisione.
Che cosa aveva visto di tanto interessante da restare a fissare quello stupido schermo?
Stavano mandato in onda una vecchia puntata di topolino, niente di speciale, ma lei sembrava veramente rapita. Ok, lo stava prendendo in giro! Si stava guardando topolino!
Insomma, la situazione si stava rivelando poco credibile. Per quanto aveva intenzione di tirarla avanti?
Appoggiò il gomito sul bracciolo poggiando lo zigomo contro le nocche, e riprese a fissarla con puro scetticismo.
Ma lei niente, non cedeva. Continuava a fissare lo schermo senza demordere. Ridacchiò pure quando paperino fu chiuso nel letto pieghevole e cadde nella vasca.
Stava perdendo veramente la pazienza. Quella sceneggiata gli dava sui nervi!
Improvvisamente sussultò come se qualcosa l’avesse presa alla sprovvista. Gli disse qualcosa, ma non capì niente.
-Come scusa?- chiese incredulo mentre lei gli indicava lo schermo e gli ripeteva le stesse identiche parole.
Guardò il televisore incuriosito. Pippo si era seduto a tavola e tentava di addentare una pannocchia senza successo. E bastava questo ad agitava?!
Ari si batté una mano sulla fronte come a cercare di ricordare qualcosa.
-Come dice, come…. Non guida… nessuno!- gli disse con uno strano accento che continuò a risuonare nelle orecchie di Kai come un’eco.
Si voltò di scatto a guardarla e qualcosa lo colpì fino a stringergli la testa in una morsa. Gli occhi erano limpidi come non erano mai stati, e quell’accento lo conosceva bene.
Era così che parlava Ariel. Quella era la sua cadenza tedesca uscita da chissà quale angolo nascosto e dimenticato.
Quanto l’aveva presa in giro per quel buffo accento! Quante volte le aveva fatto il verso e lei sempre che lo guardava truce.
Tornò a guardare lo schermo con espressione vuota. Si era messo dritto sulla schiena e neanche se ne era reso conto.
-Smettila!- disse d’un tratto.
Ma non gli dava ascolto, era molto più interessata a come topolino e paperino si sarebbero salvati dalle curve della montagna.
Kai prese il telecomando e spense il televisore con un gesto secco.
Ari rimase a guardare lo schermo incredula. Come sarebbe andata a finire!?
Si voltò verso di lui e in quel momento si sentì in colpa. Quei grandi occhi sembravano sofferenti e delusi tanto da disarmarlo. Il labbro inferiore tremava stretto tra i denti. Cosa cavolo le stava prendendo?
La sua voce uscì lamentosa e disse qualcosa che non capì.
Se non l’avesse smessa immediatamente l’avrebbe presa a calci fino a farla rinvenire, stava diventando un vero tormento. Ma gli bastò una piccola scossa sul braccio perché lei tornasse veramente normale, perché i suoi occhi tornassero glaciali e truci in modo tanto brusco da sconvolgere entrambi.
Non aveva finto, qualcosa in lei era riemerso con quel cartone animato, e lui l’aveva interrotto schiacciando semplicemente un pulsante.
Gli passò il vassoio con un gesto brusco, quasi versandogli tutto addosso, e si appoggiò al bracciolo tenendosi la testa tra le mani, con le dita immerse tra i capelli.
-Ariel, tutto bene?-
-Sta zitto!- gli ordinò seccamente. Si alzò da lì e si diresse verso la finestra. Si appoggiò al davanzale con una mano, mentre l’altra se la passava sul viso che lui non riusciva a scorgere, nascosto com’era dai capelli.
Per parecchi minuti rimase lì con le spalle piegate e la testa bassa.
-Scusa….- disse rattristato. Era stato troppo brusco, ma sarebbe comunque tornata in se prima o poi.
Ari sospirò e si voltò appoggiandosi alla finestra. I ricci si schiacciarono contro il vetro mentre buttava in dietro la testa e fissava il soffitto.
Poi gli lanciò uno sguardo strano, che durò solo per un attimo, prima che cambiasse e si avvicinasse a lui.
-Che ti è preso prima?- le chiese osservandola mentre faceva il giro intorno alla poltrona e, come prima si sedeva accanto a lui, ma questa volta non si limitò a starsene nel suo angolino. Si accomodò nel vero senso della parola, considerandolo molto probabilmente come parte integrante della poltrona!
Gli stava appiccicata in modo snervante, e aveva pure appoggiato una gamba sulle sue.
Kai le lanciò un’occhiata minacciosa. -Da quando tutta questa confidenza?-
-Non fare il giapponese!- lo ammonì lei tagliando corto. Non era appoggiata allo schienale, era rivolta a lui come se stessero chiacchierando, e si torturava le unghie con le dita, in un segno di nervosismo e inquietudine.
-Non so che mi sia preso prima, ma mi è venuto un mal di testa terribile.- gli disse con tono naturale, come se fosse sua abitudine parlargli. La strana espressione imbronciata e i capelli sciolti e un po’ arruffati le donavano un’aria un po’ infantile.
Smise di guardarla e prese il telecomando. Non gli piaceva la televisione, ma tanto meno lei, gli dava fastidio. Sembrava volere qualcosa da lui, come se volesse dirgli qualcosa, ma restava zitta e gli trasmetteva una grande tensione. E poi quei grandi occhi scuri non li sopportava.
Cartoni, telefilm, pubblicità, telegiornale, salotti, salotti, sitcom, televendita, televendita, televendita, beautiful, telegiornale… cos’è che voleva da lui? perché non se ne tornava nel suo angolo preferito di letto e lo lasciava in pace?!
-Preferiresti stare da un’altra parte, vero?-
Le lanciò un’occhiata raggelante.
-Sono una perdita di tempo….-
-Che cosa te ne importa?- la freddò immediatamente cambiando per l’ennesima volta canale.
Ari abbassò la testa e rimase in silenzio, lasciando il passo alle voci dei programmi di intrattenimento.
Passò più di mezz’ora a guardare un documentario sulle gru in africa, poi passò su un canale di cinema e cambiò solo quando si rese conto di stare guardando la stessa serie di trailer per la quarta volta.
-Tu sei qui solo perché te l’ha chiesto Boris?-
-Torno a ripetermi: che cosa te ne importa?!- le rispose Kai con la stessa freddezza.
Ari deglutì e si strinse nelle spalle.
-Niente… pensavo che fossi qui perché volevi aiutarmi. Grazie lo stesso…-
Kai aggrottò la fronte. Lei si mosse lentamente per alzarsi, dandogli le spalle senza più guardarlo. 
-Si, sono qui perché voglio aiutarti, non perché me l’ha chiesto Boris.- le rispose.
Si fermò.
-Sono molto stanca, e ho tanto sonno, ma non riesco a chiudere occhio da due notti…. Perché?-
-Penso che sia normale. Devi resistere solo un altro po’.- le rispose.
-Posso dormire qui?- gli chiese infine.
-Qui dov….- Kai trattenne il respiro. Ari si appoggiò alla sua spalla e si accucciò accanto a lui, su di lui! Ma l’aveva mica preso per un materasso!? Lui non era un letto, ne un peluche! I peluche non sentono il respiro caldo sul collo e i capelli solleticare le labbra! No, non lo sentono sicuramente, mentre lui era fatto di carne e li sentiva! E sentiva anche il suo braccio sceso a cingergli la vita dopo avergli sfiorato il petto con le dita, facendogli venire la pelle d’oca. I peluche sono fatti per essere abbracciati, non lui! Un materasso non si sarebbe irrigidito sentendo un corpo così vicino!   
Decise che era meglio ignorare tutto e ignorare lei. Meglio così….
 
 
 
Aprì pigramente gli occhi mettendo a fuoco il soffitto immerso nell’ombra. Sollevò la testa e si guardò attorno. Fuori il sole era basso, la televisione mandava il telegiornale delle sei e lui si era addormentato su quella poltrona con quel profumo e il tepore di un abbraccio. Abbassò lo sguardo incontrando la massa di ricci scuri sulla sua spalla. Un senso di pace lo colse di sorpresa. Sospirò assaporando quel momento, accarezzando con le dita la spalla di Ari.
Aveva dormito anche lei?
Le scostò i capelli dal viso e lo sollevò delicatamente con le dita. Lei sussultò e schiuse gli occhi scuri incrociando i suoi. 
Il cuore mancò un battito, la mano gli tremò. La strinse nel suo abbraccio istintivamente, sollevandole ancora un po’ il mento. Si chinò, il suo respiro gli solleticava le labbra, e quelle di lei, come erano belle, come erano scure e calde. Chiuse gli occhi. Come erano morbide… e impassibili.
Si scostò appena per incrociare i suoi occhi che lo scrutavano indecifrabili. Fu lei questa volta ad avvicinarsi, ricambiando il bacio e spiazzandolo.
-Ho dormito, grazie.- gli disse a fior di labbra. Poi, come se si fosse resa conto di cosa aveva appena fatto distolse lo sguardo e tornò a nascondersi nell’incavo del suo collo.
Con la mano giocherellava con la maglia sulla sua spalla.
Si sentiva stordito. Le aveva dato un bacio, non era successo niente di particolarmente travolgente, solo un innocente e affettuoso bacio!
-Non si baciano così i compagni!- sentì la voce di lei frenata contro la sua spalla. Gli rispose come se gli avesse letto nella mente, o forse aveva semplicemente avvertito il cambiamento del suo respiro.
-Come scusa?-
Il braccio di lei gli cinse il collo, il suo petto aderì al suo facendosi più vicina con un movimento lento fino allo sfinimento. Riusciva a percepire il seno schiacciato contro di lui.
Rimase impassibile mentre lei riemergeva dalla sua spalla, ma la testa stava iniziando a girargli con farneticazioni e immagini improponibili.
Ari fermò il suo viso proprio di fronte al suo. Si sfioravano con la punta del naso.
Chiuse gli occhi e baciò il labbro inferiore, con estrema lentezza e una strana fine sensualità. Sembrò durare un secolo, come se non si volesse più staccare, ma poi passò dal labbro inferiore a quello superiore, avvertendo lo strofinio dolce della sua bocca contro la propria.   
La osservò senza riserbo, mai abbandonando però la sua solita aria distaccata. Osservo le sue ciglia nere fremere prima di schiudersi e incontrare i suoi occhi.
Era in attesa di una sua risposta adesso, ma non sembrava voler arrivare. E aspettò, e aspettò a lungo, ma Kai non rispondeva in alcun modo, era impassibile, e per lei non riservava nessuna emozione.
Lasciò scivolare via il braccio e si scostò da lui. L’aveva delusa? Cosa si aspettava, che ricambiasse? Perché avrebbe dovuto?
Ma quando si alzò seppe perché avrebbe dovuto: perché lo voleva! La voleva!
Le afferrò un braccio e la tirò in dietro, disperatamente, facendola ricadere su di sé. Non l’aveva fatto apposta, si disse, ma forse poco c’era da credergli oramai, o comunque poco contava.
Aveva un assoluto bisogno di lei, della sue mani, delle sue labbra, che lo toccasse.
Stava impazzendo, sì era pazzo, ma sembrava uscita da uno dei suoi sogni, e forse era proprio così, quello era solo un sogno. Forse si sarebbe svegliato a momenti e sarebbe corso in bagno per buttarsi sotto il getto congelato per punirsi di tanta bassezza, afflitto dai sensi di colpa.
Ma non gli importava, lei stava lì, sopra di lui, un po’ impacciata e incredula, forse per la richiesta e il bisogno che vedeva dipinti sul suo volto.
Immerse la mano tra i suoi capelli, alla ricerca disperata della sua bocca, e si sporse verso l’alto per prenderla. I riccioli ricadevano verso il suo viso come per proteggere quel luogo magico così riservato. La spinse verso di sé e la baciò con passione, lasciando l’innocenza a tempo che trovava. Era stupendo quell’incontro tanto sofferto. Il modo in qui lei stava rispondendo lo era, prendendo il suo viso tra le mani trepidanti. Sì, si stavano baciando, lo stavano facendo sul serio! Gli stava esplodendo il cuore!
Lei si sistemò meglio a cavalcioni sulle sue gambe, continuando a baciarlo senza prendere un attimo di fiato, e le mani ingorde di entrambi si spostarono in un abbraccio affannoso e impaziente.
Gli accarezzava il petto, poi le spalle, il collo… intricò le dita tra i suoi capelli facendolo rabbrividire.
Interruppero quel bacio e si guardarono per una manciata di secondi che parvero interminabili.
Gli occhi di Kai i erano trasformati in quelli pericolosi di un predatore affamato, e si specchiavano in quelli di lei, maliziosi come quelli di un diavolo.
Doveva trattenersi, e perché poi? Affondò i denti nel suo collo bianco e sottile. Sgranò gli occhi e si irrigidì: le avrebbe fatto male, ecco perché doveva! Lei tremò a quel morso, ma non si tirò indietro.
La afferrò per le braccia scostandola quanto bastava.
-Scusa, ti ho fatto male…-
Ari parve sorpresa, da quando in qua, in vita sua non aveva mai sentito delle scuse in momenti simili. Si chinò su di lui, e gli morse il labbro inferiore, carezzandolo lentamente con la lingua, strinse e succhiò fino a fargli male. Lui parve catturato.
-Puoi farmi quello che vuoi!- sussurrò impercettibilmente.
Stava avvenendo una strana possessione, Kai se ne rendeva conto. Con quelle poche parole era riuscita a fargli girare la testa fino a stordirlo.
Gli aveva dato il potere totale su di lei, ma era come se fosse stata una concessione dall’alto: chi alla fine comandava tra i due? C’era uno strano gioco di potere che la su ragione annebbiata percepiva ma di cui non riusciva a distinguerne i contorni e la forma. E cosa ben più determinante: lui voleva farle tutto ciò che desiderava?
Ma le sue mani si mossero veloci e incontrollate, la sua bocca scese dall’orecchio al collo. Le dita scivolarono dal petto al ventre, alla cinta dei pantaloni. Poi le sentì scendere fino all’inguine, con movimenti spasmodici e inconcludenti che servivano solo ad aumentare la sua impazienza. Stava giocando a provocarlo, voleva fargli perdere il controllo.
E non poté evitare che quel campanello d’allarme suonasse. Non poteva più ignorare i suoi tocchi a tratti sempre più sfacciati.
Era rigido, gonfio, stretto dolorosamente nei pantaloni, e l’unica soluzione che gli dava era quella di essere liberato. E lei lo sapeva, afferrò la sua cintura e la tirò sganciandola.
Kai scostò il viso evitando un suo bacio, che senza incertezza passo sul suo collo. Non poteva, non voleva arrivare a tanto! Non avrebbe neanche dovuto iniziare tutto questo. Si era ripromesso di non farlo, che non doveva conoscere quelle sensazioni, altrimenti poi non sarebbe riuscito a negarsele per sempre. Il suo futuro non aveva quei ricci stupendi….
-Ferma per favore!- disse a fatica. Stava combattendo contro se stesso e non gli era mai venuto così difficile come in quel momento, ma doveva riprendere il controllo come aveva sempre fatto.
-Non posso.- si giustificò infine.
Gli occhi di lei saettarono su di lui lampeggiando per un istante come un cielo nero tempestoso.
Le sue mani rimasero immobili in attesa.
Gli prese il viso con una carezza, facendolo voltare verso di se e lo baciò con dolcezza, ma Kai non rispose. la guardava con quello che doveva essere dispiacere. Con l’altra mano tornò a muoversi cercando di sbottonare i pantaloni e questa insistenza lo fece innervosire.
Le afferrò saldamente il polso, sicura che l’avrebbe scacciata in malo modo, ma si sbagliava. La presa sul polso si ammorbidì, fino a scivolare sulla mano prendendola nella sua. La portò alle labbra baciandola sulle nocche spaccate e tagliate dal freddo dell’inverno ormai passato.
Quando alzò gli occhi su di lei incontrò la freddezza. Eppure in lui c’era un incendio indomabile, non la sentiva come urlava straziata la voglia di lei?
Ma lei non si arrese. Strinse la mano che teneva la sua e la comandò fino ad appoggiarla sul suo seno, incontrando solo alla fine una timida resistenza.
E, dopo un attimo di sgomento per quel gesto sfacciato, con sorpresa constatò che quel piccolo giocattolino gli riempiva tutta la mano come a volerlo saziare.
Poté sentirlo contro il palmo e i polpastrelli, di una morbidezza deliziosa che lasciava immaginare il candore oltre quella sottile stoffa di cotone, e il capezzolo turgido tra le dita chiedeva di essere stuzzicato. Non aveva mai sentito niente di similmente bello e incantevole.
Ari tornò a baciarlo e si strinse di più a lui. Dove erano finite le sue buone intenzioni, dove era la sua resistenza?
Gli passò le mani tra i capelli tirandoli con le dita, costringendolo a sollevare la testa per incontrare i suoi occhi trionfanti.
Si, comandava lei, come sempre, come nei suoi sogni. E come al solito lui si era arreso e, in tutta sincerità, non gliene fregava! Che male c’era ad arrendersi per una volta?
Ghignò guardando quegli occhi: ci scorse il diavolo dentro. Se ciò prometteva fiamme e fuoco, era pronto a farsi portare all’inferno da lei.
Lasciò che gli leccasse le labbra, il suo bacino era premuto contro il suo in una esplicita richiesta.
Il ritmo abbandonò la frenesia iniziale, lasciando il passo alla lentezza più misurata.
Non credeva che sarebbe arrivato fino in fondo, ma stava così bene adesso che non vi diede peso.
Lei era straordinariamente abile a percepire ogni sua vibrazione, ogni suo fremito, che gli sembrava veramente che si trattasse di un sogno. E poi quei colori fiammeggianti del tramonto risplendevano sui suoi capelli dando loro un tocco ramato così familiare….
-Stringimi!- fu la sua richiesta sussurrata al suo orecchio una volta che lo abbracciò forte.
Lui ricambiò respirando il profumo della sua pelle. I suoi capelli gli solleticavano il collo, come la sue labbra sull’orecchio che tornarono a muoversi appena.
-Kai, facciamo l’amore!- 
Nella stanza calò il silenzio. Tutto si spense, la luce del tramonto si interruppe dietro gli alti palazzi della città chiassosa al di fuori della finestra.
Ari deglutì. Sul volto di Kai comparve un ghigno vittorioso.
Fu scosso da un leggero risolino, che fece irrigidire lei. Poi rise, rise veramente e a gran voce.
Ari si aggrappò nervosamente con le mani alla sua schiena, mentre l’abbraccio di lui perdeva intensità.
Perché adesso non riusciva a prevedere le sue mosse? Perché rideva? Cosa ci trovava di divertente?
Smise di ridere all’improvviso e con uno scatto la strinse a sé, forte da toglierle il respiro, con una mano inchiodata alla sua schiena e l’altra nascosta tra i capelli, che le teneva ferma la testa. Così stretta come da intrappolarla per non lasciarle via di scampo. Era braccata!
-Mi dispiace bambolina…- la sua voce le giunse come una carezza profonda e subdola. -…ma io non posso aprire quella porta….-
La maschera cadde, i tratti del suo volto divennero duri, le labbra si incresparono per la frustrazione e gli occhi divennero vuoti. Le dita affondarono nella carne.
-E poi non faccio l’amore con chi ha deciso di morire, ne con le puttane!-
Lo lasciò, ma non ebbe neanche il tempo di scostarsi che uno schiaffo la fece finire a terra.
Quando alzò gli occhi su di lui era in piedi. Torreggiava pieno della sua potenza, irradiava tanta forza, ma le passava attraverso senza colpirla, come un vetro trasparente.
La guardava dall’alto restando immobile a fissarla. Avrebbe dovuto provare vergogna per quegli occhi pieni di disprezzo, ma non ne provava. I suoi pensieri erano pieni di cinismo freddo e calcolatore.
-Sei caduta così in basso…- la sua voce era venata di disgusto. -Arrivare a fare la puttana per quella roba.-
Questa volta gli uscì dalle viscere quell’insulto. Quante volte l’aveva fatto? Quante volte si era umiliata così? Da quali viscidi esseri era stata disposta a farsi toccare? 
Aveva voglia di cacciarla, gli faceva schifo solo guardarla. Stava zitta lì a terra, senza ombra di pentimento. Non sentiva la mortificazione di un tale gesto? Non ce l’aveva l’orgoglio?
-Ma che cazzo ti salta in mente? Che fine ha fatto la tua dignità…-
-L’ho persa molto tempo fa!- fu la sua unica risposta prima di alzarsi da terra senza rivolgergli neanche uno sguardo.
Kai si zitti. Alla fine era lui quello mortificato. Boris aveva ragione, aveva abbassato la guardia e lei ne aveva approfittato, e se non stava attento avrebbe colpito ancora. Avrebbe fatto sicuramente leva sul suo senso di colpa per ferirlo, ma si corresse immediatamente: il suo intento non era ferirlo, ma uscire di lì ad ogni costo. Anche distruggendolo dunque non ci avrebbe ricavato niente.
Era incredulo e deluso, di se, di quanto era stato sciocco e arrendevole. Per fortuna Ari aveva fatto quella mossa falsa appena in tempo.
Ma a quanto pareva la sua testa comunque camminava ancora molto bene, fin troppo. Si era lasciato ingannare dalla sua fiacchezza. Era atroce comunque, quello che lei aveva fatto.
Ricadde distrutto sulla poltrona e nascose il viso dietro le mani.
-Che fine hai fatto Ari!? Che fine ha fatto l’Ari che conoscevo? Fino a meno di un anno fa, solo l’idea di avere a che fare con me ti faceva ribollire il sangue nelle vene! Dove è finito il tuo orgoglio?-
Dio, non lo sai che vivo in un moto di pentimento?
-La storia e diversa ora. Allora ti odiamo, ma adesso… non sei più nulla. Mi sei totalmente indifferente.-
A quelle parole Kai sentì qualcosa rompersi dentro di se. Era un rumore metallico, di catene, quelle stesse catene incandescenti con la quale lei lo aveva legato a se avvelenandolo col suo odio, e adesso si stavano frantumando come se fossero state arrugginite dal tempo. 
Più nulla….
Sentì solo un gran dolore indefinito in tutto il corpo.
Mi hai ferito in un modo che non avevo mai visto.
Ari gli dava le spalle, ferma in mezzo alla stanza, lasciò che il silenzio passasse, giocherellando pazientemente con  una riccia ciocca di capelli castani.
-Sei sicuro….- gli disse infine alzando lo sguardo su di lui. Lo osservava in attesa di una risposta, col capo inclinato leggermente di lato.
Kai sollevò la fronte dal palmo della mano e la guardò esasperato. Il senso di nausea tornò più forte di prima, fino a farlo stare male. Continuava imperterrita con quella proposta oscena e ripugnante.
-Smettila per favore!- disse distogliendo lo sguardo deluso e tornando a chiudere gli occhi e a tenersi la fronte sul palmo della mano. Aveva voglia di vomitare, di piangere.
Ari non fece una piega. Tornò semplicemente al suo angolo di letto con aria rassegnata a contemplare il muro accanto alla porta.
-Come… come puoi accettare che io ti tocchi? Dopo quello che ti ho fatto?-
-Cosa mi hai fatto?-
-È a causa della mia smania di potere se tu sei rimasta lì dentro. Non fare finta che non te ne importi, lo sai benissimo che è colpa mia!-
-No, ti sbagli. L’errore è stato mio, non avrei dovuto puntare così tanto su qualcuno. Ma d’altronde ero solo una bambina di nove anni, ero troppo fiduciosa e ingenua…. Ma ho imparato e da allora non ho commesso più un errore talmente grave.-
-Smettila! Stai mentendo!- eruppe con rabbia. Non poteva accettare tanto cinismo. Quelle non sembravano parole di una persona, ma di un automa. -Non puoi smettere di odiare una persona da un giorno all’altro!-
Non gli rispose, la sua rabbia non la sfiorava neanche lontanamente. Tutto le passava attraverso.
Non trovava umiliante prostituirsi, aveva ammesso di non aver più una dignità. Quale mostro poteva aver ridotto in così tanti brandelli un essere umano?
-Cosa ti hanno fatto lì dentro?- singhiozzò debolmente.
Già, lì dentro…. Ma tanta pena le scivolava addosso, come le scivolavano via le lacrime di Yuriy quando piangeva sul suo corpo, come gli insulti, le percosse e gli abusi.
Kai voleva scappare da quella stanza, correre via e non tornare più indietro. Aveva bisogno urgentemente di andare via da lei.
Si alzò e si chiuse nel bagno. Non era molto ma era pur sempre qualcosa.
Si appoggiò alla porta facendosi scivolare fino a terra. Le lacrime scendevano calde sulle guance. Non riusciva a spiegarsi quale fosse la causa precisamente, sapeva solo di stare male e che era imprigionato in quell’incubo. Chiuse gli occhi e attese che finissero, che la nausea passasse.
Quando uscì di lì si sentiva una persona nuova, rinata, pronto ad affrontare qualunque cosa come solo lui sapeva fare.
-Kai.-
Ari lo chiamò non appena lo vide apparire sulla soglia.
Non ho mai pensato che avrei cambiato la mia opinione di nuovo.
Kai si richiuse la porta alle spalle e si fermò davanti al suo letto. Lei stava nel suo angolo, questa volta seduta, non rannicchiata, e una espressione svanita indugiava sul suo volto.
-Voglio tornare nella Borg.- ammise.
-Come?-
Ari si passò una mano accarezzandosi il braccio, come se avvertisse disaggio.
-Voglio tornare nella Borg.-
Kai rimase fermo a guardarla, con un misto di perplessità e soggezione.
-No.- fu spietato tanto da farla tremare.
Ari abbassò il capo, ma non si diede per vinta. Si voltò verso di lui, l’espressione intransigente, un’ impostazione fisica che emanava forza, la stessa forza di una fenice che ogni volta rinasce dalle sue ceneri, forza che lei non aveva.
-Farò quello che vuoi….-
-Posso immaginare.- disse con freddezza e cattiveria.
Lei trattenne il respiro. Non poteva negarglielo! La disperazione stava prendendo il sopravvento. Lei voleva tornare, non poteva dirle di no! Era l’unica cosa che sentiva!
Gattonò fino a lui, fermandosi ai piedi del letto e lo afferrò per la maglia, ma senza forza l’unica cosa che le restava da fare era supplicare e pregare.
-Voglio tornare nella borg, ti prego Kai fammi tornare! Tu puoi, sei il nipote del signor presidente! Fammi tornare ti prego, non ce la faccio più a stare qui fuori!- disse senza nascondere lo sconforto.
Kai non si lasciò intenerire ne impressionare. Vedeva finalmente una debolezza in lei, e voleva distruggerla. Puntò i suoi occhi dritti nei suoi e colpì: -Mi dispiace, ma la borg non esiste più!-
Gli occhi di Ariel si dilatarono come se avesse veramente subito un forte colpo dietro la testa.
-No, non è vero!- soffiò reggendosi alla sua maglia. Stava crollando, le gambe non la reggevano più, e l’unica cosa che la teneva così saldamente attaccata alla maglia di Kai era la speranza che non fosse vero.
-Si invece, l’hai distrutta tu!-
Ari abbassò il capo e scosse vigorosamente la testa.
-No!-
-Sì ti ho detto!- continuò lui duro, togliendole anche il tempo di riflettere. Voleva bombardarla fino allo sfinimento. Non provava pietà.
Ariel strinse i pugni sul suo petto, mentre il suo peso la faceva ricadere seduta sul letto. Alzò di nuovo il viso e tornò a guardarlo dando libero sfogo alla sua disperazione, scuotendolo con forza, ma senza riuscire a smuoverlo di un centimetro.
-No, non è possibile! Ti prego, fammi parlare col signor presidente, ci deve essere un modo! Voglio tornare, non voglio più stare qui fuori, voglio stare nel monastero! Ti prego, fammi tornare lì e tutto sarà finito, tutto sarà come prima!-
-Mi dispiace, ma è finita, sei libera adesso. Fattene una ragione!- ribadì Kai sempre con lo stesso coraggio di guardarla dritto negli occhi disperati che vagavano su di lui senza trovare un appiglio.
Le sue mani lo liberarono, e ricadde seduta in ginocchio, così debole e tremante da non riuscire neanche a tenere la schiena dritta. Teneva i palmi delle mani premuti contro gli occhi, come se la luce la ferisse.
Mi hai lasciato a contemplare, mentre la tua anima stava lentamente decadendo.
Era misera oltre ogni sua concezione.
-No, no… no!- non faceva altro che ripeterlo. Si strinse nelle braccia, come se sentisse freddo.
-Non può essere!-
-Cosa pensavi, che una volta che ti fossi vendicata saresti tornata felicemente tra le quattro mura del monastero?- ferì lui senza esitazione alzando la voce per raggiungerla oltre i suoi farfugliamenti. -Perché non hai mai pensato a quello che sarebbe venuto dopo? Pensavi solo a sopravvivere per incontrare me. Ebbene, mi hai incontrato, hai ottenuto la tua agognata vendetta, ma adesso? Che hai intenzione di fare? Ti vuoi prendere la tua rivincita sulla vita? Ti vuoi riscattare?!-
D’un tratto Ari si tirò su. Era furibonda, non voleva più sentirlo parlare!
-No, no, non voglio! Voglio tornare lì!- gli urlò con tutto il fiato che aveva. - Non voglio più vedere nessuno! Siete tutti pazzi, questo mondo è pazzo! Boris non c’è più, Yuriy si è perso e tu non sei niente! Niente!-
Per qualche secondo Kai non rispose, si limitò ad osservarla. Gli occhi erano cerchiati di rosso, ma non c’era traccia di lacrime, il viso era contorto in una espressione di dolore e il respiro sembrava mancarle.
Era un cumulo di macerie. Era rimasta sepolta lì sotto per mesi, tramortita da quel terremoto che aveva provocato lei stessa, ed era stata prossima alla morte. Ma adesso l’aveva finalmente tirata fuori, l’aveva estratta appena in tempo. Ora però che guardava la sua opera non riusciva ad accettarlo, non poteva accettare che il suo mondo non esistesse più! adesso doveva continuare a bombardare senza pietà e senza sosta, finche non si sarebbe rassegnata.
-Non è vero, non sono niente!- disse. -Sono quel bastardo che ti ha causato tutto questo! Boris ti ha sempre amato e Yuriy ha trovato la strada che tu ti ostini a non voler prendere!-
Ariel negò, e negò ancora scuotendo il capo e chiuse gli occhi.
-No….-
-Si…-
-NO! NON È VERO!-
-QUESTO MONDO NON  È PAZZO! LA BORG LO ERA!-
La vide finalmente! Una scintilla in quegli occhi e la sua anima si accese di nuovo. Si illuminò splendidamente, con una forza selvaggia e travolgente.
Un pugno lo fece ricadere sul pavimento. Il sapore del sangue gli inondò la bocca.
Alzò lo sguardo su di lei. Brava così, brucia! Continua, dillo, dillo che mi odi, non puoi mentire, su questo non sei mai riuscita a farlo!
Si stava alzando, sempre più in alto, fino a sovrastarlo. Stringeva i pugni lungo i fianchi. I muscoli delle braccia erano delineati da delle linee scure e tremava, tremava visibilmente. Tutto il corpo fremeva. Il petto si alzava e si abbassava scosso sa respiri sconnessi.
Kai rimase a bocca aperta a fissarla dal basso. Era bella, ma bella come veramente doveva essere! Una bellezza viva, abbaiante e piena di vigore e forza, quella che non aveva avuto per convincerlo pochi istanti prima costringendola a supplicarlo.
Si pulì la bocca col dorso della mano e si alzò.
-Che c’è, non ti piace quello che ti sto dicendo?- disse con prepotenza.
-BASTA! SMETTILA!- provò a sferrargli un altro pugno, ma questa volta lo schivò.
-Non voglio, come Boris non smetterà di amarti e Yuriy non tornerà indietro solo perché lo vuoi tu!-
Ari cercò di dargli un altro pugno, ma questa volta Kai lo fermò nella sua mano. Picchiava forte, gli aveva fatto più male di quanto avesse previsto.
Gli occhi di Ari si infiammarono di puro odio bruciandogli l’amina.
Riconobbe immediatamente le bestie ferine che aveva conosciuto in quel vicolo per le strade di Tokyo. Il volto come allora era trasfigurato dall’odio.
-IO TI….-
Con uno strattone la fece voltare e la spinse contro il muro, schiacciandola col suo corpo, facendolo aderire senza alcun rispetto a lei. Era tanto vicino da riuscire a vedere solo i suoi appassionati occhi neri.
-Tu cosa!?- la sfidò a mezzo centimetro dalla sua bocca.
Gli occhi di Ari si assottigliarono fino a diventare due fessure nere e ribollenti. Le labbra si schiusero, attraversate da un sibilo ben scandito.
-Io ti odio!-
L’aveva detto! Fu tanto profondo che lo scosse come non aveva mai visto.
Lo spintonò così forte da farlo finire sul letto, e se la ritrovò dopo meno di un secondo addosso.
Lo odiava veramente, e con tutta l’anima!
Allora spezzami, scuotimi, odiami, prendimi.
Quando la pazzia si sarà fermata sarai sola.
Una raffica di pugni gli tolse il respiro, ferendolo al viso, allo stomaco, quasi alla cieca, tanto che non gli fu difficile spingerla via.
Si alzò trovandosela davanti, ansimante e pronta riprendere. Alzò un pugno ma lui fu più veloce: Ari si piegò in due aggrappandosi al suo braccio.
-Credevi forse che non avrei reagito?- disse ghignando sentendola tremare sotto il suo colpo allo stomaco.
Perché non è gratis bambina, devi pagare!  
Lei indietreggiò di qualche passo riprendendo fiato. Il suo odio stava crescendo a dismisura nel vedere il sorrisetto soddisfatto che gli contorceva le labbra.
Gli si scagliò addosso di nuovo, ancora più impetuosa di prima.
Gli diede un pugno che schivò appena, ma riuscì a incassargli una gomitata che fu ricambiata con un colpo che le spacco il labbro.
-Sai, sei molto più carina di prima, magari adesso un pensierino ce lo farei veramente!- la provocò ghignando.
Lo voleva ammazzare! Ignorò il sangue che colava dal labbro e dopo alcuni tentativi riuscì ad atterrarlo. Caricò un calcio allo stomaco che lo colpì in pieno che gli stroncò il respiro. La sofferenza sul suo viso le provocò una gioia inestimabile. Ritirò la gamba ma qualcosa la bloccava.
Le fece un sorriso stentato e sofferto, mentre le stringeva la gamba. Girò su se stesso trascinandola e le fece perdere l’equilibro, finendo a terra pesantemente.
La liberò e si alzò mentre lei si alzava sulle braccia. La voltò con impazienza e le si mise di sopra bloccandole i polsi sopra la testa.
-Mollami!- ringhiò lei dimenandosi.
Kai ghigno malevolo e si abbassò su di lei, facendo aumentare la sua agitazione. Era stupendo!
-Posso fare di meglio!- le disse con tono trascinato. –Se fai sesso con me ti faccio anche uscire da questa stanza!-
-Manco morta, brutto figlio di puttana!- disse adirata Ari.
Kai non demorse e si liberò una mano bloccando entrambi i polsi con l’altra. Le prese il viso con la forza costringendola a stare voltata verso di lui e a guardarlo negli occhi. Le lecco le labbra come aveva fatto lei prima su quella poltrona, e poi fece lo stesso col rivolo di sangue che era sceso sul mento.
-Ma come, non eri tu quella che prima voleva fare l’amore con me?-
Ari si sentì fremere per il disgusto. Con la mano libera scese sul fianco e iniziò a sollevarle la maglietta.
-Che c’è, non vuoi più?- la derise.
-LEVAMI LE MANI DI DOSSO! TI SPACCO IL CULO….- e da lì iniziò ad urlare tutti gli insulti peggiori che conosceva, fino a che agitandosi non si liberò un polso dalla sua presa e gli massacrò il petto e le spalle di colpi dolorosi.
Ci mise un po’ Kai per riuscire a riafferrarla e, non appena trovo una falla nella sua difesa, si fiondò a baciarla e finalmente la liberò scattando subito in piedi e allontanandosi il più possibile.
Non aveva molte vie di scampo. Si era divertito ad istigarla, ma adesso era seriamente infuriata, e non gli veniva poi più tanto da ridere.
Non gli restava che scappare. E infatti lo seguì per una buona mezz’ora mentre saltava da un letto ad un alto, finche non lo acchiappò e gli fece un occhio nero e spaccato il muso di nuovo.
Riuscì comunque a contraccambiare e la colpì allo zigomo.
Non aveva idea per quanto fosse andata avanti questa storia, fatto stava che si ritrovò senza più un filo di energia oramai disposto a subire qualunque tortura. Anche Ari era allo stremo delle forze, piena di lividi e combinata veramente malaccio.
Lo spinse ostinatamente e lui ricadde sul letto esausto. Si mise a cavalcioni su di lui e alzò l’ennesimo pugno.
-Sei un futtutissimo bastardo….- gli disse, ma poi ricadde su di lui a peso morto senza riuscire a sferrargli l’ultimo colpo. Erano sfiniti entrambi, col fiato corto e distrutti. Rimasero lì senza neanche la forza di muovere più un muscolo.
Forse era così che ci si sentiva dopo aver fatto sesso, fu il pensiero di Kai. Erano ricaduti l’una sull’altro esausti e soddisfatti ed erano rimasti, in quello strano abbraccio. Era così bello che fosse rimasta lì sul suo petto.
Si portò una mano sulla fronte passandola poi tra i capelli. Stava iniziando a dare i numeri! Doveva smetterla di avere questi pensieri da ossessionato.    
-Ari.- la chiamò dopo un po’.
Lei mugugnò in risposta.
-Mi togli una curiosità?-
Un altro mugugno poco impegnativo gli fece capire che lo stava ascoltando.
-Qual è il punto debole di Yuriy? Voglio dire, cosa gli hai fatto?-
-Yuriy?- ripeté con voce trascinata, come le pesasse pure questa. -Non gli piace la sua parte brutale.-
-E tu cosa c’entri?-
-Lo istigo fino a fargli perdere ogni inibizione.- rispose come se la risposta fosse semplice.
Kai aggrottò la fronte.
-E perché lo fai?-
Lei non rispose subito, poi si strinse nelle spalle.
-Così, non c’è un motivo.-
-Sei una stronza infida bastarda!-
Ari si sollevò sulle braccia e per un attimo Kai poté vedere il suo viso martoriato e stanco attraverso le ciocche dei capelli. Si lasciò cadere di fianco, lasciando che il freddo prendesse il posto del suo tepore sul suo petto.
-Grazie!- disse stancamente sentendo i muscoli contrarsi per il dolore alla schiena.
Sospirò e si stiracchiò, e poi si voltò a guardare l’amico accanto a sé.
-Wow, questo è stato meglio di una scopata…- disse con una finezza sconcertante. -Anche se ora non guasterebbe affatto!-
Kai sgranò gli occhi sconvolto. Ari scoppiò a ridere anche se le facevano male tutti gli addominali.
-Sempre il solito babbeo!-
 
 
 
Si svegliò tra le parole incomprensibili di una musichetta. La luce tenue della lambada sul comodino illuminava debolmente un angolo di stanza, incrociandosi con quella bianca e lampeggiante della televisione.
Si girò di fianco e si alzò facendo forza sulle braccia. La coperta le ricadde in grembo. Era distrutta, e mentre si strofinava l’occhio destro col dorso ruvido della mano, lo zigomo gli pulsò dolorante.
C’era Kai sul letto accanto al suo. Stava guardando la televisione. Davanti a lui c’erano due grandi cartoni di pizza.
-Ciao!- la salutò. –Come la preferisci? Patatine e wuster o prosciutto?-
Non rispose. Continuava a guardarsi intorno stranita.
Si tolse le coperte di dosso sedendosi sul bordo del letto, costatando di avere addosso dei pantaloni di un pigiama blu.
-Tutto bene?- le chiese Kai guardandola.
Lei lo guardò e annuì.
Kai le indicò i due cartoni davanti a lui.
-Wuster….- disse in un soffio lei.
Kai prese un pezzo di pizza cercando di non sporcare niente e glielo passo. Lei si limitò a prenderlo, continuando a guardarsi intorno come se vedesse quel posto per la prima volta.
-Sai…- la voce del ragazzo la fece destare e lo guardò incerta, per poi guardare il pezzo di pizza che aveva tra le mani, appoggiate sulle gambe. -… quando l’ho ordinata ho pensato: perché non farla contenta, magari alla tedesca mancano wuster e patate!-
-Mangia patate.- sbottò lei a mezza bocca.
-Sì, ma io le mangio con le bacchette!-
Rimasero in silenzio. Kai prese a mangiare un pezzo di pizza al prosciutto guardando un programma, mentre lei rimase immobile a contemplare il suo pezzo.
Si voltò di scatto alle sue spalle. Quella parte di camera era immersa nell’oscurità. La porta sembrava lontana, irraggiungibile e nera come la pece. Cupa e inquietante come le porte dei film dell’orrore.
Le mani le tremarono per un attimo.
-Come hai fatto….- la voce le morì in gola.
-A fare arrivare le pizze? L’ho semplicemente ordinate, poi il portiere ha la chiave…. Ah, dimenticavo, la porta è aperta!-
Ari alzò incredula gli occhi su di lui, che tranquillo mangiava e parlava.
La porta era aperta! Poteva uscire, poteva andarsene! Era libera!
Le gambe non si mossero però. Forse era meglio aspettare, non poteva certo scappare così!
Magari prima avrebbe aspettato un po’, si sarebbe vestita….
Sentiva l’agitazione crescere. Delle voci mute sembravano chiamarla da dietro la porta alle sue spalle, le dicevano di uscire immediatamente, che non doveva più resistere.
Scosse la testa e appoggiò la pizza sul comodino, sedendosi meglio sul letto, come se avesse paura di cadere dal bordo. Le sue braccia si erano irrigidite, e le dita erano artigliate al piumone.
Kai la osservava di sottecchi. Adesso toccava a lei. Ti prego, sii forte, so che ce la puoi fare!
Quella porta comunque sembrava ammaliarla senza ritegno. Poteva anche distogliere lo sguardo e non guardarla, ma era come se l’avesse davanti agli occhi.
Guardò l’orario sul televisore. Le undici meno venti.
Si alzò di scatto e si chiuse in bagno, appiattendosi contro la porta, come per impedirsi di uscire.
Si precipitò contro il lavandino e si sciacquo la faccia con l’acqua ghiacciata più volte.
Chiuse il rubinetto e rimase lì, con le mani appoggiate al lavandino con l’acqua che le gocciolava dal mento e dal naso.
Tremava e si aggrappò alla fredda ceramica.
Perché si comportava così ora? Perché aveva paura di uscire da quella porta?!
Perché diavolo adesso era aperta!? Cosa era, una trappola, uno scherzo?
Basta, sarebbe uscita! Lo aveva desiderato per tutto il tempo che era stava chiusa lì dentro e adesso nessuno poteva impedirglielo.
Tornò nella stanza e prese i suoi jeans logori buttati sullo scrittoio. Si sfilò il pigiama e mise quelli, poi si infilò la giacca lasciandosi la canottiera bianca di sotto. Tutto di fretta, doveva andarsene, nessuno poteva fermarla.
Tirò su la cerniera e si controllò le tasche per controllare che avesse tutto, ma alla fine lei non aveva mai avuto niente nelle tasche, solo quel vecchio accendino quasi consumato. Avrebbe dovuto comprarne uno nuovo una volta fuori di lì, anzi, prima avrebbe dovuto trovare i soldi. Doveva tornare a scuola! Ma non sapeva neanche in che posto si trovava. Non importava, l’avrebbe scoperto una volta uscita di lì.
Fece un passo verso la porta e la voce di Kai la raggiunse. Poteva dire quello che voleva, non poteva costringerla a restare ancora lì!
-Sei sicura di voler uscire? Non preferiresti mangiare qualcosa prima?-
Rimase immobile a soppesare se dare ascolto alla sua proposta o meno.
Prese un respiro profondo e si mise dritta nelle spalle. Ma si, forse qualcosina prima di uscire era comunque meglio metterla sotto i denti!
Tornò a sedersi sul letto e gli lanciò un’occhiataccia, per lasciargli intendere che quello era stato solo un caso, ma lui manco la stava considerando!
Prese il pezzo di pizza che prima aveva mollato sul comodino e scostò la carta per dare il primo morso. Chissà che cosa stava guardando di tanto interessante quell’idiota!
-Ma che è quella roba?- chiese storcendo il naso. (non vi preoccupate, non è un film porno!ndmexd)
-Il film dei Pokemon.- le rispose.
-Ti piacciono i Pokemon?!- esclamò lei allibita.
-Siamo in Giappone, che pretendi? Qui c’hanno anche un canale tutto per loro!-
-Ma con tante cose….-
-Guardatelo, è carino. E poi quel tipo assomiglia un po’ a Takao….-
-Chi?- si incuriosì lei alzandosi e sedendosi accanto a lui.
Kai si pulì la bocca con un fazzoletto e le indicò lo schermo. –Il protagonista, quello con pikachu!-
-Wow, sei una continua sorpresa, conosci anche il nome del topo!- lo sbeffeggiò lei.
Rimase per un po’ a guardare il film, continuando a mangiare un po’ di pizza. Ora il pensiero di quella porta era completamente svanito, distratta dal film e da Ash.
-Comunque non è vero che assomiglia a Takao!- disse dopo un po’.
-Come no!- fece Kai.
-Ma dai, Takao non è così palloso!-
Kai alzò un sopracciglio e osservò meglio il personaggio sullo schermo.
-Forse hai ragione…-
-Certo che ho ragione. È come dire che tu assomigli a Brok!-
Kai sbuffò e roteò gli occhi al cielo.
-Ho detto che gli somigli, non che è uguale!- disse seccato.
-Manco quello Kai!-
-Okey…. Ma quello da dove sputa? Non è quello del Team rocket?-
Ari guardò meglio la televisione aggrottando le sopracciglia. –Si, sembra lui…-
-Ed è vestito da femmina!- fece Kai indicandolo.
-Ognuno ha i suoi strani vizi!- gli rispose lei con una alzata di spalle.
 
 
 
Strinse le coperte tra le mani rigirandosi per l’ennesima volta. Era tutto spento e buio, tutto silenzioso, e lei non riusciva a chiudere occhio.
Dopo il film dei Pokemon, si erano visti per un’altra mezz’oretta la televisione e avevano staccato per dormire. Quante ore erano passate?
Si morse il labbro inferiore cercando di svuotare la mente e dormire, ma più ci provava e più si agitava. Era rimasta lì perché esausta, rimandando l’uscita ad un altro momento. Era forse questo il momento allora?
Chiuse gli occhi e si rannicchiò sotto le coperte, poi uscì la testa osservando la sagoma scusa di Kai che dormiva nel letto accanto al suo.   
Che diamine, era libera di uscire e fare quello che voleva! Magari sarebbe riuscita a… ma no, era senza un soldo! Ma forse riusciva a rimediarla in qualche modo… no, era impossibile, quella o si paga o si paga.
Scostò furente le lenzuola e si mise a sedere, stringendosi le ginocchia al petto.
Aveva voglia di darsi pugni in testa. Era come se ci fosse un vuoto immenso che risucchiava via ogni suo pensiero logico. E quell’idiota lì accanto dormiva così tranquillamente!
Tutte le fortune agli altri, porca puttana!
Chiuse gli occhi e si diede un pugno sulla fronte. Doveva darsi una calmata!
Analizzando i fatti: lei era vestita, erano le tre di notte, era sveglia e la porta era aperta!
Automaticamente l’attenzione fu catturata magneticamente da quel riquadro nero nella parete.
La soluzione era una: alzarsi e andarsene!
D’altronde perché stava ancora lì? Perché non aveva un soldo? No, quello non sarebbe stato un problema, con la forza poteva ottiene tutto!
Era già a metà strada mentre lo pensava. Tese la mano nel buio, verso la maniglia. Quando toccò la superficie liscia e fredda per un momento esitò. E se non si fosse aperta?
Ma che sciocchezza!
Abbassò la maniglia e la porta si aprì. Prese un respiro profondo, mentre davanti a lei si stendeva un lungo corridoio buio. Restò a guardare quel frammento del mondo di fuori, così vuoto e freddo….
Cosa avrebbe fatto una volta fuori? Cosa c’era di tanto importante ad attenderla? Strade vuote, sporche e squallide, neon lampeggianti e consumati dalle scritte incomplete, gente barcollante e logora.
Voleva veramente andarci? Ne valeva veramente la pena?
Lentamente richiuse la porta e vi rimase appoggiata, aggrappata a quella fredda maniglia di ottone.
La stanza sembrava immensa, il pavimento vertiginosamente basso, come se fosse cresciuta di diversi centimetri.
Si voltò per tornare al suo letto, ma una macchia bianca attirò la sua attenzione. Un fascio di luce colpiva proprio quell’angolo di comò. Si avvicinò e prese la busta passandosela tra le dita.
Esami del sangue. Test di….
Seguirono una serie di sigle anonime.
Buttò un’occhiata al letto di Kai. Continuava a dormire.
Accese la luce nel bagno e si sedette sul coperchio del water. Estratte il foglio e lo aprì. Erano caratteri battuti a macchina, o comunque stampati.
Lesse più volte e abbassò il foglio sulle gambe.
Si tirò su, piegandola, la manica del giubbino. La consapevolezza che quello fosse un gesto così naturale la gelò.
Si guardò la vena constatando che in effetti era segnata in due punti diversi, fatti a poca distanza di tempo l’uno dall’altro.
Si abbassò la manica fissando le piastrelle bianche del pavimento, e resto lì, forse per tutta la notte con quel foglio di carta a pendere tra le dita.  
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** La furia di Yuriy ***


16 aoi
Ciao! Non ci credo, sono passati solo quattro giorni? Mi sembrava di non aggiornare da una settimana! Oddio e poi mi è venuto così tanto questo capitolo, eppure non ho scritto niente oltre due o tre fatti O.o. sto iniziando a non capire più come possa essere possibile, devo rallentare o tagliare un po’ secondo voi? Mi dilungo troppo? Eppure a me pare che sia povero di descrizioni il testo.
Sto uscendo pazza, forse è a causa del giapponese. dovrei mettermi a studiare seriamente ç_ç e invece verso tutto su word e su quei poveri sventurati che mi diverto a torturare (brava, il termine giusto è sventurati! Dnyuriy u_u) uff!!! mi sembra tutto confuso e carico di qualcosa di pesante! -.-
Helpatemi!
A me piace solo la prima parte, la seconda la lascio a giudizio u_u, fatene ciò che volete!
Inoltre volevo sapere un’altra cosa, come le devo fare le squadre per il campionato? Non ne ho idea!!! Ditemi la vostra please! (si scrive così? Ndme)
Comunque dopo questo confuso e inconcludente sfogo ecco a voi questo altrettanto confuso e inconcludente capitolo.
E alla fine voi vi direte: ma perché qui si ammazzano sempre? Bella domanda! Perché chi scrive è forse preda di un esaurimento nervoso e ha la mente confusa come quella di uno psicopatico? O forse perché pluto e pippo sono due cani ma uno vive in una cuccia e l’altro in una casa e sa parlare?
O.o a voi il ragionevole dubbio!
Grazie mille a tutti coloro che ancora hanno il coraggio di leggere ^^!
XSorriiil: grazie mille, speravo che ti piacesse il capitolo precedente, diciamo che è un po’ il centro della prima parte della storia e se mi dici così vuol dire che è venuto bene nonostante tutto! Per quanto riguarda la tua domanda la risposta spero che sia questa: forse non hai letto la fan fiction precedente? Oppure l’hai letta e non si capiva niente ç_ç…. Comunque forse non l’ho detto all’inizio, ma questa è una serie e aoi aoi ano sora è il seguito di return of revenge. Lì è tutto spiegato, certo è una solfa e, rileggendo alcuni capitoli (soprattutto i primi) mi sono accorta che sono veramente obbrobriosi. Comunque non ti dico niente altrimenti ti rovino il piacere della scoperta (ma chi se ne frega della tua stupida storia! Ndkai ù_ù)(zitto tu, non ti è bastato il castigo? Ndmeè_é). Altrimenti se riesco nel prossimo capitolo faccio una specie di resoconto. Un grande bacio e grazie ancora!
XScrlettheart: ciao! oddio, sei stata fino alle due e mezza di notte a leggere?! (ha parlato quella che fa le 4 del mattino per scrivere! Ndkai)(tu ti stai prendendo un po’ troppo di confidenza mio caro! Stai attento, non ho giocato ancora tutte le mie carte, sai! Ndme che cerca di essere minacciosa con scarsi risultati). Comunque grazie mille ^^. Ultimamente mi sono riavvicinata al mondo dei Pokemon, anche perché ogni tanto mi vedo le puntate su k2, e poi mio fratello mi ha insegnato a giocare a carte (mi ha costretta! T_T ndme)(ho piacere! Nd kai, boris, yuriy maligni e malvagi). Mi ricordo ancora quando uscirono al cinema i primi tre film *_*, avevamo costretto mio padre ad accompagnarci XD, poverino!
Con Ari hai usato la parola giusta, mmmm… resuscitare, non ci avevo mai pensato…. E poi se è stato kaiuccio (oddio da quanto non lo chiamavo così 0o0!) c’è un motivo, boris mica l’ha chiesto a lui perché pensava che fosse gay e che non avrebbe toccato la sua ragazza (ah, non era per questo?! ndboris)(no caro… ndme O.o). ciao e recupera il sonno! Bacio!!!!
Buona lettura! ^^’’’
 
 




16. La furia di Yuriy
 
Kai quella mattina si svegliò con davanti il letto vuoto e sfatto di Ari. Il sole illuminava la stanza e sembrava farlo apposta facendo risplendere le candide lenzuola vuote davanti a lui.
Si alzò senza fare una piega e si guardò intorno. Ma Ari non era uscita, lo sapeva.
Scostò leggermente la porta del bagno che si aprì con un cigolio.
Rimase in silenzio a guardarla in quella piccola stanzetta tra il lavandino e la vasca. Non aveva chiuso occhio. Era rimasta tutta la notte lì seduta per terra.
Buttò un’occhiata al comò constatando che, il foglio di carta che stringeva in mano, era proprio il risultato delle analisi che gli era arrivato il giorno prima.
Sembrava immersa nei suoi pensieri, fin troppo per considerarlo, nonostante avesse passato tutta la notte a riflettere.
-Perché l’avete fatto?- gli chiese a brucia pelo.
Kai si appoggiò alla parete di fronte osservandola dall’alto.
Il viso era teso, per l’insonnia, per i lividi più gonfi e scuri, e per quella domanda che si era posta forse per tutta la notte.
-Hai già in mente una possibile ragione?- le chiese.
Ari non rispose, abbassò il capo rimuginando su tutto ciò che le era sfuggito in quei mesi, e agli anni precedenti, senza trovare nessuna risposta valida.
Secondo il Codice l’elemento debole doveva essere abbandonato o eliminato per evitare il rallentamento dell’andamento della squadra.
Sapeva quelle regole a memoria, quei codici erano come una bibbia ed erano rigorosi.
Tutti i membri devono avere lo stesso livello; C10.2 tutti i membri devono raggiungere livelli d’eccellenza stacanovisti. Le si presentavano alla mente automaticamente come se li estraesse da un libro.
Lei era stata debole, come mai lo era stata in vita sua, vergognosamente, eppure…. Eppure qualcosa doveva essere andata in maniera imprevista, infrangendo quel codice. Sentiva l’inaccettabile sentore di insubordinazione. Era spaventoso, era veramente tutto crollato.
Kai si staccò e tornò nella stanza. Quando riapparve nel bagno si chinò di fronte a lei fissandola.
Le sollevò il viso con le dita, portandola a guardarlo.
-Allora?- le chiese.
Ari distorse lo sguardo ferita. –Non lo so, non so più niente!-
Kai rimase in silenzio per qualche attimo. Il labbro si era gonfiato mentre il sangue si era incrostato rendendolo facile preda di altre eventuali spaccature, mentre lo zigomo destro era violaceo.
La prese per le spalle e le rivolse un sorriso sottile.
Nella mano aveva qualcosa che cozzava contro la sua spalla. 
-Lascia che io te lo ripeta allora.- disse guardandola dritta negli occhi. -Io sono quel bastardo che ti…-
-… ha la sciato lì dentro, Boris ti ha sempre amato e Yuriy…- ripeté insieme a lui come se sapesse quelle parole a memoria, ma alla fine si fermò.
-… ti sta aspettando!- completò lui.
Si chinò e le posò un bacio a fior di labbra, un bacio fraterno tra compagni russi.
Compagni, pensò sprezzante Ari, il comunismo non esisteva più da un pezzo se non nella sua testa!
Le porse una mano chiusa a pugno e l’aprì. Sul palmo un bey di metallo dalla base grigia e l’anello d’attacco color sabbia rotolò il suo bit verso di lei come a volerla salutare. La sua aquila bianca scintillò per un momento e uno strano calore si accese in un punto al centro del suo petto. Il monile blasonato che portava sempre al collo, nascosto sotto la maglia, sembrava essere stato messo su un fuoco ed era rovente.      
Non vedeva il suo Driwind da quell’ultima grande battaglia. Un moto di nostalgia la fece tentennare mentre alzava la mano per afferrarlo. Come aveva potuto scordarsi del suo fedele compagno?
-Come…-
-L’ho cercato qualche mese fa e l’ho dato a Kappa.- spiegò Kai mentre Ari prendeva in mano il bey rigirandoselo incredula. Se solo ne fosse stata capace, avrebbe pianto per la felicità.
-Lui è un vero genio, l’ha ricostruito da capo… non era rimasto molto, era quasi irriconoscibile! Credo che abbia aggiunto qualche cosa delle sue…- continuò alzandosi. -Ma te le farai spiegare direttamente da lui quando saremo arrivati!-
Ari alzò lo sguardo interrogativa.
-Dai alzati e sbrigati, o faremo tardi....-
-Dove andiamo?- chiese Ari alzandosi un po’ a fatica da terra.
-Al ritiro…- disse vacuo uscendo dal bagno.
-Vuol dire che dovremo uscire di qui?- chiese lei seguendolo nella stanza.
Kai iniziò a togliersi la maglia del pigiama e la guardò con un misto di divertimento e derisione.
-Non vorrai restare qui per sempre!-
-Ma sei sicuro?- chiese ancora Ari seguendolo mentre si dirigeva di nuovo in bagno. Kai si fermò sulla porta e si voltò verso di lei.
-Certo!- disse continuando con quel solito sorrisetto furbo. -Non c’è più motivo per restare qui mi pare! E adesso se permetti…-   
Le chiuse la porta in faccia lasciandola sola nella stanza per parecchi minuti.
Si sedette sul letto guardandosi intorno spaesata, e poi guardò l’oggetto che aveva tra le mani, carezzando la superficie dell’anello d’attacco col pollice.
Come era stata bella e luminescente la sua aquila quella volta. Aveva brillato come una stella….
La porta del bagno si aprì e Kai ne uscì vestito e pronto per andare. Prese un piccolo borsone da sotto il letto e lo mise in spalla dirigendosi con passo sicuro verso la porta.
-Ah, un’altra cosa!- disse abbassando la maniglia. –Quest’anno al campionato facciamo squadra insieme!- l’avvisò.
Ari ghignò e ripose il suo Drawind nella tasca alzandosi.
-Sempre il solito, vero Kai? Mai niente senza un tornaconto!-
Kai sorrise ed uscì, ma questa volta era un sorriso pieno e profondo.
-Su andiamo!-
Lo seguì fuori e si chiusero per sempre quella porta alle spalle.
 
 
 
 
Claire aveva ascoltato con diffidenza le parole di Boris, dopo averlo assillato per un’intera notte per farsi dire tutto. Si era appollaiata ai piedi del suo letto continuando imperterrita e senza dargli tregua. Alla fine aveva ceduto, e ora erano seduti sul dondolo fuori sulla veranda, libero in quel momento solo perché Takao e Daichi erano ancora presi dalla colazione.
-E quindi?- Chiese alzando un sopracciglio.
-E quindi è ovvio che una come te non può capire!- concluse lui.
-Ma se per te è così importante fare parte di una squadra, trovatene un’altra!-
-A me non interessa fare parte di una squadra!- Le chiarì per l’ennesima volta Boris.
Ma perché diavolo le aveva raccontato tutto?! Che vergogna, si era fatto convincere dalle molestie di una ragazzina francese a sputare il rospo! Che fine avrebbe fatto continuando di questo passo?!
-Smettila di fissarmi!-
-Ma se tu non parli chiaro come faccio a capirti!-
-Per quelli come me, come Yuriy, Sergey e penso anche Ariel, la squadra è molto più che un groppo di persone che giocano a beyblade. Il bey lascia il tempo che trova….-
-Quindi è come una famiglia?-
-Una specie…-
-E perché non me l’hai detto subito?-
Boris digrignò i denti al limite della pazienza.
-È da più di mezz’ora che te lo dico!- Sbottò irritato voltandosi verso di lei.
-Non è vero, tu non mi hai detto questo!- lo contraddisse con presunzione e un modo garbato che dava sui nervi. -Mi hai detto solo che ti ha buttato fuori a causa di Ariel!-
-Non mi ha buttato fuori e non a causa sua!- sbottò Boris rassegnato.
La finestra alle loro spalle di aprì e si affacciò Takao con un sorriso a 360 denti, che si sporse tra loro due.
-Che ci fate qui fuori soli soletti?- domandò ammiccando Takao.
-Potresti evitare di interromperci? Hai idea di quanto sia difficile parlare con uno che ha le capacità espressive di un bambino di quinta elementare?!- lo rimproverò Claire che non fece assolutamente caso al fatto che le sue parole potessero offendere qualcuno. Le veniva così spontaneo!
E Boris oramai ci stava facendo l’abitudine, anche se non capiva in tutta sincerità perché stesse sopportando tanto.
Il sorriso sul viso di Takao scomparve a quel tono tanto saccente. -Oh, scusa, io non volevo…-
-Non volevi ma l’hai fatto! La prossima volta che vedi due persone conversare, non le interrompere, è scorte! Aspetti che finiscano e poi intervieni!- lo bacchettò lei con una serietà e un tono da maestrina che non lasciava replica. 
Takao si zittì mortificato e con un altro scusa se ne rientrò chiudendo la finestra.
-Allora, stavamo dicendo…-
Boris sospirò abbattuto e si appoggiò al sedile del dondolo, passandosi le mani sul viso. Che guaio che aveva fatto raccontandole tutto! Non lo avrebbe più mollato, ne era certo!
Guardò il cielo bigio pieno di nuvole pesanti e cariche di pioggia attraverso le dita. Il vento soffiava sulle fronde alte degli alberi preannunciando tempesta. Una tempesta impetuosa….     
-Allora stavamo dicendo che me ne vado dentro a mangiare qualcosa…- disse mettendosi dritto.
-Cosa vuoi mangiare?- chiese lei a brucia pelo scattando in piedi.
-Qualcosa… non so! Una tazza di caffè, una brioche….-
-Perfetto! Ho la brioche!- disse tirando fuori prontamente un fagottino di carta dalla tasca e aprendolo.
-Perché avevi una brioche in tasca?- chiese lui stralunato aggrottando la fronte.
-Perché sono francese?! No, scherzo, mi piaceva il profumo….- gliela mise tra le mani e si allontanò senza neanche guardare dove metteva i piedi, per non perderlo di vista neanche un attimo. –Aspetta qui, non ti muovere, adesso ti prendo una tazza di tè!-
-Caffè!-
-Sì sì!- disse andando a sbattere contro la porta prima di entrare, sotto lo sguardo attonito di Boris.
Claire attraversò la chiassosa cucina diretta alla macchinetta del caffè. Erano così tanti che nessuno l’aveva notata.
Prese una tazza verde dalla credenza, e si fermò a riflettere…. Cosa aveva detto? Caffè o tè? Che perdita di tempo, lei voleva sapere!
Teiera o macchinetta del caffè?
Non riusciva a ragionare con Takao e Daichi dietro di lei che si scambiavano insulti idioti urlando come scimmie. E poi che offesa era “cacchetta appassita di coniglio stitico”!?
Tamburello le unghie sulla tazza sempre più impaziente. Tè o caffè!?
Ok, adesso avrebbe scelto quello che le veniva per primo per la testa…. Tè!
Aveva vinto il tè. Sì, Boris voleva ci certo il tè!
Prese la teiera e versò fino a riempire la tazza. Era bollente e dalla superficie si alzava un piacevole profumo. Quanto amava il tè!
Si voltò per andarsene, quando con la coda dell’occhio notò una macchia rosso vivo sull’imboccatura delle scale. Era Yuriy, ed era appena sceso a giudicare dall’espressione smarrita che per un attimo era balenata sul suo viso, molto probabilmente causata dal trovarsi di fronte all’epica battaglia del cereale al cioccolato e al miele. Si, incredibile, ma stavano discutendo proprio di questo a tavola!
-Claire!-
Qualcuno la chiamò a gran voce e si fermò. Sayu sventolava la manina cercando di farsi notare in mezzo alla marmaglia. La guardò attentamente senza capire se fosse in piedi o cosa.
Tornò sui suoi passi e si fermò davanti alla tavola.
-Si?- chiese infastidita dalle urla di Max che cercava di convincere Yuya a mettere la maionese sul toast.
-Volevo sapere se potevi preparare qualche piatto francese oggi….- le disse la ragazzina speranzosa, ma Claire non l’aveva proprio sentita, la sua attenzione era rivolta solo ad una persona.  
-Scusami Sayu….- le disse distrattamente. Un’idea geniale le era balenata in testa e non sapeva neanche come.  
Adesso, perfetto! Aria innocente, un po’ distratta, vai!
Si voltò, un passo e… bang! Dritta addosso a Yuriy! Oh, meglio di così non poteva andare, era riuscita a versargli addosso tutto il tè bollente!
Takao e compagnia bella scoppiarono a ridere.
Yuriy di ritrasse trattenendo un urlo. Gli si stava ustionando il petto e per di più la maglia gli si era appiccicata sulla pelle senza dargli via di scampo. Alzò furioso gli occhi sul malcapitato che si era permesso di fargli un tale affronto, trovandosi davanti Claire che, con aria stupita e dispiaciuta, si portò una mano sul petto.
-Oh, mon Dieu! Non immagini quanto io sia mortificata!- disse senza dargli il tempo di parlare. -Oh, vabbè, fa niente, tanto Boris voleva il caffè… E poi tu puoi sempre cambiarti, no?-
Per finire gli rivolse un sorriso sornione facendo spallucce. Poi si voltò e se ne andò verso la cucina come se non fosse successo niente, ma si vedeva lontano un miglio che era tutta soddisfatta.
Quella maledetta ragazzina! Yuriy digrignava i denti furibondo, cercando ancora di staccarsi la maglia fradicia di tè bollente dal petto.
Ma lo stava mica prendendo in giro!? Come si permetteva quella svampita!?
Claire non aveva mai avuto un’idea più grandiosa in vita sua! Era un genio: non solo gliel’aveva fatta pagare perché non l’aveva mai considerata in tutti quei mesi, ma anche per aver buttato fuori Boris senza dargli la possibilità di spiegarsi e poi… quanto era bello!!
Che fortuna sfacciata! Gli era sbattuta contro e per premio si era rifatta gli occhi con uno spettacolo che non aveva eguali!
Tornò davanti al piano cucina e prese una nuova tazza, questa volta gialla con dei pupazzetti disegnati, e vi versò una buona dose di caffè. Pazienza, Boris si sarebbe dovuto accontentare!
-Così impari, brutto stupido!-
Si, l’aveva chiamato stupido! Che soddisfazione! Ancora non ci poteva credere!
-Sei pregata di farti capire quando parli!-
Claire si irrigidì. I ragazzi a tavola smisero di parlare e a Daichi cadde la merendina dalla bocca, mentre l’attenzione saettava dalla ragazzina bionda, che dava le spalle, a Yuriy che sembrava parecchio arrabbiato.
Claire abbassò la tazza stringendola tra le mani. Si voltò con una piroetta che le fece ondeggiare la gonna in modo tanto grazioso da sembrare studiato. Inclinò leggermente la testa di lato e sorrise cordialmente in direzione di Yuriy. Sembrava una di quelle donnine delle pubblicità del caffè degli anni cinquanta.
-Ma io non stavo parlando con te!- disse con finta dolcezza guardandolo dritto negli occhi.
A Yuriy sembrò solo un’ulteriore presa in giro che gli diede sui nervi più del tè bollente che gli aveva buttato addosso. Non accettava di essere il soggetto degli stupidi dispetti di una frivola ragazzina.
Quando la ragazza si incamminò verso la veranda come se non fosse successo niente, tutti ripresero le loro attività tranquillamente.
Lei gli passò accanto con quell’aria indifferente e superba che solo adesso notava.
-Vatti a cambiare carino, non vincerai mr maglietta bagnata così!-
-Vedi di non provocarmi.-
Claire si bloccò.
-Come scusa?- si voltò appena per riuscire a guardarlo con la coda dell’occhio. Non c’era insicurezza nel suo tono, non le aveva messo paura.
Yuriy inclinò leggermente la testa e la scrutò minacciosamente. Gli occhi si assottigliarono fino a diventare due lame di ghiaccio.
-Hai capito bene. –
Per Claire fu come un colpo al cuore che tremò per la paura, ma non quella che lui le voleva incutere, ma quella di aver commesso un errore allontanandosi ancora di più da lui. Che cosa aveva fatto? Per uno stupido dispetto.... no, alt un momento!
Nessuno, Yuriy Ivanov compreso, poteva permettersi di trattare lei, Claire La Fayette, in quel modo! Non l’avrebbe permesso per niente al mondo!
-Stai attento a quello che dici, potrei intenderla come una minaccia.- rispose lei con tono grave diventando seria.
-Intendila come vuoi, io ti ho avvisata!- replicò lui prima di filarsela via con delle lunghe falcate misurate.
Claire non ci poteva credere. L’aveva… minacciata!?
Che rabbia, che frustrazione, quell’ignobile, meschino, l’aveva trattata come una pezza insignificante! Come si era permesso!? Perché lui, perché!?
Ma sì, gliela avrebbe fatta pagare, si sarebbe ricreduto! Una come Claire La Fayette non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno e, a maggior ragione, non poteva fare un’eccezione proprio con lui.
Si sentiva un schifo per colpa sua! Maledetto rosso, russo, stupendo, magnifico…. No, aspetta, stava uscendo dal binario… Perché!?
Si avvicinò al tavolo, afferrò una brioche agguerrita come non mai, se la mise tra i denti e uscì raggiungendo Boris fuori seduto, ignaro di tutto, sul dondolo a guardare il giardino tagliato da un vento crescente.
-Tu devi fare qualcosa!- proruppe facendo trasalire il ragazzo.
-Cosa?-
Claire era troppo scandalizzata per riuscire ad ascoltare chiunque. Era lei quella che doveva essere ascoltata, compresa e coccolata. Più ci pensava e più si sentiva adirata.
-Tu devi affrontare Yuriy!- continuò lei sedendosi sul bordo del dondolo e passandogli la tazza di caffè senza neanche guardarlo.
Era arrabbiata, anzi no, arrabbiatissima! Che nervi!
-E perché dovrei farlo?- chiese Boris stranito dallo strano cambiamento della bionda che se ne era andata mezza elettrizzata e scoppiettante ed era tornata furibonda.
-Perché?- gli chiese con molta retorica lei. –Perché è un presuntuoso, ecco perché! Non puoi farti trattare così da lui!-
-Non mi sono fatto trattare in nessun modo…- specificò semplicemente lui bevendo un primo sorso.
-Smettila, per favore Boris! Ti ha buttato fuori senza darti il tempo di spiegare le tue ragioni…-
-Smettila Claire!- la interruppe lui calmo in modo snervante per lei, che voleva tutto e subito. –Non ci sono giustificazioni per quello che ho fatto, ha dovuto…-
-Parli come un perdente!- sbottò lei. Finalmente si voltò a guardarlo. Boris non sembrava aver apprezzato molto questo ultimo commento, e lo si intuiva dallo sguardo di fuoco che le lanciò da sopra il bordo della tazza gialla.
-Yuriy non è un dio sceso in terra! Ciò che dice e che fa non è essenzialmente giusto!-
-Non ho mai detto che Yuriy è un dio e che quello che fa sia giusto! Lo so che può sbagliarsi, e infatti non per niente ho deciso di fare di testa mia. Non sarà perfetto, ma cerca di fare sempre il meglio per noi, quindi vedi di smetterla!- concluse bevendo un’altra sorsata di caffè e inzuppandoci un pezzo di brioscia.
Claire scattò in piedi e gli si mise di fronte.
-Certo, grandi amiconi che siete! Finché si è tutti d’accordo ok, ma appena uno la pensa diversamente finisce lì! Lo sai che nel mondo civile esiste una cosa chiamata dialogo? Sai cosa significa discutere, dibattere?! Siete rimasti ai tempi del comunismo, trogloditi bolscevichi?!-
Boris la ignorò bellamente e inzuppò un’altra volta la brioche nel caffè. Era veramente buona! Peccato che stava finendo…. Lo sguardo gli cadde sulla brioche svolazzante che aveva in mano Claire, che intanto stava continuando il suo monologo imperterrita.
Allungò la mano per afferrarla al volo… e la brioche scomparve.
-Boris! Ma mi stai ascoltando?!-
Boris trasalì e la guardò. Era rossa in viso per la rabbia e lo guardava inviperita. Ah, che brutto affare le femmine! Come sarebbe stata fredda e controllata la sua Arie…. Un groppo alla gola lo costrinse a voltarsi dall’altra parte. Gli pizzicavano gli occhi e non poté evitare di pensare a Kai. Non aveva idea di come stavano andando le cose in quella stanza, poteva solo riporre in lui tutte le sue speranze.
-Io non sono stata comprensiva?!- gli chiese Claire ad un certo punto.
Lui tornò a guardarla senza capire a cosa si riferisse.
-Non conoscete la parola comprensione o perdono? Quella che si dovrebbe veramente offendere in tutta questa faccenda sono io! Sono stata l’ultima a sapere di Ariel! Per amor del cielo, Boris, è mia cugina! Mia madre mi ha spedito dall’altra parte del mondo per starle vicino o, quanto meno, controllare che andasse tutto bene! Secondo te come mi sento ogni volta che mi chiede di lei e non so che dirle perché non so che fine ha fatto e non ho sue notizie per giorni….-
Boris abbassò lo sguardo mortificato sulla superficie bruna del caffè. Ariel aveva anche una famiglia alle spalle, a differenza loro.
-Scusami, ho agito di impulso, sono stato egoista…-
Era vero, lui non aveva coinvolto Yuriy per paura che la abbandonasse, o che la allontanasse spedendola da qualche parte… lontano da lui.
Claire sospirò esausta e gli si sedette accanto. Quelle scuse l’avevano calmata.
-Boris io non ce l’ho con te…- disse alla fine. –Capisco perché non mi hai detto niente, e se me l’avessi detto e mi avessi spiegato quello che avevi in mente, non sarei corsa subito da mia madre a raccontarle tutto e a far rispedire Ariel col primo aereo per Parigi! Ti avrei dato la possibilità di provare, perché io mi fido… vabbé, se non di te, perlomeno di quello che provi!-
Claire gli lanciava degli sguardi di sottecchi. Lui non alzava gli occhi dalla sua tazza che faceva ondeggiare distrattamente, mentre il viso era tirato.
-È fortunata…- 
Si sentiva triste, tutto il rancore se ne era andato ed era rimasta lì con una strana malinconia nel cuore.
Boris alzò la tazza guardando fisso di fronte a se. Inspirò il profumo amarostico del caffè e chiuse gli occhi.
-Bene, se non lo vuoi affrontare tu, lo farò io!- disse con tono fermo e determinato lei alzandosi.
Fece per andarsene ma si fermò rivolgendosi per un’ultima volta a Boris. Il vento le scompigliava i capelli facendoglieli finire davanti al viso.
-Vuoi dirmi qualcosa prima che vada?-
-Si.- disse con tutta tranquillità lui continuando a guardare il vuoto. –Potrei avere la tua brioche, visto che non la mangi?-
Claire roteò gli occhi al cielo e gli passò la brioche.
Entrò, attraversando la chiassosa cucina, e salì al piano superiore dove si trovavano le camere da letto.
La camera dei ragazzi… e come se non sapeva benissimo quale era!
Bussò e dopo qualche attimo sentì il tono secco di Yuriy risponderle.
Entrò pronta a fare la guerra e si dovette ritirare per l’improvviso annientamento di ogni suo pensiero logico.
Si sentì avvampare per l’imbarazzo.
Yuriy era fermo davanti al letto e si stava abbottonando i jeans chiari appena infilati. Era a dorso nudo, quel magnifico dorso latteo e asciutto, con quelle spalle larghe e forti e….
Stava svenendo? Si sentiva mancare, non era psicologicamente preparata a quello spettacolo!
Yuriy le lanciò un’occhiata di ghiaccio e si girò leggermente per prendere la cintura, tanto quanto bastava però per darle una bellissima panoramica anche della sua schiena lineare.
Ma era scemo?! Si stava passando la cinta nei passanti come se niente fosse! Non lo capiva che doveva mettersi subito una maglietta?
-Che vuoi?- le chiese aspro.
La porta si richiuse con un tonfo e Yuriy si voltò sorpreso. Quella tipa era lunatica e irritante oltre ogni limite!
Claire corse nella sua stanza e si sedette per terra contro la porta ancora incredula. L’organza della gonna si gonfiò scompigliandole il vestito, dandole l’aspetto di una bambina trafelata dai boccoli d’oro.
Si passò le mani in faccia. E adesso chi gliele toglieva più quelle immagini dalla testa!?
Ora si che sarebbe potuta morire felice, là su quel pavimento in parquet dopo aver visto… si, Yuriy era proprio un dio sceso in terra! Non c’era che dire, era superbo! E quegli occhi, e quei capelli e…. ok, era tutto bello! Bellissimo, stupendo, evviva stava delirando!
Oddio, strava bruciando, era sicuramente diventata rossa come un peperone e, con altrettanta certezza, se ne era pure accorto!
La febbre Yuriy, si era beccata proprio una brutta malattia! Strofinò le ginocchia e strinse i pugni oramai al limite.
-È Stupendo!- esclamò a gran voce gioendo come una ragazzina al suo primo bacio. Aveva voglia di saltellare, cantare, ballare!
Sorrise felice e tornò a nascondere il viso tra le mani. Se qualcuno l’avesse vista adesso, in quello stato, chissà che cosa avrebbe pensato!   
Allontanò i capelli dal viso e batté le mani più volte, cercando di dare una calmata alla sua euforia, e sospirò guardando sognante il soffitto.
-Che idiota!- si disse. –Claire fai veramente pena! Sembri una stupida ragazzina di dodici anni!-
Si alzò da terra e si ridiede una risistemata. Il vestito era a posto, i capelli pure, il colorito era accettabile, e l’espressione ebete!? Cavolo, e quella come se la sarebbe tolta? Quanto sarebbe stata credibile con una faccia da pesce lesso?
Si guardò allo specchio e si diede un tono. Gonfiò il petto e tirò indietro le spalle facendo un’espressione indignata per niente convincente.
-Bene così!- disse lo stesso.
Uscì dalla stanza a grandi passi e proprio in quel momento, per sfortuna di entrambi, uscì anche Yuriy.
Aveva messo una maglia nera e una felpa arancio aperta sul davanti. La ignorò e fece per andarsene, ma Claire lo chiamò.
-Yuriy, devo parlarti!- esordì la ragazza incrociando le braccia al petto e alzando il mento con decisione.
Il rosso si voltò lentamente senza abbandonare la sua aria distaccata.
Claire si avvicinò di qualche passo pronta a fronteggiarlo.
-Ho intenzione di essere chiara con te: non mi è piaciuto il tuo comportamento. Non dovevi cacciare Boris dalla squadra!-
-Questi sono affari che non ti riguardano.- la freddò lui glaciale, ma il fatto che una tale scocciatura si stesse immischiando nei fatti suoi gli dava un profondo fastidio. Si voltò pronto ad andarsene.
-Sai, gli amici discutono, non si voltano le spalle al primo problema!- disse Claire pungente.
Yuriy si impressiono per tanta testardaggine e presunzione.
-Torno a ripeterti…- iniziò ma lo interruppe.
-Secondo te non capisco perché lo hai cacciato? Chi dovrebbe essere più offeso tra te e me? Tu non sei nessuno, mentre io sono la cugina e riguarda prima di tutto me! Capito? Me non te! Eppure mi sto comportando in modo più maturo senza prendere decisioni drastiche come hai fatto tu!-
Yuriy strinse i pugni conficcando le unghie nei palmi delle mani. Aveva torto e aveva ragione allo stesso tempo quella ragazzina.
-Ho delle responsabilità nei suoi confronti, sono il suo capitano, non posso accettare che un mio compagno mi tenga all’oscuro di fatti così gravi! I tuoi problemi non sono cose che rientrano nei miei interessi…-
Boris arrivò solo in quel momento trovandosi davanti ad una scena agghiacciante.
Quella ragazzina aveva veramente avuto il fegato di mettersi a discutere con Yuriy! Sbiancò notando l’espressione poco rassicurante di Yuriy. Non apprezzava le critiche sul suo operato per la squadra dalle persone esterne.
Si rese conto di essersi appiattito contro la ringhiera della scala solo quando vice la bocca di Claire riaprirsi pronta a continuare e si precipitò verso di lei, superando Yuriy che lo ignorò come se non ci fosse stato. Gli fece più male di quanto potesse immaginare.
-Con questo “capitano” tu sei bravo solo a riempirti la bocca!-
Boris non riuscì a tapparle la bocca in tempo. Yuriy rimase immobile in modo inquietante. Dava loro le spalle, quindi Boris non aveva assolutamente idea di quello che sarebbe successo da lì a poco, mentre Claire si dimenava per liberarsi dalla sua mano premuta sulla sua bocca.
Ma quella era completamente folle!? Cosa andava a dire a Yuriy!
-Scusala, sta delirando, non sa quello che dice!- cercò di smorzarla tensione Boris. –Ma senti come scotti, hai la febbre alta!- continuò sempre più palesemente agitato facendo una piccola risata isteria.
-Ringrazia Iddio che sei solo una femmina.-
La sua voce di Yuriy arrivò tagliente e fredda come il vento russo, bassa e profonda come quella di un demone assetato di sangue.
Boris rabbrividì e indietreggiò. Claire gli morse la mano e si liberò da lui facendosi avanti senza la minima paura.
Quella era un’incosciente!
-Torni a minacciarmi? Mi dispiace per te ma non funziona, non mi fai minimamente paura sai Yuriy? E puoi incazzarti quanto vuoi…-
Yuriy si voltò con uno scatto e Boris indietreggiò ancora desiderando di essere rimasto sul suo dondolo invece di essere salito. Quegli occhi, di solito così glaciali, erano quasi fuori dalle orbite e così chiari da sfiorare il bianco.
-E non mi guardare in quel modo!-continuò Claire poggiando le mani sui fianchi come se stesse rimproverando un bambino. –Un buon capitano ascolta i suoi compagni, ha fiducia in loro, e non li caccia quando hanno più bisogno di lui! Ti rendi conto di cosa stia passando ora Boris?- Claire si fermò sperando che reagisse, ma amaramente constatò che neanche le stava dando ascolto per quanto era arrabbiato.
-Alla fine ti ritroverai solo, visto che hai costretto il tuo migliore amico a scegliere tra te e Ariel! E lo sai che ti dico? Ha avuto il fegato, e ha fatto bene!- si voltò verso Boris, che nel frattempo si era appiattito contro una porta nella vana speranza di fondersi con questa e sparire, era in preda al panico. Claire lo afferrò per il braccio, costringendo dopo un tira e molla molto faticoso, a farlo staccare da quella parta e a piazzarlo accanto a se proprio di fronte a Yuriy, che oramai sembrava una belva inferocita.
Boris si sentiva le gambe molli, provava solo l’impulso irrefrenabile di scappare.
-E sai un’altra cosa? Ti batteremo!- continuò ancora più convinta Claire oramai fuori controllo. –Ti stracceremo a beyblade al prossimo campionato, perché adesso io e Boris faremo squadra e ti pentirai amaramente di essertelo fatto scappare!-
Boris sgranò gli occhi incredulo e staccò con forza la sua mano dal gomito.
-Adesso smettila ragazzina, stai esagerando! Non mi trascinare nelle tue follie!- le urlò incazzato.
Yuriy si mosse repentinamente e Boris tremò come una foglia ritraendosi il più possibile, afferrando tra le braccia, istintivamente, anche Claire per proteggerla. Ma Yuriy non si era mosso contro di loro.
Si gettò verso le scale quasi correndo, si affacciò sul pianerottolo tenendosi alla balaustra che resistette a tanto impeto solo per miracolo, e urlò in modo disumano che fece tremare tutta la casa, chiamando un nome: Sergey.
Mai Yuriy aveva urlato in vita sua, o almeno non in presenza dei compagni.
Yuriy si precipitò giù per le scale come in preda ad un raptus.
Al piano di sotto i ragazzi si guardavano spaesati senza capire che cosa fosse stato, Sergey stesso faticò a capire che quello fosse Yuriy, e quando lo videro spuntare dalle scale, rimasero atterriti mentre si dirigeva nel salone accanto. Sergey lo seguì atterrito e senza discutere, anche se avrebbe preferito mille volte sparire.
I ragazzi potettero sentire solo alcune urla sgolate, confuse e senza senso per loro, ma purtroppo Boris capiva ogni agghiacciante parola e tremava come se potesse spuntare dal pavimento Yuriy stesso. Poi una porta che sbatté gli fece capire che se ne era andato, era uscito di casa e che forse non sarebbe tornato.
Mollò Claire e si accagliò contro il muro con lo sguardo perso nel vuoto. Certe emozioni così forti di prima mattina non andavano proprio bene per lui! Si sentiva sconvolto e scosso, forse più stordito.
Alzò gli occhi su Claire senza crederci. Era imperterrita e teneva lo sguardo alto con fierezza.
Si rendeva conto delle minacce di morte che erano volate pochi attimi prima? No, ovvio che no, lei non aveva capito una parola!
Si rendeva conto di aver sfidato Yuriy Ivanov? No, perché era un’incosciente, era una folle.
Al piano di sotto Sergey era rimasto in un angolo del salone, senza il coraggio di muovere un muscolo nonostante il ragazzo dai capelli rossi fosse oramai scomparso da diversi muniti.
 
 
 

ecco a voi Revy di blacklagoon! come già vi avevo detto la adoro, e per di più assomiglia anche a Ari! certo è cinese, ma alla fine è un cartone, non fa niente!




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Capitolo 17
*** Tempesta in arrivo ***


17 aoi
Cacchio! Quasi ci avevo rinunciato e stavo interrompendo il capitolo alla dodicesima pagina, pronta a pubblicare. Poi un lampo di genio! E ho continuato fino alla diciassettesima =D! per la vostra felicità, beccatevi questo!
No, scherzi a parte, devo ringraziare il mio amoruccio (chi? Nd tutti speranzosi)(ovviamente sta parlando di me! Ndboris molto modesto)(no mio caro -.-, io mio vero amoruccio! Ndme). Comunque, nell’ultima parte sono stata presa da una incontrollata serie di risa che mi hanno rallentato un po’. Si, lo so, sono l’unica cretina che ride da sola scrivendo delle stronzate alle tre di notte.
Comunque adesso sono le cinque del mattino e non so che altro dirvi oltre che ringraziarvi e augurarvi buona fortuna. Spero che domani mattina rileggendo non mi renda conto di aver pubblicato un’immane stronzata rovinando tutto il lavoro.
Fatemi sapere ne!
Un kiss!
Ps: se non aggiungo i ringraziamenti per i commenti ora, lo farò più tardi, quindi ripassate, sennò lo faccio nel prossimo capitolo. Ci tengo tanto a parlare con voi ^^!
Ah! Un’altra cosa: come dobbiamo farle le squadre per il campionato?
Xscrlettheart: ciao! ho seguito il tuo consiglio, nessun taglio e aggiornamenti veloci. Beata te che non hai niente da fare in questo periodo, io dovrei fare millemila cose (come studiare ad esempio) e adesso devo pure recuperare il sonno, che non ho dormito questa notte. Un bacio e grazie mille! Spero che anche questo capitolo ti faccia ridere ^^.
Xcherry: ciao! grazie mille per complimenti, quello che mi hai detto su ari mi ha fatto molto piacere! Per quanto riguarda la coppia clairexboris, pure io mentre scrivevo l’ho pensata, ma no, mi dispiace, per boris’ka ho altri programmi molto più interessanti e che lasceranno kai letteralmente a bocca asciutta… diciamo che è ancora presto, perché è un’anticipazione bella grossa che riguarda un ipotetico dopo campionato (e il campionato concluderà aoi aoi ano sora). Penso che ari e boris daranno gran belle batoste al nostro kai adorato (e no, non sarà a causa di una arixboris).
Mentre claire come hai detto tu, starebbe troppo bene con yuyu, e poi lei come leggerai è follemente innamorata di yuriy, mentre in boris ha trovato il suo primo vero migliore amico. Ancora grazie mille, mi incoraggiano tantissimo i tuoi commenti! Un baciotto e spero che troverai il momento di tornare con la tua storia a più presto ^^. Ciao!
XPilatigirls: ciao e grazie! Si la questione è abbastanza complicata per riuscire ad avere una sola ragione. ecco a voi il nuovo capitolo ;D! grazie e buona lettura!
XSorrilll: ciao! si capisco, anche io sono addormentata e costantemente su un altro pianeta XD! Comunque avevo capito cosa intendevi riguardo la lunghezza, scusami ^^’’ sono un po’ impacciata! Grazie mille millissime! Claire inizia a tirare fuori il carattere come vedi, e poi non lo sai che a me piace da impazzire torturare il miei personaggi preferiti? Wahahah! Ecco il nuovo capitolo! Ciao e kiss!
Xelenasama: ciao! più che forza quella di claire è follia amorosa. È immunizzata dal potere di terrificare di yuriy perché lo ama alla follia! Lo so che è una cosa senza senso, ma mi piace così, e la nostra claire fa un salto in avanti! Adesso ti faccio di nuovo contenta e posto il nuovo capitolo! Kiss kiss e grazie mille!
 



 
 
 
17. Tempesta in arrivo
 
-Ma che modi sono questi?! Ricordati che stai avendo a che fare con una signora… Ah!-
-Una signora il cazzo!- sbottò Boris sollevando la ragazza di peso.
Aprì la porta e la buttò sul primo letto che si trovò davanti.
-Sei completamente rincretinita?! Provocare in quel modo Yuriy! Nella tua testa ci deve essere solo segatura!- Boris iniziò a sproloquiare sfogando tutta l’agitazione e l’ansia che gli aveva messo quella deficiente con le sue azioni sconsiderate.
Claire incrociò le braccia al petto e storse il muso. Quanto la stava buttando sul tragico quel cosacco!
-Hai finito?- gli chiese ad un certo punto spazientita.
Ma tanto Boris ci aveva rinunciato, aveva oramai capito che lei non aveva nessun senso del pericolo. Poté solo roteare gli occhi al cielo, esausto e buttarsi sul letto di fronte.
Si guardò intorno rendendosi conto di essere entrato nella stanza di Takao, Kappa e Daichi, infatti i vestiti di quest’ultimo erano tutti sparpagliati per la stanza, mentre molti pezzi di ricambio erano sparsi sulla scrivania sotto la finestra.
-Adesso tu mi insegni come si gioca a questo stupido gioco!- 
-Scherzi vero?- chiese guardandola. Claire inarcò le sopracciglia e alzò il naso col suo solito fare presuntuoso da prima donna.
-No, ho intenzione di fare quello che ho detto! Io e te, mio caro, batteremo Yuriy al campionato…-
Boris scattò dritto infervorato da tanta presunzione.
-Ma se non hai mai lanciato un bey in vita tua!- sbottò irritato.
Claire sbuffò e fece un risolino derisorio. -Suvvia Boris! Se quel Takao è campione del mondo non deve essere proprio un gioco per geni! Quanto ci può volere, basta avere la trottola più forte!-
Boris digrignò i denti irritato, ma tanto con lei era inutile arrabbiarsi, si faceva scivolare tutto addosso con quella sua aria da principessina viziata.
-Non è così semplice come dici tu!-
-E allora insegnami!- insistette lei.
-Io non ti insegno proprio un bel niente, non esiste, come non esiste questa strampalata storia che io e te faremo squadra per battere Yuriy…-
-Che c’è, hai paura di lui?-
-No mia cara, il fatto è semplice: io non faccio squadra con una ragazzina presuntuosa e incapace! Chiaro? Ho ancora una dignità di blaider, e non ho intenzione di buttarla nel cesso per accontentare i tuoi capricci!-
Claire parve offendersi, tanto che per un attimo non seppe che dire.
-Dopo quello che ho fatto per te!- gli rinfacciò scandalizzata ad un certo punto.
Boris strabuzzò gli occhi. –Ti riferisci forse al collasso che mi hai fatto prendere cinque minuti fa, mettendomi in mezzo nelle tue guerre contro i mulini a vento? Grazie tante, ma non mi sembra che io ti debba pure ripagare!-
-Bene!- disse Claire alzandosi. –Allora se non vuoi insegnarmi tu, lo chiederò a chi è sicuramente più bravo di te! Lo chiederò a Takao, al campione del mondo di questo magnifico sport, che sicuramente sarà contento di aiutarmi…- la voce improvvisamente le morì in gola e sbiancò.
Boris aggrottò la fronte perplesso. E adesso che cosa le prendeva?
-Oh mio Dio!- disse senza fiato.
Che si fosse improvvisamente resa conto della grande, gigantesca, incredibile, immensa cazzata che aveva combinato?
-Quelle sono… delle mutande...- balbettò flebilmente indicando il posto in cui prima era seduta.
Un paio di piccole mutante con delle pannocchie disegnate erano appoggiate sul letto di fronte, e un urlo improvviso e potentissimo spaccò i timpani a Boris che provò a ripararsi le orecchie con le mani.
Dal piano di sotto una mandria di persone salì e, in meno di tre secondi, tutti si ritrovarono davanti alla porta della stanza di Takao.
-Che succedere?- chiese allarmato quest’ultimo entrando guardando prima Claire, che sembrava sul punto di svenire, poi Boris.
-Che cosa le hai fatto?!- lo aggredì Takao, pensando che la causa delle urla di Claire fosse proprio quel poveretto che non c’entrava niente e ne sapeva quanto gli altri.
-Come che cosa le ho fatto?! È quella che si è messa ad urlare senza motivo!- si difese lui.
-Lo sappiamo tutti che sei un maniaco!- lo accusò Takao puntandogli un dito contro, mentre Hilary e Sayu sorreggevano Claire.
-Ma come ti permetti, rospo?!- disse offeso Boris scattando in piedi.
-Calma ragazzi!- intervenne Rei mettendosi fra i due. –Takao ma che ti salta in mente di dire certe cose?- lo rimproverò.
Daichi si intrufolò in camera sua con un po’ di fatica spingendo di lato Yuya, che cadde a terra, Max e il professore, e si buttò sul suo letto afferrando le mutande che il dito tremante di Claire continuava ad indicare.
-Si può sapere che cosa hai da indicare le mie mutande?!- chiese scontrosamente il ragazzino.
-Quelle sono le tue mutante?- chiese Claire con un filo di voce.
-Si, e sono ancora pulite, le ho messe solo due volte! Adesso le conservo e me le metto domani!- disse soddisfatto Daichi sventolando le mutande per aria.
-Daichi, sei veramente disgustoso!- sentenziò Takao guardando storto l’amico.
Claire tremò inorridita. Mutande messe solo DUE volte?! Mutande sporche? Lei, col suo vestito di Chloé, si era seduta su una mutanda sporca di quel selvaggio!?
Ok, niente panic…
-Claire! Claire!- Hilary e Sayu la chiamarono più volte, mentre sveniva tra le loro braccia, e cercarono di sorreggerla.  
Takao restò a guardare sorpreso. –E adesso che le prendere?- chiese semplicemente infilando le mani in tasca.
-IDIOTA! DACCI UNA MANO!- gli urlò Hilary fuori di se.
Per fortuna le aiutò Rei che prese Claire in braccio e la portò nella sua stanza.
Una volta che la stese sul suo letto, si misero tutti a capannello intorno a fissarla, finché non si mosse.
La bionda aprì gli occhi dopo poco e mise a fuoco ciò che aveva davanti.
Era circondata da facce strane che la fissavano. Si appiattì contro il materasso inquietata.
-Come ti senti?- le chiese quello con la fascia rossa che le stava seduto accanto.
Perché era circondata da gente che la fissava? Ah vero....
Si ritrasse mettendosi leggermente a sedere.
-Oh bene!- disse il ragazzo dandole una pacca sulla spalla. 
-Potreste evitare di fissarmi? Sembrate il doppio!- disse Claire.
-Oh mamma, ci vede doppio!- strepitò spaventata Ayumi.
-Dovremmo chiamare un dottore!- aggiunse in nano con gli occhiali.
-Ma quale dottore! Levatevi!-
Finalmente il capannello di persone di aprì e Claire riconobbe dei tratti molto più familiari.
Boris si avvicinò a lei ghignando perfido, ma lei non ci fece caso più di tanto, era fin troppo sollevata di vederlo.
-Allora qualcosa ti smuove!- disse lui piazzandole sotto il naso un paio di mutande azzurre tirate fuori dal nulla.
Claire sgranò gli occhi e si appiattì contro il muro. Iniziò a starnazzare in francese come una disperata cercando di farsi capire, ma era così presa dal panico che non riusciva a parlare in altro modo. E intanto Boris sghignazzava soddisfatto sventolando queste mutande a poco meno di tre centimetri da lei. Così quella svitata aveva paura di un paio di mutande sporche e non di Yuriy! Chissà che cosa avrebbe detto una volta che glielo avrebbe fatto sapere… ma non gli avrebbe detto niente, Yuriy l’aveva cacciato.  
Rei e gli altri ci rimasero di sasso. Pensavano che fosse successo chissà cosa, prima con Yuriy, poi con Claire, e invece tutto era stato causato da un semplice paio di mutande!
-Leva quelle chose! Lontano da me brutto cosacco ignorante!- continuò lei.
Voleva prenderlo a pugni, ma non aveva il coraggio di muoversi. Finche lui teneva quella schifezza in mano avrebbe potuto farci qualunque ripugnante cosa.
-Dai Boris basta, si è appena riprese!- lo rimproverò Rei.
-Ma perché? È così divertente!- disse il russo continuando a sventolare le mutande davanti al viso terreo della ragazza che stava lì per lì per urlare di nuovo.
-Dai Boris, smettila!- insistette anche Hilary, mentre Takao dietro di lei se la rideva come un matto.
Boris guardò la ragazzina bruna dal cipiglio burbero e pseudo minaccioso.
-Solo se mi dai un bacio dolcezza!- disse lui furbescamente.
-Ma come ti permetti?! Io sono fidanzata!- e gli diede un pugno sotto il mento che lo fece indietreggiare e che diede un attimo di respiro alla povera Claire.
Tutti scoppiarono a ridere.
-Mi dispiace amico, ma con Hilary non si scherza!- gli disse Rei.
Boris abbassò la testa infuriato e lanciò le mutante per aria, che volteggiarono, volteggiarono, Yuya le scansò per un pelo con una mossa alla matrix, e volteggiando finirono sul letto accanto.
-Ehi, ma quello è il mio letto!- si lamentò scocciata Hilary.
-Non ti preoccupare, sono di Takao! Dopo quello che ho sentito, le mutande della pulce non le tocco neanche con indosso guanti e maschera antiradiazioni!- spiegò Boris uscendo dalla stanza borbottando.
Hilary rimase a bocca aperta a fissare il suo povero letto deturpato. Lei ci doveva dormire lì!
-Leva subito le tue stupide mutande da lì!- ordinò scontrosa voltandosi verso il ragazzo dietro di lei.
Takao incrociò le braccia al petto infastidito. Perché doveva essere gentile con quella oca starnazzante?!
-Levati le mutande da sola!- urlò Takao pronto a litigare, ma l’improvvisa espressione sbalordita di Hilary lo fece riflettere. Guardò anche gli altri che con tanto d’occhi lo fissavano. Sayu aveva la mascella che le arrivava a terra.
Levati le mutande da sola!?!  Che cosa aveva appena detto?! Sentì il viso prendere fuoco e divenne rosso come un peperone.
Boris si affacciò anche lui incredulo nella stanza.
-Ehi Kinomiya che sono queste proposte indecenti?!- disse rientrando nella stanza e passando un braccio intorno alle spalle del ragazzo pietrificato. -Così mi piaci! Eh, quando la belva si sveglia….-
Takao voleva sprofondare, per la prima volta in vita sua, desiderava sparire per l’imbarazzo, ed era una sensazione bruttissima e tremenda!
-Io non volevo dire… cioè, levalo tu il mio dalle tue mutande… no! Le mutande mie, toglile… cavolo, nel letto…- farfugliò, ma ogni volta che provava a ripetere la frase sembrava venirgli molto peggio di prima.
-Ok, ok amico!- disse Boris trascinandoselo fuori dalla stanza. –Non mi andare in corto adesso! E se posso, la prossima volta non fare certe proposte davanti a tutti, soprattutto se c’è anche il fidanzato, che anche se volesse non potrebbe accettare…-
Ma Takao era troppo sconvolto per ascoltarlo mentre camminavano nel corridoio e scendevano le scale.
-Mentre per quanto riguarda il tono era quello giusto, ma fa più effetto se invece di urlarglielo glielo ordini con voce bassa, sai, le ragazze si sciolgono… capito, no?- continuò a blaterare Boris malizioso senza fare caso alla faccia allibita di Takao. –Poi ovviamente ad alcune piace anche sentirselo urlare….-
Arrivati in cucina prese una brioche e l’addentò.
-Cavolo, sono proprio buone! Cosa ci mettono dentro?- disse Boris a bocca piena.
Takao si accasciò sulla prima sedia che trovò e sospirò affranto.
-Che figura di merda!-
Boris lo guardò alzando un sopracciglio.
-Non ci pensare!- gli disse semplicemente. –Può capitare a tutti di fare una gaffe!- 
-Che idiota!- si commiserò ulteriormente Takao.
Boris sospirò e si sedette comodamente su una sedia, appoggiando pure i piedi sul tavolo come se niente fosse.
-No, non lo sei!- gli disse buttando giù un altro boccone. –Però è meglio se ti dai una smossa…. Cavolo, perché mi ritrovo a dare sempre lo stesso consiglio? Trovati una ragazza o ti ridurrai come Kai. Quello è tanto idiota che anche le uniche seghe che si fa sono quelle mentali!-
Ma le sue parole sembravano non consolare affatto il ragazzo che iniziò a sbattere ripetutamente la testa contro il piano del tavolo. Allora si alzò un po’ scocciato e lo prese per il collo della maglia tirandoselo dietro.
-Andiamo campione, ho voglia di fare due lanci!-
 
 
 
 
Un ragazzo attraversò il grande piazzale semivuoto dello stazionamento dei pullman, tagliato da un forte vento. L’aria era grigia e carica di elettricità. Una ragazza lo seguiva a pochi passi svogliatamente, col collo della giacca alzato per ripararsi, mentre le folate di vento le scompigliavano i capelli scuri davanti agli occhi.
Il ragazzo si spinse meglio in spalla il borsone nero e si avvicinò al pullman che recava la scritta “Midoriyama”. Un uomo con la divisa blu e il cappello sotto braccio cercava inutilmente di accendersi una sigaretta appoggiato all’entrata anteriore del veicolo.
-Mi scusi? Quando parte il pullman per la montagna?- chiese il ragazzo a voce alta per superare il rumore dei motori e del soffio del vento.
-Non parte più ragazzo!- disse l’uomo con voce graffiata e stanca, scuotendo l’accendino spazientito e provando di nuovo ad accendersi la sigaretta.
-Come non parte?- chiese questo sconcertato.
-Il servizio col tempo così viene interrotto!- spiegò. –Troppe volte ci siamo avventurati lassù  e siamo rimasti bloccati a causa di qualche frana!-
Il ragazzo sospirò e ringraziò l’autista per poi allontanarsi a grandi passi.
-Che hai intenzione di fare, Kai?- fu la domanda che gli arrivò dalla ragazza mentre si dirigevano verso degli edifici bassi dall’altra parte della strada.
Il ragazzo si fermò e guardò in alto, verso il monte scuro e minaccioso. La cima sprofondava nella cupola nera e lampeggiante che soppalcava il cielo.
La sciarpa bianca volteggiò nel vento, e i suoi occhi ametista si assottigliarono agguerriti.
-Semplice Ari…- rispose rivolgendole un mezzo sorriso complice.
 
 
 
 
Dopo i primi tre incontri dovettero rientrare. Oltre al vento si aggiunse anche la pioggia, e il tempo sembrava volesse solo peggiorare. Dopo meno di dieci minuti si scatenò una vera e propria tempesta che costrinse i ragazzi a chiudersi ermeticamente in casa e ad accendere i riscaldamenti.
I tuoni facevano tremare i vetri delle finestre e il vento si insinuava tra le piccole fessure della casa producendo dei lunghi e lugubri ululati.
Per l’ora di pranzo oramai tutti si erano rassegnati e si videro costretti a tirare fuori dei vecchi giochi da tavolo da un armadio. Non potevano certo giocare a beyblade lì dentro, avrebbero distrutto mezzo mondo!
Claire si era ripresa senza problemi, Takao un po’ meno, era ancora molto imbarazzato, tanto da evitare Hilary in tutti i modi, e Daichi certo non aiutava prendendolo continuamente in giro.
Proprio in quel momento stavano concludendo per la seconda volta una lunga e logorante partita a monopoli. Max sbuffò annoiato e affranto mentre rimetteva a posto tutti i soldi finti, e Kappa si vantava odiosamente di averli messi in mutante, ovviamente in modo figurativo.
Erano tutti e quattro seduti sul tappeto davanti al camino nel salone ad annoiarsi, mentre gli altri erano in cucina intorno al tavolo a giocare a cluedo.
Solo Boris non partecipava, sdraiato sul divano a fare un pisolino nel salone con i ragazzi, e Claire che si aggirava lì intorno indecisa sul da farsi.
Doveva chiederglielo, non poteva certo mettersi a pregare Boris che si era categoricamente rifiutato. E poi doveva dimostrargli di essere abbastanza brava da poter fare squadra e soprattutto battere Yuriy!
A proposito di Yuriy. Si fermò davanti alla finestra e guardò fuori. Il bosco di fronte era cupo e grigio, e il vento sembrava tanto forte da poter sradicare un albero. Perché cavolo non tornava? Dove si era andato a cacciare? Sospirò affranta e si rivolse ai quattro ragazzi seduti davanti al camino scoppiettante.
Si avvicinò con fare innocente e fece loro un bel sorriso.
-Salve ragazzi!- disse con tono asciutto, ma il sorriso faticava a restarle su.
Insomma Claire è solo uno stupido gioco! Che vuoi che sia!
I quattro la fissavano in attesa che lei continuasse.
Schioccò la lingua e si inginocchiò accanto a loro, giocherellando nervosamente con le dita.
-Volevo chiedervi, visto che non avete niente di meglio da fare… ecco, è buffa come cosa…-
Continuavano a fissarla zitti e muti. Fece un mezzo sorriso che le venne proprio male, e infatti scomparve immediatamente, e si decise a continuare. Doveva fare squadra con Boris per battere Yuriy o no!?
-Non mi dispiacerebbe...- bugiarda, si disse. -… imparare a giocare con i blablad!-
Finalmente l’aveva detto! E allora perché continuavano a fissarla attoniti?
-Non volete darmi qualche consiglio, spiegarmi come si gioca?- chiese allora.
-I blablad?- chiese Kappa.
-Vorrà dire beyblade professore!- gli disse Max all’orecchio come se lei fosse una povera mentecatta. La stavano snobbando, cose da uscire pazzi!
-Si, si quelli! Le trottole insomma!- disse spazientita Claire.
Takao annuì entusiasmato. Sarebbe stato un buon diversivo alla noia.
Kappa dopo pochi minuti tornò con un piccolo campo blu e delle trottole.
I Quattro iniziarono a trafficare con degli oggetti in mano e delle cordicelle, poi Takao le diede un beyblade e le mostrò una scatoletta con dei cosi sotto.
-Questa è la cordicella!- disse mostrandogliela. –Si inserisce qui nello scuter…-
Claire annuì segnandosi mentalmente ogni nome e ogni passaggio.
-Dopo che hai inserito la cordicella, agganci il bey qui sotto…-
Prese un beyblade giallo pallido e lo agganciò.
-È un ottimo bey, l’ha assemblato Kappa proprio l’altro giorno!- le spiegò. –Poi ti avvicini al capo e lanci tirando via la cordicella!-
Il bey balzò via finendo nel campo, girando veloce, e uno grigio lo raggiunse iniziando a scontrarsi con quello giallo.
-La partita la vince chi resta in campo o chi continua a girare!- concluse Takao.
Claire rimase a fissare le trottole che si scontravano, senza un’espressione vera e propria sul viso. Beate anime semplici che si divertivano con così poco!
-Finito?- chiese per averne la conferma.
-Certo!- disse Takao. 
Claire annuì più volte, come per convincere se stessa che quella non fosse, in fondo, poi tanto una grande scemenza come sembrava. Insomma, ci giocava Yuriy, non doveva essere poi tanto male!
-Adesso prova tu!- le disse Takao porgendole i tre pezzi.
Lei li prese e iniziò a montare il bey con la vespa, poi provò ad infilare la corda, ma sembrava bloccata da qualcosa…. Takao le fece segno di girare… ma di girare cosa?
Poi guardò meglio… lo stava inserendo dal lato sbagliato!
Una volta che mise la cordicella però il bey si staccò e Takao lo prese prontamente al volo.
Ok, forse era un po’ impacciata a causa delle dimensioni minuscole di quegli aggeggi, e poi era la prima volta che li vedeva!
Agganciò il bey e tirò la cordicella. Il bey si sganciò e finì di botto nel campo senza muoversi.
Claire lo fissò delusa. Non doveva girare quel coso?
-Forse devo tirare più forte?- chiese.
Takao e Max stavano discutendo tra di loro come se lei non ci fosse.
-Sì, perlomeno ha centrato il campo…- sentì dire a Takao, mentre Max annuiva, e il piccolo Daichi si scaccolava con espressione assente.
-È un ottimo inizio!- la incoraggiò Max sorridendole cordialmente.
La stavano semplicemente trattando come un’incapace, ma adesso gliela avrebbe fatta vedere lei a quei pivelli! 
Caricò il bey e lanciò forte. La cordicella grattò fastidiosamente contro lo scuter, ma il bey finì nel campo girando velocissimo.
Max allora lanciò il bey grigio e questo immediatamente buttò fuori il suo.
-Ma perché l’hai fatto?!- lo rimproverò lei. Proprio adesso che aveva fatto un buon lancio!
-Così si gioca a bey…- si giustificò lui.
-Beh, non ha senso! Se mi hai buttato fuori è solo perché la tua trottola è migliore!- si lamentò.
-Non è così!- la riprese immediatamente Kappa. –Il lancio era pessimo, ha tolto energia e stabilità e infatti è bastato pochissimo per buttare il tuo bey fuori!- spiegò.
-Come non era buono?- fece seccata.
-Avrai certamente avvertito la resistenza della cordicella.- le rispose senza battere ciglio il piccolo occhialuto. –Non deve verificarsi! Il lancio deve essere perfetto prima di tutto, poi chi è più esperto può anche aggiungere un tocco personale….-
Claire incrociò le braccia al petto scocciata. Cavolo che seccatura che erano!
-Bene, provo ancora!- disse e lanciò di nuovo.
-Wonderful!- disse Max lanciando anche il suo bey.
Il lancio doveva essere venuto bene perché il suo bey continuò a girare per un bel po’ nonostante cozzasse continuamente con l’altro bey. Ad un certo punto però una domanda le sorse spontanea: e allora? Tutto qui?
-Ehm… non capisco, tutto ciò vi entusiasma tanto?- chiese mentre la trottola gialla iniziava a vacillare.
-Veramente no…- ammise Takao fissando il campo. –Non state facendo niente, dovresti provare ad attaccare…-
-E come scusa?- chiese Claire.
Takao, Max e il professore si scambiarono uno sguardo perplesso.
E adesso che aveva preso a quei tre?
-Così!- disse Max indicandole il campo. –Attacca!-
Il bey grigio diede un ennesimo colpo a quello giallo e lo buttò fuori.
Claire non seppe per quanto restò lì a fissare la scena, era certa che la sua bocca era rimasta aperta, e non sapeva se le venisse più da ridere o da piangere.
-Non fare quella faccia!- le disse Takao. –Il controllo sul proprio bey si ottiene con l’allenamento costante. Poi ti verrà naturale…-
-Il controllo?- ripeté dubbiosa iniziando a credere seriamente che fossero tutti suonati. –Vi rendete conto che è una trottola e che non vi ascolta? Va per cavoli suoi una volta che si stacca dal coso, lo scuter!-
-No, il bey fa quello che vuoi tu!- la contraddisse Takao.
-Ma siete scemi?- ecco, le era scappato, adesso la avrebbero mollata e nessuno le avrebbe insegnato come battere Yuriy.
-Non hai mai visto un nostro incontro?- chiese semplicemente Max.
-Avrei dovuto?- replicò Claire inarcando un sopracciglio.
-Beh, non ti avrebbe fatto male!- sbottò Daichi secco fissando il risultato del suo carotaggio nel naso.
-Avanti, provaci almeno!- la incoraggiò Max.
Claire sospiro e lanciò nuovamente.
Max fece lo stesso, seguendo i beyblade nella piccola arena con entusiasmo, incoraggiando a tratti il suo bey ad attaccare.
-Claire, concentrati!- la richiamò Kappa.
Ma come poteva concentrasi con un ragazzo davanti a lei che parlava con una trottola, convito che questa lo ascoltasse e rispondesse ai suoi ordini?
-Dai, prova ad attaccare!- disse Takao.
-Mi rifiuto categoricamente!- sentenziò Claire incrociando le braccia al petto. Non si sarebbe abbassata a parlare con un bey, e poi magari la stavano solo prendendo in giro e aspettavano che ci cascasse per ridere di lei.
-Ma perché? Lasciati andare e gioca!- le disse seccato Takao. –Non volevi imparare?-
-Ho imparato, ho lanciato la stupida trottola, che altro dovrei fare?-
-Questo per esempio!- esclamò Max trascinando fuori il suo bey.
-Smettila per favore, tanto non sono una credulona, e i bey ha buttato fuori l’altro perché è più forte!- sbottò scocciata.
-Sei proprio una testa dura!- Takao le prese lo scuter dalle mani e lanciò il bey giallo. –Adesso ti dimostro che non conta solo il bey che si usa! Vai all’attacco!-
I bey giallo finalmente andò all’attacco sferrando una serie di colpi che l’altro incasso perdendo terreno.
-Un puro caso!- sentenziò lei.
-Un puro caso, eh?! Vai più forte, dimostriamole come si gioca veramente!- disse Takao infervorato da tanto scetticismo.
Dopo poco le trottole iniziarono a darci giù di brutto, uscirono dal campo e si scontrarono anche sul pavimento. Poi quello grigio di Max scappò sotto il divano. Takao e Max si alzarono, come anche il professore e Daichi seguendo i bey che si rincorrevano.
Takao fece un balzo sullo stomaco di Boris, che sfortunatamente stava riposando proprio lì e per poco non gli uscirono gli occhi dalle orbite, e saltò dall’altra parte del divano continuando a vociare incurante con i ragazzi.
Claire assistette incredula, mentre Boris si affacciava dal divano e iniziava ad imprecare come un forsennato contro i quattro e soprattutto contro Takao.
Dopo pochissimo la porta della cucina si spalancò e apparve Rei che lanciò il suo bey.
Bene, si disse Claire, adesso si sarebbero dati alla pazza gioia con un incontro collettivo. Ma si sbagliava, i bey di Takao e Max volarono via fermandosi, mentre Rei, visibilmente incazzato, riprese il suo.
-Niente beyblade in casa! Vi avevo avvertito!- li rimproverò aspramente.
-Ma…- provarono a dire Takao e Max dispiaciuti.
-Ma niente!- fece ancora più duramente Rei, e iniziò a sgridarli così tanto che anche Claire si sentì coinvolta, nonostante fosse dall’altra parte della stanza e nascosta dietro il divano.
Boris tornò a sdraiarsi soddisfatto e provò a riprendere il suo sonnellino da dove era stato interrotto, ma non appena la porta si fu richiusa e Rei se ne fu andato, Takao balzò come poco prima sullo stomaco di Boris che fu sul punto di vomitare l’anima.
-Oh scusa!- disse solamente Takao tornando a sedersi sul tappeto ai piedi del divano, inconsapevole che dietro di lui il pugno di Boris era alto e pronto a colpire come la spada di Damocle.
Claire si ritrasse mentre il colpo veniva messo a segno sulla capoccia dura di Takao che barcollò stordito e ricadde con la faccia nel campo di beyblade.
-Oh, beh… come prima lezione penso possa bastare!- disse Claire punzecchiando con un dito la spalla di Takao per vedere se c’era qualche reazione.
-Prima lezione?!- la voce derisoria di Daichi la raggiunge, e immediatamente spuntò da dietro il divano saltando su e gettandosi sulle spalle di Boris, che cercò di levarselo di dosso senza successo.
-Tu sei proprio negata! Le oche non sono capaci di giocare a beyblade!-
-LEVATI DI DOSSO SCIMMIA!- sbraitò Boris al limite della pazienza sbracciando come un matto per cercare di afferrare il piccolo nanerottolo selvaggio che gli si era attaccato sulle spalle.
-Non si può essere incapaci in un gioco così stupido!- rispose indispettita Claire.
Daichi scese dalle spalle di Boris e le si piazzò di fronte ghignando tronfio e pieno di se.
-Alcune ragazze, le oche come te, sono capaci di pensare solo ai maschi, mentre altre, come Ari, sono vere femmine e sanno fare girare molto meglio le trottole che gli uomini!-
-E questa da dove ti viene ragazzino!?- chiese Boris sconcertato da tanta audacia.
-Me l’ha detto Takao!- confessò fiero Daichi, che era evidentemente d’accordo con le parole dell’amico.
-Hai visto Takao!- esclamò ammirato Boris afferrando per la spalla il ragazzo svenuto con la faccia ancora spiaccica nel campo di bey, e tirandolo su. –Allora quella testa da citrullo ti cammina meglio di quanto pensassi!-
-Ma come vi permettete?- disse scandalizzata Claire. –Siete dei maschilisti ignoranti e stupidi!-
-Siete dei maschilistì ignorontì e stupidì!- le fece il verso Daichi sventolando una mano.
Claire si alzò in piedi offesa. –Come ti permetti piccolo servaggio?!-
-Che paura!- continuò il piccolo. –Adesso che mi fai, mi insulti e mi dai dei deboli schiaffetti? Sto tremando dalla paura!-
-Boris, digli qualcosa!- sbottò adirata la bionda.
-No, ti prenderà a scarpette! Stai attento alla ciabattata!- fu l’intervento di Boris.
-Dai ragazzi, smettetela, non siete per niente carini!- disse il professore tornando a sedersi sul tappeto, seguito da Max.
Claire abbassò gli occhi sul biondo. Tra le mani aveva le trottole.
Tornò a sedersi e gliele sfilò di mano con uno strano cipiglio.
-E adesso che vorresti fare?- chiese beffardo Daichi.
Claire non gli rispose e monto il suo bey allo scuter. Lo posizionò e lo lanciò nell’arena.
Questo ricadde girando veloce per l’ottimo lancio.
-Bene, riproviamo!- disse Max lanciando subito il suo.
I bey iniziarono a muoversi nel campo.
Max osservava di sottecchi la ragazza di fronte a lui. Fremeva di rabbia, i pugni erano stretti sulla gonna in taffetà, e seguiva l’incontro con uno sguardo aggressivo e determinato, eppure tratteneva tutto dentro rifiutandosi di giocare.
-Dai, ce la puoi fare!- le disse incoraggiante.
-A fare che?- chiese un rimbecillito Takao appena rinvenuto.
-Smettila di prendermi in giro, per favore!- disse lei con la voce strozzata, mentre le risate di Daichi le risuonavano nelle orecchie confondendola. Mai nessuno aveva riso di lei, era sempre stato il contrario! –Non ci parlo con quella stupida trottola, non ci casco, volete solo prendervi gioco di me!-
-Non c’è bisogno che le parli, basta lasciarti andare!- insistette Max. –Devi solo volerlo!-
I pugni si strinsero ancora di più sul tessuto morbido della gonna e serrò gli occhi esasperata.
-Basta!- si alzò in piedi. –Mi rifiuto di continuare!-
Il bey giallo le volò in mano con un balzo sotto lo sguardo incredulo di Max, del professore e Boris. Lei molto probabilmente non se ne era neanche accorta di quel gesto che costava anni e anni di  dedizione ai blaiders più appassionati.
-Questo è il gioco più odioso e stupido che io abbia mai visto!E lo chiamano pure sport! A quel paese Yuriy e la sfida!- esclamò arrabbiata gettando la trottola per terra con rabbia. Prese Boris per la maglia sollevandolo quasi dal divano. –Tu ti iscriverai al torneo con me e batterai Yuriy al posto mio e gli darai una bella lezione, e non voglio sentire discorsi da sfigato piagnucolone, chiaro!?-
-Sissignora!- soffiò Boris che venne mollato e ricadde sul divano come un salame.
Claire girò sui tacchi e se ne andò sbattendo la porta, con un diavolo per capello borbottando qualcosa di incomprensibile.
-Ma che le è preso?- chiese Daichi.
Max prese la trottola gialla abbandonata ai piedi del divano e la fissò perplesso.
-Cosa è questa storia della sfida di Yuriy?- chiese Takao.
-Lasciamo stare, non so neanche io da dove le sia venuta fuori questa idea!- disse Boris mettendosi le mani tra i capelli.
-Spiegati!- incalzò il professore.
-Questa mattina si è messa a discutere con Yuriy…- spiegò Boris.-…e gli ha detto che l’avrebbe battuto davanti a tutti al campionato!-
-E Yuriy ha dato di matto solo per questo?- chiese incredulo Kappa.
-Diciamo…. Ha coinvolto anche me, contro la mia volontà e senza neanche chiedermi niente, e adesso è convinta che io e lei parteciperemo al torneo!- spiegò. -Quella è proprio fuori di testa!-
-Battere Yuriy!- disse Daichi scoppiando a ridere. –Che scemenza! È proprio un’ochetta!-
-Ma scusa, come le è venuto in mente? E poi perché si è fissata che devi essere proprio tu a fare coppia con lei?- chiese Takao perplesso.
-Già, non lo sa che sei già in una squadra?- continuò Kappa.
Takao sghignazzò. –Magari si è presa una cotta per te!- ipotizzò.
Boris si alzò. Si era fatto scuro in volto, e non rispose ai ragazzi. Uscì dalla stanza senza dire una parola.
-Oh mamma, io con una così non ci starei mai!- disse Takao continuando a ridere.
Daichi invece era piegato in due dalle risate, non poteva pensare che quella volesse battere Yuriy, un campione di alto livello!
Max strinse quel bey giallo amaramente. Quello di Claire era un rifiuto categorico, non ammetteva che si potesse infondere la propria volontà e la propria energia in quel piccolo oggetto fantastico.
Era un vero peccato che un talento così venisse sprecato.
Boris intanto era salito nella sua stanza e si era coricato, deciso a farsi il suo benedetto pisolino pomeridiano. Si sistemò il cuscino sotto la testa e chiuse gli occhi.
Tock! Tock!
La porta si aprì.
No! Non era possibile!
-Posso?-
Quella voce! No! ma era una persecuzione?! Perché non lo lasciava in pace?!
I passi avanzarono nella stanza.
Bene, avrebbe fatto finta di dormire! Strizzò gli occhi e si rilassò. L’avrebbe capito e se ne sarebbe andata.
Claire si avvicinò ancora di più e si fermò davanti al letto, osservando titubante il ragazzo coricato sul fianco che le dava le spalle.
Non poteva dormire già, l’aveva sentito arrivare dolo mezzo minuto prima!
Restò in attimo lì ferma e lo chiamo piano.
-Boris? Stai dormendo?- chiese speranzosa.
Lui non si mosse. D’altronde non l’avrebbe fatto per nulla al mondo.
-Boris!- lo chiamò ancora.
Un tuono fortissimo la fece tremare per lo spavento.
Allungò una mano verso la spalla del ragazzo e lo smosse un po’.
-Bo’! Tanto lo so che non dormi, non mi ignorare per favore!- disse iniziando a scocciarsi.
Boris serrò la mascella irritato. Ma quanto era presuntuosa e insistente! Che male aveva fatto per ritrovarsela continuamente tra i piedi?
No, non le avrebbe risposto! Al diavolo!
Il materasso si mosse e si sentì leggermente scivolare. Si era seduta accanto a lui! era riuscita a rompere quell’equilibrio comodissimo che aveva trovato! Era una guastafeste!
-Bene, visto che sei sveglio, io parlo lo stesso!- sentenziò lei chiarendo subito che non si sarebbe mossa di lì finché non avrebbe ottenuto una risposta.
Claire accavallò le gambe sistemando meglio la gonna, appoggiò le mani sul ginocchio mettendosi dritta nelle spalle e guardò il ragazzo.
-Allora, stavo dicendo…-
Boris scattò su infuriato con la voglia matta di prendere a capate quella maledetta ragazzina petulante e logorroica. Ma perché non lo lasciava stare? Non gli erano bastate? Era già stato buttato fuori dalla squadra, quanto ancora doveva penare?
-Ma si può sapere perché ti sei fissata con me? C’è la casa piena di gente cazzo! Prenditi una di quelle ragazzine e mettiti a parlare con loro mettendovi lo smalto sulle unghie dei piedi a vicenda e lasciami in pace!-
Claire non si scompose minimamente continuando a guardarlo con l’aria da maestrina.
Boris restò a bocca aperta aspettando che se ne andasse, ma era solo una sua vana speranza, sapeva benissimo che non l’avrebbe fatto.
-Volevo chiederti…-
Boris si buttò sul materasso a pancia all’aria, prese il cuscino e provò a soffocarsi da solo.
-Senti Boris, me la togli una curiosità?- continuò ignorando bellamente la sua reazione, che liquidò come una sciocca buffonata. -Come mai non sei rimasto tu con Ariel? Voglio dire, tu sei o eri comunque il suo ragazzo, o così credevo. Che è successo?-
Boris abbandonò rassegnato le braccia di lato.
-Lasciami in pace!- rispose la sua voce soffocata dal cuscino.
-Perché hai lasciato che se ne occupasse Kai? Insomma, sembra così estraneo ai fatti….- continuò Claire stringendosi delle spalle guardando di fronte a se, come faceva di solito quando iniziava a parlare e parlare senza curarsi se gli altri la seguissero oppure no. Lei era più che convinta che non ce ne fosse bisogno, perché secondo lei tutti ascoltavano quello che aveva da dire!  
-Che vuoi da me?- chiese Boris in modo teatrale.
-Te l’ho detto!-
-Perché Signore mi stai mettendo alla prova? Dio prendimi ora! Ti prego!- continuò Boris da sotto il cuscino.
Claire glielo tolse dalla faccia indispettita. Quel buffone non la stava ascoltando!
-Si può sapere perché hai detto che Ariel non è mai stata la tua ragazza?- sbottò Claire guardandolo male.
-Che cosa ti ha fatto credere che lo fosse?!- chiese amaramente Boris. Si riprese il cuscino con un gesto brusco, e se lo sistemò sotto la testa tornando a mettersi di fianco. Lo stomaco gli si stava contorcendo dolorosamente.
-Beh, era chiaro come il sole visto che stavi sempre insieme a lei! Eri l’unico a cui passava i compiti di fisica e matematica…-
-Ero l’unico che glieli chiedeva!-
-Eri l’unico che faceva avvicinare e dal quale si faceva baciare! Ci avesse provato chiunque altro gli avrebbe rotto le ossa!- continuò Claire.
-Questo non significa niente!-
-Oh, smettila Boris!-
-Secondo te una come Ari sa cosa significhi avere un ragazzo?- sbottò scocciato sperando che così la smettesse di assillarlo.
Claire abbassò lo sguardo mortificata e la lingua per la prima volta in vita sua si ritrasse.
-Scusa, non volevo…-
-Non fa niente.- tagliò corto Boris.
Claire restò in silenzio per diversi minuti, mentre altre mille domande tornavano ad assillarla.
-Perché hai lasciato che se ne occupasse Kai? Voglio dire, non mi sembra il massimo… perché non te ne sei occupato tu?-
-Kai era l’unico che può occuparsene.- disse stancamente Boris. Lo stava massacrando in tutti i modi, come cavolo faceva a tirare fuori sempre le domande peggiori?
-E perché, che ha di tanto speciale quel tizio?- chiese scettica Claire.
-Proprio niente, è solo un coglione!-
-E allora perché non sei rimasto tu con lei?- insistette lei senza capire.
-Cazzo Claire, perché io per lei non valgo niente! Non le è mai fregato niente di nessuno se non di quello, solo ed esclusivamente di quell’idiota! È lui la sua ossessione non io, non Yuriy e neanche Sergey! Solo lui!- si sfogò esasperato. Mise ancora di più il broncio e il viso si piegò ancora di più per il fastidio e il rammarico.
Teneva gli occhi serrati nell’illusione che si sarebbe addormentato da un momento all’altro dimenticando tutto.
-Kai è la sua ossessione?- fece scettica Claire. -Ma se neanche lo pensa…-
-Adesso è così, ma è da quando la conosco che ne è ossessionata, prima in un modo, poi in un altro…. È stato la sua unica ragione di vita e, nel bene o nel male è sopravvissuta grazie a questa sua ossessione.-
-Sopravvissuta? E a che, scusa?- chiese lei che stava iniziando a pensare che fosse tutto una grande balla.
Boris alzò gli occhi sulla ragazza che aveva seduta accanto.
-Tua madre non ti ha detto niente?-
Quella domanda la allarmò. Claire aggrottò la fronte comprendendo che la discussione si stava facendo seria.
Fuori la tempesta imperversava. Un tuono la fece tremare, o forse era il racconto raccapricciante di Boris ad averle fatto venire la pelle d’oca.
-Non ci credo! Non esistono posti del genere!-
-Mi dispiace disilluderti principessina, ma di questi posti ne esistono, e io ci sono cresciuto!- concluse Boris fissando con sguardo assente la parete rivestita in legno di fronte a se.
-È assurdo, non può essere che per delle trottole…- disse sconvolta Claire.
-Quelle trottole hanno un grande potere.- spiegò Boris. -Tornando alla nostra cara Ariel, la sua ossessione per Kai l’ha salva già una volta, vedrai che la salverà ancora una volta. Ne sono sicuro…-
Claire sospirò affranta.
-Boris, io la vedo troppo… nera.- fu sincera. -Non sembra esserci questa più questa ossessione di cui mi hai parlato. Vedi, da quando la conosco, mi ha dato l’impressione di essere una persona vuota, senza più stimoli ne interessi, come se andasse avanti per inerzia.-
-Lo so, sono le stesse cose che mi ha detto Yuriy. Ma io sono convinto che non si possa eliminare un sentimento tanto forte nei confronti di una persona perché è semplicemente successo qualche fatto o si è scoperto qualcosa. È umanamente impossibile, nessuno ha un controllo tanto forte sui propri sentimenti.-
Queste sono cose da androidi, si disse Boris, come quello che doveva diventare Yuriy con quei maledetti esperimenti!
-L’odio era veramente profondo e puro. Se riprenderà a provare qualcosa per qualcuno, beh, quel qualcuno potrà essere solo Kai!- concluse con fermezza tornado a chiudere gli occhi e più che deciso a dormire ora. Aveva già tirato troppo fuori, stava male e voleva riposare.
Claire rimase senza fiato. Non si aspettava che quel cosacco sfacciato e sboccato potesse essere così sensibile. E considerato che quelle erano parole uscite dalla bocca di una persona innamorata, i brividi che le percorrevano la schiena non erano dovuti al freddo o al temporale. 
-Oh Boris!-
Il ragazzo sentì la stretta e il peso del corpo dell’amica sulla spalla mentre provava ad abbracciarlo passandogli le braccia attorno al collo, ma non la scacciò.
Claire restò così per un sacco di tempo anche se lui non ricambiava in nessun modo, ma lo capiva che gli faceva piacere.
La stanza si fece sempre più buia, finché un lampo non la illuminò.
-Non pensi che sia il caso di andare a cercare Yuriy?- sussurrò timidamente Claire.
Boris non rispose e si staccò da lui.
-Boris!- lo chiamò smuovendolo leggermente. –Yuriy non è ancora tornato!-
Boris aggrottò la fronte e mugugnò infastidito.
-Che c’è?- biascicò assonnato.
-Gli potrebbe essere successo qualcosa!- fece sempre più ansiosa Claire.
-A chi?-
-A Yuriy! Cavolo Boris, ma non sei preoccupato?-
-Naaa! Tornerà quando si sentirà di tornare!- la scaricò lui interessato più a dormire che a tranquillizzare Claire.
-Ma fuori c’è una tempesta!- insistette lei.
-Yuriy sa cavarsela benissimo in qualunque situazione! Adesso sta un po’ zitta…-
Claire si guardò agitata intorno senza sapere che fare.
-Se tra un’ora non torna andremo a cercarlo?- chiese speranzosa.
-Cosa? Ma tu sei fuori! Io non esco con questo tempaccio, e soprattutto non vado a cercare Yuriy! Se non è ancora tornato vuol dire che è meglio che nessuno lo disturbi!- concluse iniziando a spazientirsi.
-Ma se gli fosse successo qualcosa?- piagnucolò ancora di più lei.
-Mamma mia che cucca! Ma perché dovrebbe essergli successo per forza qualcosa?-
-Perché chiunque con questo tempaccio sarebbe tornato! È da stamattina che sta lì fuori e mi sembra più che normale preoccuparmi!-
Boris aprì gli occhi e la guardò di sbieco con uno strano sguardo.
-Di un po’, non ti sentirai in colpa!-
-Questo che c’entra?- fece lei sentendosi attaccata.
-Ti senti in colpa vero!? Avresti preferito non provocarlo in quel modo!- insistette lui ghignando.
-Si, va bene? Se avessi saputo che si sarebbe allontanato e che ci sarebbe stato un tempo del genere, non l’avrei mai fatto!- sbottò lei seccata.
-Oh poverina!- la prese in giro lui. -Così impari la prossima volta a tenere la tua brutta linguaccia fuori da questioni che non ti riguardano!- concluse velenoso.
-Sei proprio uno stupido Boris! Se l’ho fatto è stato per te!-
-Non scaricarmi la colpa ora, perché tanto a me non me ne frega niente se Yuriy è lì fuori! Sa cavarsela benissimo da solo e fa quello che vuole!- disse lui tornando a chiudere gli occhi e strofinando il viso contro il cuscino.
-Come puoi essere così indifferente e cinico? Era pur sempre il tuo migliore amico!-  
Boris si strinse nelle spalle disinteressato.
-Ma come puoi contraddirti da solo? Prima mi dicevi che non si può smettere di provare affetto per una persona, e ora mi dimostri tutto il contrario?-
-Lasciami stare Claire, sei così fastidiosa che mezza giornata con te fa venire me manie suicide anche a Madre Teresa! Ecco perché i tuoi ti hanno spedita dall’altra parte del mondo, Ariel era solo una scusa…-
Claire scattò in piedi offesa veramente. Questa volta Boris era stato proprio cattivo con quel commento.
-Per tua informazione, non mi ci hanno spedita, sono partita io di mia spontanea volontà!-
Si diresse perso la porta e l’aprì.
-E con te o senza di te, se tra un ora Yuriy non torna, io andrò a cercarlo!-  
E proprio come promesso, dopo un’ora si trovò ad arrancare per il bosco sotto la pioggia con un orrendo e ridicolo ombrello di hellokitty in una mano e una misera torcia nell’altra, e degli enormi e vecchi stivali verde acido che aveva trovato nella casupola degli attrezzi che le scappavano dai piedi. 
Si era messa lo zaino in spalla che aveva riempito con le cose più disparate: cinque brioche (quelle buonissime da impazzire); due scatolette di tonno; una rivista di gossip francese; delle garze; cerotti; acqua ossigenata; una bottiglietta d’acqua e una di coca cola; dei calzini bianchi puliti; un miniset da cucito; della batterie e… il cellulare. Le sembrava tutto, sì! Poteva anche continuare tranquillamente!
Non c’era nulla di cui preoccuparsi, era pronta ad ogni evenienza e si era preparata per bene.
Messi un paio di jeans, un maglioncino più pesante, e una mantellina rossa per la pioggia, era andata a vedere se Boris voleva venire con lei, ma quella volta stava veramente dormendo, e non provò a svegliarlo per timore che avrebbe potuto impedirle di andare.
Per lo stesso motivo aveva evitato di farsi vedere dagli altri ragazzi mentre usciva, anche se Ayumi per poco con la sgamava.
Avanzò con sicurezza stringendo a fatica il brutto ombrello con le orecchie rosa, mentre le folate di vento soffiavano a sfavore rallentandola.
Altri cinque minuti e sarebbe stato impossibile continuare a procedere con quel coso in mano, era troppo di impaccio e aveva bisogno di farsi luce con la torcia perché lì sotto si stava facendo veramente buio pesto.
Chiunque le avrebbe potuto dare dell’incosciente, lei stessa se ne sarebbe dovuta rendere conto, ma era troppo sicura di se e determinata. Era più che convinta di ogni passo che faceva in avanti, anche se non sapeva dove l’avrebbe condotta. Sapeva con assoluta certezza che lo stava facendo per Yuriy, per avvicinarsi a lui, e che l’avrebbe condotta fino a lui. Questo le bastava tanto da farle perdere ogni percezione del pericolo. Era veramente sconsiderato quello che stava facendo, e se lo avesse visto fare a qualcun altro lo avrebbe fatto subito notare.
Ma dopo tutto non era lei quella stessa ragazza che aveva mollato tutto e tutti per andare dall’altra parte del mondo per lui? Non era forse la stessa forza cieca che la animava a tal punto da farle perdere la concezione del giusto e dello sbagliato?
Era tanto convinta di quello che stava facendo che non prendeva neanche in considerazione che le possibilità di ritrovare Yuriy, in ettari ed ettari di bosco, erano bassissime quanto il professore Kappa; mentre quelle di perdersi, scivolare e tante altre di quelle brutte cose che nessuno si augura di dover incontrare durante una passeggiata notturna in un bosco, erano vertiginosamente più probabili.
Un fulmine illuminò il sottobosco oramai nero come la pece, e un tremendo e lungo tuono scosse l’aria facendo tremare il suolo sotto le suole di gomma.
Ma lei niente, non si fermò. Procedette come un soldato in marcia!
Sì, nella sua testa confusa e ammaliata dalla febbre tropicale chiamata Yuriy Ivanov, lei stava procedendo bene e con passo spedito, e sarebbe arrivata dritta da lui.   
 
 
 
 
Il buio era arrivato in anticipo rispetto agli altri giorni, e la tempesta sembrava ancora più furiosa nel buio della notte, vista attraverso i vetri sottili delle finestre.
Ayumi lanciò un fugace sguardo all’orologio sul davanzale del camino.
Le fini lancette nere indicavano e le sei e dieci.
Si era fatto tardi e ancora non avevano neanche preparato la cena.
Si scostò indolente dalla fredda finestra lanciando un’ultima occhiata fuori. 
Yuriy ancora non era tornato, e ciò la preoccupava.
Entrò in cucina dove trovò Hilary con un grembiule giallo già a lavoro. Quel pomeriggio si era data ai dolci. Lei adorava fare i dolci, e le venivano anche molto bene. Le aveva raccontato che si era iscritta ad un corso proprio per imparare.
Aveva preparato una crostata di mele, una torta al cioccolato e dei deliziosissimi biscottini glassati al forma di beyblade. 
Ryoko era seduto a tavola e la osservava rapito, come un cucciolo che sta docilmente accanto al padrone a fargli compagnia.
Mise il grembiule rosso fragola e si mise all’opera, convivendo oramai con la preoccupazione che le opprimeva il petto.
Sergey non le aveva detto niente, del perché Yuriy era scappato, del perché aveva urlato. Nonostante lo avesse visto scosso dopo che era tornato dal salone quella mattina, lei aveva accettato il suo silenzio e la sua riservatezza.
Adesso doveva pensare solo a consolarlo e ad alleviare la sua preoccupazione.
-Ragazze, scusate, ci sono anche io!- Sayu entrò saltellando un po’ agitata a causa del ritardo e si mise subito a lavoro. Takao la seguì immediatamente dopo, avanzando annoiato per la cucina con le mani in tasca, studiando quello che c’era di buono da mangiare.
Per uno impulsivo e attivo come lui, un giorno di pioggia aveva un effetto depressivo, due di seguito sfioravano la tragedia.
L’ennesimo boato lungo e profondo fece tremare Sayu dalla testa ai piedi.
Takao sbirciò sul ripiano della cucina e adocchiò immediatamente i biscottini glassati.
-Non li toccare, ti rovinerai l’appetito!- lo avvisò Hilary versando il riso nell’acqua.
-Ne voglio assaggiare solo uno!- disse lui cercando il biscotto più grande e bello. Allungò una mano e… tutto si spense e non vide più niente!
Ayumi si girò attorno spaesata cercando di vedere qualcosa. L’unica fonte di luce era il fornello acceso con sopra la pentola per il riso.
-Che è successo?- chiese la voce stridula di Sayu nel buio.
-Deve essere stato un cortocircuito!- spiegò Riyoko.
Un tuono potentissimo si aggiunse al forte ululato del vento facendo tremare l’intera casa.
Una sedia cadde a terra e Sayu imprecò per il dolore.
-Tutto bene? Che è successo?- chiese preoccupata Ayumi restando immobile per paura di sbattere contro qualcosa.
-Si, sono inciampata con la sedia….- spiegò la ragazza. –Takao… sei tu vero?- chiese ad un certo punto con la voce raggelata dal terrore.
-Certo, e chi sennò!- rispose Takao sollevando l’amica senza difficoltà e rimettendola in piedi. –Non avrai paura del buio?-
-No, ma…- Un lampo illuminò la stanza e Sayu con un lamento si aggrappò a Takao più stretta che poté senza più mollarlo.
-Sì, ho paura! Hopaurahopaurahopaura!- ammise iniziando a piagnucolare con voce stridula.
-Calma, che vuoi che sia? È solo un temporale!- disse Takao impacciato.
Una sedia strofinò per terra e Sayu lo strinse ancora di più.
-Io vado a vedere gli altri che fanno…- disse Ryoko camminando a tentoni per la stanza.
-E mi lasci qui?!- scattò Hilary preoccupata.
Perché Sayu poteva stare appiccicata a Takao e il suo Ryoko la stava lasciando lì sola?
-Vuoi venire con me?- le propose.
Un cigolio fece capire loro che qualcuno aveva appena aperto la porta.
-Ragazzi, tutto bene?- chiese Max scrutando nel buio e distinguendo qualche sagoma delineata dalla debole luce blu del fornello.
-Sì, tutto bene!- rispose Ayumi.
-No! Non va tutto bene!- fu il lamento di Sayu. –Sto morendo dalla paura! Voglio che la luce torni!- 
-Allora è meglio se stiamo tutti di là! Il camino è acceso e c’è abbastanza luce!- spiegò Max.
-Ragazzi!- chiamò una voce dalle scale.
-Oddio, e adesso chi è!?- chiese con le lacrime agli occhi Sayu appiccicandosi a Takao che stava iniziando a non sopportarla più.
-Calmati, è solo Boris!- le spiegò Takao.
-Scendi, vieni nel salone!- gli rispose Ryoko affacciandosi nelle scale.
-Vediamo di non farci le scale col sedere Boris!- borbottò Boris parlando con se stesso.
Quando si radunarono tutti nel salone non mancava più nessuno, se non Yuriy. Nessuno nella confusione si era accorto dell’assenza di Claire.
Sergey spuntò con una lampada a gas che aveva trovato nello sgabuzzino, e riuscì ad illuminare tutta la stanza con una luce bianco latte.
Sayu era agganciata stretta al torace di Takao come un marsupio. Seduti accanto a loro, sul divano, c’erano Kappa, che tremava come una foglia, Yuya, pallido come un fantasma, e la sua piccola Ayumi che lo guardava apprensiva. Daichi era sprofondato in una poltrona scocciato perché questo contrattempo avrebbe fatto slittare la cena. Hilary, Ryoko, Rei e Boris erano vicino al camino, mentre Max tornava dalla cucina perché si erano dimenticati di spegnere il gas.
-Bisogna andare a controllare il contatore, potrebbe essere scattato!- ipotizzò Ryoko.
-Qualcuno sa dove è?- chiese Max.
-Se non è all’entrata molto probabilmente è fuori!- spiegò Rei.
-Allora vado io!- si propose Sergye attraversando il salone e dirigendosi verso l’ingresso.
La luce si mosse con lui, lasciando dietro di se lunghe e lugubri ombre nere, intervallate a tratti da qualche lampo. Lo scrosciare della pioggia era amplificato senza la distrazione della vista e delle chiacchiere.
-Niente qui!- disse loro Sergey infilandosi la giacca e aprendo la porta. –Vado a vedere fuori!-
-Sta attento!- si fece sfuggire Ayumi senza riuscire a nascondere l’apprensione.
Sergey le rivolse un sorriso e si richiuse la porte alle spalle.
Boris osservò i ragazzini tremanti davanti a lui, e ghignò divertito per le loro facce terrorizzate.
Praticamente Sayu stava diventando parte integrante del petto di Takao, e questo non sapeva fino a che punto potesse fare piacere al ragazzo. Per quanto riguardava Kappa e Yuya, sarebbe stato facile come togliere le caramelle a un bambino farli spaventare. Che piacere perverso che ci trovava, già soltanto pensandoci!    
-Non trovate che ci sia l’atmosfera perfetta per raccontare una storia dell’orrore?- chiese allora, deciso più che mai a divertirsi seriamente. Li avrebbe fatti cacare sotto dalla paura! Riusciva a stento a non ridere, e intanto un sorriso maligno lo faceva apparire più demoniaco di quello che era alla luce del fuoco nel camino.
Kappa si irrigidì terrificato, e Sayu iniziò a scalciare contrariata, lamentandosi e piagnucolando sul petto di un Takao sempre più infastidito.
-Per favore Boris, non mi sembra il momento!- lo rimproverò Hilary.
-Però ha ragione!- intervenne Rei. –Non sarebbe male movimentare un po’ la serata!-
-Già!- continuò Boris trovando il sostegno del cinese, quanto bastava per continuare. –Dopo tutto è così che iniziano solitamente le storie più raccapriccianti!- disse serio.
Sayu aprì gli occhi, che fino ad allora aveva tenuto serrati e li posò su di lui. Pure Kappa e Yuya sembravano catturati da lui e dalla sua voce suadente e bassa.
Li aveva catturati con una facilità spaventosa, e per un attimo la possibilità che li avrebbe potuti anche fare crepare dallo spavento si fece reale.
-Una casa sperduta in un bosco, una tempesta, tuoni, fulmini…- ghignò e abbassò il capo facendo una pausa che li lasciò sospesi tra la voglia di sentire il resto e la speranza che fosse finita lì.
-Losche figure che si aggirano attorno alla casa…-
-Ti prego, smettila Boris, o non la stacco neanche tra una settimana!- lo supplicò Takao riferendosi a Sayu che gli stava stritolando il torace e che mugolava terrificata. Di certo lui non si lasciava spaventare da queste cose.
Hilary guardò fuori seccata incrociando le braccia. Ma quanto ci metteva Sergey a trovare il contatore?
Ad un certo punto qualcosa si mosse nel buio, attraverso il vento, sotto gli alberi alla fine del giardino. Sgranò gli occhi e un brivido le percorse la schiena. Guardò meglio ma non riuscì a distinguere niente. Possibile che le parole di Boris fossero riuscite a suggestionarla?
Il braccio di Ryoko le cinse le spalle con fare rassicurante e lei distolse lo sguardo dalla finestra.
-Tutto bene?- le chiese sorridendole amabilmente.
Hilary annuì appoggiandosi alla sua spalla. Che sciocca che era stata, molto probabilmente se fuori si era mosso qualcosa, questo doveva essere stato Sergey….
-Di solito il primo a morire è quello che va a controllare il contatore, ma nessuno se ne accorge mai della sua morte, perché non ce n’è mai il tempo….- continuò Boris.
Ayumi si irrigidì e le lacrime le salirono agli occhi. Si alzò dal divano e corse contro Boris e iniziò a dargli pugni con rabbia.
-Come puoi dire cose così orribili?!- disse con voce acuta e rotta. –C’è un tuo amico lì fuori!-
-Calma Ayumi, Boris sta solo scherzando!- le disse Rei.
Ayumi tirò sul col naso abbassando i piccoli pugni, e fissò lo sguardo rammaricato dritto a terra, sul tappeto bordeaux.
-Boris, ma che film ti guardi?!- chiese divertito Max sedendosi ai piedi del divano. –Potresti lavorare come sceneggiatore per la Fox!-
-Modestamente!- si gingillò Boris ghignando perfido. Ma non era certamente finita lì, non poteva. Non aveva perso d’occhio neanche per un attimo i due ragazzini e la piccola Sayu. Erano trepidanti e vigili, le schiene dei due erano dritte, e lo fissavano a bocca aperta.
A momenti gli avrebbero chiesto loro stessi di continuare a terrorizzarli. Era curioso come la paura cercasse e generasse nuovo terrore con tanto piacere.
-Ma perché ancora non torna?- chiese Ayumi aiutandolo inconsapevolmente ad aumentare la tensione nella stanza.
-Magari l’ha già fatto fuori!- rispose maligno.
Il viso di Ayumi si contorse in una smorfia disperata, e le labbra si strinsero tremanti per trattenere le lacrime.
-Chi?-
Caduti nella sua trappola. La domanda incerta ma allo stesso tempo coraggiosa di Kappa catturò tutti nella sua rete.
Un tuono smosse i vetri delle finestre, mentre il battere incessante della pioggia scandiva i battiti delle sue piccole e ingenue vittime.
-Chi?- ripeté Boris facendo un mezzo sorriso. –Forse non lo sapremo mai…-
Takao sentì la piccola Sayu smettere di tremare.
-Molto probabilmente moriremo tutti prima di scoprirlo! Magari il nostro assassino è già tra noi, si è già intrufolato in casa e ci sta osservando proprio in questo momento, nascosto nell’oscurità di qualche angolo buio…-
La luce del camino sembrò stringersi sempre di più in quel piccolo arco della stanza, riuscendo a illuminare a tento tutti i presenti.
-E si starà chiedendo “Chi sarà il prossimo a morire? Chi sarà la prossima vittima che mi disseterà col suo sangue?”!- continuò.
La porta improvvisamente di spalancò e una folata di vento gelido spense in un istante la luce del camino. Un fulmine accese l’intera vallata e due figure incappucciate si delinearono contro l’arco vuoto della porta.
Un urlo agghiacciante squarciò l’aria.
 
 
 
 
 

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Capitolo 18
*** Non si gira per il bosco di notte ***


18 aoi
Ciao a tutti! Ma che sorpresa tornare e trovare tutti questi commentini commentucci! Ci sono rimasta veramente, non me lo aspettavo!
Adesso però è arrivato il momento di deludervi tutti con un capitolo orrido all’inverosimile. A parte il fatto che è orrendo per come è scritto e che non dice niente di interessante… vabbè, lasciate state, non leggetelo che è meglio -.-…..
L’ultima parte è quella che mi piace meno, ma prima non mi piace lo stesso, ma andiamo avanti!
GANBARIMAAAAAAAAAAAAASU!
XSclrettheart: cavolo, ma lo sai che hai proprio un nome difficile? Ogni volta lo guardo e riguardo dieci mila volta per essere sicura di averlo scritto bene! Claire non lo so neanche io da dove mi è venuta in questo modo, ma di certo io non sono così fuori da mettermi a fare discussioni con uno come yuyu (nooooo ma con le proff si, vero? Ndmia coscienza che riemerge)(vavia! Fuori da questo corpo! Ndme). Wahaha! Grazie mille! Eccoti accontentata e poi delusa! Ciao e kiss!
XKahokosan: ciao! capisco, anche a me è capitato a volte di non poter stare al pc per tutto il tempo che voglio… ah, quelli sì che erano tempi d’oro per il mio cervello!... sclero a parte, si hai azzeccato ;D! claire avrà un altro ruolo nel campionato, e siccome sei stata l’unica a proporre qualche cosa per il campionato, ti anticipo che lei non parteciperà, ma si ritroverà ugualmente a scendere in campo…. (e non contro Yuriy, anzi sarà lui a metterla in mezzo) Ok stop, altrimenti ti tolgo lo sfizio di scoprire perché! quello che per ora mi sta facendo scervellare è la modalità del campionato. Non so se fare a coppie come hai detto tu, se fare squadre da cinque o da sei (con tutti i blaidebreakers insieme come l’anno prima). Prima o poi devo decidermi >
Xgiulytheprincess: ciao, grazie mille ^///^! Si, ci hai azzeccato, sono loro! E poi alla fine si, si metteranno insieme, ma proprio alla fine, forse neanche in aoi aoi ano sora, ma nella prossima… qui inizia a nascere qualcosa, ma viene troncata a causa di forze maggiori ^^ (tu brutta stronza! è perché mio vuoi torturare fino alla morte, non c’è nessuna forza maggior… dnari alla quale viene cancellata la bocca con un colpo di gomma)( u_u ma tu guarda, li molli un attimo e iniziano a sparlare! Che tipi! Ndme).
Xrobertaamatrottole: ciao! grazie mille per i complimenti ^////^ ma non me li merito, non dopo la schifezza che segue soprattutto. Mi fa piacere che ti sia piaciuta claire, inizialmente non era molto popolare. Per i campionati, come dicevo prima a kahoko, non ho ancora ben chiaro come fare le squadre, quindi se vuoi darmi qualche consiglio… e comunque vedremo all’opera la cara claire una o due volte e ci sarà da ridere credo ^^’’’’…. Grazie ancora infinite, ed eccoti servita questa bella delusione che è il capitolo 18°. Buona lettura!
XPilatigirl: non vi aspettate molto da questo capitolo ^^’’’ non è un granché… comunque grazie mille! Un bacio!
XSorriiil: oddio, avrai letto oramai tutta la prima parte! Grazie, mi sconvolge che ti sia piaciuta XD! Grazie anche per il capitolo precedente, figurati che io ridevo come un’idiota da sola mentre scrivevo (sai tipo risata da genio del male, fuori c’erano pure i tuoni XD). Adesso con questo coso brutto che troverai qui sotto scoprirai (quanto io mi sia impegnata a fare schifo… ehm…) come fanno gratta checca e fighetto a salire. Grazie ancora per i complimenti! Un bacio e alla prossima!
XElenasama: ohayo! Ciao! eccomi qui col nuovo capitolo (e fu così che si pentì di averlo pubblicato ndla mia decenza)(ma che mi vengono tutti a trovare oggi?! Ndme ò.o). si boris si presta molto con il suo fascino da bel boy (non era bad? Ndmax)(magari da stronz boy! ^^ ndboris) a queste parti. Non fare caso alla schifezza che c’è sotto, si crede un capitolo ma non lo è! Grazie e un bacio!
Grazie a tutti coloro che leggono, che seguono e che hanno messo aoi nelle preferite!
Un bacio a tutti e alla prossima!!!!!!!!!!!!!!
 
 
 
 
 
 
 
 
18. Non si gira per il bosco di notte
 
Prima un urlo, poi tanti alti che si confusero e si stordirono a vicenda.
Sayu saltò in braccio a un Takao rintontito e disorientato, scoppiando in lacrime.
Kappa cercò di scappare, ma tanto era il terrore che le gambe non risposero e ricadde a terra in preda ad una crisi epilettica. Yuya svenne, Hilary si gettò tra le braccia di Ryoko, Daichi saltò come un gatto sulla testa di Rei che iniziò a brancolare barcollante e cieco per la stanza. Max era rimasto di ghiaccio, Ayumi scoppiò in lacrime e riprese, in un attacco di disperazione, a dare pugni sul petto a Boris che guardava impietrito i due loschi figuri stagliati sulla porta. 
-Te l’avevo detto io che dovevamo prendere a destra! Abbiamo fatto il giro intorno e siamo finiti di nuovo nella casa di quei maniaci depravati!- sussurrò rabbiosa una voce.
-Dai, filiamocela! Se si accorgono di noi questa volta non ci credono che non vogliamo partecipare a qualche orgia….- rispose l’altro con tono seccato.
-Sono seriamente tentata dal lasciati qui e farti violentare da quella grassona strizzata col frustino che ti ha messo gli occhi addosso!-
Improvvisamente la luce tornò dando finalmente un sospiro di sollievo ai ragazzi terrificati nella stanza.
I due sulla porta si fermarono e si voltarono atterriti verso l’interno della casa.
-Kai!?- esalò incredulo Takao con un filo di voce, soffocato dalle braccia di Sayu strette intorno al suo collo.
-Oddio, sono loro!- sospirò Ari sinceramente sollevata di vederli, abbassandosi il cappuccio del kway sulle spalle. –Per un attimo ho temuto che fossero quegli scout psicopatici!-
-Meglio i pervertiti della casa delle orge!- disse Kai mentre un brivido, al solo sentire nominare quei piccoli mostriciattoli sorridenti, gli percorreva la schiena. Avanzò nella stanza togliendosi l’impermeabile seguito da Ari che lo imitò.
-E voi due da dove spuntate?- chiese Rei staccandosi Daichi dalla testa come un cappello.
-Lasciamo stare!- tagliò corto Kai mollando stancamente il borsone per terra insieme al kway che, a quanto pareva, a poco gli era servito a causa del vento. Era completamente trafelato e bagnato, i capelli erano scompigliati e il viso era stanco.
Boris si riscosse e attraversò la stanza muovendosi verso Kai.
Che cazzo voleva dire adesso tutto questo? Che ci facevano lì? Perché gli prudevano maledettamente le mani e aveva la strana voglia di prendere “qualcuno” a pugni?!
Fece per prendere Kai da parte, ma una mano salda e sicura gli afferrò il braccio fermandolo.
Si voltò incredulo verso Ari. Da quanto tempo non vedeva quello sguardo determinato?
Neanche il tempo di riflettere che si ritrovo a terra con la bocca dolente e piena di sangue e la testa che girava.
-Brutto figlio di puttana! Giocami un altro scherzetto del genere, e ti faccio il culo più spaccato di quello di un frocio a furia di calci!- ringhiò Ari furibonda.
Tutti rimasero a bocca aperta non aspettandosi una reazione del genere. Sayu ebbe più paura allora che durante il buio e il racconto di Boris. E Takao aveva rotto tanto le scatole perché mancavano quei due tizzi spaventosi?! Pensò stringendosi di più a lui.
In quel momento arrivò Sergey, con la lampada a gas ballonzolante e bagnato dalla testa ai piedi, che si fermò sulla porta con l’affanno per la corsa e lo spavento per aver sentito le urla.
-Che è succes…- disse, ma gli bastò trovarsi davanti all’improbabile scena per non riuscire più ad articolare una parola.
Boris, seduto per terra, teneva premuta una mano sulla bocca per bloccare il sangue che usciva copiosamente; Ariel era lì, e c’era anche Kai, ma lei, proprio lei, la forte e minacciosa Ariel Mayer era di fronte a lui e guardava con disprezzo Boris, scavalcandolo come fosse solo un insetto disgustoso. 
Entrò ancora troppo incredulo e aiutò l’amico ad alzarsi da terra.
Un bagliore seguito da un boato e poi tutto tornò a spegnersi, lasciando la lampada a gas ai piedi di Sergey come unica fonte di luce.
Ari avanzò indifferente nella stanza togliendosi la maglia nera fracida.
Le sottili e lunghe cicatrici sulla schiena nuda brillarono in quell’attimo sulla pelle bagnata, facendola sembrare mostruosa come uno spirito maligno, tanto da turbare Kai in un modo che non aveva mai provato prima.
La luce elettrica tornò in quell’attimo.
Kai guardò i  due compagni russi accanto a se. Boris si reggeva a Sergey ancora stordito dal pugno. Fece spallucce rivolgendosi a Boris.
-Non fa impazzire anche te quando è così affettuosa?!- chiese sarcastico.
Superò i due. Intanto Ari si era buttata senza problemi sul divano con le braccia allargate sullo schienale e la testa abbandonata in dietro, godendosi finalmente un po’ di riposo.
Takao guardò sbigottito i due amici, stanchi, fracidi, e pieni di lividi e contusioni. Provò a scollarsi Sayu di dosso, ma non gli mollava il collo. Fissava terrorizzata la ragazza che si era appena seduta accanto a loro. Bastò l’occhiata minacciosa di Ari però a farle capire che quello non era più un posto sicuro, e si dileguò per andare a nascondersi dietro Ryoko e Hilary.
-Ma che avete combinato?- chiese Takao prendendo finalmente una boccata a pieni polmoni. –Perché siete pieni di lividi?-  
-Non si vede? Ci siamo dati al sadomaso!- fu la risposta di Kai che lasciò più o meno tutti perplessi. Com’era possibile che nessuno capiva mai quando scherzava?
Ari ghignò buttando indietro la testa e guardando Kai sotto sopra. -Sì, potevamo farci insegnare qualche giochetto prima! Peccato che non ci abbiamo pensato!-
-Di che parlate?- chiese Max.
-Meglio non saperle certe cose, fidati!- gli disse Kai. –Adesso però ho bisogno di una doccia calda…-
-Ti accompagno io!- si offrì cortesemente Hilary facendosi avanti. –Ti mostro la tua stanza e il bagno!-
-Credo che ci sia però un piccolo problema logistico ragazzi!- fece presente Max un po’ imbarazzato. –La camera rimasta è… una!-
-Vero! E nella nostra stanza siamo già in quattro!- disse Hilary.
-Mi sa che dovrete condividere la camera per questi giorni!- continuò Max.
Ari si schiaffò una mano sulla fronte e sospirò esausta. E ti pareva!
-Fa niente!-disse infine scostandosi i capelli umidi dal viso. –Tanto ci ho fatto l’abitudine a svegliarmi con suo brutto muso davanti!-
-Tsz!- fece Kai offeso. –Per quanto vale, è la stessa cosa che stare in camera con un ragazzo!-
-Allora il problema è risolto!- disse semplicemente Rei divertito dai due.
-Ti accompagno, seguimi!- disse Hilary dirigendosi verso il pianerottolo delle scale.
Kai riafferrò la borsa che aveva buttato a terra e passò accanto al divano seguendo la ragazza.
-Alzati da lì che stai bagnando il divano!- disse aspramente Kai rivolgendosi ad Ari che gli rispose con un dolce “Fottiti”. Poi gli occhi gli caddero sulla testa castana accanto alla ragazza, e passò una mano affettuosamente tra i capelli di Yuya, accorgendosi allora dello strano comportamento del ragazzo.
-Penso che sia svenuto!- disse infine mettendo le mani in tasca e seguendo Hilary su per le scale.
Rei e il professore, che aveva appena riacquistato la facoltà di muovere le gambe, sollevarono i ragazzo svenuto per portarlo in camera sua, mentre Ayumi corse incontro a Sergey e gli si gettava tra le braccia piangendo.  
-Allora Ari, che ci racconti?- chiese Max gattonandosi davanti a lei e fissandola con i suoi enormi occhioni azzurri. Improvvisamente tutta l’attenzione sembrava essersi concentrata su di lei.
-Come avete fatto ad arrivare?- chiese curioso Rei trascinandosi dietro pure Kappa. -Le linee dei pullman vengono interrotte col tempo così!-
Ari restò immobile a fissare il camino spento con aria pensierosa.
-Ce la siamo fatta a piedi!- rispose infine con uno strano distacco.
-COSA!? MA SONO 17 KILOMETRI!- urlò incredulo il professore seguendo Rei al piano si sopra.
-In salita…- aggiunse Ari. -… sotto la pioggia… e con quello!-
Max ridacchiò divertito.
Takao si appollaiò meglio sul divano, affondando le gambe nei morbidi cuscini, e prese a fissarla con una faccia sorridente e raggiante.  
-Sono felice che siate venuti!- le disse infine. –E sono ancora più contento di rivederti!-
-Veramente?- gli chiese lei atona senza staccare gli occhi dal vuoto nel camino.
-Certo! Lo siamo tutti!- confermò Max facendole l’occhiolino.
Takao si avvicinò ancora di più al suo viso, scrutandolo curioso come un bambino. I labbro inferiore era spaccato, lo zigomo era gonfio e violaceo e gli occhi erano persi nel vuoto. Il respiro a malapena si percepiva mentre usciva lentamente dalle labbra tumefatte e screpolate.
-C’è qualcosa che non va?- domandò allora.
Lei finalmente lo guardò, spostando lentamente gli occhi scuri nei suoi, poi buttò in dietro il capo contro lo schienale e abbozzò un mezzo sorriso.
-Sei sempre il solito schiocco Takao!-
Takao sorrise e le si gettò addosso con uno slancio che fece finire entrambi di peso sul sedile.
-Anche io ti voglio bene Ari!- disse stringendola forte e strofinando la guancia contro quella di Ari, che storse la bocca infastidita.
-Ehi Takao, vacci piano!- disse Max ridendo.
Takao si sollevò sulle braccia guardando entusiasmato la ragazza sotto di se.
-Adesso che siamo di nuovo tutti insieme potremo fare sul serio a bey! Non vedo l’ora! Voglio fare un incontro con te, e poi uno con Kai, e poi con tutti e due, e due contro due. Sappi che voglio fare coppia con te e poi contro te e Kai! Ti ricordi l’anno scorso che spasso? Quello si che è stato un magnifico incon…. AH!- un pugno improvviso sulla testa lo stroncò.
-Takao!- tuonò Hilary tremando dalla testa ai piedi per l’indignazione. Era appena scena e già se ne stava pentendo. –Non hai alcuno rispetto per la fisicità altrui? Levale le mani di dosso!-
Takao si tirò su a sedere, tenendosi le mani  strette in testa per il forte dolore, con le lacrime agli occhi.
Si voltò furibondo verso la ragazza e le urlò: –MA CHE VUOI PAPERA STARNAZZANTE!?-
-Non te ne sei accorto che le sei saltato addosso?!- sbottò inviperita Hilary.
-E con questo?!- fece presuntuoso Takao.
-È mezza nuda!- lo illuminò allora lei.
Tutti scoppiarono a ridere quando l’espressione del ragazzo si aprì prima alla meraviglia e poi a quella di chi scopre l’acqua calda.
Takao si voltò verso Ari che si rimise a sedere con indifferenza. Passò un braccio dietro lo schienale, rivolgendosi verso la stanza alla ricerca di qualcosa, col il viso tirato e serio.
Il seno lucido e bagnato si baciava nel reggipetto nero. Era mezza nuda! Come mai non se ne era accorto?
Divenne rosso e si ritrasse frettolosamente lontano da lei arrancando verso dietro, rischiando di cadere a gambe all’aria una volta toccato il bracciolo. Perché faceva sempre la figura del babbeo?!
-Scusa, mi dispiace! Io non volevo!- disse imbarazzato. -E poi da dove sono spuntate quelle due cose?! L’anno scorso non ce le avevi?! Ne sono sicuro!-
Tutti rimasero di sasso. Boris gli diede un ulteriore pugno in testa che lo stordì definitivamente.
-Idiota di un nipponskji!- borbottò adirato nonostante la bocca maciullata.
-Dov’è Yuriy?- fu la domanda improvvisa di Ari.
-Beh, veramente…- iniziò Max cercando lo sguardo di Boris che lo evitò di proposito.
-Questa mattina è uscito.- spiegò Sergey.
-Quella pazzoide dell’oca giuliva bionda lo ha fatto incazzare di brutto!- aggiunse sghignazzando Daichi incrociando le braccia al petto. –Era una belva! Ha urlato come un matto e se n’è andato sbattendo la porta!-
Ari aggrottò la fronte e guardò il ragazzino dai capelli rossi appoggiato al camino.
Claire aveva fatto infuriare Yuriy? Che assurdità era questa? Che cosa aveva combinato quella stupida?
-E lei dov’è adesso?- chiese in cerca di risposte.
Daichi aprì la bocca pronto a rispondere, ma la richiuse riflettendoci un po’. –Non ne ho la più pallida idea!- ammise alla fine.
-Vero, dove è finita Claire?- chiese preoccupata Ayumi, ancora singhiozzante tra le braccia del suo ragazzo.
Il silenzio cadde nella stanza. Ari rimase immobile a fissare il vuoto con uno strano presentimento.
-È andata a cercarlo!- ammise Boris in un sospiro confermando quello che stava pensando.
-Cosa!?- esclamò Hilary allarmata.   
Ari si voltò verso di lui con un’espressione indecifrabile sul volto.
-E perché non l’hai fermata?- chiese Max preoccupato.
-E perché avrei dovuto? Tanto sarebbe andata lo stesso, fa solo quello che vuole quella, senza riflettere! E poi non capisco perché devo starle sempre attento io!- si difese il ragazzo. –Non avete idea di quanto sia logorroica! Quella fa passare i guai a chiunque!-
Ari si alzò, e superò i ragazzi.
-Te li faccio passare io i guai ora!- sibilò incollerita passando accanto a Boris. -La stanza?- chiese imperiosa dirigendosi verso le scale.
-L’ultima è quella vostra!- le spiegò Ayumi intimorita.
Ari si fermò davanti al primo gradino e si voltò verso i compagni russi. -Boris, Sergey, seguitemi!-
Ma i due non si mossero. Boris abbassò il capo amareggiato. Sergey si voltò dall’altra parte indurendosi in volto.
Ari aspettò i due per diversi secondi, senza ricevere alcuna risposta.
-Boris!- lo richiamò repentina nascondendo a stento la vena di irritazione che trapelava sul suo viso teso e livido.
-Mi dispiace Ariel, ma io non…- perché doveva dirlo proprio adesso, e proprio davanti a tutti quegli stupidi idioti che lo fissavano? Si fece coraggio e alzò il capo volgendolo dalla parte opposta. –Sono fuori!- ammise infine.
Ari non fece una piega. Ne sorpresa ne disappunto, passò direttamente a Sergey.
-Tu invece?- domandò intransigente al ragazzo biondo e caparbio.
-Dai ragazzi, perché queste facce? Ari, calmati, vedrai che tua cugina starà bene!- cercò di sdrammatizzare Max. Ma Ari gli lanciò uno sguardo di fuoco che lo zittì e si diresse verso Sergey che, con presunzione, continuava ad ignorarla.
Gli di fermò davanti, guardandolo minacciosamente dal basso.
-Mi sapresti dire Yuriy dove è?- chiese Ari arrogantemente.
Sergey strinse i pugni e la bocca si inasprì come se stesse mordendo un limone.
-È qui forse?- chiese sfrontata e velenosa Ari, avvicinandosi ancora di più a lui e fissandolo dritto in faccia.
-A me non pare!- scandì infine. –Adesso muoviti! Non voglio più perdere tempo!- e senza più voltarsi indietro, salì le scale seguita subito dopo dal biondo che non si ribellò anche se si sentiva bruciare per l’umiliazione.
Boris li osservò salire rammaricato. L’aveva ignorato come aveva fatto Yuriy, l’aveva tagliato fuori senza battere ciglio! Quel dolore sembrava squarciargli il petto. Ma cosa si aspettava? Di certo non gratitudine, questo lo sapeva già, ma quello di essere ignorato come se non fosse mai esistito era un supplizio che non era pronto ad incassare.
I ragazzi rimasero in silenzio, preoccupati sia per la sparizione di Claire, sia per lo strano comportamento autoritario e presuntuoso di Ari.
Eppure Boris non poteva restare lì a fare niente. Avrebbe dovuto impedire a Claire di buttarsi nella tempesta, la colpa era anche sua, non potevano escluderlo! Aveva il dovere e il diritto di fare qualcosa per ritrovarla!
Salì al piano di sopra e attraversò il corridoio buio, fino all’unica porta socchiusa dalla quale usciva della luce. Stava per entrare quando sentì la voce di Sergey.
-Non saresti dovuta essere così dura nei suoi confronti!- sentì dire all’amico contrariato.
-Non sono tenuta a discutere con te dei miei atteggiamenti!- rispose secca Ari. –E soprattutto non ho intenzione di mettere in discussione le posizioni di Yuriy, o almeno non per ora!-
Boris aggrottò la fronte appiattendosi contro la porta. Cosa intendeva dire con “non per ora”?
Un senso di inquietudine gli serrò il petto già segnato dal dispiacere. Voleva forse dire…. No, non poteva! Con che pretesto poi?!
Dentro la stanza continuarono a discute.
Sergey incrociò le braccia al petto.
Ari si infilò una maglia asciutta appena tirata fuori dalla borsa di Kai che la guardò contrariato.
-I cellulari non prendono quassù, vero?- chiese Ari tirando fuori i capelli.
-Quasi niente!- rispose Sergey.
-Allora dobbiamo vedere se ha il cellulare con se e tentare nella speranza di essere fortunati! Quante di quelle lampade a gas ci stanno?- continuò la ragazza appoggiando le mani dietro la schiena e sospirando inquieta.
-Tre, compresa quella che avevo io!-
-Bene, ognuno ne prenderà una.- continuò a spiegare Ari con tono autoritario e distaccato. –Voi controllerete nei dintorni della casa se c’è qualche traccia, io andò a cercarla!- terminò. Poi alzò gli occhi sul compagno biondo e un ghigno beffardo e derisorio le comparve sul viso.
-Ti ho deluso vero?- fece velenosa. -Credevi veramente che fossi così incosciente da far rischiare la pelle all’intera squadra per una persona?-
Sergey strinse i pugni incollerito. Non sopportava la sua presunzione, quel suo sorrisetto malevolo, ne l’idea che prendesse il controllo della situazione solo perché Yuriy si era assentato. Era inaccettabile che si permettesse tanto! Yuriy sarebbe tornato, e l’avrebbe rimessa al suo posto!
Ari fece per aprire la porta, ma fu preceduta da Boris che si fece avanti risoluto.
-Vengo anche io a cercare Claire!- disse guardando Ari dritto negli occhi. Ma lei lo ignorò come poco prima e gli passò accanto scansandolo.
Boris le afferrò il braccio fermandola e costringendola a prenderlo in considerazione.
-La responsabilità di quello che è successo è anche mia!- le disse fermo e convinto. –Quindi io verrò con te!-
Lei gli lanciò un’occhiata minacciosa e poi guardò la sua mano stretta sul suo braccio.
-Puoi fare quello che vuoi, non mi riguarda!- gli rispose pacatamente fendendo un altro colpo in petto.
Boris ritrasse la mano ferito e abbassò lo sguardo orgoglioso.
La luce se ne andò di nuovo facendo piombare i quattro nell’oscurità.
-Questa non ci voleva!- disse a denti stretti Ari. –Sergey, va a prendere immediatamente quelle lampade, controlla il contatore e fai accendere il fuoco nel camino!-
Il ragazzo annuì e uscì passando tra i due fermi sulla porta. Prese per un braccio Boris e lo trascinò con se al piano di sotto.
I ragazzi li stavano attendendo con apprensione, ma Sergey chiese loro solo di accendere il camino.
Una volta che arrivarono nello sgabuzzino, il ragazzo mollò Boris e iniziò a cercare a tentoni il ripiano dove aveva visto solo dieci minuti prima le altre due lampade.
-Boris, lo dico per te: stalle lontano adesso, veramente! Sta lontano da lei il più possibile!-
Boris si appoggiò afflitto allo stipite della porta.
Sergey accese la lampada a gas e se ne andò lasciandolo lì nel buio più pesto.
Quando arrivò davanti al contatore constatò che questa volta il problema non era quello. La levetta era ancora alzata e il salvavita non era scattato. Doveva trattarsi si un’interruzione causata dal maltempo.
Tornò dentro casa lottando contro il vento e l’acqua, ignorò le domande di Max e Ayumi, e salì al piano di sopra trovando Ari e Kai nella stanza delle ragazze che cercavano a tastoni qualcosa nei comodini.
-Allora?- gli chiese impaziente.
-La luce è saltata.- spiegò.
-Ok!- disse alzandosi dal letto e facendosi dare la seconda lampada. –Devo salire sul tetto e agganciare una di queste…-
-C’è troppo vento, è pericoloso!- le fece presente Kai.
-C’è bisogno di un punto di riferimento per trovare la casa! Se fossimo arrivati ora saremmo passati dritto!-
-Puoi passare dalla finestra della soffitta!- disse Sergey guadagnandosi un’occhiata ammonitrice di Kai.
Ari uscì nel corridoio e lo attraversò fino ad una porticina in fondo, accanto a quella della sua stanza. La aprì trovandosi davanti una scaletta impolverata e salì.
La soffitta era piena di scatoli e mobili coperti da lenzuoli bianchi e polverosi che sparivano nell’ombra della profondità del tetto a spiovere. Il rumore della pioggia lì era amplificato e il vento ululava forte facendo scricchiolare le assi di legno del tetto e trovando qualche insenatura dove penetrava rendendo l’aria gelida. Un forte odore di polvere e vecchiume infastidiva gli occhi.
Kai la seguì a breve, mentre, individuata la finestrella, provava ad aprirla.
-Fai salire me!- si propose Kai.
Ari si guardò attorno alla ricerca di qualcosa di lungo e flessibile. La cappa del camino saliva poco distante, creando un pilastro di mattoni nella parete accanto alle scalette. 
Afferrò un lenzuolo e aprì la finestra. Il vento irruppe violentemente scompigliando i capelli dei due.
-Ari, salgo io!- insistette Kai provando ad afferrarla per un braccio. Ma lei lo scansò.
-Scordatelo!- disse lei risoluta passando una gamba fuori dalla finestra e arrampicandosi fuori con un’agilità e una sicurezza che non lo rassicurarono lo steso. Rimase al buio.
Dopo poco sentì lo scricchiolio delle assi del soffitto. Di notte, su un tetto spiovente e bagnato, in balia del vento, a dieci e più metri di altezza dopo una giornata passata a camminare sotto la pioggia. Era poco dire che si sentiva il cuore in gola.
Quei minuti parvero interminabili. Ogni passo che sentiva gli faceva venire la tachicardia, e si augurava di non sentirlo sdrucciolare.
Quando tornò indietro e riapparve davanti alla finestra, calandosi dentro nel buio riuscì a distingue la sua sagoma. Sentì gli stivali toccare col pavimento e l’affanno per lo sforzo.
Kai si voltò e scese senza aspettarla. Era infastidito più che mai.
Quando furono tutti nel salone, il camino era acceso e i ragazzi tutti radunati lì, tranne Yuya e Kappa che erano al piano di sopra a riposare.
Kai e Sergey erano appena tornati dalla perlustrazione intorno alla casa. Avevano trovato delle orme che si allontanavano nel terriccio fangoso ad est del giardino, dove iniziava il bosco, ma a detta di Kai erano troppo grandi per essere di Claire.
-E allora di chi sono se non le sue?- chiese atterrita Sayu nascondendosi dietro Takao, aspettandosi molto probabilmente l’arrivo di un maniaco omicida.
-Ma dai Sayu, non starai pensando ancora a quello che ha detto Boris!- la derise Max dandole una pacca sulla spalla.
-Avete dello ad est…- ripeté Ari riflettendo. -Proprio di fronte all’entrata del salone…. Come immaginavo! È Claire sicuro al cento per cento, non si sarebbe mai messa le sue scarpe firmate per andare ad arrancare nel fango e nella terra!-
-Wow! Che intuito!- fece Daichi impressionato.
-Allora io vado!- disse Ari infilandosi il kway.
-Non avrai intenzione di andare lì fuori!- disse Rei allarmato.
Ari gli lanciò un’occhiata di sbieco e avanzò verso la porta.
-No Ari, è pericoloso!- disse Takao seguendola.
-Torno adesso da là fuori, e sono preparata a queste situazioni.- rispose aprendo la porta con fare indolente. –Vi prego di non preoccuparvi e di non muovervi da dove state! Anzi, se volete fare qualcosa di buono, mangiate e andate a dormire!- buttò un’ultima occhiata sui presenti. Kai era l’immagine della disapprovazione. Tirò la porta e la richiuse buttandosi nella tempesta.
-Tornerò….-
 
 
 
 
Camminava oramai da mezz’ora tra gli alberi fitti. La luce brillante riusciva ad illuminare solo nell’arco di pochi metri, barcollando ad ogni suo passo, e creando ombre lunghe e mostruosamente nere. Stava brancolando nell’oscurità più totale, e quella lampada non faceva niente in confronto.
Quel buio profondo a pochi metri da lei si spostava un po’ più in là ad ogni suo passo, mostrandole sempre la stessa immagine di tronchi spessi e minacciosi, radici immerse nel terreno coperto da un sottile tappeto di foglie scure, cespugli, rami che scendevano a tradimento da un soffitto altrettanto nero. Tutto ciò metteva un claustrofobico senso di oppressione. Anche gli occhi ne soffrivano nello sforzo di vedere qualcosa in più, e la pioggia incessante certo non aiutava. Sembrava infinito e impenetrabile quel luogo.
Le membra iniziarono a dare segno di cedimento quando iniziò a intraprendere una piccola discesa.
Avanzò sicura. Era abituata a sforzi ben maggiori.
Il terreno tornò dritto, e procedette con cautela. Ad un certo punto qualcosa di colorato attirò la sua attenzione. Lo vide con la coda dell’occhio alla sua destra.
Alzò il lume verso quella direzione e avanzò con circospezione. Era qualcosa di rosa impigliata tra dei rami bassi.
La luce illuminò un ombrello scoperchiato. Le sue asticelle di metallo luccicante ricurve e affilate sembrava una mostruosa e agghiacciante mano. C’era qualcosa di molto perverso in quello che si trovava davanti ai suoi occhi, qualcosa di spettrale.
Ma era comunque un buon segno: era sulla strada giusta!
Riprese a camminare seguendo quel piccolo sentiero tra le radici degli alberi sempre più intricate e insidiose. Si sorprese che quella sconsiderata fosse riuscita ad arrivare fin lì.
D’un tratto il terreno sotto i suoi piedi sdrucciolò e si sentì cadere nel vuoto. Allungò la mano repentinamente e si aggrappò senza indugio al primo appiglio che trovò. Per fortuna quel ramo era robusto e resistette. Si tirò su riprendendo l’equilibrio imprecando.
Alzò il lume sporgendolo in avanti. Le ombre l’avevano ingannata. Il terreno in quel punto franava ripidamente. Cercò di ascoltare sopra l’ululato del vento che smuoveva incessantemente le fronde degli alberi, e della pioggia che batteva.
Non le sembrava di sentire altro. Non c’era nessuno rumore di acqua che scorreva, ma era comunque poco prudente scendere senza sapere quanto era profondo.
Si sfilò il kway e la maglia. L’aria fredda fendeva la sua pelle che si accapponò.
Annodò le maniche dei due indumenti e poi ad una estremità assicurò la lampada.
Iniziò a calarla nella ripida davanti a se lentamente, sperando che bastasse. Iniziò a respirare affannosamente cercando di trattenere il calore.
Si inginocchiò allungando il braccio e finalmente vide il fondo. Non era molto, forse sei metri.
Tirò su la lampada. La maglia era completamente infangata. Se la annodò sui fianchi e si rimise solo il kway addosso.
Con cautela si lasciò scivolare lentamente di lato, frenandosi con gli stivali e con degli appigli fortuiti, finché con degli ultimi passi non arrivò barcollando sul terreno piano.
Si girò alzando il più possibile la luce.
A quello Claire, per quanto fortunata e accorta, non poteva essere scampata. E infatti dopo poco, abbandonata sotto un cespugli, trovo una torcia elettrica. Si inginocchiò a terra e la raccolse. La accese riflettendo una debole luce arancione.
Seguì la traiettoria e alzò lo sguardo di nuovo verso l’alta ripida traditrice.
Diresse la luce arancione verso uno dei massi ai piedi di essa. Ce ne erano diversi ma quello in particolare attirò la sua attenzione. Si avvicinò e sfiorò la sua superficie con un dito sentendolo viscoso.
Lo portò alla bocca lambendolo con la lingua.
Si voltò di scatto verso l’oscurità alle sue spalle, scrutandola attentamente come se si aspettasse che prendesse forma da un momento all’altro.
Sangue…. Di una persona sana e in forze, a giudicare dal sapore ferroso.
Come conosceva bene lei quel sapore non lo conosceva nessun altro.
Si alzò indolente e sospirò. Poteva anche tornare indietro ora, non aveva più niente da fare lì.
 
 
 
 
L’odore di terra bagnata era impregnato nelle narici, negli abiti, nei capelli.
Sentiva freddo, fin dentro le ossa. Era tutto umido e c’era un continuo scrosciare di acqua, tanta acqua, e il frusciare, come se qualcuno stesse scuotendo senza sosta dei rami. Ma c’era anche un altro rumore, piccolo ma allegro, qualcosa di caldo, luminescente e scoppiettante, lo percepiva. Sì, crepitava pian piano e dolcemente.
Aprì gli occhi. Una sagoma chinata davanti a lei, le dava le spalle.
Si strinse infreddolita e tremò. La pelle era accapponata, fredda, umida. La gamba… aveva un dolore lontano, e la testa….
Ma che stava accadendo? Che modi era quelli di svegliarsi? Perché non era nella sua bella camera da letto? Le tende bianche e fiorite, tirate sulle grandi vetrate che danno sul giardino, che filtrano la pallida luce del sole mattutino in tutta la camera riflettendo sullo specchio della toeletta perennemente piena di trucchi disordinati, e i mobili bianco panna, splendidi… dove erano? Perché non era tra le sue morbide lenzuola al caldo e al sicuro? Perché stava in quello strano posto, seduta per terra e non c’era sua madre? E suo padre?
-Yuriy….- sussurrò piano. –Où suis-je? Où….-
La figura di fronte a lei tornò, come la notte tutta intorno a quel piccolo e tenace fuoco, e il freddo, l’odore di terra bagnata, la pioggia, il rumore e il dolore alla gamba.
Si sentiva la testa stretta.
-Où, Yuriy? Où?-
Una mano si alzò fermandosi sulla sua fronte. Due luminescenti occhi turchesi si fermarono nei suoi. La mano era calda, ne avvertiva il dolce tempore, ma non la sentiva sulla pelle.
Poi si staccò, e anche i suoi occhi, azzurri come il cielo di Francia, se ne andarono.
Claire respirò profondamente. Sentì il tessuto strofinare leggero sul suo seno mentre si alzava e si abbassava.
-Réponse….- lo chiamò. Era tornato sul suo fuoco, ignorandola come sempre.   
-Réponse, s’il vous plait!- la voce le graffiò la gola.
-Ti ho già detto di farti capire quando parli!- la freddò.
-‘Quoi… moi…. Perché non mi capisci…-
Si abbandonò alla parte umida alle sue spalle e restò in silenzio ad ascoltare il frusciare continuo degli alberi e lo scoppiettio timido del fuoco.
Non la capiva, non la vedeva neanche. Che cosa era? Una figura fugace tra le tante altre che gli capitava di incrociare per il mondo? Aveva lo stesso spessore di un’ombra anonima e senza volto?
Perché non la capiva?
-Magari perché parli sempre nel tuo stupido dialetto!- le rispose sprezzante lui.
No, non la capiva, come se fosse avvolto da una spessa lastra di ghiaccio.
-Quale dialetto?- chiese lei stringendosi nelle braccia.
-Vogliamo definirla lingua?- fu la sua risposta velenosa.
-Mangia patate!-
-Mangia lumache!-
-Trangugia vodka!-
-Enofila!
-Pel di carota!-
-Finta bionda!-
Claire indignata restò a bocca aperta.
-Finalmente!- esclamò Yuriy pensando, a torto, di averla zittita.
-Cosa ne può capire un buzzurro delle steppe di stile e buon gusto!?-
Come volevasi dimostrare, non teneva mai chiusa quella maledetta boccaccia petulante. Quanto era presuntuosa!
Yuriy si voltò e la guardò. Neanche dopo una botta in testa gettava la spugna quella!?
-Dove siamo?- gli chiese.
-Al riparo…- rispose vago gettando qualche ramo nel fuoco.
-Come hai fatto ad accenderlo? È tutto bagnato!- notò, sorprendendosi lei stessa per non averlo neanche pensato.
-Con wolborg.-
-Cos’è?-
-Il mio beyblade…-
-Ah, sì certo!- fece lei annuendo assecondandolo come se fosse un matto.
Yuriy tornò a guardarla infastidito da quel tono impertinente.
Si stava guardando le unghia delle dita, magari per controllare che non si fossero spezzate.
Yuriy sbuffò seccato e decise di ignorarla.
Claire gli lanciò un’occhiata di sottecchi, mentre tornava a girarsi e a darle le spalle.
Che tipo però! Ma d’altronde se non fosse stato così snob e altezzoso non le sarebbe mai piaciuto, no?!
Aveva addosso solo la maglia nera, e cercava di asciugarsi tenendo alte le mani sul suo piccolo focolare.
Claire alzò una mano e se la portò alla fronte per scostare quella cosa che le stava premuta sulla testa, ma quando la toccò si accorse che non era la frangia. E poi che cosa aveva addosso? Distese il braccio guardandosi. Era una felpa arancione….
Si guardò attorno. Erano sotto una sporgenza della roccia, grande abbastanza da formare una insenatura bassa e riparata, illuminata flebilmente dal fuoco poco distante da lei. La sua mantellina rossa e il suo maglioncino verde erano infangati e messi in un angolo insieme allo zainetto….
Con un dito alzò il colletto della felpa che aveva addosso e guardò dentro lo spiraglio. Lo richiuse immediatamente irrigidendosi e arrossì furiosamente.
Oh buon Dio! L’aveva spogliata! L’aveva vista in reggiseno!
Si strinse istintivamente spingendosi con le gambe verso la parete alle sue spalle, fissando il ragazzo che le dava le spalle.
Si sentì morire. Ma perché l’aveva fatto!?
I capelli rosso vivo risplendevano alle fiamme, mentre la pelle pallida sembrava più rosata al fuoco.
Portò di nuovo la mano alla testa passandola tra i capelli umidi e scompigliati.
-Cosa è successo?- chiese timidamente.
-Vorrei saperlo io da te!- le rispose gelido. –Che intenzioni avevi girando nel bosco con questo tempo e col buio?-
Claire abbassò il capo mortificata. Era andata a cercare lui, ma non aveva il coraggio di dirglielo, l’avrebbe derisa, l’avrebbe presa per una stupida, sciocca ragazza… forse avrebbe capito troppo se avesse ammesso la sua preoccupazione, e non aveva intenzione di esporre i suoi sentimenti col rischio di essere messa in ridicolo.
-La mamma non te l’ha insegnato che non si gira per il bosco di notte? Sai che ci sono i lupi che mangiano le belle bambine dal cappuccetto rosso?- (mi suona tanto di indecente! :3 mo le salta addosso e la violente! buahahaha Ndme sporadica che ora se ne torna nel suo angolino a sbavare)
Claire alzò gli occhi su di lui timorosa. Yuriy si voltò leggermente, quanto bastava per tagliarla col suo sguardo di ghiaccio.
-Allora?- la spronò. –Che fai? Hai perso la lingua?-
Claire si strinse le ginocchia al petto mentre le lacrime le salivano agli occhi. Non faceva altro che ripetersi stupida! Quanto era stata stupida?! Sapeva di esserlo e basta, con mille ragioni che ancora doveva definire, ma si sentiva una schiocca.
Yuriy sbuffò seccato e tornò a farsi gli affari suoi.
-Scusa!- la voce tremolante e impastata. Gli occhi erano più lucidi e riflettevano i giochi delle fiamme. Non aveva mai visto quegli occhi così, li aveva solo sognati, erano vivi. Era abituato a vedervi solo la morte brutale sanguinolenta.  
Ma la timidezza e il rimorso che vi scorse lo disincantò. Quelli non erano gli occhi di Ariel!
Quella era solo una ragazza impaurita che si era persa nel bosco. Doveva smettere di pensare ad Ariel, ora non era più compito suo!
Perché, chiese una vocina maligna nella sua testa, quando mai hai pensato a lei?
Perché se l’era presa tanto da cacciare via Boris? Era veramente a causa della disattenzione inaccettabile dell’amico, o era qualcosa di più meschinamente egoista che richiamava l’orgoglio ferito? Sperava che scegliesse lui tra i due, non poteva negarlo, si era sentito tradito! Ma da quando aveva dato il passo ai sentimenti penalizzando la razionalità?
Forse da sempre, forse l’aveva sempre fatto…. Eccolo il suo grande errore, eccolo il suo senso di colpa, la sua inettitudine.
Afferrò la borsa della ragazza e tirò fuori dei piccoli pacchettini.
-Tieni, mangia qualcosa!- le disse porgendole una brioche.
-Non ho fame!-
-Mangia!- ripeté spazientito.
Claire allungò la mano tremante e la afferrò per poi tornare a nascondersi dietro le ginocchia.
-Cosa ho alla testa?- chiese timidamente rigirandosi la merendina tra le mani senza alcuna intenzione di mangiarla.
-Delle bende, le ho trovate nel tuo zaino. Hai sbattuto la tempia, niente di grave…- spiegò lui.
Niente di grave?! Che razza di definizione aveva lui per “niente di grave”?! Claire aggrottò la fronte continuando a girare la brioche tra le mani.
-Perché non sei tornato?-
-Perché avrei dovuto?-
-A causa del tempo, del buio….- rispose lei distrattamente.
-E tu perché sei uscita?-
-Avevo paura che ti fosse successo qualcosa…- ammise amaramente, distogliendo lo sguardo dalla brioche che aveva tra le mani e posandolo su di lui.
-Boris non te l’ha detto che me la so cavare in situazioni simili?- chiese velenoso. Cosa c’era? Invidia? Gelosia?
Claire non rispose. La stava veramente tartassando senza pietà.
Aveva freddo, si sentiva tremare, la felpa era umida e non sapeva che rispondere a Yuriy. Stupida Claire! Come si potava aspettare che lui apprezzasse un gesto tanto folle?
Era partita per andare ad aiutarlo e alla fine era stato lui a soccorrerla! Non poteva dargli torto se ora la vedeva come una ragazzina incapace e debole.
La sua attenzione fu catturata nuovamente dai suoi indumenti sporchi di fango buttati nell’angolo.
Il dolore alla testa aumentò.
Nonostante quella mattina lo avesse fatto infuriare, Yuriy si era preso cura di lei.
Sebbene potesse sembrare crudele, ma avrebbe potuto benissimo ignorarla o comunque, per scrupolo di coscienza, portarla lì senza avere tanta accortezza da toglierle i vestiti infangati, darle la sua felpa e di fasciarle la testa.
Solo adesso capiva le parole di Boris quando diceva che Yuriy si prendeva cura di loro.
Forse non avrebbe mai capito veramente quei ragazzi. Era troppo lontana da loro, si sentiva frivola e sciocca.
Loro sapevano veramente che cosa era l’amicizia, lei lo stava scoprendo solo adesso. E anche in quel momento, vivendolo sulla sua pelle, stava imparando qualcosa di nuovo.
La responsabilità che legava Yuriy ai suoi compagni andava ben oltre il beyblade. Lui si era soppalcato il compito di prendersi cura di loro. Le pareva di vederli gli occhi oliva di Boris mentre le parlava di lui, anche quando le aveva detto che l’aveva cacciato, erano ammiranti e rispettosi.
Riusciva a capire quanto fosse veramente speciale e splendida quella persona che aveva davanti, o ne percepiva solo un piccolo, misero riflesso? Sarebbe mai stata capace di ammiralo in tutta la sua bellezza? Ma d’altronde, non si può guardare il sole direttamente ad occhio nudo. Solo un’altra stella ne sarebbe stata capace, e lei di certo non lo era….
-Yuriy….- lo chiamò flebilmente. –Scusa per oggi! Non avrei dovuto farti arrabbiare….-
Yuriy non rispose.
Dopo un po’ le si sedette accanto e appoggiò la schiena stanca contro la parete alle loro spalle e chiuse gli occhi.
Claire rimase incantata a fissare il suo profilo bellissimo ma dovette abbassare subito lo sguardo.
Aveva buttato tutto quello che aveva per realizzare quel suo sogno, e adesso si rendeva conto che questo era irraggiungibile. Ma ora mai era in gioco, e avrebbe dovuto continuare fino alla fine, no? O avrebbe sacrificato tutto per niente! Irrealizzabile o meno avrebbe continuato a sperare i questo amore nel quale era rimasta intrappolata.
-Comunque ciò non toglie che io abbia ragione: non avresti dovuto trattare così Boris!- precisò subito. Non voleva certo che fraintendesse, lei era più che convinta di quello che aveva detto quella mattina! Nulla al mondo le avrebbe fatto cambiare idea!
Yuriy strabuzzò gli occhi incredulo. Ancora con quella storia!? Ma allora lo faceva apposta!
Si voltò pronto a replicare, ma lei lo precedette.
-Ariel ha una maglietta simile alla tua… anzi no, è uguale!- notò passando da un argomento ad un altro con una facilità disarmante.  
Yuriy la guardò storto. Forse l’aveva fatto di proposito per evitare di tornare su quell’argomento. Tanto meglio!
-Sì, è uguale. Glieli compro io i vestiti…-
-Cosa?! Veramente? E perché?- chiese Claire stupita.
-Lei non si è mai posta il problema. Come puoi immaginare, uscirebbe in mutante se non trovasse ogni volta dei vestiti nell’armadio. Non si chiede neanche da dove spuntino! Forse pensa che si rigenerino da soli per magia, visto che li riduce a brandelli.-
Claire annuì. Effettivamente Ariel aveva una grande abilità per quello.
-Quando prendo qualcosa lo prendo sempre anche per lei. Avevo chiesto a Boris di farlo, neanche a me piace perdere tempo in mezzo ai vestiti, ma lui se ne è spuntato con un paio di mutante e un completo preso in chissà quale disgustoso sexy shop!-
Claire rise nascondendosi dietro una mano. Si, era proprio da Boris!
-Comunque è molto carino quello che fai!- ammise lei sorridendogli. –Effettivamente, ora che mi dici così, anche la felpa arancio è uguale a quella rossa che ha lei. Però d’ora in poi non ti devi più preoccupare di questo, ho pensato a tutto io!- concluse orgogliosa.
-In che senso?-
-Visto che domani è il suo compleanno le ho fatto un regalo: un guardaroba nuovo!-
Yuriy aggrottò la fronte immaginando di già la sfilza infinita di vestitini di seta, fiori e tante altre cose graziose che Ariel avrebbe sicuramente aborrito.
-Non apprezzerà neanche il pensiero!- disse beffardo.
-E invece le piacerà sicuramente tutto!- rispose sicura Claire.
-Fidati…-
-Sono certa ti dico!- ribadì tenace Claire. Come poteva mettere in discussione il suo buon gusto per la moda?!
Yuriy ghigno maligno.
-Scommettiamo!?- propose infido.
-Ok! Tanto perderai di sicuro!- accettò d’impulso Claire.
-Non esserne tanto certa!- la avvisò con una luce sinistra negli occhi.
-Cosa ci giochiamo?-
-Se perdi farai tutto quello che ti dico senza discutere! Quindi se ti dico di stare zitta, tu non dovrai fiatare!- disse trionfante. Sarebbe riuscito finalmente a tenerla in pugno quella fastidiosa ragazzina.
-Allora per me lo stesso! Se perderai, e perderai, starai a ogni mio ordine senza discutere e mi darai ascolto anche quando ti parlerò della tua benedetta squadra di trottole!-
-No, questo non…-
-Che fai, ti tiri indietro?- insinuò lei sorridendo sorniona. –Yuriy il Grande ha paura di perdere?-
-No, hai ragione, tanto non rischio niente! Accetto!-
Yuriy le porse la mano e Claire la strinse ingenuamente, facendolo ghignare malignamente. Non si rendeva conto di aver stretto un patto con un diavolo quella piccola e dolce creatura?
Claire ricambiò con un sorriso vincente.
Rimasero in silenzio per un po’. Claire si stava gingillando troppo per quella situazione. Non era mai stata così vicina a Yuriy, ne aveva mai goduto di tanta confidenza. Era una contentezza così intima e profonda che riusciva a stento a nasconderla dietro quel sorrisetto compiaciuto.
-Quella si mangia, mi pare!- disse Yuriy notando che la brioche ruotava allegramente ancora tra le mani della ragazza.
Claire sbuffò e le sue guancie si gonfiarono come un palloncino, donandole un buffo aspetto infantile. –Neanche tu stai mangiando mi pare!-
-Non ho fame!-
-Bene, neanche io!-
-Tu devi mangiare!- insistette Yuriy.
-No se non mangi anche tu!- rispose Claire incrociando le braccia al petto.
-Smettila e mangia!- si incaparbì lui. Se gli avesse risposto ancora gliela ficcava con la forza in bocca quella stupida brioche!
-Mangia anche tu!- continuò lei senza demordere.
-Ma perché sei così testarda? Tu neanche con la febbre addosso molli! Devi sempre replicare, vero?- le disse irritato. Poteva mica veramente farla  mangiare con la forza! Assolutamente no, lei era pur sempre una ragazza, ma si sarebbe volentieri fatto denunciare per violenza e maltrattamenti per togliersi lo sfizio di insegnarle a non rompere le scatole continuamente.
Prese la borsa e tirò fuori una brioche addentandola.
-Contenta!? Ora mangia!- disse dopo aver buttato giù quel disgustoso boccone.
-Io non ho la febbre!- fece lei in risposta.
-Non vorrai discutere pure di questo adesso!- esclamò esausto Yuriy.
-Ma io mi sento bene! Come fai a dire che ho la febbre?-
-Va bene! Febbre o meno mangiati quella dannata brioche francese! E tanto per la cronaca, la prossima volta che vieni a cercarmi in un bosco porta qualcosa di decente…-
-A Boris piacciono tanto!- precisò lei.
-Allora la prossima volta portami qualcosa che non gli piaccia!-
-Non ci contare, non ci sarà una prossima volta…-
-Non mi verrai a cercare?-
-Non ti farò incazzare!-
-Questa me la scrivo per la prossima volta, ficcanaso!-
-Non sono una ficcanaso!-
-Si!-
-No!-
-Impicciona!-
-Scorbutico!-
-Pettegola!-
-Isteric…-
Un boato rimbombò basso e lento in tutta la valle, come se si fosse scocciato anche il cielo di sentirli battibeccare.  
Claire sbiancò per la paura e tremò. Quasi si era dimenticata che fuori imperversava la tempesta del secolo.
Yuriy ghignò di piacere. Finalmente si stava zitta!
Diede un altro morso alla brioche e buttò giù. Era proprio orrida quella cosa!
-La prossima volta che ti fai una scampagnata e ti porti delle scatolette di tonno, ricordati di portare anche degli strumenti chiamati posate, grazie!- fece sprezzante approfittando di quel momento di distrazione della ragazza.
Claire si stinse le ginocchia al petto e mise il broncio. Ma possibile che non ne facesse una buona? Le brioche non gli piacevano, le posate le aveva dimenticate! E che cavolo!
-Ti ho già detto che non ci sarà una prossima volta!-
-Già, hai ragione!- disse compiaciuto Yuriy. -La prossima volta non ci sarà perché sarai la mia schiavetta personale!-
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** Le mutande di Kai ***


19 aoi
Ciao! che ci faccio già qui? Bella domanda! ^^ mi sto prendendo una pausa di concentrazione: il 9 ho l’esame di giappo, e indovinate quello che so! niente, bravo il mio kaiuccio ^^! (ma io non ho detto niente! ndkai)(non kaiuccio tu! Il mio -.-…. Ndme)
Comunque, kaiucci a parte, ho deciso di scrivere questo capitolo per era già appuntato da tre capitoli e volevo pubblicarlo così mi liberavo la mente permettendomi di ripassare seriamente.
Lo so, lo so non disperate, ma devo, non posso fare altrimenti u_u… (e vai! ndtutti i personaggi festeggiano allegramente, tappi di champagne saltano, uno prende in fronte yuya, la musica parte e tutti si danno alla pazza gioia)
Okay, dopo questo festino possiamo tornare a noi…. Volevo ringraziarvi tutti e avvisarvi che ho deciso come fare questo campionato!
Oddio e adesso come faccio a rispondere a tutte?!
Allora rimbocchiamoci le mani e via!
Xelenasama: ecco l’aggiornamento ^^! E grazie per il capitolo precedente, effettivamente la parte di kai e ari me l’ero pensata per bene e infatti non era quella a preoccuparmi, ma era quella claire yuyu e la parte di mezzo con sergey e boris. ma se mi dici così mi rassereno! Poi l’ho riletto e non era malaccio, non molto lontano a quello che volevo, anzi forze è stato meglio così. Grazie ancora e un bacio!!!!
Xscarlett: si possono modificare il nikname, basta inviare un messaggio all’amministrazione, ora non ricordo bene, ma è tra gli annuncio nell’homepage, guarda bene. Wahaha! No, non ho guardato nessun hentai XD! E poi il nostro takichan è fatto così, godiamocelo finché possiamo, fidati! Un giorno questo ragazzo si darà alla perdizione! Per quanto riguarda kai, dici che è strato troppo gay con yuya O.o? oddio, io volevo dare l’idea di un affetto fraterno! XD sarà a causa di yuya?!  
Ecco un altro capitolo ^^ e grazie mille! Fammi sapere, un bacio!
XSorriiil: perché kai le vuole “così tanto bene” e si preoccupa per lei? Forse si, è un misto di senso di colpa (quello che l’ha spinto ad aiutarla) e di affetto un po’ nuovo e un po’ vecchio che risale all’infanzia. Non so se ti è capitato, ma alcuni bambini che hai conosciuto ti restano nel cuore, anche se non vi potevate definire amici o non lo siete più. a me è capitato spesso, cambiando scuola. ^^ lo so è strano, ma è una bella sensazione! Comunque grazie, non pensavo che claire e yuriy mi sarebbero usciti così comici insieme XD! Grazie ancora e alla prossima! Ti assicuro che ci sarà da morire dalle risate, questa volta ari la combina proprio grossa… baciozzo!
Xgiulytheprincess: ciao! si yuriy si prende cura di lei, ma solo perché lo deve fare, o almeno fino ad ora è stato così. Claire si, è molto determinata, come ari d’altronde, e quando fa la parte dell’oca giuliva forse da il meglio di se stessa XD! Grazie e alla prossima! Kiss kiss!
XPilatigirls: ciao! ma me la levate una curiosità? Cosa significa pilati? Comunque grazie mille! Continuate a seguire, anche se adesso dovrò assentarmi, tornerò! Ciao e un bacio!
Xrobertaamatrottole: veramente uno dei migliori!? *_* grazie! Si kai che si preoccupa di qualcuno, strano vero? Ma io non potrò mai dimenticare il dopo kai/brooklin quando il ciccio attraversa il corridoio e mi muore sospirando “Takao!!!”  *ç* che delirio! Comunque se mi continuate a ripetere che quei due sono perfetti insieme mi fate cambiare idea e vi sorprendo con un bel colpo di scena con una max-claire!ok ok no, scherzo XD! Giammai! Oramai è tutto programmato, pure le nozze! Wahaha! E poi se mi dici “yuri al servizio di claire” più che da ridere mi viene qualche idea pervertita delle mie °ç°.... Per quanto riguarda il campionato, beh, la takao-ari era certa come la morte (per motivi che si svilupperanno in seguito) e anche la daichi max, mentre claire non parteciperà, e poi ho già deciso la modalità perfetta, quindi non mi devo più scervellare.
Grazie mille e alla prossima!
Xkahokosan: ohayo! intanto grazie per avermi messa tra le scelte, sei stata carinissima! non me l'aspettavo, grazie ancora, sei stata troppo buona!! Poi mi fa piacere che sia risultato divertente il capitolo precedente, anche se inizialmente non mi convinceva molto. Si, l’entrata la volevo ad effetto, wa povero boris! takao e ari sono proprio carini insieme (cosa è quello sguardo perverso?ndboris), ho già in mente cosa combinare con quei due wahaha! E si, forse quella di hilary era gelosia, chi lo sa!
Per quanto riguarda claire, beh, vedremo. Comunque, vince l’uno o vince l’altra la cosa si fa interessante lo stesso. Tu  cosa hai capito quando ho detto che la francesina rimarrà coinvolta comunque? Dimmi che sono curiosa :D! comunque grazie per la dritta, hai perfettamente ragione, a coppie è più romantico, anche se la mia intenzione sarebbe stata eventualmente farle a tre, ma le squadre da sei sono mille volte più divertenti! Hai ragione! arigaougozaimasu ^^! La tua proposta ha passato il vaglio e diventa legge! Okay, torniamo in noi tutti quanti! Grazie ancora e un bacione! Ciao!
Xcherry: ciao! ma non ti devi preoccupare! non fa niente! intanto grazie mille per i complimenti, ma non devi, mi lusinghi troppo! Per quanto riguarda takao ho deciso di fargli prendere una bella sbandata che vi lascerà tutti di stucco! Wahaha! Per la takao hilary la strada è ancora lunga!
Mentre ari non so precisamente che cosa l’abbia smossa ad andare a cercare claire, ma non di certo l’affetto… e claire adesso dovrò vedere come farla muovere nei suoi confronti. per le squadre ho deciso di seguire il tuo consiglio, effettivamente è la cosa migliore, i bei squadroni da sei, e poi deve succedere di tutto! Vediamo, che cosa ti posso anticipare… bo! Diciamo che già parlando della sbandata di takao ho detto già molto, ma posso aggiungere che c’è di mezzo anche quella pestifera di ari, ma questo mo rimando ai prossimi capitoli, più o meno prima dei campionati.   
Spero di aver detto tutto e che questo capitolo non vi lasci troppo nell’aria visto che aggiornerò tra due settimane.
Un grande bacio a tutti!!!!! A presto!!!!!
 
 
 
 
 
 
 
19. Le mutande di Kai
 
L’aria umida e fredda gli fendeva la gola ad ogni respiro, gli accarezzava la pelle del viso, mentre si insinuava timidamente anche sotto la maglia.
Alzò gli occhi verso l’alto, oltre le fronde degli alberi, continuando ad avanzare sul piccolo sentiero tra radici sporgenti, sassi e terriccio. Il cielo era tinto in una tenue punta d’azzurrino, limpido e puro.
Era sempre stupendo il cielo dopo la tempesta, lasciava il candore nell’aria e tutto venisse pulito proprio come doveva essere al principio. 
Quell’aria fredda poi era così squisita, non come quella secca della Russia. Lì sentiva l’odore di terra umida, del risveglio delle piante, dei fiori, del muschio. Lì c’era quel profumo di vita che solo in piena estate si poteva apprezzare nella sua patria. E i rumori, anche quelli non esistevano, c’era solo il suono incantevole di quel magnifico sprazzo di cielo. Avrebbe voluto fermarsi, i suoi passi interrompevano quella melodia. Ecco, un rumore c’era allora e non avrebbe voluto causarlo.
Sì, forse era quella l’aria che si respirava all’inizio del mondo, quando ancora l’uomo non l’aveva segnato col proprio peccato e con la corruzione. Un’infinita e splendente alba, un risveglio placido e rigoglioso come quello di un bambino.
Il turchese del cielo si confuse con i suoi occhi. Solo in quei momenti poteva trovare quel risveglio platonico. Quando mai lui era stato bambino! Quando mai lui aveva potuto apprezzarne la dolcezza spensierata di quegli attimi? 
-Yuriy…-
Strinse le mani intorno alla ginocchia e tirò su con un leggero strattone intorno alla vita.
-Ma… tu sei sicuro di farcela? Non sono troppo pesante?- gli chiese di nuovo Claire.
Eppure quella questione l’aveva chiusa prima di partire.
-Torno a ripeterti di no!- disse con un accenno d’impazienza che doveva servire a farle capire che non aveva intenzione di discutere.
Claire gli strinse le braccia attorno al collo e si nascose imbarazzata dietro la sua spalla.
Quella situazione la metteva a disagio. Come poteva starsene tranquillamente sulle sue spalle? Si sentiva un peso enorme per lui, e non solo in termini di kili.
-Non irrigidirti troppo che mi scivoli!- le disse gelido ad un certo punto.
Claire arrossì. Non riusciva a capire che cosa le stesse prendendo. Avrebbe fatto i salti di gioia se, ai tempi, fosse successa una cosa del genere con Daniel DeBouden; si sarebbe goduta la cosa dall’inizio alla fine, anzi, era più che certa che si sarebbe slogata la caviglia di proposito pur stargli così appiccicata. Ed era certa che sarebbe stato ancora più idilliaco con Yuriy. Si, insomma, quando mai gli era stata così vicino da poter sentire il suo profumo direttamente dal suo collo e dai suoi capelli, i suoi stupendi capelli rosso fiamma…. Forse questa sarebbe stata l’unica volta nella sua vita che avrebbe potuto godere di questa grande e bellissima occasione. E lei? E lei si sentiva a disagio! Anzi no, era lui che la metteva a disagio.
Come le faceva strano però ripensare a Deniel. Era la prima volta che le tornava in mente dopo tanto tempo con i suoi capelli scuri, e quel sorriso sicuro e smagliate. Sì, era bello, ma Yuriy…. Batava la pelle diafana di Yuriy a far apparire insignificante uno come Daniel, solo la pelle.
Un sorrisetto ebete le comparve sul viso, e la stretta rigida intorno al collo del ragazzo divenne un abbraccio confortevole.
Si rilassò e chiuse gli occhi mentre le tornava in mente il ricordo di quel giorno, nella corsia del reparto di pediatria in quell’ospedale canadese. Era così bello, così altero e splendido.
Avrebbe voluto baciarlo già solo per il grande rispetto che le infondeva. Avrebbe voluto baciare quel candido collo scoperto e accarezzare il suo viso.
Dio, Yuriy, ti amo! Glielo avrebbe voluto urlare.
Aprì gli occhi e lo osservò rapita. Quanta fierezza poteva scorgere in quegli occhi e con quanta fermezza fissavano il cammino davanti a se.
Pesava? Sicuramente si, forse pensava che era una cicciona grassona che si fa solo di brioche, ma lui non dava a vedere niente, era freddo come il ghiaccio. Forse per questo si era sentita in imbarazzo. Forse si era concentrata troppo su se stessa. E poi lui le aveva detto che era abituato a portarsi anche Boris sulle spalle, e Boris era pur sempre un bel ragazzone alto e impostato anche più di lui, che poteva essere lei a confronto?!
E allora perché non approfittarne per osservarlo senza preoccupazioni per una volta? Perché non godersela? Certo, sarebbe stato ancora meglio se avesse potuto giocare con i suoi capelli, ma di certo si sarebbe accorto del suo strano comportamento….
E pensare che quella notte avevano dormito così vicini! Era proprio angelico quando dormiva… sì, era rimasta sveglia per un bel po’ a fissarlo! Era da maniaci ossessi forse, ma chi non lo sarebbe diventato con uno come Yuriy accanto. Era certa che tutto il mondo fosse soggetto al misterioso fascino di quel ragazzo, non poteva essere altrimenti!
E poi nessuno riusciva ad essere stupendo anche quando perdeva le staffe, si innervosiva, diventava impaziente o ghignava. Lui sì! Lui aveva questo potere.
Quando gli alberi iniziarono a diradarsi comprese che quel momento idillico stava volgendo già alla fine, e la vista della casa fu una tragedia. Perché!? Mondo crudele!
Maledetta realtà e maledetto mondo pieno di gente e di cose! Lei voleva restare ancora sola con il suo Yuriy!
Non appena arrivarono nel giardino Claire si dovette rassegnare. Era stato bello, ma almeno era stato!
I passi di Yuriy risuonarono nel silenzio mattutino sui gradini di legno, e la porta fu aperta.
Un sole nitido rischiarava il salone attraversando le finestre. Sul divano c’era qualcuno che riposava ancora profondamente. Tutto appariva dormiente in quella casa, solo il fiacco e debole fuoco, oramai quasi spento sembrava essere sveglio dopo una notte passata ad ardere.
Sul divano erano appisolati Takao, Max, Sayu e Daichi, l’uno sull’atro. Sulla poltrona invece riposava Rei. Magari erano rimasti lì a causa del maltempo.
Era tutto estremamente tranquillo in quella casa senza le loro voci e la loro allegria.
Salì al piano di sopra e la portò nella sua stanza. Lì c’erano Ayumi e Hilary che riposavano accucciate sotto le coperte.
La fece scivolare sul suo letto, e non appena toccò con il materasso morbido sentì un’enorme stanchezza avvilupparle le membra. Aveva bisogno di dormire, di darsi una sistemata, anzi no, solo chiude gli occhi e continuare a sognare.
Yuriy scosse Ayumi leggermente e la ragazza sussultò aprendo gli occhi e guardandosi attorno confusa. Non appena lo riconobbe saltò subito in piedi e lo abbracciò con slancio.
-Yuriy, ma dove…- gli chiese sciogliendo l’abbraccio e guardando con preoccupazione il ragazzo, che impassibile le fece segno di abbassare la voce.
-Occupati di Claire!- le disse soltanto.
Ayumi appena le disse così si accorse della presenza della ragazza e si sentì sollevata. Aveva avuto tanta paura per l’amica. La sera prima quando Ari era… già Ariel, lui non ne sapeva niente.
-Yuriy, Ari…-
Yuriy sbloccò nel centro della stanza.
Ariel era sulla porta ad attenderlo.
Claire guardò incredula la cugina. E lei che ci faceva lì? Non doveva essere chiusa in una stanza con Kai? Già, quel tipo, magari l’aveva ammazzato…. Forse Boris l’aveva fatto di proposito.
Ari sembrava impenetrabile, non si riusciva a capire che cosa stesse pensando, ne parve sollevata o sorpresa quando vide lì la cugina. Si girò e scomparve.
Yuriy la seguì immediatamente. 
Avevano da parlare.
Entrarono in una camera vuota, quella di Max e Rei.
Ariel attraversò la stanza fermandosi davanti alla finestra e si soffermò sul giardino in basso, ma senza realmente vederlo.
Yuriy poté notare il livido sullo zigomo destro portato con disinvoltura, osservandola in silenzio.
-Quando sei arrivata?-
-Ieri sera.-
Le spalle dritte e fiere non potevano non risaltare all’occhio, come la grande determinazione e l’espressione dura sul suo volto. Non nascondeva i segni della stanchezza, ma li domava, come aveva sempre domano tutto di se stessa. Il dolore, la fiacchezza, l’odio e il disprezzo, pronta a liberarli nei momenti e nei modi che lei riteneva opportuni. La macchina perfetta, eppure senza essere sottoposta a esperimenti come era successo a lui.
E tanto controllo l’aveva visto sparire non appena aveva messo piede a scuola. Poche volte le era successo di non averlo, ma solo perché non provava niente, semplicemente non c’era stato più niente da controllare. Era la morte che aveva visto in lei quelle poche volte nel monastero, come se tutto il resto che mostrava al di fuori di quei momenti fosse solo una maschera, la stessa andata in frantumi dopo l’ultima battaglia.
Ma allora dove l’aveva ripresa se era andata distrutta? Da dove veniva quella maschera uguale alla vecchia?
Che l’azione di Boris fosse funzionata? Che avesse avuto effetto? L’involucro era comunque segnato da quella stanchezza, ma i suoi occhi bruciavano sommessamente, questo non poteva negarlo, era tornata.
-Boris non è più in squadra, lo sai?-
-La cosa dovrebbe interessarmi?- replicò lei spietata spostando gli occhi su di lui.
Sentì lo stomaco contorcersi in un impulso di repulsione a tanta arroganza. Sì, era di nuovo lei! Rimase impassibile anche se gli venne difficile. C’era abituato ai suoi modi, ma questa volta era troppo personale la questione.
Boris aveva sbagliato, vero, non c’era ragione che teneva, ma non c’era riconoscenza alcuna in lei. Era cinica e ostinata nel non volergli riconoscere neanche quel sacrificio.
Restava il fatto che a causa sua, lui aveva perso il suo migliore amico. Gli bruciava maledettamente che l’amico avesse scelto lei, e l’indifferenza di Ariel era una beffa nei confronti suoi e di Boris.
-Che vuoi che ti dica, che mi dispiace?- continuò con voce trascinata notando il fremito nauseato delle sue labbra sottili. -Ha sbagliato, visto che il giudizio e la decisione sul da farsi spettavano a te. Non si meritava altro!-
Yuriy strinse i pugni e storse la bocca inorridito davanti a tanto cinismo.
-Sono stata debole in modo vergognoso, io stessa nella tua posizione non avrei avuto nessun tentennamento a eliminare un tale peso…-
-Non l’avrei fatto, ti avrei aiutato!-
-Mi sembra quasi eretico quello che stai dicendo.- fece lei in risposta secca e intransigente.
Maledetta macchina senza anima!
Si scostò dalla finestra con un movimento deciso e gli si fermò davanti.
Era cambiata ora, c’era un tono di rimprovero e intolleranza che vi si poteva leggere sul volto.
-Da quello che ho potuto constatare…- iniziò grave inchiodando gli occhi scuri nei suoi. -…i segni della debolezza sono evidenti, e non è certo stata la mia inettitudine a causarla.-
Fece una pausa, ma non si attendeva una reazione. Non c’era veleno nelle sue parole, solo osservazioni pure e semplici.
-La squadra quasi non esiste più Yuriy! Sergey non risponde agli ordini, Boris ti è sfuggito deliberatamente. Come mi spieghi questo?-
Yuriy non rispose, abbassò il capo amareggiato. Ariel aveva perfettamente ragione, quella faccenda aveva messo a nudo la reale condizione della squadra.
-Vedi di recuperare le redini della situazione o mi troverò costretta ad intervenire!-
-Non lascerò mai il comando a una come te!- senza pietà, cinica e subdola. Troppo egoista per poter guardare al bene della squadra. Yuriy non poteva accettarlo!
-Questa è una decisione che non rientra nelle facoltà di un capo senza potere.- lo zittì intransigente. I suoi occhi lo scrutavano severi.  
-Comunque sia…- continuò. -…non mi ritengo responsabile delle azioni di Boris, e non posso fare altro che complimentarmi con te, una volta ogni tanto hai agito nel modo giusto!-
Lo schiaffo arrivò repentino e crudo.
Non ci vide più. Yuriy perse il controllo. Lei! Lei che faceva la predica a lui! Come si permetteva tanto dopo essersi dimostrata tanto debole da dover avere bisogno dell’aiuto degli altri? Come si permetteva di giudicare le sue azioni?
Ari rimase con gli occhi sgranati nel vuoto, avvertendo il bruciore lampeggiante sulla pelle della guancia offesa.
-Non giocare troppo con me Ivanov!- sibilò minacciosa, mantenendo il controllo. –Ricordati che la tua posizione è già in bilico!-
-Falla finita Ariel!- ringhiò Yuriy.
Ariel fulminea tornò su di lui.
-Se ti manca il tuo amichetto, perché non vai da lui?!- disse ora velenosa e tagliente. -Tanto i precetti li hai andati tutti a puttane!-
-I precetti Ariel?! Tu parli delle regole?!- disse furente. -Sei stata la prima di tutti a non avermi mai dato ascolto!- Ci dovresti essere tu fuori dalla squadra!
-Tu per primo sei stato a non avermi mai rivolto la parola!- gli rinfacciò aspramente colpo su colpo, esasperata, esplosero come se quelle parole fossero state trattenute per anni.
Yuriy si zittì per la sorpresa di quella confessione.
Ari distolse lo sguardo iracondo e la gola si fece improvvisamente secca, incredula lei stessa di quello che aveva appena detto. Da dove le era uscito quel rancore? Era sempre stata più che felice di non ritrovarsi Yuriy tra i piedi, di essere considerata la pecora nera del gruppo, meno c’era e meglio era per tutti. Era troppo indipendente per stare agli ordini di Yuriy. Cosa era quella… confessione? Era stata una confessione? No, non poteva essere!
Si sentì scoperta, troppo a causa di quelle parole.
-Scusa, forse ho parlato troppo. Me ne vado….- disse a disaggio scansandolo e andando verso la porta.
Le afferrò un braccio, quello tornato fasciato, e la fermò.
-Sono anni che cerco il tuo perdono.- disse asciutto Yuriy.
-Del mio perdono non te ne fai un cazzo!- disse sprezzante. Ancora con quella vecchia storia, non lo sopportava quando usciva quella faccenda passata oramai da anni!
-Hai ragione, avrei dovuto rimediare piuttosto.- disse umilmente Yuriy abbassando il capo.
Due braccia la cinsero da dietro, stringendola come se ne avesse bisogno, di protezione, di dolcezza.
-Levati di dosso deficiente!- si divincolò immediatamente infastidita, allontanandolo con uno spintone e con un tono di rimprovero e di disapprovazione.
-Dobbiamo ricostruire la squadra, non perdere tempo con le tue solite smancerie!- lo rimproverò dura. -Intanto iniziamo col riprendere in squadra Boris… e non fare quella faccia. Non mi importa niente di lui, ma non posso lasciare quell’incapace nelle mani di Claire, e tu… beh, sei proprio patetico!- smorzò quando vide una sottile sorpresa attraversagli gli occhi.
-E poi non voglio che tutto l’affetto in esubero lo scarichi su di me!- continuò contrariata. -Prenditi di nuovo Boris e facci i tuoi giochetti omosessual…-
Ma Yuriy le tappò la bocca con la sua con lo stesso slancio col quale l’aveva abbracciata. Lo spinse via di nuovo e si pulì il muso con il dorso della mano.
-Smettila, idiota! Abbiamo faccende serie…-
Però Yuriy questa volta la bloccò con un gesto fulmineo, passandole un braccio intorno al collo, e bloccandole il polso nel pugno, stringendola a se per non la sciarle scampo.  
-Ah, perché, adesso non ti posso baciare quanto e quando voglio? Che novità è questa?- chiese ghignando subdolo costringendola, nonostante i suoi tentativi di defilarsi e di allontanarsi, ad alzare il viso verso il suo.
Ariel provò di nuovo a parlare, ma la zittì con un bacio a stampo e continuò con una lunga serie, apposta per impedirle di proferire parola. Ogni volta che ci provava le dava un bacio sulla bocca, e questo la stata irritando, lo si notava dalla piccola piegolina comparsa sulla fronte.
Poi sulle guance, sulla fronte, su tutto il viso, divertito dalla sua impazienza e soprattutto dal suo modo infantile di rifiutare quei baci, di storcere il naso, disgustata da tanta affettuosità.
-Ti avevo detto di sfogare il tuo affetto perverso su Boris!- sbottò furente riuscendo finalmente a fare una frase completa senza che lui la interrompesse.
-Anche tu te ne meriti un po’ del mio affetto perverso!- le disse sghignazzante.
Dopo tutto si era dimostrata molto più umana di quello che si aspettava. Doveva ammetterlo, ma l’aveva sorpreso! Forse non gli aveva fatto male passare un po’ di tempo con Kai, anche se erano stati quanti? Tre giorni? Boris ci aveva visto così giusto?
-Grazie per il pensiero…. ma…. nessuno te l’hai chiesto!... smettila cazz… non respir….- cercò di articolare sempre più scocciata Ari.
-E tu dammi un bacio!- disse Yuriy fermandosi finalmente e guardandola in viso. Era arrossato, ma non di certo a causa sua ne dell’imbarazzo. Era i suoi baci che la stavano soffocando e si stava incazzando.
-Manco in punto di morte!- rispose lei assottigliando gli occhi minacciosa.
-Allora io non ti mollo!- disse lui con voce trascinata tornando a baciarla su tutto il viso.
Ari cercò di nuovo di spingerlo via e divincolarsi, ma sembrava fatto di marmo.
-Smetti…. Sei disgustoso…- spirò a stento lottando con tutte le sue forze per non morire soffocata. Ma che male aveva fatto per dover avere a che fare con un cretino simile!?
Yuriy smise ma non la lasciò, tenendola incatenata ancora a lui. Si abbassò sul suo orecchio e sospirò piano.
-Perché non mi baci?- disse con una chiara nota di tristezza nella voce che lei non percepì.
-Che schifo, Yuriy ti prego!- fece lei indignata.
Yuriy la mollò e cancellò quell’attimo di malinconia che gli aveva offuscato per un attimo gli occhi.
Lei si allontano di qualche passo e si fermò apposta per guardarlo con disapprovazione. Si diede un tono e si voltò per andarsene.
-Comunque non dire ancora niente a Boris!- gli disse fermandosi davanti alla porta. -Sono proprio curiosa di vedere che cosa combineranno quei due!-
-Non cercare la mia complicità in queste cose, lo sai che non la troverai!- la ammonì tornando gelido come sempre.
-Uffa! Fa niente!- fece Ari delusa facendo spallucce.
-Perché hai i vestiti di Kai addosso?- chiese notando solo ora lo strano abbigliamento della compagna. Effettivamente le mancava solo la tanto celebre sciarpa bianca.
-Perché ho a che fare solo con idioti, ecco perché!- spiegò lei con una punta di irritazione. Più che per la cattiva organizzazione dimostrata da Boris e Kai, quello che le dava fastidio era l’atteggiamento di quest’ultimo.
-Quel ragazzino viziato!- disse sprezzante uscendo e trovandoselo proprio davanti.
-Chi sarebbe il ragazzino viziato?- le chiese Kai incorniciando le braccia al petto.
-Tu, stupido!- gli rispose lei senza peli sulla lingua.
-Non sono viziato! Te li presto pure i miei vestiti, ma per principio me lo devi chiedere!- fece Kai pronto ad affrontare la stessa discussione della sera prima, quando l’aveva vista per l’ennesima volta frugare tra le sue cose con disinvoltura, mettendo tutto a soqquadro.
Yuriy rimase basito a guardare i due.
-E perché dovrei?- chiese Ari scandalizzata.
-Perché sono cose mie!-
-Cose tue?! E che è ‘sta novità?- fece lei mettendo le mani sui fianchi.
-Si chiama proprietà! Ce l’hai questa strana concezione del mio, tuo e loro?!- fece tagliente Kai.
Ari alzò un sopracciglio scettica.
-E quindi?-
-Semplice! Mi pare che noi due siamo persone distinte e separate, che tu non sia né mia sorella né mia moglie, quindi levati il vizio di trattare le mie cose come se fossero tue!- disse tutto d’un fiato, irritato da tanto menefreghismo.
-Hai finito?- fece invece lei facendolo stizzire maggiormente.
Kai digrignò i denti e decise di chiudere lì la discussione. Non valeva la pena perdere tempo con quella lì! Si voltò e se ne andò indignato, per scendere e farsi quattro passi, ma il mormorio sfrontato di Ari lo fece bloccare.
-Come hai detto, scusa?!-
-Egoista, viziato di merda!- ripeté lei senza problemi.
-E lo sai che me ne faccio delle tue preziose cose?!- continuò prendendo la direzione opposta a quella del ragazzo. -Le prendo e le butto tutte ne cesso!-
-Cosa?!- chiese incredulo Kai. Ma quella era scema?
-No, nel cesso no che lo otturi!- si premurò immediatamente di dire Yuriy affacciandosi nel corridoio.
-Allora dalla finestra!- fece seria Ari entrando nella sua stanza.
Kai rimase a fissare il corridoio vuoto a bocca aperta.  
-Ti conviene muoverti, non sta mica scherzando!- gli disse Yuriy appoggiato allo stipite della porta, sghignazzando divertito. Ari faceva più che bene secondo lui, una bella lezione a quel Kai ci voleva proprio.
Quando avverti il rumore di una finestra che si apriva Kai non ebbe più dubbi, quella era deficiente!
Prese una corsa ed entrò nella sua stanza appena in tempo per vedere una sua maglietta volare sparire fuori dalla finastra e Ari che infilava candidamente una mano nel suo borsone tirando fuori qualcos’altro. La prese per la maglia e la spinse con forza facendola barcollare.
-Adesso vai e riprendi quello che hai buttato di sotto!- le disse scandalizzato da un comportamento tanto infantile.
Ari lo spinse a sua volta e fu pronta a ributtarsi sul borsone, ma Kai le bloccò il polso.
-Basta adesso! Non è divertente!- disse scocciato.
-Ma io non lo faccio per divertirmi!- rispose lei.
-Allora smettila che sembri una cretina!-
Kai la spinse via di nuovo e prese il borsone, lo chiuse e lo appoggiò sul suo letto. Tornò a voltarsi verso di lei e incrociò le braccia con presunzione.
-Adesso vai a prendere quello che hai buttato fuori!-
-Vacci tu!-
-No, ci vai tu! Tu l’hai buttato fuori e tu vai a riprenderlo!- fece sempre più incredulo per quello strano comportamento infantile.
Ari rimase immobile lanciando ogni tanto qualche sguardo alla borsa dietro Kai, come se avesse intenzione di prenderla per continuare.
A un certo punto iniziò a trafficare con la lampo dei pantaloni e se li tolse con tutti gli scarponi sporchi ancora ai piedi, tutto questo sotto lo sguardo attonito di Kai. Che aveva in mente adesso?
Li appallottolò e gli sorrise malignamente. Allungò un braccio e li gettò dalla finestra.
Kai rimase a bocca aperta come un ebete. Ma Ari non rimase con le mani in mano, ne approfittò di quel suo momento di distrazione e si gettò sul suo letto per prendergli il borsone, ma non appena tirò la cerniera se lo ritrovò addosso. Lo schivò per un pelo e saltò sul letto di fronte, ma lui fu ancora più veloce e la afferrò per una gamba facendole perdere l’equilibrio. Ricadde sul letto per pura fortuna e strinse il borsone, mentre Kai provava a tirarlo dall’altra parte.
Yuriy si affacciò appoggiandosi pigramente allo stipite della porta.
-Che scena patetica!- disse sbadigliando osservando i due litigare.
-Vai a farti fottere!- gli disse Kai, anche se non era poi tanto sicuro se fosse riferito a lui o a Ari che tenacemente non mollava.
A un certo punto, tira di qua e spingi di là, Kai mollò tutto in una volta la presa e si piegò a terra in ginocchio tenendosi stretto le mani là sotto, sbiancando come un cencio.
Yuriy sbarrò gli occhi preoccupato, mentre l’amico provava a riprendere fiato.
-Porca puttana!- riuscì solo a soffiare a denti stretti. 
Ari si rimise in piedi a aprì finalmente il borsone con disinvolta, come se non gli avesse appena dato un calcio ai gioielli della famiglia Hiwatari.
-E non fare tante storie!- disse lei buttando fuori un paio di mutante. –Che vuoi che sia!-
Kai rimase immobile per diversi secondi mentre cercava di controllare il dolore.
Yuriy si ritrasse intimorito e fece segno alla compagna di squagliarsela immediatamente.
Lei guardò prima il rosso e poi Kai piegato a terra. Due occhi indemoniati incrociarono i suoi e mollò il borsone e i calzini, che finirono a terra, e spiccò una corsa fuori dalla stanza.
Un urlo famelico e assetato di sangue riecheggiò per tutta la valle. Stormi di uccelli presero il volto impauriti.
-IO TI AMMAZZOOOO!!!!-
Molti nella casa si svegliarono di soprassalto guardandosi confusi attorno. Ayumi e Claire, nel bagno, si scambiarono uno sguardo atterrite.
Kai uscì come una bestia dalla stanza, percorrendo il corridoio come un treno in corsa.
Ari era già sulle scale, ma Kai l’aveva già raggiunta. Si gettò dal quinto gradino finendo con un tonfo a terra, ma quando si rialzò andò a sbattere contro qualcuno che gettò per aria e riprese a correre.
Questo qualcuno, che per la cronaca era il povero e assonnato Boris, fu travolto per la seconda volta dalla furia cieca di Kai e finì col sedere per terra.
Ari saltò sul divano, senza afferrare nessuna delle teste che lentamente stavano riemergendo, e atterrò davanti al camino, ma incredibilmente si ritrovò Kai tanto vicino che per poco non la afferrò per i capelli.
Fece il giro intorno alla poltrona dove ora Rei stava aprendo gli occhi, oramai in preda al panico. Il cinese buttò un urlo atterrito aggrappandosi alla poltrona quando si trovo davanti un Kai furibondo e in preda ad un raptus omicida che sembrava avercela con qualcosa dietro di lui.
-Dai, non te la prendere, non l’ho fatto apposta!- disse Ari scansando a stento una sua mano artigliata.
-Non l’hai fatto apposta!?- disse ancora più furibondo Kai.
Rei si scansò appena in tempo, Kai saltò sulla poltrona come se lì non ci fosse stato nessuno, e con un balzò arrivò dall’altra parte. Ari corse verso l’uscita e si buttò fuori spalancando la porta, con Kai alle calcagna che sembrava avere intenzione di sbranarsela.
La calma tornò nella casa, mentre i due sparivano nel bosco.
I ragazzi si guardarono sbigottiti senza capire cosa fosse successo.
-Ma che cazzo…- fece Boris rialzandosi da terra e massaggiandosi il sedere.
-Ma che gli è preso a quei due!?- fece Takao per la prima volta veramente sveglio di prima mattina.
-Oh mio Dio! Che risveglio ragazzi! Un altro del genere e muoio!- soffiò Rei terreo tenendosi una mano sul cuore.
 
      
 
 
Corse a perdifiato senza avere il coraggio di voltarsi indietro. Non ce n’era di bisogno, avvertiva la sua presenza come se fosse lui il leone e lei la povera gazzella prossima alla fine.
Scansò alcuni alberi e evitò per miracolo di inciampare in certe radici, sperando solo che le pigliasse lui!
Il terreno si fece scosceso e iniziò a saltare da una ripida all’altra, finché non si trovò davanti ad un lago.
Corse fino a che poté, ma una volta arrivata sulla riva rallentò sfinita e si voltò.
Anche Kai era oramai allo stremo delle forze, avevano corso per almeno mezz’ora, ma lo sembrava meno più di lei.
Si, era decisamente più forte a giudicare dai passi che fece verso di lei, mentre Ari era costretta ad arrancare sempre più vicina alla riva. Era debole, sentiva le gambe tremare e a stento la sorreggevano.
Si fece sempre più vicino, scosso dall’affanno. Ari lo guardò con odio sfidandolo a farsi avanti.
Furono l’uno davanti all’altra per diversi secondi senza fare niente, e lei in effetti non aveva intenzione di fare niente, non ce la faceva neanche a muovere un dito.
Kai sollevò le braccia e la spinse con le ultime forze che gli restavano, e lei finì direttamente col sedere in acqua.
-Brutta stronza!- soffiò debolmente Kai arrancando verso di lei, finendo pure lui con i piedi a mollo, e spingendola ancora con l’intenzione di farla finire completamente sotto, e magari affogarla.
Cadde in ginocchio su di lei e le premette le mani sulle spalle facendola finire completamente in acqua.
La mollò e si tirò a sedere lì a fianco riprendendo fiato. Tutta la furia omicida e la rabbia gliela aveva fatta sbollire nella corsa quella bastarda.
Lei si tirò su a fatica tossendo e sputacchiando acqua che le era finita pure nel naso.
-Ma quanto… cazzo… corri?- le chiese guardandola.
Ari buttò indietro la testa puntando i gomiti sul fondo ciottoloso, ma non gli rispose, era proprio senza aria. Era stremata, cavolo pretendeva? Aveva passato di nuovo la notte in bianco, proprio come la precedente, e non certo per la preoccupazione.
Kai restò a guardarla. L’acqua le arrivava al petto e i capelli erano immersi, ondeggiando lentamente. Spostò lo sguardo più sotto, sulle cicatrici sulle gambe e sulle ginocchia e sgranò gli occhi.
-Ma quelle sono le mie mutante?!- chiese incredulo osservando i boxer neri addosso alla ragazza.
Ari alzò un sopracciglio e sbuffò seccata.
-Se vuoi te li ridò!- disse ad un certo punto allungando una mano e infilando il pollice sotto l’elastico, come per sfilarsele.
Kai si irrigidì e la guardò male.
-No, no! Te le puoi tenere, non le voglio più!-
-Sicuro?- domandò lei facendo leva sul lieve imbarazzo che il ragazzo riusciva a nascondere a stento.
-Te le regalo!- disse esasperato lui alzandosi.
Ari lo osservò incuriosita.
-Dove credi di andare?- gli chiese mentre faceva un passo.
-A darmi una sistemata! E quando torni a casa passi a raccogliere quello che hai buttato fuo…-
Venne afferrato per un braccio e spinto con forza in acqua, questa volta finendoci completamente. Quando riemerse si scostò i capelli dal viso, trovandosi la faccia ghignante di Ari davanti che gli faceva una smorfia idiota e un gestaccio col dito medio accovacciata sulla riva del lago.
-Scordatelo babbeo!- gli disse per poi mollarlo lì e svignarsela a grandi passi. Ma Kai non aveva intenzione di fargliela passare liscia e, di nuovo, infuriato riprese a correrle dietro e lo avrebbe fatto finché tutte le sue cose non fossero state rimesse al loro posto!
 
 
 
 
 
 
 
 
Ok! avete letto anche voi quest’ultima parte. Io stavo morendo dalla voglia di trasformare tutto ciò in qualcosa di romantico e spinto, si insomma, ero fortemente tentata, e nella mia testa cercavo di farcela entrare con tutto il resto della trama, ma mi avrebbe scombussolato tutta la storia che segue. È troppo presto per una arikai, soprattutto per qualcosa di così romantico. Figuratevi, non gliela da per tutta questa fan fiction! (evviva!!!!!ndboris)(ma quanta finezza!ndyuriy-.-)(già gia!). comunque dopo aver resistito ho concluso con una bella scenetta. Spero che risulti un po’ tutto divertente, che la discussione ari yuriy sia stata interessante e che gli sproloqui si claire su quanto è bello yuriy, come è splendido yiriy e yiriy quanto è yurioso eccetera, non vi abbiano annoiato!
Come potete già notare da qui l’atteggiamento di ari è cambiato, e con kai soprattutto che istintivamente uscirà la sua parte sopita di bambina pestifera.
Adesso vi saluto veramente e vi lascio! Al prossimo capitolo!!!!!!!!!!!!!!!
Un bacio a tutti coloro che seguono! Grazie a tutti!!!!!!
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Vodka alla menta ***


20 aoi
 
 
Rieccomi dopo un tempo infinito! Ho dato l’esame di giappo!!!! Ragazze che gioia!
Il 14 ho fatto l’orale e adesso sono di nuovo qua per vostra sfortuna! Wahaha!
Comunque, in questi giorni non sono riuscita a buttare giù una riga! Ero terrorizzata!
Mi sono detta “non è che mi è venuto il blocco dello scrittore!?”. Ero disperata, anche perché avevo dieci mila idee in testa, tutte così strette che si stavano confondendo tra di loro! Stava uscendo una bella frittata!
Così ieri pomeriggio ho deciso di buttare giù qualche dialogo di qualche scenetta che in particolar modo mi entusiasmava, e che troverete sicuramente nel prossimo capitolo, e mi sono sciolta un po’. Poi faccio per chiudere e una frase mi balena in mente… erano le due di notte -.- e si sono fatte le cinque del mattino prima che la smettessi di scrivere, quindi se ci sono cose strane e frasi sconnesse perdonatemi, neanche ora sono abbastanza lucida da poter rileggere e correggere. Questa notte ho lasciato la serranda alzata e non l’ho potuta abbassare stamattina, quindi ho dormito con l’alba nella stanza perché ovviamente l’ingegnere che ha disegnato questa casa ha pensato bene che rivolgere le stanze da letto ad est fosse un tocco veramente originale e che a tutti fa piacere svegliarsi col sole in faccia. Ok, stringendo il concetto è che non ho dormito per niente, ma fa niente, sono entusiasta lo stesso perché questo capitolo era così incasinato che non sapevo da dove partire.
Sto divagando ora! Voglio le patatine fritte!
Tornando a noi voglio ringraziare tutti coloro che leggono e seguono.
E ora tutti coloro che recensiscono!^^
Kahoko! Ma insomma, mesi fa mi hai proposto per quel concorso e io non me ne sono neanche accorta?! Sono veramente imperdonabile! Cattiva pinca! Scusami, me ne sono accorta solo qualche giorno fa! mi potrai mai perdonare!? Grazie mille, veramente non me lo aspettavo, ma non sai che grande regalo mi hai fatto! Grazie ancora mille! Ti dedicherei questo capitolo, ma non so che impiastro ne sia venuto fuori, quindi forse è meglio aspettare che io ritorni nella decenza ^^’’’!
Un bacione immenso!
Lumik, elenasama, soriiil grazie infinite per i commenti e scusate se non ho lasciato neanche un commentino commuentuccio ai vostri ultimi aggiornamenti, ma non ne ho avuto il tempo. Comunque ho letto lo stesso e vi prometto che tra oggi e domani recupero per quanto mi è possibile. Gomenasai!
Pilatigirls, Robertalovetrottole, scarlet e signora huznestova grazie mille, mi fanno sempre felice i vostri commenti! cherry ho letto il commento in return e ti volevo ringraziare e anche chiederti: ma quando torni ç_ç? quando ti liberi?
Scusate se non vi rispondo una per una, lo farò nel prossimo aggiornamento, che spero di riuscire a fare a breve.
Un bacione a tutti e buon capitolo!!!!!!!!
 
 
 
 
 
20. Vodka alla menta
 
Quella giornata si poteva tranquillamente dire che fosse iniziata male, e che stesse continuando anche peggio per Kai.
Dopo che era tornato dall’inseguimento, i vestiti che quella svitata gli aveva buttato fuori dalla finestra se li era dovuti andare a raccogliere lui, e per di più si era dileguata con la scusa che era stanca e voleva riposare, lasciandolo solo in balia di Takao che, non appena li aveva visti, aveva iniziato ad assillarsi per fare qualche incontro.
Aveva passato tutta la mattinata a fare lanci e incontri, e sarebbe stato quasi idilliaco se non fosse stato per quell’oca pettegola che lo fissava con insistenza e cercava di estorcergli qualche informazione sulla cugina. Lui le aveva già risposto che non c’era niente da dire, che cosa voleva di più?!
Per l’ora di pranzo fecero una pausa e tornò in camera sua, dove trovò tutto chiuso e immerso nel buio. Ari era buttata sul suo letto, ma non stava dormendo, anche se non gli aveva rivolto la parola.
Tanto per cambiare si ritrovò di nuovo Claire tra i piedi, ma questa volta non sembrava interessata a lui, grazie a Dio!
-Buon giorno mia cara!- disse aprendo le imposte delle persiane e illuminando prepotentemente la stanza a pieno giorno, cosa che irritò Ari che fino a pochi minuti prima se ne era stata nella pace e nel buio più totali.
-Joyeux anniversaire!- disse con la sua acuta e irritante vocina da papera piazzandosi davanti al letto della cugina. –Alzati! Oggi è il tuo compleanno, è un giorno speciale!-
Ari si alzò a sedere e giunse le mani accanto al viso con un’espressione gioiosa. –Veramente?!- chiese esaltata.
Claire annuì contenta della bella reazione che aveva avuto la ragazza.
-Ma bene!- fece infine Ari facendo sparire il finto sorriso e tirandosi su le coperte per tornare a coricarsi. –E chi se ne frega!-
Kai sghignazzò e si sedette sul letto per osservare la scena. Imperdibile!
Claire afferrò le coperte e le tirò via scoprendo Ari che rimase immobile sul materasso, molto probabilmente per l’incredulità.
-Alzati, devi festeggiare! È una bellissima giornata e non puoi passarla a letto!- starnazzò Claire.
-Restituiscimi le coperte!- le ordinò Ari tirandosi su, ma Claire la ignorò e se le appallottolò goffamente tra le braccia.
-Oh, insomma! No che non te le ridò! Ti piace giocare tanto con le trottole, fallo! Fa qualcosa che ti piaccia almeno oggi!- disse uscendo dalla stanza e portando le coperte con se.
Ari guardò perplessa Kai seduto sul letto di fronte che sghignazzava divertito. Lui si strinse nelle spalle e accavallò le gambe.
-Che ti posso dire? Buon compleanno!- glielo disse facendole intendere che quello sarebbe stato un giorno d’inferno per lei!
E infatti dopo pochi secondi sua cugina tornò nella stanza trascinandosi dietro una grossa valigia blu scuro. La mollò a terra, rigirandola per trovare la cerniera dalla parte giusta.
-Questo è il mio regalo per te! Da una che ha classe da vendere ricevere un regalo del genere è come fare un terno al lotto!- disse fra l’affanno, scostandosi dal viso con gesti impazienti alcuni fastidiosi ciuffi di capelli sfuggiti al morbido chignon. 
Aprì il bagaglio e si alzò tenendosi la testa dolorante, mostrandole il contenuto. Per la cronaca la ragazza, nonostante la febbre, se ne girava per casa da quella mattina con la sua vestaglietta svolazzante rompendo le scatole alla gente e soprattutto a lui.
-So per certo che ti piacerà tutto, ma vedi di apprezzare! Ho fatto una scommessa con Yuriy e se lo farai diventerà il mio servitore personale! E un’occasione d’oro come questa non possiamo certo lasciarcela sfuggire!- concluse accattivante, ma non ce n’era bisogno, la cugina sembrava già dalla sua parte. Per la prima volta quelle due sembravano andare molto, ma molto d’accordo, tanto che Kai si sentì intimorito in mezzo a quelle due femmine malefiche.
Si scambiarono uno sguardo complice tipico di chi ha un carattere e un modo di fare molto affine.
Yuriy aveva fatto male i suoi calcoli quella volta, decisamente!
-Allora, mi sono buttata su un genere croftiano, si insomma, tutto molto pratico e indistruttibile!- spiegò marcando soprattutto su quest’ultima parola. –Ma al tempo stesso molto femminile! Stile tosto ma non troppo, molto da avventuriera… come te insomma! Qui c’è una minima parte, diciamo rappresentativa. Non potevo certo portarmi dietro tutto l’armadio!- continuò ridacchiando sotto lo sguardo perplesso di Kai e di Ari che, per quanto la riguardava, non aveva mai visto una valigia più piena di quella, anzi, non aveva mai visto tanto panni!
-Jeans, pantaloni, shorts, tute, maglie, lupetto, canotte… sì, di tutto!- continuò lei come in preda al delirio. –Tutto rigorosamente con colori poco vistosi, tranne il rosso, che ti sta bene…. Blu scuro, nero, grigio.... Poi ho pensato anche alla biancheria!- aggiunse lanciando un’occhiata sdegnosa ai boxer da uomo che Ari aveva addosso.
Kai stava iniziando ad odiare seriamente la sua voce. Ma quanto parlava?!
-Partiamo da qualcosa di sportivo per gli allenamenti, a qualcosa di classico in vari modelli, tutto in nero, ma se vuoi posso procurarti altri colori! La misura dei vestiti dovrebbe essere perfetta, ho provato tutto io, ma credo che sia meglio che tu metta qualche kiletto su, altrimenti addio sedere e tette!-
-Grave perdita!- convenne Kai in vena di sfottere.
Ari lo fulminò con un’occhiataccia.
-Si, infatti!- convenne Claire che invece non aveva notato la vena sarcastica, presa come era ad illustrare tutto il suo bel lavoro. -Quello che devi provare sono gli stivali e le scarpe! Non sono sicura che la misura sia proprio quella giusta!- continuò tirando fuori uno scatolo e porgendolo alla cugina.
-Inoltre ho pensato anche al beblybed… la trottola insomma!- e tirò fuori qualcosa in cuoio da uno scatolo e glielo porse. –Era una fondina da spalla, sai quelle per le pistole, e l’ho fatta modificare! Si mette a zainetto...- ma si interruppe notando che Ari l’aveva messo con la praticità con la quale ci si infilano un paio di mutante, mentre lei ci aveva messo mezz’ora per sistemarselo. –Si, esattamente! E poi ho preso anche qualcosa per coprire quell’orrenda cicatrice sul braccio! Fattelo dire mia cara, senza offesa, ma è veramente di pessimo gusto lasciarla in bella mostra, e anche le bende, evitale! Comunque prova gli stivali!- le disse infine girovagando stralunata per la stanza alla ricerca dell’uscita. –Io vado a cercare Yuriy! Sii credibile per favore…-
Sembrava non voler più smettere di parlare tanto che, uscendo, per poco non prese la porta di faccia. La sentirono allontanarsi nel corridoio chiamando a gran voce il rosso che dopo poco rispose con un “Che vuoi!” molto seccato.
Dopo poco tornò con a seguito Yuriy che sbuffando si appoggiò allo stipite della porta infilando le mani in tasca.
Claire era più che esaltata, e non nascondeva il sorrisetto soddisfatto e fiero a Yuriy che urlava a gran voce vittoria.
Si voltò con una graziosa piroletta verso la cugina, e con un sorriso le chiese col suo marcato accento francese: -Allora Arièl? Come vanno gli stivali?-
-Si, sono della mia misura!- disse spiccia e indifferente alzandosi e battendo i talloni per terra. Le arrivavano a metà polpaccio, avevano le allacciature ad anfibi militari ed erano neri. Una ottima fattura senza ombra di dubbio.
-Si devono ammorbidire un po’!- aggiunse Claire per poi voltarsi verso il rosso aspettando la sua reazione. Ma lui non sembrava per niente impressionato, anche se doveva ammetterlo, si aspettava vestiti frufru, ma questo non lo preoccupava assolutamente.
-Allora?- lo incalzò lei.
-Allora niente, non mi pare che abbia appr…-
-Grazie!-
Il silenzio cadde nella stanza.
Kai guardò scettico Ari che a partecipare a quella farsa le veniva proprio male, mentre di solito era veramente brava a prendere per il culo la gente. Si vedeva che non era abituata a ringraziare nessuno.
Lei gli rivolse un’occhiataccia. -Certe persone si comportano come le pecore se non c’è qualcuno a guidarle!- disse tagliente lei rivolgendosi al ragazzo che per tutta risposta storse il naso.
-C’erano cose ben più importanti di cui preoccuparsi, mi pare!- le rispose velenoso.
-Quindi Yuriy!- li interruppe Claire alzando leggermente il tono della voce. –Mi pare che abbia apprezzato!-
Delle piccole piegoline comparvero tra le sopracciglia aggrottate del ragazzo in un chiaro segno di irritazione.
-Non vale, hai giocato sporco! Vi siete messe d’accordo!-
-Ti stai tirando indietro forse!?- chiese Claire incredula ridendo. –Ho vinto, rassegnati!-
-Scordatelo! E poi un grazie non vale come apprezzamento! Quelle cose potrebbe anche non mettersele mai!-
-Yuriy ha ragione!- fu Ari questa volta ad intervenire. Avanzò nella stanza, scansando la valigia, verso i due.
-È vero, eravamo d’accordo, ed è anche vero che il mio grazie potrebbe essere o sapere di vuoto, o che io potrei non mettere mai quello che mi ha regalato.- Cinse il collo di Claire con un braccio e si strinse a lei avvicinando il viso al suo, e fissando Yuriy dritto negli occhi glaciali che la scrutavano risentiti. –Ma è anche vero che lei ci ha messo tanta passione e dedizione nel fare tutto su mia immagine, nonostante non mi abbia mai sopportato…-
Chiuse gli occhi e baciò la guancia rosata di Claire, poggiando le labbra delicatamente e con lentezza esasperante. Quando li riaprì, trionfanti e perversi, si incrociarono con quelli rabbiosi di Yuriy.
Il ragazzo stringeva i denti fino a farsi male.
-Grazie cuginetta! Lui è il tuo premio, fanne ciò che vuoi!- le sussurrò sfiorando ancora la sua guancia con le labbra. Claire incrociò le braccia gratificata fino all’inverosimile lasciando che la cugina la abbracciasse.
-Oh, vi prego! Baciatevi!- disse Boris arrivato proprio nel momento clou. –Fate qualcosa di molto lesbo!-
Claire rise, e a quel punto Yuriy si dileguò nel corridoio e si chiuse nella sua stanza sbattendo la porta.
-Se la sarà presa?- chiese Claire.
-Ovvio!- le rispose Ari ghignando.
-Oh vi baciate, o vi staccate, perché mi state facendo venire certe fantasie che non potrete mai accontentare!- insistette Boris entrando in camera.
Claire e Ari si scambiarono per un attimo uno sguardo, e poi si diedero un innocente e casto bacio a fior di labbra.
-E questo me lo chiamate bacio!- si lamentò lui una volta che si divisero.
Kai roteò gli occhi al cielo e scosse la testa.
-Che pretendi, siamo pure cugine e non siamo lesbiche!- gli rispose Claire.
-Appunto perché siete cugine è ancora più eccitante!- spiegò Boris come se volesse farle comprendere un concetto ancestrale.
Claire lo scansò ignorandolo e uscì dalla stanza disgustata.
-Vi prego! Almeno con la lingua!- insistette lui seguendola.
La assillò per tutto il pomeriggio senza darle tregua, per la somma contentezza di Kai. Ma la sua felicità durò ancora per poco, giusto un paio d’ore insomma, il tempo del pranzo e del pisolino pomeridiano, già di per se poco tranquillo dato che tutti non facevano che fare gli auguri ad una Ari sempre più al limite della sopportazione.
Hilary quella mattina aveva preparato una torta gigantesca, panna e cioccolato, che per poco non gli era finita addosso a causa di Daichi che non faceva altro che correre su e giù per la cucina che chissà quale assurdo motivo esistente solo nella sua testa.
Quando quel pomeriggio iniziò a prendere una strana piega che avrebbe sconvolto tutta la giornata, Ari era pigramente sdraiata sul divano, con accanto Rei che leggeva un ricettario, mentre Max, Takao, Daichi e Sayu stavano seduti sul tappeto davanti al camino a discutere in maniera fitta di qualcosa, lanciando ogni tanto sguardi guardinghi in direzione delle scale.
Quei quattro stavano combinando certamente qualcosa, lo si capiva dalle facce cospirative dei primi due, ma la cosa non lo riguardava, come era certo che non riguardasse neanche lei, ma come al solito si dovette ricredere.
-Non funzionerà!- disse all’improvviso attirando l’attenzione dei ragazzi e la sua. Kai la guardò perplesso, muovendosi annoiato sulla poltrona e appoggiando il gomito sul bracciolo.
-Perché no?- chiese Daichi.
Ari ghignò. –Perché scambiare il dentifricio con il lucido per le scarpe non è uno scherzo molto… personale.- spiegò. Aveva prestato attenzione ad ogni parola che i ragazzi si erano scambiati. –Chiunque potrebbe lavarsi i denti prima di Yuriy, rovinando i vostri piani. Dovreste fare qualcosa di più mirato!-
-E cosa dovremmo fare secondo te?- chiese Max che effettivamente aveva avuto la stessa perplessità.
Sayu guardò la ragazza scettica e diffidente. Già l’idea di fare uno scherzo al russo dai capelli rossi non la entusiasmava granché, e non capiva che cosa ci trovassero di tanto esaltante quei tre svitati di Max, Takao e Daichi, poi se ci si metteva di mezzo anche quell’altra strana tipa inquietante la cosa assumeva sfumature da film horror. E in effetti la piccola Sayu non aveva visto poi tanto sbagliato, ma queste erano cose che si sarebbero rivelate nell’arco di qualche ora. Già solo il ghigno malevolo che comparve sulle labbra di Ari bastò a confermare i pessimi presentimenti della giapponese.
-Lasciate fare a me!- disse mettendosi a sedere. –Avrò bisogno solo di una telecamerina e di un computer…-
-E a che ti servono?- chiese Daichi scettico. A lui l’idea del lucido per le scarpe piaceva da matti. Già si immaginava Yuriy che correva fuori dal bagno con tutti i denti neri!
-Per godersi lo spettacolo, ovvio!- rispose alzandosi sotto lo sguardo perplesso di Rei e di tutti gli altri.
No, neanche a Kai piaceva l’espressione che aveva stampata in faccia.
-Muoviti, abbiamo un compleanno da festeggiare!- gli disse passandogli accanto mentre si dirigeva verso l’ingresso, ma lui rimase seduto.
-Ti conviene andare!- fece malizioso e allusivo Rei. –Se vuole festeggiare sola con te…. Se ti manca il palloncino bianco ce l'ho io, te lo vado a pren...-
Kai gli lanciò un cuscino che lo afferrò in faccia.
-Finiscila, Rei!- lo avvisò alzandosi e seguendo la ragazza che lo aspettava sulla porta.
-Se chiede di noi ditegli che ci siamo imboscati da qualche parte! Torniamo fra qualche ora!- disse Ari uscendo.
-E finiscila anche tu!- sbottò ancora più seccato Kai chiudendosi la porta di casa alle spalle, mentre sentiva le risate di Max, Rei e Takao.
-Ma io dicevo sul serio! Yuriy ha fiuto, sente odore di guai lontano un miglio!-
Si misero a camminare per la strada che avevano fatto il giorno prima sotto l’acqua e al buio, ora sotto il sole e un venticello fresco. Le fronde degli alberi a tratti coprivano come una galleria la strada nei tratti più stretti e nelle curve troppo strette, ma loro non la seguirono, passarono direttamente attraverso la boscaglia. Ari si muoveva agile e scattante, come se camminare nella foresta le piacesse in modo particolare… oppure era semplicemente esaltata dall’idea che le era venuta?
-Si può sapere che cosa hai in mente?- chiese Kai seguendola a distanza con passo svogliato.
Ari camminava spavalda poco più avanti.
-Niente di particolare!- rispose vaga saltando da un piccolo dirupo.
Kai sbuffò e continuò a seguirla senza sapere perché cavolo si stesse immischiando in queste cose.
Comunque tanto meglio così. Non la vedeva così entusiasta da… quando l’aveva vista entusiasta per qualche cosa? In quel momento non gli veniva proprio in mente niente!
Eppure quel sorrisetto malefico non lo disturbava e, strano a dirsi, gli ispirava quasi fiducia ora, forse perché gli era familiare…. E neanche il fatto che lo avesse coinvolto destava sorpresa in lui, come se fosse un fatto ovvio.
-Muoviti!- lo richiamò sbuffando.
Con sua somma sorpresa si era messa veramente quello che la cugina le aveva regalato. Aveva seriamente temuto che si rimettesse a frugare nella sua borsa!
Oltre agli stivali, che a quando pareva le erano veramente piaciuti così come la fondina, aveva messo un paio di jeans chiari (i primi che aveva capitato sotto mano, e che molto probabilmente non aveva neanche guardato) con una cintura rossa che si era vista costretta a mettere per non farseli cadere di dosso. Claire aveva ragione, Ari aveva bisogno di mettere qualche kilo addosso!
Sopra una canotta nera dai profili rossi e una giacchetta dello stesso colore che ora si era avvolta in vita per il caldo. Inoltre Claire l’aveva praticamente costretta a togliersi la benda dal braccio sinistro e a mettersi un parabraccio in tessuto che secondo lei faceva molto fico. Per poco non si era guadagnata una capata sul naso la bionda, ma si salvò quando le porse i suoi amati guanti senza dita.
Kai sorrise osservandola saltare da una parte all’alta, chiaramente a proprio agio. Yuriy quella volta era stato un vero idiota a sottovalutare Claire che, per quanto oca, non avrebbe mai affidato uno Chanel di seta a una testa calda come sua cugina.
Che tipe quelle due! A parte la stronzaggine, erano due persone opposte che non avevano niente in comune. Come facevano ad avere lo stesso sangue!? 
Dopo poco Ari rallentò il passo e Kai riconobbe una casa in fondo alla strada, con una decina di macchinoni parcheggiati davanti.
Era la baita delle orge! Piantò i piedi per terra e non si mosse.
-Che ci facciamo qui?- domandò seccato. Non aveva per niente voglia di rivedere quella gente depravata, gli era bastato il giorno prima! E poi lui voleva andare ad allenarsi e sicuramente i ragazzi avevano già iniziato!
-Ci procuriamo l’occorrente per festeggiare come si deve!- gli rispose avanzando noncurante.
Kai aggrotto la fronte. Che cosa pretendeva di trovare in una casa del genere? Che volesse legare e frustare Yuriy e filmare tutto? Certo, non era difficile immaginarsela…. Ma che scherzo era!?
-Allora, vuoi restare lì per molto!?- disse impaziente.
Neanche bussò, entrò direttamente, cosa assai rischiosa se non si volevano vedere strani tizi fare robe negli angoli più strambi della casa.
-Ehi! C’è nessuno!?- fece quasi urlando Ari avanzando nel salone.
-Smettila!- gli disse lui nervoso sperando che non spuntasse nessuno, ma come a volerlo fare apposta spuntò un uomo sulla quarantina, con i capelli corti e brizzolati, completamente vestito in pelle nera.
Kai sospirò sollevavo. Almeno non era nudo! Non aveva per niente voglia di vedere le ciondolanti grazie di nessuno!
-Ma chi si rivedere!- fece avvicinandosi a loro due con un modo effeminato. –Come mai qui? Avete cambiato idea?-
-Io personalmente no, grazie! Ma avevo bisogno di alcolici, siamo rimasti a secco!- spiegò Ari.
Kai rimase in silenzio facendo finta che il fatto non era il suo, mentre lei era totalmente a suo agio.
-Non è che potreste prestarci qualche bottiglia?- chiese.
-Sei tornato!- irruppe una voce stridula.
Kai sollevò lo sguardo terrorizzato su una donnina bassa e cicciottella strizzata in un corpetto nero, che avanzò su dei trampoli traballanti che erano i suoi stivali alti fino a metà coscia.
Stringeva tra le mani un frustino e lo guardava come un bocconcino prelibato, e la cosa non gli piaceva affatto!
-Lo sapevo che l’avresti fatto! Si vede che hai la stoffa per queste cose!- fece tutta eccitata lei girandogli intorno e fissandogli il sedere.
-Sono venuti per qualche bottiglia di alcolici!- spiegò l’uomo.
-Oh!- fece dispiaciuta la donna.
-Seguitemi, abbiamo tutto di là!- disse lui voltandosi e dirigendosi verso una porta in fondo alla stanza. Non l’avesse mai fatto! Ai pantaloni di quell’uomo mancava la parte di dietro lasciandolo praticamente con le chiappe al vento!
Kai storse in naso disgustato.
-Tu resta qui!- gli disse Ari quando fece per seguirla.
-E perché?- chiese lui.
-Non vorrai rattristare la signora!-
-Mi hai fatto venire per questo, stronza!- ringhiò Kai.
-Che pretendi! L’ultima volta che ti ho affidato un compito più importante me l’hai messo dritto dritto in quel posto!-
-Oh!- fece impressionata la signora.
-Ma quanto sei volgare! Mi fai schifo!- sbottò lui incrociando le braccia al petto.
Ari lo mando a quel paese e seguì l’uomo lasciandolo da solo con quella cozza maniaca.
-L’avevo detto che hai stoffa! È così uno spreco però riservare tutto questo ben di Dio per una persona sola!- disse passandogli il frustino lungo la linea della mascella.
-Mi lasci in pace!- disse minaccioso scostando la testa bruscamente, ma a quanto pareva alla signora garbava assai questo suo astio.
Guardò nervosamente verso la porta dove era scomparsa Ari. Quanto tempo ci metteva quella stupida!?
Intanto quella balenottera sotto vuoto non la smetteva di fissarlo e di girargli attorno.
-Sei proprio un gioiellino ragazzo mio! Da uno come te mi lascerei pure comandare!- gli disse piazzandosi davanti a lui e stringendo elettrizzata tra le mani il frustino.
Dal piano di sopra provenivano delle urla oscene. Possibile che in quel posto facessero solo quello senza tregua!?
-Allora, che ne dici di lasciare perdere lei per qualche volta e provare con me?- gli chiese. Lo toccò ancora con quel suo frustino rivoltante passandoglielo sul collo e sotto il mento.
-Le conviene finirla se non vuole che finisca male!- la minacciò ancora.
-Ma io voglio che finisca male!- fece lei avvicinandosi sempre di più con fare malizioso.
Che situazione di merda! Se provava a fare qualcosa a quella avrebbe fatto solo piacere!
Che schifo!
Si accorse di guardare supplichevole la porta dall’altra parte della stanza. Se non tornava entro due secondi l’avrebbe mollata lì!
Uno… due…
-Possiamo andare!- disse l’improvvisa voce di Ari che lo raggiunse con una sacca in spalla.
-Di già?! Restate ancora un po’!- disse la signora guardandola storto.
-Io personalmente ho altro da fare, ma se Kai vuole restare…- sghignazzò Ari dirigendosi verso la porta.
Kai indignato si voltò per seguirla ma una pacca sul sedere lo fece frenare.
Si girò a guardare la signora che ringhiava come un cinghiale al suo indirizzo.
Ok quello era troppo!
Una mano lo afferrò per un braccio e lo tirò. –Sono sicura che sapresti come rendere felice questa donna, ma poi mi ammazzeresti! Andiamo!- gli disse Ari.
Kai si staccò dalla sua presa e uscì per primo da quell’orribile posto.
-Grazie ancora ragazzi! Siete stati gentilissimi!- li salutò Ari sghignazzando come una pazza seguendo.
Lo rincorse per tutta la salita, per quanto le era possibile, con quel sacco pieno di bottiglie sulla schiena.
-Ehi, vuoi rallentare!?- gli urlò sfinita dopo un centinaio di metri.
Si fermò e lasciò cadere il sacco ai propri piedi guardandolo allontanarsi sempre più. Aveva il fiato corto, di già, come era possibile?
Improvvisamente l’immagine di Kai si sfoco e si sdoppiò per un secondo. No, non poteva essere già così stanca! Era abituata agli sforzi….
Si osservò la mano. Tremava, e di nuovo, si sfocò tutto e si sdoppiò. Doveva sedersi, sentiva il sole battere prepotentemente sulla nuca.
Maledetta la sua debolezza! Il suo corpo non la reggeva più, aveva perso il controllo su di esso.
Era tutto inutile, tutto!
-Kai…- era un sussurro debolissimo, ma la sua intenzione era quello di chiamarlo. 
Si ritrovò a guardare il terreno vicinissimo. La sua aquila bianca non avrebbe risposto al suo aiuto, non questa volta che la colpa era sua e di nessun’altro. Lei non rispondeva al richiamo dei deboli.
Un’ombra scura si delineò sul terreno, coprendo anche la sua mano. Era finita a terra, come era successo.
-Cosa ti prende?- le chiese la voce di Kai. Era lontana.
Chiuse gli occhi. Doveva aspettare, e una volta ripresasi si sarebbe rialzata e avrebbe ripreso a camminare e lo avrebbe raggiunto….
Per Kai quello fu il momento peggiore della giornata. La vide accagliarsi a terra, pallida come un cencio, mentre fino a due secondi prima stava bene e gli urlava dietro.
La voltò e la scosse preoccupato, chiamandola continuamente.
Cosa aveva adesso? Perché era svenuta?
Le passò un braccio intorno alla spalle e la sollevò. Era completamente inerme.
Le voltò il viso verso di se e le diede dei leggeri schiaffetti.
-Su Ari!-
Poi tremò e gli afferrò il polso della mano sbloccandola con una presa salda. Si tirò su a sedere, mentre riapriva gli occhi. Ciò che lo colpì fu la meccanicità di quei movimenti.
-Come ti senti?- le chiese, ma lei lo ignorò e, nonostante provò a trattenerla per una spalla, lei lo schivò e si mise in piedi immediatamente.
-Continuiamo!- disse lei restando ferma. Ma non stava aspettando lui.
-Sei troppo debole Ari!- le disse rialzandosi anche lui.
Ari strinse i pugni lungo i fianchi e si voltò verso di lui senza però guardarlo.
-Riposati almeno un po’, non ti puoi rialzare così presto!- che fretta aveva d’altronde?
-Andiamo!- disse ancora più determinata muovendo un passo verso il sacco che aveva lasciato a terra.
Kai incrociò le braccia. Voleva proprio vedere che intenzioni aveva quella presuntuosa. Era bianca come un cadavere e le gambe le tremavano visibilmente, ma si dovette ricredere quando si mise la borsa in spalla e riprese a camminare senza fare una piega.
Ma che grande testa dura che aveva!
La raggiunse con poche falcate e le prese il borsone con uno strattone.
-Dai, porto io!- le disse guardandola di sbieco. –E appena arriviamo ti mangi qualcosa e vai a dormire veramente!-
Lei non fece una piega e lo seguì senza fiatare.
Quando arrivarono lei ignorò le assidue richieste di Takao di giocare a bey, e si rifugiò come quella mattina nella stanza segregandosi dentro. Kai era comunque certo che non avrebbe dormito.
Dopo un quarto d’ora buono, riuscì a liberarsi di Max e Daichi e la raggiunse in camera.
Bussò piano e poi, senza ricevere risposta entrò.
Era buttata sul letto. Accese la lampada sul comodino e appoggiò il piattino con la fetta di torta che aveva preso prima di salire.
Era rivolta verso il muro con gli occhi spalancati e inespressivi.
-Ari, è normale sentirsi così ora! La debolezza, l’insonnia…. Mangia qualco…-
-Tanto è tutto inutile!- disse fredda.
-Cosa è inutile? Ti vuoi arrendere proprio alla fine?-
-La fine c’è già stata Kai, aspetto solo il colpo di grazia!- disse chiudendo gli occhi. Sotto il cuscino stretto nella mano aveva il suo Drawind e lo sentiva sempre più lontano.
-Perché dici questo?-
Era impossibile scorgere dolore in lei, o qualsiasi altro sentimento, ma intorno a quella freddezza aleggiava un’aria di rassegnazione che era riuscito a scorgere solo pochissime volte da quando erano lì. Da cosa derivava?
-Ariel, smettila! Lo sai che non sono uno che perde tempo!-
-Tutti si possono sbagliare.-
-Anche tu ti potresti sbagliare!- le rispose prontamente.
-Non questa volta…-
Kai la afferrò per un braccio e la tirò su a sedere con uno strattone. La strinse per le spalle e la scosse guardandola fisso negli occhi.
-Smetti di fare l’idiota! Ne hai passate certamente di peggiori! E non sarà certo un piccolo momento di debolezza a farti crollare! Tutti commettono errori, ma l’importante è rialzarsi! L’hai sempre fatto Ari, e ora è la stessa cosa!-
Ari abbassò lo sguardo e lui la scosse di nuovo.
-Prima eri elettrizzata all’idea di fare lo scherzo a Yuriy, stamattina eri più che contenta di assecondare Claire! Non ti sentivi bene? Sono queste le cose importanti Ari! Per ora concentrati su queste, e vedrai che tutto filerà liscio e senza neanche accorgertene starai come non sei mai stata prima!- si inginocchiò davanti a lei costringendola così a guardarlo, ma in lei non sembrava essere cambiato niente.
-Io non perdo mai il mio tempo con chi non è all’altezza!- le ripeté. –Fidati!-
-Fidarmi di te?- disse d’un tratto sprezzante. –Non mi fido neanche della mia ombra!-
Lo allontanò con uno spintone e si alzò risoluta. –E accidenti a te e a quanto parli! Mi hai fatto venire il mal di testa! Non ricordavo che fossi così petulante!- continuò uscendo dalla stanza.
Kai la seguì soddisfatto da quella reazione.
-Lo sai cosa è che a Yuriy  piace di più della menta e della vodka?- gli chiese piano mentre entravano nella cucina vuota. –La vodka alla menta!-
Kai la guardò perplesso mentre sul viso di lei tornava a fare sfoggio un ghigno furbesco.
-Stasera si aprono le danze, e domani il nostro caro capitano si sveglierà con una bella sorpresina!-
Sì, quando faceva così dava proprio il meglio di se, e doveva ammetterlo, l’adorava!
 
 
 
 
l'allusione di rei l'ho aggiunta in seguito, non so se si capisce cosa è il palloncino bianco, ma certo non poteva dire preservativo davanti a daichi e sayu!
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** Scala colore ***


21 aoi
 
 
Salve! Rieccomi qui per proporvi il 21° entusiasmante capitolo di aoi aoi ano sora! (si si, taglia corto farabutta! Che cosa nascondi lì dietro? Cosa è tutta questa allegria? Ndkai molto scettico)(come sei malfidente <.
Comunque, il capitolo molto probabilmente farà schifo molto più del solito, ma non me ne importa, fuori il sole splende, un venticello fresco entra dalla finestra e ho fatto la lavatrice perché ero a corto di mutande (grazie per il particolare -.-! ndkai)(zitto tu che le riusi come fa daichi!)(questo non è vero!è_é ndkai)(se lo scrivo lo sarà ^^)(non osare!)(si invece! Kai usa le sue mutante tre volte e poi le rigira e le usa ancora!)(noooooo!!! Che schifo!!!ndkai con delle mutande scaffetute addosso). Ehm… comunque tornando a prima, gli uccellini cantano, la bandiera sventola orgogliosa al sole e il libro di storia delle cina sta ancora fermo lì a scaffetere come le mutande di kai.
Non è magnifico!?^^
Vabbè, scherzi a parte voglio ringraziare tutti! A quanto pare il capitolo precedente vi ha fatto divertire, speriamo che anche questo lo faccia, altrimenti mi ritiro in un angolino e dissipo i miei dispiaceri con il puzzle delle principesse che mi ha regalato ma amour….
Xsoryl: new name! Good! Ogni volta mi mettevo a contare le i XD! Grazie mille per avermi perdonato per la lunga assenza! Grazie per il “divinamente” che hai dato al mio kai in preda ad un raptus omicida, oggi ne vedrai un altro. Per Kai e Ari: no, non succederà niente di succulento, o almeno succederà qualcosa ma lo interromperò bruscamente… perché? Perché sono stronza (e sadica-.-! ndari) (si grazie!^^). Effettivamente, per quanto riguarda il rapporto tra loro, è strano perché non è ne vera e propria amicizia, ne amore, ne l’odio profondo che prima lo caratterizzava a senso unico, ma c’è qualcosa. E questo qualcosa neanche kai riesce bene a capire cosa sia, e cercherà di farselo spiegare da lei nel prossimo capitolo (credo, dovrebbe essere il prossimo o quello dopo, comunque è vicino). E poi hai notato della tensione fra i due? Strano, io non ce l’ho messa O.o… >.> mmm… quei due mi stanno nascondendo qualcosa e non mi piace…. Comunque grazie mille! Un baciozzo!
XPilatigirls: ciao! intanto voglio ringraziarvi entrambe e poi parlare con Beatrice. Stai studiando giapponese e anche il russo (o comunque ti piace)… ma è fantastico!! Anche io adoro il russo, e a causa di questi broccoloni dei demolition boy, e perché vado pazza per le tatu, ho intenzione di studiarlo come materia a scelta l’anno prossimo anche se so di non essere una cima ^^’’’! ti devo fare i complimenti e incoraggiarti, hai 13 anni ed è un’ottima età per iniziare a studiare le lingue, soprattutto quelle con un “alfabeto” diverso dal nostro. Se vuoi e hai msn aggiungimi o in qualche modo ci mettiamo in contatto, così ti do qualche dritta intanto sul giapponese, se posso consigliarti qualche libro o ti posso aiutare in qualche modo. Tu come stai procedendo? Vabbè poi mi dici se ti va. Un bacio grande grande!
Xlumik: ciao! per la versione schiavetto di yuriy mi sa che devi pazientare un po’, per ora non so se riuscirò a dare il giusto spazio a loro, ho mille cose da sistemare che sto impazzendo @_@! Per quanto riguarda il rapporto kai ari ci hai azzeccato quasi ;)! Yuriy e claire non sono ancora neanche una coppia ma già piace, incredibile! Mi fa piacere che claire ti piaccia. Mentre boris’ka e claire… wahaha vedrai che cosa ho combinato qui! Wahaha un bacione e grazie mille!
Xla signora huznestova: ciao! vedrai che guai per yuriy… e per ari. mai svegliare il lupo che dorme ù_u! boris maniaco perfetto inizialmente non c’era, ma mi sono detta, si può perdere un’occasione del genere? Come posso fare una scena del genere senza di lui!? e fu così che lo inserii nella scienza. Storia entusiasmante, vero?! XD grazie per aver apprezzato anche la parte più seria di ari del capitolo, e grazie anche per le osservazioni fatte sul capitolo della furia di yuriy, e sul calcio negli zebedei a kai. boris e claire ti puzzano un po’, vero… wahaha!
Grazie mille a tutti! Adesso non so come chiamare il capitolo, visto che quello prima glielo ha fregato… uff!
Vabbè me lo invento!
Un bacio dalla sempre più incosciente pinca!
Ps: spero di aver eliminato tutti gli orrori e i periodi sconclusionati con diecimila virgole e senza punti XD! Vabbè rileggerò prima o poi e mi vergognerò da sola wahahah!
 
 
 
 
21. Scala colore
 
Il volo che Ari aveva fatto fare ai suoi vestiti, il bagno nel lago, Claire appiccicata addosso tutta la mattinata, l’irruzione pomeridiana in quel postribolo e il malore di Ari… insomma, peggio di così poteva andare?  
Sì, per Kai si! Ora che ci pensava, seduto lì in quell’angolo a subirsi la serata, tutto questo sembrava niente se confrontato a come si stavano mettendo ora le cose.
Quella Ari, non sapeva che cosa aveva precisamente in mente, ma sapeva che stava veramente toccando il fondo quella sera!
La cosa terribile era che la stavano seguendo tutti come tanti allocchi, tanto per cambiare.
L’unica che si era opposta fermamente era stata Hilary. Benedetta ragazza, lei e la sua buona morale, che aveva preso Takao per le orecchie minacciandolo di dire tutto a suo nonno se avesse bevuto di nuovo.
“Non hai ancora 21 anni!” gli disse col suo solito modo da maestrina.
“Ma loro neanche!” si difese lui indicando i ragazzi russi, Rei e Max che allegramente avevano accettato la proposta di Ari di bersi un goccino.
Ma tanto lo sapevano tutti che un “goccino” era tanto per dire. Aveva tirato fuori una quindicina di bottiglie, e fra queste spiccava una verde menta: la Vodka alla menta!
Quella dannata, aveva pure avuto la fortuna di trovarla in quel postaccio!
“Don’t worry amico! Io tecnicamente, essendo per metà americano, posso bene anche prima dei 21 anni!” si era giustificato Max.
“E io e i ragazzi non abbiamo nessuna restrizione!” gli spiegò Rei con un mezzo sorriso dispiaciuto.
A Takao non andava di essere tagliato fuori, voleva stare con loro a divertirsi! Dopo tutto, di tutta la sua squadra, solo lui e Daichi erano rimasti fuori, e la cosa di essere messo sullo stesso piano di un quattordicenne non gli andava proprio giù!
Come ci si poteva aspettare presero a litigare, lui e Hilary, e ci stavano dando giù pesante, con Sayu che saltellava intorno a Takao sbracciandosi senza riuscire a farsi ne considerare ne vedere, e Kappa che cercava di farlo ragionare.
A troncare quella lite fu il secco basta di Ari.
“Takao fa quello che vuole.” sentenziò versando un bicchiere di rum.
“No che non lo fa! In Giappone non si può bere fino all’età di 21 anni!” le spiegò irritata Hilary.
“Bene, allora denuncialo!” prese il cordless e glielo lanciò. “Chiama la polizia e falli venire fin quassù, in questo posto sperduto e senza illuminazione stradale! Vedrai che ti rispondono!”
Hilary strinse il telefono che per poco non le si distrusse tra le mani. 
Che affronto per la piccola Hilary vedere Takao afferrare il bicchiere di rum che Ari gli stava porgendo. Inaccettabile!
Kai lo sapeva già che la brunetta aveva un caratterino niente male, ma certo non si aspettava che si trascinasse tutti via con l’intenzione di fare una festa all’insegna delle regole e del divertimento.
Ovviamente chi la seguirono furono, manco a dirlo, il suo ragazzo, Kappa, Sayu, Daichi, Yuya e Ayumi.
E, una volta che furono nel salotto, Hilary guardò sprezzante tutti loro che erano rimasti in cucina e con un “Non sapete cosa vi perdete!” sbattè la porta.
Boris tirò fuori le carte da gioco francesi. “Strip poker!?” propose passando un braccio in vita a Claire. “Non ho voglia di vederti nudo!” gli rispose lei prendendosi un martini e andandosene nella stanza accanto, dove avevano attaccato la musica.
Ari mise una bottiglia a centro tavola. La vodka alla menta.
Kai notò immediatamente lo sfavillio che fecero gli occhi di Yuriy, subito celato, quando si posarono su quella prelibatezza.
-Chi vinte se la prende!- annunciò Ari. Da quel momento partì il gioco.
Max si stava rivelando un ottimo giocatore, ma mai quanto Sergey che, a sorpresa, abbandonò la gara a metà partita dileguandosi, e Takao, non sapendo giocare, si era affiancato a Ari riuscendo pure a partecipare dopo qualche giro.  
Claire si faceva vedere ogni due e tre, ogni volta sempre più alticcia e allegra, per farsi riempire il bicchiere con il solito martini, per poi sparire nuovamente nel salone.
E intanto litri e litri di alcolici sgorgavano, e le prime bottiglie iniziavano a svuotarsi.
Kai si limitava a guardarli e a ascoltare i loro discorsi sempre più bassi e disinibiti senza parteciparvi, sorseggiando uno scotch di tanto in tanto seduto ad un angolo del tavolo.
Il poker non gli era mai piaciuto, tanto meno le chiacchiere.
-Voi come lo chiamate il vostro?- esordì Max tirando una carta sul tavolo, riferendosi chiaramente all’inquilino che aveva nella mutante. –Io piplup!-
-Ma che razza di nome è!?- sbottò Boris.
-Io il mio Drago azzurro!- rispose Takao sghignazzando orgoglioso. Aveva già buttato giù un bel po’ di bicchieri ed era già chiaramente brillo, ma non sembrava poi tanto diverso dal solito.
-Ecco, questa è una di quelle cose che non avrei mai voluto sapere!- borbottò Kai girandosi seccato dall’altra parte e bevendo tutto d’un sorso il suo drink.
-Ah! Che fantasia Takao!- rise invece Rei.
-Perché? Il tuo come si chiama, cinese?- fece Boris buttando una carta sul tavolo.
-Taguantao!-
-Cioè?- chiese Max curioso, mentre Boris corrugò la fronte.
Yuriy era fin troppo preso dalla partita e dalla agognata vodka alla menta per interessarsi a quei discorsi, ma prestava lo stesso orecchio.
-Spadone scintillante della vittoria!- rispose Rei lasciando tutti di stucco.
-Modesto! Per essere un cinese vorrei proprio vedere quanto è scintillante!- lo sbeffeggiò Ari ghignando.
-Quando vuoi, io sono sempre disponibile!- rispose prontamente Rei buttando una carta vincente e pulendo il tavolo.
Ari parve zittita per una attimo dalla proposta del compagno, nonostante l’aria maliziosa trattenuta a stento.
-Non ti credere, non ti darei neanche il tempo di diventare vittorioso!- gettò la carta seccata: la mossa di Rei l’aveva fregata!
-Touché!- disse il cinese facendo spallucce.
Boris e Yuriy risero divertiti continuando a bere, Kai sbuffò seccato. Ari stava sfoggiando un’eleganza partecipando a quei discorsi da bar che lo lasciavano veramente disgustato!
-Tu invece?- chiese Takao a Boris.
-Mah… non so, dipende da come mi sento e da cosa ci faccio!- fece Boris gingillandosi un po’. –Di solito sono le donne che gli danno un appellativo. Il più comune è “la belva”, ma modestamente…-
-Vuoi tirare questa carta o no!?- lo interruppe bruscamente Yuriy reso impaziente dalle divagazioni inutili dell’amico.
-Se, certo!- esclamò seccato buttando una carta.
Yuriy osservò il tavolo mentre sorseggiava distrattamente un po’ di vodka normale. Prese una carta e l’aggiunse alle altre senza riuscire a fare nient’altro come invece sperava.
Max passò la mano, e Rei gettò una carta sul tavolo.
-E tu invece?- chiese Rei a Yuriy.
Yuriy bevve un altro sorso.
-Scettro dello zar!- ironizzò Ari tirando una carta e riuscendo finalmente a fare punto. –Pure abbastanza ambiguo se vogliamo, considerando che lo zar è un uomo…. O magari lo zar è lui e campa di seghe!-
-Sei veramente disgustosa!- intervenne Kai che a quest’ultima battuta non era più riuscito a trattenersi.
-Mi sa che lo scettro dello zar è il suo!- esclamò Boris sghignazzando.
-Ha parlato la belva!- lo schernì Kai secco bevendo ancora.  
-Perché, tu come lo chiami il tuo amichetto, sempre se è ancora vivo e non è morto soffocato lì sotto!- replicò Boris.
-Non sono affari vostri!- fece sdegnoso Kai.
-Ti assicuro che l’uccellino lì sotto è più che vivo, e non vede l’ora di essere liberato e di spiccare il volo!- affermò Ari risistemando a ventaglio le carte che aveva in mano per osservare meglio la situazione, senza fare caso allo scoppio di risa che aveva provocato la sua pessima battuta.
Takao, che invece non aveva capito nulla si appollaiò sulla sua spalla osservando le carte per capire qualche sarebbe stato meglio giocare.
-E tu come fai a saperlo?- le chiese malizioso Rei.
-Già, vorrei saperlo anche io!- fece Boris improvvisamente irritato.
Ari sbuffò e passò la mano, senza lasciare capire se fosse seccata per la domanda o per il gioco.
-Certi discorsi le femmine non dovrebbero farli!-
Tutti si zittirono a quelle parole e guardarono il ragazzo che ora fissava Ari con un misto di disapprovazione e intransigenza, la stessa che aveva avuto nel tono di voce.
Ari si voltò lentamente verso di lui e restò a fissarlo con espressione indecifrabile.
Yuriy e Boris si scambiarono uno sguardo e si nascosero ognuno dietro le proprie carte, decisi a fare finta che il fatto non li riguardasse.
Ari scosse la testa schioccando la lingua. -Con l’età si può solo peggiorare d’altronde!- disse asciutta tornando a fissare il suo ventaglio di carte. Preferiva ignorarlo, per quella volta era meglio lasciare correre o sarebbe finita male con tutto quello che stavano bevendo.
Aveva cambiato idea, decise di non passare più la mano e di giocare. –Cosa buttiamo Takao?-
-Questa!- rispose il ragazzo sfilando una carta e gettandola sul tavolo.
Kai sbuffò irritato più che mai e torno a guardare da un’altra parte. Che sfacciata! Ma come si permetteva!?
-Allora, eravamo arrivati a Yuriy!- intervenne Max per scogliere la situazione che si era un po’ raffreddata.
-Alejando!- rispose secco Yuriy passando la mano.
-Alejando!?- ripeté Boris sorpreso tanto quanto gli altri. E lui che pensava di conoscere tutto dell’amico! –E perché!?-
Yuriy si strinse nelle spalle e fece un sorriso enigmatico.
-Ma tu guarda che tipo! Non dire una cosa del genere al tuo amoruccio, mi lasci veramente esterrefatta!- fece sarcastica Ari.
-Già, sconvolgente, vero? Quante cose si scoprono con una partita a carte!- ribeccò Yuriy buttando giù l’ennesimo bicchiere di vodka.
Dopo poco arrivò Claire che ballonzolando si servì di una abbondante fetta della torta che era rimasta a pranzo. Col piattino in mano si avvicinò al tavolo guardandoli incuriosita, e si appoggiò alla sedia di Boris.
-Come va la partita?- chiese interessata mangiando un pezzo di torta.
-Il ragazzino là è più bravo di quanto pensassi!- rispose Boris accennando col capo Max per poi alzare gli occhi sulla bionda appena in tempo per vedere un’espressione goduriosa, come quelle che fanno le signorine delle pubblicità dei dolci quando assaggiano qualcosa, compresa di verso, occhi chiusi e cucchiaino che si sfila lentamente dalle labbra comparire sul suo viso.
Boris rimase allibito a fissare a bocca aperta lei che si mordeva le labbra e iniziava a ridere per la felicità.
-È buonissima!- disse con enfasi lei tra le risa e portandosi un’altra volta il cucchiaino alla bocca.
Ok, e Claire era completamente partita!
Boris distolse lo sguardo e si appoggiò allo schienale, tamburellando nervosamente le dita sul tavolo. -Bene! Adesso che dobbiamo fare?!- chiese più a se stesso che agli altri. Quella era una provocazione vera e propria.
-Meno male che lo reggi l’alcol!- ironizzò Ari alzando un sopracciglio e buttando una carta. In effetti la ragazza le aveva detto proprio così prima del quarto martini.
Claire rise guadagnandosi uno sguardo di disapprovazione da parte di Yuriy e quello perplesso di Takao e Kai.
-Beh!- fece Claire stringendosi nelle spalle. Si sedette di punto in bianco sulle gambe di Boris che sussultò per la sorpresa e sgranò gli occhi. –Assaggiarla!- e gli infilò i cucchiaino in bocca senza preavviso, sporcandogli le labbra di panna.
Yuriy sbuffò impaziente. –Quanto dobbiamo aspettare ancora per riprendere a giocare?- 
Claire si accomodò meglio sulle gambe del ragazzo e guardò le carte che Boris aveva in mano con attenzione.
-Abbiamo un sette, un re, tre assi e un cinque! Quale devo buttare!?- chiese svelando praticamente tutte le sue carte.
Yuriy, Rei e Ari sbuffarono seccati, Max sbatté la testa contro il tavolo più volte, mentre Boris, ancora più scocciato di loro, gettò tutte le sue carte sul tavolo così malamente che urtò il braccio di Claire e la torta le si spiaccicò sulla scollatura del suo bel vestito giallo canarino.
-La mia torta!- si lamentò staccandosi il piattino e constatando che oramai il dolce era andato perso, tutto spalmato sul suo seno, cosa che non passò inosservata a Yuriy e Rei, mentre Boris non vide quello spettacolo perché gli dava le spalle.
Kai si stampò la mano sulla fronte esasperato. Odiava quelle situazioni, odiava quella civetta di Claire!
E lei parve rendersi conto di qualcosa di ben più grave e si voltò agitata verso Boris mostrandogli finalmente il disastro che lui aveva causato, facendogli perdere completamente ogni freno. Dopo tutto che pretendeva, anche lui, per quanto abituato a reggere l’alcol, poteva sbandare se gli si mettevano sotto gli occhi simili cose.
-Il mio vestito! Guarda come hai ridotto il mio vestito!- fece disperata Claire passandosi le mani sul petto cercando di pulirlo, ma certo la situazione, ne per il vestito, ne per Boris migliorarono così. –È tutto sporco di torta!-
-Se vuoi te la lecco via!- fremette Boris senza riuscire a staccare gli occhi dal bel decolté glassato di panna e cioccolato.
Claire scoppiò a ridere di nuovo, forse divertita dalla battuta di Boris, o forse era semplicemente rimbecillita dall’alcol. Si passò un dito sul seno raccogliendo la crema e se lo mise in bocca ridacchiando.
-È buonissima la torta!- disse leccandosi le dita e piegandosi in due per le risate.
-Già, è buonissima, vero?- la assecondò Boris passandole una mano intorno ai fianchi e fissandola assatanato.
Lei annuì ingenuamente. Ari tracannò direttamente dalla bottiglia di rum, doveva pur fare qualcosa mentre i ragazzi si rifacevano gli occhi, no!?
-Boris, su ci stanno una decina di camere da letto! Se vuoi fare qualcosa vattene, non ho intenzione di assistere a una delle tue performance qui sul tavolo dove mangio!- lo avvisò acidamente Kai bevendo e facendo poi ondeggiare il bicchiere nella mano.
-Da me potresti solo prendere appunti!- non si risparmiò Boris, anche se era completamente distratto da Claire che si avvicinò al suo orecchio.
-È squi…si…ta!- gli sibilò piano scandendo le sillabe come se gli stesse svelando un segreto, e poi di nuovo giù a ridere come una scema e a mangiare i residui di crema sul suo petto.
Boris si morse il labbro inferiore indeciso se seguire il consiglio di Kai o lasciarla perdere, dopo tutto era ubriaca.
Un momento! Ma che stava dicendo pure lui!? Da quando si faceva certi scrupoli con una ragazza ubriaca, sporca di torta e seduta sulle sue gambe!? 
La strinse di più per un fianco e lei non ci fece neanche caso.
-Visto che è così buona me la fai assaggiare?- lo precedette Yuriy lasciando a bocca asciutta.
Claire si alzò senza discutere, si affiancò al rosso e, dopo aver passato l’indice proprio in mezzo al seno, si chinò leggermente verso di lui. Le sottili labbra di Yuriy si strinsero intorno a quel dito curato e lo lambì con la lingua raccogliendo tutta la glassa. Era veramente deliziosa.
Claire rise ancora mentre gli occhi malizioso di Yuriy si riaprivano.
Un sorrisetto gli imperlò le labbra.
-Buona vero?- chiese lei. Gli sollevò leggermente il viso e gli posò un delicato e affettuoso bacio sulla guancia lattea. Yuriy lo accettò soddisfatto, mentre gli sguardi maliziosi di Rei e Max, quello derisorio di Ari e quello sconcertato di Boris e Takao si posavano su di lui.
Claire si mise a saltellare e a battere le mani, allontanandosi dal loro tavolo canticchiando allegramente: -Torta, torta! Tanta torta! Tutta, tutta mia è la torta!-
Yuriy buttò una carta sul tavolo e incrociò le braccia al petto, col suo solito sorrisetto soddisfatto e sicuro stampato in faccia.
-Non pensavo che ti piacessero tanto i dolci!- fece tagliente Ari incrociando per un attimo lo sguardo con quello azzurro del capitano.
-No, infatti! Ma se ne vale la pena perché non assaggiare!?- disse solamente.
Boris oramai si era tirato fuori dal gioco, dopo che la bionda aveva rivelato tutte le sue carte, e si era accontentato di bere la sua bottiglia di vodka osservando pigramente la partita.
Ma la pace non poteva durare per sempre, e infatti dopo una decina di minuti Claire tornò di nuovo sghignazzando come una matta e facendo loro segno di fare silenzio.
-E ora che ti è preso?- le chiese Max.
Afferrò per un braccio Boris senza rispondere, e lo tirò. Lui si alzò incuriosito.
-Hai intenzione di farti perdonare per avermi fatto perdere la partita?- chiese speranzoso.
Ma lei gli fece nuovamente segno di stare zitto e di seguirla. Scomparvero su per le scale dopo pochi istanti e gli altri ripresero a giocare.
Claire attraversò il corridoio buio tirandosi dietro Boris. Si fermò davanti la camera del ragazzo russo e si premette l’indice sulle labbra.
-Shhh! Ascolta!- disse sghignazzando e cadendo in ginocchio davanti alla porta.
Boris corruccio la fronte confuso e ascoltò. Dei gemiti provenivano dalla sua stanza e rimase impietrito.
-Sono Sergey e Ayumi!- disse sottovoce Claire tappandosi la bocca con una mano per soffocare le risate.
Boris ghignò e le si sedette accanto.
-E come mai mi hai portato qui?- le chiese con voce bassa avvicinandosi e osservandola attentamente. Anche i suoi occhi ridevano, i capelli biondi erano scompigliati e il vestito giallo canarino era macchiato e c’era ancora qualche residuo di panna. La gonna era sgualcita e tirata sulle gambe bianche e lisce piegate a terra.
-Perché stanno facendo… sesso!- fece esilarata lei indicandogli la porta.
-Oh, che scandalo!- rispose lui sarcastico assecondandola e facendosi sempre più vicino.
Claire continuò a ridere nascondendo il viso tra le mani. Gli occhi sbarazzini cercavano la complicità di Boris che invece stava pensando a tutt’altro, e non fece caso al suo sguardo malizioso e alla sua sempre più stretta vicinanza.
Le passò una mano dietro la testa, affondando le dita tra i capelli morbidi, e la attirò alla sua bocca baciandola. Sapeva di panna e cioccolato.
Lei lo assecondo mentre con la lingua accarezzava la sua con desiderio.
Chiuse gli occhi e si ritrovò sdraiata sul pavimento quando smise di baciarla.
Boris le stava sopra. Attraverso la penombra che avvolgeva il corridoio riusciva a vedere i suoi brillanti occhi verdi fremere su di lei, sul suo viso arrossato, i capelli sparsi per terra in morbide onde e sul suo petto lucido messo in risalto dalla generosa scollatura.
Riprese a ridere confusa quando le posò un bacio a fior di labbra.
Le mani si mossero avide sul seno fino in vita, stretti nel morbido corpetto.
Scese a baciarle il collo con la lingue e poi il seno, lasciandole piccoli morsi. Anche il seno era dolce come la bocca.
-Questa casa mi sembra sempre più un bordello!- la voce sprezzante di Kai attirò l’attenzione dei due che, sorpresi, alzarono la testa verso le scale. Kai si voltò e tornò al piano di sotto.   
Claire scoppiò a ridere senza ritegno, trovando veramente buffo quello che aveva detto lo strano tipo punkettaro.
Ma Boris ignorò lui e lei e con impazienza abbassò la spallina del vestito scoprendole la pelle candida e liscia della spalla. Le passò una mano dietro il collo sollevandolo e sporgendolo verso la sua bocca e iniziò a morderlo e a succhiarlo, mentre con l’altra mano cercava di abbassarle ancora di più la spallina per liberare il seno.
-Boris!- mugugnò lei ridacchiando, ma la ignorò e scese con la lingua insinuandola tra i seni.
-Boris che stiamo facendo?- chiese ancora.
-Sesso!- rispose lui spiccio. Poi si sollevò e la guardò seccato. -Come si toglie il vestito?-
-C’è la cerniera dietro…- rispose ingenuamente lei mentre le mani di Boris passavano dietro la schiena alla disperata ricerca della zip.
-Boris, sono una ragazza di sani principi!- lo avvisò lei ridacchiando notando l’impacciatagine del ragazzo che tirò fuori la lingua per la concentrazione mentre cercava affannosamente la cerniera.
-Ma bene! Pure io ho i miei sani principi!- rispose lui indaffarato. Finalmente trovò la cerniera le la tirò giù, ma di poco perché e la ragazza parlò ancora.
-Ma io lo voglio fare solo dopo il matrimonio!-
-Perché, chi si sposa?- chiese lui cercando di sbloccare la cerniera che si era inceppata.
-Nessuno!- gli disse ridendo ancora di più. -Il mio matrimonio Boris!-
Finalmente la zip ripartì e la abbassò completamente, potendo così riprendere a baciarla con trasporto.
-Allora sposami!- le propose Boris staccandosi dalle sue labbra. Nelle condizioni in cui stava, e per quanto aveva bevuto, lo avrebbe veramente fatto se fosse stato possibile. Ma Claire rise, e rise ancora più forte quando vide la sua faccia sorpresa.
-No!- disse soltanto, e per la prima volta mosse una mano verso di lui e gli accarezzò i capelli.
-E perché no?- chiese offeso.
-Perché non è te che voglio sposare!- spiegò.
-E chi vorresti sposare?!-
E rise ancora di gusto, tanto che Boris iniziò a chiedersi che cosa ci trovasse di tanto divertente.
-Non te lo dico! Altrimenti mi prendi in giro e glielo vai a spifferare!- fece infine.
-Io non spiffero niente a nessuno, non sono un’oca pettegola come te!- le rispose risentito.
-Ma mi prenderesti in giro!-
-Permetti!?- fece lui come se la cosa fosse dovuta. –Dai, dimmi chi è! Non può certo essere più imbarazzante di Yuya!-
Claire rise stringendosi le mani sugli addominali e facendo sorridere anche lui. –Ma Yuya è gay!-
-Dai, dimmelo! Chi vorresti sposare?- la incalzò lui curioso. Era ubriaca, quanto avrebbe potuto resistere?
-No, non te lo dirò mai!- rispose lei vispa come una bambina.
-Vuoi vedere che indovino?- la sfidò lui con aria furba.
Lei scosse la testa in risposta, e Boris non poté fare a meno di notare come fosse bello e spontaneo il suo sorriso.
-Ah no?- ghignò e le prese il viso tra le mani. –Tanto io lo so chi ti piace!- sussurrò piano con voce roca mentre si abbassava su di lei e socchiudeva gli occhi in quelli vivaci di Claire. Il respiro caldo si mischiò con quello dolce, sapendo entrambi di alcol, attraverso le bocche schiuse.
Le labbra si posarono dolcemente e con delicatezza si mossero per baciarle.
Erano labbra belle, morbide e perfette che richiedevano garbo, gentilezza. Lo richiedevano perché doveva essere un dono. Quelle di Ariel sapevano di conquista, di brama, di sangue. Quelle labbra erano sempre e perennemente spaccate, dal freddo, dalle botte.
Erano Venere e Marte, due pianeti completamente diversi, ma entrambi caldi e passionali.
Claire chiuse gli occhi lasciandosi trasportare dal bacio, dal movimento lento delle labbra di lui contro le sue, che strofinavano sensualmente tra di loro, e dalla sua lingua calda e altrettanto lenta.
Quando Boris si allontanò, lei sospirò e mugugnò qualcosa volgendo il viso dall’altra parte.
Lui sorrise e le diede un bacio sulla guancia.
-Lo sapevo!- disse trionfante, ma lei non rise più e i suoi occhi divennero tristi e affranti, mentre una mano andava a giocare con le ciocche bionde sparse sul pavimento.
-Che c’è?- chiese lui sorpreso dall’improvviso cambiamento.
Lei scosse la testa, ma le labbra si incresparono amaramente.
-Ehi!- fece Boris scuotendola leggermente.
-Sono una stupida, vero?- disse con voce secca.
-E perché? Mica ti piace Takao!-
-Non ho detto mentecatta!- ribatté acida. –Stupida Boris! Sono una stupida!-  
-Ah già! Le sottili differenze!- fece lui sarcastico tirandosi su.
Le porse una mano e lei la afferrò, sollevandosi e barcollando poco sicura sulle gambe.
-Andiamo a bere! Voglio un martini con ghiaccio!- disse lei diventando capricciosa, mollandolo e dirigendosi verso il fondo del corridoio.
-Le scale sono dall’altra parte!- le fece notare lui scoppiando a ridere quando si volto con una buffa espressione sulla faccia.
Gli passò accanto con la sua solita aria altezzosa da principessina e gli sbuffò un poco credibile: -Lo sapevo!-
-Aspetta, ti alzò la cerniera!- disse Boris correndole dietro.
Intanto Kai era uscito nella veranda e si era seduto sui gradini di legno trovando finalmente un po’ di silenzio e di tranquillità.
Riempì il bicchiere di scotch e appoggiò la bottiglia accanto a se, come per avere la compagnia una buona e vecchia compagna dal gusto amarognolo. Sorseggiò piano e fece ondeggiare il liquido ambrato con un gesto secco della mano, il ghiaccio tintinnò dolcemente, e si soffermò finalmente a guardare il cielo stellato.
Non sopportava proprio tutto quel macello, anzi, quel bordello!
Si alzava da un posto e si ritrovava in uno peggiore!
Lo aveva letteralmente cacciato! Chi?
Chi poteva essere tanto fastidiosa con i suoi modi da donnaccia vissuta di una squallida bettola se non quella sfacciata di Ari?!
Non appena Boris se ne era andato aveva tirato fuori anche le sigarette, e già solo per la puzza se ne sarebbe dovuto andare. Come doveva essere ovvio Takao espresse il proprio disappunto.
“Fumare fa male!” aveva esordito storcendo il naso, appollaiato sulla spalla di Ari.
Buon Dio, quel ragazzo anche da ubriaco diceva sempre le stesse cose! Eppure ne aveva buttato giù di rum!
Lei lo ignorò continuando a giocare, e fece lo stesso con le seguenti lamentele del ragazzo che le stava appiccicato addosso.
“Spegni quella sigaretta! Ti fa male! Puzza!” la stava veramente tartassando, e stava tartassando anche gli altri presenti e lui, ma nessuno quanto Yuriy che, oramai al limite della sopportazione, diede un pugno sul tavolo e incenerì Ari con un’occhiata omicida.
“Fallo stare zitto, dannazione!” le aveva sibilato inferocito.
Ari evidentemente doveva esserci abituata agli scatti di rabbia di Yuriy, perché non si scompose minimamente. Buttò una boccata di fumo allontanando la sigaretta quasi consumata di lato, appoggiò le carte sul tavolo, e con la mano libera, passandogliela dietro la nuca, attirò a se Takao e lo baciò spudoratamente, infilandogli quasi certamente anche mezzo metro di lingua in bocca.
Ovvio che il poverino, preso completamente alla sprovvista, restasse zitto e muto con una faccia da pesce lesso.
Anche Rei ci era rimasto di sasso, ma volete sapere come se ne era uscito?
“Posso romperti le scatole anche io?”
A quel punto Kai pensò, a torto, che avessero toccato il fondo, e decise che fosse arrivato il momento di dileguarsi. Ma, come aveva oramai capito, non c’è mai fine al peggio, mai!
Salite le scale chi si ritrova a pomiciare sul pavimento? Boris e quell’oca della bionda!
Ma con tanti posti e con tante stanze, con tanti letti, proprio lì dovevano mettersi!?
Così aveva girato sui tacchi e, presa una bottiglia e un bicchiere, si era seduto lì.
E lui che era salito fin lassù per allenarsi seriamente a bey!
Non c’era ragione che teneva, allenarsi da soli valeva mille volte di più!
Bevve ancora e la testa si fece leggera. Si stava ubriacando, ma non importava, lui era sempre molto tranquillo quando beveva, al massimo gli si scioglieva la lingua, ma ce ne voleva ancora per quello!
Dopo poco sentì arrivare qualcuno.
-Ciao Kai!- lo salutò timidamente Yuya chiudendo la porta della cucina dal quale arrivavano la luce e la confusione della musica e delle voci.
-Come mai tutto solo? Fa fresco qui fuori!- disse dondolandosi sulla punta dei piedi indeciso se sedersi o meno accanto al ragazzo che era tornato a guardare il cielo.
Sedeva con la schiena appoggiata alla ringhiera di legno, una gamba lasciata scivolare sul terriccio e l’altra piegata, dove vi era poggiato il braccio che teneva il bicchiere con le lunghe e sottili dita. Il profilo era corrucciato e i capelli gli ricadevano davanti agli occhi.
-Preferisco l’aria fresca!- rispose solamente. Bevve un altro po’ svuotando il bicchiere e lo riempì di nuovo. Ok, stava leggermente partendo, ma sapeva di poter resistere ancora altri quattro bicchieri prima che la sua lingua si slacciasse diventando biforcuta.
Yuya rimase lì continuando a fissarlo di sottecchi.
-Anche io preferisco la tranquillità! Di là stavo giocando a monopoli con i ragazzi, ma mi sono annoiato subito, Daichi voleva costringermi a vendergli a un prezzo più basso il mio parco della vittoria…-
Kai grugnì poco interessato e buttò giù un generoso sorso.
Yuya si morse il labbro inferiore nervosamente, senza sapere che cosa aggiungere.
-Ho notato che la Mayer sembra molto più tranquilla del solito, soprattutto con Takao! Nonostante le stia appiccicato non lo ha ancora picchiato…. Penso sia un record!- disse ridacchiando.
-E poi Takao è molto affettuoso con lei!- aggiunse in seguito osservandolo per notare la reazione del ragazzo che gli stava accanto. Ma Kai sembrava totalmente indifferente.
Yuya si passò una mano tra i capelli e sospirò.
-Senti Kai, io… ecco, volevo dirti…-
-Potresti evitare di parlare? Altrimenti quella è la porta!- lo interruppe improvvisamente indicandogli la porta alle loro spalle per poi portarsi il bicchiere alle labbra.
Yuya si irrigidì e abbassò il capo dispiaciuto. –Scusa!- mugugnò affranto. –Ma….-
Kai sbuffò chiaramente seccato.
Beh, se non poteva parlare come faceva a spiegarsi, a fargli capire i suoi sentimenti?
Si voltò per tornare dentro. Forse quella non era la serata adatta….
Abbassò la maniglia ma la porta non si mosse. Provò ancora ma niente, sembrava bloccata.
-Kai, la port…-
-Forzala Yuya, forzala!... A volte mi sembri tonto!- disse sgarbato Kai senza degnarlo di uno sguardo. Ma bene, pensò osservando il proprio bicchiere, la sua lingua stava iniziando a sfuggirgli… ma chi se ne fregava? Dopo tutto perché risparmiarsi qualche commento veritiero e sincero?
Il ragazzino iniziò a scuoterla tirandola per la maniglia, ma ancora niente. Continuò a tirare e fece per rivolgersi di nuovo a Kai per cercare il suo aiuto, quando la porta decise di aprirsi all’improvviso così forte che gli sbatté contro la fronte con un gran tonfo, rintontendo.
Si mise una mano sulla testa cadendo in ginocchio a terra.
-Ma allora sei proprio tonto!- disse Kai alzandosi. Si rese conto di barcollare, e si inginocchiò davanti al ragazzino.
-Fa vedere!- disse sgarbato.
Gli afferrò il polso della mano che teneva premuta contro la testa e lo scostò bruscamente, scostandogli i capelli dal viso contorto per il dolore.
Il cuore del più piccolo perse un battito quando si accorse della vicinanza dell’amico.
Le labbra erano appena schiuse mentre lo osservava per vedere che si era fatto. Adesso o mai più! Dopo tutto era stato lui a dirgli di non parlare!
Con un piccolo slancio raggiunge le sue labbra e vi attaccò le sue. I loro occhi si incrociarono, quelli trepidanti di Yuya e quelli totalmente inespressivi di Kai.
-Yuya, ma che cazz…- scandì incredulo Kai con le labbra del ragazzino appiccicate alle sue. Adesso lo guardava con tanto d’occhi, ma il piccolo Yuya non si diede per vinto, e prendendosi ulteriormente di coraggio, gli infilò pure la lingua in bocca zittendolo.
Kai rimase pietrificato e quando la porta si aprì su loro due, proprio in quell’istante, realizzò che quel cretino lo stava baciando!
Yuya lo stava baciando!?
Il pugno gli partì da solo così forte che Yuya fece un volo di due metri e rimase steso a terra.
Si alzò inorridito ignorando lui e chiunque fosse appena arrivato, prese la bottiglia di scotch, si riempì la bocca per poi sputare nel giardino sperando che bastasse a ripulirsi la bocca.
-Non c’è bisogno di fare tutta questa scenata! Tanto lo sapevano tutti che te la intendevi col piccolo e tenero Yuya!- disse la voce beffarda di Boris alle sue spalle.
-Fottiti!- rispose Kai reggendosi alla ringhiera e sputando di nuovo altro scotch. Dei brividi partirono lungo tutta la schiena per l’orrore.
Boris si avvicinò al ragazzino mezzo morto a terra e lo scosse con un piede.
-È ancora vivo?- chiese Claire guardandolo a distanza come se fosse una cosa disgustosa.
-L’hai proprio steso!- esclamò Boris esilarato. –Magari lui me lo saprà dire come si chiama il tuo uccellino!-
Boris rientrò in casa, mentre Claire rimase a fissare sulla porta prima il ragazzino svenuto a terra e poi Kai che le dava le spalle, piegato quasi in due per i conati. Forse non era veramente gay come diceva Boris, anche perché sarebbe stato veramente assurdo!
Yuya si mosse e si mise a sedere frastornato guardandosi attorno.
Improvvisamente si sentì una gran voce provenire dalla cucina che fece sobbalzare i tre.
-Ragazzi, facciamo tutti le congratulazioni alla nuova coppia! Kai e Yuya stanno ufficialmente insieme!-
I ragazzi che stavano ancora a giocare a carte intorno alla tavola si voltarono verso Boris sorpresi.
-Ti prego Boris, non ricominciare!- fece esasperato Yuriy. Come cavolo era possibile che quel maledetto ragazzino biondo lo stesse battendo a poker?! Sembrava che più bevesse e più freddo, cinico e calcolatore diventasse, altro che innocente e gentile!
-No Yuyiy, questa volta dico sul serio! Li ho sgamati mentre si baciavano!-
Rei e Max si scambiarono uno sguardo perplessi, Takao invece sbianco. Kai e Yuya si erano baciati? Kai aveva baciato un ragazzo!? Ma non gli aveva assicurato di non essere dell’altra sponda!?
-Alla faccia vostra signori! Ho vinto io!- esclamò a sorpresa Ari allargando sul tavolo la sua scala colore, ma venne ignorata da tutti con suo grande disappunto.
-Boris! Abbassati!- urlò appena in tempo Yuriy, facendo abbassare l’amico prima che una bottiglia mezza vuota di scotch gli afferrasse la testa. Il tonfo della bottiglia che finì contro la parete di fronte fece sobbalzare tutti.
-Smettila di dire stronzate con quella fogna!- Kai entrò furioso in cucina con delle falcate e, nonostante fosse più basso di Boris, lo spinse con forza facendo indietreggiare. Yuriy scattò in piedi allarmato, cosa che fecero anche Rei e Max.
-Boris non reagire! E tu calmati Kai!- disse Yuriy mettendosi davanti a Kai, che era di sicuro quello che non lo avrebbe ascoltato.  
-Fatti i cazzi tuoi Yuriy!- lo minacciò Kai cercando di scansarlo, ma il rosso lo trattenne e lo spintonò indietro.
-Dai calmati! Stava solo scherzando!- intervenne anche Rei pronto a trattenere l’amico che sembrava in preda da un raptus omicida. E infatti si fece tanto vicino a Yuriy e sembrava volerlo ammazzare.
-Levati Yuriy, voglio parlare con quel cornuto che ne hai fatto del tuo amico!- sibilò a denti stretti Kai piantando i suoi occhi ametista, ora iniettati di sangue, in quelli azzurri del rosso.
-Vedi di non provocarmi Kai!- sibilò Yuriy colpito da quel commento velenoso.
-Cornuto sarà tuo padre, bastardo!- gli rispose Boris riuscendo a trattenersi a stento dallo scansare Yuriy con una bracciata e buttarsi addosso al nipporusso.
-Adesso basta!- intervenne Ari seccata dondolandosi sulla sedia. –Due ore che gioco, vinco e mi rubi la scena con una delle tue crisi isteriche!? Si può sapere che hai!?-
-Ho beccato il finocchio che si sbaciucchiava con Yuya e se l’è presa!- le spiegò Boris.
-Non mi stavo sbaciucchiando con nessuno e non chiamarmi finocchio, stronzo!- ringhiò Kai.
-Veramente tu sei pure andato a sbandierarlo ai quattro venti!- fece notare Max a Boris. –Lo sai quanto Kai sia riservato!-
-Cosa vorresti dire, bianconiglio!?- sbraitò Kai questa volta in direzione del biondo che si ritrasse spaventato.
Ari incrociò le braccia dietro la testa stiracchiandosi. –E allora!? Non capisco cosa ci sia di male! Qui dentro siamo quasi tutti gay… forse si salvano Rei… Max…. E comunque a me, come agli altri, non ce ne fotte un emerito cazzo delle tue esperienze sessuali, tranne che a Boris, che a quanto pare è molto interessato! Piuttosto io starei più attenta a lui che a Yuya!-
-Ehi!- fece Boris scandalizzato da quella pseudo accusa.
-Grazie!- disse invece Rei per essere stato considerato uno dei pochi etero.
Lo sguardo di Kai si fermò su Takao che era rimasto imbambolato a fissarlo incredulo, e questo gli diede ancora di più sui nervi. Bene, adesso avrebbe pensato che fosse veramente gay! Quella era la volta buona che quello stronzo di Boris gliela pagava veramente, ma cara, molto cara! Un Hiwatari mai si fa mettere i piedi in testa!
-Ti sei messo nei guai Huznestov!- disse maligno scrutandolo minacciosamente. Lanciò uno sguardo di sfida a Yuriy e lo scansò dirigendosi dall’altra parte della stanza.
-Kai!- lo richiamò Ari prima che salisse le scale.
-Stanne fuori Ariel!- le rispose lui con fermezza senza fermarsi.
-Kai!- alla seconda volta il ragazzo si fermò e si voltò esasperato verso di lei che, senza timore, piantò i suoi occhi duri e determinati in quelli incandescenti del ragazzo.
Come faceva a sapere che l’avrebbe rovinato, che quelle erano le sue intenzioni e che ci sarebbe certamente riuscito?
Lo stava domando? Voleva domarlo e fargli fare quello che voleva lei?! No, si sbagliava, stava contrattando. Ma lui era testardo e intransigente e Huznestov doveva pagare, ed era altrettanto chiaro che lei non glielo avrebbe permesso. Voleva farlo desistere, e sapeva anche che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe accettato.
Kai storse il naso risentito e scomparve su per le scale.
Ari sospirò e prese la bottiglia dando una gomitata a Takao che si destò di soprassalto.
-Levati quell’espressione da coglione dalla faccia!- sbottò bevendo un sorso.
Yuriy e Rei tornarono a sedersi.
-Questa volta hai rischiato grosso Boris!- disse Max dandogli una pacca sulla spalla. –Per poco non ti ammazzava con quella bottiglia!-
-Ti prego di smetterla con questa storia…- iniziò esasperato Yuriy, ma Boris lo interruppe.
-Ma è vero!- fece capriccioso.
-Non mi interessa!- continuò Yuriy.
E mentre i ragazzi discutevano, l’attenzione di Ari fu catturata dal un piccoletto mingherlino appena entrato barcollante nella cucina.
-Ehi tu!-lo chiamò. Aveva uno zigomo gonfio e rosso, e quando la guardò sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
Ari si alzò e lo raggiunse davanti al ripiano della cucina.
-Yuya, giusto?- chiese distrattamente prendendo un bicchiere di vetro dalla credenza.
Un sorrisetto sghembo le piegava le labbra, dandole un’aria rassicurante e amichevole, mentre versava un po’ di rum nel bicchiere. Richiuse la bottiglia e guardò il ragazzino mortificato accanto a se.
-Non ci pensare, purtroppo Kai non è dei tuoi stessi gusti!- disse porgendogli il bicchiere. Il piano grazie a Kai stava riuscendo alla grande.
Il ragazzino guardò il bicchiere che gli stava porgendo con tanta gentilezza quella ragazza che per mesi aveva terrorizzato mezza scuola.
-Io non posso bere, non ho ancora…-
-Non devi ubriacarti, ma solo bere un goccio.- gli disse con uno strano tono pacato. –Ti aiuterà a dormire, e ne avrai bisogno visto il gran pugno che ti ha dato… e la delusione.-
Yuya rattristato fissò il bicchiere e alla fine lo afferrò.
-Bevi un piccolo sorso prima, che brucia, e poi tutto giù in una volta!- gli consigliò osservandolo dall’alto con attenzione mentre faceva quanto dettogli.
L’ingenuità di quel marmocchio era tanta da farla sentire perfida ad approfittare di lui, ma lei adorava sentirsi così, da sempre!
Dopo meno di dieci minuti Yuya era già addormentato profondamente nel suo letto.
Con somma generosità condivise il suo premio con Yuriy, che iniziò a bere la sua adorata vodka alla menta. Ma oramai a fine serata, e avendo già bevuto molto prima, non ci volle molto tempo prima che anche lui crollasse.
Appena dopo lo scoccare della mezza era già nelle sue mani, perché c’era un particolare di Yuriy che lei conosceva bene: tirava, tirava e alla fine crollava, e a quel punto lei sarebbe stata libera di fargli qualunque cosa.
Nascose un ghigno perfido dietro il bicchiere di vodka alla menta osservando i suoi due compagni rimasti con lei, ora nel salone a riposare sul comodo divano.
Tutti gli altri erano andati a dormire e ora regnavano un silenzio e una tranquillità quasi sonnolenti.
Boris rifiutò l’ennesimo bicchiere di vodka scuotendo la mano.
-No, basta! Un altro e vomito!- disse buttando la testa indietro.
-Riempi a me il bicchiere!- disse Ari porgendo il bicchiere.
Yuriy aveva lo sguardo appannato e le guance arrossate come solo la carnagione dei rossi poteva permettere. Alzò la bottiglia e riempì il bicchiere con mano poco ferma.
Ari bevve fissandolo.
-Come mai non parli?- gli chiese.
Come se non sapesse la risposta!
Dondolando leggermente sul posto bevve anche lui.
Questa volta Ari non trattenne il ghigno che prima aveva celato.
-Non ci riesci.- rispose per lui.
Yuriy la guardò vuoto e muto e il bicchiere gli scivolò dalla mano finendo con un piccolo tonfo sul tappeto. Le labbra erano leggermente imbronciate mentre lo fissava inerme.
Chissà se il piccolo Yuriy pensava a qualcosa in quei momenti o se per la sua testolina regnava la più totale confusione!
Ari si tirò in piedi. La testa le girava e si sentiva stordita. Di rum ne aveva bevuto e parecchio!
-Andiamo, si è fatto tardi!-
Boris scosse la testa.
-Su, alzati!- disse mollandogli un calcio allo stinco. –Anche tu Yuriy…-
Li superò e salì, mentre Boris si tirava dietro Yuriy.
Sergey dormiva profondamente quando entrarono in camera.
Boris mollò Yuriy che ricadde silenziosamente seduto sul bordo del suo letto, mentre lui si coricò senza nemmeno levarsi le scarpe.
Ari dopo poco arrivò, portandosi dietro un assonnato Kai che si appoggiò allo stipite della porta.
-Si può sapere che vuoi?- le chiese questo sbuffando e incrociando le braccia.
Ma lei lo ignorò e iniziò a trafficare con fili e prese vicino al comodino di Yuriy che neanche la guardava, come se non si fosse accorto della sua presenza.
Quando si rialzò si mantenne la testa. Ok, forse non avrebbe dovuto bere tutto quel rum!
-Mi devi fare un favore, aspetta solo un attimo…- gli rispose voltandosi verso Yuriy.
Il rosso alzò lo sguardo e la guardò.
-Su Yura!- gli disse stancamente. Gli si mise davanti e gli sfilò la maglia nera. Lui la lasciò fare barcollando un po’ in avanti.
-Poi spogli anche me?- bofonchiò Boris.
-Non contarci!- gli rispose Ari tirando su Yuriy per le braccia per farlo alzare.
Lui si alzò e mugugnò.
-Ariel…-
-Si.- fece lei spazientita tirando la cintura nei pantaloni e riuscendo a stento a capire come si toglieva.
Yuriy le passò le braccia attorno al collo per poi crollarle addosso con tutto il peso, facendole piegare le ginocchia. Già non riusciva a togliergli la cintura prima, adesso così vicino e col suo peso addosso la cosa stava diventando una sfida.
-Yura su, non riesco a spogliarti!- gli disse, ma lui non si mosse e anzi appoggiò il capo sulla sua spalla con l’intenzione di dormire lì probabilmente.
Smosse ancora un po’ la cintura e finalmente questa cadde a terra.
-Mi spieghi che hai intenzione di fare?- le chiese Kai sempre più spazientito. Lo aveva mica svegliato per assistere allo spogliarello di Yuriy?! Ci voleva coraggio!
Ari sbuffò e afferrò finalmente i jeans cercando di sbottonarli.
Yuriy iniziò ad agitarsi contro la sua spalla e a mugugnare.
-No… non voglio fare sesso!- borbottò assonnato e rintontito.
-Ma qui non c’è nessuno che vuole fare sesso con te!- gli rispose Ari continuando a lottare con i bottoni del jeans. Ma non le conosceva le cerniere Yuriy?
Lui strofinò ancora contrariato la fronte sulla spalla della compagna.
-No…- ripeté piano.
-Qualcuno vuole forse favorire? Boris, Kai?- continuò Ari rivolgendosi a quest’ultimo. -Sicuro, potrebbe essere la tua unica occasione per fartelo… ok, ok!- si apprestò a dire quando Kai la guardò più male del solito. –Visto Yura, nessuno vuole fare sesso con te!-
Si lagnò ancora e le sue braccia, strette intorno al collo, si irrigidirono improvvisamente mettendola in allerta all’istante. Lasciò i pantaloni e il peso di lui sulle spalle si attenuò.
Forse Yuriy non aveva bevuto abbastanza.
Lo sentì fremere e Ari si aggrappò alla sua schiena. I muscoli erano tesi.
La stretta di Yuriy, fattasi istantaneamente d’acciaio, iniziò a soffocarla togliendole il respiro.
All’orecchio sentì di nuovo il familiare e sommesso ringhio e il fiato caldo del lupo delle steppe.
Il colpo alla schiena fu disarmante. La sbatté contro il muro alle sue spalle sopraffacendola con suo corpo. Le dita sfiorarono il cuoio capelluto, i capelli furono tirati di lato con forza scoprendole il collo e i suoi denti affondando nella carne.
Kai in un primo momento di smarrimento per quella reazione improvvisa e violenza, fece per intervenire, ma Boris lo fermò.
-Lascialo stare! Adesso gli passa da solo!- gli disse mettendosi a sedere e mantenendo la calma.
Ma Kai come poteva stare fermo a guardare quella belva sbranarla, mentre lei inerme restava aggrappata alla schiena forte e nuda di Yuriy. Era orribile!
-Dai Yuriy, lasciala adesso!- fece duro Boris all’amico.
Ma Yuriy non gli diede ascolto e strinse di più tra le mandibole quella carne. Con un’artigliata le strattonò la maglia scoprendole la spalla e la strinse conficcando le unghie nella pelle.
Il petto candido si abbassava e si alzava furioso aritmicamente contro quello di lei che non poteva fare niente, era bloccata.
-Yuriy, calmati!- lo richiamò ancora Boris. Sapeva che se fosse intervenuto l’avrebbe reso ancora più furioso e violento. Anche Sergey si svegliò e si tirò su a sedere. -Calmati!- tuonò la sua voce profonda.
A quel punto finalmente la gettò con uno strattone di lato, facendola ricadere sul letto di Boris che le si avvicinò per aiutarla a rialzarsi, ma lei fece da sola allontanandolo.  
Ma a quanto pareva Yuriy non sembrava ancora essersi calmato. Gli occhi trasparenti lampeggiavano furiosi su di lei. Allungò una mano e la afferrò nuovamente per i capelli tirandola su fino ad arrivare al suo orecchio.
Kai in quel momento riuscì finalmente a vedere il viso di Ari, aspettandosi dolore o quanto meno confusione, ma non trapelava niente di tutto ciò. L’espressione era dura e tenace.
-Dannatissima puttana senza anima!- fu un latrato sommesso e rabbioso al suo orecchio, che sentì solo lei.
Poi un sospiro e un brivido. La mano stretta tra i capelli tremò e scivolò via e Yuriy tornò.
-Scusa!- disse con un tremolio nella voce quasi assente.
Ari riprese fiato.
Kai restò allibito a osservare quella trasformazione. Sembrava un povero disperato, un’anima in pena. Le supplice di perdono, le preghiere uscivano flebili dalle labbra vermiglie e lucide di lui. I suo occhi tornati cristallini si aggrappavano a lei disperati e prostrati come le sue mani, mentre lo spingeva piano a sedersi sul letto e a coricarsi. E Ari niente, nessun rammarico, nessun perdono, solo una spietata indifferenza intanto che gli sfilava i calzoni, le scarpe e gli tirava su le coperte. 
Perdeva sangue dal collo. Se ne accorse solo quando si voltò verso di lui.
Ora ci stava facendo caso Kai, che le labbra imporporate di Yuriy erano per il sangue.
Sergey pareva parecchio contrariato.
Ari gli fece segno di seguirlo. Il ghigno di quel pomeriggio tornò. -Adesso ci manca l’ultimo tocco e per domani mattina ci faremo quattro risate, vedrai!-
Dopo meno di cinque minuti Kai era già sotto le coperte deciso ad ignorarla. La testa lavorava incessantemente, sarebbe stato difficile addormentarsi. Troppe cose stavano iniziando ad essergli poco chiare, a partire dal comportamento di lei.
E poi che stronzata colossale! Non capiva perché si fosse fatto coinvolgere. Ecco un’altra questione da chiarire.
Ari scosse il suo letto con un calcio contro il materasso mentre, seduta sul suo letto, mangiava la fetta di torta che le aveva portato quel pomeriggio.
-Su, non fare così! Tanto alla fine ti diverti sempre!-
  
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** Nascondino ***


22 aoi
Salve! In verità non potrei manco aggiornare perché sto studiando per il 16 che ho un altro esame e non sto capendo ancora niente…. maledetti cinesi -.- (Ehi!è_é nd kai e rei)!
Comunque questo capitolo è venuto molto più corto di quello che mi aspettavo, ma metterò le parti salienti nel prossimo. Una delle due è già pronta, mentre l’altra devo ancora prepararla. Qui ho sviato l’argomento e alla fine mi sono concentrata su un altro fatto che svilupperò in seguito. Perdonatemi se non è un granché.
Scusate anche se non rispondo a tutte una per una, ma vi ringrazio sempre infinitamente tutte quante, e anche coloro che leggono. Non vi preoccupare, lo scherzo non era quello di fare incazzare yuri davanti ai ragazzi, anche perché figuriamoci che grande sorpresa deve essere per boris e sergey che lo sanno già. Lo scherzo viene adesso, spero di non aver fatto un buco nell’acqua però ^^’’!
Spero di riuscire presto a recensire anche le vostre storie, vi chiedo scusa se sono rimasta indietro, ma ultimamente per lo studio e soprattutto a causa di mio fratello che ha assediato il mio pc, non riesco neanche a stare al passo con la lettura ç_ç… comunque prevedo che tra domani e dopo domani dovrei avere un minimo di tempo. Sumimasen!
Adesso bando alle ciance e buon capitolo schifezza! ^^ (questo veramente non è niente di che, anche perché sono troppo distratta da altro -.-‘’’)
Grazie e un bacione a tutte!
 
 
 
22. Nascondino
 
Stava male, una vera e propria schifezza, e si sentiva confuso, stordito, dal sonno, dalle lenzuola, dal mal di testa….
Maledetta vodka! Maledetta mattina! Lui non voleva svegliarsi!
Iniziò ad agitarsi nel letto. Si sentiva stretto e accaldato, eppure gli pareva di stare in mutande e gli sembrava anche di avere qualcuno accanto. Ma chi se ne fregava poi? Che fosse Ari, che fosse Boris, sicuramente l’amico aveva vomitato sul letto e si era coricato nel suo. Boris vomitava sempre quando esagerava.
Questo continuo e fastidioso pensare lo stava completamente svegliando però.
-Boris… levati di qui!- si lagnò spazientito ora anche dalla luce. Chi aveva lasciato le tende aperte, dannazione!? Si riparò il viso con una mano.
Per tutta risposta “Boris” gli passò un braccio intorno al torace.
-Che cosa ha detto?- chiese curioso Max osservando lo schermo attentamente.
-Boris togliti!- gli rispose Ari dietro di lui guardando diabolicamente lo schermo. Che piano sublime, riuscito alla perfezione per di più.
Delle risatine accompagnarono la sua spiegazione.
-Crede che sia Boris?!- disse sghignazzando dietro una mano Takao. Anche Max si mise a ridere per lo stesso motivo.
-Secondo me è uno scherzo di pessimo gusto!- intervenne il professore contrariato guardando lo schermo del suo portatile usato per scopi così vergognosi.
-Sh! Silenzio, si sta muovendo!- lo zittì Takao.
Yuriy si mosse mestamente e finalmente aprì gli occhi, rassegnato a quel nuovo desolante giorno.
Voltò il viso dove credeva di trovare il grosso testone inutile dell’amico, ma vide solo un timido ciuffo di capelli castani capitolare da fuori le coperte.
Aggrottò la fronte sforzando la vista.
-‘Yuriy!-
-È arrivato Boris!- constatò Max avvicinando l’orecchio alle piccole casse del portatile di Kappa. Avevano sentito solo la sua voce, non rientrando nel campo della tele camerina.
Daichi sbuffò seccato, quello scherzo non lo capiva proprio. Cosa ci trovavano di tanto divertente Takao e Max?
Yuriy guardò rintontito il compagno appena entrato in camera e poi di nuovo il ciuffo di capelli scuri, e il mal di testa si fece insopportabile.
-Qualche deficiente ha scambiato il dentifricio col lucido delle scarpe!- si lamentò Boris buttandosi sul suo letto seccato. –Per poco non mi avvelenavo.-
Daichi scoppiò a ridere mentre Max, Takao e Kappa lo fulminarono con un’occhiataccia. Si erano messi d’accordo il non fare più quello stupido scherzo del dentifricio!
Ma Yuriy non stava dando più conto all’amico. La testa gli scoppiava e c’era qualcuno che non sapeva ne come ne perché stava abbracciato a lui sotto le sue coperte nel suo letto!
Scostò con un gesto brusco la coperta e fece un salto pauroso cadendo dal letto con tutte le lenzuola aggrovigliate attorno alle gambe. 
I ragazzi alzarono la testa sentendo il tonfo provenire dal soffitto e scoppiarono a ridere, poi si concentrarono di nuovo sullo schermo per non perdersi neanche un attimo.
-Che cosa è stato?- chiese Claire avvicinandosi a gruppetto. L’occhio le cadde automaticamente sul computer che tutti stavano fissando con insistenza, e divenne porpora per l’imbarazzo.
-Ma che roba è?!-
Spiazzato, disorientato, inorridito, col mal di testa e ora pure con un dolore acutissimo al fianco si rialzò da terra e guardò il ragazzino nel suo letto che fino a due secondo prima lo stava abbracciando.
Boris di fronte a lui guardava a bocca aperta la scena.
-Che cazzo di fa Yuya nel mio letto!?- spirò Yuriy sconvolto. –‘Cazzo ci faccio in mutande?!- continuò guardandosi e sentendosi ancora peggio.
-Oddio che faccia! La voglio vedere a rallentatore!- strepitò Takao in preda al delirio. Max era oramai piegato in due dalle risate.
-Questa è la volta buona che ci ammazza!- sbottò Kappa intimorito.
-Sarebbe meglio dire che Mi ammazza!- precisò Ari. Kai la guardò irritato, seduto dall’altra parte del tavolo a sorseggiare una tazza di tè bollente. Si alzò e abbandonò la cucina.
Yuriy iniziò a muoversi su e giù per la stanza tendendosi la mano sulla fronte. Che cazzo significava!? Perché c’era quel moccioso gay nel suo letto?!
-Porca puttana, di qualcosa invece di stare zitto!- se la prese con Boris, ma l’amico rimase zitto. Era stupito forse più di lui, e questo certo non lo faceva stare tranquillo.
No, non voleva pensare al peggio Yuriy, non poteva essere possibile una cosa del genere! Era raccapricciato, gli veniva da vomitate e il mal di testa gli impediva di pensare in modo freddo e razionale. Non era assolutamente possibile, non ricordava niente, ma di questo era certo: Yuya… oddio!
Yuya gracchiò grattandosi l’addome, e si mise a sedere strofinandosi gli occhi col dorso della mano.
Quando mise a fuoco quello che aveva davanti parve più confuso dei due che l’avevano trovato lì.
-Ari sei veramente perfida!- la elogiò Takao continuando a ridere.
-Che scherzo idiota!- aggiunse Kappa disturbato.
Yuriy era sconvolto, si passava le mani sul viso. Non si era mai visto il capitano dei russi in quello stato così umano.
Yuya arrossì quando si accorse di Yuriy e nascose il viso sotto le coperte.
-Disperdiamoci ragazzi!- disse improvvisamente Ari diventando seria. –Mi raccomando, indifferenza!-
-Cosa?! Perché?- chiese Max guardandola.
Un guizzo negli occhi di Yuriy e qualcosa di strano sul comodino saltò alla sua attenzione: un bicchiere di carta capovolto.
Per un attimo lo sguardo di Yuriy sembrò incrociarsi con quello di Ari dall’altra parte dello schermo.
-Se ne è accorto!- annunciò lei. Yuriy con un balzò sembrò volere uscire dallo schermo.
Takao e Max smisero istantaneamente di ridere e si scambiarono uno sguardo terrorizzati.
Yuriy scavalcò il letto con un balzò, Yuya e Boris si ritrassero spaventati, e si avventò sul comodino.
La tele camerina nel suo pugno si disintegrò in mille pezzi.
Quella dannata stronza gliela avrebbe pagata cara per un affronto simile!
-Yuriy, che succede?!- chiese Boris osservando l’amico attraversare la stanza come una belva. Sembrava pronto ad uccidere, e chissà perché intuiva anche chi.
Il rosso si mise le prime cose che trovò, la maglia nera e il jeans della sera prima, e si precipitò fuori con Boris alle calcagna.
Scesero le scale e si ritrovarono in cucina.
A Yuriy bastò un’occhiata per individuarla. Non vide nessun’altro, solo lei seduta a capotavola, manco a farlo apposta, proprio di fronte a lui, con i piedi incrociati sul tavolo e la sedia piegata in dietro su due gambe. Come ogni mattina non lo degno della più minima attenzione, come se potesse la sua indifferenza provare la sua innocenza.
Avanzò fermandosi dall’altro capo del tavolo.
Hilary e Sayu si ritrassero spaventate dall’espressione omicida sul suo volto. Kappa si alzò tremando e si andò a nascondere dietro le due. Claire guardò il tutto dal suo angolino.
Yuriy scostò con un gesto secco una sedia facendola finire a terra. Ari impassibile lo guardò negli occhi e mise le mani in tasca.
Le ragazze assistettero perplesse. Non capivano che cosa fosse preso a Yuriy, la sua espressione gelida e spietata non lasciava trapelare niente. 
Salì sul tavolo senza mai lasciare neanche per un attimo la sua preda.
Ora faceva paura veramente, sembrava un animale pronto ad attaccare.
Boris lo chiamò più volte, ma venne ignorato, mentre avanzava lentamente, quatto sul lungo tavolo verso di lei che senza paura lo osservava avvicinarsi.
Per un attimo, non ne furono certe, ma sembrò loro che avesse ringhiato e mostrato i denti digrignanti.
Ari, per tutta risposta, abbassò leggermente il capo e gli fece un sorrisetto, uno di quelli furbetti e derisori.
-Hai avuto un buon risveglio, Yura?- gli chiese impavida.
Yuriy ringhiò e attaccò. Con un balzò arrivò al capo del tavolo e per poco non la afferrò. Lei non si fece prendere alla sprovvista. Si spinse all’indietro facendo ribaltare la sedia che finì a terra con un tonfo. Ma lei fu più veloce, scomparve sotto il tavolo appena in tempo e schizzò come un fulmine fuori dalla cucina richiudendosi la porta alle spalle. Yuriy non era un tipo da inseguimento, per sua fortuna, aveva questo vantaggio.
-Che succede?!- chiese la testolina di Takao spuntando da dietro il divano non appena entrò correndo nel salone. Lui e Max si erano rifugiati lì, e i rumori che avevano sentito pochi attimi prima provenire dalla cucina non erano stati certo rassicuranti.
Ari attraversò la stanza di corsa diretta verso la porta d’ingrasso e la aprì.
Proprio in quel momento, dall’altra parte della stanza apparve Yuriy.
Takao e Max si appiattirono contro il divano sperando che non li vedesse.
Kai era appoggiato vicino al mobiletto nell’entrata. Lo sguardo feroce del rosso si posò anche su di lui, e ricambiò algido e sprezzante.
Yuriy mosse un passo nella loro direzione, o meglio, verso Kai. Ari tornò indietro, lo prese per la sciarpa e se lo tirò dietro correndo fuori dalla casa senza fermarsi e senza fare caso al fatto che lo stesse strozzando.
-Muoviti idiota, sa che ci sei di mezzo anche tu!- gli urlò mentre attraversavano il giardino e si immettevano nel bosco.
Kai, preso alla sprovvista e strangolato dalla sua stessa sciarpa, non riuscì a reagire finché non si ritrovò spinto a terra dietro un grande masso. Ari gli si affiancò appiattendosi contro il masso riprendendo fiato.
Si tolse la sciarpa tossendo forte.
-Cazzo, smettila!- lo rimproverò lei tendendo l’orecchio per sentire se Yuriy si stava avvicinando.
-Smettila!?- ripeté lui scattando a sedere. –Ma sei cretina o cosa? Si può sapere perché mi hai trascinato qui? Io non c’entro un cazzo con i tuoi stupidi scherzi…-
-Certo, perché non lo spieghi a Yuriy allora?!- sbottò lei contrariata da tutto il rumore che stava facendo. –Adesso zitto! Se ci becca siamo morti….-
-Siamo? Sei, mia cara!- precisò più incazzato di prima. –Non voglio essere coinvolto nelle vostre faide!-
Fece per alzarsi ma Ari lo afferrò con forza e lo fece di nuovo sedere. Gli fece segno di tacere. Ora sembrava incredibilmente seria.
-Preparati a dartela a gambe levate…- gli sussurrò appena.
Dopo pochi attimi sentì chiaramente dei passi sul terriccio avvicinarsi alle loro spalle, oltre il grosso masso dietro il quale erano nascosti.
Kai restò in silenzio ma, più che per la tensione, stette in silenzio perché intento a fissarla.
I sensi sembravano tutti i allerta mentre stava appiattita contro la parete di pietra. Sul collo i segni del morso della notte prima erano messi in evidenza dal modo in cui era voltava. Con un morso Yuriy era riuscito addirittura a farle uscire sangue, e la cosa lo lasciava totalmente disarmato.
Lei, Yuriy... erano folli! Lui perché perdeva a tal punto la testa, e Ari perché lo provocava di proposito.
I passi si fecero più vicini. Si scambiarono uno sguardo, quello di Ari era indecifrabile.
Poi si allontanarono lentamente, fino a sparire.
Ari tirò un sospiro di sollievo.
-Per poco non ci scopriva!-
-Non ti scopriva!- la corresse. –Ci tengo a restare fuori da questa storia!-
-Ma non rompere! Tanto so che vuoi una copia del video!-
-Questo non c’entra niente!- Effettivamente il video lo voleva vedere.
Ari si sporse oltre il masso con cautela.
-Per adesso sarebbe meglio restare qui e aspettare che si calmi…- disse tornando a sedersi a fianco a lui.
Rimasero in silenzio per un po’, finché non fu Kai a romperlo.
-Voglio chiederti una cosa…-
Ari annuì continuando a giocare distrattamente con dei sassolini per terra.
Kai deglutì esitante. Che domanda idiota che voleva farle, perfino lui se ne rendeva conto. Sicuramente gli avrebbe riso in faccia o gli avrebbe dato un pugno minacciandolo di smetterla con certe cazzate. Ma dopo tutto quella domanda nasceva spontanea. Come spiegarsi altrimenti lo strano comportamento di entrambi? Solo con lui si comportava così e solo lei riusciva ad infondergli una complicità quasi innata. Non riusciva a spiegarsi perché. Certo, la riteneva una delle poche persone alla sua altezza, ma questo quanto poteva bastare?
Chi altro riteneva alla sua altezza per poter fare un paragone? Takao? No, lui lo considerava addirittura superiore, un rivale, e alla fine un “amico”. Ma lei superava di gran lunga Yuriy come blaider. 
Sospirò e abbassò il capo decidendo di lasciar perdere. Era stupido e patetico!
-Allora?- lo incitò Ari con tono annoiato.
-Niente, una sciocchezza!- disse evasivo.
-Dilla, tanto siamo qui a fare niente…-
-Ecco…- dai, doveva dire una scemenza. Quanto poteva essere difficile se già una ce l’aveva pronta... dopo che ci aveva pensato per tutta la notte?!
-Ho notato che hai sempre le spalle piegate in avanti. Sta dritta!- ok, questa l’aveva detta proprio in extremis, spinto dalla disperazione, e non aveva neanche senso. Cosa gliene poteva fregare a lui se stava ingobbita?!
Lei si ammutolì e si voltò finalmente a guardarlo.
-Fatti gli affari tuoi tu! Sono cazzi miei se sto con le spalle piegate!- lo aggredì malamente senza nessun motivo.
Si voltò dall’altra parte e incrociò le braccia al petto con un cipiglio burbero e irritato.
-Sta buona! Non ti ho detto niente, non c’è bisogno di reagire così!- rispose lui seccato. –Adesso mi devo pure subire i tuoi sbalzi d’umore…-
-Io non ho sbalzi d’umore! Quelli ce li hai tu!- sbottò Ari lanciandogli un’occhiataccia.
-Certo, reagire così per una domanda idiota non è avere sbalzi d’umore!- sbottò.
Ari si alzò ignorando quest’ultima affermazione e si incamminò per tornare a casa.
Kai incredulo si alzò a sua volta e la raggiunse.
-Ehi, aspetta un momento!- le girò intorno piazzandosi davanti e facendola fermare.
-Sei diventata rossa!- constatò ghignando incredulo, notando l’effettivo rossore sulle guance.
-E con questo?- fece lei scansandolo. –Sarà il sole!-
-Siamo all’ombra da più di un quarto d’ora!- rispose lui prontamente.
-Se certo, bravo bravo…- lo ignorò lei continuando ad andare avanti.
-Come mai? Ti sei imbarazzata?- chiese seguendola.
-Non mi sono imbarazzata!-
-Dai dillo, tanto non abbiamo niente da fare, l’hai detto tu!- insistette lui pronto a sfotterla.
-Smettila e non farmi perdere la pazienza!- lo minacciò.
-Allora ammetti di esserti imbarazzata!-
Ari piantò i piedi a terra e si voltò verso di lui aggredendolo come poco prima.
-Ti ho detto si smetterla! Non sono arrossita!- gli urlò contro.
-Calma, non c’è bisogno di prendersela tanto. È normale essere suscettibili in certi periodi!- la provocò di proposito marcando maggiormente l’ultima parola.
Lei fremette ancora più irritata e lo afferrò per il collo della maglietta.
-Senti signor damerino, non c’ho il mio periodo come intendi tu, il mio unico problema è che con questo maledetto reggi...seno e la maglia che mi ha rifilato quell’oca svampita mi pare di avere tutto da fuori, ecco perché! Adesso sei contento, o vuoi sapere altro!?-
Kai rimase ammutolito da quella confessione e l’occhio gli cadde automaticamente poco più in basso, sulla scollatura della ragazza.
-Non mi pare che tu abbia tutto questo granché fa fuori!-
Anche lei si guardò sorpresa. –Dici?-
-Certo, anche perché non credo che tu abbia molto da mostrare!- precisò Kai acido guardandola ora negli occhi castani.
Si aspettava un pungo, come minimo una battutaccia, e invece lo mollò e si voltò.
-Bene, se dici così posso pure stare tranquilla!- disse mettendosi dritta con le spalle e riprendendo a camminare.
-Scherzo. Non è vero che non hai niente!- le disse seguendola. Magari si era offesa o se l’era presa. Su quel punto le femmine potevano essere parecchio sensibili e Ari non era da meno se era arrossita per così poco.
-Cosa?- chiese lei voltandosi di punto in bianco, e per poco con le andò a sbattere contro.
-Ti vuoi decidere? Mi sembra di avere due cose enormi con questo coso addosso!-
-E quindi?- chiese lui senza capire che volesse.
-E quindi si vedono o no se sto così!?-
L’attenzione di Kai fu di nuovo catturata dalla scollatura. Effettivamente adesso che Ari si era rimessa dritta e ce l’aveva di fronte non si potevano certo ignorare.
-Non capisco perché tu te la prenda tanto. Sei una ragazza, è normale!- le rispose stringendosi nelle spalle. –Sei combinata male se a diciotto anni hai ancora problemi ad accettare il tuo corpo.-
-Ma come ti permetti?!-
Kai ghignò derisorio. –Ecco perché ti metti sempre quelle cose enormi addosso! Non credevo che servissero a nasconderti!-
Ari lo guardò truce e Kai capì di aver fatto centro questa volta.
-Checca acida!- borbottò a mezza bocca andandosene.
Camminarono per una ventina di metri in silenzio, finché non si trovarono nel cortile della casa.
Ari avanzò con circospezione guardandosi bene attorno. Yuriy poteva benissimo essere lì attorno, nascosto da qualche parte e spuntare all’improvviso senza darle possibilità di scampo.
Si fermarono sotto la veranda perlustrando attentamente l’interno dalle finestre. La cucina era piena e i ragazzi stavano facendo colazione.
-Scusa per prima!- disse tutto in una volta Kai, ma Ari lo ignorò continuando a perlustrare la cucina dalla finestra. Lui sbuffò seccato e si mise le mani in tasca.
-È ridicolo!- sbottò contrariato. Non l’aveva sentito? Le aveva chiesto scusa!
-Vai pure avanti, non ti sto trattenendo.- gli disse lei accovacciata sotto il davanzale della cucina. -Così almeno Yuriy si sfoga con te e io la passo liscia per una volta!-
Kai sospirò stancamente. –Non te la sarai presa per prima spero!-
-No, e adesso non rompere!- lo liquidò lei battendo con un dito il vetro della finestra.
Dopo pochi attimi la finestra si aprì e spuntò Claire.
-Si può sapere che cosa com…- aveva iniziato urlando la bionda, ma la cugina le tappò la bocca con una mano.
-Abbassa la voce carina! Dove è Yuriy?- le chiese mollandola.
-È su, ed è anche abbastanza arrabbiato per lo scherzo stupido che gli avete fatto!-
-Io non gli ho fatto niente!- puntualizzò Kai ricambiando l’occhiataccia di Claire.
-Comunque ti conviene non farti vedere per almeno un paio di orette!- disse tornando a rivolgersi a Ari.
Claire fece per richiudere la finestra, ma qualcosa attirò la sua attenzione prima che potesse farlo.
Ari sbiancò e indietreggiò. -Cazzo!-
Yuriy era proprio in fondo alla cucina e l’aveva appena vista.
Diversi urtetti allarmati si alzarono nella cucina. In meno di due secondi il rosso saltò fuori dalla finestra con uno slancio finendole addosso. Sbatterono contro la ringhiera e capitolarono dall’altra parte sparendo alla vista.
Molti si precipitarono fuori.
Dopo poco Ari si rialzò ma fu per un istante. Yuriy le afferrò una gamba facendola finire di nuovo a terra.
Cercò di allontanarlo con un calcio mentre le si buttava addosso, ma lui lo evitò con facilità e la afferrò per il collo con entrambe le mani.
-La vuole ammazzare veramente!- strepitò spaventato Takao precipitandosi in giardino, ma una mano lo trattenne afferrandolo per la giacca. Takao si voltò a guardare chi fosse stato e rimase sorpreso.
-Lascia stare, stanno solo giocando!- gli disse Boris. –Fanno sempre così!-
-A me non sembra un gioco!- si lamentò Hilary.
Kai si avvicinò ai due per terra. Yuriy era piegato su di lei e teneva strette me mani intorno al collo di Ari che scalpitava senza riuscire in alcun modo a liberarsi. Sembrava senza controllo come quella notte.
-Adesso basta Yuriy!- gli ordinò fermo e deciso. -Lasciala!-
-Zitto Kai, ce ne stanno anche per te dopo!- ringhiò Yuriy stringendo ancora di più intorno al collo sottile della ragazza. Lei gli graffiava i polsi, glieli stringeva, ma niente riusciva a scalfirlo ne a smuoverlo. Il viso era diventato paonazzo e cercava di respirare, ma la stava strangolando.
-Fammi vedere! Avanti, alzati e prenditela con me!- lo sfidò Kai.
Yuriy finalmente alzò lo sguardo su di lui incrociando gli occhi ametista. La mollò, le sue mani lasciarono la presa sul collo diventato rosso e si mise dritto respirando affannosamente.
Ari si mise su un fianco tossendo forte per permettere all’aria di entrare nei polmoni.
-Adesso mi sento meglio…- disse Yuriy sospirando.
-Trova altri modi di sentirti meglio la prossima volta!- lo avvisò Kai.
-E tu invece di andarle dietro tienila a bada!- gli rispose aspramente Yuriy. –Hai visto di cosa è capace…-
Kai strinse i pugni. Di nuovo, non era la prima volta che gli veniva mossa quella accusa. -Questo non ti giustifica!- disse comunque.
Ari sposto la sua attenzione sul rosso che le stava ancora di sopra, continuando a tossire tendendosi una mano sul collo dolorante. Quel coglione l’aveva quasi ammazzata!
Gli diede un pugno che lo fece ricadere di lato e questa volta fu lei a saltargli addosso. Gli diede un altro pugno, uno all’addome, l’altro venne bloccato.
Si ritrovò sollevava in aria, stretta da delle braccia grandi e potenti.
-Datti una calmata Ariel!- tuonò una voce.
-Mettimi giù immediatamente Sergey!- gli ordinò scalciando.
Questo la mollò malamente.
Boris se la rideva mentre aiutava Yuriy a rialzarsi. -Questa volta ti sei fatta quasi ammazzare!- gli disse ridendo.
I ragazzi che erano rimasti sotto la veranda ad assistete, sembravano sgomentati dal comportamento decisamente fuori dalla norma dei russi.
-Ma siete veramente svitati!- esclamò Daichi, come sempre senza peli sulla lingua ma dando voce al pensiero di tutti.
Una volta che tutto sembrò tornare nella normalità, la mattina passò senza fare niente.
Takao scoprì, a sue spese, di stare troppo male per mettersi a giocare a beyblade, quindi lasciò in pace tutti quanti per una volta, o meglio tutti tranne chi stava preparando il pranzo. Doveva pur fare qualcosa, no?!
Ma questa tregua non poteva durare ancora per molto. Immediatamente dopo aver finito di mangiare, poggiò rigenerato le posate sul tavolo e sorrise compiaciuto.
-Bene! Chi vuole fare un incontro con me!?- chiese a gran voce.
-Ari, voglio vedere come va il nuovo Drawind…- disse Kappa aprendo con uno scatto il computer.
-Giusto!- esclamò Takao alzandosi in piedi e indicando la ragazza dall’altra parte della tavola. –Tu ancora non hai giocato, voglio fare un incontro con te!-
-Ma io avevo sentito che volevate giocare a nascondino!- rispose invece lei con grande sorpresa di tutti. Molti la guardarono increduli per quella affermazione. Takao sembrò sorpreso. –Nascondino?- ripeté.
Max saltò in piedi entusiasta. –Oh yeah!- esclamò. –Grande idea!-
-Ma io volevo giocare a bey!- disse Takao venendo ignorato da Daichi che stranamente sembrava interessato.
-Si, non mi troverete mai!- disse elettrizzato alzandosi e iniziando a correre per la sala da pranzo.
-Prima dovrai vedere se sei tu a contare!- gli ricordò Max.
-Facciamo la conta!- propose subito Sayu.
-Ma il bey!- continuò Takao deluso. Perché nessuno gli dava ascolto?
-Io sono d’accordo!- convenne Ayumi.
-Ma bene! Giochiamo tutti!?- chiese Max.
-Perché no?- fece Rei. –Io ci sto!-
Mezz’ora dopo erano già tutti nascosti. A contare erano finiti Yuriy e Takao, manco a farlo apposta, proprio i due che più si seccavano.
Non sapendo come, Ari si ritrovò stretta tra Max e Rei, chiusi tutti e tre in un baule in soffitta.
-Mi spiegate come diavolo ci siamo finiti qui dentro?!- chiese spazientita per le continue risatine compulsive di Max.
-Non ne ho idea a dire la verità!- rispose Rei.
-Non è un nascondiglio geniale!?- domandò Max orgoglioso. –Non ci troveranno mai!-
Ari sbuffò e rimase in attesa. Almeno per quel pomeriggio aveva sviato l’attenzione dal beyblade. Quei rompiscatole di Kappa e Takao non avevano altri pensieri per la testa!
Qualche piano più sotto Takao si aggirava annoiato per la casa. Yuriy l’aveva lasciato da solo per  andare a controllare nel giardino.
Uscì dalla cucina e si fece un giro nel salone. Niente, nessuna traccia di vita. Aveva solo voglia di lanciare il suo Dragoon e nient’altro, e invece era stato incastrato in quello stupido gioco. Continuò così, senza impegnarsi, per almeno un’oretta abbandonante, poi si accese la televisione, guardò i cartoni delle quattro, e poi riprese a cercare.
-C’è qualcuno qui?- chiese ad alta voce passando per il corridoio.
Entrò nel bagno guardandosi attentamente attorno.
-Io devo fare pipi quindi se c’è qualcuno qui dentro è pregato di uscire, altrimenti peggio per lui!- disse alle pareti aspettandosi di vedere qualcuno comparire dal nulla. Guardò dentro la doccia, dietro al mobiletto e niente. Meglio così!
Dopo qualche minuto uscì e riprese a ciondolare per la casa, finché la porta dello sgabuzzino non attirò la sua attenzione. Si avvicinò con circospezione e la aprì.
La scena che gli si parò davanti gli congelò il sangue nelle vene.
Hilary e Ryoko, avvinghiati l’uno all’altra, stavano pomiciando nello sgabuzzino buio!
Lei allontanò il ragazzo immediatamente, imbarazzatissima si abbassò la maglietta sgualcita guardandolo come fosse stato un alieno.
Quello spettacolo lo scombussolò parecchio, ma si riprese subito: sbatté la porta in faccia ai due, qualcosa all’interno cadde ma non gliene fregò niente, e avanzò furioso per il corridoio e uscì dalla casa. Mandò a quel paese Yuriy e Boris che se ne stavano seduti per i fatti loro sui gradini della veranda a bere una birra, e in meno di mezz’ora trovò quasi tutti, tranne la persona che stava cercando.
Daichi l’aveva trovato appeso ad un albero davanti la finestra del bagno, Yuya stipato in un mobiletto della cucina, Ayumi dentro un armadio, Sergey non si era nascosto ma l’aveva trovato sotto la doccia, Kai nel suo letto a dormire, Kappa sotto la scrivania, Claire davanti lo specchio a mettersi i bigodini.
Mancavano solo Max, Rei, Ari e Sayu. Dove diamine era Sayu!?
La stava chiamando così forte che si stava sgolando. Dove diamine era quella ragazzina quando serviva?!
E intanto la piccola Sayu, per l’appunto, spaventata nel sentirsi chiamare con tanta furia e ardore, si era alzata dal suo fin troppo ovvio nascondiglio (la valigia vuota di Claire) e si era diretta quatta quatta verso la porticina dove aveva visto sparire la testa bionda di Max. Di certo un tipo come lui aveva trovato un nascondiglio migliore del suo.
Le erano venuti brividi quando Takao, entrato nella stanza, aveva chiesto a Claire dove si trovasse. Le era venuta una fifa terribile. Quel ragazzo prendeva fin troppo seriamente certi giochi stupidi.
Salì le scalette impolverate che portavano alla soffitta.
-Max, sei qui?- chiese timorosa affacciandosi nella penombra della stanza. Mosse qualche altro passo incerto salendo gli ultimi gradini.
Niente, nessuna risposta. Tutto restò immobile.
-Max, sono Sayu! Sei qui?-
Un  rumore dietro di lei la fece sobbalzare e si voltò di scatto. Un baule si aprì cigolante e da lì dentro spuntò un groviglio biondo. Il ragazzo che le fece segno di fare silenzio.
Sayu rimase sbalordita. Lì dentro c’erano anche Rei, il cinese, e quella psicopatica della russa.
-Ti prego, aiutami! Takao mi sta cercando e sembra furioso!- piagnucolò piano.
-Ma come ti posso aiutare? Qui non c’è più spazio!- le fece presente lui.
Ari sbuffò spazientita. Si alzò ed uscì dal baule.
-Me ne vado!- disse soltanto scendendo le scale e mollandoli senza dare il tempo di dire niente. Aveva già fatto tanto facendosi trascinare da quei due in quel baule, continuare a stare lì senza fare niente, partecipando a quello stupidissimo gioco sarebbe stato troppo per la sua pazienza già al limite a causa dell’idiozia di Max e delle frecciatine a sfondo sessuale di Rei. 
Quando aprì la porticina in fondo alle scale Takao la travolse.
Salì furibondo, con un diavolo per capello, i gradini quattro a quattro e si fermò davanti al baule guardandosi attorno con l’aria da omicida. Strana espressione per uno simpaticone come Takao!
L’intuito gli disse che quel baule nascondeva qualcosa, e infatti, quando l’aprì Max zompò fuori come un grillo e corse via dalla soffitta in un nanosecondo. Rei rimase immobile, molto probabilmente confidava sulla velocità di Max per liberare tutti, mentre Sayu rimase pietrificata per il terrore. E Takao sembrava interessato solo a lei, difatti la afferrò per un braccio sollevandola con facilità.
-Te lo giuro, non l’ho fatto apposta! È stato un incidente, Dragoon mi è scivolato dalle mani…- urlò disperata Sayu mentre, con grande disappunto di Rei, Takao la trascinava via. 
-Sta zitta e seguimi!-  le ordinò spietato.
La spinse in camera sua e si chiuse la porta alle spalle.
-Ti prego, non volevo! L’ho visto sulla scrivania e l’ho preso per guardarlo meglio…- si difese lei convinta che il problema fosse quello. Come aveva fatto Takao ad accorgersi che aveva preso il suo beyblade e che le era caduto per terra? Eppure era certa che non si fosse fatto neanche un graffio!
Ma come poteva sapere che il problema di Takao fosse completamente di tutt’altra natura?! Non la stava neanche ascoltando e iniziò a fare avanti e indietro per la stanza con aria burbera, mentre lei continuava con le sue insensate scuse mortificate.
-Perché?!- chiese ad un certo punto interrompendola e fermandosi in mezzo alla stanza.
La guardò con tanta severità in attesa di una risposta per un lungo momento, cosa che la fece atterrire ancora di più.
-Mi dispiace, non pensavo che ti saresti arrabbiato tanto!- disse quasi in lacrime.
-Cosa ha Ryoko di tanto speciale!?- continuò senza farci minimamente caso. –Capisco uno come Kai, ma Ryoko?!-
Sayu rimase ammutolita. Ryoko?
Takao la afferrò per le spalle e la guardò dritto negli occhi. Aveva uno sguardo risoluto che la lasciò disarmata. E Kai cosa c’entrava?
-Sayu.- esordì. Anche la voce era strana. Si ritrovò a fissarlo come inebetita, senza sapere che una volta data la risposta a quella fatidica domanda si sarebbe pentita per non aver capito immediatamente che quello che aveva davanti era un Takao completamente sconvolto. –Dimmi cosa è che piace tanto di Ryoko alle ragazze!-  
 
 
 
 
 

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Capitolo 23
*** Gelato ***


23 aoi
 
 
Ciao ragazze! La solita frase: non dovrei pubblicare ma lo faccio lo stesso!
Ok, tanto tutte voi sapete quale è il mio problema che io continuo ad ignorare, problema chiamato storia del giappone questa volta. Ma come detto sopra, e come ripetuto in quasi tutti i capitoli, me ne fotto e pubblico! Giusto no?!
Questo capitolo l’ho scritto a pezzi e non ho la possibilità ancora di rileggerlo integralmente prima di postarlo, quindi non so quale sia il risultato finale, ma penso che questa volta la schifezza è venuta veramente. Avrei voluto dedicargli più attenzione e cura, ma qualcuno (mio fratello kof kof…) non me ne ha dato la possibilità.
Comunque volevo ringraziarvi perché, come al solito, mi tirate su con i vostri commenti e mi fa piacere sapere che avete riso per lo scorso capitolo. Grazie robylovetrottole (si, Claire probabilmente è così cotta di yuriy che, piuttosto che notare che yuriy stava ammazzando la cucina, ha notato quanto fosse bello anche da incazzato. Dopo tutto anche con lei si è infuriato, ma lei non ha fatto una piega XD!), benhuznestova, lumik, soryl e pilatigirls.
Grazie a tutti e un bacio! Alla prossima!
 
 
 
 
 
 
23. Gelato
 
Erano si e no le dieci di sera e già stava a letto. Era seccato, annoiato. Un altro giorno senza allenarsi e a causa sempre della stessa persona che, questa volta, l’aveva fatto di proposito proponendo quello stupido gioco. Era stato talmente scontato e ovvio che ciò lo lasciava ancora sconcertato.
Al piano di sotto i ragazzi stavano giocando a mosca cieca, sentiva ogni tanto gli schiamazzi di Takao e Daichi.
Si rigirò nel letto appallottolando il cuscino con impazienza. Non aveva affatto sonno, era solo leggermente irritato il nostro Kai: odiava perdere tempo!
La porta si aprì. Era Ari, si era appena fatta la doccia, aveva i capelli bagnati che arrivavano alle spalle e un asciugamano addosso.
Un’immagine oscena gli apparve fulminea in mente e la scacciò con altrettanta velocità.
Che gli prendeva?! Basta cazzo! Assurdo che si dovesse rimproverare da solo, manco ci fosse stato un cane indisciplinato nella sua testa.
Non ebbe neanche il tempo di voltarsi che Ari si tolse l’asciugamano di dosso. Nuda, così, come se lui non ci fosse stato, così come aveva immaginato.
Si girò di spalle automaticamente e nascose la testa sotto il cuscino.
-Ti sembra il modo? Ci sono anche io nella stanza!- le fece presente aspro.
Ari, nella più totale indifferenza, così come si era tolta l’asciugamano, così stava continuando asciugandosi con tutta calma.
-Sai che novità, come se non mi avessi mai vista nuda!- disse sprezzante.
-Ma quando mai ti ho vista nuda!? Vestiti immediatamente!- sbottò da sotto il cuscino. Da non crederci, non aveva alcun rispetto per la sua persona quella selvaggia!?
-Non comportarti da checca pignola, mi dai fastidio!-
-Ts! Io darei fastidio, non tu che entri, accendi la luce e giri nuda?-
Non ricevette risposta, improvvisamente però sentì un peso premere contro il materasso, sul lato, alle sue spalle. Rimase pietrificato al solo pensiero. Era come se l'immagine oscena che poco prima aveva scacciato stesse per realizzarsi veramente.
Gli strappò il cuscino costringendolo a voltarsi. Per fortuna si era messa qualcosa addosso, per quello che poteva valere una maglia di cotone mezza bagnata a causa dei capelli.
Sembrava irritata, ma poi un sorrisetto inquietante fece capolino sul suo viso.
-Che c’è? Non hai mai visto una femmina nuda?- gli chiese con chiaro tono di sfottò.
-Non sono cose che ti riguardano!- rispose brusco strattonandole il cuscino dalle mani. Lo appallottolò come prima e si mise su un fianco dandole le spalle, senza darsi la minima preoccupazione di nascondere il chiaro fastidio che gli stava arrecando la sua presenza.
Lei rise beffarda.
-Di un po’, te lo salvi per il tuo grande amore?- fece con un fastidiosissimo tono derisorio che servì solo a farlo irritare ulteriormente.
-Ho sonno, lasciami in pace!- disse duro imponendosi di stare fermo e con gli occhi chiusi. Prima o posi se ne sarebbe andata, no?
Povero illuso, Ari non era tipo da mollare così facilmente. Difatti si appoggiò alla sua spalla e poté facilmente immaginare il suo sorrisetto maligno. Per di più gli stava inumidendo il lenzuolo con i capelli.
Ma bene, nel giro di dieci secondi lo stava convincendo che Yuriy non avesse poi tutti i torti a reagire in quel modo tanto violento.
-Non fare l’acido con me… amoruccio!-
Maledetta, era insopportabile! Ma come si permetteva di sfotterlo!? Ma non le avrebbe dato sazio, l’avrebbe ignorata, era l’arma migliore per levarsela di torno.
Sentì un ulteriore movimento e se la ritrovò dopo pochi secondi coricata accanto, sotto le coperte, col suo braccio intorno alla vita e le dita a giocherellare con la maglia del pigiama.
Scattò a sedere immediatamente e scostò le coperte.
-Vattene immediatamente, mi stai bagnando il letto! Vatti ad asciugare i capelli e sparisci!-
Ari sgranò gli occhi all’istante e si illuminarono come se gli avesse appena detto la cosa più bella del mondo.
Per tutta risposta si passò le mani tra capelli e li sparse per bene sul materasso. Kai rimase allibito e automaticamente con uno spintone la buttò giù dal letto facendola finire con una grande botta dritta a terra.
Ma oramai il danno era fatto, il suo letto era bagnato all’altezza della testa!
-Ma sei cretina?! Ti diverti tanto?- disse alzandosi seccato. La scavalcò mentre lei si rimetteva a sedere, e si andò a coricare sul letto della ragazza. Gettò l’asciugamano umida che lei, senza pensarci, aveva lasciato sulle coperte e si mise comodo.
-Adesso ci dormi tu in quel letto!- sbottò. Porca miseria, l’aveva fatto talmente innervosire che adesso gli sarebbe venuto impossibile restare lì coricato.
Ari uscì dalla stanza e tornò solo dopo pochi minuti. Aveva fatto come le aveva detto, si era andata ad asciugare i capelli, ma subito questa illusione fu infranta. Invece di andare a coricarsi sul letto che lei aveva bagnato, scostò le coperte e si coricò di nuovo accanto a lui, proprio come prima. Le dava le spalle e lei gli passò un braccio intorno alla vita. Lo scacciò in malo modo.
-Vattene! Ti ho detto di dormire nell’altro letto!-
-Kai vuole trovare una bella e brava mogliettina!- iniziò cantilenando derisoria al suo orecchio. –Come li chiamerete i vostri due figlioletti? Kai Junior e Gertrude?-
-Sta zitta e vattene!- strinse i pugni imponendosi di non cascarci. Non doveva perdere la pazienza, era quello che voleva!
-Tesoro sono a casa! E lei, come una brava cagnetta, ti porterà le pantofole e il giornale!-
Kai non reagì e Ari capì immediatamente che così non sarebbe andata lontano. Cambiò strategia.
Si sistemò meglio sul fianco e aderì alla sua schiena, infilò la mano sotto la maglia di lui andando ad accarezzare l’addome. Lo sentì irrigidì immediatamente.
Ghignò perfida. Era fin troppo facile.
-Non hai mai fatto sesso?- soffiò piano al suo orecchio.
Insisteva nel tenere gli occhi serrati e quel grugno irritato, ma questo non era certo un problema per lei.
-Smettila Ari!- tuonò severo scacciando la sua mano.
-Aspetti la persona giusta?- continuò con finto tono confidenziale. –La persona che ti faccia sentire bene, che ti dica ti amo, che lo faccia per tutta la vita, che non ti faccia pensare altro che ai suoi baci, alle sue carezze, al suo viso dolce…-
Lui si coprì l’orecchio con una mano infastidito dal solletico che gli provocava il flebile sussurrare così ravvicinato della ragazza. 
Non demorse, afferrò la mano delicatamente, stringendola nella sua e, scostandola quanto bastava, gli diede un bacio leggerissimo sull’orecchio che lo fece rabbrividire.
-Allora Kaishu, perché non rispondi?-
-Mi pare che tu non corrisponda a questa descrizione, quindi ti puoi levare di dosso! Se hai tanta voglia di là c’è Boris, sicuramente non ti dirà di no!-
Ari rise e si appoggiò sulla sua spalla.  
-Perché mi mandate tutti da Boris arrivato un certo punto?- chiese fissandolo, ma lui continuava a restare imbronciato e sulle sue. –E poi non voglio fare niente con te, che ti è saltato in testa?-
Kai non rispose.
-Che c’è, credevi che io volessi fare l’amore con te?- continuò beffarda al suo orecchio. –Io voglio sfotterti, non fotterti!-
Kai a quel punto si tirò a sedere. Senza fiatare la prese per un braccio e la trascinò con se giù dal letto prendendola di sorpresa.
La prese per le spalle e la mise a sedere sull’altro letto.
Spense la luce sul comodino e si ricoricò.
Dopo ben venti minuti stava ancora lì. A fare cosa? Niente, fissava il buio in silenzio, ma Kai la sentiva, la vedeva lì seduta immobile come una figura sinistra e inquietante.
Incredibilmente, riusciva a dargli fastidio anche senza fare nulla di preciso per irritarlo…. O forse lo sapeva e anche quello era intenzionale? Molto probabile, ma che resistenza poteva avere per restare lì solo per fargli dispetto?
-Ari!- la richiamò dopo essersi rigirato per l’ennesima volta.
Accese la lampadina sul comodino e resto per qualche attimo a fissarla in attesa si una reazione.
-Ari!- ripeté.
Lei spostò gli occhi vuoti su di lui. Sembrava spenta, un robot, e gli fece anche abbastanza impressione.
Sbuffò e si costrinse ad essere buono e comprensivo.
-Quanto hai dormito in questi giorni?-
Lei restò in silenzio guardandolo in quel modo, come se non lo vedesse.
-Sei, sette orette?- chiese ancora.
Ari si strinse nelle spalle e abbassò la testa.
-Di meno…- soffiò piano.
-Sono quattro giorni che non chiudi occhio…- sospirò e scostò le coperte in un massimo gesto di altruismo. –Vieni, dai!-
Dopo qualche tentennamento si alzò e si coricò con lui, questa volta accucciandosi in un angolo senza fiatare.
Kai allungò una mano per spegnere la bajour ma un timido e appena accennato no lo fermò lasciandolo abbastanza perplesso. E con grande sorpresa si accorse che dieci minuti dopo, quando le chiese se avesse per caso paura del buio, tanto per sfotterla e ricambiare almeno quel minimo, si era veramente addormentata. L’insonnia era il minimo di quello che avrebbe potuto accusare con l’interruzione dell’uso di quella schifezza.
Rimase lì a guardarla per un po’. Era leggermente imbronciata. Le scostò i ciuffi di capelli dal viso. Ghignò divertito, sembrava così innocente e tenera fintanto che dormiva, mentre in verità era un diavolo irritante e sfacciato.
E con quella calma ci volle poco anche per lui per assopirsi e addormentarsi, ma era comunque un sonno leggero. Fu la porta della stanza che venne richiusa ad un certo punto a destarlo di soprassalto. Ari continuava a dormire tranquillamente. Questa volta si sporse verso il comodino e spense la luce. Era decisamente impossibile dormire così, anche se lei sembrava riuscirci egregiamente.
 
 
 
 
Takao uscì dalla sua stanza lasciandosi Rei, Max, Kappa e Daichi alle spalle.
Mentre scendeva al piano di sotto incrociò Sayu e Claire che andavano a dormire.
Nel salone erano rimasti solo Hilary e Ryoko che stavano finendo di guardare uno stupido film smielato di due ore e mezza che lui si era rifiutato categoricamente di vedere.
Li ignorò dirigendosi in cucina.
L’orologio appeso al muro indicava le dodici.
Era notte, per casa non c’era quasi più nessuno, e avrebbe dovuto essere a letto a dormire già da un pezzo ma si sentiva insoddisfatto. L’indomani sera sarebbero tornati ognuno a casa propria e si sarebbero rivisti solo una volta finita la scuola o magari con l’inizio di un nuovo campionato. Magari quest’anno sarebbe stato diverso e si sarebbe trovato nuovamente solo, senza la sua squadra che ora stava raccolta nella sua stanza a ridere e scherzare.
Aprì il frigo mettendovi la testa dentro alla ricerca di qualcosa di buono da mangiare.
Storse la bocca senza trovare niente di abbastanza delizioso. Il budino e la panna cotta passarono indifferenti alla sua attenta analisi. Sì, era proprio insoddisfatto!
Uscì dal frigo e aprì il congelatore. Trovò finalmente quello che poteva tirargli su di morale: una vaschetta di gelato al cioccolato.
Cedendo all’ingordigia, senza sedersi, ne mettendosi la sua porzione in un bicchiere, prese un cucchiaino lo affondò nella buonissima crema. Continuò a mangiarlo spensieratamente, finché la porta alle sue spalle non si aprì facendolo saltare in aria per lo spavento.
Se Hilary lo beccava in flagrante era finito!
-Ari, sei tu!- tirò un sospiro di sollievo nel vedere la ragazza. Lei lo guardò a malapena, sembrava assonnata e i capelli erano scompigliati.
Takao tirò fuori il gelato, che si era nascosto stupidamente dietro la schiena, e si andò a sedere a tavola. Hilary non sarebbe venuta, stava guardando il film d’amore col suo ragazzo!
Ari gli si sedette accanto, a capotavola, e appoggiò pigramente il viso sul palmo della mano. Le sembrava di aver dormito per ore e ore, mentre erano state solo due.
-Come mai ti sei alzata?-
-Non lo so…- gli rispose sbadigliando.
-Ne vuoi?- chiese allora Takao indicando il gelato.
Ari guardò la vaschetta perplessa.
-Che gusto è?-
-Cioccolato…- e senza neanche aspettare una risposta le infilò il cucchiaino in bocca.
-Buono?- chiese entusiasta.
Lei ci pensò un po’ su e poi annuì.
Takao si alzò sghignazzando e si mise subito a trafficare in cucina.
-Vedi che cosa ti combino ora!-
Dopo qualche minuto si voltò verso di lei sorridente con due belle coppe traboccanti di gelato ricoperto di sciroppo e cereali al cioccolato.
Gliene mise davanti una e si sedette. –Dai, assaggia! Fammi sapere se sono anche io bravo come cuoco!-
Ari guardò perplessa quella cosa pacchiana che le aveva messo davanti e prese il cucchiaino chiaramente diffidente. Prese una buona cucchiaiata e lo assaggio.
Incredibile, era più buono di prima con i cereali e lo sciroppo!
Takao non ebbe bisogno di conferma, sapeva che Ari non era tipo da complimenti e cominciò a mangiare anche lui.
-Come mai non siete venuti prima con noi? Che avete fatto?- chiese dopo un po’.
Forse c’era curiosità in quella domanda, scaturita dal fatto che aveva visto i due amici dormire nello stesso letto nonostante fosse a conoscenza del profondo odio che provava lei per Kai. E non solo, aveva già avvertito in quei giorni che qualcosa era molto cambiato nei rapporti tra i due. Era qualcosa che partiva soprattutto da lei. Kai aveva sempre assecondato quella strana complicità che lo portava a non discutere le azioni e le scelte della compagna, forse data dalla somiglianza dei loro modi di fare e di pensare, più o meno come era con Yuriy.
Takao per questo motivo l’anno precedente non si era fatto mai troppe domante sul perché di quel rapporto d’intensa non corrisposto del compagno. Aveva creduto in precedenza che fosse per la freddezza di lei che la silente complicità non venisse corrisposta, poi, una volta svelati gli altarini, era stato chiaro per fosse per odio.  
Ora invece cosa era accaduto? Sembrava che la cortina di ferro che divideva Ari da Kai fosse crollata e che timidamente, con piccoli gesti, con sguardi complici, stesse tornato quello che doveva essere il loro rapporto in precedenza. Takao non aveva mai smesso di credere che quei due, nonostante gli insistenti dinieghi di Yuriy, fossero stati amici ai tempi.
Ridacchiò mestamente raccogliendo distrattamente un po’ di gelato e sciroppo al cioccolato col cucchiaino. Magari quei due stavano insieme! Dopo tutto non li aveva visti per mesi e Kai era un tipo riservato, e non glielo aveva detto per questo. C’era qualcosa di estremamente dolce nel loro nascondere agli altri qualcosa che doveva restare solo ed esclusivamente loro, come se fosse prezioso.
Portò il cucchiaino alla bocca e assaporò il gelato che lentamente si sciolse. Forse si stava facendo i film nella testa!
Guardò Ari che con occhi persi guardava il suo gelato.
-Boris mi ha sgamato!- disse atona.
Takao rimase col cucchiaino in bocca osservandola senza capire.
-Sgamato?- chiese aspettandosi dei chiarimenti.
Lei lo guardò per un attimo e poi distolse lo sguardo spostandolo dalla parte opposta della stanza sbuffa e affondando nervosamente il cucchiaino nel gelato.
-Sì, quel mio piccolo vizietto… ricordi?- borbottò seccata.
Takao fece per fare un’espressione di sorpresa mentre gli tornava in mente quello che Ari gli aveva confessato quando.... Quando era stato? Rimase in silenzio senza dire una parola. Ne preoccupazione ne rammarico, come quella volta, quando, nella macchina di Yuriy, gli aveva detto cosa combinava.
L’aveva praticamente sempre saputo ma solo adesso ne era consapevole. Se glielo avessero detto non avrebbe mostrato sorpresa, ma avrebbe risposto “lo so!”, così, come un idiota che si era stato zitto su una cosa così grave. Ma dopo tutto lui aveva promesso che avrebbe mantenuto il segreto, che non lo avrebbe detto a nessuno, e l’aveva custodito in se fino ad allora.
-Adesso come stai?- chiese semplicemente osservando il gelato tagliarsi mentre lo fendeva col cucchiaino. Ari abbandonò il proprio nella coppa e appoggiò il mento contro il palmo della mano, nascondendo la bocca dietro le dita piegata.
Takao alzò gli occhi su di lei che continuò a fissare da un’altra parte amareggiata.
-Non lo so….- ammise infine.
Takao sorrise e prese una buona cucchiaiata di gelato.
-Secondo me adesso stai molto meglio!- le disse sporgendosi verso di lei. –Devi solo dare tempo al tempo, e tutto andrà meglio!-
Ari chiuse gli occhi stancamente. Avrebbe tanto voluto credergli….
Quando li riaprì si ritrovò davanti il sorriso fiducioso di Takao. La imboccò per la seconda volta e lei non si scompose tanto era spontaneo il gesto del ragazzo.
Ripresero a mangiare in silenzio ognuno il suo gelato, finché Ari non gli domandò una cosa che le ronzava da un po’ per la testa.
-Senti, chi è il tizio che sta sempre appiccicato a Hilary?-
-Ryoko dici?- chiese Takao alzando gli occhi su di lei sorpreso da quell’interessamento. -È il suo ragazzo! Stanno insieme già da un po’… te ne avevo parlato!-
-Già....-  disse solamente passandosi il cucchiaino tra le labbra come se non volesse farsi sfuggire neanche un po’ dello sciroppo al cioccolato.
Takao noto la sua aria pensierosa, ma non ci badò e riprese a mangiare il suo gelato che era quasi finito. Sicuramente avrebbe fatto il bis, e avrebbe scommesso quello che voleva che l’avrebbe fatto anche Ari!
-E perché è qui?- chiese ancora Ari.  
-È un appassionato di beyblade e ci teneva a venire…- rispose vago Takao tentato ora dal leccare la coppa invece di continuare inutilmente a tentare di prendere i residui di gelato con il cucchiaino.
Ari si alzò scostando leggermente la sedia.
-Dove vai?- chiese Takao osservandola allontanarsi verso la porta. Quando abbassò la maniglia e la aprì provò il tutto e per tutto.
-Non vuoi fare il bis con me?- fece speranzoso che questa volta gli rispondesse.
Ari si fermò sulla soglia e si voltò a guardarlo. In effetti non le sarebbe dispiaciuto affatto….
Dopo una ventina di minuti Takao tornò nella sua stanza pronto a dormire, dopo aver fatto tre volte il bis. Che soddisfazione! Con Ari si che ci si poteva abbuffare di gelato in compagnia senza sentire rimproveri di nessun genere!
Quando Hilary lo aveva incrociato per il corridoio lo guardò disgustata ed entrò in camera sua storcendo il naso.
Ari invece rimase al piano di sotto. La televisione nella stanza accanto era accesa e molto probabilmente era rimasto solo il ragazzo giapponese chiamato Ryoko.
Si alzò e attraversò la cucina. Schiuse leggermente la porta e guardò attraverso lo spiraglio.
Non si era sbagliata, era rimasto solo a guardare un film nella stanza buia.
Entrò silenziosamente e con circospezione, osservandolo con attenzione.
Era seduto compostamente sul divano dandole le spalle. I capelli neri riflettevano la pallida luce grigia del televisore assumendo colori chiari.
-Kayami, giusto!?- domandò di punto in bianco.
Il ragazzo si voltò verso di lei.
Non sobbalzò, mostrò solo una pallida e cortese sorpresa. Si era accorto della sua presenza già da prima, e non aveva mosso un muscolo nonostante i suoi occhi lo avessero scrutato impavidi.
-Esatto!- le rivolse un sorriso mentre accennava un si con il capo e continuò. -Ma puoi chiamarmi anche Ryoko! Tu invece devi essere Ari, la blaide tedesca!-
Ari lo osservò con spietata freddezza.  
-Ho seguito i tuoi incontri, trovo che tu sia....-
-Ti avviso…- lo interruppe. Ryoko parve sopreso. –La prossima volta che rivedrò Hilary e i ragazzi, di te non deve esserci neanche il ricordo!-
-Ma cosa…- chiese il ragazzo.
-Ho agito per mesi fingendo, so riconoscere gli impostori ad occhi chiusi, e tu non mi piaci!- sibilò minacciosa.
Ryoko rimase a fissarla a bocca aperta. Era ferma dietro di lui, semi immersa nel buio, come se le tenebre la abbracciassero. Il viso spettrale, illuminato a tratti, era duro e grave, gli occhi neri erano piantati nei suoi, forti e intensi che cercavano di piegare la sua volontà.
Inarcò impercettibilmente il sopracciglio destro.
-Penso di essere stata abbastanza chiara!- disse infine. –Ti conviene mollare e non farti più vedere o ti faccio saltare le cervella, e non sono tipo che lascia minacce a vuoto!-
Ryoko sembrava stranito. Rimase immobile a fissarla finché un rumore di passi non li destò.
Ari si voltò a guardare l’imboccatura delle scale e gli occhi si assottigliarono.
Hilary stava tornado giù.
-E vedi di tendere le mani apposto o non aspetterò la prossima volta!- disse infine lanciandogli un’ultima occhiata sbieca. 
Hilary arrivò giusto in tempo per incrociare Ari che invece decise di salire.
Fece il giro intorno al divano e si sedette accanto al ragazzo che le passò un braccio intorno alle spalle e riprese a vedere il film tranquillamente. Ogni tanto lanciava qualche sguardo al ragazzo che sembrava impensierito… anche così era bellissimo! I capelli lisci e corvini ricadevano di lato sulla fronte, il profilo era leggermente imbronciato come le sue labbra morbide e carnose, e gli occhi erano assottigliati leggermente. Era affascinante, era elegante!
-Hai parlato con Ari?- gli chiese.
Lui abbassò il viso incorniciando gli occhi colore del cioccolato della ragazzina, e le sorrise dolcemente.
-Si…- disse un po’ tentennando tornando a guardare lo schermo.
-E che te n’è parso?- continuò ora curiosa di sapere la sua opinione sull’amica.
Ryoko aggrottò la fronte e poi fece un’espressione imbarazzata.
-La tua amica è… inquietante! Sembra un può suonata!- confesso sorridendo.
Hilary celò una risatina mesta dietro una mano, ma Ryoko la scostò delicatamente.
-Sei bellissima quando ridi!- le disse chinandosi verso di lei. Le alzò il viso con le dita sottili e affusolate. Ryoko aveva delle belle mani, a lei erano sempre piaciute. In un attimo Hilary si ritrovò immersa nei suoi occhi neri come la pece.
-Non nascondere mai il tuo sorriso!- sussurrò appena a fior di labbra.
Lei arrossì e si sentì tremare.
Era bellissimo, era dolce, era Ryoko!
 
 
 
 
 
Le tre di notte. Scese le scale. Il salone era illuminato da una luce straordinariamente forte che veniva da fuori. Sbirciò dalla finestra il cielo. Una luna piena e tonda torreggiava sugli alberi, splendente come un lampione.
Andò in cucina e si prese un bicchiere d’acqua.
Strofinandosi pigramente gli occhi con il dorso della mano uscì nella veranda e si andò a sedere sui gradini, accanto alla figura ferma a fumare e a fissare il giardino.
-Come mai qui?- chiese.
-Secondo te?- gli rispose con un secco tono scocciato. –Non riesco a dormire!-
Un lieve sorriso si delineò sulle labbra del ragazzo. –Capisco.-
Rimase in silenzio indeciso sul da farsi. Erano soli, in piena notte, qualunque fosse stata la sua reazione non sarebbe stata poi così tragica come aveva immaginato quella mattina.
-Volevo chiederti una cosa.- esordì. -Noi due, prima, al monastero, eravamo… amici?-
Ari inarcò le sopracciglia e fermò la sigaretta a mezz’aria, di fronte al viso, prima che toccasse le labbra. Il suo sguardo si fece incerto sulle ombre scure del bosco.
-Amici?- La voce era bassa, roca, tagliata, senza un sentimento che la attraversasse, come la risata spenta e rotta che seguì.
Portò la sigaretta alla bocca e aspirò. Il fumo uscì lentamente dalla bocca schiusa, risplendendo sinuoso alla luce della luna per poi andare a disperdersi nell’aria pulita e fresca.
La pelle sembrava d’avorio, pallida, in quella notte di plenilunio, e gli occhi erano di pece mentre si assottigliavano in due tagli dietro le ciglia.
-Stai passando un po’ troppo tempo con quel Takao! Inizi a dire le stesse cazzate…-
La cenere si staccò con un gesto distratto volteggiando leggera fino a sparire a terra.
Si aspettava una risposta del genere. Abbassò il capo, ma la determinazione era uno dei punti di forza di Kai.
-Beh, spiegati allora perché non capisco!-
-Perché dovrei?- chiese portando alla bocca la sigaretta.
-Perché non dovresti?-
Gli occhi di pece si spostarono in quelli ametista. Una silenziosità ponderosa seguì finché non si arrese.
-Prendine una.-
Gli porse il pacchetto aperto. Capì che quella non era un’offerta di cortesia ma un consiglio.
Ne prese una e la accese. Storse il naso al sapore brutto che gli invase la bocca e la allontanò. 
-Come fa a fumarsi queste schifezze?!-
-Dobbiamo accontentaci, Yuriy ha gusti pessimi…-
Rimase per un po’ in silenzio. Il tabacco dava progressivamente posto alla cenere incalzante.
-Il nome Lena, ti dice niente?-
Kai scrutò le ombre scure degli alberi sforzandosi di ricordare, di scavare a fondo nella memoria.
Vedeva i freddi muri di pietra di quel posto, in monaci incappucciati, avversari anonimi e deboli, le sale di allenamento. Avvertiva la presenza dei compagni, Yuriy, Sergey, Ivan, Boris, e quella molto più labile di lei, quasi impercettibile ma costante. Black dranzer girava indomito, sfrecciava e sferzava, gli sembrava di sentirlo.
Ma Lena, chi poteva essere di tanto importate?
-Quanto ricordi di quel posto?-
-Non lo so, credo abbastanza.-
-Questo sarò io a dirlo!- lo freddò. Poggiò i gomiti sui gradini dietro di lei mettendosi comoda.
-Quello era un periodo d’oro per noi due, o almeno per me. Per quanto potessimo essere relativamente piccoli, eravamo i più forti. Senza scrupoli, spietati, non si poteva avere di meglio. Eravamo tipi da eseguire gli ordini prima che questi venissero impartiti!-
Fece una pausa osservando la propria sigaretta consumarsi.
-Mi hai chiesto se eravamo amici.- disse con tono spiccio. –Mi dispiace deludere le tue quanto mai allegre e rosee aspettative; non lo eravamo, non lo siamo mai stati. Non eravamo neanche rivali. Eravamo compagni, questo sì. Posso tranquillamente dire che eravamo lo stato embrionale dell’attuale squadra dei demolition boy. Ci venivano dati compiti da fare insieme, e se non era così, l’uno assisteva l’altro per il puro gusto di farlo.-
Kai seguiva attentamente le sue parole osservandola. Lo sguardo era duro e fermo su un punto imprecisato di fronte a lei.
-Come ti dicevo, i migliori. Eravamo allo stesso livello in tutto, camminavamo su rette parallele, fianco a fianco. Tacitamente ci ritenevamo all’altezza dell’altro, cosa assai difficile visto che neanche uno come Yuriy riusciva a rientrare nei nostri canoni.-
Tirò un’ultima volta e gettò la cicca a terra pestandola con un piede.
-Due pesi equivalenti sulla stessa bilancia…. Forse proprio da questo nasce la tua domanda. È vero, c’era un’ottima complicità. Era il rispetto a legarci credo.-
-Erano tempi d’oro hai detto.- disse Kai lasciando scivolare la cenere. Oramai metà della sigaretta si era consumata e lui aveva fatto si e no due tiri. –Cosa ti ha convito a scappare? Il fatto che hai coinvolto me si spiega perché ero l’unico che ritenevi degno, giusto? Ma perché andare via se eravamo tanto in alto?-
-Non ricordi proprio, vero?- chiese lei. I suoi occhi si soffermarono su di lui per qualche interminabile attimo di silenzio. Per un istante vi lesse amarezza, ma fu solo un bagliore, una impercettibile grinza sul suo viso, forse dato da un inganno della luce lunare.
-Vedi Kai, il migliore può essere solo uno. Anche se camminavamo su due rette parallele queste erano costrette a scontrarsi, prima o poi.-
Prese un’altra sigaretta e se la accese, dimostrando impazienza quando l’accendino diede qualche difetto nella scintilla. Si rimise a sedere con la schiena in avanti e i gomiti poggiati sulle ginocchia.
-Ho rischiato il tutto per tutto convinta di fare una mossa vincente. Avevo calcolato tutto, puntando molto sulla nostra preparazione e sulla tua voglia di essere il migliore. Non avevi avversari lì dentro, non eri soddisfatto, lo sentivo.- sospirò stancamente passandosi una mano tra i capelli. Sembrò improvvisamente che gli anni le gravassero sulle spalle quando chiuse gli occhi.
-Capii che quella situazione non sarebbe durata per sempre, lo compresi quando ti fu dato il tuo primo e vero ordine. Niente di complicato, era una dimostrazione di fedeltà e nervi saldi.-
-Di cosa stai parlando?-  
Lei aspirò una buona boccata di fumo e la buttò fuori. 
-L’eliminazione di un elemento debole e insignificante. Mio caro, la mente è una cosa misteriosa, ma non pensavo che una cosa del genere ti avesse sconvolto, mi eri parso indifferente come al solito!-
Kai si irrigidì bruscamente. –A cosa ti riferisci?-
-Lena Ivanova, il fatto che tu non ricorda neanche il suo nome è normale. Quella per te era una nullità come le altre!-
Stava trattenendo il respiro, se ne rese conto, come la gola si era fatta secca e i suoi occhi lampeggiavano verso il basso in cerca di una risposta, di un chiarimento. L’eliminazione….
-Calmati, anche io l’ho fatto, più volte…. -
-Dimmi chiaramente cosa è successo!- la ammonì brusco.
-Uccidi il tuo avversario!-
Uccidi il tuo avversario!
-È capitato a te come è capitato a me. Chi era al nostro livello aveva il dovere di farlo.-
Il metallo pesante tra le mani. Chi è inferiore…
-... muore. Un unico colpo al cuore.-
Ari spostò l’attenzione su di lui. Tremava da capo a piedi, gli occhi brancolavano nel vuoto.
È veramente un mistero la mente umana, i traumi e i ricordi peggiori li nasconde, ma alla fine stanno sempre lì, dentro di te, come ectoplasmi, pronti a manifestarsi terribili più di prima.
-Era il tuo modo di fare, veloce e pulito, era un lavoro che non ti toccava.-
-Io ho…- Kai la guardò disperato. La testa gli stava esplodendo e girava. –…Ucciso?-
Ari lo guardò con un misto di pena ed invidia. Forse non avrebbe dovuto tirare fuori quella storia.
-Kai.- lo guardò dritto negli occhi color ametista, persuasiva scandì le parole che seguirono: -È  normale.-
Si, lo era. Un bambino di otto anni poteva venire addestrato ad uccidere a sangue freddo come un soldato. Avveniva da secolo, dall’inizio del mondo.
Questo sembrò calmarlo. Quelle parole erano diventate un punto fisso a cui aggrapparsi saldamente.
-Lena… Ivanova.- ripeté quel nome e alzò gli occhi al cielo. Non riusciva a ricordarsi neanche il suo volto, niente. Era un insulto alla sua memoria, alla vita di una vittima innocente che lui aveva stroncato.
-Come era?- chiese.
-Non è difficile da immaginare: capelli rosso fuoco, pelle color della luna, occhi puri e cristallini come l’acqua….-
Kai la guardò incredulo mentre lei continuava spietata.
-La copia esatta del gemello.-
Kai rimase senza fiato, inorridito. Yuriy.
-Lena era la creatura più bella che io abbia mai visto su questa terra.- continuò Ari. Questa volta però il pensiero fu sbrigliato e vagò libero nei ricordi. Lena era veramente bellissima. Lena era veramente una fata rinchiusa in una scatola marcia, un dolce angelo caduto dalla sua nuvoletta soffice e finita in quell’inferno. Erano belli i suoi sorrisi, fin troppo, come erano candidi i suoi occhi innocenti, pieni d’ammirazione ogni qualvolta si fermavano su di lei, solo ed esclusivamente per lei, Ariel, tranne quell’ultima volta. Supplicanti, imploranti, una muta richiesta di aiuto li illuminava e una incrollabile luce fiduciosa nei suoi confronti li animava, fino all’ultimo, tenace. Lei non l’avrebbe accolta, spietatamente, come sempre.
-Era troppo splendida per un posto simile. Non poteva fare una fine migliore, fidati!-
Restò a fissare incantata il fumo che saliva lento in onde argentee.  
Una creatura come lei, crescendo, sarebbe stata sbranata e fatta a brandelli nel giro di pochi anni se Kai non l’avesse uccisa, e il fratello molto probabilmente si sarebbe rovinato per lei. Sarebbe stata sporcata e resa schiava delle perversioni di uomini indegni e malati.
-Le puntasti una pistola al cuore… Bang!- continuò atona. –Ero lì, come sempre con te anche se il compito non mi riguardava. Crollò a terra.-
In silenzio, sia lei, la piccola vestita di bianco dai capelli rossi, sia Kai con l’arma puntata. Quegli occhi turchesi guardavano solo lei però, in quella stanza buia e umida dove l’attendeva prossima la morte. Di lacrime non ne vide su quel volto di porcellana. E i suoi occhi continuavano a stare puntati su si lei, aspettandosi cosa? Che intervenisse, che impedisse a Kai di sparare quel colpo, sperava che la salvasse? Era stupida, era illusa o semplicemente non era fatta per quel luogo. Eppure quegli occhi vivissimi, ad un secondo dalla morte, avevano racchiuso in loro tutta l’anima di quella bambina di appena otto anni, e gliela avevano donata per l’eternità in quell’immagine.
Sarebbe vissuta per sempre in lei quell’anima pura, anche se non se la meritava, l’avrebbe custodita per sempre nel ricordo di quegli occhi splendenti.
Con l’amore si deve nascere avendocelo già nel sangue. Sembrava che l’avesse fatto apposta quella piccola bambola di porcellana, come se sapesse già che lei un’anima non ce l’aveva.
-Yuriy lo sa?-
-Si. Ma non ti preoccupare, è stato un bene, l’ha reso molto più forte. Per lui era solo un freno, molto pericoloso.-
Rimasero in silenzio per altri minuti.
-Sai, credo che si fosse presa una cotta per me…-
-Chi?-
-Lena. Molto probabilmente pensava che fossi un maschio. Molti lo pensavano, anche tu all’inizio, Boris ne era assolutamente convinto finché, beh… finché ovviamente non sono... cresciuta. Almeno si è risparmiata una delusione!-
Storse la bocca e spense la sigaretta.
-Quante altre volte è successo?-
-Tre: lei, un ragazzino più grande di te e un incapace della terza divisione.-
Rimase in silenzio.
-In quel preciso istante, quando vidi il sangue sulla maglia bianca… capii che avrei fatto la stessa fine. Un giorno ci saremmo dovuti trovare uno di fronte all’altro. Non che avessi paura di un confronto con te, ma non ero io ad avere il favore di Vorkof.
Mi disse che mi avevi venduta per avere in cambio la libertà di andartene. Non mi venne difficile credergli, ti avevo imbottito di chiacchiere sul fatto che una volta fuori di lì avresti incontrato veri avversari degni di questo nome.-
Si alzò e avanzò di qualche passo verso il centro del giardino.
-Da che avevo fatto di tutto per evitare una fine miserabile, la situazione si rivolse a mio sfavore.  
Su quella bilancia che ci aveva tenuti tanto in alto, io finii in basso, sempre di più, gravata dal peso della tua assenza e dall’accusa di insubordinazione e dalle infamie. Metti pure il fatto che fossi una femmina, questo certo non mi aiutò.-
-Non ti avrei mai uccisa!- le arrivò detto da dietro le spalle.
Abbassò il capo e chiuse gli occhi.
-No, l’avresti fatto.-
-Credi di conoscermi meglio di me?-
Ari fece per ribattere, ma si fermò.
Il lento movimento dell’aria fresca le accarezzò il collo scoperto.
Il chiarore della luna immergeva tutto in un’aura argentea che faceva apparire quella notte frutto di un sogno. E Kai rimase lì a guardarla, incredulo e stordito dalla storia che aveva sentito.
-Non so…-
Kai si alzò e la raggiunse.
-Sono stanca Kai.-
Le mise una mano sulla spalla.
-Ariel, non l’avrei mai fatto!-
-Questo dovrebbe consolarmi?-
Era forte, incrollabile, anche l’improvvisa stanchezza che l’aveva invasa era una prova della sua incredibile resistenza. 
-Potrebbe migliorare quello che ci aspetta.-
Sospirò pesantemente e voltò il viso dalla parte opposta, togliendo a Kai la possibilità di vederne il profilo. La mano di lei si alzò andando a poggiarsi su quella di lui, stretta sulla sua spalla.
Sentire quel contatto lo sorprese piacevolmente per la complicità silente che gli trasmise, tanto da togliergli i fiato. Fu lento, la mano si stringeva sulla sua mentre, con altrettanta fermezza la faceva scivolare via trascinandolo con se e allontanandolo volutamente, troncando in modo deciso e brusco quello che era stato un suo gesto spontaneo e sentito.
Si svoltò superandolo, tornando verso la casa.
-Dicevo sul serio!-
Ari si fermò.
-Non sono più alla tua altezza….-
-Che vorresti dire?-
La richiamò ma lei tornò in casa ignorandolo.
Restò lì a guardare la porta della cucina dove era scomparsa. C’era qualcosa che non andava, qualcosa che la preoccupava a tal punto da non riuscire a nasconderla.
 
 
 
 
 

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Capitolo 24
*** Slabyi ***


24 aoi
Come al solito non so che titolo mettere -.-…. Uff!
Comunque, mi scuso per l’enorme ritardo, ho finalmente fatto gli esami, ho fatto pena come al solito (questa volta pena nel vero senso della parola -.- ). Il tempo di riprendermi e mi sono rimessa a lavoro. Sinceramente non saprei dirvi come è questo capitolo (corto di sicuro). Rileggendolo questa mattina mi è sembrato in tratti buono, in altri un po’ vuoto. Vabbè, l’importante è che alla fine non faccia schifo (vuoi vedere che questo è un vero flop?! Ndkai)(brutto stronzo! Vedi che ti ho sgmatato! Tornatene subito dentro il capitolo e aspetta lì!)(ma come hai fatto a capire che ero io?! Ndkai)(il mio amoruccio non mi direbbe mai una cosa del genere! U.U).
Ehm ehm… comunque devo ingranare la marcia e scrivere i prossimi capitoli, sono su questa ff da più di un anno oramai e sono ancora all’inizio.
Volevo ringraziare tutti coloro che leggono e che hanno inserito la ff tra preferiti, ricordare e seguite, anche per quanto riguarda return of revenge.
Poi voglio ringraziare anche la principessa giuly, lumik (il mea culpa devo recitarlo io che ho avuto a malapena il tempo di leggere i tuoi aggiornamenti XD, perdonami! Mi fa piacere che tu abbia apprezzato il pezzo takao-ari, è stato il primo che ho scritto.), pilatigirls, la signora huznestova (non l’avevo notata l’ingenuità nella domanda di kai, ma adesso che mi dici così è vero. Io l’avevo vista cose una domanda ponderata, nata dopo riflessioni, ma è vero che c’è anche molta ingenuità. L’idea di lena mi è venuta negli ultimi mesi, non so come. Anche a te è venuta in mente? Bene bene, aspetto allora qualche sviluppo la leggere. A causa di quel ryoko non sai quello che combinerò… wahahah) e soryl (grazie per avermi indicato gli orrori in giro per il capitolo, ho riletto e sistemato un po’ qualcosa… sono stanza XD! Oddio, sono scoppiata a ridere quando l’ho letto! Il primo pezzo ad un certo punto avevo pensato di toglierlo perché non mi convinceva, non sa di niente ed è inutile, ma per ora lo lascio, non importa. Per l’ultimo mezzo sono contentissima che ti piaccia!)
Un bacione a tutte!
Ora che sono tornata, nel giro di qualche giorno penso di andare a svuotare la lista delle storie da recensire, è vergognosamente lunga XD!  
Grazie ancora mille mila volte!
Ecco a voi il capitolo!
 
 
 
 
24. Slabyi
 
-Uno contro uno, russi contro asiatici!- questa era la stramba proposta che Takao si era riservato per tutto il tempo come ultimo incontro alla fine di quel ritiro, la sua ciliegina sulla torta, un mini torneo tra campioni mondiali, proposta che stava trovando molto successo tra i ragazzi, Yuriy in primis.
D’altronde, non si poteva certo negare che non fosse un‘idea geniale quella del giapponese. Finalmente Sayu si spiegava come mai Takao avesse rotto tanto per l’assenza di quei due tipi strani di Kai e Ari, senza di loro le squadre sarebbero state incomplete.
Quella mattina erano tutti carichi e pronti per chiudere in bellezza quel ritiro. In serata sarebbe arrivato un bus apposta per portarli nel paesino a valle, e poi ognuno sarebbe tornato alla propria vita, quindi non si sarebbero fatti sfuggire un’occasione come quella per mettersi ulteriormente alla prova!
-Wonderful idea amico!- esclamò Max elettrizzato dando una pacca sulla schiena a Takao. –Allora la prima squadra sarà composta da te, Rei, Daichi, Ayumi e me.-
-Mentre quella russa da Yuriy, Sergey, Boris, Kai e Ari!- continuò Kappa appollaiato sui gradini col computer poggiato sulle gambe pronto a raccogliere dati.
-Magnifico! Per una volta Takao ha fatto funzionare il cervello!- disse Hilary rivolgendosi poi all’amico in questione. –Vedi che quando ci riesci ne viene qualcosa di buono!?-
-Ahaha! Veramente divertente!- sbottò lui guardandola di sbieco.
-Allora, che ne pensate?- chiese Rei a Yuriy.
Il rosso accennò un sorrisetto furbo e rivolse una fugace occhiata ai propri compagni. Boris sghignazzava, probabilmente convinto quanto lui che li avrebbero stracciati senza difficoltà. Ancora non ci poteva credere di poter rivedere quel particolare ghigno che Boris sfoggiava solo in previsione di una sfida, e di ricambiare quello stesso sguardo. “Sei di nuovo dentro!” gli aveva detto, semplicemente. Lui l’aveva guardato con tanto d’occhi, le carte da gioco gli erano scivolate sul piumino leggero del letto. Stava giocando con Sergey nella loro stanza. “Che sia chiaro, non ho preso io questa decisione. Non sentirti autorizzato da ora a fare le cose di testa tua quindi!”
E lui aveva capito immediatamente e la fiducia era stata nuovamente restaurata.
Gli era mancato, si erano mancati.
-Voi che ne pensate ragazzi?- chiese col suo solito tono un po’ trascinato. –Accettiamo la sfida?-
Quell’ultima parola fece scintillare famelici gli occhi di Boris. Sergey sembrava pronto a qualunque battaglia anche solo perché glielo chiedeva lui, il suo capitano, mentre Kai… a Kai non importava niente della stupida idea di Takao, come al solito, lo si capiva dall’aria scocciata mista ad impazienza che aveva. Come al solito il suo chiodo fisso era confrontarsi col giapponese.
Ariel invece era appoggiata allo stipite della porta della veranda e, cosa che gli fece soffermare lo sguardo per qualche secondo in più del previsto, la sua espressione era contrariata e evasiva, non indifferente come si aspettava. Lo guardò male e si voltò dall’altra parte nervosamente.
-Con enorme piacere!- disse Boris agguerrito facendo scrocchiare minacciosamente le nocche, cosa che impressionò non poco Sayu che, quando si trattava dei tipi russi, diventava piuttosto suggestionabile. –Vi faremo a pezzetti!-  
La piccola giapponese si ritrasse dietro Max istintivamente. –Non pensi che la stiano prendendo troppo seriamente?- gli chiese piano all’orecchio, continuando a fissare i tipi minacciosi. –Non sembrano aver capito che devono giocare a beyblade…-
-Yes! I’m very strong!- scattò super gasato Max per tutta risposta. Preparò il suo bey e si posizionò davanti al campo. –I want to be the first! Uhuhuhu!- iniziò ad ululare dando libero sfogo alla sua esuberanza statunitense.
-Bene! Mi occuperò io di te biondino!- disse Boris caricando il beyblade.
-Tre! Due! Uno… pronti… Lancio!- scandì Hilary come sempre. Oramai era diventata un arbitro esperto. I bey caddero sul campo e, senza indugiare, iniziarono a scontrarsi apertamente.
-Si preannuncia una bella sfida!- disse Ayumi.
-Sì, sono entrambi al massimo!- convenne Rei osservando la sfida.
Boris si stava accanendo contro draciel in maniera quasi ossessiva senza riuscire ad avere l’effetto desiderato. La difesa di draciel era incrollabile.
-Accidenti, muoviti Max!- iniziò a strepitare spazientito Daichi. –Il prossimo sono io e mi sono stancato di aspettare! Buttalo fuori!-
-Calma piccoletto!- intervenne Yuriy guardando il ragazzino dall’alto in basso. –Il tuo avversario sarò io, e non so quanto questo ti farà piacere!-
Daichi per tutta risposta gli fece la linguaccia e una smorfia facendo ridere tutti, persino Max, che si distrasse e fu buttato fuori in un soffio.
-Nooo!- urlò disperato il biondo cadendo in ginocchio con il suo beyblade che girava vispo intorno a lui. –Non è giusto!-
-A quanto pare la tua difesa non è poi così imbattibile!- sbottò tronfio Boris afferrando falborg al volo.
-Non è giusto! Mi sono distratto!- continuò Max distrutto e in lacrime mentre veniva trascinato via da Rei e Takao.
-Bene! Adesso tocca a me!- fece Daichi piazzandosi di fronte al campo. –Sei pronto a perdere spilungone!?-
-Non prenderti troppo di confidenza, nanerottolo!- gli rispose algido Yuriy posizionandosi, pronto a dare una bella lezione al piccoletto.
E mentre Takao e Rei consolavano Max, Hilary diede il via all’incontro che si rivelò ancora più combattuto del primo. Quelle due teste rosse erano altrettanto cocciute e non erano per niente intenzionate a mollare.
Boris seguiva l’incontro tranquillamente, finché qualcuno non lo chiamò. Si voltò sicuro di incontrare  uno sguardo pieno di rammarico e così fu. Ari non aveva di certo apprezzato la sua performance.
-Vieni qui immediatamente!- lo richiamò severa.
Di malavoglia abbandonò la partita che stava seguendo così tranquillamente fino a pochi attimi prima, e si avvicinò alla ragazza sulla porta.
-Hai fatto veramente schifo, quasi non ne è valsa la pena riprenderti in squadra!- sbottò aspra e piena di disprezzo.
Boris abbassò la testa mortificato e guardò truce Kai che, lì vicino, sghignazzava contento.
-Dammi il tuo lanciatore!- disse Ari ignorando gli sguardi che i due si stavano lanciando e che velocemente stavano diventando omicida.
Boris glielo porse distrattamente continuando a fissare Kai che, beffardo, adesso gli rideva in faccia apertamente.
-Gran figlio di p…-
-Ha qualcosa che non va!- lo interruppe Ari osservando il lanciatore e scostandosi dallo stipite della porta. –L’ho notato subito quando hai lanciato. Dammi anche falborg, darò un’occhiata anche a lui…-
-Si, certo!- disse Boris dandole anche il beyblade.
-In questi anni chi si è occupato dei controlli sui bey?-
-Inizialmente Ivan, poi gli ingegneri della BBA!-
Ari storse il muso e si voltò entrando in casa farfugliando. –Ecco perché non valgono niente questi bey! Comunque hai fatto schifo lo stesso Boris! Quando finisce mandami Yuriy, voglio vedere anche il suo…- e gli chiuse la porta in faccia.
Lui sbuffò e mise le mani in tasca, tornando a guardare l’incontro. Perché diavolo doveva sempre essere così, una parola buona per lui mai?!
Ari intanto aveva attraversato la cucina e, recuperato un cacciavite nello sgabuzzino in fondo al corridoio, si andò ad accomodare sul divano in salotto e iniziò ad analizzare il lanciatore. Gli schiamazzi dei ragazzi arrivavano molto più deboli lì.
Aprì l’apparecchio smontando alcuni pezzi e, come si aspettava, alcune delle molle si erano allentate. Molto probabilmente anche falborg aveva qualche piccolo guasto, ma ad un’analisi più approfondita dovette ricredersi: quel bey era completamente da rifare. Avevano stravolto completamente la struttura della base che era stata il fiore all’occhiello di quel bey, per non parlare dell’anello d’attacco. Incredibile come Boris avesse permesso una cosa del genere.
Ecco che cosa succedeva a lasciare un oggetto simile in mano ad un incompetente! Sì, solo da quello si poteva capire che Boris era un idiota, e Yuriy più di lui! Già le venivano i brividi al pensiero di come fosse conciato wolborg.
Quell’inetto di Yuriy, a giudicare dall’incontro penoso di Boris, poteva anche intuire che doveva aver messo da parte gli allenamenti. Inaccettabile!
Sistemò come meglio poté il lanciatore quando finalmente la raggiunse Yuriy.
-Potevi essere meno dura!-
-Hai ragione, la colpa non è sua!- gli rispose avvitando una piccola vite. –È tua! Non li fai allenare come si deve!-
-Se ti riferisci ai vecchi metodi allora è vero, anzi, non li faccio allenare per niente!-
Ari alzò uno sguardo pieno di rimprovero sul capitano. –Chi ha cambiato la base di falborg?-
-Ivan prima di tornare dalla sua famiglia!- rispose lui.
-Chissà perché ne avevo come il presentimento!-
Yuriy le mise accanto il suo wolborg e si mise le mani in tasca, fissandola mentre montava ora il bey del suo amico.
-Il mio è da rifare di sana pianta!-
Ari annuì buttando un’occhiata al bey grigio chiaro. C’era da farsi venire i capelli bianchi, già solo alla prima occhiata.
-E sei riuscito a vincere con quel coso?-
-Certo!-
Restò in silenzio ad osservarla perdere chiaramente tempo analizzando il suo wolborg.
-Mi spieghi che cosa ti prendere?- le chiese ad un certo punto.
-Cosa mi prendere?-
-Non crederai che il tuo improvviso interesse per il nascondino e per wolborg mi siano passati indifferenti!?-
-Non capisco a cosa ti riferisci!- gli rispose osservando la punta del bey. -Sono il supporto tecnico della squadra, sto facendo il mio dovere…-
-Non sei solo questo, lo sai! Ora fai parte integrante della squadra, scendi in campo anche tu con noi!-
Ari sospirò. Anni prima sarebbe stata la frase che l’avrebbe resa felice più di ogni altra cosa. Scendere in campo con la squadra, quello sarebbe stato veramente un sogno! E invece ogni giorno si allenava e poi andava a lavorare nei laboratori, mentre gli altri disputavano incontri con altre squadre. Odiava stare dietro le quinte, il suo beyblade fremeva per la voglia di scontrarsi, di dimostrare di poter fare di meglio, sempre di più, mentre si doveva accontentare di studiare e analizzare gli incontri di altri sul monitor di un computer.
-O c’è qualche problema?- le chiese. Era rimasta immobile, ma a quella domanda si riscosse.
-No….- adesso però non sentiva più il suo drawind scalpitare combattivo nella sua mano. Non lo sentiva più in nessun modo. Osservava un muto lassismo nei suoi confronti.
-E allora vai! Credo che Sergey abbia appena finito…-
Ari si alzò senza discutere e si avviò verso la porta.
Gli schiamazzi si fecero più forti. Di certo Takao e Max stavano facendo festa.
-Ariel!- la richiamò Yuriy prima che uscisse dalla stanza. Lei si fermò. -A testa alta, sempre!-
Ari rimase in silenzio e se ne andò.
Raggiunse i ragazzi in cortile. Sergey aveva appena perso, mentre Ayumi era stata sommersa da Takao, Max e Hilary, felicissimi per la vittoria dell’amica.
-Bravissima Ayumi!- si complimentò Takao. –Meno male che sei dalla nostra parte! Per colpa di quella stupida bertuccia abbiamo perso un incontro!-
-Ti stai riferendo per caso a me!?- si intromise il nervoso Daichi sentendosi punto dall’affermazione del capitano.
-Sì, proprio a te bertuccia!-
-Non sono stato l’unico a perdere! Anche Max ha perso!-
-Solo perché l’hai distratto!- sbottò a denti stretti Takao cercando di mantenere la calma.
-Ma ha perso tanto quanto me! E poi io mi chiamo Daichi, non bertuccia!-
-Ehi ragazzi, calmatevi!- intervenne Ayumi. –E poi non è vero che sono stata bravissima, è stato Sergey ad essere più buono!-
-Ts! Su questo non c’era alcun dubbio!- intervenne Ari avanzando tra i ragazzi con le mani nascoste nelle tasche. Buttò una occhiataccia veloce a Sergey e si avvicinò al campo. –Non avrebbe potuto essere altrimenti!-
Takao ridacchiò imbarazzato. –Ahah! Sempre la solita…-
Daichi, già nervoso per aver perso contro Yuriy, le diede contro immediatamente. –Ma chi ti credi di essere, spocchiosa antipatica! Ayumi ha giocato benissimo!-
-Questo non lo metto in dubbio!-
-Ora te la faccio vedere io…- disse a quel punto Daichi sollevando le maniche e andando verso di lei. 
-Ehi, frena piccoletto!- Rei lo afferrò per il colletto della maglia fermandolo. –Adesso è il mio turno!-
-Ma quella antipatica….- continuò Daichi dimenandosi. -E tu levati quel sorrisetto soddisfatto dalla faccia o vengo a dartele pure a te!- disse arruffandosi verso Kai.
-Adesso basta con queste buffonate! Facciamo questo incontro e chiudiamola qui!- disse spazientita Ari caricando il proprio bey. Il professore aveva fatto un ottimo lavoro, già solo perché aveva rispettato il peso del suo bey originale.
Kai era soddisfatto del suo comportamento, la osservava pigramente, e non le aveva mai dato fastidio come in quel momento. In un’altra occasione si sarebbe gasata e sentita autorizzata a dare il peggio di se, ovviamente in senso positivo per i suoi interessi.
-Pronti? Tre… due… uno… Lancio!- urlò Hilary.
 I bey finalmente partirono in campo ruotando guardinghi più volte seguendo il perimetro del campo. Si preannunciava già molto diverso dai precedenti incontri. Rei era un tipo riflessivo, che sapeva domare l’entusiasmo per scatenarlo nel momento giusto, proprio come lei.
Ma questa volta non era l’ardore di vincere ad essere sedato freddamente da Ari, ma un nodo di rassegnazione e afflizione.
Il bey eseguiva ogni suo ordine e si muoveva agilmente e senza difficoltà. Aveva un buon controllo… sul beyblade.
-Bene, apriamo le danze! Attacca driger!-
Il bey bianco partì subito con un colpo micidiale contro drawind che perse sistematicamente terreno senza dare un accenno di resistenza.
Driger si ritirò dall’attacco e fece un altro giro intorno al campo e ripartì di nuovo. Questa volta gli attacchi erano dati su più fronti, costringendo drawind al centro immobilizzato dalla velocità dell’avversario.
Daichi scalpitò ancora più infervorato tra le braccia di Takao. –Gliela faccio vedere io a quella lì!- urlava, contrariato come sempre dal modo di giocare di Ari.
Yuriy si appoggiò al muro vicino a Kai, incrociando le braccia al petto preoccupato.
Guardava lei lì ferma a subire passivamente quegli attacchi, perdite di tempo, niente di serio. Rei non si stava impegnando molto, aspettava la risposta di Ari per incominciare a giocare veramente.
Incrociò per un attimo lo sguardo ametista di Kai e gli trasmise la preoccupazione che stava provando.
Incredibile, Kai pietrificato! Fu per qualche secondo ma fu, per l’appunto.
Tornò a nascondersi dietro la sua maschera di indifferenza immediatamente. Non sopportava lo sguardo insistente di Yuriy addosso solo perché aveva avuto una minima reazione!
Lo innervosì a tal punto che si dovette allontanare.
Yuriy tornò a concentrarsi sull’incontro che era in una situazione di stallo. Anche Kai teneva gli occhi incollati su di lei che non accennava una reazione.  
-Forse non riesce a controllare il nuovo drawind!- ipotizzò il professore Kappa sistemandosi meglio gli occhiali sul naso e guardando di persona l’incontro.
Ma non era così purtroppo. Era immobilizzata dalla paura e Yuriy lo capiva benissimo.
Ari aveva affronto lui, ma ora sapeva di dover fare i conti con qualcuno di molto più importante. Qualcuno che in quei mesi era rimasto nell’ombra, in silenzio, dimenticato in fondo ad un cassetto, dimenticato da lei, e che per tutto quel tempo era rimasto ad osservarla.
E lei temeva il suo giudizio più di qualunque altra cosa perché sapeva di non meritarsi alcuna indulgenza, sapeva di meritarsi il suo disprezzo. Era stata debole.
Era certo che se lo stesse ripetendo nella mente come un mea culpa. Debole, nell’anima, nella mente, era lei stessa a riconoscerlo.
-Allora Ari, vuoi giocare?!- la incitò Takao.
Ari si riscosse. I pensieri erano congelati come le sue reazioni. Ma era lei di sua spontanea volontà a controllarli o era la soffocante consapevolezza a paralizzarla? Si sentiva come ci si può sentire quando ci si punta una pistola alla tempia, anzi peggio. Lei aveva visto tante volte la morte in faccia e non le aveva mai fatto questo effetto.
Ma come poteva invocarla dopo tanto tempo, con che coraggio!?!
Basta, non poteva evitarlo, non poteva tirare a lungo così. La fine era arrivata, il verdetto era pronto ad essere promulgato.
-Vai driger!- comandò con impeto Rei.
Il bey partì all’attacco immediatamente, questa volta pronto a buttare fuori l’avversario.
Non si meritava di essere custode di un simbolo di forza e potere come l’aquila bianca, non dopo aver dimostrato tanta debolezza!
-Scansa drawind!-
Il bey si scansò appena in tempo facendo andare a vuoto l’attacco di driger. Eppure… quel movimento le sembrava così vuoto e distaccato….
Ma non era finita lì, la partita era solo all’inizio. Rei non si sarebbe arreso finche anche lei non avesse lottato. Anche le voci incitanti dei ragazzi intorno non facevano che chiederle questo: la lotta.
-Allora Ari, che ti prendere? Perché non combatti?- ghignò Rei mentre driger tornava all’attacco.
-Vai all’attacco drawind!-
I due bey si scontrarono al centro del campo e drawind fu sbalzato indentro finendo sul bordo.
Rei la osservava senza capire cosa le stesse prendendo, cosa la intimoriva tanto da impedirle di giocare. Takao oramai era saltato sulle spalle di Daichi troppo incaponito da quel’incontro che ancora non c’era.
-Allora ti vuoi dare una mossa!?- le sbraitò contro.
Dai, premi il grilletto!
Drawind prese a fare una serie di movimenti velocissimi nel campo. Driger lo seguì a ruota.
-Attacca! Sturm und drang!-
-Artiglio di tigre!?-
Tante scintille, rumore metallico e alla fine i bey comparvero a bordo campo, fronteggiandosi in un testa a testa in una prova di forza e resistenza.
Dai bit dei bey si accese una luce sempre più intensa, finché, con un movimento fulmineo, driger si ritrovò dall’altra parte del campo, ma ci era stato spinto, sbalzato dalla forza di drawind.
Ari trattenne il fiato. Non era stata lei a comandarlo. Non aveva più controllo sul suo bey.
Rei era pronto alla difesa, ma drawind si bloccò al centro del campo.
Per un secondo regnò uno strano momento di immobilità, poi un fascio di luce bianca salì sempre di più fino al cielo.
Rei restò a bocca aperta a guardare quella lingua di energia salire, sempre più, e sparire lontana. L’ultima volta che aveva visto una cosa del genere era stato di notte, sotto la pioggia, in Cina durante il primo campionato mondiale.
L’Aquila Bianca l’aveva abbandonata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il titolo del capitolo è la parola debole in russo. Che titolo di merda direte voi, come questo colore. Sono d’accordo pienamente XD! Ho interrotto il capitolo qui per lasciare la suspense. Che maestra n’è vero!? (ma che si è fumata? Nddaichi) (wahahahah nd me che ride come una mentecatta).
Alla prossima raga! Kiss kiss!
 
 
 

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Capitolo 25
*** Me lo dice sempre la mamma.... ***


25 aoi
Venghino signori, venghino! è arrivato l’arrotino! Riparazione ombrelli, coltelli, cucine a gas!
Kai, capisco che tuo nonno ti ha tagliato i fondi per ripicca, ma addirittura ripiegare così e per di più in uno spazio riservato a ME mi sembra un po’ troppo!
Secondo me avresti più successo come gigolò, perché non provi? (Quello è tutto fumo e niente arrosto! Ndboris)(lasciatemi state idioti! Che ne potete sapere voi?! Non ho più i soldi per la lavanderia e non posso comprarmi una nuova sciarpa! Ndkai isterico)(parli come una checca, per l’appunto! Ndboris)(tu non dovresti proprio parlare, cornuto dagli intrallazzi ambigui! Ndkai)(ma come ti permetti!? Meticcio di merda! Ndboris è_é) Arridaglie! Vabbè, ignoriamoli e andiamo avanti. Alla fine del capitolo potrete usufruire del servizio da arrotino di kai o lasciargli qualche offerta giusto per pietà (potrebbe provare a vendere i suoi gattini a qualche ristorante di honkhong! ndRei)(ç_ç come puoi dire una cosa del genere!? Sei un mostro! Ndokai che riceve una sediata in testa da boris e riprendono a menarsi).
Cof cof… tornando a noi, dicevamo che il capitolo è qui sotto, è una centrifuga di cose che non si capiscono, non ha ne capo ne cosa e, mi dispiace per chi non la sopporta, ma è tutto con al centro ari. insomma, dovevo levarmela di mezzo in qualche modo, no!? lo so, avreste preferito vedere kai nudo passeggiare per casa e magari intrattenere qualche rapporto omosessuale yuya, ma quest’ultimo si è rifiutato a causa della grossa delusione amorosa che ha ricevuto (diciamo semplicemente che ha preso un palo! Ndclaire U_U) sempre carina tu, eh! Comunque adesso yuya si sta dando al sadomaso per diventare un perfetto schiavo, però nell’intervista che ha rilasciato non ha voluto dire chi sarebbe il suo padrone ideale *me che si sistema meglio gli occhiali sul naso leggendo il foglio*. Ehi, come presentatrice valgo!   
Passando a faccende più serie, volevo ringraziare tutti che come sempre mi seguono, mi sopportano e mi temono (chi sarebbero? Ndyuriy)(tu per esempio! Ndme)(non credo proprio. Ndyuriy) abbiamo ricevuto appena adesso in studio la notizia che la nuova fiamma di yuya è l’affascinante e sadico yuriy ivanov, yuriy, lo conosciamo tutti: capelli rossi, bianco come un morto, occhi azzurri, scorbutico 360 giorni l’anno, russo, ex membro della borg, sì, quello che ha perso contro daichi e che arriva perennemente secondo ai campionati mondiali! Proprio lui signori!
SBANG STUM BONG
Ohi ohi… ç_ç mi ha fatto male! (visto che non ti temo!? Brutta cialtrona! Ndyuriy con gli occhi fuori dalle orbite) a si!? Ari scelgo te! attacca! *ari arriva pigramente, molto scocciata, e si piazza davanti a yuriy senza fare niente* (no! smettila di guardarmi così! Smettila, ti prego! No ti ho fatto niente! ndyuriy terrorizzato)*ari con lo sguardo da pesce lesso -.-* (no! basta basta! Aaaaaa!!! Ndyuriy che scappa a gambe levate) visto brutto stronzetto che avevo ragione io!?
Visto che tutto l’intro è certamente più interessante di tutto il capitolo (e migliore) ringrazio tutti, lettori, scrittori, odontoiatri e arrotini e ci rivediamo al prossimo capitolo!
Grazie a lumik (sì, ari è proprio una sfigata XD!), elenuccia e giuly (che si, hai ragione, questa povera ari è psicologicamente turbata (ma come ti permetti!? Sei tu psicologicamente turbata! Ndari è_é). Takao no ha messo da parte sayu e non voleva usarla per fare ingelosire hilary (questo lo farà, ma con qualcun'altra), sayu cerca di aiutarlo, per quanto le è possibile, ma il nostro caro takichan ha in mente qualcos’altro da quando ha trovato hilary a pomiciare con mrsimpatia nello sgabuzzino)
Muaahahah! Vi lascio adesso!
Non so quanto ve ne possa fregare di questo capitolo, ma dovevo farlo!
Un kissone a tutte ciao!!!!!!!!!!!!   
 
 
 
 
 
25. Me lo dice sempre la mamma….
 
La gola le si era fatta secca.
Il bey continuava a girare vuoto al centro dello stadio.
Il silenzio finalmente regnava. Nessuno osava dire una parola.
Se ne era andata. Era volata via nel limpido cielo azzurro la sua aquila della tempesta.
Era questo quello che meritava! La colpa era sua, si era dimostrata debole e indegna, l’aveva delusa. Anni, mai le aveva voltato le spalle, mai aveva discusso le sue azioni, le sue decisioni, l’aveva sempre sostenuta e, nel giro di qualche mese, le aveva dimostrato di aver ceduto alla prima difficoltà. Generazioni che l’aquila bianca proteggeva la sua famiglia, generazioni che passava in custodia ai migliori, ai meritevoli, e lei…
A testa alta le aveva detto Yuriy, sempre!
E a testa alta avrebbe affrontato quella condanna.
Si voltò e mosse un passo.
-Ari!- la voce di Rei la chiamò. La guardava pieno di dispiacere, disappunto, ma soprattutto di speranza. Sperava che lei gli desse ascolto, che non si abbattesse, anzi, che reagisse. Lei non aveva accennato un’espressione, un gemito, niente che potesse rivelare dolore, sorpresa o una qualsiasi altra emozione. Il viso era duro come il marmo, lo sguardo fermo e raggelante.
-Lascio il beyblade!- disse rompendo il silenzio. La voce era equilibrata e decisa, nessuno osò replicare. Yuriy socchiuse gli occhi turchini accettando la decisione della compagna.
Non pensava a niente Ari in quel momento. Era come se la testa si fosse svuotata. Intorno a lei non c’era nessuno, i gesti erano meccanici, le parole erano automatiche.
Tirò fuori da sotto la maglia il medaglione d’argento dell’aquila bianca e lo osservò. Era opaco a causa del tempo, sicuramente secoli. Le ali erano spalancate, le piume delineate dolcemente, il capo inclinato di lato.
Una macchia purpurea finì sul petto orgoglioso dell’aquila reale.
Si portò l’altra mano al viso, sfiorandolo con le dita. Sangue, stava perdendo sangue dal naso.
Non era possibile, doveva essere un caso. Doveva evitare le emozioni forti le avevano detto, ma lei non provava assolutamente niente in quel momento!
La mano le tremava, quella sporca di sangue. Se la portò sul labbro superiore sperando di bloccare l’emorragia prima che qualcuno la potesse notasse. Sicuramente i ragazzi dovevano aver scambiando quel gesto come un modo per nascondere le lacrime, ma lei non stava piangendo, non l’avrebbe mai fatto, stava nascondendo altro.
Passò velocemente il pollice pulendo la goccia di sangue sul monile, e lo sfilò dal collo.
-Tieni Claire!- glielo lanciò e la cugina, presa alla sprovvista, lo afferrò in modo impacciato.
-Cerca di riconquistare la sua fiducia, io mi sono dimostrata indegna!-
-Ma Ariel, cosa stai dicendo…-
Claire non capiva. Non capiva il perché di quel silenzio, non capiva che cosa stesse accadendo. Cosa era quel medaglione, cosa era stata quella luce, perché Ari si nascondeva? Piangeva forse? Perché? E perché nessuno parlava?
Bastò che azzardasse un passo, che allungasse una mano vero la spalla della cugina perché questa scattasse e corresse via, fulminea, sparendo nella boscaglia lì attorno.
E corse via. Improvvisamente, quando Claire si era mossa verso di lei, tutte le persone presenti, che fino a quel momento erano valse quanto pietre insignificanti, erano diventate figure intollerabili e ingombranti.
Corse, ne aveva di bisogno, scappò. Aveva smesso ti tenersi la mano premuta contro il naso, adesso non le importava niente, non c’era più nessuno che si potesse preoccupare della sua salute contro la sua volontà.
Voleva solo correre e andare via, tornare indietro a quel momento, nella stanza d’albergo, quando la porta finalmente si era aperta, quando avrebbe potuto tranquillamente uscire e tornare al suo unico, vero piacere: l’eroina.
Perché non l’aveva fatto, perché doveva continuare a lottare se oramai era tutto finito, se non c’era più niente per cui valeva la pena farlo, neanche la sua aquila!? Perché doveva se poteva chiudere gli occhi e dimenticare tutto come non aveva mai potuto fare!?
Non era forse libera adesso!?
Le gambe si inchiodarono. Il verde si fece soffocante e confuso, i suoni ovattati.
Solo in quel momento realizzò: stava soffrendo.
La pressione del dolore della sua anima era molto più forte del controllo che lei stessa si stava imponendo. Non era vero che non provava niente.
Una fitta al petto, sorda, talmente forte da sembrare che glielo stesse aprendo in due.
Era esploso, il dolore della sua anima, e il suo corpo stava reagendo. E lei? Lei non se ne era resa conto fino a quel momento!
Si tenne ad un albero. Il volto si contorse per il dolore.
Se ne era andata! E l’aveva fatta andare via lei, la sua custode! Faceva male, si vergognava, era stata un’inetta. I suoi antenati l’avevano affidata a lei, suo padre gliela aveva affidata, dopo secoli di nobile servitù e reciproco rispetto, e lei l’aveva persa! La sua compagna!
La mano si strinse all’altezza del cuore. Faceva maledettamente male.
Aveva martellato fino ad allora, ed ora aveva quel battito irregolare e furioso che le rimbombava nelle orecchie in modo assordante. Basta ti prego, era la sua unica preghiera. Basta, si ripeteva.
Era stata un’unica e estenuante agonia protrattasi da quell’ultimo incontro contro la Borg fino ad allora. Era disumano, era miserabile!
Basta, voleva solo chiudere gli occhi e aspettare che facesse effetto, che i colori esplodessero, che le stelle tornassero a brillare nel cielo luminosissime, che si accendessero tutte in una volta, che il suo corpo provasse ancora quell’estasi in cui la mente vaporizza, in cui tutto svanisce. Quello doveva essere il paradiso, e lei era su quelle montagne e non poteva averlo.
Sola, l’aveva lasciata.
Cadde in ginocchio.
Il dolore era talmente forte, le si stava veramente squarciando il petto.
Perché non riusciva a controllare il dolore? Perché?! L’aveva sempre fatto!
Iniziava a non vedere più, c’erano solo chiazze nere.
L’aveva lasciata lì, da sola, mentre avrebbe voluto volare via con lei tempo prima. Avrebbe dovuto essere così….
-Ari!-
Delle mani la sostenevano da dietro. Avrebbe voluto urlare di andarsene, disintegrare chiunque fosse stato così stupido da raggiungerla, ma non ci riusciva, il fiato era mozzato, le membra dolenti e immobilizzate.
Maledetto! Riusciva a pensare solo questo. Doveva lasciarla lì, a morire in quella foresta una volta per tutte! Lì sola, non voleva nessuno, non voleva essere portata di nuovo via!
Affondò le dita nel terreno. Sentiva il manto morbido dell’erba sul viso, come un cuscino, e chiuse gli occhi. Il battito continuava incessante, fino a consumarsi con l’oscurità e il silenzio.
Muoveva dei passi nel vuoto. Avanzava senza muoversi, lentamente, scivolando.
Ai lati le lunghe pareti di pietra nera sprofondavano nel buio. Sapeva dove si trovava, e continuò a passare attraverso l’aria.
Il sangue delle sue vittime era fresco, li aveva appena uccisi, tutti e quattro, nonostante la disapprovazione di Kai per i suoi modi violenti, li aveva anche torturati, uno dopo l’altro, e ora camminavano con lei, poco più indietro, nel suo cuore, ai lati, come silenti soldati ai suoi ordini. Non avevano gli occhi, non avevano una bocca ne un volto, ma erano suoi.
Una fluente chioma rossa era sparsa a terra. Sembravano diramazioni di sangue quelle ciocche sparse sul pavimento di pietra, in quell’angolo.
Quel corpo latteo era abbandonato a terra morbidamente.
Le sorrise dolcemente.
La meraviglia era grande, la sorpresa e la confusione di vederla lì, in quel posto. -Cosa ci fai tu qui?-
Questo è il luogo dove le anime vengono consolate.  
Ecco perché si trovava lì.
Le sorrise ancora.
Questo non è ne il paradiso ne l’inferno, questo è il concentrato di silenzio e di pace.
Fammi vedere i tuoi occhi! Ma non riusciva a scorgerli dietro quel sorriso beato.
Le accarezzò la spalla sinistra lasciando scivolare ciò che la ricopriva, e non sentì freddo, ne il calore di quella mano, ma un tepore che partiva da dentro quasi impercettibile, una sensazione di benessere che le tolse il fiato.
Lena. Si era fatta grande, era un angelo.
-Mi stavi aspettando…- Ma le mie mani sanguinano ancora, e questo sangue non è ne il mio, ne dei miei soldati silenti e fedeli.
La senti la neve?
Si, la sento.
Cadeva placida dal cielo grigio, senza tempo.
Gli occhi, Lena, i tuoi occhi! Sorridevano ma non li vedeva. Voleva che si mostrasse.
Quanto potevano essere profondi gli occhio di un angelo? Forse li stava guardano, ma erano tanto belli e luminosi da non riuscire a concepirli, forse non ne era capace, non ancora.
La delusione.
Non ancora.
Il suo sorriso glielo disse.
Quando riaprì gli occhi era tutto più pesante. Il corpo, la mente, l’aria.
Il dolore, l’agitazione, il martellio del cuore, la foresta, erano spariti.
Rimase immobile a fissare il soffitto. Le membra erano di piombo, non riusciva a respirare, o forse non ricordava come si faceva.
Riusciva a muovere solo il collo, quanto bastava per vedere dove si trovava, ma non ne aveva bisogno, sapeva benissimo dove fosse. Aveva fissato talmente tanto quel soffitto in quegli ultimi giorni che quella macchia intonacata male l’avrebbe potuta riconoscere tra mille altre.
Stava in quella stanza, sul suo letto.
-Rei…- si sorprese della sua stessa voce. Era intorpidita e svilita, come se la lingue fosse diventata pigra. Non era la sua voce quella, le avevano sicuramente dato qualcosa.
Sulla scrivania una lampadina era accesa, le tende erano tirate. Tutto era così buio.
-Perché mi hai portato qui!?- No, decisamente, non riusciva a sopportare la propria voce in quello stato.
-Non potevo lasciarti nel bosco, ti sei sentita male.- le rispose.
Il ragazzo si alzò dalla sedia accanto al letto e le tolse la pezzuola dalla fronte.
-Come ti senti?- le chiese avvicinandosi alla scrivania.
Le dava le spalle. Riusciva a vedere i capelli neri raccolti muoversi giocosamente.
Che diamine le aveva dato quel cinese!? Nessuno dei tranquillanti che aveva preso le aveva mai fatto questo effetto.
Quando tornò a girarsi il sorriso cordiale era ancora lì per lei. Le poggiò di nuovo il fazzoletto sulla fronte. Era umido e aveva un odore pungente.
Non ebbe neanche il tempo di risedersi Rei, che Ari alzò una mano e si tolse quella cosa fastidiosa e disgustosa dalla fronte lanciandola a terra.
-Ficcanaso di merda! Chi cazzo ti ha detto di farlo!- si voltò su un fianco a fatica. I muscoli erano intorpiditi e addormentati, le braccia le scivolarono pesanti in grembo mentre si rannicchiava. –E tieni lontano da me quell’ammasso di stronzate della medicina cinese!-
Rei rimase immobile a fissarla, poi sospirò pazientemente. Non avevano importanza le sue parole, non era mai stata un tipo amichevole, neanche quando c’era costretta, figuriamoci ora.
-Che cosa mi hai dato?- chiese ad un certo punto.
Era passato un quarto d’ora buono da quando era tornato il silenzio. Era infastidita. Stava lì, di nuovo! Ancora! E poi quella voglia… era forte, era un malessere insopportabile.
-Una pianta med…-
-Quando mi passerà l’effetto? Voglio andare via di qui!-
-Ancora una mezz’oretta!- fece secco.
Si alzò e raccolse la pezzuola che Ari aveva gettato a terra. La rigirò tra le mani pensieroso.
-Ari, so che non vuoi sentire nessuno, ma anche a me è successo di perdere la fiducia della mia tigre.- le disse. Spostò lo sguardo su Ari, raggomitolata in posizione fetale. –Fidati, tornerà, devi solo volerlo!-
-Non me ne fotte niente! Devo andare via…-
-So cosa vuoi andare a fare!- la interruppe severo. -E dammi ascolto, non devi assolutamente o la perderai per sempre!-
Si sentì scoperta, denudata nella sua debolezza e vulnerabilità da quelle parole.
Rei sapeva e forse sentiva anche la sua sete.
Una profonda rabbia insorse, tanto da darle la forza di muoversi.
Era la vergogna, era la frustrazione, era il malessere generale, l’irritazione; vennero strozzati sul nascere, furono soltanto un bagliore fugace nel suo petto prima di venire travolti dall’ira.
Lei lo odiava, odiava chiunque. Odiava chi la intralciava.
Si alzò con impeto, muovendo le gambe anche contro la loro insensibilità.
Nessuno questa volta le avrebbe impedito di fare quello che voleva, di avere quello che desiderava, e questa era l’eroina, era la droga. Basta!
Non aveva mai avuto tanta voglia, non si spiegava come fosse riuscita a farne a meno per così tanto tempo. E quel frustrante bisogno la faceva impazzire dalla rabbia. Rei la faceva impazzire, le sue parole, la sua sola presenza, l’idea che sapesse e che parlasse.   
Basta bastardo! Stanne fuori! -Questi sono cazzi che non riguardano te ne nessun’altro!-
Chi era stato a parlare? Sarebbe morto, l’avrebbe ucciso senza pietà, l’avrebbe squartato, trucidato, e costretto a mangiare il proprio fegato.
Con una spallata fece scostare il cinese e afferrò la maniglia della porta, ma venne trattenuta e si ritrovò stretta contro il muro.
-Dammi ascolto Ari, non agire d’impulso!- le disse Rei.
Le stava di fronte e la teneva lì, braccandola col suo corpo, per non farla scappare.
-Non sto agendo d’impulso!- esclamò risentiva.
-E allora dillo guardandomi dritto negli occhi!-
Era vero, stava a testa bassa e avrebbe preferito guardare in qualunque altra direzione piuttosto che guardarlo in faccia. Ma non voleva guardare più nessuno, non l’aveva mai fatto in vita sua, neanche con i ragazzi che aveva eliminato, perché avrebbe dovuto farlo ora!?
-Non ci credo che tu voglia rinunciare a lei!- continuò Rei scuotendola.
-Tu non capisci! Mi ha punito, ha fatto bene! È questo che merito, ho sbagliato, non posso essere più la sua custode!- lo spinse via, aprì la porta ed uscì, cosa che avrebbe dovuto fare quella notte.
-Non andare, ti prego!- urlò Rei affacciandosi nel corridoio. –Ari!- la richiamò ancora seguendola, ma lei non gli rispose e non l’avrebbe fatto per nulla al mondo.
Scese le scale senza voltarsi. Non sapeva doveva andare, ma camminava lo stesso, questo era l’importante. Camminare e ritrovare quello stesso corridoio che aveva attraversato poco prima.
Lena era diventata una donna. Il viso non era più quello di una bambina, avrebbe voluto mostrarlo a Yuriy, dirgli che stava bene. Che stupidaggine! Cosa poteva importare a Yuriy dei suoi sogni? Lena non c’era, Lena non era venuta, se l’era solo sognata.
-Ari! Come stai?!- la voce apprensiva di Takao la raggiunse.
Nella cucina c’erano lui, Daichi e qualcun altro.
Lui si avvicinò e lo spinse con una bracciata allontanandolo. C’era rimasto male, l’idiota!
Sarebbe andata via, non sarebbe tornata mai più, e poi tornata dove?! Non aveva più un posto, l’aveva perso oramai. E lei avrebbe raggiunto quel posto perduto, sarebbe tornata lì, tra quelle due pareti di pietra dove era morta Lena, dove erano morti tanti altri.
Uscì nel giardino percorrendolo con grandi passi.
Le correvano dietro.
Sì, per loro sarebbe sparita, questo era certo, come fumo nel vento.
-Ariel, ferma!-
Kai la afferrò per un braccio e la fece voltare.
Se non fosse stato per quella schifezza che le aveva dato Rei, sarebbe sicuramente riuscita a contrastarlo.
-Lasciami!-
La guardava dall’alto. Quando mai Kai era stato più alto di lei!?
Ari distolse lo sguardo provando a divincolarsi con scarso successo.
-Smettila e torna dentro!- sibilò minaccioso.
-No!- provò a staccarsi dalla sua prese con uno trattone, ancora, ma non ce la fece.
Il suo sguardo era pieno di disapprovazione e rimprovero. Non voleva incontrare alcuna resistenza, voleva che facesse come lui le ordinava senza discutere.
Sapeva di essere il più forte e ogni sua opposizione sarebbe stata vana e patetica.
-Ti avevo detto che era tutto inutile, è finita, avevo ragione io!- gli rinfacciò con rabbia. Ma Kai era inamovibile.
Sospirò e abbassò gli occhi a terra. Perché non capiva? Non aveva più nessun motivo per stare lì.
-Basta adesso, lasciami andare…-
Tornò a supplicarlo, come aveva fatto in quella stanza d’albergo, e gli occhi erano di nuovo spenti e il viso stanco, come la notte prima.
-Ti prego, non farmi questo, lasciami andare!-  ripeté, di nuovo.
Era stanca di combattere, di contrastare quello che doveva essere. Sarebbe dovuta uscire da quella stanza quella notte, sarebbe dovuta morire in quel maledetto incontro, non avrebbe dovuto progettare quel piano per fuggire dal monastero. Avrebbe dovuto affrontare Kai una volta richiesto, e soccombere come avrebbe voluto Vorkof.
Morire come era morta Lena, sarebbe stato sicuramente fantastico.
E invece no, aveva sempre deciso di opporsi, aveva sempre macchinato e combattuto. Ma adesso basta, aveva fatto troppo, aveva visto, sentito, subito e vissuto abbastanza. Ora voleva solo riposare.
-Sei sicura?- le chiese. Aveva sentito troppo bisogno, una necessità sofferta e sincera nella richiesta di Ariel per poterla ignorare o calpestare.
Lei continuava a tenere basso lo sguardo a terra, ma era sicuro e fermo. Annuì solamente, scuotendo il capo.
Kai guardò la propria mano stretta attorno al braccio della ragazza. Se la avesse lasciata, quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe vista. Sapeva che non sarebbe mai più tornata, che sarebbe scomparsa per sempre. Ma doveva lasciarla, era quello che lei aveva deciso, che lei voleva veramente, non poteva costringerla. Voleva farla contenta, lasciarla andare, fare ciò che desiderava.
-Va bene.- disse asciutto.
Le sue dita si staccavano dal braccio con una facilità impressionante.
Avrebbe dovuto -voluto- abbracciarla? Dirle addio, o osservarla andare via senza dire una parola?
Aprì la bocca ma la richiuse immediatamente. Ritirò la mano, che si strinse in un pugno rabbioso,  lasciando cadere il braccio lungo il fianco e, amareggiato, voltò il viso dall’altra parte.
-Vattene!- se ne poteva anche andare, non gliene importava più niente di lei, non l’avrebbe neanche guardata allontanarsi, neanche per l’ultima volta. Voleva sparire? Era scomparsa! Era quello che voleva, no?!
-VA BENE!?- venne spintonato di lato improvvisamente e con suo grande disappunto era stata Claire a travolgerlo. –Stupido punkettaro incompetente! Cosa ti salta in testa di dirle!?- gli starnazzò addosso furibonda con le mani sui fianchi.
Poi si voltò verso Ari e la afferrò prendendole il polso. –Sei psicologicamente turbata, l’ho sempre pensato e detto, con picchi di depressione da suicidio, e non puoi affidarti nelle mani di un altro soggetto mentalmente instabile!-
-Chi sarebbe il soggetto mentalmente instabile!?- chiese Kai irritato.
-Tu, ovvio! Lo si vede lontano un miglio già solo da come ti vesti!- gli rispose prontamente Claire scoccandogli un’occhiataccia. Provò a tirare la cugina, ma questa opponeva una resistenza sempre più forte.
Kai tremò di rabbia. Non poteva certo prenderla a ceffoni davanti a tutti.
-E tu mia cara adesso la smetti e mi dai ascolto!- continuò Claire sempre più arruffata perché non riusciva a smuovere Ari neanche di un centimetro. –Insomma, ignora tutti questi incapaci e fai come ti dico io!-
Ari riuscì a liberarsi dalla sua stretta, anche perché Claire si era stanza ti tenerla.
-Ho parlato con la mamma!- esordì scocciata dalla sua resistenza. Ari era più cocciuta di un mulo. –Mi ha detto di darti un calcio nel sedere e di mandarti a recuperare l’aquila bianca!-
-Veramente tua madre ha detto questo!?- chiese Max sorpreso. Si ricordava della madre di Claire, chi non l’aveva notata in quell’ospedale canadese!?
Claire annuì convinta e continuò puntando un dito sul petto della cugina: -Ha detto che suo fratello, alias tuo padre, l’ha affidata a te quindi tu te la tieni! Poi ha detto che quando si viene scelti come custodi, o cose simili, non si può tornare indietro! È successo anche ad un suo pro prozio, un certo Fester Van…-
-Fester VanHussenberg…- completò Ari guardandola storto.
-Si, si, quello, humbember! E poi un altro, un trisavolo… Umberto Kart…-
-Kartein.-
-Sì, e ha detto che sono stati i più valorosi concordieri di non so cosa! Sinceramente ho capito poco o niente, ma…- prese qualcosa dalla tasca e gliela porse: era il medaglione. -Questo so che è tuo e di nessun altro. Solo tu devi averlo!-
Ari guardò il ciondolo ruotare appeso alla catenina d’argento nella mano di Claire, e poi lei col suo muso duro e determinato e il tono risoluto.
- È tua, ricordatelo, devi solo fare un po’ di moine per riconquistarla! Ti ha messo alla prova, capisci? Dimostrale quanto vali e quanto vale per te! E adesso, in quanto custode dell’aquila bianca, alza le chiappe e vattela a riprende mia cara!-
L’aquila d’argento continuava a ciondolare davanti al suo naso, dietro il viso imbronciato e presuntuoso di Claire che l’aveva stordita con la sua vagonata di parole.
-Allora, ti vuoi dare una mossa!?!- abbaiò scorbutica di punto in bianco la bionda facendola sussultare. –Sei capace o no?! Prendi sto coso e vai!?-
D’impeto afferrò il medaglione.
L’aveva fatto! Perché?
-Devi combattere con forza e passione…-
Alzò gli occhi sorpresa su Claire. Quelle parole, le aveva già sentite tante volte, gliele aveva dette una voce calda, buona e gentile. -… e non arrenderti mai!- continuò lei.
-Si, esatto! Me lo dice sempre la mamma, ma non capisco contro chi dovrei combattere…-
Ma Ari non le diede più ascolto, la scansò e tornò dentro casa di corsa. Salì le scale quasi inciampando ogni due gradini. La sensibilità alle gambe era tornata, ma era confusa, nella sua testa c’era un vortice di immagini confuse e parole.
Lei non ricordava niente, niente prima del monastero, eppure quei nomi, il custode della famiglia, tutto collegato all’aquila bianca, lei li sapeva già! Li aveva sempre saputi! Mai nessuno gliene aveva parlato, ma aveva sempre saputo che l’aquila bianca era della sua famiglia da secoli, l’aveva portata sempre con orgoglio proprio per questo.
Anche quella frase….
Aprì la porta della propria stanza. Aveva bisogno di qualcosa. Si guardò intorno e la individuò. Afferrò lo zaino di Kai e lo svuotò, a modo suo….
Anche suo padre le ripeteva sempre la stessa frase. Combattere con forza e passione e non arrendersi mai! Poi le aveva sorriso - quel sorriso orgoglioso e fiero - e le aveva messo quel medaglione al collo. “Questa camminerà con te, per sempre, al tuo fianco, attraverso ogni tempesta!
Sì, ogni tempesta! Avrebbe governato quel vento, solcato le onde, sfidato i fulmini, scosso la terra con i tuoni pur di ritrovare la sua compagna!
Riempì il borsone con qualche cambio, e tornò al pieno di sotto, prese qualcosa anche in cucina, poi tornò nel cortile.
-Ari, ma che succede?- chiese Takao vedendola passare quasi di corsa con quello zaino sulla spalla.
-Me ne vado!- disse solamente. Passò accanto a Kai e, sempre senza fermargli gli disse: -Ho preso in prestito il tuo borsone! Ci si rivedere, babbeo!-
-Ehi, i miei vestiti?!- gli chiese lui incredulo. Due secondi prima sembrava una pronta a suicidarsi e ora aveva una determinazione travolgente. Anche Yuriy e gli altri ragazzi erano allibiti.
-Li ho buttati fuori dalla finestra!-
Ecco, Kai era rimasto a bocca aperta. Adesso non sapeva se andare prima a recuperare i propri vestiti o prenderla e massacrarla di botte.
-Ari, aspetta!- la chiamò Takao raggiungendola con uno scatto. –Ma dove vai?! Il bus arriverà tra mezz’ora!-
Ari si fermò e si voltò e, per poco, Takao non le finì addosso.
-Ma io non vado dove andate voi!- disse semplicemente con un grugno infastidito sul volto.
-A no?- chiese Takao sorpreso. –E allora dove vai?-
Ari si girò e guardò verso l’alto. Lui alzò lo sguardo seguendo quello di lei fermo sulla cima verdeggiante e ripida della montagna.
Takao tornò di nuovo a guardarla. -Stai scherzando, vero?-
Ma lo sguardo era troppo accattivato da quella nuova sfida. Era forte e vivo, pieno di ardente fervore. Era pronta a qualunque cosa, ad affrontare quella nuova avventura. Avrebbe spaccato il mondo pur di ritrovare la sua aquila.
Ari riprese a camminare. Non poteva arrendersi, era suo dovere riportare l’aquila al suo posto.
-Ari!- la richiamò ancora Takao.
Lei si fermò.
Takao si avvicinò e le porse un oggetto. –Questo è tuo!- le disse aprendo il pugno.
Era Drawind. Incredibile, lo aveva completamente rimosso dal cuore come se non fosse mai esistito.
-Buona fortuna!- le disse infine sorridendole.
-Grazie! Anche a te campione!- afferrò il beyblaide e corse via, per la salita, sparendo subito dopo, dietro la prima curva.
Takao rimase a fissare quel punto pensieroso. Era certo che l’avrebbe rivista molto presto, Ari era troppo forte per non tornare trionfante!
Claire incrociò le braccia al petto e sbuffò.
-Che c’è Claire?- le chiese Sayu.
-Non mi sembri contenta, eppure sei riuscita a smuovere quella testa dura di Ariel!- le fece notare Boris.
-Incredibile!- sospirò sconsolata la bionda. –Mia cugina corre dietro un volatile come se fosse il suo unico e vero amore, e io non ho ancora uno stralcio di ragazzo!-
Il disappunto se non lo si comprese dal silenzio che era calato, lo si comprese dalle facce dei presenti.
-Oh mio Dio!- spiro Kai posandosi una mano sulle tempie e scuotendo il capo.
-Ma se vuoi anche tu un volatile basta chiederlo, ti do il mio!- le propose Boris.
-Wow!- fece Max impressionato.  
-Questa è bella pesante!- convenne Rei.
Claire cambiò immediatamente espressione. Alzò una mano e provò a dargli uno schiaffo ma lui la evitò con facilità, cosa che le diede sui nervi.
-Che c’è, non ci arrivi!?- sghignazzò lui che ovviamente, alto come era, riusciva a scansarsi si e no il settanta percento degli schiaffi che partivano.
-Yuriy! Dagli uno schiaffo!- ordinò Claire indispettita.
Il rosso, senza farselo ripete due volte, gli diede uno schiaffo dietro la nuca che per poco non gli fece scappare gli occhi dalle orbite.
-Ahi! Ma che diavolo fai?!- fece incredulo Boris portandosi le mani dietro la testa e guardano l’amico come se fosse impazzito.
Questo alzò il naso stizzito e si mise le mani in tasta. –Ti ho sempre detto di evitare le volgarità, Boris! E non dire che non è vero…-
-Ma è vero!- sbottò imbronciato Boris.
-Smettila e non discutere! E per la cronaca, Ariel aveva ragione, d’ora in poi ci si torna ad allenare come si deve!-
-Cosa!? Ma non è giusto!-
Tutti scoppiarono a ridere, Yuriy girò sui tacchi e si avviò dentro casa ignorando le lamentele dell’amico che intanto aveva iniziato ad assillare anche Sergey per convincerlo a fargli cambiare idea al suo capitano. Si prefiggevano tempi duri per Boris che oramai si era abituato a poltrire!
 
 
 
 

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Capitolo 26
*** La spada del cuore di drago ***


26 aoi
Salve! Eccomi di nuovo qui per fare felice grandi e piccini ^^!
L’ho scritto a pezzi, come facevo una volta. Bei tempi quelli *_*!
Ringrazio tutti, chi legge e chi recensisce e bentornata a cherry!
Se nel precedente capitolo ari vi ha fatto pena, beh, allora forse è meglio che alleggerisco il carico per il campionato. (si ti prego ç_ç !ndari) non sopporto i personaggi che fanno i musoni muti nelle storie e poi blaterano nello spazio dedicato a ME, l’autrice! è_é…. ^^ quindi non lo farò, non sarò più buona ma anzi calcherò di più la mano.
miei cari, dicevamo che… ah, sì, kai ha trovato lavoro come spogliarellista. Non voleva farlo sapere a nessuno ma lavora nel locale di quel pappone di boris. Muahahahhaha! Come sono malefica, l’ho detto a tutti!
Ok, vi passerò l’indirizzo del locare via messaggio privato.
Un grazie speciale a giuly, a roberta, ben, lumik e cherry. Ho notato che claire ha avuto successo, ogni volta che ha a che fare con kai viene apprezzata muahahaha! (ti odio! è_é ndkai)(anche io tesoro ^^! Ndme)
Adesso buon capitolo, ci rivediamo alla fine!
 
 
 
 
26. La spada del cuore di drago
 
Undici di sera. Il pullman si fermò alla piccola stazione del quartiere residenziale di Itabashi.
Erano rimasti solo Takao, Daichi, Sayu, Max e Rei. Il professore, Hilary e Ryoko erano scesi alla fermata precedente, mentre gli altri ragazzi avevano preso il treno per Nara.
Erano stanchi e assonnati, due ore di pullman con Daichi avrebbero sfinito chiunque. Ad un certo punto addirittura l’autista si era fermato minacciando il piccoletto di smetterla altrimenti l’avrebbe lasciato in mezzo alla strada. Dieci minuti dopo, manco a farlo per dispetto, Daichi aveva vomitato proprio nel cappello dell’autista che, poverino, non ebbe neanche più il coraggio di prendersela con lui diventato cadaverico.
Ma i ragazzi erano oramai abituati alle figuracce, e alla fine Daichi si era addormentato e ora Takao se lo stava portando sulle spalla.
Erano fermi al centro della stazione. Gli ultimi autobus di linea, illuminati pigramente dall’interno,  si dirigevano verso i depositi dopo le ultime corse. Il traffico scorreva dall’altra parte della strada mentre loro si mettevano i borsoni in spalla e la porta del loro bus si richiudeva alle loro spalle. L’autista ingranò la marcia e se ne andò a tutta velocità, felice come non lo era mai stato di finire il proprio turno di lavoro.
-Beh! Meno male che non c’era Kai quando si è sentito male!- disse Rei mettendosi le mani in tasca.
-E nemmeno Yuriy!- aggiunse Max ridacchiando. –Scommetto che sarebbe riuscito a vomitargli addosso!-
-È inutile che cercate il lato positivo della situazione!- li freddò Takao scocciato. –Avrebbe potuto evitare di stare tutto il viaggio girato…-
-Beh… questo è anche vero!- ammise Max imbarazzato.
Eh no, Takao era proprio di pessimo umore a causa di Daichi… come al solito d’altronde.
Rei sorrise e distolse lo sguardo dai due posandolo sul tabellone degli orari. Takao poteva pure continuare ad arrabbiarsi con lui e dire di non sopportarlo più ma, alla fine, Daichi era diventato un fratello minore per lui, non poteva negarlo. Con quale cura se lo teneva sulle spalle stando attendo a non svegliarlo in nessun modo. Lui lo sapeva benissimo….
-Dai, non te la prendere, è ancora piccolo!- azzardò Sayu venendo subito aggredita da Takao.
-Non è piccolo! Il signorino ha la bellezza di quattordici anni e si comporta ancora come se ne avesse sei!-
-Veramente anche tu non stavi mai fermo a quattordici anni!- gli fece presente Rei.
-Sì, è vero!- confermò Max. –Ti ricordi quella volta che ha fatto ribaltare il carrellino dei dolciumi in aereo!? Dove stavamo andando quella volta?-
-Negli Stati Uniti. Tutto il caffè bollente finì su Kai! Si arrabbiò talmente tanto che lo stava quasi per ammazzare!-
-Ahaha! Vero! Oddio quella volta face veramente paura!-
-E perché, ti sei mica dimenticato quella volta che per poco non lo decapitava a Kai!?- continuò Rei.
-Decapitava?!- chiese Sayu incredula guardando prima il cinese e poi l’americano.
-Sì, aveva agganciato male le katane…- iniziò Max.
-Sai come è pigro Takao! Suo nonno gli aveva chiesto un favore e per poco Kai non si ritrovava senza testa!- aggiunse Rei.
-Allora dormivano tutti insieme nel dojo a casa di Takao.- spiegò infine Max. -Mamma mia, che brutta nottata! Ma quando è stato?-
-Sempre durante il primo campionato… anzi no, durante il secondo!-
-Si, si! Era proprio il secondo! Pensandoci bene non capisco come faccia ad essere ancora vivo! Io personalmente, se fossi stato Kai, l’avrei ammazzato già da tempo!-
-Se ci fai caso, attenta sempre alla vita di Kai!- scoppiò a ridere Rei.
-Si, inquietante come cosa….-
-Scusate, la volete finire!?- sbottò Takao seccato.
-E quella volta che è andato a cercare Ralf per il castello! Che testa calda!- continuò Max ridendo.
-Non riusciva a state un attimo fermo, poveri noi! E quando voleva picchiare quel tizio in Francia! Non ricordo neanche il perché!-
-Se è per questo voleva picchiare anche Michele l’anno scorso…. E quando ha fondato il club dei mutandari!- continuò a ridere Max. –Perché non si voleva mettere il pigiama!-
Incredibile, continua a combinarne tutt’ora di mille colori… ci sarebbe da scriverle! Le mirabolanti disavventure di Takao nell’intento inconscio di fare fuori Kai!-
-Bel titolo…-
-Ok, basta! Abbiamo capito tutti!- sbraitò a quel punto il diretto interessato.
Improvvisamente una station wagon nera entrò nella stazione degli autobus a tutta velocità e si fermò davanti a loro con una sgommata spettacolare.
I quattro rimasero ammutoliti a fissare la macchina.
Il finestrino si abbassò e apparve un signore sorridente dalla folta capigliatura nera.
-Salve ragazzi!- li salutò emozionato.
-Signor Matsuda!- esclamò Takao sorpreso. -Buona sera!-
-Pa’!- sbottò Sayu guardando storto il padre.
-Ciao tesoro!- la salutò. –Salite in macchina, avanti, vi accompagno a casa!-
I ragazzi misero i borsoni del bagagliaio e salirono sui sedili posteriori stringendosi un po’. Takao invece davanti, come desiderava tanto il signor Matsuda.
-Bella sgommata signore!- si complimentò giulivo Max mentre la macchina ripartiva.
-Oh, grazie, troppo gentile!- disse il signore. -Comunque io sono il padre di Sayu, vi ricordate, l’ho accompagnata l’altra volta…- continuò ridendo. Sayu sprofondò nel sedile. Non capiva che gusto ci trovasse suo padre a ricordare un episodio tanto imbarazzante.
-Mi chiamo Matsuda Masuhiro, ma per voi Masuhi. Così mi chiamavano una volta i miei compagni del college!- si presentò  guardando con lo specchietto retrovisore il ragazzo biondo strizzato tra Rei e Sayu.
Daichi dormiva beato e ignaro accanto a Rei, tenendo la testa appoggiata contro il finestrino.
-Grazie… signore, ma non c’era bisogno di venirci a prendere. Avremmo raggiunto casa a piedi, è a pochi isolati….-
-Figurati Rei! Per me è un piacere e un onore potervi accompagnare!- disse prontamente il signor Matsuda prendendo una grossa sterzata e tornando nel traffico. La testa di Daichi ballonzolò finendo inerme sulla spalla di Rei.
Sayu era più imbroncata di quando era partita. Era inconcepibile, si pavoneggiava pure, quasi non fosse già abbastanza soddisfatto. Perché non se ne stava da parte come tutti i genitori normali?! Era troppo imbarazzante!
-Io sono un vostro grande ammiratore!- continuò guidando con disinvoltura, facendo slalom nel traffico.
-Ma veramente!?- chiese Rei incredulo. Non pensava che il beyblade potesse appassionare anche persone più grandi.
-Certo!- confermò lui. –Ho seguito tutti i vostri incontri. Bellissimi!-
Sayu sbuffò e incrociò le braccia. Ecco, ci avrebbe scommesso tutto quello che aveva che avrebbe iniziato a parlare di trottole!
-Il primo campionato, spettacolare, non c’è che dire! Vi ho seguiti fin dall’inizio, sapete? Credevo in voi e non mi sono sbagliato….-
-Wow! Ma lo sa che è un asso al volante signor Masuhi!?- esclamò entusiasta Max finendo addosso a Sayu all’ennesima sterzata.
-Grazie Max, ma credo che tu sia troppo buono!- disse, ma si capiva chiaramente che il complimento l’aveva gratificato. E intanto in quella macchina l’unico super contento di quella guida spericolata era solo Max che a ogni curva ululava per la felicità. Takao si teneva atterrito allo sportello, mentre Rei, che cercava di reggersi alla presa con Daichi che ballonzolava, iniziava a pensate che ci fosse qualcosa che non andava nel sorriso super contento e eccitato di Max.
-Allora Takao, da che parte devo prendere?!- chiese il signor Matsuda.
-A destra!- rispose con voce acuta Takao. –Ora a sinistra… in fondo, sempre dritto!-
-Quindi ragazzi, come è andato il ritiro!? Vi siete divertiti?-
-Si moltissimo!- rispose Rei trattenendo a stento l’agitazione.
-Come si è comportata la mia piccola Sayu? Spero che si sia fatta onore, non ha mai giocato molto con questo gioco…-
-Non ci ho mai giocato in verità!- sbottò a mezza bocca la figlia, ma tanto il padre la stava ignorando, la sua attenzione era totalmente rivolta ai suoi campioni di trottole!  
-Mi pare che manchi comunque qualcuno! Dove è Kai, e Mayer? Ariel giusto? Quella ragazza ha una tecnica agghiacciante…. Quest’anno che avete intenzione di fare? Tornerete tutti insieme come lo scorso campionato?-
-Papà, per favore, vuoi rallentare?! Ci voglio arrivare viva a casa!- urlò Sayu tutto d’un tratto trovandosi distesa su Max e Rei.
-Certo tesoro, tanto oramai siamo arrivati!- inchiodò il piede sul freno all’improvviso e Sayu si ritrovò spiaccicata contro i sedili anteriori.
Takao scese immediatamente, si sentiva le gambe molli, quasi non ci credeva che avrebbe rivisto casa sua. Aprì lo sportello anteriore e tirò fuori Sayu prendendola per le gambe. Era sconvolta, con tutti i capelli per aria e confusa. Rei uscì dall’altra parte tenendo tra le braccia Daichi che, straordinariamente, ancora dormiva!
Max uscì quasi cinguettando per la felicità.
-Signor Masuhi, lei è un grande!- disse il biondo andando a stringere la mano al signore. –Mi chiami la prossima volta che va a fare un giro!-
-Ma anche subito ragazzo! Mica ti lascio qui, accompagno pure te a casa!-
-Veramente!? Grazie! Ma lei è gentilissimo!- disse lui continuando a scuotergli super entusiasmato la mano.
Sayu si sentì gelare. Questo significava un’altra guida del genere prima di tornare a casa!?
Afferrò saldamente la spalla di Max e lo tirò facendolo girare.
-Ti prego, smettila di incoraggiarlo!- lo supplicò.
Lui parve sorpreso. –Perché!?-
-Come perché!? Non si più andare a cento all’ora in un posto del genere! Hai visto quanto sono strette le strade!? Stavamo per finire addosso a una signora e per poco non abbiamo strisciato una decina di macchine!-
-Infatti! Non è bellissimo, sembra il rally!- disse di nuovo esaltato Max. Fece il giro della macchina piroettando e aprì lo sportello anteriore.
-Io mi siedo davanti!- avvisò, come se poi ci fosse il pericolo che Sayu volesse stare davanti al posto suo. –Ci vediamo in giro ragazzi!- e senza troppe cerimonie si chiuse dentro impaziente di partire.
Sayu era disperata, non ci voleva salire in macchina con quei due!
-È stato un piacere conoscerti Rei, e anche a te, piccolo Daichi!- li salutò il signor Matsuda scompigliando affettuosamente i capelli rossi del ragazzino che dormiva tra le braccia di Rei.
-Piacere nostro signore, grazie per il passaggio!- rispose con un sorriso tirato Rei. Se l’era vista proprio brutta in quella macchina!
-Ci rivediamo Takao! Quando vuoi venire a trovarci, tranquillo, la porta è sempre aperta! E anche per voi…- disse infine facendo l’occhiolino ai ragazzi e salendo in macchina. –Muoviti Sayu, la mamma ci aspetta!-
Sayu sospirò rassegnata e ritornò in quella maledetta macchina.
-Ci vediamo domani a scuola!- la salutò Takao.
Lei chiuse lo sportello e si affacciò dal finestrino. –Sì, se sono ancora viv… Ah!-
La macchina partì a tutto gas e scomparve nel giro di pochi secondi dietro la prima curva.
E ora erano rimasti in tre: Takao, Rei e Daichi, fermi davanti al cancello di legno della casa di Takao.
Entrarono, si tolsero le scarpe nel piccolo ingresso mollando stancamente i borsoni per terra.
-Nonno, sono a casa!- tuonò Takao distrattamente mentre Rei si dirigeva nel dojo per mettere a letto Daichi.
-Che stanchezza!- sbadigliò il padrone di casa grattandosi la pancia dopo essersi stiracchiato. Avanzò per il corridoio buio, solo la luce della cucina in fondo era accesa. Sicuramente suo nonno era lì a prepararsi una tazza di tè. Strano però, non gli era venuto incontro… mah, la vecchiaia! Magari non lo aveva nemmeno sentito!
Ridacchiando si tolse la maglia restano a dorso nudo. Stava perdendo colpi il vecchietto, e anche l’udito!
-Nonno, siamo torn…-
Passò davanti la porta della cucina e si ritrovò faccia a faccia con una ragazza mai vista prima in vita sua, ferma lì, davanti a lui, sulla soglia a fissarlo stranita.
Questa cacciò un urlo impressionante e spropositato che lo fece saltare di un metro per lo spavento. –E tu chi diamine sei!?- esclamò appiattendosi alla parete.  
-Che succede?!- Hitoshi spuntò dalla porta in fondo al corridoio.
-E tu che ci fai qui!?- chiese Takao confuso. Ma suo fratello non era in Perù per degli scavi?! E quella ragazza chi era, che ci faceva a casa sua!?
-È solo Takao, tutto a posto!- borbottò Hitoshi a qualcuno dentro la stanza per poi tornare a voltarsi verso i due di fronte alla cucina.
-Questo è tuo fratello?!- chiese la ragazza ad Hitoshi, indicando timidamente Takao con un dito piccolo e gracile, come lei. Era tutta rossa in viso e evitava di guardare quest’ultimo.
-Si…- rispose Hitoshi raggiungendoli con le mani in tasca. Poi guardò da capo a piedi il fratello minore e gli rivolse un’occhiataccia ammonitrice, di quelle contrariate che riusciva a rivolgere solo a lui. –Ti potresti rivestire?- sbottò acido.
-Eh?!- Takao si guardò e si tirò la maglietta davanti al petto. –Scusate…- borbottò ridacchiando imbarazzato.
La signorina davanti a lui continuava a guardare altrove. Aveva un caschetto scuro, di un colore poco definito, che incorniciava gli zigomi pronunciati e il tratti rotondi, gli occhi erano affusolati e neri, la bocca piccola e a cuoricino e la carnagione olivastra.
-Takao!-
Quella nuova voce gelò il ragazzo. Si girò vesto la stanza dalla quale era uscito Hitoshi e, era vero, era proprio lui che gli sorrideva affabile. -Finalmente sei tornato!- gli disse avvicinandosi.
Forse rimase come un idiota a guardarlo finche non gli poggiò una mano sulla testa e gli scompose i capelli con affetto.
Quel gesto gli diede sui nervi. Non era un bambino oramai, questo avrebbe dovuto farglielo molto tempo prima magari! Scostò quella mano bruscamente.
-‘Papà…- accentò freddo. –… questo dovrei dirlo io!-
-Non ora Takao!- smorzò suo padre col suo solito tono bonario. -Prima mettiti la maglietta, ti voglio presentare la signorina! È una nostra collega peruviana…-
-Ima Lima,- continuò lei. –piacere di conoscerti!- 
Takao si infilò la maglia di fretta mettendola al contrario. –Piacere….- disse in difficoltà cercando i buchi per le braccia. –Io sono Takao, ma…. Che ci fate qui?- disse rivolgendosi al padre e al fratello. Della signorina gli interessava tanto quanto….
Il padre sospirò improvvisamente serio, incorniciando lo sguardo con figlio maggiore. 
-È meglio parlarne davanti ad una tazza di tè!-
E così fecero. Dopo un quarto d’ora erano seduti in soggiorno intorno al kotatsu. Rei li aveva raggiunti e stavano attendendo che Ima finisse di servire il tè.
-Siamo tornati tre giorni fa!- iniziò a raccontare Hitoshi prendendo la piccola tazzina tra le mani. –Dopo aver ricevuto una telefonata urgente!-
Takao scrutava guardingo e impaziente prima il fratello e poi il padre senza capire il perché di quelle espressioni serie e cupe. Anche Rei sembrava preoccupato.
-Una telefonata urgente?- incalzò.   
-Era la polizia…- continuò il padre. –Sono entrati dei ladri in casa…-
La mano di Takao tremò e delle gocce di tè gli finirono sulle gambe. Il cuore mancò un colpo e le immagini si accumularono nella mente. Suo padre era tornata, non lo faceva mai se non per cose importanti; le espressioni gravi sua e del fratello maggiore e il loro tentennamento nel parlare…. –Dov’è il nonno!?- chiese solamente.
-Il nonno…- Hitoshi si scambiò uno sguardo veloce con il padre. Stavano evitando di guardarlo, entrambi.
-È nella sua stanza a… riposare.- spiegò il padre. –Non l’ha presa molto bene.- bevve un sorso di tè lentamente.
Il cuore di Takao si alleggerì da quella cupa nube nera che l’aveva soffocato per quei secondi di silenzio. 
-Sono entrati. La polizia ha detto che erano in due, massimo tre, non hanno lasciato nessuna traccia però.- disse Hitoshi. –Non hanno preso niente, se non…-
-La spada del cuore di drago.- terminò Rei abbassando la tazzina e tenendola stratta tra le mani. guardava fisso un punto del tavolinetto basso, sovrappensiero. –Deve essere stato un duro colpo per nonno Jei. So quanto ci teneva e del grande valore che ha quel cimelio di famiglia per lui…-
-Esattamente.- concordò il signor Kinomiya. –Mio padre, come me e tutta la nostra famiglia, tenevano a quella spada, anche se questa non aveva un grande valore effettivo.-
-Questo è il fatto strano!- intervenne Hitoshi. –La spada risale all’ultimo periodo dell’era Tokugawa e non ha un grande valore sul mercato degli oggetti d’arte. Ci sono molti esemplari simili della stessa epoca. Non riusciamo a spiegarci perché siano entrati in una casa in piena notte per prendere un oggetto del genere. Neanche un collezionista avrebbe avuto un tale interesse….-
-Strano… forse credevano che valesse di più…- ipotizzò Rei.
-No, è difficile che colpi del genere vengano fatti senza conoscere il vero valore dell’oggetto in questione, anzi, solitamente si ha già un compratore. L’unica ipotesi che si può fare è che fossero solo dei ladruncoli che volevano farsi qualche soldo….- disse il signor Kinomiya.
-Ma anche questa è una supposizione sbagliata. Se volevano farsi qualche soldo avrebbero preso anche altro, ma è stata presa solo quella.- disse Hitoshi facendo una piccola pausa per sorseggiare ancora il tè. -Il nonno ha sentito dei rumori provenire dalla palestra. Ha cercato di fermarli, ma non c’è riuscito, l’hanno addormentato prendendolo alle spalle.-
Takao si alzò tutto d’un tratto senza dire una parola, sotto l’attenzione dei presenti. Forse era arrabbiato, amareggiato da tutto. Cosa di preciso fosse stato a far scattare in lui quel sentimento sopito che quasi sconosceva non si riusciva a definire. Era arrabbiato con  loro, forse di più con se stesso, o magari da quel fatto così meschino, fatto stava che nessuno osò dire una parola, ne per fermarlo, ne per rassicurarlo. Suo padre e suo fratello poterono solo abbassare gli occhi dispiaciuti. Capirono allora che il primo di diritto che avrebbe dovuto essere avvisato di quell’intrusione non era nessuno di loro due, ma lui, Takao, lui che era il più piccolo, l’ultimo della famiglia, lui che era rimasto lì, solo insieme al nonno, lui che veramente viveva, proteggeva quella piccola famiglia che era rimasta in quella casa. Suo padre non c’era mai stato, e Hitoshi l’aveva abbandonato per andare a raggiungere il padre dall’altra parte del globo. Non c’era mai stato quel collante che tenesse unita la famiglia, quel motivo amorevole che portasse ogni elemento di quel nucleo a radunarsi ogni sera sotto quello stesso tetto, o meglio, c’era stato, ma era scomparso troppo presto.  
Scansò tutti ed uscì dal soggiorno.
Come conosceva alla perfezione quella stanza: sobria, in puro stile giapponese.
Tatami, angolo decorativo dedicato ai kami con ikebana e futon ripiegato in un angolo in perfetto ordine. L’odore del sottile filamento d’incenso si snodava sinuoso dall’incensiere acceso sull’apertura sul giardino al più piccolo capriccio di vento.
La camera del nonno.
Era illuminata dalla luna, era tutto d’argento, tutto immobile, tranne l’incenso che continuava a danzare sinuoso nell’aria e a bruciare e i campanellini appesi al soffitto, sempre davanti all’apertura sul giardino.
Suo nonno era lì, seduto, accanto all’incensiere, in silenzio a osservare il giardino notturno.
Quanta oziosità nella lentezza fluida degli attimi pazienti e vividi presenti in quella stanza, come in un film di Ozu. Sembrava che in quel determinato luogo uno strappo tra dimensione presente e passata avesse ricreato un perfetto squarcio sull’animo giapponese.
Takao si fermò al centro della stanza, e lì si sedette abbassando il capo, fino a sfiorare il tatami coi folti capelli corvini. Le mani era strette alle ginocchia. Non gli erano mai parse così bianche.
-Io… avrei dovuto essere qui. Recupererò la spada, dovessi metterci una vita, non la passeranno liscia! Punirò chi ha fatto questo, te lo prometto!-
I sottili tubicini argentati tintinnavano cristallini accarezzati dalla brezza della sera. Quella fu l’unica risposta, la carezza di un venticello fresco e discreto. Suo nonno non pronunciò parola. Erano giorni che non lo faceva.
Il ventaglio era stretto tra le mani per posa. Così si stava seduti, in attesa, per innato senso estetico.
-Il tempo è passato, sono vecchio ormai…-
-Mi hai accompagnato fino in capo al mondo!- rispose Takao. -Un guerriero non invecchia; col tempo la sua forza può solo crescere fino a diventare infinita, fino ad arrivare alle stelle.-
Le spalle spioventi dell’uomo furono attraversate da una leggera scossa a quelle parole.
-Te lo ricordi ancora…- c’era meraviglia nella voce svilita.
-Ogni parola.-
Il ventaglio si aprì liberamente, asticella dopo asticella, ricadendo in grembo all’anziano uomo.
-A ogni sfida riveli una grandezza che va sempre oltre le aspettative anche di chi crede in te e pensa di conoscerti.- disse. Alzò il capo verso il tubicini argentini. Lo scaccia pensieri, glielo aveva regalato il suo Takao. Era un bambino allora, quando, avvolto male in una carta velina azzurro tenue, glielo fece trovare sul futon ripiegato proprio lì, in camera sua. Era un ragazzo ora, e quei sottili flauti suonavano ancora con lo stesso fervore e la medesima dolcezza col vento.   
-La tua dote è preziosa anche più dell’aria che respiriamo.-
Chiuse il ventaglio con uno scatto e nascose gli occhi dietro le palpebre pesanti. Erano entrati nella sua casa, l’avevano derubato del cimelio della sua famiglia, e non era riuscito ad impedirlo, a fermarli, ma la cosa più importante, la più bella, quella che non gli avrebbero mai potuto sottrarre e era lì, ancora con lui, accanto a lui. Questo contava più di ogni altra cosa.  
 
 
 
 
Daichi si svegliò di soprassalto e si tirò su a sedere sul futon. Si guardò intorno stranito; il cuore gli martellava nel petto. Era nel dojo da solo. Dove era Takao, e Rei?
Di nuovo quella sensazione. C’era qualcuno!
Strattonò via le coperte e si mise in piedi puntando il lanciatore verso un angolo buio della palestra. Fece un giro su se stesso e abbassò il bey restando guardingo e in allerta.
Si, c’era qualcuno, ne sentiva l’odore. E poi c’era anche qualcosa di diverso in quel posto. Riusciva a vedere abbastanza bene grazie alla luce che proveniva dal giardino, ma gli angoli più nascosti restavano comunque nella più totale oscurità.
Altri due futon erano piegati a ridosso della parete, vicino alle katane in bambù per l’allenamento. Poi ci fece caso. La nicchia dall’altra parte della stanza, il kamidana, era vuota, ne era certo. Non c’era più la spada, niente tagliava il paesaggio dipinto sulla fascia di pergamena alla parete.
Strano, veramente molto strano. Avvertiva la presenza di qualcuno, la spada era scomparsa e Takao non c’era…. Della voci provenivano dall’altra parte della casa, ma non lo allarmavano. Riconobbe immediatamente quella di Rei e Hitoshi.
Si abbassò a terra e attaccò l’orecchio al pavimento. Ecco l’aveva sentito! Si stava dirigendo velocissimo verso la porta del giardino!
Si voltò di scatto e il fusuma si richiuse. Dannazione, l’avrebbe preso!
Corse verso la porta e la spalancò con tanta forza che quasi non si sfilò dai binari.
-Chi diamine sei!?- ringhiò a denti stretti. Chi aveva osato entrare in casa di nonno Jei!? –Fatti vedere! Cosa sei, un ladro!?-
Fece qualche passo avanti, tornando ad alzare Gaiadragoon. Un cespuglio si mosse dall’altra parte del giardino e d’impulso lanciò il bey che penetrò in quell’ammasso di foglie passandolo da parte a parte.
Corse incontro al suo bey. Niente, quel tizio era bravo a nascondersi e anche molto veloce.
-Vieni fuori vigliacco!- urlò adirato girandosi attorno. Sentì ancora quell’odore. Era molto delicato e aveva un che di familiare, ma era difficile da distinguere.
Il rumore di un fusuma sui binari lo distrasse e le voci che aveva sentito provenire dall’altra parte della casa si fecero più forti. La luce che proveniva da oriente si fece più intensa, ma restava comunque nascosta dal dojo.
Chiuse gli occhi cercando di distinguere i suoni ma, accidenti, quelli quei passi e degli schiamazzi che si stavano avvicinando di corsa coprivano qualunque cosa.
-Daichi, che succede?!- chiese Hitoshi allarmato fermandosi di colpo.
Non si sorprese di vederlo. Sapeva già che era lì, l’aveva sentito, conosceva fin troppo bene la sua voce. Mentre non distinse gli altri due: un uomo alto e robusto e una ragazza minuta, sicuramente di un altro paese.
-C’è qualcuno!- disse brevemente. –Era nel dojo e se non mi sbaglio si trova ancora qui.-
-Non sarà…- sussultò la ragazza.
-No…- Takao avanzò verso di lui e gli diede un gran pugno in testa gratuitamente. –Sicuramente te lo sei solo sognato! È tutta suggestione…-
-Suggestionato da cosa?! Io non l’ho sognato!- sbottò offeso Daichi tenendosi le mani strette in testa. –L’ho sentito veramente!-
-Se, certo!- lo liquidò Takao infastidito incrociando le braccia al petto. –Smettila di fare tutto questo casino, non sei divertente…-
-Takao, smettila.- lo zittì Rei. –Non può essere stata suggestione, Daichi non sa ancora niente, dormiva!-
Takao strabuzzò gli occhi e si meravigliò. –Vero, non ci avevo pensato…-
Qualcosa si mosse sul tetto, Daichi lo vide nettamente, stagliato contro la luna. Saltò sull’albero più vicino e salì sul tetto veloce e grintoso come riusciva a fare solo lui, con la stessa abilità di una scimmia.
Corse sulle tegole spioventi confuso. Era lì, non poteva essere andato lontano, dannazione!
E di nuovo quell’odore. Adesso iniziava a distinguerlo, aveva il vento a favore e non c’era più l’odore di erba e fiori a coprirlo lassù. Ghignò furbastro come un gatto prima di acchiappare un povero canarino.
-Scendi da là! Ma cosa ti santa in testa?!- gli urlò Takao brandendogli contro un pugno per aria.
Perfetto, il vento gli veniva di spalle. Si voltò, andò verso l’altro e con un salto scomparse dall’altra parte.
Dopo pochi attimi le persone rimaste attonite nel giardino a guardare sentirono qualcuno azzuffarsi,  ruzzolare e poi un tonfo pesante dall’altra parte del dojo.
Takao rimase a bocca aperta. -Daichi!-
Corsero allarmati dall’altra parte e si fermarono davanti al groviglio informe che ancora si contorceva e si agitava per terra nonostante la caduta.
-Lasciami idiota!-
-No che non ti mollo!- sbottò Daichi rotolandosi a terra.  
Per Rei fu una doccia fredda. -Che arciderbola  ci fai Tu qui?!-
I due smisero di lottare per terra. Daichi alla fine aveva avuto la peggio, e il suo aggressore gli stava seduto sulla schiena e, con un braccio intorno al collo, cercava di strozzarlo tirandolo verso l’alto.
Il losco, e molto piccolo, figuro si voltò rivelando il visino rotondo e imbronciato. I capelli neri erano raccolti in due buffi chignon ai lati della testa e gli occhi tigrati balenarono scontrosi sui presenti per poi fermarsi sul cinese.
-Ran!?- soffiò sbalordito Takao indicando la ragazzina. –Anche tu qui!?-
-Chi sarebbe?- chiese il signor Kinomiya confuso. Ovviamente lui non conosceva la ragazzina, e se per questo nemmeno Daichi aveva mai visto, ma quest’ultimo, a parte salire sul tetto, non sembrava un intruso.
-È mia sorella!- rispose Rei seccato mettendo le mani sui fianchi. –Come sei arrivata fin qui!?-
-E l’altro che sta soffocando?- chiese ancora il padre di Takao.
-Nessuno, è solo un moccioso che si è assediato in casa mia senza essere stato invitato!- spiegò Takao, ma il fratello maggiore gli lanciò un’occhiataccia.
-Lui è Daichi!- lo corresse Hitoshi.
Rei aveva preso a rimproverare Ran in cinese, e sembrava anche abbastanza arrabbiato, e lei di certo non demordeva, anzi, rispondeva a tono.
-Scusate se vi interrompo, ma… non sarebbe il caso di mollare Daichi prima?- chiese il signor Kinomiya interrompendo l’accesa discussione tra i due cinesi, Daichi infatti era ancora stretto nella morsa salda del braccio di Ran, che stringeva ancora di più infervorata a causa della lite in atto.
Questa lo mollò e Daichi ricadde a terra oramai viola in faccia. Ran si alzò e, come se non ci fosse stato, gli passò con un piede sulla testa e andò contro il fratello continuando a imprecargli chissà cosa in cinese.
-Povero me!- sbottò Daichi ridotto ad uno straccio.
La signorina lo aiutò a rialzarsi passandogli un braccio dietro la schiena e lo fece sedere nella veranda.
Dopo la bellezza di un quarto d’ora buono, durante il quale nessuno era più riuscito a intervenire tanto che il signor Kinomiya e Ima, la ragazza, se ne tornarono dentro, i cinesi si diedero le spalle e si zittirono, entrambi, nello stesso momento e allo stesso modo.
-Ehm… avete finito?- chiese Takao stanco di sentirli cinciulare in cinese.
Ran disse a mezza bocca qualcos’altro di incomprensibile e, chissà come, Takao aveva l’impressione che fosse rivolto a lui.
-Mi spiegate che succede?- chiese Hitoshi.
-È scappata, ecco cosa succede!- rispose Rei. –Adesso telefoniamo a Lai e gli dici che stai qui!-
-Io non sono scappata!- si difese Ran. –Rei mi aveva promesso che mi avrebbe portato con lui e invece mi ha lasciato lì come al solito…-
-Non te l’ho promesso!-
-Si invece! Hai proprio detto “Ti prometto che se la smetti ti porto con me in Giappone!”, e poi che hai fatto?! Te la sei svignata mentre ero in città!-
Rei fu zittito, e lo odiava, sì, perché quella volta lo aveva veramente portato all’esasperazione con i suoi piagnistei e la sua insistenza, costringendolo a promettere una cosa che non aveva minimamente intenzione di mantenere e a scappare di nascosto con l’aiuto di Lai.
-Questo l’hai voluto tu! Io non volevo portarti con me, sei ancora piccola!- sbottò contrariato.
-Non sono piccola per niente!- gli rispose lei. –Ho la bellezza di dodici anni suonati, sono grande…-
-A dodici anni si è piccoli!-
-A dodici anni te ne sei andato!-
-Ma la cosa era diversa…-
-Ragazz…-
-No, non è diversa!-
-Si che lo è, e non discutere! Sei una bambina e non…-
-Ma intanto sono riuscita ad arrivare fin qui!-
Rei alzò le mani al cielo e si voltò pronto ad andarsene. –Mi dispiace ma preferisco proprio non sapere!- perché con una peste del genere c’era da aspettarsi qualunque cosa, cose raccapriccianti, da fare venire i capelli bianchi a chiunque. Non voleva sapere come avesse fatto a raggiungere il Giappone senza passaporto, senza un soldo e da sola. Non voleva venirne a conoscenza, voleva restarne fuori. Se la polizia internazionale fosse venuta a chiedere a lui, lui non avrebbe saputo niente, se fosse scoppiata una guerra tra corea del nord e corea del sud non voleva conoscerne la causa!
-Rei!- lo richiamò la voce acuta della sorella, ma lui si voltò bruscamente.
-Basta Ran, domani ti metto sul primo aereo e te ne torni a casa!- la rimproverò. Per non parlare poi dello spavento che doveva aver fatto prendere alle persone del villaggio. Quella ragazzina non aveva per niente rispetto, era una sconsiderata! Si girò e superò i ragazzi sparendo dall’altra parte del dojo.
Daichi sghignazzò contento. –Questa volta l’hai combinata veramente grossa!-
Ma Ran non rispose, teneva la testa bassa e si voltò dall’altra parte silenziosamente.
Daichi scoppiò a ridere come un babbeo. –Sei proprio una femmina presuntuosa! Al raduno certo non avevamo bisogno di una nanetta mocciosa come te!-
-Basta adesso Daichi!- lo zittì Takao.
-Fatti gli affari tuoi…-
-Senti un po’, tu proprio non puoi parlare di presunzione! Sei una bertuccia!- ringhiò stizzito Takao.
-Io non sono una bertuccia!-
-Zitti tutti e due!-li ammonì Hitoshi. –Ran, tutto bene?- le chiese gentilmente poi notando che la bambina aveva preso a singhiozzare. Le piccole spalle tremavano sommessamente, cercava di nasconderlo e di trattenersi, di non farlo notare a nessuno, ma dopo un po’ i singhiozzi la sopraffecero e le sfuggirono dalla bocca. Nascose il viso dietro e nocche delle mani che si bagnarono perché piangeva. Si sentiva triste! Che colpa poteva avere lei se voleva seguirlo? Che colpa aveva se voleva stare con lui e puntualmente questo se ne andava senza dirle niente!? Non era bello tornare a casa e non trovarlo più, da un momento all’altro, no, non lo era affatto! Le sorrideva, giocava con lei, le insegnava tante cose, e il giorno dopo più niente, il vuoto totale, nessuno con cui parlare se non quella stupida di Mao e quell’inetto di Lai.
Hitoshi le poggiò una mano sulla spalla e la fece voltare ripetendole parole di conforto, Takao anche le si era avvicinato e le sorrideva dolcemente. Erano così carini e buoni…
Capiva benissimo se Rei se ne voleva sempre andare, dopo tutto al villaggio non c’era niente per cui valesse la pena restare, neanche lei. Non lo rimproverava per questo, lei avrebbe fatto la stessa medesima cosa…. Alt un attimo, lei l’aveva fatto! Se ne era andata senza dire niente, ci era riuscita!
-Su non piangere più, fammi un bel sorriso!- le disse Takao asciugando la linea umida lasciata sulla guancia dall’ennesima lacrima.
Lei annuì e sorrise come una bambina piccola e sola. Se solo Takao avesse saputo che quel particolare sorriso Ran era capace di farlo a comando e serviva per trarre in inganno e ammaliare i creduloni come lui, non si sarebbe affatto fidato di lei e della sua aria innocente da bambinetta abbandonata.
Dopo tutto quella era la casa di Takao, no? Non diceva sempre così suo fratello? E se Takao le avesse proposto di restare lì Rei non avrebbe potuto rispedirla indietro, non poteva permetterglielo, non dopo la fatica che aveva fatto per arrivare fin lì!
Sapeva come fare, lei sapeva come fare breccia nei cuori delle persone. Anche Hitoshi sarebbe stato dalla sua parte e Rei non avrebbe potuto fare a meno che abbassare la testa e accettarlo: lei gli sarebbe rimasta appiccicata come una cozza allo scoglio!
Passò le braccia intorno al collo di Takao e si appoggiò alla sua spalla continuando a singhiozzare sommessamente.
-Ho sonno!- sussurrò strofinando la guancia sul suo collo. Ci cascò con tutte le scarpe!
La sollevò facilmente da terra e gli si aggrappò bene passandogli le gambe intorno alla vita.
Daichi rimase a bocca aperta a guardare con quanta gentilezza e premura Takao la stava portando in braccio.
Ran gli fece la linguaccia a quel rosso antipatico e si strinse di più a Takao nascondendo il sorriso trionfante nell’incavo del collo del giapponese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E rieccoci! Come avete notato ci sono molti termini giapponesi a rompere ogni due e tre, ma mi ero stancata di scervellarmi ogni volta per trovare un modo per definire la porta scorrevole delle case giapponesi (fusuma, mi pare), o la nicchia dei kami (gli dei) ecc…. ne ho approfittato per dare spazio a un rapporto che non viene mai menzionato mai da nessuna parte, quello tra nonno e nipote, sì proprio io, quella che non sopporta quella vecchiaccia di sua nonna, che la vorrebbe morta e che sta progettando un modo per ammazzarla! (oddio, questa è veramente fuori di testa!ndtakao)(per me non c’è speranza allora ç_ç !ndari) kof kof…
Comunque seriamente, non so se si è notato ma ho dato libero sfogo al mio amore per lo spirito giapponese. Credo di dover ringraziare il sensei che ci ha fatto una testa tanta con i film di Ozu (non guardate mai uno dei suoi film, potreste pentirvene amaramente, sìsì!). è stato comunque il punto più difficile del capitolo, poi l’ispirazione mi è venuta finalmente di notte. Con ari mi è venuto quasi naturale un comportamento tipico giapponese, mentre con takao ho faticato due giorni per farmelo venire, non è strano!?
Ho messo un nuovo mistero, un nuovo personaggio che sarà di contorno, e l’arrivo di ran. Spero che le parti divertenti risultino divertenti, che le parti giapponesi risultino giapponesi,  e che il capitolo sia capito… ehm, voglio dire, vi sia piaciuto! Spero di riuscire ad aggiornare nel giro di qualche giorno o di una settimana.
Un bacione a tutti e buona estate!
 

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Capitolo 27
*** Shell Killer ***


aoi 27
Ciao! lo so che vi avevo detto tempo una settimana e posto, e invece è passato un mese e trono con un capitolo più vuoto e insignificante della testa di daichi U_U (ehi io non ho la testa vuota! Nddaichiè_é), ma sono successe tante cose che mi hanno distratto dalla storia e tuttora il mio livello di concentrazione è ai limiti della decenza! Quindi, ho passato un mese spensierata perché c’era il mio amoruccio *_*! Poi quando il mio amoruccio se ne è andato mi sono depressa, dopo la fase depressiva ho attaccato con sailor moon a guardarmi le puntate su internet, e quando mi sono resa conto che avevo quasi finito la prima serie mi sono data una bella smossa! Tra qualche giorno parto e torno tra una settimana, quindi per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po’.
Intanto posto questo:la prima parte l’ho scritta subito dopo il capitolo precedente, e penso che si noterà, mentre le altre due parti sono così così, scritta perché doveva scritta la seconda parte, la terza avevo scritto il dialogo di getto, ed è una cosa che sto aggiungendo alla trama adesso perché è stato un lampo di genio (o almeno spero), ma non mi soddisfa comunque, forse perché oltre al dialogo non ci sono chissà che pensieri profondi XD!
Lo so, ci saranno un sacco di errori, ma non ho ancora voglia di rileggerlo da capo, la voglia mi viene solo quando ho esami da preparare e lezioni da seguire, praticamente quando ho da fare, quando invece sono libera non riesco a fare niente -.-…
Cmq ringrazio infinitamente tutti coloro che mi seguono e cherry, ben, lumik e elena.
Un bacio a tutti! Ciao!
 
 
 
 
 
 
27. Shell Killer
 
I bey sferragliavano nel piccolo campo blu elettrico. Si incontravano al centro in un testa a testa accanito per poi darsi un attimo di tregua di qualche millimetro, tempo di pochi secondi, poi tornarono a scontrarsi altre uno, due, tre volte.
Sospirò seccata e abbassò lo sguardo.
L’avversario era fuori, sconfitto. Il suo drawind era ora nella sua mano.
Mai aveva avuto un tale senso di vuoto. Il suo bey aveva una forza e una resistenza al di sopra della norma, ma la vittoria non aveva alcun sapore senza Lei al suo fianco.
Quasi non aveva nessun senso continuare a lanciare quel beyblade.
Il mare era in burrasca. Aveva affrontato diversi avversari in quei quattro giorni, nessuno veramente degno di nota. Aveva attraversato montagne, boschi ed era arrivata fin lì, su quella scogliera dove le onde si infrangevano impetuose, a limite della terra ferma.
Forse stava sbagliando, non avrebbe dovuto cercare così la sua aquila, lì in quei fugaci incontri senza senso. Magari non si trovava più lì ma al di là del mare, oltre le muraglie cinesi, il deserto del Gobi, gli Urali e le zone frastagliate dell’Europa dell’est, a sorvolare i cieli grigi del Mittelgebirge e del Reno. Sicuramente era tornata al suo luogo d’origine mentre lei invece era intrappolata lì, bloccata in quell’arcipelago sul pacifico … ma forse non erano quelle le terre dell’aquila bianca, magari ora stava volteggiando sui sette colli romani nel cielo terso e caldo.
No, stava dimostrando impazienza, troppa per una che, come lei, era capace di attendere anni per raggiungere un obbiettivo. L’impazienza non portava a niente, doveva solo aspettare e dimostrare giorno dopo giorno, occasione dopo occasione di essere all’altezza di tornare ad essere sua custode e di meritare il suo perdono.
E poi era un pensiero così stupido. L’aquila bianca non era legata a nessuno posto, era aria nell’aria, uno spirito non legato alla terra, come poteva pretendere di trovarla in un luogo?
Questa era forse la sfida più grande che le si era mai presentata. Chiuse gli occhi e il rumore delle onde le invase l’anima come un potente respiro. Il vento si insinuava sotto la maglia grigia e sferzava sul viso smuovendo i capelli legati in una treccia ordinata e stretta.
No, questa non era come le altre sfide, questa volta non aveva obbiettivi fisici da raggiungere, non aveva avversari da sconfiggere, non aveva una vendetta da consumare. Questa volta era veramente sola con se stessa. Non più lei e il lavoro di laboratorio, non lei e i suoi superiori, lei e la missione, lei e Kai. Ari e basta, contro i suoi demoni, contro la debolezza, per il suo onore.
L’amava.
L’aveva sempre saputo, ma adesso era quasi lampante e si scoprì incredula di poter provare un sentimento tanto forte e… positivo.
Quanto aveva odiato! Conosceva bene le ramificazioni labirintiche e intricate che avevano messo radice del suo cuore, come quelle di un salice marcio affondate nelle acque paludose e torbide della sua anima.
Oh sì, come lo conosceva bene l’odio! Ogni minimo particolare del perfetto viso di quel demonio cieco e vigliacco avrebbe potuto riprodurlo su un foglio!
Per anni quel volto aveva assunto la sua fisionomia, aveva avuto i suoi occhi e la sua mente, le sue mani. Lo conosceva così tanto che non si era mai soffermata a guardarsi veramente in uno specchio, non aveva mai provato il bisogno di guardarsi in faccia.
E ora invece? Ora forse un po’ di curiosità c’era. Come era il suo volto adesso? Che colore avevano i suoi occhi? Erano neri, o erano rimasti rossi come quelli del demonio?
La verità era stata accecante, come una luce, l’aveva disorientata. Per alcuni attimi, quando il presidente Hiwatari le aveva detto la verità, aveva sentito il demonio fuori controllo, sbrigliato, confuso. Aveva sbattuto contro le pareti rimbalzando da una parte all’altra dello studio di Hiwatari alla cieca, senza sapere su cosa sfogarsi e come.
Era furioso, era immenso, era lei! 
Ci aveva messo poco a rielaborare tutto e a dare un nuovo verso al suo odio, a indirizzarlo sull’elemento giusto e, infine, a scatenarlo nel modo migliore. Un controllo magistrale, da fare invidia ai ranghi più infimi dell’inferno.
E alla fine, il compagno di una vita, quel male che respirava attraverso di lei, che si era nutrito di lei, l’aveva abbandonata. Che vigliacco!
Era crollata penosamente senza quell’odio, come se dentro di lei non ci fosse nient’altro, solo ora riusciva a rendersene conto. D’altronde aveva vissuto di odio, e se questo non aveva più ragione di esistere, neanche lei ne aveva una. Con chi poteva mai prendersela se non con se stessa che era stata troppo sciocca da affidarsi a Kai o a credere alle fandonie di Vorkof o, ancora peggio, a volere andare contro il proprio destino? Già solo quest’ultima era una delle motivazioni che l’avevano convinta più di una volta a infilarsi quel maledetto ago nelle vene!
Perché? Non era abbastanza valida come motivazione secondo voi? Lo era stata invece, e lo era ancora, doveva ammetterlo!
Ma, a quanto pareva, c’era qualcos’altro in lei. Aveva sempre creduto il contrario, Yuriy le aveva sempre detto questo: che in lei non c’era niente, che era vuota come una macchina, che un’anima lei non ce l’aveva, che era un mostro! Sì, era vero, lei era un mostro, lo era sempre stata, spietata, cinica e infida! Ma un’anima ce l’aveva, c’era ancora nel suo petto, quel qualcosa che emanava calore ogni volta che pensava allo spirito della sua aquila bianca, ogni volta che la vedeva spiccare il volo rispondendo al suo richiamo. L’aveva sempre provato, e quella cosa era amore.
Non sopportava l’idea che se ne fosse andata, che stesse lontana da lei! La voleva lì, al suo fianco!
In lontananza si sentivano gli schiamazzi di alcuni bambini che giocavano. Erano piccoli, sui cinque, sei anni e ridevano spensierati mentre si ricorrevano. Una aveva preso a piangere perché un bambino le aveva lanciato una lucertola sul vestito.
La brezza della sera si alzò dal mare in una ventata, investendola con la sua aria gelida. Le mamme raccolsero i loro piccoli per fare ritorno a casa. Prendevano le manine paffute e bianche dei loro bimbi nelle loro.
Che belli quei sorrisi, fragili come steli di cristallo e pronti a frantumarsi in qualsiasi momento. Fragili e preziosi….
Sì, era crudele, era cinica, era infida e amava. Nonostante questo era capace di amare, l’aveva sempre fatto e avrebbe continuato a farlo, come avrebbe continuato a essere crudele, cinica e infida e, soprattutto, finché ci fosse stata anche una sola ragione al mondo per cui fosse valsa la pena lottare, lei avrebbe continuato a farlo!
Si girò di spalle al mare. Il vento dava verso est. Direzione: Tokyo.
 
 
 
 
 
-Quindi il massimo comune divisore è….-
Il professore lasciò la frase in sospeso e continuò a guardarla… forse si aspettava una risposta?!
Claire guardò nuovamente la lavagna nera con quei numerini che aveva segnato lei stessa col gesso bianco che ora stringeva tra le dita. Niente, non le dicevano assolutamente niente!
Forse avrebbe dovuto sapere quale fosse il coso maggiore divisore di quei numeri, così, su due piedi… ma come poteva pretendere una cosa del genere quel pazzoide del professore?!
Passò a setaccio la classe sperando in qualche suggerimento. I ragazzi in prima fila erano di un ghiaccio disarmante, la fissavano con quei loro odiosi occhietti neri a mandorla. Non sarebbe sfuggito neanche un suggerimento dalle loro labbra intirizzite e vigliacche! Nella sua vecchia scuola i secchioni avrebbero fatto a gara per aiutarla, assurdo!
Boris in fondo alla classe dormiva con un giornale di moto sulla faccia, Yuriy aveva le mani tra i capelli, mentre Sergey le faceva segni incomprensibili. Kai non era neanche presente, quel bastardo! Quel giorno il professore doveva interrogare lui e, sapendolo, non si era nemmeno presentato!
Si morse le labbra agitata. E pensare che quello era solo l’inizio di quella orribile e lunga operazione!
A seguito c’erano numeri con la virgola, lettere greche, piani e piani di frazioni e chi più ne ha più ne metta! C’aveva messo mezz’ora per scriverla tutta sulla lavagna, consapevole a ogni tratto che segnava col gessetto di non aveva la più pallida idea di come si svolgesse quell’esercizio chilometrico e disumano.
Il professore la guardava sempre più allibito.
Che diamine, quel maledetto punkettaro! Sicuramente il professore stava pensando che i suoi compiti in classe non coincidevano affatto con la sua preparazione.
Oddio! Avrebbe sicuramente capito che aveva copiato di sana pianta da qualcuno! E Yuriy? Avrebbe capito che anche lui aveva fatto lo stesso e sarebbe finito nei guai e se la sarebbe presa con lei! Che mondo crudele era mai questo!?
Si rigirò nervosamente il gessetto tra le mani tornando a guardare la lavagna. Perché!? Perché non si scriveva da sola una soluzione?!
-Tutto bene?- le chiese il professore.
Era giovane, magari avrebbe compreso, sarebbe stato meno severo!
-Sì… certo!- rispose frettolosamente alzando il gesso sulla lavagna. Le sarebbe di certo venuto un colpo di genio, un’ispirazione….
Perché diamine la sua testa era così vuota?!
-Forse per questa volta è meglio lasciare stare…- la interruppe il professore. –Mi sembri piuttosto agitata, stai diventando viola!-
-Eh?- fece incredula, ma la sua testa aveva già capito e avvisava a gran voce: non saltare di gioia, non saltare di gioia!
Non ci poteva credere, la stava passando liscia!
-Grazi… ehm, va bene professore, mi scusi!-
Dileguarsi, dileguarsi, dileguarsi!
Mollò il gessetto e si dileguò a testa bassa nascondendosi dietro il proprio banco e il libro di matematica. Tirò un sospiro di sollievo quando il professore chiamò qualcun altro.
Tutto quello stress non le faceva affatto bene, e sapeva anche chi doveva ringraziare per quella brutta figuraccia!
E poi il suono della campanella, il suono della libertà! Un’altra giornata era finita!
Programmi per il futuro: rinfacciare a mr punkettaro la sua assenza.
-Portami lo zaino, grazie!- mollò distrattamente lo zaino sul banco di Yuriy e passando dritto.
Lui ringhiò, lo sentì chiaramente, gli dava fastidio prendere ordini, lo sapeva, ma non le importava, dopo tutto era pur sempre un modo come un altro per farsi notare. E poi le ragazze che avrebbero visto Yuriy portarle la borsa avrebbero capito subito che era di sua proprietà e ci avrebbero tolto occhi e pensiero!
Sì, lo sapeva, era geniale. Nessuna ragazza avrebbe mai avuto il coraggio di competere con lei: alta, bella e francese! Anche se però doveva ammetterlo, le ragazze ce ronzavano intorno a Yuriy, o comunque che gli sbavavano dietro, erano veramente esigue, massimo una decina in tutta la scuola, e la cosa l’aveva sorpresa non poco.
Nella sua vecchia scuola avrebbe avuto un successo planetario uno come lui, non avrebbe avuto pace. Boris neanche a parlarne, si sarebbe trovato veramente in paradiso!
Ma a quanto pareva le giapponesine avevano gusti meno esotici, sì, insomma, puntavano sulla “bellezza” del posto. Lì in mezzo era Kai che riscuoteva i migliori sospiri ad ogni passaggio. Forse per il fatto che fosse mezzo giapponese e mezzo russo, forse per il suo “fascino” assai discutibile da taciturno/tenebroso, ma il buon novanta percento della popolazione femminile lì dentro gli sbavava dietro senza ritegno. Ultimamente pure la Sumisu e il suo gruppetto avevano preso a ronzargli intorno…. forse era anche per questo che non si era presentato a lezione quel giorno!
Quel vigliacco!    
Yuriy la seguiva taciturno per il corridoio con un broncio infinito. Teneva il suo zaino malamente poggiato su una spalla.
Era vero, non doveva sciupare il suo splendido schiavetto per lavori di così poco conto, ma le faceva piacere che le venisse dietro!
-Ti suona il cellulare!- le disse improvvisamente.
-Cosa?- si voltò a guardarlo. Sì, aveva proprio un broncio epico! Afferrò il cellulare e interruppe la suoneria di Miley Cyrus, quella che riservava alla sua mammina, e infatti….
-‘Ma, ciao!-
Yuriy sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Che male aveva fatto?! Adesso si sarebbe dovuto sorbire tutta la conversazione tra lei e la madre. Era troppo!
-Su, non avere quell’aria d’insofferenza! Dopo tutto non tutti hanno l’onore di potermi portare la borsa, dovresti ritenerti fortunato! Potrei benissimo usarti per lavori più degradanti!- gli disse altezzosa dirigendosi verso il cortile.
Che presuntuosa e sfacciata! Yuriy alzò la borsa pronto a lanciargliela contro. Di certo l’avrebbe ammazzata, col gran libro di matematica che c’era dentro! Ma non lo fece. Lo zaino gli ricadde pesante lungo il fianco e la seguì lungo i corridoi senza più discutere. Decise di non pensarci, di andarsene con la mente e lasciare che il suo corpo muovesse quei passi seguendola senza di lui dentro, sì, più o meno come quando lo torturavano, perché quella era una vera e propria tortura. Dover sentire farfugliare in francese quell’oca che aveva preso a vagare senza meta per la scuola, senza avere il minimo riguardo per lui, povero sfigato, che magari voleva andarsi a riposare, mangiare, studiare, o semplicemente starle lontano per trovare un po’ di pace!
Accidenti a lei e a Ariel che l’aveva messo in quella situazione! La cosa peggiore era che non poteva scaricare questo gravoso compito a Boris, Yuriy ci aveva subito provato, come no, era stata la prima cosa che aveva fatto. Claire gli aveva mollato le valigie davanti perché gliele portasse in camera, non appena arrivati dal ritiro, subito, e lui ovviamente voleva sistemare la faccenda dicendo:”Boris, portagliele tu!”. Ma lei immediatamente aveva iniziato a petulare con la sua odiosissima vocina acuta costringendolo a sbrigare lui quel compito ingrato.
Ma che male aveva fatto?!
Andò a sbattere contro qualcuno e tornò sulla terra.
Claire sembrò un po’ scombussolata guardandolo. –Ma che fai dormi?- gli chiese a bassa voce.
Gli fece segno di fare silenzio.
Aveva attaccato il telefonino, ma da quanto? Erano arrivati addirittura in palestra.
-Allora, quando me ne posso tornare…-
-Zitto!- lo ammonì lei avanzando con dei passi piccoli e silenziosi lungo la parete. –C’è qualcuno!-
Yuriy si guardò intorno. La palestra era vuota e … e fuori era buio! Anche lì era buio, tutte le luci erano spente. Ovvio, all’ora di cena! Accidenti a lei, gli aveva fatto passare sicuramente un’ora e passa a passeggiare!
Claire chiuse con uno scatto il cellulare e si avvicinò quatta quatta alla porta della stanza degli attrezzi. Effettivamente era socchiusa e qualcuno stava parlando all’interno. Si avvicinarono silenziosamente. Anche Yuriy, dovette ammetterlo, stava iniziando a provare una certa curiosità.
Chi c’era lì dentro a quell’ora della sera?
Sbirciarono furtivi dallo spiraglio della porta incuriositi sempre più da quei borbottii insistenti. Erano le voci di un ragazzo e una ragazza.
Claire rimase a bocca aperta quando capì chi fossero. Non ci poteva credere!
Yuriy le afferrò un braccio e la tirò dietro una pila alta di materassi blu e rossi poco più in là, appena in tempo perché il professore di ginnastica uscisse dal ripostiglio degli attrezzi seguito subito dopo da una ragazza bella e alta dai setosi e fluenti capelli neri e la divisa scolastica svolazzante.
  
 
 
 
 
-Ariel Mayer?-
Si voltò verso il lato opposto del vicolo scrutando nella penombra metropolitana. Un gruppo di sei, sette ragazzi erano in attesa dietro un tipo dal cipiglio duro che era certa di aver già visto da qualche altra parte.
-Un campione del tuo livello non passa certo inosservato, specialmente per certe zone di Tokyo.- Questo si avvicinò con passo sicuro, tenendo gli occhi dritti puntati in quelli di lei e le mani nelle tasche del giubbotto di jeans strappato.
-Che vuoi.-
-Ho bisogno di mettermi in contatto col tuo compagno di squadra, Hiwatari. Sono certo che tu saprai aiutarci….-
-Ti sbagli.- lo interruppe. Gli diede le spalle e riprese a camminare per la propria strada.
-Aspetta! Abbiamo bisogno di lui…-
La sua insistenza la infastidì. Si voltò senza nascondere l’irritazione.
-E quindi?- fece minacciosa, come a sfidarlo a continuare.
Capivano che era un tipo pericoloso quello con cui stavano avendo a che fare. Alcuni indietreggiarono, il capo tentenno. Solo un piccoletto tarchiato sembrò abbastanza temerario da azzardare a farsi avanti nonostante il timore dei compagni. 
-Devi aiutarci!- disse tutto d’un fiato allarmato facendo sussultare il capo che gli rifilò un’occhiata ammonitrice.
-Devo?- ripeté lei inarcando un sopracciglio e passando in rassegna tutti i ragazzi. Alcuni di loro era sicura di averli già visti, se ne ricordava vagamente, ma non le importava. Il capo la guardava in attesa di una risposta.
-Non lo farò, non vi devo niente.-  non aveva voglia di attaccare briga, si voltò semplicemente per andarsene. -Secondo, Hiwatari ha a che fare solo con chi vuole lui!-
-Kai Hiwatari era il nostro capo.- insistette il ragazzo. Questa volta si fermò perché incuriosita da quella storia. Kai a capo di una banda di teppistelli giapponesi? Quante cose interessanti si venivano a sapere passeggiando per Tokyo!
-Noi siamo gli shel killer, e io sono Hiruta e per adesso sono io il capo.- continuò il ragazzo. -Sicuramente se gliene parlerai lui ti darà conferma che è tutto vero!-
-Ts! Non ho tempo da perdere con teppistelli come voi!-
-Fagli sapere che i Quazar stanno minacciando il territorio oltre i confini delle tre stazioni!- continuò lui insistendo, quasi supplicando a momenti. -Se non interviene qualcuno di forte che risolva la situazione, qui finirà in un lago di sangue!-
In un lago di sangue. A quanto pareva non erano semplici teppisti, sicuramente si trattava di una lotta tra bande per qualcosa di più consistente di qualche disputa tra bulletti.
-Il nostro capo, Heiji, è stato catturato e adesso non è più riconoscibile, gli hanno fatto qualcosa. Se i Quazar lo vengono a sapere è la fine!-
-Voi conoscete bene questa città?- chiese improvvisamente tornando a guardare Hiruta.
-Si, ovviamente.-  
- Kai non verrà in vostro aiuto.-
-Cosa? E perché?- si agitò lui. I ragazzi dietro di lui sussultarono allarmati dalle sue parole.
-Perché non gliene importa niente.- Ari sospirò e infilò le mani in tasca. Gli occhi si assottigliarono guardando quei tizi, alcuni goffi e appariscenti, altri dall’aspetto anonimo ma molto probabilmente ai vertici di quel gruppo. Quell’affermazione sconfortò il capo, Hiruta. Già sapeva che Kai non sarebbe tornato in suo aiuto.
-In compenso…- continuò. Un ghigno si delineò sottile e maligno sulle labbra rovinate. D’altronde, perché non approfittarne? Quei tipi, gli shell killer, sembravano capitati apposta ì per lei. -… credo di potervi essere utile in altro modo. Avete bisogno di un capo, giusto? Posso prendere io il posto di Hiwatari.-
-E perché dovremo volere te come capo?- chiese Hiruta alterandosi.
-Perché se cercate l’aiuto di uno come Kai, fidatevi, il mio sarà certamente superiore.-
-E dovremmo crederti?-
Ari lo fissò per un lungo momento prima di riprendere a parlare tranquillamente, come se fossero affari di poco conto. -Cosa avete da perdere? Non mi pare che siate messi tanto bene da fare gli schizzinosi! Riuscirò a risolvere i vostri piccoli problemini territoriali nel giro di tre giorni. Non mi pare che abbiate offerte migliori della mia!-
Hiruta tentennò. I ragazzi dietro si guardarono scettici e guardinghi. Fidarsi o meno. D’altronde sapevano, sentivano di non avere a che fare con una ragazza qualunque abituata a casa, scuola e shopping con le amiche.
-Cosa vuoi?- sbottò seccato Hiruta alla fine. Sembrava essergli costata molta fatica quella domanda, i pugni erano stretti e il viso contorto per la rabbia. A quanto pareva erano veramente messi male se erano costretti a mettere da parte l’orgoglio così violentemente. 
-Sciocchezze, poco e niente, solo qualche piccolo favore.- smorzò Ari. -Intanto il posto dove Kai si allenava con dranzer, voglio sapere dove si trova. Poi, una volta risolta la vostra guerra tra bande, io smetterò di essere il vostro capo, ma dovrete essere a mia disposizione se ve lo chiederò.-
-Disposizione per cosa?-
-Dovrete tenermi d’occhio una certa persona, non penso di chiedere poi così tanto…. Allora?-
Hiruta rimase in silenzio. Due ragazzi si avvicinarono a lui e iniziarono a confabulare lanciandole occhiate sospettose.
Ari rimase in attesa per qualche minuto osservandoli con indifferenza.
-Penso che sia ovvio,- disse ad un tratto. -ma è sempre meglio chiarirle prima certe cose: se accettate sarò il vostro capo indiscusso, voglio che siate ai miei completi comandi.-
I tre ragazzi la osservarono pensierosi e corrucciati. Era difficile come decisione, ma d’altronde….
-Tre giorni hai detto?- chiese uno dei due ragazzi che si era avvicinato ad Hiruta.
-Sì.-
-Ti conviene non sforare neanche di mezzo minuto!- disse minaccioso Hiruta facendosi avanti e accorciando la distanza che li aveva divisi.
Ari ghignò e afferrò la mano che il ragazzo le stava porgendo. Non pensava che avrebbe fatto un affare così proficuo passando per caso per una stradina laterale e desolata di Tokyo, quello era stato un vero e proprio colpo di fortuna, doveva ammetterlo. Le sarebbero stati certamente utili quei ragazzini giapponesi. Fondere il suo genio forgiato nell’acciaio sovietico con il braccio repentino e preciso di un gruppo giapponese non le dispiaceva affatto come idea, e inoltre si sarebbe divertita a giocare alla guerra. Era il suo gioco preferito!
 
 
 
 
 

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Capitolo 28
*** Shell Killer vs Quazar ***


aoi 28
Salve! Sono tornata da un paio di giorni. Intanto ho scritto questo capitolo che, lo so, non sarà un granchè, ma dovevo farlo, altrimenti come me li toglievo di dosso gli Shell Killer?! Spero che vi piaccia! Un ringraziamento speciale a tutti coloro che mi seguono, leggono e che commentano.
Grazie cherry, roberta e lady koishan, grazie infinite!
Adesso posto perché è da una giornata intera che sto qui seduta a scrivere, navigare, sentire musica e a fare tante altre cose che mi distraggono e mi fanno perdere tempo.
CIAO!!!!!
 






28. Shell Killer vs Quazar
 
Tre giorni erano passati, e in tre giorni aveva mantenuto la sua promessa. Mancava ancora qualche minuto prima della resa finale e avrebbe portato a termine quella piccola e divertente missione tra le strade più sudice e malfamate di Tokyo. Certo, non c’era paragone con le vie appartenenti alle cosche che possedevano la Mosca dei bassi fondi.
L’aria di Mosca era marcia, satura di quella decadenza e quell’abbandono che si possono respirare solo in città come quelle, spietate e corrotte nell’animo.
Tokyo non puzzava di morte, a Tokyo tutto era in armonia, il governo non era marcio, non veniva toccato dalla corruzione e la malavita faceva il suo lavoro, come se a qualcuno dopo tutto dovesse toccasse questo compito.   
In poco aveva capito che quella banda di teppisti in evoluzione era immischiata in corse e scommesse clandestine di ogni tipo. Lo spaccio non li riguardava. La droga apparteneva ai ranghi più alti e organizzati, arrivava difficilmente ai piccoli spacciatori, coma aveva imparato già tempo prima.
La banda rivale aveva preso possesso della stazione est, dei fabbricati nel porto di Kotoma e stava avanzando prepotentemente. Hiruta sospirava sempre più ansioso e la scrutava preoccupato mentre aspettavano sulla banchina del porto. Le lunghe e sottili ombre nere delle svettanti gru tagliavano davanti a loro il cemento fino al mare. Quella sarebbe stata la linea di confine tra gli Shell Killer e i Quazar, una volta arrivati.
Un unico incontro. Non aveva parlato neanche con Hiruta di tutto quello che aveva in mente di fare, non doveva giustificare nessuna delle sue decisioni. Lei era il capo e lei gestiva ogni cosa, i suoi uomini dovevano mostrarle solo una cieca fiducia e non si sarebbero pentiti una volta arrivati alla vittoria. Inoltre, era meglio così, i sottoposti non dovevano sapere niente oltre i propri compiti.
Un gruppo folto di dieci ragazzi attendevano alle sue spalle. Il tramonto infiammava dietro i grattaceli a ovest, il vento inquinato degli scarichi navali della baia soffiava nella stessa direzione, verso la città.
C’era chi era nervoso e guardingo, chi era impaziente di incontrare quei bastardi, come li definivano loro, ma per lei erano tutti dei piccoli schiocchi dalla vista poco fine e senza fiuto.
Ma Hiruta, lui era il più agitato di tutti, perché lui intuiva. E faceva bene ad agitarsi a suo avviso.
Le stava affianco e le lanciava a tratti occhiate allarmate. Diffidenza, dubbio nei suoi confronti, ma soprattutto nei suoi metodi.
Hiruta temeva non solo il confronto con i Quazar, ma soprattutto di scoprire quello che quella dannata ragazza senza scrupoli stava macchinando.  
Lei non era come Hiwatari, Kai rispettava le regole giapponesi.
Ariel Mayer giocava seguendo logiche diverse, violente e sfacciate, come se si trovasse ancora nella sua vecchia e perduta Mosca. Non aveva avuto fin dall’inizio intenzione di adottare i loro metodi. Avrebbe risolto tutto come le avevano sempre insegnato, col pugno di ferro, metodi risolutivi, come un vero soldato sovietico.
Ariel ghignò, i ragazzi si misero in guardia e Hiruta sussultò.
Yakaji Makuro apparve da dietro un container, seguito da tre, cinque, dieci ragazzi: i Quazar e il loro capo.
Ari attese con le mani in tasca che si avvicinassero e che il capo si fermasse proprio di fronte a lei, aldilà dell’ombra nera da non oltrepassare.
Yakaji era un giovine esile, sopra il venticinque anni, dal viso spigoloso e pallido, gli occhi sporgenti e i capelli corvini che gli accarezzavano la fronte piatta e le spalle scarne. Era un tipo dall’aria furba e maliziosa, negli occhi gli brillava una luce malevola e aggressiva.
-Vi siete rivolti a una gaikokujin!- esordì beffardo rivolgendosi a Hiruta, ignorandola. –Deve essere meglio che farsi comandare da un konketsu!-
Hiruta fremette accanto a lei e strinse i pugni.
-A quanto pare gli Shell Killer non sono capaci di fare da soli…-
Era una continua provocazione per Hiruta. Azzardò un mezzo passo in avanti ma si fermò.
Mayer lo bloccò con un semplice gesto della mano, un gesto che lo fece fremere per l’irritazione, ma non poté fare altrimenti, non doveva superare quella linea, almeno, non per ora.
Le lanciò un’occhiata sprezzante e fece un passo indietro: ora toccava a lei, quella maledetta che ghignava mestamente.
Rimise la mano in tasca, senza distogliere neanche per un momento gli occhi dall’avversario che la guardava con disprezzo.  
-Ti ho fatto venire per discutere di affari.-
Yakaji scoppiò a ridere sprezzante, ma Ari non si mosse ne sembrò infastidita da quella reazione.
-Tu mi avresti fatto venire qui?- continuò derisorio. La voce era sottile e trascinata. Non si sarebbe sorpresa di vedere guizzare nella sua bocca una lingua serpentina. –Non mi pare, avevo altri fatti da risolvere qui…-
-Le tre e novanta per le volvo 8?-
L’espressione sul volto pallido del giapponese cambiò immediatamente, contorcendosi per l’ira, infastidito per essere stato soggiogato così. Poi si piegò in un sorriso tirato e grottesco.
-Ma bene, a quanto pare hai contattato Slyter. Wow, che colpo!- fece sarcastico ma non parve per niente impressionato.
Ma Ari manteneva la sua calma imperturbabile e continuava ad avere quel sorrisetto sempre più divertito e sicuro sulle labbra.
-Allora, sentiamo ragazzina, sono proprio curioso di sapere che vuoi!-
-Discutere.-
Scoppiò nuovamente a ridere, a ridere di lei. –Tu vuoi discutere con me di affari che non ti riguardano! Noi facciamo ciò che vogliamo e prendiamo ciò che vogliamo….-
-Ciò che ho deciso io.- precisò. -In questi giorni vi ho dato tutto quello che voi credevate di conquistare, avanzando fino a me.-
-Vorresti farmi credere che è tutto per volontà tua se ora la stazione est e i fabbricati di Kotoma sono nostri? Bel punto di vista per chi viene sconfitto!-
-Sì, curioso, non trovi?-
-E non dire, adesso vorresti che ve li restituissimo? Su questo verterebbe la nostra “discussione”?-
-No, non su questo.- rispose con sicurezza Mayer. –Ti ho voluto qui per discutere di tante cose, ma intanto voglio iniziare con questa, sai, non è niente di che, un piccolo omaggio, solo per farti capire con chi hai a che fare. È mio solito essere chiara fin dall’inizio, anzi… brillante!- gli rivolse un guizzante sorriso poco rassicurante che non preoccupò Yakaji.
-E sarebbe?- chiese scettico.
Hiruta le lanciò un’occhiata sospettosa e preoccupata.
-Yakaji Makuro, ventisei anni, Tokyo. Madre e padre di umili origini, pescivendoli, tre fratelli di cui una femmina. Questa di otto anni, una tenera bambina, gli altri di undici e diciassette anni. Una bella famigliola, ma ahimè, come capita spesso la tragedia incombe. Quattro anni fa un tragico incidente portò via il capo famiglia. Incidente o… yakuza. Fatto sta che dal popoloso quartiere di Chinzai vi siete trasferiti a quello più tranquillo di Katawa.-
-Dove vorresti arrivare?-
-Adesso vivete solo della rendita del vostro negozio. Una povera madre con quattro figli…-
I Quazar si mossero nervosamente dietro al loro capo, uno più piccoletto si avvicinò sussurrando all’orecchio di Yakaji, teso in volto.
-Non ti preoccupare, la piccola Makoto sta bene.-
-Ts! Le tue sono solo parole. Credi di farmi paura dimostrando di sapere tutto su di me?!-
-No, le mie non sono solo parole. Ricordi il piccolo locale dove venne ucciso tuo padre? Il vostro negozietto di pesce. C’è ancora l’odore del sangue, lo si può sentire nonostante il fetore.
Adesso voltati e guarda in direzione del tuo vecchio quartiere. Ti apparirà tutto più chiaro.-
-Cosa….-
Un’esplosione lontana rimbombò fino a loro, facendo voltare tutti i presenti. Nel giro di pochi secondi una nube nera si alzò abbastanza da riuscire a scorgersi attraverso i grattacieli in lontananza.
Yakaji rimase a guardare incredulo il fumo spargersi in aria nei riflessi del rosso sanguigno del tramonto.
Hiruta osservava orripilato quello spettacolo che lei trovava esilarante, un’opera d’arte da immortalare in un affresco.
-Tu, sei una bugiarda!- urlò Yakaji voltandosi verso di lei. Tremava di rabbia, la guardava con odio, eppure non voleva mostrarsi così suscettibile e vulnerabile.
-Purtroppo tra le mia qualità questa manca.- disse congiungendo le mani e stringendosi nella spalle.
-Cosa credi di ottenere così?-
-La tua attenzione, la tua totale disponibilità, tutto qui. Ma se ancora non basta, posso far brillare anche il tuo attuale negozietto, ti baserà voltarti solo di qualche grado. Preferisci ora o tra dieci minuti, quando tua madre e la tua adorabile sorellina chiuderanno il negozio e saranno abbastanza lontane?-
-Questa è una bugia! Nessuno si è avvicinato al negozio!-
-Dici? Come fai ad esserne certo?-
Yakaji strinse la mascella restando in silenzio a guardarla.
-Ma se proprio non ci credi te lo posso dimostrare anche subito!-
-No!- rispose d’impulso. -Va bene, dimmi cosa vuoi maledetta!-  
Mayer parve abbastanza soddisfatta. Finalmente quel giapponesino viscido e ottuso stava abbassato la testa.
-Calma, a quello ci arriveremo tra poco. Intanto volevo illustrare la situazione da un diverso punto di vista che renderà le cose più chiare a tutti. Avete iniziato a premere sui territori degli Shell Killer da quando i Freeza si sono impossessati delle vostre piste, e a mano a mano sono avanzati. Sono un gruppo forte, troppo per voi, quindi avete iniziato a spostarvi verso est, il nostro territorio.-
-E con questo!?- chiese Yakaji.
-Allo stesso tempo i Freeza hanno iniziato a elargire favori e compensi agli Shell Killer, o mi sbaglio? Il monopolio su una vostra ex zona, su alcuni traffici di motori, senza dare però il minimo aiuto quando voi vi prendere il loro territori…. Curioso, non trovate?-
-Ci vogliono schiacciare e non lo permetterò!-
-No, non c’è un’alleanza tra gli Shell Killer e i Freeza.- asserì Ariel con tono serio. –Vi stanno mettendo l’uno contro l’altro per indebolirvi e dominarvi. Siete due gruppi abbastanza forti, i Freeza non riuscirebbero mai a sconfiggervi in una situazione normale.-
-Cosa?!- esclamò incredulo Hiruta.
-Non è possibile!- disse Yakaji.
-Non sorprenderti, non è poi così difficile soggiogarti!- lo zittì Ariel. –Cosa ti hanno promesso? Libero arbitrio sugli Shell Killer? Sappi che hanno proposto la stessa cosa anche a noi. Ovviamente abbiamo accettato, come avete accettato voi. Ultimamente ai Freeza inizia a stare stretta la parte nord di Tokyo, gli interessi maggiori si stanno spostando verso tutta la zona del litorale occupata dai vostri due gruppi.-
-E cosa dovremmo fare secondo te?- chiese rabbiosamente Yakaji.
-Semplice, un accordo.-
-Non credo che sia una cosa possibile!- intervenne Hiruta.
-Dovete invece!- lo freddò Mayer con una veloce occhiata raggelante. –Faremo tornare la situazione a prima che i Freeza invadessero i territori dei Quazar, tratteremo in seguito per metterci d’accordo su come dividersi tutto il territorio sud.-
-Il territorio sud?- chiese Hiruta senza capire.
-Sì, esattamente. I Freeza non potranno oltrepassare quella linea che parte dall’uscita est all’industria Kotogawa a ovest.-
-E come glielo impedirai?- fece scettico Yakaji.
Sul viso della Mayer si allargò un ghigno scaltro e gli occhi luccicarono rossastri agli ultimi raggi del sole.
-Lo capiranno da soli.-
I ragazzi si scambiarono degli sguardi perplessi. Per qualche secondo regnò il silenzio. Hiruta era sempre più teso.
-Non ti preoccupare. Ho fatto in modo che nessuno potesse risalire a noi.-
Dei rumori indistinti, in lontananza, seguiti a ritmo costante, uno dopo l’altro, sempre gli stessi.
Erano esplosioni. Le sirene iniziarono ad ululare per la città. Altro fumo nero si alzava nel cielo, e ancora esplosioni, sei, sette, undici, una dopo l’altra, e quelle sculture verticali e nere si affiancavano alzandosi lentamente nel blu della notte.
Un totale di venti esplosioni che tagliarono da un capo all’altro la città. Balocchi che si attorcigliavano, fuochi d’artificio cupi e tonanti.
-Tu sei pazza!- spirò Hiruta osservando impotente il suo operato.
-Non ti preoccupare, al massimo ci sarà solo qualche ferito, è molto scenico l’effetto!- disse Ari ammirando lo spettacolo con disinvoltura.
Rimasero per diversi minuti a osservare quei fumi lontani mentre la notte calava sulla città che si accese di trambusti, luci e sirene. I fari del porto illuminavano la banchina. 
-Quella sarà la linea di confine tra i Freeza e voi, Shell Killer e Quazar. Sarà una linea di interessi, nessuno potrà avere il diritto sul territorio dell’altro. Per il resto, se non è per interesse, quella linea è tranquillamente traversabile, quindi nessun limite, nessun incidente di alcun genere. Cosa ne pensate?-
Yakaji continuava a guardarla con sospetto. Hiruta non poteva rifiutarsi, oramai aveva accettato il suo aiuto, e effettivamente aveva risolto la situazione in tre giorni.
-Perché stai facendo tutto questo? Credi che così potrai comandare anche su di noi?- la aggredì Yakaji.
-No, una volta terminata questa situazione mi farò da parte e ogni banda farà la propria vita.-
-E allora perché lo fai?- insistette rabbioso il giapponese.
-Diciamo che… è il mio debutto.- rispose vaga. Sì, quello era stato il regalo che aveva deciso di farsi: tre giorni di puro divertimento, tre giorni di studio e progettazione al fine di un unico grande spettacolo con la sua inconfondibile firma.
-Adesso però vorrei consigliarti Makuro… ti posso chiamare così, vero?- proseguì iniziando a passeggiare con disinvoltura lungo la linea, oramai scomparsa, che prima divideva i due gruppi. –Vorrei consigliarti di passare bene a setaccio il tuo gruppo, da cima a fondo. Sai, non sarà affatto difficile poterci trovare disgustosi doppiogiochisti…-
Gli occhi neri saettarono veloci su in ragazzino mingherlino in fondo agli Shell Killer, nella zona più in ombra. Questo sussultò terrificato.
-Nobi, Saku, prendetelo!- fu un ordine spietato. Hiruta si voltò incredulo verso i suoi ragazzi.
I due che stavano accanto al ragazzino lo afferrarono per le braccia senza dargli scampo e lo trascianarono fin sotto il centro della luce, di fronte a Mayer che lo osservava con disprezzo, dalla sua svettante altezza occidentale.
E non si dava pace, non si rassegnava il ragazzino, continuava a dimenarsi ululando disperato.
-Come fai ad esserne sicura?!- chiese Hiruta.
-Arrivati a questo punto devo pure dimostrartelo?- sbottò scocciata Ariel rivolgendogli un’occhiata sufficiente.
Tornò a guardare il ragazzino con sdegno. Tirò fuori un coltellino sottile tirando fuori la lama nascosta nel manico con uno scatto.
-Solo una cosa non sopporto, e questi sono i traditori!- sibilò.
Oramai gli occhi si erano ridotti e due fessure taglienti più della lama che stringeva nella mano.      
Gli sollevò il capo afferrandolo per i capelli lisci e scuri, e lo costrinse ad alzare il viso verso di lei.
-Ti è andata proprio male! Magari Hiwatari ti avrebbe risparmiato qualcosa!- 
Affondò il ginocchio nell’addome del ragazzo che si piegò in avanti, togliendogli il fiato anche per urlare dal dolore.
-Oh, su! Non per così poco!- esclamò seccata spostando il peso da una gamba all’altra.
Il ragazzino alzò il viso verso di lei, ma un’altra ginocchiata gli spaccò il naso. Un colpo alla base del collo lo tramortì. I due ragazzi lo lasciarono cadere a terra inerme, a peso morto.
Ariel lo guardò spazientita sospirando. Aveva dimostrato una calma e una serenità disarmante durante tutto l’incontro, e ora sembra presa da un’ira furente e da un’impazienza che la faceva muovere nervosamente sul posto.
-Alzatelo!- ordinò non volendo più attendere che il ragazzo si riprendesse da solo.
Yakaji e i suoi ragazzi ammiravano la scena senza battere ciglio. Hiruta si era fatto da parte, oramai rassegnato a darle campo libero.
I due lo sollevarono da terra senza difficoltà. La testa gli penzolava sul collo inerme e le gambe ricadevano molli sfiorando il terreno.
-Non si fa la spia, non te lo hanno mai insegnato?- chiese con falsa dolcezza Ariel. La piccola lama iniziò a solleticare l’addome basso del ragazzo, attraverso la stoffa della maglia grigia, seguendo da un fianco all’altro una linea sotto l’ombelico. 
-Potrei tirati fuori le budella, e magari fartele mangiare. Ne sono capace…- continuò. –Cosa ti avevano promesso i Freeza in cambio delle nostre mosse?-
I ragazzo riprese coscienza, forse si rendeva a malapena conto di quello che gli stava accadendo.
Il coltellino salì fino al petto disegnando piroette fino alla gola.
-O potrei sgozzarti…-
Hiruta rimase col fiato sospeso, come molti altri ragazzi, tranneYakaji, che, quasi fosse stato uno spettacolo, guardava interessato a braccia incrociate.
-Ma poi non potresti andare a riferite tutto ai Freeza, non ora che il canarino deve cantare per conto mio!-
La lama seguì il contorno della gola e salì fino al mento, sporcandosi del sangue che copioso usciva dal naso e che gli scorreva in bocca, e già aveva anche sporcato la maglia.
Ariel ghignò all’espressione stordita del ragazzo, al sangue che scivolava sulla lama metallica. Lo raccolse facendola scivolare fino al labbro inferiore. Era scintillante.
La avvicinò alla bocca le la lambì tra le labbra, passando lentamente la lingua. Era sangue che non conosceva dolore, non conosceva guerra. Le diede un brivido, era ottimo, il suo era amaro come veleno. Si leccò il labbro inferiore, come per catturare tutto il sapore e non perdersene neanche una goccia. Era come energia fusa. 
Abbassò di nuovo gli occhi su quel verme traditore.
Cercava di guardarla, con la bocca spalancata, riusciva a tenere a stento il capo alzato e gli occhi erano quasi all’indietro.
-Adesso tu farai questo piccolo e ultimo lavoro per me, canarino. Dirai ai Freeza come stanno d’ora in poi i fatti, ti lascerò andare. Contento?-
Lui rimase in silenzio. Il sangue scivolava lungo la gola e dentro la bocca.
-Tenetegli la testa ferma!- ordinò al ragazzo a destra.
Lui annuì e fece come dettogli.
La punta della lama penetrò nella pelle della tempia e la tagliò. Tratto dopo tratto il sangue colava sulla guancia, e la lama scendeva. Le urla orripilante, di dolore furono soffocate dalla mano del ragazzo a sinistra, e il metallo continuava a sfrecciare sullo zigomo e poi sulla guancia, in linee perfette e rosse, sottili e grosse.
裏切者
Traditore. Quale migliore avviso di quello? Quale migliore marchio per la vita? Quale sfregio poteva essere migliore di quello?
Pulì la lama sul collo nudo del ragazzo e lo richiuse.
Era soddisfatta guardando il suo operato, i suoi occhi fremevano percorrendo i tre caratteri sul lato del volto del ragazzo.
Era in balia di una mentre corrotta, lo era stata e lo sarebbe stata ancora.
Oramai era una bambola rotta in modo irreparabile che lottava per entrare in un mondo di bambole normali.


scusate, ho dimenticato la traduzione di quelle due paroline in giapponese: la prima è straniero, la seconda è mezzo sangue, meticcio.
 
 
 
 
 

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Capitolo 29
*** The return ***


29 aoi
 
Ciao!!!!!! eccomi qui con un nuovo emozionante e lassativo capitolo, che vi farà correre subito in bagno! Che fortuna direte, ahah vero!
Comunque volevo dire che non volevo più dilungarmi ancora sempre sulla stessa palla pallosa, ma dovevo chiuderla… ok non si è capito niente, ma finalmente con questo capitolo si chiude una parte e se ne apre un’altra.
Lascio la parte takao e co in sospeso perché sto preparando una grande sorpresa e non voglio darne neanche uno scorcio, quindi la lascerò in sospeso lì dove li abbiamo lasciati.
Spero che non scapperete a metà capitolo per la noia, anche perché lo capisco, non ce la farete più a leggere sempre la stessa solfa. Anche io stavo scappando mentre lo scrivevo, però per fortuna è finito ed è arrivata ayumi!
Grazie a tutti coloro che leggono e un grazie specialissimo a cherry: grazie per l’appunto, sono andata a sistemarlo diciamo… =D! grazie mille per la bellissima recensione, hai colto tutti gli aspetti importanti e anche più, e ne sono felicissima. Ps: ehm... tu quando aggiorni^^?!
Grazie ancora e un bacio! Ciaoooo!
 
 
 
 
 
29. The return
 
Aveva abbandonato Tokyo. Si stava allenando in un capannone abbandonato nei pressi bel porto mercantile, lo stesso posto in cui si allenava Kai e che aveva risposto perfettamente alle sue aspettative, quando il cielo aveva iniziato a tuonare furioso. Dopo pochi minuti era saltata la luce. Erano le sette di sera, mezza città era rimasta al buio, evento strano per una città splendente come Tokyo.
Nonostante quel posto fosse perfetto per un allenamento intensivo (non si sarebbe potuta aspettare altrimenti da Kai), sentiva di dover andare. Riafferrato il suo drawind e lo zaino si era buttata nel mezzo di quel turbinio di vento e acqua e era partita lasciando solo poche “commissioni” da svolgere ai ragazzi.
E ora, dopo quattro giorni di viaggio, e tredici da quando la sua Aquila aveva spiccato il volo, si trovava sulla riva opposta, in una piccola cittadina di pochi abitanti, vicino a Toyama, affacciata sul mare del Giappone.
Una città di mare, tranquilla, con poche case basse e semplici, le utilitarie che passano pigramente per le strade poco trafficate, e il via vai mattutino sui marciapiedi di signore che vanno a fare la spesa sul corso principale, fermandosi dal pescivendolo e dall’ortolano.
Quello era il maggior movimento in quella città. Niente traffico, niente turisti, niente gente che corre indaffarata per andare negli uffici. Solo persone del posto che vivevano la loro quotidianità con la stessa spensieratezza che sembrava perdurare da sempre.
Splendeva il sole, il mare era tornato calmo e azzurro. La tempesta che l’aveva portata fin lì si era spenta lasciandola lì a girovagare tra le viuzze ordinate e pulite tanto da risultare, a tratti, anonime e fredde. C’era il cemento, tanto cemento, per i marciapiedi, i muretti, i pali della luce, la stazione ferroviaria, gli edifici pubblici. Alcune case erano fatte di legno. Sentiva le voci degli abitanti, delle radio, dei bambini nel cortile della scuola. C’era molto verde e non sembrava stare lì perché messo dall’uomo, ma perché già c’era.
Le sembrava tutto così spoglio e distante, ma allo stesso tempo caldo e accogliente.
Era forse il sole? Il dolce sole che la scaldava e la gente cordiale e sorridente?
Non lo sapeva, ma in quel viaggio stava scoprendo qualcosa del Giappone, o forse, semplicemente, qualcosa di se stessa che prima ignorava o che, molto probabilmente, stava nascendo solo ora in lei.
Non aveva mai notato tutte quelle cose, tutto ciò che la circondava non sembrava aver mai avuto tanta luce prima di allora. Era forse cambiato o erano cambiati i suoi occhi, fatto stava che si aggirava per quella cittadella sul mare, allo stesso modo in cui aveva attraversato la regione del Kantoo e del Chuubu: stralunata, a tratti col naso all’insù a guardare il cielo, o a osservare la gente, le cose, le case. E questo le era successo già una mezza volta mentre si dirigeva a Tokyo, ma adesso si era fatto troppo insistente per non rendersene conto: tutto intorno a lei era… diverso, nuovo?
Assurdo, si trovava in Giappone da quasi un anno oramai, cosa ci poteva essere di nuovo?!
Scacciò quei pensieri continuando a camminare, quando un grosso e pigro gatto non incrociò lo sguardo giallo e intenso nel suo. Era un bel micione paffuto, acciambellato su un muretto alto proprio di fronte a lei.
Qualcuno le aveva detto qualcosa sui gatti una volta, del tipo che calmavano il battito…. Che stronzate, doveva essere stato sicuramente quel coglione di Kai!
Sbuffò e passò oltre infilando le mani in tasca.
Aveva già trovato un posto dove fermarsi per la notte, un piccolo santuario nel parco; a cibo stava a posto per altri due giorni. Avrebbe potuto allenarsi col suo drawind, ma quanto veramente ne aveva voglia? Si era allenata per giorni in quella specie di palestra degli orrori di Kai e non ci aveva risolto niente. Era sempre più convinta che l’aquila bianca non volesse da lei la semplice abilità da blaider, già a ottimi livelli oltretutto.
Si fermò e voltò il capo perplessa, giusto quanto bastava per guardare a terra dietro di lei.
Il grosso micio di poco prima era lì e la fissava. Poggiò il suo sederone a terra e si accomodò continuando a fissarla.
Aggrottò la fronte e tornò a camminare. Dopo pochi metri di nuovo, si fermò, si fermò e si ritrovò a fissare lo stesso gatto! La stava seguendo? Non era possibile, un gatto segugio, che assurdità!
Tornò a camminare imponendosi di non farci caso, ma sentiva, ad ogni passo, il suo zampettare insistente e il tintinnio del campanellino attaccato al collare scuro.
Buttò un’occhiata di sottecchi alle sue spalle. Continuava a seguirla.
Si fermò nuovamente, ma questa volta non si voltò, lo guardò con la coda dell’occhio.
Il gattone si sedette come prima e continuò a fissarla.
-Maledizione, solo questo stupido gattaccio mi mancava!-
Per tutta risposta il gattaccio miagolò sguaiatamente.
Decise di ignorarlo, ma lui la seguì comunque anche quando arrivò sulla via principale. Le botteghe erano aperte, e la gente girava, e lui girava con lei scansando carrozzine e piedi di persone distratte.
Come se non bastasse riprese a miagolare allo stesso modo, sguaiato e insopportabile, finché Ari non fu costretta a fermarsi e voltarsi.
Oh si, voleva dargli un bel calcio e farlo volare via come un pallone da rugby! Quanto avrebbe voluto, già lo vedeva svanire alto nel cielo azzurro miagolando come un disperato, eppure non lo fece, non poteva, era circondava da gente che lanciava occhiate deliziate a quel grosso micio miagolante.
-Sparisci, stupido animale, o giuro che ti prendo e ti vendo al primo ristorante cinese che trovo!- lo minacciò a denti stretti.
Questo la fissava col suo sguardo languido e pigro. Poggiò di nuovo il sedere per terra e si sedette miagolandole in faccia.
-Maledetto bastardo!- questa volta fu veramente lì per lì per alzare una gamba e dargli un bel calcio, ma una signora insieme a due bambini si fermò proprio in quel momento accanto al gatto e iniziò a cinguettare.
-Ma che bel gattino!- disse quasi estasiata.
-Che bello mamma, lo voglio anche io!- disse uno dei due figli accarezzando il testone del “gattino” che, ruffiano, miagolò ancora.
-Complimenti, ha proprio un bel gatto!- fece la signora sorridendole cordialmente.
-Mamma, andiamo!- l’altro figlio invece, imbronciato e impaziente, non lo stava nemmeno guardando il gatto, era invece indaffarato con un beyblade. Provava ad agganciarlo, ma era troppo impacciato e le dita forse troppo paffute per maneggiarlo. 
Ari storse la bocca in una smorfia di disapprovazione, alla sua stessa età i bambini del monastero erano già capaci di disputare incontri!
-Kori, metti via quel coso, adesso andiamo a casa!- gli rispose distrattamente la madre.
Bene, almeno quel gattaccio sembrava troppo intento a fare le fusa al bambinetto per accorgersi che se ne stava andato.
Girò sui tacchi e il gatto miagolò, e miagolò ancora più forte quando prese a camminare.
Riuscì a fare solo tre passi prima di perdere la pazienza: si voltò con uno scatto, pronta a mollargli un calcio, questa volta fregandosene del bambino, della gente e di tutto il resto. Ma anche questa volta qualcosa glielo impedì, la stessa che fece voltare tutte le persone di passaggio lì presenti.
La donna, che fino ad un attimo prima sorrideva amabilmente, guardava pietrificata il figlioletto più grande, che fino ad un attimo prima giocava con la trottola accanto a lei, correre verso il centro della strada.
-No, Kori, no!-
Solo in quel momento Kori, corso a recuperare il beyblade scappato velocissimo in quella direzione, si accorse, alzando il capo, dell’immenso e insormontabile muso rosso di un furgone che gli stava venendo addosso a tutta velocità. Rimase annichilito a guardare e, nel giro di una manciata di secondi, si ritrovò stordito, disorientato, in balia di qualcosa, catapultato per terra. Poi solo freni, urla e paura, tanta da non lasciargli aprire gli occhi, ma era stretto a qualcosa, a qualcuno che, non sapeva come, a sua volta lo stava stringendo.
-Mamma!- solo questo riusciva a dire il bambino, e lo ripeteva con voce fioca e tremula.
Chi lo teneva però si tirò su con lo stesso braccio che lo cingeva, lasciandolo andare.
Era arrivata appena in tempo Ari, o almeno così sembrava. Kori era riverso su un fianco sotto di lei, sull’asfalto ruvido e caldo, con gli occhi serrati.
La spalla destra non la sentiva più, alche se il furgone l’aveva presa in pieno nella frenata, le era bastato da farle sentire tutta la spina dorsale spostarsi di lato.
-Kori....- biascicò mettendosi sulle ginocchia. Quando vide la propria mano partire verso la spalla del piccolo, le sembrò di vivere un dejà vu talmente forte da rendere tutte le persone attorno solo ombre in movimento. La madre, il povero autista, i passanti, erano solo un contorno offuscato.
Ignorò quella strana sensazione, o forse la assecondò incuriosita dalla sua stessa mano che si poggiava sulla piccola spalla. Le sembrava di vedere la neve posarsi sul dorso. La tirò verso di se, verso i suoi occhi ingenui. Cosa ci poteva essere di tanto strano in quel gesto, di tanto familiare, eppure per un attimo una voce dentro di lei le urlò di non farlo, che era meglio di no, di voltarsi e scappare. Ecco cosa ignorò, quella voce, e quando vide il sangue, la pelle sulla tempia bruciata dall’attrito sull’asfalto, non capì più niente se non che doveva ritrarsi, che era orribile.
Improvvisamente quella ferita sembrò lacerarsi, squarciare la testa del bambino e aprirsi sull’asfalto, spargersi e imbrattarlo. Un conato strozzato le fece portare la mano alla bocca e scattò indietro, forse strisciando, scalciando con tutta la sua forza per scappare da quella visione orrenda.
Oltrepassò persone che la chiamavano, preoccupati per lei, qualcuno la ringraziò pure, ma non si fermò. Scappò terrorizzata perché sembrava che quel sangue stesse imbrattato tutta la strada, quella spalla non l’avrebbe dovuta toccare, non avrebbe dovuto vedere oltre!
Corse a perdifiato, sentiva qualcosa di bagnato scivolarle lungo la gamba, il braccio immobilizzato la schiena intorpidita e la vista che mano a mano si chiudeva in un tunnel buio.
Gli stivali affondarono nella sabbia e cadde in ginocchio. La testa, era la testa quella che le faceva più male, tanto da non farle sentire nessun’altro dolore, e la confusione era tutta un vortice, un corridoio angusto che si stava restringendo e chiudendo, e di nuovo: un occhio vivido e brillante e una boccuccia umida appena schiusa.
Urlò forse. Magari anche prima l’aveva fatto, ma non lo sapeva, la testa stava per implodere.
Il suo corpo continuava a muoversi convulsamente in avanti, per scappare, ma scappare da cosa? Nessuno la rincorreva, nessuno le voleva fare del male, nessuno gliene aveva fatto.
La sabbia si era attaccata alla grossa bruciatura insanguinata sulla coscia, il sangue stava colando fin dentro lo stivale, ma continuò a correre disperatamente. Cosa era, dove era? Una foresta? No, non c’erano gli svettanti alberi e i cespugli spinosi, non c’era la neve che cadeva, era su una spiaggia e c’era solo il mare, acqua che si muoveva, che vorticava e le sue mani vi erano immerse.
Chiuse gli occhi e immerse il viso nelle mani bagnate. Un’ombra sfilò sulla sabbia, accanto a lei, in ginocchio e rannicchiata che continuava a tormentarsi, a tapparsi la bocca, gli occhi, passandosi le mani sul viso come a volerlo lavare, a voler cacciare via quell’incubo.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò distesa sulla schiena, i capelli affondati nella sabbia fina che le accarezzava la schiena.
Lo sguardo ambrato e severo era posato su di lei. Il becco sfavillava al sole.
Nella sua postura regale dal gonfio petto piumato di bianco, il re dei cieli la osservava in silenzio pieno di amore e compassione.
Dimmi, dimmi perché sto tremando. Dimmi perché ho paura come non ne ho provata mai!
Il cuore martellava con un tale fervore contro le costole, la testa stava per implodere e sentiva solo il vento, e vedeva solo asfalto sporco. Non era solo sangue.
Perché continuava a guardarla in quel modo severo e silente senza dire nulla?! Lei sapeva, Lei sapeva tutto, non poteva non sapere! Altrimenti perché sarebbe tornata?!
Cosa la tormentava? Perché stava male? E Lei, la sua maestosa Aquila reale, era così serena, quella serenità che solo l’eterna saggezza sa infondere.
Ma sapeva, ed era corsa lì per lei, in suo soccorso. Ma per soccorrerla da cosa? 
Sollevò un’ala piumata, bianca e splendente.
Tremò da capo a piedi. Non voleva chiudere gli occhi, non voleva chiuderli e dimenticare tutto. Non voleva, voleva sapere perché lei, che aveva vissuto in un luogo di sangue, era in piena crisi di panico per così poco.
Eppure i suoi occhi si chiusero, le palpebre diventarono pesanti e tutto tornò nel buio più profondo. Il battito si affievolì, prese il ritmo delle lente onde sulla battigia, i tremori svanirono, la mente si distese e risucchiò via il sangue, l’asfalto, l’occhio cristallino che tornarono muti e invisibili fantasmi nell’amina.
Scordò cosa fosse successo, come mai si trovata lì, su quella spiaggia. Si risvegliò nel ruggente ardore rossastro del sole e del mare del tramonto a riempire quel vuoto inspiegabile.
Le onde continuavano a solcare la riva, il sole le rivolgeva un caloroso sorriso e lei rimase lì a fissare svanita, la mente tersa e limpida, vuota, quello spettacolo in silenzio.
Un intenso luccichio alla sua destra catturò la sua attenzione.
La coscia destra era completamente escoriata e la sabbia si era appiccicata alla pelle viva.
Prese tra le mani Drawind, poggiato proprio lì, accanto a lei. Di nuovo uno sfavillio lampeggiò intorno al bitbeast.
-Sei tornata!-
Baciò quell’involucro di plastica e ferro e lo strinse tra le mani.
Quell’intensa sensazione che trottava nel petto, che le fece salire i brividi lungo la schiena, era forse felicità?  
Ma bene, era arrivato finalmente il momento di mostrare a quei quattro di cosa era veramente capace di fare!
 
 
 
 
-Yuya!- Ayumi si sedette accanto all’amico e gli sorrise. Ma lui sembrava distratto, guardava fuori dalla finestra con aria malinconica e persa.
-Non vorrai passare un’altra ricreazione così!? Dai, ti prego, usciamo, facciamo due passi!- continuò lei giungendo le mani e facendo gli occhi dolci. Ma Yuya niente, non la considerò nemmeno.
-Sai Yuya, penso che dovremmo uscire un giorno di questi, io e te! Che ne pensi?- chiese ancora Ayumi.
Era oramai da due settimane che il suo caro compagno di classe persisteva in quello stato di semi depressione a causa di quella “delusione amorosa” che era stato Kai.
Ayumi sospirò e si appoggiò al banco, tamburellando annoiata le dita sulla liscia superficie di legno. Eppure l’aveva avvertito, glielo aveva ripetuto mille volte di toglierci il pensiero da Kai, che tanto non avrebbe ricambiato mai!
-Allora?- chiese dopo un po’. –Oggi non mi hai nemmeno guardata! Non hai notato che ho due nastrini diversi, questi sono color magenta….-
-Mayer?-
-Magenta, Yuya…- lo corresse distrattamente lei osservandosi le unghie perfettamente pittate dello stesso colore dei nastrini nuovi. Non fece minimamente caso che finalmente, dopo per l’appunto due settimane di religioso silenzio, il suo migliore amico avesse proferito parola. –Vedi, anche le unghie. A te queste cose di solito piacciono!-
-No, Ayumi, c’è la Mayer là fuori!- disse il ragazzino alzandosi in piedi e indicando il cortile fuori dalla finestra.
Ayumi lo guardò stralunata. Ari era tornata?! Si alzò anche lei e si spiaccicò contro la finestra.
Era vero! Ariel Mayer stava entrando proprio in quel momento, con passo trionfante, dai cancelli della scuola.
Molti altri si erano affacciati nel sentire Yuya, e iniziarono a parlottare tra di loro.
Ayumi afferrò Yuya per un polso e lo trascinò con se fuori dalla classe di corsa, a tutta birra.
Scese le scale e entrò nella seconda aula spalancando la porta.
Yuriy, Boris e il suo amoruccio Sergey erano seduti negli ultimi banchi. Stavano zitti, ma stavano insieme.
-Ragazzi!- disse lei correndogli incontro. –Ari è tornata! È lì fuori!-
Yuriy strabuzzò gli occhi e per poco non perse l’equilibrio e non cadde all’indietro, visto che, come al solito, si stava dondolando sulla sedia. Boris si voltò a guardali senza muovere un muscolo, rimase impassibile, appoggiato al banco con le mani in tasca. Anzi no, un muscolo lo messe: quello sopraccigliare destro, verso l’alto. Sergey fece lo sforzo di aggrottare entrambe le sopraciglia.
Ayumi e Yuya si scambiarono uno sguardo fugace e perplesso. Avevano avuto più reazione gli altri ragazzi in quell’aula che loro tre!
-Ma che state fasciondo tutti affasciati?- Claire entrò proprio in quel momento nell’aula. Effettivamente rientrare in classe e vedere tutti i sederi allineati dei propri compagni affacciati alle finestre era un evento quanto mai strano!
-La Mayer è tornata!- sentì dire da qualcuno alla finestra.
-La Mayer?- il tempo di rendersene conto, Claire aveva già estirpato via due secchioni nipponici da una delle finestre e si era affacciata, e ora guardava incredula e al contempo sollevata la cugina ferma in mezzo al cortile.
Mollò il davanzale e spiccò una corsa verso il cortile, spintonando i curiosi che si erano fermati sull’ingresso a guardare.
Era proprio Ariel quella davanti a lei, non c’erano dubbi.
Era ricoperta di polvere, col fiatone, il borsone era stato mollato lì a terra con noncuranza. La coscia faceva orgogliosamente sfoggio di una nuova e grossa ferita, il medaglione d’argento spiccava brillante alla luce del sole sulla maglia nera, e i capelli raccolti mettevano in risalto bel viso.
Quel mezzo sorrisetto furbo e vittorioso, era la prima volta che lo vedeva, ma le stava d’incanto.
Solo in quel momento si accorse della presenza di Kai, proprio lì a due passi.
Ed era proprio lui che Ari fissava con tanto ardore, era proprio per lui che stava lì, ferma immobile, ad aspettare col suo prezioso compagno di battaglia stretto nel pugno, pronto ad essere lanciato.
-Ti stavo aspettando!- disse semplicemente Kai estraendo le mani dalle tasche. Anche lui nascondeva dranzer nel pugno.
Una folata di vento fece alzare la polvere da terra. La camicia fuori dai pantaloni e la cravatta lenta si mossero. I capelli argentei accarezzarono dolcemente il viso, lasciando che il sole sfavillasse per qualche attimo negli occhi violacei.    
-Bene, allora sei pronto!- ribatté lei agganciando il proprio bey al lanciatore.
Era agguerrita, era elettrizzato, finalmente una vera sfida, un vero incontro.
Lui non attendeva altro, un vero incontro.
-Ovviamente!-
Dranzer fu agganciato allo scuter.
-Tre!- Ari strinse le dita intorno all’impugnatura.
-Due!- Kai ghignò dietro il caricatore alto, pronto a tirare la cordicella.
-E questo è il vostro modo di salutarvi? Valla a baciare cretino, come fanno tutte le persone normali!- li interruppe Claire con la sua solita voce acuta e altisonante spintonando Kai in avanti. –Su, vai… non fare il timido!-
Kai incredulo e interdetto da quell’intervento che non aveva ne capo ne coda, abbassò il lanciatore e si voltò verso la ragazza che insistentemente continuava a spingerlo e a dirgli di farsi avanti.
-Che cavolo dici!? Mollami, stiamo per disputare un incontro…-
-Questo non è modo di accogliere una ragazza, fidati! - rimbeccò lei ignorando le risate che si stavano alzando alle loro spalle. Ma Kai invece le sentiva bene quelle risate, e lo fecero infuriare. Che umiliazione, che onta per colpa di quella ficca naso indecente!
-Vai, non c’è bisogno di diventare rosso per così poco!-
-Smettila!- le disse voltandosi completamente verso di lei e parlando ad un centimetro dal suo naso. -Si può sapere che diamine vuoi, ragazzina petulante!-
-Voglio che…-
-Tira questo cazzo di beyblade e facciamola finita!- li interruppe bruscamente Ari oramai spazientita dai due. –Pronti…. Lancio!-
 
 
 
 

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Capitolo 30
*** Nuovi guai all'orizzonte ***


30 aoi
 

 
30. Nuovi guai all'orizzonte
 
Se voleva saggiare un attimo di tranquillità o comunque un periodo abbastanza lungo da poter arrivare a dire “uffa, arciderbolina, che noia!”, questo sarebbe stato possibile per Kai solo se si fosse trasferito a Honolulu anni e anni prima, lontano da tutti e da tutto.
Ma questo Kai non l’aveva fatto, e solo ora stava iniziando a domandarsi come mai, per quale santa ragione, ai tempi non avesse preso due costumi, inforcato un paio di occhiali da sole, messe le infradito e preso il primo volo per il pacifico.
Anzi, stava iniziando a prendere in considerazione di spedirci qualcun altro a Honolulu. Dopo tutto lui era Kai, il grande Kai, e non se la sarebbe mai filata a gambe levate, in nessun modo e per nessun motivo! Caso mai erano gli altri a doversene scappare!
Ecco perché non era partito non appena Takao aveva iniziato a dare cenni di confidenza nei suoi confronti, o comunque a ronzare intorno alla sua esistenza in modo sempre più invasivo e penetrante tanto da doversi fare un’assicurazione sulla vita. Curioso come circa il novanta per cento degli incidenti mortali possibili ed inimmaginabili si verificassero sempre mentre c’era lui nei paraggi… Kai ogni tanto ci aveva riflettuto, ma poi aveva sempre lasciato stare. Doveva essere solo una sua impressione.
Fatto stava però che, nonostante le apparenti settimane di calma mirabile e quasi surreale, durante le quali la pace e l’armonia erano regnate tra i ragazzi russi e tra loro e il resto del mondo, e fiumi di frazioni, equazioni, somme algebriche erano sgorgate passando a riempire i loro altrimenti bianchi fogli miseramente vuoti di compiti di matematica e fisica, questo gradevole equilibrio era stato stroncato in una frazione di secondo da una persona, la stessa che aveva fatto irruzione in aula e che, prendendolo di peso, ora lo stava trascinando fuori di corsa senza spiegazioni ne rispetto, suscitando il disappunto e le risate dei compagni di classe presenti intenti a godersi l’ora del pranzo.
Che figura che gli stava facendo fare, a lui, l’impassibile Kai!
Oh, e se avrebbe voluto mandarla a Honolulu! Ce l’avrebbe spedita con un unico calcio nel sedere!
Ma no, Honolulu era troppo vicino per quella! Sarebbe stata capace di tornare fino in Giappone a nuoto! Per tenerla buona avrebbe dovuto spedirla in un gulag in Siberia!
E mentre la quanto mai cara Ariel era tornata all’attacco, trascinandolo per i corridoi della scuola,  con chissà quale problema o idea da psicolabile, nelle quali lui sarebbe stato coinvolto inevitabilmente, Kai iniziò a pensare a quali contatti nel governo russo poteva agganciare per sapere se qualche allegro gulag fosse ancora in funzione.      
Le chiese quale fosse il motivo di tanta agitazione e affanno ma lei, cortesemente, gli rispose di starsi vitto e di non fiatare.
Voltarono l’angolo e andarono a sbattere contro Yuriy e Boris.
Ironia della sorte, pensò lei. Porca puttana il naso, pensò lui.
-Che state combinando?- fu la repentina domanda di Yuriy vedendoli così affannati e, soprattutto, insieme. Per lui erano una minaccia, e ciò lo mise immediatamente in allarme.
Si scambiarono uno sguardo fugace, Kai e Ari. Yuriy e Boris se ne scambiarono uno sospettoso e perplesso.
-Niente!- fu la risposta pronta di Ari che non lo guardò neanche in faccia tanto era agitata. Provò a passare in mezzo ai due compagni continuando a tirarsi dietro Kai, ma Yuriy la bloccò con un braccio.
-Dovrei crederti mentre ti colgo sul fatto?! Dimmi che stai architettando!- le disse. –Se è un altro dei tuoi stupidi scherzi giuro che ti ammazzo!-
Ari finalmente lo guardò, e anche piuttosto male, infastidita dalla diffidenza e dal tono presuntuoso.
-No Yuriy, non sei al centro dei miei pensieri!- gli rispose con tono acido scostandolo bruscamente. –Ora, se permetti, io e Kai stavamo giusto per imboscarci nello stanzino delle scope …- 
-Cosa?- Kai impuntò i piedi. Che assurdità era quella?!
Boris strabuzzò gli occhi incredulo. Che novità era quella!?
Yuriy incrociò le braccia più scettico di prima. Qualcosa stavano combinando quei due,  sentiva puzza di guai, anzi no, li vedeva i guai, e il guaio era lei che cercava lui! Doveva trattarsi per forza di qualcosa di grosso.
-Non fare il timido adesso e cammina!- disse Ari tirandolo con forza per un braccio e riuscendo, con somma sorpresa di Kai a spostarlo da lì doveva aveva deciso di inchiodarsi.
-Ma… ma…- riuscì solo a balbettare mentre veniva aperta la porta lì vicino e veniva sbattuto di malagrazia dentro.
-Siete pregati di non disturbare, è già abbastanza turbato….- fece minacciosa Ari a Yuriy e Boris, ancora fermi lì a guardarla, per poi chiudere la porta.
Da dentro lo sgabuzzino si sentirono degli strani rumori, poi le concitate proteste di Kai e una discussione, un combattimento quasi, molto animati. Qualcosa colpì la porta, qualcos’altro cadde, e intanto loro due, Boris e Yuriy, restavano là, il primo con la fronte aggrottata e la bocca spalancata, il secondo, malfidente fino all’ultimo, con le labbra strette e gli occhi azzurri ridotti a due fessure.
Si guardarono a vicenda, finché Yuriy non decise di fare un’azione che non avrebbe dovuto fare, quanto meno per amore nei confronti del suo migliore amico: afferrata la maniglia, spalancò la porta e….
Erano avvinghiati, o meglio, Kai era incollato allo scaffale con Ari avvinghiata a lui, le mani di lei che vagavano sul petto lasciato scoperto dalla camicia sbottonata e quelle di lui, strette, prima sui fianchi e poi sulle braccia, e un bacio infuocato, appassionato, che si interrupe bruscamente.
Con uno spintone immediato, Kai allontanò Ari che sbatté contro la parete alle sue spalle.
-Sto iniziando a perdere la pazienza!- oh e se si stava incazzando, lo era già! Stava sibilando come una teiera sul fuoco, gli occhi scintillavano dietro il cipiglio corrucciato, e con scatti rabbiosi infilava i bottoni bianchi nelle asole della camicia che era stata sbottonata con foga.
Uscì da quello sgabuzzino senza curarsi di darsi un’ulteriore sistemata ne di nascondere il pessimo umore e la furia che gli stava facendo salire il sangue in testa pulsante e prepotente. Stava per esplodere, gli usciva il fumo dalle orecchie.
Yuriy e Boris si scostarono al suo passaggio, e Ari lo lasciò andare senza provare neanche a fermarlo. Si limitò, una volta scomparso da quel corridoio, a lanciare una veloce occhiata seccata a Yuriy uscendo anche lei da quella piccola stanzetta dove erano stipate le scope.
-Grazie mille Yuriy, come al solito!-
-Smettila, tanto non ti credo!- la ammonì lui aspro.
Lei si voltò a guardarlo esasperata per l’insistenza. Era sua intenzione andarsene, come stava facendo in effetti, sistemandosi il colletto bianco della camicia, ma a quello non poteva non rispondere.
-Yuriy, basta!- disse con un gesto secco della mano. –Ti avevo chiesto solo di non disturbare, lo sai quanto è riservato, e tu te ne sei deliberatamente fottuto!-
Era sembrata abbastanza seccata, arrabbiata, abbastanza seria e amareggiata? A quanto pareva sì, perché Yuriy si zittì e il suo scetticismo sembrò smorzarsi in un’espressione confusa, accompagnata da un rossore sulle guance, forse a causa dell’imbarazzo per essere stato così invadente. E Boris, beh, non che ci volesse tanto per prendere per il culo Boris!
Girò sui tacchi e si allontanò da quei due con aria scocciata di chi adesso aveva un guaio in più, che si poteva evitare, a causa di un impiccione.
Adesso doveva trovare Kai, quell’altra checca acida! Possibile che dovesse avere delle reazioni così spropositate per niente? Collaborazione, non chiedeva molto, solo un attimo di collaborazione in quello stramaledetto sgabuzzino, cosa poteva costargli? Certe volte le faceva veramente venire il dubbio che fosse gay! Ts, quel coglionazzo!
Spalancò la porta della stanza di Yuriy e la sbatté alle sue spalle, fermandosi solo una volta arrivava davanti ai piedi del letto di Kai.
Lui alzò gli occhi violetti su di lei. Come brillavano orgogliosi e furiosi. Le chiedevano che cosa volesse da lui, perché diamine quella mattina si fosse svegliata con l’intento di farlo incazzare.
E faceva pure il sostenuto, lui, lui che per poco non li aveva fatti sgamare!
-Gran figlio di puttana!- salì sul letto gattonando, facendosi spazio dandogli un pugno sulle gambe per farlo spostare, visto che non aveva accennato a muoversi di sua spontanea volontà. -Se ti dico di infilarmi la lingua in bocca c’è sempre un buon motivo! E certo non è perché mi fa piacere!-
-Un buon motivo! Ts… vorrei saperlo prima di venire trascinato per tutta la scuola ed essere chiuso in un armadio delle scope, qual è il motivo!-
-Puoi anche aspettare tranquillamente dieci minuti prima di schizzare via come una zitella isterica!- sbottò mollandogli una gomitata nelle costole per potersi coricare accanto a lui che, imperterrito, si smosse poco e niente, imbronciato come era e a braccia conserte.
Eh no, non gli era andata proprio giù quella stupida incursione nello sgabuzzino!
Rimasero in silenzio a crogiolarsi, ognuno per i fratti propri, l’uno arrabbiato con l’altra, finché la rabbia di Kai sbollì quel tanto che bastava per fargli presente una cosa: cosa voleva Ari da lui? Cosa aveva combinato questa volta che era venuta a cercarlo combinando tutto quel casino?
-Allora, che è successo?- chiese con fare sostenuto e antipatico, tipo “sentiamo quale scemenza ti esce questa volta dalla bocca!”.  
Ari non rispose subito. Il petto si abbassava e si alzava indomito sotto le braccia incrociate, e teneva gli occhi scuri e tempestosi rivolti dalla parte opposta.
Kai tornò a guardare il soffitto bianco. Gli toccava stare stretto anche nel suo letto a causa sua! Cose da matti!
-Ho perso Wolborg!-
Dire che fu una doccia fredda era poco. Rimase con gli occhi sgranati e fissi, l’espressione congelata sul volto.
Voltò leggermente il capo verso di lei, quanto bastava per poterla guardare.
-Stai scherzando!-
-No!- rispose con voce leggermente più acuta del solito. Non aveva manco il coraggio di girarsi e confermarlo guardandolo dritto negli occhi.
Si tirò su a sedere e la guardò incredulo. Lei rimase lì, coricata, a braccia incrociate e col viso rivolto dalla parte opposta. E come era convinta, l’espressione ferma e il muso duro e deciso di chi accetta la semplice realtà dei fatti: Wolborg era andato perso, punto!
Kai aggrottò la fronte e si guardò attorno perplesso. La camera era in ordine, come al solito. Il letto di Yuriy era così tirato da sembrare stirato.
-Scusa, ma come è possibile? Spiegati!-
-Che c’è da spiegare? L’ho perso, il fatto è semplice e lineare.- la risposta fu molto tirata e infastidita.
-Sì, ma non puoi toccare una cosa e questa puff… si volatilizza in una nuvoletta!- fece seccato.
Ari sospirò seccata. –Ti devo spiegare come è successo? Non l’ho trovato; ho preso i beyblade dei ragazzi per dargli un’occhiatina, una sistemata, e quando è venuto il turno di wolborg questo è come sparito! Tutto qua…-
-Dove eri?-
-In aula informatica. Te l’ho detto, stavo sistemando i bey, era dentro la borsa con seaborg. Ho finito di lavorare su falborg e, quando ho cercato wolborg, questo non c’era più! l’ho cercato ma niente, sembra essersi volatilizzato.- sciolse le braccia e si passò le mani sul viso. -Sono finita, mi ammazza!-
-Dai, non esagerare adesso!-
-Ah, no, non devo esagerare! Sono proprio curiosa di sapere come reagiresti tu se io perdessi dranzer! Non mi ammazzeresti?-
Kai rimase in silenzio, preso alla sprovvista da quella domanda e soprattutto dalla risposta che, immediata, si era affacciata nella sua mente: sì, l’avrebbe ammazzata!
Oh sì, certo che l’avrebbe ammazzata per una cosa del genere! Però gli veniva anche altrettanto difficile pensare che il suo dranzer potesse andare perso così, senza lasciare straccia, finire nel nulla.
Fece una smorfia strana al pensiero del suo dranzer smarrito chissà dove.
-Ma non è possibile!-
-Ammazzarmi? Ti assicuro che lo è!-
-No, non questo! Ma wolborg… non è possibile che tu l’abbia perso!-
-Non ce l’ho più…- disse Ari innervosita. Quante cavolo di volte doveva dirglielo per farglielo capire?!
-Ma non l’hai perso! Hai detto che stavi lavorando in aula informatica e che quando hai finito con falborg ti sei accorta di non avere più wolborg, giusto?-
Ari annuì.
-E sei altrettanto sicura di averlo preso come hai preso gli altri per sistemarlo.-
Ari continuò a guardarlo nell’attesa che arrivasse al punto di quella tragica situazione.
Kai si passò una mano tra i capelli riflettendo su quello strano caso: come poteva sparire un beyblade nel nulla? Forse le era caduto mentre andava in aula informatica… no, poco probabile, se ne sarebbe accorta. Ma allora come, come?!
-Posso solo dileguarmi questa volta!-
-Non dire scemenze! Per caso hai lasciato le cose incustodite, sei uscita dall’aula, c’era qualcuno con te?-
-No, non è possibile. Sono uscita un attimo per prendere dei pezzi di ricambio ma avevo le chiavi, ho chiuso la porta uscendo.-
-Non è possibile che sia scomparso nel nulla!-
-A quanto pare però lo è!- ribatté acidamente.
-Senti, mi hai chiamato per aiutarti a ritrovarlo, quindi smettila…-
-Non ti ho chiamato per questo!-
-Allora perché mi hai trascinato fuori in quel modo?!-
-E che ne so, ero nel panico!-
Kai ripensò a tutta la faccenda silenziosamente. No, c’era assolutamente qualcosa che non andava!
-Ma è assurdo, tu non perdi le cose così!-
-Lo so, ma oramai la situazione è questa! C’è wolborg? Tu lo vedi? No! Allora sono semplicemente finita.- concluse esasperata. Chi cavolo le aveva fatto fare di coinvolgere anche lui che non faceva che ripetere sempre la stessa cosa!? Assurdo! Si tolse il cuscino da sotto la testa e se lo schiaccio sul viso soffocando un urlo disperato.
-Voglio scappare a Honolulu!- esclamò infine.
Kai sbuffò con fare sconsolato e appoggiò il viso sul pugno chiuso della mano. –A chi lo dici!-
La guardò di sbieco. C’erto che un attimo di pace lei non sapeva manco cosa fosse. Quanto era durata quella tregua? Un mese, un mese e mezzo? E adesso era di nuovo nei guai, e certo Yuriy non era da sottovalutare. Non riusciva neanche a immaginare come avrebbe potuto reagire una volta venuto a conoscenza della comparsa del suo wolborg.
Peccato, proprio adesso che i professori si erano abituati all’idea di vederla in classe ogni giorno! E pensare che aveva migliorato i voti di tutti in matematica e in fisica! Proprio un vero peccato doverla perdere adesso.
Afferrò il cuscino e glielo tirò via dalla faccia.
-Potresti provare a rifugiarti in un gulag in Siberia!- propose tornado a coricarsi. Tanto valeva provarci, no?!
-Non dire stronzate,- disse lei tirando dalla sua parte il cuscino che Kai, altruista come al solito, aveva pensato bene di appallottolare sotto la sua testa. -è il primo posto dove verrebbe a cercarmi!-
-Ma bene, noto che ti conosce come le sue tasche!-
-Già….-
-Che stai facendo?- le chiese, notando a un certo punto che sembrava indaffarata a trafficare con i bottoni della camicia.
-Yuriy tornerà a momenti per cambiarsi, abbiamo ginnastica tra poco…- disse soltanto sbottonandosi gli ultimi bottoni.
Kai aggrottò la fronte. –E quindi? Hai la tua stanza per cambiarti!-
Ari si sedette e si sfilò la camicia gettandola a terra, restando solo col reggiseno. –Non mi sto cambiando, dobbiamo solo fargli credere che non stiamo combinando niente…-
-Beh, fidati, così facendo penserà proprio il contrario!- 
-Smettila Kai!- lo ammonì seccata mettendosi in ginocchio accanto a lui. –E togliti qualcosa, sbragati un po’ di più… datti una spettinata!-
Kai socchiuse gli occhi e incrociò le braccia sotto la testa. –Scordatelo, non parteciperò a un’altra delle tue penose scenette!-
-Non mi costringere a fare cose di cui potrei pentirmi…- lo sfido.
Per diversi istanti i loro sguardi combatterono l’uno contro l’altro, in un testa a testa a chi riusciva a risultare più minaccioso, finché Kai, arrivato quasi a ringhiare, non si alzò a sedere troppo seccato da quelle sciocchezze.
-Non faccio quello che mi dici!- le disse adirato. –E vestiti!-
-Oh no mio caro, invece io mi spoglio! Se devo fare anche la tua parte la faccio, pazienza!- si portò le mani dietro la schiena e con un semplice clic, che mise in allarme Kai, il reggiseno si slaccio.
-Non oserai!- esclamò incredulo lui mentre lei si faceva scivolare prima l’una e poi l’altra bretella dalle spalle.
-Invece si!- lo sfidò lei.
Tolse la mano che teneva su il reggiseno ma le mani di Kai partirono repentine per tenerglielo su.  
-Non ti permetto di girare per la mia stanza con quelle cose al vento! Non in mia presenza!-
-Come?! Mi spieghi che cosa ci trovi di tanto scandaloso!? Sono solo tette!- gli fece presente lei.
-Non mi interessa! E poi non capisco, prima fai tante storie per una maglietta troppo scollata e poi ti spogli come se niente fosse!-
-Questo non c’entra niente, sono due cose diverse! E poi il problema qui è il tuo! Di un po’, anche a Yuriy è vietato girare nudo o con lui non inizi ad urlare come una verginella?-
-Io non urlo come una verginella!-
-Io non urlo come una verginella…- gli fece il verso.
-Smettila! Mi da fastidio, non si può…-
-Capisco che hai una repulsione per le femmine perché sei gay, ma non dobbiamo scopare, dobbiamo solo farlo credere!-
-Solo perché non sono un assatanato come tutti quelli con qui te la fai, non vuole dire che io sia gay! Forse sei tu che dovresti rivedere le tue compagnie, magari sembreresti anche meno sciacquetta!-
Ari rimase per qualche secondo a bocca aperta, incredula. Le aveva dato della sciacquetta!?
-Finocchio del cazzo, sciacquetta sarà tua madre, non io!-
La porta si aprì proprio in quel mentre, ma Yuriy non ebbe il tempo nemmeno di mettere un piede dentro che fu cacciato dalle urla dei due che lo invitarono a uscire immediatamente.
-Giusto, non è da sciacquetta fare sesso col migliore amico del ragazzo che ti ama mentre stai con lui! La parola esatta è tra stronza e troia!-
-Ma che cazzo centra questo!?-
-Fidati, c’entra!-
-Non ha senso, quella è tutta un’altra storia!-
-Invece no! Te ne sei fottuta dei sentimenti di Boris, li hai calpestati senza mai preoccuparti di lui! Gli hai mai chiesto scusa? Ci hai mai pensato o sei così insensibile da non arrivarci che magari per lui è stato un colpo terribile?-
Ari rimase in silenzio, senza riuscire a formulare neanche un pensiero. Era assurdo, rivangare quella storia era senza senso. Non era così, non era come diceva lui, assolutamente, quelle erano solo un mucchio di fandonie!
-Non è vero!-
-Si che è vero, e tu non capisci perché non ce l’hai un cuore, non immagini nemmeno quello che possono provare gli altri. Sei insensibile e ti limiti a passare da un letto all’altro, e questo non è semplicemente comportarsi da puttana, ma è essere puttana!-
Un silenzio tombale scese nella stanza.
Lei, una puttana?! Il respiro le si smorzò e le sembrò che una valanga di parole, situazioni e sguardi le crollasse addosso travolgendola. Ma alla fine era una valanga vuota, senza niente di tutto ciò se non una parola. Solo una parola c’era che risuonava in quel frastuono silente: puttana!
Sporca, piena di disprezzo…. Un sonante schiaffo invisibile che tornava a bruciare sempre sulla stessa guancia.
-Bene, allora se ti da tanto fastidio avere a che fare con una puttana, levami le mani di dosso e vattene a fare in culo!-
Kai parve stupito. Le mani di dosso? Abbassò lo sguardo e finalmente si rese conto che tra le mani stringeva il seno straordinariamente procace della ragazza contro cui aveva urlato fino a cinque secondi prima. C’era il reggiseno di mezzo ma, per quanto potesse valere quel po’ di stoffa, sentiva solo la morbida pienezza di quelle due forme nelle mani. E cosa pensò? Non erano così l’ultima volta!
E chi l’avrebbe detto che quel mese e mezzo di buona condotta  era bastato a far riempire le forme della compagna?! E chi l’avrebbe mai detto che se ne sarebbe accorto così!
Ok, spingila sul letto e fallo! Questo è il tuo momento, cogli l’attimo, non puoi perdere questa grande occasione, non ora! Spingila e stringile! Lo incitò persuasiva una voce depravata dentro la sua testa.
Sgranò gli occhi sgomento e la scena divenne chiara, fin troppo. Le sue mani stringevano i seni gonfi, troppo, troppo per lui, che si sollevavano a ogni respiro profondo di lei.
E lei? Lei lo guardava con rancore, con odio e disprezzo.
Ritrasse le mani immediatamente facendo un balzo indietro e, ironia della sorte, la situazione peggiorò perché così facendo il reggiseno finalmente cadde lasciando alla vista quel seno bianco e caldo che fino a un secondo prima lui stringeva tra le mani.
Lei si alzò e si rivestì senza dire una parola, e uscì dalla camera sbattendo la porta.
Fuori Yuriy, seduto sul davanzale della finestra di fronte la porta a braccia conserte, alzò il sopracciglio destro e l’apostrofò col suo solito tono trascinato.
-Allora, è finita tutta questa scene…-
-Shut up! Shut up, verdammt!- urlò fuori di se, senza fermarsi neanche un attimo, divorando il corridoio con delle falcate spietate e minacciose. Era infuriata, era umiliata!
Non era una puttana, non era una sgualdrina, non era una qualsiasi ragazzina! Lei era un soldato, come tutti gli altri, e non aveva importanza quello che pensava quel bastardo, non aveva importanza quello che insinuava! Non si era mai comportata da puttana, non lei, non l’aveva mai fatto!
Era come tutti gli altri, era come i suoi compagni, valeva quanto loro... come gli altri, come tutti gli altri!
  
 
 
 
 
 
 
Salveeeeee!!!!! Finisce nell’aria? Non importa, sono le 3 e 44 e tra un’ora mia madre verrà a svegliarmi perché devo partire, ma prima volevo pubblicare. Spero che non ci siano frasi sconclusionate e lasciate a metà ne orrori. Spero che questo capitolo faccia divertire e… bo, non so sinceramente. L’ultima parte mi è venuta così sul momento e devo dire che è stato un lampo di genio perché mi ha risolto varie cose.
Un grazie speciale a tutti coloro che leggono, che hanno messo la ff nelle preferite e a cherry (grazie millissime. Faccio sempre battute sui cinesi ogni volta che posso wahahaha! Claire e yuriy… ho preparato già qualcosa, sarà una coppia che scoppia in maniera fragorosa ma strana) e giuly (una sfida a beyblade per loro è un piacere, niente di più, niente di meno ; ) )
Un bacio a tutti e buona notte!!!!
Al prossimo capitolo!!!!!

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Capitolo 31
*** Gli artigli della dolce Claire ***


 
 
 
Ok, intanto mi volevo scusare per il puntuale ritardo, ma, come dicevo nella oneshort, volevo provare a fare un esame ma non ci sono arrivata. Spero che questo capitolo non faccia schifo da deludere la vostra attesa.
Ho deciso di dividere i due questo capitolo, altrimenti avrei dovuto postare 18 pagine, e non mi sembrava il caso, vi sareste annoiate a morte XD!
Voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno seguito fin qui. Un bacio a tutti!
Cherry!: te l’ho già detto che mi sono preoccupata quando ho visto che non aggiornavi? XD comunque grazie mille per il cap precedente, troppo buona ^^! Effettivamente mi sono ispirata a merlino ;P. SKQSTCTP! =D
Roberta:ciao! Graize mille per il 10 e lode *,* (alla faccia di chi si spacca la schiena per il bacio accademico!). e grazie mille anche per la oneshot, pensavo di aver fatto un pasticcio di cose! Per claire e yuriy in questo capitolo ci sono, ma in uno dei prossimi faranno boom e poi niente..
Grazie ancora e non ti preoccupare, abbiamo tutti un sacco da fare, non devi chiedere perdono… a questo punto anche io non dovrei chiederlo O.o… vado a cancellare!... ahaha scherzo! Ci sentiamo e spero che questo capitolo ti piaccia! Ciao!
Rubis HD: ciao! piacere di avere un tuo commento =), grazie mille, mi fa tanto piacere sapere che ti piaccia questa serie, e Ayumi! Ti piace anche Ayumi! Anche a me piace tanto, anche se è un po’ secondario, ma è così carina, stramba e normale a vedersi. (ti rendi conto che non è coerente quello che hai detto? Ndkai)(uff, zitto!!!!!ndme) e il tuo personaggio preferito è Claire? Allora in questo cap ti divertirai! grazie anche per “solo una”. Spero di pubblicare un po’ più spesso, scusa! Cmq il prossimo capitolo è quasi finito e spero che non ti deluda, come spero che non ti deluda neanche questo. Grazie ancora, ciao!
Aphrodite: che onore ricevere una tua recensione *_*!  Forse non passerai di qui per leggere la mia risposta, ma ti ringrazio tantissimo! Grazie! Un giorno o l’altro andrò a correggere gli errori di battitura, ne faccio spesso anche perché non mentre scrivo non guardo lo schermo… ora che ci penso non guardo nemmeno la tastiera, interessante. Credo di guardare solo le mani o qualsiasi cosa che possa attirare la mia attenzio… oh, i fazzoletti *,*! =D graze ancora, ciao!
Halley silver comet: ciao! che ti ha combinato quel fanfarone di kai? Tanto poi se la vedrà con me! Non so se leggerai la mia risposta qui, ma ti ringrazio lo stesso. Non ho trovato affatto il tuo giudizio parziale, anzi, hai fatto un’analisi un po’ di tutto, e poi come potrebbe darmi noia un tuo commento? :P grazie ancora mille, a presto ^^!
Ben, Ciao! wow agghiacciante, terribile! Sono tra le mie parole preferite! Questa shot è nata apposta per lena: dopo averla creata in quelle poche righe, mi è dispiaciuto non poterla più utilizzare, è stato come se l’avessi resta presente ma inutilizzabile se non nella mente di Ari. Lena ha un grande potenziale come personaggio, quindi mi sono chiesta: e se non l’avessi ammazzata?
Da qui la storia la sai. Ci ho pensato su un mese, l’ho rielaborata et voilà! Per adesso mi sento di averle dato lo spazio che meritava, ma non si sa mai ;)! Grazie mille!
tozi, amoruccio mio, ti ho già risposto di persona, kiss kiss!
Adesso vi lascio, è da questa mattina che scrivo quello che avete letto sopra, (mattina relativamente, ti sei svegliata alle 11 e ti sei messa a lavoro alle 12 e mezza!U_U ndHilary)(Hilary, perché fai la severa con me?ç_ç ndme)

Spero che questo capitolo vi piaccia! Alla prossima!
 
 
 
 
 






31. Gli artigli della dolce Claire
 
-Ti ricordi Margot? Quella alta, un po’ bruttina, con la faccia quadrata …. Beh, ha detto che quando è andata alla serata a casa DeBouden, almeno di lui ti ricorderai visto che gli hai spalmato la faccia nella torta…. Comunque ha detto che ha conosciuto un tipo tedesco, anche lui appassionato di trottole, e che…- Claire lanciò l’ennesima occhiata alla cugina, distogliendo lo sguardo dal suo riflesso mentre si sistemava i capelli in uno chignon.
Aggrottò le sopracciglia e tornò a guardarsi allo specchio. La frangia era diventata forse troppo lunga, ma era comunque sfiziosa da tenere ad altezza occhi, anche se forse avrebbe dato fastidio per l’ora di ginnastica. Ma poco le importava della ginnastica, tanto lei quella giornata non l’avrebbe fatta! Kickboxing, che idee strampalate che aveva il professore ogni volta! Lei non si sarebbe messa ne ora ne mai sotto i pugni di qualche goffo ragazzino col rischio di rovinare il suo bel nasino all’insù!
-… dice di essere un campione.- continuò.
Erano rimaste solo lei e Ariel nello spogliatoio e solo la sua voce risuonava nell’ampio spazio, venendo ignorata, come al solito si sarebbe potuta dire, e invece no, non era come al solito. Ari aveva un modo tutto suo di ignorarla, un modo che lasciava sempre col dubbio che stesse ascoltando o meno. Questa volta no, Ariel stava pensando proprio ai fatti suoi mentre Claire parlava, e le sue parole magari non arrivavano neanche ad essere percepite dal padiglione acustico della ragazza seduta sulla panca.
Claire alzò un sopracciglio e sospirò. Odiava essere ignorata!
Prese una ciocca della frangia e la osservò con attenzione. Sì, era arrivato il momento di cambiare un po’.
-E lo sai che ha detto?- continuò con voce più acuta sistemandosi il fard sulle guance rosa. Così l’avrebbe dovuta sentire per forza! –Questo ragazzo ha detto che vorrebbe incontrarti, che gli piaci un sacco e che vorrebbe sposarti e portarti a cavallo del suo destriero, nel suo fiabesco castello nascosto tra le verdi foreste nel cuore della Germania!-
Fermò il pennello a mezz’aria in attesa di una reazione, di un minimo segnale che le facesse capire che la stava quanto meno sentendo, ma niente. Ariel imperterrita stava pensando ai cazzi suoi!
Mollò il pennellò sul davanzale e si voltò.
-Ha detto anche che sei una mezza calzetta a beyblade e che ti batterebbe in un nanosecondo!- 
Rimase a fissarla per un minuto o due. Neanche il beyblade era riuscito ad attirare la sua attenzione, doveva essere successo per forza qualcosa di grave.
E, effettivamente, aveva proprio l’aria di una tormentata da chissà che pensiero.
-Ariel…- le si avvicinò di qualche passo, guardinga, come se temesse che da un momento all’altro potesse esplodere.
Ma lei rimase ferma lì, corrucciata, infuriata, coi pugni stretti, uno davanti alla bocca, l’altro appoggiato sulla gamba che tremava nervosamente, su e giù.
Ma c’era qualcosa di strano in quella immagine, e Claire ci mise un po’ prima di capire cosa.
Si sarebbe aspettata che piangesse, ma non stava affatto piangendo. Non c’erano lacrime, neanche una. Una qualsiasi persona in quello stato avrebbe avuto il volto rigato, invece quello di Ari era asciutto e i suoi occhi non erano ne lucidi ne… si, erano rossi, ma non per il pianto.
Si sedette accanto a lei e si guardò attorno prima di rivolgersi nuovamente alla cugina.
-Tutto bene?- chiese cauta. Che fosse uno dei suoi strani attacchi di pazzia? Potevano dire quello che volevano, ma lei era convinta che la sua cara cuginetta effettivamente fosse un bel po’ suonata, per quanto si potesse sforzare o sembrare normale se la si guardava in certi momenti della giornata.
Fatto stava che si sentiva come sua madre le prime volte che aveva cercato di parlare con lei, e non era di certo una bella sensazione, perché le sue reazioni erano imprevedibili.
Lei non rispose, continuava a fissare torva una mattonella del pavimento che, per fortuna sua, era una cosa inanimata e non poteva provare paura, e ne avrebbe dovuta avere se non fosse stato per questo.
-Ariel, è per caso successo qualcosa?- chiese ancora sporgendosi verso di lei con aria scettica. Mica era come sua madre, sapeva perfettamente che Ari non era tipo da spiaccicare una parola.
Con sua grande sorpresa però, qualcosa accadde: gli occhi scuri di Ariel si spostarono su di lei.
-Oh, bene, allora ti sei accorta della mia presenza!- fece sarcastica Claire giungendo le mani in grembo e annuendo. –È già un passo avanti, non trovi?!-
Ariel sospirò pesantemente. Stava perdendo la pazienza, meglio muoversi.
-È successo qualcosa? Mi sembri… ehm, sconvolta!- si affrettò a dire. –Era un bel po’ che non ti vedevo così.-
Ari continuò a guardarla per qualche istante, poi voltò la testa dalla parte opposta e la gamba sinistra ricominciò a tremare furiosamente.
Claire si strinse nelle spalle. Bé, almeno ci aveva provato!
-Sconvolta…-
Meraviglia delle meraviglie. Claire sgranò gli occhi e si voltò incredula verso sua cugina. Aveva parlato, stava parlando! Sarebbe venuto a nevicare! Questo era un evento!
-Cosa intendi?-
Era così strano che pure la sua voce le risultò strana, profonda e calma, anormale, e con un accento indefinito.
Claire la guardo per accertarsi che fosse proprio lei a parlare, ma era lei, chi altro doveva essere?!
-Mah, non so…. Tutte le nostre compagne sono scappate dallo spogliatoio. Sai, metti leggermente paura così e, per la cronaca, la mattonella non morirà se continuerai a guardarla in quel modo.-
Accavallò le gambe e incrociò le mani sulle ginocchia. Storse le labbra guardando il soffitto, pensierosa.
-Al massimo esplode!- concluse con fare indifferente.
Un altro sospiro, pesante come il primo.
-È successo qualcosa?- chiese dopo un po’ buttando un’occhiata sulla cugina ancora intenta a ribollire.
Diamine, che problemi poteva avere ancora? Dopo tutto la depressione le era passata, con Kai aveva fatto pace, e tutto il resto era passato… che altro aveva?
-Vuoi parlarne?- azzardò a chiedere. Visto che fuori già scendeva la neve, tanto valeva fare arrivare una bella tormenta. Claire si acciglio. Forse non era una gran bella idea la sua. Per fortuna, a quanto sembrava, Ari non aveva più voglia di parlare!
Tamburellò imbarazzata le dita sul ginocchio. Arrivata a quel punto doveva andarsene o cosa?
E se avesse deciso di parlar…. Ecco, si era mossa, stava per parlare….Claire inarcò le sopracciglia. Che diamine di lingua era quella?! Inglese, tedesco, peggio, quello era russo!?
Fatto stava che quello che stava dicendo sembrava farla incazzare parecchio.
-Ehm cara,- la dovette interrompere, per forza. Finalmente le stava parlando di sua volontà, certo, solo due frasi, ma lei non stava capendo una parola! –Non comprendo il brujignolo!-
Ari restò un altro po’ a fissare in cagnesco un povero punto a caso.
Non sapeva come, intuito femminile forse, però Claire sospettava che ce l’avesse con qualcuno.
-Prova a parlarmene di nuovo, non ti preoccupare, cercherò di capire!-
-Non ho niente da dire!- la ammonì immediatamente Ariel raddrizzando la schiena e appoggiando le mani ai lati, tenendo rigide le braccia.
-Certo! Quindi nessuno ti ha detto ne fatto niente, e tu non sei incazzata!-
-Non sono inc…- ma Ari si zittì allo guardo eloquente della cugina e si voltò dalla parte opposta sbuffando.
-Allora? Dai, non avrai litigato col tuo tesoruccio!- fece Claire canzonatoria. 
-Tesoruccio il cazzo! Quel bastardo…- non riuscì a continuare tanta era l’amarezza e la rabbia. Le unghie si conficcarono nel legno della panca.
-Di chi parli scusa?-
-Solo un bastardo col sangue mischiato c’è, secondo te chi può essere?- sbottò rabbiosa.
Claire perplessa aggrottò la fronte. –Kai? Ma io non parlavo di Kai…. Ma fa niente, continua pure!- si corresse subito. Non poté fare a meno di notare che la sua cara cuginetta a tesoruccio avesse collegato automaticamente Kai, straordinario! Meglio non farglielo notare però.
Ari restò in silenzio per qualche attimo, per poi chiedere: -E a chi diamine ti riferivi?-
-Al tuo aquilotto!- rispose Claire come se la cosa fosse ovvia.
Questa volta il silenzio fu accompagnato dall’espressione sconcertata e l’incredula di Ari che la fissò per un bel pezzo.
-Che c’è, che ho detto?- assurdo, Ariel la stava guardando come se la pazza lì in mezzo fosse lei!
E poi che aveva detto di male? Era normale pensare all’aquilotto dopo tutto quello che era successo.
Ari sospirò e si lasciò cadere giù, appoggiando i gomiti alle ginocchia e passandosi le mani sul viso.
-Io non l’ho mai fatto per… non c’era un motivo, non… -
-Di cosa stai parlando?- chiese Claire, ma l’altra mantenne il silenzio finché non decise di romperlo in maniera assai sconcertante, tanto da riuscire a lasciare Claire senza parola:
-Odio il sesso, mi fa schifo!- disse sollevando il viso dalle mani.
Claire ci mise poco per fare il punto della situazione: primo, aveva litigato con Kai; secondo, il suo problema era il sesso. Ciò voleva dire che avevano litigato perché lei non lo voleva fare e lui invece insisteva, quindi, di conseguenza, ciò voleva dire che…. Porca pupazza, quei due stavano insieme! Sconvolgente, sconcertante, anzi, più!
Cavolo, e quando era successo?! Perché non si era accorta di niente? Come era successo!?
Si morse la parete interna del labbro inferiore per impedire alla sua curiosità di esplodere senza ritegno. Aveva così tante domante, e non solo! Aveva voglia di alzarsi e saltellare e strillare, voleva sapere i particolari, aveva voglia di fare quello che non faceva più da mesi con le sue amiche!
Ma si trattenne, congelò la sua espressione e ingoiò ogni domanda perché, se avesse dato libero sfogo a tutto ciò che le passava per la mente, Ari si sarebbe richiusa nel suo guscio. 
Doveva concentrarsi assolutamente sul problema principale di Ariel.
Ma dal canto suo la cugina nemmeno la stava calcolando, e non poteva neanche lontanamente immaginare che Claire avesse frainteso tutto con tanto di storia già fatta nella sua testolina bionda che non stava ne in cielo ne in terra.
Claire si schiarì la gola e si impettì per bene prendendo la situazione nelle sue mani esperte. Ariel si trovava in una situazione completamente nuova e, fortuna delle fortune, Claire era la persona giusta che faceva per lei!
-E non farlo, non fare sesso!- disse con convinzione.
-Non… farlo?- ripeté Ari come se avesse ricevuto un’illuminazione dal cielo.
-Certo, ci mancherebbe! Non sei costretta in alcun modo a farlo se non vuoi!- continuò lei annuendo.
A quel punto l’attenzione di Ari fu completamente demolita. Era vero, Claire aveva ragione, era quella la soluzione, era quella la verità!
Si alzò improvvisamente facendo sobbalzare la bionda, e si mosse verso i lavandini di fronte, dove, fino a poco prima, Claire si stava specchiando.
-Lui deve capire, se ti ama veramente lo farà! Devi dirglielo chiaramente: “non sono pronta”. Se lo devi fare solo per farlo contento non ne vale la pena, fidati, la vivrete male tutti e due. Insomma, il fatto che tu non sia più vergine non c’entra niente, se non ti senti è una cosa positiva. Vuole dire che è una storia importante, seria, e preferisci non correre. Devo essere sincera, un comportamento del genere da un tipo strano come Kai non mi sorprende affatto, mi ha dato sempre quest’impressione. Ma non ha importanza, deve piacere a te non a me.- continuò ridacchiando. -L’amore è una cosa meravigliosa…-
No, non stava ascoltato neanche una sola parola di quello che la cugina farneticava, e comunque non le poteva importare di meno. Era attirata dal riflesso lucente dello specchio che aveva di fronte, e dall’immagine che vedeva avvicinarsi e definirsi ad ogni passo.
Appoggiò le mani sul lavandino e accostò il viso allo specchio e una ragazza dagli occhi scuri ricambiò con sguardo accigliato e curioso. Il viso lungo era pieno, gli occhi non sembravano più tanto enormi e sporgenti come prima, e non c’era un’areola di capelli crespi a incorniciare tutto. Non c’erano lividi sugli zigomi, ne occhi gonfi, labbra o sopracciglia spaccate, naso sanguinate, niente di tutto questo.
L’aria le si smorzò in gola per la meraviglia.
Quella… quella era lei. Era lei!
Non pensava di essere così… diversa.
Si sfiorò la guancia bianca e liscia con le dita. La ragazza dentro lo specchio fece lo stesso.
Sì, era proprio lei.
Osservò ogni minuzia, le arcate sopraccigliari, la forma degli occhi, la loro lucentezza e umidità contornate da lunghe ciglia scure, le labbra sembravano contornate da una linea bianca, e il naso, lo stesso naso rotto tante di quelle volte e raddrizzato altrettante, era incredibile come fosse rimasto dritto, anche se non riusciva a respirare bene a causa dell’inevitabile setto deviato.
Quella era lei! Non faceva altro che ripeterselo, e adesso sapeva che forse era possibile.
-Hai proprio ragione Claire. Grazie, mi sento meglio!- disse interrompendola.
Aveva ancora un guaio chiamato wolborg, ma quella decisone, anche se non risolveva il suo problema, la faceva sentire veramente meglio, come se un peso si fosse volatilizzato nel nulla.
-Mi fa piacere! Se hai bisogno, d’ora in poi, parla tranquillamente con me!- fece entusiasta e compiaciuta Claire alzandosi. Estrasse distrattamente il cellulare dalla tasca del pantaloncino della tuta e guardò l’orologio. –Allora andiamo, che…. Oh mamma, è tardissimo!-
Un quarto d’ora di ritardo. Claire uscì di corsa dallo spogliatoio, con dietro la cugina che la seguiva senza scomporsi, con calma imperturbabile. D’altra parte, non gliene fregava un cavolo dell’ora di ginnastica, adesso doveva assolutamente risolvere la situazione del beyblade scomparso.
In fondo alla palestra la classe era radunata intorno ad un grande tappeto sul quale si stava disputando un “incontro” di kickboxing tra Miki e Marc. Lui, minuto e insignificante, tremava come una foglia di fronte all’agguerrita Miki che, anche se goffamente e alla rinfusa, si gettava avanti all’attacco. Ne veniva fuori una scena tra il comico e il grottesco con gli urletti di Marc ogni qualvolta scansava un pugno di Miki.
Dopo tutto a Claire non sembrò poi così terribile l’idea di fare kickboxing, soprattutto se con uno di quei piccoli bastardi secchioni che ogni volta, durante le interrogazioni di matematica, non spiccicavano mezzo suggerimento per venire in suo soccorso. Quella magari sarebbe stata l’occasione buona per vendicarsi su quei pivellini giapponesi!
Beh, che dire, per quella volta avrebbe partecipato alla lezione di ginnastica!
-Signorine, finalmente!- la voce ammonitrice del professore di ginnastica, il giovane e bel Tanaka, la fece destare dalle sue fantasie di gloria. Lui si avvicinò e prendendole per un braccio le spostò di qualche passo.
-Tu col signor Huznestov…- disse mollandole e aprendo il registro segnarci qualcosa sopra. –E tu con Ivanov.- continuò andandosene sempre scribacchiando.
Claire aggrottò la fronte perplessa. Il professore sembrava più esaurito del solito, a quanto pareva lo avevano già fatto impazzire le mille lamentele e richieste dei suoi compagni di classe. Ogni volta era così, per cercare di accontentare tutti i suoi alunni, si innervosiva e sembrava in overdose da caffeina.
-Allora principessina…- Claire alzò lo sguardo verso l’alto, sul ragazzo che le stava accanto e che la guardava svettante da lassù col suo ghigno sgargiante e malvagio che la fece rabbrividire. –Sei pronta a dire addio al tuo bel nasino alla francese?- disse sibilino.
-Stai scherzando, vero?- chiese ridacchiando nervosamente.
Boris si chinò su di lei, inchiodandosi a quelle iridi brune e avvicinando il viso a quello della ragazza che indietreggiò istintivamente. –Certo che no, principessa!-
Un brivido di orrore la scosse fin dentro le ossa. Il suo prezioso nasino…. No!
Afferrò la cugina accanto a se e la spinse al suo posto senza troppe cerimonie.
-Facciamo cambio!- disse immediatamente per non darle la possibilità di rifiutarsi. –Non ti spiace, vero?! Grazie mille!-
Ariel se la sarebbe cavata di certo mille volte meglio di lei contro Boris, sapeva che era capacissima di tenergli testa, quindi che problema c’era nel fare fambio?!
-Pensi che ti sia andata meglio- questa volta rimase pietrificata. Yuriy? Lei con Yuriu!?
Il rosso la guardava gelido con i suoi occhi di ghiaccio che mettevano ancora più freddo, severo e inflessibile. Così guardava lei, lei che desiderava solo essere amata da quegli occhi, e il cui cuore batteva a mille già solo per quello sguardo distaccato.
Abbassò il capo remissiva, senza riuscire a dire niente, a rispondere, senza capire perché adesso le stesse facendo quell’effetto. Era anche vero però che avrebbe dovuto affrontare un corpo a corpo con lui... un… corpo a corpo? Divenne rossa come un peperone e si irrigidì come un manico di scopa. Adesso le venne meno anche il coraggio di alzare gli occhi e guardarlo, perché sicuramente si sarebbe accorto della sua faccia rossa e del suo imbarazzo.
-Me ne hai fatte passare troppe in questo mese. È arrivato il momento di finirla con questa buffonata!- sibilò Yuriy. Quel mese di schiavitù era stato umiliante per lui.
Deglutì a vuoto. Da lui si sarebbe fatta mettere volentieri al tappeto anche subito, basta che dopo finivano avvinghiati, in qualche modo! Ecco quello che pensava veramente, non era affatto intimorita, era solo impaziente e non voleva darlo a vedere, voleva quel maledetto corpo a corpo con Yuriy, anche se ovviamente si trattava solo di una prova di kickboxing! Ma intanto le idee e le fantasie più sfaccettate e assurde si materializzavano nella sua mente come scene di film e…
-Vincerò io e tu la smetterai di darmi ordini!-
…. Come? Cosa?! Se lo poteva scordare! Claire alzò lo sguardo agguerrita e si fermò su di lui. Questo no, questo non lo avrebbe mai permesso! A costo di sudare, gli avrebbe impedito di batterla!
Ts, quel cosacco borioso non sapeva con chi aveva a che fare!
Yuriy inarcò il sopracciglio sinistro e si voltò dalla parte opposta. Che diavolo era preso a quella ragazzetta presuntuosa? Non nutriva mica speranze di batterlo? Questo si che era stupido, perfino da parte di quell’oca impicciona! 
Man mano che venivano chiamate le varie coppie, la determinazione di Claire si rafforzava, finché non rimasero solo loro due, Boris ed Ariel.
Solo per un momento Claire fu distratta, quando venne il turno di Kai, contro una ragazzina stralunata solo per la sua presenza. Quel porco! Aveva una gran voglia prendere a pugni anche lui, tanto che Yuriy si girò guardandola incredulo quando la sentì ringhiare.
Il professore al quel punto chiamò Yuriy e Ari.
Claire si irrigidì? Come Ari? Si era caricata così tanto e alla fine neanche si sarebbe battuta con Yuriy?!
-Abbiamo fatto cambio, professore?- disse Yuriy nascondendo il ghigno gelido. E no, la cara francesina non se la sarebbe scampata così facilmente, non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere, l’avrebbe smessa di impicciarsi e di dargli ordini una volta per tutte. La afferrò per un braccio e la trascinò con se sul tappeto. –Faccio coppia con La Fayette!-
Claire divenne rossa: aveva detto “faccio coppia con La Fayette!”… La Fayette era lei!!!
Finì in un istante nel campo. Yuriy mollò la presa dal suo braccio e si mise dalla parte opposta, di fronte a lei.
Il professore si strinse nelle spalle e iniziò a scrivere sul suo registro, dando il via all’incontro fischiando senza neanche guardare. 
Le compagne di classe iniziarono a parlottare tra di loro guardando la povera Claire con pietà. Loro almeno erano state fortunate, i loro compagni maschi non erano poi così forti, e se lo erano non dimostravano tanta temerarietà nel voler battersi con una donna.
-Bene, finalmente metterò fine a questa ridicola storia, non trovi?- disse Yuriy infilandosi i guanti.
-Tu dici?- rispose Claire sghignazzando sicura di se. –Io non credo proprio, a me piace troppo…- averti sempre per me -… comandarti a bacchetta!-
-Muovetevi, non abbiamo tutto il giorno, chiacchierate dopo!- li ammonì il professore innervosendosi. La penna gli scoppiò sul registro ricoprendolo di inchiostro nero. Provò a passare la manica della tuta per ripulire, ma, al contrario, sparse meglio il nero sporcando anche l’altra pagina, e imbrattandosi  da solo.
-Dai, fatti sotto!- lo invitò Claire alzando la guardia.
Yuriy non ci pensò due volte. Si avvicinò fulmineo e dopo pochi secondi Claire si ritrovò in ginocchio, piegata in due per il dolore allo stomaco.
-Si sarebbe convenuto restare con Boris…- la ammonì impassibile, -io non ho mai fatto distinzioni. Maschi, femmine, mi hanno insegnato così!-
-Ma allora anche tu sei… fuori!- sbottò Claire incredula rimettendosi in piedi a fatica. Le faceva male lo stomaco, l’aveva colpita fortissimo, cosa di cui ancora non riusciva a capacitarsi. Eppure lui era stato chiaro, non faceva distinzioni, non si faceva problemi a picchiare una ragazza, neanche se era lei!
Dopo tutto che cosa si poteva aspettare? Non era di certo contento per il modo in cui lo trattava, non stentava a credere che la trovasse antipatica e che covasse del risentimento nei suoi confronti. Quante volte lo aveva fatto girare per tutta la scuola per portarle la cartella, o fatto fare la fila alla mensa al posto suo. Veramente l’aveva fatto così tanto arrabbiare?! Per così poco?!
-Ma sei scemo? Mi hai fatto male, non c’era bisogno di colpire così forte!- urlò risentita tenendosi una mano stretta alla pancia.
Ma lui inclinò la testa di lato e continuò a guardarla con aria di sufficienza che la fece arrabbiare, tanto da indurla ad attaccare.
Alzò il pugno destro e lo punto dritto su quella faccia da schiaffi, ma non riuscì neanche a sfiorarlo che il suo braccio si ritrovò stretto nella morsa salda di Yuriy, che la spinse dietro di se, facendola arrivare di filato a terra con una gomitata dietro la schiena.
In quell’attimo, rialzando la testa dal materassino e tirandosi su sui gomiti, si rese conto di non volere più continuare, di avere paura, non di lui, ma della delusione. Le veniva da piangere. Non voleva che continuasse, non doveva deluderla, non doveva dimostrarsi capace di picchiarla senza alcuno indugio, Yuriy, il suo Yuriy! Aveva paura che la delusione facesse svanire l’amore che provava per lui, che lo spogliasse quell’aura di splendore che lo avvolgeva.
Il colpo alla schiena le aveva fatto male, tentò di rialzarsi, ma la bloccò immediatamente schiacciandola sotto un piede.
Strinse i pugni irata e digrigno i denti. Come si permetteva di trattarla così? I piedi addosso, la stava schiacciando sotto i piedi!
Di nuovo, tutta la rabbia si cumulò per darle forza. Spinse sulle braccia per tirarsi su, e spinse ancora, sempre più forte, quella pressione sembrava inamovibile, e la frustrazione che le faceva provare la incitava a fare di più, a provarci, finché non sarebbe riuscita a smuovere quel maledetto piede.
-Ivanov, smettila!- arrivò la voce distratta del professore, troppo alle prese coll’inchiostro sul suo decimo registro rovinato dall’inizio dell’anno.
Ma Ivanov non lo fece, anzi, alzò il piede dalla schiena di Claire, dandole per un attimo l’impressione che fosse finita, solo per rivoltarla di schiena e tornare a bloccarla, questa volta col piede sullo stomaco.
Claire alzò gli occhi carichi di ira e pronti a disintegrarlo su Yuriy, ma quando incontrò lo sguardo azzurro e spietato di lui, tutta la forza e la determinazione di pochi istanti prima svanirono.
Tornò a provare delusione, e la sentiva divagare dalla mente fino al cuore come un veleno.
Distolse lo sguardo, mentre con le mani cercava di scostare il piede di Yuriy, ma era troppo forte e lei dannatamente debole.
La pressione stava diventando maggiore.
Boris, perché diamine l’aveva trattata in quel modo prima? E perché non interveniva ora? E Ari? Ari era distratta, non ci stava facendo minimamente caso a lei. Ovvio, per Ariel era sicuramente normale farsi trattare in quel modo, ma per lei no!
Tutti i suoi compagni erano preoccupati. Kai, per un attimo incrociò il suo sguardo: completo disinteresse.
Mugugno, quasi le mancava il respiro. Basta, basta, basta! Era troppo!
Iniziò a scalciare cercando di dargli un calcio nel sedere. Ma più ci provava e più Yuriy schiacciava per tenerla a bado.
-Mollami…- disse con fiato corto. –Mollami ho detto!-
-Perché dovrei? Finché il professore non conta e annuncia la tua sconfitta io non posso mollare!-
-Sei un vigliacco!- sbottò velenosa.
A quel punto si aspettava una risposta acida, un ghignetto malefico, la pressione stritolarla fino a farle uscire gli occhi dalle orbite, invece si voltò da un’altra parte, distratto da qualcosa che gli fece stringere le labbra per il fastidio.
Infine sospirò e tornò a voltarsi verso di lei, la pressione sparì immediatamente.
Claire si mise subito a sedere riprendendo fiato. Quel bastardo e idiota, gliela avrebbe fatta pagare! Si stava sentendo male a causa sua!
La afferrò per un braccio facendola rialzare in malo modo.
-Cammina!- disse a quel punto strattonandola.
-Che fai?- chiese incredula venendo trasportata passo dopo passo senza riuscire ad opporsi.
-Ti butto fuori, è l’unico modo per liberarmi di te!-
-Cosa?! No, no, aspetta…-
NO, questo no assolutamente! Non poteva perdere, doveva fargliela pagare per quello che le aveva fatto, non poteva perdere la possibilità di comandarlo come uno schiavetto!
Impuntò i piedi inutilmente, di agitò nel tentativo di liberarsi dalla sua presa. Pochi passi al bordo del tappeto…. Doveva pensare subito a qualcosa!
Ecco! Rischiava di cadere dritta con la faccia per terra, e magari avrebbe fatto cadere anche lui, ma era sempre meglio che venire buttata fuori così!
Intrecciò i propri piedi con quelli di lui, che riuscì a muovere solo mezzo passo, costringendolo a fermarsi definitivamente, quando, con uno slancio maggiore Claire cercò di intrecciare meglio la gamba sinistra a quella sua. Ed adesso, colpo finale, sempre nella speranza di fargli perdere l’equilibrio: colpo di reni! Lo diede con tutta la sua forza, cercando in tutti i modi di tenergli bloccata la gamba sinistra.
Restò per un attimo col fiato sospeso, poi ad un certo punto lo sentì vacillare. Gli diede un altro colpo di sedere e…. Claire sgranò gli occhi, stava cadendo, lei stava cadendo all’indietro.
Yuriy la stava trascinando con lei!
Le scappò un urlo di terrore che fece sussultare tutti i compagni di classe e destare l’attenzione del professore.
Piombarono a terra, perlomeno Yuriy, mentre Claire glifinì addosso.
-Bene così ragazzi!- li incoraggiò il professore per poi tornare a compiangere il registro.
Yuriy a quel punto la scostò e si rialzò con immediatezza, cosa che fece anche lei.
Ora era veramente seccato.
-Fuori dal campo!- le ordinò immediatamente.
-Cosa? Scordatelo, tu sei già fuori di tuo, vacci tu!- sbottò incredula Claire indietreggiando.
-Bene, allora non ti lascerò scappare finché non implorerai il mio perdono!- sibilò, cosa tanto inquietante da fare indietreggiare tutti i ragazzi intorno al ring.
Un sinistro partì immediatamente, Claire si scostò appena in tempo sentendosi fischiare l’orecchio.
Yuriy fece un passo in avanti, voleva stringerla nell’angolo. Partì un altro pungo, diretto questa volta al naso! Claire sbiancò, il suo naso, il suo preziosissimo naso alla francese!
D’istinto si rannicchiò coprendosi la testa con entrambe le braccia. Cavolo faceva proprio paura!
-Ora basta, mi hai seccato!- Si rialzò tutta in una volta di scatto, urlando. –Non osare mai più puntare al mio naso!-
Un dolore incredibile alla testa la fece rincitrullire e per qualche attimo non vedere più niente, alla stessa maniera di quando aveva preso in pieno il tavolo del soggiorno da piccola, era anche peggio, era incredibilmente intenso. Si ritrovò seduta stringendosi le mani sulla testa, facendo avanti e indietro sperando che passasse. Accidentaccio, sembrava che le si fosse spaccata la testa in due!
Cercò di scrutare da dietro la frangia, pronta ad incenerire quell’idiota di Yuriy.
-Ma sei completamente suonat…- aveva iniziato a sbraitare, quando si accorse che Yiuriy, quello suonato, svitato e pazzo, era completamente messo ko.
Sgranò gli occhi incredula e l’ululato di ammirazione partì dalle compagne di classe.
-Yuriy…- disse senza fiato. Aveva steso Yuriy? Ecco perché le faceva un male cane la testa, rialzandosi doveva avergli dato una capata.
-Yuriy…- era steso davanti a lei…. –Oh cavolo!- scattò immediatamente in avanti e si mise al suo fianco. Gli aveva fatto male?! Era addirittura svenuto!
Lo scosse forte, mortificata e dispiaciuta!
-Oddio, scusami, non volevo!-         
-Devi veramente avere una testa di coccio per essere riuscita a stenderlo!- la voce derisoria di Kai la fece voltare. Già non lo sopportava di suo, aggiungendoci anche le confidenze di sua cugina, e la battutaccia in un momento così inopportuno, le sembrò il minimo mandarlo a quel paese apostrofandolo con un “depravato” molto, molto sentito che lo lasciò di stucco.
-Yuriy, Yuriy! Svegliati!- torno a supplicarlo.
Di scattò Yuriy si tirò a sedere, così inaspettatamente e così velocemente che andò a sbattere contro Claire che si tirò indietro tenendosi premute le mani sulla faccia.
Yuriy sbarrò gli occhi guardandosi attorno stralunato. Ma cosa…
Ma cosa…. Claire, incredula, terrorizzata, trovò finalmente il coraggio di allontanare le mani dal viso e guardarle col fiato sospeso. Il naso le pulsava le faceva male, si sentiva svenire, le veniva da piangere!
Una gocciolina rossa spuntò sul palmo. Si toccò con dita tremanti il labbro superiore. Era umido, rigato di qualcosa di bagnato. Si guardò le dita.
Sangue…. Il suo bellissimo Naso!!! Il suo bellissimo Naso, rotto, storto e brutto per sempre!?!
-Tutto bene?- le chiese Kai.
Respirava a inspirava a scatti, le mani le tremavano.
In presa ad un raptus omicida afferrò per la maglia Yuriy, si mise a cavalcioni su di lui e, una volta alzato il pugno, lo colpì forte al viso, facendolo ricadere steso. E gliene diede un altro, un altro e tanti altri ancora, finché il professore non scattò in piedi, facendo volare il registro, accorrendo per salvare il povero Ivanov.
-Fermatela! Fermatela, è impazzita!- starnazzava in preda al panico cercando di afferrare Claire senza successo.
Solo Sergey riuscì a salvare il suo capitano dall’ira funesta che si era impossessata della dolce e bella francesina tramutata in camionista texano che fa a botte dentro una bettola.
Yuriy ne uscì irriconoscibile, Claire, una volta tirata su, scoppiò a piangere disperata per la crudele sorte che era toccata al suo naso perfetto. Non avrebbe riavuto mai più il suo bellissimo naso, ne avrebbe avuto uno orribile e storto! Che crudeltà!
Smise di piangere solo quando il medico della scuola le spiegò che non si era rotto, altrimenti per il dolore non sarebbe riuscita a combinare in quel modo il compagno di classe steso morente nel lettino di fronte.
Le offrì un leccalecca all’arancia e delle caramelle mou per consolarla.
-Hai bisogno di zuccheri!- le sorrise il dottore da dietro i baffoni. –Ti sarai presa un gran bello spavento, povera piccola!-
-Ma a me fa ancora male! È dritto? Tornerà come era prima?- farfugliò lei agitandosi.
-Certo stellina, tieni altre caramelle e prova a calmarti ora!- le disse passando affettuosamente una mano sulla testa. Lei sussultò.
-Mi fa male anche quella!-
Il dottore la guardò stranito.
-Ho sbattuto contro il suo mento e l’ho fatto svenire!- disse con noncuranza Claire scartando una mou.
 
 
 
 
-Mayer, ancora in aula informatica? Cosa ci fai sotto i banchi?- le chiese una voce squillante e beffarda da sopra la scrivania, seguita immediatamente da delle risatine.
Ariel non si diede il disturbo di rispondere, ne di alzare lo sguardo per vedere a chi appartenessero quelle voci e le gambe esili e scoperte che si erano fermate proprio davanti a lei.
Era sommersa fino al collo nei suoi problemi, figurarsi se dava confidenza a qualcuno!
-Hai perso qualcosa?- chiese nuovamente la stessa voce.
Ma non furono quelle parole a bloccare l’ennesima perlustrazione del pavimento grigio dell’aula informatica nella quanto mai vana ricerca di wolborg, ma un paio di gambe accavallate che le barravano la strada verso la scrivania successiva. Alzò gli occhi lentamente seguendo la figura, fino a fermarsi sul viso affilato della persona che da lì a poco sarebbe morta sotto le sue percosse.
Penny Sumisu le sorrideva sorniona dall’alto, seduta sulla scrivania.
Ariel Mayer la minacciò con un’occhiata di fuoco. Aveva una voglia terribile di addentarle una gamba e strappargliela, tanto per iniziare da qualche parte per farla a brandelli. Era stanca, aveva passato la notte in bianco cercando wolborg, non aveva intenzione di sopportare niente e nessuno. Quel beyblaide doveva ricomparire immediatamente!
-Alzati, non c’è bisogno di prostrarsi ai miei piedi in questo modo!- starnazzò Penny Suminu ridendo dietro la sua mania curata.
Il labbro superiore di Ari si arricciò da solo ritrovandosi a fissarla. Le afferrò una caviglia, e lei smise di ridere, ma il tempo di abbassare gli occhi per vedere quali fossero le intenzioni della Mayer, si ritrovò col muso spiaccicato contro la scrivania di fronte.
Così Ari, liberatosi il passaggio, poté tornare a fare l’ispezione palmo palmo dell’aula informatica.
Kai era seduto alla cattedra, con lo schienale inclinato, le braccia incrociate dietro la testa e i piedi accavallati accanto alla tastiera. Era venuto a darle un supporto morale, cosa che, a giudizio di Ari, si doveva risparmiare. Non si era certo dimenticata che cosa le aveva detto il giorno prima quello stronzo, e secondo lui essere presente era un modo per farsi perdonare!
Penny Sumisu si rialzò tremante di rabbia, le sue tre amiche indietreggiarono di un passo e poi saltarono in aria per la sorpresa quando sentirono Ari strusciare intorno alle gambe con un gatto.
-Non vi preoccupate….- le tranquillizzò Penny ricomponendosi. Incrociò le braccia e si mise di nuovo sul banco. Uno strano cipiglio crudele riapparve sul viso pallido.       
-Capita di non riuscire più a ricordare dove si trovino le proprie cose, quando ci si sballa!- disse a voce alta e sonante che rimbombò nell’aula.
Kai smise di dondolarsi pigramente, aprì gli occhi puntandoli sulla schiena della ragazza entrata un attimo prima. Ariel si fermò vigile lì dove stava, sotto il terzo banco.
-Hai detto qualcosa?- chiese cauta.
-Ah, no niente!- rispose con noncuranza Penny appoggiando una mano sul banco e osservandosi l’altra, per poi mormorare: -Non sapevo che si diventasse anche sordi!-
Le amiche ridacchiarono divertite, quando Penny si metteva all’opera diventava veramente perfida.
Ari si mise dritta, per poi alzarsi lentamente. Quelle battutine, quel ridacchiare…. Non riusciva a scollare gli occhi dal muro bianco di fronte. Che quella maledetta della Sumisu… sapesse?
-Che c’è? Cos’è quello sguardo, crisi d’astinenza?- scoppiò a ridere lei, trascinando anche le amiche nella sua risata acuta.
Kai passava lo sguardo dall’una all’altra. Che reazione doveva aspettarsi? Ari in quel momento gli sembrava indecifrabile. Non rispondeva, non sembrava trattenere nessuna reazione. In ogni modo sarebbe intervenuto per fermarla se si fosse avvicinata troppo a quelle quattro streghe.
Ma Penny Sumisu non sembrava ancora soddisfatta. Voleva farle pagare quella volta che si era permessa di alzarle le mani, farle abbassare il capo e insegnarle una bella lezione: mai mettersi contro Penny Sumisu.
Certo, constatò la ragazza con una certa soddisfazione, teneva il capo basso, ma non abbastanza per i suoi gusti. L’avrebbe distrutta, avrebbe reso pubblica la succulenta informazione che le era giunta per vie traverse.   
Aprì la cartella con uno scatto e tirò fuori quello che aveva appositamente messo da parte a mensa. Alzò il braccio sinistro porgendole, stretta nella mano, una pera verde.
-Ne vuoi, vero?- Il sorriso sulle labbra carnose si arricciò diabolicamente.
Kai si mise dritto a quell’esplicita provocazione. Ma Ari rimase com’era, non si smosse ne si voltò a guardare quello che le stava porgendo la ragazza dai lunghi capelli neri. Aveva già catturato quell’immagine con la coda dell’occhio, e fatto totalmente strano, non sapeva come reagire. Non le era mai successo nulla del genere, e anche se provava a pensare, non ci riusciva.
Lei sapeva, lo sapeva, solo questo pensiero riusciva a materializzarsi nella sua mente.
Penny scese dal banco e, facendo volare ripetutamente il frutto nella sua mano, si avvicinò impettita e temeraria alla sua odiata avversaria.
-Non ti avvicinare!- la avvertì Kai, scattato in piedi.
Penny si fermò rivolgendogli uno sguardo divertito. –Perché, altrimenti che fa, ringhia?-
Kai strinse i pugni per la rabbia. Peggio per lei, lui la aveva avvertita!
Penny si fermò di fianco alla ragazza e le piazzò sotto il naso il frutto verde.
-Non dire che non ti piace….- fece suadente. -Prendi, non fare complimenti!-
Ari sussultò quando si trovò davanti la pera con tanta invadenza. In quel momento si accorse di essere stata tutto quel tempo in apnea, e adesso respirava affannosamente. Voleva una via di uscita!
Con grande disappunto di Kai, Ari scansò la mano della ragazza con circospezione e si incamminò a testa bassa verso l’uscita.
Per quanto potesse provare a nasconderlo, quando gli passò accanto Kai se ne accorse che era sconvolta, che gli occhi sgranati erano puntati fissi lontani da chiunque.
Non era possibile, era incredulo e non riusciva a spiegarselo. Aveva una gran voglia di urlarle contro e dirle di reagire, di farsi rispettare e di staccare la lingua biforcuta di quella smorfiosa!
-Dove vai? Non ti sarai mica offesa, noi volevamo solo giocare con te!- la richiamò civettuola Penny. Ari si fermò immediatamente.
Penny la raggiunse, arricciandosi con l’indice una ciocca corvina e lucente.
-Lo sai vero che gli sportivi che si fanno non sono visti di buon occhio?- continuò camminandole intorno. Si fermò proprio davanti a lei, soddisfatta all’inverosimile.
Un nodo si strinse allo stomaco di Kai violentemente. No, a quelle umiliazioni, a quella cattiveria Ari non era mai stata sottoposta, non era preparata. E, nonostante questo, si rese conto di non poter intervenire, non sarebbe stata una buona idea. Difenderla l’avrebbe resa ancora più debole agli occhi della Sumisu.
Penny continuava a guardarla con soddisfazione per poi palesare la sua cattiveria con parole intrise di veleno. -Credevi veramente che non si venisse a sapere del tuo vizietto? Che io non lo sapessi? Credevi di avere a che fare con tanti bambocci? Mi dispiace carina, qui non comandi tu ma io, e nessuno può permettersi di sfidarmi!-
Ari non disse ne fece niente, rimase in silenzio senza reagire in nessun modo, e questo gli faceva male più di quanto potesse immaginare.
Penny sbuffò e prese da una tasca della divisa un oggetto.
-Tieni, riprenditelo, mi sono divertita abbastanza per oggi!-
Wolborg luccicò nella sua mano e poi nell’aria. Lo lanciò apposta per farlo arrivare a terra, ma Ari lo prese al volo dandole le spalle. Lo strinse tra le mani incredula: quello era veramente Wolborg! Lo strinse e lo guardò d nuovo tirando finalmente un sospiro di sollievo.
-Ci si vede, Toxy!- la salutò Penny facendo ridacchiare le amiche a quel nomignolo. Lanciò un’occhiata ammiccante a Kai e si volto, ma sulla porta c’era qualcun altro, qualcuno di diverso,  molto più agguerrito e pronto a sbarrarle la porta.
-Dove vai così di fretta!-
-La francese!- la apostrofò Penny lanciando un’occhiata alle compagne dietro di se. -Sentiamo, cosa vorresti?- chiese con fare altezzoso.
Claire arricciò le labbra disgustata guardando la bella giapponese dall’alto in basso.
-Niente di che, solo fare due chiacchiere!- spiegò distrattamente lanciando un’occhiata veloce alle spalle della Sumisu. -Avevi tu la trottola.- constatò notando il bey nelle mani della cugina. Si soffermò anche su Kai. Quell’imbecille era rimasto lì fermo tutto il tempo a guardare senza muovere un dito! Tornò a fermare la sua attenzione su quella presuntuosa di Penny: gliela avrebbe fatta pagare per come aveva trattato Ariel, e le avrebbe impedito di spiattellare in giro il vecchio problema della sua cuginetta.
-E quindi?- le chiese con strafottenza la vipera, chiaramente convinta di poterle mettere i piedi in testa a quanto pareva. Non immaginava quanto si sbagliava, non sapeva di aver trovato pane per i suoi denti aguzzi. 
-Deve essere un privilegio avere le chiavi dell’aula informatica!-
Penny inarcò le sopracciglia in una smorfia di sdegno. -Non credo proprio…-
-Io invece si.- continuò Claire tranquillamente, con un sorriso cordiale. -Non deve essere stato difficile per te averle senza il permesso dalla segreteria!-
-Tsk, cosa vorresti dire?-
-Insinuare!- la corresse Claire repentina alzando l’indice davanti al viso. –Non dovresti essere così convinta di essere l’unica a conoscenza dei vizietti altrui, mia cara Sumisu! Sarei proprio curiosa di sapere dove ti spedirebbero questa volta i tuoi genitori se si venisse a sapere di un certo tuo vizietto. Immagini, un nuovo scandalo come quello nella vecchia scuola?-
-Sciocchezze, carina! Devi aver preso una bella botta in testa…- la derise Penny interrompendola nervosamente. –Stai dicendo solo un sacco di fandonie!-
-Credi? Vediamo, a quanti interessa sapere che il vizietto della bella Sumisu consiste nell’intrattenere relazioni con un insegnate di questa scuola, che hanno ben poco a che fare col rapporto professore alunno.-
Le tre amiche di Penny rimasero di stucco lanciando occhiate incredule alle due, ma soprattutto alla compagna, che adesso tremava di rabbia dalla testa ai piedi. 
-Tu…- sibilò Penny inviperita.
Claire inclinò il capo di lato e le sorrise come prima, gentilmente, come faceva prima a scuola insieme alle sue amiche: mostrare la bella faccia! 
-Cosa è successo, non eri tu a comandare? O forse ti sei sbagliata… sì, mi sa proprio di si perché, a quanto posso constatare, qui a comandare c’è una persona ma quella, indovina un po’… non sei tu!-
-Penny, ma è vero?- le chiese una delle tre, timidamente.
-Volete sapere chi è?- le incuriosì maggiormente Claire.
Le tre inesorabilmente incollarono gli occhi sulla bionda pendendo dalle sue labbra.
-È il…- sospese Claire per fare stirare il collo alle ragazze.
-Zitta!- Penny la interruppe urlando. Alzò un braccio, pronta a colpirla.
Claire rimase senza fiato, era a pochi centimetri dal suo naso…. No, non di nuovo!
Una mano forte e repentina bloccò il braccio della Sumisu che, nonostante cercasse di osteggiare quella forza,  fu costretta a voltarsi a e trovarsi faccia a faccia col suo vero aguzzino dagli occhi assatanati! 
-Lasciami Mayer…- ordinò Penny dimenandosi in preda al panico. Non aveva mai incrociato uno sguardo così… malefico e incattivito. Non aveva mai provato tanta paura.
E afferrò anche l’altro braccia, avvicinandosi a lei e facendola indietreggiare fino a sbatterla al muro alle sue spalle. Quel sorrisetto che poi comparve le mise i brividi!
-Lasciami! Che vuoi?!-farfugliò tenendo gli occhio incollati su di lei che si abbassò e si avvicinò al suo orecchio, tanto da sentire il calore del suo respiro caldo e la guancia scivolare sulla sua.
-Voglio giocare io adesso!- le sussurrò piano, e Penny poté giurare di aver sentito sull’orecchio, oltre le labbra, anche la lingua umida per qualche istane. –E mi divertirò molto, tanto, quando tu avrai paura! Sei contenta?-
Penny sgranò gli occhi incredula: ma quella era pazza?! Che cosa aveva intenzione di farle?!
E per quanto si sforzasse, non riusciva a smuoversela di dosso.
-Ariel…- disse in un fiato Claire, turbata quanto le altre ragazze. Che le era preso?!  
-Ari!- Kai la appellò chiaramente.
Sentendosi chiamare in quel modo dal compagno, Ari alzò il viso dal collo della ragazza e lo guardò. Nonostante la seccatura che poteva darle il suo intervento per farla smettere, non poté fare a meno di apprezzare quel tono che non sentiva da anni.
Con suo grande sollievo lui le fece un mezzo ghigno di approvazione. Passandole accanto le disse soltanto: -Ci vediamo dopo, buon divertimento!-
Dopo di che fece segno alle ragazze e a Claire di seguirlo fuori dall’aula, anche se tentennarono.
Claire era letteralmente sconvolta. Le altre tre non sapevano se era veramente il caso di andarsene o chiamare qualcuno.
-Tranquille!- disse solamente allontanandosi nel corridoio, senza dare altre spiegazioni.
Claire lo raggiunse di corsa, e continuò a camminargli accanto fissandolo preoccupata.
-Kai, Ariel non farà veramente del male alla Sumisu, vero?-
-Certo che si! Quella sgualdrinella gliene ha fatto fin troppo di male, meriterebbe di morire per mano di Ari!- le rispose candidamente Kai.
-Cosa!? Non dice sciocchezze! L’hai pure incoraggiata!- fece scandalizzata Claire fermandosi. 
Anche Kai si fermò e la guardò, e le rispose come se stessero parlando di cose normali.
-Si, lo so, neanche a me piace quando fa così. Ma per questa volta mi dispiaceva troppo interromperla!-
 
 
 

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Capitolo 32
*** Il cambiamento di Takao ***


Ciao! Eccomi! Non ci speravate più, vero!?
E invece sono ancora qui. Non so sinceramente come è questo capitolo, l’ho scritto si e no in un giorno, spero che sia carino e che ci sia tutto, che non ci siano errori o orrori.
Insomma, speriamo che vi piaccia ^^!
Intanto un ringraziamento speciale a tutti voi che mi seguite e a voi che mi lasciate sempre un commento. Lo so che ora c’è la funzione “rispondi”, ma non mi piace, mi fa paura quel pulsantino (ma stai fuori? Ndkai)(:P). mi piace di più rispondere qui nel nostro angolino.
Intanto ho unito i due capitoli precedenti e per chi volesse unire le recensioni eventualmente c’è il pulsante modifica recensione da qualche parte.
Tra il rosso e la francesina, visto che me lo chiedete tutte vi dico solo che nel prossimo capitolo dovrebbe succedere qualcosa, e credo che non sarà proprio quello che tutti si aspettano di vedere wahahahaha!  
Cherry, con i tuoi commenti pensi sempre a gratificarmi, sei troppo buona! Riesci sempre a cogliere tutto. Kai effettivamente era perfetto messo lì. Mi sono chiesta, volendo mettere kai in quella stanza, in quella determinata situazione, cosa farebbe? La risposta ahimè era ovvia -.-…..   
rubis, ciao! Grazie mille! Vedrai ora come l’ha presa il caro yuriy la faccenda. A claire ho fatto uscire gli artigli, ci voleva un po’ della vecchia claire, anche lei era come la sumisu, ma questa volta ha utilizzato la sua perfidia per aiutare i “buoni”.
Giuly, si penni su- è una grande str.èfwpjg ejq ‘ejvn eof +ngoqane. Spero che anche questo capitolo ti diverta, fammi sapere. Un grazie grande grande e un bacio!
 Elena, la reazione di yuriy qui più o meno c’è, non fresca fresca di letto, ma c’è. Grazie mille per i tuoi commenti!
Adesso buona lettura a tutto e buon appetito, vado a mangiare!^^
Ciao!
 
 
 
32. Il cambiamento di Takao

 
-Ho bisogno di fare un giro in città!- così esordì quella mattina a colazione Claire parandosi davanti al tavolo dei ragazzi russi. E come era carina col suo bel sorrisetto illuminato da un mattutino caldo raggio di sole intrufolatosi dalla finestra e che dorava i suoi lunghi capelli. La borsa Gucci era al braccio, le spalle dritte e gli occhi grandi, enormi. Si vedeva che era felice, entusiasta quella mattina. Insomma: il ritratto di una domenica primaverile.
Yuriy rimase con la fetta di pane tostato appesa alle labbra, rassegnato già da quando l’aveva vista apparire sulla soglia della mensa.
Se lo sentiva che quella mattina non prometteva niente di buono, già solo perché era stato svegliato dal fastidioso cinguettio di quei dannati passeri canterini che avevano ben pensato di annidarsi proprio sull’albero davanti la finestra di camera sua.
Boris ridacchiò spalmando la marmellata alla pesca sulla fetta tostata. Sergey impassibile continuò a bere il suo caffè, Kai faceva semplicemente numero a tavola.
-Allora, cosa stai aspettando?- fece energica Claire tutta impettita. –Datti una mossa, Tokyo non è dietro l’angolo!-
-Tokyo?- bofonchiò con tono piatto Yuriy facendo ondeggiare la fetta di pane tostato.
-Sì tesoro!- confermò lei strappandogliela dalla bocca e mollandola nel piatto davanti a lui. Puntò i suoi occhi vivaci e caldi in quelli freddi senza alcuna esitazione. -Dove pretendi che una come me vada a fare compere?- 
Yuriy non cambiò espressione. Piatta e inespressiva: che avesse rinunciato a scrollarsela di dosso?
Fatto stava che non disse nulla, non fece una piega, e Claire tutta compiaciuta girò sui tacchi, contenta e convinta di passare tutta un’intera giornata sola soletta col suo Yuriy!
-Ti aspetto in macchina!- lo avvisò infine prima di sparire con una camminata sostenuta.
-Ah, ti ha fregato amico!- Boris ovviamente non riuscì a trattenersi oltre.
Sergey abbandonò la sua impassibilità concedendosi un sorrisetto divertito, Kai come prima, insistette nel fare numero.
Boris continuò a ridacchiare immaginando l’amico portare pacchi e pacchi di vestiti da un negozio all’altro avanzando nel fiume di piccoli mongoli che inondava le strade di Tokyo. E da non dimenticare il fattore Claire: l’avrebbe conciato per le feste, un idillio di “Porta questo”, “questo come mi sta?”, “color lampone o color tramonto sul mare?”. Si era presa di coraggio la ragazza, dopo “l’incidente” aveva stretto il guinzaglio per bene intorno al collo del suo schiavetto ribelle e questo, forse perché troppo stretto, forse per quieto vivere, non provava a dire più una parola.
-Voi verrete con me.-
Sergey alzò gli occhi dal suo riflesso ambrato dentro la tazza verde per spostarlo su Yuriy.
Boris mollò la fetta biscottata alla marmellata alla pesca sul tavolo scandalizzato e in pieno disaccordo.
-Cosa? Scordatelo, non mi sono fatto battere io da una ragazza…-
Boris si zittì. Gli occhi azzurri del rosso sedutogli di fronte si mossero fulminei su di lui paralizzandolo con uno sguardo di fuoco. Forse non era stato proprio saggio ricordare l’episodio all’amico. Non era consigliabile in nessun modo, figuriamoci così, rinfacciandoglielo. E
ra saggio sapere che Yuriy non aveva preso per niente bene quell’”incidente”, definizione data da lui stesso la prima e unica volta che ne aveva parlato, chiuso e sigillato per sempre la questione in un tabù, e a tutt’ora, a distanza di un mese, la batosta doveva cuocergli tanto da dare l’impressione di sentirne anche l’odore di bruciato nell’aria.
Boris per poco non si risucchiò anche le labbra per rimangiarsi le ultime parole dette. E non bastavano i suoi grandi, verdi occhi pieni di pentimento sormontanti da sopracciglia spioventi o le mille scuse che chiunque altro avrebbe tentato di snocciolare per togliersi dai guai. No, Boris dovette alzarsi remissivamente e a testa bassa e arrendersi per lavarsi di quella colpa.
-Bene, vado immediatamente a vestirmi…- disse dileguandosi.
Ebbene sì, Boris era l’unico, in tutta la scuola, a presentarsi in mensa la domenica mattina in pigiama e pantofole.
 
 
 
 
Dopo un viaggio di due ore certo non si aspettava di trovarsi davanti l’amica nanerottola e il coniglio bianco, ne di sentirsi raccontare una storia tanto assurda.
Takao Kinomiya non c’era, lei era arrivata fin lì solo per affrontarlo.
Takao Kinomiya non l’avrebbe affrontata, ora aveva altri impegni.
Questo era inaccettabile!
Il pugno si strinse lungo il fianco, facendo stridere il tessuto nero del guanto che lo avvolgeva, e Max indietreggiò istintivamente. Alzando gli occhi sulla persona che meno si sarebbe aspettato di veder comparire quella mattina a casa Kinomiya.
Li aveva visti là, seduti in giardino, ma li aveva ignorati. Era entrata direttamente in casa con falcate decise e dopo pochi attimi ne era uscita. Molto probabilmente non aveva trovato la persona che cercava dove si aspettava di trovarla alle dieci di domenica mattina, cioè nel suo letto a poltrire.
A quel punto si era fermata davanti a Max  e Sayu, fino a quel momento tranquilli a prendersi un po’ di sole, e con un cipiglio estremamente minaccioso e intransigente, annuciò con una nota di irritazione il perché della sua presenza lì.
-Voglio Kinomiya! Devo batterlo a beyblade!-
Max però si ritrovò ad aggrottare comunque le sopracciglia incredulo perché in verità Ari non aveva mai mostrato il benché minimo interesse per Takao. Invece una bella domenica mattina di maggio si era svegliata con questo pensiero a quanto pareva.
-Takao non c’è, ha altri impegni ultimamente, non credo che perderà il suo prezioso tempo per una sfida a beyblade!- un esordio davvero coraggioso da parte di Sayu, che non si fece spaventare dallo sguardo pericolosamente acceso che Ari le rivolse a quella battuta. Ma la piccola Sayu era troppo seccata per quella situazione, non aveva mai nascosto il suo disappunto ne le sue aspre critiche neanche di fronte a Takao stesso, e ora aveva ripreso a sbuffare e quell’espressione buffa che le veniva quando era contrariata era tornata a fare capolino sul suo viso tondo e infantile. 
E come poteva mai immaginare Ariel Mayer che Takao, il campione del mondo che era venuta a sfidare e a battere, avesse abbandonato gli allenamenti e che il suo potentissimo dragoon fosse stato risposto nel cassetto dei calzini ad ammuffire da ben due mesi?
Insomma, lei si era fatta ben due ore di treno, più un viaggio lungo anni per riuscire ad arrivare fin lì, e ora lui cosa faceva? Perdeva il suo tempo e il suo talento per le ragazze?!
Una fossetta si formò sulla fronte, proprio tra le sopracciglia. Max deglutì, molto probabilmente Kai avrebbe avuto la stessa reazione a quella notizia, non faceva altro che ripeterselo, ma non poteva negarlo a se stesso: Ari faceva più paura!
-È solo un idiota!- continuò Sayu, quella discussione la animava ad ogni parola. -Le ragazze gli vanno dietro solo perché ora è il più bravo della scuola ed è diventato capitano della squadra scolastica di kendo! E lui lo sa ed è contento così! “È quello che si merita chi è popolare: il massimo!”. Lo odio!-
Era vero, era tutto estremamente e incredibilmente vero, e Max che cosa aveva potuto fare? Anche Kappa non aveva saputo che fare, Daichi si era trovato improvvisamente senza mentore, fratello e amico. Era stata una trasformazione radicale e repentina che li aveva colti impreparati. Dopo tutto chi se lo sarebbe mai potuto aspettare?!
Takao si era tirato a lucido. Takao aveva deciso di cambiare.
Tornato dal raduno aveva preso a studiare, ma seriamente. A ritorno da scuola, chiusa la porta della sua stanza tagliando fuori così Daichi e i suoi schiamazzi, si sedeva alla scrivania e faceva una cosa che nessuno dei suoi amici appollaiati fuori da quella porta immaginava fino a che non iniziarono a piovere strani voti a scuola. Sei, sette, otto… dieci.
A quel punto la spiegazione era solo una: Takao studiava.
A Kappa erano caduti gli occhiali, Max era rimasto a bocca aperta, Rei era rimasto zitto e preoccupato. Tutto questo fuori la porta della stanza di Takao. Inspiegabile, come se avesse preso una brutta malattia. E non semplicemente perché studiava, perché lui non faceva semplicemente questo. Lui sembrava un altro, Takao non era più lui.
Takao era serio, non si faceva distrarre e, cosa ben peggiore e che dava ancor più a pensare, li allontanava, ma non sbraitando come ci si sarebbe aspettati, no, chiedeva loro gentilmente di non disturbarlo. Sorriso cortese, tono gentile e calmo. Disarmante tanto da esiliarli allibiti fuori da quella porta.
Gentile, educato, puntuale; pure il suo sorriso era cambiato, non più solare, spontaneo e travolgente, sembrava anestetizzato.  
Era inquietante. Un giorno lo sorpresero davanti lo specchio a pettinarsi i capelli. Si era vestito con vestiti che non sembravano suoi tanto erano anonimi quei colori.
-Che diamine stai facendo!? Perché ti sei vestito da damerino!?- gli aveva chiesto beffardo e scontroso Daichi buttandosi sul suo letto per dispetto.
-Esco, ho un appuntamento!- disse soltanto, con quel tono gentile e il suo nuovo sorriso anestetizzato, spiazzando Daichi che restò zitto. Da quel momento cadde in una specie di depressione. 
Pure il nonno iniziò a preoccuparsi per il nipote, per il suo cambiamento radicale. Il padre invece liquidò tutto con un’unica spiegazione: -Takao sta crescendo, ha diciassette anni oramai, non è più un bambino. È normale, non poteva giocare in eterno con le trottole!-
Ma si sbagliava, Kappa, Max e Rei lo sapevano e Takao li inquietava. Declinava cortesemente ogni loro richiesta e invito di giocare a beyblade. Solo ad un certo punto di resero conto di non vedere dragoon da tempo. Con timore un giorno gli chiesero dove fosse finito il suo amato compagno, e lui rispose che era “riposto”, parole sue, nel suo cassetto dei calzini. Quando andarono a verificare anche il cassetto dei calzini sembrava quello di un estraneo: era in ordine, tutti i calzini erano piegati e messi in fila per colore e, come notò il professore nello stupore di tutti, ordinati per spessore e pesantezza. Solo dragoon, messo nell’angolino, era indizio che quel cassetto appartenesse a Takao Kinomiya e che non fosse stato rubato a nessuno.  
Ma tragedia arrivò il giorno dopo il suo primo appuntamento.
Era accorsa tutta la scuola in palestra per la grande sfida lanciata da Kinomiya a Kayami Ryoko, capitano della squadra di Kendo.
Una battaglia epica si vociferava ancora per i corridoi, chi aveva assistito quel giorno giurava di aver percepito nell’aria lo stesso spirito che doveva aver animato la mitica battaglia di Sekigahara. 
Takao era diventato un idolo, il numero uno, oltre che il nuovo capitano della squadra di Kendo.
Era diventato un dio, ma non si pavoneggiava come faceva prima, quando non faceva altro che ripetere di essere il campione del mondo di beyblade. Si comportava con naturalezza, per quanto potesse essere naturale quel comportamento per lui, con disinvoltura declinava tutti i complimenti dei professori e dei compagni, e si aggirava per la scuola con quel sorrido ebete, a detta dei suoi amici, sereno e spensierato.
Studiava, si allenava a kendo e accontentava le richiese delle ragazze che desideravano uscire con lui, e conciliava con una facilità tutti questi impegni senza battere ciglio, come se non avesse fatto altro nella vita.
Una sera, arrivati all’esasperazione, Rei propose ad alta voce quello che pensavano tutti e che nessuno aveva avuto il coraggio di dire.  
Erano rimasti troppo turbati dal bacia mano che era loro capitato di vedere per caso da Takao ad una ragazzina che per poco non se lo mangiava con gli occhi.
-Io chiamo Kai!-
Gli altri lo guardarono senza dire una parola, le facce serie e tese. Era un tacito assenso, ma avvicinatosi alla cornetta Rei tentennò. Chiamare Kai era rischioso, pericoloso. Che reazione avrebbe avuto sapendo che il suo rivale di sempre si era ridotto ad un amebe insipida e incolore? Se la sarebbe presa con loro perché non avevano fatto niente e perché non l’avevano chiamato prima? Avrebbe distrutto di pugni Takao? O avrebbe mostrato un disinteresse disarmante perché “Kinomiya si è rivelato un debole, sono affari suoi non miei!”.
C’era da ammetterlo, poteva anche essere quest’ultima possibilità la più plausibile. Dopo tutto Kai era un tipo imperscrutabile, e Rei se lo immaginò ridere malignamente, mettere le mani sulla terra oramai diventato l’indiscusso padrone del mondo. Inquietante ma gli si addiceva molto.    
Alla fine ritirò la mano dalla cornetta e si voltò verso i ragazzi. Forse era meglio aspettare, magari con la fine della scuola e l’inizio di un nuovo campionato Takao si sarebbe ripreso da solo, o almeno sperava.
Era anche vero però che Max non si aspetta che proprio il giorno dopo quella telefonata mancata arrivasse una visita del genere proprio da Ari.
Voleva e pretendeva la sua sfida contro Takao, il vecchio Takao campione del mondo di beyblade, il Takao che ora si trovava fuori, al parco con Mimì, una ragazza della sezione A.
Max deglutì sperando di veder comparire Rei di ritorno dalla spesa. 
Ah, Ari e il suo caratteraccio, non sarebbe mai cambiata!
La porta alle loro spalle si spalancò interrompendo lo sfogo di Sayu.
Era Daichi e non appena vide che la terza persona era Ari, si rianimò come se avesse preso una grossa scossa. Saltò oltre Max e Sayu, che si scostarono di lato giusto in tempo per non riceve una pedata, e si getto addosso alla ragazza senza badare alla sua espressione irritata e intransigente, alla fossetta sulla fronte e alle labbra piegate aspramente per tutta quella storia.
-Finalmente! Finalmente!- urlò Daichi aggrappato al suo braccio in preda alla contentezza più pura. –Ti sfido! Voglio battermi con te!-
Sembrava che gli avessero fatto il regalo più grande che potesse riceve, avere un vero avversario con cui battersi. Dopo l’episodio dell’appuntamento Daichi non aveva trovato in nessuno di loro un valido avversario/ compagno di giochi, e lentamente era caduto in un mutismo che si interrompeva solo quando Ran si metteva di mezzo con le sue battutine impertinenti.
Max si irrigidì. La mascella di Ari guizzò serrandosi in una morsa.
-Daichi, mollala, ti prego!- bofonchiò preoccupato. Certo l’improvvisa espansività di Daichi non stava migliorando il suo già pessimo umore e la sua pazienza.
Ari con la mano libera lo afferrò per il collo della maglia e se lo estirpò di dosso come un’erbaccia secca, con uno strattone netto e deciso e sollevò tenendolo all’altezza al suo viso.
-Sei…. arrabbiata?- chiese Daichi finalmente guardandola in faccia. Effettivamente mancava poco che ringhiasse.
A Max venne per un attimo il dubbio: possibile che nei dintorni ci fosse anche Kai? Che fossero venuti insieme come al raduno!? Se così fosse stato quella si sarebbe trasformata in una vera e propria emergenza! Avrebbero dovuto nascondere Takao, non confessare tutto come aveva ben pensato di fare Sayu, che sbuffò per l’ennesima volta, incrociando le braccia voltandosi dalla parte opposta.
-E tutto questo solo perché Hilary sta con Ryoko! Pensavo fosse diverso, invece Takao è solo un cretino come tutti gli altri!-
Ari si voltò di scatto. Max pure.
-Come scusa?!- chiesero all’unisono, uno incredulo l’altra in un soffio.
Sayu sgranò gli occhi per poi voltarsi verso i ragazzi sperando che non avessero sentito il suo ultimo commento e che non ce l’avessero con lei ma con qualcun altro.
Purtroppo lei stavano fissando in attesa di una risposta.
-Ripeti!- le ordinò Ari con Daichi ancora appeso in aria accanto a lei.
-Niente… non ho detto niente!- si difese lei. Si era lasciata sfuggire qualcosina che doveva forse tenere per se, anche perché la colpa di tutto quello che stava succedendo a Takao, l’aveva dovuto riconoscere, era stata la sua.
-Che c’entrano Hilary e Ryoko?- chiese Max.
-È che…- Sayu indietreggiò istintivamente. –Sai, succedono cose strane che uno non si aspetta!-
-Hilary sta ancora con quello?-
La domanda, decisamente inaspettata da parte di Ari, distrasse Max e Sayu che non credevano certo che una come lei si interessasse a pettegolezzi simili.
-Si, perché?- chiese sbalordito Max sbatacchiando gli occhioni azzurro cielo.
La mano di Ari mollò la maglia di Daichi che cadde a terra, ma lei impassibile continuò con un’altra domanda.
-E questo cosa c’entra con Takao?- disse esigendo una risposta immediata.
-Ecco…- Sayu esitò ma ad un mezzo passo di Ari si decise a confessare tutto. –Qualche tempo fa mi ha chiesto che cosa ha di tanto speciale Ryoko che piace a tutte le ragazza, allora io gli ho detto che è perché è educato, simpatico, bravo a scuola e che il fatto che sia bravo a kendo non guasta. Insomma, non pensavo che poi avrebbe fatto tutte queste cose per soffiargli il posto!-
-Cosa?! Vorresti dire che quell’idiota sta imitando quel damerino!?- sbraitò Daichi tirandosi in piedi. –Solo per uscire con le ragazze?!-
Effettivamente si, era così, anche se non era del tutto corretto. Sayu annuì poco convinta, anche se avrebbe voluto aggiungere che molto probabilmente lo faceva anche perché Ryoko gli aveva fregato Hilary, per dimostrarle che anche lui poteva essere un “vincente” come il suo ragazzo o per dimenticarla o per… ci potevano essere una miriade di motivi che avevano spinto quel pomeriggio in montagna Takao a cambiare, anche perché lui continuava ad affermare di non provare niente di la sua amica, come teneva a specificare ogni volta che glielo chiedeva, Hilary.   
-Ma è assurdo!- esclamò Max, ma Ari lo interruppe.
-Dove si trova in questo momento?-
 
 
 
 
Una risata cristallina e allegra risuonò nell’aria per poi perdersi in un sospiro tra le onde che battevano sullo scafo della piccola barchetta.
Di rimando il ragazzo le sorride. Un sorriso smagliante e rassicurante, mentre continuava a remare lentamente verso il centro del laghetto.
Era una giornata splendida e rigogliosa di una primavera calda che si avvicendava all’estate.
-Pensi veramente che io sia brava?- chiese dopo qualche attimo di silenzio
-Certo! Ti ho vista l’altra volta in palestra.- confermò lui annuendo.
Lei abbassò gli occhi imbarazzata, arrossendo, e si voltò dalla parte opposta guardando la riva alberata. Diverse persone, coppie, bambini passeggiavano tranquillamente all’ombra dei grandi alberi.
-Lo dici solo per farmi piacere.- disse infine con una nota triste nella voce.
-A te piace veramente la ginnastica artistica, l’ho visto mentre ti allenavi, ci metti impegno. Gli occhi ti si illuminano ed è bellissimo. Le altre saranno anche più brave, ma loro non credo che provino quello che provi tu. Tu hai quella marcia che ti farà andare avanti, così avanti da superarle.-
Mimì trattenne il fiato, e lui tornò a sorriderle in quel modo dolce e gentile. Poi i suoi occhi scuri come la notte si spostarono lontano, lasciandosi sfuggire un guizzo di malinconia, smettendo di remare. La barca si fermò oscillando al centro del bel laghetto, tante altre barchette increspavano l’acqua tutt’intorno.
-Takao, cosa succede?- chiese timidamente.
-Non capisco perché vuoi mollare! Sarebbe estremamente stupido…-
Mimì si irrigidì e strinse i pugni sulle ginocchia bianche e scoperte dalla gonna a fiori.
-Scusami, non volevo…-
-No, hai ragione!- si affrettò a dire Mimì afferrando le sue mani in un impeto di coraggio. Solo quando incrociò gli occhi quelli del ragazzo si rese conto di averli preso le mani e di essersi avvicinata così tanto. Arrossì bruscamente e di scatto si allontanò da lui.
-Quindi continuerai.-
Mimì annuì fissando insistentemente le punte delle sue ballerine lillà.
Poi la sua mano la accarezzò sollevandole il viso e, ritrovandosi di nuovo immersa in quegli occhi neri come la notte, sospirò incantata, un brivido le corse lungo la schiena, e le loro labbra si sfiorarono e si baciarono.
Dopo pochi minuti furono di nuovo vicino alla riva. Takao aveva ripreso a remare silenziosamente. Lei si appoggiò al bordo della barca senza poter resistere alla voglia di osservarlo e finendo per restare incantata, tanto lui non ci faceva caso. Era una giornata perfetta con un appuntamento perfetto, sarebbe durato per sempre….
La barca si fermò accanto al piccolo molo di legno traballando.
-Dai andiamo!- le disse sorridendole e tendendole una mano per aiutarla a scendere dalla barca. –Conosco un posticino niente male dove fanno delle okonomiyagi veramente buone!-
Mimì afferrò la sua mano. Aveva una presa salda e sicura, e la tirò su come niente, dandole per un attimo la sensazione di volare.
Si incamminarono sul molto l’uno accanto all’altra, senza sfiorarsi ne dire niente, i loro passi risuonavano sul legno, le risate lontane di bambini e altre coppie li raggiungevano sopra il rumore continuo dell’acqua e della barca che cozzava col pontile.
Fecero pochi passi sul vialetto, poi Takao si fermò. Parve sorpreso, e Mimì capì il perché quando si accorse che guardava una ragazza seduta sulla panchina di fronte a loro.
Era occidentale, con i lunghi capelli castani raccolti in una coda, un giubbotto di jeans un po’ largo, dei pantaloncini neri e ai piedi degli stivali. Sembrava attendere qualcuno ferma lì a testa china e braccia incrociare.
-A… Ari!?-
La ragazza si alzò senza battere ciglio.
Mimì guardò Takao. La conosceva? Che stesse aspettando lui? Sperò di no, ma purtroppo per lei era proprio così.
-Aspetta un attimo…- la congedò con un po’ di imbarazzo e corse incontro alla ragazza fermandosi proprio davanti a lei.
-Ari, che piacere veder…- la salutò, ma non col suo solito trasporto che ogni volta la travolgeva, anche se era estremamente felice di vederla.
-Seguimi!- gli disse dandogli le spalle e andandosene.
-Come? Perché? Aspetta, non posso lasciarla qui…- disse Takao tentennando, diviso tra il seguire l’amica e la ragazza qualche passo più indietro.
Ari non esitò invece, tornò indietro, lo afferrò con forza dalla bella camicia immacolata e, a mezzo centimetro dal suo naso, scandì a tu per tu: -Io e te dobbiamo parlare!-
 
 
 
 
La giornata perfetta, se non si fossero messi in mezzo anche Boris, Sergey e Kai!
E, a volerla dire tutta, qualcosa le diceva che quest’ultimo fosse venuto proprio di proposito per romperle le uova nel paniere.
-Vengono anche loro!- le aveva detto Yuriy spiccio entrando in macchina. Kai le aveva rivolto uno sguardo da bastardo che le diede sui nervi, Boris e Sergey sbuffarono ed entrarono anche loro.
Afferrato il cellulare chiamò immediatamente Ayumi. Assolutamente, non avrebbe passato un’intera giornata con tutti loro, se ne doveva liberare, a costo di trovare la ragazza per tutti e tre nel rigo di due minuti.
Ayumi era già a Tokyo, le chiese di portare un’amica, ci avrebbe pensato lei a tenere occupato Boris in un modo o nell’altro. E Kai…. Kai come se lo sarebbe scrollato di dosso!? Ecco perché era tutto soddisfatto, non riusciva a nasconderlo. Ari non aveva idea di dove si fosse cacciata, era uscita quella mattina prestissimo e non si era più fatta viva.
Ma oramai era troppo tardi, Yuriy mise in moto e partì. Arrivati a Tokyo incontrarono Ayumi e la sua amica. Sembravano due suonate, ma almeno la sua amica era abbastanza carina da riuscire a distrarre Boris. 
Ma Kai, Kai non aveva fatto altro che stare appiccicato a Yuriy per tutto quello che restava della mattinata. Ogni volta che usciva da un camerino con un bel vesto da far vedere a Yuriy lui faceva uno strano grugnito fastidioso che le dava sui nervi. La derideva e si faceva beffe di lei, ogni secondo. Chiedeva come stava e schioccava la lingua, chiedeva quale fosse il colore più bello e inarcava le sopracciglia. Non domandava a lui ma rispondeva sempre e solo lui, e Yuriy stava sempre lì a scambiare uno sguardo complice con quello stupido punkettaro.
Ad un certo punto non ce la fece più e glielo chiese.
-Si può sapere perché sei venuto? Non sei stato nemmeno invitato!-
-Non avevo di meglio da fare!-
A quella risposta gli mollò lo scatolo con le scarpe appena acquistate e se ne andò con un diavolo per capello avanti, lasciando i due indietro. Perché diavolo sua cugina non c’era quando serviva?!
Per fortuna arrivò l’ora del parrucchiere. Lì si sarebbe potuta rilassare, questa volta da sola, senza Yuriy e senza quell’antipatico borioso di Kai. Vennero con lei Ayumi e la sua amica Nami.
Era curioso come la piccola Ayumi non presentasse nessun freno inibitorio alla sua lingua. Parlava a ruota libera del suo amato Sergey senza curarsi minimamente della possibilità che gli altri magari  non volessero sapere i particolari della loro rapporto di coppia, soprattutto per quei dieci minuti buoni in cui parlo di cose che è saggio non riportare e cancellare, se possibile, anche dalla memoria.
Dopo tutto quelle ore con Ayumi le fecero capire che non era solo la ragazza solare che amava vestirsi come una bambola, c’era qualcosa di più in quella sua zucca infiocchettata. E poi Claire scoprì anche che Sergey era un tipo veramente dolce e romantico!
Dopo un paio d’ore finalmente uscì bella che nuova dal parrucchiere più in di Tokyo. Manicure, pedicure, vestito nuovo, trucco e capelli nuovamente del suo castano chiaro e un taglio radicale e fresco: un bel caschetto alla Valentina che le scopriva il collo e le incorniciava il viso.
Fu una soddisfazione tornare dai ragazzi, fermi in un bar, che, dopo un attimo di smarrimento, la riconobbero.
-Ebbene!?- chiese facendo un giro su se stessa. Come sperava che gli occhi di Yuriy si incollassero su di lei e che la notasse, solo questo, solo questo desiderava.
-Che ti faccio a fare un complimento se tanto dopo non me la dai lo stesso!?- sbottò Boris seccato giocherellando col gelato sciolto dentro la sua coppa de lux all’amarena.
Claire indignata gli rispose con un aspro: -Sei un porco!-
Allora si rivolse a Yuriy, decisa a estrargli un’occhiata, un complimento, un minimo di attenzione con la forza.
Si mise in posa e sorrise. –Allora Yuriy, tu che non sei un porco come il tuo amico, cosa ne pensi? Ti piace?-
Yuriy era il ritratto della noia. Stava seduto lì perché ce l’avevano messo, con le spalle a spiovere, il bicchierone di cola ghiacciata in mano e la testa bassa sulla cannuccia, intento a bere solo perché non c’era altro da fare. 
Claire rimase in posa attendendo che almeno alzasse gli occhi dal tavolo, ma non lo fece. Infine staccò le labbra dalla cannuccia e lagnò come un bambino costretto ad andare a fare shopping con la mamma.
-Voglio tornare a casa!-
Claire si sentì avvilire. Girò su se stessa e si sedette accanto ad Ayumi, proprio di fronte al suo più grande cruccio.
-Ti prego, ti ho fatto una domanda!- fece esasperata mollando la borsa a forma di bauletto sul sedile arancione plastificato.
Yuriy soffiò nella cannuccia forte, facendo le bolle.
Claire sospirò e prese il menù senza più dire niente. Dopo poco le arrivarono un tè e un quarto di torta al cioccolato con una spruzzata di panna. Al diavolo la linea, aveva bisogno di consolarsi!
Gli occhi le caddero automaticamente su Kai, che l’aveva ignorata bellamente, come a sottolineare che non era tutto questo splendore straordinario come lei credeva.
Ma stranamente ora Kai sembrava distratto da qualcosa, non guardava semplicemente fuori, oltre il grande vesto che dava su Shinjuku, seguiva qualcosa, lo si capiva perché i suoi occhi si erano assottigliati leggermente.
Cercò di guardare fuori e individuare cosa avesse catturato l’attenzione di Kai. Era difficile a dirsi cosa fosse. La strada era piena di gente e loro guardavano tutto dal secondo piano. Tornò ad osservarlo e cercò di seguire il suo sguardo.
Non guardava la strada, ma il palazzo di fronte. Ci mise un po’ per focalizzare la scena, a causa della gente che ci passava continuamente davanti, ma alla fine la individuò, proprio nel locale davanti il quale era passata prima per arrivare lì.
E come se i suoi occhi si fossero mossi da soli si ritrovò a fissare Kai allibita. Ma questa volta anche lui aveva smesso di fissare fuori e aveva deciso di guardare lei, ma in modo aggressivo, tanto da costringerla ad abbassare lo sguardo come se l’avesse sorpresa a spiarlo in un momento riservato e intimo.
 
 
 
 
Toni seri e pacati. Un incontro che sapeva di segreto, ma nessuno dei due ci stava facendo caso.
-Quindi proponi di fare come dici tu?-
-Sì, possiamo provare.- confermò lui.
-Non capisco questo a cosa possa servire….-
-Non possiamo fare comunque come dici tu!-
-Ne verrebbe un lavoro pulito, te lo assicuro.-
-Ma sei fuori?- le chiese. -Non possiamo levare di mezzo una persona solo perché ci sta antipatica!-
-Perché no?-
-Perché non è normale, e poi si finisce anche in galera, non lo sai?-
-Tsk.- La ragazza incrociò le braccia seccata.
-Proviamo a fare come dico io! E se poi non funziona…-
-Lo faccio togliere di mezzo!- insistette lei.
-No! E smettila, non è divertente!- la ammonì.
-Ok, e se non funziona?-
Il ragazzo portò la cannuccia alla bocca giocherellandoci per un po’. Fuori stava tramontando, il cielo si stava tingendo di rosso, e quella tavola calda era piena, gli schiamazzi coprivano il loro anonimo incontro.
-Troveremo un modo.- rispose infine.
L’altra sospirò e incrociò le braccia al petto, ancora ben poco convinta. -Va bene.- accettò in fine. D’altronde non era riuscita ad ottenere nessuna informazione rilevante a riguardo, ne nessun indizio. Il tizio sembrava pulito, le avevano detto i suoi.
Rimasero in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri e congetture.
-Comunque, come mai sei qui?- chiese ad un certo punto il ragazzo alzando gli occhi sulla compagna che aveva di fronte.
-Volevo battermi a beyblade.-
-Capisco…-
 
 
 
 
 

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Capitolo 33
*** Why don't you love me? ***


33 aoi
Ciao! scusate per il ritardo, ma si sa come vanno le feste, tra studio uscite e i grandi ritorni in famiglia alla fine il tempo si riduce a niente e anche la giusta concentrazione e voglia. Non ho avuto infatti molta ispirazione ultimamente, e neanche ora, infatti credo che alcune parti siano fiacche, ho troppe distrazioni e non riesco a trovare la giusta concentrazione. Questo capitolo è riuscito (nelle sue parti migliori) solo perché l’ultima parte l’avevo scritta praticamente due mesi fa se non più. per il titolo la canzone di beyonce mi ha dato spunto. 
Comunque vi auguro buona lettura. Spero di riuscire a rispondere a tutte e a rileggere per eliminare gli eventuali errori. 
Ciao da pinca!!

33. Why don’t you love my
 
Hilary era perplessa, lo era da molto, ma ora in modo particolare. Era rimasta sveglia per tutta la notte, rigirandosi insistentemente nel suo letto, senza riuscire a prendere sonno in alcun modo a causa di un solo e strano pensiero fisso nella mente.
Era strano, era veramente bizzarro, eppure, a quanto aveva sentito quel pomeriggio nella palestra della scuola superiore Keishi durante le gare di kendo, lo era davvero.
-Takao, si proprio lui!- sentire nominare l’amico aveva attirato la sua attenzione quasi istintivamente, nonostante capitasse oramai molto spesso che il nome di Takao Kinomiya passasse di bocca in bocca per i corridoi della sua scuola. E quante ne aveva sentite in quegli ultimi mesi, e quante ne aveva dovute vedere!
Era iniziato tutto così innocentemente e si era strasformato in qualcosa di veramente… insolito, fino a diventare, come le aveva suggerito Rei, inquietante. E in effetti tutti i torti non li aveva.
Le aveva chiesto tutti i suoi appunti, proprio il giorno dopo che erano tornati dal raduno, se lo ricordava come se fosse stato ieri. Lo aveva sbeffeggiato, dopo tutto come poteva mai aspettarsi che uno come Takao usasse degli appunti per studiare?! Ma lui non aveva fatto una piega, e a pensarci forse quello era stato il primo campanello dall’arme, il presagio di tutto quello che da lì ad una settimana si sarebbe evoluto in un qualcosa di veramente indefinibile e sbalorditivo: una A sul compito di letteratura. 
Anche allora Hilary aveva pensato bene di farsi sbeffa di lui. “Ma guarda, la tua pigrizia per una volta ti ha risparmiato la solita D alla quale eri abbonato!”. Si aspettava che le sbraitasse contro offeso, o che si vantasse per almeno un’ora, chi non se lo sarebbe aspettato?! Ma non lo fece. Le sorrise cordialmente e senza fare una piega, cose se niente fosse, posò il compitò di lato e riprese a leggere il libro di testo.
La lasciò senza parole? Forse, ma da quel momento in poi i voti non furono diversi dal primo, e lei ogni volta, sistematicamente e caparbiamente, lo pungolava scherzosamente e incuriosita, ad un certo punto, da quell’improvvisa impennata di voti.
Voleva sapere da lui stesso il perché della sua nuova e improvvisa condotta.
Difatti non si trattava solo dei voti, ma anche della puntualità. Anche quella fu drasticamente adottata, mentre prima non sapeva neanche cosa fosse. E la sua attenzione e la sua partecipazione alle lezioni non facevano altro che distrarla per la sorpresa. Tanta era la curiosità e la voglia di punzecchiarlo per fargli ammettere che fosse tutta una trovata per ottenere qualcosa – e ne era certa che qualcosa c’era sotto - che più volte i professori l’avevano richiamata perché la sorprendevano sempre girata verso il banco dietro.
Lui una volta le rispose che era arrivato pur il momento di studiare e che non ci trovava niente di strano. Hilary era rimasta zitta a fissarlo quella volta, finché il gessetto del professore di musica non le arrivò in testa.
Certo, lui non ci vedeva niente di strano, Lui! Neanche Ryoko ci vedeva niente di strano, ma lei sì!
E con l’andare avanti se ne convinse anche lei che tutto questo fosse normale, o forse semplicemente Takao col suo comportamento le tolse ogni motivo di canzonarlo e di prenderlo in giro ogni qualvolta prendeva un buon voto. Dopo tutto, cosa c’era da prendere in giro a uno che prendeva sempre A!? Cosa c’era di strano in una persona che decideva di studiare?  Questo era il suo dovere: studiare, no? Come le aveva detto Ryoko, e lei anzi doveva incoraggiarlo e spronarlo ulteriormente.
Sì, era diventata la norma oramai, e i professori non facevano altro che lodarlo e presentarlo come un esempio e un modello per tutta la classe.
Un giorno però le giunsero delle voci. Quel pomeriggio aveva lasciato Takao per tornare a casa ma, neanche arrivata alla sua fermata, che un gruppetto di ragazze delle sua stessa scuola, sedute qualche posto più in là, avevano iniziato a confabulare tra di loro tutte incredule e eccitate. Quella fu la prima volta che sentì il nome di Takao Kinomiya immischiato tra pettegolezzi e voci concitate.
E, sorpresa delle sorprese, seppe che il suo migliore amico aveva sfidato il capitano della squadra scolastica di kendo, non che suo fidanzato, Ryoko Kayami.
Era tornata immediatamente a scuola, quasi di corsa. Cosa era preso improvvisamente a Takao? Che cosa aveva in mente quell’idiota!? Come si permetteva di sfidare Ryoko!?
Non appena lo vide accanito e serio avanzare con tanto ardore addosso a Ryoko fendendo colpi spietati e incessanti per poco non intervenne per rimproverarlo.
Gli tenne il muso per diversi giorni, era arrabbiata con lui, era stato sleale e ingiusto. Aveva spodestato Ryoko, e per quale motivo poi? Per capriccio, non c’era altra spiegazione, a Takao non era mai importato niente del Kendo!
Ma si era dimenticata che non era lo stesso impulsivo ragazzo di prima. Non aveva sfidato così su due piedi il suo ragazzo per chissà quale torto subito, ma per il semplice fatto di volere diventare veramente il capitano della squadra di kendo. Una sfida lanciata nel puro disinteresse nei confronti di Ryoko che la raccolse e che, sportivamente, a fine incontro, si inchinò al suo vincitore consegnandigli spada e ruolo a cui Takao pareva aver mirato come diritto indiscusso.  
Ci volle un po’, ma la arrabbiatura le passò e inconsapevolmente iniziò a comprendere che il suo vecchio amico Takao si stava allontanando.
Ora usciva con le ragazze, e questo era diventato così normale che, una volta giratasi come faceva di solito prima per punzecchiarlo, scambiare qualche chiacchiera o ricordargli qualche compito che lui sistematicamente non aveva fatto, si ritrovò a guardarlo in silenzio.
Lui inclinò il capo di lato e le sorrise cordialmente. “Dimmi Hilary, hai bisogno di qualcosa?”
Lei scosse la testa rendendosi conto di non trovare niente da dirgli. Avrebbe dovuto prenderlo in giro, farlo imbarazzare o innervosire perché stava per uscire con una ragazza, e invece niente. Tornò a girarsi dall’altra parte a fissare con espressione vuota il quaderno di matematica aperto davanti a se.
E le voci che giravano certo avevano dell’incredibile, e lei le aveva sempre respinte con un certo scetticismo. Si raccontava che Takao fosse un vero galantuomo, che sapesse come fare sentire come una principessa una ragazza, un rubacuori bellissimo, e, cosa ancora più assurda di tutte, che fosse un magnifico baciatore! Sensibile, bello, intelligente, chi più ne ha più ne metta. Le compagne di classe non facevano altro che ridacchiare svanite e salutarlo stupidamente ogni volta che potevano.
Leggende di corridoio, si diceva ancora in giro, ma certe voci erano sin troppo insistenti, finché un giorno Mina, sua compagna di classe, non le si avvicinò cercando conferme.
“Allora Hilary, Takao è proprio come si dice in giro? Tu lo conosci da molto più tempo, per te non deve essere stata una grande rivelazione!” le disse ammiccando in modo strano.
“Hai capito a Hilary! Tanto disinteressata e alla fine è stata e sta con i ragazzi più carini e promettenti della scuola!” aggiunse immediatamente Seimi scatenando le risatine delle compagne.
Hilary tra un misto di perplessità e incredulità, cercando di convincersi di aver frainteso, chiese spiegazioni e queste, per tutta risposte le dissero: “Non fare la santarellina, come se non lo sapessero tutti che tu e Takao prima facevate coppia fissa!”
Quell’affermazione così sfacciata la fece scattare dalla sedia come una furia, ma una risata spensierata la fece voltare riconoscendovi a stento la voce di Takao, pacata e tranquilla.
Si avvicinò a lei e, poggiatole una mano sulla spalla. La fece cadere di nuovo seduta al suo posto, senza più un briciolo di quella grinta che si era sentita prima, catturata da Takao e dal suo modo affabile e galante di affrontare la situazione e Mina.
“Hilary e io siamo sempre stati amici. Piuttosto, cosa ne direste di venire a vedere gli allenamenti questo pomeriggio? Mi farebbe molto piacere….”
Insomma, per quanto appoggiasse favorevolmente, insieme a Kappa, l’interesse e l’impegno di Takao per lo studio, si ritrovò comunque stranita da tutto questo. Cercava di prenderla positivamente e di affrontare la cosa come se fosse normale e giusta, ma la voce che in quell’ultima settimana aveva iniziato a circolare certo non la stava aiutando.
Ebbene, il pomeriggio prima alla partita di kendo tra le due scuole aveva sentito il malcontento e il disappunto di un gruppo di ragazze della sezione F.     
“È un vero peccato, è così carino. Mi sarebbe piaciuto uscire con lui!”
“Come se poi tu avresti mai avuto il coraggio di chiederglielo!”
“Ma ne siete sicure?”
“Certo, Nari stessa gli ha chiesto un appuntamento e lui l’ha rifiutando dicendolo chiaramente!”
“Uff, quindi è ufficiale!”
“Oramai non esce più con nessuna ragazza, quindi sì, è ufficiale, Takao Kinomiya si è fidanzato!”
La batosta fu grande. Quelle ultime parole la spiazzarono e cominciarono a vorticarle nella testa, e non fecero altro per tutta la sera.
Si sentiva come frastornata, quella era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, la conferma di trovarsi di fronte a un Takao che non era più Takao. Ora le sembrava lampante, sembrava uscito da un mondo alternativo, un universo parallelo.
Improvvisamente si accorse di avere davanti una persona che aveva preso possesso del corpo di Takao tanto era diverso dal suo Takao, l’amicone sfaticato, presuntuoso e campione del mondo di beyblade. E il suo migliore amico?! Che fine aveva fatto? Ci doveva essere ancora il barlume di lui da qualche parte!
Ma forse si stava allarmando inutilmente, tutti cambiano, tutti prima o poi decidono di mettere la testa a posto. Il suo migliore amico stava ancora lì, era stupido quello che stava pensato.
Sospirò impensierita e si tirò su uscendo dalla vasca. L’acqua aveva smesso di essere bollente già da un pezzo, il vapore acqueo non saliva più verso l’alto scaldando l’aria.
Dopotutto la colpa era anche sua se Takao le sembrava così distante e diverso. Si era allontanata per stare con Ryoko, e in quel periodo lui era cambiato e lei aveva fatto finta di niente, facendo allontanare Takao a sua volta. Solo adesso si rendeva conto che, da quando si era fidanzata con Ryoko, i ragazzi e i beyblade erano passati in secondo piano, e ora le mancavano, le mancavano veramente tanto.
Si lasciò scivolar via l’accappatoio, si vestì e raggiunse la casa di Takao. Era quasi buio, ma poco importava, sicuramente a casa Kinomiya a quell’ora c’era la solita confusione.
Quando arrivò sentì dei rumori provenire dal giardino di fronte al dojo, e fu quasi sul punto di girare l’angolo e scorgere Takao che una mano le tappò la bocca e la trascinò dentro casa ignorando le sue proteste.
Quando la mollò fu libera di accanirsi contro il ragazzo che indietreggiò facendole segno di tacere.
-Che cavolo di modi sono questi, Rei!?- sbraitò comunque.
-Qualcuno mi spiega perché l’ochetta invece è sempre la stessa?- chiese Daichi seduto per terra davanti al televisore intento a spulciandosi tra le dita dei piedi con molta cura.
-Daichi, fai schifo!- sentenziò la ragazza non riuscendo a trattenersi a quella orrida visione.
-Ehm, si, su questo concordiamo tutti!- disse Rei prendendo la parola. Sembrava in procinto di iniziare un discorso, senza parere però da dove partire. Si scambiò uno sguardo serio e impensierito con  Max, seduto sul divano accanto alla piccola Ran.
-Ragazzi, è successo qualcosa?- chiese Hilary allarmata dallo strano comportamento dei due. Era capitato poche volte di vedere Max così serio.
-Takao.- spiegò il cinese rivolgendosi a lei, come se questo spiegasse la loro apprensione.
-Takao cosa?-
-Si sta allenando.- aggiunse Max.
-E bene? Non vedo cosa ci sia di tanto strano, dopo tutto ora ci sono le finali regionali del torneo di kendo….-
-Il fatto è che …- Rei sospirò e continuò. -non si sta allenando a kendo. Ha ripreso Dragoon! L’aveva messo da parte praticamente da quando siamo tornati.- spiegò Max.
-Ha ripreso a giocare a beyblade?!-
I due annuirono simultaneamente.
-Improvvisamente, un’ora e mezza fa, sono uscito e l’ho trovato a lanciare dragoon proprio qui fuori.- spiegò Rei. –All’iniziò non ho detto niente, ma quando gli ho proposto di fare una sfida ha declinato gentilmente la mia offerta… lo sai insomma, come fa ultimamente.-
-Così mi ha chiamato e sono venuto subito qui!- continuò Max. –Non ci potevo credere, volevo vedere con i miei occhi!-
-Ha detto che voleva allenarsi da solo! Quel babbeo si vergognerà sicuramente di mostrarci come si è ridotto in questi ultimi due mesi di ragazze e libri!- aggiunse Daichi arrogante come al solito, analizzando qualcosa di nero sul suo dito indice, cosa che disgustò oltre ogni misura Hilary.
-Beh, non crediate di avere lo scoop esclusivo… io so di peggio!- aggiunse infine rivolgendosi a Max e Rei. –Takao… ha la ragazza!-
Rei e Max si scambiarono un ulteriore occhiata perplessa. Forse si aspettavano qualcosa di peggio, magari una rivelazione del tipo “il vero Takao è stato rapito dagli alieni e quello fuori che lancia Dragoon e un mollusco strasfigurato nel loro amico”. Questo sarebbe stato sconvolgente… e avrebbe sicuramente spiegato molte cose, ma questa non sembrava poi tanto una novità.
-Beh, Hilary, Takao è già da un po’ che esce con le ragazze…- le illustro cordialmente Max con un sorrisetto imbarazzato.
-No,- insistette Hilary. -Takao si è fidanzato!-
La porta scorse sui binari ma nessuno ci fece caso nel sentire quella notizia che aveva dell’incredibile.
-Takao si è fidanzato!?- ripeterono in coro tutti, anche Ran e Daichi.
-Sì, e quindi?- fu questa volta la voce di Takao ad intervenire zittendo i presenti. –Che c’è di strano?- chiese passandosi un asciugamano rosa intorno al collo, fermo sulla porta.
Nessuno rispose. rimasero zitti e muti ad osservarlo mentre attraversava la stanza con faccia indifferente.
-Vado a farmi un bel bagno caldo, dopo un duro allenamento ci vuole proprio…. Oh, ciao Hilary!-
aggiunse infine aprendo la porta che dava sul corridoio.  
-Scusa, Takao ma….- lo chiamò Hilary prima che si chiudesse la porta dietro.
Lui si fermò. Le sopracciglia scure si inarcarono nel notare l’esitazione dell’amica.
-Sì?-
-Perché non hai detto niente?-
Le rivolse quel sorriso, lo stesso che le rivolgeva praticamente da due mesi, e che le diede un fastidio indescrivibile. Era di un garbato così finto che per un attimo ebbe l’impressione che quella fosse tutta una grande e gigantesca presa in giro.
-Scusate, effettivamente avrei dovuto. Perdonatemi!-
 
 
 
 
 
 
 
Claire era corrosa dalla voglia di sapere cosa avesse il suo futuro fidanzato. Certo, ancora non sapeva di che tipo di futuro si trattasse, remoto, prossimo, ma che Yuriy sarebbe diventato il suo ragazzo era, per lei, oramai dato per scontato. Il quei giorni la sua solita indifferenza non l’aveva fatta penare più di tanto. Non aveva minimamente fatto una grinza davanti al suo taglio nuovo, ma ciò non significava per forza che non l’avesse notato. Lui era Yuriy, non era da lui fare complementi gratuitamente.
Così in quella settimana si era ripresa d’animo, complici anche le belle giornate e l’estate alle porte, e si era messa un termine: entro la fine di quell’anno scolastico Yuriy sarebbe diventato il suo ragazzo. Già sognava di presentarlo a sua madre!
Quindi, a concorrere alla sua felicità, c’era anche l’avvicinarsi della fine della scuola.
Era decisa, era convinta, era di ottimo umore, ma il cipiglio preoccupato di Yuriy la stava facendo impensierire.
Qualcosa lo stava turbando in quei giorni. Gli occhi erano stanchi e vigili, il viso tirato e, cosa ancor più curiosa, una barbetta pallida e rossiccia era cresciuta sul mento con un accenno di baffetti. Inutile dirlo, le piaceva da impazzire! Gli dava un’aria leggermente trasandata, fantastica!
E in quel momento lei, invece di studiare e considerare il libro che aveva sotto il naso, come avrebbe dovuto fare, stava lì a sospirare e a fissarlo impensierita tanto quanto lui, ma senza sapere il motivo. Lui stava male e lei stava male nel vederlo così.
Solo Sergey, seduto tra i due, si era accorto della strana ed imbarazzante situazione. Non sapeva che cosa avesse l’amico, ma intanto non si era accorto minimamente che Claire lo stava fissando tra sospiri e apprensione da praticamente un’ora e mezza. La stessa cosa a colazione, a lezione di matematica, di ginnastica, a pranzo, a lezione di storia e ora in aula studio.
Era tanto esasperante che ad un certo punto si alzò e se ne andò, e nessuno dei due se ne accorse tanto erano presi l’una dall’altro e l’altro dai fatti suoi!
Yuriy voltò per l’ennesima volta pagina, con gli occhi piantati sul libro, leggendo a vuoto. Le parole scorrevano insignificanti sotto il suo sguardo cupo, mentre tornavano a formarsi nella sua mente quelle dell’articolo di giornale letto per caso qualche giorno prima. 
E ancora non ci poteva credere. Non aveva detto niente a nessuno di loro, non gli sembrava vero, eppure lo era. La fine di un’epoca.
Vorkof era morto.
La fine di un lungo e terribile periodo.
Trovato morto in un piccolo monolocale, ad una settimana dal suo rilascio. Qualcuno aveva pagato la cauzione, ma chi? Questo non c’era scritto in quell’articolo a pagina sette. Il corpo era stato trovato per sbaglio, a tre giorni dalla morte. Domenica…. Dove era stato lui domenica?
A Tokyo, con i ragazzi, inconsapevoli di tutto, inconsapevoli che il loro aguzzino stesse esalando il suo ultimo respiro in una stanza alla periferia est di quella stessa città.
Un omicidio strano, molto. Era stato sgozzato, un taglio netto e profondo.  
Sospirò profondamente giungendo le mani davanti al viso, continuando a fissare la pagina bianca e nera.
Non era la morte in se ad averlo sconvolto, ma ciò che significava. Sembrava che il passato fosse stato sgozzato proprio come quel bastardo e seppellito insieme a lui sotto tre metri di terra.
Solo una cosa ora lo preoccupava seriamente, tanto da far passare in secondo piano il fatto che avrebbe dovuto dire a Sergey e Boris dell’accaduto: Ariel.
Lì fuori non era come nella Borg, ne come in Russia. Quello era un mondo completamente diverso, e loro avevano un ruolo completamente diverso.
L’aveva capito? Lo sapeva? Sapeva cosa rischiava?
La farei pagare anche a quel bastardo di Vorkof, ma per sua fortuna è chiuso in carcere… e gli conviene rimanerci se tiene cara la pelle! Adesso le parole che Ariel aveva detto sembravano più vere di quando lo furono allora, prendendo forme concrete in quell’omicidio.
Era ancora la stessa di quella volta che aveva sabotato i piani di Hito Hiwatari? Lei aveva tutti i motivi di questo mondo di mantenere la minaccia fatta allora.
Ma intanto lui si dannava e passava la maggior parte del tempo a rimuginare e a fissare di sottecchi la compagna ogni volta che se la ritrovava intorno. Dove era stata quella domenica? Cosa aveva fatto? Perché diamine non era venuta con loro? Che fosse veramente lei l’autore di quell’esecuzione?
-Yuriy…- la voce incerta di Claire lo destò dal suo isolamento, portando i suoi occhi rabbiosi e sfavillanti su di lei.
-Tutto bene? È successo qualcosa?-  
Yuriy rimase in silenzio a fissarla come se stesse ponderando quelle parole e studiando il modo migliore di rispondere.
Lei aggrottò la fronte perplessa. Sperava che si confidasse, o che semplicemente sapesse che c’era sempre lei lì disponibile, che poteva contare sul suo aiuto.
-Domenica scorsa, ricordi per caso tua cugina cosa ha fatto?- chiese a bruciapelo.
Claire sospirò e abbassò finalmente lo sguardo sul suo libro di storia. Sua cugina, perché le chiedeva di lei? Che avesse combinato un altro guaio dei suoi? Ma a quanto pareva era l’unica cosa che attirava l’attenzione di Yuriy.
-Quando siamo stati a Tokyo….- incalzò lui impaziente.
-Veramente….-
Nel sentire rinominare quella giornata passata a Tokyo le tornò immediatamente in mente Kai e la sua espressione mentre guardava verso il basso, al di là del vetro in quel locale di Shinjuku. Le venne spontaneo mentire, nascondere tutta la vicenda per Kai, le parve la cosa più giusta.
-Non lo so… È uscita di mattina presto, non so…-
-Presto quanto?- domandò ancora Yuriy.
Claire si strinse nelle spalle cercando di ricordare che orario segnava la sua sveglia quando Ari l’aveva svegliata sbattendo la porta uscendo dalla loro stanza. 
-Le cinque e mezza credo, non ricordo bene…-
Ma questo bastò a Yuriy che tornò a chiudersi nella sua apprensione. Era lo stesso orario in cui anche Kai usciva quando doveva andare a Tokyo.
Questo però non andò per niente bene all’ormai rinnovata bruna che, sperando ardentemente in qualcosa di più, si spose verso il ragazzo pronta ad insistere. 
-Yuriy, hai bisogno di qualcosa?-
-Sì…-
Claire sussultò incredula. Era pronta a fare qualsiasi cosa pur di risollevargli il morale e alleviare la sua preoccupazione, qualunque fosse la causa.
-Sparisci!-
Si sentì mancare il terreno sotto i piedi.
Yuriy con noncuranza prese la matita e riprese a sottolineare senza neanche lanciare una fugace occhiata alla ragazza di fronte a lui che improvvisamente si ritrovò come presa a tamburate. No, non gliene stava fregando niente di lei, l’aveva praticamente stesa con una sola parola e non se ne era neanche reso conto, come non si era accorto di un sacco di cose che, a quanto pareva,  riguardavano sempre lei d’altronde, insensibile e menefreghista come era.
La sedia strofinò sul pavimento. Frastornata e incredula prese il libro e se lo strinse al petto, col cuore sgonfio e sgomento. Fece solo qualche passo lontano da quel tavolo prima che quella parola orribile le tornasse a risuonare nella mente svegliandola da quel torpore con un moto di rabbia ed orgoglio. Non gli avrebbe permesso di umiliarla così!
Mollò il libro sul tavolo, cosa che fece voltare molte teste. Yuriy alzò lentamente gli occhi azzurri sulla ragazza, infastidito dalla sua onnipresenza e dalla sua presunzione, e poggiò con delicatezza la matita, incrociando infine le mani. Sì, perché sicuro come la neve a Mosca, ce l’aveva con lui!
Lei guardava fisso la copertina del proprio libro di storia, che teneva fermo incollato al tavolo come se potesse scappare da un momento all’altro.
-Dimmi!- la incoraggiò con tono asciutto e paziente. 
Claire deglutì a vuoto più volte prima di decidersi a parlare. Era amareggiata, intenzionata a dirgliene quattro, ma alla fine l’unica cosa che le uscì fu un tremolante e acuto: -Yuriy….- che attirò nuovamente l’attenzione dei ficcanaso seduti agli altri tavoli e che lasciò il soggetto in questione in attesa della ramanzina o della solita valanga di parole boriose e indignate.   
Ad un gesto incalzante del rosso afferrò la sedia dove fino a poco tempo prima il lungimirante Sergey era seduto, e si sedette quasi in punta, come se a momenti dovesse scapparsene, con gli occhi ormai inchiodati sull’immagine della copertina del suo libro.
-Non devi trattarmi così!- sibilò a mezza bocca respirando a malapena.
-Così?- chiese Yuriy derisorio facendo schioccare la lingua. –E perché non dovrei?-
-Non devi perché io voglio che tu diventi il mio ragazzo!- 
Il silenzio divenne palpabile, i due seduti al tavolo rimasero immobili per parecchi minuti, e non fu difficile per terzi immaginare che cosa passava per le menti sconvolte di quei due ragazzi. Magari lei non riusciva a crede di aver detto così schiettamente e inavvertitamente una cosa del genere, mentre lui forse era rimasto spiazzato.
Dopo sei minuti abbondanti in cui lui fissava lei e lei fissava il libro senza muovere un muscolo, Yuriy decise di fare schioccare la sua lingua e fare sfoggio totale della sua insensibilità. Chiuse con uno scatto il libro, si alzò e se lo mise sotto braccio.
-Credo che questo non sia un motivo valido!-
Quando si voltò per andarsene molte teste si chinarono esageratamente sui libri facendo finta di studiare.
Claire lo seguì a breve, determinata e incaparbita. Voleva andare fino in fondo e affrontarlo. Nessuno dei presenti sarebbe riuscito a discernere i veri pensieri dalla strana espressione contratta e acidula della francese. Sembrava che stesse mangiando un limone.
Arrivati fuori dall’aula studio lo chiamò di nuovo.
Yuriy spazientito roteò gli occhi al cielo e si voltò sbuffando.
-Yuriy, io sono molto preoccupata per te!-
-E perché?- chiese lui con fare insofferente.
-Perché è successo qualcosa e si vede che stai male!-
Lei continuava come un carro armato, intenzionata a non fermarsi di fronte a niente, pronta a sbattere pure contro un muro di cemento armato e tornarci a sbattere senza indugio, finché non l’avrebbe abbattuto come qualsiasi altro ostacolo che le si sarebbe parato d’innanzi. Forse per questo teneva gli occhi bassi, per non rendersi conto contro cosa stava lottando. Ma per abbattere il muro che la divideva da Yuriy questo era l’unico modo, anche se faceva tremendamente male.  
-Tsk! Che sciocchezza!- Yuriy infine tornò a voltarsi, preferendo minimizzare quel commento.
-No, non è vero!- Finalmente staccò gli occhi da terra e li piantò su di lui con impeto. –Qualcosa ti preoccupa, stai male e io…-
-E tu?- chiese esasperato Yuriy.
-E io sto male con te! Non riesco a vederti così e non sapere cosa ti fa stare male, non sapere come aiutarti….- prese un respiro profondo e fece un passo avanti avvicinandosi a lui. Non sapeva dove stava trovando il coraggio per dire tutto quello, ma dopo quasi un anno si sentiva sollevata per essere arrivata a quel punto.
Allungò una mano che andò a poggiarsi sul braccio del ragazzo, e la presa si fece salda, trovando la forza, quasi estranea, di tirarlo e farlo voltare verso di se per guardarlo dritto negli occhi, sperando, per una volta, di riuscire a impressionarlo.
-Io ti amo!-
Ma il suo sguardo rimase gelido e sempre più altezzoso.
-E bene, vedi di risolverla da sola allora. Non sono affari miei questi!- si staccò con uno scatto dalla sua presa e riprese a camminare per tornarsene in camera, deciso più che mai ad ignorarla.
Ma la sua voce rabbiosa e graffiata lo raggiunse inavvertitamente arrivato alla fine del corridoio, proprio di fronte alle scale.
-Cosa mi manca!?-
Scese il primo gradino, ma ancora, determinata e incrollabile tornò a parlare rendendo incerto il passo seguente.
-Cosa ho che ancora non va?! Accidenti, guardami, l’hai mai fatto?-
Yuriy si voltò seccato, convinto di trovarla in lacrime, sbagliandosi quando constatò che erano indignazione e rabbia quelle dipinte sul volto della ragazza.
Claire lanciò il libro a terra e prese a camminare nella sua direzione.
-Io faccio di tutto per piacerti, per essere perfetta! Do il massimo per essere elegante, educata, bella, intelligente, per essere il massimo di quello che si può volere. Perché non mi noti!? Dimmi perché non mi ami?-
Oramai lo fronteggiava, e non gliene fregava niente del fatto che lui avesse risposto così freddamente alla sua dichiarazione. La cosa che più le bruciava era quella sconfitta.
-Cavolo Yuriy, sono francese, sono l’emblema della perfezione!-
-Si infatti, sei boriosa, arrogante, presuntuosa e antipatica! La modestia non è mai stata di casa in Francia!- disse senza fare una piega Yuriy.
-Io, boriosa?! E tu sei altezzoso e frigido!-
-Frigido!?-
-Sì, sei una zitella acida!-
-Solo perché non ti apprezzo e non penso che tu sia bellissima e fantastica come vorresti, non vuol dire che io sia frigido!- rispose senza riuscire questa volta a nascondere il fatto che l’ultimo commento l’avesse punto-
-Si che lo sei! Con chiunque, anche con i tuoi amati compagni, sei frigido e acido!-
-E allora smettila di starmi dietro e di torturarmi se è così!- questa volta fu chiaro che parve offeso.
-NO!-
-No!?-
-No!- ripeté lei testarda pestando un piede a terra.
-Spiegami perché, non ti sopporto!-
-Perché io non mollo! Tutto quello che voglio lo ottengo!-
-Ah, ecco! Perché sei una viziata, ecco spiegato il motivo! Beh, mi dispiace principessa, ma questa volta il tuo ricco paparino non può fare niente!-
-Non sono viziata!- ringhiò Claire.
-Si, lo sei! Sei solo una mocciosa presuntuosa.-
-E tu sei un egocentrico! Chi cavolo ti credi per giudicarmi? Scendi dal tuo piedistallo, bello, non sei un Dio! Solo quei due babbei sei tuoi amici ti stanno dietro!-
-Non mi credo un Dio!-
-Io non devo dare retta a nessuno! Io non sbaglio mai! Tsk! Boris sta zitto, sta fermo, non ti lamentare! Sergey fai questo, fai quello, va a chiamare quell’inetto di Boris, non farmi incontrare Mayer oggi che non ne ho proprio voglia….- gli fece il verso con tanto di smorfia, cosa che fece strabuzzare gli occhi a Yuriy che non si immaginava tanta sfrontatezza nei suoi confronti. -Li comandi a bacchetta quei poveri scemi!-
-Non è vero che li comando a bacchett…-
-Perché non lo chiedi a loro…-
-Non ti impicciare in cose che non ti riguardano!-
-Appunto! Nessuno deve mettere in discussione quello che fai!-
Quello fu troppo: le narici di Yuriy si dilatarono di indignazione e, senza sapere cosa ribattere, si girò e scese le scale.
-Te ne vai? Questa è una conferma che ho ragione io!- continuò a parlagli contro lei seguendo imperterrita fino alla sua stanza.
-Smettila si seguirmi, tanto non ne esce niente!-
-E tu perché te ne vai? Non ti conviene più il discorso!?-
Yuriy aprì la porta ed entrò e mollò il libro sulla scrivania nell’angolo. Poi si voltò e tornò a rivolgersi direttamente a lei con tutte le intenzioni di troncare il discorso lì.
-Allora te lo dico una volta per tutte: continua pure a sbavarmi dietro se vuoi, ma…-
-Io non sbavo dietro nessuno, sono gli altri che sbavano dietro me!- sbottò lei incrociando le braccia in petto.
-Ragazzi, basta con tutti questi discorsi di bava, è disgustoso!- intervenne distrattamente Boris sfogliando una rivista di costumi da bagno, seduto sul davanzale della finestra.
-Mia cara, mi dispiace disilluderti, ma nessuno ti corre dietro, questa è solo una tua convinzione!-
Lo sguardo scocciato di Kai li seguiva in silenzio dal suo letto.  
-Questo lo dici tu che sei così frigido da non accorgerti di niente che sia al di fuori di te!-
-Se, certo!-
-Nessuno mi snobba mio caro, tanto meno tu!-
-E poi dice a me che sono egocentrico!- sbuffò lui desideroso di tornare ad ignorarla.
-Si, lo sei!-
A suo giudizio quella discussione era arrivata alla fine già dalla sua nascita, quindi si buttò seduto sul suo letto e, rivolgendole una fugace occhiata, decise di chiarirle definitivamente la situazione.
-Sei anche dura di comprendonio a quanto pare! Non mi piaci, ok!? Se mi tartassi con le tue continue richieste per questo, beh, ti chiedo di smetterla, perché tanto non cambio idea! Lo vuoi capire che non hai speranza con me!? Nemmeno un pazzo starebbe con te e lo vuoi sapere perché?! Perché sei odiosa e, a quanto pare, pure scema se non l’hai ancora capito! Ora, se permetti, vorrei fare il mio riposino pomeridiano…-
E detto questo si sistemò il cuscino sotto la testa e li coricò dandole per di più le spalle.
Il silenzio scese nella stanza, solo lo sfogliare delle pagine del giornale di Boris e i rumori esterni lo interrompevano pigramente.
Claire si morse il labbro internamente. Guardò i ragazzi presenti nella stanza. Boris voltò pagina disinteressato, Kai fissava il soffitto disinteressato. A quel punto la porta si aprì ed entrò Ari, completamente ignara della discussione avvenuta fino ad un secondo prima, e interessata solo ad una cosa.
-Yura, mi prendo le tue sigarette!- lo avvisò Ari, sfilandogli le sigarette dalle tasche dei pantaloni senza fare complimenti. 
Nonostante lo strano silenzio e la faccia della cugina in piedi nel bel mezzo della stanza, non sembrava neanche propensa a sapere. In verità non aveva guardato nessuno, si era diretta dritta alle tasche di Yuriy.
Claire non resistette più, si aggrappò al braccio della cugina. Oramai quasi alle lacrime, disperata, la scosse.
-Ari…-
-Che vuoi?- le chiese questa scocciata senza neanche guardarla in faccia, con una sigaretta appesa alle labbra che cercava di accendere, per quanto le fosse possibile con Claire aggrappata al braccio che la strattonava.
Claire provò a parlare e guardò di nuovo Yuriy steso sul letto che la ignorava bellamente.
Lasciò la cugina che se ne stava fregando di lei, e si rivolse a Boris questa volta.
-Boris!- oramai le lacrime uscivano copiose, e la voce le tremava. Un singhiozzo le sfuggi. –Non gli dici niente?-
-E che gli devo dire?- le rispose lui con gli occhi incollati sulle tette della signorina a pagina ventisette.
Claire si guardò intorno incredula. Boris se ne fregava, Kai si faceva gli affari suoi, sua cugina, che avrebbe dovuto difenderla, fumava spensierata e Yuriy…. Erano un branco di insensibili, che stanza di pazzi era quella!?
-Ari, digli di chiedermi scusa immediatamente!- le ordinò con voce acuta.
-A chi?!- chiese lei aggrottando la fronte e buttando fuori una boccata di fumo.
-A Yuriy!- e lo indicò.
-E perché?!-
-Yuriy le ha rifilato un palo e Claire l’ha preso in pieno!- spiegò spiccio Boris volando pagina.
Claire sconcerta, lo fissò a bocca aperta. Allora aveva capito tutto e non gliene fregava veramente niente. E poi che spiegazione umiliante era quella!?
Ari ghignò in direzione di Yuriy e si chinò sul suo capitano prendendolo per un orecchio.
-Ancora, dopo tanti anni, non hai capito che i pali non si rifilano ma si infilano? Quante volte te lo devo spiegare?-
Yuriy la scacciò con un gesto infastidito della mano, come se fosse una mosca molesta. Kai sbuffò sonoramente e si voltò dall’altra parte dandole le spalle. Quanto lo infastidiva quella sua volgarità gratuita da scaricatore di porto.
Claire strinse i pugni e si rivolse a Ari incredula e amareggiata più di prima a causa di quel tradimento. Lacrime miste di umiliazione, delusione e amarezza scendevano solcando le guance già bagnate.
-Io ti ho difeso da quella arpia! Credevo che ci tenessi a me, e invece ci ridi sopra!? Fai schifo Ariel. Sono tua cugina e non stai dalla mia parte neanche per questo! E tu….- continuò ora rivolgendosi a Boris, -sei solo un sottomesso del cazzo! Non hai le palle e non le hai mai avute per metterti contro Yuriy, neanche per difendere una amica! Appena te lo dice lui abbassi la testa e ti stai zitto come se fossi il suo cagnolino!-
-Questo l’ho sempre detto anche io…- ci tenne a sottolineare Ari che sembrava non essere stata minimamente toccata dalle parole e dalla disperazione di Claire.
-E zitta tu! Sei solo cavoli tuoi! Io sarò pure egocentrica, ma qui siete solo un inutile ammasso di insensibili, egoisti e vigliacchi! Pensavo che valeste di più, ma mi sbagliavo, siete solo un gruppo di disadattati!- 
Lanciò a tutti un’ultima occhiata piena di disprezzo ed uscì sbattendo la porta.
-Finalmente un po’ di pace!- sospirò Yuriy rilassandosi contro il cuscino e impedendo quel silenzio che sarebbe stato anche abbastanza strano ma dovuto dopo tutto il trambusto che era irrotto con Claire e Yuriy.
-Ma che cazzo le è preso? Io volevo solo andare a farmi due birrette!- disse Ari lasciando cadere la cenere nel posacenere di latta sul comodino.
-Vengo anche io!- scattò subito Boris facendo volare via in un batter d’occhio il giornalino di automobili da corsa.
-Bene!- fece Ari per poi rivolgersi ai ragazzi che erano rimasti sui letti a poltrire. -Voi due invece, non venite?-
Yuriy le fece segno con la mano di andare pure, mentre Kai le fece un altro segno, ma col dito medio.
-Con quello ci giocate tu e Yuriy quando me ne vado, mio caro! Divertitevi pure…- rispose Ari chiudendosi la porta dietro.
Dopo qualche minuto Yuriy si rigirò nel letto. Non riusciva a prendere sonno. Ma perché?
Ci pensò su, poi gli tornò in mente Vorkof e il mistero della sua morte. Ora che ci pensava Ari le era sembrata anche piuttosto allegra. Insomma, voleva prendersi qualche birra in compagnia, questo per lei doveva essere il massimo della pacchia.
-Sei stato duro con Claire!-
Yuriy sgranò gli occhi e un sorrisetto immediato e beffardo comparve sul suo viso.
-Cosa odono le mie orecchie! Kai Hiwatari che si impiccia di questioni che non sono le sue e, per di più, di stampo amoroso!- fece sarcastico.
-Era solo una considerazione la mia.- rispose il compagno dall’altra parte della stanza.
-Non mi pare di averti mai chiesto delucidazioni sulle tue docce notturne!-
-Su questo avrei da ridire!- la voce strizza di Kai gli fece ricordare che in effetti qualche volta si era trovato a curiosare negli affari suoi.
-Ma, d’altronde non è colpa tua, sei stato praticamente costretto….-
-Che vorresti dire?-
-Niente…-
-Tu non parli mai a vanvera Kai.-
-E con questo?-
-E con questo se dici una cosa dilla tutta!-
Seguì un sospiro e un rumore di lenzuola gli fece capire che Kai doveva essersi spostato su un fianco.
-Claire non molla l’osso finché non ottiene ciò che vuole. Ari ha tirato per anni e alla fine ci è riuscita. In questo si somigliano, non dovresti sottovalutarla.-
-Interessante…. Quindi questa volta hai pensato bene di cedere subito senza fare troppe resistenze!- sghignazzò Yuriy insinuando ad una pseudo relazione tra lui e la compagna tedesca.
-Non ho ceduto a niente! Ha voluto la sua vendetta e l’ha ottenuta e tutto è finito là!- rispose aspro Kai.
Yuriy scattò a sedere allarmato come se un soldato avesse appena sfondato la porta con un calcio mitragliando a 360°.
-Allora… quella bastarda, ha veramente combinato qualcosa!? Cosa è, un altro dei suoi scherzi idioti? Lo sapevo! Dimmi immediatamente che cosa ha fatto!-
-Non ha fatto proprio niente e, se ha fatto qualcosa, io ne sono all’oscuro!- rispose pigramente Kai.
-Certo! Mi avete preso per un idiota! Cosa ha il mio letto!?- chiese buttandosi giù dal letto, manco ci fosse nascosto un alligatore affamato invisibile tra le lenzuola. -L’avevo detto io che era diventato scomodo!- iniziò a girare intorno al letto guardingo e, senza pensarci su due volte, sollevò il materasso e lo fece piombare per terra analizzando doga per doga la rete.
-È diventato scomodo perché sei pazzo! Hai questa strana ossessione che qualcuno ti voglia fare qualcosa…-
-La mia non è un’ossessione! Quel qualcuno ha un nome e quel qualcosa sicuramente mi farà incazzare come una bestia!- disse continuando nella sua analisi, e passando ai piedi del letto.
-Che tu ti incazzi come una bestia non è una novità!- sbuffò Kai.
-Fottiti Kai!- sbottò infine Yuriy tirandosi in piedi.
Non era pazzo, ne ossessionato. Quei due quella volta avevano combinato qualcosa, ora ne era certo! Ariel aveva provato a sviarlo con la storia dello sgabuzzino, ma lui era furbo, non ci aveva creduto fin dall’inizio! Ma adesso ne aveva la certezza, qualcosa gli avevano fatto, qualcosa avevano architettato.
Aprì le ante dell’armadio controllando tutti i suoi vestiti. Tre felpe, tre magliette, tre pantaloni, sei paia di mutande, calzini e canottiere… sembrava tutto a posto…. Le divise c’erano. Cosa accidenti poteva essere? Stette mezz’ora nel bagno, quando ne uscì era più guardingo di prima. Lo shampoo  era shampoo, il doccia schiuma era doccia schiuma, il suo spazzolino l’aveva cambiato per sicurezza. Cosa, cosa poteva essere?!
-Cosa avete fatto, dimmelo!- disse cercando di dominare un’imminente crisi isterica, rivolgendosi al compagno spalmato sul letto.
Kai alzò pigramente gli occhi ametista sul rosso per poi tornare a chiuderli.
-Fottiti Yuriy.-
-Tsk!- irritato e in stato di massima allerta uscì sbattendo la porta che oramai era quasi smantellata dal muro a causa della continua furia che la attraversava.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 34
*** Il punto della situazione ***


OMG non ci credo sono riuscita a scrivere il capitolo giusto!  

É passato tipo quanto? Dal 2011! Sei anni, che vergogna mamma mia!  

Devo ammettere che in questi anni anche se me ne sono successe di tutti i colori, il pensiero mi tornava comunque a questa fanfiction e a questa storia, tornavo a rileggerla e a fantasticare, ma più passava il tempo e più mi dicevo "che peccato" "oramai". Ma negli ultimi giorni mi sono detta perché no? Dopo tutto la storia sai benissimo come procede, allora qual è il problema? Quindi ho deciso di eliminare l'ultimo capitolo che non mi piaceva assolutamente, forzatissimo e senza senso proprio perché non era il momento di scriverlo, e ho scritto il nuovo capitolo 34°. Lo so che non troverò più i miei vecchi lettori, leggo e rileggo sempre le vostre recensioni con estremo piacere e mi mancate tanto, e sicuramente anche il fandom è cambiato, forse non ci sarà manco più nessuno, ma ieri sera mi ci sono messa su, ho fatto le quattro del mattino, e ho scritto il capitolo e sono felicissima perché scrivere è una cosa che adoro, sono legatissima a questa storia e spero di avere il tempo e la forza di concluderla. 

Sono sicuramente arrugginita, e credo proprio che non riuscirò a raggiungere il livello di tecnica e la profondità che avevo prima, ma l'importante è tornare in pista.  

È un capitolo diciamo breve ma ricco di informazioni e una buona base per ripartire, è il giusto modo per continuare, me lo sento!  

Buona lettura ci vediamo a fine capitolo 

 

 

 

 

 

34° Il punto della situazione  

 

-Il villaggio è stato completamente distrutto. C'è stato qualche ferito, Rei e Ran domani partiranno per raggiungere Lai e gli altri.- 

-Un incendio hai detto, giusto?- 

-Sì.... Perché?- aggiunse infine sempre più perplesso per l'aria estremamente pensierosa e preoccupata di Ari. -Qualcosa non ti convince?-  

Lei non si curò neanche di guardarlo tanto era assorta nei suoi pensieri. Aveva preso a mordicchiarsi l'unghia del pollice destro con nervosismo e la fronte era aggrottata. -Poco prima dell'alba....- sussurrò piano. -Un villaggio isolato in mezzo alle montagne.-  

Si voltò di scatto verso di lui guardandolo dritto negli occhi. -Non si sa altro? Se qualcuno negli ultimi tempi si è avvicinato al villaggio, qualche visitatore, uno straniero, qualcuno che è uscito dal villaggio? Manca qualcosa? 

-No, non sappiamo altro.- rispose Takao ora impensierito dal modo in cui l'amica stava rimuginando sulla questione che lui aveva letto fin da subito come un brutto incidente. -Pensi che possa essere stato doloso?-  

Ari torno a guardare dritto davanti a se, questa volta senza tormentarsi le unghie, con espressione seria e corrucciata e Takao seduto accanto a lei la scrutava attento e serio. La luce rossastra del tramonto si insinuava nel capannone lasciando molti punti di quell'immenso spazio immersi nell'oscurità.  

-Non so. Non so nemmeno se è una buona idea lasciare che Rei parta ad una settimana dall'annuncio del nuovo campionato. Tutta questa storia non mi piace!- ammise infine.  

-Considera che il villaggio di Rei è un piccolo agglomerato di capanne,  incidenti del genere possono capitare.- puntualizzò lui cercando di minimizzare le preoccupazioni dell'amica.  

-Qualche tempo fa mi hai detto che una certa Mariam ha contattato Max per metterlo in guardia, giusto?- 

Takao annuì. Ari tornò ad appoggiare il mento sul palmo della mano chiusa a pugno.  

-Puoi ricordarmi per sommi capi questa Mariam da dove spunta?-  

Takao distolse lo sguardo da lei concentrandosi su un punto vuoto di fronte. -Faceva parte di una setta: gli Scudi Sacri. Qualche anno fa provarono a prenderci i bit power con l'intento di sigillarli nella roccia perché ritenevano che fossero troppo pericolosi per l'umanità. Alla fine compresero che non c'è pericolo finché restavano nelle nostre mani.- concluse sospirando.  

Lei scese con una spinta dalla cassa sulla quale erano seduti e fece qualche passo avanti dandogli sempre le spalle, con le mani appoggiate sui fianchi.  

-E dopo anni si è rifatta viva solo per dire a Max di stare in guardia per poi volatilizzarsi nel nulla!- continuò Ari. -L'ha incontrato in un posto affollato per una manciata di secondi, gli ha detto solo questo senza lasciargli il tempo di dire o fare nulla e, a detta di Max, era guardinga, spaventata ed è sparita. È chiaro che ha fatto ciò che non avrebbe dovuto avvertendolo, ha rischiato pur di comunicargli quel messaggio!- si voltò verso il ragazzo ancora seduto sulla grossa cassa e lo guardò grave. -È legittimo pensare al peggio, ti pare?-  

Takao abbassò lo sguardo a terra cercando di trovare un senso a tutti questi eventi. -Forse, ma è azzardato vedere un pericolo dietro ogni cosa. Prima dovremmo aspettare di sapere dai Baiuzu...- 

-Se si tratta di professionisti sanno bene come camuffare un incendio doloso in un incidente.- lo freddò -Dobbiamo stare in guardia!- 

-Quindi secondo te non è una coincidenza.-  

Ari sospirò e incrociò le braccia al petto. Non lo era, ne era certa. Stavano avvenendo troppe cose strane e poco chiare, e il villaggio della Tigre Bianca distrutto era solo l'ultima di una serie.  

Lei stessa era ancora scossa a distanza di una settimana dalla notizia che le aveva dato Yuri, tanto che anche Takao appena l'aveva vista poco più di una mezz'ora prima si era accorto che c'era qualcosa che non andava.  

E come poteva essere diversamente? Le bastava un attimo e tornava a pensare sempre a quello che le aveva detto e ancora non poteva crederci. Morto... Vladimir Vorkov morto!  

Le venne meno il fiato. Yuri aveva voluto parlarne solo e direttamente con lei, evidentemente dopo averci riflettuto parecchio e forse anche troppo. La paura che lei c'entrasse qualcosa l'aveva logorato. 

"Dove sei stata domenica scorsa? Cosa hai fatto?" Le aveva chiesto a brucia pelo una volta chiusa la porta della sua stanza alle sue spalle. Glielo disse chiaramente di non mentire, che già sapeva che si era recata a Tokyo. Lei era rimasta spiazzata, non per le domande di per sé, ma per la viva preoccupazione che leggeva sul suo volto, preoccupazione che l'aveva trasfigurato nei giorni precedenti: era sciupato e stanco, più pallido del solito e trasandato, e lei lo sapeva bene, Yuri non era mai in disordine, niente riusciva a scomporlo. Niente tranne questo evidentemente.  

Vorkov era stato trovato morto sgozzato. Qualcuno aveva pagato la cauzione per farlo uscire di prigione e poi era stato ritrovato morto tre giorni dopo.  

"Ti prego Ariel, dimmi che non sei stata tu!" L'aveva supplicata serio e teso il suo capitano guardandola dritto negli occhi. Ma lei non era riuscita a dire una sola parola a quella notizia. Il cervello le si era bloccato e svuotato e a stento riusciva a vedere quegli occhi così azzurri e stanchi e a sentire le sue mani fredde e tremanti prenderle il viso, finché non l'aveva scacciato e allontanato e una potente nausea l'aveva travolta. Quell'individuo, quell'essere schifoso aveva spirato il suo ultimo respiro e non per mano sua. Qualcuno lo aveva ammazzato come il porco che era. Yuri l'aveva richiamata ancora in attesa di quella fatidica risposta alla domanda che non lo aveva fatto dormire per giorni. Le aveva chiesto se lei c'entrasse qualcosa, quindi non si sapeva nemmeno chi si era tolto questo piacere di ucciderlo. "No, io non c'entro niente, non sapevo niente!" Aveva risposto con un filo di voce mentre cercava di controllare quella sensazione di nausea e l'agitazione. Avrebbe voluto ucciderlo lei? Affrontarlo un'ultima volta? Guardare negli occhi il suo aguzzino e torturarlo fino alla pazzia? Le sarebbe bastato? Sicuramente avrebbe attutito quel senso di vuoto e vertigini che l'aveva travolta alla notizia della sua morte. Era stata una semplice esecuzione, non aveva sofferto abbastanza per i suoi gusti.  

"Qualcuno può confermare?" Aveva insistito Yuri ancora angustiato.  

"Ho visto Max e la tipetta piccolina... e Daichi. Poi ho passato tutta la giornata con Takao, chiedi pure a loro." Gli aveva risposto atona mentre pensava ancora al corpo senza vita di quel bastardo. No, aveva sofferto troppo poco! Era troppo poco!  E per il sollievo Yuri doveva averla abbracciata perché si era ritrovata senza accorgersene a stringere con rabbia tra i pugni la felpa di lui, e il viso affondato nell'incavo del suo collo. "Troppo facile Yuri!" Aveva ripetuto più e più volte, "solo sgozzato! È troppo facile!". Le sembrava di sentire ancora la voce di lui ripetere "lo so, lo so" in continuazione nelle sue orecchie. L'aveva travolta un soverchiante senso di frustrazione e impotenza, la stessa che ora in quel capannone stava tornando a investirla in pieno 

Si portò una mano davanti al viso stringendo forte le dita sulle tempie e serrò gli occhi, sforzandosi di scacciare via tutti i ricordi, il male e il lerciume legato a quell'uomo. 

-Tutto ok, Ari?-  

La voce di Takao la scosse e la riportò alla realtà e riprese a respirare. Stava trattenendo il fiato!  

Alzò lo sguardo, la stava guardando con apprensione. Doveva aver notato il cambiamento improvviso sul suo volto.  

Lei deglutì a fatica e annuì appena.  

-C'è qualcosa che non va Ari?- chiese ancora Takao seduto teso sulla cassa, come indeciso se scendere e avvicinarsi a lei. La osservava con insistenza perché il suo comportamento doveva essergli sembrato strano, non l'aveva mai vista così scossa e assente, nemmeno alla fine del campionato dell'anno precedente.  

-No.- rispose secca lei ricomponendosi e riprendendo la sua aria sicura 

A mente fredda nei giorni seguenti era arrivata, insieme a Yuri, alla conclusione che chi aveva fatto uscire di prigione Vorkov doveva anche essere lo stesso mandante dell'esecuzione, quindi questo per lei rientrava nella lista degli strani eventi che si stavano verificando negli ultimi tempi. 

Ma Takao di questa storia non sapeva niente e non glielo avrebbe detto. Non era il caso di fargli sapere che forse c'era di mezzo anche un omicidio.  

-Ricapitolando: Max qualche mese fa riceve un avvertimento da una degli Scudi Sacri; qualcuno durante la tua assenza ha rubato la spada dove era custodito il Drago Azzurro e ieri il villaggio di Rei è stato raso al suolo dalle fiamme.- 

Takao annuì. -Cosa devo fare secondo te? Avverto il ragazzi? Chiedo a Rei di non partire?-  

-No! Lascia che vada, non c'è bisogno di allertare tutti. Rei è abbastanza sveglio, se dovesse esserci qualcosa di strano se ne renderebbe conto immediatamente.- disse bruscamente tornando a tormentare l'unghia del pollice e a riflettere.  

Infine lo guardò con sguardo deciso: era arrivata a una soluzione. 

-Convinci Max e Rei a restare nei BladeBreakers anche quest'anno. Pensi di riuscirci?-  

-Lascia fare a me!- le rispose accennando un sorriso sicuro e facendole l'occhiolino. 

-Io spiegherò a Kai la situazione.- continuò lei avvicinandosi e guardandolo dritto negli occhi. -Dovete restare uniti voi quattro, qualunque sarà la modalità del campionato. Tutta questa situazione non mi sta piacendo! - 

-Ma pensi che lui c'entri qualcosa?- chiese di nuovo serio Takao. 

Ari sospirò impensierita, mordicchiandosi il labro interno e appoggiò le mani sui fianchi. Alla fine scosse la testa e si strinse nelle spalle. -Non lo so Takao.- ammise dispiaciuta.  

Lui spostò lo sguardo a terra angosciato e rassegnato. 

Le aveva creduto senza indugio. Non voleva farlo preoccupare ulteriormente, non ce n'era bisogno, ma quel tizio puzzava di sangue e lo aveva sentito fin dal primo momento, lui c'entrava eccome! Sembrava tutto partire da lui, tutto collegato eppure non c'erano fili, era immacolato, non c'era niente e la cosa la metteva ancora di più in allerta.  

Fuori il sole era tramontato da un po' e le luci dei lampioni entravano fioche dalle piccole finestre in alto. Dei passi attirarono la loro attenzione. Era Hiruta. Spuntò sulla soglia della porta in fondo.   

-Mayer! È tutto ok, i ragazzi vogliono sapere se possiamo fare altro.-  

Ari si girò verso di lui. -Va bene così, ce ne stiamo andando, ci vediamo la prossima settimana!-  

Lui fece un cenno e sparì per strada senza fare una piega.  

Takao restò per un po' a fissare il varco vuoto dove poco prima era apparso Hiruta, e alla fine ridacchiò divertito passandosi una mano tra i capelli scuri.  

-Ancora mi fa strano pensare che sei il nuovo capo della vecchia gang di Kai! E pensare che l'ho conosciuto proprio grazie a Hiruta!-  

-Non sono il loro capo, te l'ho già detto l'altra volta!- ribadì Ari. -Mi fanno solo qualche favore.-  

Takao scivolò giù dalla cassa e le si mise a fianco. 

-A me sembri proprio il capo.- insistette ridacchiando. -È divertente!-  

-Cosa è divertente?- chiese lei paziente incamminandosi insieme a lui verso l'uscita.  

-Pensare a te a capo di una banda di teppisti!-  

-Ma per piacere!- sbuffò richiudendosi la porta alle spalle. 

-Che fai ora?-  

-Dovrei riuscire a prendere l'ultimo treno...-  

-Resta da me stanotte dai, anche se prendi il treno troverai sicuramente i cancelli chiusi.- le propose lui speranzoso continuando a camminare. Lei si limitò a sbuffare.  

-Dai! C'è solo il nonno a casa e mi scoccio! Daichi è a dormire da Max, Rei e Ran sono da Sayu perché domani mattina li accompagna suo padre all'aeroporto.-  

Lei sbuffò ancora. In effetti non aveva alcuna voglia di scavalcare i cancelli della scuola e rischiare l'osso del collo per arrampicarsi fino alla sua stanza al secondo piano, ne di dormire fuori o in stazione. Si era fatto tardi perché era partita già tardi, appena le aveva telefonato per aggiornarla sulla questione del villaggio di Rei 

Lui continuava a blaterale cercando di convincerla, e per almeno trecento metri non fece altro. 

-Takao!- il suo tono severo e intransigente lo zittì, facendolo fermare di punto in bianco in mezzo alla strada. -Cosa ti avevo detto in proposito?-  

-Ah stavo...-   

-Sì!-  

Lui ridacchiò imbarazzato. Poi le passò un braccio intorno a collo e se la trascinò con se seguendo la strada verso casa. -Sì, scusa... tanto lo so che mi adori lo stesso anche quando blatero!-  

Ari sbuffò di nuovo e roteò gli occhi verso il cielo, stretta sotto il braccio di Takao, iniziando a valutare tra sé e sé che magari dormire in stazione non era poi tanto male come idea.  

-E stasera si cena col gelato!- continuò lui. -A quello non hai mai detto di no!- 

-Veramente non ho mai detto di no a un bel bicchierino di vodka...- precisò lei venendo ignorata.  

-Potresti comunque assicurarti che Rei e Max accettino di restare con te quest'anno prima che Rei parta per la Cina?-  

-Domani mattina sarà fatto allora!-  

Oramai erano arrivati davanti al cancello di casa Kinomiya. Takao la lasciò e lo aprì e le fece cenno di seguirlo dentro. -E spero che la modalità sia come quella dell'anno scorso. Ti voglio assolutamente con noi!-  

Ari lo guardò dubbiosa e Takao doveva aver colto la sua perplessità perché aggrottò la fronte e le chiese: -Che c'è? Sei dei BladeBreakers pure tu, se non ci sei che senso ha?-  

-Che scemenze!- lo liquidò superandolo entrando per prima nell'ingresso illuminato.  

-Non dirmi che alla fine è te che devo convincere a tornare in squadra!- 

Ari si sfilò gli stivali rispondendogli con tono duro. -Takao non ho mai fatto veramente parte dei BladeBreakers, lo sai!- 

Takao le si piazzò di fronte, gonfiò le guance seccato e alzo un dito e lentamente lo mise proprio al centro della fronte della ragazza che lo guardò con tanto d'occhi senza capire che cosa diavolo stesse facendo 

-Mettitelo in questa testa dura che sei dei nostri e lo sei stata dal primo momento in cui hai messo piede in casa mia! E se veramente dobbiamo stare uniti allora tu non puoi mancare!-  

Ari rimase zitta a fissarlo con sguardo indecifrabile. E si fissarono negli occhi per un bel po', finché lei non si spazientì. -Se mi togli questo dito dalla fronte prima che decisa di rompertelo mi faresti un favore!-  

Ma Takao non si fece intimorire e anzi iniziò a picchiettare col dito sempre sullo stesso punto della fronte di lei, spiazzandola. -E tu hai recepito il messaggio?- chiese presuntuoso.  

Ari per un attimo fremette e le narici si dilatarono e si dovette sforzare all'inverosimile per non mollargli una testata sui denti o per non strappargli il dito con un morso. Si limitò ad afferrargli il dito e a scostarlo dalla sua faccia.  

-Forte e chiaro.- rispose con voce tirata. 

-Ottimo!- annuì soddisfatto Takao -Ora puoi restituirmi il dito, grazie!  

E in effetti Ari ancora non lo aveva mollato, teneva saldo il dito molesto di Takao nel suo pugno e lo lasciò andare solo dopo qualche secondo. Si voltò e si avviò nel corridoio mollandolo lì.  

-Allora, questo gelato che mi hai promesso?-  

Takao sorrise, si sfilò le scarpe e la seguì. -Subito!- 

Ari sospirò rassegnata e si accasciò sul tavolo della cucina stancamente. Questa era la volta buona che Yuri e Kai la ammazzavano, pensò rassegnata tra sé e sé. Certo nessuno dei due l'avrebbe presa bene se fosse tornata con i Bladebreakers 

 

 

 

 

Il signor Matsuda seguiva con trepidante attenzione i ragazzi seduti nel suo salotto.  

Takao Kinomiya, il campione del mondo, aveva telefonato quella mattina verso le sette meno un quarto avvertendoli che sarebbe passato da lui insieme a Max Mitsuhara perché doveva parlare con quest'ultimo e con Rei Kon di una cosa dell'estrema urgenza e importanza. 

-So che sto per chiedervi molto ragazzi.- esordì Takao con quel tono serio e posato che aveva oramai adottato negli ultimi mesi.  

Rei e Max si scambiarono uno sguardo fugace. Confidavano tutto nel nuovo campionato per vedere tornare il vero Takao, sostituito dal quel damerino estremamente educato e tranquillo che avevano ancora lì, seduto sulla poltrona di fronte a loro. E quando quella mattina avevano ricevuto quella chiamata tanto urgente da parte sua si erano messi subito in allerta, anche se era ancora il non-Takao ad averli chiamati, perché appunto da quanto era cambiato non aveva mai dimostrato alcun interesse nel cercarli. Ancora non capivano quale fosse stata la causa di quella metamorfosi inquietante: Sayu sosteneva che fosse colpa sua e della storia tra Hilary e Ryoko, Il padre e il fratello attribuivano tutto questo ad un improvviso picco di crescita e maturità, Rei aveva addirittura pensato che fosse stato per il furto della spada durante la sua assenza e la conseguente paura per suo nonno.  Quindi i due poveretti ora si trovavano più che svegli alle sette del mattino pronti a sentire cosa avesse di tanto importante da dirgli il non-Takao da non poter essere rimandato  

assolutamente. 

-Vi ho voluti qui per farvi sapere che, anche se forse è ancora presto, per me sarebbe estremamente importante poter affrontare il prossimo campionato con voi al mio fianco. Lo so di chiedervi molto ma...- 

A Max andrò di traverso la saliva. Come diavolo parlava!? Ora entrambi lo guardavano con tanto d'occhi, seduti rigidi e tesi, ammutoliti.  

Ran, ferma in un angolo fino a quel momento ad osservare perplessa la scena, scattò subito come una furia, pronta ad opporsi a quella richiesta assurda. Non poteva arrivare quel tipo e chiedere una cosa del genere a suo fratello! Con che faccia tosta e con che coraggio, Rei una squadra già ce l'aveva! Ma Rei senza neanche guardarla la fermò ancora prima che le uscisse un solo suono dalla bocca, con un gesto severo della mano, facendola immediatamente tacere. Era troppo concentrato sul ragazzo che aveva di fronte. 

-Vi posso assicurare che non ve lo chiedo a cuor leggero, so bene che ognuno di voi ha una propria squadra alle spalle e degli obbiettivi, ne avevamo già parlato tempo fa.-  

Takao fece una pausa, parlava con una serenità disarmante. Sorrise, in quel modo così pacato a entrambi, come se non si fosse minimamente accorto delle loro espressioni scioccate e angustiate.  

-Non pretendo che mi diate una risposta immediata- aggiunse dopo qualche attimo di silenzio. -Capisco, soprattutto tu Rei, anzi, sono sicuramente inopportuno a chiederti una cosa del genere visto quello che è successo al tuo villaggio e la tua imminente partenza. Ma vi prego di pensarci seriamente.- 

Max e Rei rimasero a fissarlo per qualche secondo, o forse di più, finché non si voltarono l'uno verso l'altro come a decidere chi avrebbe dovuto parlare, soprattutto capire cosa rispondere. Alla fine parlò Max, si prese di coraggio, la bocca gli si era fatta secca. 

-Ma Takao, vedi, non si sa ancora nemmeno come si svolgerà il campionato...- gli fece presente titubante, come se davanti avesse un pazzo instabile pronto a scattare alla prima parola sbagliata. 

E gli sorrise. Takao gli sorrise e loro tremarono impercettibilmente.  

-Lo so, e comunque vada, qualunque sarà la decisione del presidente Daitenji, io vi considererò sempre parte della mia squadra. Voi siete la mia forza più grande! Per questo ho bisogno di avervi al mio fianco mai come ora.- 

Il signor Matsuda era in lacrime per la commozione. Quel ragazzo era il massimo esempio di sportività e modestia, un campione di spirito! Sayu invece era sconcertata, osservata Takao con una mano sul viso come a volersi capacitare. E anche gli altri due erano spiazzati e angosciati, proprio perché la modestia non faceva assolutamente parte di Takao!  

-Adesso devo andare.- disse alzandosi come se fosse appena finita una normale chiacchierata tra amici. Si sistemò la giacca, sempre con quell'espressione serafica, fece l'occhiolino ai due amici ancora seduti sul divano, ancora troppo sbigottiti per reagire, e accennò un sorrisetto complice. -Devo accompagnare la mia ragazza alla stazione!- disse con tono pacato per poi salutare Sayu e la piccola Ran, ancora fumante di rabbia, e ringraziare il signor Matsuda per l'ospitalità e andarsene. 

Max e Rei erano talmente scossi che nemmeno fecero caso all'ultima cosa che aveva detto alzandosi. Rimasero lì imbambolati per parecchi minuti senza riuscire a fare nulla. 

Rei si passò le mani sul visto teso. -Sta per morire... non c'è altra spiegazione!- esclamò. 

Max ora guardava fisso a terra. La mente era bloccata, la gola si era fatta secca, era vinto dalla preoccupazione.  

-Forse sta male e...- Rei non riuscì nemmeno a terminare la frase.  

-Non c'è altra spiegazione!- continuò Max con un tono più acuto del dovuto.  

Rei si voltò verso l'amico biondo cercando il suo sostegno. -Cosa dobbiamo fare?- 

-Non lo so.... Arrivare a tanto, a parlare in quel modo, non è lui! Io... e se non si riprendesse? Se una volta iniziato il campionato non tornasse come prima?-  

 ridicolo!- sentenziò esasperata Ran incrociando le braccia e guardando severamente il fratello pronta a fargli una ramanzina, ma venne ignorata. 

-Ma non possiamo lasciarlo solo.- continuò Max.  

-Ha parlato come se fosse il suo ultimo campionato.- aggiunse Rei sempre più convinto del peggio.  

-Sono preoccupato Rei, dobbiamo fare qualcosa!-  

Rei annuì nervosamente e si alzò dal divano. -Anche io, ma per ora devo andare. Appena torno cerchiamo di… capire e di aiutarlo.- 

 

 

 

Ookkk chissà se qualcuno leggerà XD fatemi sapere se chi siete! Anche un "chi non muore si rivede!" Va bene, del tipo batti un colpo se ci sei!  

Un bacio dalla vostra Pinca!  

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Capitolo 35
*** Perché Ari non può dire di no a me! ***


35 Ecco qui il secondo capitolo dal mio graaaande ritorno! Non ci speravate vero? E invece ho quasi finito anche il prossimo e sono a lavoro su quello successivo ancora. Ma non cantiamo vittoria, sono solo all'inizio e verranno capitoli difficili da gestire.
In questo capitolo c'è un gran casino, forse non sono più abituata a gestire così tanti personaggi contemporaneamente nella stessa scena. Penso che sembrerà un'accozzaglia di gente sempre in contrasto, ma come usa dire "l'ammoreeee vince sempre!" XD  
Ok, forse è anche un po' lunghetto (tipo 15 pagine di word e quasi 8000 parole) e spero che non vi scoraggi. Giuro inoltre che proverò a fare capitoli meno pesanti e più divertenti, perché ci vorranno per smorzare i toni che prenderà la storia più avanti.  
Ora buona lettura a tutti (ma a tutti chi scusa? NdKai)(mi mancavano i tuoi interventi! Ndme)  
Per chi è nuovo, questa storia fa parte di una serie, quindi è meglio recuperare anche "return of revange" e poi questa.  
Ciao a tutti, belli e brutti!  
 
 
35° Perchè Ari non può dire di no a me!
 
 
Kai la guardava severo. Stava seduto sul proprio letto con le braccia conserte, estremamente contrariato e infastidito già solo per la vista della ragazza che aveva davanti.
-Mi stai seriamente chiedendo di rinunciare ad affrontare Takao quest'anno per un ipotetico pericolo?- le chiese velenoso.  
-Sarebbe più sicuro, sì.- confermò Ariel senza scomporsi.  
Kai scattò in piedi e la fronteggiò sempre più irritato, puntando il suo sguardo di fuoco in quello di lei totalmente indifferente. -Piuttosto non partecipo proprio, che senso avrebbe? Non me ne frega niente del campionato!-
-Puoi sfidare Takao quando ti pare,- soffiò irritata lei, sostenendo con forza il suo sguardo -ma non mettere in pericolo te e gli altri per i tuoi soliti capricci!-  
Per un attimo lui parve punto da quest'ultimo commento, infatti le diede le spalle di scatto e si andò ad appoggiare con la palla alla parete vicino alla finestra, cercando di sbollire la rabbia e la frustrazione osservando il paesaggio placido fuori. Alla fine a lui in tutta sincerità poco gli importava di sfidare Takao in un campionato o fuori, ma era una questione di principio.  
-Ti avevo chiesto di fare squadra con me per questo!- ribadì con voce chiara e limpida che vibrò nel silenzio della stanza.  
-Lo so.-
-E ora mi chiedi di rinunciare.-  
Ariel dovette sforzarsi molto per mantenere la calma. Prese un profondo respiro. Se c'era una cosa che proprio non tollerava di Kai erano proprio i suoi capricci, perché questo erano! Il suo era lo sfizio si far penare dicendo no per il puro gusto di mantenere la sua posizione. Lo sapeva benissimo e lo fiutava subito quando faceva così, anche se lui faceva il serio e il sostenuto. Certo era che non si sarebbe messa a pregarlo ne a chiedere per favore. No, assolutamente! L'unico modo che conosceva lei per far smettere i bambini di fare i capricci era uno solo: punirli e impartirgli la lezione. L'altronde lei non aveva certo avuto altri esempi durante la sua infanzia, per questo il comportamento di Kai per lei era un inconcepibile e inaccettabile lusso che solo il signorino poteva permettersi.  
E più lui faceva così e più lei aveva voglia di punirlo nei peggiori modi. Era proprio una questione di incompatibilità.  
-L'hai finita?- gli chiese secca a quel punto, passando il peso da un piede all'altro, ancora con le braccia incrociate sul petto, tamburellando le dita sul braccio. Lo scrutava torva, Kai sentiva i suoi occhi premere dietro la nuca e le spalle. Per un attimo ponderò se mollare la presa oppure no. Ovviamente, no!
-O devo illustrarti di nuovo il quadro della situazione?-
-E Yuri lo sa?-  
-Oh, ma zitto!- lo stroncò lei spazientita. -Non tirare fuori discorsi inutili. Il punto è che ti da fastidio l'idea che non si faccia più come volevi tu. Già me lo immagino quel piccolo tarlo che ti tortura il cervello senza sosta! E la cosa peggiore e che ti infastidisce ancora di più è che sei pienamente consapevole che stai tenendo il punto su una stronzata quando sai benissimo che ci sono cose più importanti!-  
Kai si sentì bruciare. Stava incenerendo l'albero aldilà della lastra di vetro della finestra con lo sguardo, rifiutandosi categoricamente di voltarsi verso la ragazza e darle la soddisfazione di averci azzeccato in pieno. Perché aveva maledettamente ragione e questo, se possibile, lo infastidì ancora di più. Sapeva che era importante tornare con i Bladebreakers, ed era anche vero che provava un fastidio inconcepibile per il fatto che  tempo prima aveva chiesto a lei di fare squadra con lui e non se ne poteva fare più niente.  
-Quindi cerca di superarla!-  
A quelle parole Kai scattò di colpo verso di lei minaccioso. -Non parlarmi così!-
-Ti assicuro che preferirei massacrati di botte piuttosto che sprecare fiato!- sibilò lei sciogliendo le braccia lungo i fianchi e stringendo i pugni oramai fremente di rabbia. -E ti assicuro...- continuò afferrando la sua giacca in malo modo –...che questo tuo atteggiamento mi da sui nervi da impazzire! È meglio che me ne vado! Se non ti sgommo a sangue adesso, questa è la volta buona che mi esplode il cervello!-  
Detto questo si voltò, aprì la porta della sua stanza e se ne andò sbattendola come una furia.
Kai rimase lì immobile a fissare avvilito il punto in cui era scomparsa, in silenzio, improvvisamente vinto da un profondo senso di sconforto.
Quella era la discussione più lunga che aveva avuto con lei praticamente da un mese a questa parte. Non che prima si facessero chissà che chiacchierate, ma quel minimo, quegli sguardi complici che ogni tanto gli mandava quando succedeva qualcosa, si erano affievoliti. Ogni volta che pensava di essere riuscivo ad avvicinarla, succedeva o faceva qualcosa e tornava ad allontanarla. Forse aveva esagerato quella volta, era stato meschino da parte sua dirle quelle parole così offensive per una questione che nemmeno lo riguardava. Avrebbe dovuto chiederle scusa subito ma non l'aveva fatto, per orgoglio ovviamente.  
Appoggiò un braccio sulla lastra di vetro, e la fronte sul pugno chiuso osservando fuori con gli occhi persi nel vuoto sul giardino interno della scuola. Un nodo gli strinse la gola e lo stomaco si contorse. Strinse forse le palpebre e deglutì cercando di tenere sotto controllo tutte quelle emozioni viscerali che stavano riemergendo.  
Che senso aveva cercare di avvicinarla per poi comunque dover rimanere sempre un passo indietro? Dopo che era stato così pessimo poi, lei c'era passata su ma sapeva benissimo di averla ferita, lo avvertiva chiaramente che aveva preso a trattarlo con più distacco.  
E gli mancava, gli mancava prepotentemente! Ed era proprio questo a dargli sui nervi, dannazione!  
Non doveva mancargli, non doveva cercare spasmodicamente quei sottili e impalpabili gesti di complicità come se fossero gli unici attimi importanti della giornata.
La odiava, perché lo aveva legato a sé così, non perché fosse bella o fantastica o chissà cosa, ma perché si era resa parte di lui. E si odiava perché sapeva benissimo che non era lei il problema.  
Il massimo al quale poteva aspirare era un modesto ruolo da amico che a stento tollerava, e l'unica cosa che gli riusciva egregiamente era sabotarsi, trattarla male e allontanarla ogni qualvolta la sentiva vicina. Era frustrante!  
E la cosa ridicola era che lei era totalmente all'oscuro di tutto questo suo conflitto interiore e anche volendo non sarebbe stata in grado di comprenderlo neanche lontanamente.  
Improvvisamente due freddi occhi grigi tornarono a fare capolino nella sua mente a scrutarlo carichi di disprezzo. Spalancò gli occhi bruciato da quel ricordo.  
Al guinzaglio, lui! Un senso di nausea salì dalla bocca dello stomaco fino in gola, smorzandogli il respiro.
La porta alle sue spalle si aprì. Lanciò un'occhiata fugace. Era Yuri.  
Il rosso poggiò alcuni libri sulla scrivania lì accanto osservando l'amico di sottecchi, lì appoggiato alla finestra col volto teso e pallido, gli occhi chiusi e la mandibola serrata.
Si sedette sul suo letto stancamente e si accese una sigaretta. Buttò fuori la prima boccata di fumo ora scrutandolo apertamente.  
-È successo qualcosa?-  
Kai sospirò e dopo qualche attimo aprì gli occhi che vagarono alla cieca sul giardino, vuoti e spenti: rassegnati.  
-Niente di nuovo.-  
 
 
 
 
 
 
Finalmente il torneo era stato annunciato ufficialmente! Erano state confermate le modalità dell'anno precedente. Per di più i vincitori, cioè i Bladebreakers, erano stati automaticamente riconfermati senza dover affrontare le qualificazioni, così come i secondi classificati, Demolition boys, dopo la squalifica degli Olimpionik.
Takao non poteva sperare di meglio, avrebbe riavuto tutti i suoi amici con sé e soprattutto sarebbero rimasti uniti contro qualunque minaccia. Aumentò il passo e si mise al pari con Kai, percorrendo insieme la stradina nel quartiere residenziale dove viveva.
-Grazie amico, apprezzo molto che tu abbia deciso di tornare. So che ci tenevi molto ad affrontarmi quest'anno....- esordì Takao dando una pacca sulla spalla a Kai che non si scompose.  
-Non quanto credi.- rispose con totale indifferenza, ma Takao ci passò su sorridendogli.  
-Tanto meglio!- disse sorridendogli per poi tornare serio un attimo dopo. -Ari ti ha spiegato, vero?-
-Sì.-
-E cosa ne pensi?-  
-Che ha ragione, dobbiamo restare uniti.-  
Continuarono a camminare in silenzio per qualche metro finché Kai non riprese il discorso. -Rei e Max ne sanno qualcosa?-  
-No, non gli ho detto che sospettiamo che tutti questi casi siano collegati. Penso che sia prematuro allarmarli.-  
-Come hai fatto a convincerli a tornare?-  
-Mi è bastato chiedere!- disse alzandosi il colletto della giacca con fare da sbruffone e sfoggiando l'espressione di uno che la sa lunga. -modestamente, nessuno può resistere al mio fascino!-  
Kai gli scoccò un'occhiata di sufficienza. -Posso immaginare!- disse sarcastico.  
L'amico si mise a sghignazzare come suo solito e continuò a blaterale di cose irrilevanti fino al portone di casa.
Raggiunsero gli altri ragazzi radunati nel grande giardino di casa Kinomiya.  
C'erano tutti, anche i ragazzi russi con Ming Ming, Ayumi e Claire. Quest'ultima stava facendo conoscenza con la Idol, evitando in tutti i modi di dare confidenza a Yuri e Boris, cosa che nelle ultime due settimane le era riuscita egregiamente. Lei era bravissima a snobbare la gente! Da dopo quella discussione con Yuri aveva iniziato a comportarsi come se non esistessero, non gli rivolgeva più la parola, non li guardava, non li considerava più. Era la punizione per essere stati così cattivi con lei, e avrebbe dovuto includere anche Ari dato che non aveva preso le sue difese, ma sua madre non faceva altro che chiederle di lei e di prendersene cura, quindi aveva preferito sorvolare, perdonare e soprattutto continuare a tenerla d'occhio! Perché sì, per quanto potesse sembrare tranquilla rispetto a quando l'aveva conosciuta, continuava a essere una persona inaffidabile, strana e schiva con un pessimo carattere, senza considerare che le era rimasto il vizietto di sparire per giorni.
 Kai non ebbe nemmeno il tempo di mettere a fuoco tutte le persone presenti che, non appena mise piede nel giardino, Max e Rei lo presero quasi di forza spingendolo da parte e lo strinsero in un angolo palesemente nervosi e in ansia, lanciando di sottecchi occhiate a Takao dall'altra parte che rideva affabile con Hilary e Kappa.   
-Kai, tutto bene?- esordì Rei sfoggiando un sorriso nervoso e tirato ad un palmo dal suo naso.
-Come è andato il viaggio?- aggiunse Max facendosi anche lui più vicino.  
-E come ti è parso Takao? Tutto a posto? Non ti è sembrato strano?- continuarono in contemporanea i due facendogli domande a raffica.  
Kai si ritrasse guardando perplesso prima il cinese e poi il biondo, poi il biondo e di nuovo il cinese con quei sorrisi strani. Cosa sperassero di sentire non lo sapevano nemmeno loro.  
-Mi è sembrato l'idiota di sempre.- rispose snervato dallo spazio sempre più ristretto che gli stavano lasciando i due.  
-Sicuro? Non ha parlato in modo strano o ti ha sorriso tipo così?- chiese Rei indicando poi Max che sfoggiò un sorriso, se possibile, ancora più inquietante di quello che aveva già, con tanto di occhi sbarrati da folle.
Kai accennò un passo indietro sempre più sconcertato. Cosa diavolo era preso a quei due?  
-No, siete voi che mi state sembrando strani! Smettetela, ora!- ordinò oramai apertamente irritato.  
Li guardò come se fossero due pazzi, li scansò infastidito e raggiunse i ragazzi russi dall'altra parte del giardino, mollandoli lì, sempre meno sicuro della scelta presa.  
Giustamente Kai non sapeva niente del "non-Takao", non l'aveva mai visto ed evidentemente durante il tragitto dalla stazione a casa doveva essersi comportato in modo estremamente moderato o normale se Kai aveva detto che l'aveva trovato l'idiota di sempre.  
Max e Rei sospirarono ancora angustiati e affranti, senza sapere se provare sollievo oppure no. Alla fine il giorno prima avevano deciso di affrontare di petto Takao e chiedergli direttamente cosa gli fosse successo.  
Inutile dire che si comportò proprio come si era comportato negli ultimi mesi: sorridendo affabile e rispondendo con tutta la calma e la gentilezza di questo mondo a ogni domanda.  
E gliene avevano fatte di domande! E per ognuna di queste aveva una risposta chiara, diplomatica e disarmante.  
"È per caso colpa di Ryoko e Hilary?"  
"Assolutamente no! Mi fa piacere che stiano insieme, sono una bella coppia, così affiatata!"  
"È per quello che è successo a tuo nonno durante la tua assenza?"  
"Cosa avrei potuto fare? Sono cose che accadono."  
"Stai per morire di qualche malattia grave e sconosciuta e non ce lo vuoi dire?"  
"No, sto benissimo!"  
Ma quella che li spiazzò fu la risposta alla fatidica ultima domanda: "Allora perché ti comporti in questa maniera assurda!?"  
"Non capisco di cosa parliate, io mi comporto normalmente, come sempre. Forse siete voi ad essere un po' strani." Concluse sorridendo serafico e cortese.  
A quel punto sconfitti e affranti avevano rinunciato a cavare qualcosa da quello strano fantoccio con le sembianze di Takao e avevano deciso di aspettare l'arrivo di Kai, più che convinti che quanto meno i suoi modi intransigenti e duri avrebbero fatto tornare l'amico in sé, con le buone o con le cattive!  
Si fecero forza e tornarono ad unirsi al folto gruppo di gente, senza riuscire a distogliere nemmeno per un momento l'attenzione da Takao, che tranquillo stava scambiando quattro chiacchiere di cortesia con Hilary. Quest'ultima, in un attimo di distrazione del ragazzo, lanciò un'occhiata eloquente ai due per fargli capire che no, nonostante la presenza di tutti quei blaider, nonostante l'inizio di un nuovo campionato e la presenza di Kai, Takao parlava ancora come l'educato e garbato ragazzo che non era mai stato.
-Kai!- esordì entusiasta Hitoshi avvicinandosi al ragazzo – quindi hai deciso di unirsi a noi anche quest'anno!-  
Kai storse il naso senza sprecarsi a commentare.
-Che meraviglia, siamo di nuovo tutti insieme!- aggiunse entusiasta Hilary sorridendo al ragazzo. E lui per tutta risposta gli voltò le spalle e si andò a sedere in un angolo isolato sotto la veranda, lontano da tutti.  
Yuri mugugnò contrariato dalla scelta dell'amico perché in tutta sincerità non se lo aspettava, e quell'anno straordinariamente non gli sarebbe dispiaciuto avere la sua quadra al completo, anche perché l'alternativa sarebbero state Ming Ming e Ayumi. Quanto meno finalmente Ariel avrebbe preso il suo posto da vice nei Demolition boys.
-Di nuovo questo spocchioso antipatico dovrò sopportare?!- ebbe l'ardire di lamentarsi Daichi, come sempre senza peli sulla lingua.
-Smettila Daichi! Non è né spocchioso né antipatico!- lo rimproverò aspra Hilary. -Non essere maleducato con Kai!-  
-Sei ancora in tempo a cambiare idea.- disse Yuri ghignando, voltando leggermente il viso verso il ragazzo che a ragione aveva provveduto a isolarsi nel suo solito angolino.
-Beh ora manca solo il sesto blaider.- continuò Hitoshi sospirando impensierito. Ariel certamente non sarebbe tornata con loro ora che si era finalmente riunita alla sua squadra d'origine. Sarebbe stata un'impresa trovare qualcun altro al loro livello. Già l'anno precedente riuscire a trovare una come lei era stata un'impresa ed era finita beh.... non proprio bene! Arrivati a quel punto un elemento nuovo era sempre un rischio in un modo o in un altro.
-Sicuramente Ming Ming sarà felice di unirsi a voi quest'anno!- propose Yuri senza farsi il minimo scrupolo scatenando la reazione della cantante.  
-Non ho bisogno che mi gestisca tu!- disse glaciale fulminandolo con un'occhiataccia. -Se vuoi liberarti di me quanto meno trova un modo più elegante!-  
-Più elegante di così!- le fece notare Boris.
-Ma di che parlate ragazzi!- li interruppe Takao. -Ari è in squadra con noi, siamo già sei!-
Boris e Yuri si scambiarono uno sguardo d'intesa e ghignarono divertiti.  
-Povero illuso, credi veramente che Ariel tornerà con voi quest'anno?- lo schernì Yuri.
Rei e Max si mossero a disaggio, Daichi sbuffò sonoramente.
-In effetti Yuri ha ragione. Non credo che a lei interessi, ha la sua squadra.- fece notare Kappa, sempre molto razionale e diplomatico.  
-Takao, hanno ragione! Lo capisci vero?- gli chiese suo fratello.  
-Penso anche io Takao, anche chiedendoglielo non credo che accetterà.- concordò Rei.
Ma Takao sembrava piuttosto perplesso. Li guardava piuttosto confuso.  
-Perché no? Sarebbe carino, è comunque nostra amica!- fece notare Hilary ottimista.  
-E perché dovremmo volerla con noi dopo quello che ha fatto l'anno scorso?- sbottò Daichi irritato. -È solo un'antipatica, più spocchiosa di quell'altro lì!-  
-Adesso basta Daichi, non essere scortese!- lo ammonì questa volta Takao, con un tono che ricordava tanto suo fratello Hitoshi, e non sbraitando come suo solito, il che smorzò ogni protesta di Daichi.  
-Ari è dei Bladebreakers, questo non è assolutamente in discussione!- sentenziò intransigente rivolgendosi ai suo compagni. Li passò in rassegna uno ad uno con uno sguardo di fuoco, chiaramente non disposto a sentire storie e proteste di nessun tipo, e un tono di voce così severo e di rimprovero che si sentirono quasi in colpa per aver dubitato. -Giuro che non capisco che cosa vi prende!-  
Yuri e Boris scoppiarono a ridere. -Patetico! Mettitelo in testa, non ha motivo per stare con voi!- ribadì Boris.
-Non è vero!- insistette il giapponese convinto mantenendo la calma. Il vero Takao avrebbe iniziato a gesticolare, fare smorfie e urlargli contro.
-È questa la sua squadra Kinomiya, smettila di vivere di illusioni!- continuò il rosso.
-Non può dire di no a me!- affermò incrociando le braccia al petto.
Yuri per un attimo parve spiazzato. Boris inarcò un sopracciglio e addirittura Sergey finalmente si degnò di prestare attenzione. Pure Max e Rei si scambiarono un'occhiata perplessi. Kai sbuffò spazientito per tutta questa buffonata che avrebbe benissimo potuto stroncare con una semplice frase, ma dopo tutto perché non farsi gli affari propri?   
Yuri ridacchiò, trovata tutto ciò estremamente ridicolo. Si passò una mano tra i capelli rosso fuoco,  si umettò le labbra, cercando per un attimo la complicità di Boris che già aveva gonfiato il petto pronto a dargli manforte.  
-Oh ma davvero?- gli chiese con tono derisorio.  
-Beh! Chiediamolo direttamente a lei, così ti dimostro che ho ragione!- disse semplicemente Takao. Ma ora che ci pensava... non l'aveva proprio vista! Lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi e fece un giro su se stesso, e anche gli altri ora in effetti ci stavano facendo caso e iniziarono a guardarsi attorno, compresi i russi che l'avevano lasciata lì seduta sotto la veranda a non fare nulla.  
-Ma dov'è? È venuta, vero?- chiese Takao ai russi perplesso tanto quanto loro.  
-Sì, certo! Era con noi!- disse Boris continuando a guardare in giro.  
-Era qui, l'ho vista anche io!- aggiunse Ming Ming.  
Fatto stava che un altro poco avrebbero iniziato a cercare anche sotto le pietre, tanto che Kai, oramai rassegnato alla vista di tanta demenza, prese un respiro profondo e chiuse gli occhi contando fino a venti. Con che branco di idioti si era immischiato?!
Quando finalmente si prese di coraggio e li riaprì, Ari uscì dalla porta del soggiorno alle sue spalle e lo raggiunse con una bottiglietta di cola in mano, osservando confusa i presenti sparsi ovunque nel giardino, tutti intenti a cercare qualcosa anche dietro ai cespugli.  
-Che cazzo stanno facendo?- gli chiese sconcertata sedendosi accanto a lui.  
-Credo che stiano cercando te!-  
Ari bevve un sorso per poi porgergli la bottiglietta. -Vuoi?-  
Kai scosse la testa.  
-Ci credi? Non c'è neanche una birra in frigo!- fece scandalizzata continuando a bere. -'Sta cosa non va bene.-  
Kai aggrottò la fronte e si voltò a guardarla preoccupato. -Una birra alle dieci del mattino?-  
-Perché, secondo te la cola alla ciliegia è meglio?- fu la sua risposta.
-Ari!- Finalmente qualcuno si era accorto di lei attirando l'attenzione di tutti. Hilary le corse incontro. -Ma dove eri finita? Volevamo chiederti una cosa!-  
-Sono andata a prendermi qualcosa da bere.- spiegò mostrando la bottiglietta. -Ma sta roba fa schifo!-
-Ari!- Takao al centro del giardino la richiamò, facendole un cenno della testa indicando Yuri fermo a pochi passi da lui con le braccia incrociate e visibilmente scocciato per tutta quella inutile discussione. -Dai, diglielo anche tu che stai in squadra con me!-  
Ari inarcò le sopracciglia, con i comiti sulle ginocchia, passando lo sguardo da lui al suo capitano, fermandosi infine sul giapponese. La sua espressione era indecifrabile. Fece ondeggiare il contenuto scuro della bottiglietta, soppesando i due di fronte a lei che attendevano una risposta.  
Schioccò la lingua, posò la bottiglietta sul pavimento in legno sulla quale era seduta, e si rivolse a Takao. -Beh... sai, sono il vice capitano dei Demolition Boys.- gli spiegò alzandosi con lentezza. -e questa è finalmente la mia occasione per scendere in campo con la mia squadra.- continuò avanzando di qualche passo. La sicurezza di Takao vacillò, parve spiazzato e confuso.  
Ari avanzò fino a lui, gli si piazzò davanti, mani sui fianchi, ad un passo dal suo viso, con i suoi occhi tempestosi puntati dritti in quelli scuri di Takao.  
-Ma...- balbettò il giapponese scrutandola, come a cercare disperatamente una traccia sul suo volto che gli facesse capire che non stesse dicendo sul serio.
-Tu che mi offri?- fu la domanda a bruciapelo di lei che spiazzò tutti i presenti. I suoi occhi erano taglienti, i suoi modi impertinenti.
-Che? Non scherzare Ariel!- La ammonì Yuri irritato già solo all'idea che Ariel stesse prendendo in considerazione la possibilità di passare all'altra squadra. Ma Ari lo ignorò continuando a guardare seria il ragazzo di fronte a lei.
Dopo un attimo di silenzio un sorriso appena accennato fece capolino sul volto di Takao, un sorriso che non sfuggì a Max, Rei, Kappa e Hilary e rimasero col fiato sospeso. Che stesse tornando? Era stata solo una loro illusione o avevano davvero visto qualcosa?
Alzò lo sguardo vispo e lo puntò dritto sulla ragazza che sfrontata lo fronteggiava. I suoi occhi si accesero ardenti come se lo avesse appena sfidato, come se avesse sfidato il vero Takao! E improvvisamente anche la postura cambiò e sembrò farsi più alto e imponente.  
Oramai i Blaidebreakers seguivano con attenzione i due, cercando di non farsi sfuggire nemmeno un dettaglio sperando di vedere finalmente risvegliare Takao da quel torpore durato mesi.
-Cosa ti offro?- le chiese.  
E finalmente il sorriso del vero Takao riemerse completamente, prepotente e impavido.  
-La vittoria!- esclamò con fierezza e convinzione tanto da far emozionare  suoi amici.
I Demolition Boys rimasero spiazzati per qualche secondo.
Ari a quelle parole ghignò apertamente e scosse la testa. I suoi compagni russi dietro di lei, Ming Ming compresa, lo schernirono ridendo, mentre Ayumi ridacchiò imbarazzata. Dopo tutto per loro era sempre il solito Takao!
Invece Max era commosso quasi fino alle lacrime, Rei e Kappa erano oramai in apnea, Hilary avvertì improvvisamente il cuore leggero e sorrise felice. Era proprio Takao! Il suo Takao che non vedeva da mesi!  
Kai alzò gli occhi al cielo stufo per il protrarsi di tutta quella stupida farsa. Buttò giù un sorso della cola che Ari aveva lasciato lì e dovette constatare che in effetti aveva ragione, faceva proprio schifo!   
Ari si morse il labbro inferiore, continuando a osservarlo come se stesse soppesando le sue parole. Eliminò quell'unico passo che li divideva senza il minimo tentennamento, senza provare imbarazzo ora che i loro corpi praticamente si sfioravano. E Takao non si scompose, sostenne con orgoglio lo sguardo insolente di lei, per niente intimorito dal fatto che ora erano talmente vicini che i loro nasi si sfioravano, anzi sembrava divertito da quella sfida.  
Tutti rimasero col fiato sospeso, cercando di capire che diavolo stesse accadendo.
-Audace!- apprezzò lei, ad un centimetro dalle sue labbra.
-Sempre!- le rispose lui togliendo anche quel mezzo centimetro che lo divideva da lei e baciandola con trasporto, stringendola a sé con un braccio intorno alla vita.  
Tutti i presenti rimasero di ghiaccio increduli a ciò che si stava verificando proprio davanti ai loro occhi. Perché le due persone che con meno probabilità avrebbero visto insieme si stavano baciando.  
Takao poggiò la fronte contro la sua e le sorrise malizioso. -Allora?-  
Ari si prese qualche attimo come per valutare ancora la risposta da dare. -Mh.... Mi hai convinta!-  
-Oh meno male!- fece sarcastico Takao per poi posarle un altro bacio veloce sulle labbra. -Mi sei mancata, sai!-
Ari schioccò la lingua e si staccò da lui incrociando le braccia al petto. -Ma dai, è passata solo una settimana!-
-Per un attimo ho pensato che volessi farmi fare il campionato senza di te.- ridacchiò imbarazzato . Poi parve improvvisamente ricordarci di Yuri e si girò verso il ragazzo ridendo tronfio, spaccone come al solito. -Te l'avevo detto che non poteva dire di no a me! È la mia ragazza!- e aggiunse pure la linguaccia.  
Non c'era che dire, sembrava tornato proprio il Takao sbruffone di sempre, se non fosse stato per l'assurdità che stava con Ari, i suoi amici si sarebbero rasserenati dopo mesi di preoccupazione. Ma erano troppo scioccati per parlare. Avrebbero voluto chiedere tante cose. Come aveva fatto Ari a farlo tornare normale? Era lei in effetti la causa? O come diavolo fosse possibile che loro due stessero insieme? Perché, quando e come era potuta accadere una bizzarria del genere?
-Fammi capire, la tua fantomatica ragazza sarebbe... Ari?- riuscì a stento ad articolare Rei troppo incredulo.
-Certo! Mi pare ovvio ragazzi! Sono il campione del mondo, per un campione come me ci vuole solo una vera campionessa come Ari!-  
Ari lo guardò scettica. -Ah beh... grazie!-
Ma Takao evidentemente non colse il sarcasmo, e neanche l'evidente incredulità dei presenti, perché se la tirò a sé, passandole un braccio intorno al collo, e le stampò un bacio sulla guancia. Lei lo scansò infastidita storcendo la bocca.
-In effetti ha ragione!- concordò Daichi annuendo vigorosamente, l'unico evidentemente a trovare tutta questa storia logica. -Il suo ragionamento non fa una piega!-
-Ecco, grazie Daichi!- gli fece un piccolo inchino Takao mollando Ari.
-Mi stai prendendo per il culo?-Finalmente Yuri Ivanov aveva riacquistato la capacità di parlare, e come Ming Ming aveva imparato a sue spese, quando partica a parlare quando qualcosa non andava come diceva lui non smetteva più.
Ari sobbalzò ritrovandoselo in un batter d'occhio ad un passo da lei, infuriato fino al suo limite massimo. -Cosa sarebbe? Un altro dei tuoi patetici scherzi?-  
-Non so di che parli!-  
-Non è divertente Mayer! Smettila!- la freddò minaccioso facendosi ancora avanti. -Non te lo permetto, sono il tuo capitano, tu sei il mio vice e questa è la tua squadra! Tu resti con noi!-
Ari non si lasciò minimamente intimorire, lo affrontò con la sua solita freddezza. -Non mi pare che tu me l'abbia chiesto. Inoltre avete fatto a meno di me per anni, mi pare che posso fare quello che voglio!-
Gli occhi chiarissimi di Yuri lampeggiarono folli su Takao quando questo gli poggiò una mano sulla spalla.  
-Avanti Yuri non prenderla sul personale, è evidente che io le abbia fatto l'offerta migliore!-
Quella mano sulla spalla non era un gesto amichevole, per niente! Voleva che indietreggiasse e si allontanasse da lei. Il braccio era in tensione ed effettuava una leggerissima e impercettibile pressione. Spostò l'attenzione dalla sua mano sulla sua spalla a lui. Il suo sorriso era amichevole ma i suoi occhi dicevano tutt'altro. Quel moccioso stava osando frapporsi tra lui e uno dei suoi, perché Ari restava comunque questo, beyblade o meno.
-Stanne fuori Kinomiya! Non sono affari che ti riguardano!-
-Io credo proprio di sì invece!-
Ora anche gli altri percepirono la tensione, convinti che da un momento all'altro uno dei due avrebbe reagito. Ma Takao gli diede un'altra pacca sulla spalla e gli sorrise e si rivolse ai suoi compagni come se nulla fosse.
-E voi ragazzi, si può sapere perché quelle facce sorprese? Lo sapevate già che stiamo insieme...-
-No, tu ci hai detto che hai la ragazza! Non ci hai detto la tua ragazza è Ari!- gli fece presente Max.
-Ma che dici? Ma se è venuta a casa un paio di volte. La settimana scorsa ha pure dormito da me!-
-Non c'era nessuno, idiota!- Ari scansò Yuri e raggiunse Takao in poche falcate, lo afferrò per il braccio e lo voltò verso di sé con forza, cercando di mantenere la calma. Si avvicinò il più possibile a lui e abbassando la voce per non farsi sentire dagli altri, per mantenere la discussione in qualche modo privata. -Seriamente? Non lo hai detto a nessuno?- sibilò furiosa.
Takao rimase imbambolato a guardarla, ora effettivamente a disagio per la vicinanza della ragazza. -L'avrò dimenticato, ho avuto tante cose a cui pens....-  
-Un mese!- lo stroncò Ari scandalizzata lasciandolo, riuscendo a stento a mantenere la voce bassa. -Ma cosa hai al posto del cervello!?-  
Ma la cosa sconcertante questa volta non era la mancanza di Takao, che da parte sua ci poteva pure stare, ma la reazione di lei, che sembra addirittura offesa, proprio come lo sarebbe stata una qualunque normale ragazza se il proprio ragazzo si fosse dimenticato di annunciare al mondo di essere felicemente impegnato con lei. Teneva le braccia conserte e sembrava fremere di rabbia mentre inceneriva con lo sguardo Takao.  
-Scusa...- disse appena, ridacchiando imbarazzato.
Ari si voltò di scatto e si allontanò da lui di qualche passo, massaggiandosi in mezzo agli occhi chiusi con le dita e traendo profondi respiri.
-I tuoi dieci minuti?- tirò ad indovinare lui, per nulla toccato dall'ira della ragazza.
Lei si limitò ad annuire.
-Ok, a dopo Ari!- la salutò candidamente con la manina mentre lei si allontanava con lunghe falcate in mezzo ai ragazzi che, ancora sbigottiti, la seguivano con lo sguardo. Afferrò la bottiglietta che aveva lasciato vicino a Kai e scomparve oltre il dojo.
Ora l'attenzione tornò tutta su Takao, che incurante ebbe anche l'adire di commentare divertito. -Mi sa che l'ho fatta un po' arrabbiare...-  
-Ma non mi dire!- sbottò sarcastica Ming Ming.  
-Ma tranquilli, fa sempre così! Dieci minuti di solitudine e le passa!-
-Ma davvero?- gli chiese Rei.
-È stata un'idea sua?- chiese bruscamente Yuri, rivolgendosi direttamente a Takao questa volta. Provare a parlare con Ariel era completamente inutile.
-Intendi se mi ha chiesto lei di stare insieme? No, gliel'ho chiesto io!- gli spiegò candidamente Takao.  
-Sei un povero idiota!- sbottò a quel punto. -Ha accettato solo per farmi incazzare! Di te non gliele frega un cazzo!-  
Takao lo squadrò questa volta apertamente in contrasto con il russo. -Bada a come parli Yuri, è la mia ragazza e non mi va bene che tu dica certe cose! So con chi ho a che fare e...-
-Infatti si è visto come ti ha raggirato per bene l'anno scorso!-  
-Adesso basta ragazzi!- li interruppe Hitoshi prontamente prima che la discussione degenerasse.  
-Yuri, non è carino quello che dici!- intervenne Ayumi premurosa cercando in qualche modo di mettere pace. -Sono sicura che Ari sta con Takao perché gli vuole bene.-  
-Gli vuole bene?- ripeté Yuri incredulo e una mezza risata isterica lo scosse. -Tu, Ayumi, stai con una persona perché gli vuoi bene, Ming Ming può stare con una persona perché gli vuole bene.... Max e Rei se stanno con qualcuno è perché gli vogliono bene!- disse indicandoli esasperato. -Ma lei, mettitelo in testa, è vuota! Non c'è niente lì dentro, agisce per schemi, ha dei piani e ogni mezzo è buono per arrivare al suo fine!-
-Adesso basta! Non ti permetto di parlare così di Ari!- lo avvertì Takao fremente di rabbia stringendo i pugni.
-Ari non esiste Kinomiya, te la sei inventata! Lei è Ariel Mayer, punto! L'ultimo che le ha voluto bene lo ha calpestato senza scrupolo!- continuò a spiegargli sconvolto da tanta stupidità. Poi ci rinunciò, alzò le mani in segno di resa. Che si fottesse, stava sprecando solo fiato! - Lasciamo perdere! Ora sono cazzi tuoi, io ti ho avvisato!- poi si rivolse al resto dei Bladebreakers. -Ve la potete tenere, io non la voglio in squadra, non la voglio vedere! Andiamocene!-
Si avviò verso l'uscita seguito immediatamente dai suoi due compagni russi, da una Ayumi dispiaciuta e mortificata sull'orlo delle lacrime e da Ming Ming, anche se lei invece in queste cose ci sguazzava con piacere.   
A questo punto Claire decise di seguire Yuri. Era rimasta troppo scandalizzata, e forse era stata l'unica a notare la reazione di Kai in tutto quel trambusto, o il fatto che si fosse dileguato immediatamente dopo Ari.  
Ancora con passo incerto attraversò il giardino tenendo lo sguardo basso, stringendo nervosamente la giacchetta bianca tra le mani, ma quando passò di fianco a Takao si dovette fermare. E si rivolse a lui questa volta senza nessun filtro, pulita e chiara.
-Mi dispiace ammetterlo, ma penso che Yuri abbia ragione. E tu dovresti stare più attento ai tuoi amici.-  
Il ragazzo rimase fermo, senza neanche voltarsi a guardarla, senza dare segno di averla ascoltata. Claire sospirò e tornò a seguire i ragazzi che oramai erano quasi usciti dalla casa.  
 
 
 
 
-Potresti spiegarmi cosa cazzo significa?-
Era ferma in mezzo al giardino vuoto sul retro del dojo, gli dava le spalle. Una mano sul fianco e l'altra teneva la bottiglietta quasi vuota. Ne bevve l'ultimo sorso e si asciugò la bocca col doso della mano.  
-Dieci minuti di solitudine per piacere!- gli rispose con tono piatto senza nemmeno voltarsi.  
-Ma smettila! Mi prendi per il culo?- continuò Kai, frenando l'impulso di pestarla a sangue lì sul momento senza neanche sentire che aveva da dire a sua discolpa.
Ari sospirò paziente, si portò una mano sul viso, massaggiandosi gli occhi con due dita, e con l'altra gli fece segno di attendere un minuto. Prese diversi profondi respiri, infine si voltò verso di lui posando la bottiglietta vuota sul pavimento della veranda e appoggiandosi con una mano a una delle colonnine di legno, tenendo gli occhi serrati nello sforzo di contenere la collera.
Kai incrociò le braccia scocciato, in attesa che fosse pronta per parlare.  
Alla fine lo guardò e con molta pazienza si rivolse a lui, anche se una venatura di rabbia trasparì nella sua voce facendola tremare leggermente. -Prego, dimmi pure!-  
E lo disse con un tono che diede estremamente sui nervi a Kai che provò l'improvviso impulso di mollargli una testata in fronte. Si trattenne pure nel risponderle a tono, preferendo rimanere serio, il modo migliore per affrontarla. E poi cosa diamine era passato per la testa a Takao di stare con lei!? Era impazzito? Con Ari? E lei aveva pure accettato!?
-Vorrei sapere cosa è questa pagliacciata!-
-Pagliacciata?- ripeté Ari guardandolo con tanto d'occhi. No, non le era assolutamente bastata quella manciata di secondi per riprendere il controllo! Era ancora incazzata, ma sapeva benissimo che Kai non c'entrava niente, quindi prendersela con lui poteva essere solo controproducente. Per di più era talmente concentrata nel controllarsi che non riusciva proprio a seguire i discorsi di lui.
-Cosa altro potrebbe essere? Di chi è stata questa brillante idea?- continuò lui avanzando di un passo verso di lei, continuando a guardarla con quell'espressione grave.
-Sua!- rispose lei, e si sedette rassegnata massaggiandosi le tempie con la punta delle dita, cercando spasmodicamente di ritrovare la calma.  
-Cosa è, uno scherzo? E tu hai accettato?-
-Potresti spiegarmi quale è il tuo problema?- lo liquidò lei spazientita, finalmente guardandolo come se fosse solo una seccatura.  
-Sul serio, Ariel? Con Takao?- continuò scandalizzato. Possibile che non capisse?  
Lei corrucciò la fronte fissandolo intensamente, chiaramente non riuscendo a seguire il suo discorso in alcun modo. Forse si era persa qualche passaggio, pensò lei, ma ora la confusione era quasi riuscita a soppiantare la rabbia.   
-Il problema è che tu non sai nemmeno cosa significhi stare con qualcuno!- sbottò oramai esasperato Kai lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi e facendo un ulteriore passo verso di lei. -E secondo te dovrei stare tranquillo sapendo che Tu stai con Takao? Insensibile come sei non si accorgeresti nemmeno di fargli del male!-  
Lei rimase pietrificata.  
-Sempre ammesso che non sia tutta una tua farsa finalizzata a non so cosa!- continuò lui.
Ari ora era incredula, lo fissava a bocca aperta, sperando vivamente che fosse solo una sua impressione, che non stesse di nuovo dicendo le stesse stronzate di quella volta in camera sua.
-Seriamente, Kai?- chiese dandogli qualche attimo di tempo per concedergli la possibilità di dire qualcosa in sua difesa. Ma niente lui continuava a guardarla dall'alto intransigente e serio.  
Si alzò di scatto fronteggiandolo, ad un passo dal suo viso.  
-Seriamente, Kai?- ripetè, la voce uscì più acuta del dovuto, mentre il respiro le veniva a mancare. Provò a deglutire più volte senza riuscire, e si sentì investire da quella sensazione soffocante e spregevole. -Di nuovo lo stesso discorso?-  
Ma lui non mollava, lo scrutava con insistenza ma neanche un barlume di pentimento lesse in quegli occhi ametista, o una reazione che le facesse capire di aver frainteso le sue parole.  
-Te l'ho già detto una volta, se hai questa considerazione di me evita proprio di avere a che fare con me!-  sputò carica di risentimento e disgusto.
Fece per superarlo, voleva allontanarsi il più possibile da lui, ma afferrò prontamente il suo braccio, una presa salda e la rispinse indietro con forza e malagrazia, facendola sbattere e alla colonna di legno alla quale poco prima lei si era appoggiata.  
Se lo ritrovò a meno di un palmo dal suo viso, il volto duro e spietato e gli occhi infuocati puntati nei suoi, pronto a colpire.  
-Non quando c'è di mezzo Takao!- fu un ringhio basso e rauco intriso d'ira.  
Lei sostenne il suo sguardo senza il minimo timore, mentre la presa sul braccio si faceva sempre più stretta, ma sentiva ancora la faringe bloccata e riuscì a stento ad articolare qualche parola.  
-Che c'è Hiwatari? Geloso? Lo volevi tu Takao?- sibilò velenosa assottigliando gli occhi carichi di odio e rancore.  
A quelle parole la morsa sul braccio si fece di ferro e la schiacciò ancora di più tra il suo corpo e la colonna alle sue spalle. Oramai si sentiva soffocare, stava annaspando, aveva la gola completamente chiusa, ma sostenne il suo sguardo prepotentemente.  
-Tu prova a toccarlo, a fargli del male...-  
-Mollami!- soffiò con un filo di voce.  
Erano talmente vicini, oramai erano occhi negli occhi.  
-… e giuro che me la paghi!- fu un sibilo minaccioso.  
La lasciò di colpo allontanandosi, come se provassero entrambi disgusto per la vicinanza l'una dell'altro.
Ari non crollò solo perché appoggiata alla colonna alle sue spalle. Si diede una spinta e lo superò dandogli una spallata.  
Entrò a passo di marcia all'interno del dojo immerso nella penombra dove in un angolo erano accumulate le giacche dei ragazzi. Si chinò e cercò con foga la propria giacca e scavò disperatamente nelle tasche. Le girava la testa e le mancava l'aria.
Trovò il flacone ma era talmente presa dal bisogno di prendere quelle pillole che non si accorse del ragazzo arrivato alle sue spalle, e quando parlò sussultò visibilmente.
-Ari che succede?-  
Era Takao. Si accovacciò immediatamente accanto a lei preoccupato.
-Acqua...- sussurrò a stento mentre cercava di aprire il flacone con mani tremanti.   
Takao scattò subito su e tornò immediatamente dopo con un bicchiere d'acqua.  
Ari riuscì a fatica a buttare giù una manciata di pillole e un sorso d'acqua mantendo gli occhi serrati. Takao continuava a scrutarla pieno di apprensione seduto accanto a lei.
-Ti ho fatto arrabbiare così tanto?- chiese titubante chinandosi in avanti col capo leggermente inclinato per riuscire a vedere il viso la ragazza nascosto dietro la frangia troppo lunga.
-Non sei stato tu.- fu lapidaria lei continuando a tenere gli occhi serrati e la testa bassa.  
-Ari, sicura?- le afferrò con dolcezza la mano stretta a pugno sulle ginocchia piegate, la voce era carica di rimorso.
-Tranquillo... è solo il principio di un attacco di panico, posso controllarlo.- soffiò debolmente.
-Puoi controllare un attacco di panico?- chiese ora perplesso Takao, chiaramente scettico su quest'ultimo punto.  
Lei annuì appena. Prese un altro profondo respiro e buttò indietro la testa tenendo gli occhi chiusi. Poi li aprì e li fermò su di lui che ancora la fissava preoccupato con gli occhi sgranati e le labbra contratte.  
-Non è mica il primo. Secondo te questa roba del cavolo a che serve?- sbottò smettendo di guardarlo e rigirandosi tra le mani il flaconcino trasparente mezzo vuoto. -Credo che abbiano provato anche ad imbottirmi di psicofarmaci di quelli pesanti i dottori in Francia.- aggiunge con noncuranza. -Peccato, a quest'ora starei nella pace dei sensi!-
Takao si irrigidì visibilmente, e anche la sua presa sulla mano di Ari tremo a queste sue ultime parole dette con tanta leggerezza e divenne improvvisamente serio.  
-Non dire queste scemenze, non è per niente una bella cosa!- la rimproverò severo.  
Poi l'occhio gli cadde sul braccio e notò i segni rossi.  
-Cosa è successo?-  
Ari sospirò e tornò a guardarlo. -Senti, 'sta roba è leggera e continuare a chiedermi cosa è successo non mi aiuterà sicuramente a rilassarmi!-  
-Scusa.-  
Ari tornò a chiudere gli occhi e a prendere respiri profondi e regolari. Gli schiamazzi dei ragazzi all'esterno arrivavano fino a loro attutiti e lontani. A quel punto Takao si spostò scivolando sulle ginocchia, posizionandosi proprio di fronte a lei, guardandola intensamente. Alzò una mano e con lentezza la portò dietro la nuca di Ari. Improvvisamente tremò, le sfiorò a malapena il collo  con la punta delle dita che lei spalancò si suoi occhi tempestosi nei suoi folgorandolo e afferrando di scatto il suo polso.
Trattenne il respiro, ed avvertì quello irregolare di Ari, la presa incerta della sua mano sul suo polso, e la confusione nei suoi occhi scuri.
-Tranquilla.- sussurrò piano accennando un sorriso rassicurante, di quelli sinceri e spontanei, lo stesso che le aveva rivolto tanti mesi prima su quel ponte in Canada, prima della fatidica finale. -Sei un fascio di nervi, rilassati!-
-Facile a dirsi!- sospirò Ari stanca lasciandogli il polso.
-In effetti....- borbottò lui che poi tanto sereno non lo era nemmeno lui dopo la discussione avuta pochi minuti prima con Yuri. -chiudi gli occhi e lasciami fare.-
-Non mi piace il contatto fisico.- ammise, ma fece comunque come gli aveva chiesto, chiuse gli occhi, e un po' a fatica lo lasciò fare.
Lui afferrò l'elastico che teneva legati i lunghi capelli scuri della ragazza e lo sfilò, lasciando che questi ricadessero liberi accarezzandole la schiena e le spalle, procurandole un brivido.
Appoggiò la fronte contro quella di lei e immerse lentamente le dita tra i suoi capelli, alla base della nuca. Come prima Ari scattò di nuovo, questa volta afferrandogli entrambi i polsi, d'impulso, riuscendo a stento a mantenere ancora gli occhi chiusi.
-Tranquilla.- sussurrò piano, iniziando a massaggiare lentamente e con delicatezza. Lei deglutì con difficoltà e annuì nervosamente.
La sentiva estremamente tesa e rigida, chiuse gli occhi pure lui e continuò quel massaggio leggero al cuoio capelluto, dalla base del collo fin su, avvertendo dopo un po' la tensione lentamente sciogliersi, e anche la presa sui suoi polsi farsi più leggera.  
-Così va meglio?- le chiese sempre con voce profonda.  
Lei scosse leggermente il capo e mugugnò qualcosa, tenendo ancora gli occhi ben chiusi,  il respiro ora più regolare. La confusione di colori e vuoto che vorticava nella tua testa si stava placando, il peso nel suo petto si stava sciogliendo ridandole respiro. E tutto partiva da quel movimento e quelle dita che delicatamente le provocavano brividi che le percorrevano tutta la schiena e si irradiavano fin sopra la nuca.  
-Quando ero più piccolo per un periodo ho sofferto di attacchi di panico, sai.- ammise parlando piano, con quel tono profondo e calmo. -So come ci si sente, a me veniva sempre di notte, il buio sembrava chiacciarmi. Il nonno mi faceva sempre questo massaggio e intanto mi raccontava delle storie, e pian piano passava.-
Tornò il silenzio. Finalmente Ari lasciò scivolare le mani in grembo, liberando così i polsi di Takao che continuò, fronte contro fronte. Si stava rilassando anche lui, lì nella penombra con le mani immerse nei morbidi capelli di lei, gli occhi chiusi, ad un attimo dal suo respiro.
Poi avvertì un tocco leggero e freddo posarsi sul suo collo che gli provocò un brivido, prima con le punta delle dita solleticandolo, poi tutto il palmo, si fermò all'altezza del cuore, la avvertì attraverso il cotone leggero della maglia. Un movimento impercettibile e le labbra di Ari sfiorarono le sue poggiandovi un bacio deciso e delicato. Per un attimo il loro respiri si fusero e lei tornò a baciarlo ancora senza alcuna esitazione.   
La porta si aprì di colpo illuminando la stanza fino a quel momento immersa nella penombra.
Takao aprì gli occhi e si scostò dalle labbra di Ari giusto il tempo per vedere la porta chiudersi con uno scatto sbattendo e facendo di nuovo piombare la stanza nell'ombra.  
-Hilary, giusto?-  
-Avevi sentito i passi?- le chiese.
Ari non si era nemmeno presa la briga di aprire gli occhi. Un sorrisetto furbo però le increspò le labbra. -Ovvio. Io sto sempre in allerta!-
-L'avevo sentita anche io.- aggiunse orgoglioso Takao sghignazzando.  
Erano rimasti come prima fronte contro fronte, lui con le mani immerse nei suoi capelli e lei con la mano sul suo petto.  
-Ah che bravo! Apprendi in fretta!- si complimento con fare scherzoso lei.    
Takao ridacchiò, guardandola.
-Be direi che abbiamo recuperato, quindi non hai più motivo di essere arrabbiata con me!-  
-Figurati, ho già dimenticato tutto.-
 
 
 
 

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Capitolo 36
*** Bacio della buona notte ***


cap 36 Eccomi qui con il nuovo capitolo! Che dire, non mi aspettavo che qualcuno recensisse addirittura, ma sono felicissima così. Inoltre non vorrei essere ottimista, ma vedo che qualcosa si sta smuovendo nel nostro fandom, e la cosa mi piace! Aggiornate e scrivete ragazzi! Ho voglia di leggere tante altre avventure dei nostri eroi!  
 
 
 
36 Bacio della buona notte

 
 
Sferrò un pugno e poi un altro, sul viso già martoriato del suo avversario. Questo barcollò all'indietro, stordito. Respirava a stento, il sangue gli grondava copioso dal naso e dalla bocca su tutti i vestiti.  
Gli caricò un calcio in pieno petto con una forza inaudita, atterrandolo. E non ebbe nemmeno il tempo di arrendersi che gli fu sopra.  
Preda di una furia cieca, non gli avrebbe permesso di sottrarsi a quel massacro, almeno non finché non ne fosse uscita soddisfatta. Lo caricò di colpi senza pietà, senza tregua. Oramai aveva le nocche spaccate a sangue a furia di caricare pugni, ma non era niente rispetto a quello del suo avversario che era schizzato ovunque su di lei e sul pavimento di cemento. Aveva le mani immerse in quel sangue fino ai gomiti.
Il ragazzo sotto di lei non riuscì nemmeno più a proteggersi con le braccia. Il volto era oramai trasfigurato, gli occhi erano gonfi e quasi ciechi, gli zigomi e i tratti maciullati. Anche il viso di lei era trasfigurato, ma non per i colpi ricevuti, ma per la collera e la folle sete di sangue, contratto in una maschera d'ira, la stessa, sempre la stessa! Aveva il demonio in quegli occhi neri e tempestosi.  
E continuò famelica un colpo spietato dopo l'altro, senza sentire gli schiamazzi della folla attorno a loro, le proteste e le urla di incitazione e approvazione.  
Lei non aveva bisogno di essere fomentata. L'adrenalina in circolo, il sangue che le pompava ferocemente nelle vene come un rombo isolandola dalle urla dei ragazzi intorno all'arena, la mente completamente dominata dal bisogno di soffocare e annientare ogni alito di vita tutto intorno, di spegnere anche il più piccolo barlume di luce, le davano una forza smisurata. Questo era il terzo ragazzo che soccombeva sotto di lei e tutto ciò che avvertiva era solo una dilaniante rabbia che le squarciava l'anima e tirava i tendini delle sue braccia, delle sue mani, delle sue gambe.
Lo afferrò per la maglia sollevandolo senza il minimo sforzo. Con un ultimo e disumano gridò gli diede una testata in fronte e questo ricadde privo di sensi a terra.  
Si alzò di scatto vittoriosa, i muscoli tesi e il petto che si alzava e si abbassava, il fiato corto per lo sforzo che non avvertiva minimamente. Non avvertiva nessuna fatica. Era potente.  
Guardò con disgusto il suo avversario svenuto davanti a lei, dall'alto della sua supremazia. Sputò per terra un misto di saliva e sangue e si voltò per andarsene.
-Adesso puoi pure arrenderti, stronzo!- disse avanzando con passo spedito tra la folla di ragazzi che si aprì per lasciarla passare. Avrebbe potuto benissimo spezzargli il collo con un solo gesto, avrebbe voluto, ma non era permesso ammazzare il proprio avversario di proposito. Quindi si era dovuta trattenere. Se avesse potuto spegnere quella prima vita che le era capitata tra le mani fin dal primo momento, si sarebbe sicuramente spenta definitivamente anche lei, prima di ridurre in una massa di carne e sangue dolorante anche gli altri due.
Arrivò in silenzio in fondo al capannone, sorda ad ogni rumore, a ogni coscienza, a ogni pensiero, verso il buio freddo e desolante, e si abbandonò su una delle vecchie poltrone. Chiuse gli occhi e riprese fiato, il corpo era ancora elettrizzato. Dentro era prosciugata, spenta, vuota! Ora c'era solo l'oscurità a cullarla, come un mare profondo e immobile, e dentro di sé riecheggiava solo il ruggito impetuoso del suo cuore, il silenzio e la pace.
Dei passi annunciarono l'avvicinarsi di qualcuno, che quando fu abbastanza vicino la applaudì impressionato.  
-Ammirevole!- si congratulò una voce trascinata.
Lei non rispose, rimase immobile, immersa nella penombra.
-Posso esprimere il mio apprezzamento?- chiese sornione il giapponese accomodandosi a sua volta sulla poltrona di fronte al quella della ragazza. Ari scosse la mano svogliatamente, facendogli capire che non solo non aveva voglia di aprire gli occhi per guardarlo, ma nemmeno di sprecare fiato per lui.  
-Suvvia!- fece lui noncurante, accavallando le gambe e osservandola con attenzione.  
Era accasciata sulla poltrona, le braccia appoggiate sui braccioli, e la testa abbandonata indietro sullo schienale. La maglia, il jeans, le braccia, il viso... era imbrattata di sangue, non suo ovviamente. Aveva preso ben pochi colpi, uno di quei tre era riuscito a spaccarle un sopracciglio e forse l'interno della guancia, cosa che gli era costata molto cara.  
Quella ragazza era sempre una piacevole sorpresa per lui, un miscuglio esplosivo di crudeltà, follia e forza pronti ad esplodere senza preavviso, e quella sera aveva deciso di concedergli quello spettacolo raccapricciante.  
Ovviamente lui aveva inquadrato il soggetto già dal loro primo incontro e aveva scommesso senza indugio tutto su di lei, e non lo aveva deluso.  
Era entrata nel capannone con passo impetuoso, superando gli scagnozzi di guardia che la lasciarono passare senza battere ciglio. Oramai la conoscevano, sapevano che lei aveva il permesso si fare tutto quello che voleva. Era sconvolta, sembrava pronta a distruggere qualunque cosa avesse incrociato sul suo cammino, e li aveva raggiunti lì in fondo al capanno dove si stavano svolgendo gli incontri clandestini.  
Li aveva studiati solo per un attimo con una rapida occhiata raggelante.  
I suoi erano gli occhi di un assassino famelico! Quella vista lo aveva esaltato parecchio, doveva ammetterlo. Lei aveva fatto solo un cenno ad Hiruta continuando a fissare i due sfidanti nell'arena che si caricavano di colpi a vicenda.  
-Sono la prossima!- aveva detto solo questo.  
Non aveva osato discutere Hiruta, dopo di che ne aveva trucidati tre di fila senza il minimo accenno di pietà. Al primo aveva spezzato entrambe le braccia per impedirgli di arrendersi e il messaggio era stato estremamente chiaro.  
Yakaji ridacchiò sporgendosi in avanti. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle mani giunte.  
-Qualcosa ti turba?- domandò, ma era più una constatazione.
-Non sono affari tuoi!- il tono era così pacato e limpido che non sembrava nemmeno uscito dalle sue labbra. Non aveva mosso un muscolo.
-Ovviamente!- esclamò lui sarcastico, mettendo le mani avanti. -Non oserei mai.-
Ari spalancò gli occhi sul soffitto buio e nero. Erano ancora carichi e vibranti di quella vuota follia. I muscoli si tesero e, con la stessa lentezza pericolosa di un predatore, si mise dritta e si tirò su. Afferrò una delle bottiglie di birra sul tavolino e buttò giù un generoso sorso tutto d'un fiato. Alcune gocce le scivolarono lungo il mento mischiandosi al sangue. Lentamente, continuando a bere, girò attorno alla poltrona sulla quale era seduto il ragazzo giapponese, che con indifferenza continuava a ghignare soddisfatto.  
E non si scompone nemmeno quando Ari alle sue spalle scese su di lui in picchiata, come un'aquila sulla sua preda, passandogli un braccio intorno al collo. Avvertì il suo fiato sulla guancia, i capelli di lei solleticargli il collo e il forte odore di sangue gli invase le narici.  
-Allora vedi di non provocarmi...- fu un sussurro dolce e minaccioso -...o il prossimo sei tu! Come avrai notato non me ne fotte un cazzo dei vostri incontri di scommesse. Avevo solo voglia di massacrare qualcuno!-
-Lo so, e sei stata meravigliosa!- rispose lui impavido, forse convinto di essere immune o di poterla sempre passare liscia.  
La stretta intorno al suo collo si fece sensibilmente più forte. La cosa che non tollerava di quel verme era il suo porsi a lei come se fossero sullo stesso livello.
-Non serve a niente lusingarmi!- soffiò velenosa al suo orecchio. Gli lasciò la bottiglia ora vuota sul petto, mollò di colpo la presa e si mise dritta. -Sono sincero!- disse lui con un sorriso viscido continuando a guardare sicuro di fronte a sé.  
Ariel Mayer non si scompose. Si voltò per andarsene, come se nulla fosse successo. -Fai avere i soldi che mi spettano a Hiruta!- disse solamente allontanandosi.
Percorse le strade buie e deserte che attraversavano i vari capannoni in un silenzio tombale. L'aria fresca non la scalfiva, la luce dei lampioni non la catturava.  
Beccare proprio gli incontri di lotta quella sera era stata l'unica cosa buona di quella giornata letteralmente di merda. Per evitare di spaccare la faccia a quell'oca giuliva di sua cugina aveva finito per spaccarla a tre ragazzi a caso. Si  era trattenuta con lei solo perché si era messo Yuri di mezzo, o forse perché per un attimo fugace le era passato per la mente che pestare a sangue l'unico parente che aveva non sarebbe stata una cosa buona. Si era fatta lo scrupolo, e nessuno lo aveva apprezzato!  Fatto stava che la francese aveva rischiato grosso quel pomeriggio sviscerando uno dei suoi tanti discorsi senza senso e blaterando in proposito dei sentimenti di Kai e stronzate simili! Eppure l'aveva avvertita sin da subito che, dopo la discussione che aveva avuto con lui il giorno prima, non avrebbe tollerato nemmeno il sentirlo nominare. E lei ovviamente aveva pensato bene di fare tutto l'opposto!  
Ma quello che l'aveva fatta scattare era stata l'insinuazione che tra lei e quello stronzo di Hiwatari ci fosse stata un qualche tipo di relazione amorosa, e la cosa già di per sé la disgustava. E più le diceva di smetterla e di tacere e più lei insisteva, e parlava e diceva solo cazzate, decantando chissà quale amara e dolorosa delusione avesse ricevuto il povero Kai a causa sua e della su completa indelicatezza mettendosi con il suo migliore amico senza dirgli niente!  
Finché per l'appunto non aveva completamente perso la pazienza e si era limitata, in maniera estremamente ammirevole per i suoi standard, a caricare un calcio ad un bidone della spazzatura lì vicino. Apriti cielo, nonostante la sua palese rabbia e voglia di strapparle la faccia a morsi, Boris che cercava in ogni modo di zittirla e Yuri che le si era piazzato davanti per placcarla, Claire aveva trovato intelligente continuare starnazzarle contro scandalizza ancora peggio di prima.  
Potevano andare a farsi fottere lei e Hiwatari. Per quanto la riguardava quei due per i giorni a seguire erano morti e sepolti per lei, e per nulla compianti!
Quando arrivò finalmente a casa Kinomiya attraversò il salone senza salutare nessuno, senza fare caso alle facce sconcertate di Max, Rei, Kappa e Hitoshi che giustamente si erano soffermati sull'inquietante sangue che aveva addosso, e si chiuse nel bagno per darsi una sciacquata.
Takao la aveva seguita a breve, appena il tempo di sciacquarsi la faccia con l'acqua gelida che se lo ritrovò nel riflesso dello specchio a fissarla con tanto d'occhi strabuzzati.
-Ari, ma che hai combinato? Che ti è successo?- le chiese allarmato.  
-Niente.- rispose lei con noncuranza senza prestargli attenzione, continuando lavandosi le braccia e notando solo ora che aveva schizzi di sangue anche lì e sui jeans.  
-Ah ah....- fece scettico Takao storcendo il naso, avvicinandosi a lei diffidente. -Sei ricoperta di sangue.-  
-Tranquillo, non è mio.- rispose candidamente, spiazzando Takao, che dopo un attimo di sbigottimento ridacchiò nervosamente.  
-Ma che dici! Allora, che hai combinato?-  
-Lotta.- spiegò spiccia. -Sono andata dai ragazzi, c'erano gli incontri clandestini. Mi sono fatta... un giro.- continuò asciugandosi alla meno peggio. Takao era più perplesso di prima. Che razza di lotta era per conciarsi in quella maniera?
-Ah... e perché?- chiese infine preferendo sorvolare.  
-Mah... roba di scommesse, non mi sono interessava, avevo bisogno di sfogare.- disse vaga prendendo la garza e il cotone idrofilo dal mobiletto.
-Eheheh che modo originale...- ridacchiò lui grattandosi dietro la nuca nervoso -io mi sfogo giocando a bey!-  
-Non mi sarebbe bastato stavolta.- spiegò evasiva iniziando a fasciarsi la mano. Aveva le nocche completamente spaccate, per una volta che non aveva indossato i guanti. E in tutto questo ancora non aveva alzato nemmeno mezza volta gli occhi sul ragazzo che stava cercando di capire perché fosse tornata a casa alle undici di sera, imbrattata di sangue con una nonchalance agghiacciante.
-Aspetta, ti do una mano!-  disse prendendo l'acqua ossigenata e afferrandole la mano.
-Non ce n'è bisogno, so fare da sola!- disse scostando la mano brusca.
-Lo so, ma Ari sono il tuo ragazzo, giusto?- le chiese risoluto e finalmente lei si degnò di guardarlo. -È quello che faccio, prendermi cura di te. Per questo si sta insieme, per prendersi cura a vicenda, l'uno dell'altra. Lasciami fare....-  
Ari sospirò seccata e per qualche secondo rimase immobile, molto probabilmente per racimolare quel po' di pazienza che aveva, con gli occhi puntati su di lui che ricambiò deciso e senza il minimo indugio.  
Non replicò, gli cedette il rotolo di garza senza fiatare. Takao prese l'acqua ossigenata e imbevve un batuffolo di cotone passandoglielo poi sul taglio sul sopracciglio.  
Lei sbuffò sommessamente, infastidita da quelle premure, ma lui continuò. Con un altro batuffolo di cotone, le prese la mano nella sua, e lo passò sulle nocche spaccate con estrema cura, e la cosa le diede sui nervi.  
E a quel gesto Ari iniziò pian piano a comprendere cosa la infastidisse tanto. Non era la sua vicinanza, non il suo sorriso perenne o la sfrontata gentilezza con la quale la trattava. Osservava con insistenza il modo in cui lui passata il cotone imbevuto sulle spaccature, e poi come passava la garza fasciandola. Quel gesto e quella premura le stavano dando sui nervi. Prendersi cura di lei... l'uno dell'altra? Quante stronzate!
Takao continuava a osservarla di sottecchi in silenzio, sicuro che da un momento all'altro avrebbe sbottato. Notava fin troppo bene la sua insofferenza, quei sospiri lunghi e lenti, la mascella sempre più stretta e gli occhi che piano piano si stringevano in due fessure pericolose.  
-Tutto ok, Ari?- le chiese dopo l'ennesimo lungo sospiro di lei, chiudendo la fasciatura.
Ritirò bruscamente la mano dalla sua e uscì dal bagno dirigendosi verso il dojo allestito per la notte senza rispondergli. Takao non si diede per vinto e la seguì immediatamente con una tranquillità disarmante.
Ari era china per terra sul suo borsone, intenta a frugarci dentro irrequieta, tirando fuori varie cose alla ricerca della maglia per la notte.  
-Ari... ehi! Che c'è?- le chiese fermandosi accanto a lei.
Si guardò attorno, c'erano Max e Daichi già in stanza che si erano subito zittiti non appena lei era entrata, sempre a causa molto probabilmente delle inquietanti macchie di sangue fresco che aveva addosso.   
-Ragazzi potreste lasciarci soli un attimo per favore?-  chiese ai due che, senza se e senza ma, alzarono i tacchi e se la filarono lesti nel giro di pochi secondi.
-Non ce n'è bisogno!- Lo stroncò lei senza battere ciglio. Ma troppo tardi, i due si erano già dileguati chiudendosi pure la porta alle spalle, lasciandola sola con lui, con quel rompipalle! Perché lo sapeva benissimo, quella sulla faccia di Takao era proprio la sua tipica espressione da "ti guarderò con i miei grossi occhioni da pesce lesso, in silenzio o parlando, imponendomi in ogni secondo della tua esistenza, culo e camicia, cozza allo scoglio, finché non avrò demolito ogni tua resistenza e sarò riuscito a sviscerarti via anche l'ultimo dei tuoi pensieri più reconditi"! La faccia del rompipalle insomma! Dio come avrebbe voluto mollargli un unico pugno in mezzo agli occhi e farlo sparire! Ma tanto lui si sarebbe rialzato e avrebbe continuato a perseguitarla senza pietà con quei grossi occhi scuri fissi su di lei, già lo sapeva.
Takao le si inginocchiò accanto, armandosi di tanta pazienza perché lui invece già sapeva che sarebbe stato difficile riuscire a cavarle fuori qualche parola.  
Intanto lei aveva trovato finalmente la maglia che cercava. Si sfilò via quella sporca di sangue gettandola sgualcita accanto alla borsa.
-Ari....-
-Vado a finire di sistemarmi....- fece per alzarsi repentina, ma Takao la trattenne li accanto a sé afferrandola per un braccio.  
-Ari, mi avevi promesso che mi avresti detto tutto quello che ti passa per la testa.-
Lei lo scanso bruscamente. -Non mi rompere i coglioni è tutto ciò che per ora mi sta passando per la testa, Takao!- rispose dura, prendendo i panni che aveva tirato fuori e provando a rimetterli nel borsone.
-Non è vero, lo sai! Spiegami perché ti ha infastidito tanto che mi occupassi di te!-
-Perché non ne ho bisogno, quindi evita!-
-E tu lo sai perché ti infastidisce tanto questa cosa?-
Ari si fermò. Chiuse gli occhi e trasse un lungo e profondo respiro. Osservò di nuovo la mano che poco prima Takao le aveva bendato, ora stretta intorno ad un groviglio di panni. Perché la disturbava tanto quel gesto? Perché la innervosiva a tal punto? Abbassò lo sguardo e riprese a ficcare malamente le cose nel borsone. E con amarezza realizzò il perché. Le tornò in mente lo stesso gesto fatto da Takao poco prima in bagno, lo stesso che già qualcun altro aveva ripetuto tante volte prima di allora, e improvvisamente avvertì come un pugno allo stomaco, ma decisamente più sgradevole.  
-Allora?- la incalzò lui paziente.
Ari si destò da quell'attimo maledicendosi, e riprese a schiacciare con impazienza i vestiti dentro la sacca. Più schiacciava e meno entravano, era frustrante! Come era possibile che improvvisamente il borsone non si chiudesse più?! E intanto Takao continuava a fissarla con insistenza in attesa di una risposta, intenzionato come al solito a non mollare finché non l'avesse ottenuta.  
Infine si arrese, mollò il borsone così come stava e strinse i denti, pregando che bastasse per toglierselo dai piedi.  
-È una vita che nessuno si prendeva cura di me così....- ammise tenendo gli occhi fissi a terra.  
Era vero, era dannatamente vero! E per quanto avesse imparato ad odiarlo con ogni fibra del suo essere, per quando avesse provato a distruggere quei ricordi, ritrovarsi dopo anni a pensare a quei momenti, quanto tornavano nella loro cella a fine giornata e al modo in cui si occupavano a vicenda l'uno dell'altra, ora la stava letteralmente spiazzando, tanto quanto rendersi conto dell'amarezza che le davano.  
Era sempre stato Kai a fasciarle in quel modo le nocche spaccate a sangue, a curarle le ustioni e le ferite sulle gambe, Kai e nessun'altro! Finché non si era ritrovata da sola a dover fare tutto ciò. E come a sbeffeggiarla le tornò in mente l'anno prima in Brasile, quando nonostante tutto, nonostante gli anni, Kai si era premurato di ripulirle la ferita sul viso. Perché diamine l'aveva fatto? Perché cazzo l'aveva fatto?!  
Afferrò la maglia per la notte e si alzò per andarsene.
-Non lo sopporto, non ho permesso più a nessuno di avvicinarsi tanto. Quindi lasciami in pace!- chiarì irremovibile, chiudendo la questione definitivamente. Non avrebbe tollerato più una parola. Più cercava di evitare di pensarlo e più glielo sbattevano in faccia!
Takao sospirò dispiaciuto, stringendo i pugni sulle ginocchia. -Capisco.- disse appena con un filo di voce, mentre lei si allontanava. -È giusto, ma....  non hai più motivo di tenere tutti lontano. Adesso siamo una squadra e non c'è bisogno di restare da sola.-
Ari non gli rispose. Takao non riusciva proprio a stare zitto! Sbattette la porta alle sue spalle e tornò in bagno.  
Riprese le bende iniziando a fasciarsi l'altra mano, sempre più irrequieta, senza riuscire ad eliminare dalla mente i ricordi del monastero, di quando ancora Kai era lì. Prepotenti e beffardi, si imponevano vividi come se in quel momento se lo trovasse davanti che con attenzione analizzava le sue ferite e le fasciava la mano. La cosa le diede a tal punto sui nervi che lanciò il rotolo di garza con forza contro la parete opposta del bagno. Si strappò via la fasciatura che aveva tentato di farsi da sola senza riuscirci, e si sedette sul bordo della vasca. Di nuovo una dolorosa morsa allo stomaco le tolse il fiato. Che fastidio!  
E in Grecia, anche in Grecia l'anno precedente, si era occupato di lei, come sempre, come aveva sempre fatto. E il suo Drawind, il suo beyblade che lei stessa aveva dimenticato e abbandonato, in silenzio lo aveva recuperato e se ne era preso cura  per lei. E in quella cazzo di camera d'albergo si era barricato con lei quando non avrebbe dovuto avere minimamente motivo per farlo! E solo ora se ne rendeva conto e questa improvvisa consapevolezza le provocò un odio profondo e viscerale. Perché? Le aveva detto chiaramente cosa pensava di lei, e glielo aveva ribadito senza il minimo scrupolo alla prima occasione. Perché poteva passare su stronza, cinica, vuota, insensibile, perché lo era, era vero e ne era pienamente consapevole. Ma puttana no! Non lo era e non lo era mai stata, si era sempre comportata come i suoi compagni, né più né meno, e il modo in cui le aveva parlato il giorno prima le aveva fatto chiaramente capire che era questo quello che veramente pensava di lei, così la considerava, nonostante ci stesse provando con tutta se stessa a migliorare. E cretina lei aveva pure provato a passarci sopra e a fare finta di niente! Quindi se era convinto così perché non imparava a farsi i cazzi suoi e non la lascia crepare in pace?
Doveva fottersene, era l'unica soluzione, come quando era Yuri a dirle queste stesse cose, e ignorarlo proprio come ignorava lui. Anche vederlo sofferente e morente poteva essere una soluzione, ma ciò avrebbe voluto dire dargli importanza e non se la meritava!
La porta si aprì. Era di nuovo Takao, si era messo in pigiama. Si soffermò a osservare prima lei, poi la garza sgualcita che si era strappata dall'altra mano, e infine il rotolo che aveva lanciato dall'altra parte del bagno, ora a terra in un angolo. Lei continuava a fissare il pavimento con uno sguardo incattivito, chinata in avanti con i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa bassa. Alcuni ciuffi erano sfuggiti dalla treccia e le ricadevano davanti al viso tirato e pallido.
Raccolse la garza in silenzio, afferrò lo sgabello e si sedette proprio di fronte a lei, ginocchia contro ginocchia. Srotolò un po' e iniziò a bendarle la mano rimasta scoperta. Lei lo lasciò fare senza accennare minimamente una qualsiasi reazione. Ma sapeva benissimo che Takao non sarebbe riuscito a stare in silenzio tanto a lungo, difatti non appena il ragazzo aprì bocca, neanche arrivò a produrre un suono che Ari lo precedette ammonendolo.
-Non - una - parola!- scandì imperiosa fulminandolo con lo sguardo.  
-Non ho detto niente!- si difese subito lui, mettendo il broncio. -Solo che...-
-Takao!-  
-Uffa! Volevo solo dire che...-
-Takao!-
-Pensavo che potresti parlarmi, sai di....-  
Ari sospirò avvilita e si schiaffò la mano libera sulla fronte, oramai rassegnata.  
Takao scoppiò a ridere di gusto a quella reazione. Era proprio quello che si aspettava. -Dai scherzavo! Non volevo dirti proprio niente!-  
-Oh, come ti diverti con poco tu!- sbottò sarcastica lei scoccandogli un'occhiataccia.  
Takao continuò a ridere, troppo divertito dalla sua reazione. Sicuramente era divertente tanto quanto far spazientire Kai.  
Fece un bel nodino per chiudere la fasciatura, tenendo comunque la sua mano stretta nella propria. Inclinò il capo di lato, osservandola con i suoi vivaci occhi scuri e un sorrisetto furbetto, aspettando che lei ricambiasse lo sguardo. Ma lei lo degnò solo di una fugace occhiata prima di tornare a guardare scocciata un punto imprecisato alla sua destra.
-Allora,- esordì impavido -posso baciarti o dobbiamo aspettare che entri qualcuno?-  
Ari lasciando bruscamente la mano del ragazzo. -Hai un bel coraggio a chiedere!- sbottò scorbutica. -Prima sfotti e poi vuoi pure baciarmi!-
-È colpa tua! Sei troppo buffa quando ti spazientisci così!-
Ari assottigliò gli occhi minacciosa, oramai al limite della sopportazione. -Quello che non mi spiego è come io non ti abbia ancora picchiato!-
-Ma è ovvio!- esclamò con entusiasmo sedendosi accanto a lei sul bordo della vasca e passandole un braccio intorno al collo avvicinandola a sé. -Perché mi adori e mi vuoi bene!-   
Ari alzò gli occhi al cielo e scosse la testa stufa. -Quante cazzate!- sospirò affranta.
Con Takao era inutile incazzarsi, lui non si scomponeva per nulla, le parole cattive gli scivolavano addosso, le minacce non lo scalfivano. Ciò che rimaneva era quel sorriso ebete e quell'espressione serena di chi accetta qualunque cosa con filosofia. Era disarmante!
Takao scoppiò di nuovo a ridere. E questa volta anche Ari accennò un mezzo sorriso divertito, guardandolo di sottecchi. E con estrema naturalezza e dolcezza la avvicinò a sé e la baciò, a fior di labbra. Sorrise e riprese a baciarla, questa volta venendo ricambiato, lasciandosi trasportare.
Si staccarono qualche attimo, quanto bastava evidentemente per riprendere fiato. Ari si morse il labbro inferiore e a stento trattenne un ghigno.
-Sai.... baci come una ragazza!-
La faccia di Takao si afflosciò, e per qualche attimo la sua espressione fu indecifrabile. Quando finalmente comprese a pieno quelle parole strabuzzò gli occhi e si ritrasse offesissimo.
-Ma che stronza!- riuscì a dire incredulo. Ora Ari sghignazzava apertamente e senza ritegno.
-Che c'è, mi hai chiesto tu di dirti tutto quello che mi passa per la testa.-  
Takao scattò su in piedi oltraggiato, pestando un piede per terra. -Non è vero, l'hai detto per farmi dispetto!- Mai nessuna ragazza si era lamentata del suo modo di baciare, anzi!
Ari si strinse nelle spalle continuando a sghignazzare trionfante.
-Non c'è niente da ridere!- starnazzò isterico incrociando le braccia al petto.
Ari si alzò e lo fronteggiò senza alcun indugio, sempre con quel sorrisetto furbo a incresparle le labbra, sfoggiando la sua solita spavalderia. Avanzò fino a che non fu lui a dover indietreggiare fino a fermarsi al lavandino alle sue spalle.  
Si sbottonò i jeans sporchi e lentamente annullò ogni distanza aderendo completamente col suo corpo a lui, che si accorse solo in quel momento che Ari era rimasta solo col reggiseno, il reggiseno nero, che di per sé il colore non era il vero problema ma, come notava solo ora, lo era il contenuto e come stesse fin troppo bene in contrasto con la pelle chiarissima di lei. Si irrigidì di colpo quando sentì il suo fiato solleticargli l'orecchio e si aggrappò saldamente con le mani al lavandino dietro di lui.
-Che dici? Adesso posso farmi la doccia o vuoi farmela tu?- gli sussurrò suadente facendolo rabbrividire fino in cima alla nuca.
Un'improvvisa vampata di calore lo colse dal basso verso l'alto. Iniziò a balbettare senza ritegno col cervello completamente in tilt.
Il ghigno sul viso di Ari si allargò. Era diventato paonazzo.  
-Allora?- incalzò divertita.
Takao la scansò di colpo. -Smettila di fare la sfacciata con me!- sbottò con la voce fin troppo acuta.
-No, perché? Sei così buffo quando ti imbarazzi!- lo sbeffeggiò lei divertita incrociando le braccia al petto.  
Takao si avviò a passo di marcia verso la porta, la aprì, si girò verso di lei, le fece una gran linguaccia e uscì dal bagno sbattendola con forza.
 
 
 
 
-Takao...-
Oramai avevano spento le luci già da un pezzo, si erano già tutti coricati e nessuno fiatava. Allora perché diavolo Takao ora era appollaiato e chino proprio sopra di lei?  
-Eh...-
-Che diavolo stai facendo?- chiese spazientita. Meno male che aveva imparato a contare fino a dieci prima di reagire in qualsiasi modo.
-Non ti ho dato il bacio della buona notte!- sussurrò piano, provocando uno sbuffo generale di tutti i presenti, ancora svegli.
Ari sospirò mantenendo la calma e lo avvisò imponendosi di rimanere impassibile. -Non ti avvicinare mai più di soppiatto mentre dormo. L'ultimo idiota che l'ha fatto si è beccato un pugno in un occhio!-
-Davvero?- chiese sorpreso questa volta senza sussurrare. Evidentemente aveva voglia di chiacchierare, come al solito!
-Oh sì, appena lo vedi, chiedilo a Boris, potrà confermare!- disse lei sistemandosi meglio il cuscino sotto la testa e chiudendo gli occhi intenzionata a terminare lì il discorso.
-Oh … ok! Adesso posso darti il bacio della buona notte?-
Questa volta gli sbuffi furono due: quello di Ari e quello di Kai, coricato proprio lì accanto che di pazienza ne aveva sempre avuta ben poca.  
Takao però doveva aver preso quel silenzio per un sì, infatti si chinò su di lei e le diede un bacio a schiocco sulla guancia che risuonò vivace nel buio della stanza.
Lei per tutta risposta lo scacciò via con una mano infastidita.
-E a me il bacetto della buona notte non lo dai?- improvvisamente la voce limpida di Max vibrò nel buio.  
Takao ridacchiò e gattonò fino al futon di Max e partì un altro bel bacio sonante. Poi passò a quello accanto e lo diede anche a Daichi, che invece era l'unico a dormire di già.  
-E a Kai non lo dai?-  
Kai strabuzzò gli occhi incredulo, e caricò un calcio sullo stinco al cinese accanto a lui, che sghignazzando si girò verso di lui per godersi la scena. Takao gattonò immediatamente verso Kai intrepido e, senza dargli il tempo di reagire, gli schiaffò un bel bacio sulla guancia che gli fece fischiare l'orecchio.
E Kai reagì proprio come prima di lui aveva reagito Ari: gli sventolò davanti una mano infastidito come se stesse cacciando una mosca molesta, e poi si pulì la guancia col doso della mano.   
E dopo un attimo di silenzio la voce di Takao tornò a risuonare nella stanza. -Reiiii!- era rimasto solo lui, non sarebbe stato carino da parte sua non dargli il bacio della buona notte!
Ma il cinese per quanto stesse apprezzando il comportamento finalmente da Takao di Takao, non era certo disposto a subirsi, come avevano fatto gli altri, le sue buffonate notturne!
-Non ci provare o l'occhio nero te lo faccio a prescindere!-  
-Uffaaa! Come sei noioso! Buona notte!-
 
 
 
 
 
 
Eccomi qui a fine capitolo. Spero che sia piaciuto e che risulti quanto meno carino... in qualche modo....  
Kappa: ma ha mandato tre persone all'ospedale sono nella prima parte! Carino dove? e che razza di titolo è?
Me: eeee e dai che vuoi che sia! E poi dove è finito il mio valletto preferito? È kai che deve fare i commenti qui con me, non tu!
Kai: cosa dovrei commentare? Mi sono beccato pure un bacio umidiccio da Takao, mi ha lavato la faccia! Sbava come un cane!
Takao in lacrime: sei un mostro! Quello è tutto affetto!  
Max: buuuuu hai fatto piangere takao, sei pessimo!
Me: santa pace! Chi manca? Rei vuoi dire pure tu la tua in proposito?
Ari: la prossima volta bacialo in bocca così magari è meno stronzo!
Rei: per una foto del genere conosco gente disposta a vendersi un rene!  
Kai: vi disgustate!  
Me: ok, vi lascio battibeccare, io saluto tutti e vi aspetto al prossimo capitolo. Come andrà a finire? Takao riuscirà a dare il bacio delle buona notte anche a Rei? Kai e Ari si chiariranno mai? Scopriranno i nostri eroi del bacio gay/dichiarazione d'ammore di Kai a Takao, o soltanto Hilary rimarrà convinta dell'esistenza di questo tormentato amore non corrisposto? Riuscirà la nostra intrepida autrice a non cadere in tentazione e a non far diventare questa storia una yaoi fottendosene dei piani?  
Lo scoprirete solo nelle prossime puntate!
Kai: quante puttanate! E non osare tirare fuori quella vecchia storia!
Me: tu non mi tentare!  
Takao: io sto ancora andando in terapia quel quello!
Kai: per quello? Non dovresti andarci per altro?  
Me: basta voi due, o giuro che la prossima è una shot yaoi su voi due!
 
 
 

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Capitolo 37
*** Iniziamo bene! ***


37
Ciaooo! ecco il nuovo capitolo! come al solito non so che titolo mettere ç_ç ... 
sono stata tipo tre giorni a rileggerlo, alla fine mi sono arresa, stavo iniziando ad odiarlo e di errori di battitura o frasi strane ne troverò sempre. quindi mi sono decisa a pubblicarlo e amen!
Grazie Rubis per la recensione e a tutti quelli che leggono :* ps: se volete avere un'idea dell'aspetto che ha Claire adesso che ha il caschetto corto e scuro, cercate Alizee, la cantante francese di Moi Lolita, è lei! uguale!
Spero che il capitolo piaccia, non so perchè ma mi sembrano sempre un po' pesanti. Comunque non vedo l'ora di passare avanti alle situazioni più comiche e grottesche.
Ci vediamo a fine capitolo :D



Iniziamo bene!


Una splendida mattina, il cielo era limpido e l'aria iniziava a scaldarsi mano a mano che si alzava il sole. Il profumo dei prati e delle piante era piacevolissimo, lo sferragliare dei bey che giravano nel campo però era coperto da qualcosa, qualcosa di strano, qualcosa che mai gli era capitato di udire durante gli allenamenti mattutini con i suoi compagni... almeno non così!  
Rei cercò, come oramai era abitudine negli ultimi mesi, con lo sguardo Max, che ricambiò perplesso tanto quanto lui. Daichi fremeva contrariato pronto ad esplodere. Kai invece era infastidito a tal punto che si era rifiutato addirittura di lanciare Dranzer, e poco ci mancava che si alzasse dal suo angolo di prato per andarsene e sparire per almeno dodici ore.  
Anche Hilary e Kappa, insieme a Ryoko e Sayu sembravano a disagio per tutta quella assurda situazione, lì seduti sulla loro solita panchina provando a seguire il riscaldamento dei ragazzi.
L'unico che beatamente si comportava come se nulla fosse era Takao, ma non il Takao che conosciamo tutti, ma di nuovo quell'ameba insipida che da mesi li tormentava con la sua presenza. Ebbene sì, era tornato all'attacco! Pensavano a torto che fosse tornato normale, e invece quella mattina si era svegliato all'alba, si era sistemato, pettinato, indossato una scialba felpa grigia ed era andato prima di tutto a scuola per iniziare la mattinata con gli allenamenti con la squadra di kendo. E fino a qui potevano anche soprassedere, aveva degli impegni e li onorava, anzi, tanto di cappello! Ma certo quello che non si aspettavano assolutamente i suoi compagni di squadra era che li raggiungesse al solito parchetto seguito da un folto capannello di ragazze concitanti e giulive. Infatti questa volta non c'era solo il solito gruppetto di bambini e ragazzini curiosi e appassionati che Takao riusciva a radunare ogni qualvolta andava al parco ad allenarsi.  
Con lui erano venuti anche Ryoko e Hilary e evidentemente parte delle ragazze erano lì anche per lui, anche se aveva la fidanzatina al suo fianco. Fatto stava che forse, proprio per la presenza di entrambi i ragazzi più carini e ammirati della scuola, la folla sembrava in delirio! Stavano ferme in cima al dislivello a osservare il loro allenamento dall'alto, ghiotte di ogni particolare.  
-Mandale via! Dannazione non riesco a concentrarmi con quello stormo di anatre che starnazzano!- finalmente Daichi sbottò senza ritegno e diede voce al pensiero di tutti. Perché era vero, ne Max ne Rei stavano riuscendo a concentrarsi. A stento erano riusciti a lanciare i propri bey che ora vagavano senza meta nel campo con quelli di Takao e Daichi, e tutto questo andava avanti da più di un quarto d'ora.  
Takao sorrise affabile. Ancora quel dannato sorriso! Il Takao che aveva affrontato Yuri due giorni prima era stata solo un'illusione! A Daichi bastò quello per fargli salire il sangue al cervello.
-Non posso, sarebbe scortese.- rispose candidamente.
-Cosa?- Daichi era pronto a saltargli al collo e prenderlo a pugni, ma Max lo trattenne appena prima che lo facesse, passandogli le braccia intorno al torace.
-E poi non sono qui solo per me,- continuò lui come se nulla fosse, sempre con quel dannato sorriso -ma anche per Ryoko. Non è vero che sarebbe scortese da parte nostra mandarle via, Ryoko?-
Il ragazzo in questione sorrise imbarazzato. -Effettivamente sì, ma io non ci faccio più caso, sono abituato!-
-Ma si può sapere che ci fanno qui?- chiese Max, mentre il piccoletto si dimenava cercando si svincolarsi e saltare comunque addosso al non-Takao.  
-Il tifo per noi.-
-Tutto questo è ridicolo- sbraitò Daichi mollando un gran morso al braccio di Max che lo lasciò subito urlando per il dolore. -Scommetto che neanche la metà di loro capisce niente di beyblade!- continuò indicando indignato il pubblico di ragazzine in cima alle scale che ridacchiavano.
Takao si strinse nelle spalle serafico. Ora anche a Rei era venuta voglia di prenderlo a schiaffi e fargli sparire quel sorriso del cavolo dalla faccia, ma si limitò a battere la mano sulla spalla dell'amico biondo che in lacrime si teneva stretto il braccio addentato da Daichi.  
-E come mai le hai portate?- gli chiese il cinese non riuscendo a trattenere l'irritazione per tutta quella assurda situazione. I beyblade intanto avevano smesso di ruotare e rimasero fermi nel campo.
-Ma non le ho portate io! Erano in palestra per vedere gli allenamenti di kendo, lo fanno sempre, e quando ce ne siamo andati ci hanno chiesto cosa avevamo da fare e hanno deciso di seguirci.- infine si voltò verso le ragazze e alzò una mano in segno di saluto. Queste immediatamente esultarono andando in brodo di giuggiole. -Scommetto che gli piacerà anche il beyblade!- concluse tornando a rivolgersi a Rei.  
-Non ne dubito...- disse Rei freddo, recuperando Driger dal campo e passando Draciel a Max che singhiozzava sconfortato. -Forza, riprendiamo! Siamo campioni, non saranno degli schiamazzi a distrarci!-  
Max tirò su col naso. -Non sono le ragazze a distrarmi...- ammise pigolando affranto. -Ma... ma....- non riuscì a terminare la frase che si girò di scatto verso Rei e si aggrappò disperatamente a lui scoppiando di nuovo in lacrime, spiazzando completamente il cinese. -Rei! Non ce la faccio a vederlo così!-  
-Ma che diamine ti prende!? Finiscila di frignare!- gli urlò contro Daichi pendendolo a pugni, completando quel bizzarro quadro. Sayu e Hilary sospirarono affrante, la situazione era completamente degenerata.
Takao ebete, Max in lacrime addosso a un Rei impotente e Daichi urlante.  
Ma che pagliacciata era mai questa?!  
La lattina nella mano di Kai venne disintegrata e tutti e quattro i ragazzi non ebbero bisogno di vedere l'espressione inferocita del russo per mettersi sull'attenti in un batter d'occhio, senza più tirare un fiato. Anche il capannello di ragazzine sembrò farsi più silenzioso.
Kappa si schiarì la voce e prese posizione di fronte al campo col suo portatile già pronto. -Bene, iniziamo!- disse avviando la ripresa.
Ora tutti e quattro, ritrovata la serietà, si misero in posizione e lanciarono pronti a ricominciare l'allenamento.   
In cima partì il tifo delle ragazze che esultavano festanti, riuscendo a coprire senza il minimo sforzo il tifo dei soliti ragazzini che seguivano gli allenamenti di Takao. Era proprio vero, gran parte di loro non ci capiva niente di beyblade, ma ci capivano molto di ragazzi invece. Anche se stavano lì per Takao e Ryoko, certo Kai, Rei e Max non passarono inosservati ai loro occhi attenti.  
E intanto che finalmente i Bladebreakers ingranavano la marcia, in mezzo alla folla di ragazze si fece avanti silenziosamente qualcuno che si fermò in cima alla rampa di scale a scrutare con attenzione l'incontro. Era una figura decisamente inquietante e fuori dall'ordinario, almeno per essere in mezzo a delle ragazzine infervorate, ma alcuni dei bambini che seguivano sul serio il beyblade e la squadra del loro beniamino, trasalirono e iniziarono a parlottare tra di loro. Non l'avevano mai vista dal vivo, ma doveva essere per forza lei, e la cosa li stava emozionando tantissimo. E tra tutte le seguaci di Takao, solo Mimì parve accorgersi e riconoscere quella strana ragazza lì accanto a loro. Diede una gomitata all'amica e gliela indicò con un cenno.  
-È la ragazza del parco! Quella del mio appuntamento che si è portata via Takao!-  
Presto anche altre ragazze si accorsero di lei, dopo tutto non poteva non notarsi. Aveva il fisico slanciato e atletico e la fierezza di un'occidentale. La pelle delle gambe e delle ginocchia, lasciata scoperta dai pantaloncini neri, era segnata da cicatrici di ogni tipo e grandezza, ma i muscoli erano delineati e allenati. I capelli bruni erano raccolti in una treccia francese che lasciava sfuggire solo qualche ciuffo sul viso pallido e davanti ai grandi occhi scuri e freddi. Ma ciò che la faceva spiccare maggiormente era il rosso fiammante della giacca che indossava con orgoglio, e la sciarpa dello stesso colore avvolta intorno al collo.  
Ignorava totalmente gli occhi delle ragazze che si stavano posando a mano a mano su di lei, e i borbottii, continuando a fissare giù in basso, verso il Bladebreakers.
-Ma chi è?- chiese l'amica a Mimì, ma la risposta le arrivò inaspettata da uno scandalizzato bambinetto che stava fermo con gli amichetti proprio davanti a loro.  
-Come chi è!? È Ariel Mayer dei Bladebreakers, una campionessa a livelli mondiali!- le spiegò aspro con i suoi compari che dietro di lui annuivano vigorosamente per dargli manforte.  
-Ed è potente tanto quanto loro!- aggiunse uno poco più piccolo del primo.
Ma Mimì e l'amica non ebbero nemmeno il tempo di posare di nuovo gli occhi sulla ragazza che questa si mosse rapida. Con uno scatto spiccò un salto proprio dalla cima delle scale.  
Fulmineo Drawind partì a mezz'aria, rapido come una freccia.  
Quando lei toccò terra il suo Drawind sferragliava contro Dragoon in un testa a testa sul profilo dello schienale della panchina, a pochi centimetri dalla spalla di Ryoko che sussultò quando se ne accorse.   
-Ari ma sei impazzita?- urlò allarmata Hilary stringendo d'impulso il braccio di Ryoko. -Lo stavi beccando in pieno!-  
Se non fosse stato per i riflessi prontissimi di Takao che aveva mandato Dragoon a contrastare Drawing, lo avrebbe colpito senza dubbio.
Ari per qualche attimo rimase immobile, testa bassa, ginocchio piegato a terra, il lanciatore ancora stretto nel pugno guantato. I due bey schizzarono via scontrandosi con incredibile ferocia in diversi punti dello spiazzo sul terreno battuto, senza esclusione di colpi.  
I suoi occhi saettarono Takao e lì rimasero, glaciali e penetranti.  
Finalmente si stava assistendo a un vero incontro e il tifo che si alzò questa volta era solo quello dei ragazzini appassionati, mentre il folto gruppo di fan ammutolì non aspettandosi tanta potenza da un incontro di beyblade.
-Mi sa che non ha apprezzato la presenza di tutte le tue amichette!- sghignazzo Rei, rivolgendosi a Takao, godendosi lo scontro tra lui e Ari che sembrava tutt'altro che amichevole.
I beyblade si affrontarono in altri attacchi, finché Drawind non si scrollò Dragoon di dosso.
Ari si mise dritta e afferrò il suo bey al volo. La sua espressione era indecifrabile. Se l'era forse presa veramente per la presenza di tutte quelle ragazze lì presenti per Takao come aveva detto Rei? Poteva anche essere vista la reazione totalmente inaspettata di due giorni prima, quando aveva scoperto che quest'ultimo aveva mancato di annunciare a tutti la loro relazione che, a quanto sembrava, andava avanti già da un mese.  
Fatto stava che i ragazzi guardavano prima l'una poi l'altro, con estrema attenzione, aspettandosi da un momento all'altro la reazione di Ari.
-Sai Takao...- esordì atona avvicinandosi al ragazzo di fronte a lei.  
Quando era così imperscrutabile era quasi più inquietante che quando si mostrava apertamente arrabbiata. Tutti trattennero il fiato, non voleva mica picchiarlo?  
Comunque sarebbe stato sicuramente meno strano che vederla baciare il giapponese, che come sempre non si scomponeva minimamente di fronte a lei. Si fermò solo quando fu a qualche passo da lui, si sistemò meglio la giacca sulle spalle e poi appoggiò le mani sui fianchi e gli rivolse un mezzo sorrisetto.   
-Mi piace la tua giacca da boss! Il rosso è potente.- disse ammirata e gasata da quella giacca, spiazzando tutti che certo non si aspettavano che se ne uscisse con una sparata simile.  
Ari gonfiò il petto soddisfatta dell'indumento che aveva indosso. -Yuri si è fissato con quel ridicolo arancione...-
-Per questo usi il rosso?- la interruppe Takao sorpreso.
Negli occhi di lei si accese una luce vivace, e un sorrisetto furbo si allargò ancora di più. -Certo- disse avvicinandosi a lui ulteriormente e afferrandogli la zip della felpa grigia. -è il colore del comando. E a me piace!-
-Il rosso o comandare?- chiese Rei senza riuscire a trattenersi. Si era imposto di restare serio e osservare attentamente ogni loro mossa, ma il suo lato malizioso era emerso prepotente, trovando la silente complicità nel sorrisetto e nel fugace sguardo di lei.  
Tornò a puntare tutta la sua attenzione su Takao. La cerniera della felpa del ragazzo era tirata fino a su, e iniziò ad aprirla, facendosi vicina a tal punto che le bastò inclinare leggermente il capo per poter poggiare la propria guancia contro la sua. Gli altri a quella confidenza tra i due non ci erano ancora abituati e forse non ci sarebbero mai riusciti, figuriamoci poi a gesti così amorevoli da parte di Ari!  
Ma certo di affettuoso lei non stava facendo proprio niente, anzi. Aveva le palle talmente girate che a stento sta riuscendo a nascondersi dietro quelle disgustose moine da fidanzatini.  
-Poi mi spieghi che cazzo ci fa quello qui!- soffiò inviperita al suo orecchio tirando giù con lentezza esasperante la cerniera della sua felpa. -Avrei dovuto eliminarlo come avevo proposto io fin dal primo momento!-  
-Volevi farlo ora con un beyblade?- le sussurrò sarcastico in risposta Takao.  
Sganciò di netto la zip fino a giù.   
-Non essere ridicolo!- gli fece in risposta portandosi di nuovo davanti al suo viso. -Non qui davanti a tutti!-
-La volete finire con queste smancerie tutti e due!?- protestò spazientito Daichi venendo bellamente ignorato da entrambi, mentre Max sghignazzava come un bambino delle elementari che vuole prendere in giro i compagnetti che si prendono per mano.
-Suvvia Daichi, guarda come sono carini quando fanno i piccioncini!- disse il biondo simulando un abbraccio e dei baci ad una dama invisibile. -Tanto tra qualche anno lo farai anche tuo!-  
-Mai! È disgustoso!- gli rispose orgoglioso il piccoletto.
-Oh voglio proprio vedere quando ti bacerà la prima ragazza!-
-Non osare! Io non sono un rammollito!-
E mentre Max sfotteva Daichi, i due "piccioncini" continuavano a farsi i fatti loro.  
Ari fece scorrere le mani sul suo petto, sotto la felpa e fin su alle spalle e gliela fece scivolare via lungo le braccia sfilandogliela, in un gesto che sembrava un po' troppo intimo da esibire in pubblico per gli standard giapponesi. Ma lei giapponese non lo era e queste cose non le prendeva minimamente in considerazione. Fatto stava che oramai le fan di Takao stavano in religioso silenzio e col fiato sospeso a osservare rapite la scena. Che fosse lei la famosa ragazza che si era accalappiata il loro Takao? Una straniera? Una sua compagna di squadra di beyblade?
Ma la cosa più disarmante, come stava notando Rei, ignorando i due amici che continuavano a battibeccare accanto a lui, era l'espressione totalmente serena di Takao di fronte ai modi sfacciati di lei, come se non provasse ne il minimo imbarazzo e nemmeno un pizzico di malizia. Nulla! E diciamocelo, Rei se una gli avesse tolto la felpa così difficilmente sarebbe riuscito a trattenere quanto meno un sorriso malizioso, mentre con molta probabilità Max avrebbe iniziato a balbettare e avrebbe preso fuoco per l'imbarazzo. Forse Kai sarebbe riuscito a restare totalmente impassibile e di ghiaccio, ma tutto con estremo distacco. Ma Takao non era distaccato, no! In quel momento sembrava totalmente smaliziato, troppo concentrato su di lei per scomporsi per queste sciocchezze.
-Ora tieni!- disse risoluta lei sfilandosi a sua volta la giacca rossa con fare pratico e restituendola al proprietario. -Mostrami come è che ci si sente ad essere la ragazza del campione del mondo!-
E fu a quella provocazione che Takao reagì. -Con piacere!- disse con enfasi infilandosi la sua famosa giacca con un nuovo entusiasmo.
-Anche se ancora non ho capito il senso del cappellino.- ammise Ari tirando fuori il cappello, che fino a quel momento era rimasto appeso a uno dei passanti del suo pantalone, e rigirandoselo tra le mani perplessa.
-Guarda qua!-  
Afferrato il cappello, Takao lo inforcò con la stessa enfasi di un cavaliere che sfodera la spada, di un super eroe che indossa il mantello sfavillante, di Kai che se ne va con svolazzamento di sciarpa annesso (cosa che effettivamente stava facendo proprio in quel preciso istante, venendo totalmente ignorato. per i suoi standard aveva resistito fin troppo)! Sgargiante, impavido, impetuoso! Tronfio come un pavone ora finalmente nella sua armatura completa, scoppiò a ridere soddisfatto non si sapeva bene per cosa!  
Ari annuì seria -Ah ok, adesso è chiaro!- disse, come se aver visto come si indossava il cappello dissipasse ogni dubbio sulla funzionalità dello stesso.
-Ma è chiaro cosa?- sbraitò Daichi confuso continuando fissarlo. Lui aveva visto semplicemente Takao mettersi il solito cappello dritto e poi girarsi la visiera verso dietro.  
Ma evidentemente anche Max aveva colto in senso del cappello, perché saltò fomentato dalla carica che Takao irradiava dopo tanto tempo. Finalmente lo riconobbe, era proprio lui! Si avvicinò e gli diede il cinque iniziando ad ululare di entusiasmo.  
-Yeah my friend! Così mi piaci!-
-Sì, amico! Pronti a spaccare il mondo!?-  
-Yeeeeaaaa!-
E presi dall'euforia si diedero pure una panciata molto poco mascolina, sotto lo sguardo attonito dei presenti e di Rei che ancora non riusciva a capire cosa scattasse nella testa di Takao per tornare normale così di punto in bianco. Era scioccante, anche gli occhi cambiavano, tornavano a bruciare!
-Pronti a lanciare, ragazzi?- li fomentò il giapponese alzando il lanciatore stretto nel suo pugno verso il cielo.
-Siiii!- gridarono Daichi, Max e Kappa totalmente trasportati.  
-Il mio Dragoon sta scalpitando impaziente!-
-Pure il mio Draciel!-
-Preparati, ti farò a pezzi Takao!- continuò Daichi pronto a dar battaglia.
-Perfetto!- continuò energico Takao. -Allora datemi un attimo!-
-Siii! Un attimo!- esultarono Max e Daichi senza pensarci su, rendersi conto solo dopo che invece Takao si stava allontanando da loro per fare ben altro.
Rei che osservava tutta la scena disincantato, sospirò scocciato.  
Takao raggiunse Ari, che intanto si era seduta tranquillamente tra Hilary e Sayu sulla panchina. Le prese il viso tra le mani, si chinò su di lei e la baciò con dolcezza.
-Buon giorno amore mio!- le disse tirandosi su e lasciandola lì imbambolata, perché straordinariamente Ari parve spiazzata da quel gesto tanto semplice e spontaneo.   
-Bene! Adesso possiamo iniziare!- riprese grintoso tornando a rivolgersi ai suoi amici che si erano rassegnati.
Ma questa volta fu dal gruppo di ragazze in cima al dislivello, che avevano assistito a tutto fino ad allora in trepidante silenzio, che si alzò inaspettato un boato di ovazione e approvazione. Era evidente che, anche se Takao era il loro beniamino, avevano trovato quella coppia e quel bacio a tal punto coinvolgenti da meritarsi il loro sostegno.  
Takao si voltò verso di loro e dopo un attimo di esitazione prese a crogiolarsi e a gongolare come faceva sempre quando un pubblico esultava, a prescindere, anche se come in questa occasione non aveva ben colto il perché di quell'applauso.  
-Grazie! Grazie ragazze! Siete fantastiche! Ahahah!-   
-Ma ti vuoi dare una mossa!?- lo rimproverò per l'ennesima volta Daichi.  
-Sì, giusto! Tre...- disse Takao mettendosi in posizione.
-Due!- continuò Max.
-Uno!- Daichi non vedeva l'ora di dargli addosso. Erano troppi mesi che non lo affrontava sul campo e questa era l'occasione perfetta per dargli una bella lezione!
-Lancio!- diede il via Kappa.
I beyblade questa volta furono lanciati fuori dal piccolo campo, che non sarebbe bastato a contenere l'entusiasmo e la nuova carica, direttamente sul terreno, senza limiti iniziarono a scontrarsi già al massimo.
Hilary era rimasta pietrificata. Buon giorno amore mio! Buon giorno amore mio! Questa frase le rimbombava nella testa senza sosta. Takao era stato così spontaneo e espansivo, le aveva dato quel bacio con una dolcezza disarmante, e ancora quelle parole buon giorno amore mio! continuarono a vorticarle nella testa. Era vero, erano strani come coppia, ma non più di tanto perché lui senza dubbio era perfettamente normale. Finalmente dopo mesi era tornato in sé, e il Takao che conosceva lei era veramente così dolce? Sì, lo era! Era sempre stato estremamente dolce e affettuoso, anche con lei. Nonostante le litigate, le frecciatine e i dispetti, era sempre stato capace di gesti dolci e genuini nei suoi confronti.   
E se la sua ragazza non fosse stata Ari ma una qualsiasi di quelle ragazze lassù intente ad osservarli, Hilary era fermamente convinta che Takao avrebbe continuato invece a comportarsi il quel modo distaccato e artificiale. E ora iniziava a vedere quanto in verità non ci fosse proprio nulla di strano nella relazione con Ari.  
E per la prima volta, guardando l'amica seduta accanto a lei, non vide il solito ghigno malevolo e furbastro, ma qualcosa di diverso. Mentre osservava Takao giocare, nascosto dietro una mano sulle labbra, vide uno un sorriso sincero che straordinariamente coinvolgeva anche gli occhi.
E dopo un primo attimo di meraviglia, avvertì una sensazione di vuoto e malessere generale. Avrebbe dovuto essere contenta, no? Takao era di nuovo sé stesso, e Ari sembrava serena come non lo era mai stata. E chi più di lei si meritava un po' di felicità e di pace? Lei era sua amica e sapeva che vita di sofferenza aveva alle spalle e Takao, con la sua spontaneità, straordinariamente sembrava la persona giusta per tirarla su e farla addirittura sorridere.  
Eppure si sentiva morire, come se si fosse appena accorta di aver perso qualcosa di bello e unico che prima era anche suo e che invece ora era solo ed esclusivamente riservato ad una persona speciale, sicuramente più speciale di lei. E la cosa peggiore era che le faceva male, e con sorpresa si scoprì a desiderare che non fosse così, che Takao non riservasse tutto solo ad Ari.  
Strinse i pugni sulle ginocchia distogliendo lo sguardo vergognandosi. Che cosa meschina da pensare! Eppure quel Buon giorno amore mio! non faceva altro che rimbombarle nella testa!
Perché era sé stesso solo con lei!?
Sussultò appena quando Ryoko le passò distrattamente un braccio intorno alle spalle, intento a seguire con interesse Driger e Gaia Dragoon dare addosso a Dragoon e Draciel.
-Pensavano di trovarlo fuori forma!- disse improvvisamente Ari riportandola alla realtà. -Si è allenato con me questo mese.- aggiunse con una punta d'orgoglio.
-Facevate questo agli appuntamenti?- le chiese Sayu titubante, ancora sconvolta. Max glielo aveva accennato, ma come per gli altri, anche a lei veniva ancora difficile da metabolizzare che Takao stesse con quella strana tipa russa. Insomma, per lei quello era un chiaro segno che l'amico non ci stava ancora bene con la testa! La aveva conosciuta al raduno e certo non le aveva fatto una gran bella impressione, ne lei ne gli altri russi. Nessuno sano di mente si sarebbe azzardato a mettersi con qualcuno come loro.
Ari fece spallucce continuando a osservare l'allenamento dei ragazzi.
-Romantico!- riuscì a commentare solo così Sayu. In effetti non avrebbe saputo come altro definire degli appuntamenti del genere. Pensandoci bene per due fissati con le trottole sfidarsi a beyblade doveva essere il massimo del romanticismo!
-Beh, con Takao non ci si annoia. Basta guardarlo combattere, è energia pura! E poi avevo bisogno pure io di riprendere il ritmo.-
Hilary tornò a posare gli occhi su Takao ancora frastornata. Energia pure.... Lo sapeva benissimo che era energia pura! Lo conosceva da molto più tempo di lei, l'aveva visto combattere molte più volte di lei! Eppure... come era possibile che lo stesse realizzando veramente solo ora che era stata Ari a dirlo?!
-Quindi con te è sempre stato … normale?- si azzardò a domandare ancora Sayu. Dopo tutto era stata lei a spiattellare tutto della mostruosa trasformazione di Takao a quella ragazza inquietante, quindi forse in qualche modo un po' di confidenza poteva prendersela senza aver paura di una reazione violenta come quelle che avevano lei e gli altri russi.   
Le scoccò uno sguardo eloquente, come a dire che con lei non poteva che essere altrimenti ma, come percepì Hilary che continuava a osservarla di sottecchi, senza quel qualcosa di minaccioso che avrebbe potuto far pensare che fosse il risultato di una sua azione di forza, di una minaccia, ma un privilegio che veniva concesso solo a lei, Ari.  
-Come hai fatto? L'hai minacciato, gli hai fatto paura...-  
Ari ghignò divertita e piuttosto gratificata. La paura era una delle sue armi migliori e di cui andava più orgogliosa. Era sempre riuscita ad ottenere ogni cosa in quel modo, anzitutto il rispetto. Eppure...  
-Takao non ha mai avuto paura di me.- ammise.
Sayu rimase ammutolita osservandola. Sembrava diventata seria e la sua attenzione era rivolta allo scontro di beyblade.
-Allora Ari, soddisfatta?- urlò Takao improvvisamente. Oramai l'incontro era agli sgoccioli, ma era stato talmente coinvolgente da aver preso anche il gruppo di ammiratrici che ora facevano il tifo all'unisono con i bambini. -L'hai avvertito il brivido del vero potere?- chiese con enfasi rivolto ad Ari che per tutta risposta penso bene di sbeffeggiarlo.
-Oh, sono tutta un fremito!- fu la sua battuta sarcastica tirandosi su e preparando Drawind al lancio. -È arrivato il momento di rendervi le cose difficili, bambocci!-
 
 
 
 
 
 
 
Non ci poteva credere! Ariel era scomparsa anche quella sera!
Hitoshi si diresse furente verso il salone dove i ragazzi erano radunati a chiacchierare prima della cena. C'era persino Kai seduto in un angolo del divano a seguire i discorsi di Kappa sulle strategie da seguire, ma di lei neanche l'ombra. Appena rientrati era rimasta due minuti di orologio e si era volatilizzata di nuovo. E se già l'infelice idea che suo fratello stesse con lei lo aveva lasciato estremamente scettico, vederla tornare la sera prima alle undici passate, ricoperta di sangue come se nulla fosse, senza dargli alcuna spiegazione, gli aveva tolto ogni dubbio. E ora aveva avuto addirittura il coraggio di sparire di nuovo! Se aveva intenzione di tenere quella condotta si sbagliava di grosso!
Intanto doveva chiarire tutta questa faccenda con suo fratello. Questa situazione non gli andava affatto a genio, e se continuava così non gli sarebbe andata bene nemmeno più come allenatore, non solo come fratello maggiore.
-Takao, potresti seguirmi in camera mia?- gli chiese restando sulla porta.
I ragazzi si voltarono sorpresi. Era in arrivo una ramanzina per Takao? In effetti era da un po' che non gliene faceva una, anche perché del non-Takao, Hitoshi non aveva mai avuto nulla da ridire, anzi gli era andato più che bene: prendeva seriamente la scuola portando ottimi risultati, non bighellonava più pigramente per casa senza fare nulla, si allenava a kendo... insomma era maturato!  
-Che ho fatto?- chiese sorpreso il fratello restando seduto ai piedi del tavolino, accanto a Kappa.
Hitoshi non si scompose, rimase estremamente serio e gli fece segno di seguirlo.
Altra cosa che li lasciò sorpresi. Di solito Hitoshi, a meno che non fosse una questione della massima riservatezza, non si faceva problemi a rimproverare anche aspramente Takao davanti ai suoi compagni di squadra. Che si trattasse per l'appunto una questione privata?  
Tutti guardarono Takao perplessi, ma lui sembrava saperne quanto loro. Ne era sicuro, questa volta non aveva combinato niente!  
A quel punto si alzò senza discutere, forse più per curiosità che perché glielo aveva chiesto, e lo seguì nella sua camera. Rimase in piedi davanti alla porta a guardare dubbioso il fratello girarsi intorno irrequieto e in silenzio, aspettando che prendesse la parola. Si passava la mano davanti la bocca e faceva avanti e indietro, chiaramente preoccupato per qualcosa.  
Takao si schiarì la voce, iniziando a sentirsi a disagio. -È successo qualcosa?-
Ma Hitoshi trovava difficile riuscire a trovare un modo per esordire senza far subito andare in fermento il più piccolo. Sapeva che iniziare con la parola sbagliata con lui poteva compromettere l'intera discussione.  
Schioccò la lingua e prese un lungo sospiro, fermandosi finalmente al centro della stanza con le mani sui fianchi.  
-Se non hai niente da dirmi, io...- riprese Takao sperando si potersela filare approfittando dell'indecisione di Hitoshi. Tutta quella attesa non era un buon segno, si prospettava un discorso pesante e l'idea non lo allettava per nulla.  
Ma Hitoshi afferrò la sedia della scrivania scostandola e fece segno a Takao di sedersi, accomodandosi a sua volta sul bordo del letto. Altro brutto segno, non solo pesante ma anche lungo!
Il più piccolo cercò di farsi forza e non sbuffare, ma gli riuscì difficile. Si sedette svogliatamente di fronte al fratello, rassegnato a subirsi chissà che paternale! Eppure era certo di non aver fatto niente di sbagliato!
Hitoshi prese un lungo respiro e si decise a parlare, cercando di avere il tono più tranquillo e indifferente possibile. -Takao posso chiederti... come è che tu e Ari vi siete trovati a... stare insieme?-  
Takao rimase spiazzato. Di questo voleva parlare suo fratello? Perché? Sentiva già gli ingranaggi nel suo cervello incepparsi. -Ehm...-
-Voglio dire, uscivi con un sacco di ragazze, giusto?- proseguì l'altro, cercando di incalzare il discordo. -Andavi alla grande insomma, avevi l'imbarazzo della scelta, dopo tutto sei giovane e uscire con tante ragazze è un'esperienza importante...-
Takao aggrottò la fronte, perplesso. -Guarda che mica ci dobbiamo sposare io e Ari! È solo la mia ragazza.-
-Ah, certo! Ovviamente, non dicevo questo.- aggiunse subito Hitoshi annuendo serio. -Quindi stavi raccontando, come è che avete deciso di iniziare a frequentarvi?-
Takao lo fissò per qualche secondo in silenzio, poi fece spallucce e iniziò a vagare con lo sguardo per la stanza, leggermente a disagio. -Beh.... una domenica ci siamo visti.... lei era venuta qui per sfidarmi a beyblade. Abbiamo passato tutta la giornata insieme e così, boh... le ho chiesto se le andava di stare insieme- spiegò titubante più per la strana espressione del fratello, che continuava a fissarlo, che per quello che stava cercando di dire -...ma nel senso insieme di stare insieme insieme, non insieme tipo amici.... Cioè la mia ragazza!-
-Così, e lei ha accettato subito?-
-Beh... diciamo di sì. Non a bruciapelo, ci ha pensato giusto un attimo...- rispose vago, sempre più a disagio a causa di Hitoshi e di quel discorso strampalato.
-E come mai?-
-Come mai cosa?-
-Come mai glielo hai chiesto?-
-Ah!- Takao fu preso in contropiede. Questa non se la aspettava. Improvvisamente la testa gli si svuotò e anche la sua espressione divenne vacua, proprio ora che invece stava cercando disperatamente un qualcosa di valido da dire! Cosa avrebbe risposto Ari? Ma Ari sicuramente non avrebbe risposto, probabilmente non gli avrebbe dato nemmeno la possibilità di arrivare a fargliela. E invece lui no, stava lì seduto come un citrullo, senza sapere cosa dire. Possibile che si facesse sgamare così facilmente su una domanda così ovvia che chiunque gli avrebbe potuto rivolgere?  
-Così!- disse con un'alzata di spalle innocente.  
Hitoshi inarcò un sopracciglio poco convinto, rimanendo in silenzio in attesa di una spiegazione migliore di un "così".  
-Ci siamo trovati bene insieme.- aggiunse Takao sotto pressione.  
-Tu hai deciso di iniziare una relazione con una ragazza perché hai passato un bel pomeriggio con lei? Hai passato tanti bei pomeriggi in compagnia di altre ragazze, ma non mi pare che tu abbia deciso di prendere un impegno con qualcuna di loro per questo.-
-Ma lei la conosco, non è una delle tante ragazze con cui sono uscito!-   
-Ok, giustissimo!- annuì vigorosamente l'altro. Giunse le mani e vi poggiò sopra il mento. -Quindi ti piace Ari, giusto? Insomma non lo avrei mai detto, non mi sei mai sembrato interessato a lei in quel modo.-   
Takao  per l'ennesima volta fece spallucce, vagando con lo sguardo per la stanza sempre più in penombra.   
-Posso chiederti, sono curioso, cosa ti piace di lei?-
-Che è forte!- dispose d'impulso.  
Ma come prima, Hitoshi rimase zitto aspettando che proseguisse.  
-È tosta, ed è fortissima a bey.- continuò Takao, ma dicendolo si rese conto lui stesso di aver detto una sciocchezza. Va bene che era il campione del mondo di beyblade, e che anche lei fosse una campionessa di altissimo livello, ma non avevano cinque anni e non stava certo parlando di una qualunque dei suoi compagni di squadra, cavolo! Stava parlando della sua ragazza, perché non riusciva a fare di meglio?  
-Ci sono tante ragazze fortissime col beyblade.- fu giustamente la risposta di Hitoshi.
Appunto! Takao deglutì, cercando disperatamente qualcosa da dire. Di solito cosa si rispondeva alla domanda "cosa ti piace della tua ragazza?". È dolce, è gentile, premurosa, tenera e carina. Peccato che nessuna di queste risposte standard si addicesse ad una come Ari! Cercò di figurarsela nella mente, imponendosi la calma. L'unica cosa che gli apparve però fu il suo freddo sguardo carico di disapprovazione per la sua inettitudine. Sospirò affranto, questo non lo stava aiutando!
-Quindi non è importante... non è che ti piaccia. È giusto così, per passarti il tempo!- lo incalzò il fratello che, in tutta sincerità, in parte sperava in una risposta affermativa.
Takao si irrigidì e corrugò la fronte infastidito. -No! Assolutamente no!- disse indignato spiazzando il fratello maggiore. -Come ti salta in mente che io possa passarmi il tempo con una mia amica e compagna di squadra? Sei impazzito? Non lo farei mai!-  
Si alzò, attraversò la stanza e si fermò davanti alla porta, rivolgendosi di nuovo a Hitoshi per chiarirgli definitivamente come la pensava. -Io le voglio bene e non devo farti l'elenco dei suoi pregi per dimostrartelo perché non ne ho bisogno, mi vanno più che bene anche i suoi difetti!-  
Aprì la porta per andarsene ma il fratello lo fermò, alzandosi a sua volta dal letto. -Takao, aspetta!-  
-Che c'è?- chiese brusco.
Bene, la discussione era oramai compromessa, penso Hitoshi, tanto valeva essere diretti.  
-Andrò subito al punto, è meglio! Hai detto che ti vanno bene anche i suoi difetti, giusto? Takao, ti sembra normale tornare a quell'ora conciata in quel modo? A te questo sta bene?-  
-Mi ha spiegato tutto, e a me sta bene, sì!-
-Ah ottimo, e cosa di preciso ti avrebbe detto che sei così sereno? Perché a me non ha detto proprio niente!-  
-Che c'è, sospetti che sia invischiata di nuovo in un piano malvagio per conto di qualche organizzazione segreta?- fece sarcastico in risposta.
-No, mi preoccupa di più che tu ti sia messo con lei, per questo ti ho chiamato in disparte. Questi non sono difetti da poco, Takao! Non è come lasciare il dentifricio aperto, l'acqua fuori dal frigo o essere scorbutici la mattina. Quelli di Ariel non sono difetti, sono problemi!-
-Che significa che ti preoccupa che stia con lei?-
-In tutta sincerità, Takao, non mi piace!-
-Non deve piacere a te, deve piacere a me! E poi non capisco, se è per caso perché stiamo nella stessa squadra, ho già parlato con i ragazzi e a loro la cosa non da fastidio!-  
-Non è per questo. Takao, non credo che sia il caso che tu stia con una persona come Ari.-
-In che senso una persona come Ari? Credevo che ti piacesse, eri contento di averla in squadra.-
-In squadra, sì. Ma non con te. Ti renderai conto tu stesso spero, che non è una persona molto equilibrata. Ieri sera è tornata ricoperta di sangue e non oso immaginare cosa possa aver combinato! E ora se n'è uscita di nuovo, e dio solo sa a fare che cosa!-
-Ti ho già spiegato che per ieri sera è tutto a posto!-  
-A prescindere da ieri, lei è oggettivamente una ragazza con tanti problemi, e non voglio che ti fai coinvolgere da lei. Ha una cattiva influenza su di te!-
-Ma quando mai!-  
-Le uniche due volte che l'hai vista questo inverno ti ha fatto ubbriacare!-
Takao annaspò scandalizzato -Cosa!? Te l'ha detto Hilary, vero? Quella gallina ficcanaso ora mi sente...- disse uscendo nel corridoio pronto a dar battaglia, però si fermò tornò sui suoi passi e si rivolse di nuovo a suo fratello che ora si trovava sulla porta. -E per la cronaca, non è stata Ari a farmi bere! Anzi, alla festa di Ayumi non sapevo nemmeno che ci fosse e al ritiro ho voluto bere io!-  
E senza dargli il tempo di controbattere tornò nel soggiorno, seguito subito da Hitoshi, puntando dritto sulla ragazza seduta sulla poltrona.  
-Tu sei proprio una cretina!- esordì senza mezzi termini, spiazzandola.
Hilary sussultò e lo guardò scioccata, non più abituata ai modi irruenti di Takao.  
-Come ti è saltato in mente di dire a quel demente di mio fratello che Ari mi ha fatto ubriacare? Si può sapere che problemi hai?-  
Hilary divenne rossa di botto. Tutti rimasero ammutoliti guardando prima l'uno e poi l'altra.  
-Non te la prendere con lei Takao, sei stato tu a sbagliare!- lo rimproverò Hitoshi.
Ma Hilary certo non lasciò correre, scattò in piedi e lo affrontò inviperita. -Perché è vero! Al ritiro è stata lei a portare gli alcolici e a darti da bere quando io ti aveva detto chiaramente che non potevi!-
Rei e Max arraffarono velocemente alcuni fogli sparsi sul tavolino e ci si nascosero dietro, facendo finta di essere troppo impegnati per prestare attenzione. Stessa cosa che fece Kappa dietro il monitor del portatile.  
-Sei proprio stupida come un'oca! Cosa diavolo c'entra Ari? Ho deciso io di bere perché io lo volevo!-  
-Non avrebbe dovuto portarli!- insistette Hilary intransigente.  
-E invece ha fatto bene, almeno ci siamo divertiti. Tu invece sei solo una bacchettona antipatica, che per di più fa pure la spia! Sei proprio infame!-
-Adesso basta Takao!- tuonò Hitoshi. -Che Hilary abbia parlato o meno, quello di Ari è un atteggiamento che non mi piace! Non mi piace come si comporta e non mi piace come ti stai comportando tu! Sentiti, parli pure come lei.... infame? Non ti avevo mai sentito dire una parola del genere!-
Takao oramai bruciava di rabbia.  
Daichi candidamente, che in tutto ciò stava seguendo la discussione continuando la sua toelettatura quotidiana, che consisteva nel carotaggio del canale uditivo, brontolò un "perché, quella parla?" Che fece ridacchiare Max ancora nascosto dietro ai fogli.  
-Perché proprio adesso che stavi andando così bene!?- continuò esasperato Hitoshi. -Finalmente ti eri dato una regolata, eri maturato, perché non puoi continuare così?-  
-Cosa vorresti dire, che dovrei lasciarla perché a te non piace? O perché ti piaceva di più il Takao tutto scuola e kendo?-  
-Non fare lo stupido! Non è perché a me non piace lei, e sì ti preferivo come ti stavi comportando negli ultimi tempi! È perché non è il caso che tu stia con lei. È imprevedibile e pericolosa, è cresciuta in un ambiente malato, non sa relazionarsi in modo normale con gli altri.-
-Addirittura pericolosa? Non esagerare Hitoshi, sei ridicolo!- lo derise Takao rivolgendosi agli amici dietro di lui cercando il loro sostegno.
Rei, Max, Kappa e Daichi si scambiarono uno sguardo eloquente rimanendo zitti. Hilary era imbufalita e certo non gli avrebbe dato manforte in alcun modo, mentre Kai, che era come sempre il più bravo a farsi i fatti propri, in tutto ciò era rimasto impassibile come se non fosse entrato un uragano urlate nella stanza interrompendo le attività di tutti. Tanto lui niente stava facendo e niente avrebbe continuato a fare.
-Beh.... dipende, Ari può essere pericolosa in tanti modi...- mormorò imbarazzato Rei tenendosi sul vago per non prendere posizione, ma tanto venne comunque ignorato per fortuna da entrambi i Kinomiya.
-Sei ridicolo!- continuò Takao scandendo le sillabe in faccia al fratello.
-Non sono ridicolo, Takao! Dio solo sa cosa potrebbe scattarle nella testa da un momento all'altro. Quello che ti ha detto Yuri non ti ha minimamente fatto pensare?-
-Sì! Mi ha fatto pensare che è un emerito idiota e presuntuoso!-
-Takao, cerca di concentrarti sul problema...-
-Il fatto è che non vedo nessun problema. Non do peso a quello che dice Yuri, né...-
-Ma oggettivamente un problema c'è! Non puoi negarlo!-
-Il problema è che non è una persona con un trascorso facile? Questo lo so benissimo, più di quanto immagini!-
-Allora capisci pure il perché mi preoccupa la tua relazione con lei, vero?-
-No, non capisco! Per la squadra va bene, ma per me no, vero?!-  
-Perché è un'ottima blader, perché vince in qualunque condizione e ha già giocato con noi e so che funziona! Ma tu sei mio fratello e non mi piace assolutamente che tu stia con una persona... emotivamente e psicologicamente instabile e imprevedibile.-
-Bene, chiariamo una cosa: ogni singolo elemento di questa squadra non è semplicemente un blaider che funziona, ma prima di tutto è mio amico, Ari compresa! Quindi, a prescindere dal fatto che sia forte o che sia la mia ragazza, lei è mia amica e come per gli altri non ti permetto di parlarne in questo modo! Se non ti va a genio come persona solo perché sta con me, almeno sii coerente e trovala inadatta anche per la squadra, perché per me è la stessa identica cosa!-
-Forse è meglio calmarsi un po' prima di continuare.- si azzardò a dire Rei alzandosi.
-Mi calmo solo se mi chiede scusa!- sentenziò Takao incrociando le braccia al petto.
-Sono tuo fratello maggiore, mi preoccupo per te!-
-Ah ma davvero? Non mi pare che tu sia stato tanto preoccupato per me negli ultimi otto anni, quindi fammi un favore, continua così che tanto di te ne faccio volentieri a meno!-
-Ora sono qui e mi devi dare ascolto! -
-Non ti devo proprio niente, Hitoshi! Anzi, sei tu che devi fare un favore a me e sparire! Come ti permetti di venire qua e sindacare sulla mia vita?-
Era chiaro che la discussione stesse degenerando dall'argomento dalla quale era partita e stesse andando a toccare nervi scoperti tra i due Kinomiya.
-Adesso basta!- lo stroncò Hitoshi spazientito  -Smettila con questo piagnisteo! Cerca di capire, non lo dico per mettere bocca sulla tua vita, ma per proteggerti! Ariel è una persona totalmente instabile, con dei problemi troppo grandi e certo non puoi accollarteli tu!-
-Hitoshi ha ragione.- con grande sorpresa di tutti, fu Kai a prendere la parola troncando la discussione tra i due e facendo calare il silenzio. -Ariel non ha la minima concezione di relazione normale. È una mina vagante che ferisce senza scrupolo chiunque le capiti vicino. Quindi sì, sono d’accordo con tuo fratello.-
Hitoshi sospirò, forse ad un amico come Kai avrebbe dato retta.
-Ma da che pulpito, hai proprio un gran bel coraggio!- sbottò Daichi facendo impallidire Max, Hilary e Kappa per la sfrontatezza dimostrata nel dire la sua proprio a un Kai così serio. -Ha parlato il sociopatico schizzato!-  
Ma Takao era incredulo e nemmeno ci fece caso alle parole del piccoletto. Ora guardava l'amico che ostentava un'assoluta sicurezza. -Kai, come puoi dire una cosa del genere? Ari è tua amica!-
-Appunto, è mia amica!- disse mettendo l'accento sulla parola mia. -So con chi ho a che fare e quello che avevo da dire l'ho detto direttamente a lei. Sono stato chiaro e non ho bisogno di aggiungere altro in proposito.-  
Takao restò a fissarlo in silenzio per qualche attimo, imbambolato lì al centro della stanza. Ma non sembrava più sorpreso, sembrava stesse ragionando su qualcosa, studiando il ragazzo seduto di fronte a lui.
-Hai parlato con lei?- chiese. Questa volta però il tono si era abbassato, non stava più urlando e non era più agitato, era asciutto. -E cosa le avresti detto?-  
-Sono cose che riguardano me e lei. Non ho intenzione di discuterne con te!- lo troncò Kai irremovibile.
-Ah, capisco...- continuò sempre con quel tono stranamente calmo e serio. -e tutto questo sarebbe successo l'altra mattina, giusto?-   
Kai finalmente lo guardò negli occhi, e si sorprese. L'intensità del suo sguardo ametista si scontrò con la parete dura e fredda che erano gli occhi di Takao.
-Allora d'ora in poi fammi il favore di non dirle più niente, evita proprio di parlarle o con me hai chiuso!-
Kai non mosse un muscolo, continuando a fissare quegli occhi che lo guardavano con tanta determinazione.
-Takao, forse stai esagerando dai, non c'è bisogno di arrivare a tanto!- intervenne Rei cercando di farlo ragionare.
-Non sto esagerando, Rei!- rispose secco, senza distogliere neanche per un secondo lo sguardo dal ragazzo che era rimasto lì impassibile a fissarlo, seduto sul divano a braccia conserte. -Lo sai, vero, Kai che dopo la finale dell'anno scorso le è stato raccomandato di non agitarsi che il suo cuore si è indebolito? Lo sai! E sai anche che dopo che le hai detto ciò che ti ritenevi in dovere di dirle si è sentita male? No, questo non lo sai, perché per te lei è insensibile e apatica, quindi sei libero di dirle tutto quello che vuoi. Bell'amico del cazzo! Forse qui l'unico insensibile sei tu!-
Afferrò la giacca dalla poltrona con veemenza. Kai aveva sostenuto il suo sguardo di fuoco per tutto il tempo senza vacillare nemmeno per un momento mentre gli vomitava addosso tutte quelle parole. Gli altri erano rimasti ammutoliti da questa sfuriata così stranamente controllata e piena di rancore da parte di Takao, rivolta proprio a Kai.  
-Me ne vado! Ho bisogno di stare solo...- disse infine infilando la giacca e incamminandosi verso la porta.  
-E un'altra cosa.- aggiunse fermandosi e rivolgendosi di nuovo a Kai un'ultima volta prima di andarsene. -I lividi sul braccio prima di parlare con te non ce li aveva, quindi d'ora in poi vedi anche di tenere le mani a posto oltre che a freno la lingua!-
Quando la porta si chiuse con un botto facendo sparire il ragazzo, Kai si sentì morire. Ogni parola che gli aveva detto, quello sguardo... era carico di delusione. Aveva fatto in passato tante cose che avevano meritato quello sguardo così acceso, ma mai vi aveva letto la delusione, fino a quel momento. E la cosa peggiore era che aveva dannatamente ragione! Preso dalla rabbia non aveva nemmeno lontanamente considerato l'idea di poterla ferire... di nuovo. Le aveva lasciato addirittura dei lividi sul braccio, come se tutte le cicatrici che aveva già a causa sua non fossero abbastanza. E improvviso e prepotente tornò quel senso di colpa che lo aveva corroso e tormentato per tutti i mesi che avevano seguito la finale del campionato dell'anno prima. Lui, che avrebbe dovuto impegnarsi più di tutti a prendersi cura di lei, aveva fatto in modo tale da diventare qualcuno dal quale difenderla. Qualcuno dal quale Takao doveva difenderla! Avvertì un nodo fortissimo allo stomaco e iniziarono a tirare le cicatrici sulla mano con la quale l'anno precedente aveva sfondando, con un pugno, lo specchio a causa di quel frustrante senso di colpa.
Prese un respiro profondo, quanto meno ci provò. Si sentiva stordito. Si alzò ed uscì in silenzio, ignorando lo sguardo apprensivo di Hilary e quello sconcertato e perplesso dei suoi compagni. Aveva bisogno di stare solo.
Rei lo seguì fuori, attraverso il giardino, chiamandolo e chiedendogli di fermarsi.  
-Kai dobbiamo parlare, per favore...- Lo afferrò per un braccio e lo costrinse a voltarsi, ma le parole gli morirono in gola. Gli parve di avere davanti lo stesso Kai che aveva affrontato Ari l'anno precedente e che ne era uscito sconfitto, lo stesso sguardo afflitto e perso del ragazzo che si era chiuso in un mutismo diverso dal solito. E tutto quello che voleva dirgli scomparve, lasciando posto solo alla preoccupazione. Cercò di scuoterlo ma guardava fisso a terra, e gli prese il volto tra le mani sperando di fargli alzare il capo.  
-Ti prego Kai, guardami!- disse in preda all'ansia scostando i capelli dal viso dell'amico. Ma Kai non ne voleva sapere, i suoi occhi rimanevano piantati a terra, ancora carichi di quell'inquietante malessere. -Può capitare di litigare...-  
Ma Kai chiuse gli occhi come a volersi nascondere. Si sentiva bruciare dentro. Gli afferrò i polsi e lo allontanò da sé senza dire una parola.  
-Si risolverà tutto!-  
Ma tanto Kai non lo stava ascoltando. Si voltò e se ne andò lasciandolo lì da solo in mezzo al giardino oramai quasi buio.
Quando Rei rientrò nel soggiorno era ancora scosso. Sembravano tutti piuttosto preoccupati a causa di quella strana discussione tra Takao e Kai, più che per quella con Hitoshi e con Hilary. Di solito loro due non litigavano così, quando discutevano Takao non se ne andava via, Takao non dava sentenze. E Ari, veramente si era sentita male a causa di Kai? Certo Kai non lo aveva fatto di proposito, questo era sicuro.
-Sentite, a me quella non è mai piaciuta, è antipatica da morire!- esordì Daichi senza preamboli. -Ma già solo perché ha fatto tornare Takao normale mi sta più che bene! Vi siete dimenticati come era diventato? Un inutile damerino senza spina dorsale. Poi un giorno è arrivata lei, lo ha preso a calci e l'ha fatto rinsavire! È vero che ogni tanto torna a comportarsi come un fesso ma quando c'è lei lo fa rigar dritto, quindi non capisco cosa c'è che non va in Ari che non vi piace!-  
-Tu sei ancora piccolo, non puoi capire!- lo ammonì Hitoshi.
Ma quello che aveva appena detto Daichi con la sua solita schiettezza era assolutamente vero. Anche i ragazzi ci avevano fatto caso che sembrava proprio la presenza di Ari a far sparire il non-Takao.
-Forse non dovremmo fasciarci la testa prima di rompercela.- si azzardò a dire Max timidamente cercando con lo sguardo l'approvazione degli altri, e poi fermandosi su Hitoshi che era estremamente contrariato. -Insomma lo sappiamo che Ari è "particolare", ma come ha giustamente detto Daichi, lei è riuscita ad aiutare Takao, cosa che nessuno di noi è stato in grado di fare.-  
-Dovremmo avere fiducia in Takao, sa quello che fa, e dovremmo avere fiducia anche in Ari.- aggiunse Kappa pulendosi gli occhiali distrattamente. -Ha fatto enormi passi avanti, anzi, quasi è irriconoscibile. Certo, ogni tanto è inquietante...-
-Tipo ieri sera?- fece Max ridacchiando imbarazzato.
-Tipo ieri sera!- confermò con un sospiro Kappa, che in tutta sincerità era rimasto a tal punto turbato che aveva avuto gli incubi per tutta la notte. -Ma vi ricordate l'anno scorso come era? Non riusciva in alcun modo a interagire con noi, nonostante si sforzasse con tutta se stessa.-  
-E questo inverno era più morta che viva!- aggiunse flebile Hilary ricordandosi di quella volta che l'avevano trovata a girovagare confusa per il parco e l'avevano portata a casa di Takao. Si era occupata di lei quella volta.
-E ora è completamente trasformata! Parla, ci segue, scherza con noi...- continuò con nuovo entusiasmo Max.  
-Non l'avevo mai vista sorridere.- disse in un sussurro Hilary con una certa malinconia, fissando la punta delle sue scarpe, rapita dal ricordo di quelle mattina, dal bacio che Takao le aveva dato e dal sorriso che poco dopo le era apparso sul viso.  
-Dovremmo darle una possibilità, e Takao lo sta già facendo.- concluse Max accorato.
-Quindi siete d'accordo?- chiese Hitoshi scandalizzato. -Non vi preoccupa minimamente quello che ha detto Yuri?-
I ragazzi si guardarono tra loro, sembravano per sommi capi tutti d'accordo.
-No, Yuri è sempre catastrofista quando si tratta di Ari!- rispose Max.  
-Rei?- chiese Hitoshi che aveva notato subito, da quando il ragazzo era rientrato, che era rimasto assorto nei suoi pensieri. L'attenzione si concentrò tutta su di lui che per qualche attimo rimase in silenzio li fece attendere.
-Non mi preoccupa quello che ha detto Yuri, e non mi preoccupata Takao. È abbastanza forte da affrontare ogni tipo di situazione.-
-Ben detto, ragazzo!- Nonno J apparve sulla porta, ben dritto e determinato si rivolse al nipote. -Takao è un ragazzo forte,  sono certo che sia pienamente consapevole di chi ha al suo fianco, che sia un amico o una ragazza. Capisco il tuo bisogno di proteggerlo, ma non sottovalutarlo Hitoshi solo perché è più piccolo di te!-  
Ma Rei nonostante l'appoggio del nonno, rimase pensieroso, e Hilary lo notò e si chiese come mai tutta quella apprensione. E poi ci fece caso. Non lo preoccupava Ari e non lo preoccupava Takao, allora.... Hilary solo in quel momento se ne rese conto. Takao è abbastanza forte aveva detto, ma Kai? Kai che si era dichiarato a Takao mesi prima e che in cambio aveva ricevuto un destro micidiale? Ora era d'accordo con Hitoshi. Forse l'unico che aveva più difficoltà ad affrontare questa situazione era proprio lui. Come aveva fatto a non pensarci? Quindi Rei sapeva? Che gliene avesse parlato Kai, o ci era arrivato da solo? Oh cielo che situazione! Le si strinse il cuore al pensiero che Kai stesse ancora soffrendo per amore. Voleva consolarlo, anzi no... lei Doveva consolarlo!  
Era un suo amico, era in difficoltà e lei lo avrebbe sostenuto e aiutato con tutta se stessa!  
 
 
 
 
 
Il familiare suono di un beyblade che ruota nell'arena attirò l'attenzione di Hiruta. Eppure era strano, gli incontri clandestini di bey erano finiti già da ore e quella zona del capannone era rimasta al buio. Si avvicinò alla grande arena scrutando nell'oscurità la figura seduta sul bordo.  
-Kinomiya!- lo chiamò una volta che fu abbastanza vicino per riconoscere il ragazzo che gli dava le spalle. Questo si girò appena sentendosi chiamare.
Hiruta si fermò ad osservare il bey che girava indomito al centro del campo, e spontaneo un sorriso nostalgico apparve sul suo viso dai tratti rozzi. -Fu proprio qui che disputaste uno dei vostri primi incontri tu e Kai!-  
Takao continuò a tenere gli occhi incollati su Dragoon. -Già...- dispose atono. -Sembra passata una vita.-
Hiruta lo guardò incuriosito. Non sembrava il solito Kinomiya, c'era qualcosa di diverso in lui in quel momento, era estremamente serio, sembrava quasi più adulto.
-La Mayer se n'è andata da un quarto d'ora.- gli spiegò.  
Finalmente si decise a guardarlo, ma fu solo una rapida occhiata. -C'erano novità?-
-No, l'abbiamo chiamata perché avevamo un favore da chiederle. Un tipo voleva fare il furbo e...-  
-Ok!- tagliò corto Takao poco interessato. Poi forse doveva essersi reso conto di essere stato brusco, e tornò a rivolgersi a Hiruta, rivolgendogli un sorriso decisamente amaro. -Scusa... non sono venuto per lei. Avevo solo bisogno di stare un po' solo!-  
Hiruta ricambiò quel sorriso senza rendersene conto. -Certo! Se hai bisogno di qualcosa sai dove trovarmi....- gli disse andarsene.  
Rispettava quel ragazzo, lo aveva sempre fatto, e non perché stava con la Mayer, che già di per sé voleva dire che doveva essere uno con molto coraggio, o perché lo aveva visto sfidare Kai Hiwatari, battersi per superarlo e riuscendoci. Takao Kinomiya emanava la stessa forza degli altri due, ma senza schiacciare chi gli stava attorno, lui non ne aveva bisogno.  
Quello che gli piaceva di quel ragazzo era che, a prescindere dai sui problemi o da quello che gli altri si meritavano, aveva un sorriso per tutti.










Ok forse si nota quanto mi sta sulle palle Hitoshi. però purtroppo qualcuno doveva fare la parte del "genitore rompipalle" che si mette di traverso, e questo è proprio il ruolo di Hitoshi. credo che sia l'unico personaggio che mi sta antipatico e che non riesco a rivalutare, quindi penso che gli sguinzaglierò contro Ari alla prima occasione.
E hai capito Rei come allunga le mani alla prima occasione?!
Rei: cosache?! non è come sembra! °/////////°
Me: sese ne hai approfittato di un momento di debolezza, un altro poco e te lo baciavi pure a Kai!
Ari: riuscite ad essere più froci dei demolition boys!
Kai: e tu riesci a essere offensiva con una sola frase con i bladebreakers, i demolition e con tutta la comunità gay contemporaneamente! -.-
Ari: prendete appunti, bitch!
Rei: pure lo slang da americano del ghetto!
Max: opera mia! :3
Kai: e secondo te ha bisogno che gli fai scuola pure su queste cose?! non la incoraggiare idiota!
Me: ma perchè ogni santa volta dovete farmi sto poco di siparietto alla fine?! sciò sciò! torniamo seri! quindi... cof cof... il prossimo capitolo è in lavorazione, quindi penso che pubblicherò la prossima settimana.
intanto in questi giorni mi è venuta un'ideuzza che mi stuzzica, vorrei scrivere un "episodio" AU con i demolition boys incluse Claire e Ari, però non sono molto ferrata su task force, mercenari, agenti speciali e cose così, è un genere che mi è sempre piaciuto ma non sono mai riuscita a seguire come si deve XD. vedrò perchè l'idea per la prima parte c'è, quindi se riesco la metto per iscritto e poi vedo se riesco a elaborare una seconda parte.
Ok ragazzi fatemi sapere che ne pensate! al prossimo capitolo!
un bacio a tutti da Pinca <3


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Capitolo 38
*** E sono solo le dieci del mattino... ***


38 Ciaoooo! Eccomi qui col nuovo capitolo.  
Ho un mal di testa allucinante, quindi anche se l'ho riletto sicuro qualche svista c'è.
Rubis sono contenta che Takao nel precedente capitolo ti sia piaciuto. Il ragazzo ha del potenziale, è arrivato il momento di tirare fuori il meglio, non è più un bambino e lo dimostrerà a mano a mano che si andrà avanti. Kai invece, che è sempre sembrato quello già maturo, lo metterò sotto, scaverò a fondo e mostrerò tutta la sua vulnerabilità. Per la storia AU ci sto pensando, devo definire per bene prima la trama, ma sicuro la faccio visto che l'idea ti piace.
Pin, nessuno ha aggiornato Hilary sul fatto che Kai non sia gay, anzi penso che se scoprisse che era tutta una finta di Kai per togliersela di torno si arrabbierebbe da morire XD. Spero che ti piaccia anche questo capito.  
Oooook doveva esserci anche un altro pezzo ma siccome poi diventava troppo lungo ho deciso di dividere in due il capitolo. Mi pare di aver detto tutto.  
Fatemi sapere cosa ne pensate mentre io cerco di finire il prossimo capitolo. Ero così ispirata, ho scritto tutto un bel pezzo di getto, poi è arrivato mio fratello a rompere le scatole e mi ha interrotto e non sono più riuscita a continuarlo ç_ç …  
Grazie a tutti voi che leggete, grazie a Rubis e a Pin e a chi segue.
un bacio da pinca col mal di testa
 
 
 
 
38. E sono solo le dieci del mattino...
 
-Come diavolo ti è saltato in mente di litigare con Kai? Maledizione Takao, sei impazzito?- Così aveva esordito Ari in un sibilo minaccioso chiudendosi la porta alle spalle.
Era evidente che stava aspettato proprio che si alzasse dal suo futon e che si chiudesse in bagno per riuscire a beccarlo da solo. E ci era riuscita, sì! Gli  aveva dato a malapena il tempo di sciacquarsi la faccia e aveva fatto irruzione lì dentro senza né bussare né chiedere permesso.
Ma Takao a quelle parole invece di scherzare e smorzare l'eccessivo impeto della compagna, si era subito fatto serio e serrò la mascella, senza nemmeno premurarsi di voltarsi a guardarla. Non c'era bisogno per capire quanto fosse incazzata.
-Sai meglio di me che dobbiamo cercare di restare uniti e tu lo fai scappare!? Sono tre giorni che manca!-
-Te lo ha detto Rei?- domandò asciutto sistemando il telo umido appena usato sul portasciugamano.  
-Sì, esatto!- rispose secca, cercando di mantenere sempre il tono più basso possibile per non farsi sentire da fuori. Proprio un'ora prima Rei, che era solito anche lui svegliarsi molto presto, approfittando del momento di calma l'aveva presa in disparte e le aveva spiegato per sommi capi cosa fosse successo tra Takao e Hitoshi e poi con Kai qualche giorno prima.  
Ed ecco spiegata l'assenza di quest'ultimo! Perché poteva pure mancare, anzi le faceva un gran piacere non ritrovarsi quel suo brutto muso davanti per un po', anche se gli aveva raccomandato di evitate di sparire come suo solito.  
Ovviamente Kai aveva avuto pure la faccia tosta di farle presente che sapeva badare benissimo a sé stesso e che non aveva bisogno della sua protezione. Certo, perché quella con un addestramento adeguato poteva anche essere lei, ma ehi ehi! Fermi tutti! Lui era Kai Hiwatari, non aveva bisogno di un addestramento speciale per spaccare culi!  
Fatto stava che una cosa era se spariva per farsi i suoi soliti, e più che leciti, vagabondaggi in solitaria, perchè lo capiva benissimo. Dopo una giornata tra Max che partiva già dalla colazione a lamentarsi dell'assenza della maionese, Kappa isterico che digitava convulsamente su quel dannato portatile per un tic nervoso, Hilary che si sentiva in diritto di dire la sua su tutto, Daichi che non faceva altro che urlare come una scimmia, l'unico modo per non esplodere era alienarsi! Andare via per ore e ore!  
Ma andarsene perché Takao lo aveva... che gli aveva fatto? L'aveva rimproverato davanti a tutti? Lo aveva minacciato di non essere più suo amico? Dio, le davano la nausea! Per cosa poi?! Cosa nel "dovete restare uniti" era sfuggito a quella testa di cazzo di Takao?  
Le stava esplodendo la testa e non erano nemmeno le nove del mattino!  
-Adesso vado a cercarlo e appena torna gli chiedi scusa, e guai se vi becco di nuovo a litigare per stronzate!- sentenziò aspra, girandosi pronta ad andarsene.
-No!-
Una sillaba, un No che parve esploderle nel cervello annientando ogni pensiero. Rimase con la mano sulla maniglia completamente pietrificata e per un attimo la testa le girò.  
-Come, prego?- fu un sibilo basso e deciso. Si voltò con lentezza, quanto bastava per vederlo con la coda dell'occhio. Nella sua voce, anche se piatta trapelava un chiaro tono di minaccia.
Ma Takao non si scompose. Si stava rivolgendo a lui come se si trattasse di Boris o Sergey, impartendo ordini, forse convinta che li avrebbe eseguiti senza discutere, ma si sbagliava e di grosso, perché lui non prendeva ordini proprio da nessuno.  
Continuò imperterrito nelle sue faccende, senza rivolgere ancora nemmeno un'occhiata. Aprì l'acqua della doccia lasciandola scorrere aspettando che arrivasse a temperatura. Ari aveva voglia di litigare quella mattina? A lui stava più che bene, non era un problema.
-Non gli chiedo scusa! Non sono stato io a sbagliare!- le spiegò risoluto, sfilandosi via la maglia verde del pigiama con tutta l'intenzione di farsi anche la doccia con lei lì presente se necessario.  
Lei si voltò completamente verso di lui incredula. La stava prendendo per il culo? Era stupido? Possibile che fossero tutti così dannatamente infantili?
-Non mi interessa chi ha sbagliato!- lo ammonì severa avanzando minacciosa di qualche passo.
-A me sì!- ecco, esplose! Gettò la maglia con rabbia per terra e finalmente si decise ad alzare gli occhi su di lei e ad affrontarla. -A me interessa, cazzo!-  
-Allora impara a farti i cazzi tuoi una buona volta!- era furente, e non era solo di rabbia ma anche d'umiliazione, e si dovette controllare molto per mantenere il tono più basso possibile, mentre lui se ne era sbattuto e aveva subito alzato la voce. -Quello che succede tra Kai e me non ti riguarda! Non ho bisogno di essere difesa da nessuno, tanto meno da te! Chiaro?-  
-Non l'ho fatto perché tu ne hai bisogno, ma perché è giusto! Vediamo se ti è chiaro questo!-  
Rimase incredula a fissarlo. Stava impazzendo, non riusciva a capire di cosa diavolo stesse blaterando quell'idiota! -Giusto?- riuscì solo a ripetere.  
-Allora te lo spiego!-continuò alterato facendosi più vicino, mentre alle sue spalle il vapole saliva vorticoso dalla cabina doccia. -Sei mia amica e non posso permettere che ti trattino male e che non credano in te! A costo di dovermi mettere anche contro Kai. Se sbaglia glielo dico come ho sempre fatto!-
-Basta con queste cazzate e abbassa la voce!-
-Non me ne fotte se ci sentono!- disse alzando ancora di più la voce di proposito. -Sai meglio di me che non sono cazzate! Tu sei qui perché credi di dover fare la cosa giusta e la fai, anche se gli altri non lo riescono a capire. Potevi stare finalmente con i Demolition Boys, con Yuri e gli altri, farti gli affari tuoi, eppure sei qui e hai deciso di restare al nostro fianco per lo stesso maledetto motivo per cui io continuo e continuerò a difenderti, perché ci credi!- disse tutto d'un fiato fissandola dritto negli occhi con uno sguardo di fuoco. -Quindi no, mi dispiace ma non gli chiederò scusa!-
E sembrò quasi che fosse riuscito a convincerla delle sue ragioni o, quanto meno, a farle capire il suo ragionamento, perché restò zitta per parecchi secondi, e infine annuì seria.
-Certo, è giusto... più che lecito....- disse con una strana calma nella voce che non convinse granché Takao.  
Ma lei con quella nuova quiete fece un ultimo passo avanti che la divideva da lui e gli afferrò il viso tra le mani, spiazzandolo. Lui stava ancora sulle sue cercando di tenere il punto della situazione, sforzandosi però di capire se quel gesto di Ari fosse un modo per "fare pace" con lui o se fosse tutta un'apparente calma prima di scatenarsi di nuovo.  
Certo era che l'espressione leggermente corrucciata sul suo viso era indecifrabile, mentre a sua volta lo osservava con attenzione e, con delle leggere carezze, gli scostava i capelli dal viso e glieli portava dietro le orecchie.  
Intanto l'acqua nella doccia continuava a scrosciare e anche lo specchio stava iniziando ad appannarsi a causa del vapore.
Cercò di non deglutire ne dare segni di cedimento, non si sarebbe arreso. Aveva ragione lui, dannazione! E se questa era una sua nuova mossa allora stava sbagliato di brutto.... Gli accarezzo dietro il collo e un brivido corse lungo tutta la schiena. Lei inclinò il capo leggermente di lato, continuando ad osservare la sua bocca. Che volesse baciarlo? Perché doveva baciarlo? Cosa diavolo le stava passando per la testa?  
-Adesso vediamo se riesci a seguirmi.- i suoi occhi saettarono fulminei di nuovo su quelli del ragazzo, tornando duri e spietati come prima.  
Dannazione gli aveva fatto abbassare la guardia!?  
-Qualcuno ha dato fuoco ad un villaggio mettendo in pericolo la vita di centinaia di persone, lo stesso che ha fatto irruzione in casa tua per rubare la spada del Drago Azzurro...- fece una pausa e chiuse gli occhi e prese fiato cercando di non lasciarsi sfuggire nulla dell'assassinio di Vorkof. Si fece coraggio e tornò a guardare dritto in quegli occhi scuri e determinati. -Lo stesso qualcuno che ha come infiltrato Ryoko. Tu hai litigato con Kai davanti a Hilary che sicuramente gli avrà riferito tutto. Ora capirai bene, è gente pericolosa e senza scrupoli, pronta anche ad uccidere. Ti rendi conto, vero, di aver messo Kai in una condizione di vulnerabilità?-
Takao parve spiazzato e per qualche secondo rimase zitto a fissarla. -Tu... dici?-  
-Dico, Takao!- continuò sempre con quello strano tono calmo, come se stesse spiegando una cosa semplice ad un bambino. -Il litigio, l'allontanamento, nessuno che si preoccupa per la sua assenza prolungata e quindi nessuno che va a cercarlo immediatamente.... Io attaccherei proprio adesso il primo elemento. E sai cos'altro dico?-  
Takao deglutì a stento, mentre il panico gli paralizzava le funzioni celebrali. Riusciva a pensare solo a Kai, da solo lì fuori con un gruppo di sicari pronti a fargli del male. Forse era già morto! Kai.... -Cosa?- chiese con voce acuta.  
Fu spinto contro i pannelli della doccia alle sue spalle e la presa della ragazza sul suo viso si fece salda mentre i suoi occhi tornavano a trafiggerlo con una nuova ondata d'ira.
-Dico che sei un cretino e che se non lo ritrovo entro oggi, tu sei un uomo morto!-  
La porta si aprì all'improvviso facendolo sussultare. Guardò oltre la spalla di Ari e vide suo fratello.
-Takao!-la voce di Hitoshi tuonò tra le pareti piastrellate del bagno, ma a stento riscosse Takao dalle parole che gli aveva appena detto Ari. -Che diamine state combinando qui dentro?-
Takao rimase a bocca aperta confuso, appiattito contro la doccia. Suo fratello sembrava piuttosto contrariato, mentre avvertiva le mani di Ari scivolargli dal viso, giù fino al petto nudo.
-Cre.. credo la doccia...- rispose ingenuamente Takao. Non riusciva a pensare nient'altro che a Kai in quel momento, era paralizzato su quel pensiero.
Hitoshi fremette pronto ad esplodere.  
-Che sciocca, ho dimenticato di chiudere a chiave.- disse improvvisamente Ari sorprendendolo per lo strano tono chiaro e innocente. Abbassò gli occhi su di lei trovandosi davanti un ghignò diabolico e degli occhi che scintillavano furbi.  
Lei lasciò scivolare le mani sempre più giù, accarezzandogli prima l'addome e poi posandosi sui suoi fianchi. -Non ti preoccupare, per il prossimo buongiorno non ci interromperà nessuno.... saremo solo tu ed io!- continuò con fare innocente.
Lo sfiorò a malapena col pollice su quell'unico punto, proprio al lato dell'anca accanto al ventre, e si sentì tirare fino all'inguine e mozzare il fiato proprio mentre lo baciava. Dio, si era fatto sfuggire anche un gemito, che coglione!  
E lo lasciò lì, uscì dal bagno scansando Hitoshi con sdegno, senza nemmeno guardarlo ma schiaffandogli in faccia tutta la sua soddisfazione.  
E Takao era rimasto imbambolato, mentre l'apprensione piano piano si faceva strada dentro di lui.  
Come gli era saltato in mente di trattare Kai in quel modo? Con tanti modi, non poteva trovarne uno migliore per affrontarlo?  
-Io e te dobbiamo fare un certo discorsetto!- sibilò Hitoshi iracondo prima di sbattere la porta di quel cavolo di bagno.
 
 


 
 
Yuri aveva convocato tutta la sua squadra quella mattina nella sede della BBA.  
Finalmente anche Garland li aveva raggiunti, e ora si trovavano tutti seduti intorno al grande tavolo in legno chiaro e lucido in una delle sale riunioni. Avrebbe preferito avere lì Kai e Ariel al posto di quelle due svampite di Ming Ming e Ayumi, e non si era mai fatto minimamente il problema di nasconderlo. Quella per lui non era una squadra, ma un circo!
Era assolutamente vero, non l'aveva mai tollerata la Mayer, ma aveva voluto darle una possibilità, ci aveva provato quanto meno. Ma lei no, aveva deciso di scansare con sdegno la mano che lui le aveva teso con tanta buona volontà. Poteva benissimo trovare altri modi per dirglielo, e invece no, lei aveva scelto il modo più ridicolo e snervante per sbattergli in faccia quanto gliene fregasse di loro.  
Quindi pace, doveva rassegnarsi e riabituarsi all'idea di doversi presentare al mondiale con quel ridicolo agglomerato di persone. Una cosa però era certa, al primo incontro con i Bladebreaker avrebbe devastato, umiliano e sconfitto quella stronza a costo di distruggere entrambi i loro beyblade.
E mentre Yuri dentro ribolliva di rabbia dalla bellezza di sei giorni, Boris serenamente chiacchierava con Claire. Molto probabilmente non aveva nemmeno fatto caso che la francese aveva ripreso a rivolgergli la parola dopo ben due settimane di silenzio assoluto.  
Fatto stava che proprio lui, che invece avrebbe dovuto rimanerci malissimo per quella strana faccenda di Ari e Takao, sembrava l'unico ad averla presa bene. E, come aveva spiegato a Claire il giorno prima, quando perplessa gli aveva chiesto come facesse a stare così tranquillo e a non aver mostrato nemmeno per un attimo un minimo di indignazione, come aveva fatto lei, o di rabbia e delusione come Yuri, lui le aveva risposto con un candore disarmante: "Takao è un tipo a posto, sono sicuro che è la persona giusta di cui lei ha bisogno ora!"  
Quanta serafica filosofia. Che invidiabile serenità! Beato lui!  
Claire non aveva capito cosa intendesse, per lei Takao era solo un idiota, uno sbruffone fissato con le trottole. Ma per Boris non era così, come non lo era quello che Yuri aveva quasi urlato in faccia a Takao quella fatidica mattina su Ariel. Lui lo sapeva che non era affatto vuota, non più, perché ora finalmente era riuscita a far uscire la Borg da se stessa, e a raggiungerli.  
Ovviamente tutto ciò non l'aveva detto a Yuri, si sarebbe incazzato con lui così come aveva fatto con Kinomiya, dandogli dell'idiota e dell'illuso. Quando si trattava di Ariel, Yuri non ragionava, e sembrava dimenticare come era stato per lui uscire dalla Borg.    
-Allora vogliamo iniziare?- esordì Ming Ming impaziente seduta dall'altra parte del lungo tavolo, con le belle gambe abbronzate accavallate e lasciate scoperte dal mini vestitino nero che indossava quella mattina. -Alle dodici ho un servizio fotografico e non posso ritardare, ho già il pomeriggio pieno con quelli della casa discografica.- li avvertì col suo solito modo di fare di sufficienza, come se fosse lei l'unica con degli impegni importanti mentre gli altri erano solo dei pigri perdigiorno.  
Yuri le scoccò un'occhiata raggelante, ma non funzionò. Non funzionava mai con Ming Ming, era troppo egocentrica per dare peso agli sbalzi d'umore del russo. Si alzò di scatto, facendo roteare la poltroncina sulla quale era seduta, mentre con passo sicuro si dirigeva all'altro capo del tavolo dove Yuri continuava a fissarla torvo avvicinarsi.  
-Non fare quella faccia tesoro!- gli disse fermandosi alle sue spalle poggiando una mano sullo schienale della sedia del capitano. Lui non si scompose, tornò a fissare la sedia lasciata vuota dalla cantante, e non lo fece nemmeno quando lei si chinò su di lui passandogli le braccia intorno al collo abbracciandolo.  
Claire si irrigidì di colpo a questo gesto così confidenziale e rimase senza fiato a fissare i due completamente paralizzata, perché ora la cantante senza alcun tentennamento si strofinò contro la guancia di quel ragazzo che diavolo, sì, nonostante tutto ancora le piaceva da morire!   
Perché? Perché tutta quella confidenza? Cosa c'era dietro? Perché lui non se la scrollava di dosso? Stavano forse insieme e lei non ne sapeva niente? Le girò prepotentemente la testa e si aggrappò ai braccioli della sua sedia.
-So quanto tu sia contento di avere me e Ayumi ancora in squadra con te.- continuò con tono falsamente dolce, stringendolo in quell'abbraccio che di affettuoso non aveva niente. -Questa tua esuberante gioia ci mette a disagio, che ne pensi di contenerti?-  
Ayumi arrossì e abbassò lo sguardo mortificata, stringendo i pugni sulle ginocchia, cosa che non sfuggì a Sergey che grugni minaccioso.  
-Torna al tuo posto!- si limitò a dire Yuri, per nulla intenzionato a lasciarsi sfottere da quell'oca giuliva.  
-Avanti Ming Ming, lascia in pace Yuri, non mi sembra proprio dell'umore giusto per giocare!- la rimproverò Garland sfoggiando un mezzo sorrisetto beffardo.  
Lei con estrema lentezza si tirò su, strofinandosi tutta sulla schiena di lui, proprio come una gatta morta notò Claire.
-Va bene, va bene!- fece scocciata la ragazza sbuffando, trovando comunque opportuno accomodarsi sul bracciolo della sedia di Ivanov accavallando le gambe. -Quindi iniziamo?-  
Oramai le viscere di Claire erano completamente attorcigliate. Ma non doveva assolutamente far trasparire nulla!  
Neanche a volerlo fare apposta una musichetta risuonò vivace nella stanza attirando l'attenzione di tutti.  
Gli occhi di ghiaccio si fermarono feroci su di lei che sussultò senza capire perché.  
In tutta sincerità per Yuri, Claire non aveva ragione di essere presente lì, quindi l'aveva totalmente ignorata fino a quel momento. Ma che dovesse pure interrompere e disturbare non lo accettava assolutamente.  
-Che c'è?- chiese Claire sulla difensiva ora che anche gli altri la guardavano interrogativi. -Non è il mio!-  
-Pronto!- con grande sorpresa di tutti a rispondere con nonchalance fu Boris.
La domanda generale fu "perché diavolo ha la suoneria di Miley Cyrus?", tranne Yuri. Lui si domandò come mai avesse la stessa suoneria di quell'anatra francese seduta al suo stesso tavolo.
-Ariel? Come mai... Cosa?.... no, aspett....- non riuscì a finire nemmeno una frase che Yuri gli strappò il telefono di mano.
-Che cazzo vuoi?- fu un latrato basso e minaccioso, carico d'ira. La sua espressione poi stranamente divenne indecifrabile, ma solo per una manciata di secondi. -Ma davvero?- continuò con tono trascinato, con una strana luce inquietante negli occhi. -Non mi dire, quindi sei riuscita a farti mandare a fanculo anche da Hiwatari in meno di una settimana! Ho un tale piacere che non immagini!- sibilò velenoso.
I presenti si scambiarono delle occhiate perplesse.
-Muori tu, Mayer!- terminò il capitano chiudendo la chiamata di tronco e sbattendo il telefono sul tavolo con fin troppa veemenza.  
-Come siete affettuosi... in maniera commovente!- ruppe la tensione Ming Ming sarcastica e decisamente impavida.  
-Cambia 'sta cazzo di suoneria!- gli ordinò a Boris ignorando la ragazza seduta accanto a lui.  
Boris allungò la mano scocciato e si riprese il telefonino. -Sempre se funziona ancora....- si lamentò borbottando a mezza bocca dando un'occhiata veloce allo schermo e rimettendoselo in tasca.
Un lungo e sonoro sospiro fece capire a tutti che la cantante però non aveva finito e aveva l'estremo bisogno di dire ancora una volta la sua, anche se sfoggiava la sua solita aria di sufficienza sistemandosi con interesse eccessivo l'orlo della gonna.  
Yuri chiuse gli occhi oramai esasperato, imponendosi la calma.
-Cosa c'è ora, Ming Ming?-
-Quanta amarezza Yuri.... se non ti conoscessi direi proprio che ti comporti come un amante tradito!- fece con estrema noncuranza sapendo di aver appena buttato una bella frecciatina al russo.  
Garland sghignazzò divertito: gli erano mancati, straordinario! Ayumi rimase a fissarla a bocca aperta incredula per la provocazione così sfacciata, e a Claire iniziarono a prudere le mani. Ma come si permetteva quella di parlare così a Yuri, e soprattutto ad insinuare cose così stupide!
-Sono sicuro che quando finalmente imparerai a stare zitta, sarà oramai troppo tardi!-  
Ming Ming fece un sorrisetto altezzoso, soddisfatta dal modo evasivo che aveva avuto Yuri di rispondere alla sua provocazione.  
Si alzò e tornò al suo posto gettandosi sulla sua poltrona. -E io sono altrettanto sicura che quando capirai quello che vuoi, sarà oramai troppo tardi!- rispose a tono giocherellando con una ciocca di capelli turchini.
Gli altri rimasero tesi in attesa della reazione di Yuri. Ma per tutta risposta, mantenendo il suo solito sangue freddo, fece una mezza risata.
-Insinuare che io sia interessato in qualche modo a quella... cosa! Ma che smacco, complimenti Ming Ming!-   
-Lo insinuo e anzi lo dico apertamente! Per una compagna di squadra che neanche dici di sopportare, ti stai sbilanciando troppo. Hai proprio il dente avvelenato!-
-Peccato che questi non siano assolutamente affari tuoi, giusto?-  
La cantante storse il naso indispettita e voltò il viso dall'altra parte. -Come vuoi tu!-  
-E ora a lavoro!- concluse.
 
 
 


 
Ari irruppe con passo impetuoso nel capannone degli Shell Killer. Con poche falcate minacciose raggiunse il centro del grande spazio vuoto.  
Era stufa di avere a che fare con gli idioti! Era passata nemmeno una settimana e già ne aveva fin sopra i capelli di Takao, di Kai, di Yuri. Il primo con la mania del cavaliere senza macchia e senza paura, i suoi discordi le davano la nausea. Quell'altro che mezza parola non gliela si poteva dire che se ne andava offeso come una signorina mestruata, sparendo per giorni interi, fottendosene delle sue raccomandazioni, e l'ultimo... oh all'ultimo aveva una gran voglia di rompergli quelle ditina bianche una ad una! Che si scopasse Boris una volta per tutte e mettesse fine a quel suo atteggiamento da checca repressa!  
-Ragazzi!- la sua voce risuonò imperiosa nello spazio vuoto disperdendosi. Doveva radunarli e mandarli a cercare quel coglione di Kai immediatamente, visto che quello stronzo di Yuri non aveva minimamente collaborato. -Dove cazzo siete pure voi...- ringhiò rabbiosa.
Voltò l'angolo dietro a delle grandi casse e si fermò di colpo.  
I sensi si misero in allerta e sgranò gli occhi allarmata.  
Solo il suo respiro risuonava nel silenzio. Presa come era dai suoi pensieri e dalle sue manie omicide, era entrata distrattamente e non si era accorta che il posto era vuoto. E gli Shell Killer non lasciavano mai la base scoperta!
Dannazione, era entrata praticamente quasi urlando e così aveva rivelato la sua presenza e la sua posizione rendendosi vulnerabile!  
Tese l'orecchio, cercando di percepire anche il minimo rumore che le potesse segnalare la presenza di qualcuno, ma nulla ovviamente. Si voltò lentamente verso lo spiazzo dell'arena di beyblade, assicurandosi di avere le spalle coperte prima di chinarsi quanto bastava e sfilare il coltellino a scatto che aveva nascosto nella gamba dello stivale, per avere almeno un'arma di difesa. Non era ancora sicura che non ci fosse qualcuno, ma di una cosa era certa, degli Shell Killer non c'era nessuno. Che fosse successo qualcosa con la banda rivale dopo che l'altro giorno si era occupata di una delle loro spie? Poteva anche essere, ma la cosa le sembrava troppo improbabile, e questo la allarmò ancora di più. Che fosse un'altra mossa di quel nemico invisibile?  
Automaticamente l'occhio corse alla porta dell'ufficio in alto dove teneva nascoste le armi e il sangue le si gelò nelle vene. Era aperta!
In quell'ufficio ci entrava solo lei e solo lei aveva le chiavi. Anche volendo nessuno di quei ragazzi, Freeza compresi, avrebbe mai avuto il coraggio di entrarvi senza il suo permesso!  
La possibilità che ci fosse dietro qualcuno più di un semplice teppista si stava facendo più concreta, e si maledisse per essere stata così stupida a non aver messo qualche arma di riserva in altri punti. In quei casi un'arma bianca era quella meno adatta, troppe incognite che davano uno svantaggio notevole.   
Poco importava, se c'era qualcuno, chiunque fosse, sarebbe finito sgozzato in un attimo, questo era certo!
Strinse con determinazione il coltellino, avanzando guardinga. La mente si era liberata del superfluo e ora, quatta, si avvicinava alle scale a ridosso della parete che portavano all'ufficio e, senza fare il minimo rumore, le salì diretta verso il suo nuovo obiettivo.  
Si accostò alla porta appena socchiusa cercando di scrutare all'interno attraverso quello spiraglio e di percepire anche il minimo fiato.
Si mosse.  
Fu un attimo, si ritrovò ad un centimetro dalla gola bianca, la sua mano stretta a fermarle il braccio e i suoi occhi ametista che la scrutavano freddi.
-Porca troia Kai, stavo per ammazzarti!- sbottò allontanando il coltello dalla sua gola e facendo un passo indietro.  
Il ragazzo era rimasto impassibile, in piedi appoggiato allo schienale della poltrona, proprio di faccia alla porta. Non si era minimamente scomposto, anche se si era trovato con un coltello puntato alla gola.
-Li hai mandati via tu?- chiese spiccia lanciandogli una fugace occhiata per poi girarsi a controllare oltre la porta ancora sospettosa.   
Non gli rispose, era ovvio che fosse opera sua.  
Chiuse e si rivolse ancora a lui.
-Qualcuno ti ha seguito?-  
Ma imperterrito manteneva quel silenzio carico di disapprovazione, fissandola con quell'odioso cipiglio torvo che le faceva solo venire voglia di spaccargli la faccia.   
-Sei un coglione!- sibilò velenosa passandogli a fianco e superandolo, girando attorno alla poltrona alla quale era appoggiato.
Con un velocissimo scatto del braccio conficcò il coltellino nel legno del vecchio tavolino tra il divano e le poltrone impolverate. Fece il giro della stanza, controllandone scrupolosamente ogni angolo.
-Dimmi che cazzo vuoi!- tuonò fredda.  
Si fermò davanti alla finestra un attimo osservando fuori guardinga.
Kai sospirò. Incrociò le braccia e inclinò la testa di lato, scrutando un angolo del soffitto come a volersi ricordare qualcosa.
-Sai, stavo vagando per i fatti miei nei pressi della stazione di Chofu,- esordì -e indovina un po' chi ho avuto il dispiacere di incontrare?-  
-È una domanda retorica?- chiese asciutta Ari continuando a guardarsi attorno senza prestare troppa attenzione alle sue farneticazioni.  
-Quel malato perverso di Yakaji. E indovina un po' che fa?-
-Smettila con questa retorica!- lo avvertì spazientendosi.
-Si complimenta con me per aver sguinzagliato la mia donna!-   
Ari piantò i piedi a terra, il sangue le schizzò prepotente al cervello e finalmente si voltò a guardarlo chiaramente indignata. -La tua donna? Quel verme... giuro se non fossi certa di fargli un piacere, lo torturerei fino alla morte!-
-E pensare...- continuò Kai ignorandola -che mi ero addirittura sentito in colpa per come ti ho trattato l'altro giorno!- finalmente si scostò dalla poltrona e si girò verso di lei. -Spiegami che diamine è questa storia ora! Ti sei messa a fare il capo di una banda di teppisti?-
Quella affermazione non poté che farla ridere. E gli rise proprio in faccia senza ritegno, incredula e divertita al tempo stesso da quella affermazione, ma lui impassibile, sembrava non cogliere l'ironia della situazione.... era serio!
-Disse il capo degli Shell Killer!- fece sarcastica. -Ohoh che spasso! Il grande Hiwatari a capo di una banda di teppistelli giapponesi! Veramente losco, complimenti Kai!- e detto questo mimò un piccolo inchino roteando la mano davanti a sé. -Mi sa che sei tu a dovermi spiegare qualcosa!- 
-Smettila Ariel!- la ammonì senza lasciarsi scomporre dall'assoluta mancanza di serietà della ragazza che più che altro pensava a sfotterlo e a scherzare.    
-Non vedo l'ora di farlo sapere a Boris, sai che risate!- continuò divertita riprendendo il giro della stanza. -Rilassati Kai, non sono mica il capo! Mi fanno solo qualche favore ogni tanto. Sai, loro mi apprezzano!- concluse infine lanciandogli un'occhiataccia.  
-Ma per piacere!- sbottò sprezzante, muovendo qualche passo verso di lei.  
Ari chinò davanti al piccolo refrigeratore nell'angolo e lo aprì restando colpita da quello che vi trovò dentro.  
-Oh ma che carini!- esclamò Ari intenerita. -Lo hanno riempito della mia birra preferita! Non me lo aspettavo!- spiegò meravigliata scostandosi quanto bastava per far vedere l'interno del frigo pieno di bottiglie verdi al ragazzo.  
Ma lui niente. Sempre quella cazzo di espressione severa e intransigente. Insomma lei si stava mettendo d'impegno per deporre l'ascia di guerra, e lui non stava facendo nemmeno il minimo sforzo per venirle incontro. Schioccò la lingua e sbuffò, tornando ad ammirare l'interno pieno del frigo. -Quasi quasi mi dispiace dovergliela fare pagare per non avermi avvisato che saresti passato!- afferrando due bottiglie, si rialzò voltandosi verso di lui e un ghigno perfido fece capolino sul suo volto. -No, non è vero, non vedo l'ora di punirli!- ammise richiudendo il frigo con un calcio.
 -Tieni, accomodati.... - disse porgendogli una delle due birre, per poi fargli un odioso sorrisetto derisorio. -Oh scusa, sei tu il capo qui! Posso?-   
Kai non mosse un muscolo, ignorano pure la bottiglia che gli stava porgendo. E Ari ignorò anche questo ulteriore segno di poca collaborazione, gli passò accanto e si andò a gettare a peso morto sulla vecchia poltrona consumata lì di fronte.    
No, decisamente Kai non era per nulla intenzionato a scherzare.  
Ari storse la bocca in una smorfia scocciata -Dimmi pure!- disse arrendendosi a cercare di alleggerire la situazione. -Cosa ho fatto questa volta per infastidirti?-   
-Devo fare l'elenco?!-    
-Preferisco, sì!- sbottò stufa scoccandogli un'occhiataccia.  
Si sporse verso il tavolinetto lasciando lì una delle due birre. Con un gesto secco stappò l'altra usando lo spigolo del tavolino, intaccando ulteriormente il legno già rovinato.
Sprofondò nella poltrona e bevve un generoso sorso per poi appoggiare la bottiglia sul bracciolo e pulirsi la bocca col dorso della mano. L'unico modo per non spaccargli la faccia era quello di addolcire tutto con una o due belle birre... ma anche la terza non era da escludere, ipotizzò con una veloce occhiata al ragazzo che aveva di fronte.
-Hai fatto esplodere un negozio e mezza città!-
Ad Ari sfuggì una mezza risata beffarda. -Suvvia, erano delle innocue bombette!-
-Hai sfregiato un ragazzo...-
-Se lo meritava!- fu la sua giustificazione questa volta, facendo spallucce con estrema indifferenza mentre beveva un altro sorso.  
-Hai spaccato la testa a uno con una bottiglia.-
-Mi è stato chiesto per favore!- gli fece presente iniziando a perdere veramente la pazienza. -Era un regolamento di conti...-
Ma Kai non aveva certo finito. -Hai massacrato tre ragazzi l'altra sera! Seriamente Ari, incontri clandestini, scommesse?- fece scandalizzato e incredulo.  
-Non l'ho fatto per i soldi, avevo bisogno di sfogare!- si giustificò Ari come se così la questione fosse molto meno grave di quello che era.    
-Ah beh, certo allora è tutto a posto!- sbottò sarcastico Kai piazzandosi davanti alla sua poltrona, guadagnandosi uno sguardo carico d'odio.
-Mi stai rimproverando?- gli chiese minacciosa. -Neanche Takao mi ha rotto i coglioni per questo!-
Kai parve spiazzato a quella affermazione. Era rimasto letteralmente a bocca aperta e la guardava con tanto d'occhi.    
-Takao lo sa?-  
-Sì.- Ari si strinse nelle spalle come se la cosa fosse ovvia. -E ripeto, non mi ha rotto i coglioni con ramanzine del cazzo e cose del genere!-   
-Takao sa che vieni qui...- tornò a ripetere, e anzi Ari pensò bene di rincarare la dose.   
-Se per questo, ogni tanto viene anche lui.-   
-E sa anche che cosa hai fatto l'altra sera?-    
A questa domanda Ari parve per un attimo indecisa sul come rispondere. In effetti glielo aveva detto. -Bhe... non sono scesa nei particolari, ma sì!-    
Kai le si sedette di fronte sconfitto, sul tavolino che poco prima lei aveva usato come apribottiglie.   
Lei lo scrutò per un po'. Kai sembrava non riuscire a darsi pace, e Ari non capiva proprio che problemi avesse.  
-Al posto suo mi sentirei offesa per la considerazione che hai di lui.- disse storcendo il naso. -Lo dipingi come un povero fesso!-  
Bevve ancora e schioccò la lingua soddisfatta osservando ammirata la bottiglia che teneva ben stretta nel suo pugno. -È fredda al punto giusto!- disse cambiando di punto in bianco argomento. Poi gli fece un cenno. -Non bevi?-    
-Sono le dieci del mattino!- le fece presente Kai aspro.    
Ari corrugò la fronte. -E quindi?- chiese senza capire quale fosse il problema, ridacchiando derisoria. -Che c'è? Non si beve alle dieci del mattino?-    
-No, santo cielo, non si inizia a bere di prima mattina!- le fece presente folgorandola con un'occhiataccia.
Ari trovò la cosa piuttosto ridicola. -Ma va! E da quando?-   
Kai sospirò rassegnato e abbasso la testa tra le mani, passandosi le dita tra i capelli.
-Oh....- Ari si ammutolì. Veramente c'erano degli orari per bere una birra? Una birra!? Ma dai, era ridicolo! Guardò la bottiglia quasi vuota, stretta nella sua mano. Fece spallucce non dando più peso alla questione e bevve l'ultimo sorso.    
-Pazienza, oramai...- disse poggiando la bottiglia vuota a terra.   
Kai sbuffò scocciato. Nascose la bocca dietro il pugno chiuso, guardando un punto indefinito alla sua sinistra. Stava ribollendo dentro, la gamba destra non faceva che tremare frenetica. Cosa doveva fare? Possibile che non riuscisse proprio a darsi una regolata quella stupida? A quando stava iniziando a pensare che era tutto ok, che si stesse comportando come una persona normale, a che scopriva che si era unita ad un gruppo di delinquenti che la trattavano come fosse il loro capo. Gli avevano dato persino la sua stanza!   
-Senti Kai...- Ari interruppe i suoi pensieri. Prese un profondo respiro e alzò gli occhi verso il soffitto. -Lo so di non essere normale, ne sono consapevole.- gli spiegò tornando a guardarlo, stringendosi nelle spalle.  
Era leggermente imbronciata e non sembrava arrabbiata o altro. Kai assottigliò gli occhi perplesso. Sembrava... rassegnata. Gli stava parlando con spontaneità, cosa assai rara da parte sua.
-Come dice Yuri, sono vuota, senza scrupoli, marcia fin nel midollo....- disse tenendo conto degli appellativi con le dita della mano. -Non c'è niente di buono in me e mai ci sarà e bla bla bla....-  
-Ari, non devi dare ascolto a quello che dice Yuri!-
Il suo sguardò diventò improvvisamente duro e freddo.
-Devo dare ascolto a te e a Hitoshi?- lo troncò fredda spiazzandolo. -Bene, so di essere una povera squilibrata senza speranza, e lo sa anche Takao, ma a differenza vostra che non fate altro che rimproverarmi e schifarmi per quello che ho fatto e che sono, lui non mi dice niente e mi spiega come diavolo si vive qui fuori!-   
Kai rimase basito, colpito in pieno da quella confessione. Lei non si sbilanciava mai, non parlava quasi mai di come si sentiva, ed evidentemente doveva esserci rimasta male per arrivare la parlare e a rinfacciargli il modo in cui la trattava.  
E aveva ragione? Oh sì, e ne aveva da vendere! Si era comportato veramente così male con lei, l'aveva giudicata e l'aveva disprezzata, non solo quella volta in camera sua, ma ogni singola volta che lei esagerava con quei comportamenti così aggressivi e fuori luogo.  
Non solo, ma a quanto pareva Takao invece sembrava riuscire egregiamente, a differenza sua, a rapportarsi con lei. Come era possibile che fosse migliore di lui con Ari?
Ma Takao era sempre stato bravo in queste cose, era riuscito a fare amicizia addirittura con lui!  
Certo... forse non funzionava comunque granché la politica di Takao, visto e considerato quello che andava combinando in giro quella pazza!  
Ari si sporse all'improvviso verso di lui e rimase pietrificato.  
Il suo viso si era fatto maledettamente vicino, annientando ogni suo pensiero.  
Stava solo recuperando la bottiglia di birra che aveva di fianco. La aprì come aveva aperto la prima e tornò ad affondare nella vecchia poltrona consunta e  Kai riprese a respirare.  
Che cazzo gli prendeva?
Tornò a concentrarsi su di lei. Il suo sguardo si era incupito e vagava indomito come se cercasse un modo per dire qualcosa. Buttò giù un generoso sorso.  
-È giusto che ti dia fastidio l'idea che io stia con Takao, lui è tuo amico e io... beh, sappiamo entrambi che considerazione hai di me.- disse e poté leggervi anche una certa amarezza. Si morse le labbra nervosamente, e ancora quella strana inquietudine negli occhi, quel dolore che la incupiva.
-Ti fa schifo l'idea che io insozzi il tuo amichetto del cuore!- aggiunse aspra.  
Kai deglutì a vuoto e abbassò gli occhi a terra. Cazzo!  
Allora non si era sbagliato, non era stata solo una sua impressione che l'aveva sentita lontana, c'era veramente rimasta male per quello che le aveva detto in camera sua.
-Ari, non volevo dire quello...-  
Ma lo zittì fulminò con un'occhiata raggelante.
-Ma l'hai detto! La parola esatta sta sempre lì, tra stronza e troia, no?- la voce era graffiata dalla rabbia, strinse impercettibilmente le dita attorno al vetro freddo e umido della bottiglia, mentre la stessa pressione iniziava ad avvertirla intorno alla gola, come se una mano invisibile la stringesse lentamente e inesorabilmente.  
-Ero arrabbiato...-
-No, Kai!- si alzò di scatto guardandolo dall'alto in basso, spietata. -Yuri è arrabbiato quando me lo dice. Tu non lo hai solo detto, hai dimostrato di pensarlo quando hai difeso a spada tratta il suo amico come se fosse finito tra le grinfie della peggiore puttana sulla piazza!-
Fu come ricevere uno schiaffo e una morsa gli strinse il cuore. Si sentì avvampare per la vergogna.  
Lei si voltò, girò intorno alla poltrona e si fermò davanti alla grande finestra incrostata di polvere. Bevve ancora, questa volta un sorso veloce e poggiò la bottiglia sul davanzale.  
Kai rimase ad guardare la sua schiena incredulo.
L'aveva ferita veramente! Le aveva davvero fatto così male con quelle parole da non riuscire nemmeno a giustificarlo, a perdonarlo? Era senza parole.  
L'aveva davvero tratta in quel modo? Non se ne era nemmeno reso conto. Non era vero che lo pensava, aveva frainteso... era stato solo un momento di rabbia!
.... Sicuro? Eppure è stato il tuo primo pensiero sdegnato quando hai saputo che era andata a letto con Yuri? Era vero, l'aveva pensato, aveva provato disgusto per lei e per Yuri e tutta quella squallida situazione.   
Eppure sapevi che in quel periodo stava male, quando glielo hai rinfacciato lo sapevi... meschino! Era Boris ad essere stato tradito, non lui. Con che diritto si era sentito ferito? Con che diritto l'aveva ferita? Gli tornò alla mente senza volerlo il bacio d'addio carico d'amore che Boris le aveva dato in quella camera d'albergo, e si sentì schiacciare. Come la aveva adagiata sul letto con delicatezza, perché era fragile. E lo era veramente. Lo era anche ora che si era ripresa, che dettava legge lì dentro come un boss della mafia russa.
E ora? Non era anche vero che solo l'idea che potesse in qualche modo stare con Takao gli faceva ribrezzo, gli faceva ribollire il sangue nelle vene? Tantissimo, vero? Ti disgusta come la peggiore delle puttane. Sicuro che sia solo per il tuo amico? Se ti dicesse che lo ama, cambierebbe qualcosa?
-Takao, lo sai meglio di me, è incorruttibile.- riprese a parlare, con lo sguardo perso nel vuoto al di là della vetrata. -Non si può intaccare.... Per questo rimarrò al suo fianco finché sarà necessario. Non so come andrà a finire, ma se sarà necessario sarò io a occuparmi del lavoro sporco, ne lui ne nessun'altro, solo io. Servo a questo.-    
-Perché lo fai?-  
-Perché io non ho niente da perdere. Le miei mani sono già sporche e non ho problemi a sguazzare nel lerciume.-  
Questa risposta fu anche peggiore da udire per lui. Era una chiara dimostrazione di forza d'animo e sacrificio.  
Takao è incorruttibile. Lo conosceva già così bene? Aveva così tanta fiducia in lui, e come darle torto? Lui stesso avrebbe affidato la sua stessa vita a quel ragazzo che già una volta lo aveva salvato. Allora perché non fidarsi e lasciare che salvasse anche Ari? Lui non ne era all'altezza, no? L'aveva dimostrato, alla prima difficoltà non aveva fatto altro che ferirla nel profondo. Ma l'idea di lasciarla a lui gli faceva così male! Se non poteva prendersela con lei e non poteva prendersela con Takao, l'unico che gli restava da odiare era se stesso.
-Non avrei dovuto essere così duro con te.- ammise, riuscendo a stento a non far uscire la voce strozzata a causa del nodo che gli stava stringendo la gola. Dio, aveva un dolore al petto che aumentava ad ogni respiro. Non aveva nemmeno più il coraggio di alzare la testa e guardarla! Eppure avrebbe solo voluto alzarsi e stringerla e provare in un modo o nell'altro a strappare via quella dannata parola che le aveva impresso addosso.
Ari si voltò di scatto verso di lui, spietata. -Perché no? Sei stato giusto. Ti sei preoccupato per il tuo amico.-   
-Dovrei preoccuparmi più per te che per Takao.-
Ari a quelle parole avverti di nuovo quella morsa improvvisa allo stomaco. Non era la rabbia che le ribolliva dentro, giù nelle viscere, senza sosta, né l'umiliazione che bruciava nel petto per come la considerava Kai o perché Takao aveva spiattellato la sua debolezza davanti a lui e gli altri. Era un dolore più profondo e sordo che non riusciva a definire. Sapeva solo che le dava fastidio, un fastidio incredibile, e lasciò che la rabbia lo sommergesse come lava incandescente.
-Risparmiati, non ho bisogno di te!-  
Fu tagliente e velenosa, come una freccia. Non gli disse più niente, se ne andò e basta, lasciandolo lì, seduto su quel vecchio tavolino, in quella squallida stanza.... la sua squallida stanza.
Si alzò e si avvicinò alla vetrata giusto in tempo per vederla attraversare la strada e sparire dietro il capannone di fronte.  
C'era il segno delle sue dita impresso sulla condensa della bottiglia che aveva lasciato sul davanzale.  
La afferrò, osservando rapito la bocca della bottiglia. Chiuse gli occhi e buttò giù un lungo sorso tutto d'un fiato.  
Riaprì gli occhi e si appoggiò avvilito al davanzale con entrambe le mani, la birra ancora stretta nel pugno. La osservò di nuovo e in un impeto d'ira la mandò a frantumarsi in un angolo della stanza.
Attaccarsi alla bottiglia solo perché lei ci aveva poggiato le labbra su, patetico!  
Era arrivato fino a questo punto il bisogno di avere un contatto con lei? Come cazzo si era ridotto?! Doveva togliersela dalla testa, dal cuore o dove cazzo stava.  
Lei doveva sparire!
 

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Capitolo 39
*** Perchè la giornata non poteva certo finire meglio ***


39 OMG! Finalmente l'ho finito questo capitolo.  
Devo ammetterlo, questo è un capitolo fuori programma, però mi erano venute certe ideuzze e l'ho buttato giù. Dopo tutto se la giornata era iniziata in quel modo non poteva certo finire tranquillamente XD.  
Comunque vi avviso, questo capitolo fa schifo, fa schifo sul serio! Cioè alcune parti erano carine poi bo. La parte finale avevo pensato di farla finire in tanti modi diversi, ma alla fine ho deciso per una via di mezzo, quindi ma sììì! Andiamo a scavare sempre più a fondo nei poveri animi martoriati di questi personaggi!  
Grazie a tutti quelli che seguono. Mi dispiace per il ritardo ma ho avuto da fare, viaggi e gente a casa. Il prossimo è quasi finito quindi pubblico la settimana prossima.  
Un bacio a tutti da pinca!
ps: come al solito titolo di merda xD
pps: mi scuso anche per gli orrori ma rileggendo mille volte finisce sempre che non li noto




39. Perchè la giornata non poteva certo finire meglio
 
Quella mattina era iniziata male, ma proprio tanto, tanto male per Takao. E non perché avesse litigato con Ari... sempre se si potesse definire litigio per come era finita. Insomma di solito lei aveva sempre quell'atteggiamento autoritario e l'incazzatura facile, quindi non era facile da definire il confine tra una conversazione normale e un litigio. Sicuramente la differenza la faceva lui nella discussione, come sempre, e quella volta non le aveva sorriso, dato una pacca sulla spalla e risposto "è tutto ok, tranquilla! Si risolverà tutto!". Oh no, quella mattina si era imposto. Non appena Ari aveva varcato la soglia del bagno aveva avvertito aria di tempesta e si era preparato alla guerra.  
Ma questa volta lui aveva perfettamente ragione... aveva... forse....
Gli aveva dato giusto il tempo di fare il suo bel discorsetto e poi gli aveva schiaffato in faccia quanto fosse stato stupido e pericoloso il suo atteggiamento. Era stata così chiara nel fargli presente cosa avesse combinato che, nel giro di un paio d'ore, quel piccolo grumo d'inquietudine era diventato una enorme palla d'ansia, pesante come un macigno schiacciato sul suo petto.
E se Kai non fosse tornato? E se gli fosse successo qualcosa? Erano ore che attendeva seduto e impotente davanti la porta di casa perché Ari gli aveva proibito categoricamente di uscire a cercarlo. Sussultava al passaggio di ogni persona che passava lì davanti: ogni vecchietta con la spesa, ogni voce che avvertiva avvicinarsi, ogni passo sull'asfalto, era come un estenuante tortura che lo faceva altalenare da un momento di speranza a uno di profondo sconforto.  
Ma di Kai neanche l'ombra.
Dopo la comparsata nel bagno, Ari si era volatilizzata e non aveva fatto ancora ritorno, non senza però avergliela fatta pagare ovviamente. Perché se c'era una cosa di cui era sicuro, più del sole che sorge ogni mattina, era il lato vendicativo di Ari. Cascasse il mondo, lei non ne faceva passare liscia una!  
Lui la prendeva in giro, le faceva qualche scherzetto, qualche dispetto innocente e lei subito ricambiava con la stessa moneta in un bel botta e risposta. Si divertivano ovviamente, era simpatico finché si giocava.... Anzi poteva benissimo osare dire di trovare quel suo modo di giocare adorabile e vivace.  
E invece quella questione del litigio con Kai doveva proprio averla fatta incazzare. L'aveva proprio visto con i suoi occhi come immediatamente Ari avesse colto la palla al balzo per fargliela pagare, e lui come sempre era stato troppo ingenuo per capire subito quale fosse il suo piano di vendetta.
Quel suo ghigno diabolico era comparso non appena aveva sentito la voce di Hitoshi alle sue spalle, e con una facilità incredibile era riuscita a inscenare una bella farsa per scatenargli contro suo fratello.
Ce ne aveva messi di minuti per rielaborare la scena che doveva essersi trovato davanti Hitoshi una volta aperta la porta del bagno. Acqua della doccia aperta, lui mezzo nudo con Ari appiccicata addosso che lo baciava e faceva la dispiaciuta per la doccia del buongiorno insieme appena saltata a causa di quella intrusione.  
Oh, furba lei! Aveva pure saputo manovrarlo come  una marionetta, con un semplice tocco lo aveva fatto partecipare, rendendo credibilissima quella farsa. Non ci poteva ancora credere, le era bastato sfiorarlo in un unico punto, un punto anche piuttosto scemo a dirla tutta! Dai, sul fianco?! E lui aveva sentito i fili da burattino tirare, e si era ritrovato con la mente annebbiata, come spinto verso di lei, a fremere e a languire tra le sue labbra mentre lo baciava. Che coglione!  
E che stronza!  
Il tempo che lei uscisse di casa, e Hitoshi era andato praticamente a fuoco.  
Suo fratello avrebbe voluto ammazzare lui, buttare fuori lei!  
Per il prossimo buongiorno non ci interromperà nessuno.... saremo solo tu ed io!
Certo, per ammazzarlo se Kai non tornava! Ovviamente Hitoshi non avrebbe mai potuto cogliere la minaccia insita in quelle parole, giustamente aveva pensato che si trattasse di un loro buongiorno ben più dolce sotto la doccia. Cielo, se avesse potuto sarebbe stato meglio non uscire più da quel bagno. Hitoshi lo avrebbe aspettato fuori di lì per la sua imbarazzante ramanzina, che ovviamente senza alcun tatto avrebbe tenuto davanti ai suoi amici.  
E così fu! Conosceva quel cretino di suo fratello meglio delle sue tasche, ci avrebbe messo la mano sul fuoco che avrebbe aspettato in cucina durante la colazione.  
Ma lui aveva altri pensieri per la testa. Sotto la doccia non aveva fatto altro che pensare a Kai. E ok, detta così la cosa poteva risultare estremamente ambigua, e no... ovviamente non lo era! Aveva immaginato che lo avessero preso, magari era già da giorni chiuso in una cantina, legato e torturato da loschi figuri malvagi! E ok... ancora piuttosto ambigui come pensieri, ma Takao era preoccupato, e più pensava e più gli scenari diventavano macabri. Magari lo avevano già ammazzato! Ora forse il suo corpo era in qualche cassonetto... gli avevano tagliato la gola!  
Era uscito dalla doccia sconvolto. Si era rivestito in fretta ed era uscito pronto a controllare ogni cassonetto nel raggio di dieci chilometri, ma per l'appunto Hitoshi lo aveva acchiappato per l'orecchio e lo aveva trascinato in cucina, senza se e senza ma.  
-Io e te dobbiamo fare un discorsetto!- aveva esordito furente facendolo sedere di forza a tavola.  
Max e Daichi avevano alzato la testa dalla ciotola del latte, Rei davanti ai fornelli aveva rizzato le orecchie senza voltarsi.   
Ma lui, orami preda dei suoi drammatici pensieri su Kai e la sua presunta morte violenta, aveva quasi scordato cosa gli aveva preparato Ari per vendicarsi, e non appena aveva provato a rialzarsi, Hitoshi lo aveva spinto di nuovo per le spalle costringendolo a rimanere seduto, gli aveva passato una cintura intorno alle braccia e lo aveva legato alla sedia con una velocità incredibile. Quello stronzo di suo fratello, lo aveva fregato come quando era piccolo! Lo trattava come un bamboccio!
-Che diamine fai?!- gli aveva urlato sconvolto e incredulo. Lui aveva cose più importanti da fare che stare a sentire le sue cretinate. -Slegami immediatamente! Devo andare a cercare....-
-Silenzio! Tu non vai a cercarla, chiaro?! Appena torna ce ne stanno anche per lei!-
Lei chi? Era stato il primo pensiero di Takao, che si era dimenato sulla sedia come un disperato. Doveva andare a cercare Kai!  
E via con farneticazioni sui limiti da non superare, tempi da non affrettare, cose da non fare assolutamente con certi elementi, api, fiori, mani nel barattolo del miele, polline e quant'altro... tutto abbastanza criptico secondo Hitoshi, ma gli unici che non avevano capito di che diamine stesse blaterando erano Daichi e proprio Takao. Il primo perché ancora piccolo e totalmente ingenuo, l'altro perché troppo preso dall'immaginare che proprio in quel momento Kai potesse stare spirando il suo ultimo respiro a causa sua, e lui invece era bloccato lì a sentire suo fratello dire stupidaggini.  
Max per l'imbarazzo aveva ripreso a mangiare i suoi cereali con un impegno eccessivo, Rei seguiva la situazione piuttosto perplesso mentre girava il bacon nella padella. Lui era sicuro che avrebbero parlato, al massimo discusso, e che lei lo avrebbe rimproverato e chiesto di chiarire con Kai. Ma evidentemente Hitoshi doveva averli beccati in ben altri atteggiamenti per fare quel discorsetto tanto imbarazzante quanto intellegibile.  
Stava addirittura parlando di contraccettivi a un Takao che si dimenava come un indiavolato  per liberarsi e che chiaramente non gli stava dando retta. Stava iniziando ad essere curioso.... Come li aveva beccati Hitoshi? Magari avrebbe indagato dopo, lo avrebbe chiesto a Takao una volta calmatosi, o ad Ari... lei non aveva peli sulla lingua, ne il pudore di una normale ragazza. Forse ora, presa con le buone, si sarebbe lasciata andare e avrebbe parlato.   
Ad un certo punto, stufo di tutti quei discorsi senza senso, Daichi aveva sbottato, come suo solito, interrompendo il monologo di Hitoshi. -Ma si può sapere di che diavolo stai parlando? Cosa cavolo è successo?-
-Vorrei tanto saperlo anche io!- aveva sbraitato in risposta Takao.
Max finalmente aveva alzato la testa dalla sua tazza oramai vuota, basito per l'affermazione di Takao.
Come volevasi dimostrare, il capitano non ci aveva capito un cavolo. Complici la sua agitazione e il modo in cui aveva presentato il discorso Hitoshi, Takao non aveva colto per nulla le allusioni del fratello che aveva cercato di rendere il discorso meno esplicito e imbarazzante possibile. -Takao, credo che tuo fratello abbia paura di diventare zio!- gli aveva spiegato Rei con un sorrisetto derisorio, servendo a tavola un vassoio pieno di uova sbattute e bacon.
-Non c'è da scherzare, Rei!- lo aveva ammonito aspro Hitoshi.
Scandaloso! Kai poteva potenzialmente avere un bisogno vitale di lui e suo fratello gli aveva fatto perdere tempo con quelle cazzate!  
-Mi stai facendo il discorsetto sul sesso?-
Silenzio.
Daichi era avvampato, Max si era schiaffato una mano sulla fronte rassegnato, Rei si era accomodato pronto a godersi la scena, sistemandosi la colazione nel piatto senza staccare neanche per un attimo gli occhi dai due Kinomiya.
Oh e gli aveva risposto proprio per le rime! In verità non si era dilungato troppo, era stato abbastanza sintetico ma incisivo di sicuro.
-Mettiamola così, magari capisci: ho acchiappato più io in due mesi da bravo ragazzo che tu in cinque anni di università, quindi sull'argomento potrei benissimo farti lezione.-  
A Hitoshi era schizzato il sangue al cervello, a Rei l'aranciata dal naso. Invece quella sfacciataggine sembrava aver tirato fiori il lato statunitense di Max che aveva fischiato impressionato, con tanto di "Boom baby!" finale da vero yankee.  
E proprio in quel momento, ignara di tutto, aveva fatto la sua apparizione mattutina Hilary, sorridente e energica come sempre. E approfittando dello shock momentaneo, e della più totale indifferenza di Hilary di fronte alle loro stranezze, le chiese di slegarlo.  
Finalmente era libero e pronto per uscire da lì per andare a salvare il suo amico Kai, quando questa, sorridendo serafica, gli aveva detto di aver incrociato Ari per strada e le aveva chiesto di dirgli di non azzardarsi in alcun modo ad uscire di casa se non voleva essere il prossimo.  
-Il prossimo a fare che?- aveva chiesto giustappunto Daichi.  
A morire ammazzato, era ovvio! Ma certo questo non poteva dirlo ai ragazzi. Ed ecco spiegato perché stava da ore fermo davanti alla porta di casa attanagliato dall'apprensione, in attesa come una moglie attende il ritorno dello sposo dalla guerra, come Melania attendeva Ashley sull'uscio di Tara.  
Non aveva fatto colazione, non aveva pranzato, oramai si erano fatte le quattro del pomeriggio e i ragazzi aveva smesso di girargli attorno preoccupati chiedendogli cosa avesse. Ora si limitavano solo a osservarlo da lontano confusi e preoccupati.  
Aveva telefonato addirittura a Boris per sapere qualcosa e, a quanto pareva, aveva già sentito Ari, o quanto meno ci aveva provato visto che Yuri si era intromesso mandandola a quel paese. Comunque, tirando le somme Kai non si era fatto proprio vivo da loro. Non lo vedevano da quando avevano formato la squadra.  
Perché non tornava? Che lo stesse ancora cercando? Che le fosse capitato qualcosa?  
Stava impazzendo! Era relegato lì in casa, con mille pensieri orribili per la testa, preoccupato, in colpa e arrabbiato, sì, perché Ari lo aveva lasciato lì da solo a non fare niente mentre avrebbe potuto benissimo andare con lei o cercarlo per i fatti suoi.  
Stava fremendo di impazienza e suonate le cinque decise che era arrivato il momento di alzarsi e attraversare il cancello di casa, uscire e cercare Kai in prima persona, fregandosene delle minacce di lei o dei potenziali pericoli.
Più che convinto e agguerrito attraversò il vialetto aprì il cancello e si ritrovò di faccia proprio Ari. Che tempismo! Per qualche secondo rimase fermo a fissarla. Per un attimo gli venne il dubbio che fosse rimasta lì fuori ad aspettare solo per sgamarlo mentre usciva, ma subito scacciò quel pensiero.  
Ad un palmo dal suo naso lei lo fissava con un'espressione impenetrabile. Una cosa era certa: non era di buon umore.  
-Allora? L'hai trovato?-
Ma lei lo fissò zitta e per diversi secondi si guardarono negli occhi senza dire niente.  
Infine lo scansò ed entrò come se non ci fosse stato nessuno, lasciandolo basito.  
Che diamine significava?  
La seguì dentro, fino nel giardino sul retro facendole domande su domande. Dove era stata? Aveva trovato Kai? C'erano novità? Perché ci aveva messo così tanto? Perché non si era fatta sentire? E Kai dove era?  
Finalmente lei si fermò, proprio in mezzo al giardino. Davanti a lei Hilary, Rei e Max erano chini sul portatile di Kappa ad analizzare con lui un incontro seduti sotto la veranda, mentre Daichi poco più in là sonnecchiava annoiato.  
-Che state facendo?- queste furono le sue prime parole. Né buon giorno né ciao e nemmeno una risposta alle tante domande che Takao le aveva rivolto e che ora era rimasto impalato accanto a lei a fissarla incredulo.
-Mi annoio!- borbottò Daichi sbuffando.  
-Stiamo studiando gli incontri amichevoli degli AllStars.- spiegò spiccio Kappa senza staccare gli occhi dal monitor.  
Ari parve soddisfatta per la risposta di Kappa, e infatti annuì compiaciuta, ma molto meno per quella di Daichi. Si rivolse al ragazzino con tono severo e preparò il caricatore per lanciare Drawind.  
-Basta poltrire, ti allenerai con me!-
A quelle parole Daichi scattò in piedi di nuovo pimpante. -Ah finalmente! Sono pronto, mi sono stancato di questi pappamolle!- si lamentò preparando GaiaDragoon e spostandosi verso il centro del giardino.  
-Ti ho già spiegato che bisogna anche studiare gli avversari e analizzare i dati , non si può solo combattere!- lo riprese Kappa stizzito.
-Io non ho bisogno di questa roba! Quando è arrivato il momento scendo in campo e affronto il mio avversario senza trucchetti!-
Kappa sbuffò e tornò al suo portatile, deciso a risparmiarsi il fiato.
-Ari, si può sapere che stai facendo?- chiese sconvolto Takao guardandola mentre si metteva in posizione. Ma niente, lei manco gli rivolse la minima attenzione, come se non lo avesse proprio sentito, come se non lo vedesse.
Ari e Daichi lanciarono i beyblade e come sempre il piccoletto non si fece attendere, andò subito all'attacco.  
-Mi vuoi rispondere?- continuò Takao presuntuoso. -Ari, smettila, guardami!-  
Ma ancora niente. Caparbia continuava a fare finta di nulla e ad incassare gli attacchi di Gaia Dragoon col suo solito modo di fare che dava tanto sui nervi a Daichi, che non mancò di sottolineare tra strepiti e lamentele quanto fosse infastidito dal suo modo di combattere. Certo, in quel momento era l'unica disposta a combattere con lui, ma questo non voleva dire che non poteva lamentarsi e darle contro in tutti i modi.  
Quella sua impassibilità gli mandava il sangue al cervello, e non solo a lui, visto che anche Takao stava lì lì per esplodere.  
Il ragazzo le girava attorno, le urlava contro, le si piazzava davanti impedendole la visuale ma l'unica reazione che aveva era quella che inclinava leggermente il capo un po' più a destra o a sinistra per continuare a guardare i beyblade che si scontravano.  
La straordinariamente impassibilità di Ari di fronte all'azione combinata di Daichi e Takao che si stavano proprio mettendo di impegno per romperle le scatole, stava mettendo non poca ansia a Max, Rei e Hilary. Nessuno avrebbe potuto resistere a lungo a quei due, e sapevano che questa totale mancanza di reazioni della ragazza poteva solo presagire una tremenda e pericolosa improvvisa esplosione, proprio come quando giocava a bey. Manteneva una passività e una calma surreali per poi scatenarsi con una furia inaspettata e letale sull'avversario.  
Ma la reazione che tanto temevano non arrivò da Ari, ma da Kappa che, arrivato al limite della sopportazione, fece sussultare i tre che gli stavano attorno.    
-Basta!- li zittì con un tono chiaro e deciso. -Sto cercando di lavorare io, e ho bisogno di concentrazione!-  
-Ma è lei!- protestarono contemporaneamente Takao e Daichi punti per essere stati ripresi.
Kappa tremò da capo a piedi e fu quasi sul punto di farsi venire una crisi di nervi. Era da mezz'ora che stava sullo stesso punto di un video cercando di capire la dinamica di un attacco, e quei due si erano messi come tarli nelle sue orecchie a far baccano. Era inaccettabile!  
A quel punto Rei trovò opportuno intervenire per dare il tempo a Kappa di calmarsi.  
-Ho come il vago sospetto che Ari ti stia ignorando, Takao.- lo illuminò finalmente.
-Cosa? E perché?- chiese Takao passando lo sguardo da Rei a Ari che, per la cronaca, aveva ignorato anche il rimprovero di Kappa.
Max sghignazzò divertito nascondendosi dietro dei colpi di tosse. Rei sospirò paziente e si rivolse alla ragazza.  
-Ari, perché stai ignorando Takao?-  
Per un attimo pensarono che avrebbe ignorato anche Rei, ma invece voltò il capo con una lentezza esasperante e inarcò le sopracciglia come sorpresa.
-Chi, scusa?-  
A quel punto Max rise apertamente, mentre Hilary cercò perplessa lo sguardo di Rei, che si strinse nelle spalle rassegnato.  
Ma Takao non si diede per vinto e si voltò di nuovo verso la ragazza battendosi la mano sul petto.  
-Io, Ari! Io! Perché mi stai ignorando!?-  
Evidentemente non aveva capito bene il senso di ignorare perché all'ennesimo sguardo vuoto di Ari, che lo attraversò come se fosse stato trasparente, perse completamente la pazienza. Si tolse il cappello gettandolo a terra esasperato e si mise le mani nei capelli urlando.
-Ah, non ti sopporto! Quando fai così ti odio!- poi si rivolse a Rei puntando il dito contro Ari, che con calma invidiabile continuava l'incontro con Daichi che aveva smesso di lamentarsi visto che Drawind finalmente stava andando all'attacco.  
-Rei, diglielo! Dille che non la sopporto e di smetterla!-  
-Ma io credo che ti abbia sentito...- gli fece notare Hilary.  
Rei sospirò incrociando le braccia al petto e alzando gli occhi al cielo. -Ari, Takao dice che non ti sopporta e ti chiede di smetterla.-  
Ari questa volta non si fece attendere e guardò il cinese preoccupata e stranita.  
-Di che diavolo stai parlando?- gli chiese come se lui fosse impazzito.   
-Oh, per amor del cielo!- gemette esasperato Kappa spiaccicandosi una mano in faccia. Ora anche lei ci si metteva!
Rei fece spallucce e guardò Takao con un'espressione che stava a dire "visto? Io ci ho provato!".  
Takao digrignò i denti furibondo e si rivolse di nuovo a lei. -Si può sapere perché? Ti sembra il momento di fare queste stupidate?-  
-Sono così carini quando litigano!- cinguettò giulivo Max ridacchiando e facendo sghignazzare anche Rei.
-Cosa le hai fatto, Takao?- gli chiese Max.
-O cosa non le ha fatto?- aggiunse Rei malizioso.
-Smettetela!- strepitò in risposta Takao. Prese Dragoon e lo agganciò al lanciatore. -Mi vuoi ignorare? Bene allora vediamo se riesci ad ignorare questo!  
Lanciò e senza esitazioni si intromise nello scontro sostituendosi a Gaia Dragoon, che in quel momento stava avendo un testa a testa con Drawind. Il bey di Daichi fu catapultato in un angolo, e Drawind venne attaccato ripetutamente da Dragoon perdendo terreno e sobbalzando più volte. Takao era furioso, non le stava dando nemmeno la possibilità di difendersi. Tanto erano veloci e ravvicinati gli attacchi che più volte non gli permise di toccare terra.
-Takao basta, così glielo rovini!- strepitò Kappa disperato mollando il pc a Hilary e alzandosi.
Ari per tutta risposta incrociò le braccia al petto e sospirò, come se stesse aspettando qualcosa.
E infatti, proprio come aveva previsto, fu Gaia Dragoon a fermare di colpo i ripetuti attacchi di Dragoon sul suo Drawind, che finalmente ricadde sul terreno vacillando stremato.  
-Come ti permetti! Questo è il mio incontro!- urlò Daichi offeso per essere stato soppiantato da Takao.  
Dopo un primo attimo di smarrimento, Dragoon contrastò il bey viola. Entrambi i bey erano agguerriti e carichi.  
-Levati di mezzo Daichi, ho cose più importanti...-  
-Scordatelo! Levati tu di mezzo!-  
Takao digrignò i denti impaziente, Ari stava recuperando il suo bey da terra e quindi gli aveva tolto la possibilità darle contro così. Era teso, in ansia e sinceramente non capiva proprio perché si stesse comportando in quel modo così stupido quando c'era di mezzo la sorte di Kai.
Ari mise Drawind a posto e tirò fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette. Ne estrasse una prendendola direttamente con le labbra, e la accese riparandosi con una mano davanti alla bocca.
-Che ore sono?- chiese a mezza bocca, con la sigaretta appesa alle labbra, mentre rimetteva il pacchetto e l'accendino in tasca. Gli occhi erano vuoti mentre sbuffava via il primo tiro. I ragazzi rimasero per un attimo straniti da quel gesto, non aveva mai fumato davanti a loro.  
Takao era allibito, non la vedeva fumare praticamente dalla finale dell'anno prima. Era un buon segno? Non lo era affatto! Si sentì soffocare e il panico prese il sopravvento.
-Le cinque e mezza.- risposte Max controllando il cellulare velocemente.
-Quindi ancora sei ore e mezza prima dello scadere della giornata....- valutò distrattamente la ragazza. Prese la sigaretta tra il pollice e l'indice, allontanandola dalla bocca di qualche centimetro e poi si rivolse ai compagni di squadra. -Che faccio, aspetto o lo ammazzo ora?-  
Kappa tremò da capo a piedi a quelle parole atone. -A chi?- chiese sgomento.  
Ma a Takao non gliene fregava niente che lo ammazzasse sul serio. Ari era strana, e cosa ancora peggiore stava fumando e ciò significava solo che qualcosa la preoccupava, per di più lo stava ignorando forse perché troppo incazzata per parlare con lui. Che fosse successo veramente qualcosa a Kai? Che non fosse riuscita a trovarlo? Che qualcuno gli avesse fatto del male?   
-Ari, che significa? Dove è Kai?- le chiese col cuore in gola. Dragoon aveva smesso di resistere agli attacchi di Gaia Dragoon che ora lo colpiva ripetutamente.
-Perché devi aspettare la mezzanotte?- fu la domanda di Max.  
-Giusta osservazione, era proprio quello che stavo pensando!- Annuì seria Ari, aspirando il fumo tanto forte da far bruciare velocemente la sigaretta.  
-Ma che dici!?- strepitò scandalizzata Hilary rimproverando Max, che sghignazzò divertito da tutta questa situazione. -Perché dovrebbe ammazzarlo?-
-Perché? Ti dispiacerebbe?- sbottò aspra Ari scoccandole un'occhiataccia.  
In quel momento si stava comportando proprio senza filtri, si stava rivolgendo a loro come se si trattasse dei suoi compagni russi, abituati a modi rudi e rozzi. Nessuna gentilezza, nessun riguardo. Forse non ci erano abituati, era evidente, perché per così poco la piccola Hilary ci era rimasta veramente male a giudicare dalla sua faccia contratta e le spalle improvvisamente rigide, reazione che fece ghignare Ariel per un attimo.  
Troppo facile, era tutto troppo facile con loro! Come erano delicati!
-Takao, mi sa che l'hai fatta arrabbiare con questa storia di Kai.- disse Rei. I suoi occhi color ambra scintillarono furbi e trionfanti, incrociando quelli di Ari che immediatamente si fecero minacciosi e taglienti.  
-Sai come si dice...- continuò sornione, senza scomporsi. -tra moglie e marito non mettere il dito!-
Era chiaro che fosse una fecciatina rivolta a lei. Si prendeva tutta quella confidenza Rei come se credesse di avere a che fare con Hiwatari, ma in quel momento forse nemmeno Yuri si sarebbe potuto permettere certi lussi. Le venne una gran voglia di bruciargli quella sua linguetta biforcuta con la sigaretta, ma si limitò a sbuffare tutto il fumo inspirato con lentezza, continuando a scrutarlo minacciosa, tanto che non si accorse dell'improvvisa vicinanza di Takao che la prese per le spalle e iniziò a scuoterla con forza.
-Ari, ti prego rispondimi!-  
Era stremato, era sconvolto, era totalmente nel panico! L'ansia lo stava divorando, la paura lo confondeva e oramai era arrivato al limite. La scosse di nuovo tenendola stretta per le spalle. -Parla, o giuro che me ne vado adesso!-  
Ari finalmente lo guardò negli occhi, spietata, smettendo di ignorarlo.  
-Per me puoi anche andare!- gli disse dura. Incrociò le braccia, tenendo ancora la sigaretta stretta tra le dita della mano destra. -Forse è meglio per te che siano gli stessi tagliagola che hanno preso Kai ad ammazzarti....- continuò sussurrando. Avvertì la presa sulle sue spalle tremare, e poté finalmente vedere la paura viva negli occhi scuri del ragazzo che aveva di fronte. Si portò la sigaretta alla bocca, aspirando senza staccare gli occhi dai suoi.  
Scostò la sigaretta, abbassando il braccio lungo il fianco. Prepotente gli afferrò il viso con l'altra mano e lo avvicinò al suo e gli sbuffò lentamente tutto il fumo in faccia, in un gesto di totale mancanza di rispetto. Takao oramai non reagiva più, era attanagliato dal terrore e, quando lei riprese a parlare, in un sussurro inclinando leggermente il capo per avvicinarsi al suo orecchio, si accorse anche che stava anche trattenendo il respiro. -Io sono piuttosto violenta, sai. Approfitta pure di queste sei ore e mezza di vantaggio, perché scattata la mezzanotte ti verrò a cercare... e prega per te che io non ti trovi ancora vivo!-
-Vuoi dire che Kai....- gemette con voce strozzata.
Se avesse potuto avrebbe riso di fronte a tanta disperazione. Era vero, a Takao lei non incuteva paura. Glielo aveva fatto notare la mocciosetta giapponese nanerottola. I suoi atteggiamenti aggressivi, le sue chiare e parte minacce, la sua forza e la totale mancanza di scrupolo non lo impressionavano, forse perché non la prendeva sul serio, o forse perché uno come lui era abbastanza sicuro di sé da non tremare di fronte al pericolo. Ma Ari aveva capito come spaventarlo, il suo punto debole era il legame con i suoi amici e in questo caso con il suo amato Kai, e da quella mattina aveva iniziato a strimpellare con le corde dei suoi nervi, poi qualche oretta lasciato a ribollire nel suo brodo aveva fatto il resto, e adesso gli avrebbe dato il colpo finale.  
E con questo non si sarebbe mai più permesso di fare stronzate e di disobbedirle.    
-Ne sono quasi sicura, sì, e sai perché?- mormorò tornando a guardarlo dritto negli occhi oramai totalmente smarriti. -Perché sono gli stessi che hanno sgozzato Vorkof un mese fa.-
Tremò da capo a piedi, sgranò gli occhi e si portò una mano alla bocca trattenendo un gemito.  
Ari storse la bocca e tirò un'ultima volta prima di gettare il mozzicone per terra e pestarlo con un piede. Forse aveva esagerato un pochino dicendogli anche della morte di Vorkof, sembrava là là per vomitare. Era sbiancato tutto d'un botto!  
La totale indifferenza di lei, il fatto che non avessero sentito una sola parola di quello che si erano detti quei due e il fatto che Takao fosse di spalle, non mise in allarme i ragazzi seduti sotto la veranda. L'unica cosa che notarono era che Takao si era improvvisamente fatto più piccolo e le sue spalle si erano incurvate.  
-Secondo te cosa gli ha detto?- chiese Max agli altri, che stava seguendo quel curioso litigio con estremo interesse.  
-Secondo me che non gliela darà più per un bel po'!- disse Rei sghignazzando facendo scoppiare a ridere il biondo.
-Rei, ma che dici!?- strepitò Hilary scandalizzata scattando in piedi.  
-Scommettiamo?- le fece in risposta Rei facendola arrossire furiosamente.
-Si può sapere che diamine sta succedendo?- tuonò una voce zittendo tutti.
-Oh, ma che tempismo perfetto!- Ari afferrò Takao e lo voltò di peso verso il nuovo arrivato e gli passò un braccio intorno alle spalle, sfoggiando un ghigno degno di un demonio. -Guarda, la tua principessa è tornata sana è salva!- gli disse con estremo entusiasmo. Gli diede una pacca sulla schiena che gli fece arrancare qualche passo in avanti. -Contento pasticcino, non morirai stanotte!-  
Takao era stravolto, frastornato e emotivamente stremato. Guardava incredulo il ragazzo davanti a sé, fermo in piedi al centro del giardino che sfoggiava il suo solito cipiglio irritato e burbero.  
Si sentiva svuotato, in quel momento mosse un passo verso di lui, incredulo e sollevato di vederlo di nuovo lì. Riprese a respirare. -Kai... sei tornato...- riuscì a dire in un soffio.
Kai lo scrutava guardingo e sulle sue. Incrociò le braccia al petto e arricciò il naso, quando Takao si avvicinò ulteriormente e gli si mise di fronte. Era strano... era più strano del solito e quella sua espressione languida e ricca di emozioni gli stava dando sui nervi. Perché diamine lo stava guardando in quel modo? Era irritante!
-Amico mio....- Lo afferrò per le spalle e Kai istintivamente si ritrasse leggermente per allontanarsi da lui, avvertendo chiaramente di non riuscire a trattenere il disgusto e che sicuramente glielo si poteva leggere facilmente in faccia.  
Takao chinò il capo reggendosi alle sue spalle e continuò a parlare con voce rotta dalla commozione.  
-Scusa, scusami ti prego! Non succederà mai più, giuro, non ti dirò mai più una cosa del genere, mai più! Sei mio amico e lo sarai per sempre...- e con queste parole lo abbracciò forte con slancio, spiazzando totalmente Kai che rimase pietrificato stretto in quell'abbraccio inaspettato e fuori luogo.  
E non fu il solo a rimanere di sasso. Anche gli altri rimasero ad osservare increduli Takao già solo perché gli aveva chiesto scusa supplicandolo di perdonarlo, di per sé cosa straordinaria, visto e considerato che era stato più che chiaro a tutti che il capitano non avrebbe rivisto la sua posizione per nessun motivo.
-Che diamine.... Che cazzo ti prende, togliti di dosso!- soffiò sconvolto Kai rigido da capo a piedi, totalmente a disagio a causa di quell'abbraccio inatteso.
L'unica che si godeva la scena era Ari, che finalmente vedeva il lavoro completo. L'aveva fatta pagare a quello stronzo di Hitoshi quella mattina facendogli credere di aver messo le grinfie sul suo innocente fratellino, aveva torturato psicologicamente Takao per tutto il giorno, e ora toccava a Kai, che si sarebbe ritrovato quella piattola dispensa affetto di Takao appiccicato al culo per un bel po'. Oh, come era divertente! Si andò ad accomodare accanto a Max e si rilassò ammirando quei due abbracciati al centro del giardino.
-Oh no, vi prego, continuate pure... non sono mica gelosa io!-
A queste parole ottenne due reazioni diverse. Gli occhi improvvisamente assassini di Kai saettarono fulminei su di lei, mentre sul viso di Rei si fece largo un nuovo sorrisetto beffardo, che non si lasciò sfuggire l'occasione per scoccare una delle sue frecciatine. A quanto pareva l'aveva presa di mira!
-Giusto per capire, a quale dei due ti riferisci?- le disse tagliente.  
Incrociò il suo sguardo ambrato e sfrontato. Che faccia tosta quel cinese!
-Attento a dove decidi di farti le unghie, micetto!-
Rei si morse il labbro inferiore nel tentativo di trattenere una risatina maliziosa, ma i suoi occhi non mentivano, lo divertiva. In quella squadra a quanto sembrava nessuno aveva il minimo senso del pericolo.
-Allora dovresti imparare a minacciare in modo meno eccitante, perché così istighi solo a provocarti!-  
Ari divenne di pietra. Cosa? Che? Che diamine intendeva con minacciare in modo eccitante? Rimase incredula a fissare Rei seduto accanto a Max, con quel dannato sorrisetto soddisfatto stampato in faccia.  
-Wow! Colpita e affondata!- esclamò Max porgendo il pugno a Rei che con complicità gli diede il pugno sulle nocche, per poi voltarsi verso Ari. -Rei ha ragione, sbuffargli il fumo in faccia in quel modo... da film!-
Ari sgranò gli occhi e appena si accorsero del leggero rossore sulle sue guance scoppiarono a ridere, mentre Kappa e Hilary sospiravano rassegnati.  
No, sul serio, cosa voleva dire minacciare in modo meno eccitate? Che diamine di problemi avevano quei due!?  
-Uffa! Mi avete scocciato!- sbuffò Daichi sedendosi accanto ad Ari. Non aveva più nessuno disposto ad allenarsi con lui, oramai gli era chiaro. Intanto Dragoon era rimasto fermo in mezzo al giardino.  
-Sinceramente- continuò Rei, dando supporto alle parole di Max -dopo una mossa così sensuale, mi farei fatto fare di tutto.... Cioè, gli hai anche afferrato il viso in quel modo, e che sguardo!-
Oramai Ari era allibita, cosa che li divertì ancora di più.
-Suvvia, non ti scandalizzerai per così poco!- le fece Max dandole una gomitata sul braccio, ma era chiaro invece facessero leva proprio su quel suo imbarazzo inaspettato per sfotterla.
Non Ari ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto del perché quelle parole l'avessero a tal punto spiazzata, che si ritrovò tirata su in piedi di peso, a meno di un palmo dal naso di un Kai imbestialito che la teneva per il collo della maglia.  
-Che gli hai fatto, dannata!- ringhiò furente scuotendola. I suoi occhi erano di fuoco, la voleva incenerite. -Parla, cosa hai fatto a Takao!?-  
Gli altri si ritrassero immediatamente. Kai a quando sembrava riusciva benissimo a intimidirli invece, e anche con molto poco! Ma che storia era questa?!  
-Non gli ho fatto niente....- gli rispose con tono trascinato, ma era chiaro come il sole che gli stesse spudoratamente mentendo, con quel maledetto cipiglio di sfida e il ghigno beffardo. -Non capisco di cosa tu stia parlando.-
Kai strinse i pugni intorno al tessuto della maglietta e la avvicinò ancora di più a sé, minaccioso come un predatore affamato. -Credi veramente che le minacce di Takao possano proteggerti? Ti avevo avvisato di non fare la stronza!-
Ari gli rise in faccia facendolo incazzare se possibile ancora di più, e gli afferrò i polsi. E di nuovo Kai vide quegli occhi vuoti e malevoli che lo sfidavano, avvertiva il suo odio sulla propria pelle, e la repulsione che aveva per lui. Nonostante la rabbia che provava in quel momento avvertì un crampo allo stomaco e un forte disagio.  
-Credi davvero che io abbia bisogno di farmi proteggere da Takao?- gli chiese beffarda e tagliente. -Spaccami pure la faccia, per me non sarà una novità e certo non ho paura di te, pivello!-    
Ogni sua parola era una provocazione, era veleno. La odiava! Aveva solo voglia di farla sparire per sempre dalla faccia della terra, aveva voglia di prenderla a pugni e, cosa ben peggiore, aveva più di tutto voglia di sbatterla al muro e tappare la bocca una volta per tutte con la propria! E Dio solo sapeva quanto questa consapevolezza lo facesse imbestialire e montare un odio così profondo e viscerale verso di lei e verso sé stesso.
Dannazione! Cosa diavolo doveva fare adesso? Era chiaro che pestarla a sangue non sarebbe servito a molto, sicuro si sarebbe rialzata e gli avrebbe riso in faccia! Essere più stronzo di lei? Non lo era già stato abbastanza?  
Tremò di rabbia. Si sentiva maledettamente impotente di fronte a lei.
-Kai...-  
Un debole pigolio alle sue spalle e poi due braccia che gli circondavano il torace abbracciandolo, e un corpo che aderiva al suo. Si irrigidì di nuovo e mollò la presa dalla maglietta di Ariel, avvertendo tutta la rabbia, l'odio e la frustrazione dentro di sé venire improvvisamente annientati da quell'eccessivo e invadente contatto.
Ari parve confusa per un momento da quell'improvviso cambiamento di Kai, poi si accorse delle mani di Takao strette sul petto del ragazzo e ghignò maliziosa.  
-Vi lascio alla vostra intimità!- disse scostandosi e tornando a sedersi accanto a Max e agli altri ancora atterriti a causa di Kai e che ora seguivano sconvolti il nuovo abbraccio di Takao a quella furia omicida. Avrebbe massacrato di botte Takao?  
Un singhiozzo e poi un altro. Kai era completamente paralizzato. Takao gli stava appiccicato alla schiena con una presa salda attorno al suo torace e il capo nascosto nella sua sciarpa, nell'incavo del suo collo.
-Kai... non lasciarmi mai più...- mugolò, la voce soffocata dalla sciarpa bianca, e un altro singhiozzo.  
-Che diamine ti prende Takao?- chiese Rei scioccato dal comportamento eccessivo del ragazzo.  
L'incredulità che vide negli occhi di Max e di Kappa doveva essere la stessa che aveva anche lui, visto che entrambi erano senza parole.  
-Che mammoletta!- commentò Daichi aspro apertamente disgustato.
Hilary scandalizzata diede subito contro a Takao. Kai era sconvolto, che cosa stava combinando quell'idiota?   
-Ma che stai facendo Takao, lascia stare immediatamente Kai!- lo rimproverò con voce stridula.
-Lasciali stare!- fece Ari gongolando e gustandosi l'espressione sgomenta di Kai. -Questo è vero amore!-  
Kai tremò da capo a piedi, con l'espressione di uno che ha appena dato un bel morso ad un limone.  
Hilary non si fece intimidire dall'atteggiamento sfrontato di Ari, e partì in difesa di Kai. Che ne poteva sapere Ari d'altronde di come stesse soffrendo in quel momento Kai? Quell'improvviso atteggiamento espansivo da parte di Takao nei suoi confronti, per di più davanti a tutti, lo stava sicuramente mettendo in profonda difficoltà, sapendo benissimo che comunque non era corrisposto in alcun modo dall'altro.
-Non è divertente Ari! Non è proprio il caso di scherzare su certe cose!- disse risentita. -Tu non capisci!-  
Ari appoggiò i gomiti sulle ginocchia continuando a fissare Kai malevola.  
-Oh, invece capisco benissimo!- rispose con tono trascinato, poggiando il mento sul pugno chiuso, e per un attimo Kai incrociò i suoi che scintillavano maligni e si allarmò.  
No! Non avrebbe osato!
-Sei cattiva Ari!-  
Le parole di Hilary, dette con tanta convinzione e durezza le arrivarono come qualcosa di estremamente infantile e ridicolo. Cattiva! Il ghigno sul suo volto si allargò, ma i suoi occhi non si scollavano da quelli di Kai. Era paralizzato, ma questa volta non a causa di Takao. Aveva paura di quello che avrebbe potuto dire e si era fatto improvvisamente minaccioso.  
-Oh sì, sono proprio cattiva... vero, Kai?-
A quelle parole Kai scattò come una molla. Afferrati i polsi di Takao, se lo staccò di dosso con forza e le si gettò addosso senza più nessuno scrupolo, completamente accecato dalla rabbia.  
Gli altri si scansarono e si misero a riparo immediatamente. Ari fu afferrata di nuovo per la maglia, e le diede una testata sulla fronte talmente forte che lasciò stordito anche lui, ma forse era solo colpa della rabbia.
La sbatté con forza sulla pavimentazione in parquet e, dal rumore sordo che sentì, capì che doveva aver sbattuto forte la testa. L'aveva stordita per bene ma questo non lo tranquillizzò. L'aveva capito subito che cosa le era passato per la mente quando aveva risposto a Hilary, e in tutta sincerità non capiva come facesse a sapere di quel maledetto bacio che aveva dato a Takao, ma non le avrebbe permesso per nulla al mondo di spiattellarlo in giro!
La tenne bloccata sotto di sé, e la scosse per farla riprendere per far si che capisse chiaramente quello che aveva da dirle.  
Lei aprì gli occhi con difficoltà, riuscendo a stento a mettere a fuoco il ragazzo che aveva sopra di sé. Avrebbe voluto mollargli un pugno, un calcio o spingerlo via quando si chinò su di lei e la scosse ancora contro il pavimento alle sue spalle, ma era troppo intontita dai colpi alla testa. In tutta sincerità non riusciva nemmeno a capire quanti ne avesse avuti.  
Kai le diede un altro colpo, fronte contro fronte, ringhiando inferocito. -Non osare nemmeno pensare di dire una parola, chiaro?!- la sua voce era profonda e graffiata. -Giuro che questa volta ti ammazzo!-  
-Non ne saresti all'altezza!- soffiò debole Ari.   
-Kai...-  
-Takao, fatti i cazzi tuoi!- sbraitò Kai senza staccarsi nemmeno di un millimetro da quella maledetta che, nonostante tutto, aveva ancora la faccia tosta di rispondergli. -Non mettermi alla prova Ariel...-
-Kai!-
Questa volta il tono di Takao si fece più sicuro e convinto, tanto bastava per far finalmente girare verso di lui Kai. E questa volta tutta la rabbia fu improvvisamente soppiantata dalla confusione, ritrovandosi davanti qualcosa più inaspettato degli abbracci: il viso disperato e contratto di Takao era inondando di lacrime che scendevano copiose dagli occhi pieni di un disperato sollievo.
-Che diavolo....- bisbigliò incredulo. -Perché cazzo stai piangendo?!- gli chiese brusco pretendendo una risposta chiara e precisa, oramai spazientito da quel comportamento da matto.
Takao tra un singhiozzo e l'altro si fece avanti e riuscì a rispondere con voce flebile e tremolante. -Sono così felice che tu stia bene...-
-Come scusa?- Kai chiese minaccioso, ma Takao non si scompose a quel tono e continuò.  
Kai lanciò un'occhiata alla ragazza che teneva bloccata sotto di sé e, per una volta, gli parve sinceramente confusa.  
-Sono così contento che tu sia vivo!- continuò Takao non riuscendo a smettere di piangere. Le lacrime continuavano a scendere incontrollate, sciogliendo finalmente tutta quella tensione accumulata in quelle ora di esasperante attesa e pensieri orribili.
Ari rimase pietrificata, quando Kai tornò a voltarsi verso di lei comprese che la avrebbe ammazzata sul serio.  
Nel giro di pochi secondi Ari si ritrovò ad urlare per il dolore atroce, ma non fu a causa di Kai, o meglio... non fu solo a causa sua, perché si ritrovò schiacciata sotto il peso di questo e di Takao che si era gettato a peso morto addosso all'amico nell'intento di abbracciarlo e non lasciarlo mai più.
-Merda! La gamba buona no, ragazzi!- urlò disperata Ari riuscendo a stento a trattenersi dall'urlare ancora. Aveva Kai spiaccicato addosso che si dimenava per togliersi Takao che, sopra di lui, lo stringeva forte senza dargli scampo. Non sapeva chi, non sapeva come, ma tutto il peso di quei due era finito sulla sua coscia.  
-Mollami, Takao!- sbraitò Kai spazientito che non riusciva a trovare un appoggio per tirarsi su.  
Takao lo aveva completamente atterrato e gli aveva bloccato col suo abbraccio il braccio sinistro, mentre il destro era schiacciato sotto il loro peso, e il fatto che stesse di nuovo appiccicato al suo di dietro certo non lo tranquillizzava.  
-No!- si rifiutò Takao scuotendo forte la testa contro la schiena di Kai, continuando a piangere e stringendolo ancora di più.
-Ti ho detto di levarti di dosso!- continuò imperioso Kai, soffocato dalla stretta di Takao.
Intanto Ari aveva preso a battere un pugno sul pavimento sempre più sconvolta dal dolore alla coscia. -Levatevi tutti e due, teste di cazzo!- urlò senza più fiato aggrappandosi alla spalla di Kai.   
-Non scappare mai più!- continuò Takao troppo scosso dalle lacrime per capire cosa stava combinando.  
-Non dire assurdità!- rispose Kai.
Finalmente Hilary si decise ad intervenire, ma fu l'unica e poco poté fare per tirare via Takao da Kai.
-Lascialo Takao, lascialo in pace!- gli disse Hilary non riuscendo a smuoverlo nemmeno di un centimetro.   
-Ho avuto tanta paura...-
-Kai, porca troia, fai qualcosa!- lo supplicò Ari col fiato corto, oramai al limite della sopportazione. Non solo le faceva un male atroce la gamba, ma aveva anche il braccio sinistro bloccato sotto di loro e non se lo sentiva più.  
Kai fece forza sul braccio libero e, anche se messo storto, cercò di tirarsi su col risultato che alleviò la pressione dal braccio e dalla gamba di Ari, che tirò un sospiro di sollievo, e la spostò sul suo stomaco con tanto di polso di Takao di mezzo.  
-Takao, lascia immediatamente Kai ti ho detto!- continuò Hilary esasperata.  
-Takao per favore, Ari si sta facendo male!- si aggiunse Kappa, ma evidentemente Takao non sentiva ragione, doveva essere completamente fuso.
Inaccettabile che si dovesse trovare in quella assurda posizione praticamente tra le gambe di Ariel, costretto guancia contro guancia che, se solo si fosse azzardato a voltarsi verso di lei, avrebbe rischiato pure di peggiorare la situazione ritrovandosi appiccicato molto probabilmente alle sue labbra. Ma di sicuro la cosa peggiore erano le sue urla di dolore e il respiro sofferto e soffocato. Cazzo e se le stavano facendo male! E tutto per colpa di quel demente di Takao che lo teneva bloccato con quell'abbraccio e con il suo peso! Da quando era diventato così forzuto?  
Non vedeva l'ora di pestarlo a sangue sia perché Ari stava soffrendo come un cane sotto di loro, sia perché stava in maniera esasperante incollato alla sua schiena e al suo fondoschiena.
-Giuro che se non ti levi di dosso me ne vado e non mi rivedrai mai più!-
-Allora non ti mollo!- fu la risposta fulminea di Takao.
-Credo che questo sia il ménage a trois più strano che io abbia mai visto!- disse Max oramai piegato in due dalle risate.  
-Convengo con te, mai visto niente del genere!- aggiunse Rei asciugandosi le lacrime.  
-Rei, Max!- Kai non poteva vederli, ma era sicuro di averli fatti tremare. -Toglietemelo di dosso invece di fare i coglioni!-  
Detto fatto, tutta quella penosa scenetta terminò presto per il sollievo di Kai e la salvaguardia del suo fondoschiena, e di Ari e della sua gamba.
E quando finalmente Kai fu in piedi e Takao seduto di fronte a lui, sotto il suo sguardo inquisitorio, con ancora dei caldi lacrimoni che scendevano lungo le guance e un'espressione da cucciolo afflitto dai sensi di colpa, la situazione fu stabilizzata e si poté ragionare.  
Come prima cosa gli diede una sberla dietro la nuca così genuina che finalmente lo fece rinsavire.  
-Smettila di fare il demente e non credere a tutte le cazzate che ti dice!- fu il suo ordine.
Takao tirò su col naso e lo guardò dispiaciuto, col labbro inferiore tremolante.  
-Ma io...-
-Zitto, cretino!- sibilò inviperito.  
Takao prese un profondo respiro ma gli riuscì sconnesso, ancora scosso da quel pianto liberatorio di prima, e abbassò gli occhi a terra mortificato.  
Accanto a Kai, Max e Rei non osavano proferire parola. In effetti era proprio la reazione che si sarebbero aspettati da Kai se gli avessero chiesto di occuparsi del non-Takao. Quanto meno potevano dire di conoscere abbastanza bene il loro amico e i suoi metodi.  
Poco più in là, Ari si era rimessa seduta, con le mani premute sulla coscia dolorante e una smorfia contratta sul viso. Kappa provò ad avvicinarsi per assicurarsi che stesse bene, ma ad una sua occhiataccia batté in ritirata senza battere ciglio, mentre Hilary non ci provò nemmeno, troppo contrariata dal comportamento della ragazza nei confronti di Kai.  
Kai concesse a Takao un'ultima occhiata disgustata da capo a piedi, e poi si rivolse ad Ari.  
-Come va la gamba?- le chiese autoritario.
Lei voltò il viso dalla parte opposta, sprezzante.  
E ti pareva! Era così prevedibile, che nervi! Era incazzato nero, se lo avesse saputo non sarebbe proprio tornato in quella gabbia di matti!  
La pazienza l'aveva persa da un bel pezzo, insieme alle buone maniere e a ogni scrupolo.  
-Ti ho detto "come va la gamba"!- sibilò di nuovo minaccioso pretendendo una risposta. Non ci stava ad assecondare i suoi atteggiamenti infantili e ad essere ignorato.   
-Non sono cazzi tuoi!-
Quella risposta fece tremare Kappa, Max deglutì a vuoto per il nervoso e Rei cercò disperatamente lo sguardo di Kai ma senza successo.  
Lui aveva raggiunto il limite, raramente lo avevano visto così. Era calmo sì, proprio come poteva essere l'aria al centro del ciclone. Questione di un attimo, un passo falso, una risposta sbagliata e quella calma apparente sarebbe scomparsa lasciando posto alla furia cieca.  
Ci mancava solo che riprendessero a litigare, anzi, peggio: quei due non litigavano, Kai e Ari sembravano capaci di massacrarsi a vicenda. Nessuno scrupolo, nessuna remora. Con lui le minacce di Ari sembravano dannatamente reali, perché i suoi occhi ferini bruciavano di odio puro. E con lei Kai era inflessibile, spietato e intransigente.
-A no?- chiese. Il tono sempre più basso, e sembrò farsi anche più grosso e muscoloso.  
Cielo, sarebbe scattato da un momento all'altro. Rei cercò disperatamente qualcosa da dire per smorzare la tensione, ma non gli veniva niente in mente e forse l'unica cosa che gli restava da fare era tentare di placcarlo prima che le saltasse addosso per pestarla.  
-Ari, scusa .... ero talmente sconvolto, ti sei fatta male per colpa mia!- disse improvvisamente Takao attirando l'attenzione di tutti e soprattutto quella di Kai, che per un attimo sembrò sul punto di esplodere.
Ari si voltò verso di lui fulminea e lo guardò truce, digrignando i denti.  
-Andate a fanculo tutti e due! Siete due dementi! Dio, come mi fate incazzare voi non ci riesce nessuno!-
Takao sussultò a tanta veemenza, le labbra gli tremarono, e sembrò sul punto di scoppiare a piangere di nuovo, ma abbassò la testa mortificato e tirò su col naso, pigolando di nuovo delle scuse. Kai per tutta risposta gli diede un altro ceffone dietro la nuca che per poco non lo fece finire faccia a terra.  
Takao si strinse la testa dolorante tra le mani . -Ahi Kai, perché cavolo l'hai fatto?-  
-Smettila di chiederle scusa, idiota!- gli ringhiò contro rabbioso stringendo i pugni. -La colpa non è tua, è sua!-
Si rivolse a lei, i loro sguardi di si incrociarono, erano pronti ad azzannarsi a vicenda.  
-Noi ti facciamo incazzare?!- le chiese. -Tu fai incazzare me con tutte le stronzate che fai! Mi spieghi cosa cazzo gli hai detto per farlo arrivare a tanto?-  
Ari come prima voltò il viso dall'altra parte e incrociò le braccia al petto, chiaro segno che non aveva alcuna intenzione di dargli retta e ascoltarlo, e questa cosa non piacque per niente a Kai, che si avvicinò e le si mise di fronte.  
-Se ti sei fatta male è colpa tua che hai fatto la stronza!- disse afferrandola per la maglia. Ari lo scacciò bruscamente e si alzò di scatto fronteggiandolo.  
-Si è comportato da cretino e gliel'ho fatto capire, non gli ho detto cazzate! E sì, ho fatto la stronza, è vero! Ma io lo sono solo di conseguenza, non come te. Tu sei stronzo proprio di natura!-
-Ti ho già chiesto scusa, mi dispiace, ok? Te lo chiedo ancora e ancora se vuoi, o non sai cosa significa la parola scusa?-  
-Puoi infilartele in quel posto le tue scuse, Hiwatari!-
Il fatto che avesse usato il suo cognome con tanto disprezzo, unito al gestaccio che gli fece col dito medio, lo indispose. Conficcò le unghie nei palmi delle mani tanto strinse i pugni e si sporse ancora di più verso di lei, quasi sfiorando la sua fronte con la propria.
-Kai! Mi chiamo Kai!- disse a denti stretti.  
Anche Ari si fece più vicina e con forza spinse contro la sua fronte nel tentativo di farlo retrocedere.
-Potrai farti chiamare come vuoi, ma sempre un Hiwatari di merda resti!-  
Eccoli di nuovo punto e da capo, sembravano essere pronti ad arrivare ancora alle mani, ma Takao si alzò e raggiunse i due.  
-Ari smettila! Hai detto che è importante che restiamo uniti, mi ha fatto una testa tanta perché gli chiedessi scusa, e ora che è lui a chiederti scusa ti comporti così?-  
Ari nemmeno gli rivolse un'occhiata, continuava a tenere gli occhi tempestosi fissi in quelli di fuoco di Kai.
-So io il perché. Non ho alcuna intenzione di dare ancora retta a un Hiwatari!-  
-Ti ho detto di finirla!- la avvertì lui, spingendo ancora di più contro la sua fronte. -Credi di essere meglio di me? Hai mai chiesto scusa a qualcuno qui?-  
Takao mise le braccia in mezzo ai due nel tentativo di dividerli, ma con poco successo. Sembravano fatti di pietra e piantati per terra, non si mossero di un centimetro.
-Smettetela tutti e due!- disse esasperato, rinunciando a dividerli fisicamente e mettendo le mani sui fianchi. -Ma si può sapere che vi è successo? Eravate così carini al ritiro durante le vacanze di primavera...-
I due si voltarono contemporaneamente verso di lui, Ari schifata, Kai oltraggiato.
-Carini!?- soffiò Kai minaccioso, fulminandolo con un'occhiataccia che non scompose minimamente Takao, cheinvece annuì convintissimo.
-Sì, eravate carini Kai! Eravate carini e teneri tutti e due a fare i piccioncini complici...-
-Che cazzo dici!- disse Kai incredulo facendo un passo avanti, ma Ari gli diede una spallata e afferrò Takao per la maglia avvicinandolo al suo viso.
-Ma come ti permetti!?- gli urlò contro incazzata.
Takao la squadrò con sufficienza assottigliando gli occhi, inarcando un sopracciglio e storcendo il muso poco impressionato. -Oh sì, soprattutto tu signorina!- disse incrociando le braccia convinto.
Ari sgranò gli occhi e non seppe se essere più sconvolta dall'indifferenza di Takao alla sua rabbia, dalla stronzata che aveva appena sentito o dal signorina. Nessuno l'aveva mai chiamata signorina! Per i suoi standard sarebbe bastato quest'ultima cosa per spaccare la faccia a qualcuno!
-È vero ragazzi?- continuò Takao sfrontato cercando l'appoggio dei compagni.
-Beh... c'era di sicuro una buona intesa diciamo...- intervenne timoroso Kappa.
-Intesa? Erano due amichetti del cuore!- aggiunse Daichi con una nota di disgusto nella voce.
-Pappa e ciccia!- aggiunse Max annuendo.  
-Ok, basta! La volete finire, abbiamo capito!- sbottò Kai spazientito, ma ad ogni intervento lo sguardo di Ari si incupiva sempre più in modo preoccupante.  
-Soprattutto la signorina.- sottolineò ulteriormente Rei dandole la mazzata finale. -Affiatatissima!-
Ari spintonò via Takao e abbassò gli occhi a terra, bruciata. Aveva voglia di far esplodere tutto e tutti, ma l'unica cosa che in quel momento stava esplodendo era la sua testa, che pulsava maledettamente. Si portò le mani alle tempie e iniziò a massaggiarle. Doveva essere colpa delle testate che le aveva dato Kai e del colpo che aveva preso quando l'aveva spinta contro il pavimento. La rabbia certo non aiutava.  
-Si può sapere che cazzo volete?-
-Voglio che accetti le scuse di Kai e tornate ad andare d'amore e d'accordo!- le disse Takao paziente.
Ari gli scoccò l'ennesima occhiataccia. -Manco morta!-  
-Ari!- la ammonì Takao severo. -Abbiamo un campionato davanti, vuoi cortesemente fare pace con Kai?-
-Mi sono già fatta un campionato volendolo morto, mi farò anche questo, non mi cambia niente!-
-Per me va bene se evita di fare la stronza!- aggiunse la sua Kai incrociando le braccia al petto seccato da tanta testardaggine.  
-Ti meriti questo e altro!- gli rispose Ari. -Anzi, appena sarà finita giuro che ti ammazzo nel sonno!-
-Non ricominciate!- li troncò Takao fulmineo. -Kai, fai fare a me per favore.-  
Kai scoccò la lingua scettico e alzò gli occhi al cielo, mettendo le mani sui fianchi stufo.
Takao la afferrò dalle spalle e la voltò verso di sé.  
-Ehi, dai Ari, accetta le sue scuse!- fece persuasivo scuotendola leggermente per farle alzare gli occhi su di lui. Le rivolse un sorriso rassicurante che la fece sbuffare contrariata. -È Kai, lo sai, avete tutti e due un caratteraccio, ma ti vuole bene e tu ne vuoi a lui. Capita a tutti di sbagliare e di litigare.-
Kai sospirò rassegnato. Figuriamoci se Ari non lo mandava a fanculo su due piedi dopo un'uscita del genere! Ma si sbagliava, perché quando si accorse che quel "vaffanculo" tardava ad arrivare, e non era ancora partito né un insulto né una minaccia di morte, si voltò a guardarla e si accorse che, proprio come quella mattina, i suoi occhi vagavano bassi in cerca di un appiglio, e si fermarono più volte su di lui senza il coraggio di salire più su e guardarlo in faccia. E diverse volte si more le labbra e aveva fatto per parlare senza riuscirci. Infine scosse la testa rassegnata e sembrò farsi più piccola nelle spalle. Già questo basto per farlo stare male.  
-No Takao, non ci riesco, non ce la faccio....- disse in un sussurro strozzato e amaro, con gli occhi serrati, il capo basso e i pugni stretti lungo i fianchi.  
Kai si sentì sprofondare. Non riusciva a perdonarlo. Non era un capriccio il suo, non lo stava facendo per tenere il punto e farlo penare. Lei ci stava provato, ma evidentemente si sentiva ferita solo a pensarci, e questo lo fece stare male. Si sentiva il petto straziato come se un animale glielo avesse appena artigliato. Si passò una mano sul viso, fermandola sulla bocca, sconvolto peggio di quella mattina e, proprio come quella mattina, gli venne voglia di afferrarla, scuoterla e strapparle via quella maledetta parola e fargliela dimenticare.  
Tornò a guardarla. I suoi occhi ora vagavano lontano da lui e da Takao, cercando una via d'uscita da quella situazione, stretta ancora tra le mani del giapponese che cercava il suo sguardo convinto di poterla convincere, senza capire quanto in verità il comportamento di lei fosse sbagliato, che fosse quello di una persona ferita.
-Ari, ti prego. Ti chiedo per favore, fai uno sforzo!- insistette Takao con dolcezza.
-Takao, lascia stare, va bene così.- gli disse quasi disperato Kai. Voleva solo che la lasciasse stare e che non la torturasse più con quella storia. Non poteva perdonarlo, allora che non ci pensasse più.  
-Dai, forse ha bisogno solo di tempo....- disse Max.  
-Sì, vedrai che nel giro di un paio di giorni sembrerà tutta una sciocchezza.- convenne Rei persuasivo lanciando uno sguardo preoccupato a Kai.  
-Non ce la fai? Ti ha fatto così tanto arrabbiare?- chiese ancora Takao.  
Ma Ari si stava solo agitando. Scosse ancora la testa, si sentiva in gabbia e non sapeva come divincolarsi da quella situazione. Si scostò dalla presa di Takao sulle sue spalle, che si erano fatte sempre più curve e strette, e fece qualche passo indietro per allontanarsi da lui. I suoi occhi erano incollati a terra.  
-Takao, veramente, lasciala stare...- insistette Kai esasperato. -Non ha alcuna importanza ora!-
Ma Takao non gli diede retta e non si diede per vinto. Doveva risolvere quella situazione, dovevano chiarire quella faccenda e fare pace.
-Bene, allora picchialo! Fagli male...- le disse improvvisamente risoluto e serio, afferrandola per un braccio e spintonandola verso Kai.
-Takao, ma che dici? Non istigarla!- lo supplicò Kappa.  
-Avanti, è quello che sai fare meglio, picchiare la gente!- continuò Takao strattonandola ancora.  
E per un attimo Kai ci sperò davvero, sperò veramente che lei alzasse il suoi occhi agguerriti su di lui e gli mollasse un pugno, che reagisse, proprio come quella volta nella camera d'albergo quando aveva riversato su di lui tutta la sua rabbia e il suo odio nei suoi confronti, quando finalmente gliela aveva fatta pagare un pugno dopo l'altro per tutto.   
-Picchialo se se lo merita!- la istigò ancora Takao cercando di spronarla ma lei niente. Amareggiata si ostinava a tenere gli occhi bassi a terra. -Fagli male come ne ha fatto a te! Sfogati, fagliela pagare, noi non vi fermeremo. E se necessario picchiatevi ogni settimana, ogni dieci giorni, ogni cavolo di volta che vi ritrovate in questa situazione!-  
Niente, non c'era niente da fare! E si sentì deluso.
-Ti ho detto lasciala stare....-  
Un pugno lo zittì e incredulo abbassò gli occhi davanti a sé, sulla ragazza che gli stava di fronte. Quello non poteva essere veramente un suo pugno! Era stato debole, non gli aveva fatto nemmeno male, gli aveva giusto fatto inclinare il capo di lato, ma solo perché lo aveva preso di sorpresa. Che diamine era quello? I pugni di Ariel facevano girare la testa, potevano stendere un avversario. A pugni solo qualche giorno prima aveva massacrato tre ragazzi!  
-Oh cielo!- urlò Kappa portandosi le mani alla bocca.  
-Takao fermala!- disse Hilary allarmata.  
Ma quella davanti a Kai non era decisamente la Ari che poteva veramente picchiarlo, e lei sfuggì di nuovo il suo sguardo.  
Ne aveva abbastanza!
Le afferrò il polso e allontanò quel debole pugno dal suo viso e dopo pochi secondi se la ritrovò piegata in due, tremante e senza fiato aggrappata al suo braccio per non crollare a terra col suo pugno piantato nello stomaco.
Rei a quella violenza reagì e provò ad avvicinarsi per fermarli, ma Takao lo fermò.
-No, se è questo il loro modo di risolvere i loro problemi non dobbiamo fermarli!- disse Takao rivolgendosi a lui e agli altri.  
Ari aveva la fronte appoggiata alla spalla di Kai, riprendeva fiato a fatica, mentre le teneva ancora il polso stretto nella sua mano. Kai chinò il capo quanto bastava per parlarle all'orecchio.  
-Questo è un pugno!- le sussurrò in russo provocandola. -Sei in grado di darmene uno vero o ti sei rammollita tutto d'un colpo?-   
Lei gemette e voltò il viso verso il suo incrociando i suoi occhi. Conficco le unghie nella spalla di lui alla quale era ancora aggrappata e, per un attimo, quando parlò i loro respiri si fusero.  
-Vuoi un pugno vero?- gli chiese con voce rotta rispondendogli in russo anche lei.  
Cielo, no! In quel momento Kai avrebbe voluto urlarglielo, avrebbe voluto tutt'altro che un pugno, e si sentì morire perché non poteva assolutamente e nemmeno lontanamente desiderarlo sul serio, e non solo per Takao o per lei, ma per sé stesso. Si era detto solo quella mattina che lei doveva sparire e gli era bastato rivederla per ritrovarsi peggio di prima! E anche se tra i due quella con un pugno nello stomaco era lei, lui si sentiva come se fosse stato lui a riceverlo.  
-Posso farti vomitare sangue se voglio!- continuò lei velenosa spintonandolo via e mettendosi dritta a fatica. Questa volta il pugno allo zigomo lo stordì per qualche secondo.  
Hilary trattenne un urlo, Max e Takao distolsero lo sguardo quando un secondo pugno repentino colpì Kai sotto il mento. Rei dovette raccogliere tutto il suo autocontrollo per impedirsi di intervenire, perché lo sapeva che il giapponese aveva ragione. Anche al ritiro erano arrivati pesti, e evidentemente era l'unico modo che avevano per chiarire.  
L'unico che non sembrava sconvolto da tutto questo era Daichi, che sembrava più impressionato dalla forza della ragazza e dal fatto che caricasse pugni come un vero uomo e dovette ammettere che tutto sommato una così tosta gli piaceva.  
Kai indietreggiò stordito anche dal secondo pugno e per un attimo vide solo il cielo. Era ambidestra, aveva dimenticato che poteva sorprenderlo con due colpi così ravvicinati, forti e precisi allo stesso tempo. Vide un braccio di Ari partire verso il suo petto, forse per un altro colpo, ma lo scostò repentino per difendersi.  
Ma lei non voleva più colpirlo, aveva abbandonato la posizione d'attacco e si era messa dritta.  
-Dimmi un po', ho risolto qualcosa?- Gli afferrò saldamente i capelli dietro la nuca e portò il suo viso alla sua altezza. Kai d'istinto le afferrò la mano e gliela strinse per allentare la presa sui suoi capelli. Gli pulsava lo zigomo e gli faceva male l'occhio e tutti i denti davanti, ma sostenne il suo sguardo altero e orgoglioso. Era una continua tortura trovarsela sempre così vicina. -Takao mi ha detto che devo farti lo stesso male che hai fatto a me, che devo sfogare la rabbia su di te, Kai. Ma questa volta non ci riesco... non potrei farti lo stesso male, non sono arrabbiata- ed era vero, Kai non vedeva rabbia nei suoi occhi, non c'era odio -io sono....-
-Sei?- la incalzò impaziente vedendo che non continuava.
Gli occhi di lei vagarono sul suo viso incerti, poi si assottigliarono e serrò la mascella.  
Cosa? Cosa era Ari se non era arrabbiata? Era ferita? Amareggiata? Delusa? Disgustata?
Avvertì la morsa sui suoi capelli allentarsi proprio mentre lei tornava a distogliere gli occhi dai suoi e ad abbassarli a terra. Non gli avrebbe dato una risposta.
-Cosa Ari? Tu sei cosa?- la mano che fino a quel momento aveva cercando di allenare la presa di lei sui suoi capelli, ora si strinse sulla sua mano impedendole di sciogliersi da lui. Voleva solo che lo ammettesse!   
-Basta così!- disse infine lasciandogli i capelli e scansandolo. Mantenne lo sguardo basso, per parecchi secondi rimase in silenzio ignorandolo. Poi si voltò verso Takao e parlò con voce ferma e decisa. -Non mi aspettare stanotte!-  
Takao sospirò rassegnato e deluso. Non era andata come sperava, non avevano affatto risolto. -Ma Ari, dove vuoi andare....-
-Torno domani.- fu lapidaria, poi parlò di nuovo in russo ma non si premurò nemmeno di guardare Kai. -Tu resta con loro mentre non ci sono.- Ma appena mosse il primo passo per andarsene, Kai non poté fare a meno di aggrapparsi al suo braccio e alla speranza che parlasse.
-Per favore, rispondimi!- le chiese in exstremis, ma nulla. Fu deluso perché non gli rispose, e si liberò della sua presa con totale indifferenza.  
Ari uscì da quella casa. Accese il cellulare e chiamò l'ultimo numero.  
Aveva bisogno di bere fino a dimenticarsi persino il proprio nome.
 




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Capitolo 40
*** Ombre dal passato ***


40 40. Ombre dal passato
 
 
Claire era euforica! Finalmente era arrivata la posta che stava aspettando.  
Già la telefonata che suo padre aveva fatto qualche giorno prima al presidente Daitenji l'aveva messa di ottimo umore. Tutto era andato a buon fine ed era stato confermato. I suoi genitori erano orgogliosi di lei e della sua intraprendenza nei confronti di sua cugina.  
Si erano sorpresi quando il mese prima gli aveva mandato quel materiale e gli aveva fatto quella proposta. Suo papà si era dimostrato entusiasta come quando qualche nuova e promettente leva gli presentava un progetto innovativo e vincente sul quale investire.   
Inoltre sua mamma era al settimo cielo per l'affetto e la disponibilità che stava finalmente dimostrando nei confronti della sua carissima cugina. Certo, non le aveva detto che già da una decina di giorni non viveva più a stretto contatto con lei, visto che Ariel aveva deciso di stare pianta stabile da Takao, mentre lei aveva preso posizione dopo la sua sfuriata da psicopatica nei suoi confronti, ed era rimasta con i ragazzi russi, che ora abitavano nella grande villa del presidente Daitenji.  
Doveva ammettere che un po' la invidiava per questo, lei era libera di fare quello che voleva e praticamente stava convivendo con suo ragazzo. E lei? Lei conviveva tristemente con quello che avrebbe tanto voluto che fosse il suo ragazzo e che invece la considerava alla stregua di un sopramobile: futile e per niente degno di nota! Che male che le faceva! In tutto ciò aveva la compagnia di quell'anima ingenua di Ayumi, bonaria a tal punto da darle sui nervi, con i suoi discorsi da "il mondo è un posto meraviglioso"! E poi c'era Boris, lui non si smentiva mai, era sempre sfacciato e volutamente volgare. Certo, quasi ogni giorno venivano anche Garland e quella smorfiosa di Ming Ming. Quel ragazzo le era del tutto indifferente, sempre serio e concentrato negli allenamenti, lei invece non riusciva proprio a sopportarla! La odiava!  
E no, non le stava antipatica solo perché si prendeva eccessivamente di confidenza con il suo Yuri, anche se questo sarebbe potuto bastarle. Perché quella con Yuri non si limitava solo a parlare a sproposito di cose che non la riguardavano, o lo provocava sfacciatamente, no! Lei lo toccava pure, lo toccava sempre! Ogni scusa era buona per mettergli una mano sul braccio, per abbracciarlo da dietro, anche se lui la scacciava immediatamente, o a sederglisi accanto accavallando le cosce in modo sensuale, guarda caso sempre nude.  
L'ultima volta aveva dato proprio il peggio di sé! Si era avvicinata a lui e gli aveva dato una pacca sul sedere che lo aveva lasciato totalmente esterrefatto. "Sciogliti un po', pasticcino!" gli aveva detto, sfrontata come al solito. Era molesta, e tutto questo la faceva impazzire!  
Ma Yuri a parte, che mostrava ogni volta chiari segni di insofferenza nei suoi confronti, Ming Ming, con quel suo fare da prima donna, entrava lì dentro pretendendo di spadroneggiare e mettere bocca su tutto, eclissando e schiacciando completamente la povera Ayumi che, buona e gentile come era, non si sarebbe mai sognata di discutere la parola di quella cantante da strapazzo! Perché questo era, solo una idol asiatica da quattro soldi senza arte né parte che solo lì in una terra di asiatici poteva avere successo! In Europa una così sarebbe finita nella spazzatura! Voleva umiliarla e mostrarle quanto in verità poco valesse! E l'avrebbe fatto, parola di Claire La Fayette!
Tornando alla sua posta che finalmente stringeva tra le mani, era contenta di poterla aprire mentre lei non c'era. Si accomodò sul divano del grande salotto luminoso e verdeggiante, e si rigirò il pacchetto tra le mani.  
La porta si aprì proprio mentre scartava, ed entrarono Boris, Yuri, Sergey e Ayumi di ritorno dagli allenamenti mattutini. Sul tavolino c'erano le bevande e gli spuntini che aveva preparato come al solito per loro. Boris le si sedette accanto, gettandosi sul divano col suo solito garbo. Aveva buttato giù già il primo tramezzino in un solo boccone, cosa che lei trovò raccapricciante!  
-Che roba è?- chiese curioso, scrutando la busta gialla che aveva tra le mani.  
Anche Ayumi le si sedette accanto attirata dalla domanda di Boris, servendosi di un generoso bicchiere di succo d'arancia.
-Mamma mi ha mandato delle foto. È riuscita a recuperare i negativi e le ha fatte stampare.- spiegò Claire, aprendo anche il pacchetto e tirando fuori una pila di foto. -Sono per me e Ariel!- aggiunse.
Yuri grugnì contrariato e lei arricciò il naso sdegnosamente. Non la voleva nemmeno sentire nominare, peggio del solito! Visto però che si subiva passivamente le molestie di Ming Ming, doveva solo azzardarsi a lamentarsi con lei perché nominava sua cugina, gli avrebbe fatto una ramanzina di quelle che non si scordano più!   
-E che foto sarebbero?- chiese Ayumi osservando le foto che aveva tra le mani Claire, ma il tempo di mettere a fuoco che già aveva iniziato a pigolare in un moto di tenerezza. -Queste siete voi due da piccole!- esclamò con suo solito entusiasmo.
Boris, che nel mentre stava spensieratamente sorseggiando una cola ghiacciata, a quelle parole abbasso gli occhi sulla prima fotografia della pila che Claire aveva tra le mani, e la cola gli andrò di traverso uscendogli sparata dal naso.  
Claire si ritrasse d'istinto appiccicandosi a Ayumi, portando le foto più lontano possibile da lui, che intanto tossiva cercando di riprendere fiato, con tutta la cola che grondava sul tappeto.  
Anche Sergey e Yuri sussultarono a quella reazione. Che cavolo aveva visto Boris di tanto scioccante da fargli uscire addirittura la coca-cola dal naso nonostante il setto deviato?!
-Tutto bene, amico?- chiese Sergey rimasto pietrificato sulla poltrona a fissarlo.  
-No, cazzo! Mi sono arrivate le bollicine ghiacciate nel cervello!- sbraitò mollando il bicchiere sul tavolino e massaggiandosi il naso.   
Yuri, che era rimasto in piedi accanto a lui, non sapeva se dare retta all'amico o meno. Era sempre stato melodrammatico, faceva tanta scena per nulla! Che cosa mai poteva esserci ritratto in quella foto per meritare una reazione del genere!?
-Posso, o vuoi farmi la doccia con la coca-cola?- gli chiese scocciata Claire.  
-Dai, dai voglio vederle!- cinguettò con entusiasmo Ayumi.
-Santa ragazza! Spiegami tu come ci siamo ritrovate in mezzo a questo branco di pazzi!- esclamò Claire sistemandosi di nuovo sul suo posto, scoccando un'occhiataccia a Boris che ricambiò immediatamente.  
-Ti ci affogherei nella coca-cola, maledetta!-  
Claire strinse le labbra indignata e si rivolte alla ragazza accanto a lei porgendole la prima foto.  
C'erano due bambine sui tre, massimo quattro anni, sedute sotto un albero in un piccolo cortile rigoglioso. Si somigliavano molto, erano sorridenti, una aveva i capelli molto scuri, l'altra di un castano quasi biondo, ma entrambe li avevano ricci, lunghi e gonfi, legati con dei fermagli a fiocco. Indossavano dei vestitini dalla fantasia floreale con dei grossi colletti bianchi, con sotto delle spesse calze dello stesso candido colore e le scarpette nere con gli occhietti, proprio come si portavano all'epoca. Ayumi adorava quello stile, Claire lo trovava di obbrobrioso.
-Ecco...- esordì indicando la bambina con i capelli più scuri. -Questa sono io!-  
-Davvero? Avrei detto che si trattava di Ariel.- disse Ayumi scrutando bene le due bambine. Ora che Boris si era ripreso, si sporse sulla spalla di Claire per vedere.  
-Non ci posso credere....- boccheggiò lui venendo ignorato volutamente dalla francese.
-Lei era molto più chiara di me, infatti pensavo che sarebbe stata bionda come sua mamma. Capita ai bambini, da piccoli sono biondi, poi crescendo scuriscono.- spiegò. -Questa è stata scattata il giorno del suo compleanno, eravamo andati a trovarli i Germania...-  
Fece per passare alla foto successiva, ma Boris le sfilò quella appena vista dalle mani e se la portò davanti al viso continuando a fissare sconvolto la bambina sorridente che avrebbe dovuto essere, a detta di Claire, Ariel Mayer.
-Boris, non essere maleducato e non lasciarci le tue zampate su! Se le vuoi vedere te le mostro...- lo rimproverò aspramente Claire.  
Ora anche Sergey, vinto dalla curiosità, si era alzato e si era andato a sedere sul bracciolo del divano, accanto all'amico, osservando da sopra la sua spalla quella foto.
E Yuri in tutto questo si era girato di spalle, per nulla intenzionato a lasciarsi coinvolgere in tutto questo sdolcinato revival dell'infanzia di quella svampita di Claire e di quella infida stronza della Mayer.
-E queste due ragazze chi sono?- chiese Ayumi guardando la seconda foto.
-Queste sono mia mamma e mia zia Natalia, la mamma di Ariel.-  
-Come sono belle! Assomigliate un sacco a tua mamma!- disse continuando ad osservare ammirata le due giovani donne sorridenti sedute l'una accanto all'altra ad una tavola apparecchiata. Una era biondissima con due bellissimi occhi scuri e profondi, l'altra era bruna, dagli occhi azzurri come il cielo.  
-La madre di Ari era russa?- chiese di punto in bianco Boris intromettendosi tra di loro, osservando con attenzione la bionda.  
Claire lo guardò impressionata. -Sì... come l'hai capito?-  
-Dalla faccia, dagli occhi.... Le ragazze russe sono diverse, si riconoscono subito.- spiegò, poi un ghignò beffardo si allargò sul suo viso e diede una gomitata complice a Sergey. - Hai capito Serjia, la nostra natsist non è una ariana purosangue ! È una meticcia come quel coso brutto. È mezza russa!-
Sergey si limitò ad inarcare un sopracciglio.  
-Natsist?- ripeté Claire trovando quell'appellativo di pessimo gusto. Ma dopo tutto da Boris non si poteva aspettare niente di meglio.
-Oh sì, era il suo soprannome i primi tempi,- spiegò lui -la prendevamo in giro per l'accento e il suo fare da soldatino delle SS. Poi ha perso l'accento, a qualcuno ha fatto ingoiare qualche dente ed è rimasta solo Mayer.-
-Fammi indovinare... quel qualcuno eri tu?- chiese Claire beffarda prendendoci in pieno, visto che la mascella di Boris si strinse e mise il broncio.
-Erano denti da latte!-  
-In effetti sapeva già parlare russo quando è arrivata.- constatò Sergey.
-Comunque complimenti, tua madre sempre gnocca! Ovviamente la madre di Ariel era gnocca a prescindere perché russa....- la stroncò Boris ghignando malevolo, per fargliela pagare. -Sicuro tua mamma è meglio di te!-  
-Ma come ti permetti!?- fece inferocita Claire afferrandogli un lembo di pelle della coscia e strizzandolo forte per fargliela pagare. Questo iniziò a dimenarsi, impotente preso alla sprovvista, non aspettandosi proprio quella mossa bastarda da lei. Perché proprio quel giorno aveva dovuto mettere i pantaloni leggeri?!
-Mollami! Mollami!- ululò dal dolore lui, mentre Claire impietosa stringeva ancora di più il pizzicotto.
-Non ti azzardare mai più a parlare di mia madre in quel modo!- lo minacciò mollandolo. Come se niente fosse poi tornò a rivolgersi ad Ayumi con estrema gentilezza, mostrandole altre foto di quando erano piccole, delle vacanze di natale passate in famiglia insieme, a casa o dell'una o dell'altra.  
-Quel natale le regalammo il video registratore con un sacco di cassette coi cartoni animati. Mamma mi ha detto che restammo incollate al televisore per tre giorni di fila a guardare però sempre la stessa cassetta di Topolino in roulotte con Paperino e Pippo*. Ci eravamo proprio fissate, e in effetti se ci penso quell'episodio lo so a memoria!- raccontò divertita sorprendendosi lei stessa delle cose che ogni tanto riusciva a ricordare.
Yuri, seduto comodo sulla poltrona lì a fianco sbuffò sonoramente nel sentire tante cretinate.  
-Che carine!- cinguettò Ayumi, trovandosi proprio nel suo.  
Continuarono a sfogliare le foto. Boris e Sergey avevano perso subito interesse e ora erano intenti a bivaccare con i vari stuzzichini sul tavolino. Lei e Ayumi invece continuarono giulive, e videro anche il padre sia suo che di Ariel. Il padre di Ari aveva gli stessi splendidi occhi azzurro cielo della mamma di Claire.  
-Che invidia! Li avrei voluti anche io gli occhi azzurri e invece sia io che Ariel abbiamo preso gli occhi scuri!- si lamentò lei capricciosa.  
-I tuoi occhi sono già bellissimi così!- la rassicurò Ayumi, buona come sempre.
E andando avanti anche le bambine sulle foto sembravano più grandi.  
-Ecco, questa è Ari in braccio a sua mamma, poco più di un anno prima dell'incidente d'auto dove morirono...- spiegò Claire mostrando una delle ultime, con una nota di tristezza nella voce.
-Ma lei....- mormorò Ayumi indicando la giovane donna che sorrideva radiosa con in braccio la sua bambina, altrettanto gioiosa.
-Sì, era in attesa di James.**- spiegò sentendosi improvvisamente a disagio. Le dita curate si strinsero involontariamente sulla pila di fotografie. Lei non se lo ricordava quel suo cuginetto, a stento ricordava Ariel. Sua mamma le aveva spiegato che era morto insieme ai suoi zii nell'incidente quando aveva appena un anno, e la cosa l'aveva sempre profondamente turbata. Come poteva un bambino così piccolo morire? Era raccapricciante! Ricordava perfettamente quando quel pomeriggio autunnale una telefonata portò il lutto nella sua famiglia. Sua madre era stata così male, aveva pianto tra le braccia di suo padre per giorni e giorni. Era così oscuro quel ricordo, così grigio.
Passò alla fotografia seguente e si sorprese lei stessa.  
Ariel era irriconoscibile. I capelli erano già scuri come li aveva adesso, poteva avere a stento sei anni, forse nemmeno, ed era vestita in maniera meno pacchiana, ma più semplice, con una tutina in pile grigia. Ma la cosa che la rendeva irriconoscibile erano gli occhi. Se nelle foto dove era più piccola erano quelli spensierati di una normale bambina, lì invece erano ricolmi e traboccanti d'amore e di una gioia data dalla piena consapevolezza di stringere tra le braccia un bellissimo bebè paffuto dagli splendenti occhi azzurri, il suo fratellino.  
Le venne la pelle d'oca, senza più parole. Non riusciva a fare altro che guardare quei due bambini, senza riuscire a formulare un pensiero. Nelle altre foto non era così!  
Sollevò quello scatto davanti al viso. La mano le tremava e si sentì sopraffare. Veramente quella era Ariel? Era la consapevolezza che tra le braccia teneva il suo fratellino a riempirla di vita?  
Sussultò appena e scostò lo sguardo alla sua sinistra rendendosi conto solo in quel momento che Yuri si trovava dietro di lei e si era chinato per vedere la foto che teneva davanti a sé.  
Il suo viso era talmente vicino che riusciva a vedere la trasparenza dell'iride di lui, come una lastra di ghiaccio. Anche se la sua espressione sembra congelata, Claire riuscì a percepire che era rimasto addirittura più turbato di lei.  
Allungò la mano e, sfiorando appena la sua, prese la foto tra due dita con delicatezza.  
-Che c'è, Yura?- chiese Boris beffardo girandosi verso Yuri che ora si era messo dritto, con gli occhi incollati a quella foto. -Credevo non ti interessasse unirti a queste cose da femminucce sentimentali!-  
Ma non ricevendo risposta si rivolse verso le due ragazze, rimaste anche loro a guardarlo, Ayumi perplessa e Claire turbata.  
-Yura è rimasto scioccato, ma non temete, vi tradurrò i suoi pensieri.- si schiarì la voce con qualche colpo di tosse e prese a parlare scimmiottando il tono dell'amico. -E quindi la Mayer ha una madre! Non è uscita direttamente dalla bocca dell'inferno tra folate di zolfo e cenere, come la figlia del demonio in persona!-
-Questa non è Ariel!- la voce gli uscì quasi innaturale. La gola gli si era fatta secca e a stento riuscì a deglutire.
-Come?- chiesero Claire e Boris all'unisono, mentre Ayumi e Sergey si scambiarono un'occhiata perplessa.  
-Ma che dici, certo che è lei!- fece Claire girandosi, mettendosi in ginocchio sul divano, e riprendendosi la foto da Yuri. Osservò di nuovo quello scatto. Era Ariel la bambina ritratta su quella carta lucida, non c'erano dubbi!
Tornò a guardare dritto negli occhi il ragazzo di fronte a lei quasi offesa. -Perché dici questo!?-  
Lui distolse lo sguardo, sembrava quasi stordito, e tornò a sedersi sulla poltrona, questa volta però era talmente teso e sovrappensiero che a malapena sfiorava la seduta morbida, e le dita si erano conficcate nei braccioli. Boris e Sergey lo seguivano preoccupati.
-Io ero già lì quando arrivò.- spiegò scrutando un punto indefinito alla sua sinistra, tenendo gli occhi bassi. -Non è mai stata così....-   
-Ma va, non esagerare!- cercò di sdrammatizzare Boris. Ma evidentemente doveva aver trovato il suo commento estremamente fuori luogo, perché lo raggelò con un'occhiata ammonitrice e tagliente, di quelle che non ammettevano repliche ne stronzate simili.
-Tutti i bambini che arrivavano ero spaesati e spaventati,- riprese -forse un po' incattiviti, ma lei no! Lei era già... pronta!- Deglutì a stento e riprese più determinato di prima rivolgendosi di nuovo all'amico. -Secondo te come mai Hiwatari si è trovato subito bene con lei? Quello era un bastardo infame, e lei lo era tanto quanto lui! Io ero già lì e non ho mai visto quella bambina varcare la soglia del Monastero.- disse indicando le foto tra le mani di Claire. -Qualcos'altro deve averla trasformata, ma non il Monastero. Quando è arrivata era già la Mayer!-  
Claire e Ayumi erano rimaste col fiato sospeso, impressionate non semplicemente dalle parole del rosso, ma da come le aveva pronunciate e da come lui stesso avesse lasciato trapelare finalmente un certo turbamento.  
Dopo diversi attimi di silenzio fu l'intrepido Boris a smorzare la tensione. -Inquietante... come sempre!- fece con un mezzo sorriso poco riuscito.
Claire abbassò lo sguardo su quella foto dei due fratellini che teneva ancora stretta tra le mani. Un'assurda malinconia l'aveva travolta, e ora si era aggiunta l'agitazione. Cosa significava che qualcos'altro l'aveva trasformata? Qualcosa peggiore del Monastero. Cosa poteva esserci peggio di quel posto di torture e privazioni?  
-Non credo che sia il caso di fargliele vedere.- sentenziò in fine Yuri alzandosi.
Lei immediatamente alzò gli occhi su di lui.
-Cosa? Ma perché?- protestò contrariata. -Potrebbe solo farle piacere vedere le foto della sua famiglia. Avrà pure dimenticato che faccia avessero...-
-Appunto! Lei non è più quella bambina, lo è stata per talmente poco tempo che credo non reagirebbe bene nel vedere qualcosa che non esiste più e mai potrà ripetersi!-  
-Invece ti sbagli!- disse alzandosi a sua volta e fronteggiandolo. -È importante sapere da dove si viene, anche se solo attraverso delle foto, potrà rivedere i suoi genito....-
Yuri non le diede nemmeno il tempo di finire che se lo ritrovò addosso, praticamente ad un palmo dal suo viso, gli occhi resi trasparenti dall'ira dirompente, infuriato come lo era stato solo con Ariel quando gli aveva giocato quel brutto scherzo di passare con i BladeBreakers, una reazione tanto inaspettata da spiazzare addirittura Boris e Sergey, che rimasero pietrificati. Le strappò quella foto dalle mani e gliela piazzo davanti agli occhi.  
-Guardala, stupida! Guardala bene, perché questa bambina in questa foto è morta!- ringhiò esasperato. Claire si portò le mani alla bocca sconvolta da quelle parole così violente. -È morta, non esiste più e mai potrà tornare! Schiaffatelo bene in testa, perché l'unica cosa che otterrai mostrandogliele sarà un desolante niente!-
Claire singhiozzò forte e pianse, senza trattenersi, scoppiò a piangere proprio in faccia a Yuri, senza alcun ritegno ne pudore. I singhiozzi vennero soffocati dalle mani che teneva premute davanti alla bocca, come a volersi impedire di urlare tutto il dolore che le aveva procurato con quelle parole spietate.  
E per un attimo lui vacillò, davanti a quel dolore. Un dolore ben diverso da quello che conosceva e che tante volte aveva inflitto ai suoi avversari.  
Si voltò deciso ad ignorarla, lasciando scivolare la foto che teneva stretta tra le dita sul tappeto.  
Claire crollò sul divano scossa da quel pianto così viscerale, stretta nel premuroso abbraccio di Ayumi.  
Yuri si rivolse ai suoi due compagni parlando direttamente in russo per farsi capire solo la loro.  
-Non deve vederle, potrebbe non reagire come potrebbe diventare violenta!- gli spiegò uscendo dal salotto.  
Questo poteva essere troppo, forse anche per lei, e anche se non la tollerava se ce l'aveva a morte con lei, in alcun modo non poteva permettersi di non preoccuparsi per Ariel. Era il suo capitano, il suo era un dovere assoluto! L'ultima volta che si era preso il lusso si fregarsene di lei era finita male e ancora oggi se ne pentiva.   
 
 
 
 
 
 
Il video di sicurezza scorreva davanti ai suoi occhi allarmati e attenti per l'ennesima volta.  
Lo sapeva, sapeva che prima o poi sarebbe successo, che sarebbero tornati.
Basta, non poteva più aspettare, oramai il ragazzo era abbastanza grande, non poteva rischiare.
-Dobbiamo contattare suo figlio, signor presidente?-  
Hito Hiwatari fulminò con un'occhiata raggelante l'uomo di fronte a lui che tremò visibilmente.  
-Assolutamente no! Non voglio turbarlo...-  
Tornò a scrutare la esile figura nera sullo schermo che, uno dopo l'altro, uccideva tutti i suoi uomini con una facilità e una agilità agghiacciante, mentre penetrava sempre più a fondo nella struttura di massima sicurezza della Hito Corporation russa.  
Non si erano nemmeno presi la premura di disattivare le telecamere. Volevano fargli sapere che stavano arrivando, mostrargli la loro silente e letale forza, e ci erano riusciti.  
Quella furia nera avanzava mietendo vittime come la Morte in persona. E i suoi uomini non erano degli incompetenti, aveva scelto i migliori e i più fidati per fare la guardia a quel posto.   
Ed eccola di nuovo, nell'ultima sala, allarmi completamente disattivati, allungare la mano minuta e appropriarsi di quell'orribile beyblade nero come la notte. Poi puntava la pistola contro la telecamera. Degli sfavillanti occhi di ghiaccio incrociarono i suoi di nuovo, solo per un secondo. Il video si interruppe.  
Sì, era proprio quello il loro intento! Il messaggio era chiaro.
Dove avevano trovato un elemento del genere poi? Che fosse un mercenario? O un seguace? Dove avevano trovato un agente così preparato? Che c'entrasse qualcosa con la morte di Vorkof?   
Serviva comunque qualcuno in grado quando meno di arginarlo o tenerlo a bada.
-Chiama a raccolta i Demolition!-
-Oltre Black Dranzer sono riusciti ad entrare nel server e a rubare informazioni su di loro. È sicuro di volersi affidare a quella squadra speciale?-
Il vecchio Hiwatari a quelle parole batté con impeto un pugno sull'enorme scrivania in legno massiccio, facendo tremare tutto ciò che vi era appoggiato sopra e il suo assistente di fronte a lui.
-Dovessi riattivare Ivanov, quei bastardi non devono nemmeno avvicinarsi a mio nipote!- sbraitò oramai arrivato al limite della sopportazione. -Li voglio qui, li voglio pronti per andare in guerra e, se necessario, armati fino ai denti.-
L'assistente deglutì nervosamente e annuì riverente.   
-Signore... anche, la ragazza?- chiese titubante poi. Era sempre stato un uomo abbastanza cinico, che difficilmente si lasciava scomporre, ma pensare di nuovo a quella ragazza gli fece venire i brividi. Nonostante fossero passati tre anni, il ricordo di quella bambina mostruosa legata alla sedia che affrontava senza battere ciglio un uomo come il presidente Hiwatari, lo turbava.
-È uno dei nostri migliori assassini, tu che dici!?- sbottò impaziente Hiwatari.  
L'assistente notò come avesse scelto la parola più appropriata per quell'elemento. Non era un sicario, quella era un'assassina!
Hito Hiwatari si scostò dalla scrivania facendo stridere la pesante poltrona e si alzò risoluto, ergendosi nella sua possente figura. Si avvicinò all'ampia vetrata, scrutando fuori, oltre il panorama della città di Tokyo, oltre l'orizzonte.  
-Devono essere rafforzate le difese, finanziate anche la squadra di mio nipote, devono avere beyblade più potenti. Devono resistere a qualunque attacco. E manda a chiamare il presidente Daitenji.-   
L'assistente annuì e uscì di corsa dall'ufficio.  
Hito Hiwatari prese un profondo respiro. Avevano recuperato Black Dranzer con una facilità disarmante. Forse era stato un bene che il piano dell'anno precedente per sottrarre i quattro animali sacri ai BladeBreakers non fosse andato a buon fine. A quest'ora se ne sarebbero già appropriati proprio come avevano fatto con Black Dranzer.  
O forse sarebbe stato meglio se si fossero presi ora tutto senza coinvolgere i loro custodi.... scacciò immediatamente quel pensiero. No, non poteva arrendersi!  
Anya non lo aveva permesso all'epoca arrivando a sacrificare la sua stessa vita per proteggere la Fenice di Fuoco e Kai, e lui non lo avrebbe permesso ora!
E poi aveva un conto da regolare con quei farabutti, non si sarebbe solo difeso: doveva fargliela pagare cara non solo per la morte di Anya, ma soprattutto per aver rovinato suo figlio!
Non avrebbe lasciato che quegli infidi bastardi l'avessero vinta, li avrebbe annientati una volta per tutte senza pietà!  
Si stava preparando da anni a quella guerra. Era arrivato il momento della battaglia finale e ne sarebbe uscito vincitore!
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi a fine capitolo! Salve splendori!  
Scusate il ritardo, il capitolo era effettivamente pronto, ma non sapevo se dovevo aggiungere o meno una terza parte all'inizio che poi in effetti non ho messo perché superflua. come sempre non so che titolo mettere, questo capitolo ha due toni e non so su quale mettere l'accento, quindi mi butto sul titolo più stupido.
E qui si inizia ad entrare più nella seconda parte della storia. Se fino ad ora era concentrata più su Ari e sui ragazzi e le loro relazioni, ora con l'entrata definitiva in scena di questo nuovo elemento, ci sarà più azione, scaverò nel passato, ci saranno misteri da svelare. Il big nemico mega boss finale sta emergendo piano piano dagli abissi! (ma come parli? Nd Takao O.o)(per amor del cielo! Qualcuno la abbatta prima che scriva altre stronzate! Nd Kai) (ma siete proprio due stronzi! Ricordatevi che dovete essere carini e gentili con me, sono io a scrivere! Ho il potere di farvi fare tutto ciò che voglio! Nd me).
Avevo detto che Claire sarebbe tornata e spero che vi abbia fatto piacere.  
*L'episodio di Topolino di cui parla Claire è lo stesso che Ari si ritrova a guardare con Kai nella camera d'albergo nel capitolo 15, dove appunto proprio grazie a quel cartone sembra come trasformarsi in un'altra persona.
**Parliamo di James e torniamo ancora più indietro. Vi devo rinfrescare la memoria perché ora parlo di Return of Revenge. Capitolo 28 intitolato "Love me... 2", mentre erano in Grecia, quando Ari si becca una bella insolazione e Kai resta con lei per prendersene cura. La notte si sveglia in preda ad un incubo e il capitolo di chiude appunto con questo nome: James. In seguito lei affermerà di non conoscere nessuno con questo nome, e di non ricordare nemmeno il sogno. Ecco, James è lui.
Spero di riuscire a rendere tutto per il meglio. D'ora in poi usciranno sempre più cose e spero di non dimenticarmi nulla.   
Passando alla seconda metà di questo capitolo, come dicevo su, il nemico inizia a prendere forma e addirittura il vecchio nonno stronzo di Kai pare essere dalla parte dei buoni. Spero che vi sia piaciuto perché ho un sacco di cose in testa e non vedo l'ora di fare tutto *____*. Nei prossimi capitoli saranno rivelate un po' di cose, e altre cose ancora verranno accennate.
Fatemi sapere cosa ne pensate pls, spero di non esagerare con tutti questi intrecci e questi misteri. Oooo non vedo l'ora!  *O*
Il prossimo capitolo lo sto finendo, e poi inizio il prossimo dove avremo di nuovo la nostra adorata Claire.
Un bacio a tutti da Pinca!  
 

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Capitolo 41
*** Going Under ***


41 41. Going Under  

 
Era già la quarta notte che Ari non passava a casa, e la cosa sta facendo preoccupare Takao, e non solo lui. Spariva verso le undici di sera, quando tutti si preparavano per andare a dormire, e rispuntava la mattina dopo verso mezzogiorno. E il suo ritorno era caratterizzato da una totale apatia. Sembrava inavvicinabile.  
Entrava spedita come suo solito, irrompendo in casa come se non ci fosse nessuno. Né un buon giorno, né un cenno, un "come va?", un "salve bella gente!" o, secondo Hitoshi, un ancora più dovuto "scusate per il mio comportamento totalmente menefreghista e irrispettoso". Nulla di tutto ciò: entrava, si chiudeva in bagno per un quarto d'ora, giusto il tempo di una doccia, e poi ne usciva e si sedeva in un angolo del giardino a seguire gli allenamenti dei ragazzi, senza prenderne parte e demolendo, con quel suo modo di fare gelido e minaccioso, ogni loro tentativo di avere un contatto con lei.  
Takao al primo "non mi rompere i coglioni!" aveva subito deposto le armi e aveva deciso di lasciarla in pace, prima o poi le sarebbe passato si era detto.  
Kai, al gestaccio che gli fece in risposta al suo premuroso "come va la gamba?" la mandò senza mezzi termini a farsi fottere. Dopo tutto lui la buona volontà ce l'aveva messa, la sua buona azione quotidiana l'aveva fatta, che non venisse apprezzata non erano assolutissimamente affari suoi, era questione di principio! Quindi tenne il punto con orgoglio, e non dimostrò neanche mezza volta quanto in verità fosse preoccupato.  
Forse gli altri non se ne erano accorti, ma quello di Ariel non era un semplice malumore, ma qualcosa di molto peggio. Era apatica e indifferente a tutto e, cosa ben peggiore, non sembrava avercela più con lui, e non nel senso che lo avesse perdonato, sia chiaro. Semplicemente sfoggiava un'indifferenza nei suoi riguardi che lo aveva allarmato. Era questo a preoccuparlo. Come aveva imparato in quei giorni trascorsi con lei in quella camera d'albergo, quando lui arrivava ad esserle indifferente era un brutto segno. Poteva significare solo che stava toccando di nuovo il fondo.
Si sentiva una merda? Era verissimo! Ogni giorno lei tornava sempre peggio, più trascurata, più distaccata. Aveva gli occhi di un cane randagio abbandonato a sé stesso, e cielo come gli faceva male vederla così e non riuscire a fare nient'altro che l'altezzoso menefreghista!  
Era un idiota, lo sapeva benissimo. Dopo quello che Ari aveva passato quell'inverno l'unica cosa sensata da fare era tenerla d'occhio, pedinarla se necessario, e in caso prenderla di nuovo di peso e farle cambiare aria. Se Boris fosse venuto a saperlo lo avrebbe preso a calci sui denti, e sapeva benissimo di meritarselo!  
Ma fu Hitoshi a buttarsi avanti e a riprenderla, scoprendo a sue spese quanto potesse arrivare ad essere maleducata Ariel Mayer. Era stata al tal punto sprucida* da lasciare allibiti tutti. Tutti tranne Kai ovviamente, che per convenienza sembrò addirittura prendere le sue difese. Dopo tutto lui non avrebbe reagito diversamente se Hitoshi si fosse permesso di discutere la sua condotta, questo era sicuro.
Insomma, che in quei giorni avesse la luna storta era stato fin troppo chiaro a tutti, ma Hitoshi forse credeva di averla più storta di lei, e se ne accorse troppo tardi di avere torto. Ma lui era l'allenatore e non poteva sorvolare su un comportamento così negligente.  
Ari era parte di una squadra e si comportava come se non gliene fregasse niente di loro e del campionato. Stava lì seduta ad osservarli quella manciata di ore il pomeriggio, giusto come contentino, per poi dileguarsi quando si era fatto abbastanza buio e tornare il giorno dopo con tutta la sua calma. Non si allenava, non gli dava ascolto, non eseguiva gli esercizi come facevano gli altri. Quando era il suo turno di combattere nelle sfide a coppia, lo faceva talmente di malavoglia che di proposito si lasciava buttare fuori alla prima occasione per potersene tornare al suo posto.  
Ebbene, dopo quello che gli rispose, Hitoshi decise di seguire il consiglio del fratello di lasciarla stare e darle qualche giorno per sbollire. Come gli aveva fatto notare in seguito, molto probabilmente Ari ce l'aveva con lui per quello che gli aveva detto di lei quel pomeriggio finito in litigio.  
Restava comunque il fatto che aveva superato ogni limite con lui. Che faccia tosta, quanta maleducazione e arroganza! Gli aveva detto che non lo considerava il suo allenatore, che non aveva alcuna autorità su di lei, gli aveva pure riso in faccia! Se non fosse stato per l'intervento di Kai l'avrebbe cacciata fuori dalla squadra senza pensarci due volte.  
Fu però l'inaspettata telefonata di Sergej a mettere in allerta Takao. Telegrafico come sempre aveva chiesto di lei, se avesse litigato con Kai o con lui.
"Tienila d'occhio. L'ho vista strana l'altra mattina." Gli aveva detto.
"Ah, è stata da voi?"  
Dopo una lunga pausa, Sergej aveva risposto con un sì poco convinto e aveva riagganciato frettolosamente. Almeno un mistero era stato svelato, si era detto Takao: dopo che Kai era tornato e le avevano quasi rotto una gamba, era andata dai suoi compagni.
Beh... il russo non era il tipo che parlava a vanvera, questo lo sapeva, quindi Takao decise che era arrivato il momento di agire: sarebbe andato a cercarla!  
Quella sera attese che tutti si addormentassero per sgattaiolare fuori. Lei era uscita già da un paio d'ore, se avesse provato a pedinarla se ne sarebbe accorta subito e lo avrebbe seminato bruciandosi l'effetto sorpresa, quindi le aveva lasciato quel vantaggio.
E poi non aveva bisogno di seguirla, era certo di trovarla al primo colpo, e se non ci fosse riuscito quanto meno avrebbe avuto una quarantina di ragazzi pronti ad aiutarlo a cercarla e a dargli informazioni.  
Dopo mezz'ora buona di camminata sotto le stelle, finalmente arrivò a destinazione. Entrò con passo baldanzoso e sicuro all'interno del grosso capannone industriale occupato dagli Shell Killer. Era certo di trovarla lì nel suo ufficio, o nell'arena privata di Kai dove di solito si allenava.
Iniziò a salutare allegramente i presenti come suo solito fare mentre avanzava verso il fondo del magazzino. Certo, era decisamente singolare vedere quel bravo ragazzo di Takao Kinomiya entrare con tanta disinvoltura in quel covo di delinquenti in piena notte, salutando a destra e a manca, ma oramai i suddetti delinquenti ci erano abituati e lo accoglievano ricambiando altrettanto calorosamente il saluto del campione del mondo.  
Tutti lo conoscevano, tutti sapevano chi fosse e tutti erano convintissimi che dovesse avere qualche strano asso nella manica che nemmeno il peggiore di loro possedeva, per poter essere il ragazzo della Mayer. Che dietro la facciata da bravo ragazzo si nascondesse un criminale della peggior specie? Probabile, o semplicemente era la Mayer a nascondere un cuore dietro la facciata da pazza criminale, maniaca della guerra!  
Ovviamente le scommesse erano partite anche su quello - dopo tutto loro scommettevano su qualsiasi cosa – e forse quella era la sera in cui si sarebbe saputo il risultato.  
-Ehi Heiji, come va? Piaciuto l'autografo al tuo fratellino?- chiese passando accanto ad un gruppo di ragazzi intenti a giocare a carte attorno a una vecchia cassa di legno.
Uno di loro si sporse e gli rivolse un sorriso. -Sì, ha pure ripreso ad andare a scuola solo per potersene vantare con i compagni di classe!-  
-Grande! Hai visto che ha funzionato!-
Continuò così finché non arrivò alla vecchia arena di beyblade. Dovevano esserci i tornei clandestini quella sera perché c'era un sacco di gente e gli schiamazzi si sentivano fino a fuori.
Finalmente individuò il capo. Gli dava le spalle, e stava parlando con Mako messi un poco più in disparte.
-Ehi Hiruta, come va?- lo salutò dandogli una pacca amichevole sulla spalla.  
Entrambi i ragazzi si voltarono verso di lui, per nulla sorpresi di vederlo lì nonostante l'orario.  
-Kinomiya, tutto bene. Sei venuto per la Mayer?- gli chiese serio.
Takao rimase spiazzato vedendo in che condizioni era il ragazzone davanti a lui. Entrambi gli occhi pesti, la bocca spaccata e un livido enorme sul naso, viola e schiacciato. Sembrava essere uscito da una gran brutta rissa!
-Ma che ti è successo?- gli chiese puntandogli un dito in faccia.
-Ah, niente....- rispose evasivo distogliendo lo sguardo.  
Mako, che era un ragazzo piccoletto rispetto a loro, e dall'atteggiamento sfrontato e insofferente, schioccò la lingua ficcando le mani in tasca.  
-Sicuro? Sei strano....-
-È tutto a posto, tranquillo!-
Takao lo scrutò attentamente, per nulla convinto. Storse il muso e assottigliò gli occhi. -Non è stata Ari, vero?-  
Hiruta sospirò rassegnato, Mako insofferente.  
-Diciamo... ha contribuito. Sono finito in mezzo.-
Takao pestò un piede per terra contrariato e mise le mani sui fianchi. -Accidenti! Ma cosa le passa per la testa?! Adesso mi sente....-
Quest'ultima cosa allarmò Hiruta e Mako, molto probabilmente perché avevano paura di una probabile ulteriore ritorsione della Mayer nei loro confronti.
-No, aspetta per favore! È stata colpa mia, non l'ho avvisata che avrebbe trovato Kai nell'ufficio e....-
-Kai è tornato qui?- fece Takao sorpreso.
-Sì, ha scoperto che avevamo coinvolto la Mayer senza dirgli niente, e si è incazzato... non poco diciamo. Ci ha ordinato di lasciare libero il capannone e di non dirle niente. Lui mi ha fatto questo- disse infine indicandosi l'occhio sinistro e il labbro spappolato -e questo... poi lei mi ha caricato il resto. Non l'ha presa per niente bene, e ha ragione. Kai ha voluto sapere tutto quello che lei aveva fatto e che fa...-  
-Ma non gli avete detto quello che fate per noi, vero?- chiese subito Takao interrompendolo.  
-No, quello assolutamente no!- si affrettò a chiarire Hiruta portando le mani avanti.
Takao si passò una mano tra i capelli e piegò la bocca in una smorfia amara. Era proprio una bella gatta da pelare!
-E quindi prima Kai e poi Ari, eh! Che caratteraccio che hanno....- fece rassegnato. Possibile che quei due fossero fatti della stessa pasta?! Ma che modi erano quelli di reagire? Prendersela con quel poveretto! -E tutto questo quando sarebbe accaduto?-
Hiruta e Mako si scambiarono un'occhiata e risposero insieme. -Quattro giorni fa più o meno.-
-Spero di non ricapitare mai più in mezzo a quei due.- continuò Hiruta sconfortato. -Non saprei a chi dare retta, lui mi ordina una cosa, lei me ne ordina un'altra. Kai è pur sempre il capo ma, con tutto il rispetto, devo essere sincero, tra i due mi spaventa di più la Mayer. Si può dire quello che si vuole, ma Hiwatari non ha mai spedito nessuno in rianimazione.-  
Takao rimase spiazzato e sgranò gli occhi. -In... rianimazione?-  
Per quanto potesse sembrare incredulo, purtroppo sapeva che la cosa non era poi tanto improbabile. -Sentite... è qui vero?-
-Sì, nella stanza di Hiwatari.- gli fece il piccoletto indicandogli con un cenno del capo la porta in cima alle scale sulla parente oltre l'arena di beyblade.
A Takao non sfuggì il fatto che avesse tenuto a sottolineare che la stanza fosse di Kai. Evidentemente al suo caro amico era bastato tornare lì una sola volta per rimettere tutti in riga!
-Ok, vado a parlarle....-
-Sei sicuro che sia una buona idea?- gli chiese Hiruta titubante, buttando un'occhiata nervosa verso la porta dell'ufficio.  
-Scusa e che altro dovrei fare? Sono venuto apposta!- gli fece notare.
-È che....- i due compari si scambiarono un altro sguardo, e questa volta ad intervenire fu Mako, che parlò con schiettezza.  
-Il fatto è che per quanto tu possa essere coraggioso per stare con quella schizzata, cercare di entrare lì dentro con lei ubbriaca è letteralmente un tentativo di suicidio!-
-Ubbriaca?!-  
-Sì, è già la terza notte che viene qui, si chiude nella sua stanza...-   
-La stanza di Hiwatari....- precisò Mako scoccando un'occhiata ammonitrice a Hiruta.
Takao si irrigidì e si voltò allarmato verso la porta dell'ufficio. La terza notte? Ari aveva passato le ultime tre notti ad ubbriacarsi da sola in quel posto!? Ora aveva veramente motivo per essere preoccupato. Perché? Era vero che Ari beveva, ma non così. Per arrivare ad ubbriacarsi con quella costanza una persona doveva aveva qualche problema, doveva stare male per qualcosa.   
-La stanza di Hiwatari... Si chiude lì dentro e tracanna tutto quello che trova. Poi la mattina si alza di pessimo umore e se ne va.-  
-È non è tutto! Quella pazza spara pure mentre è completamente ubbriaca....-
-Mako, non....-  
-In che senso spara?-
-Spara, spara! Con la pistola, con cosa può sparare altrimenti?- fece spazientito il piccoletto.  
-Con una pistola... una pistola vera?- chiese sgomento Takao deglutendo a vuoto.  
-E certo!-  
-Mako, dobbiamo farci gli affari nostri!- lo rimproverò aspro il capo.
-Al diavolo Hiruta! Quella è una pazza, te l'ho detto fin dal principio che non mi piaceva. Se stanotte non fosse venuto Kinomiya sarei comunque andato a cercare Hiwatari domani mattina per dirgli tutto. Finché si ubbriaca è ok, ma non voglio rischiare di trovarmi una pallottola in fronte perché deve fare il tiro a bersaglio con più alcol che sangue nelle vene!  
-Ari ha una pistola?- chiese ancora sconvolto Takao. E questa che novità era? Che diamine ci faceva Ari con una pistola? E come e perché se l'era procurata!?  
-Una pistola?!- fece sprezzante Mako. -Tze! Quella voleva un arsenale intero!-  
-Smettila, di questo passo te la ritrovi di sicuro una pallottola in fronte!-  
-Nulla da togliere Kinomiya, ma forse è meglio se chiami direttamente Hiwatari e lasci che se ne occupi lui. È l'unico che può tenere quella a bada, secondo me!-
-Non credo che sia il caso. Vedi... è di pessimo umore proprio perché ha litigato con lui!- disse ancora più sconfortato Takao.  
-Pessimo umore? Questo lo chiami pessimo umore?- sbottò con sarcasmo Mako.
-Parlare di pessimo umore è un eufemismo!- rincarò la dose Hiruta a mezza bocca che in tutto questo era stato l'unico a prenderle a causa di quel malumore.
-Sentite, ora salgo lassù e vi prometto che risolverò tutto! Se è come dite voi, l'ultima persona da chiamare è proprio Kai!- sentenziò Takao. -La prossima volta che dà di matto però, avvisatemi prima!- detto questo si girò e si incamminò verso la tanto discussa stanza di Kai lasciandoli lì sbigottiti.  
-Quindi tutto questo casino è perché ha litigato con Hiwatari!- disse Mako fissando la schiena del ragazzo che coraggiosamente stava per entrare nella gabbia del leone.  
-Cazzo, quei due sono la terza guerra mondiale!- sospirò affranto Hiruta massaggiandosi il fianco. Ebbene, lo avevano colpito anche lì, entrambi nello stesso punto rompendogli due costole.
-Ma come diamine fa un tipo a posto come Kinomiya a stare con quella schizzata?!- continuò Mako senza riuscire a capacitarsi di una cosa tanto assurda.  
-Non lo so, ma spero di vederlo uscire vivo da là dentro. Non saprei proprio come disfarmi di un cadavere!-
Takao salì le scale impavido e una volta su, bussò aspettando per qualche secondo una risposta che non arrivò. Cauto aprì la porta annunciandosi con voce chiara e alta, per scongiurare qualsiasi tipo di reazione violenta. Non osava immaginare cosa si sarebbe trovato davanti. Che fosse già ubbriaca? Dopo tutto era lì sicuro già da due ore abbondanti. E veramente aveva una pistola? Cielo, come se l'era procurata e perché? Forse era per la storia di Vorkof trovato morto sgozzato... o forse voleva veramente ammazzare Ryoko!  
Sperò soltanto che non ce l'avesse a portata di mano mentre si affacciava nella stanza. Non gli sembrava per niente allettante trovarsi una pallottola piantata in corpo!  
-Ari, sono Takao... posso?-  
Ma una volta affacciatosi all'interno, quello che vi trovò fu solo tristezza. Tanta tristezza, solitudine e abbandono e Ari seduta lì, proprio al centro di tutto questo.  
Un rumore di vetri rotti accompagnò il movimento della porta mentre la apriva e se la richiudeva alle spalle. Sul pavimento c'erano i cocci di una bottiglia di birra andata in frantumi, e non solo lì. Il pavimento erano cosparso di frammenti di vetro, di lattine e bottiglie vuote e pacchetti di sigarette accartocciati.
La stanza era squallida, le pareti ingiallite e sporche, arredata con vecchi mobili spaiati e consumati. L'aria era viziata e c'era puzza di alcol e di tabacco. Sul tavolino graffiato e rovinato c'erano diverse bottiglie di alcolici, alcune già vuote, altre che stavano sulla buona strada, e alcuni flaconi di ansiolitici nelle stesse condizioni. Una lattina spaccata fungeva da posacenere, già traboccante di mozziconi.  
Per fortuna della pistola nemmeno l'ombra, si ritrovò a pensare suo malgrado.
E lei era sul divano, seduta come se ci si fosse getta e lì fosse rimasta senza più muoversi, con la schiena abbandonata contro lo schienale, le braccia molli e una bottiglia trasparente e grossa, mezza vuota, stretta nel pugno e appoggiata tra le gambe scomposte.  
Lo aveva osservato solo per un attimo con occhi spenti e appannati dall'alcol, e poi aveva voltato il viso dalla parte opposta, come a non volergli dare retta.
-Ehi! Ma che fai, vieni qui a bere e nemmeno mi inviti?-
-Non reggi l'alcol e parli troppo. Come compare di bevute fai cagare!- rispose atona.  
Non lo aveva cacciato, era già qualcosa.
-Dai, io ci metto la buona volontà, non trattarmi male!-  
Takao avanzò nella stanza e si accomodò sul divano accanto a lei.  
-Allora, che cosa mi consigli?- le chiese prendendo la prima bottiglia a portata di mano e osservandola per capire di cosa si trattasse.
-Quella roba...- Ari alzò un braccio indicando una bottiglia dal contenuto color pesca ancora piena. -è praticamente succo di frutta, che schifo!-  
Takao guardò poco convinto la bottiglia che gli aveva indicato e infine stappò la sua prima scelta. Lo ispirava di più! Buttò giù un sorso e si leccò le labbra. Era rum.
-Perché sei venuto qui?-  
Ari gli stava parlando ma continuava a fissare la parete di lato, col capo rivolto completamente dall'altra parte che lasciava esposto alla vista il collo candido.
-Ero preoccupato.... Un po' tutti lo sono, anche i ragazzi a casa e gli Shell Killer, sai?-
-Ma bene... quindi nessuno sa farsi i cazzi propri, devo dedurre!-
Takao si rigirò la bottiglia tra le mani distrattamente.
-È vero che hai una pistola? Mi hanno detto che hai sparato da ubbriaca....-  
A queste parole Ari si alterò. Caricò un calcio al tavolino che fece ribaltare tutte le bottiglie.
-Che cazzo mi hanno preso, per un'americana demente?!- sbottò risentita stringendo rabbiosamente la bottiglia nel pugno. Bevve un lungo sorso come se fosse acqua fresca, e tornò a guardare il suo muro preferito. -Non sparo da ubbriaca, ho solo fatto qualche tiro per verificare la mira. 'Sti japonskie sono tanti finocchi senza palle, qualche sparo e gli trema il culo!-
-Su, non ti arrabbiare!- borbottò Takao mettendo il broncio. -Cerca di capire, credo che tu sia l'unica persona nel raggio di cinquanta chilometri a trovare questa cosa normale.-
Ari si coprì gli occhi con una mano e prese un respiro profondo.  
Takao bevve di nuovo, giusto per inumidirsi le labbra, osservandola di tanto in tanto di sottecchi. Dopo un po' lei lasciò scivolare la mano lungo il fianco.  
Buttò giù un altro po' di rum. Non era male, peccato però che avesse lo stomaco vuoto.  
Si accorse che finalmente aveva smesso di fissare il muro, e aveva voltato il viso verso di lui e che lo stava osservando in modo strano, come se cercasse di metterlo a fuoco. Molto probabilmente era a causa dell'alcol che aveva bevuto.  
-Takao!- Pronunciò il suo nome con voce sonante, che lo fece sembrare quasi un rimprovero.
Lui si voltò verso di lei, guardandola apertamente, sorpreso da quell'improvviso cambiamento e da quello sguardo torbido. Non gli piacevano i suoi occhi così.  
A lui gli occhi piacevano limpidi e schietti, che facevano trasparire tutto con semplicità, ogni pensiero, ogni emozione alla luce del sole. E invece quelli che aveva in quel momento davanti lasciavano intravedere solo un continuo ribollire indefinito di cose lasciate a marcire, chiuse dentro, soffocate e nascoste.   
Distolse lo sguardo e bevve sentendosi improvvisamente estraneo a quel posto, a quella situazione e a quella ragazza che gli stava seduta accanto. Voleva solo lasciare lì quella Ari orribile e riportarsi a casa quella buona, combattiva, che era tornata con loro appena aveva avvertito il primo sentore di pericolo, solo per proteggerli.
Lei continuava a fissarlo impassibile. Il suo respiro quasi non si percepiva.  
Doveva riportarla a casa, basta!  
-Che mi racconti, Ari?- chiese a bruciapelo.
Proprio come quando si erano ritrovati sul sedile posteriore della macchina di Yuri, Ari decise di parlare, quasi con cattiveria, spinta dalla voglia di mettere un gravoso peso sulle spalle di quel ragazzo che sembrava così pulito e innocente, e vedere se avrebbe retto. Rivelandogli quelle verità era come se, in qualche modo, volesse contaminarlo con la sua sporcizia e la cruda e marcia realtà del suo mondo.  
-Sai quanto vale una puttana, Takao?- gli chiese con voce bassa e atona.
Sì, decisamente, lo faceva con cattiveria. C'era la volontà di imbrattare quella tela tanto bella e candida con suo male, proprio come aveva provato a fare quella volta in macchina.  
Takao la guardò diffidente. Che diamine di discorso era quello?! Lei continuava a guardarlo con quegli orribili occhi. Bevve ancora, sapendo che era arrivato il momento di sperare che l'alcol gli salisse il più velocemente possibile alla testa.  
Lei non aveva bisogno di sentire una risposta, aveva bisogno di darla.
-Niente. Non vale assolutamente nulla Takao.- gli disse. -Le puttane servono solo a scopare. Tutto il resto non conta un cazzo!-  
-Perché dici questo?- le chiese grave.  
Si passò una mano davanti al viso. Iniziava a sentire la testa leggera, e per un attimo l'immagine di lei danzò davanti ai suoi occhi.   
-Perché è la verità. Per quanto si possa combattere, lottare, essere all'altezza di ogni sfida, è un marchio: puttana sei e puttana resti!-
Takao si sentì improvvisamente andare a fuoco, e non era a causa del rum.  
-È stato Kai? Ti ha detto questo, per questo non hai accettato le sue scuse?- chiese duro. Lui non si curava di nascondere la rabbia. Tutto ciò che provava lo esternava in maniera quasi invidiabile.
-Oh, Takao... per quanto possa entrarci Kai in tutto questo....- le labbra si stirarono in una smorfia amara e abbassò lo sguardo. -Mi ha solo sbattuto in faccia la verità e forse manco se n'è reso conto!-
Takao posò con eccessivo impeto la bottiglia di rum sul tavolino, provocando un rumore sordo.
-La verità il cazzo! Ari, non devi permettergli di dirti una cosa così disgustosa e non devi dargli retta!- Dio, adesso aveva solo una gran voglia di tornare a casa e prenderlo a calci in culo!
Non gli rispose, girò di nuovo il viso dall'altra parte, a fissare sempre la stessa parete.  E la sensazione che qualcosa di marcio venisse schiacciato di nuovo giù, in fondo per essere soffocato e chiuso, si fece più forte.  
Rimase in silenzio e a quel punto Takao riprese la bottiglia e tracannò il rum senza remore. Gli stavano veramente girando male! Kai aveva superato veramente il limite. Allora aveva fatto proprio bene a dirgliene quattro e a mettere le cose in chiaro quella volta, anzi, se lo avesse saputo non lo avrebbe perdonato così facilmente!
-È un coglione!- sbottò. -Così intelligente e al tempo stesso così dannatamente cretino! Certe volte riesce ad essere proprio stronzo!-
Ari non gli diede retta, si limitò ad ignorarlo e a finirsi la sua vodka.  
Takao ci mise un po' per placare quella rabbia nei confronti dell'amico. Gli era salita tutta alla testa, proprio come il rum. Ciò che rimase alla fine fu solo Ari, seduta accanto a lui, chiusa in quel silenzio soffocante.  
Sospirò e le afferrò la mano, stringendola nella sua per cercare di farle percepire quel contatto, che c'era anche lui in quella stanza quella notte con lei. Non c'era bisogno di parlare, dopo tutto che cosa poteva dirle? Era stato talmente stupido da bere e ora gli girava la testa e non riusciva a pensare a niente di intelligente e utile da dire, e forse era meglio così.  
Rimasero in silenzio per parecchio, seduti lì, con la mano di lui a stringere quella passiva di lei.
-L'altra sera, dopo che mi avete quasi rotto la gamba, ho chiamato Boris. Avevo solo bisogno di bere fino a stordirmi... avevo solo bisogno di bere e basta.- disse con un filo di voce. -È venuto subito, lui è sempre disponibile.- dopo qualche attimo di silenzio riprese a parlare, sempre con tono piatto. -Yuri la mattina dopo mi ha cacciato via. Mi ha detto di sparire, di non cercare mai più Boris. Non ha voluto nemmeno che lo svegliassi.-  
-Quindi sei venuta qui sola, ogni sera perché Yuri ti ha vietato di cercare ancora la compagnia di Boris!?!-
Ari, per una volta aveva cercato il conforto della presenza di un amico, e le era stato negato. Takao la osservava allibito. Riusciva a percepire la tremenda solitudine che la avvolgeva, come una spaventosa ombra maligna. Cielo, come faceva a resistere così sola a tutto questo? Ogni respiro lo percepiva sofferto. Guardò il tavolino carico di quella roba disgustosa, l'alcol, le pillole, di cui in quelle notti stava abusando nel tentativo di estraniarsi. Avrebbe voluto far sparire tutto quello schifo, si sentiva arrabbiato.  
Posò la bottiglia di rum disgustato e tornò a guardarla.
D'impulso le accarezzò il viso con dolcezza col dorso della mano, sperando di alleviare anche solo per un attimo con quel contatto il malessere che la affliggeva senza tregua.
Ma lei continuò, con quegli occhi torbidi puntati nel vuoto davanti a sé, atona come se nessuna emozione la attraversasse se non la rassegnazione.  
-Non ha sentito ragioni, mi ha solo cacciato. Ho provato a dirglielo che non avevamo fatto niente, te lo giuro, abbiamo solo dormito. Ho bevuto così tanto che Boris mi ha dovuto portare in spalla....-
Non aveva fatto niente, era vero, e non solo perché aveva bevuto fino allo sfinimento, ma perché aveva deciso di non farlo più, mai più. Da che Kai le aveva detto che si era comportata da puttana, aveva chiuso col sesso. Aveva deciso di non usarlo più come arma, come punizione, come mezzo di sottomissione e mortificazione. Non avrebbe più torturato Yuri in quel modo, non avrebbe più lottato con Boris in quel modo. E lì nessuno più l'avrebbe costretta a fare quello che non voleva e che la disgustava tanto, era libera e mai si era sentita così sollevata come da quando aveva preso quella decisione.  
Era quasi stata grata a Kai per averglielo detto, e a Claire per averle dato quella soluzione. Ma evidentemente si era solo illusa.  
Debolmente si fece forza sulle braccia e si spinse in avanti per afferrare proprio la bottiglia che Takao aveva posato sul tavolino, ma lui la intercettò afferrandole il polso e allontanando con l'altra mano la bottiglia da lei.  
-Ti prego Ari, basta.- la supplicò in un sussurro. -Basta con questa roba...-
Ci mise un po' a realizzare che le stava impedendo di bere, perché non reagì immediatamente. Cercò di liberarsi dalla sua presa e di spintonarlo via ma senza riuscirci.
-Lasciami stare, Takao! Sparisci!- disse iniziando ad agitarsi. -Lasciami in pace....-
-Basta così per questa sera!- continuò lui con un filo di voce senza imporsi, senza rimproveri, ma con gentilezza e garbo. Col un braccio le impedì di alzarsi e la spinse contro il divano, e l'altro glielo passò intorno alle spalle tenendole sempre stretto il polso per bloccarla e impedirle di mollargli qualche pugno. -Non hai bisogno di bere ancora!-
-Invece sì, lasciami bere...-
-Sssh... basta così...- la zittì dolcemente, continuando a ripeterle sempre quelle parole con voce bassa e lenta, come se volesse parlare al posto della sua coscienza, parlando sopra le sue proteste, implacabile, come le carezze che continuò a darle sul viso arrossato dall'alcol e segnato dalle occhiaie. -Basta per oggi... sssh.... è finita, non c'è più bisogno di bere! Basta... ti prego, Ari!-  
E piano piano sembrò riuscire a calmarla. Chiuse gli occhi e sembrò spegnersi stretta nel suo abbraccio, sotto quelle continue parole appena sussurrate, come un mantra. Non smise di accarezzarle il viso nella disperata speranza che quell'affetto le arrivasse dritto a quel cuore intrappolato lì dentro.  
Quando riaprì gli occhi evitò i suoi, ma finalmente vide in quel torpore emergere qualcosa che assomigliava al dolore, all'insofferenza.  
-Dio, ero il più forte, il più temuto e rispettato. Nessuno era al mio livello, nessuno Takao... e invece sono caduta così in basso.- disse in un lamento cercando con gli occhi una via di fuga dallo sguardo di Takao. Lui aveva notato che aveva usato il maschile parlando al passato.  
-Ero un soldato come loro, meglio di loro. Ma per quanto possa sforzarmi, provare a cambiare e a comportarmi bene, non potrò mai tornare indietro. Per loro sarò sempre questo, farò sempre schifo. Tutti i miei sforzi, i miei sacrifici, tutto così inutile... Tutto annientato. Non è valso a nulla resistere!-  
Perché l'unica cosa che aveva legato lei e Kai era stata qualcosa meglio di una stupida amicizia. Erano stati il rispetto e l'alta considerazione che avevano l'uno dell'altra a farli camminare fianco a fianco, nient'altro, nessun affetto o fronzoli di questo tipo.  
Queste erano le uniche cose che contavano per lei.  
Ma non sarebbe mai più stato così, ora era questa la considerazione che aveva di lei, e una puttana non vale nulla e nulla conta ciò che è e che fa, perché solo quello resta, e rispetto non ne merita.
E la cosa peggiore era stata svegliarsi accanto a Boris e rendersi conto osservandolo che lei non avrebbe mai potuto essere come loro. Lui era alto, imponente, forte. Le spalle, la schiena, il torace, le braccia erano quelle di un uomo. Era stato come ricevere un improvviso schiaffo in faccia rendersi conto, mentre fissava il grosso braccio di Boris abbandonato sul proprio fianco, di invidiarlo. La consapevolezza di invidiare la sua forza, quel corpo, era stato troppo.
-Non sarò mai come loro. Sarò questo per sempre... loro sono cresciuti, sono diventati uomini, e io invece no! Perché non sono diventata come loro? Perché ero così in alto e sono dovuta cadere così in basso? Perché io? Dovevo essere un uomo, non questo schifo!-
-Ari, credo che tu stia sbagliando. Ti stai buttando giù da sola e per di più senza motivo.-
Ari lo guardò negli occhi. C'era solo rassegnazione.
-Takao guardami, guarda le mie braccia, guarda il mio corpo. Sono una donna, ho fatto finta di essere come gli altri ma non lo sarò mai! Lei aveva ragione, lo sapeva... lei lo sapeva.- iniziò a ripetere angosciosamente, portandosi la mano libera alla fronte. -Lei lo ha sempre saputo!-
-Lei chi?- chiese d'impulso cerando di seguire il discorso.
-Lei, ecco perché cantava sempre quella maledetta filastrocca! Trudno byt' mal'chikom, Yesli ty devochka**. Lo sapeva, lei la cantava per me!-
-Cosa significa?- chiese ancora più confuso Takao.
-Che non c'è speranza.- disse scuotendo la testa e scappando di nuovo dai suoi occhi. -Non c'è... è tutto così inutile....-
Aveva preso a respirare affannosamente, ripetendo quelle strane parole il russo più volte, finché non sembrò stancarsi, e la mano che teneva sulla fronte non cadde abbandonata sul bracciolo del divano.
-Ehi, Ari, va tutto bene!- le disse come poco prima. Con una carezza le girò il viso verso il suo, e si ritrovò di nuovo davanti quegli orribili occhi spenti e torbidi.  
Quando tornò a parlare lo fece in un sussurro, come se non avesse il coraggio lei stessa di ascoltarsi.
-Sai quanto è difficile rimanere a galla quando l'unico tuo pensiero è quello di smettere di agitarti e lasciarti sprofondare giù... annegare e non tornare su, mai più.- ammise. -Sono così stanca di lottare senza motivo....-
-Ari, non vorrai dire....-
-Se non fosse per la paura di perdere per sempre l'Aquila Bianca, ora starei in qualche angolo a spararmi roba nelle vene come se non ci fosse un domani. Alle volte anche respirare è troppo.-
Dio, aveva solo voglia di chiudere gli occhi e tornare indietro nel tempo, tornare a quando per tutti era un maschio, era Mayer e Kai la rispettava e gli altri la temevano.  
E due fulgidi occhi cristallini lampeggiarono davanti a lei, e di nuovo quella piccola bambina dai capelli rossi e la veste bianca apparve, così dannatamente reale.  
Se fosse stata viva avrebbe continuato a guardarla in quel modo nonostante fosse diventata una donna? Molto probabilmente sì, le aveva perdonato cose ben peggiori, anche che l'avesse lasciata morire. Lei avrebbe continuato sicuramente a guardarla come se fosse l'unica luce nelle tenebre. Lei avrebbe continuato ad aspettarla!  
-Ari!-  
A fatica alzò gli occhi dalla bambina in piedi nell'angolo della stanza, e li spostò sul ragazzo accanto a sé. Il suo sguardo era determinato e fermo, troppo per lei e la sua rassegnazione.
-Non importa che tu sia uomo o donna: prima di tutto sei una persona! Tu sei la persona più valorosa e forte che io abbia mai conosciuto. Pensa a loro, a ognuno di loro che ti hanno trattato con tanto disprezzo, e dimmi se ce n'è almeno uno alla tua altezza! Sai cosa disse una volta Sergej? Che lui se fosse stato sottoposto a quello che hai sopportato tu, non sarebbe sopravvissuto. E lui è grande e grosso! E invece tu no, ogni volta ti sei rialzata, non ti sei arresa...-
-Perché sono una stupida....-
-No Ari, perché sei forte e implacabile! Hai ragione, tu non sarai mai come loro, non sarai mai un soldato, perché sei molto meglio, sei una combattente, sei una guerriera nata e niente potrà cambiarlo. Ogni volta che cadi, che ti buttano a terra, tu ti rialzi più forte di prima.-
-Una guerriera... Il guerriero deve proteggere la principessa....- disse sempre più svanita mentre gli occhi ricominciarono a vagare per la stanza.  
Takao la scosse e la costrinse a guardarlo. -Ari ascoltami per favore. Cerca di seguirmi!-  
-Ma sono così debole!- disse in un lamento.
-Lo sei, e quindi? Forza e debolezza sono due facce della stessa medaglia. Ogni sfida che hai dovuto affrontare ha lasciato in te delle crepe per tu hai riempito con una forza disarmante. Momenti di sconforto come questi, dove ti senti come se potessi andare in frantumi da un momento all'altro, ti capiteranno sempre, e sai perché? Perché non c'è vera forza senza fragilità.  
Se non ci si mette alla prova non si può scoprire quanta forza siamo capaci di avere, e tu ne hai affrontate talmente tante, sei sprofondata talmente nell'oscurità che nessuno è più luminoso di te.-
-Luminoso....-
-Quindi va bene se hai questi momenti di smarrimento, è normale, ma d'ora in poi sappi che avrai me al tuo fianco a sostenerti quando sarà troppo buio, e a ricordarti che devi rialzarti e combattere come hai sempre fatto! Ricordatelo sempre, tu sei una guerriera!-  
-Guerriera...- Ari abbozzò un sorriso, il primo da chissà quanto tempo. -...mi chiamava così mio papà.-  
Takao ricambiò quel sorriso e la scosse ancora.
-Esatto! Una guerriera super cazzuta che spacca culi come nessuno!-  
-Forse è perché sono ubbriaca, ma per una volta non mi sembrano tutte cazzate quelle che hai detto.-
-Lo spero, sono ubbriaco anche io!-
-Una guerriera super cazzuta! Questo spero di ricordarmelo domani mattina per prenderti per il culo!- gli disse ghignando debolmente aggrappandosi alla sua maglietta.
-Te lo ricorderò io, se necessario ogni giorno!-
-Takao... portami via da qui!-
 
 
 
 
 
 

Titolo preso dalla canzone degli Evanescence.
Spero che questo capitolo non risulti troppo pesante e ripetitivo, ma volevo mettere Takao nella posizione di "salvare" Ari da uno dei suoi momenti di sconforto (e la causa qui viene a malapena accennata).  
Ho cercato di imprimere in Takao il suo essere giapponese e il suo pensare come un giapponese. Quando lui parla di crepe riempite con la forza fa riferimento alla tecnica del Kintsugi, "letteralmente "riparare con l'oro", una pratica giapponese che consiste nell'utilizzo di oro o argento liquido o lacca con polvere d'oro per la riparazione di oggetti in ceramica (in genere vasellame), usando il prezioso metallo per saldare assieme i frammenti.  La pratica nasce dall'idea che dall'imperfezione e da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione estetica e interiore". Grazie Wikipedia che a quest'ora la spiega sicuro meglio di me xD!   
Ci tenevo a fargli uscire tutta 'sta scienza al ragazzo, a maggior ragione da ubbriaco XD non so perché ma mi ispirava così, mentre lei vaneggia e vede fantasmi di bambine morte e ripete versi di una filastrocca russa. Allegria! XD
Seriamente, spero che sia piaciuto e che non abbia seccato troppo questa ricaduta di Ari e giuro che la smetto altrimenti o lei o Kai non ci arrivano al campionato vivi.
 
*sprucida. Questa parola l'ho scritta e me la dava come errore, ma sono passata oltre per continuare a scrivere. Quando sono andava a controllare quale fosse il problema mi sono accorta che è un termine napoletano e non italiano xD ma quando ho letto la definizione su google era così azzeccato che ho deciso di lasciarlo. Ecco la definizione: la persona sprucida ha pochi contatti con il mondo, e quando li ha, tratta tutti con arroganza, mostrandosi scorbutica negli atteggiamenti e nelle parole. Considerando che avevo scritto nella prima stesura del capitolo pure il dialogo tra lei e Hitoshi, vi posso assicurare che la parola sprucida le calza così a pennello che non ho trovato altro modo per definirla. poi però mi sono sentita quasi offesa perchè mia mamma mi dice quasi sempre che sono sprucida.... -.- ok, ho un problema col mondo!
**la frase scritta in russo è tratta da una canzone di Lena Katina intitolata Belochka e significa "è difficile essere un ragazzo quando sei una ragazza" che su di lei ci sta a pennello. Se vi interessa ecco il link della canzone con traduzione https://www.youtube.com/watch?v=GC2b2haMAe8
 

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Capitolo 42
*** Sorprese inaspettate ***


42 OMG! che fatica! sono stata giorni a cercare di finirlo e di scrivere qualcosa di sensato. è un capitolo lungo e con tanto blablabla, mi ci sono persa più e più volte scrivendolo XD, spero di non aver combinato un pasticcio di roba perchè veramente, non ce la faccio a rileggerlo! quindi tò, godetevelo perchè io non so proprio cosa aspettarmi da tutto questo! non vi dico altro, vi chiedo solo di battere un colpo se arrivate fino alla fine, giusto per sapere se qualcuno ci è riuscito XD!




42. Sorprese inaspettate.

La luce mattutina filtrava dalle imposte socchiuse lasciando la camera nella penombra, ma quel poco bastò a svegliare Takao completamente. Aveva dormito poco, nello stretto e al caldo e aveva pure bevuto la sera prima, ma non si sentiva per niente rintontito, anzi, era decisamente lucido per essersi appena svegliato.  
Si rigirò nel letto e aprì gli occhi, rimanendo sul fianco a fissare con sguardo assente la schiena della ragazza seduta sul bordo.  
Era lì già da un po', si era sciolta i capelli scuri dalla treccia, e ora ricadevano ondulati sulle spalle ricurve. Erano davvero lunghi, le arrivavano oltre la metà della schiena.  
Takao prese una ciocca e ci giocherellò per un po'. Erano setosi, di un colore molto scuro ma attraversato da delle venature più chiare.  
Lei non si mosse, rimase lì con i gomiti sulle ginocchia a fissare l'armadio di fronte senza battere ciglio, nonostante il tocco di Takao e i suoi occhi puntati su di lei.  
Alzò ancora lo sguardo e lo fermò sul profilo del suo viso pallido dai tratti delicati, incorniciato dai lunghi capelli scuri.  
Si rese conto solo dopo parecchi minuti di esserne rimasto rapito. L'aveva vista un sacco di volte girare in mutande e canotta, ma ora sembrava esserci qualcosa di diverso, di attraente.   
In quel momento, nella fioca luce mattutina che entrava in camera sua, Ari appariva incantevole, bella come una principessa delle fiabe, forse proprio a causa dei capelli lasciati ricadere sulle spalle. L'unica cosa che la tradiva era lo sguardo duro e freddo. Una principessa non avrebbe avuto occhi così cupi e tempestosi, ma nonostante questo la trovava bella, bella veramente, anzi, forse era proprio questo particolare ad averlo catturato.
Non si era mai soffermato sul fatto che fosse una ragazza, la sua aria da dura e il suo atteggiamento avevano sempre oscurato il resto, ma ora, senza la sua armatura, coperta solo da quel poco di tessuto e dai suoi stessi capelli, appariva prepotentemente femminile.  
-Ari... che cosa c'è?-
-Ho avuto di nuovo bisogno dell'aiuto di qualcuno... è inaccettabile!-  
Takao si tirò su a sedere e si strofinò gli occhi con il dorso delle mani.  
-Dovresti smetterla di ragionare come se fossi ancora nella Borg. Sei troppo dura con te stessa!- le disse senza darle troppo peso.
Si stiracchiò e sospirando si accucciò sulla spalla di lei pigramente, come a cercare un po' di conforto dal risveglio.
-Accidenti, che brutto livido che ti ho fatto.- bofonchiò accorgendosi finalmente del grosso ematoma violaceo sulla coscia nuda di Ari. -Non ci hai messo niente, vero?-  
Lei si strinse nelle spalle indifferente. Takao la guardò di nuovo, senza notare nessun cambiamento. Da che si era svegliata era rimasta seduta lì con quell'espressione seria e dura stampata in volto.
Si alzò dal letto e andò alla scrivania scansando gli indumenti gettati per terra la sera prima. La sua maglietta gialla e il jeans che le aveva sfilato, visto che lei era crollata addormentata non appena avevano messo piede in camera, giacevano ai piedi del letto, mentre il reggiseno nero che la ragazza doveva essersi sfilata da sola durante la notte era finito vicino all'armadio.  
Aprì il cassetto straordinariamente ordinato della scrivania e prese un tubetto di pomata per le contusioni. Le sorrise e glielo mostrò.
-Ne ho sempre una in camera.- le spiegò pazientemente non ottenendo nessuna reazione. -La notte ho il vizio di camminare al buio e sbatto ovunque!-  
Le si sedette accanto.
-Da piccolo ero convinto di avere il super potere di vedere al buio. Ovviamente poi ho capito di non avere super poteri di nessun tipo, però lo stesso non le accendo le luci!- disse ridacchiando. -Girati, dai, fai vedere!-
-Lascia perdere.- disse laconica.
Ma Takao non demorse. Senza il minimo tentennamento le afferrò il ginocchio destro e lo tirò su verso il letto, facendola ruotare verso di sé e lei non si oppose, non sbuffò nemmeno, ma non alzò neppure per sbaglio gli occhi su di lui.
-Lo so che la crema puoi passartela benissimo da sola...- esordì sistemandola meglio, passandosi la sua gamba destra attorno al fianco, e tirandole su l'altra gamba dove c'era il grosso livido che esaminò con attenzione.  
Si stendeva da metà dell'interno coscia per almeno un palmo, e aveva delle sfumature violacee e rossastre. Tirò su il ginocchio e le fece allargare la gamba notando che arrivava fin dietro.
-...però non l'hai fatto, non ci hai messo nemmeno un po' di ghiaccio.- continuò svitando il tubetto. -Se non ci pensi tu, lo faccio io!-
Ari scoccò la lingua seccata e si puntellò all'indietro sulle braccia, lasciandolo fare.  
Takao prese a passarle la crema. Era fredda sulla pelle e avvertì, dopo un primo momento di tensione, i muscoli della coscia rilassarsi sotto le sue dita che passavano leggere stendendo la crema con movimenti circolari per farla assorbire dalla pelle livida. Si accorse che i suoi occhi seguivano il lavoro della sua mano, ma imperterrita la sua espressione non cambiava, era impenetrabile.
-Takao...-
-Vedila così, le persone importanti possono permettersi il lusso che sia qualcun'altro ad occuparsi di loro.- la interruppe convinto che volesse lamentarsi delle sue premure. -Quindi goditi i tuoi momenti da persona importante e non rompere!-
Ma lei non si scompose.
-Takao... ieri notte...-  
Fermò quel massaggio e alzò gli occhi su di lei.
-Ho detto.... ti ho detto qualcosa di troppo?-
-Di troppo?- chiese asciutto riprendendo quel lento movimento sull'interno coscia. -Temo che ieri notte tu non mi abbia detto proprio niente di quello che hai dentro.-
Di nuovo silenzio.  
Mise un altro po' di pomata e riprese a massaggiare sempre con lo stesso movimento circolare.
Ari si tirò su raddrizzando la schiena, e dopo diversi minuti lo sorprese abbandonandosi con il capo sulla sua spalla.  Lo sguardo era assorto, persa in chissà quali pensieri.  
I suoi capelli gli solleticavano il petto nudo e il braccio. Avvertì le sue mani stringersi intorno al tessuto del pantalone, all'altezza del polpaccio.  
-Hai talmente tanta roba chiusa lì dentro....-  
Smise di stendere la crema e le passò il braccio intorno alle spalle stringendola a sé, e con l'altra mano le accarezzò il viso, scostandole alcune ciocche di capelli dietro l'orecchio. Si chinò su di lei, strofinando la guancia contro la sua e le parlò sussurrando appena al suo orecchio.
-Ari, sei tu vuoi, se riesci, buttami addosso tutto questo male, non ci pensare su due volte e fallo. Io rimarrò zitto, lo sai, non dirò mai nulla, ti ascolterò e basta....-
Ari strinse i pugni intorno alla stoffa dei suoi pantaloni e chiuse gli occhi.  
Cosa avrebbe dovuto buttare fuori? Cosa c'era da dire?  
Provò a prendere un lungo respiro ma le riuscì tremulo, e si rifugiò nell'incavo del suo collo.  
Perché alla fine non c'era nulla da dire, purtroppo.  
Era tutto... troppo!
E proprio come quella notte, Takao ebbe la sensazione che un terribile mostro venisse ricacciato in fondo, nell'oscurità.  
Con la mano pulita dalla crema le afferrò il ginocchio tirandola di più a sé e la strinse nel suo abbraccio.
Di colpo la porta alle sue spalle fu aperta e a giudicare dal modo in cui avvertì sussultare Ari, anche lei fu presa alla sprovvista questa volta.    
-Takao!-
-Takao, sei qui meno male, corri....-  
Ma le parole morirono in gola sia a Kappa che a Hilary quando si resero conto che forse avrebbe stato più saggio da parte loro bussare prima si spalancare la porta. Kappa iniziò a balbettare completamente paralizzato e fu Hilary a richiudere la porta della stanza.
E in effetti, per quanto Ari e Takao non stessero facendo proprio nulla, non si poteva negare che vista da fuori la situazione apparisse più che fraintendibile. I vestiti sparsi per terra, entrambi mezzi nudi sul letto, le gambe di Ari intorno alla vita di Takao senza maglia, stretti in quell'abbraccio piuttosto ambiguo.
Dopo poco la porta si riaprì. Questa volta fu Takao ad apparire sulla soglia e fulminò i due rimasti impietriti nel corridoio con un'occhiataccia. Si era infilato la maglietta e li sovrastava inviperito per quell'irruzione. Per una volta, una, che Ari si stava lasciando andare dovevano arrivare loro a rompere!
-Ma siete cretini!? Che modi sono questi di entrare?- esordì burbero.   
-Scusaci....- mormorò mortificato Kappa.  
Hilary era talmente imbarazzata da non riuscire nemmeno a guardarlo in faccia. Voleva solo dimenticare e non pensare a come li avevano colti e a quello che molto probabilmente stavano facendo.
-Potevate bussare, che vi costava?! Questa è camera mia e quando sto qui dentro gradirei essere lasciato in pace! Anzi, quando sto qui non dovete proprio venire a cercarmi!-  
-Mi dispiace, giuro. Non volevamo ma... ma... ma...- Kappa prese a balbettare e si coprì gli occhi con entrambe le mani e si voltò dall'altra parte perché, mentre Takao stava lì a rimproverarli, alle sue spalle la sua ragazza, dopo essersi guardata attorno alla ricerca di qualcosa, aveva ben pensato di togliersi la maglietta nonostante la porta aperta e la loro presenza, rimanendo così con solo i capelli a coprirle il petto e la schiena.  
-Ari!- la richiamò Hilary scandalizzata da tanta indifferenza nel girare nuda.  
Takao si voltò giusto per vedere che Ari si stava solo agganciando il reggiseno dietro la schiena. Lei si strinse nelle spalle e si rimise la maglietta, con una buffissima espressione confusa in faccia che sembrava tanto voler dire "Che c'è? Che ho fatto?".  
-Almeno c'è un motivo valido per questa irruzione o volevate solo disturbare?- sbottò scocciato Takao incrociando le braccia al petto.  
-Sì, certo!- si apprestò a dire Kappa tornando al motivo della sua presenza lì. -C'è Claire e...-
-Riesce ad essere molesta in ogni modo quella ragazza!- sbottò Ari affiancando Takao, appoggiandosi con la schiena allo stipite della porta.
-Il fatto è che ha schiaffeggiato Kai!-  
Ari si lasciò sfuggire una mezza risata, che Hilary immediatamente ammonì con un'occhiataccia.  
-Non c'è niente da ridere!- la rimproverò la giapponese, cosa che sortì poco perché Ari continuò a sghignazzare.
-Iniziamo bene! Spero di non essermi persa il meglio!- disse lei divertita.  
-E perché lo avrebbe fatto? È entrata in casa e l'ha preso a sberle così, senza motivo?- chiese Takao scettico.
-Praticamente sì!- confermò seria Hilary annuendo con vigore.
-È per Ari! Se l'è presa con Kai non appena ha saputo che hanno litigato e che, per questo, lei ha ripreso a comportarsi, parole sue eh, da disadattata!- precisò Kappa. -Se la stava prendendo addirittura con noi!-
-Oh, ma che carina! Si preoccupa per te, ti vuole proprio bene!- disse Takao alla ragazza, non afferrando il punto della situazione.  
-È solo una povera pazza!- decretò rassegnata Ari alzando gli occhi al cielo, decisamente stufa delle assurdità della francese. Ora si metteva pure a combattere contro i mulini a vento!  
-Si ma l'urgenza dove sarebbe?- chiese a quel punto il ragazzo.
-Giusto! Rei e Max hanno bisogno di te, stanno provando a calmare Kai e a trattenerlo, ma è indemoniato, vuole ammazzarla!- fece allarmato Kappa agitandosi.
-Cosa!?- esclamò allarmato.
-E quindi? Non potremmo lasciare che si ammazzino a vicenda?- propose Ari seria. -La ragazza da difendersi, ha steso Yuri con una testata, se la saprà cavare con Kai!-  
-Perché non me l'avete detto prima!? Andiamo!- disse Takao seguendo di corsa Kappa e Hilary, e a quel punto ad Ari non restò che seguirli sbuffando.
Giunsero immediatamente in giardino, dove Kappa e Hilary avevano lasciato Rei, Max e Daichi a trattenere Kai con la forza per evitare che saltasse addosso a Claire, e ciò che trovarono li lasciò allibiti.
Kai si era liberato dalla presa dei ragazzi, che ora gli stavano attorno pregandolo di desistere dal fare ciò che stava per fare, seduto sul pavimento della veranda con la francese bloccata bocconi sulle sue ginocchia e una mano alzata, pronta come la spada di damocle a colpire senza pietà il sedere della ragazza.  
-Kai per favore, non fare pazzie!- lo pregò sconvolto Max.
-Leva le mani!- ordinò Kai imperativo a una Claire che inamovibile teneva disperatamente le mani sul didietro nell'intento di salvaguardarsi il fondoschiena. -Te lo faccio diventare più fuxia del vestito se non levi immediatamente le mani!-
-Non ci provare!- strillò Claire dimenandosi nella vana speranza di riuscire a liberarsi dalla presa del ragazzo. -Kai ti avverto, ti denuncio per molestie!-
-Kai ti prego, ragiona!- lo supplicò Rei impotente.  
-Mi denunci?- ringhiò Kai, oramai aveva gli occhi fuori dalle orbite e iniettati di sangue. -Dovrei denunciare io a te! Sei tu quella molesta che entra in casa d'altri e prende a schiaffi la gente!-  
-Non osare Kai, lasciami immediatamente!- continuò a strillare Claire scalciando sconvolta . -Ariel, grazie al cielo! Sei qui allora!-
-Ma te lo avevo già detto io che stava qui, maledetta papera!- fece furioso Kai.
-Di' a questo maniaco di lasciarmi, ti prego!- si lagnò la francese rivolgendosi alla cugina che per tutta risposta sfoggiò un ghigno poco rassicurante.
-Non sono un maniaco!-  
Ari si chinò davanti a Claire, pronta a fare sfoggio della sua strafottenza.
-Claire, pensavo che volessi farti sodomizzare da Yuri, non da Kai!-
A quelle parole Claire, già paonazza per la situazione estremamente imbarazzante in cui si trovava, si sentì addirittura rizzare i capelli in testa.
-Ma come ti permetti!? Kai, lasciami, è un ordine!-
-Su, non ti lamentare!- continuò con noncuranza Ari per poi farle segno col pollice alle sue spalle. -Ritieniti fortunata, la japonskie qui dietro fino a qualche mese fa avrebbe dato qualunque cose per trovarsi sulle ginocchia di Hiwatari e essere sculacciata per bene da lui! Anzi, sono certa che neanche ora non le dispiacerebbe!-
Hilary arrossì di colpo fino all'attaccatura dei capelli e si sentì morire.
Rei e Max strabuzzarono gli occhi sconvolti e ammutoliti, Kappa arrossì come un peperone e Daichi sghignazzò annuendo e dicendo: -Sì, è vero, è proprio vero!-  
Kai fece una smorfia disgustato e infastidito. Ottimo, evidentemente Takao se l'era cavata benissimo da solo, Ari sembrava tornata la stronza di sempre!
-Ari, ma cosa dici?! Cosa ti salta in mente!?- starnazzò sconvolta Hilary riuscendo incredibilmente a parlare.
-Suvvia Kai, possibile che devo dirti quello che dico sempre Yuri?- lo ammonì la ragazza beffarda, rimettendosi dritta. -Almeno due botte gliele potevi dare e la facevi contenta!-
Kai a quel punto, arrivato al massimo del disgusto, spintonò Claire per terra, che urlò presa di sorpresa per quel breve volo, e si alzò indignato, allontanandosi da quell'ammasso di persone, deciso più che mai ad ignorare Ari e ogni schifezza si facesse uscire dalla bocca. Era meglio restare zitto o avrebbe rischiato di nuovo di offenderla pesantemente!
-Et voilà!- fece Ari sarcastica, mostrando con un movimento del braccio la ragazza finita col sedere per terra. -Ed ecco a voi signori come si libera una persona dalle grinfie del temibile Hiwatari!-  
-Sei proprio una cafona indelicata!- la stroncò aspramente Claire tirandosi su da sola e spolverandosi il vestito con dei movimenti secchi delle mani.  
-Dire cose inopportune è il tuo modo per far calmare Kai?!- le diete manforte Hilary risentita.
-E poi ti sembra modo questo di girare in mezzo a tanti ragazzi?- continuò Claire isterica subito di seguito alla giapponese.  
Le due ragazze sembravano aver trovato una perfetta sintonia per dare contro ad Ari, e avrebbero continuato senza alcuna difficoltà se non le avesse zittite.
-Ehi, ehi! Calma voi due!- le frenò Ari. -Chiariamo una cosa, io non sono Hiwatari, se mi fate girare le palle vi faccio testa con testa e non ci penso due volte!-
Hilary parve ingoiare un brutto rospo, mentre Claire decise di abbassare il tono e rivolgersi di nuovo alla sua insopportabile cugina.  
-Potrei sapere perché giri in mutande in una casa piena di ragazzi?- le chiese per poi rivolgersi a Takao, rimasto imbambolato lì in mezzo. -Non le dici niente? Non ti dà fastidio che la tua ragazza vada in giro così?-
Takao parve preso alla sprovvista e bofonchiò qualcosa poco convinto. -Ma io veramente... no, cioè, lei sta sempre così, dorme in mutande, non è mai stato un problema per nessuno!-
-Confermo, non dispiace a nessuno!- aggiunse Rei furbesco facendo sghignazzare Max, che si nascose dietro qualche colpo di tosse fuori stagione, e lasciando sbigottita la francese che passò lo sguardo dai due ragazzi al giapponese.  
-Stai facendo una battutina sulla ragazza del tuo amico?- chiese scandalizzata a Rei squadrandolo con disapprovazione da capo a piedi, quanto bastava per farlo sentire a disagio.
-Claire, Rei sta solo scherzando! Vuoi per caso dirmi come devo essere geloso della mia ragazza?- le chiese Takao storcendo il muso e incrociando le braccia al petto.
-Te l'avevo detto che è pazza!- ribadì Ari distrattamente.
Claire sospirò. Quanta pazienza! Quella era sua cugina, sapeva già che non era normale, non si poteva certo aspettare che avesse degli amici tanto diversi da lei!
-Potresti andare a vestirti, per favore?- le chiese col tono più cortese che le riusciva in quel momento.
-Non posso! Takao mi ha riempito di pomata e devo aspettare che si asciughi, non posso infilare i pantaloni così!- le disse facendole notare il livido nell'interno coscia.  
La vista del livido fu accolta da una corale esclamazione di sorpresa da parte di tutti i presenti.  
-Wow! L'avete beccata per bene!- fece Max impressionato voltandosi verso Kai, che nel mentre si era accomodato poco distante, vicino all'ingresso del soggiorno.
E di nuovo, tutte le buone intenzioni di Claire di portare pazienza, furono demolite e sostituite dalla totale rassegnazione.
-Cielo Ariel, cosa hai combinato questa volta?!-
-Niente... sono finita accidentalmente in mezzo ad un rapporto omosessuale tra Takao e il suo fidanzato!-  
A quella battuta Hilary sbottò di nuovo, irritatissima dal fatto che avesse messo in mezzo Kai con la sua solita indelicatezza. -Ari, sei veramente insopportabile! Queste tue battute non sono per niente divertenti, smettila!-  
Come a volerla contraddire però, le risatine di Rei, Daichi e Max seguirono le sue parole perché in effetti loro la battuta l'avevano trovata piuttosto divertente.
Ari la squadrò dalla testa ai piedi con un'espressione beffarda che diede ancora di più sui nervi a Hilary, e infine la snobbò pure tornando a rivolgersi a Claire come se lei non le avesse detto niente.
-Quindi, perché sei venuta?-
-Takao, non le dici niente?!- continuò Hilary, prendendosela ora anche col giapponese che si ritrasse d'istinto sperando di rimanere il più possibile fuori da tutti quei discorsi. -Le permetti di parlare così a Kai!?-
-Suvvia, Hilary, scherzava....-
-Vorrei vedere te al suo posto!-  
-Tranquilla, Hilary!- questa volta fu Kai direttamente ad intervenire, più che altro per evitare che la ragazza si lasciasse sfuggire qualche cosa di troppo davanti a tutti. -Sinceramente poco mi importa delle sue battute squallide!-  
A quelle parole Hilary sembrò acquietarsi, ma rimase comunque estremamente offesa con Ari. Incrociò le braccia al petto e diede le spalle a tutti, rimanendo sulle sue senza più dare retta a nessuno.
-Beh, direi! Oramai ci avrai fatto il callo dopo un inverno con Boris che non faceva altro dalla mattina alla sera!- gli fece notare Claire. Ovviamente Kai, già abbondantemente indignato, non commentò.
-Quindi?- la incalzò Ari.
-Giusto! Intanto sono qui per controllare come stai, e vedo che stai piuttosto bene....-
-Si è ripresa alla grande, direi! Fino a ieri era tutta morta, tutta depressa! Era tipo "meglio se non parlo altrimenti ti stacco la testa"!- esclamò Daichi con tanto di smorfie per far vedere quanto depressa fosse la ragazza nei giorni precedenti e facendo scoppiare a ridere gli altri. Claire scoccò un'occhiataccia a Kai che si voltò risentito dall'altra parte.     
-Che sciocchezze!- borbottò a mezza bocca Ari, ma immediatamente Max e Rei colsero la palla al balzo per contraddirla.
-Sciocchezze?- chiese il biondo affiancandola, e portando i pugni sui fianchi. -Rei vogliamo ricordarle come ha risposto a Hitoshi?-
-Parola per parola?- chiese Rei furbo mettendosi dall'altro lato della ragazza che li guardò diffidente, appoggiandosi col braccio sulla sua spalla.
-Parola per parola!- confermò Max annuendo.
Rei tirò fuori dalla tasca un foglio ripiegato, lo aprì con un colpo di polso e lo sollevò con fare solenne davanti agli occhi.
-Ecco la tua risposta all'affermazione di Hitoshi di essere il tuo allenatore!- esordì.  
-Ve la siete scritta?- chiese Ari incredula fissando il foglio che Rei teneva alto davanti a sé.
-E certo! Una perla del genere.... e non solo! Noi ce le scriviamo tutte, abbiamo un quaderno intero con le uscite di Takao catalogate per idiozie, compromettenti e memorabili!-
-Ehi!- protestò Takao sconvolto. -Begli amici che siete!-
-Le voglio leggere!- saltellò Daichi euforico. -Poi me le fate leggere?-
-Certo!- disse Rei. -Poi abbiamo una pagina e mezzo con quelle di Kai!-
-Sai, è sempre conciso, parla poco ma quando lo fa...-  
-È stronzo!- completò prontamente Ari al posto di Max.
-Eh, sì... avrei usato un'altra parola, ma ok! E ora prego, Rei, rinfrescale la memoria!-
Il ragazzo si schiarì la voce e iniziò a leggere come se si trattasse di un proclama ufficiale. -Per quanto mi riguarda, tu sei l'allenatore di un bel cazzo di niente!- pausa ad effetto per permettere ai presenti di cogliere a pieno ogni parola. -Non hai alcuna autorità su di me, vediamo se comprendi: in questo momento non c'è nessuno al di sopra di me, e l'unica autorità che riconosco è quella di Yuri, e anche di questa in tutta sincerità me ne sbatto le palle!- altra pausa. -Tu sei solo suo fratello (e qui si riferiva a Takao ovviamente) quindi vedi di stare al tuo posto e di rivolgermi la parola il minimo indispensabile perché mi irriti.-
-Il mi irriti è stato un tocco di classe inaspettato!- commentò Max sinceramente colpito. -Mi aspettavo di più un mi "stai sul cazzo", mi hai sorpreso!-
-Ah be! A certi professori ha risposto cose ben peggiori!- disse Claire che non era rimasta per niente impressionata.  
-Quindi, vuoi ancora negare che stavi nera fino a ieri?- chiese Max sorridendo furbo, convinto di averla fregata.  
-E le cazzate che dite voi non le trascrive nessuno?- gli chiese Ari guardandolo di sbieco.  
-Devo continuare?- chiese Rei, con ancora il foglio davanti. -Quando gli hai detto che non può buttarti fuori dalla squadra. E poi c'è anche l'intervento di Kai dove dice che la sua presenza tra noi è solo una sua gentile concessione....-
-Che classe!- fece Max ammirato. -È sempre così carino!-  
-Ragazzi potremmo sorvolare su tutta la faccenda, per favore?- chiese Takao leggermente nervoso, visto che Ari non sembrava molto contenta che le ricordassero del suo pessimo umore dei giorni precedenti.  
-Ma certo Takao, tranquillo!- fece prontamente Rei. - Dopo tutto sei stato così bravo, un vero maestro!-
-Un maestro?- chiese il giapponese senza capire.
-Kai ce l'ha detto che stanotte sei uscito per recuperarla!- continuò Rei dando una pacca sulla spalla dell'amico, per poi continuare con tono malizioso. -L'hai rimessa a nuovo! Un cambiamento da così a così, bravo al nostro Drago Azzurro!-  
-Ti sei accorto che sono uscito?- chiese Takao a Kai.
-E che siete rientrati e vi siete chiusi in camera tua!- precisò Max fulmineo.   
-E che c'entra il Drago Azzurro?- chiese ingenuamente Takao.
-Questi dettagli potreste risparmiarveli!- borbottò Claire disgustata solo all'idea di quei due insieme, mentre Kappa e Hilary non ebbero bisogno di immaginarseli. Purtroppo per loro gli bastò ricordare come li avevano trovati poco prima in camera di Takao per tornare paonazzi.
-Ah... beh, mi dispiace, non volevo svegliarti...- fece Takao ignorando totalmente le frecciatine.
-Cielo Takao, sei andato sbattendo ovunque!- gli fece notare Kai con una nota isterica nella voce. -Che diamine ti costa accendere le luci, hai svegliato mezzo vicinato!-  
-Ma dai... questa volta ho preso solo il divano in pieno, non ho fatto tanto rumore!- si difese il giapponese.
-L'hai preso in pieno e ti sei cappottato a terra. Hai pure imprecato e in tutta sincerità non pensavo proprio che conoscessi certe parole!-
Takao arrossì di colpo. -Ma... ma che cavolo di udito hai?!-
-Non ti preoccupare Takao, non sei stato tu a svegliarlo!- lo rassicurò Rei, lanciando un'occhiata furba al nippo russo. -Semplicemente non chiude occhio da tre notti!-  
Kai si irrigidì di colpo a quelle parole. Accidenti a Rei, non gli si poteva nascondere nulla!
-Ah, e perché?- chiese Takao.
Kai digrignò i denti esasperato. Quell'idiota di Takao gli stava servendo tutto su in piatto d'argento! Perché diamine non stava zitto?!
-Evidentemente era troppo preoccupato per riuscire a dormire!- come era oramai ovvio, Rei non si risparmiò. Ma che cavolo di gusto ci trovava a impicciarsi in fatti che non erano i suoi!? In certi momenti Kai avrebbe voluto zittirlo a suon di schiaffi! Cielo, ma perché stava ancora a subire quel branco di idioti!?   
-Se eri preoccupato perché non hai fatto niente!?- lo rimproverò Claire prendendosela di nuovo con lui.   
-Non ero preoccupato, e non sono la sua balia!- puntualizzò cercando di restare calmo.  
Proprio quando sembrava che Claire stesse per tornare all'attacco sulla faccenda, Ari uscì dalla porta alle sue spalle con una tazza di caffè in mano, richiamandola.
-Quindi Claire, quale dei tre ti ha mandato a controllarmi?-  
-Nessuno dei tre, anzi, Yuri nemmeno voleva che venissi qui stamattina!-  
-Che stronzo...- sbottò Takao.  
-Avrà i suoi buoni motivi!- lo rimbecco la francese.  
-Io non ne vedo!- disse Takao improvvisamente serio.
Claire decise di piantarla lì con quella discussione sterile e squadrò la cugina da capo a piedi. -Quando ti sei messa i pantaloni?- chiese notando solo ora che Ari indossava i pantaloncini neri della tuta.  
-Mentre Rei sparava cazzate!- disse spiccia sedendosi accanto a Kai sorseggiando il caffè.
-Comunque, sono qui perché ho novità, ragazzi! Novità per voi sul campionato, e novità per te, Ariel!-  
L'attenzione di tutti i presenti fu catturata in un attimo, si raccolsero immediatamente attorno a lei incuriositi.  
Claire, gratificata da quel risultato, si diede un tono, raddrizzò per bene le spalle e, scostandosi un ciuffo di capelli dal viso, riprese a parlare.  
-Per varie ragioni sono coinvolta nell'organizzazione di alcuni eventi di questo campionato, e in esclusiva posso finalmente dirvi che prima dell'inizio ufficiale si terrà un torneo amichevole tra le quattro squadre che si saranno già qualificate per quest'anno.-
La notizia fu accolta con grande entusiasmo da parte di tutti, tranne che da Kai e Ari.
-Wow, che figata!- esclamò Max entusiasta.  
-Interessante, potrò raccogliere dati e testare la preparazione nostra e degli avversari!- concordò Kappa.
-E non è tutto, ora arriva la parte più bella!- continuò Claire. -Questo torneo amichevole avrà la durata di una settimana e si svolgerà in un tour sulla crociera più bella e lussuosa della flotta Stella Marina. Ogni giorno ci fermeremo in una città diversa dove si svolgeranno gli incontri amichevoli. Sarà magnifico!-  
-In crociera!?- chiesero tutti all'unisono. Kai e Ari, che non avevano mai fatto parte di questo "tutti", sbuffarono. Solo l'idea di dover passare una settimana intera rinchiusi su una nave piena di gente faceva venire l'orticaria a entrambi!
-Esatto! Ci sarà da divertirsi, è un evento importante e sarà seguitissimo! È vero che il beyblade non è uno sport professionistico, ma ci sono comunque non sacco di sponsor e investitori appassionati, per non parlare del pubblico che vi segue e della stampa...-
-Sì, ma hai detto che ci saranno quattro squadre! Quali saranno le altre tre?- chiese impaziente Takao.
-Voi, i Demolition Boys, i Baiutzu, e la squadra europea che uscirà vincitrice dalle qualificazioni la settimana prossima.  
-Che palle, non c'è niente di più inutile di un'amichevole!- sbottò Ari, incrociando le gambe e finendosi il suo caffè. E evidentemente Kai era della stessa opinione a giudicare dalla più che eloquente espressione schifata stampata sulla sua faccia.  
-Dai Ari, sarà divertente!- disse ottimista Takao. -E poi sarà come stare in vacanza su una crociera super fighissima! Scommetto che si mangerà dalla mattina alla sera!-
-E ci sarà anche la piscina?- chiese Daichi curioso.
-Ovvio, ce ne sono tre, e ci sono anche gli scivoli acquatici!-  
-Noooo! Sul serio?! Io adoro gli scivoli acquatici!- esclamò gasatissimo Max con gli occhi che brillavano già solo all'idea. -Starò tutto il tempo in acqua, io ho avvisato!-  
-E mi raccomando portate anche l'abito elegante per le serate di gala!-
-Wow! Ci saranno delle serate di gala!?- chiese Hilary sognante. -In abito lungo quindi!-
-Che strazio!- si lagnò Daichi.
-Ovviamente mia cara!- Confermò Claire ignorando il piccoletto. -Io e Ayumi nei prossimi giorni andremo a fare shopping, vieni con noi, vero?-  
-Che bello! Certo che vengo con voi, e poi sarebbe magnifico avere i tuoi consigli!-
-Perché non vi portare anche Ari?- propose immediatamente Rei sfoggiando un sorrisetto scaltro. -Sarebbe carino coinvolgerla, non trovate?-
-Ahahah! Molto divertente, Rei!- sbottò sarcastica la ragazza presa in causa, scoccandogli un'occhiataccia.
-Giusto, non si può certo presentare in anfibi alla serata di gala!- convenne Max sghignazzando.
-Non sarebbe carino per niente portarmela dietro!- li troncò Claire con tono di rimprovero. -Mi è bastato andare a fare shopping con Yuri e Kai ed è stato un supplizio! Non ho intenzione di ripetere l'esperienza con una che sembra un concentrato dei difetti di tutti e due!-
-Yuri e Kai sono venuti a fare shopping con te?!- chiese Takao ridendo immaginandosi già la situazione ai limiti del reale.  
-E tu evita di ridere sotto i baffi!- fece aspra Claire rivolgendosi a Kai. -Sei stato proprio un infame!-
-È stato Yuri a chiedermi di fargli compagnia.- si difese Kai con finto tono innocente. -Che amico sarei se mi tirassi indietro nel momento del bisogno!-
-Potevi evitare di fare lo stronzo!-  
Ma invece di offenderlo, sembrò gratificarlo perché gongolò ancora più gratificato per essere riuscito perfettamente a sabotare l'idilliaco piano di quella stupida oca.
-È la cosa migliore che gli riesce, gli stai solo facendo un complimento!- le fece presente Ari.  
-Comunque Ari tu non ti presenterai in anfibi, questo è sicuro!- riprese il discorso Claire. -Ci penserò io a te ovviamente. Ora, tornando alle cose importanti, ho una sorpresa per te, anzi due!- continuò sorridendole dolcemente. -Iniziamo da questa però....- prese la borsa e tirò fuori un pacchetto e glielo porse.
Totalmente scettica, Ari afferrò il pacchetto giallo e se lo rigirò tra le mani lanciandole un'occhiata ammonitrice. Non le piaceva l'espressione di Claire, sembrava elettrizzata manco se il regalo fosse stato per lei.  
-Dai, dai aprilo!- la incitò emozionata battendo le mani. -È un pensiero molto dolce che la mamma ha voluto farti e ora sono certa che lo apprezzerai!-
-Spero per te che si tratti della colazione!-  
-Non è la colazione Ariel, smettila con questo tuo cinismo ad oltranza, non è divertente!-
Tutti gli altri si radunarono immediatamente dietro di lei incuriositi mentre apriva il pacchetto e tirava fuori il contenuto.  
Era un mazzo abbastanza consistente di fotografie, almeno una cinquantina sicuro. La prima in cima ritraeva due bambine piccole sedute sotto un albero. Iniziò a sfogliarle frettolosamente, cercando di capire che cosa fosse quella roba, lasciando tutti col fiato sospeso, riuscendo a scorgere ben poco da dietro le sue spalle.
-Ne ha fatte due copie, una per te e una per me.- spiegò Claire entusiasta. -Ha trovato i negativi e le ha fatte duplicare, sono le foto di quando eri piccola, ci sono anche le foto dei tuoi genitori e....-
-E cosa dovrei farmene io di 'sta roba?- chiese dimostrando un'insensibilità disarmante.
-Come 'sta roba, Ariel?- chiese scandalizzata Claire.  
-Ma Ari, è un pensiero bellissimo!- le fece notare Max.  
-Infatti, se qualcuno mi regalasse delle foto di mia madre io sarei felicissimo!- convenne Takao sedendosi al suo fianco.
-Ma non mi dire! Questo è perché voi ragazzi quando si tratta della mamma non ci capite più un cazzo!- li freddò aspra e spietata.-Da come è arrossito Max direi che ne abbiamo uno, e con Takao siamo a due!-
-Certo che hai proprio un cuore di pietra!- le rinfacciò Daichi, e per la prima volta Hilary non lo riprese per l'eccesso di sincerità. -Ce l'avessi io una foto dei miei genitori!-  
-Cazzo, siete insopportabili! È solo carta...-
-Potresti fare almeno lo sforzo di guardarle?- le chiese Claire incrociando le braccia spazientita. -O devo dare ragione a Yuri quando torno? Non voleva che venissi qui a mostrartele perché secondo lui non te ne sarebbe fregato niente e non avresti reagito bene!-
-Visto! Yuri mi conosce bene, fidati di lui la prossima volta! Di queste stronzate sentimentali io non me ne faccio proprio un cazzo!-
E fu quasi sul punto di sbattergliele in faccia quelle maledette foto, ma una mano le afferrò con gentilezza il braccio frenando quell'impulso.
-Dagliela un'occhiata, e poi buttarle se vuoi, che ti costa?-  
Si girò verso Takao che le sorrideva rassicurante come suo solito.  
Dargli retta o meno? Guardò di nuovo quel mazzo di fotografie che aveva tra me mani.  
Per diversi secondi parve combattuta e non disse niente, continuando a fissare prima le foto e poi la mano di Takao stretta sul suo braccio. Nessuno osò parlare, sia perché troppo sorpresi dal fatto che Ari sembrasse avergli dato ascolto, che per la paura di farle cambiare idea con qualche parola sbagliata.
-Guarda 'ste foto e falla finita!- si intromise bruscamente Kai spazientito da tutta quella perdita di tempo. Cavolo, lui si stava allenando così tranquillamente quella mattina e invece no, aveva dovuto subire prima le molestie di quella francese da strapazzo e ora le chiacchiere di tutti quei cretini! Non gliele fregava niente delle foto di Ari, voleva solo che si spicciassero e che Claire se ne tornasse da dove diavolo era venuta!
-Tsk, è ridicolo!- sbottò Ari storcendo la bocca in una smorfia disgustata, ma per fortuna l'irruenza di Kai non la fece desistere dalla richiesta di Takao, e anzi si decise ad accontentarli. Iniziò a sfogliare le foto una dopo l'altra senza prestare troppa attenzione.
Claire era impressionata! Quel giapponese idiota fissato con le trottole era riuscito a far ragionare sua cugina, e addirittura a convincerla a fare qualcosa che Yuri aveva dato per scontato che lei non avrebbe fatto!?
-Ehi, rallenta, così non vedrai niente!- le fece notare Daichi.
-Oh, guarda questa!- Takao le prese una foto dalle mani, prima che la passasse alla fine del mazzo, e la sollevo per farla vedere meglio anche ai ragazzi dietro di loro. -Questa è la foto del matrimonio dei tuoi genitori! Come era bella tua mamma!-
-Sì, splendida!- lo liquidò Ari distrattamente, passando alla foto seguente di sua madre e sua zia sedute ad un tavolo imbandito a festa.  
-È vero, era molto bella. Sembra una fata!- convenne Hilary osservando la giovane donna bionda ritratta sulla foto in questione. Il suo abito da sposa era semplice e tra i capelli color grano aveva intrecciati dei fiori di campo. Sembrava la donna più felice del mondo stretta al braccio del suo sposo, un uomo sulla trentina alto, dal fisico impostato, bruno e con degli occhi celesti e luminosi come gemme. -Anche tuo padre era un bell'uomo!-
-E questa e tua mamma, Claire!- Max indicò la donna bruna al fianco della sposa.  
La ragazza si sporse per vedere la foto e annuì.  
-Le assomigliate molto!- notò Rei. -Tranne per gli occhi, Ari li ha uguali a sua mamma.-
Intanto che gli altri ciarlavano su quella foto, Kai buttò un occhio sull'ultima che Ari stava fissando. Non si era soffermata su nessuna in particolare, ma su quella sì e la cosa gli parve strana. Osservò lei, ma non tradiva alcuna emozione, sempre dura e fredda, e poi di nuovo la fotografia tra le sue mani. Dovevano essere lei e sua madre. Lei poteva avere forse cinque anni e stava in braccio a sua madre che, a giudicare dal pancione, doveva essere su per giù al sesto mese di gravidanza.
-Ari...- le parlò in un sussurro e le porse la mano. Non voleva che gli altri se ne accorgessero intanto che erano distratti dalla foto del matrimonio o quello che era. -… posso vederle anche io?-  
Lei non alzò nemmeno gli occhi su di lui, gliele passò tutte senza fiatare e si voltò verso Takao incrociando le braccia.
Le diede un'altra occhiata per essere sicuro che fosse tutto ok, ma lo sapeva, Ari non era tipo da far trapelare nulla.  
Velocemente controllò tutte le foto per capire che altre sorprese potevano esserci, anche se era difficile poterne trovare, erano scatti piuttosto normali di una famigliola felice.
-E questa chi è?- chiese Takao curioso indicando la donna alla destra del papà di Ari, sempre sulla stessa foto del matrimonio. Era molto bella, i tratti del volto erano perfetti, i capelli lunghi e argentei ricadevano ondulati sulle spalle, ma ciò che catturò l'attenzione di Takao fu lo sguardo intenso e fiero, che dava l'idea di un carattere forte e deciso.  
Claire la guardò e poi si strinse nelle spalle. -Non lo so, deve essere la testimone di nozze, anche mia mamma lo era.-
-Accidenti, le russe sono impressionati!- commento Rei con un sospiro. -Belle ma fredde come il ghiaccio!-  
-E tu che ne sai che è russa?- domandò Max incuriosito.
-Si vede lontano un miglio!- disse cinese. -Hanno quel qualcosa.... anche sua mamma era russa, vero?-
-Ma che avete, il radar per le russe voi ragazzi?- chiese Claire. -Anche Boris ha notato che la madre di Ariel era russa, e se n'è uscito con delle battute infelici sul fatto che non fosse ariana!-
-Eppure... ho come l'impressione...- esordì Takao titubante catturando l'attenzione dei presenti.  
-Cosa?- chiesero tutti incuriositi.
-Mi ricorda qualcuno! Ne sono sicuro... mi sembra di averla già vista o comunque assomiglia a qualcuno che conosco!-  
-Se avessi visto una che assomiglia a questa ragazza, io non me la sarei dimenticata così facilmente!- disse gioviale Rei.  
-Sul serio Rei, non so cosa sia, ma ha qualcosa....- Takao si avvicinò la fotografia per osservare meglio la giovane donna dai capelli argentati. Forse erano quelli, forse era solo suggestione, magari gli ricordavano i capelli di Ari, li aveva sciolti, lunghi e ondulati come lei adesso.  
-Takao... non ti starai fissando?- chiese Hilary scettica.  
Osservò bene il viso. La pelle era candida, e poi rimase folgorato da quello sguardo ametista. Allontanò la foto e schioccò le dita trionfale.
-Ecco cosa! Sono gli occhi!- esclamò contento. -Questi occhi io li ho già visti!-  
Ari guardò la foto in questione, prestandogli finalmente attenzione.  
-Quella è zia Anya!- sentenziò laconica sorprendendo i presenti.  
E, sorpresa delle sorprese, Ari continuò a parlare con una spensieratezza impressionante, sotto lo sguardo sconcertato dei ragazzi. Sciolse le gambe e le lasciò penzolare giù dondolandole avanti e indietro e alzò gli occhi verso il cielo limpido e azzurro.
-Ogni tanto veniva a trovarci e mi preparava la panna cotta. Era buona, ma sapeva cucinare solo quello, lo diceva sempre!-   
Kai smise immediatamente di sfogliare le fotografie, pietrificato.  
-Ari... non esiste nessuna zia Anya, tua madre era figlia unica!- le fece presente Claire titubante trovando la faccenda, non sapeva perché, un tantino inquietante.  
-Forse era un'amica di famiglia.- ipotizzò Kappa. -Dopo tutto era la testimone di nozze, molto probabilmente si faceva chiamare zia per questo.-
-Ti ricordi di una sconosciuta che ti preparava la panna cotta ma non ti ricordi di me e di mia madre?- fece offesa Claire.
Ari fece spallucce con indifferenza e continuò a parlare disinvolta.  
-Mi piaceva la zia Anya, era tosta! Fu lei a regalarmi Drawind...- piegò tirando fuori dalla tasca del pantaloncino il suo beyblade e osservandolo quasi con una punta di nostalgia. -Ma non si chiamava così, aveva un altro nome che a me non piaceva, non mi piaceva affatto, così gliene diedi uno io....-
Ari si interruppe e aggrottò la fronte. Il suo sguardo si fece più intenso e l'espressione tornò  dura.  
-E come si chiamava?- chiese Daichi curioso.
Giusto, come si chiamava! Questa era la domanda! Serrò la mascella e continuò a fissare il beyblade grigio e giallo stretto tra le sue dita. Solo ora ci stava pensando, se ne stava rendendo conto, il primo nome del suo Drawind... ma come....
-Allora, quale era il suo nome?- chiese questa volta Max.
Kai si sporse oltre lei e prese dalle mani di Takao la fotografia del matrimonio e rimase in silenzio ad osservarla. Nessuno ci fece caso, erano tutti incuriositi e volevano sapere da Ari quale brutto nome era toccato a quel bey per meritarne uno nuovo.
Alla ragazza bastò una sola occhiata per capire. Strinse il bey nel pugno e i capelli le ricaddero davanti al viso, provando un insieme di sensazioni confuse e contrastanti. Ecco come!
-Ari, ti sei incantata?- le chiese Takao passandole una mano davanti agli occhi.
-Tre...- sibilò alzandosi. Lo sguardo si era fatto cupo improvvisamente, come un cielo tempestoso.  
-Tre?- chiesero gli altri perplessi.  
-Beh... io non ne capisco di beyblade, ma effettivamente non mi sembra un gran bel nome, diciamo manca di originalità!- disse Claire piuttosto confusa.
Ari non risposte, fece solo qualche passo avanti verso il centro del giardino, passandosi una mano tra i capelli buttandoli indietro. Prese a mordicchiarsi l'unghia del pollice cercando di riorganizzare i pensieri e le idee, di analizzare tutto ciò che sapeva e che ricordava.
-Ari... è tutto ok?- chiese Takao perplesso, venendo ignorato.
Prese a muoversi nervosamente avanti e indietro. I ragazzi iniziarono a scambiarsi delle occhiate per sapere se almeno uno loro ci avesse capito qualcosa.
Alla fine si voltò di scatto verso Kai, fermando i suoi occhi su di lui che si trovò costretto al alzare la testa sconcertato e allibito.
-Eaglborg!- soffiò grave, schiacciando Kai con l'impetuosità del suo sguardo e del suo tono accusatorio. -Perché tua madre mi ha procurato un bey della Borg?-
Gli parlò in russo, lasciando gli altri all'oscuro.  
Ma Kai era senza parole, senza fiato. Non riusciva a ragionare, figuriamoci a parlare e a dare delle riposte. Era più confuso di lei, lei che riusciva a rimanere fredda davanti alle fotografie dei suoi genitori, lei che prendeva tutto con una razionalità disarmante. Lui solo adesso si stava riprendendo da quell'inaspettata sorpresa, ed era talmente stordito da non riuscire a pensare tra le mille domande che si stavano affollando nella sua mente. Sapeva solo che sua madre era in quella fotografia. Non sapeva perché, non sapeva come mai lei e i genitori di Ariel si conoscessero, come mai fosse così amica da essere la testimone di notte e da farsi chiamare addirittura zia da loro figlia. Le faceva la panna cotta... pensava che la preparasse solo per lui!  
Non sapeva rispondere a nessune di queste domande, figuriamoci se poteva rispondere a quelle di Ari che sicuramente era molto più avanti di lui.
-Io... non lo so... non so niente.-
Ma Ari era già andava oltre. Quella donna era ciò che l'aveva legata alla Borg quindi. Ma perché? Perché proprio lei che aveva una famiglia? I suoi genitori lo sapevano di cosa si trattava? Si fidavano di lei questo era ovvio, ma fino a che punto erano coinvolti? Fino a che punto era coinvolta quella donna? Che razza di meccanismi c'erano dietro?  
Gli altri erano tutti orfani, trovatelli, bambini abbandonati finiti in quel monastero, allora perché la madre di Kai le aveva dato quel beyblade? Era destinata a finire lì dentro ancora prima della morte dei suoi?  
Anya.... Era ovvio che fosse coinvolta, dopo tutto era una Hiwatari, ma fino a che punto si era spinta?
Cazzo! Aveva voglia di lanciare quel fottuto beyblade il più lontano possibile da lei, che nervi! Aveva troppe domande e troppi pochi elementi.
-Qualcuno ci ha capito qualcosa, ragazzi?- chiese Daichi confuso tanto quanto gli altri.
-Yuri aveva ragione!- disse all'improvviso.   
-Cosa?- chiese Claire sorpresa.
-Non avresti dovuto mostrarmele! Rivangare il passato porta solo rogne!-
-Ecco!- disse di punto in bianco Takao battendosi il pugno sul palmo della mano. -Ha gli stessi occhi di Kai! È tua madre, vero? Per questo Ari ha detto tre?- chiese candidamente al ragazzo seduto accanto.
Kai sussultò e istintivamente si ricompose tornando quello di sempre. -Non sono affari tuoi!-
Ari si avvicinò a Kai e si chinò verso di lui per recuperare il mazzo di fotografie che aveva lasciato al suo fianco. Kai inconsciamente strinse tra le dita la foto che aveva tra le mani.   
-Quella tienila pure se vuoi!- gli sussurro in russo prima di voltarsi verso Claire e porgerle le foto.
-Portatele se non vuoi vederle nella pattumiera!- le disse spiccia. -E contatta tua madre, se ha altre foto dove è presente questa donna falle avere a Kai!-  
-Ma Ari....- protestò delusa Claire prendendo le foto.  
Ari entrò in casa senza dare più retta a nessuno. Aveva bisogno di fumare, doveva ragionare, e forse era anche meglio cambiare ambiente, lì c'era troppa gente, troppa confusione, ma dove poteva andare? Nell'ufficio nel capannone degli Shell Killer non aveva alcuna voglia di tornarci per ora, e non le veniva in mente nessun altro posto.
Si sciacquò velocemente in bagno, si mise qualcosa addosso, recuperò le sigarette e uscì di nuovo in giardino. Erano ancora tutti lì a fare chiacchiere.  
Si legò i capelli in una coda e si accese la prima sigaretta, sedendosi sotto la veranda, quanto più lontano possibile da loro.
-Ma che sta facendo? Che le è preso?- chiese Kappa a bassa voce, osservandola di sottecchi come anche gli altri.
-Sta ragionando!- spiegò Takao picchiettandosi con l'indice la tempia.  
L'aveva già vista diverse volte all'opera. Lei si metteva in un angolo, si concentrava, ogni tanto si mordicchiava l'unghia del pollice o fumava e a volte, quando i pensieri si facevano particolarmente intensi, iniziava a far tremare la gamba per scaricare la tensione. Il quel momento Ari stava rielaborando i dati che aveva a disposizione per arrivare a un quadro della situazione più chiaro.  
-Però è stata carina a chiedere a Claire di procurartene altre!- fece voltandosi verso l'amico.  
-È vero, una gentilezza inaspettata!- convenne Claire osservando la cugina.  
-Non capisco la tua sorpresa, Takao.- disse Kai. -Non sei stato tu a chiederle di passarci sopra?-
-Assolutamente no! Anzi, è da ieri notte che ho una gran voglia di prenderti a calci, se non l'ho fatto è solo perché voglio chiudere questa storia.- gli disse con uno stranissimo sorriso sulla faccia, di quelli cordiali e tirati che ricordavano tanto il non Takao e che lasciò gli altri sbigottiti. -Ma fidati, non sai quanti te ne meriteresti!-
Kai non prese per niente bene le parole di Takao. Ma come diamine si permetteva di prendersi tanta libertà nei suoi confronti? E poi che cosa voleva dire che voleva prenderlo a calci? Ari gli aveva parlato? E di preciso cosa gli aveva detto per tirarselo così dalla sua parte?
-Questo è tutto da vedere se sono io a meritare di essere preso a calci!-
-E poi vedremo.... più tardi vedremo!- Takao continuò con quel finto tono cordiale che lo faceva apparire estremamente strano. -Ora non è il momento.- concluse proprio mentre Ari si alzava dal suo posto e li raggiungeva con passo svelto, ancora assorta nei suoi pensieri.
-Ari, c'è ancora la seconda sorpresa...- le fece Claire, ma Ari la ignorò. Si era alzata dal suo angolo solo per avere l'informazione che avrebbe confermato una delle sue ipotesi, e si rivolse direttamente a Kai, senza barare alla presenza degli altri.
-Il cognome di tua madre da nubile! Anastasia...?-
-Romanova.- risposte secco Kai.
-Interessante....- sussurrò Ari e una luce trionfale si accese nei suoi occhi.
-Cosa è interessante?- chiese Daichi incuriosito.
-Sul serio?- chiese Max.
-Anastasia Romanov?- fece Claire poco convinta.
-Come la principessa!- disse Hilary.
-In che senso come la principessa?- chiese Daichi.  
-La principessa Romanov.... La principessa perduta!- gli spiegò Claire.
-Vero! Hanno lo stesso nome!- notò Kappa.
-E chi sarebbe?- chiese il piccoletto senza capire e venendo ignorato.  
-Lei era la principessa Anastasia Romanova!- puntualizzò Kai con una punta d'acidità.
-Non la stessa, spero!- disse Claire trovato la faccenda piuttosto ridicola. -Nel senso che per te era come una principessa?-
-Nel senso che lei era nobile di nascita! Ereditò il titolo di principessa.-
-Quindi se tua mamma era una principessa, vuol dire che anche tu sei una principessa!- esclamò Daichi palesando uno dei suoi soliti ragionamenti insensati.
-Al massimo è un principe!- gli fece notare Hilary aspra.
-Silenzio!- li ammonì Ari severamente, che nel mentre era rimasta lì a rimuginare in silenzio. -Kai dammi conferma: la fenice te l'ha donata tua madre?-
-Io non lo so, non ricordo....-
-L'hai ricevuta da tua madre, ok!-  
-Come fai a dirlo? Come fai a essere sicura che non appartenesse alla famiglia Hiwatari?- le chiese Max.
Ari parve addirittura infastidita dalla domanda e parve soppesare per un attimo se valesse o meno sprecarsi a dare una risposta.
-Me lo dice il suo nome e me lo conferma il suo cognome!-
-E cioè?- la incalzò Takao.
-Il nome Anastasia significa resurrezione. Il concetto di resurrezione, di morte e rinascita è strettamente legato alla Fenice di fuoco. Spesso, quando le famiglie sono consapevoli di custodire un animale sacro, al futuro custode viene dato un nome che lo leghi a lui in suo onore. Per esempio il mio nome è legato all'elemento dell'Aquila Bianca.-  
-Oh sul serio?- chiese Takao sorpreso.  
-Io pensavo che ti chiamassi come la sirenetta!- disse Max deluso.
-La che?- chiese Ari confusa.
-La sirenetta sai...- le spiegò il biondo facendo ondeggiare su e giù la mano mimando il movimento delle onde, sempre più imbarazzato sotto lo sguardo severo di Ari. -No, eh?-
-Ma ti pare che conosce 'sta roba da femmine?- gli chiese Takao disincantato.  
-Ariel è lo spirito dell'aria nella commedia "La tempesta" di Shakespeare. Smettetela di divagare!- li rimproverò. -Il cognome.... Ho bisogno di spiegartelo? Pensaci Kai, chi ha creato Black Dranzer?-
Kai sussultò. Cavolo era così ovvio!
-Esatto, la serpe in seno della famiglia imperiale, Grigorij Rasputin. Si deve trattare di un qualche ramo cadetto, ma la Fenice è rimasta sempre in mano ai Romanov, fino ad arrivare a te.-  
-Wow che figata!- disse Max impressionato. -Sembra uno di quei misteri da film!-
-Ma cosa lega tutto questo.... che nervi! Perché c'è sempre qualcosa che mi sfugge!?- disse tra sé e sé Ari riprendendo a mordicchiarsi il pollice. -E cazzo, perché non riesco a togliermi dalla testa la parola "principessa"?-  
-Forse è perché la stanno ripetendo senza tregua!- le fece presente Kai.
Ari si voltò verso i ragazzi e li fulminò con uno sguardo omicida. -Allora finitela, state interferendo coi miei ragionamenti!-  
-Ok, ok! Rilassati Sherlock, per oggi hai risolto abbastanza misteri!- disse Claire.
-Mi pare di non aver risolto un bel niente!-
-Scherzi? Hai scoperto un sacco di cose cool!- disse Max ancora più gasato.  
-A voi sembra tanto, a me sembra niente invece! È come se fossi rimasta ferma sempre sullo stesso punto! Ho troppe poche informazioni.... Perché? Perché la Borg?- rabbiosamente si batté un pugno nel palmo della mano. -Basta! Ho bisogno di distrarmi, mi sto impantanando. Forza, datemi un altro argomento valido!-
-Io ce l'ho!- rispose prontamente Claire alzando la mano.
-Sentiamo!-
Prese di nuovo la borsa e tirò fuori questa volta una carpetta azzurra e gliela porse.  
-Quindi, qualche mese fa stavi lavorando sui beyblade di Yuri e i ragazzi, ti ricordi?-
Ari grugnì come segno d'assenso, mentre iniziava ad esaminare i fogli che aveva tra le mani.
-Bene, casualmente ho trovato i tuoi progetti...-
Ari inarcò un sopracciglio, alzò gli occhi dalla pagina e la fissò scettica.
-Casualmente...-  
-Sì!- confermò Claire. -E mi sono sembrati interessanti e per non sbagliare....-
-Erano protetti da password!-  
-Beh, allora "Kaièunfrocettodelcazzo" non è un granché come password!-  
Max e Rei scoppiarono a ridere, mentre Hilary diventava viola dalla rabbia.
-Ari!- sospirò Takao rassegnato.
-Che c'è?-
-E lasciare la lista degli insulti sotto il materasso non è molto furbo se vuoi proteggere i tuoi lavori da occhi indiscreti! Non lo sai che le password non si scrivono da nessuna parte?-
-Mi vengono in mente troppi insulti quando si tratta di lui, non volevo rischiare di confondermi e perdere il lavoro!-
-Allora evita di usarmi per le tue password la prossima volta!- le disse stizzito il diretto interessato.
-Bene, allora la prossima volta che mi fai incazzare ti conficco direttamente una forchetta nella coscia! Sarà sicuramente più appagante che scrivere una lista di insulti!-
-A proposito della lista, poi ce la farai leggere, vero?- chiese Max con le lacrime agli occhi per le risate.
-Chiedilo a Boris, credo che se la sia incorniciata.- disse Claire.
-Hai coinvolto anche Boris?!- chiese Ari scocciata da tanta invadenza.
-Oh signore!- sospirò rassegnato Kai coprendosi il viso con una mano.
-Erano scritti in russo, che altro potevo fare?-
-Ok non è un problema, glielo chiedo subito!- affermò Max tirando fuori il cellulare e iniziando a scrivere il messaggio.
-Chiedigli la versione integrale!- gli consigliò Claire. -Ce n'erano alcuni su Yuri veramente di pessimo gusto che hanno fatto arrossire persino lui! Ora tornando a noi... Dicevo che ho mostrato a papà i tuoi progetti per i nuovi beyblade dei ragazzi e ne è rimasto così tanto colpito che ha deciso di finanziare il tuo lavoro! Hai i fondi per fare tutto: reperire i materiali, prendere assistenti, consulenti, macchinari, laboratori.... Ha già parlato con il presidente Daitenji e puoi iniziare praticamente da subito alla BBA!-
-Sul serio?- Ari incredula controllò di nuovo i fogli cercando conferma.
-Certo! Non sei contenta?!- le chiese Claire soddisfatta per essere riuscita a sorprenderla fino a lasciarla a bocca aperta. E non vedeva l'ora di portarla alla BBA!  
Ari abbassò impercettibilmente i fogli. Se era contenta? E certo che lo era, anche se....
-E Yuri lo sa? Gliene hai già parlato?-
-No, mi sembra giusto che sia tu a dirglielo, il progetto è tuo, i fondi sono legati a te!- le spiegò. -Sai, mi hai sorpreso, non credevo che avessi tali capacità di concentrazione addirittura per tirare fuori un lavoro del genere, visto che non ti sei mai sprecata a fare i compiti o a studiare per le interrogazioni! Pensavo che avessi tipo qualche deficit di attenzione....-   
-E perché avrei dovuto studiare? È già tanto se facevo gli esercizi di matematica da passarvi durante i compiti in classe!- Claire arrossì mentre Kai si voltò dall'altra parte facendo finta che la cosa non lo riguardasse. -E non è un deficit di attenzione, è semplice noia, e io mi annoio facilmente con le cose stupide!-
-Quindi i ragazzi avranno dei nuovi beyblade fatti da te? Mi piace l'idea!- disse Rei entusiasta, così come gli altri. Sapevano che la ragazza era un ottimo tecnico e che potenzialmente ne sarebbero usciti dei bey potenti.   
-Ma non può!- si intromise Kappa risoluto. -Ari è dei BladeBreakers, non può occuparsi della progettazione e costruzione dei beyblade di una squadra avversaria, è un conflitto di interessi! E poi deve allenarsi con noi, non c'è tempo, il campionato sta per iniziare e non può lavorare ai bey dei russi.-
-Questo progetto le serve anche per superare l'anno scolastico. Ha fatto più assenze che presenze, ha avuto una condotta da riformatorio, per non parlare dei voti! Penso che questo sia più importante!- lo informò Claire trovando quell'intromissione fastidiosissima. Ma come si permetteva quel tappetto di opporsi a una cosa così importante e che nemmeno lo riguardava!? Lei aveva lavorato tanto per riuscire a fare avere tutto ad Ariel, e quel cosetto brutto non doveva assolutamente permettersi di mettere bocca su una cosa del genere!  
-Professore, lei si occuperà solo dei beyblade di Yuri, Boris e Sergej.- gli fece presente Rei. -Il conflitto d'interessi non ci sarà se in campo affronterà Ming Ming, Garland o Ayumi.-  
-Tutto, quindi posso avere tutto?- chiese ancora Ari stringendo i fogli tra le mani senza tradire l'ombra di un'emozione. -Posso veramente realizzarli così come li ho progettati?-
-Sì, certo!- confermò Claire un po' delusa. Ari era sicuramente rimasta colpita e incredula, ma si aspettava più entusiasmo da parte sua. Cavolo, le stava dando l'opportunità di realizzare un progetto in cui aveva messo tutta sé stessa, e lo si capiva benissimo dall'impegno che ci aveva messo in quel lavoro e dalla cura dei dettagli.  
-Mi avevi detto che i loro beyblade sono combinati male, praticamente rattoppati, e che così hanno affrontato l'ultimo campionato, giusto?- le chiese improvvisamente Takao. Aveva notato anche lui che c'era qualcosa a frenare il suo entusiasmo.
Ari annuì, poco convinta.  
-Bene, allora voglio che ti occupi dei loro bey!-
-Ma Takao!- protestò Kappa, ma il ragazzo lo ignorò continuando serio.
-Ti chiedo di impegnarti al massimo affinché possano dare il meglio quest'anno. Voglio combattere contro di loro ad armi pari e sono sicuro che grazie a te sarà possibile! Siete d'accordo con me ragazzi?-  
-Sì, ben detto Takao!- disse Rei.  
-Accetto la sfida!- disse Max. -Voglio proprio vedere con dei nuovi beyblade cosa saranno in grado di fare!-  
Ari li scrutò attentamente. -Sicuri?-  
-Ovvio! Fagli pure questi nuovi bey, sono sicuro che li batterò anche così!- disse Daichi.
-Vi faranno tremare il culo, lo sapete, vero?- li avvertì lei.
-È allora dove sta il divertimento?- Takao sfoggiò un sorrisetto accattivante. -Siamo campioni, scendiamo in campo per lottare, non per giocare!-
-Ma ci vorranno giorni, come farà a seguire gli allenamenti e a fare tre beyblade!?- continuò a protestare il professore.
-In verità i beyblade sono quattro.- disse Claire.
-Quattro?- chiesero in coro gli altri.  
-Wolborg, Falborg, Seaborg e...?- li contò Kappa.
-Dranzer...- completò Ari. -Avevo progettato anche un nuovo Dranzer. Quello che abbiamo fatto per la finale dell'anno scorso è arrangiato e non è certo il massimo. Su questo però vorrei che tu mi dessi una tua opinione e in caso sentiti libero di metterci mano.-  
Kappa parve sorpreso. Non si aspettava certo che Ari gli parlasse in quel modo... non si aspettava che gli parlasse in generale e basta. -Io?-
-A livello tecnico conosci meglio di me questo beyblade, io mi sono basata su altre fonti.-  
-Non avevi detto che eri incazzata con me?- le chiese Kai. -Perché lo hai fatto?-  
-Non l'ho fatto perché mi stai simpatico, tranquillo!- lo freddò con un'occhiataccia. -Se così fosse non avrei dovuto farlo nemmeno a Yuri. Mi intrigava l'idea di progettare da zero un nuovo Dranzer, non pensavo che avrei potuto addirittura realizzarlo, era solo pura speculazione. Sei liberissimo di fare come ti pare, se non vuoi usarlo non mi importa!-  
-Ma certo che lo userà! E sono sicuro che gli piacere un sacco e sarà perfetto, vero Kai!?- si mise in mezzo Takao senza grande successo. Ari non sembrava per niente convinta delle sue parole, anzi non gliene fregava niente di Kai, mentre il ragazzo in questione scoccò la lingua stizzito.
-Questo è da vedere!-
-Posso iniziare subito quindi?- chiese Ari ora pienamente convinta e entusiasta per quella sfida.  
Claire annuì e le sorrise. -Immediatamente!-
-Bene, allora andiamo, non c'è tempo da perdere! Mi ci vorrà una settimana di lavoro se riesco a farmi spedire tutti i materiali entro oggi.- le restituì la carpetta e si incamminò verso l'uscita senza badare se veramente la cugina la stesse seguendo o ascoltando. -Se riesco a procurarmi tutto, non ci sarà da fare nient'altro che crearli.- poi si fermò sulla porta, e si voltò vero il professore che era rimasto basito. -Ti mando il progetto del nuovo Dranzer tra qualche ora. Cerca di farmi sapere cosa ne pensi entro domani mattina. Ci vediamo stasera!-
-E te ne vai così?-  Takao la fermò prima che sparisse oltre la porta del salotto.
Ari si guardò le gambe e si tastò le cosce, come a cercare qualcosa nelle tasche.   
-Li ho messi i pantaloni, che altro devo fare?- Chiese lasciando sconcertata Claire. Cosa voleva dire? Che forse qualche volta era veramente uscita in mutante come aveva ipotizzato già una volta Yuri? Cielo, sperava proprio di no!
Takao mise il broncio e puntellò gli indici imbarazzato. -Non mi dai neanche un bacetto prima di andare via?- mugugnò a mezza bocca.  
Ari lo guardò con un'espressione indecifrabile, e così rimase anche quando tornò indietro e gli si fermò di fronte guardandolo dall'altro.  
Lui rimase seduto e imbronciato, ma alla fine si fece sfuggire un sorrisetto soddisfatto che fece increspare impercettibilmente l'imperturbabilità della ragazza.  
Gli avrebbe mollato un pugno giusto al centro della testa? E invece no si chinò su di lui e gli afferrò il viso, stringendogli le guance in modo buffo.
-Smettila di fare lo scemo...- lo ammonì burbera, e gli mollò con poca cura un bacio sulla bocca per poi spingerlo indietro. -…e di farmi perdere tempo!-
 
 
 
 
 
-Si può sapere che ci facciamo qua sotto?- chiese Ariel col suo solito tono scocciato. Trovava insopportabile il fare enigmatico di Claire che imperterrita continuava ad avanzare con passo cadenzato in quel garage, con il sorrisetto furbo di chi non vede l'ora di rivelare chissà qualche grande segreto. Stava iniziando a non sopportare più nemmeno il rumore dei suoi tacchi che rimbombava assordante in quel posto.
Arrivate alla BBA, invece di salire direttamente nei laboratori per iniziare ad organizzare il lavoro, si era fermata alla reception e aveva ritirato una grossa busta argento, e l'aveva trascinata senza dire una parola ai piani sottostanti.  
-Fidati!- le disse solamente guardando i numeri segnati su ogni garage.
Finalmente si fermò davanti al garage numero 35. Iniziò a frugare con foga nella borsa e, dopo una combattuta lotta con qualunque cosa nascondesse lì dentro, trionfante tirò fuori una chiave.  
-Questo è per te!- le disse dandole la grossa busta argento.  
-Che cosa sarebbe?- chiese seccata Ari afferrando la busta. -Inizio ad odiare le sorprese....-
-Fidati, questa l'amerai!-
Ari sbuffò e tirò fuori una scatola piatta e larga. Gettò la busta per terra e anche il coperchio e guardo perplessa il contenuto.  
Era una giacca in pelle da motociclista, nera e rossa e sopra c'era appoggiata una chiave.  
Alzò gli occhi sulla cugina che non fremeva di gioia come se volesse vomitare arcobaleni da un momento all'alto, come quando le aveva regalato le foto, né sembrava compiaciuta come quando le aveva detto dei fondi per realizzare i beyblade che aveva progettato. C'era qualcosa di malizioso e scaltro, come se sapesse di aver appena fatto scacco matto.  
-Papà e io abbiamo voluto farti un regalo, ma non dire nulla alla mamma, a lei non piacciono queste cose!-
Non dire nulla alla mamma? Ma se non sentiva sua zia da... praticamente da quando erano partire per il Giappone! Non che la donna non ci avesse provato, semplicemente a lei non fregava niente e si scansava tutte le telefonate.
Claire tirò su senza alcun problema la serranda del garage ed accese la luce. Entrò e si voltò a guardare Ariel e provò una soddisfazione inimmaginabile per essere riuscita a lasciata più che a bocca aperta, molto di più! Era sconvolta!  
Girò attorno alla grossa moto nera al centro del locale. Le luci sembravano illuminarla da ogni angolo facendola scintillare come un diamante.  
-Allora Ariel, ti piace?- le chiese suadente accarezzando il sedile in pelle.  
Ariel non riusciva a scollare gli occhi dalla moto, era rimasta sulla porta con lo scatolo ancora tra le mani.
-È... bellissima!-   
Claire non riusciva a trattenere il sorriso. si avvicinò a lei e la afferrò per un braccio trascinandosela dentro senza alcuna difficoltà. -Dai che fai, non vuoi provarla? È tua!-  
-In che senso è mia?- chiese guardandola confusa.  
Claire rise ancora. Era troppo buffa! Ci avrebbe scommesso qualunque cosa che nessuno l'aveva mai vista così, sembrava stordita, le tremavano le mani e per poco non aveva lasciato cadere lo scatolo con ancora dentro il giubbotto.  
-Te l'ho detto, è un regalo, è tua e solo tua!- ribadì Claire ridacchiando felice. Ari sgranò gli occhi, se possibile ancora di più, continuando a guardare la moto incredula.
Appoggiò lo scatolo sulla lunga mensola che percorreva la parete laterale del garage, e si avvicinò alla moto girandole intorno ancora incredula, senza neanche il coraggio di toccarla.  
-Non ci credo....- disse. Le mancava il fiato, più la guardava e meno ci capiva qualcosa. Le girava la testa. Sembrava troppo, lei non aveva mai avuto niente di suo, solo Drawind, e ora....
-Io non.... come....- si portò le mani alla testa sperando che smettesse di girare.
-Guarda che io e Boris parliamo, me l'ha detto lui che ti piacciono le moto!- le spiegò Claire continuando a sorridere felice. -Il modello l'ha scelto papà, lui è un appassionato!-
-Wow!- Ari si lasciò sfuggire una mezza risata e immerse le dita nei capelli legati fissando quella meraviglia senza riuscire ancora a capacitarsene. -Mi gira la testa!-  
Claire continuò a ridacchiare. -Credo che sia la felicità, ti conviene esternarla o esploderai!-
Ari abbasso le braccia e si voltò verso di lei scossa. -Perché?- le chiese quasi in tono d'accusa.  
-Perché quando si vuole bene una persona, si cerca di renderla felice in tutti i modi! Lo zio, la zia ti vogliono bene, e anche io te ne voglio, anche se spesso non ti sopporto e tu sei poco gentile con me. Quando si vuole bene non c'è mai un perché, mi dispiace!-
Ed era proprio così, non c'era mai un perché. A quest'ora avrebbe dovuto già da tempo aver gettato la spugna con Yuri, non avrebbe dovuto a prescindere stringere amicizia con quel rozzo impertinente di Boris, né provare affetto per quella cugina tanto squilibrata e lontana da lei e dal suo mondo che le aveva completamente scombussolato l'esistenza.
Ariel per diversi secondi sembrò essere rimasta come paralizzata, poi improvvisamente si nascose il viso tra le mani e fu scossa da dei forti tremiti. Claire provò un improvviso moto di tenerezza, non ci poteva credere, era scoppiata a piangere.  
-Oh Ariel!- si strinse le mani e le porto all'altezza del cuore emozionata. -Va tutto bene!-
-Non ci posso credere, Claire!-  
Ari si voltò verso di lei e finalmente la vide in viso e non stava piangendo, per nulla, i suoi occhi erano accesi e vispi e non era scossa da singhiozzi ma dal ridere. Ariel Mayer non riusciva a smettere di ridere, non riusciva a trattenersi, sembra totalmente un'altra persona e non c'erano più dubbi ora che nessuno l'avesse mai vista così contenta!
-Questa moto è una figata pazzesca!- disse gasatissima fremendo da capo a piedi, e anche la sua voce era irriconoscibile. -Oh mio Dio, potrei urlare dalla gioia! Guarda che roba!- disse con voce sempre più acuta. -Non ho mai visto niente di più bello in vita mia!-  
Iniziò a farneticare su cose di motori, indicando i vari componenti in vista, cose che Claire non si preoccupò minimamente di capire. Era rimasta completamente travolta da Ariel. L'unica cosa che le era chiara era e che le importava era che era felice, palesemente felice, semplicemente felice! Tanto felice da essere contagiosa, tanto si sarebbe potuto dire fino alle lacrime, ma a scoppiare a piangere alla fine fu lei, come una scema che si era emozionata nel vederla così contenta.
-Oh Ari!- singhiozzò e si nascose dietro una mano, stringendosi nelle spalle senza più riuscire a trattenersi.
 -Ma che fai, piangi?!- Ari, che nel mentre si era accovacciata a terra per guardare ogni dettaglio del motore e delle rifiniture, tornò in piedi e guardò perplessa la cugina imbambolata di fronte a lei con viso rigato da dei grossi lacrimoni che continuavano a scendere senza tregua.
E in uno slancio inaspettato Claire le passo le braccia intorno al collo la abbracciò, spiazzandola riempiendola di baci sulla guancia. E dopo qualche attimo di smarrimento, anche Ari la strinse forte, ricambiando il suo abbraccio. Era talmente sconvolta da quel regalo che andava oltre i limiti della sua immaginazione, che non si rese conto di quanto ricambiare quell'abbraccio le stesse facendo bene.
-Con questa potrai correre libera nel vento! Potrai volare dove vuoi!- le disse tra i singhiozzi continuando a piangere come una povera scema sulla sua spalla.
Si staccò a lei cercando di asciugarsi le guance, senza successo perché le lacrime continuavano a scendere, e rideva imbarazzata per come si era ridotta. Doveva avere tutto il mascara sciolto oramai. Prese un fazzoletto dalla borsa e provò a rassettarsi alla meno paggio.
-Facciamola ruggire!- Ari afferrò le chiavi dalla scatola e si infilò la giacca di pelle. Salì a cavallo della sua moto e le fece un cenno col capo. -Dai, tira fuori il tuo giubbotto e monta su, andiamo a fare un giro!-
Claire arrossì lievemente. -Come fai a sapere che....-
-Ma dai!- le fece con un sorrisetto scaltro di chi la sa lunga. -Vuoi farmi credere che sei uscita dal negozio solo con questo?-
Claire strinse le labbra cercando di trattenere il sorrisetto di chi sa di essere colpevole ma non se ne dispiace.   
-No, infatti, hai proprio ragione!- le fece saltellando euforica  e raggiunse il mobiletto in fondo al garage. Lo aprì e tirò fuori una giacca color ghiaccio che si infilò subito e i due caschi integrali, neri e scintillanti come la moto.
Ari accese il motore e il rombo riempì lo spazio veramente come un ruggito, e diede gas più e più volte facendolo risuonare.  
-Senti che meraviglia!- disse Ari esaltata mentre Claire saliva dietro di lei e si infilavano il casco. -Tieniti forte bambolina, si parte!-
 
 
 
 
 
Takao e Kai stavano attraversando il capannone degli Shell Killer nel silenzio totale.  
Ciò che notò Takao fu che, proprio come quando si presentava lì con Ari, nessuno osava fiatare, nessuno si sbilanciava, ognuno cercava di affaccendarsi nella speranza di passare inosservato. Forse questa volta però non dipendeva solo dalla presenza di Kai al suo fianco, lui per primo doveva apparire piuttosto serio.  
-Vorrei capire perché diavolo mi stai portando qui! Potevi parlarmi benissimo ovunque, che cosa è questa improvvisa confidenza con questo posto?- lo ammonì duramente Kai mentre lo seguiva su per le scale che portavano alla sua stanza. Gli dava sinceramente fastidio quell'invasione del suo territorio, anche se aveva abbandonato quel luogo da anni.
Takao non gli rispose. Si limitò ad aprire la porta e a fargli cenno di entrare manco fosse stato a casa sua, che nervi!
Kai sospirò pesantemente, cruciandolo con un'occhiata, decidendo di assecondarlo ed entrò nella stanza.  
Avanzò all'interno in silenzio guardandosi intorno, analizzando ogni angolo, ogni dettaglio, ogni oggetto. Gli era tutto così dannatamente familiare.... Le bottiglie di alcolici mezze vuote abbandonate sul tavolino accanto ai flaconi vuoti, l'immondizia e il disordine ovunque, l'odore insopportabile del malessere.... Si portò una mano chiusa a pugno davanti alla bocca mentre la nausea si faceva avanti.
Perché proprio lì dentro? Pareva che glielo avesse fatto a posta! Perché proprio lì nel suo rifugio!? Cosa era, una maledizione, una persecuzione!?
Takao lo stava osservando senza tregua, si sentiva i suoi occhi addosso, il suo sguardo severo e grave di chi vuole sbatterti la realtà in faccia.  
Perché cazzo doveva fare così? Perché doveva essere così maledettamente difficile!? Era solo una debole! Ecco cosa era, e non voleva più saperne niente, cancellarla, lavarsene le mani! Non voleva vedere più né lei né il mostro che aveva lasciato lì dentro!  
Le bottiglie e tutto ciò che c'era sopra il tavolino volarono sul pavimento quando questo si ribaltò completamente sotto il suo poderoso calcio. Avrebbe voluto radere al suolo tutto, ma si lasciò cadere sul divano, e si passò le mani tra i capelli cercando di domare l'ira. Chinato in avanti, gli occhi chiusi, sperava di non vedere più quello che aveva davanti, non voleva vedere più quella roba. Era una persecuzione!  
-Ieri l'ho recuperata per il rotto della cuffia!- Takao chiuse la porta alle sue spalle e si sedette sulla poltrona di fronte.
-Non c'è bisogno che me lo dica tu!- disse in un latrato basso, senza alzare la testa dalle mani. -Lo vedo da me!-
-Cosa ti è saltato in mente? Darle della puttana, come hai potuto?-
A Kai sfuggì una mezza risata di scherno. La colpa non era sua, se le persone erano deboli e non riuscivano a stare a galla da sole, la colpa era solo la loro!  
Ti stai solo difendendo! Gli sussurrò meschina una vocina in fondo alla testa.
-Te l'ha detto eh! E non ti ha detto tutto il resto?- lo attaccò rabbioso. -Avrò anche esagerato a parlare ma lei ha esagerato in bel altri modi. Gliel'ho solo fatto presente!-
Ma Takao non si lasciò impressionare, non vacillò, era molto più forte di lui in quel momento. Davanti a lui c'era un Kai debole, una bestia ferita che si sentiva minacciata.
-Nessuna donna dovrebbe essere chiamata così! Nessuna Kai, a prescindere da quello che può aver fatto! È una parola così dannatamente sporca che mi fa schifo pure ripeterla!-
Sporca.... anche lei ha usato quella parola, ricordi?
-Ma per piacere! Tu parli perché non sai!-
-Quello che c'è da sapere è qui in questa stanza, Kai!-
-Come la chiameresti la ragazza che sta con te e che ami, se andasse a letto col tuo migliore amico fottendosene di te e di lui e di qualsiasi altra cosa? Se quella parola ti fa tanto schifo allora è quella giusta, perché tutto questo fa schifo!-  
-È questo il problema?- gli chiese. -La chiamerei stronza, cattiva, infida. Ma sapendo che si tratta di lei direi inconsapevole. Non si sarebbe niente da perdonare, solo da comprendere, e tu non hai fatto né l'uno né l'altro, l'hai solo insultata!-
-Perdonare? Comprendere?- disse con assoluto disprezzo. -Ma che cazzo dici!?-
Takao si sporse risoluto verso di lui, puntò i suoi occhi determinati in quelli di Kai e abbassò il tono della voce che risultò fermo e grave.
-Kai, ascoltami bene, credi davvero che Sergej l'anno scorso ci abbia raccontato tutto? Tutto quello che la riguardava, tutto quello che è successo in quel posto malato? Ha omesso delle cose Kai, cose che io non voglio nemmeno immaginare, ma so quello che ho visto ieri notte e non mi è piaciuto! Ho visto il male! Non mi ha detto niente, ma quel poco mi ha inquietato e non voglio mai più che arrivi a questo!-
Già, il male! Cosa si era trovato davanti quella notte, Yuri? La stessa Ariel vuota che aveva affrontato lui quella sera nell'albergo dove l'avevano chiusa a chiave? L'aveva spinta via e le aveva dato della puttana perché aveva provato ad ottenere una via d'uscita da quella stanza concedendosi a lui, provocandolo, a lui che avrebbe dovuto disprezzare più di tutti. E aveva provato schifo, un disgusto viscerare per lei, per la sua indifferenza, la totale apatia. Si era trovato davanti una persona che non aveva più nulla, nemmeno la dignità.
L'ho persa molto tempo fa! Erano state le sue parole, le stesse che lo avevano sconvolto a tal punto da farlo piangere in maniera incontrollata. E come quella volta il disgusto che aveva provato verso di lei gli si rivotò contro, e dovette combattere con tutto sé stesso per impedire alle lacrime di scendere di nuovo. Non avrebbe pianto davanti a Takao, a costo di soffocarsi.   
-Mio nonno mi ha insegnato che bisogna rispettare ogni donna come vorresti che fosse rispettata tua madre!-
-Bene, qualcuno a te lo ha insegnato!- sibilò risentito.
-Allora vedi di apprenderlo adesso!- lo fulminò impietoso Takao.
Rimasero per un po' in silenzio.
Si sentiva distrutto, lacerato, catapultato in una situazione dalla quale era scappato tanto tempo prima. Sotto il continuo sguardo severo dell'amico, non aveva voglia di parlargli, di guardarlo né di stare più lì.
-Kai, ti dà fastidio che stiamo insieme? È questo il problema?-
-No!- Ma si accorse di averlo detto con un tono troppo secco, fraintendibile, e si affretto ad aggiungere. -Mi fido di te più di chiunque altro.- Più di me stesso....  
-Allora qual è il tuo problema?-  
-Non ho nessun problema, Takao!-
-Hai appena detto che ti fidi di me, quindi parla!-
-Io ho già i miei cazzo di problemi, me la sono presa con lei che non c'entrava niente, ecco tutto!-
Questa spiegazione sembrò bastargli. Non aveva intenzione di approfondire. Voleva che i suoi problemi rimanessero fuori da tutta quella storia.
-Ari è tornata con noi per difenderci da questo pericolo, e lei è più che in grado di farlo, su questo non ci sono dubbi. Ma ha dei punti... dei tasti che se toccati la fanno crollare. Le ho chiesto stamattina di parlare, di buttare fuori qualcosa, qualsiasi cosa, ma non lo farà mai! Ci sarà un confine oltre il quale io non potrò andare Kai...-
-Non sono tenuto ad occuparmene io!-  
-Allora, quanto meno, evita di farle del male!- lo ammonì repentino.  
Takao sospirò imponendosi di mantenere la calma, doveva essere paziente. Se Ari era un tipo difficile, certo Kai non era da meno. -Kai, sei importante per lei, ma in questo modo la perderai!-
A quelle parole sentì di nuovo la rabbia montargli dentro, peggio di prima, e la voglia di ferire, di fare del male e allontanare ogni essere vivente si impossessò di lui.  
-Tanto meglio! Non me ne faccio niente di lei, che mi mandasse pure a cagare, che se ne andasse, non me ne frega un cazzo!-
Ma Takao non si lasciò impressionare. Era tipico di Kai reagire così.
Si alzò e passò dietro al divano, fermandosi alle spalle di Kai. Si chinò verso di lui, incrociando le braccia sullo schienale.  
-Kai, guardati intorno... è così che la perderai.-
Kai non si mosse. Era caparbio, ma sapeva che aveva solo bisogno di tempo per rendersene conto che il rifiuto, come al solito, non lo avrebbe portato a niente. Si tirò su e si incamminò verso l'uscita.  
-Metti l'orgoglio da parte e falle capire che anche per te lei è importante!- gli disse prima di chiudersi la porta alle spalle e lasciarlo solo, lì nella stanza che non era più sua.
 



ok raga! chi è sopravvissuto fino alla fine? Korichan, vedi sono tornata ai capitoli lunghi XD spero di non aver esagerato con la lunghezza questa volta.
quindi, qui non c'è molto da spiegare, forse più nel prossimo capitolo. più in là approfondirò pure questo lato del nostro caro e orgoglioso Kai. io accenno cose, poi voglio vedere come mi riduco quando dovrò approfondirle xD
spero comunque che in qualche modo risulti carino questo capitolo
un bacio a tutti e alla prossima!
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Capitolo 43
*** Alla HitoCorporation ***


43 Ed ecco il nuovo capitolo! Scusate l'attesa, ho avuto poco tempo e poca concentrazione. Spero veramente tanto di essere riuscita a mettere tutto e a renderlo chiaro. Qualunque siano le vostre impressioni fatemele sapere perché sto in ansia, questa è una parte importante della storia, dove vengono spiegati alcuni retroscena e spero che non risulti assurda o senza senso. Non voglio rovinare tutto il lavoro fatto fin ora. Un bacio a tutti, ci vediamo a fine capitolo!
Ps: vi avviso che ci sarà un pezzo sulla fine un po' crudo.
 


43. Alla HitoCorporation
 
Si trovavano in una lussuosa sala riunioni dall'arredamento minimal a uno degli ultimi piani del grattacielo della HitoCorporation, seduti attorno a un lungo tavolo bianco lucido che rifletteva in maniera esasperante la luce. Davanti ad ognuno di loro c'era un plico di fogli rilegati con carpettina rossa.  
Era tutto troppo bianco e luminoso per Yuri, già abbastanza irritato di suo per quell'assurda situazione. Quella mattina nella villa del presidente Daitenji, dove stavano alloggiando già dall'annuncio ufficiale del nuovo campionato, si era presentato Kai, accompagnato da due uomini in nero, con l'invito indeclinabile di seguirli. L'assurdità vera e propria fu però l'esortazione del vecchio presidente Daitenji ad andare a sentire di cosa si trattasse.
Kai non aveva fiatato per tutto il viaggio. Alla sua domanda se per caso sapesse qualcosa di quell'improvvisa chiamata da parte di suo nonno, si limitò a rispondere che ne sapeva tanto quanto lui e a mettersi le cuffie nelle orecchie, chiaro segno che voleva essere lasciato in pace.  
Già di malumore di prima mattina, come dargli torto!
Incrociò le braccia picchiettando le dita impaziente, e spostò l'attenzione da Kai, seduto di fronte a lui, all'uomo giapponese in abito grigio in piedi accanto alla poltrona a capotavola, trafiggendo quest'ultimo col suo sguardo di ghiaccio.
-Quanto dobbiamo aspettare per sapere come mai siamo stati chiamati qui?- esordì con veemenza.  
L'uomo non si scompose. -Il Presidente Hiwatari sta arrivando.- si limitò a dire.
-Sei sicuro di non saperne niente, Kai?-  
-Non ho voglia di ripetermi!- fu la lapidaria risposta del ragazzo.
-Tuo nonno ci manda a chiamare, e tu non sai perché!- sibilò pungente Boris. -Un classico!-
Kai non gli diede peso, senza sprecarsi nemmeno a rispondergli continuò ad attendere a braccia conserte.
La grande porta si aprì e finalmente entrò Hito Hiwatari avanzando con passo impetuoso nella sala, riservando ai presenti solo una rapita occhiata. Si accomodò a capotavola e con fare risoluto, senza alzare nemmeno lo sguardo, e si rivolse con voce tonante all'uomo in grigio alla sua sinistra facendolo sussultare.
-Non sono tutti presenti! Perché la ragazza non è qui?-
-Ecco, ho appena telefonato, hanno detto che stanno salendo.- rispose prontamente. -Hanno trovato qualche difficoltà a convincerla, signor presidente.-
Yuri non si scomposte, era troppo serio, mentre Boris si lasciò sfuggire un sorrisetto compiaciuto.
-Bene, allora aspettiamo....-  
Si rivolse ai ragazzi seduti al suo stesso tavolo, senza lasciarsi minimamente impressionare dall'ostilità sui loro volti.  
-Buongiorno a tutti i presenti! Mi dispiace avervi convocato qui senza preavviso, ma come potete immaginare si tratta di un'emergenza.- disse con tono secco e diretto, tipico di chi è abituato ad impartire ordini e non tollera le perdite di tempo.
-La cosa non ci riguarda!- disse Yuri repentino. Voleva andarsene il prima possibile da lì, lontano da quell'uomo. -Perché siamo qui?-  
-Con calma, Ivanov. Ci arriveremo tra poco...- si rivolse poi di nuovo all'assistente al suo fianco. -Intanto fai portare da bere, Tanaka!-
-Subito, signore!-
L'uomo fece un piccolo inchino e si apprestò ad eseguire, ma non arrivò ad uscire dalla sala che la porta si aprì proprio davanti a lui.  
Entrò un omaccione ispanico alto e grosso, col classico vestito nero da guardia del corpo e l'espressione contrita, che immediatamente si fece da parte zoppicando, lasciando passare una figura che, accanto alla sua mole, appariva ridicolmente minuta. Tanaka sussultò e indietreggiò.
-Ma che bella riunione di famiglia! Ci siamo proprio tutti!- Ariel fece il suo ingresso sfoggiando un atteggiamento beffardo e irriverente. Aveva un sorrisetto poco rassicurante che le piegava le labbra, e una pericolosa luce famelica negli occhi.  
Doveva avere qualcosa in mente, Yuri ne era certo, o doveva aver combinato qualcosa perché sembrava piuttosto euforica e sapeva che non era una cosa positiva.
Avanzò nella stanza, fino al posto accanto a Kai. Teneva con disinvoltura un casco integrale gettato dietro la spalla, e il giubbotto attillato in pelle nero e rosso le dava un'aria ancora più aggressiva.  
-Dove è il tuo compagno?-
La domanda del vecchio uomo a capotavola fu in grado di far tremare il grosso gorilla sulla porta che spostò istintivamente gli occhi sulla ragazza appena entrata con lui.  
-Collassato in ascensore mentre salivamo! Non ha retto....- spiegò Ariel per lui gettando senza alcuno scrupolo il casco sul tavolo che rotolò rumorosamente sulla superficie liscia.-Fammelo ripulire, vecchio! È un regalo e ci tengo!-  
Come volevasi dimostrare, ecco spiegato l'eccessivo entusiasmo mattutino di Ariel. Il casco era imbrattato di sangue fresco, e a quel punto fu chiaro a tutti come mai la seconda guardia del corpo fosse collassata in ascensore. Ma nessuno si scompose né alla vista del sangue che aveva sporcato il tavolo bianco, né per la brutta sorte toccata al poverino.
Hito Hiwatari ignorò la sua sfrontatezza e la totale mancanza di rispetto, e si limitò a fare un cenno a Tanaka che si apprestò a recuperare il casco, a pulire il tavolo e ad uscire.
-Lo troverai uscendo, come nuovo!- la informò Hiwatari.
Ari tirò una delle poltrone, lasciando qualche posto vuoto tra lei e Kai, e ci si accomodò bellamente, abbassò la cerniera del giubbotto fin sotto il seno, e incrociò le gambe appoggiando gli stivali neri sul tavolo.
-Ma guarda un po' il caso....- disse allegramente rivolgendosi sempre al presidente che, impassibile, la lasciò fare. -Giusto stanotte stavo facendo il pensierino di venirti a trovare!-
-E come mai?-
-Mah... così, due chiacchiere!- fece vaga tirando fuori un coltellino a scatto dalla tasca. -Qualche informazione, due o tre richiese e qualche risposta.-
Schioccò le dita e fece segno all'uomo in nero rimasto sulla porta.
-Ehi Gonzalo! Vieni qui.... sì, tu, vieni!-
Il gorilla si guardò attorno confuso, sperando vivamente che non ce l'avesse con lui. Quella maledetta ragazza era una furia! Quella mattina, non appena si era accorta della loro presenza, si era preparata ad attaccarli ancora prima che potessero chiarire la loro posizione e li aveva massacrati senza scrupolo.  
-Cortesemente, portami un caffè e qualcosa da sgranocchiare, possibilmente al cioccolato.- aprì con uno scatto il coltellino. La lama era sporca di sangue. -Tu e il tuo amico mi avete fatto venire fame con tutto quel movimento....-  
Si portò il colettino alla bocca e leccò via il sangue, piantando gli occhi famelici in quelli dell'uomo che la guardava sconvolto.  
-Di' un po', era il tuo sangue, giusto?- Con uno scatto richiuse il coltellino e si morse le labbra. -Mi piace!-  
L'uomo rimase di pietra mentre un brivido gelido gli percorreva la schiena. Sembrava lo volesse divorare e per un attimo ebbe paura che gli sarebbe potuta saltare al collo per strappargli la giugulare a morsi e succhiargli via tutto il sangue che aveva in corpo come un maledetto demonio!
-Non c'è bisogno, se ne sta occupando il mio assistente!- intervenne il vecchio Hiwatari. -Tu puoi andare, grazie!-
E l'uomo non se lo fece ripetere due volte, uscì immediatamente dalla stanza, mentre invece tornava Tanaka seguito subito da una signora con un completo elegante e molto composto che servì i presenti con tazze di caffè e bottigliette d'acqua, ad iniziare ovviamente dal presidente.
-È sempre divertente spaventare i tuoi sgherri!- fece Ariel giocherellando distrattamente col coltellino a scatto, mentre la donna usciva discretamente dalla stanza. -Di un po', come procede la vecchiaia? Acciacchi, ginocchia doloranti, un infarto ogni tanto magari? No, eh?-
-Godo di ottima salute. Ma non siamo qui per scambiarci convenevoli.-
Kai iniziò ad agitarsi impercettibilmente sulla sedia, segno di impazienza che non sfuggì ad Ariel.  
-Tranquillo Kai, io e il tuo vecchiaccio siamo amici!- e qui il suo sguardo si incupì e si fece minaccioso e ferino. -Tanto il bastardo non crepa! Scommetto che ci seppellirà tutti, uno dopo l'altro....-
Il pugno si era chiuso rabbiosamente intorno all'impugnatura del coltellino e la lama incise la superfice del tavolo rovinandolo inesorabilmente.
-Dammi una ragione valida per non tagliarti la gola seduta stante!- ringhiò minacciosa.
A quelle parole nessuno si scompose, se non il povero Tanaka che era già suggestionato di suo dal ricordo che aveva di lei che risaliva a tre anni prima.
-La ragione la sai, Mayer! Sai che c'è qualcosa di pericoloso che si sta avvicinando, e io so di cosa si tratta.-
-Qualcosa di pericoloso?- ripeté Yuri sospettoso, spostando lo sguardo dall'anziano alla ragazza dall'altra parte del tavolo che non diede segno di sorpresa né di cedimento. -Cosa è questa storia, Ariel?-
La sicurezza di Ariel non vacillò nemmeno per un momento sotto lo sguardo severo e autoritario di Hito Hiwatari, proprio come tre anni prima. Era cambiato solo l'involucro, ora era decisamente il corpo di una donna nel pieno delle forze.
Alla fine accennò un mezzo sorriso e riprese a ticchettare col coltellino sul tavolo orami sfregiato, e si rivolse a Yuri.
-Ci sono stati degli episodi, negli ultimi tempi, che mi hanno portato a pensare che qualcosa si stesse muovendo nell'ombra intorno ai quattro animali sacri e ai loro custodi.-
-Intendi dire che qualcuno sta provando di nuovo a sottrarre i bit power a Takao, Max, Rei e Kai?- chiese Boris.
-No, ho come l'impressione che non sia questo il loro obbiettivo.- gli spiegò la ragazza. -Per questo gli ho chiesto di restare uniti e ho preso delle misure cautelative .... -
-Come tornare con loro!- Yuri si lasciò sfuggire un mezzo sorrisetto sprezzante. -Sensi di colpa o ti ci sei affezionata?-
Ari ghignò. -Avrei mai potuto lasciare solo il mio ragazzo nel momento del bisogno?-
Yuri grugnì contrariato. Nonostante Ariel si fosse riguadagnata un minimo di considerazione da parte sua, grazie all'impegno che si era presa di creare per loro dei nuovi beyblade, continuava a trovare estremamente ridicola quella storia di Takao.
-Ti stai preoccupando per qualcuno, devo iniziare a considerarti umana?- le chiese con tono trascinato.
-Questa faccenda puzza troppo di sangue per rimanere indifferenti. Anzi mi sorprende che nessuno di voi se ne sia accorto!- disse per poi tornare a rivolgersi all'uomo a capotavola. -Sentiamo quello che hai da dire, vecchio!-
Hito Hiwatari fece segnò al suo assistente di procedere. Le luci furono spente, le finestre oscurate e fece partire il video di sicurezza che aveva visto oramai centinaia di volte.
E quelle immagini non fecero altro per l'ora successiva che ripetersi vivide nella mente di Yuri e dei ragazzi. Le abilità del soggetto Black, così lo avevano rinominato, erano impressionati. Era riuscito ad eludere le misure di sicurezza e la sorveglianza e a rubare Black Dranzer con una facilità impressionante. E, a quanto pareva, questo era solo l'ultimo di una serie di fatti inesorabilmente collegati e chiaramente da non sottovalutare.
Una società segreta chiamata "Leviatano" puntava da secoli ai quattro animali sacri e ai loro custodi, e Black Dranzer era opera loro, il risultato di una battaglia che erano riusciti a vincere e ora ne erano tornati in possesso.   
Loro come squadra dovevano la loro esistenza proprio a questa società, erano la risposta degli Hiwatari a questo pericoloso mostro informe e invisibile che li aveva minacciati. Erano stati allevati e addestrati a combatte e ad essere spietati per affrontare ad armi pari la guerra che oramai era alle porte.  
A Yuri sembrava assurdo ma era così: la Borg era nata per questo.  
Se avevano provato a togliere i quattro animali sacri ai BladeBreakers era solo per allontanarli e proteggerli dal pericolo che rappresentava per loro essere custodi. E anche l'anno precedente il presidente Hiwatari ci aveva riprovato usando Ariel, nell'ultimo disperato tentativo di sciogliere quel vincolo che li rendeva bersagli di quella gente pericolosa e senza scrupoli.  
Pur di entrare in possesso di Black Dranzer avevano mandato un assassino esperto che era riuscito ad eliminare una trentina di agenti addestrati, e sicuramente anche Vorkof era morto per mano sua. Quella era gente pronta ad uccidere per raggiungere il proprio obbiettivo!
Yuri osservò Boris e Sergej, sembravano preoccupati e pensierosi, mentre Kai lasciava trapelare solo un leggero nervosismo.  
In tutta sincerità non gli piaceva come si stavano mettendo le cose. Erano stati allevati per questo, era vero, ma ora erano liberi e autonomi, non dovevano proprio niente a Hito Hiwatari, quindi perché rischiare la vita dei suoi compagni per quella missione? Per proteggere Takao, Max, Rei e Kei? Per proteggere il mondo da una potenziale catastrofe?  
Erano veramente in grado di affrontare quella furia nera che aveva rubato Black Dranzer? Lui forse sì, ma era disposto farlo?
Ma la cosa più sconcertante era stata Ariel. Durante quella riunione aveva dimostrato non solo di essersi già accorta delle diverse avvisaglie e del genere di pericolo che rappresentavano, tanto da aver preso addirittura delle contromisure, ma sapeva molte cose sui bit power. Aveva ammonito aspramente il presidente Hiwatari per aver pensato che togliendo gli animali sacri a custodi li avrebbe in qualche modo protetti.  
"Che idea stupida, i custodi servono a proteggere gli animali sacri e gli animali sacri proteggono i loro custodi." Aveva spiegato con fare saccente. "Divisi sono vulnerabili e impotenti. Se questa organizzazione vuole trarre il massimo potere dai bit power avrà bisogno anche dei ragazzi. E non si può sciogliere questo legame: custodi sono e custodi restano e solo il bit power può decidere diversamente!"
Come faceva a sapere tutte quelle cose? E come mai il presidente Hiwatari non si era mostrato sorpreso e anzi sembrava avere grande considerazione delle sue parole?
Cosa c'era dietro? Perché non riusciva a togliersi dalla testa la bambina sorridente e felice che aveva visto nelle foto di Claire? Cosa poteva trasformare così una persona? Perché oramai ne era convinto, osservandola di sottecchi mentre camminava più in disparte lungo il corridoio, assorta nei suoi pensieri: non era stata la Borg a fare sparire quella bambina!
-Ariel, come fai a sapere tutte queste cose sui bit power?- le chiese quando si fermarono ad attenere che le porte dell'ascensore di aprissero.  
Ari lo guardò stranita. Anche Boris e Sergej spostarono la loro attenzione su di lei.
-Le so e basta!- rispose secca.
-Le sai... e basta....- ripeté Yuri con tono trascinato, studiandola attentamente. Sembrava stizzita come se la sua domanda le fosse risultata stupida e l'avesse distratta da pensieri ben più importanti.  
-Sono cose piuttosto ovvie, perché non dovrei saperle?-
Le porte dell'ascensore si aprirono.
-L'Aquila Bianca appartiene alla mia famiglia da generazioni.- gli spiegò con una punta di orgoglio. -Io so quello che è mio dovere sapere!-  
Nessuno osò dire nulla, rimasero in silenzio ed entrarono più che convinti che non si sarebbero detti altro per le prossime due ore. E invece, non appena le porte si richiusero, Boris si appoggiò con la schiena contro la parete e pensò bene di condividere con i presenti le sue personali impressioni.  
-Ari... sai che rispetto il fatto che tu stia con Takao....-
Tutti si voltarono a guardarlo, sembrava piuttosto serio, e rimasero in attesa di sentire dove volesse andare a parare.
-Però giuro che ti avrei presa, sbattuta sul quel tavolo e scopata lì davanti a tutti!-
Ari parve non averlo nemmeno sentito. Gli altri diedero segni di insofferenza e disgusto.  
I pensieri profondi di Boris, non si smentiva mai! Certe volte Yuri non capiva se fosse un suo intenzionale modo discutibile di smorzare la tensione o semplicemente era scemo!
-Non fate quelle facce, sfido ognuno di voi a negare di aver fatto lo stesso pensiero almeno per mezzo secondo!-  
-Io no!- disse prontamente Yuri stizzito.
-Io nemmeno!- convenne Sergej.
-Mi disgusti!- aggiunse Kai col suo solito tono acidulo.  
Boris ghignò e si appoggiò col gomito sulla sua spalla, con fare confidenziale.  
-Però non hai negato!- disse beffardo. -Ammettilo, te la saresti scopata a morte a maggior ragione davanti a tuo nonno. Anzi, secondo me ti è bastato sentire come ha trattato quel vecchiaccio per eccitarti!-
-Vedi di finirla, Kuznetsov!- disse irritato, scrollandosi di dosso il ragazzo.
-Devi avere qualche strano problema per eccitarci per queste cose!-
Kai e Boris trasalirono e guardarono la ragazza davanti a loro che li degnò di una veloce occhiata.  
-A quale dei due ti riferisci?-
-A te Boris!- rispose secca Ari tornando a guardare le porte dell'ascensore. -Kai non si eccita con certa roba da malati!-
-Giusto, lui si eccita guardando il tuo ragazzo sotto la doccia! E comunque non sono io il malato, sono loro ad essere strani! Questo è frigido, quest'altro è innamorato cotto della dolce Ayumichan, e lui è gay!-
-Dio, voglio uscire da questo ascensore!- si lamentò insofferente Yuri nascondendosi il viso dietro una mano.
-Smettila con questa storia che sono gay!- si lamentò Kai.
-Bene, allora facciamo un gaytest! Se prima non vi siete eccitati nemmeno quando ha leccato la lama del coltellino, allora ho una brutta notizia per voi!-  
Ari si voltò a guardarlo sconvolta. Era riuscita a terrorizzare quel gorillone leccando via il suo sangue dalla lama con la quale lo aveva accoltellato e... e Sergej tossicchiò imbarazzato, Yuri invece arrossì lievemente, prestando un eccessivo interesse per la targa dell'ascensore.  
-Etero, etero....- contò Boris indicando i due amici, per poi soffermarsi su Kai che si era nascosto gli occhi dietro una mano e aveva immerso il viso nella sciarpa fin sopra il naso. -Eeeee...-
-Ma che cazzo di problemi avete!?- sbottò sconvolta. Non ci poteva credere, lei aveva fatto una cosa inquietante e minacciosa, praticamente da manuale, che doveva mettere paura, e loro gliela svalutavano così!? E che diamine! Prima Max e Rei che le dicevano che non era credibile perché minacciava in modo eccitante, e ora loro! Da quando aveva smesso di essere terrificante!?
-Tesoro non puoi leccare un coltello con quella faccia da assatanata. Lo sai che la lama è un simbolo fallico?- le disse Boris come se la cosa fosse ovvia.
-Quante cretinate! Una lama è una lama, è un'arma e serve per infilzare la gente!- fece aspra lei.
A quelle parole una luce perversa si accese negli occhi verdi di Boris. Si mise dritto e le si fermò di fronte, schiacciandola contro la parete col suo corpo, afferrandole rude il viso con una mano.
-Appunto, la lama penetra nella carne...-  
-Boris, torna al tuo posto!- lo avvertì Yuri.  
-Vogliamo vedere quale delle due lame riesce a togliere il respiro, se la mia o la tua?-
-Boris, basta!-
L'improvviso colpo contro la parete dell'ascensore fece sobbalzare Kai.  
Boris stava trattenendo il polso di Ari che nel pugno stringeva il coltellino. Lo aveva sfoderato tanto velocemente che Kai non se ne era nemmeno reso conto, ma non abbastanza per eludere Boris, che l'aveva subito bloccata.
-Inizio a pentirmi di non averne approfittato l'altra notte!- disse avvicinando il suo viso al proprio e guardandola come se se la volesse divorare, sfoggiando il peggiore dei suoi ghigni.  
-Figurati, mi sarebbe stato indifferente come sempre!- fece spietata guardandolo dritto negli occhi. -Del resto la migliore cavalcata della mia vita me la sono fatta in sella alla mia moto!-
Le parole furono più taglienti della lama che teneva ancora stretta nel pugno, e arrivarono fino in fondo troncandogli il respiro.
-Te l'avevo detto di finirla!- lo rimproverò Yuri guardandolo di sbieco.
Boris abbasso il capo sconfitto e, estremamente risentito, la lasciò malamente. Mise il broncio e tornò ad appoggiarsi alla parete a braccia conserte.  
-Mi sa che abbiamo la vincitrice!- annunciò compiaciuto Kai.
-Ma zitto tu!- lo aggredì Boris. -Che parli che l'unico reggiseno che hai mai sganciato in vita tua è il tuo!-  
-L'unico reggiseno che ho sganciato è quello di tua madre!-  
E fu proprio in quell'attimo che le porte dell'ascensore finalmente si aprivano, ma nessuno se ne accorse. Come a rallentatore Sergej, Yuri e Ariel ebbero appena il tempo di voltarsi verso Boris, che Kai era già crollato a terra grondando sangue dal naso su sciarpa, maglietta, pavimento, ovunque!  
Cinque minuti dopo Kai si trovava seduto nel salottino del lounge bar al pianterreno del grattacielo, con un fazzoletto di cotone imbottito di ghiaccio premuto sul naso, la testa buttata indietro e Ari seduta di fronte a lui che lo guardava con un misto di rassegnazione e derisione.  
Yuri e Sergej lo avevano trascinato e lasciato lì per andare a recuperare Boris che, subito dopo avergli caricato un destro micidiale in pieno viso, era uscito dall'ascensore e si era dileguato nel nulla.
-Sei stato fortunato, ti ha dato solo un pugno!-
-Potevi dirmelo prima che nominassi sua madre!- le rinfacciò aspro. Si sentiva il labbro superiore intorpidito, sia per la botta che per il ghiaccio. Abbassò la testa e si tolse il panno dalla faccia. Afferrò il bicchiere dal tavolino e bevve un sorso dello scotch che Ari gli aveva "prescritto" come medicina.
-Che ne potevo sapere che non te ne ricordavi!-
Ebbene sì, con quella battuta avventata sulla madre di Boris e quel pugno da capogiro, Kai aveva scoperto finalmente da dove nasceva la profonda antipatia del ragazzo nei suoi confronti.  
-Sei un fottuto bastardo!- sbottò divertita Ari. -Te la sei scansata anche 'sta volta!-  
Perché tanto tempo fa, quando ancora Kai Hiwatari si aggirava per il monastero come il piccolo bambino spocchioso che era, tronfio delle sue grandi capacità e del suo potere, affiancato da quell'altra testa calda di Ariel Mayer, era andato a sfruculiare un altro che certo non era da meno come presunzione: Boris Kuznetsov.
Ma non ci fu battaglia perchè il piccolo Boris, così come quello grande a quanto pareva, aveva un unico grande punto debole che, purtroppo per lui, quei due diavoletti conoscevano bene.  
Ebbene, mentre si vantava con gli altri bambini che la sua adorata mamma presto sarebbe tornata a prenderlo per riportarlo a casa, Kai aveva pensato bene di demolire tutte le sue rosee fantasie facendogli presente che, se sua madre lo aveva lasciato lì, molto probabilmente era perché per il lavoro che faceva avere un bambino per casa non era il massimo. Sottile e pungente, quanto bastava per far intendere senza esporsi. Era un classico suo, lanciare il sasso e nascondere la mano, accendere la miccia e osservare il fuoco divampare.  
E infatti quando il piccolo Boris gli chiese spiegazioni, fu la lingua schietta e diretta di Ariel a togliergli ogni dubbio. "Voleva dire che tua madre è troppo impegnata prostituirsi per poter tornare a prenderti, saresti solo una rottura di palle!"
Insomma, che non fossero mai stati dei bambini tanto normali questo si sapeva già! Fatto stava che, invece di prendersela con Kai, che per primo gli aveva elegantemente schiaffato in faccia la triste verità, se l'era presa con chi invece gliela aveva spiegata con parole spicce, e caricò Ariel di mazzate così ferocemente e senza controllo che addirittura il signorino Kai, che si guardava sempre bene dal buttarsi nella mischia, si buttò nella zuffa per tirarla fuori dai guai.
-Che ne potevo sapere io che ce l'aveva con me per questo!? Ti ricordo che non ho recuperato completamente la memoria!-
-E certo, le ho prese io, mica tu! Scommetto che se te le fossi beccate tu, col cazzo che te lo scordavi!-
Gli afferrò la mano che stringeva il panno e gliela riportò sulla faccia, e con un tocco sotto il mento gli fece di nuovo buttare indietro la testa.  
-Ha ripreso a sanguinare?- chiese con voce soffocata dal fazzoletto.
-Sì.- fece annoiata appoggiando la guancia contro il pugno chiuso e dondolando la gamba accavallata.
E no, Ari non se le era scordate più le botte che si era beccata quella volta da Boris, eppure ne aveva prese in vita sua! Per quella uscita infelice il russo li aveva odiati a morte per anni, anche se ad un certo punto aveva smesso di odiare lei, guarda caso non appena aveva scoperto che era una femmina, cambiando completamente atteggiamento....  
-Signor Hiwatari, come si sente?- per la terza volta nel giro di un quarto d'ora la giovane dirigente del locale, una ragazza sulla ventina, tornò all'attacco, ansiosa e servile, a chiedere sempre la stessa identica cosa. -È sicuro che non vuole che venga chiamato un medico?-  
-Ti ho già detto che non si è fatto niente!-
La signorina sussultò per la risposta brusca e aggressiva della ragazza e guardò Kai come a volergli chiedere cosa fare.
-È tutto a posto, grazie!- la congedò Kai.
-Minchia che nervi! Come diamine fai a sopportarli!- si lamentò Ari guardando la ragazza allontanarsi. -Giuro che se chiede di nuovo se vuoi chiamato un medico, le spacco la faccia così almeno non si fa la camminata persa!-
Kai ridacchiò. -Hai proprio un pessimo carattere!- disse continuando a tenere il panno sul naso.  
Si guardò attorno per un po'. Il locale era elegante e raffinato, molto moderno, la clientela era composta per lo più da uomini e donne d'affari che si incontravano lì per discutere o semplicemente per godersi un drink durante una pausa, e loro due con quell'abbigliamento aggressivo e sportivo stonavano decisamente. Sembravano più adatti ad un concerto rock o ad un raduno di motociclisti, ma nonostante questo erano i più serviti, dopo tutto era il nipote di chi stava in cima. Praticamente, dopo suo nonno, lui era la persona più importante lì dentro.
Si soffermò a guardare la ragazza davanti a lui, un po' con difficoltà visto che doveva stare con la testa in quella posizione scomoda. Si guardava intorno annoiata, ma la piegolina al lato della bocca gli fece capire che era ancora irritata per l'ennesima intromissione e l'eccessiva premura della signorina di prima. E per un attimo l'assurda idea che in qualche modo potesse trattarsi di un pizzico di gelosia nei suoi confronti gli attraversò la mente. Ma subito si sentì un idiota già solo per averlo pensato. Ariel era una persona di una razionalità estrema, difficilmente sarebbe inciampata in un sentimento come la gelosia. Inoltre non aveva motivo per essere gelosa di lui, era stupido anche solo provare ad immaginarselo! Non c'era neanche la più remota possibilità che si potesse dimostrare gelosa perché non aveva nessun interesse per lui, ed era molto meglio così.  
Si tolse di nuovo il panno dalla faccia e abbassò la testa, sospirando stancamente e massaggiandosi il collo.  
Eppure era rimasta lì con lui, e ci avrebbe scommesso che quell'aria annoiata era solo una copertura per non mostrarsi troppo compiaciuta per la sua compagnia.
-Ari.... davvero la madre di Boris...-
-Beh, non tutte nascono principesse, Kai!-  
-Che coglione!- si disse da solo, passandosi una mano tra i capelli, scostandoli dal viso.
-Non ci badare, eri piccolo. Non che ora tu abbia fatto chissà quali passi avanti....- e gli lanciò un fugace sguardo risentito, per poi tornare a guarda altrove. -Ricordo che perdevi completamente la ragione quando lo veniva a trovare. Lei veniva sempre, era una ragazza molto giovane, lo avrà avuto a tredici, quattordici anni. L'ha tenuto con sé finché ha potuto, poi probabilmente per assicurargli un pasto caldo e un tetto sulla testa, l'ha portato al monastero.-  
Kai si incupì. -Così giovane....-
-Già! Così giovane....- ripeté Ari senza tradire l'ombra di una emozione. Si voltò verso di lui e ghignò divertita. -Ma a te bruciava troppo che a lui la sua bella mammina lo venisse a trovare sempre e a te no. Ti partiva l'embolo, si vedeva proprio che ad un certo punto qualcosa ti scattava nella testa e dovevi fargliela pagare!-
-Cielo.... Dovevo essere proprio stronzo!- disse tornado a premere il panno sul viso.
-Non usare il passato, lo sei ancora!- altra frecciatina, anche se non avvertì lo stesso astio di prima, sembra più confidenziale. -Poi di punto in bianco non venne più a fargli visita. Sarà morta all'angolo della strada dove batteva, e lui povero coglione che ancora aspetta che la sua mamma lo venga a prendere!-
Rimasero in silenzio. Non c'era nulla da commentare, Kai preferiva tacere.  
Ari gli prese il bicchiere e lo riempì con altro scotch, ma invece di passarglielo bevve lei un lungo sorso per poi storcere la bocca in una smorfia amara.
-Che vita infame!- esclamò a denti stretti. Non sapeva se fosse rivolto più a sé stessa o a quella ragazza che non era arrivata neanche a vedere un barlume di serenità prima di crepare come una puttana. -Basta con questi discorsi del cazzo, mi fanno deprimere!- disse risoluta tornando a guardarsi attorno con un interesse eccessivo.
-Ari... Mi hai perdonato o sei semplicemente allegra per il regalo di Claire?-
Già, il regalo di Claire! Un giocattolino che poteva raggiungere i 220 km/h in mano ad Ari.... Pura follia! Aveva avuto più volte l'impulso durante la notte di prenderla e fargliela sparire, e poi andare da quella papera e dirgliene quattro per quella geniale idea!   
-Mah... alla fine che sei stronzo l'ho sempre saputo, tenerti il muso non avrebbe molto senso, ti pare?-  
-Ari....-
Che cosa avrebbe voluto dire? Che avrebbe dovuto dirle? Ari sei importante per me? Ti voglio bene? Ma che roba assurda gli aveva messo in testa Takao?! Come minimo, se si fosse azzardato a dirle cose così melense, gli avrebbe spaccato la testa col casco come aveva fatto quella mattina con la guardia del corpo che le aveva mandato suo nonno.  
La faceva facile Takao, voleva proprio vedere se lui queste menate sentimentali aveva il coraggio di dirgliele!  
Sospirò affranto. Molto probabilmente sì, lui non era un tipo che si risparmiava su queste cose, e forse pensandoci bene un po' di fastidio lo provava all'idea che fosse così libero di essere espansivo e sincero con lei. Forse era solo questo il suo problema, non essere libero.
-Che c'è, ti sei incantato?-
-Io non... mi dispiace veramente per quello che ho detto.-
Una piegolina sulla fronte della ragazza gli fece capire immediatamente che forse avrebbe fatto bene a tacere. Ari reagì bruscamente e alcune teste si voltarono verso di loro per quell'improvvisa agitazione. Per fortuna stavano parlando in russo!
-Mi hai rotto il cazzo con 'sta storia! Giuro che se ne parli ancora ti do una pedata sui denti che te li faccio cadere tutti! Tagliala Kai, non ti sopporto più! Chiudiamola qui e basta!-
Kai dopo un attimo di sbigottimento, le scoppiò a ridere in faccia.
-Che cosa diavolo hai da ridere!?- gli chiese burbera.  
-Hai veramente un caratteraccio però hai anche una gran fantasia, almeno sei divertente!-
Ari scoccò la lingua. -Stai iniziando a dare i numeri, avrai perso troppo sangue. Andiamo, ti riaccompagno a casa che poi devo tornare alla BBA a lavorare! Mi hai già fatto perdere un casino di tempo!- si alzò e gli fece segno di seguirlo. -Finisciti lo scotch prima, sarà un bel problema infilarti il casco col naso così!-  
Bevve tutto lo scotch rimasto e la segui. E in effetti fu un vero problema riuscire a mettere il casco col dolore al naso e lei che, invece di dargli una mano, lo faceva innervosire ridendo.  
E un problema fu pure toglierlo una volta arrivata davanti casa Kinomiya. Lì riuscì ad aiutarlo, visto che le sue imprecazioni e i suoi lamenti rimasero soffocati all'interno del casco, evitando così di distrarla e permettendole di concentrarsi sul problema.
Dopo averlo mandato di nuovo cordialmente al diavolo per averle fatto perdere tempo, Ari mise in moto e se ne andrò via sgommando, lasciandolo nella stradina desolata, col casco sotto braccio a fissare la curva dove era appena scomparsa.  
-La tua cattiva ragazza ti ha riportato a casa! Ti è piaciuto il giretto in moto?-  
Kai sospirò e si voltò. Rei era fermo sulla soglia, e non appena lo vide in faccia il sorrisetto scomparve.  
-Avete... avete mai pensato a fare terapia di coppia?- chiese sgomento Rei notando anche il sangue su sciarpa e maglia.
-Ahah! Veramente divertente, Rei!- fece sarcastico, scansandolo e entrando.
-Ti assicuro che questa non era una battuta!- disse seguendolo.
-E per la cronaca, è stato Boris!-  
 
 
 
 
 
 
 
L'uomo in grigio le richiuse la porta alle spalle e la seguì senza fiatare, posizionandosi alle spalle del presidente Hiwatari.  
Ariel avanzò con passo sicuro nel grande ufficio, dritto fin davanti alla possente figura autoritaria del presidente. Lui era seduto rigido dietro la grossa scrivania in legno scuro, e la guardava con uno sguardo penetrante e severo.  
-Puntuale!-  
-Puntuale o prevedibile?- ribatté accomodandosi sulla poltroncina di fronte e lasciando scivolare il casco a terra.
Hito Hiwatari scrutò con interesse la ragazza. Non c'era ombra dell'atteggiamento sfrontato di quella mattina anche se conservava un qualcosa di estremamente minaccioso.  
-Tanaka, vai pure.- disse congedando l'uomo senza nemmeno voltarsi a guardarlo.  
Quest'ultimo parve preso alla sprovvista. Guardò prima il presidente e poi la ragazza incerto sul da farsi.  
-Ma signore... ne è sicuro?-  
Ma non ebbe nemmeno il tempo di spiegarsi, che Hiwatari lo fulminò con un'occhiata raggelante, proprio come tre anni prima, quando aveva avuto l'ardire di fargli presente quanto potesse essere azzardato slegare e avvicinarsi così tanto ad un soggetto tanto instabile. Quindi non aggiunse altro e si limitò ad uscire mortificato da quel silente rimprovero.
Il presidente Hiwatari non la temeva, sapeva perfettamente come trattare con lei, e non appena la porta fu chiusa continuò.
-Avevi già detto di avere delle domande e delle questioni da chiarire. Ebbene, io ho alcune cose da mostrarti.-
Ari tirò fuori dall'interno del giubbotto qualcosa, si sporse in avanti e lo poggiò sulla scrivania, proprio davanti al presidente.
-Bene, allora partiamo dalla donna che mi ha dato questo beyblade e del perché si faceva chiamare zia Anya!- iniziò reggendo il suo sguardo. -Che tipo di rapporto legava lei e mio padre?-
Hiwatari si lasciò sfuggire un sorrisetto soddisfatto.
-Dritti al punto! Ho apprezzato questo di te sin dal primo momento, sei diretta e sveglia. Mia nuora, Anastasia Romanova, era erede e penultima custode della Fenice di fuoco. Quando il Leviatano creò Black Dranzer all'inizio del diciannovesimo secolo, la Fenice divenne vulnerabile e la sua famiglia fu quasi del tutto annientata. Fu un attacco devastante che li costrinse a nascondersi, a far perdere le proprie tracce, e per evitare lo stesso destino, anche le altre famiglie fecero lo stesso. Ma oramai il danno era stato fatto, Black Dranzer era stato creato e il Leviatano continuava a rappresentare una minaccia per la Fenice, e così una potente famiglia di antichi guerrieri, loro stessi custodi di un animale sacro, si offrì di difenderla e proteggerla. E tuo padre era l'ultimo discendente di questa famiglia, così come Anya lo era della sua.-
Ariel ascoltava ogni parola con attenzione, in assoluto silenzio.
-Da che è stato creato Black Dranzer, la famiglia di tuo padre e dell'Aquila Bianca, hanno giurato fedeltà assoluta alla Fenice e ai suoi custodi, con l'obbiettivo di proteggerli e tenerli lontani dal pericolo rappresentato da questa infida organizzazione.-
-Quindi era questo che legava mio padre a Anya.- disse Ari più a sé stessa. -Per questo mi ha donato questo beyblade....-  
-Esatto. Per decenni il Leviatano non si fece vivo, sembrava scomparso, fino a venti anni, quando tornarono di nuovo all'attacco. All'epoca era Anya la custode, e volle a tutti i costi che suo figlio venisse allevato e addestrato per essere in grado di affrontare questo pericolo, così come tuo padre lo volle per te. Come risposta io creai la Borg sia con lo scopo di preparare lui e una squadra in grado di combattere contro questa organizzazione, che per nascondere Kai in un luogo sicuro per quando Anya gli avrebbe passato la custodia della Fenice, cosa purtroppo che accadde molto presto.- Hiwatari fece una pausa. Aprì un cassetto e tirò fuori un telecomando che puntò verso l'enorme schermo sulla parete di lato, accendendolo.  
-Tuo padre deve averti istruito affinché continuassi la sua missione in quanto erede dell'Aquila Bianca e della missione, ma evidentemente eri troppo piccola, anche se sono più che convinto che tu non abbia dimenticato nulla di tutto ciò di cui ti ho parlato. Semplicemente avevi bisogno di aiuto per ricordare.-
La luce si spense e lo schermo si illuminò. Apparve una stanza che Ariel riconobbe immediatamente. Era un ufficio tetro e austero. L'inquadratura prendeva la parte centrale, di spalle alla scrivania e all'uomo che vi era seduto, ma non aveva bisogno di vederlo in volto per sapere chi fosse. Si muoveva sistemando distrattamente alcuni oggetti sulla scrivania.
-Vorkof aveva l'abitudine di registrare ogni incontro con i bambini appena arrivati, ma conservava solo quello che si rilevavano interessanti.- spiegò il presidente Hiwatari guardando lo schermo. -Salvò il tuo ritenendolo uno di questi, e aveva ragione.-  
La porta si aprì e una guardia fece entrare una bambina dai folti e scompigliati capelli scuri, in disordine e vestita poveramente, con un pesante cappotto grigio e una vecchia tuta consunta. Il suo sguardo non aveva nulla di infantile: era altero e borioso che nascondeva a stento una punta quasi ferina e indomita. Ma era proprio lei, era il suo sguardo quello, che negli anni non aveva fatto altro che incattivirsi.  
Avanzò nell'ufficio in silenzio e senza mostrare il minimo timore, fermandosi davanti alla grossa scrivania dietro la quale c'era quell'uomo.
-Quale è il tuo nome?-  
Sentire di nuovo quella voce la fece fremere.  
-Ariel Mayer, signore, figlia di Friedrich Mayer, ultima custode della nobile Aquila Bianca.- la voce era chiara e sicura.
-Quindi sei tu.... Ti aspettavo giorni fa, pensavo fossi morta!-  
Quindi la stava aspettando.... La stavano portando lì!
-I tuoi genitori sono morti tre giorni fa in un incidente stradale, lo sai?-
-Sì, signore!- rispose senza dare segno di vacillare a quella notizia. E l'uomo doveva essere rimasto sconcertato per la fermezza dimostrata dalla bambina, perché fece una lunga pausa.
-Come hai fatto ad arrivare fin qui? Sono tre giorni che siamo bloccati dalla tempesta di neve!-  
-L'ho attraversata.-
-L'hai... attraversata? Che significa? Come hai fatto a trovare il posto? Chi ti ci ha portato?-
-L'Aquila Bianca. Mi ha indicato la strada.-
-L'Aquila Bianca.... Tu sai perché sei qui?-
-Sì signore!- la piccola annuì seria e gonfiò il petto. -Sono qui per imparare a combattere e adempiere alla mia missione!-
Vorkof fece una pausa studiandola con attenzione.
-E quale sarebbe la tua missione?-  
-Proteggere la principessa, signore!- rispose prontamente la bambina.
Vorkof si prese un'altra lunga pausa e si mosse a disagio sulla sedia e sospirò.
-Purtroppo arrivi tardi, la principessa è morta. È stata uccisa due giorni fa.-
Quelle parole sembrarono scalfirla, ma non come si sarebbe aspettato, perché lo sorprese ancora prendendo un forte tono di rimprovero e di disprezzo.  
-La principessa non può essere uccisa! Portatemi da lei e limitatemi a darmi i mezzi per adempiere alla mia missione!-
Vorkof batté irato un pugno sulla scrivania che non la intimorì minimamente.  
-Non osare darmi ordini, mocciosa!- ma, vedendo che non abbandonava quell'atteggiamento di sfida, premette un pulsante dell'apparecchio di fronte a lui e immediatamente nella stanza entrò la guardia.  
-Portala via, e falle tagliare quegli orribili capelli!- ordinò risoluto mentre la guardia afferrava per un braccio la piccola e orgogliosa Ariel. -Mettila nella stessa cella di Hiwatari! Voglio vedere se è veramente così forte come ha detto Anya!- disse con una punta di cattiveria, forse sicuro che non sarebbe stata all'altezza di tener testa al piccolo Hiwatari, mentre l'uomo la trascinava via.  
Il video terminò e le luci furono accese.
-Un video interessante non trovi?- chiese Hiwatari alla ragazza che aveva osservato il tutto in silenzio. -Come mai eri tanto convinta che Anya non fosse morta?-
Ari lo guardò a lungo pensierosa, poi guardò di nuovo lo schermo nero.
-Perché non era lei la principessa alla quale mi riferivo, ma la Fenice.- spiegò seria proprio come la bambina nel video. -La Fenice ricopre la figura della principessa, mentre il Drago Azzurro è l'imperatore.-  
Ecco perché la parola "principessa" non aveva fatto altro che vorticarle nella testa ininterrottamente nelle ultime ventiquattro ore.  
-Capisco.- Hito annuì. -E tu riuscisti ad arrivare fino al monastero da sola guidata dalla tua Aquila?-
-Evidentemente.... Io non ricordo tutto questo.- continuò a parlare con lo sguardo perso nel vuoto, rivolto verso lo schermo. -Non ricordavo questo colloquio con Vorkof. È come se mi fossi svegliata lì e da lì fosse iniziata la mia vita.-  
-Ma hai comunque conservato tutte le tue conoscenze, tuo padre ti ha istruita a dovere!-
Più che "istruita" sarebbe stato più corretto usare la parola "indottrinata", ma avrebbe avuto un'accezione troppo negativa che il vecchio Hiwatari non aveva alcuna intenzione di lasciar trapelare.
-Sì, credo di sì....- rispose lei. Era da quella mattina che ci pensava, da quando Yuri glielo aveva fatto notare prima di entrare in ascensore, perché spesso lei dava molte cose che sapeva per scontate, come se fossero gli altri troppo sciocchi a non saperle. -So cose che neanche pensavo di sapere, come se le avessi sempre sapute ed è stato mio padre ad insegnarmele.- ammise per poi tornare a guardare il vecchio davanti a lei. -E gli altri custodi non hanno dei guardiani?-
-A quanto ne so no, solo la Fenice ne ha avuto bisogno dopo quello che è successo. Fatto sta che non è servito a molto purtroppo. Questa gente è riuscita a rintracciarla e a trovare Anya, che ha avuto a malapena il tempo di passare la custodia a suo figlio.-  
-Quindi mio padre sapeva, è stato lui a mandarmi al monastero, per raggiungere Kai. E l'Aquila bianca mi ha guidato fino lì per questo, perché era il nuovo custode della Fenice.- disse con distacco.  
Si sentiva come svuotata. Avrebbe dovuto provare rabbia, una folle rabbia nei confronti di Kai, del vecchio Hiwatari, di quella fantomatica zia Anya, e ancora di più di suo padre. Ma avvertiva come uno strano senso di pace e di quiete ora, come se la mente fosse stata sgomberata da ogni cosa come il cielo pulito e limpido dopo un fortissimo vento. Il destino le aveva giocato quell'assurdo scherzo e la colpa non era di nessuno di loro ma di quella organizzazione e di Black Dranzer.
-L'Aquila Bianca, mio padre e Anya hanno fatto in modo che io arrivassi da Kai e stessi al suo fianco e Black Dranzer è riuscito ad allontanarlo da me....-  
-Credo proprio di sì, Black Dranzer ha sempre rappresentato una grande tentazione per i custodi della Fenice, esercita una forte attrazione, e Kai non ha resistito e quando lo ha lanciato lo ha quasi ucciso. Quando l'anno scorso ti ha rivisto dopo tutto quel tempo ero certo che non ti avrebbe riconosciuta né si sarebbe ricordato facilmente di te. Black Dranzer aveva intaccato la sua memora per cancellare te che avevi il compito di proteggerlo. Ma ora non c'è più tempo, la guerra sta per iniziare e ognuno deve essere pienamente consapevole del proprio ruolo. Come potrai ben immaginare il fatto che i quattro animali sacri si siano riuniti è un evento raro che non si verificava da secoli, ma tutta questa visibilità... da quando è stato creato Black Dranzer l'unica misura presa era stata quella di rimanere nell'ombra per non farsi trovare.-  
-Se finora non hanno attaccato, nonostante fossero usciti allo scoperto, è solo perché uniti sono più forti.-
-Esattamente, e tu istintivamente hai fatto in modo tale che così restassero, uniti, sapendo che è l'unico modo per rendere Kai il meno vulnerabile possibile ad altri attacchi. Se non hanno fatto nulla in tutti questi anni molto probabilmente è per prepararsi ed essere sicuri di vincere.-
-È per questo che mi ha sempre trattato con tutti i riguardi quindi, perché sapeva che un giorno avrei dovuto proteggere suo nipote!- gli rinfacciò Ariel stirando le labbra in un sorriso amaro. Passando dalla sede russa a quella canadese aveva fatto un enorme salto di qualità a livello di preparazione, ma soprattutto a livello di vita, e certo non si era scordata come l'aveva trattata al colloquio dopo il fallimento della Borg russa, e le parole che aveva usato nei suoi confronti.
Hito Hiwatari sospirò e abbassò gli occhi. -Ho un altro video da mostrarti. Sarà molto crudo ma sono sicuro che tu reggerai perfettamente.-
Lo schermo si accese e le luci si spensero. Partì un video, la qualità era bassa, non doveva essere recente, forse risaliva ad almeno una decina, massino quindicina, d'anni prima, come il primo video, ma questa volta la scena si svolgeva in un luogo chiuso e buio, illuminato da delle luci a neon. Ebbe conferma quando riconobbe la donna legata alla sedia al centro dell'inquadratura. Il viso era sfigurato, irriconoscibile, ma capì che si trattava della stessa donna ritratta nella foto del matrimonio dei suoi genitori solo grazie ai lunghi capelli argentati, lì incrostati del sangue che le scendeva dalla testa, e dall'unico occhio ametista ancora presente e aperto in una fessura sottile. L'altro le doveva essere stato cavato, e il viso era gonfio, violaceo e sporco di sangue che le sgorgava dalla bocca, dal naso, dalla cavità oculare vuota e dalle ferite. Non c'era più traccia della bellissima principessa che era stata.
Una voce fuori campo parò in giapponese. La stava minacciando, voleva sapere dove si trovavano Dranzer e Black Dranzer. La donna rimase orgogliosamente in silenzio, anche quando un altro uomo comparve nell'inquadratura e, con una grossa pinza, iniziò ad estirparle le unghie delle dita della mano destra una ad una. La mano sinistra non aveva più dita, le erano state mozzate e dai moncherini colava sangue copiosamente.  
Non un fiato, non un urlo, mantenne la bocca serrata anche se il dolore la stava facendo tremare convulsamente da capo a piedi.
E di nuovo ad insistere perché parlasse, perché dicesse loro dove aveva nascosto i due animali sacri e rispettivi beyblade e il nuovo custode. Ma era chiaro che quella tortura era oramai arrivata alla fine, il corpo era martoriato e quasi dissanguato, e che non avrebbero cavato proprio nulla da quella donna.
Andarono avanti insistendo con le domande, insultandola e torturandola, in uno spettacolo atroce e, nonostante oramai i momenti di lucidità della giovane Anya fossero rari, non si lasciò sfuggire una sola parola. Che avesse parlato o meno la sua fine era segnata.  
Le fu puntata una pistola alla tempia e l'eco dello sparo riempì il silenzio del grande ufficio del presidente Hiwatari. Gli schizzi imperlarono l'aria solo per un attimo e la giovane donna crollò morta su sé stessa.
Ari rimase in silenzio a fissare lo schermo impassibile. Hiwatari non aveva alzato gli occhi da lei nemmeno per un momento, forse per osservare la sua reazione, o forse per evitare di guardare di nuovo quel video osceno dove la nuora, alla quale aveva voluto bene come ad una figlia, veniva torturate e assassinata brutalmente.
-Ammirevole!- ad un certo punto Ariel ruppe il silenzio. -Non ha ceduto nemmeno per un momento, una resistenza invidiabile.-
Lo schermo si spense e le luci nella stanza furono riaccese.  
Hiwatari non era per nulla sorpreso che quello spettacolo mostruoso non l'avesse minimamente turbata, ma fu grato che avesse colto e apprezzato il forte temperamento di Anya.  
-Dici bene, ammirevole.... Anya era una donna forte, indomabile! È morta per proteggere suo figlio e la Fenice. Purtroppo fu mio figlio Susumu a vedere questo video per primo. L'avessi visto prima io non gli avrei mai permesso di guardarlo. Lui amava immensamente Anya, perse completamente la testa e da allora non si è più ripreso. È sempre stato un ragazzo molto sensibile.... Me l'hanno rovinato.- disse senza far trapelare il dolore di quella ferita aperta.
-Che cosa sa Kai?- chiese impietosa.
-Che sua madre è morta in un incidente e che suo padre non ha mai superato il lutto. Non so quanto sia saggio in questo momento dirgli la verità, non vorrei che si buttasse tra le fauci di questa bestia di sua spontanea volontà cercando vendetta.-  
Ariel lo scrutò con attenzione, ragionando per qualche momento su ciò che le aveva mostrato e ciò che le aveva detto. Incrociò le braccia al petto e assottigliò gli occhi.
-Ha mostrato questo video a me perché ovviamente a lui non può mostrarlo. Non vuole rischiare che perda la ragione come è successo col padre, né che si faccia ammazzare nel tentativo di vendicarsi, mentre io posso rendermi conto di quello che significa.-  
-Esattamente. Qualcuno deve essere pienamente cosciente di cosa sono capaci di fare questi animali!-
-E qui veniamo al vero motivo per cui mi ha mostrato questo video. Lei vuole sapere se io sono disposta ad affrontare tutto questo e, in caso, a sacrificarmi pur di salvare suo nipote!-
Hiwatari non si scompose, annuì grave fissandola dritto negli occhi.  
-Starei più tranquillo sentendo da te che sarà così ora che sei pienamente consapevole dei rischi della tua missione, sì!-  
Ariel soppesò le sue parole, sciolse le braccia poggiandole sui braccioli della poltroncina e lo affrontò a testa alta. 
-Finché Kai sarà il custode della Fenice avrà la mia più assoluta e cieca fedeltà e lo proteggerò fino al mio ultimo respiro. È la mia missione, sono nata per questo. Può stare tranquillo, tutto questo non mi spaventa.- il suo sguardo si incupì e la voce si fece più bassa, ma si accese una luce oscura nei suoi occhi, qualcosa di ardente. -E poi... io sono già morta! Le chiedo solo una cosa, un piccolo regalino....-  
Hito Hiwatari non ci pensò due volte su, pronto anche a darle il mondo se questo sarebbe servito a proteggere Kai.
-Puoi avere tutto ciò che desideri.-
-Voglio la vita di dieci uomini!- disse seria in maniera agghiacciante. -Quelli che lavoravano al monastero sei anni fa. Non ho potuto prendermi quella di Vorkof, ma le loro andranno più che bene.-
Hiwatari non si scompose minimamente a quella richiesta. -Si può fare, non è assolutamente un problema. Fammi sapere tutto quello di cui hai bisogno e lo avrai.-  
 
 
 
 
 
 
Eccomi qui!  
Come vi pare? Spero che il pezzo del video della morte di Anya non abbia dato troppo fastidio a qualcuno, ma vi avviso che il prossimo capitolo sarà tutto piuttosto violento.
Tornando a questo, ho tirato fuori un po' di cose sul passato di Ari, di Kai e, nel suo piccolo, anche di Boris. Non so come mai ma ultimamente mi stanno venendo in mente alcuni episodi che si sono svolti durante il periodo del monastero, quindi penso che li inserirò andando avanti con la storia. Per il resto spero che sia tutto abbastanza chiaro, purtroppo non è facile sapendo ogni particolare far raccontare a un personaggio solo ciò che lui sa senza lasciarsi sfuggire cose che non dovrebbe sapere (lo so, sto dicendo cose senza senso xD)
So che a molti sembrerà assurdo che il nonno di Kai si preoccupi tanto per il nipote, la diffidenza è normale, ma ho cercato di giustificare le sue azioni precedenti come un modo alquanto discutibile di proteggerlo da questo misterioso mostro. Poi siccome mi ha sempre affascinato black dranzer, e la sua storia non è mai stata approfondita nell'anime, ho deciso di ricamarci io su, ed ecco qui la trama!  
Se ci sono dubbi o perplessità ditemelo pure, così mi aiutate a ragionare meglio sulla piega che sta prendendo la storia.

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Capitolo 44
*** Numb ***


Raga... chiedo scusa per il vergognoso ritardo. Il capitolo era praticamente quasi pronto da un mese ma non trovavo la concentrazione per sedermi e dargli la forma definitiva, a fine capitolo spiegherò il perché.  
IMPORTANTE: questo capitolo presenta delle tematiche forti che potrebbero urtare la sensibilità di qualcuno. Ho già aggiornato dallo scorso capitolo le avvertenze con tematiche delicate e contenuti forti.
Mi scuso ancora per il mostruoso ritardo, spero che vada bene anche se come al solito ci sono alcuni punti che mi convincono e altri che non mi convincono pienamente. Questo capitolo mi ha messo l'ansia da prestazione!
Ps: ragazze vi adoro! Le vostre recensioni mi ricordano che non devo mollare, questa storia deve andare avanti!  
 
 
44. Numb
 
Petr Pahov era il più grande tra i titolari della squadra dei Demolition Boys, ma non certo il più brillante o il più bravo. Spiccava per presunzione e aggressività. Era un ragazzo di diciassette anni piuttosto basso e corpulento, proprio come il fratello minore, Ivan.
Yuri Ivanov, nonostante i cinque anni di differenza, non dimostrava il minimo timore nell'affrontarlo e nel tenergli testa. Non per niente era il capitano nonostante la giovane età. La differenza tra i due sostanzialmente consisteva nell'estrema arroganza del primo e nell'assoluta sicurezza di sé del secondo. Ivanov era un tipo estremamente equilibrato e pacato che manteneva un controllo di sé e di ciò che lo circondava in maniera invidiabile.
Quel giorno a mensa Petr Pahov si guardava attorno impaziente, con un ghigno che non prometteva niente di buono, e Yuri Ivanov, seduto proprio di fronte a lui, lo sapeva bene. Avrebbe sicuramente tartassato qualche piccoletto come al solito, o fatto finire nei guai qualcuno di loro per il puro gusto di farlo. Ma mai avrebbe pensato che sarebbe stato così ottuso da andare a provocare proprio la persona meno raccomandabile di tutto il monastero.   
Nessuno si sarebbe mai permesso di parlare ad Ariel Mayer, figuriamoci adottare certi toni. Era un'ombra oscura che si aggirava silente e minacciosa per il monastero. Non aveva bisogno di fare nulla, la sua fama la precedeva. Non era rispettata ma temuta, e per Yuri le ragioni erano più che valide e le teneva sempre presenti. Una come lei era da tenere lontana e tranquilla.  
Ma Pahov forse credeva che quelle ragioni non fossero più tanto valide. Tutto ciò che dall'alto dei suoi diciassette anni vedeva era solo una ragazzina di dodici, minuta e debole, che qualcuno aveva già sottomesso senza troppe difficoltà. Quindi non c'era più niente da temere, la maschera da soldatino perfetto era stata demolita e ciò che si era rivelato esserci sotto era solo una ridicola femmina, e come le altre non aveva ragione di esistere se non per un motivo. Quindi il suo atteggiamento schivo e minaccioso non lo impressionava, e quando la vide avvicinarsi al tavolo accanto al loro, la accolse con un ghignò beffardo e malizioso, squadrandola da capo a piedi.
-Ah Mayer, eccoti qui finalmente!- esordì a gran voce in modo tale che lo sentissero tutti i presenti. Voleva umiliarla, demolire il ridicolo timore che gli altri avevano di lei.  
La ragazzina lo ignorò. Non lo faceva per evitare rogne, semplicemente non riteneva di dover sprecare fiato per interagire con uno di un livello più basso del suo.
Molti dei ragazzini tornarono con la testa nel piatto immediatamente facendo finta di nulla, tranne i compari di Pahov che, forti della sua spavalderia, dimenticarono presto quanto potesse essere pericoloso provocare la Mayer.
-Stavo proprio pensando di venirti a trovare stanotte, così fai sollazzare un po' anche me!-
Ariel Mayer appoggiò il vassoio sul tavolo affianco senza emettere un fiato, ma le sue mani si strinsero attorno alla plastica quando le risatine di scherno dei compari di Pahov, fratello minore compreso, si alzarono a quel commento. Altri ragazzi seguirono di sottecchi a quella curiosa affermazione.  
Col taglio corto e l'ancora complice giovane età, quanto l'atteggiamento autoritario, Ariel aveva in tutto e per tutto l'aspetto di un ragazzino di dodici anni qualunque, nessuno avrebbe mai sospettato che in verità fosse una femmina. Dopo tutto anche Ivanov non presentava tratti marcatamente mascolini. In pochi lo sapevano e lui era uno di questi ma, a differenza di Pahov, non era così stupido da sottovalutarla per una cosa del genere.
Dava loro le spalle e non percepirono subito la minaccia.
Yuri posò le posate sul tavolo con un movimento estremamente garbato e controllato, e alzò lo sguardo di ghiaccio sul compagno di squadra di fronte a lui che sedeva scomposto per stare girato verso il tavolo alle sue spalle dove c'era l'oggetto delle sue attenzioni.
-Pahov, finiscila!-
Questo si voltò verso di lui, squadrandolo con sufficienza. Per lui era solo un spocchioso pidocchietto pel di carota!
-Ivanov, mi lasci la stanza libera, vero?- disse beffardo.
Non si sopportavano. L'arroganza di quel tipo entrava prepotentemente in contrasto con l'autorità di Yuri. Un elemento così irrispettoso era solo una mina vagante, una spina nel fianco per la sua squadra!  
-No! Tu questa notte te ne resti nella tua cella, chiaro!?-  
-Che c'è, sei geloso? Non mi pare che tu sia ancora abbastanza uomo per scopartela, quindi stanotte vedi di toglierti dai coglioni, moccioso!-   
Sergey alla destra di Yuri si agitò ansioso. Non gli stava piacendo la piega che stavano prendendo gli eventi, non sapeva se fosse a causa dell'assoluta mancanza di rispetto nei confronti del capitano, o per l'inquietante immobilità della Mayer che dava loro le spalle.  
-A Gregorovich non dispiacerà se mi diverto un po' con la sua puttanella! Non è giusto che se la spassi solo lui qui dentro! Non è tutto questo granché ma sempre meglio di niente!-
Il rumore di un piatto spaccato li mise in allerta. Ma Pahov continuò, incurante. Lui era un uomo, non aveva paura di una femminuccia!  
-Non osare....- finalmente la ragazzina rispose, e fu con un filo di voce pervaso di rabbia.
-Quale è il problema, Mayer? Non è quello che sei?- prese il bicchiere e bevve, dandole pure le spalle, come a sottolineare quanta poca considerazione avesse di lei. -La puttanella di Gregorovich, e da oggi anche la mia! Questo sei e questo resti, ficcatelo in testa, stupida femmina!- E fu agghiacciante. In un attimo la mensa di riempì di sangue, sul tavolo, sul pavimento, sulle pareti, sui ragazzi... schizzò ovunque. Petr si ritrovò un coccio del piatto rotto conficcato nel collo, e a quello seguirono altri colpi che affondarono violenti e incontrollati, davanti agli occhi del fratello minore Ivan, di Yuri, Sergej, Boris, e del resto dei ragazzi presenti, che rimasero impotenti e sconvolti da tanta efferatezza. Si accanì sul collo e quando non ci fu più nient'altro che una poltiglia informe, passò al petto. Le guardie la stavano caricando ci colpi per placarla, staccarla dal quel corpo oramai martoriato sulla quale si era accanita, accecata dalla follia, colpendo anche loro, finché uno di loro non riuscì a colpirla alla testa e crollò sul tavolo svenuta.
 
 
 
Una delle due guardie che l'avevano trascinata fin nell'ufficio di Vorkof, rovesciò un secchio d'acqua gelida sulla ragazzina gettata per terra, sul tappeto al centro della stanza. Questa immediatamente si riprese, annaspando e tossendo, e si tirò su a fatica guardandosi attorno ancora stordita e confusa.  
Il monaco era furente. Quella maledetta ragazzina pazza aveva superato ogni limite! Avesse ammazzato uno qualsiasi si sarebbe limitato a una settimana in isolamento a digiuno e qualche frustata, ma Petr Pahov era uno dei migliori blader della sua squadra, e lo aveva sgozzato come un animale da macello.  
-Mi sembrava di essere stato chiaro in proposito: se non hai il permesso non puoi uccidere!-
Lei alzò lo sguardo incattivito su di lui. Non c'era assolutamente ombra di pentimento in quegli occhi orgogliosi e folli. Sosteneva il suo sguardo con sfida, come sempre. Le mani ancora imbrattate del sangue del ragazzo, che le era schizzato anche addosso e sul viso, erano strette a pugno, carica di rancore.  
L'avevano dovuta tramortire per riuscire a scollarla dal corpo di Pahov sulla quale aveva continuato ad infierire preda di una furia cieca.  
-Hai ucciso Pahov!- tuonò iracondo senza sortire alcun effetto. Avrebbe dovuto tremare davanti a lui, prostrarsi chiedendo perdono e clemenza, ma quello che aveva davanti era pura presunzione. Girò intorno alla scrivania e la fronteggiò, svettando su quel piccolo mostro che non provava nessun timore. -Mi hai privato di un blaider di livello tre? Non hai nulla da dire?-  
Nulla, rimase in silenzio a fissarlo con quegli occhi neri e ferini, carichi d'ira, e tale presunzione gli diede ancora di più sui nervi.  
-Non sei tu a decidere chi deve morire!- alzò un braccio e la colpì con forza in viso facendola finire di nuovo a terra. -L'hai ammazzato per quello che ti ha detto?-
E di nuovo, invece di abbassare la testa e pentirsi, sottomettersi, implorare perdono, alzò gli occhi su di lui, ringhiandogli contro minacciosa.  
Era sconvolto!
-Come osi!?- sibilò furioso. Con un calcio la fece finire con la schiena a terra, e la tenne ferma schiacciandole il petto sotto il suo stivale. E lei ringhiò ancora più forte, scalciò, cercando di graffiargli la gamba con le unghie, come un animale braccato.  
-Cosa credi di fare? Vuoi ribellarti? Il tuo problema è che credi ancora di essere al di sopra degli altri! Non vali niente qui dentro! Potrai pure essere la blaider più valida presente, ma non me ne faccio niente di una come te!-  
Lei continuava ad agitarsi e a ribellarsi. La afferrò malamente per il braccio e la tirò su, trascinandola fuori dal suo ufficio con le due guardie al seguito.  
-Non sei niente qui dentro e se qualcuno ti vuole come puttana ringrazia il cielo che almeno servi a qualcosa!-  
Scesero di qualche piano, attraversarono diversi corridoi bui. Continuava ad opporsi, a urlare e ad aggirarsi senza sosta fino a una stanza nelle segrete.  
Appena entrati la liberò e smise di opporsi, forse convinta che l'avrebbe frustata fino a ridurre a brandelli la pelle della schiena. Ma questa volta non se la sarebbe cavata con così poco. Ci voleva una punizione esemplare, una punizione che le sarebbe servita da lezione e l'avrebbe rimessa al suo posto definitivamente.
La spinse all'interno della stanza. La bambina di dodici anni indietreggiò e si guardò attorno come un animale in gabbia. Era la stanza ricreativa delle guardie, ed erano tutte lì. Molto probabilmente era l'orario del coprifuoco.  
-Avresti dovuto starti zitta e fare quello che ti diceva Pahov, maledetta stupida!- sibilò malevolo avanzando verso di lei.
Ariel Mayer indietreggiò fino a cozzare con la schiena contro il tavolo al centro della sala.
 
 
 
 
 
 
Un fischio sottile nell'auricolare la avvisò che c'era collegamento perfetto con l'apparecchio del suo supporto esterno. Avanzò nel corridoio buio e deserto seguendo la luce giallastra che filtrava da sotto la grande porta in fondo.
-Dammi la tua posizione!- bisbigliò.
-Sono al punto C. La visuale è libera, panoramica completa e pulita.-
Si appiattì contro la porta ascoltando il chiassoso vociare che veniva dall'interno della sala conferenze.
-Ci sono tutti?-  
-Tutti, Black Mamba! Puoi pure iniziare!-
-Che cazzo dici?- ringhiò irritata.
-Black Mamba.... Kill Bill? Mai visto questo film?-  
-Concentrati invece di sparare cazzate! Limitati a coprirmi le spalle.-
-Ok, scusa tesoro, hai ragione!-  
-Mi raccomando, non ucciderne neanche uno, sono tutti miei!-
-Non oserei mai!-  
Afferrò la maniglia della porta e la ruotò lentamente.
-Bene, allora iniziamo!-  
 
 
 
 
 
 
Si ritrovò con entrambe le braccia bloccate dietro la schiena, il viso schiacciato contro la ruvida superfice di legno grezzo del tavolo e l'impossibilità di muoversi, di ribellarsi, di allontanare quell'uomo da lei. Si sentiva confusa e stordita. Non riusciva a respirare. Tutta quella gente intorno a lei non faceva niente, si aggirava intorno e non capiva. Voleva solo urlare, o forse stava già urlando? Voleva esplodere e ucciderlo, uccidere Vorkof, fargli del male, ma era così impotente sotto quelle spinte che la uccidevano.  
-È l'unico modo evidentemente per farti abbassare la cresta!- disse la voce roca alle sue spalle. -Disgusta più me che te credimi, ma mi ci hai costretto tu, la colpa è solo tua!-  
Durò poco, solo poche spinte. Sentì la presa sulle sue braccia allentarsi e quando fu certa che l'uomo dietro di lei si fosse allontanato si tirò su tremando di rabbia, di paura, tenendo lo sguardo fisso su quella superficie legnosa sotto di lei. Era finita, andava tutto bene, era durato poco, era finita....
Il monaco si rassettò frettolosamente e si rivolse alle guardie presenti.
-Continuate voi, deve imparare la lezione!-  
 
 
 


 
 
Quando la porta si aprì solo alcuni se ne accorsero. Osservarono con sorpresa la ragazza bionda e slanciata, vestita di nero, con un giubbotto che sembrava troppo grande, appena entrata nella sala. Dava loro le spalle, richiudendo la porta con cura.
-È una riunione privata, è pregata di andarsene!- tuonò uno di loro, seduto attorno al tavolo al centro della stanza, più vicino alla porta.  
Era piuttosto strano che si fosse presentata lì, tutto lo stabile era stato prenotato solo per loro, non avrebbe dovuto esserci nessuno.
Ma la ragazza lo ignorò e si voltò a guardarlo. Era molto giovane, forse non aveva nemmeno vent'anni, ed aveva un viso molto bello, quasi angelico, contornato da capelli color del grano, e occhi azzurri e luminosi, di cristallo. Era una tipica bellezza di lì, ma c'era qualcosa nell'espressione che la rendeva inquietante.
-Mi ha sentito?- ripeté indisposto alzandosi e avvicinandosi alla sconosciuta. Anche il resto dei colleghi a quel punto si voltò verso l'entrata della sala.  
Con un movimento lento e inesorabile sfoderò da sotto il giaccone nero due beretta 92.
Non ebbe nemmeno il tempo di reagire l'uomo, che si accasciò a terra gambizzato da due proiettili nelle ginocchia e il suo pesante stivale a schiacciargli il petto. Sopra di lui la ragazza dagli occhi di ghiaccio svettava puntando le pistole sul resto dei presenti.
-Maledetta troia, che cazzo vuoi!?- annaspò agonizzante quello sotto di lei.
-Maledetta bastarda!- urlò un altro poco distante.
Uno di loro, seduto al centro della sala, sfoderò la pistola da sotto la giacca ma, non appena gliela puntò contro, un rumore di vetri infranti rimbombò e degli schizzi di sangue imperlarono l'aria. Questo si ritrovò in ginocchio a stringersi sconvolto il polso della mano spappolata e penzolante. Ma non era stata lei a sparare quel colpo e ciò era chiaro a tutti: erano sotto tiro anche da altre direzioni.
-Sono qui per prendermi le vostre vite!- esordì la ragazza. -Non costringetemi ad ammazzarvi subito perché voglio godermi il momento!-  
La sua voce risuonò nella stanza, bassa, pacata e decisa, pienamente in contrasto con la ferocia dei suoi occhi.
-Cosa cazzo significa?- latrò rabbioso quello sotto di lei cercando di scostare la gamba che gli schiacciava il petto. Lei puntò i suoi occhi spietati su di lui e si chinò. Il peso sul suo petto però non cambiò, gli puntò una pistola in pieno viso, lasciando l'altra alta sul resto dei presenti.
-Significa che questa volta mi sono presentata anche io con qualcosa di lungo e duro! Anzi, per non sbagliare ne ho portati due!-   
L'uomo sgranò gli occhi incredulo e il fiato gli mancò e non fu a causa del peso sul petto.
-Tu sei....- annaspò sconvolto. -Maledetto demonio, tu sei quella ragazzina psicopatica del mon....- ma si ritrovò prepotentemente la canna della pistola ficcata in bocca.  
Oh, finalmente l'aveva capito chi era, aveva capito che era giunta l'ora di pagare!  
Cercò di divincolarsi, di scacciarla, le afferrò il braccio ma era inamovibile, sembrava di marmo.  
-Da bravo, fattela arrivare fino in gola!- sibilò infida e rabbiosa, spingendo la pistola fino in fondo. -Ti piace, bastardo?-  
-Lascialo immediatamente!-
Un altro colpo invisibile partì quando un secondo impavido, afferrata una sedia, provò a colpirla. E anche questa volta l'uomo crollò rumorosamente a terra inerme, colpito alla base della colonna vertebrale.  
Lei non si scompose, non se ne preoccupò. Sapeva di essere intoccabile. Inclinò il capo e scrutò con attenzione il primo condannato con la sua pistola ficcata in gola.  
Ciò che lui vide fu la propria disperazione riflessa nella luce perversa e folle degli occhi del giovane demonio dalle sembianze angeliche sopra di lui.
-Di te mi ricordo- disse con uno strano tono mite che abbandonò immediatamente. -tu mi venisti in bocca! Guarda un po'… ora sono io a ficcarti il mio cazzo in gola! Credo proprio che sia arrivato il mio momento di venire.... Salutami Vorkof all'inferno, verme!-  
Premette il grilletto e il sangue schizzò sul pavimento.
Quando alzò gli occhi sugli nove rimasti, le si aprì un ghigno agghiacciante sulle labbra. Un ghigno che riconobbero immediatamente e che li paralizzò per il terrore.   
L'odore di sangue e disperazione le investì prepotentemente le narici inebriandola. Avevano paura!  
-Ricordo la faccia di ognuno di voi vermi schifosi, di chi mi è venuto addosso, di chi mi è venuto in bocca e chi tra le gambe e dietro....-  
La sua voce era ridotta ad un ringhio rabbioso. Si tirò su e iniziarono ad agitarsi, come topi in gabbia.
Non ne sarebbe uscito neanche uno vivo da lì dentro.  
-Tocca a me divertirmi adesso!-
 
 
 
 
 
 
 
Era lì Yuri Ivanov quando una delle guardie l'aveva gettata sulla sua branda, e lì era rimasta immobile per due giorni, come morta, con gli occhi vitrei spalancati nel vuoto.  
Il cibo che era riuscito a portarle era rimasto intonso sul vecchio mobiletto. Loro condividevano la stessa cella e non era la prima volta che la vedeva in quello stato*, ma mai era durato così a lungo.  
Non sopportava l'odore di sudicio che aveva appiccicato addosso, lo faceva sentire male perché sapeva cosa significava, sapeva cosa le avevano fatto e gli faceva ribrezzo che si potesse arrivare a tanto.
Le prese il polso con delicatezza, avvertendo contro il polpastrello il flebile battito.
Avrebbe dovuto temerla. Aveva ucciso in maniera efferata Pahov, era capace di questi scatti di estrema follia, e niente gli assicurava che non sarebbe impazzita di nuovo a quel semplice tocco innocente. Ma dopo tutto chi lì dentro era riuscito a conservare un briciolo di sanità mentale? Eppure lei sembrava essere la più insana di tutti. Più la punivano e più sprofondare nella follia, e quello doveva essere il fondo.  
Aveva ucciso in maniera atroce e in maniera atroce aveva pagato. Vorkof era stato spietato!  
Non sapeva se fosse giusto provare pietà per lei, ma che lo fosse o meno a lui non importava. La sua coscienza non gli avrebbe permesso di rimanere indifferente, non l'avrebbe lasciata morire. Per questo le aveva portato del cibo, e per questo ora la stava trascinando a fatica lungo il corridoio buio che conduceva alle docce.  
Era stremato a causa della giornata di allenamenti, e Ariel oltre ad avere la sua stessa stazza, era un peso morto che non accennava un movimento, ma non si arrese. Le avrebbe lavato via tutto quel male, così si sarebbe ripresa, sarebbe tornata a muoversi.  
Lei non si stava rendendo conto di niente, quando Ariel Mayer finiva in quello stato era completamente assente, altrimenti non gli avrebbe mai permesso aiutarla.
A fatica riuscì ad arrivare alle docce. La adagiò seduta sulla panca, con la schiena contro la parete grigiastra e scrostata. Doveva fare in fretta, era in ansia, non voleva essere scoperto, Vorkof molto probabilmente non l'avrebbe presa bene. Inoltre non sopportava più quel maledetto odore.  
Velocemente, e con non poca difficoltà, riuscì a sfilarle di dosso i vestiti lisi e grigi e li gettò in un angolo. Avrebbe voluto bruciarli!  
Si tolse felpa e stivali e aprì il getto dell'acqua calda che a malapena risultò tiepida.  
Si passò di nuovo il suo braccio intorno alle spalle e la sollevò dalla panca trascinandola sotto l'acqua.
Il corpo era pieno dei lividi che le avevano lasciato le mani di quegli schifosi. Sulle cosce, così come intorno alla bocca spaccata, c'era del sangue incrostato.  
-Avanti Mayer, cerca di collaborare!- disse con un ultimo sforzo finendo entrambi sotto il getto.   
Annaspò mentre l'acqua gli finiva sul viso e provò ad appoggiarla alla parete piastrellata nella speranza che si reggesse in piedi da sola, ma in mancanza del suo sostegno scivolò a terra come una grossa bambola inerme. La cosa si sta rivelando più difficile del previso.
Provò di nuovo a tirarla su, ad avvicinarla al getto l'acqua ma nulla. Era troppo pesante per lui che era sfinito. Appoggiò le mani sulle ginocchia cercando di riprendere le forze e di non tremare per il freddo. Era zuppo e i panni erano appicciati addosso, si scostò con impazienza i capelli dal viso imponendosi di ragionare. Doveva usare la testa!  
Guardò sempre più in ansia il corpo abbandonato a terra della Mayer, che non accennava una reazione nonostante il freddo e l'acqua.  
Provò ancora, si chinò su di lei e si passò un suo braccio intorno alle spalle, ma non appena provò a tirare su rischiò di scivolare. Era in una brutta situazione, e si sentì gelare il sangue quando, alzando lo sguardo verso il fondo della sala vide una sagoma scusa nella penombra avvicinarsi.
-Kuznestov!- disse non appena lo riconobbe. Cercò di non lasciarsi sopraffare dal panico, riprese le redini della situazione in mano e sfoggiò la sua solita sicurezza. -Torna alla tua cella e non dire niente a nessuno, è un ordine!-  
Kuznestov si fermò a pochi metri da lui e rimase immobile a guardarlo per diversi secondi che gli parvero infiniti. Avrebbe eseguito l'ordine o lo avrebbe denunciato? Lui odiava la Mayer, ed era sicuramente dell'idea che non si meritasse di essere addirittura aiutata.  
Ma quello che fece il ragazzo prese alla sprovvista Yuri.
-Che stai facendo?- gli chiese sconcertato quando questo, anziché sfoggiare il suo solito ghigno maligno, mantenne quella espressione indecifrabile e iniziò a sfilarsi gli stivali e poi la felpa e la maglia.
Non disse una parola, si limitò a raggiungerlo lì, sotto il getto dell'acqua che velocemente stava perdendo quel poco di calore che restava, e senza alcuno sforzò sollevò la compagna da terra e la sostenne in piedi passandosi il suo braccio intorno al collo, tenendola saldamente per il fianco. Anche lui si stava inzuppando ma non si lamentò, non disse una parola.   
Yuri era impressionato. Non si aspettava che lo aiutasse, soprattutto non si aspettava che aiutasse lei!
-Grazie!- disse riconoscente.  
-Avanti!- lo esortò serio.
Yuri annuì.  
Iniziò a strofinare la pelle con un vecchio strofinaccio ruvido e il sapone. Passò più e più volte sul viso e sul collo, sull'addome e sul petto, dove c'era appena un accenno di seno, e tra le gambe, senza alcun imbarazzo. Per lui erano solo ferite da pulire e da curare. Avrebbe voluto pulire e lavare via tutto da quel corpo, anche quello che non vedeva e quello che non c'era più. Si sentiva sporco lui per lei solo al pensiero.  
Quando Boris la fece sedere sulla panca, la asciugò scrupolosamente, come a volere ulteriormente eliminare la sporcizia che oramai le doveva essere arrivata fin dentro l'anima. Fecero tutto in silenzio e velocemente, con l'ansia di essere scoperti. Non avrebbero dovuto uscire dalle loro celle durante il coprifuoco, non avrebbero dovuto dare aiuto a nessuno, men che meno a lei che aveva subito quell'orribile punizione di Vorkof. Stavano infrangendo le regole e sapevano di rischiare grosso.   
Boris lo aiutò anche a rivestirla. Yuri non l'aveva mai visto così serio da che era al monastero, era un lato del suo carattere estremamente maturo che non aveva mai mostrato. Infine se la caricò sulla schiena senza alcuna fatica, essendo molto più robusto e forzuto di lui, e lo seguì fino alla sua cella.   
-No, non su quella branda, mettila sulla mia! Quella è sporca!- gli disse entrando dietro di lui.  
Non voleva che toccasse quel letto contaminato ora che l'aveva pulita. Avrebbe diviso la branda con lei, non sarebbe stato un problema.
-Grazie Boris...- sussurrò mentre il ragazzo usciva.
Era infinitamente grato per esserci stato, per averlo sostenuto ed essergli rimasto fedele. E doveva aver sentito il suo ringraziamento, perché gli fece un cenno col capo e grugnì chiudendosi la porta alle spalle.
Si voltò verso la Mayer stesa su un fianco sul suo letto, immersa ancora in quel torpore con gli occhi vitrei persi nel vuoto. Si sarebbe ripresa questa volta, o sarebbe morta lentamente? Cosa altro poteva fare?
Si arrampicò sul letto, stringendosi il più possibile al muro per non toccarla ulteriormente. Non voleva che si sentisse ancora addosso le mani di qualcuno. L'aveva lavata, aveva fatto ciò che era necessario e basta. Tirò su la coperta di lana comprendo entrambi, e crollò addormentato.  
Dopo qualche ora un movimento nella stanza lo destò. Si voltò di scatto, spalancando gli occhi azzurri scrutando nella luce flebile dell'alba. Accanto a lui non c'era più nessuno, ma non era solo nella cella. E infine la vide, accovacciata a terra, nascosta dietro il mobiletto che divorava famelica il tozzo di pane e il pezzo di carne che le aveva portato la sera prima.  
Gli occhi erano di nuovo accesi e lampeggiavano tempestosi. Sembrava tornata e molto più pericolosa e spaventosa di prima, aveva l'aspetto di un animale incattivito.  
 
 
 
 
 
 
 
 
Erano finalmente tornati in camera. Erano tornati in moto e nonostante la velocità e lei fosse seduta dietro, non lo aveva sfiorato. Era rimasta saldamente aggrappata ai manubri posteriori.  
Si erano scambiati giusto qualche parola mentre saliva in moto. Le aveva chiesto se veramente dovessero andare a cercare la famiglia di uno dei bastardi che aveva fatto fuori, così come aveva promesso prima di piantargli una pallottola in fronte.
"Stava bluffando il bastardo!" Queste erano state le sue uniche parole prima di infilare il casco. E da lì non aveva più aperto bocca.
Il vecchio Hiwatari aveva organizzato tutto per bene: gli aveva procurato documenti e nuove identità, i mezzi e l'alloggio in uno degli alberghi più lussuosi di proprietà della famiglia, per assicurargli la massima discrezione.  
Una volta in camera il ragazzo si tolse la giacca, il berretto e gli occhiali da vista gettando tutto su un mobile, e si passò una mano tra i capelli argentati spettinandoli.  
La ragazza si sedette sul letto indolente. Aveva lo sguardo assorto e le labbra serrate. Si sfilò via la parrucca, lasciando liberi i lunghi capelli scuri che scivolarono sulla schiena e sulle spalle.  
-Che dici, guardiamo Kill Bill e ordiniamo la cena in camera? Tanto paga il vecchio!-
Ma Boris non ricevette risposta. Lei non gli rispose, come se non lo avesse nemmeno sentito.  
Rimase immobile e in silenzio, con i gomiti sulle ginocchia, lo sguardo fisso nel vuoto davanti a sé e la parrucca bionda stretta tra le dita.  
Boris decise di non insistere, avrebbe voluto stemperare ma sapeva che difficilmente ci sarebbe riuscito, non in questa occasione e non con Ariel. Solo dopo parecchi minuti, si alzò ed entrò in bagno.   
Vedere come era riuscita a cambiare il suo aspetto con una semplice parrucca e un paio di lenti a contatto lo aveva sorpreso, aveva stentato a riconoscerla. E doveva ammetterlo, l'aveva trovata estremamente attraente, aveva un nonsoché di accattivante, come se quei colori così freddi le si addicessero di più. Inoltre assomigliava veramente a Black Mamba, era impressionante, e fosse stata un'altra situazione sicuramente si sarebbe addirittura azzardato a fare anche qualche battuta sulla tutina gialla.
Sentì il getto della doccia provenire dal bagno e rimase con l'orecchio teso, seguendo ogni suo movimento dal letto. Sapeva che il suo ruolo di supporto per quella missione non era terminato. L'aveva avvertito fin dall'ultimo colpo sparato. L'aveva osservata attentamente dalla sua postazione: non aveva fiatato, era rimasta immobile solo per qualche secondo con la pistola ancora puntata, poi si era girata verso la porta ed era uscita senza guardare nemmeno uno dei corpi di quella carneficina, con passo fermo, come spenta.  
Attese per parecchi minuti, forse una ventina, di sentire il getto dell'acqua chiudersi, e a quel punto decise di alzarsi a controllare. Si sentiva come schiacciato dall'ansia. Ariel aveva ucciso dieci uomini in una volta sola, dieci carnefici che l'avevano umiliata, violata e punita. Una cosa del genere avrebbe turbato chiunque, anche lei che era abituata al sangue.  
Entrò nel bagno. i vestiti erano gettati a terra senza cura. Non la chiamò, non disse una parola, sapeva cosa avrebbe trovato. Scostò il pannello appannato della doccia che lasciava intravedere la sua sagoma.  
Era immobile sotto il getto d'acqua fredda, aggrappata con una mano al supporto del soffione della doccia. I capelli bagnati erano appiccicati al volto, e l'acqua le scivolava lungo il corpo, lavando via i residui superficiali di quella notte. Respirava appena, gli occhi erano vuoti.  
Se solo l'acqua avesse potuto lavare anche l'anima....
Osservò il suo corpo nudo, così diverso da quello acerbo della bambina che aveva sostenuto in piedi anni prima nelle docce gelide del monastero, mentre Yuri lo lavava con cura dalla sporcizia di quelle bestie. La differenza ora era così lampante da togliergli il fiato. Era cresciuta, era diventata una donna! Ed era proprio lei, la stessa di quella lontana notte, ed era sopravvissuta a tutto!  
Un improvviso orgoglio iniziò a scaldargli il petto, alleggerendolo dall'ansia che lo aveva accompagnato fino a lì, e un crampo gli strinse lo stomaco.  
Chiuse l'acqua e la avvolse nel telo di spugna bianco, facendola uscire dalla cabina doccia.  
Aveva gli stessi occhi spenti di quella lontana notte, come se non fosse presente, ma ora si sosteneva in piedi da sola senza il suo aiuto.  
Le strinse forte le mani sulle braccia, frizionando per asciugarla e riscaldarla. Era gelida. Le scostò le ciocche bagnate dal viso, scostandole tutti i capelli dietro la schiena, e la strinse nel suo abbraccio. Avrebbe voluto che si fondesse col suo petto perché mai come ora si stava rendendo conto di quanto la amasse. Avrebbe voluto urlarglielo, avrebbe voluto gridarlo al mondo e amarla, vederla sorridere finalmente serena.  
-Hai fatto bene! È giusto così, hanno avuto ciò che meritavano.- le sussurrò all'orecchio, tenendola stretta a sé. -Hai fatto bene!-
Con la stessa cura con cui se ne era occupato Yuri anni prima, ora era lui ad asciugarla, riscaldarla e rivestirla. Le asciugò con devozione ogni centimetro di pelle, con gli asciugamani candidi e profumati di pulito di quel posto scintillante, così diverso e lontano dalla realtà dove erano cresciuti.  
Le asciugò il viso con delicatezza, accarezzandola con tutta la dolcezza di cui era capace. Avrebbe voluto baciarla, donarle l'anima, ma si accontentò di dimostrarle tutto il suo amore prendendosi cura di lei in quel modo, asciugandola scrupolosamente. Anche i capelli le asciugò, ed erano lunghissimi. Non li aveva mai avuti lunghi al monastero, glieli avevano sempre tagliati corti, forse per evitare malanni a causa del freddo. Era incantato, qualche anno prima, quando aveva iniziato a interessarsi a lei, mai si sarebbe aspettato che sarebbe diventata così bella. Ma all'epoca per loro era così difficile arrivare a fine giornata che era quasi impossibile poter immaginare un futuro tanto lontano.   
A mano a mano che li asciugava prendevano corpo e ricadevano morbidi e ondulati sulle spalle e sul viso pallido, ma lei non accennò una reazione. Passiva e completamente estraniata si ritrovò asciutta e vestita sotto le coperte, stretta nell'abbraccio caldo e accorato del compagno. Le posò un unico bacio sulla guancia e si addormentò col viso immerso nei suoi capelli e nel suo profumo. Non aveva usato docciaschiuma o shampoo, evidentemente si era semplicemente gettata sotto l'acqua e lì era rimasta immobile.
Quando Boris si svegliò fu per una strana sensazione di inquietudine. Aprì gli occhi guardandosi attorno. Stava albeggiando, la notte prima aveva dimenticato di tirare le tende e il cielo era limpido fuori dalla finestra, ma la stanza era ancora immersa nell'oscurità e si ritrovò a fissare stranito la sagoma scusa seduta rigida sul bordo del letto.  
Ariel gli dava le spalle.
-Ho fame.-  
Lo sussurrò, o forse fu più un latrato basso. Boris si tirò su a sedere, ancora rintontito dal sonno, cercando di darsi un tono per sembrare il più possibile sveglio.  
-Certo... certo, ora chiamo e ci faccio portare la colazione....- disse tastando a tentoni sul comodino alla ricerca del telefono.  
Fece quella veloce telefonata e riagganciò frettolosamente, tornando a rilassarsi contro il cuscino e ad osservarla di sottecchi. Aveva qualcosa di ferino, si guardava attorno con estrema diffidenza e in allerta, come se si aspettasse che accadesse qualcosa da un momento all'altro. Era certo che se solo avesse provato a sfiorarla, sarebbe scattata come una molla, e questo gli metteva una certa agitazione. Sapeva che le sue reazioni potevano essere anche estremamente aggressive.  
C'era un silenzio assordante, decise di alzarsi, andare in bagno e quando tornò la situazione non era cambiata, quindi accese il televisore. Per fortuna il servizio in camera fu celere.
Non appena la porta fu richiusa, Ariel si avvicinò al carrello osservando diffidente tutte le pietanze presenti, e tra tante cose infine afferrò un panino per mano e li addentò famelica. Si accovacciò sulla poltroncina vicina dandogli le spalle e continuò a mangiare. Non aspettava nemmeno di deglutire prima di passare al prossimo morso, tanta era la frenesia di quella fame, come se avesse digiunato per giorni e qualcuno avrebbe potuto da un momento all'altro toglierle di mano quel pane.
Dio, come conosceva bene quella sensazione Boris, era orribile!  
Dopo aver buttato giù i primi bocconi sembrò acquietarsi. Prese dei respiri profondi e si rilassò finalmente. Le spalle che erano rimaste rigide si afflosciarono, così come le gambe, e le palpebre si chiusero nel ritrovare quell'attimo di calma.   
Quando lei riaprì gli occhi erano tornati vividi e carichi come un cielo tempestoso.
Il cielo fuori la finestra stava diventando sempre più luminoso e limpido.
-Mi sento molto meglio ora!- disse con voce sottile e sibillina.
Nonostante le sue parole, notò Boris, non aveva affatto l'aspetto di una persona che si sentiva meglio. Conservava quell'irrequietezza inquietante. Continuò a mangiare con aria assente, finché non decise di parlare di nuovo spiazzandolo.
-Noi abbiamo fatto sesso....- prese una lunga pausa che lo lasciò col fiato sospeso. Anche il basso chiacchiericcio del televisore parve sparire. -Tante volte, anche anni fa al monastero.-  
Continuava a non guardarlo. Da quando era uscita da quel palazzo non aveva nemmeno per sbaglio posato i suoi occhi su di lui.  
Giocherellava col tozzo di pane che era rimasto, e continuò con voce chiara e decisa.  
-Non so quanto possa importanti ma voglio che tu lo sappia: con te non mi... ho mai provato schifo. Era ok.... Per quanto riguarda Yuri... lui non ha colpa di nulla, so che non lo avrebbe mai fatto. Per lui è stata una violenza tanto quanto lo è stata per me. Non ha colpa, faglielo sapere!- gli ordinò infine, addentando il pezzo di pane con i canini, come se fosse lo stesso pane stantio che avevano mangiato per anni al monastero.
Boris annuì serio. Ariel stava parlando come per mettere in chiaro la situazione e chiudere definitivamente quella storia. Aveva fatto piazza pulita dei suoi carnefici con quel bagno di sangue, forse nella speranza di ripulirsi l'anima, di cancellare quel passato e riscattarsi, pareggiare i conti. Ma come si poteva lavare un'anima lacerandola in quel modo? Forse i demoni che avrebbe dovuto uccidere quella notte non erano quelli in quella sala conferenze....
E in tutta quell'assurda situazione si rese conto di essere stato l'unico ad essere riuscito ad avvicinarsi a tal punto a lei da instaurare l'ombra di un rapporto. Gli aveva appena confessato di essere stato l'unico che aveva lasciato avvicinare. Non Yuri, non Sergey, ma lui che l'aveva sfidata, che aveva iniziato quello stupido gioco di potere tra di loro. Forse non provava affetto per lui, ma era qualcosa per lei, ora lo sapeva. Aveva scelto lui per quella missione, si fidava di lui, e lo aveva lasciato assistere a quella tremenda notte.
-Kai mi ha detto che mi sono comportata male con te.-
Questo lo spiazzò ancora di più. Kai si era preoccupato per lui? Era assurdo!  
-Ari... non ha importanza. Lo so che non l'hai fatto intenzionalmente....- disse evasivo. Non voleva dare troppo peso a quella storia, non l'aveva fatto allora e non aveva intenzione di farlo adesso, ma lei rispose con tono autoritario come se lui avesse osato contraddirla.  
-Volevo fare del male a me stessa e tu non me ne facevi abbastanza, e ho deciso di torturare Yuri.-
-Una persona che sta bene non si farebbe mai del male da sola.- le fece presente asciutto.
-Bè... mi dispiace.-  
Era la prima volta che le sentiva dire quelle parole, ed era strano che fosse stato proprio Kai a farle presente una cosa del genere. Eppure non l'aveva ferito che fosse andata a letto con Yuri quella notte, ma il fatto che gli fosse quasi morta davanti agli occhi. Lo scoprirsi impotente mentre gli scivolava via come sabbia tra le dita l'aveva devastato. E a ferirlo ulteriormente era stata la consapevolezza che Ariel avesse bisogno di Hiwatari e non di lui, o uno qualsiasi di loro! Aveva provato invidia, rabbia, gelosia. Aveva odiato Kai come mai prima di allora. Dopo tutto chi era Kai? Cosa aveva fatto per lei? Dove era stato lui nei momenti peggiori?  
Eppure contava più di lui che era sempre stato presente, e di Yuri che si era preso cura di lei nonostante tutto nei momenti più brutti.
-Tra due ore abbiamo il volo di ritorno, diamoci una mossa!- Ariel si alzò risoluta dalla poltroncina e si diresse verso il bagno.
-Ariel, grazie per avermi permesso di farti da supporto!- le disse prima che superasse la soglia.
E finalmente lo guardò. Per una manciata di secondi i suoi occhi si posarono su di lui, sempre con quel suo sguardo indecifrabile.
-Sei il miglior cecchino che conosca, non avrei potuto scegliere altrimenti.-
 
 
 
 
 
 
 
 
OMG! OMG! Scusate il ritardo, veramente scusate! Questo capitolo era solo da sistemare, ma credo che gli argomenti trattati mi abbiano impedito di procedere con tranquillità. Non ero sicura di saper affrontare certi temi e sinceramente non ne sono sicura nemmeno ora. Mi dispiace se questo capitolo ha turbato qualcuno, ma non potevo evitarlo, fa tutto parte della storia e penso che più avanti non andrà migliorando.
Ho deciso di utilizzare delle ellissi temporali per narrare in contemporanea due momenti collegati e paralleli. Non c'è solo il passato di Ariel al monastero (con vari dettagli ma vabbè), ma anche di Yuri e Boris. Ho inserito l'inizio della sincera amicizia che lega i nostri russi preferiti. Trovarsi complici in una situazione a rischio li ha uniti inconsapevolmente.    
Non ricordo se lo disse in una intervista la Rowling, ma l'amicizia tra Harry, Ron e Hermione è nata con la disavventura che hanno affrontato insieme nel bagno delle ragazze lottando contro il trol. Certo... in comune c'è solo il bagno qui (e la ragazza da salvare non è nemmeno pienamente cosciente) ma mi piaceva l'idea che l'amicizia tra Yuri e Boris fosse autentica proprio come quella del golden trio, e che quindi nascesse in una situazione di difficoltà.  
*Lo stato in cui versa Ari è lo stato catatonico o stupor, a seguito di un forte shock emotivo. Da wikipedia: In alcuni casi estremi di gravi disturbi depressivi, il paziente può diventare immobile, perdere l'appetito e diventare muto. proprio come è Ari in tutta questa parte e proprio per questo ho deciso di intitolare il capitolo Numb (intorpidito, stordito, intontito o insensibile).
E si ritrova nello stesso stato sia nel passato che nel presente, come se alla fine tutti i suoi sforzi per vendicarsi non siano valsi a nulla, e non l'abbino portata da nessuna parte. Ne un passo avanti ne un passo indietro, ferma in quel purgatorio dove è bloccata. Lei ha sbagliato, sbaglia e continuerà a sbagliare. 

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Capitolo 45
*** Capitan America in azione! ***


45 Ok, non ci sono parole per il titolo, sono veramente pessima XD.
Quindi, questo capitolo è totalmente diverso da come avevo deciso di farlo inizialmente, ma la carissima pich mi ha dato uno scossone, perchè mi stavo fossilizzando solo su ari, e spero di essermi ripresa. mi sono detta "cavolo, questa donna ha ragione! dobbiamo fare qualcosa!". in verità in qualche modo inconsciamente me ne ero resa conto ma non avevo pensato di fare nulla finchè non me lo ha fatto notare lei XD quindi grazie! come al solito le vostre recensioni mi aiutano tantissimo a schiarirmi le idee e a riorganizzarle. 
ora vi lascio al capitolo, spero che vi piaccia perchè non so nemmeno se piace a me. dovrei rileggerlo di sana pianta ma come al solito sono le due di notte e sto per stramazzare sulla tastiera, quindi chiedo scusa per eventuali robe strane. 
ci vediamo a fine capitolo!



45. Capitan America in azione!






Il vento aveva smesso di ululare. L'aria era immobile, tanto densa da dargli l'impressione di essere immerso in un liquido, tanto da soffocarlo. Era una sensazione strana, si sentiva confuso e stordito e provava tanta rabbia e delusione. 
Avvertiva la salda stretta delle mani della donna inginocchiata davanti a lui sulle sue spalle. I suoi occhi ametista erano determinati ma al tempo stesso carichi di apprensione. Alle sue spalle avvertiva la svettante presenza del monaco che li aveva accolti, e gli dava fastidio tanta invadenza.  
Perché lo aveva portato lì? Perché lo stava lasciando in quel posto? Perché se ne voleva andare?
-Mamma deve andare via, ma....-
-Non voglio stare qui! Voglio stare con te!- Le urlò contro con tutta la forza che aveva in corpo. Si sentiva ribollire dentro, era tutto così assurdo. Quel posto, quell'uomo, e sua madre era strana, tutto lo era. 
-Kai non puoi, devi restare qui.- gli spiegò con voce ferma e chiara. -Qui è sicuro, andrà tutto bene, non sarai solo....-
-No! Non voglio!- la interruppe di nuovo alzando ancora di più la voce e pestando i piedi a terra. 
-Basta capricci, Kai!- lo freddò con severità -Tu resterai qui e non si discute!- 
Kai si zittì immediatamente e deglutì a vuoto mentre il groppo alla gola si stringeva sempre di più. Non voleva piangere, non voleva farsi vedere in lacrime davanti a quell'estraneo.
-E quando torni a prendermi?- chiese con voce tremolante.
L'espressione sul viso della donna si addolcì a quella domanda, lasciando finalmente trasparire il profondo rammarico e la paura che fino a quel momento aveva tenuto nascosti dietro quella fredda e feroce maschera di determinazione e orgoglio. 
Gli scostò i capelli dal viso con delicatezza, accarezzandogli il viso con le mani nude, come a voler cogliere ogni minima sfaccettatura di quella sensazione. 
Ma Kai non riusciva a vedere il dispiacere che attanagliava la madre, non comprendeva come mai quegli occhi fossero improvvisamente diventati scintillanti. Sapeva solo che lo stava abbandonando lì senza motivo ed era sopraffatto da questa consapevolezza.  
Gli diede un bacio sulla fronte e l'aria si fece ancora più densa e soffocante. Appoggiò la fronte contro la sua e prese un profondo respiro. 
Lei stava trattenendo le lacrime, ma il suo respiro e le sue mani tremavano.
-Non tornerò, mi dispiace....- 
Fu come un forte colpo alla testa che lo stordì definitivamente. E tutto quel grumo che aveva nel petto di rabbia e delusione esplode. La spinse via, ci provò, ma lei lo strinse a sé, tra le sue braccia. 
-Allora vattene!- 
Provò a darle caldi, pugni, a ribellarsi a quell'abbraccio. Se non lo voleva più con sé allora nemmeno lui l'avrebbe voluta! 
-Non ti voglio più vedere! Sparisci!-
-La mamma non potrà tornare, mi dispiace Kai!- continuava a ripetergli mentre lo teneva stretto al suo petto e ad accarezzargli il capo. Ma lui non faceva altro che urlarle contro, voleva che se ne andarsene, e scalciava con tutta la sua forza. Lo scostò e lo scosse, tornando a guardarlo dritto negli occhi. 
-Ricordatelo Kai, mamma ti ama, papà ti ama! Kai, sii prudente, sii forte!-
-Vattene!- urlò imperterrito e orgoglioso.
-Non sarai solo, te lo prometto, non sarai solo....-
-Vattene! Io ti odio!-
Sentì improvvisamente i polmoni riempirsi d'aria e spalancò gli occhi. 
Di fronte a lui solo soffitto in legno immerso nella penombra. 
Gli bruciava il petto per la ferocia di quel rancore. Il corpo era completamente rigido.
Che ore erano? Era mattino o sera? Quanto tempo era passato?
Lo travolse la piena consapevolezza di quel ricordo orribile, vivido tanto quanto le sensazioni che gli aveva lasciato. 
Si tirò su a sedere ancora sconvolto. Dentro di sé l'animo era in subbuglio, un tumulto di rancore, delusione, nei confronti di sua madre e di sé stesso. La stava odiando come se lo avesse abbandonato proprio in quel momento, come se tutto si fosse verificato solo qualche attimo prima. 
Stava maledettamente male! 
E come sempre tornò anche il senso di colpa, perché quelle erano state le ultime parole che aveva urlato a sua madre. L'aveva cacciata, le aveva detto di odiarla, mentre avrebbe solo voluto supplicarla di restare, dirle che anche lui la amava tanto, che non era vero che la odiava.
Restò fermo nell'attesa di calmarsi, si tornare completamente razionale.
Guardò il futon di Ariel già piegato accanto al suo. 
Dopo quella riunione alla Hito Corporation avevano deciso di dire tutto anche a Rei, Max e Kappa, e poi lei gli aveva spiegato quella assurda storia dell'Aquila Rossa e della sua famiglia e del dovere che aveva di proteggerne il suo custode, cioè lui. 
Ma lui non aveva bisogno della sua protezione, era stato chiaro, non la voleva tra i piedi e glielo aveva detto senza giri di parole. E lei, altrettanto direttamente, gli aveva fatto presente che lo stava semplicemente informando e che i suoi capricci e il suo orgoglio non la riguardavano. 
L'idea non gli piaceva, non gli piaceva quella storia, assolutamente, che dovesse essere proprio lei a "proteggerlo" da questo fantomatico Leviatano e da Black Dranzer. 
La voce di sua madre tornò a riempirgli a mente. Non sarai solo, te lo prometto... .
Lo aveva ripetuto più volte prima di andarsene per sempre. Si riferiva ad Ariel? Sul serio si riferiva a lei?
-Buon giorno!- 
Si voltò verso la porta. Rei era appoggiato allo stipite, stava mangiando un budino e gli sorrideva. Il quel momento gli sembrava così estraneo, eppure era uno dei suoi migliori amici. Rei era sempre riuscito a infondergli un profondo senso di equilibrio, eppure in quel momento sembrava appartenere ad un'altra dimensione, o era semplicemente lui ad essersi estraniato. Sentiva ancora la rabbia di quel sogno ribollirgli dentro. 
-È già andata via... grazie al cielo.- gli spiegò notando che stringeva un angolo del futon della compagna di squadra. 
Kai non gli rispose, abbassò lo sguardo, con le labbra serrate e lo sguardo vivido. Non riusciva togliersi dalla mente il volto di sua madre.
-Qualcuno dovrebbe spiegarle che non si sveglia la gente a calci!- continuò Rei per sdrammatizzare, ma nulla. Corrugò la fronte impensierito e affondò il cucchiaino nel vasetto del budino.
-Tutto bene Kai?- 
Il ragazzo alzò gli occhi su di lui e lo guardò in modo indecifrabile. 
-Sembri sconvolto....-
Kai tornò a guardare davanti a sé, limitandosi ad annuire. 
Rei lo osservò ancora per un po', assaporando un'altra cucchiaiata del budino alla vaniglia. Conosceva Kai, e non lo vedeva così distante da anni. 
Prese un'altra cucchiaiata e decise che fosse più saggio non insistere troppo. 
-Ci pensi tu o devo chiederlo a Takao di insegnarle le buone maniere?-
Kai aggrottò la fronte e lo guardò perplesso. -Di che parli?-
-Di Ari! Stamattina, precisamente alle cinque, mi ha svegliato a calci perché voleva allenarsi! Non dico di no ad un allenamento alle cinque del mattino, ma ci sono modi e modi per svegliare una persona!-
Kai schioccò la lingua seccato. Quella cretina avrebbe potuto svegliare lui anziché Rei, almeno gli avrebbe risparmiato quell'orribile sogno! Si sarebbe rivelata utile una buona volta! 
-E gliel'ho detto sai!- continuò Rei scandalizzato rigirando il cucchiaino nel vasetto. -Che se una ragazza mi sveglia in quel modo, poi l'unica scusa è che voglia fare ben di meglio che un allenamento a beyblade! E sai che mi ha risposto?-
Kai storse la bocca consapevole che sarebbe stata una delle solite volgarità di Ari. Dopo tutto Rei certo non toglieva occasione! 
-Mi ha detto che se proprio volevo mi concedeva cinque minuti di privacy per farmela a mano!-
Come volevasi dimostrare! Kai si passò una mano davanti al viso sbuffando, e si appoggiò con i gomiti sulle ginocchia, lasciandosi sfuggire solo alla fine una leggera risatina. 
-Lo sapevo che ti divertivano le sue battutacce!- esclamò Rei, trionfante per essere riuscito a distrarlo.
-Certo, ma non posso ridere davanti a lei! Già non ha freni, non le serve pure la mia approvazione!- 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sayu già sapeva che ne sarebbe pentita. Se lo sentiva, se Takao telefonava e insisteva perché passasse da lui, dimostrandosi oltremodo gentile ed entusiasta, non poteva che essere per un motivo ben preciso: Takao Kinomiya voleva qualcosa, e questo non prometteva già di per sé niente di buono!
Eppure aveva ceduto e si era presentata lo stesso a casa sua, forse per curiosità, forse per dargli una possibilità di dimostrare che non era così, magari era lei ad essere troppo prevenuta nei suoi confronti. 
E invece aveva ragione ad essere diffidente! Perché era proprio come immaginava, anzi peggio! Mai si sarebbe aspettata una richiesta così assolutamente ridicola e assurda! 
-La tua richiesta è assolutamente ridicola e assurda!- sentenziò quindi incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio. 
Kappa sospirò affranto e si nascose dietro lo schermo del suo portatile, mentre Max, cuffie sulle orecchie, continuò a giocare ai video games davanti al televisore ignaro di tutto.
Ovviamente Takao non si arrese... roba da matti! Mai e poi mai si sarebbe imbucata ad un appuntamento tra Hilary e Ryoko! Non avrebbe fatto una cosa del genere per nulla al mondo! 
-Tu devi andarci, sei sua amica!-
-A maggior ragione non ci vado! Io non sono una ficcanaso come te, scordatelo!- 
-Sayu noi abbiamo fatto un patto!- le disse già alterato.
La ragazza lo guardò sconvolta, e per un attimo restò senza parole, troppo incredula. Cercò con lo sguardo il supporto di Kappa, ma il codardo si fece ancora più piccolo dietro lo schermo del suo stupido portatile. 
-Il patto consisteva nell'aiutarti a conquistare Hilary, non pedinarla o controllarla. Ma ora tu hai la ragazza quindi che te ne frega di Hilary?!-
Takao si batté un pugno sul palmo trionfante e le sorrise, cambiando radicalmente umore. 
-Giusto, hai ragione! Io ho la ragazza!- disse come se se ne fosse ricordato solo in quel momento, tanto da far finalmente scomporre Kappa, nonostante fosse più che abituato alle sue assurdità.
Sayu era ormai incredula. Era rimasta a bocca aperta e lo guardava con tanto d'occhi. 
-Ed è proprio quello che serve anche a te, sei un genio Sayu! Lo sapevo che avresti trovato una soluzione!- continuò a blaterare Takao tronfio per poi scoppiare a ridere.  
-Le serve una ragazza?- chiese Kappa confuso. 
-Non dire assurdità, professore! Le serve un ragazzo!- 
-Ah beh, certo, ora e tutto chiaro!- fece sarcastica Sayu. 
-Donna di poca fede! Lasciate che vi spieghi....- disse facendo il risentito, per poi fare cenno ai due di avvicinarsi di più a lui con fare da complottista, guardandosi attorno come per accertarsi che non ci fossero potenziali "ficcanaso" nei paraggi. 
Intanto Max continuava beatamente a giocare dando le spalle ai presenti.
Kappa e Sayu si scambiarono uno sguardo rassegnato prima di assecondare il campione, sporgendosi sul tavolino verso di lui. Takao, che oramai era nella parte del cospiratore, appoggiò un gomito sul tavolo e guardò attentamente negli occhi entrambi gli amici prima di decidersi a parlare. 
-Ascoltatemi bene.... Effettivamente Sayu ha ragione, sarebbe imbarazzante per lei presentarsi all'appuntamento di una coppia, tutta sola.-
Sayu lo stava ascoltando completamente scettica, pronta a sentire la prossima assurdità appena partorita dalla mente contorta di quel ragazzo. 
-Quindi....- 
-Quindi?- lo incalzò Kappa, assecondandolo. 
Cielo, pure le pause ad effetto! Era assurdo!
-Quindi se Sayu avesse un ragazzo, questo appuntamento diventerebbe una uscita a quattro! Non sarebbe più imbarazzante per lei, poverina che non ha un ragazzo!- 
Poverina, che non ha un ragazzo!? Questo era troppo per Sayu, che scattò in piedi offesa.
-Ehi! Poverina un corno! Non ho voglia di avere un ragazzo, ecco perché non ce l'ho, chiaro!? E poi visto che quello che sta con qualcuno qui sei tu, perché non fai tu questa bella uscita tra coppie questo pomeriggio e ci porti la tua ragazza se ci tieni tanto a controllare Hilary?!-
Takao la afferrò per il braccio e la fece sedere di nuovo a terra. 
-Datti una calmata! Non posso andarci io, Ari lavora e non ha tempo per un appuntamento romantico! E tu saresti mille volte più credibile di me e Ari!- 
-Si può sapere perché ci tieni tanto? Stai con Ari, non ti spaventa l'idea che si possa arrabbiare se venisse a sapere di questa tua ossessione per un'altra?- 
-Questa è un'informazione top secret!- tagliò corto Takao. 
-Nel senso che la tua ragazza non deve saperlo?-
-No, nel senso che Ari lo sa che la controlliamo e non le importa!- 
Ecco, l'aveva lasciata di nuovo di stucco. Cercò di nuovo l'appoggio di Kappa ma sembrava più preoccupato che perplesso per le parole di Takao. 
-Che significa top secret? Come fa a non importare ad Ari?- chiese sempre più confusa. -Quella mi sembra il tipo da sfondare a sprangate il parabrezza della macchina al fidanzato se solo si azzarda a guardare un'altra!-
Kappa si irrigidì e guardò allarmato Takao, mentre quest'ultimo scoppiò a ridere. 
-Ari?! Ma che dici, è così tranquilla! Non è affatto una persona gelosa.- le spiegò ridacchiando, comunque Sayu non gli diede credito. -Quindi dobbiamo trovarti qualcuno con qui uscire questa sera.-
-Scordatelo!- sentenziò determinata Sayu. 
-Fai la difficile.... Va bene, se proprio vuoi, puoi andarci con Rei.- fece con sufficienza, come se gli stesse concedendo il grande onore di uscire col suo amico. -Lui è un tipo piuttosto figo, credo, alle ragazze piace.-
-Takao, non mi importa nemmeno se mi fai uscire con Robert Pattinson. Ti ho detto di no!- 
-Dubito che Rei accetterebbe.- fece presente Kappa. -Ha intenzione di riconquistare Mao e non uscirebbe mai con un'altra, a maggior ragione in presenza di Hilary che è sua amica.- 
Sayu guardò sconcertata i due discutere come se nulla fosse. Ma l'avevano sentita che aveva detto di no?!
-Ah.... questo è un bel problema!- disse annuendo Takao, per poi tornare a rivolgersi alla ragazza che oramai senza parole seguiva i loro discorsi a bocca aperta. -Che ne dici, Kai ti piace? È affascinante con quella sua aria da bello e dannato. Di solito piace a tutte. Dovrebbe accettare per Hilary, che ne pensi Professore?-
Kai? Sayu trovava Kai tremendo! Già averlo nella stessa stanza la metteva in soggezione. Come faceva a dire che piaceva a tutte?! Tutte chi poi!? 
-Non credo che accetterà. Resterà azzeccato ad Ari per tutto il tempo della lavorazione del nuovo Dranzer.- 
-Ma che noia! Ma se le hai approvato il progetto!- si lamentò Takao mettendo il broncio.
Kappa fece spallucce. -Lo sai come è fatto quando si tratta di Dranzer!- 
-Almeno sono sicuro che cercherà di non litigare con lei finché il nuovo bey non sarà pronto. Per questa sera potresti andarci tu con Sayu!-
-No, mi dispiace.- si affrettò a rifiutarsi Kappa. -Io non sono bravo a mentire, mi sgamerebbe subito!-
-Dai professore! Un minimo di sacrificio!- 
Sayu strinse i pugni risentita. Sacrificio!? Uscire con lei richiedeva sacrificio!?
-Scordatelo! Hilary se ne accorgerebbe subito, e poi una carina come Sayu non uscirebbe mai con uno come me! Vero Sayu!?- Kappa le lanciò uno sguardo piuttosto eloquente. Era chiaro che cercava il suo appoggio per evitare di trovarsi in una situazione rischiosa.
-Ehm...-
-È vero....- la incalzo lui insistente.
-Sì, sì è vero...?- annuì lei in imbarazzo.  
-Daichi è troppo piccolo per Sayu....- Takao sbuffò e incrociò le braccia al petto passando in rassegna la stanza fino a fermarsi sulla testolina bionda dell'amico. -C'è Max!- 
Iniziò a sbracciarsi e a chiamare l'amico a voce alta, finché questo non si accorse della confusione alle sue spalle e si girò verso di loro sollevando la cuffia da un orecchio. 
-Ehi Max, scollegati per favore!- 
-Un attimo!- disse per poi parlare al microfono incorporato. -Qui capitano Roger a Winter Soldier...Mi sto allontanando un attimo!- si sfilò le cuffie e si girò completamente verso i ragazzi. -Ciao Sayu!- la salutò con un gran sorriso, ma lei per tutta risposta si nascose il viso dietro la mano e pigolò un timido "ciao", sperando di sprofondare sottoterra, consapevole che Takao l'avrebbe messa in imbarazzo nel giro di dieci secondi. 
-Dimmi Takao?-
-Abbiamo bisogno che tu e Sayu per questa sera organizziate un appuntamento a quattro con Hilary e Ryoko!- 
Ecco fatto! Nuova figuraccia da aggiungere alla sua lunga lista! 
Guardò il ragazzo biondo attraverso le dita e invece di vedere un normale imbarazzo o una più che giustificata perplessità per quella richiesta ridicola e assurda, perché questo era, vide nascere un fin troppo vivo entusiasmo. -Oooo! Una missione!- esclamò iniziando a gasarsi. Afferrò il microfono delle cuffie e vi parlo. -Un attimo... Bucky, ho una missione segreta, poi ti racconto!-
-Ma se è segreta perché ne parli con lo sconosciuto con cui giochi?- chiese d'impulso Sayu.
-Tranquilli, è Boris!- 
-Winter soldier è Boris?- chiese Kappa sorpreso.
-Oh, forte!- disse Takao avvicinandosi al microfono tra le dita di Max. -Ciao Boris!-
-Non mi dire, e tu saresti Capitan America!- fece scettica Sayu, sapendo già la risposta.
Max si irrigidì tutto serio e fece il saluto militare.
-Capitano Roger ai suoi ordini!-
Sayu spostò lo sguardo totalmente incredula da Max agli altri due presenti. 
-Sul serio?- perché nessuno vedeva l'assurdità di quella situazione? Nemmeno Kappa!
-Quindi io e Sayu dobbiamo infiltrarci a questo appuntamento facendo finta di essere una coppia per controllare Hilary e Ryoko, giusto?- chiese interessatissimo Max.
-Esatto!- confermò Takao annuendo serio.
-Mi piace!- disse estremamente entusiasta Max. -Dobbiamo crearci delle identità fittizie, saremo sotto copertura! Io sarò il capitano Roger, e tu sarai l'agente sotto copertura Peggy Carter e....-
-Guarda che ci conoscono, non abbiamo bisogno di inventarci delle identità!- gli fece presente Sayu, anche se iniziava a rendersi conto di quanto fosse inutile oramai da parte sua insistere a far presente delle ovvietà che loro ignoravano totalmente.
-Non ha importanza, dobbiamo saperlo noi.- le spiegò Max senza minimamente perdersi d'animo. Oramai il suo cervello era in modalità missione segreta, stava già elaborando strategie e mosse segrete. -E poi ci servono delle parole in codice e una storia credibile.... ci penso io amici miei, state in ottime mani!- si rimise le cuffie sulle orecchie e tornò a dare le spalle ai presenti e a giocare, parlando col suo "Bucky" dall'altra parte.
Dopo diversi secondi di assoluto silenzio finalmente Sayu ritrovò l'uso della parole.
-No, sul serio, nessuno trova assurda tutta questa storia!?- chiese infine, senza riuscire a capacitarsene. Cioè, sapeva che Takao era estremamente presuntuoso e lunatico e Max piuttosto eccentrico, ma Kappa era sempre stato un tipo tranquillo e razionale, quindi come mai stava dando corda a quei due? 
-Te l'ho detto, è top secret!- cantilenò Takao, come se fosse stufo di ripeterglielo per la millesima volta.
-Non è top secret, è ridicolo!-
A quel punto Kappa sospirò e decise che era il caso di intervenire, anche perché era chiaro che Takao non fosse la persona più adatta a chiedere un favore.
-Lo so che è una richiesta assurda, ma ti chiediamo di fidarti. È che a noi non piace per niente Ryoko, e ci preoccupiamo per Hilary. È nostra amica, vogliamo essere certi che sia veramente un bravo ragazzo, tutto qui.-
Sayu lo scrutò seccata, storcendo le labbra in una smorfia piuttosto buffa e infantile.
-Voi ragazzi fate tutti così! Fate qualche stupidaggine e vi giustificate con un po' di sentimentalismo spiccio! E va bene, ma solo per questa volta, sia chiaro!-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
A giudicare dal chiarore dei suoi occhi di ghiaccio, Yuri doveva essere parecchio infuriato. 
Le bastò una rapida occhiata per constatarlo, ed era anche vero che guardava lei, fermo impalato al di là del bancone del laboratorio, saldamente aggrappato al bordo, quindi per forza con lei ce la doveva avere... tanto per cambiare! 
Dato che era abitudine di Yuri disapprovare ogni sua azione, non gli diede peso e tornò a leggere le statistiche dei risultati del nuovo Dranzer che le aveva consegnato uno degli assistenti. Erano perfettamente in linea con i suoi pronostici, e doveva ammettere che questa era una gran soddisfazione. 
Ticchettò distrattamente con la penna sulla superfice liscia del bancone e voltò pagina, continuando a leggere ora i dati su Falborg, ignorando egregiamente gli occhi penetranti di Yuri piantati su di lei.
-Che cosa cazzo ti è saltato in mente?!- sibilò inviperito, dando il via alla ramanzina del giorno. -Spiegami perché hai fatto una cosa del genere proprio ora!- 
Era così prevedibile! Ovviamente aveva saputo della sua piccola giratella a Mosca e disapprovava, anche se lui non c'entrava assolutamente nulla in tutta quella faccenda. Ma non era mai stato molto capace a capire dove finivano i cazzi suoi e iniziassero quelli degli altri.
-Avevo voglia di farmi un regalo, non avrei dovuto?- rispose freddamente senza nemmeno guardarlo. 
Un regalo? Yuri prese un profondo respiro imponendosi di restare calmo. Un regalo! Non poteva comprarsi una borsa costosa come qualunque altra femmina sulla faccia della terra invece di andare ad ammazzare gente!? Ok, non era gente qualsiasi, ed era anche grazie a loro se Ariel non era una qualunque altra femmina sulla faccia della terra, ma Yuri era talmente attanagliato dalla preoccupazione che non vedeva altro che stupidità in quel suo gesto!
-È stato avventato da parte tua! Appoggiarti al vecchio Hiwatari.... ti è dato di volta il cervello? Gli hai dato del materiale per farti finire dentro! Appena non gli servirai più si libererà di te in men che non si dica!-
-Calmati Yuri, sei troppo apprensivo!- lo liquidò con noncuranza continuando a guardare i suoi dati.
Per un attimo gli occhi di Yuri lampeggiarono furiosi. 
-Troppo apprensivo? Dici? Qui si parla di essere prudenti e tu non lo sei stata affatto!- 
-Qualche rischio bisogna correrlo nella vita!- gli rispose con leggerezza continuando imperterrita a tenere gli occhi sui grafici di Falborg.
-Non quando non è necessario! E se proprio dovevi, potevi evitare di farlo correre anche a Boris!- 
A quel puntò Ariel sospirò e, con una pacatezza esasperante ed estremamente innaturale per lei, si rivolse al ragazzo. Dopo tutto i beyblade che aveva progettato le stavano dando risultati perfetti, perché quindi rovinare tutto dando retta a quella piattola di Yuri? E soprattutto perché dargli la soddisfazione di farla incazzare se poteva dargli sui nervi semplicemente snobbandolo? 
-Yuri, Boris è grande, intelligente ed estremamente capace nel suo lavoro. Non ha bisogno della balia!- gli fece presente, rivolgendosi un serafico sorriso stiracchiato prima di tornare ai suoi dati, atteggiamento che appunto fece increspare impercettibilmente la fronte del rosso.
-Non ha bisogno della balia, il cazzo!- sibilò furibondo. -Forse non ne ha bisogno lui, ma tu sì! Non puoi andare in giro a fare il vendicatore solo perché ti gira male! Ci sono delle leggi e delle regole, Ariel!-
-Sei noioso!- disse voltando pagina.
-Come hai potuto fidarti di Hiwatari? Pensavo che nessuno meglio di te sapesse che Hiwatari e fiducia sono agli antipodi!- 
-E ripetitivo.... Oh, parli del diavolo.... Ed ecco che arriva il mio rompicoglioni numero uno!- disse improvvisamente prendendo un tono gioviale e guardando oltre la sua spalla. 
Yuri si voltò e vide avanzare Kai verso di loro. Alzò gli occhi al cielo esasperato. Grandioso, ci mancava solo lui! 
-Oggi ti devi impegnare, Yuri ti sta battendo alla grande! Sta qui solo da cinque minuti e già mi ha martoriando.- disse Ariel al nuovo arrivato. 
Né un buon giorno né un qualsiasi altro tipo di saluto, da parte di tutti e tre ovviamente. Yuri in effetti era troppo agitato e arrabbiato per questi sciocchi convenevoli, ad Ari il saluto era stato sempre piuttosto indifferente come convenzione sociale, e Kai semplicemente non aveva alcuna intenzione di augurare una buona giornata a nessuno dei due.
Con sé però il giovane Hiwatari portava due bottiglie di birra ghiacciata, gesto che sapeva tanto di gentilezza e cordialità. Strano, visto e considerato che neanche si era sprecato a salutare! 
Si accomodò con tutta la sua calma tra i due, ignorando il palese malumore di Yuri che lo stava guardando storto, e lasciò una delle due birre accanto ad Ari, come ad offrirgliela, sorseggiando la sua con estrema disinvoltura, manco si trovassero al bar a una serata tra amiconi.   
-Permetti?- chiese Yuri impaziente facendogli segno con la mano di tornarsene da dove era venuto.
Kai lo guardò e annuì.
-Prego, continua pure. Non mi dai fastidio!- rispose con estrema nonchalance, cosa che fece completamente perdere il controllo a Yuri per pochi secondi.
Infatti il rosso assunse un'espressione che sembrava dire "mi stai prendendo per il culo?", o comunque di totale disappunto e incredulità. Yuri non era molto espressivo di solito, la sua mimica facciale si limitava a qualche ghigno, una vasta gamma di sguardi raggelanti, ma nulla di più. Ma la combo di quei due riusciva a destabilizzarlo e a fargli perdere tutto il controllo e la compostezza. Presi singolarmente riusciva in qualche modo a reggerli, ma insieme no! 
-E questa cos'è?- chiese Ari prendendo la bottiglia di birra che Kai le aveva portato. -Non mi avevi detto che non si beve alle dieci del mattino?- 
Bene, ora grazie a Kai Ariel lo stava pure ignorando, come se un minuto prima avessero parlato di margherite e tulipani! 
-Ho esagerato.- disse asciutto Kai facendo spallucce e guardandola dritta negli occhi.
Ari si sporse verso di lui appoggiandosi al bancone.
-Hai esagerato.- 
-Sì, dopo tutto, con quello che ti scoli di solito, questa per te deve essere acqua fresca!-
-Incredibile!- fece lei sarcastica. -Yuri segnati questo giorno, Kai Hiwatari il magnifico ha appena ammesso di avere torto!- 
-Assolutamente! Segna pure: lo dico e lo ripeto.- concordò Kai alzando la sua birra in segno di approvazione. -Sbaglio, lo ammetto e chiedo scusa; esagero, ne prendo consapevolezza e cerco di rimediare. È segno di maturità, sai! E io sono una persona matura.- 
-Ma davvero?- chiese Ari dandogli corda. Voleva proprio vedere dove voleva andare a parare quella mattina il carissimo Kai Hiwatari. 
-Hai un taccuino per gli appunti lì, scrivi.- disse indicando il quaderno sul bancone. -Scusa! S... C... U... S... A.- scandì con voce ben chiara e altisonante. -Quando si fa una cazzata si è soliti, nella società civile, chiedere scusa! Tipo quando si sveglia una persona a calci alle cinque del mattino!- 
Ari si lasciò sfuggire una mezza risata e scosse la testa incredula.
-Che faccia di culo!- disse per poi prendere la bottiglia ancora intonsa. -Fammi capire, questa me l'hai portata per fartela spaccare in testa? No, perché mi fai sentire una povera ingenua, pensavo fosse un modo per ingraziarmi per il nuovo Dranzer!- 
-Potremmo tornare seri per favore?- li interruppe Yuri chiaramente stufo di tutte quelle inutili chiacchiere. Si rivolse a Kai che magari, forse, in qualche maniera, gli avrebbe dato retta. Dopo tutto era risaputo che Kai fosse una persona piuttosto seria. -Stavo cercando di farle capire una cosa importante, potresti lasciarci soli?- 
Ma era solo un illuso il povero Yuri, perché evidentemente quella mattina il caro Hiwatari si era alzato con tutte le intenzioni di sfottere.
-Anche io.- fece serio. -Sto cercando di farle comprendere i rudimenti della convivenza civile, Yuri.- disse sorseggiando la sua birra, il che lo rendeva molto poco credibile. -Mi sembra piuttosto importante anche il mio di tentativo.- 
Ok, era troppo. Autocontrollo! Autocontrollo, Yuri Ivanov doveva avere un grandissimo autocontrollo per non far fare testa con testa a quei due cretini! 
-Vedi Yuri perché Kai riesce ad essere il numero uno?- gli spiegò Ariel come se stessero discutendo delle grandi capacità di Kai di dare sui nervi col minimo sforzo. -È qui da poco più di un minuto e già abbiamo voglia di fargli tanto, tanto male.- 
-Sono stufo di queste cazzate!- sbottò alzando finalmente il tono della voce e mollando un pugno sul bancone e puntandole un dito contro, cosa che non sortì nessun effetto sugli altri due. -Non sono qui per me, sono qui perché mi preoccupo per te, maledetta testa di cazzo!-
-E io che pensavo di essermi svegliato di malumore!- ironizzò Kai gongolando.
-Ma davvero, eppure ti trovo raggiante stamattina!- fece Ariel continuando ad ignorare Yuri. A quel punto bevve finalmente la birra che, chissà per quale motivo, Kai le aveva portato. Ma se proprio voleva che gliela rompesse in testa era bene prima svuotarla, no!?
-Oh grazie, anche tu lo sei oggi.... Ci dobbiamo preoccupare?- 
-Sì!- disse con enfasi Yuri, ma venne ulteriormente ignorato. 
Ari afferrò i fogli che stava analizzando prima dell'interruzione dei due ragazzi e li sventolò con soddisfazione. -Falborg è un portento, e Dranzer, fanculo la modestia, è qualcosa di orgasmico!- disse scandendo l'ultima parola, e catturando completamente l'attenzione di Kai che abbandonò il suo solito atteggiamento strafottente e si mise dritto, sporgendosi verso di lei.
-È pronto?- chiese fremendo, ma lei evidentemente voleva fare la difficile e con indifferenza si strinse nelle spalle tornando a sfogliare distrattamente le statistiche sui suoi appunti. 
Yuri oramai li guardava con le mani sui fianchi per vedere quanto sarebbe durato quel penoso tentativo di Ariel di ignorare lui e il problema che aveva creato.
-Quasi- disse vaga -mancano ancora alcuni test sull'anello d'attacco e la punta.-
-Voglio provarlo!- disse determinato Kai alzandosi. 
-Come no! Forse stasera, forse domani... chi lo sa!- 
Kai fremette quando vide lampeggiare negli occhi della ragazza una scintilla di puro sadismo. La stronza glielo aveva fatto apposta, aveva gettato l'amo e lui aveva abboccato come un emerito idiota!
-A proposito di orgasmico....- disse rivolgendogli un sorrisetto impertinente e appoggiandosi coi gomiti sul bancone. -La birra, questa tua sagace parlantina... chi ti ha ridato il buon umore questa mattina? Hai per caso pomiciato di nuovo col mio ragazzo?-
Kai le rivolse lo stesso sorriso e tornò a sedersi.
-No, a dire la verità stamattina ci ha pensato Rei a tirarmi su di morale!- 
-Oh! Che colpo di scena! Gli si spezzerà il cuore al povero Takao!- fece sarcastica. E finalmente si voltò verso Yuri, che per tutto quel tempo aveva continuato imperterrito a trafiggerla col suo sguardo carico di disapprovazione. -Allora facciamo così, visto che il mio quarto d'ora di sopportazione settimanale si sta esaurendo, perché non provi a donare il sorriso anche a lui- disse a Kai -magari te lo porti via, fate una di quelle cose gay che vi piacciono tanto... al piano di sotto dovrebbe esserci uno sgabuzzino, così mi fai un favore una volta tanto e lo fai anche a lui!-
A quel punto Yuri perse completamente la pazienza. Perché doveva crucciarsi tanto per una cretina che non lo prendeva nemmeno sul serio!?
-Basta, sai che ti dico? Fai come ti pare! Ti va di scherzare, non vuoi ascoltarmi, va bene, tanto hai qui il tuo carissimo amico Kai Haiwatari. Quando avrai qualche problema, e ti assicuro che lo avrai per le cazzate che fai, chiedi a lui di aiutarti e poi vedremo come ti ritroverai nella merda fino al collo!- 
Si voltò e si incamminò verso l'uscita. Nonostante la sfuriata drammatica, Kai e Ariel non si scomposero minimamente, si scambiarono solo uno sguardo. Quello di lei sembrava tanto dire "devo proprio?", mentre quello di lui era decisamente "Chi se ne... era ora che se ne andasse!".
Alla fine con grande sforzo, Ari lo richiamò prima che sparisse oltre la porta del laboratorio.
-Yuri!-
Ma lui continuò ad avanzare, e senza nemmeno voltarsi le fece un gestaccio alzando il dito medio. 
-Yuri!- lo richiamò ancora scocciata. -Vieni che ti spiego!-
Il ragazzo si fermò. Restò per qualche secondo fermo, prese un profondo respiro, cercando di raccogliere quei residui di pazienza che rimanevano e infine tornò indietro. 
Si appoggiò con una mano al bancone, l'altra chiusa a pugno sul fianco e un'espressione stizzita stampata in volto. 
-Prego!- la invitò a denti stretti a illustrare qualsiasi cosa avesse da spiegargli per giustificarsi. 
-Vuoi sapere come mai sono così sicura di avere le spalle coperte?- iniziò Ariel con estrema calma. -Mi fido del vecchio tanto quanto te, lo sai benissimo, ma di una cosa sono certa: lui vuole che il suo adorabile nipotino qui presente- e indicò Kai con un gesto plateale come se fosse un fenomeno da circo -nonché unico erede della famiglia Hiwatari, sia al sicuro da qualunque minaccia. Ed è pienamente consapevole di aver trovato in me la persona giusta per questo gravoso compito. Ergo, sono nella top ten delle sue persone preferite.-
Yuri era scandalizzato dal suo atteggiamento. -Ma come ti va di scherzare su queste cose?-
-Io sono seria, giuro!- fece lei con un fintissimo tono offeso. Poi si mosse e si fermò alle spalle di Kai, che impassibile continuò a sorseggiare la sua birra e a seguire i deliri di quei due. Ari gli passò un braccio intorno al collo e gli pizzicò la guancia destra con le dita, gesto che gli diede parecchio fastidio. 
-Inoltre sa che ho tra le mani il suo caro nipotino, e sa perfettamente che se solo prova a fottermi io gli fotto il suo prezioso nipotino!- spiegò spiccia, mollando la guancia di Kai che la stava allontanando semplicemente sventolando una mano con stizza. -Glielo ammazzo senza alcuno scrupolo, alla fine ho solo bisogno di una scusa per farlo.-
-Non lo faresti mai- la zittì Yuri scettico -devi proteggerlo per quelle cazzate lì che mi hai spiegato!-
Oltraggioso per Kai! Si mise dritto e si voltò verso Ari alle sue spalle.
-L'hai detto anche a Yuri?-  
-Volevo mettere le cose in chiaro, la missione è la mia!- si giustificò lei. -Hai idea di quanto sia fissato col suo ruolo di capitano? "Io sono il capitano qua, il capitano là!"….-
-Sì, lo so perfettamente come è fatto Yuri!-tagliò corto Kai seccato. -Ma io non voglio il tuo aiuto!-
-La potreste finire di parlare come se non ci fossi?- chiese Yuri tamburellando con le dita sul bancone. -Quindi fammi capire, sarebbe la vita di Kai la tua copertura? Ti rendi conto che non ha senso?- 
-Sì che ce l'ha! Io ho il compito di proteggere il custode dell'Aquila Rossa. Se lo ammazzo troverò il prossimo custode, che sicuramente sarà più tollerabile di lui, e continuerò la mia missione!-
-È ridicolo!- sentenziò Yuri.
-Infatti, grazie Yuri, è proprio ridicolo, io non voglio che tu mi protegga!- continuò Kai appropriandosi indebitamente del supporto morale di Yuri che in verità si riferiva allo strampalato piano ideato dalla sua scomoda vice.   
-Sorridi Kai!- gli disse lei dandogli una poderosa pacca sulla schiena. -In questo momento è l'unica cosa che ti mantiene in vita e mi impedisce di soffocarti nel sonno con un cuscino!-
-Sei una persona decisamente odiosa!- decretò Kai tornando a sedersi comodo e a darle le spalle, ma adesso con un broncio contrariato.
-Siamo in due allora!- disse lei tornando davanti ai suoi fogli.
-Se sei tranquilla così allora va bene, fai come ti pare!- Yuri decise di concludere lì quella conversazione. Voleva evitare di sentire altre scemenze, aveva decisamente bisogno di allontanarsi da quei due. -Evita di trascinare Boris con te d'ora in poi!-
Quest'ultimo commento sembro andare veramente di traverso alla ragazza, che finalmente gli rivolse un'occhiata gelida. 
-Tranquillo fiocco di neve- sbottò velenosa -non te lo tocco più il tuo fidanzato!-
Yuri le rivolse un'ultima occhiata e se ne andò.
Kai rimase in silenzio a osservarla divertito e al tempo stesso incuriosito, per parecchi minuti, mentre lei riprendeva ad occuparsi degli appunti e dei risultati. Si era innervosita, faceva battere rumorosamente la penna sul bacone, finché ad un certo punto non si appoggiò con i gomiti e si passò le mani sul viso e poi tra i capelli. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.   
-Come mai appena ha nominato Boris hai cambiato umore?- le chiese con fare indifferente.
La ragazza prese la bottiglia e buttò giù un generoso sorso tutto d'un fiato. -Si comporta come se Boris fosse di sua proprietà! Il capitano di 'sto cazzo!- disse aspramente tornando a rivolgere la sua attenzione ai dati. -Hai ragione.... questa roba è acqua fresca!-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Hilary, Sayu e Ryoko erano fermi davanti all'enorme parete multicolore di caramelle. Nell'aria aleggiava il caratteristico e piacevole profumo di zucchero, caramello e popcorn del cinema. 
-Allora Hilary, quali caramelle prendiamo?- chiese Ryoko sorridendole dolcemente.
-A me piacciono quelle alla fragola e gli orsetti gommosi. Per i restanti due gusti scegli tu!- 
-Adoro gli orsetti gommosi!- disse Sayu entusiasta. -Li prendo anche io!- 
Sayu non se lo aspettava, quella bizzarra uscita a quattro si stava rivelando una piacevole serata. 
Hilary e Ryoko erano carini e per niente imbarazzanti: niente comportamento da piccioncini, niente frasette sdolcinate o atteggiamenti che potessero fare sentire lei e Max di troppo. E per fortuna con Max si stava trovando a suo agio come sempre. Non fingeva di essere il suo ragazzo, cosa che l'avrebbe messa infinitamente in imbarazzo, ma si comportava come sempre, come il ragazzo solare e amichevole che era. 
E evidentemente era anche molto furbo e molto bravo, inventandosi una storiella semplice e credibile, perché era riuscito a convincere Hilary ad annullare il suo romantico appuntamento con Ryoko, con una timida e sentita richiesta d'aiuto, facendo appello alla gentilezza e sensibilità dell'amica. Gli era bastato dire di avere un debole per lei e che magari un'uscita a quattro sarebbe stata un'ottima occasione, molto soft per entrambi. 
Ed eccoli lì, dopo un pomeriggio all'acquario e una veloce cena a base di panini e patatine, a scegliere gli snack per il film da vedere. Certo, appena entrato nel cinema Max aveva iniziato a correre a destra e a manca attirato da ogni manifesto, cartonato e locandina presenti lasciandola sola con i due fidanzatini. Sembrava senza controllo come un bambino alle giostre. Si era messo addirittura a saltare dalla gioia davanti al cartonato gigante delle Tartarughe Ninja, e aveva insistito affinché si facessero tutti e quattro insieme la foto con le stesse pose di Michelangelo, Raffaello, Donatello e Leonardo, precipitandosi a precisare che Michelangelo toccava a lui! Evidentemente era il suo preferito! 
-Allora doppia porzione di orsetti gommosi!- esclamò Ryoko gioviale iniziando a riempire il primo sacchetto. -E Max?- 
Tutti e tre si voltarono verso il lato opposto della sala. Max era fermo a contemplare una locandina col naso all'insù. 
Fu a quel punto che Hilary colse la palla al balzo.
-Vado io a chiederglielo!- esclamò repentina rivolgendo uno sguardo eloquente a Ryoko ed allontanandosi. 
Ryoko avrebbe tastato il terreno per lei con Sayu per sapere se ci fosse interesse da parte sua per Max. Avrebbe potuto farlo lei, ma era meglio lasciare fare a qualcuno di imparziale come Ryoko, sicuramente Sayu avrebbe parlato più liberamente che con lei che era una amica di Max. 
Raggiunse il biondo che non si era mosso di un centimetro da quella locandina.
-Acquario, cena e adesso cinema! Come primo appuntamento sembra perfetto!- disse fermandosi al suo fianco e osservando anche lei il poster attaccato alla parete, giungendo le mani dietro la schiena.
Max, senza scollare gli occhi da dove li teneva incollati da ben cinque minuti, le rispose quasi distrattamente. -Va benissimo direi! Quel mega panino BBQ è stato il top!-
Hilary guardò prima Max e poi di nuovo il poster. E ancora, Max e il poster. 
-Vuoi vedere questo?- gli chiese infine.
-Wolverine?- finalmente si girò verso di lei. -Sarebbe fantastico, sì! E poi penso che a Sayu piacerà sicuramente di più de "L'amore nelle mattine di rugiada"!-
Hilary arricciò l'angolo della bocca piuttosto scettica che una ragazza potesse preferire "quello" a una bella e toccante storia d'amore, ma lasciò correre. Dopo tutto era la serata di Max e Sayu, magari lui era più informato sui gusti della ragazza.
-Tu dici?- 
-Assolutamente!- confermò vigorosamente Max per poi tornare a guardare il minaccioso Wolverine sulla locandina. -Non ti ricorda qualcuno?- le chiese aggrottando leggermente la fronte.
Hilary osservò di nuovo il personaggio, sforzandosi di trovare un qualche particolare che le tornasse familiare, ma non vide nulla.
-Mah, non saprei.-
Improvvisamente l'espressione di Max si illuminò trionfante. -Ohoh! Ora sì! I capelli, Hilary! Guard i capelli!-
-I capelli?- era decisamente perplessa. 
-Sì, ha i capelli come Yuri!- le spiegò euforico. 
E beato lui che si entusiasmava con così poco! 
-Yuri ha i capelli come Wolverine! Ecco perché se li fa così. In effetti ha ragione, Wolverine è fighissimo!- poi si voltò verso l'altro lato della sala sventolando la mano energico. -Ehi ragazzi venite qui!- 
Ryoko e Sayu li raggiunsero immediatamente.
-Guardate!- fece Max indicando euforico e carico di aspettative il poster.
-Vediamo Wolverine?- chiese Sayu speranzosa. 
-Sì!-
-Oh che bello! Adoro Wolverine, è fighissimo!-
Hilary dovette ammettere a se stessa che effettivamente Max conosceva meglio di lei i gusti della sua compagna di classe.  
-Ma adesso osservatelo bene....- disse ai due appena arrivati, che osservarono bene il mutante davanti a loro. -Non trovate anche voi che Yuri abbia la stessa identica pettinatura?-
-Accidenti, hai ragione!- disse Sayu facendo con le mani il segno dei capelli a punta sulla testa. -Ecco perché è così minaccioso, sono i capelli!- 
-Esatto!- disse con estrema enfasi Max, come se avessero appena scoperto qualcosa di rivoluzionario. -Secondo me se li fa così proprio per questo il furbacchione! Scommetto che lo fa anche per attirare le ragazze!-
-Beh... questo è relativo!- commento diplomaticamente Sayu non proprio d'accordo su quest'ultimo punto.
-Ma dai, non credo che Yuri abbia tutto questo interesse ad attirare le ragazze!- disse ridacchiando Hilary. 
Max tirò fuori il cellulare e fece una foto alla locandina. -Ora gliela mando a Boris! E domani provo a farmi anche io i capelli così! Chissà se ottengo lo stesso risultato!-
-Hai gli occhioni azzurri e le lentiggini, non riuscirai ad essere credibile come Wolverine o Yuri!- gli fece presente Hilary. -Ma provaci lo stesso che voglio vedere il risultato.
-Hai ragione, sono troppo tenero e carino per avere un aspetto minaccioso.- disse facendo il finto dispiaciuto facendo scoppiare a ridere i tre. -Sono adorabile, è la mia condanna!-
-Ti resta pur sempre Michelangelo!- disse Sayu continuando a ridacchiare. 
-Hai ragione! Oggi vediamo questo ma la prossima volta dobbiamo vedere le Tartarughe Ninja, ragazzi!- 
-Sì, ci sto! È bello uscire tutti insieme, mi sto divertendo un mondo!- disse Sayu.
-Concordo! E poi era nella mia lista dei film da vedere!- disse Ryoko.
-Bene, allora andiamo!- Max prese Sayu per il polso e la trascinò con se verso la sala, facendo segno agli altri due di seguirli. 
Il film si rivelò spettacolare. Sayu e Max uscirono dalla sala gasatissimi, e vederli così affiatati fece tantissimo piacere a Hilary. Anche a Ryoko era piaciuto molto, ma fece l'occhiolino alla sua ragazza perché aveva notato la stessa cosa che aveva notato lei, e preferiva non intromettersi e lasciare che i due continuassero a parlare a ruota libera.
Fecero il percorso verso casa così, con Sayu e Max a parlare di ogni singola scena e Ryoko e Hilary poco più indietro a ridacchiare e a confabulare su di loro. 
Accompagnata Hilary a casa e salutato Ryoko, i due agenti sotto copertura rimasero soli e fu a quel punto che improvvisamente non trovarono niente da dirsi. Si fecero in silenzio almeno quattro isolati prima che Sayu decidesse di prendere la parola.
-Spero che ora sarete contenti!- iniziò. -Ho parlato pure con Ryoko, adora Takao, adora tutti voi, non capisco perché lo troviate antipatico. È così gentile e tranquillo, tanto da essere addirittura noioso! La cosa peggiore che possa succedere a Hilary è di annoiarsi a morte!-
-E io sono noioso?- chiese Max a brucia pelo. 
-Per nulla!- rispose ingenuamente, senza far minimamente caso alla strana domanda. -Se non ci fossi stato tu mi sarei addormentata a metà della cena.... tutti si sarebbero addormentati a metà della cena!- 
-Oh meno male!- disse Max rilassandosi e tirando un sospiro di sollievo. -Sono contento, questo è l'importante! Un punto per me.- 
Sayu aggrottò la fronte e lo guardò di sottecchi, continuando a camminare al suo fianco.
-Ma tu che c'entri?-
-Oh niente, dicevo così per chiedere!- rispose vago lui ridacchiando. -E pensare che volevano chiedere a Kai di farti da cavaliere!- 
-Ecco, questo sarebbe stato imbarazzante! Quel tipo parla? Non credo di aver mai sentito la sua voce!- 
-Certo che parla. Lo fa raramente, è vero, ma quando lo fa è sempre epico!- 
-Non mi sembra il massimo per un appuntamento normale, figuriamoci per una cosa così strana come l'uscita di questa sera. Avrei preferito evitarmi tutto questo, ma visto che me lo hanno chiesto per favore.... Sono contenta che sia venuto tu con me.- ma non appena queste parole le uscirono dalla bocca si rese conto di quanto potessero essere fraintendibili e cercò di correre ai ripari. -Cioè, intendo dire è che ho più confidenza con te, mi sento a mio agio...- di male in peggio! Cielo, perché quando si agitava non riusciva a far altro che dire cose imbarazzanti!? 
-Insomma, voglio dire che sei così amichevole, faresti sentire chiunque a proprio agio....-
Max cercò di trattenersi ma lo stesso gli spuntò un sorriso compiaciuto sulle labbra.
-Grazie!-
-Oramai siamo amici, no?- continuò ancora più agitata, non riuscendo a smettere di parlare, nel disperato tentativo di sembrare meno strana e patetica possibile. Perché non riusciva a chiudere la bocca!? -Lo siamo, giusto? Perché se non lo siamo ti chiedo scusa!-
-Certo che lo siamo, tranquilla!- 
Max le sorrise rassicurante, e Sayu sospirò rassegnata. Che figuraccia! Chissà che cosa stava pensando adesso di lei! Non parlava più, quindi sicuramente l'aveva presa per una povera scema disperata!
-Sai che sei veramente carina quando ti imbarazzi?- 
Sayu si bloccò in mezzo alla strada, sgranò gli occhi e lo guardò sconvolta. Anche lui si fermò, si voltò verso di lei continuando a sorriderle in quel modo vispo.
-Ma che dici!?- lo rimproverò con voce fin troppo acuta.
Si sentì avvampare, doveva essere diventata rossa fino all'attaccatura dei capelli! Strinse nervosamente le dita attorno alla tracolla della borsa, era diventata un pezzo di legno!  
-Lo giuro, sei uno spasso, ma quando ti senti in imbarazzo entri nel pallone e sei così tenera!- continuò Max con una leggerezza disarmante.
Basta, doveva riprendere il controllo di sé e della situazione! Mise il broncio e si impettì riprendendo a camminare.
-Ok, adesso puoi smetterla di fare il carino con me, capitano Roger!- gli disse cercando di sembrare algida, ma uscì più una cosa tremolante e scandita male.
Max riprese a camminare accanto a lei, senza riuscire a togliersi dalla faccia quel sorriso compiaciuto.
-E perché dovrei smetterla?- 
-Perché la missione è finita, Hilary e Ryoko non si sono più!- gli spiegò seccata.
-Ah la missione, giusto!-
-E comunque complimenti, Hilary ti ha creduto con una facilità impressionante. Non ha dubitato nemmeno per un attimo delle tue parole!-
-Lo spero bene, non ho dovuto inventare niente, ho solo detto la verità!-
Sayu inarcò le sopracciglia perplessa e lo guardò. Che intendeva dire? 
-La... verità?- 
Max annuì e fece spallucce. -Sì, che mi si è presentata l'occasione per uscire con te e l'ho colta al volo!- 
Che dire? Era piuttosto ambiguo quello che le aveva detto. Forse non se n'era accorto, o forse era più intelligente di lei e, invece di vomitare una dopo l'altra una serie di parole sempre più compromettenti, preferiva stare zitto e sorvolare.  
-Di solito nei film sembra tutto cool agli appuntamenti. Ma nei film anche degli artigli di adamantio che ti escono dalle nocche sembrano una figata pazzesca, ma nella realtà devono fare un male tremendo!- 
-Immagino di sì....- concordò Sayu sempre più confusa. 
-Ecco, avevo paura che mi avresti potuto trovare noioso, perché tu non sei noiosa affatto!-
-Sul serio?- chiese lei sorpresa da quest'ultima cosa. -Non sono noiosa?- 
-Per niente!- 
Strinse di nuovo la tracolla della sua borsetta, e abbassò lo sguardo a terra, sul marciapiede grigiastro, continuando ad avanzare.
-Strano, cioè... io credevo di essere estremamente noiosa.- ammise stringendosi nelle spalle. -Le mie amiche non sembravano mai interessate a quello che facevo o dicevo, anzi... ogni volta che aprivo bocca mi ignoravano o mi guardavano come se fossi stata una matta!-
-Non mi sembra un comportamento da amiche....- 
-No, per niente, non lo erano affatto.- e subito tornò la Sayu allegra che era stata per tutta la serata, e gli rivolse un sorriso per rassicurarlo. -Ma non ha alcuna importanza, grazie a Takao ho finalmente trovato degli amici fantastici come voi!-
Max ricambiò quel sorriso che piano piano diventò sempre più furbastro.
-Te lo assicuro io, tu sei un vero spasso.... soprattutto quando ti senti in imbarazzo!-
-In... imbarazzo?- ecco, la stava di nuovo prendendo alla sprovvista.  
-Sì, quanto ti imbarazzi ti trovo estremamente carina!-
E Sayu divenne di nuovo una statua di pietra. Era diventata rigida come un palo, si era piantata per terra e lo guardava con tanto d'occhi, per non parlare del colorito sempre più porpora. Max scoppiò a ridere troppo divertito quando iniziò addirittura a farfugliare qualcosa.
-Visto?!- le disse tra le risate.
A quel punto Sayu si riprese e pestò un piede a terra oltraggiata.
-Me lo hai detto apposta per mettermi in imbarazzo!- lo accusò mettendo il broncio e incrociando le braccia al petto.
-Forse sì, forse no. Chi lo sa!- continuò lui prendendola in giro e guadagnandosi una linguaccia. 
Sayu lo superò e aumentò il passo, cercando di non farsi raggiungere per camminare da sola, ma come al solito era troppo bassa per competere in velocità con un ragazzo, e quindi se lo ritrovo subito a trotterellarle attorno con passo baldanzoso. 
Beh, poteva comunque continuare a tenergli il broncio! E poi erano finalmente arrivati nella via dove abitava.
-Scherzi a parte- disse Max smettendo di ridacchiare e fermandosi una villetta prima di casa sua -tra una settimana inizia il torneo amichevole, si svolgerà su una nave crociera, e siccome possiamo invitare un amico ho pensato che potresti venire con noi! Sarà bello, io non vedo l'ora!-
-Cosa?- fu un invito tanto inaspettato che il broncio lasciò posto a una bocca aperta da pesce lesso. -Sul serio? Io?- chiese indicandosi. 
A quella vista Max si dovette sforzare tantissimo per non scoppiare di nuovo a ridere.
-Sì, certo, chi altri sennò! E questa volta l'invito è arrivato con una settimana di anticipo, non la mattina stessa come alle vacanze di primavera. È un grande passo in avanti!-
-Me? E perché?- chiese ancora incredula.
-Come perché? Te l'ho appena detto: posso invitare un amico e poi fai parte del gruppo oramai!- le spiego trovando quella reazione oltre che buffa anche estremamente dolce, perché quelle ulteriori parole sembravano addirittura averla commossa perché chiuse la bocca e si strinse nelle spalle facendosi ancora più piccola e abbassò il capo.
-Devo chiedere il permesso ai miei genitori prima...- pigolò piano fissando la punta delle sue scarpette gialle. Si sentiva pizzicare gli occhi, che stupida!
-Male che vada mando Takao a convincerli!- sdrammatizzò lui e infatti lei reagì subito agitando le braccia. -Tuo padre non riesce a dirgli di no!-
-No per carità! Fidati... mia madre ci riesce benissimo invece!- 
Max le porse il mignolo. -Allora prometti che verrai?-
Sayu lo guardò dritto nei suoi grandi occhi azzurro cielo, sorrise timidamente e incrociò il mignolo col suo.
-Prometto che mi impegnerò al massimo per esserci!- disse prendendosi d'animo e sorridendo un po' più sicura di prima. -Ma sono già felicissima che tu me lo abbia chiesto!-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Kai era seccato al massimo! Stava vagando senza pace e senza meta per i laboratori della BBA da ore. 
Quella strega di Ari non gli voleva far provare Dranzer solo per degli stupidi controlli finali sull'anello d'attacco. Era stata inamovibile: finché non avesse completato tutti i test non avrebbe permesso a nessuno di lanciare quel beyblade. E a nulla era valso cercare di corrompere gli assistenti. Sembrava che avesse istituito un regime di terrore lì dentro e nessuno osava andare contro i suoi ordini! Era inaccettabile che dovesse aspettare ancora una notte per un suo capriccio! Dranzer era prontissimo, era lei ad essere troppo pignola. 
Aveva una gran voglia di trafugarlo e provarlo lo stesso, alla faccia sua e di tutti quei galoppini nerd al suo servizio! 
L'unica cosa che gli impediva di farlo era la consapevolezza che l'ultima volta che aveva fatto un'azione del genere non era andata poi tanto bene. Non aveva intenzione di reiterare certi comportamenti, sapeva di poter essere migliore di così, poteva attendere!
Decise di tornare al laboratorio principale. Con passo lento e un cipiglio stizzito attraversò il corridoio oramai deserto. E pensare che a quell'ora non avrebbe trovato nessuno degli assistenti a fare la guardia al suo Dranzer. Avrebbe potuto benissimo intrufolarsi, provarlo e rimetterlo a posto e nessuno se ne sarebbe accorto. 
Entrò e si guardò attorno. Erano rimasti solo due ragazzi, ma il vero problema sarebbe stata Ari. Eppure si aspettava di trovarla lì a lavorare su Falborg.
Tornò nel corridoio e andrò verso il deposito. Probabilmente era lì, e infatti non si sbagliava, ma non era sola. 
Si fermò sulla soglia, osservando all'interno le due figure dallo spiraglio della porta rimasta socchiusa. 
C'era Yuri con lei. Erano in silenzio, l'uno di fronte all'altra. Lui gli dava le spalle, ma Ari la vedeva, stava appoggiata allo scaffale pieno di scatole, le braccia conserte e lo sguardo basso e perso, le labbra serrata. Aveva un'espressione strana, granitica e indecifrabile che attirò totalmente la sua attenzione impedendogli di andarsene. 
Sentì Yuri sospirare. Aveva le mani poggiate sui fianchi e infine parlo con voce bassa e incerta.
-Sei sicura che sia finita? Sicura di stare bene?-
Ari si limitò ad annuire, questa fu la sua unica risposta, l'unico cenno che faceva intuire che gli stesse dando retta, anche se sembrava completamente assente. 
Era una situazione strana, l'atteggiamento di Ari non era il solito di quando aveva a che fare con Yuri. Non era mai così remissiva con lui. 
Yuri lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi e fece un passo avanti. Era tanto vicino che gli basto alzare la mano per scostarle dietro l'orecchio, in un gesto affettuoso, una lunga ciocca di capelli sfuggita dalla treccia. Lei non ebbe nessuna reazione a questa vicinanza e a questa confidenza, continuava a tenere lo sguardo fermo, fisso alla sua sinistra. 
-Va bene....- mormorò piano. Le accarezzò la guancia col dorso delle dita, ma quando portò la mano dietro la nuca della ragazza e si chinò su di lei, Kai sentì le viscere contorcersi e ribellarsi. 
Trattenne il respiro fino a quando non si rese conto che le stava dando un bacio sulla fronte, nulla di che, no? Forse un po' troppo sentito, forse un po' troppo vicino, forse un po' troppo lungo! Aveva i nervi a fior di pelle. Come era possibile che Yuri fosse diventato improvvisamente così affettuoso con lei?
Aprì la porta e rimase fermo sulla soglia. Non se n'erano nemmeno accorti.
Doveva calmarsi. Non poteva certo fare una scenata o prenderlo a pugni! Anche se ne aveva una voglia incredibile non aveva alcuna intenzione di farsi vedere turbato da tutto ciò! 
Le prese il viso con entrambe le mani per sollevarlo verso di lui, e si guardarono negli occhi. Stranamente quelli di Ari sembravano carichi di qualcosa, una luce strana, come se fosse scomparsa quella patina che la divideva dal resto del mondo.
-Riguardati Ariel.- le sussurrò. 
Lei annuì impercettibilmente, e afferrò una mano ancora sul suo viso, stringendola, ma non per cacciarla, ma con affetto, come a volergli trasmettere qualcosa, con quello sguardo intenso e quel gesto inaspettato, qualcosa che non voleva dire a parole. 
Infine sciolsero quel contatto. Yuri fece un passo indietro e si voltò, accorgendosi finalmente di Kai fermo sulla soglia. Nascose piuttosto bene la sorpresa, ma i suoi occhi azzurri si assottigliarono tradendo un certo fastidio per la sua presenza lì. 
-Che cosa ci fai qui a quest'ora, Yuri?- gli chiese con tono sonante e duro.
Yuri si incamminò verso di lui per uscire dalla stanza. 
-Niente che ti riguardi!- fu la sua risposta algida mentre gli passava accanto.
-Bene, allora se hai finito vattene! Ari ha ancora da fare sul mio Dranzer.-  
Per un attimo i loro sguardi si incrociarono e a quel punto un sorrisetto increspò le labbra sottili del rosso, e fu come uno schiaffo per Kai. Che cosa ci aveva trovato di divertente? 
Il rosso lo superò e scomparve nel corridoio con poche falcate.  
Cosa diavolo ci aveva trovato da ridere quello stronzo!? 
Aveva una gran voglia di esternare tutto il suo malumore e il fastidio che provava, e soprattutto far sparire quella odiosa sensazione dolorosa che gli stava attanagliando lo stomaco.
Si voltò verso l'interno della stanza, pronto a fulminare Ari. Non era successo niente, era vero, ma gli aveva dato un fastidio indicibile quell'inaspettata confidenza e intimità tra i due. Quando si fermò su di lei però ogni intenzione venne frenata. 
Avrebbe voluto rimproverarla, farle una serie di domande, ma qualcosa in lei in quel momento glielo impediva. Qualcosa gli diceva che non avrebbe ricevuto risposte, almeno non quelle che si aspettava.
Era rimasta con la schiena appoggiata allo scaffale, come se Yuri non se ne fosse andato, e come se lui non fosse mai intervenuto, come se non fosse lì. La osservò senza più parole da dirle, senza più la disapprovazione di poco prima, perché sembrava immersa in pensieri troppo privati perché lui potesse entrarci. Eppure non voleva lasciarla da sola.
Dopo lunghi attimi di silenzio, qualcuno bussò, e apparve uno dei due assistenti rimasti quella sera.
-Mayer... al telefono!- disse entrando e raggiungendo Ariel in fondo alla stanza. Lei si ricompose e afferrò l'apparecchio senza fare una piega.
-Capisco. Ok, ottimo lavoro.- disse solamente riagganciando e restituendo il telefono al ragazzo. -Fammi trovare un caffè alla postazione 14, sto arrivando.- 
-Sì, signora!- il ragazzo annuì e si apprestò ad eseguire gli ordini uscendo immediatamente.
Rimasero di nuovo da soli. 
Ari prese un profondo respiro e si passo le mani sul viso e poi tra i capelli. Per un po' rimase ferma a pensare a cosa fare, poi gli fece cenno di seguirla. Sembrava tornata quella di prima, forse solo più seccata e stanca.
Kai la seguì fino al laboratorio e una volta entrati gli parlò di nuovo col suo solito tono autoritario.
-Mi devi fare un favore. Domani provi il nuovo Dranzer, dopodiché dovrai stare con Takao e demolire ogni idea stupida che gli viene in mente, chiaro?- gli disse gettandosi sulla sedia della scrivania e rivolgendosi al computer.
-Ha solo idee stupide e la vostra relazione ne è un esempio lampante.- le fece presente aspro. 
-Hai ragione! Peccato non ci fossi tu nei paraggi quella volta.- rispose sarcastica senza nemmeno guardarlo, tutta l'attenzione rivolta allo schermo. -Per questo ora è importante che tu ti tolga dalle palle e vada a fare qualcosa di utile della tua vita!-
Non doveva incazzarsi? Non ne aveva tutte le ragioni? Che motivo c'era di passare da uno stato di strana quiete a uno da stronza insopportabile? 
-Non eseguo i tuoi ordini!-
Ari a quel punto ruotò sulla sedia girandosi verso di lui e guardandolo dritto negli occhi. 
-Lo vuoi Dranzer?- gli chiese asciutta e estremamente seria.  
-Cosa vorresti fare, ricattarmi forse? Sei impaziente quando me di vedere Dranzer in azione!-
-Non hai idea di quanto io sia disposta a sacrificare per tenere il punto, credimi!- e chiarito questo tornò a rivolgersi al computer.
Era odiosa, ma che senso aveva ribadirglielo?
-Tieni a freno Takao mentre non ci sono....- disse iniziando a lavorare. 
-Va bene, e risparmiati i ricatti l'ora in poi, non lo faccio per questo!-
-Sì, lo so che lo fai per amore del tuo adorato Takao!- 
Alla parola amore per un attimo Kai si sentì gelare, ma era solo una delle sue solite battutine stupide. Era un fascio di nervi, in tutta sincerità non vedeva l'ora di provare Dranzer non solo per curiosità, ma anche per mettere fine a quella maledetta convivenza. Erano giorni che le stava appiccicato per controllare come lavorava sul suo beyblade ed era arrivato al limite e quella ne era la prova! Sussultare come un quattordicenne timido alla parola amore perché per un attimo si era spaventato che avesse intuito qualcosa. Era disgustoso già solo pensare a come si era ridotto, si sentiva ridicolo! Era assurdo che più si imponesse di starle alla larga e più si ritrovava a dover stare con lei. Aveva voglia di prendersi il suo Dranzer e sparire per un mese e non vederla più, non vedere più nessuno di loro!
-Ora vattene, devo concentrarmi sulla base di Falborg.- lo congedò fredda. 
Kai la osservò incredulo. Ma sul serio? Si trovava in quello stato pietoso per una così? Ma che problemi aveva? Si girò e si incamminò verso l'uscita sempre più stizzito. 
Doveva aver bisogno di un terapista, uno veramente molto bravo per svelare questo arcano. Cioè, i traumi infantili certo a lui non mancavano, ma nulla poteva giustificare una cosa del genere! Era una persona antipatica, odiosa, presuntuosa e maleducata, eppure... eppure era inutile che continuasse a ripetersi tutti i suoi difetti se poi la sua maleducazione la trovava divertente, la sua presunzione più che giustificata e i suoi modi bruschi e indelicati sapeva essere il risultato di una vita che l'aveva resa dura come la pietra. E il suo ripetersi di non sopportarla in fin dei conti era un patetico tentativo di autoconvincersi.
Non riusciva proprio a capire che razza di problema avesse, ma già arrivato sulla porta gli era passata tutta l'indignazione per essere stato mandato via in quel modo e tornò indietro.   
Prese una carpetta e la piazzò proprio davanti allo schermo che Ari stava usando. 
Voleva che lo guardasse e che gli prestasse la massima attenzione. 
Lei alzò gli occhi e incrociò lo sguardo con quello ametista di Kai. 
Era ovviamente seccata per quella interruzione ma Kai sembrava estremamente determinato e preferì dargli il tempo di spiegarsi prima di minacciarlo o mandarlo a fanculo.
-Non guidare se sei stanca! Quando vuoi tornare chiamami che ti vengo a prendere.- 
Tolse la carpetta dallo schermo, posandola sulla scrivania accanto. Ari rimase ad osservarlo uscire da lì in silenzio, continuando a fissare l'uscita della sala anche dopo che era sparito. 
Tornò a guardare lo schermo e lo fissò per parecchi secondi. Tolse le mani dalla tastiera e le poggiò sulle gambe perplessa. Che strano... non ricordava a che punto del lavoro era arrivata e cosa doveva fare. 
Doveva essere il sonno, accidenti, ma dove era finito il caffè che aveva chiesto?!
 





chi è arrivato fino a qui batta un colpo! seriamente, ora vi rendete conto della mia incapacità a inventare il titolo?
vi avviso che quello che seguirà sarà un'accozzaglia di frasi sconnesse. sono stanca e non riesco a fare un discorso lineare che manco un teletabis (come il resto del capitolo d'altronde ndyuri).
quindi 
ho completamente cambiato l'idea che mi ero fatta del 45esimo capitolo e ho deciso di mettere ari da parte (tanto doveva lavorare ai beyblade russi come una schiava quindi ciao ciao) e di concentrare l'attenzione su altri personaggi, tipo max che porello non gli faccio fare molto, e menomale per lui non riesco nemmeno a trattare male, biondino fortunello! l'ho fatto un po' ambiguo e in un certo senso un po' timido con sayu, non so se farmi partire la ship oppure no... vedremo....
poi siccome mi sembrava di non aver fatto abbastanza mi sono detta noooo qui manca qualcuno! a chi è che posso rompere le scatole? a ch non sto dando abbastanza spazio ultimamente? chi è che posso torturare con piacere e che a tutte noi non basta mai? ed ecco qui il nostro amatissimo Kai!
l'ho torturato con un sogno/ricordo estremamente sgradevole, ma mi poteva bastare? no, ovviamente? non volevo usare ari, la volevo lasciare fuori per almeno un paio di capitoli, ma mi serviva qualcuno di fastidioso e chi meglio di lei? quindi diciamo che mi ha fatto da assistente, e ne ho approfittato e ho tirato in ballo anche Yuri, perchè ci stava, fidatevi, yuri ci sta, ci sta sempre bene! non mi sembrava credibile che non dicesse nulla dopo la mattanza di ari, quindi gliel'ho mandato a romperle le scatole. nell'ultima parte avevo immaginato anche la scena tra yuri e ari, che appunto passata la rabbia lui torna per parlare di quello che lei ha fatto da un punto di vista emotivo, non più pratico, quindi è più gentile e disponibile. ma mi piaceva l'idea che kai fraintendesse, lo trovavo più divertente che quei due pesantoni di yuyu e ari.
ora io vado a dormire che domani si cammina (aiuto!) e spero di non aver fatto un capitolo cagata e soprattutto di non aver lasciato in giro qualche cantiere con frasi sconnesse o lasciate a metà o pezzi tagliati
un bacione dalla Pinca



 

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Capitolo 46
*** La fatina Claire ***


46 Ciao raga! Chiedo scusa per il ritardo e la mia assenza in questi ultimi giorni. Sono rimasta indietro anche nella lettura delle storie qui sul fandom e spero di recuperare nei prossimi giorni.  
È stato un periodo un po' strano, un po' brutto... segnato da delle continue delusioni. Diciamo solo che è strano scrivere qui di grandi amicizie quando nella realtà sembrano non esistere. Inizio a pensare che si tratti di semplice fantasia.... ma vabbè...  
Spero tanto che questo capitolo vi piaccia e vi diverta. Ho fatto le corse per riuscire a finirlo prima di partire, quindi sicuro ci sarà qualche errore vergognoso. Questa sera parto e manco per tutto il ponte dell'immacolata, e non volevo posticipare così tanto la pubblicazione.  
Il prossimo capitolo doveva essere integrato a questo, perché si svolge tutto nell'arco di una giornata, ma avrebbe raggiunto le 50 pagine word e non l'ho ancora finito quindi pubblico questo dove ci saranno questi protagonisti, nel prossimo ce ne saranno altri.  
Questa notte in treno cercherò di rispondere anche alle vostre recensioni.  
Scusate ancora per l'assenza.  
Un bacio da pinca!
 
 
 
46. La fatina Claire.
 
 
Takao si sedette a capotavola e si rivolse ai suoi commensali con gran sorriso.
-Buongiorno a tutti, amici miei!- esordì con vivo entusiasmo.  
Max rispose sorridendo allegramente, svuotando mezzo barattolo di maionese nella sua ciotola di insipido riso bianco. Daichi invece lo guardò storto.  
-Ma se siamo solo noi due!- gli fece presente, trovando irritante la faccia allegra di Takao.
Quella mattina era toccato a lui essere svegliato a calci da Ari per allenarsi, e non era stato tanto l'orario o la sua ben risaputa mancanza di garbo a metterlo di malumore, ma il suo solito modo troppo ragionato di combattere. Non era affatto divertente! La trovava snervante!
Improvvisamente il sorriso scomparve dal volto di Takao, lasciando posto a una smorfia amara. Max e Daichi si scambiarono uno sguardo perplesso e preoccupato.  
-Ho detto qualcosa che non va?- chiese Daichi titubante.  
-Che roba è questa?- chiese Takao sgomento indicando la ciotola di riso davanti a sé e i vari condimenti di pesce e verdure. -Che fine ha fatto la colazione che ci prepara Rei?-
-Non ha cucinato oggi.- spiegò spiccio Max senza approfondire, mescolando il riso per rendere ben omogeneo il condimento.  
Takao si voltò scandalizzato verso l'amico. Che storia era questa!?
Che delusione! Quando Rei stava da lui, era la consapevolezza che avrebbe trovato una delle favolose colazioni da campioni preparate dall'amico a dargli la giusta carica per alzarsi dal letto! Era un trauma arrivare a tavola, pregustando già i famosi cornetti alla crema di Rei, le sue focaccine dolci o le sue favolose uova strapazzate, e invece ritrovarsi davanti una misera, classica colazione giapponese! Gli sapeva troppo di inverno e di scuola, era triste!   
-E perché mai? Dove sta? Gli è successo qualcosa?- chiese iniziando a lagnarsi e mettendo il broncio. -Io non voglio mangiare questa roba, voglio le sue focaccine.... Mi sono alzato solo per mangiare le sue focaccine!-
Max titubò davanti ai capricci di Takao, non sapendo se assecondarlo o spiegargli in qualche modo il perché di quella colazione. Ma Daichi non era tipo da farsi troppi pensieri prima di aprire bocca e rispose lui alle domande del ragazzo.  
-È depresso!- disse senza giri di parole riempiendosi immediatamente la bocca di riso.
-Depresso?- chiese Takao sorpreso, facendo sparire in un batter d'occhio il broncio.
-Beh... è un po'…. Non so se si possa definire giù di corda.- spiegò Max. -Stanotte non ha dormito granché, stamattina non ha mangiato nulla, e sta da ore seduto da solo in giardino a "meditare".-
-Non mangia, non dorme ed è di umore nero.- riassunse Daichi con la bocca ancora piena. -È depresso!-
Max ridacchiò imbarazzato e decise di non dargli troppo retta.  
-E perché?- chiese ancora Takao per nulla soddisfatto delle rispose dei due. Quanto la facevano lunga! Voleva sapere se c'era veramente un buon motivo per una delusione tanto grande di prima mattina.  
-Ieri sono arrivati i Baiuzu, e ovviamente c'era anche Mao....- spiegò Max, convinto che bastasse questo a far capire a Takao come mai Rei stesse in quel modo.  
Ovviamente si sbagliava, infatti Takao continuò a guardarlo in attesa che finisse di spiegargli il perché del cattivo umore di Rei, e soprattutto di quella colazione.
Max sospirò rassegnato. -Rei vuole riconquistare Mao, questo lo sapevi, vero?-
Takao annuì. Daichi continuò a ingurgitare cibo.  
-Ricordi quando è tornato al suo villaggio per controllare che tutti stessero bene dopo l'incendio? Ecco, ha scoperto che lei si è messa con un certo Lee che, a quanto ho capito, è un suo vecchio rivale.-  
Takao si appoggiò con i gomiti al tavolo e il mento sulle mani giunte.  
-Ma sul serio? Non ne sapevo niente....- disse interessato.
-Sì... considera che è un tipo molto riservato, e poi tu.... tu non eri molto in te in quel periodo... e poi ci hai completamente lasciati senza parole con Ari!- gli spiegò Max. -Insomma, questa cosa non gli è andata giù proprio perché si tratta di questo Lee. Pensa che lei lo abbia fatto proprio per fargli dispetto.-  
Takao assottigliò gli occhi continuando a fissare Max con estremo interesse, tanto da far sentire a disagio il biondo, che provò ad ignorarlo iniziando a servirsi dei vari condimenti finché non si ritrovò quasi costretto a continuare a parlare.
-Sono arrivati ieri sera per il torneo amichevole, e ovviamente c'era anche questo Lee che fa parte della squadra quest'anno e questo l'ha messo ancora di più di pessimo umore, quindi ti consiglio di stargli alla larga.-
-E chi si avvicina, per carità!- disse Takao che ricordava perfettamente quel giro nel negozio di lingerie in Canada e come Rei avesse completamente perso il senno quella volta.
-Quante storie per una femmina!- disse aspro Daichi, appoggiando la ciotola vuota sul tavolo. Si servì immediatamente dell'altro riso e continuò dando sentenza. -Correre appresso alle femmine è un'inutile perdita di tempo!-  
Max ridacchiò imbarazzato. -Tranquillo amico, ti assicuro che presto non ti sembrerà più una perdita di tempo!-  
-Beh, Daichi non ha tutti i torti!- disse Takao tornando a mettere il broncio, spiazzando completamente il biondo. -Questo Lee non lo conosco, ma già mi sta antipatico perché mi ha rovinato la colazione che, per inciso, è uno dei miei pasti preferiti!-
Non c'era niente da fare: Takao era pur sempre Takao!
-Quindi Rei sta fuori, Hitoshi è dal presidente Daitenji e gli altri dove sono?- chiese ad un certo punto Takao, continuando a fissare storto la sua ciotola di riso.
-Kai, Ari e Kappa sono alla BBA per provare il nuovo Dranzer- gli spiegò Max -mentre Hilary credo che non avrà il tempo di passare oggi, esce con Claire e le altre ragazze per scegliere i vestiti per le serate.-
-Visto? Escono a comprare vestiti! Noiose!- disse Daichi ma questo suo commento venne ignorato perché qualcuno bussò e sulla porta della cucina.  
-Buongiorno!- salutò Sayu affacciandosi timidamente.  
Stringeva nervosamente la tracolla della borsetta blu che portava sul fianco. Indossava una tutina corta gialla come il sole e tra i capelli corvini un cerchietto rosso molto largo. Aveva le labbra strette, come a volersi trattenere dal sorridere, ma gli occhi tradivano tutta la sua gioia.    
-Oh Sayu... entra pure!- fece Takao con ben poco entusiasmo. -Ti offrirei la colazione ma non c'è niente di sfizioso quindi fai come ti pare....-
-Grazie!- rispose la ragazza rimanendo però sulla porta.  
Guardò Max, e il ragazzo rimase immobile a ricambiare lo sguardo. E finalmente Sayu mostrò un sorriso che partiva da un orecchio ad un altro, con le mani strette ancora a torturare la tracolla e fremendo da capo a piedi.
-Che c'è? Che ti prendere?- chiese Takao senza capire lo strano comportamento della compagna di classe.  
Max si alzò da tavola guardando la giapponese in trepida attesa.  
I due si guardavano negli occhi con un'intensità tale da sembrare quasi che si stessero parlando, e a Sayu bastò fare un leggero cenno del capo per far esplodere d'entusiasmo Max che ululò di gioia e presero a saltellare insieme.
-Si può sapere che diamine succede?- brontolò Takao a mezza bocca, scocciato di essere ignorato.  
Sayu corse anche da lui e lo abbracciò da dietro le spalle e poi abbracciò anche Daichi, l'unico che si stava godendo senza troppe cerimonie la colazione.
-Che c'è, sei incinta?- chiese il piccoletto con la bocca piena di riso, gelando i presenti. -Cavolo, siete stati veloci!-
Per lunghi, lunghissimi secondi regnò il silenzio assoluto, finché non fu il sonoro ceffone che Takao gli diede dietro la testa a risuonare nella cucina.
-Ma come ti viene in mente di dire certe fesserie?!- starnazzò Takao scandalizzato, scattando in piedi.
Daichi rialzò la faccia ricoperta di chicchi di riso dalla ciotola, massaggiandosi la testa dolorante. -Ohi... ma che ho detto di male? In televisione quando sono così felici è sempre per questo!-  
-Hai ragione!- Takao batté impetuoso il pugno sul tavolo, facendo tremare i vari piatti della colazione e lasciando sconcertati gli altri due. -Questa non è colpa tua, è colpa di Hilary!-
-Hilary?- chiesero in coro tutti.
-Da quando sta con quel Ryoko ti trascura! Dovrebbe insegnarti le buone maniere e evitare di farti dire certe scemenze invece di uscire sempre con quel bell'imbusto!-   
-Ehi, ho già delle buone maniere io, non ho bisogno dell'ochetta!- si difese offeso Daichi.
-Adesso capite perché dobbiamo fare qualcosa?- chiese Takao allarmato, rivolgendosi ora a Max e Sayu. -È per il bene del bambino!- concluse indicando Daichi.
Questo salì sulla sedia infuriato. -Bambino a chi? Ho quattordici anni io!-
Takao gli lanciò un'occhiata scettica. -Dalle cazzate che dici non si direbbe proprio!-
-Ragazzi, potremmo sorvolare?- si intromise Max cercando di sedare gli animi. -Sayu verrà con noi al torneo amichevole, i suoi genitori le hanno dato il permesso, per questo siamo contenti!-  
-Ah....-
Takao parve per un attimo confuso, guardò prima Sayu e poi Max. Una alla sua destra, l'altro alla sua sinistra, battendo più volte le palpebre, finché un sorrisetto furbo non fece capolino sulle sue labbra.  
-Ah, ora ho capito!- disse col fare di quello che la sa lunga, incrociando le braccia al petto.  
Max iniziò a sudare freddo. Che cosa aveva capito Takao?  
-E bravo Max!-  
Gli arrivò una pacca sulla spalla e il sorrisetto stampato sulla faccia dell'amico si fece sempre più largo, ancora più inquietante, non facendo altro che aumentare la sua agitazione.  
Doveva trovare qualcosa da dire prima che Takao si facesse sfuggire dalla bocca qualcosa di estremamente compromettente e imbarazzante di fronte a Sayu, anche se Daichi aveva già dato il massimo in questo per questo! Ma era talmente paralizzato da non riuscire neppure ad aprire bocca.  
-Quindi avete deciso di continuare il piano per mettervi in mezzo tra Hilary e Ryoko anche in crociera!- continuò Takao senza alcun freno. -Mossa astuta, amico mio!-
Tutta la tensione che Max aveva accumulato in quei pochi secondi si sciolse in una risata isterica e crollò sulla sedia.
Sayu invece a quelle parole si sentì avvampare dalla rabbia e dalla delusione. Sapeva che Takao era un insensibile senza speranze, ma sapeva perfettamente che Max non le avrebbe mai chiesto di unirsi a loro solo per questo. No, perché altrimenti sarebbe stato orribile!  
Eppure cercò disperatamente gli occhi di Max per essere certa di non sbagliarsi, ma il biondo stava guardando rassegnato l'amico.  
-Takao, non dire assurdità! Non ho chiesto a Sayu di venire con noi per controllare Hilary!-
-Ah, no?- chiese incredulo all'amico. Poi si voltò verso Sayu e la squadrò da capo a piedi.  
Max deglutì sperando che ci arrivasse, e fosse altrettanto furbo anche da essere discreto.  
Tornò a rivolgersi a lui, con fare estremamente confidenziale, parlandogli come se non ci fosse nessun altro in cucina con loro.  
-E allora perché l'hai invitata?-
Spiazzato, senza parole, completamente disincantato. Come poteva mai reagire Max di fronte ad un irrecuperabile Takao? Era disarmante!  
Provò più volte a dire qualcosa, a commentare, ma si ritrovò tutte le volte a richiudere la bocca senza sapere cosa dire, come un pesce rosso.  
Takao continuava a fissarlo in attesa di una risposta.  
Avrebbe voluto chiedergli tante cose: c'era veramente il non-Takao dentro di lui? Era una specie di dr Jekyll e mr Hyde? Perché il non-Takao aveva sempre dimostrato una certa sensibilità che ora sembrava del tutto estranea a Takao. Non che fosse totalmente sprovvisto di sensibilità, ma era l'indelicatezza fatta persona quando si trattava di ragazze, quindi come diamine aveva fatto ad averne tante in quei mesi? Ma soprattutto....
-Non riesco a spiegarmi come tu possa avere una ragazza!-  
-E questo che c'entra?- chiese ingenuamente Takao.
-Semplice, Ari non è una femmina!- fece presente Daichi, mollando il tovagliolo che aveva appena usato per ripulirsi la faccia dal riso e guadagnandosi un'occhiataccia dal padrone di casa. -In pratica si è messo col suo migliore amico ma con le tette!-  
-Ma come sei spiritoso, pidocchio!- sbottò aspro Takao.
-Ho invitato Sayu perché è nostra amica.- spiegò Max.
-Ok, certo!- fece sbrigativo Takao, poco interessato ai dettagli. -Visto che ci siete, terrete lo stesso d'occhio quei due, la sostanza non cambia.-  
Sayu a quel punto perse la pazienza, stufa di Takao e dei suoi modi presuntuosi e indelicati.
-Mia mamma ha proprio ragione, sei un opportunista!-  
-Non è vero!- Takao si voltò verso di lei profondamente offeso. -Non sono un opportunista!-   
-Lo sei!- lo rimbeccò Sayu pestando un piede a terra. -Invece di passare mesi a cercare di imitare e superare Ryoko, avresti dovuto provare ad essere più come Max, lui è un ragazzo assennato e gentile!-  
Max appoggiò i gomiti sul tavolo e il viso tra le mani sorpreso e gratificato.  
-Oh che carina, grazie!-
-Mettiamo in chiaro una cosa: io non ho cercato di superare Ryoko, io l'ho surclassato!-
Sayu assottigliò gli occhi e incrociò le braccia al petto e non riuscì a tenere a freno la lingua, le parole le uscirono ancora prima che potesse pensare di fermarsi.
-Infatti Hilary sta ancora con lui!-
Ed ecco sganciata la bomba! Max cercò la complicità di Daichi, ma questo stava ridacchiando soddisfatto guardando Takao rimasto dignitosamente in silenzio.
-Si dà il caso- disse infine serio -che io sto con una ragazza straniera, più grande si me, bella, intelligentissima...- spiegò Takao, senza minimamente scomporsi a quella provocazione, elencando le varie qualità tenendo il conto con le dita. -Senza considerare che è una bomba a beyblade!-
Quest'ultima frase pietrificò Max che per un attimo aveva pensato che Takao avrebbe concluso in altro modo.
-Io l'ho surclassato anche in questo mi pare!- spiegò Takao incrociando le braccia al petto.  
-Allora mettila di pensare a Hila...-   
-Inoltre....- la interruppe Takao con tono solenne alzando la mano zittendola.
-Inoltre cosa?- chiese sconcertata.
-Anche io sono un ragazzo assennato!- fece Takao annuendo convintissimo.
-Sul serio? Almeno sai cosa significa?- gli chiese Daichi pronto a prenderlo in giro, anche se in verità lui per primo non sapeva il significato di quella parola.
-Assolutamente sì!- rispose Takao risentito alzando il mento. -Si dà il caso che io sappia perfettamente cosa significhi la parola assennato!-
-E lo sei?- gli chiese infine Max.
-Assolutamente no!-  ammise con estrema sincerità Takao spiazzando i presenti.  
 
 
 
 
 
 
Hilary entrò nella hall del grande albergo del centro dove alloggiavano i Baiuzu e i Majestics, seguita da Ayumi e Claire. Era emozionatissima, dopo quasi un anno avrebbe rivisto Mao e Julia. Le erano mancate molto e, a giudicare dalla sua andatura trotterellante, anche Ayumi doveva essere entusiasta all'idea di rivedere le ragazze.  
-Siamo in anticipo- disse Hilary prendendo il cellulare dalla borsa e guardandosi attorno -mando un messaggio per informarle che siamo già qui!-  
Il sole mattutino entrava dalle grandi vetrate risplendendo sulle pareti e gli arredi bianchi della hall. Gli ospiti dell'albergo andavano e venivano, chi verso gli ascensori, chi verso la sala ristorante, chi usciva per visitare la città.  
Si accomodarono nel salottino più vicino alla reception. Ayumi sprofondò nella poltrona e nella sua stessa gonna. La sua gioia si evinceva non solo dallo sguardo brillante e dal perenne sorriso, dal modo in cui faceva dondolare le gambe avanti e indietro, ma soprattutto dal suo modo di vestire.  
Quella mattina, sapendo che avrebbe rivisto Mao, Julia e Ran, aveva deciso di onorare questa meravigliosa occasione scegliendo di indossare una gonna lunga a ginocchio color carta da zucchero tutta di tulle glitterato, una nuvola. Ma non era certo questo il pezzo forte del suo abbigliamento!  
Ciò che aveva fatto sgranare gli occhi di Claire quella mattina non appena l'aveva vista uscire dalla sua stanza, non era stata la gonna, che tutto sommato con la camicetta a fantasia e le scarpette modello Mary Jane richiamava molto uno stile anni cinquanta che lei personalmente adorava, ma la borsa. Quella borsa. La Borsa!  
Claire non era riuscita a guardare nient'altro che quella, perché Ayumi aveva un unicorno di peluche messo a tracolla su un outfit che per la prima volta lei avrebbe promosso. Se solo appunto non fosse stato per quella assurda cosa che lei aveva deciso di usare come borsa!  
Era rimasta a tal punto spiazzata che solo l'intervento di Boris era riuscito a smuoverla dal punto in mezzo al corridoio dove era rimasta pietrificata.
"Via Claire, è tutto a posto!" Le aveva detto dandole qualche pacca sulla spalla e trascinandola via, per poi fare l'occhiolino alla giapponese. "Magnifica borsa, Ayumichan!"
"È stupenda, vero?" Aveva risposto candidamente lei, come sempre senza cogliere il sarcasmo di Boris ne notando il palese stato di shock della francese. "Me l'ha regalata il mio amoruccio Sergeychan!"  
Nell'insieme c'era da rimanere sconvolti per talmente tante cose, per esempio la totale ingenuità della ragazza, il sentire appellare un colosso di due metri con il vezzeggiativo chan, il che era molto ridicolo. Ma l'immaginarsi il suddetto colosso entrare in un negozio che vendeva articoli per ragazze, scegliere una borsetta/unicorno e presentarcisi pure alla cassa aveva totalmente stroncato Boris che era scoppiato a ridere non appena aveva girato l'angolo. Non era riuscito a trattenersi nemmeno quando si era trovato Sergey seduto di fronte a colazione. Aveva riso fino alle lacrime, mentre Claire era rimasta a rigirarsi con aria assente il suo yogurt alla fragola senza alla fine mangiare niente.
-Non vedo l'ora che vi conosciate, Claire!- squittì Ayumi con la voce resa acuta dall'emozione. -Vedrai che andrete subito d'accordo!-  
Claire le sorrise accondiscendente e annuì, dandole dei leggeri buffetti sulla mano ferma sul bracciolo. -Sicuramente!-  
Ovviamente non stava dicendo sul serio. Claire era perfettamente consapevole che Ayumi viveva in un mondo fatto d'amore, stelline e unicorni.... Unicorni! Era positiva tanto da sfociare nell'irrealistico, quindi spesso si ritrovava ad assecondarla a e a darle ragione per pura bontà d'animo. Era una così cara ragazza, non c'era motivo di mandarle in frantumi il suo fatato mondo fatto di bontà! Anche volendo molto probabilmente sarebbe stato difficile anche solo riuscire a scalfirlo.  
Hilary, improvvisamente si mise dritta fissando incredula il messaggio appena arrivato sul cellulare, attirando l'attenzione delle due che rimasero in silenzio aspettando di sapere cosa fosse successo.  
-È Max....-  
Ayumi si spinse in avanti ancora più trepidante. Se era un messaggio di Max, questo voleva forse dire che....
-Sayu viene, i suoi genitori le hanno dato il permesso!- confermò Hilary felice scatenando la gioia di Ayumi che si alzò in piedi e iniziò a saltellare.  
 -Che meraviglia!- cinguettò felice riuscendo a trasmettere lo stesso entusiasmo a Hilary e facendo sorridere Claire, che più che altro apprezzò la positività della giapponese nel gioire per così poco. Dopo tutto aveva visto Sayu solo al raduno di primavera, eppure reagiva come se si trattasse di una sua grande amica di vecchia data.
Hilary d'un tratto si tirò su e alzò il braccio sventolando la mano in segno di saluto per farsi notare dal gruppo di ragazzi appena usciti dall'ascensore.
-Julia, Siamo qui!- disse raggiungendo la ragazza al centro della hall.  
Insieme a lei c'erano altri tre ragazzi, uno di questi era Andrew, mentre gli altri due dovevano essere Olivier, il campione francese, e Gianni, il campione italiano. Hilary non li conosceva di persona ma li aveva visti qualche volta nei video degli incontri sul portatile di Kappa.  
Hilary, Ayumi e Julia ebbero a malapena il tempo di raggiungersi ed abbracciarsi tutte e tre che Claire le sorprese.
-Olivier?- chiese incredula avvicinandosi al gruppo di ragazzi. -Olivier Boulanger!-
Il ragazzo in questione sembrava scioccato tanto quanto lei. Si avvicinò alla ragazza, osservandola da capo a piedi con occhi sgranati.  
-Claire La Fayette! Mon dieu....-
Sembravano talmente emozionati che quando si sporsero l'uno verso l'altro tutti pensarono che si sarebbero abbracciati, come nei film nelle scene in aeroporto, e invece si scambiarono ben quattro braci sulle guance, tutti di filato. E immediatamente presero a farfugliare cose incomprensibili, arrivando addirittura ad accavallarsi tra di loro.  
-Voi vi conoscete?- chiesero Hilary e Ayumi sorprese.  
-Oui, nous... noi siamo vecchi amici! E....- provò a spiegare Claire, ma non resistette oltre e si rivolge di nuovo a Olivier, riprendendo a parlare un fitto francese ignorando il resto del gruppo.  
-Che gioia! Come sono felice di vederti! Che sollievo poter parlare finalmente francese di persona!-
Olivier le afferrò le mani stringendole nelle sue, emozionatissimo.
-Anche io sono felice di vederti, mia cara! Hai tagliato i capelli e sei tornata al tuo colore, sai che stai d'incanto?-
-Oh grazie! Ma che ci fai qui?-
-Faccio parte della squadra europea! Lo sai, io sono il campione francese... un po' in cucina, un po' sul campo di beyblade.- fece lui col suo solito fare vanaglorioso, per poi rivolgerle uno sguardo curioso e penetrante. -Tu piuttosto... allora è vero che sei partita insieme a quella scapestrata di tua cugina!-
Claire a quelle parole si irrigidì bruscamente. Ariel era stava veramente una spina nel fianco per lei in Francia, era diventata motivo di chiacchiera nel suo ambiente e un imbarazzo continuo per lei.  
-Beh, sì. Ma ora sta molto meglio.- si affrettò a spiegare cercando di non far trapelare il nervosismo. -È decisamente meno teppista, si è quasi civilizzata.-
-Ma non mi dire! L'importante è che stia bene, il resto non conta.- disse facendosi immediatamente più vicino e assumendo un tono confidenziale, ignorando intanto Gianni che aveva preso a dargli delle leggere gomitate sul fianco. -Sinceramente mi ha spiazzato sapere che era una tua parente, non per altro, ma ho seguito i campionati l'anno scorso e blaider così ce ne sono pochi. È una che si fa notare e sa il fatto suo, il top.... E poi quando ho saputo che ha spalmato la faccia di Daniel DeBouden nella torta al ricevimento.... Oh oh Claire, non sai quanto ho goduto, tesoro! Si è conquistata tutta la mia stima!-
Claire a sentire rievocare quell'episodio si ritrovò involontariamente a fare una risata isterica e nervosa chiaramente a disagio al ricordo di quell'episodio.  
-Sì, lo so che Daniel non ti sta molo simp0atico.-  
-No Claire, non è una questione di simpatia- precisò Olivier, continuando ad ignorare le gomitate sempre più insistenti dell'italiano. -Quello è un emerito cogli.... Gianni, ma si può sapere che vuoi?-
Ma Gianni nemmeno gli diede retta, lo spintonò di lato e si piazzò proprio di fronte alla ragazza. Senza fare complimenti le rivolse un sorriso smagliate e sicuro di sé, le prese la mano e fece un leggero inchino.
-Incantato signorina! Quello sbadato del mio amico ha dimenticato di presentarci....- le disse in francese.  
Le fece il baciamano, senza però sfiorala con le labbra, lasciando di stucco Hilary e Ayumi. L'unica cosa che pensarono era che avevano davanti un altro tipo strano come Michele.
Claire acuì lo sguardo e lo studiò con attenzione. A quanto sembrava l'amico di Olivier conosceva bene le basi della galanteria.  
-Gianni.... Gianni Tornatore, al suo servizio!- si presentò.  
Olivier roteò gli occhi al cielo esasperato, Andrew schioccò la lingua sempre più impaziente, Julia inarcò un sopracciglio scettica.
-Claire La Fayette!- si presentò lei squadrando il ragazzo biondo compiaciuta.  
Era tutto un altro livello quel Gianni, dopo tanto tempo era un piacere avere a che fare con un vero gentiluomo e non col solito rude barbaro della steppa. Era una vera e proprio boccata d'aria fresca!  
-Complimenti per la pronuncia impeccabile, avrei stentato a riconoscerti come italiano.-
-Lusingato!- fece Gianni gonfiando il petto ringalluzzito.  
Gianni ci sapeva fare con le donne ma Claire era una che non si lasciava sorprendere da così poco. Conosceva ben più delle basi, lei era una vera maestra, e Olivier aveva sempre ammirato i suoi modi estremamente sofisticati e altolocati. Gli era bastato osservarla per ricordare perché la adorava! Per incantarlo le era bastato portarsi la mano, che Gianni le aveva baciato, all'altezza del petto stringendola nell'altra, accarezzandosi leggermente il dorso con le dita. Un sorriso enigmatico e una velata timidezza nello sguardo per farlo desistere a farsi ulteriormente avanti in altri modi. Con delle mosse quasi impercettibili aveva praticamente fatto capire al suo interlocutore che aveva apprezzato il suo gesto e la sua gentilezza e che così era più che abbastanza per una ragazza delicata come lei.  
Era divina! Aveva addomesticato quello spaccone di Gianni nel giro di due secondi!
-Hai finito di fare il farfallone?- lo ammonì spazientito Andrew.
-E avete finito di farfugliare in francese?- aggiunse Julia.  
-Oh sì, scusate!- disse Olivier.
-Colpa mia!- aggiunse Claire aggrappandosi con delicatezza al braccio dell'amico, rivolgendogli un sorriso smagliante. -Era tanto che non vedevo il mio carissimo amico, è stato un incontro totalmente inaspettato!-
-Ma guarda come è piccolo il mondo!- sbottò sarcastico Andrew scoccando un'occhiataccia ai due, già annoiato da tutte quelle smancerie francesi.  
Cielo, non riusciva proprio a sopportarli! Non sopportava la pomposità di Olivier, il continuo gesticolare di Gianni e il suo fare il dongiovanni con qualunque ragazza nelle vicinanze. Questi maledetti italiani, non avevano altri pensieri per la testa se non le femmine! Aveva dovuto subire quel pagliaccio di Michele l'anno prima e ora gli toccava di nuovo Gianni. Che male aveva fatto per sopportare tutto questo?!
La cosa peggiore dei due, aveva notato, era che quando incontravano un loro connazionale all'estero davano sfogo a tutta la loro "francesità" e alla loro "italianità", manco non incontrassero un loro simile da un decennio!
-Tu devi essere il rappresentante inglese!- fece Claire con tono ben chiaro e cortese, come a voler sottolineare quanto lei fosse molto educata a differenza sua. -Io sono Claire.-
Andrew si dovette mordere la lingua per evitare di risponderle male. Lei si era fatta un'intera discussione parlando una lingua che conoscevano in due lì in mezzo, e aveva pure la presunzione di fare la maestrina!  
-Andrew!- si limitò a rispondere girandosi dall'altra parte e mettendosi le mani in tasca. Lo sapeva che sarebbe stato meglio scendere con Ralf e Raul, e invece no, si era fatto convincere da Olivier e Gianni ad aspettarli!
-E io sono Julia!- disse la bella ragazza bruna dai vispi occhi smeraldini, porgendo la mano a Claire che la strinse prontamente, sorridendole.
-Piacere di conoscerti Julia!-  
-E noi due siamo Gianni e Olivier!- si presentò audace Gianni alle due giapponesi.
-Io sono Hilary e lei è Ayumi. Lei è in squadra con Yuri, io invece sono il supporto dei Bladebreakers.- si presentò Hilary.  
-Grandioso!- si intromise Andrew sfoggiando tutta la sua irritazione senza problemi. -Ora che abbiamo fatto le dovute presentazioni, possiamo mollare la Fernandez e andare?-
-Sei proprio un campagnolo!- lo rimproverò Olivier aspro non sortendo alcun effetto sull'inglese. -Scusatelo, la natura con lui è stata inclemente e gli ha donato un pessimo carattere!-  
-Andiamo prima che ci faccia fare brutta figura!- aggiunse Gianni sorridendo in modo rassicurante alle ragazze. -Arrivederci!-  
Afferrò per le spalle l'inglese e lo spinse via verso l'uscita, con a seguito Olivier che riprese a lamentarsi in francese a mezza bocca, seccato dai modi sgarbati del compagno di squadra.  
E finalmente le ragazze rimasero da sole.  
-Allora ragazze, che cosa mi raccontate?- chiese Julia alle due amiche.
-Sono successe un po' di cose....- fece vaga Hilary.   
Ma Ayumi non riuscì a trattenersi, esplose di gioia, non vedeva l'ora di urlarlo ai quattro venti.
-Io e Sergey stiamo insieme!- urlò iniziando a saltellare con la borsa-unicorno che ballonzolava insieme a lei.
A quella notizia Julia sgranò gli occhi incredula. Hilary sorrise imbarazzata mentre Claire si sforzò con tutta se stesse a non alzare gli occhi al cielo.
-Sul serio? Sono felicissima per te!- si complimentò Julia.
-È bellissimo, come un sogno!- continuò Ayumi estasiata.  
-Devi raccontarmi tutto!-
-Aspettiamo Mao!- si intromise prontamente Hilary scambiandosi uno sguardo eloquente con Julia. Sapendo che se Ayumi avesse iniziato a parlare di Sergey non si sarebbe fermata più. -Così racconti tutto anche a lei. Anche io ho delle novità.-
Queste ultime parole però acuirono la curiosità della spagnola che guardò Hilary maliziosa.  
-Frena, frena, frena! Non dirmi che... ok aspettiamo Mao e Ran! Stavano giusto scendendo, poi si sono messe a discutere.-
-Come mai?-  
-Ah, non me lo chiedere, non ne ho idea! Parlavano in cinese.-
Ma neanche a farlo apposta, le porte dell'ascensore si aprirono e le voci litigiose delle due cinesi invasero tutto l'atrio. A quanto sembrava la discussione non si era per nulla esaurita, ma quando uscirono dall'ascensore la più piccola fece la linguaccia alla ragazza dai capelli rosa e corse incontro a Hilary abbracciandola.  
-Hilary! Mi sei mancata!- disse sorridente Ran stringendosi alla ragazza che ricambiò il suo abbraccio. -Sono così felice di essere qui!-
Mao si fece avanti raggiungendo il gruppo.
-Hilary, Ayumi, che bello rivedervi!-  
La ragazza dai capelli rosa non era cambiata, era molto carina e indossava come sempre i tipici indumenti della sua tribù, così come la piccola Ran.  
-Ragazze vi presento Claire.- iniziò Hilary. -Claire, ti presento le nostre amiche Ran e Mao.-
Claire sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi e le due ragazze ricambiarono, ma la più piccola catturò totalmente la sua attenzione. Aveva i capelli corvini raccolti in due graziosi chignon alti, gli occhi color ambra dal taglio orientale erano sgranati e la stava fissando con tanto di bocca spalancata.  
-Sono tutte blaider e parteciperanno al torneo amichevole e al mondiale.- continuò la spiegazione Hilary. -Julia rappresenta, insieme a suo fratello gemello Raul, la Spagna nella squadra europea, mentre loro due sono della squadra cinese.-  
-Piacere di conoscerti Claire.- la salutò Mao.
-Piacere mio, Mao!- ricambiò con tono cordiale per poi accovacciandosi di fronte alla piccolina con un sorriso divertito per la sua buffa espressione.  
-E tu devi essere Ran! Sai che sei proprio carina, adoro come hai sistemato i capelli!-  
Ma la ragazzina cinese dai capelli neri la guardava totalmente spiazzata.  
-Sembri una principessa!- disse con un filo di voce totalmente incantata, sorprendendo non poco Claire. -Hai un vestito da favola, sei bellissima....-
Questo sì che non se lo aspettava! Tanto che Claire dovette guardarsi per ricordarsi cosa avesse indossato quella mattina per riuscire a colpire a tal punto quella bambina. E in effetti il vestitino rosa e verde acqua, con la gonna a veli e i piccoli fiorellini d'organza che risalivano a sfumare dal basso verso l'altro doveva essere abbastanza d'effetto.  
-Oh, grazie!- disse addolcendosi.
-Ran è la sorellina di Rei, anche lei partecipa al campionato, è bravissima!- le spiegò Hilary.
-Ah, ecco perché sei così carina!- si complimentò Claire, facendo sorridere Ran. -Assomigli un sacco al tuo fratellone, avete gli stessi stupendi occhi ambrati.-
-Conosci Rei?- chiese prontamente Mao punta, suo malgrado, dal commento sul ragazzo.
Claire si tirò su, continuando a fissare Ran. Aveva già trovato una amica!
-Sì, conosco lui, Takao, Max... e anche la squadra dei ragazzi russi.- le spiegò distrattamente.
-Sì, Claire fa parte della nostra squadra!- spiegò Ayumi entusiasta. -È veramente fantastica e prepara delle merende buonissime. Si prende cura di tutti noi, è un vero tesoro!-
Fa parte della nostra squadra? Queste parole colpirono Claire. L'idea di essere considerata parte del team, di avere un ruolo vero e proprio le sembro strana e allo stesso tempo... piacevole. Ma si disilluse immediatamente. Ayumi, lo sapeva bene, esagerava sempre.
-Grazie Ayumi, ma non credo proprio di far parte dei Demolition.-  
-Sì invece!- insistette Ayumi, ma Claire non le diede peso, come sempre. -Hai fatto così tanto per i ragazzi.-
-Quindi sei una blaider anche tu!- disse Julia.
-Oh no, non lo sono!-  
-Ah ecco, infatti non hai affatto l'aspetto di una blaider!- disse Mao sorridendole candidamente.  
"E grazie al cielo!" avrebbe voluto rispondere Claire a quella frecciatina, ma si limitò a ricambiare il sorriso senza fare una piega.  
-No, io ho dato una mano ad organizzare questo torneo amichevole. Sapete, contatti con gli sponsor, le varie serate, gli spostamenti ecc....-  
-Ah quindi sei un'appassionata come Hilary!- la incalzò Julia.
-Diciamo....- rispose vaga. L'unica cosa che riusciva ad appassionarla di quello sport era Yuri Ivanov, ma anche durante un incontro di beyblade di quest'ultimo, il campo da gioco era l'ultima cosa che si sarebbe degnata di guardare!  
-Sì, esatto!- confermò Ayumi. -Cioè lei fa quello che fa Hilary, ma a Claire non piace granché il beyblade, anche se Max mi ha detto che se ci provasse risulterebbe anche brava perché ha del talento come Arichan!-
-Beata lei, io sono proprio negata!- sospirò sconsolata Hilary.
Julia aggrottò la fronte confusa, scambiandosi un'occhiata con Mao, che evidentemente anche lei piuttosto stranita.
-Se non ti interessa il beyblade come mai....- chiese la spagnola perplessa lasciando in sospeso la frase facendo caso anche ad un'altra cosa. -Chi sarebbe Arichan?-  
L'espressione sul viso di Claire si congelò. Accidenti ad Ayumi! doveva per forza tirare in ballo Ariel? Non voleva essere etichettata come "la cugina di Ariel"! Lei non aveva bisogno di certe etichette!  
-Me lo stavo domandando anche io.- disse Mao.  
-È Ari....- spiegò Hilary ridacchiando imbarazzata. Persino lei trovava assurdo e ridicolo usare il vezzeggiativo chan per una come Ari! -Claire e Ari sono cugine.-
Ed ecco fatto! Etichetta nuova nuova stampata e incollata sulla fronte!  
Per diversi secondi ne Mao ne Julia dissero una parola, erano rimaste ammutolite a fissarla.
-Allora devi essere forte anche tu!- fece meravigliata Ran, provando ancora più ammirazione per la ragazza.
-Sul serio....- chiese sbigottita Mao. -Ari... quella Ari? Ariel Mayer?-  
-Sì, proprio quella!- disse Claire senza farsi scoraggiare alla reazione delle due. -L'unica e sola, per fortuna, Ariel Mayer! Da altre parti è lei ad essere la cugina di Claire La Fayette. Ognuno spicca nel proprio campo....-  
-In effetti... c'è qualcosa, vedo una certa somiglianza....- fece Julia scrutandola per poi toccarsi lo zigomo. -Avete la stessa forma del viso.-
-Pensa che Takao la prima volta che l'ha vista l'ha addirittura abbracciata pensando fosse Ari!- ricordò Hilary ridacchiando.
-E indovina un po' chi sta cercando ancora di dimenticare....- borbottò sarcastica Claire.  
-Oh vero!- esclamò Ran indicandola. -Rei mi ha parlato di te!-
-Sul serio?- chiesero in contemporanea Mao e Claire, la prima allarmata, la seconda sorpresa.  
La piccola annuì con vigore. -Sì, mi ha detto che Takao ti ha abbracciato e tu gli hai dato uno schiaffone in faccia!-
Claire arrossì lievemente, Julia scoppiò a ridere.  
-Ah bene, hai carattere!- commentò divertita.  
Ran afferrò un lembo della maglietta di Mao, strattonandolo, per attirare la sua attenzione.
-Mao voglio un vestito come quello di Claire per la serata di gala!- la pregò speranzosa. -Ti prego!-
Mao assottigliò gli occhi e storse le labbra, guardando storto la bambina che aveva iniziato a fare la sua solita faccina da cucciolo nella speranza del tutto infondata di intenerirla e arruffianarsela.   
-Ran, non aprire di nuovo questo discorso! Ti ho già detto che quello hai metti!-
-Io non voglio mettere quel vestito! È brutto!- si lagnò mettendo il broncio.
-Non è brutto! È un abito tradizionale proprio come il mio!-
-Tu parli solo perché il tuo è bellissimo e ti sta benissimo! Il mio è orribile!-
-Smettila di fare i capricci, ti ho già detto che non avrai un vestito occidentale. Il tuo va più che bene così come è, e ti sta un amore!-
-Ti sta un amore è proprio quello che vorrebbe sentirsi dire una ragazzina di.... Quanti anni hai, tesoro?-
L'intervento inaspettato di Claire spiazzò Mao che spostò lentamente gli occhi sulla bella francese, completamente incredula.
-Ne ho dodici!- rispose Ran.
-Non puoi biasimarla.- le disse a quel punto stringendosi indifferente nelle spalle. -A dodici anni ha tutto il diritto di scegliere cosa indossare.-  
-Esatto!- disse con nuovo vigore Ran, trovando finalmente l'appoggio di qualcuno.
Mao continuò a fissare incredula la ragazza francese davanti a lei, finché un sorriso estremamente tirato e inquietante non iniziò a delinearsi sul suo volto. Sentì nascere dentro di se un'antipatia viscerale e violenta nei confronti di quella ragazza, una sensazione che non provava da tanto tempo....  
Hilary e Julia colsero immediatamente la trasformazione dell'amica. La conoscevano fin troppo bene, e sapevano che era meglio correre ai ripari prima che arrivasse ad esplodere.
-È un abito tradizionale della nostra regione, non credo che ci sia molto da aggiungere.- disse con voce leggermente più acuta e stizzita, senza riuscire a togliersi quel sorriso forzato, che metteva ben i risalto i canini felini.
-Ma perché? Si vede già che sono cinese, non ho bisogno di un vestito tradizionale per farlo capire!- protestò ancora Ran allargando le braccia come a voler mostrare l'ovvio.  
Claire, sempre con quella sua aria fintamente innocente guardò Ran, poi quando guardò di nuovo Mao, arricciò leggermente l'angolo della bocca e inarcò le sopracciglia.
-E ha di nuovo ragione....-
Basta, questo era troppo! A quel paese le buone maniere, Mao non era tipo che si faceva mettere i piedi in testa!
-Potresti provare a farti gli affari tuoi?- le disse apertamente infastidita.  
-Magari è solo una tua impressione. Potremmo dargli un'occhiata e dirti la nostra.- propose prontamente Hilary sperando di alleggerire la situazione sempre più compromettente.  
-Sono d'accordo!- le diede manforte Julia.
-Ottima idea!- disse con voce trascinata la francese, fissando Mao dritto negli occhi con sfida.
E sul suo viso si aprì un sorriso per nulla amichevole, Mao aveva come l'impressione che si trattasse più di un ghigno, furbo e trionfante, come se stesse per farle scacco matto, e finalmente vide, la lampante somiglianza con Ariel! Ecco la stessa bruciante e frustrante sensazione di intolleranza che aveva provando quando la aveva conosciuta.
Claire porse la mano a Ran che gliela afferrò emozionatissima.
-Andiamo chérie!- le disse facendo una mezza piroetta sul posto che fece ondeggiare la gonna di veli in maniera magistrale, incamminandosi con la piccola Ran verso le porte dell'ascensore. -Mi hai fatto incuriosire, voglio vedere quanto è brutto questo vestito!-
-Oh che bello! Andiamo a vedere il vestito!- esclamò entusiasta Ayumi seguendo Claire. A quanto pareva era l'unica a non aver colto per nulla le sottili e lampanti provocazioni volate tra Claire e Mao. 
Mao le seguì a passo di marcia, digrignando i denti fino a farsi male. Oramai era chiaro che fosse furibonda.  
Hilary sospirò angosciata. Come aveva fatto la situazione a degenerare così di colpo senza che lei se ne rendesse conto?
-È meglio seguirle.- suggerì Julia. -Ho paura che Mao potrebbe defenestrarla se la lasciamo sola con lei!-  
Salirono sull'ascensore tutte insieme, e per tutto il tragitto nessuno osò fiatare.  
Mao era sull'orlo di una crisi isterica, Claire sembrava del tutto indifferente a lei e a quella improvvisa tensione. Teneva la manina di Ran nella sua, ricambiando gli sguardi d'ammirazione della piccolina.
A Hilary stava venendo una certa ansia, forse a causa dello sguardo omicida di Mao, mentre Julia reggeva meglio di lei la tensione. L'unica che sembrava totalmente estranea a tutte queste dinamica era Ayumi.... Beata lei, si ritrovò a pensare Hilary.
Appena le porte dell'ascensore si aprirono, Ran trascinò Claire nel corridoio e poi entrò nella propria camera, insieme ad Ayumi. Le altre tre temporeggiarono prima di seguirle, rimasero ferme davanti all'ascensore per alcuni secondi prima che Julia si prendesse di coraggio e dicesse quello che le stava passando per la testa.  
-Ogni dubbio si è dissipato mi pare.-
-Che dubbio?- chiese Hilary preoccupata.  
-Dietro quella scintillante patina di perfezione, ora è chiara la somiglianza!- le spiegò Julia fissando la porta della stanza delle cinesi rimasta semiaperta.  
-Arrogante, presuntuosa, superba.... non la reggo!- ringhiò a denti stretti Mao conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.
-Dimmi ti prego che dopo loro due hanno buttato lo stampo e non ce ne sono altre così in giro!- le disse Julia.
-Dai ragazze, forse è un po' ostica a primo impatto, ma quando la conoscerete vi renderete conto che non è così come appare.- cercò di essere positiva Hilary. -Anche Ari vi stava antipatica all'inizio....-  
-Sì, e continua a starci antipatica anche adesso.- continuò Julia con disinvoltura.
-A maggior ragione dopo quello che ha fatto l'anno scorso!- le ricordò Mao. -Ha preso i bitpower di Rei e dei ragazzi con l'inganno e avrebbe preso anche quelli di tutti noi....-
-Ma non l'ha fatto!- rispose dura Hilary. -È tornata da noi e ha combattuto fino all'ultimo respiro per rimediare al suo errore!-  
Mao e Julia si zittirono a quelle parole. Ma quella che rimase più colpi fu Hilary stessa. Ultimamente, a causa del del suo sentimento protettivo nei confronti di Kai, aveva iniziato a nutrire una crescente antipatia per lei per ogni volta che lo provocava e lo maltrattava. Forse era questo ad aver avvicinato Takao ad Ari, che lo aveva portato a perdonarla. Forse era stato proprio il suo coraggio a piacere a Takao? La sua forza? Cosa lo aveva colpito tanto di lei?   
Proprio in quel momento Ayumi si affacciò dalla stanza richiamandole, interrompendo quel momento di silenzio.
Quando entrarono trovarono Ran al centro della stanza, imbronciata e con le braccia tese lungo i fianchi, già vestita di tutto punto. Hilary e Julia, purtroppo per loro, si ritrovarono davanti la spietata verità e all'imbarazzo di non sapere cosa dire.  
Mao a quella vista invece si sciolse completamente, la sua voce e la sua espressione di addolcirono per la commozione.  
-Ran, sei bellissima!- disse Mao senza fiato.  
La piccola Ran indossava una maglietta a maniche lunghe e pantaloni alla zuava, che scendevano dritti e senza forma, dai colori sgargianti. Inutile elencare quali, perché sembravano esserci tutti, e impossibile dire qualche prevalesse sugli altri perché erano presenti in egual misura. Rosso, blu, giallo, verde, oro! L'oro era presente sugli orli e sulle decorazioni e soprattutto sulle miriadi di campanellini e applicazioni che sembravano essere stati messi alla rinfusa.  
Mao avanzò verso di lei, prese l'ultimo elemento, che Ran si era premurata precedentemente di nascondere sotto il cuscino, e glielo mise in testa, completando così il quadro.
Era una specie di cappellino dalla stana forma conica rovesciata, come una ciotola, di un vistoso rosso carminio e bordato d'oro e campanellini.  
-Ecco, ora sei perfetta!- disse Mao estasiata a quella vista.
A quel punto il labbro inferiore di Ran iniziò a tremare per la frustrazione, un misto di rabbia e imbarazzo che stavano per esplodere in un pianto isterico.  
-Io il cappello non lo metto!- disse con voce stridula cercando di trattenere le lacrime, anche se il nodo alla gola le faceva male.  
-Fa parte del vestito!- le fece presente Mao come se fosse la cosa più ovvia del mondo.  
Claire si fece sfuggire una mezza risata beffarda. Non riuscì proprio a trattenersi, tutto ciò era troppo per lei. Con tutta la buona volontà nel provare ad andare d'accordo con le amiche di Ayumi, ma questa era proprio un'istigazione a far uscire l'autentica Claire completamente disinibita e stronza che teneva a bada da tanto tempo.
-Chérie, non metterai quel vestito, figuriamoci quel cappello!- disse rivolta direttamente a Ran che alzò lo sguardo speranzoso e provò a farle un sorriso sconsolato.
-E tu chi saresti per decidere cosa deve indossare?!- sbottò inviperita Mao.
Claire le rivolse uno sguardo di sufficienza, inarcò le sopracciglia e le rivolse un sorriso serafico.  
Cielo, che faccia da schiaffi! Mao iniziava a sentire l'irrefrenabile impulso di farle sparire quell'espressione dalla faccia per sempre. Julia aveva proprio ragione, era identica ad Ariel, anzi peggio! Lei si nascondeva dietro un'angelica facciata di cortesia e buone maniere che le dava ancora più sui nervi. Le avrebbe staccato volentieri quel maledetto braccino che teneva costantemente piegato per tenere su la borsa.
-Io nessuno, ma magari potremmo sentire anche il parere delle tue amiche!- disse indicando con un gesto della mano le altre ragazze rimaste ammutolite sulla porta.  
Mao si voltò verso di loro agguerrita e immediatamente Hilary si irrigidì presa totalmente alla sprovvista, Julia concentrò tutta la sua attenzione sull'importantissima ricerca di doppie punte di una lunga ciocca dei suoi capelli scuri, e Ayumi invece batté le mani entusiasta pronta a dire la sua.   
-Bene, vediamo cosa ne pensano loro!- ringhiò irata Mao facendo tremare Hilary.  
-È unica!- disse pronta Ayumi.
-È... particolare.- disse Hilary imbarazzata.
-Caratteristico!- aggiunse Julia distrattamente.
-È così graziosa!- continuò Ayumi.  
-È ridicolo!- sbottò Ran pestando un piede a terra facendo involontariamente tintinnare tutti i campanellini.  
-Ayumi, Ran è graziosa a prescindere da quello che indossa!- le fece presente Claire scocciata. -È lei l'unico valore di questo... vestito.-  
-Mi pare che abbiano approvato!- disse Mao caparbia, convinta di averla avuta vinta.
Ran cercò disperatamente lo sguardo di Hilary e Julia che lo distolsero imbarazzate.  
-Però Claire ha ragione.- disse Ayumi spiazzando tutti i presenti. -Ran non può mettere questo vestito.-
-E perché?- chiese Mao sorpresa da questo inaspettato colpo di testa.
-Perché non rende felice Ran.- spiegò Ayumi con leggerezza. -I vestiti devono renderci felici. Ci aiutano ad esprimere tutto quello che siamo e che vorremmo essere, e quel vestito, per quanto la renda graziosa, la soffoca. Lei vorrebbe essere una principessa, e se un vestito può farla diventare per una sera una principessa perché non accontentarla?-  
Claire era ammirata. Mai avrebbe pensato di trovarsi così d'accordo su un tema così importante come la moda con una ragazza che sfoggiava orgogliosamente una borsetta/unicorno!
Ran corse in un tintinnio di campanellini da lei e la abbracciò stretta.  
-Ayumi ha ragione!- disse timidamente Hilary.
-Io non sono comunque d'accordo!- insistette Mao incrociando le braccia al petto. -I Baiuzu indosseranno tutti abiti tradizionali e tu non farai eccezione!-  
-Tu sei d'accordo solo perché il tuo vestito è bellissimo!- protestò Ran ancora stretta a Ayumi.
-Vediamolo, sono curiosa di vedere il tuo vestito!- propose Julia.
Cinque minuti dopo Mao e Ran erano ferme una di fianco all'altra davanti all'enorme specchio dell'armadio, sotto l'occhio attento delle ragazze.
Julia odiava doverlo ammettere ma Claire aveva ragione. Il vestito di Ran era orribile, ed era ancora più lampante la differenza tra il suo e quello di Mao. Non era semplicemente più bello, era completamente un altro mondo. Sulla pregiata seta nera spiccava il disegno di un bellissimo dragone fuxia che seguiva sinuoso le prorompenti forme della cinese. Uno spacco vertiginoso lasciva scoperta la coscia in modo provocante, ma ancora più provocante era la scollatura che incorniciava il seno, che si chiudeva in un colletto alla coreana.
-Spettacolare!- commento Julia ammirata. Quello era proprio il suo genere, ed il genere che a Mao calzava alla perfezione.  
-Beh... Ran aveva detto che ti stava benissimo.... aveva ragione!- commentò Hilary impressionata. Lei dal canto suo non avrebbe mai indossato una cosa del genere, era troppo per lei, ma non per Mao.
-Ecco... riesci a notare la differenza?- chiese a quel punto Claire con fare eloquente a Mao.  
Mao passò lo sguardo dal suo esuberante riflesso a quello pittoresco di Ran al suo fianco.   
-Lei è una bambina!- rispose con sufficienza incrociando le braccia al petto, mettendo involontariamente in risalto il seno.    
Claire le scoccò un'occhiataccia, la prima in verità. Questa le sembrava cattiveria più che gratuita nei confronti della più piccola.
-Questo non significa che devi mortificarla dentro un sacco di juta!- la rimproverò aspra afferrando le piccole spalle di Ran con fare protettivo.  
-Levati questa robaccia di dosso, chérie... facciamola sparire che è meglio.- le disse con determinazione. Ran alzò lo sguardo su di lei incredula. -Adesso andiamo a fare shopping, voglio comprarti qualcosa di speciale!-  
Per Claire ora era guerra aperta e lei vinceva, sempre!  
 
 
 
 
Ran era al settimo cielo, aveva trovato il vestito che tanto desiderava! Era semplicemente perfetto, da principessa come lo aveva sempre sognato, e tutto questo grazie a Claire.  
La ragazza si era dedicata completamente a lei, le aveva dato un sacco di consigli, le aveva trovato degli accessori stupendi e, nonostante le proteste di Mao, le aveva regalato tutto lei.
Adorava Claire, era fantastica! Era più che una principessa, per lei Claire era una fata!  
Non perché le avesse comprato tutto ovviamente, ma perché aveva dimostrato un entusiasmo e un trasporto a stare con lei, nell'ascoltarla, nel dedicarle il suo tempo, con l'unico desiderio di esaudire i suoi desideri e realizzare il suo sogno. Era stata tanto affettuosa, gentile e generosa con lei che aveva appena conosciuto. L'aveva fatta sentire importante!
E quando, guardandosi allo specchio col vestito dei suoi sogni addosso, l'aveva ringraziata di cuore, Claire le aveva risposto con un "ho sempre desiderato avere una sorellina carina come te. Sembri una bambolina, sono così felice che ti piaccia tutto!"  
A quelle parole era seguito l'abbraccio e il "ti voglio bene" di Ran.  
Per Mao fu come uno schiaffo in faccia!
Julia e Hilary dovettero trascinare fuori dall'atelier la ragazza dai capelli rosa con una scusa per impedirle di saltare al collo di Claire.  
Era inconcepibile per lei un comportamento del genere. Aveva sbraitato contro le due amiche dicendo che Claire stava solo comprando l'affetto di Ran, che era un'estranea e la stava viziando.  
Tutti i torti non li aveva, sia Hilary che Julia lo sapevano. Claire da quel punto di vista era risultata inopportuna e invadente, era vero, ma Hilary sapeva anche abbastanza bene che la francese era di indole generosa con chi prendeva a cuore e che non lo faceva in malafede. Considerando poi il suo status sociale, molto probabilmente per lei doveva essere normale fare regali del genere come se nulla fosse.
E tanto più Ran adorava e lodava Claire, tanto l'odio di Mao nei suoi confronti cresceva.
Ma Claire era abituata ad essere odiata, era consapevole di attirate tanti ammiratori quanti nemici. Lei era sempre stata in cima, faceva tutto parte delle luci e le ombre dell'essere al top! E lei accettava più che volentieri questa croce scintillante come prezzo dell'essere magnifica!
Ma non si erano occupate solo dell'outfit della piccola Ran, ma di tutte loro e anche di Sayu che le aveva raggiunte poco dopo essere uscite dall'albergo.
Hilary, su consiglio di Claire e anche di Ran che era diventata la sua personale assistente, aveva scelto un abito rosa lungo. Ayumi invece aveva deciso di restare sul tradizionale con un bellissimo kimono con una stampa di un paesaggio dai delicati colori pastello. Aveva spiegato che Sergey adorava i kimono, scendendo anche in certi dettagli che tutte avrebbero preferito non conoscere.  
Anche Claire aveva fatto acquisti, come riserva aveva detto, per le emergenze. Quali emergenze potessero richiedere sei paia di scarpe col tacco costosissime nessuna di loro riuscì ad immaginarselo!  
Dopo una mattinata intera a girare per negozi e ad ascoltare l'approfondito racconto di Ayumi della sua storia d'amore con Sergey, avevano deciso di prendersi una pausa per riposarsi in un bel locale in centro frequentato da molti stranieri.  
Purtroppo per Claire lì furono raggiunte da Ming Ming, e Mao aveva subito intuito che tra le due non correva buon sangue. Le era bastata un'occhiata: lo sguardo di fuoco che si erano lanciate e il sorriso falsissimo sulle loro facce quando si erano salutate erano stati inequivocabili. Era così palese che Claire trovasse insopportabile la cantante, che Mao la volle subito come sua alleata.  
-Non ci posso credere che tu abbia rinunciato a Kai!- esordì pensierosa Julia, girando la cannuccia nel suo drink all'arancia.  
Accavallò le lunghe gambe abbronzate lasciate scoperte dagli striminziti shorts, gesto, notò Claire, che involontariamente attirò l'attenzione maschile di alcuni avventori del locale.  
- Vi vedevo bene insieme.- concluse Julia bevendo.  
-Non era il ragazzo per me.- spiegò Hilary serenamente stringendosi nelle spalle. -Non gli interessavo quindi ho deciso di andare avanti.-  
-Brava hai fatto bene, sono d'accordo!- disse Mao con fervore. -Non bisogna fossilizzarsi su chi non ci merita!-  
-Sì, ma oramai è acqua passata!-
-Sul serio? Ti piaceva Kai?- le chiese Claire storcendo il naso.
-Sì, perché?- chiese scontrosa Mao -C'è qualcosa di male?-
Sayu che era rimasta in silenzio per la maggior parte del tempo a causa della timidezza, non poté che essere della stessa idea di Claire.  
-In effetti non sembra il tuo tipo.- pigolò Sayu prendendosi di coraggio. Non aveva detto molto, per la maggior parte della mattina era rimasta in silenzio. Non sapeva perché ma l'intimidiva l'idea di trovarsi in messo a tutte quelle ragazze, aveva paura di sbagliare a parlare ed essere presa in giro. Forse era solo colpa della sua passata esperienza con le sue compagne di scuola. L'ultima volta che aveva provato a mettere in discussione un ragazzo notoriamente figo aveva finito per essere derisa.
-Pensavo che il tuo tipo ideale fosse Ryoko. Insomma, lui è perfetto, così a modo....- spiegò cercando disperatamente l'appoggio di Claire, che arrivò immediatamente.  
-Assolutamente! Ryoko è la scelta perfetta. Kai con quel suo strano modo di vestire, quel caratteraccio, la marea di ragazze che gli corrono dietro.... Non hai idea, a scuola c'era addirittura un suo fanclub- spiegò scandalizzata Claire, -e ti posso assicurare che le trottole non c'entravano niente!-
-È vero!- confermò Ayumi seria. -Io ho fondato il fanclub di Sergey e ovviamente sono l'unica iscritta!-
-Ma guarda un po' che coincidenze!- esclamò Claire divertita.
-Oh beh, come dargli torto. Kai è proprio un bocconcino interessante!- fece Julia maliziosa mordicchiando la cannuccia.
-A proposito di non fossilizzarsi, Mao.- esordì curiosa Ming Ming rivolgendo alla cinese un sorriso furbo. -Tu invece cosa hai da raccontarci?-
Mao mandò giù il pasticcino alla crema e si sistemò meglio sulla sedia con aria indifferente.
-Ho un ragazzo, si chiama Lee.- spiegò vaga. -È del mio villaggio e quest'anno si è unito alla squadra.-
-Quindi è il ragazzo che abbiamo visto con tuo fratello e gli altri!- disse Ayumi . -È molto carino, sembra una persona dolcissima!-
Mao annuì e sorseggiò il suo cocktail. -E lo è.- confermò.  
-Quale era dei quattro?- chiese Claire incuriosita.
-Quello alto, col bel fisico e la maglietta gialla.- spiegò prontamente Ran.  
Claire parve presa alla sprovvista, si fece pensierosa e commentò con un semplice "carino" che buttò giù insieme a metà del suo drink e una buona dose di disagio.
-Rei è rimasto di ghiaccio quando l'ha scoperto.- continuò soddisfatta Mao. -Si è visto che la cosa l'ha mandato in tilt. Fuori era normale ma dentro potevo sentire che stava urlando di rabbia! Non ha mai sopportato Lee, penso che sia l'unica persona che Rei non riesce a tollerare sulla faccia della terra.-
-Dai, non starai con lui solo per far ingelosire Rei?- le chiese Hilary sorpresa per il comportamento della cinese.
-Assolutamente sì!- confermo Mao infervorata lasciando di stucco tutte le ragazze presenti per la sicurezza nel confessare una cosa del genere. -Stiamo insieme ma per finta.-
Ming Ming stava fermento, scalpitava, voleva saperne di più. L'unica rimasta totalmente indifferente era Ran, che conosceva nei dettagli ogni piano strampalato progettato da Mao.  
-Scherzi?- chiese Julia posando il drink sul tavolino.  
-Raccontaci tutto!- disse Ming Ming febbricitante, oramai seduta di punta alla sedia.    
E Mao non si fece attendere, prese una tartina e la assaporò con soddisfazione.
-Rei non lo sopporta, lo detesta anche se non lo dà mai a vedere. È tipo il suo acerrimo nemico, e la cosa più divertente la volete sapere quale è?-
Ming Ming si fece ancora più avanti, quasi non le era rimasta più sedia sotto il sedere. Julia, Ayumi, Hilary la fissavano con tanto d'occhi ma, prima che potesse dire la sua, Claire la anticipò.
-Fammi indovinare, Lee è gay!- disse con tono piatto spiazzando Mao.
-Come fai a saperlo?-  
Claire fece spallucce indifferente. -Gay radar, o sesto senso.... fai tu!-
Le ragazze guardarono di nuovo Mao in attesa di una conferma. Ma la ragazza cinese era sorpresa, non tanto per l'incredibile intuito della francese, quanto per il fatto che non le avesse spiattellato quella cosa in faccia senza essere prima sicura che la cosa potesse in qualche modo ferirla.
-Sì, Lee è gay ed è da sempre innamorato di Rei, solo che Rei non se n'è mai accorto....-
-Ma è terribile!- commentò Hilary, particolarmente colpita da quella storia, e il pensiero automaticamente le tornò a Kai.
-Che storia assurda!- disse Ming Ming eccitata. -Mi piace!-
-È da anni che gli muore dietro povero caro, ma Rei non l'hai mai capito perché è sempre in competizione con lui. Ogni cosa che fa Lee, Rei la prende come una sfida, mentre lui lo fa solo per gentilezza nei suoi confronti.- spiegò Mao, per poi rivolgersi a Hilary. -Mi raccomando però, non una parola con Rei, chiaro!? Se lo dovesse scoprire non oso immaginare come potrebbe reagire con Lee! Lui lo sa che non potrà mai essere ricambiato ma non voglio che lo tratti male o che lo allontani per questo!-   
Hilary sprofondò nella sedia sconfortata. Rei non sembrava un tipo impulsivo come Takao che invece aveva preso a pugni Kai ma non era da escludere che lo avrebbe addirittura allontanato.
Julia scoppiò in una fragorosa risata e riprese il suo drink.
-Oh be, immagina se invece lo ricambiasse!-
 
 
 
 
 
 
Ciao! Ecco qui il nuovo capitolo. Spero che vi abbia fatto divertire e che l'abbiate trovato carino. Appena torno a casa finisco il prossimo e lo pubblico prima di natale, lo giuro xD
Grazie a tutti voi che leggete e commentate e mi sostenete!




 

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Capitolo 47
*** Dranzer O ***


47 47. Perfect Dranzer

 

Tutto si aspettava tranne che fosse così dannatamente eccitante!
Non aveva esagerato, non aveva detto tanto per dire. Ari aveva semplicemente detto la verità: il nuovo Dranzer era veramente qualcosa di orgasmico!
Gli era piaciuto? Da impazzire!
Era qualcosa di inaspettato, di unico.
Era eccitante, potente, adrenalina pura, quel beyblade lo incendiava letteralmente. 
Non riusciva a scollare gli occhi dal beyblade blu elettrico che ancora incredulo e sconvolto stringeva tra le sue dita.  
L'incontro con Ari era stato come un giro sulle montagne russe. Era riuscita a creare un beyblade che letteralmente lo mandava su di giri. Quel demonio aveva aggiunto al suo classico Dranzer molte delle caratteristiche di Black Dranzer. Dopo averlo provato sul campo, prima con altri blader e poi con lei e il suo Drawind, era arrivato alla conclusione che quel beyblade era la perfezione, l'apoteosi. 
Racchiudeva tutto ciò che desiderava, tutto ciò che lui era, tutto ciò che provava, ed era stata lei a crearlo. Lei, che aveva ammesso di aver studiato Black Dranzer anni prima e di averne ripreso alcuni elementi, aveva progettato e forgiato un beyblade sulla sua anima.
-Hai proprio la faccia che mi aspettavo, di uno che ha appena fatto il miglior sesso della sua vita!- esclamò Ari avvicinandosi a lui con passo baldanzoso, sfoggiando il sorriso soddisfatto di una che sa di aver appena fatto centro. Dopo tutto era stato un rischio aggiungere quelle caratteristiche, non sapeva come avrebbe potuto reagire Kai. Avrebbe anche potuto aborrirle e rigettarle indignato così come avrebbe potuto trovarle irresistibili.
Kai aveva il cuore a mille che gli martellava nel petto. Si sentiva frastornato e non aveva neanche capito cosa gli aveva detto. Si voltò verso di lei e la guardò. Non si era accorto che gli si era avvicinata così tanto. 
-Cosa?- le chiese confuso guardandola negli occhi, quegli occhi carichi di malizia.
-Appunto!-
Ari si mordicchiò il labbro inferiore senza riuscire a smettere di sorridere e scosse la testa divertita dall'espressione palesemente sconvolta sul volto di Kai. Gli era piaciuto proprio tanto se non l'aveva nemmeno sentita. Che soddisfazione!
Ma in quel momento Kai avendola proprio davanti a sé l'unica cosa che sentiva era l'impulso di baciarla, baciarla fino a toglierle il fiato come lei lo aveva tolto a lui. Era l'unica cosa alla quale riusciva a pensare in quel momento, prenderle il viso tra le mani e baciarla. Non sapeva nemmeno con che autocontrollo si stava riuscendo a trattenere, ma era talmente forte il desiderio che quasi gli sembrò di vederlo davanti i suoi occhi.
-Allora?- 
La voce di Ari lo destò da quel sogno ad occhi aperti. 
La stava fissando, magari a bocca aperta.... Sì, a bocca aperta! Sperava solo di non arrossire, quella mattina non aveva nemmeno la sciarpa dietro la quale nascondersi! E i segni blu? Neanche i segni blu si era fatto prima di uscire di casa. Era uscito con l'essenziale addosso perché l'unico suo pensiero era provare quel beyblade!
Si stava facendo i film mentali proprio davanti a lei che continuava a ridere di lui e della sua reazione. Lo trovava divertente?! Non lo era, non lo era affatto! Era assurdo, umiliante e ridicolo! 
Abbassò gli occhi sul beyblade stretto nel suo pugno, ancora incredulo e si ritrovò suo malgrado a ripensare all'appassionato incontro appena giocato. 
-Niente....- biascicò appena mentre il beyblade si faceva più sfocato. -È perfetto... -
Non sapeva come ma si ritrovo a fissare il tavolo da lavoro in fondo al laboratorio. Ari gli stava dicendo qualcosa, forse qualcosa di importante, ma non riusciva a seguire una sola parola. La avrebbe volentieri zittita tappandole la bocca con la propria, infilarle di prepotenza la lingua in bocca e non solo lì. Con la mente andò molto, molto oltre, molto più giù, e diamine sì che quello sarebbe stato un modo degno di ringraziarla per Dranzer e dimostrarle quando apprezzasse il suo lavoro! 
Forse era colpa di tutta l'adrenalina che aveva ancora in circolo, o del nuovo Dranzer, o di Ari che quella mattina era stranamente attraente, anche se in tuta e i capelli annodati alla meno peggio... ma avrebbe volentieri sfogato tutta l'energia accumulata su di lei, e in un attimo davanti agli occhi non ebbe più la realtà ma l'immagine ben nitida di quello che avrebbe voluto farle a ridosso di quel tavolo, prenderla da dietro e farla gemere senza controllo.
-Ehi, hai capito cosa ti ho detto o vuoi che ti lasci dieci minuti da solo con Dranzer?-
Avvampò. Sentì il viso andare in fiamme fino all'attaccatura dei capelli. Voleva morire! Abbassò il capo e cercò di nascondersi facendo finta di sistemarsi i capelli, e dovette ricredersi. Magari aveva lasciato la sciarpa a casa ma, per fortuna, aveva avuto la brillante idea di portarsi la felpa e tenerla annodata intorno alla vita. Decisamente la scelta migliore della giornata! 
Una cosa era certa: doveva darsi una calmata!
-Avevo pensato a Dranzer O, ma il beyblade è il tuo...
-Per cosa sta la "O"?- chiese cercando disperatamente di concentrarsi su quello che stava dicendo la ragazza di fronte a lui. 
Cielo, ce l'aveva davanti! Un po' di dignità, di autocontrollo! Che diamine gli stava prendendo? 
-Orgasmico, ovviamente!-
Quasi gli uscirono gli occhi dalle orbite. Lo disse con la sua solita disinvoltura, spiazzandolo completamente. 
Or... Orgasmico? Non riusciva nemmeno a pensare a questa parola senza che automaticamente non gli venisse in mente il viso della ragazza, la sua bocca schiusa e le sue dita che cercavano disperatamente appiglio sulla superficie liscia del tavolo mentre si contorceva di piacere sotto di lui.
Improvvisamente avvertì un caldo tremendo. 
No, assolutamente, il suo nuovo Dranzer non poteva chiamarsi così! 
Ari si strinse nelle spalle indifferente. Dopo tutto da Kai non si aspettava certo che le chiedesse di battere il cinque per il nome assolutamente geniale che gli aveva trovato. Più un'occhiataccia, tanta indignazione, ma anche il fatto che fosse arrossito come un verginello ci stava a pennello.
-Dai, avevi proprio la faccia di uno che è appena venuto!- continuò scherzosamente dandogli un leggero pugno sulla spalla per sdrammatizzare.
Basta, questo era troppo! Kai fece un passo indietro e poi un altro sotto lo sguardo sempre più confuso di Ari. 
Per quanto potesse essere vagamente attraente lei o straripante la voglia di dimostrarle tutta la sua gratitudine per il nuovo beyblade, era arrivato alla conclusione che l'unico vero problema era lui, come sempre!
-No....- riuscì a dire solamente indietreggiando.
-No?-
Si voltò, raggiunse la porta in poche, lunghe e rapide falcate e si precipitò fuori, lasciandola lì, sola e perplessa.
Attraversò il corridoio a passo di marcia, senza guardarsi attorno e si chiuse nel primo bagno che trovò. 
Per fortuna era vuoto. Aveva un disperato bisogno di stare solo, per poter ragionare, calmarsi, potersi magari prendere a schiaffi, o schiantarsi la testa contro le mattonelle fino a sfondare il muro. 
La situazione gli stava sfuggendo di mano! Che male aveva fatto per ridursi così? Che malattia era quella!?
Sfilò i guanti e si sciacquò il viso con abbondante acqua ghiacciata, più e più volte. Che diamine di problemi aveva? Quali? Farsi delle fantasie così prepotenti su di lei in sua presenza. Okay che il nuovo bey era qualcosa di fantastico, esaltante e lui era felicissimo e avrebbe voluto dimostrarglielo, ma dal semplice impulso di abbracciarla e baciarla al volerla fare impazzire di piacere sotto di sé c'era una gran bella differenza. Questo era completamente da malato! 
E poi non avrebbe dovuto trovare provocante una scollatura o una gonna corta? Perché a lui bastava un suo sguardo per fargli partire i peggiori e squallidi film in testa? Cioè, insomma, i film mentali che si faceva non erano affatto male... proprio per niente! 
Si sciacquò ulteriormente il viso, inumidendosi anche i capelli passandovi le dita, oramai disperato. 
Si aggrappò al bordo del lavandino e prese un profondo respiro lasciando che l'acqua scivolasse lungo il mento e il naso. Quando alzò gli occhi sullo specchio però non vide solo il suo riflesso, ma anche quello di Yuri fermo sull'uscio della porta con le braccia conserte, intento a osservarlo con uno strano sorrisetto stampato in faccia.
Gli lanciò un'occhiata minacciosa. Voleva essere lasciato in pace, ma il russo parve non voler cogliere il silente invito, anzi, se possibile quello strano sorriso si allargò ancora di più, mostrano una perfetta fila di denti bianchissimi.
Gli occhi azzurri si assottigliarono scintillando di perfidia.
-Interessante!- disse solamente.
Kai distolse lo sguardo dal riflesso, e si rivolse minaccioso direttamente al ragazzo.
-Che vuoi? Che diamine hai da ridere?-
-Niente...- Yuri fece spallucce con fare innocente e si lasciò sfuggire una risatina. Schioccò la lingua e scosse la testa. -Ci ho pensato tutta la notte, sai? È tutto così magnificamente palese che non riesco a smettere di ridere!-
Kai mantenne il sangue freddo, lo stesso che poco prima nella sala del beystadio lo aveva abbandonato.
-Sparisci Yuri!- disse lapidario. Non aveva alcuna intenzione di dargli corda o soddisfazione ammettendo nulla.
Yuri gli scoppiò a ridere in faccia, e fu una fragorosa risata, fatta proprio di cuore.
-Almeno adesso so che le docce fredde non erano per Kinomiya!-
Gli occhi del rosso scintillavano di una gioia maligna e quasi folle. Oh, come se la stava godendo! Vedere l'imperturbabile Kai Hiwatari stravolto da una passione del tutto insana per quella maledetta pazza psicolabile di Ariel Mayer doveva essere proprio divertente per lui! Uno spasso!
Kai rimase immobile, all'apparenza totalmente indifferente alla derisione del ragazzo, ma dentro di sé sentiva un incendio divampare.
-Ehi Yuri, che succede?- 
Accanto al ragazzo apparve Boris, molto probabilmente attirato dalla risata dell'amico, curioso di scoprirne il motivo. Guardò all'interno del bagno, sperando forse di trovare il motivo di tanta ilarità, ma vide solo Kai.
-Mah, che dire...- disse Yuri con quel suo modo trascinato di parlare, senza riuscire a togliersi in nessun modo quel sorriso dalla faccia. -Improvvisamente, non so come, ma Kai mi sembra molto più simpatico!- 
Boris inarcò un sopracciglio e squadrò da capo a piedi il ragazzo fermo al centro del bagno, completamente scettico e un pizzico disgustato.
-Sul serio?- chiese dubbioso.
-Oh, non hai idea!- gli rispose con la voce pervasa da un piacere perverso e viscerale. Si strinse nelle spalle e si portò le mani sui fianchi e prese un profondo respiro che non gli servì a molto visto che continuò comunque a ridere come l'emerito cretino che era. 
Sembrava completamente appagato da quella consapevolezza, si guardava attorno come se per la prima volta vedesse i colori. Tanto rise che gli salirono le lacrime agli occhi. 
Kai si sentiva fremere ma non voleva assolutamente reagire. Assurdità su assurdità: non solo si era ridotto in quello stato pietoso senza riuscire a trovare una causa se non i suoi evidenti traumi infantili, perché solo così poteva spiegarselo; ora addirittura Yuri si prendeva la libertà di sfotterlo! Sembrava che non avesse aspettato altro nella sua vita se non quel momento per umiliarlo. Era inaccettabile! 
-Non riesco a spiegarmi come non abbia fatto ad accorgermene prima! È uno spasso!- continuò  delirante uscendo dal bagno asciugandosi le lacrime, lasciando lì un Boris più confuso che mai. 
In vita sua Boris non aveva mai visto ridere così di gusto Yuri e tutto ciò era disorientante. Cosa diamine aveva fatto o detto Hiwatari di tanto divertente da riuscire a fare scompigliare il suo capitano come nemmeno l'alcol e lui erano mai riusciti a fare? 
-Gradirei dieci minuti di privacy, grazie!- disse secco Kai al ragazzo rimasto lì fermo come un baccalà con tanto di bocca aperta. E doveva averlo sentito anche Yuri fuori dal bagno perché lo sentì scoppiare di nuovo a ridere più forte di prima.
-A me sembra il solito stronzo!- brontolò Boris senza capire, andandosene e richiudendosi la porta del bagno alle spalle.
E rimase finalmente solo. Fermo, accanto al lavandino, senza emettere un fiato, senza un solo pensiero. Sentiva solo un devastante vuoto dentro di sé, vuoto come quel bagno. La risata di Yuri che riecheggiava nella sua testa andò affievolendosi col passare dei minuti finché non rimase solo il proprio respiro. 
Si voltò di scatto e diede un pugno al dispenser della carta appeso al muro che si sganciò e finì a terra con un gran fracasso.  
Il respiro si fece sconnesso per l'improvviso impeto d'ira. Strinse la mano destra nella sinistra massaggiandosi le nocche doloranti per il colpo appena dato. Le cicatrici erano ancora ben visibili a distanza di un anno. Un anno da quando, guardandosi allo specchio, aveva provato tanto disgusto e disprezzo per ciò che vi aveva visto che aveva preferito mandarlo in frantumi. 

 

 

 

 

-Sapete cosa è meglio del sesso?- 
Ed eccolo lì, Boris! Splendido già di prima mattina, vispo e pieno entusiasmo e di voglia di parlare. Non un buon giorno di apertura, nessun preambolo. 
Era semplicemente entrato nel laboratorio pieno di gente, seguito a breve da Yuri e Sergey, si era accomodato al bancone dove stava lavorando Ariel, e aveva esordito con questo bel quesito rivolgendosi a tutti i presenti, compresi gli assistenti sparpagliati in giro e che lo ignorarono, forse troppo impauriti dal regno di terrore instaurato dalla ragazza a capo del progetto. 
Boris si guardò intorno esaltato e si sporse verso i compagni con un sorriso furbo stampato in faccia. 
Yuri lo guardò stranamente interessato e bendisposto, Ariel rivolse un fugace sguardo a lui e agli altri due appena arrivati tornando subito a concentrarsi sul computer che aveva davanti, e Sergey sospirò rassegnato.
-Illuminaci!- lo invitò quest'ultimo.
Boris schioccò le dita puntando l'indice sul biondo e rivolgendosi un sorriso smagliante e sicuro di sé.
-Grazie per avermelo chiesto, amico mio! Tenetevi forte....- continuò lasciando in sospeso la frase e passando in rassegna i compagni di fronte a lui come a volergli dare il tempo di prepararsi a ricevere la grande rivelazione del millennio. 
-Il sesso a tre! Boom!- concluse mimando un'esplosione e facendo un fischio.
Aveva sganciato la bomba! Ora si che era soddisfatto, anche se le persone davanti a lui non avevano mosso nemmeno un muscolo facciale. Di una indifferenza disarmante, ma a lui poco importava. Dopo tutto era stato lui il fortunato a svegliarsi tra le grazie di due intraprendenti biondine inglesi che l'avevano intrattenuto per buona parte della notte. 
-Mi dispiace per i monogami qui presenti...- disse lanciando uno sguardo eloquente a Sergey che non si scompose minimamente, -ma niente batte il sesso a tre!- continuò stiracchiandosi soddisfatto e tronfio delle sue conquiste . 
-Congratulazioni! Dimmi, in questo sesso a tre era compreso anche Yuri?- chiese Ariel senza distogliere l'attenzione dal monitor e continuando a digitare senza sosta. -Lo vedo un po' troppo allegro oggi....-
Yuri si lasciò sfuggire un sorrisetto furbo senza lasciarsi scalfire dal commento della ragazza. In effetti era allegro, molto allegro, anche Boris e Sergey l'avevano notato. Ma come non esserlo dopotutto? Finalmente quello stronzetto spocchioso di Kai si era praticamente fottuto con le sue stesse mani. Non era felice, di più! Yuri stava proprio godendo per la situazione in cui si era cacciato l'amico!
E da che ne aveva memoria mai si era sentito così realizzato, nemmeno i suoi fidati compagni ricordavano di averlo mai visto così. Di solito il sorriso non era contemplato come espressione standard del loro capitano, compariva solo sporadicamente in occasioni speciali e brevi, e quella mattina non si era svegliato diversamente. Ma da quando poco prima aveva incrociato Kai nei bagni non aveva smesso di sorridere. Il che risultava anche leggermente inquietante, forse perché nessuno dei presenti era abituato a vederlo così, appunto. Sembrava uno che veramente ha appena ricevuto la verità assoluta, e no... non era quella del sesso a tre annunciata da Boris che, in questo momento, lo stava guardando con un misto di preoccupazione e fastidio.
-No... non è voluto venire.- spiegò Boris tornando a rivolgersi a Sergey e Ariel. -Ma deve la prossima volta, ho bisogno di una spalla. Tu mi hai appeso da quando stai con Ayumichan!- continuò leggermente scocciato per poi tornare serio. -Ho scovato una zona dove vanno tutti gli studenti stranieri. È pieno di ragazze americane e europee! Europee, capite!? Mi mancavano, la cucina locale è troppo noiosa... e strana. Te ne accorgerai anche tu e tornerai al classico.- concluse rivolgendosi alla ragazza.
-Fortuna che ci sei sempre tu a dispozione per quando avrò bisogno di tornare alla dieta russa!- sbottò sarcastica Ariel salvando gli ultimi files su Dranzer. Ma, mentre alzava finalmente gli occhi dal computer, le passarono davanti, proprio alle spalle di Boris, due assistenti che stavano tornando alle proprie postazioni.
Il cambiamento sul suo volto fu radicale, tanto che Boris, trovandosi proprio in mezzo, per un attimo temette che si fosse incazzata con lui per qualche assurdo motivo.
-Tre, Sette!- li richiamò fulminea facendo tremare i due ragazzi e Boris. -Cosa avevo detto a riguardo?-
I due, che avevano rispettivamente i numeri tre e sette stampati su dei fogli di carta attaccati sulla schiena con dello scotch, si voltarono riluttanti verso la ragazza che li fissava con uno sguardo omicida. Ticchettava impaziente con le dita sulla superficie del tavolo, aumentando così la loro ansia. 
In tutto questo tutti e tre i compagni di squadra non trovarono nulla di strano nel fatto che gli assistenti di Ariel girassero con dei numeri sui camici. Si sarebbero sorpresi se invece lei li avesse chiamati coi loro nomi.
Tre, che evidentemente era più coraggiosa di Sette, osò rompere il silenzio e rispondere.
-Ma.... gira l'influenza, potremmo essere contagiati.....-
Il pugno di Ari si strinse e gli occhi si assottigliarono pericolosamente.
-Allora sopravvivranno i più forti.- sibilò spietata. -Fate sparire quelle fottute mascherine e riprendete a lavorare! Il prossimo che vedo con una di quelle dannate cose in faccia gliela faccio mangiare!-
I due a questa minaccia rimasero paralizzati, e fissarono i tipi russi che le stavano seduti accanto per capire se quella era solo un'esagerazione o se dovevano prenderla alla lettera. Uno di loro gli dava le spalle, quello rosso sorrideva serafico, ma lo sguardo serio di quello grosso e biondo, che non osò emettere un fiato, fece chiaramente capire che la Mayer sarebbe stata veramente capace di far mangiare una mascherina a una persona!
Si tolsero le mascherine e filarono via più velocemente possibile.
Ari torno a rilassarsi contro lo schienale della sedia girevole, cercando di ignorare in tutti i modi Yuri che in quel preciso momento la stava fissando con un'espressione ebete stampata in faccia. Forse era solo una sua impressione, forse non la stava fissando, ma dopo aver contato fino a dieci per bene due volte, non ebbe più dubbi. Spostò lentamente lo sguardo su di lui cercando di non fare caso alla sua odiosa faccia, né a quella fila di denti bianchissimi da lupo messi in bella mostra da un sorriso un po' troppo largo.
-Sei meravigliosamente folle!- le disse solamente.
Rimasero in silenzio a fissarsi a lungo, lui splendidamente sorridente, lei imperscrutabile e silenziosa. 
Boris e Sergey passando lo sguardo da Yuri a Ariel, confusi come non mai dal comportamento preoccupante del capitano.
-Cambia spacciatore, Yuri!- lo liquidò Ariel decidendo di passarci sopra, lanciandogli un'ultima occhiataccia.
Boris si sporse verso l'amico afferrandogli un lembo della maglia per attirarlo a sé.
-Se veramente mi vuoi bene amico mio, vedi di non tirare troppo la corda- gli sussurrò nervosamente all'orecchio  -e di non farla incazzare che sono qui per provare Falborg!- 
Ma Yuri lo ignorò. Accavallò le gambe con la sua solita eleganza, appoggiò il gomito sul bracciolo e il viso contro il dorso della mano. 
-Il modo in cui ogni volta esci nuove nevrosi mi affascina.- continuò imperterrito. -Questa delle mascherine mi mancava!-
Ari tamburellò con le dita sul tavolo, ora indecisa se ignorarlo ancora o togliergli quel maledetto sorriso dalla faccia e anche qualche dente. Grazie al cielo non dovette decidere. Kai arrivò proprio in quel momento, puntando dritto su di lei. Sembrava avesse mangiato un limone, quindi era tornato il Kai Hiwatari di sempre, meno male... almeno lui! 
-Eccoti di nuovo tra noi, tesoro!- esordì Ariel rivolgendogli un sorriso sornione. -Che sollievo vederti di nuovo in te, c'è qui Yuri che mi sta facendo saltare i nervi... sembra un mentecatto stamattina!-
Kai preferì non guardarlo nemmeno, anzi, per evitare ogni possibilità gli diede proprio le spalle, cosa che non sfuggì assolutamente a Yuri, come non gli sfuggì l'alzata di occhi al cielo e il modo stizzoso in cui arricciò il naso nell'udire il suo nome. 
Si disegnò con l'indice la linea del labbro inferiore pensieroso, studiando il nippo-russo. Divertente, Kai pensava davvero che bastasse ignorarlo! 
-Sai Ari....- oramai l'attenzione, nonostante il nuovo arrivato, era completamente catalizzata sul rosso che sembrava finalmente tornato serio, ma un sorrisetto lo tradì. 
-In vita mia credo di non averti mai voluto così tanto...- 
Oramai Boris e Sergey lo fissavano increduli con gli occhi sgranati. Kai si sentì come investito da una doccia fredda.
-...ma così tanto bene come in questo momento.- 
La cosa bella era che era stato talmente convincente che Ariel stessa non riuscì a pensare che la stesse prendendo per il culo perché, in effetti, era stato sincero. Per la prima volta da quando Yuri la conosceva, Ariel Mayer aveva fatto, anche se inconsapevolmente, qualcosa per il suo personale piacere: rendere Kai Hiwatari vulnerabile. 
Kai si portò una mano alla fronte massaggiandola compulsivamente, gli altri due erano rimasti a bocca aperta, forse troppo sconvolti e preoccupati. 
-Si può sapere chi cazzo è che l'ha rotto?- chiese brusca Ari completamente disgustata e seccata dalle buffonate del capitano. Cielo, Yuri era un sentimentalotto, era vero ma non in modo così ripugnante!  
-Fino a ieri sera funzionava normalmente!- continuò nervosamente pretendendo una risposta da Sergey e Boris.
Kai mise le mani sui fianchi sempre più spazientito.
-Non ne ho la minima idea!- biascicò Sergey. -Stamattina sembrava normale....- 
-È stata Claire?- chiese a quel punto Ariel rivolgendosi preoccupata a Yuri. -Per caso ci hai fatto sesso e ti ha contagiato con la sua scintillante gioia di vivere?-
Yuri scoppiò a ridere. Oh Claire! Lei sì che si era accorta di tutto già da molto tempo.... Perché era stato così sciocco da sottovalutarla? 
-Quella cara ragazza, ha una grande sensibilità ma no, non ci ho fatto sesso.- spiegò serafico continuando a sorriderle.
-Cara ragazza?- chiese Boris incredulo incrociando lo sguardo totalmente smarrito di Sergey. Ma se non l'aveva mai sopportata!
-Basta così!- Kai perse la pazienza. Afferrò Ari per un braccio tirandola su e la trascinò lontano di qualche passo. -Dobbiamo parlare, tu e io!- 
La mollò e le si piazzò davanti guardandola dritto negli occhi determinato ad ottenere senza se e senza ma ciò che gli spettava.
-Non darai un nome così ridicolo a Dranzer!- sussurrò a denti stretti sperando di sembrare il più diplomatico possibile e di non farsi sentire dai russi. 
-Ridicolo?- Ari mise il broncio seccata e non si preoccupò di adeguare il tono della voce a quello del ragazzo. -Non ti sei visto alla fine dell’incontro, ma ti posso assicurare che Dranzer O è il nome perfetto per questo bey.-
-No, te lo proibisco!- insistette Kai sempre più nervoso, cercando di non perdere il controllo. Cazzo era del suo Dranzer che si stava parlando, era sacro! Perché non lo capiva?
-E poi pensaci, quanti altri beyblade possono vantare un nome che è una garanzia?- continuò lei senza fare caso al crescente disagio di Kai. 
-Infatti, Perfect lo è!-
-Perfect?- Ari arricciò il naso poco convinta e, nonostante si stesse parlando dell'onore del suo Dranzer, quell'espressione leggermente buffa riuscì per un attimo a distrarlo. 
-È scontato!-
-È perfetto!- ribadì secco. -Oggettivamente, i miei complimenti, hai fatto un gran lavoro su Dranzer, è bello da morire, ma non puoi chiamarlo così, lo rovini. Perfect è perfetto....- 
-Scusate....- Boris, che un po' come tutti aveva sentito ovviamente, alzò la mano intervenendo sempre più curioso. -"O" per cosa starebbe?-
Terrore puro! Kai vide gli occhi di Ari spostarsi da lui a Boris alle sue spalle, e la sua bocca aprirsi inesorabilmente. 
-Non glielo dire… non dirglielo....- la supplicò oramai nel panico. Ma era troppo tardi, il suono stava già uscendo dalle sue labbra, formando quell'odiosa parola.
-Orga...- 
Le tappò la bocca con la mano. Forse era stato preso dal panico, ma le afferrò malamente il viso per impedirle di parlare, bloccandola con l'altra mano dietro la testa.
-Organism!- si inventò sul momento lasciando di stucco anche Sergey. 
-Organism?- chiese Boris scettico inarcando un sopracciglio.
Yuri inclinò il capo osservando Kai sempre più incuriosito. 
-Sì, perché è come un organismo vivente!- spiegò Kai inventandoselo di sana pianta, continuando a tenere la bocca di Ari tappata. -Si muove, ragiona...-
-Nasce, cresce, si riproduce, invecchia, muore...- lo schernì Boris. -Ma che cazzo dici?- 
-Fatti gli affari tuoi!- lo aggredì isterico Kai avvampando, forse per la rabbia o forse per la situazione sempre più compromettente.
-Dico soltanto che mi sembra strano come nome....- continuò Boris. 
A Sergey, che era l'unico vicino al computer, basto un'occhiata per soddisfare la propria curiosità, ma non disse niente, si lasciò solo sfuggire un sorrisetto divertito. 
Kai tornò a concentrarsi su Ari, pronto a fulminarla con un'occhiataccia minacciosa, ma non appena incontro il suo sguardo avvertì qualcosa di caldo e umido premere contro il palmo della mano. Era… era la sua lingua quella che sentiva?
-Smettila di leccare!- scandì imperativo.
-Che strano, ieri notte ho detto l'esatto opposto a Rachel!- aggiunse Boris ridacchiando.
Strinse di più la presa sperando di ributtargliela dentro quella maledetta linguaccia, ma quello che ottenne fu solo di farla incaparbire. Gli afferrò la mano di scatto trattenendola sulla sua bocca e per istinto lui provò ad allontanarla. Nel giro di mezzo secondo si ritrovò a lottare per riavere indietro la sua mano, e quella che prima usava per tenerle ferma la testa ora gliela teneva premuta sulla fronte nel tentativo di staccarsela di dosso.
Finalmente lo lasciò e si ritrovo a contemplare la propria mano disgustosamente umidiccia di saliva. Guardò Ari che si stava ripulendo la bocca con un lembo della maglietta, rimanendo mezza nuda come niente fosse. Beh, visto che era la sua saliva tanto valeva ripulirsi sulla sua spalla!
-Orgasmico.- disse a bruciapelo una volta che anche Kai ebbe finito di asciugarsi fastidiosamente sulla sua spalla.
-Leccare una mano?- chiese Boris confuso.
-La mano di Kai?- aggiunse Yuri. 
Boris parve ancora più disgustato. -Avrei preferito non saperlo!- 
-Dranzer!- spiegò Ari seccata da tutte quelle cretinate. -Dranzer Orgasmic! E mi dareste ragione se lo aveste provato...-
-Hai provato Dranzer?- chiese scandalizzato Kai, sempre più frastornato dalla serie di assurdità che si stavano susseguendo. 
-Ovvio, l'ho fatto io.- gli fece presente Ari come se fosse una cosa scontata. -Provo tutti i beyblade che mi passano sotto mano. E questo Dranzer viene giusto dopo la mia moto....-
-Oh mio dio!- Boris un pugno sul tavolo alzandosi infervorato. -Lo voglio io un nome così fico per il mio beyblade! È fottutamente epico!-
Ari allargò le braccia sollevata che finalmente qualcuno comprendesse la sua arte.
-Grazie, Boris!- 
-Ecco, chiama il suo così!- le disse seccato. 
-Cioè se una ti chiede "ehi come si chiama il tuo beyblade?"- continuò Boris inscenando un quando improbabile dialogo con una sconosciuta. -Già alla parola Orgasmic le saltano via le mutande!-  
-Mi dispiace ma l'ho provato e solo Dranzer fa questo effetto.- spiegò Ariel con una alzata di spalle.
Boris ci rimase male, e deluso e mogio tornò a sedersi buttandosi sulla sedia.
-Fa niente- brontolò risentito -io preferisco avere orgasmi alla vecchia maniera, grazie a una o più belle donne.-
Quante chiacchiere inutili, penso Kai. Ma perché ancora dava ascolto a quell'idiota di Boris? Doveva ignorarlo come stava ignorando Yuri.
-Ari, ascoltami per favore!- le disse cercando di avere pazienza. -Non puoi dargli quel nome, l'hai detto tu: il bey è mio!-
Ari incrociò le braccia e sembrò farsi pensierosa.
-Tecnicamente è ancora mio.- 
-Ah capisco, ti piace proprio torturarmi!- le rinfacciò.
-Beh... sì!- ammise con una leggerezza snervante come se fosse la cosa più normale di questo mondo. -Pensavo che lo sapessi già, è uno dei miei passatempi preferiti.-
-Quindi Kai...- 
Yuri si intromise proprio in quel momento, trovando finalmente il tanto agognato spiraglio nella difesa del ragazzo per coglierlo distratto e riuscire ad attirare la sua attenzione. 
Si dondolò sulla sedia con disinvoltura e gli rivolse un sorriso per nulla raccomandabile. Gli occhi color ghiaccio scintillarono malvagi. 
-...Compreso quello di questa mattina, le sei debitore di quanti orgasmi precisamente?- concluse spiazzando definitivamente tutti.
Per qualche secondo Kai continuò a fissare il rosso senza avere la minima reazione a quella battuta oscena. Il suo cervello, già inceppato a causa di quel nome indegno per Dranzer, non riuscì ad elaborare una reazione. Rimase solo fermo e immobile, sicuro che tutti avessero capito di che parlava.
Ma nessuno in effetti se non Kai, aveva capito cosa intendesse con quelle parole, tanto da lasciare i due ragazzi seduti accanto a lui a bocca aperta. Dopo tutto sembrava più una battuta da Boris. Ma manco lontanamente si sarebbe sognato di farla su Ari, e non tanto per i suoi sentimenti per la ragazza, ma perché era sempre e comunque la Mayer.
E infatti, nemmeno il tempo di elaborare, che con un poderoso calcio alla sedia e un gran fracasso, Yuri si ritrovò catapultato a terra con una Ariel Mayer incazzata sopra di lui.  
-È un avvertimento Ivanov!- sibilò minacciosa.  
A quel gran tonfo tutto il laboratorio si fermò a guardare nel totale silenzio, erano tutti col fiato sospeso, tranne Kai che si stava sforzando di non ridere. Era proprio adorabile! E lo fu ancora di più quando, alla prima reazione di Yuri, Ari lo bloccò con un piede sul petto. Kai non riuscì a trattenere il ghigno per la gran soddisfazione!
-Ti sarai fottuto il cervello, ma non ci sto alle tue stronzate. Torna al tuo posto e non prenderti mai più tutta questa confidenza con me o ti sfondo! Intesi?-
-Porca troia Mayer, non ce l'avevo con te!- ringhiò rabbioso provando a tirarsi su nonostante lo schiacciasse con forza contro il pavimento. 
Ma già solo che le avesse risposto sembrò peggiorare il suo umore.
-Non me ne fotte, mi stai oggettivamente rompendo il cazzo, oggi come non mai.- si chinò in avanti e schiacciò con ancora più forza sul petto del rosso stendendolo definitivamente. -Non so cosa ti abbia fatto credere di poterlo fare, ma di' un'altra sola cazzo di parola e ti cambio i bei connotati da principessina!-
Yuri prese un profondo respiro, scrutandola seriamente scocciato all'idea di dover essere lui a cedere, nonostante il gran colpo alla schiena. Tra i due era lui quello maturo, si disse, con più buon senso e autocontrollo, ed effettivamente doveva ammettere che senza volerlo ci era andato giù pesante con lei pur di lanciare frecciatine a Kai. 
Alzò le mani in segno di resa.
-Scusa, hai ragione.- disse con tono piatto. -Me ne posso andare?- 
Ari lo studiò per diversi secondi inflessibile, valutando se concedergli tale grazia oppure no.
-Sparisci!- sibilò a denti stretti togliendo il piede dal petto del ragazzo e tornando a sedersi alla sua postazione. 
Yuri si alzò e tirò su la sedia senza fiatare. Boris aveva messo il broncio, chiaramente seccato con lui perché aveva fatto incazzare Ariel prima della prova del suo beyblade, quindi sicuramente se la sarebbe scontata con lui. Sergey chiaramente disapprovava quella sua improvvisa vena goliardica uscita proprio con la persona sbagliata. Dopo tutto Yuri aveva sempre dimostrato di avere giudizio, e nessuno dei tre riusciva a comprendere perché avesse deciso di non averne più quella mattina.
Ma Yuri non diede peso ai due compagni. Mentre si rialzava aveva realizzato che Ariel aveva effettivamente reagito alla sua provocazione per un buon motivo. E mentre passava accanto a Kai per uscire dal laboratorio, gli rivolse un sorrisetto trionfale che intaccò la ritrovata sicurezza del nippo-russo.
-Dicevamo del nome?- chiese Ari, quando il rosso scomparve dalla sua vista, con l'intento di ritrovare quella parvenza di serenità che regnava prima che le facesse definitivamente perdere la pazienza.   
-Gradirei che fosse Perfect, lo preferisco.- ribadì Kai con estrema diplomazia.
Ari fece un'espressione dispiaciuta e si stinse nelle spalle, schioccando la lingua. Kai si ritrovò a pensare che aveva proprio una faccia da schiaffi! 
-Ma vedi...- gli disse ruotando sulla sedia leggermente verso il computer alle sue spalle. -io l'ho già registrato come Dranzer Orgasmic!-
-Cambialo... per favore.-
-Qual è il problema?- chiese Boris divertito. -Non riesci a dire Orgasmic?-
-Non ho problemi a dire Orgasmic!- sbottò stizzito Kai. -È semplicemente sacrilego, stiamo parlando di Dranzer!-
-Uh uh, Dranzer è sacro....- lo scimmiottò Boris, senza trovare la complicità di Sergey che assisteva passivo e rassegnato a tutta questa diatriba. -Che discorsi da verginello!-
-Basta così!- li fermò Ari severa. 
Spostò lentamente lo sguardo da Boris a un Kai sempre più inasprito. 
-Hai ragione, il bey è tuo, cambialo pure....- concluse scostandosi dal computer con una leggera spintarella, facendo scivolare più in là la sedia sulla quale era seduta.
Kai la guardò diffidente. Troppo facile, aveva ceduto troppo presto, o forse semplicemente era troppo scocciata per mettersi a discutere con lui. Si avvicinò guardingo al computer e si mise subito a lavoro aprendo il file nominato Dranzer Orgasmic. 
Cielo, era veramente osceno!
Boris aveva incrociato le braccia e messo il broncio perché Ari gli aveva appena tolto un nuovo motivo per sfottere Kai, ma il sorriso furbo della ragazza gli fece capire che non era finita lì, e il sospiro seccato del ragazzo gliene diede conferma. 
-Hai bloccato il documento con una password!-
Così dannatamente prevedibile! Come volevasi dimostrare, non aveva ceduto affatto la stronza! Poteva aprire il file, leggere quell'accostamento indegno ma non poteva modificarlo! 
Kai abbandonò la tastiera e poggiò i palmi delle mani ai lati fissando intensamente lo schermo, ignorando i ghigni divertiti di quella cretina di Ari e quel demente di Boris. 
-Che peccato!- commentò Ari fintamente dispiaciuta, arricciandosi col dito una ciocca di capelli sfuggita dalla crocchia alta.  -Mi sa che dovrai abituartici!-
Boris ridacchiò appagato trovando irresistibile la complicità di Ari. Sergey continuava a osservarli impassibile, per lui quei due avevano uno strano modo di divertirsi.
Kai non si scompose. Si credeva più furba di lui? Bene, le avrebbe dimostrato che si sbagliava!
Digitò senza indugio sulla tastiera e dopo pochi secondi premette il tasto invio. 
-Ma davvero?-  
Girò lo schermo verso la ragazza e lentamente il ghigno si congelò, poi si afflosciò fino a rimanere a bocca aperta mentre fissava incredula il nome del file e l'intestazione in grassetto del documento.
Perfect Dranzer 
-Ma cosa…. Come diamine….- 
Ari si alzò di scatto mettendosi davanti la tastiera. Kai senza fare una piega le cedette il posto.
Provò ad inserire la password, poi un'altra, e un'altra ancora, ma nulla. Non la faceva accedere alle modifiche. In effetti Kai doveva ammetterlo, era divertente se non si era la vittima.
Si appoggiò al tavolo e incrociò le braccia godendosi il momento, la vittoria pulita e indiscussa. 
-Sei prevedibile!- le disse facendola innervosire ancora di più. 
-Cazzo....- 
Davanti agli occhi di Ari apparve per l'ennesima volta l'avviso di accesso negato.  
-Ho preimpostato la password.- le disse guardandola e scostandosi dal tavolo. -Fammi sapere se riesci ad accedere o se ti dovrai abituare.-
Si avvicinò di più a lei, mani in tasca, e le rivolse uno splendido sorriso.
-Ah, e a proposito, grazie per stamattina...- le disse.
Lei staccò gli occhi dallo schermo e voltò il capo verso il ragazzo, trovandoselo tanto vicino che per poco le punte dei loro nasi non si sfiorarono, e l'unica cosa che riusciva a vedere erano i suoi violacei occhi scaltri. 
Le fece l'occhiolino e le sorrise. 
-… in effetti ti sono debitore di un orgasmo!-
Era rimasta di ghiaccio, immobile come una statua. 
Si allontanò lanciando un ultimo sguardo agli altri due. Sergey stava scuotendo la testa completamente rassegnato, mentre Boris sembrava sul punto di esplodere. Sembrava uno di quei pupazzetti di gomma molliccia che quando li si schiaccia gli schizzano gli occhi fuori dalle orbite. Gli fece un cenno di saluto e se ne andò.
Ari improvvisamente, a quella consapevolezza, si sentì andare in fiamme.
-Ha vinto!- 

 

 

 

 

 

 

 

I singhiozzi riecheggiavano nella stanza candida immersa nell'innaturale luminosità della luce a neon. 
Da quando l'avevano portato lì non aveva fatto altro che piangere. 
Osservava curioso e muto da più di dieci minuti quell'esserino piccolo e gracile, scosso da continui tremiti. Era rimasto rannicchiato a ridosso della parete opposta, col viso nascosto tra le braccia incrociare e dai capelli di un buffo rosso carota.
Sembrava più piccolo di lui. Vinto da questa morbosa curiosità si decise a farsi avanti. Voleva conoscerlo. Avrebbe voluto che smettesse di piangere prima di avvicinarsi e parlargli, ma quel pianto sembrava non trovare fine.
-Tu sei un bambino!- 
Sembrava più un'esclamazione di sorpresa che una domanda. In entrambi i casi sarebbe comunque parsa una affermazione strana a chiunque. Ma era così, lui non aveva mai visto un altro bambino. E lo incuriosiva vedere una personcina piccola come lui. Sentiva come un innato senso di appartenenza.
Si fermò restando a qualche passo di distanza dal piccolo, che ostinato continuava a rimanere chiuso nella sua disperazione.
Si guardò attorno a disagio, rimanendo fermo sul posto giocando nervosamente con le manine. Si sentiva triste per lui, voleva consolarlo e tranquillizzarlo, ma sembrava non averlo manco sentito. 
-Non piangere, anche io sono un bambino come te.-  
Forse anche lui aveva avvertito lo stesso senso di appartenenza, perché finalmente la testolina ricoperta di capelli rossi emerse dalle braccia incrociate, e due languidi occhioni azzurri incrociarono finalmente quelli blu dell'altro, che immediatamente si riempirono di speranza per quel primo, agognato contatto.
E preso dall'entusiasmo si precipitò verso di lui, annullando le distanze e inginocchiandosi proprio di fronte, per studiarlo da vicino. 
Il viso era leggermente abbronzato e lentigginoso, il naso era arrossato e gli occhi gonfi, lo sguardo smarrito. Indosso aveva una tuta proprio come la sua ma rossa e blu.
-Non avevo mai visto un bambino. Tu come ti chiami? Io mi chiamo Aleksej, ma puoi chiamarmi 13 se preferisci. Credo che tu sia più piccolo di me, ma forse di poco. Quanti anni hai? Sono il primo bambino che vedi?- 
Intimorito e stordito dalla serie di informazioni e domande si strinse nelle ginocchia. 
-Voglio la mamma.- biascicò con un tremulo filo di voce.
-Ah....-
Per un lungo attimo si fissarono. L'entusiasmo di Aleksej sembrò attenuarsi. Il suo sguardo poi corse per la stanza e i suoi pensieri si mossero veloci.
-Qui non abbiamo una mamma credo, ma abbiamo un sacco di giochi!- disse alzandosi e recuperando dall'altra parte della stanza uno dei suoi giochi colorati e mostrandolo all'altro sollevandolo in aria. -Puoi giocare con me se vuoi. Vedi, questo è carino, devi mettere in ordine i numeri con le lettere....-
Iniziò a ordinare i numeri risolvendo la tabella, ma il bambino dall'altra parte della stanza lo stava fissando senza fiatare, ancora nascosto dietro le ginocchia strette al petto. 
Ma a mano a mano che risolveva il puzzle i pensieri di Aleksej presero il sopravvento rallentandolo. 
Posò il gioco per terra, e dopo qualche attimo si rivolse di nuovo allo strano bambino.
-Cosa è una mamma?-
Il bambino non disse nulla. Continuava a fissarlo silente con i suoi grandi occhioni sbarrati.
-Non vuoi dirmelo?-
Aleksej si sentì di nuovo a disagio. Il bambino osservava un mutismo integerrimo. 
-Ti chiami Spiderman?- provò ancora senza darsi per vinto. -Perché hai un disegno sulla maglietta, Spiderman?-
Il piccolo si strinse ancora di più le ginocchia al petto. 
In effetti non riusciva a vedere la sua maglietta, ma aveva letto la scritta su di essa e notato il disegno quando l'avevano portato in quella stanza, prima che si rannicchiasse a piangere. 
-Non mi chiamo Padermen.-
La voce squillante e impastata del bambino risuonò nella stanza. Finalmente una rispose a una sua domanda, anche se scontrosa era pur sempre un buon risultato.
-Padermen è lui.- disse indicandosi il disegno sul petto. 
-Ah.... e perché hai la maglietta di Spiderman?- 
-Perché Padermen è bello! Lui è forte e spara ragnatele.- 
-È stato gentile a regalarti la sua maglietta.- commentò confuso Aleksej. Per quale motivo una persona avrebbe dovuto indossare la maglietta col nome di qualcun altro? 
-E sa volare da un palazzo all'altro.- continuò a spiegare prendendo più di sicurezza.
-Forte!- 
Aleksej prese alcuni dei suoi giochi e glieli avvicinò.
Forse parlare di questo suo amico Spiderman che gli aveva donato la propria maglietta l'aveva tranquillizzato, perché si asciugò il viso con il braccio e prese uno dei giochi. 
Aleksej restò a osservarlo in silenzio mentre l'altro giocava. Ogni suo movimento, ogni gesto, l'espressione ancora imbronciata, il modo in cui cercava di capire come funzionassero i suoi giocattoli senza però riuscirci.
-Aspetta, non così, va prima questo....- gli disse ad un certo punto prendendogli dalle mani il cubo che stava cercando di inserire con la forza nella forma di un pentagono.
Ma non doveva aver apprezzato quell'intraprendenza di Aleksej che, con tanta gentilezza, intanto aveva preso a spiegargli come funzionava quel gioco.
-Voglio la mia mamma e il mio papà.- 
Aleksej posò le formine a terra e tornò serio.
-Sai dirmi come sono fatti? Così posso aiutarti a cercarli.-
Il viso del bambino finalmente si illuminò. Si alzò barcollante da terra e alzo un braccio.
-Sono così!- disse con entusiasmo.
Anche Aleksej si alzò. La mano alzata del bambino arrivava poco più sopra della sua testa.  
-Alti così?-
-Di più!-  
-E di che colore sono?- lo incalzo Aleksej.
-Mamma ha i capelli così!- spiegò il piccolo afferrando un cubo arancione. 
-Capelli?- chiese l'altro iniziando finalmente a capire. -Quindi la mamma e il papà sono persone.-
-Sì...- confermò l'altro con sempre più vivacità. -Il mio papà è forte.- 
-Come Spiderman?- 
-Come Padermen! E la mia mamma è bella, ha i capelli lunghi e due occhi così.- concluse allargando le mani come a fargli capire che aveva gli occhi grandi. 
-Una femmina?- 
Il bambino annuì con fervore. Aleksej si vece pensieroso, giocando con l'indice col labbro inferiore.
-18 è una femmina.- disse ad un certo punto. -È bella, alta così e ha i capelli lunghi. Posso chiedere a lei se è una mamma.- 
-Io voglio la mia mamma!- gli rinfacciò repentino il piccolo. 
Ma Aleksej si strinse nelle spalle senza sapere che altro fare. D'altronde era vero che non aveva mai visto un altro bambino, come era altrettanto vero che non conosceva molti adulti.
-Mh... io conosco solo 18, mi dispiace.-
Il bambino si risedette sconfortato e riprese a giocare con i giocattoli dell'altro tornando silenzioso, rattristando Aleksej.

 

 

 

 

 

 

 

-Di' un po', come è stato farsi difendere da lei?-
Ovviamente lo stava aspettando all'ascensore. Evidentemente Yuri non aveva altro da fare quella mattina per restare lì solo per poterlo infastidire, ma Kai non gli diede troppo peso. Quella pseudo provocazione gli scivolò via come l'acqua. 
Aveva ottenuto il nome che voleva per Dranzer e una vittoria schiacciante su Ari. Non sarebbe mai riuscita ad accedere alle modifiche!  
-Ci dovrai fare l'abitudine.- continuò il russo mentre attendevano l'apertura delle porte. 
Stettero in silenzio l'uno affianco all'altro, senza nemmeno guardarsi. Quando finalmente entrarono nello spazio ristretto dell'ascensore, Yuri riprese la parola.
-Stavo pensando....-
-Ciò che pensi sei pregato di tenertelo per te.- gli disse con estrema cortesia Kai. 
-Hai rinunciato ad affrontare Takao anche quest'anno per quella cazzata che dovete restare uniti. Tu ci credi veramente?- 
Continuò imperterrito osservandolo di sottecchi, per catturare ogni sua minima reazione. Dal modo in cui era rilassato e sicuro di sé, Hiwatari doveva essere riuscito ad ottenere quello che aveva chiesto.
-Tutti questi mesi, eppure scommetto che non ti ha detto niente del suo interesse per Ari.-
L'ascensore continuava a scendere, ma sembrava non abbastanza velocemente.
-Di' la verità.... non vorresti batterlo una volta per tutte?-
Kai si lasciò sfuggire una risatina, e abbasso il capo distogliendo finalmente l'attenzione dal display che indicava i piani percorsi. 
Alzò la testa e si voltò a guardare Yuri dritto negli occhi.
-Fammi capire.... stai veramente cercando di convincermi a lasciare i Bladebreakers per unirmi a voi?- 
-Sai benissimo che se lo facessi, lei sarebbe costretta a seguirti.- gli fece presente Yuri malizioso.
-Pensavo che non la volessi mai più in squadra con te. Hai cambiato idea?- 
-Neanche tu sei nella mia top teen delle persone che mi piacciono,- gli fece presente senza alcuno scrupolo -ma ogni mezzo è lecito per raggiungere l'obbiettivo.- 
-Quindi mi stai suggerendo di mollare i ragazzi in modo tale da costringere Ariel a seguirmi, allontanandola così dalla persona migliore che io conosca? Tutto questo per permetterti di costituire la tua squadra vincente?-
-Sai benissimo che insieme saremmo imbattibili.-
Kai tornò a guardare il display di fronte a lui.
-Meschino.... degno di te!-
Yuri non si offese per il meschino. Si appoggiò con la spalla alla parete, con le braccia conserte, rivolto completamente verso Kai per scrutarlo con attenzione.
-E di te...- 
-Tu pensi?-
 Kai si voltò incrociando gli occhi freddi e calcolatori del russo.
-Sinceramente mi fa più senso sapere che stava con te, o più nello specifico mi fai senso tu.- 
L'ascensore si fermò e le porte si aprirono sull'androne pieno di gente. Kai si scostò dalla parete.
-Piuttosto che favorirti rinuncio volentieri alla mia sfida con Takao.- disse uscendo e voltandosi per guardare un'ultima volta Yuri, che era rimasto all'interno dell'ascensore appoggiato alla parete, riservandogli sorriso beffardo.  
-E io ho già una squadra imbattibile, non ho bisogno di te.- 
Il sorriso di scherno era oramai scomparso dal volto glaciale di Yuri, gli occhi erano diventati spietati. 
-Sai perché è scattata in quel modo alla mia battuta, vero?- 
Le porte iniziavano a richiudersi tra i due mentre un sorriso da lupo feroce si apriva sul viso pallido del russo. Si guardarono e Yuri seppe che quell'ultima freccia scoccata era andata perfettamente a segno.
-Lo sai....- 
Le porte si chiusero e Yuri scomparve, ma un dolore intenso e pulsante si accese nel petto di Kai spezzandogli il fiato.

 

 

 



 

 

Saaaalve bella gente! Aggiorno dopo mesi e mi scuso, ma non ho mai smesso di pensare alla storia. Ci ho messo un po' per elaborare questo capitolo, non so perché ma non mi riusciva in nessun modo. Una bella altalena emotiva per il nostro adorato hiwatari. 
oltre una piccola parte dove inserisco altri elementi della storia, mi sono concentrata sul torturare Kai, perché a tutti piace e a me piace torturare i miei personaggi preferiti. Come principale aiutante abbiamo il nostro adorato Yuri e il suo lato sexy... ah no, dalla regia mi dicono che si tratta del lato perfido. Scusate, mi sono un attimo confusa, è lecito, chi non si sarebbe confuso?! Ohohoh 
Quindi, dopo aver provato a scrivere questo capitolo per mesi, e dopo averne scritto non so quante varianti penso di essere arrivata al capitolo giusto, quindi lo pubblico. Ho deciso e lo faccio, e spero anche che vi piaccia e di non aver scritto fesserie. E aggiungo che entro oggi e domani cercherò di rispondere alle recensioni degli scorsi capitoli, lo giuro. (*pernacchia dal pubblico*) 

  

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Capitolo 48
*** Il gattino glitterato della newsletter della domenica ***


Ebbene signori, senza alcuna vergogna mi ripresento qui con un nuovo capitolo! Esatto dopo anni ho tutto ‘sto coraggio di aggiornare questa benedetta storia.  
Ovviamente vi chiedo scusa.  
Sono pienamente consapevole che il sito e soprattutto il fandom di Beyblade si sono miserabilmente spopolati, ma a Pinca non interessa e riprende a scrive e pubblicare lo stesso. Chissà magari in un moto di nostalgia vi ritroverete anche voi qui come me e avrete ancora voglia di farmi una lettura e due risate (lo spero).  
Ma passiamo agli avvisi. Ho revisionato, corretto e riscritto gli ultimi cinque capitoli di Return of Revenge. Ve lo dico così, giusto perché in alcuni ho cambiato qualche dettaglio o ho riscritto proprio di sana pianta, ma niente di così drastico da poter influenzare il seguito. Semplicemente rileggendolo mi è venuta un’idea e mi sono detta “perché mi è venuta st’idea geniale solo dopo 14 anni?!”.
Tutto il lavoro fatto sugli ultimi capiti di RoR mi hanno aiutato a riprendere confidenza principalmente con la pagina bianca e da ora spero di procedere non dico come un treno, ma quanto meno più serenamente.   
Dopo tanti anni di fermo avevo dimenticato cosa significasse scrivere, cosa comportasse tutto il processo creativo ed è stato al contempo entusiasmante e strano. Idee che si trasformano in corso d’opera, parole che nascono da sole, personaggi e vicende che si intrecciano e si evolvono oserei dire in autonomia XD … insomma non ci ero più abituata e mi mancava. Ho la storia che periodicamente mi frulla in maniera ossessiva in testa e l’unico modo che ho per liberarmene è metterla per iscritto, nero su bianco.  
Per chi ha aperto questa pagina, ha letto fin qui e si appresta a leggere il capitolo auguro buon divertimento e un buon tuffo nei ricordi <3.  
La vostra Pinca   
Ps: ovviamente non mi viene mai in mente un titolo decente, pardon!

 

 

 

 

48. Il gattino glitterato della newsletter della domenica

 

Cinque e vendi del pomeriggio. Takao, Sayu e Daichi erano fermi davanti ai cancelli della scuola da più di dieci minuti a osservare la mandria di studenti chiassosi uscire, cercando tra i vari volti quello familiare di Kappa, ma niente.    
-Voi lo vedete?- chiese Takao sulle punte dei piedi scrutando tra la folla.
-Forse è andato via prima.- ipotizzò Sayu -è dall’ora di pranzo che non si vede o magari ha qualche corso per dei crediti extra e non ce l’ha detto.-
-Sì... forse....- disse Takao distratto continuando a cercarlo.
-Basta, ce ne vogliamo andare!?- si lamentò Daichi cercando si allentare con dita frementi il colletto della camicia. -Voglio tornare a casa e togliermi questa robba di dosso!-  
Nonostante fosse passato quasi l’intero anno scolastico ancora non si era abituato ad indossare la divisa, si sentiva costretto, gli faceva venire l’orticaria. Si era preso un sacco di strigliate quell’anno perché aveva il vizio di togliersela alla prima occasione. Tra un’ora e l’altra, durante il pranzo, durante le lezioni. A mano a mano il suo tempo di sopportazione si era allungato fino ad arrivare alle diedi ore di fila, ma una volta fuori da quella maledetta prigione l’unico suo obbiettivo era tornare di corsa a casa e restare in mutande fino all’ora di cena!
Dalla folla uscirono Mina e Seimi e li raggiunsero. Mina sfoggiava il suo miglior sorriso.  
-Ciao Takao, ciao Sayu!- salutarono entrambe rivolte a Takao, abbozzarono un sorriso a Sayu e ignorando palesemente Daichi.  
-Ciao ragazze!- le salutò Takao, ricambiando con un sorriso cortese, mentre Sayu riuscì solo a stirare le labbra in una smorfia infastidita.  
Le due ridacchiarono civettuole. In tutta onestà Sayu non le sopportava. Da mesi Mina ronzava intorno al Takao non-Takao, sfacciatamente e senza pudore. Forse per l’assoluta mancanza di coerenza davo che le aveva chiaramente detto davanti a tutte che con un tizio cose Takao non ci sarebbe uscita neanche se fosse stato l’ultimo ragazzo sulla faccia della terra, o forse perché aveva continuato a provarci spudoratamente con lui nonostante si fosse pubblicamente dichiarato impegnato.  
-Volevo augurarti buona fortuna per domani!- Mina giocherellando con una ciocca di capelli, battendo le sue nuove ciglia nere.  
-Grazie!- rispose il non-Takao guadagnandosi un’occhiataccia spazientita da Sayu.   
-Noi verremo a fare il tifo per te!- continuò Mina con tono vezzoso.  
La smorfia disgustata sulla faccia di Sayu si allargò sempre di più, straordinariamente simile a quella comparsa sulla faccia di Daichi. Ma Takao inamovibile, non si scompose, continuò imperterrito a sorridere gentilmente alla ragazza.  
Lei gli rivolse un sorriso ammiccante e si avvicinò a lui, gli toccò il braccio e aggiunse: -Io farò il tifo per te!-  
-Vi ringrazio. Il vostro supporto è molto importante per me e per la squadra!-  
-A domani, allora!- soggiunse Sayu con enfasi e la voce più acuta che le riuscì, oramai al limite della sopportazione.   
Mina e Seimi le lanciarono un’occhiata di sufficienza e se ne andarono, non prima di aver salutato con un gran sorriso Takao.  
-Come fai a sopportarle!?- esplose Sayu esasperata quando si furono allontanate. -Inoltre Mina ci prova palesemente con te ogni volta che ti vede!-
-Calmati Sayu, che vuoi che sia!- le rispose con leggerezza Takao con una alzata di spalle.  
-Sono delle oche!- continuò Daichi, grattandosi sui fianchi.  
-Ci prova anche se sa che sei impegnato! E prima che diventassi...- disse Sayu indicandolo nella sua interezza con gesto eloquente -… beh... tutto questo, lei non ti considerava minimamente!-  
-E qual è il problema?- continuò candidamente Takao tornando a scrutare tra gli studenti oramai esigui.
-Ehi ragazzi!-
I tre si voltarono. Max li raggiunse correndo, con un gran sorriso.  
-Ciao Max!- lo salutarono Takao e Sayu. Daichi era troppo preso dal prurito dietro il collo che gli dava l’etichetta.
-Che state facendo ancora qua? Vi aspettavo al solito posto.-
-Stiamo aspettando Kappa, ma forse è uscito prima oggi.- spiegò Sayu.  
-E non vi ha detto niente?- chiese Max sorpreso. -Strano!-  
-Esatto!- concordò Takao. -È quello che ho pensato anche io!-
-Beh, non da farne una tragedia, mica vi informa su ogni suo spostamento.- fece presente Sayu. Fosse stato per lei se ne sarebbe già andata da almeno dieci minuti, si sarebbe evitata quelle smorfiose di Mina e Seimi, e a giudicare dall’agitazione di Daichi, che aveva preso a grattarsi dietro al collo e a tirarsi il dietro dei pantaloni, lui se ne sarebbe andato ancora prima.  
-In verità sì!- le fece presente Max con disinvoltura. -Ci manda il suo programma della settimana nella sua newsletter della domenica!-  
-La newsletter della domenica?- chiese stranita Sayu.  
-La manda anche a te!- le disse Takao.  
-Davvero?!- Sayu sorpresa tirò fuori il cellulare e andando subito a controllare. Lei non guardava mai le email!   
-Sai, per incastrarci con i suoi impegni e con gli allenamenti....- le spiegò Takao -L’ultima era molto carina...-
-Quella col gattino glitterato!- continuò esaltato Max con gli occhi che brillavano. Tirò su i pugni a mo’ di zampe da gatto e accennò un balletto mentre canticchiava. -Meow Meow gnaw! Meow Meow gnaw!-
-Oddio!- ringhiò Daichi continuando ad agitarsi.  
-Dai l’ha fatto identico!- fece Takao. -Inoltre allega sempre qualche coupon per qualcosa e, a proposito di questo, ce ne ha mando uno per un frappè extra size da Frappazy. Dobbiamo andarci!-
-Il Frappè con le praline che frizzano!- aggiunse Max sognante con uno sbrilluccichio negli occhioni azzurri.
-Oddio!- esclamò Sayu incredula scorrendo le email. C'erano almeno una decina di mail non lette da parte di Kappa!
-Sì, fanno anche quello!- confermò Max convinto che il commento di Sayu fosse riferito al frappè con le praline che frizzano.
L’improvviso urlo di Daichi fece trasalire loro e girare gli ultimi studenti in uscita. Si strappò la camicia, tutti i bottoni saltarono, il viso era rosso come i capelli e respirava affannosamente.  
-Daichi!- lo rimproverò Takao scandalizzato.  
Daichi gettò la camicia a terra e gli puntò un dito contro ammutolendolo.  
-No! Daichi, no!- ringhiò il piccolo infuriato digrignando i denti.  
Sayu si nascoste dietro Takao e Max e il suo stesso cellulare.  
-Ora Daichi torna a casa!- continuò la sua sfuriata parlando di sé in terza persona. -E Daichi non indosserà nemmeno le mutande per tuuuuuutta la sera! Capito!?-
Detto questo si girò e se ne andò macinando terreno come una locomotiva e sparendo nel giro di pochi secondi alla vista dei tre e dei residui della scolaresca.    
Sayu era diventata rossa come un peperone, Max e Takao dopo qualche secondo di silenzio si scambiarono uno sguardo perplesso.
-Passiamo da te e poi da Frappazy?- propose Max come se nulla fosse successo.
-Andata!- fece Takao per poi rivolgersi alla compagna di classe. -Vieni anche tu Sayu? Che ti prende, perché sei tutta rossa?-  
-Io a casa tua non ci entro se corro il rischio di trovarci Daichi nudo!- pigolò Sayu imbarazzata da morire, mentre Max ridacchiava divertito.
-Ma no che non gira nudo!- la tranquillizzò Takao incamminandosi con i due amici. -Indossa i pantaloni del pigiama senza niente sotto.-
-Questo dovrebbe essere meglio?- gli chiese lei.
-Certo, non lo vedi nudo e sai che non poggia le sue chiappette nude da nessuna parte!- le spiegò Max. -Lo faceva anche quando stava da me.-
-Sai che ha ragione!- continuò con disinvoltura Takao come se fosse un normale argomento di discussione da affrontare in presenza di una ragazza. -Ho provato ed è fantastico! Si sta alla grande là sotto!-  
-Ma ti sembrano commenti da fare?- chiese scandalizzata Sayu con voce sempre più acuta.
-È vero! Ho provato anche io!- convenne Max con fervore. -Quel ragazzo è vero un genio!-  
-Siete due idioti!- sentenziò Sayu mettendo il broncio. -L’ho capito che lo state facendo a posta per mettermi in imbarazzo! Smettetela!-
Takao e Max scoppiarono a ridere.
-Quando c’è Hilary non li fate certi discorsi!-
-Certo che no, Hilary è manesca!- le spiegò Max. -Con te è più divertente!-  
-Ti senti tutto ciondolante....- riprese il discorso Takao fermandosi e ancheggiando in mezzo alla strada, cosa che fece venire voglia a Sayu di sprofondare sottoterra e sparire per sempre.
Si sentì prendere fuoco, balbettò completamente in tilt e nascose la faccia dietro alla cartella, mentre i passanti attorno a loro li osservavano perplessi. Max scoppiò a ridere attirando ancora di più l’attenzione su di loro e si unì al balletto ancheggiante di Takao.  
Sayu girò sui tacchi e si incamminò lasciandoli lì.
-La prossima volta resto anche io al corso di cucina con Hilary invece di tornare a casa con voi!- borbottò Sayu a occhi serrati con ancora la cartella davanti alla faccia, procedendo a passo di marcia, decisa ad ignorarli.
-Sayu... Sayu ferma!-  
-Il palo!-
Abbassò la cartella e... Beng!
Preso in pieno, dritto in faccia!  
Cadde a terra stordita con la cartella stretta tra le dita.  
Takao scoppiò a ridere, Max ebbe la decenza di trattenersi ma aveva le lacrime agli occhi.  
-Tutto bene?- le chiese Max premuroso affiancandola.  
Il labbro inferiore di Sayu tremo pericolosamente. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Le sfuggì un singhiozzo.
-No!- disse col fiato mozzo coi lacrimoni. -Mi sono fatta male e ho fatto una figuraccia!-  
-Beh, se ti preoccupi della figuraccia vuol dire che la botta non è stata tanto forte!- osservò Takao infilando le mani in tasca riprendendosi dalle risate con un gran sospiro.
-Takao!- lo ammonì Max lanciandogli un’occhiataccia. Si chinò accanto alla ragazza poggiandole una mano sulla spalla per confortarla.  
-Voglio dire che è un buon segno!- si spiegò Takao seccato venendo ignorato.
-Ma quale figuraccia!- la consolò Max. -E poi sei così cute in questo momento da superare il gattino glitterato della newsletter di domenica scorsa!-  
-Davvero?- chiese Sayu con i lacrimoni agli occhi e il singhiozzo, cercando di riprendere fiato.
-Assolutamente sì!- confermò Max annuendo convinto. -Vero Takao?-  
-Certo, certo!- lo liquidò Takao senza convinzione. -Adesso andiamo? Dopo Frappazy vorrei passare alla BBA a vedere come sta Ari, non torna a casa da giorni.-
-Possiamo portarle un frappè! Frappazy è là vicino, le farà piacere una pausa!- propose Max aiutando Sayu a tirarsi su –E tu hai bisogno di mettere del ghiaccio sulla fronte!-  
Ripresero a camminare e a parlare di cose normali dando finalmente tregua alla povera Sayu che si sentiva pulsare la fronte. Le sarebbe venuto un bernoccolo gigantesco!  
Arrivati davanti alla casa di Takao si fermarono.  
Una grossa berlina nera dai vetri oscurati era parcheggiata proprio lì di fronte e un omone serio, in completo nero e occhiali da sole, era lì piantato come a fare la guardia.  
Si scambiarono degli sguardi perplessi e preoccupati ed entrarono.
-Daichi siamo a casa!- urlò Takao nell’ingresso sfilandosi le scarpe.
Max dietro di lui lo seguì avanzando nel corridoio in punta di piedi.  
-Nei film non è mai un buon segno trovarsi una macchina del genere davanti casa!- gli sussurrò all’orecchio con tono grave e eccitato allo stesso tempo.
-Che significa?- chiese timorosa Sayu anche lei sussurrando.  
-Servizi segreti, Yakuza, Mafia, cartello colombiano....-
-La vuoi finire con questi film, per favore?- gli chiese irritato Takao fermandosi. -Perché dovrei avere il cartello colombiano in casa?-  
-Non lo so Takao, non lo so, dimmelo tu!- fece Max serio, continuando a parlare a bassa voce, fissandolo dritto negli occhi come a volerlo persuadere a dirgli la verità. -Tuo padre e tuo fratello non hanno passato un sacco di anni in sud America? Sicuro che siano degli archeologhi?-  
-Smettila di dire idiozie!- sbottò Takao esasperato da tutte quelle scemenze.
-Allora perché Daichi non ha risposto?- gli fece notare Max.
-Sarà in bagno, che ne so!- rispose spazientito il padrone di casa deciso a non dargli più retta e procedendo verso la cucina.  
Una volta davanti alla porta della cucina sentirono delle voci provenire dal suo interno.  
-Sembra la voce di Claire...- sussurrò Sayu decisamente più sollevata che non si trattasse di Yakuza, servizi segreti o per assurdo del cartello colombiano.
-Magari è la mafia francese!- ipotizzò elettrizzato Max.
-Anche meno, Max!- disse Takao aprendo la porta della cucina.  
Vi trovarono Kai, Claire e Ari. I primi due in piedi, lei al centro col suo solito cipiglio altezzoso, il naso arricciato all’insù e la borsa appesa al comito, lui con le mani artigliate su una sedia con la pazienza chiaramente agli sgoccioli, l’ultima seduta di fronte a lui, imbronciata, a braccia conserte che lanciava truci sguardi di fuoco agli altri due. Tutti come di base insomma! Un quadretto perfetto tanto che solo chi li conosceva bene poteva reagire sorridendo di gioia alla loro vista.
-Ragazzi, che bella sorpresa!- esclamò per l’appunto Takao entrando in cucina.  
-Ehilà, ragazzi!- li salutò entusiasta Max avanzando verso il freezer. Lo aprì, prese una busta di broccoli surgelati e la mise sulla fronte di Sayu che in tutta sincerità avrebbe preferito avere la visuale libera in quel momento.  
Sayu non conosceva abbastanza bene i presenti e si chiese se Takao e Max riuscissero a comprendere il linguaggio del corpo, perché quei tre erano palesemente di pessimo, pessimo umore, soprattutto quella meno raccomandabile che lanciò loro un’occhiata omicida.
-Finalmente!- esordì Claire. -Adesso possiamo andarcene!-  
-Come, di già?- chiese deluso Max.
-Non prima di aver fatto delle raccomandazioni!- le fece presente Kai sospirando.  
Claire sbuffò e alzò gli occhi al cielo.  
-Come mai siete qui?- chiese Takao senza nascondere la contentezza.
Non vedeva Kai e Ari da giorni. Lui era scomparso lasciando delle indicazioni piuttosto vaghe, Ari era rimasta giorno e notte alla BBA per finire in tempo il lavoro.
-Hai finito i beyblade dei ragazzi?- chiese Max entusiasta. -Eppure è strano, Boris mi aveva promesso che mi avrebbe avvisato per fare una prova....-  
-No, e vi consiglio di evitare l’argomento, per favore!- lo bloccò Kai.  
La gamba di Ari iniziò a tremare, su e giù, sempre più irrequieta.  
Ora anche Takao finalmente notò il suo malumore.   
-Ari resterà da voi, né io né Claire possiamo tenerla d’occhio...-
-Non ho bisogno della balia!- ringhiò Ari risentita, ma come una miccia queste parole fecero esplodere Claire.  
-Non hai bisogno di una balia!? Tu dici di non aver bisogno di una balia!? Hai dimostrato proprio il contrario!- Sbottò. Ari provò a ribattere ma lei non le diede il tempo perché continuò con voce sempre più acuta e fremente, quasi senza riprendere fiato. -Io ti ho dato fiducia! Mio padre ti ha dato fiducia! Lo sapevo che eri una sociopatica, tutti ne sono consapevoli, ma indovina con chi se l’è presa mia madre! Con me! Capito!? Con me! Non con te; non con l’eminente professore del piffero che ti ha tenuta in terapia per due mesi finché non gli hai fatto sparire il gatto...-
-O mio dio che fine hai fatto fare al gatto?- chiese atterrito Max.
-...non con un qualsiasi adulto presente in tutta la BBA- continuò in preda a una vera e propria crisi isterica, con la borsa al suo braccio che ballonzolava per l’agitazione -non con mio padre che ha approvato il progetto e ripeto ancora non con te che a quanto pare hai un gran cervello ma ti funziona solo quando gira a te!-
Kai le poggiò una mano sulla spalla cercando di calmarla.  
Takao, Max e Sayu si scambiarono un’occhiata perplessa. Non avevano mai visto Claire perdere così il controllo e ancora meno si sarebbero mai aspettati di vedere Kai solidale con lei. Questa volta Ari doveva aver superato il limite della decenza!  
-Se l’è presa con me! Perché non ti ho tenuto d’occhio! Avrebbe dovuto farmi i complimenti per il gran lavoro che sto facendo e invece no! Le interessi solo tu, come se io non avessi altro da fare nella mia vita che controllare te!- Claire le puntò un dito contro, i capelli completamente arruffati, e sbatté la borsa sul tavolo, che dal gran tonfo che fece doveva essere anche molto pesante.  
-Quindi signorina dopo quello che hai fatto non hai alcun diritto di parlare o di lamentarti!- concluse Claire e per dei lunghi attimi nella cucina regnò il silenzio.
Ari era rimasta totalmente indifferente a quella sfuriata, come se non le avesse appena urlato in faccia. La crisi isterica di Claire la aveva letteralmente attraversata come l’aria. Sul suo viso non un muscolo si era mosso, neanche per un attimo lo sguardo di Ari aveva vacillato, era rimasto fermo in quello di Claire, inamovibile come la sua espressione.  
Claire continuava a fissarla tremante e agitata, riprendendo fiato.  
Le labbra di Ari si mossero impudenti.  
-Io non ho fatto niente!-
Claire fremette, sembrava di nuovo sul punto di esplodere. Il viso già rosso, se possibile, divenne ancora più rosso. Si portò le mani chiuse a pugno davanti alla bocca soffocando un urlo di frustrazione.
Kai le diede delle pacche sulla spalla.  
-Porta pazienza....- le disse.  
Lei si voltò verso di lui e lo guardò incredula e esasperata.  
-Dice che non ha fatto niente!-
-Lo so, ci penso io, va bene? Tu calmati!- cercò di rassicurarla Kai. -Respira....-
Claire chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.  
Takao, Max e Sayu assistevano a bocca aperta completamente allibiti.
-Capisci, continua a ripetere di non aver fatto niente!- continuò a farfugliare Claire sconfortata cercando un supporto in Kai che continuava ad annuire grave. -Non lo capisce... non capisce che cosa ha fatto...-  
-Lo so, lo so! Ci penso io, se vuoi puoi aspettarmi fuori, va bene?- le disse Kai comprensivo. -Prendi un po’ d’aria....-
-O mio Dio.... Che diamine è successo?- chiese a mezza bocca Takao.  
Kai che rassicurava Claire, Claire completamente sconvolta.... Quei due a malapena si sopportavano e ora si stavano supportando a vicenda! Doveva essere davvero tanto grave.
-È successo che mi hanno estromessa dal mio progetto perché uno dei miei assistenti ha passato qualche notte chiuso in uno sgabuzzino!- spiegò finalmente Ariel.  
-Perché ha passato qualche notte chiuso in uno sgabuzzino?- le chiese ingenuamente Takao.
-Ha disobbedito a un mio ordine e provato ad aizzare tutta l’equipe contro di me! Questa si chiama insubordinazione!- ringhiò Ari inviperita tornando a rivolgersi a Kai e Claire -In mare una volta per cose del genere si finiva a fare compagnia ai pesci! Io l’ho solo messo in isolamento, non l’ho spinto giù da una passerella dal trentacinquesimo piano!-
-Ah beh, se messa a confronto con i pirati....- borbottò Max cercando di trovare il lato positivo nella faccenda.  
-Isolamento?- esplose di nuovo Claire oramai esasperata. Era da quella mattina che cerca di farle capire la gravità delle sue azioni. -Si chiama sequestro di persona, è un reato! Quel poverino ha dovuto fare pipì in una bottiglia!-   
Sayu solo all’idea strinse orripilata la busta di broccoli surgelati.
-Ha un pene, non gli sarà venuto difficile farlo in una bottiglia! E ti ripeto che la porta non era chiusa a chiave, poteva uscire quando voleva!-
-Era terrorizzato da te!-  
-Non abbastanza a quanto pare da farlo stare zitto!- sibilò Ari.
-Scusate ma in due giorni nessuno si è accorto che c’era un tizio chiuso in uno sgabuzzino?- intervenne Takao cercando di capire al meglio la situazione. -Le altre persone che lavoravano lì.... Boris, Sergey e Yuri so che sono andati più volte lì per fare delle prove di lancio....-
Claire si lasciò sfuggire una mezza risatina isterica e si rimise la borsa al braccio.
-Gli assistenti erano troppo terrorizzati da lei per reagire e, a quanto pare, anche da loro! Quindi non hanno detto niente finché, per puro caso, non sono passata io stamattina!-  
-La gente trova terrificanti quei tre!?- chiese scandalizzata Ariel mettendosi dritta sulla sedia. -Sul serio, i tre orsacchiotti di riccioli d’oro!? È ridicolo!-
-Il punto è che...- continuò Claire ignorandola -… se non fossi arrivata io quel poverino sarebbe rimasto chiuso lì dentro per altri due giorni. Una volta fuori la voleva denunciare per sequestro di persona!-
Takao, Max e Sayu ora fissavano sconvolti Ari, ora Claire.
-È da stamattina che Kai e io passiamo da un ufficio all’altro e parliamo con gli avvocati per risolverei il suo problema....-
-Siete due incapaci!- le rinfacciò velenosa Ari. -Voi e tutti quegli avvocati del cazzo vi siete fatti mettere i piedi in testa da un segaiolo dalla pubertà ritardata!-
-Come ti permetti di darci degli incapaci? È tutto il giorno che siamo in giro a risolvere i tuoi casini! Quello di estrometterti dal progetto è stato l’unico modo per evitarti la denuncia e l’espulsione dal paese!-   
-Bel risultato del cazzo!- continuò sprezzante Ariel.
-Cosa avremmo dovuto fare secondo te, sentiamo!-
-Tu sei ricca sfondata, e tu...- disse Ari rivolgendosi ora a Kai con tutto disprezzo e lo sdegno che aveva in corpo -...sei un Hiwatari! Corrompi, compra, minaccia, taglia qualche testa, cazzo! Non hai imparato niente dal vecchio o te lo devo insegnare io come si fa?-  
Kai, che fino a quel momento aveva mantenuto una calma surreale, improvvisamente si irrigidì e si fece cupo e minaccioso. Appoggiò le mani sulla tavola e si sporse verso Ari che non sembrava minimamente intimorita da lui. Sostenne il suo sguardo dardeggiante con sfida.  
Max e Sayu si ritrassero. A Takao salì l’ansia a mille. Pregò con tutto sé stesso che la situazione non degenerasse tra quei due.
-A fare cosa- le chiese in un sibilo intimidatorio -a essere un Hiwatari?-
-A quanto pare sì!- gli rispose sfidandolo con orgoglio senza alcuno scrupolo, contro ogni buonsenso.
Tutti sussultarono tranne lei quando Kai caricò un pugno sul tavolo.  
Si sollevò e si allontanò di qualche passo girandosi di spalle cercando di calmarsi, prendendo dei profondi respiri. Per la frustrazione si stava mordendo a sangue l’interno della bocca.  
-Non ti permettere di parlare così a Kai!- la riprese Claire. -È stato comprensivo con te oltre il limite del razionale e tu non riesci a starti zitta per una volta!-
Takao sospirò affranto. -Ari...- la apostrofò con biasimo.  
Claire aveva ragione, straordinariamente Kai stava affrontando la questione con quanta più calma possibile, anche dopo quelle parole e quella sfacciataggine che avrebbero dovuto farlo diventare una belva.
Kai tornò a voltarsi, prese un profondo respiro. Era ancora teso in volto e dopo qualche attimo si decise a guardarla e a parlare di nuovo.
-Non siamo in Russia- le fece presente con tono grave tornando davanti a lei. -forse questo dettaglio ti è sfuggito! Non funziona così da queste parti! Al minimo sgarro ti buttano fuori dal paese!- Ari si morse il labbro e distolse lo sguardo. -Questo non deve assolutamente accadere!-
Seguì il silenzio. Non replicò, sembrò acquietarsi benché ancora carica di risentimento, ma tenne la festa orgogliosamente alta. Kai aveva perfettamente ragione.
Claire sospirò esausta.   
-Ma se non può...- prese la parola Takao, soppesando con attenzione le parole per non far scatenare di nuovo l’inferno -... Proseguire... come faranno a ultimare...-
-I beyblade sono stati assemblati- spiegò Kai posando le mani sui fianchi e Takao finalmente notò che c’era qualcosa di strano in lui -mancano solo i test per il collaudo. Abbiamo chiesto a Kappa di occuparsene, è lì già da stamattina!-   
-Ah ecco dov’era finito!- disse Max annuendo.
Ariel schioccò la lingua mettendo di nuovo tutti in allerta.  
-Ma per favore!- fece sprezzante.  
-Lo hai indicato tu come possibile supervisore in caso di tua assenza!- le ricordò lui duro.  
-Sì, prima che mi mandasse l’immagine di un gattino nella newsletter domenica!-
-Oh mio dio!- esclamò Claire esasperata riuscendo di nuovo a smorzare le lamentele della cugina. -È un ragazzino nerd asiatico, è normale che mandi gattini e newsletter! Oh bene, grazie tante Ariel, grazie davvero! Mi mancava proprio fare battute razziste nella mia lista delle cose da fare oggi!-
Takao corrucciò la fronte. -Kappa non è un nerd!-  
-Oh sì, lo è!- confermò Max serio e dietro di lui anche Sayu annuì con fervore.
-Adesso ascoltatemi bene tutti voi.- riprende la parola Kai rivolgendosi a Ari. -Tu resti qui per i prossimi giorni. Non pensare nemmeno per un momento di tornare al laboratorio, chiaro? Non devi tornare! Lascia fare i test finali a Kappa e stai tranquilla, il tuo lavoro è in ottime mani. Takao...- proseguì rivolgendosi all’amico -...ti prego, fatele mangiare del cibo vero, qualcosa di sano perché sono giorni che va avanti a caffè e redbull, e deve riposare perché non chiude occhio da quando mi ha consegnato Dranze!-  
Takao annuì serio.
-Visto che sei qui allora potremmo andare tutti insieme da Frappazy!- propose entusiasta Max ad Ari nel tentativo di tirarla su di morale, ma lei manco si degnò di guardarlo. L'unica cosa che ottenne il povero Max con la sua gioiosa proposta fu di attirare su di sé lo sguardo di totale disapprovazione di Kai.
-Cosa non ti è chiaro di “cibo sano”!- soffiò a denti stretti.  
-Ma il frappè....- balbettò Max cercando di giustificarsi.
-Non c’è un adulto in casa?- lo interruppe Claire spazientita, realizzando che stava lasciando una pericolosa sociopatica da manuale letteralmente a dei bambini!  
-Mio nonno è andato alle terme con gli amici per qualche giorno e mio fratello è dalla fidanzata.- spiegò Takao ingenuamente.
-Non potremmo lasciarla a Yuri?- propose Claire rivolgendosi direttamente a Kai come se gli altri non contassero e Ari fosse un pacco da scaricare.
-Yuri non la vuole!- le ricordò Kai. -E poi lui e gli altri staranno tutto il tempo al laboratorio per il collaudo.-  
-Rei?- chiese Claire. Lui le era sempre sembrato un tipo maturo e assennato.
-Aveva un appuntamento con una ragazza della provincia, torna domani.- disse Max.
Kai sospirò. -Almeno ha smesso di andare dietro a Mao!-  
-E voi due?- pigolò Sayu sperando che se la portassero via con loro.
-Io ho da fare nei prossimi giorni, non ci sarò.- rispose evasivo Kai.
-Io non posso, tra qualche giorno ci sono le amichevoli e sono in ritardo sulla tabella di marcia grazie a lei!- spiegò Claire lanciando un’occhiataccia a Ariel.
-Qual è il problema?- sbottò a quel punto seccato Takao, realizzando finalmente che tutto quel discorso era basato sul fatto che non si fidassero di lui. -Io e Ari non abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi di noi, ce la sappiamo cavare! Siamo già rimasti a casa da soli altre volte e siamo sopravvissuti mi pare! Stasera mangiamo qualcosa di sano e andiamo a dormire che domani ho anche la finale regionale di kendo!-
-Tu perché sei vestito come un damerino?!- esordì così Daichi entrando in cucina con passo baldanzoso, squadrando Kai da capo a piedi. -Sembri uno che deve andare a un funerale!- continuò aprendo il frigo e frugandoci dentro.
Takao e Max guardarono Kai e finalmente realizzarono. Era l’abbigliamento! Indossava un completo scuro elegante, e anche se la cravatta era allentata e la camicia bianca leggermente sbottonata, aveva comunque un aspetto completamente diverso dal solito.
-Ecco cos’era!- esclamò Max illuminandosi in volto. -Continuavo a fissarlo senza capire perché non mi sembrasse lui!-
-È vero, pure io!- convenne Takao. -È un bel completo!- si complimentò ammirato.
-Forse è sempre calmo, semplicemente ora lo notiamo perché non ha quelle braccia muscolose in vista....-
-Finitela tutti e due idioti!- li rimproverò aspra Claire rimettendoli in riga. -Secondo voi si sarebbe potuto presentare a degli avvocati vestito come un disagiato? Grazie al cielo sa come presentarsi e come comportarsi! È grazie a lui se lei è qui e non su un aereo per Mosca!-
-E tu che diamine di problemi hai?- chiese Daichi addentando la merendina, fermo davanti a Sayu e fissando la busta di broccolo semi scongelati dietro la quale la ragazza si stava nascondendo.
Sayu sussultò e strinse ancora di più la busta davanti alla faccia e pigolò qualcosa.  
Claire la guardò perplessa e ingenuamente chiese -Che cosa ha detto?-  
Max colse la palla al balzo e sganciò la bomba.
-Ha detto che Daichi non indossa la biancheria intima!-  
-E a te che ti frega!- sbraitò Daichi a una Sayu completamente paralizzata dall’imbarazzo.  
Claire sgranò gli occhi e arricciò il naso ancora di più, guardando il piccoletto in pigiama incredula.  
-È disgustoso!-  
Takao roteò gli occhi al cielo. Non aveva voglia di sorbirsi un’altra crisi isterica di quella papera della cugina di Ari.
-Daichi ti prego, ci sono due ragazze in casa, potresti cortesemente mettere la biancheria intima?-
-Col cavolo!- come era ovvio, il rosso protestò.
Max guardò di sottecchi Takao, tossì imbarazzato, gli diede una gomitata e con uno sguardo più che eloquente gli indicò Ari seduta proprio di fronte a loro.  
-Tre!- si corresse goffamente Takao. -Tre ragazze in casa volevo dire.... Va a vestirti!-
-Non me ne frega niente, il problema è loro! Ho intenzione di restare senza mutande fino a domani mattina!-
-O mio dio!- eruppe Ari esasperata. -Lasciatelo stare! Che diamine di problemi avete!-
-Questa ragazza mi piace!- disse Daichi sventolando compiaciuto la sua merendina smangiucchiata. -Lei può restare, le altre due se ne possono andare!-
-Credimi, non provo alcun piacere a trovarmi qui!- gli fece presente acidula Claire.
-Boris lo fa sempre!- le fece presente Ari. -Non mi pare che tu ti sia mai lamentata!-  
Kai nascose il viso dietro una mano e scosse il capo oramai rassegnato.
-Cosa?! Oh mio Dio, stai scherzando spero! È disgustoso, perché me lo hai detto, ora non riuscirò più a guardarlo!-   
-Che c’è, vuoi farmi credere che non lo sapevi?-
-Perché avrei dovuto?-
-Tsz! Come se non ti fosse mai cascato l’occhio!-
Claire annaspò indignata, mentre le risatine di Takao e Max accompagnavano i suoi balbettamenti.  
-Tu sei oscena!- scandì infine puntandole contro un dito. -A me non cascherebbe mai l’occhio sulle parti basse di un uomo, è indecente! Ancora più indecente è un uomo che gira senza biancheria in pubblico!-
-Ma è normale, hai idea di quanto deve essere fastidioso avere sempre tutto costretto la sotto, un po’ di libertà ci vuole ogni tanto....-
-Esatto!- esclamò Daichi a bocca piena.
-Cosa sarebbe questa, empatia?- chiese scandalizzata Claire -Riesce ad empatizzare con questo ma non con un ragazzo chiuso in uno sgabuzzino per due giorni?-
-Quello era uno sgabuzzino di lusso, aveva anche una sedia e non gliel’ho tolta! Avrei potuto togliergli anche la luce e non l’ho fatto!-
-Adesso basta!- tuonò Kai mettendo un punto a quell’inutile discussione. -Uscite, lasciateci soli per qualche minuto!-  
-Sai Kai, forse il tuo problema è proprio questo!- tornò a provocarlo Ari. -Forse dovresti provare anche tu a stare per un po’ senza mutande!-  
-Certo, cercherò di assomigliare di più a Boris, il mio nuovo modello di vita!- rispose sarcastico decidendo saggiamente di sorvolare sulla provocazione.
-Boris è un grande!- commentò Daichi facendo un sorriso tutto denti.
-La sua calma è esemplare oggi....- bofonchiò ammirato Takao all’orecchio di Max che annuì con vigore. -...inizio a preoccuparmi....-
-Cavolo hai ragione!-  
Kai li fulminò con uno sguardo e i due sussultarono.
-Vi ho detto fuori!- sillabò minaccioso.
-Sì, subito!- disse Takao con Max, Sayu e Daichi che lo seguirono a ruota fuori dalla cucina.  
-Ma nessuno si sta chiedendo che fine abbia fatto il gatto del professor Del Piffero?- chiese Max preoccupato sparendo nel corridoio.
Claire si diede una veloce rassettata per ridarsi un tono e si avviò fuori dalla cucina.  
-Ti aspetto in macchina!- disse soltanto. Si richiuse la porta alle spalle e nella cucina cadde il silenzio.
Dopo un’intera giornata, finalmente un attimo di tregua. Finalmente soli.
La guardò. Da quando erano arrivati era rimasta piantata su quella sedia a braccia conserte, l’espressione dura, profondamente risentita per l’ingiustizia subita.  
Nemmeno per un attimo aveva vacillato, aveva mostrato pentimento per ciò che aveva fatto o mostrato di aver compreso il suo errore. Era rimasta saldamente aggrappata alla convinzione di aver agito bene e di essere nel giusto.   
Afferrò una sedia e la mise accanto ad Ari. Si tolse la giacca, la appoggiò sullo schienale e si sedette. I comiti sulle ginocchia, testa china a raccogliere tutti i pensieri di quella giornata turbolenta e frenetica, mentre con la mano si massaggiava quella rovinata dalle cicatrici.  
Ari gli lanciò un fugace sguardo, soffermandosi infine proprio sulle sue mani. Non tradivano alcun nervosismo mentre si muovevano. Erano pallide, affusolate, belle e lo era anche la destra solcata dalle cicatrici bianche e sottili.  
-Sei arrabbiata con me e lo capisco...-
Lei alzò gli occhi sul suo viso. Era serio ma mancava della durezza e della severità che si sarebbe aspettata di trovarvi. L’apprensione nei suoi occhi violetti gli donava una dolcezza che non gli aveva mai visto.   
Le sue labbra si mossero e parlò di nuovo. Nella sua voce non c’era rimprovero ma la semplice l’urgenza e il bisogno di parlare con lei.    
-... ma ho bisogno che tu ora mi ascolti attentamente. È importante.-  
Ari tornò a tenere fissi gli occhi sulla parete di fronte a sé e tornò a bruciare nel petto l’umiliazione di essere stata ancora una volta privata di ciò che le spettava.
-So che Vorkof lo faceva con voi.- disse. Scrutò il suo profilo corrucciato con attenzione, ma non vi lesse nessuna reazione a quelle parole. -Vi metteva in isolamento per giorni come punizione, senza cibo né luce.- continuò -Non era una cosa giusta.-
Seguì un lungo momento di silenzio. Continuò a osservarla sperando di cogliere qualche segno che gli stesse almeno prestando ascolto. Ostinato il suo sguardo era fisso sulla parete di fronte, il suo volto duro e fermo come pietra.  
-Ricordi come ti faceva sentire restare chiusa in quella cella da sola, per giorni al freddo e al buio?-  
-Sollevata!- rispose dura, la voce bassa come un ringhio. -Voleva dire che me l’ero cavata con poco!-
Kai non vacillò e continuò con fermezza.
-Vorkof vi faceva delle cose orribili. Era un mostro, un uomo cattivo e perverso. Quando stai per fare qualcosa e ti rendi conto che è una cosa che lui ha fatto a te, a voi, fermati! Fermati e rifletti! Tu non vuoi essere come lui. Io lo so, sono sicuro che non lo vuoi.-  
Anche se lei sembrava totalmente impassibile era sicuro che quelle parole le fossero arrivate.
-Credimi, mi dispiace che tu sia qui anziché al laboratorio a completare il tuo lavoro, non è giusto. Tu hai ragione. Ma ti posso assicurare che nessuno te lo potrà mai potare via perché in quei beyblade ci sono tutta la tua bravura, il tuo ingegno e il tuo talento.-  
Prese Dranzer dalla tasca e lo mise sul tavolo, proprio davanti a Ari.  
-Guardalo Ariel.-
Lei abbassò gli occhi sul beyblade blu davanti a sé. Iniziò ad avvertire l’improvvisa pesantezza della maschera che orgogliosamente tratteneva sul volto. Altrettando prepotentemente però avvertiva gli occhi di Kai fissi su di sé.
-Lo hai fatto tu e lo amo profondamente.- le disse con spudorata sincerità e una morsa alla bocca dello stomaco la costrinse ad aggrapparsi a quel bey blu per non vacillare. -È la cosa più preziosa che ho!-
Kai abbassò il capo esausto e finalmente Ari ebbe un attimo di tregua.  
Kai si scrutò le mani rimettendo in ordine i pensieri. Parlarle con cuore in mano non era affatto semplice, era come camminare in un campo minato.  
-Mi sento in colpa e non per non essere riuscito a corrompere, minacciare o a fare altre cose da Hiwatari....- ammise -ma per non aver evitato che accadesse, per non esserti stato vicino prima...-  
-Non ho bisogno di una balia né di essere controllata!- tuonò Ari con rabbia.  
Kai alzò di nuovo gli occhi su di lei e la guardò, ma lei non ricambiò lo sguardo, non lo fulminò con rabbia come aveva fatto per tutto il giorno, si voltò dall’altra parte offesa.
-Non per farti da balia o controllarti Ariel.- le spiegò docilmente. -Avevi bisogno di sostegno e io non c’ero. Mi dispiace averlo capito solo adesso. L'unica cosa che avrei dovuto fare era esserci e non l’ho fatto.-    
Non sapeva se lei avesse avvertito la nota di amarezza nella sua voce, ma Kai non la nascose. Abbassò il capo sconfitto. Era così che si sentiva, amareggiato, deluso da sé stesso perché era dovuto succedere tutto questo per realizzare di che cosa avessero bisogno entrambi.  
Non sarai solo.... E invece proprio così erano finiti entrambi. Soli.   
-Scusa.-  
E ora per lui era troppo tardi per rimediare, il tempo era scaduto e questa consapevolezza lo devastò. Sentì nel petto una voragine aprirsi e mozzargli il fiato.  
Da lì a pochi minuti si sarebbe dovuto alzare, uscire da quella casa e fare il suo dovere e l’unica cosa che riusciva a pensare era che avrebbe voluto prenderle la mano e stringerla nella sua. Per trovare il coraggio e la forza che in lei sembravano abbondare. Per sentirsi meno solo.
Avvertiva l’urgente bisogno di sentire la sua mano nella propria, gli sarebbe bastato quel minimo contatto per sentirsi meglio, qualcosa alla quale aggrapparsi, un sostegno.  
Alzò leggermente il capo e la guardò. Lei era risentita e chiusa in sé stessa.  
Se solo avesse avuto il coraggio di parlarle, di dirle tutto, di dirle che aveva bisogno che lo salvasse... ma non ci riuscì. Tutte quelle parole gli rimasero come un grumo, bloccate in gola e le ributtò giù con spietata violenza.
Ari mantenne gli occhi inchiodati alla porta della cucina imponendosi di non girarsi a guardarlo. Si sentiva scossa, se si fosse girata e lo avesse guardato negli occhi non era certa che sarebbe riuscita a reggere quel suo sguardo e molto probabilmente sarebbe crollata. Lei non voleva cedere, non lo avrebbe fatto!  
Ma quando la mano di Kai le accarezzò la guancia si rese conto di essere tesa come una corda di violino. Avvertì sulla pelle il tocco delle sue dita e del palmo attirarla delicatamente a sé. Rimase paralizzata.    
Kai la avvicinò a sé, si sporse, le posò un bacio sulla guancia e avvertì un feroce dolore nel petto che salì fino in gola graffiandola.
Chiuse gli occhi, poggiò la fronte contro la sua e prese fiato accarezzandole il viso.
Ariel avrebbe voluto staccarsi la sua mano di dosso e urlagli di smetterla di essere così... qualunque cosa fosse con lei! Che tanto non sarebbe cambiato il fatto che era incazzata con lui o avrebbe voluto continuare ad esserlo, maledizione!
Non ci riuscì. Serrò gli occhi e lasciò che la sua mano le accarezzasse la guancia con dolcezza.
E rimasero così per diversi minuti.  
Lentamente il dolore che Kai avvertiva nel petto si attenuò fino a sparire e altrettanto fecero la tensione e la rabbia di Ari, dissolvendosi.
Qualcuno bussò alla porta destandoli.  
Dall'altra parte la voce di un uomo arrivò attutita. Il suo autista.
-Signor Hiwatari, dovremmo andare o arriverà in ritardo!-  
Kai interruppe immediatamente quel contatto.  
La mano che fino a poco prima era sul suo viso ora era serrata nervosamente in un pugno sul tavolo. Le cicatrici sul suo dorso spiccavano tirate sulla pelle.  
Quando parlò la voce era tesa e di nuovo autoritaria e minacciosa.  
-Non mi interessa!- tuonò Kai insofferente. -Che aspettino!-  
Prese un profondo respiro cercando di ritrovare la calma di prima.   
Guardò di nuovo Ari. La sua espressione non era più granitica, si era decisamente ammorbidita, sembrava assorta e teneva il broncio.
-Mangia e riposati, non pensare ad altro, ok?- le disse tornando a parlarle con lo stesso tono gentile di prima.  
Si alzò, recuperò Dranzer e infilò la giacca. Le mise una mano sulla spalla e la strinse.  
-Io ho degli affari da sbrigare e dovrò stare via un paio di giorni ma se dovessi avere bisogno di me Ari, per qualsiasi cosa, chiamami.- le disse e andrò via.  
E rimase lì seduta da sola, svuotata, immersa in un silenzio assordante, con lo sguardo perso, fisso sul punto in cui prima c’era Dranzer.  
Dopo non sapeva quanto tempo Takao bussò. Si appoggiò allo stipite della posta osservandola.  
-Max e Sayu sono andati a prendere un frappè.- le disse.
Lei alzò lo sguardo su di lui assente.  
Indossava ancora la divisa scolastica, le maniche della camicia erano arrotolate fino ai gomiti, le mani erano affondate nelle tasche. Era rilassato e le rivolse un mezzo sorriso rassicurante.  
-Se vuoi di là ti ho preparato un bel bagno caldo.-  
Lei distolse lo sguardo e non si mosse.
-Vai, rilassati!- disse infine avanzando verso la cucina -io intanto cucino così quando esci mangiamo e andiamo a dormire.-  
Iniziò a tirare fuori le varie cose dal frigorifero e dalla credenza e infilò il grembiule. Era da diversi giorni che rimuginava su una cosa e non sapeva se valeva la pena di parlarne con lei. Poteva benissimo essere una sciocchezza....
-Visto che sei libera domani mattina ti va di venire alla finale di kendo?- esordì titubante tirando fuori il tagliere dal cassetto e iniziò a sminuzzare la verdura appena lavate. -C'è qualcosa nel modo di combattere di... tu sai chi, che non mi convince....- disse vago.   
Anche se di spalle, avvertì gli occhi attenti di Ari premere contro la nuca.  
-Mi ha sempre dato come la sensazione che... che sia... finto. Forse se lo sto solo immaginando!-
-In che senso finto?-  
Takao si fermò cercando le parole migliori per descrivere quella strana sensazione.   
-La sua tecnica è perfettamente.... è come se fosse stata ripulita...- si voltò verso Ari continuando a parlare. -È come se mancasse l’impronta digitale, capisci che intendo?-
Takao guardò lei. Lei guardò lui. E per diversi secondi si fissarono in silenzio.  
-Sì, puoi ridere!- le disse infine.  
-No, no... ce la faccio!- disse lei scuotendo la testa e facendo una strana smorfia, come qualcuno che sta buttando giù un grosso boccone amaro, pur di rimanere dignitosamente seria.
-Fai pure, fino ad ora sei quella che ha resistito più a lungo!-
E così, davanti all’orrido grembiule da cugina di Takao, Ari alla fine fece l’ultima cosa che credeva sarebbe riuscita a fare in una giornata del genere: scoppiò a ridere.  
Takao annuì sorridendo rassegnato e divertito al tempo stesso. Si appoggiò al piano della cucina dietro di lui godendosi la risata di Ari che provava a tornare seria distogliendo lo sguardo ma, come attirata da un magnete, tornava sempre a guardare lui e il suo grembiule sconcio con stampato su il corpo nudo di una procace signorina.  
-È un regalo di mio padre del suo ultimo viaggio.- spiegò -Lo trovava divertente!-   
-Okay, okay....- Ari prese un profondo respiro, si schiarì la gola e si mise dritta. -Torniamo seri.... Sì, capisco cosa intendi, ti sei spiegato perfettamente. Se è questa la tua sensazione, e sono sicura che oltre ad averlo osservato l’hai pure affrontato più volte, beh allora io mi fido! Insomma chi meglio di te può capirlo, hai il kendo che ti scorre nelle vene. Io non ne capisco niente ma domani vengo, certo!-
Takao le si avvicinò porgendole un gambo di sedano per farle spizzicare qualcosa prima della cena. Lei lo prese iniziando a sgranocchiarlo.  
-Dai, vai a farti un bel bagno caldo che tra poco si cena!- a esortò chinandosi verso di lei per darle un bacio ma lei si scansò lasciandolo perplesso.  
-Scusa Takao ma questo è strano persino per me!- disse alzandosi, indicandogli col sedano sgranocchiato il petto con stampate su due tette prorompenti.  
-Ah sì, che problema c’è....- disse lui. Si sfilò via il grembiule le si avvicinò e le posò un bacio sulle labbra.  
 

 

 

 

 

La macchina procedeva spedita attraverso il traffico.  
Da quando erano partiti non si erano rivolti la parola.
Kai guardava fuori dal finestrino, le strade sfilavano via sotto il suo sguardo cupo e assente.  
Al lato opposto del sedile, Claire lo osservava di sottecchi con apprensione, indecisa sul da farsi. L'avrebbe sicuramente mandata a quel paese, ma in tutta coscienza lei non era tipo da ignorare così spudoratamente qualcuno in difficoltà. Avvertiva la sua tensione e la sua angoscia invadere l’abitacolo come uno scadente profumo di sottomarca.
Quindi si mosse con determinazione, come era suo solito fare. Si spostò sul sedile di fronte e si sedette proprio di fronte al ragazzo, fissandolo risoluta, schiena ben dritta e testa alta.
Lui le lanciò solo un’occhiata ammonitrice prima di tornare a guardare fuori.  
Il braccio appoggiato al finestrino, il viso teso seminascosto dietro il pugno chiuso, sguardo cupo e tagliente.  
Dietro la freddezza di quegli occhi Claire vi poteva leggere senza difficoltà una rabbia irrequieta e tanta malinconia.
Doveva ammetterlo, quel giorno Kai l’aveva sorpresa positivamente. Spiazzata addirittura!  
Aveva tirato fuori un lato di sé che non aveva potuto non ammirare. La grinta, la fermezza, il totale controllo e l’autorevolezza quasi dispotica. Si era trasformato dal ragazzo che aveva conosciuto a scuola, disinteressato, pigro e annoiato, a uno che sapeva come, dove, perché e cosa voleva e la otteneva, ora e subito!
Era assolutamente certa che nessuno dei suoi amici del suo ambiente sarebbe stato all’altezza di affrontare un problema del genere da solo e con tale prontezza. Erano un gregge di agnellini a confronto. Lei stessa si era ritrovata spaesata e aveva cercando disperatamente il supporto di suo padre, presa totalmente dal panico.  
Ma ora si rendeva conto che quella stessa spietata determinazione che aveva potuto ammirare quel giorno, gli si stava ritorcendo contro.  
Lei non sarebbe rimasta in silenzio a guardarlo commettere un errore del genere!
-Kai, ti parlerò da amica.- fu la sua premessa.  
Lui non reagì.  
-Non lo fare!- proseguì grave. -Dammi retta, non ne vale la pena, qualsiasi sia il motivo, per una cosa del genere non c’è prezzo a pagare. È la tua vita!-  
-Sono solo affari.-    
-No, non sono solo affari, è qualcosa di molto più importante e tu chiaramente lo sai!-
Niente, la sua determinazione non vacillava.  
Claire in un disperato tentativo decise di cambiare strategia. Si sporse verso di lui, gli afferrò la mano che teneva sulle gambe accavallate e la strinse forte, cercando di infondergli quanta più vicinanza e solidarietà possibili.
-Ti prego, Kai!- lo supplicò cercando di attirare la sua attenzione, sperando che la guardasse. -Ti darò tutto il mio supporto se è quello che ti serve, avrai le spalle coperte!-
Ma la sua mano si ritrasse dalla sua stretta.  
La macchina rallentò e si fermò.
-È una questione di famiglia.- disse lapidario.
-Ma tu non vuoi!- Claire avvertì un crampo allo stomaco mentre la disperazione iniziava a trapelare nella sua voce. -È un sacrificio troppo grande quello che ti si sta chiedendo di fare!-
Lo sportello si apri alla sua destra.  
-Sei arrivata!- le disse soltanto. E finalmente la guardò negli occhi.  
Claire si accorse di aver piantato le unghie nella pelle del sedile.
-Non farti questo...- continuò supplichevole.
-Vattene!- tuonò lui facendola sobbalzare.
Per quanto Kai potesse dimostrarsi irremovibile e spietato nei suoi confronti, Claire lo vedeva bene, quella spietatezza non era rivolta a lei ma a sé stesso.
Si morse l’interno del labbro per l’amarezza e la frustrazione. Prese un profondo respiro e alzò il capo con coraggio, guardandolo dritto negli occhi.  
-Buona fortuna Kai!- rispose asciutta e scese dalla macchina.   

 

 

 

 


Takao mise a tavola i piatti, si sfilò il grembiule e andrò nel salone dove Daichi stava guardando la tv in panciolle sul divano.  
-Vai a lavarti le mani e a tavola, è pronta la cena!-  
-Come, di già?- chiese lui seccato. Erano appena iniziati i cartoni delle sette!   
Takao attraversò il corridoio e raggiunse il bagno. Bussò ma non rispose nessuno. Schiuse la porta e si affacciò. Di Ari nemmeno l’ombra, ma il telo che le aveva preparato non c’era.
Richiuse la porta fissando il corridoio vuoto e per un attimo lo colse la non tanto assurda idea che fosse scappata e tornata contro ogni buon senso al laboratorio.  
-Ari...- la chiamò con una nota di preoccupazione nella voce. -La cena è pronta!-  
Non ricevette risposta.  
Andò verso la sua camera. Probabilmente si stava solo vestendo.
-Ehi Ari, è pronta la cena!- disse bussando leggermente.  
Nessuna risposta. Cavolo, gli era scappata! Si fece vivido nella mente l’aspro rimprovero di Kai che gli rinfacciava di non essere in grado di tenerla l’occhio nemmeno per mezzora!
Aprì la porta e tirò un sospiro di sollievo. Era lì, addormentata sul suo letto, raggomitolata sul bordo, stretta al cuscino. Aveva messo una delle sue magliette gialle e i pantaloni grigi di una tuta, i capelli erano rimasti leggermente umidi sulle punte. Non ebbe il cuore di svegliarla, doveva essere esausta.
Avanzò nella stanza e tirò le tende. Tolse il telo umido dai piedi del letto e uscì richiudendosi la porta alle spalle cercando di non fare il benché minimo rumore.  
Le avrebbe lasciato la cena in caldo per quando si fosse svegliata.  
 

 

 

 

 

Eccoci qui a fine capitolo!  
Spero che vi sia piaciuto, che vi abbia divertito e niente....  
La battuta di Takao “ci sono due ragazze... tre, volevo dire tre” non era voluta, semplicemente scrivendo di getto e mi sono resa conto di aver sbagliato a contare e quindi l’ho lasciata perché perfetta per Takao.
Nella parte in cui Kai parla a Ari e restano da soli in cucina, l’idea iniziale era quella di farla tutta completamente incentrata su Kai, sulle sue sensazioni e sentimenti, escludendo completamente Ari dall’equazione per dare quella sensazione di “muro”. Poi scrivendola mi sono resa conto che non mi riusciva così sbilanciata, i loro pensieri dovevano andare come due rotaie. E poi arrivati a questo punto non avrebbe avuto senso rendere illeggibile Ari al lettore.  
Stessa cosa nella scena della macchina. L'avevo immaginata con un’introspettiva su Kai, focalizzata su di lui ma nella pratica non poteva funzionare. Dare la scena in mano a Claire invece avrebbe spiegato molto meglio lo stato d’animo di Kai, in maniera molto più chiara perché “vista da fuori” e da una persona empatica, a differenza della scena precedente con Ari dove c’è il rifiuto di entrare in contatto con lui.
Il grembiule nella scena del grembiule, mi serviva qualcosa per alleggerire la situazione e spero che abbia funzionato. Invece Frappazy è (grande fantasia) la parola frappè e crazy, non sapevo come chiamare un locale che fa frappè ed è venuta fuori questa oscenità che suona malissimo.
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui. Scusatemi l’analisi, temo di non ricordare come si scrivere un commento alla fine del capitolo XD.
Al prossimo capito! Baci e baciozzi a tutti!  

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Capitolo 49
*** Il cerchio ***


49 il cerchio Ciaooooo! eccomi di nuovo qui.
Vi avverto subito: questo capitolo è "diverso". Diciamo che volevo sperimentare. Inizialmente volevo pubbliccarlo anche con una seconda parte più "standard", ma i giorni passavano e ho elaborato diversamente perchè questa prima parte ha "un'identità" ben definita. Quindi prendetevi di coraggio e fatevi avanti e spero di rivedervi a fine capitolo xD.
Consiglio come accompagnamento alla lettura, per rendere tutto molto più immersivo, di mettere come sottofondo la soundtrack di Stranger Things.
ps: mi scuso come sempre per gli eventuali errori di battitura e simili. Purtroppo anche se leggo e rileggo mille volte il capitolo prima di pubblicare, io non li vedo. Anzi, più leggo e meno li vedo xD.



49. Il cerchio.  

Aprì gli occhi. La stanza di Takao era in ordine, immersa nella luce pallida e fredda che filtrava dalla finestra. Era ancora notte.  
Si tirò su. Doveva controllare le email, doveva esserci la relazione di Kappa sul collaudo di Seaborg. Si alzò e attraversò la stanza fino all’interruttore della luce. Lo schiacciò ma la luce non si accese.  
Osservò la stanza, provò di nuovo. Niente. La luce non si accese.  
Uscì nel corridoio, lo percorse al buio diretta al salone. Lì c’era il pc di Takao, avrebbe usato quello per controllare la posta. Doveva assolutamente vedere come erano andati i test su Seaborg.  
Quel buio iniziava a darle fastidio, se lo sentiva premere addosso. Entrò nella stanza alla sua sinistra e si fermò. Era in cucina.  
Cercò con la mano l’interruttore della luce lungo la parete. Schiacciò ma di nuovo niente. La luce non si accese.  
Takao era ancora lì con la divisa scolastica addosso che sminuzzava le verdure. Le dava le spalle.   
-Non ti sei accorto che manca la luce?- gli chiese seccata.  
Lui si strinse nelle spalle indifferente.  
Come riusciva a cucinare al buio?  
Uscì da lì dall’altra porta che portava direttamente nel salone. Doveva controllare le email. Nella sua mente però iniziò a insinuarsi la strana consapevolezza che la disposizione delle stanze non fosse giusta.  
Avanzò nella stanza.  
Daichi era seduto sul divano davanti al televisore acceso. Quel riquadro luminoso sembrava non bastare ad illuminare l’intera stanza immersa in un buio sempre più opprimente.  
Cercò il pc, doveva essere lì sul tavolino ma non c’era.  
Continuò a fissare il tavolino confusa, perché ne era sicura, il pc era lì ma non lo vedeva.
-Non dovresti essere qui!- disse Daichi all’improvviso senza nemmeno voltarsi a guardarla. Continuava immobile a fissare il televisore acceso senza audio.   
Aveva ragione, non avrebbe dovuto essere lì. Doveva scendere nel seminterrato, era lì in computer.
Tornò nel corridoio. Iniziava a darle profondamente fastidio quell’oscurità. Cercò di nuovo l’interruttore tastando con impazienza lungo la parete ma non lo trovò.  
Alzò lo sguardo. Takao era in fondo al corridoio. Con sé aveva una katana.  
-È da questa parte!- le disse con la sua solita voce rassicurante. Si voltò e si incamminò.
Lo seguì. Entrarono nel dojo. In fondo c’era una porta che non aveva mai notato prima. Takao la aprì, dava su un giardino, un giardino nascosto che non aveva mai visto prima, simile a quello dove di solito si allenavano, solo più piccolo e chiuso tra delle alte mura di pietra.
Avanzò guardosi attorno. La luce della luna illuminava ogni angolo di quel giardino. Si fermò al centro perplessa. Dal cielo cadevano leggeri e brillanti fiocchi di neve.
Quello non era il seminterrato!  
Si soffermò su Takao. Le stava sorridendo, vedeva solo parte del suo viso ma era certa che le stesse sorridendo. Non capiva.  
-Non era questo quello che cercavi?- le chiese.  
-No! Sto cercando il seminterrato!- rispose più infastidita di quanto pensasse di essere. -Te l’ho detto!-
Si fece più vicino di qualche passo.
Non è Takao.
Perché, se riusciva a vedere chiaramente tutto il giardino, ogni angolo, lui sembrava sempre immerso nell’ombra?  
Le fu di fronte. Stava ancora sorridendo.  
Non è Takao.
Una voce molto lontana in fondo alla sua mente la mise in allerta.
Cercò di guardarlo negli occhi. Il suo viso era strano, sbagliato.  
Non è Takao.  
-Ho detto che voglio andare nel seminterrato!- ribadì imperiosa, ignorando quella sensazione.
-Sì...- continuava a sorriderle. -…certo.-
Ari lo guardò ancora e finalmente vide i suoi occhi.  
Quello non era Takao!
Ne aveva l’aspetto, ma non era Takao.  
Non doveva reagire. Se avesse reagito.... ma lui sapeva che lei sapeva. Era consapevole.
Fulminea la mano di lui si strinse in una morsa intorno al suo collo.  
Una pressione lenta, costante, inesorabile. Le tolse il respiro.
Si sentì soffocare, afferrò il suo braccio cercando disperatamente di allentare la presa.
Il suo viso finalmente allo scoperto. Due occhi neri come la pece, malevoli si inchiodarono nei suoi.  
La neve continuava a depositarsi sul terreno tutt’intorno sempre più alta.
Le mancava l’aria. Si dimenava, provava a liberarsi a scacciarlo ma più ci provava e più si sentiva inerme, indifesa e debole.
Poi il rumore di una lama e in un attimo la katana la attraversò da parte a parte mozzandole il fiato e il sangue imbrattò la candida neve per terra.  
Si svegliò di soprassalto, col respiro mozzato, gli occhi sgranati.
Si mise a sedere. Era solo un sogno. Stava sognando!
Era solo uno stupido incubo ma il sangue rosso vivo sulla neve candida era ancora impresso vivido nella sua mente, così come la sensazione della lama nelle viscere era dannatamente reale.  
Si passò le mani sul viso e poi tra i capelli riprendendo fiato. Si calmò.  
Si guardò attorno. Era ancora notte e lei era ancora tanto stanca, poteva e voleva dormire. Si soffermò sulla sveglia sul comodino. Non riuscì a leggervi l’ora ma sapeva di potersi rilassare e continuare a dormire.
Anche sé.... Kappa, la relazione!
Aveva lasciato tutta la parte dei collaudi in mano a Kappa!  
Si alzò dal letto immediatamente.  
Aveva dei dubbi sul disco di zavorra di Seaborg. Ne aveva preparati tre e doveva vedere i risultati del collaudo su campo.       
Si vestì distrattamente continuando a rielaborare nella mente i dati e le statistiche dei tre anelli di zavorra di Seaborg. E se avesse sbagliato a calcolare le proporzioni? O ancora peggio, se avesse sbagliato lega?  
Doveva andare al laboratorio.  
Aprì la porta, uscì nel corridoio buio continuando a ripetersi che la lega era quella sbagliata, non avrebbe retto agli urti, sarebbe andata in mille pezzi dopo qualche incontro. Doveva rifarlo da capo, avrebbe dovuto contattare di nuovo i fornitori e farsi spedire tutto entro i tempi!
Uscì nel giardino.    
C'era Max che giocava con un gattino che teneva stretto tra le braccia.  
Che diamine ci faceva lì a quell’ora?
-Dove vai?- le chiese mentre lei attraversava il giardino verso l’uscita secondaria.  
-Al laboratorio. Devo fare di sana pianta l’anello di zavorra di Seaborg. Ho sbagliato i calcoli....-  
-Ok!- rispose lui continuando a giocare col gattino.
Anche se si trovava all’aperto la sensazione di trovarsi al chiuso era palpabile. Aprì il portone. Doveva andare o avrebbe sforato coi tempi. Attraversò il cortile e entrò nel laboratorio.  
Era tutto spento, tranne i monitor. Dove stavano i suoi assistenti? Stavano oziando?! Lo sapeva che non doveva fidarsi di Kappa, li aveva sicuramente rimandati a casa a riposare.  
Si sedette davanti a uno dei computer e guardò lo schermo.  
Non riusciva a leggere.  
Sforzò la vista provando a decifrare i simboli sullo schermo, ma lettere e numeri continuavano a cambiare, a muoversi e ballare.
Maledizione! Non aveva tempo!
Cercò ancora di leggere le parole sullo schermo, ma queste continuarono a muoversi finché finalmente non si fermarono. Le lesse, ci provò ancora e ancora. Si accostò di più provando a mettere a fuoco.  
Perché non riusciva a leggere?  
Non erano nella sua lingua. Erano una serie di simboli che non conosceva.   
Si allontanò e si alzò lentamente. Un senso di angoscia torno a schiacciarle il petto. Il buio attorno a lei sembrò avvolgerla come un mantello sempre più pesante.
Si guardò attorno scrutando la stanza buia illuminata solo dalla fredda luce dei monitor accesi.
Quello non era il laboratorio della BBA.   
Abbassò lo sguardo. Aveva addosso la sua enorme e incolore uniforme.  
Doveva coprirsi, doveva nascondersi. Il Dottore voleva che lo tenesse nascosto, non voleva che Vorkof lo sapesse. Poteva lavorare solo di notte quando non c’era nessuno. Doveva analizzare gli incontri dei gironi preliminari della squadra estone, aveva delle scadenze da rispettare. Ma non riusciva a leggere....
Non aveva senso.
Guardò ancora le parole indecifrabili sullo schermo, poi una porta in fondo al laboratorio attirò la sua attenzione.  
Era lì, immersa nell’oscurità. Un riquadro nero nella parete di pietra.  
Al di là di quella porta c’era l’ambulatorio del Dottore.  
Al di là di quella porta c’era qualcosa di terrificante.
Ma non poteva trovarsi davvero lì. Lei era in Canada adesso. L'avevano trasferita, l’avevano curata. Era andata via!
Quella porta....
Dietro quella porta....
Era come un buco nero che risucchiava la sua attenzione e lei.
Si toccò l’addome e il ventre.
No, non era in Canada, ma non poteva neanche essere al monastero!
Quanto tempo era passato? Cosa era successo?  
Dietro quella porta qualcosa di mosse.
Stava di nuovo sognando. Stava solo sognando! Quello era un sogno!
Non si era neppure alzata dal letto, era rimasta lì!
Doveva svegliarsi. Chiuse gli occhi.
Dietro quella porta....  
Doveva svegliarsi.
...era dietro quella porta e si muoveva!  
Doveva svegliarsi!
Aprì gli occhi.  
Scrutò il buio sopra di lei. Il soffitto. Era sveglia!  
Era... era in Giappone... a Tokyo... nella camera di Takao... era con i Bladebreakers, fuori dalla Borg.  
Respirò a fondo e deglutì mentre il senso di angoscia si dipanava.  
Maledizione, era così stanca! Aveva così tanta voglia di continuare a dormire, avrebbe solo voluto girarsi dall’altra parte e riprendere sonno, ignorare quei sogni, ma sapeva di doversi alzare e sciacquare la faccia con dell’acqua fredda, ne aveva bisogno.  
Si tirò su rassegnata e uscì dalla stanza.  
Entrò in bagno e accese la luce.  
Si impose di non pensare a quello che aveva sognato. Erano solo sogni strani e assurdi. E poi gli anelli di zavorra di Seaborg non avevano niente che non andava! Erano tutti e tre perfetti. Era solo in apprensione perché avrebbe voluto controllare tutto di persona e non poteva.
Aprì l’acqua del rubinetto evitando di guardarsi allo specchio.
Non è solo quello.
Si appoggiò al lavandino.  
Prepotente quella porta tornò vivida nella sua mente.  
La scacciò.  
Mise le mani sotto l’acqua e si sciacquò il viso. Uno, due, tre volte....  
Si appoggiò al lavandino mentre di nuovo un senso di oppressione le stringeva la gola.  
Non era niente!  
Ancora. Mise le mani sotto l’acqua e si sciacquò il viso. Uno, due, tre volte....
Non guardare nello specchio.
Prese l’asciugamano e si tamponò il viso, lentamente. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.  
Non guardare nello specchio.
Non era niente. Solo stupidi sogni.
Abbassò l’asciugamano.
Aprì gli occhi e nello specchio lo vide.
Nell’angolo alle sue spalle, per terra che ancora di muoveva e urlava, ricoperto di sangue.
Il fiato le si mozzò in gola, forse urlò, forse non ci riuscì. Spalancò la porta e si precipitò fuori, nel corridoio buio in preda al terrore e andrò a sbattere contro qualcuno.  
-Ari! Ari che succede?- Takao la afferrò per le spalle e la scosse allarmato. -Che cosa hai?-  
Provò a parlare ma non le uscì la voce. Provò ancora ma niente. Era terrorizzata. Si voltò verso il bagno.  
Era ancora lì dentro, quella cosa era ancora lì!
Takao la lasciò, la scansò e si fermò davanti la porta del bagno, guardandovi dentro preoccupato.    
-Qua non c’è niente!- le disse perplesso ora guardando lei preoccupato.
Incrociò le braccia davanti allo stomaco. Un nauseante senso di vuoto la avvolse. Non c’era niente lì dentro. Come....
Si sentì accapponare la pelle e qualcosa la distrasse.  
Si guardò attorno.
Avvertiva una presenza, una presenza talmente vicina che poteva sentirsela addosso.  
-Takao, c’è qualcuno in casa!-  disse in un fiato.
-Ari, tu non ti senti bene!- le disse allarmato avvicinandosi. Le poggiò una mano sulla spalla. -Devi sdraiarti!-  
-Ti ho appena detto che c’è qualcuno in casa!- gli rinfacciò spazientita.  
Ma l’aveva sentita o no?
Continuò a stringersi le braccia sullo stomaco, trovando sempre più difficile rimanere dritta.  
-Non stai bene!- ribadì Takao ora sorreggendola per le spalle.  
Doveva recuperare le armi che aveva nascosto sotto le assi dell’armadio di Takao.  
-Devi sdraiarti!- la stava guidando fino in camera sua.  
Oramai era piegata in due, non riusciva a stare dritta.
-C’è qualcuno in casa!- disse di nuovo allarmata.   
Ma lui sembrava non sentirla e finalmente realizzò: non era lui a non sentire ma lei a non parlare. Dalla sua bocca non era uscito un fiato.  
E la sensazione di quella presenza di fece sempre più forte. Doveva avvertirlo, doveva prendere le armi.  
Takao la fece stendere sul suo letto.
-Sono lì, sotto le assi a destra!- provò ancora Ari sforzandosi con tutta sé stessa di parlare, di fare uscire un suono dalle sue labbra. -C’è un intruso in casa! Prendile!-
-Calmati Ari, calma, andrà tutto bene!- continuò Takao tenendola ferma sul letto. -Respira!-  
Ari provò a prendere un profondo respiro, a calmarsi, ma l’unica cosa che riusciva a fare era pensare che erano in pericolo, che le sue armi erano così vicine ma non riusciva a raggiungerle.  
-Respira!-  
Distolse lo sguardo dall’armadio e si rivolse a Takao.  
-Ti prego lasciami, c’è qualcuno in casa!- cercò di urlare ma ancora non ci riuscirci. -Devo fermarlo!-  
-Respira!- Takao continuava a non sentirla e a tenerla ferma, piantata contro il materasso.  
-Calma, Mayer, calma, andrà tutto bene!-
Non è Takao.
-Respira! Tra poco sarà tutto finito....-
Ari sgranò gli occhi terrorizzata, completamente inerme, paralizzata in balia dell’essere che incombeva su di lei.  
Provò a muoversi, a divincolarsi, la non ci riuscì. Non un muscolo del suo corpo rispose.
Provò a parlare ma si rese conto che nemmeno la sua bocca si stava muovendo.  
-Takao, ti prego!-  
Non è Takao.
Qualunque cosa o chiunque fosse quell’essere, lentamente si stava abbassando su di lei. La pressione sul suo petto, sul suo ventre aumento fino a schiacciarla, a soffocarla.  
Delle mani, tante mani la afferrarono. Le sentiva risalire lungo le gambe, le braccia, le si strinsero intorno alla gola....
Provò ancora ad urlare, ancora e ancora senza riuscirci. La sua bocca era serrata. Le sue urla morivano in lei. Nessuno l’avrebbe sentita. Takao, ovunque fosse, non sarebbe venuto, nessuno l’avrebbe fatto.
Il terrore le attanagliava la mente.  
Inerme, sopraffatta da quelle presenze, sotto quella cosa che aveva solo le sembianze di Takao ma non era lui, completamente paralizzata mentre si abbassava su di lei, il suo fiato sul collo e sfiorarle l’orecchio.... Le sue fauci si spalancarono....  
Vattene!  
Chiuse gli occhi e strinse le dita.
Non si mossero.
Il peso sul petto la stava tritolando. La stava divorando.
Si mosse sopra di lei. Le mani, tante mani la toccavano, attanagliavano, la bloccavano.
Vattene!
Le dita, doveva solo muovere le dita! Concentrati!
E lentamente, una dopo l’altra avvertì quelle mani invisibili lasciarla, quelle presenze allontanarsi. Il peso sul suo petto allentarsi fino a dissolversi e quella presenza su di sé sparire.
Aprì e chiuse il pugno, più volte e il suo corpo lo fece davvero.
Si rese conto che il suo respiro era regolare.
Le labbra si dischiusero lentamente.  
Gli occhi spalancati sullo stesso soffitto buio.  
Mosse anche le gambe e si accorse che rispondevano.  
Ma aveva paura, paura che fossero ancora là nel buio. Aveva paura di vederli lì acquattati nell’ombra, fermi ad osservarla, pronti a tirarla giù di nuovo. 
Alzò la mano e si toccò il collo. Avvertiva ancora il suo respiro sulla pelle, come un'impronta.
Si fece forza e si tirò su e un dubbio le si affacciò alla mente.
E se non ti fossi ancora svegliata?
Si alzò. Nonostante dentro si sentisse scossa, scombussolata e terrorizzata, il suo corpo era stranamente rilassato.
Senza guardare altro, si precipitò sull’interruttore della luce vicino alla porta.  
Aveva la soffocante sensazione di essere chiusa in una scatola senza uscita.  
Esitò con le dita ferme sull’interruttore. Se non si fosse accesa....
Premette e la luce inondò la stanza.  
La osservò. La passò in rassegna. C'era tutto, era la solita stanza, non c’era niente di insolito o di strano. Era tutto perfettamente come doveva essere.  
La luce si era accesa.  
Si era accesa e la stanza sembrava reale. Eppure, non riusciva a pensare, aveva come una voragine dentro, un enorme nulla.
Si strofinò la mano sul collo. Era ancora lì.
E se non ti fossi ancora svegliata?
Doveva uscire!  
Aprì la porta e si precipitò nel corridoio buio. Non provò ad accendere la luce. Non voleva cercare l’interruttore. Se non lo avesse trovato....  
In fondo c’era l’ingresso. Doveva riuscire ad attraversarlo. Un passo dopo l’altro, lo aggiunse. Si sentiva le gambe molli.  
Si infilò gli stivali frettolosamente. Poi l’occhio le cadde sulla consolle. Accanto alle chiavi di casa c’era un cellulare. Senza pensarci troppo lo afferrò, aprì la porta e uscì.  
Il giardino era immerso nella luce perlacea della luna, proprio come prima. Ebbe difficoltà a riconoscerlo.  
Solo un paio di metri la dividevano dal portone di legno e dalla strada.
E se non ti fossi ancora svegliata?
Si fece coraggio. Lasciò la porta alle sue spalle, attraversò con una facilità disarmante quei pochi metri e con altrettanta facilità aprì il portone e fu fuori.
Guardò la strada a destra e a sinistra.
Così come la stanza di Takao, le sembrò di riconoscerla, era perfettamente normale, la strada di sempre.
Iniziò a camminare. Dopo qualche metro si accorse di stringere spasmodicamente qualcosa nella mano.  
Era un telefono.
Fece per accenderlo ma qualcosa la fermò.  
E se non fosse riuscita a leggere? E se di nuovo le lettere e i numeri avessero preso a muoversi e a cambiare?
E se fossi ancora lì?
Cliccò il tasto d’accensione e lo schermo si illuminò. Sulla schermata riuscì a distinguere le varie icone. Cliccò sul tasto delle chiamate.
Una lista di nomi apparve.
Si passò una mano sul viso sconvolta, imponendosi di calmarsi.  
Era in giapponese. Lo aveva riconosciuto, era una cosa positiva. Lei lo sapeva, lo sapeva leggere, doveva solo calmarsi!  
Li fissò. Gli ideogrammi non si mossero, rimasero lì fermi ad aspettare che lei li leggesse.
Selezionò un nome, due ideogrammi.  
Il telefono squillò nel suo orecchio, alternando a ogni lungo suono basso e vibrante una pausa altrettanto lunga e vuota.  
Ti prego, rispondi!
A ogni squillo, una pausa, a ogni pausa si sentiva svuotare l’aria dai polmoni.  
E se non ti fossi ancora svegliata?
Se non ci fosse stato nessuno dall’altra parte? Se in verità non si fosse ancora alzata da quel letto, se fosse stata ancora lì, dietro quella porta, dentro l’ambulatorio....
E se non ti fossi mai svegliata?
Un altro lungo silenzio.   
E se non ti fossi mai svegliata?
La strada davanti a lei iniziò a stringersi e a svuotarsi.
La mano che teneva il telefono vicino all’orecchio tremò.
E se non ti fossi mai svegliata...

...  
-Takao, dimmi!-  
L'aria rientrò prepotentemente nei polmoni, come se fosse appena uscita da una prolungata e forzata apnea.
Quella voce!  
Aveva risposto.
La sua voce.  
-Takao!- tuonò impaziente la voce dall’altra parte del telefono.
Aprì la bocca e provò a parlare ma le uscì solo un respiro smorzato. Quel vuoto le aveva fatto dimenticare come fare uscire la voce.
Se non fosse riuscita a parlare come avrebbe fatto a chiedere aiuto?
Dall'altra parte, nonostante l’impazienza iniziale, seguì un attimo di silenzio.
Non riusciva a parlare. Guardò davanti a sé la strada buia e deserta, dannatamente vivida e reale, e il cielo nero iniziò a chiudersi su sé stesso, a precipitare e a premere pesante sui tetti delle case.  
-Ariel.-  
Sentire pronunciare il proprio nome da quella voce la destò.
Prese un respiro e deglutì. Aveva la bocca completamente asciutta.  
Come una bolla, quel vuoto in lei si infranse quando la sua voce attraversò flebile le sue labbra.  
-Kai....-








Eccomi!
Spero che vi abbia messo tanta angoscia perchè è quello che volevo fare XD!
Come dicevo a inizio capitolo ho voluto sperimentare, andare fuori dalla classica narrazione e immergermi nella dimensione onirica. Ho voluto creare un labirinto, una specie di spirale, un loop.... per riuscire a scriverlo e entrare nel "mood" giusto ho messo a ripetizione per ore e ore la soundtrack di Stranger Things. Avevo provato pure con quella di Dark (se non l'avete mai visto fatelo, è stupendo) però, anche se più vicino come idea, la sua colonna sonora mette una fottutissima ansia addosso e l'ho dovuta togliere.
Quindi, come mai una scelta del genere? Bene, volevo condividere con voi le mie ansie e i miei attacchi di panico ovvio xD! Soffro da anni di paralisi del sonno, incubi ecc....
Link di approfondimento https://healthy.thewom.it/salute/paralisi-sonno/#:~:text=La%20paralisi%20del%20sonno%20%C3%A8,senso%20di%20paura%20e%20ansia.
Probabilmente anche qualcuno di voi, putroppo, ha questo problema e sa già di che parlo.  
Alle volte anche se la riconosco e so che cosa mi sta succedendo rimango comunque bloccata in un circolo in cui sono convinta di essermi svegliata e invece sono ancora lì bloccata. Sogno di svegliarmi più e più volte senza farlo davvero.
Nel capitolo la parte vera e propria della paralisi del sonno è quella finale dove "Takao" la tiene blocca sul letto e delle mani la toccano, la bloccano e avverte le presenze intorno a lei. Lei lì è effettivamente sveglia. Si tratta di allucinazioni visive, uditive e tattili che si verificano appunto durante il risveglio. Di solito si percepiscolo come fantasmi, demoni, ombre, ma a quanto pare se ti abitui ai classici mostri questi diventano anche figure normali che non ti aspetti (tipo Takao in questo caso) e quindi non ti rendi conto subito che non è reale. In questo caso mi sono ispirata (ahimè!) a quando mi capitò che questo "mostro" prese le sembianze di mia madre. mi sentì la sensazione di quel  respiro sul collo per giorni.
Sono certa che dopo questa mi manderete la neuro a ritirarmi a casa XD!
Anche se può sembrare un capitolo così, fine a se stesso, che non fa progredire la trama ci sono sparsi piccoli dettagli e inizi sparsi qua e là.
Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso. Magari è deludente ma spero che leggerlo possa aiutare chi soffre di questi disturbi del sonno (e che non li faccia venire a chi non li ha XD).
Prometto un prossimo capitolo divertente, lo giuro, ci proverò!
Vi mando un bacione!
Pinca <3

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