Due Notti

di Kia_1981
(/viewuser.php?uid=987761)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Risveglio ***
Capitolo 2: *** Se il Buon Giorno si Vede dal Mattino ***



Capitolo 1
*** Il Risveglio ***


Sbadigliando, Julian si girò su un fianco. Era andato a letto tardi, la notte precedente, ma l’abitudine di svegliarsi presto aveva interrotto il suo sonno prima dell’alba. Aprì svogliatamente un occhio: dalla finestra filtrava, attraverso le pesanti tende socchiuse, una luce ancora pallida, segno che il sole si stava ancora preparando ad iniziare  il suo viaggio nel cielo.
Sorridendo strinse a sé la donna distesa al suo fianco. Chiuse di nuovo gli occhi mentre le sfiorava con un bacio leggero la pelle morbida e profumata, ancora calda di sonno.
“Dov’eri finito? Ti ho aspettato fin troppo”
Adorava sentire quella sfumatura di rimprovero nella sua voce, soprattutto perché sapeva benissimo che non sarebbe durata a lungo. Quando era rientrato l’aveva trovata addormentata: era stata tradita dal sonno mentre leggeva e lui le aveva sfilato con delicatezza gli occhiali e il libro, li aveva riposti sul comodino e si era infilato sotto le coperte senza svegliarla.
“Dormivi così bene che non ho voluto disturbarti”, sussurrò mentre percorreva il suo collo con una scia di baci delicati. La sentì sospirare e fu sicuro che gli avesse già perdonato tutto.
Le sorrise quando si girò verso di lui, scrutandolo con quello sguardo che lo aveva stregato fin dalla prima volta.
“Buon giorno, mia signora”, mormorò attirandola ancora più vicino e cercando le sue labbra.
Lei lo bloccò prima che potesse baciarla.
“Lord, cosa ti fa credere che io non sia profondamente offesa per il tuo comportamento? Non avresti dovuto farmi aspettare tanto” affermò la donna in tono provocatorio.
“Come posso farmi perdonare?” le domandò lanciandole uno sguardo malizioso mentre le accarezzava lentamente la schiena.
“Forse ci devo ancora riflettere. Non credo di essere sicura di volerti perdonare”, gli rispose sorridendo.
Julian decise di cambiare discorso.
“Cosa stavi leggendo ieri sera? Il tuo sonno è diventato piuttosto agitato, ad un certo punto”
La domanda sembrò disorientarla e le ci volle un momento per ricordare.
“Era solo uno stupido libro di storie di fantasmi”, ammise mentre si stiracchiava pigramente ancora stretta tra le braccia di Julian. Il giovane sospirò pieno di desiderio.
“Non mi stupisce che ti abbia procurato degli incubi, viste le tue passate esperienze con gli spiriti. Lo sai che mi hai colpito alla schiena?”
Lei scoppiò a ridere.
“Davvero? E come?”
“Non ne ho idea. Forse con una gomitata…”, rispose lui sogghignando. “Ora dovrai controllare di non aver fatto troppi danni, dottoressa.”
“Spiacente, oggi è il mio giorno libero. Sono sicura che alla Misericordia troverai Eldrige che sarà più che felice di darti un’occhiata.”
Julian si esibì in un sospiro teatrale.
“E va bene, amore mio. Adesso dimmi cosa posso fare per farmi perdonare. Hai deciso?”
Senza rispondergli lo baciò. Un lungo e profondo bacio che lo risvegliò completamente.
“Sono stata abbastanza esauriente o devo spiegarti meglio in che modo puoi farti perdonare?”, gli chiese in un sussurro mentre la sua mano gli percorreva il petto in una lentissima carezza che scendeva verso il basso.
“Sei stata chiarissima, mea domina”, fu la replica soffocata.
“Bene” continuò lei con un sorriso seducente mentre si metteva a cavalcioni sopra di lui.
Julian sorrideva beato pregustando quello che stava per succedere.
“Ma farai meglio a sbrigarti…”, proseguì mentre gli appoggiava una mano fredda sulla spalla e si chinava per sussurrargli all’orecchio. “ Oppure farai tardi alla funzione.”
Il giovane sobbalzò incredulo.
“Cosa è successo alla tua voce?”
Lei lo scosse di nuovo per la spalla.
“Mi senti, Jules? Ho detto che farai tardi!”
“Megan?” gemette lui incredulo sbarrando gli occhi.
Lei gettò indietro la testa scoppiando in una risata che aveva ben poco di femminile.
 
Julian balzò a sedere sul letto sentendosi molto confuso. Aveva il battito accelerato e il respiro corto. Imprecando fulminò Jordan con lo sguardo: il suo amico si stava sganasciando dalle risate al punto da avere le lacrime agli occhi.
“Oddio, Jules! Di nuovo quel sogno in cui stai per baciare Megan?” Jordan annaspava per il troppo ridere.
“Fortuna che non mi sono avvicinato troppo!”, sghignazzò.
Julian si lasciò ricadere nel letto e, coprendosi la faccia con il cuscino che aveva stretto nel sonno convinto di avere Megan fra le braccia, inanellò una lunga serie di invettive soffocate.
“Stavolta era anche meglio del solito”, confessò mogio mentre gettava indietro le coperte.
“Ah. Davvero?”, si interessò l’altro, suscitando un sospiro trasognato nell’amico.
“Altroché! Il bacio c’è stato… e che bacio!”
Julian prese la mira e scagliò il cuscino con forza addosso a Jordan.
“E se non fosse stato per la tua intromissione, ci sarebbe stato anche qualcosa di meglio!”
Il colpo era andato a segno centrando il bersaglio alle spalle. Jordan riprese il cuscino e, con un altro lancio ben calcolato, lo restituì al legittimo proprietario colpendolo in faccia.
Julian non fece niente per evitarlo.
Finalmente si decise ad alzarsi.
“Davvero, Jordie, sei il mio migliore amico, ma in questo momento potrei anche odiarti profondamente per esserti messo tra me e la mia adorata dottoressa”, ribadì ironico.
“Jules, succede solo nei tuoi sogni, lo sai”, sogghignò il biondo principe. “Se pensassi di avere qualche speranza con lei, non passeresti tanto tempo con le cortigiane!”
“Cosa hai detto?”
Julian, che si stava abbottonando una camicia fresca di bucato, era sbiancato bloccandosi di colpo. Come aveva fatto Jordan a scoprirlo? Lanciò un’occhiata alla sacca in cui conservava il materiale per le lezioni di disegno che gli dava Tarya.
“Sei diventato un bacchettone?”, osservò l’amico notando il suo improvviso pallore.
“Non saresti l’unico a cercare la compagnia di una cortigiana, sai?”
Julian comprese che il suo segreto era ancora al sicuro e si rilassò.
“Non sono stato con una cortigiana” ribadì con un sorriso enigmatico che provocò un sospiro esasperato da parte di Jordan.
“Hai addosso lo stesso profumo che mi capita di sentire addosso a mio fratello, in certe occasioni…”
Julian non rispose ma il suo sorriso si allargò.
“Datti una mossa, Jules. Non voglio arrivare tardi!”
L’esasperazione di Jordan era tangibile.
“E mettiti il cuore in pace: certe cose puoi sperare che ti accadano solo nei sogni!”
Julian scrollò le spalle.
“Finché c’è vita c’è speranza, amico mio!”, pontificò il ragazzo, dando prova del suo inesauribile ottimismo.
“In questo caso se vuoi continuare a vivere e sperare faresti meglio a sbrigarti: ti concedo ancora un minuto, poi me ne vado con la carrozza, visto che vorrei arrivare puntuale alla funzione.”
Julian si passò le mani fra i capelli, tentando di sistemarli alla meno peggio. Lanciò un’occhiata allo specchio per controllare di essere in ordine e, scorgendo dietro di sé il riflesso del letto disfatto si concesse un ultimo sospiro sognante.
Infine agguantò il mantello e se lo gettò sulle spalle mentre raggiungeva Jordan che stava già uscendo dalla stanza.           
         

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Se il Buon Giorno si Vede dal Mattino ***


Un soffio di frizzante aria mattutina svegliò Megan alle prime luci dell’alba. La giovane non aveva voglia, in quel momento, di alzarsi per chiudere la finestra che aveva lasciato socchiusa la sera prima, come faceva abitualmente non appena il clima si mitigava.
Si stiracchiò confusa: avvertiva una strana sensazione, qualcosa che la disturbava ma che non riusciva a ricordare.
Intanto si era resa conto di essersi svegliata sorridendo: non le capitava mai, perché ogni giorno, al suo risveglio, la mente correva subito ai suoi studi, al suo lavoro e all’estenuante e insopportabile processione di idioti con cui sarebbe stata costretta ad avere a che fare di lì a poche ore e per il resto della giornata.
" Fortuna che oggi mi verrà risparmiato questo supplizio!”, mormorò sbadigliando, ricordando soddisfatta di non avere impegni: niente turni e niente lezioni, quindi poteva concedersi ancora qualche minuto di meritato riposo.
Si girò su un fianco, dando le spalle alla finestra, chiuse gli occhi e si avvolse nelle coperte.
Forse quella sensazione che la disturbava aveva a che fare con qualcosa che stava sognando prima di svegliarsi.
Un altro refolo d’aria le solleticò il collo, creandole nella mente l’illusione di un ricordo: un respiro dietro l’orecchio, baci leggeri sulla pelle sensibile del collo, un’ispida ombra di barba che le sfregava la spalla, facendole avvertire un piacevole formicolio che partiva dallo stomaco e si diffondeva in tutto il suo corpo.
Doveva essere quello il suo ultimo sogno.
“ Promette bene, magari poi succedeva qualcosa di… interessante”, sussurrò a sé stessa con un sorriso malizioso, decidendo di provare a riaddormentarsi per vedere se fosse in grado di riprendere le redini di quel sogno. Durante il giorno aveva deciso di non lasciarsi distrarre dagli uomini, ma non potendo esercitare alcun controllo su quello che le accadeva durante il sonno, era disposta, quando capitava, a lasciarsi trasportare da quelle fantasie.
Si avvolse ancora più strettamente nella coperta e fu come se qualcuno la stesse abbracciando. Piombò in una sorta di piacevole dormiveglia mentre i ricordi cominciarono a farsi più nitidi.
 
Qualcuno la stava abbracciando, qualcuno con cui lei avrebbe dovuto essere arrabbiata per averla costretta ad aspettarlo a lungo.
Aveva deciso di fingersi ancora addormentata, per non parlargli, ma lui doveva aver intuito la sua bugia. Aveva cominciato a baciarla in quel modo che le piaceva tanto, cancellando buona parte del suo risentimento. Si era scusato, le aveva chiesto di dirgli come potesse farsi perdonare. Lei non aveva voluto rispondergli, allora lui aveva cambiato discorso e aveva detto qualcosa che alla fine l’aveva fatta ridere: non riusciva mai a sentirsi veramente in collera con lui.

 
La fronte di Megan si corrugò: non riusciva a ricordare il timbro della voce del suo misterioso compagno, non riusciva a ricordare se lo avesse guardato. Sapeva che doveva essere qualcuno di sua conoscenza, ma non riusciva a capire di chi si trattasse. Non era nemmeno sicura di volerlo scoprire, a dire la verità, ma aveva ancora ben chiaro il suono di quella risata sommessa, così piacevole da ascoltare. Come una bella musica.
Doveva ricordare la sua voce.
 
Una carezza leggera lungo la schiena le aveva provocato un brivido che era riuscita a stento a controllare. Stava per cedere definitivamente, ma non le dispiaceva affatto.
“… amore mio… hai deciso?” 
Aveva ceduto e l’aveva baciato: non c’era bisogno di parlare per fargli capire cosa volesse.
 
Un gemito sommesso uscì dalle labbra di Megan: era solo un sogno, ma quel bacio sembrava così… reale. Non aveva mai baciato, ma le sembrava di sapere perfettamente cosa avrebbe provato: un dolce languore che le stava facendo battere più forte il cuore e la lasciava stordita e priva di forze.
Si sentì improvvisamente accaldata. Adesso era sicura di non voler scoprire chi ci fosse nel suo sogno perché qualcosa l’aveva messa in allarme. Cercò di svegliarsi con tutte le sue forze, terrorizzata dalla verità che stava per scoprire, ma le sue palpebre non volevano saperne di sollevarsi.
 
“ E va bene, amore mio”
 
Da qualche parte, nel Collegio di Maderian la porta di una stanza si aprì con un leggero cigolio.
 
“ Sei stata chiarissima, mea domina.”
 
Lottando per aprire gli occhi, Megan artigliò spasmodicamente le lenzuola. Si aggrappò ai rumori che provenivano dal corridoio per trascinarsi fuori da quello che si stava trasformando in un vero e proprio incubo.
 
Quel sorriso sfrontato, quel tono impertinente e scherzoso, quegli occhi che sembravano leggerle dentro e indovinare sempre i suoi pensieri…
“ Ma dovrai sbrigarti…”  
 
Con uno sforzo sovrumano, la giovane riuscì a scrollarsi di dosso le ultime nebbie del sonno e si mise a sedere mentre una rabbia cieca cresceva dentro di lei: aveva fermato il sogno, ma i ricordi di quest’ultimo continuavano a fluire implacabili. Fuori dalla sua porta si sentiva un rumore di passi e un parlottare sommesso.
Qualcuno lanciò un urlo colmo di frustrazione. I passi e le voci si fermarono davanti alla sua porta e Megan si rese conto di essere stata lei a gridare. Si abbandonò ad una serie di imprecazioni che provocarono la fuga precipitosa dei malcapitati studenti che, passando in quel momento, probabilmente avevano appena rischiato un colpo apoplettico.
Una gelida goccia di sudore le scivolò lungo la schiena facendola rabbrividire. Allungò una mano tremante per prendere il bicchiere d’acqua che teneva sul comodino, lo svuotò in pochi sorsi sentendosi leggermente più lucida.
Si passò una mano sul volto, sbuffando.
“ Dannazione, che strazio!”, brontolò mentre si alzava dal letto per andare a chiudere la finestra.
Il suo sguardo indugiò per un breve momento sul borgo di Maderian che mostrava i primi segni di attività, nonostante l’ora antelucana.
Il richiamo di una campana lontana vibrò nell’aria limpida, trasportato dalla brezza: un’occhiata all’orologio confermò a Megan che si trattava della campana della chiesa di San Mikhail Des Lajss che chiamava a raccolta i Cavalieri dell’Ordine della croce per la consueta funzione, la benedizione delle armi.
 
Jules…  sentì se stessa pronunciare quel nome, ma non sapeva dire se lo avesse fatto nel sogno o se fosse il ricordo di quella notte in cui lui le aveva donato il gioiello con cui, anche in quel preciso momento, stava giocherellando distrattamente.
 
Possibile che riuscisse ad inseguirla perfino nel sonno?
La dottoressa non voleva correre il rischio di addormentarsi di nuovo, così prese una coperta e il pesante volume di anatomia su cui stava studiando la sera prima e andò a sedersi su una panca davanti alla finestra.
Non voleva più pensare a quello che aveva sognato, ma non riuscì ad evitare di stringersi addosso la coperta, in cerca di una sensazione di benessere che somigliasse a quella provata mentre dormiva.
La sua mente cercò di formulare un interrogativo, ma lei non voleva assecondare quei pensieri.
Scrollò la testa e decise che probabilmente la cena della sera prima le era rimasta sullo stomaco, procurandole quei sogni assurdi. Quando ne fu convinta, riuscì ad aprire il libro per ricominciare a studiare.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3662113