Fino alla fine dei suoi giorni

di araihchiara
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hi ***
Capitolo 2: *** Can I come in? ***



Capitolo 1
*** Hi ***


“Ciao.”

Annalise rimase totalmente senza fiato nel vedere Bonnie di fronte a sé. Quando era andata ad aprire la porta, l’ultima persona che poteva pensare di trovare era proprio la sua ex assistente.

Annalise si era immaginata tante volte quella scena. Si era immaginata di rivederla per caso su un treno, un aereo, una nave. Credeva che sarebbe stata abbastanza furba da lasciare la città. Magari l’avrebbe ritrovata una tiepida sera d’inverno a Lisbona, o Roma, o Madrid. Magari l’avrebbe incontrata in Oregon, camminando su una bassa duna di sabbia.

Si era immaginata di girarle le spalle, ferendola crudelmente, in modo che Bonnie credesse che era stata completamente dimenticata. Solo un’ombra del suo passato, o forse neanche più quella.

Si era immaginata che Bonnie un giorno tornasse da lei, le si gettasse ai piedi e la supplicasse piangendo di riprenderla con sé.

Si era immaginata di affrontarla in tribunale, sconfiggerla (non sarebbe stato difficile), e lasciarla in aula a leccarsi le ferite, non degnandola di uno sguardo.

Si era immaginata… forse anche di ucciderla, perché la sofferenza che le aveva provocato Bonnie, sparendo per tutti quei mesi, era qualcosa di troppo grande da gestire.

Annalise aveva sofferto tanto nella sua vita. Troppo. Sapeva che non avrebbe mai potuto elencare tutto quello che le era successo perché nessuno le avrebbe creduto. Si sarebbe solo coperta di ridicolo, una singola persona non può attrarre tante disgrazie. Probabilmente la gente avrebbe faticato a soffocare una risata. Aveva avuto solo un punto fermo, in tutti questi anni. Non Sam e le sue avventure, non Eve e le sue priorità, non Frank e il suo egoismo.

Bonnie.

Sapeva che Bonnie avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, che sarebbe rimasta al suo fianco per sempre, nonostante tutto, attraverso tutto, fedele, leale. Forse sarebbe stata lei un giorno a stancarsi, a decidere che era troppo, a concedere alla sua assistente una seconda vita, una seconda opportunità. Ma Bonnie non glielo avrebbe mai permesso. Sarebbe tornata ogni giorno, implorandola di riassumerla, sostenendo che licenziarla era stato un errore, dimostrandole quanto avessero bisogno l’una dell’altra. Sarebbe tornata ogni giorno. Fino alla fine dei suoi giorni.

E invece Bonnie, la sua Bonnie era sparita. Da un giorno all’altro, senza un bigliettino, una lettera, niente. Sparita per sempre.

Ma ora la guardava, la guardava fissa negli occhi e non riusciva a capacitarsi di averla lì, davanti a sé, e non riusciva a capacitarsi che il loro incontro fosse così semplice, banale. Bonnie che bussa alla porta, lei che la apre, la vede.

“Ciao”.

Solo quella parola.

Bonnie non stava piangendo, non aveva gli occhi colmi di lacrime o uno sguardo affranto, distrutto, dispiaciuto. La guardava, semplicemente, come se fosse anche un po’ lontana, un po’ distante. La guardava con uno sguardo leggermente assente. La guardava.

Indossava un cappotto lungo, che le arrivava fino al ginocchio. Sembrava stare bene. Aveva la faccia leggermente più piena, gli zigomi meno scavati. Ma era lo sguardo quello che continuava ad attrarre Annalise come una calamita. Non riusciva a smettere di guardarla negli occhi, di fissarla. Era uno sguardo che non aveva mai visto in Bonnie, uno sguardo deciso, sicuro, ma anche un po’ lontano. Voleva farle credere che quel loro incontro non fosse poi così importante? Forse era solo una maschera, forse per la prima volta quel distacco forzato aveva portato Bonnie a riuscire ad indossare una maschera anche davanti ad Annalise. Ora i suoi occhi erano opachi, non più trasparenti come erano sempre stati. Erano così opachi che Annalise non riusciva più a leggere quello che c’era dentro.

Davanti alla porta, Bonnie chiese:

“Posso entrare?”

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Capitolo 2
*** Can I come in? ***


“Posso entrare?”
Annalise, ancora incapace di parlare, si limitò a farle un vago cenno.
Certo, sì, poteva entrare. Si spostò leggermente per farla passare.
 
Bonnie avanzò lungo l’ingresso e si fermò davanti alla scala guardandosi intorno.
“È tutto così diverso”
“Sì. Hai ragione”.
La donna sussultò lievemente risentendo la voce di Annalise dopo tanto tempo.
Riprese con tono forzatamente casuale, guardando le pareti color tortora del corridoio: “Sono felice che tu abbia scelto di rinunciare alla carta da parati”.
“Non ho ancora deciso. Era una cosa che piaceva a Sam, ma senza carta da parati la casa sembra più grande.”
“Mi sembra un vantaggio.”
Annalise scrollò le spalle.
 
 
Quello che avrebbe voluto dirle era che non si era mai sentita tanto sola. I Keating 4, dopo la morte di Wes, si erano dileguati. Frank non aveva più avuto il coraggio di presentarsi. Eve si era sposata. Per mesi il suo unico punto di riferimento, la sua unica costante, la sua unica amica era stata Bonnie. Era lei che le ricordava quando c’era un incontro degli alcolisti anonimi, lei che portava avanti la pratica dell’assicurazione, lei che aveva valutato le offerte di varie imprese di ristrutturazione. Per i primi mesi l’aveva ospitata in casa sua e si era presa cura di lei come nessuno aveva mai fatto. Talvolta Annalise faticava persino ad alzarsi dal letto ed era Bonnie a chiamarla dolcemente, Bonnie a chiederle se riusciva a rimettersi in piedi, Bonnie a portarle un caffè e una brioche fresca. Si preoccupava che mangiasse, che dormisse un numero di ore adeguato, che si ricordasse degli appuntamenti importanti.
 
Avevano passato ore e ore, insieme, nello scheletro di quella bellissima casa spaventosamente bruciata, come se fosse il ventre di una balena che le aveva inghiottite. Annalise dimenticava il concetto di spazio, di tempo, veniva divorata dai ricordi e dai sensi di colpa. Bonnie la riportava al presente, la costringeva a immaginare la sua nuova vita.
“Che ne dici di dipingere le pareti color tortora?” le chiese un giorno di luglio. La casa era quasi pronta, mancavano solo dettagli come l’imbiancatura e i mobili. Del vecchio arredamento erano riuscite a salvare ben poco.
Annalise la liquidò distrattamente. “Non saprei, Bonnie. Da qualche parte dovrebbe esserci ancora un po’ di carta da parati, ma non credo che basti.”
L’assistente la guardò con occhi spenti e le rispose “Va bene. Possiamo portarla in qualche negozio e chiedere se ne hanno ancora”.
 
Non avevano fatto in tempo. Il giorno dopo Bonnie era sparita.
 
 
“Vuoi vedere il resto della casa?”
“Sì”.
 
Annalise accompagnò Bonnie in ogni stanza. Sembrava stessero seguendo un copione: guardavano per qualche secondo lo spazio, facevano commenti casuali, valutavano l’efficienza dell’impresa di ristrutturazione o la bellezza dei mobili. Stavano entrambe giocando in difesa, aspettando solo il momento giusto per colpire.
 
Quando arrivarono in camera da letto, Annalise sorprese Bonnie a fissare la stampa di una bellissima farfalla blu. L’assistente gliel’aveva regalata mesi prima, dicendo che l’aveva trovata in un mercatino e l’aveva comprata per lei.
 
 
“Annalise, sveglia. Ho un regalo per te”.
La donna aprì gli occhi a fatica. Stava sognando di correre in un prato, aveva solo 15 anni ed era bellissima. Quando vide la sua assistente seduta sul letto aggrottò la fronte confusa. “Dov’è Sam?” pensò. Poi, come ogni mattina, sentendo il profumo floreale delle lenzuola di Bonnie, così diverso dal suo, ricordò tutto.
“Un regalo?”
Bonnie aveva gli occhi che le brillavano. Mise il palmo della mano sulle palpebre di Annalise e le disse dolcemente di contare fino a tre e riaprire gli occhi.
“È per la tua nuova casa. È un simbolo di rinascita, sai?”, disse Bonnie baciandola dolcemente sulla fronte. Annalise si mosse cercando le sue labbra ma, forse senza nemmeno rendersene conto, Bonnie si spostò a lato per mostrarle la stampa.
 
Quando Annalise aveva ritrovato la stampa in uno scatolone, Bonnie era già sparita da un po’, ed era chiaro che non sarebbe tornata. In un impeto di rabbia, la donna l’aveva scagliata contro il muro e se n’era andata, non riuscendo a sopportare quel ricordo. Un operaio l’aveva trovata, aveva sostituito il vetro rotto e l’aveva appesa, convinto di guadagnarsi così il favore di quella donna temibile. Annalise non era più riuscita a toccarla.
 
 
Bonnie non riusciva più a recitare il suo copione, quel piccolo, dolce ricordo aveva fatto in modo che abbassasse per la prima volta le sue difese. Annalise ritenne che fosse giunto il momento di attaccare.
 
“Di quanti mesi sei?”
“Cosa?”
“Sei molto magra. Anche con il cappotto addosso si vede. Di quanto sei?”
 
Bonnie arrossì violentemente. Aveva sperato di riuscire a mantenere il controllo fino in fondo.
Adesso invece Annalise aveva fatto la sua mossa, e lei sentiva di partire in svantaggio.
Respirò profondamente e rispose.

“Sei mesi.”

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