L'Erede della Luce

di Jo The Strange
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Una ragazza poco comune ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Un Nuovo Mondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: La Libertà Di Essere Se Stessi ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: La Spada d'Argento ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Un Posto da Chiamare Casa ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5: In Fuga dagli Orchi ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Ombre dal Passato ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: La Profezia ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Confessioni ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: La Trappola Delle Montagne Nebbiose ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10: La Battaglia Dei Tuoni ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Dalla Padella Alla Brace ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: Te Lo Hanno Mai Detto Che Sei Un Incosciente? ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Dubbi E Domande ***
Capitolo 16: *** Capitolon 15: Il Segreto Della Luce ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Una Misteriosa Creatura ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: Una Notte Tra Incubi E Malinconia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO:

Avete mai la sensazione che le persone che amate non vi dicano la verità? Che vi tengano nascosto qualcosa per anni e anni?

Beh, io la ho da quando ero una bambina: sguardi fugaci, parole non dette, discorsi mozzati o deviati erano comuni nella mia famiglia. Ma allora ero troppo piccola, troppo spensierata per capire appieno la situazione.

Nemmeno nei miei sogni più remoti avrei potuto immaginare quella che era stata la storia dei miei genitori, delle loro vite.

Iniziai ad avere dei dubbi a soli dodici anni, quando mia madre morì: la avevo sempre considerata come un libro aperto, una donna della quale poter capire tutto semplicemente guardandola. Eppure compresi presto che anche lei aveva dei segreti, eccome se li aveva.

La ricordo ancora, stesa sul letto dell’ospedale, con il volto spento e consumato, i capelli dorati un tempo luminosi, ora ridotti a stoppa scolorita, mentre respirava flebilmente, chiamandomi accanto a sé e sfilandosi dal collo un ciondolo, quello stesso che sin da quando ho memoria le avevo visto indosso.

Ricordo che a quel gesto mio padre aveva risposto con uno sguardo allarmato, che pareva dire “Che diavolo stai facendo?!”.

Mi disse che un giorno, esso mi avrebbe condotta in un mondo nuovo, in cui sarei stata libera di essere chi ero veramente. Il punto era proprio questo: chi ero io? Una normalissima ragazzina di dodici anni, troppo preoccupata di vedere la propria madre mentre si congedava da questa vita piuttosto che di prestare attenzione alle sue parole così enigmatiche.

Per molti anni ripensai a ciò che mi aveva detto e solo quando fui abbastanza grande mi posi una domanda fondamentale riguardo a tutte quelle parole non dette e quei segreti rimasti nascosti: e se la mia vita si fosse basata su una menzogna?

Si, una grande, perfetta menzogna.

Dopotutto, c’erano fin troppe cose insolite nella mia vite che non quadravano granché: per prima cosa, non conoscevo nessun parente dei miei genitori: NESSUNO. In secondo luogo non sapevo un accidenti della vita dei miei genitori prima della mia nascita; non avevano nemmeno una foto del loro matrimonio, di una vacanza al mare o qualcosa del genere. E per concludere, mio padre portava un incomprensibile rancore verso il ciondolo della mamma.

Eppure alla fine tutto si fece chiaro come la luce del sole e scoprii che le ultime parole di mia madre non erano state buttate al vento. Aveva ragione, alla fine ero riuscita a trovare un posto in cui essere me stessa, e di questo non le sarò mai grata abbastanza.

Mi presento, sono Aranel, figlia di Othar.

E questa è la mia storia, anche se sono certa che farete molta fatica a credermi…

Spazio Autrice:

Ciao a tutti!
Dopo la flashfic pubblicata qualche giorno fa sono ritornata per cominciare una nuova avventura, questa volta a più capitoli. La mia storia sarà ambientata durante Lo Hobbit e cercherò di seguire la trama originale cinematografica, talvolta con dialoghi presi proprio dal libro e dal film, pur prendendomi qualche licenza e aggiungendo scene nuove o modificandole. Altrimenti che divertimento ci sarebbe?
La storia di Aranel mi è venuta in mente qualche anno fa ma tra tutti i vari impegni non ho mai trovato il tempo per creare davvero qualcosa. Spero finalmente di poter portare alla luce una bella storia che faccia emozionare voi come emoziona me mentre la scrivo.
Questo era solo un prologo e penso che pubblicherò il primo capitolo già domani, fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti, i quali per me sono ESSENZIALI per capire se quello che scrivo è apprezzato o se c’è qualcosa che non va. Io vi ringrazio per essere arrivati fin qui e vi aspetto al prossimo capitolo!
Un Bacio,
               Jenny

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Una ragazza poco comune ***


CAPITOLO 1: UNA RAGAZZA POCO COMUNE

Quando uscii dall’aula, nei corridoi c’era un caos allucinante: centinaia di studenti si erano riversati lì per poter andarsene finalmente a casa.

“Perfetto” pensai: non ero un’amante dei luoghi affollati, ma odiavo sicuramente di più quelli in cui vi era poca gente, poiché sapevo che finiva sempre allo stesso modo, ovvero che la gente iniziava a fissarmi.

Quella situazione andava avanti così sin da quando piccola, dall’asilo: le persone non riuscivano a concepire l’idea che io avessi le orecchie diverse dalle loro, tutto qui. Proprio come mia madre, infatti, non le avevo tonde e piccole, ma erano a punta e ciò in più di un’occasione mi aveva causato l’attribuzione di soprannomi idioti, quali “Elfo”, “Folletto” o peggio ancora “Orecchieapunta”.

Iniziai quindi ad incamminarmi verso l’uscita, ma puntualmente le persone che mi passavano di fianco si bloccavano, iniziando a sussurrarsi cose all’orecchio e indicandomi: possibile che anche all’università, dove si presume che le persone siano mature, quel piccolo difetto doveva essere oggetto di scherno?

Sbuffando uscii a grandi passi da quella bolgia, dirigendomi verso casa: abitavo nel quartiere di Kensington, a Londra, lontano dall’eccessivo traffico del centro. Mentre camminavo, un’idea si fece largo nel mio cervello, distraendomi abbastanza da rischiare di andare a sbattere contro un palo: quel giorno era l’anniversario della morte della mamma…

Con tutto il caos dell’università e lo studio mi era completamente uscito di mente: arrivata a casa, trovai mio padre seduto sulla poltrona del salotto, intento a fissare quello che poteva sembrare una grossa pergamena…

-Buonasera pà – lo salutai con un sorriso, seppur tirato. Non volevo che mi vedesse mai giù di morale.

Lui parve non essersi accorto del mio arrivo, tanto che sobbalzando, si preoccupò subito di riporre ciò che aveva in mano.

-Ciao tesoro – rispose lui alzando gli angoli della bocca.

Io però avevo visto bene ciò che teneva in mano, tanto che lo obbligai a mostrarmelo: era sul serio una pergamena, simili a quelle che si vedono nei libri di storia. Sembrava molto antica e su di essa vi era disegnata alla perfezione l’immagine dei miei genitori al carboncino, la mamma sempre la stessa, papà molto più giovane. Indossavano degli abiti strani, quasi d’epoca e in basso a sinistra vi era una dedica che prima non avevo notato.

Ad Othar e Lilith auguro una lunga vita serena, piena d’amore e di fortuna, e che insieme possano crescere la piccola Aranel. Con affetto e stima,

                                         Girion”

Guardai mio padre con aria interrogativa: -Chi è Girion, Pà? –

Lui sospirò, con gli occhi velati di tristezza: -Un vecchio amico… -

Fissai ancora per qualche secondo la bellissima riproduzione sulla pergamena: -Certo che era bravo a maneggiare le matite… era un pittore? – domandai curiosa.

Lui sorrise debolmente: -No tesoro, era solo molto bravo. Lui… - sospirò –aveva una grande passione per le armi. –

Mi sembrava triste sentendo parlare di questo Girion, così sviai il discorso.

 -Comunque, ti ricordi che giorno è oggi? – chiesi sfiorando con le dita il ciondolo che portavo al collo.

-Come potrei dimenticarlo… - disse papà arrotolando la pergamena e riponendola nella libreria.

Appena mi vide maneggiare la collana alzò gli occhi al cielo, palesemente irritato –Dovresti sapere ormai che detesto vedere quel ciondolo… vallo a posare –

Non mi piacque per nulla quel tono autoritario, ma decisi comunque di tenergli testa: -Papà, sono otto anni che ripeti sempre la stessa cosa – sbuffai - Il punto è: perché? Cosa può fare di male un ciondolo? Capisco che ti ricorda la mamma, ma proprio per questo dovresti essere felice di avere un suo oggetto privato come memoria… -

Speravo con tutto il cuore che papà non rimanesse zitto come tutte le altre volte che glielo avevo chiesto: -Porterebbe solo guai – rispose secco. Andò in cucina, iniziando a tirare fuori il necessario per la cena. Mi ignorava, lo faceva sempre.

Io strabuzzai gli occhi per la sorpresa, seguendolo a grandi falcate: -Oh insomma, che cos’è? Uno strano ciondolo porta sfortuna? –

Lui mi guardò impassibile: -Te lo ha detto tua madre a cosa serve… ma non voglio che tu vada… -

-Ma andare dove?!?! – gridai esasperata. Mi sembrava che papà avesse perso il senno, accidenti.

-Andare ad… non importa. Non voglio litigare proprio il giorno dell’anniversario della morte della mamma, ok? Quindi finiamola qui – disse stancamente passandosi una mano sugli occhi.

Io non stetti quasi a sentirlo e a passi pesanti mi diressi in camera mia, preoccupandomi di sbattere bene la porta. Una volta lì mi lasciai cadere sul letto, iniziando a giocherellare con il ciondolo.

Era una catenina leggerissima, composta da minuscoli anellini finemente incastrati tra di loro, in oro. Al centro troneggiava un ciondolo anch’esso d’oro, lavorato a mano, a forma di sole. Su ciascuno dei numerosi raggi erano incastonati delle piccolissime pietre luccicanti, simili a diamanti.

Quella catenina aveva sempre avuto un certo fascino su di me: oltre a ricordarmi la mia adorata mamma mi piaceva immaginare che fosse qualcosa di particolare e “sovrannaturale”, come si vede nei film. La smisi di fare simili congetture solo quando superai l’adolescenza, ma mai di rimanerne affascinata.

Passai quel che rimaneva del pomeriggio sdraiata in camera, immersa nei miei pensieri, dimenticandomi addirittura di studiare per l’esame che avrei sostenuto la settimana dopo, fino a quando papà non mi chiamò per la cena. Anche lì non vi fu un grande scambio di parole: solo qualche accenno al cibo e il rumore delle stoviglie di sottofondo.

Dopo cena uscii con mio padre in giardino, dove c’era la tomba della mamma: prima di morire infatti aveva chiesto espressamente di non essere sepolta in un cimitero comune, ma nel giardino di casa, in modo che potessimo sentirla più vicina.

Alla vista di quella grossa lapide di marmo, la discussione che avevo avuto con papà poche ore prima si dissolse dalla mia mente, lasciando spazio solo a tanta malinconia.

-Papà? – dissi io con un sussurro, voltandomi a guardarlo.

-Dimmi tesoro –

-Ti voglio bene – dissi gettandomi tra le sue braccia, stringendolo forse.

-Anche io Aranel, anche io – rispose lui, dandomi un bacio sulla fronte. Tirò su con il naso, cercando di ricacciare indietro le lacrime.

-Ora sarà meglio che io vada a dormire… domani mattina ho lezione presto! – dissi sbadigliando.

-Certo, dormi bene stellina- disse lui con un sorriso.

Prima di andare in camera, passai nel salotto, prendendo la pergamena di papà dalla libreria, nascondendola nella tasca della camicia da notte. Volevo dare meglio un’occhiata a quel ritratto.

 Alla fine mi sdraiai sul letto stringendo tra le mani il ciondolo della mamma. Giurai a me stessa di aver visto un bagliore proveniente dalla collana, forse un riflesso della luna proveniente dalla finestra, poi mi addormentai, cadendo in un sonno tormentato da strani sogni e da un’inquietante sensazione di cadere nel vuoto.

Spazio Autrice:
Ciao a tutti!
Spero che qualcuno dopo il prologo abbia deciso di iniziare a leggere la storia vera e se siete arrivati qui, allora vi ringrazio fin da subito. Questo è l’unico capitolo che si svolge nel nostro mondo e mi serviva fondamentalmente per introdurre il personaggio di Aranel e la situazione in cui vive. Come avete potuto notare non è affatto una ragazza comune, anzi… ma lei ancora non lo sa, quindi tempo al tempo.
Per questa settimana è tutto, ringrazio di cuore chi legge, recensisce o aggiunge ai preferiti e tutti coloro che seguiranno quest’avventura insieme a me e ad Aranel.
Alla prossima, un bacio!

                                          Jenny

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: Un Nuovo Mondo ***


CAPITOLO 2: UN NUOVO MONDO

-Guardate si sta svegliando! –

-Ma dite che è un’Elfa? –

-Che te ne importa, è molto carina! –

Intorno a me udivo delle voci lontane, come dei rimbombi, voci che non avevo mai sentito prima. Sentivo un dolore lancinante alla testa, come se avessi preso una botta. Facevo fatica ad aprire gli occhi, ma alla fine, con un notevole sforzo spalancai le palpebre, cercando di capire a chi appartenessero quelle strane voci.

-Ma cos… - sussurrai debolmente, mettendo a fuoco la scena. Mi sollevai di qualche centimetro, ma sentendo il dolore scivolare dalla testa a tutto il resto del corpo rinunciai subito, tornando sdraiata.

Quando finalmente riuscii a vedere nitidamente ciò che mi circondava, per poco non mi venne un infarto: non ero più nella mia stanza.

Mi trovavo sdraiata su un giaciglio di paglia, all’ombra delle rovine di legno bruciato di quella che un tempo doveva essere stata una casa. Attorno a me c’erano dei prati verdeggianti e una miriade di alberi, oltre che una dozzina di facce sconosciute che mi fissavano con aria curiosa.

-Buongiorno e ben svegliata! Ti sei fatta una bella dormita eh? – disse uno dei presenti, togliendosi il buffo cappello che portava sulla testa.

-Dove diavolo mi trovo? – domandai, mettendomi a sedere. Diedi una rapida occhiata in giro, ignorando il mio mal di testa e la domanda postami.

-Ci troviamo vicino ai confini delle Terre Selvagge – rispose quello –Ti sei per caso persa? –

-Terre Selvagge?? – Non ci stavo capendo nulla.

-Oh si, siamo al confine con le zone ospitali. Superate quelle non sarà facile trovare posti abitabili –

Considerando il fatto che stavo parlando con un perfetto sconosciuto, che non mi trovavo più nella mia stanza e che tuttavia ero sveglia, giunsi ad una semplice conclusione: -Ho capito, sto sognando-

Un uomo anziano, con una lunga barba grigia e un cappello assurdo mi guardò con tenerezza: -Non credo proprio, fanciulla. Piuttosto, ti senti bene? Ci hai fatto prendere un bello spavento –

Non sapevo più cosa pensare, se fosse realtà o solo la mia fantasia, così stetti al loro gioco: -Come sono arrivata qui? –

Uno di loro, dalla barba rossa e ispida alzò le spalle: -Ah se non lo ricordi tu… sappiamo solo che ti abbiamo trovata svenuta questa mattina. Davvero non ricordi nulla? –

Io scossi la testa, per poi guardare loro: somigliavano tutti a degli uomini normali ma erano più bassi, robusti, armati e avevano lunghe barbe crespe. Sembravano nani, di quelli delle favole, ovviamente tranne quel vecchio strambo con il cappello, che era alto quasi il doppio rispetto a loro.

-Qual è il tuo nome? Sei un elfo per caso? – mi domandò il nano col cappello e in un secondo mi venne voglia di prenderlo a pugni.

-Nemmeno mi conoscete, come potete permettervi di chiamarmi così? –

Quello abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa per avermi dato dell’elfo: -Perdonami non volevo offenderti. Solo… somigli moltissimo a loro, ecco tutto –

-E voi allora? Cosa siete per caso? Nani? – sbottai io. Ero davvero arrabbiata.

-Eccome se lo siamo e della stirpe dei Durin – ringhiò uno di loro con la testa tatuata e uno sguardo arcigno.

Mi stavano prendendo in giro, era chiaro. Ma ancora non riuscivo a capire dove diavolo mi trovassi e che cosa volessero quegli strani tipi da me. A causa di tutta quell’insensatezza iniziai a pensare davvero che fosse un sogno, o peggio, un incubo.

-State scherzando? E’… è uno scherzo per caso? Sono finita in qualche candid camera? –

Quelli si guardarono straniti, non capendo. Il “nano” con la testa tatuata mi guardò con uno sguardo di fuoco: -Ti pare che stia scherzando? Anche il più idiota della Terra di Mezzo riconoscerebbe un nano –

-Beh io no! E non so nemmeno cosa diavolo sia questa Terra di Mezzo di cui parli. Voglio solo tornare a casa e svegliarmi da quest’incubo –

Il vecchio con la barba si avvicinò, posandomi una mano sulla spalla. Non lo respinsi. Tra tutti mi sembrava quello più mite e aperto.

-Tu fanciulla ci sei dentro alla Terra di Mezzo. Giù fino al Mar Belegaer tutto quello che vedi è la Terra di Mezzo. Da dove vieni per non sapere queste cose? –

-Da Londra, Inghilterra, pianeta Terra – risposi secca.

-E dove si trova questo posto? E’ lontano? – mi chiese un giovane con gli occhi a palla e i capelli rossicci.

-Direi di sì… nel mio mondo siamo tutti umani e non abbiamo nani… o qualunque cosa voi siate –

Quelli iniziarono a parlottare sottovoce, lanciandomi occhiate strane, quasi schifate.

-Deve essere un posto molto curioso – continuò il vecchio saggio – Qui invece abbiamo razze molto diverse: nani, come i qui presenti, elfi, uomini e hobbit, come il nostro Mastro Baggins –

Da quell’ammasso di nani fece capolino un esserino poco più basso di loro, i capelli ricci dorati, uno sguardo simpatico e… due piedoni enormi. Mi salutò con un cenno, sorridendo.

-A proposito, non mi sono presentato. Mi chiamo Gandalf, il grigio e sono uno stregone – disse il vecchio porgendomi la sua mano rugosa per stringerla. Poi indicò i nani che mi circondavano – E loro sono i nani della compagnia di Thorin Scudodiquercia, principe di Erebor –

I nani fecero un cenno di saluto, che ricambiai. Mi sentivo un po’ stupida per averli aggrediti in quel modo. Dopotutto l’intrusa lì ero io.

-Io sono Aranel, piacere –

-Aranel figlia di… – domandò lo stregone.

-Prego? –

-Qui siamo soliti ricordare il nome dei nostri genitori, per lo meno del padre, quando ci presentiamo – mi spiegò con un sorriso, come fanno di solito le maestre a scuola.

Per quanto strana come usanza, risposi: -Sono Aranel, figlia di Othar e Lilith –

Appena pronunciai il nome dei miei genitori calò un silenzio tombale. L’espressione di Gandalf e dei nani si fece attonita, come se avessero visto uno spettro.

-C’è qualcosa che non va? Ho detto qualcosa di sbagliato? – domandai preoccupata. All’improvviso mi ricordai che avevo in tasca la pergamena con il ritratto di mamma e papà, così la porsi a Gandalf: -Ecco, sono loro –

Si accalcarono tutti per guardare e quando lo stregone prese la pergamena con mani tremanti giurai di aver visto una lacrima solcare il suo volto: - Ed’ i’ear ar’ elenea! *-

I nani lo guardarono come se avesse parlato in una lingua sconosciuta, eppure io lo capii perfettamente: - Naa rashwe? **- domandai.

-Come conosci l’elfico? – la voce di Gandalf era rotta per l’emozione.

Spalancai gli occhi per la sorpresa: - Elfico? Me lo ha insegnato mia madre. Lo chiamava Sindarin e diceva che era un dialetto parlato nei luoghi della sua infanzia –

-Beh, tua madre aveva ragione, il Sindarin è una lingua elfica molto diffusa qui – Gandalf mi restituì la pergamena – Tua madre era una donna meravigliosa –

Le sue parole mi accesero un fuoco dentro: -La conoscevate? Viveva qui? – Era assurdo che degli sconosciuti avessero le risposte a quelle domande a cui mio padre non aveva mai voluto rispondere.

Gandalf sorrise malinconicamente, come tutti i nani presenti: -Credo che nessuno nella Terra di Mezzo non conosca la storia di Lilith. Ma non spetta a me raccontartela se non la conosci –

-Vi prego, allora ditemi dove posso trovare qualcuno che me ne parli…- li supplicai.

-Il nostro viaggio è lungo e sulla strada sono certo che incontreremo qualcuno che ha le risposte che cerchi. La domanda è: sei disposta a seguirci? – domandò Gandalf, con sguardo solenne. I nani nel frattempo si lanciavano occhiate allarmate. Evidentemente non avevano considerato la possibilità che al loro gruppo si aggiungesse una piantagrane sbucata dal nulla…

-Certo che lo sono – dissi immediatamente. Era tutta la vita che aspettavo di sapere chi fosse mia madre e quali fossero i suoi segreti e un’occasione del genere non mi sarebbe capitata mai più.

-Bada bene, è un viaggio pericoloso, in cui ti troverai a fronteggiare cose che nel tuo mondo forse nemmeno esistono – mi avvertì un nano anziano, con una lunga barba bianca biforcuta, simile a quella di Gandalf. Intorno a lui i suoi compagni continuavano a cicalare animatamente.

-Non mi importa, ho bisogno di sapere la verità –

Gandalf sorrise, allungandomi una mano per farmi alzare: -Allora, Aranel figlia di Lilith, benvenuta nella compagnia! –

 

*₌ Per il cielo e le stelle!

**₌ C’è qualche problema?

Spazio Autrice:

Ciao a tutti e bentornati!

Finalmente Aranel (non si sa come, non si sa perchè) è giunta nella Terra di Mezzo. 
 "Che bello!Che gioia" penserete voi, ma il suo punto di vista è un po' diverso, credetemi... 

Come avete potuto constatare, la signorina ha un bel caratterino verso gli sconosciuti, ma poche parole del saggio Gandalf (sia lodato Tolkien per averlo creato) sono sufficienti per farla tornare tranquilla e invitarla addirittura a fare il suo viaggio con la compagnia. E fin da subito non sembra scorrere buon sangue con il buon vecchio Dwalin eheh...

Vi avviso che userò il Sindarin ogni volta che ci sarà una buona occasione per farlo, dal momento che trovo che sia una lingua bellissima e che conferisca maggiore verosimiglianza al'insieme della storia. (Don't worry, non lo userò per TUTTI i dialoghi in elfico, sarebbe troppo pesante anche per me).

Ora è giunto il momento dei ringraziamenti: ringrazio tutti i lettori silenziosi (ma vi prego, esprimete i vostri pensieri, sono importanti per me!!), chi recensisce e segue (Thranduil_Laufeyson) e chi ha aggiunto la storia tra i preferiti (Odette kahwamura, Nobody Noemi2806, Elanorstella, Lucson89). GRAZIE, GRAZIE!

Noi ci vediamo settimana prossima con un altro capitolo, un bacio

                                                                                                          Jenny

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: La Libertà Di Essere Se Stessi ***


CAPITOLO 3: LA LIBERTA' DI ESSERE SE STESSI

-A questo punto ritengo doveroso fare delle presentazioni – disse Gandalf sfregandosi le mani – Dunque mia cara, loro sono Balin e Dwalin – disse indicando il vecchio nano con la barba bianca e quello arcigno con la testa tatuata.

-Fili e Kili – due nani molto giovani, uno biondo e l’altro moro ma con le stesse espressioni beffarde stampate sul viso. I due fecero un profondo inchino, quasi toccando terra con la testa.

-Oin e Gloin – un nano dalla barba ispida e color fuoco e uno un po’ strambo con un cornetto acustico piantato nell’orecchio mi fecero un cenno con la mano.

-Bifur, Bofur e Bombur – notai con orrore che il primo aveva un’ascia conficcata nella tempia destra, il secondo era quello con il cappello buffo che mi aveva dato dell’elfo mentre il terzo assomigliava ad una montagna, dal tanto era massiccio.

-Nori, Dori e Ori- uno aveva una capigliatura molto strana, l’altro uno sguardo cordiale ed educato, mentre il terzo era giovane e aveva gli occhi molto grandi con un leggero strabismo.

-E per ultimo, ma non ultimo – riprese Gandalf in tono più serio – voglio presentarti il capo di questa spedizione: Thorin Scudodiquercia, figlio di Thrain, principe dei nani di Erebor –

Quello era rimasto nella penombra per tutto il tempo e non aveva proferito parola: capii immediatamente che era un nobile solo dal modo in cui camminava e teneva il mento alto. Non era superbo, affatto, solo fiero: aveva una barba scura, più corta rispetto a molti degli altri nani e una zazzera di capelli dello stesso colore, tenuti indietro sul davanti con delle treccine. Gli occhi di ghiaccio avevano un’aria penetrante. Sul viso aveva un’espressione vissuta, tipica di quelle persone che hanno visto orrori inimmaginabili, velata però da un certo orgoglio.

-Lieto di conoscervi Lady Aranel – disse lui, baciandomi il dorso della mano e accennando una smorfia simile ad un sorriso.

Quel gesto mi fece arrossire: mai vista tanta galanteria sulla Terra. Poi mi ricordai che era un principe, così mi inchinai goffamente: -Il piacere è mio, Vostra Maestà –

-Niente maestà, vi prego. Sono solo Thorin Scudodiquercia – disse lui, facendomi segno di alzarmi.

Mi sentivo un’idiota e il fatto di essere in camicia da notte di fronte ad un principe non aiutava affatto. Per fortuna Gandalf lesse l’imbarazzo sul mio viso e si precipitò a darmi una mano: -Bene mia cara, credo che ti servirà qualcosa di più caldo di quella maglia per il nostro viaggio! –

Tutti i nani tirarono fuori dalle loro sacche qualche capo di ricambio e in men che non si dica mi ritrovai ad essere vestita come loro sebbene la casacca e i pantaloni di pelle mi stessero un po’ larghi. Ero piuttosto esile di corporatura ma il fatto di non essere particolarmente alta aiutò molto, vista la bassa statura dei nani. Bombur si offrì di regalarmi il suo mantello, ma dovetti declinare, dal momento che era grande quanto una tenda da campeggio.

In breve tempo il sole tramontò e la notte calò su di noi. Thorin ordinò che venisse acceso un fuoco e preparata la cena. Bofur si mise subito al lavoro, maneggiando pentole malandate e quel poco che avevano da mangiare per preparare una minestra. Non appena fu pronto tutti si accalcarono attorno al fuoco, ognuno con una scodella e un cucchiaio in mano.

Ringraziai Bofur quando mi passò una ciotola colma di zuppa fino all’orlo e mi misi a mangiare silenziosamente, mentre gli altri chiacchieravano animatamente.

Ad un tratto la voce di Kili ruppe il cicaleccio che si era venuto a creare: -Ehi Aranel, parlaci del tuo mondo! – esordì il giovane nano agitando il cucchiaio.

Io sospirai, alzando le spalle: -Beh, non credo ci sia molto da dire… Come vi ho anticipato la razza dominante è quella degli uomini. Elfi, nani e stregoni non esistono, sono solo delle leggende – lanciai un’occhiata a Bilbo – E credo che ignorino completamente cosa sia uno Hobbit-

-Non sembra un posto molto accogliente… - intervenne Ori timidamente, beccandosi addosso le occhiate di tutti.

Io accennai un sorriso: -Non è così male… La città da cui provengo, Londra, è un luogo meraviglioso, ricco di storia e arte. L’unico problema sono le persone – abbassai lo sguardo, prima di riprendere a parlare – Spesso non sanno accettare le diversità-  dissi, accennando alle mie orecchie.

Mentre parlavo mi tornarono in mente i giorni passati dietro i banchi di scuola, dall’asilo fino all’università, dove non c’era stata una sola persona che non fosse scoppiata a ridere guardandomi. Sentii le lacrime montare, ma cercai di ricacciarle indietro.

Balin, seduto di fianco a me, mi pose una mano sulla spalla con un sorriso pieno di affetto: -Qui non c’è motivo di preoccuparsi: per noi è normale vedere gente con le orecchie a punta. Dopotutto gli Elfi sono ovunque qui! – mi rassicurò Balin.

-Ehm, purtroppo… - disse Dwalin, fingendo di tossire e continuando a mangiare la zuppa. Gandalf gli tirò una gomitata nelle costole, che però non mi passò inosservata.

-Non ci sono buoni rapporti tra Elfi e Nani? – domandai io, pur immaginando la risposta.

-Diciamo che ci sono screzi millenari che vengono portati avanti ancora oggi – disse Balin, cercando di addolcire la pillola, ma il cipiglio severo di Thorin mi fece capire che era qualcosa di molto più grave.

–Sarei curioso di sapere come vedrebbero noi nel tuo mondo – disse Fili, cambiando completamente discorso. Probabilmente aveva notato che l’atmosfera stava iniziando a farsi tesa.

Io risi di gusto, finendo l’ultima cucchiaiata della minestra: -Credo che vi considererebbero subito dei mentecatti! –

-Ma noi siamo mentecatti! – disse Kili con sguardo sornione, iniziando a beccarsi insulti dalla maggior parte dei presenti, soprattutto da Nori che gli fece eco con un sonoro “Ehi, stupido a chi?!”.

Il resto della cena passò in maniera spensierata, all’insegna delle risate, fino a quando fu l’ora di andare a dormire.

-Posso farvi una domanda? – chiesi prima che i nani si coricassero.

-Spara- disse Kili con noncuranza.

In mezzo a tutto il trambusto di quella giornata mi ero completamente dimenticata di porgere loro la domanda più banale: -Per quale motivo siete in viaggio? –

All’improvviso gli occhi di ciascuno di loro si fecero umidi e un’espressione malinconica si impossessò dei loro volti. Fu Thorin a prendere la parola per primo: -E’ una storia molto lunga… -

Così mi raccontò di come il drago Smaug fosse sopraggiunto dal nord molti anni prima e avesse distrutto completamente la città di Dale degli uomini e occupato    Erebor, la Montagna Solitaria, sede del regno dei Nani. Thorin e il suo popolo avevano vagato a lungo, senza ricevere aiuti da nessuno per trovare una nuova terra in cui vivere. Ora erano in viaggio per riconquistare la loro casa, ciò che apparteneva loro di diritto e io in quel momento li ammirai molto. Nessuno sulla Terra avrebbe mai fatto una cosa simile per la propria casa.

-E’ di questo che parla il Canto del Fuoco? – mi ritornò alla mente una vecchia canzone che mia madre mi cantava sempre da bambina.

-Lo conosci? – domandò Bofur con gli occhi spalancati per la sorpresa.

Io annuii: -Me la cantava la mia mamma nei giorni di pioggia. Ho sempre odiato le giornate uggiose, così per migliorare il mio umore lei iniziava a cantarla accompagnata dall’arpa – sospirai a quel bellissimo ricordo – La sua voce sembrava quella di un angelo -

-Ti andrebbe di cantarla per noi? – domandò Bofur, con gli occhi lucidi, impugnando un flauto traverso di legno.

Inizialmente fui titubante all’idea, poi però alla vista di quegli sguardi supplicanti cedetti. Mi schiarii la voce, mentre anche Fili si preparò per suonare: estrasse dalla tasca del mantello una piccola arpa dorata e iniziò ad accordarla. Poi iniziammo.

"Oh Misty Eye of the Mountain below

Keep careful watch of my brothers soul

And should the sky be filled with fire and smoke

Keep watching over Durin's Son"                  

Il suono melodioso dell’arpa e quello del flauto crearono un’armonia dolcissima, ma allo stesso tempo malinconica: mentre cantavo, vidi chiaramente qualche lacrima spuntare negli occhi dei presenti, soprattutto di Balin, che più di una volta si strofinò con un lembo della tunica purpurea.

"Now I see fire, inside the mountain

I see fire, burning the trees

And I see fire, hollowing souls

And I see fire, blood in the breeze

And I hope that you'll remember me"

Quando finimmo, un silenzio tombale cadde su di noi.

-Per un momento ho creduto di avere di nuovo di fronte la bella Lilith – sussurrò Gandalf, asciugandosi le lacrime – E’ come se una parte di lei fosse ancora qui –

-Lei è qui – dissi a Gandalf, indicando il mio cuore – Lei sarà qui per sempre –

Lo stregone annuì, accennando un sorriso: -Ora è tempo di dormire. Domattina ripartiremo all’alba –

Salutai i miei nuovi compagni e mi coricai a fianco delle braci quasi spente del fuoco, godendo del lieve tepore che ancora emanavano e sentendo rimbombare nella mia testa le ultime parole di mia madre.

"Un giorno sarai in un mondo migliore, in cui sarai libera di essere chi sei veramente"

Spazio Autrice:

Buonsalve!
Cosa dire di questo capitolo? Per la mia gioia ( e spero anche per la vostra) Aranel ha conosciuto l'Allegra Brigata e (cosa imperativa) ha conosciuto *sospira* Thorin.  

Come potete aver notato è bastato passare cinque minuti in loro compagnia che il bel caratterino diffidente che aveva nello scorso capitolo è svanito del tutto. La mia principale intenzione per questo capitolo era quella di mettere a confronto il nostro mondo, un luogo in cui Aranel non riesce a vivere appieno, e la Terra di Mezzo, una terra Nuova, ma che subito offre tante speranze alla nostra protagonista. 

E non preoccuppatevi, vi prometto che dal prossimo capitolo inizieremo ad entrare nel cuore dell'avventura, con capitoli più emozionanti. Per chi se lo stesse chiedendo ( ma è così palese che ci sia arriva anche da soli) il "Canto del Fuoco" non è altro che "I See Fire" di Ed Sheeran, colonna sonora del secondo film della trilogia.

Vi avverto fin da ora che essendo una grandissima amante della musica, inserirò spesso qualche canzoncina, perchè diciamocelo, cos'è una storia senza la sua colonna sonora?

Anche per questa settimana credo di avervi detto tutto, perciò passerei subito ai ringraziamenti: ringrazio tutti i miei lettori silenzioni (ma per Durin, fatevi sentire!), tutti quelli che aggiungono ai preferiti, ai ricordati e ai seguiti.

Un ringraziamento particolare va alle nuove recensiste Lola1991 e Nobody Noemi2806.

Noi ci vediamo la prossima settimana con un nuovo capitolo, un bacione!

                                                                                                                       Jenny

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: La Spada d'Argento ***


CAPITOLO 4

CAPITOLO 4: LA SPADA D'ARGENTO

Fuoco, morte e distruzione.

Erano queste le uniche cose che riuscivo a vedere attorno a me. L’aria era satura di fumo denso e scuro, mentre tutt’intorno risuonavano solo grida di terrore, pianti e una campana d’allarme. La gente correva da ogni parte, cercando di mettersi in salvo dalle fiamme che divoravano ogni cosa.

Io me stavo impalata su un pontile, osservando impotente la macabra carneficina che si consumava davanti ai miei occhi. Sulla sponda opposta del ponte una bambina di una decina di anni piangeva, chiamando il nome della madre. Stringeva tra le braccia una bambola di pezza logora, annerita dalla cenere.

La vedevo girarsi verso di me, con occhi supplichevoli e imperlati di lacrime: -Ti prego aiutami! – gridava con tutto il fiato che aveva in corpo. Io però non riuscivo a muovermi, era come se fossi bloccata al terreno. In un secondo, una vampata incandescente mi si parava davanti agli occhi, travolgendo come un’onda quella povera bambina e bruciandola viva.

Mi svegliai di colpo, gridando e ansimando spaventata. Avevo la fronte imperlata di sudore e lungo la schiena sentivo scorrere un brivido gelato.

Era solo un incubo, un incubo ricorrente, lo sapevo bene. Eppure ogni volta che vedevo quelle fiamme rimanevo terrorizzata come se fosse stata la prima.

Mi misi seduta, asciugandomi il sudore dalla fronte con una manica, quando all’improvviso sentii dei passi avvicinarsi. Temevo di aver svegliato qualcuno con le mie urla, ma per fortuna non fu così.

Thorin si avvicinò con sguardo preoccupato, la mano già stretta saldamente sull’elsa della sua spada: -Aranel state bene? – domandò, dando un’occhiata in giro.

Io annuii, ancora evidentemente scossa: -Si sto bene, non preoccupatevi. Vi hanno svegliato le mie urla per caso? – domandai. In tal caso avrei fatto una bellissima figura da idiota.

-No, ero di turno per la guardia. Vi ho sentita gridare e temevo che qualcosa vi avesse attaccata -  disse lui lasciando la presa dalla spada.

-E’ solo un incubo ricorrente, nulla di più – dissi io, cercando di sembrare di essere più forte di quanto fossi in realtà.

-Me ne volete parlare? Potrebbe aiutarvi a stare meglio – disse Thorin, sedendosi di fianco a me.

Rimasi stupita da un tale comportamento, dal momento che lo conoscevo solo da poche ore, ma qualcosa dentro di me mi convinse a raccontarglielo. Gli parlai a lungo del mio incubo e lui non aprì bocca fino a quando non ebbi terminato. Rimase a fissarmi con sguardo serio, senza mai sghignazzare. In fin dei conti avrebbe potuto benissimo ridermi dietro per i miei deliri notturni, invece non lo fece.

-Io credo – disse alla fine, puntandomi addosso quegli occhi di ghiaccio – che il vostro sia un ricordo del passato… un’immagine che vi è rimasta impressa perché spaventosa –

Io lo guardai stranito: -Io non ricordo di aver visto una città in fiamme… - Feci mente locale se qualche volta a Londra era stato appiccato un fuoco violento, ma non mi venne in mente nulla. Anche perchè ero più che certa che la città che vedevo nel mio incubo non fosse affatto Londra.

-Forse la Aranel di adesso no – disse lui – Ma la Aranel neonata di sicuro… -

Con quelle parole enigmatiche Thorin si alzò, facendomi segno di seguirlo. Oramai era praticamente l’alba ed era giunto il momento di mettersi in marcia. In poco tempo svegliammo tutti gli altri e fummo pronti per partire. L’aria era fresca e frizzante e un sole caldo e luminoso iniziava a fare capolino in un cielo senza nubi.

-Thorin! – chiamò Gandalf, avvicinandosi al nano – I troll dell’altro giorno devono essere scesi dagli Erenbrulli – lo avvertì.

Io lo guardai stupita, credendo di aver sentito male: -Hai detto troll?? –

-Eh sì e di quelli brutti – intervenne Kili con una smorfia –Siamo incappati in loro due giorni fa. Non è stata una bella esperienza – concluse il nano, fingendo di rabbrividire.

Non bastavano nani, elfi, hobbit e stregoni, adesso ci si mettevano pure i troll…  Avevo il timore che da un momento all'altro tutto ciò che mi circondava potesse sparire, vista l'assurdità della situazione.

Thorin si fece scuro in volto: -Da quando i troll di montagna si avventurano così a sud? –

Gandalf scosse la testa: -Di certo non da un’era. Non da quando un potere più oscuro regnava in queste terre. Non possono essersi mossi alla luce del sole –

Thorin si guardò intorno con circospezione: -Deve esserci una grotta nelle vicinanze –

Subito ci mettemmo in cammino seguendo Thorin e Gandalf in mezzo ad una boscaglia. Gli alberi erano verdi e pieni di vita, anche se con qualche accenno dell'autunno che si avvicinava, striando foglie sporadiche del color del tramonto. Proprio come aveva detto Thorin, poco dopo sbucammo vicino ad una grotta di pietra, ben nascosta dalla luce del sole. Nori, Bofur, Gloin e Dwalin seguirono Gandalf e Thorin mentre io decisi di rimanere fuori con gli altri. Mi ero avvicinata abbastanza alla grotta e l’odore di marcio e putrefazione che fuoriusciva da quel buco era stato sufficiente per le mie narici.

Mi avvicinai a Fili e Kili, i quali erano intenti ad affilare le loro spade con delle pietre appuntite: -Cosa ci può essere di tanto interessante in una caverna di troll? – chiesi curiosa.

-I troll sono amanti dell’oro e delle ricchezze – mi spiegò Fili, affilando per bene la lama della sua daga – Se trovi una loro caverna è molto probabile che dentro siano nascosti gioielli, armi preziose e forzieri di monete –

Poco dopo vedemmo Thorin e gli altri uscire dalla caverna, praticamente a mani vuote. Alla faccia di ricchezze e tesori…

-Aranel! – sentii Gandalf chiamarmi da lontano. Teneva tra le mani un involucro, ma non riuscivo a vedere bene di cosa si trattasse – Sai usare una spada? – mi domandò, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Io inarcai un sopracciglio: -Beh, so tirare di scherma ma… non so quanto possa essere uguale – ammisi io. Mio padre era uno spadaccino formidabile e fin da bambina mi aveva insegnato a tirare con il fioretto. Ripensando a lui mi venne un attacco di nostalgia.

Tuttavia la spada che mi porse Gandalf non era affatto come un fioretto. Aveva una lama lunga d’argento splendente, sormontata da un’elsa d’ossidiana pura, intarsiata da un materiale che non conoscevo. Sembrava  argento, ma era più lucente.

La presi in mano, soppesandola e facendola ruotare nel palmo: -Deve essere una lama molto importante vista la splendida fattura – ipotizzai io. Ad ogni movimento la lama vibrava nell’aria, disperdendo un suono cristallino.

Gandalf annuì, sorridendo: -E’ probabilmente una delle spade elfiche più antiche, vista l'elsa d'ossidiana e mithril - Ecco cos'era quel metallo lucente - Di quelle forgiate dagli Alti Elfi della Prima Era, come tua madre –

Quelle parole per me furono come una pugnalata: -Mia… mia madre? Mia ma… madre era un Elfo?? – domandai confusa.

-Pensavo lo avessi compreso – disse Gandalf, ghignando – Ti ha insegnato il Sindarin, la lingua elfica e il suo aspetto fisico… beh, ammettilo, non somigliava affatto a quello di un umano. E nemmeno il tuo –

-Pensavo solo che venisse da un mondo diverso, tutto qui – dissi io per giustificarmi. Non ci potevo credere – Quindi se mia madre era un’Elfo e mio padre un umano, questo fa di me una… -

-Mezzelfa – concluse Gandfalf per me – Questo spiega le orecchie a punta, i capelli quasi bianchi e il fisico snello. Non mi spiegò però come mai tu sia così bassina… –

Abbassai lo sguardo sul mio corpo, sulla spada, per poi lanciarlo ai nani in lontananza che si preparavano a ripartire: -Credi che mi odino? Per il fatto che ho una metà elfica? – domandai timorosa. Avevo appena trovato le prime persone che non avevano riso di me per il mio aspetto fisico, non volevo perderle subito a causa di stupidi pregiudizi millenari.

-Non credo proprio, mia cara Aranel – mi consolò Gandalf dandomi un buffetto sullo zigomo – Ognuno di loro conosce molto bene la tua storia, più di quanto ne sappia tu stessa. Sono onorati di poter condividere un viaggio insieme a te, figlia di Lilith. E lo stesso vale per me: vedo nei tuoi occhi lo stesso bagliore che brillava negli occhi di tua madre e sono certo che sarebbe fiera di te, della donna che sei diventata –

-Grazie Gandalf – sussurrai, gettandogli le braccia al collo. Lo conoscevo a malapena da un giorno, eppure era riuscito a farmi sentire amata e apprezzata in un battibaleno. Quando ci sciogliemmo dall’abbraccio lo vidi accennare ad una spada di dimensioni ridotte che teneva in mano.

-Sarà meglio che dia questa al signor Baggins – disse sventolando l’arma – Anche lui farebbe meglio ad avere qualcosa con cui difendersi –

Ero ancora parecchio sotto shock, quando sentii la voce di Thorin rimbombare: -Arriva qualcosa! Tutti pronti, prendete le armi! –

Raggiunsi immediatamente gli altri, sguainando la mia nuova arma e stringendo forte l’elsa. Da lontano si sentiva un forte scalpitio, rumore di rami spezzati e uno strano fruscio. Mi affiancai a Kili e Bofur, pronta ad usare la spada se fosse stato necessario, quando davanti ai miei occhi si presentò la figura più improbabile che avessi mai visto.

Spazio Autrice:

Buonsalve cari lettori!

Finalmente siamo entrati appieno nel viaggio. Come potete notare ho ripreso pari passo il dialogo tra Thorin e Gandalf presente nel film dopo l’attacco dei troll, riadattandolo (ovviamente) alle esigenze della mia storia.

Abbiamo scoperto che Aranel ha delle visioni, in particolare quella di una città in fiamme. Che cosa sarà mai? (Vai con la banalità) Chi indovina riceverà in regalo dei biscotti fatti in casa. Ho inserito anche una parte molto importante con il mio adorato nano dagli occhi blu, in modo tale da lasciare intendere che comunque Thorin, pur conoscendo la storia di Aranel, e quindi la sua natura, non ha assolutamente dei pregiudizi sul suo conto e che anzi, è molto propenso al dialogo con lei.

La scena in cui Gandalf consegna una spada alla protagonista è tutta farina del mio sacco: volevo inserire uno spazio per un personaggio che reputo fondamentale in questa storia, ovvero Gandalf. Lo ho sempre visto come una sorta di nonno per tutti, sia ne Lo Hobbit che ne Il Signore degli Anelli, perciò ho pensato di rimarcare questa cosina anche con Aranel.

La nostra protagonista (madò se è ingenua) scopre anche che la madre era un Elfo e che questo fa di lei una Mezzelfa. Tuttavia mettendomi nei suoi panni probabilmente nemmeno io avrei concepito l’idea che mia madre potesse essere un Elfo, perciò non commento.

Dopo aver detto una marea di stupidaggini mi conviene passare ai ringraziamenti: come sempre ringrazio in primis tutti i miei lettori (e vi esorto a esprimere i vostri pareri, in italiano, in inglese, in sindarin o khuzdul, come preferite), coloro che recensiscono, seguono e aggiungono ai preferiti.

Ringrazio in maniera particolare la nuova recensista ThorinOakenshield che ha anche aggiunto la storia tra le seguite e in quest’ultima categoria ringrazio anche Elanorstella, Valepassion95 e FastDivergent156. GRAZIE, GRAZIE!

Per questa settimana è tutto, ci vediamo al prossimo capitolo! Un bacione,

                                     Jenny.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Un Posto da Chiamare Casa ***


J

CAPITOLO 6: UN POSTO DA CHIAMARE CASA

Paradiso.

Probabilmente è questo l’unico termine che può rendere giustizia a quel posto.

Una città di pietra bianca con tetti spioventi color del tramonto si ergeva sul fianco di una montagna fino a valle, mimetizzandosi con la roccia marmorea della montagna stessa. Gli edifici erano collegati tra loro da lunghi ponti e ovunque sgorgavano piccole cascate d’acqua cristallina che mi fecero venire una gran sete al solo scrosciare. Sbucavano tutte in un fiume stretto a valle, il cui tragitto si perdeva poi a Est. Ovunque fioriva una vegetazione verde e lussureggiante e il profumo dei fiori era tale da far quasi girare la testa.

-Questa è la valle di Imladris – disse Gandalf, affiancandosi a me – Nella lingua corrente viene chiamata con un altro nome –

-Granburrone – concluse Bilbo con il mio stesso scintillio negli occhi. Nemmeno lui doveva aver mai visto un posto così bello.

-E meraviglioso – sussurrai, guardando lo stregone con sguardo sognante – Sembra di essere in una favola –

Lui mi sorrise di rimando, accennando poi a Thorin e agli altri: -Non tutti però la pensano come te – I nani infatti avevano tutti un’espressione schifata e furente, come se trovarsi lì per loro fosse quasi un affronto. Mi ricordai poi dei dissapori che correvano tra nani ed elfi e subito mi fu chiaro il perché del loro comportamento. Non potei però fare a meno di sentirmi presa in causa: una parte di me era ancora convinta che in fondo quei nani non fossero ben contenti della mia presenza.

Soprattutto Thorin.

Mi scrollai immediatamente, solo pensando quel nome. In fondo non doveva importarmi che cosa pensasse, giusto?

-Stai tranquilla, fanciulla – intervenne Gandalf, immaginando cosa passasse nella mia mente – Lui ha un’ottima opinione di te. Non crucciarti per nulla –

-Ma… ma io, cioè lui… - balbettai io, riprendendomi. Probabilmente le mie guance dovevano aver assunto un bel color cremisi, ma sperai che non si notasse.

Gandalf mi fece un sorriso beffardo: -Sappiamo entrambi di chi stiamo parlando e sappiamo entrambi il perché ti importa tanto la sua opinione – lo stregone mi fece un occhiolino, per poi portarsi in testa al gruppo e intimarci di seguirlo.

Camminammo per un bel po’ lungo quei candidi ponti che avevo visto dall’altura. Io e Bilbo continuavamo a guardarci attorno emozionati, mentre gli altri proseguivano con passo svelto, gli occhi fissi dinnanzi a loro e un’espressione imbronciata sul volto. Arrivammo in una piazzetta di ciottoli, circondata da alte statue di bronzo e poco dopo ci venne incontro un giovane elfo dai lunghi capelli castani e dal fisico slanciato che salutò caldamente Gandalf.

-State all’erta – sussurrò Thorin all’orecchio di Dwalin. Io alzai gli occhi al cielo, non capendo quali pericoli potessero venire da un popolo che sembrava così mite. Il mio popolo, a quanto pareva.

In lontananza si sentì un suono di trombe, molto simile a quello che avevamo sentito questo pomeriggio. Vidi arrivare da lontano un manipolo di cavalli bianchi, cavalcati da meravigliose creature slanciate dai lunghi capelli setosi e la pelle candida.

-Serrate i ranghi! – gridò Thorin, imprecando in khuzdul, la lingua dei nani. In due secondi mi ritrovai schiacciata tra Thorin e Nori, mentre i cavalieri elfici ci osservavano con aria sprezzante.

-Gandalf – disse un elfo bruno, dall’aria saggia e mite.

-Re Elrond! – lo salutò lo stregone, andandogli incontro – Mellonen! Mo evìnedh?* - domandò.

-Farannem ‘lamhoth i udul o charad. Dagannem rim na lant Vedui** – rispose il re, raggiungendolo – Strano per gli orchi avvicinarsi così tanto ai nostri confini. Qualcosa o qualcuno deve averli attirati – concluse, lanciando un’occhiata eloquente a Gandalf.

Re Elrond puntò poi gli occhi sul nostro gruppetto, i nani ancora con le armi in mano sul punto di attaccare. Solo io e Bilbo avevamo le spade nel fodero.

-Benvenuto Thorin, figlio di Thrain – disse riferendosi al principe, il quale gli rispose più volte in maniera piuttosto scortese. Io gli lanciai un’occhiataccia, ma non mi diede retta. Per fortuna il re Elfo non parve scaldarsi, anzi, mantenne sempre quell’espressione mite che aveva sin da quando era arrivato.

-Posso chiedere cosa ci fa una giovane Elfa in mezzo ad un gruppo di nani? – domandò Elrond, rivolgendosi direttamente a me.

Gandalf si avvicinò a me, posandomi una mano sulla spalla: -Re Elrond, permettetemi di presentarvi Lady Aranel, la figlia di Lilith. Ha delle domande che cercano risposte–

Gli occhi del re si spalancarono per la sorpresa, mentre anche tra i cavalieri dietro di me iniziò a diffondersi un brusio stupito. Il re mi prese la mano, stringendola alle sue in segno di rispetto: - Arwen en amin, saesa omentien lle. Vanimle sila tiri*** -

Per la seconda volta in poco tempo mi ritrovai dinnanzi ad un reale, così feci un inchino, cercando di non mostrare quanto sgraziata in realtà fossi: - Suilad Elrond Hir. Valin ie echo lyaa su hanya!**** - risposi con un sorriso, onorata delle sue parole.

Lanciai di sfuggita un’occhiata a Thorin e vidi chiaramente nei suoi occhi quanto gli desse fastidio non capire un accidente.

Re Elrond si rivolse a tutti: - Nartho i noer, tholto i viruvor Boe i annam vann a nethail vin***** – Io annuii, ringraziandolo silenziosamente.

I miei amici però non furono dello stesso avviso: -Che sta dicendo? Quello ci sta offrendo insulti? – ringhiò Gloin, l’ascia già in pugno.

-No Gloin, ci sta solo offrendo del cibo – dissi io, scuotendo la testa. La loro espressione cambiò immediatamente. Si misero a confabulare tra di loro, ma alla fine cedettero, accettando l’offerta.

-Farò preparare per voi delle stanze e un bagno caldo. Sarei felice di avervi qui con noi per cena – concluse, con un gesto elegante della mano.

Un paggio mi invitò a seguirlo all’interno della reggia e mi condusse nella mia stanza. Appena spalancai la porta mi sembrò di essere finita in qualche storia dei fratelli Grimm: un letto a baldacchino dalle lunghe tende bianche troneggiava al centro, mentre appoggiata alla parete vi era una scrivania con un grande specchio appeso alla parete, la cornice intarsiata d’argento. Accanto al letto c’era un piccolo comodino in legno scuro e una sedia a dondolo, mentre un grande armadio occupava un’intera parete. In fondo alla stanza, era incavato un elegante camino in cui scoppiettava un fuoco ardente e di fianco era pronta una vasca d’acqua calda fumante.

Mi liberai immediatamente della mia cintura, dove tenevo legata la spada e mi buttai sul letto a pancia in giù, godendomi la morbidezza di quel materasso in piume. Poco dopo mi svestii e mi immersi nell’acqua bollente della vasca. Fu un vero sollievo tanto che rimasi ferma immobile, immersa fino alle orecchie per almeno quindici minuti.

Il mio momento di pace si concluse quando sentii qualcuno bussare alla porta della mia stanza.

-Aranel siete dentro? – domandò Thorin dall’esterno.

Merda. Imprecai sottovoce, cercando invano gli asciugamani. Li avevo lasciati sul letto dannazione.

-Si ci sono. Entrate pure – dissi rassegnata, nascondendomi più che potevo sott’acqua, la quale però era comunque trasparente.

-Re Elrond ha chiesto che vi sediate al tavo… - le sue parole morirono in bocca quando mi vide completamente nuda nella vasca. Mi guardò imbarazzato, poi guardò la porta – Non è un buon momento, scusate

Io accennai un sorriso più imbarazzato del suo: -Oh no, non importa. Ditemi pure – Tanto oramai il danno era fatto.

-Re Elrond ha chiesto di unirvi a noi al tavolo d’onore – farfugliò cercando di guardare altrove –Scusate per l’interruzione –

Io lo ringraziai con una mano e Thorin si avviò verso l’uscita a grandi falcate, l’imbarazzo ancora palese sul suo viso.

Quando fui sicura che avesse chiuso la porta sprofondai di nuovo nell’acqua. Mi sentivo veramente un’idiota, anzi peggio una deficiente. Avevo appena fatto una pessima figura di fronte al principe dei Nani. Di nuovo.

“Oramai penserà che sono una facile che invita la gente nelle proprie stanze mentre fa il bagno” pensai, appoggiando il capo tra le mani. Non riuscivo a immaginare con che coraggio sarei andata poi a cena e mi sarei seduta di fianco a Thorin.

Finii di lavarmi, insaponandomi per bene e sciacquando i capelli dalla schiuma colorata del sapone e poi uscii, lasciando pozzanghere d’acqua per tutta la stanza. Mi asciugai alla meno peggio e spalancai il grande armadio: c’erano più abiti lì che in quello che avevo a casa.

Dopo diversi tentativi optai per un abito semplice azzurro si seta leggerissima. Aveva le spalle scoperte, mentre le maniche si congiungevano a metà avambraccio per arrivare fino a terra. La gonna era liscia e toccava il pavimento a malapena, mentre sul petto erano ricamate delle passamanerie in oro. Allacciai comunque alla vita la cintura con la spada, sicura che anche i miei amici si sarebbero presentati armati di tutto punto.

Indossai anche il ciondolo di mamma, che sembrava fatto apposta per quell’abito.

Rifiutai di rimettermi i pesanti stivali di cuoio che mi aveva regalato Bofur e optai invece per un paio di sandali argento, a mo’ d’infradito. Mi pettinai per bene i capelli, districando una non piccola mole di nodi e alla fine, pur con un po’ d’imbarazzo, mi diressi sulla terrazza per la cena.

* = Amico mio! Dove sei stato?

** =  Stavamo inseguendo Orchi che venivano dal Sud. Ne abbiamo abbattuti diversi presso l'Ultimo Ponte

*** = Mia signora, è un piacere conoscerti. La tua bellezza risplende intensamente

**** = Salve Signore Elrond, è un piacere fare la tua conoscienza. 

***** = Siano accesi i forni, preparato il miruvor. Dobbiamo rifocillare i nostri ospiti! (Il Miruvor è un cibo prodotto dagli Elfi in occasione delle feste che dona rigenerazione e vitalità al corpo. Non si conosce la composizione ma si pensa che sia fatto con il miele dei fiori eterni del giardino di Yavanna)

Spazio Autrice:

Buonsalve a tutti! Come state?

L'aria d'estate e il fatto che domani sia l'ultimo giorno di scuola mi stanno illuminando l'anima, ma a parte questo direi di concentrarci sul capitolo.

La nostra cara Aranel è arrivata a Imladris, dove vi comunico fin da ora che rimarrà per diversi capitoli. Si intuisce già un po' quello che la nostra protagonista prova per il bel Principe di Erebor, ma tempo al tempo. E quale modo migliore per iniziare ad interagire con la persona che le piace se non con una bella figura di mer.... ?

Ho inserito questa scena comica apposta, per mostrare il lato "terrestre" di Aranel, molto lontano dalla solennità e dallì'austerità del carattere degli Elfii. In questo modo è davvero facile rispecchiarsi in lei, perchè ammettiamolo: chi di noi non ha mai fatto certe figure? 

Mi scuso se il capitolo non è lunghissimo, ma vi prometto che il prossimo lo sarà di più e soprattutto accadranno cose molto importanti. 

*Voce fuori campo* Ma basta con questi spoiler Jenny! *Zittisco la voce e me ne torno in un angolino*

Spero inoltre che vi siano piaciute le frasi in elfico! Alcune sono tratte dal film, mentre quelle inserite durante la conversazione tra Aranel e Re Elrond sono di mia invenzione (Seguendo il Sindarin ovviamente).

Adesso è il momento dei ringraziamenti: questa settimana una menzione speciale va alla nuova recensista Roxy_Quill, la quale ha anche aggiunto la storia tra le preferite insieme ad Ankoku10. Un'altra menzione importante va a FantasyAnimeManga96 che ha aggiunto la storia alle seguite. Ovviamente ringrazio tantissimo anche le mie fedeli recensiste, chi segue, preferisce e legge la storia. GRAZIE, GRAZIE!

Per questa settimana è tutto, vi aspetto mercoledì per un nuovo capitolo. Buone Vacanze a chi le inizia!

Un bacione,

                   Jenny

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Capitolo 7
*** Capitolo 5: In Fuga dagli Orchi ***


CAPITOLO 5: IN FUGA DAGLI ORCHI


-Ladri! Fuoco! Assassinio! –

Un omino alquanto strano sbucò fuori dalla vegetazione in testa ad una slitta trainata da conigli. Vestiva con abiti logori, inossava uno strano cappello di feltro e sulla tempia destra era coperto da quello che sembrava sterco di uccello.

Per la prima volta notai con piacere che la mia non era la sola espressione allibita: tutti i nani infatti fissavano quello strano individuo da capo a piedi, valutandone il grado di pericolosità.

-Radagast! – gridò ad un certo punto Gandalf, abbassando la spada e conficcandola nel terreno –E’ Radagast il Bruno! – Tutti noi abbassammo le armi e io riposi la mia spada nel fodero legato alla mia cintura.

Lo stregone si avvicinò al nuovo arrivato con sguardo indagatore: -Che cosa ci fai qui? –

-Ti stavo cercando Gandalf – disse Radagast preoccupato – C’è qualcosa di sbagliato! Qualcosa di profondamente sbagliato! – Sembrava davvero agitato, eppure l’espressione di Gandalf era delle più scettiche.

-Ma davvero? – disse infatti, quasi ironico.

Radagast fece per parlare, più di una volta, ma nessun suono uscì dalla sua bocca. Si grattò la testa, sbuffando: -Oh, dammi solo un momento… Avevo un pensiero e ora l’ho perso! – si lamentò lo stregone – Lo avevo qui, sulla punta della lingua! – disse indicando la bocca, dal quale uscì un insettino minuscolo, piuttosto innocuo a dire il vero, ma che mescolato alla scena mi diede comunque il voltastomaco.

-Insetto stecco – disse Gandalf, prendendolo e posandolo sul suolo, mantenendo sempre quell’espressione tra il serio e il divertito.

Radagast lo trascinò lontano da noi per discutere di chissà quale faccenda importante.

-Secondo voi di che parlano? – domandai io, sedendomi su una roccia liscia nelle vicinanze.

-Di sicuro non è qualcosa della massima importanza – biascicò Dwalin, appoggiandosi alla sua ascia conficcata nel terreno -Altrimenti Gandalf non avrebbe quel sorrisetto stampato in faccia -

I minuti passavano veloci eppure Gandalf non si muoveva. Era tutto impegnato nella sua conversazione con Radagast e i miei compagni iniziavano ad essere infastiditi. All’improvviso però un ululato selvaggio ci scosse da capo a piedi.

-E’ stato un lupo? – domandò Bilbo impaurito – Ci sono lupi qui intorno? –

Mi alzai immediatamente, pronta ad usare la mia spada se necessario: non mi erano mai piaciuti gli animali feroci, nemmeno allo zoo. Sembravano sempre pronti ad uccidere con quelle loro zanne spaventose.

-Lupi? Non credo ci siano lupi qui – sussurrò Bofur, brandendo un grosso martello.

Sentii un ringhio più forte alle mie spalle e l’ultima cosa che vidi fu il braccio di Thorin che mi spingeva a terra, prima di essere attaccato da una sottospecie di lupo gigante dal lungo pelo grigiastro. Battei la testa sul terreno e un fitto dolore si propagò per tutto il corpo. Mi massaggiai la zona colpita, prima di rimettermi in piedi barcollando. Vidi che un altro di quegli esseri giaceva morto ai piedi di Dwalin, il quale doveva avergli dato una bella lezione.

-Stai bene? – mi domandò Thorin avvicinandosi.

Io annuii, ignorando il mal di testa: -E’ solo una botta –

Lui sospirò, gettando un’occhiata di disprezzo al grosso lupo: -Un mannaro ricognitore. Un branco di orchi non è molto distante – concluse.

Gli occhi di Bilbo si fecero più grandi di quelli di Ori: -O… orchi hai detto? – La mia espressione era identica alla sua. Era bello però non sentirsi l’unica fuori luogo in quella situazione.

Gandalf avanzò furente, la fronte solcata da profonde rughe per la rabbia: -A chi hai parlato della missione oltre che alla tua famiglia? –

-A nessuno – rispose neutro Thorin.

-A chi lo hai detto?! – insistette Gandalf, con la voce più stridula.

-A nessuno, lo giuro – ribadì Thorin, impassibile – In nome di Durin, che sta succedendo?? –

-Vi stanno dando la caccia –

“Ottimo” pensai. Mi trovavo in una terra selvaggia, insieme a dei nani, braccata da un pugno di orchi. Non poteva esserci situazione migliore. O più credibile, dipende dai punti di vista.

-Dovremmo andarcene – proposi io, indicando il bosco con il pollice.

-Non possiamo – la voce di Ori sopraggiunse preoccupata – I pony non ci sono più! –

Ed ecco un’altra ottima notizia! La giornata proseguiva di bene in meglio. Bilbo sembrava della mia stessa opinione, visto che continuava a sospirare nervosamente. A quanto pareva, nemmeno lo Hobbit doveva essere esperto di fughe, combattimenti e missioni suicide.

-Voi andate – disse Radagast, salendo sulla sua slitta –Li depisto io –

Gandalf scosse la testa profondamente contrariato: -Questi sono mannari di Gundabad, ti raggiungeranno! –

Radagast lo fissò con aria di sfida, inforcando le redini: - E questi sono conigli di Rhosgobel. Vorrei che ci provassero – in un secondo, lo stregone partì, lasciandosi dietro una scia di polvere e foglie secche.

Sentimmo gli ululati farsi più lontani e lo scalpiccio di zoccoli diminuire. Gandalf si mise in testa al gruppo, ordinandoci di seguirlo.

-Qualunque cosa succeda, resta dietro di me, siamo intesi? – mi disse Thorin, afferrandomi la mano. Non mi diede nemmeno il tempo di rispondere che mi ritrovai a correre come una forsennata in mezzo ad una landa semi deserta, dove c’erano solo grossi massi di pietra e qualche ciuffo di erba rinsecchita.

I posti per nascondersi scarseggiavano, così fummo costretti a spostarci da un masso all’altro alla velocità della luce, con il rischio di essere scoperti. Ad un tratto vedemmo la slitta di Radagast strisciare davanti a noi e fu in quel momento che mi accorsi delle schifose creature che cavalcavano quelle bestie immonde. Sembravano uscite da quei videogiochi super violenti per playstation che vedevo nei negozi di Londra.

-Restate uniti! – gridò Gandalf, facendoci fare dietrofront per non essere scoperti.

Avevo il cuore che batteva a mille, non solo per la stanchezza, ma anche per l’emozione. Non avevo mai pensato di poter correre un pericolo del genere e non ero nemmeno sicura di comprendere appieno la gravità della situazione in cui mi trovavo.

In fin dei conti, la probabilità di rimanerci secca era parecchio elevata.

Dopo esserci spostati per almeno una decina di volte, Gandalf ci ordinò di accucciarci dietro ad un masso più grande degli altri. Un tonfo mi fece capire che uno degli orchi era balzato sopra di noi.

Mi morsi il labbro per evitare di urlare e di essere scoperti. Thorin fece un cenno a Kili, il quale in un secondo balzò allo scoperto e colpì il mannaro e l’orco con una freccia. Quelli iniziarono a dimenarsi come dei forsennati, ringhiando e attirando l’attenzione dei loro compagni su di noi, fino a quando Dwalin e Bifur non li finirono.

Ricominciammo a correre per quelle lande desolate, fino a quando capimmo di essere circondati. Orchi e mannari si avvicinavano lentamente a noi, ghignando. Io sguainai la spada, restando però sempre dietro a Thorin.

-Dov’è Gandalf? – domandò Ori preoccupato. Mi guardai attorno e in effetti dello stregone non c’era più traccia. Che se la fosse svignata?

Stavo già iniziando a pensare che lo stregone ci avesse abbandonato quando fece capolino da una roccia concava: -Da questa parte stupidi! – gridò. 

In un secondo mi buttai nell’incavo, seguita da tutti i miei compagni, mentre Thorin, Fili e Kili restavano fuori a difenderci.

-Venite giù! – gridai io. Temevo che gli orchi avrebbero potuto far loro del male. Per fortuna dopo pochi secondi li vidi scivolare nella roccia tutti e tre, perfettamente integri, e tirai un sospiro di sollievo.

In lontananza si sentì uno squillo di tromba e un rumore di zoccoli equini crescente. Si susseguirono clangori di spade e sibili di frecce, fino a quando il cadavere di un orco rotolò ai nostri piedi, infilzato come uno spiedino da una lunga freccia d’argento.

-Elfi – abbaiò Thorin, estraendo la freccia.

La voce di Dwalin però richiamò l’attenzione di tutti: - Non vedo dove finisce questo sentiero. Lo seguiamo o no? – domandò indeciso, accennando ad una stretta stradina in fondo alla grotta.

-Lo seguiamo, certamente – disse Bofur, annuendo.

Ci mettemmo tutti in fila e iniziammo a seguire Dwalin lungo la strada. Era così stretta che non ci si poteva passare in due e difatti Bombur si bloccò più di un volta, necessitando dell’aiuto di Bifur per disincastrarsi. Ci trovavamo diversi metri sotto terra eppure si vedeva chiaramente la luce del sole che splendeva sopra le nostre teste.

Quando finalmente, dopo un’interminabile camminata, uscimmo da quella minuscola stradina mi ritrovai davanti ad un paesaggio mozzafiato che ancora oggi mi fa battere il cuore al solo ricordo.

Spazio Autrice:

Salve a tutti, anime belle!
Rieccoci qui con un nuovo capitolo:  come avrete notato questa scena è presa pari passo da quella del film, alla quale ho semplicemente aggiunto il personaggio di Aranel  (Odiatemi o amatemi, ma io credo che una scena così bella non possa essere troppo modificata). La nostra protagonista inizia sempre di più  a comprendere i reali rischi del nuovo mondo che la circonda: povera fanciulla, già si preoccupa per un paio di mannari e di orchi che la rincorrono, cosa farà quando incontrerà il Drago?! 

Chi lo sa, lo scopriremo più avanti. Per questa settimana credo di non avere più nulla da dirvi, tranne che fa un caldo boia e che ciò non aiuta la mia mente a partorire nuovi capitoli.

Ringrazio tutti quelli che continuano a leggere, recensiscono, mettono tra i preferiti e seguono. Vi aspetto mercoledì prossimo!

Un bacione,

                  Jenny

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Ombre dal Passato ***


CAPITOLO 7: OMBRE DAL PASSATO

Il termine più adatto per descrivere quella cena probabilmente è uno solo: SCEMPIO.

La serata era già partita male quando Thorin mi aveva visto completamente nuda nella vasca da bagno ed era proseguita di male in peggio.

Arrivai sulla terrazza dove si sarebbe tenuta la cena in perfetto orario, guadagnandomi i complimenti dei miei compagni per il mio vestito. Le loro parole mi fecero davvero tanto piacere, anche perché nessuno, a parte i miei genitori forse, mi aveva mai fatto dei complimenti. La mia espressione passò da serena a paonazza non appena vidi Thorin arrivare insieme a Gandalf e Re Elrond.

Non appena incontrai il suo sguardo, lo rivolsi immediatamente altrove e notai che anche lui fece altrettanto. Doveva sentirsi imbarazzato almeno quanto me.

Re Elrond mi invitò a sedermi al tavolo d’onore insieme Thorin e Gandalf, mentre gli altri occupavano due lunghi tavoli alle nostre spalle. Avevo una fame da lupi, dal momento che non avevo più toccato cibo da quando Bofur aveva cucinato quella fantastica minestra, la prima sera in cui ero arrivata, ma quando vidi arrivare i servitori con le portate il mio stomaco si chiuse su se stesso come un riccio.

Verde. Verde e ancora verde.

Evidentemente gli Elfi dovevano essere vegetariani: arrivarono diverse portate, tutte a base di lattuga, radicchio, spinaci e cetriolini. Sentii i miei amici da dietro lamentarsi per la mancanza di carne e il grugno arcigno di Dwalin e l’espressione sconsolata di Ori furono la conferma che nemmeno loro gradissero il pasto.

Nel frattempo Gandalf e Re Elrond chiacchieravano animatamente, sorseggiando vino rosso e non accorgendosi del malcontento generale, mentre io e Thorin ci guardavamo con aria disgustata, riferendoci al cibo.

“Per lo meno abbiamo superato l’imbarazzo” pensai.

Non appena arrivò una cesta di pane iniziai a ingozzarmi come un animale, cercando di mantenere però un minimo di decoro.

-Siete molto affamata a quanto vedo – disse il Re, probabilmente ironizzando sul mio comportamento poco consono.

Misi giù la mezza pagnotta che tenevo in mano, pulendomi le labbra con un tovagliolo: -Molto – risposi semplicemente, onde evitare di dire qualche idiozia.

-Portate con voi delle spade di fattura elfica se non erro – proseguì re Elrond, spostando lo sguardo da me a Thorin, lasciando intendere di voler dare un’occhiata.

Il principe slegò la sua spada dal fianco e la porse con riluttanza a Elrond, il quale iniziò a osservarla con attenzione: - Questa è Orcrist, la Fendi Orchi. Una lama famosa, forgiata dagli Alti Elfi dell’Ovest – gliela riconsegnò con un lieve sorriso – La mia famiglia. Possa servirti bene – gli augurò. Thorin fece un cenno di ringraziamento, questa volta privo di irriverenza.

-E questa è Glamdring – proseguì Re Elrond, sfoderando la spada di Gandalf –La spada del Re di Gondolin –

A quel punto slacciai anche io la mia spada dalla cintura e gliela consegnai, curiosa di sapere quale fosse il nome della mia spada: -Questa invece, Lady Aranel, è Endacil, la vittoriosa, spada di Ingwë, capostipite della stirpe degli Amanyar, la famiglia di tua madre –

Mi sentivo estremamente onorata di portare una spada così importante, appartenuta un tempo alla famiglia della mia mamma, ma non appena Re Elrond me la riconsegnò, mi sembrò di cadere nel vuoto e un bagliore dorato baluginò dal ciondolo che portavo al collo, quasi bruciandomi per il calore. L’ultima cosa che ricordo furono le forti braccia di Thorin che accorsero per evitare che battessi la testa.

Poi il buio.

Vidi davanti a me un susseguirsi di immagini rapide e confuse, prive di qualsivoglia significato. Mi sembrava di trovarmi in mezzo ad una volta stellata, e davanti a me c’erano due alberi immensi, uno d’oro e uno d’argento, che splendevano come soli. Irradiavano una strana energia, un qualcosa che sentivo scorrere in ogni parte del mio corpo, dalla punta dell’alluce all’ultimo capello. L’immagine baluginò immediatamente, mostrandomi una splendida nave che solcava il mare all’ombra del tramonto, poi un guerriero in armatura splendente che brandiva la mia spada e infine una donna dal volto coperto che tendeva il suo braccio verso di me, chiamandomi per nome. La sua voce appariva lontana, eppure non avevo bisogno di vedere il suo volto per sapere di chi si trattasse.

Era lei, era la mia mamma.

Quando aprii gli occhi iniziai a respirare in maniera irregolare, come se fossi appena riemersa da una vasca piena d’acqua. Sbattei le palpebre rapidamente per mettere a fuoco la scena e notai che tutti i miei amici erano lì attorno a me, con sguardi preoccupati.

-Aranel, Aranel guardami, va tutto bene. Va tutto bene – mi disse Thorin, stringendomi una mano. Teneva il suo braccio sotto la mia nuca e i suoi occhi di ghiaccio erano puntati nei miei, ancora pieni di spavento. Strinsi di rimando la sua mano, tremando come una foglia.

-Io… Io ero… Gli Alberi…. La nave – farfugliai, conscia del fatto che le mie parole non avessero senso, ma il dolore alla testa era così forte da impedirmi di creare un discorso serio.

-Ci dirai tutto più tardi – mi disse Thorin, passandomi una mano sulla fronte. Lo sentii dire qualcosa a Re Elrond, ma i miei sensi erano troppo storditi per captare il suono della loro voce. Così mi lasciai andare alla stanchezza e mi addormentai con la testa sul petto di Thorin.

Ma ancora una volta, quella lunga serie di immagini senza senso tornò a riempire la mia mente, lasciandomi nel cuore una profonda nostalgia della mia mamma.

Mi svegliai molto più tardi: ero nel letto della mia stanza e il cielo scuro tempestato di stelle e rischiarato da una pallida luna mi fece intendere che la notte era sorta da un pezzo. Una quiete surreale regnava su Imladris, una calma così silenziosa che sulla Terra non si sarebbe potuta mai trovare.

Mi stiracchiai tra le soffici lenzuola e sentendo che il sonno mi aveva abbandonato mi alzai e mi diressi verso la terrazza più vicina per prendere un po’ d’aria fresca. Nei corridoi non c’era un’anima e l’unico rumore che si sentiva era lo scrosciare delle cascate della montagna.

Raggiunsi una piccola terrazza poco lontana dalla mia camera, fatta completamente di marmo bianco, sulla quale erano disposte in maniera casuale alcune eleganti sedie di legno chiaro. Mi appoggiai alla ringhiera, osservando il meraviglioso paesaggio della valle. La pace di Imladris mi trasmise subito una sensazione di ordine e tranquillità che per un breve momento mi fece dimenticare le strane immagini che avevo visto quella sera.

-E’ una notte meravigliosa, non trovi? – una voce cristallina, chiara e dolcissima mi distrasse dai miei pensieri, facendomi voltare di scatto.

Una donna alta e snella dall’incarnato diafano, gli occhi blu come l’oceano e lunghissimi capelli color della luna mi guardava con un’espressione bonaria, le mani in grembo in una postura rigida. Era probabilmente la creatura più bella che avessi mai visto, superava addirittura la mia mamma.

-Vi ho disturbata per caso? – domandai io, timorosa di rovinare quell’aura di perfezione che aveva intorno –Non mi sembrava che ci fosse qualcuno. Chi siete? –

Lei mi raggiunse, mantenendo sempre quella posizione rigida e il dolce sorriso sul volto: -Io sono Lady Galadriel, la Dama di Lòrien, sposa di Celeborn. E vedo che tu Aranel, figlia di Lilith, porti tristezza e paura negli occhi. Cosa ti turba? –

Non mi stupii che conoscesse il mio nome e qualcosa in lei mi spinse a farle le tanto agognate domande che mi portavo dentro da quando ero piccola. Aveva una strana scintilla negli occhi, un barlume di profonda saggezza e conoscenza che la rendeva quasi simile ad una dea.

-Conoscete la storia di mia madre? – le chiesi, guardandola fiduciosa negli occhi color zaffiro –Se si vi prego parlatemene –

-Conosco una parte della storia di Lilith – disse, guardando un punto imprecisato davanti a se – Il resto sarà compito tuo scoprirlo –

-Lilith era una degli Alti Elfi Amaynar, la stirpe di Ingwë. Fu una dei pochi a cui fu concesso l’onore di salpare verso Valinor, le Terre Immortali e di vedere la luce e la grandezza dei Due Alberi. La sua famiglia si stabilì in quelle terre definitivamente, ma l’amore di Lilith per la Terra di Mezzo superava qualunque meraviglia concessa dal potere di Valinor. Fu così che, insieme ad un esiguo gruppo di Elfi, decise di tornare indietro. I Valar furono talmente colpiti dal suo coraggio e dalla sua scelta che le fecero dono di due pendenti, i quali racchiudevano una piccola parte della luce e dell’immenso potere dei due Alberi, così da ricordare che avrebbe sempre avuto con se una luce, anche nei momenti più bui – accennò alla collana che indossò –E noto con piacere che uno è stato donato a te –

Spostai lo sguardo sul ciondolo e istintivamente lo strinsi: -E’ il ricordo più caro che ho di lei- dissi con un velo di malinconia – Cosa accadde dopo? –

Lady Galadriel tornò a fissare l’orizzonte: -So che dopo la Guerra dell’Anello si unì in matrimonio a Thranduil, re degli Elfi Silvani di Boscoverde il Grande. Non so di più, mi spiace –

Io annuii, ringraziandola mentalmente per quelle preziose informazioni. Non avrei mai immaginato che prima di mio padre la mamma avesse potuto sposare un re. La sua storia si stava rivelando assurda e io non avevo la minima idea di come scoprire il resto.

-Non preoccuparti giovane Aranel – disse Lady Galadriel, quasi leggendo i miei pensieri – Troverai Thranduil sul tuo cammino e a quel punto potrai sapere il resto della storia –

La sua voce soave e rassicurante non fecero altro che alimentare il mio cuore di speranza e di gioia: -Vi ringrazio di cuore Lady Galadriel – dissi, facendo un inchino per congedarmi.

Stavo per tornare nella mia stanza, quando la Dama di Lòrien mi richiamò: -Un’ultima cosa, mia cara – mi voltai curiosa, vedendo la sua espressione mutare in un sorriso quasi materno – Non crucciarti per ciò che sei: se quello che provi per il giovane principe è vero amore, nulla potrà impedire che si avveri –

La guardai con gli occhi spalancati e sentii un rossore pervadere le mie guance: questa cosa del leggermi nella mente mi stava inquietando non poco. Eppure sentivo che voleva solo aiutarmi.

-Io non sono sicura di quello che provo – biascicai, guardando per terra, mentendo più a me stessa che a lei –E so che nel profondo Thorin odia gli Elfi. Non credo che potrebbe mai nascere qualcosa-

Lei mi accarezzò una guancia e mi sentii come se dei petali di rose avessero solcato il mio viso: -Nel suo animo lui prova un grande risentimento nei confronti degli Elfi, questo è vero. Ma nei tuoi confronti Thorin Scudodiquercia sente qualcosa di più di semplice senso di protezione e affetto. E sono certa che al momento giusto tutto questo sboccerà –

-Presumo di dovermi fidare di voi per scoprirlo… - sussurrai, guardandola.

Lady Galadriel annuì e con un dolce sorriso esattamente come era arrivata, svanì.

Mi lasciò lì, sulla terrazza, sola a ripensare alle sue parole e a quei meravigliosi occhi di ghiaccio che oramai ero certa si fossero impossessati del mio cuore.

Spazio Autrice:

Buongiorno a tutti!
Cosa ne pensate? Finalmente abbiamo aggiunto al puzzle un tassello sulla storia di Lilith così la nostra Aranel può cominciare a scervellarsi per trovare le risposte. Cosa avrà scatenato in lei quelle visioni? E per quale motivo ha visto certe immagini? Lo scopriremo nel prossimo capitolo, tranquilli.

La storia della spada di Aranel e di Lilith è completamente di mia invenzione, perciò graziatemi se più avanti dirò qualche fesseria, ma mi serve per la trama della storia!

Oggi sono un po' di fretta, quindi passerei subito ai ringraziamenti di questa settimana:  ringrazio sempre tutti coloro che in qualche modo mi supportano (leggendo, recensendo etc,) e faccio una menzione particolare a mangamylove, michela30 e Sabry_Ace_Will_Never_Die per aver aggiunto la storia alle seguite. Grazie di cuore!

Io vi mando un bacione e vi aspetto al prossimo capitolo! 

Vi avviso che settimana prossima sarò al mare e non potrò aggiornare, perciò vi aspetto al mio rientro domenica 25.

Un bacione,

                    Jenny

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: La Profezia ***


CAPITOLO 8: LA PROFEZIA

La mattina dopo, quando mi svegliai, il sole era già alto. La comodità del letto e il piacevole tepore delle coperte mi impedivano di alzarmi, ma dopo un po’, con una buona dose di volontà, mi decisi a uscire da lì e ad andare a fare colazione.

Indossai nuovamente l’abito azzurro della sera precedente e dopo essermi sciacquata e pettinata uscii dalla stanza: il sole splendeva radioso su Imladris e una fresca brezza mattutina levava ogni traccia di sonno dal viso.

Mentre camminavo per i corridoi marmorei del palazzo, vidi avvicinarsi quell’elfo bruno che il giorno prima aveva salutato Gandalf: -Lady Aranel, Re Elrond vi attende nella sala delle riunioni per parlare con voi – mi disse pacatamente, facendomi segno di seguirlo.

Io annuii, conscia del fatto che il mio stomaco brontolante avrebbe dovuto attendere. Probabilmente volevano sapere che diavolo era successo la sera prima, e in tal caso da me non avrebbero ottenuto nessuna risposta, dal momento che non ne avevo la più pallida idea.

Seguii l’elfo – che scoprii portava il nome di Lindir – fino ad un grande portone di legno chiaro, intarsiato con motivi floreali. Qui mi lasciò e in pochi secondi la porta maestosa si aprì, rivelando un ampia terrazza bianca al centro della quale troneggiava un piccolo gazebo di legno bianco, coperto con tende pallide di seta color avorio. Lì erano radunati Re Elrond, Thorin e Gandalf e non appena mi sentirono arrivare mi rivolsero un cenno di saluto.

-Buongiorno Lady Aranel – cominciò il Re –mi auguro che la notte vi abbia recato riposo –

Io annuii, sorridendo: -Molto, vi ringrazio –

-Credo che sappiate perché vi abbiamo convocata – riprese Re Elrond, camminando lentamente come un avvoltoio –Quello che è successo ieri ci ha spaventati non poco –

Io lo guardai negli occhi e lessi una profonda preoccupazione. Lanciai un’occhiata anche a Gandalf e Thorin, i quali sembravano dello stesso avviso. Non capivo però come mai avessero così tanta paura, infondo ero solo svenuta.

E avevo visto cose senza senso.

-Vogliamo solo sapere se ti ricordi qualcosa di ciò che hai visto ieri – disse Thorin, cercando di sdrammatizzare la situazione – E’ un fardello avere delle visioni, specie se incontrollate –

Re Elrond mi fece segno di accomodarmi su una delle panchine nel gazebo, offrendomi una tazza di the nero fumante. Mi sedetti di fronte ai miei tre interlocutori, tenendo la tazzina di porcellana in grembo.

-Allora, cosa hai visto di preciso? Dopo che ti sei ripresa, ieri sera, hai iniziato a farneticare parole a casaccio – mi domandò il Re, sorseggiando la bevanda calda dalla sua tazza.

-Io… Beh, insomma… - non riuscivo a trovare le parole per descrivere ciò che avevo visto –Io ho… ho visto una volta stellata con due alberi immensi che brillavano come soli. Mi sentivo come travolta dall’energia che emanavano – dissi, cercando di essere più chiara possibile.

-Gli Alberi di Valinor – sussurrò Gandalf – Tu hai visto la gloria di Telperion e Laurelin. E’ un privilegio che pochi hanno avuto nella Terra di Mezzo, tra cui tua madre – Mi tornarono alla mente le parole di Lady Galadriel, quando mi aveva narrato la storia della mia mamma.

-Cosa hai visto d’altro? – Domandò Re Elrond, che non mostrava alcun segno di stupore o meraviglia.

-Ho visto una nave salpare al tramonto, un uomo che brandiva la mia spada e… - la malinconia montò nel mio cuore come se si fosse acceso un interruttore – la mia mamma –

Sentii Thorin, Gandalf e Re Elrond parlottare sottovoce, ma mi trovavo troppo lontano per sentire che cosa stessero dicendo.

-L’ipotesi più plausibile – riprese Re Elrond – E’ che tu abbia avuto una visione del passato. Hai visto il momento in cui Lilith e la sua stirpe salparono per le Terre Immortali e videro la luce degli alberi di Valinor –

Quindi avevo visto in diretta la vita della mia mamma. Mi sembrava una cosa assurda, ma evitai di dirlo, ricordandomi che in quel mondo le cose funzionavano in maniera piuttosto diversa.

Inoltre il fatto che non sembrassero sorpresi che non ponessi domande in merito a ciò che avevano appena detto mi lasciò dedurre che dovevano aver mandato loro Lady Galadriel a parlare con me, la sera prima.

-Non è la prima volta che vedi un evento passato – aggiunse Thorin –Ricordi l’incubo di qualche notte fa? E’ anch’esso una visione del passato –

-Come ti ho già detto, non ricordo di aver visto nessuna città in fiamme – ribadii a Thorin, scuotendo la testa.

-E invece si, mia cara – si intromise Gandalf – L’ultima volta che Lilith fu vista, fu durante l’assalto alla città di Dale da parte del drago Smaug. La città bruciava sotto il ruggito della bestia e del suo fiato infuocato. Tua madre era lì con te, che eri solo una neonata in fasce. Eppure la tua mente ha serbato un ricordo di quel terribile giorno – concluse lo stregone.

Mi sembrava ancora più assurdo di quanto detto prima.

-Ipotizzando che quello che voi dite sia vero – iniziai io – Sarei in grado di avere delle visioni di eventi passati della mia vita –

Quelli annuirono, seguendomi nel mio ragionamento.

-Allora come ho fatto a vedere quello sprazzo della vita di mia madre? – domandai.

-Qualcosa deve aver catalizzato il ricordo dalla mente di Lilith alla tua – rispose Gandalf prontamente –E credo di sapere che cosa – Lo stregone indicò con il suo bastone di legno il mio petto, esattamente dove pendeva il ciondolo della mamma.

-Se la gemma che porti è ciò che penso, sono più che certo che si tratti del tramite tra i tuoi ricordi e quelli di Lilith –

Solo allora, osservando il ciondolo a forma di sole, gli occhi di Re Elrond si spalancarono: -Non è possibile… - sussurrò con voce tremante – La leggenda dice che andarono perduti migliaia di anni orsono –

Come di consueto non stavo capendo più di tanto. Il fatto che parlassero sempre come se io fossi informata su tutto mi dava i nervi. E quello mi lasciava sempre più basita era la quantità esorbitante di misteri e stranezze che circondavano la vita di mia madre.

-Potreste essere così gentili da spiegare qualcosa anche a me, per cortesia? – domandai io, con il tono più educato di cui ero capace.

-Il ciondolo che porti, nella lingua degli Elfi viene chiamato Elanor, la stella del sole – disse Re Elrond -E’ uno dei due Galathìl, i monili che racchiudono la luce di Valinor. Furono donati dai Valar a tua madre, quando decise di tornare nella Terra di Mezzo – Mi ricordai subito della storia di Galadriel.

-Quello che possiedi tu racchiude l’energia di Laurelin, l’albero d’oro – continuò Gandalf, malinconicamente – Ma esiste anche un suo gemello, il cui nome è Ithilbor, il fedele alla luna, che detiene il potere di Telperion, l’albero d’argento –

Gandalf e Re Elrond si lanciarono un’occhiata complice, poi il mago riprese la parola: -Tutti pensavano che i due Galathìl fossero andati perduti migliaia di anni fa, ancor prima della Guerra dell’Anello –

Ma vi pare che io sapessi cosa fosse la Guerra dell’Anello? Ovviamente no, ma per loro non sembrava essere un problema, così continuai ad ascoltarli, pur avendo mille domande.

-Eppure a quanto pare la gemma del Sole è sempre rimasta con Lilith, che la ha donata a te – disse Re Elrond, alzandosi e ricominciando a camminare in maniera nervosa – Credi che tua madre potesse avere ancora anche la gemma della Luna? –

A questo punto oramai non sapevo più a cosa credere: fino a pochi giorni prima pensavo che mia madre fosse una semplice donna, una persona comune, mentre ora venivo a sapere che era legata a Elfi, Nani, Stregoni e ad Alberi che reggevano l’equilibrio dell’universo.

-Non ho mai visto mia madre portare un ciondolo del genere – dissi io sinceramente – L’unico che indossava sempre e che ha donato a me dopo che è morta è questo –

Re Elrond annuii, evidentemente deluso: -Quel gioiello è stato donato dai Valar a tua madre ed ora è giusto che lo tenga tu, ma devo avvisarti: in esso è racchiuso un potere immenso, qualcosa che forse nel tuo mondo non ha mai trovato il modo di esprimersi, ma che qui farà sicuramente. Fanne buon uso ed evita che cada nelle mani sbagliate – Quel tono solenne e severo mi fece accapponare la pelle, tanto che abbassai lo sguardo.

All’improvviso però il portone di legno della terrazza si spalancò e un Oin tutto trafelato fece il suo ingresso.

-Thorin! Thorin! E’ successo di nuovo – gridò, riprendendo fiato per la probabile lunga corsa che doveva aver fatto –Ne ho vista un’altra! Questa notte, nei sogni! –

Thorin gli si avvicinò, consigliandogli di calmarsi e di riprendere fiato, se non voleva rischiare di rimanerci secco: -Che cosa è successo? Cosa hai visto? –

Nel frattempo io, Gandalf e Re Elrond ci guardavamo con un’espressione interrogativa.

-Una profezia! Una profezia su di noi! – disse Oin, strabuzzando gli occhi. Estrasse una piccola pergamena dalla tasca e la mostrò a Thorin, che la lesse ad alta voce.

Il sangue dei Durin bagnerà la diafana terra

Quando l’acqua e il fuoco saranno uniti in un abbraccio.

Il Tre e il Due si affronteranno lasciando dietro di se una nera scia

Dopo che la Terra sputerà la stirpe dell’Inferno del Nord.

Solo la luce potrà risanar l’antica ferita,

Riportando l’onore sui suoi passi.

E quando la luna piena brillerà alta nel cielo

Ciò che era sempre stato, svanirà in eterno”

Spazio Autrice:

Buonasera anime mie!
Sono tornata oggi da una piccola vacanza e come promesso eccomi qua con un nuovo capitolo: in questa occasione vengono dette mooooolte cose e alcune spiegate (in parte ihihi). Ma non temete, c’è ancora tanto da scoprire!
Vorrei precisare che tutta la storia legata alle gemme racchiudenti la luce di Valinor è una mia invenzione, anche se Tolkien aveva scritto qualcosa di simile ne “Il Silmarillion” che tuttavia ho preferito non riprendere. I nomi utilizzati per i due monili sono presi dall’Elfico e il loro significato è esattamente quello spiegato nella storia.
Oggi però, piuttosto che sul capitolo in sé, ci terrei a soffermarmi su qualcos’altro: da qualche settimana ho notato che c’è stata una drastica diminuzione di letture e di recensioni, perciò ho iniziato a farmi qualche domanda.
Ho sbagliato qualcosa?
Mi piacerebbe che me lo diceste se la storia ha qualcosa che non vi piace o qualche aspetto che vorreste fosse approfondito perché la storia è mia quanto vostra, dal momento che siete i miei lettori e vorrei migliorare sempre di più.
Giuro che non mi offendo se mi fate notare qualcosa di negativo, anzi, lo prendo come spunto per imparare, anche per la stesura di storie future.
Questa volta sono davvero ansiosa di sentire i vostri pareri perciò vi invito caldamente a commentare, a lasciare un messaggio privato o se siete più comodi anche corvi e segnali di fumo!
Oggi ci terrei a fare un ringraziamento molto speciale a ThorinOakenshield (o meglio Lucri) per la sua costante presenza e per le bellissime parole che mi riserva ogni settimana. Davvero, grazie di cuore!
Per questa settimana credo di aver detto tutto (e forse di essermi dilungata un po’ troppo), perciò senza ulteriori indugi vi do appuntamento a settimana prossima!
Vi aspetto, un bacione!
                                          Jenny

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: Confessioni ***


CAPITOLO 9: CONFESSIONI

Con poche brevi parole Re Elrond mi congedò, mentre si accingeva a discutere sulla profezia insieme agli altri. Il fatto che non mi volesse tra i piedi mi fece intendere che riguardava qualcosa di molto importante che io non avrei mai potuto capire.

Passai il resto della mattinata a zonzo per Imladris, insieme a Bilbo, osservando sale luminose e splendidi arazzi istoriati. Lo Hobbit infatti mi aveva raggiunto dopo che i nani avevano deciso di andare a farsi un bel bagno nella fontana di Re Elrond, cosa che gli era parsa assolutamente inappropriata.

Pranzammo insieme e dopo aver chiacchierato del più e del meno ci ritirammo nelle nostre stanze per quella che Bilbo definì “Una bella dormitina post pranzo”. Mi buttai a peso morto sul letto, desiderosa di farmi un bel riposino, dal momento che quella notte avevo dormito male e veramente poco.

Ero sul punto di dormire quando il mio sguardo cadde ai piedi del letto, dove avevo lasciato la spada donatami da Gandalf. La lama brillava, colpita dai raggi del sole che penetravano dalla finestra, producendo un bagliore argentato.

Fu in quel momento che realizzai che non sapevo usarla. Certo, come avevo detto allo stregone sapevo tirare di scherma, ma ero più che certa che una lama elfica non sarebbe stata facile da utilizzare.

Abbandonai immediatamente l’idea di fare un sonnellino e, allacciata la spada alla cintura dell’abito, mi diressi fuori, in cerca di un posto in cui esercitarmi ad usarla. Mi venne in mente che vicino alla piazzetta bianca dove ci avevano condotto gli Elfi quando eravamo arrivati, si trovava una stradicciola che portava a valle. Poteva essere un posto perfetto per imparare ad usare la mia spada.

Non ci pesai due volte e in pochi minuti raggiunsi la mia destinazione e svoltai per la stradina di marmo e ciottoli bianchi che conduceva direttamente ai piedi del fiume. La strada era un po’ ripida e dopo alcuni minuti di camminata mi ritrovai a valle, mentre Imladris si ergeva in tutta la sua bellezza davanti ai miei occhi in uno spettacolo meraviglioso.

Attorno a me l’unico rumore udibile era il forte scroscio dell’acqua fluviale che cadeva dalle cascate e nient’altro. Ero solo io e la natura. In quel momento ripensai a quanto quel posto, quell’atmosfera fossero così diverse dalla frenesia e dai forti rumori di Londra.

Sguainai la mia spada, la lama splendente per il riflesso della luce pomeridiana: era passato davvero tanto tempo dall’ultima volta che avevo tirato di scherma con papà e questo mi aprì una grande ferita nel cuore. Mi mancava tanto e mi dispiaceva essere sparita in quel modo. Speravo solo che prima o poi sarebbe riuscito a trovarmi.

Mi scossi dai quei malinconici pensieri e mi concentrai sull’arma: la feci roteare nella mia mano più volte e tentai qualche affondo. Mi sentii subito un’idiota: era completamente diverso da un fioretto.

Impugnai l’elsa e iniziai a lanciare fendenti nell’aria, muovendo le gambe repentinamente, come vedevo fare nei film di guerra. Non avevo la minima idea di come si facesse a combattere, ma ero più che sicura che quello non fosse il modo giusto.

-Sbagliate a impugnarla – una voce profonda mi colse di sorpresa alle mie spalle. Thorin era appoggiato con la schiena ad uno degli alberi vicino al fiume e mi guardava con l’aria di chi è abituato a vedere gente incapace con le armi.

-Oh… - sillabai io, dando un’occhiata alla lama che tenevo in mano -Cosa ci fate qui? – domandai, cercando di sembrare disinteressata. In realtà sentivo il cuore battere a mille dentro al petto e pregai che le mie guance non stessero diventando rosse.

-Stavo tornando alla mia stanza, dopo la riunione con Re Elrond, quando vi ho vista prendere la strada per il fiume – disse pacatamente.

-Mi state seguendo per caso? – domandai piccata.

Thorin sogghignò, pur mantenendo quell’espressione seria e composta che lo contraddistingueva: -Non seguendo – disse, avvicinandosi -Direi piuttosto controllando. Non vorrei che vi capiti qualcosa mentre siete sola, come ieri sera –

In quel momento sentii una stretta al cuore. Non di paura o dolore, ma di pura felicità. Il fatto che qualcuno si preoccupasse per me mi fece capire che finalmente avevo trovato un posto in cui stare bene per davvero.

-Comunque, se me lo permettete, mi piacerebbe insegnarvi un paio di cose –

Io annuii, riprendendo la spada che nel frattempo avevo conficcato a terra: -D’accordo, ma credo che dovreste smetterla di darmi del voi. Mi fa sentire strana… -

Thorin accennò un sorriso: - Lo stesso vale per v… Te, Aranel –

Risposi con un sorriso silenzioso e mi preparai a duellare: impugnai l’elsa con due mani, divaricando le gambe per tenere una posizione più stabile.

-Non devi tenerla con due mani – disse il nano – E’ una lama leggera. Con una mano sola saresti più veloce e più precisa – mi spiegò, passandosi Orcrist da una mano all’altra.

-Ma è pesante da tenere in una mano sola! – protestai io, constatando l’effettivo peso della lama nel palmo della mia mano.

-Questo perché non sei abituata. Con il tempo diventerai molto abile, te lo assicuro – affermò Thorin -Dunque, cominciamo dalle basi… -

Non so per quanto tempo mi esercitai con Thorin, né rimembro il numero di volte in cui mi ritrovai a terra, colpita da un affondo o da una stoccata. L’unica cosa di cui sono certa è che la luna splendeva nel cielo quando decidemmo di fare una pausa. Ero sudata dalla testa ai piedi e il bellissimo abito azzurro che indossavo si era ridotto a un mucchio di stoffa sgualcita e sporca di terra.

-Non credo di aver mai fatto nulla del genere – dissi io alla fine, ancora con il fiatone per lo scontro -Ma devo ammettere che mi sono divertita –

Thorin mi guardò compiaciuto, anche lui stanco ma soddisfatto: -Ne sono felice. Era da molto tempo che non insegnavo a combattere a qualcuno – Lanciò uno sguardo verso Imladris, dove dalle grandi lampade accese, deducemmo che gli altri stavano cenando -Gli ultimi sono stati i miei nipoti, Fili e Kili –

-Sono fortunati ad avere uno zio come te – mi resi subito conto di aver detto una grandissima stupidaggine, così tentai in ogni modo di riparare – Volevo dire che sono fortunati ad aver imparato a combattere da te. Sei un grande maestro –

Thorin accennò un sorriso, scuotendo la testa: -Eppure mia sorella fu contraria sin dall’inizio: aveva il terrore che se li avessi addestrati sarebbero potuti perire in battaglia o peggio – lanciò un’altra occhiata alla città degli Elfi -in una spedizione come questa. E io mi sento in colpa ogni giorno per averli trascinati qui –

Senza pensarci, gli misi una mano sulla spalla: -Non devi fartene una colpa. Io credo che Fili e Kili siano abbastanza adulti e maturi per decidere del loro futuro – Lo guardai negli occhi, cercando di non perdermi in quell’oceano blu – Se hanno il tuo stesso amore per Erebor, per quella terra che tanto bramate di riconquistare, io penso che nulla li avrebbe convinti a restare a casa –

-Forse hai ragione – sospirò Thorin, passandosi una mano sugli occhi -Ti ringrazio Aranel, per poche ore sei riuscito a farmi dimenticare tutto ciò che sta succedendo –

Il nano si guardò attorno e con aria stanca si alzò da terra: -Sarà meglio andare a riposare… domattina dovremo partire presto –

-Ma certo – sussurrai io, alzandomi e riponendo Endacil nel fodero – Posso farvi una domanda? – chiesi timidamente. Avevo quel pensiero in testa dall’inizio della nostra conversazione.

-Dimmi –

-Avresti mai preferito avere una normale famiglia piuttosto che guidare l’intero popolo dei Nani? -

Thorin abbassò lo sguardo e giurai di aver visto un’ombra di tristezza solcare il suo viso: -Probabilmente avrei avuto una famiglia e dei figli a quest’ora… se solo Smaug non fosse mai arrivato –

Mi sentii una cretina, un’insensibile. Avevo praticamente riaperto una ferita.

-Mi dispiace, sono stata molto scortese, non volevo recarti dolore – mi scusai, abbassando la testa, maledicendomi per la mia stupida curiosità.

-Non preoccuparti, non è colpa tua – fece esattamente ciò che avevo fatto io qualche sera prima, quando avevo avuto il mio solito incubo. Mi raccontò tutto, non preoccupandosi di apparire debole o sdolcinato. E io rimasi ad ascoltare ogni singola parola, fino a quando non ebbe finito.

-A quel tempo ero più giovane di Kili. Un giorno giunse ad Erebor un gruppo di Nani proveniente dai Colli Ferrosi, guidati da mio cugino Nàin. Tra la folla scorsi una fanciulla meravigliosa, dalle lunghe ciocche castane e gli occhi color dell’avorio. Il suo nome era Malyan ed era la più bella creatura che avessi visto fino a quel momento – Sentendolo parlare così di una donna mi salì qualche punta di gelosia, ma non lo diedi a vedere -Con il passare del tempo feci la sua conoscenza e capii che mi stavo innamorando di lei. Trascorrevo ogni momento libero in sua compagnia e un giorno le promisi che ci saremmo sposati con l’avvenire della primavera. Ma non fu così: Smaug sopraggiunse dal Nord durante l’inverno e in pochi secondi distrusse tutto ciò che dinastie di Figli di Durin avevano creato. Malyan rimase intrappolata in uno dei saloni, per poi essere bruciata dalla furia del drago –

A quel punto vidi palesemente delle lacrime cristalline rotolare lungo le sue guance: -Quel giorno non persi solo degli amici, dei parenti e un popolo. Persi una parte del mio cuore –

Non avevo parole per rispondere ad una tale sofferenza, così mi limitai a fare ciò che mi venne più istintivo: lo abbracciai. Lo strinsi forte, gettandogli le braccia attorno al collo fino a quando non sentii le sue ampie mani cingermi la schiena. Rimasi lì, in quella posizione per diversi secondi, fino a quando non mi sciolsi dall’abbraccio.

In quel momento le parole furono superflue, ogni gesto vano, perché capii che il Principe di Erebor aveva solo bisogno di qualcuno che gli dicesse che sarebbe andato tutto bene.

Spazio Autrice:

Buonsalve a tutti! 

Pensavate fossi sparita anche io nella Terra di Mezzo? (Purtroppo) non è così, solo una miriade di cose da fare che questa settimana non mi hanno dato tregua e non mi hanno permesso di aggiornare, perciò mi sento in dovere di scusarmi.

Per farmi perdonare ho deciso di portarvi un nuovo momento di tranquillità e riservatezza tra queste due anime: la scena della lezione della spada è PALESEMENTE ripresa dall'episodio 1x3 di Game of Thrones, in cui la piccola Arya Stark impara ad usare la spada con il suo maestro d'armi Syrio (Sigh, quanto mi manca!)

Inoltre ho pensato di concedere al povero Thorin il beneficio di essersi innamorato almeno una volta nella vita, prima della catastrofe di Erebor: ammettiamolo, nessuno di noi se lo immagina tutto solo nella Montagna senza uno straccio di fanciulla....

Passando alla questione ringraziamenti, questa settimana  vorrei ringraziare stella del vespro 5 per aver recensito e aggiunto ai preferiti la storia, elanorstella per averla aggiunta alle ricordate e michela30 per averla aggiunta alle seguite!!

Per questa settimana credo di avervi detto tutto e sperando che il caldo non vi sciolga come ghiacciolini vi auguro una buona settimana! Noi ci vediamo settimana prossima con un nuovo capitolo!

Un bacione,

                  Jenny

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: La Trappola Delle Montagne Nebbiose ***


CAPITOLO 11: LA TRAPPOLA DELLE MONTAGNE NEBBIOSE

-Dannazione, temevo che vi avessimo persi – disse Dwalin, tirando un sospiro di sollievo, accennando a me e Bilbo.

Eravamo sdraiati a terra, terrorizzati ma sani e salvi. Per fortuna mi ero solo fatta qualche graffio e anche Bilbo mi sembrava ridotto abbastanza bene.

-Lui si è perso -grugnò Thorin, guardando lo Hobbit con aria sprezzante -Abbiamo quasi perso Aranel per colpa sua. Non c’è posto per lui tra di noi –

Lo guardai allibita, credendo di aver sognato quelle parole. Era ingiusto che Thorin si comportasse così: -E’ stata colpa mia – dissi, rialzandomi – Sono scesa io per aiutarlo –

L’espressione di Thorin non mutò di una virgola e si diresse verso un’insenatura insieme a Dwalin. Io e gli altri li seguimmo, giungendo alla fine in un’enorme caverna, calda e asciutta.

Thorin diede l’ordine di controllare e di accamparci lì per la notte. Saremmo partiti all’alba del mattino dopo.

-Non dovremmo aspettare Gandalf? – domandò Balin a Thorin.

Il Principe scosse la testa con cipiglio severo: -Il piano è cambiato –

Ci accampammo alla meno peggio, cercando di far sciugare i vestiti fradici per la pioggia. Mi accoccolai in un angolino, lontano dalle pareti umide della montagna. Mi stesi, ma per quanto fossi stanca e per quanto cercassi di farlo, non riuscivo ad addormentarmi. Mi ronzavano ancora in testa le parole di Thorin su Bilbo.

Mi ero quasi del tutto assopita quando sentii dei passi dietro di me: di scatto mi alzai e vidi lo Hobbit, bastone in mano e spada al fianco che… se ne stava andando.

-Bilbo! – sussurrai -Che diavolo stai facendo?! –

Lui mi guardò con aria stufa, sospirando nervosamente: -Me ne vado. Torno a Imladris –

Non ero sicura di aver sentito bene. E se avevo sentito correttamente sperai intensamente che fosse solo uno stupido scherzo.

-Non puoi andartene – dissi io, liberandomi dalle coperte che mi avvolgevano -Loro hanno bisogno di te! Io ho bisogno di te! –

-Io non credo proprio – rispose seccamente lo Hobbit – Sono un peso, Thorin è stato molto chiaro. E se per caso ti succederà qualcosa darà nuovamente la colpa a me –

Io scossi la testa, cercando di farlo ragionare: -Thorin era solo molto spaventato e ha detto una marea di idiozie. Tutti ti adorano, sei il loro scassinatore, non puoi abbandonarli –

-Invece è proprio quello che farò –

Non ero mai stata una persona molto paziente e in quel momento lo Hobbit mi stava seriamente facendo girare le scatole.

-Bilbo Baggins – tuonai, scura in volto -Se c’è una cosa che ho capito degli Hobbit è che vengono da prati verdeggianti, case accoglienti e letti soffici e caldi. Vivono in un mondo idilliaco, privo di qualsivoglia pericolo – Abbassai la voce per paura di svegliare qualcuno -Mentre riguardo ai Nani ho capito che non hanno un posto da chiamare casa da molto tempo e che questi tredici che vedi sdraiati per terra, pieni di fango, di pioggia e di lividi sono gli unici nel loro popolo che hanno avuto il coraggio di mettersi in gioco per riprendersela. Non vorresti che anche loro vivessero sereni come te nella Contea? –

Bilbo non mi rispose, si limitò solo ad abbassare il capo e ad osservarsi i piedi.

-Io sono sicura che nel profondo del tuo animo tu ti sia affezionato a loro – ripresi, obbligandolo a guardarmi negli occhi -Come loro hanno aiutato te a non cadere in quel dirupo, tu aiutali a riconquistare Erebor –

Bilbo rimase a fissarmi per qualche secondo, poi vidi una lacrima solitaria scivolare lungo le sue guance. Lasciò cadere a terra il bastone e mi venne incontro per abbracciarmi. Io lo strinsi, dicendogli di calmarsi e che aveva fatto la scelta giusta.

-Aranel sono stato così stupido – disse piagnucolando, estraendo il suo emblematico fazzoletto da taschino – Stavo per commettere un errore madornale –

Io sorrisi, asciugandogli una lacrima: -Finché starai al loro fianco, sarà sempre la strada giusta –

Stavo per dirigermi nuovamente al mio giaciglio, quando un rombo proveniente dalle viscere della montagna fece sussultare me e tutti i miei compagni: il terreno sabbioso iniziò a franare, come se venisse risucchiato e prima che potessimo renderci conto in quale terribile situazione ci trovavamo, sprofondammo tutti nel vuoto.

Fu una caduta tremenda. Non so per quanto tempo scivolai verso il basso, ricordo solo che quando caddi a terra Bofur, Kili e Nori volarono sopra di me, schiacciandomi. In pochi secondi vidi avanzare verso di noi delle creature ripugnanti, alte poco meno di Bilbo, sporche e dalla pelle verdastra.

-Sono i Goblin – gridò Dwalin, tirando una testata ad uno di loro e mettendolo ko.

Questi iniziarono a colpirci, a graffiarci e ci costrinsero a seguirli. Ne spintonai lontano alcuni, ma più ne allontanavo più ne arrivavano. Lanciai uno sguardo spaventato a Thorin, il quale mi rispose con un cipiglio che mi intimava di rimanere calma.

I Goblin ci trascinarono per quelle loro squallide stradine per un po’ fino a quando giungemmo dinnanzi ad una creatura oscena, grassa oltre ogni misura, con un enorme rigonfiamento sul mento: il loro Re.

-Chi è così sfrontato da entrare armato nel MIO regno? -gracchiò quella creatura -Spie? Ladri? Assassini? –

I Goblin ci ordinarono di buttare a terra le armi e a malincuore fui costretta ad abbandonare Endacil.

-Nani, vostra Malevolenza – rispose uno degli orchetti – E un’Elfa. Li abbiamo trovati nel portico anteriore –

Il Re sorrise schifosamente, mostrando una doppia fila di denti marci: -E cosa diavolo ci fanno dei Nani e un’Elfa sulle Montagne Nebbiose? – domandò, senza ricevere alcuna risposta.

Io ero nel panico e avevo la netta sensazione che non saremmo usciti integri da quella maledetta caverna. Il Re degli Orchi diede l’ordine di perquisirci e in due secondi mi ritrovai addosso una marea di Goblin. Riuscii a nascondere Elanor, il ciondolo che portavo, pochi istanti prima che uno degli orchetti si mettesse a frugare nelle mie tasche alla ricerca di armi.

-Toglimi le mani di dosso, lurido essere schifoso – gridai, tirandogli un pugno. Vidi che i miei amici non erano messi meglio: Fili, che era armato fino ai denti, era stato privato di ogni lama o stiletto che nascondeva nei posti più impensabili e al povero Oin avevano completamente schiacciato il cornetto acustico.

-Dunque, ve lo richiedo – disse mellifluo, il Re – Cosa ci fate qui? –

Noi ci guardammo tutti negli occhi, ma nessuno osò fiatare.

-Molto bene, se non volete parlare, allora vi faremo strillare! – gli orchetti intorno a lui iniziarono a esultare, applaudendo con le loro luride mani -Portate il maciullatore! Portate lo spezzaossa! –

-Cominceremo dall’Elfo! – Quando il Re puntò l’indice verso di me, giurai di essere sul punto di svenire. Due Goblin mi afferrarono per le braccia, tenendomi stretta. Ero più che sicura che mi sarebbero spuntati dei bei lividi violacei.

-Fermo! – gridò Thorin, facendosi largo tra la folla e avanzando verso il Re.

 Il Goblin sghignazzò: -Bene, bene. Guardate un po’ chi abbiamo qui! Thorin, figlio di Thrain, figlio di Thror. Re sotto la Montagna – gli fece il verso, fingendo di inchinarsi – Oh, dimenticavo. Tu non hai una montagna e non sei un Re. Il che fa di te NESSUNO –

Thorin stava lì impalato, lo sguardo fiero, cercando di non mostrarsi debole dinnanzi agli stupidi insulti del Goblin. Eppure vidi chiaramente quanto stesse soffrendo.

-Smettila! – gridai a quel punto, ricevendo una strattonata da parte degli orchetti che mi tenevano per le braccia -Sei un vile, una creatura immonda che si rifugia qua sotto per paura di affrontare i grandi popoli che stanno là fuori! Non meriti nemmeno di essere chiamato Re –

Il Goblin divenne nero in volto e si diresse a grandi falcate verso di me: -Chi ti credi di essere per dare ordini a ME nel MIO regno?! – mentre mi parlava, sputacchiò e dovetti fare appello a tutte le mie forze per non vomitare – Credi di essere coraggiosa a difendere questo nano? Ti farò passare la voglia di fare l’eroina, te lo assicuro –

Il Re fece un cenno ai due orchetti al mio fianco: -Spezzatele un braccio. Voglio sentirla urlare –

-No! – gridò Thorin, lanciandosi verso di me, ma venendo subito bloccato dai Goblin.

-E per quanto riguarda te – disse il Re, rivolgendosi a Thorin – Conosco qualcuno, un vecchio nemico tuo che sarà felice di ricevere la tua testa. Solo la testa senza nulla attaccato. Sai di chi sto parlando, no? -fece quello sghignazzando, ma Thorin rimaneva impassibile, preoccupato che i Goblin potessero farmi del male -Un orco pallido, a cavallo di un bianco mannaro –

Thorin si rabbuiò: -Azog il Profanatore è stato annientato tempo fa –

-Così credi che i suoi giorni da Profanatore siano finiti? – Il Re Goblin ridacchiò, ordinando di mandare un messaggio a questo Azog, il quale a quanto pareva voleva Thorin morto.

-Ma adesso basta perdere tempo -riprese serio – Fatela soffrire, voglio sentire il rumore delle sue ossa da Elfo che si maciullano -

Io iniziai a dimenarmi, spaventata a morte, mentre anche gli altri cercavano di intervenire. Non ricordo bene cosa accade dopo. Vidi solo un orchetto avanzare verso di me con un enorme martello stretto fra gli artigli e pochi istanti dopo la mia mente divenne nera, ottenebrata da un dolore insopportabile, qualcosa di straziante che non avevo mai provato prima. Svenni per il colpo ricevuto e tutto quello che sentii attorno a me fu un violento clangore di spade.

Spazio Autrice:

Buongiorno a Tutti, miei lettori!

Mi scuso in anticipo per il mio super ritardo, ma mi sono completamente persa per una Challenge di Fanwriter.it..... Invoco il vostro perdono!!

Tornando alla nostra storia, in questo capitolo probabilmente ho sfiorato la soglia della "Mary Sueaggine" (scusate il termine ahah) con Aranel, ma dopo tanti capitoli in cui viene solo aiutata o non comprende la gravità della situazione in cui si trova, mi sembrava più che giusto concederle un capitolo in cui tirare fuori il suo lato da eroina. La scena del dialogo con Bilbo nella grotta è probabilmente una delle mie preferite in cui possiamo vedere per la prima volta un lato un po' più profondo della protagonista.

Per quanto riguarda le sequenze nel regno dei Goblin, come potete notare, ho preferito mantenere i dialoghi originali del film, dal momento che mi sembravano già perfetti e ho modificato solo qualche battuta per permnettere ad Aranel di inserirsi nel discorso.

Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate delle mie scelte "stilistiche", così da potermi migliorare sempre di più!

Ora, passando ai ringraziamenti, oggi vorrei ringraziare Thorin78 che ha recensito la storia, la aggiunta alle preferite e alle seguite! GRAZIE MILLE PER QUESTA COMBO!!!

Per questa settimana il mio compito è terminato, ma vi aspetto prossimamente per un nuovo capitolo!

Un bacione a tutti e buone vacanze a chi parte!

                                                                            Jenny

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Capitolo 12
*** Capitolo 10: La Battaglia Dei Tuoni ***


CAPITOLO 10: LA BATTAGLIA DEI TUONI

Un tonfo sordo mi fece aprire gli occhi nel bel mezzo della notte. Qualcuno era entrato nella mia stanza, ma non riuscivo a distinguerne la sagoma. Quando si avvicinò, realizzai che si trattava di Thorin.

-Aranel, svegliati! – disse sottovoce, in tono concitato.

Io mi stropicciai gli occhi per il sonno: -Che succede? – sbadigliai -Che ci fai qui? –

-Dobbiamo andarcene e alla svelta – disse ritornando già verso la porta -Hai cinque minuti. Raggiungici alla piazzetta –

Così come era entrato, Thorin se ne andò. Non conoscevo la ragione di tanta fretta, ma senza pormi troppe domande feci come mi era stato detto: in pochi secondi sgusciai giù dal letto, indossai i miei vestiti da viaggio, allacciai la spada al fianco e andai alla piazzetta.

Fuori era notte fonda e una miriade di stelle luminose splendevano in un cielo scuro. Quando giunsi al punto di ritrovo, notai che mancavamo solo io e Gandalf. Un Bilbo dall’aria estremamente assonnata mi fece un cenno con la mano, prima di iniziare a seguire Thorin e ad allontanarci da Imladris.

Camminammo senza fare rumore per un bel po’ di tempo – forse qualche ora – fino a quando Granburrone non si ridusse solo ad una sagoma lontana. Nel frattempo l’alba stava sorgendo e un sole tiepido fece capolino da est.

-Per quale motivo siamo partiti nel bel mezzo della notte? – domandai allo Hobbit, il quale camminava di fianco a me – E senza Gandalf per giunta! –

Il fatto che lo stregone non fosse con noi mi dispiacque moltissimo: senza di lui avevo come il sospetto che saremmo incappati in diversi guai.

Bilbo si guardò attorno, assicurandosi che nessuno dei presenti stesse origliando: -Ieri sera io e Thorin stavamo girando per Granburrone quando ci siamo imbattuti in Gandalf e Re Elrond mentre discutevano – Lanciò un’occhiata a Thorin,il quale però era in testa al gruppo e non poteva sentire nulla -Stavano… in poche parole stavano considerando l’ipotesi che Thorin potesse diventare pazzo a causa del tesoro di Erebor, proprio come era già successo a suo nonno. Credo che questo lo abbia ferito, anche se è consapevole del rischio –

Quelle parole mi spiazzarono: non pensavo che quei due volessero mettere i bastoni fra le ruote a Thorin e alla sua spedizione.

-Ma c’è di più – continuò Bilbo, vedendo il mio sguardo dispiaciuto –Gandalf alla fine ha convinto Elrond dell’importanza della missione di Thorin, ma solo per uno stupido motivo strategico –

-Cosa? – domandai io, sempre più allibita -In che senso strategico? –

-Vogliono che i Nani riconquistino Erebor per avere una fortezza benefica ad Est – disse Bilbo, sottovoce – Nel caso in cui dovesse esserci una guerra –

Io sgranai gli occhi, sollevando le spalle: -Perché mai dovrebbe esserci una guerra? –

-Ah, non ne ho idea… A quanto ho capito è quello che hanno dedotto dalla profezia di Oin –

Non feci in tempo a ribattere che dalla testa del gruppo risuonò tonante la voce di Thorin: -Copritevi bene! Ci stiamo avvicinando alle Montagne Nebbiose –

In effetti Thorin non aveva tutti i torti: a mano a mano che ci avvicinavamo alle montagne, l’aria si faceva sempre più fredda e secca, tagliente come una lama.

Col passare dai giorni mi accorsi che il paesaggio attorno a me stava mutando drasticamente: i prati verdi e le secche brughiere lasciarono ben presto il posto a lande desolate e speroni di roccia nuda, coperta qua e là da spruzzi di neve.

Le notti passavano insonni a causa del freddo e camminare di giorno diventava sempre più difficile per la stanchezza. Quando giungemmo sulle cime delle Montagne Nebbiose, iniziò la parte più dura: il vento gelido ci costringeva ad avanzare molto lentamente e la neve che cadeva a cumuli si infilava sotto i pesanti abiti, facendoci tremare.

Mentre camminavo, mi portai il cappuccio sulla testa, coprendomi il più possibile, senza però migliorare di granché la situazione: il mio mantello era fradicio per la neve e il cappotto che indossavo non era per nulla adatto alle gelide temperature delle Montagne Nebbiose.

-Hai tanto freddo? – mi domandò Thorin, raggiungendomi -Stai tremando –

Io scossi la testa, anche se in realtà stavo ibernando: -Non importa, è solo un po’ di freddo. Sto bene, non ti preoccupare – Le mie labbra viola e le grandi occhiaie scure che portavo sotto gli occhi raccontavano un’altra storia però.

-Non mi sembra proprio – bofonchiò lui, togliendosi dalle spalle un grande mantello di pelliccia scura e porgendomelo -Così eviterai di gelare –

-Oh non posso accettare – dissi, respingendo il gesto di Thorin – Gelerai tu senza quel mantello! –

Lui accennò un sorriso, appoggiandolo sulle mie spalle: -Mi sottovaluti, mia cara. Ne hai molto più bisogno tu –

Lo ringraziai sentitamente e mi strinsi in quel caldo ammasso di pelliccia: finalmente risentii la mia temperatura corporea risalire e continuai a camminare tenendo il passo con gli altri.

La camminata proseguì tranquillamente fino a sera, quando giungemmo su delle vette rocciose e scivolose: la neve era sparita e al suo posto batteva una pioggia torrenziale gelata. Il cielo era coperto da nubi temporalesche e ovunque risuonava il potente boato dei tuoni, preceduto sempre dai bagliori dei lampi.

Camminavamo da ore lungo un minuscolo sentiero a strapiombo sulla montagna, rischiando ogni secondo di cadere a causa del terreno scivoloso, quando udii la voce di Thorin sovrastare il rumore del temporale: -Dobbiamo trovare riparo! –

-Le Montagne Nebbiose sono piene di caverne e grotte – disse Balin, strizzandosi il cappuccio fradicio per il diluvio -Troviamone una, per Durin! –

In lontananza si sentì un boato improvviso, molto più forte rispetto ad un comune tuono: -Attenzione! – gridò Dwalin, indicando il cielo. Dall’alto piombò verso di noi un masso di pietra gigantesco, per poi sfracellarsi poche decine di metri sopra le nostre teste, facendo tremare il terreno e cadere una miriade di sassi più piccoli.

-Questo non è un semplice temporale -gridò Balin, reggendosi alla parete della montagna per evitare di cadere -E’ una battaglia fra tuoni! –

Ancora oggi sono più che convinta di non aver mai visto nulla di così assurdo e spettacolare come quella notte: delle creature enormi, mastodontiche – ma che dico – grandi quanto le montagne stesse apparvero dinnanzi ai nostri occhi. Erano fatte completamente di pietra e si stavano affrontano in una battaglia, scagliandosi sassi.

-Che mi venga un colpo – disse Bofur, osservando la scena con occhi spalancati – Giganti! Giganti di Pietra! – Lo stupore negli occhi di tutti era palese, mescolato all’angoscia di essere annientati.

-Ma siamo seri?? – gridai io, in preda al panico -Pure i Giganti?! –

Uno di quei Titani staccò un enorme masso dalla montagna e lo scagliò nella nostra direzione, colpendo un suo simile che si trovava alle nostre spalle. Poco dopo iniziai a sentire il terreno sgretolarsi sotto i miei piedi e in pochi secondi una voragine spaccò il terreno in due, dividendoci. Fili cercò di trascinare il fratello verso la sua parte inutilmente, tanto era grande il divario che si era formato.

Guardai Thorin negli occhi per capire ciò che stava succedendo, ma vi lessi solo tanta paura. Mi fece cenno di guardare verso l’alto e finalmente capii in che enorme guaio ci eravamo cacciati: ci trovavamo sulle ginocchia di uno dei Giganti.

Questo venne violentemente colpito da uno dei suoi simili e sbalzato all’indietro. Potete immaginare la nostra situazione, abbarbicati alla meno peggio alle sue gambe, e come ci potessimo sentire. Quel forte colpo però fu anche fonte di salvezza: io e gli altri che ci trovavamo sul ginocchio sinistro riuscimmo infatti ad allontanarci dal corpo del gigante e a saltare su un fianco della montagna che non era coinvolto nella battaglia dei Tuoni.

-Correte, sbrigatevi! – gridò Thorin, rimanendo per ultimo. Quando anche lui saltò, tirai un sospiro di sollievo, che tuttavia durò poco. Gli altri infatti, erano rimasti intrappolati sul ginocchio del Gigante ed erano troppo lontani per poterci raggiungere.

Il Gigante sul quale i miei amici erano aggrappati fu colpito a tradimento da un terzo, sopraggiunto da dietro: un enorme masso lo raggiunse al capo, facendogli saltare la testa. Il suo corpo iniziò ad afflosciarsi a terra, come un burattino al quale hanno reciso i fili. Vedemmo i nostri amici scorrere davanti a noi, terrorizzati di seguire il gigante nella sua caduta.

-Saltate, coraggio! – gridò Thorin, pur consapevole della grande distanza che c’era tra noi e loro – Saltate! –

Ma il Giagante non cadde e si sfracellò sul fianco della montagna sul quale ci trovavamo: vidi Kili, Bofur e gli altri schiacciati sotto un masso e il mio cuore perse un battito. Non poteva essere finita così, non potevano essere morti per colpa di una stupida battaglia di Giganti.

Thorin gridò distrutto e si precipitò verso i compagni, chiamando il nome del nipote. Nel frattempo il Gigante cadde nel vuoto, disfacendosi in miriadi di pietre e sassi. Quando però vide che tutti stavano bene, sorrise, visibilmente sollevato.

Mi guardai attorno, osservando se eravamo tutti salvi, quando mi accorsi che qualcuno mancava all’appello: -Bilbo! Dov’è Bilbo? – domandai preoccupata.

-E’ laggiù – disse Bofur, indicando il bordo della montagna. Lo Hobbit penzolava pericolosamente nel vuoto, aggrappato a stento.

In quel momento non pensai, agii. Presi la rincorsa e raggiunsi Bilbo sul bordo, allungandogli la mia mano per tirarlo su: -Coraggio, afferra la mia mano – gli dissi -Tienila stretta –

Da dietro, Bofur e Dwalin mi diedero una mano a tirarlo su, tirandomi per la vita. Dopo diversi sforzi riuscimmo a mettere in salvo Bilbo., il quale nel frattempo era morto di paura. Avevo ancora il fiatone per la fatica, quando il pezzetto di terra sotto ai piedi franò e io caddi rovinosamente verso il basso.

Non so con che genere di riflessi mi aggrappai ad uno sperone di roccia, evitando di cadere. Ma la mia presa era debole ed ero certa che in pochi secondi sarei finita nel vuoto.

-Vi prego aiutatemi! – gridai, con le lacrime agli occhi. Non riuscivo a pensare a nulla, se non al buio che avevo sotto di me e al terrore che percorreva ogni fibra del mio corpo.

-Ci sono io, Aranel, non ti preoccupare – gridò Thorin, aggrappandosi con un braccio al bordo e scendendo verso di me -Andrà tutto bene, devi solo prendere la mia mano –

Mi allungai per prenderla, ma era troppo lontana: -Non ce la faccio – gridai, oramai piangendo.

-Si che ce la fai Aranel – disse lui serio -Afferra la mia mano –

Raccolsi tutto il coraggio che avevo in corpo e con uno slancio afferrai la mano di Thorin, il quale in un secondo mi spinse verso l’alto, risalendo poco dopo.

Ero ancora sopraffatta dalla paura, ma per lo meno ero salva.

Spazio Autrice:

Buonsalve anime mie!

Come state? Mi scuso per l'ora indecente in cui aggiorno, ma oggi sono stata tutto il giorno al Castello Sforzesco di Milano per l'evento di Game of Thrones e sono tornata più tardi del previsto.

Cooooomunque, cosa ne pensate del capitolo?

I nostri eroi hanno finalmente lasciato Imladris per proseguire il loro viaggio, ma ahimè sono incappati nella battaglia dei Giganti.... E la cara Aranel ci ha quasi rimesso le penne! Ma per fortuna il Principe di Erebor è pieno di risorse... 

Questa settimana, per quanto riguarda i ringraziamenti, volevo dare un piccolo spazio ad Another_brick_in_the_wall per le milllemila recensioni lasciate in pochissimi giorni. GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!

Per questa settimana ho detto tutto. vi aspetto domenica prossima con un nuovo capitolo tutto da scoprire! Ora vado a fare un riposino, visto che alle 3,00 c'è la diretta con l'America dell'episodio 7x1 di Game of Thrones e devo essere bella arzilla!

Un bacione,

                  Jenny

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Dalla Padella Alla Brace ***


CAPITOLO 12: DALLA PADELLA ALLA BRACE

Quando aprii gli occhi vidi un lampo luminoso squarciare il buio della caverna. Credevo di sognare o che fosse un’allucinazione dovuta al lancinante dolore che pervadeva tutto il mio corpo, a partire dal braccio sinistro, il quale era gonfio e pieno di ematomi blu, neri e violacei.

Quando la luce si diradò notai un’alta figura di fronte a me, con un grande cappello grigio: Gandalf era tornato. Sorrisi debolmente, felice che lo stregone fosse finalmente giunto in nostro aiuto. Nella mano destra stringeva il suo inimitabile bastone, mentre nella sinistra aveva Glamding, la Battinemici.

-Prendete le armi e combattete! – gridò, incitando i miei amici.

Io tentai di alzarmi per cercare la mia spada, ma il dolore era insopportabile. Intorno a me i miei amici si erano riappropriati di asce e spade e stavano affrontando gli orchetti valorosamente. Vidi Bombur buttarne nel vuoto alcuni, spingendoli con la sua enorme pancia, mentre Fili e Kili combattevano schiena contro schiena.

Thorin con un fendente spinse giù dalla struttura il Re Goblin e in pochi secondi mi fu accanto: -Ti fa molto male? – domandò, ma osservando gli ematomi si rispose da solo.

-Ce la faccio, devo solo prendere la mia spada – dissi, soffocando una fitta violentissima al braccio.

-La tua spada la ho io -disse serio Thorin – E tu non devi muoverti. Cerca di tenere il braccio più fermo che puoi, al resto ci penso io –

Cogliendomi completamente di sorpresa, Thorin mi prese in braccio, sorreggendomi con un braccio e stringendo la spada nell’altra.

-No, fermo, ma che fai?! – dissi io -Così ti rallento e basta –

-Ti salvo la vita, ecco cosa faccio – disse lui, accennando un sorriso che per qualche secondo mi fece scordare del dolore -Dopo mi ringrazierai -

-Seguitemi! – gridò Gandalf, sopraggiungendo dal fondo della stradina.

Iniziammo a correre, seguendo lo stregone in fila indiana. Il trambusto sulla struttura di prima doveva aver attirato l’attenzione di tutti gli altri Goblin della Montagna, che in breve tempo ci furono addosso. In testa al gruppo, Dwalin si impossessò di un lungo palo e iniziò ad avanzare spingendo decine di orchetti alla volta giù dai ponti e dalle strade, per poi attaccare a mano libera.

Io osservavo Thorin e gli altri abbattere i nemici in maniera eccezionale, senza mancare un colpo. Pur con il mio peso addosso, Thorin si muoveva con una grazia degna di un principe, uccidendo i Goblin con fendenti perfetti.

Bofur, alle nostre spalle, tagliò una delle corde che sorreggevano la struttura dinnanzi a noi, la quale si disfò su se stessa, afflosciandosi e portando nel baratro tutti gli orchetti che vi erano sopra.

Kili afferrò una scala e spinse giù molti nemici, i quali, armati di frecce cercavano in ogni modo di ucciderci. Saltammo poi su una grande altalena e dopo qualche tentennamento giungemmo a terra, non senza che il mio braccio si facesse sentire. Gandalf scagliò un enorme masso contro i Goblin grazie al suo bastone magico, spianandoci la strada fino ad un ponticello traballante.

Stavamo per attraversarlo, quando il Re dei Goblin comparve dal nulla, sbarrandoci la strada: in pochi secondi fummo circondati dagli orchetti, perdendo ogni possibilità di fuga. Erano centinaia, bassi, brutti e armati di bastoni e pugnali.

-E così credevi di avermi sconfitto? – disse il Re Goblin, riferito a Gandalf -Dimmi, cosa credi di fare ora? –

In tutta risposta lo stregone lo colpì con due fendenti perfetti: -Sarò sconfitto – disse quello in modo arrendevole, prima di morire. Il peso del suo corpo spezzò i sostegni della struttura sulla quale ci trovavamo, facendola collassare su se stessa.

Scivolammo per diversi metri nel vuoto fino a quando la struttura rallentò e si fermò definitivamente.

-Poteva andarci peggio! – disse Bofur sarcastico, constatando che nessuno di noi ci aveva rimesso le penne.

All’improvviso però il corpo del Re Goblin piombò dall’altro, schiacciando quelli di noi che erano rimasti incastrati, me inclusa.

-Vuoi scherzare?! -gridai io a Bofur, mentre per l’ennesima volta ero sul punto di impazzire per il dolore al mio braccio spezzato.

-Oh no -disse Kili, osservando un’orda di Goblin che sopraggiungeva dalle grotte sovrastanti -Ci raggiungeranno! –

-L’unico modo per sopravvivere è la luce del giorno – disse Gandalf, aiutando gli altri che erano rimasti incastrati – Seguitemi! –

Thorin mi prese di nuovo in braccio e iniziammo a seguire lo stregone attraverso delle strette gallerie buie fino a quando in lontananza vedemmo una luce, la luce del giorno.

Quando misi la testa fuori da quel focolaio di Goblin mi sembrò di rinascere: l’aria era fresca, la luce del sole calda e accogliente e persino la mia ferita sembrava far meno male.

Corremmo ancora per un po’ fino a quando non fummo più che sicuri che i Goblin non ci stessero inseguendo. Thorin mi poggiò a terra, palesemente sfinito per aver corso tanto a lungo con la mia zavorra.

-Gandalf devi aiutarla – lo supplicò lui -Le hanno spezzato un braccio, non può proseguire così –

Diedi un’occhiata al mio braccio e constatai che era messo veramente messo male: era gonfio il doppio rispetto a prima e ovunque era coperto di lividi neri, mentre del sangue scuro era raggrumato nei punti in cui avevano calato il martello.

-Posso solo ricomporle le ossa – spiegò lo stregone, osservando le mie ferite – I lividi dovranno guarire in modo naturale

-Ti prego, fai tutto ciò che puoi – lo pregai io. Non avrei resistito un minuto di più in quelle condizioni.

Gandalf prese il suo bastone e lo fece passare sopra il mio braccio, borbottando parole in una lingua che non conoscevo. Sentii svanire il dolore lentamente, le ossa ricomporsi e le lesioni interne svanire.

Quando ebbe finito sentivo solo un leggero fastidio causato dei lividi, nulla a confronto con ciò che avevo provato fino a pochi istanti prima.

-Ti ringrazio di cuore Gandalf – dissi io abbracciandolo.

-Attenta però – mi ammonì lui, guardandomi dritto negli occhi -Non calcare troppo la mano. Ha bisogno di un po’ di riposo –

Io annuii, mentre Thorin mi consegnava la mia spada e la riponevo nel suo fodero. All’improvviso però notai che all’appello mancava qualcuno: -Dov’è finito Bilbo? – domandai, guardandomi intorno alla ricerca dello Hobbit -Qualcuno lo ha visto? –

-Credevo fosse con Dori! – disse Dwalin.

-Non date la colpa a me -ribattè l’accusato, con aria offesa. Tutti si misero a fare supposizioni, fino a quando Thorin non si intromise.

-Ve lo dico io cosa è successo. Il signor Baggins ha visto la sua occasione per tornare a casa e la ha colta – il suo sguardo era pieno d’odio e questa cosa mi dispiacque molto -Cercarlo sarebbe solo tempo sprecato. Oramai sarà già lontano… -

-In realtà non è vero – Bilbo fece la sua comparsa, perfettamente integro.

L’espressione di tutti -eccetto quella di Thorin e Dwalin – si allargò in un ampio sorriso. Io gli andai incontro e lo abbracciai stretto. Ero felice che almeno lui non si fosse fatto male.

-Ti davamo per disperso! -disse Kili – Ma come hai fatto a evitare i Goblin? –

-Già… come? – gli fece eco Dwalin con un’espressione molto scettica.

Lo Hobbit non rispose, si limitò solo a infilarsi qualcosa che non riuscii a distinguere nelle tasche del gilet: -Ma che importanza ha? E’ tornato, questo è l’importante – disse Gandalf, con uno strano sorriso.

-Ha importanza -lo rimbeccò Thorin, cupo -Perché sei tornato? –

Bilbo mi lanciò un’occhiata che valeva più di mille parole: -Perché qualcuno mi ha aperto gli occhi – io risposi con un sorriso -Io ho una casa che mi attende al ritorno, un letto soffice e una buona cena. Voi non la avete, una casa. Vi è stata portata via. Per questo motivo voglio aiutarvi a riconquistare Erebor: in questo modo capirete anche voi cosa vuol dire poter dormire al caldo la notte e sentirsi a CASA – Bilbo si rivolse a Thorin -E lo so che dubiti di me, insomma, lo hai sempre fatto! E figurati, anche io dubito di me. Ma se in qualche modo posso aiutarvi, sappiate che lo farò con piacere –

A quel punto Thorin abbassò lo sguardo, probabilmente sentendosi un idiota per aver attaccato Bilbo in quel modo. Eravamo tutti commossi dalle parole dello Hobbit e addirittura Ori iniziò a tirar su con il naso, mentre Balin si asciugava qualche lacrimuccia.

All’improvviso però un ululato sinistro ci riportò alla realtà. I mannari e gli orchi non erano lontani.

-Maledizione -imprecò Thorin, cercando di capire da che punto provenissero gli ululati -Siamo finiti dalla padella… -

-…Alla Brace – concluse Gandalf per lui -Prendete le vostre armi e correte! –

E così ancora una volta fummo costretti a fuggire dagli orchi.

Spazio Autrice:

Buonsalve a tutti, miei cari lettori!

Lo so, questa volta sono in anticipo, ma per una semplice ragione: questa notte partirò per le vacanze alla volta delle Marche e poi della Grecia e per tutto questo  tempo non riuscurò  ad aggiornare... Mi sembrava cattivo lasciarvi per dieci giorni  senza uno straccio di capitolo, così mi sono preparata in anticipo.

Dunque, cosa ne pensate? Ci avviamo sempre di più verso la fine della prima parte della storia, visto che mancherà un capitolo, al massimo due. Anche in questo capitolo ho mantenuto intatti diversi dialoghi, mentre alcuni sono stati modificati per introdurre la nostra bella protagionista!

Questa settimana sarò breve visto il caldo allucinante che sta pervadendo la mia casa, vi ringrazio di cuore, ogni singolo lettore, per la vostra continua presenza e vi do appuntamento al mio ritorno (all'incirca il 17) per un nuovo capitolo....

Ringrazio gli dei per avermi concesso una piscina in giardino e detto ciò corro subito a farmi un tuffo!

Un bacione,

                  Jenny

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: Te Lo Hanno Mai Detto Che Sei Un Incosciente? ***


CAPITOLO 13: TE LO HANNO MAI DETTO CHE SEI UN INCOSCIENTE?

L’ululato dei Mannari era sempre più vicino e per l’ennesima volta mi ritrovai a pensare cosa diavolo ci stessi facendo io in quella situazione. In un paio di settimane la mia vita era stata stravolta e da comune ragazza londinese ero diventata una Mezzelfa in viaggio con una compagnia di Nani insieme a un Hobbit e ad uno Stregone.

Quella corsa disperata mi distrasse dai miei pensieri e mi concentrai per evitare di finire in trappola. Scendemmo rapidi giù sul fianco della montagna, senza mai voltarci, fino a quando dinnanzi a noi scorgemmo uno strapiombo.

Non potevamo fuggire, eravamo bloccati. Thorin e Dwalin rimasero indietro per assalire le bestie, affinché non ci attaccassero.

-Dobbiamo metterci in salvo – gridò Dori, tutto preoccupato -Signor Gandalf, hai qualche idea? –

Lui alzò gli occhi al cielo e indicò gli alberi dinnanzi a noi: -Salite sugli alberi! Presto! –

Seguii il suo consiglio e aiutai Fili a tirare su Bombur. Poco dopo vedemmo tornare anche Thorin e Dwalin, le spade impregnate del sangue dei Mannari. Io tirai un sospiro di sollievo nel vedere che stavano bene e in pochi secondi si arrampicarono anche loro.

-Dov’è Bilbo? – domandai a Thorin, non vedendolo intorno.

-E’ laggiù! – gridò il principe. Bilbo correva più veloce che poteva, cercando di lasciarsi alle spalle un enorme Mannaro nero.

-Presto Bilbo, sali sull’albero -gridai io, tendendogli una mano. Lui la strinse saldamente, pur avendo la mano sudaticcia e in pochi secondi lo tirai su proprio mentre i Mannari stavano per raggiungerlo.

All’improvviso sopraggiunsero degli orchi e tra loro ne avanzò uno imponente, dalla pelle pallida con profonde cicatrici e con una mano monca. Cavalcava un Mannaro albino e nel suo sguardo potei leggere un odio ancestrale.

Allo scorgere di quella creatura Thorin sbiancò e per poco non rischiò di cadere dall’albero: -Azog! – gridò lui.

L’Orco Pallido sghignazzò e iniziò a parlare in una lingua a me sconosciuta, ma che Thorin sembrava comprendere perfettamente. Le uniche parole che capii furono “Thorin figlio di Thrain”. Thorin era paralizzato, il suo volto era una maschera di sgomento e continuava a ripetere che non era possibile che Azog fosse vivo.

Lanciò più volte un’occhiata disperata a Balin, il quale rispose con altrettanto sgomento. Anche Dwalin sembrava sconvolto, mentre altri -come Bilbo, Ori, Fili e Kili – avevano la mia stessa espressione, incapaci di capire.

Azog puntò la sua mazza di pietra contro di noi e per la prima volta da quando era arrivato parlò nella lingua corrente, così che potessimo capire: -Lui è mio – disse, indicando Thorin – Uccidete tutti gli altri! –

Al suo ordine, i Mannari corsero verso di noi, saltando verso i rami per azzannarci. Mentre Azog li incitava nella loro lingua, uno di loro saltò su un ramo e cercò di uccidere Bilbo, così gli piantai la mia spada dritta nel cranio, per poi salire sempre più in alto.

-Grazie Aranel – mi ringraziò lo Hobbit, sudando freddo. Io gli feci un cenno, quando mi accorsi che sotto di noi i Mannari stavano sradicando l’albero: in pochi secondi saremmo caduti.

-Saltiamo sugli altri alberi! – gridai, prendendo la rincorsa e lanciandomi verso uno dei rami dell’albero a fianco. Non so dirvi con che coraggio riuscii a saltare e arrampicarmi manco fossi una ginnasta professionista, l’unica cosa di cui sono certa è che sentivo scorrere l’adrenalina in ogni parte del mio corpo.

Saltammo di albero in albero, fino a quando ci ritrovammo tutti quanti sull’ultimo, quello che dava sullo strapiombo: -Dobbiamo allontanarli o sradicheranno anche questo – gridò Thorin a Gandalf.

A quel punto lo stregone ebbe una delle sue idee geniali. Prese una pigna dai rami e con il suo bastone le diede fuoco, per poi lanciarla dritta in testa ai Mannari, i quali a quanto capii, erano terrorizzati dal fuoco. Seguimmo tutti il suo esempio e iniziammo a scagliare pigne infuocate contro Orchi e Mannari.

In pochi istanti ai nostri piedi si formò un vero inferno, dal quale quelle creature immonde scappavano. Esultammo per questa piccola vittoria, vedendo la rabbia montare sul volto sfigurato di Azog e i Mannari fuggire terrorizzati. All’improvviso però anche le radici dell’albero su cui eravamo abbarbicati cedettero e ci ritrovammo a penzolare nel vuoto. Evitai di guardare verso il basso, ma ero ben consapevole del buio che stava sotto di me. Mi strinsi ad un ramo, cercando di mantenere la presa più stretta che potevo.

Vidi Azog ridacchiare e Thorin alzarsi in piedi, per prepararsi ad affrontarlo.

-Thorin no! – gridai -Ti prego non farlo! – Ero terrorizzata. L’Orco Pallido lo avrebbe sicuramente ucciso e io non avrei potuto far nulla per evitarlo. Il Principe non mi diede retta e impugnato un ramo di quercia come scudo avanzò verso Azog, la spada sguainata e lo sguardo fiero.

-Non ti devi preoccupare mia cara – mi disse Balin -Thorin sa bene quello che fa –

Tuttavia non riuscii a fidarmi appieno delle sue parole: Azog si scagliò contro Thorin e lo investì in pieno con il suo Mannaro al galoppo. Si rialzò quasi subito, ma l’Orco Pallido lo colpì in pieno volto con la sua mazza ferrata. Cadde rovinosamente a terra, privo di forze.

-Dobbiamo aiutarlo! – gridai, con le lacrime agli occhi – Cosa stiamo aspettando? – Gli altri però non mi sembravano intenzionati ad affrontare l’Orco Pallido.

-Andiamo, allora – fu Bilbo, l’unico a rispondermi. Con uno sguardo pieno di gratitudine sguainai la spada e gli feci cenno di seguirmi.

Scendemmo dall’albero giusto in tempo per vedere il Mannaro di Azog che azzannava Thorin tra le sue fauci, dilaniandogli la carne, per poi gettarlo a terra.

-Portami la sua testa – gridò Azog a uno dei suoi Orchi.

-Ehi tu! -gridai io -Lascialo stare –

Quello mi guardò stupito, distratto abbastanza a lungo da permettere a Bilbo di trafiggerlo con la sua spada. Corsi subito verso Thorin e notai con mio terribile dispiacere che aveva perso i sensi.

-Thorin sono qui – gli sussurrai, sollevandogli la testa -Devi svegliarti, dobbiamo andare – Non riuscivo più a parlare, solo a piangere -Thorin ti prego… -

Non avevo più percezione di ciò che stava accadendo attorno. Vidi solo Azog avanzare verso di noi con la mazza in mano, mentre Bilbo cercava di difenderci.

-Andate via! – Non so dirvi cosa fosse, fatto sta che dal ciondolo che portavo al collo si sprigionò un’ondata di luce, un’energia travolgente che mise in fuga Orchi e Mannari. Le Montagne Nebbiose si illuminarono come se fosse giorno, persino il fuoco appiccato da noi si spense tale era l’energia che si liberò. Sentii quella stessa energia che avevo provato al cospetto di Laurelin e Telperion, poi più niente, chiusi gli occhi e mi accasciai a terra, sfinita.

Quando li riaprii, vidi che mi trovavo a cavallo di qualcosa di morbido e piumato… e stavo volando. Si trattava di un’aquila, un’aquila immensa. Nei suoi artigli giaceva Thorin, ancora privo di sensi. A fianco a me, su altri volatili, c’erano tutti i miei amici, sani e salvi.

-Gandalf – lo chiamai -Cos’è successo? –

Lui sorrise, felice che mi fossi svegliata: -Quella tua esplosione ci ha salvati – disse grato -E le Grandi Aquile hanno fatto il resto –

-E Azog? –

-E’ in fuga con i suoi complici – rispose.

-Dove ci stanno portando? – domandai allo stregone. Le Aquile volavano veloci e sperai che ci stessero portando direttamente a Erebor.

-Ci lasceranno al Picco del Carrock. Da lì dovremo proseguire a piedi –

Sperai che le Aquile raggiungessero la nostra meta in fretta perché la paura che Thorin fosse morto mi stava logorando: avevo visto Azog colpirlo parecchie volte, il suo Mannaro azzannarlo e alla fine battere violentemente la testa su quel grosso macigno.

Non appena mi resi conto che ero arrivata sulla cima del Carrock saltai giù dal dorso dell’Aquila e corsi incontro a Thorin che era stato appoggiato a terra con delicatezza dalle Aquile.

-Gandalf! – urlai, chiamando lo stregone -Devi salvarlo. Fa qualcosa, fa la stessa magia che hai usato per ricompormi le ossa o qualcosa di più forte, ma ti prego, lo devi salvare – Le lacrime ricominciarono a coprire il mio viso, alternate da singulti. I miei compagni ci accerchiarono, preoccupati tanto quanto me.

-Farò tutto ciò che è in mio potere, mia cara, te lo prometto – Mi inginocchiai a fianco del principe e gli strinsi una mano. Era gelida, come se la vita fosse scivolata via da essa. Gandalf si avvicinò e passando una mano sul corpo di Thorin iniziò a mugugnare parole in elfico che non riuscii a comprendere per l’agitazione.

-Ti prego, ti prego, ti prego – sussurrai io, in preda al panico.

Furono secondi lunghi quanto un’eternità, ma quando Gandalf ebbe finito, con mia somma gioia Thorin aprì gli occhi e ricominciò a respirare profondamente, osservando disorientato il paesaggio. Intorno a me vidi tutti sorridere sollevati, solo io non riuscivo a smettere di piangere.

Non avevo mai provato così tanta paura per la perdita di una persona e pur vedendo che Thorin stava bene i miei occhi non davano segno di voler smettere di lacrimare: -Te lo hanno mai detto – gli dissi io tra un singulto e l’altro -Che sei un vero incosciente, Thorin Scudodiquercia? –

Lui sorrise, gli occhi lucidi: -Oh Aranel, me lo dicono in molti –

D’istinto mi avvicinai al suo viso e premetti le mie labbra sulle sue: lo sentii ricambiare il bacio, mentre il sapore salato delle lacrime si mescolava in quel meraviglioso momento. Fu come se un peso grande quanto un macigno si fosse finalmente dissolto dal mio cuore. Intorno a noi non c’era più nulla, eravamo solo noi due e la consapevolezza che nemmeno Azog sarebbe mai riuscito a distruggerci.

Fu solo quando ci staccammo che finalmente smisi di piangere: -E questo cosa significa? – mi domandò Thorin, accennando un sorriso.

-Credo che tu lo abbia compreso da solo – gli dissi -Ora dovresti ringraziare Bilbo, è lui che ci ha salvato. Ha distratto l’Orco Pallido e i suoi compari giusto in tempo perché Elanor facesse il suo dovere… o qualunque cosa abbia fatto –

Thorin si alzò di scatto, andando incontro a Bilbo che per tutto il tempo era rimasto in disparte: -Tu! Cosa credevi di fare? – Il tono di Thorin divenne improvvisamente cupo e severo, ben diverso da quello dolce che aveva usato con me pochi istanti prima -Ti sei quasi fatto uccidere! –

-Ma zio, non dovresti… - cercò di intervenire Fili, non comprendendo il comportamento dello zio.

-Taci tu! -sbraitò quello -Non ti avevo detto che saresti stato un peso? Che non saresti sopravvissuto alle Terre Selvagge? Che non c’è posto per te nella compagnia? –

-Non mi sono mai sbagliato tanto, in vita mia – D’un tratto Thorin gettò le sue braccia attorno a Bilbo, il quale rimase impalato come uno stoccafisso, non capendoci più nulla -Scusa se ho dubitato di te –

-No… anche io lo avrei fatto. Non sono un eroe, né uno scassinatore – farfugliò Bilbo, ancora sotto shock.

Tutti applaudimmo contenti e io strinsi forte Gandalf, ringraziandolo ancora una volta per il suo prezioso aiuto. Ad un tratto lo sguardo dei miei amici fuggì lontano, verso un’ombra all’orizzonte: il profilo di un’immensa montagna.

-E’ quello che penso? – domandai, raggiungendo Thorin.

Lui annuii, le lacrime agli occhi e un sorriso radioso sul viso: -Erebor, casa nostra –

Non so se la gioia altrui sia in grado di influenzare il tuo umore, tuttavia, per la prima volta dopo tanto, tanto tempo, mi sentii finalmente felice.

     FINE PARTE I

Spazio Autrice:
Buonsalve miei cari autori e buon Ferragosto! (In stra ritardo, ma ok)
Come state? Io sono rientrata ieri dopo quattro giorni di mare ed una settimana di tour della Grecia antica che mi ha fornito non poca ispirazione. Oltretutto mi sono praticamente INNAMORATA dei paesaggi montuosi della Grecia, tanto che per tutto il tempo mi sono messa a cantare "Far over... The Misty Mountains Cold..."
T
ornando al nostro capitolo, che dire: Boooom!!!!
Finalmente è scoppiata la scintilla tra questi due! E in questo modo igli shippers di questa coppia dovrebbero essere contenti.
I fans di Bilbo invece non me ne vogliano se ho introdotto Aranel in una delle scene più importanti e simboliche, ma fa tutto parte di un disegno molto più complesso e in quell'istante avevo bisogno che anche Aranel facesse la sua parte...
Detto ciò, cosa sarà successo alla nostra protragonista? Cosa avrà scatenato quell'ondata di luce? Lo scopriremo nei prossimi capitoli!
Non spaventatevi da quel "Fine parte I": la storia andrà avanti regolarmente ma questo intermezzo mi serviva assolutamente. La storia inesorabilmente si evolve e anche i personaggi e in questo modo per me è molto più facile segnare tali cambiamenti.
Passando ai ringraziamenti, oggi vorrei ringraziare in modo particolare mangamylove come nuova recensista, Lolamars che ha aggiunto la storia alle preferite e Thorin78 per avermi aggiunta tra gli autori preferiti!
Grazie, grazie e ancora Grazie! I vostri piccoli gesti migliorano sempre le mie giornate!
Detto ciò, non credo ci sia più nulla da aggiungere. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e in questo caso vi invito a farmelo sapere con un bel commento!
Io vi aspetto la settimana prossima!
Un bacione,
                  Jenny

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: Dubbi E Domande ***


PARTE II


CAPITOLO 14: DUBBI E DOMANDE

Avete presente quando siete sott'acqua, l'ossigeno inizia a scarseggiare e non appena tornate in superficie e prendete una bella boccata d'aria vi sembra di rinascere?

Ecco, questa è la sensazione che ho provato io quando mi sono ritrovata sulla cima del Carrock, a miglia di distanza da Orchi e Mannari con la consapevolezza che Thorin stava bene e non era morto.

Mi sentivo felice, al sicuro.

Inoltre il fatto che Thorin e Bilbo si fossero finalmente riappacificati non potè che farmi enormemente piacere: adoravo lo Hobbit, in lui rivedevo me stessa. Insicuro e non incline alle avventure. Anche lui come me era estraneo a spedizioni segrete, combattimenti all'ultimo sangue e riconquiste di tesori.

Quel giorno decidemmo di rimanere sulla cima del Carrock per riposarci un po': la disavventura nelle miniere ci aveva sfiniti e l'incontro con l'Orco Pallido aveva terrorizzato tutti i miei amici. Non ricordavo granchè di quei momenti, solo – con mio grande rammarico – le fauci di un enorme Mannaro chiuse sul corpo esanime di Thorin e una violenta ondata di luce sprigionatasi dal mio ciondolo.

Raccogliemmo le poche cose che ci erano rimaste e ci accampammo sul picco. In poco tempo sopraggiunse il tramonto e con lui le sue mille sfumature: dalla cima del Carrock si potevano vedere centinaia di miglia di terreno boscoso e verdeggiante affiancato dal profilo delle montagne sull'orizzonte. Non vedevo un tramonto così splendido da quando avevo lasciato Imladris tanto che a Gandalf non sfuggì uno dei miei soliti sguardi incantati.

-Mia cara fanciulla, ti brillano gli occhi lo sai? – mi disse bonario, affiancandomi. Ero seduta sul bordo del picco, osservando l'orizzonte e la sagoma sbiadita della Montagna Solitaria.

-Lo so… - risposi io con un sorriso – Da dove vengo io non ci sono tali meraviglie della natura –

-Ricorda sempre Aranel, che è questo il posto da cui vieni- mi disse lo stregone, facendomi l'occhiolino, pur capendo cosa intessi dire.

-Gandalf ho bisogno di chiederti una cosa… - iniziai io, diventando immediatamente più seria, tuttavia la voce di Bofur in lontananza lasciò intendere che la cena era pronta, così ci avviammo entrambi verso un fuocherello scoppiettante a fianco degli altri. Feci segno a Gandalf che ne avremmo riparlato più tardi e mi sedetti a fianco a Thorin.

Mangiammo del pane raffermo con un po' di zuppa insipida: avevo i crampi allo stomaco per l'appetito, ma non volevo sembrare schizzinosa in quella situazione così complicata. Vidi che anche i miei amici, per quanto felici di essere sani e salvi almeno per un momento, avevano i visi solcati da un profondo terrore e da un'enorme stanchezza. 

Soprattutto Thorin: l'incantesimo d Gandalf lo aveva salvato ma le ferite e i lividi faticavano a rimarginarsi comunque. Per tutto ciò che aveva subito a quest'ora sarebbe dovuto essere morto e la sola immagine del suo corpo privo di vita mi fece accapponare la pelle così tanto da rabbrividire. 

Mi strinsi nel mantello che mi aveva donato Thorin e mi beai di quel suo profumo così famigliare.

-Brutti pensieri? – disse lui distraendomi dalle brutte immagini prodotta dalla mia mente. Io lo guardai stranita, stupendomi di come avesse intuito cosa mi passasse per la testa.

-Non fare quella faccia – disse lui, quasi divertito – Oramai credo di conoscerti abbastanza: quando sei preoccupata hai sempre quello sguardo fisso nel vuoto-

Io mi avvicinai a lui, stringendogli la mano: -Ho solo immaginato cosa sarebbe successo se Gandalf non ti avesse curato in tempo – la sua mano era calda, piena di vita – E non oso pensare a quante volte ancora ci troveremo in situazioni così pericolose –

Thorin mi strinse a se e io appoggiai la testa sulla sua spalla: -Non devi pensarci – mi sussurrò, accarezzandomi i capelli – Fin quando non saremo giunti alla Montagna Solitaria saremo sempre in pericolo. Ma siamo insieme e questa è la cosa più importante: senza di te e Bilbo io sarei morto. Ma se staremo tutti untiti vedrai che ce la faremo-

Rincuorata, fissai il mio sguardo sulle fiamme crepitanti del fuoco dinnanzi a me. Era come se danzassero l'una attorno all'altra e per qualche istante mi parve quasi di discostarmi dalla realtà. Fu la timida voce di Ori a richiamare la mia attenzione.

-Aranel puoi cantarci una canzone? – 

Sinceramente con tutto quello che era successo cantare era l'ultima cosa che avevo voglia di fare, ma gli occhioni a palla di Ori e lo sguardo supplicante degli altri alaalla fine mi convinsero. 

-E va bene – dissi io, iniziando a pensare a cosa cantare. All'improvviso mi venne in mente una canzone tratta dalla colonna sonora di uno dei film che avevo adorato da piccola e ripensando al testo constatai che fosse azzeccato per la situazione on cui ci trovavamo.

Così iniziai a cantare:

“You're not alone, together we stand

I'll be by your side, you know I'll take your hand.

When it gets cold, and it feels like the end

There's non place to go, you know I won't give in.

No, I won't give in"

Mentre cantavo lanciai un'occhiata a Thorin e gli strinsi la mano e lui di rimando accennò un sorriso. Sentivo gli occhi di tutti su di me e devo ammettere che mi sentii un po'j come Biancaneve quando cantava per i sette nani. Solo che nel mio caso erano più del doppio ed erano più avventurosi.

“Keep holding on

‘Cause you we'll make it trough, we'll make it through.

Just stay strong

‘Cause you know I'm here for you, I'm here for you.

There's nothing you could say,

There's nothing you could  do

There' s no other way when it comes to the truth"

 Quando finii di cantare fui felice di constatare che l'espressione sui volti dei miei amici era nettamente migliorata e che quasi tutti mostravano un bel sorriso. Fili e Kili sghignazzavano tra di loro e persino Dwalin pareva sorridere.

-Vi ringrazio, tutti voi- dissi io, mentre loro applaudivano.

Dopo di ciò i miei amici si diressero ai loro giacigli mentre io rimasi seduta di fronte al fuoco per fare il primo turno di guardia. Thorin mi lanciò un'occhiata il cui significato era “Stai attenta". Adoravo il modo in cui si preoccupava sempre degli altri, soprattutto di me.

Poco dopo che i miei amici si furono coricati, Gandalf mi raggiunse e si sedette al mio fianco: - Allora mia cara di che cosa volevi parlarmi prima? – mi domandò curioso.

Io fui molto contenta che se ne fosse ricordato, anche perché quei pensieri mi giravano nella testa da quando avevamo affrontato gli Orchi: -Ho bisogno di sapere cosa diavolo è successo quando l'Orco Pallido ci ha attaccati – dissi io seria -Quella luce… è fuoriuscita dal ciondolo come un uragano! - 

Ancora una volta mi tornò alla mente quella notte mentre un'ondata di luce travolgeva Orchi e Mannari e li metteva in fuga. Persino l'Orco Pallido era rimasto spiazzato da quel fenomeno e aveva preferito fare marcia indietro.

-Devo ammettere che anche io ci ho riflettuto molto: che gli Orchi temono la luce è risaputo, ma sono più che sicuro che quella non fosse una semplice luce –

Io ripensai a ciò che mi avevano detto lui e Re Elrond mentre ci trovavamo a Granburrone: -Credi che si trattasse della luce di Laurelin? –

Gandalf sorrise annuendo: - Credo proprio di sì, mia cara Aranel- accennò poi al ciondolo della mia mamma – Qualcosa in te ha sprigionato il potere di Elanor. Non so dirti cosa però… Credo che lo scopriremo in futuro-

Rimasi piuttosto sconcertata dalle sue parole: il fatto che nemmeno Gandalf sapesse con esattezza cosa mi era successo non mi lasciava presagire nulla di buono. Tuttavia ero più che determinata a scoprire ogni segreto di quel ciondolo per imparare a domarne l'energia. Dal momento che non ero molto abile con la spada questo trucchetto ci sarebbe potuto tornare molto utile.

-Avrai tutto il tempo per rendere tuo il potere di Elanor – disse Gandalf bonariamente, quasi leggendomi nel pensiero -La tua forza di volontà è grande, giovane Elfa. Vedrai che con il giusto esercizio un giorno sarai in grado di domarlo-

Sapevo che Gandalf voleva incoraggiarmi, tuttavia dentro di me sentivo una certa fretta di imparare e conoscere. Ero impaziente di poter dare finalmente un contributo concreto e non solo in maniera casuale e purtroppo sapevo bene di non poter fare granchè con la spada.

-Sarà meglio che dia il cambio a Bofur- dissi infine alzandomi. Ero rimasta così tanto tempo persa nei miei pensieri e a chiacchierare con Gandalf che non mi ero resa conto che il tempo era volato.

Il Mago mi augurò la buonanotte, mentre estraeva dalla sua lunga veste una pipa e del tabacco. Io svegliai Bofur e lo convinsi a prendere il posto si guardia, dopodiché mi sdraiai poco lontano dal fuoco e steso il mio giaciglio a terra caddi in un sonno profondo in cui per qualche ora sarei stata lontana da Orchi e Mannari.

Spazio Autrice:

Heilà, salve a tutti!

Sì, sono tornata (anche se con due giorni di ritardo...). Avrei dovuto aggiornare ieri ma per la prima volta in vita mia sono stata colta da un'emicrania e la cosa mi ha parecchio spaventata (lo so, sono ipocondriaca)... cielo, voi che la avete tutti  i giorni come fate a soportarla???

Comunque, cambiando discorso, ecco iniziata la seconda parte di questa storia subito con una bella scena totalmente di mia creazione: che ne pensate? Il rapporto tra i nostri due protagonisti sta iniziando ad evolversi e poter finalmente scrivere qualcosina di https://www.youtube.com/watch?v=_Gcrx2Ab0FMpiù romantico su di loro mi piace da matti.

La canzone che ho scelto di introdurre in questo capitolo si chiama "Keep Holding On" di Avril Lavigne e se siete nerd tanto quanto lo sono io vi ricorderete che fu una delle principali tracce della colonna sonora del film "Eragon" , anche se a differenza della nostra protagonista lo ho letteralmente odiato, tranne che per la musica. Lascio il link per coloro che non la hanno mai sentita e sono curiosi ( https://www.youtube.com/watch?v=_Gcrx2Ab0FM )

Detto ciò non mi resta altro da fare che ringraziarvi tantissimo come sempre e darvi appuntamento alla prossima settimana!

Un bacio,

               Jenny

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Capitolo 16
*** Capitolon 15: Il Segreto Della Luce ***


CAPITOLO 15: IL SEGRETO DELLA LUCE

Dormii pochissimo, praticamente nulla.

Mi girai e rigirai nel mio minuscolo giaciglio per ore, senza mai riuscire ad addormentarmi sul serio: il fatto di essere lì, sprecando il mio tempo a dormire piuttosto che ad imparare a controllare il potere del ciondolo mi dava i nervi e mi faceva sentire oltremodo inutile.

Stufa di quello stato di dormiveglia, mi alzai risoluta e cercando di fare meno rumore possibile mi allontanai dal nostro accampamento. Ori era di guardia e il fatto che si terrorizzasse per ogni singolo rumore non aiutò per niente la mia fuga clandestina.

La luna splendeva alta in un cielo calmo e sereno, il che mi aiutò a non inciampare a terra. Il Picco del Carrock era abbastanza illuminato da permettermi di muovermi senza problemi, così in pochi minuti trovai una zona riparata e lontana dagli occhi dei miei amici.

Mi sedetti a gambe incrociate sull’erba tenera e umida di rugiada notturna, sfilandomi il ciondolo di mia madre dal collo. Il monile a forma di sole dorato e i piccoli cristalli incastonati brillavano alla luce della luna, conferendogli – se possibile – ulteriore fascino.

Lo rigirai più volte nelle mani, cercando di percepire un qualche segno della sua energia luminosa.

Zero assoluto.

Era solo un normalissimo ciondolo a forma di sole, tutto qui. Eppure avevano visto tutti ciò che era riuscito a fare, me compresa.

Ripensai con ordine a tutto ciò che era accaduto di insolito da quando mia madre mi aveva consegnato il ciondolo, quando ero una ragazzina.

Dunque, sulla Terra era filato tutto liscio: niente bagliori, niente lampi o scariche di energia… Solo una fastidiosa reticenza a parlare di esso da parte di mio padre. E solo in quel momento mi resi conto che in effetti aveva ragione. D’altra parte, chi non cercherebbe di proteggere la propria figlia da un mondo parallelo popolato da Orchi, Goblin, Nani ed Elfi?

Ripensando alla Terra, non riuscii in alcun modo a evitare un forte attacco di nostalgia: la mia casa a Londra mi mancava da morire, mi mancava la mia quotidianità, ma soprattutto mi mancava mio padre. Volevo vederlo, volevo che mi spiegasse tutto ciò che mi aveva nascosto per anni.

Volevo solo sapere la verità.

Scossi la testa violentemente, tornando a concentrarmi sul ciondolo: allora, i problemi erano di certo cominciati quando avevo messo piede nella Terra di Mezzo e su questo non c’erano dubbi. Il primo bagliore si verificò a Imladris, quando Re Elrond mi consegnò la mia spada, mentre la volta successiva fu proprio durante l’attacco di Azog.

Mi sforzai di trovare un collegamento tra i due eventi, ma non giunsi ad alcuna conclusione: la prima volta quel lampo di luce aveva funto da catalizzatore con i ricordi di mia madre, mentre la seconda volta aveva quasi provocato un’esplosione per proteggere Thorin dai Mannari di Azog.

Rinunciai subito a capire il senso di quelle onde d’energia e mi adoperai per imparare ad evocarle io stessa: in questo modo sarebbe stato molto più facile generarle in caso di pericolo, e soprattutto controllarle.

Posi il ciondolo davanti a me e chiusi gli occhi: mi concentrai, cercando di visualizzare nella mia mente quella scarica di energia che avevo percepito osservando con i miei occhi il grande Laurelin. Immaginai minuscoli fili d’oro, luce pura che fuoriusciva dal ciondolo, illuminando il paesaggio intorno a me, cercai di sentire ogni singolo granello di energia, il loro calore, l’immensa potenza racchiusa in ognuno di essi.

Quando riaprii gli occhi fui molto delusa nel constatare che non era successo un bel niente: Elanor stava lì, immobile, esattamente nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato prima. Imprecai mentalmente ma mi rimisi subito al lavoro.

Dopo svariati tentativi fallimentari, tuttavia, iniziai a sentirmi piuttosto stanca e una sensazione di pesante sconforto mi pervase: non ero in grado di fare assolutamente niente, avevo un immenso potere tra le mie mani ma non ero in grado di gestirlo. Per di più mi sentivo un peso nella compagnia, come se la mia presenza stesse distraendo i miei amici dal loro obiettivo finale.

A causa di questo turbinio di emozioni, scoppiai in un pianto silenzioso, cercando di trattenere i singulti per non svegliare i ragazzi.

-Cosa sono queste lacrime? – una voce calda e profonda mi colse di sorpresa, facendomi tremare come una foglia.

Io mi voltai, asciugandomi le lacrime per evitare di farmi vedere in quelle condizioni pietose, ma oramai il danno era fatto.

-Niente di importante – biascicai io, tirando su con il naso -Davvero non c’è nulla da vedere –

Thorin sorrise dolcemente, asciugandomi le ultime lacrime con le sue mani forti: -Ancora ti ostini ad essere così rigida? – mi alzò il mento delicatamente, costringendomi a guardarlo negli occhi -Sai benissimo che non mi puoi nascondere nulla, mia cara… -

-Hai ragione – sospirai io, baciandogli la mano e avvicinandomi a lui. In breve tempo gli spiegai tutto ciò che mi passava per la testa, ogni dubbio e ogni preoccupazione.

Thorin mi ascoltò in silenzio per tutto il tempo, come faceva sempre, senza mai intervenire, nemmeno per sdrammatizzare la situazione.

-… Vorrei poter controllare l’energia del ciondolo, ma non ne sono in grado – dissi alla fine, concludendo il mio racconto.

Solo a quel punto Thorin parlò: -Perché non mi hai mai detto nulla? –

Io alzai le spalle, torcendomi le mani: -Non lo so… tu avevi già troppe cose a cui pensare: la Compagnia, Azog, la profezia di Oin… Non mi sembrava il caso di appesantire ulteriormente questo fardello –

-Tu per me non sarai mai un fardello, ricordatelo –

A quelle parole il mio cuore perse un battito e feci davvero fatica a trattenermi dallo scoppiare a piangere di nuovo.

-Comunque, mi è venuta in mente un’idea – continuò Thorin, prendendo in mano Elanor -Hai mai pensato a cosa accomuna le scariche di energia avvenute? –

Io annuii: -Certo che sì, ma mi sembra che siano fin troppo diverse… Cosa possono avere in comune l’evocazione di vecchi ricordi e una sottospecie di campo di protezione? –

Thorin sorrise sornione, riappoggiando il ciondolo a terra: -Io credo di saperlo, ma voglio che sia tu a dirmelo –

In quel momento mi sentii un’idiota: io avevo passato ore a rimuginare sulle cause e gli effetti di quei fenomeni e in pochi minuti Thorin era riuscito a trovarne la Chiave di Volta.

-Ovviamente le mie sono solo supposizioni, ma vorrei fare un tentativo. Ora chiudi gli occhi –

Feci come mi era stato detto e sentii Thorin mettere le mie mani a coppa rovesciata, presumibilmente sopra Elanor.

-Bene, ora concentrati sulla luce – mi disse -Vedi di che colore è, che forma può assumere, se è calda o fredda… Ma mi raccomando, non aprire gli occhi per nessuna ragione -

Visualizzai il tutto nella mia mente, esattamente come avevo fatto prima, pur non capendo dove volesse andare a parare Thorin.

Riuscivo a percepire il calore sprigionato da Laurelin, quando all’improvviso sentii le labbra ruvide del principe sulle mie. Quel gesto mi colse all’improvviso, ma feci come mi aveva detto e non aprii gli occhi, anche se avrei voluto…

-Ora apri gli occhi – disse Thorin, staccandosi dolcemente -E guarda tu stessa –

Non appena spalancai gli occhi rimasi come folgorata: una piccola sfera di pura luce dorata giaceva nelle mie mani, fuoriuscendo direttamente dal ciondolo.

-Co… come ci sono riuscita? – domandai per la sorpresa, ancora incredula -Che cosa è successo? –

Thorin mi chiuse le mani sopra quella minuscola sfera e io ne percepii ancora di più l’energia.

-La chiave per domare il potere di Laurelin… -

-… Sono le emozioni – conclusi io, sorridendo come un ebete.

Mi infilai nuovamente il ciondolo al collo, facendo svanire quel piccolo segno d’energia: -Non so come avrei fatto senza di te – dissi a Thorin, avvicinandomi e baciandolo di nuovo, questa volta con più trasporto.

-Ce la avresti fatta comunque – sussurrò il principe, tra un bacio e l’altro -Ora però sarà meglio riposare, domani dovremo riprendere il viaggio –

Non accennò nemmeno a tornare all’accampamento: Thorin si stese sull’erba e mi invitò a stendermi accanto a lui. Con le guance in fiamme mi accoccolai accanto al suo petto, mentre le sue braccia possenti mi stringevano a sé.

Thorin mi coprì con il suo mantello affinché non prendessi freddo, ma evitai di dirgli che in quelle condizioni avrei rischiato più di soffocare per il caldo…

Prima di addormentarmi gli lasciai un altro dolce bacio a fior di labbra, per poi cullarmi con il respiro del suo petto.

Spazio Autrice:

Buonsalve a tutti, miei cari lettori!

Come state? Io sono  piuttosto in crisi perchè è appena finita la settima stagione di Game of Thrones e dovrò aspettare altri due anni per vedere la prossima, ma allo stesso tempo sono contenta perchè finalmente sono maggiorenne anche io, yeeee!!

Parlando della nostra storia, COLPO DI SCENA! Aranel ha finalmente iniziato capire qualcosina del potere di Laurelin, soprattutto grazie all'aiuto di un bel nano di mia 
conoscenza... Alzi la mano chi pensava che ci fosse sotto un'oscuro e arcano segreto che permetteva ad Aranel di usare il potere della luce... Nessuno? Sicuri?

Brava Jenny, viva l'originalità!

Spero che per voi non sia un problema se ogni tanto, con questi capitoli soprattutto, mi prendo qualche libertà e devio dalla trama principale: queste piccole scene mi servono per caratterizzare meglio la protagonista e, perchè no, arricchire la storia.

Detto ciò, vorrei segnalarvi una bellissima pagina facebook, chiamata Fanwriter.it : io lo definirei il paradiso per tutti coloro che hanno la passione della lettura e della scrittura. Queste ragazze organizzano dei contest a tema, a seconda del periodo (per esempio adesso è attivo un contest sul ritorno a scuola, chiamato Back to School) perciò se siete curiose vi invito davvero a passare!

In conclusione, io viringrazio come sempre per il vostro tempo che dedicate a questa storia e vi do appuntamento alla settimana prossima!

Un bacione e a presto!

                                         Jenny

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Capitolo 17
*** Capitolo 16: Una Misteriosa Creatura ***


CAPITOLO 16: UNA MISTERIOSA CREATURA

-Woo oh! Complimenti zio! –

-Dovresti insegnarci qualche trucchetto! –

La mattina, alle prime luci dell’alba fui svegliata da un paio di voci fin troppo arzille, per i miei gusti. Quando aprii gli occhi, vidi Fili e Kili in piedi davanti a me, con le braccia incrociate e un sorriso malizioso stampato in faccia.

Solo in quel momento mi resi conto che non ero tornata all’accampamento la notte precedente e che Thorin dormiva a fianco a me, stringendomi.

-Se non ve ne andate entro due secondi giuro che vi disintegro – disse Thorin con una calma disarmate. Tuttavia la minaccia funzionò a dovere, tanto che Fili e Kili se la diedero a gambe levate.

Io divenni paonazza per l’imbarazzo e iniziai a riflettere su come avrei fatto quel giorno a guardare i miei amici in faccia senza morire di vergogna.

-Buongiorno – disse Thorin, mutando completamente il tono di voce.

-Buongiorno – E gli stampai un bacio sulle labbra.

-Perdona i miei nipoti – riprese il principe -A volte sono degli idioti. O forse lo sono sempre –

Io scoppiai a ridere, stiracchiandomi per bene e assaporando la fresca aria mattutina.

-Ora ci conviene raggiungere gli altri –

A quel pensiero iniziai a sentirmi male, ma evitai di proferire parola.

E come previsto, una volta messo piede nell’accampamento una dozzina di sguardi ambigui e maliziosi piombarono su me e Thorin. Ovviamente tranne quelli di Bilbo – che grazie al cielo aveva ancora un minimo di decoro – e quello di Gandalf, tutto occupato a preparare la partenza per accorgersi che io e Thorin eravamo spariti nel bel mezzo della notte.

-Dobbiamo muoverci – iniziò lo stregone – Avremo anche seminato gli Orchi una volta, ma nulla impedisce loro di raggiungerci, quindi sbrigatevi! –

Affiancai lo stregone, aiutandolo a raccogliere le poche cose che ci erano rimaste. In verità avevo un disperato bisogno di parlare con lui riguardo la mia scoperta della sera precedente. Magari mi avrebbe potuto aiutare a controllare quell’energia, o meglio, ad usarla per aiutare i miei amici.

-Gandalf io… -

-Non ora mia cara – mi rispose lui, brusco -Ho detto che dobbiamo darci una mossa e ti assicuro che non stavo scherzando. Parleremo dopo –

E dopo essere stata liquidata in quel modo non potei fare a meno che unirmi all’Allegra Brigata e mettermi in marcia.

-Scenderemo dal Carrock, dopodiché proseguiremo il nostro cammino nelle pianure – avvisò Gandalf, scendendo già i primi scalini -E prestate attenzione, non sarà affatto facile -

Non a caso, la discesa dal Carrock fu probabilmente una delle camminate più estenuanti della mia vita: i gradini erano ripidi e scivolosi, costituiti da quel tipo di rocce che a furia della continua erosione diventano lucide come specchi, il che non aiutò per niente la nostra impresa.

Non sto ad elencarvi il numero di volte in cui vidi Bombur in procinto di scivolare e investirci tutti con la sua dolce mole, ma nemmeno io posso vantarmi di essere stata un’eccellente escursionista, viste le diverse volte in cui il mio sedere cadde rovinosamente sul terreno.

-Come fanno ad esserci degli scalini scolpiti nella roccia? – domandò Kili ad un certo punto -E’ una cosa innaturale! –

-Vedi mio caro Kili, qualcuno tempo fa, molto prima che gli Orchi scendessero dal Nord, aveva fatto di questo picco la sua roccia e aveva deciso di rendere la sua scalata più agevole per lui e per la sua famiglia – spiegò Gandalf, pur non rallentando il passo -Era il suo rifugio, un posto tranquillo in cui stare quando… beh quando aveva delle esigenze particolari –

-E chi era costui? – domandò Ori, sempre con la sua vocina timida.

-Qualcuno che spero non dovrete mai incontrare. Sapete, prova un certo astio nei confronti dei nani… - concluse Gandalf, lasciando cadere il discorso.

Scendemmo ancora per diversi metri, quando iniziai a sentire un fastidioso dolore alle caviglie. Notai che anche i miei amici erano piuttosto provati da quell’estenuante discesa, soprattutto Thorin, le cui ferite non erano ancora perfettamente guarite.

Mi affiancai a lui con sguardo preoccupato: -Ehi, tutto bene? –

-Sto bene, non preoccuparti – mentì Thorin, ma le sue smorfie e le membra livide dicevano tutt’altra cosa.

Non insistetti oltre e accelerai il passo per raggiungere Gandalf, in testa al gruppo.

-Gandalf, adesso dobbiamo proprio parlare –

Lui mi sorrise, dandomi la mano per scendere da un gradino più grande degli altri: -Sono tutt’orecchi, ragazza mia –

E così gli raccontai tutto – o quasi – ciò che era successo la sera precedente e di come fossi riuscita a evocare la luce di Laurelin. Gandalf fu molto sorpreso del fatto che ce l’avessi fatta e si congratulò con me, pur ammettendo di non essere in grado di aiutarmi a fare pratica.

-Vedi, mia cara – mi spiegò – Quest’energia… questa luce è per me una grande novità. So solo che ad una persona era stato concesso l’onore di possederla e solo quella persona era stata in grado effettivamente di domarla –

Per me fu un brutto colpo non poter contare sull’aiuto di Gandalf, ma d’altra parte iniziai a comprendere la grandezza e il potere di quell’energia e l’importanza del compito che mi aveva lasciato mia madre con il ciondolo.

Poco tempo dopo giungemmo finalmente ai piedi del Carrock e con somma gioia per le nostre caviglie proseguimmo la strada in pianura: le distese pianeggianti verdeggiavano e gli alberi alti e massicci ci permettevano di mimetizzarci alla perfezione con il paesaggio. In lontananza si riusciva a vedere il profilo delle Montagne Nebbiose, coperte da uno spesso strato di nuvole e nebbia.

Era quasi l’ora del tramonto quando nell’aria risuonò un violento boato che ci fece accapponare la pelle.

“No, non di nuovo” pensai io, immaginando Azog a cavallo del suo Mannaro albino darci la caccia.

-Cosa diavolo è stato? – gridò Kili, allarmato, estraendo subito la spada.

Ori divenne una maschera di terrore: -Siamo spacciati… ci hanno trovato –

-Non credo, non possono essere così vicini – bofonchiò Gandalf, irritato – Ma sarebbe meglio controllare. Bilbo! –

Al solo suono del suo nome lo Hobbit sobbalzò terrorizzato: -Devi andare in avanscoperta! Sei quello con il passo più leggero, nessuno ti sentirà arrivare – disse Gandalf – Noi ti aspetteremo vicino allo strapiombo, così saremo nascosti dalle rocce –

Il Mago non gli lasciò nemmeno la possibilità di obiettare, così il povero Bilbo si incamminò da solo verso gli peroni più alti della rupe, tremando come una foglia.

-Non farti uccidere – gridai io, prima che sparisse del tutto, mentre i miei compagni ridacchiavano sottovoce. La fifa di Bilbo era probabilmente una delle cose più spassose che ci capitava di vedere in quei momenti così carichi di tensione.

Per fortuna però qualche minuto dopo lo Hobbit fece ritorno tutto trafelato e con uno sguardo preoccupato sul viso: -Il branco è troppo vicino, un paio di leghe non di più – inspirò rumorosamente per prendere fiato – Ma questa non è la parte peggiore. C’è una strana creatura là fuori! –

-Che forma ha assunto? – domandò Gandalf, pensieroso -Quella di un orso? –

Bilbo, seguito da noi tutti, sgranò gli occhi, non capendo: -Si… sì, ma era molto più grosso di un orso –

Gandalf si voltò risoluto: -E tu sapevi di questa bestia?! – strillò Bofur, -Io propongo di fare marcia indietro –

Io incrociai le braccia, alzando gli occhi al cielo: -Non essere sciocco, gli Orchi ci braccherebbero subito! –

I miei amici iniziarono a litigare su quale fosse l’opzione migliore, quando all’improvviso la voce di Gandalf li zittì tutti: -C’è una casa, poco lontano da qui, dove noi potremmo… si insomma, potremmo trovare riparo –

-Di chi è la casa? Amico o nemico? – Nemmeno Thorin sembrava molto favorevole all’idea di Gandalf.

-Nessuno dei due. Lui ci aiuterà o ci ucciderà –

Thorin mi sembrava ancora molto titubante, così intervenni per convincerlo: -Thorin, che scelta abbiamo? –

-Nessuna –

Un altro terrificante boato ci costrinse a correre nuovamente e questa volta a perdifiato: eravamo braccati non solo da un manipolo di orchi, ma anche da una gigantesca bestia feroce che per

qualche strana ragione Gandalf conosceva.

Corremmo verso l’entroterra, superando rigagnoli d’acqua e prati fioriti, fino a quando, in mezzo alla boscaglia, il ringhio dell’animale si fece più violento e solo in quel momento ci rendemmo conto di quanto fosse vicino.

-Bombur, coraggio dobbiamo andare! – gridai io al mio compagno, impalato per un attacco di panico -Corri! –

Usciti dal bosco, vidi in lontananza una piccola oasi in mezzo ad un immenso campo brullo, con una casa racchiusa da alberi e cespugli immensi e curati: -Ecco la casa! – gridò Gandalf – Muoviamoci –

Ma in quello stesso istante vidi la belva spuntare fuori dal bosco, sbraitando e correndo ad una velocità spaventosa. Corsi più veloce che potei, pur sentendo le caviglie andare in fiamme e i polmoni sul punto di esplodere.

-Aprite la porta, presto! – gridò Thorin, sopraggiungendo tra gli ultimi.

Non appena entrammo nell’oasi, tutti i miei amici si fiondarono sul massiccio portone di legno, cercando di sfondarlo. Non avevano di certo visto che c’era una semplice serratura.

-Per l’amor del cielo, fate largo – urlai io, facendomi spazio in quella bolgia. Spinsi il catenaccio e in un secondo ci fiondammo dentro e richiudemmo la porta, proprio mentre quella creatura tentava di varcare la soglia. Con tutta la forza di cui eravamo dotati spingemmo il portone per cacciarlo via e alla fine riuscimmo nell’impresa, afflosciandoci sul pavimento come marionette per la stanchezza.

Spazio Autrice:

Buonsalve a tutti! Come state? 

Prima di parlare della storia volevo fare una piccola parentesi su una cosa che mi è successa giovedì, anche se non ve ne frega una mazza ahahaha : in poche parole, giovedì sera ho festeggiato i miei diciotto anni e ho visto arrivare i miei amici con un pacco gigantesco. Inutile dire che la mia curiosità era alle stelle, ma non appena l'ho aperto sono letteralmente schizzata in piedi per urlare: ORCRIST. Mi hanno regalato la riproduzione ufficiale della spada di Thorin, vi rendete conto?!' Adesso l'ho appesa al muro della mia stanza e ogni volta che la guardo la mia espressione è peggio di quella di Gollum con l'Anello....

Ma chiudiamo questa inutilissima parentesi che è meglio.

Che ne pensate del capitolo? Piano piano sto introducendo una figura che io reputo importantissima nel libro di Tolkien, ovvero Beorn: trovo che sia un alleato e un aiuto molto prezioso per la compagnia e cercherò di dargli maggiore rilievo rispetto al film, dove a parer mio è stato un po' messo da parte. 

Questo è stato solo un capitolo di transizione, ma vi prometto che nel prossimo ci sarà qualcosa in più!

Vi aspetto e buon rientro a scuola per chi, come me, martedì ricomincia l'incu... ehm volevo dire la scuola!

Un bacio,

              Jenny

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Capitolo 18
*** Capitolo 17: Una Notte Tra Incubi E Malinconia ***


CAPITOLO 17: UNA NOTTE TRA INCUBI E MALINCONIA

-Quello cos’è? – con gli occhi fuori dalle orbite più che mai, Ori era sull’orlo dell’infarto. Come tutti noi, del resto.

-Il nostro anfitrione – disse Gandalf pacatamente - si chiama Beorn. È molto forte ed è un mutatore di pelle-

Io lo guardai con aria interrogativa, dal momento che ignoravo totalmente che cosa potesse essere un mutatore di pelle. L’unica cosa simile al termine “mutatore di pelle” che mi venne in mente furono i serpenti, che dopo la muta lasciavano le loro carcasse di pelle morta in giro.

E la cosa mi fece un po’ schifo…

Eppure anche questa volta non fui l’unica a non sapere un accidente: - Cosa? un pellicciaio che spaccia le pelli di coniglio per pelli di scoiattolo? - chiese Bilbo sconvolto.

-Per tutti i Valar, certo che no» disse Gandalf burbero -Non essere sciocco, signor Baggins e per carità non pronunciare di nuovo la parola pellicciaio a meno di cento miglia di distanza dalla sua casa! È un mutatore di pelle. Muta la sua pelle: talvolta è un grosso orso nero, talvolta è un uomo forte dai capelli neri con due grosse braccia e una gran barba –

Anche con questa accurata descrizione non riuscii a capire che diavolo fosse un mutatore di pelle ma non diedi troppa importanza alla cosa, anche perché avevo la netta sensazione che lo avremmo incontrato molto presto.

Mi concentrai invece sulla casa: non avevo mai visto un posto così in tutta la mia vita. Era tutto gigantesco, come se ci abitasse il Gigante della fiaba “Jack e il fagiolo magico”, le travi e le colonne erano di un bellissimo legno chiaro, intarsiate con motivi floreali e altri disegni bellissimi. Era un posto tranquillo, ordinato e accogliente che trasmetteva un senso di protezione e sicurezza. Un odore dolce di miele, cera d’api e legno impregnava ogni cosa.

Respirai a pieni polmoni quell’aria, sentendomi finalmente al sicuro, almeno per qualche ora.

-Bene, ora mettetevi tutti a dormire – ordinò Gandalf, intimandoci di raggiungere quella parte della casa adibita a mangiatoia, dove l’aria era più calda e c’era del soffice fieno su cui sdraiarsi. Così, dopo esserci diretti lì, presi posto vicino al mio amico Hobbit e in pochi minuti mi addormentai.

 Quando aprii gli occhi, il terrore pervase il mio corpo e la mia mente.

Ti prego, non di nuovo, non di nuovo…

L’accogliente casa di Beorn era sparita e attorno a me regnava il caos più assoluto: case che andavano a fuoco, gente che urlava e piangeva e l’agghiacciante verso di un drago che risuonava nell’aria.

Sai benissimo che è un sogno, devi solo svegliarti, mantieni la calma.

Eppure non riuscivo a muovermi: era come se tutto ciò che avevo intorno fosse reale, come se anche io facessi parte di quel panorama apocalittico. Sentivo la voce di una bambina chiedermi aiuto, la sua leggera voce, come un sussurro, che tante volte avevo già sentito. E puntualmente accadeva l’inevitabile: la bimba veniva bruciata viva dalle fiamme diaboliche del Drago davanti ai miei occhi, insieme a molti poveri altri innocenti.

A questo punto mi svegliavo. Ma non stavolta.

Ero ancora lì, immobile, in mezzo alla Desolazione di Smaug: il terrore di non essere più nella casa di Beorn e di essermi persa nei meandri dei miei incubi non fece altro che spaventarmi di più. Mi guardai intorno, il cervello completamente offuscato, cercando di trovare un modo per andarmene di lì.

Ma in tutta quella baraonda non riuscivo a pensare a niente se non alla carneficina che si stava consumando davanti a me. Sentii la terra tremare sotto i miei piedi per il violento ruggito del Drago, bambini disperati che piangevano accucciati vicino alle macerie delle loro case.

E io ero immobile. Qualcosa, non solo la paura o il terrore mi impediva di muovermi. Era come essere circondata da una barriera invisibile.

Ero solo una spettatrice.

Ad un tratto, qualcosa catturò la mia attenzione, qualcosa che mi lasciò a bocca aperta: lunghi capelli del color della luna celati da un pesante mantello scuro ed Endacil, la Vittoriosa stretta in una mano troppo piccola per essere quella di un uomo. Correva, tenendo tra le braccia un bambino che piangeva disperatamente.

Non vedevo il suo volto, ma ero sicura che si trattasse di mia madre. E quel bambino dovevo essere io.

La chiamai a gran voce più di una volta, dal momento che mi era impossibile muovermi. Urlai fino a sentir bruciare la gola. Il desiderio di vederla viva, così reale era così forte che ero sicura che sarei svenuta per l’emozione.

Un grido più forte degli altri forse la raggiunse perché la vidi bloccarsi. Stava per girarsi verso la mia direzione, stava per guardarmi, quando una violenta luce bianca prese il posto di quel triste paesaggio ed io ebbi come la sensazione di cadere nel vuoto.

Non ora, ti prego…

Spalancai gli occhi, ma ciò che vidi mi lasciò amareggiata: la casa di Beorn era sommersa da un silenzio quasi surreale e i miei amici dormivano sereni tra le enormi balle di fieno della mangiatoia. A fianco a me, Bilbo ronfava a bocca aperta, russando non poco.

Sorrisi tristemente per quello spettacolo e mi diressi in cucina. Con non poca fatica mi issai su una seggiola gigantesca e dopo aver preso una ciotola mi servii del latte fresco che troneggiava in un’enorme caraffa al centro del tavolo.

Quel piccolo gesto mi fece tornare in mente quando ero piccola e mi svegliavo nel bel mezzo della notte per un temporale o per un incubo e andavo a svegliare mia madre. Dopodiché lei mi portava giù in cucina e mi riempiva un bicchiere di latte.

“Te lo hanno mai raccontato che tutte le paure svaniscono di fronte alla dolcezza del latte? – domandò Lilith.

Io scossi la testa: -Secondo me te lo sei inventata! –

-Amore lo sai che non ti dico bugie! Bevi qualche sorso e vedrai che ti sentirai meglio! –

Il ricordo della mia mamma e il fatto di non essere riuscita a vederla, anche solo per un secondo, in quella visione, sgretolò anche l’ultima briciola di forza che avevo in corpo e iniziai a piangere come una bambina: mi mancavano i miei genitori, la mamma, papà che probabilmente a Londra stava impazzendo dal dolore per la mia scomparsa.

Da una piccola tasca interna del mio cappotto tirai fuori la pergamena che avevo sottratto da casa mia: la stirai per bene e iniziai a fissarla. Mio padre era quasi irriconoscibile con quei lunghi capelli castani e la barba incolta, mentre mia madre era sempre la stessa, con i suoi occhi dolci, il viso roseo e i capelli biondissimi.

-Un po’ di nostalgia, bambina mia? – La voce di Balin mi fece sobbalzare.

-Direi parecchia… - sussurrai io, asciugandomi le lacrime. Mi soffiai il naso e lo invitai a sedersi accanto a me.

-E’ normale avere nostalgia delle persone che amiamo – continuò il nano – Quando non sono vicino a noi è come se ci mancasse qualcosa, come se non tutti i pezzi fossero al loro posto. Anche a me manca molto la mia famiglia, sai? –

-Hai lasciato tua moglie e i tuoi figli per questa missione? – domandai io.

Balin scosse la testa, accennando un sorriso del tutto privo di gioia: -No mia cara, purtroppo non ho né moglie né figli. Io e Dwalin abbiamo lasciato nostra sorella Lynn sui Monti Azzurri, con i nostri nipotini… loro sono l’unica famiglia che ci resta e più di una volta mi sono ritrovato a domandarmi se effettivamente stessi facendo la cosa giusta –

-Io penso di si. State facendo qualcosa di grandioso, un’impresa che nessuno in questo strano mondo ha mai pensato di fare. E’ dura, certamente, ma sono più che convinta che sia la cosa giusta e che per me sia stata una grande fortuna essere capitata in questa compagnia –

A Balin vennero gli occhi lucidi e mi fece segno di abbracciarlo. Lo strinsi forte a me e gli feci un gran sorriso: per la prima volta nella mia vita mi sembrò quasi di parlare con un nonno e pensai a come sarebbe stata la mia vita se li avessi avuti con me.

-A proposito, mia cara… - accennò Balin, sciogliendosi dall’abbraccio – Hai avuto qualche incubo? Ti ho visto agitarti parecchio nel sonno –

Evitai di raccontargli la verità. Balin pareva così contento che mi sarebbe dispiaciuto rovinargli il sorriso per un mio sciocco incubo: -Niente di che, solo qualche brutto sogno –

Lui annuì, augurandomi la buona notte e si diresse verso la mangiatoia. Lo seguii poco dopo, ma invece di tornare al mio giaciglio raggiunsi Thorin e mi accoccolai tra le sue braccia, stringendomi al suo petto.

-Mmmh… Aranel, sei tu? – domandò Thorin, sbadigliando.

Io annuii silenziosamente: -Voglio solo stare lontana dagli incubi per qualche ora -

Spazio Autrice:

Salve a tutti, miei cari lettori!

Lo so, sono una persona orribile e meschina, ma vi supplico non linciatemi! Il fatto di aver ripreso la scuola e di essere (finalmente) all'ultimo anno non mi aiuta per niente nella stesura di questa storia, a causa del poco tempo libero che mi rimane tra studio e  allenamenti di pattinaggio. (Vedi la mia prof di italiano che il primo giorno entra in classe  proclamando ad alta voce: "Ragazzi, mancano esattamente  279 giorni, 20 ore e 2 minuti alla maturità" MA GRAZIE OH!)

Comunque, tornando alla nostra storia, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Chi ha colto che la descrizione di Beorn fatta da Gandalf è la stessa del libro?? Immagino tutti... ma vabbè. Gli incubi di Aranel tornano di nuovo a turbarle il sonno anche se questa volta succede qualcosa di strano e la visione cambia... Che cosa sarà successo? SEGRETO!!! La seconda parte, quella con Balin è stata forse una di quelle che ho adorato di più scrivere in assoluto! (Precisiamo che la storia della sorella e dei nipotini è del tutto inventata da me).

Per quanto riguarda i ringraziamenti, vorrei fare una mezione particolare a LaViaggiatrice che ha aggiunto la storia alle preferite, alle seguito e mi ha omaggiata con una bellissima recensione! Ringrazio anche la mia super diletta ThorinOakenshield che mi rimane sempre fedele! SIETE FANTASTICHE!

Per questa settimana è tutto e (teoricamente ahaha) vi aspetto la settimana prossima per un nuovo capitolo!

Un bacione,

                  Jenny

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