Tutta colpa del Quidditch

di Cherry_Leto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Niente Quidditch per Hermione ***
Capitolo 3: *** Emozioni. ***
Capitolo 4: *** Novità ***
Capitolo 5: *** Viktor. ***
Capitolo 6: *** Provini ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Loira, Rhone-Alpes, anno 1983
 

Jean e Maximillian Granger erano due babbani che si erano conosciuti ad un seminario per dentisti in Francia e fu proprio lì che si innamorarono. Fu un amore a prima vista, uno dei quei primi amori dolci ed innocenti.
Nemmeno un anno dopo il loro incontro venne alla luce Alexander, un bambino tanto dolce quanto dispettoso.
Jean decise così di dire addio alla sua amata Inghilterra e trasferirsi definitivamente in Francia per iniziare una nuova vita con il suo neo marito e quel piccolo bimbo che li aveva resi tanto felici.
Sette anni dopo diedero alla luce la loro secondogenita Hermione, una bambina piccolina con due occhioni castani che aveva rapito il loro cuore.
Pochi anni dopo, quando Alexander compì undici anni, qualcosa di strano accadde nella loro casa.
Tra le solite bollette e réclame, vi era una lettera con su uno stemma in ceralacca che non avevano riconosciuto, indirizzato al loro figlio.
Pochi minuti dopo, il caos.


“Mamma, ma allora i maghi esistono?” chiese la piccola Hermione dopo aver posato a terra il libro che stava leggendo.
“A quanto pare sì…” disse la donna ancora perplessa. “Allora anch’io sarò una strega?” chiese lei, felice di poter essere come una di quelle eroine di cui le raccontava sua madre ogni sera.
“Non lo sappiamo Emi, lo scopriremo quando sarai più grande…”
“Jean, ma com’è possibile?” chiese l’uomo, rimasto in silenzio fino ad allora per poter leggere per l’ennesima volta la lettera, in cerca di un indizio che tutto quello era una burla.
“Non lo so tesoro, ma ormai Alexander non vede l’ora di andare a quella scuola…”
“Speriamo sia la scelta giusta.”
“Lo spero anch’io.” Rispose la donna sospirando.
 
 
 
Hogwarts,anno 1999
 
La seconda guerra magica era appena terminata, lasciandosi dietro ferite da rimarginare, persone da compiangere e tanto dolore.
Ma dopo tutti quegli anni c’era anche uno spiraglio di speranza nel mondo magico.
Finalmente potevano iniziare a vivere una vita nuova, senza Maghi Oscuri che potessero portar loro via figli, amici o genitori.
Nonostante le proteste dei propri genitori, Harry,Ginny, Hermione e –con loro gran sorpresa –Fred e George avevano deciso di terminare i loro studi alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Ognuno di loro vi era tornato con ragioni ben diverse.
Harry era tornato a scuola perché non voleva sembrare un privilegiato, così era tornato per affrontare i M.A.G.O. prima di inseguire il suo sogno di diventare Auror.
Ginny lo aveva seguito, seppur a malincuore, in quanto voleva rimanere a casa con i propri genitori, tornare in quel luogo la rattristava.
Hermione invece non avrebbe mai lasciato gli studi, amava studiare e quel posto ormai era l’unica casa che le era rimasta da quando i suoi genitori si erano trasferiti in Australia e si erano costruiti una nuova vita lì.
Per Fred e George tornare era stata la scelta più difficile.
Essere lì, tra quelle mura, significava vivere ogni giorno la scena della morte di Angelina, la loro migliore amica, ma soprattutto significava rivivere le giornate passate lì con il fratello con la consapevolezza di non poter fare scherzi assieme a lui agli amici e perché no?, ai professori caduti in guerra.
Non avrebbero preso cioccolate calde con Lupin né avrebbero rubato la macchina fotografica di Colin per fargli foto di nascosto.
Ron invece aveva preferito rimanere a casa, si occupava del negozio dei gemelli tenendo sotto controllo i due impiegati che si prendevano cura degli affari durante l’assenza del proprietario e nel mentre si allenava per i provini per la squadra di Quidditch che più amava: i Cannoni di Chudley.
Stavano tornando alle loro vecchie vite, timorosi di dover affrontare qualche altra battaglia. Ma lo sapevano tutti che avevano una battaglia da combattere.
I Grifondoro si erano ritrovati così di fronte alle imponenti mura di Hogwarts, facendosi forza l’uno all’altro.
Non appena entrarono si fermarono di scatto. Nella Sala Grande non vi erano più quattro tavoli, ma una sola tavolata che avrebbe accolto tutti gli studenti nella speranza che i vecchi rancori s’affievolissero.
I ragazzi si guardarono attorno e notarono Seamus, Lee e Neville seduti alla fine del tavolo, probabilmente erano gli ultimi posti disponibili. I cinque si avvicinarono e notarono che accanto ai compagni vi erano Luna Lovegood, una loro vecchia amica e quattro serpi a loro ben note: Draco Malfoy, Blaise Zabini, Theodore Nott e Daphne Greengrass, tutte con lo sguardo chino sul loro piatto.
I ragazzi si scambiarono un’occhiata e annuirono.
Niente battibecchi.
“Buonasera a tutti.” Salutò la Caposcuola, sedendosi di fronte a Thedore che le sorrise.
“Salve” dissero in unisono i gemelli prendendo posto di fronte a Daphne e Draco che si sedettero ancor più vicini facendo loro un cenno. Infine Harry prese posto accanto a Luna e Blaise ritrovandosi Ginny di fronte.
“Allora, come sono andate le vacanze? Theo mi stava raccontando che è stato in Francia, non trovate sia fantastico?” Intervenne la bionda Corvonero attirando l’attenzione di tutti, ma senza ottenere risposta finché Hermione non rispose. “Davvero? Ti è piaciuta?”
Il moro si voltò e le sorrise grato: ”Sì, mi è piaciuta molto.”
“E dove sei stato?” le chiese lei curiosa.
“Sono stato a Parigi, ovviamente, poi abbiamo visitato le altre città fino ad arrivare a Loira dove abbiamo preso la passaporta per Londra.” Spiegò lui, il volto illuminato.
“Ma dai! Io ho vissuto lì fino ai miei dieci…quasi undici anni.” Replicò la giovane, senza pensarci, guadagnandosi un’occhiata sorpresa dai suoi amici, tranne Harry che ormai era come un  fratello per lei e durante i mesi, gli anni passati insieme si erano confidati tutto.
I gemelli e Ginny in compenso, avevano le loro forchette a mezz’aria e la stavano guardando di traverso.
Luna e i tre grifoni la guardarono per un attimo prima di tornare a mangiare e ascoltare la conversazione e le serpi si gustavano la scena.
“Wow, quindi sei francese?” chiese Theo, che finalmente poteva conversare con la ragazza che aveva da sempre considerato interessante.
“Per metà. Mia madre è inglese, si è trasferita in Francia quand’ha avuto…ehm, quando ha sposato mio padre. Oh, non trovate che questa zuppa sia davvero deliziosa?” chiese la riccia cercando di cambiare discorso.
“Oh già, oggi la cena è davvero ottima.” Replicò Daphne, che aveva notato lo sguardo leggermente offuscato della giovane e aveva preferito aiutarla che vedere il clima diventare pesante.
“Ahio-si, è vero. È bello essere qui di nuovo… nonostante tutto.” Esordì la serpe dopo aver ricevuto una pestata sul piede dall’amica.
I gemelli iniziarono a far battutine e poco dopo Lee si unì a loro, mentre Luna e Neville parlavano dei nuovi orari e Seamus, Harry, Ginny e Blaise si erano uniti agli altri per prendere in giro le due serpi che avevano appetito.
In quel momento, quando tutti erano distratti, Hermione sorrise loro grata e i due accennarono un sorriso.


 
La riccia si ritrovò a pensare che forse non era così male l’idea di avere un solo tavolo. 




_________________________
Salveee!
Lo so, lo so, non ho ancora finito l'altra fanfiction, ma quest'idea mi frullava da tanto ed eccomi qui. 
Che ne pensate? Vi ho incuriosite ? Vi invito a lasciare una recensione, che sia positiva o negativa.
Buona serata,
Cherry

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Capitolo 2
*** Niente Quidditch per Hermione ***


 
Hermione era appena scesa a colazione e già non ne poteva più.
Era circondata dal nuovo gruppo, al quale da pochi giorni si era  aggregato Terry Steeval, un Corvonero alquanto taciturno, con il quale però Hermione adorava discutere di libri: era infatti un appassionato di letteratura, magica e non.
“Herm…” la chiamò Fred, notando che aveva smesso di ascoltarli.
La riccia sospirò e si voltò a guardare i suoi interlocutori.
I  gemelli la guardavano speranzosi e Ginny, con l’aiuto di Seamus, che una volta ricevuto un pizzicotto dalla rossa aveva ceduto, stavano assillando la poveretta a fare un provino per la squadra di Quidditch.
“Emi…dai ti prego, si sono fatte vive poche persone e sono tutte delle schiappe!” disse Ginny, con le mani piegate e uno sguardo disperato.
“No.” Disse la riccia continuando a mangiare la sua colazione in silenzio.
“Dai, ti promettiamo che non faremo scherzi..” iniziò George.
“O meglio, ti promettiamo di non farne così tanti… e di non farne a te…” corresse Fred lanciando un’occhiataccia al fratello.
“È inutile: non lo farò. Non mi avvicinerò mai e poi mai ad una scopa. Sono stata chiara?”
“Eppure non mi pareva volassi così male…” commise l’errore madornale Blaise Zabini, ricevendo uno sguardo ammonitore da parte di Harry e Hermione.
“Come non è così male? Il primo anno non riusciva nemmeno a sollevare la scopa, emetteva un lamento più che un ordine…” continuò Malfoy.
“Sì, ma l’anno scorso, nella Stanza delle Necessità lei, Potter e Weasley ci hanno salvato… e stava volando!” continuò la Serpe mora, intento a difendere la riccia, che però  non desiderava affatto l’aiuto del ragazzo.
Harry guardò l’amica che in quel momento scoppiò.
“Io so volare. Ma non voglio farlo, è diverso. Quella era un’emergenza, o volavo o morivo. E ora, se volete scusarmi, vado a lanciare qualche incantesimo indirizzato a voi a qualche manichino.” Disse la Grifona, alzandosi dal tavolo e uscendo dalla sala.
“Ve lo avevo detto io che non avrebbe funzionato!” disse loro Harry, alzandosi e correndo dietro alla riccia, chiamandola e chiedendole di fermarsi, invano, mentre tutti gli studenti presenti nella sala si erano soffermati un attimo ad osservare la scena.
“Cos’hanno da guardare? Non hanno niente meglio da fare?” chiese Daphne irritata.
“Ah, ci farai l’abitudine.” Replicò Neville, abituato alle costanti occhiate curiose da parte dei propri compagni che ancora non riuscivano a capacitarsi di come quel gruppetto riuscisse a conversare civilmente da una settimana, senza lanciarsi maledizioni.
“Harry sa qualcosa che noi non sappiamo.” Constatò semplicemente la rossa, dopo averci riflettuto un po’ su.
Theo alzò lo sguardo dal piatto guardandola perplesso. “Voi non dovreste sapere tutto l’uno dell’altra? Non siete come dire…” “Pappa e ciccia?” terminò Luna che fino a quel momento aveva preferito stare zitta leggendo un articolo del Cavillo.
“Beh…sì… ma Harry e Hermione hanno un rapporto speciale. Loro sono i migliori amici per eccellenza. Quei due sono inseparabili.” Rispose poi Ginny chinando il capo.
“In effetti non sappiamo molto di Hermione.” Disse Fred, ottenendo assensi dai suoi compagni di casata.
“Già. Però è anche vero che non passiamo molto tempo con lei. Anche quand’è alla Tana non le parliamo molto. Non è strano, se ci pensi.” Rifletté ad alta voce George.
“Ginny però è la sua migliore amica.” Continuò Seamus, che non credeva che i due Grifondoro fossero così uniti da avere segreti con gli altri amici.
“Sì, lo sono. Ma… il Trio è il trio. Non lasciano trapelare nulla se non vogliono, non ti fanno entrare completamente nel gruppo. Né io né Lavanda, che ormai sta con Ron da qualche mese riusciamo ad estorcere informazioni.
Senza contare che se Harry e Hermione vogliono tenere qualcosa per loro lo fanno. E nemmeno Ron può smuoverli.” Disse la rossa prima di tornare a parlare di quidditch, facendo intendere che l’argomento Harry-Hermione era finito.
 
 
 
 
 
“Finalmente ti ho trovata!” esclamò Harry, sedendosi accanto alla riccia, che non rispose. “Senti…volevo dirti che –“
“Non lo farò Harry.”
“Lo so. Io gliel’ho detto che non lo avresti fatto. Certo, sappiamo bene che non fa per te. Tu preferisci stare in biblioteca…e leggere, studiare. Non fa per te il quidditch.” Proferì Harry.
Hermione si girò a guardarlo, un leggero sorriso ad incresparle il volto. “Lo so cosa stai facendo Potter. E non funzionerà.”
“Beh, ci ho provato. Mi perdoni?” chiese lui prima di abbracciarla di slancio.


I due rimasero lì, in silenzio per un po’, immersi nei loro pensieri, finché Hermione non ruppe la quiete creatasi dopo quello scambio di battute.
“Sai… quasi non ci credo di essere qui. Con te, Ginny e gli altri senza avere più problemi per la testa. Da quando ho messo piede in questa scuola…la mia vita è cambiata. Questo posto è la mia casa. Eppure fa male essere qui.”
“Io… ti capisco. Mi sento così in colpa ad esserci io qui e non gli altri,” sussurrò Harry prima di stringere la mano alla giovane.
Hogwarts era rimasta la stessa, non sembrava ci fosse stata una guerra eppure erano passati solo pochi mesi dal giorno in cui il mago più oscuro di tutti i tempi era passato a miglior vita, lasciando i sopravvissuti a ricucire le loro ferite e rimettere in sesto il mondo magico.
I ghetti creati durante il periodo di controllo dei Mangiamorte erano ancora lì a testimoniare le assurdità che il Mondo Magico aveva dovuto affrontare.
Molti Nati Babbani avevano deciso di rimanere lì, questa volta di propria volontà e fieri di avere quello stato di sangue.
Altri invece, erano quasi fuggiti da quei quartieri, incapaci di stare lì a rivivere le torture subite, fisiche o psicologiche che fossero.
Pian piano i fuggitivi stavano tornando e le persone stavano tornando a sorridere, per quanto difficile.
I primi mesi molto pensavano che ridere fosse un’eresia, che non fosse giusto nei confronti dei caduti o di quelli che ora non avevano più nulla.
Ora, per fortuna, si erano lasciati andare un po’, desiderosi di cambiamenti, ma soprattutto pace e tranquillità.
E la stessa cosa valeva anche per gli studenti di Hogwarts che quell’anno erano in molti rispetto agli anni precedenti.
Infatti, una volta scomparsa la minaccia di Voldemort, molti maghi che avevano ricevuto un’istruzione magica a casa avevano deciso di terminare i propri studi a Hogwarts e altri avevano deciso di dare una possibilità ai loro figli.
D’altra parte, molti dei ragazzi che si erano ritirati non erano mai tornati, così come i maghi e streghe che avevano preferito rimanere accanto alle loro famiglie per rialzarsi.
Per Harry e Hermione però, dove c’era l’altro c’era famiglia. E Hogwarts era la loro casa, senza alcuna ombra di dubbio.


“Harry?”
“Mh?”
“Non è colpa tua. Grazie a te ora molte persone sono libere… molti ragazzi hanno conosciuto Hogwarts. Non sentirti in colpa.” Esclamò la giovane, guardando il Prescelto negli occhi.
Il moro annuì, ma preferì non rispondere. Parlare delle persone perse gli faceva tornare in mente troppe cose, e in quel momento l’unica cosa che desiderava era tranquillità, nient’altro.
“Ti va di fare un giro con la scopa?”
“Non ci provare.”
“Scusa.”
   

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Capitolo 3
*** Emozioni. ***


Hermione si trovava sulle sponde del Lago Nero, seduta ai piedi di una quercia. Il suo sguardo vagava su tutto ciò che la circondava.
Toccava le foglie che le cadevano in grembo a causa del vento, l’erba irta, la sua pelle rabbrividita a causa del vento freddo e secco che pareva le tagliava la pelle.
George la trovò così.
Gli occhi persi nel mondo circostante, ma velati. Era sicuro che non vedesse nulla. No, lei stava cercando contatto con il mondo, voleva trovare qualcosa, qualcuno.
Si sedette accanto a lei, posando una mano sulla sua, facendola sussultare.
“Non fa un po’ freddo per stare qui fuori? Vestita così poco per di più?” le chiese lui abbozzando un sorriso.
“Sì, ma questa è la mia stagione preferita e mi piace stare qui così, mi tranquillizza.”
“Io avevo un’altra impressione…” disse lui avvicinandosi a lei ancora un po’ in modo da posare il mantello alle loro spalle.
“Ah sì?” chiese lei, ma il rosso lasciò in sospeso la conversazione fermandosi ad osservare la ragazza.
Aveva tutti i capelli scompigliati che le cadevano sulle spalle e solo in quel momento si accorse degli occhi gonfi e le guance arrossate sulle quale s’intravedevano delle parti umide.
“Hermione cosa succede?” le chiese lui preoccupato.
Lei scosse il capo.
“Lo sai che con me puoi parlare…”
“Non posso. Non posso farlo.” Mormorò lei, gli occhi velati nuovamente da lacrime.
“Mione…” iniziò lui usando l’appellativo con cui la chiamava Ron.
“Non volevamo farti sentire così. Non c’è alcun problema, se non vuoi volare, cercheremo qualcun altro.”
“No, tu non  capisci.”
“Aiutami a capire.”
“Io l’ho promesso. Io non volerò mai più! Non posso! Per lui!” urlò lei scoppiando a piangere.
Il gemello non sapeva cosa fare, non aveva mai visto la ragazza piangere se non durante la guerra, ma anche quella volta aveva uno sguardo determinato ed era forte: ora invece, era fragile, debole, pareva si sarebbe spezzata.
Alla fine annullò le distanze e l’abbracciò, tenendola stretta a sé.
Passarono minuti e i due non accennavano a lasciarsi, anche se la giovane aveva ormai smesso di piangere e gli singhiozzi avevano smesso di scuoterla.
George d’altra parte era pensieroso e continuava ad accarezzarle il capo. Proprio non riusciva a capire il perché di quelle parole.
Chi era lui? Perché non poteva?
 
 
Erano passati due giorni da quello strano incontro e Hermione da allora era molto taciturna e pensierosa.
Il rosso la osservava da lontano, la vedeva con Harry a confabulare, lui spesso la rassicurava, le dava molti più abbracci, le carezzava il volto.
In quei momenti lui sentiva una fitta allo stomaco sapendo che l’amica stava così male e lui non poteva farci nulla.
Ma cosa più strana, ogni volta che vedeva il moro avvicinarsi a lei, sentiva uno strano formicolio nelle mani e quasi un peso nello stomaco.
La diagnosi di Fred fu che il gemello era…geloso.
Ma perché mai doveva esserlo?
D’altronde, prima di quest’anno scolastico si erano rivolte a malapena la parola. Lei per lui rappresentava un ostacolo per il commercio di merendine marinare a scuola e lui per lei era solo il fratello maggiore del suo migliore amico.
Solo quest’anno scolastico si erano avvicinati, grazie a quel gruppo così strano, e pian piano erano diventati amici.
Un’amicizia, che purtroppo si stava affievolendo, da quando la giovane aveva smesso di sorridere e rispondere a tono come un tempo.
Il cielo si era oscurato e dei nuvoloni grigi si stavano avvicinando. L’aria era diventata più fredda e pesante, segno che si stava avvicinando un temporale.
Il rosso ascoltava distrattamente il gemello parlare di questo e quel prodotto, lanciando occhiate al ritratto, sperando di veder comparire la compagna riccioluta, invano.
Decise così di liquidare il fratello, promettendogli di occuparsi lui della pozione una volta tornato e uscì velocemente dalla stanza, sperando di non venir fermato da qualche studente.
Attraversò il castello, s’addentrò anche nella biblioteca –luogo macabro per i gemelli –e controllò anche nelle cucine, ma di Hermione non vi era traccia.
Ad un tratto vide una chioma corvina: Harry.
George lo osservò indossare il mantello e proteggersi da un incantesimo prima di avviarsi al parco.
Che la giovane si trovasse lì?
Il ragazzo decise di imitare il proprio amico e corse fuori dal portone, attento a mantenere le distanze.
Non voleva che lo vedesse, avrebbe potuto pensare che lo stesse pedinando, quando avevano avuto entrambi la stessa idea. Trovare Hermione, questa era la loro priorità. Ma mentre George barcollava nel buio, azzardando ipotesi sul luogo in cui s’era rifugiata la riccia, Harry Potter sembrava sapere esattamente dove si trovasse, infatti mai una volta si era girato o aveva esitato a fare un passo e fu così che si diresse spedito al campo di Qudditch.
George per un attimo pensò di aver fatto male a seguire il ragazzo, pensava infatti che fosse andato lì per allenarsi –non era la prima volta che Harry lo faceva –o che addirittura avesse un appuntamento con Ginny, che non aveva visto già da tutto il pomeriggio.
Invece, quando George si sporse dall’albero sotto il quale s’era rifugiato, rimase sbigottito.
Harry Potter aveva trovato Hermione.
La giovane era lì, a pochi metri da lui, i vestiti fradici, i capelli incollati al volto, una scopa stretta tra le mani.
Il rosso non s’arrischiò di avvicinarsi eppure avrebbe tanto voluto sentire cosa si dicevano i due.
Harry annullò le distanze tra lui e l’amica, posandole un braccio attorno le spalle, sussurrandole qualcosa, ma lei… lei lo allontanò, probabilmente pregandolo di lasciarla da sola.
E così lui fece.
Se ne andò, ma quando la riccia si voltò, tornando a concentrarsi sull’oggetto che teneva gelosamente tra le mani, si fermò ad osservarla.
Anche lui aveva uno sguardo preoccupato, uno sguardo che solo un fratello poteva rivolgere alla propria sorella.
In quel momento George si sentì uno stupido ad aver pensato che tra i due ci fosse qualcosa.
Harry amava Ginny e …beh, Hermione non si sarebbe messa mai tra i due, voleva loro troppo bene.


In quel momento, Hermione fece un passo, e uno ancora. George la vide cercare l’amico con lo sguardo, il volto rigato di lacrime.
Il rosso non poté che pensare a quanto fosse bella e a quanto fosse triste.
Cos’era che le attanagliava l’anima così tanto?
La riccia chiuse gli occhi, li strinse forte, cercando di incutersi coraggio.
Ad ogni passo, le sue gambe tremavano come se fosse una bambina che imparava per la prima volta a camminare.
Prese un respiro profondo, poggiò la scopa a terra.

“Su!” mormorò la giovane, ignara che oltre al proprio migliore amico ci fosse George Weasley a scrutarla con interesse mischiato a preoccupazione.
Sentì la scopa sollevarsi e Hermione si accavallò su di essa. Strinse le mani attorno al manico e dopo una leggera spinta, i suoi piedi si sollevarono da terra.
Sentì quel brivido che le provocava volare, erano passati così tanti anni, eppure l’emozione era sempre la stessa.
Man mano che prendeva quota Hermione si sentiva sempre più sicura, era passato così tanto tempo da quando si era sentita così libera e la giovane si stupì di ricordare ancora le mosse che suo fratello le aveva insegnato. Volò attorno agli anelli e anche quando la pioggia iniziò a diventare più forte non si fermò, ma appellò a sé una pluffa e iniziò a tirare, rincorrendo la palla per impedire che cadesse a terra.
Hermione non capì quando le lacrime iniziarono a rigarle il volto mischiandosi alle gocce di pioggia.
Come poteva renderla così triste qualcosa che la faceva sentire così bene?
Dopo un po’ decise di tornare a terra, lasciandosi cadere a terra.
L’amico la raggiunse preoccupato e comprensivo. Glielo si leggeva in faccia che c’era qualcosa che la tormentava.
“Harry… io non so cosa fare.”
“Cosa vorresti fare?”
“Io vorrei tornare a  volare, a provare il brivido di volare, di giocare a Quidditch, ma sento come se gli stessi facendo un torto. Ho promesso a me stessa, ad Alex…di non avvicinarmi più ad una scopa.”
“Ma non credi che giocando terresti vivo Alexander? Lui viveva di Quidditch, lo amava. Tu stessa lo hai sempre detto.”
“Sì…ma è il volo che me lo ha portato via…”
Un lampo squarciò il cielo e solo allora il moro decise di portare la riccia dentro.
Il rosso ancora non lo sapeva, ma Hermione aveva fatto la sua decisione.
Una decisione che le avrebbe tormentato l’anima, ma che allo stesso tempo l’avrebbe resa più serena.

 

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Capitolo 4
*** Novità ***


Quella mattina Hermione si era svegliata presto, aveva deciso di riprendere ad allenarsi. In tutti quegli anni s’era concentrata solo sui libri, allontanandosi sempre più dal mondo dello sport. Di tanto in tanto andava a correre, l’aiutava a schiarire le idee e allontanare i brutti pensieri per un po’.
              Erano passati pochi giorni da quando aveva volato nuovamente. Fu come se fosse rinata dalle proprie ceneri. Dopo così tanto tempo ricordava ancora tutto, era nata per volare. Lo aveva sempre saputo, ma da quando suo fratello era venuto a mancare aveva deciso di allontanarsi da quel mondo. Così si era avvicinata al mondo dei libri e aveva riposto tutto il suo tempo nel suo studio. Quand’era più piccola il suo desiderio era quello di diventare un dottore, così avrebbe potuto aiutare tutte le persone ferite e non avrebbe dovuto vedere mai più dei genitori compiangere il proprio figlio.
A distanza di anni, quel desiderio s’era affievolito. La guerra l’aveva cambiata: non ce l’avrebbe mai fatta a lavorare in un ambiente dove il dolore era intriso nell’aria. Certo, le piaceva studiare i manuali di medicina, ma lavorare in un ospedale era tutt’altra cosa.
La giovane scese in sala grande e si versò una tazza di caffè e dopo aver preso una fetta di torta alla zucca si mise a leggere la gazzetta.
“Buongiorno”
“Buongiorno Draco, come mai così mattiniero?” chiese la riccia, bevendo un sorso di caffè.
“Il sabato di solito vado a correre e tu?”
“Anch’io volevo andare a correre, c’è bel tempo e per fortuna non fa così freddo!”
Al biondo andò di traverso il succo di zucca che stava bevendo. “Tu? A correre?” La stava guardando come se fosse un orco con addosso un tutù.
“Oh, sì. Mi piace correre.” “Beh, se ti va possiamo andare insieme…”
Hermione rimase con la tazza sollevata a mezz’aria. Sebbene si fossero abituati a scambiarsi qualche parola e (anche se non lo avrebbe mai ammesso) lo trovava simpatico, non si sarebbe mai aspettata di fare qualcosa da sola con lui. Mai avevano parlato per più di cinque minuti da soli. “Sì, molto volentieri.” Disse dopo un po’ abbozzando un sorriso.
Quando il biondo scese nei sotterranei per cambiarsi, Hermione uscì. Da quando la guerra era finita, tutto stava cambiando.
Lei per prima.
Gli studenti di tutte le casate parlavano serenamente e raramente scoppiavano azzuffate, anche se non per tutti fu così facile accettare le serpi, visto il trascorso delle loro famiglie nei confronti di Lord Voldemort. In molti guardavano male quel loro gruppetto, che di certo non passava inosservato. Il fatto era che tutti loro erano stufi di quella situazione.
Volevano vivere una vita normale, senza doversi preoccupare di quello che gli altri pensavano, senza dover prendere in considerazione il sangue o la casata di qualcuno.
Per le serpi fu più difficile. Certo, Theodore e Blaise non ci avevano mai creduto in quegli ideali, ma Draco e Daphne sì. Tutti e quattro erano dei purosangue e a casa erano abituati a certe dottrine. Mentre i genitori dei primi due erano tranquilli e solo dei simpatizzanti dell’Oscuro, i due biondi erano cresciuti in un clima molto diverso. Se socializzavano, simpatizzavano o dicessero qualsiasi cosa in favore dei mezzosangue o dei nati babbani, si ritrovavano a dover sopportare punizioni che li sfinivano.
Draco fu quello che sopportò le cose più orribili. E gli ci volle molto tempo per capire che suo padre non aveva ragione e ancor più tempo per imparare a celare i suoi pensieri ai suoi. Fu proprio Hermione una delle cause di quel cambianto. Poco a poco era riuscita a far sorgere a Draco un sospetto che avrebbe fatto una gran differenza: perché, se i mezzosangue erano degli scarti della società, indegni di vivere nel mondo magico, Hermione era così brava? Perché aveva molto più talento di alcuni suoi compagni purosangue?
Ora non si poteva dire fossero dei grandi amici, ma per tutti loro era un nuovo inizio e ci stavano mettendo tutte le loro forze per far funzionare le cose.
Blaise aveva legato molto con Harry e Ginny, parlavano spesso di Quidditch o altri sport. Daphne aveva imparato ad apprezzare Neville e spesso si recavano alle serre insieme, dove parlavano per ore e ore di piante e curavano le mandragole della professoressa Sprite. Theo, invece, aveva legato molto con Luna e Hermione. I gemelli amavano scherzare con tutti, ma spesso se ne stavano per le loro, escogitando scherzi con Lee. Solo Draco era ancora restio a legare con loro. Aveva paura di non essere accettato appieno dagli altri, così si limitava a parlare con gli altri solo se c’erano i suoi compagni. Spesso studiava con Terry, Luna e Hermione e alcune volte andava con Daphne e Neville a passeggiare, ma mai invitava qualcuno di sua iniziativa.
Così, quando aveva invitato Hermione a correre la giovane era rimasta di sasso. Attendeva il ragazzo in ansia, pensando a quello di cui potevano parlare.
Alla fine non ce ne fu bisogno.
Corsero in silenzio, ma non fu un silenzio assordante, ma un silenzio quasi piacevole. Non si sentivano a disagio.
Ad un certo punto Hermione si fermò.
“Scusami, non corro da molto.” Disse lei, cercando di giustificarsi.
“Se vuoi possiamo tornare indietro.”
“No, va bene. Tranquillo.” Rispose lei. Non voleva che Draco pensasse che le dispiaceva passare del tempo con lui.
Dopo un’ora decisero di sedersi lungo le rive del lago. Entrambi avevano il fiato corto in quanto avevano deciso di fare un tragitto molto più lungo di quanto si aspettassero.
“Non è strano?” chiese lui.
“Che cosa?”
“Noi due.”
“Noi due?” chiese la riccia, ben sapendo a cosa alludesse. In fondo era una Grifondoro e come tale era sua dovere prendere in giro le serpi.
“Oh, ehm non noi due come coppia. Ma noi due come beh..”
“Ho capito Draco, ti stavo prendendo in giro.”
“Oh.”
“Eh sì.”
“Comunque… non lo trovi strano? Il fatto che corriamo insieme, che mangiamo allo stesso tavolo e parliamo civilmente? Oppure il fatto che ti chiami per nome…” Le ultime parole le disse quassi sussurrando, tant’è che la riccia a malapena lo sentì. Inspirò a fondo, dopodiché si sedette un po’ più vicina alla serpe. “Io lo so che non è facile per te. Non lo è nemmeno per noi. Abbiamo storie diverse, è vero, ma ora siamo tutti qui, con lo stesso desiderio e cioè quello di vivere in pace. È strano correre con te, mangiare con te, parlare con te e anche chiamarti per nome, sì. Ma è più strano il fatto che non lo abbiamo fatto prima. Non dico che ci vogliamo bene eccetera eccetera, ma non pensi anche tu che saremmo potuti diventare amici già molto tempo fa? Se non ci fosse tutta quella questione del sangue eccetera…” Il giovane Malfoy alzò lo sguardo sorpreso e le sorrise. “Sì, è vero. Sono stato uno stupido.” Tra quelle parole c’era dietro un scusa che non era facile da pronunciare, ma che era sentito appieno.
Lo sapevano entrambi. Ma era meglio così. Se fossero diventati amici subito, se si fossero perdonati tutto, lasciati tutte le cattiverie alle spalle sarebbe parso ipocrita. Era meglio così. A piccoli passi si stavano abituando l’uno alla presenza dell’altro ed era giusto così.
“Posso farti una domanda?” chiese lui dopo un po’ e quando Hermione annuì continuò. “Il fatto che tu vivessi in Francia fino a qualche anno fa e il fatto che non vuoi volare sono due cose collegate, non è vero?”
Hermione sgranò li occhi. Come aveva fatto a capirlo? Non ce la fece a rispondere e così si limitò ad annuire. “Perché non vuoi volare?” chiese ancora il biondo. “Io… ho deciso che riprenderò a volare. E non guardarmi così, io so volare. E volo bene…”
“Beh, se farai il provino per la squadra di Quidditch e ti prendono…non vedo l’ora di vederti giocare. Sarà così facile vincere quest’anno!” disse lui ridendo.
Hermione gli tirò un pugno amichevole, ridacchiando.
“Posso chiederti perché non volevi salire su una scopa?”
“Io… è difficile parlarne. Non ne ho mai parlato con nessuno, esclusi Ron ed Harry. E anche con loro ce ne ho messo di tempo per farlo… quello che posso dirti è che anche se sono una nata babbana il Quidditch faceva parte della mia vita da prima che mettessi piede in questa scuola. Ho imparato a volare molto prima di venire in questa scuola. Se ho fatto pena al primo anno è perché a causa della cosa di cui non vorrei parlarti ora, avevo paura di salire su una scopa. La sola parola mi faceva soffrire. Quando Harry è entrato nella squadra mi sono sentita morire. Avevo tanta paura, ma ero così orgogliosa di lui. Sapevo quanto significasse per lui e fu per questo motivo che andai alle suo partite a sostenerlo. Ma anche se facevo il tifo e sembravo felice, ogni volta che mi avvicinavo al campo sentivo una sensazione strana. Paura e tristezza soprattutto.”
La riccia rimase in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto. Il biondo non sapeva cosa fare, non era bravo a consolare le persone. “Scusa, non volevo farti ricordare delle brutte cose…” disse posandola una mano sulla spalla.
“Oh no, non ti preoccupare, non sono brutti pensieri, anzi. Sono stati i momenti più belli della mia vita.”
 
 
Il pomeriggio Hermione sostenne i provini per il ruolo di cacciatrice, lasciando di stucco tutti i suoi amici e compagni. Nessuno credeva a quello che aveva appena visto. La loro Caposcuola, sempre china sui libri, colei che apparentemente disdegnava quello sport, sapeva giocare benissimo, meglio di molti altri cacciatori che avevano avuto il ruolo negli anni precedenti.
Tutti la lodavano, tutti esultavano per la futura vittoria. Ginny si era quasi messa a piangere dalla gioia. Harry l’aveva abbracciata stretta a sé e Fred le diede una pacca sulla spalla.
George, invece, le aveva sorriso e aveva replicato allo scambio di battute di Fred, però sapeva che dietro al sorriso che la ragazza stava sfoggiando c’era un’immensa tristezza.
Sapeva che in quel momento l’unica cosa che voleva fare era scappare e lasciarsi andare ad un pianto liberatorio. Non la conosceva bene, però da quando l’aveva vista con il prescelto si sentiva molto più vicino e connesso a lei.
La giovane era sempre di più un mistero per George Weasley. Non faceva che pensare a lei, a quello che teneva loro nascosto. Non faceva altro che immaginare la grifona passeggiare con lui, sfogarsi. “Ehi, tutto bene?” gli chiese il gemello, notando che la sua metà se ne stava in disparte, senza partecipare agli scherzi rivolti alla ragazza. “Sì, vado a farmi una doccia. Ci vediamo dopo in stanza con Lee.” Replicò lui prima di andarsene.


 
“Congratulazioni Grang! Quest’anno siete proprio caduti in basso se avete preso la secchione per eccellenza” esclamò Blaise quando i grifoni si avvicinarono al tavolo.
“Shhhhhh!!” dissero Harry e Hermione in coro, incenerendo con lo sguardo il ragazzo. “Che ho detto?” chiese lui.
“Nessuno deve sapere della cosa. Emi dice di voler sorprendere gli altri.” Spiegò Ginny sedendosi vicino a Luna, che stava mostrando a Daphne un disegno dei tanto amati nargilli.
“Donna saggia. Significa che sa di non essere così brava e non vuole essere presa in giro dagli altri per un mese intero.”
“Suvvia Draco. Non essere così sgarbato. Sono sicuro che Hermione sarà un’ottima cacciatrice.” Disse Theodore scoppiando a ridere, seguito subito dopo dalle due serpi. “Siete dei maleducati. Emi sarà bravissima, ne sono certa.” Disse Daphne, che sebbene stava conversando con la Corvonero stava seguendo la conversazione.
“Chi sarà una cacciatrice bravissima?” chiese Terry, arrivato con Neville solo in quel momento. “Nessuno.” Dissero George e Hermione in coro, prima di scambiarsi uno sguardo complice.
“Non è giusto, non mi dite mai nulla!”
“Hermione è stata presa nella squadra dei Grifoni” spiegò Blaise che ancora non capiva perché volessero mantenere segreta la cosa. Era risaputo che le notizie volavano in quella scuola, quindi perché fare finta di nulla? “Oh. Ok va bene, se volete tenermi all’oscuro della cosa fatelo, ma non prendetemi in giro.” Rispose Terry, suscitando delle risatine da parte delle serpi. “Che ho detto?”
“Terry… non ti stanno prendendo in giro, ha fatto davvero il provino.” Disse Fred, facendo ridere ancora di più gli altri.
“Oh. Scusa Emi, non volevo…è che pensavo non ti piacesse il Quidditch.”
“Non ti preoccupare, anch’io stentavo a crederci.”
In quel momento un gufo volò sopra le loro teste, lasciando cadere una lettera davanti alla riccia di cui tutti stavano parlando. “Strano, di solito la posta viene la mattina.” Disse Hermione, ma prima che riuscisse a prendere qualcosa, Ginny la afferrò. “Sì. È per te…viene da Durmstrang?!”
“Cosa? Fa vedere!” disse Theodore strappando la lettera dalle mani della rossa. “Eh sì, è proprio lo stemma di quella scuola…” disse Blaise, mentre Draco si sporgeva incredulo.
“Ridatemela. Avete detto che è per me no? E allora voglio la mia lettera…” disse la riccia, che stava diventando sempre più rossa.
“Emi stai diventando dello stesso colore dei capelli di Ginny” disse il suo migliore amico, che sapeva bene chi era il mittente della lettera.
“Grazie Harry.”
“Allora, chi ti scrive?” chiese George, che stava morendo dalla curiosità. “Non è ovvio? Sarà una lettera di Viktor Krum” rispose Luna, attirando lo sguardo di tutti i ragazzi su di lei.
“Siete ancora in contatto?” chiese Daphne, che tutto d’un tratto s’era fatta attenta.
“Oh beh…” “Sì. Al matrimonio di mio fratello Bill e Fleur c’era anche lui e hanno ballato per tutto il tempo. Erano così dolci!” esclamò Ginny. Fred ed Harry si misero a ridere, ricordavano ancora la faccia paonazza di Ron che guardava i due ballare. Ora che stava con Lavanda ci avrebbe riso anche lui sopra, ma prima aveva davvero creduto di provare dei sentimenti per l’amica e anche per lei era valso lo stesso. Solo dopo aver provato a stare insieme avevano capito che in realtà era solo un immenso affetto a legarli e che mai sarebbero riusciti a fare coppia fissa. Erano troppo diversi. “Oh Hermione, tu folere ballare con me? Tu ezere bellizima!” disse Fred, mimando un baciamano nei confronti della ragazza, facendo ridere tutti gli altri.
“Dai, non fare così. Non parla in questo modo ed è un ragazzo molto galante!” lo difese Hermione che era sempre più rossa. Così come George, che stava assumendo una sfumatura di rosso molto simile a quella di un pomodoro.
Quando il gemello se ne accorse gli diede una gomitata scherzosa, ma allo stesso tempo ammonitrice. Solo in quel momento si rese conto che il fratello aveva le mani strette in pugno e che anche se stava fingendo di essere tranquillo e ridacchiava, era molto nervoso. Cosa gli stava succedendo? Fred sgranò gli occhi: George s’era invaghito della piccola Hermione Granger?
 
 
Una volta in camera, la grifona si buttò sul letto, incurante del fatto che fosse ancora vestita e con le scarpe addosso. Era esausta e anche nervosa, non amava essere al centro dell’attenzione. Quella sera, invece, tutti avevano parlato di lei, prima per via del suo nuovo ruolo come cacciatrice e poi per la lettera ricevuta dalla Bulgaria.
La lettera.
Hermione non l’aveva ancora aperta, non voleva che qualcuno gliela strappasse di mano e la leggesse. In tutti quegli anni lei e Viktor erano diventati molto uniti. Avevano provato ad avere una relazione, ma la distanza era troppa e le occasioni per vedersi erano pochissime. Così avevano deciso di lasciarsi, ma di rimanere amici.
Le rare volte che si vedevano Hermione si sentiva leggera ed amata. Il ragazzo la capiva e aveva dimostrato, col tempo, di conoscerla e di capirla.
 
Sofia, 20 ottobre 1998
Cara Hermione,
nella tua lettera ho sentito molto dolore. Non riesco ad immaginare quello che stare provando tu in questo momento. Ho deciso di venire a Hogsmeade domenica dopo pranzo, così potremo vedere noi e parlare di quello che ti rende triste.
Ti voglio bene,

Tuo Viktor
 
Hermione sorrise. Non riusciva ancora a crederci: avrebbe visto Viktor! Oltre ad Harry era l’unico a saperla consigliare e in quel momento sentiva che solo lui poteva farlo. Era l’unico, infatti, a non essere coinvolto nella faccenda e a non trarne alcunché e quindi era la persona adatta per ascoltarla ed aiutarla.
Scese dal letto e corse ad aprire l’armadio. Anche se non era un appuntamento voleva essere carina o per lo meno curata. Non voleva sfigurare accanto al ragazzo.
Quando Ginny entrò nella stanza della Caposcuola si trovò davanti la riccia circondata da tutti i suoi vestiti.
“Che sta succedendo?”
“Oh, ciao Ginny. Nulla…pulizie autunnali.”



 

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Capitolo 5
*** Viktor. ***


La mattina seguente Hermione si alzò prestissimo. A causa delle ultime novità aveva trascurato lo studio e così aveva colto l’occasione per portarsi avanti con i compiti. Dopo qualche ora scese in sala grande dove finì la relazione di Pozioni sgranocchiando qualcosa. In realtà i compiti erano solo una scusa: non lo avrebbe mai ammesso, ma era nervosa. Avrebbe rivisto Viktor dopo così tanto tempo e ancora non se ne capacitava. Al matrimonio di Bill e Fleur lo aveva visto per così poco tempo e lui era bellissimo. Al di fuori di quell’occasione si erano visti soltanto una volta, poco dopo il torneo. Si erano inviati moltissime lettere, però, cercando di compensare con esse la distanza che li separava.
I due avevano anche cercato di avere una relazione, ma senza successo. Hermione credeva di essere innamorata di Ron (anche se poi aveva scoperto il contrario) e dopo l’estate in cui lui era venuto a trovarla in Francia non si erano più visti e lui aveva iniziato a vedere una ragazza bulgara. Il fatto che lui fosse un giocatore professionista non aiutava: vedere articoli sulla gazzetta riguardanti le molteplici conquiste del giovane erano un colpo al cuore per la povera ragazza.
Si lasciarono, ma rimasero ottimi amici. Si scrissero sempre, con costanza. Solo durante la guerra non poterono farlo. Nei momenti bui Hermione aveva pensato a lui, a quale consiglio le avrebbe dato. Aveva una visione delle cose totalmente diversa da quella di Harry e Ron, ma anche di tutti i suoi amici. Lui la completava. Riusciva a dire o fare quello che era giusto per lei, in qualsiasi momento.
E…quel giorno lei lo avrebbe rivisto.
Non sapeva se lui fosse rimasto lo stesso. Ogni tanto lui le chiedeva di inviargli una foto che lei prometteva di inviare in cambio di una sua. Però dal matrimonio non lo vedeva e non aveva sue foto. Lo avrebbe riconosciuto? Nemmeno sui giornali si era parlato molto di lui. Anzi, Hermione aveva smesso di leggere la gazzetta con la frequenza di prima.
Aveva iniziato ad odiare i giornali: parlavano sempre del Trio, di quali prodigi avessero fatto, di cosa stava attanagliando le loro menti. Era stufa di tutte quelle attenzioni ed era arrabbiata. Harry ogni volta si rattristava, pensava che non era giusto che parlassero solo di loro e mai i loro compagni o le vittime.
E così Hermione si era ritrovata spaesata al pensiero di rivedere il ragazzo. Salì in stanza, sbuffando di tanto in tanto. Gli studenti la stavano guardando male. Hermione Granger era impazzita? No? Ma allora perché sta sbuffando e borbottando di tanto in tanto? Queste erano le domande che gli studenti di Hogwarts si stavano ponendo.  Cosa stava succedendo alla loro Caposcuola?
La risposta era semplice: stava avendo una crisi come qualsiasi ragazza normale. Una volta arrivata in camera scartò il completo che aveva scelto il giorno prima. Aveva scelto un completino rosso e bianco che la ragazza associò subito alla bandiera bulgara. Dopodiché prese un vestito nero, che buttò via inorridita e subito dopo un abito rosso che però non volle mettere per paura che Viktor lo scambiasse con quello indossato al matrimonio. Non sapeva cosa fare, anche perché non voleva farsi vedere in quelle condizione dai suoi amici. Ginny l’avrebbe presa in giro e Harry l’avrebbe guardata sconsolato, mentre tutti gli altri l’avrebbero sbeffeggiata per il resto dei suoi giorni. Era meglio far da sé. Dopo un’ora decise di indossare una gonna azzurra con dei disegni e una camicetta bianca. Indossò una giacca di pelle e dei tacchi blu per diminuire la differenza d’altezza tra lei e il bulgaro. Si truccò leggermente e legò i capelli. Guardandosi allo specchio sorrise. Non sembrava una bambina ed era decente. Odiava il pensiero di sfigurare vicino al ragazzo. Sapeva di non essere il tipo di ragazza associata ai ragazzi belli e popolari, ma per chissà quale scherzo del destino Viktor si era trovato, tanti anni prima, al ballo del ceppo proprio con Hermione. Da quando aveva letto gli articoli di giornali legati a lei e al ragazzo, Hemione aveva deciso di vestirsi sempre bene quando usciva con lui per evitare che scrivessero qualcosa che avrebbe fatto allontanare il ragazzo da lei.
Dopo così tanti anni quel pensiero s’era fatto largo nell’inconscio della ragazza, che si comportava in quel modo senza neanche rendersene conto.
Lanciò un’occhiata all’orologio: mancava poco più di mezz’ora all’incontro; decise di uscire per evitare di arrivare in ritardo e soprattutto per evitare di vedere i suoi amici che di lì a poco sarebbero sicuramente scesi.


Hogsmeade era sempre uguale: nell’aria c’era odore di dolcetti appena sfornati, burrobirra e cannella. Maghi e streghe attraversavano il paese ridendo e scherzando, felici. Viktor non aveva specificato il luogo dell’incontro, ma più volte si erano visti a Hogsmeade durante il torneo. La ragazza camminò a passo svelto tra le vie diretta ad un piccolo pub che quasi nessuno frequentava.
Davanti al locale si sistemò i capelli, fece un respiro profondo ed entrò. Come previsto, il locale era quasi vuoto. Il cameriere stava parlottando con un cliente al bancone e una coppietta stava ridacchiando ad un tavolo vicino all’entrata.
“Emi!” esclamò una voce profonda. Sentendosi chiamare la ragazza si voltò in direzione della voce, trovandosi di fronte il ragazzo.
“Viktor!” disse lei felice, abbracciandolo di slancio. Il ragazzo s’era lasciato crescere i capelli, che ora gli arrivavano alle spalle e la barba, che gli dava l’ora di cattivo ragazzo. I suoi occhi però erano sempre dolci e intensi come li ricordava. Si scambiarono un sorriso. In quell’abbraccio si sentirono a casa. “Sei sempre più bella, Hermione! Sono molto felice di vederti!” “Anch’io Vik. Ti trovo molto bene e sei sempre più alto!” disse lei ridendo.
Si sedettero ad un tavolo isolato, dove avrebbero potuto parlare in tranquillità.
Si tolsero la giacca e la ragazza non poté fare a meno di scuotere il capo divertita. “Cosa?” chiese lui senza smettere di sorriderle. “Hai sempre più tatuaggi.”
“Cosa posso fare? Piacciono tanto!” disse lui, facendo ridere la ragazza.
“Lo vedo. Cos’hai fatto in questo periodo?” chiese lei curiosa. “Ho giocato per molto in America, ora io a Sofia per qualche mese. Aiuto a Durmstrang. Però… non essere noi qui per me. Parlami, dimmi quello che succede.”
“Si sente che parli molto meglio la lingua. Sono molto felice per te. Io… non so da dove iniziare.”
“Tu hai scritto a me, hai detto che ti hanno chiesto amici di giocare a Quidditch e che tu ci provi. Però non ne sei felice o sì?” chiese lui, posandole una mano sulla guancia.
“Io non lo so. Mi sento bene, ma mi sento in colpa. Io ho promesso ad Alex di non volare se non in casi estremi e di non giocare mai a Quidditch.”
“Per tu lo dire a te e non a lui. Lui vuole una Emi felice, non triste.” La ragazza sospirò. Viktor aveva ragione. Alex avrebbe voluto che lei fosse felice, che vivesse la vita appieno come lui non aveva avuto modo di fare.
“Lui era così giovane… non doveva morire. Mamma e papà erano distrutti. Io mi sono sentita persa. Non voglio che Harry debba dire ai miei genitori quello che gli amici di mio fratello hanno dovuto dire ai miei.” Disse lei sospirando.
“Emi… io gioco a Quidditch. Harry, rosso gioca a Quidditch…tua amica gioca a Quidditch. Non è un gioco sicuro, ma non puoi pensare sempre al peggio.”
“Ed è per questo che ho paura. Ogni volta che so che giocate, che avete una partita, sento una stretta allo stomaco e non svanisce fino all’esito della partita. Fino a quando non so che è tutto finito e che voi state bene io sono sempre ansiosa. Se i miei lo venissero a sapere avrebbero sempre paura per me. Dopo la guerra…come ben sai ho ridato loro i ricordi e ci siamo promessi di non nasconderci più nulla.”
“Però giocare rende felice te. Se tu non lo dire a loro, loro felici. Non giochi per una squadra professionale, ma per una squadra della scuola. Tu non fare male a te con così poco. No fisicamente almeno.”


In quel momento entrarono nel locale un gruppetto di ragazzi che si sedette dall’altra parte della stanza. Ordinarono da bere e iniziarono a conversare, fino a quando uno di loro non notò la coppia dall’altra parte.
“Quella non è Hermione?” chiese uno di loro.
“Ma cosa dici Terry, Hermione non ha i capelli li-ma è Hermione!” esclamò Fred, rischiando di rovesciare la sua birra a causa della foga con cui aveva posato il boccale sul tavolo. “Cosa?!” chiese George, che tutto d’un tratto era diventato attento a ciò che dicevano gli altri. Finalmente vide la ragazza. È bellissima pensò lui. Vedendo il ragazzo con lei, però, strinse le mani in pugno. Chi era lui? Hermione aveva un fidanzato di cui nessuno sapeva?
“Harry! Harry! Vieni qui!” disse sottovoce Blaise, facendo segno al ragazzo di raggiungerli.
“Che succede? Perché parli in questo tono?” chiese il prescelto una volta davanti ai compagni.
“C’è Emi lì, con un ragazzo…” disse George con un tono quasi rabbioso.
“Che c’è, sei geloso?” chiese Theodore che stava sghignazzando con Draco da quando avevano notato la coppietta.
“Oh per Merlino! Me n’ero dimenticato! Se mi vedi mi uccide. Penserà che lo voglia controllare” disse Harry sconsolato.
Gli altri lo guardarono meravigliati. Nessuno parlò fino a quando il moro non parlò di nuovo: “Beh? Perché quelle facce?”
“Chi è quel ragazzo? Non mi piace, sembra un lottatore di wrestling. Tutto pompato, pieno di tatuaggi. Capelli lunghi… no, non mi piace.” Disse Neville, che era da sempre apprensivo nei confronti delle sue amiche.
“Non posso dirvelo. Vi assicuro, però, che non le farà del male, anzi. Sono sicuro che Emi sta benissimo, lui riesce sempre a calmarla.”
“Quando avete i vostri segreti mi andate ai nervi. Merlino, perché tutti questi segreti? Almeno alla vostra allegra combriccola poteva dirlo che aveva un ragazzo.” Disse Draco, guadagnandosi un’occhiataccia dai presenti, soprattutto da George il cui volto stava assumendo una strana sfumatura di rosso. Non capiva perché era così geloso della ragazza, mai gli era successa una cosa simile negli anni. Da quando avevano iniziato l’ultimo anno tutti insieme, invece, aveva iniziato a vedere la ragazza in modo diverso e sentiva spesso un senso protettivo nei suoi confronti.
“Io direi di berci un’altra birra. O anche qualcosa di più forte. Siamo peggio delle pettegole. Se Harry dice che sta bene, sta bene.” Concluse Lee, ottenendo l’approvazione di Theodore e Draco, che erano ormai stufi della conversazione. “Io penso di sapere chi è…” sussurrò Blaise al moro che gli diede una gomitata. Non voleva rovinare la giornata all’amica solo perché i ragazzi si stavano dimostrando molto più curiosi delle ragazze di fronte ad uno scoop del genere.
 
 
“Io sono molto felice di vedere te Hemione. Io folere portare a cena te un giorno. Torno in Inghilterra prossimo mese. Anche amici tuoi possono venire, magari dopo.” Disse Viktor imbarazzato. Hermione sorrise: quando il bulgaro era a disagio tendeva a fare molti più errori e in quel momento era evidente la cosa.
“Ne sarei molto felice. Mi sei mancato tanto Vik, non vedo l’ora di rivederti. Gli altri potrebbero raggiungerci più tardi, così prima potremmo stare noi due un po’ da soli. Almeno potrò prepararti alle loro battutine.” Disse la riccia prima di abbracciare l’amico. “Grazie di cuore. Riesci sempre a sollevarmi su di morale.” Continuò e prima di poter dire qualsiasi cosa il ragazzo la sollevò da terra, facendola girare. “Io potere sollevare te anche così!” disse lui facendola ridere.
“Oh lo so!”
“La passaporta tra poco si aprirà. Ci vediamo Emi, ti voglio bene. E ricorda: tu devi fare quello che rende felice te. No pensare ad altri. Tu pensare a te e basta. Tu sei bravissima cacciatrice. La Bulgaria invidiosa se Inghilterra prendere te in squadra.”
La ragazza diede un ultimo abbraccio al ragazzo. “A presto Viktor. Ti voglio bene.”


 

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Capitolo 6
*** Provini ***


La ragazza diede un ultimo abbraccio al ragazzo. “A presto Viktor. Ti voglio bene.”
 
“Hermione, potevi dircelo che avevi un ragazzo!” si sentì dire la ragazza poco dopo che Viktor era andato via. La riccia si voltò sorpresa, prima di incontrare lo sguardo di Blaise, che le sorrideva divertito. “Pensavo ti piacesse un altro tipo di ragazzi, non gli armadi tutti tatuati!” continuò Draco.
La giovane sentì le gote andare in fiamme. Tutti i ragazzi che aveva cercato di evitare l’avevano vista con Viktor…ma a quanto pare nessuno aveva capito chi fosse il ragazzo.
“Io non centro nulla!” si sentì in dovere di dire Harry quando la ragazza incontrò il suo sguardo. “Non è colpa sua Grang, potevi scegliere un altro posto per vedere il tuo principe!” disse Lee, che stava dando un colpetto sulla spalla a Fred. Tutti stavano ridacchiando. Tutti tranne George, che la stava scrutando come se osservandola a lungo avrebbe capito l’identità del moro.
“Ma smettetela!” borbottò lei infastidita, prima di voltarsi e incamminarsi verso al castello. Poco dopo la raggiunse Blaise, che la guardava con un sorrisone. “Che vuoi ancora?” sbottò lei dopo un po’.
“Nulla. È che pensavo non vi vedeste più da un bel po’. D’altronde la cara Rita Skeeter l’avrebbe saputo se la coppia più discussa negli ultimi anni era tornata insieme, no?”
Hermione impallidì.
“Noi non stiamo insieme…è solo un amico.”
“Sì come no.”
“Blaise aspetta!” lo pregò lei, accelerando il passo nella speranza di raggiungere la serpe, che però aveva già attraversato il cancello.
“Dannazione!”
“Dai Emi, gli altri non hanno capito nulla, quindi non è andata così male. Ma dimmi, com’è andata?”
“Bene…mi ha fatto riflettere su un po’ di cose. Ora sono più tranquilla.” Disse lei.
“Quindi…?”
“Quindi ne riparleremo dopo, da soli.” Terminò lei, notando che Neville e Terry stavano ascoltando quello che i due ragazzi si stavano dicendo, pronti a riferire tutto ai gemelli.
 
 
“Sìììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììì! Grazie Hermione, ti adoro!” urlò Harry, incapace di trattenersi dalla gioia.
“Che succede?” chiese Ginny, seduta sul divanetto con i due fratelli.
“Hermione farà il provino per il ruolo di cacciatrice!”
Tutti tacquero per un attimo. Nessuno di loro aveva creduto che la riccia ci avrebbe provato, anche perché pensavano non fosse capace di giocare a Quidditch. Solo recentemente George l’aveva vista volare e talvolta Ginny aveva sentito il Trio parlare del rapporto della ragazza col Quidditch. La decisione della Caposcuola, dunque, sorprese tutti.
Il giorno dei provini arrivò. Giovani Grifondoro s'erano presentati ambendo ad un ruolo; nessuno di loro però presentava qualche caratteristica che lo rendeva il giocatore perfetto. 
I ruoli di cercatore, battitori e una cacciatrice erano già occupati dai Weasley ed Harry, che inoltre era il capitano della squadra.
Sorprendendo tutti, Seamus aveva sostenuto il provino come portiere e grazie ad una parata fenomenale era entrato in squadra. 
Erano rimasti aperti solo i provini per i due cacciatori.
Hermione era pronta da ore, però non aveva ancora messo piede sul campo. Dopo aver lucidato puntigliosamente la scopa, aveva deciso di fare una passeggiata nel parco. Vedendo in lontananza le serpi, però, aveva deciso di tornare allo spogliatoio.
Anche se ormai poteva considerare quei ragazzi dei buoni conoscenti (se non addirittura amici) non aveva voglia di parlare con nessuno in quel momento, soprattutto sapendo che la conversazione in un modo o nell'altro sarebbe tornata all'argomento "ragazzo misterioso". 
Una volta rimasta sola con Harry e avergli raccontato tutto quello che si erano detti e i sentimenti che aveva provato, il ragazzo l'aveva avvertita infatti che Blaise aveva scoperto l'identità del suo accompagnatore. 
Aveva pregato il moro di mantenere il segreto, ma quello aveva accettato a patto che potesse prenderla in giro. 
E così erano passate le ultime due settimane: tra battutine e ansie. 
Guardando l'orologio si rese conto che mancavano ancora quindici minuti alla fine dei provini. Indossò la casacca e legò i capelli in uno chignon e una volta presa la scopa prestatagli da Ron, si diresse al campo.
Rimase seduta in penombra per un po' in modo da osservare i ragazzi che stavano sostenendo la prova.
Alla fine lei e Ginny avevano deciso che solo in caso di un totale fiasco sarebbe entrata in scena la riccia, che ora si ritrovava a fare il tifo per i quattro ragazzi.
"Dov'è Hermione?" Chiede George preoccupato, non vedendo la ragazza tra gli altri candidati. 
"Si è messa in disparte, vuole vedere se riusciamo a trovare dei giocatori validi senza dover salire in campo e giocare." Rispose Fred, che stava scrutando il fratello. In quel periodo aveva notato che George s'era avvicinato molto alla ragazza. La cercava con lo sguardo non appena entrava in Sala Comune e si sedeva sempre accanto a lei durante i pasti. S'era addirittura sforzato di fare amicizia con Daphne e Draco quando aveva visto che la giovane Caposcuola aveva legato con loro. Con Theo e Blaise, invece, non c'era stato bisogno di sforzarsi. Infatti le due serpi erano molto divertenti e come loro due e Lee amavano fare scherzi e battutine alle persone. Fred lo sapeva che il rosso stava iniziando a provare qualcosa di più forte di un senso di amicizia e solidarietà per l'amica, ma aveva deciso di stare zitto. Aveva paura che George, spaventato da quell'assurda realtà, si sarebbe allontanato da lei. E questo non se lo sarebbe mai perdonato. Mentre Fred aveva avuto molte fidanzate o storielle occasionali, George aveva avuto sì e no quattro ragazze. Una volta che si legava a qualcuno faceva di tutto per quella persona. Le stesse cose che ora stava facendo per Hermione.

"Siamo spacciati. Speriamo che Hermione sia davvero brava come dice Harry" esclamò Lee, avvicinandosi ai due.
"Lo è per davvero" difese il Prescelto l'amica, sentendo quasi una stretta allo stomaco. In cuor suo non sapeva se coinvolgere Hermione fosse stata la cosa giusta.
Da un lato, sapeva che le avrebbe fatto bene. L'avrebbe fatta uscire dal guscio e avrebbe potuto essere felice. L'avrebbe aiutata a sbloccarsi e accettare quello che era successo al fratello.
D'altra parte sapeva che la cosa stava distruggendo la ragazza. Vedeva il suo sguardo incupirsi di tanto in tanto e spesso si isolava. Vedeva anche che le missive col bulgaro erano aumentate, segno che i due si stavano riavvicinando. Il pensiero dei due insieme lo rattristò. Non pensava che i due sarebbero tornati insieme, il che significava che avrebbero intrapreso un rapporto d'amicizia e aveva paura che Krum lo sostituisse. 
"Dov'è Hermione?" Chiese Neville che aveva guardato il tutto dagli spalti, ma ora era sceso per accertarsi che tutto stava andando per il verso giusto.
"È con Ginny e Seamus" rispose George, che aveva visto subito la ragazza. Aspettò che i tre finissero di parlare per poi avvicinarsi alla ragazza. 
"Hermione...grazie."
La giovane sorrise, ma non disse nulla. 
"In bocca al lupo Emi!" Dissero in coro Nevile e Lee, facendo sorridere la riccia.
"Almeno ora potremo vedere se sei davvero così bravo come dicono" la stuzzicò Fred.
"Ci puoi scommettere Wes" rispose lei, con una scintilla nello sguardo ad indicare quanto seriamente avesse preso la cosa. 
"Hermione, sei pronta?" Urlò Ginny, che era già alta in cielo.
"Sù" disse la riccia prima di spiccare il volo.
 
***
 
 
 
 
 
 
Hermione entrò nella sala comune dei Grifondoro con i capelli e i vestiti fradici, seguita subito dopo dai gemelli Weasley e da Lee Jordan, che stavano facendo battutine sul conto della Caposcuola da quando erano finiti gli allenamenti.
“La volete smettere? Non credo di chiedere tanto. Non c’è sintonia nella squadra e noi dobbiamo vincere.” Sbottò la riccia lasciando la scopa a terra in modo da poter prendere la bacchetta impigliata nella divisa.
“No Granger. Non la smettiamo. Di che sintonia stai parlando? E perché sei così fissata con la vittoria?” rispose Lee, infastidito dalle continue lamentele della ragazza.
“Io non volevo nemmeno iniziare a giocare, se vogliamo dirla tutta. Siete stati voi a convincermi e quindi ora avrete almeno la buona decenza di impegnarvi, almeno spero.”
“Ah sì, ricordo…è inutile: non lo farò.” Disse il moro scimmiottando la giovane.
“Non mi avvicinerò mai e poi mai ad una scopa.” Continuò Fred che se ne stava sghignazzando da quando i due avevano iniziato il battibecco.
“Sono stata chiara?” conclusero infine i due prima di scoppiare a ridere. George, invece, quando aveva visto che la grifona si stava innervosendo aveva smesso di prenderla in giro. In fondo apprezzava quello che stava facendo e anche gli altri, solo che nessuno di loro aveva assistito a quello che aveva visto lui. Sebbene non sapesse nulla di quello che lei e Harry si erano detti, si sentiva molto più vicino a Hermione e quando entrava in gioco il Quidditch o il volo aveva imparato a starsene zitto. Suo fratello lo aveva preso in giro per la sua decisione, non capiva il perché di tutta quella apprensione nei confronti della ragazza, che secondo lui stava benissimo.
“BENE. Siete degli ingrati. Voi non avete idea di quello che ho passato. Non sapete niente di me! Niente!” sbottò la ragazza e con le lacrime agli occhi corse fuori dalla stanza.
“Hermione, no! Aspetta!” urlò George, prima di seguirla. Fred e Lee smisero di ridere, ma non cercarono di fermare la ragazza e anzi, cercarono di convincere il rosso a non seguirla, invano.
Smise di chiamarla, ma continuò a correre, sempre più velocemente per evitare di perderla. Non c’erano molti ragazzi fuori, ma sarebbe bastato poco per perderla di vista, tant’era minuta.
Hermione non si guardò mai alle spalle, continuò a correre fino a quando non uscì dal castello. Fuori stava piovendo, ma a lei sembrò una cosa di poca importanza. Continuò a correre fino a quando non arrivò alla Foresta Proibita.
Lì diventò più cauta e smise di correre. Non voleva attirare l’attenzione di nessuna creatura. Continuò a camminare per un po’ e una volta arrivata davanti ad una grotta, entrò. George la seguì.
“Emi…” sussurrò lui, inginocchiandosi davanti alla ragazza che stava piangendo. “V-voi non mi conoscete. Non sapete nulla di me… io volevo aiutarvi. Non sapete quanto mi costi salire su una scopa né giocare a Quidditch.”
“Io lo so. Infatti …sto cercando di evitare certe battute. Io ci tengo a te, davvero. Voglio esserti amico e conoscerti meglio. Non escludermi Hermione, parlami, ti prego.”
La giovane sospirò. “Sei sempre stato il più comprensivo, tra i due.”
“E anche il più bello…” disse lui cercando di sdrammatizzare la situazione. Le gote della ragazza si tinsero di rosso. “Non lo so…” disse dopo un po’. “Come no?!”
“Sai com’è…” “Ah sì? Bene.” Disse il rosso prima di iniziare a fare il solletico alla ragazza. Ma smise poco dopo. Sapeva che non era il momento giusto per scherzare- lui era lì per Hermione e per aiutarla, non per farle il solletico.
“Ti ho vista quel giorno con Harry, al campo. Era la prima volta che…salivi una scopa?”
“Sì, escluse le ore al primo anno e durante la guerra.”
“Però sei bravissima…e anche durante i provini e poi durante gli allenamenti hai provato di essere bravissima sia nel volo che nel Quidditch. Com’è possibile?” le chiese lui, anche se in realtà voleva aggiungere per una Nata Babbana.
“Intendi per una che prima di metter piede ad Hogwarts non sapeva nemmeno l’esistenza del mondo magico?” lo stuzzicò lei.
“Beh, sì.”
Lei sospirò. “Ci sono delle cose che non sapete di me. Le stesse che mi hanno portato ad odiare il Quidditch e per un certo periodo, il mondo magico.”
“E centrano con il fatto che per un periodo hai vissuto il Francia? Non mi guardare in questo modo, ti abbiamo sentita tutti in Sala Grande…”
“Sì. Ma non mi sento ancora pronta a parlarne.”
“Ma…un giorno lo farai?”
“Lo farò, promesso.”
Il rosso abbracciò la giovane: non sapeva cos’altro aggiungere e non voleva rovinare quel momento. Sentiva che la riccia si stava rilassando un po’ e soprattutto sapeva che il loro rapporto andava ad intensificarsi. Non aveva fretta. Prima o poi Hermione gli avrebbe confidato cos’era che le faceva perdere il sorriso.
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
 
Salve! Lo so, tra un capitolo e l’altro ci metto un sacco di tempo! Ormai non si tratta nemmeno di mancanza di tempo quanto per il fatto che sto avendo una sorta di blocco dello scrittore che mi impedisce di scrivere qualcosa che sia decente… e nulla, grazie per aver letto la storia e vi chiedo gentilmente di lasciare una recensione…così avrò modo di sapere se state seguendo la storia e qual è la vostra impressione sul capitolo (o sulla storia in sé).
Grazie ancora per la pazienza!
Un abbraccio,
Cherry

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