The Waves Of Destiny

di ArtRevenge_M
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The Waves of Destiny - Le Onde del Destino

 

Prologo.

“Vi prego.” Ripeté il giovane uomo che, sotto la sorpresa delle persone presenti e dei suoi stessi compagni d'equipaggio, si era inginocchiato nel logoro e vecchio pavimento pochi istanti prima.

Se suo padre l'avesse visto in quel momento, probabilmente avrebbe provato vergogna di lui, ma erano molti anni che Thomas Merlyn non si preoccupava più di cosa suo padre potesse pensare.

Esattamente dal momento in cui aveva deciso di prendere il mare, insieme al suo migliore amico. Lo stesso amico per il quale in quel momento, ingoiava l'orgoglio.

“No.” affermò il vecchio uomo verso il quale si era inchinato. Suscitando sussurri e bisbigli silenziosi.

“Se curassi quell’uomo, altre persone morirebbero a causa sua.”

Il viso ancora chino del ragazzo s’irrigidì a quelle parole d’accusa e le sue mani si contrassero istintivamente.

“Stronzate.” sputò la voce di un suo compagno d'equipaggio, che in un gesto svelto e abitudinario portò fuori la sua fidata pistola. Puntandola senza indugio contro il vecchio uomo.

“Floyd!” lo ammonì immediatamente Thomas, rialzandosi dal pavimento, mentre le persone intorno a loro trattenevano il fiato.

“Curatelo. O morirete insieme a lui.” disse Floyd, ignorando l'ammonimento del compagno e seppur quasi sussurrate, quelle parole risuonarono comunque minacciose alle orecchie di chi stava assistendo alla scena. Ma non al vecchio, che nonostante la minaccia della pistola, replicò calmo:

“Allora premete pure il grilletto, perché non muoverò un dito per salvare quel mostro.”

La mascella del pirata s’irrigidì. E nonostante un suo occhio fosse coperto da una spessa benda nera, l’altro fu sufficiente a mostrare la sua rabbia.

“Abbassa la pistola Floyd” mormorò Thomas, posando una mano sulla spalla del compagno.

“E poi cosa? Ci inginocchiamo tutti insieme e perdiamo altro tempo a pregare questo stronzo?” domandò con ironia tagliente, ma senza smettere di fissare con odio il vecchio uomo.

“No, troveremo un’altra soluzione..”

“Thomas ha ragione. Abbassa l’arma Floyd” s’intromise la voce di un terzo compagno poco distante da loro e Floyd rise, smettendo di puntare contro all’uomo l’arma. Si voltò verso la ciurma indicando con un gesto della mano il loro capitano, che incosciente e febbricitante era sorretto da un omaccione di colore dallo sguardo deciso.

“Sta morendo.” Mormorò, ammettendo quello che il resto dell’equipaggio non voleva credere.

“Non abbiamo tempo per un piano B e se questo vecchio bastardo preferisce morire invece che aiutarci be.. mi chiedo se anche il resto del villaggio la pensi in questo modo.”

Thomas fece per ribattere sconcertato, ma un secondo prima di aprir bocca, capì le intenzioni dell'amico.

“Cosa volte dire?” domandò un uomo barbuto seduto in uno sgabello, ma Floyd mantenne lo sguardo puntato contro Thomas, che per tutta risposta dichiarò.

“Intende dire che se il vostro medico non curerà il nostro capitano, uccideremo ogni singolo abitante del villaggio senza eccezioni ”

La locanda, solitamente chiassosa, si riempì di un silenzio teso, alla condanna che quelle parole promettevano e il tintinnio della pioggia che scendeva al di fuori divenne più intenso, fin quando lo sgomento per la realizzazione di quanto era stato appena comunicato, non fece alzare voci concitate di protesta. Tutte atte a spingere il vecchio medico a collaborare.

Ma quello, inflessibile, tacitò la folla con un sonoro No! Dichiarando subito dopo:

“Se per togliere quella feccia dal mondo serve il nostro sacrificio, allora ci sacrificheremo.”

Altre voci di protesta si levarono nell'aria e ben presto la sala entrò nel caos più totale, tanto che Thomas ad un certo punto, considerò l'idea di sparare alcuni colpi di pistola in aria per riottenere un po' di calma. Ma prima che potesse estrarre l'arma, l'entrata di due figure nella locanda, catturò la sua attenzione.

La prima, era una donna di colore dai capelli scuri, ordinati in una crocchia che il vento doveva aver parzialmente disfatto. Sulle spalle portava un vecchio mantello di un verde scolorito e tra le mani un cesto con varie ampolle. Thomas ricordava di averla vista avvicinarsi a loro quando erano entrati nella locanda, prima che si bloccasse a metà percorso, sorpresa, quanto il resto dei presenti, nello scorgere i loro famosi volti. Non aveva notato tuttavia quando era uscita dalla locanda.

La seconda figura, in quel momento combatteva una battaglia contro il vento, affinché la porta si chiudesse e quando la vinse, il rumore chiassoso di quella chiusura, mise fine all'ammasso di caos in cui la sala era stata gettata.

“Bene. Allora Rose, dov'è il malato?” domandò la voce dolce della misteriosa figura che aveva appena chiuso la porta, voltandosi verso i presenti e lasciando ricadere il cappuccio rosso alle sue spalle.

Thomas, guardò la pelle lattea e le guance, lievemente arrossate dal freddo, della giovane donna in piedi a pochi passi da lui. E come il resto dei suoi compagni, lasciò vagare i suoi occhi in quella figura tanto minuta eppur così bella che con la sua entrata aveva tacitato l'intera sala, o almeno quasi tutta. Il vecchio medico infatti, ruppe il silenzio creatosi con voce rabbiosa.

“Torna nella tua capanna donna!” apostrofò rudemente, portando poi l'attenzione verso l'altra ragazza.

“Sei stata tu a chiamarla vero? Come ti è saltato in mente!” la rimproverò e la giovane, aggrappandosi al cesto che aveva tra le mani come se fosse un ancora di salvataggio replicò:

“Non ho alcuna intenzione di morire e vedere il mio villaggio fatto a fuoco e fiamme per una vostra convinzione!” Ma la conversazione e quello che ne seguì, passò inosservata alle orecchie della bionda donna, i cui occhi zampillarono per tutta la sala, prima di trovare il malato che aveva causato tanto scalpore.

La figura dell'uomo pareva provata e il suo volto, livido di sofferenza, era visibile solo in parte.

“È lui.” sussurrò, più a se stessa che ad altri, camminando senza alcun timore verso il capitano della Green Arrow.

La nave pirata più temuta e discussa al momento. I giornali parlavano da mesi ormai, di come quella violenta ciurma avesse bombardato moltissimi villaggi, riducendoli a nulla più che delle lande desolate. La ragazza, ricordava anche di aver letto che in ogni villaggio attaccato, veniva lasciata una loro bandiera pirata. Quasi a voler esclamare ad alta voce e fieramente, quanto avevano compiuto.

Era un assassino spietato, ricercato dall'intera marina. L'intero mondo lo sapeva e lo temeva. Eppure, mentre si avvicinava a quella figura così mal ridotta, la ragazza non sentì l'urgenza di fuggire lontano, bensì di toccare il volto sofferente dell'uomo.

Ed era quello che inconsciamente si stava accingendo a fare, prima che un minaccioso coltello si frapponesse nella sua strada, spezzando gli ingarbugliati pensieri della giovane e portandola ad alzare lo sguardo verso il nuovo venuto.

“Cosa credi di fare?” domandò, un uomo di colore decisamente più alto di lei e dall'aspetto ben poco amichevole. La giovane notò che la mano sinistra dell'uomo era completamente fasciata da una spessa benda e si chiese cosa gli fosse capitato.

“Mi hanno detto che siete approdati qui in cerca di un dottore. Eccomi qua.” mormorò la bionda, mentre un sorriso incerto si affacciava sul suo viso.

“Tu saresti un dottore?” s'intromise Thomas, che come il resto dei presenti aveva seguito quello scambio e la giovane si voltò al suo indirizzo annuendo brevemente.

“Ma ...tu sei una donna.” esclamò Floyd, portando fuori ciò che il resto della ciurma aveva solo pensato. La donna non parve risentita dell'incredulità udita nel tono di voce dell'uomo, quasi ci fosse abituata, e con ironia palese replicò:

“E voi un uomo molto perspicace a quanto vedo. Ora che abbiamo stabilito che io sono una donna e voi l'uomo più perspicace del mondo, mi lascereste visitare il vostro compagno o avete intenzione di lasciarlo morire?”

L'amica alle sue spalle le diede un colpetto, ammonendola silenziosamente per quanto aveva appena detto. Contraddire un uomo o sbeffeggiarlo, di quei tempi non era una cosa estremamente saggia, e seppur Rose conoscesse quanto poco la sua amica d'infanzia pensasse prima di aprir bocca, non si sarebbe mai aspettata che avrebbe tenuto lo stesso atteggiamento nei confronti di un pirata. Era corsa a chiamarla per evitare che il villaggio venisse raso al suolo, non perché le cose peggiorassero.

Ma Floyd non pareva risentito da quel commento, più divertito e sorpreso -come il resto della ciurma- che quell'incredibile sfrontatezza arrivasse da una figura femminile tanto minuta.

“Volete dire che potete salvarlo?” chiese Thomas avvicinandosi di pochi passi alla ragazza, ma ancor prima che lei potesse rispondere, la voce di Diggle alle loro spalle irruppe in una tremenda imprecazione.

“Non respira!” esclamò con tono preoccupato, continuando a reggere il suo capitano.

“Cosa!?” li fece eco la voce di Thomas, che in uno scattò arrivò accanto a loro, aiutando Diggle e Tiger a distendere l'amico nel freddo pavimento.

“Lasciate che lo visiti.” disse la giovane donna, ma senza ottenere alcuna attenzione da parte dei pirati che assistevano al disperato tentativo di rianimazione da parte di Diggle.

“È tutto inutile, quell'uomo è morto.” decretò il vecchio medico dopo alcuni minuti.

“Tacete!” esclamò Floyd con stizza, che divenne ben presto shock, quando il pirata che rispondeva al nome di Diggle confermò:

“È morto.” ritirando le mani che fino a quel momento avevano inutilmente provato a rianimare il suo capitano.

Thomas sollevò lo sguardo verso l'uomo scuotendo il capo quasi in uno stato di shock, mentre la sentenza di quelle parole si espandeva nell'ambiente circostante.

“No.” disse in un impeto incredulo di negazione Thomas, mentre un silenzio teso fendeva l'aria.

“Il mondo si è liberato da una piaga.” commentò proprio in quel momento il vecchio medico. E ancor prima che Floyd potesse estrarre la pistola e mettere fine alla vita di quell'insopportabile persona, Thomas si mosse rapido colpendo in pieno viso il vecchio uomo che cadde banalmente nel pavimento.

“Figlio di puttana!” insultò, mettendosi a cavalcioni su di lui e continuando a pestarlo rudemente in viso.

“Floyd, fermalo.” ordinò Diggle e il compagno nonostante avrebbe preferito lasciargli uccidere quel verme, eseguì l'ordine, ma senza successo. Thomas, furioso, si ribellò dalla sua presa, colpendo con una gomitata Floyd, in pieno viso. Lui bestemmiò per il dolore, allontanandosi di qualche passo, e allora Tiger si avvicinò frettoloso per provare a bloccare l'amico, ma compiuti pochi passi dovette fermarsi alla vista del pugnale che Thomas aveva puntato alla gola del vecchio.

“Vi ucciderò.” mormorò, con gli occhi lucidi di lacrime trattenute, coperti d'odio.

“E con voi chiunque abbiate mai amato.” garantì e Tiger si voltò a cercare con lo sguardo Diggle, che lentamente si stava già dirigendo verso di loro.

“Thomas..” chiamò, con voce calma l'amico.

“Non dirmi che non dovrei farlo Diggle!” urlò, spingendo ancor più il coltello nella gola del vecchio.

“Non te lo dirò. Perché lo sai già..” replicò sempre calmo l'uomo, continuando lentamente ad avvicinarsi.

“No! Oliver è morto.. è morto perché lui si è rifiutato di curarlo! Oliver.. Oliver è!” la voce si spezzò e il pirata strinse ancor più il pugnale tra le sue mani. In un minuto, avrebbe messo fine ad una vita. In un minuto, sarebbe davvero diventato un assassino. Il rumore della pioggia al di fuori della locanda divenne più forte.

“Credi che Oliver avrebbe voluto che tu uccidessi?” domandò Diggle, portando nuovamente Thomas ad esitare.

“Lascialo andare.” disse, e per attimi che parvero infiniti le persone presenti trattennero il fiato.

Poi la voce allarmata e incredula di Floyd, spezzò il momento:

“Ehi che diavolo stai facendo al capitano!?” portando tutti i presenti a spostare la propria attenzione, verso la giovane ragazza che ai piedi del capitano della Green Arrow, teneva in mano un enorme siringa.

“Lo salvo.” dichiarò, poco dopo infilò l'ago nel cuore del pirata, rilasciando nel suo organismo una sostanza color lilla.

Gli occhi dei presenti si spalancarono e la sorpresa per quell'azione venne presto sostituita da una più grande, nel vedere il pirata risvegliarsi di soprassalto. Sollevando il capo e ispirando rumorosamente l'ossigeno che i suoi polmoni richiedevano, l'uomo tornò alla vita.

La ragazza sorrise incerta, afferrando il volto dell'uomo i cui occhi spalancati la guardavano con enorme confusione, e lentamente lo aiutò ad appoggiare il capo a terra.

“Bentornato.” mormorò, osservando con una strana sensazione al petto quegli occhi di un blu così profondo.

“Hai causato parecchi problemi sai?” continuò la giovane ragazza, tastando la fronte dell'uomo ancora calda, che stanco richiuse lentamente gli occhi.

Lo shock che era stato presente per quel apparentemente lunghissimo momento, sparì in quell'esatto attimo e tutta la ciurma, compreso Thomas che lasciò andare il vecchio medico, si precipitò intorno al capitano.

“È vivo! Come?” farfugliò Thomas, voltandosi a guardare la ragazza con sorpresa.

“Era morto.” mormorò di seguito Diggle, portando sulla giovane donna lo stesso sguardo sorpreso che gli altri membri di equipaggio le stavano rivolgendo.

“Non esattamente.” ribatté lei, lasciando vagare gli occhi con incertezza su ognuno di loro. Non era abituata ad avere così tanti uomini intorno che la fissavano.

“Il suo cuore era fermo.” affermò Floyd.

“Si be, è uno degli effetti del veleno che gli hanno dato. La Shiva. Il cuore batte in modo così lento da risultare inudibile e questo porta alla conclusione della morte, anche quando ancora non è giunta. È uno dei veleni più rari e potenti al mondo, il che mi porta a credere che chiunque lo abbia infettato non sia un amico del vostro capitano. Non che qualcuno che avveleni qualcun altro possa essere un amico, ecco...dicevo solo che, tra tutti i veleni che avrebbe potuto usare, ne ha scelto uno tra i più infimi” balbettò, gesticolando agitatamente come era solita fare.

“Quindi è.. fuori pericolo?” domandò Thomas e la giovane scosse il capo, rispondendo:

“No. Il veleno è ancora in circolo, anche se l'antidoto che gli ho dato ha alleviato un po' il suo effetto. Dovrà continuare a prenderlo in dosi sempre minori, fino a quando non avrà completamente eliminato ogni traccia del veleno dal suo corpo.”

“State dicendo che dovremo fermarci qui?”

La ragazza schiuse un attimo le labbra, inclinando appena il capo.

“A meno che nella vostra nave non ci sia qualcuno che sappia visitare il vostro capitano, riconoscendo quanto veleno ha ancora in circolo e preparando una giusta dose di antidoto ogni giorno, direi di si. Dovrete fermarvi per un po'.” rispose e il moro si voltò allora verso il compagno di ciurma, domandando:

“Diggle pensi di poterlo fare?”

Lui scosse il capo, comunicando con gli occhi un silenzioso messaggio che Thomas recepì in pieno. Ad Oliver non sarebbe piaciuto attendere.

Il vice capitano della Green Arrow sospirò, chiedendosi mentalmente come avrebbe fatto a convincere quel testardo del suo migliore amico a restare. Senza contare che fermarsi in quel villaggio comportava l'enorme rischio di essere catturati dalla marina. E visto quanto avevano dato nell'occhio, qualcuno degli abitanti alla fine avrebbe avvisato le autorità.

“Stupida donna!”

L'esclamazione del vecchio medico del villaggio, nuovamente in piedi e sorretto parzialmente da uno degli abitanti, dissipò i pensieri del pirata.

“Ecco perché le donne non devono essere istruite! Guardate! Ha deciso di salvare la vita di un assassino!”

“Ha salvato la vita dell'intero villaggio che con la tua testardaggine stavi condannando a morte!” ribatté Rose avanzando per difendere l'amica con un coraggioso che non pensava di possedere. Ma il medico alzò la mano, colpendo con forza il volto della ragazza che sotto l'incredulità generale, cadde banalmente a terra.

“Rose!” esclamò la giovane, precipitandosi verso l'amica per accettarsi che stesse bene e aiutandola subito dopo a rialzarsi.

“La tua influenza in questo villaggio tenta le giovani anime portandole a divenire delle poco di buono come te!” continuò il vecchio imperterrito.

“ Dannato sia quel pazzo di tuo padre per aver deciso d'insegnarti l'arte della medicina. Probabilmente il motivo per cui se n'è andato abbandonando te e tua madre è proprio aver capito l'errore commesso. Non è vero?”

Ne la voce dura e aspra, ne il significato che quelle parole portavano con se, parvero ferire la giovane donna. E i suoi occhi, notò Thomas, nel guardare il vecchio uomo, non mostrarono alcun tipo di odio.

“Mio padre mi ha insegnato che il compito di un medico è provare a salvare la vita di chiunque. Non decidere chi merita di essere salvato e chi no. Quel compito spetta solo a Dio.”

Quelle parole, così pure e cristalline invasero la sala silenziosa. Funzionando per il vecchio medico come uno schiaffo inaspettato che lo tacitò, privandolo della parola.

La giovane donna però, non parve prestargli troppa attenzione e voltandosi nuovamente verso il pirata di nome Thomas mormorò:

“Direi che è meglio sollevare il vostro capitano da quel pavimento e portarlo in casa. Ha bisogno di riposare in un ambiente più caldo.”

Il moro annuì e gli occhi colmi di una silenziosa ammirazione, per quanto aveva appena assistito, seguirono per un attimo la figura della ragazza che si avviava ad aprire il portone della locanda, prima che anche i suoi piedi si muovessero per raggiungerla.

“Non ho capito il vostro nome.” le mormorò, uscendo dalla locanda poco dopo di lei, con la ciurma e il capitano sorretto da Diggle e Tiger al seguito. La giovane si voltò, apparendo per un momento sorpresa.

“Oh.. è Felicity. Felicity, Megan Smoak” dichiarò, aprendo il suo volto in un semplice sorriso, proprio nell'istante in cui il sole iniziava a sorgere e Thomas realizzava, che la pioggia aveva smesso di scendere.

 

Felicity Megan Smoak, aveva sempre ignorato i concitati sussurri e le occhiate di rimprovero che la maggior parte degli abitanti del villaggio facevano al suo passaggio.

Non perché non le importasse il parere della gente o perché si sentisse superiore a loro. Semplicemente, la situazione andava avanti da così tanto tempo, che ormai ci aveva fatto l'abitudine.

Una donna medico. Uno vero scandalo! Per alcuni addirittura un eresia. C'era chi credeva fosse una semplice pazza che raccoglieva erbe. E chi sosteneva, nello scoprire che le sue cure funzionavano, fosse una strega.

Ora a quella lista, si sarebbe aggiunta anche l'accusa di salvatrice di pirati, pensò raccogliendo altri fiori di lavanda.

“Vi serviranno per creare dell'altro antidoto?” la voce alle sue spalle la colse totalmente di sorpresa e rialzandosi con un balzo la giovane donna si voltò, per incontrare lo sguardo pacato di uno dei pirati della Green Arrow.

“Oh! Siete voi! Mi avete spaventata.” mormorò, stringendo istintivamente tra le mani il cesto di fiori. Deglutì, soffermandosi su quanto grande e minaccioso apparisse la figura dell'uomo che aveva davanti. Felicity non aveva mai conosciuto nessuno che avesse quella stazza così imponente. Le ricordava un enorme muraglia invalicabile. E certamente la sua statura minuta, non aiutava a vederlo in maniera diversa.

“Mi dispiace avervi spaventato. Non era mia intenzione.”

Felicity abbozzò un sorriso incerto.

“Vi chiamate Diggle, vero?” domandò, ricordandosi chiaramente di aver sentito Thomas chiamarlo in quel modo.

“In realtà il mio nome è John. Ma ormai tutti hanno preso l'abitudine di usare il mio cognome.” spiegò brevemente.

“Capisco e ditemi, John..” calcò sul nome, facendo involontariamente inclinare gli angoli della bocca dell'uomo verso l'alto, in un mite e divertito sorriso.

“Perché siete qui?”

“Thomas mi ha chiesto di farvi da scorta. Così vi ho seguito. Non ve ne siete accorta?”

L'espressione sorpresa di lei, rispondeva più che eloquentemente alla domanda posta dal pirata. Non si era accorta di essere seguita e probabilmente non si sarebbe accorta neanche se qualcuno l'avesse rapinata. Rose era solita ripeterle quanto sbadata lei fosse, per cui non si sarebbe dovuta sorprendere più di tanto da quell'evento. Anche se non accorgendosi di essere seguita da un uomo simile ad un gigante, aveva sicuramente battuto il suo record.

“Ah.. non proprio. Comunque non avevo bisogno di una scorta.” mormorò, voltandosi e inchinandosi nuovamente a selezionare altre erbe.

“Dopo quello che avete fatto, Thomas ha paura che qualche abitante del villaggio possa prendersela con voi.” spiegò e Felicity si voltò boccheggiando sorpresa.

“Forse non tutti gli abitanti sono d’accordo con la mia scelta ma, nessuno di loro mi farebbe del male.” replicò con innocente sicurezza.

Diggle fece un breve cenno di assenso con il capo, per concordare, seppur il suo pensiero fosse ben diverso. Aveva visto abbastanza del mondo da sapere quanta crudeltà potessero riversare le persone, soprattutto quelle più insospettabili. Ma pensò che non fosse il caso, di dare pena ad un anima così pura come quella che aveva davanti.

“Permettetemi ugualmente di scortarvi. Con tutto quello che è capitato, non ho avuto modo di chiedervi come avete fatto a capire cosa stava uccidendo il nostro capitano.”

“Oh va bene. È stato piuttosto semplice in realtà. Le mani stavano diventando viola”

“Come?” chiese il pirata confuso e Felicity posò l'ultimo fiore di lavanda nel cesto, rimettendosi in posizione eretta.

“Ogni veleno ha una base riconoscibile e una variabile propria. Ovvero dei sintomi che concordano con qualsiasi altro veleno ed uno che discorda da qualsiasi altro e che permette di riconoscere quale veleno è stato usato. La variabile propria della shiva è il colore violaceo che assumono le mani quando il veleno rallenta il cuore. L'inudibile battito e le mani violacee, mi hanno consentito di ipotizzare quale fosse il problema e così, ho agito.”

Il vento sfiorò appena le due figure e alcuni dei capelli di lei, raccolti in una treccia che ricordava all'uomo le spine del grano, si mossero guidati dalla brezza.

“Ipotizzato? Non eravate sicura?”

“No.” rispose francamente, sostenendo con fermezza lo sguardo del pirata.

“Ma considerando che l'avevate già dichiarato morto, non avevo nulla da perdere nel provarci.” aggiunse, incamminandosi verso il villaggio, mentre l'ombra di un sorriso si affacciava nel volto dell'uomo, che pochi attimi dopo la seguì silenzioso.

Camminarono fianco a fianco, lasciandosi alle spalle la radura che si estendeva ai confini del villaggio, scambiando ben poche parole. Diggle si ritrovò incuriosito ad osservare l’innocente indifferenza con cui la ragazza schivava gli sguardi accusatori e indagatori degli abitanti.

Non pareva minimamente disturbata dai bisbigli neanche troppo nascosti che si levavano al loro passaggio poco a poco.

“Eccovi!” la voce inaspettata di Floyd riscosse Diggle dai suoi pensieri, e l’uomo spostò lo sguardo dalla ragazza per posarlo sul compagno d’equipaggio ormai a pochi passi da loro.

“È successo qualcosa?” domandò immediatamente il pirata.

“Il capitano è sveglio.” Dichiarò l’altro, con un sorriso soddisfatto in volto che John ricambiò istantaneamente alla notizia.

Senza bisogno di altre parole i due s’incamminarono a passo svelto verso la casa in cui avevano lasciato il loro capitano, seguiti da una più esitante Felicity, che improvvisamente, sentì l’agitazione per la situazione in cui si era cacciata, espandersi in tutto il suo corpo.

Aveva salvato e ospitato un pirata in casa sua. O più precisamente, aveva salvato e ospitato uno dei pirati più ricercati di tutti i tempi. Gli abitanti che la credevano pazza, probabilmente non avevano poi così torto si ritrovò a pensare, mentre con il cuore in gola entrava nella sua stessa casa.

Posò il cesto di erbe sul tavolo, poi in un gesto abitudinario si levò il mantello posandolo sulla sedia accanto e con pochi passi si affacciò nell'unica stanza dalla quale provenivano parecchie voci maschili.

Per un attimo le sembrò di essere entrata nel posto sbagliato. Quella non poteva essere la sua stanza, non con tutti quegli uomini che in piedi e sul pavimento ricoprivano il posto.

E come poteva essere improvvisamente diventata così piccola, tanto da dover restare nell'ingresso a sbirciare da uno spazio vuoto che i due uomini in piedi d'avanti a lei formavano?

Pensieri e domande, affollarono velocemente la sua mente, mentre esitante, posava i suoi occhi sull'unica figura silenziosa seduta nel suo letto.

Oliver Jones Queen, capitano della Green Arrow, non era solo uno dei pirati più pericolosi in circolazione, era anche uno degli uomini più affascinanti che Felicity avesse mai visto.

Aveva una mascella imponente, due occhi di un blu così profondo da ricordare le acque oscure dell'oceano e un corpo fatto di soli muscoli, visibili nonostante i vestiti. Neanche l'aria stordita che aveva in quel momento, riusciva a sminuire la figura d'adone che rappresentava pensò la ragazza, seguendo inconsciamente il movimento d'apertura delle labbra dell'uomo e chiedendosi come sarebbe stato sentire quelle labbra muoversi sulle sue. L’avrebbero toccata dolcemente, in una danza seduttiva atta a chiederle il permesso?Oppure l’avrebbero travolta rudemente, facendole dimenticare spazio e tempo?Il contatto con la leggera barba incolta l’avrebbe solleticata o graffiata? Felicity deglutì,sbattendo le palpebre più volte, accorgendosi solo in quell'istante di aver trattenuto il respiro in quella coltre maliziosa di fantasie che si stavano formando nella sua mente. E nel medesimo istante venne riportata alla realtà dalle parole di Floyd.

“Penso stia dormendo in piedi.. come i cavalli.”

Voltò il capo d’istinto verso l’uomo e improvvisamente si accorse che gli occhi di tutti i pirati erano puntati verso di lei. La sua mente elaborò quel fatto giungendo all’imbarazzante conclusione che forse, si era fermata ad osservare il capitano della Green Arrow, più di quanto avrebbe dovuto.

“State bene miss Smoak?” si sentì chiedere dalla voce di Thomas, ora a pochi passi da lei e in un gesto automatico annuì, abbassando un poco il capo nel sentire il suo viso bruciare per l’imbarazzo.

Era rimasta in piedi come una stupida a fissare Oliver Queen e fantasticare su come sarebbe stato essere baciata da lui! Cosa diavolo le stava accadendo?

Thomas sorrise, così come quasi tutti gli uomini presenti e cercando di levarla da quella situazione si voltò verso il suo migliore amico, mormorando:

“Capitano, ti presento la signorina Felicity Smoak. Lei ti ha salvato la vita.”

Felicity schiuse le labbra e ancor prima di sollevare lo sguardo verso il capitano della Green Arrow, seppe, che gli occhi dell’uomo erano già fissi su di lei.

Il cuore parve salire in gola per un momento, nell’istante in cui si scontrò con quelle infinite pozze blu ed ebbe timore che l’incessante martellio nel suo petto, fosse udibile anche al resto dei presenti.

Oliver Queen la fissò come se potesse leggerle dentro, per un attimo che ebbe la consistenza di una vita intera, poi sospirò chiudendo gli occhi.

“Da quanto siamo qui?” La domanda che ebbe anche la funzione d’ignorare completamente quella presentazione, irritò lievemente Felicity.

“Quasi due giorni..” rispose con tono inflessibile Thomas e Oliver sospirò, prima di ordinare:

“Preparate la nave, salperemo prima del tramonto.”

La protesta di Thomas fu immediata e accesa.

“Oliver non possiamo, non sei ancora guarito del tutto e..!”

“Mi sento bene e non possiamo permetterci di perdere altro tempo, l’hai dimenticato?”

“No, ma..”

“Niente ma Thomas. Salpiamo oggi.” la stanza venne pervasa da una palpabile elettricità, mentre lo sguardo del capitano si scontrava con quello del vice, in una silenziosa conversazione dalla quale nessuno dei due voleva uscire sconfitto. E il resto dell’equipaggio non emise un fiato nell’osservare la scena, consapevoli che intromettersi sarebbe stata una pessima idea.

Felicity però, non fu dello stesso parere e interruppe il silenzio teso che si era formato, esclamando:

“Voi non andrete da nessuna parte!”

L’aria nello spazio cambiò ancora, mentre sguardi increduli venivano rivolti alla figura più minuta all’interno della stanza. I suoi occhi, non più ammaliati dalla figura d’adone nel suo letto parevano irritati e il suo volto duro, non pareva lasciar spazio a nessuna replica.

“Avete ancora in circolo più del 70% del veleno che vi hanno iniettato, partire senza aver completato la cura sarebbe del tutto inutile. Potrete anche sentirvi meglio ora, ma tra meno di ventiquattro ore il vostro corpo tornerà a bruciare se non ingerirete un’altra dose di antidoto.”

Lo sguardo fisso su di lei, Oliver Queen schiuse le labbra, pronunciando in una domanda silenziosa il nome di John.

“Non ne sono in grado Oliver. Sai che me la cavo quando si tratta di ferite da ricucire, ma i veleni non sono il mio campo. Potrei darti la dose sbagliate e ucciderti.” rispose, scatenando nel volto del suo capitano una smorfia scontenta.

“Oliver dobbiamo restare qui e aspettare che tu smaltisca completamente il veleno. Non abbiamo altra scelta.” s’intromise Thomas, la voce calma, ma il pirata parve non udirlo, gli occhi fissi sullo sguardo deciso della donna a pochi passi da lui. Infine, dopo un tempo indefinito, chiese:

“Sei l’unica su quest’isola che puo’ curarmi?”

Era la prima volta che le rivolgeva la parola e Felicity si sentì sorpresa, ma cercò di non darlo a vedere replicando:

“L’unica abbastanza pazza da curare un pirata? Si.”

Fu impreparata a quello che avvenne dopo. Gli occhi dell’uomo brillarono, come la superficie dell’acqua quando viene toccata dal sole e le labbra ruvide, circondate dalla lieve barba si stesero in un lieve sorriso divertito.

Il suo corpo si tese e vibrò, mentre i suoi occhi si nutrivano di quell’immagine. E Felicity sentì il suo cuore scontrarsi furioso contro il suo petto, nel vano tentativo di uscire. Subito dopo deglutì, guardando il pirata alzarsi con un movimento fluido e mettere fine alla distanza tra loro in pochi lenti passi.

“Vi ringrazio, per avermi salvato.” la voce calda di lui, si espanse nella sua testa e in totale balia della sua presenza, Felicity riuscì solo a schiudere le labbra, mentre i suoi occhi si muovevano ritmicamente ad osservare quelli dell’uomo.

“E ..perdonatemi.” aggiunse, poggiando una mano nella spalla della ragazza, al cui tocco trasalì.

“Per.. per cosa?” balbettò inconsapevolmente, avvertendo un calore sconosciuto irradiarsi per tutto il suo corpo, ma in risposta ricevette solo un altro sorriso, l’attimo dopo la figura del pirata divenne appannata e l’oblio la inghiottì.

 

“Oliver!” la voce del suo migliore amico Thomas lo raggiunse nitida e agitata, mentre guardava il volto disteso della giovane donna priva di sensi tra le sue braccia.

“Ti ha salvato la vita!” commentò, facendo intuire che avesse già capito le intenzioni dell’amico.

“Una volta che mi avrà curato del tutto, le daremo abbastanza soldi per prendere una nave e tornare sulla sua isola.” replicò, sollevando senza alcuno sforzo, il corpo esanime della donna.

“Sai benissimo che non è così semplice!L’oceano è di per se un luogo pericoloso, ma navigarlo su di una nave pirata per chi non si sa difendere è una totale follia! Anche uomini più robusti di me e te, sono morti con la stessa rapidità con cui cambia il vento! Se la porti con noi, potrebbe non avere alcuna probabilità di ritornare sulla sua isola. Non viva almeno.”

Il giovane pirata, guardò con aria determinata il suo capitano, i cui occhi erano fissi sul corpo della donna che riposava tra le sue braccia.

“Noi possiamo proteggerla.” mormorò, ma la voce ruvida e sicura contrastava con l’espressione dubbiosa nel suo volto.

“Come?” domandò Diggle, le braccia conserte e un espressione perplessa, continuò:

“Sei appena stato avvelenato e non sappiamo neanche da chi e come è potuto succedere.”

Il capitano della Green Arrow strinse le labbra, consapevole di quanta verità ci fosse nelle parole di entrambi i suoi sottoposti.

Eppure, quando alzò lo sguardo verso di loro, ne la sua voce ne la sua espressione, tradirono quel sentimento d’insicurezza che albergava in lui da parecchio tempo.

“Diggle, prendi qualsiasi cosa le possa servire per preparare l’antidoto. Floyd, occupati dei vestiti. Tiger, precedici e dai ordini di preparare la nave per salpare.”

“Oliver!” esclamò Thomas, parandosi davanti all’amico, mentre il resto dell’equipaggio si affrettava ad eseguire quanto ordinato.

I due pirati incrociarono lo sguardo, in un silenzioso duello di opposti che nessuno dei due avrebbe mai vinto.

“Stai scegliendo di mettere la vita di un innocente in pericolo?” domandò, lo sguardo ostinatamente deciso a non lasciare quello del suo capitano.

“Ci restano tre giorni prima del suo prossimo attacco e non abbiamo ancora scoperto quale sia l’isola che ha scelto. Non sto scegliendo di mettere la sua vita in pericolo, non ho scelta.”

Oliver pronunciò ogni singola parola, senza tradire la minima emozione, ma Thomas riuscì a vedere ugualmente il dolore di colpevolezza impresso nel suo sguardo. Forse fu proprio la consapevolezza di quel fardello di colpa di cui l’amico si era fatto carico da tempo ormai, a fargli decidere di spostarsi silenziosamente e lasciar libero il passaggio.

O forse fu l’amara ragione intrisa nelle parole del suo capitano.

Non c’era nessuna scelta.


spazio autrice:
Salve.
Se siete arrivati fin qui, significa che non faccio poi così schifo a scrivere...oppure che eravate così annoiati, da considerare di leggere questa storia tanto per passare il tempo. In entrambi i casi, vi ringrazio per aver letto il prologo di questa storia che ho in mente da un po' e che finalmente mi sono decisa a pubblicare.
Come avrete certamente capito si tratta di una AU Olicity, che prende forma nella grande era della pirateria.
Riguardo alle mie conoscenze piratesce o mediche, non tutto quello che dirò seguirà completamente la realtà.  Ad esempio...la shiva non è un veleno. In realtà è una delle principali divinità dell'induismo. Mi serviva semplicemente un nome per un particolare tipo di veleno, che spero non esista davvero.
Mettiamola così, poiché i personaggi di Arrow sono comunque presi da personaggi fumettistici, utilizzare elementi non reali in questo genere di storia è quasi un obbligo. Potreste ad esempio leggere nomi di isole, legate ad ambientazioni fumettistiche irreali. O altre cose simili. Non prevedo di utilizzare assolutamente superpoteri in questa storia, ma non prometto nulla per quanto riguarda il mistico. Inoltre, potrebbero esserci citazioni di frasi usate nel telefilm.
Ad esempio " Noi possiamo proteggerla" è la frase che Oliver dice a Diggle nell'episodio 14 della prima stagione, proprio riguardo a Felicity.
In conclusione, spero che questo prologo vi sia piaciuto, che l'idea di Oliver e Felicity nell'era della pirateria v'incuriosisca e che decidiate di seguire la storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate, in bene o in male, lasciando un commento.
Baci.

ps: conto di pubblicare un nuovo capitolo ogni domenica, impegni nella vita reale permettendo.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Aveva creduto inizialmente che fosse un sogno. Le grandi tende a baldacchino color cachi, la sofficità del letto sul quale era sdraiata e lo strano ondeggiare ritmato che percepiva. Ma, mano a mano che i suoi occhi si abituavano alla luce, l’immagine della stanza in cui si trovava diveniva sempre più nitida e reale.

La scrivania di un legno scuro su cui erano poggiate alcune carte sparse in modo disordinato, un separé dall’aria impolverata, e poco più in là poggiate su di una larga cassettiera delle bottiglie contenenti un qualche liquido scuro. Liquore, dedusse la sua mente, poco prima di realizzare che non aveva la minima idea di dove si trovasse.

In quell’attimo scattò a sedere, spostando per via di quel rapido movimento il lenzuolo che la copriva e nel far scorrere gli occhi verso il suo corpo si accorse con estremo sollievo di avere ancora tutti i suoi vestiti addosso. Spostò allora lo sguardo verso l’intera stanza, ricontrollando con minuziosa attenzione ogni singola cosa che la sua mente aveva già registrato pochi istanti prima, quasi a volerne confermare l’esistenza.

“Dove sono?” chiese a nessuno in particolare, mettendosi lentamente a sedere la testa in enorme subbuglio.

“Stavo parlando con il capitano della Green Arrow e dopo..”

Felicity ricordò come il suo cuore aveva accelerato alla sua vicinanza e il calore pressante che aveva sentito espandersi verso tutto il suo corpo, poco prima di perdere i sensi.

“Non sarò mica svenuta tra le sue braccia!?” esclamò con preoccupazione, sentendo un imbarazzo soffocante salire sulle sue guance.

“Potrei aver trattenuto il respiro più a lungo di quanto pensassi e aver perso così i sensi?” si chiese, alzandosi in piedi e iniziano a camminare avanti e indietro con agitazione.

“No, non puo’ essere. Non sono assolutamente svenuta tra le sue braccia e anche se fosse potrebbe essere stato un colpo di sole. Anche se effettivamente eravamo al chiuso..”

L’espressione preoccupata, Felicity continuò quel delirante monologo per un po’di tempo, scordandosi provvisoriamente del luogo sconosciuto in cui si trovava, fin quando il rumore di una porta che si apriva non la portò a voltarsi sorpresa e Thomas Merlyn entrò nella stanza.

“Oh vi siete svegliata. Iniziavamo a preoccuparci.” mormorò, sorpreso e felice di vederla in piedi.

L’espressione ansiosa e imbarazzata della giovane, divenne ancora più marcata al pensiero che potesse davvero essere svenuta tra le braccia del pirata come una sciocca.

Ma Thomas non poteva certo sapere quali fossero le sue reali preoccupazioni e nel notare la sua espressione, fraintese tutto.

“Prima di tutto voglio dirti che non devi temere. Non ti sarà fatto nessun male.” disse, avvicinandosi lentamente con le mani avanti.

“Oliver non aveva davvero scelta, ma appena sarà guarito ti lasceremo tornare alla tua isola sana e salva per cui..”

Il discorso di Thomas divenne sfuocato nella mente dalla ragazza, che frenetica cercava di collegare tutti i punti nelle parole del pirata.

“Come?” chiese, sbattendo più volte le palpebre.

“Ti daremo abbastanza soldi per prendere una delle migliori navi da trasporto, così da tornare a casa. E garantiremo la tua sicurezza a bordo. Hai la mia parola.” ripeté con espressione rassicurante lui.

“Tornare a casa?”

L’espressione ansiosa che il suo volto aveva tenuto fino a quel momento, in un attimo divenne consapevole.

Non era svenuta tra le braccia del pirata per la troppa emozione e la pressione che aveva sentito, non era derivata dalla vicinanza dell’uomo, ma dal punto sul seno carotideo che lui aveva pressato.

e ..perdonatemi.”

Questo era ciò a cui si riferiva con quelle scuse! La sensazione di ondeggiamento che aveva provato nello svegliarsi nel grande letto a baldacchino a pochi passi da lei tornò, mentre si accorgeva che il suo respiro era divenuto irregolare.

“Felicity..? Vi prego dite qualcosa..”

La ragazza ignorò la voce del pirata e alzò lo sguardo verso l’unica finestra presente. Un minuscolo quadratino dal quale filtrava la luce che l’aveva svegliata. Le sue gambe si mossero da sole, rapide verso essa e quando i suoi occhi videro lo scenario fatto di solo oceano che si stagliava fino all’orizzonte, ebbe la definitiva conferma ai suoi pensieri.

Era stata rapita.

Schiuse le labbra, con il cuore in tumulto, mentre prendeva atto di quel fatto.

“Lui dov’è?” domandò dopo attimi che parvero infiniti, continuando a guardare al di fuori della finestra.

“Lui? Se ti stai riferendo al capitano al momento si trova sul ponte. Ma se hai bisogno di qualcosa puoi chiedere..” la replica di Thomas si perse nell’immediata richiesta della ragazza.

“Portami da lui.” disse, con un tono che a Thomas sembrò un ordine.

Il pirata acconsentì seppur dubbioso e insieme uscirono dalla stanza, attirando nel tragitto da essa al ponte, l’attenzione dei membri dell’equipaggio.

Thomas aveva intuito fin dal loro primo incontro che la ragazza non fosse come la maggior parte delle altre, ma era comunque sorpreso nel guardare con quanta calma e disinvoltura Felicity camminasse al suo fianco, totalmente incurante delle occhiate curiose provenienti dai suoi compagni. Inoltre, per una persona che era stata portata in una nave pirata senza la minima possibilità di scelta, quella reazione pacata alla situazione in cui si trovava non era affatto naturale.

Perso in queste silenziose constatazioni arrivò fino al ponte, dove il suo capitano e Diggle stavano avendo una discussione.

“Ecco Oliver.” disse, continuando a camminare verso la sua direzione con al seguito Felicity.

“Capitano!” chiamò Thomas, ormai a pochi passi, facendo voltare il pirata nella loro direzione.

Quel che accadde in seguito, avvenne nell’attimo di un istante, ma il rumore aspro di quell’azione parve risuonare nel silenzio scioccato che lo seguì per molto tempo.

Felicity restò con la mano alzata davanti al capitano della Green Arrow, il cui volto, lievemente inclinato verso il basso, iniziava a pizzicare lievemente nel punto in cui lei l’aveva colpito. Thomas e John, con in viso l’espressione di chi è stato appena colpito da un mattone in testa, trattennero il respiro spostando lo sguardo sconvolto dalla donna al capitano, in una sorta di aspettativa su quando la bomba che si era appena innescata, sarebbe esplosa.

Ne Felicity ne Oliver tuttavia, parvero curarsi di quelle espressioni, ne di alcuni altri membri della ciurma, che ai lati del ponte avevano assistito increduli alla scena.

I due sembravano solamente consci della figura dell’altro davanti a se. E, mentre Felicity sembrava stesse tentando di bucare con lo sguardo il volto del pirata, quest’ultimo con le labbra lievemente schiuse per la sorpresa di quell’azione, non pareva aver minimamente risentito del colpo subito.

“Riportatemi a casa, subito.” quell’ordine, spezzò il silenzio teso calato pochi istanti prima.

“Non posso.” replicò impassibile Oliver, scatenando la furia che Felicity aveva trattenuto fino a quel momento.

“Non potete!? Non potete!!? Certo che potete! Siete il dannato capitano di questa nave! Invertite la rotta e riportatemi immediatamente a casa!” sbraitò senza alcun contegno, sotto lo sguardo del tutto incredulo della ciurma, ma non di Oliver che a quella furia, strinse solo appena le labbra.

“Una persona vi salva la vita ed è questo ciò che ottiene come ringraziamento!? Venire rapita solo perché il vostro didietro brucia troppo per restare seduto ed aspettare di guarire!?”

Felicity sembrava una macchinetta inarrestabile, mentre sputava ogni parola con il tono di una sentenza inoppugnabile e Thomas ebbe la conferma ai suoi dubbi precedenti. Lei decisamente non era la classica ragazza di villaggio. Neanche le donne nelle taverne, avevano il coraggio di parlare in quel modo ad un pirata. Ad Oliver poi, era qualcosa che Thomas non si sarebbe mai aspettato di vedere. Ed era sicuro che nonostante l’espressione apparentemente indifferente verso quella situazione, Oliver pensasse lo stesso.

Nessuno si era mai azzardato a sbraitare contro di lui in quel modo.

“Felicity ti assicuro che Oliver non ha davvero avuto scelta nel..” provò a intervenire Thomas, visto il totale silenzio di Oliver a quella sfuriata, ma Felicity non gli diede modo neanche di finire.

“Non aveva scelta!? Sono io che non ho avuto scelta!” il pirata alzò le mani in un segno inconscio di resa, nel vedere gli occhi rabbiosi con cui lei si era voltata a guardarlo.

“Adesso bassa. In caso non ve ne siate accorta siete su una nave pirata. Non sarebbe più conveniente per la vostra sicurezza tacere e obbedire?”

La minaccia intrisa nelle parole di Oliver, creò un vuoto teso nell’aria.

Felicity si voltò ancora una volta verso il capitano della Green Arrow, con pochi passi annullò la breve distanza tra loro e alzando un dito verso il suo petto, iniziò ripetutamente a picchiettarlo.

“Pensate di potermi intimorire in questo modo? Mi avete portato su questa nave perché vi possa guarire dal veleno che ancora avete in circolo. Siete voi che dovreste tacere e obbedire se volete continuare a vivere!”

Lo sguardo di Oliver s’infiammò e finalmente, nel volto del pirata iniziò a scorgersi un minimo di fastidio.

Oliver Queen non era minimamente abituato a quel trattamento. Al di fuori dei membri del suo equipaggio, nessun altro si era mai dimostrato abbastanza coraggioso da sfidarlo. Ma ciò che davvero continuava ad infastidirlo, più delle sue parole, era il suo continuo e prolungato contatto visivo. Le persone preferivano abbassare il capo al suo passaggio, intimorite anche solo al pensiero d’incrociare il suo sguardo per un attimo, e se per caso capitava, tutto ciò che i loro occhi mostravano era un’infinita paura.

Ma non lei.

Lei l’aveva guardato negli occhi fin da subito senza timore. E Oliver si chiese se il suo fosse un innato coraggio o semplice stupidità.

“.. quindi esigo invertiate la rotta! Avete capito!?” la sua voce riportò alla realtà il capitano della Green Arrow, che si era chiaramente perso gran parte del monologo acceso della ragazza a causa dei suoi pensieri. Ma questo non aveva importanza per lui. Così come alla fine non importava, con quanto coraggio lei lo stesse affrontando.

Non avrebbe invertito la rotta. E certamente non avrebbe lasciato che una donna continuasse a sbeffeggiarlo in questo modo davanti ai membri del suo equipaggio, ormai tutti radunati sul ponte ad assistere alla scena.

L’uomo si abbassò rapido, caricandosi sulle spalle senza nessun tipo di fatica Felicity, la cui sorpresa iniziale venne sostituita presto da sonore e concitate proteste per quel trattamento, che Oliver ignorò completamente.

A passo spedito, tra i commenti divertiti della ciurma che augurava al proprio capitano di farsi valere, Oliver trasportò una combattiva Felicity fino alla sua stanza, gettandola con ben poca delicatezza nel letto.

“Cosa diavolo credete di fare!?”

“Cercare di educare i vostri modi tanto per iniziare.” replicò, salendo sopra di lei e cercando di bloccare i suoi tentativi di dibattersi.

“Se credete che vi lascerò abusare di me..” iniziò lei, colpendo il volto del pirata nel tentativo di levarselo da dosso. Oliver non parve neanche risentire da quel colpo, ma spalancò gli occhi totalmente sorpreso al significato delle sue parole. Era abituato ad essere considerato un assassino spietato, ma mai nessuno l’aveva insultato in quel modo.

“Buon Dio! Non ho mai abusato di nessuna donna in vita mia e certamente non inizierò con voi!” replicò, alterando il suo tono di voce fino a quel momento posato.

“E allora spiegatemi tutto questo!” urlò, provando a dibattersi ancora, ma Oliver portò le braccia della ragazza sopra la sua testa in una ferrea stretta, bloccando definitivamente qualsiasi tentativo di fuga.

“Voglio che capiate qual’è la vostra posizione.” rispose, facendo scontrare l’oceano dei suoi occhi contro il cielo in tempesta di quelli di lei. Qualsiasi altra persona, sotto quello sguardo e in quella situazione, avrebbe tremato dalla paura. Ma non Felicity.

“Siete sulla mia nave. Insieme al mio equipaggio e circondata dall’oceano. Potete decidere di curarmi e ritornare sulla vostra isola senza neanche un graffio. O potete decidere di comportarvi in questo modo e pagarne le conseguenze.”

La ragazza aprì il suo volto in un sorriso di scherno verso quella minaccia, mormorando sicura:

“Io vi servo viva.”

“Si, ma non intera.”

La replica schiuse le labbra di lei e incurvò un sorriso in quelle di lui.

“Non lo fareste.” disse, cercando di non far trapelare quanto quelle parole l’avessero colpita.

“Sono Oliver Queen, capitano della Green Arrow. Sono certo che sappiate quanti villaggi abbia raso al suolo solo per il gusto di farlo. Siete davvero convinta di essere intoccabile?”

Non rispose, continuando ad osservare i suoi occhi quasi sperasse di trovare una risposta alle mille domande che avevano preso ad affollare la sua mente, proprio all’interno d’essi.

Le avrebbe davvero fatto del male?

Felicity conosceva la sua fama. Sapeva di cosa era accusato e il fatto che l’avesse rapita, non aiutava di certo a vederlo in una luce più favorevole. Eppure c’era qualcosa. Una sensazione alla bocca dello stomaco che le impediva di pensare totalmente male di lui. Anche se certamente, non l’avrebbe ammesso ad alta voce.

“L’unico motivo per cui non vi ho ancora picchiato nonostante il vostro atteggiamento è perché siete una donna. E se posso preferisco evitare di colpire una donna.” affermò e Felicity abbassò lo sguardo, facendo credere per un momento al pirata che forse, era riuscito a metterle un po’ di sale in zucca. Non poteva certamente sapere in realtà, che le sue parole non avevano fatto altro che aumentare nella ragazza, la sensazione che Oliver Queen non era affatto il mostro che tutti credevano che fosse.

“Il vostro discorso non ha alcun senso.” sussurrò quasi, riportando lentamente i suoi occhi a incontrare quelli dell’uomo.

“Affermate di essere un assassino spietato, ma allo stesso tempo dite di preferire non colpire una donna.”

La veridicità di quelle parole colpì l’uomo come avrebbe fatto un pugno ben assestato e quasi senza accorgersene, la presa sui polsi della giovane si allentò.

“Quindi qual’è la verità? Che genere di uomo siete realmente?”

Oliver schiuse le labbra, ritrovandosi a pensare che neanche lui in realtà, avrebbe saputo rispondere a quelle domande.

La verità? L’uomo che era? Forse un giorno lui stesso l’avrebbe scoperto.

Felicity sorrise in modo lieve, quasi accennato, verso l’espressione che le sue parole avevano dipinto nel volto dell’uomo. Poi continuò:

“Non ho paura dell’assassino che vi vantate di essere, ma provo un forte disgusto verso il modo in cui vi beffate della vita degli altri.”

La durezza di quelle parole contrastava con lo sguardo privo d’odio che lei gli stava rivolgendo, ma Oliver poteva comunque affermare con assoluta certezza che ciò che gli stava dicendo fosse la verità.

Lei non aveva paura di lui.

“Volete strappami un arto? Fatelo!” continuò e Oliver strinse le labbra indispettito.

“Ma non crediate neanche per un momento che me ne starò buona su questa nave mentre voi decidete il mio destino!”

Felicity accompagnò l’esclamazione finale con una forte ginocchiata verso le sue parti intime che andò pienamente a segno, liberandola dal peso dell’uomo e dandole così la possibilità di rialzarsi dal letto.

Oliver imprecò in modo decisamente colorito, non solo per il colpo ricevuto, ma anche per essersi lasciato distrarre dalle parole della ragazza. Tuttavia non impiegò molto a riprendersi da quel colpo, raggiungendo Felicity poco prima che arrivasse alla porta.

“Vi sculaccerò a dovere per quanto fatto!”promise, avvolgendola tra le braccia e tentando di trascinarla nuovamente verso il letto.

“Lasciatemi andare!” ordinò, dimenandosi tra le sue braccia.

“Maledizione donna!Posso sapere perché avete tutta questa fretta di ritornare su quell’isola?” domandò, sconcertato dall’intera situazione.

Poteva capire che venire portata in una nave pirata causasse terrore e quindi voglia di tornare a casa, ma la furia che aveva tra le braccia non era affatto terrorizzata! Quindi perché desiderava ritornare a casa così tanto da sfidare addirittura un pirata!?

Era coraggio il suo o non aveva alcun senso del pericolo perché era stupida?

“E voi perché non avete potuto aspettare!?” ribatté, schiacciando il piede dell’uomo e colpendo subito dopo il suo naso con una testata.

Oliver lasciò nuovamente andare la presa, portandosi le mani al viso e maledicendo il cielo per aver deciso di portare quella pazza nella nave, mentre Felicity si affrettava verso la porta. In quell’esatto momento la nave si spostò bruscamente e un forte boato rese inudibile ogni altro suono.

Felicity sentì il suo corpo scivolare verso sinistra e senza nulla a cui appigliarsi, chiuse gli occhi preparandosi per il dolore che l’impatto avrebbe causato. Ma non sentì nulla, eccetto la presa protettiva nella quale era stata avvolta.

La ragazza voltò il capo per quanto le era possibile da quella posizione, guardando sorpresa il pirata alle sue spalle. Come aveva fatto a spostarsi in modo così rapido? Felicity divenne improvvisamente consapevole che se lui avesse davvero voluto, i suoi tentativi di ribellione sarebbero stati vani e la sensazione riguardo la vera natura dell’uomo, crebbe. Un nuovo boato interruppe i suoi pensieri.

“Merda.” mormorò Oliver, lasciandola andare e precipitandosi con rapidità verso la propria spada nonostante il modo agitato con cui la nave si stava muovendo.

“Cosa sta succedendo?!” domandò Felicity,aggrappandosi ad una delle colonne in legno del letto, in un misto d’agitazione e confusione.

 

“Ci stanno attaccando.” rispose con semplicità disarmante lui, sguainando l’arma senza esitazione.

“Attaccando!? Come? Chi? E perché?!”

“Non ne ho idea, ma se ci tenete a restare viva nascondetevi in questa stanza e non osate uscire per nessun motivo!” ordinò, sparendo poi oltre la porta e lasciando Felicity sola nella stanza.

“E dove dovrei nascondermi secondo voi!?” replicò, nonostante non ci fosse più nessuno ad udire il suo lamento.

Agitatamente si guardò intorno, cercando un luogo dove potersi rifugiare, ma la stanza non aveva neanche un armadio e nascondersi dietro il separé, non le sembrava la soluzione migliore.

Un’altra esplosione si udì e la nave si mosse ancora in modo convulso. Felicity si aggrappò saldamente alla colonna del letto, chiudendo gli occhi mentre il cuore batteva all’impazzata. Poi realizzò che si trovava già vicino al nascondiglio perfetto.

Il letto.

Velocemente si chinò nel pavimento strisciando sotto esso, mentre rumore di spari e urla si diffondevano nell’aria.

Sospirò, lievemente sollevata, ma il suo corpo continuò a tremare al pensiero della situazione in cui si trovava per via di di quel dannato pirata. Almeno fino a quando i suoi occhi non vennero catturati dalla vista di un forziere in profondità del letto. Allora tutti i suoi terrorizzanti pensieri sulla guerra che imperversava al di fuori della stanza, scomparvero, lasciando posto alla sua incontenibile curiosità.

Strisciò rapida fino ad arrivare al forziere sorprendendosi di non trovare neanche un lucchetto ad impedirle l’apertura.

Tutti i pirati sono così sciocchi? Si ritrovò a pensare, aprendo con trepidazione il bauletto.

La sua aspettativa di vedere qualche prezioso tesoro però, non venne soddisfatta, ma certamente alla vista di quello che il forziere conteneva ebbe la conferma definitiva che la sua sensazione verso il pirata fosse corretta.

Non era il mostro che tutti sostenevano fosse.

 

 

 

 

Una risata sguainata che Oliver conosceva bene, fu la prima cosa che sentì nel caos della battaglia che regnava sul ponte.

E ancor prima di posare gli occhi sull’unico uomo che in quel momento non stava prendendo parte alla battaglia, lui seppe chi gli aveva attaccati.

L’uomo conosciuto come il Conte.

Uno dei pirati più infimi che avesse mai conosciuto.

Oliver aveva avuto a che fare solo una volta con lui, quando aveva mandato all’aria il suo piano di vendita di schiavi e ricordava bene che l’uomo aveva giurato di vendicarsi. Ma non avrebbe mai pensato che avrebbe scelto un attacco diretto per questo proposito. Sopratutto visto il genere di pirata codardo che aveva dimostrato di essere in passato.

“ allora.. dove l’avete seppellito?!” lo sentì urlare, in mezzo al rumore assordante della battaglia e la sua sorpresa verso quel diretto attacco, trovò una spiegazione. Così come la trovò il suo avvelenamento.

“Per ora non abbiamo seppellito nessuno Conte, ma immagino che lo faremo una volta che ti avrò staccato la testa!” esclamò Oliver, palesando la sua presenza che fino a quel momento aveva tenuto nascosta.

I combattimenti tra gli uomini si bloccarono e se i membri dell’equipaggio della Green Arrow sorridevano con soddisfazione alla vista del loro capitano, i volti dell’equipaggio del Conte erano impalliditi e con essi, quello del Conte stesso.

“Non è possibile!” esclamò, perdendo il sorriso che aveva tenuto fino a pochi istanti prima.

“Immagino di dover dedurre che ci fossi tu dietro al mio avvelenamento.” commentò Oliver, passeggiando tra la calma tesa creata al suo arrivo, fino ad arrivare davanti al capitano della Vertigo.

L’espressione incredula del Conte alla vista del suo nemico per niente morto, venne ben presto sostituita da una di rabbia e sotto il sorriso divertito di Oliver l’uomo urlò, caricando come un toro furioso verso il pirata.

La battaglia riprese, portando nuovamente confusione e grida. Ma chiunque avrebbe potuto dire quale sarebbe stato l’esito finale.

Un uomo come il Conte, non sarebbe mai stato in grado di battere Oliver Queen. Non era forse per questo che l’aveva segretamente avvelenato?

E l’attacco diretto alla ciurma che si era permesso di fare, non era forse derivato dal pensiero che la morte del loro capitano doveva aver corrotto il loro solito vigore?

Peccato che il suo piano non fosse andato come previsto, almeno non del tutto. Perché anche se Oliver era ancora vivo e la ciurma non era distrutta dal dolore, la Shiva era ancora in circolo dentro il corpo di Oliver. E quando il mondo intorno a lui iniziò a girare, anche Oliver se ne ricordò.

Il rumore sordo delle due spade che si scontrarono sembrò amplificarsi nelle orecchie del pirata e il calore della febbre che tornava a salire portò ad un forte capogiro.

Oliver chiuse gli occhi per un secondo di troppo e così il Conte ebbe la possibilità di disarmarlo e puntargli la spada alla gola.

Ancora una volta la battaglia si fermò, ma questa volta era il Conte che sorrideva.

“Oliver!” urlarono quasi in contemporanea le voci di John e Thomas.

Il capitano della Green Arrow alzò lo sguardo verso il suo nemico, cercando di ritrovare abbastanza stabilità da invertire nuovamente la situazione, ma la testa sembrava stesse per esploderli e il suo sangue era nuovamente diventato lava che scorreva all’interno della sua pelle.

Senza scelta cadde in ginocchio nelle assi del pavimento, mentre il suo respiro diveniva lentamente irregolare.

“Sapevo che era impossibile che ti fossi ripreso così in fretta da un veleno forte come la Shiva.” commentò con soddisfazione il Conte, ordinando subito dopo alla ciurma di Oliver.

“Abbassate le armi o il vostro capitano morirà prima di quanto previsto.”

 

La minaccia, portò nei volti dell’equipaggio della Green Arrow un espressione di aggressiva rabbia che avrebbero volentieri sfogato facendo a pezzettini l’uomo.

“Non osate abbassare le armi.” ordinò in un rantolo Oliver.

“Lasciate che mi uccida e poi vendicatemi.” dichiarò, sollevando il capo e aprendosi ad un sorriso divertito verso il fastidio indispettito che si formò nel volto del Conte.

“Abbassate le armi.” replicò Thomas, affrettandosi a portare a terra la sua.

“Ehi.. sbaglio o sono ancora io il capitano?”

L’ironia di quella domanda posta da Oliver, contrastava con la situazione e sopratutto con l’aspetto sempre più affaticato che la figura dell’uomo mostrava.

“Chiaramente in questo momento non siete in grado di ragionare, capitano.” rispose Thomas, calcando l’ironia sull’appellativo.

Lo scambio tra i due, causò una furia ancora più grande nel Conte. Indispettito dal fatto che non sembrassero affatto preoccupati dalla realtà in cui lui gli aveva appena sconfitti.

“Ora basta!” esclamò ed estraendo la pistola sparò un colpo vicinissimo alle gambe di Thomas.

“Questo era un avvertimento. Il prossimo ti arriverà alla testa” minacciò e Thomas alzò le mani in segno di resa, mentre gli uomini della Vertigo misero l’equipaggio di Oliver in ginocchio, controllando con minuziosa attenzione che avessero consegnato ogni arma.

“A che scopo disarmare i miei uomini? Non dovresti semplicemente uccidermi?” chiese Oliver, come se stesse parlando del tempo e non della sua morte.

“Oh ma io non voglio ucciderti. Voglio che tu muoia soffrendo le pene dell’inferno e voglio che il tuo equipaggio assista impotente, prima di raggiungerti all’altro mondo.” spiegò con gioia. E Floyd poco dietro al capitano mormorò:

“Mai che tu ti faccia un amico capitano.”

Nuovamente il sorriso sparì dalle labbra del Conte che sparò un altro colpo, questa volta prendendo in pieno il braccio di Floyd.

L’uomo gemette e imprecò molti santi, piegandosi su se stesso.

“Non costringetemi ad uccidervi prima di aver visto il vostro capitano morire.” disse, sorridendo nuovamente verso i gemiti di dolore dell’uomo.

“E ora, prima che il veleno ti renda incosciente, vorrei sapere chi mi ha fatto rimandare i festeggiamenti per la tua morte oggi?” chiese, premendo con maggiore fermezza la spada nella gola di Oliver.

“Chi ti ha curato?”

Oliver sollevò lo sguardo febbricitante verso il pirata, ma non fu lui a rispondere.

“Io.”

Il Capitano della Vertigo si voltò verso quell’affermazione, guardando curiosamente l’uomo che sapeva essere il medico di bordo della nave e scosse il capo.

“No, non è possibile. Ho fatto ricerche riguardo alle tue capacità mediche e si basano sul semplice taglia e cuci. Un veleno è un elemento più complesso da combattere ed è proprio perché avevo calcolato che tu non saresti stato in grado di curarlo, che l’ho usato”

John sorrise con scherno, replicando. “ I tuoi calcoli fanno schifo.”

Thomas al suo fianco lo guardò incredulo poco prima di sollevare gli occhi al cielo.

Come era capitato in una ciurma tanto stupida? Si chiese, mentre il volto del Conte si ombrava nuovamente di rabbia dovuta a quell’umiliazione di scherno.

“E che ne pensi dei miei calcoli su te che muori prima del previsto?” chiese il Conte, sollevando la pistola verso Diggle.

Gli occhi di Oliver si strinsero e l’uomo si preparò a intervenire, ma la sua testa girò ancora nel tentativo di trovare la forza per alzarsi.

Tuttavia, proprio nel momento in cui tutto sembrava davvero perduto, una voce si levò nell’aria.

“NO!”

Non fu la protesta a bloccare l’azione del Conte, ma il tono femminile con cui era stata pronunciata.

Il capitano della Vertigo si voltò, così come il resto dei presenti che increduli, si ritrovarono a guardare la figura disarmata di Felicity sul ponte della nave.

“Non è stato John a guarirlo. Sono stata io.” affermò Felicity, apparentemente senza timore e la sorpresa nel volto del Conte, venne ben presto sostituita da una risata divertita per quell’inaspettata scoperta.

“Stupida.” sibilò in un sussurro Oliver, raggiungendo la conclusione ai suoi ragionamenti precedenti riguardo la ragazza.

Non aveva il minimo senso del pericolo.

Era una stupida.



spazio autrice.
E dopo il prologo, ecco il primo capitolo!
Non vedo l'ora di leggere le vostre opinioni in merito. Sperando di non avervi deluso.
Cosa accadrà ora? Come usciranno da quella situazione? E cosa avrà visto Felicity nel forziere? E perché entrambi sono ostinati sui loro punti? Uno sul dover assolutamente partire e l'altra sul dover rimanere? Le risposte a tutte queste domande si trovano nel prossimo capitolo.
Alla prossima domenica. Baci.


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Non sapeva perché l’avesse fatto.

Quando da sotto il suo nascondiglio non aveva più udito spari e grida, aveva pensato che la battaglia fosse giunta al termine e così cautamente era uscita dalla stanza. Ma quando aveva intravisto qual’era la situazione sul ponte, aveva dovuto trovare velocemente un nuovo nascondiglio. Se nessuno l’aveva notata, era stato solo per pura fortuna.

Così era rimasta nascosta nell’entrata del ponte di coperta, dal quale silenziosamente aveva udito l’intera conversazione.

Aveva trattenuto il respiro quando il Conte aveva domandato chi avesse curato Oliver, timorosa di passare dalle mani di un pirata all’altro, ma nel sentire John coprirla senza la minima esitazione, la sua paura verso quella possibilità si era dissipata. E una sensazione di profonda gratitudine verso quella inaspettata protezione, l’aveva invasa, portandola alla seguente decisione d’uscir fuori dal suo nascondiglio.

E ora era là. Allo scoperto.

Circondata dagli sguardi sorpresi degli uomini e dal rumore sordo del suo cuore in corsa.

“Una donna su una nave pirata?” la domanda diretta verso il capitano della Green Arrow, conteneva il divertimento palese che il Conte stava provando a quella scoperta.

“Sei una continua sorpresa Queen.”mormorò, sorridendo verso l’uomo che per tutta risposta digrignò i denti, cercando di sopprimere la sensazione di stordimento sempre più forte causata dal veleno.

“Quindi saresti stata tu ad averlo curato?” domandò il Conte, rivolgendo la sua attenzione divertita verso Felicity.

“Si.” rispose lei senza esitazione e il sorriso nella bocca del Conte si espanse.

“Prima cercate di farmi credere che una zucca vuota come il tuo sottoposto possa averti curato e ora, una donna?”

Oliver abbozzò un sorriso.

“ Ah.. è davvero difficile ingannarti.” disse il pirata, assecondando l’idea del Conte per la quale una donna, non avrebbe mai potuto far fallire i suoi piani.

“Esattamente. Quindi dov’ero rimasto? Ah si..”

Il Conte stese nuovamente il braccio armato verso John Diggle.

“Prima uccido il tuo sottoposto, dopo la tua puttana bugiarda e se ancora ti rifiuterai di dirmi chi sia stato a curarti io...”

“Ehi pezzo di deficiente!” quell’esclamazione bloccò il discorso del Conte e Oliver avrebbe giurato che in quell’attimo anche il suo cuore si fosse fermato.

“Ho detto che sono stata io a curarlo, non hai sentito forse?!Eppure non sembri così vecchio d’avere già problemi d’udito.”

Oliver e il resto degli uomini sulla nave si voltarono per la seconda volta in quella giornata, verso la donna colpevole di quelle parole.

Il tono, l’implicazione nella frase e persino il fatto che gli avesse appena dato del tu, era inconcepibile. Chi diavolo era davvero Felicity?

Non si era fatta problemi a salvare un pirata, ne a litigare con lui. Ed ora sembrava non essere minimamente consapevole della fossa che si stava scavando con le sue mani.

Era abbastanza intelligente da conoscere l’arte medica, ma non abbastanza da riconoscere il pericolo?

I pensieri che animavano la mente del capitano della Green Arrow, erano un perfetto parallelismo dei pensieri che animavano la mente del resto del suo equipaggio in quel momento.

“Hai intenzione di morire?” sibilò Oliver nella sua direzione, ma Felicity lo guardò appena ignorando del tutto la domanda.

“Lo avete avvelenato con la Shiva, ma la quantità usata non dev’essere stata così tanta, altrimenti il veleno lo avrebbe portato verso la morte in modo ben più rapido di tre giorni. Il che mi fa credere che non abbiate messo il veleno nel suo cibo o nelle sue bevande.” spiegò lei

e con aria calma, come se non avesse appena innescato la miccia di una bomba che di li a poco sarebbe esplosa, continuò.

“Probabilmente il veleno è passato attraverso una ferita nella pelle, quindi doveva trovarsi nella lama che lo ha ferito.”

Gli occhi del Conte si spalancarono maggiormente, mentre l’uomo iniziava ad essere consapevole delle conoscenze mediche della giovane donna che aveva davanti.

“Ma certo.. la banda di banditi che ci ha attaccato cinque giorni fa.” mormorò Thomas, ricordando quello strano attacco che avevano subito.

Non era insolito che i banditi attaccassero anche le navi pirata, ma solitamente non facevano marcia indietro senza aver rubato qualcosa di valore.

“Uno di loro mi ha graffiato al braccio destro.” mormorò Oliver, finalmente consapevole di come era stato avvelenato.

“E questo spiega anche perché hai attaccato la nave oggi. Probabilmente credevi che la ciurma avesse già seppellito il proprio capitano e volevi dargli la notizia che l’avevano seppellito vivo.. così che sapessero di aver causato loro la sua morte.” concluse Felicity, guadagnandosi la piena e seria attenzione di tutti i presenti.

“Il tuo piano sarebbe stato perfetto, se io non l’avessi curato.” soppesò e un sorriso sinistro si affacciò nel volto del Conte, mentre abbassava l’arma che fino a quel momento era stata puntata contro John.

“Esatto. Il mio piano sarebbe stato perfetto..se non ci fossi stata tu.” il pericolo impresso nella pronuncia di quelle ultime parole mise sull’attenti i sensi di Oliver e quando il Conte fece per puntare l’arma contro Felicity l’uomo, scattò in avanti atterrandolo di forza.

In quel momento la bomba esplose.

La ciurma si mosse quasi in contemporanea con l’azione di Oliver e usando l’effetto sorpresa, iniziarono a disarmare i propri aguzzini.

Felicity, in mezzo a quel caos, venne ben presto colta dal panico, così seguendo un istinto di sopravvivenza che a quanto pare possedeva, si rannicchiò su se stessa coprendosi la testa con le mani, ma ben presto la sua tattica difensiva si sciolse e il caos si arrestò.

“Oliver!” il grido di Thomas, arrivò limpido verso tutti i presenti e la ciurma, guardò impotente il loro capitano a terra. Il respiro ormai del tutto incontrollato, gli occhi appannati e desiderosi di chiudersi, la mente che esplodeva ad ogni suono. A quella vista Felicity si rialzò in piedi, tentando di raggiungere l’uomo senza neanche accorgersene, ma le braccia del Conte bloccarono i suoi passi, stringendola in una morsa che non aveva nulla di gentile.

Il primo istinto di Felicity fu quello di lottare per liberarsi dalla presa, ma quando la mano dell’uomo raggiunse il suo collo rendendole difficile respirare i suoi tentativi di lotta si placarono e la paura che fino a quel momento aveva celato, si palesò sul suo viso.

Oliver alzò appena lo sguardo verso la scena, lottando con tutte le sue forze per non cedere a gli effetti del veleno.

“Fossi in voi placherei il mio spirito combattivo, sempre che non preferiate che le spezzi il collo.” dichiarò il pirata, sorridendo sinistro.

“Maledetto!” sussurrò Thomas, lasciando cadere tuttavia, la spada di cui pochi istanti prima si era appropriato.

“Bravi, sono felice che abbiate capito.”mormorò il Conte, osservano nuovamente la ciurma abbassare le armi e restare indifesa.

“Anche se ammetto di essere sorpreso dalla vostra stupidità. Abbassare le armi per salvare una donna..”

“Lei ..è solo una paesana.” Oliver gracchiò appena quelle parole, respirando affannosamente per ognuna di essa, ma nonostante l’enorme fatica che ciò gli costava, continuò:

“Non ha nulla a che fare con questa faccenda. Lasciala andare.”

Felicity venne colmata da quelle parole e senza neanche accorgersene, i suoi occhi si riempirono di lacrime. Non sapeva esattamente a cosa fossero dovute. Alla protezione che le stavano dimostrando? Alla paura verso il pirata che la teneva? O più semplicemente, quelle lacrime erano dovute all’insieme di tutta quella situazione. Ciò che sapeva era che i pensieri del Conte erano esatti. Non aveva alcun senso che avessero abbassato le armi per salvarla.

Non aveva alcun senso che stessero rischiando la loro vita per lei.

“Nulla a che fare? Lei è il motivo per cui ancora non ho potuto festeggiare la tua dipartita!” urlò l’uomo e Felicity sentì la presa sul suo collo aumentare. Chiuse gli occhi e spalancò la bocca in cerca d’aria, mentre le lacrime che fino a quel momento si erano raggruppate nei suoi occhi scendevano sul suo viso.

“Ha decisamente un ruolo principale in questa storia e credimi, la sua fine.. sarà spettacolare.” promise il Conte in quella udibile minaccia.

Oliver avrebbe voluto pestare pesantemente l’uomo, ma non importava quanto fosse forte il suo desiderio di fargliela pagare, il suo corpo ormai non rispondeva più ai suoi comandi e le persone intorno a lui, erano diventate macchie appannate di uno scenario impersonale.

Avrebbe voluto salvare la sua ciurma. Avrebbe voluto salvare quella ragazza che con la sua decisione egoistica aveva portato a quella fine. Ma non poteva. E nel momento stesso in cui realizzò tutto ciò, la volontà che fino a quel momento l’aveva tenuto sveglio svanì. Schiacciata dal peso di quell’amara consapevolezza.

I suoi occhi si chiusero lenti, al ritmo dei suoi sensi che svanivano. E un urlo coprì il suo di ogni altra cosa, prima che l’oscurità lo inghiottisse nel suo infinito.

Felicity guardò il capitano della Green Arrow finire a terra, tra le urla della sua ciurma che invocava il suo nome e la risata del Conte alle sue spalle. E seppe che il veleno aveva raggiunto il cuore dell’uomo e che di lì a poco, si sarebbe nuovamente fermato.

“Finalmente ha ceduto!” esclamò il Conte con un sorriso vittorioso in volto.

“Ora, mentre aspettiamo che esali il suo ultimo respiro, vi va di decidere chi sarà il prossimo a seguirlo nell’oltretomba?”ironizzò macabramente.

E Felicity si morse internamente il labbro, sentendo il suo corpo iniziare a tremare. Era davvero finita?

Sarebbe stato quello il luogo in cui sarebbe morta? Iniziò a domandarsi, ma quel breve attimo di disperazione venne scacciato via dall’immagine del volto di suo padre. Un ricordo sbiadito dal tempo, che lei aveva conservato con cura. Era stato lui a farle amare la medicina. Lui era stato l’uomo per il quale lei era andata contro ciò che la società si aspettava. E lui le aveva insegnato, a tenere sempre una siringa nella manica destra dei suoi abiti.

La giovane donna spalancò gli occhi,lasciando che il ricordo di suo padre le donasse il coraggio di cui necessitava per compiere il folle piano che le era appena venuto alla mente. Subito dopo lasciò andare la presa sulla mano che ancora stringeva il suo collo in uno scatto verso il basso voluto a far scendere la siringa nella sua manica verso la sua mano e una volta che la sentì nelle sue mani, senza esitazione la piantò nella coscia del pirata.

Il Conte gemette e imprecò in modo colorito, lasciando andare sorpreso Felicity che in uno scatto si precipitò verso Oliver, steso a terra e privo di sensi.

“Puttana!” esclamò livido di rabbia il Conte. Ma quella rabbia si trasformò in una frazione di secondo in panico, nel vedere l’oggetto con cui la ragazza lo aveva colpito.

Il Conte estrasse la siringa dalla sua coscia guardando con orrore prima essa e dopo la donna che nel frattempo era stata bloccata da due uomini della ciurma della Vertigo.

“Cosa..? Cosa mi hai iniettato?!” domandò il pirata e Felicity,senza più una lacrima in viso rispose:

“Uno dei veleni più rari e forti al mondo.”

“La Shiva è il veleno più potente e forte al mondo e se mi hai iniettato quello, sarebbe stato solo uno spreco di tempo perché ho la cura..”

“No. Non è la Shiva. Il veleno che ti ho iniettato è un particolare veleno di una pianta che circonda la mia isola, ed è considerato più pericoloso della Shiva, perché a differenza di essa non ha sintomi che possano svelare la sua presenza.”

Il Conte digrignò i denti e il silenzio si diffuse nell’aria, mentre le persone intorno a loro sembravano respirare come una sola.

“La persona a cui viene somministrato il veleno infatti, muore dopo quattro ore senza aver avuto in precedenza nessun particolare sintomo.”

“Questo è assurdo. Le mie capacità nel preparare veleni è impareggiabile, scoprire quindi cosa mi hai dato sarà semplice e una volta fatto..”

“Oh sono certa che potresti scoprirlo, ma non hai il tempo che occorre.” Lo interruppe lei, il tono privo di dubbio.

“Questo veleno non presenta nessun odore e persino nessun colore, altre due caratteristiche che lo rendono il più insidioso tra i veleni. Senza contare che l’ingrediente principale per la sua cura, si trova su di un isola a sud est da qui. E se non mi sbaglio, ci vogliono circa due ore solo per raggiungere quell’isola.”

Il volto del Conte, parola dopo parola divenne una macchia infuocata di rabbia e Felicity seppe di avere in mano la partita vincente.

“Quindi ecco le opzioni che ti restano: puoi prendere i tuoi uomini, salire sulla tua nave e io ti getterò in mare una bottiglia contenente gli ingredienti per la preparazione della cura. Così che ognuno possa andarsene per la propria strada. Oppure, puoi uccidere me, l’intero equipaggio della Green Arrow e raggiungerci tra quattro ore nell’oltretomba.” disse, ironizzando il finale in un esatta replica delle parole che l’uomo aveva pronunciato pochi istanti prima e facendo inconsapevolmente salire un sorriso nei volti ammirati dell’equipaggio della Green Arrow.

Il capitano della Vertigo lasciò andare la siringa e in un rapido movimento porta la sua pistola a toccare la fronte della donna.

“Stai bluffando.” l’accuso e nel volto di Felicity si distese un sorriso di assoluta sicurezza.

“Ne siete sicuro, Conte?” calcò sul suo nome, guardando dritto e senza timore gli occhi dell’uomo.

“Così sicuro, da mettere in gioco la vostra vita?” domandò in un modo lento e calcolato, lasciando con tranquillità che lui studiasse la sua espressione in cerca di una crepa. Un punto debole. Uno spasmo che gli dicesse che lei stava mentendo. Ma Felicity non ne aveva alcuno.

E quando anche l’uomo ebbe la piena consapevolezza di ciò, lei seppe, di averlo completamente in pugno.

 

 

La testa pulsava e brividi leggeri scorrevano lungo tutto il suo corpo.

Gli occhi ancora pesanti dell’uomo si aprirono lentamente, infastiditi dalla luce che filtrava attraverso la piccola finestra. Il pirata portò la mano verso la fronte, togliendo il panno di tessuto umido che qualcuno doveva avergli poggiato poco prima.

“Oliver! Finalmente sei sveglio!”

Il capitano della Green Arrow si voltò verso la fonte dalla quale proveniva la voce del suo migliore amico, mettendo a fuoco la sua immagine.

“Come ti senti?” domandò Thomas e in un attimo, il pirata ricordò ogni cosa.

L’attacco, il Conte, il suo aver perso i sensi.. la ragazza.

“Cos’è successo? Il Conte..” chiese immediatamente, provando a mettersi seduto, ma il brusco movimento gli causò un forte capogiro e il suo volto si aprì così in un espressione di fastidio.

“Piano non dovresti ancora muoverti in questo modo.”

“Il Conte..?”

“Puoi stare tranquillo, quel tipo è stato sistemato a dovere.” rassicurò il pirata, con un sorriso in volto, che Oliver ricambiò in parte.

“Ottimo lavoro.” mormorò, mesto Oliver.

“Non è me che dovresti elogiare, ma Felicity.” replicò Thomas e Oliver spostò nuovamente lo sguardo verso l’amico. L’espressione interrogativa del suo volto, venne seguita dalla prevedibile domanda.

“Come?”

Thomas narrò gli inaspettati eventi che si erano susseguiti dopo che lui aveva perso i sensi. Con divertimento e ammirazione, gli parlò di come il Conte si fosse ritirato da codardo qual’era, partendo alla ricerca dell’antidoto per il veleno che gli era stato somministrato.

E Oliver ascoltò quieto e sorpreso, domandandosi ancora una volta chi lei fosse in realtà. Nel poco tempo che aveva conosciuto la ragazza, era già diventata un piccolo enigma apparentemente irrisolvibile.

Aveva la sfrontatezza di sfidare e minacciare dei pirati, ma ricordava di aver intravisto lacrime sul suo volto quando il Conte l’aveva afferrata. Possedeva sorprendenti conoscenze mediche, ed era chiaramente colta, nonostante le sue umili origini. Allo stesso tempo,aveva la parlantina sporca tipica degli uomini di mare. Chi era davvero Felicity?

Le sue riflessioni vennero interrotte proprio dall’arrivo di quest’ultima, che si fermò sorpresa un attimo a guardarlo.

“Siete sveglio.” mormorò e Thomas al suo fianco annuì.

“Si è appena svegliato.. ora che tu sei qui io vado a informare il resto dell’equipaggio. Erano tutti preoccupati.” commentò Thomas e Felicity con gli occhi seguì la figura dell’uomo uscire dalla stanza, prima di posarli nuovamente su Oliver. Lui, non aveva minimamente spostato il suo sguardo dalla figura di lei.

Nonostante si sentisse stranamente agitata da quella penetrante occhiata finse di non esserne minimamente toccata e con apparente calma si avvicinò all’estremità del letto, iniziando a controllare le sue condizioni.

“Bene, sembra che l’antidoto abbia quasi del tutto eliminato buona parte del veleno. Tra qualche ora la febbre dovrebbe essere sparita totalmente.” mormorò, ma non ottenne alcuna replica, così istintivamente spostò lo sguardo verso il viso dell’uomo, trovandolo ancora fisso a guardarla.

Felicity schiuse le labbra, riportando la sua postura in una posizione eretta e distogliendo allo stesso tempo lo sguardo.

La ragazza si allontanò dal letto, trafficando con alcune erbe nel tavolo tondo che stava a pochi passi, sempre sotto lo sguardo attento di Oliver, che sembrava non essere per nulla intenzionato a smettere di fissarla.

E poco importava che Felicity in quel momento gli stesse dando le spalle, lei sapeva che i suoi occhi erano ancora ancorati a lei. Lo sentiva.

“Chi siete in realtà?” domandò Oliver in modo diretto, dopo l’attimo d’imbarazzante silenzio che gli aveva colti e Felicity si voltò sorpresa.

“Cosa intendete?” domandò e Oliver finalmente la liberò dal suo sguardo, e guardando un punto indefinito davanti a lui rispose:

“Thomas mi ha detto il modo in cui vi siete sbarazzata del Conte. Una persona di villaggio qualsiasi non ci sarebbe mai riuscita. Una donna poi.. Non ha alcun senso.” mormorò, quasi non stesse parlando con lei, ma più esprimendo i suoi stessi pensieri ad alta voce.

“Perché sono una donna è così strano che abbia tenuto testa ad un pirata?” domandò lei, un amaro sorriso nella consapevolezza di aver già vissuto quella scena tantissime altre volte.

Poiché donna, tutto ciò che la gente si aspettava lei facesse erano le pulizie, rimanere incinta e preparare pranzo e cena per il proprio marito.

“Sarebbe stato strano anche se fosse stato un uomo.” replicò Oliver, voltandosi a guardarla e Felicity dischiuse le labbra a quell’inaspettata replica.

“Nessun uomo di villaggio oserebbe sfidare un pirata. Oserebbe sfidare me.”

Oliver pronunciò quelle parole con una convinzione disarmante e Felicity capì che quella era l’assoluta verità. Chiunque lo temeva e lo rispettava. Ma lei non era chiunque. Fin da quando era solo una bambina aveva imparato a sfidare le normali convenzioni sociali e questo l’aveva portata ad essere considerata più volte dalla gente del villaggio nei modi più assurdi.

Una pazza, una strega, una poco di buono. Felicity non era nulla di tutto ciò e poiché aveva capito quanto la mente delle persone fosse facilmente malleabile dai racconti che passavano di bocca in bocca, aveva imparato a non giudicare un libro dalla sua copertina. Per lei, affidarsi più al suo istinto che alle chiacchiere della gente, era una sorta di routine. Quello a cui non era abituata, era l’atteggiamento dell’uomo sdraiato su quel letto.

Nessuno mai, prima di quel momento, aveva giudicato le sue azioni indipendentemente dal suo sesso. Ma lui lo stava facendo.

“All’inizio credevo che voi foste semplicemente stupida e che non aveste alcun senso del pericolo..”

“Come prego?” si affrettò a replicare Felicity a quel sottinteso insulto che lui le aveva appena fatto.

Oliver però ignorò quella replica, mormorando: “ ..ma ho visto le vostre lacrime quando il Conte vi ha afferrata. Avete avuto paura.”

La rabbia per l’insulto precedente svanì in fretta e Felicity si ritrovò persa nello sguardo e nelle parole dell’uomo.

“E nonostante quella paura avete salvato me e la mia ciurma. Quindi, chi siete?” la domanda sembrò rimbombare nella mente della ragazza i cui occhi non riuscivano a staccarsi da quelli di Oliver, ma poco prima che lei rispondesse, la porta della stanza si aprì e quello strano momento che aveva catturato entrambi, venne interrotto dall’arrivo di gran parte dell’equipaggio.

“Capitano!” esclamò Curtis palesemente felice sistemandosi ai piedi del letto.

“Sembri esserti ripreso.” commentò Diggle e Oliver annuì, osservando poi il braccio di Floyd in una domanda silenziosa.

“Oh è solo un graffio. La micetta qui mi ha ricucito per benino. Potrebbe essere la prima volta che non mi resterà una cicatrice!” mormorò Floyd e Felicity alzò gli occhi al cielo per quel diminutivo con il quale il pirata aveva iniziato a chiamarla poche ore prima.

“Micetta?” ripeté in una domanda silenziosa Oliver e Floyd spiegò.

“Oh è il modo in cui ho deciso di chiamarla visto quanto accaduto con il Conte. Un adorabile gatta, che mostra le unghie al momento giusto.”

Thomas scosse lievemente il capo, nonostante il divertimento fosse palese sul suo viso.

“A proposito. Credevo che aveste detto che voi non decidete chi debba morire e chi no. Eppure non vi siete fatta problemi ad avvelenare il Conte.” commentò Tiger, fino a quel momento rimasto silenzioso.

“Non so di cosa voi stiate parlando.” replicò Felicity, facendo ordine sul tavolo su cui aveva preparato l’antidoto.

“Oh, ora fate finta di non sapere? L’avete avvelenato non potete negarlo. L’abbiamo visto tutti.” disse Floyd e Curtis annuì nel voler dare conferma di ciò.

Felicity sorrise, continuando a sbarazzare i vari ingredienti raccolti sul tavolo.

“A proposito, che veleno avete usato?” chiese John e la ragazza si voltò appena per posare lo sguardo verso l’uomo, prima di rispondere:

“H2O.”

Il sorriso di Felicity si allargò alla sorpresa che apparve sul volto del pirata.

“Wow, un nome terrificante per un veleno terrificante.” commentò Floyd, dimostrando di non avere la minima conoscenza scientifica.

“Ma non si puo’ avvelenare qualcuno con dell’acqua.” soppesò Curtis e Felicity annuì.

“Infatti io non ho avvelenato nessuno.”

Questa volta la sorpresa colpì i volti di tutti i presenti, nella realizzazione che Felicity non aveva solo preso in giro un pirata ma due intere ciurme!

“Stavate bluffando!?!!” disse incredulo Thomas e la giovane annuì.

“Non vado in giro con del veleno dentro la manica.” commentò, finendo di ordinare.

“Nessun odore e nessun colore. Acqua.” mormorò John divertito, ricordando le parole che lei aveva usato verso il Conte.

Felicity sorrise semplicemente in risposta, voltandosi tra i commenti divertiti e increduli dei pirati, verso il capitano della Green Arrow, che nonostante non avesse detto una parola a quella scoperta, la stava guardando con maggiore curiosità.

“Bluff o meno, ho salvato la vita del vostro equipaggio.” esordì lei, sotto lo sguardo attento di Oliver.

“Quindi secondo il codice di un pirata avete un debito nei miei confronti.” disse con certezza, aggiungendo un ulteriore enigma nella mente di Oliver. Come sapeva del tacito codice che un capitano doveva onorare? Quella domanda nella mente dell’uomo, era la stessa che si era formata nella mente di tutti i presenti e se anche Felicity poteva avvertire quel silenzioso interrogativo che i loro sguardi le stavano ponendo, gli ignorò,continuando:

 

“Vi chiedo di adempiere al vostro debito, riportandomi subito a casa. ”

Oliver la fissò a lungo e lei sostenne quello sguardo, entrambi apparentemente incuranti delle occhiate che stavano ricevendo dall’equipaggio. Infine Oliver sospirò,scuotendo il capo.

“Vi riporterò a casa sana e salva, ma non ora.” disse e il volto di Felicity si aprì in un’espressione puramente infastidita.

“Andate addirittura contro il codice di un pirata?! Incredibile!”

Oliver non rispose, spostando il suo sguardo lontano da lei.

“Potrei almeno sapere il motivo di questa fretta?” domandò in modo brusco

e Thomas fece per rispondere, ma venne fulminato da un’occhiata di Oliver.

“Non sono affari che vi riguardano.” mormorò con tono indifferente il capitano e il volto di Felicity divenne un maschera di pura rabbia.

“Non mi riguarda? Non mi riguarda!?” ripeté, il tono di voce sempre più alto.

“Certo che mi riguarda! Non avete potuto lasciare che il vostro culo riposasse sulla mia isola e così mi avete rapito! E sia voi che il vostro equipaggio continuate a ripetere che non avevate scelta, in una cantilena che non sembra aver fine!” sbraitò, ma Oliver non accennò minimamente a reagire.

“Qualsiasi sia il motivo per cui avete fretta è la ragione che vi ha spinto a rapirmi! Quindi è un mio dannato diritto saperlo!Volete che me ne stia buona su questa nave e che vi curi? Allora ditemi la dannata ragione per la quale non siete potuto semplicemente restare a farvi curare sulla mia isola!” ordinò, riprendendo rumorosamente fiato. La ciurma spostò lo sguardo verso Oliver, aspettando che lui rispondesse in qualche modo, ma ancora una volta restò in silenzio, per nulla intenzionato a replicare. Thomas pensò che quell’atteggiamento avrebbe portato a un ulteriore esplosione della ragazza, ma Felicity dopo attimi interminabili, per un misterioso motivo che nessuno dei presenti si sapeva spiegare, parve contenere la propria rabbia e rilasciando un sospiro scontento, mormorò.

“Ho bisogno di un po’ d’aria.”

Uscendo senza un’altra parola dalla stanza.

“Non avresti potuto semplicemente dirglielo?” domandò Thomas verso l’amico e Oliver senza guardarlo replicò.

“No. Quella ragazza.. c’è qualcosa di strano in lei. Le sue conoscenze riguardo ai pirati e il suo atteggiamento..” mormorò, perdendosi nelle sue stesse constatazioni.

“Non è una qualsiasi ragazza di villaggio.” decretò e nonostante i sospetti che albergavano nella sua mente, il suo cuore,non poté fare a meno di ricordare le lacrime che avevano bagnato il suo volto segnato dalla paura.

 

 

---

Era sul ponte. Proprio come gli altri gli avevano detto. In piedi, si sporgeva oltre il limite, gli occhi persi nell’orizzonte di un tramonto ormai quasi del tutto spento.

Sembrava rilassata. Nonostante il luogo e le persone con cui si trovava.

John Diggle pensò che Felicity Smoak era molto simile al suo primo amore. Lo stesso carattere forte. La stessa determinazione nello sfidare le convenzioni sociali. Lo stesso coraggio nell’affrontare i pirati.

Quel pensiero lo fece sorridere, poco prima di avvicinarsi alla figura della donna.

“Non siete venuta a mangiare. Così ho portato il cibo da voi.” disse, palesando in quel modo la sua presenza.

La ragazza guardò per un attimo il gigante davanti a lei e il cibo che le stava porgendo, ma scosse il capo dichiarando:

“Non ho fame.”

L’attimo dopo la sua pancia borbottò in segno di protesta e Diggle tranne una risata.

“Magari voi non ne avete, ma il vostro stomaco si.” suggerì, porgendo nuovamente la ciotola di riso e la ragazza lievemente imbarazza accettò, riempiendosi con voracità lo stomaco.

Diggle la guardò mangiare con gusto e sorrise apertamente dell’aria da bambina che stava mostrando in quel momento.

“Sapete, Oliver non ha avuto davvero scelta.” esordì, dopo averla guardata silenziosamente per un attimo e Felicity alzò gli occhi al cielo.

“Ho già sentito questa frase. Continuate a ripeterla tutti. Se qualcuno di voi iniziasse anche a dirmi il perché forse sarei più propensa a restare su questa nave per il tempo che ci vorrà.”

“Tra due giorni a partire da oggi un’altra isola su questa costa verrà distrutta.” replicò, l’espressione seria e lo sguardo perso nell’orizzonte.

Felicity ripose il cucchiaio nella ciotola che teneva nella mano, guardando sorpresa l’uomo.

“Abbiamo solo questi due giorni per scoprire quale isola sia e per fermare l’attacco.” continuò, mentre la ragazza al suo fianco elaborava le nuove informazioni ricevute.

Come aveva solo ipotizzato, Oliver non era il mostro che i giornali dipingevano, tutt’altro. Era intenzionato a fermare quegli attacchi. Ma c’erano ancora molte cose che Felicity non capiva. Domande a cui voleva assolutamente dare una risposta.

“Non sembrate sorpresa di sapere che non siamo noi i responsabili di quelle stragi, come i giornali lasciano intendere..” mormorò John e Felicity rialzò lo sguardo che si era perso nei suoi ragionamenti, per posarlo verso l’uomo.

“Perché avevo già ipotizzato che non ci foste voi dietro ad essi.”

Alla replica, il pirata alzò un sopracciglio e schiuse le labbra, studiando l’espressione seria della ragazza.

“Immagino sappiate chi c’è dietro questi attacchi e il fatto che lasci il vostro simbolo pirata in ogni isola, implica forse che l’attacco è rivolto a voi?” chiese lei e l’espressione sorpresa che John aveva tenuto fino a quel momento, svanì, per lasciare il posto ad un sorriso di ammirazione.

“Si, sappiamo chi c’è dietro e si. Questi attacchi sono una vendetta nei confronti di Oliver. Ecco perché non ha avuto scelta. Rimanere sulla vostra isola, avrebbe implicato la distruzione di un’altra e con essa dei suoi abitanti.”

“Non mi direte chi c’è dietro a gli attacchi, ne il motivo.. vero?” chiese lei e il sorriso di John si allargò.

“Ho tradito la fiducia del mio capitano abbastanza per oggi.” ironizzò e Felicity sbuffò, fintamente offesa.

“E posso almeno sapere cosa vi ha spinto a tradire questa preziosa fiducia?”
“Vi siete fatta avanti e mi avete salvato la vita questo pomeriggio, l’avete già dimenticato?”

“L’ho fatto perché voi avete rischiato la vostra per coprirmi.” replicò e il pirata rise.

“Vi ho coperto perché vi devo la vita del mio capitano. Proprio come ogni altro membro in questa ciurma.”

Lei sollevò gli occhi al cielo, l’espressione fintamente annoiata, mentre lo sguardo di John diveniva serio.

“è la verità.” mormorò e Felicity notò solo in quel momento il cambiamento sul suo viso.

“Vi dobbiamo la vita del nostro capitano e la nostra. So che siete stata costretta in questo viaggio, ma vi prometto che non lascerò vi accada nulla.”

Lei sorrise con dolcezza, alla promessa di protezione che l’uomo le aveva appena fatto e John ricambiò il sorriso, fino a quando i suoi occhi non vennero catturati dall’isola che finalmente si stava stagliando davanti a loro.

Felicity notando quello sguardo si voltò nuovamente verso il mare posando anch’ella i suoi occhi su di essa.

“Quella è l’isola in cui siamo diretti?” chiese e John al suo fianco annuì.

“Il suo nome è Gotham ed è conosciuta come..”

“..l’isola dei pirati.” terminò lei, con espressione affascinata in viso e l’uomo spostò nell’immediato la sua attenzione verso la giovane, ancora una volta sorpreso.

Come sapeva dell’esistenza di quell’isola?

Non era qualcosa che si poteva imparare leggendo. Solo i pirati e la marina, conoscevano quel luogo e per ovvie ragioni.

Gotham era l’unica isola abitata da pirati e gestita da pirati.

Un luogo in cui qualsiasi pirata poteva sostare e riposarsi dalle fatiche del viaggio o festeggiare qualche grande impresa. La marina stava ben alla larga da quel luogo e negava persino la sua esistenza. Questo era dovuto alle ingenti quantità di denaro che l’isola gli forniva, ma che certamente non avrebbero mai fatto sapere al resto del mondo.

Quindi come poteva saperlo lei?

John nell’osservare il volto della ragazza venir schiarito dai raggi di luna, si disse che il suo capitano aveva visto giusto.

Felicity Smoak, non era una qualsiasi ragazza di villaggio.

Tutto ora stava, nello scoprire chi davvero fosse.

 

 

 

 



spazio autrice.
Eccomi qua, anche questa domenica.
Prima di tutto vi ringrazio per le splendide recensioni che mi avete lasciato e mi dispiace non avervi potuto rispondere uno per uno, ma questa settimana è stata un cumulo d'impegni l'uno dopo l'altro. Quindi non ho davvero avuto modo di entrare e rispondere. Ma sono davvero felice di tutti i vostri commenti e spero che anche questo capitolo possa piacervi.
Mi scuso in anticipo se doveste trovare degli errori, ma non ho potuto ricontrollare il capitolo e in realtà sono sorpresa di essere riuscita semplicemente ad entrare sul web oggi per postarlo, visto la giornata folle che ho avuto. Ad ogni modo, problemi personali a parte, non vedo l'ora di leggere i vostri pareri su questo nuovo capitolo.
Avete già un idea del perché Felicity sappia tante cose sui pirati?? E chi c'è dietro a questi attacchi verso le isole?  Fatemi sapere cosa ne pensate.
Bacioni, alla prossima domenica :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Nonostante fosse conosciuta per essere il paradiso dei pirati, Gotham non era affatto un luogo dove potersi rilassare. L’apparente libertà che l’isola offriva, era coperta da una coltre nube di pericolo dovuta agli stessi fuorilegge che l’abitavano. Nulla era proibito sull’isola e le persone, avevano più di una maschera a coprire il loro vero volto.

Se ti distraevi o pensavi anche per un attimo di rilassarti, eri morto. Vittima di qualche nemico che colpiva nel tuo momento più vulnerabile. Ecco perché Oliver, a differenza della maggior parte dei pirati non amava sostare in quel luogo. Non era solo la marina a volere la sua testa.

Cacciatori di pirati e pirati stessi ambivano a toglierlo di mezzo, non solo per la ricompensa in denaro che avrebbero guadagnato, ma anche per il solo prestigio che avrebbe dato al loro nome, la sua dipartita.

E infatti, proprio in quello stesso istante qualcuno lo stava seguendo.

Oliver poteva avvertirlo senza neanche il bisogno di voltarsi e sapeva che Diggle, Thomas, Floyd e Tiger vicino a lui, avevano percepito la stessa sensazione. Ma non arrestarono la loro camminata per le strade scure di Gotham, ne si voltarono. Bensì continuarono con apparente calma fino a svoltare in un vicolo e quando il nemico li seguì fin la, in uno scatto Oliver lo inchiodò al muro, tenendo un coltello premuto sulla sua gola.

Ma la voce minacciosa che stava per adottare nel chiedergli che cosa volesse da loro si spense, nel riconoscere il volto celato dal cappuccio.

“Come diavolo avete fatto a scendere dalla nave?” domandò, lasciandola andare e abbassando il copricapo affinché anche Diggle, Thomas, Floyd e Tiger vedessero chi fosse.

“Felicity!?” disse Thomas, sorpreso quanto gli altri.

“Usando le gambe.” replicò ironica, incurante dell’occhiataccia che quella risposta causò.

“Intendo dire come avete fatto a lasciare le mie stanze e dove diavolo era Curtis!?”

“Non prendetevela con lui. Gli ho detto che avevo fame ed è gentilmente andato a prepararmi qualcosa da mangiare.”

“E avete usato quell’occasione per scappare.” dedusse Tiger, ottenendo un cenno di assenso da parte della ragazza.

“La porta era chiusa a chiave. Io stesso l’ho chiusa.” controbatté Oliver.

“L’ho aperta grazie alla spilla d’oro che avete nel comò.” rivelò e Oliver chiuse gli occhi sospirando per la centesima volta quel giorno.

Ora sapeva anche scassinare una porta? Si disse mentalmente, chiedendosi da chi fosse stata cresciuta quella strana ragazza.

“Non importa, vi avevo detto di restare a bordo!” disse Oliver, memore della discussione avuta prima di attraccare a Gotham e cercando di ignorare le numerose domande che aveva sulla giovane, tornate a galla dopo quell’ennesima scoperta.

“E io vi ho già detto che non sono un vostro sottoposto, ergo non prendo ordini da voi.”

L’espressione di Oliver divenne un misto di fastidio e incredulità verso la sfrontatezza di Felicity, a cui ancora non si era abituato.

Circa mezz’ora prima era stato perentorio sul fatto che lei non dovesse scendere dalla nave e nonostante tutte le sue proteste era riuscito a chiuderla nella sua stanza, lasciando a Curtis il compito di vigilare. Ora non solo scopriva che si era liberata della vigilanza di Curtis e che aveva scassinato la porta come il più abile dei ladri, ma gli aveva pure seguiti e non intendeva minimamente sottostare al suo volere.

“Maledizione donna! Questo non è un posto per voi!” esclamò e Thomas al suo fianco gli posò una mano nella spalla.

“Oliver abbassa la voce o attireremo dell’attenzione indesiderata.” gli ricordò e il fastidio del pirata crebbe.

“Tiger riaccompagnala sulla nave e assicurati..”

“Non ho alcuna intenzione di tornare sulla nave.” replicò nell’immediato lei, avvicinandosi istintivamente all’uomo.

“Invece ci tornerete se non volete che ve le suoni di santa ragione!”

minacciò Oliver guardandola in cagnesco. In un riflesso perfetto dell’espressione che Felicity aveva assunto in quel momento.

“Va bene, calmatevi entrambi.” mormorò John, intervenendo a sedare quella insolita lite. Insolita, almeno per il carattere di Oliver.

Era la prima volta che il suo capitano perdeva le staffe in quel modo e sopratutto che la sua corazza d’indifferenza veniva scalfita e cosparsa da un infantile fastidio.

“Oliver, ormai è qui. Mandarla indietro con Tiger ci farà perdere altro tempo. Lasciamola venire con noi.”

I due pirati si guardarono per lunghi istanti, in una conversazione silenziosa che Felicity osservò con attenzione. Infine Oliver chiuse gli occhi sospirando e annuì, prima di rivolgere la sua attenzione nuovamente verso di lei.

“Non parlare, tieni la testa bassa, non togliere il cappuccio e..” nel pronunciare quelle parole Oliver le sistemò automaticamente il copricapo, bloccando subito dopo i suoi occhi contro i propri.

“.. non allontanarti da me.”

Felicity sentì il suo cuore accelerare e provò nuovamente la stessa attrazione che aveva avvertito la prima volta in cui l’aveva visto.

Accennò un lieve consenso con il capo, non sicura che la sua voce sarebbe uscita fuori in quel frangente e senza altre esitazioni Oliver si voltò, dandole le spalle.

Quando ripresero a camminare, Felicity notò il modo in cui l’equipaggio si fosse schierato accerchiandola in un distinto segno di protezione e questo la fece sorridere, memore di un ricordo ormai lontano. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che dei pirati l’avevano accerchiata e protetta in quel modo? Decisamente troppo. A quel tempo era solo una bambina e sua madre non se n’era ancora andata. Il sorriso scomparve dalle sue labbra e la distrazione causata da quei pensieri la portò a sbattere contro la schiena di Oliver, che aveva arrestato i suoi passi.

L’uomo non si voltò neanche, nonostante l’avesse perfettamente sentita sbattere contro di lui, ma osservò semplicemente la situazione, prima di aprire l’angusta porta che stava a pochi passi ed entrare.

Felicity, seppur con qualche dubbio, lo seguì all’interno subito dopo e così il resto del gruppo.

Dopo che John le aveva rivelato i motivi della fretta che Oliver aveva ostentato per tutto quel tempo, la curiosità della ragazza su tutta la faccenda era cresciuta ancor di più. Chi stava compiendo quello stragi al solo scopo di ferire Oliver? E cosa aveva fatto Oliver per meritare tanto rancore? Una miriade di domande infittivano la misteriosa storia riguardante questa faccenda e Felicity, odiava i misteri. Ogni volta che ne aveva d’avanti uno, doveva assolutamente risolverlo. Ecco perché era scesa dalla nave e gli aveva seguiti sull’isola. Nonostante conoscesse bene i pericoli che Gotham celava. Ma invece di avere risposte, sembrava che stesse ottenendo più domande. Cosa era venuto a fare Oliver Queen in una taverna? E perché era entrato dal retro del locale invece che dalla porta principale?

La testa di Felicity era piena zeppa di quesiti, mentre a capo basso e da sotto il cappuccio, guardava con attenzione il vecchio luogo.

Era una stanza poco ampia,tutta in legno, con alcuni tavoli vuoti e una cucina vecchia e logora. Sull’angolo destro c’era una mensola piena di liquori impolverati e l’unica foto nella parete, ritraeva il volto di un vecchio uomo barbuto. Forse, il gestore del locale.

Felicity poteva sentire risa divertite di uomini e donne, provenienti da quella che doveva essere la sala principale. E seppe, senza neanche averle viste che nel salone avrebbe trovato anche delle scale, atte a portare gli ospiti ai piani superiori.

Conosceva bene quel genere di taverne dove gli uomini bevevano, giocavano e si lasciavano sedurre da variopinte donne. Ci era cresciuta in un luogo simile. Ecco perché era certa, di dove si trovavano. Quello di cui non era sicura, era il motivo del perché fossero là.

In che modo avrebbero potuto fermare un’altra strage venendo in quel luogo?

Felicity fece per palesare i suoi pensieri ad alta voce, ma un’altra femminile e seducente la precedette, facendo voltare il gruppo verso essa.

“Capitano, finalmente siete tornato.”

In piedi, con indosso un vestito succinto stava una donna dall’aria imbronciata. I lunghi capelli castani le ricadevano oltre le spalle e le labbra macchiate di un forte color rosso, contrastavano con la chiara carnagione della sua pelle.

La donna avanzò lenta e sicura verso Oliver fino a quando fu così vicina da fargli sentire il suo respiro e dopo, senza la minima esitazione poggiò la mano sul suo petto, in una carezza seduttiva.

“Vi sono mancata?” gli chiese languida e Felicity sentì una dolorosa fitta allo stomaco.

Oliver tuttavia non parve particolarmente colpito dall’intimità seduttiva che la donna gli stava mostrando e con il suo solito volto serioso bloccò la carezza, mormorando.

“Ho bisogno di parlare con Raisa.”

La donna parve annoiata da quella risposta e dal gesto deciso con cui Oliver aveva portato via la sua mano dal petto.

“La vecchia sta servendo dei clienti al momento.” informò, incrociando le braccia, movimento che espose ancor più i suoi seni nell’ampia scollatura. Felicity era certa che quell’azione non fosse casuale, ma voluta ad attirare l’attenzione dell’uomo che tuttavia, continuò a restare indifferente.

“Informala del mio arrivo.” ordinò Oliver e la donna lo guardò in modo gelido, mentre si voltava per avviarsi verso il salone grande ad eseguire quanto lui le aveva appena detto. Ma dopo qualche passo, Oliver afferrò il suo braccio e lei si voltò nuovamente a guardarlo.

“Isabel” la chiamò e questa volta, Felicity poté leggere una chiara soddisfazione nel viso della donna, ben presto sostituita da una smorfia di aperto fastidio alle parole seguenti dell’uomo.

“.. informala con discrezione. Non voglio che nessun altro sappia che siamo qui.”

Felicity non poté fare a meno di sorridere sotto il cappuccio, mentre la donna lasciava la stanza, ma coprì ben presto la sua ilarità e con voce decisa domandò.

“Potrei sapere cosa ci facciamo in una taverna?”

Oliver si voltò infastidito e per tutta risposta replicò.

“Hai appena infranto la prima regola che ti ho dato.”

“Non c’è nessuno oltre a voi, che male potrei fare nel parlare ora?”

Oliver guardò gli occhi sicuri della giovane che ancora una volta l’aveva tacitato con la sua parola e Thomas, nel silenzio creatosi intervenne, cercando di evitare che i due finissero per litigare di nuovo.

“Abbiamo bisogno di un’informazione e questo è l’unico luogo dove la possiamo ottenere.” spiegò e Felicity intuì che l’informazione che stavano cercando riguardava il dove sarebbe avvenuto il prossimo attacco.

“Capisco. E come mai non volete far sapere la vostra presenza?”

“Non vogliamo che qualcuno avvisi la marina.” rispose John e Oliver avvertì uno strano fastidio nel vedere come la ragazza stesse palesemente ignorando lui e rivolgendo la sua attenzione ai suoi uomini, che oltretutto, le rispondevano senza esitare.

“Credevo che la marina non potesse attraccare nell’isola di Gotham..?” affermò la ragazza, in una domanda implicita e Oliver, replicò parallelamente.

“Credevo che l’isola di Gotham fosse conosciuta solo dai pirati e la marina.”

Felicity portò nuovamente la sua attenzione verso l’uomo, lasciando ancora una volta che i loro occhi si scontrassero. Ma non diede alcuna risposta all’implicazione di quelle parole e l’entrata di Raisa, impedì a Oliver d’insistere sull’argomento.

“Siete in ritardo.” mormorò, una donna robusta dall’aria vissuta e l’espressione preoccupata.

“Speriamo non troppo in ritardo.” replicò Thomas, sorridendo e baciandole con affetto una guancia. Gesto che fece rilassare notevolmente gli zigomi della donna.

“Lui è ancora qui?” chiese Oliver, interrompendo quel momento e Raisa annuì rispondendo:

“Si, ma qualsiasi cosa intendiate fare, fatela fuori da queste mura capitano.”

Felicity avvertì l’aria farsi più tesa e il volto di Oliver divenire di marmo.

“Non possiamo. Ci serve che una delle tue ragazze..” iniziò, ma immediatamente la donna lo interruppe.

“Non metterò in pericolo nessuna di loro..”

Gli occhi di Raisa erano intrisi di una determinazione irremovibile che Felicity aveva già visto nel volto della vecchia Zatanna tanto tempo fa e la giovane seppe che la donna con cui stavano parlando, non era una semplice meretrice, era il fulcro. Il centro. Quelle erano le sue ragazze, facevano parte della sua famiglia.

“L’ho trattenuto come mi avevate chiesto, ma non farò di più.” avvertì la donna e la mascella del pirata si mosse in uno scatto infastidito.

“Raisa, abbiamo bisogno dell’informazione con cui l’uomo viaggia altrimenti sai bene quali saranno le conseguenze..” provò Thomas, ma la donna interruppe anche lui.

“Allora prendetela da soli! Siete abbastanza robusti da recuperarla senza l’aiuto di una donna no?”

“Se potessimo prenderlo semplicemente a calci l’avremmo già fatto.” commentò Floyd e John mormorò subito dopo.

“Abbiamo bisogno che qualcuno prenda la lettera che porta con se, legga il contenuto e la rimetta a posto senza che lui se ne accorga. Ecco perché non possiamo semplicemente prenderlo a calci.”

Felicity si ritrovò a soppesare la questione e capì, cosa gli uomini intendessero. Avevano bisogno di scoprire il luogo del prossimo attacco, ma se i nemici avessero scoperto che loro sapevano, quell’informazione sarebbe stata inutile e il luogo, sarebbe stato semplicemente cambiato.

Ecco perché volevano servirsi di una delle cortigiane di Raisa. Chi meglio di una donna poteva frugare nei vestiti di un uomo senza destare sospetto? Nonostante capisse e trovasse lei stessa il piano una brillante trovata, Felicity era sicura che la risposta della donna, avrebbe continuato ad essere no.

“E se dovesse scoprire la mia ragazza? Cosa accadrebbe in quel caso? Ci avete pensato!?” replicò Raisa, tacitando i quattro uomini e portando la stanza nel silenzio più totale. Almeno fino a quando la voce di Isabel non lo infranse.

“Lo farò io.” disse, camminando sicura verso i presenti nella stanza e informandoli così di aver origliato l’intera conversazione.

Oliver chiuse gli occhi, portandosi una mano ad accarezzarsi la fronte infastidito dalla piega che la situazione stava prendendo.

“Assolutamente no.” ribatté Raisa e Isabel sbuffò alzando gli occhi al cielo.

“Oh andiamo vecchia, sapete perfettamente che posso far calare le braghe a qualsiasi uomo. Ditemi chi è il bersaglio e vi porterò l’informazione che cercate.” mormorò sicura e Thomas sorrise, voltandosi in direzione del suo capitano per avere l’approvazione verso quell’idea.

“Non farai nulla di tutto ciò Isabel a meno che tu non voglia finire per la strada!” minacciò Raisa e il volto della donna iniziò a colorarsi di un rosso acceso. Felicity pensò che sarebbe certamente esplosa in una serie di epiteti ben poco carini, ma invece si limitò a zittirsi, spostando addirittura lo sguardo furioso da quello di Raisa, la quale, per nulla sorpresa, rivolse subito dopo la sua attenzione verso Oliver.

“Trova un altro modo.” gli disse e il volto spazientito del pirata, ricambiò lo sguardo della donna replicando.

“Non c’è nessun altro modo.”

Felicity guardò silenziosa la scena per qualche momento, prima di palesare la sua presenza con assoluta disinvoltura, mormorando.

“Lo farò io.”

Tiger e Diggle, davanti a lei si voltarono sorpresi a guardarla e così anche i volti di Floyd, Thomas, Oliver e delle due donne che finalmente si accorsero della sua presenza. Felicity fece ricadere il cappuccio sulle sue spalle senza alcuna esitazione.

“Una donna?!” esclamò in una domanda intrisa d’incredulità Isabel, spezzando il silenzio che quell’inaspettata comparsa aveva causato.

“Sbaglio o ti avevo detto di tenere il cappuccio indosso e di non parlare?!” disse Oliver subito dopo, senza però ottenere nessuna concreata risposta.

“Vi serve leggere la lettera in cui c’è scritto dove avverrà il prossimo attacco vero? Posso trovarla io.” affermò avanzando verso Oliver, il quale cercò di nascondere la sorpresa dovuta alle sue parole, mentre la guardava fermamente negli occhi. Come sapeva qual’era il suo scopo?

“Non sapevo che prendessi anche donne nella tua ciurma.” commentò Raisa, spostando lo sguardo nuovamente verso il pirata.

“Lei non fa parte della mia ciurma e non sarebbe neanche dovuta scendere dalla nave!” replicò, dirigendo le ultime parole più a Felicity che a Raisa.

“A dirla tutta non sarei neanche dovuta salire sulla vostra nave. Siete voi ad avermi rapito.” replicò la ragazza, ricambiando l’occhiata truce di Oliver.

“L’hai rapita? “ domandò del tutto sorpresa Raisa.

“No. Non l’ho rapita.” si affrettò a rispondere l’uomo e un verso incredulo uscì dalle labbra di Felicity, poco prima che la giovane mormorasse ironica.

“E come lo chiamate far perdere i sensi a qualcuno e portarlo sulla vostra nave senza curarsi della sua volontà?”

Oliver boccheggiò, incapace di trovare una risposta e allo sguardo ancor più sorpreso di Raisa replicò:

“Non ho avuto scelta ed è comunque una cosa temporanea.”

Felicity sollevò gli occhi al cielo a quelle parole che aveva già sentito più e più volte.

“Oh certo, questo sicuramente non lo rende un rapimento.”

Ancora una volta l’ironia sfrontata della giovane lo lasciò senza parole, mentre Raisa al suo fianco guardava l’uomo solitamente calmo e indifferente, ardere di fastidio e incredulità, verso quella giovane e innocente donna.

“Dite che Oliver vi ha rapito, ma vi offrite di aiutarlo. Siete sicuramente un mistero bambina.” s’intromise Raisa, rivolgendo per la prima volta la parola a Felicity, la quale spostando lo sguardo verso la donna rispose:

“Non lo faccio per aiutare lui. Voglio solo evitare che un altro villaggio venga raso al suolo.”

La donna guardò con i suoi occhi vissuti Felicity, leggendo la sincerità pura di quanto aveva appena detto e inconsapevolmente sorrise.

“Capisco. Ma per quanto voi vogliate aiutare, permettetemi di sconsigliarvelo. Non penso sarebbe una cosa saggia e a dirla tutta, non credo che potreste riuscirci.” commentò e Felicity schiuse le labbra sorpresa.

“Perché mai?” domandò, ma non fu Raisa a risponderle, fu Isabel.

La donna aveva seguito tutta la scena con attenzione spasmodica, irritata fin da subito dalla sua apparizione e ancor più dallo scoprire che Oliver stesso l’avesse rapita e portata sulla sua nave.

“Ti sei vista?” domandò, il tono acido, le braccia conserte e l’espressione giudicante che esaminò l’aspetto di Felicity da testa a piedi.

“Non riusciresti a sedurre un uomo, neanche se questo fosse cieco.” ironizzò maligna, con un sorriso soddisfatto a incorniciarle il volto.

E Felicity, ignorando il modo petulante con cui la donna si era espressa, dandole addirittura del tu, soppesò quanto avesse detto, capendo in pochi istanti a cosa alludesse.

Felicity portava i capelli raccolti in una crocchia tesa, con qualche ciuffo ribelle che sfuggiva ai lati. Il mantello, copriva interamente la sua figura, senza mostrare nessuna forma del suo corpo e la ragazza sapeva che anche se non avesse avuto il mantello, i suoi abiti non sarebbero mai stati così rivelatori come quelli delle due donne che aveva d’avanti. Certamente, il suo aspetto da vecchia signora non avrebbe attirato l’attenzione di nessun uomo.

“Per questo capitano, avete bisogno di me.” continuò Isabel, avvicinandosi seduttiva all’uomo proprio come poco prima e accarezzando il suo petto.

Raisa sollevò gli occhi al cielo, per l’impudenza di quella che era la più giovane tra le sue ragazze e ancora una volta mormorò.

“Ti ho già detto che non lo farai.”

Isabel fece per protestare, ma le sue parole morirono alla voce incredula di Thomas.

“Felicity! Cosa?!Cosa state facendo?!”

La donna si voltò, rivolgendo la sua attenzione verso la ragazza, proprio come il resto dei presenti. Ma l’iniziale irritazione di Isabel, venne subito sostituita da un enorme incredulità dovuta all’azione di Felicity.

La giovane, dopo aver capito il significato delle parole di Isabel, aveva sciolto con disinvoltura il nodo del mantello che era scivolato verso il pavimento, raggruppandosi ai suoi piedi. Il gesto aveva attirato l’attenzione di Thomas, ma la sorpresa nel suo volto e l’incredulità nel tono, si erano manifestate solo quando Felicity aveva iniziato a slacciare gli stretti lacci del corpetto posizionati all’altezza del seno.

Quel gesto e la domanda incredula di Thomas, avevano attirato l’attenzione di tutti su di lei, la quale dopo aver allargato abbastanza la sua veste al fine di rendere più ampia la sua scollatura, si era sciolta i lunghi capelli biondi, che erano ricaduti sulle sue spalle in una ribelle cascata di ricci.

“Va meglio ora?” domandò lei, sotto lo sguardo incredulo dei presenti.

Isabel chiuse la bocca che pochi istanti prima aveva aperto con sorpresa e con una punta di rabbia nella voce, rispose:

“Credi che basti solo slacciare la veste o sciogliere i capelli? Tutto il tuo corpo deve essere un invito seduttivo e certamente non è una cosa che si puo’ imparare in pochi attimi.”

Oliver pensò mentalmente che Isabel avesse ragione. Le donne di taverna avevano un modo tutto particolare per attirare l’attenzione di un uomo, che non dipendeva solo da quanto abbondante fosse la scollatura del loro vestito. Era qualcosa nel modo di camminare, nella loro risata o nelle promesse di piacere che il loro sguardo prometteva. Qualcosa che non si poteva improvvisare dall’oggi al domani. E proprio perché era certo di ciò, non poté celare neanche in minima parte la sua sorpresa, quando Felicity diede prova d’esserne in grado.

Lei lo guardò languida, camminando lentamente ma con passo sicuro fino a lui, senza mai neanche per un attimo perdere i suoi occhi e quando fu ad un soffio dal pirata, afferrò con dolcezza il suo braccio, premendosi contro esso affinché Oliver potesse sentire chiaramente i suoi seni.

L’uomo smise inconsciamente di respirare, seguendo attentamente il volto della ragazza inclinarsi lievemente su di un lato.

“Permettetemi di aiutarvi, capitano.” sussurrò quasi, in un eco seduttivo che si espanse per la stanza.

L’uomo di ghiaccio, sul cui volto non compariva mai cosa stesse davvero provando, in quel momento non riusciva a celare l’assoluto desiderio che l’aveva invaso e allo stesso tempo, si sentiva pietrificato. Incapace di compiere qualunque azione.

A destarlo da quel turbinio di sensazioni ci pensò il fischio ammirato di Floyd e il suo seguente commento.

“Micetta sei assunta.”

Tiger annuì, concorde con il compagno d’equipaggio, ma Oliver scosse il capo togliendo il braccio dalla presa della ragazza e replicando.

“No, non puo’ farlo.”

Felicity lo guardò stranita e non esitò neanche per un attimo a domandargli il motivo di quell’affermazione.

“Perché non si tratta di sedurre semplicemente un uomo. Si tratta di rotolarvi tra le lenzuola con lui.” rispose Oliver, guardando intensamente Felicity, la quale arrossì distogliendo lo sguardo.

“Una cosa che una verginella come te non è certamente in grado di fare.” s’intromise Isabel, soddisfatta nel vedere l’espressione imbarazzata della ragazza.

“Avevo già pensato a questo e non c’è affatto bisogno che io, si insomma.. che io faccia quello per riuscire a prendergli la lettera.”

Il volto di Isabel venne nuovamente distorto da una smorfia di fastidio, mentre le chiedeva ironica.

“E come pensi di leggere la lettera senza che lui se ne accorga?”

“Con questo.” mormorò, estraendo dal suo vestito alcuni fiori bianchi con sfumature accennate di rosa.

“Fiori?” chiese perplesso Floyd.

“Valeriana.” rispose sicura Raisa e Felicity alzò lo sguardo verso quello della donna, annuendo.

“La radice di questa pianta, nella giusta quantità puo’ far addormentare anche un cavallo. Basterà metterla nel vino e l’uomo si addormenterà pesantemente.” spiegò Felicity, sotto lo sguardo ammirato dei quattro pirati che l’avevano circondata per vedere la pianta.

“è vero. L’ho usata spesso in passato.” mormorò Raisa, guardando con più attenzione la giovane donna che il capitano della Green Arrow aveva portato con se. Non era da tutte, conoscere le proprietà di questa particolare pianta, ne tanto meno, portarla nella manica dei vestiti.

“E quando si risveglierà, ricorderà forse di..?” iniziò Oliver, ma Felicity scosse il capo.

“Non ricorderà nulla e se al suo risveglio sarà nudo nel letto, penserà semplicemente di aver passato una piacevole notte.”

Oliver schiuse le labbra e annuì, voltandosi poi verso Raisa.

“Se fosse questo il piano vi andrebbe bene lasciare che sia Isabel ad occuparsene?” domandò il pirata e Felicity schiuse le labbra sorpresa, mentre la brunetta sorrideva soddisfatta.

Raisa questa volta annuì.

“Si, in questo caso non rischierebbe di farsi scoprire.”

“Aspettate, perché non posso farlo io?” s’intromise Felicity e Oliver riportò la sua attenzione verso la ragazza.

“Preferisco non correre rischi.” commentò, aumentando la soddisfazione di Isabel,mentre Felicity strinse le labbra per nulla felice di quella risposta.

“Oh certo, credete che possa rovinare il vostro piano.”

Oliver non rispose, limitandosi a prendere la pianta nelle mani della ragazza e a passarla a Raisa.

“Potete occuparvene voi?” la donna annuì, iniziando a preparare una brocca di vino rosso sul quale mettere il succo della pianta.

E quando ebbe finito, Isobel prese la brocca, dirigendosi nel salone verso la sua preda e Raisa la seguì, tenendo la situazione sotto controllo con discrezione.

Mentre i cinque pirati restarono nella stanza del retro insieme a Felicity, aspettando silenziosi e internamente agitati notizie dalle due donne, le quali, tornarono prima del previsto.

“Cos’è successo?” domandò Oliver e Isabel scosse il capo.

“Ha preso il vino, ma non ha voluto me.” rispose e gli uomini si guardarono straniti tra di loro.

“Cosa vorresti dire?”
“Voglio dire che quello zotico mi ha cacciata via come se avessi la peste.” disse furiosa Isabel e Raisa annuì, commentando.

“Non penso che voglia compagnia questa notte, ma la cosa peggiore è che ha preso quel vino e se stramazzasse al suolo davanti a gli altri clienti succederebbe un vero caos!” esclamò la donna agitata.

E Oliver chiuse gli occhi imprecando mentalmente per quella situazione.

“Va bene, non potreste semplicemente portargli via il vino?” domandò Thomas e Raisa scosse il capo.

“Si è riempito un bicchiere non appena Isabel l’ha portato, sarebbe inutile.” rispose Raisa, venendo seguita subito dopo dalla domanda di Diggle.

“Basta un solo bicchiere perché quella pianta abbia effetto?”

La donna alzò le spalle, facendo intendere di non conoscere la risposta e allora Oliver si voltò mormorando il nome di Felicity affinché lei potesse rispondere al quesito, ma il punto nel quale sarebbe dovuta essere era vuoto.

“Dov’è Felicity?” domandò e il resto dei presenti iniziò a guardarsi intorno, senza scorgere alcuna traccia della ragazza, il che portò Oliver a realizzare dove lei fosse.

“Merda!” imprecò, guardando Raisa, la quale arrivò alla stessa conclusione del pirata e senza bisogno di nessun ordine si fiondò nella sala giusto in tempo per vederla fermarsi in prossimità dell’uomo. Raisa si morse il labbro inferiore con agitazione, sperando che il pirata la mandasse semplicemente via, affinché lei potesse riportarla nella stanza sul retro senza dare troppo nell’occhio, ma ciò non accadde.

La donna guardò stranita Felicity sparecchiare il tavolo dell’uomo, senza minimamente accennare alcun tipo di approccio seduttivo verso di lui e si chiese cosa stesse tentando di fare. Poco dopo, l’uomo afferrò il braccio della ragazza, dicendole qualcosa che Raisa non riuscì a sentire e Felicity mise nuovamente i piatti nel tavolino davanti a loro, sedendosi accanto al pirata, sotto lo sguardo stupefatto della donna.

Stupore che aumentò a dismisura quando poco dopo la ragazza si alzò tenendo per mano l’uomo e conducendolo verso le scale per accedere ai piani superiori.

Era riuscita a ottenere l’interesse dell’uomo e Raisa notò come il suo atteggiamento mentre saliva con lui le scale non sembrava per nulla innaturale. Bensì appariva come un’azione abitudinaria.

Catturata da questo pensiero, si affrettò a tornare nella stanza sul retro.

“Lei dov’è!?” domandò Oliver, non appena vide la donna, fermando l’agiata camminata che aveva iniziato non appena Raisa era uscita dalla stanza.

“Ai piani superiori, insieme al pirata.”

“Come!?” Oliver spalancò gli occhi, mentre Thomas e Diggle si guardarono a vicenda sorpresi.

“A quanto pare la micetta c’è riuscita.” commentò Floyd, sorridendo insieme a Tiger, poco incuranti dell’irritazione che quella notizia aveva causato in Isabel.

“Si, c’è l’ha fatta.” commentò Raisa, osservando con curiosità come Oliver non sembrasse affatto felice o sollevato da quella notizia.

“Capitano, potreste spiegarmi chi è esattamente quella ragazza?” domandò la donna e Oliver mentalmente si disse che anche lui avrebbe voluto conoscere quella risposta, ma non disse nulla, lasciando che fosse Thomas a spiegare.

“Una semplice ragazza di un villaggio a sud di qua.”

“Perché lo chiedete?” replicò Oliver e Raisa soppesò i suoi pensieri prima di rispondere.

“Perché sembra una donna di taverna, ma è chiaro che non lo sia visto il modo in cui è arrossita quando avete parlato di sesso poco fa.”

Oliver non replicò, spostando lo sguardo verso Diggle in un silenzioso e breve scambio d’opinione che venne interrotto dall’entrata improvvisa e inaspettata di Curtis.

“Curtis!? Perché sei sceso dalla nave?” chiese Oliver e quello, affannando a causa della chiara corsa che aveva appena compiuto per arrivare fin là rispose.

“Ho due brutte notizie. La prima.. Felicity è scesa dalla nave e non sono riuscito a trovarla!Ho provato in tutti i modi ma l’isola è grande e non..”

“Lo sappiamo, è con noi.” replicò Diggle, interrompendolo e Curtis guardò i suoi compagni sorpreso.

“Con voi? Ma come..? cioè..quando?”

“Non importa, qual’è la seconda brutta notizia?” domandò il capitano della Green Arrow, cercando di far ritrovare il punto del discorso al suo sottoposto.

“Ah già. Adrian ha avvistato due navi della marina che si dirigono sull’isola. Attraccheranno tra venti minuti al massimo.”

Thomas guardò Oliver il cui volto si era trasformato in una maschera di rabbia nervosa.

“Dite che ci hanno scoperti?” domandò Tiger, ma John scosse il capo.

“No, avrebbero mandato più navi. Probabilmente sono qua per loro affari, ma questo non significa che non intraprenderanno uno scontro se scopriranno la nostra presenza.” commentò Diggle e Floyd annuì.

“Tornate alla nave e preparatela per salpare.” ordinò Oliver, afferrando il mantello che Felicity aveva lasciato nella stanza poco prima.

“E riguardo a Felicity e l’informazione?” domandò Thomas.

“Me ne occupo io.” rispose, voltandosi poi verso Raisa, mentre i suoi uomini, coprendo nuovamente i loro volti con i cappucci, uscirono per le strade di Gotham, eseguendo gli ordini ricevuti.

“Ho bisogno di raggiungere i piani superiori senza dare nell’occhio.” affermò il pirata verso Raisa.

“Metti il cappuccio, abbassa la testa e segui Isabel per le scale. In questo modo sembrerai un semplice cliente.”

Oliver annuì e al cenno di Raisa, Isabel si affrettò a scortare l’uomo per la sala.

Fortunatamente, nessuno parve fare particolare caso ai due, complice tutto il vino che i pirati nella sala avevano consumato e così arrivarono ai piani superiori senza problemi.

“Dov’è?”

“Non lo so, sarà in una delle stanze.” rispose Isabel e Oliver alzò gli occhi al cielo, pensando che qualche divinità doveva avercela per forza con lui per causargli un problema dopo l’altro. Era già pronto ad aprire ogni porta e controllare, quando un lamento sorpreso si levò da una delle stanza. Oliver non esitò neanche un attimo a camminare verso la porta dal quale era provenuto, spalancarla ed estrarre la spada, senza minimamente pensare al fatto che la sua copertura sarebbe saltata.

Ma non ebbe bisogno di usare alcuna violenza, ne di far saltare la sua copertura, perché quando aprì la stanza, vide che gli effetti della valeriana avevano agito sull’uomo tanto da farlo addormentare in piedi e che Felicity cercava di sorreggere il peso morto che la stava sovrastando.

Oliver rimise la spada nel fodero, afferrando l’uomo affinché non gravasse su Felicity e posandolo nel letto.

“Oh meno male che siete arrivato, altrimenti non..”
“Come diavolo vi è saltato in mente di fare tutto questo!?” esclamò Oliver e il sollievo di Felicity si trasformò in un cipiglio alterato.

“La vostra carta sicura non c’era riuscita, ecco perché l’ho fatto.” commentò, poco prima di sbattergli la lettera con il messaggio che l’uomo stava cercando nel petto.

Oliver l’afferrò e l’aprì, leggendo velocemente il contenuto. Dopodiché senza una parola o nessuna particolare espressione in viso, domandò:

“Dove teneva la lettera?”
“Nel taschino interno della giacca.” rispose Felicity e Oliver si affrettò a rimetterla dove la giovane aveva appena detto.

Subito dopo le afferrò il braccio trascinandola fuori dalla stanza.

“Aspettate dobbiamo togliergli i vestiti e infilarlo sotto le coperte!” protestò e Oliver si fermò, ma non per tornare indietro bensì per impartire quell’ordine ad Isabel.

“Come volete voi capitano.” rispose la donna e Oliver riprese a trascinare Felicity verso le scale, sotto lo sguardo per nulla contento di Isabel.

Riuscirono a ritornare senza ulteriori incidenti nel retro del locale, dove Raisa gli aspettava agitata.

“Ci siete riuscito?” domandò e Oliver annuì, lasciando andare il braccio di Felicity e sistemandole il mantello sulle spalle.

“Dove sono gli altri?” domandò Felicity legandosi il nastro del mantello nel collo.

“Sono tornati alla nave e dobbiamo sbrigarci a tornare anche noi.” rispose Oliver, avvicinandosi alla porta e aprendola abbastanza da controllare se la via fosse libera.

“Perché questa fretta?”
“La marina sta per attraccare sull’isola.” rispose Raisa, sistemandole con gesto materno il cappuccio in testa.

“Siete stati scoperti?” domandò subito con voce preoccupata rivolgendosi ad Oliver, ma il pirata non rispose, ancora intento a osservare discretamente l’uscita.

“No, ma è meglio che partiate prima che accada.” spiegò Raisa e Felicity annuì, avvicinandosi al pirata, che si voltò finalmente verso la giovane e guardandola con intensità ordinò:

“Questa volta non osate parlare, togliervi il cappuccio o allontanarvi da me.”

Felicity annuì e Oliver sperò che questa volta gli ubbidisse per davvero.

Infine guardò Raisa, salutandola con un cenno del capo, mentre Felicity sorrise alla donna, agitando la mano senza proferire parola. Subito dopo, i due uscirono dalla taverna, scomparendo dalla vista di Raisa tra le strade oscure di Gotham.


spazio autrice.
Sono sinceramente mortificata per questo ritardo nella pubblicazione di questo capitolo, ma non ho davvero avuto scelta.
Il mio pc si è beccato un virus, per cui l'ho dovuto portare ad aggiustare e nonostante il mio amico sia riuscito a salvarmelo e a eliminare il virus, ha dovuto eliminare anche molte delle cartelle che il virus aveva attacato. Tra cui quella che conteneva tutti i miei file scritti e quindi questa storia. Ora perciò devo riscrivere i capitoli che avevo in precedenza scritto ed è per questo, che ho avuto solo oggi la possibilità di pubblicare il 3. Avendolo appena finito di scrivere.
Spero che nonostante questo ritardo, sia valsa la pena aspettare questo nuovo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate in negativo o positivo lasciando una recensione. E non perdetevi il prossimo capitolo dove accadranno davvero tante cose! A presto!

curiosità:
Raisa è il personaggio che troviamo nel pilot del primo episodio di Arrow e che fa la cameriera in casa Queen.
Adrian, l'altro membro della ciurma citato in questo capitolo, non è altri che Adrian Chase  il nuovo personaggio che vedremo nella quinta stagione di Arrow!

ps: Ho deciso di aggiornare la storia ogni Lunedì. Poiché di domenica mi stanno chiamando quasi sempre a lavoro e finirei comunque per postare il capitolo la sera tardi.


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

L’aria gelida le stava congelando il viso, mentre tentava di seguire il passo frettoloso di Oliver Queen tra le strade di Gotham e le pochissime luci ancora accese, non erano certamente di grande aiuto contro l’enorme oscurità che limitava la visuale.

“Sapete,credevo che la marina non potesse arrestare i pirati a Gotham.” mormorò lei, interrompendo il silenzio tra loro verso quel quesito che la stava tormentando da prima.

Nei suoi ricordi di bambina, Anatoly diceva sempre che Gotham era l’unico luogo in cui pirati e marina non ingaggiavano alcuna lotta. Una sorta di punto neutro. Ecco perché non si spiegava la situazione frettolosa in cui si trovavano al momento.

“E io credevo di avervi detto di non fiatare.” replicò Oliver, gli occhi ben attenti che scrutavano nell’ombra.

“Lo so, ma volevo solo sapere come funziona esattamente.” continuò Felicity imperterrita. Oliver non rispose, ma lei non si fece scoraggiare dal suo silenzio.

“Questa non è una sorta di zona neutrale? Quindi perché fuggire? Non trovo che abbia molto senso..”

“Zitta.” ordinò Oliver, bloccandosi all’improvviso e Felicity assunse un cipiglio scocciato verso quel comando.

“Vi ho già detto che non sono uno dei..” ma la frase della ragazza venne interrotta dalla mano di Oliver che tacitò la sua bocca e allo stesso tempo, il pirata la spinse verso un vicolo completamente buio, bloccandola tra un muro di pietra e il suo corpo.

La prima reazione di Felicity fu quella di protesta, ma lui la guardò fermamente, mimando con un dito il gesto del silenzio e lei, seppur confusa annuì. Oliver tolse la sua mano dalla bocca della giovane, voltando lievemente il capo verso la strada e Felicity, ubbidendo alla sua richiesta di silenzio fece lo stesso, nel tentativo di capire cosa stesse accadendo.

Ad un primo acchito non notò nulla. Solo una fitta oscurità interrotta da alcune luci dall’altro lato della strada, ma poco dopo il rumore di passi la portò a guardare con più attenzione e allora, i suoi occhi videro numerosi uomini con indosso la divisa della marina militare, camminare proprio nella strada in cui pochi istanti prima camminavano lei e Oliver.

Sorpresa, si chiese come lui fosse riuscito a prevedere il loro passaggio, nonostante tutta l’oscurità che infestava il luogo. Ma quei pensieri sfumarono, quando Oliver la schiacciò ancor più contro il muro, impedendole la visuale. In quel momento Felicity posò nuovamente il suo sguardo sul pirata, rendendosi finalmente conto della loro vicinanza e il suo cuore, iniziò ad accelerare per un motivo ben diverso dalla paura d’essere scoperti.

Poteva sentire il suo corpo contro il proprio e un calore indefinito espandersi per tutto il suo essere. Deglutì, mentre nella sua testa si formavano una miriade di quesiti tutti atti a voler capire perché l’uomo le facesse un così tale effetto. Non era certamente il primo uomo affascinante che Felicity conosceva, quindi perché il suo cuore continuava a palpitare in quel modo assurdo e le sue guance scottavano d’imbarazzo?

Oliver dall’altro canto, non si era minimamente accorto dell’effetto che stava avendo sulla ragazza, concentrato com’era nel nascondere la loro presenza alla marina. Solo quando finalmente gli uomini sparirono in lontananza e il pericolo fu passato, divenne consapevole della loro vicinanza.

Gli bastò voltarsi verso di lei, sfiorando il suo naso con il proprio e immediatamente, il sospiro di sollievo che stava per rilasciare si bloccò contro la sua gola e ogni suo muscolo si tese nuovamente agitato.

Oliver si specchiò nel riflesso sorpreso degli occhi di Felicity, in un istante che ebbe il sapore di una vita intera.

A quel leggero e inaspettato contatto lei schiuse le labbra, e automaticamente Oliver lasciò cadere i suoi occhi su esse, trattenendo inconsciamente il respiro.

“Normalmente la marina non intraprende scontri verso i pirati che sostano a Gotham, ma la mia ciurma ed io, siamo un eccezione.” sussurrò con voce roca, in risposta a tutte le domande che lei aveva posto poco prima e interrompendo la strana elettricità che si era creata tra loro.

“Visto tutte le isole che sono andate distrutte a nostro nome, non c’è alcuna zona neutrale per noi.” mormorò, imprimendo quelle parole nel suo sguardo. Felicity deglutì silenziosamente e con il cuore ancora in tumulto replicò:

“Ma se voi diceste la verità, riguardo a chi ha davvero causato quelle morti..”

A quelle parole, il sospetto su chi Felicity fosse davvero, ritornò. Ma ancora una volta dovette rimandare tutte le domande che aveva verso di lei, per dare la precedenza al loro ritorno sulla nave.

“A che serve dire la verità se non c’è nessuno che ci crede.” disse fermamente, concludendo così la conversazione e riprendendo il cammino.

 

 

Il resto del viaggio lo trascorsero nel più completo silenzio, ognuno perso nei propri differenti pensieri e quando finalmente giunsero a bordo, Felicity tornò senza una parola nella stanza del capitano, mentre quest’ultimo comunicò la loro prossima destinazione, prima di seguirla nella cabina.

Quando furono nuovamente soli, entrambi poterono sentire una strana elettricità invadere l’aria e il silenzio persistente che ancora regnava tra loro, rendeva l’atmosfera ancor più carica d’attesa.

Fu Felicity la prima a rompere quello strano momento, mormorando:

“Sarà meglio che ti visiti, così posso iniziare a preparare la terza dose di antidoto.”

Oliver non rispose, limitandosi a sedersi sul letto e Felicity lo prese come un assenso, affrettandosi a cercare tra le sue cose che lui aveva portato nella nave una siringa sterile.

Si avvicinò poi senza alcuna esitazione verso l’uomo, controllando il battito e prelevando un po’ del suo sangue.

Nonostante sembrasse compiere ogni azione con una tranquillità assoluta, dentro di se la ragazza stava combattendo una battaglia contro la sua agitazione. Non si trattava solo della strana atmosfera che era calata o del silenzio che continuava a presentarsi tra loro, ma anche degli occhi di lui che continuavano a seguirla mossa dopo mossa, senza minimamente accennare a smettere.

Felicity era abituata ad essere osservata a lungo. Ogni volta che camminava per le strade del suo villaggio, non c’era persona che non si voltasse a guardarla nei più variopinti modi. Così aveva sviluppato non solo una sorta di sesto senso, ma anche un indifferente calma verso chiunque. Ora però, quella calma stava venendo meno.

Lo sguardo di Oliver provocava in lei una sensazione diversa. Qualcosa che mandava in confusione il suo intero essere e la riempiva di una sorta di rabbia frustrata.

Ecco perché quando iniziò a preparare l’antidoto, nel silenzio della stanza pervasa dalla costante sensazione che i suoi occhi la stessero osservando, sbottò indispettita.

“Adesso basta! Ditemi cosa volete!” ordinò, voltandosi nuovamente verso di lui, con un cipiglio severo in volto.

Oliver non mosse un solo muscolo, limitandosi a guardarla con espressione indecifrabile in volto.

“Non sopporto che continuiate a stare là a fissarmi, quindi a meno che non abbiate qualcosa da dirmi, uscite dalla stanza.”

Il capitano della Green Arrow alzò un solo sopracciglio verso quella richiesta che mai avrebbe pensato di sentire nella sua vita.

Una donna che cacciava un pirata dalla sua stessa cabina privata?

Il mondo si stava forse capovolgendo? Si chiese, alzandosi dal letto e camminando verso di lei senza una parola.

“Sono seria, se avete qualcosa..” riprese a dire lei, l’espressione non più così sicura, mentre passo dopo passo lui annullava la distanza tra loro.

Oliver poggiò le mani nel tavolo alle spalle di lei, intrappolandola per la seconda volta in quella giornata.

E senza staccare neanche per una frazione di secondo lo sguardo dal suo, domandò:

“Chi sei veramente?”

L’espressione sorpresa e confusa, Felicity schiuse le labbra, cercando di non perdersi all’intensità del suo sguardo e mentalmente, pensò che era la seconda volta che le faceva quella strana domanda.

“Cosa intende?” replicò di rimando, con una sincera confusione in volto.

“Avete un’ampia conoscenza di noi pirati, dei nostri codici d’onore. Conoscete l’esistenza di Gotham e addirittura le sue leggi. Non sembravate per nulla a disagio nella taverna di Raisa...quindi chi siete in realtà?” riassunse, ma la confusione di Felicity restò immutata.

“Continuo a non capire..”

Oliver scrutò i suoi occhi a lungo, in cerca di una falla. In cerca del momento in cui si sarebbe tradita, ma la ragazza appariva come acqua cristallina. Genuinamente sorpresa e confusa, continuava a guardarlo. E il pirata allora, decise di giocare d’attacco.

“Vi manda Slade?” chiese, ma senza ottenere la reazione che avrebbe pensato.

Felicity continuò ad apparire confusa e quel nome, che Oliver pensava avrebbe distrutto quell’apparente maschera d’ingenuità, non sembrò causare nessun danno verso lei.

“Chi è Slade?” domandò, ma senza ottenere alcuna risposta.

“Sapevate che stavo cercando il luogo del prossimo attacco..per quanto ancora volete continuare questa recita?” la voce di Oliver apparve sicura e Felicity inclinò appena il capo sempre più confusa, subito dopo la sua mente si attivò rapida, arrivando a capire l’accusa del pirata.

“Aspettate.. Slade, è forse il nome dell’uomo che c’è dietro a questi attacchi?” chiese e Felicity poté vedere una scintilla di sorpresa nascere e sparire rapidamente negli occhi del pirata. Quella, le bastò come risposta.

“Quindi voi credete che io sia.. cosa? Una spia?”

La ragazza pronunciò quelle parole con voce incredula e anche ironica. Ma l’uomo non sembrava stesse scherzando affatto e Felicity, nel vedere le sue espressione seria non poté fare a meno di far fuoriuscire un verso di stizza dalle sue labbra.

“Oh certo, perché sono salita in questa nave di mia volontà.” commentò tagliente e la mascella di Oliver si mosse infastidita prima di rispondere:

“Avete detto di essere l’unica a potermi curare, dandomi un ultimatum per restare sull’isola se volevo sopravvivere. Se sapevate che avevo fretta, potreste aver calcolato che io vi avrei rapito e di conseguenza...”

Ad ogni parola gli occhi di Felicity si spalancarono sempre più, fino a quando la giovane senza neanche fargli terminare il suo discorso esclamò sconcertata.

“Oh Signore mio!Io non sono una spia! E non posso credere che stiamo anche solo affrontando un argomento simile.”

“Allora spiegatemi la vostra conoscenza della pirateria. Spiegatemi come sapevate che non c’ero io dietro gli attacchi.” disse e Felicity chiuse gli occhi sospirando stanca. Il peso del rapimento e dei pericoli corsi in quei pochi giorni, improvvisamente si fece sentire in un tutt’uno verso quell’inaspettata mancanza di fiducia.

Le sue parole non avrebbero dovuto ferirla, dopotutto era abituata alle persone che non credevano in lei. Eppure faceva male, dannatamente.

“Perché dovrei farlo?” chiese dopo un attimo di silenzio.

Le sue labbra si piegarono in un triste sorriso, mentre i suoi occhi ancora una volta si scontravano con l’oceano profondo di quelli di lui.

“L’avete detto voi stesso no? A che pro dire la verità se non c’è nessuno a crederci?”

La sorpresa colmò il suo viso accusatore e Oliver non ebbe tempo neanche di pensare a cosa ribattere, poiché il bussare di qualcuno alla porta interruppe la discussione.

Lui lasciò andare la presa sul tavolo, liberandola da quella sorta di prigione che aveva creato poco prima e lei rapida gli diede le spalle riprendendo a preparare l’antidoto.

“Avanti.”

La porta venne aperta da Jack, che entrò nella stanza insieme ad un vecchio carrello sul quale sopra stava la cena. Jack era il più giovane membro della ciurma e svolgeva il compito di mozzo del capitano. Nella ciurma era stato soprannominato Wild Dog, visto la sua natura selvaggia ma fedele.

“Adrian ha aggiunto anche quella per la ragazza.” mormorò e Oliver annuì senza pronunciare parola.

Il ragazzo conosceva il carattere del suo capitano, quindi non era sorpreso da quel mutismo. Si chiedeva solo come mai nella stanza aleggiasse quell’aria così tesa.

“Grazie.” mormorò Felicity, voltandosi e sorridendo con riconoscimento al pirata.

Il ragazzo sorrise di rimando, pensando che con tutto il tempo che passavano a navigare rischiando la vita nei più impensati modi, era davvero bello poter vedere il sorriso armonioso di una bella ragazza.

Ma quel pensiero, così come il sorriso sul suo viso, si spense nell’accorgersi dell’occhiata dura che il suo capitano gli stava rivolgendo. Jack chinò immediatamente il capo come uno scolaretto rimproverato, uscendo senza una parola e la stanza tornò nel silenzio più totale. Felicity sbarazzò il tavolo e mise i piatti con la cena sopra esso. Lasciò anche nel posto del pirata, la fiala contenente la dose d’antidoto che avrebbe dovuto prendere, ma non fiatò. E quel mutismo continuò anche durante il pasto, rendendo Oliver estremamente nervoso.

Nonostante solitamente preferisse il silenzio pacifico alla chiacchiera, in quel momento desiderava tanto che lei parlasse. Forse perché nel breve tempo in cui l’aveva conosciuta, aveva imparato che non fosse per nulla da lei, restare zitta. Ed era quindi consapevole, che quel mutismo era colpa sua.

Accusarla di essere una spia, dopo averla rapita come ringraziamento per averlo salvato, non era stata sicuramente una delle azioni più brillanti che l’uomo avesse compiuto. Ma cosa poteva farci? Sospettare di chiunque era nella sua natura. Una sorta di abitudine che aveva dovuto imparare per sopravvivere e di cui mai si sarebbe potuto liberare.

Sospirò, facendo tintinnare la forchetta sul piatto e consapevole dell’errore commesso sussurrò quasi:

“Mi dispiace.”

A quelle parole di scusa, Felicity voltò immediatamente il capo a guardare l’uomo, il cui sguardo però era rivolto verso il suo piatto.

“State parlando con me, o con il vostro polpettone.” commentò ironica e chiaramente ancora ben poco incline alla pace.

“Non ho accusato ingiustamente il mio polpettone.” ribatté, sollevando lo sguardo verso il suo e l’ironica replica di lei si perse nel suo sguardo colmo di rimorso.

“Essere un pirata, significa non fidarsi mai di nessuno.” mormorò, in quella che la ragazza ritenne una sorta di spiegazione verso la sua accusa.

Questa volta fu Felicity a spostare lo sguardo verso il proprio piatto e dopo un attimo di esitazione replicò.

“Sono cresciuta in una taverna fin dall’età di sette anni. Ecco perché non mi sono sentita a disagio da Raisa.” Oliver schiuse le labbra, sorpreso da quella inaspettata confessione.

“I pirati che la visitavano, erano soliti raccontarmi molte storie, in particolare quando bevevano troppo.” mormorò, aprendosi in un lieve sorriso al ricordo.

“Questo è il motivo per cui conosco l’esistenza di Gotham e perché sono a conoscenza del codice che vige tra voi pirati.” spiegò, sotto la completa attenzione di Oliver.

“E riguardo al sapere che voi stavate cercando il vero responsabile degli attacchi alle isole.. è stato John a dirmelo.” rivelò, sorprendendo totalmente l’uomo.

“John Diggle?”

Felicity annuì, posando lo sguardo nuovamente sull’uomo.

“Non prendetevela con lui per avermelo rivelato. Pensava che così avrei capito il perché non vi siete potuto semplicemente fermare nella mia isola e abbiate dovuto rapirmi.” disse lei e Oliver fece un accenno di assenso, distogliendo lo sguardo in preda ad un turbinio di pensieri.

“Ah con tutto quello che è successo non ho avuto modo di chiedervi quale luogo ci fosse scritto nella lettera.” mormorò Felicity e Oliver rispose alla sua indiretta domanda senza esitazione.

“Monument Point.”

“Oh, quindi immagino che è là che siamo diretti. Avete già un idea del perché abbia scelto proprio quest’isola?” chiese e Oliver si limitò a scuotere il capo, provocando un’altra ondata di parole della ragazza su varie ipotesi verso quella scelta, che Oliver tuttavia non ascoltò davvero. Troppo preso verso un unico e costante pensiero.

Era davvero stato così semplice per lei credere a quanto John le aveva detto? Quella semplice spiegazione le era bastata a credere che lui non fosse l’assassino che tutti dipingevano?

Questo pensiero continuò a restare fisso nella mente del pirata, anche quando finito di cenare venne il momento di andare a letto.

“Ora che ci penso, dove dovrei dormire esattamente?” domandò Felicity e Oliver indicò il grande letto a baldacchino.

Felicity schiuse le labbra sorpresa, poco prima di sorridere con gratitudine.

“Non pensavo foste così galante da lasciarmi il vostro letto.”

“Infatti non vi sto lasciando il mio letto. Vi sto permettendo di condividerlo.” replicò lui e Felicity si voltò immediatamente a guardarlo con un espressione incredula in viso.

“Condividerlo? Intendete.. dormire con voi?!”

Oliver alzò un sopracciglio per quel tono scandalizzato, mentre toglieva la cinta sulla quale solitamente teneva pistola e spada.

“Esatto. A meno che non preferiate andare nella stanza dove riposano i miei uomini. Troveranno sicuramente un’amaca in più per voi.” propose sfilandosi con tranquillità la maglia bianca.

Felicity a quella vista strabuzzò gli occhi e nuovamente gli diede le spalle, mentre le sue guance assumevano un colore simile a quello delle ciliege di stagione.

“Perché diavolo vi state spogliando ora?!” strillò quasi, sentendo il suo cuore divenire ogni secondo più agitato.

“Voi dormite vestita forse?”

La domanda a cui non occorreva risposta si perse nel silenzio imbarazzato della ragazza, che cercando di riacquistare un po’ di controllo, disse.

“Non posso dormire con voi.”

“Perché mai? Non mi avete forse detto di essere cresciuta in una taverna?”

A quella replica lei spalancò la bocca e si voltò infuriata ad affrontarlo, dimenticandosi completamente del fatto che lui avesse solo i pantaloni indosso.

“Anche se sono cresciuta in una taverna non ho mai dormito con un uomo! E certamente non inizierò con voi.” affermò, gli occhi battaglieri incollati a quelli di lui. Si era imbarazzata solo pochi minuti prima perché lui si era sfilato la maglia, ma ora stava a pochi passi, del tutto incurante della sua mezza nudità.

“Perché no?”

“Lo state davvero chiedendo? È indecoroso.. che una ragazza, dorma con un uomo a cui non è sposata.” balbettò e Oliver si chiese se si fosse minimamente accorta dell’atteggiamento del tutto assurdo che stava tenendo.

Il pirata sorrise appena e seguendo una volontà sconosciuta annullò di qualche passo in più la distanza tra loro.

“Sfidate le convenzioni sociali dicendo di essere un medico, ma le rispettate quando si tratta di dormire con un uomo? Credete che questo abbia senso?”

“Ne ha per me.” disse decisa, accorgendosi nuovamente della nudità dell’uomo.

I suoi occhi scesero sul petto del pirata coperto di cicatrici e istintivamente si chiese cosa le avesse provocate, ma subito distolse lo sguardo voltandosi in un’altra direzione.

“Ad ogni modo, non posso dormire nello stesso letto con voi. Ne tanto meno con i vostri uomini” mormorò, dopo un attimo di silenzio, deglutendo silenziosamente per l’improvviso calore che l’aveva assalita alla vista del suo petto nudo.

“Allora credo che l’unica opzione che vi resti sia il pavimento. Ma vi avverto, oltre ad essere scomodo è anche freddo.” disse l’uomo, togliendosi le scarpe e andando subito dopo a sdraiarsi nel letto. Incredula, la ragazza appuntò.

“Sapete, un gentiluomo mi avrebbe offerto il letto e avrebbe dormito da un’altra parte.”

“Immagino io sia fortunato allora, ad essere un pirata.” replicò con ironia evidente Oliver e Felicity si voltò giusto in tempo per vederlo sistemarsi sotto le coperte.

Stizzita camminò fino a lui a passo di marcia e sfruttando l’effetto sorpresa gli tolse la coperta di dosso, trascinandola verso un punto della stanza e rannicchiandosi su di essa, sotto lo sguardo incredulo del pirata.

Era appena stato derubato da una ragazza?

“Buona notte!” augurò lei, il tono ben poco amichevole e le labbra di Oliver si piegarono in un sorriso divertito per tutta quell’assurda situazione. Ma lentamente quel sorriso scomparve e il pensiero del perché per lei fosse stato così semplice credere alle parole di John tornò.

Decidendo di volere una risposta allora le domandò:

“Come mai è stato così semplice fidarvi delle parole di John?”

Felicity aprì gli occhi, senza tuttavia voltarsi nella direzione dell’uomo.

“Cosa intendete?”

La sua domanda venne seguita da un enorme silenzio, tanto che per un momento Felicity, pensò che lui si fosse semplicemente addormentato. Ma la voce dell’uomo tornò incerta.

“Avete creduto subito alla sua spiegazione sul fatto che stessimo cercando di salvare le isole e non distruggerle.”

“Non sono state le sue parole a convincermi.” replicò e Oliver schiuse le labbra, voltando il capo a guardare la ragazza.

Stesa su un fianco, gli dava ancora le spalle.

“E allora cosa?”

“I vostri occhi...”

Il tempo stesso sembrò bloccarsi nell’attesa che lei terminasse la frase e quando lo fece, riprese a scorrere con un nuovo e inaspettato ritmo.

“..non sono gli occhi di un mostro.”

Il respiro trattenuto, l’incredulità nel suo volto e il rumore accelerato e convulso del suo cuore lo sovrastarono a quelle parole.

“Ecco perché mi sono fidata.”

Gli occhi dell’uomo vennero invasi da una miriade di sentimenti, mentre sorpreso continuava a guardare le figura di Felicity, ancora di spalle. La ragazza aspettò che lui replicasse, ma non accadde e quell’attesa la portò ben presto tra le braccia di Morfeo. Braccia che però non accolsero Oliver. Totalmente sveglio nel comodo letto, non riusciva a trovare sonno. Troppo turbato dalle parole che lei aveva usato. Così dopo attimi silenziosi, si mosse nell’oscurità della stanza, rischiarata solo da alcuni raggi lunari che penetravano dall’unica finestra presente.

Lentamente si alzò dal letto, camminando fino a Felicity e chinandosi nel pavimento, osservò il suo viso.

Serena, come se non avesse alcun problema al mondo, lei dormiva quieta e ignara.

Oliver si disse che era stato uno sciocco a pensare che una ragazza innocente come lei potesse essere una spia. E si maledisse mentalmente, per averla portata in un viaggio tanto rischioso.

Il pirata seguì il profilo del suo volto, soffermandosi sulle sue labbra rosee per le quali deglutì, colmo di un desiderio bruciante che non aveva mai sperimentato prima.

Infine chiuse gli occhi, sospirando appena, poco prima di afferrala con delicatezza tra le sue braccia, trasportandola fino al letto a baldacchino, dove la depose.

Felicity non pareva aver minimamente risentito di quel trasporto e continuò a dormire serena.

L’uomo spostò alcune ciocche di capelli dal suo viso e la guardò ancora per un attimo, non potendosi impedire di ricordare la sensazione avuta, quando nella locanda di Raisa lei aveva premuto il corpo contro il suo braccio.

Facendo forza sui suoi stessi pensieri uscì dalla stanza, in cerca del freddo serale che avrebbe potuto placare i suoi bollenti spiriti e si ripromise di riportarla al sicuro sulla sua isola, il più presto possibile.







spazio autrice:
Come promesso, eccomi di lunedì con un nuovo capitolo. Prima di tutto, grazie mille per le splendide recensioni che mi avete lasciato nel precedente. Scusate se non ho potuto rispondere a tutti, ma come sapete la vita reale mi lascia ben poco tempo. Spero comunque di leggere tanti commenti positivi anche per questo capitolo, ma ovviamente, non disdegno neanche le critiche purché siano costruttive.
Per cui fatemi sapere cosa ne pensate. Ci ri-sentiamo lunedì, con un nuovo capitolo.
Bacioni!!

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

Si era seduta in uno scatto sorpreso, quando svegliandosi aveva realizzato di non trovarsi nel pavimento in cui si era addormentata.

I suoi occhi erano corsi al suo corpo, sospirando di sollievo nel trovare tutti i vestiti al loro posto e la successiva consapevolezza che lui doveva averla trasportata tra le sue braccia per distenderla nel letto, l’aveva fatta arrossire dall’imbarazzo. Il pensiero poi, che lui le si fosse sdraiato accanto, fregandosene altamente di quello che la giovane aveva detto la sera prima l’aveva fatta infuriare, tanto da farla marciare fuori dalla stanza in cerca del pirata.

Ma la sua rabbia si era dissolta una volta giunta al ponte della nave, dove scioccata aveva guardato l’isola a pochi metri da loro bruciare viva. E in quel momento si trovava ancora là, paralizzata, insieme a gli altri pirati radunati sul ponte, a guardare il fuoco mangiare quella che con consapevolezza assoluta sapeva essere Monument Point.

“Siamo arrivati tardi” commentò Floyd alle sue spalle, riuscendo a farle distogliere lo sguardo da quell’orribile spettacolo, abbastanza da farle riprendere coscienza di quella che era la realtà.

Immediatamente lei spostò lo sguardo da un pirata ad un altro,muovendosi frettolosa tra gli uomini, in cercando del capitano. Solo quando vide il suo inconfondibile profilo d’adone, si fermò, osservando a pochi passi da lui il suo volto.

Imperscrutabile. Questa sarebbe stata la parola adatta per descrivere ciò che il pirata sembrava voler esprimere in quel momento, ma Felicity era quasi certa che fosse una facciata.

Un muro che aveva eretto per impedire ad altri di vedere la sua debolezza. Non era qualcosa che avrebbe potuto spiegare in modo razionale, perché quella consapevolezza le arrivava dal cuore.

“Oliver, dobbiamo allontanarci. La marina starà per arrivare.” mormorò la voce di Thomas al fianco del suo capitano, ma l’uomo non batté ciglio.

Gli occhi impassibilmente fissi, sull’agghiacciante scenario a pochi metri da loro. Nonostante Oliver non diede alcuna risposta all’amico, la reazione di Felicity a pochi passi da loro non si fece attendere.

“Non possiamo, dobbiamo attraccare.” protestò, manifestando così la sua presenza.

John e Thomas si voltarono a guardarla, così come altri membri dell’equipaggio là intorno, ma non Oliver.

Nonostante il suono della voce di lei avesse fatto tremare il suo cuore, l’uomo non accennò a voltarsi.

“Felicity non possiamo, la marina sarà qua a momenti e..”

La ragazza interruppe senza indugio, le parole di Thomas.

“Ci sono persone su quell’isola! Persone che probabilmente sono ancora vive o che stanno lottando per la loro vita! Dobbiamo attraccare! Dobbiamo aiutarli!”

L’uomo schiuse le labbra, apparentemente incapace di trovare una replica adatta verso quelle parole. Così intervenne Diggle.

“Felicity, sarà la marina ad occuparsene non appena arriverà. Noi non possiamo farci trovare qua quando arriveranno. Siamo pirati ricordi? E siamo accusati di questo orrore..”

“E sarete davvero colpevoli se deciderete semplicemente di andarvene!” esclamò con veemenza la ragazza e in quel momento una scintilla di sorpresa animò per una frazione di secondo lo sguardo imperscrutabile di Oliver.

“La gente in quell’isola starà vivendo un vero inferno! Qualcuno potrebbe non avere abbastanza tempo per aspettare l’arrivo della marina! Dobbiamo attraccare subito!”

Thomas e Diggle incrociarono i loro sguardi, sorpresi quanto quelli dei presenti, consapevoli di quanto vere fossero le parole che Felicity aveva detto, ma anche di non poter fare nulla al riguardo.

“Felicity..” iniziò Thomas, cercando di elaborare una frase che le facesse capire il loro punto di vista, ma l’improvvisa voce di Oliver lo interruppe.

“Allontaniamoci in fretta.” disse, in un ordine che aveva il duplice scopo di terminare quella conversazione, ma non a parere di Felicity.

“Cosa? No!” protestò, avanzando senza indugio e ponendosi d’avanti all’uomo.

“Non potete semplicemente voltare la nave e lasciare quelle persone in balia delle fiamme! Credevo voleste salvare quest’isola!?” disse, lo sguardo determinato di chi non avrebbe lasciato andare la presa sull’argomento tanto facilmente.

“Siamo arrivati troppo tardi.” replicò lui, in un tono pieno di amara consapevolezza, voltandosi per darle le spalle, ma Felicity afferrò il suo braccio e l’uomo allora si voltò nuovamente a guardarla sorpreso.

“Non è troppo tardi! Ci sono ancora persone che stanno lottando per restare in vita, che hanno bisogno d’aiuto in questo momento!”

Le parole della ragazza entrarono di prepotenza nella mente del pirata, rimbombando senza sosta, ma ugualmente non furono sufficienti. L’uomo afferrò la mano con la quale la ragazza lo stava trattenendo e la spinse in basso al fine di farle rilasciare la presa. Dopo si voltò e il suo semplice sguardo fece capire a Thomas che la sua idea non era minimamente cambiata.

“Cambiamo rotta!” urlò il secondo in comando della Green Arrow, disponendo così gli ordini del suo capitano che portarono via la determinazione della ragazza, almeno per un attimo.

Subito dopo la giovane si voltò a guardare le fiamme che animavano quell’isola e nuovamente i suoi occhi si riempirono di determinazione. Spinta dal coraggio che il suo animo indomito possedeva camminò fino al parapetto della nave e senza esitazione alcuna, salì sopra ad esso.

“Felicity!” esclamò allora Diggle, bloccandosi sul posto e portando tutti a voltarsi verso la ragazza, compreso Oliver.

“Scendete immediatamente da là sopra!” ordinò Oliver, gli occhi spalancati e il cuore in tumulto. Felicity voltò il capo abbastanza da poter vedere il volto del pirata e con sfrontatezza rispose:

“Se volete scappare fatelo! Ma io non lo farò!”

L’istante successivo la ragazza si lanciò tra le onde dell’oceano, sotto gli sguardi scioccati del resto dell’equipaggio.

Oliver Queen dischiuse le labbra, mentre nella sua mente l’immagine di lei che si gettava tra le onde, determinata a raggiungere quell’isola anche a nuoto se necessario, continuava a ripetersi in una replica infinita.

“Felicity!” urlò Diggle, nell’istante successivo allo shock di quell’azione, correndo verso il parapetto e sporgendosi per cercare di vedere la giovane tra le onde, proprio come Thomas e gli altri pirati.

Ma la ragazza non era ancora risalita in superficie. Preoccupato Diggle iniziò a levarsi gli stivali, in procinto di gettarsi in mare e recuperarla, ma la figura scattante del suo capitano lo precedette.

Sotto gli occhi increduli della sua ciurma, Oliver Queen si gettò completamente vestito tra le onde dell’oceano, riemergendo poco dopo insieme alla ragazza.

“Siete completamente impazzita!” sbraitò Oliver,tenendo entrambi a galla, mentre la giovane tossiva convulsamente a causa dell’acqua che aveva ingerito.

“Lasciatemi!” protestò lei, che nonostante riuscisse a malapena a stare a galla da sola, a causa di quanto il suo abito si fosse fatto pesante nell’acqua, voleva comunque raggiungere a nuoto l’isola.

“Desiderate morire?!” le chiese lui, stringendo ancor più la presa nella sua vita. Intanto, nel bel mezzo di quel battibecco, la ciurma aveva tirato un sospiro di sollievo e senza indugio avevano lanciato ai due una lunga corda, così da issarli nuovamente a bordo.

Ma Felicity non restò ferma neanche durante quel momento, protestando vistosamente.

“Perché mi avete riportata a bordo!?”

“Se volete commettere un suicidio, potrete farlo dopo che mi avrete completamente curato dal veleno!” replicò Oliver, fradicio quanto lei e ugualmente furioso.

“Oh certo! Tutto riguarda sempre voi! E alle persone su quell’isola non pensate?!” urlò Felicity, causando un espressione stizzita nel viso del pirata.

“Ho pensato a quelle persone! Ho fatto di tutto per arrivare qua in tempo! Per salvarle! Ma sono arrivato tardi..di nuovo!!” non fu il tono collerico e alterato con cui pronunciò quelle parole a bloccare la furia della ragazza, bensì la disperazione che Felicity colse nei suoi occhi.

La colpa, il rimorso e l’impotenza che ora Oliver le stava mostrando.

La rabbia dentro di lei scemò a quella vista e seppur respirando ancora irregolarmente disse con tono pacato:

“Avete ragione, siete arrivato tardi. Non avete potuto fermare l’attacco.”

Il pirata sentì un’acuta fitta al cuore verso quelle parole e senza neanche accorgersene, chiuse gli occhi, abbassando il capo.

Felicity allora,camminò fino a essere ad un passo da lui, poggiando con estrema dolcezza la sua mano destra sul volto del pirata.

“Ma siete ancora in tempo per salvare chi puo’ essere salvato.”

Oliver aprì gli occhi al semplice tocco della sua mano e sollevò il viso verso il suo, nell’ascoltare le sue parole, incontrando l’universo di bontà infinita che lo sguardo di lei conteneva.

Bastò quel solo istante per ribaltare la sua decisione e verso le orecchie incredule del suo equipaggio, l’uomo ordinò di attraccare, ottenendo uno degli spettacoli migliori che avesse mai visto.

Il sorriso di lei.

 

 

Attraccarono così a Monument Point, rimboccandosi le maniche per aiutare a spegnere il fuoco e salvare le poche persone ancora in vita.

E una volta sull’isola, Felicity capì il reale motivo per cui la prima decisione della ciurma era stata quella di andar via.

Non si trattava solo dell’orribile visione di corpi mutilati e privi di vita per ogni strada della città. Bensì del dolore sordo di cui ognuna di quelle persone, incolpava Oliver.

“Mio figlio!Ridammi mio figlio!”

Aveva urlato una donna nel vederlo, correndo inaspettatamente incontro al pirata e spingendo e colpendo il suo petto come una furia, in cerca di provocare nell’uomo, lo stesso dolore che la rendeva cieca verso qualsiasi altra cosa.

Oliver era rimasto immobile verso quello sfogo. Inespressivo come la pietra, aveva lasciato che John portasse via la donna totalmente fuori controllo, ordinando al resto dell’equipaggio che era sceso, di spegnere l’enorme fuoco che ancora imperversava.

E Felicity aveva guardato ogni cosa silenziosamente, provando ad aiutare chi sopravvissuto per miracolo presentava comunque delle ferite, ma senza mai smettere di prestare attenzione alla figura del pirata e al modo in cui chiunque provasse ad attaccarlo anche solo verbalmente.

Questo le fece capire la reale ragione per cui Oliver aveva detto che era troppo tardi. Quelle persone avevano già perso ogni ragione di vita e l’unica cosa che restava loro, era la rabbia verso l’uomo che credevano responsabile di tutto.

I ricordi di quegli eventi sfumarono e la ragazza si ritrovò a guardare la porta della cabina, dietro la quale Oliver si era rinchiuso, subito dopo essere risaliti a bordo.

Avevano lasciato Monument Point, non appena Adrien di vedetta aveva avvistato due navi della marina e Oliver lasciando il comando a Thomas si era immediatamente rinchiuso nella sua stanza, senza pronunciare neanche una parola.

Inizialmente Felicity non l’aveva seguito, spinta dalle parole di Thomas a lasciarlo solo, ma l’uomo era rimasto rinchiuso fino a sera tarda saltando il pranzo e anche la sua dose di antidoto. Così la ragazza aveva deciso di portargli personalmente la cena ed ecco perché si trovava davanti alla porta della sua cabina, con un vassoio in mano.

Tuttavia ancora non aveva trovato il coraggio di bussare, poiché, memore di quanto accaduto sull’isola, non poteva fare a meno di pensare che se lei non avesse insistito così duramente, lui non avrebbe dovuto subire tutte quelle ingiuste accuse.

Sospirò e chiuse gli occhi per un secondo, cercando di racimolare un po’ di coraggio per affrontare la situazione e infine bussò. Ma da dietro la porta non si sentì alcuna risposta così Felicity si limitò ad aprirla, entrando esitante nella stanza.

“Vi ho portato la cena.” mormorò, vedendo per la prima volta dopo quegli infelici eventi, la figura dell’uomo.

Seduto davanti al tavolo, i gomiti poggiati su esso e le braccia sollevate verso la fronte, l’uomo non rispose, ne si voltò a guardarla.

Inizialmente Felicity camminò lenta verso di lui, ma quando i suoi occhi notarono le due bottiglie sul tavolo, di cui una totalmente vuota, si precipitò immediatamente verso di lui, poggiando il vassoio con la cena nel tavolo.

Non aveva bisogno di annusare la bottiglia per sapere che all’interno ci doveva essere stato del rum, visto che lui emanava quell’odore quasi come se si fosse fatto un bagno con esso.

“Avete bevuto un intera bottiglia di rum!? Siete completamente impazzito!” esclamò e senza indugio afferrò l’altra, circondata dalla braccia del capitano, intenzionata a metterla via, ma l’uomo afferrò il braccio con il quale lei aveva preso la bottiglia, bloccandola in una morsa ferrea.

“Uscite dalla stanza, subito.” ordinò, la voce bassa e roca sembrò volerla gelare dentro, ma nonostante ciò Felicity non si fece intimorire.

“Avete ancora del veleno in circolo l’avete dimenticato forse?! L’alcol non fa che accelerare il processo del veleno e questo significa che..”

“Uscite.” la interruppe lui, sollevando finalmente lo sguardo verso quello di Felicity che del tutto sorpresa si pietrificò per qualche istante. Gli occhi dell’uomo apparivano come due lande desolate ad una gelida temperatura e la giovane nel guardarli si sentì per la prima volta intimorita.

“Volete morire?” chiese, il tono più calmo, cercando di mascherare l’inaspettata paura che l’aveva colta.

“E voi?” replicò lui, in una minaccia sottile.

Felicity non si mosse, pietrificata e Oliver, senza mai distogliere lo sguardo, riprese la bottiglia dalle mani di lei, voltandosi subito dopo.

Quando lui le diede le spalle, bevendo un altro sorso di liquore, lei chiuse gli occhi, deglutendo silenziosamente. Poi, dopo qualche attimo di silenzio testo, mormorò:

“Capisco come vi sentite. Non avrei dovuto insistere nel farvi scendere dalla nave per aiutare quelle persone, ma.. quando sapranno la verità su questi attacchi smetteranno di accusarvi, per cui non dovete..”

Oliver si voltò in uno scatto perentorio gettando la bottiglia di rum contro la parete alle spalle di lei. Il rumore dello schianto e dei cocci che caddero a terra, bloccò le parole di Felicity, mentre l’espressione di furia omicida di lui la gelò sul posto.

“Pensate che non sarò più colpevole dopo?” domandò e lei schiuse le labbra, mentre le gelide pozze furiose dei suoi occhi la catturavano.

“Ogni isola è stata distrutta a causa mia! Non importa che non abbia mutilato o incendiato personalmente, perché ogni singola mostruosità è stata fatta per punire me!”

L’aria tesa venne tagliata da quelle parole rabbiose che lui pronunciò con tono forte.

“Io sono il colpevole della loro sofferenza, delle loro perdite!” urlò, avanzando verso la ragazza che istintivamente indietreggiò.

“Quindi non pensate neanche per un istante di capire l’inferno che sto provando, perché non potete!!”

Felicity indietreggiò di un ultimo passo, toccando il muro, mentre la figura arrabbiata di Oliver la sovrastava.

“E ora uscite dalla mia stanza! SUBITO!” esclamò, il respiro affannato, imponendo ancora una volta su di lei la sua espressione più spaventosa.

Perché l’uomo voleva disperatamente che lei andasse via. E l’unico modo per riuscirci era farle provare la stessa paura che tutti gli altri provavano nei suoi confronti.

Le stava mostrando il mostro che albergava in lui, così da salvare quella luce che lei possedeva, dall’oscurità che lui rappresentava.

E quando l’uomo vide calde lacrime formarsi nei suoi occhi, pensò di essere riuscito nel suo scopo.

Ma le lacrime che Felicity lasciò riversarsi sul suo viso, a differenza di quanto il pirata credeva, non furono lacrime di paura, bensì di comprensione.

La rabbia e il gelo minaccioso che lui le aveva mostrato, non l’avevano fatta scappare terrorizzata, bensì le avevano fatto capire il fardello di cui l’uomo si era fatto carico. Lei aveva sentito il dolore dell’uomo e così, non aveva visto il mostro che lui aveva tentato di mostrarle.

In lacrime e sopraffatta dai sentimenti che la furia di quelle parole le avevano fatto comprendere, Felicity annullò ogni distanza tra loro, sollevandosi in un movimento veloce e inaspettato verso l’uomo, per compiere il gesto conosciuto con il nome di abbraccio.

E Oliver, trattenendo inconsciamente il respiro, spalancò gli occhi, mentre il suo corpo diveniva di marmo.

“Niente di quanto accaduto è colpa tua.” sussurrò lei vicino al suo orecchio e quelle parole, sembrarono funzionare come un balsamo lenitivo, verso la ferita aperta e sanguinante dell’uomo, il quale tuttavia non replicò.

Sentendosi come privato di qualsiasi funzione vitale, cosa che contrastava con il forte palpitare del suo cuore,Oliver restò immobile in quella stretta per un lungo e apparentemente interminabile momento. Quando lei sciolse la presa, distaccandosi, lui affrontò nuovamente gli occhi della ragazza, ancora intrisi di lacrime e impaurito da ciò che stava provando si allontanò, fuggendo dalla sua stessa stanza.

Felicity stranita si asciugò le lacrime, seguendolo subito dopo in cerca di una spiegazione sul dove stesse andando, ma lui continuò a camminare verso il ponte della nave senza fermarsi, desiderando semplicemente scrollarsi di dosso i sentimenti che avevano preso possesso del suo cuore.

“Dove state andando ora?! Devo visitarvi! Avete bisogno di prendere una nuova dose di antidoto ricordate?!” esclamò la ragazza seguendolo, seppur da una certa distanza visto la camminata frettolosa di lui. Oliver non le rispose, ne si voltò, continuando semplicemente a camminare.

Primi spettatori di quell’insolita scena furono Thomas e Diggle che sentendo le grida del loro capitano verso la ragazza, si erano messi a discutere se fosse il caso o meno di andare a salvare Felicity dalla sua furia, per poi restare sorpresi nel vedere lui arrivare frettolosamente sul ponte e lei seguirlo poco distante. Quell’insolita e ironica scena alla quale i due avrebbero voluto tanto trovare una spiegazione venne interrotta in una frazione di seconda da un inaspettato e scioccante evento. Da uno dei barili sul ponte della nave venne fuori un ragazzino, che urlando con rabbia caricò contro Oliver come un toro furioso, pugnalando il pirata del tutto sorpreso, alla parte destra del suo stomaco.

In quell’istante ogni cosa sembrò bloccarsi verso quell’inaspettato evento, a cui gli sguardi di Felicity, Thomas e Diggle assistettero scioccati e impotenti.

Oliver Queen, i cui sensi allenati l’avevano fatto reagire abbastanza da bloccare la lama prima che penetrasse troppo in profondità le sue carni, guardò gli occhi coperti d’odio del ragazzino che aveva puntati addosso e sotto il silenzio generale formatosi dopo quell’urlo chiese:

“Tu chi diavolo sei?”

 

 

Intanto, in un isola disabitata molto distante da là..

 

“Quindi è sceso sull’isola?” domandò la voce roca e penetrate di un uomo di spalle.

“Si signore.” rispose l’altra figura presente nella tenda.

“E..?” lo esortò a continuare.

“Ha aiutato a spegnere l’incendio e salvato alcuni abitanti poco prima che la marina giungesse.”

L’uomo di spalle non replicò e la tensione improvvisa che si percepì nell’aria agitò il messaggero di quella notizia.

“Ah.. e con loro c’era anche una donna..” aggiunse, ritrovandosi subito dopo sollevato per aria dalla mano con la quale l’altro uomo stava stringendo il suo collo.

“Quale donna?” domandò, mentre l’unico occhio visibile dell’uomo brillò minaccioso.




spazio autrice:
Sono qui! E sono mortificata. Ero convinta di aver già postato il capitolo lunedì, quindi sono andata tranquillamente a lavoro e solo oggi che mi sto finalmente riposando grazie ai vostri messaggi mi sono resa conto che non avevo postato una cippa. Perdonate la mia mente bacata. Ma ho avuto davvero delle giornate pesanti tra un matrimonio e un banchetto per un pensionato. Ogni mio pensiero è stato assorbito dal voler assolutamente far andare alla grande questi due eventi e ho dimenticato ogni altra cosa. Ad ogni modo sono qua e non vedo l'ora di sentire cosa pensate di questo capitolo, visto tutti i meravigliosi commenti che mi avete lasciato per il precedente. Chi avrà pugnalato Oliver? Come evolverà la situazione tra lui e Felicity? E chi era la misteriosa e minacciosa figura ferma in un isola lontando da là??
Continuate a seguire la storia per scoprirlo.
Bacioni!!
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


 

L’attimo di smarrimento che aveva colto i presenti alla visione di quella scena, si dissolse con la stessa rapidità con cui era arrivato. E i tre, fino a quel momento silenzio spettatori, si mossero all’unisono. Thomas in pochi e affrettati passi arrivò fino al ragazzo, bloccandolo con estrema facilità, mentre John e Felicity si precipitarono ai lati del capitano della Green Arrow, per controllare le sue condizioni.

“Oliver stai bene?” domandò Thomas, tenendo saldamente il ragazzo che si agitava nella sua presa.

“Mi hanno appena pugnalato, credi che possa stare bene?” replicò con un velo d’ironia, respirando a fatica e sentendo la testa girare.

“La lama non sembra entrata in profondità fortunatamente.” mormorò Diggle e Felicity dall’altro lato annuì.

“Allora posso sapere chi sei?!” chiese nuovamente il pirata verso il ragazzo, aggrappandosi alla spalla di John quando un capogiro lo colse di sorpresa.

“Oliver!” lo chiamò immediatamente l’amico e il capitano sbatté gli occhi, cercando di mettere a fuoco l’immagine del ragazzo che Thomas teneva davanti a lui.

“Sono gli effetti della shiva, non ha ancora preso la dose giornaliera di antidoto.” mormorò Felicity, mettendo una mano sulla vita dell’uomo e aiutando Diggle a tenerlo in piedi.

“Occupatevi del capitano, io penserò a questo ragazzino.” ordinò Thomas e solo in quel momento Felicity prestò attenzione all’inaspettato ragazzo.

Doveva avere al massimo dodici anni e ovviamente non faceva parte dell’equipaggio. Mentalmente considerò che doveva trattarsi di un abitante di Monument Point, poiché era stata l’ultima isola che avevano visitato ed era impossibile che fosse rimasto nascosto sulla nave per più tempo. Aveva un aspetto trasandato e un forte odore di fumo. Ma ciò che davvero colpì la ragazza furono i suoi occhi. Era incollati ad Oliver ed esprimevano un unico e incontestabile sentimento: l’odio.

Felicity si chiese come un ragazzo di quell’età, potesse avere uno sguardo simile.

“No, prima voglio sapere chi è questo moccioso.” protestò Oliver, puntellando i piedi sulle assi della nave al fine di non muoversi.

“Io non sono un moccioso! Sono colui che ti ucciderà!” dichiarò il ragazzo, agitandosi con più forza nella presa di Thomas, il quale trattenendolo disse:

“Oliver possiamo scoprilo dopo, tu pensa a farti sistemare quella ferita.” ma il pirata scosse il capo.

“Questa ferita non è nulla, posso interrogare questo moccioso e...” le parole dell’uomo s’interruppero al suono infastidito di uno sbuffo che Felicity emise alzando gli occhi al cielo con disperazione.

“Oh signore! Avete mai dato retta a qualcuno in vita vostra!?” domandò la ragazza e l’uomo voltò appena il capo per incontrare i suoi occhi.

“Sono il capitano e questa è la mia nave..” mormorò con ovvietà, cercando con tutte le su forze di non mostrare alcun segno di dolore.

“Be se volete continuare ad essere il capitano di questa nave la prima cosa che vi occorre fare è essere vivo.” replicò lei zittendo il pirata e provocando due sorrisi divertiti nei volti di Thomas e John.

“Andiamo.” ordinò la ragazza afferrando contemporaneamente con più saldezza la vita e il braccio dell’uomo che aveva tra le spalle, e spingendolo a camminare in direzione della cabina con l’aiuto di John. Mentre Thomas rimasto solo, fronteggiò per la prima volta lo sguardo pieno d’odio che lo sconosciuto mostrava.

“Allora, vorresti dirmi chi sei, come sei salito a bordo e perché hai pugnalato il mio capitano?”

In tutta risposta il giovane calciò Thomas sotto il ginocchio e il pirata istintivamente mollò la presa lasciandoselo scappare.

Ma il ragazzo fece a tempo solo a distanziare di poco l’uomo prima che la figura robusta di Tiger, comparsa in quel momento, lo afferrasse senza alcuna fatica, mettendo così fine alla sua corsa.

“Oh, grazie Tiger.” disse Thomas, toccandosi ancora la gamba dolorante e camminando nella loro direzione.

“Cosa ci fa un moccioso a bordo?” chiese l’uomo.

“Pare fosse qui per uccidere il nostro capitano.” replicò Thomas, guardando storto il ragazzino.

“Cosa?!” esclamò incredulo il compagno.

“Io non sono un moccioso sporchi pirati!” disse lo sconosciuto, cercando di liberarsi anche dalla presa di Tiger, ma senza successo.

“Ha appena pugnalato Oliver, fortunatamente nulla di mortale.” lo informò Thomas, sotto lo sguardo incredulo del compagno, il quale, senza bisogno di nessun ordine verbale, ma solo al cenno d’intesa dell’amico, mise K.O. il ragazzino, che perse i sensi tra le sue braccia.

“Cosa ne facciamo?”

“Legalo e mettilo nella stiva. Oliver vuole interrogarlo personalmente. Io mi occuperò d’informare la ciurma e controllare la nave da cima a fondo, per evitare altre sorprese.”


 

Intanto, nella cabina del capitano...


 

“State fermo.” ordinò Felicity ad un Oliver furioso sdraiato nel letto a baldacchino della sua cabina.

“Ucciderò quel moccioso.” dichiarò lui, mentre Felicity controllava con attenzione quanto a fondo fosse il pugnale.

“Ucciderlo? Non state un po’ esagerando? È solo un ragazzo.”replicò Felicity.

“Mi ha appena pugnalato.” gli fece presente l’uomo e la donna fece spallucce replicando.

“Avrà avuto le sue buone ragioni.”

Oliver spalancò gli occhi incredulo a quelle parole, mentre John trattenne le risa.

“Non sembra abbia toccato dei punti vitali. Possiamo toglierlo.” affermò Felicity verso John e Oliver sospirò poggiando completamente il capo sul cuscino.

“Allora toglietelo subito.” ordinò, ottenendo un occhiataccia da parte di Felicity, che senza esitazione o delicatezza alcuna estrasse il pugnale, provocando un gemito di sofferenza da parte di Oliver.

“John mi porteresti un po’ del rum del capitano?” domandò la ragazza, mentre premeva una pezza di stoffa nella ferita così da evitare una copiosa perdita di sangue. John si affrettò ad eseguire quanto gli era stato detto, ma nello stesso istante il corpo di Oliver prese a tremare convulsamente.

“Oliver!” esclamò John, gli occhi spalancati per l’improvvisa situazione, ma non ottenne alcuna risposta dal suo capitano e Felicity imprecò, prima di esclamare.

“John sostituiscimi!”

Il pirata corse a premere la stoffa sulla ferita e Felicity si spostò velocemente nella stanza alla ricerca di una delle sue ampolle.

“Cosa sta succedendo!?” le chiese intanto John, continuando tuttavia a tenere lo sguardo puntato sul proprio capitano.

“Non ha mangiato, non ha preso l’antidoto e ha aumentato gli effetti del veleno a causa del rum, ecco cosa succede!” replicò, inserendo del liquido bluastro in una siringa e precipitandosi verso il letto.

“Quello cos’è?”

“Spero la sua salvezza.” rispose Felicity, iniettando il contenuto nel braccio e osservandolo con preoccupazione per alcuni istanti, ma il corpo dell’uomo continuò a tremare.

“Felicity!”

John pronunciò il suo nome con impazienza e aspettativa, aumentando per un attimo il panico nella testa della ragazza. Ma si riprese in fretta quando realizzò che la soluzione stava nel problema.

“Leva la pezza!” ordinò e John la guardò con confusione senza accennare a muoversi.

“Cosa?!”

“Leva la pezza!” ripeté Felicity, spingendo via le mani dell’uomo dalla ferita che stava coprendo e lasciandola sanguinare libera.

“Felicity vuoi farlo morire dissanguato?!” domandò il pirata, ma lei non rispose tenendo gli occhi incollati al capitano della Green Arrow che dopo attimi apparentemente interminabili smise lentamente di tremare.

Felicity rilasciò un sospiro di sollievo chiudendo gli occhi per una frazione di secondo, subito dopo rimise la pezza nella ferita, fermando il sangue.

“Ora ho bisogno di quel rum John.” mormorò e il pirata, chiudendo la bocca che inconsciamente aveva aperto per la sorpresa si affrettò a prendere una bottiglia del liquore, porgendola alla ragazza.

“Come avete fatto?” domandò, mentre lei bagnava la ferita di liquore.

“La shiva si trova nel suo sangue, lasciando uscire il sangue..”

“..è uscito anche parte del veleno.”terminò John e Felicity annuì.

“Potete prepararmi un ago con del filo?” chiese e il pirata annuì, aiutandola a ricucire il suo capitano, ancora privo di sensi.


 


 

Era l’odore di fumo a rendergli difficile respirare, mentre correva nelle varie stanze del castello, invocando a squarciagola il nome della sorella. Sentiva la sua pelle scottare a causa del calore bruciante delle fiamme che stavano distruggendo ogni cosa, ma non si sarebbe fermato, non avrebbe rallentato. L’avrebbe trovata. Il suono del suo cuore aumentò, così come il fumo e il calore. E il lui bambino che correva senza sosta improvvisamente si dissolse, nel suo stesso urlo invocativo. -


 

Si svegliò di soprassalto, il respiro affannato come se stesse ancora soffocando in quel fumo e il corpo sudato, mentre prendeva coscienza che fosse stato solo un altro incubo.

Era da parecchio che quel lontano ricordo non infestava i suoi sogni e chiudendo gli occhi, si chiese mentalmente come mai avesse deciso di riapparire dopo tanto tempo.

Non che in quegli ultimi mesi avesse dormito abbastanza da permettersi di sognare.

Sospirò, voltando il capo verso il lato sinistro della stanza e solo allora i suoi occhi notarono la figura della ragazza ai piedi del letto.

La testa poggiata nel materasso e una pezza umida nelle sue mani, Felicity dormiva esausta, dopo aver passato l’intera giornata a fargli scendere la febbre.

L’uomo guardò la sua figura, ricordando gli ultimi avvenimenti e una smorfia di dolore si affacciò sul suo viso, nel toccare l’ultima ferita che si era procurato e che lei doveva aver ricucito.

Niente di quanto accaduto è colpa tua.”

Le parole che aveva usato gli tornarono alla mente, così come il ricordo del calore che era scaturito dal suo abbraccio. Oliver alzò inconsciamente una mano allungandosi per spostare alcune ciocche di capelli disordinatamente sparse sul suo viso, ma ancor prima che potesse raggiungerle sentì la porta aprirsi e la figura di John con un vassoio di cibo in mano fece la sua apparizione nella stanza.

“Oliver ti sei svegliato!” esclamò sorpreso e sollevato il pirata, svegliando involontariamente Felicity. La ragazza sbatté gli occhi un paio di volte, come disorientata, prima di mettere a fuoco la figura di Oliver.

“Siete sveglio.” mormorò, quasi non fosse sicura di ciò che i suoi stessi occhi le stessero mostrando e l’uomo fece un cenno di assenso con il capo, provocando un inaspettato sorriso di sollievo nel volto di lei.

Oliver schiuse le labbra, guardando come incantato l’espressione di felicità che lei gli stava mostrando, ma quando lei si sollevò dal pavimento iniziando a visitare frettolosamente le sue condizioni, l’uomo distolse lo sguardo, mascherando con estrema abilità le sue emozioni.

“Quanto sono stato privo di sensi?” domandò a John.

“Il sole è appena calato. Hai avuto la febbre parecchio alta.” rispose il pirata, poggiando il vassoio con il cibo sul tavolo.

“Il ragazzo?”

“L’abbiamo lasciato nella stiva. Tiger gli ha portato qualcosa da mangiare ma lui si è rifiutato. Non abbiamo scoperto nulla, tranne che è parecchio testardo.” lo informò, mentre Felicity estraeva un po’ del sangue di Oliver, spostandosi poi verso il tavolo per analizzarlo.

“Probabilmente è salito a bordo quando siamo scesi a Monument Point.” mormorò Oliver, sollevandosi poi dal letto.

“Oliver dovresti riposare.” disse immediatamente John, facendo voltare Felicity la quale, vedendolo alzarsi in piedi lasciò perdere quanto stava facendo e si precipitò verso il pirata.

“Dove credete di andare!?” chiese, in una domanda che sembrava più un rimprovero a cui non serviva risposta.

“A ottenere riposte.” replicò, ma lei gli si parò davanti, impedendogli il cammino.

“La vostra ferita non si è rimarginata, avete dei punti freschi e se vi sforzate si potrebbe riaprire! Per non parlare del fatto che siete debilitato, non avendo mangiato nulla per due giorni e avete subito una grossa perdita di sangue! Fatico a capire come possiate anche solo stare in piedi.”

Oliver, che durante tutto quel discorso aveva tenuto gli occhi chiusi, li riaprì e con una pazienza che non sapeva di avere rispose:

“Sono in piedi perché mi sento meglio e avete la mia parola che non lascerò riaprire questa ferita.” affermò, superandola senza aggiungere altro.

Felicity si ritrovò così a seguire l’uomo, iniziando un monologo sulla sua testardaggine e sul fatto che i punti sarebbe saltati se avesse continuato a camminare. Ma il pirata parve non udire nessuna delle sue parole e imperterrito arrivò alla stiva, dove Thomas cercava di far parlare il ragazzo.

“Ottenuto nulla?” chiese Oliver, palesando la sua presenza e sia il compagno d’equipaggio che l’intruso spostarono immediatamente lo sguardo verso l’entrata, dalla quale il capitano della Green Arrow fece la sua entrata.

“Oliver grazie al cielo ti sei ripreso!” esclamò l’amico andandogli incontro e colpendo la sua spalla in un saluto amichevole.

“Ma non è un po’ presto per essere già in piedi?” domandò osservando con più attenzione l’aspetto del suo capitano, in cerca di valutare il suo stato di salute.

“Si, lo è. Dovrebbe essere a letto.” s’intromise Felicity, riservando un occhiata di aperto rimprovero al pirata, il quale continuò a ignorarla, avanzando senza una parole verso il ragazzo seduto a terra e legato come un salame.

Oliver affrontò gli occhi pieni d’odio che aveva puntati contro da quando era entrato e con espressione indifferente chiese.

“Posso sapere perché mi hai pugnalato?”

Il volto dello sconosciuto divenne una macchina infuocata di rabbia che si ampliò sulla sua voce nella replica alterata che diede:

“Voi avete ucciso mio nonno!” accusò, facendo automaticamente sollevare un sopracciglio al pirata e riempiendo di sorpresa il volto di Thomas, il quale nonostante gli avesse posto la stessa domanda più volte non aveva ottenuto alcuna risposta.

“Penso che dovrai essere più specifico. Ho ucciso un sacco di gente.” commentò Oliver, con un indifferenza che fece rabbrividire Felicity.

“L’ultima isola che avete attaccato, Monument Point! Ecco di cosa sto parlando!” chiarì e l’idea generale che Oliver si era fatto della situazione, ebbe così un’amara conferma. L’uomo non replicò e lo sconosciuto proseguì:

“L’avete ucciso! Sgozzato come se fosse un animale!” la disperazione nella sua voce riecheggio nella stanza, scontrandosi con il muro impenetrabile di Oliver, il quale continuò a osservare gli occhi ricolmi d’odio del giovane, ora coperti in parte da calde lacrime.

“Capisco.” sussurrò, sotto l’aria tesa che si era creata, accingendo a voltarsi senza un’altra parola per uscire dalla stanza. In quello stesso istante facendo leva sulle gambe il ragazzo si rialzò in piedi e ancora legato colpì con la testa il punto esatto in cui risiedeva la nuova ferita del pirata. Entrambi allora caddero a terra e il ragazzo sopra Oliver continuò con tutte le sue forze a dargli testate. Quell’assalto però ebbe vita breve, poiché Thomas, nonostante la sorpresa dovuta alla rapidità degli eventi, levò immediatamente il giovane dall’amico.

“Neanche legato riesci a stare fermo!?” commentò poi, tenendo saldamente lo sconosciuto che ignorò palesemente quel commento e non smettendo neanche per un secondo di guardare Oliver urlò.

“Vi ucciderò sporco pirata! Vi darò la stessa morte indegna che avete dato a mio nonno!” promise e un macchia di sangue si espanse nella maglia dell’uomo.

“Mi spiace Felicity.” mormorò Oliver rialzandosi e la ragazza ancora alle sue spalle apparve confusa da quelle improvvise scuse.

“Pare che i punti si siano davvero rotti.” aggiunse subito dopo, voltandosi verso di lei e ignorando palesemente la minaccia appena subita.

“Oh no! Sapevo che sareste dovuto restare nelle vostra stanza!” affermò la ragazza, avvicinandosi all’uomo e sollevando la maglia per vedere il disastro provocato nella ferita. Sotto quella scena, la rabbia dello sconosciuto aumentò.

“Non ignoratemi! Se credete che le mie siano minacce a vuoto vi sbagliate! Vi ucciderò, mi avete sentito!?”

Felicity spostò i suoi occhi dalla ferita del pirata al ragazzo, mentre Oliver non accennò a voltarsi o rispondere, camminando semplicemente verso l’uscita. Lo sguardo di lei, seguì nuovamente lo spostamento del pirata, prima di tornare a posarsi verso lo sconosciuto, che tra le braccia di Thomas urlava e si agitava con furia, promettendo al capitano della Green Arrow una morte dolorosa. La ragazza riuscì a leggere dietro l’odio del giovane il dolore sordo che stava patendo e mentalmente si chiese se esistesse una cura ad una ferita simile. Sospirò silenziosamente, in quel breve attimo, affrettandosi poi ad uscire dalla stanza per seguire Oliver nuovamente nella sua cabina.

Felicity allora pulì nuovamente la ferita del pirata e la ricucì, ostentando il silenzio stesso in cui l’uomo si era immerso, fino a quando non chiese:

“Cosa farete con quel ragazzo?”

Oliver a quella domanda spostò lo sguardo verso di lei, che però non ricambiò l’occhiata, continuando semplicemente a ricucire la sua ferita.

“Non saprei. Magari lo getterò in mare.” replicò, in un’ironica presa in giro per nulla udibile dal suo tono. Lei allora usò più forza di quella necessaria nel fare entrare l’ago nella sua pelle e l’uomo digrignò i denti per il dolore.

“Sono seria.” disse e Oliver spostò lo sguardo verso l’alto. Osservando i disegni che il legno formava.

“Lo lasceremo nella prima isola abitata che vedremo.” mormorò e lei sollevò appena lo sguardo, smettendo di cucire.

“Tutto qui?” domandò, in tono sorpreso.

“Cos’altro dovrei fare?” replicò, continuando a tenere gli occhi incollati verso i disegni del legno.

“Non lo so, ma quel ragazzo sta soffrendo intensamente. Magari se gli spiegaste che non avete nulla a che fare con la faccenda..”

“Rivolgerebbe il suo odio da un’altra parte, ma la sua sofferenza di certo non finirebbe.” la interruppe lui, portando un braccio a coprire i suoi occhi.

“È un bene che mi ritenga responsabile. È un bene che cerchi vendetta. Questo è ciò che lo terrà in vita.” mormorò, la voce prima di calore e Felicity schiuse le labbra sorpresa, osservando silenziosamente l’uomo per alcuni lunghi istanti.

Subito dopo Felicity punse con forza la pelle dell’uomo, che sorpreso urlò quasi dal dolore, mentre con rapidità lei poneva l’ultimo punto.

“Potreste cercare di farlo con più delicatezza!?” domandò lui, sentendo la ferita ancora pulsare per il rude trattamento e lei si sollevò dalla sedia, guardando il pirata con decisione prima di affermare.

“Il dolore non è la prova che siamo vivi, ma l’avvertimento che stiamo perdendo la vita.”

L’espressione accigliata di Oliver divenne confusa fin quando lei non aggiunse:

“Vivere per vendicarsi di voi, odiandovi e sperando di uccidervi non sarà affatto vivere.”

Gli occhi determinati della ragazza si fissarono per alcuni attimi in quelli del pirata, prima di voltarsi e dirigersi verso il tavolo a sistemare i suoi strumenti. E Oliver fissò la sua figura muoversi silenziosa nella stanza, pensando a come ogni parola che scaturisse da quelle labbra, fosse limpida quanto l’acqua.

Ovviamente lei aveva ragione. Vivere per vendicarsi non significava affatto vivere. Ma se si fosse anche solo per un attimo permesso di ammettere ciò, cosa ne sarebbe stato di lui? La vendetta era ciò che l’aveva spinto per mare. La vendetta, era ciò che gli aveva impedito di morire per tutto quel tempo. La vendetta l’aveva reso il pirata che era. Chi sarebbe stato senza?

“Forse, ma è sempre meglio che ritrovarsi sotto terra.”mormorò il pirata e le mani della ragazza si bloccarono per un secondo, verso quelle parole così tristi. Poi finì di sistemare e prendendo il vassoio di cibo che John aveva lasciato nella stanza poco prima, si diresse verso il letto, poggiandolo nelle gambe dell’uomo.

“E dopo?” domandò, scontrando ancora una volta i suoi occhi con quelli del pirata.

“Dopo?” ripeté lui confuso.

“Dopo che avrà ottenuto la sua vendetta cosa farà?”

La domanda si espanse nella stanza e come un’onda che si scaglia sugli scogli lo colpì. Oliver schiuse le labbra, non riuscendo a coprire minimamente la sorpresa che quelle parole avevano fatto scaturire in lui. Non aveva mai davvero pensato al dopo. E anche in quel momento, con la verità che gli era stata sbattuta in faccia, non ebbe comunque modo di ragionarci, poiché la giovane gli diede subito dopo una notizia, che lo agitò inspiegabilmente.

“Ad ogni modo, ho controllato il vostro sangue, è pulito. La Shiva è completamente fuori dal vostro sistema.” la voce di Felicity uscì chiara e priva di qualsiasi tentennamento, nonostante il suo cuore stesse in quel momento compiendo una folle corsa.

“Vorrei che ora manteneste la promessa di riportarmi a casa.” finì, evitando tuttavia d’incontrare gli occhi del pirata, che sapeva, erano fissi su di lei.

“Manterrò.. la promessa.” affermò lui, spostando lo sguardo verso il vassoio pieno di cibo.

“Bene.” replicò immediatamente la giovane e un insolito silenzio agitato si fece spazio tra i due, prima che Felicity, incapace di sostenere oltre quella inspiegabile pesantezza, decidesse di uscire dalla stanza e richiudendo la porta della cabina alle sue spalle, ci si poggiò contro.

Quello fu il primo momento dal loro incontro in cui provarono lo stesso inspiegabile sentimento agitato a cui nessuno dei due, avrebbe saputo dare un nome.
Almeno per ora.


spazio autrice:

Sii! Ci sono riuscita! Questo capitolo mi ha fatto penare, per via del fatto che ho dovuto scriverlo tra il lavoro e l'evento del SDCC. Insomma, il tempo non è stato dei migliori, ma alla fine ho potuto postare.
Sono sinceramente grata per tutte le recensioni che avete lasciato e mi fa piacere leggere le vostre idee su chi siano i vari personaggi. Sfortunatamente neanche in questo capitolo si scopre chi è lo sconosciuto che ha pugnalato Oliver. Posso dirvi che è un personaggio che tutti noi amiamo, ma ho cambiato la sua età rendendolo un po' più piccolo di quanto non sia nello show.. e nel prossimo capitolo, scoprirete definitivamente chi è.
Intanto fatemi sapere cosa ne pensante di questo e cosa credete accadrà dopo. Oliver manterrà la sua promessa di riportarla sull'isola ora che la shiva è fuori dal suo organismo? Oppure no?
Ci sentiamo al prossimo capitolo! sperando riesca a postarlo di lunedì.
BACI!

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Non si erano più parlati. Dopo che lei l’aveva informato che la shiva era finalmente fuori dal suo sangue, Felicity era uscita dalla cabina e non aveva fatto più ritorno. Aveva esplorato la nave, parlato con Floyd, John e Thomas, riempiendo il tempo di quella giornata nei più svariati modi, ma non si era più addentrata nella cabina del capitano. Spinta da un inspiegabile istinto che la teneva a distanza. Quando poi John l’aveva informata che il capitano aveva chiesto un cambio di rotta verso l’isola di lei, ringraziandola per averlo curato del tutto dal veleno, quella sensazione di disagio era cresciuta ancor più in Felicity.

Oliver dall’altra parte, dopo aver avvisato John del cambio di rotta verso l’isola della ragazza, non si era mosso dalla sua cabina, ne tanto meno si era alzato dal letto. Aveva passato l’intero pomeriggio ad aspettare che lei rientrasse da quella porta, senza lui stesso conoscere la ragione di quell’attesa. E come Felicity, una insopprimibile pesantezza al petto l’aveva tormentato fino alla sera, quando stanco e seccato di non averla vista per nulla, decise di cercarla lui stesso.

Non impiegò molto tempo per trovarla tuttavia, l’uomo non palesò la sua presenza quando i suoi occhi la videro uscire dalla cucina con un vassoio di cibo in mano, pensando inizialmente che lei avesse deciso di portargli la cena. Chiedendosi se fosse il caso di rientrare nella sua stanza come se nulla fosse e aspettarla. Ma dovette ricredersi, quando la giovane imboccò un diverso percorso che portava in una sola luogo della nave: la stiva. L’uomo intuì quindi che il cibo in quel vassoio doveva essere destinato al moccioso prigioniero e stizzito la seguì, chiedendosi mentalmente chi tra i suoi uomini fosse stato così idiota da darle un compito tanto pericoloso. Non che ritenesse il ragazzino una mortale minaccia, ma certamente non era neanche degno di fiducia. Ed ecco come si era ritrovato là, dietro la porta chiusa della stiva, ad ascoltare nella più completa concentrazione cosa stesse avvenendo nella stanza.

L’uomo non poteva certamente sapere che nessuno dei suoi uomini aveva ordinato alla ragazza di portare quel cibo al prigioniero o che in realtà quel cibo era davvero stato preparato per lui. Ne poteva sapere che Felicity, ancora in preda a un turbinio di emozione diverse che in alcun modo voleva affrontare, aveva personalmente deciso di deviare il suo percorso, fino alla stiva. Intenzionata a far mangiare qualcosa allo sconosciuto, il quale da quando era salito a bordo non aveva toccato cibo, rifiutando qualsiasi pasto.

“Dovresti mangiare qualcosa.” mormorò lei, abbassandosi all’altezza del giovane e posando il vassoio di fronte a lui, prese un cucchiaio di riso, porgendolo verso lui. Il ragazzo voltò il capo senza una parola, nel chiaro intento d’ignorarla e Felicity chiuse gli occhi per un attimo, cercando di non perdere la calma. Sorrise, spostando il cucchiaio nella direzione della bocca del giovane, ma lui si voltò ancora, totalmente intenzionato a non mangiare.

“Hai intenzione di morire di fame?” domandò lei, ma ancora una volta lui la ignorò e Felicity si morse internamente il labbro per sopprimere il suo carattere scoppiettante.

“Oh ho capito. Non vuoi rispondere? Be per me è ok. Sono brava con i monologhi e per la maggior parte del tempo parlo da sola a voce alta, per cui il fatto che tu non risponda non è in minima parte un problema.” mormorò, sedendosi davanti a lui e lisciandosi la gonna con indifferenza.

“Allora, immagino che il tuo brillante piano per vendicarti di Oliver, consista nel morire di fame, giusto? E una volta che sarai morto di fame esattamente in che modo ti sarai vendicato? Lo perseguiterai come spirito?” domandò, in un ironia palese, che fece sollevare il volto del ragazzo a incontrare gli occhi cristallini di Felicity.

“Be il tuo è un gran bel piano. Sono certa che le tue apparizioni notturne come fantasma lo spaventeranno tanto da fermargli il cuore.” continuò, spostando gli occhi per la stanza con aria del tutto indifferente.

“Sopravviverò anche senza mangiare.” replicò il ragazzo e Felicity trattenne il sorriso vittorioso che stava per scaturire dalle sue labbra nel ricevere finalmente una risposta.

“E come? Ma sopratutto, come farai a fuggire da questa nave senza forze?” domandò, con una genuinità fittizia.

“Non fuggirò! Ucciderò quello sporco pirata e la sua ciurma nella loro stessa nave!” esclamò con forza lo sconosciuto e Felicity annuì con un espressione accondiscendente.

“Capisco. E immagino che intendi farlo dopo essere stramazzato al suolo a causa della mancanza di cibo?”

Il ragazzo aprì la bocca per replicare, accorgendosi nel medesimo istante che era rimasto senza qualcosa da dire. Così la richiuse, guardando trucemente Felicity, la quale continuò a mantenere un’espressione d’ingenua curiosità in viso, sopprimendo l’incredibile voglia che aveva di scoppiare a ridere.

“Non accetterò del cibo cucinato da pirati.” affermò alla fine lui.

“Immagino che tu possa mangiare questo cibo allora, visto che sono stata io a cucinarlo.” mentì la ragazza, aprendosi in un sorriso.

“Non accetto cibo neanche da una donna pirata.” replicò lui, prendendo del tutto alla sprovvista la ragazza che con la bocca spalancata e sbattendo più volte le palpebre domandò:

“Credi che io faccia parte della ciurma?!” il tono e l’espressione incredula, fecero arcuare un sopracciglio allo sconosciuto.

“Certo. Ho visto il modo in cui ti stavi prendendo cura del tuo capitano. ” mormorò e le guance di Felicity si tinsero di un rosso porpora al sentire quel “tuo capitano”.

“Inoltre sei stata tu ad averlo ricucito dalla ferita che io gli ho inferto no?” continuò e Felicity, liberandosi dall’imbarazzante momento di shock che aveva subito, balbettò in modo agitato.

“Lui non è il mio capitano! Io non faccio parte di questa ciurma..!” chiarì, ma la spiegazione mandò in confusione il ragazzo che soppesando le sue parole, commentò:

“Allora chi sei? La sua concubina?”

L’implicazione di quella domanda aumentò il rossore nelle guance della donna, la quale perdendo del tutto la pazienza afferrò il cucchiaio, questa volta privo di cibo, sbattendolo con forza contro il naso del ragazzo, che emise un verso d’inaspettato dolore.

“Perché mi avete colpito!?” chiese, portandosi le mani, ancora legate in una forma che ricordava la preghiera, a toccare la parte lesa.

“Non sono la sua .. la sua..” replicò lei, senza riuscire a dire però quella parola.

“Oh insomma mi ha rapito! Ecco perché sono in questa nave!” borbottò, senza riuscire a guardare gli occhi dello sconosciuto che tuttavia non parve credere a quella parole.

“Se siete stata rapita, perché non siete legata?” chiese infatti e Felicity senza soppesare troppo quella domanda, rispose ironica.

“Probabilmente perché non ho tentato di accoltellare nessuno.”

Lo sconosciuto allora la guardò per lunghi attimi senza proferire parola, tanto che Felicity si voltò nuovamente a guardarlo, sentendosi lievemente a disagio al contatto dei suoi occhi indagatori.

“Non vi preoccupate. Vi farò scendere da questa nave.” mormorò lui, spezzando il silenzio creatosi poco prima e Felicity schiuse le labbra un momento, prima di scoppiare a ridere, mentre il disagio che aveva avvertito poco prima, svaniva rapidamente.

“Non è necessario. Mi stanno riportando a casa.” affermò, sotto lo sguardo del tutto incredulo del giovane.

“Vi hanno rapito e ora vi riportando a casa? Non credo di capire.”

Felicity, la cui risata si era lentamente spenta guardò con un sorriso caloroso il ragazzo e senza indugio spiegò.

“Il capitano della nave è stato avvelenato da un loro nemico, così sono capitati nella mia isola in cerca di aiuto. Sfortunatamente il veleno che aveva in circolo, non era così semplice da debellare e sarebbero dovuti rimanere almeno una settimana sulla mia isola, per estinguere il veleno completamente. ”

Lui seguì ogni parola della ragazza con attenzione rapita, mentre lei veniva travolta dai ricordi di quei pochi giorni.

“Ma lui non ha sentito ragioni.” il sorriso e lo sguardo perso nel ricordo della caparbietà dell’uomo parvero bloccarsi per un tempo indefinito, prima che lei continuasse:

“Non poteva restare sulla mia isola, anche se ripartire avrebbe significato la morte. Doveva assolutamente scoprire quale sarebbe stata la prossima isola a venire attaccata e correre a salvarla.” rivelò e gli occhi dello sconosciuto si spalancarono sorpresi, mentre il respiro gli si strozzò in gola.

“Ecco perché mi ha rapito.”

“Cosa.. cosa intendete?”

Felicity sollevò nuovamente lo sguardo verso di lui a quella domanda, lasciando sfumare i ricordi.

“Oliver e la sua ciurma non sono responsabili di quanto accaduto a tuo nonno o alle varie isole attaccate in questi ultimi mesi.” affermò lei sicura, e lo sconosciuto scosse appena il capo, incredulo e confuso.

“Non puo’ essere vero. Ho visto la loro bandiera! E quei tipi continuavano a ripetere che erano ordini del loro capitano, Oliver Queen!” ribatté, dopo l’attimo di smarrimento che l’aveva colto a quella rivelazione.

“Perché è ciò che vogliono far credere al mondo intero.” mormorò, ma lo sconosciuto scosse la testa con più forza, del tutto incapace di credere alle sue parole.

“Allora spiegatemi perché la loro nave era attraccata sulla mia isola, eh!? E perché qualcuno dovrebbe dare la colpa proprio a loro!?”

Felicity sospirò, prima di rispondere.

“Quando siamo arrivati nei pressi della tua isola, la carneficina si era già conclusa. Nonostante ciò hanno deciso ugualmente di scendere sull’isola per aiutare i sopravvissuti e spegnere il fuoco. Ecco perché la nave si trovava là. Riguardo al colpevole..” la giovane interruppe le sue parole, ricordando il nome che Oliver aveva pronunciato e soppesando su quanto rivelare al ragazzo.

“..so solo che sta distruggendo le isole per un rancore nei confronti di Oliver.” decise di dire infine, ma nonostante le sue parole avessero installato un dubbio nella mente dello sconosciuto, quello scosse comunque il capo, stavolta più lentamente.

“No. Ti hanno ingannata. Questi pirati sono tutti assassini. Lui ..è un assassino! Un mostro senz’anima che distrugge ogni cosa!” urlò quasi e la rabbia impressa sul suo volto si scontrò con la pacata verità negli occhi della bionda.

“E allora come mai sei ancora vivo?”

La domanda parve esplodere nell’aria in un rimbombo sordo che si ampliò nella mente dello sconosciuto, la cui rabbia si dissolse al semplice suono di quella verità.

“Hai provato a uccidere il loro capitano. Eppure non ti hanno torturato, gettato in mare o ucciso. Ti hanno offerto cibo e acqua.” disse, mentre la consapevolezza di quei fatti si manifestava nel volto dello sconosciuto.

“Non è lui il mostro che cerchi.”

Il ragazzo, con la bocca dischiusa come in cerca d’aria verso la notizia appresa, abbassò lo sguardo, sbattendo gli occhi ripetutamente e allora Felicity si mosse, sciogliendo con una rapidità estrema il nodo della corda che teneva bloccate le mani del giovane, il quale alzò lo sguardo verso il viso della bionda, maggiormente sorpreso.

“Cosa fate?” chiese e lei aprì il suo volto ad un sorriso sincero.

“Sei un po’ troppo grande per essere imboccato.” mormorò in risposta, sollevandosi in piedi pronta per andar via.

“E se scappassi per provare a ucciderlo di nuovo?” domandò lui, lo sguardo fermo verso quello di Felicity.

“Non lo farai.” rispose semplicemente lei.

“Perché pensi abbia creduto alle tue parole?”

Felicity scosse il capo, portò le mani dietro la sua schiena stringendole l’una con l’altra e sempre con il sorriso sul suo volto replicò:

“No. È perché so che neanche tu sei un assassino.”

Il ragazzo dischiuse le labbra, ancora una volta sorpreso e Felicity alzò una mano in segno di saluto, prima di mormorare.

“Allora buona notte...ehm, chiunque tu sia.”

La ragazza sorrise, prima di voltarsi e incamminarsi verso l’uscita, ma quando mise la mano sulla maniglia, la voce dello sconosciuto la bloccò.

“Roy.” disse lui e Felicity si voltò confusamente.

“Come?” chiese.

“Il mio nome. È Roy. Roy Harper.” rivelò e la sorpresa sul volto di lei venne presto sostituita da un sorriso gioioso verso quella scoperta.

“Piacere di conoscerti Roy. Io sono Felicity Megan Smoak.” replicò e senza attendere ulteriori commenti uscì dalla stanza. Quando richiuse le porta alle sue spalle, Roy Harper sorrise appena, gli occhi lucidi di lacrime trattenute, prima di fiondarsi con immensa fame sul cibo che la ragazza aveva lasciato.


 

Nascosto nell’ombra di un angolo della nave, Oliver Queen guardò Felicity Smoak camminare lentamente nel corridoio, imboccando quella che l’uomo sapeva, essere la strada per la sua stanza e inconsciamente la seguì. Mentre il fresco ricordo delle parole che lei aveva usato poco prima con quel ragazzo, sostava incessantemente nella sua testa. Aveva sentito tutto. Ogni sua singola parola. E nonostante conoscesse già la fiducia che la ragazza riponeva in lui, continuava a restarne sorpreso. Affascinato. Attirato.

Ecco cos’era Felicity. Una calamita che lo attraeva a sé senza via di scampo. E, esattamente in quel modo, lui la seguì fino alla sua stanza, guardandola sostare un attimo indecisa davanti alla porta della cabina e borbottare da sola qualcosa che il pirata non capì. Ma alla fine entrò e Oliver continuò il suo inseguimento, sorprendendola quando lei nel chiamarlo, ricevette la risposta alle sue spalle.

La ragazza si voltò sorpresa, quasi inciampando sui suoi stessi passi, ma Oliver fu svelto ad afferrare con una mano la sua vita e con l’altra il polso, impedendole di finire a terra.

“O..Oliver?” mormorarono le sue labbra e l’uomo seguì con gli occhi il loro movimento, prima di spostarli verso un punto della stanza e lasciare andare la presa su di lei.

“Ho parlato con John questo pomeriggio. Gli ho ordinato di cambiare rotta verso la vostra isola.” informò e Felicity annuì, cercando di riprendere lucidità.

“Si me l’ha detto.” replicò lei. Oliver voltò immediatamente lo sguardo verso la ragazza, stringendo appena le labbra, inspiegabilmente infastidito da quelle parole.

“Bene.” mormorò lasciando cadere tra loro un pesante silenzio, che lei spezzò poco dopo chiedendo:

“Quanto tempo credete impiegheremo per arrivare?”

“Se il vento si mantiene stabile, domani mattina dovremo già essere in grado d’intravedere la vostra isola.” rispose e Felicity schiuse appena la bocca per poi sorridere forzatamente verso quella informazione.

“Capisco.” Sentiva come se il tempo le stesse sfuggendo di mano, anche se non sapeva per quale motivo ne desiderasse di più. E gli strani sentimenti che lei stava provando erano lo specchio esatto di quelli che Oliver sentiva. Felicity si voltò, raggiungendo il giaciglio che si era “costruita” la sera prima per dormire. S’inginocchiò nel pavimento, iniziando a sistemare la coperta con movimenti rapidi.

“È un bene che la vostra nave sia così veloce.” disse lei, iniziando uno dei suoi soliti monologhi, mentre l’uomo studiava senza dire una parola la sua figura. L’apparente calma che mostrava, contrastava fortemente con gli agitati battiti del suo cuore, il quale implorante, tentava in tutti modi di segnalarli ciò che davvero voleva. Ma il pirata sembrava sordo verso l’appello dei suoi stessi sentimenti, poiché sapeva che lasciarla andare sarebbe stata la cosa migliore. Inoltre, era ciò che lei voleva fin da quando era salita a bordo. Quel pensiero riportò a galla il ricordo della determinazione di lei, nel voler tornare a casa e l’uomo ritornò a domandarsi il perché di quella strana situazione.

“A proposito..” mormorò, bloccando il monologo di lei, di cui lui non aveva davvero sentito nulla.

“Nonostante io vi abbia rivelato il motivo della mia fretta, voi non mi avete detto il vostro..” affermò e la ragazza apparve confusa per un attimo.

“Fretta? Quale fretta?”

“La vostra fretta nel voler tornare a casa.” rispose, ricordando come lei fosse così tanto determinata a ritornare sulla sua isola, da non avere la normale paura che qualsiasi altra persona avrebbe provato in una situazione di rapimento.

“ Ah, quelle fretta.” disse, alzandosi in piedi, mentre il suo sguardo si soffermava su un punto indeterminato della stanza, preda in un nostalgico ricordo.

“L’unico uomo della mia vita, poco prima di partire, mi ha promesso che un giorno sarebbe tornato a prendermi..” mormorò, del tutto inconsapevole della dolorosa fitta al petto che le sue parole avevano causato in Oliver.

“..ecco perché avevo fretta. Se lui tornasse e io non fossi sull’isola, penserebbe che ho smesso di aspettarlo.” concluse, con un sorriso malinconico ad incorniciarle il volto. Il respiro che aveva inconsciamente trattenuto divenne troppo per il pirata, che abbassando il capo aprì la bocca in un silenzioso e disperato bisogno di ossigeno.

“Capisco.” sussurrò quasi, sollevando ancora una volta il muro d’indifferenza impenetrabile che da molti anni ormai, lo proteggeva. E senza aggiungere o aspettarsi altri commenti si voltò, accingendosi ad uscire dalla stanza.

“Dove andate?” il richiamo di lei, bloccò i suoi passi, poco prima che lui abbassasse la maniglia della porta.

“Non ho ancora cenato e visto che nessuno si è degnato di portarmi la cena in camera, andrò io a..”

“Oh mi dispiace! Quella è colpa mia.” affermò la giovane interrompendolo e spostandosi velocemente al suo fianco. La sua corazza invisibile sobbalzò e lentamente l’uomo voltò il capo verso il volto di lei.

“Vedete, ecco.. come dire..” balbettò, spostando lo sguardo in tutta la stanza e mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Oliver deglutì silenziosamente a quella vista, spostando nuovamente lo sguardo verso la porta e stringendo la maniglia.

“Potrei aver portato accidentalmente la vostra cena.. a Roy, voglio dire allo sconosciuto.” confessò, aspettando con ansia la comprensibile esplosione di rabbia, ma Oliver non reagì come lei si sarebbe aspettata.

“Capisco.” ripeté in automatico e Felicity schiuse le labbra, guardando finalmente il volto dell’uomo con sorpresa e confusione.

“Allora andrò in cucina a chiedere ad Adrian di prepararmi qualcos’altro. Voi intanto dovreste riposare.” finì, uscendo dalla stanza senza dire nulla più.

Lei guardò la porta chiusa, chiedendosi come mai non l’avesse rimproverata per quella scelta, ma per quanto ci pensasse, non riuscì a trovare alcuna risposta. Così si rannicchiò nel suo giaciglio, ben decisa ad aspettare il suo ritorno, ma quell’attesa la portò ben presto tra le braccia di Morfeo.

Quando Oliver tornò nella stanza, si avvicinò lentamente alla sua figura addormentata e come la prima notte che lei aveva trascorso in quella nave, la prese tra le braccia depositandola nel suo letto. Subito dopo le sistemò con cura la coperta indosso, guardando quel piccolo mistero tra le sue lenzuola con contrastanti sentimenti. Provava rabbia, fastidio, felicità, desiderio. Le sue stesse emozioni lottavano dentro di lui, tutte in cerca di prevalere. Ma l’uomo, con uno sforzo che gli parve sovrumano chiuse gli occhi, sostenendo la sua invisibile corazza e cercando di non far rumore si spostò nella stanza, alla ricerca del suo rum. Quando lo trovò se ne versò un generoso bicchiere, bevendo il morbido liquido tutto d’un fiato. Il suo forte aroma, penetrò nella bocca e nelle narici dell’uomo e quel pungente sapore funzionò da calmante per le sue burrascose emozioni. Sospirando, pensò che anche quella notte non avrebbe dormito. Troppo spaventato all’idea che i suoi ricordi, tornassero a tormentare i suoi sogni e a quel pensiero il ricordo di suo padre che si toglieva la vita cadendo con banalità accanto al corpo di sua madre lo trapassò per un secondo.

Oliver riaprì gli occhi, versandosi un altro sorso di liquore, nel tentativo di sopprimere quell’immagine bruciante. Allora si voltò verso Felicity, ancora beatamente addormentata. Nel guardarla, la sua mano corse automaticamente ad afferrare la sedia là vicino, che sollevò senza nessuno sforzo, trasportandola silenziosamente vicino al letto.

Il pirata si accomodò, gli occhi sempre fissi sull’incantevole figura che dormiva tra le sue lenzuola e il pensiero che i suoi incubi non sarebbero stati l’unica ragione a mantenerlo sveglio quella sera, sfiorò la sua mente, ma non l’alleggerì. Dopotutto, quella sarebbe stata l’ultima notte in cui avrebbe potuto osservare il volto di Felicity, prima di dirle addio.


 


 

Intanto da tutt’altra parte.


 

Quindi questa è l’isola dove abita?” domandò l’uomo, osservando con il suo unico occhio ancora intatto la mappa distesa nella sua scrivania.

Esattamente.” rispose il suo sottoposto e il pirata sorrise, sfiorando il piccolo pezzetto di terra con un dito.

Bene. Voglio che tu la distrugga completamente.” ordinò e l’istante successivo il sorriso sul suo volto scomparve, lasciando il posto all’espressione spietata di chi non conosce più alcuna pietà.

“Non deve restarne traccia.” sussurrò e il sottoposto chinò il capo uscendo dalla stanza per prepararsi alla prossima carneficina. 


spazio autrice:
Questa volta non sono in ritardo! Ok, lo sono. Ma di qualche ora appena. Ad ogni modo, vi ringrazio come sempre per i bellissimi commenti che mi avete lasciato! Sono così felice di leggere le vostre impressioni e la maggior parte di voi ha azzeccato chi fosse il misterioso ragazzino. Roy, che ha finalmente svelato il suo nome, almeno a Felicity. Come avete notato, qui Roy è più piccolo di quanto non lo sia nel telefilm. Infatti ha solo sedici anni ed è stata una scelta voluta per via del tipo di epoca storica in cui ho collegato la storia. Comunque, pare che finalmente abbia capito che Oliver non sia il responsabile della scomparsa del nonno, ma ci avrà davvero creduto? Oppure cambierà idea? Inoltre Oliver è intenzionato a lasciar andare Felicity. Mentre Felicity pare abbia già qualcuno nel suo cuore?? E infine il misterioso cattivo ha puntato una nuova isola. Mmmh... chi sa. Fatemi sapere tutti i vostri pensieri su questo nuovo capitolo. Sul conenuto, la stesura, la grammatica e su tutte le domande che vi ha fatto porgere e le risposte che vi siete dati.
Appuntamento al prossimo lunedì. Baci!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


 

Era la seconda volta che si risvegliava nel letto del capitano della Green Arrow, senza sapere come ci fosse finita. E per la seconda volta, le ipotesi che si formarono nella sua mente la imbarazzarono, portandola subito dopo ad alzarsi con furia. L’ultima volta non aveva potuto protestare a causa della distruzione di Monument Point, ma questa volta nulla l’avrebbe fermata.

Felicity indossò le scarpe, raccolse i capelli in una treccia sbarazzina e marciò fuori dalla stanza alla ricerca di Oliver Queen. Quando lo trovò, sul castello di prua con accanto Thomas e John, camminò senza indugio nella sua direzione, chiamandolo con tono per nulla amichevole.

“VOI! È la seconda volta che..”

“Siamo arrivati.” la interruppe l’uomo immediatamente e il volto furioso della ragazza assunse delle sfumature confuse.

“Come?”
“Siete nuovamente a casa.” rispose Thomas al posto di Oliver, sorridendo verso di lei e Felicity sbatté le palpebre per qualche secondo, prima di fiondarsi verso il bordo della nave a guardare incredula la piccola isola sulla quale era cresciuta.

“Sono a casa.”sussurrò a nessuno in particolare, ma la sensazione che quella consapevolezza provocò in lei la mandò in confusione. Avrebbe dovuto sentirsi felice ed eccitata, alla propespettiva di essere nuovamente sulla sua isola sana e salva, ma qualcosa glielo impediva.

La felicità che avrebbe dovuto provare, era coperta dallo strano senso di perdita che le stava sommergendo il cuore.

“Ho già fatto preparare le cose che avevate a bordo. John e Thomas vi scorteranno a terra.” mormorò la voce di Oliver alle sue spalle e lei si voltò, guardando la causa per la quale non riusciva ad essere completamente felice. Oliver.

Lui si avvicinò di qualche passo e senza alcun tentennamento le mise tra le mani un sacchetto.

“Un risarcimento, per i pericoli che avete corso a causa mia e un ringraziamento..” spiegò, mentre la consistenza delle monete all’interno del sacchetto rendeva la giovane consapevole del suo contenuto.

“..per avermi ripetutamente salvato la vita.” disse e lei abbassò lo sguardo verso il sacco di monete, sentendo il senso di perdita allargarsi e soffocarla.

“Lasciami!” la voce di Roy interruppe quella scena e la ragazza alzò lo sguardo verso il giovane, osservando Tiger trascinarlo fino a loro. Quando la vide, Roy si calmò, ma nonostante i dubbi che la loro discussione aveva messo in lui, il giovane non riuscì a fare a meno di guardare storto Oliver.

“Ho pensato di farlo scendere nella vostra isola. Visto che ieri sera avete legato.” spiegò Oliver e Roy spostò lo sguardo rabbioso verso il cielo con indifferenza, mentre Felicity fece un cenno di assenso, piegando le labbra in un sorriso che richiese tutta la sua forza di volontà. Oliver tenne gli occhi puntati sulla sua figura, reggendo con forza lo scudo di tranquillità che si era imposto fino alle prime luci dell’alba e prendendo un grosso e silenzio respiro concluse.

“Buon ritorno a casa. Felicity.” sussurrò quasi il suo nome, in una carezza che il vento trasportò via proprio quando lui iniziò ad allontanarsi. E così fece il sorriso di Felicity. Scomparve a poco a poco, senza lasciare traccia.

John e Thomas scortarono lei e Roy fino a terra, in un passaggio che alla ragazza sembrò irreale. Persa nelle sue stesse emozioni, non riusciva a concepire ciò che stava accadendo come reale.

“Grazie per tutto quello che avete fatto.” mormorò Thomas, riportandola per qualche secondo alla realtà e lei annuì, aprendosi in un nuovo sorriso.

“Non lo dimenticheremo.” aggiunse John e Felicity spostò lo sguardo verso l’uomo con gratitudine, ma nessuna replica uscì dalle sue labbra e ben presto, le sue emozioni la trascinarono nuovamente al di fuori dalle realtà. In quel frangente Thomas e John risalirono a bordo e la Green Arrow mollò senza indugio gli ormeggi, salpando. Felicity osservò la nave allontanarsi lentamente, mentre Roy al suo fianco osservava silenzioso il volto di lei.

“Resteremo qui ancora a lungo?” domandò lui, dopo interminabili attimi silenziosi e Felicity sbatté gli occhi ripetutamente, spostando lo sguardo dalla nave al ragazzo.

“No. Andiamo.”

Nonostante il sorriso che si sforzò di fare, Felicity non riuscì a mascherare lo strano stato di tristezza che la stava assalendo e sempre persa nei suoi stessi sentimenti, s’incamminò con al fianco Roy, verso il cuore del villaggio. Lui la seguì in silenzio, osservando di tanto in tanto l’espressione persa che lei mostrava in volto. Ad un certo punto però, il giovane iniziò a domandarsi se quello fosse davvero un villaggio abitato. Da quando erano scesi, non avevano visto nessuno o sentito il tipico frastuono mattutino dei mercati.

“È sempre così tranquillo da queste parti?” gli uscì spontaneo domandare e Felicity si fermò voltando il capo nella sua direzione.

“Come?” chiese confusa e Roy infilò le mani in tasca, replicando:

“Mi chiedevo se quest’isola fosse sempre così calma. Da quando siamo scesi, non abbiamo visto anima viva.” quel commento parve dare l'input di risveglio che serviva alla ragazza, che stranita iniziò a guardarsi attorno, sgombrando la mente da ogni altro pensiero.

“No, questa calma.. è insolita.” mormorò, più a se stessa che a Roy riprendendo a camminare per il villaggio con occhi vigili. Dov’erano finiti tutti? Come mai le case erano silenziose e le strade deserte? Una strana agitazione crebbe dentro la ragazza i cui passi iniziarono automaticamente a velocizzarsi. Felicity sentì il suo cuore accelerare, mentre frenetici i suoi occhi si muovevano da una parte all’altra memorizzando la strana città fantasma in cui pareva essere capitata. Poi ogni cosa si bloccò. Bastò un semplice movimento del capo e i suoi occhi si scontrarono con la visione della montagna di corpi rigettati tutti in unico punto. Felicity schiuse le labbra, spalancò gli occhi e un tremito improvviso la sommerse. Stesi a terra stavano gli abitanti del villaggio, coperti di sangue e privi di vita, erano disposti come rifiuti l’uno sopra l’altro, in un raccapricciante quadro che lei non avrebbe mai dimenticato. Un verso indistinto uscì dalle sue labbra e Felicity accennò due passi poco stabili verso quei corpi, ma le braccia di Roy la bloccarono alle spalle, distruggendo il mentale blocco che quell’immagine aveva causato in lei.

“Dobbiamo andare via. Dobbiamo andare via subito!” mormorò e Felicity si voltò a guardare il ragazzo, ma lo sguardo di Roy non era rivolto a lei, bensì ad un punto poco lontano da là. Felicity si ritrovò automaticamente a seguire la direzione degli occhi del giovane, finendo per vedere ciò che anche lui aveva visto.

Uomini robusti a dall’aspetto poco amichevole si trovavano ad un lato della catasta di corpi ammassati e Felicity era certa non fossero abitanti dell’isola. Il suo cuore perse un battito, mentre i loro occhi si puntavano su di loro e lei seppe, che gli avevano visti. La mano del giovane Roy corse verso la sua, in una presa ferrea con la quale il ragazzo iniziò a trascinarla via. Felicity si ritrovò a correre in uno stato di assoluta confusione e stordimento, con quegli uomini alle spalle che gli inseguivano, mentre ogni suono intorno a lei diveniva sordo, verso quella realtà che lei non voleva sentire. Roy la guidò fino al bosco inoltrandosi precipitosamente all’interno e in quell’istante uno scoppiò rianimò per un momento l’udito della ragazza che con il fiato in gola si voltò, continuando a correre, mentre il fumo di un fuoco indomabile si espandeva molto più ad est dalla loro posizione.

Affannata e con la mente in subbuglio, realizzò in quell’attimo ciò che stava avvenendo, continuando quella folle corsa senza sapere quando sarebbe finita.


 


 

L’aveva lasciata andare. Come programmato aveva snocciolato ogni parola che si era ripetuto nella mente per tutta la notte, in una sorta di cantilena ipnotizzante e poi si era voltato, compiendo i passi più difficili della sua vita. Nella sua cabina, al sicuro da sguardi indiscreti, si era aggrappato saldamente a una delle colonne del letto a baldacchino e la maschera d’indifferenza tenuta fino a quel momento era crollata, rivelando un espressione di pura sofferenza nel suo volto. E il suo cuore aveva urlato, implorandolo di ripensarci, ma lui saldo, era rimasto nella stanza, cercando di calmare il turbinio di emozioni che lei aveva risvegliato in lui. Pochi minuti dopo, un bussare alla porta lo spodestò dai suoi pensieri e con grande maestria Oliver immagazzinò tutte quelle scomode emozioni, invitando ad entrare. Thomas fece capolino dalla porta, incrociando senza esitazione lo sguardo del suo capitano.
“Tutto bene?” domandò, avanzando nella stanza.

“Si. Sono completamente guarito.” rispose in automatico il pirata, spostandosi verso la sua scrivania e prendendo in mano alcune carte.

“Non chiedevo delle tue condizioni fisiche..” mormorò Thomas, dopo un attimo di esitazione e la presa sui fogli tra le sua mani s’intensificò.

“A cosa ti riferisci allora?” domandò, controllando perfettamente il suo tono di voce e seppur i suoi occhi erano puntati nelle carte tra le sue mani, l’uomo non le stava davvero vedendo. Thomas sospirò appena e in replica, diede un semplice nome:

“Felicity..”

La gola di Oliver si seccò, ma la sua espressione indifferente non subì alcuna scossa. E Thomas, senza dargli il tempo di replicare in alcun modo affermò:

“Quella ragazza ha smosso qualcosa in te..”

Il capitano della Green Arrow chiuse per un attimo gli occhi prima di poggiare con gesti studiati e naturali le carte sulla scrivania e volarsi completamente verso l’amico.

“È vero. La mia pazienza.” rispose ironico, spostandosi poi senza indugio verso il mobiletto dei liquori. Thomas sorrise, portando le mani nelle tasche dei pantaloni, ma invece di controbattere alle parole dell’amico gli diede ragione.

“Già. Non ti ho mai visto così arrabbiato per motivi tanto futili. Persino quando vai contro un nemico mantieni il controllo e il sangue freddo, senza mai farti divorare dalla rabbia..o da qualsiasi altro sentimento.”

Oliver aprì il liquore ambrato, versandosene nel bicchiere di vetro un lungo sorso, senza replicare alcun modo a quelle parole.

“Eppure, in questi giorni hai ripetutamente perso il controllo ad ogni singola azione che lei ha fatto.” Il pirata portò il bicchiere alle labbra, prendendo un breve sorso del liquido ambrato e ancora una volta non fiatò verso le parole dell’amico, lasciando che il silenzio facesse da padrone. Thomas osservò la schiena che Oliver gli stava rivolgendo, prima di abbassare lo sguardo e far emergere dalle sue labbra un nostalgico sorriso.

“Mi hai ricordato il vecchio te.” mormorò solidificando inconsapevolmente la corazza che l’uomo si era auto-imposto. Oliver finì in un solo sorso il liquore rimanente, che scese bruciante per la sua gola poi si voltò, fronteggiando la figura del suo migliore amico.

Thomas alzò lo sguardo, ricambiando gli occhi ostili che Oliver gli stava rivolgendo e un’attesa soffocante di chi avrebbe per primo infranto il silenzio teso tra di loro gli avvolse. Ma non furono le parole dell’uno o dell’altro a interrompere quell’atmosfera, bensì l’entrata trafelata di Curtis nella stanza.

“Ca-capitano!” esclamò, sotto lo sguardo sorpreso dei due uomini.

“Cosa c’è?” domandò Oliver senza esitazione e il pirata si sostenne poggiandosi sulle sue ginocchia, affannando per la corsa appena compiuta, prima di mormorare:

“Conway.. l’isola dove abbiamo lasciato la signorina Felicity..”

Il suo solo nome cambiò immediatamente l’espressione disinteressata di Oliver e lo scudo auto-imposto vacillò.

“L’isola cosa?” domandò in tono brusco, ruotando completamente il suo corpo verso Curtis che prendendo un grosso respiro, rispose:

“Sta bruciando!”

Gli occhi dei due uomini si spalancarono contemporaneamente, ma fu solo il cuore di Oliver a battere furioso nel petto. Qualsiasi parola svanì e il suo corpo si mosse in automatico. Prima svelto, poi in una corsa disperata raggiunse il ponte della nave e là, afferrò con poco garbo il cannocchiale tra le mani di John, guardando con i suoi stessi occhi ciò che Curtis gli era corso a dire.

“È appena iniziato.” mormorò John al suo fianco e Oliver contrasse teso la mascella.

“La scelta dell’isola questa volta è piuttosto insolita.” commentò Tiger e Floyd annuì replicando:

“Hai ragione. Fino ad ora ha solo scelto grandi isole che facessero notizia, ma Conway non corrisponde a quella descrizione...”

Oliver smise di guardare attraverso la lente e l’ordine roco che la sua voce emise, diede fine a tutti i commenti dei presenti.

“Invertite la rotta.”

La ciurma là raccolta guardò con sorpresa il proprio capitano, in un silenzioso attimo di confusione.

“Come?” si decise a dire infine Tiger, spezzando coraggiosamente quell’atmosfera tesa.

“Invertite la rotta. Torniamo a Conway, subito!” ordinò con più decisione, spostando lo sguardo fiammante verso Tiger.

“Oliver se l’isola è già in fiamme significa che hanno già ucciso tutti e che la marina starà per..” disse John con tono pacato, ma Oliver si voltò con furia bloccando il suo discorso sul nascere.

“Non m’importa un accidente! Invertite la rotta, ORA!” l’urlo azzittì tutti gli uomini e su quello scenario teso e silenzioso Thomas fece la sua entrata.

“Avete sentito il capitano? A lavoro!” esordì e i pirati si dispersero velocemente per la nave, dirigendosi ognuno verso la propria postazione per quell’inaspettato cambio di rotta. Quando solo Oliver e Thomas rimasero nel ponte della nave, il silenzio ritornò tra loro, ma fu di breve durata. Il pirata si avvicinò lentamente al suo capitano, sostando al suo fianco e mentre la nave cambiava la sua rotta, sussurrò:

“Hai ancora intenzione di negare i tuoi sentimenti verso di lei? ”

Oliver chiuse la bocca che fino a quel momento aveva tenuto aperta come in cerca di ossigeno, senza minimamente accennare una risposta verso quel quesito e istintivamente le sue mani si chiusero a pugno. Non era più interessato a negare o a chiedersi cosa davvero quei sentimenti fossero. Sapeva solo di dover tornare indietro. Sapeva solo di dover assicurarsi che lei stesse bene. L’unica sua consapevolezza, era volerla al sicuro.


 

La sua gonna l’aveva tradita. Era inciampata su essa, aveva storto la caviglia e quella corsa frenetica era finita, ma non aveva davvero realizzato quanto accaduto. Nonostante avesse visto quegli uomini afferrarla, separarla da Roy e trascinarla nuovamente davanti alla catasta di corpi ammassati. Nonostante avesse sentito le loro rudi parole o il dolore verso il brutale trattamento, non riusciva a connettere se stessa verso quella realtà. Lo shock l’aveva resa assente e l’essere nuovamente davanti ai corpi senza vita delle persone con cui era cresciuta non l’aveva minimamente aiutata.

“Sei tornata a casa giusto in tempo.” mormorò la voce di uno dei pirati, inginocchiandosi davanti a lei e osservando con espressione divertita il suo viso.

“Vuoi accendere tu l’ultimo falò dell’isola?” chiese con tono palesemente divertito, ma senza ricevere alcun tipo di risposta o alcun cenno di cambiamento nel volto della ragazza.

“Ehi! Sto parlando con te!” la rimbeccò il pirata, ma ancora una volta non ricevette risposta e incollerito si sollevò in piedi, calciandola nel medesimo istante contro il petto. Il corpo di Felicity si distese nella terra con la banalità di una bambola inanimata e in quel momento gli occhi della ragazza notarono tra i corpi massacrati il volto di Rose. L’amica aveva gli occhi spalancati dal terrore, quel terrore che aveva sicuramente provato nei suoi ultimi istanti di vita e mentre quell’orribile immagine si stampava nella sua testa, lacrime calde ricoprirono i suoi occhi, percorrendo le sue guance e riversandosi sulla terra.

“Questa puttana è completamente andata.” dichiarò uno degli uomini presenti e un altro annuì, prima di dire.

“Uccidetela e mettetela insieme a gli altri corpi, poi accendete l’ultimo falò e tornate alla nave. La marina starà per arrivare.”

Neanche quelle parole tuttavia, ebbero il sentore di risvegliare la ragazza da quello stato di catalessi in cui era finita e senza il minimo segno di ribellione restò immobile ad aspettare la fine.

La sua testa girò e per alcuni attimi vide bianco, mentre il pirata estraeva la spada che avrebbe messo fine alla sua vita. L’alzò in aria puntandola verso lo stomaco della giovane, ma quando iniziò la sua discesa verso esso, un improvviso dolore al petto bloccò ogni suo movimento e l’uomo abbassò lo sguardo, osservando con terrorizzata sorpresa, la freccia verde che aveva trapassato il suo cuore. L’attimo seguente cadde a terra, privo di vita, sotto lo sguardo stupito dei compagni. Quella fu l’ultima inspiegabile cosa che Felicity vide, prima di perdere i completamente i sensi.


 

Si risvegliò madida di sudore all’incubo terrorizzante del volto tumefatto di Rose, che la pregava di aiutarla, mettendosi seduta in uno scatto confuso. I ricordi di quanto visto la sommersero in un attimo, bloccandole il respiro per degli attimi interminabili e lo stato di catalessi in cui era caduta si dissolse, sotto l’ondata di dolore che in quel momento riusciva pienamente a sentire. Erano tutti morti. Brutalmente uccisi. E ciò che la sconvolgeva di più, facendola inorridire verso se stessa era il sollievo che per un attimo aveva sentito, al pensiero che sua madre e suo padre, fossero andati via da quell’isola molto tempo prima.

Felicity chiuse gli occhi, provando repulsione verso se stessa e in quel momento il ricordo di Roy trapassò la sua mente e sconvolta si guardò intorno, prendendo consapevolezza di non avere la minima idea di cosa fosse successo al ragazzo. Era stato ucciso? E perché lei era ancora viva? Una miriade di domande si affacciarono nella sua mente e sopprimendo il dolore ancora vivido dentro ogni cellula del suo corpo iniziò a guardarsi intorno, cercando di capire come fosse arrivata in quella umile stanza. Lentamente si alzò dal letto singolo su cui qualcuno l’aveva adagiata e nel sollevarsi in piedi avvertì dolore verso tutto il suo corpo, ma lo ignorò avanzando incerta verso l’unica finestra presente. Non fu sorpresa di vedere l’oceano, quasi sentisse lei stessa di essere nuovamente per mare, ma ciò non le tolse nessuno dei suoi dubbi. Determinata si voltò, pronta a camminare fino alla porta d’uscita e esplorare la nave su cui si trovava. Ma qualcuno la precedette, entrando nella stanza senza minimamente bussare. La giovane ragazza castana che aveva davanti a sé la guardò con sorpresa per un momento, prima di sorriderle cordiale.

“Finalmente vi siete svegliata, ci avete fatto stare in pensiero.” mormorò, avanzando con una bacinella bianca tra le mani.

“Sono sicura che siete molto confusa.” commentò, poggiando la bacinella nel comò accanto a letto e guardandola comprensiva. Felicity sbatté gli occhi un paio di volte, prima che la sua parte frenetica prendesse il sopravvento su di lei portandola a rivelare la miriade di domande custodite nella sua testa

“Dove mi trovo?Voi chi siete e cos’è successo a Roy?! Gli abitanti del mio villaggio, Conway.. loro..” la velocità delle sue parole rallentò bruscamente fino a scomparire del tutto. Avrebbe voluto chiederle se era tutto vero. Se erano davvero tutti morti o forse lei, si era semplicemente immaginata tutto quanto, ma la sua voce parve non voler collaborare. Svanì verso quella vana speranza, che stupidamente si era creata in un angolo del suo cuore.

“Mi dispiace molto per la vostra isola e per i suoi abitanti. Quando siamo arrivati era già troppo tardi.” esordì la sconosciuta e Felicity abbassò lo sguardo, trattenendo inconsciamente il respiro verso quell’amara conferma.

“In questo momento vi trovate in una delle navi della marina, capitanata dal Tenente Colonnello Anthony Ivo.” spiegò e la giovane riprese a respirare sollevando lo sguardo verso la ragazza.

“Io sono Mary Batson aiutante personale del colonnello.” si presentò tendendo una mano verso Felicity che dopo un attimo di esitazione la strinse.

“Felicity Smoak.” mormorò, ricambiando il saluto con un sorriso tirato, mentre altre centinaia di domande si facevano spazio nella sua testa.

“E Roy?” domandò ancora e Mary sorrise nuovamente.

“Potete stare tranquilla, anche lui sta bene. A parte una leggera ammaccatura al braccio sinistro è sopravvissuto come voi. Siete stati sicuramente entrambi molto fortunati.”

Quelle parole colmarono Felicity di un immenso sollievo e alleviarono un poco il senso di colpa che le opprimeva il petto. Quando tutto era accaduto, non era stata in grado di fare assolutamente nulla, era stato Roy a salvarla. Un ragazzino di appena tredici anni.

“Vorrei vederlo per favore.” mormorò lei e la giovane annuì.

“Certamente, lo avviso subito del vostro risveglio, ne sarà felice.” commentò uscendo subito dopo dalla stanza senza nessun’altra parola.

Felicity s’incamminò nuovamente verso il letto, sedendosi ancora dolorante su esso e rilasciando un sospiro di sollievo chiuse gli occhi, scacciando il dolore che tenace continuava a cercare di emergere. Non seppe quanto restò in quella posizione, seduta sul letto con il volto basso, gli occhi chiusi e il respiro pesante, ma avvertì chiaramente il momento in cui la porta si aprì. La ragazza sollevò lentamente il capo verso quel suono, incontrando lo sguardo sorpreso e sollevato del giovane Roy.

“Siete davvero sveglia.” mormorò lui e le lacrime che fino a quel momento aveva ricacciato indietro con forza, scesero copiose dal suo viso, poco prima che lei si precipitasse verso il ragazzino abbracciandolo inaspettatamente.

Roy s’immobilizzò in quella calda stretta, confuso e un poco imbarazzato, le braccia tese che non sapevano se ricambiare o meno quell’assalto totalmente inaspettato.

“Fe..felicity.”balbettò dopo qualche attimo di silenzio e la ragazza sorrise, mentre le lacrime di sollievo correvano ancora libere sul suo volto.

“Sono felice che tu stia bene.” sussurrò lei, staccandosi poi dall’abbraccio e afferrando con entrambe le mani il viso del ragazzo.

“Grazie per avermi salvato.” mormorò, sforzandosi di sorridere e a quelle parole la confusione del giovane svanì e in un battito ci ciglia rivelò.

“Non sono stato io a salvarti.”

Questa volta fu il turno di Felicity di essere confusa, ma il ragazzo non le diede il tempo materiale di esprimere quel suo stato d’animo. Frettoloso si allontanò da lei, chiudendo la porta della camera, subito dopo l’afferrò per un polso trascinandola verso il letto e facendola sedere.

“Roy, che succede?” chiese allora lei e il giovane, mormorò in tono basso.

“Oliver ti ha salvato.”

Il cuore della ragazza perso un battito a quel nome, prima di accelerare con aspettata forza contro il suo petto e l’espressione sul suo viso divenne ancora più confusa.

“Cosa? Come?” borbottò, non sapendo esattamente quale delle numerose domande formate nella sua testa avrebbe dovuto far uscire fuori per prima.

“Oliver ha salvato prima me e poi te. Avevi ragione. Non c’è lui dietro gli attacchi.”

Felicity ascoltò con cura quelle parole, lasciando che penetrassero dentro di lei e il suo ultimo ricordo prima che perdesse i sensi divenne una visibile immagine nella sua testa. La freccia verde spuntata dal nulla che aveva fermato quell’uomo dall’ucciderla, doveva averla scagliata lui.

La giovane schiuse le labbra, senza potersi impedire di chiedersi perché lui non l’avesse riportata sulla sua nave. Se l’aveva salvata, perché l’aveva semplicemente lasciata sull’isola? Il ricordo del sacchetto di monete che gli aveva dato prima di salutarla la invase e in un attimo giunse ad una conclusione. Lasciarla nelle mani della marina era la cosa più logica da fare, dopotutto i loro affari erano terminati, non avrebbe avuto alcun senso riportarla a bordo.

“Capisco. Se mai lo rivedrò, mi ricorderò di ringraziarlo.” mormorò con voce incolore, lo sguardo basso verso le sue mani.

“Non penso che potrai rivederlo così facilmente, non vivo almeno.” commentò Roy e immediatamente la giovane sollevò lo sguardo sorpreso verso di lui.

“Cosa intendi?”

“La marina è arrivata poco dopo. Ha preso possesso della loro nave e gli ha accerchiati.” rivelò, facendola boccheggiare come in cerca d’aria.

“In questo momento si trovano nelle prigioni di questa nave, che viaggia diretta verso Iron Heights. Una volta raggiunto quel luogo, l’unico giorno in cui potranno uscire sarà per l’esecuzione.”

Felicity scosse a scatti lenti e frammentati il capo, momentaneamente incapace di respirare correttamente e il suo cuore parve urlare furioso verso quella notizia.

“No, non puo’ essere. Dobbiamo impedirlo. Dobbiamo dire la verità...” mormorò confusamente, alzandosi in piedi e facendo pochi passi in direzione della porta, ma Roy la bloccò per il braccio.

“Dove vai?” chiese e immediatamente lei rispose.

“A parlare con il Capitano di questa nave. Sono sicura che se spiegherò come stanno davvero le cose..” Roy scosse con forza il capo, interrompendola senza indugio.

“Oliver non vuole.” affermò.

“Cosa?!”

“Ho provato a fare la stessa cosa mentre gli stavano portando via, ma mi ha immediatamente zittito.”

L’espressione confusa e alterata Felicity domandò:

“E perché mai l’avrebbe fatto!?”

“Perché invece di credere alle nostre parole, potrebbero considerarci complici..” replicò pacatamente e la ragazza scosse nuovamente il capo in uno stato agitato di negazione.

“Non ha senso.. perché dovrebbero” iniziò, ma lei stessa arrivò alla risposta di quella domanda senza doverla completare.

“Siamo gli unici sopravvissuti alla strage..siamo fortunati.” sussurrò quasi, ripetendo le parole che Mary aveva detto poco prima, ma prive della positività con cui la ragazza le aveva pronunciate precedentemente.

Felicity chiuse gli occhi per alcuni istanti, mentre la consapevolezza dell’enorme disastro in cui si trovavano diveniva una cruda realtà. Oliver non l’aveva lasciata su quell’isola ad aspettare la marina. Oliver l’aveva salvata e per questo era stato catturato.

Quei pensieri si aggrapparono alla sua mente, formando una miriade di quesiti diversi su come avrebbe potuto cambiare quella situazione e aiutarlo, mentre il suo cuore battendo frenetico contro il suo petto, si porse un’unica domanda:

Perché era tornato indietro?



Angolo autrice

Anche questa settimana sono in ritardo, ma spero che possiate perdonarmi con la lettura di questo capitolo.
Sfortunatamente non so se riuscirò a postare il prossimo lunedì, poiché questa settimana di agosto è la più fitta lavorativamente parlando (visto che risulta di ferragosto) cercherò di farcela, ma in caso non ci riuscissi lo posterò comunque in settimana.
Per oggi vi ringrazio per le magnifiche recensioni lasciate sia qui che in pagina e spero di ricevere tanti commenti anche per questo capitolo.
Sono sinceramente curiosa di sapere il vostro parere.

Curiosità:
Mary Batson è un personaggio DC il cui alias è Mary Marvel.
Conway, nome scelto per l'isola di Felicity, è in realtà il cognome di uno degli autori che ha inventato la prima versione del personaggio di Felicity Smoak.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

Il suono cristallino del The che scorreva fino a depositarsi nella tazza, era l’unico rumore che interrompeva il silenzio presente nella stanza. Silenzio che accresceva di minuto in minuto l’agitazione della ragazza, verso quella che pareva un’estenuante attesa.

Dopo le parole di Roy, Felicity si era scervellata nel cercare un modo per liberare i pirati della Green Arrow, ma senza trovare risposta. Come avrebbe potuto liberare un gruppo di pirati, se era circondata dalla marina? Senza contare che si trovavano letteralmente in mezzo all’oceano. A quei pensieri la ragazza sospirò senza neanche accorgersene e Mary, posando la teiera sul vassoio mormorò:

“Sembrate ancora molto stanca. Forse avereste dovuto riposare un po’ di più prima di vedere il Colonnello.”

Felicity allora sollevò lo sguardo, ritornando alla realtà e sorrise automaticamente, scuotendo il capo.

“No, ho bisogno di ringraziare l’uomo che ha salvato me e Roy.” replicò, cercando d’imprimere in quella bugia un minimo di verità. E dopo tutto, non stava totalmente mentendo. Doveva ringraziare l’uomo che l’aveva salvata, ma non avrebbe potuto farlo se per colpa sua fosse finito ad Iron Heights, quindi prima doveva liberarlo e per fare ciò, le servivano informazioni. Ecco perché aveva chiesto di poter parlare con il Colonnello della nave con la scusa di poterlo ringraziare. Mary l’aveva accompagnata allora nello studio dell’uomo, servendole del The nell’attesa del suo ritorno. Attesa che finì proprio in quell’istante, quando la porta della cabina si aprì e la figura distinta di Anthony Ivo fece il suo ingresso. Felicity osservò il portamento distinto dell’uomo e istintivamente si alzò dalla sedia, in segno di rispetto verso il suo ingresso.

Anthony rimase un attimo immobile, gli occhi fissi sulla giovane figura nel suo studio, ma quel silenzio di sguardi venne ben presto interrotto da Mary.

“Felicity, vi presento il Tenente Colonnello Anthony Ivo, comandante della Amazo.”

Felicity chinò il capo appena, esibendosi in un chino non troppo aggraziato che l’uomo studiò con delicata freddezza.

“Piacere, io sono...” iniziò lei, ma l’uomo la interruppe ancor prima che potesse presentarsi, avanzando sicuro verso di lei.

“So chi siete, Felicity”

In un eleganza che rispecchiava la perfetta divisa che l’uomo indossava le prese la mano, portandosela alle labbra in un lieve e casto bacio. Quel gesto fece scorrere un brivido dall’allarme nel corpo della ragazza che istintivamente tese ogni suo muscolo.

“Sono lieto di vedere che vi siete ripresa. Quando vi hanno portato a bordo, eravate molto pallida.” mormorò lui, posando i suoi occhi su quelli di lei senza esitazione. Nonostante il tono di voce dell’uomo fosse pacifico e la sua espressione apparisse come un caloroso benvenuto, Felicity avvertì lo stomaco aggrovigliarsi e uno strano senso di nausea la pervase. Tuttavia, si sforzò di soffocare quelle emozioni e togliendo con garbo la mano dalla sua presa, replicò:

“Vi ringrazio per la vostra preoccupazione”

Gli occhi dell’uomo parvero scrutarla fin dentro l’anima, prima di rispondere con voce calorosa.

“È mio dovere. Ma prego accomodatevi, vedo che Mary vi ha già servito una tazza di The.”

Felicity annuì prendendo posto, mentre l’uomo si spostava dietro la scrivania di mogano e iniziava a trafficare con la teiera.

“Si, un ottimo The.” replicò lei e Anthony sorrise a quel commento, versandosene una tazza lui stesso.

“Vero? Questo The è così buono che ormai ne sono diventato dipendente. Ne bevo più di una tazza ogni giorno. Vi confesso, che lo preferisco persino al Whisky.” le disse, riservando un occhiata d’ironica segretezza alla ragazza che di rimando sorrise, mentre l’uomo si accomodava nella sua personale poltrona.

“Se non avete bisogno di me Colonnello io andrei.” mormorò Mary e Anthony mosse una mano in un segno silenzioso di consenso. Felicity seguì con lo sguardo la ragazza uscire e quando la porta si chiuse alle sue spalle, uno strano stato d’ansia la sommerse, verso la consapevolezza di trovarsi sola con l’uomo. Non era mai stata una tipa che giudicava qualcuno senza conoscerlo, ma ugualmente, non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che l’uomo davanti a lei, non fosse pulito come i suoi vestiti mostravano.

“Allora, Mary mi ha detto che volevate parlarmi.” disse Anthony, riportando velocemente alla realtà la ragazza.

“Be si, più precisamente volevo ringraziarvi di persona per aver salvato me e Roy.”

L’uomo accennò un sorriso, mescolando lo zucchero ambrato nella tazzina del The.

“Non avete alcun bisogno di ringraziarmi. Occuparmi di quei farabutti è stato un piacere.” affermò e Felicity si aprì in un sorriso, abbassando un poco lo sguardo e meditando su come porre la questione.

“Quindi.. sono morti?” domandò lei senza incrociare lo sguardo dell’uomo, il quale smise di girare lo zucchero, guardando con un sopracciglio alzato dalla sorpresa la ragazza.

“No, come Colonnello non ho la facoltà di uccidere se non per legittima difesa e sfortunatamente, non mi hanno dato motivo per mandarli all’altro mondo.” replicò l’uomo e Felicity combatté contro il sollievo che l’aveva invasa, tentando di mostrare un espressione sorpresa e spaventata in volto.

“In questo momento si trovano nelle prigioni di questa nave.” aggiunse l’uomo e Felicity alzò lo sguardo verso di lui.

“Su questa nave? E se dovessero fuggire?” chiese, apparendo incredula e allarmata, ma segretamente felice di aver potuto confermare quanto Roy le aveva detto.

“Impossibile. Sei dei miei uomini sono schierati nel corridoio per accedere alle prigioni e solo io ho le chiavi per aprire ogni porta. Inoltre, siamo quattrocentosettanta a bordo, se anche dovessero fuggire, gli soprassederemo facilmente.” assicurò e lei abbassò lo sguardo, stringendo le mani in grembo e continuando a mantenere un’espressione spaventata in viso, mentre la sua mente assorbiva quelle informazioni.

“Quattrocentosettanta?” ripeté più a se stessa che all’uomo e Anthony annuì, prendendo un altro sorso di The prima di commentare.

“Potete stare tranquilla, siete completamente al sicuro qui. Nessuno di loro puo’ fuggire.”

“Le vostre parole mi rincuorano.” affermò lei, tendendo le labbra in un sorriso che l’uomo ricambiò, prima di versarsi nuovamente dell’altro The. E Felicity, con il cuore in gola per quanto appena appreso, si ritrovò a pensare che la sicurezza di Anthony Ivo non era certamente una facciata. L’uomo aveva ragione. Farli evadere era un impresa impossibile. Se anche fosse riuscita a recuperare le chiavi e sbarazzarsi delle sei guardie, in che modo sarebbero potuti fuggire da quattrocentosettanta uomini della marina nel bel mezzo dell’oceano? Per quanto si sforzasse di pensare a una soluzione, non riusciva a trovarne alcuna.

“Sono felice di avervi rassicurata. Ora permettetemi di scortarvi nella sala da pranzo, sarete affamata.” disse Anthony, alzandosi con eleganza dalla sedia e interrompendo così le riflessioni della giovane, che automaticamente sorrise portando lo sguardo verso la sua figura.

“Vi ringrazio.” mormorò, sollevandosi e schiudendo sorpresa le labbra quando l’uomo le concedette il suo braccio. Felicity avvertì lo sguardo di Anthony scorrere su di lei e nuovamente un brivido la scosse, mentre con incertezza visibile afferrava il braccio dell’uomo lasciandosi guidare fuori dalla stanza. Percorsero in silenzio alcuni corridoi, che Felicity osservò attentamente nel tentativo di cogliere quanto più possibili informazioni e in ognuno di essi incontrarono diversi uomini che rigorosamente, alla vista del loro Colonnello, smettevano qualsiasi attività e dritti ma a capo chino, portavano i loro rispetti. La giovane di sottecchi guardò anche quanto quel rispetto compiacesse ed esaltasse l’espressione solenne dell’uomo che la scortava e mentalmente si disse che Anthony Ivo non fosse solo dipendente dal The, ma anche dal potere che la sua divisa possedeva. Nel tragitto verso il ponte di forza, Felicity continuò a incontrare sempre più sottoposti del Colonnello e ad ogni nuovo incontro la sua speranza nel liberare Oliver e la sua ciurma si affievoliva, schiacciato dalla pesante realtà che non sembrava aver via d’uscita. Ma quei suoi pensieri svanirono nell’esatto attimo in cui giunsero al ponte di forza. Gli occhi della ragazza vennero accecati per un momento dal sole forte del mattino e sbattendoli ripetutamente osservò inizialmente incerta l’immagine della Green Arrow, stagliarsi alle spalle della loro nave.

“Quella..?” si ritrovò a pronunciare senza neanche accorgersene, attirando l’attenzione di Anthony Ivo verso il medesimo punto.

“Ah.. la Green Arrow. Abbiamo deciso di portarla insieme a noi a Iron Heights, dopo il processo brucerà insieme al suo capitano.” spiegò con un sorriso soddisfatto in volto e Felicity voltò il capo a incontrare lo sguardo appagato dell’uomo.

“Ho pensato potesse essere poetico che capitano e nave bruciassero insieme.” sussurrò quasi e cercando di soprassedere la sorpresa di quelle parole la giovane sorrise, ma il suo cervello non riuscì a elaborare nessuna replica verso quell’affermazione, così nuovamente in silenzio si ritrovò a seguire l’uomo, mentre la consapevolezza che forse la fuga non era del tutto impossibile si faceva largo in lei. Non si trovavano completamente nel bel mezzo del nulla. La Green Arrow era alle loro spalle, prigioniera come loro della marina. Se fosse riuscita a liberare la ciurma, avrebbero potuto utilizzare la nave per fuggire, ma come? Il problema della maggioranza di uomini che risiedeva nella nave continuava a restare. Se anche gli avesse fatti fuggire, non avrebbero potuto combattere contro quattrocentosettanta persone. Con la mente fitta di questi pensieri arrivò senza neanche accorgersene nell’enorme sala, in cui parecchi uomini erano già accomodati. I tavoli lunghi e fini erano tutti ordinatamente in fila, tranne per un uno, che imbandito con più eleganza stava ad un lato della stanza, quasi a voler predominare la situazione. Anthony Ivo, la condusse proprio a quel tavolo, facendola sedere al suo fianco, sotto lo sguardo attento dei presenti.

“Spero non vi dispiaccia pranzare con me.” mormorò scostandole la sedia, nella quale lei sedette automaticamente.

“Niente affatto. Sono onorata di poter pranzare con voi.” mentì sorridendo all’indirizzo dell’uomo, che apparentemente ignaro della sua recita ricambiò, sedendosi al suo fianco. Felicity si ritrovò così a mangiare insieme al Colonnello, ascoltando i suoi discorsi su quanto fosse difficile il suo mestiere e su tutti i pericoli a cui era sopravvissuto. Ma non prestò la sua piena attenzione, poiché la sua mente era costantemente sommersa dal voler trovare una via di fuga.

“Il pesce non è di vostro gradimento?” la domanda di Anthony la colse impreparata, risvegliandola dalle sue stesse riflessioni.

“Come?”

“State spizzicando appena il cibo sul vostro piatto, ho il timore che non vi piaccia.”

Felicity guardò sorpresa il suo stesso piatto per un istante prima di posare nuovamente gli occhi sull’uomo.

“Oh no è squisito. Penso di essere ancora lievemente stanca e il mio stomaco non si è del tutto aperto.” si giustificò e l’uomo afferrò una sua mano con sguardo preoccupato.

“Perdonatemi, non ho affatto pensato che poteste ancora essere scossa dagli ultimi avvenimenti.” affermò e Felicity mantenne fermo il suo sorriso, cercando di resistere contemporaneamente all’impulso di levare la sua mano da quella presa.

“Non preoccupatevi.”

“Non posso farne a meno” replicò con fervore, stringendo la sua mano e portandola ancora una volta verso le sue labbra. Questa volta, l’uomo indugiò più di prima in quell’affettuoso gesto, tenendo gli occhi completamente fissi sulla figura di Felicity, la quale trattenne inconsciamente il respiro, scacciando l’ennesima sensazione di allarme che il suo corpo le stava inviando.

“Mi piacerebbe tornare nelle mie stanze. Non credo di essermi ripresa del tutto.” disse lei, il tono calmo e controllato. Anthony sollevò il volto, interrompendo il contatto tra le sue labbra e la mano della ragazza, poi replicò:

“Certamente. Lasciate che vi accompagni.”

“Oh non vi disturbate. Posso ritrovare la stanza da sola.” si affrettò a dire lei, ma l’uomo scosse il capo con decisione.

“La Amazo è una nave enorme, non vorrei mai che vi perdeste.”

Felicity fece un lieve cenno d’assenso, sorridendo in automatico verso quelle parole e insieme all’uomo si alzò dal tavolo. In quell’esatto attimo, la figura di Mary comparve al fianco di Anthony.

“Colonnello.” mormorò, palesando la sua presenza, ma lui non staccò neanche per un attimo gli occhi da Felicity, limitandosi a chiedere.

“Ci sono novità?”

“Si, Colonnello.” rispose lei, catturando finalmente la completa attenzione dell’uomo, che scusandosi brevemente con Felicity si allontanò di qualche passò insieme a Mary per conoscere le novità a cui aveva accennato.

Felicity seguì i due con lo sguardo, chiedendosi con curiosità quale genere d’informazione Mary stesse riportando al Colonnello, ma senza essere in grado di ascoltare il loro discorso. Nel medesimo istante la figura di Roy si palesò alle sue spalle, sorprendendola.

“Roy!”

“State bene?” domandò il ragazzo che aveva seguito da lontano il pranzo di lei con il Colonnello.

“Si, sto bene.” rispose lei, sorridendo questa volta genuinamente verso di lui.

“Avete visto la Green Arrow?” sussurrò subito dopo il ragazzo, guardandosi attorno per accertarsi che nessuno gli stesse ascoltando. Felicity annuì, spostando lo sguardo tra la folla.
“Si, se riuscissimo a liberarli, potremo usare la nave per fuggire.” anche le parole di lei furono un sussurro leggero e destinato solo alle orecchie di Roy.

“Qualche brillante idea sul come farlo nonostante tutti questi uomini?” domandò lui che proprio come la ragazza non sembrava vedere soluzione al problema. Felicity guardò i numerosi uomini nella sala mangiare con voracità il loro pasto e ancora una volta si disse che combattere contro tutte quelle persone non sarebbe stato possibile, così come sembrava impossibile arrivare fino alle prigioni senza che nessuno dei presenti si accorgesse di nulla. Sospirò inconsciamente verso quei pensieri che il ritorno di Anthony interruppe.

“Scusatemi, credo non mi sarà possibile riaccompagnarvi nella vostra stanza.” affermò l’uomo e Felicity schiuse le labbra sorpresa, replicando subito dopo.

“Oh non vi preoccupate. Ma qualcosa non va?”

Lui tese le labbra in un sorriso, scuotendo brevemente il capo.

“Affatto. Ho solo alcuni compiti che mi attendono.” spiegò vago, osservando di sfuggita Roy alle spalle di Felicity, ma senza minimamente accennare a presentarsi o salutare.

“Sarà Mary a riaccompagnarvi nella vostra stanza. Vi affido alle sue cure.” mormorò e dopo un breve cenno con il capo l’uomo la superò a passo svelto, sotto lo sguardo attento di Felicity che seguì quella strana uscita di scena. L’uomo era sembrato frettoloso e distratto. Pochi minuti prima le aveva ripetutamente baciato la mano per ogni minima cosa, ma nell’andarsene questa volta non l’aveva neanche sfiorata. Non che Felicity ne fosse delusa, tutt’altro, semplicemente quella mancanza le aveva fatto notare la velocità con cui il Colonnello si era congedato, portandola a chiedersi a cosa fosse dovuta tanta fretta.

“Seguitemi prego.” la voce di Mary nuovamente a pochi passi da lei la fece voltare, riportandola alla realtà e Felicity automaticamente accennò un sorriso tirato, seguendo la donna insieme a Roy.

Nel camminare per la sala da pranzo con lo sguardo alto alla ricerca della soluzione che le serviva la ragazza schiacciò inavvertitamente qualcosa a terra e sorpresa si bloccò, abbassandosi a raccogliere un rametto verde con alcuni fiori viola ancora attaccati. Non ci volle molte per riconoscere nella piantina tra le sue mani uno dei fiori di Batch.

“Felicity?” la chiamò Roy, vedendola immobile con il fiore in mano e a quel richiamo anche Mary si fermò, voltandosi a guardare la giovane per qualche attimo.

“Cosa fa questo fiore qui?” domandò a nessuno in particolare e quando Mary notò il fiore di cui parlava, tornò sui suoi passi, arrivando vicini alla giovane.

“È uno dei fiori decorativi che il nostro cuoco usa nei suoi piatti, dev’essere caduto durante il trasporto.” spiegò e Felicity annuì verso quelle parole, ricordando nello stesso istante di essersene ritrovata uno lei stessa nel piatto, ma di averci prestato troppa poca attenzione per riconoscerlo come fiore di Batch. Quasi in automatico staccò gli occhi dal fiore per posarli su Mary e disse:

“Credevo che i pasti sulle navi della marina fosse molto più semplice e senza fronzoli.”

La ragazza annuì in segno di conferma.

“È vero. Ma nella Amazo le cose vanno diversamente grazie al Colonnello. Lui tiene all’aspetto quanto al sapore del cibo e si preoccupa sempre che ognuno dei suoi uomini abbia la sua razione giornaliera.”

Felicity sorrise, aumentando un poco la presa sul fiore tra le sue mani.

“Il vostro è decisamente un grande Colonnello.” replicò lei e nell’espressione sorridente del suo viso, Felicity poté leggere tutto l’orgoglio che la giovane provava nei confronti del suo Colonnello. Senza più alcuna parola, la giovane seguì Mary al di fuori della sala e per i vari corridoi, mentre nel silenzio del suo essere la sua mente lavorò frenetica e ad ogni passo, il suo piano acquisì forma e spessore, fino a divenire la completa soluzione. Quando Felicity entrò nella sua stanza, rimanendo nuovamente sola con Roy, le ci vollero alcuni minuti di silenzio, prima di palesare verbalmente ciò che per tutto il tragitto dalla sala alla camera era rimasto solo un pensiero nella sua testa.

“Non vorrei dire l’ovvio, ma credo sia davvero impossibile liberarli. E anche se ci riuscissimo, come potremo combattere contro tutti quei marinai?”

Il ragazzo non aveva posto quella domanda aspettandosi seriamente di ricevere una risposta per cui fu decisamente sorpreso, quando sentì Felicity affermare:

“Possiamo..”

“Cosa?” fu la replica immediata di Roy, che prontamente si voltò a guardarla, ma gli occhi della giovane erano ancora puntati sul fiore di Batch tra le sue mani.

“So come liberarli evitando lo scontro.” affermò con calma disarmante, alzando lo sguardo verso quel del tutto confuso di Roy.

“Come?” fu l’ultima domanda che il ragazzo pronunciò, prima che Felicity iniziasse a illustrare il suo piano rendendo ciò che era parso impossibile fino a poco prima, lentamente possibile.


 


 

Bruciavano. Le nuove ferite sulla sua schiena, causate dalle frustate ricevute bruciavano immensamente. Un dolore lento e fastidioso che si univa al dolore delle sue braccia, alzate verso l’alto e tenute tese dalle catene legate ai suoi polsi. Qualsiasi altro uomo nelle condizioni in cui lui versava avrebbe probabilmente finito per perdere i sensi o chiedere pietà. Sarebbe apparso provato, sconfitto, umiliato.. ma non Oliver Queen. Il volto impassibile del pirata, non lasciava minimamente trasparire il dolore diffuso sul suo corpo. E le due guardie all’interno della stanza, stanche per tutte le frustate che gli avevano inflitto senza ottenere successo, lo guardavano a stento sorpresi e intimoriti dall’impassibilità d’indifferenza sul volto dell’uomo. Oliver ovviamente, poteva sentire la loro paura, poteva persino indovinare ciò che in quel momento stavano pensando. Mostro. Il pirata sorrise verso quei pensieri, ma senza alcuna allegria e con occhi gelidi guardò i suoi aguzzini. Quest’ultimi istintivamente indietreggiarono, mentre nelle celle ai lati di quello spettacolo alcuni pirati della Green Arrow, legati alle pareti da catene di ferro, ridacchiarono, verso il ben poco coraggio dei due marinai.

“Non pensare che sia finita qua!” si decise ad esclamare uno, fingendo un coraggio che non possedeva.

“Continueremo anche dopo e dopo ancora, fino a quando non cederai.” rincarò l’altro, rincuorato dal coraggio dell’amico, ma tutto quello che ottennero fu allargare il sorriso di Oliver.

“Penso che cederete prima voi.” replicò il capitano della Green Arrow e risate sguainate si udirono da ogni cella, portando i due marinai a lasciare la stanza pieni di vergogna e rabbia.

Alla loro uscita, il sorriso di Oliver svanì e la corazza in posta vacillo, mentre l’uomo chiudeva gli occhi.

“Stai bene Oliver?” domandò immediatamente Thomas, scoprendo la facciata d’indifferenza che avevano tenuto fino a quel momento.

“Si.” rispose il pirata, tenendo gli occhi fermamente chiusi e lasciandosi invadere dal ricordo di quanto avvenuto a Conway.

Per la sua decisione di correre in soccorso a Felicity, aveva portato la sua intera ciurma dritta nelle braccia della marina. Quando aveva deciso di diventare un pirata, si era ripromesso d’inscatolare ogni suo sentimento, focalizzandosi solo sul suo obbiettivo. Trovare l’assassino dei suoi genitori e scoprire cosa fosse successo alla sua sorellina. Aveva lavorato a lungo per diventare l’uomo che era, per estirpare ogni debolezza, ma lei aveva distrutto ogni cosa. Erano bastati un paio di giorni al suo fianco, per scuoterlo nel profondo e il risultato era stato la situazione catastrofica in cui ora si trovavano. Il pirata riaprì gli occhi sollevando nuovamente la sua corazza d’indifferenza e mentalmente si promise di non levarla più.

“Dobbiamo trovare un modo per uscire da qui” dichiarò sollevando gli occhi verso le sue catene e iniziando a fare peso su esse al fine di farle cedere.

“E dobbiamo farlo in fretta. Una nave come questa è veloce. Impiegheremo pochi giorni ad arrivare a Iron Heights. Due, al massimo tre.” mormorò John, scatenando brusii scontenti da parte dei suoi compagni. In quel momento, la porta della stiva si aprì in uno scatto e una figura distinta dallo sguardo duro entrò, insieme a due agitati marinai.

Quando Oliver incrociò lo sguardo dell’uomo, la sua corazza vacillò per un momento, verso il ricordo lontano di chi era stato.

“Capitano Lance. Siete venuto a vedere come sto?” domandò, mantenendo perfettamente il suo ruolo e il capitano Quentin Lance strinse le labbra, osservando con palese odio il pirata.

“L’avete davvero frustato.” mormorò più a se stesso che a chiunque altro e i due marinai ai suoi lati replicarono coordinatamente.

“Capitano sono ordini del Tenente Colonnello.”

“Inoltre nessun altro puo’ stare qui”

“Silenzio!” ordinò il capitano Lance, tenendo tuttavia gli occhi intrisi di rabbia puntati su Oliver. Finalmente aveva catturato l’uomo che da anni continuava a cercare. L’assassino di sua figlia, il distruttore della sua stessa famiglia. Quando l’aveva visto a Conway non aveva creduto ai suoi occhi e cogliendo l’occasione al volo era riuscito a catturarlo. Ma era rimasto lontano dalla sua cella. Terrorizzato dal suo stesso istinto di vendetta. Perché non importava quanto nobile fosse il suo animo, il desiderio di ucciderlo brutalmente era intriso in lui, come un veleno che lo corrodeva di minuto in minuto. Eppure si era trattenuto, tenuto a distanza di sua spontanea volontà. Fino a quando non aveva sentito alcuni marinai parlare delle frustate che avevano inflitto all’uomo. Solo allora era sceso fino alla stiva.

“Questo non è il modo in cui si comporta la marina militare! Noi non siamo loro!” affermò, il tono alto e impetuoso, guardando con occhi di rimprovero i due marinai che sull’attenti e a capo chino restarono in silenzio. Il capitano Lance allora rivolse nuovamente l’attenzione verso Oliver, camminando fino ad arrivare a un passo dal suo volto.

“Noi non siamo mostri.” sussurrò, scandendo ogni parola con precisione assassina. Il sorriso di Oliver svanì,mentre osservava l’odio impresso nello sguardo dell’uomo che una volta l’aveva trattato come un figlio e ricordi dolorosi lo trafissero come lame affilate. Ma quelle memorie non lo risucchiarono via dalla realtà, poiché l’applaudire distinto di un nuovo venuto interruppe quel momento. Anthony Ivo fece il suo ingresso nella stanza, zittendo tutti i presenti con la sua comparsa e Oliver schiuse le labbra, spalancando gli occhi sorpreso alla vista dell’uomo che ben conosceva.

“Parole sagge e piene di onore capitano Lance.” mormorò Ivo, fermando il breve applauso e sorridendo all’indirizzo del suo sottoposto.

“Se le ritenete sagge, perché avete dato questi ordini?” domandò Lance, la guardia alta e gli occhi attenti verso l’uomo.

“Poiché la nobiltà di quanto avete detto, dovrebbe essere applicata solo verso gli errori umani, non verso i mostri.”

Quentin Lance dischiuse le labbra e abbassò lo sguardo, mentre quelle parole rimbombavano nella sua testa e Anthony allargò le labbra in un sorriso, prendendo il frustino dalle mani del suo sottoposto e avvicinandosi al capitano. Quest’ultimo, alzò lo sguardo nel medesimo istante in cui Ivo gli porse la frusta.

“In cuor vostro, sapete che è giusto.” sussurrò, tentandolo come il più astuto dei diavoli e Lance tentennò per un apparentemente lunghissimo attimo, prima di risollevare gli occhi verso quelli del Colonnello e replicare:

“Fate come volete.”

L’uomo superò subito dopo Anthony, uscendo dalla stanza senza voltarsi indietro neanche per un attimo e scappando così dal suo stesso malato desiderio di vendetta, ancora una volta. E il Colonnello, con ancora la frusta in mano, congedò i due sottoposti, restando poco dopo solo nella stiva.

“Mi sorprende che tu non mi abbia smascherato davanti al Capitano Lance.” mormorò Ivo, interrompendo per primo il silenzio creatosi all’uscita dei due marinai e Oliver replicò:

“Trovo inutile dare informazioni a cui nessuno crederebbe.”

Il volto del marine si distese in un sorriso di glorioso e malato divertimento verso quelle parole, mentre le sue mani accarezzavano giocosamente il frustino.

“Allora perché non mi dai delle informazioni a cui io crederò?” domandò e spostandosi fino a arrivare ad un soffio dal volto di Oliver, sussurrò.

“Dove si trova la Mirakuru ?”

“Probabilmente infondo all’oceano.” sussurrò con tono ironico e provocativo il capitano della Green Arrow, ma Ivo non abboccò all’amo e sempre con il sorriso in bocca replicò.

“Oh andiamo Oliver. Sappiamo entrambi che non è vero.”

Il pirata mantenne l’espressione del suo viso impenetrabile e non accennò minimamente a parlare, così Anthony propose.

“Facciamo così. Tu mi dici che fine ha fatto la Mirakuru e io lascio andare il tuo equipaggio.”

La corazza di Oliver subì una scossa verso quelle parole, che Ivo non si lasciò sfuggire.

“Ovviamente non posso lasciar andare te. Sarebbe un disonore immenso per un calibro grosso come me se questo accadesse, ma essendo la tua ciurma molto forte e temuta, nessuno si sorprenderebbe se durante un tentativo di evadere riuscissero a fuggire. Sopratutto con la Green Arrow che viene trascinata dalla nostra nave.”

Le sue parole si espansero nella stanza verso le orecchie di tutti i presenti, creando un silenzio di apparente tensione che durò alcuni istanti. Poi Oliver abbassò il capo e Ivo, per un attimo credette di essere riuscito a persuaderlo, ma quello che ottenne furono risate.

Oliver Queen si mise a ridere, seguito ben presto dal resto del suo equipaggio e sollevando lo sguardo si scontrò contro l’espressione infastidita e confusa del Colonnello.

“Mi dispiace Ivo, ma anche se accettassi non servirebbe a niente.” mormorò il pirata, lasciando sfumare lentamente la risata.

“Cosa intendi dire?” domandò in modo secco lui.

“I miei uomini non scapperebbero senza di me, neanche se glielo ordinassi.”

La replica sicura trasformò l’espressione di Ivo nella fredda patina d’orata che rappresentava la sua vera personalità e con tono intriso di minaccia, disse:

“Vorrà dire che dovrò farti sputare l’informazione insieme al tuo sangue.”

Oliver si dimostrò impassibile verso quelle parole e un silenzio carico d’intensione invase nuovamente la stanza. Poco dopo quel silenzio venne sostituito da gemiti e urla di dolore, fino a ripresentarsi nuovamente, quando il capitano della Green Arrow perse i sensi esausto, sotto gli occhi impotenti e furiosi, del suo equipaggio.

La sua esausta mente questa volta non lo condusse verso i suoi ricorrenti incubi, ma lo tenne nella più completa oscurità fino a quando un po’ di luce lo portò a vedere il volto in lacrime di Felicity che costantemente ripeteva il suo nome. Quella semplice fantasia, lo fece sorridere e preoccupare allo stesso tempo. Felice di vederla, ma confuso da quelle lacrime, pronunciò a stento il suo nome, mentre calde lacrime continuavano a segnare le sue guance, facendogli desiderare di poterle asciugare via. Spinto da quell’impulso l’uomo mosse il braccio, nel tentativo vano di raggiungere con la mano il viso di lei, ma una forza misteriosa gli impedì di spostarsi. Oliver Queen sollevò gli occhi verso le catene che ancora lo tenevano prigioniero e lentamente a quella vista prese coscienza che quello che stava vivendo non era affatto un sogno.

“Felicity..?” mormorò allora, gli occhi sorpresi e confusi fissi sul suo volto e la giovane sorrise un poco, gli occhi ancora ricoperti di lacrime.

“Sono qui.” sussurrò, accarezzando con estrema delicatezza il viso di lui, rendendo inconsapevolmente più sicuro l’uomo sulla sua presenza.

“Pazienta ancora un poco, Roy tornerà a momenti.” mormorò in una spiegazione che per il pirata non aveva alcun senso. Diviso tra la possibilità che fosse uno dei più vividi sogni mai avuti o una delle realtà più strane mai vissute, il pirata si perse nell’osservare ogni sfumatura del viso di lei, dissetandosi della sua immagine come se stesse assaggiando l’acqua dopo mesi nel deserto.

E infine, decise che non importava cosa stesse accadendo. Perché se fosse stato un sogno, avrebbe desiderato poter dormire per sempre e se invece quella fosse stata la realtà, non avrebbe mai più chiuso occhio. Vederla era tutto ciò che voleva.





angolo autrice.
A causa di ferragosto, come vi avevo anticipato, sono stata in grado di finire questo capitolo solo ieri sera. Mi dispiace abbiate dovuto attendere, ma ora con la fine dell'estate il lavoro diverrà sempre di meno, per cui avrò più tempo per scrivere e aggiornare in tempo. Chi sa, forse a settembre riuscirò anche a postare due capitoli a settimana.
Ad ogni modo sono tornata e spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Sfortunatamente Oliver e Felicity non hanno avuto alcuna interazione, tranne per il finale, ma non preoccupatevi poiché nel prossimo avranno decisamente parecchie interazioni. Questo capitolo era un capitolo informativo. Vi ho dato nuovi indizi sulla storia che state andando a leggere e nuovi quesiti. Ho anche introdotto il Capitano Lance e proprio come nel telefilm, anche in questa storia Oliver è responsabile della morte della figlia. Ma perché? Cos'è accaduto? Sono stra curiosa di leggere tutti i vostri commenti. Sapere se il capitolo vi è piaciuto e conoscere quali solo le vostre teorie in proposito.
Vi mando una marea di baci e vi ringrazio per tutte le splendide recensioni che mi avete lasciato nel precedente capitolo.
Appuntamento a lunedì con il decimo capitolo!
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10


 

Paralizzata. Era stata questa la sua prima reazione alla vista delle condizioni in cui versava Oliver, incatenato e ricoperto di sangue. Ed il pensiero che potesse essere morto, per un attimo aveva sfiorato la sua mente, portando le sue gambe a muoversi, come spinte da volontà propria, verso l’uomo. Non aveva fatto caso ai commenti sorpresi dell’equipaggio, rinchiuso nelle celle laterali che chiamavano il suo nome, i suoi occhi erano rimasti fissi verso il volto privo di sensi dell’uomo, volto, che con mani tremanti aveva sollevato.

La vista lentamente appannata dalle lacrime e il cuore in gola, Felicity aveva controllato le pulsazioni del pirata, rilasciando un respiro di sollievo al semplice udire dei suoi battiti. Successivamente aveva chiamato il suo nome, più e più volte lasciando le sue lacrime libere di riversarsi nelle sue guance. Roy nel frattempo aveva provato a liberare l’uomo dalle catene che lo tenevano sollevato in aria, ma senza risultato. La chiave per esse non si trovava nel mazzo che il ragazzo aveva sgraffignato dalla stanza del Colonnello, così era corso fuori dalle prigioni, per cercare la giusta chiave. Poco dopo, Oliver aveva aperto gli occhi, guardando Felicity con espressione confusa in volto e lei aveva disteso le sue labbra in un sorriso automatico, tornando nuovamente a respirare. Non era riuscita tuttavia a fermare le lacrime che invadevano il suo volto, sopraffatta da una serie di emozioni a cui neanche lei, avrebbe saputo dare un nome e sorda, verso il resto del mondo, aveva continuato semplicemente a guardare il volto del pirata, fino a quando la voce di Thomas l’aveva risvegliata da quella sorta di cupola in cui si era inconsapevolmente barricata.

“Felicity le chiavi..” era stato tutto quello che la ragazza aveva percepito e immediatamente, la sua razionalità era tornata al comando. Aveva lasciato andare il volto di Oliver ancora confuso e frettolosamente si era asciugata le lacrime, afferrando le chiavi che Roy aveva lasciato a terra poco prima di uscire dalla stanza. Ma era riuscita a compiere solo pochi passi, prima che la porta si aprisse nuovamente con gran fragore e Roy venisse lanciato all’interno della stanza come un enorme sasso.

“Roy!” l’esclamazione preoccupata del suo nome uscì automaticamente dalle labbra della ragazza, sorpresa quanto il resto dei presenti e istintivamente si mosse verso il giovane, pronta a controllare le sue condizioni, ma la voce imperiosa di Ivo la impietrì sul posto e del tutto scioccata si ritrovò a faccia a faccia con il Colonnello dell’Amazo.

“Pare che Mary avesse ragione. Siete davvero dalla loro parte, Felicity.”

Gli occhi di ghiaccio fissi su di lei, Anthony avanzò nella stanza con passo fermo, sotto lo sguardo del tutto sconvolto della giovane. Come mai l’uomo era ancora sveglio? L’intera nave aveva subito gli effetti dei fiori di batch che lei aveva furtivamente introdotto nella cena di quella sera cadendo in un sonno profondo, ma perché Ivo no?

“Vi state chiedendo come io faccia ad essere sveglio, vero? ” domandò l’uomo, guardando l’espressione della ragazza con un sorriso di amara ironia e Felicity chiuse la bocca, cercando di mascherare la sua espressione del tutto sconvolta.

“La risposta è semplice. Non ho avuto il tempo di cenare. Sono stato occupato tutta la sera a intrattenere il capitano della Green Arrow.” rivelò e Felicity voltò appena il capo, realizzando nel guardare ancora una volta il sangue di cui Oliver era ricoperto, cosa Ivo intendesse con la parola intrattenere.

“Per questo motivo non sono stato drogato dalla vostra trovata che devo ammettere, assolutamente geniale. In pochi conoscono le proprietà dei fiori di Batch.” la lodò lui, ma la giovane ignorò quell’ammirazione e lo smarrimento che l’aveva invasa solo poco prima svanì, lasciando il posto al suo indomito coraggio.

“Non avevate alcun diritto di fare tutto ciò. La marina non agisce forse secondo le leggi? E le leggi non impongono un processo prima di arrivare ad una condanna!?” domandò stizzita e Anthony Ivo si aprì in una grossa risata, prima di risponderle:
“Non ho bisogno di alcun processo. Il mondo intero sa quali crimini lui ha commesso, e potete star certa che nessuno si lamenterà di questo.”

“Vi sbagliate. Oliver non ha commesso nessuno dei crimini di cui lo accusate!” ribatté Felicity senza indugio e il Colonnello inclinò il capo, il sorriso sempre fermo sul suo volto.

“E dove sarebbero le prove?” domandò con tono ironico e sicuro, guardando con compiacimento l’esitazione che la ragazza stava mostrando nel rispondere. Ma dopo pochi attimi, quel sentimento gongolate svanì, trascinato via dalle parole di lei.

“Io..”

“Come prego?”

“Io sono la prova. Oliver non ha attaccato la mia isola, lui mi ha salvata. Io sono la prova.” affermò lei e il sorriso nel volto di Anthony perse tono e ilarità, freddandosi in un’espressione di aspra consapevolezza.

“Quindi ciò che avete fatto è un crimine. Avete abusato della vostra autorità come Colonnello senza svolgere alcuna indagine accurata. Perderete sicuramente il vostro grado.”

Anthony abbassò lo sguardo, mentre il sorriso sul suo volto si dissipava del tutto e la voce roca e minacciosa sussurrò.

“Allora immagino di non aver trovato alcun sopravvissuto a Conway.”

Felicity schiuse le labbra, mentre l’uomo risposava lo sguardo su quello della giovane e in una frazione di secondo capì le sue intenzioni. Istintivamente si voltò correndo verso una delle celle per liberare la ciurma, ma Ivo fu più veloce e in un solo scatto l'agguantò, bloccando la sua corsa.

“Lasciatemi!” ordinò Felicity, mentre altre grida simili giungevano da ogni cella.

“Non vi hanno mai detto che le persone che ficcano il naso negli affari degli altri fanno una brutta fine?” domandò, tentando di trascinarla con forza fuori dalla stiva, ma Felicity caparbia continuò ad agitarsi, riuscendo a mordere un braccio dell’uomo e sfuggire alla sua presa.

Ivo gemette dal dolore, ma riacciuffò subito la sua preda. Felicity lanciò disperatamente le chiavi verso una delle celle, tuttavia il mazzo non cadde abbastanza vicino da rendere possibile ai pirati di recuperarla e Ivo rise, verso quell’inutile tentativo. Fu in quel preciso momento che i sensi di Oliver ritornarono. La sensazione di stordimento che l’aveva accompagnato durante tutto quel tempo svanì e nel guardare Felicity finire a terra con Ivo sopra di lei ritornò bruscamente alla realtà.

“Levale le mani di dosso!” urlò Thomas, muovendo in uno scatto d’ira le bracciata bloccate dalle catene. Ma l’uomo non ascoltò minimamente le parole del pirata o del resto della ciurma. Strinse semplicemente il fragile collo di lei in una morsa atta solo ad un fine: uccidere.

“Non avresti dovuto intrometterti.” le disse, mentre lei boccheggiava, nel disperato tentativo di respirare. A quella vista Oliver, completamente sveglio, venne totalmente sommerso da una rabbia cieca e il dolore e la debolezza che fino a quel momento aveva provato a causa delle torture subite sembrarono svanire. Senza esitazione, il pirata afferrò con le mani le catene che lo tenevano sospeso per aria, rigirandosele più volte nei polsi e con una forza disumana riuscì a fare leva su di esse, usando il peso del suo corpo per sradicarle dal soffitto.

In un boato inaspettato e assordante, Oliver Queen cadde a terra, le catene ancora ai suoi polsi, ma non più attaccate alla nave e lo sguardo perforante verso quello terrorizzato di Ivo che come il resto dei presenti, si era voltato a guardarlo.

“Come..?” fece in tempo a dire il Colonnello, prima che come un toro alla carica Oliver gli si gettasse contro, liberando Felicity.

La giovane, tossendo convulsamente si girò su un fianco, respirando con voracità l’ossigeno di cui poco prima era stata privata, mentre i due uomini continuavano a lottare nel pavimento, l’uno in cerca di predominare l’altro.

“Felicity le chiavi!” urlò nuovamente John al suo indirizzo, sotto le grida degli altri compagni d’equipaggio che incitavano il loro capitano a far fuori Ivo e la ragazza si rialzò in piedi con una forza che non sapeva di avere, barcollando fino al mazzo di chiavi. Ma ancor prima che potesse afferrarlo un colpo di proiettile si conficcò a tre centimetri dal punto esatto in cui stavano le chiavi. Felicity emise un urlo di paura e spostandosi su di un lato per la sorpresa, finì per cadere nuovamente a terra, poi si voltò, guardando come il resto dei presenti la figura di Ivo a cavalcioni su Oliver, la pistola puntata verso di lei e una mano a stringere la gola del pirata.

“Sembra che il vostro desiderio di morire sia grande.” ironizzò il Colonnello e Felicity deglutì, mentre Oliver nonostante lo sfinimento dovuto alle pessime condizioni in cui versava, continuava invano a tentare di liberarsi.

“Ve lo ripeterò ancora, non intromettetevi o la morte rapida che volevo concedervi diverrà una lenta tortura.” minacciò, tornando poi a posare lo sguardo verso Oliver.

“Riguardo a te Oliver, immagino di averti sottovalutato. Hai ancora la forza per muoverti.” soppesò, osservandolo per un momento silenziosamente prima di aggiungere:

“Magari dovrei spararti ad una gamba o a un braccio, tanto per assicurarmi che tu stia fermo.”

Le parole dell’uomo furono seguite dal movimento del suo braccio che si spostò fino a poggiare la pistola nella spalla del pirata. A quella vista, Felicity scosse il capo in modo convulso e le urla di protesta nacquero spontanee.

“No! Ti prego no!”

Anthony si voltò sorpreso verso quella supplica, ma gli occhi di lei non ricambiarono quello sguardo, totalmente fissi sul corpo di Oliver e ormai prossimi alle lacrime.

“Ha già perso molto sangue, con una ferita da sparo non sopravviverebbe!” spiegò, la voce rotta dal pianto che non riusciva più a trattenere. Il volto sorpreso di Ivo divenne ben presto coperto da un ironico divertimento a quella vista, ed emettendo una risata folle, domandò:

“Credevo stessi tentanto di liberarli perché ti hanno salvata, ma in realtà c’è più di questo vero?”

Felicity non rispose e l’uomo senza indugio continuò.

“Sei innamorata di lui.” affermò con sicurezza e Oliver seppur stordito schiuse le labbra verso quelle parole. Il sorriso nel volto di Anthony aumentò, mentre i singhiozzi della giovane dovuti al pianto si dissipavano a poco a poco.

“Si è innamorata di te.” ripeté Anthony, questa volta verso il pirata, ridendo per lo strano déjà vu che gli sembrava di vivere.

“Ora che la guardo meglio, assomiglia alla piccola Shado.” affermò e lo sguardo di Oliver gelò al sentire pronunciare quel nome. Ivo sorrise, divertito dall’espressione che il pirata aveva assunto e lentamente si chinò verso l’orecchio dell’uomo, sussurrando affinché solo lui potesse sentire:

“Credi che farà la sua stessa fine?”

La bocca di Oliver si deformò in una smorfia di rabbia mal trattenuta e quando l’uomo scostò il suo viso per posare lo sguardo sul pirata, i suoi occhi brillarono minacciosi. L’istinto di liberarsi dalla sua presa e spezzargli il collo si propagò totalmente in Oliver, ma l’istante successivo, il pirata si accorse con orrore che quella volta la sua volontà non sarebbe bastata. Non importava infatti quanto disperatamente volesse fermare Ivo, il suo corpo allo stremo, non rispondeva più ai suoi comandi. Un sorriso divertito si formò nel volto del Colonnello, mentre stendeva il braccio armato in direzione di Felicity, pur continuando a guardare gli occhi totalmente paralizzati di Oliver. Le grida di protesta provenienti da ogni cella divennero voci sorde alle orecchie del pirata e il ritmo del tempo parve rallentare verso quel decisivo momento.

“No.” fu solo un sussurro intriso di paura. Una negazione istintiva che in un flashback di spaventosi ricordi, portò Oliver a rivedere Shado. Il ricordo del suo sorriso un attimo prima che la vita le venisse strappata via e il suo urlo disperato, mentre il corpo di lei cadeva con banalità al suolo, parve prendere vita, divenendo un eco disperato nella sua testa. Ivo voltò il capo verso Felicity, il braccio teso e il dito sul grilletto, pronto a colpire. E Oliver trattenne il respiro, mentre l’urlo disperato che fino a quell’attimo aveva echeggiato nella sua testa esplose dalle sue labbra, in un ultimo amaro tentativo di fermarlo. Il volto di Felicity venne rigato da calde lacrime, mentre chiudeva gli occhi in un silenzioso segno di accettazione verso quella fine, poi il boato.

Il rumore di un solo colpo: forte, ma non abbastanza da eguagliare il suono di un proiettile. In quel minuto sospeso nel buio, Felicity trattenne il fiato, domandandosi come mai non sentisse alcun tipo di dolore e per un attimo, il pensiero che fosse direttamente passata all’altro mondo le sfiorò la testa. Ma quando riaprì gli occhi, si ritrovò esattamente nello stesso punto di prima con una sola differenza.

Ivo era a terra privo di sensi e Roy, con in mano una pala, stava eretto e fiero accanto a Oliver. Un attimo di stupore sospeso, poi Felicity si rialzò in piedi precipitandosi senza indugio verso Oliver.

“Stai bene?” entrambi porsero all’unisono quella domanda ed entrambi sorrisero annuendo appena in risposta, per poi perdersi l’uno negli occhi inconsapevoli dell’altro. C’erano così tante cose che avrebbero voluto dire, scuse e domande che affollavano la loro mente. Ma in quel momento decisero di rimanere in silenzio, cullati dal sollievo reciproco di sapere che l’altro era salvo.

A interrompere il loro silenzioso scambio di sguardi ci pensò John, che finalmente libero come il resto della ciurma grazie a Roy, ricordò ai due che si trovavano ancora in una nave della marina e che non era il caso di ritardare oltre la loro fuga. Così, sorretto da Tiger e Diggle, con davanti a se Felicity e circondato dal resto della ciurma, Oliver Queen lasciò le prigioni, ritornando sulla sua amata Green Arrow e viaggiando a vele spiegate lontano dalla Amazo.


 


 

Intanto da tutt’altra parte.

“Quindi sono stati catturati dalla marina?” domandò l’uomo e il sottoposto annuì.

“Probabilmente arriveranno presto ad Iron Heights e a quel punto saranno uomini morti.” commentò il pirata sorridendo con soddisfazione, sorriso che venne prontamente ricambiato dal suo capitano, che a passo fermo arrivò davanti a lui. Quando furono in piedi l’uno a pochi passi dall’altro non passò più di un secondo prima che il sorriso nel volto dell’uomo si spense e il suo sottoposto capisse il grave errore commesso. Con una sola mano il pirata afferrò il ragazzo per il collo, sollevandolo in aria e privandolo sempre più dell’ossigeno.

“Lo trovi divertente!? Sono io l’unica persona che deve ucciderlo!” esclamò e la sua voce roca intrisa di rabbia parve riecheggiare nella stanza, mentre con furia omicida lanciò l’uomo lontano dalla sua vista. Il respiro affannato e l’espressione rabbiosa, pensò che quello non era il modo in cui avrebbe voluto fossero andate le cose. Oliver Queen non poteva ancora morire e sopratutto, non per mano della marina. No. Lui doveva prima soffrire così intensamente e disperatamente da desiderare la morte. Nello stesso modo in cui lui stesso aveva sofferto. Solo allora, gli avrebbe concesso la fine per mezzo della sua spada. Slade Wilson non gli avrebbe permesso di avere nessun’altra fine, se non questa.


 


 

--

Era abituato a rischiare la vita. In più di un occasione fin da quando era solo un ragazzo era stato costantemente circondato da pericoli, molti dei quali gli avevano fatto sfiorare la morte e divenire un pirata non aveva certamente cambiato questa condizione, tutt’altro. Il faccia a faccia con la morte era diventato una costante nella sua vita, tanto che il pirata aveva sviluppato una sorta d’immunità allo shock successivo che quelle situazioni solitamente comportavano. Per lui, quella era un’abitudine, ma era certo che non lo fosse affatto per Felicity. Poteva dirlo dal modo in cui si era chiusa a riccio, fin dal loro ritorno a bordo della Green Arrow. Non aveva spiccicato parola, e se c’era una cosa che aveva imparato nel poco tempo trascorso con lei era che Felicity, aveva sempre qualcosa da dire. Ma per tutto il tempo in cui aveva pulito e bendato le ferite che Ivo gli aveva inferto, non aveva detto nulla. Chiusa in un silenzio assorto che Oliver aveva rispettato, osservando ogni singolo movimento della ragazza con celata preoccupazione.

Almeno fino a quel momento.

Il pirata schiuse le labbra, sorpreso, guardando delle improvvise lacrime rigare le guance della ragazza che sorpresa quanto lui, le asciugò velocemente, dando le spalle all’uomo nel goffo tentativo di nascondersi.

“Le ferite vanno pulite almeno due volte a giorno.” mormorò, spezzando il silenzio che fino a poco prima era regnato tra loro.

“Se avete qualche foglia o radice di Borragine potrei fare un infuso per aiutare la cicatrizzazione.” continuò, sistemando le bende di stoffa tra le sue mani nel tavolino là davanti.

Oliver si alzò dalla sedia in legno sulla quale era stato seduto per tutto quel tempo e con passi lenti ma decisi, chiuse la distanza che lei aveva messo tra loro.

“Felicity..” sussurrò alle sue spalle e la giovane trattenne inconsciamente il fiato.

Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che il pirata fosse a pochi centimetri da lei. Percepiva chiaramente il suo respiro e il calore che il corpo dell’uomo emanava.

“Stai bene?” domandò e lei boccheggiò, gli occhi ancora lucidi, mentre una miriade di sentimenti contrastanti si abbattevano con furia sul suo cuore.

“Certo. Non sono io quella ricoperta di ferite.” mormorò, voltandosi per fronteggiare lo sguardo attento e preoccupato del pirata.

“Non sono io che mi sono fatta catturare dalla marina, finendo per essere torturata fino a perdere i sensi! Non sono io che ho rischiato la vita in modo incosciente e per cosa poi!?”

Oliver schiuse le labbra, guardando confuso il contrasto visibile tra l’espressione furiosa del suo volto e la tristezza intrisa nei suoi occhi lucidi.

“Spiegamelo! Perché!?”

“Perché cosa?” domandò il pirata sempre più perplesso da quella situazione.

“Perché sei tornato indietro!?” chiese in un urlo carico di disperazione e Oliver spalancò gli occhi sorpreso, mentre Felicity abbassando il capo colpì il suo petto. Una volta. Due.

“Perché non hai semplicemente continuato il tuo viaggio!?”

Tre.

“Perché non mi hai semplicemente lasciata al mio destino!? Perché l’hai fatto!? Perché!?”

Quattro. Cinque. Sei.

La mano del pirata bloccò i fragili pugni che fino a quel momento lei aveva riversato sul suo petto e finalmente consapevole dei sentimenti della ragazza, sussurrò deciso.

“Mi dispiace.. per gli abitanti del tuo villaggio.”

Felicity alzò lo sguardo verso quello dell’uomo, mentre quelle parole si abbattevano in lei come onde in tempesta, trascinandola al largo di quelli che erano i suoi veri sentimenti.

Erano tutti morti.

La ragazza si morse il labbro inferiore, cercando con quel briciolo di forza rimasta di trattenere le lacrime, ma quelle, sgorgarono veloci tracciando le sue guance una dopo l’altra e copiose appannarono la sua vista. I ricordi dei corpi delle persone con cui era cresciuta, ammassati l’uno sull’altro invase la sua mente, in un turbinio continuo di cocente dolore.

Singhiozzò, abbassando lo sguardo e Oliver lasciò andare le sue mani, che lentamente ricaddero ciondolanti verso i suoi fianchi. Non aveva avuto modo di realizzare quanto accaduto. Non aveva avuto modo di essere investita dal dolore di aver perso in un solo giorno le persone che amava. Aveva semplicemente archiviato quella perdita, per concentrarsi sul come salvare Oliver e la sua ciurma dal resto della marina. Ma la ferita, che l’orrore che aveva dovuto vedere aveva provocato in lei, non si era rimarginata. Ne era sparita. Aveva continuato a sanguinare silenziosa, in un costante ricordo della sua soffocante presenza e quando era ritornata a bordo della Green Arrow, aveva picchiettato spietata per uscire. In quell’attimo, le parole di Oliver avevano spezzato il sigillo che lei stessa aveva imposto a quella ferita.

“Felicity..”

Oliver sussurrò il suo nome, mentre la ragazza a capo chino continuava a piangere con maggior disperazione e istintivamente la mano dell’uomo si mosse per toccare una spalla di lei, in un impacciato gesto di conforto. Tuttavia non arrivò mai a toccarla, si fermò prima, indeciso. Non era da lui confortare qualcuno e a dire il vero, l’uomo faticava persino a ricordarsi come si facesse.

Sarebbe bastato un semplice tocco, per guarire una ferita così profonda? E come poteva lui che era la causa di quel dolore, pretendere di confortarla? Oliver chiuse la mano a pugno, ritraendola lentamente, in una sorta di silenziosa risposta verso i suoi stessi quesiti e senza una sola parola, continuò ad ascoltare il pianto disperato che la scuoteva con furia implacabile. Continuò a restarle accanto immobile, per un tempo indefinito, almeno fino a quando i suoi occhi non videro il corpo della giovane scivolare verso il basso e in un istintivo gesto di protezione il suo intero corpo si mosse, bloccando la sua caduta in un abbraccio.

“Felicity..” ripeté il suo nome, senza però ricevere risposta alcuna, persino i suoi singhiozzi erano svaniti, in un silenzio perforante che lasciò il pirata per un attimo smarrito. Con gesti delicati e accorti Oliver si spostò abbastanza da poter vedere il viso di lei. Gli occhi chiusi e il respiro affannato, la ragazza si aggrappò alla maglia del pirata, cercando di sorreggersi, ma la sua testa girò rapida e l’attimo successivo, le sue gambe cedettero ancora.

“Felicity..” Oliver chiamò ancora il suo nome, rendendo la presa sul corpo di lei ancor più decisa e con gli occhi spalancati dalla preoccupazione tastò la sua fronte, finendo per imprecare sonoramente nel sentirla così calda.

“John!” urlò allora, prendendo la ragazza tra le sue braccia e depositandola sul suo letto. John Diggle arrivò poco dopo, spalancando la porta senza soffermarsi a bussare e al suo seguito Thomas e Floyd.

“Cos’è successo?” chiese, finendo inevitabilmente per posare il suo sguardo su Felicity.

“Ha la febbre. Fai qualcosa.” ordinò perentorio e il compagno si avvicinò immediatamente alla ragazza, controllando con occhio medico le sue condizioni.

“Fantastico, possiamo aggiungerlo alla lista dei problemi che già abbiamo.” commentò Floyd e Oliver si voltò verso di lui confuso.

“Problemi? Quali problemi?” domandò, spostando poi lo sguardo verso Thomas che sospirò.

“La marina ha fatto piazza pulita delle nostre scorte.” comunicò, senza alcun giro di parole e Oliver schiuse le labbra del tutto sorpreso.

“Cosa!?”

“La stiva è completamente vuota. Hanno preso tutto.” continuò Thomas e il capitano della Green Arrow chiuse gli occhi, l’espressione contratta in una smorfia di rabbia mal celata, mentre elaborava quel fatto.

“Per questo abbiamo bisogno di attraccare da qualche parte e fare rifornimenti.” mormorò Floyd e Thomas sospirò verso quell’affermazione.

“Non penso affatto sia una buona idea. A quest’ora il quartier generale della marina sarà stato avvisato della nostra fuga e sapranno sicuramente che siamo fuggiti senza provviste. Si aspetteranno che attracchiamo da qualche parte per rifornirci..”

“Be non credo che abbiamo scelta. Noi potremo anche sopravvivere senza cibo per qualche giorno, ma lei..”replicò Floyd accennando con il capo alla figura di Felicity sdraiata sul letto e ancora priva di sensi.

Oliver riaprì gli occhi a quelle parole, ma non si voltò a guardare la ragazza, limitandosi a chiamare il nome di John in una domanda silenziosa.

“La febbre è molto alta. Possiamo provare ad abbassarla con delle spugnature per il momento, ma Floyd ha ragione. Dobbiamo attraccare.” mormorò John e Oliver strinse le mani a pugno, senza replicare. Il pirata non aspettò l’ordine del suo capitano, uscendo semplicemente dalla stanza per preparare il catino e le pezze di stoffa che gli sarebbero servite per abbassare la temperatura della giovane.

“Quindi, dove ci fermiamo?” domandò Floyd e Thomas ribatté deciso.

“Se attracchiamo c’è il forte rischio di venire sorpresi dalla marina.”

I due si persero in quella discussione di fazioni opposte e Oliver come stanco, chiuse per un momento gli occhi sospirando, consapevole che per sbloccare quella situazione di stallo ci fosse un’unica amara soluzione. Soluzione che lui, avrebbe preferito poter scegliere di non prendere. Subito dopo si spostò rapido per la stanza, inchinandosi ai piedi del letto ed estraendo il baule che aveva nascosto sotto ad esso, incurante degli sguardi attenti e perplessi dei suoi due compagni d'equipaggio.

Esitò un secondo, conscio che i ricordi che aveva seppellito là dentro avrebbero potuto schiacciarlo, ma infine lo aprì evitando con tutte le sue forze di prestare troppa attenzione ai vari oggetti contenuti all’interno ed estraendo in modo rapido l’unica cosa che gli serviva. Un vecchio diario dall’aspetto logoro e impolverato dal quale Oliver estrasse una mappa.

“Quella cos'è?” chiese Floyd, spezzando il silenzio nella stanza.

“La nostra destinazione.” rispose Oliver, porgendo la mappa a Thomas che l’osservò con attenzione.

“Lian Yu? Mai sentito nominare.” commentò Floyd, leggendo il nome indicato nella carta, mentre Oliver sistemava baule e diario nuovamente sotto il letto.

“Non credo neanche di averlo mai visto su una mappa.” continuò Floyd, osservando la rotta tracciata. Solo lo sguardo di Thomas era puntato sul proprio capitano. Il pirata non era mai stato su quell’isola e prima di quel momento non aveva neanche mai saputo quale fosse la rotta da seguire per arrivarci, tuttavia, ricordava chiaramente quel nome. Oliver l’aveva pronunciato svariate volte nell’incoscienza dei suoi peggiori incubi tanto tempo addietro e il pirata in cuor suo era sempre stato certo che qualsiasi cosa fosse successa su quell’isola, era la ragione del netto cambiamento subito da Oliver.

“Questo è il punto. Lian Yu è un isola deserta, ricca di selvaggina ed erbe. Tuttavia solo chi possiede la giusta rotta puo’ arrivarci e al momento esistono solo due persone vive che possiedono questa mappa e una delle due, sono io.” spiegò Oliver, proprio mentre John entrava nella cabina, sistemando il catino e le pezze nell’unico comò di fianco al letto.

“Ma certo, potremo rifornirci cacciando, senza temere la marina.” commentò Floyd, ottenendo un cenno di assenso da parte di Oliver.

“Se partiamo subito e il vento ci è favorevole, potremo farcela in massimo due giorni.”

Floyd annuì brevemente, prendendo la mappa dalle mani di Thomas e uscendo dalla stanza per comunicare la loro prossima meta al resto della ciurma, mentre Oliver rimise sotto al letto il baule.

“Hai detto che due persone possiedono questa mappa. Se una sei tu, chi è la seconda?” chiese Thomas che fino a quel momento era rimasto chiuso in un silenzio assorto. Oliver non rispose subito alla domanda dell’amico, venendo totalmente preso di sorpresa alla vista delle mani di John che trafficavano con i laccetti che chiudevano il vestito di Felicity. Senza alcuna esitazione il pirata fermò con la mano l’operato di John, chiedendo con voce palesemente alterata:

“Cosa diavolo stai facendo?”

John Diggle guardò con perplessità e confusione il suo capitano, non tanto per la domanda sciocca che gli aveva appena posto, piuttosto per lo sguardo stizzito con cui sembrava voler trapassare la sua testa.

“Devo abbassare la temperatura del suo corpo rinfrescandolo con un panno bagnato. Non posso certamente farlo sopra i suoi vestiti.” rispose, in modo logico e razionale John e Oliver boccheggiò per alcuni istanti, senza tuttavia lasciar andare la presa che un attimo prima aveva bloccato le mani del compagno. Il capitano della Green Arrow sapeva quanto razionali e veritiere fossero quelle parole ed era certo che John non avesse nessun altro secondo fine verso la giovane, ma il solo pensiero che qualcuno vedesse o toccasse la pelle lattea di lei lo mandava inspiegabilmente in bestia.

“Ci penserò io.” mormorò, evitando di proposito d’incontrare lo sguardo di John, il quale sorpreso si voltò verso Thomas, esibendo un espressione che sembrava volesse chiedere all’amico se avesse sentito bene. Oliver Queen era molte cose. Un uomo impavido e avventuriero. Un amico coraggioso. Un combattente eccezionale e un pirata temuto. Ma prima di quel momento John non ricordava di averlo mai visto prendersi cura di qualcuno. Non era neanche in grado di prendersi cura di se stesso, figurarsi di qualcun altro.

“Vuoi.. pensarci tu?” ripeté in una domanda piena d’incredulità e Thomas trattenne a stento un sorriso divertito, mentre Oliver lasciava la presa sulle mani di John che inconsciamente si erano allontanate dalla figura di Felicity.

Il pirata si schiarì la voce, posando lo sguardo ovunque eccetto che sui suoi due compagni d’equipaggio e con tono deciso rispose.

“Si. Mi occuperò io di abbassare la sua temperatura. Voi pensate ad arrivare il più in fretta possibile a Lian Yu.”

Le parole di Oliver, suonarono alle orecchie dei due come una sorta di forzato congedo, ma non dissero nulla in proposito, scambiandosi un semplice sguardo divertito prima di uscire dalla stanza.


 

Rimasto solo con la ragazza, Oliver rilasciò un sospiro pesante, sbattendo più volte le palpebre prima di fissare gli occhi sulla figura incosciente e febbricitante della giovane. Nel guardarla deglutì esitante, prima di avvicinarsi al catino pieno d’acqua e immergerci la pezza di stoffa. Si sentiva inquieto e ansioso verso tutta quella situazione. Aveva congedato John perché il pensiero che qualcun altro la toccasse lo infastidiva in modo irragionevole, ma non era neanche tranquillo al pensiero che fosse lui stesso a sfiorare il suo corpo, tutt’altro. Sapeva l’effetto che il solo starle vicino aveva causato in lui in quei pochi giorni e per questo, con crescente preoccupazione si domandava cosa avrebbe provato nel sfiorare la sua pelle anche solo con lo sguardo.

L’uomo rilasciò un altro sospiro e con la mente in subbuglio, chiuse la breve distanza tra loro, chinandosi su di lei e iniziando a passare delicatamente la stoffa bagnata sulla sua fronte. Quel fresco contatto fece voltare Felicity verso esso, guidata nell’incoscienza del suo sonno dalla sensazione di sollievo provata. Oliver si ritrovò così a guardare le labbra dischiuse della ragazza a pochi centimetri dalle sue e inconsciamente trattenne il respiro, per degli attimi che ebbero il sapore dell’eternità. Poi sbatté velocemente le palpebre, quasi si stesse risvegliando da un profondo sonno e distanziandosi da lei, riprese a respirare. Spostò lo sguardo per tutta la stanza, chiedendosi cosa diavolo stesse accadendo al suo cuore che incontrollabile rimbombava furioso nel suo petto e dandosi mentalmente dello sciocco per quell’atteggiamento chiuse gli occhi, provando a dissipare l’agitazione che sentiva nello stesso identico modo con cui manteneva la calma durante uno scontro. Dopo pochi attimi riaprì gli occhi e rinvigorito da una nuova determinazione si accinse a slacciarle la veste, proprio come pochi attimi prima John aveva tentato di fare. Quella che normalmente sarebbe stata una semplice e veloce procedura però, richiese ben più di qualche minuto all’uomo. Non tanto per le preoccupazioni che fino a poco prima l’avevano sopraffatto, piuttosto per il desiderio che in quel momento lo stava travolgendo. Lui non stava più esitando, stava indugiando.

Indugiava nell’accarezzare con lo sguardo il suo collo diafano e le sue labbra ancora sensualmente dischiuse. Indugiava nella lieve scollatura, ora molto più ampia dopo aver slacciato il vestito. E fremeva. Fremeva di desiderio per ogni singola frazione della sua pelle, tanto da finire per sedersi nel letto insieme a lei, mentre con gesti accorti e lenti passava il panno bagnato nella sua pelle esposta.

Oliver Queen aveva avuto diverse donne nella sua vita. Importanti o passeggere, nessuna di loro l’aveva mai riempito di tale desiderio come in quel momento e la cosa più assurda era che lei, non stava facendo nulla. Stava semplicemente immobile, sdraiata tra le lenzuola del letto a baldacchino. Il pirata bagnò e strizzò nuovamente il panno, spostando lo sguardo verso la lunga gonna che copriva le gambe di lei e inconsciamente schiuse le labbra, gli occhi accesi da un chiaro desiderio primordiale. Posò il panno umido nella caviglia scoperta e lentamente iniziò a salire sotto la gonna, sfiorando con il pollice la sua pelle nuda. Quando arrivò al ginocchio l’uomo si bloccò, esitante e con il respiro irregolare per quella semplice azione deglutì, cercando la forza per arrestare l’incontrollabile desiderio che ormai aveva preso possesso di tutti i suoi sensi. Quelle spugnature si stavano rivelando una vera e propria tortura per il pirata, che nel tentativo di abbassare la temperatura della ragazza stava facendo alzare la sua.

“Maledizione” imprecò, ormai vinto dai suoi stessi desideri, muovendo nuovamente il panno verso l’alto della gamba, ma il “no” che fuoriuscì dalle labbra di lei, arrestò ogni suo movimento e al pensiero che si fosse risvegliata in quel momento i suoi occhi corsero rapidi verso il suo viso. Ma Felicity, a differenza di quanto il pirata aveva supposto era ancora priva di sensi, intrappolata in quello che doveva essere uno spaventoso incubo.

Oliver si ritrovò a fissare con intensità l’espressione sofferente del suo volto che si muoveva ritmicamente agitato e quando alcune lacrime bagnarono le sue guance, quel desiderio bruciante che fino a quel momento aveva arso in lui si dissolse, lasciando il posto ad una nuova e insolita sensazione. Il pirata tolse automaticamente la mano da sotto la lunga gonna e lasciando ricadere la pezza nel letto, si allungò ad asciugare le lacrime sulle sue guance, soffermandosi più del dovuto su di esse in una carezza assorta. Subito dopo sorrise, quasi malinconico ricordando come lei aveva disinfettato e bendato con cura ogni sua ferita. Il calore del ricordo della sua premura lo invase e dopo aver bagnato e strizzato nuovamente il panno, l’uomo riprese le spugnature sul corpo della ragazza. Questa volta senza esitazione o indugio. Strofinò braccia, gambe, tamponò fronte e viso, per più e più volte, senza mai fermarsi.

L’agitazione di poco prima era svanita, il desiderio irrefrenabile controllato, solo il suo cuore non aveva cessato la sua corsa frenetica, anche se la motivazione era cambiata.

Ora tutto ciò che desiderava, era proteggerla.


 

Angolino autrice.
Sono in uno spaventoso ritardo e per chi segue la mia pagina facebook sa anche il motivo. Per chi invece non segue la mia pagina, mi dispiace tantissimo di questa attesa, ma la vita reale viene prima e alle volte non lascia davvero spazio ad altro. Senza contare che ho avuto un grosso blocco nello scrivere questo capitolo. Poiché sapevo cosa dovevo scrivere, ma non ero sicura di come scriverlo (per chi scrive come me, sa di cosa parlo) Ad ogni modo ci sono riuscita! Questo è il decimo capitolo. Spero sinceramente che vi piaccia e che vi abbia appassionato come i precedenti. Se trovate errori di qualsiasi tipo vi prego segnalatemelo. L'unico modo in cui posso migliorare è tramite il vostro aiuto. Vi mando un sacco di baci e vi chiedo come sempre cosa pensate accadrà ora?
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

Oliver lasciò la stanza, richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo e a passo spedito camminò verso la sua ciurma, che a pochi metri da lui sostava in attesa dei suoi prossimi ordini. Ordini che non fece minimamente in tempo a formulare per via di Felicity.

La giovane uscì dalla stessa stanza dalla quale lui stesso era uscito pochi istanti prima e marciando furente verso l’uomo esclamò.

“Quello che dite non ha alcun senso!”

Oliver bloccò i suoi passi, chiudendo gli occhi in un espressione di scocciato disappunto e sotto lo sguardo attento dei suoi compagni d’equipaggio si voltò a fronteggiare la ragazza.

“Felicity..” mormorò in una sorta di silenzioso avvertimento.

“Quell’uomo ha ucciso tutti gli abitanti del mio villaggio! E voi volete che io resti qui semplicemente a nascondermi?!” ricordò e nei suoi occhi Oliver lesse un genuino dolore.

“No. Mai! Verrò con voi!” dichiarò la ragazza e sollevando la gonna del lungo vestito che portava superò il pirata intenzionata a posizionarsi al fianco del resto della ciurma, ma Oliver bloccò il suo passaggio afferrandole il braccio.

Felicity spostò nuovamente lo sguardo verso quello dell’uomo che perentorio, dichiarò:

“Non verrete con noi.”
“Sono già stata sulla vostra nave e mi pare di aver dimostrato di sapermela cavare davanti al pericolo. Quindi perché ora non volete che..?”

“Perché ho bisogno che tu sia al sicuro!” la interruppe Oliver, lo sguardo penetrante unicamente fisso su Felicity, la quale schiuse le labbra apparendo per un attimo sorpresa.

“Io non voglio essere al sicuro.” disse, il tono questa volta calmo, ma deciso.

“ Voglio stare al vostro fianco. Voglio aiutarvi a sconfiggere Slade.”

Oliver scivolò all’interno della determinazione del suo sguardo in una rapida corsa che non sembrava conoscere fine e mentre il suo cuore lo implorava per uscirgli dal petto, represse l’improvviso impulso di baciarla scaturito in lui all’udire quelle parole.

“Slade sta distruggendo tutte quelle isole perché vuole punirmi.” mormorò in tono pacato e Felicity annuì replicando immediatamente.

“Lo so. Me l’avete detto.”

“.. vuole punirmi per aver ucciso... l’amore della sua vita.” terminò e nello stesso istante vide la sorpresa balenare nel volto innocente di lei. Oliver la guardò per qualche secondo prima di continuare, consapevole che una volta detto quanto doveva dire, non sarebbe più potuto tornare indietro.

“Vuole che io provi il suo stesso dolore e se dovesse accaderti qualcosa Felicity.. lui riuscirebbe nel suo scopo.”

Fu come essere colpiti da un fulmine a ciel sereno. Inaspettato e più intenso di quanto avrebbe potuto immaginare. Felicity sentì il suo cuore rimbombare nella sala silenziosa, mentre i suoi occhi si perdevano nell’azzurro intenso di quelli del pirata e della sua improvvisa dichiarazione.

Oliver posò entrambe le sue mani ai lati delle spalle di lei, senza mai per un solo istante lasciare il suo sguardo e quasi non volesse lasciar spazio ad alcun tipo di fraintendimento sussurrò:

“Ti amo.”

L’equipaggio della Green Arrow si lanciò sguardi lieti e sorpresi, nel silenzioso momento sospeso che seguì le parole del loro capitano, mentre Felicity con l’espressione smarrita di chi non ha la minima idea di dove sia capitata restò immobile, persa in quella irreale realtà.


 

48 ore prima.


 

La mano della ragazza strinse il tessuto che aveva nella mano e sotto quel tepore rilassante aprì lentamente gli occhi, mettendo a fuoco il drappo bianco che stava stringendo. Ancora trascinata dalla confusione del dormiveglia alzò appena il capo fino a notare il volto dell’uomo che le dormiva accanto. Ci volle poco meno di un secondo perché i suoi occhi si spalancassero sorpresi nel riconoscere i famigliari lineamenti di Oliver Queen e meno di un minuto per realizzare non solo che stavano dormendo insieme, ma anche che lei lo stava abbracciando.

In uno scatto repentino Felicity scappò dal calore che l’aveva cullata per tutta la notte, gli occhi fissi sulla figura d’adone che le dormiva tranquillamente accanto e boccheggiando d’incredulità cercò di capire cosa stesse accadendo. Ma più fatti i suoi occhi registravano e più l’imbarazzo e la confusione aumentavano. Cosa ci faceva su quel letto insieme ad Oliver? E perché indossava solo la sottoveste? E sopratutto dove diavolo si trovava?

Felicity spostò lo sguardo verso la stanza silenziosa, mentre la stessa sensazione di smarrimento provata al suo primo risveglio a bordo della Green Arrow la sommergeva. Nonostante il leggero stordimento che sentiva riuscì a riportare a galla il suo ultimo ricordo. Un calore soffocante, la testa in completa agonia, la sensazione di cadere nel vuoto e la voce di Oliver che chiamava il suo nome, poi il buio.

Felicity riaprì gli occhi lasciando andare quelle ultime confuse memorie e sospirando, si disse che quella di perdere i sensi e risvegliarsi in luoghi sconosciuti stava diventando una cattiva ricorrenza. Poi voltò il capo, lasciando nuovamente ricadere i suoi occhi nella figura del pirata al suo fianco. Oliver dormiva indisturbato, l’espressione rilassata in viso così diversa da quella che solitamente mostrava da sveglio e lei si ritrovò ad osservare con attenzione rapita ogni suo lineamento dimenticando ogni domanda che fino a quel momento aveva sommerso la sua mente.

Quando dopo un tempo indefinito riprese coscienza della situazione in cui si trovava spostò lo sguardo dalla figura di lui scuotendo il capo come a voler cacciar via ognuno dei bollenti pensieri che aveva invaso la sua mente. Poi si mosse, intenzionata a scendere dal letto per cercare qualcosa da indossare e fare il punto della situazione, ma i suoi piedi non toccarono mai il pavimento.

Oliver acciuffò il suo polso, tirando nuovamente la ragazza tra le lenzuola del letto sfatto e Felicity si ritrovò a guardare il volto del pirata che torreggiava sopra di lei, totalmente confusa.

“O-Oliver?” mormorò il suo nome incerta lei, mentre i loro sguardi entravano ancora una volta in contatto. Ma il pirata non rispose, abbassando lentamente il suo volto verso quello della ragazza. Felicity sentì distintamente il suo cuore accelerare, mentre il respiro le si mozzava in gola e i suoi occhi si chiudevano istintivamente. L’avrebbe baciata? Si domandava lei, che ancora faticava a mettere insieme gli indizi di quel solito momento che stava vivendo, del tutto inconsapevole che lo scopo dell’uomo fosse ben altro.

Oliver si bloccò un secondo nel vederla chiudere gli occhi, arcuando le labbra in un lieve sorriso divertito, subito dopo poggiò la sua fronte contro quella di Felicity, raggiungendo il suo vero obbiettivo.

Misurare la sua temperatura.

Il pirata rilasciò un sospiro di sollievo nel sentirla finalmente fresca e senza indugio alcuno la liberò da quella sorta di gabbia in cui l’aveva rinchiusa, lasciandosi ricadere al suo fianco. Incerta, nel non aver ricevuto alcun bacio e nell’averlo sentito spostarsi Felicity aprì gli occhi, voltando appena il capo verso il pirata. Nonostante la confusione e l’agitazione che poteva sentire ancora vibrare nel palpitare frenetico del suo cuore per quanto appena accaduto, la ragazza si ritrovò a fissare silenziosamente il profilo dell’uomo, mentre la sua mente spaziava nuovamente verso quesiti riguardanti il grosso buco nero di tempo che non riusciva a ricordare. E Oliver, quasi avesse udito gli interrogativi della sua mente, con gli occhi chiusi e il tono pacato spiegò:

“Avete avuto la febbre molto alta per alcuni giorni”

Quelle parole riportarono un po’ di lucidità nella mente della ragazza che istintivamente si toccò la fronte fresca, capendo nella medesima frazione di secondo lo strano comportamento tenuto dal pirata poco prima. Si diede mentalmente della stupida, sopprimendo l’imbarazzo causato dai suoi stessi precedenti pensieri e in quel breve momento di silenzio realizzò che le parole di Oliver non rispondevano a tutti i suoi quesiti.

“Questo non spiega perché io sia mezza nuda.” sussurrò senza neanche accorgersene e il pirata, senza alterare neanche un minimo la sua rilassata espressione, rispose.

“Ho dovuto levarveli, per potervi abbassare la febbre con delle spugnature.”

Nel momento stesso in cui il cervello di Felicity registrò le parole dell’uomo e ciò che esse comportavano le sue guance si tinsero di un rosso fuoco e la pacata reazione che fino a quel momento aveva tenuto sparì, lasciando il posto ad un incontenibile imbarazzo.

“VOI COSA!?” urlò, scattando a sedere e guardando con occhi spalancati la figura ancora del tutto tranquilla del pirata.

“Spugnature..” mormorò in tutta risposta voltandosi di lato con visibile stanchezza, chiaramente deciso a dormire e in un’azione ben poco saggia aggiunse.

“Potete ringraziarmi dopo.”

L’istante successivo venne letteralmente preso a colpi di cuscino da una tutt’altro che grata Felicity.

“Felicity! Cosa.. ehi, aspe..”

“Come avete potuto farlo!?” strillò lei, senza ascoltare minimamente le proteste del pirata che scocciato afferrò i suoi polsi, bloccando le sue cuscinate.

“Avevate la febbre alta e a bordo non c’erano medicine, cos’altro avrei dovuto fare?”

“Voi non siete un medico!”

“Eravamo in mare aperto e non potevamo scendere in una qualsiasi isola a cercare un dottore!”
“John è un dottore! Perché non avete lasciato che si occupasse lui di me? ” chiese lei e l’espressione di Oliver divenne automaticamente stizzita, mentre rispondeva a tono.

“John ha competenze mediche, ma non è un dottore.”

“Essere tratta da qualcuno con competenze mediche è comunque meglio di essere trattata da un uomo che non ne ha!” ribatté lei e l’espressione infastidita del pirata risuonò nella sua successiva replica.

“Quindi vi sarebbe andato bene essere vista nuda da John ma non da me?”

La tonalità già particolarmente colorita delle guance di lei aumentò d’intensità e con occhi spalancati d’incredulità boccheggiò per un intenso attimo, prima di esclamare con tono scandalizzato.

“Mi avete vista.. mi avete..!” le parole le morirono in bocca, mentre Oliver prendeva consapevolezza di quanto avesse detto e istintivamente il pirata scosse il capo.

“No, non era quello che intendevo..” riuscì a dire, mentre Felicity si liberava dalla sua presa e scendeva in modo trafelato dal letto.

“State lontano da me!” dichiarò, quasi fiondandosi verso la doppia porta più vicina a lei e senza indugio l’aprì, ben decisa a mettere una considerevole distanza tra lei e l’uomo. In quell’esatto attimo venne inondata da una forte luce, che la costrinse a chiudere gli occhi e distogliere lo sguardo, mentre una leggera brezza che sapeva di muschio e oceano colpiva la sua intera figura.

Felicity aprì esitante i suoi occhi, lasciando che questi si abituassero lentamente all’improvvisa luce e a poco a poco iniziò a intravedere, al di là della ringhiera del balcone sul quale si trovava, una fitta vegetazione di piante e alberi maestosi, che non sembravano aver mai conosciuto la mano dell’uomo.

Boccheggiando incredula, si ritrovò a guardare quello spettacolo di verde e luce che prima dall’allora aveva potuto vedere solo nei ritratti di vecchi libri.

“Dove..?”mormorò quasi inconsciamente e alle sue spalle la voce di Oliver rispose.

“Benvenuta su Lian Yu.”

Al suono della sua voce Felicity si voltò sorpresa, inciampando sui suoi stessi passi nel ritrovarselo così vicino e finendo per sussultare quando la mano del pirata si posò automaticamente sulla sua vita, impedendole la caduta.

Ancora una volta i loro sguardi entrarono in contatto, rendendo i loro cuori folli in quella corsa senza traguardo. La rabbia che poco prima l’aveva portata ad allontanarsi da lui svanì, ma non l’imbarazzo. Quello restò fermo sulle sue guance arrossate e le impedì di sostenere più del dovuto lo sguardo del pirata.

“Lasciatemi.” sussurrò quasi, spingendo nello stesso istante la mano sul suo petto, per allontanarlo.

Oliver lasciò senza indugio la presa dalla sua vita, ma a differenza di lei, non smise di guardarla in viso.

“Tornate a letto, siete ancora debole.” ordinò, ma Felicity gli voltò le spalle, riprendendo a guardare il paesaggio sull’isola.

“Sto bene. Piuttosto spiegatemi perché siamo approdati su quest’isola.” replicò, ignorando la sensazione di debolezza che avvertiva lungo tutto il suo corpo.

“Avevamo bisogno di luogo dove sostare e fare rifornimento, senza venire attaccati dalla marina.” le rispose, mentre i suoi occhi scorrevano dalla pelle d’oca sulle sue spalle, al tremolio delle sue gambe.

“Perché proprio quest’isola?”

“Perché non tornate a letto?” replicò e lei si voltò in uno scatto repentino.

“Vi ho detto che sto bene.” mormorò, ma la sua testa iniziò a girare vorticosamente e portandosi una mano verso essa si ritrovò ad abbassare il capo.

“Lo vedo.” ironizzò, ma senza alcun sorriso in volto. Felicity alzò uno sguardo per nulla amichevole verso il pirata.

“Spiegatemi perché avete scelto di approdare su quest’isola, non penso di aver visto il suo nome nemmeno in una carata nautica.”

“Questo è il motivo.” rispose senza nessun’altra spiegazione alcuna, afferrandola in un azione del tutto inaspettata tra le braccia.

“Cosa!?” esclamò, aggrappandosi alle sue spalle in modo istintivo.

La ragazza guardò il volto dell’uomo a pochi centimetri dal suo con sorpresa e imbarazzo, prima di ordinargli in un urlo ben poco amichevole di lasciarla andare. Ma Oliver ignorò palesemente le sue proteste o il suo vano tentativo di liberarsi dalla sua presa, riportandola senza alcuno sforzo apparente sul letto a baldacchino.

“Cosa credete di..” iniziò, ma il pirata le bloccò le braccia contro il materasso e imprigionò ogni sua protesta catturando i suoi occhi nei propri.

“Siete debole. Avete avuto la febbre e non toccate cibo da quasi tre giorni, avete bisogno di mangiare e riposare.”

Felicity schiuse le labbra, il cuore in tumulto nell’ascoltare quelle semplici parole e Oliver, incoraggiato dal fatto che avesse smesso di protestare continuò.

“Quando vi sarete ripresa del tutto, vi permetterò di lasciare questo letto. Riguardo all’isola..”

Il pirata soppesò per un momento silenzioso su quanto dirle, ma alla fine decise per la via più breve.

“Vi basti sapere che qui la marina non potrà seguirci.”

Quell’affermazione fece scaturire cento e più domande nella mente della ragazza, appesantendo ancora di più la sensazione di stordimento che il suo intero corpo stava provando, ma nonostante la sua sete di curiosità fosse tanta sapeva che il pirata aveva ragione. Era debole. Debilitata dalla febbre avuta e dalla mancanza di cibo. Alterarsi e sprecare energie non sarebbe servito a nulla, almeno non in quel momento.

“Va bene..” disse quindi, in un tono quasi arrendevole e spostando gli occhi verso un lato del materasso per distoglierli da quelli ipnotizzanti dell’uomo continuò:
“Ora potreste lasciarmi andare..?”

Oliver schiuse le labbra a quelle parole, prendendo davvero coscienza solo in quel momento di essere praticamente sopra di lei.

“Oh..” mormorò palesemente sorpreso, ma ancor prima che potesse decidere di spostarsi da lei, alcuni membri del suo equipaggio irruppero nella stanza.

“Capi! ..tano?” la voce prima altamente preoccupata di Thomas, si frazionò in una ben più sorpresa alla vista che gli si presentò davanti del suo capitano e di Felicity, quando insieme a John, Floyd, Curtis e Roy, spalancò la porta della stanza.

“Abbiamo sentito un urlo e..” mormorò in spiegazione a quella brusca entrata, ma l’uomo parve incapace di continuare la frase e ben presto, qualsiasi sua parola venne sostituita da un imbarazzante silenzio, verso il quale le guance di Felicity cominciarono ad ardere come forti fiamme.

Chiunque, nel vedere l’espressione del suo viso avrebbe potuto intuire lo sbigottimento imbarazzato che stava vivendo. Nonostante ciò, la giovane non accennò a muoversi o a parlare.

Il suo cervello era come spento. Bloccato in quell’imbarazzante momento che sembrava non voler finire. Oliver dall’altro canto aveva un espressione stoica, che non lasciava trasparire alcun tipo d’imbarazzo, ma il solo fatto che fosse ancora sopra lei, immobile come una statua, dimostrava la sua vera sorpresa verso quella situazione.

Fu Floyd a rompere quell’apparente lunghissimo momento d’imbarazzo, con un commento che diede vita all’eccentrico balbettio della ragazza.

“Be..scusate il disturbo.”

“Cosa!? No! Non è come.. noi non..assolutamente...”

“Oh certo. Non è mai come sembra.” la canzonò Floyd, inviandole un occhiolino ammiccante, mentre John e Thomas tentavano inutilmente di mantenere l’espressione del loro volto impassibile alla vista dello shock costellato d’imbarazzo che le parole di Floyd avevano avuto nel volto della ragazza.

“No. Noi.. assolutamente.. diteglielo anche voi!” ordinò infine verso Oliver, ma quest’ultimo si limitò a liberarla dalla sua presa, scendendo con noncuranza dal letto e rivolgendosi subito dopo ai suoi compagni con espressione del tutto calma. Dalla sua bocca però non uscì alcun tipo di giustificazione per quello a cui avevano appena assistito.

“Curtis falle preparare qualcosa da mangiare..” ordinò semplicemente, mentre Felicity drappeggiava freneticamente il lenzuolo verso il suo corpo, nel tentativo maldestro di coprirsi maggiormente.

“Faccio preparare anche per voi capitano?Siete a digiuno da quasi tre giorni, inoltre non dormite da...”

“Sto bene. Occupati solo di lei.” lo interruppe, smuovendo appena i capelli in un gesto abitudinario.

Curtis si affrettò a eseguire gli ordini, senza ulteriori proteste e Oliver si rivolse allora a Thomas.

“Avete avuto fortuna durante la caccia?” chiese e l’amico sbuffò.

“Solo qualche piccolo animale e della frutta. Non abbastanza per riempire la stiva e riprendere la rotta.”
“Avessimo almeno trovato del sakè.” aggiunse Floyd, palesemente scocciato dalla mancanza d’alcol.

Il capitano della Green Arrow sorrise appena a quelle parole, posando una mano sulla spalla dell’amico.

“Se sosti su quest’isola, è meglio restare sobri.” commentò enigmaticamente, poi voltò il capo verso Felicity che silenziosamente aveva seguito tutta la scena e con un tono che non ammetteva repliche, le ordinò.

“Mangia, riposa e non lasciare per nessun motivo questa casa.”

“Come!?”

“Quest’isola non è un luogo dove una donna possa passeggiare, quindi tieni la tua curiosità sotto controllo.” chiarì, rivolgendo poi la sua attenzione nuovamente su Thomas, mentre Felicity con l’espressione esterrefatta boccheggiava furente e priva di parole.

“Lascio il comando a te.” si limitò a dire e Thomas annuì mormorando:

“Riposa tranquillo.”

Subito dopo uscì dalla stanza con al seguito Floyd, John e Thomas, ma non il giovane Roy.

Il ragazzo rimase indietro e nonostante provasse ancora un po’ d’imbarazzo per quanto intravisto poco prima, domandò impacciato.

“State bene ora?”

Quella domanda risvegliò la giovane dal suo stato di trance infuriato, nel quale era caduta dopo l’ordine imperioso di Oliver e quasi sorpresa dalla sua presenza sollevò gli occhi verso Roy, sorridendo prima di mormorare.

“Si, ora sto molto meglio, grazie. E tu? Ti hanno trattato bene? Cos’è successo mentre ero incosciente? Quest’isola sembra disabitata, eppure siamo chiaramente dentro a una casa...com’è possibile?” mormorò, snocciolando solo alcune delle domande che affollavano la sua mente e Roy sorrise, quasi quella fosse una conferma del suo stato di salute più veritiera di qualsiasi rassicurazione.

“Mi hanno trattato bene.” iniziò, avvicinandosi di un poco per accomodarsi nella sedia sistemata davanti a letto.

“Dopo che hai perso i sensi, hanno cambiato rotta verso quest’isola per evitare la marina a detta del signor Diggle.”

Felicity sollevò un sopracciglio sorpresa verso il modo in cui il giovane aveva appellato John e senza indugio mormorò:

“Il signor Diggle? Quanta riverenza. Credevo che odiassi questa ciurma.”

Roy si guardò intorno, strofinandosi le mani sulle ginocchia in un gesto nervoso.

“Ora so che non sono stati loro ad uccidere mio nonno ..” disse facendo comparire un sorriso nel volto della giovane.

“Capisco. Ma in che modo quest’isola impedisce alla marina di trovarci?”

“Non so bene. Il signor Diggle ha solo detto che saremo sbarcati in un’isola deserta..”

Felicity spostò lo sguardo verso la stanza che la circondava e senza nemmeno accorgersene il suo pensiero si trasformò in parola.

“Una casa in un isola deserta? Non ha alcun senso..”

“L’ho pensato anch’io.” affermò Roy, mentre la giovane si perdeva in una miriade di pensieri. Perché quell’isola avrebbe dovuto impedire alla marina di trovarli? Era comune che i pirati sostassero in isole deserte, ma solitamente queste non presentavano case accoglienti. Che l’avessero costruita loro? Un sorta di rifugio d’emergenza?

“Cos’ha detto il capitano?”

“Come?” chiese Roy, sorpreso da quell’improvvisa domanda.

“Oliver, ha detto qualcosa su questo posto?” domandò nuovamente, questa volta con maggior chiarezza.

“Be in realtà oggi è il primo giorno che lo rivedo da quando siamo sbarcati.”

Quella risposta confuse Felicity, portando nuovi quesiti nella sua testa.

“Cosa vuoi dire?”

“Voglio dire che non si è mosso da questa stanza. E anche durante il viaggio per arrivare qui, è sempre rimasto a vegliare su di voi per farvi abbassare la febbre.”

Felicity dischiuse le labbra, mentre la genuina sorpresa verso quell’informazione cresceva parola dopo parola.

“A quanto ho capito non ha dormito neanche un attimo.. e per tre giorni di fila!In realtà quattro.. se contiamo il fatto che..”

Roy continuò a mormorare di quanto fosse sorprendete la resistenza dell’uomo, in un monologo che lei sentì appena. La sua testa infatti, venne completamente assorbita dalla consapevolezza che lui fosse rimasto a vegliare ininterrottamente su di lei in quei giorni, senza mai riposarsi e ogni scorbutico pensiero che aveva avuto riguardo all’uomo scomparve.

Quando vi sarete ripresa del tutto, vi permetterò di lasciare questo letto.”

Aveva detto, mandandola in bestia per quella chiara imposizione, ma ora al ricordo di quelle parole il suo cuore accelerò per un motivo ben diverso dalla rabbia.

“Forse dovremo chiamare il signor John.” mormorò Roy che insieme a Curtis la guardava stranito e preoccupato.

Felicity sbatté le palpebre, quasi si stesse risvegliando davvero solo in quel momento e mentalmente si chiese quando Curtis fosse rientrato nella stanza.

“State bene Felicity?”

“Oh? Si, certo.. perché lo chiedete?”

“Il vostro volto si sta arrossando.” replicò il pirata, poggiando il vassoio sul comò accanto al letto.

La giovane boccheggiò, portando automaticamente le mani sui lati del volto e abbassando lo sguardo con imbarazzo.

“Forse dovremo davvero chiamare Diggle.” commentò Curtis e in quel momento la ragazza scosse il capo con forza, sopprimendo l’imbarazzo che provava.

“No, sto benissimo..non c’è bisogno che chiamate nessuno.” garantì lei e seppur con qualche dubbio Curtis parve convincersi di ciò, abbastanza d’acconsentire alla richiesta di essere lasciata sola che la giovane espresse poco dopo.

“Va bene, cercate solo di mangiare tutto e riposare. Se avete bisogno di qualcosa sarò proprio qua fuori.” la informò il pirata, uscendo con al suo seguito il giovane Roy e Felicity sorrise lievemente guardandoli uscire.

Solo quando si richiusero la porta alle loro spalle la ragazza parve riprendere a respirare e chiudendo gli occhi si lasciò ricadere tra le coperte di quel letto sfatto. Il tempo da quando Oliver l’aveva portata a bordo della sua nave, aveva iniziato a scorrere in un modo ben diverso da come lei l’aveva sempre vissuto.

Tutti gli eventi che erano accaduti sembravano aver allungato il tempo di un anno, quando in realtà non era trascorso neanche un mese. Il ricordo del volto sorridente di Rose le tornò alla mente, scontrandosi con quello crudo e brutale dell’espressione terrorizzata del suo volto privo di vita e immediatamente la giovane spalancò gli occhi ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di salire. Non importava alla fine quanto tempo sarebbe trascorso, le cose non sarebbero certamente state mai più come prima, qualsiasi cosa lei avrebbe deciso di fare. Ma doveva almeno sapere il motivo. Doveva capire perché l’uomo che Oliver aveva chiamato Slade, aveva deciso di attaccare proprio la sua isola e poi, doveva capire come fermarlo. Felicity avvertì nuovamente una sensazione di debolezza penetrarle le carni e la testa girare. Chiuse gli occhi istintivamente e sospirando voltò il capo verso il vassoio poggiato poco più in là.

Avrebbe dato retta ad Oliver, decise. Almeno per quanto riguardava il mangiare e il dormire.



spazio autrice:
Sono tornata! Per chi segue la mia pagina facebook, sapeva già del mio tardivo ritorno e dei motivi che l'hanno causato. Per chi invece ha dovuto aspettare chiedendosi se avrei o meno postato un nuovo capitolo prima della fine del 2016, chiedo umilmente perdono.Non ho intenzione di abbandonare questa storia, sono semplicemente stata assalita da un carico di lavoro inaspettato che teoricamente dovrebbe finire con capodanno (ultimo giorno di lavoro) ma ancora non lo so per certo. Poiché è stato inaspettato anche che io lavorassi durante questi mesi invernali, dove solitamente riposo. Ad ogni modo, spero che il mio enorme ritardo non vi abbia fatto scegliere di abbandonare la lettura di questa storia, verso la quale spero siate ancora interessati. 
Come sempre, se avete tempo e voglia fatemi sapere cosa ne pensate e cosa credete che accadrà.

ps: Il prossimo capitolo verrà postato nel 2017.
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

Lui non dormiva. Non completamente almeno. Il suo sonno, quando non era disturbato dai costati incubi causati dai suoi demoni, era un riposare quieto, ma vigile abbastanza da percepire la presenza di qualcuno accanto a se. Come una sorta di auto-riflesso che scattava in una molla istintiva e senza controllo. Il che spiegava come mai in quel momento si ritrovava a stringere in una morsa d’acciaio il collo del povero Curtis.

“Ca-capi..tano..” fiatò il pirata, la cui colorazione del viso stava iniziando a divenire violacea e gli occhi di Oliver brillarono improvvisamente consapevoli, prima di staccarsi dal compagno con rapidità estrema.

“Curtis! Maledizione sai che non devi venirmi vicino quando sto dormendo!” lo rimproverò, il respiro agitato tanto quello del compagno.

“Lo so. Lo so.” mormorò, sfregandosi la gola e tossendo convulsamente nel riprendere fiato.

Oliver, lo guardò silenziosamente mettersi seduto e attese che l’amico spiegasse il perché della sua comparsa. Ma Curtis spostava lo sguardo dal suo capitano alla cassettiera là vicino, esitante nel aprir bocca e ben presto Oliver, si ritrovò spazientito.

“Allora?! Hai intenzione di dirmi perché sei entrato nella mia stanza o devo tirare a indovinare?” domandò, con sarcasmo tagliente e Curtis ridacchiò, in modo del tutto ingenuo, rispondendo.

“Oh potreste del tutto provare a indovinare, sarebbe divertente.. magari potrei aggiungere anche un premio che..” il balbettio agitato si fermò alla vista del volto serio di Oliver, verso il quale l’uomo abbassò lo sguardo.

“Felicity non è più nella sua stanza.” disse tutto d’un fiato, con tono basso e timoroso, ed il capitano della Green Arrow chiuse gli occhi, sospirando pesantemente prima di replicare.

“Dimmi che si trova comunque in questa casa.”

“Secondo John le tracce portano verso il ..il bosco.” rispose alzando appena lo sguardo, mentre una smorfia di palese disappunto compariva nel volto del pirata.

“Maledizione!” imprecò, scendendo dal letto e indossando di tutta fretta maglia e cinta.

“John, Thomas e Floyd si sono già messi sulle sue tracce. Non credo dobbiate preoccuparvi di..” mormorò Curtis ad una velocità impressionante, ma Oliver non parve neanche udirlo e dopo aver preso arco e frecce si fiondò fuori dalla stanza saltando senza alcuna esitazione dalla finestra.

Curtis spalancò occhi e bocca a quella vista, rimanendo un attimo impietrito sul posto. Poi, ripresosi da quell’inaspettata uscita si precipitò velocemente verso la finestra, sporgendosi con preoccupazione a vedere che fine avesse fatto il suo capitano. Con sollievo lo guardò correre verso il bosco, immergendosi nella fitta vegetazione fino a sparire dalla sua vista e con un sorriso sorpreso in volto, pensò che non avrebbe mai potuto abituarsi alle abilità inumane del suo capitano.


 

Intanto Felicity, del tutto ignara che la sua fuga fosse stata scoperta nuotava nell’acqua cristallina di un lago che aveva trovato, concedendosi quel bagno che da giorni desiderava. Aveva mangiato tutto quello che Curtis le aveva portato, riprendendo completamente le forze, poi aveva provato ad appisolarsi sull’enorme letto a baldacchino, ma senza alcun successo. La sua testa non le aveva permesso di riposare, infastidendola con domande a cui la giovane non riusciva minimamente a trovare risposta. Così, stanca di perder tempo, era sgattaiolata sotto il naso di Curtis fuori dalla stanza, esplorando con circospezione la casa poco prima d'inoltrarsi verso la fitta vegetazione dell’isola. Era la prima volta che si ritrovava in posto così selvaggio e libero dal tocco umano, ben diverso dal piccolo bosco della sua isola in cui spesso si addentrava per raccogliere erbe e Felicity si era sentita affascinata da ogni singolo elemento.

L’aria che le solleticava i capelli, l’intenso verde della natura e il suono degli uccelli in lontananza, l’avevano sedotta a poco a poco nella sua clandestina passeggiata, fino a quando la visione di un lago incontaminato e bagnato dalla luce del sole, aveva fermato i suoi passi.

Felicity aveva lasciato che i suoi occhi si riempissero della bellezza di quel luogo per lunghi attimi, fino a quando l’idea di nuotare in quelle acque e levarsi lo sporco che aveva addosso da giorni non l’aveva solleticata. Ecco il perché in quel momento si trovava, coperta solo dalla sua camicia da notte, a galleggiare nella più completa beatitudine su quel lago. Ma nonostante il profumo di libertà che quel luogo offriva, la ragazza continuava a porsi domande.

Perché il pirata che Oliver aveva chiamato Slade, avrebbe dovuto prendersela proprio con la sua isola? Era stata semplicemente una casualità del fato? Qualcosa che era comunque destinata ad accadere indipendentemente dal suo incontro con Oliver. La ragazza ricordava bene i precedenti attacchi dell’uomo quali erano stati. Mogo, Ranx, Kandor, Dryad tutte isole enormi e famose, conosciute in ogni luogo, una descrizione che contrastava fortemente con la piccola isola sconosciuta nella quale era cresciuta.

Felicity sospirò, cercando di sciacquare via dalla mente il pensiero che fosse stata proprio lei nella sua decisione di salvare Oliver a causare quell’attacco e prendendo un profondo respiro s’immerse completamente nel lago.

Nuotò in profondità, quasi la pressione dell’acqua potesse impedirle di sentire la voce dubbiosa nella sua testa e quando fuoriuscì respirò affondo, lo sguardo serio puntato verso il cielo limpido.

“Non puo’ essere.” sussurrò a se stessa, in un tentativo di auto-convincimento, ma fu la voce famigliare di John a strapparla da quel pensiero.

“Felicity!” urlò l’uomo, facendola strillare e voltare sorpresa nello stesso tempo.

Il pirata sospirò di sollievo nel vederla illesa, mentre Thomas e Floyd al suo fianco sputavano commenti maliziosi verso il vestiario della giovane.

“Cosa fate qui!?” domandò lei, in un ovvietà a cui la sorpresa non le aveva permesso di far caso.

“Evitiamo che il nostro capitano ci tagli la testa e ti prenda a sculacciate! Esci dall’acqua e torniamo alla villa!” mormorò Thomas, sorridendo giocoso nonostante l’ordine, ma Felicity lasciò affondare il suo corpo ancor più nell’acqua, rendendo visibile solo il suo volto.

“Non posso uscire con voi che mi guardate!” strillò, non nascondendo minimamente il suo imbarazzo e i due risero, mentre John chiudeva gli occhi e scuoteva il capo per l’infantilità dei suoi due compagni.

“Avresti dovuto pensarci prima di toglierti i vestiti Micetta!” replicò Floyd, ricevendo per tutta risposta una pacca sulla testa da parte di John.

“Piantatela!” ordinò ai due, prima di voltarsi verso la giovane e urlare.

“Stai tranquilla Felicity, farò in modo che questi due non guardino, ma esci dall’acqua per favore!”

Felicity si morse il labbro inferiore, soppesando l’affidabilità delle parole di John, mentre quest’ultimo ordinò ai due di voltarsi. Thomas ridacchiò, eseguendo l’ordine senza problemi, mentre Floyd si mise a dibattere.

“Perché dovrei?”

“Si tratta di avere buone maniere.”

“Sono un pirata, non mi serve conoscere le buone maniere!” ribatté l’uomo, scatenando l'ilarità di Thomas, ancora voltato di spalle. E John sollevò la mano pronto ad afferrare il compagno per il colletto e farlo voltare con la forza, ma lo sguardo di Floyd venne catturato da un punto dall’altra parte del lago e John, riconobbe il volto serio visto tante volte in battaglia.

“Merda!” imprecò Floyd scansando l’amico e avvicinandosi alla riva del lago.

“Uscite subito dall’acqua!” urlò, serio e imperioso, estraendo la sua fidata pistola e puntandola verso l’enorme alligatore che dall’altra parte dalla sponda si stava immergendo. In quell’istante Thomas si voltò per capire cosa stesse accadendo e come John, seguì lo sguardo del compagno d’equipaggio, perdendo del tutto il sorriso.

Felicity nel mentre, ancora dentro il lago, spalancò gli occhi alla vista dell’arma, chiedendosi se l’uomo fosse completamente impazzito e quando il rumore di uno sparo invase la tranquilla quiete di quel posto la giovane urlò intimorita, coprendo istintivamente le orecchie con le mani.

“Cosa state facendo!?” gridò Felicity, gli occhi chiusi dalla paura e Floyd imprecò nuovamente, per non essere riuscito a colpire l’animale, ormai immerso nel lago.

“Felicity uscite subito, un alligatore si è appena immerso nel lago!” strillò Thomas, togliendosi gli stivali per lanciarsi sul lago, ma John lo precedette, immergendosi nelle sponde completamente vestito, mentre Floyd dalla riva, tenne la pistola ancora tesa, pronto ad intervenire non appena l’animale fosse stato in vista.

La giovane intanto si era voltata con agitazione a quelle parole, cercando con confusione di vedere il pericolo che le avevano segnalato.

“Se questo è uno scherzo da pirata sappiate che io..!” esclamò, perdendo subito dopo qualsiasi parola alla vista dell’enorme sagoma ombrosa che si dirigeva verso di lei.

I suoi occhi si spalancarono riempiendosi di paura e un urlo fuoriuscì dalle sue labbra mentre senza nessun altro indugio iniziò a nuotare agitatamente verso la riva. L’animale però era chiaramente più veloce e in poco tempo raggiunse la sua preda, riemergendo dall’acqua con l’enorme bocca spalancata. In quel momento tutto parve muoversi a rallentatore.

L’urlo spaventato di Felicity, si confuse con l’esclamazione di Thomas dalla riva. Allo stesso tempo Floyd puntò l’animale con la pistola e John quasi prossimo alla ragazza si sbracciò nel tentativo di afferrarla in tempo e levarla dalla traiettoria. Tuttavia, l’unica consapevolezza di lei in quel momento, fu l’imminente pericolo che la minacciava e dal quale non sembrava esserci via d’uscita.

Così in quella frazione di secondo chiuse gli occhi, trattenne il fiato e aspettò il lancinante dolore che avrebbe preceduto la sua fine. Ma il suo destino, non sembrava contemplare la sua morte in quel luogo. Floyd colpì l’animale dentro le fauci e il rumore sordo del proiettile parve rimbombare nelle orecchie di Felicity che riaprì gli occhi, assistendo al lamento di dolore che l’animale produsse, ma non fu quell’azione a fermarlo, bensì la comparsa del tutto inattesa di Oliver.

Il pirata spuntò letteralmente dal nulla, quasi avesse volato fino a quel punto e senza la minima esitazione abbracciò la bocca dell’alligatore, che in un disperato tentativo di difesa s’immerse nuovamente nell’acqua, trascinando Oliver con se.

Dalle labbra della ragazza uscì il nome del pirata, in un lamento di disperata incredulità per quello che in pochi momenti era avvenuto e il suo corpo si sporse nella sua direzione, quasi a volerlo raggiungere, ma John proprio in quell’attimo riuscì ad afferrare il braccio della ragazza.

“Felicity dobbiamo uscire subito!” le urlò, trascinandola verso la riva.

“Ma Oliver!” protestò lei, senza staccare minimamente gli occhi dalla profondità dell’acqua nel quale l’uomo e l’animale erano spariti.

“Se la caverà!” replicò Diggle con tono per nulla preoccupato, allontanandola con forza fino a raggiungere la riva, ma non potendo impedire al suo sguardo di restare ancorato al punto in cui Oliver era sparito.

“Thomas dovete fare qualcosa! Dovete entrare in acqua!” esclamò, lo sguardo preoccupato fisso nel lago.

“mmh.. l’idea di bagnarmi i vestiti non m’intriga particolarmente.” replicò quello e solo allora Felicity spostò il sguardo per puntarlo sbalordita verso l’uomo.

“Il vostro capitano è stato trascinato affondo da un alligatore!”

“Si l’abbiamo visto.” le rispose Floyd, pulendo con una vecchia pezza la canna della sua pistola in tutta tranquillità.

La ragazza boccheggiò incerta sul come comportarsi verso quelle reazioni del tutto disinteressate e quasi il suo cervello si fosse congelato in quella situazione, enfatizzò.

“Un gigantesco alligatore!”

“Non mi è sembrato così grande.” mormorò Thomas, guardando John in cerca di conferma e l’uomo mentre si strizzava un lembo della sua maglia bianca fece spallucce, commentando.

“Nella media.”

La bocca di Felicity si spalancò ancor più, indice dell’alta incredulità che stava provando al momento, ma invece di trovare spiegazione o continuare a discutere con gli uomini si voltò decisa marciando nuovamente verso il lago.

Floyd tuttavia l’afferrò per un braccio, impedendole anche solo di mettere piede nell’acqua.

“Cosa fate micetta?”

“Se voi non avete intenzione di salvare il vostro capitano lo farò io!” replicò, agitando il braccio nel tentativo di liberarsi dalla sua presa. Per tutta risposta Floyd rise di gusto e con il suo unico occhio disponibile la squadrò da capo a piedi.

“Bella e coraggiosa.” sussurrò quasi e solo in quel momento Felicity si ricordò di essere mezza nuda. Allora strillò, rannicchiandosi in uno scatto verso il basso, nel maldestro tentativo di coprirsi dai loro sguardi.

“La preoccupazione per il nostro capitano vi fa persino dimenticare di non avere vestiti addosso, mi sento geloso.” la punzecchiò Deadshot, provocando un arrossamento più intenso nelle guance della giovane, che tuttavia sollevò lo sguardo con fermezza verso quello dell’uomo.

“Dovreste correre a salvare il vostro capitano invece di..!” ma le sue parole vennero interrotte dall’acre e forte scrosciare dell’acqua del lago, che mossa dall’impeto di Oliver nel riemergere ondeggiò per un momento agitata.

Felicity, lo sguardo completamente puntato sull’uomo, rilasciò un sospiro di sollievo per poi trattenere subito dopo il fiato alla vista del sangue che colava dal petto dell’uomo. La preoccupazione l’avvolse come un manto stretto e soffocante, ma solo per un breve istante.

Poiché mentre l’uomo a poco a poco raggiungeva la riva, la figura dell’animale morto che stava trascinando con sé, fuoriuscì dall’acqua, rendendo la ragazza consapevole che quel sangue non apparteneva ad Oliver, ma alligatore che lui aveva appena ucciso. E finalmente realizzò perché Floyd, Thomas e John non erano sembrati minimamente preoccupati.

Era sempre stato l’animale ad essere in pericolo, non Oliver.

“Immagino che per la cena di questa notte siamo più che apposto.” commentò Thomas alla vista dell’animale, mentre Floyd fece una smorfia di disappunto, nel guardare la bestia.

“Odio la carne di alligatore.” brontolò il pirata.

“Immagino sia stato Curtis a svegliarti..” disse John, cambiando del tutto argomento.

“Eppure gli avevo detto di non farlo.” aggiunse Thomas, per poi realizzare quanto detto e sorridere guardingo verso l’espressione minacciosa del suo capitano.

“Voglio dire, non era il caso di disturbare il tuo riposo per una questione da nulla.”

“Ah davvero? E io che credevo volessi tenermi nascosto il fatto che questa ragazzina fosse scappata da sotto il vostro naso.” replicò Oliver con ironia tagliente e a quelle parole Felicity si riprese dallo stato di trance che l’aveva colta nel concepire la pericolosità dell’uomo.

“Non sono scappata e non sono una ragazzina!” affermò, sollevando lo sguardo verso il pirata, che per la prima volta da quando era apparso si voltò a guardarla.

Lei era ancora inginocchiata nel terriccio umido, abbracciata su se stessa per coprire la pelle esposta che la veste da notte fradicia non riusciva più a nascondere.

“Non stavate scappando?” le chiede Thomas e Felicity scosse il capo, cercando di voltarsi a guardarlo.

“No! Ero solo andata a fare una passeggiata.” spiegò, sotto lo scetticismo dei tre, senza notare minimamente l’insistente sguardo che Oliver le stava rivolgendo.

“Perché sarei dovuta scappare?” domandò con confusione palese.

“Oliver fa quest’effetto.” ironizzò Floyd, facendo scoppiare dalle risate Thomas e far aprire persino John in un sorriso. Felicity non riuscì a cogliere il perché di quella battuta, ma quando l'ilarità del gruppo si dissolse con velocità anormale a causa dell’espressione minacciosa di Oliver, la giovane si liberò in una leggera risata che tentò subito dopo di nascondere.

“Lo trovate divertente?” le chiese Oliver, con tono e volto inflessibile. E Felicity sollevò ancora una volta lo sguardo verso l’uomo senza timore, replicando ironica.

“Cosa? Il fatto che i vostri uomini credevano che volessi scappare a causa del vostro brutto carattere o il fatto che siano loro al momento a voler scappare?”

I tre trattennero palesemente la risata che minacciava di scoppiare da un momento all’altro, girandosi in direzioni opposte per evitare d’incontrare gli occhi del proprio capitano, il quale tuttavia, non degnò loro di nessuno sguardo, fissando i suoi occhi sulla figura minuta della giovane per un lungo istante. Occhiata che venne apertamente ricambiata con sfida da lei, troppo testarda per lasciarsi intimorire dal pirata.

Dopo pochi secondi o forse minuti, Oliver mosse la sua mascella in uno scatto scocciato e senza alcun preavviso si sporse ad afferrare il polso di Felicity, tirandola verso di sé con abbastanza forza da costringerla a sollevarsi in piedi. E lei si ritrovò nuovamente a trattenere il fiato, questa volta per un motivo diverso dalla preoccupazione.

Era il senso di pericolo e seduzione che gli occhi dell’uomo le trasmettevano. Erano i loro volti vicini, abbastanza da poter sentire il suo respiro contro la pelle. Era il suo cuore che rimbombava sempre con più forza, fino a ricoprire ogni altro suono. In una parola, era l’elettricità. La forza di attrazione che provava verso di lui e la consapevolezza che avrebbe potuto prendere la scossa, se si fosse avvicinata troppo. Questo era ciò che le aveva inconsciamente fatto trattenere il respiro.

“Occupatevi della cena.” ordinò ai suoi uomini lui e solo in quel momento Felicity si ricordò che non erano soli, ma non ebbe neanche il tempo di sentirsi in imbarazzo per il lungo e apparente interminabile sguardo che si erano scambiati, poiché Oliver la caricò senza nessuno sforzo sulle sue spalle, dirigendosi nuovamente verso la casa sotto le urla offese di lei.

I tre pirati seguirono con la sguardo i due, in un silenzio divertito per la scenetta a cui avevano appena assistito, poi Floyd si voltò verso l’enorme animale a terra e con un sospiro domandò:

“Perché a lui tocca prendere la micetta seminuda e a noi un enorme alligatore?”

“Probabilmente perché se provassimo a prendere Felicity in quel modo il nostro capitano finirebbe per rendere noi, la cena.” rispose Thomas, avviandosi verso la casa senza nessun’altra parola.

L’espressione di Floyd si stranì a quell’uscita, mentre John sorrise.

“Cosa vorresti dire ? Ehi, Thomas!” disse il pirata, mentre Diggle si avvicinò alla bestia, caricandosela senza nessuno sforzo apparente sulle spalle.

“Lascia perdere.” mormorò John, confondendo ancor più il compagno e avviandosi senza ulteriore parola verso l’amico.

“Lascia perdere? Vuoi dire che tu hai capito? Ehi, aspettate...spiegate anche a me!” ordinò deadshot, sempre più confuso, ma senza ottenere alcuna risposta. Se solo Floyd avesse potuto leggere nel pensiero, avrebbe capito la conclusione a cui entrambi i suoi compagni erano arrivati nel vedere quel momento.

Oliver aveva trovato un tipo di tesoro, che non avrebbe condiviso con la sua ciurma.


 

Felicity strillò lungo tutto il percorso fuori dalla vegetazione, agitandosi nella presa dell’uomo nel tentativo vano di ritornare con i piedi per terra. E le sue guance assunsero una colorazione rossastra nell’udire le risate sguainate a cui i membri dell’equipaggio si aprirono al loro arrivo in casa, imbarazzandola a tal punto da spegnere le sue proteste, ma a Oliver poco importò.

La tenne stretta nella sua presa fino a quando non arrivarono nella stanza da letto. Solo allora la fece ricadere con ben poca gentilezza sul pavimento davanti al camino.

“Dovete smetterla di trattarmi come un sacco di patate!” esclamò la giovane, riprendendo il suo cipiglio battagliero, ma il pirata non parve neanche udirla, mentre frugava una vecchia cassettiera in cerca di chi sa cosa.

“Io sono perfettamente in grado di camminare da sola per cui se rifarete un’altra volta una cosa simile giuro che..”
“Toglietevi i vestiti.” l’interruppe lui, con voce perentoria e Felicity boccheggiò, del tutto impreparata a quella uscita.

“Co-come prego?” domandò tentennante e lui si voltò tirando con precisione la grande coperta che aveva trovato dritta sulla sua faccia.

“Ehi!” protestò lei, levandosi la trapunta dal volto e indietreggiando con la testa quando si ritrovò l’uomo inginocchiato a pochi centimetri da lei.

Felicity spalancò gli occhi e dischiuse le labbra restando completamente immobile, ma Oliver non la degnò neanche di uno sguardo limitandosi a sistemare la brace nel camino che avevano davanti e riuscendo con un tocchetto di legno a riaccendere un vecchio fuoco.

“Siete fradicia.” mormorò, rimettendo l'attizzatoio usato al suo posto e voltandosi a guardarla per un breve istante, continuò:

“Togliete quella veste bagnata e usate la coperta per asciugarvi. State davanti al fuoco. Intanto cercherò di trovarvi dei vestiti provvisori.”

Felicity lo ascoltò in silenzio, quasi incantata da quelle parole e lui senza attendere risposta si alzò avviandosi verso la porta, ma quando l’aprì, esitò nell’uscio per un momento.

“Cercate di fare quanto vi dico per una volta. Non ho voglia di passare un’altra notte in bianco per farvi abbassare la febbre.” dichiarò, uscendo subito dopo dalla stanza.

La ragazza restò un attimo impietrita, la coperta ancora tra le mani e lo sguardo puntato verso la porta che lui si era appena richiuso alla spalle. Si portò una mano alla guancia, soppesando con la mente a cosa fosse dovuto il calore che sentiva invadere il suo volto. Poi scosse il capo, nel tentativo di scacciare via ogni pensiero e con sguardo determinato fece quanto lui le aveva detto.

Trascinò una vecchia sedia vicino al camino e poggiò sopra di essa la fradicia veste, sperando che il calore del fuoco riuscisse ad asciugarla velocemente. Poi, drappeggiandosi al meglio l’enorme coperta che Oliver le aveva lasciato, si guardò intorno. La stanza doveva essere la camera dove lui era andato a riposare ore prima. Le pareti avevano lo stesso colore giallino che aveva visto in tutti gli altri muri e l’odore della polvere poggiata in ogni dove invadeva l’aria.

Era chiaro che quel luogo era rimasto disabitato per anni. Felicity si chiese che genere di collegamento ci fosse tra i pirati della Green Arrow e quell’isola, mentre a piedi nudi camminava lungo la stanza con occhi indagatori. Toccò appena il legno del vecchio separé impolverato al centro della stanza, notando alcuni insoliti solchi su esso, poi il suo sguardo si diresse verso la cassettiera poco distante. La sua curiosità le suggerì di frugare tra i cassetti in cerca di risposte, ma il rumore improvviso della porta, bloccò ogni suo intento, facendola voltare sorpresa.

Oliver comparve sulla soglia bloccandosi per una frazione di secondo, non scorgendola vicino al camino dove l’aveva lasciata, ma quando spostò lo sguardo per la stanza e la vide in piedi dall’altro lato sospirò mentalmente di sollievo, al pensiero che non fosse nuovamente sparita. Con apparente indifferenza le tirò dei larghi vestiti maschili addosso, che lei riuscì ad afferrare per pura fortuna.

“Cambiati.” ordinò perentorio, ma questa volta l’uomo non accennò ad uscire dalla stanza. Tutt’altro. Davanti al camino iniziò a togliersi camicia e pantaloni, riponendoli nella sedia che lei aveva sistemato accanto al fuoco.

A quella vista Felicity si voltò su se stessa in uno scatto frettoloso, concedendo le spalle al pirata con imbarazzo.

“Dovete smetterla di spogliarvi davanti a me!” disse con stizza e l’uomo le concesse un’occhiata divertita, mentre si strofinava le braccia con un panno asciutto.

“Non dovreste essere un medico?”

“E questo che centra?!” chiese lei, senza tuttavia voltarsi a guardarlo.

“Un medico non dovrebbe aver paura di guardare il corpo nudo di un uomo, no?”spiegò, continuando ad asciugarsi con cura.

“Non ho paura del corpo di un uomo! Semplicemente.. questa non è una situazione medica e.. aspettate. Nudo? Voi siete..nudo?” commentò lei, cercando di nascondere l’agitazione palese che la stava sommergendo.

Oliver sorrise, captando senza nessuna difficoltà il suo imbarazzo e mentre s’infilava i pantaloni asciutti, rispose:

“Completamente.”

La giovane schiuse le labbra del tutto sorpresa e sbattendo più volte le palpebre deglutì, del tutto ignara che il pirata in realtà avesse già indossato i pantaloni e in quel momento si stesse addirittura infilando una maglia.

“Questo.. è indecoroso e, voi dovreste..” balbettò, cercando di trovare la parola che sembrava aver perso. Oliver si voltò completamente verso di lei e utilizzando il passo felpato con cui solitamente sorprendeva i suoi nemici si avvicinò alle sue spalle, sporgendosi di soppiatto verso il suo orecchio sinistro.

“Vestirmi?” le sussurrò e l’inaspettata vicinanza della sua voce la fece sobbalzare e strillare di spavento. Ma quando nel voltarsi lo vide totalmente vestito, l’imbarazzo precedente venne sostituito dalla rabbia dell’intuire che lui la stesse solo prendendo in giro.

Oliver riuscì a malapena a trattenere le risate nel vedere la sua espressione di sconvolgimento risentito mentre lo guardava.

“Siete.. voi siete..!” mormorò, cercando un qualsiasi insulto per definirlo, ma le venne davvero difficile trovarlo. E non era certamente la rabbia a impedirle di pensare, bensì la sorpresa. Era la prima volta che vedeva l’espressione dell’uomo distendersi in un sorriso divertito.

Questo, le stava impedendo di pensare.

“Un pirata. La parola è quella. E voi presumo siate ancora nuda sotto quella coperta, giusto?” disse lui, guardando i vestiti che ancora lei stringeva tra le mani. Felicity sbatté le palpebre, abbassando per un momento lo sguardo nel tentativo di scrollarsi di dosso l’inaspettata sensazione che il suo sorriso le aveva provocato. E con il suo solito cipiglio battagliero, replicò:

“Se voi mi faceste la cortesia di uscire dalla stanza, potrei vestirmi.”

Oliver restrinse lo sguardo, mostrando un espressione fintamente confusa.

“E per quale ragione dovrei farvi questa cortesia?”

Felicity schiuse le labbra, sconcertata e con tono alterato replicò.

“Non vi aspetterete mica che mi cambi con voi qua dentro!?”

Il pirata accennò con il capo al paravento a pochi passi, in una muta risposta alla sua domanda e quando la ragazzi capì il riferimento dell’uomo verso l’oggetto puntò i suoi occhi furiosi nuovamente su di lui.

“Potete scordarvelo!” obbiettò e lui con espressione impassibile si affrettò a ribattere.

“Preferite che lo faccio io?”

“Come prego!?”

Oliver smorzò le sue labbra in un lieve sorriso e i suoi occhi brillarono divertiti e intrigati, prima di risponderle con parole quasi sussurrate.

“Potete vestirvi da sola dietro quel paravento o posso vestirvi io qui stesso. A voi la scelta.”

La frase suonò quasi come una minaccia alle orecchie della giovane che tuttavia non diede segno di cedimento.

“Non osereste.” mormorò, lo sguardo deciso puntato fermamente negli occhi del pirata il quale ampliò il suo sorriso a quella replica.

“Oh vi prego, mettetemi alla prova.”

La ragazza si morse appena il labbro inferiore, cercando di sondare lo sguardo dell’uomo in cerca dell’inganno ma senza successo. Oliver appariva sicuro e fin troppo felice di quella sfida, così Felicity si ritrovò semplicemente a sbottare con malcontento.

“Oh insomma, vi è così difficile uscire dalla stanza!?”

“E per voi era così difficile rimanere dentro queste mura?” ribatté l’uomo e in un momento la ragazza arrivò a capire di cosa stessero davvero parlando. La sua fuga. Il suo aver -ancora una volta- ignorato i suoi ordini.

“E di questo che si tratta? Il fatto che mi rifiuto di prendere ordini da voi?” domandò, scoprendo senza altro indugio le carte in tavola.

“Esatto. Se non volete ubbidirmi di vostra spontanea volontà, v’insegnerò a farlo.” affermò e al contrario di quanto l’uomo si fosse aspettato, Felicity gli voltò le spalle nascondendosi dietro al paravento, senza nessun’altra protesta.

Oliver schiuse le labbra, sorpreso e lei da dietro la copertura mormorò:

“Abbiate almeno la decenza di voltarvi.”

L’uomo sorrise, acconsentendo alla richiesta e allontanandosi verso il camino.

“Non pensavo sarebbe stato così semplice.” disse, abbassandosi ad attizzare il fuoco, mentre lei svelta indossava gli abiti.

“Credevo avreste ribattuto o protestato..” continuò e lei uscì fuori dal paravento, con indosso i vecchi e decisamente larghi abiti da uomo.

“Sarebbe stato infantile da parte mia.” rispose e l’uomo voltò il capo a guardarla.

“Infantile?”

“Si, infantile.” confermò, camminando verso di lui con passo fermo e sicuro.

“Infantile come il vostro metodo di ripicca per avervi disubbidito.”

Oliver sorrise, abbassando contemporaneamente il capo abbastanza da impedirle di vedere la sua espressione. Poi lasciò andare l’attizzatoio e con un sospiro si sollevò nuovamente in piedi, ricambiando senza indugio il suo sguardo.

“Quindi vi siete cambiata come vi avevo chiesto perché..?”

“Per curare il vostro infinito ego ferito che crede che ogni singola persona di questo mondo debba obbedirvi.”

Oliver mosse la mascella in uno scatto, contenendo ogni possibile segno di rabbia per quelle parole e Felicity, a pochi passi da lui tenne la testa fieramente alzata, senza mai distogliere lo sguardo dal volto dell’uomo.

“Quindi immagino che non mi ubbidirete, vero?”
“Siete perspicace, capitano.” ironizzò lei, riservando quella referenza nel suo nome in un modo che l’uomo trovò assolutamente seduttivo. Nonostante razionalmente sapesse che lei, non l’aveva fatto con quello scopo.

“Capisco.. be a questo punto” mormorò, concedendosi una breve pausa prima di terminare la frase.

“..direi che è il caso d’iniziare con la prima lezione.”

Felicity schiuse le labbra confusa, ma in quella frazione di secondo Oliver si mosse rapido, caricandosela ancora una volta sulle spalle.

“Cosa state facendo!?! Vi ho già detto di non trattarmi come..” ma le proteste e i colpi alle spalle dell’uomo s’interruppero quando lui la fece ricadere sgraziatamente nel letto e senza darle neanche il tempo di registrare quel fatto la bloccò nel materasso con il suo corpo, stringendola alle sue spalle in un intimo abbraccio.

“O-Oliver!” esclamò il suo nome, le guance in fiamme e la voce tremante e lui, con le labbra vicine al suo orecchio rispose in un sussurro.

“Vedete io necessito di dormire. Ma non posso farlo se voi continuate a sparire facendo rischiare ai miei uomini la loro vita per salvarvi.” spiegò, ottenendo la più completa attenzione da parte della ragazza.

“E avete appena messo in chiaro che non intendete ubbidire a nessuno dei miei comandi, quindi non mi lasciate altra scelta. Dormirete con me.” affermò e Felicity schiuse le labbra prima di agitarsi nella sua presa.

“Questo è assurdo. Lasciatemi andare!”

Il pirata a quella ribellione tuttavia non fece altro che stringerla più vicino a se, facendo aderire i loro corpi con maggiore fermezza.

“Più continuerete ad agitarvi e più continuerò a stringervi.”

“Cosa?!” il tono scandalizzato e il respiro corto di lei lo fecero sorridere divertito.

“Fossi in voi la smetterei di agitarmi, a meno che non vogliate stare ancora più vicino a me.”

Quelle parole la immobilizzarono completamente e l’uomo alle sue spalle, faticò nel non scoppiare a ridere.

“Quello che state facendo è...”

“Infantile?” la rimbeccò lui, interrompendo la sua protesta sul nascere.

“Già lo è. Ma non dovrebbe essere una sorpresa per voi, dopo la brillante deduzione d’infantilità su di me che avete portato a galla pochi minuti fa.” ironizzò, usando lo sbeffeggiamento precedente di lei a suo vantaggio.

“Sono un uomo alquanto infantile. Per cui ogni volta che disubbidirete ad un mio ordine, troverò un metodo infantile per farvela pagare.” continuò e Felicity si morse le labbra, del tutto furiosa.

Nonostante Oliver non potesse vedere il suo volto, era certo, che la ragazza stesse fumando di rabbia e imbarazzo, il che lo rese stranamente euforico.

“Spero abbiate un buon riposo.” augurò, con il sorriso sulle labbra e senza ulteriori indugi chiuse gli occhi concedendo a Morfeo il permesso di entrare, mentre Felicity rinchiusa tra le sue braccia, meditava vendetta.




spazio autrice:

Eccomi, di ritorno da giorni infernali. Vi ringrazio sinceramente per tutte le splendide recensioni che mi avete lasciato. Nonostante non sia ancora in grado di rispondere singolarmente ad ognuno di voi ho davvero apprezzato quanto mi avete detto. Sono sopratutto stra-felice che nonostante i miei ritardi voi amiate questa storia e stiate continuando a seguirla. Le 48 ore stanno per scadere e nel prossimo capitolo scopriremo come Oliver è arrivato a quella confessione verso Felicity, per ora.. sembrano tutto tranne che innamorati, non credete? No? Chi sa. Appuntamento al prossimo capitolo!

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

Le labbra dell'uomo si mossero lentamente in una carezza leggera dietro al suo orecchio, mentre la sua mano scivolava lungo il profilo armonioso della giovane ancora immersa nel dormiveglia, ancorandosi alla sua vita. Lei mugugnò appena, ancora in balia del suo sonno, allora la bocca del pirata scese più giù verso il suo collo e questa volta la sua lingua aiutò l'opera di piacevole tortura che stava compiendo sulla bella addormentata sotto di lui, ampliando i brividi leggeri che lentamente si stavano formando in tutto il suo corpo. Ma gli occhi della ragazza continuarono a rimanere chiusi. Così l'uomo infilò la mano dentro la larga maglia, afferrando con rudezza un suo seno.

Un gemito di piacevole sorpresa uscì dalle labbra di lei, ora schiuse, mentre la bocca instancabile del pirata continuava l'operato sul suo collo e la ragazza mosse il capo, mentre il suo stato di dormiveglia scemava lentamente rendendola finalmente consapevole dell'uomo attivo sopra di lei.

"Oliver.." il sussurro uscì svelto dalle sue labbra e il volto che fino a quel momento era stato nascosto nel collo della bionda ragazza sul letto, si sollevò, sconvolgendo i suoi sensi con la profondità del suo sguardo.

"Cosa.. fate?" chiese Felicity e in tutta risposta il pollice dell'uomo si mosse in una carezza distinta al centro esatto del suo seno, bloccandole il respiro e svegliandola del tutto.

"La vostra punizione.." sussurrò in risposta lui, scendendo a lambire senza la minima esitazione la bocca di lei.

 

 

Felicity aprì gli occhi, mettendosi seduta in uno scatto confuso e agitato.

Il respiro ancora irregolare si guardò intorno spaesata, realizzando secondo dopo secondo la realtà.

Era stato solo un sogno.

Il pensiero la portò prima a sospirare quasi con sollievo e dopo, ad arrossire inconsciamente al ricordo del volto di lui che scendeva ad assaggiare le sue labbra ancora totalmente impresso nella sua mente.

La giovane mosse la testa velocemente con scatti di negazione, quasi volesse scacciare via quelle immagini e con esse i sentimenti che avevano tentato di rivelare. Ma le servì a ben poco.

La sua mente sembrava incapace di dimenticare quelle sensazioni così forti che un semplice sogno era stato in grado di creare e Dio! Le sembrava persino di sentire il sapore delle labbra dell’uomo sulle sue!

"Devo essere completamente impazzita." mormorò, toccandosi il viso accaldato con preoccupazione crescente.

La tua punizione.”

Le parole dell’uomo echeggiarono nella mente della ragazza, portando la sua già rossiccia colorazione a un livello altamente preoccupante e lei, quasi a voler soffocare quel turbinio di confuse emozioni che la stavano invadendo si rifugiò completamente al di sotto del candido lenzuolo bianco. Nel vano tentativo di nascondersi dall'affrontare quell'inaspettato evento e proprio in quel momento realizzò un punto fondamentale della situazione. La fonte dei suoi pensieri, non si trovata nella stanza. Con uno scatto improvviso si scoprì dal lenzuolo e i suoi occhi istintivamente guardarono verso la finestra coperta dalle tende vecchie e impolverate.

Senza indugio Felicity lasciò il letto, avviandosi verso essa e spostando le tende constatò dai colori rossicci del cielo, che la notte stava per giungere.

“Ho dormito per tutto il pomeriggio.” realizzò, mentre un acuto senso di colpa morse il suo stomaco.

Se ne stava là a dormire e fantasticare su un pirata, mentre gli abitanti del suo villaggio avevano patito una morte assurda e ingiustificata. Chiuse gli occhi, mentre le sensazioni provata per quel sogno lasciavano il posto al ricordo vivido dei corpi privi di vita ammassati l’uno sopra l’altro e il dolore sordo all'interno del suo petto si riavviò, sommergendo ogni altra cosa.

Doveva scoprire perché era successo, si disse, riaprendo gli occhi lucidi di lacrime trattenute. Doveva capire chi era questo Slade e perché proprio il suo villaggio. Aveva bisogno di ottenere risposte ai quesiti che continuavano a tormentarla ma sopratutto, necessitava giustizia.

Risvegliata da quella nuova determinazione si voltò decisa a uscire da quella stanza per dare il via alla sua missione, ma la vista dell’abito poggiato sulla poltrona accanto al camino bloccò i suoi passi.

Di un chiaro color cannella e adornato con pizzo del color del sole, sembrava quasi illuminare il punto stesso dove era stato poggiato, attirandola verso di lui come una falena catturata dalla luce.

Quando gli fu davanti, Felicity lasciò scorrere il suo sguardo nella semplicità del ricamo, che non riusciva a nascondere comunque la sfarzosità dell’abito, restando quasi incantata dal modo in cui le pieghe della gonna sembravano intrecciate l’una all'altra. Non riusciva a capire come aveva fatto a non notarlo nel momento stesso che si era svegliata, tanto contrastava con l’ambiente circostante, ma sopratutto non capiva cosa ci facesse là e chi l’avesse poggiato. Tuttavia quei suoi quesiti ebbero quasi subito risposta quando la giovane notò il piccolo pezzo di carta poggiato sopra l’abito.

Senza esitazione lo prese, leggendo silenziosamente l’unica parola che vi era scritta in una frettolosa ma elegante calligrafia.

“Indossalo.

Quell'ordine, fu sufficiente a farle comprendere chi fosse stato a lasciare l’abito e la protesta spontanea che la sua mente formulò verso quel fatto, si spense inaspettatamente nell'abbassare lo sguardo verso ciò che aveva indosso. I larghi abiti maschili erano stati comodi per dormire, ma certamente non sarebbe risultata affatto decorosa se fosse uscita da quella stanza in quelle condizione.

Con un sospiro sconfitto tornò a posare gli occhi sull'abito, decidendo che almeno per quella volta, avrebbe accettato l’ordine del pirata.

 

 

 

Intanto nel cortile sul retro della vecchia casa o almeno, delle rovine che restavano, Oliver scrutava i colori del tramonto, la mente assorta nel ricordo lontano di ciò che era successo in quello che aveva sempre ritenuto sarebbe stato il suo ultimo giorno su quell'isola.

Tu non sei mio fratello.”

La sensazione di tradimento e perdita, provata a quel tempo, sembrava rispecchiarsi perfettamente con i pensieri recenti che avevano infestato la sua mente, senza lasciare scampo a nessun’altra verità che non fosse quella già compresa.

Sospirano chiuse gli occhi, mentre il volto di Slade macchiato di sangue e rabbia gli tornava alla mente.

Tutto quello che è successo è colpa tua!”

No.. io..”

Lei è morta per causa tua!”

“Oliver?” la voce di Thomas lo riscosse, impedendo a quel ricordo di continuare il suo corso e con una calma che ben contrastava con quanto stava provando riaprì gli occhi voltandosi verso l’amico alle sue spalle.

“Si?”

“I ragazzi hanno finito di preparare ogni cosa.. manca solo il tuo via per iniziare. Ah e qualcuno dovrebbe andare a svegliare Felicity..”

La semplice pronuncia del suo nome sembrò spazzare via il peso funesto che opprimeva il suo petto e pur mantenendo la sua solita compostezza, l’uomo avvertì chiaramente i suoi muscoli rilassarsi al ricordo di come poche ore prima si era risvegliato con lei tra le sue braccia e il suo cuore palpitare più forte, al pensiero dell'avventatezza irrazionale che l'aveva colto e che aveva annullato per un breve istante paradisiaco il suo normale controllo.

Il pirata chiuse gli occhi, sopprimendo il ricordo vivido della sensazione provata nel poggiare le sue labbra contro quelle di lei e dopo un breve sospiro mormorò:

“Penso io a svegliarla, voi potete anche iniziare.”

Senza indugio Oliver mosse i suoi passi verso il vecchio maniero, nell'intento di avviarsi all'interno della casa, ma Thomas afferrò il suo braccio con abbastanza forza da costringerlo a fermarsi.

Il pirata dagli occhi blu aspettò per un breve attimo di silenzio che il pirata dagli occhi verdi spiegasse quell'improvvisa azione, ma le parole che fuoriuscirono dalle sue labbra lo colsero del tutto alla sprovvista, sciogliendo per una frazione di secondo, la maschera che Oliver normalmente indossava. 

“Cosa ti preoccupa?”

Thomas sorrise, verso la palese sorpresa che vide balenare nel volto del suo migliore amico e lasciando andare il suo braccio mormorò divertito.

“Perché quella faccia sorpresa? Dovresti sapere che non puoi nascondermi nulla..”

Oliver fece roteare gli occhi a quelle parole, ritrovando senza alcuna fatica la sua solita facciata indecifrabile. 

“Come potrei dimenticarlo..” replicò con ironia, cercando di sviare l’argomento chiave della discussione. Per un attimo il pensiero di Felicity gli aveva fatto dimenticare la grave situazione in cui si trovavano e quanto lui fosse stato cieco fino a quel momento. Ma quella breve pausa della realtà era andata via tanto velocemente quanto era arrivata. E con il cuore in tumulto Oliver soppesò se fosse il caso di dire al suo impulsivo migliore amico ciò che la sua mente aveva realizzato.

Thomas tuttavia lo tolse dall'impiccio di scegliere cosa fare, capendo dall'esitazione dell'uomo che non fosse ancora pronto per parlare.

“Ho capito, non ti forzerò a dirlo.. ma cerca di ricordare che non sei più solo.”

Oliver posò nuovamente lo sguardo su quello dell'amico nell'udire quelle parole e quest'ultimo continuò a sorridere prima di continuare.

“Quando sarai pronto a parlare io… ” ma Thomas non finì mai quella sentenza poiché il suo sguardo venne catturato da qualcosa alle spalle del suo capitano, che portò i lineamenti del suo volto ad aprirsi in un espressione di pura meraviglia. Oliver lo guardò stranito per qualche secondo, prima voltarsi a seguire qualsiasi cosa avesse scorto e quando i suoi occhi si posarono sulla armoniosa figura femminile che sostava nel patio, non ebbe dubbi su cosa avesse scatenato quella reazione nell'amico.

Felicity.

Drappeggiata nell'abito appartenuto ai tesori che avevano rubato tempo addietro a una marchesa, sembrava lievemente spaesata da tutti i preparativi festosi a cui i pirati avevano lavorato nel pomeriggio e come un piccolo faro, la sua sola presenza era stata in grado di far voltare ogni uomo nel raggio di tre metri verso di lei.

Oliver trattenne inconsciamente il fiato, mentre le sue pupille si dilatavano per un riflesso incondizionato e il suo cuore con un incessante martellare nel petto lo informava dei sentimenti che stava provando. Era una visione angelica, divina. Una sorta di piccolo tesoro vivente capace di lasciarlo senza fiato. Il pirata aveva pensato che quell'abito le sarebbe andato bene, ma non avrebbe mai immaginato l'effetto di sublime bellezza a cui stava assistendo in quel momento. 

“Misericordia divina!”sussurrò Thomas, quasi a confermare i pensieri stessi di Oliver, il quale cercò di riacquistare un minimo di compostezza, mentre lei finiva inevitabilmente per trovarlo con lo sguardo e camminare nella loro direzione, sotto lo sguardo attento di tutti i presenti.

"Cos'è tutto questo?" furono le prime parole che uscirono dalle sue labbra e Oliver ricordò in un istinto naturale la morbidezza della sua bocca contro la sua.

"A cosa vi riferite Felicity?" rispose Thomas, nonostante la domanda e lo sguardo rabbioso con cui sembrava volesse incenerirlo era chiaramente rivolto verso Oliver.

"Mi riferisco alla preparazione di quel falò, a tutto quel cibo.. sembra come se foste in procinto di dare una festa."

Thomas sorrise calorosamente verso quell'intuizione, mentre Oliver continuò imperterrito a fronteggiare lo sguardo feroce della ragazza.

Che avesse scoperto del bacio che le aveva rubato?

"Esattamente e siete arrivata giusto in tempo a.."

"Quindi è per questo che mi avete lasciato questo vestito." affermò lei, interrompendo le parole allegre di Thomas con un tono ben poco amichevole.

"Volevate fare festa e avete pensato che avessi bisogno di essere presentabile!?" continuò, in una sentenza di una condanna che la sua mente aveva già scritto, ma ancora Oliver non replicò, troppo perso verso la rabbia distinta che poteva leggere nel chiarore dei suoi occhi.

"Be fare festa non è proprio.." provò Thomas che aveva alternato lo sguardo dall'uno all'altro cercando di capire a cosa fosse dovuta tanta tensione, ma questa volta fu la voce del suo migliore amico a interrompere le sue parole.

 

"Esatto. Ho pensato che quest'abito vi sarebbe stato bene e chiaramente, avevo ragione." disse con volto serio e impassibile, non facendo altro che alimentare la rabbia della ragazza.

"Il mio intero villaggio è stato massacrato e voi credete che io abbia voglia di fare festa?!" domandò lei, zittendo ogni intervento da parte di Thomas che iniziò a capire la motivazione di quell'atteggiamento.

Ma Oliver non apparve in minima parte sorpreso, tutt'altro. Distese la sua bocca in un finto sorriso divertito e lasciando roteare gli occhi in aria per una frazione di secondo replicò:

"Non sembravate così affranta dalla perdita questo pomeriggio, mentre nuotavate nuda nel lago."

Il rumore dello schiaffo che seguì quelle parole sembrò infrangersi nell'atmosfera che immediatamente divenne tesa.

Il sorriso di Oliver non si spense mentre sollevava il capo che lo schiaffo di lei aveva lievemente inclinato. Ma il tagliente commento ironico che avrebbe voluto mormorare morì, nel momento stesso in cui incontrò gli occhi di Felicity.

Alla vista dei suoi occhi pieni di lacrime il suo cuore sembrò bruciare vivo, ma nessuna parola di scusa uscì dalle sue labbra e seppur il suo finto sorriso scemò senza lasciar traccia, la facciata apparentemente calma non crollò.

Perché dopotutto, aveva bisogno che lei lo odiasse. Era l'unico modo che aveva per proteggerla. Tenerla lontano da se stesso. Dal pericolo che rappresentava. 

Se solo lei l'avesse odiato, sopprimere il desiderio costante di affondare la mano sui suoi capelli, baciare le sue labbra e toccare ogni parte della sua pelle sarebbe stato più semplice.

Così l'aveva provocata intenzionalmente, accondiscendendo la visione iniziale della ragazza. Ciò che non aveva tenuto in conto, era stato il dolore sordo sul suo petto alla vista delle sue lacrime o che la sensazione di averla ferita si sarebbe riflessa in lui come uno specchio d'acqua.

"Godetevi la festa." sussurrò quasi lei, la voce rotta e lo sguardo che cadeva verso la terra umida, mentre si voltava avviandosi nuovamente all'interno del maniero. Oliver non replicò, restando immobile, l'espressione indecifrabile e le mani strette a pugno.

Thomas pronunciò appena il nome di Felicity, facendo pochi passi con l'intento di raggiungerla, ma raggelato da quella situazione cambiò idea voltandosi verso Oliver, pronto ad assalire l'amico per l'irrazionale atteggiamento avuto. 

"Perché diavolo non le hai detto la verità?"

Oliver sorrise nuovamente, senza tuttavia ricambiare l'occhiata furente di Thomas.

"Non è forse vero che stiamo per festeggiare?" mormorò e l'amico pronunciò imperioso il suo nome, in una silenziosa richiesta di spiegazione.

"Credimi. L'ho fatto per il suo bene." disse infine, perdendo il sorriso e posando lo sguardo serio verso quello del suo secondo in comando, il quale non aggiunse altro, leggendo la veridicità di quella incomprensibile risposta nel suo sguardo.

"Immagino di poter accendere il falò, allora." decretò, cambiando discorso e lasciando Oliver silenziosamente riconoscente per la decisione di non indagare oltre sull'argomento. 

E senza attendere risposta da parte del pirata s'incamminò verso la catasta di legna che avrebbe dato via alla loro veglia.

 

Intanto una Felicity in lacrime e furente stava ripercorrendo il maniero diretta verso la sua stanza, maledendo ad ogni singolo passo le parole del pirata e la brutalità con cui le aveva percepite veritiere.

"Stupido! Stupido Oliver!" mormorò, alzando le gonne dell'abito per evitare di cadere e John Diggle con in mano una vecchia bottiglia di liquore che aveva appena scovato nella casa la guardò perplesso superarlo senza che lei si accorgesse minimamente della sua presenza e istintivo le andò dietro, afferrando il suo braccio per bloccare la sua frettolosa marcia.

Felicity voltò il capo, guardando con sorpresa colui che l'aveva bruscamente fermata e John notò in quell'esatto momento le lacrime nei suoi occhi.

"State bene?" domandò, schiudendo le labbra sorpreso e lasciando andare la presa sul suo braccio.

La ragazza girò appena il capo, asciugando gli occhi umidi in un gesto sbrigativo, quasi si vergognasse di mostrarsi in quel modo all'uomo e subito dopo, sforzandosi di sorridere rispose.

"Sto bene, grazie."

"Le vostre parole non corrispondono all'espressione cupa del vostro volto." replicò John, ma gli occhi di Felicity vennero catturati dalla bottiglia di liquore che l'uomo teneva contro il petto e la risposta a quell'affermativa domanda venne ben presto sostituita da un tono d'incredula rabbia.

"State andando a festeggiare anche voi John?" domandò, facendo corrucciare l'espressione del pirata in una ancora più perplessa.

"Come?"

Felicity chiuse gli occhi, sospirando e cercando con tutte le sue forze di sopprimere la rabbia che sembrava volesse esploderle nel petto, prima di mormorare.

"Capisco bene che gli abitanti del mio villaggio non fossero tra i vostri cari e certamente non vi abbiano riservato un'accoglienza calorosa, ma decidere di fare una festa pochi giorni dopo quanto accaduto mi sembra di cattivo gusto anche per dei pirati."
"Di quale festa state parlando Felicity?" domandò, con tono davvero confuso e la ragazza sollevò lo sguardo verso quello del gigante d'avanti a lei rispondendo in maniera stizzita.

"L'enorme falò che avete allestito, il banchetto di carne e frutta vicino all'entrata.." sbottò e John ridacchiò interrompendo le sue parole e ottenendo uno sguardo ben poco amichevole in risposta.

"La cosa vi diverte?!" chiese incredula lei e l'uomo abbassò lo sguardo, facendo scomparire velocemente il breve attimo di ilarità che lo aveva colto.

"No, perdonatemi. Solo che.."
"Solo che cosa!?"

"Credo abbiate frainteso le nostre intenzioni.." affermò e la rabbia nel volto di Felicity si trasformò in esasperata confusione.

"Cosa avrei frainteso per l'esattezza?"

"Non si tratta di una festa." dichiarò John e senza aspettare replica, rivelò.

"La nostra è una veglia."

Qualsiasi risposta la mente della ragazza aveva precedentemente formulato scomparì verso quella semplice verità e sbattendo più volte le palpebre tutto quello che riuscì a mormorare in quel confuso e incredulo momento fu: ".. una veglia?"

John annuì, l'espressione distesa nella più completa sincerità.

"Questo è il nostro modo di onorare i morti." affermò e uno sbuffò d'incredulità ironica ancora presente in Felicity fuoriuscì dalle sue labbra.

"Bevendo e mangiando a sazietà, davanti ad un caldo falò?" domandò con tono tale da far capire quanta difficoltà trovasse nel credere a quelle parole.

"Accendiamo il falò per guidare gli spiriti dopo la morte. Evitare che restino intrappolati nei rimpianti.." mormorò bloccandosi per un momento con sguardo improvvisamente assorto, quasi la sua mente si stesse per perdere in un particolare ricordo, poi agitando appena la bottiglia tra le mani continuò:

"Mangiamo e beviamo per ricordare a noi stessi di non sprecare neanche un istante della nostra vita."

Felicity abbassò appena lo sguardo, le labbra dischiuse mentre recepiva l'intera veridicità di quelle parole.

"Onorate i morti, capendo quanto effimera sia la vita.." sussurrò lei, poco prima che un'improvvisa consapevolezza la colpisse:

Oliver le aveva mentito. 

Ma perché? 

Perché non spiegarle la verità? Perché farle credere che fosse una festa e perché usare quelle parole così affilate?

La giovane rilasciò un sospiro, confusa e irritata allo stesso tempo, sollevò lo sguardo verso la bottiglia tra le mani del pirata, domandando senza esitazione.

"Posso avere quel liquore John?"

L'uomo la guardò stranito da quell'improvviso cambio d'argomento, ma ancor prima che potesse rispondere a quella domanda, Felicity trafugò la bottiglia dalle sue mani, marciando nuovamente al di fuori del cortile e John Diggle, totalmente confuso dalla situazione, si ritrovò a seguirla fino al patio dove la ragazza si fermò.

Felicity osservò il falò ora pienamente acceso e la decisione irrazionale nella sua testa s'intensificò.

"Potrei sapere cosa avete intenzione di fare?" domandò John, preoccupato da quella piega del tutto inaspettata, ma la ragazza non rispose, spostando i suoi occhi verso il capitano della Green Arrow. 

L'uomo ovviamente l'aveva notata nel momento stesso in cui era uscita dalla casa, mascherando prontamente la sua sorpresa sotto una finta indifferenza che non combaciava affatto con l'espressioni sorprese dei pirati attorno a lui.

"Sembra pronta per il secondo round. Forse dovresti preparare l'altra guancia, capitano." mormorò ironico Thomas posizionandosi al suo fianco.

"Sbaglio o quella che ha in mano è una bottiglia di rum?" disse subito dopo Floyd, più concentrato sulla possibilità che ci fosse davvero dell'alcol in quell'isola dimenticata da Dio.

Ma Oliver non degnò nessuno dei due di una risposta, curioso di vedere quale sarebbe stata la prossima mossa di lei. E certamente Felicity, non lo fece attendere.

Dopo averlo squadrato per qualche minuto dal patio, la ragazza scese ancora una volta i pochi gradini, marciando verso l'uomo con la fierezza di una regina. Quando fu ad un passo da lui, sollevò la bottiglia di liquore afferrando con decisione il tappo di sughero e facendo forza su esso, dopo qualche secondo riuscì nel suo intento di aprila. Il suono distinto che venne rilasciato alla sua apertura, sembrò quasi congratularsi con la giovane che piegando le labbra in un sorriso vittorioso sporse lievemente la bottiglia verso l'uomo, nel tipico gesto di brindare alla sua salute, poi, senza alcuna esitazione se la portò alle labbra, bevendo un lungo sorso dell'amaro liquore.

"Feli.." il tentativo di John di fermarla morì sul nascere, mentre la sorpresa sulle labbra di Thomas si trasformava in un sorriso ammirato. 

"Vi prego non bevetelo tutto!" esclamò Floyd, guardando con preoccupazione la preziosa bottiglia di rum. 

"Credevo non aveste intenzione di festeggiare.." disse Oliver, cercando segretamente di capire quale fosse lo scopo della ragazza.

"E io non credevo che voi foste un bugiardo." replicò lei, prima di prendere un altro generoso sorso del liquore, senza mai distogliere per un solo istante lo sguardo dal suo.

"Per quale motivo sarei.."

"Ah, non importa!" esclamò lei, interrompendolo senza esitazione, mentre l'alcol appena bevuto bruciava amaro dentro la sua gola.

"Questa è una festa no?" domandò ironica e sollevando la bottiglia verso di lui, quasi stesse brindando alla sua salute esclamò:

"Festeggiamo!" 

Felicity portò nuovamente la bottiglia verso le sue labbra, ma con rapidità estrema Oliver bloccò il suo percorso prima ancora che raggiungesse la meta, passandola con poca grazia a Floyd.

"Cosa fate!?" domandò incredula lei e per tutta risposta Oliver afferrò il suo polso trascinandola con poco garbo nuovamente verso la casa. 

Felicity si ritrovò forzatamente a seguirlo, sotto gli sguardi e i fischi divertiti della ciurma, quasi inciampando sulla sua stessa gonna per la velocità con cui lui si stava muovendo, ma a nulla servì cercare di puntare i piedi per rallentarlo, ne tanto meno protestare vistosamente verso quel trattamento.

L'uomo continuò imperterrito a trascinarla dentro la casa, superò quella che un tempo si sarebbe potuta definire cucina, fino ad arrivare al corridoio per il salone e proprio in quel momento, quando Felicity decise di ricorrere alle maniere forti mordendo la sua mano, il pirata bloccò quella furente marcia, imprecando vistosamente dal dolore.

"Vi ho detto più di una volta di non trattarmi come un sacco di patate." affermò, in risposta allo sguardo rabbioso che ricevette per quel morso e gli occhi dell'uomo parvero accendersi di furia a quelle parole. In uno scatto repentino il pirata si mosse verso la ragazza che istintivamente indietreggiò fino a trovarsi letteralmente con le spalle al muro. Verso la consapevolezza di essere ormai in trappola si voltò in tempo per vedere l'uomo caricare il suo pugno destro. Le labbra aperte in parte dalla sorpresa, chiuse gli occhi in un'azione del tutto istintiva, mentre il rumore sordo del colpo s'infrangeva nella parete alle sue spalle.

Quando dopo interminabili secondi si decise a riaprirli, trovò il volto di Oliver a pochi centimetri dal suo e privata del suo stesso respiro incontrò confusa gli occhi del pirata.

Non capiva a cosa fosse dovuta la furia che stava accendendo il suo sguardo in quel momento, proprio come non aveva alcuna idea del perché lui le avesse mentito pochi momenti prima. E averlo a pochi centimetri da lei non l'aiutava affatto a ragionare sulla questione o a dirla tutta a formulare un qualsiasi pensiero logico. 

Ma anche se avesse avuto la possibilità di calmarsi e ragionare, non sarebbe mai arrivata al vero motivo che stava facendo impazzire l'uomo.

Perché "impazzire" era la sola parola adatta a ciò che stava accadendo nella testa di Oliver. Quando si era risvegliato con lei tra le sue braccia quella sera, scendere ad assaggiare le sue labbra dischiuse era parso semplice. Una sorta di sorso peccaminoso a cui non era riuscito a dire di no. Ma era stato proprio dopo quel quasi accennato e innocente sfioramento di labbra che la sua fame era cresciuta. L'aveva avvertita chiaramente come un vortice nel suo stomaco, ingigantirsi e renderlo simile ad un assetato che dopo mesi nel deserto, sfiora l'acqua per la prima volta. Così si era ritrovato a lottare contro i suoi stessi istinti, fuggendo dal letto e dalla tentazione che lei rappresentava.

Si era ricomposto, utilizzando tutto l'auto-controllo che per anni l'aveva reso il pirata temibile che era e aveva tenuto occupata la sua mente pensando al problema della sua ciurma che avrebbe dovuto affrontare, ma non era bastato.

Tutta la sua determinazione, la sua concentrazione, il suo controllo.. erano svaniti nel momento stesso in cui lei era apparsa sul patio. Stretta dentro quel maledettissimo vestito che lui stesso aveva deciso di darle. Così le aveva mentito, cercando di allontanarla da lui e dal pericolo che in quel momento rappresentava, ma lei era tornata. 

Con il volto fiero di una guerriera, la camminata regale di una regina e quell'inconfondibile timbro di sfida nei suoi occhi che non aveva fatto altro che aumentare il suo già incontrollato desiderio.

"Potrei sapere co.."

"Tornate nella vostra stanza." sussurrò roco lui, chiudendo gli occhi per un attimo interminabile, prima di tuffarsi nuovamente con determinazione nelle pozze d'innocenza confusa che lo stavano guardando.

"Tornate nella vostra stanza.. e chiudete a chiave la porta." ripeté, in un ordine inflessibile e totalmente confusionario.

"Perché.. dovrei farlo?" domandò incerta e lui replicò stizzito.

"Perché ve lo sto ordinando."

La bocca della ragazza si aprì quasi a formare una 'o' tra il confuso e l'infastidito, prima di mormorare ironica:

"Per caso soffrite di perdita di memoria temporanea?"

Oliver sollevò un sopracciglio confuso, prima che lei esclamasse con tono alterato.

"Non sono un vostro sottoposto! Per cui non prendo ordini da voi!"

Felicity si voltò di scatto nel tentativo di andarsene, ma si scontrò con il braccio dell'uomo che ancora la intrappolava verso il muro. Fu in quel momento che si accorse del sangue che colava dalla sua mano.

"State sanguinando!" affermò, prendendo istintivamente la mano del pirata poggiata contro la parete, ma quest'ultimo si sottrasse subito dal suo tocco, quasi il solo contatto lo avesse scottato.

Felicity allora alzò lo sguardo verso il suo volto, tentando ancora una volta di capire il perché di quell'azione, ma gli occhi del pirata sembravano irraggiungibili, così la giovane sospirando silenziosamente, interruppe quasi subito quell'indagine.

"Devo disinfettare la ferita e bendarvela."

"Non c'è affatto bisogno di una cosa simile, è solo un graffio. Andate nella vostra stanza come vi ho detto." replicò lui, facendo pochi passi verso la direzione opposta, ma la replica della ragazza lo costrinse a voltarsi.

"Come vi ho già detto non prendo ordini da voi, sopratutto se assurdi."
"Non costringetemi a portarvi di peso."minacciò e Felicity incrociò le braccia al petto, gesto che mise in risalto i seni stretti nella scollatura dell'abito. Oliver deglutì, trattenendo volutamente il respiro e facendo leva su tutto l'autocontrollo di cui era capace per ignorare l'accaduto.

"Potete farlo, ma sapete bene che sono brava nel fuggire." affermò lei e la bocca di Oliver si storse in una smorfia infastidita. 

"Certo se vi faceste curare quella mano, potrei prendere in considerazione l'idea di assecondare la vostra assurda richiesta." mormorò poco dopo, facendo scorrere distrattamente lo sguardo per la stanza con disinteresse sotto gli occhi di un Oliver esasperato e confuso. Era così importante per lei curare quella minima ferita? si chiese, nel silenzio di qualche secondo, per poi arrivare alla conclusione che non importava. Se quello era l'unico modo per riuscire a distanziare la sua figura da se stesso, allora l'avrebbe accontentata.

"Dovrebbe esserci ancora del limone in cucina." mormorò e Felicity sorrise vittoriosa, precedendolo senza indugio verso il luogo da lui appena nominato.

Non impiegarono molto ad arrivarci e come Oliver aveva previsto, in un vecchio cesto scucito trovarono mezzo limone inutilizzato, che Felicity spremette pochi istanti dopo nella ferita aperta del pirata, provocandogli abbastanza dolore da far storcere l'espressione del suo viso in una smorfia seccata.

"Ecco cosa si ottiene quando si decide senza alcun motivo di sferrare un pugno al muro." mormorò la giovane, notando come l'uomo stesse cercando di mascherare orribilmente il fastidioso bruciore dovuto al succo di limone sulla sua mano.

"Il muro vince." continuò ironica, ottenendo un'occhiataccia da parte di Oliver che invece d'intimorirla la divertì, tanto da doversi mordere le labbra per evitare di scoppiare a ridergli in faccia.

Quando ebbe finito di disinfettare la ferita, strappò un lembo di strofinaccio lavandolo con cura, prima di utilizzarlo come bendaggio per la sua ferita.

"Ora andate nella vostra stanza." mormorò l'uomo, nell'attimo stesso in cui lei ebbe terminato il lavoro e ancora una volta a passi svelti provò ad allontanarsi da lei, ma la sua voce tremante lo bloccò:

"Perché la mia isola?"

Oliver restò in piedi, rivolgendole le spalle per qualche secondo prima di voltarsi appena ad osservare la sua figura. Ma Felicity non ricambiò il suo sguardo. Il capo chino verso il basso, i pugni stretti ai lati del suo piccolo corpo.

"Perché ha distrutto ..proprio la mia isola?" chiese ancora, esponendo la domanda che in quei pochi giorni l'aveva tormentata. Oliver dischiuse le labbra, prendendo un lieve respiro, prima di chiudere per qualche secondo gli occhi, quasi stesse cercando disperatamente una verità diversa da quella a cui lui era arrivato.

"Non ha alcun senso pensarci ora." finì per mormorare e le labbra della giovane si stesero in un sorriso teso, prima che sollevasse lo sguardo umido di lacrime a incontrare quello dell'uomo.

"Forse, ma vedete.. ho bisogno di saperlo." disse e il suo tono di voce quasi rotto dal dolore, contrastò con la facciata serena del suo viso che la ragazza si era imposta.

Oliver mantenne il contatto visivo, ma non rispose e lei continuò.

"Ho pensato allungo alla faccenda. E per quanto mi sforzi non ha alcun senso."

Felicity fece roteare gli occhi lucidi di lacrime per la stanza, mentre la rigidità del suo corpo aumentava.

"Conway è una piccola isola, ben diverso dalle grandi isole che ha distrutto precedentemente. Uccidere... uccidere tutti loro.."

La voce di Felicity si spezzò e ogni singolo muscolo dell'uomo parve vibrare, attirato dal desiderio di stringere quel piccolo corpo tremante contro di se, ma ancora una volta restò immobile, silenzioso.

"Non ha creato nessuna notizia. Conway non è.." la voce le morì ancora alla dolorosa consapevolezza di non poter più usare il tempo presente e i suoi occhi si chiusero istintivamente, prima che continuasse.

"Conway non era abbastanza grande da rendere la sua distruzione una notizia di stampa. E prima di questo momento tutte le isole colpite lo erano per cui... perché?"

Oliver conosceva la risposta ed ebbe il sentore che nonostante la domanda posta, anche Felicity la sapesse, ma si costrinse comunque a pronunciare parole che sapeva, l'avrebbero ferita.

"Ha colpito la vostra isola.." iniziò, gli occhi bassi incapaci d'incontrare quelli di lei.

"..come monito nei miei riguardi. Voleva che io ricordassi che chiunque abbia a che fare con me, finirà per soffrire..o morire." terminò e Felicity rilasciò il respiro che aveva inconsciamente trattenuto, mentre le lacrime raggruppate nei suoi occhi iniziavano lentamente a discendere lungo il suo viso.

"Ha distrutto l'isola; ha ucciso tutte quelle persone.. perché vi ho aiutato." mormorò lei e la rigidità del suo corpo iniziò a scemare verso quella consapevolezza che ormai non poteva più negare a se stessa.

"Sono stata io. La colpa è stata mia." concluse, la voce rotta dal pianto ormai incontrollato e il capo basso, quasi a voler nascondere il suo volto.

Quella scena annullò per il pirata ogni proposito di starle lontano e in pochi passi la raggiunse. 

"Ehy.. ehy. Guardami." sussurrò, poggiando entrambe le mani sulle sue spalle e abbassandosi alla sua altezza. Felicity alzò lentamente il capo, gli occhi appannati dalla moltitudine di lacrime che continuavano a formarsi.

"Non pensarlo neanche per un istante. La colpa è mia. Voleva colpire me.. tu non centri nulla."

Lei scosse il capo, chiudendo gli occhi prima di affermare con voce alterata dal pianto.

"Non sarebbe successo nulla se io mi fossi rifiutata di curarvi.."

Oliver aumentò la stretta sulle sue spalle, replicando senza esitazione.

"I miei uomini non ve l'avrebbero permesso. Vi avrebbero minacciato, costretto. Oltretutto avete già dimenticato? Sono stato io a rapirvi. Io sono il responsabile di quanto accaduto.. io ho creato Slade...io.."

Felicity continuò a scuotere il capo ad ogni parola e un sorriso di tristezza incorniciò il suo viso nell'incontrare lo sguardo del pirata.

"I vostri uomini non avrebbero mai fatto del male ne me, ne a nessun'altro. E anche se voi non mi aveste rapito avrei comunque scelto di salvarvi.."

Oliver boccheggiò un momento verso quell'affermazione, prima di riuscire a trovare una replica adatta.

"Perché non lo sapevate." 

Il pirata raddrizzò il busto, lasciando andare gentilmente la presa sulle sue spalle e si aprì un sorriso comprensivo.

"Se aveste saputo il pericolo che la vostra isola correva, avreste preso una scelta diversa." disse sicuro, ma ancora una volta Felicity scosse il capo, mentre il flusso delle sue lacrime rallentava.

"No. Se anche avessi saputo il pericolo che tutti avrebbero corso... vi avrei salvato comunque."

A quelle parole gli occhi dell'uomo si spalancarono e la sua bocca si dischiuse sorpresa. Oliver non ebbe alcun dubbio che quella che aveva appena udito fosse la verità, perché gli occhi cristallini che in quel momento stavano ricambiando il suo sguardo del tutto incredulo, non mostravano alcuna incertezza.

Felicity sospirò, distogliendo lo sguardo da quello dell'uomo, il quale non riuscì a staccare i suoi occhi da lei.

"Questo è ciò che mi fa più male.. sapere che avrei comunque agito allo stesso modo." confessò, prima di abbassare il capo e lasciare che nuove lacrime rigassero le sue guance. Oliver lasciò scemare la sua espressione sorpresa, deglutendo con colpevolezza nel vedere il chiaro dolore di Felicity e nel sapere di esserne responsabile. Strinse le mani a pugno e nonostante la sensazione d'impotenza che provava in quel momento, si sforzò di pensare a qualcosa di adatto da dirle per confortarla, ma senza successo. Ogni genere di frase sembrava banale e inutile nella mente dell'uomo.

Così, finì per formarsi un silenzio distinto tra loro, interrotto solamente dal rumore spezzato del pianto di Felicity. Almeno fino a quando una nuova consapevolezza non colpì la ragazza.

"..non potevo sapere." sussurrò, più a se stessa che ad Oliver, mentre il flusso continuo delle sue lacrime rallentava e il dolore sordo nel suo petto lasciava il posto alla logica svelta del suo cervello.

"Io.. non potevo sapere.."

"Come?"

Felicity alzò il capo verso Oliver, incontrando i suoi occhi prima di domandare.

"Io non potevo sapere che avrebbe attaccato il villaggio..ma lui come sapeva del mio villaggio? O anche solo che io vi ho aiutato?"

La confusione nel volto di Oliver si trasformò in consapevolezza e la ragazza seppe in un battito di ciglia che l'uomo si era già posto quella domanda.

"Non dovete preoccuparvi di questo o di Slade. Vi prometto che porterò giustizia per la vostra gente." affermò, nel tentativo palese di cambiare discorso, ma lei scosse il capo, mentre la tristezza nel suo sguardo veniva sostituita dal chiaro riflesso della sua determinazione.

"Come sapeva che vi avevo aiutato?" domandò ancora, afferrando istintivamente il braccio del pirata.

"Felicity.." iniziò lui, ma lei interruppe quella che aveva tutta l'aria di essere una protesta ancor prima che la formulasse.

"Ho bisogno di capire come, Oliver." affermò lei, fissando gli occhi di lui in una muta preghiera.

"Non mi basta accendere un falò e bere fino all'alba. Ho bisogno di onorare le persone che ho perso scoprendo la verità.. e fermando il loro assassino."

Oliver ancora non rispose, frammentato verso quale delle due strade che poteva intraprendere sarebbe stata la più giusta, ma alla fine le ultime parole di lei ebbero la meglio.

"Vi prego."

Il pirata chiuse gli occhi e sospirò, prima di raccontare con voce incolore le supposizioni di cui ormai era certo.

Qualcuno della sua ciurma l'aveva tradito. Aveva complottato con Slade, tradendo l'equipaggio, il suo capitano e causando la morte dei cari di Felicity. 

La giovane ascoltò ogni cosa con attenzione rapita, mentre la sua mente elaborava frenetica ogni dettaglio, ricostruendo e collegando tutte le domande per cui non aveva trovato risposta fino a quel momento.

Infine si sedette, come sconfitta da quell'intera situazione e dopo aver pensato attentamente a cosa dire, domandò:

"Chi?"

Oliver non aveva bisogno di alcuna spiegazione per quell'apparente incompressibile domanda. Sapeva a cosa la giovane si stava riferendo, ma ancora una volta il suo primo istinto fu quello di aggirare la questione.

"Non è qualcosa di cui dovete preoccuparvi. Gestirò la situazione e fermerò Slade. Avete la mia parola su questo." disse, e Felicity sollevò il capo per incontrare i suoi occhi.

"Non senza di me."

Il pirata scosse appena il capo verso quell'affermazione, chiaramente contrario.

"Felicity.."

"Oliver, se credete che me ne starò con le mani in mano mentre il pazzo che ha distrutto l'isola dove sono nata e ucciso le persone con cui sono cresciuta è a piede libero allora state sbagliando." puntualizzò, alzandosi come una molla dalla sedia dove poco prima si era lasciata andare.

"Felicity, Slade non è qualcuno contro cui voi possiate fare qualcosa.."

"Mi pare di aver dimostrato di saper gestire un pirata." replicò lei e Oliver stizzito le si avvicinò istintivamente.

"Quanto accaduto con il Conte è una situazione del tutto diversa da questa Felicity. Allo stato attuale neanche io ho la certezza di poterlo battere." rivelò, confondendo e sorprendendo la giovane allo stesso tempo. Come poteva affermare una cosa simile se solo quel pomeriggio l'aveva visto uccidere un enorme alligatore con la stessa facilità con cui lei avrebbe sbucciato una mela? Che genere di persona era questo Slade da incutere timore persino ad un pirata del calibro di Oliver Queen?

"..è solo un'uomo." riuscì a dire infine lei, ma lui scosse il capo.

"Non lo è più da molto tempo." mormorò, lo sguardo assorto in quello che doveva essere un doloroso ricordo che Felicity fece scomparire dopo un attimo di esitazione, mormorando esasperata:

"Oh insomma mi spiegate di cosa state parlando? Perché credete di non poterlo battere al momento .. e cosa significa che non è più un uomo?"

Oliver irrigidì le labbra a quelle domande dirette, ma capì in fretta che anche se avesse deviato quel percorso che la loro conversazione stava prendendo la ragazza non avrebbe mollato la presa. Ormai conosceva abbastanza Felicity da sapere che il suo desiderio di conoscenza era implacabile e forse quella volta, metterla al corrente della verità o almeno parte di essa, non era necessariamente un pericolo, ma una salvezza.

Se avesse capito il genere di pericolo che correva, sarebbe stata più accomodante nel non intromettersi.

Fu proprio quel pensiero a spingerlo a rispondere:

"Sette anni fa Slade ha iniettato su se stesso un siero sperimentale che ha aumentato la sua forza in modo ..estremo."

Felicity schiuse le labbra e batté più volte le palpebre esitando un solo secondo prima di chiedere:

"Definite ..estremo."

"Potrebbe sradicare un albero a mani nude e tirarmelo contro come se fosse una semplice freccia.." chiarì e la giovane deglutì, scrollandosi lo stupore di quella scoperta per sostituirlo con la sua implacabile sete di sapere.

"Ma questo è impossibile insomma.. che genere di persona puo' creare un siero simile?"

"Ivo." rispose Oliver e immediatamente il volto del Colonnello Anthony Ivo si affacciò nella testa della ragazza.

"Non sembrava abbastanza intelligente da poter fare una cosa simile." dichiarò e il pirata si lasciò andare ad un breve sorriso prima di replicare:

"Effettivamente lui non ha creato il siero, l'ha solo commissionato. L'uomo che ha creato il siero viene chiamato il Calcolatore, nessuno sembra conoscere la sua vera identità e si sposta di continuo, per cui non siamo riusciti ancora a trovarlo."

Felicity soppesò le parole di Oliver, ricollegando ogni punto con rapidità estrema.

"Volete trovarlo affinché vi fornisca una cura, così potrete avere una possibilità di sconfiggere Slade."

Il capitano della Green Arrow annuì, confermando silenziosamente quelle parole, mentre la testa della ragazza lavorava in fretta verso l'accumulo di tutte quelle nuove informazioni.

Fino a giungere a una nuova conclusione.

"Slade è a conoscenza anche di questo vero?"

Oliver annuì.

"Quindi anche lui starà cercando questo..Calcolatore e se lo trovasse prima di voi.."

".. lo ucciderebbe. E qualsiasi speranza di fermarlo diverrebbe nulla." mormorò Oliver, completando la sentenza della ragazza. E nel vederla assorta ad assemblare quanto grave fosse la situazione il pirata affermò.

"Ora che conoscete la situazione concorderete con me nel dire che non è un uomo al quale voi dovreste avvicinarvi."

La replica di Felicity mise in chiaro che la ragazza non aveva prestato la minima attenzione a quelle ultime parole.

"Ma se avessi un po' del suo sangue..non vi servirebbe trovare questo Calcolatore."

"Cosa state dicendo?"
"Potrei creare una cura." affermò, dipingendo con quella parole una genuina sorpresa nel volto dell'uomo.

"State dicendo che sareste in grado di trovare una cura, partendo dal suo sangue?"

Lei annuì istantaneamente verso la domanda e iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza sotto lo sguardo vigile dell'uomo, spiegò:

"Se questo siero è così forte da averlo trasformato in un super uomo, allora nel suo sangue sarà rimasta una chiara traccia degli elementi usati. Confrontandolo con del sangue normale dovrei intuire la costruzione del siero e una volta arrivata a capire come l'hanno realizzato, trovare la cura sarà semplice."

Oliver aveva seguito ogni parola della giovane con totale attenzione, captando la sicurezza sincera di quanto stava affermando. E per un attimo, la strada della vittoria parve così semplice al pirata.

"Quindi se ci fosse un modo per avvicinarsi abbastanza a .."
"Non c'è." la interruppe lui, beccandosi un'occhiataccia da parte di Felicity.

"Se anche avessimo idea di dove Slade si trovi al momento, chiunque decidesse di avvicinarsi a lui per sgraffignare un po' del suo sangue sarebbe un pazzo o desideroso di morire."

Non c'era il minimo tentennamento in quella sentenza e la giovane incrociò le braccia al petto guardando in modo ben poco amichevole l'uomo mentre replicava:

"State dicendo che sono pazza o che voglio morire?"

"Sto dicendo.." mormorò lui, chiudendo la distanza tra loro con due passi.

"..che il piano di trovare il Calcolatore ha più speranze di riuscita al momento ed è decisamente meno rischioso. Ora da brava rispettate il patto che abbiamo fatto e filate in camera vostra." mormorò, posando le mani sulle sue spalle e voltandola come se fosse una bambola di porcellana le diede una leggera spinta verso il corridoio per il piano superiore.

"Ma.." protestò lei, voltandosi nuovamente e facendo istintivamente alzare gli occhi del pirata verso il soffitto.

"..ho solo detto che avrei preso in considerazione l'idea di obbedirvi, non che l'avrei fatto per certo." mormorò e gli occhi di Oliver brillarono minacciosi a quelle parole.

"Felicity.." sibilò, riuscendo senza aggiungere altro a farle capire che quel gioco di parole non era stato gradito.

"Oh andiamo non potete davvero pretendere che dopo tutto quello che mi avete appena detto io possa semplicemente andare a dormire. Oltretutto dopo aver dormito per la maggior parte del pomeriggio e senza neanche aver cenato!" puntualizzò lei e solo in quel momento Oliver realizzò che effettivamente Felicity non aveva tutti i torti. I suoi desideri carnali lo stavano facendo sragionare del tutto, portandolo a compiere richieste assurde.

"Quindi invece di perdere tempo potremo ragionare su di un modo per arrivare ad avere un po' del sangue di Slade." continuò lei e lui sospirò esasperato.

"Felicity.." ripeté ancora una volta il suo nome, in un tono di protesta verso quell'argomento che pensava di aver già archiviato precedentemente, ma lei incurante di quell'avvertimento continuò:

"So che trovare il Calcolatore è il piano più sicuro, ma quante altre persone dovranno morire nell'attesa!?" domandò, con logica disarmante e senza lasciare il tempo all'uomo di dire alcun ché, affermò:

"E se dopo tutto il tempo passato a cercarlo alla fine Slade lo trovasse per primo? Cosa accadrebbe allora? Avreste lasciato che altre persone muoiano per seguire la via più sicura e senza neanche riuscire nell'impresa!" 

Oliver chiuse gli occhi e se solo Felicity si fosse fermata ad osservare l'espressione nel volto del pirata avrebbe potuto scorgere il sentore di una tempesta. Ma la ragazza era troppo occupata a snocciolare parola dopo parola il suo monologo di pensieri interiori, così quando il primo lampo si manifestò nel cielo già fattosi scuro, si ritrovò del tutto impreparata:

"Se invece consideraste l'idea di rubare un po' del suo sangue allora.."
"NO!"

Non era stato un urlo, più una flessione imperiosa della voce che l'aveva portata ad alzare lo sguardo verso il volto furioso di lui e tacitata della parola.

"Non metterò a rischio la vita di nessuno dei miei uomini per un impresa tanto folle." lo disse in tono glaciale, eppure quelle parole parvero bruciarla, allora lei esitò solo un momento, prima di domandare incerta:

"Ma, anche se arrivaste a prendere la cura dal Calcolatore.. ad un certo punto la vostra ciurma dovrà comunque scontrarsi contro Slade...no?"

Oliver distolse lo sguardo, senza minimamente prendere in considerazione l'idea di risponderle e lei in una frazione di secondo arrivò da sola alla soluzione del suo stesso quesito.

"A meno che il vostro piano sia sempre stato quello di prendere la cura...  e affrontare da solo Slade."

Lui non replicò e lei dopo il momento di smarrimento a quella sconvolgente scoperta deglutì.

"Non potete.. è una follia!" dichiarò agitatamente, avanzando verso di lui istintivamente.

"La vostra ciurma lo sa?! No. Certo che no." si rispose da sola, mentre il cuore correva più veloce della sua testa e il panico l'assaliva.

"Se uno di loro sapesse del vostro piano vi fermerebbe senz'altro." concluse ad alta voce, muovendosi istintivamente verso il giardino dove gli uomini stavano ancora festeggiando, ma rapido Oliver afferrò il suo braccio, costringendola a fermarsi.

"Lasciatemi!" ordinò, ribellandosi alla sua presa con tutte le forze, ma in tutta risposta lui afferrò anche l'altro braccio spingendola più vicino a se.

Felicity allora sollevò il capo a incontrare il volto vicino di lui, troppo vicino e Oliver finalmente parlò.

"Questo è l'unico modo giusto per chiudere la faccenda."

L'affermazione fece apparire una fugace smorfia nel volto di lei, che rapida si ritrovò a replicare.

"Andare a morire è l'unico modo giusto?No! Non ve lo permetterò, dirò ogni cosa a John, Thomas e gli altri.. loro vi fermeranno!" lei si agitò ancora per fuggire alla sua presa, ma voltandosi di scatto nel tentativo di liberarsi finì per dargli le spalle e lui approfittò del movimento per spingere la schiena di lei contro il suo petto, intrappolandola nel suo abbraccio.

Il cuore di Felicity a quell'azione perse un battito e quando sentì la voce dell'uomo vicino al suo orecchio trattenne il respiro, cessando i suoi tentativi di protesta verso quella stretta dalla quale non era certa di voler essere liberata.

"Slade ha distrutto intere isole e massacrato tutti i loro abitanti solo per colpire me..  è stato persino in grado di corrompere uno dei miei uomini."sussurrò in tono amaro, sotto il respiro agitato di lei.

"Non posso permettere che ferisca nessun'altro a causa mia." 

Felicity non poteva vedere il volto dell'uomo alle sue spalle, ma la debolezza della sua voce la rese consapevole del peso che Oliver portava addosso, molto più di qualsiasi altra rivelazione. 

Morireste per lui?

Morirei per ognuno di loro. Sono la mia famiglia.

Il ricordo lontano delle parole che il vecchio Anatoly aveva pronunciato tempo addietro alla curiosa bambina che era stata, le tornò alla mentre in un fugace flashback di consapevolezza.

Slade era riuscito a insidiarsi all'interno della ciurma di Oliver. 

Aver corrotto un membro della sua famiglia. E se era già stato in grado di compiere qualcosa di simile, cosa avrebbe potuto fare al resto di loro?

"Vi prego Felicity.." sussurrò e lei chiuse gli occhi per un istante, rilassando il suo intero corpo verso quello dell'uomo.

Il movimento causò la totale attenzione del pirata, i cui muscoli s'irrigidirono verso l'arrendevolezza che il corpo della giovane stava mostrando. Incerto e decisamente troppo consapevole della vicinanza tra i loro corpi, Oliver allentò la presa e lei rilasciò un sospiro aprendo gli occhi e voltandosi tra le sue braccia lentamente a incontrare l'espressione completamente ammaliata di lui.

Non aveva idea di cosa stava accadendo o più precisamente, Felicity non aveva la piena consapevolezza del potere che esercitava sull'uomo. Il che rendeva la situazione attuale più pericolosa momento dopo momento.

"Niente di tutto quello che lui ha fatto è una vostra colpa." mormorò e il pirata dischiuse le labbra, fissando il volto della ragazza come se non capisse minimamente di cosa stesse parlando. Ed in parte, era anche vero. L'argomento Slade sembrava qualcosa di lontano, di archiviato. Dio non ricordava neanche più la questione! Come avrebbe potuto? La sua mente e il suo cuore erano completamente stati assorbiti da lei nel momento stesso in cui l'aveva sentita poggiarsi di propria volontà contro il suo petto.

Sbatté le palpebre più volte e distogliendo il suo sguardo da quello di Felicity, cercò di riottenere un minimo di controllo sui suoi sensi.

"Penso che ci sia più di una prova che afferma il contrario." 

Il tono ironico con cui quelle parole uscirono dalla sua bocca, contrastava aspramente con lo sguardo cupo nel suo viso che portò la mano di Felicity a poggiarsi in un gesto istintivo sulla guancia del pirata.

Gli occhi di Oliver si mossero quasi come guidati da volontà propria a quel contatto, incontrando in pochi istanti il calore di luce presente nelle gemme di speranza che in quel momento ricambiavano il suo sguardo.

"Penso che vi sbagliate." mormorò e Oliver deglutì, prima di affermare.

"Non sapete neanche perché Slade voglia vendicarsi di me.. se voi conosceste la verità non.."
"So già tutto quello che mi serve sapere." affermò lei e il pirata trattenne inconsciamente il fiato, mentre il suono caldo della voce di Felicity continuava ad entrare nelle sua testa.

"So che preferite concentrare ogni vostra singola risorsa sul fermare Slade, piuttosto che pensare a pulire il vostro nome dai suoi crimini. So che avreste potuto non curarvi affatto delle sue azioni, dopotutto siete un pirata, ma invece ve ne siete fatto carico."

Il cuore dell'uomo arse forte contro il suo petto, correndo come un pazzo ad ogni sua singola parola, mentre i suoi occhi restavano fissi e ipnotizzati dalla luce che riusciva a scorgere dentro quelli della ragazza.

"So che il vostro desiderio di proteggere la vostra ciurma è tale da spingervi ad agire da solo.. in quello che continuo a credere sia il più folle dei piani." la puntualizzazione finale fece sorridere appena il pirata, ancora del tutto focalizzato sui suoi occhi.

"Se non avessi visto la bandiera pirata appesa alla vostra nave, avrei creduto che voi foste un eroe, più che un pirata."

In quel momento anche le labbra di Felicity si distesero in un genuino sorriso, attirando l'attenzione dello sguardo del pirata su di esse e facendo perdere il breve attimo d'ilarità dal volto dell'uomo.

Avrebbe dovuto ritrarsi. Avrebbe dovuto levare la mano di lei dalla sua guancia dove ancora poggiava e ancor prima di ciò non avrebbe dovuto avvicinarsi così tanto a lei! Ma per ricordarsi di tutti quei propositi in quel momento era tardi, poiché l'autocontrollo del pirata era prossimo alla sua fine e la colpa ovviamente era tutta di Felicity.

Lei l'aveva stregato con i suoi occhi, con la dolcezza della sua bocca, con le sue parole di fiducia incondizionata.. e l'uomo ormai non aveva più alcuna forza di sottrarsi a quell'attrazione.

Lasciò scivolare una mano nella sua guancia, facendo dischiudere le labbra di lei dalla sorpresa di quell'azione e senza indugio alcuno si chinò fino ad arrivare a un passo dalla sua bocca. 

"Un eroe dite?" 

Felicity s'immobilizzò, completamente catturata dagli occhi del pirata e improvvisamente fu consapevole della carica elettrica che viaggiava tra loro senza meta.

"Dimenticate che vi ho rapita." sussurrò lui, prima di catturare senza indugio le labbra diafane di lei in un bacio allungo sperato.

La bocca dell'uomo si mosse esperta, approfittando dello stordimento confuso di lei, seducendo e saccheggiando la bocca della ragazza come solo un pirata avrebbe potuto fare. E Felicity, colta dalla passione che lui stava accendendo in tutto il suo corpo con quel semplice bacio chiuse gli occhi dimenticando ogni cosa. Slade, la missione, gli abitanti dell'isola. Tutto svanì dalla sua mente per lasciare il posto al calore del corpo che premeva contro il suo, al sapore della sua bocca che in quel momento si muoveva senza sosta sulla sua, togliendole ogni possibilità di respiro. Tutto ciò che percepiva in quel momento era Oliver. 

E anche quando lui si staccò dalle sue labbra, lasciandole la possibilità di riprendere fiato, la ragazza tenne gli occhi chiusi e le labbra semi aperte, in un espressione beatamente accaldata che eccitò Oliver oltre ogni misura.

Dio! Quell'immagine peccaminosa dalle fattezze d'angelo era davvero la stessa bisbetica che continuava ripetutamente a contraddirlo con le sue logiche e fastidiose argomentazioni?

Si ritrovò a pensare il pirata, osservando le sue labbra arrossate a causa dell'assalto appena subito e il candore della sua pelle lattea invasa dal colore di una rosa appena sbocciata. Ma ciò che minò davvero la sanità dell'uomo furono i suoi occhi.

Quando la giovane aprì lentamente quelle chiare pozze di dolcezza, Oliver vi lesse all'interno lo stesso desiderio che lo stava consumando da quella mattina e anche la minima volontà di fermarsi svanì.

L'avrebbe baciata ancora, decise. L'avrebbe baciata e fatta sua là in quell'istante. Non gli importava che a pochi passi da loro ci fossero i suoi uomini o che si trovassero in una sporca cucina. L'avrebbe avuta in quel momento. Sopra quel tavolo, sul muro.. in piedi, non importava. Tutto ciò che riusciva a pensare era baciare e toccare ogni centimetro della sua pelle. Conoscere il suono della sua voce implorante che gli avrebbe chiesto di più e affondare dentro di lei volta dopo volta fino a sentirla urlare dal piacere che lui le avrebbe dato.

"Ca-capitano ?" la voce di Curtis si sovrappose ai suoi fantasiosi desideri e funzionò nella testa del pirata come una sveglia fastidiosa che lo costrinse a spostare il suo sguardo dalla figura del suo sottoposto in piedi all'entrata della cucina. Curtis mostrava la tipica espressione imbarazzata di chi avrebbe semplicemente voluto scavare una fossa e svanire.

Ma non fu la sua figura che spense i bollenti spiriti di Oliver, bensì quella dell'uomo che gli stava accanto. Sebastian.

Improvvisamente tutti i problemi di Oliver bussarono nuovamente alla sua porta e il momento di debolezza avuto svanì. Il pirata lasciò ritrasse la mano nel volto di Felicity, senza tuttavia abbandonare la stretta ancora ancorata alla sua vita e riacquistando la sua solita facciata impenetrabile domandò:

"Vi serve qualcosa?"

Curtis boccheggiò indeciso e confuso su quanto dire, come suo solito finì per balbettare:

"Be ecco.. non proprio, non che ci serva.. cioè mancavate dalla festa e.." 

"Nulla d'importante. Ci chiedevamo come mai non foste alla veglia e siamo venuti a controllare che tutto fosse apposto." disse Sebastian, interrompendo l'imbarazzante sproloquio di parole del ricciuto.

"Visto che tutto sembra in ordine, noi torniamo in giardino. Buon proseguimento." augurò l'uomo, trascinando un confuso Curtis via con se e quando i due svanirono oltre il vano dell'arcata Oliver si permise di sospirare sollevato per un momento, prima di posare i suoi occhi sulla figura stranamente taciturna di Felicity.

"Felicity.. penso sia meglio, che voi andiate nella vostra stanza ora." mormorò e la ragazza a capo chino e con l'espressione stralunata annuì.

Non sembra neanche essersi accorta dell'interruzione dei due e quell'improvvisa arrendevolezza al suo comando lo preoccupo.

"State bene?" la domanda uscì spontanea, così come spontaneo fu per la giovane sollevare lo sguardo a incontrarlo.

"Le mie gambe.. non credo collaboreranno." dichiarò e quando Oliver sentì il peso della ragazza scivolare verso il basso dalla sua presa, aumentò la stretta, sorreggendola con facilità estrema.

"Felicity!" l'esclamazione del suo nome uscì con tono preoccupato e quando riacciuffò il suo sguardo, l'imbarazzo nelle sue guance e il suo successivo abbassamento degli occhi verso terra rese chiaro all'uomo che quel bacio doveva averla sconvolta più di quanto fosse lecito.

Compiaciuto, non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso soddisfatto, prima di aiutarla senza una parola a raggiungere la sua stanza.

Il viaggio fino alla camera fu silenzio e più lento di quanto normalmente sarebbe stato. O forse alla ragazza parve più lento per via della moltitudine agitata di pensieri che in quel momento l'avevano invasa e che quel silenzio teso non aiutava affatto ad alleviare.

Solo quando i due arrivarono davanti alla porta della stanza, le parole tornarono di uso comune.

"Volete che vi aiuti a.."
"No!" lo fermò immediatamente lei e i loro sguardi s'incrociarono nello stesso istante, prima che Felicity abbassasse lo sguardo e si poggiasse alla porta. Le gambe ancora deboli, ma più resistenti di pochi minuti prima.

"Posso entrare da sola." mormorò, senza riuscire a guardarlo in faccia e Oliver sorrise appena, annuendo.

"Quel liquore deve avermi fatto male.. e non avendo neanche mangiato il mio corpo, si be.." iniziò a balbettare, cercando una qualsiasi logica spiegazione per la sua improvvisa perdita di forze che non avesse alcun collegamento con il bacio che lui le aveva dato.

Ed Oliver stette al gioco, trattenendo il sorriso spontaneo che continuava imperterrito a formarsi nel suo volto.

"Certo, capisco. Vi manderò Curtis con carne e frutta, così riuscirete a riprendervi."

"Grazie. Davvero.. gentile." mormorò lei, evitando il suo sguardo e ancorandosi alla maniglia della porta come se fosse un'ancora di salvataggio.

"Va bene. Allora buonanotte.." disse lui e Felicity si morse il labbro inferiore nel vano tentativo d'impedire che la sua bocca domandasse:

"Perché mi avete..?" s'interruppe, in un imbarazzante silenzio teso, prima che Oliver la togliesse dall'impiccio di dover ripetere la frase in versione completa.

"Perché vi ho baciato?" 

Felicity deglutì, annuendo docile verso le parole di lui e il pirata si ritrovò ancora una volta a sollevare gli angoli della sua bocca in un sorriso.

Senza timore le si avvicinò, spingendo la giovane a sollevare il capo verso il suo per la sorpresa e fissandola sfacciatamente negli occhi, rispose:

"Sono un pirata. Quando trovo un tesoro d'inestimabile valore.. devo averlo."

Felicity rilasciò il respiro che aveva inconsciamente trattenuto, verso la moltitudine di significati sottintesi che quella frase possedeva e il pirata le dedicò una lunga occhiata prima di mormorare:

" Meglio che entriate in camera."

Non aggiunse altro, voltandosi con l'intenzione di raggiungere il suo equipaggio, ma per l'ennesima volta in quella giornata la sua voce lo bloccò.

"Riguardo a Slade.."

L'espressione giocosa di Oliver si spense e il pirata si voltò in parte a guardare la figura della giovane. Credeva che il bacio avesse archiviato tutto il resto, ma a quanto pare si sbagliava.

"Felicity.."

"Non dirò nulla ai vostri compagni, anche se credo ancora che sia un piano stupido, avventato e destinato a fallire." mormorò rapida e Oliver sollevò gli occhi per alcuni secondi verso il soffitto a quella descrizione.

"Non avete la minima fiducia nelle mie capacità combattive o sbaglio?" chiese, con una punta di risentimento nella voce.

"Non si tratta di questo, semplicemente.. voi avete detto che Slade vuole vendetta per qualcosa accaduta nel passato." mormorò e quando Oliver annuì la ragazza continuò senza esitazione.

"Il suo scopo non è semplicemente uccidervi. Lui vuole che voi soffriate e dalle azioni che ha compiuto nel tentativo di farvi soffrire è chiaro che lui vi conosca bene. Non è sempre stato un vostro nemico, vero?"

Il volto di Oliver rimase una maschera d'impassibile emozione, ma Felicity seppe anche nel silenzio del suo sguardo di avere ragione.

"Dove volete arrivare?" chiese il pirata e la giovane non tardò a rispondere.

"Se vi conosce bene come credo, si aspetterà che voi andiate da solo."

Gli occhi di Oliver vennero investiti da quell'affermazione e la sua corazza vacillò per un istante.

"Inoltre.." continuò lei, ormai del tutto presa dalle conclusioni a cui era giunta parecchi minuti prima e che a causa dell'improvviso bacio non aveva potuto esporre.

"..se già si aspetta che voi lo attacchiate da solo, anche venendo in possesso della cura sarà impossibile sconfiggerlo, perché potreste non avere affatto la possibilità di utilizzarla."

Le labbra di Oliver si schiusero rivelando in parte la sua sorpresa per quella possibilità che non aveva considerato, ma Felicity non parve badarci e ancora immersa nei suoi ragionamenti mormorò:

"Avete solo una possibilità per batterlo e cioè fare una mossa che lui non si aspetti."

Il pirata sollevò lo sguardo verso quello della giovane, che ricambiò l'occhiata con determinazione.

"Ovvero?"

"Non ne ho idea. Cos'è impensabile per voi?" chiese, richiamando nella mente dell'uomo una vecchia frase che tanto tempo addietro uno degli uomini che aveva forgiato il pirata che era gli aveva detto.

"Per battere l'impensabile devi essere disposto a fare l'impensabile." sussurrò parlando più verso se stesso che alla giovane.

"Si, qualcosa di simile." concordò lei, prima di aggiungere.

"E riguardo alla spia.." sussurrò quasi l'ultima parola, guardandosi intorno con circospezione, prima di proseguire.

"..so che in questo momento siete ferito, ma non è detto che la situazione non possa risultarvi favorevole."

Oliver chiuse gli occhi, totalmente confuso da quanto lei aveva appena dichiarato.

"State dicendo che il tradimento da parte di uno dei membri della mia ciurma possa essere.. positivo?" domandò, in un tono di aperta incredulità, facendoli considerare che l'intelligenza dimostrata nelle precedenti affermazioni fosse in realtà pura fortuna.

"Qualcosa del genere.. dopotutto lui non sa che avete scoperto il suo tradimento, no? Quindi non potreste usare la cosa a vostro vantaggio?"

Oliver non rispose limitandosi a fissarla in modo impenetrabile e lei alternò lo sguardo da lui al corridoio, confusa da cosa esattamente l'uomo stesse pensando in quel momento. 

Infine, agitata e stranita da quella situazione, mormorò:

"Ad ogni modo questo è tutto. Vi auguro una buonanotte."

 

Quella era stata l'ultima conversazione sensata che avevano avuto.

Felicity non aveva dormito molto quella notte, nonostante ciò non aveva sentito il peso della stanchezza che avrebbe dovuto avvertire il giorno dopo, forse perché l'improvvisa decisione che Oliver le aveva comunicato entrano nella sua stanza l'aveva sconvolta:

"Continuerò le ricerche di Slade e del Calcolatore. Voi resterete qui.."

 

O forse era stato ciò che era avvenuto dopo a svegliarla del tutto.

 

Vuole che io provi il suo stesso dolore e se dovesse accaderti qualcosa Felicity.. lui riuscirebbe nel suo scopo. Ti amo.”

 

Per un secondo gli aveva creduto.

Guardando nei suoi occhi non era riuscita a leggere altro che la verità di quelle parole, ma quando l'aveva baciata sulla fronte, poco prima di andare via, le ultime parole che aveva pronunciato avevano acceso il suo cervello, costringendola a mettere da parte le convinzioni del suo cuore.

"Hai capito?"

Due parole che erano bastate a mostrarle con chiarezza lo schema del pirata, fino a vedere il vero scopo di quell'improvvisa confessione.

Così l'aveva lasciato andare, restando sull'isola con Curtis e Sebastian come suoi guardiani e aspettando con il cuore in gola che il piano prendesse forma.

Ma erano passati quasi cinque giorni dalla sua partenza e niente pareva cambiato, il che la rendeva inquieta. In più l'idea che uno dei due uomini che Oliver aveva lasciato con lei potesse essere il traditore, non rendeva quell'attesa più semplice.

Felicity sospirò, sfregando le mani contro le proprie braccia al fine di riscaldarsi e rassegnata all'idea che anche quel giorno fosse finito senza che nulla accadesse diede le spalle alla finestra, decisa a raggiungere il letto e riposare.

Ma la porta della sua stanza si spalancò con enorme fracasso e quando Sebastian entrò stringendo per il collo Curtis con una decina di uomini sconosciuti, la giovane si gelò sul posto, in-contrapposizione alla corsa frenetica che il suo cuore iniziò a intraprendere.

"Curtis.." mormorò lei e,gli occhi puntati sul pericolo che l'amico stava correndo, si spostarono rapidi verso il volto per nulla colpevole di Sebastian.

"Cosa state facendo Sebastian!?" domandò, giocando perfettamente il suo ruolo e fingendosi sorpresa da quel tradimento.

"Esegue i miei ordini." commentò una voce al di fuori della stanza e quando la figura possente del pirata entrò a passi fermi e controllati, Felicity seppe di avere davanti ai suoi occhi l'uomo responsabile di tutte quelle stragi. L'uomo che aveva ucciso, tutti i suoi cari.

Il pirata osservò per la prima volta le fattezze delicate della bionda ragazza verso cui tutti i presenti erano rivolti e dopo l'esitazione di un secondo, sorrise.

"Voi dovete essere Felicity." scandì il suo nome con aria assorta, mostrandole una facciata di gentilezza che mise all'erta il suo istinto di sopravvivenza.

"Io sono Slade. Slade Wilson." si presentò Slade e la mani ciondolanti ai lati del corpo di lei si strinsero a pugno in una morsa d'istintiva rabbia. In contrasto tra l'istinto di fuggire e la rabbia che le suggeriva di sferrare un pugno verso la mascella sorridente dell'uomo, Felicity pregò che in qualsiasi cosa consistesse la seconda parte del piano di Oliver arrivasse presto, poiché la prima era già iniziata.

 


angolo autrice.
Sono finalmente tornata!

Ho faticato parecchio per scrivere questo capitolo, perché più si avvicina l'estate e più il lavoro aumenta e il mio tempo diventa sempre meno, ma non ho intenzione di abbandonare questa storia, quindi continuerò a scrivere ad ogni occasione per portarla a termine! Sono successe un sacco di cose in questo capitolo e spero di sentire presto i vostri pareri. In caso ci sia qualche errore perdonatemi. La fretta è una cattiva consigliera, si sa. 
Se siete curiosi di sapere cosa accadrà ora che Slade e Felicity sono faccia a faccia ed Oliver è per mare, continuate a seguire la storia ;)
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***



Nel capitolo precedente.

"Io sono Slade. Slade Wilson." si presentò Slade e la mani ciondolanti ai lati del corpo di lei si strinsero a pugno in una morsa d'istintiva rabbia. In contrasto tra l'istinto di fuggire e la rabbia che le suggeriva di sferrare un pugno verso la mascella sorridente dell'uomo, Felicity pregò che in qualsiasi cosa consistesse la seconda parte del piano di Oliver arrivasse presto, poiché la prima era già iniziata.


Capitolo 14

 

Nonostante il nervosismo che le stava contorcendo lo stomaco, si costrinse ad assumere un espressione calma, sostenendo lo sguardo del pirata con sfida.

"Quindi voi sareste l'uomo che si nasconde dietro le gonne di Oliver per compiere le sue malefatte." mormorò tagliente quanto la lama di un coltello e subito uno degli uomini di Slade le puntò una pistola contro la tempia.

Felicity controllò fermamente il tremore che quella veloce azione le aveva innescato e continuando a fingersi calma, affrontò lo sguardo penetrante di Slade, il quale dopo un apparente interminabile momento silenzioso, scoppiò a ridere, alzando una mano ad intimare al suo sottoposto di abbassare l'arma.

"Vedo che il gusto di Oliver in fatto di donne non è cambiato." affermò, avvicinandosi a lei tanto da farle sentire il suo respiro contro la pelle.

"Sempre bellissime e con un grande fuoco combattivo dentro."

La giovane si specchiò nell'unico occhio visibile dell'uomo, non potendo impedire al suo sguardo di soffermarsi per una frazione di secondo nella benda di pelle nera che copriva l'altro e istintivamente la sua curiosità la portò a chiedersi come l'uomo avesse perduto parte della vista.

Quasi intuendo i suoi pensieri, Slade stese il suo sorriso, prima di domandarle:

"Volete sapere come l'ho perso? è una storia triste.." 

"Francamente me ne infischio di cosa vi sia successo." replicò Felicity e l'uomo ridacchiò ancora verso quella risposta sfacciata, prima d'iniziare a girarle intorno simile ad un animale che studia la sua preda prima di colpire.

"Capisco. Immagino che l'aver raso al suo la vostra isola e i suoi abitanti non vi renda incline al dialogo, anche se a mia difesa, tutto quello che ho fatto è stato causato da Oliver."

Le mani della giovane si strinsero in una morsa ferrea e il suo sguardo s'inumidì un poco verso quelle parole e le memorie dolorose che esse riportavano, ma la sua bocca restò muta. Tacita, si limitò ad ascoltare quel monologo che il pirata aveva iniziato, nella sua continua camminata intorno a lei.

"Le isole distrutte, le persone uccise e persino la perdita del mio occhio.." Slade bloccò i suoi passi e il suo sguardo parve perdersi verso un ricordo lontano.

"Lui ha causato tutto." sussurrò quasi e Felicity abbassò lo sguardo per una frazione di secondo, mentre nella sua testa mille e più pensieri continuavano a formarsi.

Non aveva idea in che cosa consistesse l'intero piano di Oliver e quell'attesa snervante stava a poco a poco corrodendo la facciata priva di paura che si era imposta.

Aveva ipotizzato che Oliver sarebbe comparso non appena Slade avesse messo piede sull'isola, ma le cose non erano andate affatto in quel modo.

Slade era giunto fino alla casa e ora sia lei che Curtis si ritrovavano completamente circondati dal pericolo. Che qualcosa fosse andato storto nel piano di Oliver?

La domanda interiore le percosse il cuore di un'ulteriore paura, ma la giovane ignorò quel sordo peso e lasciando da parte gli interrogativi irrisolti, decise di prendere tempo.

"In che modo avrebbe causato tutto ?"

Slade voltò il capo verso la giovane, venendo spodestato dai suoi ricordi al suono di quella domanda.

"Non ve l'ha detto?" replicò, continuando senza aspettare risposta.

"Certo che non ve l'ha detto. Come avrebbe potuto dirvi il modo codardo in cui ha scelto un'altra donna verso quella che lo amava ?" la voce dell'uomo s'inclinò in un tremore intriso di rabbia e Felicity percepì l'intensa pericolosità che quella conversazione conteneva.

"Il modo in cui l'ha lasciata morire, senza muovere un solo dito per proteggerla!" la voce alterata scivolò in un oblio silenzioso e i passi che avevano seguito quelle parole,lasciarono l'uomo ad un soffio dal volto di Felicity.

"Lui ha ucciso Shado.. e per questo merita di pagare. Merita di provare lo stesso dolore che io ho sentito quando ho preso il suo corpo freddo e insanguinato tra le mie braccia!"

Il respiro trattenuto e il corpo rigidamente immobile ad un soffio da quello dell'uomo, Felicity sbatté più volte le palpebre, ma si costrinse a non abbassare neanche per un secondo lo sguardo, seppur la sua paura ormai iniziasse a divenire visibile. La percepiva nell'aria, come una nebbiolina funesta che si stava impadronendo dell'intera stanza e nella sua pelle, sommersa momento dopo momento sempre più da brividi.

"Ma è difficile punire un uomo che non ama in modo profondo niente e nessuno. Così ho iniziato a distruggere intere isole e sterminare i loro abitanti, assicurandomi che lui sapesse il motivo. Che fosse consapevole della sua colpa per ogni singolo giorno della sua vita. E ha funzionato."

Il pirata sorrise, ma l'odio che Felicity lesse nel suo sguardo contrastò con l'apparente ilarità che il suo volto stava mostrando.

"Come uno stolto ha iniziato a darmi la caccia, nel tentativo di fermarmi..senza sapere che sono sempre stato dieci passi avanti a lui."

Felicity guardò Sebastian a quelle parole e seguendone lo sguardo Slade sorrise.

"Esatto. Sebastian è sempre stata la mia pedina migliore. Quella finale. Ti confesso che inizialmente avevo pensato di lasciare che Sebastian uccidesse ogni membro della ciurma di Oliver, lasciandolo solo.. consapevole del tradimento e piegato dalla colpa per la loro morte."

Inorridita da quelle parole, Felicity chiuse gli occhi per una frazione di secondo, mentre le mani abbandonate ai lati dei suoi fianchi solidificavano la loro morsa su se stesse, divenendo dure quanto il marmo.

"Ma poi siete arrivata voi..."

L'unico occhio visibilr dell'uomo quasi brillò di soddisfazione notò Felicity e nuovamente la sensazione di venir braccata da un animale feroce le scosse le viscere, mentre l'uomo riprendeva a girarle intorno.

"La pedina perfetta per far provare ad Oliver lo stesso dolore che io ho patito a causa sua." mormorò, fino a far divenire quelle parole un sussurro nelle sue orecchie.

La posa già ferma della giovane divenne ulteriormente rigida nel sentire l'uomo bloccarsi alle sue spalle e posare le sue mani lateralmente ad esse.

"Voi, Felicity.. siete la chiave che mi permetterà di distruggerlo." le rivelò, in un roco e minaccioso sussurro, verso il quale Felicity emise un lieve lamento spaventato, prima di chiudere gli occhi cercando istintivamente di contenere il tremolio che ormai scuoteva visibilmente il suo corpo.

La bocca dell'uomo si stese in un sorriso gratificato, verso quella innascondibile reazione che le stava causando e in una momentanea incomprensibile dichiarazione mormorò:

"Forse mi sbagliavo.." afferrando con decisione il suo volto e costringendo la giovane a voltare il capo ad incontrare il suo sguardo.

"..i gusti di Oliver sono nettamente cambiati." 

Fissò il terrore espandersi completamente nello sguardo della ragazza, pregustando il momento in quello stesso terrore sarebbe stato presente negli occhi dell'uomo che un tempo aveva considerato un fratello.

Ma l'attesa di quel desiderio e tutti i pensieri che esso comportavano vennero interrotti dalla voce decisa di Curtis, che a terra e con la lama affilata di una spada puntata contro, aveva osservato fino a quel momento silenziosamente l'intera scena.

"Levale le mani di dosso." 

A quelle parole gli occhi spaventati di lei, si spostarono istintivamente verso quelli del pirata, che appariva ben diverso dalla versione indecisa, balbettante e preoccupata che Felicity aveva conosciuto in quei giorni.

"Non credo che qualcuno ti abbia dato il permesso di parlare."affermò Blood, avvicinando ancora di più la spada verso la sua gola. E Curtis spostò il volto verso l'uomo che aveva sempre considerato un compagno d'armi. Un amico. Famiglia.

"Come hai potuto?" replicò il pirata, ignorando palesemente quanto Sebastian aveva detto poco prima.

"Tradire Oliver. Tradire tutti noi!" dalla sua voce era udibile la chiara rabbia che in quel momento si agitava al suo interno.

"Tradirvi dici? Non ho mai fatto parte della ciurma. Fin dall'inizio mi sono unito a voi per ordine del signor Slade..quindi come potrebbe essere questo un tradimento?" 

A quelle beffarde parole di derisione, Curtis afferrò la lama puntata contro la sua gola e in una veloce e inaspettata azione si sollevò caricando un destro contro l'ex compagno. Felicity spalancò gli occhi, mentre Sebastian cadeva a terra e alcuni degli uomini presenti nella stanza colpivano pesantemente Curtis fino a riportarlo in ginocchio.

"Figlio di pu.."iniziò a imprecare Blood, quando notò del sangue fuoriuscire dal suo naso e repentino si rialzò, pronto a vendicarsi per l'affronto subito, ma la voce di Slade bloccò ogni sua azione.

"Basta."

La lama sguainata verso un indifeso e malmenato Curtis, il pirata si voltò verso l'uomo in comando, l'espressione rabbiosa di chi non aveva alcuna intenzione di fermarsi.

"Slade lui.." 

Veloce quanto la protesta che stava scaturendo dalle labbra dell'uomo, Slade sollevò una mano ad intimare il silenzio verso il suo sottoposto che con aria ben poco felice, si costrinse a tenere la bocca chiusa.

Nell'istante successivo il pirata lasciò andare completamente Felicity, spostando la sua attenzione verso la figura inginocchiata e malridotta di Curtis a pochi passi da lui.

"Hai più coraggio di quanto mi aspettassi ed io sono un uomo che ammira questo tipo di coraggio." mormorò, con le mani dietro la schiena e un'espressione del tutto rilassata.

"Unisciti a me." propose, scatenando una protesta istantanea nello sguardo di Blood che tuttavia mantenne il silenzio impostogli dall'uomo pochi istanti prima.

"Dopotutto, è preferibile al morire.. non credi?"

Felicity guardò Curtis restare silenzioso verso quella proposta per alcuni istanti, il capo basso e il sangue sul volto che cadeva lentamente verso il pavimento. Poi sorrise, sollevando il volto malmenato verso quello di Slade.

"Ho scelto di prendere il mare per diventare un pirata e unirmi a voi, significherebbe diventare uno zerbino ai comandi di uno svitato. Quindi no, grazie."

Le labbra di Slade si tesero a quella replica e da esse venne rilasciato un breve sbuffo d'infastidita rassegnazione, mentre Felicity deglutì maledendo l'improvvisa lingua biforcuta intrisa di coraggio che Curtis stava dimostrando.

La giovane si domandò che fine avesse fatto il ragazzo balbettante che aveva imparato a conoscere in quelle settimane, ma ogni pensiero ed ogni maledizione mentale che si era formata nella sua mente svanì quando Slade sollevò la mano in aria verso Blood.

"Se ha così tanta fretta di andare all'altro mondo, dagli una mano Sebastian.."mormorò il pirata e con il cuore in gola in un secondo che ebbe il sapore dell'eternità Felicity vide il sorriso di Blood espandersi e i suoi piedi riprendere a camminare verso Curtis. Il riflesso della spada si scontrò verso lo specchio alle spalle di Felicity e ancor prima che il suo cervello registrasse l'idea istantanea che si era venuta a creare nella sua mente, il suo corpo si mosse, quasi come dotato di propria volontà.

In pochi e lunghi passi arrivò d'avanti all'unico specchio presente nella stanza e in un gesto pieno di adrenalina colpì il vetro con il pugno chiuso.

Il rumore dello schianto attirò l'attenzione dei presenti e fermò Blood dal conficcare la spada nel cuore di Curtis.

Felicity non sprecò neanche un solo istante e incurante del sangue che le ricopriva la mano afferrò uno dei pezzi di vetro caduti sul pavimento, puntandolo contro la sua stessa gola prima che chiunque potesse fermarla.

"Cosa credete di fare esattamente?" domandò Slade, il primo dei presenti a riprendersi da quell'inaspettata e confusa azione.

"Uccidermi." dichiarò, in modo netto e cristallino, riempiendo la stanza di facce completamente perplesse, che portarono la giovane a specificare.

"Se torcerete un solo capello a Curtis, allora mi toglierò la vita."

Mormorii indistinti si levarono dal gruppo di pirati nella stanza, poco prima che la comicità con cui era stata percepita quella minaccia, scoppiasse in risate sguainate per tutta la stanza. 

"Penso che la situazione non ti sia chiara dolcezza.." affermò Blood, quando riuscì a riprendersi dalla contagiosa ilarità della situazione.

".. sia tu che Curtis siete destinati a morire. Se vuoi farti fuori da sola ci stai semplicemente dando una mano." mormorò in una chiara sentenza beffeggiatoria, ma la ragazza rimase del tutto impassibile verso quelle parole, fissando con incrollabile determinazione l'unico uomo a cui la sua precedente minaccia era stata rivolta.

"Non vuoi semplicemente uccidermi. Vuoi che Oliver sia presente." affermò, bloccando le risate dei presenti i cui occhi iniziarono a spostarsi da lei, al loro capitano, in un'apparente infinita corsa.

"Vuoi che veda il momento in cui tu mi toglierai la vita. Vuoi che si senta impotente e consapevole di non aver potuto far nulla per salvarmi." 

Felicity mormorò ogni parola con meticolosa attenzione, il tono neutro, l'espressione impassibile e la scheggia di vetro nella sua mano ancora puntata alla gola.

"Vuoi che mi prenda tra le braccia e avverta il calore del mio corpo svanire.." sussurrò quasi e la mascella di Slade si mosse in uno scatto breve e alterato, mentre il suo unico occhio scrutava con una nuova consapevolezza la donna che aveva d'avanti.

"E se mi uccido, non raggiungerai mai il tuo scopo." 

Sebastian guardò il volto di Slade e in una frazione di secondo capì che le parole di Felicity stavano avendo effetto sull'uomo.

"Sta bluffando." l'accusò allora, ottenendo alcuni commenti di approvazione da parte del resto dell'equipaggio.

"Togliersi la vita per un pirata che conosce appena. Non ha alcun senso."

"Morirei comunque, no?" replicò Felicity con disarmante logica, spostando lo sguardo verso Blood.

"L'avete detto voi poco fa, che sono destinata a morire."

Le labbra dischiuse e l'espressione fastidiosamente sorpresa il pirata boccheggiò,mentre la giovane senza indugio riportava i suoi occhi verso la figura silenziosa di Slade.

"Questo non significa che non possa scegliere in che modo andarmene."

Il pirata restò silenzioso per degli attimi apparentemente infiniti, poi aprì il suo volto in un mezzo sorriso e ordinò:

"Nessuno tocchi il ragazzo. Almeno per ora."

Subito dopo ridusse la distanza tra lui e la giovane di pochi passi, tramutando il pensiero che si era formato nella sua testa in parole.

"Nonostante la chiara paura che ho letto pochi istanti prima nel vostro sguardo, ora state mostrando un coraggio invidiabile."

Felicity non replicò, il pezzo di vetro tra le sue mani ancora teso contro la sua gola e Slade inclinò lievemente il capo, espandendo il suo sorriso prima di mormorare.

"Siete decisamente una donna enigmatica, Felicity."

La giovane pensò che avrebbe utilizzato tutt'altro termine, come pazza o mentalmente instabile, per descrivere il comportamento che in quell'attimo di pura disperazione si era ritrovata ad esibire. Ma non riuscì a manifestare nessuno di quei pensieri, poiché l'intera conversazione venne letteralmente divisa da una freccia che si frappose nello spazio che divideva lei e Slade, conficcandosi con forza in uno dei montanti del letto a baldacchino.

Sia lei che il resto dei pirati, osservarono quella freccia circa una frazione di secondo, prima che il caos scoppiasse all'interno della stanza.

Felicity sentì il rimbombo di uno sparo e istintivamente lasciò andare il vetro tra le sue mani rannicchiandosi su se stessa verso il pavimento, mentre il suono del vetro che s'infrangeva si propagava nella stanza, mischiandosi alle urla battagliere degli uomini. Tenne la testa bassa e gli occhi chiusi per degli attimi che le sembrarono infiniti, conscia solo dei rumori confusionari che il suo udito registrava.

"Felicity!" la voce di John la portò a risollevare il capo e i suoi occhi si spalancarono nel vederlo sparare un colpo per poi estrarre una grossa spada dalla cintola, parando il tentativo di affondo del nemico.

"John quando..?" iniziò a chiedere, nell'istintivo sapere della sua mente, ma un ulteriore sparo le fece voltare il capo e i suoi occhi registrarono con crescente sconvolgimento la battaglia scoppiata.

Felicity vide Thomas, parare un attacco di Sebastian, a pochi passi da lui Tiger che da solo teneva a bada altri due uomini, scorse subito dopo Adrian, il piccolo Jack e infine i suoi occhi trovarono la persona che aveva aspettato in quei giorni.

Oliver.

La sua sola vista la fece istintivamente alzare sul suo posto e in quell'esatto momento, i suoni aspri della battaglia che stava infuriando svanirono per lasciar spazio al suono del suo cuore in tumulto, dentro al suo petto.

Rilasciò uno sbuffo d'aria dovuto all'improvviso sollievo di rivederlo sano e salvo, ma quando i suoi occhi registrarono la persona contro cui il pirata si stava scontrando, quel sentimento svanì, lasciando il posto ad una feroce paura di perdita. Slade si stava scagliando con una ferocia animale su di lui,mentre Oliver schiava ogni suo colpo.

Senza neanche rendersene conto, mosse alcuni passi verso l'uomo, ma la mano di John afferrò il suo braccio con forza, spingendola alle sue spalle e sollevando contemporaneamente la grossa spada per parare e respingere un attacco del nemico.

"Felicity restate dietro di me!" ordinò con voce imperiosa e lei, sempre più agitata replicò.

"Potrei sapere cos'è tutto questo?!"

John fece roteare la lama della spada, strisciandola in modo preciso e netto contro lo stomaco del suo avversario. Subito dopo recuperò la sua posizione di difesa e le rispose:

"Ve lo spiegherò non appena ce ne saremo andanti da qui."

"Andati da qui? E dove dovremo andare?!" 

La voce altera si confuse con un improvviso sparo e da dietro le larghe spalle di John, Felicity scorse uno degli uomini di Slade cadere a terra in una pozza di sangue.

Sbatté gli occhi e spostò lo sguardo, prima che la figura di Curtis giungesse al suo fianco.

"Curtis!" esclamò, spalancando gli occhi alla vista del sangue che colava dal braccio dell'uomo.

"Sei stato ferito! Devo immediatamente.."

"Felicity prendete questa e andate." la interruppe, poggiando tra le sue mani una siringa

contenete quello che la giovane riconobbe essere sangue.

"Cosa?" riuscì a domandare confusa, ma senza ottenere nessuna risposta.

"Ottimo lavoro Curtis." esordì John, prendendo la siringa dalle mani di lei, prima di afferrarle il braccio con presa salda e mormorare:

"Ora possiamo andare."

Felicity lo guardò per alcuni secondi, totalmente stralunata dall'intera situazione, prima che l'uomo la trascinasse verso la finestra della stanza, schivando e parando gli attacchi degli uomini di Slade.

Giunti davanti a quello che era rimasto della finestra dalla quale i pirati erano entranti pochi istanti prima, la loro corsa si bloccò e con voce perentoria l'uomo disse:

"Dobbiamo saltare."

Gli occhi della giovane si spalancarono increduli, spostandosi dal pirata verso l'enorme divario d'altezza che li divideva dal primo piano.

" State scherzando spero!?"

In tutta risposta l'uomo se la caricò sulle spalle.

"John cosa state..!?"

"Tenetevi stretta e non muovetevi o rischiamo di farci male." esordì, interrompendo le sue proteste sul nascere e in un vociare stridulo che si confuse in mezzo al suono della battaglia che in quel momento continuava a imperversare replicò:

"Rischiamo di farci male perché voi volete saltare da un dannata fiaaaaAAAAAAAAAAAH!"

Felicity si ritrovò ad urlare a pieni polmoni, verso l'orribile sensazione di precipitare nel vuoto che avvertì non appena John si lanciò senza preavviso dalla finestra e i suoi occhi si chiusero guidati dalla paura. Ma nonostante la loro brusca uscita di scena, la giovane non registrò nessun danno al suo corpo e quando riaprì gli occhi un attimo dopo, il pirata la ripose nel terreno umido, sorreggendola prontamente quando le sue gambe traballarono per lo shock appena subito.

"Sono viva?"chiese, mentre il pirata era intento a controllare la battaglia che si stava svolgendo al piano inferiore.

"Dobbiamo muoverci." dichiarò, trascinandola senza indugio alcuno in una corsa verso il cuore della foresta.

La giovane si ritrovò così a correre con la mente in subbuglio e lo stomaco sottosopra per un tempo che le parve infinito. Fino a quando non si ritrovò stremata e i suoi passi iniziarono a divenire flebili, tanto che il pirata si voltò a controllare il perché di quell'improvviso rallentamento, spalancando gli occhi alla vista del suo viso pallido.

"Felicity!" esclamò, accorgendosi solo in quell'attimo dello stato in cui la ragazza riversava.

L'uomo bloccò la corsa e Felicity, bianca quanto un cencio inciampò verso le sue braccia.

Il respiro affannato, si allontanò dalla presa dell'uomo rantolando verso un albero vicino e rigurgitando tutto quello che dopo il salto aveva trattenuto.

"State bene?" le domandò il pirata, guardando con preoccupazione la giovane e lei, dopo essersi ripulita si voltò con sguardo altero.  

"Ditemi cosa sta accadendo." ordinò, ma John le afferrò il braccio scuotendo il capo.

"Non ora, dobbiamo.."

"..andare! Lo so! Non fate altro che ripeterlo. Ma dove e perché? Potrei sapere qual'è il piano di Oliver nel complesso..? Avete forse trovato il Calcolatore? Oppure.."
"Voi." la interruppe John.

"Voi siete il piano."

L'espressione di Felicity divenne un mix di confusione e sorpresa, prima che il suo cervello si rimettesse in moto mormorando logicamente.

"Attirarlo qui.. si, con l'inganno che Oliver fosse.."

"Non mi riferisco a quella parte del piano." la interruppe lui nuovamente, togliendo dalla cinta la siringa di sangue che Curtis prima gli aveva passato.

"Avete detto ad Oliver che potevate creare un antidoto se aveste avuto il suo sangue."

Gli occhi della giovane si spalancarono mentre ogni tassello si muoveva al posto giusto dandole un preciso quadro della situazione.

"Si, ma potrebbe richiedere giorni, nel peggiore dei casi mesi e.."
"Noi non abbiamo tutto questo tempo.." esordì John e la giovane boccheggiò, l'espressione di panico sul volto e la testa in completo fermento.

"..secondo Oliver, possiamo trattenere Slade fino al tramonto."

All'udire di quelle parole Felicity scosse il capo, portandosi le mani in volto.

"Tutto questo è assurdo. Non posso creare un antidoto in così poco tempo!Come diavolo gli è venuto in mente di mettere in moto un piano simile!?" 

L'agitazione si riflesse sulla tonalità della sua voce e inconsciamente prese a camminare sul posto, incredula e sconvolta.

"E perché voi non l'avete fermato! Insomma ci sarà qualcuno nella ciurma con un po' di sale in zucca che.." John poggiò le mani sulle sue spalle, voltandola verso se stesso ed interrompendo così sia il suo trafelato monologo che la sua camminata.

"Si fida di voi." mormorò e lo sguardo di Felicity parve accendersi, mentre il resto del mondo scompariva per un attimo, lasciando posto solo al rimbombo caldo di quelle parole.

"Oliver crede che voi possiate farlo."

Le proteste che fino a un attimo prima straripavano spontanea dalla sua bocca svanirono, così come il caos confuso e preoccupato nella sua testa. Lasciando posto all'unica consapevolezza che contava. Gli stava affidando la sua vita. 

Gli stava affidando la vita della sua intera ciurma.

Il suo sguardo improvvisamente cambiò, acceso dalla scintilla di determinazione che quell'incondizionata fiducia aveva risvegliato.

Ma non fece in tempo a dire una sola parola, perché il rumore di uno sparo s'infranse vicinissimo al suo orecchio e John istintivamente la trasse a se, nascondendo entrambe le loro figure dietro la corteccia di un grosso albero.

"Ci hanno seguito." decretò il pirata e il cuore già in pieno tumulto della ragazza divenne ancora più agitato.

"Cosa facciamo?"

"Tu resti ferma qui, mentre io.." il pirata non terminò mai la sentenza, poiché in quella stessa frazione di secondo, gli uomini di Slade spuntarono come funghi da ogni angolo della boscaglia, circondando i due senza lasciarli alcuna possibilità di fuga.

"Lui morirà subito. Mentre tu dolcezza, ci terrai compagnia fino a quando il capitano non deciderà di strapparti il cuore dal petto."mormorò, il pirata alle spalle di John, in una risposta ironicamente macabra alla sua domanda.

Tenendo la pistola fermamente puntata contro la sua testa il pirata dall'aspetto sgradevolmente rozzo costrinse John ad alzare le mani in segno di resa e allo stesso tempo un suo compagno le afferrò senza alcun garbo il polso, tirandola verso di se con forza.

"Ehi!" esclamò allora Diggle, con ogni suo muscolo teso pronto ad intervenire, ma il rumore della revolver vicino alla sua testa lo costrinse a bloccare ogni successiva azione.

"Ti ho detto di non muoverti." affermò il pirata e John mantenne le mani in alto, con un chiaro disappunto infastidito in volto, mentre un altro uomo lo perquisiva portandogli via tutte le sue armi.

Felicity guardò la scena con crescente preoccupazione, gli occhi lucidi che si spostavano frenetici dai pirati a John, stretta nella presa dell'uomo alle sue spalle.

"Possiedi un armamentario notevole." commentò il pirata che teneva sotto tiro Diggle e ghignando alle sue spalle ironizzò.

"Ci saranno sicuramente utili per uccidere il resto dei tuoi compagni." 

Risate sguainate si levarono tra i pirati, ma non una replica fuoriuscì dalle labbra dell'uomo. Neanche quando lo costrinsero a inginocchiarsi, le mani sempre alte e tese in segno di resa, John diede segno alcuno di ribellione. Si limitò a eseguire le richieste dei pirati con espressione ferma e impassibile, aumentando l'agitazione della giovane che nel contempo si scervellava alla ricerca di una qualsiasi soluzione.

"Un ultimo desiderio ?"  chiese il rozzo omone con la revolver ora poggiata letteralmente nel capo di John, il quale sorrise appena, guardando le lacrime che in quel momento solcavano il volto di Felicity. Poi rispose:

"No. Nessuno. E tu?"

Le sopracciglia dell'uomo alle spalle di John si corrucciarono in segno di totale incomprensione verso quella replica, l'attimo successivo il suono acre di uno sparo s'infranse nella scena, cambiando totalmente la sicura vittoria dei pirati.

L'uomo che teneva sotto mira John, cadde a terra con un tonfo, sotto gli sguardi increduli dei suoi compagni e di Felicity, che ebbe solo una frazione di secondo di stupore sospeso, prima che il caos della battaglia s'infrangesse nella scena, facendo scorrere nuovamente il tempo.

Avvertì un altro sparo, questa volta molto vicino a lei e istintivamente chiuse gli occhi, mentre le braccia che poco prima la trattenevano scivolarono sul suo corpo perdendo forza e liberandola dalla loro presa. Il rumore di rantoli e spade si susseguì per un altro istante, poi la voce di John la riportò ad aprire gli occhi.

"State bene?" domandò e Felicity guardò prima il suo volto, poi gli uomini a terra privi di vita rifugiandosi subito dopo istantaneamente tra le braccia del pirata.

John boccheggiò per qualche secondo, colto alla sorpresa da quella manifestazione d'affetto e con la mano libera diede qualche pacca impacciata alla schiena della giovane, nel tentativo maldestro di ricambiare l'abbraccio.

"Credevo vi avrebbero ucciso." mormorò lei in spiegazione e il pirata sorrise appena.

"Mi sottovalutate parecchio se credete che un branco di idioti possano farmi fuori." replicò e la giovane si staccò dall'abbraccio per guardarlo in volto.

"Ci avevano circondato, disarmato e.. aspettate un momento." la giovane arrestò le sue parole, spostando lo sguardo sovrappensiero verso l'uomo che aveva tenuto sotto tiro John. Il volto freddo della morte improvvisa che aveva affrontato, non lasciava trapelare la spavalda arroganza delle sue ultime parole e il grosso buco sulla  sua fronte faceva da eco ai freschi ricordi della giovane.

"Chi ha sparato ?" domandò lei, riposando lo sguardo su John e l'uomo sorriso, voltando il capo verso la parte opposta della foresta.

"Deathshot.." disse in risposta, sorridendo appena e Felicity seguì lo sguardo dell'uomo senza tuttavia rilevare la presenza di anima viva.

"Intendete Floyd? E dove sarebbe esattamente?"
"Non ha importanza. Non possiamo perdere altro tempo." affermò John e ogni pensiero riguardo quanto accaduto si arrestò nella mente della giovane.

"Avete ragione." mormorò e afferrando prima uno e poi l'altro lato della gonna, spezzò il tessuto, per agevolare i suoi movimenti.

" Andiamo." disse infine e con sguardo deciso riprese a seguire l'uomo verso il cuore della foresta, tenendo a bada i mille quesiti, la preoccupazione e la voglia che aveva di urlare contro Oliver per quello stupido e folle piano. Fino a quando in un punto imprecisato e decisamente anonimo a gli occhi della giovane John spezzò il silenzio affermando:

"Siamo arrivati."

Felicity si guardò intorno per mezzo secondo, prima che la protesta salisse spontanea sulle sue labbra.

"Spero sia uno scherzo! Sarà già complicato trovare un antidoto in così poco tempo, ma nel bel mezzo del nulla e senza alcuna attrezzatura è del tutto impossibile!" disse, con tono alterato e senza aspettare replica continuò.

"Credevo che mi avreste almeno portato alla nave, là avendo le mie cose c'è una speranza che.."

"La nave sarà la prima cosa che cercheranno gli uomini di Slade." la interruppe John e spostando alcune foglie secche, sotto lo sguardo del tutto stupefatto di Felicity aprì una botola nascosta dal terriccio, voltandosi poi a guardarla.

"Oliver ha pensato quindi di trasferire le vostre cose qui.."

La bocca aperta con ben poca grazia dalla sorpresa, Felicity si avvicinò lentamente sporgendosi un poco a guardare il passaggio sotterraneo con diffidenza. Si trattava di una sorta di buco, nel fondo del quale Felicity intravedeva una lieve luce e attaccata ad una parte della parete stava una vecchia scala, coperta in buona parte di ruggine.

"Cosa diavolo è questo posto?" le uscì spontaneo chiedere e John in tutta risposta disse:

"Credetemi, vorrei saperlo anch'io.."

La giovane sollevò nuovamente lo sguardo verso l'uomo, prima di riportarlo in basso.

"Quella luce.." 

"Si tratta di Roy. Vi aspetta di sotto.." un sospiro di sollievo uscì spontaneo dalle sue labbra al pensiero che Oliver avesse avuto il buon senso almeno di lasciare il ragazzo fuori dalla faccenda. Ma quella patina di conforto non durò più di qualche secondo.

John le poso tra le mani la fiala contenente il sangue di Slade e nell'afferrarla, il peso nello stomaco della ragazza crebbe.

"Tenete."

"Dovete tornare indietro vero?" chiese, nonostante nella sua testa sapesse già la risposta.

John annuì.

"Devo aiutare i miei compagni."

Felicity strinse con più decisione la fiala tra le sue mani, sollevando al contempo lo sguardo verso il pirata.

"Se non dovessi trovare una cura..."

"La troverete." la interruppe con sicurezza l'uomo, posando entrambe le mani sulle sue spalle e imprimendo attraverso il suo sguardo una completa fiducia.

"Ci riuscirete." sussurrò quasi e Felicity si morse quasi la lingua per bloccare l'istinto di replica funesta che si era creato spontaneo nella sua testa.

L'uomo sorrise e la giovane si ritrovò a ricambiare suo malgrado quell'espressione, per poi scendere cautamente nel passaggio segreto, sotto lo sguardo vigile di John. Quando i suoi piedi toccarono terra, istintivamente la sua testa si mosse verso l'alto, in tempo per vedere l'uomo chiudere il portellone del passaggio. Il rumore aspro di quell'azione rimbombò nella sua testa alcuni istanti, fino quando la voce di Roy non si frappose.

"Sei arrivata! Gli altri sono ancora tutti vivi? Quel Slade è così forte come Oliver ha detto..? E.."

"Niente chiacchiere!" lo interruppe perentoria lei.

"Ho un lavoro da fare." affermò, stringendo fermamente la boccetta tra le sue mani e avanzando verso l'inesplorato luogo.





Intanto alla villa il caos regnava ancora sovrano. Il rumore sordo di spari, il gracchiante sciabolare di spade, le urla, il dolore e l'odore di sangue aveva ormai impresso l'intero luogo, senza lasciare scampo a nessuno.

Oliver Queen all'interno della casa che aveva da sempre rappresentato sia salvezza che dannazione per lui, combatteva strenuamente contro Slade Wilson. L'uomo che era stato come un fratello, ora nemico mortale, non sembrava minimamente provato dallo scontro, tutt'altro.

Nei suoi occhi la scintilla di eccitazione pulsava continuamente, invigorita ogni momento di più dalla loro battaglia.

"Hai usato quella ragazza come un esca .." esclamò, facendo roteare la grossa lama nella sua mano, prima di aizzarsi contro Oliver in piena violenza. Il pirata evitò il colpo, che lasciò un profondo solco nel pavimento.

"Tutto per ottenere il mio sangue.." continuò, nel ricordo vivido del rapido prelievo a cui era stato sottoposto, ma Oliver ancora non rispose parando un colpo diretto con estrema fatica.

Sul volto di Slade si affacciò un ghigno divertito, mentre il volto del suo nemico diventava una macchia rossa intrisa di sudore e fatica.

Il pirata fece una lieve pressione con lama della spada, che teneva bloccata quella di Oliver sopra la sua testa e con voce roca affermò.

"Vuoi trovare una cura, vero?"

Oliver continuò a restare in silenzio. Ogni grammo di concentrazione atto a bloccare la pressione che sentiva scaturire dalla spada del suo nemico. E Slade rise apertamente.

"Ma dimmi! Come troverai una cura quando ti avrò staccato la testa!"

Il pirata impresse tutta la sua inumana forza e Oliver avvertendo la completa sconfitta, si mosse rapido, lasciando andare il gioco di forza che aveva tenuto in piedi pochi attimi prima per rotolare lontano dal pericolo.

La lama di Slade si conficcò con rumore gracchiante nelle assi del pavimento, provocando un enorme crepa al centro esatto della stanza e ghiacciando per qualche secondo la battaglia che imperversava.

Sguardi increduli osservarono il danno che con un solo colpo l'uomo era riuscito a procurare alla struttura, per poi posarsi sul pirata.

"Lo sai, non avrei voluto eliminarti così." mormorò, senza mostrare alcuna fatica verso il colpo appena sferrato.

"Avrei voluto farti soffrire tanto da renderti faticoso anche il solo atto di respirare.." rivelò,mentre Oliver dall'altra parte del "ring" si rialzava con prudenza, tutti i sensi concentrati sul nemico.

"Per via di Shado.." mormorò, il respiro alterato e al suono di quel nome ogni muscolo nel corpo di Slade parve divenire puro marmo.

"..perché mi ritieni responsabile della sua morte."continuò Oliver e il silenzio calato improvvisamente pochi istanti prima divenne teso, appesantendo l'aria circostante.

"Si.." sibilò Slade, gli occhi iniettati di un odio sordo e folle.

"Tutto quello che ho fatto è stato per lei. Per vendicarla dalla morte indegna che tu hai causato!"

Le parole del pirata parvero rimbombare nella mente di Oliver e nell'attimo di un istante, si ritrovò catapultato nel ricordo vivido di quella notte.

Lei e Sara, inginocchiate nell'umido terriccio. La voce di Ivo che continuava a chiedere dove fosse la Mirakuru. La sua pressione nello scegliere e il suo cuore che martellava agitato e disperato contro il suo petto.

Poi la canna della pistola su Sara e il suo istantaneo gesto di protezione.

Aveva scelto. In quel secondo, inconsapevole, aveva scelto. Vittima del gioco malato a cui Ivo l'aveva sottoposto. E aveva mentito. Incapace di sostenere il peso di quella realtà verso la quale lui non aveva saputo proteggerla. Fino al sopraggiungere della verità.

Quello era stato il momento in cui ancora una volta aveva perso la sua famiglia. Shado, Slade.. Sara.

I frammentati ricordi si sovrapposero nella testa del pirata in un circolo di incontrollabile dolore che tempo addietro lui aveva seppellito, portandolo ad esitare per alcuni istanti su quanto dire. Quell'accusa dopotutto, non era sbagliata. E il rimorso che in quel momento attanagliava il suo stomaco ne era la conferma.

Il peso dell'oscurità tornò a gravare nuovamente sulle sue spalle, in un incontestabile promemoria di tutti i dubbi che attanagliavano la sua anima. Si ritrovava là, davanti alla figura in carne ed ossa che rappresentava i suoi demoni.

La prova della sua mostruosità. La prova dei suoi peccati.

Il suo capo si abbassò istintivamente, in un gesto di arrendevolezza verso la sopprimente miscela di emozioni che lo stavano trapassando, ma quell'apparente infinito momento di esitazione finì nel ricordo vivido di alcune parole.

"so già tutto quello che mi serve sapere."

Gli occhi del pirata si accesero, verso quell'improvvisa scintilla nella sua mente e ancora immobile si lasciò circondare da quel recente ricordo.

"So che preferite concentrare ogni vostra singola risorsa sul fermare Slade, piuttosto che pensare a pulire il vostro nome dai suoi crimini. So che avreste potuto non curarvi affatto delle sue azioni, invece ve ne siete fatto carico"

I lineamenti distesi del suo volto; i movimenti della sua bocca; il suono cristallino della sua voce.

"Se non avessi visto la bandiera pirata appesa sulla vostra nave avrei creduto che voi foste un eroe, non un pirata."

Il tormento nel suo cuore si acquattò. I dubbi, le paure, svanirono, spazzati via dal raggio di sole che aveva trapassato la sua fitta coltre di nubi.

Oliver sollevò lentamente il capo, affrontando nuovamente lo sguardo di Slade.

"Hai ragione. Sono io il responsabile della morte di Shado." affermò, accrescendo la silenziosa rabbia del suo nemico con quella confessione.

"Ma pensi che lei sarebbe felice di tutto quello che hai fatto in suo nome?Tutte le persone che hai ucciso.." 

La domanda s'infranse nella mente di Slade come un onda che si abbatte sugli scogli, ma i lineamenti del pirata restarono fissi, quasi indecifrabili.

"No. Lei sarebbe stata orripilata da tutto questo." 

La presa nell'arma tra le sue mani si solidificò, mentre il volto del nemico si abbassava silenzioso, portandolo a domandarsi se le sue parole stessero in qualche modo influendo su di lui.

"Shado non avrebbe mai voluto che tutte quelle persone patissero una tale fine per.."
"Ti sbagli." 

Slade lo interruppe con quella breve affermazione, facendo corrucciare il volto di Oliver verso quelle parole.

"Lei mi ha chiesto di farlo.."

La folle affermazione risuonò nella stanza silenziosa, dove facce confuse si alternavano ad espressione incredule, tutte concentrare sulla figura di Slade.

"Ogni notte, per cinque lunghi anni Shado mi ha implorato di vendicarla."

Il pirata sollevò il capo e gli occhi intrisi di pura follia si scontrarono con l'espressione piena di sconcerto nel volto di Oliver.

"E finalmente oggi, esaudirò il suo desiderio."

Il pirata avvertì la carica di tensione dei suoi muscoli diventare elettrica e nell'improvvisa consapevolezza della pazzia che stava oscurando la mente dell'uomo capì, che il tempo delle parole era finito.







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*angolino dell'autrice*
Imploro pietà per avervi fatto aspettare così tanto, ma ho avuto un estate lavorativa infernale. E chi segue la mia pagina, sa bene che sono stata così pressata dal lavoro da non aver avuto neanche il tempo di fare quattro chiacchiere. Ma con la fine dell'estate posso tornare a respirare e dopo aver finito il video HUMOR OLICITY mi sono dedicata a questo capitolo dove finalmente prende forma la battaglia contro Slade. Se qualcuno vuole o ha già abbandonato questa storia, non lo biasimo, visto il pessimo vizio dell'autrice di essere in ritardo..ma per i più coraggiosi che vogliono restare, sappiate che i prossimi capitoli sono ricchi di scene olicity che vi mozzeranno il fiato e vi faranno sognare... quindi non mi resta che chiedervi come sempre cosa pensate del capitolo e darvi appuntamento al prossimo aggiornamento. Bacioni!!

 

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