Nana, il finale

di 7vite
(/viewuser.php?uid=877015)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sorrow ***
Capitolo 2: *** Loneliness ***
Capitolo 3: *** Breath ***
Capitolo 4: *** Fear ***
Capitolo 5: *** Hopes ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30, epilogo ***



Capitolo 1
*** Sorrow ***


Nana

«Da quando Ren se ne era andato un sogno - un incubo - mi dava il tormento.
Glielo avevo promesso. Dovevo seguirlo.»

 


 

«Ho parlato con Kanemoto e Kawano.»
Disse Yasu accendendosi una sigaretta.
«Il gatto e il volpone! E cos’hanno detto?»
Replicò sbadatamente Nana strappandogli l’accendino dalle mani e imitando il suo gesto.
«Beh… Dicono che dovremmo organizzare presto un altro concerto, siamo rimasti  fermi troppo a lungo. La situazione ci è un po’ sfuggita di mano negli ultimi tempi, prima a causa dell’arresto di Shin, poi è subentrata la tua carriera da solista, che si supponeva avesse vita breve, ma adesso… Hanno bisogno di recuperare Nana, hanno investito un enorme capitale sui Blast. Tuttavia non voglio affatto costringerti a fare qualcosa che tu non voglia quindi se non te la senti…-
«Ma è fantastico!»
 Urlò Nana gioiosa interrompendolo.
«Nana.»
Yasu la fissava con stupore, non era certo la reazione che si era aspettato.
«Non devi farlo se non te la senti.»
La mora scrollò pigramente la sua sigaretta per lasciar cadere la cenere in eccesso, i suoi occhi neri fissarono intensamente quelli titubanti del suo amico.
«Pelatino, per chi diamine mi hai presa? Io sono Nana Osaki, la formidabile cantante dei Blast, ho grinta da vendere e l’unica cosa che desidero è prendere il microfono in mano e spaccare i timpani a tutta Tokyo, ci siamo intesi? Sono nata per cantare, che non ti venga mai più in mente una simile sciocchezza.»
Yasu la scrutò in silenzio mentre consumava pensieroso la sua Black Stones. Odiava sentirla parlare in quel modo, gli ricordava Reira e le sue menate sul fatto che fosse brava solamente a cantare, ma ebbe il buon senso di tacere, sapeva bene quanto Nana odiasse sentir pronunciare il nome della regina del canto, specialmente negli ultimi tempi.


«È inaudito!»
Nobu picchiò violentemente un pugno sul piccolo tavolino della sala ricreazione facendo sobbalzare le tessere da Mahjjong.
«Non possono costringerci a fare un concerto proprio adesso, ma si rendono conto di quello che è successo?»
«Beh, se posso dire la mia, la Gaia si sta comportando in modo molto egoista, ma c’è da capirli, quei vecchi volponi.»
La voce di Shin provenne da un angolo del pavimento su cui stava seduto abbracciandosi le ginocchia. Non rivolgeva lo sguardo a nessuno dei presenti, fissava il vuoto di fronte a sé.
«Ultimamente gli ho dato parecchie gatte da pelare, si aspettavano di porre rimedio lanciando Nana come solista, ma adesso la situazione è drasticamente cambiata. Lei potrebbe senza alcun dubbio essere rilanciata sul mercato, e nello stato attuale delle cose riuscirebbe persino ad  accaparrarsi la simpatia di chi non ha mai creduto in lei: una promessa sposa che ha appena perso l’amore della sua vita, chi potrebbe mai odiarla? D’altro canto, da sola rischierebbe di suscitare solamente pietà, ed è qui che entriamo in gioco noi tre. Siamo solo la cornice di questo scenario, i pilastri della reputazione di Nana.»
«Hai centrato il punto, Shin.»
Confermò Yasu con tranquillità, spegnendo la sigaretta sul posacenere più vicino.
«La Gaia è un’infame.»
Urlò il biondo, il viso arrossato dalla collera.
«Nobu smettila di maledirli e cerca di capire la loro posizione: la Gaia ha investito molto su di noi e negli ultimi tempi non la stiamo ripagando adeguatamente. Si aspettavano il successo immediato, e invece ne è successa una dopo l’altra e ci stanno rimettendo più di quanto avevano pensato di guadagnarci.»
Per la prima volta Shin sollevò lo sguardo da terra e trovò il coraggio di guardare il suo amico dritto in mezzo agli occhi.
«Shin ha ragione, si tratta di affari dopotutto, non dimenticarlo.»
Lo rimbeccò il più grande di tutti, ma Nobu sembrava restio a cambiare opinione e continuò.
«Che bastardi! Non hanno a cuore nessuno di noi quattro, pensano soltanto ai soldi e non si curano nemmeno della salute di Nana. Si sono forse chiesti come l’avrebbe presa?»
«Nana ha accettato.»
Le parole lo colpirono come un ceffone. Yasu si tolse gli occhiali da sole e si massaggiò lentamente la radice del naso tenendo gli occhi fissi su Nobu. Si aspettava quella reazione, Nobu lo guardò come un bambino a cui si dice una cosa che alla sua età è del tutto inconcepibile, come se gli avessero appena spiegato che la terra non è affatto piatta ma tonda. Spalancò gli occhi e la bocca nello stesso istante cercando qualcosa da dire, ma le parole non gli vennero.
«Non capisco perché si ostini a fare la testarda anche in un momento come questo.»
A parlare fu invece Miu, che fino a quel momento aveva assistito alla riunione in religioso silenzio.
«Forse ha solo bisogno di distrarsi un po’, non deve essere affatto facile per lei.»
Mai, al suo fianco, prese le difese di Nana come al solito.
«Io non riesco a crederci. Perché diamine insiste a tacere i suoi sentimenti? Siamo i suoi amici, dovrebbe confidarsi con noi e invece preferisce fingere che vada tutto bene. Quando si comporta così non la sopporto proprio!»
Nobu alzò le mani in aria in un gesto teatrale, la sua voce ebbe un tremore ma nessuno parve farci caso.
«Non siate così severi, ha appena perso l’uomo della sua vita!»
Insistette Mai con enfasi facendosi più avanti sul suo divanetto, cercando ulteriori scuse per giustificare l’atteggiamento menefreghista della cantante.
«Questo è vero Mai, ma non è stata solo Nana a perdere qualcuno di molto caro.»
La voce di Yasu era calma e non suonava affatto come un’accusa, ma questo non le impedì di arrossire di vergogna.
Era vero e lei più di tutti conosceva i retroscena del gruppo: aveva seguito i Blast sin da quando erano una band insignificante con pochi seguaci, sapeva tutto su ciascuno di loro e conosceva bene la storia che aveva unito Yasu a Ren.
-Yasu io… Mi… Mi dispiace.-
Disse, portandosi le mani davanti agli occhi, tentando inutilmente di nascondere le lacrime che ormai sgorgavano copiose dal suoi occhi rigandole il viso.
Nessuno sapeva, tutta l’isola credeva che solo Nana avesse subìto una grande perdita, e invece c’erano tantissime altre persone che piangevano quella morte prematura, e nessuno sembrava curarsene.
 

«Te la senti veramente di cantare?»
Hachi fissava Nana coi suoi grandi occhi castani da cucciolo, tenendosi stretta a lei in quel minuscolo e scomodo letto, tuttavia per la prima volta la vocalist apprezzò lo squallido mobilio di quell’hotel da quattro soldi perché le permetteva di stare molto più vicina alla sua amica.
«Perché diavolo mi fate tutti la stessa domanda? Certo che me la sento.»
Nana esibì uno dei suoi consueti sorrisi maliziosi, tuttavia c’era qualcosa di diverso nella curva nelle sue labbra, come una smorfia non troppo ben camuffata.
«È solo che, proprio dopo…»
Non se la sentì di continuare. Nana evitava il discorso della morte di Ren forse proprio perché la rendeva troppo triste, che diritto aveva lei di prendere l’argomento quando e come voleva, incurante dei sentimenti della sua amica?
«Ascolta Hachi, sono venuta fin qui per cantare, ed è quello che farò. Non credere che abbia dimenticato il mio obiettivo.»
In quel momento la figura di Ren si materializzò in modo del tutto viscido nella sua mente: erano su un treno, si stavano abbracciando e lei tratteneva a malapena le lacrime. Scese dal binario senza voltarsi, le porte del treno si chiusero automaticamente e la vettura partì a gran velocità, allontanando l’amore della sua vita da lei. Lontana dallo sguardo fiero di Ren pianse tutta la sua tristezza, credendo che quella fosse l’ultima volta che si sarebbero abbracciati. Prima di lasciarlo aveva inspirato intensamente il profumo della sua pelle per sentirlo più vicino a sé e adesso il suo odore impregnava le sue narici dandole la falsa convinzione di averlo ancora al suo fianco.
Se anche si fosse trasferita a Tokyo, prima o poi, non aveva certo alcuna garanzia di rivederlo, di riabbracciarlo, di sentirlo suo e suo soltanto; Ren sarebbe diventato un musicista di grande fama, avrebbe avuto milioni di fan e tantissime groupie al suo seguito ed era certa che avrebbe presto dimenticato quella ragazza di periferia che gli aveva dato tutto: la sua verginità, il suo cuore, la sua anima.
Eppure un giorno si erano rincontrati, lui dominava la scena strimpellando le corde del suo basso e le, pochi metri sotto il palco studiava con avidità i tratti ben noti del suo viso. Lo guardava suonare e si chiedeva se le dita esperte che pizzicavano le corde avrebbero mai più sfiorato la sua pelle, e solo un istante dopo erano di nuovo stretti l’uno nelle braccia dell’altro, si stavano di nuovo accarezzando, assaggiando, amando. Non aveva mai provato un’emozione più bella di quella lì, il cuore le batteva così forte nel petto che temette sarebbe scoppiato da un momento all’altro. Era quello il suo posto, tra le braccia di Ren.
Ma adesso invece Ren non esisteva più.
Se n’era andato un’altra volta, l’aveva di nuovo abbandonata e questa volta per sempre. Non avrebbe mai più udito il suono della sua voce, né riso un’altra volta insieme a lui, né avrebbe mai più ascoltato il battito del suo cuore quando la notte poggiava la testa sul suo petto a mo’ di cuscino.
Hachi emise un gemito di sorpresa strappandola ai suoi pensieri, e lei gliene fu estremamente grata.
«Nana, lo senti? Il bambino sta calciando. Sa che sei vicina e vuole salutarti, ascolta!»
Le prese la mano e la poggiò delicatamente sul suo pancione. Guardava con orgoglio il suo ventre pieno e lo carezzava dolcemente sussurrando alla creatura al suo interno parole d’amore. Pochi giorni prima le aveva confessato che se fosse stata una bambina l’avrebbe chiamata Satsuki, come le aveva consigliato Ren.
In quell’istante Nana ebbe il desiderio di scagliare un pugno verso il ventre di Hachi, ma non per ferire l’amica - mai avrebbe desiderato arrecarle del dolore - voleva semplicemente che quel bambino che non era ancora venuto al mondo svanisse nel nulla, proprio come Ren.
Era stata proprio quella creatura a causare le discrepanze tra lei e la sua ex coinquilina: se quel piccolo mostro non ci fosse mai stato loro due vivrebbero ancora nell’appartamento 707, Hachi sarebbe ancora la ragazza di Nobu e, soprattutto, la sosterrebbe stando sempre al suo fianco. E invece no, quel piccolo demone aveva deciso di entrare nelle loro vite e di rovinarle: Hachi era destinata a consumarsi in un matrimonio fantoccio con un uomo vile che l’avrebbe certamente tradita e fatta soffrire, Nobu aveva trovato rifugio tra le gambe di quella disgustosa pornostar e la sicurezza che credeva di aver trovato nei suoi amici si stava lentamente sgretolando.
Hachi la mamma non sarebbe potuta rimanere lì con lei per sempre, presto l’avrebbe nuovamente abbandonata per occuparsi a tempo pieno del bebè, e lei sarebbe stata di nuovo irrimediabilmente sola.
Avrebbe voluto calciare anche lei la pancia di Hachi, annullare per sempre quella vita che era per metà parte di Takumi.
Si vergognò all’istante dei suoi pensieri, sentendosi dannatamente in colpa, come se avesse davvero compiuto un gesto tanto crudele.
«Ehi Nana, ma dove stai andando?»
Domandò Hachi sorpresa quando la vide alzarsi dal letto e dirigersi verso la porta.
«Vado a prendermi un bicchiere d’acqua, ho la gola secca.»
Mentì allontanandosi in fretta dalla stanza, prima che quelle voci avessero la meglio.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Loneliness ***


Hachi

«Sai Nana? Spesso ho desiderato cullarti tra le mie braccia come se fossi la mia bambina.
Avrei voluto stringerti forte forte a me.

Forse così sarei riuscita a tenerti per sempre vicina.»
 

 
La data del concerto venne fissata due settimane dopo e i preparativi vennero svolti frettolosamente: migliaia di locandine tappezzavano i muri di Tokyo, l’evento fu sponsorizzato alla radio e alla tivù locale e ai fan più devoti vennero spediti gli inviti per le prime file. La Gaia non badò a spese per il ritorno in scena dei Blast, certa che quell’ultima occasione sarebbe stata redditizia ed in effetti i biglietti vennero esauriti in tempo record. L’umore della band era alle stelle e Nana era più desiderosa che mai di mettersi in gioco.
Furono giorni movimentati, i ragazzi provavano regolarmente almeno otto ore al giorno e  quando non suonavano si riunivano coi pezzi grossi della casa editrice e discutevano a proposito delle sorti della band.
Anche Takumi aveva il suo daffare , impegnato quotidianamente in inconcludenti incontri con la Cookie Music. Dopo la morte di Ren il futuro dei Trapnest era incerto, l’agenzia premeva affinché il gruppo tornasse a dominare i palcoscenici, ma né Takumi, né Reira né Naoki avevano intenzione di imitare le azioni dei Blast.
In quei giorni, mentre tutti si occupavano della loro carriera, non potei sentirmi più inutile. Lontana da mio marito e dai miei più cari amici ero stata assalita da un profondo senso di insoddisfazione e solitudine, ma fortunatamente c’era Miu a farmi compagnia, e in quei momenti d’intimità il nostro rapporto si fece sempre più solido.
«Quanto mi spiace non poter assistere al concerto di persona!»
Mi lamentai toccandomi  il pancione troppo ingombrante, sentendomi sempre più simile ad una palla.
«Non dirlo neanche per scherzo! Una donna incinta al nono mese non può permettersi di passare tutte quelle ore in piedi tra la folla scalmanata e musica assordante ad alto volume.»
«Hai ragione Miu, pensa te se il bambino decidesse di venire al mondo proprio in quel momento, diventerebbe un piccolo punk anche lui!»
Esclamai spaventata, Miu sollevò un sopracciglio con scetticismo, ma non replicò.
«Beh, ad ogni modo li raggiungerò subito dopo il concerto.»
Dissi più a me stessa che a lei, domandandomi cos’avrei potuto indossare alla festa post-concerto per non sembrare un’anguria coi piedi.
«Hachi, posso chiederti come vanno le cose con Takumi? Sei qui ormai da parecchio tempo e pare che non te ne voglia tornare a casa.»
Aveva ragione. Takumi si faceva sentire raramente durante la giornata e mi sembrava quasi di vivere una relazione a distanza. Ad aggravare la sua posizione di mediatore c’era anche la salute cagionevole di Reira, che era lentamente scivolata in uno stato di depressione a seguito della dipartita di Ren.
Ma in quella situazione, mentre il bambino cresceva sempre di più nel mio ventre, cercavo di non arrovellarmi troppo la mente. Sola com’ero, volevo passare più tempo possibile insieme ai ragazzi, a Nana, e, per quanto ipocrita potesse suonare, a Nobu. Sembrò che Miu mi leggesse nel pensiero.
«Non sarà mica che questa vicinanza forzata con Nobu ti stia mettendo strane idee in testa?»
Domandò con sincero interesse e mi sentii in imbarazzo sotto il peso del suo sguardo.
Agitai con veemenza le mani negando tutto quanto, un senso di calore si sparse lungo tutto il mio corpo facendomi avvampare dal collo in su.
«Ma no, Miu, cosa dici? Tra me e Nobu non c’è affatto nulla, e poi lui ha una ragazza, non ti sarai certo dimenticata di Yuri? E le cose tra me e Takumi vanno come sempre, è solo che al momento lui si sta preoccupando della salute di Reira. Non è facile neanche per i Trapnest.»
Miu si fece improvvisamente seria e parve dimenticarsi della sua precedente insinuazione.
«È vero, noi siamo schierate con i Blast e assistiamo solamente al loro dolore, ma anche i Trapnest stanno vivendo una sorta di inferno.»
Chinai il capo tristemente e annuii. Da un po’ di tempo mi preoccupavo solamente di Nana e del suo benessere, trascurando così quello di mio marito. Entrambi volevamo proteggere qualcuno, io Nana e lui Reira, ma c’era qualcuno che si curasse di lui? In quanto moglie avrei dovuto prendermi io questa responsabilità e invece mi stavo comportando in maniera egoista ed anche un po' infedele, visto come continuavo a fantassticare su Nobu.
«Takumi lavora di continuo, se non ci sentiamo mai è solo per questo motivo. Di giorno incontra i membri della Cookies e di pomeriggio và a trovare Reira in ospedale. Dice che la struttura è piena di paparazzi che vorrebbero uno scoop circa la salute della cantante e molti altri invece si domandano cosa ne sarà della band, se torneranno a suonare o meno.»
Miu mi fissò per un lungo attimo in silenzio, non me lo chiese direttamente, ma lessi quella domanda nei suoi occhi.
«Non lo sanno ancora, Reira non si trova nella condizione di cantare, oltretutto si rifiuta. I manager della casa editrice li incoraggiano a proseguire, mi sembra del tutto normale da parte loro, ma Takumi non vuole forzare le cose e mettere Reira in una situazione ancora più opprimente, dato stato d’animo in cui si trova. Continua a ripetersi che è colpa sua se Ren è morto, piange parecchie ore al giorno e scaccia via tutti affermando di voler restare da sola.»
Miu si portò le mani alla bocca e scorsi un tremolio nei suoi occhi.
«Non è una situazione facile, quella in cui si trova Takumi allora.»
«Già, non lo è.»
Il senso di colpa crebbe ancora di più in me, perché mi comportavo sempre così male con Takumi? Promisi a me stessa che avrei cercato di farlo sentire meglio non appena fosse tornato a casa, si meritava tanto amore, e poi chissà come doveva sentirsi solo lì nel suo paese natale!
Il bambino nella mia pancia scalciò attirando la mia attenzione, ormai mancava pochissimo al termine, sperai solo che Takumi fosse presente nel momento in cui nostro figlio sarebbe venuto al mondo.
«Abbi un po’ di pazienza.»
Sussurrai con un filo di voce per non farmi udire da Miu.
«Almeno fino a quando papà non sarà qui.»

 
Dopo le prove i ragazzi ordinarono del sushi d’asporto e lo mangiammo tutti insieme nella sala ricreazione. Nobu non c’era, la sua ragazza era tornata in hotel finite le riprese e lui l’aveva raggiunta in camera sua. Tutti dicevano che i due piccioncini volevano solamente un po’ di intimità, ma io sapevo la verità: quella ragazza, Yuri, non mi sopportava, solo un paio di giorni prima aveva detto espressamente che Nana non aveva più bisogno di me e che avrei dovuto andare via. Era chiaro che non mi volesse tra i piedi, forse mi vedeva come una minaccia.
Magari era vero che Nana non avesse più alcun bisogno di me, ma io avevo tantissimo bisogno di lei. Al di là delle apparenze, l’arrivo del bambino mi metteva in grande agitazione, mi ero documentata sul parto guardando dei video sul computer e ne ero rimasta a dir poco impressionata. Avevo paura di ciò che il mio corpo avrebbe subìto e poi non potevo fare a meno di chiedermi chi ci sarebbe stato al mio fianco quando avrei partorito. Avrei tanto desiderato la presenza di Takumi, ma temevo che non riuscisse ad arrivare in tempo, il suo paese natale era molto distante da Tokyo. Date le circostanze c’era una sola persona che avrei voluto accanto a me in un momento così delicato, e quella persona era Nana. Ci pensavo già da un po’ di tempo ma non avevo mai trovato il coraggio di dirglielo, temevo avrebbe rifiutato. In cuor mio nutrivo il sospetto che Nana non amasse affatto questo bambino, che lo vedesse come la causa della nostra separazione, e poi magari non aveva alcuna voglia di assistere al mio parto, non doveva essere facile per lei che era stata abbandonata dalla madre.
«Hachi, che hai? Ti vedo pensierosa.»
La sua voce mi richiamò all’ordine.
«Non ti starai mica crucciando per Nobu?»
Il suo sguardo si fece malizioso e non potei fare a meno di arrossire.
«Nana, ma cosa dici? Sono una donna sposata io!»
Istintivamente avvicinai la mia mano al suo viso, facendo splendere l' anello di diamanti proprio davanti ai suoi occhi, che, impercettibilmente, si rabbuiarono. Avrei voluto mangiarmi le mani subito dopo, ero stata colta alla sprovvista da quell’accusa scherzosa e non avevo riflettuto.
A quel punto, mossa dal desiderio di cambiare argomento, trovai il coraggio per dare finalmente voce ai miei dubbi.
«Nana c’è una cosa che desidero chiederti da un po’.»
Annunciai con voce insicura, lei mi guardò coi suoi grandi occhi neri.
«Vorresti assistermi in sala parto quando il bambino nascerà?»
Le parole uscirono velocemente dalle mie labbra e le ci volle qualche secondo per comprendere il significato di quella richiesta.
Temevo non avrebbe accettato, stava prendendo troppo tempo. Non ne aveva voglia, avevo ragione.
«Scusa se m’intrometto Hachi, ma non credi sia un compito destinato al padre?»
Miu disse esattamente quello che speravo di non sentire.
«Sì, ma ho pensato che forse con una donna sarei molto più a mio agio e poi non so nemmeno se Takumi arriverà in tempo, con tutte le grane che sta passando in questo periodo.»
«Certo Hachi, lo farò io!»
Rispose infine Nana con decisione, i miei occhi si illuminarono.
«Lo faresti davvero?»
Domandai prossima alle lacrime.
«Ma certo, sai che per te farei di tutto.»
Abbracciai Nana quanto più intensamente potessi, urlandole la mia gioia.
Ero talmente felice da non rendermi neanche conto degli sguardi dubbiosi che si lanciarono gli altri presenti.

 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Breath ***


Nana
«Non m’importava un  fico secco d’assistere alla nascita di quel mostriciattolo, ma avrei fatto qualunque cosa per mettere Takumi in cattiva luce  e riportare Hachi nel mio giardino.»

«È tutto pronto per il concerto, oggi incontrerò nuovamente Kanemoto e Kawano per rifinire gli ultimi dettagli ma non ci sarà bisogno della vostra presenza quindi rilassatevi pure prima del grande evento. »
Yasu aspirò una boccata di fumo e la trattenne a lungo nei polmoni. Seduti in cerchio davanti a lui Nana, Shin, Miu, Mai e Hachi pendevano dalle sue labbra.
«Affinché lo sappiate, i biglietti sono stati esauriti nel giro di una settimana quindi vediamo di mettercela tutta, i nostri fan arrivano da ogni parte del Giappone, non vogliamo certo deluderli.»
Shin scrutò Yasu con attenzione, pareva che la buona notizia non lo entusiasmasse più di tanto.
«Va tutto bene?»
Domandò con interesse resistendo a malapena al crescente desiderio di strappargli la paglia dalle mani per farsi un tiro.
«Ma certo, è solo che non mi aspettavo un simile successo.»
«E’ naturale, siamo mancati al popolo e adesso fremono dalla voglia di assistere al trionfale ritorno dei Blast.»
Nana afferrò la sigaretta dalle labbra di Yasu e aspirò il fumo con avidità, gongolandosi come solo lei sapeva fare.
«Lo credi sul serio Nana? Non pensi che sia solo perché il pubblico ha curiosità di vedere come se la cava la povera vedova di Ren?»
Le taglienti parole di Shin fecero cambiare rapidamente l’umore alla ragazza. Il silenzio che seguì gli diede la conferma che anche il resto dei presenti pensasse la stessa cosa, ecco perché Yasu sembrava preoccupato, non avevano registrato sold out grazie alla loro bravura, la gente andava a sentirli mossa da altre ragioni. Quella consapevolezza lo irritò ancora di più, erano ormai diventati lo zimbello della musica, quanti tra quelli che avevano acquistato il biglietto erano fan e quanti invece dei ficcanaso a cui non importava nulla del punk? Non era questo il modo in cui voleva diventare famoso, voleva che la gente lo apprezzasse per davvero.
«Shin ti prego basta.»
Lo ammonì Mai allarmata, ma lui sembrò non udirla.
«Te lo ricordi, Ren non è vero Nana? C’è un altare con la sua foto in camera di Nobu, lo sapresti di certo se ti fossi degnata di fargli visita almeno una volta.»
Rincarò la dose ignorando lo sguardo triste della donna, l’assenza di nicotina lo rendeva più cattivo di quanto non fosse.
«Shin!»
Lo ammonì Hachi alzando la voce, Non gli importava nulla di ferirla, cercava uno scontro diretto ma Nana non reagì alle sue provocazioni e fece una cosa che nessuno si sarebbe aspettato: si alzò in piedi e uscì velocemente dalla sala ricreazione con passo pesante.
«Shin perché sei stato così crudele? Nana sta soffrendo tantissimo, è solo che non vuole darlo a vedere.»
Hachi si alzò di scatto stringendo i pugni, non gli piaceva discutere con Shin, ma il modo in cui aveva trattato Nana era stato pessimo.
«Ma Davvero? A me non pare proprio, ultimamente non fa che parlare del concerto e del ritorno dei Blast, e sebbene noi ci preoccupiamo sempre di informarci sul suo stato di salute a lei non importa un fico secco di noi e del nostro dolore.»
A quelle parole seguì un lungo silenzio, nessuno osò contraddirlo, forse in fondo c’era una punta di verità dietro quelle parole amare.
Yasu si accese un’altra sigaretta e dopo due boccate parlò di nuovo rompendo la tensione.
«Shin capisco bene i tuoi sentimenti, anche per me non è affatto facile e ti confesso che ho parecchie difficoltà a concentrarmi sulla musica nello stato d’animo in cui mi trovo, ma devo chiederti il favore di tenere i tuoi pensieri per te. Tra un paio di giorni ci esibiremo davanti a milioni di spettatori, per il bene del gruppo evita di uscirtene con certe battute, non fanno che peggiorare il nostro stato umorale. Dobbiamo essere in forma per il concerto, se anche questa volta dovesse andare male, la Gaia non ci darà un’ultima possibilità, intesi?»
Shin parve tornare in sé, abbassò il capo e si scusò con tutti i presenti.
«Negli ultimi tempi mi sento nervoso, credo sia perché ho smesso di fumare. Sono arrabbiato con Nana e penso davvero tutte quelle cose che ho detto, ma non avrei dovuto aggredirla in quel modo, mi dispiace tanto.»
«Se è così allora cerca di scusarti con lei quanto prima.»
Concluse Yasu togliendosi gli occhiali da sole.
«A proposito, dato che Nana non è qui c’è qualcosa di cui vorrei parlarvi, promettetemi solo di mantenere il segreto. Questa cosa potrebbe sconvolgerla più di quanto non lo sia già.»
Miu, Mai e Hachi si scambiarono uno sguardo carico di preoccupazione, che cosa c’era ancora?
 
 
Nana

“Come diamine osa parlarmi così quel maledetto bastardo? Sono più anziana di lui, sono la frontman dei Blast e resterò per sempre la promessa sposa di Ren.
Shin è  solo un moccioso che gioca a fare il grande, davvero non capisce come io mi senta in questo momento? Ren mi è di nuovo stato strappato via, questa volta per sempre ed io non voglio e non posso ancora accettarlo.
Smettete di trattarmi come se non me ne importasse nulla, non immaginate l’inferno che mi porto dentro, il mio cuore è lacerato da una profonda cicatrice che mai e poi mai si risanerà.“
Fui grata che nessuno mi avesse seguita, non avrei mai voluto essere vista in questo stato pietoso: grosse lacrime sgorgavano dai miei occhi rigandomi il viso e scivolandomi sul mento, il naso gocciolava come se fossi raffreddata ed il mio corpo veniva scosso da sonori singhiozzi, che spettacolo patetico!
Non so dove trovai la forza di correre in bagno e di sciacquarmi il viso, ma l’acqua non poteva cancellare il rossore dei miei occhi, né cambiare la  mia espressione  afflitta.
Come potevo far visita a Ren? Vedere la sua foto avrebbe reso tutto ancora più reale e il mio cuore non avrebbe potuto sopportare quest’ennesimo dolore.
Guardai la mia immagine riflessa allo specchio, l’espressione tetra stampata sul mio volto esprimeva solo una misera parte della mia sofferenza. Con uno sforzo enorme mi rizzai sulla schiena ricomponendomi, avrei di nuovo dovuto far finta di essere forte.
Ne avrei dette quattro a quel piccolo avanzo di galera, chi cavolo credeva di essere?
Ripercorsi il corridoio al contrario pensando a tutti gli insulti che avrei potuto dirgli, se credeva di avermi messa a tacere di sbagliava di grosso!
La porta era socchiusa e io mi bloccai con la mano tesa verso la maniglia, la voce del pelatino stava richiamando tutti all’ordine, parlava di Misato, Misato Uheara. Non poteva essere la nostra Misato, perché in quel momento si trovava là dentro, ma di una fan. Doveva sicuramente trattarsi della ragazzina di Osaka, quella la cui famiglia possedeva un negozio di okonomiyaki. Diceva che era scappata di casa dopo l’improvvisa sparizione di sua madre, Misuzu.
Misuzu. Sua madre. Mia madre.
Un paparazzo aveva scoperto la sua identità e l’aveva ricattata scrivendo un articolo diffamatorio sul suo conto, lei per tutta risposta aveva abbandonato la famiglia dissolvendosi nel nulla.
Non volli ascoltare oltre, mi allontanai di corsa in silenzio, e per porre maggiore distanza tra di noi salii una rampa di scale, o forse erano due, non ne ero certa.
Lo sentivo, stava tornando: quel senso di oppressione, di paura, di impotenza. Mi aveva stretto la gola, impedendomi di respirare, sentii la mia voce spegnersi in un gemito. Mi accasciai pesantemente sulle ginocchia, i miei pugni si sigillarono in una morsa, ansimavo e boccheggiavo a vuoto. Parlavo? Impossibile, ma stavo implorando aiuto – o forse lo stavo solo pensando intensamente.
Aiuto, vi prego, non voglio morire.
Ma se fossi morta avrei rivisto Ren. Lui mi stava aspettando, potevo quasi vederlo sorridere, bello come sempre, mi tendeva una mano affinché lo raggiungessi.
“Era una promessa la nostra, Nana. Se io muoio, tu muori con me.
Se io muoio, tu muori con me.
Se io muoio, tu muori con me.
Se io muoio, tu muori con me…”
***
 
 «Sai Nobu? Ho una bellissima notizia da darti! Mi hanno offerto un altro ingaggio subito dopo questo.»
«Davvero Asami? Ma è fantastico, in questo caso dobbiamo assolutamente festeggiare.»
Esultò il ragazzo, tirandola a sé per stamparle un lussurioso bacio sulle labbra, che la ragazza ricambiò con avidità.
«Non fanno che complimentarsi con me per le mie doti d'attrice e... beh, per la mercanzia.»
Gli disse dopo essersi staccata dalla sua bocca avvicinando la sua mano sul suo seno prosperoso.
«Mi hanno proposto una sitcom in cui dovrò apparire nuda, ma senza girare nessuna scena di porno. Dicono che devo sfruttare tutto ciò che di bello ho...»
Quelle parole ruppero l’ atmosfera sensuale che si era creata tra di loro.
«Ascoltami Asami, sono felice che tu sia apprezzata nel mondo dello spettacolo, ma non credo tu debba accettare.»
«Come? E perché no?»
Domandò mettendo il broncio ed incrociando le braccia sul petto, mentre lui cercava di spiegarsi.
«Beh, hai detto di voler uscire da quel mondo e di voler tentare un'altra strada, ricordi? Hai detto di voler essere un'attrice, ma con i vestiti addosso!»
«Nobu, tu non capisci, mi hanno offerto un sacco di soldi.»
Strillò con voce acuta.
«Ma i soldi non sono tutto, penso sia meglio accettare un ingaggio meno proficuo all’inizio, purché ti indirizzi verso il genere che preferisci.»
La ragazza si morse le labbra.
«A dire il vero è un po’ troppo tardi, ho già accettato e firmato il contratto.»
Nobu la guardò come se l’avesse appena schiaffeggiato.
«Come sarebbe a dire? Non ti sei presa neanche un po' di tempo per valutare la situazione? Per rifletterci a sangue freddo? Per parlarne con me?»
Asami indietreggiò e si strinse nelle spalle.
«Beh, credevo saresti stato felice per me. Volevo farti una sorpresa e hai rovinato tutto!»
Gli diede le spalle affondando il viso tra le mani.
«No, ascolta... Mi spiace averti ferita, è solo che sono un po' nervoso di questi tempi e davvero non capisco come ti sia passato per la mente di accettare senza prima…»
Ma lei non lo stava più ascoltando.
«Sei nervoso? Lo so io il perché, è a causa della moglie di Takumi. Sei ancora innamorato di lei!»
Nobu alzò le mani in segno di protesta.
«Ma no, cosa dici? Tra noi è tutto finito, lo sai bene.»
«Non è vero! Anche lei è ancora innamorata di te, sennò perché passerebbe tutto il tempo qui? Vuole separarci, Nobu, la sua è tutta una tattica per portarti via da me, sei veramente tanto ingenuo da non capirlo? O forse è quello che vuoi anche tu…»
«Ma cosa dici? Rimane qui solamente per accudire Nana.»
«Smettila di raccontarmi bugie, pensi forse che sia scema? Nana non ha bisogno di essere aiutata, quella fa solo finta! É amica della moglie di Takumi, la sta aiutando nel suo piano per riconquistarti.»
Asami incrociò le braccia e arricciò le labbra, ponendo le distanze fra lei e Nobu.
«Pensi che Nana stia fingendo?»
Le chiese Nobu con voce tremante, i pungi saldamente serrati.
«Credi che Nana non stia soffrendo per la morte del suo promesso sposo? Credi che sia tutta una menzogna? Asami, ti rendi conto di quello che dici?»
Le vene si fecero più nitide all'interno delle sue braccia, Asami non l’aveva mai visto così furioso prima d’ora ed ebbe quasi paura.
«Nobu, ma che ti prende? Non hai mai alzato la voce con me, non mi piace!»
«È che sono stufo Asami: stufo delle tue scenate di gelosia, stufo delle decisioni che prendi senza consultarmi- e che tra l'altro mi imponi di approvare- stufo della tua mancanza di rispetto nei confronti delle persone a me più care, e stufo di essere accusato ingiustamente.»
Gli occhi della donna tremarono inumidendosi.
« Che cosa significa questo?»
Lo sapeva, Asami, cosa significava, aveva sentito già altre volte il tono grave di quelle parole le innumerevoli volte che era stata scaricata dai suoi fidanzati precedenti. Sapeva cosa stava succedendo, ma si rifiutava di crederlo.
«Significa che forse noi due non...»
«Non dirlo Nobu! Non pensarlo nemmeno, Ho sbagliato, è vero, ma rimedierò.»
«Non è questo. Sbagli troppe volte, e per quanto io sia un tipo paziente ho i miei limiti. Io vorrei  davvero credere che questa sia l'ultima volta ma sappiamo entrambi che non è così, litigheremo ancora per le stesse motivazioni di adesso, che senso ha andare avanti così?»
«Nobu no! Tu mi ami, lo so che mi ami, sei solo confuso. Promettimi che ne riparleremo quando ti sarai calmato, promettilo!»
Lo stava praticamente supplicando, ma lui sembrava non voler sentir ragione.
«Davvero non capisci? Io non so se sarò in grado di reggere un'altra conversazione con te, tu mi privi della mia energia e mi lasci come un guscio vuoto. L'amore non è questo, Asami.»
«Ma io ti amo!»
Gli prese le mani e lo guardò negli occhi, lo stava supplicando di non andarsene.
Lui sorrise debolmente.
«Credi di amarmi, ma ti sbagli.»
Senza darle il tempo di rispondere la superò ed afferrò la maniglia della porta. Fu lì che la vide. Le pupille si ridussero a due piccoli buchi: Nana, accasciata per terra, stava avendo un'altra delle sue crisi di panico. Da quanto tempo durava?
 ***
 
Nana
 
«Nana!»
La voce di Nobu mi raggiunse da molto, molto lontano. Quante volte mi aveva chiamata? Dov’era? Perché non lo vedevo? Una macchia si fece largo nel mio spazio visivo: una piccola macchia gialla sfocata, poi una rosa, poi altre due più piccoli verdi, e lentamente il suo viso prese forma. Aveva poggiato la mia testa sulle sue ginocchia, con una mano mi teneva sollevata e con l’altra reggeva qualcosa di fronte alla mia bocca: il solito stupido, sacchetto di carta. Dov’era Hachi che mi faceva la respirazione bocca a bocca?
Ren era sparito, ma sarebbe tornato presto, di nuovo, nel mio sonno.
«Nana, cosa diavolo ci fai qui tutta sola?»
Lo sentivo, ma non avevo la forza né la voglia di rispondergli.
«Dove sono gli altri? Sono ancora tutti in sala ricreazione?»
“E tu, idiota, cosa diavolo ci fai qui con me? Non dovresti essere da qualche parte a pomiciare con la versione porno di Hachi?”
Fortuna che non riuscì a parlare.
 

«Non credo sia una buona idea fare il concerto, Nana non sta ancora bene.»
«Oh, ma Yasu, è la vostra ultima occasione, lo sai bene. La Gaia non vi darà un’altra possibilità, Suggerisco di imbottire Nana di tranquillanti prima del concerto, magari si rilassa un po’, non trovate?»
«Ginpei, ma cosa dici? Sai che effetto possono avere quelle robe di lì? Vogliamo una cantante, non uno zombie. No, Nana deve semplicemente rimettersi in sesto.»
«Shin, ma non ce la farà mica in due giorni! La situazione può solo degenerare, voi non avete idea della condizione in cui era quando l’ho trovata. Era pallida come un fantasma e aveva gli occhi fuori dalle orbite, non immaginate che pessima cera»
«Chiudi il becco Nobu, pensi d’avere un aspetto migliore?»
Tutti si voltarono a guardarmi.
«Nana!»
Le braccia di Hachi mi circondarono il collo, aveva le guance umide, doveva aver pianto. Perché? Era stata una crisi veramente così grave?
«Nana, bentornata.»
Yasu mi sorrideva dall’alto.
«Cos’è successo?»
Domandai, anche se lo sapevo.
«Diccelo tu. Hai avuto una crisi. Una bella grossa, cosa l’ha scaturita?»
Oh Yasu, non posso certo confessare d’aver origliato quella vostra conversazione! Non posso certo rivelarti il mio disappunto, nello scoprire che tutti voi siete consapevoli di una parte della mia storia che io stessa ignoro. Siete tutti complici in questo segreto, tutti contro di me: i membri della band, la mia migliore amica, la mia fan numero uno. Non posso più fidarmi di nessuno di voi.
«Se è per colpa mia, mi dispiace, a volte non riesco proprio a controllarmi.»
Shin mi guardava dritto negli occhi mentre si scusava, mi appigliai alle sue parole capovolgendo la situazione a mio vantaggio.
«E’ proprio per questo che sei finito in carcere, Shin, perché sei del tutto incapace di controllarti! Quanto ti deciderai, una buona volta, a comportarti come un diciassettenne e a non intrometterti nel mondo dei grandi? Potrai darti delle arie con quel look da punk, ma in realtà sei soltanto un bambino che non ha idea di come funzioni la vita!»
Iniziai a sproloquiare un insulto dopo l’altro, Shin non mi stava ascoltando e gli altri se la ridevano sotto i baffi dicendo che ero tornata la Nana di sempre e che non c’era da preoccuparsi.
«Nobu, come hai fatto a trovarla?»
Chiese infine Miu, facendo tornare il silenzio nella stanza. Nobu scosse la testa e fissò un punto impreciso sul pavimento, accarezzandosi il collo e la nuca.
«Io ero in camera di Asami, stavamo parlando, anzi… Beh, stavamo discutendo in realtà, mi sono arrabbiato con lei e ho lasciato la stanza, e sul corridoio ho trovato Nana accasciata per terra.»
«Avete litigato?»
Chiese nuovamente Miu. Che cosa? Adesso l’attenzione si era spostata dalla povera malatina non del tutto guarita alla coppia poco interessante che non piaceva a nessuno?
«Sì, in verità credo ci siamo lasciati ma… Non me la sento proprio di parlarne, scusate.»
Si erano lasciati.
Che c’entrasse qualcosa Hachi?
Perché io l’ho visto quel breve incontro di sguardi fra quei due.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Fear ***


Nana
Sai Hachi? La mia più grande paura è sempre stata quella di rimanere da sola.
Eppure, sembrava che quello fosse il mio destino.

 
            
 
***

Hachi

Era il giorno precedente al concerto ed eravamo tutti straordinariamente emozionati. Nana e  i ragazzi si erano impegnati molto in quei giorni ed io ero certa che avrebbero riconquistato la scena, me lo sentivo.
Per festeggiare l’occasione ero andata a fare spese, avevo intenzione di preparare un’ottima cena per augurar loro buona fortuna.
Era pomeriggio, il sole era alto e i suoi raggi scaldavano la pelle. Ormai il tempo stava cambiando, irrigidendosi, per cui quei pochi raggi caldi andavano goduti e non scansati alla ricerca d’ombra, per cui decisi di passeggiare sotto il sole. Andai al supermercato più vicino e comprai carne, cipolle, carote,  funghi shiitake e alghe nori. Per l’occasione, avrei preparato lo shabu shabu. Nana amava la carne, sebbene fosse troppo costosa, ma quel giorno non badai a spese, occorreva festeggiare. I Blast non avevano passato un periodo facile, la loro carriera era stata minacciata diverse volte, ma finalmente si sarebbero rimessi in carreggiata, avrebbero dimostrato una volta e per tutte il loro valore, la loro grinta, la loro forza. E Nana avrebbe finalmente ricominciato a fare ciò che amava: cantare. Da questo momento, niente l’avrebbe più separata dal suo sogno.
Pagai con carta (che disastro se Takumi avesse visualizzato l’estratto conto!) e, con la busta non troppo pesante della spesa uscii dal locale, investita di nuovo dal calore piacevole di quella giornata.
Quando sarei arrivata mi sarei subito messa ai fornelli. I ragazzi si trovavano in sala prove, così avrei potuto preparare tutto con calma, facendo loro una sorpresa.
Avevo camminato solo un poco, quando lo sentii. No, non poteva essere, avevo sicuramente frainteso. Proseguii per altri due metri, ma arrivò di nuovo. Una fitta talmente forte che mi lasciò perdere la presa che avevo sulla busta di plastica, che cadde per terra rivelandone il contenuto ai passanti.
Un signore, gentilmente, raccolse tutto quanto e mi porse la busta.
«Si sente bene signorina?»
Le mie mani strinsero il grembo, i miei occhi spalancati fissavano il nulla.
«É molto pallida. Vuole che le chiami un’ambulanza?»
Sperai ancora di aver fatto male i calcoli, ma il calore liquido che si espandeva tra le mie cosce non lasciava spazio a dubbi.
«Io ho appena rotto le acque.»
Sussurrai, ma l’uomo non capii e mi chiese di ripetere a voce più alta.
«Sto… Sto per partorire.»
Mi aggrappai a quell’uomo, come se potesse darmi qualsiasi tipo di conforto, mettendolo invece a disagio.
«Venga, si sieda su questa panchina, le chiamo un’ambulanza.»
«Devo chiamare Nana!»
Gli dissi, lui mi guardò con aria esterrefatta.
«D’accordo signorina, io chiamo l’ambulanza e lei chiama… Chi deve chiamare.»
Si allontanò di un paio di metri, ed io afferrai immediatamente il cellulare. Opzioni, rubrica, Nana, chiama.
Uno squillo, due squilli, tre, cinque, sette, nessuna risposta. Riprovai, ma di nuovo squilli a vuoto. Riprovai ancora, e ancora, ma niente. Mi decisi a mandarle un messaggio.
«Sto per partorire, un’ambulanza presto mi porterà in ospedale, richiamami quando leggerai il messaggio.»
Poi digitai un nuovo numero, un paio di squilli, poi quella voce familiare che mi mise subito a mio agio.
«Pronto, Nana?»
«Jun! Ti prego vieni da me, sto per partorire!»
Silenzio al capo opposto.
«Jun?»
*Immaginatevi Jun che corre da un lato all’altro della stanza, indecisa sul da farsi, urlando parole incomprensibili a un Kyosuke molto easy, abbandonato sul divano col telecomando sul petto*
«Oddio, Nana sta per partorire, e ora che faccio? Non so cosa fare, non mi è mai capitato di trovarmi in questa situazione, cosa devo fare? Devo starle vicino, certo, ma come? Dovrei portarmi una valigia in ospedale? O dovrei raggiungerla dov’è adesso? A proposito, dov’è adesso? Ma non aveva detto che il bambino sarebbe nato la settimana prossima? Perché questo cambio improvviso? E tu, Kyosuke, perché non mi rispondi?»
Finalmente Kyosuke si decise a guardarla, spostando lo sguardo dal canale di arte alla ragazza impazzita che saettava per la stanza.
«Nana sta per partorire? Adesso? Ma il parto non era previsto per la prossima settimana?»
Jun si rabbuiò, il suo sopracciglio destro danzava in alto e in basso sulla sua fronte.
«Sì, Kyosuke, esattamente, ma adesso che ha deciso di venire fuori, cosa vuoi che facciamo? Che lo rificchiamo dentro con la forza chiedendogli, gentilmente, di ripassare la prossima settimana?»
Kyosuke sbarrò gli occhi e alzò le mani in segno di resa.
«D’accordo, non dirò più nulla, ma perché ti stai agitando tanto? Ti ricordo che è Nana quella che dovrà fare tutto il lavoro, tu devi soltanto starle vicino e darle conforto.»
«Ti sembro il tipo che da conforto a una donna incinta prossima al parto?»
Strillò Jun furiosa, sparendo da un angolo della casa e riapparendo in un altro.
«Ti sei chiesta come debba sentirsi Nana? Immagino che sia spaventata a morte, è il suo primo figlio dopotutto e non c’è nessuno ad accudirla. Invece di sclerare per nulla, va’ ad aiutare quella povera ragazza, Jun! Ha bisogno di qualcuno che le stia vicina in un momento come questo, e Takumi non si trova qui.»
Jun si rilassò improvvisamente, il suo sguardo divenne triste.
«Hai ragione, Kyosuke.»
Poi, riprendendo il controllo, strinse un pugno davanti a sé.
«Starò io al fianco di Nana, le darò tutte le attenzioni di cui ha bisogno.»
«Bravissima, Jun! Per cominciare, per esempio, che ne diresti di riprendere il cellulare in mano?»
*Gocciolina sulla testa di Jun*
«Certamente. Pronto Nana? Sì sono ancora qui, tu dove sei?... D’accordo, passerò direttamente in ospedale allora… Oh, no, non piangere ti prego, andrà tutto bene, non aver paura, ci sarò io con te. L’hai già detto a Takumi? Preferisci che lo faccia io?... Va bene, sarò lì quanto prima.»
«Sei stata grande, Jun. Una perfetta spalla su cui piangere.»
«Oh, sta’ zitto!»
Sorrise Jun, chinandosi per stampargli un bacio sulle labbra.
 
 
«L’ambulanza sarà qui tra qualche minuto, signorina. Lei come si sente?»
Le lacrime sul mio viso non davano spazio a dubbi. Stavo male, avevo paura. Stavo per partorire ed ero da sola. Mio marito, nonché padre del bambino, era lontano a badare a Reira anziché a me. Nana stava partecipando a una riunione decisiva per il suo futuro come cantante e non poteva certo occuparsi di me, i miei genitori non avevano idea di cosa stesse accadendo ed io ero così maledettamente spaventata.
«Signorina, c’è qualcos’altro che posso fare?»
Scossi la testa, asciugandomi le lacrime con la manica della maglietta.
«La ringrazio, ha già fatto tantissimo.»
«Se non le da fastidio, rimango con lei finché non arriva l’ambulanza, che ne dice? Tanto non ho nulla da fare, per il momento.»
Sorrisi a quell’atto di pura gentilezza da parte di un estraneo. Mi sentivo già meglio, veramente.
Cominciai a risentirmi male quando sentii l’assordante rumore delle sirene avvicinarsi.
 
***
 
«E’ stata una riunione lunghissima, giuro non ne posso più. Che senso ha ripeterci le stesse cose che sappiamo già?»
Nana si gettò su uno dei divanetti della sala ricreazione, dove Miu li stava aspettando. Che fastidio le dava quella ragazza, era sempre in mezzo ai piedi.
«E’ per assicurarsi che quelle stesse cose ci siano chiare una volta e per tutte, onde evitare futuri errori.»
Rispose saggiamente Yasu. Non c’era effettivamente bisogno di una risposta.
«Sì, beh, l’unica cosa che mi è veramente chiara è la mia fame!»
Disse Nana, afferrandosi lo stomaco che brontolava.
«A proposito, dov’è Hachi? Aveva detto che avrebbe preparato una cenetta speciale per augurarci in bocca al lupo, non se ne sarà mica dimenticata?»
«Miu, l’hai per caso vista oggi?»
Chiese Yasu, ma la ragazza scosse il capo.
«Beh, forse è meglio che la chiami. Dove diavolo si sarà cacciata? Perché non è ai fornelli?»
Nana tirò fuori il cellulare dalla tasca dei suoi jeans. Aveva impostato il silenzioso prima della riunione, come le aveva suggerito Yasu (diceva che sarebbe stato poco rispettoso se quel coso avesse iniziato a squillare proprio nel mezzo della conversazione.)
Aprì il messaggio che lampeggiava insistentemente sullo schermo. Era di Hachi. Si immobilizzò.
«Beh, quindi la chiami o no? Anche io sto morendo di fame!»
La incalzò Shin.
«Ehi, che ti prende?»
Nana lanció via il cellulare e si accese una sigaretta. Shin lo raccolse da terra e lesse il messaggio.
«Che succede, Shin?»
Chiesero gli altri, incuriositi dalla reazione violenta di Nana.
Shin, con la sua consueta nonchalance, semplicemente, lo disse.
«Hachi sta per partorire.»
 
***
 
«Reira!»
La voce arrivò alle sue spalle.
«Ah Takumi. Che cosa c’è?»
«Non hai toccato cibo.»
«Non ho molta voglia di mangiare.»
Takumi fece scivolare il suo sguardo sul corpo indifeso della ragazza, sembrò quasi che potesse vederle attraverso i vestiti, e questa cosa imbarazzò Reira al punto che incrociò le mani sul petto, come a voler proteggerei suoi seni da quello sguardo indagatore.
«Sei dimagrita tantissimo, lo stille pelle e ossa non ti si addice per niente, sai?»
Reria fu sorpresa da quell’esclamazione, ma come gli veniva in mente?
«Pensa a te stesso piuttosto. Hai delle occhiaie vergognose sotto agli occhi! Se le tue fan ti vedessero in questo modo, credimi, perderesti tutta la tua popolarità»
Takumi sorrise e si sedette sul letto d’ospedale della ragazza.
«Hai proprio ragione, i manager non mi fanno chiudere occhio. Ogni giorno, e ogni sera, vogliono vedermi per parlare delle… come chiamarle? Novità.»
«Che genere di novitá?»
«Vogliono sapere, innanzi tutto, cosa abbiamo intenzione di fare.»
Ecco, gliel’aveva finalmente detto. Aveva evitato di toccare l’argomento diverse volte, per di più non intendeva domandarglielo in maniera diretta, ma non ne poteva più di quella situazione, era ormai quasi un mese che Ren era morto, quasi un mese che i direttori, i manager , i giornalisti e i fan chiedevano notizie sul futuro della band.
«E’ il tuo modo delicato di chiederlo a me, Takumi?»
Reira aveva alzato la voce, pestando un piede per terra.
 Sapeva bene cosa passava nella sua testa, e quel pensiero l’aveva accarezzato diverse volte, ma non voleva essere il primo a dirlo.
«Non ti sforzi nemmeno, eh? Beh, non ho intenzione di girarci attorno come te, io. Per me i Trapnest sono morti assieme a Ren. Non ho nessuna intenzione di continuare a cantare, ora e mai più. Senza Ren io non vado avanti. Tu, se proprio ci tieni, continua pure assieme a Naoki. Troverete un altro bassista e un’altra cantante, ne sono certa. Adesso, per favore, lasciami in pace, voglio rimanere da sola.»
«Credi veramente che lo farei? Credi che mi basti rimpiazzarti con chiunque altro, Reira? No, non hai capito, se tu abbandoni, io mollo con te.»
Gli occhi della ragazza si aprirono come un fiore. Quelle parole, sebbene sputate via con arroganza, suonavano dolcissime alle sue orecchie.
«Takumi, smettila di parlarmi così.»
Iniziò a piangere, portandosi le mani alle orecchie.
«Quando hai cominciato a trattarmi così male, Reira?»
«E tu quando hai iniziato a trattarmi così bene?»
«Sciocchezze, io ti ho sempre trattato come una principessa.»
«Già, l’intoccabile principessa del canto. Mi hai messa dentro una teca per proteggermi e hai lasciato che la polvere mi consumasse da dentro la mia gabbia.»
«Non dire stupidaggini.»
«Invece è vero Takumi. Io sono sempre stata la tua bambola da collezione, sai? Di quelle bellissime che non vuoi che nessuno tocchi perché potrebbero in qualche modo rompersi. Allo stesso modo però non mi toccavi nemmeno tu, per paura di amputarmi un braccio forse, per paura che mi cadesse un solo capello e perdessi di valore. Allora hai pensato “se non ci giocherò mai, tanto vale lasciarla nella sua confezione” e così mi hai abbandonata sullo scaffale più alto della tua libreria, quello che nessuno poteva raggiungere, e, lentamente, ti sei dimenticato di me. Giocavi con tutte le bambole che avessero un valore minore al mio e ti sei completamente dimenticato di me. Ero in cima, è vero, ma cosa me ne faccio della cima? A osservare il mondo dalla mia torre solitaria. Tutto ciò che volevo era scendere e giocare anch’io.»
Pianse, singhiozzò, picchiò il muro.
«Non hai idea di come mi senta, Takumi. Vorrei essere stata su quell’auto insieme a Ren. Ormai nulla ha più senso. I Trapnest, la mia carriera, la mia voce, la mia vita. E’ una sofferenza dietro l’altra e non ne posso più. Chi vorrebbe mai vivere così, Takumi? Chi?»
Takumi non rispose. Reira gli aveva appena confidato che avrebbe voluto essere morta, quelle parole lo spaventarono.
«Tutto ciò che possiedo è destinato a svanire nel peggiore dei modi. Non sono neppure brava a scegliermi o tenermi un uomo. Non so fare nulla, sono inutile, non servo a niente, la mia vita non ha alcun senso!»
Piangeva e piangeva, incurante della reazione di Takumi. Quanto si stava rendendo ridicola ai suoi occhi? E quanto poco le importava ormai?
«Ti ho sempre amato Takumi, sin dal primo momento in cui ti ho visto, lo sai questo? Ho cominciato ad amarti e non ho mai smesso, ma a te non è mai importato nulla dei miei sentimenti. Alla fine hai promesso di amare fino alla morte una donna che conosci da qualche mese, e io, che ti amo da una vita invece cos’ho mai avuto?»
«Sul serio questo, Reira, ti renderebbe felice?»
Lei smise di piangere, passandosi una mano sotto gli occhi.
«Avermi, allieterebbe le tue pene? Ti basterebbe che ti concedessi un minimo, insignificante ritaglio della mia vita, per essere di nuovo felice?»
Reira tirò su col naso, rendendosi conto di quanto misera dovesse apparire ai suoi occhi. Si stava accontentando, lo sapeva.
Annuì, lasciando che ancora qualche lacrima le bagnasse il viso.
In quel momento Takumi, senza esitare, si avvicinò a lei, le posò una mano dietro la nuca e si spinse in avanti per baciarla sulle labbra. La sua bocca era salata a causa delle tante lacrime versate, ma a lui non importò e la baciò con più vigore, con più passione, le strinse le dita dietro la testa, attorcigliandole tra i suoi ricci. Reira aveva entrambe le mani sul suo viso e lo accarezzava, quasi come se non credesse fosse reale. Takumi le passò l’altra mano sul viso, le asciugò una guancia col pollice e poi le alzò il mento, spingendola dolcemente verso il letto, sul quale Reira si adagiò senza esitare.
Staccarono le loro labbra per qualche istante, un filo di saliva ancora li univa. Reira lo afferrò nuovamente e lo tirò verso di sé, allargando le gambe per fare spazio a quel corpo che aveva sempre bramato. Gli sbottonò lentamente la camicia e lisciò il petto di lui, dall’alto verso il basso e poi al contrario. Il sordo rumore di un cellulare vibrò nell’aria.
Takumi si allontanò, con le mani supplicanti di Reira che gli cingevano la vita per non lasciarlo andare via.
«Devo rispondere.»
Disse, semplicemente, con un filo di voce.
«Pronto? Oh, ciao Jun…Adesso?... Ma certo, grazie per avermi avvisato, arrivo subito.»
Reira gli prese una mano. Non disse nulla, ma i suoi occhi lo supplicavano di rimanere, di rimandare qualsiasi cosa quella telefonata significasse, ma Takumi non aveva intenzione di lasciarsi convincere, si abbottonò la camicia e si liberò dalla presa di Reira. Indossò il giaccone sotto gli occhi brillanti e increduli di lei. Come diamine poteva lasciarla così, senza dirle nulla? Senza neanche inventare una scusa.
«Tornerò quanto prima, Reira, ma adesso devo recarmi a Tokyo: Mio figlio sta per nascere.»

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Hopes ***


Hachi
 Sin da bambina ho sempre desiderato costruire una famiglia tutta mia; diventare moglie e poi mamma era la mia ambizione più grande.
Solo dopo aver realizzato quel sogno mi resi conto di quanto le cose fossero diverse da come le avessi immaginate.
A me è bastato trovare un obiettivo e raggiungerlo, senza aver calcolato cosa sarebbe potuto andare storto da quel momento in poi.
 
***
 
4 anni dopo...
 
“Tanti auguri a teeee, tanti auguri cara Satsuki, tanti auguri a teeee!”
«Su, adesso esprimi un desiderio e poi soffia sulle candeline!»
Le consigliò allegramente Hachi. Satsuki si prese un momento per pensare, il suo sguardo incroció velocemente quello di Shin, divenne paonazza e scosse la testa. No, era un desiderio importante, capitava solo una volta l’anno di spegnere le candeline, quindi bisognava pensare a qualcosa di più serio.
Ah, ecco! Socchiuse gli occhi e poi soffiò vigorosamente sulle candeline.
 
«Allora, che desiderio hai espresso quest’anno?»
Le chiese la mamma piú tardi, rimboccandole le coperte.
«Non avrà mica a che vedere con Shin, spero.»
Aggiunse mentre le si formava una gocciolina sulla testa.
«Ma no, mamma, cosa dici? Comunque deve restare segreto, altrimenti non si avvera, giusto?»
«Sì, giusto, ma io sono la mamma, a me puoi dire tutto, tesoro.»
«Non è vero, la regola vale per tutti!»
Le fece notare sua figlia sollevano un dito in aria e scuotendolo con serietá.
«Oh suvvia, non farmi stare sulle spine, dimmelo!»
«E va bene, te lo dico. Ho sperato di rincontrare presto papà e Ren. É da tanto che non li vedo, mi mancano molto, sai?»
Gli occhi di Hachi si rattristarono un po’, ma non lo diede a vedere a sua figlia.
«Mancano anche a me. Spero tanto che il tuo desiderio si avveri, piccola.»
E, dandole un bacio sulla fronte, si allontanò dalla stanza e chiuse la porta alle sue spalle.
«Ragazzi, vorrei parlarvi.»
Disse, una volta raggiunto il soggiorno.
«É da un po’ che ci penso… Sapete? Mi piacerebbe tanto tornare a Londra, rivedere Takumi e il piccolo Ren e… E cercare Nana.»
Improvvisamente calò il silenzio.
«Beh, avete delle cose molto intime di cui discutere, noi tre togliamo il disturbo.»
Sorrise Kyosuke, porgendo una mano ad una grassa Jun per aiutarla a mettersi in piedi.
«Oh, ma no, scusate, non volevo mica cacciarvi.»
«Non preoccuparti Nana, si è già fatto tardi e sono molto stanca. Buonanotte.»
Hachi sorrise, accarezzando il pancione dell’amica.
«Grazie per essere venuti. Buonanotte.»
Li accompagnò all’ingresso e poi tornò dagli altri.
«Beh, allora che ne pensate? Chi viene con me?»
Chiese con euforia senza coinvolgere nessuno.
«Hai pensato alla reazione che potrebbe avere Nana incontrandoci? E se si spaventasse e fuggisse un’altra volta?»
«Sì Yasu, ci ho pensato tanto ma così non riesco più a dormire la notte. Abbiamo finalmente un indizio pratico, un indirizzo cui recarci. Io credo che dovremmo approfittarne. Ragazzi, voi non avete voglia di rivederla?»
Un attimo di silenzio. Nessuno sembrò voler essere il primo a rispondere.
«Io sto con Nana. Ha ragione, dovremmo comunque provarci.»
Nobu le schiacciò l’occhio ed Hachi non poté che tirare un sospiro di sollievo. Era bello avere un alleato dalla sua parte.
«Sono davvero tentato, ma qualcosa mi fa pensare che Nana non abbia alcuna voglia di averci tra i piedi. Dopotutto è fuggita di sua iniziativa, adesso ha una nuova vita.»
Yasu parlava con la calma di sempre, non era cambiato di una sola virgola in quei quattro anni.
«Ma secondo me non si è affatto scordata di noi. Sono certa che le manchiamo tremendamente, è solo che è troppo orgogliosa e testarda per ammetterlo. Vi prego, almeno proviamoci.»
Il tono di Hachi era quasi supplichevole. Da quando aveva ricevuto quella fotografia non riusciva più a chiudere occhio. Aveva chiesto a Takumi di informarsi se il locale esisteva veramente, e lui le aveva dato conferma. Non c’era più nulla da fare, se non prenotare il primo volo per Londra.
«Io sono totalmente d’accordo, Nana non può averci dimenticati. Che male può fare tentare?»
Mai, un’altra alleata sicura quando si trattava di Nana.
«Misato ti prego, convincilo tu questo testone di Shin! E tu Miu, convinci Yasu.»
«Guarda che non c’è alcun bisogno di convincermi.»
Il sorriso di Hachi si allargò sul suo volto. Anche Yasu aveva accettato, non riusciva a crederci, mancava solo Shin.
«Per ora sto girando un film, ho parecchio lavoro per le mani e non credo di poter prendermi delle vacanze senza alcun preavviso.»
«Oh, lascia fare a me! Sono disposta a rimanere qui a sbrigare tutti i tuoi affari e ad inventare una buona scusa per lasciarti partire, ma ti prego tu va’ da lei e mandale un grosso abbraccio da parte mia.»
Gli occhi di Mai si intristirono. Shin poggiò due dita sotto il suo mento e le sollevò la testa per guardarla negli occhi.
«Ti ringrazio, sei una persona splendida, Misato.»
La biondina arrossí un poco, socchiudendo le palpebre  e rivolgendogli un dolce sorriso.
«Allora è deciso, andiamo a Londra! Oh, non vedo l’ora di dirlo a Satsuki, sarà così felice di rivedere Takumi e Ren. E anche io, dopotutto.»
Caló il silenzio, nessuno sapeva bene a come replicare a quella sua affermazione.
«Ehi incredibile, guardate chi c’è in tv, Hachi, alza il volume!»
La voce di Miu riportò tutti alla realtà.
«Eh???»
 
«L’ospite di stasera è l’amatissima attrice della categoria Ren'ai mono, vincitrice tra l’altro del premio Nippon Akademī-shō come miglior attrice protagonista, la bellissima Asami Matsumoto.»
 «Oh, grazie Shihei, e grazie a tutti i telespettatori, un bacio!»
Squittí deliziata salutando il pubblico che l’applaudiva.
«Gentilissima come sempre, Asami. Dunque, sappiamo dell’uscita di una nuova pellicola che ti vedrà ancora una volta protagonista. Un film di Ichijouji. Dicci, andate veramente così d’accordo?»
«Oh, ma che sciocchino, che domande fai? Sì, andiamo molto d’accordo, sia nel lavoro che nella vita privata. Il prossimo mese saranno due anni di matrimonio, come vola il tempo!»
Disse incrociando le gambe, mentre la telecamera zoomava sul dito su cui splendeva una fede d’oro zecchino con al centro una bellissima pietra preziosa.
«A proposito Asami, quando avrete un bambino?»
«Oh no, non prendere l’argomento Shihei, è ancora troppo presto, devo ancora affermarmi come si deve nel mondo dello spettacolo, c’è tempo…»
«Beh, non è che tu sia proprio nuova nel mondo del cinema! Molti ti conoscono ancora come Yuri, dico bene?»
Disse il presentatore sistemando la schiena sulla poltrona e leccandosi le labbra.
«Sì, è vero, dici benissimo, ma quel periodo è morto e sepolto.»
Fece presente Asami lanciandogli un’occhiata torva. Non le piaceva essere ricordata per via di quegli stupidi film, li aveva girati quando era una giovane squattrinata sull’orlo della disperazione.
«A proposito, come sei passata dal Pinku eiga al Ren’ai mono?»
«Beh, in tutta sincerità, recitare nella categoria sentimentale è sempre stato il mio sogno, ma quando ho cominciato ero giovane e non avevo ancora ben chiare certe cose e… Sono finita a recitare pellicole erotiche o porno. Poi un giorno ho incontrato per caso il regista Akira Ichijouji e abbiamo parlato per tutta la sera, mi ha confidato di conoscermi come attrice, e che mi avrebbe vista molto bene a girare in uno dei suoi film, così mi ha fatto fare un provino per una parte minore nel film che stava dirigendo allora “L’albero di ciliegio”, ma rimase così impressionato da avermi scelta poi come protagonista. Inutile  dire che si è anche reso conto di essere perdutamente innamorato di me.»
Di nuovo Asami agitó la mano su cui brillava il gioiello.
«Siamo felici di sentire storie di questo genere, a noi piace il cinema, ma anche l’amore. Magari prima o poi la vostra storia potrà diventare la trama di uno dei suoi film.»
«Di questo argomento non posso proprio parlare, Shihai, mi dispiace. Il lavoro di mio marito e il mio sono due cose distinte, dopotutto. Subito dopo il mio nuovo film, quello di cui vi parlerò tra qualche momento, sono stata scritturata dalla regista Momoko Yazawa.»
«Oh, allora non ti ritieni un prodotto esclusivo di Ichijouji.»
«Lo sono solamente quando si tratta di film!»
Scherzó facendo l’occhiolino alla telecamera.
«Davvero interessante. Ma, Asami, vorresti raccontarci del tuo ultimo film? “Una lettera improvvisa”, diretto appunto da Akira Ichijouji, che vede come protagonisti te e l’attore Koji Sasaki…»
 
«Asami Matsumoto. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che l’abbiamo vista?»
Chiese Miu, con lo sguardo ancora fisso sul televisore.
«Parecchio, verrebbe da dire. Beh, sono comunque contenta che alla fine ce l’abbia fatta.»
Rispose Misato, sorridendo all’idea di una giovane che riesce a farsi strada nell’ostile mondo del cinema nonostante i pregiudizi. Le ricordava un po’ Shin, in quel senso.
«Ogni tanto la incontro sul set. Ci scambiamo un po’ di convenevoli e finisce lì. Mi chiede sempre quando gireremo insieme, ma ovviamente non accadrà mai.»
Sorrise Shin, immaginandosi di interpretare un segretario pappamolle perdutamente innamorato del suo capo, che però è una donna perfida e viziosa. No, non era il tipo di film in cui sarebbe comparso.
«Di’ un po’, Nobu, che effetto ti fa rivederla?»
Chiese infine, con un’espressione maliziosa incrociando le braccia detro la nuca.
«Nessuno, in effetti. Sono solo contento che la sua vita abbia preso la piega giusta e che sia riuscita a realizzare i suoi sogni. Provo ammirazione.» 

 
 
***
 
 
Nana

Corsi per arrivare in ospedale quanto prima, dovevo vedere Hachi. Come stava?
Arrivata in ospedale salì rapidamente le quattro rampe di scale che conducevano al reparto maternità. Dove diavolo era? Chiamai il suo cellulare, ma a rispondere non fu lei.
«Pronto? Chi parla?»
«Chi parla? Chi sei tu piuttosto, dov’è Hachi?»
«Ah, devi essere Nana. Sono Jun, Nana è in travaglio.»
«Travaglio? In che stanza si trova?»
«Stanza 7, la quarta a destra, subito dopo la toilette.»
«Arrivo.»
 
«Hachi, come ti senti?»
Qualsiasi cosa volle dire venne interrotta da un gemito di dolore.
«Nana! Che bello vede….AAAAAAH… Io non sto proprio benissimo.»
«Quanto ti ci vuole a farlo nascere?»
Mi resi conto d’essere stata brusca, ma ormai il danno era fatto.
«Non dipende certo da me. Per il momento la dilatazione è ancora insufficiente, dovremmo aspettare.»
Mi rispose Jun, assumendo un tono da professionista, che però venne smentito dal suo senso di disgusto mentre pronunciava la parola “dilatazione”.
«E quanto ci vuole?»
Domandai nuovamente con impazienza.
«Non si sa di preciso. Potrebbero volerci due ore, come potrebbero volercene dodici.»
«Dodici? No, non può durare così a lungo, domani ho un concerto.»
«Nana…. Non preoccuparti per me…. Esibisciti. Io AAAAAAAAAAAAAH… Io starò bene.»
Mi avvicinai e le afferrai un mano sudata.
«Ma avevo promesso che sarei stata con te in sala parto. Te l’ho promesso Hachi, voglio esserci, voglio aiutarti a far nascere questo bambino. Voglio…. Voglio essere la prima persona che vedrà, maledizione!»
Hachi aveva gli occhi lucidi e l’inconfondibile espressione di paura.
«Non devi preoccuparti per me. C’é Jun qui con me, e presto arriverá anche Takumi. Tu canta Nana. Pensa a cantare e quando il concerto sará terminato io… Noi, saremo qui ad aspettarti.»
Takumi. Questa non ci voleva. Quant’ero egoista per pensare ad una cosa del genere proprio mentre Hachi era in preda a gemiti di dolore e alle convulsioni?
Volevo veramente essere lì, quando il figlio di Takumi avrebbe visto la luce del sole? Volevo veramente essere la prima persona che vedesse? O volevo solo far un dispetto a Takumi? O volevo solamente che Hachi pensasse quanto altruista e meravigliosa fossi? Ma era una bugia. Non sono altro che una bugiarda. A me di questo bambino non importa nulla. Se anche nascesse morto, non mi dispiacerebbe, anzi, quasi quasi un po’ ci spero.
«Ahiiii!»
Un altro gemito.  Non era affatto un bello spettacolo, Hachi aveva il viso imperlato di sudore e gli occhi arrossati. Aveva forse pianto? E quanto? Il parto faceva veramente tanto male?
Non lo sapevo, e non l’avrei mai saputo.
Non sarei diventata mai madre.
Ma in fondo, non ne avevo alcuna voglia.
I miei sogni erano ben altri...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Nana
Non ho mai smesso di avere paura.
Sono fuggita, ma ovunque io vada, la paura viene con me.
Forse serve a ricordarmi chi io sia.

 
 
 
***
Nana

Il giorno del concerto era finalmente arrivato.
Avevo dormito pochissimo quella notte. Per buona parte del tempo sono rimasta accanto ad Hachi, poi è arrivato Takumi e ho preferito togliere le tende. Ad ogni modo non è sola, insieme a lei ci sono Jun, Miu, Takumi, sua madre e sua sorella maggiore. Sono felice che ci sia tutta questa gente a preoccuparsi di lei. Avrei dovuto preoccuparmi per me, piuttost; avrei avuto un concerto da lì a poche ore e non avevo chiuso occhio fino all’alba. Avevo passato la notte a fumare e a scrivere su fogli di carta che poi bruciavo con l’accendino.
Quando ho finalmente ceduto al sonno il sole era quasi già alto nel cielo, e solo poche ore dopo venni svegliata da Ginpei che mi dette della dormigliona ritardataria e menefreghista.
-Stanno aspettando tutti te!-
-Beh, le star si fanno attendere, no?-
 
 

 
Il palco era stato arredato in maniera piuttosto decente, considerate le sole due settimane di preavviso. Avremmo suonato all’aperto, in centro città, come la prima volta, come a voler ricordare al pubblico chi fossimo. C’era parecchia gente, molta più del previsto, e mi chiesi se anche questa volta avessero racimolato degli adescatori o se invece tutta quella gente fosse lì per noi. Quando salimmo sul palco fummo salutati da un ruggito di voci e applausi, e non riuscii a non essere felice.
-Buonasera Tokyo! E’ fantastico vedervi tutti qui. Beh, immagino possiamo cominciare, che ne dite? Ci siamo fatti attendere fin troppo.-
Un altro ululato. La folla era in delirio, le urla erano acutissime, mi sentii fiera. Yasu attaccò con la batteria, poi Nobu e Shin lo seguirono. Infine cantai, come se non lo facessi da un secolo. La mia voce uscì grintosa e vitale, e il pubblico strillò ancora più forte.
La chitarra di Nobu era partita prima ancora che me ne rendessi conto, suonava grintosa e presto si aggiunsero anche il basso di Shin e la batteria di Yasu. La musica spaccava i timpani, mi sentii finalmente nel mio ambiente, e alla fine cantai, come se non lo facessi da secoli.
- When I was darkness at that time /fureteru kuchibiru  / heya no katasumi de I cry-
Le luci puntavano dritte su di noi accecandoci, eppure lo vidi: un enorme manifesto raffigurante i Trapnest proprio di fronte a me, nella parete opposta. Potevano almeno prendersi le briga di toglierlo. O era una trovata pubblicitaria? Serviva a far crescere la compassione della gente in me?
-Mogakeba mogaku hodo / tsukisasaru kono kizu / Yaburareta yakusoku hurt me-
Non riuscivo a smettere di fissarlo, Ren mi stava guardando e il suo sguardo attraversava quel milione di persone e mi penetrava dentro l’anima.
-Nobody can save me / Kamisama hitotsu dake / Tomete saku yiu na my love-
Non era uscito dai miei sogni, anzi, approfittava di ogni minuto di rem per venire a torturarmi, a ricordarmi che avrei dovuto raggiungerlo. Ma io non voglio morire, Ren, io voglio vivere, cantare, realizzare il mio sogno. Non puoi costringermi a seguirti, lo capisci questo? Ho lottato tanto per arrivare dove sono adesso, e  non voglio essere strappata a questo mondo. Non vedi? La musica, le luci, il palco, questa folle scalmanata sono la mia ragione di vita. E’ per questo che ancora lotto, Ren, è per questo che non posso e non voglio raggiungerti. E tu questo lo sai bene, allora perché continui a insistere?
-I need your love / I’m a broken rose / Maichiru kanashimi your song / Ibasho nai kodoku na my life-
Io non ti ho pregato di restare, quando quel giorno, su quel treno mi dicesti addio e mi abbandonasti per seguire i tuoi sogni.
- I need your love / I'm broken rose  / Oh baby, help me from frozen pain  / with your smile, your eyes / And sing me, just for me-
Sbagliai qualche parola, dannazione, che stavo facendo? Dovevo smettere di guardare Ren, concentrarmi su qualcos’altro. Il pubblico sì, mi sarei concentrata sul pubblico.
Distogliere lo sguardo fu duro, sentivo le guance già più umide, ma stavolta non avrei fallito. Quella era l’ultima possibilità che ci fosse stata concessa ed io non avrei mandato tutto a monte per crogiolarmi nel ricordo di Ren e del nostro amore, non adesso dannazione!
Guardai la prima fila, l’unica che riuscì a vedere, e una ragazza in particolare catturò la mia attenzione.
Mi somigliava moltissimo, ora che ci facevo caso. Avevamo la forma degli occhi molto simile e praticamente le stesse labbra. Il suo naso era più fine del mio, ed era chiaro che avesse un paio d’anni di meno. L’avrebbero tutti scambiata per una groupie estrema che avesse fatto di tutto per somigliarmi, nessuno avrebbe mai anche solo ipotizzato che quella lì fosse mia sorella. Non l’avevo sospettato neanche io in fin dei conti. Misato Uehara. Lei sapeva? Se era così perché non me l’aveva detto quando ci incontrammo la prima volta? Mi aveva invitata nel suo ristorante solo per costringermi ad incontrare nostra madre? Era forse anche lei una schifosa stratega? Il suo sguardo incrociò il mio e mi sorrise da sotto l’impalcatura.
Le sorrisi anch’io, col mio solito fare ammicante, ma dentro ero profondamente turbata.
Tu sei la figlia che ha voluto tenere Misato, ed io sono quella che ha abbandonato a soli quattro anni. Mi ha affidato ad una vecchia e rigida donna e si sbarazzò di me, così, senza pensarci troppo. Ma a te no, Misato. Tu sei stata allevata da Misuzu in persona, sei stata desiderata ed amata. Dimmi un po’, che donna è Misuzu? Perché io non ne ho la più pallida idea. E’ severa? O affettuosa? Che suono ha la sua voce? Le piace il sushi? Fuma? Che genere di musica le piace, il mio? Mi ascolta mai? O non gliene frega proprio niente?
Dillo a Misuzu, che io mi sono tirata su da sola, che tutto ciò che ho adesso è frutto del mio sacrificio. Dille che non le devo niente e che neanche a me importa un fico secco di lei, che sto bene comunque. Ma tu non lo capisci, vero Misato, il danno che mi ha arrecato? No, perché tu sei sempre stata amata.
Presi a ballare sul palco, incurante degli occhi di Ren, o di Misato. Danzai da una parte all’altra del palco, divertendomi, sorridendo, perché la vita va avanti. Qualsiasi cosa succeda, la vita continua. Non importava che mia madre mi avesse abbandonata, e neppure che quella madre di cui non ricordavo neanche più il volto volesse incontrarmi, e non importava che il mio promesso sposo fosse morto prematuramente solo un paio di settimane prima, non importava nemmeno che presto la mia migliore amica si sarebbe allontanata da me perché impegnata a crescere il figlio di un uomo schifoso. Già, Hachi, ti avrei rivista, dopo il concerto, e poi? Quando ci saremmo incontrate di nuovo? I primi mesi di una nascita, si dice siano terribili. Bambini che piangono per motivi sconosciuti, che non ti lasciano chiudere occhio la notte, come sta facendo Ren con me adesso. Bambini che richiedono attenzioni costanti, che non ti lasciano neanche il tempo di respirare…
A proposito di respirare, perché diavolo sento i miei polmoni stringersi? Che cosa mi sta succedendo? Non voglio una crisi adesso, proprio no. Devo solo smettere di ballare, mi sono affaticata inutilmente.
Sento mancarmi la voce, ho appena ansimato al microfono?
La mia voce vibra, non riesco più a cantare. No, ho paura, voglio cantare, non ci riesco. Perché le luci si stanno sfocando? E perché la musica è finita? Il pubblico urla ancora, ma che cosa? Nana, Nana… Ma non mi stanno incitando, no. Mi stanno chiamando.
Ren, sto arrivando…
 


Quando riaprii gli occhi mi ritrovai in una stanza troppo luminosa, dalle pareti chiare, che puzzava di medicine. Un ospedale. Che diavolo ci facevo in un ospedale? Non stavo ad un concerto poco fa?
Poco fa? Ma il sole è appena sorto. Quanto diamine avevo dormito?
-Oh, ben tornata signorina Osaki. Come si sente?-
Un uomo basso, in camice, con una stupidissima montatura di occhiali mi stava sorridendo.
-Chi è lei? Dove sono? E che ci faccio qui?-
-Io sono il dottor Kimicho, lei è in ospedale in seguito a uno svenimento causato da frequenti attacchi di panico.-
-Quelle crisi…-
-Le crisi respiratorie, signorina, sono una conseguenza al suo stato d’animo. Qualcosa la turba profondamente, e lei  sta accumulando tutto dentro. Ora vede? Quando mettiamo troppa aria dentro un palloncino, questo, semplicemente, scoppia. Succede anche a noi esseri umani, quando troppe emozioni o preoccupazioni affollano la nostra testa, scaturisce uno di questi attacchi.-
-…E come faccio a farli passare?-
-Oh, per quello avrebbe bisogno di rivolgersi a uno psicologo. Sa? Molte persone spesso ignorano le cause che generano questi attacchi di panico, delle sedute regolari presso uno psicologo l’aiuterebbero a prendere maggiore coscienza di sé stessa. Anche nel caso in cui conoscesse queste ragioni, potrebbe parlare con un professionista e capire come fare per gestire le sue paure, prima che queste degenerino.-
-Dovrei andare da uno psicologo?-
-Signorina Osaki, purtroppo adesso devo allontanarmi, la lascio col suo tutore, il signor Takagi. Ha aspettato tutta la notte qui in attesa che lei si riprendesse. Ci sono anche gli altri suoi amici, se le interessa. Dev’essere bello sapere che ci sono tante persone che si preoccupano per la sua salute, non trova?-
No, non trovavo.
Avevo mandato in fumo l’ultima nostra occasione, non ero pronta ad affrontare gli altri componenti della band. Dovevano odiarmi, ed avrebbero avuto ragione, anche io mi sarei odiata. Avevo mandato tutto all’aria, che stupida!
Yasu era entrato e mi stava guardando.
-Ben tornata nel mondo dei vivi-
-Yasu, ascolta, mi dispiace tantissimo, so che non te ne frega niente delle mie scuse ma vedi io…-
-Nana! Rilassati. Non devi preoccuparti.-
-….Ma il concerto…-
-E’ stato un disastro, inutile mentirti. Abbiamo suonato solo tre canzoni, poi ti sei accasciata per terra e non davi segni di vita. I fan si sono spaventati, sai?-
Rimasi in silenzio. Avevo rovinato tutto.
-E la Gaia…?-
Yasu non rispose subito. Avevo capito, non c’era bisogno che dicesse nient’atro.
-Te lo dirò e basta, siamo fuori Nana.-
Mi abbracciai le ginocchia, posandoci il mio mento sopra. Era tutto finito. Dopo quanto era costato, era tutto finito.
-Nessuno te ne fa una colpa.-
-Beh, dovreste invece! Ho mandato tutto a monte, ho compromesso il futuro della band per sempre.-
Lui rimase in silenzio ed io mi sentii ancora più inutile. Sentivo gli occhi umidi, ma non volevo piangere davanti a Yasu.
-Che cosa farai adesso?-
-Io e i ragazzi ne abbiamo parlato. Dato che non ci sarà più una band, io inizierò la carriera di avvocato, Nobu prenderà in gestione la pensione Terashima e Shin… Shin dice che qualcosa troverà anche lui. Non devi preoccuparti per noi.-
Lo fissai sbalordita. Sapevano tutti cosa avrebbero fatto, ne avevano già parlato.
Ma io? Io cosa avrei fatto?
***

Hachi

Urlavo sguaiatamente, e il dottore urlava più forte per sovrastare la mia voce.
-Spinga ancora signora Ichinose. E un’altra bella spinta. Un’altra ancora! Me lo sento, ci siamo quasi. Lei non si fermi, spinga e respiri in contemporanea. Inspiri, su su, faccia un bel respiro profondo. E adesso spinga, spinga quel bambino. Ci siamo, ci siamo! Vedo la testa. Oh, guarda qua che bella testolina che abbiamo, piena zeppa di capelli! Su, un’altra spinta, deve ancora uscire il resto de corpo, sa?
Tragga un respiro profondo e…. Spinga! Che meraviglia, anche le spalle son venute fuori, signora Ichinose, è tutto finito.-
Otto ore e mezza di travaglio, un primo parto da incubo. Mi sentivo esausta, non avevo più la forza di fare nulla.
Un pianto sordo riempì la stanza. Il bambino era vivo e in salute.
-Le infermiere hanno portato la bambina nella stanza accanto. Le riporteranno sua figlia pulita.-
-Mia… figlia?-
Riuscii a malapena a sussurrare, stremata per lo sforzo.
-Proprio così Nana, nostra figlia è una femminuccia.-
Sorrisi debolmente a Takumi. Alla fine era arrivato in tempo per assistermi, ed ero così felice che lo avesse fatto lui. Nostra figlia, Satsuki, era finalmente nata.
Takumi mi baciò delicatamente le labbra sudate. Un atto di pura dolcezza.
-Oh, signor Ichinose, vuole prenderla in braccio e farla vedere direttamente lei a sua moglie?-
Takumi annuì. Prese in braccio Satsuke e me la mostrò. Aveva tantissimi capelli, come aveva detto il dottore, ed erano tutti neri, proprio come quelli di Takumi. Sapevo che era figlia sua, l’avevo sempre saputo. Le diede un bacio sulla testa, poi, leggermente, la posò sulla mia pancia.
I miei occhi incrociarono i suoi per la prima volta e capì di essere follemente, perdutamente, innamorata di quella piccola creatura che avevo messo al mondo.
Allora, e solo allora, capì che l’amore vero esiste.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Nana

Sai Hachi? Invidiavo tua figlia.
Avrei tanto voluto essere nata al suo posto.
Sarei stata amata ogni istante della mia vita, e in questo modo tu non mi avresti mai abbandonata.
Mai, Hachi.
 
 
***
 
Nana

Due giorni dopo stavo già meglio. Erano passati a trovarmi tutti quanti, ad eccezione di Hachi. Le avevano cucito dei punti di sutura in seguito a una lacerazione da parto, e non era nelle condizioni di poter fare sforzi. Sapevo che sarebbe toccato a me alzarmi e lasciare la mia stanza per farle visita, ma non me la sentivo.
Recentemente uno psicologo era venuto a trovarmi in camera, mi aveva fatto una serie di domande alle quali non avevo risposto troppo cordialmente. Non mi piaceva l’idea che un estraneo ficcanasasse nella mia vita intima e privata, le mie emozioni appartengono a me e me soltanto.
-Ho parlato con il dottor Itsuji.-
Disse Yasu poche ore dopo, quello stesso pomeriggio.
-Ritiene che la perdita di Ren ti abbia riportato alla mente i ricordi dell’abbandono da parte di tua madre. Secondo lui non hai mai superato quel trauma, e adesso ti trovi a doverlo fronteggiare un’altra volta, e sebbene tu sia cresciuta molto da allora, ritiene che il tuo cervello non sia tuttavia riuscito a elaborare quella paura, dal momento che non sei mai stata in terapia.-
-Oh, per favore Yasu, non crederai veramente alle parole di quel vecchio strizzacervelli? Fa soltanto delle ipotesi, quello lì, sulla base di risposte molto vaghe. Non crederai mica che a qualcuno bastino due orette con una persona per scavare nei suoi sentimenti?-
Mi avvicinai alla finestra, l’aprì e mi accesi una sigaretta.
-E’ vietato fumare in ospedale, Nana, lo sai questo, no? Tra l’altro tutti i medici ti hanno categoricamente proibito di fumare.-
-Sì, ma hanno anche detto che non c’è alcuna sicurezza che l’asma sia causato dal fumo. Dovrei fare un controllo ai polmoni… come si chiama?-
-Pneumologia. Serve a controllare quanta resistenza tu abbia nei polmoni, è utile per indicarci se il tuo problema sta nel corpo o nella testa.-
-Che stupidaggine. Se anche fossi nervosa, in che modo questo influirebbe sulla mia capacità respiratoria, Yasu?-
-Quello è un fattore normale, invece, Nana. Lo stress, l’ansia, il panico, partono tutti dalla mente, ma si manifestano nel corpo. Se non si combattono quanto prima rischiano di aggravarsi e potrebbero anche degenerare in depressione, schizofrenia o nevrosi, ma non voglio allarmarti.-
-Chi si allarma? Sto benissimo, ti dico.-
-E allora perché si verificano queste crisi? Ti sei almeno posta questa domanda? Sei in grado di darti una risposta?-
Sì, Yasu, mi sono posta quella domanda e sì, mi sono anche data delle risposte, parecchie.
Non ho superato l’abbandono di mia madre, è ovvio. Quando la persona che dovrebbe amarti incondizionatamente ti lascia con la promessa di tornare e poi non lo fa, inizi a perdere fiducia nel genere umano. Io, da quella notte, non riuscii a fidarmi più di nessuno, neanche di mia nonna, la donna che mi ha tirata su. Tutti mi hanno sempre guardata torvo, si diceva che ci fosse qualcosa di sbagliato in me, e alla fine finii per crederci anch’io. Altrimenti perché mia madre mi aveva abbandonata? Dovevo essere marcia.
La prima persona, dopo tanti anni, a cui aprii finalmente il mio cuore fu Nobu. Lui si impegnò tanto nel tentativo di costruire un’amicizia  con me, nonostante la mia freddezza e diffidenza nei suoi confronti. Ma Nobu non si arrese, quel ragazzo dal cuore puro alla fine fece breccia dentro di me, portando una nuova scintilla. Poi conobbi Ren, e da quel momento tutto ebbe un senso. Tutte le mie sofferenze erano sparite, perché avevo accanto una persona con la quale potevo finalmente essere me stessa, una persona che mi amasse a prescindere dai miei difetti. Ren mi protesse e si prese cura di me.
Poi anche Ren, l’unico pilastro portante della mia incasinata vita, decise di allontanarsi da me, per seguire il suo sogno. La verità è, che anche se io lo capisco,non gliel’ho mai perdonato, e credo che non sarò in grado di farlo neanche nel futuro. Ren mi aveva presa tra le sue braccia, mi aveva dato quel calore che serve alle uova per schiudersi, poi, improvvisamente, mi aveva spinta giù dal nido ordinandomi di imparare a volare.
Non perdonerò mai Ren per avermi fatto questo, neanche adesso che è morto. Forse è questo che mi fa stare così male, forse è per questo che non voglio elaborare il lutto, perché sono ancora furiosa con lui per avermi lasciata a marcire, per rincorrere il suo sogno di sfondare nel mondo della musica come membro dei Trapnest.
Ma io non mi arresi. Avevo fatto a meno di mia madre, potevo fare a meno di chiunque, no? Continuai la mia vita da dove sembrava fosse finita, mi sono posta degli obiettivi da raggiungere, e ho fatto di tutto per proseguirli. Ho lavorato duramente per trasferirmi a Tokyo, ho cercato una casa e dei lavori per continuare a mantenermi, fino a quando anch’io non avrei realizzato il mio obiettivo. E qui entra in gioco Hachi, l’unica amica che abbia avuto in tutta la mia vita. A differenza di tutti quelli che avevo incontrato in precedenza, Hachi non ha tentato nemmeno una volta di allontanarmi.
Velocemente entrò nel mio cuore, quella ragazza svampita dal cuore volubile. Poi mi avete raggiunta a Tokyo, tu e Nobu, abbiamo ricreato i Blast, insieme al nuovo bassista, quel ragazzino che mi aveva promesso di superare Ren in bravura. Ren… Tornò anche lui.
Sembrava che avessi tutto, no? Degli amici, un obiettivo, il mio ragazzo… Ma il mio mondo era fatto di bolle. Lentamente esplosero tutte. Adesso non mi rimane più nulla, Yasu.
Pensi veramente che mi serva una terapia, o uno psicologo, per rendermi conto che la mia vita è andata in frantumi? Non è normale, dopotutto, che la mia mente non ce la faccia più a sopportare il dolore?
-Beh, vedo che non hai voglia di parlarne. Ad ogni modo, Nana, se sono qui è perché devo dirti una cosa molto importante e… Mi spiace dover essere proprio io a farlo.-
Sollevai gli occhi per guardarlo dritto in faccia. Dal tono in cui lo disse, capì che non era niente di positivo. Cosa c’era ancora?
-Mi è stato riferito che tua madre è ancora viva.-
Spalancai gli occhi. Perché me ne stava parlando? Finsi indifferenza e aspirai ancora una boccata di fumo, bella intensa, sperando che arrivasse direttamente al cervello e mi impedisse di capire.
-Mi fa piacere, Yasu.-
-Già, anche a me… Lei ti ha riconosciuta e, dopo averci pensato a lungo, ha deciso di incontrarti.-
Il cuore sembrò fermarsi. Che cosa diavolo significava? Voleva incontrarmi? E per quale motivo? Cosa diamine aveva da dirmi quella donna, dopo circa 20 anni di assenza e silenzio.
-So che non dev’essere facile per te, ma Misuzu ha chiesto di vederti, sempre che tu ne abbia voglia.-
Rimasi in silenzio, i pensieri confusi in una matassa. Perché aveva aspettato così tanto? E come faceva Yasu a conoscere quelle volontà? Si erano incontrati in precedenza?
-Forse è meglio che vada, immagino tu abbia bisogno di solitudine per pensarci intensamente. Non è una scelta semplice.-
Si avviò verso la porta, ma sulla soglia lo chiamai.
-Ehi Yasu. Vorrebbe per caso partecipare alla riunione anche mia sorella Misato? Oh, su non fare quella faccia sorpresa, credevi veramente che non lo sapessi?-

 
                               
 
***
 
 
Hachi


-Oh Takumi, hai veramente intenzione di assentarti ancora? Proprio adesso che Satsuki è nata, io ho bisogno di te più che mai.-
-Suvvia Nana, non fare la bambina. Ti ho già spiegato che andrò via la prossima settimana, e resterò li solamente un paio di giorni. Devo ancora discutere con la casa editrice. Devo dare loro la notizia ufficiale del nostro ritiro dal mondo della musica.-
-Che cooooooooosa????-
-Shh, non urlare, o sveglierai Satsuki! Che modi!-
-Ma cosa ne pensano Reira e Naoki di questa decisione?-
Takumi rimase un attimo in silenzio.
-A dire il vero, la decisione è stata proprio di Reira. Si rifiuta di cantare, Nana. E poi ultimamente non è stata troppo bene, mangia poco, ha perso peso, ha delle occhiaie terribili sotto gli occhi… Non sembra più neanche lei…-
Sembrava parlasse più a sé stesso che a me. Reira si sentiva responsabile della morte di Ren.
La regina del canto si stava veramente spegnendo in quel modo? Aveva deciso di privare il mondo di quella dote che il cielo le aveva gentilmente concesso? Era inaudito.
I Trapnest avevano raggiunto- e mantenuto- il primo posto in classifica a lungo, anche se qualche volta erano stati surclassati dai Blast. Ma tutto il Giappone li conosceva  e li apprezzava, i loro album andavano a ruba, la voce di Reira era amata e invidiata da tutti. Poteva veramente la sua carriera finire in quel modo tetro?
-Mi spiace che Reira stia male, Takumi. Mi spiace veramente tanto. E’ solo che credo che tu debba rimanere con la tua famiglia, questo non posso negarlo. Però… Se c’è di mezzo il lavoro, non posso che farmi da parte. Promettimi solo che tornerai presto e che ti occuperai di me e di Satsuke, ti prego.-
Mi sorrise, dalla sua poltrona,e  mi prese una mano. La baciò dolcemente e se la passò sul viso.
-Ma certo che te lo prometto. Questa bambina è la cosa più importante della mia vita.-
*Gocciolina sulla testa di Hachi*
-Ah, davvero? Ed io invece non conto proprio nulla?-
-Oh, non essere sciocca Nana, certo che anche tu sei importantissima. Sei mia moglie, e la donna che ha messo al mondo la mia bambina.-
-Mi aspettavo qual cosina in più, Takumi!-
-Smetti di brontolare, e cerca di rimetterti presto. La tua famiglia resterà con te mentre starò via, intesi? Ti daranno tutto l’aiuto di cui avrai bisogno.-
-Sì, va bene. E poi c’è Nana!-
*Occhi di Hachi a cuoricino*
-A proposito, come sta?-
-Beh, sembra stia meglio, anche se mi dicono non sia al massimo delle sue forze.-
-Non è ancora venuta a farti visita?-
-No, ma non biasimarla per questo, Takumi, cerca di capire lo stato d’animo in cui si trova. Non dev’essere affatto facile per lei.-
-No, hai ragione. La sua carriera è finita. Certo che potrebbe pure prendere un ascensore, vi separano solamente tre piani…-
-Devi proprio essere sempre così insensibile?-
-Scusa, ma è la verità! La Gaia non darà loro un’altra chance. Che cos’è stato, di preciso,a  farla cedere?-
-Una crisi di panico. Yasu mi ha detto che i medici le hanno consigliato delle sedute presso uno psicologo, ma ovviamente Nana non sembra affatto interessata alla cosa.-
-Lo immaginavo, Nana è una zuccona!-
-NONPARLARECOSI’DINANA! E’ comprensibile che non si senta bene, non pensi?-
-Ma certo, lo capisco.-
Rimanemmo in silenzio, fissando un punto del pavimento pulito e sterilizzato dell’ospedale. Il rumore era spezzato solo dal russare di Miyako, la donna che occupava il letto di fronte a mio. Aveva da poco partorito un maschietto, Tai.
-E’ identica a me.-
Disse improvvisamente Takumi. Stava guardando Satsuki dormire nella piccola culla accanto al mio letto.
Sorrisi. Aveva ragione, era una sua fotocopia in miniatura. Se fossi stata ancora in dubbio sulla paternità della bambina, quello sarebbe svanito nel momento stesso in cui la sua testa aveva  lasciato il mio corpo. Una testolina fitta di folti capelli neri finissimi.
-Diventerà sicuramente una bellissima donna. Questo mi darà parecchi problemi, dovrò spaventare parecchi ragazzini ingrifati.-
Rimasi sorpresa da quell’affermazione, ma non potei far altro che ridere. Mi piaceva l’idea che Takumi ci vedesse proiettati nel futuro. Anche a me capitava di fantasticarci su: vedevo una Satsuki di quattro anni sulla bicicletta, con Takumi alle spalle che le insegnasse come fare, ci vedevo tutti e tre sdraiati sul divano ad ascoltare le fiabe che le avrei letto ogni notte. Riuscivo a vedere Satsuki correre nel prato, facendo volare in alto un aquilone, mentre io e Takumi, dietro di lei, ci abbracciamo dolcemente. In quest’ultima fantasia ho di nuovo il pancione, in attesa del nostro secondogenito.
E tu, Takumi, questo genere di cose ci pensi mai?
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Nana

Sai Hachi? Ancora non capisco dove ho trovato la forza di scappare.
Ma sopratutto non mi spiego perché quel gesto impulsivo mi ha fatto sentire così viva, finalmente
.

 


4 anni dopo

“Buongiorno gentili passeggeri, qui è il comandante che vi parla. L’arrivo sarà previsto per le ore  09.55, ora inglese, presso l’aeroporto Heathrow di Londra. Vi ringraziamo per aver scelto la nostra compagnia e vi auguriamo un volo piacevole e rilassante.”
Hachi coprì Satsuki col giaccone. Si era addormentata all’istante, sfinita da una notte insonne. Dal finestrino alla sua destra  vedeva le luci dell’aeroporto allontanarsi.
-Sei nervosa?-
Le chiese Nobu dalla sua sinistra.
-Un po’.-
-Vorresti una pillola, forse?-
-No, grazie, non è il volo ad agitarmi… In realtà si tratta di…-
-Nana?-
La interruppe lui.
-Takumi.-
Disse velocemente.
-Oh, Nana!-
Nobu le sorrise e passò la sua mano su quella di lei. Era calda. Le mani di Hachi erano sempre calde.
-Andrà tutto bene.-
Si prese tutto il tempo di pensare, di alzare la testa e incrociare lo sguardo dell’uomo, prima di scuotere debolmente la testa.
-Sai Nobu? Quando sognavo di costruire una famiglia, immaginavo un uomo al mio fianco che mi aiutasse a gestire le piccole faccende domestiche. Capisci? Aiutare in casa, supervisionare i bambini -già, ho sempre desiderato almeno tre figli- e che ogni tanto ci portasse in gita, a fare passeggiate sui monti, o a pedalare per i parchi. Desideravo, per i miei figli, un padre costantemente presente, che giocasse con loro anche quando fosse troppo stanco, e che ogni notte fosse al mio fianco mentre leggevo la favola della buonanotte.-
Nobu si fece scuro in volto. Il tono dolce di Hachi lasciava intendere tutta la sua malinconia. Era sempre stata una donna forte, davvero, non si era mai abbandonata a nessun genere di sentimentalismi in quegli anni, anche se le cose non andavano come desiderava. Hachi taceva, e, da sola, portava avanti la sua vita, avendo una straordinaria capacità nel ritagliare il tempo per il lavoro, per la casa, per i suoi amici e, soprattutto, per sua figlia.
-Il destino però aveva già qualcosa in serbo per me. I primi tempi è stata dura da accettare e da digerire, ma sai? Alla fine si fa l’abitudine a tutto. E’ solo che… Non vi ringrazierò mai abbastanza per l’appoggio donatomi Tu, Yasu e Shin siete stati per lei delle splendide figure paterne per lei ed io davvero apprezzo tantissimo tutto ciò che fate per noi.-
-Nana, non dirlo neanche per scherzo. Sai bene quanto bene vi vogliamo. Non siete mai state un peso, anzi… Tu e Satsuki trasmettete gioia a chiunque vi stia accanto.-
Hachi sorrise. Negli ultimi anni aveva imparato a sorridere quando ne sentiva il bisogno, e si sentiva meglio.
-Sono felice di rincontrarlo, comunque. Satsuki sente la sua mancanza, ed io ritengo che dovremmo recuperare un po’ di tempo, noi due.-
Mentre parlava si torturava l’anulare vestito della vera nuziale. Non l’aveva mai tolto, in quei quattro anni, neanche una volta. E perché avrebbe dovuto? Hachi era una donna sposata, e aveva sempre adempiuto ai suoi doveri di moglie, quando ne aveva avuto l’occasione.
-Credo tu abbia ragione. Dovreste passare del tempo insieme, come famiglia sì, ma soprattutto come marito e moglie… No, non intendevo quello, perdonami!-
Si affrettò ad aggiungere, in risposta allo sguardo divertito di Hachi.
-Parlo di cene fuori, di passeggiate per le strade di Londra, di chiacchierare occhi negli occhi, per una buona volta. Te lo meriti, Nana. E ne hai bisogno.-
-Nobu, il tempo passa, ma tu rimani sempre un romanticone!-
Sorrise Hachi, sentendosi felice. Le piaceva che le persone attorno a lei restassero sempre le stesse, che non cambiassero atteggiamento con il passare degli anni. Quella sorta di familiarità le dava conforto.
-Cosa ci vuoi fare? Sono fatto così!-

-Yasu, perché Miu non è voluta venire?-
-Temeva che la sua presenza potesse innervosire Nana. Ha preferito restare a casa.-
-Che persona altruista.-
-Già, lo è. Non ho insistito, credo abbia ragione. Nana non l’ha mai avuta troppo in simpatia dopotutto, l’avrebbe presa molto male. Anche se… Chissà come prenderà al nostra, di visita.-
-Già, me lo chiedo anch’io. Secondo te come reagirà?-
-Davvero non ne ho idea. La mia paura più grande è che si spaventi e decida di fuggire un’altra volta senza degnarsi nemmeno di parlarci.-
-Pensi che ne sarebbe capace?-
-Non lo so, non la vedo da quattro anni. Anche quando credevo di conoscerla, ci ha stupiti fuggendo via, senza lasciare una sola traccia.-
-Non credo si aspetti la nostra visita. Penso che lei creda che noi la sappiamo morta.-
-Concordo con te, Shin. Ed in effetti, per un bel po’ lo abbiamo creduto, no?-
Rimasero in silenzio, ricordando gli avvenimenti improvvisi che avevano scosso le loro vite tranquille in quegli ultimi mesi, ed entrambi sembravano crucciarsi su quell’unico, importantissimo particolare.
-Chi ha fatto quelle foto, Yasu?-
-E perché non ha avvisato la stampa?-
Non si chiedevano altro da giorni, eppure, non avevano trovato alcuna risposta.


 
Nana

Ho deciso. E’ un no.
Non voglio incontrare quella donna, sarebbe un insulto a me stessa. Come posso perdonarla, dopo tutto quello che mi ha fatto? Il fatto che voglia incontrarmi adesso non cambia nulla. Il mio passato resterà lo stesso. Non ho bisogno di un’estranea, che ne sa lei della mia vita in fondo? Dov’era quando a quattro anni avevo bisogno di lei ed attendevo invano il suo ritorno? Quella donna ha deciso di uscire dalla mia vita, e allora che ne rimanga per sempre fuori. Se adesso la incontrassi, inizierei a pensare che tutto è possibile, che le persone che se ne vanno poi trovano il modo di tornare, e questa è una bugia.
Ren è andato via, e non tornerà mai più, e lo stesso deve accadere a questa donna.
Tuttavia, ho paura. Paura che non rispetti la mia decisione e si presenti ugualmente. E allora cosa dovrei dirle? No, non voglio pensarci, sento già l’esofago che si restringe.
La verità è che c’è altro. Mi sento una fallita. Ho perso tutto ciò per cui ho lottato, e questa volta non posso colpevolizzare nessuno, se non me stessa. E’ successo tutto a causa mia: io ho perso i sensi sul palco, mandando a monte l’ultimo tentativo di salvarci la faccia. La Gaia ha strappato il nostro contratto discografico, e col cavolo che mi proporranno nuovamente la carriera di solista. Dopotutto sono solamente una ragazza dal passato difficile con dei problemi psicosomatici che non ha voglia di risolvere.
Sento, nel mio cuore, che tutti mi stiano voltando le spalle. Yasu ha già deciso il suo futuro, all’interno di uno schifosissimo studio legale, a battersi dentro un’aula per dei problemi che, dopotutto, non gli appartengono. E Nobu? Alla fine si è arreso al suo destino. Tanti anni a guerreggiare, da bravo punk, contro la sua famiglia, e contro l’ipotesi che avrebbe ereditato la pensione che non gli interessava gestire, e, improvvisamente, ha deciso che è la cosa migliore per il suo futuro. Mi disgusta l’idea che si sia arreso al primo errore. Dov’è finito il ragazzino che lottava per la mia amicizia e non si arrendeva i fronte alla mia freddezza? E il ragazzo che si è presentato davanti alla porta dell’appartamento 707 solo pochi mesi prima, che non gettava la spugna anche se lo cacciavo ripetutamente fuori? Quel ragazzo che, alla fine, aveva fatto rinascere i Blast si è piegato al volere dei suoi genitori. E’ stanco di ribellarsi? Non ne vale forse più la pena? E Shin… Come può  anche solo pensare che se la caverà? Un minorenne con precedenti penali. Che razza di futuro avrà? Finirà per prostituirsi, ne sono sicura. Ed io? Io avevo un piano b? No, non ce l’ho mai avuto. Mi sono imposta un unico obiettivo, non ho mai considerato l’ipotesi di fallire. E adesso non so cosa fare. Adesso che i Blast sono finiti, che futuro ho? Che famiglia ho?
Sono di nuovo da sola. A nessuno è venuto in mente che anche io avrei voluto partecipare a quella riunione in cui tutti decidevano cosa voler fare da grandi? No, Nana non ha nessuna voce in capitolo.
Ce l’hanno con me, è questa la verità. Mi odiano, perché è tutta colpa mia.
Ma io voglio cantare. Non desidero fare altro al mondo, non mi sentirò mai completa senza il canto. Ecco perché non ho mai avuto un piano di riserva, perché non so fare nient’altro. Perché non voglio fare nient’altro.
Ho cominciato a stare bene solo quando ho preso in mano il microfono quella prima volta, e ho lasciato che la mia voce accompagnasse la musica. Gli strumenti che diventano un tutt’uno, oh cielo, quella è magia. Non posso smettere, sono nata per questo.
Io me ne vado. Ho deciso. Me ne vado da questo posto, dal Giappone.
Scappo, dove la gente non ha la minima idea di chi io sia, e mi costruirò una nuova identità, una nuova vita. Dedicherò la mia vita al canto, non m’innamorerò di nessun uomo, non stringerò nessuna amicizia. Solo così potrò evitare di essere nuovamente ferita. Lentamente, come un gatto, mi allontanerò senza lasciare traccia, imparerò a vivere da sola, diffiderò da chiunque e lascerò che la gente si spaventi di me, una randagia.
Tanto qui non mi è rimasto nulla. Se sparisco, ragazzi, vi faccio solo un favore. 
Domattina prenderò il primo treno per tornare al mio paese natale. C’è ancora della roba,a casa di Ren, che devo recuperare. Poi deciderò il da farsi.

E’ notte, posso sgattaiolare finalmente fuori, in libertà, ma devo prima fare una cosa. Aspetto l’ascensore, quarto piano, reparto maternità. La stanza di Hachi. Indugio un po’ sulla soglia della porta, poi mi faccio coraggio ed entro. Hachi sta dormendo, come immaginavo. Entro a passo felpato e guardo dentro la culla al suo fianco. La bambina è sveglia, e con quei piccoli, minuscoli occhi neri mi fissa. La sua testa è ricoperta da un manto di corti capelli neri, proprio come quelli di Takumi.
Lo sapevo, me lo avevano detto, ma sono comunque amareggiata.
Se quella bambina non fosse stata troppo piccola, giurerei che mi avesse vista piangere e che, per partecipare alla mia tristezza, pianse insieme a me.
Hachi si mosse nel sonno, turbata da quel lamento improvviso ed io, velocemente, scappai prima che mi vedesse.
Presto non avrei più sofferto, me lo promisi.
Perdonami Hachi, se me ne vado così, da codarda, ma non ho la forza di affrontarti, di guardarti cullare quella creatura, di sentirti dire quanto la ami.
Perdonami, ti prego.
 
***
 
-E come l’ha presa Nana?-
Chiese Nobu, curioso.
-Beh, puoi immaginartelo, non ha alcuna voglia di incontrarla. Non le do torto, neanche io vorrei rivedere i miei genitori biologici.-
Rimasero in silenzio.
-Questa non ci voleva. Con tutto ciò che le è capitato, ci mancava solamente questa donna!-
-Nobu, dovevo dirglielo, capisci? Cosa pensi sarebbe successo se Misuzu fosse apparsa all’improvviso nella sua vita? Sarebbe stato ancora più sconvolgente, non credi?-
-Sì ma… Credo dovremmo proteggerla, Yasu.-
-Nobu, Nana non è una bambina, ha la tua stessa età, può cavarsela benissimo anche da sola.-
-Ma non capisci? Le sue crisi, il fallimento della band, questa donna apparsa dal nulla… Stanno succedendo troppe cose e tutte insieme, lei ha bisogno di noi.-
-Nobu, smetti di fare l’eroe. Non serve a nulla. Nana prenderà la decisione più giusta per sé, ma ha bisogno di tempo per riflettere.-
-E se invece si sentisse abbandonata? Yasu, io così non ce la faccio, non sono bravo in questo genere di cose. Voglio andare a parlarle.-
-Sei libero di fare ciò che desideri, Nobu. Ma non credere che Nana ti dia ascolto, non ha nessuna voglia di starci a sentire, per il momento.-
-Lo terrò a mente, promesso.-
Quando Nobu si trovò di fronte alla porta bianca della camera, bussò con le nocche delle dita. Nessuna risposta, quella scapestrata stava ancora dormendo! Com’era possibile dormire sino alle undici del mattino? Cosa diamine faceva la notte in quella stanza, per dormire così a lungo?
Girò dolcemente la maniglia e schiuse la porta.
-Nana?-
Sussurrò dolcemente, ma nessuna risposta. Quando aprì del tutto la porta, si rese conto che Nana non era lì.
Chiamò l’ascensore e raggiunse il quarto piano. Una fitta  alla bocca dello stomaco si fece largo e i suoi passi divennero pesanti come il piombo. Non era mai stato lì prima d’allora e si sentiva maledettamente a disagio. Alzò le dita in aria come per bussare e sembrò che quelle si rifiutassero di muoversi. Trasse un respiro profondo e si fece coraggio.
TOC TOC
-Avanti!-
La voce allegra di Hachi arrivò alle sue orecchie. Inspirò di nuovo profondamente ed entrò.
-Ciao Nana.-
-Oh…. Ciao Nobu, che sorpresa.-
Non se lo immaginava. Quel momento di imbarazzo sembrò durare secoli.
-Vuoi… sederti?-
-Io… Beh… In realtà...-
La lingua gli si era accartocciata in bocca, ma Nana non ci stava facendo caso. Con dolcezza prese il piccolo fardello rosa in braccio e lo indirizzò verso il suo amico.
-Nobu, ti presento Satsuki.-
Disse infine, spezzando finalmente la tensione.
Nobu, intimorito, si avvicinò quel poco che bastava per sbirciare la piccola testolina nera. Hachi le piegò dolcemente il viso di lato, mostrandogli gli occhi della bambina. Era spaventosa la somiglianza con Hachi.
-E’… E’ veramente bellissima.-
Hachi sorrise e il suo viso sembrò illuminarsi.
Rimasero così, per un lungo minuto, in silenzio.
-Non mi aspettavo che passassi, Nobu.-
All’improvviso si ricordò cosa lo aveva spinto lì.
-Ah, dimenticavo, c’è Nana?-
Hachi era triste.
-No, non è ancora venuta a trovarmi. Perché la cerchi qui?-
-Beh… In camera sua non c’è.-
-Davvero?-
Ci rimase male. Nana aveva trovato la forza di lasciare la sua stanza ma non era passata a trovarla.
-Magari è scesa in caffetteria a mangiare qualcosa.-
-Già. Non ci avevo pensato. Allora, se non ti spiace, vado a cercarla.-
-No, fai pure. Anzi, quando la trovi, le diresti che ho voglia di vederla?-

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Hachi
 
“Quella fede nuziale minaccia il nostro filo rosso.
E’ invisibile adesso e non c’è neanche alcuna promessa
ma ti prego,
non lasciare la presa sulle nostre mani unite.”
 
Quando ascoltai questa canzone la prima volta ne rimasi molto impressionata. La voce di Reira non si soffermava ai timpani, ma penetrava fin sotto la pelle.
In seguito Takumi mi disse che Reira stessa aveva ideato l’intero resto; parlava di amore e tradimento.
Inevitabilmente mi chiesi a chi fossero indirizzate quelle parole, e cosa effettivamente significassero.
Non hai mai perso la speranza, Reira?
 
https://www.youtube.com/watch?v=axZhKwdtf1U --------------------->   Shadow Of Love - Reira Serizawa, Trapnest
 
 
***
 
Hachi
 
Takumi rientrò a casa prima del previsto, e gliene fui molto grata. In quei giorni facevo del mio meglio per portare avanti la casa e badare a Satsuki, ma ero troppo sconvolta dalla scomparsa di Nana per concentrarmi.
Nobu era già partito, ma anche le sue notizie erano negative.
-Non sappiamo più dove cercare, Nana. Comunque ha lasciato tutto quanto qui, tutta la roba a cui tiene di più. Suggerirei di aspettare, forse presto salterà fuori.-
Mi aveva detto Yasu per telefono ma io non ci speravo più di tanto. Anche quando si era trasferita a Tokyo le sue valigie erano vuote, si era portata dietro solamente una chitarra. E’ con te adesso quella chitarra, Nana? La suoni mai? A cosa pensi? A Ren, ai Blast, al successo? A cosa pensi Nana? E a cosa pensavi quando sei andata via?
Quando mio marito varcò la soglia di casa, non gli diedi neanche il tempo di togliersi le scarpe che ero già tra le sue braccia. Lo stringevo con energia, e lui ne fu sorpreso. Dopo un attimo di esitazione, mi legò anche lui tra le sue braccia.
-Mi sei mancato.-
Gli sussurrai.
-Ci sei mancato.-
Mi corressi immediatamente.
Takumi mi diede delle pacche sulla testa, lo immaginai sorridere mentre lo faceva. Non è un uomo particolarmente dolce, ma quei brevi momenti di tenerezza riescono sempre a scaldarmi il cuore. Mi accontento di quel poco, davvero, purché però sia li quando ho bisogno di lui, come un marito affettuoso.
-Dov’è Satsuki?-
Mi domandò. Incredibile, era stato il suo primo pensiero! Per un momento mi sentii messa in secondo piano, ma subito dopo sorrisi. Forse Takumi non sarebbe stato il marito perfetto, ma sono certa sarebbe stato un papà eccezionale, e di questo avrei dovuto esserne molto orgogliosa.
-Sta dormendo. Dorme sempre, quella bambina, è incredibile.-
-Posso svegliarla?-
C’era qualcosa di diverso in lui. Qualcosa di nuovo nei suoi occhi e nel timbro della voce. Non so cosa di preciso, ma fu impossibile negargli quel desiderio.
-Sì… Se proprio devi…-
-Devo. Voglio vedere la mia bambina.-
Mi si illuminò il viso. Allora Takumi non era poi del tutto insensibile.
Satsuki ha il sonno pesante, ci volle un po’ perché si convincesse ad aprire gli occhi, e quando lo fece, pianse. La capivo, a nessuno piace essere disturbati mentre si sogna, o sbaglio?
-Shhh, non piangere, papà è qui, voleva solo vederti.-
-Forse è meglio se vado di là, ci rivediamo dopo…-
Takumi non aveva una vera famiglia. Sua madre era tragicamente mancata quando era solo un ragazzino, e il padre, che avrebbe dovuto occuparsi di lui e sua sorella maggiore, in realtà dedicava la sua vita all'alcol. Takumi una volta mi ha confessato che non avrebbe mai voluto commettere l'errore del padre. Sarebbe stato un genitore modello, disse, ed io credevo che lo sarebbe stato per davvero.
 
-Si è di nuovo addormentata.-
Disse, raggiungendomi sul divano.
-Eh? Ah. Già, è una piccola dormigliona.-
-Che ti prende?-
-Sono preoccupata per Nana. E se le fosse successo qualcosa?-
Mi fissò in silenzio. Poi si appoggiò allo schienale del sofa, rilassandosi.
-Se posso dirti la mia, io credo che sia scappata volontariamente. Insomma, stava in un ospedale, cosa vuoi che le accada? No, è stata lei ad andare via.-
-Ma Takumi...-
-Nana è un'adulta, sa badare a sé stessa. Non credo dovresti stare così in pena per lei.-
-Ma tu non capisci! E se le venisse una delle sue crisi e nessuno sapesse come aiutarla? Io mi preoccupo tantissimo per Nana, mai e poi mai vorrei che le accadesse qualcosa.-
Sospirò.
-Prendersi cura degli altri è una grossa responsabilità, Nana. Quando ci preoccupiamo troppo degli altri, finiamo per fare del male a noi stessi. Credo che dovremmo essere tutti più egoisti a questo mondo.-
-Parli proprio tu che sei l'egoista numero uno al mondo?-
-Io?-
-No, lascia stare. A proposito, come sta Reira?-
Non rispose subito, guardò il televisore muto che proiettava luci colorate davanti ai nostri occhi stanchi.
-E' stata dimessa dall'ospedale.-
-Oh, questo mi fa piacere, significa che sta meglio.-
-Non proprio.-
-Uhm?-
-Nana...-
Mi sollevai per guardarlo meglio negli occhi, ma lui non si mosse, si limitò solamente a indirizzare lo sguardo nella mia direzione.
-Reira è incinta.-
Reira è incinta.
-E' appena entrata nel quarto mese di gravidanza.-
Reira è incinta.
-Che c'è, non parli più?-
Reira è incinta. Tutto nella mia testa si era annullato, solo quelle tre parole rimbombavano nella mia testa. Reira è incinta. Un'eco infinta. Perché me lo aveva detto? D'un tratto fu tutto chiaro, non c'era bisogno di ulteriori informazioni. In cuor mio l'ho sempre saputo, anche se tutti negavano quella verità, io non ho mai smesso di dubitarne.
-Sei tu il padre, non è così?-
I miei occhi si riempirono di lacrime. Sperai con ogni fibra del mio corpo che mi dicesse di no, ma in fondo io l'ho sempre sospettato.
-Sì.-
Sì. Semplicemente. Nessuna giustificazione, nessuna spiegazione, niente di più complesso di una parolina di due lettere.
-Takumi tu....-
Mi guardò, ma nulla, la mia bocca aperta era incapace di emettere un qualsiasi tipo di suono. Alla fine ne uscì solo un grido soffocato, un gemito di dolore.
C'erano così tanti punti interrogativi nella mia mente, ma nessun filo conduttore che legasse gli uni agli altri. Era tutto così maledettamente confuso.
-Nana...-
-Sei un porco!-
Fu tutto quello che uscì.
-Tua figlia ha appena una settimana di vita, e tu.... Oh mio Dio!-
Non disse nulla. Nulla, neanche una parola, e questo mi fece ancora più male.
-Vattene!-
Sussurrai, e solo allora si decise a guardarmi.
-Io non vado da nessuna parte, questa è casa mia.-
-Io non ti voglio al mio fianco.-
Sorrise beffardo.
-E' un po' tardi signora Ichinose. Siamo sposati e abbiamo una figlia, io resto qui.-
-Ci pensi solamente adesso? E tua moglie, tua figlia, la tua casa, tutto questo non alcun valore quando ti trovi tra le gambe di Reira?-
Iniziai a urlare. Non gli avevo mai parlato in quel modo, ma davvero non potevo tollerare quella situazione.
-Da quanto va avanti Takumi?-
-Questo non credo sia affar tuo.-
-Oh davvero? Non è affar mio sapere da quanto mi tradisci con Reira? Allora ho solo una domanda, Takumi, e questo ritengo sia affar mio: Perché sei venuto a letto con me? Perché mi hai sposata al suo posto? Vi siete sempre amati, allora perché non avete coronato questo amore tanto tempo fa? Hai appena rovinato due vite, la mia e quella di Satsuki.-
Ero terribilmente scossa, ma la cosa che odiavo era la sua indifferenza nei miei confronti. Ma non vedeva quanto male mi stava facendo? O davvero non gli importava nulla del prossimo?
-D'accordo, parlerò con Yasu per ottenere le carte del divorzio.-
Mi alzai e, in un balzo, lui mi si parò davanti.
-Tu non parlerai di niente con nessuno, ci siamo intesi?-
-Takumi, lasciami.-
La sua presa sul mio braccio si strinse ancora di più, facendomi male.
-Tu non parlerai di niente con nessuno. Questa cosa deve restare segreta. E noi non divorzieremo, Nana.-
 
***
 
Reira guardava la sua immagine riflessa allo specchio. Le ossa della clavicola erano troppo sporgenti, stava dimagrendo un po' troppo. Perché quel bambino, nonostante i suoi sforzi per abortire, non se ne andava?
Perché ci teneva così tanto a nascere?
Si accarezzò la pancia ancora troppo piatta. Nessuno avrebbe mai scommesso che quel ventre celasse una nuova, minuscola vita.
-Il mondo è un posto orribile in cui vivere, sai? Se fossi in te sceglierei di non metterci mai piede. Se potessi tornare indietro, non nascerei. Ma tu, Ren, vuoi fare parte di questo mondo a tutti i costi. Non hai paura? Dei sentimenti, della gente, delle bugie, dei sogni infranti e dell'amore? Io ne sono terrorizzata.
Che ipocrita! Ti metto in guardia dal resto del mondo, ma in realtà sono la prima persona della quale non dovresti mai fidarti. Sei ancora dentro il mio corpo, ed io ti sto già mentendo. Non conoscerai mai la verità su te stesso, piccolo Ren. Non incontrerai mai tuo padre.”
Giunse le mani e le appoggiò sulla sua pancia, immaginandola più grossa.
-Mi detestano tutti quanti. Mi odierai anche tu?-
La musica, dalla radio, si espanse per tutta la stanza.
Volle cantare, ma la voce non venne fuori. Se adesso non riusciva più a cantare, allora era veramente diventata inutile.
Si gettò sul letto, ascoltando le note espandersi per la stanza, senza però toccarla


 

                                                                                
 
Sono sola, non avevo alcuna meta
Ma tu mi hai gentilmente preso per mano
 
Notte senza stelle,
non mi volterò per guardare l'ombra del mio passato.
Voglio sentire il tuo valore
Le lacrime scendono giù.
Anche quando mi perderò
Non lascerò la tua mano

https://www.youtube.com/watch?v=-Rk7ky1Q2ro
 
E, seppure involontario, il ricordo di Shin fece breccia nella sua mente, e, insieme a lui, anche il ricordo di una Reira felice.
 
     



Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Hachi
 
“Quella fede nuziale minaccia il nostro filo rosso.
E’ invisibile adesso e non c’è neanche alcuna promessa
ma ti prego,
non lasciare la presa sulle nostre mani unite.”
 
Quando ascoltai questa canzone la prima volta ne rimasi molto impressionata. La voce di Reira non si soffermava ai timpani, ma penetrava fin sotto la pelle.
In seguito Takumi mi disse che Reira stessa aveva ideato l’intero resto; parlava di amore e tradimento.
Inevitabilmente mi chiesi a chi fossero indirizzate quelle parole, e cosa effettivamente significassero.
Non hai mai perso la speranza, Reira?
 
https://www.youtube.com/watch?v=axZhKwdtf1U
 
 
***
 
Hachi
 
Takumi rientrò a casa prima del previsto, e gliene fui molto grata. In quei giorni facevo del mio meglio per portare avanti la casa e badare a Satsuki, ma ero troppo sconvolta dalla scomparsa di Nana per riuscire a concentrarmi su ogni mia azione.
Nobu era già partito, ma anche le sue notizie erano negative.
-Non sappiamo più dove cercare, Nana. Comunque ha lasciato tutto quanto qui, tutta la roba a cui tiene di più. Suggerirei di aspettare, forse presto salterà fuori.-
Mi aveva detto Yasu per telefono ma io non ci speravo più di tanto. Anche quando si era trasferita a Tokyo le sue valigie erano vuote, si era portata dietro solamente una chitarra. E’ con te adesso quella chitarra, Nana? La suoni mai? A cosa pensi? A Ren, ai Blast, al successo? A cosa pensi Nana? E a cosa pensavi quando sei andata via?
Quando mio marito varcò la soglia di casa, non gli diedi neanche il tempo di togliersi le scarpe che ero già tra le sue braccia. Lo stringevo con energia, e lui ne fu sorpreso. Dopo un attimo di esitazione, mi legò anche lui tra le sue braccia.
-Mi sei mancato.-
Gli sussurrai.
-Ci sei mancato.-
Mi corressi immediatamente.
Takumi mi diede delle pacche sulla testa, lo immaginai sorridere mentre lo faceva. Non è un uomo particolarmente dolce, ma quei brevi momenti di tenerezza riescono sempre a scaldarmi il cuore. Mi accontento di quel poco, davvero, purché però sia li quando ho bisogno di lui, come un marito affettuoso.
-Dov’è Satsuki?-
Mi domandò. Incredibile, era stato il suo primo pensiero! Per un momento mi sentii messa in secondo piano, ma subito sorrisi. Forse Takumi non sarebbe stato il marito perfetto, ma sono certa sarebbe stato un papà eccezionale, e di questo avrei dovuto esserne molto orgogliosa.
-Sta dormendo. Dorme sempre, quella bambina, è incredibile.-
-Posso svegliarla?-
C’era qualcosa di diverso in lui. Qualcosa di nuovo nei suoi occhi e nel timbro della voce. Non so cosa di preciso, ma fu impossibile negargli quel desiderio.
-Sì… Se proprio devi…-
-Devo. Voglio vedere la mia bambina.-
Mi si illuminò il viso. Allora Takumi non era poi del tutto insensibile.
Satsuki ha il sonno pesante, ci volle un po’ perché si convincesse ad aprire gli occhi, e quando lo fece, pianse. La capivo, a nessuno piace essere disturbati mentre si sogna, o sbaglio?
-Shhh, non piangere, papà è qui, voleva solo vederti.-
-Forse è meglio se vado di là, ci rivediamo dopo…-
Takumi non aveva una vera famiglia. Sua madre era tragicamente mancata quando era solo un ragazzino, e il padre, che avrebbe dovuto occuparsi di lui e sua sorella maggiore, in realtà dedicava la sua vita all'alcol. Takumi una volta mi ha confessato che non avrebbe mai voluto commettere l'errore del padre. Sarebbe stato un genitore modello, disse, ed io credevo che lo sarebbe stato per davvero.
 
-Si è di nuovo addormentata.-
Disse, raggiungendomi sul divano.
-Eh? Ah. Già, è una piccola dormigliona.-
-Che ti prende?-
-Sono preoccupata per Nana. E se le fosse successo qualcosa?-
Mi fissò in silenzio. Poi si appoggiò allo schienale del sofa, rilassandosi.
-Se posso dirti la mia, io credo che sia scappata volontariamente. Insomma, stava in un ospedale, cosa vuoi che le accada? No, è stata lei ad andare via.-
-Ma Takumi...-
-Nana è un'adulta, sa badare a sé stessa. Non credo dovresti stare così in pena per lei.-
-Ma tu non capisci! E se le venisse una delle sue crisi e nessuno sapesse come aiutarla? Io mi preoccupo tantissimo per Nana, mai e poi mai vorrei che le accadesse qualcosa.-
Sospirò.
-Prendersi cura degli altri è una grossa responsabilità, Nana. Quando ci preoccupiamo troppo degli altri, finiamo per fare del male a noi stessi. Credo che dovremmo essere tutti più egoisti a questo mondo.-
-Parli proprio tu che sei l'egoista numero uno al mondo?-
-Io?-
-No, lascia stare. A proposito, come sta Reira?-
Non rispose subito, guardò il televisore muto che proiettava luci colorate davanti ai nostri occhi stanchi.
-E' stata dimessa dall'ospedale.-
-Oh, questo mi fa piacere, significa che sta meglio.-
-Non proprio.-
-Uhm?-
-Nana...-
Mi sollevai per guardarlo meglio negli occhi, ma lui non si mosse, si limitò solamente a indirizzare lo sguardo nella mia direzione.
-Reira è incinta.-
Reira è incinta.
-E' appena entrata nel quarto mese di gravidanza.-
Reira è incinta.
-Che c'è, non parli più?-
Reira è incinta. Tutto nella mia testa si era annullato, solo quelle tre parole rimbombavano nella mia testa. Reira è incinta. Un'eco infinta. Perché me lo aveva detto? D'un tratto fu tutto chiaro, non c'era bisogno di ulteriori informazioni. In cuor mio l'ho sempre saputo, anche se tutti negavano quella verità, io non ho mai smesso di dubitarne.
-Sei tu il padre, non è così?-
I miei occhi si riempirono di lacrime. Sperai con ogni fibra del mio corpo che mi dicesse di no, ma in fondo io l'ho sempre sospettato.
-Sì.-
Sì. Semplicemente. Nessuna giustificazione, nessuna spiegazione, niente di più complesso di una parolina di due lettere.
-Takumi tu....-
Mi guardò, ma nulla, la mia bocca aperta era incapace di emettere un qualsiasi tipo di suono. Alla fine ne uscì solo un grido soffocato, un gemito di dolore.
C'erano così tanti punti interrogativi nella mia mente, ma nessun filo conduttore che legasse gli uni agli altri. Era tutto così maledettamente confuso.
-Nana...-
-Sei un porco!-
Fu tutto quello che uscì.
-Tua figlia ha appena una settimana di vita, e tu.... Oh mio Dio!-
Non disse nulla. Nulla, neanche una parola, e questo mi fece ancora più male.
-Vattene!-
Sussurrai, e solo allora si decise a guardarmi.
-Io non vado da nessuna parte, questa è casa mia.-
-Io non ti voglio al mio fianco.-
Sorrise beffardo.
-E' un po' tardi signora Ichinose. Siamo sposati e abbiamo una figlia, io resto qui.-
-Ci pensi solamente adesso? E tua moglie, tua figlia, la tua casa, tutto questo non alcun valore quando ti trovi tra le gambe di Reira?-
Iniziai a urlare. Non gli avevo mai parlato in quel modo, ma davvero non potevo tollerare quella situazione.
-Da quanto va avanti Takumi?-
-Questo non credo sia affar tuo.-
-Oh davvero? Non è affar mio sapere da quanto mi tradisci con Reira? Allora ho solo una domanda, Takumi, e questo ritengo sia affar mio: Perché sei venuto a letto con me? Perché mi hai sposata al suo posto? Vi siete sempre amati, allora perché non avete coronato questo amore tanto tempo fa? Hai appena rovinato due vite, la mia e quella di Satsuki.-
Ero terribilmente scossa, ma la cosa che odiavo era la sua indifferenza nei miei confronti. Ma non vedeva quanto male mi stava facendo? O davvero non gli importava nulla del prossimo?
-D'accordo, parlerò con Yasu per ottenere le carte del divorzio.-
Mi alzai e, in un balzo, lui mi si parò davanti.
-Tu non parlerai di niente con nessuno, ci siamo intesi?-
-Takumi, lasciami.-
La sua presa sul mio braccio si strinse ancora di più, facendomi male.
-Tu non parlerai di niente con nessuno. Questa cosa deve restare segreta. E noi non divorzieremo, Nana.-
 
***
 
Reira guardava la sua immagine riflessa allo specchio. Le ossa della clavicola erano troppo sporgenti, stava dimagrendo un po' troppo. Perché quel bambino, nonostante i suoi sforzi per abortire, non se ne andava?
Perché ci teneva così tanto a nascere?
Si accarezzò la pancia ancora troppo piatta. Nessuno avrebbe mai scommesso che quel ventre celasse una nuova, minuscola vita.
-Il mondo è un posto orribile in cui vivere, sai? Se fossi in te sceglierei di non metterci mai piede. Se potessi tornare indietro, non nascerei. Ma tu, Ren, vuoi fare parte di questo mondo a tutti i costi. Non hai paura? Dei sentimenti, della gente, delle bugie, dei sogni infranti e dell'amore? Io ne sono terrorizzata.
Che ipocrita! Ti metto in guardia dal resto del mondo, ma in realtà sono la prima persona della quale non dovresti mai fidarti. Sei ancora dentro il mio corpo, ed io ti sto già mentendo. Non conoscerai mai la verità su te stesso, piccolo Ren. Non incontrerai mai tuo padre.”
Giunse le mani e le appoggiò sulla sua pancia, immaginandola più grossa.
-Mi detestano tutti quanti. Mi odierai anche tu?-
La musica, dalla radio, si espanse per tutta la stanza.
Volle cantare, ma le parole non vennero fuori.

                                                                                
 
Sono sola, non avevo alcuna meta
Ma tu mi hai gentilmente preso per mano
 
Notte senza stelle,
non mi volterò per guardare l'ombra del mio passato.
Voglio sentire il tuo valore
Le lacrime scendono giù.
Anche quando mi perderò
Non lascerò la tua mano

https://www.youtube.com/watch?v=-Rk7ky1Q2ro

 

                                             



 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Hachi
Vivienne Westwood, i Sex Pistols, le Seven Stars, il caffelatte e la torta con sopra le fragole..e poi, i fiori di Ren.Sono ancora le tue cose preferite di Nana?
E se la ragazza che presto incontrerò non avesse più nulla in comune con la mia vecchia amica? Non potrei sopportarlo.
Nana, io non posso assolutamente rinunciare a te.

 
***

Hachi
4 anni dopo.

L’aeroporto Heathrow è quello più grande di tutta Londra. E’ dispersivo e confusionario, ci vollero un paio di minuti prima che riuscissimo a recuperare i bagagli e a dirigerci finalmente all’uscita. Il riposino che Satsuki aveva fatto in aereo l’aveva caricata, e adesso non vedeva l’ora di raggiungere suo padre. Più volte mi disse di fare in fretta, per velocizzare le cose afferrò uno dei trolley e si avvicinò a passo svelto al terminal degli arrivi. Quando la porta automatica si aprì, vidi immediatamente Takumi. Satsuki  mollò la valigia che toccò il pavimento, prese la rincorsa e si tuffò allegramente tra le sue braccia. Quella scena mi commosse molto. Accanto a Takumi c’era anche Naoki, non mi aspettavo che sarebbe venuto.
-Ciao ragazzi, finalmente siete arrivati, quanto ci avete messo?-
-Naoki! Che piacere vederti. Devi scusarci, ci è voluto un po’ per recuperare tutte le nostre valigie.-
-Oh, Yasu, non dire sciocchezze, vi stavo solo prendendo in giro! Quando Takumi mi ha detto che sareste arrivati tutti quanti a Londra non ho potuto resistere alla tentazione di rivedervi.-
-Sì, ci ho provato a convincerlo a rimanere a casa, ma non ha voluto ascoltarmi.-
-No, assolutamente. Niente mi avrebbe tenuto alla larga da voi, incluso il vecchio burbero qui.-
-Io sarei burbero?-
-Papà, papà che bello rivederti!-
*immaginatevi Satsuki che tira il viso di Takumi verso ogni direzione (rido al pensiero)*
Reira non era venuta, lo immaginavo. Non c’era neanche Ren, sarà sicuramente rimasto a farle compagnia.
Takumi mi salutò con un casto bacio sulla guancia. Non c’era più intimità tra noi.
-Senti Takumi, c’è spazio a sufficienza per noi e i bagagli? Forse è il caso di chiamare un taxi.-
Disse la voce ormai troppo profonda di Shin.
-Oh, non preoccuparti per quello, sono venuto a prendervi col pulmino della band, c’è spazio a sufficienza.-
-A proposito, come procedono le cose?-
Chiese Yasu sinceramente interessato.
-Piuttosto bene, è stata programmata una nuova tournée che inizierà i primi di luglio. Andremo in America questa volta.-
-America? Caspita, vi è andata bene!-
-Sì, i ragazzi sono davvero talentuosi, i loro video musicali sono arrivati, come prevedibile, oltreoceano.-
-C’era da immaginarselo, ho ascoltato un loro brano solo poco tempo fa a Tokyo.-
-Sì, te l’ho detto. Mi danno parecchio lavoro.-
-E’ dura la vita da manager?-
-Non me ne parlare, hanno sempre delle richieste particolari, sono ultra viziati.-
-E’ normale, ogni star ha le sue aspettative.-
-Takumi, non fingerti sorpreso, hai forse dimenticato quanti salti mortali la povera Mary ha dovuto fare per accontentare le pretese della nostra viziata principessa?-
Naoki fu il solo a ridere, io guardai Shin. Era impassibile quando si parlava di Reira, in effetti lo era sempre stato. I primi tempi mi domandavo come diamine riuscisse a rimanere sempre così tranquillo, ma forse il suo autocontrollo era una delle peculiarità che avevano favorito la sua ascesa nel mondo del cinema.
-A proposito, come sta Reira?-
Domandò Yasu, togliendomi le parole di bocca. Takumi non mi parlava mai di Reira, forse voleva solo essere delicato nei miei confronti, ma per me non faceva alcuna differenza. Il suo nome non mi infastidiva più ormai da parecchio tempo. Che senso aveva odiarla? Non avrebbe certo cambiato le cose tra noi.
-Sta bene, è felice di sapere che siete arrivati.-
Punto. Nessun “e vorrebbe presto incontrarvi”. Che Reira avesse paura di incontrare Shin? Non la biasimerei per questo, anzi, avrebbe tutto il mio appoggio.
-Ah, Nana, quasi dimenticavo, stasera l’Agorad è chiuso.-
-Oh, no che sfortuna!-
-Già, il giovedì è la loro serata libera. Vi consiglio di andare direttamente domani, e di non farvi vedere troppo in giro per Londra, dopotutto non so quali posti frequenti Nana abitualmente.-
Proprio in quel momento mi assalì un dubbio.
-Takumi! Non è che per caso Nana ti ha visto quando sei andato?-
-No, sono andato personalmente solamente una volta per appurare dove si trovasse l’Agorad di preciso, poi ho sempre mandato gente di cui mi fido. Si dice che sia un bel posto.-
-Davvero? Che tipo?-
-Beh, è un locale abbastanza monotono, la gente lo frequenta solo per bere qualcosa, chiacchierare e ascoltare un po’ di musica. Gira voce che la cantante abbia una bella voce, seppure piuttosto rauca.-
Sorrisi. La fama di Nana la precedeva persino a Londra.
 
 
***
Hachi
 
-Hai proprio intenzione di non rivolgermi la parola?-
-Non ho assolutamente nulla da dirti, Takumi.-
Vivere insieme era diventato intollerabile. Cercavo disperatamente di evitare Takumi. Ultimamente passava parecchio tempo a casa, e sentivo la mancanza dei giorni in cui doveva recarsi via per lavoro. Ma ormai di lavoro non ne aveva più. Continuava a vedere i manager di tanto in tanto, per ragioni che non volevo neanche conoscere. Era vero, dopotutto? O si recava da Reira? Come potevo saperlo? Non ero più certa di nulla. Quante volte mi aveva mentito? Quante volte mi aveva tradita?
Mi ritrovai diverse volte a chiedermi cosa ne sarebbe stato di me se invece di Takumi avessi scelto Nobu. Non avrei dovuto pensarci, lo sapevo, ma i pensieri saltavano fuori dal nulla, prima ancora che avessi il tempo di fermarli. Nobu non mi avrebbe mai tradita, di questo ero più che sicura. Nobu mi amava veramente, ne ero conscia, e la cosa mi faceva sentire ancora più male.
Quel pomeriggio stavo allattando Satsuki, quando Takumi mi raggiunse in camera da letto. Sentì i suoi passi pesanti nel corridoio, doveva essere nervoso. Una cosa che imparai immediatamente di Takumi fu come riconoscere il suo umore in base al modo di camminare. Il suo passo era solitamente silenzioso, ma quando si arrabbiava diventava rumoroso. Quando si fermò davanti alla porta la spalancò e mi indicò qualcosa.
-Cosa diavolo significa questo?-
Ci misi un po’ a capire che si trattava del mio anello di fidanzamento. Luccicava sotto la luce tenue del sole che proveniva dalla finestra. Non risposi.
-Credi che toglierti l’anello renda ciò che abbiamo meno vero? Resti comunque la signora Ichinose, lo sai questo, non è vero? O credi che basti semplicemente togliere e mettere una fede per cambiare le cose?-
Tacqui di nuovo. Non avevo più alcuna voglia di discutere, di litigare, di parlare, con lui. Ero stremata, c’era qualcosa dentro di me che mi divorava da dentro, togliendomi tutta l’energia.
-Sei mia moglie Nana. E lo resterai per sempre.-
Quell’ultima affermazione mi sorprese. Per sempre? Era veramente deciso a restare insieme a me per sempre?
-E Reira?-
Le parole uscirono controvoglia dalla mia bocca.
-Io e Reira non siamo niente.-
-Sei un bugiardo. Avrete presto un figlio Takumi, questo secondo te è “niente”?-
Non mi rispose, si avvicinò lentamente-a passi silenziosi- al mio lato del letto e mi guardò intensamente dall’alto. Odiavo che non si sedesse per guardarmi dritta negli occhi, voleva stare in piedi, essermi superiore.
-Avremo un figlio, che io riconoscerò. Tuttavia non ho mai detto di voler rinunciare al nostro matrimonio, non ho mai detto di voler abbandonare te o Satsuki.-
-A me non basta, Takumi. Io volevo solo una normale famiglia. Un marito che mi amasse e rispettasse, un padre dolce e amorevole per mia figlia. Volevo che fossimo uniti, noi tre, che niente si frapponesse tra noi e la felicità. Questa situazione non la voglio. Non voglio un uomo che debba dividere il tempo tra me e un’altra donna, che debba crescere due figli in due diverse case. Nessuno lo vuole, Takumi.-
Non volevo che succedesse, ma iniziai a piangere.
Takumi mi asciugò le lacrime con una mano, ma io gliela scansai.
-Non riesci proprio a capirmi? A immaginare il mio stato d’animo, la mia frustrazione? Sei veramente così egoista, Takumi?-
-Nana, smettila di fare così. Tu non mi dividerai con nessuna, sono tuo marito. E non trascurerò mai Satsuki, di questo puoi starne certa… Lei è la mia bambina.-
-Presto ne arriverà un altro, di bambino, Takumi. E anche quello sarà “tuo”.-
Di nuovo calò il silenzio. Satsuki aveva smesso di poppare e l’adagiai al centro del letto.
Non sopportavo più quella tensione che si manifestava dentro le mura domestiche, quella casa era diventata una prigione, il luogo in cui si trovavano tutte le mie ansie e disperazioni. In più non potevo sfogarmi con nessuno, dovevo sopportare da sola questo fardello.
La notte non chiudevo occhio. Immaginavo Takumi e Reira abbracciati, nudi, bocca nella bocca. Provavo a scacciare l’idea premendomi il cuscino contro la testa, ma l’immagine non spariva. Avrei giurato di sentire i gemiti di quella donna, sentivo le mani di lei sul petto di mio marito e avrei voluto urlare.
Quale donna è capace di sopportare il tradimento? Quale donna è capace di perdonarlo?
Da quanto tempo le cose andavano avanti? Dormivano insieme anche nel periodo in cui Reira vedeva Shin? Shin… Lui mi aveva detto che l’amore di Reira per Takumi era sempre stato a senso unico, ma si era sbagliato. Allora lei gli aveva mentito? Frequentava due uomini contemporaneamente? L’idea mi disgustò. Uno schifosissimo triangolo fatto di bugie e tradimenti. Odiavo Reira, e odiavo Takumi.
-Mi ami?-
Mi domando tutto d’un tratto, cogliendomi alla sprovvista.
-Allora? Rispondimi: mi ami?-
Io… Non lo sapevo. Lo amavo? L’avevo mai amato? Mi ero abituata all’idea di vivere per sempre con lui, di creare un nucleo familiare ma… Lo amavo? Mi piaceva averlo intorno, la sua presenza era per me fonte di coraggio, adoravo passare il tempo in sua compagnia, sedere sul divano con lui a guardare la tv, cucinare per lui, preparargli il bagno e tutto ma… Quello era amore? No.
Non amavo Takumi. Lo trovavo troppo egoista, era violento e alcuni lati del suo carattere mi spaventavano persino. Sapeva essere un uomo dolce, ma non lo faceva quasi mai. Non mi ha mai dimostrato di tenere a me, eccetto qualche sporadico momento. Noi non ci amavamo affatto, e ne eravamo entrambi consapevoli. Chi prendevamo in giro?
-Vedo che non rispondi.-
No, non rispondo, perché non sono forte abbastanza da ammettere questa verità ad alta voce. Nella mia mente fa già abbastanza male.
-Reira ti ama invece, non è così?-
-Sì. Lei mi ama.-
La risposta arrivò velocemente, quasi come se sapesse che gliel’avrei chiesto. Forse mi aveva persino indotta a quel punto, voleva che glielo chiedessi, voleva che ascoltassi quella verità che conoscevo fin troppo bene. Reira lo amava con ogni fibra del suo corpo.
-Da sempre.-


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Shin

Come posso sapere dove andare, io che non so neppure da dove vengo…?
 
 

 
Shin era tornato in hotel per svuotare la sua stanza. Ormai i Blast non vivevano più lì, la Gaia li aveva cacciati via- come se avessero avuto voglia di restare. Nobu era stato il primo a smontare le tende, forse anche per evitare di rivedere Asami. Poi se n’era andato Yasu. Lui l’aveva presa troppo comodamente, in fondo non gli importava se i manager si fossero arrabbiati, non c’era più alcun vincolo tra loro, poteva anche permettersi qualche (altra) piccola mancanza di rispetto nei loro confronti.
Non aveva alcuna voglia di mettersi al lavoro, avrebbe anche potuto lasciare quella roba lì e lasciare che venisse riciclata per i poveri o… Per i prossimi inquilini, non era affar suo.
Si sedette sul letto che gli era appartenuto per un breve periodo e iniziò a strimpellare il suo basso. Si ricordò della prima volta che aveva suonato insieme ai Blast. Di come Hachi lo aveva presentato allegramente al gruppo, annunciando loro d’aver trovato un bassista per la band. Sorrise al pensiero; proprio Hachi che non ne capiva nulla di punk!
Si ricordò di Nana. “Promettimi che diventerai più bravo di Ren” gli aveva chiesto, e lui aveva accettato la sfida, stringendole la mano. Ormai non aveva più senso, Ren era morto, non poteva certo competere con un ricordo, e non gli importava di migliorare, per quanto ne sapeva non avrebbe più suonato a livello professionale. Ma il basso gli piaceva tanto, e a quello non avrebbe rinunciato.
TOC TOC
Il rumore di nocche sulla porta di legno lo interruppe.
-Chi è?-
Domandò distrattamente, senza neanche prendersi il disturbo di alzarsi per controllare personalmente.
-Shin? Sono Mai… Misato.-
-Oh, Misato entra pure.-
La porta si schiuse e una piccola figura affacciò la testa.
-Posso? Non è che ti distubo…?-
Lui le sorrise affettuosamente.
-Non dire sciocchezze, tu non disturbi mai.-
Lei gli sorrise di rimando, sedendosi al suo fianco.
-Mi sorprende trovarti qui.-
-Già. Ero venuto per riprendere il resto della mia roba, ma non ne ho alcuna voglia adesso.-
-Oh? Hai già trovato un posto in cui vivere?-
Misato, sempre premurosa nei loro confronti, anche quando non era più necessario.
-No, ma per il momento posso stare da Nobu, mi ha tenuto da parte una stanza, dice che posso rimanere tutto il tempo che serve.-
-E’ gentile da parte sua ma… Hai già idea di cosa farai una volta arrivato lì?-
Shin alzò le spalle, tornando a punzecchiare le quattro interessantissime corde del suo strumento.
-Non ancora, ma qualcosa mi verrà in mente.-
Misato abbassò la testa, emettendo un impercettibile sospiro.
-Sei triste?-
-Io? Beh sì, in effetti un po’ lo sono. Sono molto affezionata a tutti voi e la piega che questa situazione ha preso non mi lascia indifferente. Insomma, lo trovo ingiusto!-
Le ci volle un attimo per riordinare i pensieri, poi parlò.
-Quello che intendo è… Conosco i Blast da sempre, da quando erano ancora poco famosi, e li ho sempre seguiti, anche quando si sono trasferiti a Tokyo. Ho tratto conforto dalla band, dalle loro canzoni, e dai loro componenti. Ho cominciato a nutrire un forte sentimento nei confronti di tutti voi, ho persino avuto la sfacciataggine di sentirmi parte del gruppo, di tanto in tanto.-
-Tu sei stata a tutti gli effetti parte del gruppo.-
Lei sorrise debolmente a quella confessione, ma preferì ignorarla.
-E adesso mi fa male sapere che per voi è tutto finito. Avevo sempre immaginato che avreste sfondato e fatto faville.-
-Già, lo credevo anch’io.-
Shin smise di suonare e un innaturale silenzio li circondò. Uno di quei silenzi tristi, che si fanno largo quando non si trovano belle parole da dire.
-Oh, Shin, mi spiace. Non dovrei parlare di queste cose con te. Che sciocca!-
-Perché no? Misato, ti fai sempre troppi scrupoli, non dovresti. Ti ripeto che noi ti abbiamo sempre considerata un membro effettivo della nostra cerchia, sei una nostra amica, non una semplice fan.-
Le sue parole avevano avuto l’effetto sperato. Misato si era illuminata, e i suoi occhi esprimevano gratitudine. Poi però si spense di nuovo.
-Ma che ne è di Nana?-
Nana mancava già da un paio di settimane, era sparita nel nulla senza lasciare traccia.
-Non lo sappiamo neanche noi. L’abbiamo cercata ovunque ritenessimo potesse rintanarsi, ma non è da nessuna parte, sembra essere svanita.-
-Tu credi che…?-
Lei non riuscì a terminare la frase, e lui iniziò a parlare per evitare di creare quei lunghi e tristi spazi vuoti che davano troppe possibilità di pensare, di soffrire.
-No, non lo credo. Secondo me ha solo bisogno di tempo per sé stessa. E’ stato faticoso e immagino che si senta terribilmente in colpa. Sai com’è fatta Nana, sicuramente si starà accusando. Penso che sia semplicemente fuggita dai suoi problemi.-
-Beh, allora è quello che spero anch’io. Sempre meglio questo che…-
-Ehi, non farti venire troppe paranoie, o non riuscirai più a lavorare! A proposito, che si dice di nuovo?-
-Gli album dei Trapnest e dei Blast vanno a ruba. La morte di Ren e la crisi di Nana hanno fatto paradossalmente riacquistare fama alle due band.-
-Già, la gente è fatta così. Ti disprezza quando sei in vita o in vetta, e ti adora nel momento in cui sei morto o, più semplicemente, fallito. Che ipocrisia.-
-Già… Lo trovo vergognoso.-
-Funziona sempre così, ma non durerà molto. Presto verremo dimenticati, lasciando lo spazio ai nuovi artisti emergenti. E’ una cosa che non si può cambiare.-
-Hai ragione. Sai Shin? Riesci sempre a sorprendermi.-
-Io? Davvero?-
-Sì. Sei molto giovane, tuttavia sembri conoscere la vita meglio di chiunque altro, e spesso propini perle di saggezza che nessuno si aspetterebbe possano uscire fuori dalla bocca di un ragazzino.-
Shin sorrise, ammettendo che avesse ragione. Ma lui era fatto così, non lo faceva neanche apposta.
-Beh, che altro c’è di nuovo? Yuri ha firmato un nuovo contratto per… Beh, per un altro film dei suoi, questa volta però si vocifera sia meno esplicito.-
-Staremo a vedere…-
-E stanno cercando un nuovo volto per un film, una comparsa che…-
Improvvisamente si bloccò.
-Che…?-
-Tu!-
Shin era confuso, che stava farneticando?
-Io?-
-Ma certo!-
-Ma cosa?-
-La comparsa!-
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. Davvero non riusciva a seguirla.
-Che comparsa? Ti spiacerebbe essere più precisa?-
-La comparsa per il film. Tu saresti perfetto per quella parte.-
Fece un sorrisetto ironico.
-E perché mai proprio io?-
-Per svariate ragioni: sei volto già conosciuto, ma non troppo famoso, hai una fedele schiera di ammiratrici, hai più o meno l’età del personaggio che dovresti interpretare e sei di bell’aspetto. Senti, te la sentiresti?-
-Di recitare? Non lo so, non ci ho mai pensato. E se non ne fossi capace?-
-Mica devi presentarti sul set e girare, dovresti prima fare un provino assieme ad altri aspiranti. Se sei d’accordo potrei proporti al regista, vedrai che lo convinco!-
Shin tacque. Doveva valutare bene quella possibilità, pensare ai vari pro e contro.
-Non devi rispondermi adesso, puoi prenderti il tempo per pensarci e…-
-Pagano bene?-
Misato si congelò. Davvero pensava sempre e solo ai soldi?
-Sì, abbastanza bene, ma non credo tu debba farlo solo per i soldi. Insomma, sei disoccupato e questa parte minore potrebbe essere il trampolino di lancio verso il mondo del cinema. Comparse, poi piccoli dialoghi, poi parti maggiori, infine protagonista… Se tutto va bene.-
-Sì, mi hai convinto.-
-Davvero? Ma non vuoi pensarci un po’ su?-
-No, mi hai convinto.-
*Piccola nuvoletta sulla fronte di Misato, consapevole che a convincerlo non era stata la sua parlantina, bensì la prospettiva di un buon salario*
-D’accordo, se lo dici tu… Allora io vado a parlarne con chi di dovere, ti mando un sms quando ho delle novità, d’accordo?-
-Ehi Misato!-
La chiamò, prima che lei sparisse dalla sua vista.
-Sì?-
-Grazie.-
Era un grazie sincero e sentito, lei lo capì dal modo in cui la guardava. Shin aveva tanti difetti, era uno scapestrato, un ribelle, uno sfacciato e, alle volte, persino un maleducato. Ma non era affatto un bugiardo, e di questo Misato ne era più che certa.
-Ma figurati! A me fa solo piacere.-
Gli rispose, ed anche lei era onesta. Teneva ad ognuno dei membri dei Blast, e avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarli.
Si chiuse la porta alle spalle e si diresse agli uffici, tenendo le dita così incrociate che, a un certo punto, temette di perdere la sensibilità.
Shin rimase ancora un po’ nello stanzino, ricominciò a suonare. Pensava a come la vita gli avesse donato diverse possibilità in pochissimo tempo. Non si riferiva alla sua quasi fama mondiale, bensì alle persone che aveva incrociato durante il cammino verso la vetta: Yasu, che si preoccupava di tenerlo lontano dai guai, Nobu che non aveva esitato ad ospitarlo a tempo indeterminato, Hachi che lo trattava come fosse suo figlio, e Misato che si preoccupava di trovargli un lavoro. In un certo senso aveva finalmente una vera famiglia.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Nobu
 
Mi risvegliai di colpo, come se mi avessero gettato un secchio di acqua ghiacciata addosso.
Ero di nuovo l’erede della pensione Terashima, i miei abiti erano caldi e profumati, per niente strappati e i miei capelli cadevano flosci sulla fronte. Niente gel, nessun orecchino, nessuna chitarra tra le mani.
Diventare un musicista affermato era solo il sogno di un ragazzino
 
 

***
 
RIIIING, RIIIING.
Il suono metallico del cellulare aveva disturbato la quiete delle casa. Hachi rispose senza neanche leggere il nome.
-Pronto?-
-Ciao mamma! Di’ un po’ come stai?-
-Shin… Oh, ciao.  Beh… Tutto bene, come al solito. Tu invece come stai?-
-Bene, per adesso sono alla pensione Terashima, Nobu mi ospita per un paio di giorni. Sai? Misato mi ha proposto di fare da comparsa in un film.-
-Davvero? E’ fantastico, spero che tu abbia la parte.-
-Che succede?-
-Come? No… Niente, sono solo molto stanca. Satsuki non mi ha lasciato chiudere occhio stanotte.-
Si sentì in colpa per avergli mentito, ma davvero non poteva fare altrimenti.
-Oh capisco. Allora ti lascio riposare, ti chiamerò in un altro momento. Ciao.-
-Ciao Shin.-
 
-Ho chiamato Hachi.-
-Allora, come sta?-
Chiese Nobu, quando Shin lo raggiunse alla reception.
-Male, ma non vuole parlarne. Ha detto di essere stanca, ma stava mentendo. Chissà che cosa le ha fatto Takumi. Mi fa rabbia saperla lì, tutta sola, con quell’uomo orribile.-
Nobu sospirò, riempiendo una vecchia brocca di vetro con delle caramelle.
-Non puoi farci nulla, Shin.-
-Nobu… Tu la ami ancora?-
Per un pelo a Nobu non cadde l’intero pacco dalle mani.
-Ma ti sembrano domande da fare? Non hai proprio presente il concetto di “intimità”?-
-Io credo di sì.-
-Ma non mi ascolti nemmeno? Non sono argomenti che voglio toccare insieme a te!-
-Certo, voi siete reciprocamente innamorati.-
Nobu tirò un altro sospiro, appoggiando le mani al bancone della reception, e poggiandosi al bordo.
-Che cosa te lo fa pensare, Shin?-
-Voi vi siete amati per davvero. I vostri sentimenti erano reali, e dunque dubito che possano sparire così all’improvviso da un momento all’altro. L’amore è un sentimento molto forte, non può esaurirsi nel giro di un paio di mesi.-
Nobu ne fu sorpreso. Non si aspettava una simile dichiarazione provenire da Shin. Che ne sapeva lui in fondo dell’amore? Aveva avuto tante ragazze, questo lo sapeva, ma di quante si era sinceramente innamorato? Di nessuna, non aveva bisogno di chiederglielo.
-L’amore è una cosa complicata, lasciatelo dire da uno che ne capisce certamente più di te, piccolino. Non è sempre tutto bianco o tutto nero, ci sono delle sfumature che…-
-Nobu non mi incanti con la tua parlantina, ne so sicuramente più di te, anche se credi il contrario.-
Nobu tacque, quel ragazzino riusciva sempre a sorprenderlo. Sospirò e si arrese.
-Sì, Shin, la amo ancora.-
Si guardarono per un breve istante negli occhi.
-Non ho mai smesso di amarla, e non riesco a smettere di pensare a lei, anche se me lo impongo con tutte le mie forze.-
 La fragilità di Nobu stava traboccando sottoforma di lacrime.
-Sto facendo del mio meglio, ma lei è decisa a non lasciare la mia mente, il mio cuore… Immagino ogni notte di averla al mio fianco, e vorrei abbracciarla, ma so che il suo posto è tra le braccia di Takumi. E vorrei fare qualcosa per riconquistarla, ma ormai non posso proprio più, l’unica cosa che mi resta da fare è mettermi da parte e lasciare che viva la sua vita insieme all’uomo che ha sposato e alla loro figlia.-
Sorrise tristemente, tentando di scacciare l’immagine della ragazza dai suoi occhi.
-Hachi ti ama ancora.-
-Cosa te lo fa pensare?-
-Te l’ho già detto, i sentimenti non spariscono da un giorno all’altro.-
-Non credo mi ami più di Takumi, ma anche se fosse, ormai non ha più importanza.-
-Sei davvero deciso a rinunciare ad Hachi una volta e per tutte?-
Nobu deglutì rumorosamente.
-Ho già rinunciato a lei, Shin. Non staremo più insieme, tanto vale rassegnarsi.-
-Rassegnarsi a cosa? Stai ancora parlando della tua amica Nana, quella che è scappata? Te l’ho sempre detto che a quella lì mancava qualche rotella, e ti sembra il modo di stare di fronte alla reception?-
Il signor Terashima era sbucato dal nulla con un bastone (non si sa perché, ma mi sa di scena da manga) e iniziò a picchiare il figlio sulla testa, facendolo lacrimare.
-Tu qui rappresenti tutti noi, cerca dunque di tenere un comportamento adeguato a quello di un ristoratore, e non di un teppista, ci siamo intesi?-
-D’accordo papà, smettila di picchiarmi!-
Il signor Terashima sbuffò.
*Nobu si massaggia dolcemente un bernoccolo già incerottato apparso improvvisamente sulla sua testa, con le lacrime a cascata*
-Se tu fossi venuto a lavorare qui quando te l’abbiamo chiesto, allora forse adesso conosceresti tutte queste piccole regole, ma noo, tu volevi fare il musicista insieme a quella squinternata e al pelato. E questo qui chi sarebbe?-
-Lui è Shin, ahia che male, perché deve sempre picchiarmi così forte?-
-Shin? Mi sembra di averlo già visto.-
-Certo che lo hai visto, suonava anche lui nella band! E’ su tutte le copertine dei nostri album.-
-Quindi è uno squilibrato anche lui? Bada bene, signor Shin, che non ti venga in mente di convincere Nobu a lasciarci di nuovo.-
Il signor Terashima aveva cominciato a picchiettare il suo bastone anche sulla testa di Shin, che rimase impassibile.
-Noi stiamo invecchiando, abbiamo bisogno di qualcuno che porti avanti l’intera pensione. Nobu è il nostro unigenito, ma ha sprecato così tanto tempo con quella chitarra che non ha mai imparato questo mestiere. Adesso deve impegnarsi, se non vuole che la nostra intera eredità vada in fumo. Ci siamo capiti?-
Con una mossa di karate aveva portato il bastone sotto l’ascella e adesso lo usava come pistola, indirizzandolo velocemente verso i due ragazzi che lo guardavano con espressione basita.
-Mi impegnerò papà, promesso. Però tu smetti di picchiarmi sempre con quel maledetto bastone, o rischierò di dimenticare tutto quanto!-
Il signor Terashima diede un altro colpetto alla schiena del ragazzo, invitandolo a stare dritto, poi si allontanò silenziosamente.
-Tuo padre è un uomo strano.-
Commentò Shin, quando il vecchio fu lontano abbastanza.
-Già,ma non è poi così malvagio. La verità è che si preoccupa per il mio futuro e per quello della nostra pensione. Ritiene che solamente un idiota possa rinunciare a questo futuro certo per inseguire dei sogni da ragazzino. Ma ormai che sono tornato non ho più intenzione di andare via, Shin. La mia vita ormai è questa qui. Porterò avanti la pensione, non disonorerò più i miei genitori.-
-Dì la verità. E’ solo che, se rimarrai qui, non rischierai di incontrare Hachi. Speri di dimenticarla tenendoti alla larga da lei, la pensione è solamente una scusa.-
-Non  è solamente una scusa, Shin, parliamo del mio futuro…-
La frase rimase sospesa nell’aria, come se ci fosse qualcos’altro che avrebbe voluto aggiungere, ma non ci riuscì.
Shin aveva ragione, Nobu voleva dimenticare Hachi, ma come poteva riuscirci se lui non faceva altro che nominarla senza curarsi dei suoi sentimenti?
 
***
Lo studio era piuttosto piccolo. Vi si trovava una scrivania ingombra di cartelle e manuali, una penna a sfera, un paio di graffette sparse per tutta la superficie ed un posacenere. La sedia era bassa, di quelle girevoli, alle cui spalle si apriva una finestra di normali dimensioni, da cui provenivano i raggi solari. Alla destra della scrivania c’era un piccolo mobile con tanti cassetti e sportelli e sul pavimento, al centro, si trovava un tappetino. Era tutto, l’arredamento si limitava a quelle poche cose lì, ma per il momento andava più che bene.
Un avvocato non ha bisogno di uno spazio immenso, gli basta solamente quello necessario a studiare le varianti dei casi che gli vengono presentati.
Con i pochi soldi di cui disponeva, Yasu aveva affittato lo studio, aveva stampato dei bigliettini da visita, e aveva fatto scrivere il suo numero personale sull’elenco telefonico. Adesso bisognava aspettare l’arrivo del primo cliente. Ad ogni modo non ne era troppo impaziente, le ultime settimane erano state faticose.
Bussarono alla porta, e lui spense la sigaretta.
-Avanti.-
Disse, con la sua voce profonda e rassicurante. Era Miu. Andava spesso a trovarlo, e lui se ne rallegrava parecchio, anche se si domandava quando avrebbe iniziato a lavorare.
-Ti disturbo?-
Domandò lei, sulla soglia.
-No, affatto. Mi fa piacere vederti. Perché non ti siedi?-
Miu entrò e si accomodò su una delle sedie di fronte a lui.
-Come mai sei qui?-
-Ti ho portato qualcosa da mangiare, pensavo fosse una buona idea.-
-Pensavi bene, in effetti ho un certo languorino. Mi fai compagnia?-
Pranzarono insieme, in maniera silenziosa. Tra loro non servivano troppe parole, importavano i gesti, anche quelli più piccoli come presentarsi al lavoro con un po’ di cibo. Quello faceva la differenza, stava a significare che Miu lo aveva pensato, e che si era preoccupata che avesse qualcosa di cui nutrirsi. Yasu sapeva che Miu era molto riservata, che non gli avrebbe mai espresso in maniera esplicita un sentimento, ma a lui andava bene così, dopotutto non era nemmeno lui il tipo di persona che si abbandonava ai sentimentalismi e alle parole dolci. Non era un romantico, ecco, ma quei minuscoli segni che Miu gli lanciava di tanto in tanto gli scaldavano il cuore.
Sebbene nessuno l’avesse mai detto a parole, loro due si volevano bene, si cercavano e si trovavano. A cosa serviva dirsi “mi manchi” quando si poteva prendere il tram e raggiungere l’altro? A cosa serviva dirsi “ti penso” quando ci si poteva presentare in ufficio con un cesto per il pranzo? A cosa serviva dirsi “ti amo” quando quel sentimento veniva esternato in altri modi?
-Hai impegni per stasera?-
Le domandò lui quando lei, finito il pranzò, si alzò.
-No.-
Yasu si sollevò e la raggiunse sulla porta.
-Allora vorrà dire che passerò a farti compagnia.-
Le diede un bacio asciutto sulle labbra, che Miu ricambiò.
Prima che lei si allontanasse del tutto, si voltò a guardarlo un’ultima volta, facendogli un cenno col capo.
In quel momento Yasu si sentì felice.
Da quando c’era Miu, in effetti, era spesso felice.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Hachi

Nana, ti capita mai di pensare a noi?
Ti capita mai di rifugiarti nel passato?
A me capita di continuo....
Anche a te? O invece sei felice?


 
*** 
 
 
Hachi

4 Anni dopo
 
Quel pomeriggio pranzai a casa di Reira e Takumi. Vivevano in una tipica casa all’inglese, di quelle con le finestre un po’ curve e la moquette praticamente dappertutto, ad eccezione della cucina e del bagno.
La casa era piuttosto grande e fredda. Disponeva di tre camere da letto, una in cui dormivano Takumi e Ren, quella di Reira e una per gli ospiti, anche se credevo che non ci avesse mai dormito nessuno prima. Sapere che quei due non condividevano lo stesso letto mi sorprese, e allo stesso tempo mi fece sentire sollevata.
Quella notte Satsuki sarebbe rimasta a dormire da suo padre. Takumi si era offerto di ospitarmi per le due settimane seguenti, ma rifiutai, preferivo passare quel lasso di tempo in hotel, assieme agli altri. Ammetto che fossi curiosa di sapere come quei tre vivessero insieme, ma davvero non me la sentii di accettare. Fortunatamente Takumi si mostrò comprensivo e non insistette troppo.
Le pareti della casa erano piuttosto spoglie, ospitavano pochissime foto, che ritraevano soprattutto paesaggi giapponesi, un vecchio poster dei Trapnest incorniciato, e foto dei due Ren. L’unica foto che ritraeva tutti insieme, Trapnest e Blast, scattata il giorno del compleanno di Shin e Reira, era conservata in camera di Reira, e non sfuggì certo al mio sguardo quando tanti anni prima, Reira mi aveva mostrato la casa per la prima volta. Era cambiato poco e niente dall’ultima volta in cui ero stata lì, qualche mobile in più, e qualcuno in meno. Tutto qui.
La cosa che più mi sorprese quel giorno, fu vedere Ren. Era cresciuto tantissimo. Sebbene fosse più piccolo di Satsuki di qualche mese, era più alto di un paio di centimetri, e sembrava avere qualche anno più di lei. Beh, era prevedibile.
Quando mi vide mi fissò in silenzio.
-Ciao Ren. Oh cielo, quanto sei bello. Dai, vieni a darmi un abbraccio.-
Si avvicinò lentamente, sospettoso come sempre.
-Mamma.-
Disse, quando fu proprio di fronte a me, e lo tirai in un caloroso abbraccio. Mi era mancato.
Satsuki era emozionatissima, abbracciava il padre, poi Ren, poi di nuovo Takumi. Era molto gentile anche nei confronti di Reira, e la cosa mi fece piacere. Temevo che nutrisse un po’ di risentimento nei confronti della donna che teneva il papà lontano da casa, e invece no. Scoprì che Satsuki era più matura di quanto credessi.
Anche Reira sembrava diversa, anche se non saprei spiegare il perché. Forse aveva a che fare con i suoi modi materni nei confronti dei bambini, nelle sue nuove rughe sotto agli occhi, o forse c’entrava il sorriso spensierato di chi sta finalmente bene, dopotutto. Furono entrambi molto gentili con me, anche se mi sentii un ospite a tutti gli effetti. Era strano trovarsi nella casa del proprio marito e della sua… amica? Cos’erano diventati quei due durante questi tre anni e mezzo? Non si intuiva molto, si parlavano con garbo, si sorridevano pacificamente, ma c’era dell’altro? Si amavano?
Nel tardo pomeriggio decisi di togliere il disturbo e di rientrare in hotel, volevo tornare nella mia quotidianità, quella altrui non faceva per me.
-Oh, sei tornata. Cominciavo a preoccuparmi.-
-Eh? Ah, ciao Shin. Che ci fai qui fuori al freddo?-
Per tutta risposta, mi mostrò la sigaretta che teneva stretta tra le dita.
-Com’è andata?-
-Bene, anche se mi fa sempre uno strano effetto penetrare nella loro routine.-
-E’ comprensibile, ma ricorda che si tratta comunque dei membri della tua famiglia. Sono tuo marito e tuo figlio in fondo…-
-Sì, questo lo so.-
Shiin aspirò una lunga boccata di fumo e poi la sputò fuori violentemente.
-Come sta Ren?-
-Bene. Sapessi com’è diventato alto! Sembra quasi che sia più vecchio di Satsuki.-
Shin sorrise, guardandomi dritta negli occhi.
-Sì?-
In quel momento, dalla porta girevole della hall, apparve Nobu.
-Nana, sei qui.-
Esclamò, sorpreso di vedermi.
-Sì, sono appena tornata.-
-Mi fa piacere, ti stavo aspettando.-
Mi confessò sorridendomi.
-Beh, io torno dentro, qui si gela!-
E, senza aggiungere altro, Shin si allontanò, lasciandoci da soli. In quei momenti mi sentivo tornare indietro nel tempo, quando i ragazzi facevano di tutto perché io e Nobu restassimo in intimità, in modo che avessimo finalmente il tempo di sbaciucchiarci senza farci troppi scrupoli.
-Davvero cercavi me? Come mai?-
-Beh, visto che stasera l’Agorad è chiuso, e che entrambi non abbiamo nulla da fare, volevo invitarti a cenare fuori.-
Quella proposta mi sconvolse e sorprese allo stesso tempo. Io e Nobu a cena fuori insieme? Da quanto tempo non ci accadeva?
-A cena fuori? Sai che la cucina inglese non è proprio celebre per la sua bontà?-
-Sì, lo so, ma in fondo non lo è neppure il Giappone, eppure non moriamo certo di fame!-
Ridemmo entrambi. Ci voleva una risata, in quella giornata.
-Allora, accetti o dovrò andare da solo?-
-Beh, mi sembra scorretto lasciarti andare a cena da solo a Londra.-
Chiamammo un taxi e chiedemmo all’autista di consigliarci un buon ristorante non troppo lontano, e lui ci condusse in quello che sembrava un locale raffinato e costoso. Lo osservammo dall’esterno per un po’, ma alla fine optammo per un fast-food che serviva fish & chips non troppo lontano da lì.
Durante la cena Nobu mi chiese come avessi passato il pomeriggio, come stessero Reira e Ren, della reazione di Satsuki alla vista dei due uomini della sua famiglia. Mi fece piacere che si interessasse così tanto. Poi parlammo di Nana, gli confessai la mia paura di trovare una persona diversa da quella che avevo conosciuto, e lui sorrise, dicendomi che sarebbe sicuramente stato così, che le persone cambiano ogni giorno, ma che non ci accorgiamo dei continui cambiamenti fino a quando li abbiamo troppo vicini a noi.
Aveva ragione. In quegli anni io ero cambiata tantissimo, e anche lui, e anche Takumi. Me ne resi realmente conto solo allora. Ci illudiamo di conoscere le persone da una vita, solo perché le abbiamo vicine. Se avessi chiesto a Nobu qual era il suo libro preferito, probabilmente mi avrebbe dato una risposta diversa da quella che credevo di conoscere. In quel momento le mie paure si fecero più grandi. Sapevo che non sarebbe stato un dramma se adesso vestiva Emma Hill anziché Vivienne Westwood, o che ascoltava i Clash invece dei Sex Pistols… Il problema non sarebbero stati i suoi nuovi gusti, ma la consapevolezza che fosse semplicemente diversa, nuova. Questo mi terrorizzava.
Nobu ed io parlammo a lungo, quasi non ci rendemmo conto del tempo che scorreva, molto più velocemente di quanto non avesse fatto durante il pranzo.
Al ritorno decidemmo di camminare.
Durante quella passeggiata a piedi mi sentii sopraffatta dai vecchi ricordi che mi legavano a Nobu. Da quanto non ci capitava di passare del tempo insieme, in solitudine, come stava accadendo quella sera? In effetti, non succedeva dal periodo in cui stavamo insieme. Erano passati più di quattro anni, eppure accanto a lui mi sentivo tornare la Nana di una volta, mi sentivo ringiovanire. Ero di nuovo Hachi, senza neanche rendermene conto. Che paradosso, proprio quando mi resi conto d’essere cresciuta, mi sentii trasportata indietro nel tempo.
-Che succede? Sei diventata piuttosto silenziosa. Non è proprio da te.-
-Uh? Ah, no scusa, sono solo sovrappensiero.-
-Ancora per Nana? Sai cosa penso? Anche se fosse davvero cambiata, beh… Si tratterebbe del presente, ma ciò che è stato, Nana, quello non si può cambiare, quindi non devi preoccuparti che lei abbia smesso di volerti bene. Nei suoi ricordi tu sarai ancora la piccola Hachi dell’appartamento 707.-
-Oh… Dici?-
-Certo! Insomma, il passato non si può cambiare, anche volendolo. Alcuni sentimenti, alcune emozioni, sono destinate a durare per sempre. E’ per questo che ho accettato di volare fino a qui per ritrovarla, perché sono sicuro che noi siamo ancora da qualche parte, nei suoi ricordi, più vividi che mai.-
Quando era diventato così saggio?
Mi chiesi se anche in quel momento mi stessi aggrappando ai sentimenti e alle emozioni del passato. Era questo che mi scombussolava? Ma no, il punto era che Nobu aveva la capacità di farmi sentire in quel modo anche a distanza di quattro anni. Anche se mi rifiutavo di ammetterlo, era palese. Io non avevo mai smesso di amarlo, ma la distanza che ci eravamo imposti in quegli anni, mi impediva di ricordarlo costantemente.
Improvvisamente ci fermammo entrambi e ci ritrovammo davanti al Tamigi.
-Che spettacolo. Non trovi?-
-Sì, è bellissimo.-
Confermai in un sussurro. Le luci della città erano riflesse sull’acqua tremolante mossa dal vento. Un brivido mi percosse tutta la schiena.
-Hai freddo?-
Mi chiese dolcemente.
-No.-
Risposi sinceramente. Che mi era preso? Ero diventata così nervosa e impacciata. Dovevo allontanarmi all’istante da lui e dal fiume che ci faceva da sfondo, ma qualcosa mi paralizzava al suolo.
-Ti agita rimanere con me?-
Sembrava mi leggesse nel pensiero.
-Io… Non lo so.-
-A me un po’ sì. Non l’avrei immaginato, ma questa serata con te mi ha riportato dei ricordi alla mente.-
-Davvero?-
Allora non era successo solo a lei.
-Sì, insomma… Io e te da soli, in riva a un fiume.-
Lo ricordavo bene.
-Quando ti dissi che l’avrei superato, prima o poi.-
Annuì.
-Non ho mai scordato quella promessa, Nana.-
I miei occhi si spalancarono. Non mi sarei aspettata una confessione del genere. Perché stava accadendo di nuovo? Allora neanche Nobu aveva mai smesso di amarmi.
Mi mise una mano dietro la schiena e con l’altra mi sollevò il viso, sentì sciogliermi. Ci guardammo intensamente negli occhi, come se fosse la prima volta, come se quei quattro anni non fossero mai passati, come se io non avessi mai sposato Takumi, partorito sua figlia, come se Nana non fosse mai andata via, come se non avessimo sprecato tutto quel tempo restando separati, come se avessimo fatto l’amore solo pochi minuti prima. Sentì rizzarsi  i peli sulla nuca, le gambe avevano preso a tremarmi, e mi sentì una ragazzina alle prese con la sua prima cotta, col suo primo bacio. Mi persi nelle sue pupille, quasi non lo sentì avvicinarsi, almeno fino a quando le nostre labbra non si sfiorarono di nuovo. Avevo di nuovo il suo sapore sulla lingua, il suo profumo sulla pelle, il suo corpo tra le mie braccia, avevo di nuovo Nobu dentro l’anima.
 
 
***
 
 
TOC TOC
-Arrivo… Ehi, cosa ci fai tu qui?-
-Ti sembra questo il modo di accogliermi, Reira?-
-Scusa… E’ solo che non ti aspettavo e… Sono sorpresa. Come mai sei venuto da me?-
-Beh, per prendermi una pausa da Nana! A casa la tensione è diventata insostenibile in queste settimane.-
-…A causa mia?-
Takumi le diede uno sguardo veloce. Si era portata la mano alla bocca, avrebbe cominciato a piangere, e certamente non aveva voglia di sopportare le sue lacrime, o di provare a consolarla.
-Non è colpa tua, Reira, io ho accettato.-
-Non ne faccio una buona!-
Come previsto, arrivarono presto le lacrime.
-Reira… Non piangere… Non è colpa tua… Beh, certo, non è stato piacevole per Nana sapere che il figlio che aspetti è il mio.-
-Mi dispiace! Io non vorrei far stare male proprio nessuno, Takumi, te lo giuro!-
-Non è questo che penso, e lo sai bene.-
E non lo pensava davvero. Reira non aveva certo la testa sulle spalle, ma non pensava che fosse crudele al punto da desiderare la sua sofferenza, o quella di Nana.
-Per favore, smetti di piangere.-
-Ha ragione Shin, sono un’egoista! Non faccio altro che rovinare la vita delle persone, la sua, la tua, quella di Nana… Io davvero non ce la faccio più a vivere così Takumi.-
-Reira… Per la miseria, ma perché sono venuto qui?-
-Mi dispiace, Takumi.-
-Oh, smettila adesso! Non fai altro che piangerti addosso, e non riesco davvero più a tollerarlo. Se non te ne fossi accorta, la situazione in cui mi trovo non è affatto facile. Mia moglie si rifiuta di parlarmi, e questo mi rende difficile anche passare del tempo insieme a mia figlia, ma non per questo mi lagno di quanto difficile sia la mia vita. Piagnucolare non serve proprio a nulla Reira, ciò che è fatto è fatto. Tu sei incinta ed io mi sono assunto la responsabilità della tua gravidanza, accettando di crescere il figlio tuo e di Shin. Era ovvio che questa scelta mi avrebbe creato dei problemi in famiglia, o credevi che Nana l’avrebbe presa con un sorriso? Ed io ne ero consapevole, quando ho accettato. Adesso quindi, smettila di fare la bambina e comportarti come un’adulta, per una buona volta, ricordati che presto sarai madre e avrai il compito di risolvere i problemi e non di crearli. Cresci, una buona volta.-
Aveva smesso di piangere. Che buffo, a volte le parole che avrebbero dovuto strappare le lacrime, erano quelle che avevano il potere di fermarle.
-Takumi…-
-Che c’è ancora?-
-Ho preso una decisione.-
-E sarebbe?-
-Voglio che tu e Nana adottiate questo bambino.-
Quelle parole lo sconvolsero. Non era facile sorprendere Takumi, ma Reira c’era riuscita in pieno.
-Che cosa?-
-Io non lo voglio, non sono pronta a crescerlo e… ho paura. Se tu accetti di diventare suo padre, voglio che Nana accetti di fargli da madre. Io sparirò dalle vostre vite, non vi disturberò mai più, lo prometto.-
-Tu sei pazza.-
-Non sono pazza! Voglio che tu e Nana siate felici.-
-E credi che adottare tuo figlio la renderebbe felice, Reira?-
-Potrete essere una vera famiglia, voi quattro. Takumi, io non sono in grado di fare la mamma.-
-Qui mi trovi d’accordo con te, ma ciò non significa che puoi sbarazzarti di tuo figlio prima ancora di averlo partorito. Che razza di madre degenere farebbe una cosa del genere?- *scusate l’allitterazione*
-Che male c’è a desiderare un futuro migliore per il proprio bambino?-
-Io mi sono stufato, Reira. Tu davvero non capisci quale sia il limite, non sai proprio dove fermarti, riesci sempre a peggiorare la situazione in cui ti trovi.-
E, con quelle ultime parole, Takumi si sbattè la porta alle spalle.
Reira rimase da sola a ponderare. Aveva scelto il momento sbagliato per dirglielo, ma in fondo, di quei tempi, non c’era un solo momento che fosse giusto. Si disse che forse in futuro Nana avrebbe accettato, se lei davvero fosse sparita. Forse avrebbe dovuto abbandonare il piccolo davanti alla porta di casa loro, in modo da metterli alle strette. Ultimamente faceva pensieri più strani del solito, che c’entrasse la gravidanza?
Eppure non riusciva a smettere di pensare a Shin, a quelle notti passate insieme. Quali, delle tante, era stata quella in cui avevano concepito Ren?
Anche se non aveva alcuna intenzione di confessare la verità a Shin, si domandò spesso come avrebbe potuto prenderla. Da quell’ipotesi scaturivano milioni di possibilità, una più assurda dell’altra, e l’unica lontanamente plausibile vedeva Shin riderle in volto, dirle che non avrebbe mai voluto condividere nulla con una persona così egoista e crudele come lei, per poi voltarle le spalle e lasciarla lì, da sola, com’era adesso, come sarebbe stata per sempre.

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Hachi

Sai Nana? Saperti viva mi ha dato una nuova forza, una forza che non sapevo di avere.
Ho sempre aspettato che fossero gli altri giocatori a fare la prima mossa su questa scacchiera, ma adesso sono stanca di aspettare, sarò io a muovere.

 

 
***
 
 Hachi

Avevo iniziato ad odiare la vita domestica. Si può vivere insieme ad un uomo che non si rispetta? Che si disprezza?
Le settimane, e i mesi seguenti, io e Takumi ci comportammo come due estranei che per caso si ritrovavano a convivere sotto lo stesso tetto, senza nulla da dirci. Lui ci aveva provato a chiarire, ma io davvero non avevo voglia di ascoltarlo, di perdonarlo. Non era stato facile all’inizio, spesso si innervosiva, mi afferrava per un braccio e mi costringeva quanto meno a guardarlo in faccia, ed io mi rifiutavo ogni volta. Ha smesso di farlo solo quando l’ho fissato nei suoi grandi occhi neri, con un’espressione di puro odio. Quel giorno mollò la presa e uscì di casa, senza dirmi niente. A dire il vero, da quel giorno smise di rivolgermi la parola.
Per quanto sbagliato fosse, io non potei fare a meno di sentirmi sollevata. Takumi era diventato una presenza ingombrante e fastidiosa in quella casa, come se fosse un poltergeist.
Usciva spesso, e il poco tempo che passava in casa lo dedicava a Satsuki. A me faceva piacere, in fondo ero felice che quella brutta situazione tra noi non intaccasse il rapporto padre-figlia. Avevo anche capito come mai Takumi si rifiutasse di divorziare: non voleva creare nessun tipo di trauma a nostra figlia. Lo apprezzavo, ma mi chiedevo spesso come avrebbe fatto a gestire due figli avuti da due donne diverse. Avrebbe passato una settimana in casa mia e una in casa di Reira? O davvero non capivo come avrebbe fatto. Dopotutto si tratta di quel genere di cose a cui la gente normale non pensa. Sono cose che alla gente normale non capitano.
Nessuno era a conoscenza della gravidanza di Reira, perché Takumi mi aveva proibito di parlarne, ed io non potevo fare a meno di rispettare la sua volontà, anche in quella condizione lì.
Nonostante fossero passati tre mesi, a volte piangevo ancora durante la notte, soprattutto quando sentivo che Takumi dormiva. Già, il paradosso era che, nonostante in casa nostra fosse scoppiata una guerra fredda, a fine giornata io e il nemico condividevamo il letto. Non ci parlavamo più, non ci guardavamo più, eppure, ogni notte, dormivamo uno di fianco all’altro. Senza abbracciarci, senza toccarci, senza sfiorarci e senza neanche augurarci la buonanotte, ma condividevamo quello spazio intimo.
Spesso sentivo nascere e crescere in me il desiderio di scappare senza lasciare notizie, come aveva fatto Nana, e se non fosse stato per Satsuki forse l’avrei fatto davvero. Mi sentivo in colpa, quando mi capitava di pensarci, ma l’avrei fatto davvero. Non stavo più bene, ero mentalmente stremata. La gente normale, in casa propria, trova un nido protettivo, un clima confortevole, un appoggio. Io invece vivevo l’esatto opposto. Allontanarmi da quella tensione mi avrebbe giovato, ma come avrei potuto ? Le soluzioni erano due, una più spaventosa dell’altra. La prima prevedeva che portassi Satsuki con me, che l’avrei privata di un padre, e non avevo la possibilità di crescere una bambina tutta sola. La seconda possibilità, era quella di abbandonarla, e non ne sarei mai stata capace, l’idea non mi sfiorava neppure.
Ho pensato a diverse alternative, lo giuro, una più inattuabile dell’altra. Avevo pensato di rifugiarmi in casa dei miei, ma Takumi mi avrebbe trovata, e inoltre i miei genitori non avrebbero mai approvato quella fuga. Tra l’altro non volevo che venissero a scoprire cos’aveva fatto Takumi. Avevo pensato persino di scappare da Nobu, di chiedergli di perdonarmi e crescere Satsuki insieme a me, ma mi resi conto di quanto crudele sarebbe stato presentarmi di nuovo nella sua vita e stravolgerla.
Non c’era scampo, avrei dovuto rimanere in quella cella, insieme al mio persecutore, e fingermi una moglie felice e appagata.
I miei amici, Jun, Kyosuke, Miyu, Yasu e Shin, avevano capito che qualcosa non andasse bene (dopotutto non si può mentire alle persone che ti conoscono bene), ma io lo facevo. Dicevo loro che ero solamente stanca perché Satsuki dormiva poco e mi teneva sveglia ogni notte. Ogni volta mi sentivo in colpa ad addossare alla mia piccola delle colpe che non aveva, allora correvo nella culla a darle tanti baci sulla fronte. E lei non si svegliava.
Avevo iniziato a mangiare di meno, perché non avevo più fame, e avevo persino perso qualcuno di quei chili di troppo che si mettono su durante la gravidanza, ma non m’importava. Non m’importava più che Takumi mi trovasse bella. Non m’importava più di Takumi, tutto qui.
Un giorno, un paio di mesi dopo, qualcuno bussò alla porta di casa mia. Non aspettavo nessuna visita, per cui mi stupì, ma andai comunque ad aprire la porta, nella vana speranza che Nana fosse di ritorno, che avesse sentito le mie suppliche e che fosse tornata per darmi il sostegno che desideravo. Speravo che fosse tornata a dirmi di tornare a vivere insieme nell’appartamento 707, e che avrebbe fatto da padre a Satsuki. Se ciò fosse davvero accaduto, avrei fatto le valigie seduta stante.
Ciò che vidi quando aprì la porta-non era Nana- mi sconvolse, facendomi tremare di rabbia.
-Tu…-
Rimase in silenzio. Io sentì le lacrime inumidirmi gli occhi, ma resistetti alla voglia di piangere, dovevo essere forte.
-Come osi presentarti in casa mia? Lui non c’è…-
Di nuovo nessuna risposta. Reira rimaneva in silenzio, fissandomi negli occhi. Ero talmente fuori di me che non notai parecchie cose, ad esempio la sua piccola pancia tonda, la sua pelle pallida, le occhiaie nere e gli occhi umidi tanto quanto lo erano i miei.
-Che cosa vuoi?-
Dissi, quasi urlando.
-Voglio parlare con te.-
Si decise a rispondermi, con un sussurro.
-Io non ho nulla da dirti.-
Feci per chiudere la porta, ma lei mi fermò e quasi non si fece schiacciare da me. Fu solo allora che notai il suo ventre pieno di una nuova vita. Non so spiegarne il motivo, forse aveva a che fare col fatto che avevo partorito solo sette mesi prima, ma in quel momento smisi di fare forza e smisi di spingere la porta d’ingresso. Reira, per tutta risposta, s’intrufolò dentro casa-forse temeva che avrei di nuovo provato a cacciarla, se fosse rimasta sull’uscio.
-Ti prego Nana, ascoltami. Devo parlarti.-
Rimasi in silenzio. Ma non capiva che non volevo parlarle? Che non volevo ascoltarla? Che non volevo neanche vederla? Era davvero così egoista e insensibile?
-Ti prego, ascoltami. Credi che sarei venuta qui, se non fosse tanto importante, tanto urgente? Pensi  che, se avessi potuto evitarlo, non l’avrei fatto? Ma non posso più evitarlo, devo assolutamente parlartene, perché sono certa che Takumi non te l’abbia detto.-
Quelle parole catturarono la mia attenzione. Quindi c’era qualcos’altro che Takumi non mi aveva detto? Mi imposi  di fingere disinteresse, ma non ci riuscivo. Volevo e dovevo sapere che cos’altro mi fosse stato nascosto, anche se sapevo che mi avrebbe fatto sentire ancora peggio. Tuttavia rimasi muta, aspettai che parlasse di sua iniziativa, non volevo in nessun modo farle credere che la stessi incoraggiando.
-Vedi? Io questo bambino qui non lo voglio. Non l’ho mai desiderato, si tratta puramente di uno sbaglio.-
Si morse il labbro inferiore. Qualcosa, nella mia espressione, doveva averla messa ancora più a disagio, perché tentennò prima di continuare.
-Io…. Non sono pronta a fare la mamma.-
Disse con voce acuta e tremante. La sentì deglutire violentemente. Era così agitata che il groppo che le stingeva la gola era talmente grande da sembrare un pomo d’adamo su quel collo fine.
-E… Ed è per questo che il bambino non lo voglio e…. Vorrei che tu e Takumi lo adottaste.-
Le ultime parole uscirono troppo velocemente dalla sua bocca, e mi ci volle un po’ prima di capire il reale significato. Reira, la Reira che portava in grembo il figlio di Takumi, mi stava davvero chiedendo di adottare suo figlio?
Solo in quel momento trovai la forza-o la rabbia- sufficiente per parlare.
-Sai Reira? Ho sempre sospettato che tra te e Takumi ci fosse qualcosa, ma tutti smentivano questo mio dubbio, affermando con sicurezza che il tuo amore nei suoi confronti fosse a senso unico. Allora ho iniziato a crederci. Quattro mesi dopo la nascita di nostra figlia, Takumi mi dice che sei incinta e… Ed io, insomma, l’ho capito subito che doveva essere lui il padre. E sai Reira? Non ho potuto provare che schifo, per entrambi. Nel periodo in cui sei rimasta incinta, io e Takumi eravamo già marito e moglie, e tu frequentavi Shin.-
Si morse ancora una volta il labbro, ma la ignorai.
-Hai idea di quanto quella notizia mi abbia sconvolta? In brevissimo tempo sei riuscita a rovinare la famiglia che ho sempre desiderato costruire. Ma prendermela unicamente con te sarebbe ingiusto Reira, questo lo so bene.-
-Io davvero… Mi dispiace.-
Iniziò a piangere.
-No, Reira,è a me che spiace. Sono tre mesi che non vivo più serenamente, che non riesco a guardare mio marito negli occhi, talmente sono accecata dall’odio nei suoi confronti. Ma sto cercando con tutte le mie forze di andare avanti, almeno per mia figlia. E tu ti presenti qui, di punto in bianco, a dirmi che questo bambino è un errore, che non lo vuoi e che non sei pronta a fare la madre e… Hai persino la faccia tosta di propormi di adottarlo? Ma ti rendi conto di ciò che mi stai chiedendo? Credi che sarei in grado di crescere tuo figlio senza provare un minimo di rancore nei suoi confronti?-
Iniziai a piangere anche io.
Nessuna delle due disse più una parola, rimanemmo così, a guardarci negli occhi singhiozzando silenziosamente, ognuna vittima del proprio dolore.
A un certo punto Reira fece una faccia strana, ed emise un gemito di dolore. Non capì cosa stesse succedendo, ma vidi che si portò una mano al ventre. Un altro gemito, gli occhi le uscirono fuori dalle orbite, e l’altra mano su accostò alla prima. Non potei più far finta di nulla.
-Che ti succede?-
-Non lo so, mi fa male. Oddio, non ha mai fatto così male prima.-
-Ma di che parli?-
-Nana, chiama l’ospedale!-
-Che?-
-Credo d’aver appena abortito.-
Mi sentì mancare.
-Come?-
-Sì, lo sento! Perdo sangue!-
-Perdi sangue?-
Come un lampo, un’illuminazione mi rese nuovamente lucida. Senza pensarci due volte, sollevai la gonna di Reira e le guardai le mutande. Erano bianche.
-Ce n’è tanto?-
Mi domandò Reira tra le lacrime.
-Non c’è sangue… Non stai abortendo, stai per partorire!-
-Che cosa?-
La notizia del parto sembrò spaventarla più dell’aborto.
I suoi occhi si fecero enormi e mi fissarono con un’espressione di preghiera. Mi stava chiedendo di rassicurarla.
-Non è vero. Non posso partorire, sono solo al settimo mese.-
-A volte capita, si tratta di parto prematuro.-
-Ma io non sono pronta! Ho paura, non so cosa fare e… Non voglio, Nana.-
-Chiamo un’ambulanza.-
-Non lasciarmi da sola!-
In quel momento non riuscì più a provare odio per Reira. Ciò che provavo era compassione, mista a comprensione. Quella ragazza era da sola nel momento del parto, aveva paura e non sapeva cosa fare. Sapevo come ci si sentiva,c’ero passata solo pochi mesi prima, anche se nel momento del parto io avevo tantissime persone pronte a sostenermi: i miei amici, la mia famiglia e mio marito.
Reira era da sola sulla soglia di casa mia, a urlare di dolore e a chiedermi aiuto con gli occhi.
-Non lasciarmi da sola.-
Ripeté, stavolta meno convinta.
-Non ti lascio da sola.-
Risposi, e subito dopo avrei voluto mordermi la lingua. Ma non potevo lasciarla da sola. Mi sentivo troppo coinvolta emotivamente per negarle l’aiuto che mi stava supplicando.
Chiamai l’ambulanza, poi Jun chiedendole di badare a Satsuki per un paio di ore, poi chiamai Takumi.
Finito il giro di telefonate, tornai nel corridoio, dove Reira giaceva per terra, ansimando e gemendo di dolore. Le porsi la mano e lei l’afferrò stringendola forte.
-Non lasciarmi, ti prego.-
Non saprei dire quante volte ancora lo ripeté, so solo che quando sentii avvicinarsi le sirene dell’ambulanza provai un immenso sollievo.

 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Hachi

Sai Nana? In passato sono spesso stata abituata a dipendere dagli altri.
Pensavo che avrei raggiunto la maturità solo nel momento in cui sarei diventata madre, assumendomi tutte le responsabilità di crescere ed educare una nuova creatura, insegnandole ad integrarsi nel mondo.
Invece mi sbagliavo.
Il giorno in cui sono diventata un’adulta a tutti gli effetti, è stato il giorno in cui Reira si affidò completamente a me.
 
 
***
Hachi

-Non lasciarmi da sola.-
-Non lo farò.-
-Mi dispiace, Nana.-
-Non è il momento di preoccuparsene, Reira.-
-Mi dispiace.-
Lo ripeté un milione di volte, ed io capì che si sentiva davvero in colpa, ciò che lei non capì era che quelle parole mi davano tremendamente fastidio. Che bisogno aveva di ricordarmi che non si era comportata in maniera del tutto corretta? In quel momento, l’odiai più per il fatto che si scusasse che per tutto il resto.
-Signorina, cosa succede qui?-
Chiese il medico che era stato chiamato d’urgenza. Fui lieta d’aver qualcun altro con cui poter parlare.
-La mia amica sta per partorire.-
-Beh, non è così drammatico, non trova?-
-Il fatto è che è solamente al settimo mese di gravidanza.-
Il dottore guardò attentamente Reira, studiandola per qualche secondo.
“Un parto pre-termine. Non mi sorprende affatto, la signorina è piuttosto sottopeso.-
Reira mi strinse la mano, non so per quale motivo lo fece.
-Dottore, è possibile che stia abortendo? Ho sentito una perdita, sono quasi certa che si tratti di…-
-Ha perso sangue?-
La interruppe bruscamente il medico. Quell’uomo mi infastidiva, non aveva per niente tatto, e si rivolgeva a Reira con un’arroganza che non si dovrebbe riservare ad una donna in stato interessante.
-No, sono perdite trasparenti.-
Risposi io al posto di Reira, riservandogli lo stesso trattamento sgarbato.
-E’ del tutto normale, non c’è nessun aborto, signorina, stia pure tranquilla. Però dovrete seguirmi in sala parto, questo bambino sta per nascere.-
Reira s’irrigidì. A quanto pareva non mi aveva creduta.
-Su, Reira, seguiamo il dottore.-
Le dissi dolcemente, e solo allora si lasciò condurre.
-Tu però non lasciarmi. Ho paura.-
-Non devi aver paura, il parto non è doloroso come tutte raccontano.-
Mentì. Il parto era terribilmente doloroso, le doglie, le contrazioni, la testa del bimbo che sfonda le pareti uterine, i punti di sutura… Il parto era la cosa peggiore che una persona potesse sopportare. Eppure, subito dopo quel calvario, accadeva una cosa magnifica: la vista del neonato. Quel momento, la consapevolezza d’aver messo al mondo una nuova vita, vedere per la prima volta quel corpo che per nove-in questo caso sette-mesi hai portato in grembo e riconoscerlo come figlio dell’amore tra due persone, non aveva eguali. Quei pochi secondi bastavano a far dimenticare tutto il dolore subito fino ad allora.
-Signora, lei è già molto dilatata, è pronta.-
-Per cosa?-
Urlò Reira, di nuovo in preda al panico, stritolando la mano che le avevo allungato per confortarla.
Il dottore non le rispose, e condusse la barella su cui si trovava in sala parto. Mi fu imposto di indossare un camice sterilizzato e dei guanti di plastica. L’equipe di infermieri era già preparata, sapevano esattamente cosa fare. L’unica spaesata lì dentro, a parte Reira, ero io.
Cosa significava che era già pronta? E che ne era delle otto ore di travaglio? Com’era possibile, che dopo neanche un’ora Reira stava già sdraiata in sala parto?
-Spinga, signora!-
-Non voglio, non voglio che venga al mondo!-
Urlava Reira, rifiutandosi di collaborare con gli ostetrici e gli infermieri. Le strinsi dolcemente una mano tra le mie e le parlai con calma, senza farle alcuna pressione.
-Reira, sta’ tranquilla. Devi soltanto trarre un respiro profondo e spingere delicatamente. Il bambino verrà fuori da sé, sa già cosa fare, non temere.-
I suoi grandi occhi castani mi fissarono intensamente. Li vedevo spalancarsi tra una contrazione e l’altra.
-Nana, io non voglio partorirlo questo bambino. Non l’ho neanche mai desiderato.-
Titubai confusa. Neanche Satsuki era stata desiderata, ma solo pochi giorni dopo esser venuta a conoscenza della sua esistenza, io avevo imparato ad amarla, e ho continuato a farlo anche dopo, sebbene abbia dovuto prendere delle decisioni difficili e fare delle rinunce.
Perché Reira rifiutava di dare alla luce il figlio dell’amore della sua vita?
-Beh, ormai è troppo tardi. Non c’è nulla che tu possa fare per interrompere questa nascita, e ogni tentativo ti provoca solamente più dolore e sofferenza. Lascia che questo bambino venga al mondo, che ne faccia parte. Non sei curiosa di vedere che faccia abbia? Non ti interessa sapere se ti somiglia o meno?-
Vidi qualche goccia cadere dall’angolo degli occhi di Reira, che ormai aveva smesso di agitarsi e si limitava a seguire le istruzioni dei medici. Non credevo mi avrebbe dato ascolto. E perché si fidava di me?
-Spinga, spinga…. Ancora una spinta…. Più forte.-
Urlava la persona di fronte alle sue gambe. Io mi rifiutavo di passare da quella parte, volevo rimanere di fianco a Reira, non sapere cosa avvenisse nella direzione opposta.
-La testa! Sta venendo fuori.-
-Reira urlò ancora più forte. Il suono della sua voce riempì la stanza. Sembrava più uno degli acuti che lanciava durante le sue performance. Era incredibile, anche quando urlava di dolore, sembrava che stesse cantando. La sua voce era incantevole, un vero dono di Dio.
Per un lunghissimo attimo pensai a quanto in passato l’avessi invidiata, idolatrandola e portandola su un piedistallo. E adesso la regina del canto mi chiedeva consigli, si lasciava guidare dalle mie parole e si lasciava tenere dolcemente la mano.
-Ho paura.-
Urlava e piangeva, io mi limitavo ad accarezzarla. Come poteva essere successo? Fino a un’ora prima la detestavo con ogni parte di me, e adesso non riuscivo a non provare pietà e tenerezza per quella creatura sola. In realtà il demone dell’odio si celava ancora in me, ma si era miracolosamente fatto piccolo piccolo e aveva trovato un nascondiglio. Sarebbe rispuntato presto?
-E’ fuori!-
Ultimo grido, stavolta di stremo. Era tutto finito.
Il bambino era stato portato via da un’infermiera.
-Adesso lo laveranno, e poi te lo riporteranno. Tu devi ancora espellere la placenta.-
Mi sembrava corretto avvisarla di ciò che stava continuando ad accadere. Reira annuì silenziosamente. Forse era troppo stanca per continuare a dimenarsi, o forse si sentiva finalmente sollevata, ora che quel bambino era stato allontanato da lei.
Quando l’infermiera tornò, teneva un piccolo fardello bianco tra le braccia.
-Vede, signorina? Il bambino è lievemente sottopeso, pesa esattamente 2.3 kg. Tuttavia il peso risulta adeguato all’età gestazionale, quindi le farà piacere sapere che ha messo al mondo un bambino sano. Ciò che ci ha maggiormente stupito, in effetti, non è tanto il peso quanto l’altezza. Il bambino è alto ben 52 cm!-
L’infermiera sorrideva, ma Reira non sembrava impressionata.
Il bambino era tra le braccia di Reira. Non volevo guardarlo, sapevo che quel neonato avrebbe cambiato per sempre la mia vita, eppure un’attrazione magnetica catturò la mia attenzione.
Fui molto sorpresa di quello che vidi. Mi aspettavo di trovarmi, di fronte agli occhi, una piccola testa nera, come quella di Satsuki, l’inconfondibile eredità di Takumi, eppure non era così. Quel bambino era roseo, biondo ed eccessivamente alto.
 
-Ha già partorito? Così in fretta?-
Mi chiese Takumi quando lasciai la sala parto.
-Già. E’ stato velocissimo.-
-Piuttosto, cosa ci fai tu qui? Cosa ci fa lei qui? Dio mio, cosa vi è preso?-
-Ti spiegherò tutto dopo, con calma. Adesso cerca di rilassarti, per favore.-
Era strano parlargli con tanta calma, considerando che non ci rivolgevamo la parola da mesi. Ma adesso non ero più arrabbiata con lui, e ovviamente lui non tardò a notarlo.
-Come mai sei così tranquilla?-
-Lascia stare. Vuoi entrare a vederlo?-
Entrammo entrambi. Reira era stata spostata nel corridoio.
Sembrava aver riacquistato tutta la compostezza di sempre. Teneva il bambino tra le braccia, ed entrambi sembravano  avvolti da una luce artificiale. Succedeva a tutte le donne?
-Ce l’hai fatta. Come ti senti?-
-Meglio, adesso.-
-Hai già deciso il nome?-
-Uh? Ma certo, quello l’ho deciso tantissimo tempo fa.-
-Lui è Ren.-
Un groppo mi strinse la gola. Reira aveva chiamato il suo bambino Ren. Anche Takumi mi sembrava sorpreso di quella decisione. Rimase in silenzio. Nessuno riuscì a dire più una parola.
Reira sorrise debolmente.
-Vuoi vederlo?-
Takumi si avvicinò lentamente al piccolo fagotto e lo sbirciò con quello che sembrava sgomento.
-E questo qui sarebbe Ren Ichinose.-
Sussurrò infine, passando una mano sulla testa del bambino.
-E’ identico al padre.-
Dissi infine, fissando quei tre insieme per la prima volta.
Takumi fece una smorfia nell’udire quel commento, ma si astenne dal replicare.
-E’ identico a Shin.-
Aggiunsi. Entrambi spalancarono gli occhi e la bocca.
Un silenzio glaciale avvolse la stanza. Ero l’unica che sorrideva.
-Tu… Glielo hai detto????-
Squittì Reira improvvisamente, lanciando un’occhiataccia crudele a Takumi.
-No, io non le ho detto proprio niente!-
-Come hai potuto, Takumi? Ti avevo chiesto di tenere la cosa segreta!-
-Io non le ho detto proprio nulla, Reira.-
-Lo sapevo, non posso fidarmi di nessuno!-
-No, Reira, guarda che è tutto vero, io non lo sapevo affatto.-
Mi intromisi.
-Takumi non me lo ha detto. Ho creduto che il figlio fosse suo sino a pochi secondi prima della nascita. Ma basta dargli un’occhiata per capire. Questo bambino è il figlio di Shin. Ma davvero mi sottovalutate fino a questo punto?-
Mi accorsi che il mio sorriso si era allargato, e che i miei occhi si erano inumiditi.
-Mi spiace che le mie bugie ti abbiano causato così tanto dolore. Anzi, che lo abbiano causato a entrambi. Ma ti prego, promettimi che non dirai nulla a Shin di… Ren-
Ancora una supplica proveniente dalla regina del canto.
-Ti prometto che non glielo dirò. Però ritengo che Shin meriti di sapere la verità, e che debba essere tu stessa a svelargliela.-
-Non posso. Shin non dovrà mai venire a saperlo. Ecco perché non voglio questo bambino, ma non capisci che se la gente venisse a saperlo, io…?-
Non continuò, ma non ce ne fu bisogno. Sapevo esattamente cosa intendeva. Shin era ancora minorenne, nel corso dell’anno aveva passato un breve periodo in carcere con l’accusa di prostituzione e possesso di sostanze stupefacenti, e quell’ultima novità lo avrebbe messo in una pessima posizione. Senza considerare che, se i paparazzi fossero venuti a conoscenza di quella notizia, non solo non gli avrebbero dato più tregua, ma rischiavano persino di far arrestare Reira con l’accusa di pedofilia. La situazione era molto delicata, c’era molto da perdere. Capì anche perché Takumi me l’avesse taciuto, e non riuscivo ad essere ulteriormente in collera con lui.
-Non lo dirò a nessuno, Reira.-
La rassicurai un’ultima volta, seppure mi sembrava troppo poco convinta.
-A proposito, sei ancora dell’idea di darlo in adozione a noi?-
Entrambi mi fissarono con un’espressione incredula. Non li biasimavo, quella proposta era suonata parecchio strana alle mie stesse orecchie.
Anche se poco prima l’avevo presa molto male, adesso la situazione era cambiata. Quello che avrei adottato non era il figlio del tradimento, ma il figlio del mio Shin.
In quel momento mi tornarono in mente le parole che mi aveva sussurrato quando aveva saputo di Satsuki,
“Vorrei essere tuo figlio”.
-Voglio adottarlo!-
Dissi, per la prima volta sicura di me.
                                                          

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Hachi

Quando penso al tempo trascorso insieme a te, Nana, lo faccio sempre col sorriso.
Anche se la nostra storia è stata segnata da un evento molto spiacevole, non riesco a rattristarmi quando mi torni in mente.
Alla fine l’amore vince su qualsiasi altro sentimento.
 
 
 
 
***
 
4 anni dopo
 
Il trillo acuto del telefono della reception spezzò l’incanto del sogno che Nana stava vivendo. Quando aprì gli occhi era già giorno, i deboli raggi solari perforavano il vetro della finestra e cadevano pigramente sulle coperte che l’avvolgevano.
-Pronto?-
-Sono Takumi. Hai dimenticato il cellulare qui ieri. Ti ho telefonato in hotel diverse volte, ma non hai mai risposto.-
-Eh? Ah sì, ho cenato fuori.-
-Lo so, con Nobu.-
-Ah? E tu come...?-
-Me lo ha detto Yasu. Mi sono preoccupato, quindi ho chiamato anche lui.-
Si svegliò improvvisamente. Sentì come un peso caderle sullo stomaco, e non seppe spiegarsi il perché.
-D’accordo. Senti, io sono qui fuori, se ti va potremmo fare colazione insieme. Satsuki è rimasta con Reira e Ren. Pensavo che io e te avremmo potuto passare un po’ di tempo insieme, da soli.-
-Certo, buona idea. D’altronde non abbiamo mai del tempo per noi. Dammi un paio di minuti,  faccio una  doccia e mi vesto, non ci metterò molto.-
L’idea di rimanere da sola con Takumi l’agitava un po’. Non succedeva da parecchio. Si chiese come mai le avesse proposto una cosa del genere. Era un tentativo di riavvicinamento? O un semplice atto di cortesia? Forse voleva parlarle di qualcosa di importante, altrimenti avrebbe portato anche Satsuki con sé. Decise di mettere da parte i suoi dubbi per qualche momento, di fare una doccia calda e di non speculare troppo.
Tuttavia le immagini della sera precedente si ripresentavano vigliaccamente nella sua mente. Il bacio che si era scambiato con Nobu, in cuor suo l’aveva sempre desiderato. Si trattava però di quel genere di desideri che rimangono nascosti e, soprattutto, irrealizzabili. Entrambi avevano commesso un errore, e ne erano ben coscienti. In fondo non avevano mai smesso di volersi, si erano semplicemente abituati a stare lontani.
Questo la rendeva triste. Perché doveva di nuovo rinunciare a qualcosa che la faceva stare così bene? A che scopo? Takumi viveva la sua vita insieme a Reira qui a Londra, mentre lei doveva continuare la sua in solitudine, privandosi di quell’amore così profondo per difendere il suo matrimonio di facciata.
Ma in fondo era stata lei, tanto tempo prima, ad accettare quella situazione. Forse non si era realmente resa conto di quanto questa scelta un giorno avrebbe potuto pesarle.
Lasciò che l’acqua che colasse sul viso, riflettendo. Come poteva una cosa così bella essere sbagliata?
 
Takumi si era accesso una sigaretta. In quel momento il Grande Demone Celeste, che da tempo non si faceva vivo, decise di riapparire. Nobu varcò la porta girevole della hall e i due si fronteggiarono.
-Oh, buongiorno Takumi.-
Esclamò Nobu sorpreso. Non si aspettava certo di trovarlo lì, anche se non c’era proprio nulla di strano.
-‘Giorno Nobu. Dormito bene?-
-Non esattamente. E’ strano abituarsi a un nuovo materasso.-
-Già. Avete fatto tardi ieri sera?-
Nobu impallidì. Cosa gli aveva raccontato Nana? Fino a che punto si era spinta?
-No, il tempo di una cena. Siamo rientrati intorno alle undici.-
Disse, scuotendo le braccia.
-Pensavo solo… A quanto sia strano che tu abbia passato una serata in compagnia di mia moglie.-
-Te l’ho detto, siamo solo andati a cena. E’ forse un reato?-
Inspirò una lunga boccata di fumo.
-Sei ancora innamorato di lei, non è così?-
Quella domanda improvvisa lo spiazzava. Che senso aveva?
-Takumi, mi sembra fuori luogo…-
Nobu indietreggiò di qualche passo, arricciando il naso.
-Rispondimi.-
Il tono della sua voce era calmo, fin troppo.
-Non credo sia il caso di parlarne.-
-Io credo di sì. Credo che tu non abbia mai smesso di amarla, in questi anni. La domanda giusta in effetti è: ti sei mai arreso?-
Lo sguardo di Nobu si contrasse in una smorfia. Che diritto aveva di parlargli così? Si sentì tornare indietro nel tempo ancora una volta, ma questa volta non si trattava di un ricordo piacevole.
-Non rivolgerti a me in quel modo. Non hai nessun diritto di parlarmi così. Piuttosto perché non chiedi a te stesso se sei ancora – o se sei mai stato- innamorato di Nana. Invece di preoccuparti di questo genere di cose, perché non ti chiedi se è felice? E se non lo è, cosa puoi fare per renderla tale?-
Takumi tacque per un istante. Gettò la sigaretta per terra e la calpestò. Gli sembrò buffo intrattenere un’altra conversazione de genere con Nobu. Decise di riporre le armi, non voleva litigare.
-Forse non hai torto. Sai Nobu? Ti stimo.-
Le sopracciglia del biondino si corrugarono sulla sua fronte.
-Hai amato Nana al punto tale da lasciare che si rifugiasse tra le mie braccia quando aveva più bisogno di aiuto, e la ami ancora al punto tale da suggerirmi cosa fare per renderla felice. Mi sorprende che tu non provi semplicemente a portarmela via, sarebbe facile, dopotutto.-
-Io non sono quel tipo di persona, Takumi. Non porto via niente a nessuno, non l’ho mai fatto.-
-…A differenza mia, è questo che intendi.-
Nobu non rispose. Lo intendeva, ma non voleva dirlo.
-Ad ogni modo sopravvaluti le mie intenzioni. Non lo faccio certamente per te. Nana è una donna speciale e merita il meglio.-
-Un po’ ti invidio.-
-Come? Tu invidi me? E per che cosa?-
-Perché hai saputo amare una persona fino a questo punto, per così tanto tempo. Se io non mi fossi intromesso tra voi, chissà se stareste ancora insieme… E allora sì che sarebbe felice.-
Nobu lo guardò con gli occhi pieni di rancore. Per la prima volta Takumi non gli sembrava più quell’esssere spietato e insensibile. Nel suo sguardo c’era qualcosa di nuovo. Rammarico? Redenzione? Qualunque cosa fosse aveva smesso di farlo apparire un mostro.
 
                                


Quando Nana raggiunse il marito, Nobu non c’era più. Lo salutò con allegria ed entrambi si diressero verso un bar. Si sedettero sulla terrazza di una pasticceria vicina, sotto i raggi timidi di quel sole inglese.
-E’ bello ritrovarci insieme, non trovi?-
Le chiese con un sorriso.
-Sì, mi fa molto piacere.-
-Non capita quasi mai. Non viviamo più insieme da tre anni, e ad eccezione di qualche visita, non ci vediamo praticamente più. Dimmi Nana, questo ti rende felice?-
Nana si soffocò col suo cappuccino. Lo sguardo di Takumi era triste. Cos’avrebbe dovuto fare? Mentire, dirgli che in fondo le stava bene, o raccontargli la triste verità? Che era totalmente insoddisfatta?
-Se mi rende felice? Certo che no, Takumi. Non è la vita che una donna sogna.-
Optò per la verità. Nel corso degli anni aveva imparato che le menzogne non portavano a nulla di buono.
-Mi spiace averti causato tutto questo. So di essere il diretto responsabile.-
Tacquero. Il silenzio di lei fu più eloquente di qualsiasi parola. Non doveva aggiungere nient’altro.
-Ho causato infelicità a molta gente, Nana.-
Quella confessione la spaesava, Takumi non era mai stato così aperto, e sicuramente non era il tipo di persona che si piange addosso.
-Takumi, ma cosa dici?-
Sapeva bene cosa diceva. Aveva rovinato la vita di Reira e di Shin, costringendoli ad allontanarsi. Era colpa sua, se Ren non avrebbe mai conosciuto il suo padre biologico. Aveva spezzato quel legame solamente in favore del suo lavoro, considerandolo più importante di qualsiasi altra cosa al mondo.
E poi Nana. In fondo se era stato a letto con lei, quella notte, era stato solo per ripicca nei confronti di Nobu. Se fosse stata quella la sera in cui era stata concepita Satsuki? Se non si fosse intromesso, forse adesso Nana non sarebbe madre, e condurrebbe una vita felice insieme a Nobu. Ma non aveva saputo tacere il suo orgoglio, aveva dovuto dimostrare a Nobu quale fosse il vincitore, tra i due, anche se il palio non gli importava gran ché. Quante persone aveva ferito, a causa del suo egoismo?
-So quello che dico, Nana. Ecco perché ho una cosa per te.-
Poggiò sul tavolo una carpetta. Nana l’aprì e vi trovò alcuni fogli protocollo spillati insieme. Lesse velocemente la prima pagina, portandosi la mano alla bocca.
-Vuoi divorziare Takumi?-
Lui non rispose. Gli occhi della donna si fecero grandi, enormi. Pretendeva delle spiegazioni.
-Perché?-
Domandò, sventolando i fogli.
-Perché sono stanco di tenerti in gabbia, sia te che Reira. Tengo il piede in due staffe, e questa cosa non giova a nessuno. Non fare quella faccia, suvvia. Voglio semplificare le cose a tutti. Ti sembra sbagliato?-
No, non era sbagliato, era sensatissimo, Nana lo riconosceva. Eppure quella notizia inaspettata l’aveva sconvolta.  Era sopraffatta da due sentimenti opposti, era spaventata, ma allo stesso tempo sollevata. Aveva preso in considerazione quell’idea diverse volte, ma le era sempre mancato il coraggio di pensarci concretamente, di fare qualcosa. Aveva preferito soffrire per anni in silenzio, timorosa di dare altre grane a Takumi. Lei gli voleva bene, cercava di proteggerlo.
Lo guardò intensamente negli occhi, e la sua vista si offuscò  un poco. Le lacrime avevano fatto capolino sui suoi grandi occhi castani, anche se si rifiutarono di scivolare sulle guance.
-Ti vorrò sempre bene, Takumi. Te lo giuro.-
Gli disse, passandogli il dorso della mano su una guancia.
Takumi abbassò la testa, come un cucciolo domato e si lasciò coccolare per la prima volta. Lasciò che Nana gli accarezzasse il viso con tenerezza, conscio che quelle mani non l’avrebbero mai più sfiorato in futuro, conscio che quel momento d’intimità tra loro sarebbe stato l’ultimo. Le afferrò la mano, bloccandola, e le baciò i palmi delle dita. Un brivido strisciò sulla schiena di Nana.
-Anche io.-
Poi la lasciò andare.
 
 
***
Hachi
 
Quando terminai il mio racconto, Yasu rimase in silenzio. Non avevo idea di cosa gli stesse passando per la mente, potevo solo fare delle supposizioni.
-Ti rendi conto, che se tu adottassi quel bambino, saresti per sempre la sua tutrice?-
-Sì.-
-In ogni caso, in ogni situazione.-
-Sì.-
-Diventerebbe figlio tuo a tutti gli effetti. Significa che ne sarai responsabile a vita, che Reira non avrà nessun’autorità.-
Capii immediatamente. Non dubitava di me e delle mie intenzioni, ma di quelle di Reira. Temeva forse che col tempo avrebbe cambiato idea?
-Reira è sicura di non volerlo.-
-Non potresti aspettare un paio di mesi? Quel bambino è nato appena poche settimane fa.-
-Lo so ma…-
Come avrei potuto spiegargli che desideravo ardentemente crescere il figlio di Shin come mio? Non potevo rivelare quella verità a nessuno. Come giustificarmi?
-Nana, cosa succederebbe se Reira cambiasse idea quand’è ormai troppo tardi? Credo che al momento sia troppo poco lucida per poter prendere una decisione così importante. Dalle un paio di mesi, tre al massimo. Il bambino sarebbe comunque ancora troppo piccolo per poter conservare dei ricordi qualsiasi. E poi nulla ti vieta di crescere Ren anche se non sei legalmente legata a lui.-
Aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiusi. Yasu non mi venne in soccorso.
-Hai ragione, Yasu, forse dovrei aspettare.-
Alla fine mi arresi. Non c’era nient’altro che potessi dire senza rivelare quelle scomode verità.
Il silenzio era rotto solo dal ticchettio dell’orologio da parete alle sue spalle, e dall’accendino che Yasu aveva appena usato per accendere la sua Black Stone.
-Reira e Takumi un figlio insieme. Chi l’avrebbe mai detto?-
-Già.-
Ecco, proprio quello che avrei voluto evitare. Yasu non me lo chiedeva direttamente, perché l’ indiscrezione non era nella sua indole, ma sapevo bene cosa stesse pensando: per quale ragione mi battevo tanto per ottenere l’affidamento del figlio della donna con cui mio marito mi aveva tradita?
-Non ti da fastidio?-
Chiese infine, semplicemente.
-All’inizio sì, poi mi sono abituata all’idea.-
Mentì.
-Vedi? Non c’è più nulla che possa fare per cambiare il passato, a cosa serve continuare a portare rancore? Prima accetto la faccenda, prima riesco a ricominciare la mia vita. So che è strano, che farai fatica a capire, ma certe cose non si possono spiegare. Io voglio solo una famiglia normale, Yasu.-
Anche se, di normale, in quella storia non c’era proprio nulla!
-Mi prometti semplicemente che manterrai il segreto?-
-Te lo prometto. E ad ogni modo, sono legato dal segreto professionale.-
Rise dolcemente.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Hachi

Nana, ti riconosci nella persona che sei adesso?

 
       

***

-Stop! Buona. Accidenti Shin, non sapevamo che nascondessi anche il talento teatrale, c’è qualcosa che non sai fare?-
Esclamò il cameraman, allontanandosi dalla sua apparecchiatura.
Il regista era profondamente sorpreso e soddisfatto. Aveva sperato con tutto il cuore che quel ragazzo fosse tagliato per la cinepresa, lo voleva a tutti costi nel suo film, se non altro per approfittare delle milioni di fan che desideravano solamente rivederlo sulla cresta dell’onda. Shin sarebbe stato un’ottima fonte di guadagno, ne era certo. Il suo provino aveva superato di gran lunga le aspettative. C’era da lavorarci, quello sì. Possedeva già ottime caratteristiche, quali il carisma, la capacità di improvvisazione e la disinvoltura col quale si muoveva di fronte all’obiettivo, e questo facilitava il lavoro, ma non aveva ancora ben chiaro il concetto di “denudarsi” di fronte alla videocamera. Le espressioni facciali, la postura e il timbro della voce erano spesso in concomitanza tra loro, il personaggio che Shin interpretava era del tutto naturale. Aveva un unico difetto: non si spogliava. Sembrava che fosse avvolto da un alone, una pellicola, qualcosa che lo rendeva poco nitido, ma al momento questo non aveva grande importanza. Il regista era sicuro di poter scavare dentro il ragazzo, di poterne tirare fuori un ottimo attore. Per il momento, il suo bel visino, la fama di cui godeva già e il suo trascorso in galera gli avrebbero assicurato un rialzo degli ascolti.
Aveva anche deciso di modificare leggermente il copione, in modo da lasciargli più spazio. Non lo avrebbe pagato molto, almeno per il momento, o si sarebbe subito montato la testa. Sapeva bene come funzionava il cervello di quelli lì, gli davi un dito, e si prendevano tutto il braccio. Shin era scaltro, non avrebbe tardato a capovolgere la situazione a suo vantaggio se si fosse reso conto del potenziale che possedeva. No, andava un po’ scoraggiato.
-Suvvia, non esageriamo. Non è male, c’è da riconoscerlo, ma non credo che sia così talentuoso. Ho visto provini migliori. Ad ogni modo, sei sicuramente superiore a quelli che si sono presentati, quindi potresti anche ottenere la parte Troppo facile gareggiare così. Beh, come si dice in questi casi: le faremo sapere, signor Okazaki.-
Shin gli lanciò e lo stesso sguardo intenso che aveva rivolto alla videocamera poco prima, e il sorriso beffardo sulle sue labbra sembrava dire “accetto la sfida”. Una gallina dalle uova d’oro.
 
 
***
-Cos’hai intenzione di fare quando verrai dimessa dall’ospedale?-
Domandò Hachi, spostando le tende verso l’esterno, rendendo la stanza d’ospedale più luminosa.
-Tornerò a casa di mia madre. Non ho altra scelta.-
Ciò che avrebbe voluto chiederle in realtà era “cos’hai intenzione di fare con Ren?” ma le sembrò poco ortodosso porre la domanda in maniera così diretta.
-Ah. Come l’ha presa, a proposito?-
Reira sorrise.
-Ci credi se ti dico che non se ne è neanche resa conto? Mi è bastato indossare magliette larghe per nascondere la pancia, mia madre non si è mai accorta di nulla. Non è esattamente un’acuta osservatrice. Ha giustificato l’aumento di peso come “reazione alle medicine” che, detto tra noi, non ho neanche mai preso.-
-Ma… E come farai con Ren?-
Beh, a quel punto non poteva non domandarlo. Reira la guardò dritto in mezzo agli occhi, con un’espressione indecifrabile.
-Ren rimarrà con voi.-
Tacquero entrambe. Hachi si sforzò di leggere lo sguardo della ragazza. Era triste? Spaventata? O semplicemente confusa?
-Hai cambiato idea, riguardo all’adozione?-
-No… Certo che no, è solo che mi chiedevo se è davvero ciò che tu vuoi.-
Reira abbassò gli occhi, e adesso il suo stato d’animo era abbastanza chiaro.
-Voglio solo il meglio per lui. Io non sono in grado di crescere un figlio, me lo sento. Ho paura di prendermi delle grandi responsabilità, temo di non riuscire ad esserne all’altezza.-
Hachi si avvicinò alla ragazza e le prese la mano nella sua.
-Reira, nessuno di noi è perfetto, tutti commettiamo degli errori. Credi che io non abbia paura? Ne ho, e anche tanta. La maternità non è mai facile per nessuno. Mi terrorizza l’idea di fare un passo falso che potrebbe rendere mia figlia infelice, e allora ogni giorno cerco di fare del mio meglio. Satsuki mi sprona. L’arrivo di un figlio è una sfida, certo, ma di quelle che tirano fuori il meglio di te. Io mi sento una persona nuova. E poi sai? Quando diventi mamma, smetti di essere sola. Almeno, per me è così.-
Hachi guardava un punto impreciso sul pavimento, e Reira abbassò la testa in direzione di suo figlio. Il piccolo bambino biondo dormiva profondamente. Aveva scoperto di amare guardarlo dormire, o tenerlo tra le braccia, respirando intensamente l’odore della sua pelle. Le piaceva accarezzare la testa ovale, ricoperta da fini filamenti dorati. Quando Ren piangeva, se lo portava al petto e lo dondolava. Dopo pochi minuti lui smetteva, si stringeva al suo seno e rimaneva così, sereno.
Aveva sentito dire che i bambini riconoscono il battito del cuore della madre, perché sono stati abituati a sentirlo per ben nove- in questo caso sette- mesi. Forse per questo Ren si quietava quasi all’istante.
Ma lei non poteva crescerlo, perché ogni volta che lo guardava le tornava in mente Shin. Anche se quella creatura era troppo piccola per avere dei lineamenti facciali già definiti, Reira riusciva a vedere i tratti di Shin ovunque. Negli occhi grandi, nel naso piccolo e centrale, nelle labbra fini. Si chiese cosa vedessero le altre persone, quelle che non avevano Shin stampato a fuoco nella memoria.
Non poteva crescere quel bambino. Doveva, almeno per una volta, smettere di fare l’egoista e pensare al bene di qualcuno che non fosse sé stessa.
-Nana, non lo voglio perché per lui non provo nulla.-
Fu come se qualcuno le scagliasse addosso una pietra.
 
***
 
-Il figlio di Takumi e Reira? Incredibile.-
Era raro che Miu si sconcertasse per qualcosa, solitamente non lasciava che le emozioni avessero la meglio su di lei, quella notizia doveva averla veramente sconvolta.
-Già, non me lo spiego neanche io. Insomma, sì Reira ha sempre nutrito dei sentimenti piuttosto forti nei confronti di Takumi, ma credevo che lui non fosse mai stato interessato a lei, in quel senso.-
-Sì, conosco le vostre teorie. So anche però che Takumi è un incallito donnaiolo.-
-Già, ma Reira…. Insomma, ha rischiato di compromettere l’equilibrio dei Trapnest.-
-Stai davvero pensando alle sorti del gruppo?-
-Cosa vuoi farci? Sono un ex musicista anch’io.-
-Ad ogni modo, la cosa che più mi sorprende è la reazione di Nana.-
-Se ci rifletti bene, in fondo non è così strana.-
Yasu si portò le mani dietro alla nuca.
-Nana è una ragazza un po’ vecchio stampo, crede fermamente ai valori del matrimonio e della famiglia. E poi, immagina il dispiacere che darebbe ai suoi genitori, se si separasse da Takumi dopo appena un paio di mesi dal matrimonio. Rimarrebbe da sola, e con una figlia oltretutto.-
-Non mi dirai che pensi che Nana resti con Takumi solo per una sua convenienza.-
-No, non lo penso. In realtà credo che gli ideali di Nana siano più forti del suo orgoglio, tutto qui. E’ solo che mi spiace per lei, e per tutte le gatte da pelare che le sono state date in questi ultimi mesi. E’ una brava ragazza, Nana, solamente un po’ svampita.-
-Sono d’accordo con te. E’ semplicemente troppo buona, con alcune persone ci vorrebbe un bastone di legno.-
-Ad esempio con me?-
-Eh? No, ma cosa c’entri tu?-
-Non lo so, volevo solamente togliermi dei dubbi.-
-Ad ogni modo, sarà meglio che adesso torni in hotel e ti lasci lavorare in santa pace. Ci vediamo domani.-
Miu sollevò la sedia dolcemente e fece per alzarsi. Yasu le bloccò la mano.
-A proposito. Sai Miu? Questa cosa non ha senso. Ci vediamo solamente un paio d’ore al giorno, tu vieni a trovarmi, pranziamo insieme e poi te ne vai, se tutto va bene ci sentiamo al telefono e ci rivediamo l’indomani.-
Miu lo fissò in silenzio, non era certa di dove volesse andare a parare.
-E quindi? Cosa c’è di così sbagliato?-
-Niente, affatto. E’ solo che mi chiedevo… E se ti trasferissi nel mio appartamento?-

                                                                 
***
-Shin, sei stato fantastico!-
Misato aveva assistito al provino ed era entusiasta di quella performance.
-Tu dici? Il regista mi sembrava poco convinto.-
Rispose Shin scettico, accendendosi una sigaretta.
-Naa, quella è tutta tattica. Fidati di me, gli sei piaciuto!-
-Tu dici?-
-Ne sono sicura.-
-D’accordo, ti credo.-
Disse infine, sorridendo.
-Allora, Misato, facciamo un patto. Se ottengo la parte, ti porto fuori a cena.-
-Ci sto, ma solamente se posso scegliere io il ristorante.-
-Andata!-
Shin le porse una mano, e la ragazza l’afferrò energicamente. Si sorrisero reciprocamente.
-Sai cosa? Se tu diventassi un attore, io vorrei tanto farti da agente.-
-Attore? Suvvia, Misato, si tratta di una comparsa in un film di basso budget, non credi di volare un po’ troppo in alto con la fantasia?-
-E tu non credi d’essere un po’ troppo pessimista invece? E se questa parte fosse il trampolino di lancio? Ci hai mai pensato a questo?-
-No, non ci ho affatto pensato.-
-Visto? Sei sempre il solito cinico, perché devi essere sempre così cupo?-
-Perché quando ci si creano delle aspettative e queste non si realizzano, il colpo è più duro. Quando tieni tanto ad una cosa, hai troppo da perdere. E’ meglio non farsi delle illusioni, prendere la vita così come viene, consapevoli che tutte le cose belle sono destinate a finire… O a non iniziare.-
Misato s’immobilizzò. Non le aveva mai parlato in quel modo. Cosa c’era nel passato di quel ragazzo che lo rendeva così sprezzante nei confronti della vita? Lei era piuttosto realista, e nonostante la sua vita non fosse sempre stata rose e fiori, le piaceva di tanto in tanto abbandonarsi ad attimi di felicità e positivismo. L’indole negativa di Shin le sembrava eccessiva, specialmente per un giovane di quell’età. Promise a sé stessa che avrebbe fatto qualcosa per cambiarlo, per dimostrargli che il mondo non era affatto tutto nero.
Decise che l’avrebbe salvato.

***
Il sole stava tramontando quando Ren iniziò ad emettere dei lamenti. Aveva fame, presto avrebbe iniziato a piangere. Reira lo sollevò dalla sua culla e lo sdraiò tra le sue braccia. Si avvicinò alla finestra e iniziò ad allattarlo. Il bambino cercò il suo seno alla cieca, quando lo trovò si calmò. Reira sentì i muscoli del suo piccolo corpo rilassarsi.
Si chiese se in effetti fosse davvero lei la responsabile, o semplicemente il nutrimento che stava finalmente arrivando nello stomaco vuoto.
Rimase in piedi di fronte alla finestra per tutto il tempo della poppata, rifiutandosi di guardare il bambino dritto in faccia.
-Ah, i figli.-
Sospirò un’infermiera che era appena entrata nella sua stanza.
-Non si è mai realmente completa senza. Voglio dire, sì ci sono donne che vivono felici anche senza, ma semplicemente perché non hanno mai provato la gioia di tenere un pezzo della loro carne tra le braccia.-
-Un pezzo della loro carne?-
-Sì, insomma, si fa per dire, alla fine non si tratta di carne, ma di cuore. Questo diavoletto qui si è fatto spazio nel suo corpo, giorno dopo giorno, mese dopo mese. Mia figlia è stata il mio primo vero amore. Fino ad allora avevo creduto di aver amato intensamente solo mio marito, ma mi sbagliavo. Madri e figli si amano sin dal primo sguardo. Questo piccoletto qui è una benedizione, mi creda. Noi donne siamo così fortunate, siamo state create in modo da poter donare la vita. Li facciamo nascere, li cresciamo, li educhiamo e insegniamo loro come stare al mondo. E, anche se un giorno loro prenderanno la loro strada, resteranno per sempre nel nostro cuore. Il figlio è la gioia più grande di una donna, a mio parere. Posso vederlo, a proposito?-
Reira non ebbe il tempo di rispondere, che l’infermiera stava già toccando la testa del piccolo Ren.
-Che amore di bambino, un capolavoro! C’era da aspettarselo dopotutto, lei è una donna veramente bella.-
-Cosa? Trova che mi somigli?-
-Ma è naturale! I suoi stessi occhi grandi, il nasino piccolo piccolo che sembra quello di una bambola di porcellana, e le labbra sottili ma ben definite. Potrebbe lasciarlo in nurseria di là, e chiedere a qualcuno di indovinare quale sia il suo fra i tanti, e quello non avrebbe alcuna difficoltà. Adesso, mi scusi, ma devo continuare il mio giro, le ho già rubato fin troppo tempo.-
La donna si allontanò con passo svelto, alzando la voce per fermare uno dei medici che passeggiava in corsia. Reira abbassò lo sguardo e guardò di nuovo Ren. Studiò per bene i tratti somatici del bambino, e quasi non scoppiò in lacrime quando, per la prima volta,  ci si riconobbe.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Hachi
 

Nana, a volte mi chiedo se questa continua ricerca di te non sia un atto di puro egoismo.
E se tu non volessi essere trovata?

***
 
Hachi

4 anni dopo

 
Quella giornata l’avrei ricordata per sempre, ne ero certa: la sera prima Nobu mi aveva baciata sulle sponde del Tamigi, adesso Takumi mi proponeva il divorzio e nel giro di poche ore avrei incontrato finalmente Nana. La testa aveva cominciato a girarmi a metà pomeriggio, ma non lo avevo detto a nessuno, non volevo che si preoccupassero per me, non ce n’era affatto bisogno, sapevo esattamente cosa fosse ad attanagliarmi lo stomaco: paura. Paura della reazione del tutto imprevedibile che avrebbe avuto Nana. Mi chiesi se stavo facendo la cosa giusta. E se l’avesse presa male? Se mi avesse urlato contro di sparire dalla sua vita? Se fosse scappata di nuovo?
Cosa mi aveva dato il diritto di credere che lei volesse veramente rincontrarci? Eppure il desiderio di rivederla dal vivo,  fosse anche un’ultima volta, mi divorava. Forse mi stavo comportando da egoista, ma non riuscivo a tirarmi indietro, specialmente adesso che ero a un passo da lei.
Feci un giro per Londra da sola, ma non frequentai le zone gremite di turisti, che tra l’altro conoscevo già, scelsi di attraversare le piccole stradine più deserte, avevo bisogno di schiarirmi le idee.
Takumi voleva divorziare da me. Immaginai che una guardia infilasse la chiave nelle manette immaginarie che mi avevano tenuta intrappolata tutti questi anni e mi liberasse. Mi sforzai per sopprimere quest’immagine crudele, ma era troppo tardi. Quel senso di libertà che non provavo ormai da tempo mi stava di nuovo vibrando nel corpo. Sapevo che sarei per sempre stata legata a Takumi, e non c’entrava solamente Satsuki, e non avrei davvero mai smesso di volergli bene, ma in cuor mio mi ero sempre sentita prigioniera di una vita che non mi apparteneva realmente. Aveva ragione, perché continuavamo a fingere? Non eravamo più una famiglia da tre anni. Ma in fondo lo eravamo davvero mai stati? Sia chiaro, non dimenticherò mai le premure che Takumi mi aveva riservato durante la mia gravidanza, non dimenticherò mai la sua dolcezza nel periodo post parto, e non dimenticherò mai quell’unico anno che avevamo trascorso insieme, prima che si trasferisse a Londra insieme a Reira e Ren. Ma perché mi stavo lamentando? Non ero stata forse io a incoraggiarlo? Sì, lo avevo fatto, ma in mia difesa, non credevo che la situazione si protraesse così a lungo. In quel tempo Reira aveva bisogno di qualcuno al suo fianco, e quel qualcuno non poteva esser altri che Takumi. Di me era chiaro che non si fidasse, e chi altro le rimaneva?
Sembrò la cosa migliore, al momento. Takumi aveva ricevuto un’offerta lavorativa proveniente da Londra, e mi chiesi se quella non fosse l’occasione migliore per lasciare che Reira trascorresse del tempo insieme al suo bambino, senza dover sentirsi di troppo. Ero certa che un paio di mesi sarebbero bastati, che prima o poi Takumi mi avrebbe proposto di raggiungerlo, come stabilito. E invece ogni volta rimandava, mese dopo mese, dicendomi che Reira era tornata quella di un tempo, che non se la sentiva di rovinare la sua felicità. E così, lentamente, rovinò la mia. Infine smisi di chiedere e mi abituai a quella situazione, così come al resto delle cose. Decisi di traslocare in una casa più piccola, quei grandi spazi vuoti mi deprimevano.
Sospirai ripensandoci. Presto Takumi non sarebbe mai più stato mio marito. Bastava solo una firma. A noi non sarebbe cambiato nulla, dopotutto. Avremo continuato a fare così come avevamo sempre fatto. Occorreva solo quel pezzetto di carta per rivelare a un giudice ciò che noi ci eravamo impegnati a tenere nascosto. Mi guardai l’anulare, che presto sarebbe stato vuoto. Anche Nana aveva un anello identico a quello lì. Lo indossava ancora. Che cosa provava?
 
Quando tornai in hotel non mi sorpresi di trovare Nobu ad aspettarmi, tuttavia provai disagio.
-Ehi ciao. E’ da un po’ che ti aspetto.-
Avevo fatto tardi di proposito, ma a quanto pareva avevo fatto male i conti.
-Sì? E come mai mi hai aspettata?-
Che domanda stupida! Doveva averlo pensato anche lui, perché aveva assunto una strana espressione.
-Beh, per parlarti.-
Oh Nobu, non adesso ti prego. Dammi solo il tempo di rimettere in ordine i miei pensieri, di risistemare quel poco che basta la mia vita per poterti finalmente amare come desidero fare da ben 4 anni. Ti prego Nobu, abbi ancora un po’ di pazienza.
-Ma l’appuntamento è tra poco.-
-Su, mancano ancora un paio di minuti, e quelli dovrebbero bastare per dirti tutto ciò che penso.-
Sperai che il mio silenzio lo scoraggiasse, ma lui si avvicinò ancora di più alla porta della mia stanza e aspettò che l’aprissi. Quando entrai sentii un freddo brivido attraversarmi la spina dorsale. Nobu aveva lasciato che lo anticipassi, e la sua presenza alle mie spalle mi paralizzava. Chiuse la porta e si avvicinò alla finestra. Teneva le distanze da me. Avevo già capito tutto e volevo assolutamente impedirlo, ma davvero non sapevo da dove cominciare.
-Ieri ho fatto un errore, Nana, e volevo scusarmi con te. Non avrei dovuto baciarti.-
“Un errore? Nobu, ieri mi sono sentita bene per la prima volta dopo anni, non devi scusarti!”
-Non ti mentirò, in questi anni ho fatto di tutto per dimenticarti, per scacciarti via dalla mia mente, e avevo persino creduto d’avercela fatta. Ma ho capito che ho solo fatto finta, che non mi è mai passato.-
“Neanche a me è mai passato Nobu, ho finto anch’io per tutto questo tempo, ma davvero non te ne sei accorto?”
-Il bacio di ieri…-
“Mi ha riportata indietro nel tempo, mi ha fatto provare emozioni che credevo d’aver dimenticato.”
-E’ stata una mancanza di rispetto nei tuoi confronti, nei confronti del tuo matrimonio.-
“Quale matrimonio, Nobu? E’ tutta una farsa. Sta per finire tutto, e ti giuro che allora sarò tua per sempre.”
-Ho parlato con Takumi oggi, Nana, e credo che lui sia veramente innamorato di te.-
“Cosa? Ma no Nobu, devi aver capito male.”
-Dice di voler la tua felicità.-
“Ed è per questo che mi ha chiesto il divorzio.”
-Ed è quello che voglio anche io. Voglio che tu sia felice Nana.-
“Solo tu puoi rendermi felice come merito.”
-Perché ti amo.-
“Ti amo anch’io, Nobu. Non ho mai smesso.”
I miei occhi si riempirono di lacrime e prima che potessi dire qualcosa, qualsiasi cosa, qualcuno bussò alla porta. Non riuscì a muovermi da dov’ero. Rimasi impietrita di fronte a Nobu. Lui mi guardava dal suo posto, vicino alla finestra, e stampato sul suo viso c’era un sorriso amaro che contrastava con ciò che aveva appena detto. Quando si confessa il proprio amore, dovrebbe seguire un lungo e intenso bacio, non una smorfia di pena.
-Hachi, ci sei?-
La voce di Shin mi riportò alla realtà. Nobu si era mosso, passandomi accanto. Avrei voluto afferrare la sua mano, tirarlo verso di me e trattenerlo in un lungo abbraccio. Desideravo sentire il suo profumo sulla mia pelle, desideravo il suo sapore sulle labbra, la sua pelle tra le dita. Avrei voluto urlargli tutto il mio amore, ma lui mi aveva già superata e stava aprendo la porta.
 
Naoki si era offerto di accompagnarci. Io sedevo sul sedile anteriore al suo fianco, Yasu, Shin e Nobu, invece, stavano dietro. Naoki parlava a raffica di cose che non capivo, che non ascoltavo neppure. La conversazione di poco prima mi aveva tolto ogni energia. Ero di nuovo riuscita a far soffrire Nobu, e il senso di colpa mi scaldava la nuca.
Quando arrivammo Yasu fu l’unico a scendere dall’auto.
-Io e i ragazzi abbiamo pensato che se Nana vedesse tutti quanti noi potrebbe avere una reazione eccessiva, quindi pensiamo che sia meglio se per il momento incontri solo te.-
-Che cosa? Quando l’avete deciso? Perché non me ne avete parlato?-
-Perché ti saresti agitata inutilmente. Ascolta, se qui tra noi c’è una persona che Nana desidera vedere, quella sei tu. E poi è stata tua l’idea di volare fin qui per trovarla, credo che dovresti farlo tu.-
-Ma io non so se…-
-Se te la senti? Coraggio Nana, con o senza noi, che differenza vuoi che faccia? Ricorda il motivo che ti ha spinta a venire qui oggi. Se anche dovesse andare male, potrai sempre dire d’averci provato, no?-
Forse ero troppo stanca per oppormi, per continuare a lottare, così accettai.
Quando aprì la porta fui subito trascinata dalla musica. La riconobbi ancora prima di vederla. La voce di Nana era unica e inconfondibile. Di fronte a me, non troppo lontana, una ragazza dai lunghi capelli biondi stava cantando, accompagnata da un pianoforte. Indossava un leggero top smanicato, e sul suo braccio sinistro spiccava il disegno di un fiore di Ren. Cantava ad occhi chiusi, ma nel momento in cui la porta sbatté li aprì e ne cercò la fonte. Io e Nana ci stavamo di nuovo guardando negli occhi.
***
Dopo il parto, Reira fu ospite per due settimane in casa nostra. Aveva bisogno di un posto nel quale nascondersi mentre recuperava le energie. Trovavo incredibile l’idea di nascondere una cosa tanto importante alla propria madre, ma non mi sembrava opportuno farglielo notare.
In quel periodo Reira appariva così fragile e vulnerabile, e in qualche parte dentro di me sentivo il desiderio di proteggerla. Forse perché capivo quanto male potesse fare la solitudine,  forse  perché eravamo entrambe due mamme novelle e inesperte, forse perché aveva partorito il figlio di Shin, o forse perché sono una persona buona.
Com’era prevedibile, la convivenza non fu certo facile. Reira, che solo pochi giorni prima mi aveva pregata di starle vicino, adesso mi evitava. Passava la maggior parte del tempo nella sua camera, solitamente da sola, mi occupavo io di Ren, ma alle volta sbucava per allattarlo e non lo riportava più indietro. Ignoravo quali fossero i suoi reali sentimenti, e lei non me ne parlava. Quelle poche volte in cui ci trovavamo nella stessa stanza ero io a rompere il silenzio, raccontandole aneddoti inutili, fini soltanto ad alleviare la tensione. Reira mi rispondeva garbatamente, ma non si preoccupava mai di dare il via ad una conversazione. In poco tempo la sua presenza riuscì a mettermi a disagio. Quando Takumi rientrava a casa, lei spariva nella sua stanza insieme a Ren, rifiutandosi persino di mangiare. Desiderai che si rimettesse quanto prima, non la volevo più.
C’erano state poche sere in cui Takumi aveva deciso di parlarle, si era chiuso in camera con lei e vi era rimasto per un lasso di tempo che a me sembrò lunghissimo, anche se, stando all’orologio, era talmente breve che la lancetta lunga si spostava di poco. Nutrivo gelosia nei confronti di Reira, anche adesso che sapevo che il figlio non apparteneva a Takumi, ma in fondo questo non garantiva affatto che tra i due non fosse mai successo nulla. Mi stupivo e vergognavo del cambio repentino dei miei sentimenti nei confronti di Reira e Takumi, e iniziai di nuovo a sentirmi prigioniera in casa mia, senza alcuna via d’uscita.
Quando, due settimane dopo, mi comunicò la sua partenza, io emisi un sospiro di sollievo. Mi aveva promesso che avrebbe badato personalmente a tutte le spese che riguardavano Ren, e ogni mio tentativo di dissuaderla sembrava persino infastidirla, quindi alla fine accettai la busta contenente il denaro, e la promessa che ne avrebbe inviata una ogni mese.
“Passerò a trovarlo, di tanto in tanto” aveva detto, ma io non le avevo creduto. Mentre si allontanava il mio pensiero volò a Nana, a come fosse stata brutalmente abbandonata quando era una bambina. Ma stavolta era diverso, Ren non poteva conservare alcun ricordo di quel momento e sarebbe cresciuto in una vera famiglia che lo avrebbe amato.
Io e Takumi allora iniziammo una nuova vita. Eravamo una nuova famiglia, ma non tardò molto perché mi accorgessi che non provava alcun che per Ren. Semplicemente, lo evitava.
Se con Satsuki amava giocare, parlarle, anche solo guardarla dormire, Ren era totalmente invisibile.
Sarà forse stato questo a indurmi a volergli ancora più bene. Quel bambino non aveva nessuno al mondo. Suo padre non sapeva neppure della sua esistenza e sua madre lo aveva appena abbandonato. Adesso io e Takumi eravamo i suoi genitori, dovevamo accoglierlo e amarlo come figlio nostro, ma questo concetto era tanto semplice per me, quanto complicato per Takumi. “In fondo non siamo i suoi veri genitori” aveva detto una volta, ferendomi. Quel bambino non avrebbe mai saputo la verità.
Contro ogni previsione, circa un mese dopo, Reira venne a farci visita. Non ci aveva neppure avvisati, era arrivata con un borsone carico di vestitini e giocattoli. In quelle quattro settimane Ren era molto cambiato, notò, e fece lui delle foto. Rimase un paio d’ore, poi tolse il disturbo. Ricevetti qualche telefonata sporadica in cui si limitava a chiedere come stesse, fino a quando, circa un mese dopo, tornò. Le sue visite, col passare del tempo, divennero più frequenti, e gli intervalli più brevi.
Non capivo questo suo atteggiamento, ma non la contraddissi mai. Una cosa però era chiara, Ren non le era affatto indifferente, anzi, era appurato che lo amasse.
Dopo circa cinque mesi si presentava a Tokyo regolarmente ogni settimana, e a volte si fermava persino per la notte. Un giorno mi feci coraggio e le chiesi se voleva riprenderlo con sé, per tutta risposta il suo sguardo si rabbuiò.
La situazione in casa non era comunque facile, Takumi aveva da poco iniziato a lavorare come manager per delle band emergenti, ma il lavoro non gli piaceva, si lamentava di continuo, soprattutto perché gli aspiranti emergenti non mancavano di fargli notare che fosse un “fallito”.
Un giorno Naoki gli telefonò, chiedendogli come andassero le cose. Si era trasferito a Londra, dove faceva il fotomodello, e quel pomeriggio gli propose di raggiungerlo.
“Sapessi quante band emergenti ci sono qui!” Gli aveva detto “Ti ci vedo proprio a fare il manager, sai? Perché non provi? Ti andrà meglio che con questi sfacciatelli.” Inizialmente gli rise in faccia, ma presto iniziò a ponderare su quell’offerta. Una sera, a letto, mi comunicò la sua decisione.
-Parto per Londra. Il mio talento è sprecato per questi ragazzini qui, in Inghilterra invece la musica continua ad essere viva e in pieno mutamento. Non dimentichiamoci che è stato proprio quel paese a dare i natali a gruppi dai nomi famosi.-
Ci rimasi male. Non mi stava chiedendo un parere, mi stava solo avvisando.
-Andrò da solo, mi ospiterà Naoki, quando sarò abbastanza indipendente, potrai raggiungermi.-
-Takumi, ho solo una richiesta.-
Lo supplicai.
-Resta almeno fino al primo compleanno di Satsuki-
Sapevo che quella era una cosa irrinunciabile per lui, e così accettò.
In quel periodo i bambini crescevano ogni giorno, un giorno lallavano, quello dopo iniziavano a strisciare, e in poco tempo imparavano come gattonare. Sorridevano, urlavano, iniziavano i loro monosillabi.
-Maaamma.-
Scandivo bene a Satsuki, ma Takumi voleva averla vinta.
-No, no, ma quale mamma? Devi dire paaapà, Satsuki, è più semplice.-
Era stato un bel periodo quello lì, per quanto le giornate fossero faticose, ero sempre felice.
Poco dopo il compleanno di Satsuki, come stabilito, Takumi partì. Mi mancava, era vero, ma avevo talmente così tanto da fare, che a volte non avevo neanche il tempo di pensarci,  il giorno si tramutava in notte con una velocità straordinaria.
Un giorno Reira, durante una delle sue visite a Ren, mi confessò che avrebbe tanto voluto passare più tempo insieme a lui.
-Sai? Ogni volta che vengo lo trovo cambiato. Adesso parla, gattona ed io non posso fare a meno di pensare a quante cose mi stia perdendo di lui. Non avevo considerato questo aspetto quando vi ho chiesto di adottarlo. Pensavo che liberarmene sarebbe stato più facile.-
Non seppi perché me lo disse, non era da lei aprirsi in questo modo con me. Forse fu questa sua confessione, forse la tristezza nei suoi occhi, o forse la consapevolezza che Reira amasse suo figlio più di ogni altra cosa, che alla fine mi fecero dire:
-Perché non lo riprendi con te, Reira? Per quanto io gli voglia bene, tu resti sempre sua madre, ed io vedo quanto questa distanza ti logori.-
Divenne nuovamente triste. Avevo notato come si voltasse ogni volta che Ren chiamava “mamma” e non mi era sfuggito nemmeno il suo dolore una volta appurato che non si stesse rivolgendo a lei.
-Come posso fare, Nana? L’ho tenuto nascosto a mia madre per tutto questo tempo, come posso presentarmi e dirle “ecco tuo nipote, è figlio di un minorenne scapestrato ex galeotto che non sa neppure della sua esistenza e quindi non lo crescerà!”-
Disse con voce spezzata.
-E allora scappa, non tornare a casa tua.-
-Dove altro potrei andare? Sono da sola e senza un soldo, come posso mantenere entrambi?-
-Perché non vai a Londra? In fondo c’è pur sempre Naoki, c’è Takumi e presto verrò anche io.-
Se io non le avessi suggerito quella folle idea, cosa ne sarebbe di noi quattro adesso? Vivremmo tutti insieme in quell’appartamento, come una vera e normale famiglia, dimenticandoci gli errori del passato e ricominciando da zero in una nuova città?
Non lo so. Non si può prevedere una cosa che non si è vissuta.
 
Risultati immagini per satsuki ichinose

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Nana

C’è la tendenza a credere che la fuga sia la via più facile.
E’ una bugia.
Quanti riuscirebbero a voltare le spalle al proprio passato, a rinunciare ad essere sé stessi?
Ho vissuto a lungo desiderando che il mio passato bussasse alla porta del mio presente.

 
 
    


***
 
Nana

Di solito il rumore della porta non lo sento nemmeno. Sono abituata a quel cigolio, al tonfo che fa quando si chiude troppo violentemente, al freddo pungente che mi sfiora la pelle ogni volta che si schiude. Non faccio neanche caso ai numerosi volti che mi ritrovo a fronteggiare. Potrei giurare che sono tutti gli stessi, raramente riconosco un cliente abituale, e non perché ce ne siano pochi, ma perché, semplicemente, non li guardo. La verità è che non mi interessa concentrarmi troppo sui loro lineamenti, quella gente è solo di passaggio. Eppure quella sera avvertì un brivido diverso, che non era certamente causato dal vento. Una forza superiore e indescrivibile mi costrinse a schiudere gli occhi. Mi era bastato un nanosecondo per riconoscere Hachi. Mille domande mi torturarono: che ci faceva a Londra? Che ci faceva all’Agorad? Mi aveva riconosciuta? Sapeva dove mi avrebbe trovata? E come?
Facendo finta di nulla, continuai la mia esibizione, che non si sarebbe protratta ancora a lungo.  E cos’avrei fatto dopo? Fingere che non fossi io? Mentire? Fuggire? O affrontare la realtà una volta e per tutte? Quante volte avevo sognato quel momento? Quello in cui finalmente qualcuno, invece di abbandonarmi, venisse a carcarmi. Hachi, da quanto ti aspetto…
Ma tu non puoi immaginare le innumerevoli volte in cui mi sei venuta in mente o in sogno. Non puoi certo sapere che sei rimasta nel mio cuore, e che ogni tentativo di cacciarti è inutile. Solo io conosco questa verità, e la custodisco con gelosia nel mio cuore.
Se esiste una persona che speravo di rincontrare, Hachi, quella sei tu.
Anche se non ti guardo, sento i tuoi occhi su di me. Non mi danno fastidio, anzi, vorrei  farmi più grande e occupare maggiore spazio, coprire la tua intera visuale, vorrei che ti concentrassi solo su di me. Col tempo non ho perso questa brutta abitudine, purtroppo. A cosa pensi?
Le canzoni che intono non le conosci, mi domando se ti piacciano. Non è il mio stile, è vero, ma riesci a scorgere la traccia della mia voce?
Sento un fremito nascermi nello stomaco, e se non sto bene attenta reprimerlo, rischio di stonare.
Non riesco ancora a crederci, anche se se lì in carne ed ossa. Mi ero rassegnata all’idea che ti fossi abituata alla mia assenza, che non ti dispiacesse neanche troppo, o che mi avresti creduta morta.
Spesso mi è capitato di immaginare il mio ritorno a Tokyo, nell’appartamento 707. Nelle mie fantasie tu eri sempre lì ad aspettarmi, fedele come un vecchio cucciolo che mai si è rassegnato. Scattavi al rumore della chiave all’interno della toppa, e ti precipitavi sull’uscio, per poi avvolgermi in un abbraccio. “Mi sei mancata” mi sussurri in un orecchio “non andartene più.” E allora io ti promettevo che sarei rimasta per sempre. Poi l’immagine svanisce. Non può continuare, capisci?
Io non sarei mai tornata indietro per niente al mondo. Ho abbandonato quella ragazza e quella vita, tutti i sogni, i progetti, le relazioni e gli affetti.
Mi commuove sapere che non mi hai mai dimenticata, che mi hai cercata. Ma adesso cosa cambierà?
-E adesso, signori e signore, ho l’onore di suonare per voi la nostra canzone di chiusura. Ho il piacere di comunicarvi che si tratta di un brano del tutto nuovo, scritto dalla nostra cantante, la bella Anna.-
Annunciò George, il mio pianista.
Hachi, sono così felice che tu sia lì per ascoltare la mia canzone. L’ho scritta tutto da sola, musica e testo, e so che tu capirai il significato nascosto dietro a ogni parola. So che ti piacerà, e allora è per te che adesso darò il meglio, per toccare le corde della tua anima, perché tu possa sapere che nulla è cambiato, che sono la Nana di sempre e che non ho dimenticato. Non rinnego il mio passato, Hachi, per quanto triste e doloroso sia.
 
“A little black cloud has taken the grief from the east.
I broke down in my tears.
I complained of the cruelty of my destiny.
I stood next to where you sleep.
Just I'm crying, am crying in a cold cold shadow alone.
Just I'm falling, am falling, blinded by your love.
My lord, My lord
My heart is in you
I feel you now. You don't want me anymore
Because I know your sigh will be the color of the wind.
And you wrap me gently. It's the shape of love.
It’s the shape of love.
A memory with you is also pulling my heart.
When will this pain melt away?
Even if I look for you to the end of the place.
I can't find you anymore.
Just I'm crying, am crying in a cold cold shadow alone.
Just I'm falling, am falling, blinded by your love.
My lord, My lord
Help me from this pain
I need you now
Please lead me to the way of light
Because I know your sigh will be the color of the wind
And you wrap me gently. It's the shape of love.
I cannot satisfy, God tell me where is my love.
My love.
My lord, My lord
My heart is in you
I feel you now. You don't want me anymore
Because I know your sigh will be the color of the wind.
And you wrap me gently. It's the shape of love
It’s the shape of love
Because I know you sigh (will be the color of the wind).
And you wrap me gently. It's the shape of love .”

 
https://www.youtube.com/watch?v=oKMWwmR4H5E
 

 
Ho finito, e come di consueto, saluto il pubblico e mi lascio presentare dal pianista George, come Anna Tsuchiya. E’ il mio nome Londinese, quello con cui la gente del posto è abituata a conoscermi. La storia di Anna è ben diversa e meno interessante, ma nessuno se ne cura troppo. In fondo a loro non importa sapere cosa si nasconde dietro alla cantante fuggita dal Giappone alla ricerca dell’affermazione personale. Sono solo una delle tante immigrate, una ragazza che ha abbandonato la sua vita infelice per inseguire i sogni che aveva da bambina. Nel mio caso, quello di diventare una cantante di fama mondiale, ma la famiglia in cui sono cresciuta, numerosa e severa, mi ha proibito di inseguire quel sogno, ed è per questo che sono fuggita. Adesso vivo nella speranza che un talent scout mi scovi e mi mostri le luci della ribalta.
E’ George che ha tessuto questa trama contorta e strappalacrime. Neanche lui conosce la verità su me e il mio passato, ma sono certa che mi creda un’ex prostituta fuggita dalla malavita o che so io. A me non importa, mi basta solo che non faccia troppe domande, e, col tempo, ha smesso di farle.
Mi inchino, e ti spio di soppiatto. Leggo qualcosa nel tuo sguardo, Hachi, che cos’è? Paura?
George, mi prende per mano e mi accompagna al bar per offrirmi un drink, come fa ogni sera. Ti passo davanti, ma tu non fai un solo cenno. E’ strano, sai? Averti accanto dopo tutto questo tempo. Mi domando spesso quanto tu sia cambiata, e cosa sia rimasto della ragazza che conoscevo.
Mentre lascio che mi servano un cocktail a sorpresa, come ogni sera, qualcuno si avvicina al mio sgabello. I clienti che vogliono complimentarsi, come se avessi fatto qualcosa di straordinario. “E’ il mio lavoro” vorrei dir loro semplicemente “credo che a voi nessuno faccia dei complimenti” ma taccio e mi limito a sorridere. Già una volta sono stata rimproverata per aver detto loro qualcosa del genere, ma George ha rimediato alla gaffe con la solita scusa “umorismo asiatico, la scusi, non conosce bene la nostra mentalità”.
-George, vado a prendere una boccata d’aria, non ti scoccia vero?-
-Come? No, vai pure, ma torna presto.-
Ti passo di nuovo davanti e varco la porta. So che mi seguirai, ne sono certa, e infatti non passa molto prima che la porta si riapra e che tu mi raggiunga.
Siamo una di fronte all’altra, a pochi centimetri di distanza. Mi sento vorticare nei ricordi Hachi, al nostro primo incontro, sul treno diretto a Tokyo.
- Volevo farle i miei complimenti, ha proprio una bella voce.-
Mi dici con un inglese che non credevo conoscessi. Ripenso al giorno in cui ci siamo trovate per caso all’interno dello stesso edificio. Allora non ti conoscevo affatto, credevo fossi una qualunque ragazza di periferia.
-E’ gentile da parte sua.-
Ripenso ai due bicchieri con le fragole.
-Sa? Mi ricorda tanto una persona…-
Alle passeggiate notturne.
-Me lo dicono in tanti. Ma in fondo gli asiatici si somigliano un po’ tutti, non è così?-
A quando mi portasti al concerto dei Trapnest.
-Credo. Ma io non mi riferivo solo al suo aspetto, sa? Ha una voce piuttosto familiare.-
A quando ti cantai sul tavolo della nostra nuova cucina.
-Anna, credo che sia ora di andare.-
George è apparso sulla soglia del locale e mi sollecita ad allontanarmi. Sa quanto poco mi piaccia conversare con la gente, e teme sempre che possa dire qualcosa di irriverente,o che mi comporti in modo sconveniente.
-Allora, signorina, ancora grazie per i complimenti, la saluto.-
Ti dico, e i tuoi occhi si rabbuiano. Ti faccio un cenno col capo e in attimo ti ho superata. Fermami, Hachi, ti prego.
-Sa, Anna?-
Mi dici afferrando la mia mano nelle tue. Hai le mani calde, Hachi.
-George, va’ dentro, ti raggiungo subito.-
Lui rotea gli occhi, come fa sempre quando gli si impartisce un ordine, e in un attimo torniamo ad essere solo io e te.
-Una volta avevo un’amica che faceva la cantante. La passione che metteva in ogni suo brano, io stasera l’ho ritrovata in lei. La sua voce, signora Anna, mi ha suscitato emozioni che non provavo da tempo. Sa una cosa? Oltre all’aspetto fisico e al timbro vocale, ci sono altre cose di lei che mi ricordano la mia vecchia amica Nana. Il suo tatuaggio per esempio…-
-Il fiore di loto?-
Corrughi le sopracciglia.
-Fiore di loto? No, quello lì è un fiore di Ren. Sono giapponese, lo so per certo.-
-Oh, forse il tatuatore deve aver fatto confusione.-
-E poi… Questo anello. Sa? Io e Nana lo avevamo identico, per cui lo riconoscerei tra mille.-
Alzi la mano e mi mostri la fede nuziale che Takumi ti ha regalato. Rimani così, con la mano sinistra sollevata per aria. Vedo i tuoi occhi riempirsi di lacrime, e non riesco a impedire che lo stesso accada a me.
-Nana, so che sei tu, smettila di fingere.-
In un attimo sento le tue braccia circondarmi il collo. Le tue lacrime mi bagnano il collo e la spalla. Io resto immobile per qualche istante. Il profumo della tua pelle, i tuoi capelli, le tue braccia, ti riconosco in tutto e per tutto, Hachi.
Non riesco a oppormi e alla fine cedo, ti abbraccio anche io e inizio a piangere insieme a te, in silenzio.
Finalmente sei tornata da me.
Risultati immagini per hachi and nana train           Risultati immagini per hachi and nana apartment 707
 
Risultati immagini per hachi nana concerto           Risultati immagini per hachi & nana bathtub
 
 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Hachi

"Ma tu ci credi, Nana, al filo rosso del destino?
Credi a quel legame eterno e indistruttibile?"

 
 
Risultati immagini per hachi nana hands
Hachi

Nana si staccò dal mio abbraccio e mi prese per mano, con l’altra si asciugava le lacrime.
-Questo non è esattamente il luogo migliore per poter parlare, Sali in macchina.-
Mi disse, indirizzando un mazzo di chiavi contro un’utilitaria non distante da noi.
-Guidi?-
Le chiesi sorpresa, lei mi fece l’occhiolino e mi mostrò un pezzo di lingua.
-Non l’avresti detto, eh?-
-Affatto!-
-Ehi Anna, dove stai andando? Mi hai detto di aspettarti!-
Il pianista era riapparso sulla porta d’ingresso dell’Agorad.
-George scusami, adesso sono troppo impegnata, a domani!-
In quel momento ebbi nuovamente paura. La Nana che mi stava di fronte era sicuramente diversa da quella che ricordavo io, aveva dei lunghi capelli biondi, cantava accompagnata da un pianoforte e aveva imparato a guidare. Cos’altro avrei scoperto di nuovo quella sera? E se in fondo non volevo scoprire nient’altro, in modo da conservare Nana così come l’avevo lasciata?
Oh, ma che sciocchezze, crogiolarmi nel ricordo di una persona che adesso avevo dinnanzi ai miei occhi in carne ed ossa. Era naturale che fosse cambiata, lo ero anch’io dopotutto.
-Coraggio, non aver paura, guarda che non l’ho comprata al mercato nero!-
Non potevo andarmene così, i ragazzi mi stavano aspettando dall’altra parte della strada, ma non potevo dirlo a Nana, temevo una sua reazione. Rimasi ferma lì dov’ero, e Nana battè la portiera dell’auto con forza.
-Hai paura che gli altri si preoccupino non vedendoti tornare?-
-Eeeeh?!-
Lo sapeva?
-Mi credi tanto stupida? Chi altri c’è di là?-
Fissai un punto imprecisato sul pavimento. Mi sentivo come una bambina che viene scoperta proprio mentre fa una marachella. Ma non aveva senso mentire adesso.
-Ci sono tutti, Nana: Yasu, Nobu e Shin.-
Giunse le mani di fronte al suo naso, appoggiando le braccia sul tetto dell’auto.
-Tutti quanti? Chi l’avrebbe detto? Pensavo che qualcuno mi portasse rancore.-
-No, Nana! Nessuno. Siamo tutti qui per ché desideravamo rivederti sana e salva, perché desideravamo parlarti finalmente di nuovo, perché ci sei mancata tanto e…-
-Come sapevate dov’ero?-
Mi interruppe bruscamente.
-Se te lo dico non ci crederai nemmeno. Qualcuno ti ha trovata prima di noi, ha scattato delle foto di te e dell’Agorad e ha persino registrato la tua voce. Ha lasciato questi indizi nella cassetta delle lettere dell’appartamento 707. Non sappiamo di chi si tratti, Nana, ma se si è rivolto a noi, anziché alla stampa, credo che non si tratti di qualcuno di pericoloso. Credo che sia qualcuno che a te ci tenga.-
-Questa storia non ha senso. Chiunque mi avrebbe venduta ai media Giapponesi.-
-Ma non lo ha fatto! Adesso qui ci siamo solo noi, i tuoi amici. Nessun giornalista, Nana, nessun inviato della televisione. Chiunque sia stato non voleva rovinare il tuo equilibrio qui a Londra, forse voleva solamente che ci rincontrassimo, forse in effetti, tiene più a noi che a te.-
Sentì i miei occhi inumidirsi e mi maledissi. Sembrava che col tempo non fossi neanche maturata, scoppiavo ancora in lacrime per un nonnulla. Ma Nana era lì, non volevo turbarla, non volevo sconvolgerla, e non volevo che cambiasse idea, che mi sfuggisse. Nana in quel momento era come una farfalla appena catturata, tenuta saldamente tra le mani chiuse per evitare che volasse via. Avevo paura che, se avessi aperto un piccolo spiraglio, quello necessario per ammirarne la bellezza, ne avrebbe approfittato per riacquistare la sua libertà, che lasciasse l’innocua prigione le cui sbarre erano le mie dita.
Rimanemmo entrambe in silenzio, sapevo che avrei dovuto dire qualcosa, ma non mi veniva niente in mente. Dovevo pesare accuratamente le parole, o avrei aggravato quella tensione.
Nana, non andartene di nuovo.
-Beh, spiegheremo tutto loro domani, adesso sali in macchina.-
 
Casa di Nana era diversa da come mi aspettavo. La mia ossessione nel credere che la vecchia Nana fosse ormai morta, mi aveva creato delle aspettative che si distanziavano molto dai miei ricordi. In realtà sbagliavo, la mia vecchia amica viveva ancora, e il suo cuore palpitava sotto quel petto.
Nana viveva in un bilocale non troppo ampio, grande abbastanza per due persone. L’ingresso dava su un soggiorno.
-Vado in bagno, tu accomodati.-
Mi disse, ed io approfittai della sua assenza per passare bene in rassegna l’arredamento. La stanza in cui mi trovavo era chiara, le pareti bianco panna si mescolavano col la moquette dai colori freddi. Un piccolo divano era stipato contro il muro, e su un tavolino vicini giacevano vecchie bottiglie vuote di birra. Di fronte al sofà c’era un piccolo televisore molto retrò, che immaginai fosse di seconda mano. Il tavolo da pranzo era molto piccolo, e vi era spazio per due sedie solamente. Mi resi conto che Nana non doveva avere molti amici a Londra. In un angolo era appoggiata una chitarra acustica (o classica? Non capirò mai la differenza) e, accanto ad essa, una credenza sulla quale erano disposte delle fotografie. Non tardai a riconoscere quella di Ren in primo piano, adornata da fiori freschi. C’erano altre foto, per lo più stralci di quotidiano incorniciati, che ritraevano i Blast e la Nana dai capelli corti e neri. La cosa che più mi sorprese comunque fu un’ultima foto. Raffigurava Nana di spalle, e sulla sua lunga schiena nuda era stato inciso con l'inchiostro il numero 707 . Nana non ci aveva mai dimenticati. Nessuno di noi.
 

-Di preciso Nana, cos’è successo dopo che hai lasciato il Giappone?-
-Vuoi sapere questo?-
-Certo. Voglio sapere tutto ciò che ti è successo da quando ti sei allontanata da noi, e poi io ti racconterò della mia vita invece, sempre che tu sia interessata…-
-Certo che lo sono. Dunque, non è semplice ma ci proverò. Innanzi tutto devi sapere che il motivo per cui sono fuggita riguardava principalmente le mie crisi. In quel periodo mi trovavo in una situazione di confusione perenne, la mia mente vagava senza sosta. Soffrivo la morte di Ren più di quanto ne dessi a vedere, mi portavo dietro il peso del fallimento dei Blast, attribuendomi ogni colpa, ed ero preoccupata, perché fra tutti sembravo essere l’unica senza un piano B. Io non volevo fare altro che cantare. Temevo inoltre di perdere te, che la nascita di tua figlia potesse allontanarci più di quanto il tuo matrimonio non avesse fatto,e infine, Yasu mi aveva confessato che mia madre, la donna che mi ha abbandonata all’età di 4 anni volesse incontrarmi di nuovo, Non sono riuscita a reggere tutti questi sentimenti, e l’unica via di scampo era proprio la fuga. Una volta ristabilitami, almeno fisicamente, tornai innanzitutto nella vecchia abitazione mia e di Ren, nella nostra città natale. Sapevo che non sarei potuta restare a lungo, che mi avreste cercata sicuramente, così mi affrettai a preparare un borsone e mi recai all’aeroporto. Non avevo la minima idea  di dove avrei potuto andare, non avevo mai viaggiato prima. Lessi i tabelloni cercando una risposta, e quella mi apparve. Un volo per Londra, in partenza tra sei ore. Penso che capirai perché abbia scelto proprio questa meta. Io allora non lo capì, mi indirizzai velocemente al check-in e acquistai un biglietto last minute. Attesi le sei ore pazientemente, meditando su quanto stessi facendo. Allora non avevo dubbi, sentivo che fosse la cosa migliore da fare.
Ovviamente, una volta arrivata qui, le cose non furono facili. Dovetti cambiare tutte le mie banconote in sterline, senza avere la benché minima idea di quanto equivalessero in yen.
I primi tempi li passai in uno squallido motel a basso costo, cercando lavoro. Non fu facile neanche un po’, parlavo l’inglese a malapena, e la gente non voleva darmi nessuna chance. Provai per mesi, giorno dopo giorno, imparai le vie di Londra in brevissimo tempo, tanto ero abituata a ripercorrerle. Per caso mi imbattei nell’Agorad, ma il cartello con su scritto “cercasi cameriera” mi attrasse all’istante. Il mio inglese era un po’ migliorato, lo studiavo regolarmente ogni notte, dentro a quella sudicia camera, cercando di distrarmi a causa dell’insonnia. Non feci una bella impressione sul proprietario, ma in qualche modo suscitai qualcosa nella moglie – forse pena – e riuscì a convincerlo a farmi fare una settimana di prova non retribuita, loro accettarono, a patto che cambiassi il mio stile, che a loro detta, non si adeguava alle esigenze e alla clientela del locale.
Dopo la prova mi assunsero, la moglie mi regalava spesso gli abiti smessi della figlia e mi garantivano un pasto caldo al giorno, il che mi facilitò parecchio le cose.
Al locale conobbi nuova gente, nessun amico, solo conoscenti che mi davano una mano a perfezionare l’inglese, tra loro c’erano Geroge, il pianista, e la sua ex moglie, che faceva la cantante. Lei si licenziò una sera a pochi minuti dall’apertura. Lei e George avevano avuto una brutta discussione (ma non la prima) e ad un certo punto lei s’infilò il giaccone e se ne andò via, urlandogli di non farsi più vedere. I proprietari decisero di far saltare la serata, ma George insistette che poteva lavorare anche senza la moglie. Chiese a tutte le cameriere se se la sentissero di sostituire la cantante, ma nessuno accettò. Non contento, ci offrì il doppio della paga e due ore lavorative in meno. A quel punto rifiutare divenne più difficile e allora mi feci avanti. Accettò senza neppure avermi ascoltata, purché conoscessi le canzoni.
Non fu una grande performance, lo ammetto, ma evitai una brutta figura al locale e guadagnai dei bei soldi. George mi propose di esibirmi con lui anche la sera seguente, e quella dopo ancora alle stesse condizioni, almeno fino a quando non avesse trovato una nuova cantante.
Andò avanti per un paio di giorni, quando finalmente si presentò con dei fogli. Immaginavo si trattasse dei curriculum delle aspiranti, ma invece si trattava di un nuovo brano. Mi disse di averlo scritto per la mia tonalità, e che se quella sera l’avessi soddisfatto, mi avrebbe ingaggiata in via definitiva.
Dopo un paio di mesi potei permettermi un appartamento tutto mio, frequentai la scuola guida e poi comprai un’auto di seconda mano. Le cose finalmente iniziavano a sorridermi.
Se ti interessa saperlo, nel corso di questi anni ho anche frequentato delle sedute psichiatriche, e col passare del tempo le mie crisi sono diminuite, fino a sparire.
Non ti negherò che ho pensato spesso di tornare a Tokyo, ma come avrei potuto? Cos’avrei fatto una volta lì? Non sapevo neppure se foste disposti a rivolgermi ancora la parola. Allora decisi di restare, e ogni giorno ricordavo a me stessa il motivo di quella scelta così faticosa.-
Quando Nana terminò, restammo per un lungo periodo di tempo in silenzio. C’erano tantissime domande che avrei voluto farle, ma volevo lasciarle un po’ di tempo prima di passare all’attacco.
-Nessuno sa la verità sul mio conto, Hachi. Non ho mai voluto risollevare il polverone sui Blast, non dopo che fosse tutto finito.-
-La stampa ti ha creduto morta. Per molto tempo lo abbiamo creduto anche noi. Per un po’ i giornali di gossip non parlarono altro che di te, di dove ti fossi cacciata, della possibilità che ti fossi suicidata gettandoti nel fiume in seguito alla scomparsa di Ren. Alla fine il dubbio assalì anche noi, fu forse il periodo più brutto della mia vita, sai? Neanche gli altri vivevano sereni, ti cercarono dappertutto, non ci rassegnammo per almeno un anno, ma tu non facevi sentire, non ti facevi vedere e piano piano quel dubbio iniziò a prendere forma, fino a diventare quasi reale. Non immagini quale sorpresa sia stata scoprire che tu fossi viva, che fossi  in salute! Una volta trovate quelle lettere e viste quelle fotografie il mio unico pensiero fu quello di rincontrarti ancora una volta, di poterti parlare, di poter ascoltare la tua storia. Vorrei poterti dire che ci sarei sempre stata per te, ma sarebbe una bugia Nana, perché neanche io me la passavo bene in quei giorni. Solo adesso riesco a capire come mai scegliesti questa via, invece di tentare di parlarne con noi, e so che non deve essere stato facile per te. Nana, in questo momento sono così felice che il mio cuore potrebbe scoppiare da un momento all’altro, te lo giuro. Ma adesso devi promettermi che non succederà mai più di farci perdere le tue tracce. Smettila di piangere e promettimelo!-
-Hachi, perdonami, ma la morte di Ren mi aveva privato di tutto, soprattutto della ragione. Sai una cosa? Io credo di non averla superata neppure adesso, io continuo a pensare a lui. E’ difficile rinunciare a qualcosa che si è amato così ardentemente, come io ho amato lui.-



-Ad ogni modo, adesso tocca a te.-
Iniziai il mio racconto da dove lo avevamo lasciato insieme, le raccontai della gravidanza di Reira, del nuovo lavoro di Takumi, del loro trasferimento, le raccontai del mio nuovo appartamento, del mio nuovo lavoro, le raccontai del bacio che io e Nobu ci eravamo scambiati sulle sponde del fiume Londinese e persino della richiesta di divorzio avvenuta solo poche ore prima.
Quando ebbi finito Nana mi guardò dritta negli occhi. Non aveva commentato nulla, era rimasta in religioso silenzio, ascoltando ogni parola.
-Allora adesso cosa farai?-
Mi chiese.
-Avvierò le pratiche del divorzio non appena tornata a Tokyo.-
-Non mi riferivo a questo, Nana! Cosa farai con Nobu?-
-E’ ancora troppo presto.-
Risposi, guardandomi la fede nuziale.
-Non voglio forzare le cose tra noi due, non sarebbe giusto dopo quanto è successo. Se glielo avessi detto oggi avrei rovinato tutto. Non voglio che le cose tra noi vadano velocemente, voglio quello che entrambi meritiamo: parlare, confrontarci, prenderci il nostro tempo e decidere insieme cosa fare e come. La verità è che amo troppo Nobu per lasciare che le cose si susseguano così rapidamente, lui non è il sostituto di Takumi, è l’amore della mia vita e gli darò tutto il tempo e lo spazio di cui necessita.
Nana, io lo amo davvero, da sempre.-
Nana sorrise, e mi apparve più fresca e radiosa di quanto non fosse mai stata.
-Se Nobu ti ha aspettata finora, continuerà a farlo. Due persone che si amano sono destinate a finire insieme, prima o poi. Come noi due.-
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Hachi

"Adesso che ci siamo ritrovate, Nana, tornerà tutto come una volta?"

 


***
George aveva osservato tutto dalla grande vetrata dell’Agorad ed era rimasto stupito. Quando aveva conosciuto Anna si era chiesto diverse volte quale segreto custodisse quella ragazza, e se era o meno il caso di fidarsi di lei. Aveva provato in ogni modo ad estoglierle informazioni, ma la ragazza si era sempre rifiutata di raccontare più del dovuto. Da quando la conosceva l’aveva vista interagire poche volte con le persone, e tenendosi sempre in qualche modo distante. L’abbraccio che aveva concesso a quella donna gli sembrava strano, fin troppo- Nessun amico era mai venuto a trovarla, si chiese in effetti se ne avesse mai avuto qualcuno.
Chi era quella donna? Non poteva fare a meno di domandarselo, ma sapeva che se anche gliel’avesse chiesto, Anna non avrebbe risposto. Era fatta così. Si chiese dunque cosa mai lo attirasse così tanto di lei, ma lo sapeva già: lei liberava un’energia unica, era come avvolta da un alone molto forte. Nessun’altra donna l’aveva, anche quelle che la superavano in bellezza (e ce n’erano molte, a dire il vero). Ma lei aveva qualcosa in più, lo sentiva. Non si trattava del suo carattere, né del suo atteggiamento, si trattava di qualcosa di intrinseco della sua anima, nella sua natura. Lui voleva spogliarla di ogni bugia, voleva arrivare al nocciolo della verità, desiderava, no, esigeva sapere chi fosse quella donna che lo aveva ammaliato e stregato.
Furioso, per come se l’era data a gambe senza preoccuparsi di fornirgli alcuna spiegazione in merito, decise di andarsene. L’aria pungente della notte lo aveva colpito brutalmente in viso. Si accese una sigaretta e ne aspirò una lunga boccata, poi sputò via il fumo con rabbia.
Si accorse quasi per caso di quel gruppetto di asiatici stanziati a pochi centimetri dal suo posto di lavoro. Quattro uomini. Stavano all’aria aperta, nonostante il clima. Qualcuno fumava. Non erano dei clienti, bensì turisti. Si domandò se anche loro avessero a che fare con Anna.
Si portò la mano alla bocca, aspirando ancora più avidamente il fumo. Non dovette avvicinarsi troppo.
-Buonasera. Scusate, siete giapponesi?-
Uno di loro, il più strano, quello che portava gli occhiali da sole, nonostante fossero al buio, lo guardò e gli rispose.
-Sì, è esatto.-
-Capisco. Siete amici di quella ragazza che è entrata poco fa? Non ho sentito il suo nome, ma stava cercando la cantante.-
-Sì, proprio così. Come mai ce lo chiede?-
-Le due sono andate via insieme, se la state aspettando, sprecate il vostro tempo.-
L’uomo allora disse qualcosa in giapponese al resto del gruppo.
-Bene, allora la ringraziamo per l’informazione.-
-Aspettate! Avrei una domanda. Voi… Sapete qual è il suo nome?-
Rimasero tutti quanti in silenzio, fissando l’uomo inglese con curiosità.
-Non credo dovrebbe interessarle, è una donna sposata.-
A parlare fu un ragazzo dall’inglese quasi impeccabile, che ad occhio e croce pareva il più giovane del gruppo.
-No, non avete capito, mi riferivo alla cantante. La conoscete giusto? Sapete quale sia il suo nome? Non vorrei che fosse avvicinata da un gruppo di persone che si fingono suoi amici e poi invece non lo sono, lo capite è vero? Dovreste dimostrarmi di conoscerla davverp, ditemi ad esempio qual è il suo nome, una cosa facile.-
Gli uomini si scambiarono uno sguardo silenzioso, pareva si fossero intesi.
-Ascolti.-
Disse di nuovo il giovane.
-Se pensa di prenderci in giro, si fidi, ha sbagliato persone. Evidentemente la sua cantante non la conosce bene, forse è per questo che cerca di estirpare informazioni sul suo conto, e mi dia retta è tempo sprecato. Faccia come se non ci avesse neppure visti stasera. La ringraziamo per l’informazione fornitaci, ma credo sia il caso di andare.-
E così dicendo, rientrarono tutti quanti in macchina, allontanandosi.
Amareggiato, George guidò fino a casa sua. Quei ragazzi dovevano sapere qualcosa, per forza. E dovevano anche esserle molto amici, altrimenti non l’avrebbero protetta in questo modo. O forse Anna era in pericolo? Avrebbe dovuto tacere? Ma no, se anche fosse stata in pericolo, se l’era certamente cercata.
Diverse volte, nel corso di quei quattro anni, si era domandato se non ci fosse dietro un problema legato alla criminalità, o a un giro di prostituzione. Quale altro movente, altrimenti, per nascondersi in questo modo?
Ripensò a quei ragazzi. Era certo di averli già visti, ma dove? Un uomo con gli occhiali da sole al buio, un ragazzino dalla capigliatura stramba e due biondini dal viso acqua e sapone. Era impossibile che li conoscesse, quelli erano giapponesi! Eppure, l’unico contatto che aveva col Giappone era proprio Anna, che c’entrasse lei? Dove li aveva già visti? Forse in una foto in casa sua?
Quando fece mente locale quasi non sbiancò. Ma certo che li aveva già visti, e proprio in casa sua! Ma non si trattava di una foto, no, quei ragazzi erano su uno stralcio di giornale che Anna aveva incorniciato.

Flashback di George, 3 anni prima.
-Beh, col trasloco siamo a posto, grazie per esserti offerto di aiutarmi, anche se ti avevo detto che non ce n’era alcun bisogno, ora potresti anche togliere il disturbo, vorrei dormire.-
-Sai Anna? Non ti facevo quel tipo di ragazza.-
-Eh? Ma di che diavolo stai parlando?-
-Delle ragazze che conservano le foto dei propri idoli!-
George le stava indicando una foto sulla cassettiera.
-Beh, sorpresa!-
-Ma chi sono questi qui? Per la miseria, fanno quasi paura. In effetti ricordano molto lo stile dark con cui ti sei presentata in locale le prime volte. Ti piace questo stile?-
-Sì, si chiama punk.-
-Fortuna che adesso sei una comune mortale!-
George rise, ma Anna rimase seria, sembrava persino infastidita.
-Scusami, non volevo prenderli in giro. Ad ogni modo, come si chiamano?-
-Black Stones. Comunque si sono sciolti. Li seguivo quando erano agli esordi, purtroppo non ce l’hanno fatta a sfondare nel mondo della musica. Peccato, erano promettenti.-
-Sarà, ma a me danno la pelle d’oca! Perché quel tipo porta gli occhiali da sole? Non sopporta le luci della ribalta?-
Sorrise della sua battuta.
-E questo qui? Ha legato la bocca all’orecchio perché ha paura che gli cada?-
Rise di nuovo, questa volta più rumorosamente, e lei lo ignorò, serrando i pugni.
-E questo chi è? Un attore? O un modello? Sai, ricorda vagamente Sid Vicious, dovresti conoscerlo se ti piace il genere. Incredibile, ne esiste anche una versione giapponese?-
-Ok, adesso basta, George, sono molto impegnata a disfare i bagagli ed è il caso che tu te ne vada. Hai fatto fin troppo, grazie, ciao.-
Anna lo spinse fuori dalla porta con tutte le sue forze, nonostante il ragazzo continuasse a dibattersi.
-Dai, suvvia,stavo scherzando, oh come sei permalosa! Non li conosci neppure, che fastidio possono mai darti le mie battute? D’accordo, mi scuso, ma smetti di spingere.-
George smise di opporre resistenza quando riuscì a guardarla finalmente negli occhi. Non capì se era tristezza o rabbia, seppe solo che da quel momento la trovò irresistibile. L’intensità del suo sguardo l’aveva fulminato.

***
George accese il suo pc e avviò il motore di ricerca online.
-Come diavolo si chiamavano? Era un nome simile a Rolling Stones… No, non può essere, aveva a che fare col dark. Dark stones? No… Rolling black? Ma che dico, non ha senso. Stones of punk? Ok, questa me la sono inventata. Non c’era la parola punk, lo ricordo distintamente, ma qualcosa di scuro… Dark non è. Black? Che sia black? Bah, proviamo, Black Stones.-
Immediatamente delle pagine giapponesi si aprirono sul suo browser.
-Ci siamo, sono loro! Sì ecco, li riconosco, il pelato indossava un cappello, e questo è il giovane con l’orecchino. Lui è il biondino, sono proprio loro e quella è…. No, non posso crederci. Quella li è proprio…-
 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Nana

"Forse non tutti hanno fortuna di trovare l’anima gemella.
In effetti, Hachi, credo che le probabilità siano veramente poche.
Però credo che almeno a tutti sia concesso, almeno una sola volta, innamorarsi realmente.
Chi è più fortunato, invece, magari ama più volte.
In questo mi sento molto fortunata.
Ho amato intensamente, con tutta me stessa, ben due persone in vita mia, ed entrambe le volte sono stata ricambiata.
Esiste forse qualcosa di più bello di questo?"

                                                                                 
 
***
 
George aveva scoperto la verità su quella ragazza tanto misteriosa, Nana. Sul web aveva trovato diversi articoli di giornali e riviste giapponesi che la vedevano protagonista. Tradurli si era rivelata un’impresa impossibile, ma gli era bastato capire che quella ragazza, per un breve lasso di tempo, era stata il centro dei mass media nipponici. Gli sorrideva maliziosamente dalla prima pagina, l’osservava con aria di superiorità dalla sua posizione in cima al palcoscenico, gli mostrava la sua fede nuziale nuova di zecca…
Ascoltò una breve registrazione audio che era riuscito a trovare da qualche parte.
Era incredibile, non aveva neanche mai sospettato una cosa del genere.
 
Risultati immagini per shin okazaki manga

***
 
-Dunque parrebbe che Nana abbia nascosto la sua vera identità per tutti questi anni.-
Esclamò ad alta voce Naoki, riportando i ragazzi in hotel.
-Francamente me lo immaginavo. Ammetto che la cosa non mi ha sorpreso per niente.-
Ribatté Yasu.
-Già, concordo. Però quel tipo… Non so, a me è sembrato strano.-
Commentò Shin, poi seguì un lungo silenzio. Il rumore di un cellulare spezzò l’aria tesa che si era creata nell’abitacolo.
-E’ il cellulare di Nana, ha lasciato la borsa qui. Credete che dovremmo rispondere?-
-Certo Yasu, magari è proprio lei a chiamarci! Passa la borsa, rispondo io.-
Shin indagò nella borsa di Hachi a lungo prima di trovare l’oggetto desiderato.
-Ma quanta roba c’è qui? Nobu, aiutami a svuotare la borsa o non lo troverò mai, prendi questo… e questo… e anche questi qui… Oh, eccolo, trovato! Sì, il prefisso è inglese, magari è proprio Hachi. Pronto? Sono Shin dal telefono di Nana… Ah, ciao Reira. No, non è con noi, mi dispiace. Ti farò chiamare quando possibile.-
-Beh, abbiamo sbagliato, non era lei. E’ piuttosto strano che non avvisi.-
-Non so Yasu, magari è Nana che le ha espressamente richiesto di non farlo. O forse Hachi non ci avvisa proprio perché non vuole far sapere a Nana che siamo qui anche noi.-
-Hai ragione, Shin.Ad ogni modo, non credo sia in pericolo.-
-Già, lo penso anch’io. Coraggio Nobu, ripassami tutta la roba di Hachi, so che non è gentile frugare all’interno della borsa di una donna, ma spero che mi perdonerà. Ehi Nobu, che ti prende? Tutto bene?-
Senza neanche guardarlo, Nobu si portò l’indice di fronte al naso,suggerendogli di tacere, e nel buio gli mostrò un pezzo di carta conservato in una pellicola trasparente: Richiesta di divorzio. I due ragazzi si fissarono in silenzio.
 


-Secondo voi quando lo hanno deciso?-
Domandò infine Shin quando furono tutti e tre nella privacy della loro camera d’albergo. Non volevano che Naoki scoprisse qualcosa, erano certi che non ne era consapevole neanche lui.
-Beh, non ne ho idea. Magari anche prima di recarci qui.-
Rispose Yasu con la sua solita pacatezza, che spesso pareva quasi indifferenza.
-Ma no, non faceva che ripetere di voler tornare, di voler rivedere Takumi e Ren e…-
-E’ del tutto naturale, in fondo Takumi è il padre di sua figlia. Solo perché quei due abbiano deciso di divorziare, ciò non significa che tra loro sia tutto finito e passato nel dimenticatoio.-
Nobu era rimasto in silenzio per tutto quel tempo. Richiesta di divorzio, e lei non gliene aveva parlato. Nonostante la sera precedente si fossero baciati, nonostante solo poche ore prima lui le avesse dichiarato, per l’ennesima volta il suo amore, lei gliel’aveva taciuto. Era chiaro, adesso, che Nana non corrispondeva affatto quei sentimenti. Si sentiva uno stupido, in cuor suo aveva sempre creduto che, a discapito del suo matrimonio, Nana provasse qualcosa nei suoi confronti, qualcosa di reale e di puro, la cosa che di più simile all’amore esista al mondo. E invece si era di nuovo sbagliato. Se non gli aveva neanche accennato al divorzio, probabilmente non gli importava un fico secco di lui. Che importanza aveva continuare a tormentarsi?
-Nobu, ti vedo piuttosto agitato. C’è forse qualcosa che non sappiamo? E’ successo qualcosa tra te e Hachi ieri sera?-
La voce di Shin lo riportò alla realtà. Non voleva parlarne, voleva tenere il suo dolore tutto per sé, non voleva condividerlo, tanto nessuno avrebbe capito.
Quante volte c’era passato? Quante altre volte sarebbe ricaduto nella fine trappola che quella donna gli tendeva?
Eppure, se ci ripensava, avrebbe potuto giurare che lei quel bacio lo avesse desiderato tanto quanto lui, avrebbe potuto giurare che tra loro c’erano state scintille. Che fosse talmente accecato dall’amore da immaginarsi persino i sentimenti di un’altra persona?
-Tra noi non c’è stato proprio nulla.-
Disse a voce alta. “Tutto il resto è frutto della mia fantasia” aggiunse tra sé e sé.
-Però, sapete? Si è fatto tardi, sono stanco, preferirei andare a dormire, spero non vi spiaccia.-
E con quelle parole si congedò dai suoi amici.
Shin e Yasu si scambiarono un’occhiata piuttosto eloquente. Le sue espressioni avevano rivelato più di quanto Nobu desiderasse ammettere, ma decisero che forse era meglio lasciargli un po’di tempo per riflettere da solo, per fare un po’ di ordine nella sua mente.
Nobu comunque non si recò in camera sua, ma uscì fuori, schiaffeggiato dal vento gelido che sembrava farsi beffe di lui.
“Takumi, cos’avrà voluto dirmi oggi? Voleva prendermi in giro ancora una volta? Che sciocco sono stato! Non avrei mai immaginato che Nana potesse farmi qualcosa del genere, eppure mi ha taciuto tutto quanto. Con o senza Takumi, tra noi non esisterà proprio nulla. Questo può significare una cosa sola: lei non prova affatto nulla per me.”
Risultati immagini per line art

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Nana
 
"Non riesco neanche più a contare il numero delle notti passate a pregare perché il domani non arrivi.
(…)
Vivere così come sono, senza artefici.
E’ questo ciò di cui ho bisogno?
In cosa credere, se non posso credere in me stessa?"

 
Kuroi Namida – Black Stones
https://www.youtube.com/watch?v=_wxoPZijXU0
 
***
Hachi

-Sai? Ho voglia di incontrare anche gli altri.-
Quando Nana me lo disse, quasi non credevo alle mie stesse orecchie. Sentì che un largo sorriso si faceva spazio nel mio viso, che gli occhi avevano preso a luccicarmi. Mi sentivo felice, perché il motivo che ci aveva spinti fin qui si stava finalmente realizzando. Nana, se avessi provato a spiegarti quale gioia quelle parole mi procurarono, forse non capiresti, e forse non sono in grado neanche io di spiegare correttamente cosa accadde nella mia testa. Però mi sentivo felice, ed era questa la cosa più importante.
Quella notte non chiudemmo occhio, rimanemmo a parlare di noi fino a notte fonda, quasi non ci rendemmo conto del sole che, lentamente, saliva su nel cielo.
-Però facciamo dopo la mia esibizione.-
-D’accordo, andrà benissimo in qualsiasi momento. Nana, non immagini quanto questa notizia mi abbia rallegrata, gli altri ne saranno entusiasti! A proposito, adesso sarà meglio che vada, ho dimenticato il mio cellulare e probabilmente gli altri si chiederanno che fine abbai fatto, ma ci rivedremo stasera Nana.-
Lei mi sorrise, e in quel momento per me divenne la donna più bella del mondo. “Ci rivediamo” quelle due paroline mi misero di buon umore, erano una piccola promessa.
-A stasera!-
E’ un po’ buffo, ma in realtà avevo timore a lasciare quella casa. In cuor mio nutrivo ancore il timore che se mi fossi allontanata, Nana sarebbe sparita. Se avessi potuto, sarei rimasta con lei fino a sera, non l’avrei lasciata mai più. Le chiesi di chiamarmi un taxi e mi feci riportare in hotel. Come prima cosa mi diressi in camera di Yasu, morivo dalla voglia di raccontare loro tutto quanto.
-Oh, ma ciao Nana, sei tornata?-
-Sì, devo parlare con tutti voi, mi aspetteresti mentre chiamo gli altri? Ci vediamo qui tra un paio di minuti.-
-Eh.. D’accordo.-
Senza neanche aspettare la risposta corsi in direzione della camera di Shin.
-Ehi Hachi, sei già qui?-
-Sì, forza, corri in camera di Yasu, devo parlarvi urgentemente, vado a chiamare Nobu…-
-No aspetta! Sarai stanca, Nobu lo avviso io, non preoccuparti.-
Forse, se non fossi stata così euforica, avrei captato qualcosa, ma nello stato in cui mi trovavo avevo persino dimenticato la conversazione tra me e Nobu. Riuscivo solamente a pensare a quanto potesse essere bello rincontrarci tutti quanti, come una volta.
Forse le nostre vite sarebbero di nuovo tornate quelle di un tempo!
Quando ci riunimmo raccontai della serata precedente, della paura che Nana mi respingesse, e di come invece la sua reazione mi avesse piacevolmente stupita. Raccontai loro la storia che avevo sentito solo poche ore prima, quella che riguardava la vita di Nana, riferii loro il suo desiderio di rivederli. Ero così emozionata che le parole venivano fuori a fiumi, riuscivo a stento a fare delle pause tra le parole.
-Vuole incontrarci? Chi l’avrebbe detto? Pensavo volesse evitarci…-
-Lo pensavo anch’io Shin, ma ieri, quando sono stata a casa sua, ho notato che sulla cassettiera che tiene in salotto ha esposto vecchie foto e ritagli di giornale che ritraggono i Blast. Io… Non avrei immaginato che Nana potesse essere così malinconica, e la cosa mi ha sorpresa. In fondo lei non ci ha mai dimenticati, le motivazioni che l’hanno spinta a scappare avevano poco a che vedere con noi personalmente. Credo che Nana abbia spesso rimpianto quella scelta, anche se non me lo ha detto espressamente, è ciò che ho potuto interpretare dalle sue parole e dallo stato d’animo che aveva mentre mi parlava.-
-Sì, mi sa che hai ragione, se così non fosse non vorrebbe rivederci. Voi che ne pensate, ragazzi?-
Domandò Shin.
-Credo anch’io che non si tratti di problemi personali, e cerchiamo di ricordare lo stato d’animo che aveva in quel periodo. Certo, nulla giustifica una sparizione improvvisa, né tanto meno la totale assenza di un qualsiasi messaggio da parte sua.-
Rispose Yasu.
-Io credo che non si sa mai chi ci si trova di fronte. Anche adesso, chi è la vera Nana? Quella che è scappata senza curarsi di noi, o quella che ha deciso, di punto in bianco, di organizzare una riunione? Si è mai chiesta come questo suo comportamento ci abbia fatti sentire? O non le importa?-
La sfuriata di Nobu aveva sorpreso tutti quanti, lasciandoci senza parole.
-Nobu ma… Che ti prende? Pensavo che proprio tu fossi felice di rivederla.-
La mia voce tremava. Nobu era stato il primo a sostenermi, quando avevo proposto questo viaggio, e sembrava veramente intenzionato a cercare Nana. Cos’era successo? Cos’aveva cambiato il suo umore?
-Beh, lo ero, ma ci ho pensato su, e credo che si sia comportata in maniera del tutto ingiustificabile. Nana non si è curata dei nostri sentimenti. Se era davvero pentita cosa le costava scriverci? Lei in fondo sapeva dove trovarci. E invece no, se n’è stata con le mani in mano fino a questo momento. Noi siamo venuti dal Giappone per lei, e solamente perché qualcuno ha trovato le sue tracce giusto in tempo. Se non avessimo ricevuto quelle foto, credi che l’avremmo rivista mai più? Te lo dico io, no. Lei non ci avrebbe comunque cercati, e adesso, dopo che abbiamo fatto tutto il lavoro, lei tira fuori una storia strappalacrime in cui la povera Nana è la vittima indifesa che stava attraversando un brutto periodo, come se per noi fosse tutto rose e fiori!-
-Nobu! Davvero non ti capisco, che ti succede? Questo… Questo non sei tu!-
-Davvero? Questo non sono io? E tu come fai a dirlo? Come fai a sapere chi sia io veramente? Come faccio io a sapere chi tu sia, come facciamo a sapere chi sia quella ragazza lì?-
Nobu non era solito urlare, per cui provai un senso di disorientamento. Mi sentivo turbata, fino al giorno prima sembrava che andasse tutto bene, attendevamo tutti impazientemente l’apertura dell’Agorad. Adesso perché Nobu mi faceva quei discorsi? Dove voleva andare a parare?
-Nobu, non credi di esagerare adesso?-
Fu Yasu che riportò le cose in ordine. Nobu si portò una mano alla bocca e sibilò delle scuse, poi si allontanò dalla stanza. Che cosa mi era sfuggito?

***

Nana
 
Mi bastò aprire gli occhi per accorgermi di essere in ritardo. Una rapida occhiata alla sveglia lo confermò.
-Maledizione!-
Dovevo ancora fare la doccia, pettinare i capelli e guidare fino all’Agorad. Non ce l’avrei mai fatta ad arrivare in tempo, George me l’avrebbe fatta pagare. A volte avevo l’impressione che amasse i miei errori, in modo da potermeli rinfacciare quando più gli faceva comodo. Odiavo questa sua abitudine.
Circa un’ora dopo stavo correndo per le strade londinesi, maledicendo il mio sonno profondo.
-Eccomi, scusa il ritardo, hai già preparato tutto?-
-Ovviamente.-
Ecco, quando dava risposte del genere, mi urtava il sistema nervoso. Dire “sì” era troppo? Mi aspettavo, da lì a breve, una ramanzina, che però non arrivò (non che mi dispiacesse.)
-Facciamo una prova veloce?-
Gli suggerì.
-Eh? No, ormai è tardi.-
Il resto della serata proseguì come di norma. Eppure sentivo che c’era qualcosa di diverso, qualcosa che non andava con George. Era distratto, stentavo quasi a riconoscerlo.
Per tutta la serata tenni lo sguardo fisso sulla porta d’ingresso, aspettando che Hachi arrivasse. Quando la vidi spuntare, non trattenni un sorriso. Mi era mancato, aspettare una persona ansiosamente con la consapevolezza che lei sarebbe arrivata. Per troppo tempo avevo atteso invano.
A serata conclusa, aspettai di essere presentata, e mi recai immediatamente al bar.
-Come va?-
-Bene. I ragazzi sono rimasti fuori, hanno immaginato che non potessimo conversare qui e dunque…-
-Sì, hanno fatto bene, andiamo?-
-Anna! Aspetta, sei corsa via come una saetta, devo parlarti.-
George mi afferrò per un braccio, era arrivato di fretta.
-Non stasera, mi spiace, ho già degli impegni.-
-Rimandali! E’importante…-
-George, come ti salta in mente? Non posso rimandarli. Io e te parleremo un’altra volta, intesi?-
Senza dargli il tempo di rispondere, mi infilai il giaccone e lasciai l’Agorad dall’ingresso secondario, gli altri stavano aspettando lì. Non riuscivo a credere a cosa stesse succedendo.
-Nana!-
La voce di Yasu mi rimbombò nelle orecchie. Da quanto tempo non la sentivo? Era passato veramente così tanto in fondo? Adesso che loro erano lì, mi sembrava che il tempo non fosse mai trascorso. Eppure qualcosa nel loro viso suggeriva il contrario. Erano cambiati (beh, ad eccezione del pelatino che era sempre lo stesso.)
Avrei voluto dire qualcosa, ma le mie labbra non si scollavano. Che mi prendeva? Stavo facendo la figura della sciocca.
-Siete diversi...-
-Senti chi parla! E quella chioma bionda?-
La voce di Shin era diversa, più profonda. In realtà l’avevo già visto, in televisione. Seguivo la sua carriera di attore da quando l’avevo scoperto per caso in un canale giapponese.
-Beh, almeno a me i capelli son cresciuti, vedo che qualcun altro non ha avuto la mia fortuna, eh?-
Tentai di sdrammatizzare, e riuscì a suscitare qualche sorrisino tra i presenti. Nobu, invece, sembrava particolarmente teso.
-Ehi, come va, Nobu?-
-Ehi… Come va? Non ci vediamo da quattro anni, Nana…-
Nobu si rivolse a me ostentando una rabbia che non era mai stata sua. Mi sorprese.
-Sei sparita senza lasciare una misera traccia, non hai mai dato tue notizie in quattro anni. Per un lungo periodo abbiamo persino creduto che fossi morta! Hai idea di come questo possa averci fatto sentire? Hai idea di quanto il tuo egoismo ci abbia lacerati dentro? Noi ti abbiamo pensata incessantemente, non c’era giorno in cui non ci preoccupassimo per te, in cui non ci domandassimo dove diamine fossi, e tu non ti sei degnata neanche una volta di scriverci. Che ti costava? Sapevi esattamente dove e come trovarci.-
Mi aveva ferita. Negli anni in cui eravamo stati amici, Nobu non si era mai rivolto a me in quei termini, anche quando esageravo, lui tendeva a stendere un velo e passarci sopra. Se mi aspettavo un rimprovero, certamente non me lo aspettavo da parte sua.
-E tu ti saresti fatto tutti questi kilometri per dirmi questo?-
-E che dovrei dirti? Sentiamo. Oh, Nana, tutto bene? Non ci vediamo da quattro anni, ma ehi, dimmi, come va? Tu non ti sei mai preoccupata di noi o dei nostri sentimenti, non è vero?-
-Nobu!-
Lo ammonì Hachi.
-Non te ne è mai importato niente, non è così?-
-Ti prego, basta, così la ferisci!-
Di nuovo, lui la ignorò.
-Sei sempre stata un’egoista, Nana. Ecco cosa sei.-
-Basta! Insomma, non siamo venuti qui per litigare!-
Hachi parlava con voce spezzata, mentre io, lentamente, sentivo la rabbia montarmi in corpo, la sentivo crescere dentro di me.




-Non credo di voler più dirle niente. Tanto non capirebbe…-
Ecco, era arrivata sino alla testa, stavo esplodendo.
-Oh, davvero Nobu, io sarei l’egoista? Di’ un po’, hai mai provato a metterti nei miei panni? Hai mai provato a immaginare cosa io provassi?-
-Nana ci ha raccontato tutto quello che vi siete dette ieri, non occorre che tu ripeta la storiella strappalacrime che le hai propinato.-
Ormai ero arrivata al limite, la mia vista divenne improvvisamente scura, non distinguevo più le forme ed i colori di ciò che mi circondava.
-No, davvero, non mi ripeterò. Ti dirò dell’altro invece. Hai idea di come il mondo sembrava crollarmi addosso dopo la morte di Ren? La vita continuava, era quella di sempre, sembrava non ci fosse stata alcuna variazione, il sole sorgeva, poi tramontava, come sempre. Ma lui era morto! Mentre il mondo continuava a evolversi come ogni giorno, mentre tutti quanti conducevano le vite di sempre, c’era qualcuno che, semplicemente, non poteva, e quella ero io. Sì, io so che il colpo è stato duro per tutti quanti, ma davvero vuoi paragonare il tuo dolore a quello della donna che lo ha amato con tutta sé stessa? Io non potevo continuare quella vita, quella farsa. Avevo bisogno di cambiare, ogni cosa mi ricordava lui, Nobu, persino tu! Tu che ci hai fatti incontrare. E Yasu, il suo migliore amico d’infanzia, e Shin, il suo rimpiazzo. Ren continuava a tormentarmi, nei miei sogni, chiedendomi di raggiungerlo! Immagino che sappiate della terapia psicologica che ho sostenuto. Beh, vi dirò qualcosa in più, non è finita! Io continuo ad avere appuntamenti col mio psicologo, perché ancora oggi, a distanza di quattro anni, non riesco a scacciare via Ren dalla mia memoria, io ce l’ho inciso sulla pelle, mi cammina nelle vene, fa parte di me!
Mentre ognuno di voi si costruiva un futuro, io mi trovavo nel letto di un fottuto ospedale a combattere i miei demoni giorno dopo giorno. Ero di nuovo stata abbandonata dalla persona che più amassi al mondo, l’uomo che avrei dovuto sposare, come ti saresti sentito tu al mio posto? La mia vita non aveva più senso senza Ren, nessun maledettissimo senso!
Forse sono davvero un’egoista, se è da egoisti preoccuparsi almeno un po’ di sé stessi, quel poco che basta a non impazzire.
Sono fuggita, è vero, per ricominciare da zero, perché se la mia vita doveva cambiare, allora il cambiamento doveva avvenire in maniera decisiva! Mi rimproveri di non essermi mai fatta sentire, allora dimmi, cos’avrei dovuto fare? Scriverti una letterina in cui mi scusavo? L’avresti apprezzato, Nobu? Mi avresti perdonata allora?
Ecco, finalmente avevo sputato tutto quanto fuori. Il terribile segreto che mi portavo ancora dentro era stato svelato. Mi sentivo stremata. Mi ero sempre rifiutata di ammetterlo, e improvvisamente mi sentivo debole, destabilizzata. Sentì le lacrime rigarmi il viso. Intorno a me tutto era tornato normale, riuscivo a distinguere nettamente le forme. Tutti mi stavano fissando con occhi sbarrati. Hachi stava piangendo insieme a me, Nobu mi guardava con un’espressione incredula, i suoi occhi tremavano.
Risultati immagini per nobu and nana osaki
     
  Immagine correlata                       Immagine correlata

Risultati immagini per nobu and nana                               Immagine correlata
-Sei una stupida!-
Mi disse, con voce debole, poi corse ad abbracciarmi.
-Se tu ce l’avessi detto, noi saremmo stati lì per te, Nana, l’avremmo superata insieme.-
Nobu mi cullò come una bambina, mentre le lacrime continuavano a scendere, bagnandomi gli zigomi, le gote, le labbra e persino il collo.
-Non potevo, Nobu, non potevo. Mi dispiace. Dovevo salvare me stessa.-
Mi portai le mani alla testa, e improvvisamente mi sentii avvolgere da altre braccia. I miei amici mi avevano circondata in un abbraccio. Da quanto tempo non stavo così bene? Loro erano lì, per me.
E lo sarebbero sempre stati.
Quanta pace mi dava quella consapevolezza!

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Hachi
"Capita, a volte, di sentirci così coinvolti in qualcosa, da dimenticarci come guardare il mondo dalla giusta prospettiva."

 
 ***

George aveva seguito tutto da lontano. Non aveva capito una sola parola, ma gli era bastato osservare la scena per riuscire a farsi un’idea dell’accaduto. Anna, cioè Nana, era scoppiata in lacrime di fronte ai suoi amici, e loro l’avevano abbracciata con tenerezza. Pregò, in cuor suo, che non stesse avvenendo ciò che temeva.
Quel giorno stesso era riuscito a contattare un ex collega giapponese conosciuto all’università, che aveva accettato di tradurre un paio di articoli per conto suo. Non era riuscito a scoprire granché comunque.
Nana era la vocalist di una band nipponica chiamata Black Stones, che aveva debuttato circa quattro anni prima senza ottenere successo, e aveva sposato un certo Ren, che a sua volta faceva parte di un’altra band musicale (che però, a differenza della prima, aveva riscosso parecchio successo anche fuori dall’isola). Quel pomeriggio, dopo la conversazione col suo ex collega aveva fatto un giro in un negozio di dischi, cercando un album dei Blast (che non era riuscito a trovare) e uno dei Trapnest (che invece, con sua grande sorpresa, aveva trovato.) Tornato a casa ascoltò l’album e si soffermò a guardare per bene la copertina del cd. Tra i quattro membri, ne conosceva solamente uno: il Sid Vicious giapponese. Non poteva non riconoscerlo, l’aveva persino preso in giro a casa di Nana la prima volta che c’era stato. No, un volto come quello non si dimentica. Ripensando a quel giorno più dettagliatamente, George si ricordò di un particolare a cui allora non aveva dato peso: la foto di quel ragazzo era stata disposta proprio al centro della cassettiera, ed era adornata di fiori. In quel momento un brivido lo pervase, tutto divenne finalmente chiaro. Quel ragazzo era morto.
La guardò ancora, mentre si lasciava consolare, e si stupì di quanto fosse docile. Finalmente riusciva a spiegarsi molti perché del suo comportamento, tuttavia non gli bastava.
Adesso che i suoi amici erano venuti, forse per riportarla con loro, capì che doveva darsi una mossa, convincerla a restare. Si maledisse per quanta pena si desse per lei, ma adesso sapeva molte più cose sul suo conto, forse avrebbe avuto una chance. Sentiva di amarla.
Quando il cerchio che le si era formato attorno si dischiuse, la vide montare in auto insieme a quelle persone che lui non conosceva e, lentamente si allontanò.
 
 
***
 
I ragazzi si erano riuniti tutti quanti in camera di Nobu, raccontandosi le novità.
-Sì, Shin, ho già avuto occasione di vederti sul grande schermo. In realtà è stato un caso, pensa che quando sei sbucato dal nulla, quasi non mi veniva un colpo! “E quello che diavolo ci fa in un film?” Mi sono detta, e davvero ancora non me lo spiego!-
-Quando ci siamo sciolti non avevo idea di ciò che avrei fatto, Misato mi ha suggerito di partecipare a un provino per un film. All’inizio si trattava di una comparsa, ma poi il regista decise di aumentare il numero di scene in cui comparivo. Il film ha vantato un discreto successo, ma le mie vecchie fan erano tornate alla carica, e a quel punto sono partite delle nuove proposte. Sai come funzionano queste cose.-
-A-ha, chi l’avrebbe detto? Misato, eh? Quella ragazza è un fenomeno. A proposito, come sta? Vi incontrate ancora?-
-Sì… Beh, in effetti oltre ad essere il mio agente, è la mia ragazza.-
-Che cosa?-
Nana per poco non cascava dalla sedia.
-Tu e Misato? Non può essere vero, ma com’è successo?-
-Abbiamo iniziato a collaborare praticamente sin da subito, ci incontravamo spesso, stavamo a stretto contatto e... cosa tira cosa, alla fine ci siamo messi insieme.-
Nana aveva spalancato la bocca, esibendo un’espressione sciocca.
-Shin e Misato, incredibile questa!-
 
Flashback di Shin:
-Grande! Un’altra proposta, e stavolta per un ruolo come protagonista!-
-Te l’avevo detto d’avere fede, sapevo che ce l’avresti fatta. Bisogna sempre credere in sé stessi e rimanere positivi, perché quando ci si impegna a dovere, si viene sempre ripagati.-
Misato sorrideva ad occhi chiusi, ma Shin fece un’espressione cupa.
-Questo non è vero. Non si tratta di impegnarsi fino in fondo, si tratta soprattutto di te.-
Lei aprì gli occhi, confusa.
-Io? Che c’entro io?-
-C’entri eccome! Sai Misato, prima d’ora nessuno aveva mai avuto fiducia in me. In realtà, avevo smesso di credere in me stesso persino io. Voglio ringraziarti, perché tu hai creduto in me sin dall’inizio, mi hai spinto a fare delle cose che, altrimenti, non avrei neanche mai osato pensare. E ti dirò di più, se non fossi rimasta al mio fianco, incoraggiandomi ad andare fino in fondo, non so quanto avrei resistito. Perché sono fatto così, sai? Per tutti questi anni me la sono sempre cavata da solo, e non ho fatto altro che cacciarmi in un guaio dopo l’altro. Da quando collaboro con te invece, ho trovato stabilità. Ti devo molto, Misato.-
Gli occhi della ragazza si piegarono verso il basso, le sue parole l’avevano toccata.
-Tu hai sempre avuto queste capacità Shin, ed io lo sapevo. Forse ti ho dato una spinta,sì, ma tutto ciò che hai realizzato fino ad oggi lo devi solamente a te stesso.-
-No, non è vero. Sarei uno stupido a crederlo.-
-Shin… Io…-
-Grazie, per essere stata al mio fianco quando nessun altro c’era.-
Dopo averle sussurrato queste parole, le afferrò il mento e avvicinò il viso di lei al suo, ma la ragazza s’irrigidì. Lui se ne accorse e si fermò in tempo.
-Che succede?-
-Io… Ehm… I-io…-
Balbettò, incapace di continuare.
-Non vorrai dirmi che questo è il tuo primo bacio!-
Commentò sorridendo. Le sue guance arrossirono violentemente, e non ci fu bisogno di alcuna risposta. Shin si maledisse per essere stato così insensibile.
-Beh, non devi vergognartene.-
-Non è che me ne vergogni.-
Gli rispose lei, ritrovando il coraggio, ma senza allontanarsi dalla sua presa.
-Però l’ho conservato a lungo e non voglio sprecarlo, mi capisci? Aspetto da molto tempo il ragazzo giusto a cui poterlo finalmente donare, e per me è importante. So che suona strano e persino antiquato, ma io voglio vivere un unico amore. E vorrei donare questo bacio al mio primo vero amore. So che questo genere di cose non rientra nel tuo stile, Shin, e non ti colpevolizzo certamente per questo, ma volevo che sapessi la verità.-
Shin si allontanò per un attimo dalla ragazza, pensando che quella avrebbe potuto essere una bellissima dichiarazione d’amore.
Sapeva che, se le avesse sfiorato le labbra in quel momento, sarebbe stato per sempre legato a Misato, a quella ragazza dal cuore puro, che l’aveva sempre sostenuto, senza mai desiderare nulla in cambio.
-E se ti promettessi che non lo sprecherai? Allora mi baceresti?-
Misato si morse impercettibilmente le labbra.
-Devi giurarlo.-
Shin avvicinò la sua fronte a quella di Misato e i due si guardarono sorridendosi reciprocamente. Le accarezzò lo zigomo sotto all’occhio, poi scese verso la guancia e infine afferrò di nuovo il suo mento. Questa volta lei non oppose alcuna resistenza e si lasciò trascinare verso le labbra del ragazzo che da tanto tempo le piaceva.
Schiuse lentamente le labbra e si fece condurre da Shin, assaporando per la prima volta il suo sapore e trovandolo irresistibile.
 
 Immagine correlata                                           Risultati immagini per mai misato uehara

Risultati immagini per shin x mai misato
-Cerca di trattarla bene, se la farai soffrire te la vedrai con me!-
Nana gli agirò il pugno sotto il naso, sfoderando dei guantoni da boxe apparsi dal nulla. Shin sorrise. Quando aveva deciso di rubarle quel bacio, due anni prima, aveva deciso di prendersi cura di quella ragazza per sempre.
-E invece tu che mi racconti, pelatino? Come va insieme a Miyu?-
-Bene, abbiamo deciso di convivere.-
Quella dichiarazione la spiazzò. In realtà era cera che tra quei due non avesse funzionato e che si fossero lasciati. Non si aspettava nulla del genere, e ne rimase un po’ stordita.
-Beh… Mi fa piacere.-
Si limitò a dire, incapace di trovare qualcosa di più interessante da dire.
-Per il resto, ho aperto il mio studio legale, e gli affari vanno piuttosto bene.-
-Questo lo immaginavo. Anche se davvero mi chiedo che razza di persone si rivolgano a uno skinhead, chissà… E tu, Nobu? Come procedono le cose alla pensione Terashima?-
-Bene, l’anno scorso abbiamo ristrutturato tutte le camere, rendendolo molto più moderno, aggiungendo i televisori in camera  e fidelizzandoci così la clientela più giovane. L’anno prossimo provvederemo a ristrutturare la facciata invece. I miei genitori continuano a darmi una mano, per il tempo che passerò qui saranno loro a occuparsene.-
-Yawn, che storia noiosa, ma perché te l’ho chiesto?-
*Gocciolina sulla testa di Nobu*
-Beh, se ti sembra tanto noioso, parlaci di te piuttosto!-
*Disse urlando, con la lingua biforcuta e gli occhi così >-<*
Nana raccontò la sua storia, a partire dal suo arrivo a Londra, la difficile ricerca di un lavoro, il periodo passato a fare la cameriera all’Agorad e la richiesta di George di collaborare insieme.
-George sarebbe il pianista?-
Notò Shin.
-Sì, perché?-
-Ieri sera ci ha fermato chiedendoci informazioni sul tuo conto.-
-Gli avete forse detto qualcosa?-
Nana era allarmata.
-No, affatto.-
-Pheew.-
-Sai Nana, credo che quel tipo abbia una cotta per te!-
-E’ vero, l’ho notato subito anche io, ti guarda con gli occhioni languidi, sai?-
Aggiunse Hachi, facendo innervosire Nana.
-Ah! Non m’importa un accidente se sia abbia o meno una cotta per me! Peggio per lui.-
-Se è così, Nana-
Proseguì infine Nobu.
-Farai meglio a dirgli come stanno le cose. Sai? Non c’è cosa peggiore dell’essere ingannati dalla persona che amiamo.-
Hachi si voltò di scatto e incontrò il suo sguardo. Un’ombra scura gravava sugli occhi dolci di Nobu, da cui partiva un’accusa chiaramente indirizzata a lei.
 
Quando, un paio d’ore dopo, tutti lasciarono la stanza per andare a dormire, Hachi si trattenne un po’ più a lungo, attendendo che tutti gli altri uscissero.
-Che cosa volevi dire poco fa? Cosa significano quelle parole, Nobu?-
Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto.
-Davvero non lo sai, Nana? O fai soltanto finta?
-No, non lo so. Me lo spiegheresti?-
Gli occhi di Nobu tremavano, non perché prossimo alle lacrime, no. Tremavano di rabbia.
-Spiegami tu, piuttosto… Quando avvierai le pratiche di divorzio?-
Hachi spalancò gli occhi, portandosi le mani alla bocca.
-E tu…. Tu come lo sai?-
Le parole uscirono in un sibilo.
-Ieri sera mi sono capitati per caso i documenti sotto al naso.-
-Nobu, non è come credi, io posso spiegarti tutto…-
Gli disse, cercando di avvicinarsi, ma lui tese le braccia, pronto a respingerla.
-Non mi devi alcuna spiegazione, perché oramai m’interessa più nulla. Non voglio più saperne di te, Nana. Questa è l’ultima volta che ti prendi gioco di me.-
Le parole di Nobu le arrivarono dritte al cuore come una coltellata.
-Ma Nobu, cosa dici?-
-Dico che sono stanco di farmi prendere in giro, Nana, hai capito?-
Aveva di nuovo alzato la voce, facendola trasalire.
-E adesso vattene, per favore.-
 


       

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Hachi:
I deboli raggi solari del mattino puntavano dritti sui miei occhi. Non mi avevano svegliata, in realtà quella notte non avevo neppure chiuso occhio. Continuavo a ripensare al litigio della sera precedente. Nobu non mi aveva mai rivolto quello sguardo colmo d’ira e disgusto, e non aveva mai alzato la voce contro di me. Come avevo potuto rovinare di nuovo tutto quanto, proprio quando finalmente cominciavo a vedere la luce fuori dal tunnel?
Rimasi sdraiata a rimuginare su tutto quanto per non so quanto tempo ancora, decisa a non muovere un muscolo, ma il telefono iniziò a vibrare insistentemente, una volta, due, poi tre, fino a quando non mi decisi finalmente a poggiare i piedi per terra.
-Sì pronto?-
-Mamma! <3-
La voce squillante di mia figlia mi diede una nuova forza.
-Ciao tesoro! Come stai? Hai dormito bene da papà?-
-Sì sì, sto bene e dormo benissimo, grazie. Tu come ti senti? Hai la voce strana.-
Mi vergognai per un lungo istante, mi stavo di nuovo comportando come una ragazzina.
-Io sto bene tesoro, mi sono appena svegliata.-
-Ascolta, papà mi ha chiesto di dirti se ti andrebbe di fare una passeggiata insieme, sai? Solo noi quattro.-
Satsuki non riusciva a celare l’euforia nella sua voce, mi fece sorridere.
-Ma certo che mi andrebbe.-
Non mi diede neppure il tempo di finire la frase che stava già urlando la mia risposta a Takumi.
-Papà dice che passiamo a prenderti tra poco, comincia pure a prepararti.-
-Lo farò, a presto.-
-E vedi di non fare tardi come al solito.-
Questa volta a parlare era stata la voce profonda di Takumi. Non potei fare a meno di sorridere.
-Sarò puntuale.-
Gli garantii, e chiusi la chiamata. Mi svestii ed entrai sotto la doccia, lasciando che l’acqua calda mi accarezzasse e lavasse via la tristezza. Oggi non dovevo pensare ad altro, se non a trascorrere una bellissima giornata in compagnia della mia famiglia.
 Risultati immagini per nana komatsu manga
 
-Oh eccoti finalmente, ti aspettiamo da secoli.-
Disse Takumi sbadatamente, guardandosi l’orologio.
-Mamma! Non ascoltare papà, siamo appena arrivati.-
Satsuki mi venne incontro a braccia spalancate ed io l’abbracciai, per poi catturare tra le mie braccia anche Ren, che stava vicino a noi, ma che era troppo timido per chiedere espressamente un abbraccio.
-Ah sì? E così papà dice le bugie? Chissà perché la cosa non mi sorprenda.-
Dissi scherzosamente, poi diedi un morbido bacio sulla guancia a Takumi.
-Mi stai dando del bugiardo?-
Mi chiese con un sorriso malizioso.
-Beh, non l’ho proprio detto.-
Chiuse la portiera dopo che ebbi preso posto e poi si mise alla guida.
-Ho promesso ai ragazzi una giornata indimenticabile, solo per noi, per celebrare la nostra famiglia, ora che siamo finalmente tutti insieme.-
Giurai di vedere una piccola nuova ruga sotto gli occhi del mio quasi ex marito. Sapeva di dover approfittare di ogni minuto per godere del tempo da passare insieme a Satsuki, e questa cosa mi scaldava il cuore. Non desideravo altro per mia figlia, se non che suo padre si preoccupasse di farla sentire amata e mi piaceva che Satsuki gli dimostrasse tanto affetto. A volte temevo che potesse sentirsi in qualche modo un estraneo nelle nostre vite. A Satsuki in fondo non erano mancate delle figure paterne, Yasu, Nobu e Shin si preoccupavano di viziarla, e lo facevano più spesso di quanto lo facesse Takumi. Se per lui questo fosse un peso, non me lo diede mai a vedere.
-Vi va di mangiare frittelle a colazione? Conosco un posto che ne fa di ottime.-
Domandò, guardando i bambini dallo specchietto retrovisore. I due, da dietro, annuirono entusiasti.
Anche Ren sembrava più allegro del solito. Takumi una volta, molto tempo prima, mi aveva confessato che la presenza di Satsuki lo rallegrava, e che si emozionava tantissimo quando l’aveva attorto. Io ero fiera della mia piccolina, fiera del modo in cui riusciva a farsi amare da chiunque, fiera dell’alone che sprigionava e sembrava colpire chiunque. A volte credevo che fosse molto più forte di me, me lo auguravo. In fondo anche quando era solo una neonata non piangeva quasi mai, aveva presto imparato a sorridere e da allora non aveva mai smesso, seppure la sua vita non fosse esattamente come entrambe desiderassimo.
-E dopo mangiamo anche un gelato.-
Propose nuovamente Takumi, forse incoraggiato dalle ovazioni provenienti dal sedile posteriore.
Finalmente ero di nuovo felice.
Quando scendemmo dall’auto Takumi mi prese in vita e mi condusse lentamente.
-Sono felice di poter passare una giornata come questa, insieme a voi tre.-
Mi confessò a bassa voce. Sorrisi.
-Già, la nostra famiglia non sarà convenzionale, ma è bellissima. Guardali Takumi, abbiamo fatto dei capolavori.-
Li guardò, a pochi passi avanti a noi. Ren aveva preso la chitarra e Satsuki gli aveva chiesto di suonare qualcosa per lei.
-Già. E’ vero.-


 Risultati immagini per nana e takumi       
Risultati immagini per satsuki ichinose                                           Risultati immagini per little ren nana               

-Allora hai finalmente incontrato Nana.-
Mi disse, mentre mangiavo la ciambella ultra glassata che avevo ordinato.
-Sì, è stato fantastico, abbiamo parlato per una notte intera senza nemmeno esserci rese conto del tempo che passava, è stato come ai vecchi tempi, io e Nana solamente. Mi sono sentita veramente vicina a lei, è quasi come se questi anni non fossero mai passati. Temevo di incontrare una donna nuova, che io non conoscevo, ma credimi non è stato così e la cosa mi ha piacevolmente sorpresa.-
-Mamma, è la signora coi capelli neri che mi hai mostrato in foto?-
-Sì, proprio lei, anche se adesso i suoi capelli sono biondi.-
-Vorrei tanto conoscerla, sai?-
-E la conoscerai tesoro, promesso. Scommetto che anche lei muore dalla voglia di fare la tua conoscenza. Le ho parlato tantissimo di te, e ovviamente anche di te, Ren.-
-E vuole conoscere anche me?-
Domandò con un filo di voce.
-Ma certo! Ho detto delle cose bellissime sul vostro conto, come potrebbe non essersi incuriosita?-
Sul suo viso si allargò un grande sorriso, ed io non potei pensare a quanto fosse bello.  Somigliava tantissimo a Shin, aveva il suo identico sorriso, e la stessa forma degli occhi, anche se il colore l’aveva ereditato da Reira. Un giorno sarebbe diventato un bellissimo uomo, era inevitabile con quelle tracce genetiche nel DNA.
-Guarda Ren! C’è il gioco in cui devi colpire la talpa col martello, andiamo a giocare, svelto!-
Satsuki lo trascinò quasi di peso verso il suo gioco preferito, lasciando me e Takumi da soli.
-Hai già parlato a qualcuno del nostro divorzio?-
Mi chiese quando i bambini si furono allontanati abbastanza.
-A dire il vero no, ma in qualche modo sembra che la notizia si sia sparsa.-
Qualcosa nella mia voce dovette tradire il mio rammarico, perché lui aveva fatto una faccia piuttosto strana.
-Non sembra essere stato piacevole.-
-No.-
Confessai.
-Ha forse a che vedere con Nobu?-
Alzai lo sguardo dalla mia tazza e lo fissai dritto in mezzo agli occhi. Le rughe che avevo notato poco prima in macchina sembravano essersi fatte più profonde, anche se sapevo che fosse materialmente impossibile.
-Non offenderti, ma non credo sia il caso di toccare l’argomento con te. In fondo sei ancora mio marito.-
Lui sorrise, bevendo un lungo sorso di caffè.
-Lo sono, ma per quanto tempo ancora, Nana? Che differenza vuoi che faccia ormai?-
Restammo in silenzio, ascoltando i suoni della caffetteria-
Chissà a cosa pensava. In quegli anni non avevo imparato a decifrare i suoi sguardi, i suoi silenzi, a indovinare i suoi pensieri. Era buffo come lui fosse in un certo senso un’incognita per me.
Mi chiesi se dopo il divorzio avrebbe finalmente intrapreso una relazione insieme a Reira. Per un attimo pensai di tacere quel pensiero, ma in fondo lui non si faceva troppi scrupoli a indagare su di me.
-Sposerai Reira?-
Gli domandai. Lui alzò lo sguardo e fissò i miei occhi per qualche momento.
-Penso di sì. Ma non metterti strane idee in mente. Tra noi non c’è mai stato nulla in questi anni. E’ solo che penso sia la cosa migliore per tutti, per Ren, per Reira… e anche per me. Riesci a capirlo?-
Se riuscivo a capirlo? Ma certo! Per troppo tempo eravamo stati legati insieme da qualcosa che non esisteva, rendendoci schiavi. Una volta sciolti da quel filo invisibile, Takumi avrebbe avuto bisogno di una donna al suo fianco, e quale donna migliore di Reira? Se anche tra quei due non ci fosse mai stato nulla, sapevo bene che Reira non poteva aver semplicemente smesso di amarlo, perché neanche io avevo mai smesso di amare Nobu.
Potevo capirlo benissimo, sapevo quanto male faceva la solitudine, sapevo quanto ognuno di noi avesse bisogno di qualcuno che si prenda cura di noi quando stiamo male, che ci offra una spalla su cui piangere e che ci ascolti quando siamo arrabbiati.
Lo capivo benissimo.
Risultati immagini per reira takumi
       

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Nana
 
La sveglia suonava ininterrottamente da ormai cinque minuti. Raccolsi tutte le forze che avevo e mi alzai dal letto – una faticcaccia – e mi trascinai lentamente verso il bagno. Decisi che una doccia gelata mi avrebbe fatto bene, quanto meno mi avrebbe aiutato a risvegliarmi.
Dopo la doccia stavo già molto meglio, preparai il caffè e ne bevvi due grandi tazze. Gli ultimi giorni erano stati faticosi, ma valevano ogni pena di essere vissuti. Mi avvicinai alla cassettiera dove tenevo le mie vecchie foto e sorrisi. Quelle persone erano finalmente qui, erano venute per me. Sentì una forte stretta al petto e mi sentì avvampare. Da quanto non mi succedeva?
Il mio celluare squillò e guardai il display: prefisso giapponese. Sorrisi e parlai finalmente la mia lingua.
-Moshi moshi! Ah? Ciao Nobu. Certo che mi farebbe piacere, dove ci incontriamo? D’accordo, a presto.-
Mi sgranchii la schiena e le braccia e indossai un paio di jeans a cui abbinai un maglione non troppo pesante. Mi pettinai velocemente i capelli e afferrai il giaccone.
Qualcuno suonò al citofono di casa mia, ma decisi di non rispondere. Chiunque fosse, si sarebbe trovato presto faccia a faccia con me. Mi sorprese comunque, trovare George.
-Che ci fai qui?-
Gli domandai velocemente, scansandolo.
-Non importa, adesso non proprio posso parlare, ho un appuntamento importante.
Scesi velocemente i quattro gradini che conducevano alla strada, ma lui mi afferrò per una spalla.
-Noto che ultimamente hai molti impegni, non credevo avessi così tante conoscenze.-
Mi disse, raggiungendomi, ma io mi scostai dalla sua presa.
-In effetti, le mie conoscenze non sono poi affar tuo, no? Non ho mai ficcato il naso nella tua vita, quindi fa’ lo stesso e amici come prima, ti va?-
-No! No che non mi va, io devo parlarti, ma ormai non hai un solo minuto di tempo libero. Ti chiamo al cellulare e non rispondi, vengo qui di persona e mi scansi come se fossi un nessuno.-
-George ti ho detto che ho da fare.  Qualunque cosa tu abbia da dirmi può aspettare fino a stasera.-
Gli voltai le spalle e me ne andai.
-E invece non può più aspettare, Nana.-
 
Nessun testo alternativo automatico disponibile.
 
Un brivido mi percosse tutta la schiena. Come faceva a sapere? Mi girai lentamente verso di lui e vidi un sorriso trionfante stampato sulle sue labbra. A quanto pareva aveva ottenuto esattamente la reazione desiderata.
-Immagino che il tuo appuntamento possa aspettare, solo un poco, Nana, non è così?-
Non risposi. Il sorriso svanì lentamente dal suo viso.
-Non volevo che lo sapessi così, ma tu proprio ti rifiuti di ascoltarmi e… Vedi? Non ho avuto altra scelta.-
-Che cos’è che vuoi?-
Mi fissò in silenzio.
-Dimmelo. Vendermi ai media? Minacciarmi? Cosa vuoi?-
Scosse la testa, evidentemente deluso.
-E’ questo che pensi di me? Che persona piccola mi credi. Non voglio nulla di tutto ciò. Voglio solo che tu mi ascolti. Posso darti tutto ciò che desideri.-
Alzai un sopracciglio.
-Credi davvero di sapere cosa voglia?-
Sorrisi amaramente, stringendo i pugni.
-Sei così arrogante da crederlo? Sapere il mio nome non ti dà nessun diritto di credere di conoscermi.-
-No, non fraintendermi. Non intendevo certamente questo, dannazione! Perché parlare con te deve essere sempre così fottutamente difficile?-
George aveva appena alzato la voce. Non volevo stare a sentirlo, ma qualcosa mi bloccava al pavimento.
-Ho fatto delle ricerche su di te, è vero, ma non ho mai affermato di conoscerti. Non ti conosco affatto, lo ammetto, ma ho scoperto delle cose su di te, sul tuo passato, e credo di non esagerare se affermo di averti quantomeno capita. Una ragazza sola, un amore perduto, una fama negata, una carriera finita. Ho ragione fin qui? E poi una fuga, l’isolamento. Quelle persone, Nana, da quanto tempo non le vedevi?-
Mi sentivo invasa dalla rabbia. Cosa voleva saperne? Non poteva capire, non avrebbe mai potuto capire,e cosa diavolo gliene fregava?
-Vuoi tornare in Giappone, non è così? Li seguirai?-
A quello non avevo neppure mai pensato. No, non volevo tornare in Giappone, la mia vita adesso era a Londra, lontana dalla Nana di una volta, quella che amava i riflettori, che viveva insieme a Ren, che cantava nei Blast. Non sarei mai tornata indietro.
-Ma io ho sentito le tue canzoni, Nana, saresti sprecata in una band, soprattutto in Giappone. Andiamo, siamo a Londra, nel pieno cuore d’Europa, mi basterà fare un giro di telefonate per trovarti un buon ingaggio come solista.-
Mi sentì improvvisamente avvampare. Il sangue stava scorrendo più velocemente del normale.
-Che cosa?-
-Stiamo parlando di un sacco di soldi, molti più di quanti tu ne abbia mai visti, se solo…-
Non gli diedi il tempo di finire, non avevo più nessuna voglia di ascoltarlo.
-Taci. Brutto maledetto, ti ho detto di tacere! Credi che a me importi qualcosa dei soldi o della fama? Quella storia per me è morta e sepolta, ho rinunciato alla fama tanto tempo fa e non ne sento affatto la mancanza. Cosa ti da il diritto di ficcare il naso nei miei affari? Di fare delle ricerche su di me? Cosa ti da il diritto di cercarmi degli ingaggi? La mia vita non ti riguarda, e adesso vorrei che dimenticassi tutto e che mi lasciassi andare. Sta solamente a me la scelta di decidere cosa fare del mio futuro, se tornare in Giappone o restare qui.-
George si avvicinò ancora di più, sentii quasi il suo fiato sul mio viso.
-No. Non ti lascerò tornare in Giappone senza averci neppure provato.-
-Non azzardarti mai più a parlarmi così. Io e te non siamo altro che colleghi, non siamo mai stati altro. Se credevi ci fosse dell’altro, allora era tutto frutto della tua immaginazione. Tu per me non significhi nulla, e adesso vattene, sparisci, torna a ricoprire il ruolo marginale che hai sempre avuto nella mia vita.-
E, senza neppure guardare  l’effetto che le mie parole avessero avuto su di lui, corsi via, lasciandolo solo davanti all’uscio del mio appartamento.
Provavo una rabbia che avevo quasi dimenticato.  Mi offuscava la mente, e non seppi neppure come riuscii a raggiungere il luogo che avevo pattuito insieme a Nobu. Mi ritrovai semplicemente lì di fronte, senza neppure sapere quanti minuti fossero passati. Mi chiesi se non fossi troppo in ritardo, se non se ne fosse andato, ma mi bastò are una rapida occhiata ai tavoli per trovarlo. Mi sorrise, facendomi posto.
-Hai una brutta cera oggi.-
-Ho dormito male.-
Mi limitai a rispondere.
-Comunque di cosa volevi parlarmi? Sembrava una cosa importante.-
-Beh, lo è… Si tratta di Nana. Insomma, non credevo che sarebbe ricapitato e mi sento uno sciocco.-
-Ma di cosa stai parlando?-
Rimasi per una buona mezz’ora ad ascoltare tutto ciò che Nobu aveva da dirmi, ascoltai ogni sua singola insicurezza, ogni dubbio, riuscii ad ascoltare persino le parole non dette, tramite i suoi occhi e la sua voce, ma l’unica cosa che riuscii a provare fu fastidio.
-Non ti rendi conto di quanto ti stai dimostrando infantile ed egoista?-
Gli urlai a un certo punto, interrompendolo.
Lo guardai fissarmi con l’espressione confusa che gli apparteneva fin troppo bene, poi battei i pugni sul tavolo e mi alzai.
-Forse ti sei dimenticato di non essere più un ragazzino Nobu, e che Hachi è una donna ancora legalmente sposata e con due figli, una dei quali vive insieme a lei. Pretendi da lei delle risposte che forse non ha nemmeno trovato, non le stai dando neppure il tempo di abituarsi a questa situazione, non pensi minimamente a come possa sentirsi? No, parliamo solo dei tuoi problemi, di quanto ti senti umiliato e di quanto la desideri, ma al mondo non esisti solamente tu! Voi uomini a volte non vi rendete conto di cosa proviamo noi donne, e quel che è peggio, sembra che non vi importi neppure! Hai provato a parlarne con lei? Le hai dato modo di esprimere il suo parere a riguardo, o hai fatto come al solito, scaricandole l’intera colpa e lasciandola come un’idiota ad interrogarsi su cosa ha sbagliato? Beh in quel caso te lo dico io cosa ha sbagliato: un bel niente. L’Hachi che ho incontrato pochi giorni fa è una donna matura e affidabile, una donna che si preoccupa principalmente del bene di sua figlia, anteponendolo al proprio, è una donna che riflette prima di agire. Lei è cambiata molto da come la ricordo io, ma mi dispiace non poter dire lo stesso di te. A distanza di quattro anni continui a piangerti addosso, ad aspettare che siano gli altri a fare la prima mossa. Nobu, non puoi assolutamente comportarti così! Prenditi per una buona volta le tue responsabilità, e se è vero che ami quella donna, allora non rovinare tutto perché tutti i problemi stanno solo nella tua testa. Per una volta comportati da uomo e va’ a prenderla, perché ti giuro che anche lei non desidera nient’altro.-
Respirai affannosamente. Nel bar mi stavano guardando tutti quanti, evidentemente il mio tono di voce era più alto di quanto non desiderassi.
Nobu rimase in silenzio, lo sconcerto aveva sostituito la confusione sul suo viso.
-Sono stanca di vedervi giocare ancora al gatto e al topo. Nobu, hai l’opportunità di stare con la persona che ami. Non sprecarla. C’è gente che pagherebbe oro per avere la tua fortuna.
E, senza aggiungere altro, uscii dal locale.
Una volta all’aria aperta non mi vergognai di piangere.
Nessun testo alternativo automatico disponibile.
 
Risultati immagini per nana and ren 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Hachi:

“Aware” è un termine giapponese che credo non esista in nessun altra lingua al mondo. Significa vivere un momento di grande felicità con un retrogusto agrodolce, dato dalla consapevolezza che quel momento sia destinato ad esaurirsi velocemente. Era quello che provavo durante gli ultimi giorni in compagnia di Nana. A volte mi sorprendevo, scioccamente, a non battere le palpebre, forse per incastrare la sua figura in maniera permanente nella mia mente. Il tempo sembrava essere scorso troppo velocemente, sentivo di non averne abbastanza. Sapevo che se anche avessi avuto più tempo, quello non mi sarebbe bastato comunque. La verità è che non avrei mai voluto allontanarmi da Nana, volevo che quel momento sarebbe durato per sempre. Noi due sedute una di fronte all’altra , come succedeva nell’appartamento 707, a chiacchierare, ridere, confidarci, ad esserci sempre l’una per l’altra.
-Non hai nessuna intenzione di tornare in Giappone?-
Quella domanda mi arrovellava il cervello sin da quando l’avevo incontrata per la prima volta all’Agorad, ma solo adesso avevo trovato il coraggio sufficiente ad esprimerla ad alta voce.
Nana sorrise debolmente, scuotendo impercettibilmente la testa. Me lo aspettavo.
-No. La mia vita adesso è qui. Londra mi ha dato una seconda chance, ho avuto modo di ricominciare da capo da dopo il mio fallimento, dal mio crollo emotivo. Tornare in Giappone non mi farebbe affatto bene,tornerei col pensiero alla vecchia me, a dei progetti che non esistono più e non credo che potrei tollerarlo, mi capisci?-
Annuì. Guardai l’anello al suo dito e provai un grande moto di tristezza. Per Nana quella fede, identica alla mia, significava una promessa mai mantenuta. A distanza di tutti quegli anni, lei si ostinava a indossarla, a portare vivo il giuramento di amore eterno che le aveva fatto Ren. Quanto era stata ingiusta la vita nei loro confronti?
-Ti capisco, e non ti biasimo. Mi prometti però che ci terremo in contatto, una volta partita?-
La mia voce s’incrinò leggermente, sperai che non lo avesse notato. Nana accennò un debole sorriso e mi afferrò la mano.
-Te lo prometto Hachi. Non ti abbandonerò mai più.-
Le credevo.
-Prima che tu te ne vada devo chiederti una cosa: che intenzioni avete tu e Nobu?-
Il mio cuore ebbe un leggero sussulto, ma cercai di non darglielo a vedere.
-La situazione si è di nuovo complicata tra di noi, sai? Mi sono chiesta, negli ultimi giorni, se per caso, semplicemente, non fossimo destinati a stare insieme. Per quanto ci proviamo, alla fine c’è sempre qualcosa che va storto e rovina ogni cosa. Forse il Grande Demone Celeste vuole impedire ad ogni costo questa relazione.-
-Non posso crederci, credi ancora a quella storia del Demone Celeste? Hachi, mi meraviglio di te, non inculcare queste sciocchezze nella giovane testolina di tua figlia.-
Stavamo di nuovo ridendo insieme.
-A proposito, Takumi dovrebbe già essere arrivato, avrà trovato traffico, non ritarda mai lui…-
-Takumi… Chissà che effetto mi farà rivederlo, non mi è mai piaciuto.-
-Lo so, ma ti assicuro che è molto cambiato da allora, ha sorpreso persino me. Credo che anche a lui Londra abbia giovato, è diventato molto più altruista, sai?-
-Chi l’avrebbe detto? Questa città dev’essere stata fondata su un vecchio cimitero celtico, e gli spiriti dei defunti si sono sicuramente impadroniti del corpo del vecchio Takumi.-
-E dici a me di smetterla con la storia del Grande Demone Celeste?-
Ridemmo insieme ancora una volta. A ogni bel momento seguiva una fitta un po’ più stretta attorno al mio cuore. L’avverti anche tu Nana?
-Quali sono i tuoi progetti per il futuro qui a Londra?-
-Non ne ho, non faccio mai dei progetti. Per il momento continuerò a lavorare all’Agorad.-
-E per quanto riguarda George? Da quanto mi hai detto non diventerà facile per voi cooperare.-
Nana si sporse indietro con la sedia.
-Se lui finge che vada tutto bene, non vedo perché debba essere io a far sorgere dei problemi. A ma basta solo che non si intrometta più nella mia vita privata.-
-Nana, ma non provi davvero nulla per quell’uomo?-
Ecco, l’altra domanda che tacevo da ormai troppo tempo.
-Voglio dire, so che non hai ancora superato la storia di Ren, ed è comprensibile, ma sono già passati 4 anni e tu sei ancora giovane e bella, Nana non puoi chiuderti in un bozzolo ed evitare il resto del mondo.-
-Io non posso innamorarmi di qualcun altro, Hachi, ho amato Ren con tutta me stessa, nessuno potrà prendere il suo posto.-
-Nessuno prenderà il suo posto,Nana! Pensi forse che Nobu abbia preso il posto di Shoji? O che Takumi abbia preso il posto di Nobu? Io ho amato per davvero tutti e tre, ma in modo diverso. Si può amare più di una volta Nana, ma devi lasciare uno spiraglio aperto, devi pur dare a qualcuno la possibilità di farsi avanti e non vedo pretendente migliore di George al momento.-
Abbassò la testa, come se quel discorso non le interessasse, ma io sapevo che mi stava ascoltando.
-Forse non oggi, forse non domani, forse neppure tra un anno, ma prima o poi dovrai di nuovo liberare il tuo cuore dalla morsa spinosa che lo intrappola al ricordo di Ren e allora ti sentirai felice di poter amare di nuovo, Nana, saper amare è un grandissimo dono che tu possiedi e che ti ostini a tenere incarcerato.-
Nana deglutì rumorosamente.
-Ma io non ce la faccio.-
Mi confessò con un filo di voce.
-Se a volte mi sorprendo anche solo a pensare ad un altro uomo, inizio a sentirmi in colpa. Sento ancora la presenza di Ren, a volte giurerei di sentire l’odore della sua pelle aleggiare per le vie di questa città, come posso liberarmi di tutto questo? Lui non mi lascia andare, Hachi.-
Afferrai la mano della mia amica e la racchiusi tra le mie.
-Ma non ti rendi conto che è il contrario? Nana, sei tu che non lasci andare via lui.-

 
Immagine correlata
-Mamma, eccoti!-
La voce di Satsuki ci riportò alla realtà. Le sorrisi facendole un cenno con la mano, e presto la raggiunsero anche Ren e Takumi.
-Perdona il ritardo, c’è stato un incidente a pochi metri da qui e hanno chiuso le strade, ma adesso eccoci arrivati. Nana… Chi è quella signora con il parrucchino biondo, dov’è Nana?-
*Nana casca dalla sedia*
-Sei spiritoso come sempre Takumi, vedo che anche tu ti ostini a portare quel vecchio parrucchino, strano, non ti sei accorto che non va più di moda da circa 10 anni?-
-Beh, è un piacere rivedervi entrambi, e soprattutto non credo che vogliate litigare proprio qui, davanti ai bambini, non è così? Suvvia, salutatevi e comportatevi come due adulti responsabili, intesi? Ricominciamo.-
-Uhm… Buongiorno Nana, è un piacere rivederti dopo circa 4 anni. Ti trovo piuttosto in forma e i capelli biondi ti stanno davvero bene.-
-Come no? Il piacere è tutto mio Takumi, sei in forma come sempre, i tuoi capelli sono così lucidi che mi ci potrei persino specchiare, anzi ho persino il dubbio che l’incidente sia stato causato da un raggio di sole riflesso sulla tua chioma splendente.-
Sospirai, non c’era proprio nulla da fare con quei due.
-Beh, vi ringrazio almeno di averci provato, seppur miseramente. Ad ogni modo Nana, ho finalmente il piacere di presentarti Satsuki e il piccolo Ren, sono bellissimi, è vero?-
 
***
 
Restammo insieme ancora un paio di minuti, Satsuki fece tantissime domande a Nana, arrivò persino a chiederle di cantare qualcosa per lei. “Reira canta sempre per Ren, ma la mia mamma è stonata come una campana e si rifiuta di cantare per me, uffa!”
Nana era radiosa, non l’avevo mai vista ridere tanto, nemmeno in passato. Ren rimase a distanza, come faceva sempre, ma sembrava a suo agio.
Anche l’atmosfera tra Nana e Takumi si era fatta più leggera, e quasi riuscivano a tollerarsi. Fu una giornata bellissima per me, morivo dalla voglia di presentare Satsuki a Nana.
-Sono felice che finalmente vi siate incontrate, l’ultima volta che l’hai vista stava ancora dentro al mio pancione.-
Le dissi infine, poco prima di salutarci per andare via.
-Ti sbagli.-
Mi confessò Nana.
-Sono passata nella tua camera d’ospedale prima di partire, sai? E’ stato lì che ho visto la neonata Satsuki per la prima volta.-
Gli occhi mi si inumidirono. Quella dichiarazione significava voler dire tante cose per me.
-Rifletti su ciò che ti ho detto Nana. Sei piena di amore da dare, e desiderosa di riceverlo. Ci rivediamo in aeroporto allora.-
Nana mi sorrise, ma il suo sguardo era triste quasi quanto il mio.
In un istante seppi che la migliore amica provava i miei stessi sentimenti e capì che mi sarebbe mancata più di quanto non avesse fatto in questi quattro anni.
 
 Immagine correlata

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Hachi
 
Il giorno della partenza arrivò troppo presto. Il tempo era scivolato via frettolosamente, i giorni si erano velocemente tramutati in settimane, e adesso bisognava lasciare quella città che aveva regalato loro milioni di emozioni differenti.
Io avevo preso un taxi insieme a Yasu e Satsuki,mentre Shin e Nobu ne avevano preso un altro che ci avrebbe raggiunti poco dopo. Purtroppo non avevamo potuto viaggiare tutti insieme, data la grande quantità di valigie che ci stavamo portando dietro.
 Nana, Takumi, Ren e Naoki ci avrebbero raggiunti direttamente davanti al gate delle partenze.
Mi sembrava tutto così surreale, quasi come se mi fossi appena risvegliata da un lungo sonno.
-Dovremmo rifarlo più spesso.-
Mi suggerii Yasu, quasi come se mi avesse letto nel pensiero.
-Ti ha fatto davvero bene.-
Gli sorrisi benevolmente.
-Sì, forse hai ragione. In fondo Londra è ormai come una seconda casa per me, qui c’è un piccolo pezzo di famiglia per me.-
-A proposito, i documenti sono a posto, ti basta solamente firmali.-
-Sì, l’ho già fatto, li consegnerò oggi a Takumi e al resto penserà lui.-
-Come ti senti adesso che sei una mamma single?-
Lo guardai dritto negli occhi (cioè, negli occhiali da sole) e risi.
-Sinceramente? Non credo sia cambiato nulla.-
-Mamma eccoli, sono lì!-
Aveva urlato Satsuki, e infatti a pochi metri di distanza si potevano distinguere le forme di Takumi, Ren con la mano stretta nella sua e un sorridente Naoki alla sua destra. Solo quando si furono avvicinati potei distinguere anche la sagoma di Reira. Non mi aspettavo che sarebbe venuta, ma la cosa mi riempì di gioia.
-Reira, che piacere vederti.-
Dicemmo in coro io e Yasu.
-Non mi sarei mai permessa di lasciarvi andare via senza avervi prima salutati. Mi spiace di non essermi fatta vedere molto in questi giorni, ma non stavo tanto bene.-
Quella frase era riferita a Yasu, io sapevo bene che il motivo che l’aveva tenuta lontana da noi era semplicemente legato a Shin e alla sua paura di incontrarlo. Mi domandai dove avesse trovato il coraggio di farsi avanti quel giorno, ma in fondo mi dissi che probabilmente si sarebbero semplicemente scambiati un’occhiata e che forse la prospettiva di non avere neppure il tempo di parlarsi, doveva averla convinta.
-Ti trovo bene, Londra ti dona.-
Le aveva detto Yasu, lei per tutta risposta sorrise raggiante. Aveva ragione, quel giorno Reira aveva davvero una bella cera. 
Che Takumi le avesse già chiesto di sposarlo?

Risultati immagini per reira serizawa manga

***
Shin
 
Nell’intimità del taxi londinese, Nobu si decise finalmente a sputare il rospo e mi raccontò tutto quello che io sospettavo già.
Aveva baciato Hachi sulle sponde del Tamigi, e le cose tra i due si erano complicate quando, la sera seguente, aveva trovato per caso i documenti del divorzio nella sua borsa.
Solo dopo aver parlato con Nana però, sembrava finalmente aver ritrovato il senno.
-Non voglio perderla più.-
Mi aveva confidato.
-Non abbiamo più avuto modo di parlare da allora, ma sono intenzionato a riprendermela, Shin. E’ con me che deve stare, è così sin dall’inizio, ma sono stato troppo vigliacco, troppo insicuro e ho lasciato che Takumi me la soffiasse. Ma adesso devo smetterla di fare l’ingenuo, la mia felicità è assieme ad Hachi, non posso rinunciare a lei.-
-Mi fa piacere sentirti finalmente pronunciare queste parole, ma stavolta cerca di non rovinare tutto, dalle tempo se le serve, non forzarla. Alle donne non piace sentirsi forzate, non piace che gli si faccia fretta. Nana ha detto bene, Hachi deve pensare innanzi tutto al bene di Satsuki.-
-Non farò errori questa volta.-
Sorrisi. Mi piaceva vederlo così risoluto, avrei preferito che mostrasse questo lato del suo carattere tanti anni prima, ma come si dice? Meglio tardi che mai. Sapevo che diceva la verità, che si sarebbe più permesso di fare degli errori.
Quando il taxi finalmente ci lasciò in aeroporto afferrammo le valigie e ci dirigemmo verso il gate numero 7, partenze per Tokyo, dove Hachi e Yasu ci avrebbero aspettati.
Sapevo che ci avrebbero raggiunti anche Takumi, Naoki e il piccolo Ren, ma la vista di Reira mi spiazzò completamente.
Fu un attimo, una frazione di secondo, quella in cui anche lei si accorse della mia presenza e per un lunghissimo, interminabile secondo, ci guardammo di nuovo negli occhi.

 
Risultati immagini
Non so spiegarmi perché la sua vista mi fece tremare lo stomaco, ma potrei giurare che lo stesso fosse successo a lei. Nessun sorriso, nessun cenno, distolsi lo sguardo dai suoi grandi occhi ipnotici e raggiunsi il mio gruppo di amici.
Sarei morto piuttosto che ammettere di provare ancora qualcosa per Reira.
-Ehi Shin, guarda chi altri è venuto a salutarvi oggi, niente meno che Reira, andavate d’accordo voi due no? Avete anche organizzato una festa di compleanno collettiva, se non ricordo male, non è così?-
Naoki, per quanto si sforzasse di metterci a nostro agio, finiva sempre con il provocare la reazione opposta. Fui lieto che nessuno se ne accorse, ad eccezione di Hachi. Reira teneva gli occhi bassi, e solo poco dopo notai che stava guardando Ren.
-Ricordi bene Naoki, Reira che piacere averti qui oggi.-
Reira sollevò lo sguardo e lo fissò dentro i miei occhi. Le ci volle qualche secondo per falsificare un gran sorriso.
-Concordo, sono così felice di rivedervi.-
Da quanto tempo non sentivo il suono della sua voce, fu come ricevere un pugno in faccia.
-Ah ragazzi, dovremmo organizzare più spesso delle riunioni come queste, non credete? E’ che siamo sempre così pieni di impegni che semplicemente non si può…-
Naoki aveva ripreso a parlare senza sosta, lo apprezzai.
Poco dopo ci raggiunse finalmente anche Nana, anche lei sorpresa del gruppo che si era trovato davanti.
In un momento di calma, fui raggiunto da Hachi.
-Come stai?-
-Bene, perché? Come dovrei stare?-
-Sai che mi riferisco a Reira.-
-Lo so, ma non c’è proprio nulla, Hachi, non preoccuparti per me. Sono cresciuto, ricordi?-
Sorrisi e la vidi sciogliersi, era più tranquilla.
-Ti voglio bene Shin, mi preoccuperò sempre per te.-
-Lo so, mamma.-
Hachi mi diede una pacca sulla spalla congedandosi da me e andando in direzione di Takumi e Reira, mentre io fui presto avvicinato dal piccolo Ren.
-Lei è il signor Shinichi Okazaki, è vero?-
Mi domandò con tono piatto.
-Sì, sono io.-
-In TV sembra più alto.-
Esclamò con ingenuità. Mi venne da ridere.
-E’ perché indosso delle scarpe col tacco.-
-Uh uh, lo immaginavo. Anche la Sua voce è diversa.-
-Segui la TV giapponese?-
-Lo fa Reira. Guarda spesso i film in cui c’è Lei.-
Il mio cuore si fece improvvisamente pesante all’interno del mio petto.
-Beh, immagino sia più facile ascoltare un film nella propria lingua. Tu cosa preferisci?-
-Per me è uguale, parlo sia l’inglese che il giapponese, ma quando sto con Reira faccio sempre scegliere lei.-
-E’ gentile da parte tua. Devi volerle molto bene.-
Annuì solenne.
-Lei mi tratta bene. Mi canta una canzone ogni notte, prima di dormire, mi racconta sempre delle storie e mi ha insegnato a parlare l’inglese, dice che è importante parlare correttamente più lingue.-
-Ha ragione, fai bene a darle ascolto.-
-Sì. Reira è come la mia seconda mamma, anche se non vuole che la chiami così.-
-Beh,ha ragione, di mamma ce n’è solo una al mondo.-
-Già, è quello che dice anche lei.-
Io e quel bambino rimanemmo a fissarci a lungo. Non avrei mai immaginato che mi avrebbe somigliato tanto. Anche se Hachi si era presa la briga di tenermi nascosta la paternità di Ren, avevo scoperto il tutto pochi mesi dopo la sua nascita. Forse è capitato per caso, o forse era proprio destino che mi trovassi nell’ufficio di Yasu proprio in quel giorno in cui lei era andata a fargli visita, informandosi su come effettuare un’adozione, chiedendosi quali responsabilità comportasse diventare il tutore legale di qualcuno. Mi sorprese l’affetto che Hachi sembrava nutrire per il figlio illegittimo di Reira e Takumi, ma non quanto l’idea stessa di una possibile relazione tra i due. Se Reira avesse avuto l’opportunità di avere Takumi, allora non sarebbe mai venuta a letto con me, di questo ero più che certo. Un rapido conto mentale era bastato a farmi capire tutto.
Ho sempre apprezzato la discrezione di Hachi per questa faccenda, e (anche se non mi fa onore ammetterlo) anche la totale assenza di Reira.
La verità è che lei è stata il mio primo vero amore, e chiaramente non la dimenticherò mai. I pomeriggi passati insieme a lei a volte mi tornano in mente, lasciandomi un ricordo agrodolce. Ho amato Reira con tutto me stesso, ma la ferita che mi aveva arrecato era troppo profonda e non si sarebbe risanata presto.
E poi adesso c’è Misato al mio fianco, ho promesso di prendermi cura di lei, di non ferirla e manterrò fede alla parola datele. Credo che da questo punto in poi la storia prenderà la piega che avrebbe dovuto assumere sin dall’inizio ed io non farò nulla per cambiare in qualche modo il corso del destino. Non voglio privare quel bambino delle poche certezze della sua vita, non irromperò nel suo piccolo mondo stravolgendolo. Reira e Takumi ne avranno cura. Non voglio occuparmi di un figlio che non ho neppure visto nascere.
Da dietro le spalle di Takumi fece capolino la folta chioma di Reira, mi stava guardando chiacchierare per la prima volta assieme a nostro figlio.
Sospettava in qualche modo che io sapessi?
Eppure è chiaro come la luce del sole…

Immagine correlata                                                                                          Risultati immagini per reira nana manga
 Risultati immagini per ren ichinose nana

***

Nana
 
Non volevo andare, non volevo guardarli andare via.
Non mi sentivo abbandonata, ma gli addii tendono a far male.
Sapevo che sarebbe successo, che questo momento sarebbe arrivato, ma era più facile immaginarlo che viverlo. Riabbracciarli, uno per uno, mi aveva provocato tristezza e felicità allo stesso tempo.
Era bello sapere che avrei ancora potuto contare su di loro, che per me ci sarebbero stati, che la nostra amicizia era talmente forte da riuscire a superare ogni ostacolo.
Abbracciai Yasu per primo, e mi sentii coccolata da quell’uomo che si era preso cura di me quando ero rimasta sola. Adesso guardami, sono una donna forte e indipendente, non ho più alcuna intenzione di correre in preda alle lacrime sotto casa tua.


Risultati immagini per nana and yasu  Risultati immagini per nana and yasu

Poi abbracciai Shin, che quasi non mi stritolò tra le sue forti e robuste braccia.
-Manda i miei più calorosi saluti a Misato, e ricorda che semmai dovessi ferirla…-
Mi passai il dito indice sul collo, lui rise.

 
Nessun testo alternativo automatico disponibile.Immagine correlata

Dopo fu il turno di Nobu, quel piccolo grande uomo, colui che mi aveva salvata dall’ombra di me stessa. Lo strinsi più forte, perché volevo dargli quanta più energia possibile.
-Non fare cazzate.-
Gli sussurrai all’orecchio.
-Non ne farò. Vedrai che Hachi sarà finalmente mia.-
Sorrisi, i miei occhi iniziarono ad inumidirsi.
-Amala anche da parte mia.-
-Lo farò, l’amerò così forte da farle venire il capogiro.-

 
Risultati immagini per nana osaki x nobuRisultati immagini per nana osaki e nobu

Adesso stavo definitivamente piangendo. Mi fece piacere vedere le lacrime rigare il volto della mia migliore amica, non ci fu bisogno di dire altro.
Non credo esistano parole sufficienti a descrivere ciò che provo per Hachi, ma se c’è una cosa che ho imparato, è che le parole non servono.
Hachi la porterò per sempre nel mio cuore, lei è stata la ragazza che ho protetto quattro anni fa e la donna che mi protegge adesso. Saremmo per sempre legate, anche se distanti.
Ma in fondo non esiste distanza in amore.

 
 Nessun testo alternativo automatico disponibile.
Nessun testo alternativo automatico disponibile.
 
L'immagine può contenere: disegno

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Capitolo 30, epilogo ***


2 anni dopo
 
Cara Nana, è passato molto tempo dalla tua ultima lettera, è vero, ma ho avuto parecchie cose da fare, come ben sai.
Non avevo idea che organizzare un matrimonio potesse essere così impegnativo, ma lo trovo anche piuttosto divertente. Satsuki è eccitatissima, non vede l’ora che arrivi il grande evento e Nobu cerca di aiutare come può, anche se chiaramente non ne capisce nulla! =)
Sono felice come non lo ero più da molto tempo, per non dire euforica come una bambina durante il giorno di Natale.
Oggi ho finalmente scelto l’abito da sposa, vorrei potertelo mostrare, sono certa che lo adorerai, anche non rientra esattamente nel tuo stile, purtroppo credo che dovrò mettermi a dieta per farmelo entrare, dato che il bambino nel mio pancione non fa altro che crescere settimana dopo settimana – penso che il giorno delle nozze sarò più simile a una balena che a una sposina – ma in fondo sono contenta, perché significa che è in ottima salute.
Satsuki ha già scelto il nome per il suo ipotetico fratellino (Minoru) o per la sua ipotetica sorellina (Kiyoko) e non sta più nella pelle.
Nobu mi ricopre di attenzioni, durante il giorno fa di tutto per non farmi affaticare, facendosi carico dei lavori più pesanti, mentre la sera mi prepara sempre un the caldo e mi sprimaccia i cuscini prima di dormire. Io personalmente cerco di godermi ogni mese che passa, ascoltando quella piccola metà di Nobu farsi spazio dentro al mio corpo.
Le cose alla pensione Terashima procedono come al solito, se non meglio, quel posto aveva proprio bisogno di un tocco femminile!
Per quanto riguarda gli altri, ti aggiorno brevemente: Yasu ha ampliato il suo studio, si è fatto una buona pubblicità e gode di ottima fama, i clienti arrivano a fiotti. Lui e Miyu stanno persino pensando di comprare una casa tutta per loro con giardino e garage, a quanto pare sognano un futuro fatto di marmocchi e animali domestici (chi l’avrebbe detto?)
Shin e Misato invece vanno più forte che mai, lei è un’ottima agente, riesce persino a far sganciare ai registi il triplo della cifra inizialmente offerta. Dice che Shin è diventato ormai un’icona, e dunque chiunque lo voglia nel suo film deve assolutamente guadagnarselo.
Shin invece mi informa costantemente di ricordarti che tiene fede alla promessa fatta in aeroporto.
Insomma, noi qui stiamo tutti bene, e siamo felici di sapere che anche tu te la passi bene e che sei soddisfatta del tuo nuovo lavoro come cantante per eventi speciali, tu e George siete un’ottima squadra, mi stavo persino chiedendo se per caso non vi andasse di esibirti al nostro matrimonio, ahahah no scherzo.
 
Immagino abbia trovato le partecipazioni al nostro matrimonio, non aspetto nessuna risposta, so già che sarà un sì.
Vi aspettiamo con ansia, spero che questo giorno arrivi quanto prima possibile.
 
 
Ti voglio tanto bene,
la tua cara amica
Hachi

 
Risultati immagini per nana x nobu

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3299634