Ritornare ad amare

di adelhait13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Freddo ***
Capitolo 2: *** Ho un desiderio, un amore. ***
Capitolo 3: *** Un incontro voluto dal destino ***
Capitolo 4: *** Penso a te… ***
Capitolo 5: *** Il libretto ***
Capitolo 6: *** Siamo uguali ***
Capitolo 7: *** Dolce come la cioccolata. ***
Capitolo 8: *** Il ritorno di un amico ***
Capitolo 9: *** Amori… ***
Capitolo 10: *** Voglio vederti di nuovo. ***
Capitolo 11: *** Non sei una pezzente ***



Capitolo 1
*** Freddo ***


Bene, bene. Questa storia nacque ben dieci anni fa. Infatti, rimase a metà per via della mia pigrizia.
Una semplice storia d’amore tra i personaggi del mio manga preferito.
Girovagando sul mio vecchio profilo la vidi e come un fulmine a ciel sereno, lei mi richiamò e…come ben vedete la ripropongo con delle modifiche.
Infatti, era ricca di errori. Beh, in dieci anni ne è passata di acqua sotti i ponti, no?
Avevo sedici anni e d’ero piccina e ora…26 anni e po’ vecchietta.
Laureata e lavoratrice folle.
La finirò, come le altre storie lo giuro.
Piccolo avvertimento. I personaggi sono OOC, ma lo metterò anche tra le note. Ma essendo questa una storia romantica cadere nel melenso, mi sembra doveroso. E poi un po’ di dolcezza ci vuole in fin dei conti.
Altre cose? Beh, la coppia Naraku/Kikyo che poco amavano all’epoca, ma che spero che oggi piaccia un pochino.
Beh, per ora e tutto!
Un bacio e buona lettura.



Ritornare ad amare




1°: Freddo

 

 

La pioggia scendeva lenta e inesorabile sui vetri di una finestra di un bellissimo appartamento.
Il suo abitante era seduto su di una poltrona accanto ad un caminetto oramai spento, rendendo il luogo freddo e inospitale. Infondo a lui questo non importava. Il freddo era divenuto suo amico. Alleato.
Ogni tanto guardava delle foto, mentre portava alle labbra un bicchiere colmo di whisky.
In quelle foto vi era lui in compagnia di una donna. Erano felici, infatti, poteva vedere i loro visi contenti davanti alla macchina fotografica.
Posò il bicchiere su di un tavolino lì accanto, e cominciò ad accarezzare la superficie liscia di quell’immagine.

Due anni…sono trascorsi due anni d’allora. Da quando, tu mi hai lasciato solo in questo mondo. Ora cosa mi resta? Nulla…un vuoto che mai potrà colmarsi.

Si alzò dalla poltrona facendo cadere a terra le foto. Le guardò poggiarsi sul gelido pavimento. Digrignò i denti e con impeto di rabbia riprese il suo bicchiere e bevve l’ultimo resto di quel liquido giallognolo. Un sapore aspro e bruciante per lenire quel dolore.
Quel dolore lento e soffocante che non gli dava tregua.
Finito di bere si voltò e notò che la bottiglia, posta su quel tavolino, era ormai vuota. Con passo deciso si diresse verso il mobile bar per prenderne una nuova, quando il telefono squillò. Lui si voltò e lo guardò con indifferenza. Ora aveva qualcos’altro a cui pensare.
Lo lasciò squillare per un po’, quando la segreteria partì. La voce che sentì era quella di una persona che ben conosceva. Una smorfia di disgusto. Ecco cosa provava in quel momento sentendo quella voce.

 [ Sesshoumaru, sono io, Inu Yasha…ti ho chiamato per sapere come stavi. Io e Kagome siamo preoccupati. Sono svariati giorni che non ti fai sentire…]

Lui ascoltava, mentre riempiva il suo bicchiere.

Lasciatemi in pace! Basta con questa stupida facciata buonista di pura ipocrisia! Voi non capite il mio dolore!

[E poi ti volevo dire… beh, che non manca molto al Natale e non voglio che il mio unico fratello…]

Fratellastro. Puntualizzò mentalmente, mentre beveva un altro sorso.

[Lo trascorra da solo…ti prego Sesshoumaru alza quella dannata cornetta! So che sei in casa a bere!]

Natale, la festa solo degli schiocchi come te.

Si avvicinò al telefono alzò la cornetta e gli urlò.

-Lasciami in pace!-.

E sbatté la cornetta, lasciando la persona dall’altra parte arrabbiata e offesa.





***



Infatti, Inu Yasha restò qualche secondo con il ricevitore in mano.
Era senza parole, ma la rabbia prese il sopravvento. Strinse la cornetta e la mise giù.

-Lo sapevo che andava così! Stupido testone!-.

Kagome si avvicinò a lui e mise una mano sulla spalla. Doveva calmarlo.

-Su, Inu Yasha non fare così, vedrai che cambierà idea-.
 
Poggiò il viso sulla sua spalla. Comprendeva il dolore di Sesshoumaru, ma anche il rammarico del suo uomo.

-Ne dubito fortemente!-.

Disse buffando Inu Yasha, mentre si allontanava da Kagome e si dirigeva in salotto.

-Era meglio che non lo invitavo per trascorrere il Natale con noi, si merita di restare solo!-.

-Inu Yasha!-.

Urlò Kagome raggiungendolo. Non poteva credere a ciò che aveva sentito. Quella frase l’aveva ferita. Lo afferrò per un braccio costringendolo a guardarla dritta negli occhi.

-Spero che tu stia scherzando!-.

Gli disse piena di rabbia. Inu Yasha la guardò negli occhi. In quei splenditi occhi nocciola dolci e gentili, che adesso lanciavano lampi di rabbia. Sospirò consapevole che avrebbe perso, infatti le disse.

-Perdonami, ma non riesco a capire il suo comportamento. Ormai sono trascorsi due anni dalla morte di Kagura e lui continua a stare chiuso in se stesso. Io desidero aiutarlo, ma non vuole-.

Kagome poggiò il capo sul suo petto. Era triste per quella situazione così annichilente. Sentiva le lacrime prepotenti pizzicarle gli occhi, ma s’impose di non piangere.

-Sai quando si ama una persona difficilmente riesci a dimenticarla. Siamo entrambi consapevoli che sono trascorsi due anni, ma per Sesshoumaru no!  Per lui sembrano passate solo poche ore. Dobbiamo dargli il tempo necessario per guarire le ferite. L’unica cosa che possiamo fare e quello di restargli accanto e di non lasciarlo solo-.

Aveva ragione. Tremendamente ragione. Infatti, Inu Yasha la abbracciò con dolcezza e le disse.

-Hai ragione…dannazione hai sempre ragione! Che cosa sarebbe di me senza di te?-.

Lei rise sentendo quella frase e gli disse.

-Beh, di sicuro saresti morto di fame…su ora andiamo a mangiare, stupido testone-.

Si staccò e lo prese per un orecchio, facendolo gridare dal dolore.

-Kagome ti prego lasciami l’orecchio, se me lo tiri così me lo stacchi…ahi…-.

Lei rideva di gusto, intanto si dirigevano in cucina, dove vi era in tavola una cenetta fumante. Ma d’un tratto lui prese il polso di quella mano che lo torturava, e con velocità avvicinò il suo viso al suo.

-Adesso mi voglio vendicare-.
Sibilò.
Lei guardò maliziosa e sorridendo gli domandò.

-E come?-.

-Così-.

Lui la baciò con passione, lasciandola senza fiato. Infatti, quando si staccarono.

-Ti piace la mia vendetta?-.

-Certo che mi piace, ma adesso andiamo in tavola se no, tutto si fredda-.

Così la dolce coppietta si diresse verso la cucina a consumare la cena.


***


Si sentiva ancora furioso nei confronti di suo fratello, con rabbia staccò la presa del telefono e lo scaraventò a terra.
Un rumore di plastica rotta si diffuse per la stanza.

Così non scocceranno più…mi lasceranno in pace finalmente, voglio restare solo…solo nel mio dolore.

Si diresse verso il mobile bar, prese la bottiglia e si diresse nel suo studio.
Poggiò la bottiglia sulla scrivania, accese il computer e si sedette alla poltroncina. Doveva distrarre la mente con il lavoro. Questo doveva fare, però una sua foto era lì, che lo guardava sorridente.
La prese e la guardò per svariati minuti e poi veloce la ficcò in un cassetto della scrivania.

Basta! Non devo più pensare a te, anche se…anche se non ci riesco, ma lo devo fare.

Intanto il computer era pronto, lui prese la bottiglia e versò un po’ del suo contenuto nel bicchiere.

Adesso devo concentrarmi nel lavoro.





***




La musica rimbombava nelle orecchie di una ragazza bruna, mentre era intenta a sottolineare alcune frasi su di un libro. Di tanto in tanto canticchiava spezzoni di frasi della canzone, ma non si era resa conto che una persona la guardava sull’uscio della porta della sua camera.

Ma come cavolo fa a studiare con quella musica, che ti rimbambisce e basta! È un vero mistero!

Leggermente furioso si avvicinò alla presa dello stereo e la staccò. In quel momento la ragazza un po’ infastidita disse, senza voltarsi.

-E adesso che gli prende a questo dannato aggeggio!-.

-Che gli prende? Rin è possibile che debba venirti ogni volta a chiamare per scendere a mangiare!-.

La ragazza sobbalzò e si voltò. Vide che a parlare era stato suo fratello maggiore che la guardava un po’ infastidito.

-Ciao Naraku, è già ora di cena, ma come? Erano appena le tre due minuti fa e già sono…-.

Prese il proprio orologio poggiato sulla scrivania e vide ch’erano.

-Le otto di sera!-.

Schizzò subito in piedi, facendo cadere a terra la sedia.

Cavolo avevo promesso a Kikyo che l’avrei aiutata con la cena, chissà come sarà furiosa adesso.

-Se stai pensando a Kikyo, lei non è arrabbiata, oramai non fa più caso a te e alla tua testa tra le nuvole…piuttosto scendi subito giù, la cena è pronta da più di cinque minuti-.

Disse Naraku, ma poi il suo sguardo fu attratto dal libro della sorella, lo prese e lesse il titolo.

Totem e tabù, di Sigmund Freud.

-Ma sorellina tu non studi storia moderna? E questo che c’entra con tuoi studi?-.

Domandò un po’ stranito il fratello ma Rin sorrise e riprese il libro per riporlo nella sua libreria, un po’ disordinata. Ma infondo per lei era ordinaria amministrazione.

-Certo che studio storia moderna, ma vedi tra un mese c’è la sessione invernale, dove sosterrò l’esame di antropologia religiosa, questo dolce librettino mi serve per quell’esame-.

Rispose un po’ gonfiando il petto. Adorava studiare quella materia così arcana in alcuni punti. Religioni e usanze strane di paesi a lei sconosciuti.

-Alla faccia del librettino-.

Disse sarcastico Naraku. Infatti, il librettino, come l’aveva definito lei, era molto voluminoso.

-Beh, bando alle ciance! Scendiamo giù, se no, davvero Kikyo si arrabbia e non mi piace quando lo è-.

Disse rabbrividendo il fratello.  Infatti, sua moglie era dolce e gentile, ma quando si arrabbiava, diveniva una vera furia.

-Sì, hai ragione fratellone l’ultima volta che si è arrabbiata ti ha tirato dietro un vaso-.

Ridacchiò.

-Certo che ha un’ottima mira ti ha preso in pieno viso-.

Disse Rin continuando a ridere. Ricordare quella scena le metteva sempre allegria, cosa che non piaceva per niente a suo fratello, che la fulminò con lo sguardo.
Scosse il capo. Sua sorella non sarebbe cambiata mai. Sospirò e scese di sotto seguita a ruota da lei, dove si sarebbe consumata una ottima cena nel calore famigliare.
Ma Rin non sospettava che Babbo Natale le avrebbe portato un bellissimo regalo, un amore…

 

 

Continua…


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Capitolo 2
*** Ho un desiderio, un amore. ***


2°: Ho un desiderio, un amore.

 

 

 

 

Scesero al piano di sotto dove li attendevano Kikyo e i due gemelli. Kanna e Hakudoshi.
Due adorabili bimbi di sei anni. Kanna era una bimba con un carattere dolce e calmo, il contrario del fratello gemello, Hakudoshi, che era un piccolo tutto pepe e che non stava mai fermo tanto che sua zia Rin gli aveva affibbiato il nomignolo di "Piccolo Attila". Soprannome che gli calzava a pennello.
La piccola aveva lunghi capelli candidi e occhi neri come la notte, uguali a quelli di sua madre. Invece il maschietto aveva i capelli di un lilla chiaro come anche i suoi occhi.

-Ah, finalmente ti sei decisa a scendere Rin. Fammi indovinare un po’? Eri di nuovo con le cuffie alle orecchie e stavi studiando? Giusto?-.

Domandò Kikyo voltata di spalle, mentre prendeva un piatto per mettere la cena di sua cognata.

Colpita e affondata.

-Beh, sì, perdonami Ki-chan… ti prego-.

Piagnucolò Rin, in modo melodrammatico mentre si avvicinava alla donna.

-Se vuoi andrò in pubblica piazza e mi cospargerò il corpo di pece e di piume, per avere il tuo perdono-.

Si mise in ginocchio per sembrare il più teatrale possibile. Una vera attrice, tanto da far ridere sua cognata e il resto del gruppo. L’unico che prese sul serio la sua richiesta fu Hakudoshi che le disse.

-Zia se vuoi ti posso aiutare, sarebbe bello vederti piena di piume…saresti una grandissima gallina-.
 
Aveva allargato le braccia per far comprendere la vastità del volatile.
Rin si voltò, era leggermente furiosa nei confronti del nipotino. Infatti, fulminandolo con lo sguardo gli rispose.

-Ehi, io stavo solo scherzando-.
 
Sibilò.

-Io no-.

Disse il piccolo con uno strano luccichio negli occhi. Forse si stava pregustando lo spettacolo comico della zia piena di piume. Rin assottigliò lo sguardo, ma poi scosse il capo. Sapeva che infondo il piccolo le voleva bene. Sospirò.

-Sai Naraku, questa peste è degno figlio tuo-.

Affermò Rin guardando il fratello ch’era intento a mangiare un pezzo di pane.

-Che intendi dire?-.

Domandò.

-Dico solo che si comporta come te, quando eri giovane…avete lo stesso carattere irritante-.

Finì la frase con una sonora risata seguita a ruota da Kikyo e Kanna, invece l’uomo non era d’accordo con le due donne, infatti, sbuffò.

-Ehi figliolo, quando diventerai adulto, mi raccomando non sposarti, lo vedi dopo cosa ti succede-.

-Ok, papà e poi chi sposerebbe una come la zia Rin-.

Rin smise subito di ridere, fissò il nipotino e sibilò.

-Cosa vorresti dire Piccolo Attila?-.

Hakudoshi prese l’aranciata, la mise nel bicchiere e disse con non curanza.

-Che sei una vecchia racchia-.

Rin calmati, non puoi uccidere il tuo adorato, irritante e deficiente nipotino.

Pensò, mentre stringeva forte il pugno destro. Doveva tenere a freno la sua furia omicida, cosa davvero ardua. Ma poi decise di colpirlo nel suo unico punto debole.

-Hakudoshi caro, sai io conosco Babbo Natale-.

Disse con un sorriso malefico.

-Quasi, quasi gli dico che qui c’è un bimbo cattivo che avrà un sacco pieno di carbone sotto l’albero -.

Il piccolo che stava bevendo quasi si strozzò con l’aranciata, sputacchiò un po’ di liquido e guardò allarmato la zia. Lo aveva colpito nel suo punto debole. Veloce corse dalla zia e l’abbracciò con forza. Aveva davvero paura di quella minaccia.

-Oh zia Rin io stavo solo scherzando, lo giuro-.

Singhiozzò.

-E poi sei la ragazza più bella di tutto l’universo…che peccato avere sei anni se no, ti avrei sposato-.

Poi alzò il viso e con gli occhi pieni di lacrime domandò.

-Zietta non dirai nulla a Babbo Natale, vero?-.

Rin accarezzò la testolina di Hakudoshi e lo tranquillizzò, dicendogli che non avrebbe detto nulla a Babbo Natale sul fatto che, lui era una peste. Il piccolo la guardò sorridendo consapevole che la zia non mentiva. Veloce corse a sedersi accanto alla sorellina che, gli sorrise dicendogli che la zia era davvero buona.

La serata passò veloce e tranquilla, anche se i piccoli si punzecchiavano di continuo, ma questa era una normale serata in famiglia. Fatta di battibecchi e risate.

-Bene, sono le dieci. È ora che vada a letto-.

Disse Rin, mentre vedeva le lancette dell’orologio a muro in soggiorno. Si alzò dal divano e baciò il capo delle due pesti e salutò il fratello e cognata. Salì le scale ed entrò in camera sua.
Si sentiva bene. Si sentiva amata.
Avvertiva un gran calore che avvolgeva.

Come invidio Naraku e Kikyo…Sospirò, mentre si toglieva i vestiti.
 
Loro sì, che sono una vera famiglia…io alcune volte mi sento esclusa, devo trovare anch’io un uomo d’amare…spero di trovarlo.

Pensò, mentre s’infilava un caldo e rosa pigiama di pile. Ma poi si trovò a sorridere.

Mi conviene scrivere una lettera a Babbo Natale, perché mi mandi un bell’uomo sotto l’albero di natale.

-Ma che diavolo vado a pensare!-.

Si buttò sul letto e si coprì con le coperte e lentamente cadde tra le braccia di Morfeo, ma non poteva immaginare che il suo desiderio si sarebbe avverato.



***


Era tardi. Lui era ancora lì a lavorare davanti a quello schermo luminoso dove, parole e cifre gli affermavano il bilancio positivo della sua società che, presto sarebbe stata quotata in borsa.
Il lavoro era divenuto il suo unico scopo di vita. Infatti, si era imposto di non amare più nessuno, così non avrebbe mai più sofferto.
Sospirò e mise una mano su gli occhi. Li stropicciò. Era stanco. Esausto. Salvò il file e chiuse il computer.

Sarà meglio andare a riposare.

Guardò l’orologio.

Sono le quattro. Tra qualche ora ritornerò nel mio ufficio dove, mi attende un’altra giornata pesante…anche se lo sono tutte.

Con uno sforzo si alzò dalla poltroncina e si diresse nella sua camera. Si buttò vestito sul letto, chiuse gli occhi e lentamente si addormentò. Un sonno senza sogni.

Il mattino arrivò subito, infatti, un raggio di sole filtrò da una fessura dalla finestra ben chiusa posandosi sul suo viso, costringendolo a svegliarsi.

Maledetto, devi essere sempre così splendente.

Si alzò, anche se aveva un forte mal di testa dovuto dall’alcool ingerito qualche ora prima, ma anche al poco sonno che si era concesso. Scostò lo sguardo sul comodino e vide che le lancette dell’orologio segnavano le sette e tredici minuti.
Sospirò e si diresse verso il bagno, una buona doccia avrebbe lavato via la brutta nottata.
Si lavò. Si vestì e si diresse verso la cucina, dove trovò la donna delle pulizie, che gli aveva preparato il solito caffè.
Era una donna di mezza età, ma molto affidabile. Infatti, senza di lei la sua casa sarebbe stata un vero porcile, con quel poco che gli interessava, ma lui non era capace di fare il bucato e altre cose "da donna". Lui era un uomo d’affari e non prestava attenzione a queste cose.
Le diede il buongiorno, bevve il caffè ed uscì da casa. Scese nel garage, dove l’attendeva la sua bellissima Mercedes CLK di colore grigio metallizzato. Entrò nell’abitacolo e accese il motore, ma esso non si mise in moto. Sbuffò alterato.

-Oggi la giornata si prospetta molto bella-. Sibilò.

Scese dall’abitacolo e si diresse verso la metropolitana.

Un famoso dirigente che prende la metro, davvero buffo, ma in mancanza d’altro.



***



Si era alzata di buon umore, si fece una doccia veloce e si vestì in tutta fretta.

Oggi sarà una giornata di spese folli, spero che Ayame questa volta si faccia trovare davanti al negozio di giocattoli…se no, questa volta la picchio.

Pensava a questo, mentre si metteva il lucida labbra alla fragola. Si guardò allo specchio sorrise soddisfatta del lavoro. Infatti, aveva indossato un maglione a collo alto color lilla, sotto un paio di pantaloni di velluto nero.

Sono pronta.

Si voltò e prese la sua borsa a tracolla Fiorucci nera, a cui era attaccato un piccolo orsacchiotto bianco con capellino natalizio, un dolce regalo di sua nipotina Kanna. Sorrise e scese giù a far colazione.

-Buongiorno famiglia-.

Tutti si voltarono e le diedero il buongiorno, lei prese un toast e se lo ficcò in bocca.

-Rin non potresti fare colazione seduta, come una persona normale-.

Disse Naraku che le passava un bicchiere di succo d’arancia, poiché sua sorella era in piedi a ingozzarsi.

-No, sono in un ritardo bestiale-.

Gli rispose, mentre beveva il succo tutto d’un fiato.

-Tu sei sempre in ritardo-.

Disse Kikyo, mentre metteva i cereali nel latte di Hakudoshi.
Rin le sorrise, ma poi guardò il suo orologio che segnavano le otto e venticinque minuti, quasi urlò dallo spavento. Era in ritardo. Come il solito.
Corse verso l’ingresso si mise le scarpe da tennis nere, si infilò il suo cappotto scuro che le arrivava sulla coscia, si mise intorno al collo la sua sciarpa bianca e in testa il suo capellino con un piccolo pon pon ed uscì.

Devo correre come un lampo alla metro…spero solo che non sia piena di gente. Detesto stare stretta come una sardina.

Pensava a questo, mentre correva verso la stazione, ma non poteva immaginare che il suo desiderio si sarebbe avverato, che avrebbe incontrato l’uomo dei suoi sogni…


 

 

Continua…



_____________________
Secondo capitolo, ancora siamo solo agli inizi...beh, il prossimo sarà un bell'incontro. Un bacio.

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Capitolo 3
*** Un incontro voluto dal destino ***




3°: Un incontro voluto dal destino.

 

 

Correva come una forsennata per la strada. Doveva arrivare a tempo alla stazione della metropolitana.
Arrivò alla scalinata e scese gli scalini a due a due. Alzò il viso e vide il treno che stava per chiudere le porte.

No, aspettami…ci sono anch’io…

Si lanciò contro le porte e riuscì a sgattaiolare dentro.

Fiù!…meno male…

Si guardò un po’ intorno e notò, con sollievo, che il treno era poco affollato. Sospirò.

Finalmente la fortuna gira dalla mia parte.

Voltò il capo a destra e a sinistra in cerca di un posto, ne vide uno vicino ad un uomo bello grassoccio e un po’ sudaticcio. Storse il naso.

Non mi siedo vicino a lui neanche morta.

Poi vide che c’era uno vicino ad un’anziana vecchina, si avvicinò lentamente a lei sorridendo.

-Mi scusi è liber…-.

 Non finì la frase, perché con fare arcigno, la vecchina prese, la borsetta e la poggiò accanto a sé.

Uffa, che cafona.

Sbuffò un po’ scocciata.

Che strazio mi tocca viaggiare in piedi. Uffa, che noia!

Rin si sentiva davvero avvilita. Era stanca, ma poi notò un posto libero accanto ad un uomo vestito elegantemente, con lunghi capelli d’argento, ch’era intento a leggere un giornale.

Carino, speriamo che mi faccia sedere accanto a lui.

Alzò il mento e con passo spedito si diresse verso di lui che intanto leggeva. Gentilmente gli domandò.

-Scusi è libero quel posto?-.

Lui non alzò neanche il capo, bofonchiò un.

-Sì-.

Rin sorrise contenta e si sedette accanto a lui.

Finalmente. Ah, che stanchezza. Sospirò.

Si accomodò ben, bene. Finalmente si poteva riposare dopo, aver corso come una pazza per raggiungere il treno. Però la curiosità, si sa è donna. Infatti, cominciò a guardare l’uomo che leggeva il giornale.

Chissà che legge?

Allungò il collo e vide che leggeva "Borsa e Finanza". Si meravigliò molto. Infatti, i ragazzi che conosceva leggevano solo lo sport e basta. Restò un po’ a leggere tutti quei numeri e titoli a lei incomprensibili, quando la sua voce la fece sobbalzare.

-La smette di spiare ciò che leggo!-. Sibilò.

Rin arrossì violentemente e subito disse.

-Mi…mi scusi, sa è la prima volta che vedo un ragazzo che legge un giornale finanziario-.

Ridacchiò imbarazzata.
Lui non le rispose, anzi sbuffò irritato e restò in silenzio continuando a leggere. Invece la ragazza aveva abbassato il volto, ma poi estrasse dalla borsa il suo i-pod e si mise le cuffie alle orecchie. Lo accese e cominciò a sentire le sue canzoni preferite.
Il viaggio procedeva tranquillo senza interruzioni, ogni tanto qualcuno scendeva o saliva, ma poi d’incanto nel vagone vi erano solo loro due.
Rin si sentiva un po’ a disaggio, perciò cominciò a canticchiare, finendo per dare fastidio alla persona che l’era accanto. Infatti, notò che c’era qualcuno che la fissava, si tolse le cuffie e un po’ imbarazzata domandò.

-Le do fastidio?-.

Lui la guardò con fredda indifferenza e le rispose.

-Sì-.

Si voltò e ricominciò la sua lettura, ma accadde qualcosa che nessuno dei due si aspettava. Il treno si fermò di colpo.

-E adesso che accade?-.

Disse un po’ allarmata Rin. Lui le rispose, con fredda noncuranza mentre girava la pagina del giornale.

-Sarà qualche guasto alla linea-.

Rin si alzò, era un po’ preoccupata.

-Uffa! Avevo un appuntamento con la mia amica davanti al negozio di giocattoli!-.

Lui alzò leggermente lo sguardo e vide che la ragazza camminava avanti indietro, era nervosa. Sospirò scocciato.

-La smette di camminare avanti indietro-.

Rin si fermò di colpo, aveva ragione perciò si sedette di nuovo accanto a lui che non smetteva di leggere.

Ma non è per niente preoccupato questo tizio? Guardatelo legge il giornale come se niente fosse, mi fa irritare, uffa!

Pensò a questo, mentre gonfiava le guance.
Passarono parecchi minuti, ma poi la ragazza prese il cellulare nella borsa, doveva avvisare la sua amica, ma vide sul display che non c’era campo.

-Uffa! E ti pareva che non prendesse in questo posto…e pensare che la giornata era cominciata bene, che tristezza, non potrò comprare i regali ai miei nipotini-.

Aveva abbassato il capo, aveva il morale a terra. Lui voltò il capo per vedere il viso di quella buffa ragazza. Però doveva ammettere che non fosse per niente male.
Aveva il viso di un bel colorito roseo con le guance un po’ arrossate per via del freddo. Le labbra erano rosse e lucide, poteva notare che non si truccava molto. Infatti, aveva sugli occhi un leggero ombretto rosato e, una linea sottilissima nera fatta con l’eye liner, poteva dedurre che aveva una ventina d’anni, poi si soffermò sul corpo. Era magra, ma non poteva capire se era ben proporzionata perché era ben imbacuccata.
Restò per un po’ a fissarla, quando vide che lei si voltava verso di lui, subito scostò lo sguardo e si mise a guardare fuori del finestrino.
Rin aveva notato quell’azione, sorrise.

Hai campito il damerino di ghiaccio?

-C’era qualcosa che non andava nel mio viso?-. Domandò

Lui si voltò e incrociò due occhi neri e dolci che lo guardavano.

-No-.

-E allora perché mi guardava?-.

-Curiosità-.

Disse, mentre distoglieva lo sguardo da quella ragazza, ma lei si alzò si diresse verso il suo viso e notò il colore dei suoi occhi. Erano oro puro, ma tremendamente tristi e freddi. Ne rimase incantata, questa volta fu lui a dirle.

-Adesso c’è qualcosa che non va nel mio viso?-.

Lei distolse lo sguardo imbarazzata, lui sorrise. Quella ragazza era davvero buffa.
Rin si scostò da lui e si mise a guardare fuori, intanto il tempo passava e quel ragazzo non era di certo di compagnia, sospirò.

-Si immagina se dobbiamo passare il Natale qua dentro? Sarebbe una tragedia-.

Lui la guardò e disse un po’ seccato.

-Non mi importa di quella sciocca festa, è solo una giornata persa a festeggiare cosa? La nascita di chi? Di una persona morta secoli fa…io ritengo le festività delle cose sciocche, frivole e senza senso-.

Rin sobbalzò difronte a quella frase. Strinse i pugni. Si sentiva offesa e arrabbiata. Si voltò verso di lui e con passo spedito si avvicinò al suo viso.

-Ma come si permette! Io adoro il Natale e non è una festa stupida! Lo stupido è lei!-.

Era davvero furiosa.
Si guardarono negli occhi, quando d’un tratto il treno si mosse facendo perdere l’equilibrio alla ragazza che cadde addosso a lui.
Un dolce profumo fruttato lo avvolse, senza rendersi conto strinse a sé il corpo di quella ragazza. Senza volerlo gli aveva riportato alla mente un ricordo doloroso, ma allo stesso tempo anche piacevole.
Rin rimase spiazzata dal gesto di quel uomo.
Il suo cuore galoppava come non mai.

Ma che fa? Oh mamma sento il cuore che adesso scoppia nel petto.

Ma d’un tratto il treno si fermò. L’incanto si era rotto. Rin era arrivata alla stazione, dove doveva scendere. Veloce come il fulmine si staccò da lui. Il viso era rosso come non mai. Lo guardò negli occhi e farfugliò un.

-Scusami-.

E fuggì fuori lasciando il ragazzo che la guardava correre su per le scale. Lui si alzò, ma le porte si richiusero e il treno ripartì.

Ma che ho fatto? Il suo corpo e il suo profumo mi hanno confuso.

Abbassò lo sguardo e vide a terra un libretto universitario. Lo raccolse, lo aprì e vide che apparteneva a quella ragazza.

Rin Kinoshita.

-Il suo nome è Rin-.

Si alzò e se lo mise in tasca. Era arrivato finalmente alla sua fermata…


 

Continua…


_____________________
Oh, beh. Questo è stato uno dei capitoli che ho sempre adorato. Si sono visti e scontrati. Spero che sia stato di vostro gradimento un bacio e al prossimo aggiornamento.

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Capitolo 4
*** Penso a te… ***



4°: Penso a te…

 

 

Era confusa.  Non riusciva a comprendere il perché quello sconosciuto l’avesse abbracciata. Intanto il cuore ancora le batteva forte nel petto.
Si fermò e poggiò una mano sul vetro di una vetrina di un negozio, si voltò e vide il suo viso riflesso. Era ancora rosso dall’imbarazzo.

Ma che mi prende? Oddio, se in quel momento il treno non si fosse fermato cosa sarebbe accaduto? No, non ci voglio pensare. Però quel tipo era veramente bello…e poi mi sono sentita per la prima volta protetta…perché?

Pensava a questo, ma una voce la fece sobbalzare.

-Rin ti sembra l’ora di arrivare?-.

Si voltò e vide una ragazza dai capelli rossi, occhi verdi e un piumino bianco che la guardava storto. Lei sorrise un po’ imbarazzata e si scusò con lei.

-Perdonami Ayame, ma il treno ha avuto qualche problema e quindi…-.

-Non potevi avvisarmi con il cellulare, scusa?-.

Disse Ayame, sempre infuriata con l’amica. Rin sospirò.

-Secondo te non c’ho provato? È solo che non c’era campo-.

La rossa si avvicinò e notò il rossore dell’amica e disse, in modo malizioso.

-Secondo me, hai incontrato qualcuno che ti ha fatto ritardare…non dirmi che sbaglio-.

Rin voltò il capo dall’altra parte e disse, un po’ scocciata.

-Ma che diavolo dici Ayame! Non ho incontrato nessuno di particolare-.

-Sicura?-.

-Sì-.

Ma la mente ritornava di nuovo a quell’abbraccio e senza rendersene conto arrossì di più, e questo non sfuggì a due occhi verdi e furbi.

-Allora perché sei arrossita?-.

Rin presa in flagrante abbassò il viso e farfuglio un.

-Ma non è vero-.

-Io dico di sì-.

Rin alzò il viso di scatto e urlò, la gente che passava si fermò a guardare curiosa.

-La pianti con questo terzo grado! E poi quel tipo mi ha solo abbracciato!-.

Ad un tratto si rese conto di aver detto qualcosa che non doveva. Infatti, si mise una mano davanti la bocca, intanto la gente aveva ricominciato a camminare tranquilla.

Alcune volte dovrei segarmi la lingua.

L’amica si avvicinò di più, aveva gli occhi che le brillavano dalla curiosità.

-Chi è? Come si chiama? Che tipo è? È simpatico? È alto? È magro? Lavora? È atletico? È ricco? Di che colore sono i suoi occhi? Di che colore sono i suoi capelli?-.

Rin la guardò stranita. Sapeva che Ayame era un tipo curioso, ma adesso esagerava.

Ci manca soltanto che mi chiede se va regolare di corpo…Ayame, oddio, quanto sei invadente.

-Allora Rin devi dirmi per filo e per segno com’è questo tipo?-.

Rin avvilita sospirò avvilita.

-Mi dispiace Ayame, ma non so praticamente nulla di lui, però posso dirti che un bel ragazzo, dai lunghi capelli color della neve e occhi color dell’oro più puro-.

Ayame si avvicinò di più e sospirò.

-Beata te Rin, invece a me in metrò è capitato un tipo che puzzava di alcool e sudore, che schifo!-.

Disse rabbrividendo ripensando a quel tipo. Vedendo quella reazione Rin si mise le mani davanti la bocca per cercare di trattenere le risate, ma purtroppo non ci riuscì, finendo così di far arrabbiare la sua migliore amica, che le prese le guance e gliele tirò con forza, facendola urlare dal dolore.

-Così impari cattiva, a ridere delle disgrazie altrui!-.

Ridendo e scherzando decisero di entrare nel negozio di giocattoli a fare acquisti.


***


Era finalmente arrivato nel suo ufficio. Si tolse il cappotto e lo poggiò sull’appendi abiti e si diresse verso la sua scrivania, si sedette sulla poltroncina, intanto sul ripiano di lavoro vi erano un sacco di fascicoli.

Un’altra giornata di duro lavoro. Sospirò.

Prese uno di quei fascicoli e lo aprì, ma la mente beffarda gli riproponeva di nuovo la scena di quell’abbraccio, senza che se ne rendesse conto si alzò. Mise la mano nella tasca del cappotto e tirò fuori quel libretto universitario, sorrise e tornò alla sua scrivania.
Si sedette e cominciò a vedere i dati della ragazza, vide i voti degli esami che aveva sostenuto, erano tutti bei voti. Infatti, erano tutti trenta solo un vent’otto stonava.

Però la ragazzina non se la cava male.

Poi si soffermò sulla foto, era davvero carina. Occhi neri e capelli color della notte, intanto il suo nome rimbombava nella sua mente.

Rin.

Ma poi si trovò a dirlo a voce alta.

-Rin-.

-E chi è? Un nuovo cliente?-.

Posò il libretto e vide davanti a sé un uomo con capelli neri raccolti in un codino e occhi viola scuro che, lo guardava divertito.

-Miroku, non si bussa più-.

Disse freddo e tagliente. Miroku lo guardò divertito, era la prima volta che lo vedeva preso da qualcosa.

-Certo che ho bussato, ma tu eri troppo assorto nei tuoi pensieri per rispondere, così mi sono deciso ad entrare lo stesso-

Sesshoumaru scosse il capo, era inutile sprecare altre parole con lui, perciò andò subito al sodo.

-Che vuoi?-.

-Niente di che, mi sono solo chiesto il perché non eri venuto con la macchina-.

Ma poi continuò avvicinandosi.

-E poi non avevi mai fatto così tardi. Che cosa ti è accaduto?-.

Sesshoumaru si alzò e guardò fuori dalla finestra.

-Non sono affari tuoi!-.

Rispose infastidito, non amava gli interrogatori.

-Sempre gentile-.

Ma poi lo sguardo di Miroku cadde sul libretto, ch’era sulla scrivania e con un gesto veloce lo prese e vide a chi apparteneva.

-Chi è questo bel bocconcino? Mh, vediamo si chiama Rin…ehi fammi vedere dove abita-.

Non finì di leggere perché Sesshoumaru glielo aveva strappato dalle mani ma Miroku con tono malizioso gli domandò.

-Chi è, una tua conquista? Però è una bella ragazza perché non me la presenti?-.

Sesshoumaru assottigliò gli occhi e disse.

-Non sono affari che ti riguardano e poi mi risulta che tu sia già impegnato-.

L’uomo si grattò il capo e disse.

-Sì, hai ragione se Sango viene a sapere di questa discussione mi scotenna-.

-Esatto! Piuttosto non avevi un bilancio da presentarmi?-.

Miroku deglutì, si era dimenticato di portare al suo capo il bilancio. Ridacchiò nervoso.

-Beh, vedi…-.

-Ti sei dimenticato-.

-Eh già-.

Sesshoumaru sospirò. Sapeva dell’efficienza del suo collaboratore, ma alcune volte si perdeva per un non nulla.

-Sbrigati a portarmi quel bilancio, invece di parlare di queste cose frivole-.

-Ok, allora è meglio che vada-.

Disse Miroku, mentre si dirigeva verso la porta, l’aprì ma prima di uscire.

-Se fossi in te non io me lascerei scappare-.

Sesshoumaru lo freddò con lo sguardo, Miroku aveva capito che non doveva più aprire bocca perciò chiuse la porta dietro di sé, sapeva che doveva segarsi ogni tanto la lingua se voleva vivere.

Una nuova conquista…chissà forse…

-Ma che vado a pensare io ho una società da gestire, non devo farmi rallentare da sciocchezze simili-.

Ritornò alla scrivania.  Si sedette alla poltroncina, prese i fascicoli e cominciò a visionarli, anche se il viso di quella ragazza gli ritornava alla mente prepotentemente.

Basta pensare a lei!

Scosse la testa doveva pensare al lavoro e basta.


***


La giornata di shopping era finita. Si sentiva stanca ed esausta, non vedeva l’ora di tornare a casa.

Non vedo l’ora di buttarmi sul mio dolce lettino.

Pensò mentre era di fronte al portone di casa, ma prima doveva nascondere i regali che aveva comprato. Perciò decise di metterli nel piccolo magazzino degli attrezzi ch’era in giardino.

Almeno le pesti non avranno i regali prima del tempo.

Nascose i regali ed entrò in casa. Si tolse le scarpe, il cappotto, sciarpa e berretto e salì al piano di sopra salutando tutti.
Era davvero stanca, aprì la porta della sua camera e si diresse verso il letto, si buttò sopra di esso.

Che giornata stressante, non l’auguro neanche al mio peggior nemico…anche se…uffa, non devo più pensare a lui.

Si alzò e si diresse verso la sua borsa, doveva riprendere il suo cellulare, oramai scarico. Ma poi con disappunto che mancava qualcosa.

Ma dov’è? Era qui…giuro di averlo lasciato nella borsa…oddio no!

Velocemente corse verso il cassetto della scrivania e lo svuotò, ma niente, spostò i libri ma nulla.

-Ma dov’è il libretto universitario? Oddio, se l’ho perso sono rovinata-.

Ma nulla di quel libretto neanche l’ombra, avvilita cadde a terra, cominciò a piangere.

Ecco questa giornata non poteva finire nel migliore dei modi.

Ma non sapeva che il suo adorato libretto era nelle mani dell’uomo del suo destino.


 

 

Continua…




_______________________________
Chiedo venia per il ritardo, ma il lavoro nel periodo pre-pasquale mi ha rapito, nel vero senso della parola.
Un bacio e Buona Pasqua.

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Capitolo 5
*** Il libretto ***



5°: Il libretto.

 

 

Era disperata. Il suo adorato libretto era sparito chissà dove. Continuò a piangere, ma poi si alzò e si diresse in bagno a sciacquarsi il viso.

Maledizione, tutte a me capitano! Ma dove cavolo l’avrò perso?

Si asciugò il viso e scese al piano di sotto, dove l’attendevano per la cena.
Sospirando si sedette al suo posto, aveva il viso abbassato. Tutti la guardarono allarmati, il più di tutti suo fratello.

-Rin è successo qualcosa?-.

Lei alzò il viso, cominciò a piangere e tra i singhiozzi disse.

-Ho perso il libretto-.

Naraku si alzò e si avvicinò a lei e domandò allarmato.

-Il libretto di risparmi?-.

Rin lo guardò sbalordita. A che cosa pensava suo fratello in quel momento?

-No, ma che cavolo dici! Ho smarrito il libretto universitario!-.

Il fratello fece un sospiro di sollievo, mentre la moglie scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.

Che deficiente. Pensò.

-Meno male, sai Rin mi avevi fatto spaventare-.

Rin sentendo quella frase si alzò furiosa, lo prese per il collo del maglione e gli urlò.

-Come meno male! Spero che tu stia scherzando? Sai che per me quel libretto è di vitale importanza, mi serve per annotarci gli esami che sostengo!-.

Cominciò a strozzarlo, mentre i bambini facevano il tifo per la zia. Ma poi Kikyo mise una mano sulla spalla di Rin cercando di tranquillizzarla.

-Rin non c’è al bisogno di strozzare questo deficiente, piuttosto domani andrai alla polizia e fai denuncia di smarrimento…e vedrai che alla segreteria degli studenti te ne daranno uno nuovo-.

Aveva ragione, lasciò la presa e abbracciò la cognata.

-Oh Kikyo, senza di te non so cosa farei-.

Intanto Naraku si massaggiava il collo, sua sorella era davvero pericolosa.

-Uffa, che peccato io volevo vedere un vero cadavere-.

Tutti si voltarono verso Hakudoshi che aveva messo il broncio, perché voleva vedere da vicino un morto.

-Naraku posso farti una domanda?-.

Disse Rin rivolta al fratello, che aveva ripreso colorito.

-Sì, dimmi?-.

-Ma, quando avete concepito i gemelli, per caso pensavi in quel momento a Jack lo Squartatore?-.

Naraku strabuzzò gli occhi e un po’ imbarazzato. A cosa diavolo pensava in quel momento?

-Rin, ma che dici e poi perché avrei dovuto pensare a quell’essere scusa?-.

-Beh, era solo e semplice curiosità-.

Infatti, il piccolo Hakudoshi adorava vivisezionare rane e lucertole, e non prova mai alcun rimorso, anzi si divertiva come un matto.

La serata passò veloce e fu il momento di andare a letto. Rin aiutò Kikyo a rassettare la cucina, mentre Naraku metteva a letto i gemelli.

-Rin posso farti una domanda?-.

-Sì-.

Le rispose, mentre lavava i piatti.

-Ma è successo qualcos’altro oggi?-.

Rin come sentì quella domanda fece cadere a terra un piatto.

-Oh mamma, scusa Kikyo io non…-

La cognata fermò la mano della ragazza che cercava di raccogliere i cocci.

-Lasciali perdere, ho indovinato non è vero?-.

Rin, tutta rossa in viso, annuì con il capo. Kikyo sorrise.

-Ma come hai fatto a capire che ho…-

-Intuito femminile e poi ti ho osservata tutta la sera, non credo che pensassi al libretto, mentre mangiavi-.

Rin fece un sorriso imbarazzato.

-Beh, sì…hai ragione-.

-Chissà, forse hai incontrato l’uomo dei tuoi sogni-.

Rin saltò e si scostò dalla cognata, era davvero imbarazzata.

-Ma…ma che stai dicendo…-.

Kikyo sorrise, aveva fatto centro, ma non volle continuare con le domande.

-Va a letto! Qui finisco io-.

-Sicura?-.

-Certo, ma adesso vai-.

Rin salutò la cognata e salì al piano di sopra, dopotutto era davvero stanca, si cambiò e si coricò nel suo caldo letto.


***


Era rientrato dopo una giornata di lavoro, si tolse il cappotto e lo poggiò su di una poltrona.
Entrò in cucina e trovò la cena che gli aveva lasciato la sua domestica, non la degnò neanche di uno sguardo. Prese un bicchiere dalla credenza e ritornò in salotto, era assetato.
Aveva un’impellente voglia di alcool, perciò prese dal suo mobile bar una bottiglia di whisky e riempì il bicchiere. Bevve avidamente quel liquido bruciante, che gli dava sollievo.
Ma d’un tratto riprese quel libretto.

Ho deciso domani glielo riporto.

Pensando a ciò si diresse verso lo studio a continuare il suo lavoro.


***


Si svegliò un po’ frastornata, non aveva avuto una bella nottata.

Uffa, stamattina non ho voglia di uscire dal letto…quasi, quasi rimango a poltrire…sì, ho deciso resto a letto.

Ma purtroppo, non fu così.
Infatti, un diavoletto bianco spalancò la porta e si lanciò sul suo letto, cominciando a saltellare su e giù, facendo venire il mal di mare alla zia.

-Zia Rin! Zia Rin! Sai papà oggi ci porta dalla nonna Kaede, vieni anche tu?-.

Rin con uno sforzo immane cercò di alzarsi, anche se, il corpo della nipotina la premeva.

-Kanna amore, potresti toglierti di dosso? Sai la tua adorata zia, rischia di morire soffocata-.

La piccola imbarazzata scese subito, ma attendeva una risposta dalla zia.

-No amore, vedi ho alcune faccende da sbrigare-.

La piccola aveva abbassato il capo.

Oh mamma, mi fa sentire in colpa ma oggi non posso.

Le accarezzò la guancia e le promise che la prossima volta sarebbe venuta anche lei dalla nonna, anche se, la cara Rin odiava la campagna.
Gli insetti, la terra e lo sporco non erano di suo gradimento. Ogni volta che ci pensava arricciava il naso.
Scese dal letto e decise a scendere di sotto dove, l’aspettava una scena a dir poco caotica.
Infatti, si trovò davanti un Naraku che cercava d’infilare il cappotto a Hakudoshi che urlava, come un pazzo. che non voleva metterselo. Dall’altra Kikyo che cercava qualcosa in un armadietto e non riusciva a trovarlo.
Rin sospirò e si diresse in cucina a prepararsi un buon caffè.
Finalmente dopo un paio di minuti, tutti sparirono lasciando la ragazza sola a casa.

Un po’ di pace. Sospirò.

Si diresse nel salotto e si mise sul divano, non aveva voglia di fare nulla, anche se, c’era sempre la questione del libretto. Accese la tivù e cominciò a fare zapping, ma non sapeva che tra po’ una persona sarebbe venuta da lei.
Senza rendersene conto si appisolò, dopotutto non aveva dormito molto, quando d’un tratto sentì il campanello della porta.

Uffa, chi è che rompe?

Pensò, mentre si stropicciava gli occhi. Aprì la porta e si trovò davanti lui. L’uomo del metrò.
Sgranò gli occhi, urlò e richiuse la porta, lasciando il ragazzo un po’ frastornato da quell’azione.

Che tipo bizzarro, mi ha chiuso la porta in faccia.

Pensò Sesshoumaru, dopotutto, una reazione del genere non se la sarebbe di certo immaginata.

Intanto Rin all’interno della casa era poggiata al portone.

Ma come ha fatto a capire dove abito? Forse è un malvivente che è, mi vuole rapire, oppure violentare…oh mammina no! Oppure è un agente segreto, ma che diavolo è? Non dovrei aprigli, ma che faccio?…chiamo la polizia, chiamo i pompieri, chiamo la protezione civile, chiamo l’esercito…aiuto povera fanciulla in pericolo.

Pensava a questo, mentre cominciava a sudare freddo.
Intanto Sesshoumaru, era alquanto scocciato dalla situazione perciò le disse.

-Non si preoccupi, non sono un malvivente, sono solo venuto a portarle il libretto universitario-.

Rin si calmò, aprì lievemente la porta. Beh, dopotutto non si fidava molto di quel tipo e sussurrò.

-Davvero?-.

Lui annuì e le mostrò il famoso libretto. Quando lo vide Rin, spalancò la porta e glielo strappò dalle mani e cominciò a gridare di gioia, lasciando Sesshoumaru stranito da quella reazione.

Questa ragazza è proprio strana.

Si voltò stava per andarsene, quando una mano lo afferrò per un braccio, si voltò e vide la ragazza che gli sorrideva.

-Dove va? La devo ringraziare per avermi riportato il libretto, la prego entra.

-No, grazie non c’è bisogno che mi ringrazi-.

Ma Rin non voleva sentire ragioni, lo tirò con forza dentro. Il povero sospirò. Aveva vinto.

Questa ragazza è un tipo testardo.

Lo portò dentro e subito lo fece accomodare in salotto, per poi sparire in cucina a preparargli una tazza di caffè.
Intanto Sesshoumaru cominciò a guardarsi intorno. Era una casa bella spaziosa, notò che vi erano molti giocattoli per la casa, poi il suo sguardo si soffermò sulle fotografie della famiglia, quando d’un tratto la voce della ragazza lo fece voltare.

-Ecco è pronto!-.

Gli porse la tazzina, e si sedettero rimando in silenzio.

Oddio, adesso che faccio, è la prima volta che mi sento così imbarazzata…beh, devo pur dir qualcosa.

-Sa non so come ringraziarla…se non mi riportava il libretto…-.

-Avrebbe fatto una denuncia di smarrimento-.

Rin abbassò il capo e annuì, lo sguardo di quel ragazzo la metteva in soggezione.
Restarono di nuovo in silenzio, quando lei ricominciò.

-Posso sapere il suo nome?-.

-Sesshoumaru Taisho e adesso se non le dispiace devo andare-.

Disse alzandosi dirigendosi verso la porta anche lei si alzò e disse, senza riflettere.

-Poveretto, che nome strano le hanno dato i suoi genitori, il ragazzo che uccide…piacere sono, il ragazzo che uccide-.

Si mise a ridere, lui si voltò e disse.

-Sempre megliore del suo…Rin, un nome così banale-.

Sentendo quella frase Rin andò su tutte le furie, si avvicinò a lui e urlò.

-Che cosa? Il mio nome non è banale, è dolce e carino…pezzo di cafone-.

Lui la guardò negli occhi e le disse.

-Grazie è un bel complimento, ragazzina-.

-Ra…rag…ragazzina! Ma come si permette esca fuori da casa mia-.

Lui rise, quella ragazza era davvero buffa.
Uscì, ma prima di sparire le disse.

-Grazie per il caffè, ragazzina insignificante-.

Rin non ci vide più e gli tirò dietro una ciabatta, peccato che lui la evitò.

-Cafone!-.

E chiuse la porta sbattendola. Era furente con lui, ma come si era permesso di trattarla così, neanche la conosceva e si diresse a passo spedito in camera sua.
Intanto Sesshoumaru, mentre saliva in macchina pensava a quella ragazza.

È proprio un bel tipo.

Ma non sospettavano che il destino li avrebbe uniti in eterno…


 

 

Continua…

______________
Oggi mi son detta? Aggiorniamo con un nuovo capitolo. Un bacio e Buona Pasquetta.

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Capitolo 6
*** Siamo uguali ***


6°: Siamo uguali.

 



 

Era davvero furiosa con lui. Salì al piano di sopra, aprì la porta della sua camera e la sbatté con violenza. Ringhiò e si buttò sul letto cominciandolo a maledire.

Ma come si permette quel cafone? Il mio nome è splendido…non è come il suo! Così cupo, crudele e misterioso, ma anche triste…però se rifletto bene è stato gentile a portarmi il libretto…e io cosa ho fatto? Ho riso del suo nome, che stupida! Ha ragione sono proprio una ragazzina! Mi sarei dovuta trattenere invece di esplodere…uffa, uffa e ancora uffa sono una vera stupida!

Cominciò a dare dei pugni sul cuscino, ma poi voltò il capo verso la sua scrivania e vide la foto dei suoi genitori.
Si alzò e si diresse verso la scrivania. Prese tra le mani la foto e cominciò a guardarla, d’un tratto una lacrima solitaria solcò il suo viso.

È vero sono una stupida, da troppo tempo non vengo a trovarvi…ora mi cambio e vengo da voi…

Si vestì ed uscì da casa. L’aria era frizzante presto avrebbe nevicato, Rin alzò il viso al cielo.

Chissà forse questo sarà un bianco Natale…

Rabbrividì e si avviò verso la sua meta.

Entrò in negozio di fiori e acquistò un bel mazzo di fiori, sospirò e si diresse verso il cimitero, ma non sospettava che il destino giocava con la sua vita. Infatti, un’altra persona si era recata in quel luogo sacro.
Sì, Sesshoumaru aveva avuto la sua stessa idea, infatti, appena uscito dalla casa della ragazza si era diretto dal fioraio per acquistare un bel mazzo di rose rosse. I fiori preferiti di Kagura.
E ora era lì, di fronte a quella fredda lapide.

Un altro Natale triste e vuoto…perché ti ho lasciata sola quel giorno, perché? Avrei dovuto accompagnarti a casa e invece…invece ho preferito restare in ufficio…è colpa mia se sei morta…

Poggiò il mazzo di rose a terra e accarezzò la foto della donna che amava. Era triste e amareggiato, ma doveva farsi forza e continuare ad andare avanti. Anche s’era davvero difficile. Si alzò e si incamminò, quando il suo sguardo si soffermò su di una ragazza, un po’distante, ch’era in ginocchio a pregare davanti ad una tomba.

Ma quella…

Camminò verso la sua direzione, ma non si avvicinò, aveva gli occhi rivolti quella lapide.

Chissà per chi prega?

D’un tratto notò che la ragazza piangeva, ma poi vide che si alzava e asciugava le lacrime e sorrideva.

Non comprendo questa ragazza, prima piange e poi sorride.

Restò a guardarla rapito, quando lei si voltò e lo vide. Sgranò gli occhi per lo stupore.

Ma che ci fa lui qui? Allora è una congiura contro di me?

Arricciò il naso e con passo deciso Rin si avvicinò a lui e domandò, un po’alterata.

-Mi hai seguito?-.

Lui si scostò e si incamminò.

-Non seguo le ragazzine-.

Lei strinse i pugni e disse, alzando un po’ la voce.

-Non sono una ragazzina! Ho ventiquattro anni!-.

Lui si fermò e con un sorriso malefico la continuò a stuzzicare. Un dolce divertimento.

-Credevo che ne avessi dodici-.

Allora lo fa apposta a farmi arrabbiare.

Si avvicinò a lui, mise la mano nella borsa e tirò fuori il portafogli. Tolse la sua carta d’identità e gliela sbatté a due centimetri dal naso.

-Lo vedi? Ho ventiquattro anni!-. Ringhiò.

Lui la guardò un po’ scettico.

-Potresti anche averla falsificata-.

Lei gonfiò le gote, era furiosa con lui, ma poi la ragione prese il sopravvento.

Ma che vado a pensare, non credo che mi abbia seguito…forse come me, ha qualcuno che non c’è più.

Sospirò e disse con calma.

-Basta scherzare, siamo in un posto sacro…piuttosto che ci fai qui?-.

Lui la guardò e disse con freddezza.

-Non sono affari tuoi-.

Rin si sentì in imbarazzo, aveva ragione non erano affari suoi, scostò lo sguardo.

-Scusami io non volevo essere così invadente…sai io sono venuta a trovare i miei genitori-.

Sesshoumaru la guardò e vide che il suo viso era triste e malinconico.

Erano i suoi genitori.

-Oramai sono dieci anni che loro non ci sono più-.

Si incamminò verso la loro lapide e si inginocchiò, aggiustò un fiore fuori posto e continuò.

-E’ colpa mia se loro non ci sono più-.

Sesshoumaru restò meravigliato.

-Perché dici così?-.

Perché sono curioso, io non sono così, eppure, questa ragazza…

Rin sospirò, ancora le faceva male quei ricordi, ma chissà perché quel ragazzo, che neanche conosceva, gli infondeva sicurezza e voglia di confidarsi.

-Perché è colpa mia se mio padre si è distratto e siamo finiti fuori strada con la macchina-.

Si alzò, si voltò e lo guardò negli occhi. Sesshoumaru vide in quello sguardo qualcosa che ben conosceva. Una tristezza che mai li avrebbe lasciati.

Anche lei soffre come me.

-Ora ti stai chiedendo come ho fatto a distrarre mio padre? Ebbene, all’epoca avevo da poco compiuto quattordici anni e stavamo andando a prendere mio fratello maggiore all’aeroporto, che rientrava dalla sua vacanza premio. Infatti, i miei genitori per il diploma gli avevano regalato un viaggio negli Stati Uniti…un bel regalo non è vero? Comunque, durante il viaggio io ero un po’ offesa con mio padre, perché non mi aveva permesso di andare al mare insieme con una mia amica…cominciammo a litigare in macchina, mia madre diceva a mio padre di guardare la strada, ma lui niente, era intendo a discutere con me-.

Si fermò, trattenne un singhiozzo e continuò.

-È stato un lampo, ricordo un camion che ci veniva addosso e poi il buio…mi svegliai in ospedale, per un miracolo io ne uscii illesa invece i miei genitori morirono sul colpo…è stato orribile, scoprire che per un mio capriccio siano morti le persone più importanti della mia vita…per mesi rimasi chiusa in me stessa, ma poi mio fratello e sua moglie mi hanno aiutata…per fortuna che c’erano loro, se no…beh, non voglio pensarci-.

Sorrise tristemente, mentre con la mente ritornava a quel terribile giorno.

Sa il mio dolore…lei è come me…

La guardava rapito, Rin si rese conto che aveva raccontato ad uno sconosciuto la sua vita si voltò imbarazzata disse.

-Ti stai chiedendo, ma perché questa ragazza mi racconta la sua vita? Di sicuro mi avrai preso per una pazza-

Rise nervosamente.

Oddio, che vergogna…è vero devo segarmi la lingua…che brutto vizio che ho.

-No, non sei pazza…un po’ strana, questo lo devo ammettere, ma non sei una pazza…dopotutto sai il dolore che si prova, quando una persona cara ci lascia, e poi fai bene a sfogarti…perché tenersi tutto dentro fa male-

Do un consiglio ad una perfetta sconosciuta, quando io soffro senza chiedere aiuto.

Rin si voltò. Era sbalordita. Quel ragazzo, di cui non sapeva nulla solo il nome, la stava confortando.
Si trovò a sorridere dolcemente.

-Grazie, sai ti sei fatto perdonare per avermi chiamato ragazzina-.

Lui la guardò e sorrise, scosse il capo quella ragazza era davvero strana.

-Lo sai che facciamo?-.

-Cosa?-.

Lei si avvicinò e gli prese un braccio e disse.

-Ti offro una buona cioccolata calda, e poi… sto gelando! Cavoletti fritti!-.

Rabbrividì.

-No, grazie ho da fare-.

Disse, mentre cercava di divincolarsi dalla presa di Rin.

-Su, dai non farti pregare…se no mi metto a piangere-. Piagnucolò in modo teatrale.

Sesshoumaru non poté trattenere le risate, quella ragazza era davvero buffa. Sospirò e accettò l’invito, cosa rara per lui acconsentire così facilmente, ma il suo sorriso così solare lo rapì.

Sei carina, quando sorridi.

Si trovò a pensare, mentre uscivano da quel luogo di tristi ricordi…


 

Continua…




_______________
Un po’ ritardo sulla tabella di marcia ma rieccomi con il nuovo capitolo un po’ agrodolce. Ma più dolce che amaro XP.
Un bacio al prossimo aggiornamento.

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Capitolo 7
*** Dolce come la cioccolata. ***


7°: Dolce come la cioccolata.

 

 

 

Rin portò Sesshoumaru in un piccolo bar, dove facevano una cioccolata meravigliosa.

Non vedo l’ora di bere una buona cioccolata calda, con tanta panna…al diavolo la linea! E poi siamo nel periodo delle feste natalizie, dove tutto è concesso.

Entrarono e si sedettero.  Rin era davvero felice, si comportava come una bambina, chiamò la cameriera e ordinò due cioccolate calde con panna, e con qualche dolcetto natalizio.

-Sai, in questo bar fanno la cioccolata più buona di tutta la città-.

Sesshoumaru scosse la testa, questa ragazza era davvero bizzarra.

-Non ne dubito, di sicuro tu ne approfitti molto-.

-Cosa vorresti dire?-.

Disse Rin un po’ alterata e poi continuò.

-Vorresti dire che sono grassa?-.

Lui sorrise divertito, le piaceva punzecchiarla, perché il suo viso era davvero buffo, quando si arrabbiava.

-Beh, se approfitti di tanta cioccolata, diventerai una balena, anche se, un po’ lo sei-.

Rin rimase a bocca aperta, abbassò il viso dalla rabbia.

Allora lo fa apposta a farmi arrabbiare. Rin calmati, siamo in un luogo pubblico, lo ucciderai più tardi.

Alzò il viso e sorrise, nervosamente.

-Hai ragione, ma come vedi, non sono grassa-.

-Sarà, ma io ribadisco che sei un po’ rotondetta-.

Rin strinse le mani a pugno, cominciò a ringhiare.

Io lo ammazzo. Lo giuro.

Stava per ribattere, quando la cameriera tornò con le cioccolate fumanti. Gli occhi della ragazza s’illuminarono facendo ridere Sesshoumaru.

-Ti comporti come una bimba di cinque anni-.

Rin mise un cucchiaino nella tazza, cominciò ad assaggiarla e rispose a quella provocazione con una linguaccia.

Chissà perché? Ma la tua presenza mi fa sentire bene…riesce a lenire il dolore…sarà il tuo carattere infantile e dolce?

Restò a guardarla, mentre sorseggiava la sua cioccolata.

-Mmmh…com’è buona-.

Disse Rin soddisfatta, intanto Sesshomaru si mise la mano davanti alla bocca, cercava di trattenere le risate, ma invano.

-Che c’è? C’è qualcosa che non va?-.

Lui smise di ridere e avvicinò la sua mano al suo viso.

Ma che fa?

E con il dito indice tolse il cioccolato da sopra le labbra di Rin, e poi con lentezza mise quello stesso dito in bocca.

-Mmmh…hai ragione, è buona-.

Rin restò imbambolata, ma poi si riprese e rise.

-Sono felice che la cioccolata ti piace, però mi hai fregato il gusto di leccarmi i baffi, allora io mi prendo un po’ della tua panna-.

E con il cucchiaino fregò la panna di Sesshomaru, che si lamentò.

-Ladra, ti sei fregata la mia panna-.

-Siamo pari-.

Disse, mentre si ficcava il cucchiaino in bocca.

-Mmmh…che delizia, è ancora più buona della mia-.

-Certo perché me l’hai fregata-.

Rin con il cucchiaino in bocca, cominciò a canzonarlo, si divertiva come una matta.

Questo ragazzo, anche se, mi fa arrabbiare mi fa sentire bene.

Rimasero lì, a parlare del più e del meno, quando arrivò il momento di pagare.
Sesshoumaru prese il portafogli, quando Rin lo fermò.

-No, pago io e poi ti ho invitato io-.

Il ragazzo scosse il capo e rispose.

-Non si è mai visto che un uomo faccia pagare una donna, quindi pago io-.

Rin era categorica voleva pagare lei, cominciarono a discutere, intanto la cameriera sorrideva vedendo quella scena.
Sembravano due fidanzatini.
Ormai esasperata, sospirò e propose.

-Lo sai che facciamo? Paghiamo metà per uno, ti va bene così?-.

Anche se la cosa non gli andava molto a genio, Sesshoumaru dovette arrendersi. Annuì con il capo, così saldarono il conto.
Uscirono dal bar e cominciarono a camminare tra le strade. Rin ogni tanto si fermava a vedere le vetrine addobbate, adorava vedere tutte quelle sinfonie di colori e luci, le mettevano addosso allegria.

-Ti piace il Natale?-.

Gli domandò, mentre ammirava un alberello di natale riccamente addobbato. Lui le rispose con freddezza.

-No, non adoro questa festa-.

Lei si voltò e vide il suo viso triste e malinconico.

-Perché?-.

Lui la guardò negli occhi e le disse.

-Perché la ritengo una festa inutile e senza senso, che fa perdere tempo e soldi alle persone-.

-Non è vero-.

Disse Rin abbassando il viso.

-Non è vero-.

Ripeté, intanto Sesshomaru si era avvicinato, si sentiva in colpa, ma quella per era la verità.

-Ti piace tanto questa festa?-.

Lei annuì con il capo, ma poi lo alzò e disse, con tristezza.

-Perché a questa festa sono legati i miei ricordi più belli, della mia infanzia con i miei genitori-.

Voleva piangere, ma si fermò. Non voleva farsi vedere in quello stato da uno sconosciuto, perciò si trattenne, anche se, dentro aveva gran voglia di farlo.

-Piangi, non devi trattenere le lacrime-.

Rin lo guardò, le lacrime come comandate da lui scesero veloci dai suoi occhi neri. Sesshomaru si avvicinò di più e alzò la mano e asciugò quelle lacrime.

Anch’io dentro piango. Un fiume di lacrime avvolge il mio cuore…un cuore che non smette di soffrire.

Lei lo guardò, gli sorrise ringraziandolo.

-Hai ragione, grazie-.

Ma poi si sentì un po’ in imbarazzo e disse.

-Beh, non dovremmo rovinare questa bella giornata con i ricordi tristi-.

-Hai ragione-.

Ricominciarono a camminare e arrivarono a un parco. Si sedettero su di una panchina, restarono un po’ in silenzio. Rin alzò il viso al cielo e vide che era bianco.

-Tu dici che nevicherà?-.

Lui la guardò e disse.

-Forse-.

-Sai, spero che la notte della vigilia nevichi, mi piace correre sotto la neve e dare gli auguri sotto i fiocchi…non ti sembra romantico-.

Sesshoumaru sentendo quella frase, chiuse gli occhi e ricordò una sua scena di lui e Kagura sotto la neve che si baciavano, sospirò e disse.

-Sì, lo è-.

Rin sorrise.

Per una volta è d’accordo con me, però nel suo tono di voce c’era una nota di malinconia…hai perso qualcuno d’importante, che ti fa soffrire…so la tua sofferenza, in questo siamo uguali, ma devi reagire non buttarti giù.

-Ti manca?-.

Sesshoumaru sentendola aprì gli occhi, si voltò e vide il suo viso serio.

-Sì-.

Disse sospirando, sì, le mancava da morire, ma dopotutto il primo amore è difficile da dimenticare.

-Devi reagire, anche se, ti sembra difficile, ma tu devi sforzarti…lo devi fare per la persona che non c’è più e per coloro che ti amano…perché il tuo atteggiamento li ferisce, anche se, tu non lo vuoi, ma inconsciamente lo fai-.

Aveva ragione, quella sconosciuta lo stava aiutando, alzò una mano e accarezzò quel viso un po’ arrossato dal freddo.

Tu sei l’unica che comprendi il mio tormento.

Lentamente accostò il suo viso a quello di Rin e la baciò. Un bacio leggero ma dolce.
Le sue labbra era morbide e calde, avevano il dolce sapore di quella cioccolata che avevano gustato pochi minuti fa. Si staccò e vide che la ragazza era rimasta imbambolata, sorrise e si allontanò.
Sesshoumaru si alzò e le disse.

-Devo andare, ma vorrei tanto rivederti…a presto ragazzina-.

Rin non rispose, era andata in tilt. Riuscì solo ad annuire con il capo, facendo sorridere il ragazzo che si voltò e s’incamminò verso la sua macchina.
Lei rimase seduta imbambolata, su quella panchina, per un bel po’, quando si sfiorò le labbra con le dita, ancora le sentiva calde.

Il mio primo bacio, non posso crederci è stato meraviglioso…oh mamma, è stato meraviglioso.

Si alzò e cominciò a saltellare euforica, ma poi si rese conto che la gente la guardava strano, arrossì e fuggì, ma dentro era felicissima.

Certo che voglio rivederti Sesshomaru, non vedo l’ora.

E corse verso la metropolitana per tornare a casa…


 

Continua…



_____________________
Molto melenso lo so, ma i baci così sono i più dolci e lo so.
Spero che vi sia piaciuto. Un bacio e a presto.

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Capitolo 8
*** Il ritorno di un amico ***


8°: Il ritorno di un amico

 




 

Era arrivato al suo ufficio. Ripensava al bacio che aveva dato a quella ragazza e senza saperlo, Rin gli aveva donato un po’ di sollievo alla sua sofferenza. Si trovò a sorridere.

Quella ragazza, così dolce e spontanea mi piace. Sì, la voglio rivedere.

Aprì la porta ed entrò, notò che qualcuno era dentro che lo aspettava seduto dietro la sua scrivania. Aveva la sua stessa fisionomia, ma i suoi occhi d’ambra era dolci. Sbuffò.

-Inu Yasha-.

Disse freddamente.

-Che cosa sei venuto a fare?-.

Continuò, mentre appendeva il suo cappotto. Inu Yasha scosse il capo, mentre si alzava.

-Che cosa sono venuto a fare? Bella domanda?-.

Ridacchiò e continuò.

-Sono venuto a vedere come stavi-.

Sesshomaru gli passò accanto, era diretto verso la sua scrivania, si sedette e accese il computer.

-Hai visto come stavo, adesso puoi anche andartene-.

-Siamo gentili oggi…se non era per Kagome, ch’è preoccupata per te, non sarei mai venuto-.

Sesshomaru assottigliò lo sguardo. Odiava essere disturbato.

-Sparisci, non vedi che la tua presenza non è gradita-.

Inu Yasha strinse i pugni dalla rabbia, non sopportava il modo di fare di suo fratello. Quel freddo atteggiamento era insopportabile, ma dovette cedere per colei che amava.

-Almeno dimmi cosa farai a Natale, sai Kagome vorrebbe che tu venissi a casa nostra…non sopporta l’idea che tu stia solo-.

Sesshomaru lo ascoltò, mentre guardava lo schermo del computer.

Sparisci insulso.

-Allora hai finito con le tue sciocchezze, come vedi ho molto da fare, perciò sparisci!-.

Sibilò.

-Ma non hai risposto?-.

Era davvero esasperato, ma Sesshoumaru lo guardò negli occhi e gli disse freddamente.

-Non sono affari tuoi dove trascorro il Natale! Perciò sparisci, prima che chiami la sicurezza per cacciarti fuori del mio ufficio!-.

Inu Yasha era furente, gli urlò.

-Esco da me, fa come ti pare! Passalo da solo stupido testone!-.

Aprì la porta e la sbatté furente.

Sesshomaru sei solo un testardo, maledizione! Il tuo atteggiamento ferisce Kagome…e anche me, non posso crederci che provo dell’affetto nei tuoi confronti, anche se tu non ne dimostri nei miei…

Si avviò verso la sua macchina, era triste e furente nei confronti di suo fratello.

Ora andiamo a dare la notizia a Kagome che lui non vuole stare con noi.

Prima di salire in macchina alzò il viso verso la finestra del fratello, scosse la testa ed entrò, accese il motore e partì.
Intanto Sesshomaru aveva visto il fratello guardare verso di lui.

Non venire più a scocciarmi, anche se…

-Sciocchezze! Devo pensare al mio lavoro e basta!-.

Si voltò e si sedette alla poltroncina e cominciò a visionare i vari file della sua società.



***



Si sentiva leggera come una piuma, era felice, non vedeva l’ora di arrivare a casa.

Che meraviglia, è la prima volta che mi sento così. Oddio, mi sembra di toccare il cielo con un dito…lo voglio rivedere, ma un attimo? Io non so dove abita, non ho neanche il suo numero di telefono…che scema, uffa, e adesso? Aspetta ragioniamo, lui ha detto che vuole rivedermi e poi sa dove abito…già verrà lui a cercarmi, non vedo l’ora.

Pensava a questo, mentre era alla stazione del metrò, quando una persona.

-Buh!-.

Rin fece un salto e un urlo, si voltò furiosa.

-Chi è l’imbecille che fa questi scherzi scemi!-. Ringhiò.

Ma poi, quando vide chi era disse sorridendo.

-Kohaku-.

Un ragazzo dai capelli castani e occhi del medesimo colore, rideva di gusto e tra le lacrime disse.

-È sempre uno spasso farti gli scherzi, eri davvero buffa…piuttosto non si abbracciano più gli amici?-.

Rin si avvicinò e lo abbracciò.

-Hai ragione, oddio, erano mesi che non ti vedevo-.

-E già-.

Si staccarono dall’abbraccio e il ragazzo disse.

-Che ne dici di andare a mangiare qualcosa?-.

-Certo ma paghi tu?-.

Disse ridendo, Kohaku la seguì a ruota.

-Oh, Rin non cambierai mai-.

-Certo, non cambierò mai e poi sarei troppo noiosa…non è vero?-.

-Certo…allora signorina, andiamo a mangiare?-.

Rin sorridendo annuì e si diressero verso, un piccolo ristornate che si trovava vicino la stazione. Era bello che un suo vecchio compagno di scuola fosse ritornato.
Entrarono nel locale e ordinarono. Intanto Rin raccontava come andavano i suoi studi, di come Ayame rimbambisse lei e Koga con le sue assurde richieste, di come erano diventati pestiferi i suoi nipoti. Intanto Kohaku la guardava ammaliato.

Rin non sei cambiata affatto, credevo che la lontananza da te cancellasse il mio amore nei tuoi confronti e invece…invece è aumentato…ti amo più di prima.

-Kohaku, ci sei?-.

Il ragazzo sobbalzò e vide che la sua amica lo guardava. Arrossì lievemente.

-Scusa Rin ero soprappensiero-.

Rin rise.

-Come sempre, tu sei e resterai l’eterno sognatore-.

-E già-.
 
Sospirò.

E sì, mio piccolo angelo io sogno una vita meravigliosa accanto a te.

-Piuttosto ordiniamo ho una fame-.

Disse Kohaku, mentre prendeva il menù e cercava qualcosa di buono.

-Sì, hai ragione-.

Anche se, non ho molta fame…colpa della cioccolata…e del bacio…oddio…

Pensò al bacio che Sesshoumaru le aveva dato, arrossì violentemente, cercò di nascondere il viso dietro il foglio dei menù, ma invano. Infatti, il suo amico notò il suo rossore.

Perché arrossisce?

-Rin è tutto apposto?-.

Lei abbassò il foglio e farfugliando disse.

-No…no…niente, ho solo molto caldo…oddio, in questo locale hanno alzato la temperatura-.

Finì la frase con una risata nervosa, mentre con il foglio si sventolava cercando invano, di abbassare la temperatura corporea.

Oddio, che figuraccia…chissà che penserà Kohaku? Di sicuro che sono pazza.

 -Beh, hai ragione in questo locale fa un po’ caldo-.

-E già-.

Finalmente ordinarono e cominciarono a pranzare. Rin parlava a ruota libera cercando di non pensare al bacio per evitare di arrossire e fare così, un’altra figuraccia con il suo amico.
Ma Kohaku la osservava, aveva capito che era successo qualcosa. Voleva domandarglielo, ma poi cambiò idea non voleva farsi vedere invadente, anche se era molto curioso. Però non poteva immaginare che l’imbarazzo della sua amica fosse legato a un uomo.

Trascorsero molto tempo insieme, Rin adorava parlare con lui, dopotutto era il suo amico fidato, alla quale confidare ogni tipo di segreto. Ma adesso non le andava di dirgli di Sesshoumaru. Voleva aspettare il momento adatto.

-Hai conosciuto qualche bella ragazza in questi mesi?-.

Domandò Rin, mentre beveva il suo caffè. Intanto il suo amico girava il cucchiaino nella tazzina.

-Sì, ma nessuna potrà mai occupare il posto di colei che amo-.

Lei poggiò la tazzina nel piattino e con curiosità gli chiese.

-Quindi sei innamorato e non mi hai detto nulla. Uffa! Sai stato cattivo! E poi io sono la tua migliore amica? Chi è piuttosto? La conosco? Forse posso aiutarti con lei-.

Kohaku posò il cucchiaino e bevve il suo caffè e disse.

-Sì, Rin la conosci, ma non posso dirti il suo nome…forse un giorno, ma non oggi-.

-E perché?-.

-Tutto a suo tempo, non preoccuparti un giorno lo saprai-.

Rin sorrise.

-Ok-.

Poi guardò l’orologio e disse, quasi urlando.

-Oh mamma! Sono le tre! Devo rincasare tra un po’ tornano Kikyo e Naraku, con le pesti demoniache…scusami Kohaku, avrei desiderato stare un altro po’ con te, ma ho una fretta-.

Sia alzò e diede un bacio sulla guancia al suo amico, che intanto la guardava tristemente.

-Che peccato che tu debba già andare via-.

-E già…beh, ci sentiamo-.

Ed uscì dal locale lasciando Kohaku seduto a pensare.

Rin troverò il coraggio di confessarti i miei sentimenti…sì, lo troverò…

Si alzò anche lui pagò il conto e uscì…


 

Continua…



___________________
Eccomi di nuovo con l’entrata di Kohaku. Sapete mi piaceva l’idea di un rivale di Sesshoumaru…chissà cosa accadrà?
Un bacio e al prossimo capitolo.

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Capitolo 9
*** Amori… ***



9°: Amori…

 

 


Era tardi quando rientrò a casa. Si sentiva stanco, ma ancora sentiva quella dolce sensazione sulle sue labbra. Sorrise, quella sera per la prima volta non bevve, anzi si diresse verso la sua camera, voleva dormire.
Si sentiva davvero esausto, si tolse i vestiti di dosso e si concesse una doccia.
Si asciugò e ripensò a lei.
Quel viso dolce e solare. Sorrise.

Desidero rivedere quel dolce viso, così solare…chissà, forse sarà lei la cura per questo mio grande vuoto.

Pensò, mentre si coricava e il sonno lentamente lo cullava.



***



Era finalmente arrivata davanti casa sua. Era davvero felice, mise la chiave nella toppa, la girò e aprì la porta e vide che i suoi parenti erano appena tornati. Infatti, Kanna corse da lei raccontandole tutte le belle cose che aveva visto dalla nonna.
Rin l’ascoltava, mentre si toglieva il cappotto, le sorrideva, ma d’un tratto Hakudoshi si avvicinò, aveva dietro la schiena qualcosa. Una scatola di scarpe. Ma la cosa che più la incuriosì era il sorriso beffardo del piccolo.

-Zietta sai ti ho portato qualcosa, giusto per farti sapere, quando è bella la campagna-.

Rin prese la scatola e si sedette sul divano. Era curiosa, anche se dentro di lei albergava il dubbio. La scosse per sapere cosa c’era.

Zia non sai che bel regalo ti ho fatto.

Sogghignò il nipote, mentre pregustava cosa sarebbe accaduto.
Lei non lo fece attendere, lo aprì e un essere verde le saltò sul viso. Ci fu un attimo di silenzio e poi un urlo bestiale.
Kikyo, ch’era in cucina, saltò facendo cadere un piatto. Naraku che stava mangiando una mela un altro po’ si strozzava.

-Hakudoshi! Io ti ammazzo!-.

Rin cominciò ad inseguire il nipote per tutta la casa, intanto il piccolo rideva. Gli piaceva prendere in giro la zia, dopotutto era il suo passatempo preferito.

-Piccolo mostro vieni qua! Non preoccuparti non ti faccio niente, solo ti spezzo qualche vertebra…giusto per evitarti di farmi altri scherzi!-.

-Fossi matto…e poi non ti piace il tuo fidanzato, sai si chiama Jaken…dai zietta donagli un bacino e vedrai che si tramuterà in un bel principe-.

Io lo ammazzo, per Natale giuro che mi regalo una bomba al napal così lo elimino.

Rin era furiosa vedeva rosso. Lo voleva uccidere, intanto il resto della famiglia sospirava, quei due non andavano mai d’accordo.

-Hakudoshi! Rin ora basta!-.

Disse Naraku mettendosi tra i due, il piccolo lo guardò.

-No, e poi la zia è troppo buffa, adoro farle gli scherzi-.

Il padre lo guardò e seriamente.

-Ora basta, lo scherzo è bello, quando dura poco…se continui così ti metto in castigo-.

-Tzé, io non ci casco-.

Rin sorrise sadica.

-Ah è così? Allora dirò a Babbo Natale di non portare nulla…di portare i doni ad un altro bimbo-.

Hakudoshi saltò e gridò implorando.

-No! Zia ti chiedo perdono, giuro che non lo farò mai più-.

Rin si avvicinò e gli diede un pugno in testa, il piccolo piagnucolò.

-Questo il minimo che ti meriti, ora scusati con tuo padre-.

Il piccolo con le lacrime agli occhi si avvicinò al padre, si scusò, ma fu messo lo stesso in castigo. Una settimana senza la playstation, un vero dramma per lui, ma dovette sottostare alla punizione.

La serata passò allegra, ma non per tutti, infatti, Hakudoshi aveva il muso lungo, ma dopotutto se l’era cercata e ora ne pagava le conseguenze.
Rin salutò tutti e si diresse in camera sua, si buttò sul letto. Era davvero esausta, poi si toccò le labbra.

Un dolce e caldo bacio...

Si cambiò e si infilò nel suo caldo letto. La giornata era stata davvero piena di emozioni, prima Sesshomaru che la prendeva in giro e poi il loro bacio…il suo primo bacio…il ritorno del suo caro amico Kohaku.
Era felice. Si addormentò con un dolce sorriso stampato sulle labbra, sperava che il mattino dopo avrebbe rivisto Sesshomaru.



***



Kohaku si stava dirigendo alla stazione della metropolitana, quando passò davanti la vetrina di una gioielleria e vide un piccolo anello, d’oro semplice con una pietruzza, che brillava.
Si fermò e restò a guardarlo, sorrise.

A Rin donerebbe tantissimo, è semplice come lei.

Restò per un po’ ad ammirarlo, strinse i pugni.

Ho deciso! Voglio comprarlo e regalarlo a lei, chissà sarà lui a dirle ciò che provo.

Entrò dentro convito più che mai, avrebbe dichiarato alla ragazza i suoi sentimenti, utilizzando quel ninnolo.
Lo acquistò e ora era seduto sul suo letto ad ammirare quel piccolo pacchetto, con un fiocco di raso rosso sopra.
Sorrideva pensando il viso della donna che amava, chissà cose avrebbe detto?
Molte ipotesi passavano nella sua mente, da lei che gli saltava al collo che gli diceva che lo amava. A quella di lei che gli diceva che erano solo amici e basta e a molte altre ipotesi, ma lui sperava sempre nella prima.
Poggiò il pacchetto sul comodino e si distese sul letto.

Rin tu sei l’unica ragazza che ha fatto breccia nel mio cuore…ti amo dalla prima media, quando entrasti in classe con quella faccia timida e spaesata, non conoscevi nessuno. Infatti, restavi un po’ in disparte, io ti notai e mi avvicinai a te…pian piano diventammo amici, due amici inseparabili. Quanti momenti meravigliosi abbiamo passato insieme, quante volte ci siamo messi nei guai…oppure quel giorno della morte dei tuoi genitori, quando tu cadesti in quella sorta di apatia. Io e Ayame ti siamo stati accanto e poi il sorriso e tornato a splendere sul tuo viso. Quel viso che amo e che venero, come una divinità dei tempi antichi...ora voglio che tu diventi la mia fidanzata, la mia donna, mia moglie e la futura madre dei miei figli. So con certezza che mai potrò darti una vita agiata come meriti, ma con la forza del mio amore riusciremo a vivere felici.

Pensava a questo, mentre osservava il soffitto della sua stanza da letto.

Natale, la notte della vigilia mi dichiarerò…ti dirò che ti amo più della mia vita…

Chiuse gli occhi sorridendo e lentamente cadde nel mondo onirico dei sogni.


 

***



Inu Yasha aprì la porta di casa, entrò sbuffando. Poggiò le chiavi sul mobiletto d’entrata, alzò il viso e si specchiò sullo specchio dell’entrata.

Non sopporto la sua cocciutaggine, il suo modo di fare lo porterà a vivere una vita priva di amore…sembrerà strano, non siamo mai andati d’accordo, ma voglio che lui sia felice come me e Kagome…

-Inu Yasha, allora?-.

Lui si voltò e vide sul corridoio la donna che amava, che lo guardava preoccupata. Scosse il capo.

-No, mi ha cacciato dal suo ufficio…non vuole stare con noi, mi dispiace Kagome-.

Si avvicinò e diede un bacio leggero a sua moglie e si diresse in salotto. intanto la donna lo guardava triste, avrebbe voluto festeggiare le feste come una vera famiglia, senza più rancori e odio.
Abbassò il capo e sospirò.

-Un altro triste Natale, se solo il Signore ci avesse dato un figlio a quest’ora, saremmo una vera famiglia-.

Inu Yasha sentì quella frase. si sentì in colpa, anche lui voleva un figlio, ma non arrivava.
Quel medico aveva dato loro poche speranze, aveva una percentuale minima di concepimento e questo fece cadere Kagome in depressione. Ma l’amore di Inu Yasha la stava aiutando moltissimo e poi passare le festività tra coloro che si amano, era la cura migliore.
Ma quel testardo di Sesshomaru stava complicando tutto.
Si avvicinò a lei e la abbracciò.

-Su, non fare così…dai ricorda che io sarò il tuo cucciolo d’accudire-.

Lei alzò gli occhi e sorrise.

-Sì, hai ragione-.

Lo baciò, si staccarono e lentamente si diressero in salotto, dove avrebbero trascorso una bella serata…


 

Continua…



______________________
Eccomi con il nono capitolo, un po' lento, ma non temete il bello deve venire...

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Capitolo 10
*** Voglio vederti di nuovo. ***


10°: Voglio vederti di nuovo.

 


 

Si alzò dal letto felice, si stiracchiò e scostò le tende della sua finestra e osservò il cielo pallido.

Chissà forse oggi pomeriggio nevicherà? Magari.

Si girò e vide sul suo calendario, con l’immagine della sua cioccolata preferita, e notò che era l’undici dicembre.

Mancano ancora quattordici giorni a Natale, che bello.

Si diresse in bagno si lavò, si cambiò e scese al piano di sotto, dove la sua famiglia l’attendeva per la colazione.
Fu sempre la solita colazione movimentata, fatta di scherzi e risate. Rin amava la sua famiglia, ma doveva formarsi prima o poi una tutta sua.

E già, prima o poi dovrò volare via dal nido, non posso stare in eterno con Naraku e Kikyo…io sono e resterò il terzo incomodo…

-Rin tutto apposto?-.

-Eh!-.

Si destò dai suoi pensieri, si accorse che la cognata la guardava un po’ preoccupata. Notò che tutti erano in silenzio, Rin rise un po’ imbarazzata e disse.

-Beh, stavo pensando che un giorno primo o poi mi dovrò sposare-.

Tutti la guardarono sbalorditi. Naraku si alzò e mise una mano sulla fronte della sorella, per vedere se avesse la febbre.

-Ehi, Naraku che cavolo fai?-.

-Controllo che tu non abbia la febbre, ma come vedo sei fresca-.

-No, papà la zia è impazzita…io corro a chiamare il manicomio-.

Disse il piccolo Hakudoshi che si dirigeva verso il telefono, intanto Kanna e Kikyo guardavano la scena in un muto silenzio, quando Rin esplose.

-Ma è possibile che non si possa fare un discorso serio in questa casa!-.

Si alzò e si diresse in salotto. Si sentiva offesa, quando Kikyo la chiamò.

-Rin, lasciali perdere-.

La ragazza si voltò e sospirò.

-Sì, hai ragione-.

Si buttò a sedere sul divano con il viso rivolto a terra, anche la cognata si sedette accanto a lei e la prese per mano.

-Ti sei innamorata?-.

Rin sgranò gli occhi e alzò di scatto il viso verso Kikyo.

-Ma che dici? No, e poi…e poi neanche lo conosco-.

La cognata si avvicinò di più.

-Colpo di fulmine-.

-Eh? Ma sai che io non credo in queste cose. Uffa! Ora ti ci metti anche tu-.

Si alzò di scatto e salì al piano di sopra, intanto Kikyo sorrideva perché aveva fatto centro, anche se Rin non voleva ammettere a se stessa di essersi innamorata.
Aprì la porta della sua camera, la chiuse dietro di sé e si poggiò ripensando alle parole di Kikyo.

Innamorata? Colpo di fulmine? Oddio, se fosse così? Io neanche lo conosco, non so praticamente nulla di lui…sembra quasi di essere una di quelle schiocche ragazzine, di quei racconti romantici che si innamorano del bello e tenebroso di turno…no, io non sono così.

Sospirò e si diresse verso la sua scrivania, accese lo stereo e si mise le cuffie alle orecchie. Prese un libro, si sedette sulla sedia e cominciò a studiare, anche se nella mente apparivano le immagini di lui. Di Sesshoumaru.
Scosse la testa, ma invano, si diede degli schiaffi.

-Rin basta! Non lo conosci nemmeno, anche se vorrei rivederlo…-.

Già, forse mi sono invaghita di quel bel viso…ok, così la mia è solo un’infatuazione e nulla più, anche se, sarebbe bello innamorarsi.

-Davvero basta! Ora devo studiare!-.

E si impose di studiare, intanto il resto della famiglia usciva per affrontare un altro giorno lavorativo, lasciando la ragazza sola a casa.




***




Si dirigeva al lavoro, intanto ripensava a lei.

Chissà se è sveglia? La voglio rivedere anche solo un attimo, questo mi basta…mi piace quel viso fanciullesco, specialmente, quando si arrabbia è davvero buffa…chissà forse sarà lei che colmerà il mio vuoto.

Si fermò ad un semaforo rosso e sobbalzò.

Ma cosa vado a pensare io amo e amerò solo Kagura, nessuna donna prenderà il suo posto, anche se, quella ragazza con la sua allegria è un’ottima medicina…chissà sarà un ottimo diversivo.

Scosse la testa, mentre ripartiva.

Che vado a pensare, non mi piace prendere in giro una ragazza dolce come lei, ma voglio lo stesso rivederla perché la sua presenza mi fa stare bene...sì, oggi non andrò in ufficio vado da lei.

E così cambiò strada, dopotutto un giorno che non andava in ufficio cosa sarebbe accaduto?
Nulla, perché lui era il capo di quella società e suoi dipendenti erano bravi anche senza la sua supervisione. Sorrise e veloce si diresse verso l’abitazione di Rin.




***




Rin era seduta alla sua scrivania, era intenta a studiare, ma con scarsi risultati. Infatti, si alzò e chiuse lo stereo e il libro e si distese sul letto a fissare il soffitto.

Uffa, non faccio altro che pensare a te…se continuo così esco pazza.

Si alzò e scese al piano di sotto a farsi del buon tè, prese il bollitore lo riempì d’acqua, accese il fuoco e si sedette sulla sedia, poggiò i gomiti sul tavolo e restò a guardare la fiamma che lentamente faceva bollire l’acqua.

Chissà che sta facendo…chissà se pensa a me…credo proprio di no…

La teiera cominciò a fischiare, si alzò e mise l’acqua calda in una tazza, immerse la bustina e attese che il tè fosse pronto. Intanto cercava nella dispensa il barattolo del miele, quando sentì suonare alla porta.
Camminò decisa, si fermò d’avanti lo specchio dell’ingresso si aggiustò i capelli e aprì, il cuore cominciò a battere all’impazzata, sentì le gambe molli.

-Se…Se…Sesshomaru che…ci fai qui?-. Balbettò.

Lui era d’avanti la porta e sorrideva.

-Ciao, che fai ora balbetti?-.

Rin lo guardò un po’ storto e disse, leggermente irritata.

-Ma che dici!-.

Sesshomaru rise, quella ragazza senza volerlo riusciva a metterlo di buono umore, una cosa rara.

-Posso entrare?-.

Le domandò, lei arrossì e annuì con il capo e lo fece accomodare dentro.

-Cosa posso offrirti? Se vuoi posso darti un po’ del mio tè-.

Ma che cavolo dico? Sono scema? Uffa, questo tipo mi manda in tilt il cervello…

Sesshomaru l’osservava sorridendo.

-No, grazie piuttosto volevo invitarti fuori a prendere qualcosa con me, chissà anche a pranzare-.

-Sì, accetto-.

Sì, sono uscita fuori di testa, accetto senza riflettere, però devo cambiarmi non posso mica uscire con la tuta.

-Però dovresti attendere un po’, come vedi sono molto presentabile-.

Disse leggermente imbarazzata Rin, Sesshomaru la guardava e si avvicinò.

-Beh, dopotutto una ragazzina che può indossare? Una tuta-.

La ragazza abbassò il viso, stava per esplodere, ma pensò.

Ragazzina…cafone ti faccio vedere io come si veste una ragazzina…

Alzò il viso e sorrise beffarda.

-Attendi un attimo, che vado di sopra a cambiarmi-.

-Ok-.

-Tu accomodati sul divano, io ci metto cinque minuti a cambiarmi e scendo-.

Rin salì di corsa le scale, aprì la porta della sua camera e si diresse veloce verso l’armadio togliendo ogni sorta di vestito, buttandolo sul letto.

Gli faccio vedere io la ragazzina, vediamo un po’ cosa mi metto…mh, bel dilemma…

Infatti, non sapeva proprio cosa mettere, intanto con il dito indice della mano destra si picchiettava le labbra.

Vediamo, sì, mi metterò questa gonna corta nera e questo grazioso maglioncino bianco, per concludere il tutto, stivali lunghi neri e un bel trucco leggero, i capelli li acconcio in una coda alta e sono apposto.

Si cambiò e truccò a tempo di record, intanto Sesshomaru di sotto credeva che ci avrebbe messo un sacco di tempo, ma dovette ricredersi, quando la vide scendere le scale sorridente.

Perfetta.

Solo questo riuscì a formulare il suo cervello, quando la vide.

-Scusa se ti ho fatto attendere-.

Sesshomaru sorridendo un po’ malizioso le disse.

-Non preoccuparti…adesso andiamo?-.

Rin annuì, prese il cappotto e uscì di casa in sua compagnia.
Intanto un’altra persona li vide uscire di casa, si nascose dietro una siepe lì vicina ad osservare la coppia entrare in macchina.

Chi è quel tipo che esce con la mia Rin?

Strinse i pugni furioso era geloso, molto geloso che un tipo come quello era accanto alla donna che amava, si voltò e tornò da dove era venuto furioso più che mai.
Invece Rin e Sesshomaru erano felici di trascorrere una giornata insieme…


 

Continua…



_______________
Eccomi con il nuovo capitolo. Sono davvero felice che la storia piaccia sempre più. Un mega bacione a tutti.

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Capitolo 11
*** Non sei una pezzente ***



11°: Non sei una pezzente

 

 



 

Si sentiva furioso nei suoi confronti, ma poi si fermò a pensare.

Perché dovrei avercela con lei? Non è colpa sua se è uscita con un altro, dopotutto io non mi sono ancora dichiarato...se non lo faccio rischio di perderla. Ma chi era quell’uomo? Di sicuro deve essere un tipo molto ricco…

Sorrise ricordando la macchina di Sesshomaru.

Rin deve essere attratta da tipi con macchine lussuose, ma che vado a pensare? Lei non è così e non lo sarà mai! E più probabile che sia lui a divertirsi con lei…no, devo impedirlo ad ogni costo! Ma dove saranno andati? Dove? Maledizione se solo avessi anch’io una macchina a quest’ora li avrei seguiti…

Alzò il viso al cielo.

Rin sta attenta ti prego.





***




Rin era estasiata. Non aveva mai viaggiato in una macchina così bella. Osservava ogni cosa sorridendo come una bimba che, aveva appena ricevuto il dono più ambito. Intanto Sesshomaru guidava e ogni tanto con la coda dell’occhio l’osservava.

Buffa, sembra quasi che non sia mai salita su di una macchina.

Cominciò a ridacchiare, facendo incuriosire Rin.

-Perché ridi?-.

Lui scosse la testa.

-Niente-.

Ma non poteva trattenere le risate, intanto lei si era avvicinata curiosa come non mai di sapere il motivo di tanta ilarità.

-Dai ti prego dimmelo-. Supplicò.

Sesshomaru smise di ridere.

-Beh, sei davvero buffa, sembra quasi che tu non sia mai salita su di una macchina-.

Rin sobbalzò e un po’ imbarazzata gli rispose.

-Hai ragione, non sono mai salita su di una macchina così bella-.

Poi sospirò in modo drammatico, intanto si era ben accomodata sul sedile.

-Sempre meglio della familiare di Naraku…sai è sempre piena di giocattoli e giornalini, per non parlare della puzza di sigarette, che detesto…anche se, Kikyo lo sgrida ogni volta, ma lui fa orecchie da mercante. Uffa!-.

Aveva incrociato le braccia al petto, Sesshoumaru continuò a ridere. Quella ragazza era davvero un’ottima cura per il suo dolore.

Un dolore che lento si affievolisce…

Parcheggiò la macchina nel piazzale di una bellissima villa adibita a ristorante. Rin scese e spalancò la bocca dallo stupore.

Wow, che meraviglia…

Era davvero meravigliosa. Una villa stile liberty.

-Se resti con la bocca aperta rischi che qualche mosca vi entri dentro-.

Lei la chiuse velocemente, si voltò e fulminò con lo sguardo Sesshoumaru, che sorrideva divertito.

-Sempre gentile-. Sibilò.

Lui si avvicinò e le disse gentilmente.

-Che ne dite bella signorina di entrare?-.

Rin gli sorrise, si avvicinò e gli prese il braccio.

-Sì, entriamo…e poi voglio vedere l’interno di questa villa-.

Mi piaci sempre di più, anche se non so praticamente nulla di te. Ma oggi voglio conoscere tutto…questo posto sarà il luogo adatto.

Entrarono e Rin non poté trattenere lo stupore, l’ingresso era meraviglioso. Il pavimento era di un meraviglioso marmo rosa che brillava. Lei lo guardava estasiata, ma poi il suo sguardo fu rapito dallo stile della mobilia che arricchiva la hall. Il mogano e i tappeti lo rendevano un mondo da favola.

-Che meraviglia-.

Sussurrò, mentre Sesshoumaru non poteva che guardarla rapito. Quella ragazza lo stupiva ogni momento.
Sorrise.

-Aspettami qui, io vado a fare una cosa e vengo subito-.

-Sì, non mi muovo…parola di lupetto-.

Lui non poté far altro che sorridere, scosse la testa e si allontanò lasciando Rin da sola che si guardava intorno con molta curiosità.
Notò che la gente era vestita in modo molto elegante. Donne impellicciate e con la puzza sotto il naso che, non faceva altro che denigrare chi era come lei.

Anche tu sei come loro Sesshoumaru?

Si trovo a pensare, ma poi scosse il capo.

-Ma che vado a pensare. Tu non sei così-.

Si disse, ma d’un tratto una donna, un po’ grassoccia, impellicciata la urtò facendola quasi cadere.

-Togliti stracciona…uffa! Che noia sempre in mezzo ai piedi-.

Rin un po’ stizzita le rispose.

-Ma come si permette? Io non sono una stracciona…piuttosto dovrebbe farmi le sue scuse, giacché lei mi è venuta addosso-.

La donna spalancò la bocca inorridita.

-Ma che cafona! Lo sa con chi sta parlando?-.

-Certo con un’oca giuliva, che non conosce le buone maniere-.

Sbuffò Rin, mentre incrociava le braccia al petto. Dopotutto aveva ragione, ma la donna cominciò a diventare paonazza dalla rabbia, stringeva con rabbia la sua borsetta di Gucci.

-Lurida stracciona come hai osato chiamarmi oca giuliva, ora ti faccio pentire, ora vedrai come si trattano le tipe come te-. Sibilò.

Si voltò cercando con lo sguardo un cameriere, lo trovò, lo chiamò che arrivò correndo.

-Mi dica signora contessa-.

Lei lo guardò storto e quasi urlando disse.

-Butta fuori questa stracciona, maleducata!-.

Il cameriere fece un leggero inchino e si avvicinò a Rin, le prese il braccio e la intimò ad uscire, intanto la donna sorrideva soddisfatta, aveva vinto.

-Ehi, toglimi le tue mani di dosso-.

Ma lui non l’ascoltava, la trascinava con forza fuori, quando d’un tratto arrivò Sesshoumaru che fermò il cameriere, Rin sospirò felice.

Finalmente sei venuto a salvarmi…

-Si può sapere cosa sta accadendo?-.

In quel momento si avvicinò la contessa, che sorrideva con malizia che subito rispose.

-Ciao Sesshoumaru, è bello rivederti, come puoi costatare sto togliendo di mezzo un brutto scarafaggio-.

-Ehi, modera i termini vecchia befana!-.

Rispose Rin, sentendosi offesa, la donna sempre più arrabbiata urlò.

-Vecchia befana! Lurida puttanella ti faccio pentire io-.

Aveva alzato la mano per colpirla, quando Sesshomaru fermò il suo braccio. La contessa lo guardò e disse con ira.

-Lasciami mi ha offeso, devo punirla!-.

Lui la guardò con freddezza.

-Non osare toccare la mia ospite-. Sibilò.

La donna lo guardò spaventata.

-Ma…ma…Sesshomaru…lei è una pezzente…-.

Lui le strinse il braccio con forza.

-Non permetterti di offenderla se no…-.

Lasciò la minaccia a metà, facendo tremare la donna che, quando fu lasciata dalla presa fuggì via, come anche il cameriere che chiese scusa e se ne andò lasciando i due nella hall.
Rin era stata in silenzio, mentre Sesshoumaru minacciava quella donna.

-E’ colpa mia, ha ragione quella donna io sono solo una pezzente-.

Aveva abbassato il viso, si voltò e si incamminò verso l’uscita, quando Sesshoumaru la fermò e le disse.

-Adesso che ti prende? Non è colpa tua, non fare la vittima per nulla-.

Rin si voltò.

-Eh? Ma io non faccio la vittima scusa-.

-Invece sì-.

Restò per un po’ a guardarlo negli occhi e sospirando disse.

-Hai ragione, perdonami, ma odio l’atteggiamento della gente benestante, si credono sempre superiori, quando non lo sono-.

Sesshoumaru si avvicinò e le disse sorridendo.

-Andiamo via…portami in un posto che tu ami e dove ti senti a tuo agio-.

Lei sorrise e annuì con il capo.

-Adesso andiamo-.

Rin si avvicinò e prese il suo braccio, quando uscirono si fermò, si voltò e fece una linguaccia alla villa, Sesshomaru la guardò stupito e si mise subito a ridere.

-Sei davvero buffa ragazzina-.

Lei lo guardò e disse sorridendo.

-Grazie per il complimento, ma dopotutto questo posto non era per niente bello-.

-Giusto-.

Arrivarono alla macchina, lui le aprì la portiera e Rin si accomodò ringraziandolo per la gentilezza, salì anche lui accese il motore e partirono per una nuova destinazione…


 

Continua…





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Chiedo scusa per il ritardo enorme, ma ho avuto un problemino tecnico con il router e quindi niente internet per un bel po’.
Un problemino stupido che un tecnico non ha capito, ma io sì. Okey, non sono certo una cima per componenti tecnici, ma un cavetto della linea lan lo so cambiare anch’io.
Un bacio e al prossimo capitolo.

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