Bulma per tre giorni sul pianeta Vegeta

di Alphisia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il desiderio di Bulma ***
Capitolo 2: *** Il re Idrak e la regina Yerba ***
Capitolo 3: *** Raube e Sibel della delegazione saiyan ***
Capitolo 4: *** L'uscita notturna ***
Capitolo 5: *** Zia Sibel ***
Capitolo 6: *** Il re di una fiaba e il principe di una tragedia ***
Capitolo 7: *** Non dirlo a nessuno ***



Capitolo 1
*** Il desiderio di Bulma ***


[La storia si svolge tra l’arrivo di Trunks del futuro e la saga dei cyborg, dopo che Bulma e Yamcha si sono lasciati]
 
Devo trovare quel pezzo per finire di saldare questo circuito.
Poso gli occhiali di protezione e gli strumenti che stavo usando sul tavolo da lavoro. Guardo il piccolo quadrato che sto per completare: è proprio vero, le dimensioni non contano. È il pezzo più importante di una gigantesca navicella, il progetto più importante dell’anno per la Capsule Corporation.
Forse è nel baule che c’è vicino alla porta. Spengo la luce sul tavolo, la stanza del seminterrato ritorna scura. L’unica finestrella in alto della sala lascia intravedere il cielo grigio. Fra poco pioverà. Una brutta domenica, è stata un’ottima idea passarla a lavorare.
Cosa non si fa per dimenticare un amore che ha da poco lasciato le ultime cicatrici.
Mi inginocchio e apro il coperchio di plastica. Trovo davanti agli occhi ciò che rimando da molto tempo. Le armature di Crili e Gohan prese su Namec giacciono qui dentro da molto tempo. Volevo analizzarle per crearne di simili. Ormai sono passati quasi due anni da quando siamo tornati.
Questa tecnologia è impressionante, l’ho testata prima di dimenticare tutto qui dentro: il materiale è estremamente resistente, ma leggero e flessibile.
Anche Vegeta quando è arrivato sulla terra ne aveva una simile. Chissà quante cose potrebbe raccontarmi. Potrei costruire un’armatura nuova anche a lui se mi desse qualche indicazione, ma non è un gran chiacchierone.
Ho ancora tra le mani questa meraviglia per me incomprensibile quando sento aprirsi la porta alle mie spalle.
-Si è bloccato tutto di nuovo.
Eccolo. Parla solo quando gli fa comodo.
-Arrivo fra poco.
-Cosa stai facendo?
Mi volto, cammina verso di me. Deve avere visto le forme familiari delle armature.
-Oh niente. È un progetto su cui sto lavorando – chiudo il baule e mi rialzo – ma purtroppo non ho tutte le informazioni necessarie.
L’ho incuriosito: tiene lo sguardo fisso sul baule, poi mi squadra.
-Muoviti.
Si gira per tornarsene ai suoi allenamenti.
-Aspetta Vegeta. Tu mi potresti aiutare.
-A far cosa?
Mi schiarisco la voce, è un progetto di cui vado fiera.
-A costruire una nuova armatura, come quella che avevi anche tu.
-Non dire sciocchezze. Io sono un guerriero, non uno scienziato.
-Sì, ma almeno…
Non mi lascia finire di parlare ed se ne va.
Sbuffo.
Che palle. Con lui sto scoprendo di avere una pazienza che non credevo.
Però, se...
Sì, si può fare. Devo mettermi subito all’opera.
 
***
 
-Donna!
La voce di Vegeta mi richiama mentre esco dalla porta di casa con lo zaino appesantito. Dalla cima della scaletta della navicella con la camera di gravità, mi fa segno di andare da lui. Il viso imbronciato come al solito.
Non ti disturbare a venire ad aiutarmi eh.
Sono stata via una settimana, chissà come se l’è cavata senza di me che correvo per ogni sua richiesta.
Appoggio lo zaino per terra prima di salire.
-Fammi indovinare, non puoi allenarti.
Non mi risponde e rientra. Lo seguo e vado alla centralina di controllo. Le spie rosse accese segnalano che non è niente di grave. È solo il dispositivo di sicurezza che ho installato qualche settimana fa che ha spento tutto perché ha superato la soglia di guardia. Potrò risolverlo in poco tempo, ma ora non posso.
-Finisco di fare una cosa e arrivo.
Non riuscirei a fare altro. Rimane a bocca aperta per una mia simile risposta.
Mi avvio verso l’uscita e Vegeta mi segue prima solo con lo sguardo poi raggiunge la porta mentre scendo la scaletta.
Mi chino per aprire lo zaino: le sette sfere risplendono della loro luce pulsante, quella che emettono solo quando sono tutte riunite.
-EHI! – mi grida alle spalle.
Sorrido. Non poteva rimanere indifferente a questa visione.
Scende i gradini con un leggero balzo e atterra accanto a me.
-Cosa intendi farci?
-Voglio chiedere la vita eterna.
Sbarra gli occhi. Finisco di tirarle fuori tutte, le appoggio con delicatezza sul prato verde.
-Scherzo.
Sorrido e mi rialzo.
Anche lui lo desiderava. Mi ricordo bene la paura che ho provato su Namec, quando me lo sono ritrovato davanti, quando ci ha minacciati per avere la nostra sfera. Il suo desiderio insano, lo stesso del tiranno a cui cercava di ribellarsi, sconvolgeva il suo viso. Ora è molto diverso. Da quando è ritornato qui sulla terra, sento che qualcosa in lui è cambiato. Me lo sento perché non ho più paura di lui.
Sento che è così triste e solo.
-Ma il mio desiderio può interessarti.
-Quale sarebbe?
-Ora sentirai. Stammi vicino.
Mi schiarisco la voce, è un momento importante. Stendo le mani verso le sfere e grido forte.
-Appari grande drago Shenron!
Un lampo ci abbaglia, un brontolio profondo annuncia che il drago Shenron è apparso. Quando riapro gli occhi, il cielo è già scuro. Un potente fascio di luce bianca taglia a metà le nuvole nere che coprono l’azzurro sereno di qualche istante prima.
Il suo testone si piega lentamente verso di noi. Vegeta ha gli occhi sgranati.
-Cosa vuoi fare? – balbetta il granitico principe.
Devo sbrigarmi o gli altri si accorgeranno del cielo scuro.
-Qual è il vostro desiderio?
La voce di Shenron fa vibrare il metallo della navicella. I suoi lunghi baffi svolazzano nonostante il muso con i denti appuntiti in vista rimanga immobile.
-Grande drago, portami indietro nel tempo, sul pianeta Vegeta, quando il popolo saiyan non era ancora stato distrutto e…
-Ma sei impazzita?!
Vegeta mi interrompe con voce potente. Mi guarda con la stessa faccia con cui ha accolto dell’apparizione del drago.
-Che c’è? Non ti piacerebbe?
Sorrido, ma non mi risponde come vorrei.
Shenron riprende la parola.
-Mi dispiace, ma non posso esaudire questo desiderio.
-E perché?
-Non è concesso viaggiare nel tempo.
Ma come? Quel ragazzo del futuro allora? Come posso fare?
-Allora, qual è il vostro desiderio. Parlate, il mio tempo sta per scadere.
-Drago, io vorrei studiare la tecnologia saiyan per costruire quelle stesse cose.
-Non posso portarti indietro nel tempo. Dovrete trovare un altro modo.
Shenron è inflessibile. Il suo enorme corpo galleggia nel cielo scuro, illuminato solo dalle sfere per terra.
Appoggio il mento alle dita, devo pensare velocemente.
-Drago!
Vegeta prende la parola, il viso teso verso l’alto.
-Mi ricordo che siamo stati visitati dai re del pianeta Yoruba. Potresti farci vedere attraverso i loro occhi ciò che loro videro e vissero?
Shenron si abbassa ancora verso di noi, in silenzio. Si prende i suoi tempi.
Quindi ha deciso di venire con me?
-Questo è un gioco da ragazzi.
-Davvero?! Grazie drago!
Unisco le mani e sorrido per la speranza ritrovata.
-Ma devo avvertirvi: sarete nei loro corpi, ma non potrete in alcun modo cambiare il percorso degli eventi. Sarete spettatori. Non potrete né tantomeno dovrete tentare di fare ciò che loro non fecero o avrebbero fatto.
-E se per sbaglio lo facessimo?
Potrebbe succedere qualunque cosa a cui non siamo preparati e potremmo reagire in una maniera inconsulta, soprattutto questo qui.
-Non conosco le conseguenze di queste azioni ed è proprio per questo che rimarrete solo spettatori. Se disobbedirete, potreste rimanere intrappolati nei loro corpi per sempre.
-Oh no.
Vorrei tornare nel mio bel corpo, grazie.
-Muoviti allora – mi incalza Vegeta.
-Come hai detto che si chiamavano…
-YORUBA – mi ripete impaziente.
Annuisco e grido con voce alta.
-Grande drago, desidero che ci porti nei corpi dei re di Yoruba durante la loro visita del pianeta Vegeta!
-Sarà fatto.
Gli occhi rossi di Shenron si illuminano.
Un dolore lancinante al petto mi fa cadere a terra. Vegeta si avvicina, ma è costretto anche lui a inginocchiarsi: la mano sul cuore è il segno che prova la stessa potente sensazione. Poi un vuoto allo stomaco e tutto diventa nero. 
 

Appunto della scrittrice
Se vorrete commentare, sarò molto felice di leggere ciò che pensate su questa nuova storia :) Ah ragazzi, ho da poco aperto anche un profilo su Twitter. Guarda un po', si chiama proprio Alphisia. Ci vediamo anche là? :) 
Alphisia

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Capitolo 2
*** Il re Idrak e la regina Yerba ***


La brusca frenata della macchina mi fa svegliare. Un rombo basso e continuo riprende e sibila nelle mie orecchie. Sento il vento tra i capelli.
Apro gli occhi a fatica. Ho un gran mal di testa, respirare è difficile. Una luce radente e rossastra illumina debolmente un paesaggio mai visto.
Non mi sono chiesta che atmosfera o che gravità ci fossero sul pianeta Vegeta. Che stupida, avrei dovuto considerarlo prima di chiedere un desiderio simile al drago.
-Mi perdoni, sua altezza, ho dovuto schivare un grosso masso sulla strada.
-Sta’ più attento.
La voce annoiata di Vegeta al mio fianco rimprovera l’autista davanti a noi. Vedo che ha ancora il suo corpo, ma non più la sua tuta da allenamento. Trattengo a stento una risata, metto una mano davanti alla bocca.
-Ma come sei conciato?
Distoglie lo sguardo dal paesaggio brullo. Solo qualche macchia verde in lontananza.
I suoi capelli sono mossi dall’aria, sulla fronte ha una sorta di sottile corona, con una pietra rossa proprio nel centro. Ha solo un panno ricco e blu attorno alla vita, ma la nudità è compensata dagli innumerevoli gioielli pendenti dalle spalle, coperte da un mantello rosso. Spicca una collana massiccia sul petto.
-Dovresti vedere come sei conciata tu.
Mi guardo le gambe: non ho più neanche io i miei jeans, ma una lunga tunica rossa, piena di gioielli. Alle mani, più di un anello per ogni dito e sottili catene dorate legate ai bracciali. In testa, altro metallo, forse un diadema a cui sento attaccato un velo.
-No! I miei capelli! Saranno tutti schiacciati! – esclamo ad alta voce mentre me li tocco. Ci avevo messo così tanto a farli diventare vaporosi. Il viaggio in giro per il mondo a cercare le sfere non li aveva abbattuti, mi ero portata tutto l’occorrente. Ora è tutto da rifare.
Vegeta mi afferra il braccio e mi avvicina a sé con un gesto brusco.
-Abbassa il tono o sarà peggio per noi. Non ho intenzione di rimanere in questo debole corpo per tutta la vita a causa tua.
-Ma non è il tuo corpo?
Vegeta scuote la testa e indica il vetro del parabrezza davanti a noi. La luce del tramonto, seppur debole, riesce a far riflettere il mio aspetto esteriore. Il mio viso non è più di porcellana, le labbra non più rosse e gli occhi non più azzurri. Gli zigomi sono diventati spigolosi, la pelle si è coperta di squame verdi. Gli occhi sono sottili, due fessure con l’iride talmente piccola che non riesco a distinguere di che colore sia. La bocca è larga e rosa. Sembro una ranocchia.
Mi tocco le guance smagrite e noto che anche le mie mani sono cambiate, verdi e palmate, con dita lunghe, ricoperte degli stessi anelli che avevo visto prima. Niente capelli, solo un velo fermato da un diadema dorato.
Sono mostruosa. Un’occhiata di lato, il riflesso di Vegeta non è da meno.
Lancio un urlo e la macchina inchioda di nuovo.
-Altezza!
Il guidatore si rivolge a me, preoccupato. Sotto il casco, intravedo i capelli neri. Gli occhi grandi sono dello stesso colore. L’aspetto imponente e indefinitamente giovane è un segnale chiaro: è un saiyan, un saiyan qualsiasi, un autista, non un formidabile guerriero come sono stata abituata a conoscerne.
-Non ti preoccupare, girati e guida. Non è successo niente.
Vegeta interviene, spinge per una spalla l’uomo a proseguire.
Riprendiamo e sento di nuovo il vento tra i capelli che nel mio nuovo aspetto non ci sono. Vegeta mi scocca uno sguardo truce e si avvicina ancora.
-Stai attenta, oppure questo corpo ti piace talmente tanto che lo vuoi tenere?
Certo che no. Rivoglio la mia pelle, le mie belle gambe, le mie guance piene e i miei straordinari capelli.
Si raddrizza e riprende il suo contegno regale. Non ha molta difficoltà. In fondo era veramente un nobile.
Chissà in che anno siamo, magari potrebbe incontrarsi.
-Quanto manca per arrivare? - chiede con tono svogliato.
-Poco, sua maestà. Qualche minuto ed entreremo in città.
-Chi ci accoglierà? Spero che sia tutto all’altezza della nostra presenza.
-Certo, sua maestà. I membri più importanti della corte del re vi attendono.
Vegeta sussulta. L’uomo, concentrato sulla strada sgombra, non ci bada. Si schiarisce la voce, che trema lo stesso.
-Il re? Il re Vegeta?
-Purtroppo non lui in persona. Sta tornando da una missione molto importante con il generale Freezer, ma sarà qui entro due giorni, prima che il vostro soggiorno finisca.
Deglutisce e ritorna con le braccia conserte a guardare il paesaggio fatto di pietre. Dopo qualche istante di silenzio profondo, riprende con la voce sicura dell’inizio.
-Spero che gli stessi onori siano tributati anche alla nostra delegazione.
-Ma certo, re Idrak.
Idrak? Che razza di nome.
Sorrido, ma riesco a celarmi dietro la mia nuova manona.
-Sarete ospitati tutti nel palazzo del re. Domani potrete discutere del motivo della vostra visita.
Cavolo, questo vorrei chiarirlo al più presto. Vegeta dovrebbe saperlo.
-Poi sarete portati a visitare la nostra città, i nostri porti spaziali, le nostre armate che sono attualmente sul pianeta, i nostri laboratori…
-Laboratori?
-Sì, regina Yerba – Yerba? Dovrò abituarmi a questo nome. Dallo specchietto retrovisore vedo che sorride – so che la reputazione dei saiyan non è la più alta per la tecnologia, in fondo noi siamo solo guerrieri, ma le garantisco che sarà una visita piena di sorprese anche per voi yoruba.
-Non ne dubito.
Mi volto verso Vegeta, ancora con lo sguardo perso nel vuoto. All’orizzonte, compaiono le torri alte di una città.

Appunto della scrittrice
Desiderio esaurito, ora siamo sul pianeta Vegeta. La parola "yoruba" non l'ho inventata io, ma mi piace questo suono che secondo me ben si adatta a una razza aliena come quella che ho in mente. 
Capitolo un po' cortino, ma prendetelo come un riscaldamento. Dal prossimo capitolo, cominceremo a conoscere altri saiyan. Non vedo l'ora di pubblicarlo, è già pronto, devo solo sistemarlo un po'. 
Intanto, fatemi sapere cosa ne pensate :) 
Alphisia

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Capitolo 3
*** Raube e Sibel della delegazione saiyan ***


Una strada privilegiata ci fa salire verso il palazzo del re. Ci infiliamo in una lunga serie di cortili e archi grigi, in cui le luci cominciano ad accendersi: la notte cala in fretta su questo pianeta. Molte altre macchine ci seguono senza superarci. Questo modello di auto non è affatto male, vorrei avere il tempo di studiarlo. Altri esseri con le nostre nuove fattezze torreggiano fuori dal metallo chiaro, oltre la testa degli autisti saiyan. Nonostante il vento in faccia, c’è un’afa asfissiante.
Il viso di Vegeta è diventato una maschera, impassibile di fronte a luoghi che avrà percorso molte volte.
La macchina si ferma in uno spiazzo, davanti a una porta di metallo chiusa. Il cortile va riempiendosi con tutte le altre che trasportano la nostra numerosa e agghindata delegazione.
In che guaio mi sono andata a cacciare? Non potevo fare tutto dal mio laboratorio?
L’autista ci apre lo sportello. Vegeta scende e spiega fino a terra il suo mantello rosso, si guarda attorno con il mento in alto. Non si volta neanche per aiutarmi.
-Prego, sua maestà.
L’uomo che ci ha accompagnati mi porge la mano.
-Qual è il tuo nome?
-Spargel, mia signora.
-Grazie Spargel. È stato un viaggio piacevole.
Sorride e abbassa lo sguardo. Non sarà abituato a tanta gentilezza. Infatti Vegeta non lo ha degnato della minima attenzione.
Ora, in piedi, mi accorgo di un particolare di cui non ricordavo: la coda, di un marrone scuro e grossa quanto quella di una tigre, è avvolta con disinvoltura attorno alla vita. La stessa che Goku teneva svolazzante per aria. Se su di lui sembrava una caratteristica così strana, su questo saiyan è un appendice più che naturale, armonioso in tutto l’insieme.
-La incuriosisce la nostra coda, regina Yerba? – mi domanda Spargel che mi vede indugiare.
-Oh no, non intendevo… - spero di non essere stata scortese, ma tanto vale chiedergli qualcosa – perdonami Spargel, è che fin dalla prima volta che ho visto un saiyan mi sono chiesta se non vi dia fastidio.
-Per noi che non siamo incaricati di andare su altri pianeti è solo un intralcio. Deve stare sempre legata attorno alla vita, quando vorrebbe muoversi libera, ma sappiamo bene che è la nostra forza. Senza di questa, non saremmo la razza guerriera più forte dell’universo.
Già. Goku non sarebbe di certo quello che è diventato ora.
Alla luce bassa del grande ambiente aperto, vedo avvicinarsi quegli esseri che hanno il mio stesso aspetto esteriore. Sono alti almeno un metro più dei saiyan. La semplicità dei vestiti è compensata dalla quantità e dalla raffinatezza dei gioielli che indossano. In silenzio, rotto solo dal tintinnio dell’oro, si dirigono verso di noi.
Si apre la porta davanti a noi e compaiono quattro persone. Tre uomini con una presenza importante e una donna con un cipiglio più altezzoso degli altri. Capelli e occhi neri. Fisico prestante, tutti sui trenta quarant’anni. L’armatura uguale a quella che i saiyan indossavano all’arrivo sulla Terra, tranne che per un lungo mantello nero. La stessa coda sistemata alla vita.
Un brivido lungo la schiena: questi quattro devono essere di tutt’altro livello rispetto a Spargel. Spero che il mio nuovo aspetto riesca a celare la sorpresa. Nel dubbio, mi avvicino a Vegeta.
Si fa avanti l’uomo più alto, dai capelli corti e ispidi.
-Sovrani di Yoruba, benvenuti sul nostro pianeta.
Scende i pochi gradini per avvicinarsi al re con una mano tesa. Vegeta rimane impassibile di fronte a questo gesto di educazione e cortesia.
-Mi chiamo Raube, sono il console del re Vegeta.
-Che non ci ha degnati della sua presenza, come vedo.
Il console arrossisce sulla pelle abbronzata.
-Mi dispiace, re Idrak, ma il re Vegeta è di ritorno da un’importante missione…
-Questo lo sappiamo già.
-Lui e l’imperatore avevano…
-Certo, Freezer. Allora la nostra preziosa alleanza viene al secondo posto nei suoi interessi.
-No, re Idrak. Vi assicuro che il re tiene in altissima considerazione il vostro popolo e la nuova unione che ci legherà.
Non so come tutti gli altri vedano la scena, ma davanti c’è quel tappo di Vegeta che è riuscito in poche battute a schiacciare saiyan, penso di altissimo rango, grosso il doppio di lui.
Chissà perché ho la netta impressione che non sia la prima volta per Vegeta.
-Re Idrak, vi prego di seguirci. Anche senza il re, potremo cominciare a discutere insieme a Fennel, il nostro legato, e Umber, il capitano delle divisioni delle truppe, della nostra richiesta.
La voce dell’unica donna ci richiama dalla cima dei gradini. Poco più bassa del console Raube e più alta di Vegeta. A guardarla bene, la sua armatura è bianca e dorata, gli uomini ce l’hanno nera e bronzea. Il mantello è rosso, non nero, fermato da una spilla con un segno con tre righe che gli altri non hanno. Sotto, il blu della tuta aderente. Unico segno femminile, un paio di orecchini triangolari che si intravedono tra i capelli scendono ondulati oltre le spalle. Gli occhi acuti e duri verso di noi.
Vegeta strabuzza gli occhi quando si accorge della sua presenza.
-Ti sei dimenticata di presentarti.
-Perdonami re Idrak, sono Sibel, la tesoriera del regno saiyan.
Mette la mano sul petto e fa un inchino impercettibile con la testa. Vegeta sogghigna, la guarda con intensità. Piega la testa e risponde al saluto.
-Accetteremo la tua proposta, Sibel.
Raube sorride, si volta per entrare e Vegeta lo segue.
Che cavolo vuole questa Sibel? Dalla faccia che ha fatto questo qui direi che la conosce.
 
***
 
Un ascensore ci ha portati nella parte più alta del palazzo, in un’ala che dà sulla città. Le finestre squadrate del corridoio fanno intravedere solo viali deserti e illuminati da luci al neon. Qualche bar è ancora aperto.
Ci accompagnano ai nostri appartamenti il console Raube e la tesoriera Sibel. Devono essere quelli più importanti nella sparuta delegazione che ci ha accolti. Della nostra, invece, molto più numerosa, sono rimasti solo in due. Una, che sembra una femmina da come è vestita, mi segue in ogni passo e mi chiama Eleda. Sospetto che sia una dama di compagnia. Un altro, invece, dal portamento più simile a Vegeta, accompagna proprio il re.
Ci fermiamo alla fine di un lungo corridoio davanti a una porta. La tesoriera Sibel preme un pulsante blu accanto al bordo dell’apertura. Le ante di metallo scorrono nel muro e all’interno si accendono le lampade a parete: ecco un ambiente molto più caldo rispetto al resto del palazzo. La stanza è ben arredata, ma con pochi oggetti, solo un grosso tavolo e tre poltroncine e un divano a formare un salottino. Ci sono anche una decina di bauli, impilati per non occupare spazio. Altre due porte, una davanti a noi e l’altra sulla sinistra, condurranno ad altri ambienti degli appartamenti.
I saiyan si congedano dopo gli ultimi convenevoli, ma non li ascolto più. Sono molto stanca. Entriamo con quelli che devono essere i nostri servi.
-Ma che bello!
Lascio andare questa esclamazione battendo le mani e Vegeta mi fulmina.
-Sì, è un posto delizioso, Eleda – conferma con gentilezza anche la mia dama.
-Non pensavo che i saiyan avessero questo buon gusto. Dai loro modi non sembra.
-Anago! – lo richiama Vegeta con voce forte – non ti permettere di parlare più così di chi ci ospita.
-Chiedo perdono, mio Oduwa.
Lo yoruba china il capo. Nonostante la condizione inferiore, hanno anche loro alcuni gioielli sulle spalle.
-Non ha tutti i torti – commento mentre mi avvicino alla porta davanti a noi.
Chissà quanto è grande questo posto, riservato solo a noi. La seconda porta è socchiusa, è diversa dalle altre, è in legno con i cardini: intravedo la stanza da letto. Appoggio la mano sulla maniglia, quando la serva mi ferma.
-Mia Eleda, aspettate! Vi preparo il letto per la notte.
La yoruba si precipita da me.
Eleda… da quanto ho capito o il nome con cui mi possono chiamare solo gli yoruba oppure è sinonimo di regina. Anche Vegeta ne ha uno simile.
-No, ferma.
Vegeta la afferra che lo guarda sconcertata. Molla subito il braccio, ma le parla con lo stesso tono sicuro. Forse è un gesto che non è consentito neanche al re.
-Andate subito nelle vostre camere – e indica l’altra porta – per questi tre giorni non voglio vedervi nei miei appartamenti né di notte né di giorno per nessun motivo.
-Ma, Oduwa, non è sicuro. Qui…
-Certo che lo è. Non c’è altro posto nell’universo dove potrei sentirmi più al sicuro. I saiyan sono guerrieri perfetti. E non discutere i miei ordini.
-Non c’è bisogno di fare così, Ve…
Mi blocco prima di dire davanti a tutti ciò che non è.
-… caro – e gli metto una mano sulla spalla, coperta dal mantello.
Trattenersi dal ridere è estremamente difficile. L’espressione furiosa di Vegeta però mi aiuta: forse perché ho discusso su quello che dice, forse perché l’ho toccato, forse per come l’ho chiamato…
Caro.
Se non ricominciano a parlare scoppio a ridere.
Con un cenno alla porta, il re indica ai due servi di congedarsi. Indietreggiano inchinandosi ripetutamente ed escono dalla stanza.

Appunto della scrittrice 
I nomi dei saiyan, come da canone, provengono da nomi di verdure. Ho cercato di inventarli ex novo: se sono già stati fatti, non era mia intenzione copiare, né da altre fan fiction né dalla storia originale perché sono di personaggi nuovi. Vi invito a scoprire da quale verdura provengono ;) chi ne indovina almeno tre su cinque vince… vince… un complimento! Uno si capisce già leggendo, al secondo ci si può arrivare, ma il terzo è difficile. Stupitemi! Nell’ultimo capitolo troverete la soluzione. Avanti! Non siate timidi e lanciatevi. Tanto ci sono sempre le sfere del drago a salvarci ;) 

E ora questi due da soli negli appartamenti reali cosa faranno? Eheh, non lo potreste mai immaginare. O forse sì?

Come al solito, tutti i commenti sono ben accetti :) 
Alphisia
 
 

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Capitolo 4
*** L'uscita notturna ***


La figura appuntita di Vegeta taglia a metà la finestra della camera. Guarda fuori in silenzio. Le luci, a differenza delle sale prima, non si sono accese all’apertura della porta. Nonostante non ci sia la luna, le stelle del cielo sono abbastanza forti da illuminare quanto basta la stanza. Tutto questo ambiente sembra più vecchio degli altri.
No, non più vecchio, ma arredato con un gusto più antico rispetto agli altri. Le pareti non sono rivestite di metallo, ma di legno scuro. Due ricche tende rossastre pendono ai lati della finestra. L’odore qui dentro è più pieno e vivido confronto agli altri ambienti asettici del palazzo. Avanzo nella stanza, enorme, ma rimango in disparte. Mi tolgo il diadema con il velo, lo appoggio su un tavolo con delicatezza.
Appena entro, vedo già un problema: c’è un letto solo. Lui sembra non curarsene molto.
-Perché gli hai detto di non venire qui?
-Potrebbero avere delle abitudini che non conosciamo, o farci domande e scoprire che qualcosa non va.
-Non si insospettiranno ancora di più così?
-Che un re voglia stare con la propria regina è motivo di sospetto?
Rimane girato di spalle, immobile, con le braccia conserte.
Oh.
Io sarei la regina e lui il mio re.
Ma cosa sto pensando!
Però forse vuole…
Bulma, ricordati che lo ospiti solo perché altrimenti sarebbe in mezzo a una strada.
Sì, ma sembra così solo. Ogni tanto mi viene la tentazione di abbracciarlo, forse gli farebbe bene. Forse non ha il coraggio di chiedermelo. Ha uno sguardo così triste e malinconico.
Ora è tornato a casa, penso gli debba lasciare un momento. Lui però non se lo prende. Sbuffa e si volta. Si siede sul letto, si sfila il mantello dalla testa e lo butta per terra senza tanti complimenti. Scosta le coperte per mettersi sotto.
-Ehi!
Niente, mi ignora ancora. Cominciamo male.
-VEGETA!
Si volta di scatto e si tira su.
-Sei pazza a chiamarmi così?!
-Esci subito dal letto!
-E perché?
-Perché ci dormirò io dentro!
-Non ci penso neanche. Vai sul divano.
-Vegeta! Io non dormirò sul divano – batto un piede per terra – io sono una donna e dormirò nel posto più comodo! Ho più bisogno di te di riposo! Una settimana in giro a cercare le sfere non è stata una passeggiata!
-No.
Ok. Userò un altro modo per convincerlo.
-Allora dormi pure, io vado a farmi un giro. Non voglio aspettare fino a domani.
-Non puoi, non sarebbe consono a una regina.
-Ma io non sono una regina.
-Questo già lo sapevo.
Fingo di non sentire. I bauli nell’atrio forse contengono qualche vestito. Vediamo se c’è qualcosa di più comodo. Apro la cassa, ma ci sono solo altre tuniche lunghe. Vegeta mi raggiunge trafelato, mi punta il dito contro.
-Non uscire da quella porta.
-Io non sono una serva che puoi comandare.
Sbuffa con lo sguardo teso.
-Non mi fermerai. Se vuoi, vieni con me. Potrebbe farti piacere rivedere questi posti.
Raggiungo la porta, la apro ed esco. Non serve voltarmi per sentire che Vegeta si è arreso e mi sta seguendo.
 
***
 
-Almeno non facciamoci vedere.
Vegeta mi spinge in un corridoio freddo e dal soffitto a volte, più piccolo del principale in cui eravamo. Incrociamo di sfuggita due guardie che fanno la ronda e chiacchierano tranquille tra loro. Tutto è sotto controllo.
I passaggi sono ancora tutti illuminati, sembra che nel palazzo la notte non arrivi mai.
Vorrei trovare quei laboratori di cui parlava Spargel, ma qui sembra tutto uguale. Anonime porte automatiche di metallo intervallano il bianco monotono delle pareti. Alla fine di un corridoio, però, Vegeta va a sinistra mentre io svolto a destra.
L’occhio mi cade sulla sua schiena, ora senza il mantello a coprirla.
Non c’è che dire: benché sia stata abituata fin dall’adolescenza a convivere con guerrieri dal corpo perfetto, non ne sono per niente immune. Uno di loro è stato anche il mio ragazzo. Quello dei saiyan, però, è sfregiato dalla cicatrice della coda da una macchia scura di qualche centimetro.
Prosegue senza controllare che ci sia anche io. A differenza di me, che ormai mi sono persa, sembra sapere esattamente dove stia andando.
E io che pensavo di guidarlo!
Mi avvicino piano piano.
-Dove stiamo andando?
-Hai voluto venire qui per studiare la nostra tecnologia, no? Ti sto portando nei laboratori, prima che qualcuno ci veda girovagare di notte fuori dagli appartamenti.
Sembra più un rimprovero che una risposta, ma lo ringrazio lo stesso.
Alla metà di un corridoio dritto e lunghissimo, apre una porta sulla destra e scendiamo per due, tre, quattro rampe in ferro. L’ambiente è cambiato, non è più lucido come prima, sembra un’ala secondaria.
-Chissà perché noi scienziati stiamo sempre nei sotterranei – mi chiedo quando apre un’altra porta alla fine dei gradini.
Sopra il pulsante di apertura, un cartello blu con caratteri che non comprendo, ma che ho già visto sugli scouter. La lingua saiyan.
Un brivido scende dal collo: un altro corridoio da cui riconosco un ambiente di scienza, di ricerca. Scaffali, dispense e bacheche ne scandiscono la lunghezza, con lo stesso disordine vissuto dei laboratori di casa mia. È quasi un ambiente familiare per me.
Non trattengo un’esclamazione di meraviglia. Dal vetro di uno di questi stanzoni intravedo macchinari che non ho mai visto: mi precipito dentro come una bambina che entra in un parco giochi.
***
 
-Non mettermi fretta!
-Siamo stati qui sotto anche troppo tempo. Rischiamo sempre di più.
L’avanzata nel corridoio che unisce le diverse sale dei laboratori è una tortura. Vegeta non fa altro che dire che non dovremmo essere qui, che rischiamo grosso, che non vuole rimanere in quel corpo per tutta…
Entro in una delle ultime sale.
L’ambiente non è molto diverso dagli altri, grigio e con i neon accesi. Finalmente i tavoli sono ingombri di armature e altri oggetti. Intravedo anche tanti scouter.
BINGO
Mi sfrego le mani.
-Qui ci si diverte.
-Dai, muoviti, o sarà peggio per noi.
Alzo gli occhi al sentire ancora la pentola che ribolle che mi trascino dietro quando sentiamo distintamente aprirsi la porta da cui eravamo venuti.
Per un attimo ci scambiamo uno sguardo più che preoccupato, ma quello di Vegeta cambia subito in ramanzina. Sbuffa e mi prende per un polso. Riesco appena ad agguantare alcuni fogli di appunti che avevo adocchiato. Dai disegni riguardano proprio le armature. Non tornerò a casa a mani vuote.
Sentiamo in lontananza le voci ansimanti delle due guardie. Devono avere corso.
-Sei sicuro che veniva da quaggiù?
-Mi è sembrato che si chiudesse questa porta.
-Era un po’ lontana per sentirla eh.
Proseguono nel battibecco e Vegeta apre la maniglia di una porta che ci avrebbe condotto alla prossima sala, penso l’ultima di questa gigantesca ala. La chiude lentamente dietro di sé. Le luci spente, solo un finestrone sul corridoio può rivelare la nostra presenza.
Cazzo, ora ci scoprono! Come facciamo? Mi viene da piangere.
I passi si avvicinano, entreranno dalla stessa porta da cui siamo entrati noi. Vegeta si guarda attorno, ma non trova nessun nascondiglio che lo soddisfa. Io non riesco neanche a capire dove mi trovo, sono troppo impegnata a pensare a come poter convivere con questo corpo mostruoso per il resto dell’eternità.
Le voci sono nella sala a fianco quando Vegeta mi prende in braccio e ci solleviamo proprio sopra la porta. Rannicchia le gambe e chiude gli occhi. Mi stringo a lui, le braccia attorno al collo, le ginocchia al petto. Il suo viso è quasi sereno, sembra che non senta la mia stessa paura.
Sì, è sereno. Non lo avevo mai visto così.
Io me la sto facendo sotto.
MA QUANTO SIAMO IN ALTO?
La porta si apre, le guardie sono proprio sotto di noi. Si guardano in giro senza entrare e una rimprovera l’altra. Fortunatamente non hanno gli scouter.
-Visto che non c’è nessuno? Proprio qui poi…
-Sì, ma controllare è sempre meglio.
La discussione continua anche dopo che se ne sono andate.
Vegeta aspetta qualche istante prima di aprire gli occhi e scendere. Non mi adagia con gentilezza, ma anzi una volta a terra mi tira giù per farmi accovacciare. Rimane in ascolto in silenzio qualche istante. La porta principale si chiude con un rumore forte e lui esplode.
-Cosa ti avevo detto! Ora andiamo!
Sorrido imbarazzata, ha ragione.
Prima di andarmene, però, mi volto nella stanza, più grande delle altre.
-Aspetta. Perché qui le luci non si sono accese?
L’ambiente è riempito da grosse sfere, ce ne sono almeno una decina. Ci dev’essere un oblò da cui esce della luce verdastra.
-No, non andare...
Vegeta cerca di fermarmi, ma è troppo tardi. Ne ho aggirata una per trovarmi davanti agli occhi una sorpresa. Un bambino, anzi no!, una bambina nuda dai folti capelli neri galleggia in un liquido verde. Dovrà avere solo qualche giorno.
Rimango a bocca aperta di fronte a questo tenero esserino, senza parole e senza fiato.
Una bambina saiyan che in futuro potrebbe, o avrebbe potuto, dare altri figli a questa razza.
-Ma…cosa…
-Muoviti!
Mi afferra di nuovo, mi carica su una spalla e mi porta fuori di peso.
-Ehi! Lasciami!
-Ora basta!
-Ma perché quella bambina era lì dentro? Non dirmi che è… morta.
-No, non sarebbe più tra i piedi.
-È così che nascono i saiyan?
-No, ma tutti siamo passati da lì.
Prima di uscire dalla porta, mette fuori la testa per controllare che le guardie se ne siano andate.
Un lampo.
-Vegeta! Ma in che anno siamo?!
-Non lo so, non ha importanza.
-Certo che ne ha! Potresti esserci tu lì dentro! O Goku!
Sorrido al pensiero di poterli vedere ancora neonati. Goku sarà stato tenerissimo, forse anche Vegeta.
-Non siamo qui per questo! E non voglio farmi scoprire o creare casini: io non voglio rimanere in questo corpo! È l’ultima volta che te lo dico!
Non ribatto.
Vegeta mi trasporta fino in camera senza mai lasciarmi camminare libera. Mi scaraventa sul letto, esce e chiude la porta.
Che buzzurro! 



Appunto della scrittrice
Eheh, pensavate che avrebbero passato una nottata romantica a guardare le stelle? E invece no! 
Ho deciso di non dilungarmi troppo, ma mi piace mettere nei guai questi due, mi piace immaginare come se la potrebbero cavare. Chissà, magari in un'altra storia potrò approfondire questi momenti divertenti e di tensione. 
Come al solito, attendo i vostri commenti :) 

Alphisia

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Capitolo 5
*** Zia Sibel ***


Un colpo sordo mi sveglia. Sembra lontano. Mi rigiro nel letto, tra le lenzuola bianche e profumate. Apro appena gli occhi, sembra ancora tutto scuro.
Sarà caduto qualcosa da qualche parte, non voglio preoccuparmi e alzarmi. Voglio dormire ancora un po’.
Un altro colpo, questa volta proprio dietro la parete della mia camera. Un grido mi fa trasalire.
È Vegeta, è inconfondibile.
Cosa cavolo succede?
Esco di corsa dalla stanza con la tunica leggera che mi sono tenuta addosso per la notte.
-Vegeta, cosa…
Ferma un calcio a mezz’aria. È in mezzo alla sala, ha spostato tutti i mobili per allenarsi. Una sedia non è riuscita però a sfuggire ed è caduta a terra, a pezzi.
Ci guardiamo. Dalla sua bocca aperta e lo sguardo sfuggevole, intuisco che prova lo stesso mio imbarazzo: nessuno dei due è molto vestito, ci siamo messi quello che abbiamo trovato nei bagagli di questi esseri che ci prestano i corpi. Lui non si è neanche curato di cercare molto. Penso che quello che ha addosso sia quello che ieri aveva sotto il misero tessuto blu.
-Che cavolo stai facendo? Non pensi che possano sentirti! – gli dico sottovoce, ma arrabbiata mentre mi raddrizzo la spallina della veste caduta e cerco di tirare l’orlo almeno alle ginocchia.
Si volta e non risponde. Afferra il mantello che aveva ieri dal tavolo e se lo mette. Si è chiuso nel suo bozzolo.
-Bravo comunque, mi hai svegliata.
-Alla buon’ora.
-Ma se non è ancora sorto il sole!
-In questo mese dell’anno sorge molto tardi. Sei tu ad essere in ritardo.
A questo non avevo pensato
-Non potevi venire a chiamarmi? Ci impiegherò una vita per prepararmi, non so come si mettono tutte quelle cose che avevo ieri. E quella serva non può neanche aiutarmi.
-Ti conviene muoverti allora, oggi è una giornata decisiva per il futuro di questi due popoli.
Mi appoggio allo stipite della porta con le braccia conserte. Vegeta si siede sul divano ricco e decorato d’oro. Il cuscino con il velluto spiegazzato mi suggerisce che forse ha dormito proprio lì.
-Come fai a saperlo? Hai partecipato anche tu a questo incontro?
-No, ora sono troppo piccolo.
-Quindi sei già nato?
Sgrano gli occhi, il pensiero mi emoziona.
-Sì, ma sono in viaggio con mio padre.
Oh peccato, avrei voluto vederlo.
-Ma conosci lo stesso la storia di questo popolo.
-Ho studiato.
Appoggia la testa allo schienale e chiude gli occhi.
-Sbrigati a prepararti. Fra poco dovremo uscire.
-E cosa succederà oggi? Vorrei saperlo pure io visto che sono la regina.
Rimane nella sua posizione da mummia. Gli pesa così tanto guardarmi in faccia mentre parla? Si merita di sposare un mostro come sono diventata io in questi giorni.
Sbuffa e comincia la lezione.
-I sovrani del pianeta Yoruba sono in contatto con noi saiyan da lungo tempo, è uno dei pochi popoli con cui abbiamo sempre avuto rapporti amichevoli. Ora sono stati attaccati da un gruppo di pirati spaziali e ci hanno chiesto aiuto.
-Ah! Non mi sarei mai aspettata che i saiyan aiutassero qualcuno.
Apre solo un occhio, ma è abbastanza.
-Le relazioni diplomatiche sono molto importanti per un popolo poco numeroso come il nostro, anche se da questo periodo saremo sempre più legati a Freezer. E loro, guarda caso – ora li apre entrambi – sono disposti a scambiare la nostra protezione con la loro tecnologia.
-Perché? Non vi basta la vostra?
-Sì, ma loro sono molto più avanzati. Ci aiuteranno molto in futuro, per quello che rimane.
-Ah, quindi manca poco alla distruzione del pianeta?
-Circa due anni.
Si alza e viene verso di me. Penso non abbia voglia di parlarne.
-Quindi non hai scelto un momento a caso per venire qui?
Ha pensato a come esaudire al meglio il mio desiderio. Come ha fatto quando tornati da Nameck dovevamo riportare in vita i nostri amici e Goku. È stato gentile.
Sorrido.
Vegeta gentile. Ci dev’essere sotto qualcosa. Forse voleva venire proprio ora per incontrare qualcuno o forse vuole un’armatura nuova.
-No, affatto. Sarà merito di mia zia se oggi…
Si interrompe, spalanca gli occhi e tossisce. Mi supera ed entra in camera come se niente fosse.
-TUA ZIA?
Sono sbalordita all’idea. Potrei conoscere la famiglia di Vegeta!
-La conoscerò oggi?
-La conosci già.
-E chi è?
Lo seguo con lo sguardo, butta sul letto il mantello che teneva sulle spalle. Si dirige verso quello che ieri sera dopo l’uscita ho scoperto essere il bagno, grande almeno la metà della camera.
-È la tesoriera – mi risponde scocciato.
Chiude con un colpo secco la porta.
Ecco perché è rimasto di sasso quando l’ha vista! E io chissà cosa andavo a pensare!
 
***
 
Risaliamo dai laboratori che io e Vegeta avevamo già visitato, ma questa volta da una strada più adatta a una coppia reale in visita. Ieri sera è stato solo un assaggio di quello che oggi i più alti direttori mi hanno spiegato.
Io, però, la regina Yerba, dicevano che ne dovevo aver visto di molte migliori. Ho finto un interesse distaccato per questa tecnologia, che per uno Yoruba dovrebbe essere primitiva. Ho fatto fatica perché mi meravigliavo ogni sala di più. Le mie domande hanno saziato la mia necessità di informazioni per creare una nuova armatura. Anche ciò che i miei collaboratori raccontavano ai saiyan è stato utile. Torno sulla Terra con tutte le conoscenze teoriche necessarie per costruire almeno un’armatura saiyan. Chissà se negli appunti troverò qualcosa in più, non ho avuto tempo di guardarli. Li tengo sempre con me: non so come e quando ce ne andremo, non vorrei abbandonarli qui dopo tutta questa fatica.
Nell’ultima sala, però, quella dei bambini, non ci hanno portati. Sarebbe stata la parte più interessante. Avevo in mente due o tre frecciatine da tirare al mio re giusto per metterlo in imbarazzo. Sono curiosa di sapere qualcosa di più di lui e delle persone che lo hanno fatto crescere.
E il porto spaziale? Che infrastruttura incredibile. Capsule che andavano e venivano, saiyan che partivano per chissà dove.
Con il codazzo yoruba e i saiyan ci dirigiamo verso la parte centrale del palazzo, dov’è avvenuto l’incontro in mattinata per sancire l’alleanza rafforzata tra i due popoli. Come mi aveva anticipato Vegeta, è stata la tesoriera a tirare le fila per gli accordi e le firme.
Sua zia.
Comunque, non si somigliano neanche un po’. Il volto di Vegeta è più affilato e spigoloso, la donna invece, nonostante il fisico potente, ha le guance tonde, il naso e le labbra grosse.
Sfiliamo davanti a una lunga serie di finestre, il sole tramonta dietro le dune rosse e i palazzi tondeggianti. Le forme delle costruzioni sono le uniche caratteristiche in comune con la mia Terra. Vegeta sta parlando dei pirati con Umber quando guarda fuori e si interrompe. Spalanca la bocca. Io e il suo interlocutore seguiamo il suo sguardo.
Una nave, gigantesca confronto alle altre, sta atterrando al porto. Il riflesso del sole morente la colora di arancione.
-È arrivato il re – sussurra con la voce mozzata.
-Sì, re Idrak. Avete già visto la sua nave da qualche parte?
In un batter d’occhio riprende il suo contegno.
-No, è solo che è più grossa di tutte le altre. Di chi sarebbe mai potuta essere?
Umber sorride, le guance non completamente glabre arrossiscono. Questo re Idrak verrà ricordato come acido e scorbutico.
-Bene, la missione dev’essere finita prima del previsto. Domattina potrete incontrare il re prima di partire – si intromette Raube.
I saiyan ci invitano a proseguire, un banchetto ci aspetta. Se è lungo come quello di ieri, penso di non riuscire ad arrivare alla fine. Vegeta fatica a staccare gli occhi dalle finestre, si fa silenzioso, più del solito, anzi, è assente da qualunque conversazione. 
 


Appunto della scrittrice
Capitolo di raccordo, nel prossimo ci sarà finalmente l'incontro tanto atteso?
Spero di pubblicarlo a breve! Queste due settimane sono state infernali e non ho avuto molto tempo per accedere e pubblicare. Dovrebbero pensare a un'applicazione di EFP ;) 
A presto!
Alphisia

 

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Capitolo 6
*** Il re di una fiaba e il principe di una tragedia ***


Avanzo a fianco di Vegeta nella navata centrale della sala del trono dei saiyan. Alte colonne verdi e brillanti scandiscono l’ambiente che incute rispetto. La luce è soffusa, entra dalle finestre, su pareti troppo lontane per illuminare direttamente i nostri passi.
Davanti a noi, ancora lontano, i posti del re e della regina, due scranni della stessa pietra preziosa delle colonne, sollevati su un piedistallo. Alle spalle, quel simbolo rosso che ho visto sulla fibbia di Sibel, una sorta di ancora con tre spuntoni.
Oggi non mi ha ancora detto una parola. Non che agli altri me ne abbia rivolte molte, solo lo stretto indispensabile. Stamattina neanche quello.
In compenso, però, non mi lascia mai indietro. Mi cammina sempre vicino, con le mani chiuse a pugno lungo i fianchi e il mantello rosso che svolazza.
Raube ci fa fermare in una lunetta, disegnata da una pietra di colore più chiaro, appena sotto i gradini che ci separano dal piedistallo dei troni, ancora vuoti. Dietro di noi, la nostra delegazione con alcuni saiyan. Rimangono tutti a debita distanza.
-Arriveranno tra poco – ci rassicura.
Non finisce di pronunciare queste parole che il silenzio cala repentino sulla piccola folla e i saiyan si inginocchiano. Dalla porta alla destra del trono iniziano a entrare una decina di persone, tutte con la stessa armatura dorata e il mantello rosso. C’è anche Sibel tra questi. Sussulto quando riconosco anche una fisionomia non nuova per me.
Un uomo, imponente nella sua stazza e scintillante nella sua armatura regale, con una chioma dritta come una fiamma, raggiunge il trono sulla destra. Una folta barba gli copre le guance, ha un naso aguzzo e le spesse sopracciglia aggrottate.
Cerco di non darlo a vedere, ma mi volto verso Vegeta. È immobile, nella stessa posizione di prima, attento alla sfilata delle massime cariche del suo popolo.
Una volta liberata dalla folla, vedo finalmente la coppia reale, in piedi davanti a loro posti. La postura composta e la testa alta, ma con due fisionomie diverse. Il re enorme confronto alla sua minuta regina.
Ora ho capito da chi ha preso Vegeta: la corporatura dalla madre, l’espressione e i tratti duri del padre. La donna, con la stessa bocca e lo stesso naso di Sibel, ha i capelli più lunghi della tesoriera. Li porta sciolti, oltre le spalle. Indossano gli stessi abiti, una tuta nera con l’armatura dorata, e sul labbro ha una vistosa cicatrice. A quanto pare, neanche lei si tira indietro nei combattimenti. Sono gli unici due a indossare un medaglione con una stella. La loro corona.
Scesi dal piedistallo, si fermano davanti a noi. Il re, con le mani dietro la schiena, ci guarda con malcelata superiorità. La regina, invece, ci rivolge un pacifico sorriso, forse di circostanza. Vegeta sta con il capo chino e le spalle ingobbite. Non stacca gli occhi da sua madre, proprio di fronte a lui.
È lei a prendere la parola per prima.
-Re Idrak, regina Yerba, siamo felici di potervi incontrare sul nostro pianeta. Vi ringraziamo per la vostra visita. Raube, Sibel e Umber ci hanno tenuti aggiornati sulle trattative che si sono concluse nella maniera migliore.
Il console, di lato, gongola.
La regina muove la testa mentre parla, si sentono tintinnare i grossi orecchini dorati, nascosti dai folti capelli. La sua pausa suggerisce una risposta da parte nostra, ma Vegeta è ancora imbambolato. Continua a deglutire, non ha neanche un bel colorito: ci manca solo che svenga. Meglio prendere in mano la situazione, ma…
Cazzo!
Non so neanche come si chiama la regina! Perché non l’ho chiesto a nessuno? Se non me lo diceva questo qua, la mia schiava non mi avrebbe lasciata col dubbio.
Improvviso.
-E noi siamo felici di avere avuto questa opportunità unica per conoscervi di persona. Condurre le trattative con i vostri ufficiali ha portato soddisfazione al mio popolo e sono stati stretti legami indissolubili.
Mi volto e indico con un gesto ampio e plateale le due delegazioni mischiate.
-Sono sicura che è merito del vostro esempio come re e regina.
-Io non sono convinto.
Vegeta esce dal suo mutismo nella maniera peggiore.
Il re cambia espressione, da superba a ostile. La regina scrolla la testa.
-Re Idrak, vi ha forse infastidito qualcosa nel vostro soggiorno?
-Quale coppia si può considerare degna di regnare se non sa educare la propria discendenza?
-Prego?
La regina è allibita, ha spalancato i suoi occhioni neri. Si volta verso il marito. Vegeta non ce l’ha però con lei, lo sguardo acuto e accusatorio è tutto per il padre.
-Non fate partecipare i vostri figli a questi incontri?
-Re Idrak, questa assenza non la tragga in inganno. Il giovane principe, il nostro figlio maggiore, deve recuperare molto dello studio e degli allenamenti persi a causa del viaggio che ha fatto con noi. Raube, ora dov’è?
-In biblioteca, a studiare con il suo tutore, regina Supe.
Ritorna in silenzio con un inchino.
Supe. Ecco come si chiama la madre di Vegeta.
Mi piacerebbe parlarle, magari da sole. Sembra una donna molto interessante.
-E questo incontro non potrebbe essergli più utile di tutti quei libri?
Vegeta è irremovibile. Non so come dirgli che sta esagerando, dovrebbe sapere che ci si rivolge così a chi ci ha dato ospitalità, a dei sovrani e, soprattutto, ai suoi stessi genitori.
Forse però vuole… no, non possiamo! Non è accaduto!
-Vai a chiamarlo – il re rompe il silenzio e fa un cenno alla regina, titubante. Alla fine si arrende allo sguardo del marito ed esce dalla porta da cui era entrata.
Non perdo altro tempo.
-Caro…
Prendo con un gesto gentile il braccio di Vegeta, come una moglie può permettersi di fare con il marito. Sorrido per scusarmi con il re e lo porto lontano da orecchie indiscrete.
-Cosa cavolo stai facendo?! Lo sai che non possiamo, vero?!
Vegeta non risponde, non mi guarda neanche in faccia.
-Vuoi rimanere intrappolato in questo corpo per sempre?
-No – sussurra con lo sguardo ancora sul pavimento.
-E allora andiamocene e basta. Non ti deve incontrare.
Non ribatte, penso abbia capito.
Mi volto tenendolo sempre sotto braccio.
-Mi dispiace molto per le parole dure di mio marito. Siamo sempre stati molto esigenti con i nostri figli, come di sicuro lo sarete anche voi. Torneremo a trovarvi quando…
Purtroppo non finisco la frase che sento un fruscio di mantelli alle mie spalle: i saiyan si sono inginocchiati ancora. Guardo oltre la figura imponente del re Vegeta e vedo ciò che non avrei mai dovuto vedere.
Un bambino avanza tra due ali di guerrieri. Ha gli stessi capelli e l’espressione del padre: il re di una fiaba, il principe di una tragedia, ancora inconsapevole. Avrà al massimo cinque anni. La regina si piega per fissargli alla spilla lo stesso mantello porpora che porta anche lei, troppo ricco per il piccolo. Gli sistema un ciuffo che gli ricade sulla fronte. È impacciata nei movimenti, tra le braccia tiene stretto un fagotto.
Un fratellino?
Prende per mano il figlio, sono entrambi senza guanti, e lo guida verso di noi. Nessun segno di paura o di imbarazzo sul suo viso.
Il danno è fatto.
Vegeta, quello al mio fianco, boccheggia. Mi stringe forte il braccio.
Una volta arrivato davanti a noi, il re mette una mano sulla spalla del figlio e con l’altra ci presenta.
-Vegeta, questi sono i sovrani del pianeta Yoruba. Sono venuti per un’importante alleanza. Salutali come ti abbiamo insegnato.
Alza il mento piuttosto che abbassare la testa per reverenza.
-Benvenuti tra il nostro popolo, sovrani di Yoruba.
Tra le note alte della voce di bambino riesco a riconoscere quella dura dell’adulto. Cerca di darsi un contegno regale e superbo quando ancora conta la sua età sulle dita di una mano. La madre tira gentilmente la sua manina.
-No, Vegeta. Sono qui da qualche giorno, ci porgono i loro saluti prima di tornare sul loro pianeta.
-E perché? Noi siamo appena arrivati. Non mi sembra rispettoso.
La regina sorride benevola. Non posso che specchiarmi nella sua reazione.
-Lui è il nostro figlio maggiore, Vegeta. Lei è Echalotte, l’ultima arrivata – e abbassa lo sguardo sulle guance piene della bimba che dorme tra le sue braccia – Tarble, il nostro secondo figlio, è malato e non può uscire dalle sue stanze.
Vegeta aveva un fratello e una sorellina. Aveva un padre burbero, ma orgoglioso; una madre che era una splendida donna, oltre che una degna regina.
Mi sento frastornata.
Meno male che lui si sveglia dal torpore prima di me.
-Sei già grande – si rivolge direttamente al sé bambino.
-Ho quattro anni.
Si crede già un adulto dal tono.
Chissà se qualcuno oltre a me percepisce che le due voci sono così simili.
-Saprai già combattere allora.
-Certo – annuisce il piccolo.
La madre gli sistema di nuovo i capelli.
-Si sta allenando con i nostri migliori uomini. Dicono che abbia molto potenziale.
-Come non potrebbe? – fa notare il re, più sicuro delle doti del figlio.
Ora capisco anche da chi Vegeta ha preso il suo bel caratterino.
I due principi continuano a guardarsi in silenzio. Il piccolo non accenna ad arrendersi.
-Perché siete venuti qui? – gli chiede con ostentata durezza.
-Hai sentito la regina, dovevamo…
-Sì, ce le ho anche io le orecchie. Ma perché non ci avete aspettato?
Le parole del piccolo mettono in imbarazzo tutti i sovrani.
-Vegeta, non essere insolente. Non ci si rivolge così ad altri sovrani.
L’erede al trono tace, ma non abbassa il suo piglio altezzoso. Guarda senza alcun timore quello che per lui è lo squamoso re Idrak.
Ma quello non è il re del pianeta Yoruba, è lo stesso principe orgoglioso fin da quando aveva quattro anni.
Vegeta si accovaccia e gli tende la mano.
-No, regina Supe. Il piccolo principe fa bene a pretendere un tale rispetto dai suoi pari. In futuro, ne dovrà pretendere altrettanto da tutti quelli che lo circondano, anche superiori.
Si guardano negli occhi.
-Continua ad allenarti duramente, non ti risparmiare mai. Solo così sarai il migliore di tutto questo popolo guerriero, un re degno di difenderlo, ma soprattutto di portare avanti la sua eredità. Devi essere pronto ad affrontare sfide che ora nessuno può immaginare.
Vegeta sorride, serenamente. Il piccolo Vegeta, ancora esitante, appoggia la sua manina su quella più grande.
Rimango distante, non oso intromettermi.
Il principino annuisce alle parole incoraggianti del sovrano alieno quando all’improvviso Vegeta piega la testa e si tiene il petto con l’altra mano. Il suo viso è sofferente.
No, non ora.
-Vegeta!
Non mi interessa se può apparire strano chiamarlo così.
Si accascia a terra, la regina sposta il figlio indietro con un gesto brusco, tutti insieme protetti dal braccio teso del re.
-Cos’ha? – mi domanda con la sua voce imperiosa.
Lo prendo per le spalle e cerco di sollevarlo.
-Mi sa che il nostro tempo qui è finito – mi sussurra con gli occhi chiusi per il dolore.
Stringo la mano attorno ai fogli che ho rubato e che tengo in tasca quando vengo pervasa dalle stesse sensazioni ora pungenti ora squassanti di quando sono diventata la regina Yerba. In un attimo siamo circondati da altri yoruba preoccupati per i loro sovrani.
L’ultima immagine del pianeta Vegeta è lo sguardo spaventato del principe bambino che si aggrappa alla mano della madre. 

 



Appunto della scrittrice
Finalmente siamo arrivati all'incontro fatidico, che però non doveva esserci: Vegeta che incontra Vegeta. No, non il padre, ma il sé piccolo. La storia è narrata dal punto di vista di Bulma e non ho potuto dare molta voce ai pensieri di Vegeta: la sua reazione alla visione dei genitori e del piccolo sé dovrebbe però essere eloquente. O almeno, spero che lo sia per voi lettori :) 
La sala del trono si vede in qualche episodio di Dragon Ball, ma non è quella che ho descritto. Mi sono immaginata che quella sala sia così, con un trono unico ad esempio, perché sia stata cambiata in seguito a eventi particolari. 
Tengo a precisare che l'unico nome di questa storia che non ho inventato io è Echalotte, ma non mi spingo oltre nella spiegazione. Sappiatelo. Mi sono immaginata che Vegeta avesse una piccola sorellina, di cui ovviamente andava molto fiero e cercava di proteggere sempre in qualità di fratello più grande. Forse in un'altra storia approfondirò anche questo aspetto. Non ho voluto dare l'idea di una famigliola felice, perfetta, ma di una semplice famiglia, mai mostrata insieme nella serie. Nel quarto capitolo dell'altra mia storia "Un abbraccio" svelerò ciò che è la mia idea, e no, non è la famiglia del Mulino Bianco. 
Uff, quante cose immaginate e quanto poco tempo per scrivere!

Alla prossima, all'ultimo capitolo: scopriremo se questo incontro tra il sovrano Yoruba e il piccolo principe abbia causato danni ai due protagonisti. 
Alphisia

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Capitolo 7
*** Non dirlo a nessuno ***


Non riesco ad aprire gli occhi. O forse sono aperti, ma non riesco a vedere niente. Tutto è scuro.
Mi sento leggera, come se galleggiassi nell’acqua, nuda. Non riesco a muovere nient’altro all’infuori del petto per respirare.
Cosa mi sta succedendo?
L’ultimo ricordo che ho è il viso spaventato del piccolo Vegeta che ci guarda. Faccio fatica a immaginare quello stesso sguardo nell’adulto. A proposito, chissà che fine ha fatto.
Ma perché mi sento così? È questo ciò da cui ci aveva messo in guarda Shenron? Di non interferire in alcun modo con ciò che vedevamo perché saremmo rimasti nei corpi degli yoruba?
Per saperlo dovrei aprire gli occhi, ma non ce la faccio. Sento i miei capelli che si muovono lenti, sospinti dalle onde di qualche liquido. Dev’essere così che si sentono i piccoli saiyan in quelle vasche in cui li ho visti nel laboratorio. In fondo è una sensazione piacevole. Tutto attorno a me è caldo e avvolgente.
Dal fondo di questo abisso, sento un rombo che entra prima basso poi sempre più potente nelle mie orecchie.
Cosa cavolo succede?
Mi sento impotente, sono paralizzata. Non riesco ancora a vedere niente.
-Bulma.
Una voce profonda mi chiama. Inconfondibile.
-Shenron? Sei tu?
-Siete stati due irresponsabili.
Porca vacca, l’abbiamo fatta grossa.
-Ma io non volevo vedere il piccolo…
-Dovevi fermare il tuo compagno. Sei stata tu a esprimere il desiderio.
-Come facevo? Non so se sai chi è quello!
-Certo che lo so. Giovane donna, so molte cose riguardo a lui e al suo cuore.
Come se io non capissi tutti i problemi che ha.
-Ma sono venuto per annunciarti che la vostra visita non ha avuto effetti collaterali sulla storia, neanche con questo maldestro tentativo di soddisfare una futile curiosità.
Sapevo pure io che era un rischio inutile da correre.
-Le parole che l’uomo ha detto al bambino non hanno influenzato gli eventi né l’alleanza tra i due popoli.
Fiu.
-L’abbiamo scampata allora.
-Ciò non toglie che avete corso un rischio enorme. Tuttavia, avrete indietro i vostri corpi e il pianeta Vegeta verrà distrutto insieme a tutto il suo popolo.
Bene.
Anzi no: pensare che tutte quelle persone, che tanto male non sembravano, sono state sterminate da quel tiranno mi fa sentire un po’ in colpa. Se non fosse successo, Vegeta forse non sarebbe diventato la persona triste e rancorosa che è adesso. Forse non ci saremmo neanche incontrati.
-Non dolerti di questo. La storia non è giusta e tu non puoi fare nulla per cambiarla. Ti suggerisco piuttosto di cambiare il futuro della Terra e di quell’uomo. Ne hai la possibilità.
Finalmente. Con poco sforzo riesco a aprire gli occhi.
La voce di Shenron è sparita, il calore avvolgente anche. Sono nella mia stanza, la finestra fa entrare la luce calda del pomeriggio.
-Bulma! Ti sei svegliata! Vado a chiamare la mamma…
Abbraccio papà, ma lo fermo prima di alzarsi.
-Dov’è Vegeta?
-Lo abbiamo portato subito nella sua camera, come abbiamo fatto con te. Eravate entrambi svenuti sul prato davanti alla camera di gravità. Ora dorme. Cosa vi è successo?
-Non ora papà!
Alzo le lenzuola e vedo che qualcuno mi ha messo la mia camicia da notte. Sulla poltrona poco distante dal mio letto, i jeans che avevo addosso.
-Ma non è consigliabile…
-Dopo ti racconterò tutto, promesso.
Gli do un bacio sulla guancia.
-Vai a dire alla mamma che sto bene.
Frugo nella tasca dei miei pantaloni e trovo quello per cui avevo espresso quel desiderio tanto rischioso.
 
***
 
Senza annunciarmi, spalanco la porta della camera in cui non ero mai entrata.
-Vegeta! Ce l’abbiamo…
Tengo in alto i fogli spiegazzati che ho riportato dal suo pianeta, ma non li vede. In questa stanza arriva solo l’ombra del pomeriggio, è tutto più scuro. Dorme rannicchiato, dà le spalle alla poca luce che entra.
Nessuno è al suo fianco.
Rimarrò io qui ad aspettare. Appena si sveglia devo fargli vedere che la nostra missione, per quanto pericolosa, non è stata affatto vana.
Sposto piano la sedia della scrivania vicino al suo letto e mi siedo.
Tutto è in ordine qui dentro. Sarà anche merito dei miei robot, ma immagino che Vegeta sia un precisino. Comincio a dare uno sguardo ai fogli e attendo di dargli la bella notizia.
 
***
 
Apro gli occhi e sussulto.
Le lenzuola scostate. Vegeta non c’è.
Mi alzo e guardo nella stanza, ormai buia per la sera.
Lo vedo seduto per terra, vicino ai piedi del letto. Le gambe piegate gli servono da leggio per gli appunti che avevo in mano.
Tiro un sospiro di sollievo, ma lo rimprovero.
-Non potevi svegliarmi? Volevo darti io la notizia.
Non mi degna di uno sguardo.
Pazienza.
Neanche con il suo freddo comportamento riuscirà a smorzare il mio entusiasmo.
-Hai visto?! Ce l’abbiamo fatta! Ti devo ringraziare.
Gira una pagina per proseguire nella lettura. Sembra non abbia orecchie neanche per chi lo ringrazia.
-Mi dovrai aiutare a tradurli, le figure non mi bastano per capire.
Grugnisce. Penso sia d’accordo visto che andrà anche a suo vantaggio.
-Ti va di farlo adesso?
Non sto nella pelle.
-No, vorrei riposare.
Strano, riposare non mi sembra una richiesta che possa uscire dalla sua bocca. Mi passa i fogli che mi aveva rubato.
-Va bene. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami.
Sono già sulla porta quando mi ferma con la voce.
-Bulma.
Bulma?
-Non dire mai a nessuno quello che hai visto in questi giorni.
-Ma se riuscirò a fare le armature…
-Mi riferivo ai saiyan che hai conosciuto.
La poca luce mostra la sua figura in piedi, con le mani lungo i fianchi, il petto nudo: devono averlo spogliato per visitarlo. Il suo tono non è imperioso come al solito, è fioco, rauco. Più che un ordine sembra una preghiera.
Annuisco.
-Anzi, dimenticalo proprio.
-Questo non posso garantirlo. È stata una visita importante anche per me.
Oltre all’obiettivo per cui avevo chiesto a Shenron di portarci sul pianeta dei saiyan, ho avuto modo di toccare con mano la società in cui Vegeta è nato e cresciuto e che un giorno avrebbe dovuto governare. Sarebbe bello poter condividere questo con gli altri, potrebbe aiutare a far capire chi si nasconde dietro quel suo guscio duro e impenetrabile.
-Anzi, sarei curiosa di saperne di più della tua famiglia, del tuo...
Scuote la testa.
-Dimentica tutto.
E perché dovrei?
Questa sarebbe l’occasione di un abbraccio, di un gesto di affetto, almeno di vicinanza!, verso di lui. È così solo, abbattuto e triste dopo aver rivisto per un attimo la sua famiglia, il suo popolo e tutti i suoi sogni di bambino.
Ma come faccio? È pur sempre Vegeta, che non spiccica parola se non strettamente necessario e non ha una buona disposizione neanche verso di me che l’ho accolto.
Almeno così dà a vedere.
Meglio lasciare perdere e limitarsi a un bel sorriso, non ricambiato.
Mi volto e mi fiondo nei laboratori per impostare tutto il mio nuovo progetto. Se mi chiederà aiuto, io glielo darò.
 




Appunto della scrittrice
Eccoci alla fine del racconto. Tutto è bene ciò che finisce bene, ma non potevo mettere un happy ending totale. Sì, sono tornati, ma Vegeta non è molto allegro, soprattutto dopo quello che ha visto. Bulma ha capito molte cose della sua società e di lui. All'ultima scena però tengo particolarmente: non ci sono grandi gesti di affett, ma spero di aver trasmesso molto con le poche parole e pochi gesti dei due protagonisti. 
E ora la soluzione ai nomi saiyan che ci sono nella storia. Vi avevo detto che derivavano veramente da nomi di verdure, come da copione: 
- Spargel: dal tedesco Spargel, asparago
- Fennel: dal tedesco Fenchel, finocchio
- Raube: quando mi tornerà in mente, ve lo scriverò :P
- Umber: dall'inglese cucumber, cetriolo. 
- Sibel: dal tedesco Zwibel, cipolla
- Supe: dal tedesco Suppe, zuppa. Come Vegeta padre e figlio hanno nomi generali che raccolgono l'interezza di tutti gli altri nomi, ho pensato che la regina non sarebbe dovuta essere da meno. 
- Echalotte: dall'inglese shallot, scalogno, ma non è farina del mio sacco ;) 

Ho voluto aprire una piccola porta sulla società dei saiyan tramite gli occhi della terrestre Bulma. Spero vi sia piaciuta quanto per me è stato scriverla :) 
Alphisia
 

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