Non si fugge dal passato

di bik90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio ***
Capitolo 2: *** Rottura dell'equilibrio ***
Capitolo 3: *** Ritorni ***
Capitolo 4: *** Scoperte ***
Capitolo 5: *** Ancora innamorate ***
Capitolo 6: *** Inviti a pranzo e rientri ***
Capitolo 7: *** Qualcosa che fa male ***
Capitolo 8: *** Piccoli scontri (1 parte) ***
Capitolo 9: *** Piccoli scontri (2 parte) ***
Capitolo 10: *** Incontri ***
Capitolo 11: *** Attrezzatura fotografica ***
Capitolo 12: *** Comportamenti sbagliati ***
Capitolo 13: *** Urla silenziose ***
Capitolo 14: *** Gita allo zoo ***
Capitolo 15: *** Speranze svanite ***
Capitolo 16: *** E' finita, Natsuki ***
Capitolo 17: *** Reito alla riscossa ***
Capitolo 18: *** Vicine e lontane ***
Capitolo 19: *** Come la prima volta ***



Capitolo 1
*** Inizio ***


Spense il suo computer dopo aver controllato che fosse tutto in ordine. Gettò una veloce occhiata al suo orologio da polso e si stiracchiò allontanando leggermente la sedia dalla scrivania. Era davvero tardi, per finire il suo lavoro arretrato era dovuta rimanere in studio fino a quell’ora. Si voltò verso l’ampia finestra e notò come il sole fosse tramontato da diverso tempo. Si alzò in piedi afferrando quasi di scatto la sua borsa, vi buttò dentro con poca grazia il suo cellulare, il portafogli e cercò le chiavi della sua moto. Le prese in mano e si affrettò ad uscire. Nonostante fosse ormai una donna adulta, ancora non si era decisa a comprarsi un’auto come le chiedeva spesso la sua compagna. Se l’avesse fatto, non avrebbe più sentito il vento scompigliarle i capelli e l’adrenalina dovuta alla velocità salirle al cervello. Un lieve sorriso le increspò le labbra. Shizuru si sarebbe arrabbiata anche questa volta se avesse tardato ancora. Chiuse la porta alle sue spalle e scese i gradini a due a due per essere più veloce. In quel momento il suo telefonino iniziò a squillare.
<< Sto arrivando, sto arrivando >> disse senza nemmeno leggere sul display chi fosse.
Sapeva che c’era una sola persona che l’aspettava a quell’ora.
<< Aspettiamo solo te >> disse dolcemente l’altra voce femminile prima di riagganciare.
Natsuki infilò il cellulare nella borsa e stava per indossare il casco integrale quando fu bloccata dalla voce del portiere del palazzo.
<< Buonasera signorina Kuga, ancora qui? >>.
<< Avevo del lavoro da sbrigare >> rispose la giovane con un sorriso.
L’anziano signore guardò il cielo stellato.
<< E’ una sera molto mite, non sentirà freddo in moto ma mi raccomando chiuda il giubbotto lo stesso >>.
La ventiseienne arrossì leggermente a quella raccomandazione e si affrettò ad ubbidire.
<< Grazie Shogo >> disse << Salutami tua moglie >> aggiunse voltandosi. Poi si bloccò tornando a guardarlo << Hai idea di quando termineranno i lavori di quel palazzo? >> chiese indicando la palazzina di fronte a quella dalla quale era uscita.
Il portiere scosse il capo.
<< Mi spiace signorina, non lo so. Posso dirle, però, che parecchi condomini si sono lamentati con l’amministratore per il ritardo della ditta >>.
<< Okay, non fa niente. A domani >> salutò la mora prima di infilarsi il casco.
<< Mi saluti la signorina Fujino e la piccola principessina >>.
Natsuki annuì togliendo il cavalletto alla moto e partendo.
Mentre guidava, il cuore le batteva forte come ogni volta che doveva rincasare perché sapeva che stava tornando da loro. Rise sottovoce come una bambina che pensava al regalo che l’aspettava e non si curò di un’altra moto che la superò in curva. Anni prima gliene avrebbe suonate di santa ragione mentre adesso erano altre le cose che considerava veramente importanti. Si fermò di fronte al cancello e col telecomando l’aprì. Nel percorrere il viale di casa, le arrivò il suono ormai famigliare delle zampe del loro cane quando le andava incontro. Poco dopo lo sentì abbaiare. Rallentò sorridendo e si parcheggiò dietro uno delle due auto ferme. Sapeva che fino alla mattina del giorno successivo non sarebbe stata usata. Si tolse il casco facendo oscillare i lunghi capelli neri e per un soffio non perse l’equilibrio quando il cucciolo di cinque mesi le saltò addosso felice del suo rientro.
<< Sono felice anch’io di vederti Duran >> disse rivolta al pastore tedesco << Adesso andiamo, altrimenti Shizuru ci sgriderà! >>.
Entrò in casa mentre il cane la precedeva.
<< Sono tornata >> gridò gettando le chiavi della moto sul tavolino basso e posando il casco per terra << Shizuru! >>.
<< Siamo in salone >> disse l’altra donna.
Natsuki non perse tempo e corse da lei. Sapeva che non era sola.
<< Buonasera a tutti >> salutò.
<< Finalmente ce l’hai fatta! >> esclamò Mai con una nota di divertimento nella voce.
<< Kuga, ma allora è vero che hai messo la testa a posto! >> scherzò Tate alzandosi in piedi.
<< Scusatemi, avevo del lavoro arretrato >> ribatté la mora consapevole di essere in torto. Si diresse verso la sua compagna che le stava sorridendo e le diede un leggero bacio << Scusami >> sussurrò subito dopo.
<< Tranquilla, non è successo niente >>.
<< E dove la mia principessa? >> chiese Natsuki voltandosi verso il seggiolone << Dov’è Saori? >>.
La bambina allungò immediatamente le braccia paffute verso la donna che la stava chiamando lasciando cadere le costruzioni di gomma con le quali stava giocando. La giovane donna la sollevò abbracciandola e baciandola con calore.
<< Eccola! >> disse ridendo << Che c’è? >> aggiunse notando come Mai la stesse guardando.
L’amica scosse il capo sorridendo.
<< E’ molto strano vederti vestire i panni della mamma >> dichiarò Tate con la sua solita ironia.
A quelle parole, Natsuki gli fece la linguaccia.
<< Ma come siamo spiritosi, Tate >> rispose << Su Saori, fai la linguaccia a Tate! Fai come la mamma! >>.
La piccola rise contagiata dall’allegria della donna.
<< Dico sul serio, ho sempre pensato che avresti vestito i panni del “papà” >>.
Mai gli lanciò un’occhiataccia per invitarlo a smettere. Da quando era arrivata Saori, non aveva mai visto l’amica così felice. E lei, ogni volta che la guadava, sentiva il cuore riempirsi di gioia.
<< Natsuki è una madre fantastica >> andò in aiuto della mora Shizuru sorridendole mentre la ventiseienne le si sedeva accanto sul divano senza smettere di tenere Saori in braccio.
Accarezzò una guancia alla piccola e poi baciò la mano dell’altra donna. A quel gesto Natsuki arrossì leggermente.
<< Tsuki! >>.
La mora, sentendosi chiamare abbassò gli occhi e rise.
<< Oh, scusami Miyuki >> disse passando Saori a Shizuru e sollevando la bambina di Mai e Tate di un anno e mezzo << Avevo dimenticato di salutare anche te, principessa! >>.
Diede un bacio sulla guancia della piccola e le accarezzò i capelli rossi come quelli della madre.
<< Incredibile Mai, ti somiglia sempre di più >> constatò alzando gli occhi sull’amica << Per fortuna, aggiungerei! >>.
Tutti risero tranne Tate che fece finta di prendersela.
<< Miyuki, vieni da papà >> disse << Non ascoltarle! >>.
Ubbidientemente la bambina scese dalle gambe della mora e si avvicinò al padre che la mise sulle spalle. Anche Natsuki si alzò in piedi.
<< Vado a farmi una doccia e ritorno >> affermò chinandosi per baciare la figlia.
 
Ritornò un quarto d’ora dopo scoprendo che tutti si erano messi a tavola. Prese posto vicino a Shizuru e si unì alla loro conversazione dopo aver dato un altro bacio a Saori seduta nel suo seggiolone. La ventottenne sorrise nel vedere quanto amore ci mettesse la sua compagna in ogni gesto soprattutto se legato alla piccola. E dire che era stata così titubante quando le aveva espresso il desiderio di avere un bambino tutto loro dopo la nascita di Miyuki. Anche lei, come Mai aveva sentito l’esigenza di dare una svolta al loro rapporto e tutte le paure della mora si erano rivelate infondate. Guardò la bambina ancora per qualche secondo prima di tornare a chiacchierare. Somigliava in modo impressionante a Natsuki. Avevano gli stessi occhi grandi e verdi, i capelli più neri di una notte senza luna e la stessa espressione curiosa e timida verso ciò che era nuovo.
<< Mai, se fa qualcosa di sbagliato, dimmelo che ti mando Duran a mordergli il sedere >> stava dicendo Natsuki mentre sorseggiava il suo bicchiere di vino.
Mai e Shizuru risero. Entrambe sapevano quanto fosse importante quel cucciolo di pastore tedesco per la donna. Delle volte, scherzando, la ventottenne le diceva che veniva dopo Saori e Duran nella sua scaletta degli affetti ma lo faceva solo per sentirsi ripetere quanto, invece, fosse importante.
<< Mai dovresti stare dalla parte di tuo marito! >> esclamò l’unico maschio della conversazione.
<< Arrenditi Tate, sei nettamente in minoranza anche se consideriamo Duran e le bambine >> continuò la mora strizzando l’occhio all’amica che rideva.
L’uomo alzò le mani in segno di resa e guardò sua moglie. Ogni volta che posava gli occhi sul suo anulare sinistro e vi vedeva la fede non poteva fare altro che domandarsi come avesse fatto a sposare una donna fantastica come Mai. Se poi rifletteva sul fatto che aveva avuto anche una figlia da lei, allora si sentiva l’uomo più fortunato del mondo. gettò un’occhiata generale alla tavola apparecchiata, ai commensali e alle due piccole sedute vicino le rispettiva madri e fece un respiro profondo. Il presente che stavano vivendo, quella felicità che assaporavano giorno per giorno, era il futuro che ognuno di loro era augurato con la fine del liceo. Tutto quello che avevano adesso se l’erano meritato. Alzò gli occhi su Shizuru pensando che dopo aver così tanto penato con Natsuki alla fine era stata ricambiata e sulla rossa che, da quando Takumi era stato operato, aveva cominciato a vivere come una normale adolescente. Pensò per un attimo a Shiho che aveva compreso che tipo di legame lo unisse a Mai e si era accontentata di volergli semplicemente bene. Involontariamente gli tornò in mente ciò era successo durante il Carnival. Erano morti ed erano tornati in vita. Un’esperienza che aveva dell’assurdo eppure era vera. Un’esperienza che aveva segnato tutti e che aveva rafforzato i veri rapporti. Come quello di Natsuki e Shizuru. La mora, per quanto intrattabile, schietta e gelida, aveva compreso quale fosse la persona più importate della sua vita e non vi aveva più rinunciato. Possibile che fossero già trascorsi dieci anni da quando era accaduto? Il tempo gli era sfuggito di mano; l’attimo prima era davanti ad una commissione per essere esaminato agli esami di maturità e l’attimo dopo infilava un anello nuziale al dito della rossa; il momento prima stringeva la mano della moglie incitandola a spingere, quello successivo la sua bambina compiva un anno. E poi c’era stata l’apertura del ristorante, il mutuo aperto, la società stretta con Takumi e Akira. Ma d’altronde di cosa si meravigliava? Perfino la figlia di Natsuki aveva sei mesi ormai. Fu richiamato alla realtà dal pianto improvviso di Saori. La mora si alzò immediatamente sollevandola e cullandola per calmarla.
<< Che cosa c’è Saori? >> le chiese come la bambina potesse rispondergli << Sei stanca? >>.
Si voltò verso Shizuru con aria leggermente preoccupata ma l’altra donna le sorrise.
<< Non è nulla, Natsuki >> la rassicurò << I bambini piangono >>.
<< Forse dovremmo portarla dalla pediatra >> ipotizzò la ventiseienne poggiando le labbra sulla fronte della figlia per sentire se aveva la febbre.
Tate rise sottovoce. Vedendo che tutte lo stavano guardando, fece un colpo di tosse e si riprese.
<< Scusami >> iniziò << Ma è così strano il fatto che quella bambina meravigliosa sia davvero tua >>.
<< Che cosa vorresti dire? >> esclamò la donna dagli occhi verdi diventando rossa.
<< Che Saori è un piccolo angioletto >> spiegò l’uomo stuzzicandola << E speriamo che non cambi crescendo. Di carattere spero che prenda da te, Shizuru >>.
<< Tate! >> lo rimproverò la rossa dandogli un colpo leggero sulla nuca.
<< Considerati fortunato Yuiichi se non ti stacco il collo seduta stante >> gli rispose Natsuki.
<< Sul serio, non avrei mai pensato che fossi proprio tu, Kuga, quella che si sarebbe riprodotta >>.
<< Yuiichi! >>.
Shizuru rise di gusto di fronte all’imbarazzo della sua compagna.
<< Ho insistito io affinché fosse Natsuki a darmi un bambino >> spiegò << Adoro l’idea di avere una piccola Natsuki per casa >>.
<< Davvero? >> domandò Tate << Complimenti Shizuru, sei masochista >>.
<< A me piacerebbe sapere come l’hai convinta >> s’inserì Mai quasi la mora fosse diventata trasparente.
<< Oh >> iniziò la ventottenne con un sorriso malizioso accarezzando una guancia di Natsuki che intanto le si era seduta accanto << Glielo ho chiesto in un momento in cui sapevo che non mi avrebbe detto di no >>.
<< Shizuru! >>.
Per un attimo il ventiseienne non comprese a cosa si riferisse la donna ma, quando focalizzò un’ipotetica situazione, poco mancò che non cadesse all’indietro dalla sedia. Mai lo riprese capendo cosa avesse pensato il marito e Shizuru rise nuovamente.
<< Tate fa pensieri sconci su Natsuki e me >> disse in tono calmo e leggermente malizioso.
<< Tate, giuro che stavolta ti ammazzo! >> esclamò la mora chiudendo la mano a pugno in segno di minaccia.
In fretta l’uomo si scusò e tra una battuta e l’altra la cena proseguì tranquillamente.
<< Ah, quasi mi dimenticavo >> disse improvvisamente Mai mentre bevevano il caffè e alzandosi per cercare qualcosa nella sua borsa.
Entrambe le bambine si erano addormentate e Duran era accovacciato ai piedi di Natsuki vicino al camino acceso.
<< Ecco >> continuò la ventiseienne tornando e mostrando all’amica una foto che ritraeva una coppia con in braccio un bambino << Me l’ha mandata Midori qualche giorno fa insieme ad una lettera >>.
<< Ha avuto un bambino? >> esclamò la mora passando la foto alla sua compagna.
<< A quanto pare >> constatò Shizuru << Sarà più o meno come Saori >>.
<< Esatto >> rispose Mai << Si chiama Yoshiki, nella lettera dice che si trovano in Egitto e che va tutto bene >>.
Natsuki si limitò ad annuire. Dopo la fine del liceo e anche dell’università da parte di Shizuru, i rapporti con coloro che avevano preso parte al Carnival si erano sfilacciati. Sapeva qualcosa ma, eccezione fatta per Mai, non aveva mantenuto grossi legami con nessuno. Si passò una mano tra i lunghi capelli neri e sospirò leggermente. Il contrario della rossa, praticamente. Non era cattiveria da parte sua, semplicemente era talmente presa dalla sua vita, dal suo rapporto con Shizuru e poi dall’arrivo della bambina che non se n’era preoccupata molto. Una volta finito il liceo, non era stato semplice per lei trovare la sua strada. Di andare all’università non se ne parlava proprio e non voleva nemmeno continuare a dipendere da suo padre. Desiderava essere finalmente indipendente, ma come? Aveva iniziato a provare diversi lavori ma nessuno l’aveva appassionata così tanto da invogliarla a continuare. E poi era accaduto in modo del tutto inaspettato.
 
Aspettava Shizuru fuori l’università leggermente intristita da come ancora non sapesse che fare della sua vita. Nonostante la ragazza le dicesse di non angosciarsi e che sarebbe andato tutto bene, a più di un anno di distanza non ne era più così sicura.
<< Shizuru! >> aveva esclamato vedendola come al solito attorniata da uno stuolo di ragazze.
Ma era possibile che non avesse mai pace? Quelle oche starnazzanti quando avrebbero compreso che non c’era trippa per gatti? Aveva atteso che la ventunenne le si avvicinasse prima di camminare verso casa. Shizuru le stava per raccontare della sua giornata quando fu improvvisamente chiamata da un ragazzo.
<< Oh buonasera Kazuo-san >>.
E questo ora che vuole?, si era chiesta la mora alzando gli occhi al cielo. Nel correre verso l’universitaria, il nuovo arrivato aveva urtato inavvertitamente la più piccola alla quale erano sfuggiti i fascicoli che teneva in mano. Da uno di questi erano uscite decine e decine di foto che ritraevano Shizuru intenta nello studio.
<< Oh, scusami tanto! >> si era scusato il ragazzo aiutandola a raccogliere << Non l’ho fatto apposta, mi dispiace. Tutto a posto? >>.
<< Certo, certo >> aveva risposto con poco tatto la diciannovenne affrettandosi a raccogliere ciò che si era sparso per terra.
<< Ma… >> aveva iniziato lo sconosciuto sollevandone alcune << …queste le hai fatte tu? >>.
<< Sì, piace anche a te il soggetto? >> aveva domandato rabbiosa afferrando le foto che teneva in mano. Non era la prima volta che sentiva elogiare la bellezza della sua ragazza da parte di entrambi i sessi ed era abbastanza stufa degli inutili flirt che seguivano.
<< Natsuki non essere scortese >>.
<< No, io non mi riferivo a quello… >> aveva risposto il ventunenne leggermente bloccato dalle dure parole della ragazza dagli occhi verdi. L’attimo dopo si era voltato verso Shizuru arrossendo << Non intendevo dire che Shizuru-san sia una brutta ragazza, al contrario… >>.
La ventunenne gli aveva sorriso per ringraziarlo.
<< Io…io mi riferivo allo stile delle foto…cioè…le hai davvero fatte tu? >>.
<< Sì, perché? >>.
<< Sono bellissime e sto parlando delle tecniche che usi. Guarda questa per esempio >> aveva affermato prendendone una in bianco e nero che raffigurava Shizuru con una matita in mano mentre leggeva un libro << Hai deciso di togliere i colori per dare maggior risalto dal chiaroscuro? >>.
Natsuki prima di rispondere aveva guardato l’universitaria.
<< Io…io non lo so. L’ho fatto e basta! >>.
Kazuo aveva tirato fuori dalla tasca della sua uniforme un bigliettino da visita.
<< Mio padre è un professore di tecniche fotografiche, perché non vai ai suoi corsi? Hai talento >>.
La mora aveva preso il biglietto con poca convinzione mentre Shizuru ringraziava entusiasta il ragazzo.
<< Gra…grazie… >> aveva mormorato anche lei senza che avesse ancora messo a fuoco cosa le fosse successo.
Era stato così che era riuscita a diventare una dei migliori fotografi di tutta Tokyo.
 
<< Natsuki? Ehi, Natsuki m ascolti? >>.
In fretta la mora sbatté le palpebre.
<< Certo Mai. Dimmi >>.
<< Ti stavo dicendo che noi andiamo. È meglio se non facciamo troppo tardi >>.
<< Sì ti capisco, siete pieni domani a ristorante? >> domandò la donna dagli occhi verdi.
<< Abbastanza sì >> rispose l’altra << Avremo il nostro abituale da fare. E tu? >>.
Natsuki arricciò il naso.
<< Per favore non farmici pensare. Devo redare l’album di matrimonio dei coniugi Tagi. Quella donna è un’oca, mi farà perdere un mucchio di tempo >> disse prendendo le dita di una mano sulle tempie.
<< Sono sicura che ce la farai >> ribatté la rossa abbracciandola per salutarla.
Tate intanto aveva sollevato Miyuki cercando di non svegliala.
<< Notte >> aveva sussurrato sulla soglia della porta prima di uscire.
Natsuki aveva chiuso l’uscio alle sue spalle e aveva guardato Shizuru prendere in braccio Saori per metterla a letto.
<< E’ crollata >> mormorò la mora avvicinandosi.
<< Dormirà come un sasso domani mattina >>.
Sistemarono la bambina e socchiusero l’uscio. La ventottenne la stava ancora osservando quando venne abbracciata dall’altra donna. Sentì le labbra di Natsuki posarsi sulla sua guancia delicatamente.
<< Ora viene la parte più bella della serata >> sussurrò la più piccola.
<< La parte in cui dobbiamo pulire tutto? >> domandò ironicamente Shizuru.
<< La parte in cui finalmente sono sola con te >>.
La donna si voltò per guardarla negli occhi e l’attimo dopo la baciò con calore e trasporto. Erano dieci anni ormai che stavano insieme ed erano felici come quando finalmente Natsuki aveva compreso i suoi veri sentimenti. Shizuru nel suo cuore ringraziava spesso il Carnival che aveva permesso alla mora di guardare oltre le apparenze e di capire chi fosse la persona più importante per lei. Dopo tanta fatica, il suo più grande desiderio si era realizzato. Da quando poi era arrivata Saori, il suo sogno era completo. Si diressero, senza dividersi, nella camera da letto e Shizuru gettò la donna dai capelli neri sul letto salendo su di lei senza farle male. Indossava una camicia e un paio di jeans, non avrebbe impiegato molto a spogliarla. Natsuki si alzò sui gomiti per poterla baciare nuovamente e la lasciò fare. Sapeva che alla sua compagna piaceva dirigere il gioco. La sentì accarezzarle la pancia prima di salire verso il seno. Nonostante stesse svezzando Saori, il seno della mora era ancora gonfio e duro per il latte che continuava a produrre. Shizuru le toccò i capezzoli molto più sensibili della normale. In poco tempo divennero duri e la donna sorrise beandosi dei primi gemiti dell’altra. Si chinò sul suo volto sorridendo mentre continuava.
<< Shi…Shizuru… >> mormorò Natsuki contorcendosi.
<< Vorrei che non smettessi mai di allattare >> le sussurrò la donna più grande maliziosamente << Da quando sei rimasta incinta, hai una sensibilità incredibile >>.
La mora arrossì voltandosi alla sua destra.
<< Non è vero… >> disse leggermente a disagio.
Shizuru le sfilò il jeans mentre le dava le spalle.
<< Sei bellissima quando t’imbarazzi >> continuò la ventottenne leccandole il padiglione auricolare << Ancora adesso >>.
<< Io non mi sto imbar… >>.
Le parole le morirono in gola quando la sua compagna iniziò a massaggiarle il basso ventre.
<< Shhh, basta parlare ora >> affermò la ventottenne voltandola per poterla riprenderla a baciare.
 

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Capitolo 2
*** Rottura dell'equilibrio ***


Yukino osservava nervosamente il suo caffè che aveva ordinato al bar dell’aeroporto. Gettò una veloce occhiata al display che segnalava l’ora e si morse il labbro inferiore.
<< C’è qualche problema signorina? >> le domandò l’uomo che l’aveva servita.
La ventiseienne si affrettò a scuotere il capo con un mezzo sorriso e si allontanò senza nemmeno aver toccato la tazzina. Era così nervosa che credeva si sarebbe messa a gridare. Fece un respiro profondo e si appoggiò al vetro dell’ampia vetrata che mostrava un cielo grigio e uggioso.
Forse pioverà, pensò con un velo di malinconia, Ma io non sarò più qui.
Fece qualche passò verso una sedia libera bloccandosi a metà strada quando l’altoparlante annunciò il suo volo. Prese il cellulare dalla borsa e controllò se c’erano chiamate perse. Nessuna. Quasi con rabbia lo rimise e s’incamminò verso il gate.
Ti prego chiamami, ti prego chiamami, ti prego chiamami, continuava a ripetersi mentre avanzava.
Possibile che non contasse più niente? Quel silenzio che si portava dentro minacciava di farla impazzire. S’accorse di aver stresso con forza la sua carta d’imbarco e la donna che gliela controllò le lanciò un’occhiata poco gentile. Yukino provò a sorridere in segno di scusa mentre si sistemava gli occhiali ma non ci riuscì bene. Si mise in fila insieme ad altra gente che chiacchierava tra loro con allegria e sospirò.
Dove sei Haruka?
 
Anche quella mattina, come tutte, Youko si alzò presto. Si stiracchiò mentre era ancora nel letto e la prima cosa che fece fu mettere la caffettiera sul fuoco. Si massaggiò il collo dal quale sentiva provenire un leggero dolore e sbadigliò. Guardò l’orologio a parete e per un attimo pensò alla sua amica Midori. Lo faceva spesso, soprattutto da quando la donna le aveva comunicato di essere incinta e successivamente di aver partorito. Abbassò gli occhi sulle varie foto che le aveva mandato del suo bambino e le venne da sorridere. Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe riuscita a mettere la testa a posto e a diventare addirittura mamma? Si passò una mano tra i corti capelli scuri mentre osservava i grandi occhi di Yoshiki che fissavano l’obiettivo con uno sguardo curioso. Era davvero un bel bimbo. Da quando Midori aveva iniziato a seguire l’uomo della sua vita, il professore che la portava con sé tra i vari scavi sparsi nel modo, era tornata a Tokyo sempre di meno e con la gravidanza si era trasferiti in modo definitivo in Egitto. Si sentivano abbastanza spesso ma non era, ovviamente, la stessa cosa. Doveva ammettere che le mancava quella ragazza esuberante e spiritosa capace di non dormire per giorni se c’era qualcosa che prima doveva fare. Sempre piena d’energia, sorridente e spiritosa; così la ricordava e sapeva che, se fosse rimasta così, suo figlio sarebbe cresciuto in maniera eccellente. L’unica cosa che all’inizio la preoccupava era il compagno che Midori si era scelta. Non lo conosceva e quindi non si era mai permessa di esprimere un qualunque tipo di giudizio ma non si era voluto sposare con l’amica nemmeno dopo aver scoperto che sarebbe diventato papà. Scosse il capo. La trentaquattrenne non era certo una sciocca, sicuramente aveva ponderato attentamente la situazione prima di decidere di avere un bambino. Si versò il caffè pronto e si sedette per fare colazione. Stava per portarsi la tazza alle labbra quando qualcuno bussò alla sua porta. Si alzò quasi di scatto domandandosi chi potesse essere. Abitava all’ultimo piano di una tranquilla palazzina e, tranne le riunioni di condominio, gli altri inquilini erano persone che si facevano gli affari propri. Raramente qualcuno aveva bussato alla sua porta per chiederle qualcosa. Sperò che, chiunque fosse, non le facesse perdere troppo tempo. Tra una mezz’ora doveva scendere per recarsi a scuola. Sbirciò dall’occhio magico ma la persona dietro la porta era avvolta da un lungo mantello scuro e aveva il volto nella penombra del cappuccio. Ingoiò un groppo di saliva.
<< Chi è? >> domandò cercando di apparire tranquilla.
<< Io >>.
Quella voce…possibile che fosse proprio lei? Con mano tremante si affrettò ad aprire.
<< Midori? >> disse con voce incerta << Sei davvero… >>.
<< Ciao Youko! >> esclamò la rossa entrando e allungando le braccia per poterla abbracciare << Sono così contenta di vederti! >>.
<< Che cosa… >> chiese l’altra donna arretrando leggermente ma senza riuscire a non sorridere per quella visita.
Midori si tolse il mantello di dosso lasciandolo cadere per terra e solo in quel momento Youko poté vedere il marsupio nel quale dormiva beatamente il bambino nonostante le urla della madre.
<< Yoshiki? >> disse la rossa << Ehi Yoshiki, su svegliati! Guarda dove ti ho portato >>.
Il bambino aprì gli occhi e si guardò intorno ancora assonnato. Sbadigliò come se tutto quello che osservava non gli interessasse e alla fine posò i suoi grandi occhi scuri sulla dottoressa. La donna sentì il cuore riempirsi di un calore che mai aveva sperimentato e tutte le domande che aveva da porgere all’amica per il suo arrivo improvviso svanirono.
<< Ciao Yoshi-chan >> disse avvicinandosi sorridendo.
Nel sentirsi chiamare in modo così affettuoso Yoshiki sorrise a sua volta e allungò le braccia verso di lei.
<< Oh, ti è bastato un saluto per farti crollare! >> affermò Midori in tono divertito << Sei proprio un maschio! >>.
Youko le chiese il permesso di prenderlo e, quando l’ebbe ricevuto, sollevò il bambino stringendolo contro di lei. Gli diede un bacio sulla guancia paffuta e respiro il suo odore. Nella sua vita aveva visto parecchi bambini anche più piccoli ma lui era speciale, era il figlio della sua migliore amica. Lo tenne in braccio per un po’ cullandolo e camminando avanti e indietro per la casa. Ogni tanto gli sussurrava qualcosa di gentile e gli sorrideva. Midori intanto si era seduta e aveva iniziato a sgranocchiare biscotti.
<< Certo che potevi anche dirmelo che saresti arrivata! >> esclamò la dottoressa mettendosi seduta di fronte all’altra.
La rossa si grattò la testa sorridendo e socchiudendo leggermente gli occhi.
<< Sai, è stata una cosa improvvisa >>.
<< Tutto bene? >> chiese Youko notando immediatamente il disagio in quelle poche parole pronunciate.
<< Ma sì, certo! >> rispose Midori prendendo un altro biscotto.
<< Sei sicura? Dov’è Yuudai-san? >>.
La rossa chinò lo sguardò a quella domanda.
<< Lui…lui non c’è. Ha ottenuto un lavoro per un anno in Islanda >>.
Per diversi minuti nessuna delle due parlò comprendendo cosa significava. La donna dai corti capelli scuri ebbe una fitta al cuore e le sue labbra s’incresparono in un sorriso triste. Sicuramente Midori avrebbe voluto seguirlo ma si rendeva anche conto che con un bambino così piccolo la cosa migliore da fare era avere un minimo di stabilità. Allungò una mano verso l’amica stringendogliela.
<< Io non…non sapevo cosa fare e così… >>.
<< La mia porta è sempre aperta per te e tuo figlio. Hai fatto bene a venire qui >>.
La rossa le sorrise.
<< Grazie >>.
 
Prese il cellulare in mano, lo fissò per un momento e poi tornò a posarlo sulla scrivania. Aveva già chiamato tre volte, non poteva farlo di nuovo. Eppure… Lo riprese in mano, tolse il blocco tasti e cercò tra le ultime chiamate il suo numero. Era il primo della lista. Guardò l’ora. La riunione sarebbe terminata tra pochi minuti, forse un quarto d’ora. Shizuru odiava essere interrotta mentre illustrava ai soci l’andamento stagionale delle loro quote azionarie e le innovazioni da immettere sul mercato a meno che non fosse veramente importante. A quel pensiero arrossì leggermente e prese a dondolarsi con la sedia.
<< Natsuki, quante volte ti ho detto di non farlo? Potresti farti male >>.
Il suono improvviso della sua voce per poco non le fece perdere l’equilibrio. Si voltò verso la porta arrossendo ancor più di prima.
<< Shizuru! >> esclamò vedendola avanzare col passeggino << Come mai sei già qui? >>.
Si alzò in piedi per avvicinarsi alla bambina che dormiva.
<< La mia riunione è finita prima del previsto e abbiamo pensato di passare a trovarti. Ricordo che non avevi impegni pe ora di pranzo >>.
Natsuki si chinò sulle ginocchia e sorrise mentre con un dito accarezzava la manina chiusa a pugno di Saori. Guardò fuori dall’ampia vetrata e tornò a fissare la sua compagna e la piccola.
<< Non credi di esserti vestita troppo leggera oggi? >> le domandò notando il completo elegante che indossava Shizuru << Non vedi che fuori è nuvoloso? >>.
La ventottenne le rivolse un ampio sorriso e si trattenne dal ridere.
<< Mi piace quando fai la gelosa >> rispose posando la giacca su una sedia vuota.
<< Gelosa io? Non è assolutamente così. Lo dico per te e ovviamente per Saori. Non vorrei che si ammalasse >>.
<< Ma come siamo premurose >> constatò Shizuru spingendola verso il divano << Sai Natsuki, sto pensando di prendermi una segretaria. Così prenderà lei tutte le chiamate che vuoi farmi mentre io sono impegnata >>.
<< Assolutamente no! >> disse la mora.
La sua compagna le si sedette a cavalcioni sulle gambe senza smettere di sorridere.
<< Perché no? >> chiese con aria innocente << E’ una grande utilità >>.
<< Ho detto di no e quindi è no >> ribatté ferma sulla sua posizione l’altra << Al massimo puoi avere un segretario >>.
Shizuru scoppiò in una sonora risata e si prese il rimprovero di Natsuki sull’elevato volume della sua voce. L’attimo dopo la baciò stringendola contro il suo corpo. Adorava sentire la sua gelosia palese, il desiderio di possessione nei suoi confronti, il suo corpo che fremeva quando lo toccava. La amava tantissimo.
<< Perché non una segretaria? >> ripeté maliziosamente.
<< E me lo chiedi anche? >>.
La donna si tirò su leggermente la gonna per essere più comoda e tornò a sedersi iniziando a muovere lentamente il bacino. Con le mani sollevò la maglia della mora arrivando subito al seno. Lo mordicchiò inebriandosi dell’odore della sua pelle. Natsuki poteva sentire la biancheria intima della sua compagna strusciarsi contro il suo ginocchio e diventare umida. Ansimò iniziando ad eccitarsi.
<< Shizuru… >> mormorò gettando un’occhiata al passeggino << …non…non possiamo…Saori... >>.
La ventottenne la baciò nuovamente per impedirle di continuare.
<< Dovrai essere molto silenziosa allora >> le sussurrò in un orecchio prima di leccarglielo mentre le apriva la cerniera del jeans << Non vogliamo svegliare la nostra bimba, vero? >>.
Natsuki si portò il dorso della mano sulla bocca per impedirsi di gemere e lo morse. Sentiva le dita di Shizuru insinuarsi con movimenti leggeri e precisi sotto il suo intimo senza smettere di muoversi. Ormai erano entrambe eccitate. La mora afferrò con entrambe le mani i suoi glutei stringendoli e avvicinandoli a lei. Questa volta toccò a Shizuru gemere mentre l’altra sorrideva e infilava una mano sotto la gonna.
<< Shizuru, fa silenzio >> disse la ventiseienne con una nota divertita nella voce senza fermarsi << Non vogliamo svegliare la nostra bimba, vero? >>.
A quelle parole la più grande sorrise e la baciò con trasporto prima di iniziare ad ansimare nella sua bocca.
 
Si accorse che era sera quando qualcuno bussò alla porta del suo studio. Si stiracchiò leggermente spegnendo il computer e andò ad aprire. Rimase sorpresa nel vedere il portiere sulla soglia.
<< Shogo? >> domandò inarcando il sopracciglio.
<< Signorina Kuga, buonasera >> salutò cordialmente l’uomo con un mezzo sorriso << Sto informando tutti i condomini che c’è stato un black out nel quartiere. Mi sono già informato ed entro domani dovrebbe venire qualcuno ad aggiustare >>.
Natsuki si voltò appena e solo in quel momento si rese conto che fuori, sulla strada, era buio pesto.
<< Le consiglio di affrettarsi a tornare a casa >> continuò cordialmente Shogo.
<< Grazie Shogo, raccolgo le mie cose e volo via! >>.
Si salutarono e dopo nemmeno dieci minuti, la mora scendeva diretta verso la sua moto. Uscì dal palazzo guardando prima a destra e poi a sinistra prima di attraversare la strada. Da quando l’altra palazzina era in fase di ristrutturazione, la mattina non si trovava un posto neanche a pagarlo oro. Sospirò sperando che si muovessero. Erano mesi ormai che erano in quella situazione. Camminò velocemente sul marciapiede iniziando a intravedere la sua Ducati. Per fortuna non pioveva e non aveva piovuto per niente durante il pomeriggio. Dopo la visita di Shizuru nel suo studio, aveva pregato la donna di tornare a casa con la bambina temendo che potesse raffreddarsi. Niente passeggiata al parco, niente shopping, niente di niente; solo divano, un bicchiere di vino e un buon libro mentre l’attendeva. Passò davanti al cantiere senza soffermarsi a controllare come stessero procedendo i lavori. Shogo le aveva riferito che avrebbero cambiato colore della facciata a favore di una tinta neutra. Scosse il capo, queste cose non l’avevano mai interessata. Era talmente assorta nei suoi pensieri da non notare un movimento alle sue spalle. Quando si accorse dell’uomo che l’aveva afferrata con forza, era già per terra.
<< Ehi, tu! Lasciami! >> urlò con poca grazia cercando di liberare i polsi dalla sua presa.
L’uomo la fissò in silenzio e Natsuki tremò di paura.
<< Ti ho detto di lasciarmi! >>.
Alla poca luce delle stelle riuscì a vederlo discretamente bene. Non era giapponese, lo capì immediatamente. Alto, muscoloso, capelli biondi tendenti al bianco e un paio d’occhi azzurri da mozzare il fiato. Se si fosse trovata in un’altra situazione probabilmente avrebbe fatto un commento positivo sui suoi iridi. Provò a rialzarsi ma l’uomo le era salito a cavalcioni sul corpo per impedirle di muoversi.
<< Se non lo fai entro due secondi, mi metto a urlare! >>.
A quelle parole, l’assalitore si guardò intorno per un solo attimo come se si stesse assicurando che non ci fosse nessuno e sorrise. Si chinò sul suo volto facendo strusciare la sua guancia ispida per la barba contro quella liscia della donna. La mora riconobbe immediatamente l’odore dell’alcool. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo provando per l’ennesima volta a rialzarsi.
<< Brutta merda, ti ho detto di lasciarmi andare! Adesso! >>.
L’uomo sembrava non essere spaventato dalle sue grida e dal suo modo di trattarlo. Era forte, abituato ai lavori pesanti e per nulla spaventato dalla fatica. Le sorrise nuovamente mentre le bloccava i polsi con una sola mano. Con quella libera scese velocemente verso il jeans e glielo sbottonò.
Oh no, no, no!, pensò con terrore, No, no! Non voglio!
Iniziò a divincolarsi ma fu tutto inutile. La presa sulle sue mani non accennava a diminuire. Nonostante lei non si fosse mai considerata una donna debole, quell’uomo era nettamente superiore a lei. Non sarebbe riuscita a sopraffarlo. Iniziò a piangere ancor prima di rendersene veramente conto. Sentì la cintura dell’aggressore aprirsi e il tessuto del pantalone strusciare contro le sue gambe mentre scendeva. Incrociò il suo sguardo e quegli occhi così glaciali la fecero tremare. Sentì un senso di nausea farsi strada dentro di lei. Avrebbe voluto vomitare. Chiuse gli occhi non riuscendo a sopportare quello che sarebbe accaduto. Il colpo della penetrazione che le arrivò fu brusco e privo di qualunque calore. Natsuki sobbalzò senza smettere di piangere e gemette di dolore ad ogni spinta che sentiva. Quando finalmente lo sconosciuto venne dentro di lei, si alzò e se ne andò senza mai voltarsi indietro. La mora singhiozzò immobile per diversi secondi prima di trovare la forza di mettersi seduta. Appoggiò la schiena contro la ruota di una macchina parcheggiata lì e finalmente vomitò provando un senso di sollievo. Si accorse di tremare mentre si puliva col dorso della mano. In fretta si chiuse il jeans dopo essersi sistemata lo slip e si prese le gambe raggomitolandosi in posizione fetale.
 
Mai stava finendo di mettere a posto una delle due sale del ristorante. Si asciugò la fronte e si appoggiò stanca al bastone col quale stava lavando. Guardò l’ora e pensò che era molto fortunata ad avere dei suoceri che si prendevano cura della bambina mentre lei e Tate lavoravano.
<< Io ho finito di là >> disse l’uomo mettendosi lo straccio che aveva usato per asciugarsi le mani sulla spalla destra.
La rossa annuì asciugandosi il sudore.
<< Anch’io >> commentò gettando un’occhiata all’intera grandezza del ristorante.
<< Andiamo a casa? >>.
La ventiseienne annuì nuovamente.
<< Allora poso queste casse vuote sul retro e andiamo >>.
Senza aspettare una risposta da parte della moglie, si avviò lasciandola sola. Mai s’infilò il giubbotto e tirò su la zip mentre apriva la porta principale e aspettava sulla soglia. Fece un sospiro e sorrise pensando che presto sarebbe tornata dalla sua Miyuki. Quella bambina aveva il potere di farle dimenticare la stanchezza e i problemi che avevano al ristorante. Non era facile per loro ma erano contenti dell’impresa nella quale avevano deciso di imbarcarsi. Lei e suo fratello erano sempre stati bravi a cucinare fin dal liceo e, una volta terminato, la cosa più ovvia le era parsa aprire un’attività tutta loro. Akira e Tate li avevano supportati e si erano mostrati favorevoli ad una società a quattro mani nonostante gli interessi divergenti dei due cognati. Il grande aiuto l’avevano ricevuto dai genitori del marito che avevano permesso loro di aprire un mutuo con la banca e che giornalmente si occupavano della figlia. Senza di loro non sarebbe stato possibile. Tate le circondò con le braccia il bacino dandole un leggero bacio sulla guancia.
<< Pronta? >> le chiese anche se sapeva già la risposta.
Chiusero il ristorante e si avviarono verso la macchina. L’avevano acquistata qualche mese dopo il matrimonio, nessuno dei due poteva più andare avanti solo con la bicicletta. Misero le cinture di sicurezza e Tate guidò verso casa del padre e della madre. Il tragitto era breve ma Mai era talmente stanca che si appisolò quasi subito.
<< Vuoi che salga solo io? >> le domandò una volta che ebbe parcheggiato a pochi metri dalla palazzina scuotendola leggermente.
La moglie gli sorrise dopo aver aperto gli occhi e scosse il capo aprendo lo sportello. Come di ruotine, i suoceri erano entrambi svegli. Il signor Takeshi era in poltrona quando entrarono mentre la moglie era in piedi. Spense la televisione tenuta con volume minimo e li salutò entrambi.
<< Finita anche questa giornata? >> chiese in tono ironico l’uomo alzandosi.
Mai sorrise e Tate annuì.
<< Finita. Miyuki? >>.
<< E’ in cameretta, indossa già il pigiama >> rispose la madre << Fa attenzione a non svegliarla Tate >> aggiunse notando il ventiseienne muoversi.
<< Ha fatto la brava? >> domandò Mai con ogni volta.
Michiko annuì. Sua nuora era molto premurosa con la bambina, forse anche perché non la vedeva spesso come avrebbe voluto. Tate, intanto, aveva aperto senza fare rumore, la porta della camera. Sua figlia dormiva nel lettino circondata dai cuscini per evitare che potesse farsi male nel muoversi. Le si avvicinò sentendosi l’uomo più fortunato del mondo per quel dono che gli era stato fatto. la sollevò cercando di non svegliarla e si inebriò dell’odore che mandava quel corpicino.
<< Mamma… >> mormorò la piccola aprendo gli occhi.
L’uomo sorrise dandole un bacio.
<< Sono papà, adesso andiamo da mamma >> le disse semplicemente.
Non appena Mai la vide, le accarezzò i capelli baciandole la piccola mano stretta a pugno.
<< Ci vediamo domani, grazie di tutto >> sussurrarono i due coniugi dirigendosi verso la porta d’ingresso.
<< Buonanotte >> rispose Michiko prima di chiudere.
<< Non so cosa farei se non ci fossero i tuoi >> affermò Mai dopo che il marito ebbe sistemato la bambina nel suo seggiolino.
Tate le sorrise accarezzandole una guancia prima di mettere in moto. Con molti sacrifici, stava andando tutto bene.
 
Infilò la chiave nella serratura facendo attenzione a non fare rumore. Era tardissimo, non sapeva bene che ora fosse. Subito dopo l’aggressione non se l’era sentita di tornare a casa ed era rimasta ferma, aspettando di sentirsi meglio. Ma quella sensazione non era arrivata; anzi, più il tempo passava e più il disprezzo per se stessa aumentava.  Aveva mandato un messaggio a Shizuru senza dilungarsi molto su quello sul motivo che la spingeva a fare tardi. Subito dopo aveva spento il cellulare e aveva vomitato ancora. Non era possibile che fosse capitato proprio a lei! Stava andando tutto così bene, finalmente erano una famiglia ed erano felici.
Perché?, si domandava in continuazione senza trovare una risposta.
L’unica cosa certa era che non riusciva a non provare disgusto.
Si recò in bagno gettando con rabbia gli indumenti che indossava per terra e mise a correre l’acqua. S’infilò sotto la doccia cercando di smettere di tremare. L’acqua calda che bagnò il suo corpo non riuscì a farle provare sollievo. Si sentiva sporca nonostante lo sfregare continuo della spugna sulla sua pelle. Il bagnoschiuma mandava un aroma gradevole in tutta la stanza eppure lei sembrava non sentirlo. Si appoggiò al vetro della cabina e scoppiò in lacrime per l’ennesima volta. Un uomo, uno sconosciuto l’aveva…non riusciva nemmeno a pronunciare quelle parole, il solo pensiero le faceva provare il desiderio di scomparire il più lontano possibile. Si guardò il corpo nudo soffermandosi sul lividi che lentamente stavano comparendo sulla sua candida pelle. Era orrendo, cosa avrebbe raccontato a Shizuru? Come avrebbe potuto guardarla negli occhi con la consapevolezza di quello che le era successo? E la sua compagna come avrebbe reagito? Sarebbe riuscita ad amarla lo stesso o avrebbe provato la stessa ripugnanza che sentiva lei per se stessa? Le sarebbe rimasta accanto per pietà? No, non era quello che voleva.
E io invece?, si domandò improvvisamente la mora chiudendo gli occhi per un secondo, Come farò a guardarla negli occhi, a sorriderle, a dirle che va tutto bene? Come? Con quale coraggio potrò farlo?
Lentamente scivolò per terra provando freddo. Non era una sensazione fisica; era una morsa gelata che le aveva afferrato lo stomaco e il cuore, che minacciava di non farla respirare. Osservò la punta dei piedi come se non si riconoscesse e alla fine si alzò in piedi chiudendo il telefono della doccia. Si fissò allo specchio non riuscendo a riconoscersi. Improvvisamente sentì la voce di Shizuru chiamarla. Si affacciò nella loro stanza e sorrise appena anche se non poteva vederla.
<< Tutto a posto? >> le domandò la ventottenne senza accendere la lampadina << Che ore sono? >>.
<< E’ molto tardi, mi spiace averti svegliato >>.
Shizuru sbadigliò.
<< Dai, sbrigati >>.
Natsuki si vestì velocemente.
<< Vado a vedere Saori >> sussurrò trattenendo a stento le lacrime.
<< Dorme, Natsuki >> mormorò l’altra con voce impastata di sonno.
<< Ci…ci metto un attimo >>.
Uscì dalla camera da letto per dirigersi in quella attigua della bambina. entrò senza fare rumore e si avvicinò al lettino dove la figlia dormiva placidamente. Nel vederla così tranquilla e serena, una lacrima le rigò la guancia.
<< Ciao… >> sussurrò sentendo il labbro inferiore tremarle << …ciao Saori… >> con una mano le accarezzò la pelle trovandola incredibilmente morbida << Lo sai piccola? Da quando sei arrivata la mia vita non è stata più la stessa. Ancora prima di nascere mi ha stravolto. Sentirti crescere dentro di me è stata una sensazione unica, speciale, meravigliosa. Ti amavo ancora prima di vederti. Ho cercato di essere una brava madre per te, sperando che tu potessi vedere solo il lato positivo di me stessa perché io non sono sempre stata una brava persona. Quando ero un’adolescente, ho fatto delle cose brutte ma poi ho conosciuto mamma Shizuru e mi ha salvata. È tutto merito suo se tu sei qui, sai? Lei è sempre stata la mia forza, la mia luce, la mia vita. Non oso immaginare cosa sarei diventata se non l’avessi incontrata sulla mia strada >> sorrise per un attimo prima di tornare a parlare << La mamma ti vuole bene, Saori. Sei una bambina speciale, questo devi averlo sempre presente. Sono sicura che Shizuru farà un ottimo lavoro con te, lei ti adora e ti crescerà nel modo giusto. Io… >> scoppiò a piangere non riuscendo a trattenersi << …mi dispiace tanto piccola. Vorrei restare con te, vorrei vederti crescere ma…non posso. Non ci riesco, Saori. Non potrò essere più una brava mamma dopo quello che mi è successo. È complicato, troppo complicato. Sarai felice lo stesso, lo so. È questa sicurezza che mi spinge a farlo e anche se non sarò fisicamente con te nel tuo piccolo cuoricino ci sarà sempre un angolino destinato a me. Non ti dimenticherò mai, bambina mia >>.
Si chinò per baciala e cercò di non svegliarla. Saori si mosse leggermente e iniziò a ciucciare un ciucciotto invisibile. Natsuki sorrise nel vederla in quel modo. Avrebbe portato il ricordo della sua compagna e della sua bambina nel suo cuore per sempre. Sarebbe stato il suo sole nel buio e nel grigio della sua vita. Si allontanò dal lettino e chiuse delicatamente la porta alle sue spalle. Non poteva più restare lì, quello non era più il suo posto. Lo faceva per loro, affinché non vedessero che orrore si portasse dentro. Aveva creduto di potersi gettare tutto alle spalle ma non era stato così. Il tempo si era beffato di lei ancora una volta. Senza fare rumore scese al piano terra. Immediatamente le andò incontro il cucciolo di pastore tedesco e lei si chinò per accarezzarlo.
<< Mi raccomando Duran >> gli disse guardandolo negli occhi << Comportati bene, sii un bravo cane da guardia. Ti sto affidando la mia famiglia >>.
Si alzò in piedi e gettò un’ampia occhiata a quella che era sempre stata la sua casa. Una fitta al cuore le mozzò il respiro.
Non posso più restare qui, si ripeté per l’ennesima volta, Come può tornare tutto come prima? È la cosa migliore che possa fare per loro.
Col cuore pieno d’angoscia uscì e si diresse verso la sua moto con l’intenzione di non tornare più.

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Capitolo 3
*** Ritorni ***


Cinque anni dopo…
<< Miyuki, sei pronta? >> urlò Mai rivolta alla bambina mentre le preparava il pranzo << Forza che nonno è arrivato >>.
<< Eccomi mamma! >> rispose la figlia precipitandosi in cucina.
Afferrò il suo pranzo e stava per correre verso la porta di casa, quando la voce della madre la bloccò.
<< Non ti dimentichi niente, signorina? >>.
Miyuki si voltò sorridendo e tornò indietro. Diede un bacio sulla guancia della donna.
<< Ti voglio bene, mamma! >>.
<< Ti voglio bene! >> rispose Mai che ogni volta che ascoltava quelle parole dalla figlia, sentiva il cuore le si riempiva di gioia.
La porta di casa si chiuse e lei tornò a immergersi nelle sue faccende prima di recarsi al ristorante. La loro era una routine che non veniva mai spezzata. Casa, lavoro, servizi vari e ovviamente la piccola Miyuki che occupava perennemente il centro dei pensieri di entrambi i genitori. Lavò velocemente le stoviglie sporche e, mentre si asciugava le mani, si soffermò a guardare alcune foto che avevano sulle mensole. Con nostalgia ne osservò una che ritraeva Saori e Miyuki insieme quando frequentavano l’asilo insieme. Ora sua figlia andava in prima elementare mentre l’altra bambina era all’ultimo anno della scuola materna.
Natsuki…, pensò con una fitta al cuore.
Le capitava spesso di pensare all’amica da quando se n’era andata e, ogni volta, non poteva fare altro che tornare a quella mattina in cui l’aveva chiamata.
 
Era molto presto, l’alba era sorta da poco e lei dormiva nel letto con suo marito. Aveva sentito il cellulare vibrare visto che teneva inserita la modalità silenziosa e lo aveva cercato a tentoni sul comodino. Nel leggere il nome della mora sul display era sobbalzata e si era affrettata ad alzarsi. Il suo primo pensiero prima di attivare la conversazione era stato per Saori. Possibile che fosse successo qualcosa alla bambina?
<< Natsuki? >> aveva domandato leggermente preoccupata.
Per diversi secondi nessuno le aveva risposto, tanto d’aver creduto che fosse caduta la linea.
<< Mai… >> aveva sussurrato alla fine l’amica.
La rossa aveva compreso immediatamente che l’altra stava piangendo.
<< Natsuki, che è successo? Saori sta bene? >>.
<< Sì, lei sì >> le aveva detto la ventiseienne dagli occhi verdi << Io…io me ne sono andata… >>.
Per un attimo il cuore di Mai aveva smesso di battere.
<< Che diavolo vuol dire “me ne sono andata”? >> aveva chiesto alzando il volume della voce.
Dall’altra parte del telefono non si era sentito niente.
<< Natsuki, rispondi! >>.
La mora aveva esitato ma alla fine aveva ubbidito. Aveva pronunciato un’unica frase che era bastata e far gelare il sangue nelle vene della rossa. Mai si era dovuta sedere per cercare di non cadere e aveva fatto un respiro profondo. Stava per dire qualcosa, quando la telefonata era stata bruscamente chiusa. In preda all’ansia, aveva provato a richiamare. La prima volta il cellulare di Natsuki aveva suonato a vuoto, la seconda, invece, le era risultato spento.
Maledizione!, aveva esclamato silenziosamente gettando il cellulare il terra e prendendosi il volto con entrambe le mani.
Quella era stata l’ultima volta che l’aveva sentita.
 
Non aveva mai avuto il coraggio di confessare a Shizuru quella telefonata dell’amica, di dirle ciò che le aveva confessato e, forse anche per questo, i rapporti con le due famiglie si erano deteriorati. Shizuru non riusciva a capacitarsi del gesto di Natsuki, del fatto che l’avesse lasciata senza uno straccio di spiegazione, che avesse perfino abbandonato la figlia cui sembrava tanto affezionata. Lentamente aveva iniziato a chiudersi in se stessa e le loro visite erano diventate sempre più sporadiche fino a scomparire quasi del tutto. Dopotutto, Mai era amica di Natsuki e senza di lei la rossa non si sentiva più a suo agio in quella casa. I silenzi tra loro divennero imbarazzanti finché, in tacita intesa, diminuirono la loro frequentazione quella delle bambine. Anche Tate aveva preso male la scelta improvvisa della mora di scappare dalle sue responsabilità; lui, che era così attaccato alla propria figlia, non si capacitava di come si potesse scegliere deliberatamente di abbandonarlo. Sua moglie non gli aveva rivelato la verità, non l’aveva fatto con nessuno. Condannava senza mezzi termini quello che Natsuki aveva fatto soprattutto perché a pagarne le conseguenze sarebbero state Shizuru e Saori.
Natsuki, ma dove sei?, si chiese prendendosi qualche minuto per riflettere sulla sua amica, Saresti fiera della tua bambina, sai? È cresciuta così tanto in questi anni e ti somiglia moltissimo. Ogni volta che guardo i suoi occhi mi sembra di vedere i tuoi. Grandi, espressivi, dolci…delle volte ho l’impressione che riesca a leggere nella mente degli altri. Shizuru dedica anima e corpo alla bambina, non potevi affidarla a persona migliore; anche se…ci manchi, Natsuki. Mi manchi tantissimo.
Si alzò in piedi scuotendo la testa e afferrò con una mano un piatto pulito per riporlo a posto. Aprì lo stipetto e improvvisamente qualcuno suonò alla porta. Andò ad aprire convinta che fosse la solita vicina anziana che le chiedeva dello zucchero e, invece, quando si trovò davanti alla figura di una donna della sua stessa età, sobbalzò per la sorpresa. Il piatto le sfuggì di mano rompendosi mentre lei rimase per qualche istante immobile sulla soglia temendo che il cuore le si fermasse da un momento all’altro.
<< Ciao Mai >> disse la nuova arrivata abbozzando un timido sorriso.
<< Non ci posso credere! >> esclamò l’altra gettandole le braccia al collo per stringerla.
Chiuse gli occhi senza riuscire a reprimere le lacrime che iniziarono a rigarle il volto e temette che fosse la sua immaginazione a giocarle uno scherzo. Non sarebbe stata la prima volta, infatti, che la sua mente le facesse vedere cose che in realtà non erano accadute. Si ritrovò ancor prima di rendersene conto a stringere tra le dita il tessuto del suo giubbotto. Alzò gli occhi sul suo volto e sorrise. Non era scomparsa, era proprio lì davanti a lei. Era reale.
<< Sei tornata >>.
 
Shizuru controllò l’ora e sospirò. La riunione si stava protraendo e lei non sarebbe riuscita a liberarsi per le quattro. Si alzò in piedi e con molta grazia uscì dalla stanza chiedendo scusa per la telefonata che doveva fare. Andò nel suo ufficio e compose il numero della persona che stava cercando.
<< Izumi, ho un favore da chiederti >> disse non appena l’altra ebbe attivato la conversazione.
<< Shizuru-san, credevo che fosse in riunione a quest’ora >>.
<< Infatti >> rispose la trentatreenne appoggiandosi alla scrivania << So che ti ho dato il pomeriggio libero ma ho bisogno di te >>.
Un sorriso increspò le labbra dell’altra donna.
<< Shizuru-san può chiedermi qualunque cosa >> miagolò Izumi leccandosi le labbra.
<< Dovresti andare a prendere Saori a scuola. Esce alle quattro >>.
Cosa?, avrebbe voluto urlare la donna, Mi hai chiamata per fare da baby-sitter a quella piccola mocciosa?
<< Ma certo >> rispose con tono calmo << Mi metto subito in macchina >>.
<< Grazie, sapevo di poter contare su di te >> disse Shizuru << Saprò ricompensarti per questo piccolo favore >> aggiunse con una nota suadente.
 
Mai fissava alternativamente la tazza e tè che le aveva porto e la sua amica che era in silenzio. L’aveva portata al ristorante con sé e finalmente avevano terminato di servire i clienti. Ora, almeno fino ad ora di cena, avrebbero potuto avere un po’ di pace. La trentunenne non aveva voluto mangiare niente ma la rossa aveva insistito almeno per farle bere qualcosa. E invece Natsuki fissava il liquido ambrato senza toccarlo. Mai le accarezzò i capelli facendola sussultare e le sorrise mentre si sedeva accanto a lei. Era felice di vederla, di sapere che stava bene, di poterle finalmente parlare. Nell’osservarla si rese conto di quanto le fosse veramente mancata e di come non fosse poi cambiata così tanto. Si domandò cosa stesse pensando; aveva conservato quello sguardo freddo verso il mondo che rendeva impossibile decifrare le sue riflessioni. Avrebbe voluto farle moltissime domande sulla sua vita in quel periodo lontana da Tokyo, su dove fosse vissuta e cosa avesse fatto; eppure in quel momento tutti i suoi interrogativi avevano perso importanza. Lei era tornata, non riusciva a pensare ad altro. Dopo quello che aveva passato, aveva trovato la forza di superarlo. Sarebbe andato tutto bene, ne era sicura. Non le importava che Tate non avesse preso bene la notizia del suo ritorno; quando l’aveva vista al ristorante l’aveva a mala pena salutata con un cenno del capo, ma lui non sapeva, non conosceva cosa avesse spinto l’amica a comportarsi in quel modo. Aveva sempre pensato che Natsuki fosse una persona forte e il tempo che aveva impiegato a metabolizzare quello che le era relativamente poco secondo lei. Era fermamente convinta che l’altra donna fosse tornata per restare, ancora non sapeva di sbagliarsi. La mora si voltò impercettibilmente verso la cucina dalla quale provenivano voci di bambini e Mai le sorrise una seconda volta.
<< Tranquilla, Miyuki è una brava bambina >>.
A quelle parole, Natsuki arrossì.
<< E’…è cresciuta parecchio… >> constatò dandosi subito dopo della stupida.
Era ovvio che lo fosse! Sono trascorsi cinque anni Natsuki! Cinque!
<< Ti…ti somiglia…è molto…è molto carina… >>.
Gli occhi della rossa s’illuminarono per quel complimento.
<< Dici? Grazie >> rispose << Anche la tua ti somiglia moltissimo >>.
<< Davvero? >> esclamò la trentunenne dagli occhi verdi con curiosità sincera. Involontariamente sorrise sentendosi riempire d’orgoglio.
Mai guardò il grande orologio a parete e annuì. Sapeva che i bambini dell’asilo uscivano da scuola alle quattro ed erano le quattro meno un quarto. Le prese una mano stringendogliela.
<< Perché non vai a costatarlo tu di persona? >>.
 
Izumi Takako guidava diretta all’istituto scolastico con una leggera stizza. Oggi, che aveva ricevuto il pomeriggio libero, era stata incaricata di fare da baby-sitter a quella mocciosa della figlia di Shizuru-san finché quest’ultima non si fosse liberata. Com’è che si chiamava? Non se lo ricordava nemmeno. Quella bambina era odiosa, stava sempre attaccata alla gonna della madre e non la lasciava mai sola. Insopportabile soprattutto perché la trentatreenne pareva adorarla. Per fortuna si trattava di Shizuru Fujino. Dubitava che avrebbe sopportato la presenza ingombrate di un figlio se si fosse trattato di un’altra donna, di certo si sarebbe rifiutata di prenderla, e delle volte anche portarla, all’asilo. Sapeva che in questo modo si sarebbe ingraziata la madre della piccola che sapeva essere molto generosa nel suo modo di ricompensare. Si leccò involontariamente le labbra mentre ci pensava. Odiava profondamente quella bambina; se fosse stato per lei, l’avrebbe spedita in un qualche collegio lontano da Tokyo e soprattutto lontano da Shizuru-san.
Questo non è detto che accada, si disse frenando e incolonnandosi dietro un’utilitaria.
Gettò una veloce occhiata allo specchietto retrovisore e si sorrise. Il suo rapporto con la donna non era solo lavorativo, erano quattro anni che erano fidanzate e che lei le faceva da segretaria. Fin da quando l’aveva vista la prima volta, aveva capito che sarebbe stata sua. Non si sarebbe fatta scappare quella donna di abbagliante bellezza. Il fatto che fosse madre era solo un piccolo ostacolo. Era sicura di essere entrata nel cuore della trentatreenne ma non fino al punto da suggerirle come comportarsi nell’educazione della figlia. Uno dei suoi obiettivi, però, era spedirla il più lontano possibile così da avere il cento per cento dell’attenzione della donna. Sin da bambina era sempre stata considerata viziata ed egoista, abituata ad ottenere tutto quello che voleva e crescendo le cose non erano cambiate. Adesso, che aveva venticinque anni, lavorava e meditava per liberarsi di quella mocciosa. Strinse con forza il volante mentre ripartiva nel ripensare a quando le aveva confidato che quella non era sua figlia naturale. Poco ci era mancato che le urlasse di spedirla a quella donna che aveva avuto la brillante idea di mollarle la poppante. Che insulsa donna doveva essere Natsuki Kuga, la precedente compagna di Shizuru-san. La cosa che trovava più assurda era che la trentatreenne pareva essere stata davvero innamorata di lei tanto da chiederle di darle un figlio. Da una parte era lieta che ciò fosse già avvenuto; almeno la donna non le avrebbe chiesto di farlo lei, anche se l’idea di essere al secondo posto non le andava a genio. Doveva riuscirci, non avrebbe fallito. Shizuru-san sarebbe stata solo sua.
Passò davanti ad un negozio di Chanel dove era solita vestirsi. Quello sarebbe stato il primo che avrebbe visitato se non avesse avuto quel contrattempo. Sospirò mentre osservava la vetrina e ad un tratto vide una macchina uscire dal parcheggio e lasciare il posto vuoto. Rallentò lentamente mentre guardava l’ora. Magari avrebbe potuto chiedere solamente se erano arrivato qualcosa di nuovo. Quanto avrebbe potuto impiegare? Non molto. Decise in fretta. Si parcheggiò velocemente e uscì dall’auto inserendo la sicura. Si voltò verso la vetrina e sorrise radiosa.
 
Natsuki osservava nervosamente il portone dal quale dovevano uscire i bambini al suono della campanella. Non sapeva nemmeno lei perché era lì, Saori sicuramente non l’avrebbe riconosciuta e non le si sarebbe avvicinata. Eppure il desiderio di vederla era stato così forte da non riuscire a tenerlo a bada. Le parole di Mai le avevano fatto sentire una piacevole sensazione all’altezza dello stomaco. Sua figlia….le somigliava. Incredibile. Le somigliava. Non poteva non sorridere nel ripensare a ciò che l’amica le aveva detto. Prima di recarsi fuori la scuola, la rossa le aveva raccontato qualcosa della sua bambina come se non fosse sparita per cinque anni ma fosse stata semplicemente via per questioni di lavoro. Una morsa gelata l’avvolse per qualche istante mentre ripensava a come la sua vita era cambiata cinque anni prima. Mai non aveva mai mostrato rabbia o odio nei suoi confronti; si vedeva chiaramente da come i suoi occhi fossero luminosi dalla gioia per averla rivista. Era sinceramente contenta che fosse tornata. Non poteva di certo dire la stessa cosa di Tate, ma d’altronde che si aspettava? Che le saltasse al collo felice del suo ritorno? Solo con l’amica si era confidata perché sapeva che non ne avrebbe parlato con nessuno. Non avrebbe sopportato sguardi di pena nei suoi confronti soprattutto per quello che le era accaduto dopo. Preferiva essere odiata. Si morse il labbro inferiore gettando l’ennesima occhiata al suo orologio da polso. Ancora qualche minuto. Guardò l’edificio scolastico e un lieve sorriso le increspò le labbra. L’istituto che Shizuru aveva scelto per la bambina era uno dei migliori e più costosi in tutta Tokyo. Comprendeva asilo, elementari, medie e superiori in modo che i ragazzi crescessero in un ambiente famigliare senza subire il trauma dei cambiamenti. In questo modo si assicurava anche un rapporto più intimo con i singoli studenti. Era esattamente la scuola che la trentatreenne aveva reputato ottima e non poteva darle torto.
Shizuru…, pensò con una nota malinconica, …ti ho pensata così tanto in questi anni. Spero che tu non abbia creduto che ti abbia dimenticato. Una cosa del genere non potrebbe mai accadere, mai. Nemmeno quando l’inferno mi ha inghiottita è successa.
Improvvisamente pensò che la donna sarebbe andata a prendere la figlia. Questo significava che l’avrebbe vista, anche solo di sfuggita ma sarebbe successo. Prima non si era soffermata molto su questo punto, adesso era terrorizzata dall’idea che poteva accadere. Si guardò in giro senza vederla. Non doveva essere ancora arrivata. Il suono della campanella le fece capire che il momento era arrivato. Involontariamente si avvicinò al cancello di ferro battuto afferrando due sbarre con entrambe le mani e vi poggiò sopra la fronte. Sentì i genitori che attendevano i propri figli fare lo stesso e nel momento in cui uscirono iniziare a chiamarli. Il cuore prese a batterle forte nel petto per l’emozione. Stava per vederla. Comprese immediatamente chi fosse Saori e il fatto d’averlo capito senza problemi la fece sorridere. Rise sottovoce e dovette trattenersi dal piangere. La bambina avanzava tra i compagni in modo calmo, senza urlare come facevano gli altri e senza correre, vestita in modo impeccabile nella sua divisa scolastica. Aveva i capelli lunghi e sciolti, lo zainetto sulle spalle e in una mano stringeva un disegno. Si guardò intorno cercando la madre e alla fine incontrò gli occhi di Natsuki. La donna tremò e le nocche delle dita le divennero bianche per quanto stava stringendo le sbarre. Mai aveva ragione, solo un cieco avrebbe detto che non le somigliava. Inaspettatamente la piccola le sorrise come se la conoscesse da sempre e prese a camminare nella sua direzione. Ad ogni passo che faceva, la trentunenne non sapeva se urlare dalla gioia o scappare il più lontano possibile. Era meravigliosa.
<< Ciao >> disse Saori come se la conoscesse da sempre << Tu sei l’amica della mamma, vero? >>.
L’amica della mamma?, si domandò Natsuki, Shizuru le ha parlato di me?
Si chinò per arrivare alla sua altezza e allungò una mano per sfiorarle il viso. S’impose di non tremare ma la bambina sembrò non farci caso.
<< Sì >> rispose infine inghiottendo l’emozione che provava << Io…io sono un’amica della mamma. Mi chiamo Natsuki >>.
<< Io sono Saori Fujino >> affermò la piccola facendo un leggero inchino.
Incredibile, Shizuru le aveva dato un’educazione non indifferente. La mora rimase sorpresa da quel gesto ma si affrettò a sorriderle. Le accarezzò nuovamente la guancia beandosi di quel contatto.
<< Ciao Saori. Sei davvero una bambina bellissima >>.
<< Grazie Natsuki >> rispose Saori con un sorriso senza inserire nessun suffisso << Sei venuta a prendermi? >>.
A quella domanda, la donna si guardò intorno notando che Shizuru non era arrivata. Ma che fine aveva fatto? Come poteva lasciare la loro bambina di soli cinque anni ad aspettare fuori la scuola da sola? Tornò a fissare il volto perfetto di Saori e le sorrise decidendo in fretta.
<< Sì >> disse << Andiamo >>.
 
Izumi aveva parcheggiato in fretta di fronte alla scuola.
Merda, si ripeteva scendendo di corsa, Merda! Ho fatto tardi. Se quella mocciosa fa la spia con Shizuru-san è la fine.
Si guardò intorno notando che non c’era più nessuno e si alzò velocemente la manica del giubbotto per controllare l’ora. Aveva tardato di dieci minuti circa.
Ma dove cazzo è?, si domandò avanzando verso il portone principale.
<< Chiedo scusa >> disse fermando la prima persona che stava uscendo << Sono terribilmente dispiaciuta per il mio ritardo ma ho avuto un imprevisto, può dirmi dov’è Saori Fujino? È all’ultimo anno d’asilo, la classe dovrebbe essere la A. Ho qui una delega da parte della madre se ci fossero dei problemi >>.
L’insegnante la guardò leggermente sorpresa.
<< Non c’è più nessun bambino a scuola >> disse.
<< Cosa? >> esclamò Izumi sentendosi il modo crollare addosso << Non è possibile, si starà sicuramente sbagliando >>.
Per un attimo l’altra donna rimase immobile; poi tornò indietro. La venticinquenne le andò dietro sentendo l’ansia assalirla. E ora dove diavolo si era cacciata? Vide la maestra chiedere informazioni al bidello che scosse il capo limitandosi a ripetere quello che anche lei aveva riferito a Izumi.
<< Lei è sicura che la bambina non sia andata via con qualcun altro che è venuto a prenderla? >>.
Qualcun altro? E chi?, avrebbe voluto urlare la ragazza, Oh merda!
Scosse il capo cercando di rimanere calma. Shizuru sarebbe andata su tutte le furie se non avesse ritrovato la mocciosa.
<< Io l’ho vista allontanarsi con una donna, credevo fosse sua madre >> s’intromise l’uomo che aveva compreso di quale bambina stessero parlando.
<< Una donna? >> ripeté Izumi << Impossibile, sua madre è al lavoro >>.
Perfetto, ci mancava solo la maniaca adesso.
<< Sì, sono andate via insieme >>.
<< Credo che a questo punto occorra chiamare la signora Fujino >>.
Fantastico, pensò la venticinquenne prendendo il cellulare dalla tasca e prevedendo una terribile tempesta, Shizuru-san mi sbranerà viva se non le ritrovo quella dannata bambina.
Compose il numero della compagna e non dovette attendere a lungo prima di sentire la sua voce. La immaginò nel suo ufficio seduta dietro la scrivania con le gambe accavallate e, nonostante la critica situazione, un brivido la scosse.
<< Shizuru-san >> disse senza lasciarla parlare << Ho un problema >>.

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Capitolo 4
*** Scoperte ***


<< Che cosa vuol dire che non sapete dove si trova mia figlia? >> tuonò Shizuru una volta varcata la soglia dell’edificio scolastico.
Izumi tremò sentendo il suo tono alterato. Mai in quattro anni l’aveva vista così arrabbiata.
<< Shizuru-san, si calmi… >> provò a dire la sua segretaria avvicinandosi.
Per tutta risposta le arrivò uno schiaffo a mano aperta davanti all’insegnante.
<< Non provare a dirmi che devo calmarmi! Avete perso la mia bambina! Tu dovevi venirla a prendere! >>.
<< Fujino-san, è meglio se fa un respiro profondo >> provò a dire la maestra << Posso comprendere che in questo momento sia arrabbiata e impaurita ma questo non ci aiuterà a ritrovare Saori >>.
La donna dovette fare ricorso a tutto il suo autocontrollo per non saltarle al collo e azzannarla.
<< Lei è sicura che la bambina non sia andata a casa di qualche amichetto? Magari adesso starà giocando tranquillamente con lui >>.
Shizuru scosse il capo.
<< No, Saori sa che non deve allontanarsi per nessun motivo >>.
<< Forse, non vedendo nessuno all’uscita della scuola ha semplicemente pensato di riuscire a tornare a casa da sola magari chiedendo aiuto a qualcuno. In ogni caso bisogna chiamare la polizia >>.
La trentatreenne rimase fulminata da quelle parole.
<< Non c’era nessuno all’uscita della scuola? >> ripeté voltandosi verso la venticinquenne << Non eri arrivata? Ti sei fermata da qualche parte, vero? Cosa diavolo ti è venuto in mente? Stiamo parlando di mia figlia, mia figlia! E tu hai preferito guardare una bella vetrina? >>.
<< Shizuru-san io… >> provò a dire Izumi messa in difficoltà dalle sue parole e vergognandosi che il tutto stesse avvenendo di fronte ad una sconosciuta.
Maledetta Saori!
<< Cosa, Izumi? Ti rendi conto che mia figlia è scomparsa per colpa tua? >>.
Non è nemmeno la tua vera figlia!, avrebbe voluto ricordarle con una nota velenosa nella voce, E’ la figlia della tua ex compagna che ha pensato di svignarsela e di mollarti la sua mocciosa!
<< Mi dispiace molto… >>.
<< Chi è stata l’ultima persona a vederla? >>.
Gli occhi delle donne si voltarono alla ricerca del bidello che aveva parlato.
<< Motoshiki-san, potrebbe dire a Fujino-san quello che ha detto anche a noi? >>.
L’uomo smise di lavare per terra e vi avvicinò al trio. La madre di Saori lo osservò convenendo silenziosamente che doveva essere una brava persona. Era in soggezione dall’autorità che ispirava la sua figura, evitava di guardarla negli occhi ma lo faceva per una questione di rispetto.
<< Mi dispiace molto Fujino-san per quello che è successo alla sua bambina. Non pensavo che fosse un’estranea quella cui Saori si era avvicinata. È andata con lei molto tranquillamente quasi fosse… >> si morse la lingua interrompendosi ma gli occhi della trentatreenne lo pregavano di continuare << …quasi fosse sua madre >>.
Izumi vide uno sbattere di ciglia in più del dovuto da parte della sua compagna e comprese quanto dovesse essere stata ferita dalle sue parole. Eppure non ebbe altra reazione.
L’insegnante le condusse in presidenza e sollevò il ricevitore per comporre il numero della polizia. Shizuru si lasciò cadere su una poltrona libera e cercò di non piangere per la disperazione. Qualcuno si era portato via la sua bambina, qualcuno gliela aveva appena strappata e lei non sapeva nemmeno chi fosse. Si portò una mano alla bocca per evitare di gemere. No, non era possibile! Saori era sua figlia, tutto il suo mondo, l’unica certezza che le aveva permesso di rialzarsi dopo che Natsuki se n’era andata senza darle una spiegazione preferendo sparire in piena notte. Non poteva essere successo qualcosa proprio a lei, no! Si era dedicata anima e corpo a lei affinché non le mancasse nulla, affinché avesse un’educazione impeccabile, affinché fosse una brava bambina e ora…tutto le appariva vano e privo di senso se non poteva stringerla tra le braccia.
Bambina mia, chi ti ha portato via?
La voce della donna interruppe il silenzio.
<< La polizia sarà qui tra pochi minuti >>.
Un quarto d’ora dopo due poliziotti vestiti di tutto punto iniziarono a interrogare coloro che erano presenti all’uscita della scuola. In particolare si prestò attenzione al bidello che aveva visto di sfuggita la donna con la quale era andata via la bambina. Aveva lunghi capelli neri e pareva non aver costretto la piccola a seguirla, forse la conosceva o l’aveva osservata a lungo prima di agire. A quel particolare Shizuru sussultò ricordandosi di Natsuki ma subito dopo scosse il capo. Non era possibile che fosse lei, la trentunenne se n’era andata cinque anni fa lasciandole sole. E poi Saori non avrebbe mai seguito una sconosciuta. Per un secondo pensò di telefonare a Mai, però quello dopo scartò l’idea. Si era scagliata contro Izumi dandole la colpa dell’accaduto anche se la vera responsabile di ciò che era accaduto era lei. Quando era rimasta l’unica persona a prendersi cura della bambina, si era promessa che non le sarebbe accaduto mai niente e che sarebbe venuta prima di qualunque altra cosa. Guardò la segretaria cui non era sfuggito il suo sussulto e si affrettò ad abbassare lo sguardo. L’altra donna non impiegò molto a comprendere a cosa stesse pensando e un moto di stizza la pervase.
Sta pensando a lei!, si disse con rabbia, Sta pensando a quella dannatissima Natsuki.
Si morse il labbro inferiore ingoiando il suo odio.
<< Lei è sicura di non conoscere questa donna, signora Fujino? >> chiese uno dei due poliziotti.
<< Assolutamente no >> rispose Shizuru << Fate qualcosa, dovete trovare mia figlia! >>.
Un nodo d’angoscia si era impossessato della sua gola.
<< Lo so che è difficile ma deve calmarsi. Prima delle ventiquattrore non si può definirlo un caso di sottrazione di minore >>.
<< Mi sta dicendo che non farete niente? >> domandò con una nota isterica nella voce.
La mano di Izumi che si posava sulla spalla le fece provare il desiderio di alzarsi e buttare tutto quello che vedeva per terra.
È colpa tua!, avrebbe voluto gridarle, Dovevi venire a prendere mia figlia e invece ti sei messa a perdere tempo!
<< Per ora tutto quello che possiamo fare è raccogliere la sua deposizione e quella della signorina Takako >>.
 
<< Non ti piace tanto la torta che hai scelto? >> domandò Natsuki rivolta alla bambina che le stava seduta di fronte.
Saori le rivolse un sorriso che la fece sobbalzare dalla felicità.
<< Sì, mi piace. Grazie >> rispose con calma.
<< Non è la tua preferita? >>.
Dopo averla presa da scuola, aveva deciso di portarla in pasticceria per passare un po’ di tempo con lei. Sapeva che stava sbagliando eppure non era riuscita a fermarsi. Fare merenda le era parsa una cosa normale vista l’ora. Osservò la figlia mangiare un altro pezzo di dolce.
<< Sì, lo è >> affermò la bambina << Però mi piacciono di più le patatine fritte >>.
<< Magari con tanta maionese? >>.
Vide la piccola guardarla con occhi luminosi.
<< Sì! >> esclamò contenta.
Natsuki non poté evitare di ridere. Era davvero come lei.
<< Adesso andiamo a casa, che ne pensi? >>.
<< Va bene >> rispose Saori alzandosi diligentemente in piedi e mettendosi sulle spalle lo zainetto.
Uscirono dalla pasticceria e la mora si ritrovò a pensare a tutto quello cui aveva rinunciato. In quel poco tempo che stava trascorrendo con la bambina, pareva davvero che avesse una vita normale, che non fosse mai andata via da Tokyo. Saori le sorrideva dolcemente e non la trattava freddamente come si fa con gli sconosciuti. Forse una parte di lei, esattamente come era accaduto con Natsuki, sapeva che la donna che le stava di fronte non le era del tutto estranea. Parlava spontaneamente come se l’avesse sempre conosciuta, come se non si fosse mai allontanata da lei. Il fatto stesso che non avesse usato un prefisso dopo il suo nome l’aveva riempita di felicità. Improvvisamente Saori le prese la mano mentre camminavano dirette verso casa. La donna rallentò impercettibilmente sentendo il cuore saltarle in gola. Quella manina era così morbida e delicata che le fece venire voglia di urlare la sua gioia. Era così spontanea con lei che quasi la spaventava. Ripensò alle sue parole. Shizuru doveva essere una madre fantastica, non che avesse mai avuto dei dubbi, ma mai avrebbe creduto che le avesse parlato della mora. L’aveva presentata come sua amica, come se non nutrisse sentimenti di rancore nei suoi confronti, come se fossero rimaste in contatto per tutti quegli anni. Guardò la bambina non sapendo se sentirsi felice o triste per questo.
Che cosa ho fatto?, si chiese con dolore, L’ho fatto davvero per loro o è stato il mio ennesimo gesto egoistico? Cosa? Forse Shizuru…No, è stata la cosa giusta da fare per tutti.
La reazione di Saori, poi, l’aveva lasciata completamente senza parole. L’aveva seguita senza batter ciglio; anzi era stata lei a domandarle se toccava alla donna prelevarla da scuola. Una sensazione di calore si espanse in tutto il corpo dopo essere partita dal cuore. Era bellissima. Si beò ancora della vista di sua figlia come se fosse una fonte alla quale dissetarsi. Avrebbe voluto domandarle cosa l’avesse spinta ad essere così gentile e ben disponibile nei suoi confronti ma temeva di rompere quella sorta di magia che si era creata. Sentire la sua pelle vellutata nella mano, la faceva sentire al settimo cielo, non avrebbe voluto staccarsi più. Era talmente immersa nei suoi pensieri da non notare un’auto scura fermarsi di botto vicino a dove stavano camminando.
<< Saori! >> esclamò Shizuru uscendo dalla macchina senza prestare attenzione all’altra donna.
A quella voce Natsuki sobbalzò raggelandosi mentre sentiva la mano della bambina lasciare la sua per correre da lei.
<< Ciao mamma! >> rispose la figlia con un sorriso.
La trentatreenne l’abbracciò sollevandola da terra. Le baciò una guancia con calore mentre una lacrima le rigava il volto. Aveva avuto così tanta paura di non riuscire a rivederla che adesso non l’avrebbe lasciata. La osservò per un stante per controllare che stesse bene.
<< Ma dov’eri finita Saori? Ti stavamo cercando tutti! Mi hai fatto preoccupare! >>.
Si era messa in auto venti minuti prima non riuscendo a rimanere ferma in attesa di notizie e aveva costretto Izumi a fare lo stesso affinché la cercasse. Si era immessa sulla strada principale con poche speranze di trovarla lì a passeggiare amabilmente con la donna che l’aveva rapita e invece aveva riconosciuto immediatamente la piccola di spalle.
<< Stavo tornando a casa, mamma >> spiegò la bambina che non comprendeva bene cosa fosse successo di così grave << Mi è venuta a prendere la tua amica >>.
Solo in quel momento la donna alzò gli occhi sulla sconosciuta che si era voltata per osservare la scena che l’aveva fatta sorridere. Sentì il cuore perdere un colpo nel vedere quei lunghi capelli oscillare al vento, le mani infilate nelle tasche dei jeans e infine quei grandi occhi verdi dove tante volte aveva creduto di perdersi. Ebbe un sussulto mentre metteva a terra la figlia e pregava silenziosamente di non tremare.
<< Saori vai in macchina >> disse in tono duro.
<< Ma mamma… >>.
<< Ho detto vai in macchina! >>.
La bambina esitò ancora un istante. Si voltò verso Natsuki e le fece un cenno di saluto con la mano.
<< Ciao Natsuki >> disse ubbidendo all’ordine di Shizuru.
La trentatreenne rimase alquanto interdetta dal saluto familiare della bambina nei confronti dell’altra donna. Solo quando sentì la portiera chiudersi fece un passo verso la mora cercando di non scoppiare in lacrime. Era davvero Natsuki. Anche se erano trascorsi cinque anni dall’ultima volta che l’aveva vista, fu come se il tempo si fosse fermato. Non era cambiata affatto, era sempre la stessa donna della quale si era profondamente innamorata fin da ragazza. Era la madre di Saori. Quella considerazione le fece sentire una spiacevole sensazione di freddo.
<< Tu… >> mormorò con voce incerta nonostante i suoi buoni propositi di rimanere ferma e distaccata << Tu… >>.
Sulle labbra della mora apparve un leggero sorriso.
<< Ciao Shizuru >> salutò senza sapere bene cosa dirle.
Quali erano le parole giuste da pronunciare dopo un’assenza e un silenzio di cinque anni?
<< Che cosa vuoi? >> esclamò la più grande incapace di trattenere le lacrime << Che cosa sei venuta a fare? Perché sei tornata? Che diavolo vuoi da noi? Sta lontana da Saori, chiaro? Tu non sei nessuno per noi! >>.
Natsuki chinò la testa colpevole e consapevole che quell’odio era più che giustificato.
<< Scusami >> riuscì solo a dire con un filo di voce.
Una nuova ondata di sofferenza la inondò mentre il dolore di Shizuru era sempre più palese.
<< Scusami >> ripeté quasi macchinalmente.
Vide Shizuru voltarsi e dirigersi vero l’automobile. La donna indossò la cintura di sicurezza e mise in moto pronta a partire. Una sola volta alzò gli occhi verso lo specchietto retrovisore per vedere la sua figura diventare sempre più piccola.
 
Aveva mandato la bambina in camera sua con l’ordine di non muoversi per nessun motivo non appena erano rincasate. Mentre guidava aveva telefonato a Izumi per dirle di smettere di cercare e alla polizia inventandosi che si era trattato di un malinteso. Saori era con lei e stava bene. Quando la segretaria si era proposta di raggiungerla per comprendere cosa fosse accaduto, Shizuru aveva fermamente rifiutato senza darle spiegazioni. In quel momento non le importava quello che avrebbe pensato la venticinquenne, era ancora troppo scossa per chi aveva incontrato.
Oh, Natsuki, pensò spogliandosi, Perché sei tornata? E perché te ne sei andata? Perché mi hai lasciata sola?
Rivederla le aveva fatto capire quanto ne fosse ancora fortemente innamorata, quanto in realtà fosse profondo il sentimento che nutriva nei suoi confronti. Chiuse gli occhi per un attimo appoggiandosi alla parete piastrellata del bagno. Le aveva sputato addosso il suo veleno, il suo dolore per quello che le aveva fatto intimandole di stare lontano dalla bambina ma si era resa immediatamente conto che non sarebbe stato possibile. Saori era sua figlia. Non importava che le avesse dato il suo cognome o che non le avesse mai fatto mancare niente; Natsuki era la madre naturale e nessuno le avrebbe potuto impedire di vederla. Considerò inoltre come si era comportata la bambina nei suoi confronti, quel modo così spontaneo di salutarla e di dirle che era la sua amica e si domandò se la genetica fosse più forte dell’educazione e dell’ambiente in cui si viveva. Pareva proprio di sì. Col trascorrere degli anni aveva notato sempre di più quanto la somiglianza tra le due non facesse altro che aumentare e in cuor suo se ne rallegrava ricordando le volte in cui diceva spesso alla mora di volere una piccola Natsuki girovagare per casa. Quel suo sogno era stato esaudito esaudito, ne aveva gioito così tanto che credeva che nulla l’avrebbe fatta sentire triste. E invece un qualcosa c’era, l’improvvisa partenza senza motivo della sua compagna. Per cercare di estinguere il suo dolore si era fiondata in un’altra relazione che non le portasse sofferenza ma solo piacere. Non amava veramente Izumi, almeno non come aveva amato Natsuki ma era confortante avere la sicurezza che non sarebbe successo niente di brutto. La venticinquenne non l’avrebbe mai lasciata, non l’avrebbe fatta soffrire, non le avrebbe recato alcun danno. Sarebbe andato tutto bene con lei accanto, per questo non voleva perderla nonostante si rendesse conto di non provare i medesimi sentimenti che aveva sentito per la sua ex compagna. Non sarebbe più riuscita a comportarsi come si comportava con lei, Natsuki rimaneva speciale ed unica. S’infilò nella vasca dopo averla riempita d’acqua calda. Lasciò che il calore l’avvolgesse e le sciogliesse i muscoli prima di respirare profondamente. Come doveva comportarsi con l’arrivo della mora? Cosa doveva fare? Non voleva stare male e soprattutto non voleva che Saori soffrisse. Lei era solo una bambina, la sua bambina. L’aveva riempita d’orgoglio fin da quando aveva mosso i primi passi o detto le prime parole, non avrebbe permesso a nessuno di toccarla, nemmeno a Natsuki se solo l’avesse sfiorata l’idea di fare qualcosa di sbagliato. Con un moto di stizza agitò l’acqua davanti a sé e ne osservò il movimento. Si definiva un buon genitore; attenta, gentile, accondiscendente, sempre preoccupata che la piccola avesse tutto quello che le servisse. Le aveva perfino parlato della trentunenne definendola una sua vecchia amica e mostratole alcune foto. Sapeva che non avrebbe compreso quale profondo sentimento le avesse unite ma voleva che almeno avesse una vaga idea su chi fosse. Un giorno forse, quando sarebbe stata abbastanza grande, le avrebbe detto la verità. Molte volte aveva fantasticato quale meravigliosa signorina sarebbe diventata Saori, dai modi aggraziati e il sorriso affabile, gentile e cortese con tutti. Il pensiero che Natsuki si presentasse alla sua porta, per così dire, non l’aveva mai sfiorata. Le aveva abbandonate, mai sarebbe riuscita a perdonarla nonostante l’amasse ancora in quel modo. Non c’era stata a Natale, nelle ricorrenze, ai compleanni della figlia; in nessuna occasione era stata presente per testimoniare anche lei la loro felicità. Chiuse gli occhi mentre ripensava alla sua figura così bella. Quando l’aveva vista, il cuore le si era fermato per un secondo. L’avrebbe riconosciuta anche tra mille altre donne della sua età. Dopo che si fu lavata, uscì dalla vasca avvolgendosi nell’accappatoio e aprì la finestra per far uscire il vapore. Si asciugò e aprì la porta che dava nella sua stanza per prendere degli abiti puliti. Anche se si stavano avviando verso la primavera, ancora faceva buio abbastanza presto. Stava per accendere la luce quando si bloccò sentendo un gemito. Si guardò intorno senza riuscire a mettere bene a fuoco gli oggetti e alla fine la vide. Se ne stava raggomitolata tra l’armadio e la porta della sua camera con la testa tra le gambe. Un altro singhiozzo strozzato. Le si avvicinò lentamente senza parlare comprendendo che stava piangendo e si inginocchiò per accarezzarle la testa. Ebbe una stretta al cuore nel notare che stava tremando.
<< Saori… >> sussurrò pensando che con lei era stata troppo dura prima. Dopotutto non c’entrava nulla con quello che era accaduto << …perché piangi, amore mio? >>.
<< Mamma! >> esclamò la bambina stringendosi contro il corpo della donna che l’aveva abbracciata << Scusa! >>.
Shizuru la tenne contro di sé mentre le accarezzava dolcemente i capelli per calmarla.
<< Va tutto bene, Saori >> la consolò baciandola << Non piangere >>.
<< Io non volevo farti arrabbiare, mamma >> continuò la piccola tra le lacrime << Mi dispiace >>.
<< Non è colpa tua, amore >>.
<< Ti prometto che non la vedrò più. Te lo prometto >>.
La donna si staccò leggermente dalla figlia e le asciugò gli occhi con un lembo del suo accappatoio.
<< Non sono arrabbiata, Saori >> disse Shizuru << Non vuoi più vedere Natsuki-san? >>.
La bambina scosse il capo cercando nuovamente rifugio tra le sue braccia.
<< No perché questo ti fa arrabbiare >> affermò in un soffio.
Shizuru le sorrise baciandole la fronte.
<< Non sono arrabbiata con te, piccola. Sta tranquilla >> le baciò la piccola mano << Adesso è passato. Dimmi, però, perché hai seguito Natsuki-san? Non l’avevi mai vista >>.
Saori la guardò per un attimo in silenzio come se stesse decidendo se dire o meno la verità.
<< E’ la tua amica, mamma >> rispose infine << Io non ho avuto paura ad andare con lei >>.
Se sapessi la verità, bambina mia.
Anche se non si erano mai viste, il legame che si era creato tra le due ad un solo sguardo era più forte di quanto si potesse credere. La trentatreenne si sollevò da terra senza smettere di tenere la piccola contro il suo corpo. Tutto quello che diceva o faceva era solo per lei.
<< Se ti fa piacere, puoi vederla ancora >>.
Saori le sorrise abbracciandola.
<< Ti voglio bene, mamma >>.
 
<< E così ti si è avvicinata senza esitazione? >>.
Natsuki annuì mentre osservava l’amica muoversi come una scheggia nella cucina del ristorante.
<< E’ stato bellissimo, molto più intenso di qualunque farfalla nello stomaco! >> esclamò la mora entusiasta di quello che era accaduto << E poi lei…lei è semplicemente meravigliosa, Mai! >>.
La rossa sorrise leggermente guardandola per un solo istante e quasi si scottò nel sentire il seguito della sua storia.
<< Che cosa? L’hai prelevata da scuola? E Shizuru? >>.
<< Lei non c’era fuori la scuola…io…io lo so che ho sbagliato ma…è stato più forte di me… >>.
<< Hai idea del casino che avrai combinato? >> la rimproverò Mai << Come ti è saltato in mente di portarla in pasticceria? Shizuru si sarà preoccupata moltissimo! >>.
Natsuki abbassò lo sguardo per osservarsi la punta delle scarpe come faceva ogni volta che veniva messa a disagio. Sotto quel lato non era cambiata per nulla.
<< Non sono riuscita a trattenermi >> mormorò.
<< E Shizuru? L’hai vista? >> domandò la rossa incuriosita.
<< Sì… >> rispose con una nota di tristezza e malinconia nella voce.
L’amica stava per dire qualcosa quando fu interrotta dall’arrivo di Tate.
<< Stanno iniziando ad arrivare i primi clienti >> disse senza alcun tono particolare andando subito via.
<< Beh, è arrivato il momento di andare >> osservò la mora.
<< Hai un posto dove dormire? >> le chiese premurosamente Mai.
Natsuki scosse il capo.
<< Prenderò una stanza in albergo >>.
<< Puoi stare da noi >>.
L’altra inarcò il sopracciglio destro.
<< E’ meglio di no >> si limitò a rispondere.
<< Ma… >>.
<< Mai, non devo spiegartelo io come ha preso Tate il mio ritorno >> affermò Natsuki senza guardarla.
La donna dai capelli rossi fissò per qualche secondo il forno senza sapere cosa dire. Era vero, se n’era accorta anche lei. Ma come poteva dargli torto?
<< Lui non sa cosa ti è successo. Nessuno lo sa >>.
<< E devono continuare a non saperlo >> ribatté la mora << Per favore >> si voltò verso una stanza lasciata aperta << Shinobu! >> esclamò << Andiamo, su! Saluta Miyu-chan e ringraziala! >>.
Dalla camera sbucarono le teste di due bambini.
<< Proprio adesso, mamma? >> si lamentò il bambino avanzando.
<< Tanto stavo vincendo io >> affermò orgogliosamente Miyuki.
<< Non è vero! >>.
<< Sì, Shin-chan. Hai sempre perso a tutti i giochi che ho alla wii >>.
<< Miyuki >> l’ammonì Mai << Shin-chan non aveva la wii a casa, per questo non è bravo come te >>.
<< Hai sentito? >> disse facendo la linguaccia il bambino di quattro anni.
In tutta risposta gli arrivò uno scappellotto da parte di Natsuki.
<< Comportati bene! >> lo sgridò << Altrimenti Miyuki non ti farà più giocare con lei >>.
<< Okay, scusa >> rispose Shinobu massaggiandosi la parte << Domani possiamo giocare di nuovo insieme? >>.
La bambina alzò gli occhi sulla madre che annuì.
<< Va bene >>.
<< Mettiti la giacca, forza >> disse la mora << Dobbiamo andare adesso >>.
Mai osservò il bambino di quattro anni tornare nell’altra stanza di corsa e sorrise involontariamente. Non avrebbe mai pensato che l’amica fosse diventata madre per la seconda volta. In tutti quegli anni l’idea che fosse rimasta incinta non l’aveva sfiorata nemmeno per un secondo. Doveva aver avuto una forza non indifferente per decidere di portare avanti la gravidanza. Cinque anni trascorsi da sola con un bambino da accudire che non era neanche nato dall’amore di due persone. Doveva essere stato terribile per lei eppure l’aveva fatto, aveva decido di far nascere e crescere Shinobu. Era un bambino molto carino, gentile, spontaneo, per nulla timido, che non aveva avuto problemi a restare tutto il giorno con persone che non aveva mai visto. Un po’ come era accaduto a Saori. Si ritrovò a sorridere pensando alla famiglia dell’amica e alla possibilità reale che si ricongiungesse.
<< Aspetta, ti do una mano io >> continuò Natsuki notando la difficolta del figlio nel chiudere la zip << Come si dice? >> gli domandò una volta finito.
Il piccolo guardò la madre e, come sempre, la donna sobbalzò leggermente nell’incontrare quei grandi occhi azzurri. Per un attimo ricordò a chi appartenevano e scosse il capo per scacciare quel pensiero. Shinobu le somigliava, aveva corti capelli neri e qualcosa nella sua fisionomia le ricordava se stessa, anche se non c’erano paragoni con la somiglianza che aveva Saori.
<< Grazie >>.
Prese la mano della mora camminandole accanto.
<< Grazie di tutto Mai >> ringraziò la trentunenne dai capelli neri.
La rossa si asciugò le mani prima di abbracciarla e di chinarsi a salutare il bambino.
<< Ci vediamo domani, Shin-chan >>.
<< Arrivederci Mai-san, ciao Miyu-chan! >>.
 
Natsuki finalmente poté sedersi sul letto, esausta per la giornata trascorsa. Nell’arco di nemmeno ventiquattro ore la sua vita era stata totalmente rivoluzionata. Era tornata a Tokyo, aveva rivisto Mai e la sua famiglia presentando loro Shinobu, aveva avuto il piacere di trascorrere poche ore con la sua bambina. Era stato così bello fare finta che andasse tutto bene, che non ci fossero problemi alle spalle, che avessero solo fatto una passeggiata. Si sdraiò accanto al bambino che dormiva profondamente e gli accarezzò il volto con un leggero sorriso. Aveva un carattere mite e solare che le ricordava quello di Saori. S’inorgoglì per un attimo pensando che se lo erano entrambi era perché somigliavano a lei ma poi rifletté che non poteva essere merito suo. Shizuru era una madre eccezionale, lei non era che una pallida ombra al suo confronto. Quando era nato Shinobu, si era basata molto sui suoi insegnamenti che andavano dalla posizione migliore per farlo dormire a come tenerlo per fargli il bagnetto. Chiuse gli occhi mentre l’immagine della trentatreenne si faceva strada nella sua mente prepotentemente. Nonostante la rabbia e l’odio che provava nei suoi confronti, era lo stesso bellissima. I completi che indossava, le scarpe che calzava, il modo di pettinarsi i capelli non facevano altro che valorizzare la sua splendida figura.
Quante volte avrei voluto chiamarti, tornare per poterti baciare e sentire il tuo profumo sulla mia pelle, quante! Ma non potevo. Non potevo e non posso tutt’ora rivelarti quello che mi è successo. Non posso nemmeno fare finta che non sia successo niente, lo ricorderò sempre perché sarà Shinobu a ricordarmelo.
A quei pensieri si voltò verso il bambino baciandogli una mano. Gli voleva bene, era stato il raggio di sole che era riuscito a scaldarla quando ormai credeva che la sua vita fosse finita. Era arrivato affinché potesse gioire ancora ma quella felicità era durata poco.
<< Bambino mio >> sussurrò chinandosi per poter ascoltare il suo respiro regolare << Ti prometto che andrà tutto bene >>.

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Capitolo 5
*** Ancora innamorate ***


Youko si guardò intorno mentre si versava una tazza di caffè. La Direttrice aveva convocato improvvisamente un’assemblea quella mattina riguardante tutte le maestre d’elementari e asilo incluso il personale scolastico. Salutò varie persone che conosceva e si appoggiò allo schienale del divanetto della presidenza mentre beveva il liquido scuro. Erano molti anni che lavorava in quella scuola, si era sempre trovata bene ed era riuscita perfino ad inserire la sua amica Midori come docente di storia alle classi superiori. Per questo in quel momento non era presente. Quando aveva compreso che la permanenza a casa sua sarebbe diventata costante, il primo pensiero che aveva avuto era stato quello che trovarle un lavoro. Subito dopo aveva iscritto Yoshiki all’asilo. Come aveva immaginato, Yuudai Tatsumichi aveva continuato a viaggiare per il mondo per conto di grandi società che finanziavano il suo lavoro tra gli scavi archeologici. A parte i regali e le chiamate via skype che faceva quando poteva, era una blanda figura paterna per il figlio. In cinque anni era andato a trovarlo forse una decina di volte di cui solo due per Natale e mai per più di un paio di settimane. Sospirò soffiando sul caffè per farlo raffreddare. Per fortuna il bambino sembrava non risentirne particolarmente almeno per il momento; aveva ereditato il carattere solare della madre, anche se fisicamente somigliava all’uomo. Sorrise pensando che fosse impossibile non essere contagiate dall’allegria di Midori. In tutti quegli anni non l’aveva mai vista abbattersi nonostante le litigate che spesso accadevano tra lei e Yuudai. La dottoressa aveva sempre cercato di rimanerne esterna e di pensare solo alla cosa migliore per Yoshiki ma in cuor suo era sempre schierata dalla parte dell’amica. L’arrivo di Haruka Suzushiro mise fine ai suoi pensieri. La osservò avanzare con passo deciso fino alla sua scrivania e rifletté sul fatto che quella donna non avrebbe potuto ricoprire carica diversa. Figura autoritaria ma sempre tesa al bene dei suoi studenti e a quello della scuola, aveva sempre svolto un ottimo lavoro da quando era diventata direttrice del complesso scolastico. Nel vederla tutti i presenti si zittirono attendendo che parlasse. La donna dai lunghi capelli biondi sbatté la mano sul tavolo per richiamare l’attenzione anche se non ce n’era bisogno.
<< Vi ho convocati qui stamattina >> iniziò in tono autoritario << Perché ieri è successo un episodio alquanto increscioso che spero non si ripeta più. Saori Fujino, studentessa dell’ultimo anno d’asilo appartenente alla classe A, all’uscita dalla scuola è stata vista allontanarsi con una sconosciuta >>.
La figlia di Shizuru-san?, si domandò la dottoressa facendosi attenta.
<< La madre aveva incaricato la sua segretaria di andarla a prendere ma questa, tardando di qualche minuto, non la trovò più nell’edificio. È stata convocata la polizia e si sono raccolte le testimonianze dei presenti. L’episodio, fortunatamente, si è concluso positivamente. La piccola è stata ritrovata e pare che si fosse trattato di un semplice disguido. Questo fatto, però, mi ha fatto riflettere molto. Questa scuola si regge principalmente sulle donazioni di privati e sulla retta che pagano i genitori degli studenti, cosa accadrebbe se succedesse nuovamente qualcosa di simile? L’immagine del complesso sarebbe screditata, perderemmo fondi e saremmo costretti a fare dei tagli. Per questo, da oggi, voglio la massima attenzione da parte di tutti all’uscita della scuola. Dovrete controllare che ogni bambino venga preso da un genitore e, in caso contrario, che l’uomo o la donna abbia una delega firmata. Nessuno, e ribadisco nessuno, deve sentirsi libero di fare quel che vuole. Queste sono le nuove disposizioni scolastiche, penserò io stessa ad avvisare i genitori. Episodi simili non dovranno accadere nuovamente, mi sono spiegata? >>.
Aspettò qualche secondo passando in rassegna tutte le facce di insegnanti e collaboratori vari prima di farli tornare alle proprie mansioni. Youko era leggermente perplessa dall’accaduto. Anche se non poteva dire di conoscere bene Shizuru, l’aveva sempre vista molto attenta nei confronti della figlia. Possibile che si fosse trattato di uno spiacevole errore? Haruka aveva detto che si era arrivati a chiamare la polizia. No, c’era sicuramente qualcos’altro che la donna non aveva voluto raccontare. Guardò l’ora e salì le scale diretta verso la classe in cui Midori aveva da poco iniziato a fare lezione. Bussò delicatamente alla porta e le chiese di uscire un attimo.
<< Già finita la vostra riunione straordinaria? >> domandò la trentanovenne dopo aver raccomandato agli studenti di prepararsi perché avrebbe interrogato.
<< Sì, ieri è successa una cosa alquanto strana >>.
Youko le raccontò brevemente l’accaduto.
<< Qualcuno ha provato a rapire la figlia di Shizuru-san? >> esclamò sconvolta << Ma…ma…dov’è Yoshiki? >>.
<< E’ all’asilo, tranquilla >> le rispose la dottoressa sorridendo appena di fronte alla preoccupazione dell’amica << Hai capito cos’altro ho aggiunto? >>.
<< Una donna si è portata via Saori da scuola >>.
<< E non ti sembra strano che Shizuru-san, sempre così attenta e premurosa con la bambina, non ne sapesse niente visto che poi ha telefonato per chiarire che era stato un disguido? >>.
Midori ci pensò un solo istante prima di rispondere.
<< Vuoi dire che… >>.
L’altra donna annuì.
<< Esatto, secondo me si tratta di Natsuki-san >>.
<< Ma non è possibile! C’eri anche tu quella volta che ci ha detto che se n’era andata >>.
<< Sì ma si può sempre tornare >> affermò Youko.
Da quando avevano scoperto che la mora aveva abbandonato la sua famiglia, la quarantenne aveva sempre creduto che c’era qualcosa che non quadrava. Forse era tornata proprio per chiarirlo.
 
Lei e Midori attendevano il suono della campanella nel cortile della scuola per portare Yoshiki a casa. Era il primo anno d’asilo per il bambino e la rossa era sempre abbastanza ansiosa che non gli fosse successo qualcosa. La dottoressa ogni volta cercava di tranquillizzarla e ne rideva.
<< Oh, buon pomeriggio Shizuru-san! >> aveva salutato Midori vedendo la donna avvicinarsi.
La trentunenne aveva sorriso in segno di saluto. Ormai s’incontravano spesso fuori la scuola, i due bambini non solo avevano la stessa età ma frequentavano anche la stessa classe.
<< Ma quanto ci mettono? >> aveva sbuffato la rossa guardando il suo orologio.
<< Midori >> l’aveva ammonita Youko.
<< Midori-san non vede l’ora di riabbracciare il suo bambino? >> aveva chiesto Shizuru con tono calmo facendo arrossire la donna che aveva parlato.
<< E’ che questa scuola dura troppo! >> aveva risposto infine << A proposito Shizuru-san, dov’è Natsuki-san? Non l’ho mai vista venire a prendere la bambina a scuola >>.
A quella domanda l’altra donna aveva tremato abbassando lo sguardo verso la terra del cortile scolastico. Anche se erano trascorsi due anni e mezzo, ancora soffriva quando pensava alla mora e a ciò che aveva fatto.
<< Lei… >> aveva detto con un filo di voce evitando accuratamente i loro sguardi << …lei s’è semplicemente andata anni fa. Non ho idea di dove sia in questo momento >>.
Youko si era passata una mano sul volto mentre Midori cercava disperatamente di rimediare alla brutta figura che aveva fatto. La tanto attesa campanella era servita a trarre tutti d’impaccio. Shizuru si era voltata verso la porta principale e aveva iniziato a scrutare i vari bambini che uscivano dirigendosi verso i propri genitori. Aveva sorriso e il suo volto si era illuminato quando era apparsa Saori.
<< Ciao amore >> aveva detto chinandosi per abbracciarla << Com’è andata oggi? >>.
<< Questo è per te >> aveva risposto la bambina porgendole un disegno << Siamo tu ed io, vedi? >>.
La donna aveva annuito mentre si rialzava.
<< Ciao campione! >> aveva esclamato Midori vedendo arrivare il figlio.
Il bambino si era lasciato prendere in braccio ridendo come se fosse un trofeo e aveva salutato Youko.
<< Ciao Saori-chan >> aveva aggiunto notando la piccola vicino alla madre.
Saori si era voltata sentendosi chiamare e gli aveva sorriso. Nell’osservarla così da vicino, sia la rossa che la dottoressa erano rimaste colpite dall’estrema somiglianza con la mora. Sarebbe stato impossibile non pensare a lei ogni volta che l’avessero vista.
<< Andiamo Saori? >>.
<< Sì, mamma >> aveva risposto diligentemente la figlia prendendole la mano << Ci vediamo domani Yoshi-chan! Arrivederci Sagisawa-san e Sugiura-san >>.
 
Midori non aveva voluto sentire ragioni e, dopo aver chiesto al bidello del piano di controllare la sua classe, era scese trascinandosi dietro l’amica verso le classi che ospitavano i bambini dell’asilo. Ascoltando Youko non aveva potuto fare a meno che domandarsi cosa avrebbe fatto se fosse capitato a lei, se al posto di Saori ci fosse stato suo figlio. Il suo pensiero di non sapere dove fosse le faceva venire la pelle d’oca.
<< Midori calmati >> provava a ripeterle la dottoressa pensando che a quell’ora sarebbe dovuta essere in infermeria << Non c’è bisogno di agitarsi in questo modo >>.
<< Ci mettiamo cinque minuti >> le aveva risposto correndo.
Una volta arrivata, spalancò la porta facendo sobbalzare tutti i presenti incluse le maestre che stavano per distribuire la plastilina colorata. Nel rendersi conto d’aver esagerato, l’insegnante di storia arrossì portandosi la mano dietro la nuca come ogni volta che era a disagio. Mormorò delle scuse e chiese se Yoshiki potesse uscire un attimo. Il bambino si alzò dal suo posto e ubbidì.
<< Mamma >> si lamentò << Devo tornare in classe, io e Saori-chan dobbiamo fare insieme un castello con la plastilina! >>.
Senza ascoltarlo, la madre lo abbracciò facendo un respiro profondo che fece sorridere Youko.
<< Zia Youko, diglielo anche tu >> continuò Yoshiki << Saori-chan mi sta aspettando >>.
<< Dai, Midori >> cercò di convincerla l’amica << Non vedi che Yoshi-chan deve conquistare la sua bella? >> domandò con ironia.
Il bambino arrossì. Era palese che si fosse preso una cottarella per la bambina. Saori poteva non somigliare fisicamente a Shizuru ma esercitava il suo stesso charme su chiunque. Non osava immaginare che strage avrebbe fatto una volta che fosse arrivata alle superiori. Sarebbe stato divertente vedere come gli studenti avrebbero lottato tra loro per ottenere un suo sorriso.
O le studentesse, pensò con ironia ricordando con quale donna stesse crescendo.
<< Va bene >> rispose infine Midori allentando la stretta e arruffandogli i capelli con un sorriso << Mi raccomando Yoshi-chan non allontanarti da scuola per nessun motivo se non vedi me o zia >> gli raccomandò.
<< Lo so, mamma >> affermò suo figlio << Non devo parlare con gli sconosciuti e non devo accettare le caramelle >>.
<< Bravissimo >> ribatté la rossa mettendosi in piedi << Adesso vai e fai un castello degno dei migliori architetti! >>.
Stava per aprire la porta quando fu preceduta da Saori.
<< Yoshi-chan, dobbiamo sbrigarci >> disse la bambina afferrando la mano dell’amico. Si voltò verso le due adulte e fece un leggero inchino in segno di saluto << Buongiorno Sagisawa-san e Sugiura-san >> aggiunse sorridendo.
<< Ciao Saori-chan >> rispose Midori osservando la piccola coppia.
<< Saori-chan >> disse Youko cogliendo al volo l’occasione per poter dissipare i suoi dubbi << Ieri non è venuta la tua mamma a prenderti >>.
<< No, Sagisawa-san >> affermò la mora << E’ venuta una sua amica >>.
<< E come si chiama? >>.
<< Natsuki-san >>.
 
Fu Shinobu a svegliare Natsuki quando iniziò a saltare sul letto. La mora si mise seduta urlandogli di fermarsi.
<< Adesso basta Shinobu! >> disse in modo autoritario notando che il bambino non l’ascoltava << Se cadi e ti fai male, ti dovrò portare in ospedale >>.
A quelle parole il figlio smise immediatamente sedendosi a gambe incrociate di fronte a lei.
<< Che cosa facciamo oggi, mamma? >>.
La mora lo osservò per qualche secondo mentre un sorriso si allargava sul suo viso. Allungò una mano afferrando le sue così piccole e lo tirò verso di sé per poterlo baciare. L’attimo dopo lo buttò sul letto e iniziò a farli il solletico. Shinobu provò a divincolarsi e a ridere divertito dalla situazione.
<< Mamma! >> gridava << Liberami! >>.
<< Sei mio prigioniero! >> rispose la donna ridendo anche lei.
Avevano entrambi bisogno di scacciare per un po’ i brutti i pensieri e i ricordi tristi. Improvvisamente il cellulare dell’adulta prese a squillare.
<< Vai a vestirti >> disse Natsuki interrompendo quello che stava facendo e prendendo l’apparecchio lasciato sul comodino << Dopo andiamo a fare colazione >>.
Il bambino corse in bagno senza farselo ripetere due volte.
<< Pronto? >> domandò senza guardare chi fosse.
<< Ciao Natsuki >> disse una voce maschile senza riuscire a trattenere un sorriso nel sentirla << Come stai? >>.
<< Shinichi! >> esclamò la mora lieta di sentire l’uomo. Involontariamente si voltò verso la porta dietro la quale si trovava suo figlio << Hai novità? >>.
Il sorriso sul volto di Shinichi scomparve a quella domanda.
<< No, mi spiace >> rispose << Come state? Shin-chan? >>.
<< Bene, stiamo per andare a fare colazione. Pensavo avessi buone notizie >>.
<< Mi dispiace davvero, Natsuki >> ripeté l’uomo << Non dimenticarti però che a Tokyo hai ancora una speranza. Non disperarti >>.
Prima di parlare, la mora dovette inghiottire un groppo di saliva. Sentì il labbro inferiore tremarle e dovette morderlo. Non voleva che Shinobu la vedesse in quel modo.
<< Sta…sta diventando sempre più difficile… >> disse con un filo di voce.
<< Lo so ma pensa a Shinobu. Se molli tu, a chi si aggrapperà? >>.
<< Mamma, che hai? >> chiese inaspettatamente il bambino uscendo dal bagno.
La trentunenne si affrettò a scuotere il capo e chinarsi per accarezzargli il volto.
<< Niente >> rispose sperando di non piangere << C’è Shinichi al telefono, lo vuoi salutare? >>.
Gli occhi di Shinobu s’illuminarono. Prese il cellulare e sorrise rivolto alla madre.
<< Shinichi? >>.
<< Ehi, ciao leoncino! >> affermò con entusiasmo l’uomo << Come ti senti? Ti fa male la testa? Mangi tutto? >>.
<< No, sto bene >> rispose il bambino sedendosi sul bordo del letto << Ieri ho conosciuto una bambina che mi ha fatto giocare con lei alla wii. Si chiama Miyuki >>.
<< Bravo, Shin-chan. Mi raccomando non far arrabbiare la mamma >>.
<< Okay >> disse Shinobu << Ciao Shinichi >>.
Passò il telefonino a Natsuki.
<< Mettiti le scarpe >> ordinò prima di tornare a parlare con l’uomo << Sono io >>.
<< Non perdere le speranze. Shin-chan ti ha dimostrato di essere un vero leone >>.
<< No, lui è il mio guerriero >>.
 
<< Tu li vedi? >> domandò Mai a Tate senza guardarlo mentre si alzava sulle punte per vedere oltre le altre persone che attendevano i propri cari.
<< Staranno prendendo i bagagli >> constatò l’uomo stringendo la mano della figlia << Arriveranno >>.
<< Perché mamma è così impaziente? >> domandò Miyuki alzando gli occhi verso il padre.
Tate sorrise accarezzandole i capelli.
<< Perché non vede zio Takumi da un mese ormai >> spiegò cercando di essere più chiaro possibile << E gli vuole molto bene >> tornò a guardare avanti a sé scrutando i volti dei passeggeri che erano appena atterrati << Mai, eccoli! >> esclamò indicando la coppia.
La rossa si voltò nella sua direzione e sorrise iniziando ad agitare entrambe le braccia.
<< Ragazzi, siamo qui! >>.
Takumi e Akira si avvicinarono alla famiglia Yuuichi tenendosi per mano. La donna non perse altro tempo e andò ad abbracciare il fratello gioendo.
<< Takumi! >> disse << Come state? Com’è andata? Vi è piaciuta l’Europa? >>.
<< Mai, fallo respirare >> l’ammonì il marito ridendo.
<< Oh, scusa! Allora come state ragazzi? >>.
<< Bene, il viaggio è stato molto bello >> rispose Akira << Ma siamo anche contenti di essere tornati >>.
<< Zia! >> esclamò la bambina gettandosi verso i coniugi Tokiha.
<< Ciao Miyu-chan >> salutarono contemporaneamente Takumi e Akira.
La ventottenne si chinò per prenderla in braccio mentre si avviavano verso l’uscita dell’aeroporto. Nel tragitto fino all’auto Takumi iniziò a raccontare del loro viaggio di nozze, di come avessero visitato le principali capitali europee, assaggiato cibi nuovi e visto numerosi musei e opere d’arte. Tate si mise al posto di guida e partirono verso casa dei cognati. Guardò attraverso lo specchietto retrovisore le due donne e la bambina che sedevano dietro e sorrise. Mai era contentissima del ritorno del fratello e della moglie, si vedeva chiaramente da come sorrideva e chiacchierava. Finalmente Takumi si era deciso a chiedere la mano della sua fidanzata. Facevano coppia fissa da quando avevano quattordici anni e dopo altri quattordici erano convolati a nozze. Era stata Mai a spingere affinché il fratello comprasse un anello per la proposta, in effetti era merito suo anche quando, al tempo del liceo e si era scoperta la vera identità della ninja, avevano smesso di comportarsi di semplici amici. Entrambi i due ragazzi erano molto timidi e senza di lei probabilmente ancora adesso si sarebbe chiamati usando i suffissi.
<< Che cosa mi hai portato zio? >> domandò Miyuki sporgendosi dal suo posto.
Takumi rise.
<< Appena arriviamo vedrai, piccola >>.
<< Avete portato qualcosa anche a me? >> domandò Mai in modo innocente.
<< Certo >> rispose Akira << Un pensierino a tutti >>.
Gli occhi della rossa s’illuminarono.
<< Per caso il mio regalo arriva tra nove mesi? >>.
Il volto della giovane sposa avvampò mentre il ragazzo si strozzò con un sorso d’acqua che stava facendo dalla sua bottiglietta comprendendo a cosa si riferisse la sorella.
<< Mai! >> esclamò Takumi cercando di mantenere un contegno.
<< Che tipo di regalo arriva dopo nove mesi? >> chiese ingenuamente la bambina.
Akira non smetteva di fissarsi la punta delle scarpe imbarazzata dalla piega della conversazione.
<< Mai se non la smetti, Takumi e Akira non ci parleranno più! >> scherzò Tate svoltando a destra.
<< Ma non ho detto nulla di male! >>.
<< Mamma, che tipo di regalo arriva dopo nove mesi? >> ripeté Miyuki che si sentiva ignorata.
La rossa la prese sulle gambe dandole un bacio sulla guancia.
<< Il regalo più bello del mondo >>.
 
Natsuki osservava il bambino giocare alla wii insieme a Miyuki che aveva mostrato orgogliosamente i vari peluche che le avevano portato dal viaggio di nozze gli zii. Per quell’occasione le era stato concesso di non andare a scuola quel giorno. La mora era rimasta sorpresa e allo stesso tempo felice di sapere che Takumi e Akira erano convolati a matrimonio e che anche per loro stava andando tutto bene.
<< Spero proprio che si decidano >> disse la rossa mentre preparava un dolce.
L’amica rise.
<< Dai, Mai >> rispose << Hanno ventotto anni, lascia che si godano la vita da piccioncini ancora un altro po’ >>.
<< Ma io voglio diventare zia! >> si lamentò la trentunenne con un sorriso.
<< Succederà, non pressarli! >>.
Entrambe risero di gusto ricordando com’era bello farlo insieme. Si guardarono negli occhi pensando che nonostante gli anni, la loro amicizia era rimasta la stessa. Solida, duratura e sincera. Natsuki era riuscita a confidarsi solo con lei, a nessun altro aveva rivelato quello che quella sera le era accaduto e quando le aveva presentato Shinobu non le aveva fatto domande limitandosi a sorridere calorosamente al bambino. Non aveva letto nei suoi occhi rancore o richieste, era semplicemente contenta del suo ritorno. Il fatto che avesse con sé un’altra persona non era fonte di disagio ma di felicità. In fondo lui non aveva colpe. In cuor suo l’aveva ringraziata parecchie volte per quel suo modo disinvolto di comportarsi di fronte alla novità. Li sentì ridere e si sentì riempirsi di felicità. L’unica cosa importante per lei in quel momento era vedere Shinobu contento. Fin da quando era nato, quella piccola creatura aveva sofferto parecchio e vederlo ridere insieme a Miyuki le faceva tirare un sospiro di sollievo. Improvvisamente si ricordò che era solo colpa sua e chinò il capo per nascondere una lacrima. Chiuse gli occhi facendo un respiro profondo.
<< Che stai pensando? >> le domandò Mai notando il leggero cambiamento della mora.
<< Nulla >> affermò Natsuki abbozzando un sorriso << Sono davvero contenta per Takumi e Akira >>.
La rossa le rivolse un ampio sorriso.
<< Vuoi rivederla? >> le chiese semplicemente.
La trentunenne si ritrovò ad annuire ancora prima di comprendere d’averlo fatto.
<< Dopo la mensa, i bambini giocano sempre per un’ora nel cortile della scuola >> spiegò l’altra << E Shizuru? >>.
<< Non sai quante volte avrei voluto mettere fine a questo strazio. E’ sempre stata nei miei pensieri da quando me ne sono andata. Io l’amo ancora, non ho mai smesso >>.
L’arrivo di suo figlio, però, aveva complicato ulteriormente le cose sotto quel punto di vista. Non avrebbe mai potuto spiegare all’ex compagna cosa era successo realmente e non poteva evitare che si facesse strani pensieri sulla sua paternità.
<< Lo so, Natsuki. Lo so >> affermò l’amica posandole una mano coperta dal guanto da forno sulla sua << Va dalla tua bambina allora >>.
Involontariamente la mora sollevò gli occhi verso l’ora e subito dopo verso Shinobu.
<< Ci penso io >> la incoraggiò Mai con un sorriso.
<< Grazie Mai >>.

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Capitolo 6
*** Inviti a pranzo e rientri ***


Shizuru quella mattina era stata distratta nei suoi vari incontri di lavoro. Nonostante i pensieri che le frecciavano nella mente, era comunque riuscita a mantenere sempre un certo controllo sulla situazione. Accavallò le gambe mentre posava lo sguardo sulla fotografia di Saori in una cornice d’argento e sorrise involontariamente. Non c’era niente di più importante della sua bambina. L’attimo dopo guardò l’ora e afferrò il telefono che stava sulla scrivania.
<< Izumi >> disse quando la sua segretaria ebbe attivato la conversazione dall’altra parte della porta del suo ufficio << Puoi andare se vuoi. Oggi ho intenzione di prendermi tutto il pomeriggio >>.
La venticinquenne rispose con un breve monosillabo prima di agganciare e bussare. Shizuru le diede il permesso di entrare e mentre avanzava rimase colpita come sempre dalla sua finezza e bellezza. Indossava un vestito rosa antico, un colore che le stava molto bene addosso visto il colore scuro dei suoi lunghi capelli. Inghiottì un groppo di saliva mentre pensava che aveva un qualcosa che le ricordava Natsuki.
<< Shizuru-san >> disse la ragazza tenendo lo sguardo basso per l’imbarazzo che ancora provava dal giorno precedente << Io… >>.
Strinse nervosamente le dita della mano nell’altra mordendosi il labbro inferiore. La trentatreenne si alzò in piedi con un mezzo sorriso e le sfiorò la guancia.
<< Mi dispiace per ieri, Izumi >> si scusò per cercare di evitare dare una spiegazione e non parlare della sua ex compagna << Non avrei dovuto darti la colpa di tutto >>.
<< Non era mia intenzione creare… >>.
Il bacio dell’altra donna la bloccò mentre il suo braccio la circondava. Shizuru la strinse a sé respirando il profumo della sua pelle e le morse dolcemente il collo. Izumi gemette già dimentica di quello che era successo con la bambina. Lasciò che una mano dell’altra s’insinuasse tra le sue gambe e le abbassasse lo slip fino alle caviglie. Nascose il volto nell’incavo tra la sua spalla e il suo collo e iniziò ad ansimare mordendo a tratti il tessuto della camicia. Con una certa soddisfazione, la più grande sentì l’eccitazione della venticinquenne crescere e non ci volle molto prima di farla arrivare all’orgasmo. Era sempre una gioia trovarla sempre pronta a soddisfare i suoi desideri, sotto quel punto di vista era molto diversa da Natsuki. La trentunenne s’imbarazzava spesso, arrossiva, negava il piacere che provava anche se sapeva che non era vero mentre Izumi non faceva nulla per nascondere il benessere che provava. Alcune volte era stata capace di farla urlare. Non era per nulla timida e impacciata. Si guardarono negli occhi e la ragazza sorrise spingendola verso la scrivania. Nonostante fosse insolito per Shizuru, qualche volta le lasciava condurre i giochi. Si sedette mentre le gambe dell’altra le impedivano di chiudere le sue. La venticinquenne la baciò con trasporto iniziando a sbottonarle la camicetta di seta grigio perla che indossava.
<< Ora tocca a me >> sussurrò maliziosamente.
Abbassò la testa mentre le sue mani massaggiavano il seno scoperto della trentatreenne.
<< Ti amo, Shizuru-san >>.
La donna ansimò pesantemente senza rispondere. Quando comprese che anche per lei era arrivato il momento di godere, strinse i capelli di Izumi spingendole ulteriormente la testa verso la sua intimità.
<< Ti amo >> bisbigliò semplicemente.
Natsuki, aggiunse silenziosamente subito dopo.
 
<< Vado a prendere Saori a scuola >> disse Shizuru notando lo sguardo interrogativo di Izumi mentre si stava rivestendo.
La venticinquenne gettò una breve occhiata al suo orologio da polso e si limitò ad annuire. Se le avesse detto quello che pensava a quelle sue parole, probabilmente avrebbe chiuso per sempre con la trentatreenne.
<< Ci sentiamo più tardi >> continuò la donna dopo averle dato un bacio a fior di labbra.
Uscì e s’infilò in macchina. Mentre guidava pensò a dove poteva portare la bambina a pranzo. Si era presa tutta la giornata per poter stare con lei, sarebbe stata contenta anche solo di contemplarla per ore e ore in silenzio mentre colorava o disegnava. Sorrise pensando a tutte le volte che l’aveva fatto mentre dormiva senza stancarsi mai di costatare la somiglianza che aveva con la mora. Parcheggiò fuori la scuola e per la prima volta la colse il pensiero che potesse esserci anche Natsuki. Si guardò intorno con una leggera ansia addosso. Cosa le avrebbe detto se l’avesse vista? Il giorno precedente era talmente arrabbiata da non averle dato il tempo di dire nulla. Perché era tornata improvvisamente? Voleva semplicemente vedere la bambina? Dopo cinque anni si era ricordata di lei? Oppure…quel pensiero le bloccò il respiro. E se le avesse chiesto di ricominciare? Se si fosse gettata ai suoi piedi implorando di perdonarla? Cosa avrebbe risposto? Lei l’amava ancora moltissimo, non l’aveva mai dimenticata ma non poteva fare finta che fosse tutto normale. Aveva provato ad andare avanti per il bene di Saori e anche per se stessa, affinché non annegasse in quella disperazione che l’aveva dilaniata per molto tempo prima di trovare la forza di reagire. Si voltò per l’ennesima volta prima di varcare il cancello e chiese al bidello col quale aveva parlato il giorno precedente se potesse condurla alla classe della bambina. L’uomo lasciò quello che stava facendo per ubbidire alla sua richiesta.
<< Sono contento che tutto si sia risolto, Fujino-san >> disse il bidello bussando alla porta dell’aula della bambina.
La trentatreenne gli rivolse un sorriso.
<< Anch’io >> si limitò a dire.
<< Mamma! >> esclamò Saori vedendo la figura della donna sulla soglia e alzandosi in piedi.
<< Ciao amore >> rispose Shizuru che ogni volta che la vedeva le si apriva il cuore per la felicità << Prepara lo zainetto, andiamo via >>.
<< Pranziamo insieme? >> domandò contenta la bambina.
Sua madre annuì prima di parlare con l’insegnante. La maestra la mise al corrente delle nuove disposizioni della Direttrice Suzushiro e la donna si ritrovò a sorridere pensando alla sua amica di liceo. Non era cambiata per nulla in fondo.
<< Pronta? >>.
<< Eccomi! >> affermò Saori prendendo la mano della donna.
<< Hai fame? >>.
<< Tantissima, voglio le patatine fritte! >>.
Shizuru scoppiò a ridere.
<< Adesso vediamo >> rispose evasivamente, anche se aveva già deciso di accontentarla.
 
La mora era arrivata da poco fuori la scuola e non sapeva se entrare o rimanere fuori il cancello. A bloccarla era la paura che qualcuno le chiedesse chi stava cercando. Cosa avrebbe risposto? Sì, sono venuta a vedere mia figlia che ho abbandonato cinque anni fa dopo che sono stata violentata? Dubitava profondamente che chiunque l’avesse creduta, probabilmente le avrebbero vietato di avvicinarsi ancora all’edificio. Improvvisamente sentì la campanella suonare e sobbalzò. Bambini e ragazzi si precipitarono nel cortile da due uscite, alla ricerca dei propri genitori i più piccoli mentre i più grandi correndo verso i motorini o allontanandosi a piedi da soli o in gruppo. Un lieve sorriso le increspò le labbra vedendo le madri afferrare gli zaini dei figli mentre domandavano loro com’era andata la giornata. Involontariamente immaginò Shizuru mano nella mano alla loro bambina, entrambe così belle e sorridenti mentre si dirigevano verso l’auto nella quale le stava attendendo. Sarebbero state una bella famiglia, sarebbero state felici se solo…le tremò il labbro inferiore a quel pensiero. Doveva cercare di rimanere ancorata alla realtà il più possibile e non pensare a quello che sarebbe potuto succedere. C’era Shinobu nella sua vita e, anche se non l’aveva desiderato, gli voleva bene.
<< Kazu-chan, metti la mano sul passeggino e camminami accanto >> disse una donna passandole accanto.
Questa voce, pensò Natsuki voltandosi di scatto, Non è possibile.
<< Akane? >> chiese sentendo il cuore accelerare i battiti.
L’altra si girò sentendosi chiamare e sgranò gli occhi per la sorpresa.
<< Natsuki?! >> esclamò tornando indietro per avvicinarsi << Sei davvero tu? >>.
La trentunenne annuì sorridendo.
<< Ma certo che sei tu! Sono contentissima di vederti! >> continuò abbracciandola.
<< Chi è mamma? >> domandò un bambino che dall’uniforme doveva frequentare le elementari.
<< E’ una vecchia amica della mamma, Kazu-chan >> rispose Akane << Abbiamo frequentato il liceo insieme >>.
<< Come con papà? >>.
Papà?, si chiese la mora, Ma allora Kazu-chan è il diminutivo di Kazuya! No, non posso credere che l’abbia chiamato come il marito!
<< Sì, esatto >> rispose la madre << Non sapevo che fossi tornata >> aggiunse tornando a rivolgere la sua attenzione all’altra donna.
<< Io… >> iniziò incerta. Cosa doveva dire? Era Mai o Shizuru a riferire ad Akane che era andata via da Tokyo? << Io sono arrivata ieri >> affermò infine rimanendo sul vago << Questi sono i tuoi figli? >> aggiunse per cambiare argomento.
<< Sì, lui è Kazuya >> rispose indicando il bambino che le fece un leggero inchino << E lui è Hiroki invece >>.
Bingo, pensò la mora.
Sollevò il bambino di un paio d’anni dal passeggino per farglielo vedere con orgoglio da madre. Natsuki dovette ammettere che erano entrambi molto carini e che somigliavano alla donna. Aveva sempre saputo che si sarebbe sposata col suo eterno fidanzato, un po’ come era accaduto con Takumi e Akira. Dovevano amarsi davvero molto. A quel pensiero chinò il capo.
Tu non ami forse Shizuru?, si domandò con ironia, Eppure non ci stai insieme.
<< Complimenti >> disse sinceramente osservando i grandi occhi verdi di Hiroki << Hai una famiglia meravigliosa >>.
<< Grazie >>.
<< Mamma, io ho fame >> si lamentò il primogenito.
<< Sì, torniamo subito a casa >> rispose Akane spingendo il passeggino << Sono davvero contenta d’averti visto, Natsuki >>.
<< Anche a me ha fatto molto piacere >>.
<< Arrivederci Natsuki-san >> salutò il bambino più grande.
Si erano allontanati di qualche metro quando la mora sentì chiamarsi nuovamente. Si voltò in direzione della scuola e il cuore le saltò in gola vedendo Saori che stava agitando la mano libera verso di lei in segno di saluto mentre camminava accanto a Shizuru. Era proprio come aveva immaginato pochi minuti prima. Una sensazione piacevole improvvisamente l’avvolse.
<< Ciao…ciao Saori >> disse cercando di mascherare il disagio che provava nel sentirsi così vicina alla trentatreenne.
<< La mamma mi è venuta a prendere per andare a pranzo insieme >>.
Natsuki si abbassò sulle ginocchia per poterla guardare negli occhi. Sopra la divisa scolastica indossava un cappottino rosso dal taglio fine stretto in vita da una cinta e ai piedi calzava un paio di stivali nero lucido. Era così carina, sembrava una signorina.
<< Sei contenta? >> le domandò accarezzandole una guancia.
La bambina sorrise mentre annuiva energicamente. La trentunenne si rialzò e guardò per un solo attimo Shizuru negli occhi.
<< Ciao Shizuru >> mormorò abbassando inconsciamente il volume della sua voce.
<< Ciao >> rispose l’altra donna cercando di apparire distaccata << Saori, amore, vogliamo andare? >> aggiunse col suo solito tono dolce.
Natsuki avrebbe voluto urlarle che non era stata colpa sua, che era stata costretta ad andare via per proteggere la sua famiglia e invece si limitò a restare in silenzio. La bambina posò i suoi grandi occhi verdi sulla mora senza smettere di tenere la mano della madre.
<< Vuoi venire anche tu? >> propose con una tale ingenuità che il cuore di Shizuru perse un paio di battiti per l’intensità del momento.
Le due donne si guardarono nello stesso istante e questo fece arrossire la trentunenne.
<< Mamma, può? >>.
<< Se vuole >> affermò la più grande che non sapeva se essere contenta o meno.
L’unica cosa certa che aveva la mente in subbuglio. Si scoprì in ansia nell’attendere la risposta.
<< Vuoi? >> domandò Saori tornando a guardare Natsuki.
<< Ma…ma certo che voglio >> disse la mora con un sorriso << Grazie per l’invito >>.
 
Tate passò davanti alla cucina tenendo in bilico due casse piene di bottiglie vuote e notò Shinobu che sospirava con tristezza con i gomiti poggiati sul tavolo. Si affacciò e vide Miyuki fare diligentemente i compiti mentre Mai era intenta preparare delle verdure. Tra una mezz’ora sarebbero iniziati ad arrivare i commensali e per questo motivo la rossa aveva fatto mangiare prima i due bambini. Si domandò dove fosse finita Natsuki. Dopo Saori aveva intenzione di non occuparsi nemmeno di Shinobu?
<< Shin-chan, che c’è? >> domandò.
<< Mi annoio >> rispose il bambino alzando i suoi grandi occhi azzurri sull’uomo << Miyu-chan non vuole giocare con me! >>.
<< Devo fare prima i compiti Shin-chan >> affermò la bambina con un certo tono << Io sono grande, vado in prima elementare >>.
Quell’affermazione fece sorridere Tate. Guardò la moglie notando che stava facendo la stessa cosa.
<< Perché non vieni con me? >> propose l’uomo << Ti va di darmi una mano? >>.
Shinobu annuì contento correndo verso di lui. Tate lo condusse sul retro del ristorante e si fece aiutare dal bambino a sistemare nella dispensa la merce arrivata quella mattina. Riposero nel grande frigorifero ciò che doveva essere tenuto al fresco e alcune volte l’uomo lo sollevò per farlo arrivare agli scaffali più in alto mentre ricordava quante volte l’aveva fatto con Miyuki. Si rese conto di stare vivendo maggiormente la bambina da quando aveva iniziato ad andare a scuola. Prima passava tutta la giornata con i suoi genitori. Per questo motivo avevano deciso di rimandare ad un tempo indefinito l’idea di avere un secondo figlio. Sulle loro spalle gravava ancora il peso del mutuo. Gli sarebbe piaciuto, visto che aveva già una bambina, avere un maschietto per dargli consigli sulle ragazze, insegnargli il kendo, giocare a pallone con lui. Abbassò gli occhi su Shinobu che attendeva un suo ordine e gli sorrise. Natsuki non meritava quello che aveva, non riusciva ad apprezzarlo. Aveva abbandonato Saori e Shizuru senza alcun motivo, andandosene dall’oggi al domani, chi gli diceva che non si sarebbe comportata allo stesso modo con lui? Si domandò improvvisamente chi fosse il padre del bambino. Mai non gliene aveva parlato; in effetti, non credeva nemmeno che avessero mai preso l’argomento. Si chinò per arruffare i capelli al piccolo e si piegò sulle ginocchia. C’era qualcosa nei suoi tratti che non gli ricordava quelli di un giapponese.
<< Abbiamo fatto tutto, Shin-chan >> disse << Sei stato bravissimo, senza di te non ce l’avrei mai fatta >>.
<< Grazie Tate-san >> rispose Shinobu inorgoglito dalle sue parole.
<< Perché non vai a vedere se Miyu-chan ha finito i compiti? >>.
Il bambino non se lo fece ripetere due volte correndo verso la cucina.
 
Si toccò il ventre mentre usciva dall’aeroporto. Alzò gli occhi osservando il paesaggio circostante e constatò che non era cambiato poi molto. Quando era partita, aveva pensato che non sarebbe più tornata a Tokyo, che il capitolo della sua vita lì si era concluso e non certo nel migliore dei modi. Invece era tornata. Che fosse per questioni di lavoro o meno non importava, il risultato era lo stesso. Sbadigliò mentre si toglieva gli occhiali per pulirli.
<< Dammi la borsa, hai l’aria stanca >> disse premurosamente l’uomo che le stava accanto.
<< Grazie, Will >> rispose con un mezzo sorriso lei.
Era vero, il viaggio l’aveva stancata parecchio. Il suo più grande desiderio era farsi un caldo bagno e una lunga dormita una volta arrivati in albergo. Accese il palmare per controllare che non ci fossero mail di lavoro ma improvvisamente le fu strappato di mano.
<< Non è il momento di lavorare, Yukino >> affermò Will << Devi riposarti e far riposare anche lui >> aggiunse posando una mano sulla sua pancia.
A quel gesto la trentunenne sorrise. Il suo bambino, il loro bambino. Ancora qualche settimana e l’avrebbero conosciuto. Non sapevano se fosse maschio o femmina, avevano deciso di aspettare il momento del parto, ma l’uomo pareva fermamente convinto che fosse un bimbo. A lei non importava, l’unica cosa importante era che stesse bene. Nell’ultimo periodo si era accorta di non vedere l’ora di poterlo stringere tra le braccia, di vederlo, di parlargli.
<< Va bene >> rispose lasciando che l’uomo riponesse il palmare nella borsa.
Will fermò un taxi e l’aiutò a salire. Era così premuroso con lei, lo era sempre stato fin dalla prima volta che l’aveva conosciuto. Era arrivata a New York dopo aver accettato una buona offerta di lavoro cinque anni prima, ma non si era aspettata di certo di lavorare per un ragazzo della sua stessa età. A quel tempo era il figlio dell’azionista di maggioranza di una grossa multinazionale anche se il padre gli dava carta bianca su tutto visto il suo talento per gli affari. L’aveva subito messa a suo agio, imparando perfino alcune parole giapponesi e facendole conoscere la città. Era stata la prima persona con la quale si era trovata bene. Si sorrisero mentre davano il nome dell’albergo al tassista.
<< Viaggio di nozze o di lavoro? >> domandò l’uomo che guidava gettando una breve occhiata ai due giovani.
<< Lavoro >> rispose Will con un mezzo sorriso mentre Yukino era arrossita << Ma la mia fidanzata è di Tokyo >>.
<< Oh, scusatemi. Non volevo essere inopportuno >>.
<< Nessun problema >> si affrettò a dire la donna << Resteremo qui per qualche settimana, il tempo di concludere alcuni affari >>.
<< E il vostro bambino dove nascerà? >>.
Involontariamente entrambi i genitori toccarono la grossa pancia della trentunenne.
<< Qui >> affermò semplicemente Yukino guardando l’uomo.
 
Quando il taxi si fermò ed entrambi scesero, la trentunenne dovette ammettere che quell’albergo era molto più che lussuoso. Ma d’altra parte che cosa si poteva aspettare dal suo futuro suocero? Oltre ad essere molto ricco era anche un uomo dall’animo gentile e generoso. La notizia dell’arrivo del suo nipotino l’aveva riempito di gioia, anche se suo figlio e Yukino non erano ancora sposati. Sarebbe stata la prima volta che diventava nonno, era ovvio che fosse entusiasta. Un addetto alla reception diede loro la chiave della loro stanza complimentandosi per la scelta. Se l’aspetto esterno trasudava lusso e sfarzo, l’interno lo faceva ancor di più. Non erano molti quelli che potevano permettersi di soggiornare lì. Entrarono in ascensore e la donna si lasciò andare ad un lungo sospiro di stanchezza. Will le accarezzò dolcemente una guancia.
<< Il viaggio è stato molto lungo >> disse guardando il suo riflesso allo specchio.
La trentunenne annuì con un mezzo sorriso. Erano entrambi abituati a viaggiare molto; per il lavoro che facevano prendevano aerei anche una volta a settimana ma, con la fine della gravidanza, tutto diventava estremamente sfibrante. L’uomo aprì la loro camera, diede la mancia al facchino che si era occupato dei loro bagagli ed emise un lungo fischio mentre chiudeva la porta alle sue spalle. Yukino non riuscì a dargli torto; più che una stanza, la loro pareva un piccolo appartamento. Ingresso, salotto con frigo-bar, divano a quattro posti e televisore al plasma di quaranta pollici, bagno con idromassaggio e infine la camera da letto.
<< E’ quasi più grande dell’appartamento che mi sono potuta permettere quando sono arrivata a New York! >> scherzò la donna togliendosi la giacca.
<< Mi stai rimproverando di averti dato uno stipendio da fame? >> rispose con lo stesso tono Will che si stava versando da bere.
Yukino scosse il capo sedendosi sul divano. Accettò volentieri un bicchiere d’acqua fresca e osservò il paesaggio che si godeva dall’ampia vetrata mentre pensava a ciò che per lei significava essere tornata a Tokyo.
Haruka, disse tra sé osservando il traffico, Che stai facendo ora? Mi hai pensata mai in questi anni? Da quella volta non ci siamo più sentite.
<< Vuoi fare l’idromassaggio? >> le domandò improvvisamente l’uomo.
La donna si destò dai suoi pensieri trovando il volto di Will vicinissimo al suo.  Lasciò che la baciasse sulla guancia prima di annuire.
<< Allora lo preparo, penso che sia abbastanza grande per poterlo fare insieme >>.
Le lanciò uno sguardo malizioso prima di sparire dietro la porta. Rimasta sola la trentunenne si accarezzò delicatamente la pancia.
Piccolo mio, si disse, Avrai un papà davvero eccezionale.

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Capitolo 7
*** Qualcosa che fa male ***


Shizuru parcheggiò fuori un albergo che ad una sola occhiata Natsuki calcolò essere il più costoso dell’intera città. Dubitava profondamente che anche utilizzando tutto il suo stipendio di un mese avrebbe potuto alloggiare una sola notte lì. Guardò l’altra donna che stava scendendo e sospirò. Per tutto il viaggio, la trentatreenne era rimasta in silenzio limitandosi a tenere gli occhi fissi sulla strada. Ogni tanto aveva parlato dolcemente a Saori ma mai si era rivolta alla mora che si era ritrovata a fissare il paesaggio circostante. Osservò la bambina tenere per mano la madre mentre le camminava accanto e si avviavano verso l’entrata.
<< I dorayaki sono i dolci preferiti di Saori >> spiegò improvvisamente Shizuru accostandosi a lei << E questo è il posto dove li fanno meglio >>.
Non sapeva nemmeno lei perché glielo stava dicendo, una parte di sé voleva mettere al corrente l’altra che avevano lo stesso dolce preferito. Era un dettaglio insignificante ma per lei dimostrava parecchio. Natsuki sorrise a quelle parole e involontariamente le sfiorò la mano. Arrossì subito dopo rendendosi conto della potente scarica elettrica che l’aveva attraversata. Entrarono e attraversarono il grande atrio. La mora non si era sbagliata, ovunque posasse gli occhi le uniche parole che le venivano in mente erano lusso e sfarzo. Doveva essere relativamente recente, non lo ricordava finché era vissuta a Tokyo. Era così assorta nei suoi pensieri da urtare inavvertitamente un uomo che le camminava in senso contrario.
<< Mi scusi >> si affrettò a dire raccogliendo le carte che erano cadute di mano all’altro << Sono terribilmente dispiaciuta, è stata colpa mia >>.
<< Non fa niente >> rispose l’uomo con un sorriso chinandosi anche lui.
<< E’ tutto a posto, Will? >> domandò una donna avvicinandosi con un grosso pancione.
Natsuki alzò gli occhi mentre porgeva gli ultimi fogli a Will e sussultò.
<< Yukino? >> domandò incredula.
<< Natsuki? >> fece l’altra con lo stesso tono.
<< Ma guarda che piacevole sorpresa >> disse Shizuru che era rimasta accanto alla mora.
<< Shizuru-san! >>.
<< Vi conoscete? >> chiese Will posando alternativamente lo sguardo sulle due donne che gli stavano davanti.
<< Frequentavamo lo stesso liceo >> spiegò Yukino << E’…è passato parecchio tempo ma vedo che certe cose sono rimaste uguali >>.
<< Yukino-san non ci presenti quest’uomo così affascinante? >> domandò la trentatreenne con un sorriso evitando di dare spiegazioni sulla loro situazione.
A quel complimento Will arrossì per un attimo.
<< Lui è il mio fidanzato William Prest >> presentò la donna incinta non senza aver notato come Shizuru esercitasse ancora in suo fascino su entrambi i sessi << Loro sono Shizuru Fujino e Natsuki Kuga >>.
<< I miei più sinceri auguri per il lieto evento >> continuò l’altra riferendosi al pancione << Non dovrebbe mancare molto >>.
<< No >> rispose Will che ogni volta che si parlava del suo bambino gli si illuminavano gli occhi << Non vediamo l’ora di conoscerlo >>.
<< Maschio? >> chiese Natsuki.
Yukino si toccò il pancione arrossendo.
<< Ancora non lo sappiamo >> rispose << E questa bambina? >> aggiunse osservando Saori << E’ tua figlia, Natsuki? E’ bellissima, complimenti, e ti somiglia moltissimo >>.
La mora arrossì visibilmente e guardò Shizuru senza sapere cosa dire. Sentì gli occhi della bambina puntarsi su di lei. Perché quella sconosciuta non le aveva detto di somigliare alla sua mamma? Perché l’aveva scambiata per la figlia di quella donna che conosceva appena? Perché non si notava la somiglianza con Shizuru?
<< No, Saori è mia figlia >> puntualizzò la trentatreenne poggiando una mano sulla spalla della figlia con fare protettivo.
<< Ah >> fece Yukino a disagio per la gaffe che aveva appena fatto << Scusatemi, io… >>.
<< Yukino, amore, credo che dovremmo proprio andare ora >> disse Will per trarla d’impaccio << Sapete, non sono di Tokyo e mi piacerebbe vedere un po’ la città >>.
<< Viaggio di piacere? >>.
Will scosse il capo.
<< Diciamo entrambi >> rispose con un mezzo sorriso << E’ stato un piacere fare la vostra conoscenza >>.
<< Lo stesso vale per me >> disse Shizuru.
La coppia si allontanò dopo che Natsuki ebbe mormorato un saluto. Anche se non voleva, non riusciva a staccare gli occhi da Saori dopo le parole di Yukino. Davvero le somigliava così tanto? E perché la bambina si era improvvisamente rattristata? Shizuru parve non farci caso e, dopo essere entrate nell’area destinata al ristorante, si fecero indicare un tavolo vuoto. Presero posto in silenzio, ancora a disagio per le parole dell’altra donna, e Natsuki iniziò a leggere il menù. Passarono pochi secondi prima che qualcuno salutasse la trentatreenne. Dal grado di confidenza che avevano, doveva conoscerlo da parecchio tempo. Un velo di gelosia l’attraversò facendola avvampare pensando a tutte le persone che aveva avuto modo di frequentare in quegli anni. Dovette trattenere il respiro per quanto le fece male.
<< Shizuru-san >> disse l’uomo << Che piacere incontrarla. Incantato come sempre dalla sua bellezza >> le baciò con galanteria la mano che la trentatreenne gli porgeva << Come potrebbe, d’altronde non frequentare un posto di così gran classe? Hanno una cucina internazionale oserei dire ottima, le consiglio di provarla >>.
<< Sempre troppo gentile Shuya-san >>.
<< Mamma, devo andare in bagno >> disse improvvisamente Saori senza essere, però, udita dalla donna che continuò a conversare amabilmente.
<< Ti accompagno io, Saori >> rispose Natsuki allungando una mano per prendere quella della più piccola << Non disturbare la mamma, vedi che sta parlando con questo signore? >>.
Non appena gliela ebbe solo sfiorata, Saori le si rivoltò contro.
<< Lasciami! Lasciami! Mi accompagna la mia mamma! >> urlò << Mamma! >> aggiunse alzando il volume della voce.
<< Chiedo scusa, Shuya-san >> affermò Shizuru voltandosi verso la figlia << Cosa c’è Saori? Non vedi che sono occupata? >>.
<< Ma io…io devo andare a fare pipì! >> esclamò la bambina
<< Shizuru-san, è meglio se continuiamo questa conversazione in un altro momento. C’è qualcuno che ha bisogno di lei molto più di me >>.
<< Sono terribilmente dispiaciuta, Shuya-san >> rispose la trentatreenne salutando l’uomo. Si girò nuovamente verso la figlia con sguardo duro << Cosa ti ho sempre detto Saori sul non disturbare gli adulti quando parlano? Ti sei comportata come una bambina maleducata, molto maleducata. Avrebbe potuto portarti Natsuki in bagno, anche lei è… >> si morse la lingua pensando a quello che stava per dire << …anche lei è una donna >> concluse.
Alla mora non era sfuggita l’esitazione che l’aveva colpita e sentì il cuore saltarle in gola.
<< Andiamo adesso >>.
Prese la mano della figlia e si allontanarono dal tavolo dirette al bagno. Quando Shizuru ebbe inserito la sicura alla porta osservò la bambina domandandosi perché si fosse comportata in quel modo. Le aveva sempre insegnato a comportarsi in modo educato soprattutto di fronte agli adulti e a non disturbarla se non era strettamente necessario. Non le aveva mai disubbidito, aveva sempre ricevuto ottimi commenti sul comportamento di Saori.
<< Scusa, mamma >> disse improvvisamente la bambina con occhi lucidi.
Shizuru si chinò per arrivare alla sua altezza e le sistemò una ciocca di capelli.
<< Che cosa c’è? Perché ti sei comportata male? >> le domandò la donna.
Saori le gettò le braccia intorno al collo.
<< Io voglio essere come te, mamma >> rispose la piccola << Voglio somigliare solo a te! Perché quella signora ha detto che somiglio a Natsuki-san? Tu sei la mia mamma, tu! >>.
Shizuru l’abbracciò trattenendo le lacrime.
<< Ma certo, amore >> affermò << Io sono la tua mamma e tu sei la bambina. Questo non cambierà mai, Saori. Mai >> le accarezzò una guancia senza sapere come spiegarle le parole di Yukino << Non devi dare ascolto a quello che dicono le persone…delle volte sbagliano. Qualunque cosa dicano gli altri, tu ascolta solo me >> le prese una piccola mano e gliela poggiò sul suo petto << Lo senti, Saori? E’ il cuore della mamma e le mamme non mentono mai >>.
Tornarono al tavolo che Natsuki aveva scelto già il vino. La trentatreenne rimase piacevolmente sorpresa nello scoprire che ancora ricordava quello che prediligeva.
<< Tutto bene? >> domandò vedendo Saori con gli occhi rossi.
Shizuru annuì rivolgendole un sorriso.
<< Sì, vogliamo ordinare? >>.
 
Trascorrere del tempo con Shizuru e Saori era molto più di quanto Natsuki avesse osato sperare da quando era tornata a Tokyo. Non sapeva nemmeno lei cosa avrebbe trovato dopo cinque e tutto quello che stava vivendo la riempiva di gioia. Osservò la bambina alzarsi da tavola dopo aver chiesto il permesso alla madre, e avvicinarsi all’acquario che stava proprio di fronte al tavolo. In quei due giorni erano successe parecchie cose. Aveva rivisto Akane e Yukino; la prima con la sua bella famiglia, la secondo intenta a crearla. Non credeva che si sarebbe staccata mai da Haruka, dopo il liceo erano andate a vivere perfino insieme per dividere le spese dell’appartamento, e invece era accaduto. Anche lei stava per diventare madre, l’intensità della novità l’avrebbe sconvolta. Sorrise pensando a quando era nata Saori, non era stato lo stesso quando era successo con Shinobu ma non era stata colpa del bambino.
 
<< Natsuki non ti crucciare altrimenti ti verranno le rughe >> aveva detto Shizuru notando lo sguardo preoccupato della sua compagna.
<< Sono passati nove mesi, perché ancora non nasce? >>.
<< Hai sentito anche tu quello che ha detto il medico. Alla scadenza dei nove mesi si deve aggiungere un’altra settimana. Se non dovesse ancora nascere, ci preoccuperemo >> aveva risposto la ventottenne con un sorriso sfiorandole una guancia << Ma insieme >>.
<< Come fai ad essere così tranquilla? >> le aveva domandato Natsuki.
<< Cos’è che ti preoccupa? >>.
La mora aveva chinato il capo. La sua pancia era talmente grande ormai da non riuscire a vedersi i piedi.
<< A Mai è andato tutto bene >> aveva sussurrato con un filo di voce.
<< E succederà anche a te >> aveva affermato senza esitazione Shizuru sedendosi accanto a lei.
Le aveva preso una ciocca di capelli iniziando a giocarci.
<< Ma Mai è sempre stata una brava persona, io no >> aveva detto infine la ventiseienne << E se questa bambina… >> non riusciva a esprimere bene quello che dire. Aveva guardato la sua compagna arrossendo << …non volesse…non volesse nascere da me? Magari l’ha capito che io… >>.
Shizuru le aveva baciato una mano con un mezzo sorriso.
<< Ma che dici, Natsuki? Andrà tutto bene, ameremo insieme la nostra bambina e lei ti vorrà tanto bene perché sei la sua mamma >>.
Le aveva accarezzato il ventre prima di baciarla. I dubbi della mora parevano essersi quietati e si erano guardate negli occhi.
<< Sei pronta a conoscerla? >> le aveva chiesto Natsuki.
La ventottenne aveva annuito.
<< Succederà presto e allora… >>.
<< Ora >>.
Shizuru l’aveva guardata con aria interrogativa prima di abbassare lo sguardo.
<< Shizuru…credo che…ci siamo >>.
La mora aveva ragione, le si erano appena rotte le acque. L’altra aveva riso.
<< Hai visto? E tu che ti preoccupavi >>.
<< Shizuru non scherzare! >> aveva esclamato Natsuki alzandosi in piedi << Che cosa dobbiamo fare adesso? Cosa? Ah! >>.
Si era chinata per la fitta che l’aveva colta. Le contrazioni erano iniziate.
<< Calmati, ricordi quello che hai imparato al corso di preparazione al parto? Fa’ respiri profondi. Un’altra contrazione? >>.
Aveva preso le chiavi della macchina, la borsa che avevano preparato per la piccola era già nel bagagliaio da diversi giorni. L’aveva aiutata a camminare fino alla vettura ed erano partite.
Una volta giunte in ospedale, Natsuki era stata immediatamente trasportata in sala parto. Shizuru non l’aveva lasciata nemmeno per un attimo spronandola a non arrendersi e a spingere ma il tempo passava e la bambina non usciva.
<< Perché non nasce? >> aveva urlato la mora ormai stanca da tutto quello sforzo << Perché non esce? >>.
<< Natsuki, sta tranquilla >> le aveva sussurrato la sua compagna senza riuscire a nascondere una nota di preoccupazione.
<< Shizuru, è come dicevo io! >> aveva risposto l’altra << E’ colpa mia! >>.
<< Natsuki-san >> aveva detto l’ostetrica << La bambina si deve essere mossa durante il travaglio e deve essere rimasta bloccata dal cordone ombelicale. Adesso le daremo un sedativo per attutire il dolore e le effettueremo un taglio per aiutare la piccola a uscire >>.
<< No! >> aveva esclamato Natsuki << No, nessun sedativo! >>.
<< Natsuki è per il bene di entrambe >> aveva bisbigliato Shizuru stringendole la mano.
<< No, non voglio essere intontita dai farmaci quando nascerà! Fatelo così >>.
L’ostetrica aveva gettato una breve occhiata prima alla ventottenne e subito dopo all’infermiera.
<< Farà male >> aveva affermato semplicemente prima di prendere il bisturi.
Natsuki aveva urlato e stretto più che poteva la mano della donna che le stava accanto ma pochi minuti dopo nella sala era riecheggiato il pianto di un neonato.
<< E’ nata >> aveva detto l’ostetrica sollevandola e voltandosi per darla all’infermiera << Tre chili e centro grammi, complimenti >> aveva continuato leggendo il display della bilancia.
Shizuru era stata la prima a prendere in braccio la bambina. Le aveva sorriso credendo che il cuore le si sarebbe fermato da un momento all’altro.
<< Ciao >> aveva detto << Ciao bellissima >>.
<< Come si chiama ? >> aveva domandato l’infermiera che stava compilando le cartelle e i braccialetti della piccola e della madre.
<< Saori >> aveva risposto senza esitazione Natsuki.
Shizuru si era voltata verso di lei sorridendo. Avevano ipotizzato parecchi nomi in quei mesi ma la mora non si era mai pronunciata su nessuno, li aveva proposti quasi tutti lei. Saori era stato uno dei primi, uno di quelli che le piaceva davvero molto. Si era chinata per posarle un bacio sulla fronte e per porgerle la bambina.
<< Ti amo >>.
 
Non senza imbarazzo, scoprì che Shizuru la stava fissando. Abbassò gli occhi verso la tovaglia finemente lavorata e subito dopo cercò Saori trovandola intenta ad osservare dei pesci pagliaccio.
<< Voglio essere chiara, Natsuki >> disse la trentatreenne improvvisamente.
La mora a quelle parole tornò a guardarla.
<< Non mi interessa perché te ne sei andata, né dove sei stata in tutti questi anni. Non voglio nemmeno sapere per quanto tempo ti fermerai prima di riprendere a scappare. Sei tornata per vedere la bambina? Va bene, ti concedo di vederla quando e quanto vuoi. In fondo… >> s’interruppe per quanto erano dolorose quelle parole per lei << …in fondo sei sua madre. Ma ti avverto, se dici qualcosa a Saori o se anche solo mi sfiora l’idea che tu possa farle del male, farai i conti con me. E’ abbastanza chiaro? Quella bambina è tutta la mia vita ed io non permetto a nessuno di farla soffrire. A nessuno, soprattutto a te >>.
La fissò con sguardò duro, quello stesso sguardo che lanciava a chiunque minacciasse le persone che amava. Natsuki ricordò cosa era stata capace di fare durante il Carnival e rabbrividì involontariamente sapendo che questa volta si trovava dall’altra parte della barricata.
<< Shizuru… >> provò a dire la trentunenne ferita da quelle frasi così dure.
Non le importava davvero più niente di lei? Avrebbe voluto dirle il vero motivo per il quale era tornata, ciò che l’aveva spinta a fare un passo indietro e invece abbassò gli occhi. Strinse le mani a pugno per la rabbia dell’impotenza.
<< Shizuru, io non farei mai del male a Saori >> disse alla fine senza guardarla. Avrebbe voluto aggiungere che le voleva molto bene ma si bloccò.
La trentatreenne si voltò per osservare la bambina e sorrise amaramente.
<< Gliene hai già fatto >>.
 
<< Natsuki ma dov’eri finita? >> domandò Mai non appena la vide varcare la soglia del ristorante.
L’amica parve non accorgersene. In modo meccanico si avvicinò alla rossa e si accasciò sulla prima sedia.
<< E’ successo qualcosa, Natsuki? >> continuò l’altra non ricevendo risposta << Hai visto…hai visto Shizuru? >>.
Solo in quel momento la mora parve rendersi conto di dove fosse. Guardò il suo orologio da polso e l’attimo dopo notò che non c’era nessuno oltre a Mai.
<< Dov’è Shinobu? >>.
<< E’ andato con Tate ad accompagnare Miyuchi a danza >> rispose l’amica << Mi vuoi dire che ti è successo? >>.
Gli occhi verdi della mora si riempirono di lacrime.
<< Natsuki… >>.
<< Ho rivisto Shizuru, siamo andate a pranzo insieme…lei…lei mi ha detto che non le importa niente di me… >>.
Mai l’abbracciò comprendendo quanto stesso soffrendo l’altra per quella situazione.
<< Io sono convinta che Shizuru non ti abbia dimentica >> disse risolutamente con un sorriso.
<< Mi farà vedere Saori quando voglio ma non vuole sapere nulla né sui motivi che mi hanno spinto ad andare via né su altro. Mi ha cancellata dalla sua vita, Mai! >>.
La rossa le accarezzò dolcemente i capelli per farla calmare.
<< Non dire così, Natsuki >> le rispose, anche se era molto prevedibile che la trentatreenne si rivolgesse in quel modo verso di lei.
<< Mi dispiace, Mai! Mi dispiace tanto! >>.
<< Lo so che fa male ma tu ora sei qui e hai un’altra possibilità. Non sprecarla >>.
Natsuki si morse il labbro inferiore facendolo sanguinare a quelle parole.
<< Per esempio potresti iscrivere Shin-chan all’asilo e cercarti una casa. Che lavoro hai fatto in questi anni? >>.
L’altra la fissò per qualche secondo senza sapere cosa dire. Lavoro? Asilo? Mai le stava dicendo di trasferirsi definitivamente a Tokyo? Ma come poteva farlo?
<< Io… >> iniziò titubante.
<< Mai-san, siamo tornati! >> esclamò il bambino con voce squillante interrompendo il discorso << Mamma! >> aggiunse contento di vederla.
La mora si ritrovò a sorridere vedendo il figlio correrle incontro per abbracciarla.
<< Ah, sei tornata finalmente >> disse laconicamente Tate profilandosi nel suo campo visivo.
Natsuki fece sedere Shinobu sulle sue gambe.
<< Hai qualche problema, Tate? >> domandò subito dopo.
Dal tono che aveva usato, Mai comprese immediatamente che sarebbe potuta scoppiare la bufera da un momento all’altro.
<< Io? No, nessuno. Sei tu quella che… >>.
<< Shin-chan, ti va di fare merenda? >> domandò improvvisamente la rossa lanciando uno sguardo eloquente al marito.
<< Sì! >> rispose il piccolo scendendo dalle gambe della madre << Anche tu, mamma? >>.
<< Sì, andiamo Shin-chan >> affermò Natsuki alzandosi e prendendo per mano il bambino e camminando verso la cucina.
 
Quando il bambino si fu addormentato, Natsuki si avvicinò alla finestra della camera da letto e poggiò la fronte sulla fredda superficie del vetro. Shizuru e Saori…erano così belle, così simili…eppure Yukino le aveva detto, pensando di farle un complimento, che se le somigliava. Sorrise sentendosi scaldare il cuore da quella consapevolezza. La sua bambina…Si voltò verso Shinobu che dormiva nel lettone matrimoniale.
Avevo detto addio a tutto quella sera, pensò con una nota di amarezza, A tutto e per te, solo per te ora sono qui.
Mai le aveva fatto capire che sperava in un suo ritorno definitivo, nel ripristino di quella normalità che aveva abbandonato cinque anni prima. Non sembrava che fosse un problema per lei che ci fosse il bambino. Ma Shizuru come l’avrebbe presa? Cosa avrebbe pensato di lei? Per non parlare poi di Saori che non sapeva nemmeno che era sua madre. Come avrebbe fatto a motivare l’arrivo di un fratellino all’improvviso? Sospirò prendendo il suo cellulare in mano e involontariamente compose il numero di Shinichi. Voleva parlare con lui, voleva un consiglio dall’unica persona che conosceva tutta la sua situazione. Premette il tasto di chiamata e attese.
<< Pronto? >> fece una voce femminile.
Natsuki si morse la lingua e per un paio di secondi pensò di riagganciare.
<< Natsuki? Lo so che sei tu, appare il tuo nome sul display >>.
Merda, pensò la mora a disagio.
<< Ciao Yumiko >> salutò infine sentendo la gola secca << Volevo…volevo parlare con Shinichi >>.
<< E’ sotto la doccia, per questo ho risposto io >> rispose secca l’altra donna.
<< Ah, okay…beh, allora… >>.
<< Natsuki, posso dirti una cosa sinceramente? >> la interruppe Yumiko.
Sei una stronza!, avrebbe voluto urlarle la trentunenne.
Interpretando il suo silenzio come un assenso, la donna continuò.
<< Lascialo in pace, continui a illuderlo in questo modo. Capisci? Gli fai più male che bene >>.
Vaffanculo!
<< Digli che ho chiamato >> rispose, invece, prima di riagganciare.
 
<< A dormire adesso Saori >> disse Shizuru prendendo in braccio la bambina che stava colorando.
<< Non sono mica stanca, mamma >> si lamentò la figlia prima di fare uno sbadiglio.
<< Domani finirai il tuo disegno >> rispose la donna camminando verso la sua stanza e sorridendole.
<< Va bene >>.
Altro sbadiglio da parte della bambina seguito subito da un altro. La trentatreenne la depose nel letto sistemandole le coperte e le si sedette accanto mentre le accarezzava i capelli. Dallo sguardo di Saori, non avrebbe impiegato molto prima di vederla addormentarsi.
<< E’ stata una giornata molto lunga >> iniziò sapendo che le sue parole le conciliavano il sonno << Siamo state anche al parco con Duran e hai giocato i tuoi amichetti >>.
<< Deve…deve venire anche Natsuki-san la prossima volta… >> mormorò la piccola chiudendo gli occhi.
Shizuru le diede un bacio sulla fronte e si allontanò da lei solo quando fu sicura che dormiva profondamente. Entrò nella sua stanza togliendosi la vestaglia e poggiandola su una delle due poltroncine aveva.
A che gioco stai giocando, Natsuki?, si domandò mentre s’infilava nel letto e accendeva l’abat-jour dal suo lato.
Era stata troppo dure con quelle parole oggi? Lei voleva solo proteggere sua figlia, era stata la mora a spingerla a comportarsi in quel modo.
Non è vero che non mi interessa dove sei stata in tutti questi anni, continuò poggiando la testa sul cuscino, Ho pensato a te ogni giorno della mia vita, anche mentre facevo l’amore con Izumi.  Ti immaginavo sotto di me mentre mi regalavi quelle sensazioni che solo tu potevi darmi. Mi sono innamorata di te dalla prima volta che ti vidi, allora frequentavo ancora il liceo e tu eri una ragazzina dura e fredda come il ghiaccio. Riuscii a scioglierti solo con molta pazienza e lentamente mi apristi il tuo cuore rivelando ciò che di meraviglioso custodiva. Ti ho insegnato ad amare, ad avere fiducia negli altri e alla fine il mio duro lavoro fu ripagato. Avevamo una famiglia bellissima ma che hai distrutto. Eravamo felici eppure sei riuscita a rovinare tutto. Per questo non posso permetterti di giocare ancora con i miei sentimenti, per questo non posso farti entrare nella mia vita anche se lo vorrei con tutta me stessa. Non è più come prima, non ci sono solo io adesso. Devo pensare prima di tutto a Saori perché sarà quella che, altrimenti, soffrirà più di tutti.
 
 
 

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Capitolo 8
*** Piccoli scontri (1 parte) ***


La mattina successiva, dopo aver fatto colazione, Natsuki e Shinobu trovarono Mai e Tate fuori l’albergo ad attenderli. Gli occhi del bambino s’illuminarono non appena vide l’uomo e lasciò la mano della madre per corrergli incontro.
<< Tate-san! >> esclamò mentre il trentunenne si chinava per prenderlo in braccio << Buongiorno! >>.
<< Ciao Shin-chan >> rispose l’altro sollevandolo da terra senza degnare di un’occhiata Natsuki << Hai fatto colazione? >>.
Shinobu annuì sorridendo; poi rivolse la sua attenzione alla donna dai corti capelli rossi.
<< Buongiorno Mai-san >> disse.
Tate lo sistemò sulle spalle.
<< Ciao Shin-chan >> rispose Mai << Hai svegliato tu la mamma? Lo sai che era una gran dormigliona? >>.
Il bambino alzò gli occhi sulla madre ridendo.
<< Buongiorno >> salutò la mora con uno sbadiglio << Shinobu, scendi dalle spalle di Tate-san >>.
<< Non mi da fastidio >> ribatté prontamente Tate.
<< Giorno di chiusura del ristorante? >> domandò Natsuki che aveva notato perfettamente il tono distaccato dell’uomo ma aveva preferito sorvolare.
Mai annuì.
<< E’ l’unico giorno in cui possiamo portare e prendere Miyuki a scuola >> spiegò l’altra donna.
<< Ehi Shin-chan ti va di venire a vedere con me la finale di kendo? >> gli chiese Tate sollevando gli occhi verso i suoi azzurri << E’ una cosa da uomini >> aggiunse strizzandogli l’occhio.
Sua moglie gli lanciò un’occhiataccia per non averlo detto prima all’amica.
<< Mamma, posso? >> chiese il bambino.
<< Ci divertiremo molto, Shin-chan >> continuò l’uomo perpetuando nel suo ignorare la madre.
<< Tate, forse Natsuki aveva altri programmi per oggi >> provò a dire in tono calmo la rossa.
<< Oh, no mamma! >> esclamò Shinobu a quelle parole << Ti prego, ti prego! >>.
<< Va bene, Shinobu >> rispose Natsuki comprendendo che dirgli di no sarebbe equivalso a farlo scoppiare in lacrime << Puoi andare con Tate ma devi fare il bravo >>.
Il bambino scese dalle spalle di Tate per ringraziare la donna dagli occhi verdi con un bacio sulla guancia e un abbraccio; poi prese per mano l’uomo.
<< Allora noi andiamo >> disse il trentunenne sporgendosi per dare un bacio alla moglie a fior di labbra.
Mai non contraccambiò il gesto, contrariata dal suo comportamento ma scelse di non dire nulla per non iniziare una discussione a quell’ora di mattina e soprattutto di fronte al bambino.
<< Ciao mamma, arrivederci Mai-san! >> salutò educatamente Shinobu prima di allontanarsi.
Natsuki lo fissò in silenzio pensando che in quei giorni aveva trascorso più tempo con persone che aveva visto per la prima volta che con lei. Se ne sentì leggermente in colpa.
<< Andiamo anche noi? >> propose la rossa con un sorriso cercando di sorvolare sul comportamento del marito << Mi accompagni a fare delle commissioni? >>.
 
Fu come tornare ai vecchi tempi. Natsuki fu piacevolmente sorpresa di scoprire come fosse divertente accompagnare l’amica in giro per Tokyo. Camminarono a piedi visto che la macchina l’aveva Tate ma era una giornata luminosa nonostante fosse inverno ed era piacevole. Mai le spiegò di come approfittasse di quel giorno libero che aveva per cercare di fare il più possibile affinché non fosse costretta a delegare ai suoceri. Si recarono alle poste per pagare alcune bollette, dalla sarta per ritirare alcuni pantaloni di Tate e completini di Miyuki, in cartoleria per acquistare colori e penne cancellabili per la bambina. La mora notò come l’amica si comportasse normalmente, come se non fosse mai andata via per tutti quegli anni e gliene fu grata. Si sentiva già abbastanza fuori luogo e in colpa per quello che aveva fatto e trovare qualcuno che non glielo rinfacciava in continuazione era un gran sollievo.
<< Ti va un tè? >> le propose Mai dopo aver controllato l’ora << Voglio ringraziarti per la tua pazienza! >>.
<< Mai, non sono più una ragazzina di sedici anni! >> esclamò Natsuki ridendo.
La trentunenne dai capelli rossi la prese per mano trascinandola verso un bar molto carino. Presero posto ad un tavolino libero e non passò molto tempo prima che una cameriera gentile andasse a ritirare le loro ordinazioni. Mai sorrise nel sentire cosa aveva scelto l’amica.
<< E’ il tè preferito di Shizuru >> osservò inclinando leggermente la testa verso destra.
Natsuki arrossì leggermente mentre annuiva.
Iniziarono a chiacchierare normalmente, la rossa la informò di alcune notizie che erano avvenute in quegli anni e l’altra ascoltava dimenticandosi dei suoi problemi.
<< Ce la vedo proprio Haruka come direttrice >> mormorò ridendo la mora sorseggiando la bevanda ambrata che era intanto arrivata.
<< Mette tutti in riga, a nessuno è permesso uscire dagli schemi! >> scherzò Mai << Però dirige la scuola in maniera ottima >>.
<< Tu e Shizuru allora avete scelto la migliore >>.
<< La retta di Miyuki costa un occhio ma a me e a Tate non interessa. Preferiamo comprarci un paio di scarpe in meno pur di dare alla bambina il massimo >>.
<< Siete dei genitori fantastici >> commentò l’altra << Non so perché ma credo che anche Yukino lo sarà >>.
Mai la guardò con aria interrogativa.
<< L’ho vista ieri con un pancione enorme >> spiegò Natsuki << Tu non sapevi che fosse incinta? Ho conosciuto anche…suo marito? >> continuò rendendosi conto di non aver notato nessuna fede << È americano >>.
<< Perché, è tornata a Tokyo? >>.
<< Quando se n’è andata? >>.
<< Più o meno cinque anni fa >> rispose l’amica << So che ha accettato un lavoro a New York. Allora è qui? Ed è in dolce attesa? Ma che bella notizia! Anche Midori è tornata, sai? Yoshi-chan è in classe di Saori e a quanto mi diceva Miyuki prima che andasse alle elementari, pare che abbia una cottarella per tua figlia >>.
Le gote di Natsuki s’imporporarono mentre l’ultimo sorso di tè le andava di traverso.
<< Cosa?! >> esclamò.
Mai scoppiò a ridere di gusto vedendo la sua reazione.
<< Andiamo Natsuki, sono solo dei bambini! >>.
<< Mi è mancato molto tutto questo >> mormorò la mora cambiando argomento e abbassando lo sguardo << Grazie Mai >>.
La rossa allungò una mano per prendere la sua in un gesto spontaneo e la guardò negli occhi.
<< Io ti voglio bene, Natsuki >> le rispose con un leggero sorriso << Ti va di dirmi qualcosa? >>.
Anche se non aveva specificato cosa volesse sapere, la trentunenne dagli occhi verdi comprese a cosa si riferisse.
<< Dove sei stata per tutto questo tempo? Come hai vissuto? >>.
<< Io ho vagato parecchio >> iniziò la mora sentendo il bisogno di dare voce a tutti quegli anni di silenzio << Penso d’aver conosciuto l’inferno. Non mi importava niente di me, vivevo alla giornata, dormivo per strada dove capitava. Facevo qualche lavoretto solo per assicurarmi almeno un pasto caldo. Ho trovato perfino un bar più malfamato di quello che frequentavo da ragazza >> le mostrò un mezzo sorriso ironico << E questo la dice lunga su che razza di posto fosse. Non pensavo al mio futuro, ero convinta che, dopo quello che mi era successo, non meritassi niente. Pensavo, però, continuamente a voi >>.
<< Io ti avrei aiutata se me l’avessi permesso >> le disse l’amica << Tutti l’avremmo fatto >>.
Natsuki le fece un leggero cenno del capo mentre estraeva dalla sua borsa a tracolla un’agenda che aveva visto giorni migliori. Si vedeva che era vecchia e consunta. Ne accarezzò i bordi prima di aprirle e mostrarle alcune foto. Mai sgranò gli occhi per la sorpresa.
<< All’inizio tornavo a Tokyo, volevo vedervi, volevo vedere se stavate bene >> disse mentre la rossa le guardava una dopo l’altra << Mi nascondevo e vi osservavo svolgere la vostra vita. La macchina fotografica è stata l’unica cosa che mi portai via da casa e l’ho usata in questo modo >>.
Alla sua coetanea tremavano le mani per quello che vedeva. Erano tutte foto che ritraevano lei e la sua famiglia o Shizuru con la bambina. Si notava che erano state scattate di nascosto, in alcune si vedeva un lembo del tronco di un albero, in altre il riflesso del vetro di un autobus. Ce n’erano alcune della trentatreenne fuori il supermercato, mentre spingeva il passeggino o seduta ad una panchina al parco; Mai, invece, era ritratta spesso in macchina da sola o col marito.
<< Oh, Natsuki >> mormorò.
<< Volevo solo vedervi, anche se faceva male. Tanto male. Volevo vedere Shizuru, mia figlia, tutti voi ma poi… >>.
<< Poi hai scoperto di essere incinta >> concluse la rossa al suo posto che aveva osservato come gli scatti non andassero oltre i due o tre mesi da quando era andata via.
<< Già >> mormorò la mora con occhi lucidi.
<< Che cosa hai fatto dopo? >>.
<< Niente >> rispose bruscamente la donna dai capelli scuri << Io ho provato a rigare dritto e poi è nato Shinobu >>.
Mai comprese che c’era qualcosa che ancora non era pronta ad affrontare e non fece altre domande limitandosi a sorriderle.
<< L’importante è che ora tu sia qui >> le disse con calma << Si aggiusterà tutto, Natsuki >>.
Se sapessi veramente cosa mi ha spinto a tornare, Mai, pensò la mora senza dire niente.
 
<< Siediti qui, Shin-chan >> disse Tate mettendosi vicino << Ti piace il kendo? >>.
<< La mamma non mi ha mai portato a vederlo >> rispose il bambino.
L’uomo gli calcò in testa il berretto che gli aveva comprato col nome di uno dei due sfidanti, il migliore a suo dire, e gli sorrise.
<< Ma queste sono cose che si fanno tra maschi >> continuò << Le femmine si annoiano qui >>.
Il suono del campanello fece comprendere che l’incontro era iniziato. Riuscire a trovare due biglietti per quell’evento era stato piuttosto arduo ma desiderava fare qualche domanda a Shinobu. Se a Mai stava bene che la sua amica fosse tornata senza dare uno straccio di spiegazione, lo stesso non valeva per lui. Il suo metodo poteva apparire subdolo ma non aveva altra scelta, quella donna non meritava di aver avuto due bambini meravigliosi di cui si occupava a mala pena mentre lui, che adorava sua figlia, non poteva scegliere liberamente di averne un altro per i problemi che gravavano sulle spalle di entrambi i coniugi Yuiichi. Lo aiutò a sistemarsi meglio sulla sedia e iniziò a spiegargli cosa si aspettava dal campione in carica. Il bambino annuiva quando comprendeva, faceva domande incuriosito da quella nuova situazione, rideva ed era visibilmente contento per essere lì. Tate gli posò una mano sulla spalla con fare paterno e gli indicò i due sfidanti che stavano entrando. Anche se non era suo figlio, Shinobu in quel momento era la cosa più vicina ad un maschietto con i suoi geni che gli era capitata. Questo non significava che voleva meno bene alla sua bambina, la adorava esattamente come la prima volta che l’aveva vista nelle mani dell’ostetrica; eppure non avrebbe potuto certamente portarla ad un incontro di kendo. Guardò il bambino che si era alzato in piedi sul sedile per vedere meglio e lo sollevò come se fosse privo di peso affinché avesse una visuale migliore.
I figli sono dei doni e tu, Natsuki, sei solo un’egoista, pensò iniziando a fare il tifo insieme a Shinobu.
Dopo il primo round ci fu un piccolo intervallo. Tate portò il bambino in bagno e poi a prendere una coca-cola.
<< Allora Shin-chan >> disse porgendogli la bibita e osservandolo fare un lungo sorso prima di tossire << Ti stai divertendo? Ti piace il kendo? >>.
<< Tantissimo, grazie Tate-san! >> rispose Shinobu allargando le braccia come se così facendo potesse quantificarlo.
<< Il tuo papà non ti ha mai portato a vedere un incontro di kendo? >> domandò << Nemmeno una partita di calcio? >>.
Il bambino lo guardò con aria interrogativa.
<< Cos’è un papà? >> chiese con innocenza.
Tate rimase senza parole di fronte a quella domanda dall’apparente semplicità.
<< Un papà è… >> iniziò titubante. Possibile che Natsuki non gli avesse fatto conoscere l’uomo che gli aveva dato la vita? Ma che diavolo aveva combinato quella donna? << Io per esempio sono il papà di Miyu-chan. Un papà è una persona che passa molto tempo con la mamma >>.
<< Allora ho capito! Shinichi è il mio papà >>.
Bingo!, pensò.
<< Shinichi dorme con la mamma, Shin-chan? >>.
<< Non ha mai dormito con la mamma >> mormorò il bambino poggiando un dito sotto il mento come se stesse riflettendo << Una volta però ha dormito nel mio letto e io in quello della mamma insieme a lei! >>.
<< Guarda, piccolo >> disse Tate cercando di essere il più semplice possibile << Lo vedi questo anello? Ce l’ha anche Shinichi? Lo portano le persone che si vogliono bene >>.
Shinobu lo fissò.
<< Non lo so >> ammise infine << La mamma no, però. Vuol dire che non vuole bene a Shinichi? >>.
L’uomo scosse il capo comprendendo che non sarebbe riuscito a scoprire molto di più e che stava solo confondendo le idee al bambino.
<< E dov’è adesso Shinichi? >> chiese come ultima domanda prima di tornare indietro.
<< E’ rimasto a casa, ha detto che non poteva venire con noi >> rispose il figlio di Natsuki diventando improvvisamente triste << Ha detto che aveva tanti bambini da salvare >>.
Bambini da salvare? È forse un medico questo tizio?
<< Ehi Shin-chan non essere triste >> si affrettò a dire chinandosi per guardarlo negli occhi << Shinichi sicuramente ti vuole moltissimo bene. Quando il torneo sarà terminato, ti va di mangiare un hot dog grandissimo? >> propose per cambiare argomento.
Shinobu annuì contento per la proposta e si lasciò prendere per mano per tornare nello stadio.
 
Mai e Natsuki erano fuori la scuola e attendevano che suonasse la campanella. Miyuki quel giorno usciva alla stessa ora di Saori e la mora, approfittando di quel fatto, era andata con la rossa sperando che Shizuru le lasciasse la bambina per qualche ora per portarla al parco con l’amica e sua figlia. Tate aveva telefonato a Mai qualche ora prima dicendo che avrebbe tenuto con sé Shinobu ancora per un po’. Oltre alle parole dure che le aveva rivolto dopo il pranzo del giorno precedente, le aveva anche detto che poteva vedere Saori quando voleva e lei desiderava vederla il più possibile per provare a recuperare quello che in quei cinque anni si era persa.
<< Miyuki! >> esclamò Mai agitando la mano per richiamare l’attenzione della figlia quando la vide sulla soglia dell’istituto.
<< Ciao mamma! >> salutò la bambina correndo << Salve Natsuki-san! >> aggiunse notando la figura della mora vicino alla madre.
La donna dagli occhi verdi le sorrise mentre Mai le toglieva lo zaino dalle spalle per prenderlo lei e salutò alcune madri che conosceva. Dopo le elementari fu la volta dell’asilo. Il cuore della trentunenne si spalancò nel veder apparire Saori. Fece un passo avanti per poterla chiamare ma le parole le morirono in gola quando sentì qualcun altro pronunciare il nome della bambina. Si voltò lentamente non riconoscendo quella voce come quella di Shizuru.
 
Izumi sospirò mentre attendeva l’uscita dei bambini dell’asilo. Fare la segretaria di Shizuru Fujino purtroppo comportava anche queste mansioni a suo parere alquanto deprimente. Come facevano tutte quelle donne ad essere così felici nel vedere i loro mocciosi uscire da scuola? Che cosa orribile, per fortuna lei non era così. Per fortuna lei non avrebbe mai provato il brivido di cambiare un pannolino e di farsi sporcare uno qualunque dei suoi costosi completi da un rigurgito di un poppante.
Speriamo di fare presto, commentò tra sé nel sentire la campanella suonare.
Vide immediatamente Saori, era l’unica bambina che in quella baraonda camminava placidamente. Dovette ammettere che, nonostante fosse insopportabile, aveva un modo di porsi con gli altri che doveva aver ereditato da Shizuru.
<< Saori, sbrigati! >> urlò per farsi sentire già scocciata di dover attendere ancora.
La bambina si voltò per un solo istante nella sua direzione prima che la sua attenzione fosse attratta da altro. Senza prestarle alcun tipo di attenzione si allontanò dalla sua visuale.
<< Saori! >> la richiamò Izumi snervata da quel suo comportamento << Vieni immediatamente qui! >>.
Voltò la testa e incontrò un paio d’occhi verdi che la stavano osservando quasi con durezza.
E questa che vuole adesso?, si domandò prima di tornare a cercare con lo sguardo la bambina.
Un paio di secondi dopo si accorse che Saori era proprio dietro quella donna e stava conversando tranquillamente.
Adesso la ammazzo se non si muove!
<< Saori, dobbiamo andare >> disse con fermezza << Sbrigati >>.
La bambina la guardò per un attimo prima di alzare gli occhi sulla mora che le aveva poggiato una mano sulla spalla per farle capire di fermarsi.
<< Posso sapere chi è lei? >> domandò Natsuki.
Ci mancava solo questa, pensò la segretaria passandosi una mano tra i lunghi capelli.
<< Senta, quella bambina deve venire con me. Sua madre mi ha incaricato di prenderla da scuola >>.
Il cuore le saltò in gola quando posò lo sguardo alternativamente sulla donna e poi su Saori. Comprese immediatamente con chi stava parlando, anche se non glielo aveva detto. La madre degenerata, la donna che aveva lasciato la figlia poppante a Shizuru, la persona che doveva incolpare per tutti i rifiuti che aveva dovuto subire da parte della trentatreenne che doveva rimanere con la bambina se stava male. Ingoiò un groppo si saliva sistemandosi gli occhiali sul naso. E così era tornata; Shizuru lo sapeva e non le aveva ancora detto niente. Per la rabbia di quella notizia strinse una mano a pugno ma subito provò a rilassarsi.
<< Saori, andiamo >> ripeté con durezza.
<< La bambina non va da nessuna parte se non so prima chi è lei! >> esclamò la mora senza riuscire a trattenersi.
<< Natsuki, non urlare >> l’ammonì Mai che varie volte aveva visto la venticinquenne prelevare Saori da scuola e aveva vagamente intuito che ruolo avesse nella vita di Shizuru.
Proprio come pensavo, si disse con astio la segretaria.
<< Sono la segretaria di Shizuru-san >> rispose infine Izumi per mettere fine a quella discussione.
Non appena avesse visto la donna, si sarebbe fatta sentire.
<< Saori, tu conosci questa donna? >> chiese invece la trentunenne dagli occhi verdi alla bambina.
<< Natsuki-san, io voglio venire al parco con te! >> affermò invece Saori che aveva saputo dell’idea da Miyuki.
<< Saori-chan, non fare i capricci >> cercò di calmarla la rossa << Se la mamma ha mandato questa signorina a prenderti, devi andare con lei >>.
La bambina iniziò a lamentarsi.
<< Mai, non ti intromettere >> ribatté Natsuki assalita da quel senso di protezione genitoriale << Saori non andrà via con una sconosciuta >>.
<< Non sono una sconosciuta! >> replicò la venticinquenne snervata da tutte quelle storie << Adesso basta, andiamo! >> aggiunse cercando di prendere la mano della piccola.
<< Non toccare mia… >> iniziò la trentunenne fermandosi di colpo << …la bambina. Non vuole venire con te >>.
<< Che c’è Natsuki, adesso ci comportiamo da brave mammine? Non credi sia un po’ tardi? >> la rimbeccò Izumi con l’intento di ferirla.
Dall’espressione della mora capì di esserci perfettamente riuscita. La trentunenne la guardò incredula mentre nella sua testa si faceva strada l’idea che quella ragazza non potesse essere semplicemente la segretaria di Shizuru. Certe cose così intime non si raccontano a chicchessia. Non si accorse che le stavano tremando le mani e dovette fare un respiro profondo per non mettersi a urlare. Chiuse gli occhi per un attimo prima di chinarsi per guardare negli occhi la figlia.
<< Andremo un’altra volta al parco, che ne pensi? >> le propose cercando di calmarla.
<< Natsuki-san, per favore! >> perpetuò la bambina nel suo lagnarsi << Per favore, per favore! >>.
La mora guardò l’amica in cerca d’aiuto.
<< La prossima volta sarà ancora più bello, Saori >> disse Mai con un sorriso << Verrà anche la tua mamma >>.
Alla fine Saori parve convincersi. Guardò con odio Izumi che le aveva preso la mano quasi con forza e la seguì verso la sua auto. Spesso si voltò verso Natsuki e, quando salì sul sedile posteriore della macchina, continuò a fissarla finché non scomparve dalla sua visuale.
 
Nel mentre, anche Yoshiki Tastumichi era uscito da scuola. Si guardò intorno alla ricerca del volto familiare della madre o della zia e sgranò gli occhi per la felicità quando notò la figura di una persona che non vedeva da parecchio.
<< Papà! >> esclamò felice e correndo verso di lui.
L’uomo lo sollevò di peso.
<< Ciao piccolo esploratore >> rispose baciandogli una guancia << Come stai? >>.
<< Io bene >> disse Yoshiki << Che cosa hai fatto? Dove sei stato? Cosa mi hai portato? >>.
<< Calma, Yoshi-chan >> ribatté il padre mettendolo a terra con un sorriso mentre gli scompigliava i capelli affettuosamente << Mi sono successe delle cose che mai immagineresti, sai? Ho dovuto combattere contro un coccodrillo! >>.
<< Davvero? >> chiese il bambino con occhi luminosi seguendo l’uomo.
Improvvisamente si fermò.
<< Che c’è Yoshi-chan? Hai dimenticato qualcosa in classe? >>.
Lo vide scuotere il capo.
<< La mamma ha detto che non mi devo allontanare da scuola senza lei o zia Youko >>.
Yuudai lo tirò leggermente per il braccio ma il piccolo non si mosse.
<< Yoshi-chan, non è un problema. È venuto a prenderti papà, non ti preoccupare >>.
Il bambino lo guardò indeciso se rispettare gli ordini del genitore col quale viveva o se seguire l’uomo.
<< Andiamo Yoshiki >>.
<< Yoshi-chan! >> si sentì esclamare da Youko che si stava affrettando verso di loro.
<< Ciao zia! >> rispose il piccolo lasciando la mano del padre per correre da lei << E’ arrivato papà, hai visto? >>.
<< Già >> commentò senza entusiasmo la donna accarezzandogli il volto dolcemente.
<< Ciao Youko >> salutò Yuudai con un cenno del capo << Midori? >>.
<< E’ dovuta rimanere a scuola a fare sorveglianza a un gruppo di ragazzi in punizione >> rispose << Andiamo a fare merenda, Yoshi-chan? >>.
Il bambino guardò il padre.
<< Volevo portare Yoshi-chan con me >> affermò l’uomo tendendo una mano verso il figlio.
<< Di solito il bambino torna a casa dopo l’asilo >> precisò la dottoressa restia a farlo andare con lui.
<< Per favore zia! >> s’intromise Yoshiki.
Youko abbassò gli occhi sul figlio della sua migliore amica e sospirò comprendendo il forte desiderio di passare del tempo col padre.
Un padre che non se ne frega abbastanza, pensò.
<< Va bene >> rispose infine << Ma alle sei e mezza deve stare a casa >> aggiunse vedendo il bambino gettarsi tra le braccia di Yuudai ridendo << E non fargli mangiare schifezze! >>.
<< Grazie zia! Ti voglio bene! >>.

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Capitolo 9
*** Piccoli scontri (2 parte) ***


Izumi era stata chiamata da Shizuru per sapere se era tutto a posto. Anche se non glielo aveva detto, le aveva fatto chiaramente capire che solo quando le era strettamente necessario doveva prendere e portare la bambina. La venticinquenne l’aveva compreso ed era riuscita perfino a gioirne. Almeno avrebbe fatto da baby-sitter alla mocciosa il meno possibile. Strinse con forza il volante della sua auto dopo aver riagganciato mentre pensava a quello che era successo. Fosse stato per lei, non avrebbe esitato un istante a mollare la bambina ma, dopo lo schiaffo che si era presa per colpa sua, non intendeva in nessun modo venire meno agli ordini dell’altra donna.
<< La mamma è già a casa? >> domandò Saori guardando fuori dal finestrino avendo sentito il nome della trentatreenne durante la conversazione.
La segretaria le gettò una breve occhiata serrando la mascella. Impossibile non notare la somiglianza fisica con quella donna.
Sei tornata per riprenderti Shizuru-san?, si domandò mentalmente, Te la vedrai con me. Lei è solo mia.
<< Sì >> rispose infine << Ha telefonato per avvertirmi di portarti a casa e non al suo ufficio come mi aveva detto prima >>.
Provò a incrociare il suo sguardo ma la bambina non la degnava di una sola occhiata.
<< Saori >> iniziò cercando di addolcire il tono << Conosci la donna di prima? >>.
La piccola non le rispose, evidentemente ancora arrabbiata per non averla mandata al parco.
Piccola maleducata, pensò Izumi con rabbia.
<< E’ venuta altre volte a trovarti fuori la scuola? >> insistette.
<< Ieri io, la mamma e Natsuki-san siamo andate a mangiare al ristorante >> rispose finalmente la bambina con un piccolo sorrisetto che fece venire voglia alla venticinquenne di prenderla a schiaffi.
<< Davvero? >>.
Stava gongolando, quella mocciosa di cinque anni stava gioendo di fronte a lei senza un minimo di rispetto!
<< Natsuki-san è l’amica della mamma >> continuò Saori << Si conoscono da tanto tempo >>.
Ma non è più importante di me, avrebbe voluto rinfacciarle Izumi, Sai mocciosa, prima o poi riuscirò a spedirti lontano dalla tua cara mammina.
Parcheggiò fuori la villetta e ancor prima di rendersene conto la bambina era già fuori diretta verso la porta di casa. Shizuru andò ad aprire e abbracciò felice la figlia prima di invitare anche la segretaria ad entrare per prendere un tè. Saori si tolse lo zaino dalle spalle, il cappotto che indossava e si mise a giocare con Duran.
<< Va tutto bene, Saori? >> domandò la madre notando com’era silenziosa.
<< Takako-san non mi ha lasciato andare al parco con Natsuki-san, Miyu-chan e la sua mamma! >> esclamò la bambina.
La trentatreenne guardò la venticinquenne e non poté evitare di sussultare nel sentire il nome della sua ex compagna.
<< Saori, va a giocare con Duran in camera tua >> dichiarò senza alterare il tono della voce per non spaventare la figlia che ubbidì immediatamente.
Prima di salire le scale, però, gettò una veloce occhiata a Izumi con aria compiaciuta.
<< Quando avevi intenzione di dirmelo? >> esclamò la segretaria cui non era sfuggita la luce appagata degli occhi della bambina.
<< Non urlare >> rispose Shizuru sorseggiando il tè e attendendo di sentire lo scatto della porta della cameretta di Saori.
<< Non urlare? Avrai capito chi ho incontrato fuori l’asilo della… >> stava per dire mocciosa ma si bloccò in tempo << …bambina >>.
L’altra donna annuì rimanendo in silenzio per qualche secondo.
<< Potevi mandarla >> disse infine.
<< Cosa? >>.
<< Potevi mandarla al parco con Natsuki >> si spiegò meglio << Hai visto come ci è rimasta male? >>.
<< Scherzi? >> ripeté Izumi dimenticandosi di darle del lei talmente era arrabbiata << Ho seguito i tuoi ordini >>.
<< Avresti dovuto chiamarmi per informarmi di questo cambiamento, ti avrei detto che andava bene >>.
<< Ma tu odi essere disturbata mentre lavori! >>.
<< Non se si tratta di mia figlia, possibile che non ci arrivi? >>.
La ragazza si risentì delle sue parole e scattò in piedi.
<< Non è questo il punto, Shizuru-san! >> esclamò << Da quanto tempo è tornata quella? E il pranzo di ieri? >>.
<< Quella ha un nome >> puntualizzò la trentatreenne cui dava fastidio il tono sprezzante dell’altra nel parlare di Natsuki << E’ tornata da qualche giorno >>.
<< Quando avrei dovuto saperlo io, di grazia? >>.
<< Non è una cosa importante >> mentì spudoratamente l’altra riuscendo a mantenere lo stesso tono calmo.
<< Non è una cosa importante? >> ripeté nuovamente Izumi esasperata da quella conversazione << Ho tutto il diritto di sapere che la sua ex è tornata! Mi ha fatto fare la figura della babbea anche di fronte alla bambina! E poi c’era bisogno di andare a pranzo insieme? Come se fosse del tutto normale, no? Come se io non esistessi! >>.
A quelle parole Shizuru si alzò in piedi avvicinandosi al suo corpo e la baciò ancor prima che potesse aggiungere qualcos’altro.
<< Cosa c’è, Izumi? Sei gelosa? >> le sussurrò subito dopo mordendole il padiglione auricolare.
La ragazza sussultò di piacere per un attimo.
<< Dovrei? >> chiese cercando di non arrendersi così presto.
<< Non sei sicura dei miei sentimenti per te? >>.
<< Che cosa vuole quella? Perché è tornata? >> chiese invece mentre Shizuru l’abbracciava da dietro.
<< Non mi interessa >> le rispose la trentatreenne baciandole una guancia << Per il momento vuole solo vedere la bambina >>.
E magari potrebbe anche portarsela via, pensò la venticinquenne sorridendo maliziosamente.
Forse Natsuki avrebbe portato qualcosa di buono anche per lei.
 
<< Perché non me l’hai detto? >>.
Mai sospirò. Si era aspettata una reazione del genere da parte dell’amica e non era tardata ad arrivare. Guardò la bambina che giocava sull’altalena e tornò a posare gli occhi su Natsuki.
<< Lo immaginavo, non ne avevo la certezza >>.
<< Beh, ora ce l’hai >> sbottò la mora passandosi una mano tra i capelli << Chi diavolo è quella? >>.
<< Natsuki, conosci meglio di me Shizuru >> osservò la rossa.
Sapeva quanto potevano farle male quelle parole o semplicemente il pensiero di quello che l’altra donna aveva fatto in quegli anni.
<< Non angustiarti con questi pensieri adesso >> aggiunse subito dopo notando il suo volto triste << Tu l’ami, vero? >>.
La trentunenne inarcò il sopracciglio guardandola scettica.
<< Ma è ovvio >> rispose << Non ho mai smesso >>.
<< Nemmeno lei, Natsuki >> ribatté l’altra << Ne sono sicura. Lotta per riprendertela allora! >>.
<< Mai, Shizuru non è il premio alla fine di una gara! >>.
L’amica scoppiò a ridere vedendo che era arrossita. Certe cose non sarebbero mai cambiate. Inaspettatamente le squillò il cellulare. Lo prese dalla borsa e restò a fissare il display per qualche secondo con espressione interdetta.
<< E’ Shizuru… >> mormorò guardando l’altra prima di attivare la conversazione.
Era trascorso parecchio tempo da quando si erano sentite l’ultima volta per telefono senza un apparente motivo. Natsuki si fece attenta.
<< Mai? >> domandò la trentatreenne << Sono Shizuru >> aggiunse non sapendo se conservasse o meno il suo numero.
<< Ciao Shizuru >> rispose la rossa non sapendo bene cosa dirle.
<< Natsuki è lì con te? >>.
Gli occhi di Mai si posarono per l’ennesima volta sulla figura della mora che la guardava con aria interrogativa.
<< Sì, è qui >>.
<< Potresti passarmela, per favore? >>.
Senza risponderle, la rossa passò il cellulare alla donna che le stava seduta accanto. La trentunenne dai capelli neri dovette inghiottire un groppo di saliva prima di portarsi l’apparecchio all’orecchio destro.
<< Pronto? >> fece per far capire all’altra che era in linea.
<< Ciao Natsuki >> salutò Shizuru cercando di mantenere un tono calmo. Non era facile, quelle due sole parole erano bastate per farla tremare.
<< Ciao >> rispose la mora emozionata << Come…come stai? >>.
L’altra si strinse nelle spalle anche se non poteva essere vista.
<< Volevo solo dirti che mi avrebbe fatto piacere se avessi portato Saori al parco con te >>.
Il cuore di Natsuki fece una capriola per la gioia di quella frase.
<< La prossima volta chiamami prima >> continuò vedendo che la mora non parlava << Eviteremmo incresciosi incidenti >>.
Il volto della sua segretaria le si parò davanti con forza bruta. Non lo stava negando! Chinò il capo.
<< Va…va bene >> mormorò con un filo di voce sentendo tutta la gioia provata pochi secondi prima svanire.
<< Allora attendo una tua telefonata, questo è il mio numero. Non… >> si bloccò a causa di groppo di saliva che le impediva di parlare << …non esitare a usarlo. Buona giornata Natsuki >>.
<< Anche…anche a te Shizuru >> rispose la trentunenne attaccando.
Alzò gli occhi verdi su Mai che era rimasta in silenzio e le porse il cellulare insieme a un mezzo sorriso. L’amica stava per chiederle spiegazioni ma fu interrotta.
<< Mamma, mamma! >> disse Shinobu vedendola e lasciando la mano di Tate.
<< Ehi guerriero! >> esclamò la mora alzandosi in piedi per abbracciarlo << Ti è piaciuto il kendo? >>.
Shinobu annuì sorridendo.
<< Abbiamo mangiato un hot dog enorme per pranzo, vero Tate-san? >>.
L’uomo annuì mentre si avvicinava alla moglie. Si voltò verso la bambina e la salutò con la mano.
<< Bravissimo >> rispose Natsuki spostandogli la visiera del berretto lateralmente << Ti sei comportato bene? >>.
Invece di rispondere il figlio le prese entrambe le mani osservando le dita.
<< Cosa c’è, Shin-chan? >>.
<< Mamma, tu non hai l’anello che ha Tate-san? >> chiese in modo innocente << Non vuoi bene a Shinichi? >>.
Natsuki guardò prima il figlio e poi l’adulto senza sapere cosa dire. Anello? Shinichi? Ma di cosa stava parlando?
<< L’ha detto Tate-san! >> continuò Shinobu << Ha detto che lui ce l’ha perché vuole bene a Mai-san! >>.
<< Shin-chan, non è la stessa cosa >> provò a dire la rossa chinandosi verso il bambino, anche se non aveva idea di chi fosse quell’uomo nominato.
<< Perché? Shinichi è il mio papà, l’ha detto anche Tate-san! >>.
Il cuore della mora si fermò per un lungo secondo mentre sgranava gli occhi per la sorpresa. Si accorse di essere scossa da una moltitudine di brividi mentre nella mente involontariamente si affacciava il volto del vero padre del bambino. Dopo tutti quegli anni ricordava ancora ogni stupido dettaglio del suo viso e quegli occhi, uguali a quelli del figlio, le fecero provare un senso di nausea. Mai si voltò verso il marito lanciandogli uno sguardo carico di disprezzo per quello che aveva messo in testa al piccolo. Natsuki era letteralmente sconvolta.
<< Smetti di dire queste cose! >> urlò l’attimo dopo la mora strattonando il piccolo braccio di Shinobu << Shinichi non è tuo padre >>.
Gli occhi del bambino si riempirono di lacrime e iniziò a piangere.
<< Sei cattiva! >> esclamò << Tate-san ha detto che un papà è una persona che passa molto tempo con la mamma! Allora chi è il mio papà? >>.
Ancor prima di accorgersene, gli diede uno schiaffo. Era stato più forte di lei, non era riuscita a controllarsi. Suo figliò prese a piangere più forte per il dolore mentre Natsuki si fissava la mano che l’aveva colpito con espressione terrorizzata. Mai avrebbe pensato che sarebbe riuscita a fare una cosa del genere al suo bambino. Non a lui che aveva già sofferto così tanto nella sua breve vita. Non aveva fatto niente di male, aveva sbagliato a reagire in quel modo. Si inginocchiò per accarezzargli una guancia.
<< Scusa, Shin-chan >> disse << Mi…mi dispiace… >>.
<< Mamma! >> esclamò Shinobu gettandosi tra le sue braccia cercando un po’ di calore.
<< Mi dispiace tanto piccolo >> continuò la mora dandogli un bacio e sollevandolo.
Guardò Mai che era rimasta in silenzio e abbassò gli occhi dopo aver costatato che il suo era uno sguardo di pietà. Si morse il labbro inferiore, mormorò un saluto e velocemente si allontanò.
 
<< Sono quasi le sette >> affermò Youko guardando l’orologio a parete.
Midori alzò gli occhi dal libro che stava leggendo sorpresa.
<< Già? >> esclamò << Che cosa ceniamo? >>.
<< Yuudai-san non ha ancora riportato Yoshiki >> disse la dottoressa domandandosi dove l’amica avesse la testa.
La vide battersi la mano sulla fronte.
<< Ma non doveva riportarlo alle sei e mezza? >> chiese guardandola.
<< Appunto >> rispose l’altra.
Quell’uomo faceva sempre ciò che gli pareva senza un minimo di rispetto per gli altri. Entrava e usciva dalla vita del bambino, non rispettava gli orari previsti e si adagiava sul fatto che il figlio lo adorasse. In quei cinque anni lei soprattutto aveva tentato di far capire al signor Tatsumichi che non poteva continuare in quel modo ma l’altro si era scrollato semplicemente le spalle ogni volta.
<< Non può fare sempre come vuole >> commentò cercando l’appoggio di Midori.
<< Lo so, ma Yoshiki non lo vede mai >> replicò l’insegnante chiudendo il volume e allontanandolo leggermente da sé.
<< E questo lo autorizza a non rispettare gli orari? È un bambino, Midori, e deve avere delle regole. Tu sei sua madre, tocca a te farglielo capire >>.
<< E lui è suo padre >> constatò la donna dai capelli rossi.
<< Un padre che non c’è mai però! >> ribatté prontamente Youko incapace di trattenersi.
Midori abbassò leggermente la testa pensando che non era esattamente così che aveva immaginato la sua vita. In quel momento il campanello della porta suonò. Finalmente erano arrivati. Com’era prevedibile, il bambino entrò in casa urlando per la gioia e mostrando i regali che il padre gli aveva portato. Con orgoglio fece vedere alla zia il cappello da esploratore uguale a quello che portava Yuudai quando lavorava.
<< Sai che ore sono? >> chiese in tono duro la madre rivolta all’uomo dopo aver detto al figlio di portare tutti i giochi nuovi nella sua stanza.
L’altro si strinse nelle spalle.
<< Non ho visto l’ora >> rispose semplicemente.
<< Beh, se vuoi vedere di nuovo il bambino domani cerca di avere un orologio a portata di mano! >>.
L’uomo le sorrise per un attimo e Midori pensò che nonostante gli anni passassero, lui rimaneva sempre uguale, la stessa persona che da ragazza l’aveva fatta innamorare.
<< Va bene, scusami. Vado a salutare il bambino >>.
Entrò in casa dirigendosi nella stessa direzione di Yoshiki. Quando ne uscì, si appoggiò allo stipite della porta osservando la donna e incrociando le braccia.
<< Ti trovo bene >> commentò infine facendola arrossire.
<< Quanto ti fermi stavolta? >> domandò Youko che fino a quel momento era rimasta in silenzio intromettendosi.
Yuudai si voltò appena verso di lei.
<< Youko >> disse con nessun tono in particolare in segno di saluto.
Si staccò da dove stava e diede un bacio sulla guancia di Midori con gentilezza.
<< Ti devo parlare >> le mormorò all’orecchio << Domani >>.
La rossa lo guardò con aria interrogativa ma l’altro non aggiunse niente. Salutò entrambe le donne e andò via chiudendo la porta di casa alle sue spalle.
 
<< Che cosa credevi di ottenere facendo quelle domande a Shin-chan? >> domandò Mai in tono duro rivolta al marito.
Era ormai notte, la bambina dormiva da diverse ore e loro erano entrambi in bagno per lavarsi e cambiarsi. L’uomo si sciacquò il viso e lo asciugò prima di guardarla. Come faceva ad essere arrabbiata con lui per quello che aveva fatto?
<< Almeno io sto cercando di scoprire qualcosa >> rispose secco << A te, invece, pare che non ti importi nulla >>.
<< Oh, e la cosa migliore che ti è venuta in mente di fare è chiedere ad un bambino di quattro anni >>.
<< Si può sapere di cosa mi stai accusando? Io, al contrario tuo, non riesco a rimanere calmo di fronte a tutta questa situazione! >> si passò una mano tra i corti capelli << Ti rendi conto che è assurdo? >>.
<< Mi rendo conto che ti stai comportando come un bambino che non riesce ad ottenere le caramelle >> ribatté Mai arrabbiata.
<< Beh, scusami se sono l’unico che sta cercando di trovare il filo logico di quello che sta accadendo! >> replicò Tate esasperato << Come fai a rimanere calma di fronte a tutto questo? A non porti nemmeno una domanda? A non essere curiosa di quello che ha combinato la tua amica in questo periodo? Fai finta che non è successo niente? Se questo è il tuo gioco, io non ci sto! Non solo se n’è andata abbandonando la propria figlia ma è anche tornata dopo cinque anni con un altro bambino! Cos’è improvvisamente ha scoperto le gioie del fare sesso con un uomo? >>.
Lo schiaffo di Mai non gli fece male, la donna aveva le mani piccole e delicate. A ferirlo fu il gesto. La guardò passandosi due dita sulla parte leggermente rossa. Il suo sguardo era gelido, non l’aveva mai vista così arrabbiata in tutti gli anni di matrimonio nonostante i problemi che avevano incontrato.
<< Non dire mai più una cosa del genere >> sibilò a denti stretti la donna << Non provare mai più a insinuare che Natsuki sia una poco di buono >>.
Il marito non rispose ma le tenne testa con lo sguardo per farle capire che non sarebbe indietreggiato dalla sua posizione.
<< Non te lo permetto, Tate! Sei solo uno stupido! >> continuò Mai con le lacrime agli occhi uscendo dalla stanza.
In punta di piedi scivolò in camera di Miyuki e, cercando di non svegliarla, si stese accanto a lei.
<< Mamma… >> mormorò la figlia riconoscendo il suo odore.
La donna dai corti capelli rossi sorrise mentre l’abbracciava.
<< Hai litigato con papà? >>.
<< Ti abbiamo svegliata? >> chiese a sua volta la trentunenne << Non preoccuparti, piccola. Rimettiti a dormire >>.
Miyuki sbadigliò prima di tornare a chiudere gli occhi. La rossa le accarezzò i capelli per molto mentre si ripeteva che lo faceva per la bambina e non per calmare se stessa. Si strinse a quel corpicino cui aveva dato la vita ma non riuscì ad addormentarsi.
 

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Capitolo 10
*** Incontri ***


Quella mattina appariva come tutte le altre se non fosse per il fatto che i coniugi Yuuichi non si scambiavano una parola durante la colazione. Miyuki osservava alternativamente il padre e la madre svolgere le loro mansioni come sempre ma con un’aria di tensione che li avvolgeva. Evitavano di guardarsi negli occhi, di ricorrere l’uno all’aiuto dell’altro o anche solo di sfiorarsi. Non era come gli altri giorni in cui l’uomo e la donna ridevano, si baciavano e coinvolgevano la bambina nelle loro chiacchierate.
<< Perché avete litigato? >> domandò la figlia dopo aver bevuto la sua tazza di latte.
Ancora qualche minuto e sarebbe arrivato suo nonno per portarla a scuola.
<< Non abbiamo litigato, Miyuki >> rispose Mai mentre le preparava il bento.
<< E’ per colpa di Shin-chan? >> insistette la bambina guardando il padre che si infilava il giubbotto.
<< No, piccola >> disse Tate posandole una mano sulla testa in modo affettuoso << Non preoccuparti di niente, okay? >>.
Prima di annuire, Miyuki li guardò nuovamente entrambi.
<< Hai preparato lo zaino per la scuola? >> domandò la madre sentendo suonare il citofono << Vai a prenderlo, forza! >>.
La bambina scese dalla sedia e corse nella sua stanza.
<< Miyuki, è arrivato nonno! >> le urlò il padre che aveva risposto all’apparecchio.
<< Scendo! >> rispose la figlia << Ti voglio bene, mamma! Ti voglio bene, papà! >>.
 
Akira e Takumi stavano facendo colazione prima di recarsi al ristorante. Da qualche giorno la loro vita era tornata alla normalità, anche se ancora stentavano a riprendere a pieno ritmo le loro mansioni quotidiane. Trascorrere un mese solo viaggiando per l’Europa era stata un’esperienza che non avrebbero potuto ripetere tanto presto, forse mai visti gli impegni e gli obblighi che avevano nei confronti degli Yuuichi e del ristorante. Il ventottenne sorseggiò il suo tè mentre si osservava la fede nuziale d’oro bianco all’anulare. Si era sposato davvero con Akira. Anche stavano insieme da quando avevano quattordici anni, non avrebbe mai creduto che la donna, dal carattere forte e piena di energia, avrebbe accettato al suo fianco una persona debole e malaticcia come lui che era stato costretto a sottoporsi ad un intervento al cuore da ragazzo e che ancora adesso faceva controlli periodici. Socchiuse gli occhi mentre la moglie si sbucciava un frutto e si ricordò di essere sempre stato la persona più importante per Akira fin dai tempi del Carnival. Sorrise nel pensare che allora era convinto che fosse un maschio.
<< Hai terminato? >> domandò la ventottenne alzandosi in piedi per sparecchiare.
Entrambi dovevano recarsi al ristorante. Takumi annuì e nel cercare gli occhi complici della moglie, notò che era improvvisamente sbiancata.
<< Akira, stai bene? >> domandò mettendosi in posizione eretta di scatto.
Riuscì ad afferrarla per un braccio ed evitare che cadesse per un soffio.
<< Akira! >> disse in tono concitato << Mi senti? >>.
Qualche secondo dopo la donna socchiuse le palpebre.
<< Ta…Takumi… >> mormorò sciogliendosi dal suo abbraccio.
<< Aspetta, non muoverti ancora >> replicò l’uomo tenendola stretta << Devi aver avuto un calo di pressione >>.
Poggiò le sue labbra sulla fronte di Akira per sentirne la temperatura e la fece arrossire.
<< Sto bene adesso, sul serio >>.
La donna provò a mettersi in piedi scoprendo che le girava ancora un po’ la testa. Si appoggiò alla spalliera della sedia e fece un respiro profondo.
<< Akira, forse dovresti restare a casa oggi. Sei molto pallida >>.
Lei gli fece un gesto con la mano per dire che non era importante e gli sorrise brevemente.
<< Mi sento meglio, è stato solo un calo di pressione come hai detto tu >>.
<< Sicura? Forse il caso di chiamare un medico >>.
<< Takumi! >> esclamò la moglie che non sopportava il solo nominare quella categoria << Sto bene, sul serio. Non facciamone un dramma ora >>.
<< Okay, calmati >> scherzò l’uomo ridendo della faccia che aveva fatto l’altra di fronte a quella parola << Però cerca di non sforzarti troppo, intesi? >>.
<< Certo, certo >> rispose Akira sparecchiando velocemente.
Nell’osservarla Takumi dovette ammettere che, nonostante fossero trascorsi anni dall’ultima volta che aveva praticato le arti marziali, la donna manteneva ancora quel qualcosa che contraddistingueva coloro che ce l’avevano, per così dire, nel sangue. Scosse il capo. Cosa poteva aspettarsi da una persona che fin da ragazza era un ottimo ninja?
<< Non avevi un appuntamento con Mai con un nuovo fornitore? >>.
Il ventottenne annuì.
<< Non preoccuparti per me, appena finisco di sistemare queste cose raggiungo Tate al ristorante. Fammi sapere come va l’incontro >>.
<< Va bene, allora io vado >>.
Si diedero un leggero bacio sulle labbra prima di dividersi.
 
Come tutte le mattine, la direttrice Haruka Suzushiro si stava recando a scuola a piedi. Era dell’idea che una camminata di venti minuti a buon passo fosse molto più salutare di qualunque corso di ginnastica promosso dalle palestre. Erano due anni che era direttrice del prestigioso istituto e, secondo i sondaggi, da quando era in carica, le iscrizioni erano aumentate segno evidente del suo ottimo lavoro. In effetti, non poteva lamentarsi della sua carriera e del suo modo di condurre la scuola. Gli insegnanti prima di essere assunti passavano sotto il suo colloquio in cui valutava diversi fattori: educazione, modo di presentarsi, livello d’istruzione, tono di voce, aspetto fisico. Nei primi mesi come capo maggiore della scuola, aveva dovuto effettuare diversi tagli e nuove assunzioni mantenendo Youko nel suo ruolo di dottoressa visto il curriculum eccellente che aveva e Midori, che era stata sua insegnante e conosceva quindi la sua preparazione sotto l’apparente sembianza di eterna ragazzina. Doveva ammettere d’averla vista parecchio maturata da quando era diventata mamma e anche il suo bambino era iscritto a quella scuola.  Si fermò ad un incrocio aspettando che il semaforo diventasse verde e parecchi studenti, iniziarono a salutarla con rispetto. Lei contraccambiò unendovi un gesto della mano e riprese a camminare.
<< Buongiorno direttrice Suzushiro >> disse una donna passandole accanto mentre teneva per mano entrambi i suoi figli e li stava conducendo a scuola.
<< Buongiorno anche a lei >> rispose la trentatreenne.
La bambina più piccola si voltò nella sua direzione e la salutò timidamente con la mano libera. Quel gesto la fece sorridere per qualche secondo e si ritrovò a pensare alla sua vita ancora relativamente giovane. Al contrario della sua acerrima rivale di liceo, Shizuru Fujino, non aveva avuto figli e non si era sposata, viveva da sola e, tranne il suo lavoro, non aveva altri impegni. Improvvisamente una donna col pancione attirò la sua attenzione. La fissò fermandosi per qualche secondo e rischiò di scontrarsi con un paio di ragazzi che stavano andando a scuola con lo skateboard. Non era possibile che fosse davvero lei eppure quegli occhi… Inghiottì un groppo di saliva sentendosi afferrare dall’ansia. Incinta, era incinta. No, non era lei allora. No, in quei cinque anni non poteva essere successo sul serio. Erano solo cinque anni alla fine. E poi… Ripensò a quello che le aveva detto quella sera, a quello che aveva fatto…
<< Haruka? >> domandò la giovane donna che nel frattempo si era voltata verso di lei sentendosi osservata.
Il cuore della trentatreenne si fermò. Era lei.
 
Yukino aveva dormito poco a male la notte; il bambino non aveva smesso per un solo istante di muoversi e dare calci. Prima di partire per Tokyo, il suo ginecologo le aveva detto che quell’ultimo periodo sarebbe stato il più faticoso per lei ma, visto che tutta la sua gravidanza era stata un disastro, non se n’era curata più di tanto. E invece stava scoprendo che i dolori alla schiena si erano intensificati e che il bambino era molto più irrequieto. A renderla tranquilla, però, era la certezza che fosse in ottima salute. Will si era accorto del disagio della donna e aveva staccato la sua sveglia per permetterle di dormire un po’ durante la mattina. Aveva preso l’agenda con i suoi impegni annotati con ordine sopra, le aveva dato un leggero bacio sulla guancia ed era uscito in perfetto silenzio. Nonostante le premure dell’uomo, però, la trentunenne si era lo stesso svegliata e, incapace di riprendere sonno, si era alzata e fatta una doccia. Mentre si asciugava, scoprì che il suo cellulare e il palmare erano scomparsi, chiaro segno che Will non voleva che nessuno la disturbasse. Sul tavolino basso di fronte al divano trovò un foglio scritto dal fidanzato in cui le raccomandava tanto riposo. Sorrise nel leggerlo e si sedette prima di ordinare la colazione in camera. Senza cellulare o palmare, non aveva davvero niente da fare ma l’inattività non le era mai piaciuta. Dopo aver fatto zapping col telecomando senza interesse, spense la televisione e andò ad aprire al cameriere che era appena arrivato. Gli lasciò una generosa mancia e iniziò a sbocconcellare un cornetto ancora caldo; poi prese il cordless che era nella stanza matrimoniale digitando uno dei pochi numeri che conosceva a memoria. Non dovette attendere a lungo prima di ricevere una risposta.
<< Pronto? >> domandò una voce ancora assonnata.
<< Ciao mamma, sono Yukino >> rispose la donna sorridendo.
<< Yukino? >> ripeté la donna dall’altra parte << Oh, che gioia! Come stai? E il mio nipotino? >>.
Involontariamente la trentunenne si accarezzò il ventre.
<< Sta facendo un po’ di capricci ma sta bene >>.
<< Non ti starai sforzando, vero? >>.
<< No mamma, tranquilla >> replicò la figlia << Pensa che Will mi ha sequestrato l’agenda con gli appuntamenti del giorno per non farmi pensare al lavoro >>.
<< Che uomo fantastico >> disse la madre contenta.
Anche se non lo aveva mai visto di persona, da come lo descriveva Yukino doveva essere una persona gentile e disponibile con chiunque. Il fatto, poi, che fosse pieno di soldi, era secondario. La loro era una rispettabilissima famiglia, cui prestigio e denaro non erano mai mancati.
<< Già, lo è davvero >> asserì la futura mamma << E tu, invece, come stai? >>.
<< Non mi lamento >> rispose Shioko che da quando era morto il marito parecchi anni prima non era più stata la stessa nonostante le gioie che le avevano portato i suoi figli << Certo, Haruki e Minako farebbero stancare anche un elefante >>.
Yukino rise pensando ai due nipoti, figli della sorella maggiore, di otto e quattro anni. Si portò nuovamente la mano sulla pancia riflettendo su come sarebbe stato poterlo finalmente vedere e sentire. Sarebbe stata contenta perfino dei suoi pianti che le avrebbero fatto trascorrere delle notti insonni.
<< Kaori è lì? >>.
Ci fu un lungo minuto di silenzio.
<< Mamma? >>.
<< Doveva essere una sorpresa >> disse infine la donna.
<< Cosa? >> domandò Yukino con una nota di preoccupazione.
<< Oh, niente per cui devi angosciarti >> si affrettò a ribattere Shioko << Ma nel pomeriggio riceverai una visita >>.
<< Kaori sta venendo a Tokyo? >>.
<< E non solo lei >> rispose la madre non riuscendo a trattenersi dal ridere.
<< Anche Katashi? >>.
<< Beh, ti aspettavi che i tuoi fratelli non ti venissero a trovare dopo cinque anni che non metti piede in Giappone? Ovviamente io non ti ho detto niente! >>.
<< Va bene >> si arrese la trentunenne guardando l’orologio << Puoi almeno dirmi a che ora arrivano? >>.
<< Per le diciassette >> rispose la madre << Mi raccomando, mostrati sorpresa quando ti chiameranno! >>.
Yukino sorrise.
<< Va bene, mamma >> ripeté cambiando posizione.
<< E non sforzarti, Yukino >> continuò l’altra << E’ del mio nipotino che stiamo parlando >>.
Si salutarono dopo l’ennesima promessa sul restare a riposo.
La futura mamma rimase per qualche minuto immobile mentre il suo bambino scalciava e alla fine decise di uscire e fare due passi. Non avrebbe sopportato di restare ancora in albergo a non fare niente.
 
Con un misto di felicità e malinconia, Yukino scoprì quante cose fossero cambiate nei quartieri che frequentava da ragazza e quante invece fossero rimaste uguali. Era contenta di essere tornata a Tokyo e di far nascere lì suo figlio, era il luogo in cui era cresciuta, in cui aveva frequentato le scuole, in cui c’era stata il Carnival. A quel pensiero un sorriso triste le increspò le labbra mentre si passava la mano sul pancione. Anche il piccolo dentro di sé pareva essersi temporaneamente quietato e lasciarle qualche momento di pace. Sarebbero tornati a New York non appena i medici le avessero detto che il bambino poteva affrontare un viaggio così lungo senza problemi e poi probabilmente non sarebbe più tornata. Pensò all’incontro che aveva fatto con Natsuki e Shizuru e alla bambina che somigliava palesemente alla mora nonostante le parole della trentatreenne chiedendosi se anche il suo le avrebbe somigliato. Desiderava che fosse così, desiderava specchiarsi nei suoi grandi occhi e sorridergli con calore mentre gli baciava una mano. Improvvisamente un piccolo calcio la costrinse a fermarsi e a poggiare la mano su un cancello di ferro battuto. Si guardò intorno scoprendo di essere arrivata nei pressi di una scuola. Molti ragazzi si affrettavano ad entrare mentre altri salutavano genitori e parenti prima di incamminarsi. Sorrise riflettendo sul fatto che tra qualche anno sarebbe toccato anche a lei. Rimase a contemplare ciò che vedeva finché non si sentì osservata. Si voltò in quella direzione e in quel momento incontrò gli occhi di una donna bionda. Comprese immediatamente chi fosse e il cuore le saltò in gola. Il suo bambino scalciò con forza come se avesse compreso l’ansia che aveva afferrato la donna e una smorfia di dolore le attraversò il volto. L’altra la osserva indecisa sul da farsi, forse non si aspettava di vederla in quel momento e soprattutto in quello stato. Fece un respiro profondo e pronunciò il suo nome.
<< Haruka? >>.
La bionda sgranò gli occhi per la sorpresa nel sentirsi nominare e ogni dubbio svanì dalla sua mente.
<< Sei davvero tu, Haruka? >> ripeté la giovane donna muovendo pochi passi nella sua direzione.
La direttrice continuava a fissarla in silenzio sbigottita da quell’enorme pancia che aveva.
<< Ciao >> continuò Yukino abbozzando un sorriso << Sono contenta di vederti >>.
<< Sei tornata? >> riuscì solo a chiedere la trentatreenne.
<< Da qualche giorno >>.
<< Sei incinta? >>.
La domanda parve stupida perfino alle sue orecchie.
Ma che diavolo sto dicendo?, si disse, E’ ovvio che lo sia!
Yukino si accarezzò il ventre costatando che il bambino si era calmato.
<< Già… >> mormorò sapendo che dietro quella richiesta così stupida c’era molto altro << Come…stai? >> le chiese.
<< Sto andando a lavoro >> rispose Haruka << Devo andare o farò tardi >>.
<< Aspetta! >> esclamò la trentunenne prendendole una mano in un gesto spontaneo << Non puoi chiedere un permesso? Ci sono tante cose che vorrei dirti >>.
Si guardarono negli occhi per qualche secondo, l’ansia che entrambe provavano era palese.
<< Mi spiace, non posso proprio >>.
<< A che ora finisci allora? >> insistette la più piccola.
<< Yukino, io sono molto contenta per te >> disse la bionda << Davvero >>.
No, non è vero!, avrebbe voluto urlarle la donna incinta.
<< Mi dispiace, Haruka, per quello che è successo cinque anni fa >> mormorò abbassando lo sguardo Yukino.
La trentatreenne la fissò senza rispondere mentre quella posa le ricordava così tanto la ragazza che era e che aveva promesso di proteggere quando andavano al liceo. Eppure l’aveva lasciata andare, aveva lasciato che salisse su quell’aereo diretto a New York.
<< Posso prendermi qualche ora >> affermò alla fine sentendo un improvviso desiderio di starle accanto.
Yukino le sorrise brevemente prima di iniziare a camminarle accanto.
 
<< E così sei diventata direttrice, davvero complimenti >>.
Haruka non riuscì a nascondere un sorriso carico di gioia per quello che era riuscita a fare.
<< E tu invece? >> domandò conoscendo la sua laurea in economia mentre camminavano per il parco affollato di persone che facevano jogging << Hai accettato quel…lavoro? >>.
La trentunenne annuì.
<< Sono diventata amministratrice delegata della multinazionale per la quale lasciai il Giappone >> rispose cercando di far passare le sue scelte solo attraverso il punto di vista lavorativo.
<< E il bambino? >> chiese Haruka senza riuscire a trattenersi.
Yukino le fece segno di sedersi accanto a lei su una panchina vuota e respirò profondamente.
<< Scusami >> aggiunse la direttrice << Non avrei dovuto farti stancare >>.
L’altra donna le fece un segno con la mano per dire che non era importante.
<< Lui non era programmato >> si confidò << Will ed io non avevamo mai parlato di figli o famiglia prima di scoprire di essere incinta >>.
<< Sei felice, però >>.
<< Ovvio che lo sono, Haruka >> le rispose l’amministratrice << E’ mio figlio ed io lo adoro già >>.
<< Mi sembra solo così strano dopo… >>.
Non riusciva nemmeno a dirlo.
<< Non pensavo che sarei rimasta incinta >> ripeté Yukino come se volesse scusarsi.
<< E’ una brava persona? >>.
<< Will è eccezionale >>.
<< Bene >> rispose la bionda alzandosi in piedi. Guardò il suo orologio da polso prima di riprendere a parlare << Devo andare >>.
<< Vorrei rivederti >>.
<< Yukino… >>.
<< Vorrei che conoscessi il bambino. Sai, tra poco dovrò partorire e vorrei che lo vedessi. Non abbiamo ancora scelto il nome ma ci sono diverse possibilità >>.
Le prese una mano per posargliela sul ventre mentre le sorrideva.
<< Va bene >> disse Haruka accorgendosi che l’idea non le dispiaceva << Piacerebbe anche a me >>.
 
Natsuki comprese subito che il bambino non stava bene fin da quando lo vide aprire gli occhi. Era estremamente pallido e accusava un forte mal di testa. Allarmata, gli poggiò le labbra sulla fronte ma non sembrava che avesse la febbre ; poi chiamò Shinichi.
<< Natsuki, ciao >> rispose l’uomo dall’altra parte del telefono << Scusami se non ti ho richiamata ma ho avuto parecchio… >>.
<< Shinobu ha una forte emicrania >> tagliò corto la donna.
<< Febbre? >>.
<< La sto misurando in questo momento ma non dovrebbe >>.
<< Stai tranquilla, Natsuki >> la rassicurò il medico << Magari ieri si è solo stancato un po’. Fallo stare a riposo e se non gli passa dagli un paracetamolo, okay? >>.
<< Non pensi che… >>.
<< No >> la interruppe Shinichi << Le sue analisi erano buone prima che lo portassi via. Stai continuando a dargli i farmaci che gli ho prescritto? >>.
<< E’ ovvio >> rispose la mora risentita << Credi che metterei a rischio la vita di mio figlio? >>.
<< Non sto dicendo questo… >> provò a giustificarsi il medico che sapeva fin troppo bene quanto potesse essere terribile il fiume di parole della donna quando era arrabbiata << Calmati, okay? Non c’è nulla che non va. Piuttosto sbrigati a fare quello che devi. È il motivo che ti ha spinto a tornare a Tokyo >>.
Capì d’averla ferita dalla frase appena pronunciata dal silenzio che ne seguì. Si morse la lingua mentre controllava il suo cercapersone che stava iniziando a suonare. Avrebbe voluto stare più tempo a telefono con lei per rassicurarla ma non ne aveva.
<< Scusa ma devo davvero scappare >> le disse chiudendo la chiamata senza aspettare una risposta.
 
Shinichi Kiruki era considerato da qualunque collega un ottimo medico e chirurgo pediatrico. Era arrivato a Kyoto quattro anni prima per una grossa promozione che aveva reso felice sia lui che sua moglie Yumiko. L’ospedale in cui lavorava era all’avanguardia per i macchinari usati e per lo staff di cui si avvaleva. Si trovava bene a collaborare con persone competenti che non si arrendevano nemmeno di fronte al caso più difficile. Si sentiva spronato a cercare sempre nuove tecniche, a leggere nuovi articoli medici per essere preparato sulle novità e gioiva per ogni vita che salvava come se fosse la prima. Corse al piano di pediatria usando le scale per non aspettare l’ascensore dopo aver spento il cercapersone che suonava ininterrottamente e si precipitò nella stanza del suo piccolo paziente.
<< Che cosa è successo? >> chiese all’infermiera che era lì per avere un quadro della situazione.
Ricordava quel bambino, Riku, era stato ricoverato in mattinata per un successivo intervento alla valvola mitralica.
<< Improvviso calo di pressione e successivo svenimento del paziente >>.
<< Portatemi un ecografo! >> urlò l’uomo sbottonando il camice del paziente svenuto.
La madre intanto era stata accompagnata fuori affinché non assistesse.
<< In sala operatoria, ora! >> continuò dopo aver osservato il muscolo cardiaco << Dobbiamo sostituire ora la valvola. Vai a chiamarmi il dottor Toyki, ho bisogno anche di lui >> aggiunse a tirocinante che per quella giornata gli era stato assegnato << Forza, forza! >>.
Sei ore dopo poté dare la buona notizia ai genitori del bambino rimasti in sala d’attesa. L’intervento, seppur eseguito d’urgenza, era andato bene. Riku si sarebbe svegliato tra una mezz’ora e sarebbe stato del tutto normale se avesse accusato dei dolori addominali. Sarebbero passati tra qualche giorno o settimana, non poteva dirlo con esattezza perché era diverso da persona a persona. Strinse le mani ad entrambi gli adulti che piangevano per la gioia e si allontanò verso una macchinetta del caffè. Fece un lungo sorso della bevanda scura e respirò profondamente pensando che ce l’aveva fatta anche quella volta. Sarebbe passato dal bambino più tardi, per controllare che fosse tutto a posto. Gettò il bicchiere vuoto e accartocciato nel cestino lì vicino e si voltò sentendosi chiamare da un’infermiera. A pediatria intensiva richiedevano un suo consulto. Seguì la donna evitando nuovamente l’ascensore mentre veniva informata sulle condizioni generali del bambino. Shinichi ascoltava in silenzio facendosi una propria idea sul perché fosse stato chiamato e, nel camminare nel corridoio del reparto, passò di fronte ad una stanza. Si bloccò per un istante pensando che era stato proprio in quella camera che l’aveva vista per la prima volta.
 
Si era appena trasferito e ancora non era pratico dei vari reparti dell’ospedale. Aveva capito d’aver sbagliato piano quasi subito ma nonostante l’errore, aveva continuato a camminare in quel corridoio. Era notte e tutto molto silenzioso, perfino i carrelli che venivano spostati o i passi parevano ovattati. C’erano solo i medici di guardia, qualche infermiera e ovviamente i parenti dei piccolissimi pazienti ricoverati. Non credeva che ce ne fossero così tanti e si era rammaricato per quei genitori che dovevano soffrire una gran pena. Era passato accanto all’ennesima stanza con incubatrici e madri che vegliavano i propri bambini notando che c’era solo una donna. Non sapeva per quale motivo ma aveva deciso di entrare. Cercando di essere il più silenzioso possibile, aveva aperto la porta di vetro e si era guardato intorno. Il bambino nell’incubatrice, ad occhio e croce, era sotto i due chili mentre la madre, dai lunghi capelli neri, si era assopita sulla sedia con una mano sulla culletta di plastica. Aveva sorriso appena di fronte a quella scena di infinita dolcezza mentre leggeva le macchine che monitoravano le funzioni vitali del piccolo e la sua cartella medica. Come aveva immaginato era nato di sette mesi.
<< C’è…c’è qualcosa che non va? >> aveva domandato improvvisamente la donna aprendo gli occhi e notando l’estraneo.
<< No >> si era affrettato a dire il medico << No, sono solo passato a controllare >>.
L’aveva vista mettersi seduta e posare i suoi grandi occhi verdi sul bambino.
<< E’ nuovo? Non l’ho mai vista qui >>.
<< Sono arrivato la settimana scorsa >> aveva spiegato l’uomo tendendo una mano << Shinichi Kiruki >>.
<< Natsuki Kuga >> aveva risposto l’altra.
<< Se è molto stanca, dovrebbe farsi dare il cambio da suo marito >>.
<< Non c’è nessun marito >> aveva detto seccamente la donna << Esattamente come non c’è nessun padre >> aveva aggiunto per evitare altre domande.
<< Mi spiace, sono stato molto indiscreto >>.
Natsuki si era stretta nelle spalle alzandosi in piedi.
<< Sta pensando che non è un bambino fortunato >> aveva osservato senza guardarlo.
<< Essendo nato di sette mesi è ovvio che il suo organismo non sia completamente sviluppato ma ho letto che sta reagendo bene. Ci sono situazioni peggiori, mi creda >>.
Lei gli aveva rivolto un sorriso amaro.
<< Ma non hanno una madre come me >> aveva affermato semplicemente.
Shinichi si era ritrovato a stringere la mascella a quelle parole. Quella donna di neppure trent’anni, non aveva un’alta stima di sé. Eppure lui la trovava bellissima anche con le occhiaie sotto gli occhi, i capelli in disordine, l’espressione stanca. Il colore intenso dei suoi iridi gli trasmetteva tristezza e malinconia come di chi ha già sofferto parecchio nella sua vita. Si era ritrovato a sorriderle.
<< Io non la conosco ma se è qui, accanto al suo bambino da quando è nato, senza nessuno che l’aiuti, è una madre eccezionale >>.
 
 

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Capitolo 11
*** Attrezzatura fotografica ***


<< Stai sempre dove posso vederti, Yoshiki! >> urlò Midori osservando il figlio allontanarsi per salire su un’altalena lasciata vuota da un bambino che era andato via col padre << Vuoi dirmi finalmente di che si tratta? >> domandò voltandosi verso Yuudai.
L’aveva ritrovato all’uscita dei bambini che aspettava il figlio e le aveva proposto di fare una passeggiata insieme. La cosa non le era dispiaciuta e, nonostante gli avvertimenti di Youko sul restare ferma sulle sue posizioni, non riusciva ad essere arrabbiata con lui. Se non fosse arrivato Yoshiki nella sua vita, anche lei avrebbe continuato a seguirlo nelle sue avventure e per questo non poteva dargli tutti i torti se stava continuando a fare ciò che più amava al mondo. L’attimo dopo si rabbuiò riflettendo sul fatto che avrebbe dovuto amare più il figlio del lavoro. Chiuse gli occhi per un secondo mentre scuoteva il capo.
<< Vuoi qualcosa da bere? >> chiese a sua volta l’uomo notando un chiosco.
Midori scosse il capo ma poi gli disse di prendere una bottiglietta d’acqua per il bambino che sicuramente avrebbe avuto sete più tardi.
<< Adesso puoi dirmi di che si tratta? >> continuò la donna vedendolo tornare e sedersi accanto a lei.
Odiava stare sulle spine.
<< Credo che mi somigli molto >> affermò Yuudai osservando Yoshiki giocare e salutare con la mano i genitori << Che ne pensi? >>.
<< E’ un bellissimo e dolcissimo bambino >> rispose la rossa che tremava ogni volta di fronte alla considerazione che quella creatura fosse davvero sua.
<< Mi spiace non vederlo mai >>.
Midori inarcò il sopracciglio destro.
<< Dico sul serio >> proseguì l’archeologo << Mi manca mio figlio quando sono lontano >>.
<< Per questo torni ogni sei mesi se tutto va bene >>.
<< Torno quando posso, quando il lavoro me lo permette >>.
La donna annuì.
<< Non ti sto accusando Yuudai, sia chiaro >> rispose la trentanovenne << Il tuo lavoro è molto importante per te, hai fatto una scelta quando Yoshiki aveva sei mesi. Avresti potuto accontentarti e fare il professore esattamente come sto facendo io e invece hai preferito continuare la tua vita come se niente fosse. Quindi non venirmi a dire che ti manca il bambino >>.
<< Forse ho trovato il modo per recuperare il tempo che ho perso con lui >>.
Midori si fece attenta a quelle parole.
<< Mi hanno offerto un lavoro in un’università molto prestigiosa, non è niente di sicuro ma se così fosse, potrei tenere Yoshi-chan con me. Non sarebbe un problema >>.
L’insegnante lo fissò a lungo per essere certa che non stesse scherzando.
<< Ma è una bellissima notizia! >> esclamò contenta << Perché hai aspettato tutto questo tempo per dirmelo? Se resti a Tokyo, il bambino potrebbe vederti sempre e tu saresti molto più presente di adesso nella sua vita! È fantastico! >>.
Si alzò in piedi per chiamare Yoshiki e comunicargli la novità ma la voce dell’uomo la bloccò.
<< Aspetta Midori >> disse perentoriamente << L’università si trova a Roma, in Italia, e io voglio portare il bambino con me >>.
Non appena Yuudai finì di parlare, alla donna parve che il mondo le crollasse addosso.
 
Anche se erano chiusi nel primo pomeriggio, Mai e Takumi rimaneva al ristorante per organizzarsi il lavoro. La sorella era contenta che il ventottenne fosse tornato, quel mese era stato particolarmente duro per lei sola in cucina ma l’avrebbe rifatto più che volentieri visto che si trattava del suo viaggio di nozze. Si lanciarono un’occhiata complice mentre pensavano al menù di quella sera. Essendo un ristorante piccolo e a gestione familiare, cucinavano e servivano ai loro clienti solo cibi freschi e casarecci. Per questo avevano avuto una discreta fortuna. L’atmosfera che si respirava era informale e metteva chiunque a proprio agio.
<< Oggi ho visto Akira un po’ pallida, ha l’influenza? >> domandò Mai senza guardare il ragazzo.
<< Deve essere un po’ di stanchezza >> rispose Takumi che affettava velocemente le verdure << Anche stamattina si è sentita male >>.
<< Ah sì? >> fece l’altra con un sorriso malizioso << E per caso ha avuto anche delle nausee mattutine? >>.
<< No, cosa…Mai! >> esclamò il ventottenne non appena ebbe compreso dove volesse arrivare la sorella << Non è possibile >>.
<< Sicuro? >>.
<< Siamo sempre stati attenti >> si confidò Takumi senza riuscire a non arrossire.
<< Sicuro? >>.
<< Smettila adesso! Ti dico di sì! >>.
Mai si strinse nelle spalle cercando di apparire indifferente, anche se si sarebbe messa volentieri a saltare di gioia. Era convintissima che Akira fosse incinta.
<< E se fosse? >> chiese in modo innocente ma con gli occhi che le brillavano.
<< E se fosse…vedremo >> rispose l’altro << Non abbiamo ai parlato di bambini, ci siamo appena sposati! E poi ci sono così tante spese ancora da affrontare… >>.
La rossa gli prese il viso con entrambe le mani per guardarlo negli occhi.
<< Non è importante, Takumi >> affermò seriamente << Sarebbe lo stesso bellissimo >>.
Suo fratello la fissò per qualche secondo negli occhi prima di annuire con poca convinzione.
<< E Natsuki? >> domandò tornando alle sue mansioni << Mi piacerebbe salutarla >>.
<< L’ho chiamata stamattina, il bambino non sta bene >> rispose la trentunenne << Rimarrà in albergo per tutto il giorno >>.
<< Spero che si riprenda presto >> disse il giovane cui non era importato sapere molto sul padre del bambino << Sarebbe molto bello se le cose si aggiustassero anche per lei >>.
Mai annuì.
<< Tu lo sai, vero? Intendo il motivo per quale è andata via >>.
Sua sorella annuì nuovamente.
<< E lo condividi? >>.
Questa volta la donna smise di pulire il pesce e si voltò per guardarlo.
<< Ha fatto ciò che riteneva opportuno fare >> la difese << Io non la incolpo >>.
<< Nemmeno io, Mai >> rispose Takumi con un mezzo sorriso vedendo come la distanza non avesse scalfito la loro solida amicizia << Visto che è tornata potrebbe riprendere il suo vecchio lavoro, non credi? Mi sarei avvalso più che volentieri di una professionista come lei come fotografa per il matrimonio se fosse stato possibile >>.
A quelle parole la rossa sorrise mentre una grande idea si affacciava nella sua mente.
<< Takumi, sei un genio! >> esclamò abbracciandolo inaspettatamente.
<< Davvero? Che ho detto? >>.
<< Adesso non posso spiegarti, ci vediamo dopo! >>.
<< Aspetta Mai, dove vai? Non puoi lasciarmi solo! >>.
<< Farò prestissimo, fratellino! >> lo salutò la trentunenne infilandosi il cappotto prima di uscire.
 
<< Cosa? >>.
<< Natsuki, ti prego devi farlo! >>.
<< Ma non posso, non sono più una fotografa! >>.
<< Ti prego >> insistette la rossa parlando sottovoce per non svegliare Shinobu che dormiva << Ho bisogno del tuo aiuto! >>.
<< Ma non ho nemmeno più la mia attrezzatura! >>.
<< Natsuki, queste persone si sono ritrovate improvvisamente senza più il fotografo per la festa, aiutali! Solo tu puoi prenderti questo incarico in così poco tempo! >>.
<< Non saprei nemmeno dove svilupparle, Mai! Non ho l’attrezzatura per prendermi questo incarico! >>.
<< Chiama Shizuru >> affermò risolutamente l’amica porgendole il cellulare che aveva lasciato sul tavolino << Chiedile se ha conservato le tue cose, se ha ancora lo studio dove lavoravi >>.
<< Scherzi? >> domandò la mora sentendosi afferrare dall’ansia al solo pensiero di telefonarle << Non posso chiederle una cosa del genere! >>.
<< E’ un’emergenza, Natsuki! >> continuò a mentire spudoratamente l’altra ben sapendo di essere stata lei a proporre l’amica per la festa di fidanzamento che si sarebbe tenuta nel suo ristorante << Ti prego, in nome della nostra amicizia! Ho già comprato tutto quello che serve per il menù! >>.
Natsuki si passò una mano tra i capelli neri e sospirò.
<< E va bene >> rispose infine prendendole il telefonino dalla mano << Ma sappi che questo è un ricatto bello e buono >>.
<< Ti voglio bene! >> esclamò Mai abbracciandola per un attimo prima di lasciare che componesse il numero della trentatreenne.
Le rispose dopo qualche squillo, lo capì da come il volto della donna dagli occhi verdi s’imporporò.
<< Ciao Shizuru >> mormorò a disagio << Mi…mi spiace disturbarti in questo momento >>.
<< Nessun disturbo >> disse l’altra non riuscendo a trattenersi dal sorridere << Sto per andare a prendere Saori a scuola, vuoi farlo tu? >>.
<< No, io non ti ho chiamata per questo >> fece un respiro profondo per continuare << Avrei…avrei bisogno di un favore >>.
Il cuore le batteva così forte che le pareva di sentirlo pulsare nelle orecchie.
<< Dimmi pure >>.
Natsuki inghiottì un groppo di saliva.
<< Conservi ancora la mia attrezzatura fotografica? >>.
I pochi secondi che trascorsero nell’aspettare la sua risposta, le parvero un’eternità.
<< Ci possiamo incontrare tra un’ora? >>.
<< Un’ora? >> ripeté la mora guardando l’amica e coprendo il cellulare << Come faccio con Shinobu? >> chiese con un filo di voce.
<< Te lo guardo io >> le rispose Mai con un sorriso.
La donna le gettò un’occhiata titubante ma non poté far attendere oltre Shizuru dall’altra parte del cellulare.
<< Va bene >> disse.
Le diede l’indirizzo dell’albergo dove alloggiava e chiuse la telefonata.
<< Allora, vi dovete vedere? >> esclamò la rossa felice.
Natsuki annuì mentre si avvicinava al figlio. In quei giorni aveva trascorso così poco tempo con lui che se ne sentiva profondamente in colpa. Gli diede un bacio sulla guancia cercando di non svegliarlo e si allontanò da lui.
Lo faccio per te.
<< Vado a farmi una doccia >> disse rivolta a Mai.
 
Un’ora dopo Natsuki era nel piazzale dell’albergo che si guardava intorno nervosamente.
Nemmeno fosse il mio primo appuntamento, pensò con una punta d’ironia mentre lanciava frequenti occhiate alla finestra della sua camera.
Il suo bambino era al piano di sopra in compagnia di Mai. Aveva promesso che avrebbe fatto presto, che l’avrebbe tenuta aggiornata e che se ci fosse stato il minimo cambiamento nello stato di salute di Shinobu avrebbe dovuto telefonarle immediatamente.
In quel momento una macchina scura si fermò di fronte a lei abbassando il finestrino del passeggero. Il sorriso gentile della trentatreenne le scaldò il cuore mentre le chiedeva di salire.
<< Dov’è Saori? >> chiese dopo aver messo la cintura di sicurezza notando l’assenza della bambina.
<< Lezione di pianoforte >>.
<< Pianoforte? >> ripeté scettica la mora inarcando il sopracciglio << Ma non è troppo presto? >>.
<< Anch’io ho iniziato a quell’età >> le rispose la trentatreenne << Sta tranquilla, se la cava benissimo >>.
Si voltò appena mentre guidava per rivolgerle un secondo sorriso. Anche se non voleva ammetterlo, le piaceva che Natsuki avesse simili attenzioni nei confronti della figlia.
<< Ha preso da te, allora >> commentò l’altra senza riuscire a smettere di guardarla.
Era così bella, come aveva fatto a stare per cinque anni lontana da lei? Aveva avuto una forza non indifferente.
<< Mi spiace averto disturbato >> aggiunse chinando leggermente lo sguardo << Immagino che sarai piena di impegni >>.
Lei scosse il capo.
<< No, dopo aver portato Saori a pianoforte sarei stata libera >> le rispose Shizuru con calma << Sono contenta che tu mi abbia chiamata >> continuò incapace di trattenersi << Hai…hai deciso di riprendere il tuo vecchio lavoro? >>.
Natsuki si ritrovò a stringere con nervosismo un lembo del giubbotto a quella domanda.
<< Non… >>.
<< Scusa, non sono cosa che mi riguardano >> si affrettò a dire la trentatreenne.
Ti prego, non dirmi questo!, urlò la mente della più giovane.
<< E’ un piacere che devo fare a Mai >> rispose infine << Tra…tra qualche giorno c’è una festa di fidanzamento e la coppia non ha più il fotografo e…non ho capito bene ma… >>.
<< Lo sostituirai? >>.
La mora annuì.
<< Dove mi stai portando? >> chiese dopo osservando il paesaggio circostante dal suo finestrino.
<< Non l’hai ancora capito? >> domandò a sua volta l’altra con una leggera nota ironica nella voce.
Per qualche istante Natsuki rimase in silenzio mentre si guardava intorno; poi improvvisamente riconobbe il palazzo dove aveva il suo studio e sorrise come una bambina.
<< C’è ancora Shogo? >>.
Shizuru scosse il capo mentre cercava un posto dove parcheggiare.
<< E’ andato in pensione qualche anno fa, ma sta bene. Ha uno stuolo di nipotini che lo tengono sempre attivo >>.
La trentunenne rise nel ricordare il suo viso e nel saperlo felice con la sua pensione e la sua famiglia. Era una brava persona, conservava un ricordo positivo di lui e anche della moglie quelle rare volte in cui l’aveva vista. Quasi non si accorse che l’auto si era fermata e che la trentatreenne stava scendendo. Si affrettò ad imitarla e si domandò come mai fossero lì. La vide, senza dire niente, aprire il portone della palazzina e salutare gentilmente il nuovo portiere. Natsuki si limitò ad un cenno del capo leggermente a disagio mentre la seguiva. Presero l’ascensore e si fermarono allo stesso piano in cui la mora aveva lo studio. Il cuore prese a batterle forte nel petto nel leggere ancora, a distanza di cinque anni, la targhetta sulla porta che le aveva regalato l’altra donna quando aveva deciso di mettersi in proprio e comprese che sarebbe potuto esploderle da un momento all’altro quando Shizuru fece scattare la serratura invitandola a entrare. Mettere piede in quel posto dopo tanto tempo, le fece provare una sensazione di calore e allo stesso tempo di estraneità all’altezza dello stomaco. Era tutto esattamente come ricordava, dai mobili che arredavano lo studio al più insignificante particolare. Capì che avrebbe potuto piangere per ciò che l’altra aveva fatto. La guardò ed ebbe voglia di baciarla, di tornare a sentire il sapore delle sue labbra sulle sue, di fare l’amore lì in quel momento. Aveva lasciato un pezzetto della sua vita intatto, un piccolo angolo privo di distruzione.
<< Ho lasciato tutto com’era >> le spiegò con voce calda passando un dito sul telo di plastica che copriva i mobili affinché non si rovinassero.
<< Non dovevi farlo…io non… >>.
La donna le fece ondeggiare davanti agli occhi le chiavi dell’appartamento.
<< E’ tuo >>.
Natsuki la fissò sorpresa.
<< No, non è mio! >> esclamò.
<< A me non serve >> rispose semplicemente l’altra con calma << E’ sempre stato tuo >>.
<< Non è mio >> ripeté caparbiamente la mora ricordando che era stata Shizuru ad acquistarlo quando una sera avevano chiacchierato su quale fosse il prossimo passo da affrontare una volta terminati gli studi di fotografia.
<< E’ stato un regalo >> precisò la trentatreenne mettendo fine alla piccola discussione.
Inaspettatamente le si avvicinò per poterla guardare negli occhi che teneva bassi e le scostò una ciocca di capelli neri dal viso. Le sorrise per farle capire che andava tutto bene, che non era arrabbiata con lei. D’altronde come avrebbe potuto esserlo? L’amava e, anche se non voleva ammetterlo, era così contenta che fosse tornata! Con la punta delle dita le sfiorò la candida pelle, accarezzandole la mascella mentre la osservava arrossire come ogni volta che l’aveva fatto in passato.
Non siamo cambiate per niente, eh Natsuki?, pensò avvicinando il suo volto a quello dell’altra.
Natsuki chiuse gli occhi e trattenne il respiro. In quel momento il telefono della più grande prese a squillare e vibrare nella tasca del suo cappotto nero. Si fermò notando che la mora stava riaprendo le palpebre e si allontanò leggermente da lei togliendo le dita dal suo viso. La magia era stata rotta. Lesse il nome sul display e si passò una mano tra i capelli prima di attivare la conversazione. Non pronunciò il suo nome e da quel segnale la trentunenne comprese di chi doveva trattarsi. Chinò il capo sentendo un dolore lancinante all’altezza del petto. La sentì discutere di questioni di lavoro finché non riagganciò non prima d’aver detto:
<< Aspettami lì, arriverò presto >>.
Shizuru infilò nuovamente il cellulare nella tasca e si voltò per guardare l’altra donna.
<< Ci metto un attimo >> mormorò la mora muovendosi a cercare quello che le serviva.
Si accorse si stare stringendo con così tanta forza le chiavi che la più grande le aveva porto da far diventare bianche le nocche.
Ti amo, Shizuru.
 
<< Ehi Shin-chan, come stai? >> domandò Mai notando il bambino stava sbadigliando.
<< Salve Mai-san >> rispose Shinobu guardandosi intorno << La mamma? >>.
<< E’ andata a fare un servizio, torna presto. Ti va un succo di frutta? >>.
Lo vide annuire e allungò la mano per porgergli il bricco dopo aver infilato la cannuccia.
<< Ookini Mai-san >> disse il bambino dopo aver fatto un primo sorso.
A quel ringraziamento, la rossa si ritrovò abbastanza sorpresa mentre gli sorrideva. Il Kyoto-ben? Shinobu conosceva il Kyoto-ben? Pensò che non aveva idea di dove fosse vissuta la sua amica per tutti quegli anni e il piccolo le aveva appena fornito una risposta inconsapevolmente. Eppure di cosa si meravigliava? Non avrebbe fatto una grinza se così fosse stato.
<< Stai meglio, Shin-chan? >>.
L’altro annuì con un sorriso.
<< Ti fa spesso male la testa? >>.
Era strano che un bambino di quell’età soffrisse di così forti emicranie da costringerlo a letto per un intero giorno.
<< Sì >> affermò Shinobu << Ma questa volta la mamma non mi ha portato in ospedale >>.
Addirittura in ospedale?, pensò la trentunenne.
Gli accarezzò una guancia riflettendo a cosa potessero essere dovuti quei malori. Non essendo medico e avendo una bambina che aveva sempre avuto una salute di ferro, non ne aveva idea. Ripensò al fatto che il bambino parlasse il Kyoto-ben e sentì una sensazione piacevole all’altezza del cuore. Natsuki non poteva fare regalo migliore al proprio figlio.
 
Il viaggio di ritorno fu imbarazzatamente silenzioso. Natsuki aveva trovato tutto quello che le serviva, la sua attrezzatura non era stata toccata e, a parte qualche piccolo controllo che doveva effettuare, le pareva che fosse tutto in ordine. Mentre l’altra guidava, si ostinava a tenere lo sguardo fisso sul paesaggio fuori il finestrino. La consapevolezza che dopo averla lasciata di fronte all’albergo sarebbe andata da lei, le faceva troppo male. Gettò una veloce occhiata al suo cellulare e sospirò leggermente. Shizuru la guardò cercando di non distrarsi dalla guida e fece un respiro profondo.
<< Domani pomeriggio >> iniziò passandosi la punta della lingua sulle labbra per inumidirle << Porterò Saori allo zoo, ti andrebbe di venire con noi? >>.
Si ritrovò a trattenere il respiro nell’aspettare una risposta anche se non ne comprendeva il motivo. Inconsciamente voleva passare del tempo con lei per annullare la distanza che si era creata tra loro, ufficialmente le stava dando semplicemente la possibilità di trascorrere qualche ora con la bambina. Per diversi secondi Natsuki non seppe che dire. Il suo pensiero volò a Shinobu e al fatto che non aveva il coraggio di parlare del bambino con la donna. Era suo figlio eppure in quei giorni lo stava tenendo nascosto come se se ne vergognasse. Chiuse gli occhi per un attimo mentre il senso di colpa strisciava viscidamente nella sua mente e la faceva sentire una cattiva madre. Tornò a guardare la trentatreenne che stava attendendo che parlasse e si ritrovò a porgerle un sorriso forzato.
Mi dispiace Shinobu, ma ancora non ci riesco.
<< Mi piacerebbe tantissimo >> dichiarò infine dando voce alla felicità per il pomeriggio che si sarebbe prospettato.
Shizuru le sorrise.
<< Anche a Saori >> disse semplicemente tornando a respirare.
E non sai quanto sia felice io, aggiunse nella sua testa.
 
<< Ciao amore >> salutò Shizuru vedendo arrivare la figlia << Com’è andata dalla signorina Saketi? >> chiese mentre si avviavano alla macchina parcheggiata a pochi metri di distanza.
<< Mi dato degli esercizi da fare a casa >> rispose Saori che aveva ancora in mano gli spartiti << Io e Yomi abbiamo già iniziato a farli dopo il tè >> aggiunse riferendosi all’altra bambina che prendeva lezioni di piano con lei e dalla quale si era poi fermata per un’altra ora.
<< Bravissima piccola >> rispose la madre con un sorriso.
<< Sono più brava io di Yomi, sai mamma? >> affermò orgogliosamente la bambina.
Shizuru rise di fronte a quella frase e le aprì lo sportello posteriore dell’auto.
<< E lei perché è qui? >> domandò subito dopo Saori vedendo seduta al posto accanto a quello del guidatore la segretaria della madre.
Piccola impertinente, pensò Izumi il cui semplice suono della sua voce l’aveva già fatta arrabbiare.
<< Saori, hai dimenticato come si dice? >> la riprese la trentatreenne mettendo la cintura di sicurezza.
<< Buon pomeriggio Takako-san >> disse la piccola a denti stretti << Perché è qui, mamma? >> riprese con maggior enfasi.
Perché io e la tua mamma abbiamo fatto tanto sesso!, avrebbe voluto urlarle la venticinquenne, E avremmo continuato se non avesse dovuto prenderti.
<< Ciao Saori >> si limitò invece a rispondere.
<< Io e Takako-san avevamo tanto lavoro da sbrigare >> le spiegò Shizuru guidando verso l’appartamento della segretaria.
Non poteva certo dirle che Izumi l’aveva fatta tornare in ufficio con un pretesto e descriverle quello che poi avevano fatto sorvolando accuratamente sull’incontro con la mora avvenuto prima e sui sentimenti che aveva provato standole semplicemente a contatto. Sorrise leggermente per il piacere provato.
<< Perché non è venuta Natsuki-san? >> domandò Saori con un piccolo sorrisetto beffardo nei confronti della giovane donna.
Pareva aver compreso che quel nome le desse fastidio. A quella domanda, infatti, Izumi strinse con forza il lembo del suo vestito che usciva dal cappotto color panna che indossava. Shizuru lanciò una veloce occhiata alla figlia attraverso lo specchietto retrovisore e non seppe se gioire o sentirsi a disagio per le sue parole.
<< La vedrai un’altra volta >> rispose fermandosi ad un incrocio.
<< Quando? >>.
<< Domani, verrà allo zoo con noi >>.
<< Che bello, mamma! >> esclamò Saori sinceramente felice.
La trentatreenne guardò Izumi mentre inseriva la marcia per riprendere a camminare ma l’altra stava fissando un punto indefinito di fronte a sé. Comprese che le sue parole dovevano averle dato fastidio e fece scivolare la mano sul suo ginocchio accarezzandolo.
Piccola maledetta mocciosa, stava pensando intanto la segretaria, Riuscirò a spedirti in un collegio a Timbuctu! Odio te e la tua stupida madre che ha avuto la geniale idea di mollarti alla mia Shizuru-san! Lo farò, fosse anche l’ultima cosa che faccio!
Quando la donna più grande parcheggiò sotto casa di Izumi scese con lei con una scusa. La segretaria prese dalla borsa il mazzo di chiavi senza guardarla. Shizuru la prese per un braccio addossandola alla prete vicino al citofono, dove non era visibile dalla macchina, e la baciò con foga.
<< E’ il suo modo di scusarsi, Shizuru-san? >> chiese la ragazza in modo duro.
L’altra le accarezzò una ciocca di capelli con un leggero sorriso.
<< E’ solo una passeggiata allo zoo >> le rispose.
No, non è solo una passeggiata allo zoo!, urlò la mente della segretaria.
<< Non può andarci lei da sola con la bambina? >>.
A quella domanda Shizuru sospirò. Delle volte le pareva che Izumi fosse più piccola di Saori.
<< L’ho promesso a Saori, ci tiene tanto >>.
<< Ed è necessario che venga anche quella, allora? >>.
<< Mi farò perdonare >> rispose la trentatreenne dandole un altro bacio prima di tornare dalla figlia.
 

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Capitolo 12
*** Comportamenti sbagliati ***


<< Sei più nervosa di quando affrontasti il tuo primo colloquio con mio padre! >> la prese in giro Will notando come Yukino guardasse nervosamente il suo orologio da polso << Ti mette così tanta ansia rivedere i tuoi fratelli? >>.
La donna scosse il capo abbozzando un sorriso. Era sinceramente contenta dopo cinque anni di parlare finalmente di persona con la sorella. Via skype non era il massimo. La sua agitazione derivava da altro. Improvvisamente il cellulare squillò facendola sobbalzare. Era Kaori. Attivò immediatamente la conversazione provò un certo sollievo nel sentire la voce calda dell’altra donna.
<< Sappiamo che mamma ti ha rovinato la sorpresa >> fu la prima cosa che disse Kaori con un messo sorriso << Anche se con ritardo, comunque, siamo arrivati >>.
Yukino rise leggermente. La signora Kikukawa non era mai stata brava a raccontare bugie, ormai lo sapevano tutti.
<< Siamo fuori la stazione >> rispose iniziando a cercarli con lo sguardo.
Riagganciò e pochi minuti dopo un uomo di quarant’anni agitò la mano nella sua direzione mentre nell’altra trascinava il suo trolley. A poca distanza da lui seguiva la sorella.
<< Kaori, Katashi! >> esclamò Yukino stringendo con forza la mano di Will.
Mentre si avvicinavano, la trentunenne notò che non erano cambiati affatto. I suoi fratelli maggiori erano gemelli e proprio per questo si somigliavano moltissimo. Entrambi occhi scuri e capelli ricci castano chiari, carnagione bruna e lo stesso modo di sorridere. Nonostante fossero di sesso opposto, era impossibile non indovinare sulla loro parentela. Yukino, invece, era la più piccola della famiglia, era nata a distanza di nove anni dai fratelli e per questo motivo Kaori l’aveva sempre tenuta sotto la sua ala protettiva finché non si erano separate quando i due gemelli si erano iscritti nella prestigiosa scuola di Tokyo che successivamente aveva frequentato anche lei.
<< Ma è enorme! >> disse immediatamente Katashi indicando il pancione della sorellina ridendo di gusto.
Kaori gli diede una gomitata nello stomaco.
<< Questa è la prima cosa che hai da dire a tua sorella dopo cinque anni? >> lo rimproverò ironicamente la gemella mentre abbracciava Yukino << Comunque è davvero enorme! >>.
<< Sono contenta di vedervi >> rispose la trentunenne rendendosi conto che le erano mancati davvero tanto.
<< William, giusto? >> chiese il fratello allungando una mano verso l’uomo che era rimasto in silenzio << Finalmente ci conosciamo! >>.
<< Già, ormai possiamo considerarci cognati >> rispose l’altro con un sorriso.
Salutò anche Kaori e si offrì di aiutarla col bagaglio.
<< Lui sì che è un vero gentiluomo! >> esclamò la quarantenne gettando un’occhiata scherzosa a Katashi che si strinse nelle spalle con un mezzo sorriso facendo finta di non sentirla.
<< I bambini come stanno? >>.
Gli occhi di Kaori s’illuminarono facendo capire quanto fossero importanti per lei.
<< Bene, sono due pesti >> rispose << Ma se ha preso della nostra famiglia, lo sarà anche il vostro tranquilli! >>.
Tutti risero mentre Will fermava un taxi.
<< Ci siamo presi il disturbo di prendervi una stanza nel nostro stesso albergo >> affermò il trentunenne aprendo lo sportello e aiutando Yukino a entrare.
<< Non dovevate >> rispose Katashi.
<< Conoscendoti, Katashi, ti saresti ritrovato a dormire sotto i ponti vista la tua poca organizzazione >> osservò la donna incinta.
<< Ehi sorellina, non credi che stiamo mancando un po’ di rispetto al tuo fratellone? E dire che da bambina ti facevo salire sulle mie spalle sempre >>.
Will rise.
<< Non riesco a immaginarmi una bimba pestifera conoscendo l’adulta che è adesso >>.
Yukino a quelle parole arrossì.
<< Non metterla in imbarazzo >> lo sgridò Kaori divertita << Parliamo di cose serie invece. Avete deciso il nome del mio nipotino? >>.
<< Non sappiamo ancora se è maschio o femmina, te l’ho detto! >>.
<< Ma come fate a resistere? Io e Noburu non ci siamo riusciti. Però, avrete sicuramente iniziato a pensarci, no? >>.
<< Beh, se fosse maschio, vorrei che si chiamasse come mio padre >> ammise Will che un paio di volte aveva esposto il suo desiderio alla compagna << Sarebbe il primo nipote maschio che gli arriva e ne sarebbe infinitamente orgoglioso. I miei fratelli hanno avuto solo bambine per il momento >>.
<< Sarebbe? >> chiese Katashi.
<< Cristopher >>.
<< Non male >> commentò l’altro uomo << E se fosse femmina? >>.
A quella domanda il cuore di Yukino fece un salto. Guardò involontariamente la sorella e si accorse che la stava fissando. Arrossì mentre abbassava lo sguardo. Lei sapeva.
<< Abbiamo diversi nomi nella nostra rosa >> spiegò Will che non si era accorto di nulla << Juliet, Himeko che a me piace molto per il suo significato, Sayuri e Shiori >>.
<< Carini >> disse Kaori << E a te Yukino quale piace di più? Avrai una preferenza, no? >>.
<< Ecco, io… >> iniziò la trentunenne << …io voglio aspettare di vederlo o vederla prima >>.
<< Scelta dell’ultimo minuto? >> domandò il fratello.
<< Ma cosa vuoi capirne tu che di figli e mogli nemmeno l’ombra! >> esclamò la sua gemella facendo un gesto esplicito con la mano.
<< Ancora l’eterno don Giovanni, eh Katashi? >> scherzò Yukino ricordando gli innumerevoli flirt che l’uomo aveva avuto da ragazzo.
<< Mamma non vede l’ora che si sistemi >> fece Kaori scuotendo il capo con fare sconsolato << Com’è che ti dice sempre quando vai a trovarla? Vorrei vederti con una bella moglie, un anello al dito, due o tre nipotini che scorrazzano nel giardino di casa recintato da un bianco steccato con due belle e nuove macchine parcheggiate nel garage… >>.
<< Okay, smettila >> la interruppe Katashi infilandosi un dito nel colletto della camicia che indossava << Mi stai facendo venire l’ansia! >>.
Tutti e quattro risero mentre il taxi si fermava all’indirizzo giusto. Will si affrettò a pagare incurante delle proteste di Kaori e si recarono alla reception per chiedere la loro stanza. L’uomo consegnò alla quarantenne il pass e si avviarono verso l’ascensore visto che era sullo stesso piano.
<< Propongo di darci tutti una rinfrescata e di rivederci più tardi per cena, che ne pensate? >> propose il trentunenne prendendo per mano Yukino una volta aperte le porte.
<< Sarebbe perfetto! >> esclamò Katashi che non vedeva l’ora di togliersi gli abiti e farsi una doccia.
<< Allora ci vediamo alla reception per le otto >>.
Prima di allontanarsi Yukino lanciò un’ultima occhiata alla sorella.
 
<< Ma è una camera o un appartamento? >> fu la prima domanda che fece l’uomo non appena entrò nella stanza d’albergo.
Anche Kaori sgranò gli occhi sorpresa. Aveva immaginato dal lusso che traspariva palesemente dalle scale, gli ascensori e perfino dalle divise dei facchini che quell’albergo costava un occhio ma non credeva che il suo futuro cognato e la sorella fossero arrivati a pagare completamente quella camera per loro.
<< Deve davvero navigare nell’oro quello >> dichiarò Katashi gettandosi come un bambino sul divano.
Kaori inarcò il sopracciglio. La loro famiglia aveva origini benestanti e sicuramente nemmeno il fratello avrebbe avuto problemi a pagarsi da solo qualche pernottamento lì se non si ostinasse caparbiamente a voler fare l’impiegato anziché il dirigente dell’azienda di famiglia. Gli gettò contro il viso il suo bagaglio a mano.
<< Vai a farti la doccia, va >> gli rispose aprendo il frigo bar e prendendo una bottiglietta d’acqua.
Il fratello scattò in piedi dopo aver schivato il colpo e le fece la linguaccia prima di infilarsi nel bagno. La donna finì di bere, poi prese il cellulare dalla borsa lasciata sul divano e chiamò a casa per sapere se era tutto a posto. Per qualche giorno sua madre si era trasferita a casa sua per badare ai bambini e soprattutto al marito che sotto certi aspetti era più piccolo dei figli. Sorrise nel sentire la voce della bambina che poi le passò il fratello per arrivare finalmente a Noburu. Chiacchierarono amabilmente per qualche minuto prima che la signora Kikukawa s’impossessasse dell’apparecchio per avere notizie di Yukino. Alla sua età le era stato seriamente sconsigliato di viaggiare e si rammaricava non poco di dover aspettare che la figlia le portasse il nipotino anche solo per farglielo vedere. La rassicurò sul suo stato di salute e su quello del bambino prima di chiudere la conversazione promettendo che si sarebbero sentite l’indomani mattina. Si lasciò cadere sul divano come se tutta la stanchezza per il viaggio le fosse crollata addosso in quel momento e pensò alla grossa pancia della sorella con un sorriso. Anche Yukino, la sua sorellina, aveva diritto al suo angolo di felicità. Si chiese se si fosse lasciata alle spalle i fantasmi del passato che l’avevano spinta a partire o se ancora facesse fatica a tenerli a bada. Le tornò in mente il sussulto nel momento in cui stavano chiacchierando su un ipotetico nome per il bambino e la risposta le affiorò nella testa con naturalezza. Un nuovo sorriso triste le increspò le labbra. Lei, aveva pensato a lei. Per questo era sobbalzata improvvisamente, per questo non aveva ancora scelto il nome da dare alla sua creatura.
Oh Yukino, pensò, Per favore trova la tua pace. Dimenticati quella storia.
 
<< Forza Hideki, siamo arrivati >>.
Il bambino aprì gli occhi sbadigliando mentre l’uomo pagava il tassista e lo sollevava dal sedile posteriore sul quale si era addormentato.
<< Papà, io ho sonno >> si lamentò.
Suo padre gli fece un leggero sorriso indicandogli l’albergo.
<< Adesso ci facciamo una doccia, mangiamo qualcosa e poi dritti a letto. Ti va hamburger e patatine fritte per cena? >>.
Hideki lo abbracciò contento per la proposta e parve che tutta la stanchezza dell’attimo precedente fosse scomparsa. L’uomo entrò nella reception, chiese di poter avere il pass della stanza che aveva prenotato e si fece aiutare da un facchino per le valige. Una volta entrati, il bambino si lanciò sul letto matrimoniale ridendo e guardandosi intorno.
<< Hideki non mettere in disordine il mio letto >> disse in tono scherzoso il padre << C’è il tuo nell’altra stanza >>.
<< Papà, è qui che sei vissuto quando eri ragazzo? >> domandò il figlio fermandosi e osservando il paesaggio che si vedeva dall’ampia finestra.
<< Sì, ho frequentato il liceo a Tokyo prima di trasferirmi e studiare medicina >>.
<< E poi hai conosciuto la mamma >>.
<< Esatto Hideki, l’ho conosciuta all’università >> rispose l’altro scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Stava per dirigersi verso il bagno ma qualcuno bussò alla porta. Aprì domandandosi chi potesse essere.
<< Kanzaki-san >> disse la donna che lo aveva servito nella hall dell’albergo << Ha dimenticato i suoi documenti sul bancone >>.
Reito le porse un sorriso gentile.
<< La ringrazio infinitamente >> affermò riprendendosi ciò che era suo << Non so davvero dove ho la testa ultimamente >>.
<< Si figuri >> ribatté l’altra che poteva avere all’incirca la sua età arrossendo << Può capitare a tutti >>.
<< Meno male allora che c’era una graziosa signorina come lei a salvarmi stavolta >>.
 
<< Mi rifiuto di credere ad una cosa del genere! >> esclamò Youko mentre era a tavola con Midori.
<< Libera di non farlo >> le rispose laconicamente l’amica allontanando leggermente da sé il piatto vuoto.
Allungò il collo per controllare il bambino che guardava un cartone animato in salone e subito dopo l’ora.
<< E’ folle, Midori >> ribatté la dottoressa << Non può avertelo detto veramente >>.
La rossa si limitò ad annuire sentendo la gola secca. Bevve un lungo sorso di birra e si alzò in piedi.
<< Yoshi-chan, andiamo a letto >> affermò voltandosi e avvicinandosi al figlio che aveva iniziato a protestare.
<< No, niente storie, piccolo. Domani hai scuola >>.
<< Mi viene a prendere papà? >>.
A quella richiesta la donna si bloccò improvvisamente stringendogli la mano.
<< Non lo so >> rispose infine senza guardarlo << Non ho idea di cosa faccia tuo padre domani >>.
Yoshiki gettò una veloce occhiata verso Youko che gli sorrideva. Sua madre, parlando di Yuudai, non aveva mai usato un tono di voce così duro.
<< Fai il bravo, Yoshiki >> s’intromise la quarantenne << Va a letto >>.
<< Buonanotte zia Youko >>
<< Notte Yoshi-chan >>.
Midori ritornò un quarto d’ora dopo e aiuto l’altra a sparecchiare. Si vedeva che era tesa, un paio di volte rischiò di far cadere bicchieri e posate.
<< Non devi essere così agitata >> le mormorò Youko << Sistemeremo tutto >>.
<< Yuudai vuole portarsi Yoshiki in Italia e tu dici di non essere agitata? >>.
<< Prenderemo un avvocato se serve. È tuo figlio, Midori! Nessun giudice lo toglierebbe alla madre per darlo ad un uomo che non potrebbe mai occuparsi di lui a dovere. Come farebbe a badare a Yoshi-chan se deve andare all’università? >>.
A quelle parole, la rossa serrò la mascella in un movimento involontario che non sfuggì all’altra.
<< Cos’è che ancora non mi hai detto? >> domandò subito dopo.
<< Niente, dai. Hai ragione tu, si aggiusterà tutto >> rispose la rossa abbozzando un sorriso.
<< Che altro c’è? >> incalzò Youko.
Midori si lasciò cadere su una sedia.
<< C’è che lui ha…ha un’altra… >>.
<< Un’altra? Vuoi dire… >>.
<< Un’altra donna, già. E potrebbe occuparsi di Yoshiki mentre lui lavora >>.
La dottoressa le prese entrambe le mani.
<< Faremo qualunque cosa. Nessuno ci porterà via il piccolo >>.
La rossa si limitò ad annuire con scarso vigore.
<< A cosa stai pensando? >>.
<< Niente >>.
<< Non vuoi lottare per tuo figlio? >>.
<< Ma che stai dicendo, Youko! >> esclamò Midori alzandosi in piedi << Come ti vengono in mente certe idee? >>.
<< Stai pensando davvero di mandarlo in Italia con una sconosciuta e un padre che è a malapena cosciente di esserlo? E quando lo vedresti? Devo ricordarti io quanto è lontana Roma da Tokyo? >>.
<< Adesso basta, vado a farmi una doccia e mi infilo anch’io a letto >>.
La quarantenne la bloccò per un braccio.
<< Questa conversazione non finisce qui >>.
 
Tate fissava la moglie sbalordito. Ancora non riusciva a credere che era stata lei a proporre l’amica come fotografa per la festa di fidanzamento che si sarebbe tenuta tra un paio di giorni al loro ristorante.
<< Perché non mi hai avvertito prima? >> chiese.
Mai, che stava sorridendo e che credeva che la notizia lo avrebbe reso felice, lo guardò con aria interrogativa.
<< Non capisco quale sia il problema, Tate >>.
<< Non capisci qual è il problema? >> ripeté l’uomo cercando di non perdere la calma. Era l’unico a vedere chiaramente le cose come stavano? Quella donna era inaffidabile, come aveva potuto pensare di affidarle quell’incarico? Se qualcosa fosse andato storto, ci avrebbero rimesso loro << Avresti dovuto consultare prima non solo me ma anche Akira e Takumi >>.
<< Oh, per me va benissimo >> rispose il ventottenne sentendosi chiamare in causa.
La rossa lanciò un’occhiataccia al marito dopo l’approvazione del fratello.
<< E se succedesse qualcosa? >>.
<< Cosa dovrebbe succedere? >>.
<< Se ci piantasse in asso dopo che hai garantito per lei, a questo ci hai pensato? >>.
L’espressione di Mai s’indurì comprendendo dove volesse arrivare l’uomo.
<< Non accadrà >> rispose semplicemente.
<< Come fai ad esserne convinta? Non sarebbe la prima volta che molla tutto e scappa >>.
Takumi a quelle parole e sentendo l’atmosfera farsi pesante, si affrettò ad aiutare la moglie a servire ai tavoli lasciandoli soli in cucina.
<< Smettila, Tate >> lo riprese la moglie << Metti in imbarazzo tutti con queste tue frasi >>.
L’uomo batté con forza e rabbia il pugno sul lavandino d’acciaio a pochi centimetri dalla trentunenne che sobbalzò.
<< Solo perché è tua amica non significa che sia una brava persona! Solo perché è tornata non significa che sia stata perdonata! Solo perché ha avuto due bambini non significa che li meriti, chiaro? >> urlò.
Si guardarono negli occhi prima che Tate si passasse una mano tra i corti capelli e si allontanasse uscendo dalla porta secondaria. Mai sospirò mentre si lasciava scivolare per terra. Una lacrima le rigò la guancia prima che potesse ricacciarla indietro.
Le cose tra loro andavano sempre peggio.
 
<< Con o senza cravatta? >>.
Yukino guardò l’uomo inarcando il sopracciglio destro.
<< Non stiamo andando a una serata di beneficenza organizzata da tuo padre >> gli ricordò.
<< Okay, afferrato >> rispose Will con un mezzo sorriso gettando l’indumento sul letto matrimoniale << Senza >>.
<< E’ una cena informale, non c’era nemmeno bisogno di mettere giacca e camicia >>.
<< Ma lo sai che il mio obiettivo è fare colpo su tua sorella, no? >> scherzò il trentunenne avvicinandosi a lei per darle un bacio.
Yukino fece finta di prendersela ma poi contraccambiò il gesto.
<< Pronto principessina? >> lo prese in giro l’attimo dopo notando che si stava ancora guardando allo specchio.
Will rise prima di aiutarla ad alzarsi in piedi. Anche con indosso un semplice vestito come quello che Yukino aveva scelto, la trovava molto bella. E quel pancione inoltre era fantastico. Si chinò per accarezzarle il padiglione auricolare con la punta del naso.
<< Quando questa cena sarà finita, voglio toglierti questo vestitino a morsi >>.
La trentunenne arrossì notevolmente prima di prenderlo per mano e condurlo fuori la stanza.
 
La serata procedeva in modo tranquillo. Will aveva ordinato un ottimo vino e la conversazione era piacevole. Yukino era contenta che il suo compagno si trovasse a suo agio con i fratelli, non che avesse mai avuto dubbi ma comunque tutto stava andando bene. Chiuse gli occhi per un solo attimo ripensando al solo sobbalzo che le era scappato quando si parlava di nomi. Era stato del tutto involontario.
<< E Haruka l’hai vista? >> chiese improvvisamente Katashi senza alcun tono in particolare.
Il cuore della trentunenne perse un colpo a quella domanda. Kaori la fissò cercando di far passare il suo gesto inosservato.
<< Chi è Haruka? >> domandò Will alzando lo sguardo dal piatto.
<< Non sai chi è Haruka? >> affermò sbalordito l’altro uomo << Yukino, non gli hai mai parlato di lei? Era la sua migliore amica da quando frequentava l’asilo. Hanno diviso perfino l’appartamento prima che si trasferisse a New York >>.
<< Davvero Yukino? >>.
La giovane donna annuì leggermente.
<< Allora, l’hai vista? >> incalzò Katashi che non comprendeva il disagio della sorella.
<< Scusatemi un attimo >> disse invece la trentunenne dirigendosi verso il bagno.
Non appena ebbe chiuso la porta alle sue spalle, si lasciò andare ad un sospiro mentre poggiava una mano sul ventre.
Ma che sto facendo?, si domandò con una nota di angoscia.
Si guardò allo specchio e scoprì che una lacrima le aveva rigato il volto. Possibile che il solo nominarla le facesse quell’effetto? Si passò una mano tra i capelli e fece un respiro profondo. Improvvisamente la porta alle sue spalle si aprì e lei vide riflessa nel vetro l’immagina della sorella. Si voltò di scatto abbozzando un sorriso.
<< Una fitta >> mentì << Sto bene, è stata solo una fitta ma ora è passata >>.
Kaori la osservò per un solo momento prima di parlare.
<< L’hai incontrata, vero? >>.
Yukino abbassò gli occhi, incapace di risponderle.
<< Devi togliertela dalla testa! >> esclamò la sorella << Stai per avere un bambino, una famiglia…non buttare tutto all’aria per un qualcosa che non c’è mai stato! >>.
La donna incinta perpetuò nel suo silenzio stringendo un lembo del suo vestito e mordendosi il labbro inferiore.
<< Yuki-chan >> continuò la quarantenne con tono dolce e abbozzando un sorriso << Stai per avere tutto quello che qualunque donna vorrebbe, non rovinare tutto. State per diventare genitori, sarete una mamma e un papà stupendi. Fallo per lui >> le poggiò una mano sul pancione << Dagli la possibilità di vivere con voi. Insieme >>.
La trentunenne annuì posando entrambe le sue mani su quella di Kaori.
<< Per lui o per lei >> precisò per alleggerire la tensione Yukino.
Anche la quarantenne rise leggermente e annuì accarezzandole la guancia.
<< Lasciati il passato alle spalle. Vivi la tua vita con Will, è l’unica cosa importante >>.
 
<< Allora, me la farai conoscere? >>.
Yukino guardò l’uomo che si stava spogliando con aria interrogativa.
<< La tua amica, intendo. Quell’Haruka >>.
<< Ah >> fece la trentunenne infilandosi la sua camicia da notte << Non è importante >>.
<< Certo che lo è! >> esclamò Will afferrandola per un braccio << Si può sapere che hai? Perché sei sempre così restia a parlare del tuo passato? >>.
<< Io non sono restia >>.
<< C’è qualcosa che mi nascondi? >> chiese lui guardandola negli occhi senza mollarla << Insomma, pensaci. Non so praticamente niente di quello che hai fatto prima di arrivare a New York. A malapena mi hai raccontato qualcosa della tua famiglia >>.
<< Non siamo tutti aperti ed espansivi, Will >> puntualizzò Yukino divincolandosi dalla sua presa e facendo un passo indietro << Non ti sto nascondendo nulla >>.
<< Perché era così importante per te venire a Tokyo? >>.
La donna si sedette sul letto e si passò una mano tra i corti capelli.
<< Avevamo delle riunioni e tuo padre… >>.
<< Avrei potuto pensarci tranquillamente io >> le rispose il trentunenne interrompendola << Tu hai insistito per venire con me nonostante le tue condizioni. Hai detto che desideravi che il bambino nascesse qui, perché? La tua famiglia non è nemmeno di Tokyo; cosa c’è qui di così importante? >>.
Yukino si morse la lingua. Era vero, aveva fatto una leggera pressione affinché convincesse Will a farla partire con lui, desiderava così tanto tornare a Tokyo ma non aveva avuto il coraggio di dirlo apertamente. Voleva vederla, voleva che il suo bambino nascesse in quella città che le aveva dato molto, che respirasse la sua aria come prima volta. Si accarezzò il ventre pensando all’incontro con Haruka. Era lei quel qualcosa che l’aveva spinta a tornare ma come le aveva detto Kaori qualche ora prima, doveva lasciarsela alle spalle e guardare unicamente al suo futuro con Will. Eppure non poteva fuggire ancora dal passato.
<< Te la farò conoscere >> affermò alzandosi in piedi e accarezzando una guancia dell’uomo << Se ci tieni davvero così tanto, conoscerai Haruka >>.
Will le sorrise l’attimo prima di baciarla.
 
Aveva appena finito di parlare con Natsuki quando fece capolinea nella camera da letto. Sua moglie Yumiko stava leggendo sotto le coperte e gli rivolse un leggero sorriso. Lui contraccambiò mentre si sedeva sul materasso e sospirava. Anche se non voleva ammetterlo, sapere che il bambino stava meglio ed era una semplice emicrania, più che normale nel suo stato, lo aveva sollevato. Tornò a guardare la donna che aveva la sua stessa età e provò un senso di frustrazione nel non poterne parlare con lei. L’argomento Shinobu e di conseguenza Natsuki non sarebbe stato di suo gradimento e avrebbe deteriorato ulteriormente il suo già incrinato matrimonio. La osservò a lungo mentre si stendeva, era davvero una bella donna. Il profilo regolare, i capelli rossi, gli occhi verdi, il corpo snello con le giuste forme; era stato fortunato che una come lei si fosse innamorata proprio di lui che, a suo parere, non aveva nulla di speciale. Di questo pensiero era sempre stato fermamente convinto fino al momento in cui aveva conosciuto la trentunenne. Da quando la mora era entrata nella sua vita, non era trascorso giorno che non l’avesse pensata. A lei e al suo bambino. Scacciò quei pensieri sentendosi in colpa e allungò una mano per sfiorarle una spalla. Nella loro esistenza insieme l’unica cosa che era mancata loro era l’arrivo di un figlio. I vari tentativi che si erano susseguiti nel corso degli anni non avevano portato ad alcun risultato finché non avevano semplicemente smesso di provare facendo finta e mentendo a se stessi che andava tutto bene. In realtà non era così. Ogni volta che il test di gravidanza era negativo, qualcosa nel suo cuore moriva portandolo ad attaccarsi ad ogni suo piccolo paziente. Quando aveva conosciuto Shinobu poi, aveva compreso che, un po’ per la situazione che stava vivendo e un po’ per il fatto di non avere una figura maschile di riferimento, gli si era affezionato notevolmente e comprese che non sarebbe riuscito più a staccarsi da lui. E da sua madre.
<< Giornata dura? >> domandò Yumiko senza smettere di leggere e interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
<< Abbastanza >> rispose Shinichi baciandole il collo.
La donna chiuse il libro con aria maliziosa e gli accarezzò i corti capelli. Si baciarono sulle labbra con trasporto mentre lui faceva scivolare le spalline della sua vestaglia da notte. Con un veloce movimento si mise sopra di lei accarezzandole con la lingua la pelle liscia. L’odore familiare del suo corpo che aveva sempre amato gli arrivò alle narici. La baciò nuovamente con foga mentre la denudava e ansimò con prepotenza. Improvvisamente il profumo delicato e il volto di Natsuki che esalava senza far accorgere di quello che provava nel sentirlo, gli si pararono con prepotenza nella mente. Si bloccò per pochi secondi avvampando per l’imbarazzo. Yumiko lo guardò semplicemente negli occhi.
<< Stai pensando a lei? >> gli chiese.
Shinichi non rispose non riuscendo a trovare qualcosa da dire.
<< Fai schifo >> continuò la donna allontanandolo da lei.
L’uomo si alzò vergognandosi per il suo comportamento. Si diede del cretino mentre camminava fino alla cucina completamente nudo e si passò una mano tra i capelli.
Sei un gran coglione Shinichi, pensò, Davvero complimenti per come stai facendo fallire il tuo matrimonio. Per chi poi? Non è pane per i tuoi denti, lo vuoi capire? Natsuki non contraccambierà mai quello che provi.
Scosse la testa con fare affranto sentendosi la persona peggiore del mondo. Stava mandando a rotoli il suo matrimonio per un qualcosa che non avrebbe mai avuto.
Mai, vuoi mettertelo in testa? Non gli interessi.
Eppure quello che provava era fortissimo, gli pareva di essere tornato un adolescente alle prime armi nelle questioni amorose. Quando la vedeva gli sembrava che tutto il resto perdesse d’importanza, che nulla fosse uguagliabile al desiderio di vederla sorridere. Sospirò mentre apriva il frigo e afferrava una birra. Prima di aprirla pensò agli innumerevoli danni che quella bibita portava al corpo. Non era un abitudinario bevitore di alcolici e i pochi che erano in casa erano riservati ad occasioni particolari come pizzate tra amici o feste di compleanno.
Che si fotta, si disse l’attimo dopo facendo un lungo sorso e muovendosi verso il balcone. Uscì sul terrazzino e prese un’ampia boccata d’aria. S’impose di restare lì nonostante il freddo anche se non ne comprendeva il motivo. Guardò il quadrante del suo orologio da polso costatando che fosse notte fonda e che tra meno di otto ore doveva essere nuovamente in ospedale. Si voltò a destra e a sinistra osservando il traffico frenetico da dove si trovava e si ritrovò a pensare che se avesse avuto un figlio da Yumiko tutto quel casino nella sua testa non sarebbe mai scoppiato.
Sei un gran pezzo di merda, si rimproverò con durezza e asprezza, Invece di risolvere la situazione, di non mandare in frantumi il mio matrimonio per un’infatuazione a senso unico, me ne sto qui a fare congetture su come si sarebbe potuto evitare. Eppure non scegliamo di chi innamorarci. Dannazione.
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Urla silenziose ***


Il suo cellulare squillava da un bel po’ prima che si decidesse ad attivare la conversazione. Brontolò qualcosa d’incomprensibile e gettò una veloce occhiata al bambino che le dormiva accanto. Gli accarezzò una guancia con un leggero sorriso prima di alzarsi in piedi. Non sapeva che ora fosse ma doveva essere molto presto.
<< Pronto? >> disse avvicinandosi alla finestra.
<< Ciao Natsuki >> rispose la voce di Shinichi.
Per un attimo la donna si domandò se la conversazione fosse disturbata talmente debole le erano arrivate le sue parole.
<< Shinichi hai… >>.
<< No >> la interruppe l’uomo passandosi una mano tra i corti capelli << Dormivi? >>.
Anche se non poteva essere vista, la mora inarcò il sopracciglio destro.
<< No, lo sai che mi piace svegliarmi all’alba >>.
Il medico sorrise di fronte alla sua ironia e poggiò la fronte sul vetro della finestra della stanza riservata ai medici dove si trovava.
<< Scusami, volevo solo sentirti >> continuò Shinichi.
Natsuki lo sentì fare un sospiro.
<< E’ tutto a posto? >> domandò.
No!, avrebbe voluto risponderle l’altro, Non va un cazzo come vorrei io! Il mio matrimonio sta miseramente fallendo e l’unica cosa che riesco a fare è chiamarti. Perché non capisci quello che mi sta accadendo? Perché non mi dai una possibilità? Una, Natsuki! Una sola possibilità!
<< Ho dormito poco >> rispose infine.
<< Shinichi, devi essere riposato! >> esclamò la mora << Sei un medico, ci sono dei bambini che devi salvare. Come puoi farlo se hai sonno? >>.
Il medico rise leggermente pensando che era così diversa da Yumiko.
<< Oggi non ho interventi e in reparto sembra tutto tranquillo >> affermò come se dovesse scusarsi << Che programmi hai tu invece? >>.
<< Shizuru mi ha invitato ad andare con lei e la bambina allo zoo >>.
Quella frase lo ferì più di quanto immaginasse.
<< Non le hai ancora parlato? >>.
<< Non…non ci sono ancora riuscita… >> mormorò Natsuki.
<< Sì tratta di tuo figlio, come puoi attendere ancora? >> urlò quasi Shinichi.
<< Anche Saori è mia figlia e Shizuru è stata la mia compagna per dieci anni! >> rispose a tono la donna sentendosi mandare in bestia di fronte all’accusa implicita di non importarsi abbastanza di Shinobu << Non dirmi quello che devo fare e soprattutto come comportarmi con le persone che amo! >>.
Perché sei così cieca?, si chiese il medico.
<< Non intendevo questo >> si affrettò a dire << Ma Shinobu non potrà continuare a prendere farmaci ancora per molto, ha bisogno di un intervento! >>.
<< Lo so, smettila di ricordarmelo ogni volta! Non ho chiesto io tutto questo >>.
Potremmo affrontare questa situazione insieme se solo ti decidessi ad aprire gli occhi!
<< Però hai deciso di tornare a Tokyo >>
<< Ma non mi aspettavo molte cose >> confessò la donna << Shizuru…lei sta con un’altra donna…mi ha dimenticata… >>.
Ecco qual è il punto!, pensò amaramente Shinichi comprendendo che mai avrebbe potuto competere con questa famosa Shizuru Fujino.
<< Pensavi di trovare tutto invariato? >>.
Natsuki scosse il capo sentendo un gran dolore coglierla all’altezza del petto.
<< So solo che fa male >>.
Siamo in due a saperlo.
Inaspettatamente il bambino della mora si svegliò e la chiamò dal letto in cui era steso.
<< Shinobu si è svegliato, devo andare adesso >> disse.
<< Salutalo da parte mia, anch’io devo iniziare il giro visite >> rispose il medico attaccando.
La donna tornò a letto e si sentì abbracciare immediatamente dal figlio. Gli accarezzò i capelli cercando di far scomparire la malinconia dai suoi occhi.
<< Ti saluta Shinichi >> gli disse dandogli un bacio sulla fronte.
Il bambino si limitò ad annuire senza dire nulla.
<< Che c’è, Shin-chan? Volevi parlare con lui? >>.
Suo figlio scosse il capo.
Natsuki lo guardò con aria interrogativa. Aveva sempre provato simpatia per il medico.
<< Non voglio parlare con lui perché non è il mio papà >>.
A quelle parole, a madre trattenne il respiro. Lo allontanò da sé per poterlo guardare negli occhi e fissò per pochi secondi quelle grandi iridi azzurre. Così belle eppure così terribili.
<< Anche se non è il tuo papà, Shinichi ti vuole tantissimo bene >> illustrò accarezzandogli i corti capelli neri << Lui ci è stato molto vicino, anche io gli voglio bene >>.
<< Ma io voglio il mio papà come ha Miyu-chan! >>.
<< Lo so Shinobu, ma non è possibile >> gli rispose stringendolo contro di sé. Come poteva spiegare ad un bambino così piccolo la verità? << E’ un po’ complicato >> aggiunse << L’unica cosa importante è che lui ti vuole bene, non preoccuparti del resto >>.
<< Me lo farai conoscere il mio papà? >> chiese innocentemente suo figlio con le lacrime agli occhi.
Mai era stato così insistente su un argomento. Natsuki ingioiò un groppo di saliva e gli strinse nelle sue le piccole mani.
<< Presto ti farò conoscere due persone molto importanti per me, ti piacerebbe? Ti prego, piccolo, fammi un sorriso >>.
Shinobu la abbracciò.
<< Chi sono? >> domandò incuriosito poggiando la testa nell’incavo della sua spalla.
La mora sorrise leggermente mentre lo sistemava accanto a lei.
<< E’ una sorpresa >> gli rispose << Puoi avere ancora un po’ di pazienza? >>.
Aspettò di vederlo sorridere e annuire prima di scompigliargli affettuosamente i capelli.
 
Shinichi s’infilò il cellulare in tasca e si concentrò sui suoi pazienti anziché pensare alla mora, a suo figlio e alla grossa figura del cavolo che aveva fatto con sua moglie. Doveva trovare un modo per aggiustare la situazione prima che perdesse tutto. Credeva di essere ancora innamorato di Yumiko, era la donna che aveva sposato e alla quale aveva promesso amore eterno ma questa consapevolezza non gli impediva di pensare frequentemente a Natsuki.
Credo?, si domandò l’attimo dopo aggiustandosi gli occhiali sul naso, Perfetto Shinichi, procediamo davvero bene.
<< Ehi Shinichi tutto bene? >> gli domandò un altro medico affiancandolo << Hai una faccia >>.
L’uomo parve risvegliarsi dai suoi pensieri in quel momento.
<< Sì >> si limitò a rispondere.
<< Sicuro? Hai litigato con Yumiko? >>.
Shinichi pensò un solo istante se confidarsi o meno con l’amico. Conosceva Goro da quando era stato trasferito a Kyoto, gli aveva dato una mano ad ambientarsi e spesso erano usciti insieme. L’amico aveva la sua stessa età, una moglie che faceva l’infermiera privatamente e due bambine di dieci e sei anni. Fece un sospiro.
<< Più o meno >>.
Goro lo fissò con aria interrogativa.
<< E’ ancora per quella storia? >> chiese cauto.
Anche lui conosceva, non intimamente come l’altro, Natsuki e il suo bambino e si era accorto immediatamente della simpatia che nutriva il cardiochirurgo per entrambi.
Shinichi annuì prima di spedire i suoi specializzandi in giro tra i pazienti.
<< Ma…ma non se n’è andata? Ricordo che il bambino è stato dimesso. Contro il nostro parere, ma così è stato >>.
L’altro medico annuì nuovamente ricordando quanto si fosse arrabbiato con la donna quando gli aveva annunciato che avrebbe portato Shinobu via dall’ospedale.
<< Sì, lei è…lei è tornata a Tokyo >>.
<< C’è qualcuno lì che può aiutarla più di quanto abbiamo fatto noi? >>.
Shinichi dovette inghiottire un groppo di saliva per riuscire a parlare. La consapevolezza che si stesse riavvicinando alla sua famiglia lo annientava, lo faceva sentire stranamente male.
<< Sì >> ripeté << Lei…ha un’altra figlia >>.
Goro emise un lungo fischio.
<< Caspita, non l’avrei mai detto. Beh, dovresti essere contento no? >>.
No che non sono contento! È tornata anche per quella e, che mi piaccia o no, si riavvicineranno!
<< Dovrei >> si limitò a rispondere.
<< Shinichi >> affermò l’amico << Forse non sono cose che mi riguardano, ma quella donna ha due figli e quindi sarà anche… >>.
<< Non è sposata >> lo interruppe il cardiochirurgo.
E non ha nemmeno un uomo, aggiunse tra sé.
<< Questo ti fa sentire meglio? Yumiko ti ama! >>.
<< Lo so, cosa credi? È mia moglie ma io… >>.
<< Non gettare tutto all’aria per una sbandata >>.
Non è una semplice sbandata!, avrebbe voluto gridare Shinichi, Non si tratta solo di una scopata, io non faccio che pensare a lei!
<< E’ meglio se ci dedichiamo al nostro lavoro >> tagliò per evitare di arrabbiarsi ancora di più.
L’altro gli mise una mano sulla spalla, mormorò un saluto e si allontanò verso un’infermiera che lo stava chiamando.
 
Si erano incontrati con Tate subito dopo pranzo, Natsuki e Mai avevano già concordato che il bambino sarebbe rimasto con i coniugi Yuuichi affinché la madre potesse avere il pomeriggio il libero e la telefonata che le arrivò la mise al corrente che sarebbe stato l’uomo a passare a prenderlo. Anche se non poteva dirlo con certezza, l’aveva sentita fredda e distante durante la chiamata e aveva immaginato che, se non c’erano problemi al ristorante, allora rimaneva solo la possibilità che si trattasse del rapporto col marito. Avrebbe voluto dirle qualcosa d’incoraggiamento o domandarle se aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi ma non era riuscita a proferire parola ben sapendo che tutti i problemi che l’amica stava avendo erano legati a lei, al suo segreto e al suo ritorno. Come si era aspettata, Tate non le aveva rivolto una sola occhiata limitandosi a parcheggiare e a rimanere in auto mentre faceva cenno al bambino di salire. La donna aveva notato come a Shinobu brillassero gli occhi alla sola idea di trascorrere il pomeriggio con l’uomo e questo fatto l’aveva fatta sentire meno in colpa nel mandarlo con lui. Spiegare a Shizuru l’esistenza del suo secondogenito senza rivelarle il come non sarebbe stato facile. Eppure doveva farlo, era il suo obiettivo. Solo per suo figlio era tornata a Tokyo e solo per lui doveva affrontare il suo passato. Fece un respiro profondo. Per salvargli la vita. Il pensiero di quanto fosse alta la posta in gioco le faceva venire le vertigini per la paura ma se non si fosse fatta carico lei che era sua madre di quel problema, chi l’avrebbe fatto? Shinichi? Ancora ricordava quanto era rimasto sconvolto quando gli aveva rivelato di avere una bambina più grande di Shinobu. No, non poteva nessun altro se non Natsuki stessa. Osservò ancora per qualche istante la piccola mano del figlio salutarla mentre la macchina si allontanava e, quando fu scomparsa dalla sua visuale, abbassò gli occhi sul suo abbigliamento. Anche se era solo una passeggiata allo zoo, voleva in un certo senso apparire carina ai suoi occhi. Dopo aver visto la sua segretaria e il fisico che aveva, era consapevole di non poter competere ma desiderava davvero leggere per un solo secondo nel suo sguardo quell’antica luce che riservava solo a lei. Le sarebbe bastato. Inghiottì un groppo di saliva mentre s’incamminava verso la scuola di Saori dandosi della sciocca per quelle riflessioni. Se n’era andata, l’aveva abbandonata e l’unica cosa sensata che aveva fatto Shizuru era cercare di andare avanti provando a rimettere insieme i pezzi della sua vita.
La stronza della situazione sono io.
 
<< Duran! >> esclamò Saori uscendo da scuola e notando il cane al guinzaglio accanto alla madre.
Corse da loro mentre l’animale iniziava a scodinzolare. Le leccò la mano e avrebbe fatto la stessa cosa al viso se Shizuru non lo avesse tenuto a bada.
<< Ciao amore, pronta per andare allo zoo? >>.
Saori si guardò intorno.
<< Dov’è Natsuki-san? >>.
La donna guardò il suo orologio da polso costatando che la mora era sempre la solita ritardataria. La cosa la fece sorridere appena.
<< Mamma, posso tenere Duran mentre aspettiamo? >>.
Shizuru acconsentì e nel momento in cui cedette il guinzaglio alla figlia, vide Natsuki correre verso di loro. Gli occhi di Saori s’illuminarono nel vederla mentre agitava la mano in segno di saluto mentre lei, invece, inclinò leggermente la testa senza smettere di sorridere.
<< Scusate il ritardo! >> disse la trentunenne senza fermarsi.
<< La mamma dice sempre che una vera signorina non è mai in ritardo >> puntualizzò la bambina ridendo << Vero mamma? >>.
La trentatreenne annuì accarezzandole i capelli.
<< Mi dispiace piccola >> rispose Natsuki << Aspettate da tanto? >>.
<< No, qualche minuto >> affermò Shizuru.
<< Buon pomeriggio Natsuki-san >> salutò cordialmente Saori << Questo è il mio cane. Si chiama Duran >>.
La mora abbassò gli occhi notando solo allora il pastore tedesco seduto vicino la figlia.
<< D…Duran? >> ripeté guardando l’animale che si stava mettendo in piedi.
<< Sì, ha cinque anni come me >> precisò Saori << E’ un cane da guardia, non si fa accarezzare da nessuno tranne noi >>.
Natsuki s’inginocchiò senza ascoltare le sue parole e allungò una mano verso il cane. Shizuru vide che stava sorridendo come la prima volta che lo aveva portato a casa. L’animale l’annusò un solo istante prima di saltarle addosso e farle le feste riconoscendola.
<< Ciao Duran! >> esclamò contenta che il suo cane avesse capito chi fosse nonostante tutti quegli anni << Sono felice anch’io di rivederti! >>.
Saori guardò sua madre con aria interrogativa mentre provava a farlo scendere dal corpo dell’altra donna.
<< Va tutto bene, piccola >> disse la trentatreenne << E’ stata Natsuki-san a portare Duran a casa nostra >>.
<< Sul serio? >>.
<< Sì, è stato il suo regalo per la tua nascita >>.
La bambina tornò a guardare la donna dagli occhi verdi che si stava rialzando e si gettò contro di lei abbracciandola.
<< Grazie >> mormorò semplicemente.
Natsuki contraccambiò il gesto sentendo il cuore saltarla in gola per la felicità. Le posò un bacio tra i capelli alzando timidamente gli occhi su Shizuru.
<< Che ne pensi di andare allo zoo ora? Se siamo fortunate possiamo osservare mamma tigre con i suoi cuccioli >>.
Saori si affrettò ad annuire e si mise col cane alla testa del trio. La trentatreenne si accostò alla mora e le sfiorò una mano con la sua mentre camminavano. Vederla arrossire imbarazzata le fece provare una piacevole sensazione all’altezza dello stomaco. Con Izumi quello che stava accadendo in quel momento, non era mai successo. Mai la bambina aveva avuto un gesto di spontaneo affetto nei confronti della segretaria nonostante le ripetute volte in cui la venticinquenne era stata invitata nel pomeriggio da loro per un tè. Doveva aggiungere però, che la giovane donna non aveva mai cercato una qualunque forma di contatto con la figlia. All’inizio si era detta che era troppo presto ma, da quando era arrivata Natsuki e notando il poco tempo che entrambe avevano impiegato a creare un legame, cominciava a nutrire i primi dubbi. Che Izumi fosse ancora immatura per poter anche solo pensare di istaurare un rapporto genitore-figlio con Saori era indubbiamente vero ma lei sperava che con una frequentazione ripetuta le cose sarebbero migliorate. Guardò la sua ex compagna che era completamente assorta dall’osservare la bambina e si beò di quello sguardo carico d’amore. Natsuki non era mai stata una persona cattiva o egoista, il sorriso sincero che le increspava il volto ne era la prova.
Ma allora, pensò, Come hai potuto abbandonarci? Come hai fatto ad andare via e a non voltarti nemmeno una volta indietro?
Improvvisamente provò l’impulso di farle una sfilza di domande sulla sua vita in quei quattro anni. Dove era vissuta? Cosa aveva fatto? E soprattutto con chi? L’ultima richiesta le fece provare una spiacevole sensazione all’altezza dello stomaco. E se l’avesse tradita? Se se ne fosse andata perché si era resa conto di amare un’altra persona? Non aveva mai riflettuto su quell’ipotesi, Natsuki non era quel tipo di donna.
<< Oggi non dovevi lavorare? >> chiese la mora mentre erano ferme ad un incrocio.
Duran abbaiò un paio di volte ad un altro cane che passava col padrone.
<< No >> le rispose << Saori desiderava da tanto una visita allo zoo e sono riuscita ad organizzarmi per questo pomeriggio >> fece un respiro profondo prima di guardarla negli occhi << Sono davvero contenta che sia venuta anche tu >>.
Le sfiorò una guancia incapace di trattenersi. Con Izumi non si era mai comportata in quel modo, soprattutto di fronte alla figlia. Natsuki avvampò per l’ennesima volta ben sapendo che la bambina le stesse osservando. Le lanciò una breve occhiata notando che stava sorridendo e comprese che non ne era infastidita.
Non mi hai dimenticata, capì immediatamente e fu come se nella sua vita tornasse a splendere il sole, Esattamente come io ho fatto con te.
 
Strinse con forza il volante della sua auto a quella vista provando il forte desiderio di scendere e mettersi a urlare. Non solo avrebbero trascorso alcune ore insieme per accontentare quell’odiosa mocciosa ma Shizuru addirittura sorrideva alla fedifraga come se fosse contenta.
Contenta, assurdo!
Avrebbe dovuto odiarla almeno quanto lei e invece pareva che il fatto che l’avesse abbandonata fosse secondario rispetto al riaverla vicina. Il pensiero che avesse pensato alla mora tutte volte che avevano fatto l’amore la fece ribollire di astio nei confronti della trentunenne. Doveva allontanarla dalla sua Shizuru-san, non doveva permetterle anche solo di guardarla, sfiorarla e parlarle!
Qualcuno avrebbe potuto pensare che stava diventando paranoica, che era arrivata addirittura a spiare la sua compagna per controllare quello che stava facendo. Ma come avrebbe potuto fare diversamente? Doveva vedere con i suoi occhi quali gesti e quali gentilezze si scambiavano le due. La trentatreenne non le aveva mai rivolto quel tipo di sguardo, nemmeno durante i loro momenti più intimi, cosa che, invece, faceva con naturalezza con Natsuki. Cosa aveva di tanto speciale lei che Shizuru non riusciva a trovare nella venticinquenne? Izumi era perfetta in tutto, non come la mora; una donna scialba e priva di qualunque tipo di interesse. Il classico tipo che sorseggerebbe birra in uno squallido locale magari osservando delle cubiste volgari esibirsi. Una persona del tutto priva di fascino e attrattiva, a suo dire. Non come la sua Shizuru-san. Lei era bellissima e perfetta in qualunque occasione, sempre gentile e disponibile con chiunque.
Soprattutto con quella mocciosa, pensò mordendosi il labbro inferiore.
Era sempre venuta dopo quell’insopportabile bambina e ora rischiava addirittura di essere messa al terzo posto tra gli affetti più cari della trentatreenne.
Mai!, si disse con rabbia, Non succederà mai una cosa del genere! Non lascerò ad una donna come Natsuki la mia Shizuru!
 
<< Guarda cosa ho comprato, Shin-chan >> disse Tate dopo aver portato il bambino al ristorante << Ti va di imparare qualche regola del kendo? >>.
A Shinobu gli si illuminarono gli occhi per la felicità mentre prendeva in mano una piccola spada di legno fatta apposta per la sua mano.
<< Davvero Tate-san? Grazie! >>.
<< Dobbiamo solo controllare che a Mai non occorra aiuto e poi potremmo iniziare >> spiegò l’uomo sorridendogli e alzando gli occhi sulla moglie.
A quell’ora non c’era mai nessuno e inoltre Miyuki era dai nonni.
<< Andate pure, finisco di sistemare queste cose e arrivo anch’io >> rispose la rossa voltandosi per riprendere quello che stava facendo.
I due non se lo fecero ripetere due volte correndo verso il retro del locale.
Rimasta nuovamente sola, Mai si domandò quando quel muro invisibile eretto dal marito crollasse. Apparentemente era sempre lo stesso, cordiale e gentile ma lei, che aveva condiviso quindici anni della sua vita con lui, sapeva che non era così. La situazione che si era creata tra Natsuki, Shizuru e il celato ancora nell’ombra Shinobu stava portando a un punto di non ritorno il loro rapporto. Pensò che se Tate avesse saputo la verità non si sarebbe comportato in quel modo; anzi, probabilmente avrebbe chiesto scusa alla mora per il suo sciocco e immaturo comportamento. Sospirò riflettendo che non poteva assolutamente tradire la fiducia dell’amica, Natsuki non glielo avrebbe mai perdonato. Era stata molto chiara su questo punto e lei non aveva intenzione di ferirla ulteriormente raccontando quello che le era accaduto cinque anni prima. Nel sentire alcune voci provenire dalla sala principale del ristorante, si affrettò ad asciugarsi le mani e andare a controllare. Rimase alquanto sbalordita nel riconoscere nell’uomo alto e di bell’aspetto, che stava parlando con un bambino all’incirca della stessa età di Miyuki, il suo vecchio compagno di liceo Reito Kanzaki. I due adulti si fissarono per qualche secondo negli occhi sorpresi dalla presenza l’uno dell’altro creando un minimo d’imbarazzo.
<< Questa è davvero una deliziosa coincidenza >> iniziò il trentatreenne con un amabile sorriso << Non avrei creduto davvero di rivederti proprio ora, Mai-san >>.
Nel sentire la sua voce, Mai comprese che era davvero lui. Arrossì involontariamente rendendosi conto di essersi presentata più come una sguattera che come gestore del ristorante.
<< Reito-san? >> disse lei imbarazzata << Come…quando… >>.
L’uomo rise leggermente e allungò una mano per prendere la sua per baciarla galantemente.
<< E così >> riprese subito dopo << Il ristorante che mi è stato consigliato come uno dei migliori è tuo? >>.
<< Oh, non solo mio >> spiegò Mai << Tate ed io siamo in società con Takumi e Akira >>.
<< Ah >> rispose l’altro posando gli occhi sulla fede che la trentunenne portava all’anulare sinistro mentre pensava al suo vecchio rivale in amore << Quindi tu e lui… >>.
<< Siamo sposati, sì >>.
<< Congratulazioni >> si limitò a dire Reito.
<< E questo bambino invece… >>.
<< Scusa la mia disattenzione momentanea >> si affrettò ad affermare l’uomo << Lui è mio figlio Hideki >>.
Sentendosi chiamare in causa, il bambino esibì un breve inchino e un leggero sorriso.
<< Buon pomeriggio >> salutò cordialmente.
Mai lo osservò notando che dal padre non aveva preso soltanto una certa somiglianza fisica ma anche il suo fascino anche se era ancora piccolo. Per il momento prometteva bene.
<< Ciao Hide-chan >> rispose con confidenza per poi tornare a rivolgere la sua attenzione all’adulto << Cosa posso fare per te? >>.
<< Vorrei prenotare un tavolo per stasera >> disse << Per me e Hideki, è possibile? >>.
<< Certo >> affermò Mai prendendo nota sul suo blocchetto.
Si fece dire anche l’ora e la prenotazione fu pronta.
<< Allora a stasera >> concluse il trentatreenne prendendo per mano il bambino e avviandosi verso l’uscita << E’ stato davvero un piacere averti rivista >> aggiunse prima di andare via.
Per qualche minuto la rossa rimase immobile ad osservare la porta principale ormai chiusa aspettando che il battito del suo cuore si regolarizzasse e il rossore sulle gote sparisse.

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Capitolo 14
*** Gita allo zoo ***


La bambina dimostrò entusiasmo per tutti gli animali che incontravano sul loro percorso e Natsuki rimpianse amaramente di non aver portato con sé la macchina fotografica. Saori e Shizuru erano bellissime; la prima nel suo essere ingenua e spensierata, l’altra per i modi dolci che le dimostrava. Camminando insieme come una qualunque famiglia fu come se il tempo non fosse mai trascorso, come se non si fosse mai allontanata per tutti quegli anni da loro. La bambina rivolgeva domande a entrambe senza remore, allegra e vivace, e senza una preferenza apparente per una delle due donne. Alla trentatreenne piaceva come si stava svolgendo il pomeriggio soprattutto per il tempo che stava trascorrendo con la mora. Adorava quel modo che aveva di rivolgersi a Saori, di sorriderle, di scherzarci ma ancor di più amava le frequenti occhiate che le lanciava credendo che non l’avesse notata. Conosceva troppo bene Natsuki per non capire che stava cercando di imprimersi nella mente ogni più insignificante dettaglio di quella giornata.
<< Guarda Saori >> stava dicendo la trentunenne china sulla cartina che le avevano dato all’entrata dello zoo inginocchiata accanto alla figlia per farle vedere e renderla partecipe delle scelte << Se continuiamo dritti, arriviamo alla riserva dei lupi mentre se svoltiamo a sinistra c’è il laghetto con le anatre e i germani reali. Che preferisci? >>.
<< Lupi! >> esclamò la bambina << Va bene anche a te, mamma? >>.
Shizuru annuì raccomandandole di non correre.
<< Complimenti Shizuru >> disse Natsuki mentre riprendevano a camminare e la bambina era davanti a loro con Duran << Hai fatto un lavoro eccezionale con Saori. Lei è fantastica in tutto, dall’educazione che le hai impartito al suo semplice essere bambina. Sei stata bravissima >>.
L’altra le sorrise.
<< L’hai partorita tu, Natsuki >> rispose semplicemente prendendole la mano e intrecciando le dita alle sue.
A quel complimento la mora arrossì ancor più di tutte le altre volte e si beò di quel contatto che le stava concedendo. Da quanto tempo non veniva sfiorata da quelle mani? Da quanto tempo non le sentiva sulla sua pelle? Un brivido la scosse.
<< Mamma, Natsuki-san! >> chiamò a gran voce Saori agitando la mano nel notare che le due donne si erano fermate.
<< Arriviamo, Saori >> affermò Shizuru sorridendole ed esitando ancora un istante prima di lasciare la mano dell’altra.
Si recarono alla riserva dei lupi dove una voce metallica spiegò su richiesta che tipo di vita facevano quegli animali, di cosa si cibassero, la crescita dei cuccioli nel branco, la caccia alla prede. La bambina fu molto attenta a quello che le venne detto e si entusiasmò non poco per ciò che aveva imparato.
<< Tu lo sapevi, Natsuki-san? >> chiese << Domani lo racconterò a Yoshiki, lui sicuramente non saprà niente >>.
La trentatreenne rise mentre la mora la guardava.
<< Yoshiki è il figlio di Midori vero? >>.
<< La sua mamma insegna storia e antropologia ai ragazzi più grandi >> affermò Saori << Lui è innamorato di me, una volta mi ha regalato un disegno di me e lui in cuore ma era brutto >> aggiunse arricciando il naso << Mi ha anche chiesto di fidanzarmi con lui >>.
Natsuki tossì incapace di trattenersi.
<< Sei troppo piccola Saori >> riuscì a dire infine prendendola al volo in braccio e facendola ridere << Promettimi che adesso non ti fidanzerai con nessuno. I maschietti sono… >> si fermò un attimo riflettendo sul fatto che Shizuru sul versante sesso fosse molto più pericolosa di molti uomini. Improvvisamente il volto di colui che l’aveva aggredita le si parò nella mente e dovette usare tutto il suo autocontrollo per scacciarlo. << Preoccupati solo di giocare e se qualcuno ti da fastidio basta che tu me lo dica! Manderò via tutti quelli che ti danno fastidio! >>.
Duran abbaiò per enfatizzare le sue parole mentre l’altra adulta sorrideva contenta.
<< Vuoi fare merenda Saori? >> domandò subito dopo notando un bel prato messo a disposizione proprio affinché le famiglie vi sostassero con i loro cestini da pic-nic.
La figlia annuì correndo col cane per scegliere il posto migliore. Shizuru stese per terra un’allegra coperta a quadri rossi e fece segno all’altra di sedersi. La trentunenne le sorrise pensando che era sempre perfetta e organizzata in tutto quello che faceva. Lei non aveva riflettuto sull’ipotesi di poter portare qualcosa da mangiare, era stata totalmente assorbita dall’aspettativa di quel pomeriggio.
<< Mamma, hai portato i tramezzini? >> domandò Saori.
La madre annuì.
<< Ci sono dolci, succhi di frutta, tè e ovviamente i tramezzini con tanta maionese che ti piacciono tanto >>.
Nel parlare aveva strizzato l’occhio alla mora sapendo che avrebbe compreso.
<< Perché non andate a giocare con Duran mentre io apparecchio? >>.
Natsuki si voltò e notò che anche altre famiglie avevano avuto la stessa idea della sua ex-compagna. C’erano coppie con i cani, famiglie che facevano allegramente merenda, bambini che si rincorrevano senza timore di cadere.
<< Vieni, Duran! >> esclamò Saori lanciando all’animale un ramo secco che aveva trovato per terra.
Immediatamente il cane si fiondò per andarlo a riprendere per poi riconsegnarlo a Natsuki. Iniziarono quel gioco spensierato in cui perfino la mora si dimenticò il grave motivo che l’aveva spinta a tornare a Tokyo. Lanciava il bastone lontano osservando il pastore tedesco corrergli dietro e emetteva un lungo fischio per farlo tornare indietro.
<< A me, a me! >> gridava la bambina ogni volta che vedeva Duran dirigersi col ramo tra i denti verso la persona che considerava la sua padrona affinché il gioco ricominciasse.
Spesso la trentunenne lasciava che fosse Saori a effettuare il lancio e se la metteva sulle spalle tra urla e risa di entrambe oppure evitava di gettare il bastone e lasciava che il loro cane rincorresse entrambe.
<< Prendilo! >> urlò Natsuki tirando il bastone più lontano del solito e non riuscendo a vedere dove fosse finito.
Attese una manciata di secondi prima di dirigersi in quella direzione con la bambina che le stava dietro. Trovarono il cane che si stava contendendo il ramo con un altro esemplare in maniera giocherellona.
<< Duran, ecco dov’eri finito! >>.
In quel momento vide una coppia che stava richiamando il loro animale per lo stesso motivo.
<< Scusate >> si affrettò a dire la mora osservando il pastore tedesco tornare da lei con aria estremamente soddisfatta per essere riuscito a strappare all’avversario il prezioso premio << Ho lanciato il bastone troppo lontano, non volevamo disturbarvi >>.
<< Nessun disturbo, Sumiko è una gran giocherellona >> disse l’uomo avanzando << Mi sono distratto un attimo e l’ho vista correre verso il suo cane. Forse sono io che dovrei scusarmi >>.
<< Posso accarezzarla? >> chiese timidamente Saori.
<< Ma che bella bambina >> s’intromise la donna che era in dolce attesa << Come ti chiami? >>.
<< Saori >>.
<< Ciao Saori, io mi chiamo Akemi. Mi dici anche come si chiama il tuo cane? >>.
<< Lui è Duran >> rispose la bambina mentre accarezzava Sumiko << Ti piace? >>.
<< Oh sì, è proprio bello >>.
<< Perché hai una pancia così grande? >>.
<< Saori! >> esclamò la mora << Questa signora è incinta >>.
La donna si accarezzò il ventre sorridendo di fronte all’ingenuità della bambina che le stava davanti.
<< Sì, tra poco anche noi avremo una bambina >>.
<< Davvero? Come me? >>.
Questa volta toccò all’uomo ridere.
<< Sì, esatto >>.
Natsuki si voltò indietro pensando che Shizuru avesse terminato e chiamò la figlia.
<< Ringrazia, Saori. Dobbiamo andare ora >>.
<< Va bene >> ubbidì diligentemente la figlia << Grazie e buona giornata. Ciao Sumiko! >>.
La trentunenne salutò anche lei, richiamò il suo cane e rifecero il percorso al contrario. Quando la figura di Shizuru fu di nuovo visibile, notò che la donna stava facendo segno di avvicinarsi. Prese la bambina in braccio e corse verso di lei seguita da Duran.
<< Ma dove eravate finite? >> chiese la donna.
<< Mamma, Duran ha fatto amicizia con un altro cane! Si chiama Sumiko, l’ho anche accarezzato! >>.
Raccontò il loro breve incontro con l’altro animale e con i suoi padroni e subito dopo si fiondò tra le braccia della madre. Natsuki sorrise di fronte a quella scena così dolce. Parevano davvero una famiglia felice. Iniziarono a mangiare e la mora poté scoprire come anche la figlia fosse ghiotta di tramezzini con la maionese. Incredibile quanto avesse ereditato da lei nonostante non si fossero mai viste. Quasi si litigarono l’ultimo panino tanto che Saori fu costretta a ricorrere all’aiuto di Shizuru per averla vinta. Guardò l’amica della trentatreenne con aria soddisfatta, che le fece la linguaccia come se fosse una sua coetanea, mentre mangiava e improvvisamente scoppiò a ridere.
<< Che c’è? >> chiese la mora vedendo che anche l’ex compagna stava sorridendo.
Non si sarebbe mai stancata di vederla in quello stato, così rilassata e contenta.
<< Aspetta >> le rispose l’altra donna prendendo un tovagliolo di stoffa.
<< Natsuki-san, ti sei sporcata il viso! >> esclamò la bambina tra le risa.
Per lei era una cosa davvero buffa che un’adulta si macchiasse visto che non doveva essere mai successo a Shizuru. La trentatreenne le prese dolcemente il volto tra le mani e la sentì distintamente rabbrividire sotto le sue dita. Se ne sentì felice mentre la puliva.
<< Ecco fatto >> scherzò << Come nuova >>.
La mora arrossì violentemente mentre abbassava lo sguardo e mormorava un ringraziamento.
<< Natsuki-san, ti sei fatta tutta rossa! >> continuò Saori sempre più divertita.
<< Non è vero! >> rispose la trentunenne afferrandola e facendola stendere sul plaid per farle il solletico.
<< Natsuki-san basta! >> urlava la figlia mentre si divincolava dalla sua presa.
<< Chiedi perdono! >>.
<< No! >>.
La mora continuò ancora per un lungo minuto prima di lasciarla libera. La bambina si rialzò e andò a rifugiarsi dalla madre che le diede un bacio sulla guancia prima di sistemarle il vestitino spiegazzato.
<< Hai un fidanzato, Natsuki-san? >> chiese innocentemente piccola rimettendosi seduta e bevendo un sorso di succo di frutta.
Il volto della trentunenne divenne paonazzo. A quella domanda la trentatreenne alzò gli occhi quasi di scatto facendosi attenta. Era l’occasione giusta per sapere qualcosa sulla sua vita in quegli anni. Per i pochi secondi di silenzio si ritrovò a trattenere il respiro temendo la risposta. Se avesse detto dì sì, tutto il suo modo sarebbe crollato in quel momento e nemmeno Izumi sarebbe riuscita a rimettere insieme i pezzi. La certezza di un’altra relazione l’avrebbe stroncata.
<< No… >> mormorò mentre gli occhi di Saori dello stesso colore dei suoi si posavano su di lei << …perché…perché mi fai questa domanda? >>.
<< Nemmeno la mamma ce l’ha! >> esclamò la bambina sinceramente contenta di quella risposta.
Quanto vorrei che fosse vero, Saori, pensò tristemente la mora gettando una breve occhiata a Shizuru si lasciò andare a un respiro profondo mentre il battito del suo cuore riprendeva la normalità e si alzò per cercare una toilette. Natsuki la osservò e lesse nel suo sguardo una sorta di sollievo per ciò che aveva appena detto.
Vorrei che fosse il mio stesso sguardo, vorrei che nemmeno tu avessi un’altra persona con cui dividi il letto.
<< Il piano è questo, Natsuki-san >> disse la figlia non appena la madre non poté ascoltarla sporgendosi per parlarle nell’orecchio << Noi dobbiamo… >>.
<< Aspetta Saori >> l’interruppe l’adulta rimettendola seduta << Che stai cercando di dirmi? >>.
<< Puoi passare più tempo con la mia mamma? Così Takako-san le starebbe lontana >>.
<< Cosa?! >>.
Passare più tempo insieme? Come poteva chiederle una cosa del genere? Aveva forse notato i pochi gesti affettuosi che si erano scambiate?
<< Non…non ti piace l’idea? >> domandò come se da un momento all’altro potesse scoppiare a piangere << Io voglio che Takako-san stia lontana dalla mia mamma! >>.
Certo che mi piace l’idea! Io amo la tua mamma!
<< Non si tratta di questo, piccola >> iniziò cautamente la mora evitando di rispondere << Non è tutto così semplice, anche se dovrebbe. Alla tua mamma serve l’aiuto di Takako-san al lavoro, è importante che vadano d’accordo >>.
Incredibile, sto cercando di far andare d’accordo mia figlia con la donna che si porta a letto la persona che amo!
La bambina parve rifletterci e poi le sorrise.
<< Mi piaci di più tu di Takako-san. Vorrei che fossi la persona che aiuta la mamma al lavoro, non lei >> dichiarò con schiettezza.
Vorrei ben vedere!
<< Sai una cosa? Non piace nemmeno a me ma non dirlo a nessuno intesi? >>.
Saori si affrettò ad annuire.
<< Ti va di chiamarmi solo Natsuki? Non mi sono mai piaciuti i suffissi dopo >>.
<< Posso? La mamma mi ha detto che è da maleducati farlo >>.
<< No se ti do il permesso di farlo >>.
La bambina l’abbracciò.
<< Mi sono persa qualcosa? >> chiese Shizuru di ritorno notando il gesto d’affetto che si erano scambiate le due.
Natsuki strizzò l’occhio alla figlia con complicità.
<< Niente >>.
Si mise in piedi capendo che era ora di finire la loro visita allo zoo. Agganciò il guinzaglio al pastore tedesco e aiutò la donna più grande a riporre tutto nel cestino. Il cane iniziò a girare intorno a entrambe e ancor prima di accorgersene, persero l’equilibrio cadendo l’una sull’altra.
<< Duran! >> esclamò la mora rossa in viso nel sentire il seno della maggiore premerle sul petto con forza.
La bocca di Natsuki era a pochi centimetri da quella di Shizuru, così vicine da poter sentire il suo fiato caldo sul collo. Fu percorsa da un brivido mentre la più grande la fissava. Era sopra quel corpo che per troppe notti aveva sognato di possedere e fare suo, le sue mani fremevano dal desiderio di scostare il tessuto che le separavano dal contatto diretto con la candida pelle, il cuore aveva accelerato i battiti con prepotenza. Avrebbe voluto baciarla, sentire se aveva lo stesso sapore che ricordava, leccarle il collo e sentirla gemere sotto la magia del suo tocco. Respirò il fiato dell’altra riempiendosi dell’odore dei suoi capelli e si ritrovò a sorriderle come se fossero solo loro due, come se si trovassero nella loro stanza da letto e non c’era bisogno di essere imbarazzate. Le accarezzò una guancia facendo scivolare un dito sulle sue labbra incapace di trattenersi, accarezzandole lentamente. Ricordava che le piaceva. La vide socchiudere gli occhi per un istante.
<< Mamma, ti sei fatta male? >>.
Natsuki riaprì le palpebre rendendosi conto della situazione e provò a divincolarsi dal corpo della sua ex compagna che sorrise.
<< E’ tutto a posto >> rispose gentilmente << Non ci siamo fatte niente >>.
Si rimise in piedi aiutando la trentunenne a fare lo stesso che borbottò uno sbrigativo ringraziamento cercando di comportarsi normalmente.
 
La gita proseguì nel migliore dei modi. Natsuki insistette per comprare un peluche a forma di leone a Saori al negozio proprio vicino l’uscita dello zoo nonostante le proteste della trentatreenne.
<< Come si dice Saori? >>.
<< Grazie! >> esclamò la bambina stringendo il pupazzo.
<< Dovrei ringraziare io te, sai? >> le disse Natsuki chinandosi per arrivare alla sua altezza.
La figlia la fissò con aria interrogativa e l’adulta rabbrividì per quanto l’espressione che aveva era simile alla sua.
<< Per cosa? >>.
<< Per la tua compagnia >>.
Il sorriso della piccola si allargò ancor di più.
<< Vuoi venire a cena a casa nostra? >> propose inaspettatamente mentre guardava la madre.
Anche la Natsuki alzò gli occhi su di lei pensando al suo bambino parcheggiato al ristorante di Mai. Non era giusto nei suoi confronti e già si sentiva abbastanza in colpa. Stava per rispondere ancor prima di Shizuru, quando l’arrivo di una terza persona la bloccò.
<< Buonasera Shizuru-san >> disse amabilmente Izumi avvicinandosi al trio. Si voltò appena verso la trentunenne << Salve Kuga-san, ciao Saori >> aggiunse semplicemente.
Non aveva potuto attendere oltre, quelle due avevano già trascorso abbastanza tempo insieme. Era venuto il momento di rimettere al suo posto quella donna. Guardò la trentatreenne negli occhi lanciandole un sorriso ma per un attimo nel suo sguardo vi lesse una sorta di dispiacere o malinconia. Era per il suo arrivo? O per il fatto che si stavano salutando? Aveva forse interrotto qualcosa?
<< Buonasera anche a lei, Takako-san >> rispose Natsuki sentendo la bambina rifugiarsi dietro la sua gamba e stringergliela.
<< Mi scusi se l’ho disturbata, Shizuru-san >> mentì spudoratamente la segretaria facendo in modo che la trentunenne non si perdette nemmeno una sua parola << Ma mi sono accorta di alcuni documenti incompleti che devono essere consegnati domani mattina. Li ho in macchina >>.
Sia Shizuru che la mora compresero immediatamente le vere intenzioni della venticinquenne e la seconda sentì la rabbia ribollirle nelle vene.
<< Ho capito, se sono pratiche urgenti direi di controllarle a casa mia allora. La strada non è di certo indicata >>.
<< Ovviamente >> fece eco Izumi gioendo nell’essere riuscita nel suo intento.
<< Mamma, devi lavorare? >>.
Shizuru si voltò per guardare la figlia.
Che mocciosa insopportabile!, pensò la ragazza sistemandosi gli occhiali sul naso.
<< Ti prometto che io e Takako-san faremo presto >> le rispose.
<< Natsuki allora non può venire? >>.
<< Saori, non sarei potuta comunque venire >> si affrettò a dire la trentunenne non volendo che la bambina se la prendesse con Shizuru << Mi dispiace ma non posso >>.
Saori si limitò ad annuire fissando il marciapiede.
<< Ho la macchina fuori la scuola della bambina >> dichiarò Shizuru rivolta ad Izumi che annuì.
<< La mia è proprio qui, la accompagno >>.
<< Ti serve un passaggio in albergo Natsuki? >> chiese la sua ex compagna in modo premuroso.
Anche se le servisse, non glielo darei di certo!, avrebbe voluto dire la segretaria.
<< No, grazie >> rispose la mora << Preferisco camminare >>.
Salutò nuovamente la bambina prima di voltarsi. Una lacrima solitaria le solcò la guancia mentre si allontanava.
 
<< Porta questo al tavolo due >> disse Mai rivolta al marito che si limitò ad annuire senza guardarla.
I coniugi Tokiha si scambiarono una breve occhiata preferendo non commentare la tensione che c’era tra i due e la rossa sospirò quando lo vide allontanarsi. Avrebbe voluto tanto potersi confidare con Natsuki, la sua migliore amica da sempre, ma per farlo avrebbe dovuto possedere del tempo, cosa che ormai dedicava solo al ristorante. Si domandò se era quella la vita che si era immaginata quando era al liceo e quando aveva deciso di sposare Tate così giovane. Forse avrebbero dovuto attendere ancora qualche anno visto come stavano andando le cose in quel periodo.
<< Ecco a lei >> affermò Tate mettendo sul tavolo le ordinazioni.
<< Grazie mille, Tate-san >>.
Nel sentirsi chiamare per nome da una voce familiare, l’uomo si voltò di scatto e sgranò gli occhi nel vedere Reito che gli sorrideva.
<< Ha un aspetto magnifico, porta i miei complimenti a Mai-san >> continuò il trentatreenne.
<< Reito Kanzaki? >> domandò l’altro << Da quando sei tornato a Tokyo? Sapevo che avevi intrapreso gli studi universitari fuori >>.
E lontano dalle nostre vite, aggiunse tra sé.
<< Siamo arrivati ieri >> rispose il trentatreenne << Lui è mio figlio Hideki. Mai-san non ti ha detto della mia visita nel pomeriggio? >> aggiunse con un sorriso malizioso << Sono passato per prenotare questo tavolo >>.
Mai lo sapeva?, si domandò l’uomo smarrito leggermente dalla notizia, E perché diavolo non me l’ha detto?
Una profonda rabbia l’invase.
<< No >> disse a denti stretti cercando di salvare l’apparenza << Siamo molto impegnati qui e sicuramente l’ha reputata una cosa non importante >>.
<< Immagino che sia come dici, Tate-san >> affermò beffardamente il più grande beandosi della comprensione dei problemi che doveva avere la coppia.
Si salutarono con rispetto prima che Tate potesse tornare nelle cucine. Sbatté con forza uno strofinaccio per terra e poco mancò che non facesse la stessa cosa con una sedia. Per fortuna l’istinto da ninja di Akira la salvò da una brutta fine.
<< Si può sapere che ti prende? >>.
<< Sai chi c’è di là? >>.
Mai inarcò leggermente il sopracciglio senza comprendere.
<< Reito Kanzaki! >>.
La rossa aprì la bocca per dire qualcosa ricordando la prenotazione che aveva ricevuto nel pomeriggio.
<< Perché non me l’hai detto? >> continuò adirato.
Lei si strinse nelle spalle.
<< Me lo sono dimenticato, Tate >>.
<< Te lo sei dimenticato? Come hai fatto a dimenticartelo? Mi hai fatto fare la figura del cretino >>.
<< Ora non esagerare per favore >>.
Per la rabbia, l’uomo prese un bicchiere e lo scaraventò per terra.
<< Ehi, adesso calmati Tate >> s’intromise Akira cui non piaceva la piega che aveva preso la conversazione << E’ solo un cliente, te la stai prendendo troppo >>.
Tate non seppe cosa dire sentendosi annegare in quel mare di gelosia che aveva sperimentato da ragazzo e che adesso era tornato prepotentemente.
<< Vado a farmi un giro >> disse infime.
<< Come al solito >> mormorò la moglie senza guardarlo.
Takumi le lanciò un’occhiata per invitarla a non infierire oltre e, appena furono soli, la rimproverò per non aver avvertito il marito del ritorno a Tokyo di Reito visto il loro trascorso.
<< Ho già detto che l’ho dimenticato >> ripeté seccata la sorella maggiore.
<< Sicura, Mai? >> insistette il ventottenne << Non è che, siccome le cose tra voi non vanno benissimo, hai pensato di fargliela pagare in un certo senso? >>.
Lo sguardo che la rossa gli lanciò era sorpreso.
<< Credi davvero che io possa fare una cosa del genere? >>.
Suo fratello scosse il capo.
<< Non intenzionalmente >> rispose tornando ai fornelli e lasciando la trentunenne a interrogarsi sul significato delle sue parole.
 
Quando erano arrivate a casa di Shizuru, Izumi aveva dovuto attendere non solo che la trentatreenne preparasse la cena ma anche che facesse il bagno alla mocciosa che però, dal suo punto di vista, era stata stranamente silenziosa. Non che le fosse dispiaciuto ma significava che qualcosa non le stava bene e lei non aveva impiegato molto a comprendere di cosa si trattasse. La sua presenza e il fatto che avesse dovuto rinunciare alla compagnia della mora. La consapevolezza che a unire Shizuru alla sua ex compagna fosse quella dannata bambina le dava ai nervi e sperò con tutta se stessa che Natsuki avesse intenzione di portarsela via. Solo in quel modo la trentatreenne avrebbe rotto definitivamente col passato; all’inizio sarebbe stato doloroso per lei ma col tempo e col suo aiuto quella ferita sarebbe guarita e sarebbe stata finalmente sua. Si leccò le labbra vedendola scendere dal piano superiore con indosso la sua solita vestaglia viola.
<< Ci sono davvero dei documenti da controllare? >> le chiese passandosi le dita tra i capelli.
Izumi le sorrise maliziosamente spingendola verso il tavolo del salone e la baciò senza risponderle. Le voleva, voleva che dimenticasse le ore trascorse con la trentunenne per far posto al piacere che le avrebbe fatto provare da lì a poco. La sentì contraccambiare e fece una leggera pressione per farle allargare le gambe. Le accarezzò il collo con la lingua sentendola gemere e scese verso il seno dopo averle aperto leggermente la vestaglia.
<< No… >> mormorò Shizuru fermandosi << …fermati Izumi… >>.
La venticinquenne la guardò con disappunto.
<< Perché? >>.
<< Non sono sicura che Saori stia dormendo >> mentì la trentatreenne ricomponendosi.
La verità era che non se la sentiva, non dopo aver trascorso la giornata con Natsuki che l’aveva fatta sentire al settimo cielo. In quel momento desiderava solo lei, avrebbe dato qualunque cosa per scambiarla con Izumi e farla sua.
Non mi interessa nulla della mocciosa!, avrebbe voluto urlarle la segretaria con menefreghismo, Che ci veda pure, è solo una bambina viziata e maleducata proprio come quella Natsuki!
<< Sta scherzando? >> domandò cauta deglutendo.
Shizuru scosse il capo allontanandosi leggermente dall’altra.
<< Shizuru-san! >>.
<< E’ stata una lunga giornata >> le rispose la donna provando a sorriderle << Sono molto stanca e anche tu dovresti riposare, Izumi >>.
Dopo quella frase, alla segretaria non restò altro da fare se non tornare a casa con desiderio inappagato.

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Capitolo 15
*** Speranze svanite ***


<< Cos’è questo posto? >> chiese Shinobu guardandosi intorno.
Natsuki sorrise posandogli una mano sulla testa.
<< E’ il posto dove lavoravo diversi anni fa >> gli rispose.
<< Verremo a vivere qui? >>.
La mora rise leggermente.
<< No, Shin-chan. Non è una casa. Siamo venuti solo per prendere alcune cose che mi serviranno per stasera >> spiegò << Ti prego non combinare guai! >> aggiunse notando che il figlio stava già perlustrando il nuovo ambiente.
<< Quando torniamo a casa? >>.
Quando troverò il coraggio di rivelare il motivo del mio ritorno qui!, avrebbe voluto dire Natsuki.
<< Non…non lo so. Tu non stai bene qui? Non ti piace? >>.
<< Tate-san è simpatico >> affermò Shinobu correndo dietro la scrivania.
<< Shinobu se ti fai male, non venire da me a piangere! >> urlò sua madre prima di entrare nella stanza adiacente e raccogliere ciò che la volta precedente aveva dimenticato.
<< Mamma, vieni a vedere cos’ho trovato! >> gridò il bambino dall’altra parte con aria esultante.
Natsuki tornò indietro e notò che nell’arco di pochi secondi era riuscito a mettere in disordine tutti e tre i cassetti della scrivania. Fece un sospiro domandandosi come ci fosse riuscito.
<< Guarda che casino che combinato >> mormorò << E ti ho lasciato solo per cinque secondi >>.
L’attimo dopo notò la foto che stringeva tra le mani Shinobu ed ebbe un sussulto. Shizuru aveva davvero ragione quando le aveva spiegato che non aveva toccato nulla, perfino le fotografie che aveva sul tavolo erano state semplicemente riposte nei tiretti affinché non si rovinassero invece di portarle via. Avrebbe voluto piangere nel rivedersi più giovane di cinque anni mentre spingeva il passeggino di Saori. Pareva che anche sua figlia stesse sorridendo verso l’obiettivo. Ricordava bene quella foto, Shizuru aveva insistito per uscire quella mattina nonostante avesse piovuto e avevano fatto bene poiché mentre camminavano si era formato un arcobaleno in cielo.
Sarei ancora così felice se solo…
Si morse la lingua per aver formulato quel pensiero e abbassò lo sguardo sul figlio che le sorrideva con aria spensierata. Gli diede un bacio tra i capelli pensando che nemmeno la sua vita era stata facile fino a quel momento.
<< Chi è questa bambina? >>.
<< La conoscerai presto, Shin-chan >> disse semplicemente Natsuki evitando una risposta diretta << Ora rimettila dove l’hai trovata perché dobbiamo andare. La mamma stasera ha il suo primo lavoro >>.
<< Sei contenta? >>.
A quella domanda, la donna non rispose subito.
<< Diciamo di sì >> affermò infine << E’ passato tanto tempo da quando lo facevo, sai? Da prima che tu nascessi >>.
<< E continuerai? >>.
<< Non lo so, siamo tornati per fare una cosa molto importante e viene prima di tutto >>.
<< Per guarire? >> domandò suo figlio.
Natsuki gli lasciò un altro bacio sulla fronte e lo prese per mano.
<< Esatto >>.
Uscirono dal palazzo tenendosi per mano e attraversarono la strada. Improvvisamente la mora si rese conto di stare facendo lo stesso percorso di quella volta. Sentì il cuore balzarle in gola mentre un sudore freddo le imperlava la fronte. Chiuse gli occhi imponendosi di non pensare ma nel momento in cui lo fece, rivide quegli occhi freddi e glaciali. Terribili. E si rivide circondata dall’oscurità, sola e piena di paura per ciò che le stava facendo, per quelle iridi azzurre che non conoscevano pietà. Si raggomitolò per cercare di sfuggire al suo sguardo e quando sentì la mano del figlio sfiorarle la spalla rabbrividì. Aprendo le palpebre si ritrovò di fronte ai suoi occhi che sarebbero stato bellissimi se non ne conservasse un ricordo così orrendo. Per un attimo pensò alla prima volta che li aveva visti.
 
Dolore.
Dolore ovunque.
Qualcuno aveva chiamato un’ambulanza, non sapeva chi. Non distingueva niente, voci e immagini vorticavano insieme mescolandosi e danzando. Le avevano messo sulla bocca una mascherina per l’ossigeno e l’avevano portata di corsa in sala operatoria.
<< Signorina Kuga, dobbiamo far nascere il suo bambino >> le aveva detto un medico dopo aver osservato il contrarsi e il dilatarsi delle sue pupille con una torcia tascabile.
<< Cosa? >> aveva esclamato lei togliendosi la mascherina << Non potete, è troppo piccolo! >>.
<< Le si sono rotte le acque, non abbiamo altra scelta >>.
<< Ma com’è possibile? Sono al settimo mese! >>.
Una fitta improvvisa l’aveva colta all’altezza del ventre.
<< Tranquilla, andrà tutto bene >> aveva sussurrato un’infermiera mettendole una flebo.
No, sarà così!, aveva pensato la mora, Io non sono capace di fare niente di buono.
Da quando aveva deciso di tenere il bambino, la paura di conoscerlo aveva preso lentamente piede dentro di sé. E ora che improvvisamente stava diventando reale, mille dubbi l’assalivano.
Il parto era iniziato Natsuki non aveva fatto altro che pensare a quando era nata Saori. Avrebbe voluto che Shizuru le stringesse la mano come era accaduto allora, che le sussurrasse che andava tutto bene, che la rincuorasse; invece era sola. Aveva scelto lei quella solitudine, aveva scelto di andare lontano dopo quello che era accaduto quella famosa sera. E ora stava per dare alla luce una creatura che non gliela avrebbe mai fatta dimenticare.
<< E’ un maschietto >> aveva detto il medico senza farglielo vedere mettendo fine al parto e alle sue urla.
Natsuki aveva fatto un profondo respiro e aveva notato immediatamente che il bambino non aveva pianto.
<< Cos’ha? >> aveva domandato cercando di sbirciare oltre le figure dei medici e degli infermieri << Perché non piange? >>.
<< Di corsa in terapia intensiva, forza! >> aveva gridato invece il dottore mettendo il nascituro nell’incubatrice.
La ventisettenne aveva fatto in tempo solo a vederlo di sfuggita ed era rimasta impressionata dalle piccole dimensioni del figlio.
<< Che cos’ha? >> aveva chiesto più forte perfino provando a scendere.
Le era stato fermamente impedito.
<< E’ stata molto stressata durante la gravidanza? >> aveva iniziato a domandare lo stesso uomo tenendo una cartella in mano.
Certo che lo sono stata!
<< Che cosa vuole… >>.
<< Ha assunto farmaci o bevande alcoliche che avrebbero potuto nuocere al bambino? >>.
<< Si può sapere cosa diavolo sta insinuando? >> aveva risposto Natsuki agitando un pugno in preda all’ira << Cos’ha mio figlio? >>.
<< Si calmi, signorina Kuga >> le aveva detto l’altro in tono autoritario << Sto solo facendo delle domande per capire quali cause hanno potuto portare ad una nascita prematura. Gliele avrei fatte prima se fosse stato possibile. Suo figlio pesa circa un chilo, un peso esiguo anche per un settimino, e avrà bisogno di essere alimentato artificialmente prima di poterlo allattare lei >>.
<< Ma sta bene? >> aveva chiesto la donna interrompendolo.
<< Solo il tempo potrà rispondere. Riceverà tutte le cure possibili ovviamente ma devo avvertirla che l’intero organismo del bambino è prematuro e potrebbe andare incontro a infezioni più facilmente di un qualunque neonato >>.
<< E’ per questo che non ha pianto? >>.
L’uomo l’aveva guardata per un secondo chiedendosi come mai non fosse ancora arrivato nessuno per lei.
<< Non sa ancora farlo >> le aveva risposto infine.
 
Era trascorso un mese e mezzo e ancora non era fuori pericolo. Quarantacinque giorni in cui non le era stato possibile prenderlo in braccio o allattarlo al seno. L’unico modo che aveva per far sentire la sua presenza al piccolo era parlargli e accarezzarlo delicatamente con una mano. Rimaneva ogni volta senza fiato nel sentire il suo piccolo cuore battere con forza e piangeva perché sapeva che avrebbe potuto spegnersi da un momento all’altro senza che lei potesse fare nulla. E invece suo figlio stava combattendo da vero guerriero. Era stato in quelle lunghe giornate passate con lui che aveva compreso quanto fosse importante per lei quell’esserino che ancora non si rendeva di essere nato. Era suo figlio, aveva capito di volergli bene indipendentemente da tutto e ogni singolo dubbio che aveva avuto le pareva privo di senso di fronte alla consapevolezza della sua forza e della sopportazione che stava dimostrando. Lasciandosi alle spalle tutte le domande che si era fatta, era riuscita anche a scegliere un nome per lui, cosa cui non aveva mai pensato nei mesi della gestazione. Shinobu, resistenza; esattamente ciò che stava facendo. Resisteva per poter respirare autonomamente, per poter piangere, per poter essere come tutti gli altri bambini. Natsuki lo aveva visto lottare come un dannato e aggrapparsi a quell’esile filo della vita e aveva capito che mai lo avrebbe lasciato andare. Delle volte si limitava ad osservare quel corpo ancora acerbo da neonato che aveva e ascoltava il suono costante delle apparecchiature che lo monitoravano. Da quando era nato si era sempre mosso appena e mai aveva aperto gli occhi. I medici le avevano spiegato che era normale, che le pupille non erano pronte a mettere a fuoco gli oggetti, che l’intero bulbo oculare era prematuro come tutto il resto e lei si limitava ad attendere che fosse pronto a guardarla per la prima volta. Si sedeva sulla sedia a dondolo che davano a tutte le madri in quel reparto e aspettava un minimo cambiamento. Poi una volta qualcosa di diverso era accaduto. All’inizio aveva pensato che, siccome fosse tardi, le era solo sembrato di vederlo ma, quando lo vide ripetersi, si era affacciata dalla stanza chiamando a gran voce il medico di turno. Shinichi era accorso quasi immediatamente, in quelle settimane avevano avuto modo di conoscersi meglio e l’uomo aveva preso in simpatia quella donna sola con un bambino così piccolo.
<< Che cosa succede? >> aveva domandato entrando.
<< Guarda! >> aveva risposto Natsuki indicando l’incubatrice.
Si erano avvicinati e l’uomo le aveva sorriso.
<< Sta… >>.
<< Sì, sta aprendo gli occhi >> le aveva confermato Shinichi.
La ventisettenne aveva poggiato la mano sulla lastra di plastica e la libera aveva cercato quella del medico. Gliela aveva stretta cercando di non tremare e l’aveva sentito contraccambiare.
Ancora uno sbattere di palpebre prima che riuscisse ad aprirli.
La mora li aveva guardati a lungo e non aveva potuto rabbrividire. Quelle iridi erano…
Aveva lasciato la mano dell’uomo per portarsela davanti alla bocca.
Azzurre! Il colore dei suoi occhi era azzurro!
 
Tornarono in albergo per ora di pranzo. Shinobu si lamentava di avere fame e Natsuki gli aveva promesso un’enorme razione di ramen se avesse smesso. Stavano per entrare quando un fattorino le si avvicinò.
<< Kuga-san >> disse << E’ arrivato un pacco per lei >>.
La donna inarcò il sopracciglio. Un pacco? E da parte di chi?
<< Lasciamelo in camera, dopo pranzo andrò a controllare >> rispose decidendo di dare la precedenza al figlio.
<< Veramente non è una cosa che si può trasportare in camera >> affermò il ragazzo leggermente a disagio.
Natsuki lo fissò con aria interrogativa mista a curiosità.
<< Che vuoi dire? >>.
L’altro fece segno di voltarsi e, non appena la mora ubbidì, vide un altro ragazzo che ricopriva la sua stessa mansione, avanzare trainando una moto addobbata con un grosso fiocco rosso. Si allargò un sorriso mentre la riconosceva.
<< Ma è la tua moto, mamma! >> esclamò Shinobu indicandola.
Il facchino si fermò mettendo il cavalletto e lasciò che la sua proprietaria passasse la mano sull’intelaiatura del mezzo. Incredibile, era tornata come nuova.
<< Sì, è davvero lei >>.
Prese il cellulare e compose un numero che ormai conosceva a memoria.
<< E’ bellissima! >> esclamò non appena l’altro ebbe attivato la conversazione << Grazie! >>.
Shinichi sorrise anche se non poteva essere visto.
<< Sapevo che ti sarebbe piaciuta >>.
<< Ti sarà costato un occhio farla arrivare fin qui >>.
Qualunque cosa per te, pensò il medico.
<< No, tranquilla. Volevo farti una sorpresa >> rispose.
<< E ci sei riuscito perfettamente! >> continuò entusiasta la mora senza smettere di sorridere << Cavolo Shinichi, quando ti ho detto di pagare il conto del meccanico, non avrei mai detto che saresti arrivato addirittura a cambiarle tutti i pezzi e a spedirmela! >>.
<< Beh, le sorprese vanno fatte bene e sapevo quanto tenessi a questa moto >>.
<< Grazie! >>.
<< Sono contento di sentirti felice >>.
<< E’ ovvio che lo sono, l’hai fatta tornare esattamente com’era! >>.
Shinichi continuò a sorridere di fronte al suo entusiasmo e se ne sentì appagato. Renderla contenta era il suo obiettivo.
<< Devo andare ora, c’è del lavoro che mi aspetta. Goditi il tuo regalo! >>.
<< Grazie infinite Shinichi! >>.
 
<< Mamma, stasera ci sarà anche Natsuki? >>.
Shizuru annuì mentre finiva di sistemarle il vestito e le sorrise attraverso lo specchio.
<< Sarà una sorpresa >> rispose strizzandole l’occhio in segno d’intesa e mettendosi dritta << Non sa che anche noi siamo state invitate >>.
Saori l’abbracciò contenta.
<< Mi piace Natsuki >> disse tornando a specchiarsi << A te, mamma? >>.
Per un secondo la donna non rispose.
<< Sì >> affermò infine << Anche a me >>.
Era rimasta così contenta dell’intimità creatasi il giorno prima che ai suoi occhi quell’assenza di cinque anni poteva essere giustificata.
Qualcuno suonò alla porta interrompendo i suoi pensieri. Guardò l’ora convenendo che doveva essere Izumi. Prese la borsa dal tavolo osservandosi per un attimo prima di scendere e sorrise nuovamente.
Sì, a Natsuki sarebbe davvero piaciuto il vestito che indossava.
 
<< Non sarà una serata stancante >> disse Yukino rispondendo ad una semplice occhiata di Will.
<< Puoi rimanere in albergo se non te la senti >>.
<< E lasciare che tutte le donne presenti ti mangino con gli occhi? No, grazie! >>.
Risero entrambi prima di baciarsi.
<< Va bene ma al minimo segno di malessere chiamiamo un taxi, intesi? >>.
La donna annuì.
<< Intesi >>.
 
Natsuki e Shinobu arrivarono prima al ristorante di Mai.
<< Ti faccio qualche panoramica prima dell’arrivo degli ospiti, che ne dici? Poi magari se vuoi le possiamo mettere anche sul tuo sito internet per fare pubblicità >>.
<< Sito internet? >> ripeté la rossa.
<< Non hai un sito sul web che pubblicizza il posto? Avanti Mai siamo nell’epoca digitale e voi non… >> scosse il capo passandosi una mano sulla fronte con fare sconsolato << Ci penso io, mi ci vorrà un quarto d’ora al massimo >>.
Mai l’abbracciò e le diede un bacio sulla guancia notando che stava accendendo il suo portatile.
<< Vieni con me Shin-chan, lasciamo lavorare la mamma. Tra poco dovrebbe arrivare anche Miyu-chan con Tate-san >>.
Natsuki restò nella sala principale e le parve di tornare a sentire quell’antica felicità che pervadeva quando era ancora con Shizuru e Saori non era ancora arrivata. Conducevano una vita molto normale tra i loro vari impegni e spesso si fermavano a cena lì. Con l’arrivo della bambina poi avevano iniziato a ridurre le loro uscite e a cercare di essere un po’ più regolari. Per lei, abituata a essere indipendente su tutto, era stato un periodo terribile; poi si era abituata e aveva iniziato a non poter fare a meno di quella regolarità che condivideva con l’altra. Sentì una fitta all’altezza dello stomaco nel ricordare quelle serate insonni in cui Saori piangeva, loro avevano le occhiaie e i visi tirati dalla stanchezza e la sua compagna che non si stancava mai di cantare ninnananne per la piccola. Continuò il suo lavoro finché non arrivarono i festeggiati. A quel punto chiuse il computer e si dedicò a quello per cui sarebbe stata pagata. Mai e Takumi si misero ai fornelli dopo aver sistemato i bambini nella stanzetta attigua mentre Tate e Akira avevano il compito di servire a tavola. Tra i due la giovane donna era molto più veloce e agile nello spostarsi tra i tavoli ed evitare di scontrarsi con i bambini che spesso erano in giro per le sale. Natsuki attese che arrivassero tutti prima di mettersi al lavoro.
<< C’è parecchia gente di là >> costatò la mora entrando in cucina e sgranocchiando un grissino << Credi che siano tutti? >>.
<< Il signor Tokiba ha detto che manca ancora qualcuno. Tra poco inizieremo a portare gli antipasti >> le rispose la rossa porgendole un bicchiere d’acqua.
<< Torno a lavoro. Shinobu, non combinare guai! >> urlò per farsi sentire dal figlio che non la degnò di una sola occhiata talmente era preso dalla wii.
Rientrò nella sala principale con la macchina fotografica in mano e sentì chiamarsi dalla porta. Si voltò e le si mozzò il respiro in gola.
<< Ciao Natsuki! >> esclamò Saori correndo verso di lei.
Saori?, pensò la trentunenne iniziando a sudare freddo, Questo vuol dire che…
Non fece in tempo a finire la frase che i suoi occhi si posarono sulla figura di Shizuru. Inghiottì un groppo di saliva e aumentò la presa sulla sua reflex.
<< Ciao bellissima >> salutò chinandosi per arrivare all’altezza della bambina sorridendole. Le accarezzò una guancia << Sei elegantissima stasera, lo sai? >>.
<< Ti piace? >> chiese la figlia facendo una piroetta << Mamma, Natsuki ha detto che sono elegante! >>.
<< Buonasera Natsuki >> disse la trentatreenne avvicinandosi.
<< Salve Kuga-san >> borbottò stizzita Izumi guardando da un’altra parte.
Da quando era tornata non faceva che girare intorno alla sua Shizuru-san.
<< Non sapevo che saresti venuta anche tu stasera >> commentò la mora rialzandosi.
Shizuru le sorrise.
<< Volevamo farti una sorpresa! >> disse Saori ridendo contenta.
<< Ci siete proprio riuscite >> mormorò Natsuki pensando a Shinobu che era nell’altra stanza.
<< Vieni Saori, lasciamo Natsuki lavorare >> affermò l’altra donna prendendo per mano la bambina e muovendosi verso i festeggiati dopo averle lanciato un ultimo sguardo complice.
La mora dovette fare un lungo respiro prima di voltarsi. Sentì le mani che sudavano copiosamente e le ginocchia tremarle. La situazione era appesa a un filo tremendamente sottile. Tornò velocemente in cucina e per poco non si scontrò con Akira.
<< Scusami >> disse facendole un cenno col capo e avvicinandosi a Mai << Sai chi c’è di là? >> aggiunse l’attimo dopo.
Mai comprese immediatamente che doveva esserle successo qualcosa per quanto era diventata pallida.
<< Shizuru, Saori e quella! >> esclamò Natsuki appoggiandosi alla penisola.
<< La segretaria? >> domandò la rossa cercando di allentare un po’ la tensione << Adesso non farti prendere dall’ansia >>.
<< Non farmi prendere dall’ansia? E come? Shinobu è… >>.
<< Mamma, davvero c’è Saori-chan? >> chiese Miyuki che aveva smesso di colorare e si era fatta attenta.
<< Miyuki per favore torna di là >> le rispose la madre indicando la camera dove l’altro bambino stava giocando da solo.
<< Ma io voglio… >>.
Un solo sguardo della donna bastò a zittirla e a farla ubbidire.
<< Resta calma, andrà tutto bene >> tentò di consolarla subito dopo mettendole una mano sulla spalla << Non sei ancora pronta a… >>.
L’amica scosse il capo impedendole di continuare e Mai le sorrise.
<< Non preoccuparti, basterà che Shin-chan resti qui >>.
Natsuki annuì poco convinta e uscì dovendo continuare a fare fotografie. Rimase completamente senza fiato nel vedere Shizuru col vestito che indossava. Era bellissima. Aveva i capelli raccolti in un’elegante acconciatura, una parure che le rendeva più luminoso il viso, scarpe dal tacco sottile. Ma ciò che più di tutto la colpì fu l’abito. Ampio scollo che le metteva in evidenza il seno, spacco laterale che le faceva venire i brividi solo a guardarlo. Chiacchierava amabilmente con due uomini e pareva non essersi accorta di essere osservata. L’attimo dopo incontrò gli occhi duri e freddi della segretaria che le fecero capire di smetterla. Si ritrovò ad arrossire per i pensieri poco casti che aveva fatto mentre la venticinquenne frapponeva il suo corpo tra lei e la trentatreenne. Continuò a scattare foto anche se involontariamente l’occhio le cadeva sempre sulla figura di Shizuru e successivamente sulla bambina. Le trovava entrambe meravigliose. Notò che a quella cena c’era anche Yukino col suo fidanzato, scambiarono qualche parola e Natsuki si ritrovò a sperare per lei che il suo bambino si decidesse a nascere. Il pancione era era enorme e si vedeva che la donna faceva fatica a stare in piedi.
<< Natsuki, mi fai una foto? >> le chiese Saori tra una portata e l’altra.
La trentunenne si ritrovò a sorridere di fronte a quel viso dolcissimo. Indubbiamente si stava annoiando, non c’era nessun bambino con cui giocare. Pensò che sarebbe potuta andare con Miyuki ma questo avrebbe significato anche farle scoprire Shinobu. Si morse la lingua per il suo egoismo e si affrettò ad annuire. In effetti, non aveva nessuna foto della bambina e così vestita era ancora più bella.
<< Ti stai stancando? >> le domandò subito dopo qualche scatto.
La figlia annuì.
<< Un po’ >> rispose << La mamma parla sempre con quei signori e Takako-san le sta sempre attaccata >>.
<< Staranno parlando di lavoro >> tentò di consolarla la più grande dispiaciuta.
<< Saori, vieni a sederti >> disse Shizuru sorridendo a entrambe.
Anche Natsuki contraccambiò il gesto. Da quando era tornata, non l’aveva mai sentita così vicina e ne era estremamente felice. Pensò che forse Mai aveva ragione, forse sarebbe andato davvero tutto bene.
 
<< Miyu-chan, vuoi giocare con me? >>.
La bambina scosse il capo continuando a disegnare. Sua madre le aveva ordinato di restare lì con Shin-chan anche se lei voleva andare dalla sua amica Saori.
<< Ma io mi annoio a giocare da solo, Miyu-chan! >>.
<< Non voglio giocare con te, Shin-chan! >> esclamò la figlia di Mai scattando in piedi e correndo fuori dalla stanza.
Intenta com’era la rossa a cucinare e a mettere nei piatti le varie pietanze, non si accorse dei due bambini che si diressero verso la sala principale.
<< Ciao Saori-chan! >> disse la bambina non appena vide l’altra.
Immediatamente gli occhi di Saori s’illuminarono.
<< Miyu-chan! >> esclamò scendendo dalla sedia << E lui chi è? >> aggiunse subito dopo.
<< Shin-chan >> rispose Miyuki senza guardare il bambino che l’aveva seguita.
<< Ciao Shin-chan >> salutò cordialmente la bambina dai capelli neri << La tua mamma è anche lei a cena con la mia? >>.
<< La mia mamma è quella lì >> disse l’unico maschietto indicando la figura di Natsuki che non aveva visto niente.
<< Natsuki? >> ripeté Saori sgranando gli occhi << Non è possibile, non è quella la tua mamma! >>.
<< Si che lo è! >>.
<< Sei bugiardo, Shin-chan! >> urlò l’altra.
<< Saori, amore, che sta succedendo? >> chiese Shizuru avvicinandosi al trio dopo aver notato il bambino che non aveva mai visto.
<< Mamma, Shin-chan dice le bugie! >> continuò la figlia correndo verso di lei << Dice che Natsuki è la sua mamma! >>.
La trentatreenne guardò il piccolo attentamente e il suo cuore perse un battito.
No, non è possibile! Ti prego no!
Eppure quei lineamenti, il colore dei capelli…
<< Non dico bugie, non dico bugie! >> affermò Shinobu con le lacrime agli occhi << Mamma! Mamma! >>.
Shizuru si voltò verso la mora che nel sentirsi chiamare si era girata. Natsuki per un attimo pensò che sarebbe morta nel vedere quella scena e per lei fu come se il tempo si congelasse. Vide la donna che amava china vicino al bambino, che aveva cercato di tenere nascosto, mentre lui la chiamava incessantemente.
Oh no! No, no, no!
Solo quando sentì le piccole mani del figlio stringere un lembo del jeans che indossava, tutto riprese a scorrere.
<< Non…non piangere Shinobu… >> mormorò con voce tremante.
Alzò gli occhi dalla figura del bambino in tempo per vedere l’altra donna a pochi passi da lei. I suoi occhi, prima dolci, ora erano freddi e carichi d’ira. Non cercò nemmeno di parare lo schiaffo che le arrivò, sapeva di meritarlo.
<< Sei una stronza! >> urlò la trentatreenne.
Natsuki lentamente tornò a guardarla e si accorse che stava piangendo e che il labbro inferiore le tremava.
No, Shizuru! Non piangere! Scusa!, avrebbe voluto dirle ma non un suono uscì dalla sua bocca, Non è come pensi!
Tornò ad abbassare il capo con aria colpevole. Anche Mai era arrivata dopo aver notato l’assenza dei bambini. Si coprì le labbra con la mano quando comprese che il danno era stato fatto. Provò a intercettare lo sguardo dell’amica ma la mora si limitava a restare immobile incapace di reagire. Il resto fu un susseguirsi di eventi che parvero piuttosto normali. Shizuru si scusò con i festeggiati e andò via dicendo di avere una terribile emicrania, la festa continuò normalmente ma nessuno era veramente dell’umore adatto all’atmosfera. Natsuki fece qualche altra foto ma passò la maggior parte del tempo nella cucina seduta in un angolino ad osservare gli scatti che aveva fatto prima mentre i bambini, che avevano compreso poco di tutta quella situazione, furono stranamente silenziosi. Mai non vide mai l’amica versare una lacrima e la sua angoscia maggiore fu che si tenesse tutto dentro. Guardò il marito che si stava comportando in modo regolare e un moto di rabbia l’assalì pensando che gli importava nulla della mora e di come stesse soffrendo.
<< Ehi, vuoi…vuoi parlare? >> le chiese quando tutti gli invitati erano andati via mentre metteva gli ultimi piatti nella lavastoviglie.
Natsuki scosse il capo senza guardarla.
<< Natsuki, non… >>.
<< Puoi tenere Shinobu con te stanotte? >>.
La rossa fu leggermente sorpresa dalla domanda ma si affrettò ad annuire pensando che la trentunenne volesse rimanere un po’ da sola. Alla sua risposta affermativa, l’altra donna si alzò quasi di scatto cercando il suo giubbotto.
<< Dove vai? >> le domandò leggermente preoccupata.
<< E’ andato tutto a farsi fottere >> disse invece la mora come se stesse parlando da sola.
 
Per tutto il tragitto del ritorno Izumi non fece altro che sorridere. All’inizio della serata, nel vedere che era presente anche la fedifraga, un moto di rabbia l’aveva scossa; ma poi vedendo ciò che era successo, non poteva non essere felice. Natsuki si era scavata la fossa da sola, le possibilità che la trentatreenne si riavvicinasse a lei erano pari a zero. Doveva ammettere che la notizia di un altro figlio aveva sorpreso parecchio anche lei.
Chi l’avrebbe mai detto? Non uno ma ben due mocciosi, davvero complimenti Kuga-san.
Si voltò appena verso Shizuru che era rimasta immobile e in silenzio. Fissava un punto indefinito davanti a sé mentre milioni e milioni di pensieri le rimbombavano nella mente. Ora sarebbe stata finalmente sua, nemmeno l’amore più sincero e duraturo avrebbe resistito a quella novità.
No, stavolta sarebbe stata davvero la fine.
Si fermò lentamente fuori l’abitazione dell’altra donna e spense il motore. Saori si era addormentata sul sedile posteriore. Nel guardarla attraverso lo specchietto retrovisore provò un moto di stizza per quanto somigliasse alla trentunenne. L’unica cosa che mancava per completare il suo piano e avere finalmente Shizuru solo per sé era l’allontanamento della bambina. In cuor suo sperò che Natsuki le facilitasse le cose anche in questo. Osservò la trentatreenne togliersi la cintura di sicurezza e involontariamente si leccò appena le labbra. Era così bella, chi non l’avrebbe voluta? Eppure mai come in quel momento era convinta che sarebbe stata solo sua.
<< Shizuru-san >> iniziò usando il tono e la sua occhiata più dolce.
La donna le prese la mano stringendola.
<< Non voglio restare da sola stanotte >> le disse semplimente.
Izumi annuì scendendo anche lei dall’auto. Era esattamente ciò che si aspettava. Entrarono in casa e mentre Shizuru portava a letto Saori che continuava a dormire contro il petto, il suo sguardo cadde sulla sua immagine riflessa nello specchio. Quel vestito l’aveva indossato per la trentunenne, per fare colpo su di lei, per farla rimanere senza fiato. Voleva che a trovasse stupenda, che, nell’incontrare i suoi occhi verdi, vi leggesse imbarazzo ed eccitazione allo stesso tempo. Quella doveva essere una serata unica, fatta di sguardi e sorrisi complici, di occhiate lanciate alle spalle dell’altra, di risate leggere. E invece era andato tutto in malora, Natsuki era stata capace di ferirla in un modo che mai avrebbe pensato. Si portò la mano libera sul cuore sentendolo spezzato. La sua adorata Natsuki con un altro figlio. Un bambino! Che incubo era quello? Come poteva averle fatto una cosa del genere? Come? Il pensiero che si fosse fatta toccare da un uomo, che abbia avuto un rapporto con lui le faceva venire le vertigini e un senso opprimente di nausea. Se rifletteva inoltre su una sua gravidanza, la cosa le faceva ancor più ribrezzo. Era arrivata fino a quel punto? Come c’era riuscita? La mano di Izumi che le sfiorò la spalla la fece sussultare. Si voltò appena verso la donna che le sorrideva dolcemente e diede un bacio alla figlia che dormiva profondamente. Si recò con la segretaria in camera seguendola docilmente come mai aveva fatto in vita sua. La venticinquenne la fece sedere sul letto e iniziò a spogliarla lentamente. Prima le scarpe, poi il cappotto, infine il vestito. Shizuru guardò ancora una volta quell’abito che aveva scelto solo per la trentunenne e un singhiozzo la scosse.
<< Shizuru-san, andrà tutto bene >> le sussurrò Izumi baciandola << Io resterò sempre accanto a lei >>.
La trentatreenne annuì mentre continuava a piangere. Non riusciva a fermarsi nonostante le parole rassicuramenti della giovane. Chiuse gli occhi lasciandosi andare ai suoi baci e alle sue carezze e la sua mente vagò altrove, in mondo in cui c’era ancora una speranza per lei e Natsuki.
 
Con una sola occhiata si fece portare una seconda birra. Era entrata nel primo locale che aveva trovato sulla strada senza nemmeno badare al nome. Non ricordava che ci fosse quando ancora era a Tokyo ma era parecchio affollato. Guardò il nuovo boccare che aveva ordinato e vi poggiò la fronte sopra con un sospiro. Nemmeno l’alcool avrebbe lenito la sua sofferenza quella sera. Osservò il liquido ambrato e desiderò morire in quel preciso istante pensando a come potesse sentirsi devastata Shizuru. E ovviamente a come quella Izumi la stesse consolando.
Approfittatrice del cazzo!, urlò la sua mente mentre una lacrima le rigava il viso.
<< Ehi, se ti senti male non vomitarmi sul bancone >>.
<< Non preoccuparti, lo farò sul pavimento >> rispose senza la minima ironia la mora e senza nemmeno guardare la donna che aveva parlato.
Non le interessava di niente e di nessuno; anzi, se qualcuno l’avesse presa a calci, sarebbe stato più che gradito.
<< Guarda che dico sul serio. Se hai litigato col tuo fidanzato e vuoi affogare i tuoi dispiaceri nella birra, fa pure; basta che mantieni pulito >>.
Natsuki afferrò dalla tasca dei jeans delle banconote con l’intento di pagare e andare via magari dicendo anche una parolaccia ma nel guardare negli occhi la persona che aveva parlato si fermò. Ingoiò un groppo di saliva pensando che non poteva essere veramente lei.
<< Nao? >> disse infine.
<< Oh mio Dio, Kuga! >> esclamò l’altra portandosi una mano sulla fronte << Che c’è, la pervertita ha chiuso le gambe per te? >>.
<< Che cosa…come puoi… >> mormorò la mora non riuscendo a capacitarsi che fosse davvero lei.
<< Sempre la stessa, eh? >> continuò Nao ridendo mentre asciugava dei bicchieri.
<< Lavori qui? >>.
<< No, questo posto è mio >>.
Natsuki rimase alquanto perplessa e si guardò intorno.
<< Stupita? Avanti chiudi la bocca >> continuò la trentenne divertendosi << Cosa ti porta di nuovo a Tokyo? Hai cercato di riconquistare la pervertita? >>.
Di nuovo a Tokyo?, si chise la trentunenne, Quindi anche lei sapeva…
<< Come fai a sapere che me ne sono andata? >>.
<< Oh, vedere la pervertita con una che non fossi tu mi è bastato. Dimmi, paura di fare la mamma? >>.
Sapeva anche di Saori?
<< Sono affari miei >> tagliò corto la mora.
La rossa rise alzando le mani in segno di resa.
<< Fai ancora la fotografa? >> domandò poi dopo aver servito un paio di persone.
<< Perché mi hai questa domanda? >>.
Nao mosse la mano come se volesse includere tutto il locale.
<< Ho bisogno di un po’ di pubblicità e ho pensato che un buon fotografo sarebbe quello che ci vuole >> rispose sporgendosi leggermente.
In quel momento Natsuki notò qualcosa che prima non aveva visto.
<< Ma sei incinta! >> esclamò.
<< Anche tu lo sei stata, non mi sembra una cosa per cui si debba urlare >>.
<< E chi sarebbe il malcapitato? >> rispose finalmente con lo stesso tono la più grande.
La trentenne fece una smorfia.
<< Nessuno >> rispose sbrigativamente << Piuttosto, parliamo d’affari. Ci stai o no? >>.
Natsuki si guardò intorno per l’ennesima volta. Guadagnare qualche soldo non le sarebbe dispiaciuto.
<< Va bene >> disse infine afferrando il boccale di birrae facendo un lungo sorso.
<< Questo è il biglietto del locale >> affermò Nao porgendole il piccolo cartoncino.
<< Night? >> esclamò scandalizzata la mora leggendo << Questo locale è anche un night club? >>.
L’altra si strinse nelle spalle con un leggero sorriso beffardo.
<< Fatti un giro, per questa volta offro io ma non ti ci abituare. È solo perché sei ridotta uno straccio e non mi piace se devi lavorare per me. Esmeralda! >> urlò per richiamare l’attenzione di una ragazza che stava servendo ai tavoli << Portala di là e dì ad Asami che per lei è tutto pagato >>.
La cameriera sorrise con aria complice e si limitò ad annuire mentre faceva segno a Natsuki di seguirla. La mora ubbidì senza aver compreso appieno il senso di quelle parole. Esmeralda la condusse attraverso un corridoio e una porta chiusa per ritrovarsi infine in un’altra sala leggermente più piccola delle altre. L’atmosfera era completamente diversa rispetto a prima. C’erano cinque cubiste che esibivano il loro corpo di fronte ad uno stuolo di uomini con la bava alla bocca mentre infilavano come ipnotizzati banconote nei loro striminziti perizomi. A Natsuki venne il voltastomaco. Era una visione terribile osservare una ragazza di forse vent’anni strusciarsi in modo sensuale contro il corpo di una persona di forse cinquanta, calvo e grasso. Arricciò il naso mentre lei e la ragazza superavano quella stanza. Si ritrovò in un altro corridoio disseminato di porte. Esmeralda bussò con sicurezza ad una di queste ed entrò chiedendole con un sorriso di aspettare fuori e pochi secondi dopo la spinse all’interno.
<< Ehi, ma cosa… >> provò a dire la mora continuando a non comprendere.
Si ritrovò in una camera poco illuminata con un grade letto a baldacchino al centro e un paio di comodini ai lati.
<< Ciao bambolina >>.
Si voltò quasi di scatto in direzione della voce e rimase senza fiato. Una ragazza di neanche venticinque anni, vestita solo con un misero completino intimo, era davanti a lei. Aveva lunghi capelli castani che le incorniciavano il volto, un sorriso dolce e sensuale e un corpo perfetto. Inghiottì un groppo di saliva mentre finalmente comprendeva ciò che aveva detto Nao e le venne quasi da sorridere. Credeva che avrebbe accettato del sesso a pagamento? Mai.
<< Ascolta, Asami giusto? Non è come pensi, Nao ha fatto un grosso errore se crede che io… >>.
Asami venne avanti come un gatto che si avvicina alla preda.
<< Pensare? >> ripeté divertita spingendola verso il letto << Io non penso proprio niente, bambolina >>.
Bambolina? Ma come poteva chiamarla in quel modo?
Le salì a cavancioni e le prese entrambe le mani poggiandole sul suo fondo schiena chinandosi verso il suo viso. Natsuki respirò il suo profumo gradevole e un brivido la scosse. Da quanto tempo non si lasciava andare? Da quanto tempo non veniva toccata getilmente? Asami la baciò con trasporto mentre muoveva lentamente il bacino.
<< Come ti piace farlo? >> le sussurrò subito dopo nell’orecchio prima di leccarglielo e farla stendere.
La mora non riusciva a staccare le mani da quel corpo così caldo e morbido. Asami la baciò di nuovo.
<< Posso…posso chiamarti Shizuru? >> chiese diventando rossa.
La ragazza le sorrise.
<< Puoi chiamarmi come vuoi, bambolina >>.
Natsuki chiuse gli occhi desiderano lasciarsi andare, desiderando trovare un attimo di pace e felicità. Uno solo, non chiedeva molto. Un solo istante in cui poteva illudersi che stesse andando tutto bene. Sentì Asami iniziare a sbottonarle la camicia.
Shizuru, pensò.
Una lacrima le rigò il volto seguita da una seconda e una terza. Non riusciva a fermarsi.
<< Non ti farò male, se è questo che temi >>.
A quelle parole, Natsuki aprì gli occhi rendendosi conto di quello che stava per fare. No, non poteva! Lei non era Shizuru, nessuna sarebbe mai stata Shizuru. Desiderava la trentatreenne, non una che faceva finta di esserlo. Solo Shizuru.
<< Non…non posso… >> mormorò allontanandola da sé << Non posso farlo >>.
Si rialzò mentre si chiudeva i bottoni.
Che diavolo mi stava prendendo?, si rimproverò tornando a guardare la ragazza rimasta seduta sul letto.
<< Devo andare >> si limitò a dire.
 
 
 

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Capitolo 16
*** E' finita, Natsuki ***


Faceva freddo per strada ma non se curò molto. Alzò il colletto del giubbotto di pelle che aveva e proseguì a camminare a piedi. Aveva lasciato la sua moto sotto casa di Mai e a lungo aveva fissato le finestre buie che erano quelle dell’appartamento dell’amica. Il pensiero di essere riuscita a far soffrire tutti in un unico battito di ciglia, la faceva sentire una nullità. Sarebbe dovuta rimanere a Kyoto, non sarebbe mai dovuta partire, non avrebbe mai dovuto pensare a Saori e Shizuru. Ma in quel modo avrebbe tolto la possibilità a suo figlio di salvarsi, di condurre una vita come tutti i bambini della sua età, di conoscere sua sorella. E alla piccola non avrebbe tolto forse un fratello, la possibilità nel futuro di avere qualcuno cui aggrapparsi, con cui condividere gioie e dolori? Oppure lo aveva fatto per se stessa, per appagare quella curiosità che ormai la stava divorando da anni? Sarebbe potuta morire felice ora che l’aveva rivista. Ma Shinobu aveva ancora bisogno di lei. Alzò gli occhi verso il cielo rendendosi conto che stesse sorgendo l’alba. Infilò le mani nelle tasche ritrovando leggermente accartocciato il biglietto di Nao. Quella era l’unica cosa che non vedeva davvero l’ora di raccontare a Mai. Guardò dritto avanti a sé la villa che un tempo aveva diviso con Shizuru e si voltò per tornare indietro. Shizuru non l’avrebbe mai perdonata.
 
Mai aveva dormito malissimo quella notte con entrambi i bambini nel lettone ma non solo per quello. Il non sapere dove fosse l’amica la rendeva agitata. Aveva provato a chiamarla diverse volte ma il cellulare era sempre risultato spento. Quando vide i primi raggi solari allungarsi attraverso le fessure della persiana si alzò per iniziare a preparare la colazione. Trovò suo marito già in piedi, seduto intorno al tavolo vuoto che non una mano giocherellava col tappo della bottiglia di plastica mentre fissa il vuoto avanti a sé.
<< Da quanto tempo sei sveglio? >>.
<< Abbanstanza da sapere che la tua amica non ha mai cercato suo figlio >>.
<< Tate per favore. Piantala >> rispose la moglie << Era sconvolta ieri sera, non sarebbe potuto succedere di peggio >>.
<< Perché, contava di tenere nascosta l’esistenza di Shinobu per sempre? E’ il fratello di Saori! Shizuru si è occupata della bambina per tutto questo tempo e lei, nel frattempo, si dava alla pazza gioia! >>.
Mai lo osservò carica d’odio per quello che aveva appena detto e a stento si controllò dal rivelargli la veirtà. Poi suonarono al citofono e lei andò a controllare chi fosse. Era domenica e i bambini stano ancora dormendo. Solo una persona poteva arrivare quando voleva e lei l’avrebbe accolta con lo stesso sorriso di sempre. Lasciò socchiusa la porta e ritornò in cucina. Dopo pochi minuti la porta si chiuse e la voce di Natsuki chiese il permesso di entrare.
<< Mamma! >> esclamò Shinobu apparendo dalla camera da letto e correndole incontro.
<< Ciao Shin-chan! >> rispose la madre abbracciandolo e sollevandolo da terra.
Il piccolo indossava solo una maglietta di Tate che gli stava enorme e i suoi slip.
<< Hai finito di lavorare? >>.
<< Sì, tra poco andiamo. Hai fatto il bravo? >>.
Shinobu annuì con convinzione mentre la donna si dirigeva in cucina. Si accorse subito che l’aria era tesa e carica di parole nn dette. Tate guardava dritto avanti a sé facendo finta di ascoltare il telegiornale della mattina mentre la sua amica finiva di preparare la colazione.
<< Buongiorno Mai-san e Tate-san >> disse il bambino.
<< Ciao piccolo >> disse l’uomo scostando una sedia affinché potesse sedersi.
Natsuki mise suo figlio a terra e andò ad abbracciare Mai.
<< Mi dispiace tanto >> le sussurrò riferendosi a ciò che stava passando col marito.
<< Passerà tutto, Natsuki >> le rispose rassicurante l’altra << La colazione è pronta >>.
Mise ciò che aveva preparato sul tavolo e andò a svegliare Miyuki.
<< Se hai dei problemi, dovresti prendertela con me e non con tua moglie >>.
Tate la guardò per un attimo prima di volgere gli occhi al bambino che stava mangiando e la ignorò.
<< Guarda che sto parlando con te! >> sbottò la donna spingendolo per una spalla.
Se c’era una cosa che aveva sempre odiato, era essere ignorata.
<< Non permetterti di dirmi cosa devo o non devo fare! >> tuonò l’uomo alzandosi in piedi e facendo in questo modo rovesciare la sedia << Questa è casa mia, non darmi ordini! >>.
Shinobu si era immobilizzato con la forchetta a mezz’aria e gli occhi gli si stavano riempiedo di lacrime per lo spavento. Natsuki strinse i denti e dovette reprimere una parolaccia. Si voltò verso il figlio.
<< Andiamo, Shin-chan. Oggi Tate-san è un po’ nervoso. Non ti spaventare >> gli accarezzò i capelli << Vai a metterti le scarpe >>.
Mai suo figlio fu così ubbidiente. Scese dalla sedia e corse via dalla stanza.
<< Non permetterti più di avere simili reazioni davanti al bambino >> affermò Natsuki a denti stretti << C’è anche tua figlia di là, che esempio le dai se urli come un dannato? >>.
<< Non sono affari tuoi come cresco mia figlia. Pensa piuttosto all’esempio che stai dando al tuo! Scappa, questo sai fare bene! E quando sarai stanca di farlo, dimmi Natsuki, chi ci sarà ancora al tuo fianco? >>.
<< Cosa hai da urlare in questo modo, Tate? Ti avrà sentito tutto il palazzo! >> disse Mai entrando in cucina.
<< Lascia stare Mai >> rispose l’altra donna << Non urlerà più adesso. Stiamo andando via >>.
<< Cosa? Aspetta un attimo Natsuki! >>.
<< Mamma, io ho fatto >> fece Shinobu sulla soglia della porta.
Natsuki si voltò per guardarlo e in quei grandi occhi azzurri vide per la prima volta tanta solitudine.
<< Bravissimo, saluta tutti >>.
 
Stava suonando incessantemente al citofono del cancello ben cosciente che Shizuru fosse in casa. E non solo lei. Attraverso le sbarre, si vedeva chiaramente un’altra macchina e non era difficile immaginare a chi appartenesse.
<< Shizuru, apri >> disse suonando per l’ennesima volta.
<< Forse non c’è nessuno, mamma >>.
<< E’ una cosa importante, Shin-chan. Stai vicino a me >> rispose rivolta al figlio << Avanti Shizuru so che sei in casa! >>.
Non le interessava che fosse in compagnia della segretaria, voleva parlare con lei e voleva farlo ora. Per un attimo si chiese dove fosse Saori, prima di riprendere a citofonare.
Da lontano notò la porta di casa aprirsi e avrebbe preferito prendere a pugni il muro piuttosto che vedere avvicinarsi quella spocchiosa di una ragazzina. Indossava solo una vestaglia, non aveva voluto cambiarsi appositamente come se volesse marcare ulteriormente il territorio.
<< Devo parlare con Shizuru, aprimi >>.
Izumi inclinò leggermente la testa prima di rispondere. Shizuru era sotto la doccia dopo la loro piccola attività sportiva e, nel vedere che la sua ex attaccata al cancello della villa, non aveva resistito alla voglia di prendersi una piccola rivincita nei suoi confronti.
<< Shizuru-san non vuole parlarti, cara Natsuki >>.
<< Balle >> fece l’altra << Vai immediatamente dentro e dille che sono qui. Non me ne andrò finchè non l’avrò vista >>.
Izumi poggiò entrambe le mani sulle sbarre di ferro che la dividevano dall’altra donna.
<< Cosa c’è, Natsuki >> iniziò con un sorriso beffardo sulle labbra << Avverto una nota di disperazione nella voce o sbaglio? È forse la consapevolezza di averla persa per sempre? Perché lei, stupida fedifraga, non ti perdonerà mai, sai? E’ mia >>.
A quelle parole Natsuki tirò dietro di sé il bambino e afferrò le aste con così tanta forza da farsi venire le nocche bianche.
<< Sei solo lo stupido passatempo di Shizuru, cosa credi? >> le rispose schiumando di rabbia << Credi che ti ami? Davvero? Una persona come te? O che voglia averti accanto a Saori? Tu non hai idea di cosa sia l’amore >>.
Izumi questa volta scoppiò a ridere.
<< Lo stai dicendo davvero, Natsuki? Amore? Tu sai cosa significhi questa parola? >> abbassò leggermente il tono della voce << Per quanto riguarda tua figlia…chi ti dice ch’io non stia pensando a qualcosa per spedirla lontano e avere Shizuru-san solo per me? >>.
Nel sentirla parlare in quel modo, la più grande perse la ragione. Prima che Izumi potesse sottrarsi, le afferrò una mano stritolandogliela. Lesse il dolore che stava provando nei suoi occhi e ne fu compiaciuta.
<< Stammi bene a sentire, stupida oca >> le disse << Prova a toccare mia figlia e io ti ammazzo, chiaro? Mi hai sentita bene? Toccala con un solo dito e verrò a cercarti per ucciderti >>.
Mollò la presa solo quando sentì alle spalle della venticinquenne avvicinarsi un’altra persona.
<< Izumi per favore rientra in casa >>.
La segretaria si voltò verso di lei arretrando di qualche passo mentre si massaggiava la mano. Annuì ma prima di allontanarsi la baciò ben sapendo che Natsuki le stesse osservando.
<< Ti chiedo scusa per averti fatto aspettare >> riprese la maggiore con garbo << Non era nelle mie intenzioni >>.
La trentunenne rimase sorpresa dal tono calmo e dai modi educati con i quali si stava esprimendo.
<< Devo parlare con te, adesso >>.
Shizuru incrociò le braccia e la fissò in silenzio.
<< Non abbiamo niente da dirci >>.
<< Shizuru smettila! Ti devo parlare! >>.
<< Mi scusi signora >> disse improvvisamente Shonobu apparendo da dietro la gamba della madre << Lei è davvero bella >>.
Per un attimo nessuna delle due parlò di fronte all’ingenuità del bambino; poi Shizuru si abbassò sulle gambe e accarezzò il volto del bambino attraverso le sbarre.
Quanto somigliava a Natsuki!
<< Grazie piccolo, anche tu sei molto carino. Come ti chiami? >>.
<< Shinobu >> rispose il bambino arrossendo per il complimento. Subito dopo la sua attenzione fu attratta da un cane che abbaiava << Mamma, guarda che bello! >> esclamò indicando col piccolo dito Duran che si stava avvicinando.
Anche Natsuki vide Duran e il volto le si illuminò.
<< Ciao Duran! >> disse aspettando che si avvicinasse per poterlo accarezzare.
Shizuru guardò la scena pensando a quel bambino. Non l’avrebbe mai perdonata per quello che avea fatto ma lui era innocente. Aprì il cancello per permettere a entrambi di entrare nella sua proprietà. Natsuki esitò ricordando che erano trascorsi cinque anni dall’ultima volta che aveva varcato quella soglia.
<< Ohhhh >> fece Shinobu guardandosi intorno con gli occhi che brillavano.
La madre non potè dargli torto. Il giardino della villa di Shizuru era curato nei dettagli. C’erano i giochi di Saori, un prato sempre verde e mordido, il vialetto che conduceva all’ingresso della casa, due posti auto che in quel momento erano occupati.
<< Hai fatto migliorare l’impianto di irrigamento >> constatò Natsuki guardandosi intorno.
Il pesco che aveva piantato era sempre lì, più grande e pronto alla fioritura.
Shizuru non poté fare a meno di increspare le labbra in un leggero sorriso. Alcune cose non sarebbero mai sfuggite all’occhio della sua ex compagna che aveva seguito i lavori passo dopo passo mentre portava avanti la gravidanza.
<< Non ho mai visto un giardino così bello >> disse Shinobu << Mamma, possiamo averlo anche noi? >>.
<< Perché non vai a vedere il laghetto con i pesci, Shin-chan? >> gli domandò Shizuru indicandogli il punto.
Il bambino non se lo fece ripetere due volte.
<< Grazie per averci fatto entrare >>.
Le due donne entrarono in casa trovando Izumi sulla soglia del salone.
<< Izumi per cortesia, puoi controllare che il bambino non si faccia male? >> chiese Shizuru senza guardarla.
Natsuki sarebbe volentieri scoppiata a ridere al suono di quella richiesta ma si trattenne dal gongolare troppo. L’espressione della ragazza era già abbastanza appagante.
<< Ma… Shizuru-san… >>.
<< Grazie, è sul retro della villa >> tagliò corto l’altra.
<< Grazie mille, Izumi-san >> disse Natsuki con aria innocente.
Quando Izumi si fu allontanata, Shizuru si concesse di tornare a guardare la sua ex compagna. Aveva le occhiaie, segno che nemmeno lei aveva dormito quella notte, e gli occhi erano velati di tristezza. Si sedette intorno al tavolo del salone e le domandò se desiderasse una tazza di tè mentre ne versava una per sé. Natsuki rimase leggermente sorpresa dalla richiesta ma accettò ricodandosi che non mangiava decentemente dal pranzo del giorno prima. Dopo aver preso il bambino da Mai era tornata in albergo dove si erano cambiati e poi erano usciti. Le parole di Tate bruciavano troppo per fare finta di niente.
<< Saori non è in casa, la madre di una sua amica è passata a prenderla per andare al parco >> disse Shizuru mentre sorseggiava il suo tè << Magari domani puoi andare a prenderla tu >>.
Natsuki sgranò gli occhi a quelle parole. Dopo quello che era accaduto ieri sera, come riusciva a mantenere quella calma e a parlarle così normalmente?
<< Non guardarmi in quel modo >> riprese la maggiore anche se quell’espressione le aveva ricordato i giorni in cui erano una coppia << Dopotutto sei sua madre e sei a Tokyo, è giusto che Saori ti conosca e passi del tempo con te. Almeno finché sarai qui >>.
Disse l’ultima frase col chiaro intento di vedere la sua reazione che non tardò ad arrivare. Natsuki sbiancò per diversi secondi senza aprire bocca e senza sapere cosa rispondere. Non sapeva nemmeno lei cosa ne sarebbe stato della sua vita dopo aver trovato una soluzione al problema di salute di Shinobu, non si era mai chiesta cosa ci sarebbe stato dopo. Dove sarebbe andata? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe rimasta?
<< Io…non ho fatto programi… >> riuscì solo a farfugliare e quelle parole la fecero sentire una vera stupida.
Shizuru posò la tazza sul tavolo con un po’ troppa forza. Si stava imponendo tutta la calma che possedeva, ma non era facile rimanere impassibile dopo quello che aveva scoperto ieri sera. Un altro figlio, questo significava un’altra famiglia. Un'altra donna o, non sapeva se fosse peggio, un uomo. Chissà se aveva mai parlato di lei a questa fantomatica entità, cosa aveva raccontato di lei o della bambina…
Dovette fermare i suoi pensieri, altrimenti tutta la compostezza sarebbe andata a farsi benedire.
<< Possiamo stabilire dei turni >> disse alzandosi in piedi e avvicinandosi all’ampia vetrata dalla quale poteva vedere il bambino della sua ex. I capelli erano neri come i suoi, ma gli occhi era di un azzurro incredibile << Così non incomberemo in spiacevoli disguidi >>.
<< Perché mi stai proponendo questo…accordo? >>.
Shizuru si voltò e le sorrise appena. Dietro quella maschera di rilassatezza si celava in realtà un groviglio di sentimenti e emozioni che stava tenendo a bada.
<< Non lo sto facendo per te, Natsuki, o per me. Tra noi ormai non… >> esitò ma doveva dirlo ad alta voce << …non c’è più nulla. Ma abbiamo Saori ed è una bambina straordinaria. Conoscila e permettile di conoscerti anche se non saprà mai che le hai dato la vita. Di questo, però, ti sarò sempre grata. E permettile di conoscere…suo fratello >>.
 
 

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Capitolo 17
*** Reito alla riscossa ***


Aveva avuto una lunga riunione con il personale dell’ospedale più prestigioso, il quale non si era scomposto minimamente quando aveva fatto notare loro che fosse domenica. Così, volente o nolente, si era dovuto alzare presto e lasciare suo figlio al servizio baby-sitter che metteva a disposizione l’albergo nel quale alloggiava. Lo avevano riempito di domande ed era arrivato a bere due bottigliette d’acqua nell’arco di qualche ora pre quanto aveva parlato. Non poteva, però, dar loro torto. Le tecniche innovative e le protesi che aveva messo a punto per gli invalidi erano più che all’avanguardia. E, cosa più spettacolare, funzionavano perfettamente. Il rigetto di una delle sue protesi era tendente a zero, da quando aveva iniziato a trapiantarle aveva assisitito solo a un unico caso di rigetto. Mentre torava da suo figlio, il suo cellulare squillò. Prima di rispondere, si fermò a pensare al piacevole incontro che aveva fatto al ristorante di Mai e, purtroppo, suo marito Tate. La ragazza, fin dall’adolescenza, era sempre stata il suo sogno proibito, l’unica che l’aveva respinto quando tutte cadevano ai suoi piedi. Per scegliere chi poi? Una mezza cartuccia come Tate Yunichi. Il ricordo di quella sconfitta amorosa ancora adesso, a distanza di parecchi anni, gli bruciava addosso come una cicatrice.
<< Ciao Shiori >> fece attivando la conversazione.
Dall’altra parte del telefono, sua moglie era appena uscita dalla doccia e desiderava parlare col figlio.
<< Reito >> salutò << Com’è andata la riunione? >>.
<< Bene, mi sono sembrati interessati all’affare che ho proposto >>.
<< Ottimo, ne sono felice >> fece Shiori che era la figlia del proprietario della multinazionale che realizzava le protesi ideate dal marito << Hideki? Gradirei parlargli >>.
<< Ma certo, te lo passo subito >> rispose Reito chiamando il figlio << Buona giornata, Shiori. Ci vediamo al mio rientro >>.
<< Mamma! >> esclamò il bambino appena l’uomo gli ebbe passato l’apparecchio.
<< Ciao Hide-chan, come stai? Ti piace Tokyo? >>.
<< Papà mi ha portato a vedere tantissime cose! E c’è una ruota panoramica gigantesca! Dovevi venire anche tu, mamma! >>.
Reito ascoltò appena la telefonata che stava intercorrendo tra Shiori e il figlio. Aveva conosciuto sua moglie quando frequentava l’univeristà di medicina attraverso amici in comune e subito c’era stata una certa intesa tra loro. Shiori, come lui, proveniva da una buona e agiata famiglia, che le permetteva di condurre una vita facoltosa nonostante fosse ancora una studentessa. Entrambi avevano ricevuto lo stesso tipo di educazione che li portava a esternare poco i loro sentimenti e a poter essere considerati da occhi esterni freddi e scostanti ma a loro stava bene così. Reito aveva visto in Shiori e nella sua famiglia la possibilità di veder realizzate senza alcuno sforzo le sue protesi e la donna aveva visto nel futuro marito la possibilità di un forte guadagno. Si erano, per così dire, trovati sulla stessa lunghezza d’onda e si erano sposati all’età di ventisei anni. Hideki era nato esattamente un anno dopo. Il rapporto che aveva con sua moglie era pacato, gentile, mai una volta avevano avuto una discussione, mai si erano ritrovati ad alzare la voce per far valere le proprie ragioni. Il loro era sicuramente amore, ma un tipo di amore che permetteva ogni tanto delle scappatelle all’uomo senza che la moglie si preoccupasse. Un tipo di vita che mai avrebbe condotto se fosse vissuto accanto a Mai. Shiori era una donna bellissima, oggettivamente più bella di Mai, ma la ragazza che aveva frequentato al liceo anni prima lo aveva sempre lasciato con un interrogativo su cosa sarebbe potuto andare tra loro. Averla rivista, dopo tanto tempo, gli aveva fatto provare delle piacevoli sensazioni che credeva aver ormai sopito.
<< Hide-chan, ti va uscire? Dopo andiamo a cena in quel ristorante che ti è piaciuto tanto >>.
<< Sì! >>.
 
Quella sera c’erano pochissime persone al ristorante di Mai che, con sollievo, decise di mandare Tate a casa dopo aver preso la bambina dai nonni. Da quando c’era stata quella lite mattutina, suo marito non aveva proferito parola se non verso la figlia o i clienti del pranzo. Akira e Takumi avevano compreso al volo che la coppia aveva litigato e nessuno dei due aveva chiesto spiegazioni. La donna sapeva che suo marito lo avrebbe fatto solo lontano da orecchie indiscrete. Per questo si era allontanata dalla cucina con la scusa di controllare i clienti. Quasi le era mancato il fiato nel vedere entrare nel ristorante Natsuki col bambino. Takumi le aveva detto che la mora aveva avuto un altro bambino ma non immaginava che la somiglianza fosse tale. Lei era l’unica che non aveva mai visto molta similitudine tra Saori e la madre mentre adesso col figlio le pareva palese. Impossibile sbagliarsi. Le due donne si erano guardate prima di scoppiare in esclamazioni di sorpresa.
<< Akira, ti trovo benissimo. Il matrimonio ti ha fatto bene >>.
<< Anche tu, Natsuki >>.
<< Mai-san! >> urlò Shinobu correndo verso la cucina << Mai-san, siamo arrivati! >>.
<< Sono contenta di averti vista >> continuò la più grande dopo aver sorriso di fronte alle urla di gioia del figlio.
In quel momento arrivò Mai mentre si asciugava le mani al grembiule che indossava. Corse verso Natsuki e la abbracciò.
<< Non sparire più in quel modo >> le sussurrò.
<< Sono andata da Shizuru stamattina >> le confidò l’amica.
<< Siediti, vi preparo qualcosa e poi mi racconterai tutto >>.
L’altra donna annuì e si sedette col figlio in un tavolo appartato della sala attendola. Aveva immediatamente notato l’assenza di Tate e si dispiacque per i problemi che stava causando a Mai. Da quando era tornata, il suo matrimonio sta lentamente subendo un colpo dietro l’altro.
<< Non ho tanta fame, mamma >> disse Shinobu iniziando a giocherellare col tovagliolo << Mi fa male la testa >>.
La madre gli accarezzò il viso con fare apprensivo.
<< Devi mangiare qualcosa, Shin-chan >> rispose << Poi andremo dritti a letto >>.
Il bambino annuì senza dire altro.
Aspettarono pochi minuti prima che Mai portasse loro due razioni abbondanti di ramen. Dato che non c’erano altri clienti in quel momento, la donna le approfittò per sedersi insieme all’amica.
<< Raccontami tutto >> disse << Come ti senti? >>.
<< Sentivo di possedere abbastanza coraggio per affrontarla >> rispose Natsuki girando le bacchette nella ciotola << Sentivo di poterle dire tutto ma quando l’ho vista, quando ho sentito tutta la calma che trasudava, non ce l’ho fatta. Ha parlato solo lei >>.
<< Avresti dovuto prenderti maggior tempo per riflettere dopo quello che è accaduto ieri >> fece Mai << Lo so che Tate ti ha ferita ma…non avresti dovuto andare via stamattina >>.
<< Tate mi odia e forse fa bene >>.
Mai le prese una mano e gliela strinse.
<< Io no. Sei la mia migliore amica e ti starei accanto sempre >>.
<< Lo so, non ho mai smesso di pensarvi in questi anni. Sai chi ho incontrato ieri notte? >> disse cambiando argomento << Nao! >>.
<< Nao? >> ripeté Mai.
<< Proprio lei! Ha aperto un night club qui a Tokyo >> affermò la mora mostrandole il bigliettino spiegazzato.
<< Non mi dire! >>.
Si ritrovarono a ridere nonostante la situazione di fronte a quelle chiacchiere innocenti. Per qualche minuto, tutti i loro problemi furono messi da parte e loro si ritrovarono a essere le solite amiche che erano un tempo. Poi il campanello situato sulla porta suonò, segnò che qualcuno era appena entrato. Mai e Natsuki voltarono la testa nella stessa direzione. Reito e suo figlio Hideki erano sulla soglia aspettando che qualcuno li accogliesse.
<< Reito? >> esclamò Natsuki col suo solito poco garbo << Che diavolo ci fa… >>.
<< Buonasera Mai-san >> salutò con cordialità l’uomo << Oh, ci sei anche tu Natsuki-san. Che piacevole sorpresa >>.
Mai era scattata in piedi come era solita fare quando arrivava un cliente ma nei suoi occhi si leggeva un leggero imbarazzo. A Natsuki non sfuggì, a distanza di anni Reito esercitava lo stesso fascino sull’amica di un tempo.
<< Tate-san è di là? >> chiese Reito dopo essersi seduto ad un tavolo libero con aria fintamente innocente.
<< No, lui è a casa con la bambina >>.
<< Che peccato, avrei voluto salutarlo >>.
Come no, pensò Natsuki che dal suo tavolo poteva ascoltarlo e vederlo senza problemi.
Mai prese le ordinazioni di Reito e suo figlio prima di andare in cucina. Sola con Shinobu, la mora finì di mangiare e implorò il bambino di fare lo stesso. Shinobu aveva mangiato molto poco e, nonostante non si lamentasse, si vedeva che non stava bene. Natsuki si alzò in piedi per andare a pagare e in quel momento l’amica rientrò in sala. Servì il loro ex compagno di liceo e fece per allontanarsi, ma la mano di Reito la trattenne.
<< Mai-san, posso chiederti un favore? >>.
La donna annuì pensando che si trattasse di un nuovo ordine.
<< Prenderesti un caffè con un me uno di questi giorni? >>.
La domanda fece avvampare Mai che indietreggiò di un passo a disagio.
<< Veramente lavoro tutto il giorno…e poi c’è Miyuki… >>.
<< Sono convinto che questo ristorante avrà un giorno di chiusura >>.
<< Sì, il giovedì… >>.
<> affermò l’uomo con un sorriso << Prenderesti un caffè con me giovedì? Puoi dire a Tate-san che non c’è nulla di cui preoccuparsi. Voglio solo ricordare i vecchi tempi >>.
La trentunenne esitò un solo istante prima di accettare.
<< Ne sono lieto >> disse Reito iniziando a mangiare.
Mai si recò in cucina seguita da una Natsuki poco calma. Se la sua vita stava andando in malora, non significava che lo stesso doveva accadere all’amica.
<< Come ti è venuto in mente di dire di sì? >> esordì non appena le porte si chiusero alle loro spalle.
<< Natsuki, è solo un caffè. Hai sentito anche tu >>.
<< Di cosa parlate? >> s’inserì Takumi dopo aver salutato Natsuki e il bambino.
<< Reito Kanzaki le ha chiesto un appuntamento >> fece la mora.
<< Cosa? >> esclamò sconvolto il fratello << E tu? >>.
<< Lei ha accettato >> rispose Natsuki come se Mai fosse diventata improvvisamente trasparente << Cosa ti è saltato in mente? >> aggiunse rivolgendosi alla diretta interessata.
<< E’ solo un caffè, calmatevi >> rispose l’altra.
<< No che non è solo un caffè >>.
Takumi annuì enfatizzando le parole della donna.
Mai sospirò stancamente. Aveva accettato per poter godere anche solo per poche ore di quella tranquillità che ormai a casa sua era veuta a mancare. Era così sbagliato volersi distrarre con un vecchio amico?
<< Non succederà niente, io sono sposata. E Reito anche >>.
Natsuki inarcò un sopracciglio.
<< Te l’ha detto lui? >>.
Mai stava per ribattere ma l’attenzione di tutti fu rivolta a Shinobu che era scoppiato a piangere senza un apparente motivo. La madre prontamente lo prese in braccio cullandolo ma il bambino non smetteva. Alla fine e col cuore pieno d’ansia, salutò tutti per tornare in albergo.
 
Aveva appena messo Shinobu a letto quando chiamò Shinichi per sapere come comportarsi. Quando aveva fatto dimettere il bambino dall’ospedale, il medico le aveva assicurato che i farmaci che stava prendendo sarebbero serviti a tenere momentaneamente a bada la malattia. A quanto pareva, però, non stava funzionando. Suo figlio si era calmato ma il dolore alla testa doveva essere stato lancinante vista la sua reazione e lei si era sentita totalmente impotente. Lei, che lo aveva partorito e visto crescere giorno dopo giorno, non riusciva a vederlo soffrire così tanto.
<< Shinichi! >> esclamò non appena sentì l’altro attivare la conversazione << Shinobu è stato malissimo stasera! Ha vomitato e piangeva…e diceva gli faceva male la testa! >>.
Si era aspettata qualunque frase dal medico tranne quella che gli disse.
<< Stai peggiorando, Natsuki. I farmaci stanno iniziando a non fare più effetto >>.
La sua calma, l’aveva gelata.
<< Prescrivimene altri, aiutalo! >>.
<< Ho fatto quello che potevo, non sono Dio! Non posso guarirlo semplicemente toccandolo, non hai idea di quanto lo vorrei! >>.
<< Tu mi hai detto che avrei avuto un po’ di tempo per poterlo portare a Tokyo! Dov’è questo tempo? >>.
<< L’hai avuto! Quanto tempo è che sei lì? Quanti giorni in cui non hai fatto niente per lui? >> disse Shinichi che era stato preso dall’ansia per la situazione di Shinobu.
<< Non permetterti d’insinuare ch’io non abbia fatto niente! L’ho portato a Tokyo contro il parere di tutti perché qui ha l’unica possibilità di guarire >>.
Natsuki stava per piangere per la rabbia che la frase del medico le aveva provocato. Odiava sentirsi in quel modo.
<< E io ti ho appoggiata. Sono stato l’unico a farlo. Ma tuo figlio non ha dei banali mal di testa! Shinobu ha la… >>.
<< So perfettamente cos’ha mio figlio! >> urlò Natsuki sperando che il bambino non si svegliasse sentendola urlare dall’altra stanza << Ho bisogno di…mi serve qualche altro giorno >>.
<< Non ne hai! Non c’è più tempo. Posso prescrivergli dei farmaci per alleviare il dolore quando tornerà a farsi sentire ma devi riportarlo qui. Portalo a Kyoto, io mi occuperò di lui >>.
<< Non lo riporterò a Kyoto per vederlo morire! >>.
Con quell’ultima frase, Natsuki chiuse la conversazione.
 
La telefonata di Shizuru il giorno seguente la sbalordì non poco. Le chiedeva se volesse prendere Saori a scuola poiché aveva una riunione dell’ultimo minuto. Natsuki, anche se non disse esplicitamente, intuì che l’altra donna preferisse lei alla segretaria. Il che non era poi così sbagliato. Per questo, dover rifiutare perché Shinobu non stava ancora bene, le aveva provocato un senso di nausea che stentava a svanire. Le parole di Shinichi della sera precedente le bruciavano ancora nelle orecchie nonostante continuasse a ripetersi che non erano vere. Non era stata con le mani in mano, stava agendo e non era facile. Era sparita per cinque anni e ora sta rientrando nelle vite di coloro che aveva amato. Non aveva mai pensato di entrarci di prepotenza e quindi aveva bisogno di tempo. Tempo che, a quanto pareva, Shinobu non aveva.
<< Mi dispiace Shizuru >> disse guardando fuori dalla finestra della sua camera d’albergo.
<< Spero che non sia nulla di grave >>.
Come vorrei che avessi ragione, pensò la mora.
<< No, Shinobu non sta bene e non posso allontanarmi >> rispose invece.
<< Ti serve qualcosa? >> chiese premurosamente Shizuru la cui priorità era sempre stata l’altra donna.
Natsuki sorrise appena mentre scostava dal viso una ciocca di capelli ribelli.
<< Grazie Shizuru ma stiamo bene, davvero >>.
Le sue parole suonarono false perfino alle sue orecchie. Si salutarono con brevi frasi di circostanza e Natsuki riagganciò. Posò il cellulare sul comodino e si distese sul letto dove Shinobu stava ancora dormendo. Lo abbracciò trovandolo più pallido del solito e pensò ai nuovi farmaci che avrebbe dovuto comprare per il bambino. Shinichi le aveva fornito una breve lista di cosa acquistare e lei aveva delegato un ragazzo che lavorava in albergo di svolgerle quella piccola mansione. Tutte quelle spese stavano prosciugando il suo conto in banca e tra poco non avrebbe avuto più niente da cui attingere. Quella costatazione le fece provare una sgradevole sensazione all’altezza dello stomaco che, però, non provò a scacciare. Prese il bigliettino di Nao e lo fissò a lungo. Doveva ricominciare a lavorare seriamente e non come aveva fatto a Kyoto. Se le fosse capitato qualcosa, suo figlio non avrebbe avuto niente con cui vivere. Quel pensiero le fece accapponare la pelle e per questo si mise il biglietto in tasca dove era sicura di non perderlo. Qualunque cosa in quel momento doveva aspettare che Sinobu migliorasse.
Anche Mai le aveva telefonato quella mattina per conoscere le condizioni del bambino e anche a lei aveva dovuto mentire spudoratamente. Le dispiaceva, ma ancora non poteva essere totalmente sincera.
Ho bisogno di più tempo, ti prego, si ritrovò a pregare in silenzio, Per favore, per favore, per favore.
 
Shinobu pareva dormire più tranquillamente dopo aver preso la giusta quantità delle medicine prescritte da Shinichi e anche Natsuki era riuscita a riposare qualche ora accanto al bambino. Quando bussarono alla porta, si alzò non sapendo chi fosse e pensò che avrebbe dovuto lasciare sulla maniglia il cartellino “Non disturbare”. Aprì la porta pensando che fosse la signora delle pulizie e stava per mandarla via, quando di bloccò. Sulla soglia era apparsa Shizuru.
<< Shizuru! >> esclamò Natsuki sorpresa << Cosa ci fai qui? >>.
<< Sono passata per sapere come stesse Shin-chan >> rispose la sua ex compagna << E ti ho portato qualcosa da mangiare >> aggiunse sollevando una busta di carta.
Natsuki la guardò senza riuscire a comprendere come facesse la più grande a comportarsi in quel modo. Era tornata dopo cinque anni senza darle una spiegazione, le aveva tenuto nascosta l’esistenza di un altro bambino, si comportava come una sciocca, eppure lei era lì che le porgeva il pranzo.
<< Ho pensato che non potessi allontanarti e allora sono venuta io >> continuò porgendole la busta.
Sei davvero eccezionale, Shizuru, pensò Natsuki afferrandola.
<< Grazie >> rispose la più giovane delle due << Chi ti ha detto…? E poi non avevi una riunione? >>.
<< Mai, ho parlato con lei prima di riuscire a liberarmi così da andare a prendere anche Saori a scuola più tardi >>.
<< Allora…beh, pranziamo insieme? >> chiese Natsuki che in qualche modo voleva sdebitarsi per le attenzioni dell’altra. Aprì la busta per vedere cosa contenesse << Shinobu dorme ora >>.
Per una frazione di secondo Shizuru pensò di rifiutare e andare via, dopotutto il suo obiettivo era stato semplicemente portare il pranzo all’ex compagna come gesto di pace, ma qualcosa la spinse a trattenersi. Era il fascino inconsapevole che esercitava Natsuki su di lei. Sorrise e accettò.
La trentunenne tirò fuori la mano dalla tasca per prendere un paio di tramezzini e porgerne uno all’altra, ma, nel farlo, fece cadere a terra il bigliettino del night di Nao. Shizuru lo raccolse leggendolo e scoppiò a ridere.
<< Nao Yuuki ha un night club? >> domandò divertita.
<< Già >> rispose Natsuki << Mi ha chiesto di lavorare per lei >>.
La più grande la guardò con aria sorpresa.
<< Oddio, non in quel senso! >> esclamò diventando rossa << Shizuru, come fotografa! Vuole ch’io le faccia una buona pubblicità >>.
<< Hai sempre avuto l’abilità di essere fraintesa >> fece Shizuru mentre ognu muscolo che prima si era contratto ora tornava a rilassarsi.
<< Non è assolutamente vero! Sei tu che hai la pessima abitudine di vedere qualcosa anche lì dove non c’è! Lavorare in night club, ma dai! Mi ci vedi? >>.
E Shizuru si ritrovò a ridere pensando che davvero non sarebbe potuto essere un lavoro per lei che era così timida da arrossire per ogni minimo complimento.
<< Dovresti farlo >> disse poi << Sei una brava fotografa e hai tutta la tua attrezzatura. Perché no? >>.
Vide Natsuki farsi seria e voltarsi verso la porta chiusa della sua stanza.
<< Posso badare io a Shinobu >> affermò la maggiore ancor prima di aver dato un senso a quella frase << Se sta bene e per te non ci sono problemi >>.
<< Shizuru, non posso chiederti una cosa del genere >>.
<< Non me lo stai chiedendo >> precisò la trentatreenne << Mi sto offrendo io. Può venire con me a prendere Saori e poi li porto entrambi a casa. Quando hai finito, passa da me >>.
Natsuki non seppe cosa dire. Shizuru era sempre così perfetta, così gentile, così organizzata. Tutto il contrario di lei e della vita che aveva condotto quando se n’era andata. La stessa che aveva fatto condurre a suo figlio.
<< Vai >> le disse semplicemente.
 
 
 
 

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Capitolo 18
*** Vicine e lontane ***


Yukino teneva per mano Will e con gli occhi cercava una persona in particolare.
<< E così la tua amica lavora qui? >>.
La ragazza annuì.
<< E’ la direttrice >>.
Will emise un lungo fischio.
<< Caspita, complimenti. Vorrei che anche nostro figlio frequentasse un istituto privato >>.
La sua fidanzata gli sorrise pensando a quanto fosse proiettato avanti nel tempo.
<< Eccola! >> esclamò subito dopo indicando la figura di Haruka.
Lasciò la mano dell’uomo e si diresse verso di lei. Will le andò dietro contento di vederla così raggiante. La mattina avevano portato i suoi fratelli in stazione e si erano raccomandati di andare da loro col bimbo prima di tornare a New York. Una promessa che entrambi erano intenzionati a mantenere.
<< Haruka! >>.
La direttrice si voltò in direzione e guardò la coppia avvicinarsi. Ci mise poco a comprendere chi fosse l’uomo accanto a Yukino e si sforzò di sorridere.
<< Ciao Yukino >> disse aspettandoli.
<< Sono contenta di rivederti >> disse l’amica << Ti presento William, il mio compagno >>.
L’uomo tese una mano in segno di saluto.
<< E’ un piacere conoscerti, finalmente. Yukino mi ha raccontato cose fantastiche su di te >>.
<< Piacere mio >> rispose Haruka << Davvero? Beh, sono tutte vere >>.
Risero tutti e tre mentre Will si proponeva di offrire il pranzo.
 
Izumi non riusciva a credere ai suoi occhi. Quando Shizuru aveva annullato la riunione all’ultimo momento, aveva creduto che volesse prendere Saori per pranzare insieme. E invece aveva provato a chiamarla diverse volte senza riuscire mai a mettersi in contatto con lei. Così si era diretta prima a casa sua ma, non vedendo l’auto, aveva scelto come seconda meta la scuola della mocciosa. Aveva appena parcheggiato quando intravide, tra i genitori che attendevano i bambini, il profilo di Shizuru. Scese dalla macchina dirigendosi verso di lei mentre un lieve sorriso le increspava le labbra. Sperò di poter avere Shizuru tutta per lei fino alla fine del pomeriggio, magari la bambina sarebbe rimasta buona a giocare con quel sacco di pulci che chiamavano cane. Quello stesso sorriso le morì sulle labbra quando notò che la trentatreenne teneva per mano un bambino.
Non è possibile!, esclamò avvicinandosi sempre di più.
<< Buon pomeriggio, Shizuru-san >> disse tenendo a stento a bada le sue emozioni.
La donna si voltò verso di lei e le sorrise nel vederla.
<< Izumi, ho notato le innumerevoli chiamate. Spero che non sia accaduto nulla di grave in mia assenza >>.
La ragazza avrebbe voluto mettersi a urlare.
<< Coraggio Shin-chan, saluta Takako-san >>.
Il bambino guardò la nuova arrivata con quegli immensi occhi azzurri che avrebbero potuto togliere il fiato a chiunque.
<< Buon pomeriggio Takako-san >> disse << Shizuru-san, quando arriva Saori? >>.
<< Presto, non preoccuparti >> rispose la donna poggiandogli una mano sulla testa.
Se la rabbia di Izumi non avesse raggiunto livelli preoccupanti, si sarebbe accorta che il bambino era più pallido e meno rumoroso del solito.
<< Posso sapere come mai hai…lui? >>.
<< Natsuki ha avuto un impegno >> rispose Shizuru voltandosi verso la scuola nel sentire il suono della campanella.
Impegno? Quella donna aveva un impegno e mollava alla sua Shizuru-san anche l’altro moccioso? Non era possibile.
<< Cosa? >> esclamò << E l’hai accontentata? Come hai potuto farlo? >>.
La più grande la guardò con aria dura. Non le erano mai piaciute le scenate in mezzo alla folla, questa volta più che mai.
<< Izumi, per favore, non urlare >>.
<< Non urlare? >> ripeté sconvolta la segretaria.
Natsuki non poteva continuare a fare tutto quello che le pareva, c’era in ballo anche la sua felicità.
<< Mamma! >> urlò Saori vedendo la donna e correndo verso il trio.
Si fermò leggermente confusa nel vedere il bambino. Era lo stesso che quella sera giocava con Miyu-chan.
<< Ciao >> salutò rivolgendosi a Shinobu.
<< Ciao Saori-chan! >> disse il bambino contento di avere finalmente una compagna di giochi.
<< Perché sei con la mia mamma? >>.
<< Amore, Natsuki ha avuto un impegno importante e Shinobu starà con noi tutto il pomeriggio >> rispose Shizuru prendendole lo zainetto e spostandosi verso la macchina. Guardò Izumi << Ci raggiungi a casa? >>.
La segretaria annuì fumando ancora di rabbia e si allontanò.
Shizuru fece scattare la serratura della macchina per permettere ai bambini di prendere posto sui sedili posteriori.
<< Saori-chan, possiamo giocare quando arriviamo? >>.
<< Non lo so se mi va di giocare con te, Shin-chan >>.
Il bambino ci rimase visibilmente male per quella frase.
<< Saori, non si dicono queste cose >> la richiamò sua madre prendendo posto e mettendo in moto << Chiedi scusa >>.
<< No! >> esclamò la bambina quasi con le lacrime agli occhi << Non ci voglio giocare con lui! >>.
<< Ma perché? >>.
Shizuru non si era aspettata una reazione del genere da parte di Saori, credeva che le avrebbe fatto piacere stare in compagnia tutto il pomeriggio. Invece si era sbagliata. Adesso Shinobu piangeva e lei non sapeva come comportarsi. Natsuki si era raccomandata di non far stancare o sudare il bambino poiché era di salute cagionevole e lei stessa lo aveva notato.
<< Perché Natsuki è la sua mamma? Ha detto che voleva bene a me! A me e non a lui! >>.
<< Sei cattiva Saori-chan! >> piangeva Shinobu.
Per la prima volta nella mente di Shizuru apparve un aggettivo per descrivere la figlia che mai aveva pensato. Egoista. Saori non era mai stata quel tipo di bambina ma quando si trattava di Natsuki diventava improvvisamente gelosa. E questa cosa non era per niente positiva nel rapporto che avrebbe dovuto costruire con Shinobu. Parcheggiò fuori casa mentre l’abbaiare di Duran si faceva sempre più vicino. Il bambino continuava a piangere mentre Saori pareva non farci caso.
<< Saori, Natsuki è la mamma di Shin-chan. Esattamente come io sono la tua >>.
La figlia non le rispose scendendo dall’auto dopo che la donna le ebbe aperto lo sportello. Prese poi in braccio Shinobu per provare a calmarlo e aspettò che Izumi la raggiungesse con la sua macchina. L’odore del bambino la raggiunse inaspettatamente. Era familiare; sapeva di buono, di casa, di felicità. Era lo stesso odore di Natsuki. E ancora una volta Shizuru non potè fare a meno di domandarsi chi fosse il padre del piccolo.
<< Shin-chan, non piangere più. Adesso andiamo a casa a fare merenda >>.
Il bambino annuì iniziando a calmarsi.
Quando Izumi parcheggiò accanto alla sua auto, entrarono in casa.
Saori non parlò con nessuno preferendo mettersi in un angolo a colorare e Shizuru la lasciò in pace comprendendo che avesse bisogno di trarre da sola le sue considerazioni da bambina. Izumi si sedette sul divano facendo finta di leggere una rivista ma in realtà aspettava il momento giusto per esplodere. Shizuru stette accanto a Shinobu e si immaginò la sua vita se Natsuki non li avesse mai abbandonati. Probabilmente avrebbero pensato ad un altro bambino, le possibilità economiche non mancavano e magari quello scenario che guardava non sarebbe stato poi così diverso. Rimase sorpresa nello scoprire che il bambino parlava perfettamente il Kyoto-ben come se fosse sempre vissuto lì. Chiederglielo non sarebbe stato attendibile, dopotutto aveva solo quattro anni, eppure non poteva sbagliarsi sulla sua pronuncia. Natsuki era andata a vivere a Kyoto? E perché proprio in quella città che era la sua natale? Perché le mandava tutti quei segnali contrastanti?
<< Mamma io ho fame >>.
Shizuru si alzò in piedi per recarsi in cucina. Con la coda dell’occhio vide Izumi fare lo stesso. Aprì la dispensa pensando a cosa preparare ai bambini quando la ragazza sbattè entrambe le mani sulla penisola.
<< Izumi i bambini sono di là >> disse non volendo che si spaventassero nel sentirla urlare.
<< Io vorrei capire cosa sta succedendo! Perché quella si può permettere di entrare e uscire dalle nostre vite come le pare? >>.
Shizuru avrebbe voluto risponderle che lo faceva solo con la sua vita e che lei in quella situazione non c’entrava niente ma si trattenne puntualizzandole che la sua ex compagna aveva un nome. Lo aveva già fatto e odivava ripetersi.
<< Te l’ho già spiegato, Natsuki aveva un impegno e non sapeva a chi lasciare il bambino >>.
<< E non poteva prendersi una baby-sitter? >>.
Questa volta la più grande perse la pazienza.
<< Quel bambino è il fratello di Saori e per quanto io abbia dato addosso a Natsuki non le avrei mai permesso di lasciarlo in mani estranee! >>.
Izumi rimase in silenzio di fronte a quelle parole riflettendo su cosa significassero veramente. Era vero che Shinobu era il fratello di Saori ma Shizuru avrebbe dovuto provare odio per quel bambino nato da una relazione della sua ex compagna. Tuttavia non ci riusciva perché era Natsuki ad averlo fatto. Tutto si poteva riassumere in un’unica persona, Natsuki. Non importa cosa facesse o cosa sbagliasse, Shizuru non sarebbe mai riuscita a odiarla davvero. Almeno finché ci sarebbero stati quei due bambini a ricordargliela. Visto che non poteva competere onestamente con lei, doveva battere Natsuki in un altro modo, tutt’altro che lecito.
<< Forse è meglio ch’io vada via. Mi sembra d’aver compreso di essere di troppo >>.
<< Izumi tu non sei… >>.
Troppo tardi, Izumi era gia corsa fuori attraverso la porta secondaria. Shizuru scosse il capo. Era abbastanza sicura che sarebbe tornata presto e chiedendo scusa. Finì di preparare la merenda per i bambini e tornò in salone.
La scena che le si prospettò davanti era totalmente diversa da quella che aveva lasciato. Saori era seduta vicino a Shinobu e coloravano insieme. Il bambino sorrideva e anche Saori era molto più rilassata.
<< Vedi Shin-chan >> disse la bambina << Si colora sempre nello stesso verso. Così viene meglio >>.
Shizuru sorrise di fronte a quella scena. Aveva sbagliato a giudicare così presto sua figlia, era solo una bambina e come tale poteva ancora permettersi il lusso di qualche capriccio. Dopo qualche minuto passato a osservarli, li richiamò entrambi affinché facessero merenda. Era come se avessero trovato un equilibrio e a Shizuru non dispiacque affatto guardarli mangiare e sporcarsi mentre ridevano l’uno dell’altro. A Saori la compagnia di Shinobu stava facendo bene, a casa non aveva mai avuto un suo coetaneo con cui confrontarsi; invece, il bambino pareva perfettamente a suo agio. Di certo non aveva ereditato il carattere di Natsuki. Era allegro, vivace, curioso, per nulla intimorito verso ciò che non conosceva. Si alzò per sistemarsi a capotavola e sistemare del lavoro che aveva arretrato.
<< Shizuru-san? >>.
La donna scostò lo sguardo dal computer.
<< Quando torna la mia mamma? >>.
Shizuru guardò l’orologio e tornò a fissare Shinobu.
<< Presto, Shin-chan. C’è qualcosa che non va? >>.
Il bambino scosse il capo sorridendo prima di tornare al suo disegno.
 
Erano oltre le otto di sera quando Natsuki bussò alla porta di Shizuru. La donna le aprì mentre Duran le andava incontro felice di vederla.
<< Scusa, lo so che è tardissimo ma… >>.
Shizuru scosse il capo.
<< Tranquilla, immagino che Nao ti abbia tenuta occupata. Shin-chan ha già cenato, spero che non ti dispiaccia >>.
<< Cosa? No… ti ha dato fastidio? Certe volte è un po’ troppo curioso e allora… >>.
<< E’ stato buonissimo >>.
Entrarono in cucina dove i bambini stavano guardando la televisione seduti per terra. Appena videro Natsuki, entrambi le corsero incontro.
<< Mamma! >>.
<< Natsuki-san! >>.
<< Ehi, ciao piccoli. Siete stati bravi? >>.
<< Mamma, Shizuru-san cucina così bene! Ho mangiato tutto! Perché non cucini anche tu cose così buone? >>.
Shizuru scoppiò in una involontaria risata di fronte a quel complimento e posò una mano sulla testa del bambino.
<< Natsuki-san, guarda i disegni che abbiamo fatto! Guarda! Questi siamo io e Shin-chan. Poi c’è Duran e… >>.
<< Meravigliosi, siete stati bravissimi >> disse Natsuki che per poco non si commuoveva di fronte a quella scena.
Improvvisamente il suo stomaco brontolò.
<< Hai fame? >> le chiese Shizuru che era già vicino ai fornelli.
<< Sì, non ho mangiato niente. Vedrò di mangiare qualcosa per strada, prima di tornare in albergo. Shin-chan, le scarpe. Dobbiamo andare… >>.
<< Puoi cenare qui, se vuoi >>.
La frase fu così spontanea da cogliere entrambe impreparate. Si guardarono negli occhi arrossendo involontariamente.
<< Non credo che… >> iniziò Natsuki incerta.
<< Oh sì, mamma! Ti prego, restiamo ancora! >> esclamò Shinobu strattonandole la manica del giubbotto.
La mora guardò la sua ex compagnia che annuì sorridendo e alla fine cedette.
<< Grazie per l’invito Shizuru >> disse.
L’altra donna accese il fuoco voltandosi. Non sapeva se quella fosse stata la cosa giusta ma avere Natsuki per casa la riempiva di gioia, una gioia che non provava da quando era andata via. Quella scena che stavano vivendo in quel momento, l’aveva immaginata così tante volte che quasi stentava a credere che fosse vero e non solo la sua fantasia.
<< Allora >> disse per interrompere il flusso dei suoi pensieri << Raccontami di Nao. Com’è andata? >>.
<< Una cosa che Nao non ha perso è il suo bel caratterino >> fece Natsuki sgranocchiando una carota che Shizuru aveva appena pulito << Io non so come faccia a gestire un night! Cioè, è pieno di ballerine succinte che…e poi è incinta, ma perché non dedicarsi a una attività più tranquilla? >>.
<< Ballerine succinte, eh Natsuki? Hai forse voglia di un balletto provocatorio? >>.
<< Io… Shizuru, ma cosa dici! >> esclamò la più piccola diventando rossa di fronte alle frasi apparentemente innocenti dell’altra << E’ sicuramente un’attività remunerativa, i clienti non mancano mai e poi è enorme… >>.
<< Come lo hai trovato? >> chiese Shiruzu interrompendola.
Natsuki per qualche secondo non seppe cosa rispondere poi scelse di dire semplicemente la verità.
<< Cercavo un bar notturno e fu il primo che trovai la sera che… >>.
<< Ho capito >> fece l’altra credendo che fosse meglio non rivangare ciò che era accaduto quella notte. Ci pensò un attimo << Credo che Nao stia facendo esattamente ciò per cui è brava >>.
<< Sfruttare le persone? >>.
<< I loro desideri >>.
 
Shinobu dormiva sul divano mentre Saori cercava di rimanere sveglia per finire di guardare il film che Shizuru aveva selezionato per entrambi. Natsuki guardò la scena e si voltò verso la sua ex compagna.
<< Tutto questo sembra così perfetto >> mormorò appena.
Shizuru rivolse un sorriso triste ai due bambini. Avevano finito da poco di cenare ed entrambi erano stati tranquilli e buoni da permettere alle due adulte di intavolare una conversazione. Non avevano osato toccare tasti ancora troppo dolorosi ma era stato piacevole per qualche ora isolarsi dal resto del mondo. C’erano solo loro due e le loro vite, così lontane per tanti anni eppure così vicine in quel momento. Natsuki si era alzata per provare a sparecchiare ma Shizuru l’aveva bloccata con la mano. Era tornata a sedersi e si erano guardate negli occhi. Il tempo pareva non essere trascorso per lei che era rimasta così bella.
<< Quasi mi spiace svegliarlo >>.
Shizuru si alzò e si avvicinò a Saori per sistemarla. Ormai era crollata e per non dare fastidio a Shinobu si era messa in un angolo del divano. Nell’avvicinarsi al bambino, gli accarezzò una ciocca di capelli. Shinobu si mosse appena e la cosa la fece sorridere. Anche Saori si muoveva non appena la si sfiorava. Coprì la figlia con un plaid e notò che Natsuki era dietro di lei. Era china ad accarezzare Duran che dormiva placidamente sul tappeto. Si guardarono di nuovo e la mora le sorrise così sinceramente da farle sentire lo stomaco sobbalzare.
<< Non credi che sentirà freddo sulla moto? >> chiese premurosamente Shizuru.
Natsuki scosse leggermente il capo quasi avesse paura di parlare per rompere la magia di quel momento. Si alzò avvicinandosi al figlio e gli sfiorò la guancia. Shizuru era a pochi centimetri da lei.
<< Shin-chan >> disse sottovoce << Dobbiamo andare >>.
Gli diede un bacio sulla guancia e gli accarezzò la piccola mano chiusa a pugno.
<< Andiamo, piccolo >> continuò con lo stesso tono.
Shinobu aprì gli occhi per un attimo prima di richiuderli. Natsuki stava per chiamarlo di nuovo quando il contatto della mano di Shizuru la fece bloccare mentre veniva investita dai brividi. Si guardarono ancora una volta negli occhi prima che la più grande la abbracciasse inaspettatamente. Fu come tornare a essere ragazze, a quando erano Hime e Natsuki ancora non aveva compreso quale vero sentimento si agitasse nell’animo di Shizuru. Si irrigidì a quel contatto comprendendo quanto reale fosse il bisogno di entrambe di sentirsi a vicenda. La più grande la abbracciava spesso quando erano ragazze, quando ancora non riusciva a contraccambiare il suo amore e quel gesto aveva sempre infuso a entrambe sicurezza e tranquillità. Senza dire niente, Shizuru si staccò da lei e le sorrise appena con un vago rossore sulle guance. Subito dopo si chinò sul bambino svegliandolo. Lo prese in braccio stringendolo e in lui sentì lo stesso odore di Natsuki.
<< Ookini Shizuru-san >> disse il bambino con voce assonnata cercando la madre.
Natsuki gli infilò il giubbotto tirando la zip fino sopra e gli mise il cappuccio della felpa sulla testa. Shizuru, invece, era rimasta immobile mentre le parole di Shinobu le rimbombavano nelle orecchie. Quel bambino sapeva parlare il Kyoto-ben, qualcuno glielo aveva insegnato. E la cosa più normale era che fosse stata sua madre a farlo.
Perché avresti fatto una cosa del genere, Natsuki?
<< Noi andiamo >> disse l’altra interropendo i suoi pensieri col piccolo in braccio << Grazie, Shizuru. Davvero. Sei… >>.
E Shizuru non sentì altro. Con una mano le prese il bavero del giubbotto e la baciò. La baciò come se quegli anni non fossero mai trascorsi, come se fosse la cosa più normale farlo ma anche la più sbagliata. Perché Natsuki era l’enigma più grande della sua vita, il suo unico amore, l’unica persona che aveva giurato di proteggere sempre, anche senza essere amata da lei. Ma Natsuki invece si era innamorata e avevano costruito qualcosa insieme, un qualcosa che aveva visto andare in mille pezzi. Per un solo istante si pentì di quello che aveva fatto, l’attimo dopo tutti i suoi pensieri furono spazzati via dalle sensazioni che provava. Aveva lo stesso sapore che ricordava; sapeva di casa, di luogo sicuro e lei tremò per il forte amore che invano aveva tentato di reprimere. Natsuki all’iniziò rimase sbalordita dal suo gesto, poi contraccambiò incapace di resistere. Shizuru era davanti a lei e forse non avrebbe più avuto l’occasione di poterla baciare. Perché lei l’amava come non avrebbe mai potuto amare nessun altro. Sarebbe stata sempre l’unica della sua vita. E con una fitta che le fece male, pensò che Shinobu sarebbe vissuto meglio con lei.
 

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Capitolo 19
*** Come la prima volta ***


Trascorsero tre giorni in cui entrambe erano immerse nella loro strana quotidianità. La mattina Shizuru prendeva Shinobu permettendo a Natsuki di lavorare tranquilla e lo portava a lavoro con sé, a ora di pranzo s’incontravano fuori la scuola di Saori e insieme andavano a casa della più grande. Sembrava strano, eppure era tutto come sarebbe dovuto essere. Come sarebbe stato se lei non se ne fosse mai andata. Subito dopo pranzo, Natsuki tornava al suo studio e Shizuru, se poteva, lavorava da casa. Era capitato solo una volta che dovesse rientrare per una emergenza e aveva chiesto gentilmente alla maestra di pianoforte di Saori di occuparsi di entrambi. I due bambini, adesso, nonostante quello screzio iniziale, andavano molto d’accordo. A Shizuru pareva che la compagnia di Shinobu facesse bene alla bambina che era diventata molto più disponibile nel condividere e nell’imparare a prendersi cura di qualcun altro che non fosse Duran. E a lei passare del tempo col piccolo non dispiaceva affatto, soprattutto da quando aveva capito che parlava il Kyoto-ben in modo quasi perfetto. Quando lo aveva portato nel suo ufficio la prima volta, aveva iniziato a parlare il dialetto del suo luogo d’origine e, nel vedere che Shinobu le rispondeva senza difficoltà, aveva compreso che madre e figlio erano vissuti lì per anni. Così lontane, eppure così vicine. Il bambino era allegro e vivace ma al tempo stesso ubbidiente e non le dava mai fastidio. Parlava con lei senza remore e, in questo modo aveva saputo tante cose sulla loro vita. All’inizio si era sentita in colpa nei confronti di Natsuki, si era sentita sporca nel ricorrere a un bambino di quattro anni, ma sapeva che l’altra non avrebbe affrontato l’argomento di petto. In questo modo, invece, stava avendo tanti tasselli da mettere insieme. La figura più enigmatica era Shinichi. Da Shinobu non era riuscita a ricavare niente se non che era un medico che voleva bene alla madre. Ogni tanto si sentivano per telefono. Ma chi era? Possibile che fosse il padre del bambino? E se lo era, perché permettere a entrambi di tornare a Tokyo? A queste domande avrebbe potuto rispondere solo Natsuki, soprattutto sulla questione dell’età dei figli. Saori e Shinobu si portavano un anno e qualche mese di differenza, togliendo i nove mesi di gravidanza non ne rimanevano molti. Possibile che avesse concepito il bambino mentre era ancora con lei e che per questo fosse scappata? Il solo pensiero le faceva venire i conati di vomito. Non si era accorta di avere lo sguardo fisso sulla foto incorniciata di Saori. La prese in mano per osservarla e l’attimo dopo fu richiamata all’attenzione dalle urla di Shinobu. Il bambino stava perdendo sangue dal naso senza un apparente motivo. Di corsa gli tamponò il naso senza curarsi di essersi sporcata e con lui in braccio uscì di corsa per arrivare al bagno. Izumi, che era arrivata da poco, si sarebbe messa volentieri a urlare nel vedere che anche quel giorno c’era il marmocchio in giro. Erano giorni che aspettava di poterla parlare in privato ma quel bambino le stava sempre tra i piedi. Per non parlare del pomeriggio, poi, che c’era anche Saori.
Possibile che ormai fosse diventata la sua baby-sitter?
<< E’ tutto a posto, Shizuru-san? >> chiese attraverso la porta.
La donna non le rispose. L’unico rumore che si sentiva era lo scrosciare dell’acqua nel lavandino. Stava per entrare a controllare, quando Shizuru uscì tenendo il bambino in braccio che piangeva. Entrambi erano sporchi di sangue.
<< Adesso andiamo a casa a cambiarci, va bene Shin-chan? >>.
Il bambino annuì mentre con una mano si asciugava gli occhi.
<< Non prendere nessun appuntamento per tutto il giorno >> continuò la donna voltandosi verso la segretaria.
Izumi si limitò ad annuire dopo aver lanciato un’occhiata d’astio a Shinobu e si allontanò.
Arrivati a casa, Shizuru infilò sotto la doccia il bambino per lavarlo e gli fa indossare una vecchia tuta blu scuro di Saori.
<< Come ti senti, Shin-chan? >> gli chiese posandolo sulla poltrona.
<< Ho mal di testa, Shizuru-san >>.
La donna gli poggiò una mano sulle piccole spalle sorridendo.
<< Vuoi fare merenda? Dopo ti sentirai meglio >> vide il bambino scuotere il capo << Va bene, non fa niente. È la prima volta che ti capita? >> aggiunse alzandogli il viso per guardare meglio.
<< Non dirlo alla mia mamma, Shizuru-san. Per favore >>.
Shizuru lo fissò senza comprendere il motivo.
<< Per favore, Shizuru-san >> continuò Shinobu << Se lo sa, lei dopo piangerà tanto. Io l’ho vista tante volte. Non voglio che pianga ancora >>.
L’altra non seppe cosa rispondergli. Sembrava davvero spaventato all’idea di poter far soffrire la madre. Si chiese per quale motivo Natsuki piangesse; poi gli sorrise di nuovo.
<< Non preoccuparti, Shin-chan. Sarà il nostro segreto. Cosa vorresti fare adesso? >>.
Il bambino le saltò al collo abbracciandola e sorridendole con quei suoi grandi occhi azzurri.
 
<< Mai, ma che fine hai fatto? Ho provato a chiamarti varie volte in questi giorni! >>.
<< Scusa, Natsuki! Al ristorante è stato un vero inferno, non avevo il tempo nemmeno di respirare >>.
<< E adesso? Dove sei? >> chiese Natsuki che aveva finito di stampare le foto per Nao e aveva ancora un’ora e mezza prima di vedersi con Shizuru fuori la scuola.
<< Ovviamente al ristorante >>.
<< Ma non è il giorno di chiusura? >>.
<< Sono passata a controllare solo alcune cose per domani, Tate è andato a prendere Miyuki a scuola invece. Pare che si sia sentita male >>.
<< Come sta? È una cosa grave? >> domandò la mora preoccupata per la salute della bambina.
<< Adesso è dai nonni, sembra che non sia nulla. Probabilmente non avrà digerito la colazione stamattina >>.
<< Tra cinque minuti ti vengo a prendere al ristorante, fatti trovare pronta >>.
Natsuki era stata puntualissima. Si tolse il casco gettandone un secondo all’amica che stava sorridendo.
<< Come ai vecchi tempi? >> le chiese.
Quelle parole fecero sorridere la mora. I ricordi di quando erano adolescelti le passarono davanti agli occhi in un lampo. Sembrava una vita fa. Guidò nel traffico di Tokyo e alla fine si fermò fuori lo stesso bar dove Mai l’aveva condotta. Parcheggiò ed entrarono.
<< Allora, raccontami tutto >> fece la rossa non appena si furono sedute << Come va con Shizuru? >>.
A quella domanda così diretta Natsuki arrossì come se fosse sempre la stessa sedicenne imbarazzata.
<< Sei tu quella che dovrebbe sfogarsi, hai una faccia >>.
Un’ombra passò sul viso dell’amica che abbassò lo sguardo.
<< Cosa è successo? >> la incoraggiò Natsuki prendendole una mano.
<< Nulla di nuovo, la situazione con Tate è ormai insopportabile >>.
<< Mi dispiace tanto, è tutta colpa mia >> disse l’altra.
Mai le strinse la mano abbozzando un lieve sorriso.
<< Assolutamente no, Natsuki. Sono così contenta che tu sia tornata. Non hai idea di quante volte mi sia chiesta dove fossi o cosa facessi >>.
<< Se non fossi mai tornata tu e Tate… >>.
<< Sarebbe successo qualcos’altro. Io… io non lo riconosco più. Delle volte mi sembra di vedere un estraneo >>.
<< Il ritorno di Reito non ha niente a che vedere con tutto questo? >>.
Mai alzò gli occhi verso il vetro della finestra. Il cielo era diventato plumbeo, forse avrebbe piovuto nel pomeriggio. Si ricordò che aveva ascoltato distrattamente via radio le previsioni del meteo e aveva dimenticato l’ombrello.
<< Reito… >> fece un respiro profondo prima di continuare << …mi ha fatto ricordare tante cose. Ricordi quando andavamo al liceo?  Eravamo sognatrici, credevamo di avere il futuro in mano dopo aver sconfitto il Principe d’Ossidiana >>.
Natsuki sorrise appena ricordando quegli anni come i più belli della sua vita.
<< Ognuno di noi prese la sua strada. Tu e Tate, io e Shizuru… >>.
<< E se avessi sbagliato la mia? >>.
La mora si voltò di scatto verso l’amica. Ringraziò appena quando arrivarono le loro ordinazioni, talmente era presa dalla domanda di Mai.
<< Non puoi crederlo davvero. Pensa a Miyuki, lei è… >>.
<< Lei è la cosa più bella della mia vita >> la interroppe Mai con risolutezza << Mi sto solo chiedendo se è Tate l’uomo giusto >>.
<< Ma cosa dici, Mai? Lo hai sposato! E sei sempre stata innamorata di lui! Lui, non Reito! >>.
<< Ero giovane, Natsuki! Avevo vent’anni quando mi sono sposata. Forse siamo stati troppo precipitosi >>.
Natsuki la guardò senza dire niente. Lei non aveva mai nutrito simili dubbi su Shizuru. Era sempre stata sicura di amarla da quando aveva diciassette anni. Quando l’altra le aveva aperto il suo cuore, aveva capito che non avrebbe mai potuto fare a meno di lei. Nemmeno a Kyoto l’aveva dimenticata.
<< Non lo so, Mai. Secondo me, non è semplicemente un buon momento >>.
L’amica annuì sorseggiando il tè che aveva ordinato.
<< Ma se questi momenti bui che abbiamo non riusciamo ad affrontarli insieme, come possiamo andare avanti? Dobbiamo fare finta di niente? Come? >>.
Si guardarono negli occhi e la mora vi lesse tutto il malessere che provava. Non era facile per lei trovarsi in quella situazione. Alla fine chinò il capo.
<< Mi dispiace così tanto, Mai. Vorrei che almeno tu fossi felice >>.
L’amica le accarezzò il viso delicatamente.
<< E tu, Natsuki? Tu non sei felice di aver ritrovato Shizuru? >> le chiese.
Nonostante la situazione, la mora riuscì a sorridere appena. Si passò un dito sulle labbra.
<< Ieri mi ha baciata… >> mormorò in un soffio come se avesse paura di dirlo troppo forte.
Mai la abbracciò.
<< Ma è stupendo, ho sempre saputo che quella segretaria non contava niente per lei! >>.
Il pensiero di Izumi fece sobbalzare l’altra che l’aveva completamente rimossa dalla mente. Un’ombra di tristezza passò sui suoi occhi.
<< Ehi >> disse Mai notando il cambiamento << Tutto okay? >>.
<< E’ stato così normale, come se avessimo una famiglia nostra >> iniziò Natsuki << Mi ero dimenticata che nel frattempo lei ha un’altra >>.
<< Parlale chiaramente, raccontale la verità su Shinobu. Chissà quali pensieri le agitano la mente su quel bambino. Per favore, Natsuki. Lascia che i pezzi della tua famiglia si ricompongano, lei ama solo te >>.
<< Io…ho giurato che l’avrei protetta. Anche da me stessa e dall’orrore che mi porto dentro >>.
Mai stava per ribattere ma fu interrotta dal cellulare dell’amica che squillava. Natsuki lo prese chiedendole scusa per la sospensione.
<< Pronto, Shizuru? >> disse attivando la conversazione << Certo, non ci sono problemi. Ma è successo qualcosa? >>.
La rossa vide l’altra annuire mentre guardava l’orologio. Nonostante dicesse il contrario, Natsuki era una donna formidabile, cercava di fare sempre la cosa giusta per tutti.
<< Tutto bene? >> chiese quando la vide attaccare.
Natsuki annuì.
<< Shizuru mi ha chiesto di andare a prendere Saori e andare direttamente da lei. Pare che sia già lì >>.
<< Con Shin-chan? >>.
<< Sì, lei… lei viene a prenderlo la mattina per portarlo con sé a lavoro >>.
<< Non sei contenta che abbia questo rapporto così bello col bambino? >>.
<< Sì, certo. Non me lo sarei mai aspettato >> mormorò Natsuki posando lo sguardo sulla sua tazza << Credevo che lo avrebbe odiato >>.
Mai si concesse di sorridere.
<< Non avrebbe mai potuto farlo >> le disse << Perché Shinobu è una parte di te e lei ti ama con tutte se stessa >>.
Natsuki arrossì.
<< Mi domando come faccia ad amarmi nonostante tutto >>.
<< Perché >> rispose l’altra felice che almeno a lei le cose stessero andando finalmente meglio << Se fosse successo il contrario, ti saresti comportata esattamente come lei. Io lo so >>.
L’amica non le rispose perché sapeva che era vero. Si voltò verso la finestra pensando di dover portare Mai a casa e poi andare da Saori prima che scoppiasse a piovere.
<< Dimmi che non ti vedrai con Reito nel pomeriggio >> disse invece tornando a guardarla.
Mai avvampò improvvisamente e da quel gesto Natsuki comprese che non sarebbe stato così.
<< Ti prego, pensaci bene prima di buttare all’aria il tuo matrimonio >>.
<< Ci ho già pensato >>.
 
<< Mamma! >> esclamò Saori entrando in cucina correndo << Natsuki-san mi ha portato con la moto! È stato bellissimo! >>.
Shizuru si chinò per salutare la bambina e poi fece lo stesso con la sua ex compagna. Le fiorò i capelli per sistemarglieli dietro l’orecchio e vide Natsuki arrossire. Da quando si erano baciate, tra loro si era frapposto quello stesso imbarazzo che invadeva la mora quando era ragazza e l’altra aveva delle attenzioni per lei.
<< Siete arrivate in tempo >> disse riferendosi alla pioggia che aveva iniziato a cadare da poco.
<< Ciao Shin-chan! >> fece Saori avvicinandosi al bambino << Ma tu a scuola non ci vai mai? >>.
Shinobu alzò gli occhi verso la madre senza sapere cosa rispondere.
Natsuki fu presa in contropiede dall’ingenua domanda della bambina.
<< Che cos’è la scuola? >> chiese il figlio prima che lei potesse intercettarlo.
Saori spalancò gli occhi sorpresa.
<< Ma è un posto dove ci sono tutti i bambini! E giochiamo, e cantiamo, facciamo tante cose! >>.
Shizuru, intanto, si era fatta attenta. Natsuki non aveva mai iscritto il bambino all’asilo. Che fosse per la sua salute così cagionevole? Le tornò in mente l’episodio di quella mattina ma preferì tacere.
<< Voglio venire anch’io! Mamma, posso andarci? >>.
Saori si voltò verso Shizuru.
<< Può venire con me domani, mamma? >>.
La donna la guardò sorridendo.
<< Vedremo, amore >> disse per trarre d’impaccio Natsuki << Adesso andiamo a pranzare >>.
Con la coda dell’occhio vide la sua ex tirare un sospiro di sollievo.
Continuò a piovere incessantemente per tutto il pranzo e perfino nel primo pomeriggio. Per fortuna Natsuki si era portata il computer dallo studio e, se non poteva stampare le foto, almeno poteva lavorare sulla resa digitale. Quella mattina, poi, aveva sistemato in una cartella le foto dell’evento al ristorante di Mai. Le aveva guardate di sfuggita, le faceva ancora male pensare a quella sera. Guardò i bambini che nel salone stavano giocando a rincorrersi e urlò di fare attenzione perché avrebbero potuto farsi male. A quelle parole, Shinobu immediatamente si fermò guardando la madre che aveva parlato. Natsuki si ritrovò a pensare che suo figlio ne aveva davvero passate tante. Doveva salvarlo, l’indomani avrebbe parlato con Shizuru. Ma almeno quel pomeriggio voleva godersi la sua famiglia in tutte le sue sfaccettature. Si stiracchiò spostando la sedia della scrivania e sbadigliò. Duran abbaiò quando vide che si stava alzando e lei gli accarezzò la testa.
<< Non possiamo uscire oggi, Duran >> gli disse.
Si recò in cucina da Shizuru dopo aver raccomandato ai piccoli di non toccare il suo computer.
Trovò la donna intenta a versare due tazze di tè. Gliene porse una sorridendo appena.
<< Com’è andato l’incontro con Mai? >> le chiese mentre si sedevano una di fronte all’altra.
<< Bah, credo che stia facendo l’errore più grande della sua vita >> rispose Natsuki mentre soffiava sulla sua tazza << Ma non crollano dopo pranzo quei due? >> aggiunse riferendosi a Shinobu e Saori che erano passati alle costruzioni.
Shizuru sorrise.
<< Lascia che si divertano. Sono così belli insieme >> disse semplicemente.
Alzò la tazza senza portarla alle labbra e guardò l’altra donna attraverso il fumo che era arrossita.
<< Shinobu ti ha creato qualche problema a lavoro? >>.
Shizuru stava per scuotere il capo e rispondere ma fu interrotta dall’arrivo dei bambini.
<< Mamma, mamma! >> fece Saori << Nemmeno Shin-chan ha un papà! Siamo uguali! >>.
Invece di rispondere, la donna guardò Natsuki cui era andato di traverso il tè e stava tossendo.
<< Hai visto, mamma? >> continuò Shinobu senza comprendere il disagio della madre.
Pareva che quella notizia avesse entusiasmato entrambi.
<< Che cosa curiosa, eh Saori? >> disse Shizuru voltandosi infine verso i bambini.
<< Sì, è proprio come noi! Solo che noi siamo femmine mentre Shin-chan è maschio… >>.
Saori lasciò quella considerazione a metà, richiamata dall’altro che era tornato alle costruzioni.
Rimaste nuovamente sole, Shizuru osservò Natsuki che non osava alzare gli occhi dalla tazza.
<< Se non lo bevi subito, si fa freddo >>.
<< Cosa? Oh sì, certo >> rispose la mora arrossendo.
<< Qualche pensiero? >>.
Diglielo adesso, fece una vocina nella testa di Natsuki, Adesso è il momento giusto. Fallo!
<< Questa pioggia >> disse scacciando i pensieri che le turbinavano nella mente << Mi mette tristezza >>.
Aveva appena perso la sua occasione.
 
Mai era nervosa ed era una sensazione che non provava da tempo. Forse dai suoi primi appuntamenti con Tate quando si erano appena fidanzati. Ma era trascorso così tanto tempo, che ormai aveva dimenticato cosa si sentisse. Fu strano per lei che in tutti quegli anni era sempre stata assorbita dal lavoro e dalla famiglia. Il nervosismo le faceva formicolare le mani e battere forte il cuore nel petto.
Tutte queste sensazione per un caffè con Reito?, si chiese dandosi della stupida.
Erano solo amici. Sarebbe potuto nascere qualcosa tra loro se non ci fosse stato Tate, se lui si fosse dimostrato una persona diversa ai tempi del liceo. Ma rivangare certe cose adesso non serviva a niente. Erano trascorsi anni, anche se a lei sembrava addirittura una vita fa. Guardò suo marito che dormiva sul divano con la televisione accesa e il telecomando ancora in mano e silenziosamente indossò le scarpe. Sua figlia era ancora a casa dei nonni e sapeva che Tate sarebbe andato a prenderla in serata. Non aveva altri impegni e quindi, per tenere a bada la sua coscienza, poteva permettersi qualche ora di svago. Gettò un’ultima occhiata allo specchio e uscì prima di cambiare idea. Guardò il suo orologio da polso e, dopo aver aperto l’ombrello, si incamminò verso il ristorante. Reito non sapeva dove abitasse, non gli aveva lasciato nemmeno un recapito telefonico, e quindi il suo ristorante era stato il luogo più consono dove vedersi. Aveva perso parecchio tempo per scegliere cosa indossare e alla fine aveva optato per un vestitino non eccessivamente corto, dal taglio sportivo così da poterci abbinare una scarpa bassa. Mentre attraversava la strada si chiese quale fosse stata l’ultima uscita che avevano fatto lei e Tate come una normale coppia. Non lo ricordava. Stava per attraversare la strada quando una limousine si accostò fermandosi lentamente. L’autista scese dall’auto, aprì lo sportello e s’inchinò leggermente facendole cenno di salire. L’espressione di Mai era indecifrabile, non aveva mai visto così da vicino una macchina simile, figurarsi salirci sopra. Reito sbucò dall’interno della vettura con un bicchiere di prosecco in mano.
<< La tua faccia interdetta è meravigliosa come il resto, Mai >>.
<< Reito, non… non c’era bisogno di noleggiare una limousine! >>.
Il sorriso dell’uomo era calmo e rassicurante. Sembrava che nulla potesse scalfirlo. Allungò una mano verso di lei.
<< Vieni >> disse semplicemente.
Dopo un attimo di esitazione Mai accettò e l’autista le chiuse lo sportello alle spalle. La limousine era meravigliosa, mai Mai aveva visto così tanto sfarzo chiuso in una quattroruote. Lei, che era abituata all’utilitaria di Tate che ormai aveva anche i suoi anni, si ritrovò a sgranare gli occhi per la sorpresa e si sentì a disagio per il dislivello che consapevolmente Reito le aveva messo sotto gli occhi.
<< So cosa stai pensando, Mai >> fece Reito mentre l’autista riprendeva la sua corsa << Ma non è così >>.
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<< Credi che io ti stia facendo notare il mio livello economico che è nettamente superiore a quello di Yuiichi >>.
Mai non seppe cosa rispondere. Aprì e chiuse la bocca diverse volte, ma non articolò alcun suono. Reito sorrise di nuovo.
<< Ma vedi, Mai, questo tu già lo sapevi. Lo sapevi quando abbiamo terminato il liceo e qualche anno dopo hai sposato lui, lo hai sempre saputo. Perché dovrei mirare a una cosa così risaputa per impressionarti? Non servirebbe >>.
Le porse un bicchiere di prosecco e alzò il suo a mo’ di brindisi.
<< A cosa stiamo brindando? >> domandò ancora prudente Mai.
L’uomo la guardo scostandole una ciocca di capelli dal viso. Il suo odore era gradevole, sapeva di genuino, di mamma, di cose semplici. Mai era una di quelle donne che non aveva fatto altro oltre a occuparsi della famiglia fino ad allora.
<< A noi, a un pomeriggio insieme >>.
 
Chiuse il portatile e solo in quel momeno notò che nel salone non c’era nessuno. Shizuru e i bambini erano in cucina. La porta era socchiusa per evitare che potessero disturbarla. Sorrise appena mentre si alzava e andava da loro. Il pomeriggio era praticamente volato e lei aveva lavorato molto senza avere il pensiero di controllare Shinobu. Passando davanti alla porta-finestra, notò che pioveva meno rispetto a prima. Spalancò la porta e ciò che vide le fece sorridere il cuore. Shizuru stava infornando un dolce mentre Saori e Shinobu avevano il viso sporco di cioccolato. Entrambi indossavano i tipici cappelli da cuochi mentre la donna aveva un grembiule legato in vita.
<< Ehi >> fece Shizuru vedendola.
Si sorrisero come se fosse la cosa più normale del mondo.
<< Mamma, siamo stati bravissimi. Non ti abbiamo mai disturbato >>.
<< Sì, davvero bravi >> rispose Natsuki chinandosi per guardarlo negli occhi << Adesso noi dobbiamo andare, quindi… >>.
<< Cosa? Perché, mamma? >> esclamò Shinobu.
<< No, Natsuki-san! Abbiamo fatto i dolci al cioccolato! >> fece eco Saori correndo verso di lei.
<< Mamma, per favore! >>.
<< Shin-chan non insistere >> disse Natsuki cercando di non apparire dispiaciuta anche lei per quella separazione << Andiamo via ora che non sta piovendo troppo forte… >>.
Le parole le morirono in gola quando sentì un tuono in lontananza.
<< Non essere sciocca, Natsuki >> affermò Shizuru dopo aver scostato le tende della finestra << Sta ricominciando a piovere forte e non puoi prendere la moto con questo tempo. Restate a cena >>.
I bambini urlarono per la gioia e si batterono il cinque con aria complice.
Cenarono accompagnati dal rumore della pioggia che picchiettava sui vetri. Sia Shizuru sia Natsuki erano immerse nel loro ruolo di genitore ed ebbero poco tempo da dedicare l’una all’altra. Eppure non smettevano di lanciarsi occhiate e di guardarsi arrossendo. Quando la più grande tirò fuori dal forno il dolce, Shinobu si fece stranamente silenzioso. Natsuki aiutò con le porzioni ed entrambe rimasero sorprese quando il bambino si alzò in piedi. Guardò prima la madre, poi Saori e infine Shizuru.
<< Shizuru-san >> iniziò serio << Mi vuole sposare? >>.
Natsuki quasi si strozzò con un boccone a quelle parole mentre Shizuru dissimulò una risata. Osservò il bambino che stava diventando rosso e gli sorrise con gentilezza.
<< Ookini, Shin-chan. Sei molto carino >> rispose << Ma io sono grande per te >>.
<< Shizuru-san, ma io crescerò! >> fece il bambino << Diventerò un vero uomo in grado di proteggerla da qualunque pericolo! E mi prenderò cura di Saori-chan >>.
Shinobu guardò Saori con aria di superiorità che invece lo osservava sconvolta.
<< Basta, siediti nano >> disse Natsuki dandogli uno scappellotto dietro la nuca << E chiedi scusa >>.
<< Ma io sono serio >> affermò Shinobu massaggiandosi la parte.
<< Lo terrò in considerazione per quando diventerai un vero uomo, va bene? >> assicurò Shizuru sorridendogli di nuovo.
Saori, che era sempre rimasta in silenzio, decise di esprimere la sua opinione.
<< La tua mamma dovrebbe sposare la mia >> dichiarò come se fosse la cosa più semplice del mondo << Così rimarremmo tutti insieme >>.
<< Cosa? >> esclamò Natsuki avvampando per l’imbarazzo di quei discorsi.
Ma che avevano i bambini quella sera?
Shizuru adesso rideva per la reazione della sua ex compagna. Saori e Shinobu stavano facendo a gara per farla arrossire e vederlo era troppo divertente.
<< Sì, sarebbe a soluzione migliore >> continuò la bambina.
<< Saori-chan, non si possono sposare due donne >> fece Shinobu scuotendo un dito << E poi, Shizuru-san ha detto che mi aspetterà, vero Shizuru-san? >>.
<< Smettila Shinobu >> provò a dire Natsuki nel vano tentativo di far morire quella conversazione.
<< Non capisci niente, Shin-chan >> affermò Saori.
A quelle parole, Shinobu si girò verso la madre.
<< Tu sei una femmina, vero mamma? Non un maschietto come me >>.
Il viso di Natsuki prese letteralmente fuoco.
<< Certo che sì, stupido! >> esplose sempre più rossa << E adesso basta parlare di matrimoni, finisci di mangiare >>.
Shinobu mise il broncio ma ubbidì mentre Shizuru non smetteva di godersi tutto l’imbarazzo dell’altra.
 
Era un’ora che fissava il vetro dove la pioggia continuava ad abbattersi incessantemente e sospirò. Non accennava a smettere e lei non sapeva come tornare a casa. Avrebbe potuto chiedere a Shizuru di accompagnarla ma l’indomani non si sarebbe potuta recare nel suo studio per lavorare senza la sua moto. I bambini si erano finalmente calmati, però, dopo quello che avevano detto, non aveva osato guardare Shizuru. Conoscendola, si era divertita di fronte alle parole dei piccoli dette in modo così ingenuo. In particolare, era sicura che stesse riflettendo su quelle di Saori.
Così rimarremmo tutti insieme.
Si era davvero affezionata a Shinobu nonostante il poco tempo che avevano trascorso insieme? E a lei? Ricordò di come la prima volta che l’aveva vista, l’aveva seguita senza batter ciglio. Era davvero sua figlia. Li guardò mentre cercavano di rimanere svegli e sorrise sentendo le lacrime formarsi agli angoli degli occhi.
<< Mi aiuti? >> chiese improvvisamente Shizuru indicandoli e risvegliandola dai suoi pensieri.
<< Cosa? >> fece lei senza comprendere.
<< Portiamoli di sopra, li cambiamo e li infiliamo nel letto >>.
Natsuki la guardò imbambolata senza comprendere.
<< Natsuki >> disse l’altra indicando il vetro << Non penserai davvero di uscire con questo tempo e di portare con te un bambino di quattro anni, vero? È da sconsiderati >>.
<< Ma… okay, allora ti aiuto e poi… >>.
<< Puoi restare anche tu, se vuoi >> la interruppe la sua ex << E sistemarti nell’altra camera >>.
Il viso di Natsuki arrossì mentre abbassava lo sguardo.
Shizuru le sollevò il viso con due dita per poterlo guardare negli occhi. Quanto era bella e quanto amore c’era ancora in ogni suo gesto.
<< Ti stai imbarazzando al solo pensiero di tornare a dormire con me? >> le domandò scherzando.
Natsuki tossì.
<< Ma che dici… e poi dormiremo separate, no? >>.
<< Ovvio >> assicurò la maggiore sollevando Shinobu dal divano.
Natsuki prese Saori e la seguì al piano superiore. Fu come tornare indietro di cinque anni. Shizuru aveva lasciato tutto com’era, le uniche cose che erano sparite erano le foto che le ritraevano insieme. Ebbe una fitta dolorosa all’altezza del cuore e rimase senza fiato nel vedere la camera della bambina. Shizuru aveva scelto per lei un arredo sobrio, ma che aveva lo stesso mantenuto un che di principesco. Perché lei era la loro principessa. Il colore delle pareti era caldo e, quando ci batteva il sole, si doveva avere un effetto bellissimo. Adagiarono i bambini sul letto di Saori e Shizuru le passò una vecchia tuta da infilare a Shinobu. Natsuki ringraziò e velocemente spogliò il figlio. In tutti quegli anni, soprattutto in ospedale, aveva imparato a essere rapida per non fargli prendere freddo e a non perdersi in cose inutili. Nel vedere l’altra donna, però, si rese conto di quanta delicatezza ci mettesse nel farlo. Era bellissima vederla in quel modo. Aveva un sorriso che rivelava solo quando guardava Saori. Era una madre fantastica, sua figlia era stata in ottime mani in quegli anni. Misero entrambi sotto le coperte e con cura Shizuru gliele rimboccò affinché non prendessero freddo nel muoversi durante la notte. Poi li baciò entrambi scostando i capelli dalle loro fronti. In silenzio uscirono e accostarono la porta. Fuori il mal tempo continuava a imperversare.
<< Eri bellissima prima >> disse incapace di trattenersi.
Shizuru la guardò sorpresa da quel complimento. Era raro che si lasciasse andare a simili frasi, doveva essere davvero molto sentito. Le sorrise ancora. Allungò una mano per accarezzare una ciocca di capelli e se la portò al naso. Il suo odore la inebriava, le era mancata così tanto.
<< Anche tu lo sei >> le rispose.
Le si avvicinò e prima che se ne rendesse realmente conto, la baciò. Natsuki tremò, lei tremò trovando sollievo alle sue ferite che le facevano male ogni volta che non c’era. Col naso le accarezzò la guancia e le venne da sorridere per quanto riusciva a farla stare bene quella donna. Sentì Natsuki ritrarsi leggermente e aprì gli occhi per guardare. La mora piangeva, anche se cercava di reprimere le lacrime.
<< Cosa… >>.
<< Io…io non voglio farti soffrire ancora, Shizuru. Non voglio >>.
Col pollice l’altra gliele asciugò e le sorrise per farle capire che era tutto a posto.
<< Vieni >> le disse semplicemente << Prendi qualcosa di pulito da metterti per la notte >>.
La condusse nella camera che un tempo era appartenuta a entrambe e a Natsuki quasi mancò il respiro nell’entrare. Rimase sulla soglia incapace di muoversi. Vide Shizuru avvicinarsi al grande armadio che avevano comprato insieme e aprire l’anta più lontana dal letto.
<< Tieni >> affermò porgendole una maglietta a mezze maniche e un paio di pantaloncini.
Natsuki li riconobbe come suoi.
<< Ma questi… >> mormorò.
<< Non ho buttato niente >> spiegò l’altra senza guardarla << Non ho mai avuto il coraggio di farlo >>.
La mora si portò gli indumenti alla bocca per impedirsi di urlare e sentì un profumo di lavanda arrivarle alle narici.
Come era stata egoista! Come aveva potuto abbandonare la donna che amava? Lei era tutta la sua vita.
Shizuru si sciolse il nodo della vestaglia e le diede le spalle. Vederla in quello stato le faceva così male, eppure era necessario che si mettesse di fronte a tutto quello che aveva perso. Si passò una mano tra i capelli e, quando tornò a guardare nella sua direzione, Natsuki era corsa via. Sentendo la porta chiudersi, comprese che si era rifugiata nella camera degli ospiti.
 
Sobbalzava ogni volta che sentiva un tuono, anche se lontano, e pensava di non riuscire a dormire per il mal tempo. Ma in realtà, sapeva bene il motivo. Aveva sbagliato ad accettare, sarebbe dovuta tornare in albergo il più veloce possibile nonostante la pioggia. E invece era lì, con Shizuru a pochi metri da lei e le parole dei bambini che le rimbombavano nelle orecchie. Alla fine si alzò, incerta su dove andare. Poggiò la fronte contro la porta prima di aprirla e fece un respiro profondo. Per parecchi minuti rimase immobile nel corridoio posando alternativamente gli occhi sulla camera dei bambini che dormivano profondamente a quella di Shizuru. Avrebbe voluto resistere, ma non ce la faceva più. Fece scattare la serratura il più silenziosamente possibile e si avvicinò al letto matrimoniale. Comprese immediatamente, dal solo respiro, che anche l’altra era sveglia. Scostò le coperte quel tanto che bastava per permettele di infilarsi mentre il cuore le martellava nel petto. Shizuru le dava le spalle, i lunghi capelli sciolti erano sparsi sul cuscino. Scivolò vicino a lei e, quando la abbracciò, i loro corpi aderirono senza difficoltà. Come se fossero nati per combaciare. La donna gemette sorpresa per il gesto dell’altra ma non si mosse. L’aveva sentita entrare ma mai avrebbe pensato che le si sarebbe avvicinata così tanto. Natsuki nascose il viso tra i suoi capelli senza smettere di tenerla contro di sé.
<< Ti avrei chiesto di sposarmi, ci stavo pensando da qualche mese ormai >> iniziò sentendo il bisogno per una volta di lasciarsi andare << Solo che stavo aspettando il momento giusto, quell’occasione particolare che avremmo ricordato per sempre. Sai, di quelle che avrei raccontato a Saori con una nota di orgoglio nella voce. Perché sarebbe dovuto essere tutto perfetto. E invece non ci sono riuscita >>.
Shizuru non si voltò per guardarla ma poggiò entrambe le mani su quelle di Natsuki.
<< Sei vissuta a Kyoto per tutti questi anni, vero? >> chiese con voce sottile, quasi avesse paura di rompere quell’atmosfera che si era creata << Hai cresciuto Shinobu lì, parla il Kyoto-ben >>.
<< Sì >> ammise la mora << Shinobu è nato a Kyoto >>.
<< Perché? Perché tra tante città hai scelto proprio quella? >>.
La trentatreenne adesso piangeva ma non si curava di nasconderlo. Tutte quelle parole le stavano facendo così male.
<< Perché volevo che avesse qualcosa di tuo. Perché Saori sarebbe vissuta con te che sei fantastica mentre Shinobu avrebbe avuto solo il peggio, me. Perché ho rovinato tutto, ma sentirlo parlare il dialetto del tuo paese di origine mi dava l’illusione che fossi ancora al mio fianco >>.
A quelle parole Shizuru si voltò e la baciò. Natsuki non era mai stata capace di grandi parole, era più il tipo di persona che agiva, quindi quello che aveva detto doveva davvero provenire dal cuore. Sorrise sulle sue labbra mentre lei le asciugava le lacrime con la punta delle dita.
<< Mi dispiace aver rovinato tutto >> ripeté la mora piangendo anche lei.
<< Ti amo, Natsuki >> affermò la più grande << Non ho mai smesso >>.
Fu Natsuki questa volta a cercare il suo bacio. Ne aveva bisogno, aveva bisogno, per una volta in tutti quegli anni, di serntirsi a casa. Una sensazione che solo Shizuru sapeva regalarle.
<< Nemmeno io >> disse in un soffio iniziando a sbottonarle la camicia da notte.
Non pensò neanche per un istante che l’altra l’avrebbe fermata, aveva bisogno quanto lei di un po’ di serenità. Almeno per quella notte. Shizuru le salì sopra chinandosi per baciarla con foga mentre le afferrava la maglietta e la trascinava verso l’alto per toglierla. Sorrise alla vista del suo seno e si chinò di nuovo per accarezzarlo. Natsuki, sotto di lei, gemette per quel tocco così leggero. Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che aveva fatto l’amore con Shizuru che quasi temeva di non ricordare come fare. Invece, fu tutto molto naturale. Come se il suo corpo non aspettasse altro, come se fosse proprio lui a esigere quel contatto. Quando si ritrovarono entrambe nude, Natsuki restò qualche secondo a contemplare l’altra donna. Era meravigliosa, non aveva dimenticato nessun dettaglio del suo corpo, nemmeno il più insignificante. La strinse contro di sé credendo che avrebbe potuto perderla improvvisamente e respirò il suo odore. Sapeva di buono, di sicurezza, di protezione, di amore. E sobbalzò quando la maggiore scivolò in lei incapace di trattenersi per la felicità che le stava regalando.
 

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