Il ritorno di Medea

di Classicboy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova vecchia minaccia ***
Capitolo 2: *** Debuttano i protagonisti! ***
Capitolo 3: *** Quando le Parche ci mettono lo zampino ***
Capitolo 4: *** Una notte agitata ***
Capitolo 5: *** Promesse tra fratelli ***
Capitolo 6: *** Orologi di bronzo e fiamme infernali ***



Capitolo 1
*** Una nuova vecchia minaccia ***


PROLOGO: UNA NUOVA, VECCHIA, MINACCIA

 

Sembrava una giornata normale sull'Olimpo, una come le altre. Le Muse accordavano i loro strumenti, le divinità minori passeggiavano tranquille per le vie della città, spiriti della natura offrivano nettare a individui assetati.

Eppure, nella sala del trono, il re degli dei era inquieto.

Zeus non sapeva il perché del suo stato d'animo, eppure sentiva dentro di sé che c'era qualcosa che non andava. Si alzò in piedi e prese a misurare a grandi passi la sala rimuginando tra sé e sé. Erano anni ormai che Gea era stata sconfitta, e dalla sua scomparsa, a parte un paio di episodi che avevano visto coinvolto suo figlio Apollo, non c'erano più state gravi minacce all'Olimpo.

Ma non si poteva dire, anche perché presto sarebbe stato l'equinozio di primavera, il momento del consiglio degli dei, il momento in cui una fazione tra bene e male poteva scavalcare l'altra e prendere potere.

Si rimise seduto sul trono e si massaggiò le tempie.

In quel momento entrò nella sala Era, che vedendo il marito in quella situazione gli si avvicinò preoccupata. Era vero che i loro rapporti non erano stati sempre rosa e fiori, però lei era la dea del matrimonio e amava Zeus, e pertanto lo avrebbe sempre sostenuto.

“Cosa c'è che non va, mio signore?” gli domandò sedendosi sul bracciolo e posando una mano sul braccio del dio.

Lui fece uno svolgiato gesto della mano: “Nulla. Solo un po' di ansia, una sensazione. Ma forse è dovuto solo alla stanchezza...”

Era si morse il labbro, preoccupata. Non volevo dirglielo, ma anche lei da un paio di giorni a questa parte avvertiva come la presenza di una minaccia incombente.

Fece per aprire bocca, quando l'intero palazzo prese a tremare. Era una scossa profonda, che risaliva dalle viscere della terra e che distuggeva tutto. Le ninfe prese a gridare, gli dei imbracciarono le armi più vicine come a volersi difendere da un nemico invisibile, gli spiriti dei venti si dissolsero per poi riformarsi confusi come non mai.

Zeus si alzò e prese a guardarsi attorno allarmato. Era lo raggiunse e si strinse a lui, mantendo comunque un'espressione fiera e combattiva.

Dopo pochi minuti il terremoto si spense. Persino da quell'altezza le due divinità sentivanogli allarmi degli aggeggi mortali.

“Zeus... cos'è stato?” domandò la dea a mezza voce, intmorita.

“Non lo so, ma qualunque cosa fosse non prometteva niente di buono”

In quel momento si materiallizò in un lampo d'oro Ermes, il messaggero degli dei. Aveva un'aria trafelata e i ricci scompigliati.

“Mio signore, ha percepito il terremoto?!” domandò.

“Ovvio, è arrivato fin quassù. Che notizie mi porti dal mondo mortale, Ermes?”

“Mio signore, il terremoto è stato percepito in tutto il paese. Non si è capito bene da dove abbia avuto inizio, fatto sta che si è trasmesso a macchia d'olio. Inoltre c'è la possibilità che si sia diffuso anche nel resto dei continenti”
Zeus impallidì, prima di domandare: “Danni?”

Il messaggero tirò fuori il caduceo sotto forma di Smartphone e prese a scorrere il display: “Non troppo, per fortuna. Dei feriti, alcuni problemi in un paio di fabbriche, ma nulla di serio. Poi...”

In quel momento ci fu un secondo lampo e comparve un'agitata Demetra.

“Zeus! Devi fare qualcosa!” urlò in direzione del fratello.

“Che intendi?” domandò il dio del cielo.

“Il terremoto! Tutte le mie povere piante! Quello stupido terremoto ha ucciso alcune di loro, e rovinato altre!”
In un altro lampo comparve Dioniso: “Concordo con la vecchia. Anche le mie povere viti sono state danneggiate. Quello non era un terremoto naturale”

“E allora? Cosa pensate che possa fare?” chiese seccato il dio.

“Punisci il colpevole, no?!” strillò isterica Demetra.

“Non sappiamo chi sia” le ricordò Zeus.

“Oh, ma andiamo vecchio. È ovvio chi sia stato”

“Davvero?”

Il dio del vino annuì: “Ma certo! Chi è il dio dei terremoti? Sveglia: a causarlo è stato il vecchio baraba d'alghe!”

“Mi spiace contraddirti, ma io non centro niente” intervenne una nuova voce.

In un lampo blu fece la sua comparsa Poseidone preoccupato.

“Si da il caso che io non sappia assolutamente nulla di quel terremoto, che ha anche danneggiato parte del mio regno. Varie zone di mare sono state rovinate. Inoltre fratello sono qui per avvisarti di un fatto - si voltò a guardare Zeus - Il terremoto si è trasmesso anche al di là dell'oceano, e ha coinvolto anche Europa, Africa, Asia e Australia. Chiunque lo abbia provocato dispone di un potere immenso”

“Oppure non è stato causato volontariamente”

Nell'ennesimo lampo di energia, stavolta argento, comparve Atena.

“Oh bene, ci mancava solo la cervellona” borbottò il dio del mare indispettito.

Atena lo ignorò, prima di tornare a rivolgersi a Zeus: “Padre, ho riflettuto su quanto è appena accaduto, e non credo che questo terremoto sia stato voluto”

“Che intendi dire, Atena?”

“L'unica creatura talmente potente da poter creare un terremoto globale sarebbe Gea, ma come tutti sappiamo è stata, forunatamente, sconfitta anni fa. Pertanto l'unica altra spiegazione è che sia accaduto un evento di una portata talmente grande da scuotere l'universo sin nelle sue fondamenta”

Non appena ebbe finito di parlare ci fu un altro lampo e comparve stavolta Apollo. Ma era diverso dal solito: non aveva i vestiti impeccabili né i capelli perfetti e il suo volto era stravolto. Nei suoi occhi brillava una luce spaventata.

“È terribile! - urlò in preda al panico - Ho avuto una visione, una visione funesta di ditruzione e rovina”

Zeus si alzò allarmato: “Spiegati meglio, figlio mio”

Apollo respirò a fondo cercando di calmarsi mentre gli altri gli offrivano una coppa di nettare: “Non so di preciso cosa fosse, era un'immagine nebulosa, però ho percepito una grave minaccia, qualcosa di.... di... imparagonabile, una minaccia nuova”

L'intero gruppo di divinità fu scosso da un brivido.

Una minaccia nuova... Non i titani, non i giganti e nemmeno Gea. Qualcosa che non avevano mai affrontato e che poteva servirsi di poteri così grandi... cosa poteva essere?
In quel momento ci fu un lampo nero e nella sala fece la sua comparsa Ade.

Tutti sapevano che il dio non si presentava mai a palazzo a meno che non fosse successo qualcosa di davvero grave.

Zeus lo osservò serio e con un cenno lo invitò a parlare.

Ade abbassò la testa e con voce tremante rivelò la tremenda notizia: “Qualcuno ha rapito Stige”

Un silenzio sbigottito si impadronì della sala.

“Non è possibile...” mormorò Zeus prima di correre in direzione del braciere più vicino. Nella sua mano comparve una coppa piena d'acqua che verso sulle fiamme creando del vapore ed un piccolo arcobaleno: “Iride, mostrami l'oltretomba e lo Stige”

L'attimo dopo comparve una visione innaturale. Nella nebbia appparvero le desolate spiagge degli inferi, però c'era qualcosa che non andava. Dov'era il rumore dell'acqua contro le rive? I lamenti delle anime? Perché era tutto illuminato da una luce diversa, più chiara?

Semplice: lo Stige si era gelato. Le acque del fiume infernale erano diventate di ghiaccio nero, la spuma grigia era immobile, gli oggetti e i rimpianti dell'umanità erano congelati in quella raccapricciante distesa nera.

Ecco cos'era stato quel terremoto, ecco cosa lo aveva causato. Qulalcuno, il nemico profetizzato da Apollo, aveva rapito la divinità dei giuramenti e a causa di questo aveva fatto congelare un luogo antico quanto il tempo, un luogo potente che viveva nel mondo mortale, in quello degli inferi e persino nel Tartaro.

“Chi ha osato?” domandò a mezza voce il re degli dei mentre si guardava attorno, come per vedere se qualcuno degli altri dei fosse colpevole di un fatto tanto grave.

In quel momento una risata cristallina e un po' folle invase la stanza, un risata femminile, acuta, una risata che fece tremare tutti gli dei presenti.

Si voltarono e videro ferma nella penombra una donna, un po' avanti negli anni, ma molto bella, con l'incarnato tipico delle popolazioni mediorientali che vivono sul Mar Nero, i capelli neri come l'ebano acconciati in una treccia complicata e antica, gioielli le ornavano i bracci e un vestito elegante le fasciava il corpo snello.

I presenti non ci misero molto a riconoscerla... e a imbaracciare le loro armi. Zues la saetta, Poseidone il tridente, Atena la lancia, Apollo l'arco, Demetra la spada.

“Medea” ringhiò la dea della sagezza.

La strega si esibì in un inchino provocatorio: “Miei signori, è un piacere per vedervi”

“Come hai fatto a comparire qui?!” le domandò Dioniso.

L'antica principessa si limitò a fare un gesto con la mano e la sua intera immagine tremolò: “Io non sono davvero qui, questa è una mia proiezione psichica”

“Pensavamo fossi morta anni fa, che fossi tornata negli inferi a subire la punizione che ti era dovuta”

“E invece sono sopravvissuta”

Un silenzio teso si fece largo nella sala.

“Cosa vuoi?” domandò alla fine Era facendo un passo avanti.

Medea si limitò a sorridere: “Non l'avete ancora capito? Sono stata io a rapire Stige”

Un mormorio si diffuse tra gli dei.

“E perché ti saresti presentata qui allora?”

“Semplice, vi voglio offrire uno scambio” riveloò la strega.

“Non trattiamo coi pazzi e con gli assassini” ringhiò Ermes.

Medea lo fulminò: “Ascolta almeno le mie richieste prima, dio dei ladri. Ecco cosa vi propongo: o io vi restituisco Stige e voi in cambio mi rendete immortale...”

“MAI!” fu la risposta generale.

“Oppure io assorbirò la sua essenza e diverrò la nuova dea dei giuramenti” rivelò con una scintilla folle Medea.

Un silenzio incredulo si impadronì degli dei.

“Ah! - ruppè il silenzio Ade - Questo non è possible. Non puoi rubare un essenza divina”

“Certo che posso... se possiedo un incantesimo del libro di Toth”

Gli dei rimasero a bocca aperta: “Come...?”

“Tempo fa - raccontò Medea - Incontrai il fantasma di uno stregone egizio. Mi disse di chiamarsi Setne e di essere in possesso di un potente libro di incantesimi. Visto che entrambi eravamo accomunati da un odio viscerale verso i nostri dei e dal fatto che avremmo adoperato tutto il grande potere a nostra disposizione pur di diventare onnipotenti, mi feced dare un'occhiata a quel libro e io ne presi giù alcuni appunti. Ed ora dopo anni, sono finalmente riuscita ad ottenere l'incantesimo per assorbire l'essenza di una divinità minore. Ed eccomi qui a proporvi il patto: o rendete le cose facili e mi rendete una divinità seduta stante e nessuno farà del male a Stige, oppure mi rendete le cose difficili e io la assorbirò”

Un silenzio sbigottito avvolse la sala.

Alla fine fu Apollo a parlare: “Ma noi disponiamo di validi eroi, useremo loro per trovarti e sconfiggerti. Abbiamo persino i sette della profezia”

“Ne siete sicuri? - domandò con un sorriso crudele Medea - Io darei un'occhiata al Campo Giove se fossi in voi”

Allarmato Zeus si fiondò verso il braciere e chiamò di nuovo Iride.

“Mostrami il Campo Giove” quasi urlò il signore del cielo.

Nella nebbia apparve l'immagine dei campi intorno a San Franciso, un'immagine di quiete e calma. Non pareva esserci nulla che non andava. Però in quel momento si vide una nuvola avanzare verso la città. Solo che non era una nuvola. Era un gigantesco ammasso di polvere d'argento, che man mano si faceva sempre più vicino.

“Ma cosa...”

“È una mistura speciale, lo ricavata prendendo un po dei capelli di Medusa” rivelò Medea con un sorriso spettrale.

Mano a mano gli dei realizzarono cosa ciò significasse.

“No, Percy!” urlò Poseidone scattando in avanti come se così potesse aiutare il figlio che da anni viveva con la sua famiglia a Nuova Roma.

Ma non poteva fare nulla. La polvere man mano invase le strade. Non si sentirono urla, ma quando la letale pozione se ne andò tutto fu accolto da un silenzio irreale.

Con un groppo alla gola Zeus ingrandì l'immagine di una delle strade, e tutti gli dei si ritrassero inorriditi di fronte alla visione che si parò loro dinnanzi agli occhi: statue. Statue di pietra di tutte le forme e dimensioni, che raffiguravano donne e uomini, vecchi e bambini, cani e gatti, ogni singolo essere vivente, e ciascuno di essi era scolpito nei minimi particolari.

Ma sapevano tutti benissimo che non si trattava di semplici statue: quelle erano persone in carne e ossa, pietrificate dal crudele sortilegio di Medea.

In quel momento un urlo roco risuonò nella sala, e prima che la strega potesse rendersene conto una lancia la trapassò.

L'immagine scomparve, salvo poi riapparire poco distante, un sorriso strafottente sul volto, diretto verso Atena. Il braccio della dea era ancora teso verso dove aveva lanciato la sua arma, uno sguardo di rabbia e odio puro sul volto solitamente altero.

“Mia signora - la canzonà la donna - Non è da lei perdere così il controllo. Un comportamento del genere me lo sarei aspettato da Poseidone, o da Ade. Non di certo da...”

“Restituiscimi subito mia figlia, strega!” urlò infuriata la divinità.

“No, e anzi, penso che sia giunto il momento per me di togliere il disturbo. Vi do tempo 6 giorni, fino all'equinozio di primavera, per farmi sapere la vostra risposta per quanto riguarda la mia offerta. Se rifiuterete, allora sappiate che per allora anche il mio incantesimo sarà pronto, e Stige morirà. Vi invito a riflettere saggiamente e a fondo sulla mia proposta”

“Abbiamo sempre il Campo Mezzosangue! Ti fermeranno loro!” ruggì Demetra.

Medea sorrise crudele: “Non credo proprio, ho inviato anche a loro una sorpresina. Purtroppo avevo finito l'essenza dei capelli di Medusa, pertanto mi sono dovuta accontentare, ma sappiate che senza i loro eroi più potenti i vostri amati discendenti greci andranno incontro alla loro rovina. Scegliete: la salvezza dei vostri figli o la vostra? Vi invito a mostrare ancora una volta il vostro egoismo, dei dell'Olimpo” e scomparve con una risata stridula.

Le divinità rimasero in silenzio, alla fine fu Dioniso a parlare: “Forza, che stiamo aspettando? Chiamiamo a raccolta qualche nostro semidio e fermiamola, no?!”

Zeus si buttò a sedere sul trono, la testa tra le mani: “Non possiamo, l'hai sentita? Se mandiamo i nostri figli più potenti tutti gli altri moriranno”

“E con ciò? Da quando ti interessa così tanto la tua discendenza, vecchio? Tra l'altro non ci sono nemmeno figli tuoi tra di loro”

“Negli ultimi anni sono cambiate molte cose, Dioniso. Percy Jackson ci ha insegnato molto” mormorò soltanto il re degli dei, salvo poi alzarsi e andare risoluto verso l'uscita.

“Che stai facendo, fratello?” domandò Poseidone.

“Non lo so, ho bisogno di fare qualcosa, non riesco a stare fermo dopo che Jason è stato... stato...”

“Aspetta, padre!” lo richiamò Atena.

Il dio si fermò e si voltò a guardarla. Si vedeva che anche lei era scossa dopo ciò che era successo alla sua figlia prediletta, ma nonostante tutto aveva comunque ripreso subito il suo tipico sangue freddo, e aveva probabilmente già elaborato una strategia.

“Cosa ci suggerisci di fare, Atena?” le domandò il re degli dei, sperando che l'altra avesse un piano.

“Medea ha commesso un grave errore nella sua strategia. Lei stessa ci ha detto che non possiamo inviare eroi potenti contro di lei, però persone di livello, per così dire, medio? Non ci ha precluso completamente ogni via di offesa, ce l'ha solo limitata”
“E tu credi che un gruppo di semidei di secondo livello possano fermare quella pazza?” chiese incredulo Poseidone.

Atena si voltò a fissarlo, un sorriso furbo sulla bocca: “Anche il più forte dei predatori deve arrendersi di fronte ad un branco di lupi. Ricordati sempre, zio: è l'unione che fa la forza. E guard'a caso io ho già in mente qualcuno che potremmo chiamare in nostro aiuto...”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Egregio popolo del fandom di Pjo: sono tornato!

Ma non vi preoccupate, il mio ritorno non è come quello di Medea all'interno di questa storia, ma più... piacevole, (o almeno lo spero XD ).

Ho voglia di mettermi alla prova, e ciò mi ha portato a scrivere questa: la mia prima (e probabilmente unica) interattiva.

Parlando della storia di per sé: sin dal primo libro di Eroi dell'Olimpo la fine di Medea mi ha intrigato. Nessuno ha detto di averla davvero vista morire, e sappiamo tutti quanto quella strega sia potente e astuta, da qui l'ispirazione di fare di lei l'antagonista per i nostri nuovi eroi. Ad un certo punto Medea cita Setne, uno degli avversari più temibili della saga “The Kane Chronicles” sempre di Rick Riordan. Mi sembrava carino inserirlo, ho pensato “ehi, sono entrambi maghi, sono entrambi anime fuggite dal mondo dei morti, sono entrambi dei killer sociopatici, cosa ne nascerebbe da un incontro tra i due?”.

Per l'idea di Stige è una cosa che mi è nata non appena ho saputa dell'esistenza di questa dea.

Ma passiamo all'interattiva di per sé: ci sono alcune regole che vi vorrei chiedere di rispettare nel caso in cui mi vogliate inviare un OC:

 

1) Vietati figli dei tre pezzi grossi (Zeus, Ade e Poseidone);

2) Vietati i figli di dei che non possono averne, e cioè vietati discendenti di Artemide, Estia e Era;

3) Non siate ricercati nella parentela divina! Mantenetevi sugli dei che si sa avere figli al campo Mezzosangue, e cioè gli altri 8 dei maggiori, Ecate, Tiche, Nemesi, Ipnos, Nike ecc ecc. Non mi venite fuori con cose come figli di Borea o di Nix o simili, vedete voi;

4) Non fatemi, ovviamente, semidei perfetti, ma non fatemeli nemmeno più sfigati di Edipo, per favore. Della serie: va bene essere sfortunati, ma anche alla sfiga c'è un limite. Inoltre rischierebbero di essere leggermente parodistici se li fate di quelli troppo “mai 'na gioia”. Inoltre cercate di non essere troppo scontati;

5) No figli di divinità romane o Cacciatrici, solo figli di dei greci.

 

Queste sono le regole.

Mi servono, per ora, 2 semidei maschi e 3 femmine, inoltre non prenderò figli o figlie di Atena, in quanto non c'è l'ho fatta e ho inserito nella trama anche un mio OC che è, appunto, figlio della dea della saggezza. Ma non vi preoccupate, non sarà il protagonista unico della storia, ma condividerà il palcoscenico con i vostri, come è giusto che sia.

Sappiate che apprezzero qualunque personaggio mi manderete, inoltre c'è la possibilità che qualche personaggio scartato inizialmente comparirà nel corso della storia come comparsa o simile, e spero che non ve la prenderete nel caso in cui non scelga i vostri personaggi. Grazie mille.
Potete mandarmi l'adesione alla storia o con una recensione o su messaggio privato. Le schede mandatemele tramite mesaggio privato, grazie.

Ora le schede personaggio:

 

Nome:

Cognome:

Soprannome (se ce l'ha):

Sesso:

Età (tra 15 e 19 anni):

Orientamento sessuale:

Aspetto:

Carattere:

Parente divino:
Genitore mortale:

Rapporti con entrambi i propri genitori:

Storia:

Arma (se la possiede):

Poteri (se ne possiede qualcuno in particolare):

Difetti:

Paure:

Cose amate e odiate:

Altro (se volete aggiungere ancora qualcosa):

 

 

Non so come sarà l'aggiornamento di questa storia e spero inoltre di riuscire a portarla a termine. Conto molto sul vostro sostegno.

Vi aspetto con ansia nel prossimo capitolo gente, bye!!!!!

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Capitolo 2
*** Debuttano i protagonisti! ***


CAP.1: DEBUTTANO I PROTAGONISTI!

 

Rachel teneva stretta la tazza tra le mani, rischiando quasi di romperla. Il volto si rispecchiava nel liquido ambrato del thè, rimandando l'immagine di una giovane donna estremamente preoccupata.

C'era qualcosa che non andava: prima il terremoto, poi l'improvvisa scomparsa di Dioniso che ancora non tornava, e per finire quell'improvviso dolore lancinante alla testa, accompagnato da quelle strane e dolorose visioni.

La rossa chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi e di riportare alla mente ciò che aveva visto: una donna emaciata rinchiusa in una gabbia di bronzo che tremava per il freddo, come se fosse nel bel mezzo di una tormenta di neve; una città spettrale piena di statue, nei cui angoli più nascosti si muovevano ombre minacciose; sei figure armate che si apprestavano ad affrontare una donna circondata da saette e lampi di magia e potere. E infine un'ombra insidiosa che avanzava verso il campo, fino a farlo scomparire nella più completa oscurità.

La giovane emise un respiro tremante. Non si trattava di una profezia, di questo ne era sicura, ma in un modo o nell'altro era certa che quelle visioni fossero legate al futuro.

In quel momento uno scalpiccio di passi la riportò al mondo reale. Alzò la testa dalla tazza e vide entrare Chirone nella sua forma ibrida, con la coda che si muoveva nervosamente alle sue spalle.

“Allora, come ti senti?” le domandò preoccupato il centauro.

Rachel si sforzò di mettere su un sorriso: “Sto bene, tranquillo. Beh, più o meno. Piuttosto, sei riuscito a contattare Dioniso o qualcuno degli altri dei? Sei riuscito a scoprire cos'è stato quello strano terremoto?”
Il centauro sospirò affranto: “Non ho scoperto nulla sul terremoto, però ho parlato col signor D, il quale mi ha detto: 'non preoccuparti vecchio mio, è una faccenda da nulla. Piuttosto fa continuare la routine ai marmocchi come se nulla fosse, sono stato chiaro?' ”

Rachel si morse il labbro: chissà perché quel mesaggio non la rassicurava affatto.

“E cosa hai intenzione di fare?”
“Non abbiamo alcun indizio su cosa stia succedendo, pertanto direi che l'unica cosa che possiamo fare è seguire le indicazioni del nostro direttore e far continuare le attività come se niente fosse. Vieni ora, dobbiamo rassicurare i ragazzi”

La donna annuì e lo seguì con passo nervoso.

I due arrivarono sul portico della Casa Grande e subito furono assordati dalle domande dei campeggiatori in merito al terremoto.

Dopo qualche minuto finalmente Chirone riuscì a richiamare la folla all'ordine.

“Semidei e semidee, non sappiamo nulla riguardo al terremoto, però possiamo assicurarvi che gli dei sono già all'opera a riguardo. Il nostro direttore, il signor D, è già andato a risolvere la questione. Inoltre mi ha anche esortato a farvi continuare le vostre attività e di non preoccuparvi di quanto è accaduto”

“Questo significa che stasera ci sarà Caccia alla bandiera?!” urlò una voce nella folla.

Chirone sospirò. Figli di Ares, avevano delle priorità tutte loro.

“Sì, signor Oakler, stasera ci sarà Caccia alla bandiera come da programma”

Questa affermazione fu accolta da un mormorio di sollievo da parte dei campeggiatori.

“Bene, ed ora tornate alle vostre attività, ci vediamo stasera a cena”

I ragazzi presero a disperdersi, chiacchierando del più e del meno. Rachel li osservò andare via, fino a che il suo sguardo non incrociò degli occhi di un grigio talmente chiaro da sembrare bianco. Appartenevano ad un ragazzino di 17 anni, la pelle abbronzata e i corti capelli color della sabbia scompigliati, come se fosse appena uscito dall'acqua dopo una nuotata. Sembrava perfettamente nella media, con il fisico asciutto e l'altezza nella norma, ma c'era qualcosa in quegli occhi che attraeva Rachel come una calamita.

“Ehi, Rich, vieni sì o no?” urlò in quel momento una ragazza con una treccia di capelli biondo grano.

Il giovane sobbalzò, prima di voltarsi e correrle dietro, urlando: “A-arrivo!”

La donna lo guardò andare via, prima di avvicinarsi al Centauro.

“Chirone, chi è quel ragazzino abbronzato coi capelli castani?”
“Come? Oh, Richard Morse, un figlio di Atena. Intelligente, come tutti i suoi fratelli, perfettamente nella media come abilità fisiche e di combattimento. È un bravo ragazzo, anche se talvolta ha la tendenza ad estraniarsi dal mondo e a distrarsi, finendo spesso per farsi del male”

Rachel annuì, mentre si portava una mano al viso pensierosa.

Qualcosa le diceva che, qualunque crisi stessero per affrontare, quel giovane avrebbe senz'altro giocato un ruolo chiave.

 

 

Rich si sedette sugli spalti dell'arena, mentre si portava ansimando la bottiglietta d'acqua alla bocca. Ne bevve un paio di sorsi e subito si sentì meglio.

Il giovane si guardò attorno cercando di riprendere le forze, mentre osservava i suoi fratelli e le sue sorelle allenarsi a coppie sotto lo sguardo attento di Jessie. Le lezioni di scherma erano sempre sfiancanti, ma quel giorno lo stavano stancando più del solito.

Lo sguardo prese a girovagare sul panorama familiare del Campo, fino a fermarsi sulla Casa grande. Il giovane si bloccò e prese a riflettere, col cervello che andava a mille.

C'era decisamente qualcosa di strano dietro al terremoto di prima, e inoltre Chirone pareva più agitato del solito, per quanto avesse cercato di non darlo a vedere. Senza contare poi il pallore innaturale sul volto dell'Oracolo.

Ma cosa era successo di così grande al punto da non volerli informare? Cosa era successo di così terribile da far scomodare perfino il loro pigro direttore? Qual'era stata la causa di quel terribile terremoto? Come mai gli dei volevano far passare tutto sotto silenzio? Cosa...?

“Rich!”

Il ragazzo sobbalzò a sentire il suo nome e si versò metà del contenuto della bottiglietta addosso.

“Oh, cavolo” si lamentò, prima di alzare la testa di fronte a sé, dove c'era la ragazza con la treccia che poco prima l'aveva richiamato.

“Ehi, Ambra” fu l'unica cosa che disse, mentre un timido sorriso di scuse si formava sul suo volto.

La sorella sospirò, esasperata: “Sono cinque minuti che ti chiamo, eri di nuovo con la testa tra le nuvole, eh? Per l'ennesima volta Rich, quando siamo nell'arena smettila di far funzionare il cervello e fa lavorare i muscoli”

L'australiano borbottò sotto voce qualcosa della serie “Non è colpa mia” oppure “Io ci provo, non posso farci niente se sono distratto”.

L'altra alzò gli occhi al cielo, mentre mormorava: “Dei, datemi la forza”, prima di prenderlo per un braccio e portarlo in mezzo al campo.

A quel punto prese la spada e si mise in posizione di combattimento: “Forza, è il momento di allenarci”

Rich sospirò e si preparò mentalmente per l'ennesima sconfitta a mano della sorella, prima che l'aria fosse pervasa da una serie di profonde risate gutturali.

“Oh dei, vi prego, fate che non siano loro...” mormorò solo il giovane, mentre alzava gli occhi al cielo, prima di spostare la sua attenzione sull'entrata dell'arena. Lì un gruppetto di una quindicina di ragazzi e ragazze grandi e grossi si faceva avanti, dandosi spintoni o ridendo in maniera sguaiata.

“Divina Atena, perché proprio i figli di Ares?” mormorò il figlio di Atena mentre rinfoderava la spada e andava ad unirsi al fianco di Ambra assieme ai suoi fratelli e alle sue sorelle, che avevano interrotto gli allenamenti.

I discendenti del dio della guerra sembravano averli notati, e adesso la loro attenzione era tutta su di loro.

“Ehi, che ci fate voi secchioni qui? Non dovreste essere in biblioteca a studiare qualche piano per evitare la figuraccia di stasera?” domandò un ragazzo coi capelli rosso fuoco e un sorriso sarcastico, facendosi avanti e facendo scoppiare una risata da parte degli altri.

Dimostrava forse diciassette anni, l'incarnato era chiaro e sulla pelle erano presenti varie lentiggini, che facevano a coppia con diverse cicatrici. Gli occhiali da vista neri brillavano alla luce del sole.

Ambra si scostò dal gruppo, per nulla spaventata: “Tutti possono usare l'arena, e poi non servono piani a battere delle scimmie armate di spada, Kevin” rispose a tono, mentre alle sue spalle vari dei suoi fratelli sorridevano compiaciuti.

Il sorriso scomparve velocemente dal volto del ragazzo, mentre il volto si faceva rosso come i capelli, rivelando il carattere irascibile del giovane: “Modera le parole, Valentine, e magari non ci andremo troppo pesanti con voi secchioni, stasera”

Rich si accostò alla sorella, irritato: “Non ci fate paura, ed ora smammate, se non volete ricevere una lezione come quella dell'ultima volta”

“Ehi, nessuno parla così a mio fratello!” esclamò un giovane, talmente simile al primo da poterne sembrare il gemello. A parte il fatto che era completamente albino.

Rich storse la bocca: “Nessuno ti ha interpellato, Kian, e poi è stato lui a iniziare”
“Senti senti, il piccoletto fa la voce grossa” lo prese in giro il giovane abbassandosi leggermente per arrivare alla sua altezza.

Rich arrossì di botto: “Va a farti fottere, Murphy” balbettò.

Il ragazzo sorrise malizioso a quelle parole: “Sicuro che non sia tu a volere che lo faccia io a te, Morse”

Rich arrossì ancora di più, e sarebbe saltato alla gola del figlio di Ares se i suoi fratelli non lo avessero trattenuto a forza: “Ti ammazzo Murphy! Lasciatemi andare, lasciatemi subito!”
“Oh, che c'è? Toccato un punto delicato? Aspetta che ti tocchi in un altro punto e allora il mio nome lo pronuncerai con molto più piacere” continuò l'albino facendo scoppiare i suoi fratelli in una risata ancora più sguaiata.

A quel punto Ambra si fece avanti e zittì tutti quanti con una semplice occhiata. Daltronde c'era un motivo se era la nuova capocabina di Atena.

“Ora ce ne andiamo. Ci vediamo stasera a Caccia alla bandiera, e preparatevi a piangere” fu l'unico commento che fece, prima di andarsene assieme ai suoi fratelli.

La giovane si avvicinò a Rich, che si era appena calmato: “Per l'Olimpo, Richard, calmati. Che ti è successo? Di solito non sei mai così aggressivo”

“Non posso farci niente, va bene? È quel Kian Murphy. Non appena vedo lui e quel suo maledetto sorrisetto, io... io...” e emise un grugnito esasperato.

Ambra sospirò. Che fosse mortale o divina, essere la sorella maggiore era sempre difficile.

 

 

“Ehi, bro, ma che ti è preso? Non è da te comportarti così” esclamò Kevin avvicinandosi al fratello, il quale stava scegliendo l'arma più adatta all'allenamento.

Questi scrollò le spalle: “Non lo so, è semplicemente che non appena vedo Morse mi viene voglia di stuzzicarlo. E poi è buffissimo quando si arrabbia”

“Bah, sei strano. Ad ogni modo grazie per essere intervenuto in mio aiuto prima”

“Fa nulla, siamo gemelli, no? Ci saremo sempre l'uno per l'altro” e lo sguardo non potè che cadere sulla protesi alla gamba del rosso, prima che un'espressione di dolore gli passasse sul viso.

L'altro si esibì in un sorriso divertito prima di dargli un pugno sulla spalla: “Dai, smettila di darti la colpa per quell'incidente, tu non centri nulla, quante volte te lo devo ripetere? Ora forza, andiamo ad allenarci. Faremo vedere a quei secchioni di che pasta siamo fatti”

 

 

Aimèe guardò ancora un attimo i figli di Atena che si allontanavano e il suo sguardo si posò in particolare sul ragazzino dai capelli castani che sembrava sul punto di piantare la spada nella giugulare di qualcuno.

“Ehi, Red, tutto bene?” domandò in quel momento una voce al suo fianco.

La giovane si voltò sorpresa e si trovò a fissare negli occhi il fratello, Crowley.

“Sì, scusami, è che sono stata distratta dal solito batibecco tra i figli di Atena e quelli di Ares”

Al suo fianco il castano aggiustò la cassetta di fragole che aveva in mano: “Proprio non riesco a capire come facciano alcune persone ad essere amiche di quegli attaccabrighe. Sono tutto il tempo che si vantano delle loro presunte gesta e di quanto si sentano superiori agli altri” e si portò due dita alla bocca, mimando il gesto di vomitare.

Aimèe scoppiò in una risata allegra: “Dai Crowley, non è da te essere così acido”

Il giovane scrollò le spalle: “Mi danno sui nervi, non c'è niente da fare”

La ragazza ridacchiò: “Dovresti avere più spirito critico, amico mio, e non fare di tutta l'erba un fascio”

Il minore storse la bocca: “Certo, perché non sei tu quella che l'altro giorno ha trasformato l'armatura di Arthur Oakler in un costume di Stitch perché ti aveva fatto arrabbiare”

“Quel nanetto se lo meritava, e poi stava bene, no?”
I due figli di Ecate arrivarono ridacchiando fino alla loro cabina, aprirono la porta e subito furono accolti da una voce che stava cantando a parecchi decibel sopra il volume normale: “It's time to tryyyy, and defyyyyyyiiiiiing gravity!”

I due ragazzi si guardarono attorno spaventati, fino a che non videro una giovane dal fisico asciutto e l'incarnato niveo in piedi su di un letto con gli occhi chiusi, che teneva in alto una mano nella quale reggeva un lettore MP3, mentre i corti capelli neri si muovevano al ritmo della canzone, sparata così forte nelle cuffie da farsi sentire persino dagli altri due.

“Ma che...!? Amelie!” esclamò sorpresa Aimèe verso la sorella.

Questa notò i due, e le guance, già di loro naturalmente arrossate, si tinsero di un rosso ancora più intenso, prima di saltare a terra e avvicinarsi ai due. Li prese per le spalle e li assordò, mentre cantava: “Soooo if you can't find me, look to the western sky - e qui indico con la mano verso dove credeva fosse ovest - As someone told me lately: Everyone deserve a chance to... fly! - e qui si staccò, prendendo a volteggiare per la stanza - And if I'm flying solo, at least I'm flying freee, to those who'd ground me, take a message back from meee - e qui saltò di nuovo sul letto - Tell them hooooow I'm defying gravity, I'm flying hiiigh, defying gravity, and soon I'll match them in rewoon - qui si fece seria e prese a fare gesti misteriosi di fronte a sé, mentre continuava - And nobody, in all of Oz, no wizard that there is or was, is ever gonna briiiing, meeee - e qui si rialzò e cantò a squarciagola, rischiando di rompere un paio di vetri - Dooooowwwn!!!

Quando finì aveva il fiatone. Si tolse con calma gli auricolari e disse con voce allegra: “Uao, ragazzi, adoro Wicked! Ma, ehi, perché mi guardate così?” domandò confusa vedendo il fratello e la sorella che la osservavano senza parole.

Dopo qualche secondo di silenzio Aimeè scoppiò a ridere, presto seguita dagli altri due.

“Sei unica Amelie” disse soltanto la rossa asciugandosi una lacrima, prima di tornare a concentrarsi sul carico di fragole che servivano per una pozione.

 

 

Glass si muoveva silenziosa tra gli alberi del bosco, mentre la sua mente andava a mille. Le ninfe si ritiravano quando vedevano passare quella minuta ragazzina piena di lentiggini, ben conoscendo il carattere chiuso e difficile e fin troppo tendente alla rabbia.

La giovane non ci badava. Era troppo presa dai suoi pensieri.

Quel terremoto era fin troppo sospetto, e inoltre se si aggiungevano anche i sogni fatti quella notte... no, non doveva farsi distrarre, magari quei sogni non significavano nulla.

La ragazza sapeva bene di mentire a sé stessa. Una delle molte conseguenze dell'essere una figlia di Morfeo, il dio dei sogni, era che praticamente mai i sogni che facevi erano normali. La sua percezione nel mondo onirico era ancora maggiore di quella degli altri semidei, ma inferiore a quella di alcuni dei suoi fratelli (che volendo potevano addirittura controllare i sogni che facevano costringendoli a mostrare ciò che volevano loro) o a quella dei figi di Ipnos.

Ma del resto a lei quei poteri non interessavano. Erano un'eredità di suo padre, un padre che lei disprezzava e che si rifiutava persino di chiamare tale.

Con un brivido ricordò l'immagine di vari mostri, qualcuno che gridava, una grotta oscura con una risata fredda e malevola che risuonava sempre più stridula fino quasi a fare male... e poi c'erano le carte.

Perché di quei tempi nei suoi maledetti sogni continuavano ad esserci delle stupide carte? Mica era Alice nel Paese delle Meraviglie, no?

Eppure da tre settimane a quella parte, ogni singola notte era piena di figure di carte, carte da gioco, ma soprattutto tarocchi, con immagini che si muovevano e scene che le ricordavano alcuni miti che aveva sentito talvolta durante qualche sera intorno al fuoco.

E tra tutti si stagliava l'immagine del numero 12, l'Appeso.

La giovane non sapeva se considerarlo un buon segno o meno.

“Insomma X, aspettami!” la raggiunse in quel momento una voce lamentandosi.

La ragazza alzò gli occhi al cielo, prima di fermarsi contro voglia e voltarsi. Un ragazzino dai folti capelli neri e gli occhi blu, un arco sulle esili spalle e una spada alla vita, la raggiunse col fiatone.

“Insomma, perché hai insistito tanto per venire fin qui per il nostro sopralluogo prima della partita di stasera? Potevamo fermarci anche lì del fiume, no? Non è un posto sicuro, c'è il rischio che ci sia qualche mostro in agguato. E poi se Chirone scopre che siamo venuti fin qui senza supervisione...”
“Dennis, sta zitto” disse semplicemente la ragazza.

Questi la guardò leggermente offeso.

“Scusami - disse dopo un po' la giovane sospirando - Non volevo essere così sgarbata, è che ho tanti pensieri per la testa. Continuo a pensare che ci sia qualcosa dietro a tutta questa storia del terremoto - si voltò a guardarlo, come in cerca di risposte - Ne sai nulla?”

Il moro si morse il labbro nervosamente, mentre guardava imbarazzato per terra: “Se mi stai chiedendo se ho avuto qualche tipo di profezia mi dispiace ma la risposta è no. Ho solo un bruttissimo presentimento...”
La ragazza annuì, prima di lasciar vagare lo sguardo sugli alberi circostanti.

Il figlio di Apollo le si avvicinò: “Senti, torniamo al Campo, abbiamo raccolto le informazioni necessarie per la partita di stasera, non c'è più bisogno di restare qui”

Glass annuì, prima di fare marcia indietro e ripercorrere la strada dalla quale erano arrivati a ritroso.

Finalmente dopo cinque minuti i due uscirono dal bosco, e la semidea sospirò, mentre guardava il familiare panorama del Campo.

Una voce lamentosa alle loro spalle li fece trasalire: “È pericoloso andare in giro per il bosco da soli senza supervisore, lo sapevate?”

La discendente di Morfeo si voltò di scatto, mentre tirava fuori il pugnale e lo puntava verso la fonte della voce, dimostrando riflessi più veloci di quelli del compagno. Vide che sotto ad un albero, seduto a gambe incrociate con fare indolente se ne stava un giovane abbastanza alto, con il volto che ricordava un po' la lama di una spada, aguzzo e tagliente, e una strana criniera di capelli bianchi.

Il giovane alzò a malapena un sopracciglio di fronte al pugnale, prima di sospirare: “Per favore, metti via il coltello, sennò mi cavi un occhio, vista la mia fortuna”
Quel tono di voce fece scattare una lampadina nella mente della ragazza, che subito riconobbe il giovane come un figlio di Tyche. Se non sbagliava aveva anche un nome strano...

“Ekanta! Ci hai spaventato...” mormorò solo Dennis con un sospiro, mentre cercava di calmare il cuore a mille.

Ekanta, ecco! Ekanta Williams.

Glass ripose il coltello nella fodera sbuffando.

Il giovane la scrutò con occhi indagatori: “Cosa ci facevate nella foresta, X?”

La ragazza scrollò le spalle: “Non sono cose che ti riguardano, strambo”

“X, sii più cortese” la riprese sibilando a bassa voce il compagno.

“Chiedevo solo” disse sbuffando il giovane, prima di tirare fuori dalla tasca dei pantaloni un mazzo di carte.

Con una stretta allo stomaco Glass riconobbe che si trattava di tarocchi.

Borbottando qualcosa se ne andò a passo svelto, il più lontano possibile da quel tipo.

“X, dove vai?! Ehm, scusala Ekanta, oggi, sai, beh, ecco...” e anche il moro la seguì in fretta, curioso di sapere cosa fosse successo all'amica.

 

 

Ekanta osservò la figlia di Morfeo e il figlio di Apollo andarsene a passi svelti, mentre lei lo apostrofava con parole decisamente poco gentili.

Il ragazzo assunse un'espressione perplessa. X stava decisamente nascondendo qualcosa. Non era una tipa molto socievole (non che lui potesse dire granché a riguardo, vista la quasi nullità dei suoi amici), ma quell'atteggiamento scorbutico era strano persino per i suoi standart.

Il giovane prese a mescolare le carte soprapensiero, prima che un rumore di rami spezzati non attirò la sua attenzione, facendogli alzare la testa. Tutto ciò che vide fu una figura che cadeva urlando, per poi ritrovarsi disteso a faccia in giù sull'erba.

“Ohi ohi, che male. Per fortuna che c'era qualcosa ad attutire la caduta...” esclamò una voce appartenente chiaramente ad una ragazza.

“Già, decisamente una fortuna per te, un po' meno per me” mormorò il figlio di Tyche.

All'istante la figura sobbalzò, prima di spostarsi dalla sua schiena ed esclamare concitata: “Oh dei, scusami, scusami tanto!”

Il giovane fu aiutato e incontrò il volto morbido e paffuto di una delle sue pochissime amiche.

“Oh, sei tu...” esclamò la ragazzina non molto convinta, mentre lo sguardo dolce e preoccupato veniva sostiuito da uno molto simile a “ma ti pare il caso di andare a metterti sotto ad un albero, idiota?”.

“Ciao Anjelica - disse solo il ragazzo, mentre tornava a sedersi e riprenedeva a mescolare le carte, cercando di ignorare le nuove ferite sulle guance - Perché eri salita sull'albero?”

La ragazza gli si sedette vicino, sbuffando: “Fatti gli affari tuoi, Malasorte”

Dopo un paio di minuti di silenzio la bambina rispose: “Mirana voleva convincermi a pulire la capanna per il controllo settimanale, io non ne avevo voglia e quindi sono scappata a nascondermi sull'albero, dove mi sono appisolata”

“Non hai provato con gli occhioni da cucciolo?”

“Sono inutili, ormai i miei fratelli me li hanno visti fare talmente tante volte che non sortiscono più lo stesso effetto di una volta” spiegò sbuffando la figlia di Apollo.

Ekanta annuì, prima di aprire a ventaglio le carte di fronte a sé.

“Stai di nuovo tentando di predire il futuro? Davvero, a volte mi chiedo come sia possibile che uno sfigato come te, che tra l'altro non è nemmeno figlio di Ecate ma di Tyche, ci riesca così bene in questo”

“Cosa vuoi che ti dica, ciascuno ha i suoi talenti” rispose solo a bassa voce il ragazzo con un leggero sorrisetto compiaciuto, prima di estrarre una carta.

Aggrottò la fronte nel vederla: la numero 10, la Ruota della fortuna.

Strano, era raro che quella carta, la rappresentazione stessa di sua madre, gli comparisse di fronte. Forse aveva a che fare con lo strano terremoto di quel pomeriggio? Oppure era riferita alla sorte di qualcuno vicino a lui?

Al suo fianco Anjelica aveva preso a fissare distrattamente intorno a sé, mentre canticchiava a mezza voce: “Portami con te su un'isola nascosta/ Portami con te su un'isola perduta/ Tra le statue mute e composte/ A cui il sortilegio la parola tolse/ Portami con te su un'isola nascosta/ Portami con te su un'isola perduta/ Nel grotta della maga rinata/ Dove la battaglia non può essere evitata/ Portami con te...
A sentire quelle parole Ekanta si irrigidì.

Anjelica lo fissò, confusa: “Ehi, che hai Kyo?”

Il giovane scosse la testa: “N-nulla, non ti preoccupare” per poi osservare il suo mazzo di carte.

Con mano tremante estrasse una carta, e non appena la vide senti la bocca farsi asciutta.

Il numero 16: la Torre. La carta della sventura in tutte le sue forme.

Ekanta non sapeva cosa gli riservava il suo futuro di preciso, ma era certo che di qualunque cosa si trattasse aveva bisogno di tutta la sua fortuna, per sorpavvivere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:

Allora, salve popolo del fandom di pjo, voglio chiaire un paio di cose innanzitutto.

Per prima cosa mi scuso davvero tantissimo per il ritardo con cui pubblico questo primo capitolo. Sono passati praticamente due mesi e mezzo dal prologo, ma ho buone motivazioni per questo ritardo: prima tra tutte l'esame di matura, da poco felicemente concluso, che mi ha praticamente strappato la forza vitale e il tempo libero da metà maggio in poi. Seconda motivazione: la scelta dei personaggi, che è stata tremendamente difficile e combattuta. Non solo perché molti di voi mi hanno mandato personaggi decisamente validi e che si potrebbero sviluppare al meglio, ma anche perché dovevo trovare la combinazione perfetta nel gruppo da costruire.

E questo porta anche al mio secondo annuncio: visto, appunto, che mi ha spezzato il cuore dover rinunciare ad alcuni dei vostri personaggi ho deciso che in contemporanea con la missione contro Medea ci sarà anche un altro gruppetto più nutrito di personaggi, praticamente tutti quelli lasciati da parte, che andrà a compiere un'altra impresa a Nuova Roma. Pertanto i capitoli si alterneranno, potremmpo dire, tra la missione principale e quella a Nuova Roma. Quindi non abbiate paura i vostri personaggi compariranno, anche solo semplicemente come sfondo come è accaduto in questo capitolo.

Parlando del capitolo: conosciamo i nostri protagonisti, che ne dite? Primo fra tutti è il mio OC: Richard “Rich” Morse, figlio di Atena; altro protagonista è poi Kian Murphy, figlio di Ares, mandatomi da Daughter of Apollo (con cui mi scuso tantissimo per il fatto che è assolutamente OOC in questo capitolo, ma ho cercato comunque di farlo comportare in maniera adatta, e c'è un motivo dietro il suo comportamento che verrà svelato solo in seguito, fidati di me); si passa poi a Amelie Kandieskij, figlia di Ecate, mandatami da Aki_and_Ami; per poi passare ad Aimeè “Red” Scott, altra figlia di Ecate (sì, due figlie di Ecate, lo so che può sembrare ingiusto, ma fidatevi: ho trovato anche qui una scusa che metterò più avanti) mandatami da La ladra di libri; Glass “X” Hicks, figlia di Morfeo, mandatami da Sabaku no Konan Inuzuka; ed infine lo sfortunato Ekanta Williams, figlio di Tyche, mandatomi da Fe_.

Altri personaggi comparsi nel corso della storia: Arthur Oakler (citato più volte ma che voglio far comparire a forza nel prossimo capitolo, fidatevi), figlio di Ares, mandatomi da Aki_and_Ami; Kevin Murphy, figlio di Ares, gemello di Kian, mandatomi da Daughter of Apollo; Crowley Banner, figlio di Ecate, mandatomi da Fenris; Dennis David Campbell, figlio di Apollo, mandatomi da Cody020701; Mirana Reid (citata), figlia di Apollo, mandatami da Beckyforever; ed infine Anjelica Visser, figlia di Apollo, mandatami da Fe_.

A questo punto voglio specificare una cosa che penso non molti abbiano capito bene: questa storia si svolge abbastanza dopo i fatti degli ultimi libri di pjo, almeno una decina di anni. Percy, Annabeth e gli altri hanno ormai raggiunto e superato i 30, sono adulti, quindi i nostri protagonisti non hanno partecipato a nessuna delle guerre, né contro i titani, né contro Gea. Per questo Rachel è ora una giovane donna, per questo Percy e Annabeth vivono assieme a Nuova Roma, per questo ci sono nuovi Capocabina.

Detto questo vi prometto che cercherò di aggiornare il prossimo capitolo il prima possibile (sia benedetta l'estate), e vi ricordo che i personaggi scartati non è che non compariranno, semplicemente per adesso non saranno centrali, ma poi avranno un'avventura tutta loro, ve lo prometto ^_^

Chiedo perdono agli autori dei personaggi che mi avete mandato se sono OOC, io ho cercato di fare del mio meglio, e spero di non aver fallito miseramente.

Attenzione: a partire da questo capitolo in poi ci vorranno minimo due recensioni per poter continuare, più recensioni, più in fretta gli aggiornamenti (o almeno credo), inoltre mi servono per tirarmi un po' su di morale e voglio che le usiate anche per darmi consigli nel caso in cui non stia rispettando il carattere dei personaggi che mi avete mandato.

Ci si vede allora nel prossimo capitolo, dove vedremo un'agguerrita partita a Caccia alla bandiera, con una piccola intromissione di qualcuno che per poco non ucciderà tutti. Ops.

Bye bye!

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Capitolo 3
*** Quando le Parche ci mettono lo zampino ***


CAP.2: QUANDO LE PARCHE CI METTONO LO ZAMPINO

 

Quella sera a cena le cose sembravano tornate nella più completa normalità. I vari semidei sedevano ai loro tavoli, ridendo e scherzando tra di loro, mentre mangiavano porzioni abbondanti e bevevano nettare dai loro bicchieri. Nessuno pareva in ansia o teso, erano solo tutti eccitati per l'imminente partita di Caccia alla bandiera. Partita che si preannunciava più agguerrita che mai, dopo la discussione tra i figli di Ares e quelli di Atena avvenuta quel pomeriggio.

“Sul serio, come fanno già a saperlo tutti? Fa paura” fu il commento di Jessie, mentre si portava la bracciola alla bocca e ne staccava una generosa porzione.

Ambra scrollò le spalle in direzione del fratello: “Le voci al Campo girano veloci, tra l'altro ho anche il sospetto che ci siano di mezzo i figli di Ermes”

“I figli di Ermes?”
Ambra annuì: “Ho sentito che hanno allestito un banco delle scommesse clandestino per vedere chi vincerà la partita, quante persone verranno mutilate, chi proverà a staccare la testa a chi e cose del genere. E sia ben chiaro a tutti - continuò alzando la voce per farsi sentire da tutto il suo tavolo - Che se trovo qualcuno di voi a scommettere giuro sugli dei che al colpevole toccherà pulire da solo le stalle dei pegasi al prossimo turno!”

Rich non potè che sorridere leggermente di fronte a quelle parole.

In quel momento Chirone si alzò, tenendo la coppa alta di fronte a sé. Subito ci fu il silenzio generale.

“Eroi, rendiamo ancora una volta onore agli dei per il nostro delizioso banchetto. Mi congratulo con voi ancora una volta per il lavoro svolto oggi, e sono certo che domani e nei giorni a venire continuerete e a migliorare e a lavorare sodo come questo giorno”
Un grido di esultanza si levò dalla massa di ragazzi.

Chirone riportò l'ordine: “Ora, come tutti sapete, ci aspetta la tanto attesa partita di Caccia alla bandiera - altre grida - Ricordiamo le squadre: squadra blu, capitanata dai figli di Atena, di cui fanno parte la casa di Ecate, la casa di Ermes, la casa di Nike, la casa di Afrodite, la casa di Ipno, e la casa di Iride; squadra rossa, capitanata dalla casa di Ares, ne fanno parte la casa di Apollo, la casa di Tyche, la casa di Demetra, la casa di Morfeo, la casa di Dioniso, la casa di Efesto, e la casa di Nemesi. Vi ricordo che la foresta sarà il vostro campo di battaglia, per così dire, ma dovrete tenervi lontani dalle zone proibite, come il bosco di Dodona, la tana delle Myrmekes o la zona dei gayser. Le regole le conoscete. Avete mezz'ora di tempo per prepararvi e presentarvi alle soglie del bosco. Vi aspetto!” e il centauro se ne andò assieme a Rachel, accompagnato dalle grida di esultanza dei seimdei, che presto presero a parlottare concitati tra di loro.

Rich seguì i suoi fratelli all'armeria, non molto convinto. Continuava a pensare che ci fosse qualcosa che non andava: il sorriso sul volto di Chirone era decisamente falso, Rachel aveva mangiato poco o niente quella sera, e per finire si era accorto benissimo che il signor D continuava a mancare, e sapeva che tra le poche cose che il loro direttore apprezzava del Campo la cena era una di queste.

Stava decisamente succedendo qualcosa di sospetto...

 

 

Ekanta arrivò con una leggera corsetta fino agli inizi della foresta, dove erano già radunati i suoi fratelli e i loro alleati.

“Ehi, Ekanta” lo salutò in quel momento una voce, mentre una figura dai lucenti capelli biondi con una ciocca blu si faceva avanti con un leggero sorriso.

“Di un po', ma dov'eri finito a cena, io e gli altri ci stavamo preoccupando”

“Scusami Toby - disse il giovane al fratello al maggiore - Ma non avevo fame. Inoltre volevo riposare un po' prima della partita. Ho sentito che sarà abbastanza agguerrita stasera”
Il Capocabina storse la bocca, prima di avvicinarsi e mettergli la mano sulla fronte: “Se non ti senti bene posso dire ai ragazzi di Ares che non giochi. Tanto già so che hanno pianificato di fare praticamente tutto loro, quindi un elemento in meno non cambierà drasticamente i piani”

“Tranquillo, ce la faccio” rispose il ragazzo, senza riuscire a nascondere un sorriso di felicità di fronte a quelle parole. Tobias era senz'alcun ombra di dubbio il suo fratello preferito. Era premuroso, allegro, forte, coraggioso, gentile e leale, ma soprattutto si prendeva cura della sua cabina come una persona normale farebbe con la propria famiglia. In quanto capogruppo accoglieva senza problemi i nuovi arrivati e li istruiva a dovere, e ribadiva sempre che ci sarebbe sempre stato per i suoi fratelli.

Ekanta sospettava che era così che ci si sentiva nell'avere un fratello maggiore, ed era una sensazione... piacevole. La riteneva una delle sue poche fortune.

“Ehi, Ragazzo Fortunato, vieni sì o no? Qui stiamo aspettando solo te e le tue chiappe!” urlò in quel momento un ragazzino piuttosto basso dagli scompigliati capelli neri e due vistose occhiaie, scostandosi dal gruppo principale.

Tobias gli sorrise: “Ora devo andare, tu vedi di non affaticarti. Arrivo Arthur!” e se ne andò, lasciando Ekanta solo.

 

 

Tobias raggiunse il più basso, che lo aspettava impazziente.

“Era ora - esclamò seccato il figlio di Ares, facendo prevalere per un attimo nella pronuncia il suo accento scozzese - Vieni forza, non abbiamo tutta la sera per decidere”

Tobias sospirò, mentre raggiungeva il gruppo e si metteva ad ascoltare le indicazioni di Kevin Murphy.

“Okay, idioti, statemi a sentire, perché non lo ripeterò due volte: sono quasi certo che i secchioni metteranno la loro bandiera qui - ed indicò un punto sulla mappa - È abbastanza nascosto dalla visuale, senza contare che conoscono bene l'area. Oggi pomeriggio un paio di noi sono andati in perlustrazione - ed indicò con un cenno Glass e Dennis – Ora, se i due piccioncini non si sono messi a limonare nel bosco e hanno svolto effettivamente il loro lavoro...”

“Fottiti Murphy”
“Ehm, a dire il vero io sarei gay, quindi...”

“Allora dovrete fare particolare attenzione alle eventuali trappole qui, qui e qui. Sono quasi certo che cercheranno di fare un attacco su più fronti, con vari specchietti per le allodole. Quindi adesso, se Jones e Evans hanno finito di mangiarsi la faccia a vicenda e hanno decenza di tornare fra noi... - esclamò alzando la voce per riprendere il figlio di Apollo e la figlia di Efesto che si staccarono leggermente imbarazzati - Grazie, dicevo voi due dovrete...” e prese a distribuire gli ordini ai vari capigruppo.

Ad un certo punto Kian fermò il gemello: “Aspetta, ed io? Non ci eravamo accordati che facessi parte del gruppo di assalto?”

Kevin si mosse leggermente a disagio: “Ne ho parlato con gli altri, Kian, e alla fine abbiamo deciso che sia il nanetto - ed indicò Arthur, che rispose con il gesto di un dito medio in direzione del fratello - A concentrarsi su quella parte. Penso che sia meglio che tu prenda un gruppetto di un paio di persone e ti concentri sul difendere il lato est”
“Ma... perché?”
Kevin si guardò attorno nervosamente, prima di prenderlo per la spalla e spostarlo lievemente dal gruppo.

“Senti, non voglio raccontarti balle. La scenata di oggi pomeriggio con Morse... beh, diciamo che non mi sei sembrato molto in te, e sai quanto questi giochi possono essere pericolosi se non fai attenzione”
Kian era molto tentato di rispondere in malo modo, ma si limitò a sospirare, prima di annuire: “E va bene, ma solo perché sei tu”
“Che frase sdolcinata, bro”
“Lo so, scordati che la ripeta di nuovo”

I due tornarono dagli altri, e Kevin riprese: “Allora, per il gruppetto di pattuglia del lato est assieme a Kian, avete suggerimenti su chi mandare?”

Tobias ci pensò un po' su, per poi farsi avanti: “Pensavo a mio fratello Ekanta. Non mi sembra molto in forma stasera, e temo che in battaglia possa distrarsi”
“Chi? Oh, intendi Malasorte. E va bene, e speriamo bene, visto che durante l'ultima partita si è imbattuto in un alveare di vespe assassine. Poi chi va? Hicks, che ne dici? Oppure farai l'asociale come tuo solito?”
Glass si morse il labbro inferiore. Non aveva intenzione di passare la serata assieme ad Ekanta, specie dopo il loro incontro quel pomeriggio, ma tra le varie possibilità che aveva davanti le sembrava la migliore. Non era nelle condizioni fisiche e mentali per uno scontro diretto.

“E va bene”

“Perfetto, ora forza! Riferite agli altri le indicazioni, e andiamo a prepararci”

Tobias si avvicinò a passo svelto verso i fratelli: “Bene ragazzi, capitan simpatia Kevin Murphy mi ha appena assegnato i nostri compiti. Beryl, Tony, Hank, voi farete parte del gruppo di difesa della bandiera. Jasmine, Sarah, voi invece seguirete i figli di Apollo nel perimetro. Amy, Dustin, Jake, voi verrete assieme a me nel gruppo d'attacco”

“E io?” domandò confuso Ekanta, notando di essere l'unico a non essere stato ancora chiamato.

“Tu andrai assieme a Kian e Hicks a pattugliare il lato est”
Il ragazzo assunse un'aria contrariata: “Pattuglia? Sul serio? Ma... posso aiutare, Toby, te lo giuro! Perchè devo andare in pattuglia? Lasciami far parte dell'azione!”
Il maggiore lo zittì con un'occhiata: “Ekanta, fa come ti dico, pattuglia la zona, punto. E, per favore, evita di farti uccidere da Murphy o da Hicks per via delle tue lagne. Forza andiamo” e si misero in marcia, con un molto contrariato Ekanta al seguito.

 

 

“Ehi, bello, ma dove eri finito?” domandò curioso Jessie notando Rich arrivare trafelato di corsa. Ambra stava dando le indicazioni ai vari gruppi sugli spostamenti e sulle strategie da adottare ormai da cinque minuti buoni, e vari semidei avevano già iniziato a prendere posizione.

“Scusami Jess - disse solo il ragazzo - Mi sono distratto un attimo mentre mi mettevo l'armatura”
Il fratello gli sorrise, prima di dargli una vigorosa pacca sulla spalla, che per poco non lo mandò disteso a faccia a terra. Per quanto fossero coetanei di età Jessie lo superava di venti centimetri buoni, e al pacchetto si aggiungeva anche il fisico da armadio, che lo aveva reso il più abile spadaccino della casa di Atena.

In quel momento Rich sentì uno scalpiccio di passi e una persona gli saltò addosso da dietro, urlando allegra: “Richie Rich!”
Il figlio di Atena voltò la testa e incontrò il sorriso storto e da piantagrane di Lorcan Cunningham.

“Lorcan - esclamò con un leggero sorriso il castano - Come va?”
“Oh, con me benissimo! Ho appena finito di mettere la maionese nei tubetti di crema abbronzante dei figli di Afrodite, quindi va tutto alla grande!”

Gli altri due lo osservarono per un attimo.

“Scherzi, vero?”
“Ovvio, sono stato tutto il tempo qui a farmi dare le indicazioni su cosa fare! Anche se però non sarebbe male come idea, devo appuntarmela da qualche parte... A proposito Mister Muscolo! - esclamò indicando Jessie - Ho bisogno della tua protezione stasera. Forze oscure minacciano la mia persona e attentano alla mia vita”

“Ma davvero? - domandò il figlio di Atena alzando gli occhi al cielo - E cosa mai potrebbero volere le forze oscure da te, Cunningham? E in ogni caso dubito di poter fare granchè”

“E se ti dico che si tratta di Elaine Middledorf che si vuole vendicare perché le ho tirato un gavettone ieri pomeriggio per poi chiamarla “girasole” e fuggire a gambe levate?”

Rich dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere, cosa di cui invece non si preoccupò Jessie, attirando le occhiate confuse di metà dei semidei lì presenti.

“Lorcan, sei unico. Comunque mi dispiace, ma io faccio parte del contingente di attacco, mentre tu sei in quello di difesa del perimetro - disse il ragazzo asciugandosi gli occhi - Chiedi a qualcun altro... magari Sora?”

“Per quanto quel figlio di Ipno mi stia simpatico mi da un po' l'aria di uno che non riesce a difendere nemmeno sé stesso, quindi passo”
“Allora Crowley, che ne dici?”
“Ottima idea! Ora vado e glielo chiedo! Ehi, Crow-crow, vero che sei disposto a dare una mano ad un amico in difficoltà?!” e si fiondò verso il figlio di Ecate, che lo osservava perplesso.

In quel momento Ambra si avvicinò ai due: “Jessie, vai a prendere il tuo posto a capo del gruppo di attacco, che tra un po' iniziamo”

“Sissignore signora - la prese in giro il ragazzo, allacciandosi l'elmo, prima di strizzare l'occhio a Rich - Ci vediamo dopo, bello, aspetta di vedermi tornare con lo stendardo di Ares” e se ne andò fischiettando allegramente, mentre faceva ruotare la spada nella mano come se fosse un bastone da majorette.

“Ed io cosa faccio? Vado col gruppo del secondo attacco?” domandò il ragazzo, ricordandosi lo schema che avevano elaborato qualche giorno prima.

Ambra si voltò a fissarlo: “Ci sono stati dei cambiamenti nella strategia”
Il giovane la guardò perplesso: “Come scusa?”

“Pattuglierai il lato est assieme ad altre due ragazze - commentò la sorella mentre si metteva a posto l'armatura - Così nel caso qualcuno cerchi di penetrare le nostre difese da lì riuscirete a tenerli a bada abbastanza a lungo da permetterci di prendere la bandiera oppure potrete condurli in alcune delle trappole preparate dai figli di Ermes”
“Ma... perché questo cambiamento improvviso? Ambra, non è da te. Perché l'hai fatto?”

La sorella si voltò, prima di sospirare: “Scusa se sono così diretta, Richard, ma la verità è che dopo l'incidente di oggi pomeriggio non mi fido più granchè ad affidarti ad una delle squadre di assalto o alla difesa della bandiera. Il modo con cui ti sei comportato con Murphy, come hai perso il controllo... non posso permettere che tu lo faccia di nuovo, mettendo in pericolo te o i tuoi compagni” e se ne andò, lasciando l'altro senza parole.

L'australiano rimase fermo imbambolato, fino a che non venne raggiunto da Amelie ed Aimeè.

“Ehi Rich - lo richiamò la russa dandogli una pacca sulla spalla - Sei anche tu nel gruppo di guardia sul lato est, giusto? Allora forza e coraggio, con noi tre nessuno paserà, puoi starne certo!” e si esibì in un largo sorriso.

Rich si limitò ad annuire funereo, prima di mettere l'elmo e seguire le due figlie di Ecate.

 

 

Rich camminava lentamente in mezzo al bosco, mentre il mal di testa si faceva sempre più forte ad ogni passo. Erano in fila indiana: Aimeè davanti come aprifila, lui al centro, e Amelie per concludere.

Purtroppo.

La mora figlia di Ecate non sembrava conoscere il concetto di silenzio. Sin da quando Chirone aveva suonato il corno e aveva dato così il via a Caccia alla bandiera la ragazza non aveva smesso di parlare. Nemmeno per un secondo. E non è che parlasse di cose come strategie o armi o incantesimi. La russa parlava del più e del meno, dell'ultima canzone che aveva ascoltato, dei gossip al Campo, di alcune strane abitudini dei suoi fratelli, dei disastri che di tanto in tanto combinavano con le loro pozioni, e così via.

E lui era costretto a starla a sentire!

Nel frattempo Aimeè continuava a camminare avanti, incurante di quel continuo brusio di sottofondo.

Probabilmente ci era abituata.

Però nonostante tutto Rich non riusciva a distrarsi. Continuava a pensare alle parole di Ambra: “non mi fido più granchè ad affidarti ad una delle squadre di assalto o alla difesa della bandiera”.

Non voleva darlo a vedere, ma quelle parole un po' l'avevano ferito. Ambra era da sempre la sua sorella preferita, quella a cui andava a confidarsi in qualunque occasione (al punto che era l'unica a conoscere il suo, per così dire, “segreto”), e quelle parole... gli avevano fatto male.

Sua sorella non si fidava di lui.

E ciò ovviamente non faceva altro che far crescere dentro di lui la rabbia verso Kian Murphy e le sue stupide battutine. Anche se sapeva che in fondo la colpa era solo sua, aveva esagerato. Ma quel ragazzo...

“Ehi, Rich, stai bene?” intervenne in quel momento Amelie preoccupata, appoggiandogli una mano sulla spalla e facendolo sobbalzare.

Il giovane si voltò e mise su un finto sorriso, prima di annuire: “Sì, certo. Tutto a posto”

Amelie assunse un'aria sospettosa, prima di prenderlo per un braccio e costringerlo a fermarsi.

“Ehi, ma che fai?” domandò sorpreso il giovane, prima di trovarsi faccia a faccia con l'altra.

Rich prese a muoversi leggermente a disagio sul posto, cercando di evitare gli occhi inquisitori della giovane.

“Non mi mentire: cosa c'è che non va?”
“Non ho niente, te lo giuro”

“Balle”

Si guardarono per un attimo diritti negli occhi, verde smeraldo in grigio chiaro, ma alla fine fu il figlio di Atena a cedere con un sospiro: “E va bene. Il fatto è che sto continuando a pensare... a cosa mi ha detto Ambra e ad una cosa successa oggi pomeriggio”

Amelie annuì, prima di fare un cenno alla sorella che si era fermata pochi metri più avanti, notando di non essere più seguita, che li raggiunse confusa.

“Puoi dirci cosa c'è che non va - esclamò la mora mentre si sedevano su di un masso - Ti giuro che né io né Red diremo nulla a nessuno. E poi siamo tra amici” e gli fece l'occhiolino.

Il ragazzo sospirò: “Oggi pomeriggio ho, per così dire, litigato con Murphy”
“Quale dei due?”
“Kian, l'albino. Mi sono arrabbiato in seguito ad un suo commento, e per via di questo Ambra ha cambiato i piani per l'assalto e mi ha mandato a pattugliare il confine est. Coinvolgendo anche voi ragazze, e per questo mi dispiace”
Amelie scrollò le spalle: “Non c'è problema, a me la pattuglia piace. Comunque continua pure”
“Ecco... ho sempre avuto con Ambra un rapporto speciale. L'ho sempre vista come l'unica persona davvero in grado di capirmi. Alcuni dei miei fratelli, come Jessie, mi sembrano più degli amici che altro, Ambra invece è... è come se fosse la mia vera sorella di sangue. E pertanto sapere che non si fidava di me, sapendo bene che in battaglia non mi comporterei mai e poi mai come mi sono comportato all'arena... mi ha fatto male”
L'altra annuì, mentre gli metteva con fare partecipe una mano sulla spalla.

Rich stava quasi per continuare, quando i tre sentirono il rumore di qualcuno che si muoveva poco distante. Subito i ragazzi scattarono in piedi. L'australiano lanciò uno sguardo ad Amelie, che annuì prima di prendere un profondo respiro. All'istante al giovane sembrò di essersi appena tuffato in mare a Marzo. Sentì il gelo corrergli sulla pelle, e quando alla fine aprì gli occhi si trovò completamente invisibile. Vedeva ancora le sue compagne, ma i contorni erano sfocati, e sapeva che per chiunque altro guardando nella loro direzione avrebbe visto solo il vuoto.

Fece un cenno con la testa e tutti e tre si avvicinarono a dove veniva il rumore. Si appostarono dietro a dei cespugli e rimasero zitti in silenzio, non arrischiandosi a guardare.

Si sentiva il rumore di acqua corrente, quindi erano vicini al fiume, il “confine”.

In quel momento li raggiunse una voce femminile parecchio seccata: “Prova ancora a dire una parola, solo una, Ekanta, e giuro che ti ficco il coltello su per dove non batte il sole!”
Un'altra voce, maschile questa volta, sbuffò: “Sto solo facendo delle considerzioni. È permesso Hicks”

“No! Tu non stai facendo delle considerazioni, Williams: tu ti stai lamentando da dieci minuti buoni! Sei esasperante! Perchè poi non lo so”

La voce di Ekanta recitò come una nenia: “Gli antichi accettavano la propria sorte. Nessun moderno si è abbassato a una concessione simile. E ci è estraneo anche il disprezzo della sorte. Troppo manchiamo di saggezza per non amare il destino con dolorosa passione”

Percepirono Glass fermarsi e capirono subito che si era voltata per guardarlo storto: “E questo che Ade voleva dire?”

“È la mia frase di presentazione, il mio biglietto da visita, ecco. E riassume perfettamente la mia filosofia”
“Tu sei suonato, lasciatelo dire”

“Oh per l'amor del... sentite adesso ci fermiamo cinque minuti cinque, voi andate dietro quei cespugli e sfogate la vostra libido repressa, e poi continuiamo a pattugliare, sono stato chiaro? Non ne posso più di starvi a sentire mentre fingete di odiarvi l'un l'altra, mi state facendo venire il mal di testa!” esclamò in quel momento una terza voce. Una voce che Rich riconobbe subito.

“Kian” mormorò solo, per poi mettersi a scrutare attraverso le foglie. Fermi vicino alla riva del fiumiciattolo se ne stavano tre ragazzi in armatura, che discutevano animatamente tra loro. Il figlio di Atena riconobbe subito la figura allampanata di Ekanta, la bassa corporatura di Glass che si stava esibendo in vari gestacci in direzione dei due compagni, e soprattutto la corporatura alta e muscolosa di Kian Murphy.

Per un attimo il castano trovò la cosa ironica: sua sorella lo aveva mandato fin lì per evitare che incontrasse il figlio di Ares, e invece ora se lo trovava davanti, cosa che non sarebbe successa se si fossero attenuti al progetto originario. Inoltre c'era da contare il fatto che erano stati entrambi mandati in pattuglia sul confine est. Non ovest, e neanche sud. Est entrambi. I due ragazzi che avevano provocato il casino all'arena...

La sorpresa di Rich iniziò a tramutarsi man mano in gelido senso di panico.

Qui c'era decisamente qualcosa che non andava.

Viveva in quel mondo abbastanza a lungo da sapere che le cose non avvenivano mai senza una ragione precisa!

In quel momento il giovane notò un movimento proprio dietro i tre ragazzi. Movimento che ovviamente non avevano visto, poiché troppo impegnati a discutere tra loro.

Una sagoma si mosse e si erse in mezzo ai cespugli, mentre due occhi più rossi delle fiamme degli inferi fendevano l'oscurità.

Il suo corpo agì prima della testa. All'istante uscì dal nascondiglio mandando a farsi benedire il cammuffamento con la Foschia gridando: “Dietro di voi!” per poi placcare Kian con una mossa degna del miglior giocatore professionista di football americano.

Il figlio di Ares aveva avuto a malapena il tempo di vedere l'altro ragazzo sbucare fuori dal nulla per poi essere mandato lungo disteso sui sassi della riva. E avrebbe anche protestato, se in quel momento un'enorme figura nera non fosse passata esattamente dove lui era fermo fino a due secondi prima.

Kian si rialzò e le parole gli morirono in gola.

Di fronte a lui, nel bel mezzo del fiume, se ne stava il più grosso segugio infernale che avesse mai visto. Grande quanto un toro, il pelo era nero come la notte, le unghie delle zampe grandi come pugnali, i denti affilati come spade. E poi c'erano gli occhi: rossi e crudeli.

Al suo fianco Rich si rialzò: “Per gli dei...”

Era pallido, e stava visibilmente tremando. Poco distante Ekanta e Glass osservavano attoniti la bestia, uno con in mano la sua spada, l'altra il pugnale. Da dietro i cespugli dall'altra parte della riva erano poi spuntate due ragazze, che il giovane riconobbe come figlie di Ecate.

Beh, questo almeno spiegava come avesse fatto Rich a comparire fuori dal nulla.

“Un segugio infernale... perché deve proprio essere un segugio infernale?” mormorava nel frattempo Ekanta spaventato.

“Per un volta taci, Ekanta, taci! Dobbiamo trovare un modo per scappare da questo casino e riunirci agli altri”

“Non pari determinata neppure tu a combatterlo, eh?” domandò con un sorriso nervoso il figlio di Tyche.

La castana lo fulmino con uno sguardo: “Scusami se voglio vivere, Malasorte. Stiamo parlando di un fottutissimo segugio infernale. Figurati se possiamo sconfiggere questo coso in sei!”

“Ce la possiamo fare - disse in quel momento Kian alzandosi in piedi e mettendosi in posizione di guardia - Ne abbiamo affrontati altri di questi sacchi di pulci durante il nostro addestramento”

Il mostro non parve gradire il termine ed emise un ringhio basso e profondo da far rizzare tutti i peli sul corpo del figlio di Ares.

“Kian, no! - esclamò in quel momento la voce di Rich, facendo trapelare tutto il suo panico - Quello non è un segugio come gli altri!”

“Ma che stai dicendo Morse?”

“Guardalo! Guarda il pelo! È più scuro di quello di un segugio selvatico della foresta del Campo, è-è come se non avesse mai visto la luce del sole! E hai visto gli occhi?! Quegli occhi trasudano malvagità! E poi non ha nessuna cicatrice causata da qualche scontro con un altro animale della foresta! Quello... - il giovane deglutì spaventato - Quello è un segugio dei Campi della pena, viene direttamente dall'Ade!”

A sentire quelle parole tutti e cinque i ragazzi si bloccarono e presero a tremare. Un conto era affrontare un segugio del foresta, un altro era combattere una battaglia persa contro una macchina assassina nata per sterminare interi eserciti.

“Che-che diavolo stai dicendo, Rich?” domandò spaventato Kian.

“Ho-ho letto di loro su di un libro, la descrizione non potrebbe essere più precisa”

“Ma... ma un segugio del genere non vive qui - intervenne Aimeè - Questo vuol dire che qualcuno... qualcuno...”
“Lo ha evocato qui, entro i confini del Campo” concluse per lei Glass.

Una spia, un traditore. Quel pensiero serpeggiò tra i giovani semidei.

Il figlio di Ares si riscosse: “Una cosa per volta. Innanzitutto dobbiamo restare vivi. Che facciamo?” e si voltò a guardare Rich.

“Perché lo chiedi a me?”
“Perché sei un figlio di Atena, maledizione, dovresti essere il più intelligente qui!”

L'australiano deglutì, mentre cercava di non far tremare troppo la spada nella mano. Era vero che era un figlio di Atena, ma lui non aveva ereditato il dono tattico-militare della madre, era un disastro in battaglia. Non sapeva come avrebbero potuto fare a scappare da lì! Erano spacciati, lui non era in grado di aiutarli, non sapeva come sconfiggere il segugio, era inutile, patetico, debole...

<< Prendi un respiro profondo. Niente è impossibile. Anche il problema più complicato può essere scomposto e risolto un pezzo per volta fino ad arrivare al risultato finale. L'importante è non perdere la testa >>

Il giovane spalancò gli occhi sorpreso. Non sapeva da dove veniva quel pensiero, non era neanche sicuro che si trattasse di qualcosa che aveva pensato lui stesso oppure un suggerimento di origine divina.

Alla fine fece come gli era statao detto, chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, ordinando alla sua mente e al suo cuore di calmarsi. Quando riaprì gli occhi... le cose erano diverse. Il mondo sembrava muoversi a rallentatore, e tutt'ad un tratto la situazione non gli sembrava più così disperata.

“Va bene, statemi a sentire - esordì, e fu sorpreso di non sentire neanche una nota di panico nella sua voce, che era invece pacata e ferma - Ekanta, Hicks, spostatevi dietro al Segugio, senza fare movimenti bruschi, mettetevi ai suoi due lati. Kian, tu spostati alla sua destra, io prenderò la sinistra. Amelie, Red, restate dove siete, siete abbastanza distanti da non correre pericoli eccessivi. Non appena vi do il via voglio che una di voi due lanci un segnale luminoso in cielo, come un razzo di quelli che si mandano per chiedere soccorso in mare. L'altra dovrà congelare l'acqua del fiume dove è fermo il Segugio. Allora sarà distratto, e in quel momento io e Kian lo attaccheremo da davanti, per poi allontanarci subito, dando così modo ad Ekanta e a Hicks di attaccarlo alle zampe di dietro. A quel punto il Segugio punterà la sua attenzione su di voi, e qui voglio che tu, Kian, lo attacchi da davanti sulla destra per tenerlo occupato, così da darmi modo di assalirlo sull'altro lato e cercare così di tagliarli il collo”
Gli altri ragazzi lo osservavano a bocca aperta. Non avevano mai visto il castano in un atteggiamento così sicuro.

“Avete capito?” domandò la voce di Rich, riportandoli al mondo reale e facendoli annuire.

Il segugio non aveva ancora attaccato, forse per via della presenza del bronzo celeste, oppure perché non sapeva da chi iniziare, fatto sta che si capiva che non ci sarebbe voluto molto perché assalisse qualcuno.

I semide si spostarono seguendo le indicazioni del figlio di Atena, e quando furono in posizione Rich urlò: “Ora!”

All'istante Aimeè lanciò le braccia in alto, mentre una luce rossa, simile ad un fuoco d'artificio, sfrecciava verso l'alto, illuminando il cielo a giorno. Il mostro ovviamente seguì con lo sguardo il razzo, rimanendo sorpreso di tutta quella luce, e Amelie ne approfittò per slanciare le braccia verso il fiume e urlare, sprigionando tutta la sua magia. Subito il fiumiciattolo congelò, lasciando le zampe della creatura congelate. Il Segugio abbassò lo sguardo sorpreso e Rich e Kian lo attaccarono, ferendolo sulla groppa e sul muso. All'istante il mostro ululò di rabbia e dolore e prese a muoversi, iniziando a rompere il ghiaccio. A quel punto Ekanta e Glass si lanciarono in avanti, ferendo ulteriormente la creatura sulle zampe posteriori. Questa si innarcò, e fece per voltarsi, ritrovandosi però sempre intrappolata. Kian lo assalì, puntando al muso, e il mostro si mise a mordere l'aria con le zanne affilate, lasciando il fianco scoperto. Rich saltò in alto, portandosi la spada sopra la testa e urlando a squarciagola. La spada calò, ferendo il mostro sul collo, e subito un fiotto di sangue nerò come l'inchiostro bagnò le acque congelate. Il Segugio ululò di dolore, mentre i quattro semidei si allontanavano spaventati. Purtroppo la cosa non sembrava averlo ucciso, ma solo ferito gravemente e fatto tremendamente arrabbiare.

“E ora che si fa?!” domandò nel panico Glass.

“Non lo so, speravo che l'attacco lo uccidesse. Datemi un minuto” esclamò Rich, sempre con quel tono di voce basso e scuro, così innaturale per lui.

Il Segugio prese a dimenarsi, ditruggendo la sua gabbia di ghiaccio, e Kian era molto tentato di urlare che non avevano neanche un secondo, figuriamoci un minuto, quando una freccia spuntò sulla groppa della creatura. Questa ululò di nuovo dal dolore, prima che decine di dardi iniziassero a piovergli addosso da tutte le parti. Ben presto del mostro non rimase che polvere.

Subito gli altri campeggiatori uscirono dal bosco e si fiondarono verso i ragazzi.

“Ekanta!”
“Kyo!” urlarono assieme Tobias e Anjelica andando verso il giovane, con aria preoccupata.

Nel frattempo Amelie e Aime erano state raggiunte da Crowley e dagli altri membri della loro casa, che si stavano accertando che fossero tutte intere.

Anche Hicks era stata raggiunta dai suoi fratelli e da Dennis, che la stava studiando per vedere che non avesse ferite di nessun genere.

Kian ebbe a malapena il tempo di registrare questo che fu assalito dal gemello.

“Kian, bro, stai bene?! Che è successo?! Abbiamo visto il segnale e siamo subito corsi a vedere come stavi! Per il divino Ares, era un segugio infernale quello?! Sembrava un idra peloso, diamine! Ti ha fatto qualcosa?! Sei ferito?!” esclamò Kevin preoccupato, mentre lo esaminava da tutte le angolazioni possibli.

Il fratello stava per rispondere quando Chirone si fece avanti, pallido in volto.

Rachel Dare scese dalla sua groppa e prese a guardarsi attorno nervosa.

“Che cosa è successo?” domandò il centauro.

Prima che qualcuno di loro avesse la possibilità di rispondere Rich si fece avanti, scostando Ambra, Jessie e tutti i suoi fratelli, prima di esclamare spaventato: “Chirone, siamo stati attaccati da un segugio dei Campi della Pena! Lo so che sembra assurdo, ma è la verità! Aveva il pelo scuro, e-e non aveva cicatrici, e... e i suoi occhi erano rossi! E, per Atena, Chirone, era... era spaventoso! Io... io non so come abbiamo fatto a sopravvivere! Veniva dall'Ade te lo giuro! Era identico all'immagine sui libri!”

Kian si mise a fissare confuso il figlio di Atena. Stava tremando così tanto da sembrare l'epicentro di un piccolo terremoto, le guance erano rigate da lacrime di terrore, e la voce era rotta e spaventata, al punto che non aveva più alcun legame col tono calmo e pacato di prima.

Il centauro si avvicinò e mise una mano sulla spalla del ragazzo, interrompendolo.

“Richard, rilassati, prendi un respiro profondo. Io ti credo. Ho visto il mostro, non c'è bisogno di essere spaventati. È stato ucciso, non c'è più, siete vivi”

Il figlio di Atena annuì, mentre a stento tratteneva i singhiozzi. Ambra si avvicinò e lo abbracciò, per poi tirarlo a sé per calmarlo.

“Un segugio dei Campi della pena? Brutta storia - mormorava nel frattempo l'oracolo - Chi può averlo evocato? Chi può essere così interessato a uccidere i semidei?”

“A queste domande posso rispondere io!” tuonò in quel momento una voce, prima che un lampo di energia fendesse l'oscurità della notte.

Quando i ragazzi riacquistarono la vista videro fermo al centro della radura un giovane uomo dai ricci castani e scompigliati e una tuta da ginnastica. In mano reggeva un bastone attorno a cui erano intrecciati due serpenti vivi.

“Ermes” fu l'unico commento di Chirone, prima di inchinarsi, presto seguito dagli altri ragazzi.

Il dio annuì con fare grave, prima di esclamare: “Arrivo dall'Olimpo, e temo di portare pessime notizie per tutti noi”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
E per farmi perdonare per il ritardo tra il prologo e il primo capitolo eccomi qui subito con il secondo. Yay!

Ad ogni modo forse questo capitolo è un po' più incentrato dal punto di vista di Rich, ma spero che comunque lo abbiate apprezzato. Ho aggiunto qualche OC in più: Tobias Brooks, figlio di Tyche, mandatomi da Cody020701; Arthur Oakler (finalmente!), figlio di Ares, mandatomi da Aki_and_Ami; Lily Evans figlia di Efesto e Mikael Jones, figlio di Apollo, mandati entrami da Namori superfigo; “Lorcan” Cunningham, figlio di Ermes, mandatomi da Sabaku no Konan Inuzuka; ho citato poi Elaine Middledorf figlia di Demetra, mandatami da Fangirl_3010, e Sora Kobaiashi, figlio di Ipnos, mandatomi da Zuria.

Ci tengo poi a fare una precisazione: in questa fic i segugi infernali possono essere di due tipi: o della Foresta del Campo, in questo caso sono un po' più piccoli e agili, hanno il pelo più chiaro e sono un po' come dei lupi (solo che vivono in solitaria), e poi ci sono i segugi dei Campi della Pena, che arrivano dagli Inferi, sono molto più grossi e molto più crudeli.

Non ho molto altro da dire, ripeto, spero che abbiate apprezzato, e nel prossimo preparatevi ad una riunione di guerra attorno ad un tavolo da ping pong, una profezia disastrosa e un bel po' di angst da parte del nostro Rich.

Ci si vede gente, al prossimo capitolo.

Attenzione: minimo due recensioni per continuare.

P.S: Non aspettatevi il prossimo aggiornamento tanto in fretta come questo.

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Capitolo 4
*** Una notte agitata ***


CAP.3: UNA NOTTE AGITATA

 

Un silenzio teso regnava attorno alla tavolo da ping pong della sala ricreativa, ovvero il tavolo dove i semidei erano soliti tenere i loro consigli di guerra in caso di crisi.

Tutti i Capocabina più Chirone e Rachel erano radunati, e nessuno pareva granché ansioso di parlare. Ma quelli che parevano più in ansia erano Rich, Kian, Ekanta, Glass, Aimeè e Amelie, che si guardavano attorno nervosi e insicuri sul comportamento da tenere, visto che solitamente non partecipavano a quelle riunioni.

Il centauro sospirò: “Direi che possiamo iniziare...”
“Un attimo - intervenne confusa Amelie - Dov'è Damian? Pensavo che sarebbe venuto anche lui” domandò guardandosi attorno confusa alla ricerca del capocabina della casa di Ecate.

“Il signor Anderson ha subito un lieve “incidente” nel corso della partita di stasera da parte di un avversario e passerà l'intera notte in infermeria a farsi curare”
“Chiedo scusa, colpa mia” grugnì Kevin, anche se non pareva poi così tanto dispiaciuto.

“Ad ogni modo direi che possiamo continuare. Come sapete questa riunione ha lo scopo di parlare dell'impresa che Ermes ha assegnato a sei campeggiatori, ovvero Rich, Amelie, Amieè, Kian, Hicks e Ekanta, e...”
“E si tratta di una grandissima cazzata!”
Era stato di nuovo Kevin a parlare. Aveva uno sguardo di pura rabbia sul volto, e teneva i pugni talmente stretti da far sbiancare le nocche.

“Signor Murphy...” provò a intervenire Chirone, ma venne fermato dal figlio di Ares che battè con forza il pugno sul tavolo, facendo tremare i bicchieri che erano posati.

“È una follia Chirone, non puoi permettere che intraprendano una missione del genere! È un suicidio assicurato! Stiamo parlando di Medea, uno dei personaggi più perfidi della mitologia!”
“Capisco il tuo punto di vista, Kevin, ma penso che la stai prendendo troppo sul personale...” provò a farlo ragionare Ambra, venendo zittita da un'occhiata di fuoco da parte del giovane.
“Personale? Personale?! Scusatemi se sto cercando di tenere al sicuro il mio gemello, per impedirgli di andare a farsi uccidere!”

“Non sei l'unico che è preoccupato per i suoi fratelli, Kevin. Anche noi non siamo contenti di fronte a questa prospettiva, e sono certo che Damian sarebbe d'accordo con me. Ma si tratta di una missione assegnataci dagli dei, non possiamo tirarci indietro” intervenne Austin, il Capocabina di Morfeo, mettendo una mano sulla spalla di Glass con fare protettivo.

“Ma a differenza vostra io sto mandando a morire il mio fratello di sangue! Scordatevelo che lo faccia!” esclamò con rabbia il rosso scattando in piedi.

“Volete stare zitti? - sbottò Elaine Middledorf, la capocabina della casa di Demetra - Sembrate due bambini che litigano per un foglio di carta. Abbiamo delle questioni serie da discutere, noi”

“Potreste per favore smetterla di parlare come se non fossimo presenti?”

La voce calma di Kian portò il silenzio più totale intorno al tavolo.

Kevin fissò per qualche attimo il gemello, il labbro che tremava: “Non dirmi che sei dalla parte di questi idioti?”

Kian sospirò, prima di mettere una mano sul braccio dell'altro e rimetterlo seduto: “Kevin, c'è ben poco che possiamo fare. Come Austin ha fatto notare è una missione che ci è stata affidata dai nostri stessi genitori. Inoltre è a rischio il destino stesso del campo, quindi non abbiamo altra scelta che partecipare”
“Non posso permettere che sia tu a rischiare la palle per una cosa del genere. Vado io piuttosto!”
“No. Hai sentito Ermes: noi sei siamo stati scelti, e solo noi possiamo portare a termine questa missione. Io non mi sono lamentato, e così non hanno fatto i miei compagni, mi sembra, quindi per favore smettila, e concentriamoci sulla missione di per sé”
I due fratelli rimasero a guardarsi a lungo negli occhi, come in una sfida a chi avrebbe abbassato per primo lo sguardo. Alla fine fu Kevin a cedere, spostando lo sguardo con un verso stizzito.

Kian annuì, prima di voltarsi verso il tavolo: “Allora, qual'è il piano?”

Un nuovo silenzio calò sul gruppo. Nessuno sapeva cosa fare davvero, quella notizia li aveva colti tutti impreparati.

“Beh, per prima cosa direi che è il caso di vedere se c'è una profezia”

La voce timida di Rich ruppe il silenzio, mentre tutti spostavano lo sguardo su di lui. Il ragazzo deglutì con fare nervoso, mentre sentiva un gusto acido risalirgli in bocca.

“C-che c'è? Solitamente quando viene affidata un'impresa non viene anche pronunciata una profezia?” mormorò il giovane, facendosi forza per non uscire urlando dalla sala. Non la sopportava tutta quella attenzione, non ce la faceva, era troppo per lui!

Ci penso Mikael, il Capocabina di Apollo, a tirarlo fuori dai guai, annuendo grave: “È vero, per tutte le missioni viene pronunciata una profezia. Oracolo, stiamo aspettando le tue parole”

I ragazzi si voltarono verso Rachel, la quale li osservò uno ad uno, con un'espressione seria, quasi funerea, facendo accapponare loro la pelle. Tutti conoscevano la rossa per essere una donna calma e sorridente, che si divertiva a sporcarsi di colore mentre giocava coi bambini, ma lo sguardo che aveva in quel momento la facevano sembrare un'altra persona. Per la prima volta i ragazzi si resero conto di quante cose doveva aver visto quella giovane donna e quante ne doveva aver vissuto.

Rachel prese un respiro profondo e chiuse gli occhi. All'istante la sua testa cadde a ciondoloni sul petto, come se si fosse improvvisamente addormentata, salvo alzarsi subito dopo di scatto, gli occhi completamente verdi. Un fumo smeraldino simile ad un pitone la avvolse, mentre una voce roca e amplificata, diversa da quella della Dare, risuonava nell'ambiente circostante:

 

Al sorgere del sole nel giorno predestinato
L'oscuro male verrà finalmente svelato.

Sei semidei andranno a occidente nella zona incanta
Sette tra le mute statue affronteranno la lotta predestinata.
Illusione e realtà saranno da svelare
In un gioco di magia e astuzia da superare.
E l'ombra della strega avanza spietata
Dalle nebbie della memoria ormai dimenticata

 

Non appena ebbe pronunciato l'ultima parola la giovane sbattè di nuovo gli occhi, tornati normali, per poi fissare i presenti.

Era tutto finito, le parole erano state pronunciate. Il destino ora era stato definitivamente scritto.

 

 

La riunione si concluse dopo pochi minuti, e i ragazzi tornarono ciascuno alla propria cabine.

Rich stava seguendo Ambra, quando si fermò di botto.

“Beh, che c'è? Stai male?” domandò confusa la maggiore.

Il ragazzo scosse la testa, per poi mettere su un sorriso nervoso: “No, ti volevo solo chiedere se potevi precedermi. Ho bisogno di un po' d'aria”
Ambra alzò un sopracciglio scettica: “Ne sei sicuro? Non mi sembra la decisione più saggia da prendere in un momento del genere...”
Il ragazzo annuì: “Ne sono sicuro. Non hai nulla da temere. È vero che Medea può evocare anche mostri all'interno del Campo, come ha fatto col Segugio, ma sono sicuro che un processo del genere le costi molta magia, e non potrà rifarlo di nuovo molto presto. Inoltre le arpie sono state mandate a fare la guardia ai confini stanotte, quindi non ho neanche il problema che mi possano trovare”

Vedendo che l'altra continuava a non sembrare molto convinta allargò ancora di più il suo sorriso: “Non ti preoccupare, Ambra, vai, so badare a me stesso, tranquilla. Inoltre ho la spada con me. Vai”

La giovane si morse il labbro, combattuta, ma alla fine si limitò a sospirare: “E va bene, ma non fare troppo tardi, che domani devi partire per l'impresa e devi essere in forze, intesi?”
“Tranquilla, al massimo torno tra una mezz'ora”

Ambra annuì, e si incamminò in direzione della cabina di Atena. Non appena fu scomparsa nel buio Rich lasciò cadere il sorriso, per poi voltarsi e correre verso il bosco.

Arrivato ai margini non riuscì più a trattenersi. Si chinò sulle ginocchia e prese a vomitare quanto aveva in corpo.

Continuò così per cinque minuti buoni, mentre tutto ciò che aveva mangiato durante la giornata veniva espulso dal suo corpo, lasciandogli un sapore orribile in bocca.

Quando finì il giovane si allontanò barcollando di pochi metri, per poi cadere seduto con la schiena contro il tronco di un albero. Era completamente pallido, e stava sudando in maniera copiosa, senza contare i tremiti che gli pervadevano il corpo. Gli occhi erano serrati e stava singhiozzando sottovoce.

Erano anni che non aveva un attacco di panico, ormai era certo di aver imparato come gestirli, ma quella sera proprio non ce l'aveva fatta. L'attacco del Segugio, il discorso di Ermes su Medea, la scoperta di essere uno dei sei semidei che dovevano sconfiggerla, la riunione con gli altri capicabina, ma soprattutto quella terribile profezia, erano stati troppo per lui e per il suo cervello, e il suo corpo aveva reagito nell'unica maniera possibile.

Sapeva che aveva fatto male ad allontanare Ambra, ma non voleva che lei lo vedesse in quello stato pietoso.

Il giovane si lasciò sfuggire ancora un paio di singhiozzi, prima di calmarsi leggermente. A quel punto si alzò barcollando e si diresse in direzione della spiaggia. Una volta arrivato sul bagnasciuga si fermò, e i suoi occhi presero a scrutare la distesa nera del mare. L'australiano chiuse gli occhi e si concentrò sulla carezza del vento contro il suo viso e sul rumore delle onde che si infrangevano di fronte a lui.

Dopo pochi minuti alla fine si spogliò di scarpe, calze, maglietta e pantaloncini, rimanendo solo coi boxer, per poi avvicinarsi all'acqua. Si addentrò di qualche metro, dopodiché chiuse gli occhi, emise un lungo sospiro e si tuffò.

L'impatto con l'acqua fredda del mare lo fece stare subito meglio. Nonostante il giovane fosse un figlio di Atena amava il mare. Questo probabilmente era una conseguenza del fatto che era australiano, e pertanto era sempre vissuto col mare a pochi metri di casa, che era diventato il suo compagno di giochi e il luogo nel quale trovare conforto sin dalla più tenera età.

Rich riemerse in superficie e prese una profonda boccata d'aria. Si asciugò l'acqua dagli occhi e prese a scrutare il cielo pieno di stelle sopra di sé.

Era bellissimo...

Non ci poteva credere che esistevano forze che volevano distruggere il perfetto capolavoro della natura, l'aveva sempre trovato qualcosa di assurdo.

Eppure c'erano...

Rich fece un paio di bracciate per poi tornare verso la spiaggia, completamente ristabilito. Tuttavia notò che vicino ai suoi vestiti c'era una persona che lo stava aspettando, seduta sulla sabbia.

Il giovane uscì dall'acqua e si avvicinò, sorpreso: “Ciao”
“Ciao - gli rispose semplicemente con un sorriso Amelie - Ti ho visto in acqua e ho pensato che una volta uscito ti avrebbe fatto comodo un asciugamano” e gli porse l'oggetto.

Rich mormorò un “grazie”, prima di prenderlo.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti, mentre il castano si asciugava, e una volta finito il figlio di Atena le rivolse un'occhiata: “Tutto bene?”

La russa scrollò le spalle: “Direi di sì”
“Amelie, sei rimasta in silenzio per tutto il tempo, e tu non stai mai in silenzio. Inoltre mi sembra sospetto che tu mi abbia casualmente visto nuotare e abbia deciso di venire a darmi un asciugamano”
La giovane ridacchiò: “Beccata - poi gli rivolse un'occhiata - Stasera alla riunione mi sei sembrato parecchio scosso, e quindi una volta finito ho pensato fosse il caso di venirti dietro per assicurarmi che stessi bene. Come ben sai l'incantesimo di invisibilità mi riesce piuttosto bene. E, beh, ho visto quello che hai fatto, per poi recarti qui e andare tuffarti, e ho pensato che ti servisse un'amica”

Rich si era irrigidito nel sentire che l'altra lo aveva visto preda di un attacco, ma in fondo in fondo la cosa lo sollevava un po'.

Il figlio di Atena si buttò a sedere al suo fianco, avvolto nell'asciugamano. Per fortuna era una serata abbastanza calda, e il giovane non pativa il freddo.

I due rimasero in silenzio per alcuni minuti (cosa che probabilmente dovette costare un grande sforzo di volontà da parte della russa). Alla fine fu Rich a rompere il silenzio: “Hai uno spirito di osservazione che fa paura”
La mora ridacchiò: “Lo prendo per un complimento. È che mi piace prendermi cura dei miei amici. Cosa hai avuto prima, se posso chiedere? Stai forse male?”
L'australiano scosse il capo: “Ho avuto un attacco di panico”
Amelie si voltò a fissarlo, sorpresa: “Non pensavo che soffrissi di queste cose, non ti ho mai visto in preda ad uno”

Rich si esibì in un sorriso amaro, così diverso dal suo solitamente timido: “Ne avevo molti prima di venire al Campo. La mia vita non era esattamente facile, ero visto sempre come quello “strano” e “diverso”. Ma in fondo è quello che passano tutti i semidei, no? Inoltre il mio fisico gracile e il carattere remissivo mi hanno portato ad essere la vittima preferita di vari bulli. Però una volta arrivato qui ho preso la decisione di imparare a controllarli. Ho imparato a mettere la mia mente di fronte a queste situazioni e a mantenere il controllo. Era da quando avevo 13 anni che non avevo un attacco, ma stasera... stasera è stato tutto troppo e non ce l'ho fatta”

Amelie prese a mordersi il labbro, nel suo tipico tic di quando era pensierosa. Era la prima volta che sentiva l'altro aprirsi così tanto sul suo passato e su sé stesso. Le faceva piacere, tuttavia si rendeva sempre più conto di quanto possa essere difficile la vita del semidio fuori dal Campo.

La russa lo attirò a sé, in una sorta di abbraccio, prendendolo di sorpresa.

“Tranquillo, non devi affrontare questa avventura da solo. Ci sono io, e c'è anche Red. Senza contare poi Ekanta, Hicks e Kian. Siamo una squadra, ce la faremo”
Rich annuì, mentre chiudeva gli occhi e si rilassava.

Era vero: non era solo.

E insieme loro sei ce l'avrebbero fatta.

 

 

Glass se ne stava seduta su di una panchina del parco. I rumori tipici del Bronx la circondavano donandole quella famosa sensazione di controllo e sicurezza che possono dare solo i luoghi nel quale si è cresciuti.

Il suo sguardo si spostò su Luke, al suo fianco, che le sorrise in maniera schietta.

“Allora, X, non mi fai i complimenti per il nostro ultimo colpo?”

La rossa sbuffò: “Certo... Abbassa la cresta, Luke, ti ricordo che se non fosse stato per me e per Dean le cose si sarebbero messe davvero male”
Il tredicenne ridacchiò: “Dai, me la stavo cavando bene!”
La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso.

L'altro riportò l'attenzione di fronte a sé: “Ti ricordi quando ci siamo incontrati? Fu proprio qui, in questo parco”

“Certo che me lo ricordo, come potrei mai dimenticare quando ho incontrato il mio socio!”
Luke annuì: “Già, neanch'io potrei mai dimenticarlo...”
Glass aggrottò le sopracciglia: “Luke, che intendi...?”
“X - la interruppe il ragazzino prendendole le mani, e facendola arrossire a quel contatto - È-è da quando ti ho incontrato che sto cercando di trovare il coraggio di dirtelo. Io... io ti amo! Ti prego, vorresti... vorresti diventare la mia ragazza?”
La giovane guardò sperduta dentro agli occhi dell'altro, non sapendo bene cosa dire, ma alla fine il suo corpo automaticamente si avvicinò al suo, come attratto da un magnete. I loro volti si fecero sempre più vicini, fino a che...

In quel momento l'intero paesaggio prese a mutare. Glass sentì le mani di Luke scomparire attorno alle sue, mentre il ragazzo andava svanendo, come un'immagine nella nebbia.
“Cos...? No... No! Non portatemelo via! Non di nuovo!” esclamò la giovane, cercando disperatamente di aggrapparsi all'immagine dell'amico.

L'attimo dopo si trovava in una stanza di una squallida casa di un quartiere disagiato, in mano aveva una cornetta del telefono, e la voce di un uomo stava parlando dall'altro lato.

<< No, no ti prego. Non questo ricordo. Ti prego, no... >> fu l'unica cosa che riuscì a pensare, mentre con tutte le sue forze cercava di cambiare quello che ormai sapeva essere un sogno.

Ma non ci riusciva, e sentì di nuovo quelle parole. Le parole che la raggiungevano sempre almeno una volta nei suoi incubi: “Mi dispiace, ma stava correndo per attraversare la strada e un camion lo ha investito. Se vi può essere di consolazione non ha sofferto. È morto sul colpo. Mi dispiace”

Glass sentì per la seconda volta il mondo distruggersi in mille pezzi, mentre le lacrime riprendevano a scendere copiose e dalle sue labbra usciva un urlo roco, mentre delle carte piovevano dal cielo.

Glass ne vide una. L'arcano numero 6: gli Amanti. Tutti che si ripetevano all'infinito, come a volersi beffare del suo destino.

In quel momento sentì qualcuno che la prendeva e la strattonava.

L'attimo dopo la rossa stava sbattendo le palpebre in un soggiorno ben tenuto, con un divano beige e una poltrona dello stesso colore. Su di una parete era addossata una libreria ricolma di volumi. Da una finestra entrava la calda luce del sole.

Glass si guardò attorno confusa. Non era mai stata in un posto del genere, poco ma sicuro.

In quel momento sentì qualcuno che mormorava: “Hicks, stai tranquilla, siamo nel mio sogno. Qui sei al sicuro”
La ragazza si voltò spaventata e si trovò davanti un ragazzino pallido e magro, dai capelli neri e spettinati ma con le punte tinte di bianco. Al collo aveva una collana d'argento.

Ci mise qualche secondo, ma alla fine lo riconobbe,

“Sora Kobayashi!” esclamò sorpresa.

Il figlio di Ipno annuì, sempre mantenendo la sua espressione neutra: “Me ne stavo per i fatti miei, quando ho sentito dei forti impulsi negativi provenire dal tuo sogno. Ne ho visto una parte, scusa per questo, e ho pensato che fosse il caso di... aiutarti, ecco”
Glass arrossì per la vergogna e la rabbia quando ebbe sentito che l'altro l'aveva vista in quello stato.

Ma chi si credeva di essere?! Quella era violazione della privacy bella e buona!

Stava per urlarglielo in faccia, ma non appena i suoi occhi si posarono sul volto pacato dell'italo-giapponese tutta la sua rabbia sfumò, lasciandole una sensazione di amarezza.

“Grazie” disse soltanto, ricevendo in risposta un impacciato segno del capo da parte del ragazzo.

La figlia di Morfeo si guardò attorno incuriosita: “Siamo nel tuo sogno?”
Sora annuì: “Ho ricreato questo posto basandomi sul soggiorno di casa mia, a Brescia. È qui che vado quando gli incubi mi perseguitano”

Glass lo guardò sorpresa: “Riesci a fare una cosa del genere?”
Il moro annuì: “Mi ci è voluto un po', ma sono abbastanza soddisfatto del risultato”
I due rimasero in silenzio per alcuni minuti, fino a che Glass non notò qualcosa per terra. Si chinò, incuriosita, e lo raccolse.

Subito impallidì: era di nuovo l'arcano degli Amanti. Come aveva fatto a raggiungerla?!

“Ehi, tutto bene?”
“Sì, sono a posto, grazie” mormorò mentre metteva la carta in una tasca dei pantaloni.

Sora annuì, non molto convinto: “Ehi, Hicks, senti... lo so che non siamo proprio amici, però ecco, se vuoi parlare di ciò che hai sognato...”
L'espressione di fuoco della ragazza lo fece ammutolire.

“Sora, ti sono grata per avermi sottratta a quell'incubo, ma tieni il naso fuori dalla mia vita privata e dal mio passato, intesi?”

Il ragazzo era molto tentato di rispondere per le rime, ma vedeva come la giovane fosse ancora scossa, per quanto tentasse di tenerlo nascosto.

Il moro sospirò: “Che ne dici se passi il resto della notte qui? È un posto sicuro, gli incubi non ti tormenteranno, e tu hai bisogno di riposo visto che domani parti per l'impresa”

Glass avrebbe voluto declinare l'offerta all'istante, in quanto accettarla sarebbe stato sinonimo di debolezza dal suo punto di vista, tuttavia non appena ripensò al suo ultimo sogno riuscì a stento a trattenere un brivido.

“E va bene, ma solo perché domani ho l'impresa e ho bisogno di dormire, sia ben chiaro!” lo ammonì la ragazza, prima di andare verso la poltrona e sdraiarsi lì.

Sora annuì, e sul suo volto solitamente inespressivo passò l'ombra di un sorriso: “Certo, solo per quello” e se ne andò, per lasciare la figlia di Morfeo da sola, a passare un sonno senza più sogni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Buondì ragazzuoli.

Come sempre per almeno una storia a più capitoli mi risveglio dalla mia comoda tomba e torno alla vita dopo un silenzio di qualcosa tipo due mesi. Mi dispiace che abbiate dovuto aspettare tanto, e per un capitolo neanche troppo lungo poi. Scusatemi, le idee c'erano, ma è stato davvero difficile metterle giù, inoltre questa maledetta profezia proprio non voleva venire, e anche ora non sono per niente soddisfatto. Infatti è possibile che più avanti nel tempo decida di cambiarla con una più adatta alla storia.

Ad ogni modo nel corso di questo capitolo, come preannunciato, abbiamo visto angst non solo da parte di Rich, ma anche da parte di Glass, scoprendo inoltre qualcosa in più per quanto riguarda il loro passato.

Questo capitolo è stato abbastanza passivo e di passaggio, ma vi assicuro che dal prossimo le cose inizieranno a movimentarsi un po'.

Università permettendo spero di riuscire presto ad aggiornare anche il prossimo capitolo.

Ci sentiamo gente, e fatemi sapere se sto sbagliando qualcosa nel far comportare i vostri personaggi. Consigli e critiche sono ben accetti.

Ci vediamo, bye!

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Capitolo 5
*** Promesse tra fratelli ***


CAP.4: PROMESSE TRA FRATELLI

 

“Non mi piace - borbottò Kevin - Non mi piace per niente”

Kian si voltò a guardare il gemello. Il sole era spuntato da poco e stava illuminando il mare e il cielo delle mille sfumature dell'alba, mentre tutto intorno a loro le ninfe, le naiadi e gli altri spiriti della natura si svegliavano dal loro sonno segnando l'inizio di un nuovo giorno di attività al Campo Mezzosangue.

Kian si portò una lattina di Coca Cola alle labbra mentre mormorava, lo sguardo di nuovo rivolto verso l'orizzonte: “Cosa non ti piace?”

I due gemelli, per quanto adorassero la vita al Campo, all'idea di dover vivere per tre mesi senza cibo spazzatura dal mondo mortale si sentivano svenire, e per questo ogni estate, prima di venire lì, facevano una grande scorta di dolci, caramelle, patatine, bibite gasate e cose del genere da sfruttare in periodi, per così dire, “di crisi”.

Il rosso si voltò lanciandogli un'occhiataccia: “Tutta questa storia di te che vai in missione da solo, ecco cosa non mi piace! Sarà pericoloso, Kian, molto pericoloso, e io non sarò lì con te per proteggerti”

L'altro si prese qualche secondo per guardare l'acqua della baia e i suoi giochi di colore.

Mancavano cinque giorni esatti all'equinozio di primavera. Cinque giorni prima che Medea avverasse le sue terribili minacce.

L'albino sospirò, mentre si passava una mano sugli occhi stanchi. Quella notte non era riuscito proprio a dormire (troppe emozioni), quindi quella mattina molto presto, quando aveva visto che si stava preparando ad albeggiare, era uscito dalla cabina portandosi dietro uno degli zaini con dentro le loro scorte personali, dirigendosi verso un posto dove avrebbe potuto riflettere in pace su tutte quelle novità.

La sua scelta era ricaduta sul tetto della stalla dei pegasi, abbastanza appartato da permettergli di stare da solo, e abbastanza elevato da nasconderlo alla vista degli altri campeggiatori. Tuttavia dopo una decina di minuti circa era stato raggiunto dal gemello che, col suo aiuto, lo aveva raggiunto sulla cima del capannone, imprecando contro la protesi alla gamba.

Era ormai passata mezz'ora circa da quando erano lassù, con la sola compagnia uno dell'altro.

Kian sospirò, tornando coi piedi per terra: “Non devi preoccuparti, so badare a me stesso, me la caverò. E poi ho dei compagni con me, non sono solo”
Kevin sbuffò trattenendo una risata amara: “Seh, bei compagni proprio: Malasorte, le sorelle svampite, miss asocialità e il secchione che ha paura persino della sua ombra”

“Smettila, non sono così male. Anzi, se tu li avessi visti ieri sera contro il Segugio ti rimangeresti ogni singola parola. Soprattutto il commento su Rich”

Il gemello non pareva molto convinto, ma si limitò a prendere una manciata di patatine da un sacchetto e ficcarsele in bocca con un gesto scontroso e che esprimeva chiaramente il suo malumore.

Dopo qualche minuto il rosso parlò di nuovo: “Sei davvero sicuro quindi di non volere che chiamiamo mamma e papà per avvertirli dell'impresa?”
Kian annuì: “Sicuro. Avevano progettato questa vacanza da fin troppo tempo, e non voglio rovinare i loro ultimi giorni facendo preoccupare mamma per la mia salute”

Kevin brontolò qualcosa, non molto convinto, prima di rubare la lattina dal gemello e finirla in un sorso.

“Ehi, che stronzo che sei!” scherzò l'albino dandogli uno spintone e ricevendo un uguale spinta dal fratello che aggiunse anche una linguaccia.

I due si fissarono per un attimo negli occhi prima di scoppiare a ridere.

Dopo poco finirono e ripresero a fissare assorti la baia.

“Sul serio Kian, fa attenzione, e ricordati: se sei in pericolo mandami un messaggio Iride, e non importa dove sarò, io verrò ad aiutarti” disse alla fine Kevin rompendo il silenzio.

L'altro annuì: “Tranquillo, bro, giuro che sarò cauto. Ora però direi che è il caso di andare. Io devo prepararmi e andare a farmi lo zaino, e tu devi farti bello per il consiglio e le attività del giorno. Forza, sbrighiamoci”

 

 

Aimeè controllò ancora una volta in fretta e furia di aver messo tutto nello zaino. Qualche vestito di ricambio, razioni di emergenza, qualche ingrediente nel caso ci fosse bisogno di fare degli incantesimi o di preparare una pozione veloce, taccuino e penna (ehi, potevano sempre servire, cosa credete), una bottiglia di acqua...

Sì, le sembrava che ci fosse tutto.

Fece per chiudere lo zaino quando gli occhi le caddero sulla custodia del violino appoggiata sul suo letto.

La ragazza si fermò e prese a guardarlo. Dopo pochi secondi aprì la custodia e tirò fuori lo strumento. Con un lieve sorrisetto le tornò in mente quando suo padre glielo aveva regalato per i suoi 6 anni. Inizialmente non era che la esaltasse poi molto, però col tempo aveva imparato ad amare quel piccolo oggetto legno, e aveva capito che la felicità e ancora meglio la rabbia si potevano esprimere meglio tramite i suoi accordi.

Con una leggera risatina ricordò l'ultima volta che Damian, il Capocabina, l'aveva rimproverata perché aveva trasformato i capelli di una presuntuosa figlia di Afrodite da marroni lucenti a rosa shocking. Dopo la lavata di capo la ragazza aveva afferrato il violino e aveva preso a suonarlo con forza, causando mal di testa a tutti i suoi fratelli e a metà del Campo. Infatti, per quanto l'amasse, di fatto Aimèe il violino non lo sapeva suonare! Diciamo che in quell'occasione si era presa una piccola vendetta sul maggiore.

Si riscosse e lo guardò un attimo. Avrebbe tanto voluto portarselo dietro, si sentiva molto più sicura quando ce lo aveva, ma sapeva anche che rischiava di rompersi o peggio durante la missione, quindi con un sospirò lo appoggiò con cura sul letto, promettendo a sé stessa che sarebbe tornata al più presto e lo avrebbe suonato di nuovo.

Iniziò a mordersi le labbra con fare nervoso. A dire il vero tutta quella faccenda dell'impresa eroica la preoccupava, ma cercava di rimanere positiva e andare avanti. Tuttavia era capitata così all'improvviso che le aveva dato a malapena il tempo di pensare bene a cosa stesse succedendo.

E poi continuavano a frullarle nella mente domande come: perché siamo stati scelti proprio noi sei? Ermes non l'ha specificato, sembra tutto molto a caso... E poi come ha fatto davvero Medea a sopravvivere? Non è che ha trovato un modo per rimanere su questo mondo nonostante tutto? Ciò significa che sconfiggerla è praticamente impossibile... E poi cos'è successo ieri sera a Rich? Non l'ho mai visto comportarsi in quel modo. Era così sicuro di sé, sembrava un'altra persona... Sta forse nascondendo qualcosa? E come mai Ekanta pareva così spaventato dal Segugio infernale? Che ci sia qualcosa sul suo passato che non ci vuole dire? E Amelie perché si è comportata in maniera così cauta quando stamattina le ho parlato di Rich? Sa forse qualcosa che io non so?

La ragazza era talmente assorta nel suo mondo che quasi saltò quando sentì una mano darle una pacca sulla spalla e una voce maschile esclamare: “Ehi, Red, tutto bene?”

La giovane si voltò e incontrò gli occhi castani di Crowley.

La ragazza sospirò: “Sì, Crow, tutto bene, stavo solo... ragionando”
Il castano, che conosceva fin troppo bene la sorella, sospirò: “Stavi di nuovo andando in palla, vero? Tu ragioni troppo sulle situazioni che ti si presentano davanti, dovresti rilassarti. Di persone che pensano tanto nel gruppo avete già Rich”

La rossa gli rispose con una smorfia. Dopodiché notò che era tutto sudato e che continuava a chiudere e ad aprire le mani.

“Crowley...”
“Sì?”
“Adesso gli altri sono tutti a colazione, giusto?”
“Sì, perché?”
“Allora mi spieghi come mai tu fino a pochi minuti fa eri a fare trazioni sulle sbarre?”
Il ragazzo nascose le mani dietro la schiena, mentre arrossiva leggermente e mormorava un “beccato”.

Aimeè sospirò, prima di sorridere con fare fraterno e scompigliare i capelli al minore, per quanto lui la superasse di abbastanza centimetri: “Crowley, allenarsi è bene, ma tu esageri. Fintanto che siamo via promettimi una cosa: cerca di non strafare con gli allenamenti. Non servirai a molto se ti viene uno strappo muscolare”
Il ragazzo sbuffò un “va bene” non molto convinto.

Red gli sorrise e lo abbracciò.

Quando si separarono gli diede un buffetto sulla guancia, prima di prendere lo zaino: “Bene, io adesso vado sulla cima della collina, che tra un po' dobbiamo partire. Stammi bene Crowley, ci vediamo tra sei giorni, quando avremo sconfitto quella vecchia megera” e uscì con una corsetta.

Il castano la guardò andare via, e quando fu lasciato completamente solo emise un sospiro sconsolato: “Fa attenzione, Red, ti prego. Tu ed Amelie”

 

 

Ekanta correva da una parte all'altra della cabina, mentre cercava di radunare tutte le sue cose.

Ovviamente, vista la sua fortuna, si era svegliato tardi, e ora non riusciva a trovare nessuna delle sue cose. In cambio però una delle sue sorelle aveva trovato un mazzo di fiori di fronte alla porta quella mattina da parte di uno spasimante segreto... stupido potere che gli sottrae fortuna per darla agli altri!

Il ragazzo ficcò con violenza anche l'ultima maglietta nello zaino, prima di dare un'occhiata veloce intorno per controllare se avesse preso tutto.

Ad un tratto il suo sguardo si fermò su di un letto ancora, stranamente, occupato.

Il ragazzo si bloccò di colpo, perplesso. Tutti i suoi fratelli e le sue sorelle sarebbero dovuti essere in mensa a fare colazione. Tobias ci teneva che conducessero tutti un'alimentazione sana di almeno tre pasti al giorno.

Il giovane si stupì ancora di più quando riconobbe nella figura sdraiata a dargli la schiena proprio il Capocabina.

Ora che ci pensava era dall'altra sera che il ragazzo si comportava in maniera strana.

Per essere più precisi ricordava ancora quando Ermes aveva dato loro la notizia che Nuova Roma e i suoi abitanti erano stati pietrificati e come il biondo si fosse irrigidito urlando un “cosa?!”. A partire da quel momento si era fatto silenzioso e anche parecchio scontroso, cosa decisamente non da lui.

Forse doveva parlargli, in fondo era pur sempre suo fratello.

Alla fine sospirò e si avvicinò. Lo scosse per un braccio mentre mormorava: “Ehi, Toby, tutto... tutto bene?”

Il maggiore rispose con un grugnito indefinibile.

Ekanta si morse il labbro, prima di provare di nuovo.

Alla fine Tobias sospirò e si mise a sedere per guardarlo. Il minore notò che aveva due occhiaie terribili, segno che non aveva affatto dormito quella notte.

“Cosa vuoi, Ekanta?” grugnì il ragazzo, che decisamente non era del suo solito umore, e che anzi pareva in preda ad una profonda depressione.

Ricordava solo un'altra volta in cui lo aveva visto così, e non era stata affatto una situazione felice. Per nessuno al Campo.

“Io tra un po' devo andare, ma a te cosa sta succedendo? È da ieri che non sembri in te...”
Il maggiore si riavviò la ciocca di capelli blu con un sospiro pesante: “Ho... tanti pensieri per la testa, tutto qua”
“Davvero?”
Il biondo annuì.

“Toby, lo sai che sono tuo amico, a me puoi dire di tutto. È successo qualcosa?”
Il biondo abbassò lo sguardo. In quel momento Ekanta notò che stava tremando.

“Ieri... ieri pomeriggio, dopo la scossa, ho provato a mandare un messaggio a Nuova Roma per vedere se stava bene. Non mi ha risposto, e ho pensato che magari era successo qualcosa con i messaggi, che non si ricevevano bene, e allora ho lasciato perdere. Poi ho riprovato la sera, prima di Caccia alla bandiera, e di nuovo non mi hanno risposto, e ho iniziato a preoccuparmi. E poi è arrivato Ermes, e ci ha detto che sono tutti pietrificati, ed io... io...”

Toby prese a singhiozzare, mentre Ekanta lo osservava confuso. Ma di chi stava parlando?

Alla fine la verità lo colpì come un pugno nello stomaco, mentre finalmente tutti i pezzi andavano al loro posto.

Ma certo, ovvio che stesse parlando di lui! Stupido, stupido, stupido Ekanta!

E questo anche spiegava il perché si stesse comportando in quel modo. Ovvio che sembrasse distrutto, probabilmente stava rivivendo quello che era successo a Grace.

Ekanta dopo un po' lo abbracciò imbarazzato, mentre cercava di calmarlo.

Alla fine Tobias lo allontanò con un gesto gentile, prima di sussurrare: “Grazie, Ekanta”
Il minore annuì, imbarazzato: “Tranquillo, io ci sarò sempre per te. E sta tranquillo, non permetterò che capiti di nuovo una cosa del genere come quella di anni fa. In fondo: anche lui ormai fa parte della famiglia”

Il ragazzo lo osservò con gratitudine, prima di asciugarsi gli occhi umidi con l'avambraccio e aprirsi di nuovo in un sorriso.

“Grazie Ekanta, sei il migliore. Ora però devi preparati per la missione, hai tutto?”

Il ragazzo coi capelli bianchi annuì: “Dovrei aver preso tutto, spada compresa” e diede una pacca quasi affettuosa alla sua fedele “Cat's claw” al suo fianco.

“Perfetto, allora direi che sei pronto. Oh, aspetta, un'ultima cosa”
“Sì?”

Toby si avvicinò e lo tirò a sé in un abbraccio soffocante. Ekanta rimase fermo, imbarazzato e sorpreso, col viso completamente rosso.

Quando lo lasciò andare il minore lo osservò confuso: “E questo cos'era?”
“Un abbraccio di buona fortuna, per augurarti di riuscire a tornare vittorioso da quest'impresa, cosa che sono certo farai senz'altro - Tobias lo fissò intensamente negli occhi - Tu sei forte, Ekanta, e hai dei compagni eccezionali al tuo fianco, però ti prego: fa attenzione, fratellino”
L'altro non poté che aprirsi in un lieve sorriso a sentire quelle parole, prima di annuire, fiero: “Contaci. Aspettami, e non ti preoccupare: troveremo il modo di salvare Matthew” e uscì di corsa per raggiungere i suoi compagni e Chirone, che lo stavano aspettando sulla cima della collina del pino di Talia, pronti a partire per la loro missione

 

 

Medea osservò ancora qualche secondo il ragazzino coi capelli bianchi che si avvicinava al gruppo sulla cima della collina.

Ingrandì l'immagine trasmessa dalla bacinella e osservò uno ad uno quelli che sarebbero dovuti essere i suoi avversari, per poi sorridere lievemente. Un albino, una solitaria, un deboluccio, uno iellato, una con la testa tra le nuvole e un'ingenua. Non aveva assolutamente nulla da temere da un gruppo del genere.

Si voltò e si allontanò dal suo catino scrutatore, per avvicinarsi alla gabbia che occupava metà della stanza. Ricordava una gabbia per uccelli in formato extra large, qualcosa della serie cinque metri di diametro, le sbarre erano di bronzo celeste e oro imperiale e si intrecciavano con sbarre di ferro dello Stige disposte a formare segni magici potenti e arcani. Su ogni sbarra erano incisi caratteri magici che erano un misto tra lettere greche, geroglifici egizi e i caratteri della sua terra d'origine, uniti insieme sulla base di quanto aveva visto e copiato tempo prima dal Libro di Setne.

Era un capolavoro assoluto di magia e tecnica, neppure il dio fabbro Efesto avrebbe potuto fare di meglio.

All'interno della gabbia, rintanata in un angolo il più possibile lontana da Medea, se ne stava la figura di una donna. Un tempo doveva essere bella e regale, ma ora pareva estremamente provata. Il fisico era magro e emaciato, pallido fino all'eccesso e scosso da brividi di freddo talmente violenti da far vibrare le sbarre su cui era appoggiata, i capelli neri un tempo lucenti ora erano rovinati e striati di un grigio e un bianco malati, il volto fiero era scavato e le ossa erano messe in evidenza, al punto che ricordava un teschio ghignante . La figura aprì in quel momento gli occhi. Erano neri come i capelli e le vesti indossate dalla donna, ed erano leggermente velati, come se stesse facendo fatica a mettere a fuoco Medea, ma l'odio che trasmettevano era talmente forte da ardere come un fuoco.

Medea sorrise dolcemente: “Mia cara Stige, come stai oggi?”

La dea ringhiò: “Non appena uscirò da qui ti farò rimpiangere le pene subite nei Campi della pena, lo giuro”

La maga scosse la testa, come una maestra che sta rimproverando una bambina: “Penso che tu non abbia capito bene come stanno le cose, mia povera Stige. Ormai i tuoi giuramenti non hanno più effetto, perché io sono diventata la dea dei giuramenti. Ogni singolo minuto che passi rinchiusa là dentro è un minuto in cui tu ti indebolisci e in cui io mi rafforzo. I simboli magici tracciati non servono soltanto a trattenere il tuo potere divino, ma anche a sottrarti forza”

La dea prese ad apostrofarla in greco antico, con epiteti decisamente poco gentili.

Medea le voltò le spalle e prese ad allontanarsi: “Sai, gli altri dei hanno organizzato una spedizione con la quale venire a salvarti, ma i suoi membri... beh, direi che sono caduti decisamente in basso. Ad ogni modo non li devo certo sottovalutare, pertanto credo che preparerò loro una sorpresina durante il viaggio e dirò ad una delle mie due colleghe di preparasi a riceverli degnamente, nel remoto caso in cui sopravvivano”
La strega si appostò vicino ad una mensola e tirò fuori una piuma bronzea. Dopodichè si avvicinò verso un pentolone ricolmo di liquido rosso sangue e vi gettò la piuma, cantando in una lingua gutturale e antica.

Subito l'aria venne invasa da un rumore stridulo e penetrante, come di milioni di coltelli sbattuti assieme.

Un sorriso spettrale passò sul volto della rediviva: “Avanti semidei, mostratemi di cosa siete capaci. Vediamo se sarete degli avversari degni”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Salve, sappiate che neanche mi sono reso conto che è passato un mese da quando ho aggiornato l'ultima volta, mi pare una cosa sconvolgente, ero convintissimo che fosse passato meno tempo! L'università mi tiene impegnato, mi dispiace, sto via praticamente tutto il giorno, quindi ho poco tempo per scrivere, e a ciò dovete assommare anche altri impegni vari, che rendono la stesura lenta. Il bello è che questo capitolo ce lo avevo da parte da qualcosa tipo una settimana, se non di più, ma ho avuto letteralmente mancanza di tempo e quindi non sono riuscito a postarlo.

Ad ogni modo, passando al capitolo di per sé: qui mi sono voluto concentrare di più sui personaggi che non si sono visti nello scorso capitolo, ovvero Kian, Aimeè e Ekanta. Inizialmente in questo capitolo doveva già iniziare l'avventura di per sé, cioè doveva avere anche una seconda parte che sarà il prossimo capitolo a questo punto, ma ho preferito dare ai ragazzi ancora giusto un momento di pausa e concentrarmi invece sui loro rapporti con gli altri personaggi. In questo capitolo ho parlato di legami fraterni, anche se inizialmente l'unica scena tra fratelli doveva essere quella tra Kian e Kevin, poi però ho riflettuto un po' e ho pensato di aggiungere anche Aimeè e Crowley e Ekanta e Toby. Sono abbastanza soddisfatto di come è venuto il tutto, e spero che comunque la scena finale e le domande che ho messo qua e là nel capitolo vi facciano riflettere e vi incuriosiscono su cosa succederà.

Vi lascio ora, spero davvero che abbiate apprezzato il tutto, lasciatemi una recensione, per dirmi se sto facendo comportare i vostri personaggi correttamente, per darmi suggerimenti, fare critiche costruttive, o anche solo per dirmi ciao o suggerirmi di cambiare mestiere e andare a coltivare barbabietole da zucchero da qualche parte in Europa XP.

Ci si vede gente, bye!!!!!!

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Capitolo 6
*** Orologi di bronzo e fiamme infernali ***


CAP. 5: OROLOGI DI BRONZO E FIAMME INFERNALI

 

Ekanta raggiunse correndo la cima della collina, e subito fu accolto da un gelido: “Era ora”

Il figlio di Tiche alzò la testa e si esibì in una linguaccia in direzione di Glass, la quale si limitò a guardare da un'altra parte emettendo un verso stizzito, mentre incrociava le braccia di fronte al petto.

Amelie intervenne subito: “Su su, andiamo non fate così. Siamo compagni dovremmo andare d'accordo, no? Sorridete un po!” e ignorando le sonore proteste dei due li prese sottobraccio.

Kian si limitò a mormorare qualcosa sottovoce, mentre Aimeè interveniva per calmare la sorella e impedire agli altri due semidei, principalmente Glass, di ucciderla.

Chirone si limitò a sospirare, prima di attirare l'attenzione dei semidei: “Ragazzi, per favore concentratevi. Lo so che siete agitati, ed è una cosa più che normale, ma ricordatevi: gli dei vi hanno scelto anche perché si fidano di voi, sanno che potete farcela. Vi prego, ricordatevi queste parole nei momenti bui che vi attendono, e ricordatevi anche che tutti noi abbiamo fiducia in voi, sappiamo che non ci deluderete. Ora, prima che andiate, c'è una cosa per voi” detto questo il centauro si fece da parte e lasciò spazio a Lily.

La figlia di Efesto sorrise, prima di mostrare una scatola nella quale erano appoggiati quelli che sembravano essere tre orologi, ciascuno con tre pulsanti sul lato destro del quadrante rotondo.

“Cosa sono?” domandò incuriosito Rich prendendone uno.

La rossa dichiarò fiera: “La mia ultima invenzione, ci ho passato tutta la notte a lavorarci coi miei fratelli. Non abbiamo dormito per costruirli”
“Cosa?!”
“A prima vista sembrano dei comuni orologi - continuò la ragazza ignorando l'espressione sgomenta del figlio di Atena - E questa è una delle loro funzioni, tuttavia, se premete qui - e premette il tasto centrale - Diventano delle bussole, mentre se premete qui - e premette il tasto più basso - Dei rilevatori di magia! Premendo il tasto in alto invece torneranno ad essere degli orologi. La funzione bussola vi sarà utile nel caso vi perdiate da qualche parte, mentre la funzione rilevatore servirà nel caso in cui abbiate il sospetto di essere vicini a Medea o che qualcuno vi abbia lanciato un incantesimo. Non vi preoccupate - esclamò poi, vedendo che Rich aveva fatto per aprire bocca - Ho già settato i parametri in modo tale che tengano sempre in considerazione la presenza di Red e di Amelie. Rileveranno solo tipi di magia diversi o superiori ai loro. Oltre a ciò questi orologi avranno anche la funzione di schermo per la vostra aura semidivina”

Il figlio di Atena annuì soltanto, prima di rivolgersi ai compagni: “Ce ne sono solo tre, allora... chi li vuole?”
“Io non ne ho bisogno, grazie. Essendo figlia di Ecate posso capire se c'è della magia nell'aria anche senza quel radar” lo rassicurò Aimeè.

“Stesso dicasi per me” intervenne Amelie.

“Ed io, vista la mia proverbiale fortuna, direi che è il caso che non lo metta, altrimenti poco ma sicuro o lo perdo o lo rompo” si affrettò ad aggiungere Ekanta.

“Bene, allora direi che rimaniamo solo noi tre” mormorò Rich, porgendo due orologi a Kian e a Glass. Il primo si limitò a prenderglielo dalle mani con un grugnito, mentre la seconda scrollò le spalle e lo prese.

Rich lo indossò a sua volta, prima di guardarlo. Però, almeno gli donava dai!

“Molto bene, miei cari ragazzi, ora direi che è il caso che andiate - intervenne Chirone - Potete prendere il pulmino del campo, so che molti di voi hanno già la patente. Arrivederci ragazzi miei, e che gli dei siano con voi”

Kian si limitò ad annuire, mentre grugniva un grazie, Glass mormorò un “come no” prima di afferrare il suo zaino e scendere lungo la collina, Amelie si esibì in un sorriso coraggioso prima di salutare e seguire gli altri due. Rich fu quasi certo di sentirla gridare “il posto davanti è mio!”. Ekanta si lasciò sfuggire uno “speriamo” mentre Aimeè gli dava un paio di pacche sulla schiena e cercava di rassicurarlo.

Rimasto solo Rich si voltò un'ultima volta a guardare verso il Campo. Dalla collina poteva vedere i vari semidei che si indaffaravano nelle attività del giorno, e se aguzzava la vista era persino in grado di scorgere i suoi fratelli e le sue sorelle che si esercitavano al poligono di tiro.

Con un groppo alla gola si rese conto che se avesse fallito la missione poco ma sicuro tutto quello sarebbe scomparso, distrutto dalla follia vendicativa di Medea. Per un attimo sentì le gambe farsi molli e provò di nuovo il desiderio di mettersi a vomitare, tuttavia nella sua mente risuonarono le parole di Amelie: “Non devi affrontare questa avventura da solo. Siamo una squadra, ce la faremo”.

Il ragazzo prese un profondo respiro e i tremiti cessarono.

Annuì, ringraziò Chirone e scese lungo la collina per andare verso i suoi compagni.

Sì, ce l'avrebbero fatta. Assieme.

 

 

Arrivato al pulmino fu accolto da un'occhiataccia da parte di Kian.

“Era ora, credevo che te la fossi fatta addosso all'ultimo e fossi scappato da tua sorella come fai di solito” mormorò mentre metteva nel bagagliaio il suo zaino.

Rich si limitò ad ingoiare una rispostaccia. Ora erano un team, non avevano tempo per mettersi a litigare.

Peccato che Amelie non la pensasse così. La russa infatti sbucò dal posto di fianco al guidatore ed esclamò: “Ehi, lascia Rich in pace, ammasso di muscoli! Sai, non ti ucciderebbe dire qualcosa di carino di tanto in tanto”

Il figlio di Ares si limitò a grugnire, prima di guardare il più basso diritto negli occhi: “Di un po', tu ce l'hai la patente?”
L'altro rimase un attimo sorpreso di fronte a quella domanda, prima di annuire esitante.

“Perfetto - grugnì l'albino - In tal caso il primo turno di guida lo farai tu” e gli lanciò le chiavi.

Il figlio di Atena le afferrò al volo, sorpreso, prima di riscuotersi e andare verso il sedile del guidatore. Non sapeva il perché di quell'improvvisa decisione, tuttavia non se ne lamentò. Concentrarsi sulla guida gli avrebbe permesso di pensare ad altro, e inoltre gli avrebbe anche impedito di finire preda di un altro attacco di panico.

Salito si voltò un attimo a guardare i suoi compagni. Il mini pulman aveva un totale di 8 posti: quello del guidatore, il copilota e gli altri sei disposti su due file. Rich era alla guida, con al fianco Amelie, che appena scesa dalla collina si era praticamente fiondata sul sedile affianco al pilota urlando “mio!”. Dietro erano seduti Ekanta e Aimeè, entrambi con un'espressione preoccupata sul viso. Lei stava tamburellando con le dita contro la portiera formando un motivetto mente lui osservava con aria assente fuori dal finestrino e si tormentava nel frattempo una sorta di bandana viola che teneva legata attorno al polso come un bracciale. Sui sedili più lontani erano poi seduti Kian e Glass. La figlia di Morfeo giocava con un corto pugnale di bronzo, mentre l'albino se ne stava semplicemente seduto con gli occhi chiusi e le braccia conserte di fronte a sé.

“Bene - mormorò Rich riportando l'attenzione di fronte a sé e mettendo in moto - Direi che si parte. L'oracolo ha detto di andare ad occidente, e ad occidente andremo, sperando che gli dei ce la mandino buona”

Il biondo si era appena immesso nella strada principale che subito Amelie prese a smanettare con la radio.

“Ehi, che stai facendo?” domandò incuriosito Ekanta sporgendosi in avanti.

La ragazza si limitò a sorridergli, prima di mettere su un disco. L'attimo dopo a pieno volume le casse spararono: “September 1st 1989. Dear Diary...!”

“Cos'è questa roba?” mormorò sorpresa, e anche un po' incuriosita, Glass, mentre davanti a lei Aimeè si limitava a sospirare esasperata e a mormorare: “ecco che ricomincia”.

Amelie si voltò a guardare gli altri con gli occhi che brillavano: “Preparatevi, perché è mia intenzione istruirvi su tutti i migliori musical che vi siete persi in questi anni. Il primo sarà Heaters, poi ascolteremo Be more chill, Dear Evan Hansen, Hamilton e così via!”

Rich si limitò a sospirare, mentre un leggero sorriso correva sul suo volto.
 

 

“I'm waving through a windoooooowwwww!”

Rich non poté fare a meno di sorridere mentre sentiva Amelie e Aimeé che cantavano a squarciagola dai sedili di fronte le canzoni di “Dear Evan Hansen”.

Il viaggio stava procedendo senza apparenti intoppi da ormai quasi tre ore, durante le quali si erano dati regolarmente il cambio alla guida: dopo Rich era stato il turno di Kian, che aveva guidato meglio di quanto il figlio di Atena si aspettasse, ed ora toccava ad Amelie, prospettiva che inizialmente aveva fatto perdere dieci anni di vita a tutti i presenti, ad eccezione di Aimeè che ormai conosceva bene la sorella. Ovviamente i ragazzi intervallavano anche soste ai vari drive-in, durante i quali suscitavano non poche occhiate perplesse e, in un'occasione, anche quasi una rissa, per gentile concessione di Glass ben supportata da Kian. Se c'era una cosa che Rich detestava più di vederli bisticciare era quando quei due andavano d'accordo.

Sul sedile di fronte a lui Glass si copriva le orecchie stizzita mentre al suo fianco Ekanta sorrideva di fronte a quello spettacolo, e non si capiva se la sua felicità fosse dovuta al vedere in difficoltà la castana oppure all'allegria nelle voci delle due figlie di Ecate. E infine negli ultimi sedili, vicino a Rich, se ne stava Kian con la sua solita aria perennemente incazzata.

Rich si trovò a fissare il figlio di Ares. Gli occhiali da sole coprivano parte del volto mentre i corti capelli bianchi erano pressati sotto un berretto a fantasia militare. Teneva le braccia coperte da piccole cicatrici e ferite incrociate di fronte al petto, ad assumere un atteggiamento chiuso e introverso. Il biondo sapeva che l'altro non era un tipo molto sociale: le volte in cui lo aveva visto interagire con qualcuno si era trattato quasi sempre dei suoi fratellastri. Tuttavia dentro di sé (moooolto dentro di sé) Richard aveva sperato che durante quell'impresa avrebbero potuto seppellire l'ascia di guerra e avvicinarsi un po' e, chissà, magari anche diventare amici!

Tuttavia visto l'atteggiamento chiuso del figlio di Ares il biondo dubitava che quella possibilità si sarebbe potuta davvero avverare.

Il che era davvero un peccato, perché, sinceramente, lo trovava davvero molto...

“Biondino, lo so che sono un figo, ma ti prego, prima di fottermi con lo sguardo almeno chiedimi di uscire”

Il grugnito a mezza voce di Kian lo riportò al mondo reale mentre arrossiva di botto e abbassava lo sguardo mormorando frasi sconnesse.

Gli altri non parevano averli sentiti per via delle note innaturalmente alte che stavano uscendo dalla bocca di Amelie e che impedivano quasi qualunque tipo di conversazione, oppure se Glass o Ekanta avevano sentito qualcosa si erano limitati ad ignorarli.

L'australiano alzò un attimo lo sguardo e vide che l'altro semidio lo stava osservando, tuttavia sul suo volto non c'era un'espressione seccata ma solo un lieve sorriso divertito.

“N-non sei arrabbiato vero?” domandò il figlio di Atena.

Kian sembrò pensarci un attimo su prima di scrollare le spalle: “Nah, sono abituato alla gente che mi fissa. Sia per il fatto che sono albino sia perché sono un figo assurdo che tutti vorrebbero fottere” e gli lanciò un'occhiata eloquente.

Rich arrossì ancora di più, tuttavia questa volta il rossore era anche di irritazione: “Smettila, non sei divertente”

Il semidio sospirò prima di portarsi le braccia dietro la testa: “Calmino secchione. Per gli dei, sei peggio di una donnicciola mestruata a volte”

Rich con un gesto stizzito spostò lo sguardo fuori dal finestrino.

E va bene, era ufficiale: lui e Kian Murphy non sarebbero mai e poi mai potuti diventare amici, erano troppo diversi!

Tuttavia parte di lui non poteva fare a meno di invidiare un po' quel pervertito figlio di Ares, e anche Amelie e Aimeè e in generale tutti i suoi compagni. Come facevano ad essere sempre così sicuri di sé? Come facevano ad esternare con tale facilità chi erano e cosa pensavano?

Il ragazzo si lasciò sfuggire un lieve sospirò mentre guardava l'orizzonte. Ad un certo punto il suo sguardo si fissò su di una nuvola nera che man mano si stava avvicinando. Il biondo aggrottò le sopracciglia: sarebbe venuto a piovere, chissà se si era ricordato di portarsi dietro un ombrello?

Tuttavia notò che si stava avvicinando un po' troppo velocemente...

Il figlio di Atena si irrigidì mentre aguzzava la vista.

Quella non era decisamente una nuvola! Sembrava più uno stormo di uccelli, ma non ne aveva mai visto uno così grosso e veloce.

“Ragazzi...” mormorò soltanto a mezza voce in un tono tale che attirò l'attenzione degli altri semidei come se avesse appena urlato.

Amelie spense la musica mentre Aimeè si voltava confusa: “Che succede Rich?”
Il figlio di Atena si limitò a stringere i denti mentre la mano correva alla penna che aveva in tasca, la sua spada camuffata, e mormorava: “Mi sa che abbiamo compagnia”

Ebbe appena il tempo di finire la frase che lo stormo si avventò sulla strada con un rumore simile a migliaia di coltelli che sbattevano sul selciato.

“Accosta accosta accosta accosta!” strillava Ekanata mentre quelli che sembravano dei piccioni infernali troppo cresciuti si avventavano sul parabrezza e sul tettuccio incominciando a trivellarlo con i loro becchi e gli artigli e oscurando completamente la visuale.

“Cosa cazzo sono questi cosi?!” urlava Glass mentre in una mano teneva il pugnale e nell'altra quella che sembrava essere una pistola carica e funzionante.

“Scoiattoli dello Yorkshire, cosa vuoi che siano?! Uccelli dello Stinfalo!” rispose sarcastica e terrorizzata Aimeè mentre con tutta sé stessa cercava di ricordare un qualunque incantesimo che potesse aiutarla a sconfiggere quegli stupidi volatili.

Nel frattempo Amelie cercava con tutte le sue forze di accostare la macchina senza perderne il controllo, cosa non facile vista la moltitudine di stinfalidi che si stava avventando addosso alla vettura e le altre auto che deragliavano per via dell'attacco dei mostri.

“Non ce la faccio, non vedo niente!” urlò Amelie.

Ekanta imprecò a mezza voce, prima di togliersi la cintura e sporgersi verso l'altra ragazza. Le mise la mano destra sulla spalla e si concentrò.

“Che stai facendo ora, Malasorte?!” urlò Glass mentre tirava un fendente con il pugnale ad uno degli uccelli che erano riusciti ad aprirsi un passaggio sul tettuccio.

“Zitta, sto cercando di concentrarmi! Amelie: fai qualunque cosa devi, sterza, frena, qualunque cosa, vedrai che andrà bene!”

“Che?!?!” fu la risposta generale degli altri quattro.
La russa tuttavia si limitò ad annuire, prima di prendere un profondo respiro e urlare: “Tenetevi!” mentre girava completamente il volante.

I sei ragazzi strillarono in preda al panico mentre la vettura oltrepassava con un rumore di lamiera accartocciata il guardrail e finiva fuori strada.

Il pulmino si esibì in tre spettacolari testacoda, prima di ribaltarsi su di un lato e prendere a rotolare lungo il manto erboso, fino a fermarsi sul lato destro, mandando tutti e sei i semidei a gambe all'aria. In cambio però uccise anche parecchi uccelli dello Stinfalo.

“Ohi ohi, state bene?” mormorò solo Rich mentre cercava di riorientarsi dopo quello sballottamento. Era decisamente felice di non aver mangiato quel panino durante la loro ultima sosta, oppure poco ma sicuro avrebbe vomitato anche l'anima addosso a Kian.

Mugugni e imprecazioni varie gli fecero capire che almeno erano ancora tutti vivi.

“Non ha importanza. Ora dobbiamo riprenderci e non perdere il vantaggio ottenuto, presto fuori!” urlò Kian, e solo in quel momento Rich notò imbarazzato di essere proprio sopra l'albino. I loro corpi si stavano toccando e il biondo aveva una vista perfetta delle iridi rosse dell'altro.

Con il volto in fiamme per la vergogna il ragazzo si scostò di scatto e si diresse il più in fretta possibile verso la portiera, la aprì e si arrampicò fuori dal mini bus, prima di estrarre la spada.

Aveva appena poggiato piede per terra che sentì un rumore infernale e un verso simile ad una lama su di un muro.

Alzò in fretta lo sguardo e vide un uccello dello Stinfalo che gli si avventava addosso con gli artigli tesi a fargli due piercing permanenti agli occhi. Il corpo reagì prima della testa mentre il braccio si alzava e tranciava in due il mostro.

Il figlio di Atena si rizzò in piedi e assunse una posizione di guardia mentre strillava: “Ragazzi presto! Non ce la posso fare da solo!”

Mandando fuori strada la vettura avevano confuso gli uccelli, ottenendo un po' di tempo, tuttavia i mostri si stavano riprendendo velocemente e ben presto avrebbero ripreso la loro offensiva.

Rich fece roteare ancora un paio di volte la lama tranciando una mezza dozzina di volatili. Era chiaro che più che sulla potenza quella razza di stinfalidi puntava sul numero per sottomettere gli avversari, quindi ciò che dovevano fare in quel momento era condurre una guerra di resistenza oppure trovare il modo di eliminare il grosso dello stormo con un attacco unico.

Ed entrambe le operazioni all'australiano sembravano più facili a dirsi che a farsi!

Senza che Rich se ne rendesse conto anche i suoi amici lo raggiunsero.

Ad un certo punto si trovò fianco a fianco con Amelie, che faceva roteare la spada di ferro dello Stige assorbendo l'essenza dei mostri e riducendoli in carcasse.

Poco distante alla sua destra Kian impugnava il suo morning star mentre con un sorriso folle uccideva qualunque rapace fosse talmente stupido da volargli troppo vicino.

A sinistra invece schiena contro schiena anche Ekanta e Glass erano impegnati nello scontro. E mentre il figlio di Tiche era stato costretto in una posizione difensiva a causa del numero di opponenti, la discendente di Morfeo era decisamente più aggressiva e riduceva a brandelli gli uccelli o infilzandoli col suo pugnale o sparando con la sua fedele pistola.

L'unica che non si vedeva era...

“State giù!” urlò la voce di Aimeè per poi iniziare a intonare qualcosa.

Rich aggrottò la fronte confuso mentre si voltava verso la macchina. Fu solo grazie ad Amelie, che lo prese e lo strattonò con violenza a terra, che non venne incenerito dalle fiamme verdi che eruppero dalle mani dell'altra figlia di Ecate.

Con un verso stridulo oltre metà dello stormo fu ridotto arrosto e i pochi uccelli rimasti, ormai troppo spaventati, fuggirono lasciando finalmente i sei semidei soli.

Aimeè si chinò sulle ginocchia mentre prendeva profonde boccate d'aria e cercava di non svenire per lo sforzo di aver creato una magia così potente e complessa.

Per fortuna si portava sempre dietro lo zainetto con gli ingredienti, così, mentre gli altri erano intenti a combattere lei era riuscita a prendere le bacche di Belladonna e le foglie di caprifoglio necessarie per evocare l'incantesimo. Lo sforzo però l'aveva completamente privata delle energie.

“Cosa... cazzo... era quello?”

La rossa alzò lo sguardo e lo voltò in direzione della voce. Ferma, la pistola e il pugnale ancora in mano e il volto sporco di polvere di mostro e cenere, Glass la osservava con gli occhi sgranati e il fiatone.

“Fiamme... puff... degli inferi, anf... - la figlia di Ecate deglutì - Uno degli incantesimi più potenti che si possono evocare. Comunque sono contenta che stiate tutti bene” esclamò aprendosi nel suo solito sorriso.

La castana continuò a guardarla, come a cercare di capire come fosse possibile che una ragazza che non sembrava capace di fare del male ad una mosca potesse creare una cosa del genere. Se non fosse stato per l'istinto sviluppato al campo avrebbero seriamente rischiato di finire cotti a puntino.

Kian si spazzolava nel frattempo la maglia mentre si guardava attorno pensieroso.

Gli uccelli dello Stinfalo avevano fatto davvero un macello: a parte il loro mini bus ormai distrutto e inutilizzabile, sulla strada principale ad una ventina di metri di distanza, erano ferme diverse auto lasciate abbandonate dai proprietari in fuga. In cambio però non parevano esserci da nessuna parte dei feriti e la cosa risollevò il figlio di Ares.

In quel momento l'aria fu invasa dal rumore di sirene che si facevano sempre più vicine.

“Sarà meglio andare” disse solo l'albino mentre si dirigeva verso i resti della vettura e tirava fuori gli zaini.

Amelie aiuto un Rich ancora mezzo intontito a rialzarsi.

“Tutto bene?” domandò la mora preoccupata.

Il ragazzo si limitò ad annuire: “Sì, e grazie per avermi tirato giù prima. Non oso immaginare che fine avrei fatto se non ci fossi stata tu”
La ragazza si limitò a scuotere la testa mentre sorrideva: “Figurati, se non ci si aiuta tra amici”
Nel frattempo anche Glass aiutava Ekanta, anche se in maniera decisamente meno gentile della discendente della magia.

“Su forza, non è il momento di dormire” borbottò la semidea mentre lo tirava su a forza.

Il giovane mormorò qualcosa prima di voltarsi a guardarla.

Glass dovette trattenersi per non imprecare. Nella foga della battaglia non si era accorta di quanto male fosse messo il figlio di Tiche: il labbro inferiore era spaccato, sopra l'occhio sinistro una ferita sanguinava copiosamente imbrattandogli metà del viso, varie ferite più o meno profonde lasciategli dagli artigli e dalle piume dei mostri gli coprivano volto e braccia, e per finire un taglio abbastanza profondo gli correva lungo l'avambraccio destro.

“Cosa Ade hai fatto per ridurti in questo stato?” riuscì solo a chiedere sotto shock.

Il ragazzo scosse la testa. Era chiaro che era solo grazie alla forza di volontà che non era ancora svenuto.

“Non è nulla, ci sono abituato tranquilla - e le sorrise mostrando i denti macchiati di sangue - Però penso sia il caso che mangi un po' di nettare o dell'ambrosia il prima possibile...”

La ragazza annuì mentre si affrettava verso il pulmino dove gli altri già stavano raccogliendo le loro cose.

Dovevano fare in fretta, per quanto Ekanta non le piacesse erano pur sempre compagni, e non avrebbe permesso che uno dei suoi compagni le morisse tra le braccia. Non di nuovo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autore:
Allora, sono passati qualcosa tipo 4 mesi dall'ultimo aggiornamento e mi dispiace, ma l'università ti risucchia l'anima, credetemi. Grazie al cielo ho finito la sessione e forse potrò tornare a concentrarmi di più sulle storie.

Questo capitolo vede il via dell'avventura dei nostri eroi, e ho preferito ambientarlo più dal punto di vista di Rich, visto che devo riprendere un po' la mano col carattere dei vari personaggi.

L'ho rivisto e aggiustato varie parti che non mi soddisfacevano, ed ora sinceramente sono abbastanza soddisfatto del risultato.
Sono leggermente fissato con gli uccelli dello Stinfalo come mostri, sono creature che secondo me si adattano bene a qualunque genere di circostanza, spero di averli descritti bene.

Ditemi se ho fatto comportare bene i vostri personaggi nel corso della storia e se il capitolo è stato di vostro gradimento.

Per sapere cosa di preciso è accaduto a Ekanta dovrete aspettare il prossimo capitolo, lì vi prometto di spiegarvi di tutto con calma, però se volete potete farvi avanti coi vostri suggerimenti e le speculazioni.

Ci si vede al prossimo capitolo gente, con una serie di chiacchierate notturne e turni di guardia, mentre il tempo avanza inesorabile verso l'ora definitiva dello scontro con Medea.

Ci si vede gente, bye!!!!!!

 

 

 

 

 

Avvertenze: una curiosità: recentemente mi sono fissato con le fic Survival Game (Hunger Games, Battle Royal ecc ecc, per intenderci), pertanto vi chiedo: nel caso in cui faccia un'altra interattiva pjo (possiblità assai remota, ma pur sempre una possibilità!), stavolta una survival game!AU, sareste interessati a partecipare? Sappiate che se la avvio allora è possibile che non mi possa più concentrare più di tanto su questa fic. Sappiatemi dire gente, bye!

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