Alla ricerca di Kurtz

di Old Fashioned
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Giorno 1 - Effetti collaterali dei cocktail gamorreani ***
Capitolo 3: *** Giorno 2 - Giungiamo sul posto ***
Capitolo 4: *** Giorno 3 - Si procede ***
Capitolo 5: *** Rapporto 01 sulla missione ***
Capitolo 6: *** Giorno 4 - Primi contatti ***
Capitolo 7: *** Rapporto 02 sulla missione ***
Capitolo 8: *** Giorno 5 - Alla ricerca di informazioni ***
Capitolo 9: *** Giorno 6 - Verso la Fine di Tutto ***
Capitolo 10: *** Giorno 7 - Alla ricerca di un trasporto per Kamino ***
Capitolo 11: *** Rapporto 03 sulla missione ***
Capitolo 12: *** Giorno 8 - Questa sera dormiamo su Kamino ***
Capitolo 13: *** Giorno 9 - E il gioco ricomincia... ***
Capitolo 14: *** Rapporto 04 sulla missione ***
Capitolo 15: *** Giorno 10 - Di nuovo alla ricerca di informazioni ***
Capitolo 16: *** Giorno 11 - Finalmente qualche informazione ***
Capitolo 17: *** Rapporto 05 sulla missione ***
Capitolo 18: *** Giorno 12 - Kurtz! ***
Capitolo 19: *** Giorno 13 - L'Orrore... l'Orrore... ***
Capitolo 20: *** Rapporto 06 sulla missione ***
Capitolo 21: *** Giorno 14 - Saluti & Baci ***
Capitolo 22: *** Rapporto 07 (che però proviene dal Credito Coruscano) ***
Capitolo 23: *** Fine della fiera (degli imbecilli) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Finito il turno, due ufficiali stavano parlando fra loro mentre percorrevano un corridoio della Morte Nera.
Il colonnello Waxen?” chiese incredulo il maggiore, “quel Waxen?”
Proprio così,” confermò il capitano compiaciuto, “me l’ha detto il tenente Brown del reparto trasmissioni che ha intercettato la comunicazione. L’eroe di Myrkr viene a farci visita.”
Ma se è il Waxen che dico io ormai dev’essere un vecchio rincoglionito. Mi ricordo che stavano già discutendo di metterlo a riposo quando ero un cadetto!”
In effetti è lui, ed è anche completamente rincoglionito, ma non ne vuole sapere di andarsene in pensione.”
Immagino che lo metteranno a riposo d’ufficio,” disse il maggiore, “ non possono tenere in servizio uno con la demenza senile.”
Il capitano replicò: “Non c’è verso di mandarlo via, ci hanno già provato un sacco di volte.” Poi, abbassando la voce, aggiunse: “Sembra che abbia amici influenti che lo proteggono. Si parla addirittura di Sua Maestà l’Imperatore…”
I due ufficiali scomparvero lungo il corridoio parlando animatamente fra loro.

Il governatore Tarkin fissò i suoi collaboratori uno per uno, con deliberata e persecutoria lentezza. “Waxen è di nuovo sulla Morte Nera,” disse infine, “la missione diplomatica su Gamorr, con la quale speravamo di togliercelo dai piedi per almeno tre settimane, è durata tre ore e cinquantasette minuti. Ha litigato con l’interprete prima ancora di decollare da MPX e si è rifiutato di partire.”
Un mormorio di disappunto serpeggiò fra gli astanti.
Inoltre, è rientrato da meno di due ore e ha già ricominciato a creare problemi,” proseguì il governatore, “poco fa mi è arrivato un rapporto dall’armeria 12/B del terzo livello, pare che il colonnello sia entrato di nascosto, abbia rubato un blaster e tenuto sotto tiro l’intero corpo di guardia fino all’arrivo del nuovo turno. Era convinto di trovarsi nel bel mezzo della battaglia di Sarmak.”
Gli ufficiali presenti furono attraversati da un fremito di orrore ed ognuno di essi cominciò a sperare ardentemente che Waxen non fosse assegnato al suo reparto.
Waxen, infatti, un ormai ottuagenario colonnello della vecchia scuola, era una mina vagante di inaudita pericolosità: iperattivo ai limiti della maniacalità, insonne, logorroico, affaccendato, era affetto da una forma particolarmente perniciosa di demenza di Alzheimer, che lo faceva oscillare costantemente tra il rincoglionimento e la caparbietà. Date e orari per lui non avevano alcun significato, dal momento che li dimenticava e li confondeva continuamente, deficit di memoria e falsi riconoscimenti facevano sì che combinasse un casino dietro l’altro ed aveva la perversa abitudine di massacrare i coglioni a chiunque gli stesse vicino con i lunghi e circostanziati racconti delle missioni cui aveva partecipato durante la sua carriera. Siccome la sua memoria era sconquassata e confusa come un carrozzone jawas, il malcapitato interlocutore era capace di beccarsi lo stesso racconto anche cinque volte nell’arco di una giornata.
Generalmente, la sua era un’assegnazione punitiva. Nel senso che quando un ufficiale doveva ricevere una punizione esemplare per aver commesso qualche grave mancanza si vedeva assegnare in qualità di consulente anziano l’arzillo ma indementito colonnello, che subito cominciava alacremente a massacrargli i testicoli con estenuanti aneddoti e pericolosissime iniziative volte a migliorare l’efficienza del reparto.
Nel silenzio sconcertato della sala si udì il ronzio di una chiamata in arrivo. Il governatore attivò la comunicazione video. “Tarkin,” disse rivolto verso lo schermo.
L’interlocutore era un ufficiale della compagnia comando di Coruscant, che si schiarì la voce e con qualche esitazione disse: “La chiamo per il capitano Veers, signore…”
Il governatore ebbe un fremito di rabbia, ci mancava anche quel dannato capitano, che come al solito compariva col senso dell’opportunità di una ragade anale.
Cos’ha combinato stavolta?” ringhiò stringendo i pugni ossuti.
È stato arrestato durante una rissa al Worrt Arrapato.”
Arrestato?” fece eco Tarkin con la voce tremante di fiero sdegno, “Arrestato? Questa volta ha veramente passato ogni limite! È inaudito! Non ne aveva abbastanza di quello che ha combinato finora! Doveva farsi arrestare in una rissa! E cos’è poi questo Worrt Arrapato?
Un locale dei bassifondi di Coruscant,” si intromise una voce euforica proveniente dal fondo della sala riunioni, “Gestito da un gamorreano che si fa chiamare Hoynk lo Sbronzo. Ci sono le twi’lek più troie della galassia e fanno dei cocktail che stenderebbero un gundark.”
Tutti si voltarono sbalorditi verso il capitano Needa, che nel frattempo era arrossito fino alla radice dei capelli.
E lei come lo sa, capitano?” gli chiese Tarkin fulminandolo con uno sguardo tagliente come un laser ad accelerazione fotonica.
Ecco… Io… Lo conosco per motivi di servizio, s’intende.”
Da quando in qua un ufficiale della flotta ha a che fare per servizio con i locali malfamati di Coruscant?”
Ma per fortuna, prima che il capitano Needa si vedesse costretto ad inventare su due piedi una scusa credibile, dal monitor giunse la fatidica domanda: “Allora, che dobbiamo fare con Veers, signore?”
Questa volta resta dov’è!” gridò Tarkin dando un violento pugno sul tavolo, “In cella, dove avrebbe dovuto finire da un bel po’ di tempo! Razza di delinquente depravato! La mia pazienza è esaurita, basta!”
Ma è il nipote del generale Veers,” intervenne sottovoce il generale Tagge al suo fianco.
Non mi interessa! Anche se fosse il figlio di primo letto dell’Imperatore in persona, questa volta resta dov’è, imparerà a sue spese il prezzo di certe bravate!” poi, nuovamente rivolto verso il monitor, proseguì: “Ha sentito: Veers rimane esattamente dov’è, e spero che si trovi nella più buia e sordida cella di tutta Coruscant. E che ci resti a lungo!”
Ecco, sembra che ci sia un piccolo problema…” rispose esitante l’interlocutore, dopo aver letto un foglio che nel frattempo gli era stato passato.
E sarebbe?” il governatore sentì una certa apprensione che lentamente lo pervadeva al posto della rabbia. L’esperienza gli aveva insegnato ad aspettarsi di tutto quando aveva a che fare con il capitano Veers.
Mi hanno comunicato adesso che non è più in cella. Supponendo che voleste la procedura solita, il capitano è già stato imbarcato su un trasporto. Dovrebbe atterrare da voi entro breve.”
Tarkin avrebbe voluto rispondere, perlomeno per dire senza mezzi termini all’ufficiale ciò che pensava di lui e di tutta la compagnia comando di Coruscant, ma una comunicazione video di priorità uno si sostituì prepotentemente a quella in corso. Il governatore strinse i denti preparato al peggio: il canale a priorità uno era riservato alle comunicazioni di gravità eccezionale: sciagure, invasioni, epidemie e simili.
Sul monitor apparve la faccia rugosa di un vecchietto con i capelli bianchi e un bel paio di baffi dalla punta all’insù.
Tarkin soffocò un’imprecazione e disse: “Waxen! Come mai chiama sulla frequenza riservata?”
L’attempato interlocutore si guardò intorno disorientato, come alla ricerca della provenienza della voce, poi finalmente fissò lo sguardo su Tarkin. “Ah, è lei giovanotto, è lei! Stavo proprio chiedendomi a cosa servisse questo pulsante rosso dentro la capsula di vetro!”
Il governatore spezzò involontariamente la matita che teneva in mano. Cercando di mantenere la calma, rispose: “Colonnello, questa è la frequenza riservata, la usano solo Lord Vader e l’Imperatore in casi del tutto eccezionali.”
Due ottimi elementi,” gli assicurò Waxen con entusiasmo, “godono di tutta la mia fiducia. Soprattutto quel Vader, anche se non capisco perché si ostina a vestire tutto di nero. Mi ricordo quando eravamo di guarnigione su Tatooine, allora ero solo un giovane tenente alla prima nomina…”
Voleva dirmi qualcosa in particolare, colonnello?” lo interruppe Tarkin con ira repressa.
Veramente no, giovanotto. Non era lei che voleva parlarmi? No? Davvero bizzarro. Questa situazione a dir poco inconsueta mi ricorda un episodio che mi capitò quando ero primo ufficiale su un incrociatore, all’epoca della battaglia di Mahavamsa, se non ricordo male. O era la battaglia di Tundu Kunaa? Be’, fa poca differenza, in fondo. Ma cosa stavo dicendo…?”
Al governatore sfuggì un sospiro che sembrava l’ultima esalazione di un rangkor morente.
A quel punto, con molto senso pratico intervenne il generale Tagge dicendo: “Signore, ma non dovevamo proporre al colonnello quella pericolosissima missione su Sullust?”
Anni di delicatissimi colloqui diplomatici avevano addestrato Tarkin a cogliere al volo ogni minimo appiglio per trarsi d’impaccio in situazioni del genere. Lo stato di prostrazione lo abbandonò infatti in un attimo ed egli prontamente rispose: “Certo, ma sono sicuro che il colonnello non accetterà mai. È troppo pericolosa.”
Waxen drizzò le orecchie ed i suoi baffi ebbero un fremito di eccitazione.
Che la missione fosse pericolosa era vero. Si trattava di andare su Sullust, in mezzo a giungle intricate ed inospitali, alla ricerca di una spedizione che era partita mesi prima e della quale dopo qualche tempo non si era più saputo nulla. Ma sembrava anche un’occasione d’oro per togliersi finalmente dai piedi quel devastante rompicoglioni. Con un po’ di fortuna avrebbe potuto addirittura fare la stessa fine della prima spedizione.
Stando abilmente al gioco, Tagge ribatté: “In effetti è vero, questa missione è troppo pericolosa. Chi mai potrebbe avere sufficiente fegato per accettarla? Solo il colonnello Waxen, il cui coraggio è a dir poco leggendario.”
Però non possiamo rischiare di perdere un elemento prezioso come il colonnello in una missione che è un autentico suicidio.”
No, non possiamo proprio.”
I due si voltarono lentamente verso il monitor, dal quale Waxen li fissava bramoso, coi baffi che tremavano come quelli di un segugio.
Signori,” cominciò autorevole l’attempato ufficiale, “quando il dovere chiama non si può rimanere indifferenti. E del resto, chi muore per l’Impero vissuto è assai, come recita il motto dell’Accademia di Carida. O era un verso di una poesia? Be’, non importa, accetto la missione!”
Ma no, colonnello, non è il caso,” dissero i due per pura formalità, con l’entusiasmo di una segreteria telefonica automatica.
Non tollererò rifiuti. Io sono l’unico che ha l’esperienza necessaria per portare a termine una missione di questo genere. Sono già stato su Sullust almeno tre volte. Conosco perfettamente quella giungla maledetta! Ho solo bisogno di un aiutante!”
Un aiutante?” fece eco Tarkin, preso in contropiede dall’insolita richiesta.
Un ufficiale esperto ed affidabile che mi affianchi nel corso della missione. Ricordo che durante la battaglia di Thali avevo ai miei ordini un giovane capitano estremamente brillante, mandatemi lui!”
Come si chiamava, colonnello?”
Veers, Maximilian Veers. Davvero un ottimo elemento.”
Non si ricorda neppure dov’è il suo alloggio, l’altra sera lo hanno trovato a dormire nelle cucine del quinto livello, ma se deve rompere i coglioni la memoria gli torna eccome, accidenti! Pensò Tarkin.
Colonnello, non è possibile, non posso darle quel capitano,” rispose.
Come sarebbe a dire che non è possibile?” replicò l’altro indispettito, “io mi offro volontario per una missione pericolosissima e non ho neppure diritto a un aiutante? Devo purtroppo constatare che nelle forze armate imperiali le cose sono molto peggiorate in questi ultimi anni, giovanotto. Non è questo il modo di trattare un ufficiale dei reparti combattenti!”
Tarkin sospirò nuovamente. Ora lo aspettava l’arduo compito di convincere il colonnello che il Veers del quale stavano parlando aveva smesso di essere un capitano da quindici anni buoni.
Colonnello, Veers non è più…”
Se non mi date il capitano Veers non parto!” minacciò Waxen con veemenza. Dopodiché chiuse la comunicazione lasciando nello sgomento più cupo tutto l’uditorio.
Gli ufficiali si guardarono smarriti. La loro unica possibilità di togliersi dai piedi il devastante rompicoglioni era sfumata. A meno di non degradare Maximilian Veers a capitano per spedirlo dietro a Waxen nella giungla sullustiana.
Mi scusi, governatore…” una vocetta astuta si levò da un angolo della sala.
Tutti si voltarono in quella direzione. Il capitano Piett, con un ghigno a dir poco mefistofelico, proseguì: “Il signor colonnello non parte senza il capitano Veers. Ora le farò una domanda: chi di noi non sarebbe felice di veder partire il capitano Veers per una missione possibilmente senza ritorno dall’altra parte della galassia?”
Per quanto Tarkin fosse un maestro nel rimanere impassibile di fronte agli spettacoli più inusitati dell’universo, la diabolica genialità del ragionamento gli fece comparire sul volto un sorriso che a non andare troppo per il sottile poteva quasi essere definito radioso. Ecco che dopo una mattina di beghe e fastidi, che sembrava cominciata male e finita peggio, gli si presentava la possibilità di liberarsi in un colpo solo di Waxen e Veers. Se questo è un sogno, pensò, non svegliatemi.
Forse possiamo prendere due bog-wing con uno scurrier,” disse compiaciuto, “mandatemi questo Veers.” Poi, rivolto al capitano, aggiunse: “Davvero un’ottima idea, mi complimento per il suo acume.”
Modestamente, cerco solo di fare il mio dovere per l’Impero,” rispose l’altro.
Che Piett fosse un leccaculo arrivista era ben noto a tutti, ma il tono della risposta risultò talmente grondante di untuoso servilismo che persino l’ammiraglio Ozzel gli rivolse uno sguardo disgustato. Piett fece finta di non accorgersene.
Poco dopo arrivò un personaggio che fu presentato come il capitano Veers.
Entrò lentamente, affiancato da due guardie che però sembravano avere il compito di sorreggerlo più che di impedire una sua eventuale fuga, perché aveva un’andatura barcollante e piuttosto malferma. Indossava come unico indumento una vestaglia di seta di un rosso postribolare lunga fino al ginocchio e aveva un paio di mutandine da donna ornate di lustrini intorno al collo. Sulla sua tempia sinistra era ben evidente un’ecchimosi prodotta da un tirapugni rodiano.
Gli alti ufficiali riuniti nella sala lo fissarono a dir poco annichiliti, nel silenzio che regnava si sarebbe sentito cadere uno spillo.
Lei sarebbe il capitano Veers?” domandò diffidente l’ammiraglio Ozzel.
“…In persona…”
Non le hanno insegnato come ci si presenta a dei superiori?”
Latenza di svariati secondi. “Mi pare di sì… anzi, sono quasi sicuro…”
L’ammiraglio represse un moto di rabbia.
Che fine ha fatto la sua uniforme, capitano?” chiese bruscamente.
Veers abbassò lo sguardo sui propri abiti, dei quali sembrò accorgersi solo in quel momento. Li contemplò perplesso per un mezzo minuto abbondante, poi rialzò la testa e lentamente disse: “Bella domanda…”
Ozzel lanciò un’occhiata smarrita a Tagge, che però si strinse nelle spalle con aria rassegnata. “Cos’ha combinato stavolta, capitano?” chiese quest’ultimo, con un tono di quasi paterna preoccupazione.
Boh… il Worrt Arrapato è come una sala operatoria: sai come entri ma non sai come esci. L’ultima cosa che ricordo è che mi bevevo un cocktail gamorreano nel camerino di Samyra la danzatrice dei ventri…”
Tagge scosse la testa sempre più rassegnato.
Forse queste mutande sono sue,” aggiunse Veers dopo un po’, cercando con movimenti maldestri di sfilarsi l’indumento femminile dal collo, “di Samyra, intendo… ma perché ce le ho io? E che fine hanno fatto le mie?…”
Basta così, capitano,” intervenne Tarkin, “credo che nessuno qui abbia voglia di assistere al degradante spettacolo di un essere umano abbruttito dall’alcool. Le comunico che è stato scelto per una missione su Sullust in qualità di aiutante di campo del colonnello Waxen.”
Il capitano rimase silenzioso, segno abbastanza evidente che era completamente sbronzo. Qualsiasi ufficiale in possesso del proprie facoltà mentali avrebbe reagito ad una notizia del genere quantomeno con un attacco di panico.
Vada a farsi una doccia fredda,” aggiunse Tarkin, “partirà fra poche ore.”
Una doccia fredda? Come si vede che lei non si è mai sbronzato, signore…” rispose Veers esibendo il consueto sorriso disarmante.
Portatelo via!” ruggì il governatore, che di fronte a quell’espressione di noncurante serenità aveva sempre scatti d’ira incontrollati.
Veers fu trascinato fuori dalle guardie. Sul pavimento lucido della sala riunioni rimasero, al tempo stesso provocanti e minacciose, un paio di mutandine rosse i cui lustrini mandavano riflessi abbacinanti.

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Capitolo 2
*** Giorno 1 - Effetti collaterali dei cocktail gamorreani ***


Giorno 1 – Effetti collaterali dei cocktail gamorreani

La prima cosa di cui mi accorgo è che ho della gente intorno. Devo essere sdraiato da qualche parte e tutt’intorno a me c’è un tramestio confuso. Provo anche ad aprire gli occhi, ma vedo solo figure indistinte. E poi la luce mi fa aumentare il mal di testa.
Si sta svegliando,” dice una voce.
Alla buon’ora,” risponde un’altra.
Qualcuno cerca di sollevarmi, ma devo essere floscio come una dianoga morta e ricado sul letto. La testa mi gira come se stessi facendo acrobazie sfrenate col TIE fighter.
Ma che ha?” chiede una terza voce, o forse una delle due di prima, “è ferito?”
No, ha vinto una gara di birra con un trafficante di spacca-cervello trandoshan, ha scatenato una rissa da Hoynk lo Sbronzo devastandogli il locale e prima finire in coma etilico nel camerino di Samyra la danzatrice dei ventri ha fatto a botte con una squadra di cacciatori di taglie rodiani. Una serata quasi normale, per Veers.”
Vorrei chiedere cosa succede e dove sono, ma mi viene fuori una cosa che più o meno somiglia a “…skfszxbf…?”
Dannazione, è ancora ubriaco fradicio,” dice una delle voci con tono costernato, “e deve partire tra meno di tre ore! Passami quella siringa!”
No, potrebbe farlo stare male!”
Peggio di così? E poi, questa roba non può essere più pericolosa dei cocktail gamorreani che si scola di solito.”
Mi scoprono senza tante cerimonie una spalla e una mano delicata come quella di un wookiee ci conficca una siringa da dewback. Mi sfugge un gemito soffocato.
Buono, capitano, vedrà che ora si sentirà meglio.”
“…fxzsk…”
Molto bene, ora le inietto il farmaco,” mi dice una voce dal tono professionale.
Un male porco alla spalla, tutto il braccio e mezzo torace.
Ahia!! Ma che cazzo è, acido solforico?” grido sussultando costernato, diabolicamente lucido e col braccio intorpidito fino alla punta delle dita.
Vedi? Ha funzionato!”
La situazione che mi si presenta è la seguente: sono nel mio letto, ho addosso una vestaglia di seta rossa e ho davanti un sottufficiale, due soldati e un caporale della sanità. Sono perplesso.
Mi sono perso qualcosa?” mormoro guardandomi intorno.
Sta meglio, ora, signor capitano?” si informa cortesemente il sottufficiale.
Non lo so ancora. Devo avere un ammutinamento in corso nel sistema nervoso autonomo. Che razza di porcheria mi avete somministrato?”
Segreto militare.”
Però ora è lucido, vigile ed orientato nel tempo e nello spazio, signore,” interviene il caporale della sanità.
Più o meno. A cosa devo questa terapia d’urto?”
Il sottufficiale mi dice: “signore, lei è stato scelto per accompagnare il colonnello Paul Waxen su Sullust in qualità di aiutante di campo.”
La sconcertante rivelazione rischia di farmi perdere nuovamente i sensi. Aiutante di campo di ‘Alzheimer’ Waxen su Sullust? Cazzo! Non mi passerà più!
Perché? Cos’ho fatto stavolta per meritare una punizione del genere?” chiedo smarrito.
Ha tempo, signore, o le faccio un riassunto?” risponde l’altro consultando un palmare.
No, fa lo stesso. Mi dica qualcosa della missione, piuttosto.”
Signorsì. Alcuni mesi fa una spedizione è partita per Sullust. Dopo circa una settimana di regolari comunicazioni, abbiamo smesso di ricevere messaggi. Non è stato possibile neppure tracciare i dispositivi di ricerca automatica che i mezzi avevano in dotazione. È come se l’intero gruppo fosse sparito nel nulla. Dovete andare sul posto per cercare di scoprire cos’è successo.”
Qual era la loro missione su Sullust?” chiedo.
Questa informazione è top secret, signore. Le verrà rivelata a tempo debito.”
Ho capito. Una spedizione imperiale è scomparsa su un pianeta la cui popolazione non è mai stata apertamente ostile ma neppure particolarmente favorevole all’Impero, per metà ricoperto di una giungla fitta e piena di bestie schifose e per l’altra metà un deserto inospitale di pietra vulcanica dove si può vivere solo in cunicoli sotterranei. E per cercarla mandano un vecchio rincoglionito che non riesce neppure a trovarsi il buco del culo con due mani. Sarò prevenuto, ma giurerei che l’intenzione sia più che altro quella di liberarsi del vecchio rincoglionito in questione. E possibilmente anche del simpatico capitano che è stato scelto per accompagnarlo.
Mi alzo lentamente in piedi. Barcollo un po’, ma fondamentalmente sono a posto. I miracoli della chimica farmaceutica non smetteranno mai di stupirmi.
Faccio cenno ai miei simpatici ospiti di accomodarsi fuori e mi metto in uniforme. Già che ci sono preparo anche lo zaino, se devo andare in missione potrei averne bisogno.

Poco dopo, il solerte sottufficiale mi consegna il materiale informativo e i documenti relativi alla missione, poi mi accompagna alla navetta per la stazione orbitante MPX. Mi spiega che là incontrerò il resto della spedizione, cioè altri otto elementi, ivi compreso l’aborrito Waxen.
Con questo mezzo dovrebbe arrivare a MPX in tre ore.”
Grazie, sergente.”
Ah, un’altra cosa, signore,” aggiunge con fare imbarazzato, “buona fortuna. Ne avrà bisogno.”
Siamo incoraggianti, eh?”
Ma l’altro non risponde e si allontana velocemente, lasciandomi al mio destino.
Mi accomodo sul trasporto mentre una voce sintetica ma gentilissima fornisce ai passeggeri alcune notizie sul tragitto. Nei sedili vicini al mio ci sono alcuni inquietanti personaggi alieni, probabilmente impiegati civili. Proprio di fronte a me siede un trandoshan apparentemente ubriaco (a meno che l’odore di liquore scadente e l’aria rincoglionita non siano caratteristiche tipiche della specie) che parla concitatamente dentro un com-link nella sua lingua e di fianco ho una coppia di bothan, col che sfatiamo il mito che lavorino solo per i ribelli.
Io intanto consulto gli scarni dati che mi sono stati forniti. Ci sono un profilo psico-attitudinale di ognuno dei membri della spedizione precedente, una breve descrizione dell’itinerario percorso dalla squadra prima di scomparire, notizie generali su Sullust e poco altro. Decisamente, non si sono sprecati. Con l’ultima edizione della guida “Lonely Galaxy” ottengo facilmente tutte le notizie che mi servono su Sullust compreso il prezzo medio di una troia sullustiana e di sicuro una cosa di cui mi frega meno di niente sono i profili pisco-attitudinali dei membri della spedizione precedente. Bazzecole assolutamente marginali come contatti sul posto, possibilità di comunicare con il comando ed eventuale presenza di forze ribelli o altri pericoli saranno una simpatica sorpresa quando arriveremo a destinazione. Io vorrei proprio sapere chi è il cazzone che prepara il materiale informativo per le missioni.
Mentre bestemmiando fra me e me consulto gli scarni dati, arriviamo a destinazione. Raccolgo le mie cose e mi dirigo verso il centro di smistamento militare. Comincio a guardarmi intorno alla ricerca dei miei compagni di viaggio, anche se in mezzo a duemila militari di tutte le armi non sarà facilissimo trovarli.
Ma dopotutto, se abbiamo conquistato mezzo universo un motivo c’è. Mi sto aggirando irresoluto quando un capitano mi ferma e chiede: “È lei il capitano Veers?”
Ho smesso di rimanere basito di fronte a questi sfoggi di marziale efficienza. Gli rispondo di sì, lui mi invita a seguirlo. Percorriamo un corridoio e giungiamo ad una stanza dove sono riuniti alcuni umani e un paio di alieni.
Si fa subito avanti un attempato colonnello, un ometto con i capelli bianchi ed un bel paio di baffi dalle punte all’insù, che mi scruta con occhio critico. Questo dev’essere Waxen.
Il capitano Veers, signor colonnello,” dice l’ufficiale che mi ha accompagnato.
Il vecchietto aggrotta le sopracciglia, mi squadra attentamente poi fa: “La ricordavo più alto, giovanotto.” E si attorciglia un baffo attorno all’indice con aria perplessa.
Veramente, signore, io non l’ho mai vista prima,” rispondo ingenuamente, senza tenere conto della celeberrima demenza senile del soggetto.
Che sciocchezze, giovane capitano! La sua memoria è davvero scarsa se non ricorda che era il mio aiutante di campo durante la battaglia di Thali. O era la battaglia di Okakwejo? Be’, fa lo stesso, comunque lei era il mio aiutante di campo.”
Faccio mente locale e finalmente mi viene l’illuminazione: “Ma signore, quello che dice lei è mio zio, Maximilian Veers delle truppe d’assalto. Io mi chiamo Roy Veers e sono nella flotta imperiale.”
Ah, capisco,” risponde il colonnello perplesso. Poi, dopo una lunga pausa, mi chiede: “Ma perché poi ha cambiato nome, giovane capitano? Maximilian non le piaceva?”
Oh, merda…” gemo disperato.
Figliolo,” mi riprende subito Waxen, “che modo di esprimersi è questo? Parli come si conviene ad un ufficiale!”
Si mette anche a sgridarmi come se fossi un dodicenne, siamo a posto.
Signore, io non sono Maximilian Veers!” insisto.
Oh, bella! E chi sarebbe allora?”
Capitano Roy Veers, della flotta imperiale.”
Vuole prendersi gioco di me, figliolo?”
Ma prima che io possa rispondere, o anche solo avere una crisi isterica, il colonnello mi fissa con aria critica e fa: “Cos’è quell’abito a dir poco pittoresco che ha indosso, giovanotto?”
Rimango basito, anche perché stavolta il mio abbigliamento non ha niente di strano. “Signore, ma è l’uniforme tropicale,” rispondo, “stiamo per andare in un posto dove ci sono quaranta gradi e il 100% di umidità.”
Cos’è questa sciatteria?” ribatte Waxen, “da quando in qua un ufficiale deve andare in giro vestito in questa ridicola maniera per colpa di un po’ di caldo? Il mio stimato comandante, il generale… il generale… be’, mi verrà in mente prima o poi, stava in uniforme di servizio completa anche nel deserto dello Jundland ed era un esempio per tutti i suoi uomini. Si cambi immediatamente!”
Ma signore, non siamo mica sul ponte di uno star destroyer!”
Non discuta, figliolo. Questo è un ordine!”
Forse ho capito qual è la tattica da usare con quest’uomo dal cervello squinternato.
D’accordo, signore,” gli rispondo obbediente, “mi metterò in uniforme di servizio. Sa dirmi che ore sono, per favore?”
Colto alla sprovvista dall’insolita domanda, il colonnello esita un attimo, poi dice: “Le undici e trenta antimeridiane. E… di cosa stavamo parlando, giovane capitano?”
Di quanto è comoda e pratica l’uniforme tropicale che mi ha appena dato il permesso di indossare, signore.”
Ah, già. Certo, certo. Una scelta molto assennata, figliolo. Soprattutto tenendo conto delle condizioni climatiche che troveremo sul posto. Su… quel pianeta con la giungla…”
Sullust, signore,” suggerisco.
Ah, certo, naturalmente. Sullust. Del resto, ricordo che anche un mio stimatissimo superiore, il colonnello… o era un generale?… Be’, comunque diceva che non esistono cattivi equipaggiamenti, ma solo cattivi climi. O era il contrario? Diamine!”
Lo lascio a ragionare sull’architettura della sua citazione e mi rivolgo nuovamente al capitano che mi ha accompagnato.
Questo mi guarda con vago compatimento e dice: “Le presento gli altri membri della spedizione.”
Il primo che chiama è un ufficiale medico dall’aria cupa.
Capitano Evan Hyaskon,” si presenta.
Io mi presento a mia volta e gli chiedo: “Senta, collega, non è che potrebbe far qualcosa per la demenza senile di quel dannato colonnello? Io lo conosco da dieci minuti e ho già voglia di ucciderlo, non posso neanche pensare di passarci insieme tutta la missione.”
Con voce lugubre, mi risponde: “E cosa vuole che faccia? La demenza senile è incurabile, non c’è rimedio… sarà una missione terribile…” poi mi gira le spalle rassegnato e si allontana. Rimango a fissarlo smarrito finché il mio accompagnatore non attira la mia attenzione.
Il Wookiee è il cameriere personale del colonnello,” mi spiega, indicando un bestione peloso alto due metri e venti, “il suo nome è troppo difficile da pronunciare, per cui tutti lo chiamano Lothar.”
Lo saluto, mi risponde con un grugnito.
Qui ci sono i suoi soldati,” prosegue il capitano, “sono reclute appena uscite dalla caserma di addestramento, ancora in attesa dell’ID. Si chiamano Bud Wolfen, Ross Lawrence e Vic Felsen.” Mi indica tre soldatini dall’aria spaurita, che mi danno l’idea di essere imbranati come dei gungan mongoloidi.
Lo guardo con aria interrogativa, ma si stringe nelle spalle senza darmi spiegazioni. Torno a voltarmi verso i tre sfigati, che mi stanno salutando militarmente.
Come ti chiami, soldato?” chiedo a quello di mezzo.
Lawrence, signore. Soldato semplice Ross Lawrence!”
Si saluta con la destra, Lawrence, non con la sinistra.” Se queste sono le truppe incaricate di proteggerci siamo messi bene.
Il capitano mi presenta a questo punto una signora in borghese piuttosto attempata e con un’aria decisamente arcigna. “La professoressa Ophelia Du Bal, docente di dialetti alieni all’Università di Coruscant.” Notando il mio totale smarrimento, aggiunge: “È l’unica umana in grado di parlare il sullustiano correntemente.”
Ma non ci sono i droidi protocollari per questo?” azzardo speranzoso.
Non ne avevamo di disponibili. Quello destinato a voi è andato inaspettatamente in avaria ed era tardi per richiedere il droide sostitutivo. Per fortuna la professoressa non aveva impegni.”
Veramente una bella fortuna,” rispondo, mentre la signora mi rivolge uno sguardo sussiegoso.
L’ultima rimasta è una twi’lek azzurra che probabilmente rappresenta l’unico lato positivo di questa missione del cazzo, perché è una gnocca impressionante: alta quasi come me, con due tette che insultano la forza di gravità con epiteti irriferibili, un culo spettacolare e la minigonna pitonata.
Io sono Fjo’ona, la segretaria del colonnello Waxen,” sussurra sfarfallando gli occhioni adorni di vistose ciglia finte.
Segretaria?” chiedo basito, “e da quando in qua gli ufficiali si portano in missione la segretaria?”
È per le pratiche figliolo!” esclama il colonnello sopraggiunto nel frattempo.
Scusi, quali pratiche?”
Le pratiche, perbacco, le pratiche! Ormai non possiamo più sparare nemmeno un colpo di blaster senza prima compilare un dannato modulo. Ci stanno avvelenando la vita con questa roba, maledetti burocrati! Siamo governati dai ragionieri!”
Sospiro levando gli occhi al cielo, il colonnello pensa che lo faccia perché anch’io sono esasperato dalle pratiche.
Fatte le dovute presentazioni, il collega che mi aveva accompagnato se ne va lasciandomi in balia del branco di cialtroni.
Li guardo sconcertato: la professoressa e la twi’lek stanno già litigando, le tre reclute stanno cercando disperatamente di seguire un racconto di guerra del colonnello, che però ha già ricominciato la narrazione tre volte e tutte e tre le volte ha fornito una versione diversa, il wookiee cammina su è giù dondolandosi ed emettendo bramiti e il capitano medico scuote la testa sospirando con aria cupa.
Controllo i dati in mio possesso. Secondo il mio palmare, dovremmo prendere posto su una nave adibita al trasporto truppe che ci lascerà a Mos Eisley. Da lì proseguiremo per Pettah, a quanto pare la città principale di Sullust, con un trasporto più piccolo.
Signor colonnello,” comincio, distraendolo dal racconto di un aneddoto di guerra, “il nostro mezzo sta per decollare. Non pensa che sarebbe meglio avviarci?”
Perché? Dove dobbiamo andare?”
La prima tappa è Mos Eisley, ma siamo diretti a Pettah, signor colonnello.”
Pettah… questo nome mi dice qualcosa. È su Sullust, vero? E che ci andiamo a fare, giovane capitano?”
Non mi dica che se l’è già dimenticato.”
Figliolo, io non dimentico mai niente!” esclama il colonnello irritato, “Chiaramente dobbiamo… dobbiamo… insomma, abbiamo delle cose da fare laggiù. Andiamo!”
Si incammina risolutamente scortato da Lothar che muggisce seminando pelame dappertutto e, a qualche metro di distanza, da tutto il resto della truppa, professoressa e gnocca twi’lek comprese.
Io lo seguo disperato, elencando mentalmente tutti i sistemi che conosco per simulare un incidente mortale e ragionando su quale sia più opportuno usare.
Il trasporto sul quale prendiamo posto può caricare quattrocento tra soldati e ufficiali e quando arriviamo noi è già bello pieno. Rimangono solo i nostri nove sedili, dislocati qua e là. Il colonnello, sempre tallonato dal fedele wookiee, si accomoda di fianco ad un maggiore delle truppe d’assalto e prima ancora di essersi allacciato le cinture di sicurezza comincia a devastargli le gonadi con vari aneddoti di guerra. Scuotendo la testa con rassegnazione, il capitano medico si posiziona vicino ai droidi protocollari. Dopo aver rischiato di inciampare sulla rampa di salita, i tre soldatini arrancano faticosamente lungo il corridoio sbattendo gli zaini dappertutto e finalmente si siedono trafelati. “Io soffro il mal di spazio…” mormora uno dei tre, mi pare che sia Felsen, assumendo un colorito verde pallido. A fatica lo convinco che per avere mal di spazio bisogna almeno aspettare che l’astronave sia decollata.
Fjo’ona percorre il corridoio ancheggiando e tutti i presenti esclusi i droidi protocollari e la docente universitaria tirano fuori un metro abbondante di lingua. Giunta ai posti riservati agli ufficiali superiori fa due moine e almeno tre generali di corpo d’armata cominciano a litigare per cederle il posto.
Rimaniamo io e la professoressa Du Bal, che abbiamo due posti vicini verso il fondo, proprio dove ci sono i cessi. Mi siedo rassegnato, mi toccherà di sorbirmi l’arcigna docente per tutto il volo.
La nave, intanto, sta cominciando le manovre di decollo. Viene trainata sulla pista e lì accende i reattori. Le navi militari non sono comode come quelle civili, per cui dentro tutto comincia a vibrare e il sibilo delle turbine, almeno finché non vanno a regime, è piuttosto forte. La Du Bal mi fissa con riprovazione, come se la colpa di tutto ciò fosse specificamente mia, io mi stringo nelle spalle e le rivolgo un sorriso disarmante. Le fa lo stesso effetto che fa a Tarkin.
Un attimo dopo, l’accelerazione ci schiaccia contro i sedili: un tipico decollo militare, completamente scevro di quelle stucchevoli premure che caratterizzano i voli civili, nei quali generalmente si cerca di evitare che passeggeri paganti si mettano a vomitare o abbiano attacchi di panico.
Sempre più infastidita, la professoressa guarda fuori dal finestrino poi mi fissa severa negli occhi e con tono che non ammette repliche mi dice: “Qui c’è qualcosa che non va: non si alza.” E mi rivolge un’occhiata carica di significato.
Io mi astengo naturalmente dal chiederle se sta alludendo alle prestazioni sessuali di suo marito e le rispondo: “Non si preoccupi, è una procedura normale.”
Io ho preso decine di trasporti iperspaziali, mio caro,” mi risponde acida, “e questa non è affatto una procedura normale.”
Signora, questo è un mezzo militare. Non ha le procedure delle navi civili.”
Professoressa, prego. E comunque non penso affatto che sia come dice lei. Qui c’è di certo qualcosa che non va. A meno che, naturalmente, il pilota non voli a bassa quota perché ha deciso di farci ammirare il paesaggio.”
Professoressa, eccellenza o come diavolo vuole che la chiami,” rispondo guardandomi intorno nella vana ricerca di un altro posto libero, “si dà il caso che io sia un pilota militare, quindi se le dico che queste sono le procedure militari mi faccia il favore di prenderne atto e basta.”
Sono stanco e ho mal di testa, figurarsi se ho voglia di sopportare questa rompicoglioni fino a Mos Eisley. Piuttosto mi chiudo nel cesso per tutte le quattro ore di volo.
La mia interlocutrice inarca le sopracciglia con aria di sarcastica degnazione e ribatte: “Sarà come dice lei, allora…” quindi smette di darmi udienza e si immerge nella lettura di un testo in geonosiano antico.
Io provo a dormire, ma tra gli scossoni, la turbolenza, il casino che fanno i soldati, i bramiti del wookiee e la professoressa che fraseggia in geonosiano emettendo suoni che sembrano una padellata di popcorn sul fuoco, la cosa si rivela alquanto difficile.
Tanto per ingannare il tempo, mi metto a leggere i famosi profili psico-attitudinali e le note caratteristiche dei partecipanti alla spedizione dispersa. E qui imparo la seconda parte – quella divertente – delle informazioni riguardanti il nostro obiettivo: se pensavo che questa fosse una missione di merda devo assolutamente ricredermi, questa missione è senza alcun dubbio la quintessenza dell’apoteosi della merda; se devo immaginare qualcosa di peggio mi viene in mente solo un’esplorazione rettale a un rangkor incazzato con le emorroidi.
In pratica, sembra che il capo della missione precedente, tale comandante Jerec Kurtz, sia una congerie di disturbi psichiatrici, tra i quali prevalgono patologie deliranti a sfondo mistico e megalomanico, idee messianiche, disturbo antisociale di personalità, stati maniacali, psicosi paranoide, sadismo primario e altre cosette di minore importanza. Tale inquietante personaggio, che fra l’altro appartiene ai reparti speciali ed è un soldato di eccezionali capacità, è stato mandato un discreto numero di volte sotto corte marziale per vari crimini, in particolare atti di crudeltà gratuita nei confronti di civili e prigionieri di guerra. Altrettante volte è stato ricoverato in ospedale psichiatrico in preda alla convinzione di essere Dio e di avere la missione di riportare ordine nell’universo.
Durante la sua ultima spedizione, per l’appunto quella su Sullust, dopo aver lasciato dietro di sé una scia di massacri, stupri e devastazioni da far impallidire una colonia di hutt, il comandante Kurtz ha avuto una riacutizzazione del suo delirio mistico-megalomanico, ma questa volta si è sottratto alle cure mediche, si è ammutinato ed è scomparso con i suoi uomini. Secondo fonti ufficiose ma attendibili, avrebbe istituito da qualche parte nella giungla sullustiana una sorta di monarchia teocratica basata sul terrore e sarebbe adorato come una specie di divinità dagli indigeni tam-hil, una razza di sullustiani feroci che vive nel folto della vegetazione tropicale.
Noi abbiamo il poco invidiabile compito di ritrovare questo bel soggetto, avvicinarlo senza venire fatti a tocchi dai suoi scherani e somministrargli o la terapia o, in via subordinata, un colpo di blaster in mezzo agli occhi nel caso rifiutasse le cure farmacologiche.
Se non fossi consapevole del pericolo che stiamo correndo, giuro che mi metterei a ridere. Dobbiamo catturare una belva assetata di sangue e completamente folle, adorata come un dio da migliaia di selvaggi noti per la loro inaudita efferatezza e chi siamo? Un vecchio idiota con l’Alzheimer, un’arcigna docente universitaria, una svampita in minigonna, tre reclute imbranate, un capitano medico dall’aria lugubre, un grosso tappeto ambulante e il sottoscritto, che non alza certo la media.
L’avvisatore acustico segnala l’entrata nell’atmosfera di Tatooine. Atterriamo poco dopo nella zona militare dello spazioporto di Mos Eisley.
Scendiamo poi a terra più o meno ordinatamente: Lothar si fionda giù muggendo e seminando il panico tra alcuni jawas che avevano già cominciato a palpeggiare con aria lasciva la nostra nave, i tre soldatini imbranati escono lentamente vacillando: Felsen era quello che soffriva di mal di spazio e durante il viaggio ha vomitato anche quello che aveva mangiato sei mesi fa, ma gli altri due, per non essere da meno, hanno pensato di farsi venire a loro volta il mal di spazio e sono stati male come bestie. Hyaskon li visita al volo direttamente sulla rampa e prescrive loro molti liquidi e reintegratori salini, poi se ne va cupo come al solito.
La professoressa Du Bal scende sbuffando con aria esasperata, mentre Fjo’ona compare sul portello scortata dai due piloti. Ora mi spiego il perché della traiettoria di volo irregolare: altro che turbolenza…
Da ultimo, occhietto vispo e baffi frementi, scende con balzi atletici anche Waxen, che mi si avvicina e dice: “Magnifico volo, nevvero, giovane capitano? Mi ha fatto ricordare i bei tempi, quando durante la battaglia di Sur facemmo un attacco a volo radente attraversando tre sbarramenti di… di cosa… come si chiama? Quell’artiglieria che spara ai caccia…”
Contraerea?”
Certo, esatto! Intendevo proprio quella! Ma di cosa stavamo parlando, figliolo?”
Mi stava raccontando di Sur, signore.”
Perché, che è successo a Sur?”
Oh, niente di importante, signore.”
Volevo ben dire. Dove dobbiamo andare adesso?”
Consulto rapidamente i miei dati e rispondo: “Abbiamo un po’ di attesa perché stanno preparando la navetta di classe Lambda per arrivare a Pettah. Suggerirei di dare una mezz’ora di libertà agli uo… ehm, volevo dire alla gente.” Abbiamo tre ragazzini, una signora, un’aliena scosciata e due metri e venti di wookiee, direi che qui gli uomini sono in netta minoranza.
Ottima idea, figliolo, davvero ottima. Del resto, mi ricordo che anche nella battaglia di Thali diede prova di un encomiabile senso pratico!”
E dai con la battaglia di Thali. Ormai l’ho presa persa, per cui non perdo tempo a spiegargli che io non sono mio zio e lo abbandono sperando che vada a vedere troppo da vicino un reattore in accensione.
Mentre mi aggiro per la sala d’attesa della zona civile mi intercetta Fjo’ona, delusissima dalla profumeria che ha visitato al duty-free. Mi porge i polsi facendomi capire che devo annusarli nella loro superficie palmare, poi mi dice: “Uno è Brivido Lascivo e l’altro è Sabipode in Calore. Lei quale sceglierebbe?”
Dipende se mi serve un insetticida o un disinfettante da cesso.”
Uffa, non dica così!” protesta la twi’lek. Poi, abbassando la voce e sfarfallando gli occhioni, aggiunge: “Io lo prendo per la missione, capisce cosa intendo?…”
Allora propenderei per l’insetticida. Per i cessi avrà sicuramente qualcosa il capitano medico.”
Non mi ricordo più qual è dei due…” si lamenta Fjo’ona desolata, ben lontana dal cogliere la sottile ironia appena accennata presente nella mia risposta.
Stiamo così ragionando di profumi quando passa un gruppetto di civili sullustiani verosimilmente diretto a Pettah con un mezzo di linea. Fjo’ona li osserva incuriosita, con i piedi un po’ all’indentro e un ditino vezzoso in bocca, poi fa uno strillo e ridacchiando mi dice: “Guardi! Guardi quelle sullustiane!”
Io guardo, ma mi sembrano normalissime. Mi volto verso la segretaria particolare con aria interrogativa.
Non hanno le gambe depilate, che orrore!”
Fjo’ona, ma tu guardi le gambe delle sullustiane?” le chiedo preoccupato. Spero che non si tratti della tipica budellona zoccolante che tira a farsi qualsiasi cosa si muova, altrimenti prevedo casini, e non solo in senso figurato.
No, ma… ha visto che brutte? E dire che qualcuna sarebbe anche carina se si tenesse un po’.”
Mi guarda di sottecchi aspettandosi che io le spari qualche complimento su come invece sono perfettamente depilate e lisce come seta le sue gambe, ma io me ne astengo accuratamente. Se dai corda a una twi’lek sei finito, diventa talmente appiccicosa che dopo per liberartene ti tocca di buttarla in pasto a un rangkor.
Lo sai come si riconosce una sullustiana dal parrucchiere, Fjo’ona?”
No, come?”
È l’unica che ha i bigodini nelle gambe.”
Mi allontano lasciandola a riflettere su questa sconvolgente rivelazione.
Poco dopo ripartiamo alla volta di Pettah. Purtroppo il colonnello non è stato cotto da un reattore, la docente non è stata ripetutamente stuprata dal gruppo di Tusken che si aggira predace tra i passeggeri civili e la twi’lek ha comprato una tanica di colonia che puzza come un bordello in fallimento. Per prima cosa cerca di aspergerne il wookiee asserendo che fa odore di selvatico e la salviamo a stento da un manrovescio che avrebbe staccato la testa a un gundark.
Le tre reclute salgono a bordo con aria desolata. “Devo fare la pipì…” mormora Wolfen.
Sospiro. “Wolfen, un soldato deve saper sfruttare i momenti opportuni per farla. Siamo stati due ore fermi in un luogo pieno di cessi. Perché diavolo non hai pisciato?”
Io… io non me la sentivo, signore. C’era delle gente che mi guardava.”
Come facevi in caserma, Wolfen?”
La recluta mormora qualcosa di inintelligibile che ritengo opportuno non approfondire.
C’è il cesso della navetta. Usa quello e non rompere,” gli dico severamente. Mi hanno dato delle reclute imbranate e per di più con la fobia dei cessi, non c’è limite al peggio.
Carichiamo anche il capitano medico, poi viene chiuso il portello e decolliamo. Io cerco di dormire, forse domattina mi sveglierò e mi accorgerò che tutto questo è solo un brutto sogno.

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Capitolo 3
*** Giorno 2 - Giungiamo sul posto ***


Giorno 2 – Giungiamo sul posto

La cruda realtà mi accoglie il mattino dopo con una turbolenza sfrenata come una danza gungan. Stavolta non è colpa di Fjo’ona, perché la vedo tranquillamente seduta, le gambe accavallate con mutanda ben in vista, che si depila le sopracciglia.
Non so che ore siano, perché a forza di cambiare sistemi astrali ho perso un po’ il conto. So in compenso che sono distrutto dalla stanchezza e, per quanto posso vedere, anche gli altri non sono messi meglio di me: le tre reclute dormono ammucchiate l’una sull’altra in un angolo, il wookiee è steso lungo per terra a pancia all’aria e russa come un bantha con le adenoidi, la professoressa Du Bal ha smesso di scoppiettare e si è addormentata sul suo testo in geonosiano, Hyaskon sta rivivendo in sogno un’operazione che non dev’essere andata troppo bene e Waxen è fermo in arresto psicomotorio con lo sguardo perso nel vuoto.
Poco dopo entriamo nell’atmosfera di Sullust fendendo nubi compatte e ricche delle più inusitate varianti di turbolenza. Sobbalziamo amabilmente mentre il contenuto degli armadietti crolla sui dormienti. Nel frattempo mi sono accertato dell’orario – è prima mattina – e ho detto ai piloti di comunicare alla guarnigione che troveremo a terra che stiamo arrivando.
Finalmente ci posiamo sulla pista e il portello viene aperto. Le truppe, più o meno sveglie ma ancora piuttosto rincoglionite, cominciano a scendere con passo incerto. Fuori c’è un caldo umido devastante e tutt’intorno allo spazioporto lussureggia una giungla impenetrabile.
Da una costruzione poco lontana esce un ufficiale accompagnato da alcuni soldati, ci raggiunge e si presenta: “Tenente Larsen della Guarnigione di Sullust. Lei dev’essere il capitano Veers, suppongo. La stavamo aspettando. E dov’è il colonnello Waxen?”
Mi volto: Waxen è scomparso.
Proferisco un paio di sentite imprecazioni e comincio a guardarmi intorno. Larsen, che non sa nulla delle simpatiche peculiarità del mio superiore, mi fissa piuttosto stupito.
Considerando che siamo nel bel mezzo di una pista di atterraggio e non c’è nulla nel raggio di trecento metri, vado a vedere se per caso è tornato a bordo. Lo trovo seduto al suo posto con tanto di cinture di sicurezza allacciate. “Allora, vogliamo partire?” mi chiede perentorio, come se la navetta non stesse decollando per colpa mia.
Partire? Ma signor colonnello, siamo appena arrivati…” rispondo basito.
E come siamo arrivati ripartiamo!” ribatte caparbio l’altro. “Questa non è Coruscant!”
Infatti è Sullust, colonnello. Ricorda? La missione, la spedizione perduta…” azzardo speranzoso.
La smetta di insinuare che io non mi ricordo le cose, giovane e sventato capitano! Quando avrà la mia esperienza di guerra potrà parlarmi come un mio pari, ma per ora le consiglio di mostrare più rispetto!”
Come cazzo faccio a gestirmi costui per tutta la missione? Ci conosciamo da poco meno di un giorno e ho già voglia di farlo a pezzi con un’ascia gamorreana. Non oso immaginare cosa succederà quando saremo nel fitto della giungla sullustiana con i tam-hil e il pazzo paranoide da scovare.
A questo punto si affaccia anche Larsen, che ingenuamente chiede: “C’è qualcosa che non va, signor colonnello?”
Certo,” risponde Waxen, “nulla sta andando come deve andare! Io mi stavo recando a Coruscant per un’importantissima missione diplomatica, dovevo conferire con Sua Eccellenza il Gran Conestabile gamorreano Svyne III, e questo branco di incapaci mi ha scaricato qui su… su… come diavolo si chiama questo posto?”
Ma Svyne III non è più in carica da vent’anni e a quest’ora sarà già morto…” mormora Larsen senza capacitarsi di quello che sta succedendo.
Ha mai sentito parlare di demenza senile, tenente?” gli chiedo mentre Waxen sta ancora strillando inviperito.
Il tenente mi fissa con la faccia a punto interrogativo, poi fissa sconcertato il colonnello e dice: “Io… temo di non capire…”
Sarebbe un po’ lunga spiegarle tutto quanto, tenente,” gli rispondo, “le basti sapere che al comandante della missione saranno rimasti sì e no un paio di centinaia di neuroni avariati. Sia gentile, mi mandi il capitano medico.”
Larsen scompare con gli occhi pallati. Poco dopo arriva Hyaskon. Gli indico il colonnello che inveisce con gli occhi iniettati di sangue e i baffi frementi e gli chiedo: “Non risponde più a nessuna sollecitazione. C’è modo di resettarlo?”
L’altro lo fissa con aria professionale, poi tira fuori un siringone e dice: “Signor colonnello, è l’ora della vaccinazione.”
Cosa? Quale vaccinazione?” chiede Waxen diffidente.
Contro il Morbo Bavoso, endemico su Gamorr. Se deve andare a conferire con il Conestabile gamorreano è obbligatorio, perché si tratta di una malattia altamente contagiosa.”
Ma io non mi sono mai ammalato in vita mia!” protesta il colonnello.
Vuole farmi credere che un guerriero come lei ha paura di una punturina?” chiede mellifluo il capitano medico.
Capitano, le proibisco di fare queste insinuazioni!” ribatte Waxen, dopodiché gli porge la chiappa. In meno di tre secondi, comincia a dormire come un worrt satollo. Lothar se lo carica in spalla e lo porta a terra.
Dove eravamo rimasti, tenente?” chiedo a Larsen quando finalmente siamo tutti riuniti e dotati di effetti personali.
Fissando ogni tanto di sottecchi Waxen collassato sulla spalla del wookiee, il nostro ufficiale spiega: “Ora vi daremo uno sprinter con equipaggio locale, vi porterà a Negombo, dove troverete Mister Beruwela, il nostro agente locale più fidato. Sarà lui che vi darà l’equipaggiamento necessario alla missione. Questo,” indica un sullustiano grasso dall’aria pacifica, “è Rani, la vostra guida. Parla abbastanza bene la lingua corrente, per cui non avrete bisogno dell’interprete.”
Finalmente una bella notizia.
Professoressa, può anche tornarsene all’università di Coruscant se proprio ci tiene,” dico allegramente alla Du Bal, soddisfatto all’idea di disfarmi della sussiegosa rompicoglioni.
Neppure per sogno,” risponde la docente, di certo con l’unico intento di farmi un dispetto, “ora che sono venuta fin qui non perderò certo l’occasione di parlare il sullustiano con i madrelingua!”
Lo dicevo per lei,” ribatto, “oltre ai madrelingua in queste giungle ci sono anche parecchi insetti disgustosi.”
La docente ha un fremito di ribrezzo, ma risponde: “Io non ho paura!”
Lei l’avrà,” vaticino funesto, “Lei l’avrà…” E poi la lascio lì a chiedersi quali insetti orrendi si troverà addosso nei prossimi giorni.
Ci dirigiamo tutti allo sprinter, un vecchio cassone sgangherato ma abbastanza efficiente. Facciamo la conoscenza con il guidatore del mezzo ed una specie di servitore tuttofare, entrambi sullustiani che però parlano esclusivamente il dialetto della loro tribù nativa.
La professoressa Du Bal tenta di salutare gli indigeni nel loro idioma, ma i due la ascoltano basiti, poi si guardano l’un l’altro e subito dopo si calano le brache porgendo i genitali alla docente, che fa un salto indietro inorridita.
Prof, non è che per caso ha chiesto se volevano un pompino con l’ingoio?” Domando cercando di rimanere serio.
Chi è che vuole un pompino con l’ingoio?” interviene Fjo’ona con aria volenterosa.
Buone ragazze!” dico, “qui nessuno vuole pompini, almeno per ora. Rani, dì a questi due di tirarsi su i pantaloni, c’è stato un malinteso.”
I due si ricompongono sconsolati.
Che cos’è un pompino con l’ingoio, signor capitano?” mi chiede Lawrence. Ha in mano un blocchetto e una penna.
Attimo di smarrimento. ”Ma come, non lo sai?”
Signornò. Non l’ho trovato neppure sul manuale dei regolamenti.”
Lo credo bene. Ricordami di dire a Fjo’ona di spiegartelo, lei lo sa perfettamente.”
Grazie, signor capitano.”
Dovere, figliolo.”
Finalmente riesco a caricare tutti sullo sprinter, che parte sobbalzando. La professoressa, che ha per il momento abbandonato le sue velleità linguistiche, guarda il paesaggio. Fjo’ona si depila le sopracciglia e mostra orgogliosa i peli estirpati agli astanti. Le tre reclute sono come sempre ammucchiate da una parte, Hyaskon ingoia una compressa e pochi secondi dopo sta già ronfando beatamente. Sul sedile in fondo, lungo disteso, il colonnello Waxen se la dorme della grossa. Di fianco ha un enorme mucchio di pelo che russa: dev’essere Lothar.
Io sbadiglio e tento di adagiarmi su un sedile, sono stanco morto.

Riapro gli occhi un tot di tempo dopo. Non so esattamente quanto ho dormito, ma di sicuro il periodo di sonno è stato di gran lunga insufficiente rispetto alle mie necessità. Il gruppo assomiglia a un documentario sulle vittime dell’avvelenamento da monossido di carbonio, sono tutti collassati sui sedili con gli arti penzoloni.
Fuori la vegetazione è molto fitta. Il nostro conducente guida lo sprinter in maniera assai sportiva, evitando i tronchi secolari con eleganti sterzate e attraversando con disinvoltura cespugli dai quali si levano nugoli di mynock inviperiti.
Dopo una lunga serie di sobbalzi, inchiodate e curve a gomito, il sentiero ci conduce a una radura dove si trova una specie di casa fortificata con sullustiani di guardia tutt’intorno. È vero che il sullustiano medio non incute quel gran terrore, ma questi sono simpaticamente armati fino ai denti, ed è una cosa che rende molto inclini al rispetto.
Ci fermiamo sotto un albero e Rani mi fa cenno di seguirlo. Essendo il colonnello steso come una tavola, l’ufficiale in comando divento automaticamente io, quindi tocca a me andare a conferire con quel tale Mister Beruwela di cui parlava Larsen. Dovrò parlare con Hyaskon per vedere se riesce a tenermi il rompicoglioni in stato di morte apparente per tutta la missione, così almeno evito che mi venga l’esaurimento nervoso.
Scendo dunque dallo sprinter e dico al gruppo di non allontanarsi. Spero di trovarli al ritorno, ma con elementi come Fjo’ona e la Du Bal in giro, dubito che accadrà. Rani mi accompagna all’interno dell’abitazione e percorriamo un inquietante corridoio semibuio, alle cui pareti sono appoggiati degli sgherri di varie specie aliene che mi fissano diffidenti.
Io lancio un occhiata a Rani, ma lui mi fa segno di non preoccuparmi e procede disinvolto. Arriviamo ad una stanza piuttosto grande, ingombra di mobili e suppellettili, dove regna una penombra polverosa. Dal soffitto pende una ventola che gira cigolando.
Proprio di fronte a noi, seduto ad un’enorme scrivania, c’è un sullustiano talmente laido e obeso che sulle prime lo scambio per uno hutt. Ha addosso una specie di tunica e ci fissa imperturbabile fumando il narghilè. Le volute di fumo salgono pigramente nell’aria viziata.
Il momento non è dei più piacevoli. Francamente questo personaggio mi insospettisce non poco. Mi rendo conto solo ora che mi sono infilato, come un perfetto idiota, in una situazione dalla quale potrei anche uscire sotto forma di cibo per worrt e nessuno dei cretini là fuori se ne accorgerebbe neppure lontanamente.
Dopo alcuni secondi di silenzio, il sullustiano seduto alla scrivania lentamente dice: “Il capitano Veers, immagino.”
Sì. Lei è Mister Beruwela?”
Può darsi.”
Mi fissa con aria annoiata mentre l’acqua gorgoglia nell’ampolla del narghilè.
Io esito un po’ stupito. Mi avevano parlato di un agente fidato al nostro servizio, ma questo mi sembra più un gangster che un agente. E mi dà la stessa fiducia di un toydariano che cerca di vendere uno sprinter usato. I casi sono due: o quel Larsen è un fine umorista o è un completo imbecille. Una curiosità che penso non riuscirò mai a togliermi.
Lei è un imperiale,” prosegue l’altro distogliendomi dalle mie considerazioni, “non mi piacciono gli imperiali.”
Fuma pigramente senza preoccuparsi di nascondere il crescente fastidio.
Ma se pensa di essere l’unico infastidito qui dentro, si sbaglia di grosso. Per quanto mi riguarda, questa contrattazione è già durata anche troppo.
Molto bene,” rispondo, “a lei non piacciono gli imperiali e non è neppure sicuro di essere Mister Beruwela. È piuttosto evidente che la carta di credito Imperial Platinum Super Deluxe di Darth Vader in persona non le interessa.” Nel dire ciò tiro fuori dalla tasca la tessera di plastica e gliela sventolo sotto il naso. I led luminosi di cui è equipaggiata brillano come gemme mentre l’ologramma del casco di Vader assume tutti i colori dell’arcobaleno.
Il laido sullustiano, dapprima sbragato nella sua poltrona a fumare, in una frazione di secondo abbandona il narghilè e tende una grinfia inanellata e rapace verso l’oscuro oggetto del desiderio.
Non così in fretta,” gli dico sottraendo la carta di credito alla sua presa, “prima dobbiamo parlare con molta calma di quello che pagherò con questo bel pezzetto di plastica. Sempre che gli imperiali nel frattempo le siano diventati un po’ più simpatici, naturalmente, perché in caso contrario non ho intenzione di imporre la mia presenza.” E faccio la mossa di andarmene.
Ma dove vuole andare, mio caro capitano?” risponde immediatamente il Beruwela, mellifluo come un prosseneta neimoidiano, “io stavo scherzando, ovviamente. Tutti sanno che la mia fedeltà all’impero è pari solo al rispetto che nutro nei confronti dei suoi rappresentanti. Venga, si sieda. Ora faccio portare qualcosa da bere…”
Mi fa piacere che sia diventato così ragionevole, Mister Beruwela,” dico accomodandomi su una poltrona a portata di culo, “perché ora discuteremo l’ubicazione della base segreta di Kurtz.”
Le guance cascanti del mio laido interlocutore hanno un violento sussulto e il narghilè crolla a terra spargendo nell’ambiente fumi psicotropi.
Non mi dica che non sapeva quale fosse la mia missione,” proseguo, “sapeva anche come mi chiamo, è evidente che ha ricevuto un comunicato dalla guarnigione.”
Sì, ma… Kurtz…” balbetta l’altro.
Kurtz, cosa?”
Silenzio.
Senta, d’accordo che la Imperial Platinum ha credito illimitato, ma non le pare che questa contrattazione stia diventando un po’ lunga?”
Kurtz è un pazzo sanguinario,” risponde Beruwela, “se viene a sapere che ho parlato con lei mi cuce dentro la pancia di un dewback morto e mi lascia a marcire sotto il sole. Non c’è prezzo con quello.”
Sto per rispondere, ma il sullustiano aggiunge: “E se lei ha un minimo di buon senso si renderà conto che andare in cerca di quell’individuo significherebbe una morte orrenda per lei ed i suoi uomini.”
Uomini ne ho pochi, tutt’al più donne e ragazzini. E un vecchiaccio con l’Alzheimer. Ma non divaghiamo.
Mister Beruwela, io devo trovare questo tizio. O lei mi dà le informazioni che le ho chiesto e il materiale che mi serve, oppure vado da qualcun altro. Non credo che lei sia l’unico fidato agente dell’Impero qui nei dintorni.”
D’accordo,” cede infine il sullustiano, “cinquantamila crediti anticipati. Le dirò quello che so e potrà scegliere uno sprinter equipaggiato di tutto il necessario, ma poi non voglio più sentir parlare di lei.”
Non intendevo chiedere la sua mano,” rispondo, “può stare tranquillo.”
Gli porgo la Imperial Platinum e lui la fa scorrere nel lettore, poi mi racconta per filo e per segno una serie di orrori da gelare il sangue. Kurtz si era presentato un giorno con addosso scalpi di wookiee e collane di varie parti anatomiche asportate dalle sue vittime. Asseriva di essere in contatto con le Divinità Siderali che gli parlavano tramite il suo blaster dandogli istruzioni e dicendogli che lui era il Prescelto per riportare ordine nella galassia. Diceva che i suoi nemici lo controllavano in continuazione con le microspie e anche impadronendosi della volontà dei suoi uomini tramite dei meccanismi di controllo a distanza, per cui uccideva chiunque gli destasse anche il minimo sospetto. Per purificare la popolazione locale in attesa della sua rivelazione all’intero universo come Messia aveva compiuto stragi inenarrabili con sevizie agghiaccianti, stupri e atti di cannibalismo. Infine era sparito nel folto della giungla con i suoi uomini e lì aveva instaurato il suo regno del terrore.
Quando Beruwela smette di parlare, per un bel po’ di tempo non si ode che il cigolio monotono della ventola. Francamente, non so chi me lo faccia fare di andare alla ricerca di costui.
OK, adesso dove lo trovo?” chiedo.
Ma come, non le basta quello che le ho raccontato?”
Potrebbe anche raccontarmi che è un astemio con l’acne, ma questo non cambierebbe le cose: i miei ordini sono di trovarlo.”
Encomiabile senso del dovere.”
Non proprio, prima lo trovo e prima mi tolgo dalle palle il mio superiore e torno al bar del circolo ufficiali a bere birra.”
Cosa ne farò, poi, una volta trovato è affar mio. Se butta male me ne andrò senza disturbarlo, non vorrei che si alterasse e mi scannasse per poi farsi un paio di bretelle col mio intestino tenue.
So che aveva fatto costruire una fortezza sulla roccia di Sigiriya. È nel fitto della giungla, per raggiungerla ci vogliono tre giorni di marcia, passando a Anuradhapura, Aukana e Polonnaruwa. Ci sono basi imperiali in ognuna delle tre località, potete fare tappa lì.”
Discutiamo ancora un momento gli ultimi particolari tecnici, poi ci spostiamo in una rimessa dove sono parcheggiati alcuni sprinter. Si tratta perlopiù di mezzi imperiali adattati all’uso civile ed equipaggiati per ambienti estremi. Ne scelgo uno che mi sembra in buone condizioni poi, sempre seguito dalla mia superflua guida sullustiana, torno dai ragazzi.
Il gruppo è disposto variamente sotto una tettoia. Tutti stanno mangiando della frutta gentilmente offerta dai tirapiedi di Mister Beruwela. Lothar ha la testa seminascosta all’interno di una specie di cocomero dal quale escono un rivolo di succo rossastro e rumori da gregge che cammina in un pantano, la professoressa si guarda intorno alla ricerca di una salvietta disinfettante, Fjo’ona si tiene in allenamento succhiando una banana, Hyaskon sta cercando di espugnare un frutto ovoidale che però ha un consistente guscio marrone e gli resiste, Wolfen si è fatto un taglietto cercando di sbucciare una specie di mela e ora è in deliquio mentre Felsen e Lawrence si dibattono irresoluti tra disinfettante e cerotti senza sapere bene che fare.
Dov’è Waxen?” chiedo.
Come in risposta alla mia domanda, dall’interno dello sprinter una voce fa: “Che magnifica dormita!”
Subito dopo, l’ottuagenario scassacoglioni balza fuori stirandosi. Si guarda intorno e dice: “Niente ristora più di un bel sonno! Giovane capitano, dove siamo finiti? Questa giungla mi ricorda la campagna di… di… be’, non ha importanza. Chi ha dato ordine alle truppe di mettersi in libertà?”
Io, signore,” sospiro. Adesso comincerà a rompere perché non l’ho consultato.
Gliel’ho sempre detto, figliolo,” mi ammonisce infatti l’attempato, “lei prende troppe iniziative personali. Era così anche durante la battaglia di Thali. Non dico che le manchino le doti per essere un ottimo ufficiale, ma le devo ricordare che qui il più alto in grado sono io!”
Sissignore.”
Il colonnello sembra soddisfatto della mia risposta. “Ragazzaccio!” dice dopo un po’ con tono indulgente, prendendomi per il ganascino come se fossi il suo bisnipote di cinque anni che ha fatto una marachella. Mi lascia talmente allibito che rimango a guardarlo senza neppure protestare mentre si allontana compiaciuto.
Dopo questo imbarazzante episodio ci trasferiamo tutti sul nuovo sprinter e partiamo alla volta di Anuradhapura. Il gruppo si rimette a dormire variamente sbragato sui sedili.
Percorriamo per alcune ore una giungla sempre più fitta e soffocante e infine giungiamo alla nostra meta. Si tratta di una base imperiale ricavata dalle rovine di alcuni templi. La costruzione principale, una monumentale cupola bianca con una guglia in cima, si chiama Sri Maha Bodhi ed è ancora quasi intatta. È stata aggiunta giusto una parabolica per le comunicazioni intergalattiche in cima alla guglia, ma da certe angolazioni, diciamo molto deflesse, non si nota quasi. Tutt’intorno ci sono altri templi, o Dagoba, come li chiamano da queste parti. L’impressione generale è a metà tra il romantico e l’inquietante: viste con l’occhio dell’artista, le rovine quasi inghiottite dalla giungla sembrano molto attraenti e misteriose, ma guardandole con l’occhio del militare di guarnigione la prima cosa che viene da chiedersi è: quali e quante schifezze a vario grado di pericolosità strisceranno fuori da quella vegetazione appena cala il sole?
Ci presentiamo al cancello e poco dopo viene ad accoglierci un ufficiale. Per evitare la solita scena di Waxen che si mette a far casino gli vado incontro mentre Hyaskon distrae il colonnello chiedendogli di raccontargli qualche aneddoto.
Capitano Sanders,” si presenta il nuovo arrivato, “sono il comandante della base. Benvenuti ad Anuradhapura.”
Mi presento a mia volta e spiego qual è la mia missione.
Sanders mi ascolta attentamente, poi dice: “Credevo che ormai avessero rinunciato a trovare quel pazzo omicida. Decisamente, capitano, o lei è il soldato più massiccio della galassia, o sta profondamente antipatico a qualcuno nelle alte sfere.”
Propenderei per la seconda,” rispondo rivolgendo un fugace pensiero a Tarkin.
Il mio interlocutore dà ordine di far entrare il nostro mezzo, il gruppo scende schiamazzando: il wookiee mugola alla ricerca di un albero contro cui pisciare*, Waxen è talmente occupato a triturare gli attributi a Hyaskon che praticamente non si accorge neppure che siamo arrivati in una base imperiale, i tre deficienti riescono a rotolare giù con tutti i loro copiosi bagagli formando un mucchio informe, Fjo’ona ancheggia sistemandosi la minigonna pitonata e provocando un allupamento collettivo nella guarnigione e infine la Du Bal si fionda giù berciando: “Che magnifico posto! Che atmosfera suggestiva! Devo fare un acquerello per immortalare la scena!” Arraffa carta, pennelli e quant’altro e sparisce.
Ci sono nexu qui intorno?” chiedo speranzoso.
Non tanti,” mi risponde distrattamente Sanders, lo sguardo inesorabilmente calamitato dal decolleté della nostra twi’lek, “ultimamente ci va bene: l’altra settimana ne abbiamo uccisi solo tre che ci avevano mangiato un paio di impiegati civili. Certo bisogna evitare di uscire dagli alloggi di notte, ma del resto che bisogno c’è di uscire di notte?”
Non ve la passate tanto bene, mi pare,” osservo preoccupato. Nessun problema se un nexu si pappa la Du Bal, ma non è una gran libidine saperli famelici e scorrazzanti proprio sotto le nostre finestre.
Al contrario,” mi risponde l’altro, “direi che questo è un forte piuttosto tranquillo, siamo fortunati rispetto agli altri avamposti. Non ci sono molti tam-hil, ogni tanto fanno un attentato, è vero, ma è raro che ci siano vittime. A parte quella volta che buttarono delle granate dirompenti nella mensa, naturalmente. Ah, e due settimane fa, quando hanno intercettato il convoglio delle salmerie. Si sono mangiati tutto, se capisce cosa intendo, proprio tutto. Abbiamo trovato solo qualche pezzo di armor. Bisogna stare attenti ai bog-wing, qui sono belli grossi, e anche ai kaadu selvatici e ai branchi di massiff. Ogni tanto arriva un acklay, ma l’ultimo l’abbiamo fatto fuori più di due mesi fa. Certo ci ha fatto dei bei danni, prima che riuscissimo a stenderlo con un cannone anticarro. E poi ci sono gli insetti velenosi, qui ne abbiamo sei o sette specie, tutte mortali. Ma se uno sta ben attento e controlla il letto prima di entrarci e l’uniforme prima di infilarsela alla mattina non succede nulla.”
Cazzo, e questo sarebbe un posto tranquillo?” chiedo inorridito.
Certo, e poi adesso non c’è neppure un gran pericolo di inondazioni, la stagione dei monsoni è quasi finita.” Si interrompe per un attimo, poi aggiunge: “E soprattutto non c’è Kurtz.”
Che meraviglia…” mormoro a mezza voce. Questa missione sta continuamente peggiorando.
Ci dirigiamo verso la sala principale, dove ci vengono assegnate le camere, una tripla e tre doppie. Faccio un rapido calcolo, poi dico: “Le reclute nella tripla, nelle altre tre io e Hyaskon, il colonnello e il pelone e le due signore.”
Io con quella svampita senza educazione non ci dormo!” proclama solennemente la Du Bal, che giunge dal folto della vegetazione con un fascio di fogli da disegno sottobraccio. Le mie speranze che finisse ingerita sono state vane: dev’essere troppo acida anche per i nexu affamati.
Dopo qualche secondo di latenza per elaborare l’informazione, la twi’lek si mette le mani a brocca sui fianchi e risponde: “E allora io non ho nessuna intenzione di dividere la camera con quella vecchia befana dalle tette cadenti!”
Come ti permetti, piccola svergognata?” ribatte la professoressa, fremente di fiero sdegno.
Parte una lite epica fra le due signore, che cominciano ad insultarsi con veemenza incuranti dei nostri sguardi allibiti.
Ferme ragazze!” intimo, prima che si giunga allo scontro fisico. Dopo qualche tentativo, grazie anche all’aiuto del wookiee che si piazza tra le due, ottengo una tregua. Twi’lek e docente si fissano ringhiando con sguardo iniettato di sangue.
OK, cambieremo la disposizione delle camere. Fjo’ona con il colonnello, visto che è la sua segretaria.”
Segretaria? Questa è davvero spassosa, figliolo! Da quando in qua c’è bisogno di segretarie in una missione militare?” interviene Waxen, che fino ad ora si era graziosamente astenuto dal triturarci gli attributi. Si fa avanti, contempla dal basso verso l’alto la sua azzurra collaboratrice poi chiede: “E questo bel pezzo di figliola chi è?”
Io non so se mettermi a ridere o a piangere. “È Fjo’ona, signore. Se l’è portata dietro lei, non ricorda? Ha detto che le serviva per le pratiche…”
Dunque è questa la scusa che ha usato, figliolo? Complimenti, lei è davvero un temerario. Neanche io ai miei tempi avrei avuto la faccia tosta di fare una cosa del genere!”
Prego?” chiedo allibito.
Via, non finga di non capire,” dice Waxen dandomi una gomitata nelle costole con aria da cospiratore, “sto alludendo alla scusa che ha usato per portarsi dietro la sua fidanzata! Gran bella ragazza, fra l’altro, complimenti!”
Da uno a dieci, questo non ha capito un cazzo. Pazientemente, rispondo: “Signor colonnello, io non ho usato nessuna scusa e questa non è la mia fidanzata…”
Ah, non è la sua fidanzata?” mi interrompe Waxen con un sorrisetto compiaciuto, “allora dobbiamo stare tutti zitti, nevvero, giovane capitano? Non dobbiamo dire nulla di questa segretaria una volta rientrati alla base, eh?”
Prima che io abbia il tempo di rispondere qualcosa, aggiunge: “C’è una bella camera doppia, tutta per voi!”
Ma signore…”
Via, non si faccia dei problemi, figliolo! Sono stato giovane anch’io…” altra gomitata nelle costole e sorrisetto di intesa.
Fjo’ona mi scocca un’occhiata languida.
C’è da fare a questo punto una piccola precisazione. La twi’lek poco incline alle libidini ha gli appetiti sessuali di un’umana ninfomane, il che vuol dire che generalmente comincia a scaldarsi a partire dal quinto gamorreano superdotato e può andare avanti a oltranza quando qualsiasi altra femmina aliena ha gli orifizi che vanno in autocombustione per l’attrito. Questa simpatica caratteristica, che può essere divertente nelle situazioni da una botta e via, diventa decisamente impegnativa nell’imperscrutabile durata di una missione in territorio nemico. Inoltre, la twi’lek tende ad essere morbosamente appiccicosa, cosa che alla lunga fa desiderare un rangkor affamato al quale buttarla per potersene finalmente liberare.
Questa twi’lek in particolare, poi, che mi sembra piuttosto famelica e zoccolante, non la voglio a mano. Ho già Waxen e la Du Bal da sopportare.
Mi offro volontario per la tripla,” dico, “mi prendo Fjo’ona ma voglio anche…” esito guardandomi intorno, “Lawrence! Vieni qua, ragazzo!” Stasera lo piazzo fra me e la bagascia aliena e ho risolto i miei problemi. Magari impara anche cos’è una pompa con l’ingoio.
Il colonnello scuote la testa con l’aria di considerarmi un pervertito. Poco male, tanto domani non si ricorderà più nulla.
Ci dirigiamo alle camere, caldo-umide e di arredamento piuttosto essenziale, dove finalmente riusciamo a farci una doccia e a sdraiarci su un letto. Incredibile quanto diventa comodo un letto dopo 48 ore che non ci si stende in orizzontale.
Finalmente riusciamo anche a mangiare – in effetti devono essere un paio di giorni che andiamo avanti a schifezze da nave spaziale – benché quello che ci viene somministrato sia a tutti gli effetti un pasto nemico della libidine: riso puzzolente, salse disgustose e ultra-piccanti, frutta in stato di decomposizione e soprattutto, ciò che mi getta nello sconforto più totale, niente birra.
Sanders ci spiega che la base è dotata di un cuoco sullustiano che cucina solo porcherie locali e si astiene dal servire birra quando ci sono feste religiose in giro. “E adesso c’è una delle loro feste,” dice, “sentite questi canti?”
In effetti, fuori dal perimetro della base stanno salmodiando a man bassa.
Sono tutti qui intorno,” prosegue il capitano, “venerano Sri Maha Bodhi. Ogni tanto i nexu se ne mangiano uno, ma loro vengono lo stesso.”
Motivo di più per non uscire dagli alloggi stanotte,” rispondo immaginando gli occhietti di migliaia di sullustiani che brillano fra le tenebre e la vegetazione. Poi, rivolto alla docente, aggiungo: “È chiaro, professoressa? Stasera non si esce alla chetichella per ascoltare i canti sacri in sullustiano antico! Non vorrei trovarmi a raccattare i suoi resti domattina.”
La Du Bal mi rivolge uno sguardo sdegnoso poi alza le spalle e non mi dedica ulteriori attenzioni. Io la mando mentalmente affanculo e mi disinteresso di lei. L’idea di mettermi a raccogliere pezzi di cadavere di solito mi farebbe schifo, ma sento che per lei potrei fare un’eccezione.
Finita la tristissima cena ci disponiamo ad andare a dormire il sonno dei giusti. Senza birra, con in pancia una compilation di schifezze immangiabili e la prospettiva di passare la notte a stanare insetti venefici dalle lenzuola.
Un’ultima cosa, capitano,” chiedo a Sanders incamminandomi verso i miei appartamenti, “qui avete un sistema di spedizione merci intergalattico?”
Certo, di solito riusciamo a mandare e a ricevere materiale dalla Morte Nera nell’arco di un paio di giorni.”
Anche cartoline?”
Sanders mi fissa stupito. “Cartoline? Certo, ma…”
È che devo mandare il mio rapporto sulla missione a Tarkin.”
Lascio il capitano a porsi domande destinate a rimanere senza risposta sulla mia salute mentale e me ne vado finalmente a letto.







* È una risaputa caratteristica della specie: il wookiee piscia solo contro gli alberi. Infatti tutti quelli che si portano un wookiee a Coruscant devono portarsi anche l’albero finto, altrimenti c’è un concreto rischio di ritenzione urinaria.


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Capitolo 4
*** Giorno 3 - Si procede ***


Giorno 3 – Si procede

Sveglia alle sette in punto. Era dai tempi dell’Accademia che non venivo sbrandato da un trombettiere, e devo dire che questa pratica mi dà lo stesso fastidio di allora.
Per alcuni secondi in effetti ho quasi l’istinto di balzare in piedi e cominciare freneticamente a fare il cubo, ma riesco a controllarmi con relativa facilità. Lawrence, invece, che è fresco di campo di addestramento, salta giù dal letto come un ossesso e si mette a rovistare freneticamente nel suo zaino spargendo oggetti qua e là. Io lo fisso con cortese interesse.
Fjo’ona frattanto geme languidamente e si rigira nel letto abbracciata al cuscino. Con i tappi nelle orecchie e la mascherina da attrice isterica sugli occhi, sta praticamente facendo un’esperienza di deprivazione sensoriale e quindi lo squillo della tromba non l’ha minimamente turbata.
Il soldato riesce finalmente a raccattare sapone e asciugamano e si fionda in bagno. Si sente il rumore dell’asse del cesso che viene sollevata, alcuni secondi di silenzio e poi un urlo agghiacciante. La porta del bagno si spalanca con violenza e Ross Lawrence esce in mutande ululando.
Qualcosa non va, soldato?”
L’altro mi fissa ansimante con gli occhi fuori dalle orbite.
Allora?” insisto.
Signor capitano, il soldato Lawrence riferisce… cioè… io… volevo dire che…”
Calma, ricominciamo da capo,” gli dico pazientemente, “ora fa un bel respiro e dimmi cosa succede.”
C’è un mostro.”
Un mostro? In bagno?”
Lawrence accenna gravemente di sì con la testa.
E dove sarebbe?”
Nel gabinetto, signore. Mi guardava fisso con i suoi occhi gialli, è stato terribile.”
Se sta dentro al gabinetto escludiamo automaticamente tutto ciò che è più grande di una scimmia-lucertola kowakiana, e questa intanto è già una cosa piuttosto rassicurante.
Raccomandando a Lawrence di non muoversi, vado in bagno a vedere. Osservo attentamente, sospiro e mormoro a mezza voce: “Reclute…”
Torno di là, dove il soldato mi sta aspettando con la più totale apprensione dipinta sul volto.
Lawrence, è meglio che cambi pusher,” gli dico, “quella che ti guardava dal cesso è una rana.”
Rispedisco il soldato in bagno a lavarsi e vado a scuotere Fjo’ona, che si toglie mascherina e tappi e mi guarda con aria stranita.
Sono le sette passate,” le dico.
La twi’lek aggrotta per un attimo le curatissime sopracciglia, ma poi si alza con mosse languide esibendo un baby-doll che farebbe salire la pressione ad un blocco di grafite.
Buon giorno, Roy,” gorgheggia, quindi fruga un po’ nel suo enorme trolley ed allinea sul letto un perizoma delle dimensioni di un francobollo, un push-up pizzuto e pieno di orpelli e un abitino aderente con minigonna rasopelo. Tira fuori anche una paio di scarpe col tacco alto e quattro dita abbondanti di zeppa dorata, poi si volta verso di me e con estrema serietà mi dice: “Ho preso solo otto paia di scarpe e tre paia di sandali da spiaggia. Basteranno?”
Non sono preparato a discutere argomenti di questa portata appena alzato, Fjo’ona,” le rispondo gravemente, “devo meditarci sopra, rischierei di risponderti con troppa leggerezza.”
È bello sapere che ti prendi le cose così a cuore, Roy,” proclama con un sorriso vagamente ebete. Poi, estraendo dal trolley un beauty case che da solo è più grande di tutto il mio bagaglio, chiede: “Ross è ancora in bagno?”
Affermativo. È un po’ che è dentro. Spero che non sia svenuto, stamattina ha trovato una rana nella tazza del cesso e gli è quasi venuto un infarto.”
Una rana?” fa eco la twi’lek mentre i lekku le si stirano per l’orrore, “che schifo! Io non entro in bagno finché qualcuno non la caccia via!”
È un bel problema,” le rispondo distrattamente, preparando la mia roba da toilette.
Come? Vuoi dire che non faresti questo per me?” segue uno sfarfallamento di occhioni che convincerebbe anche un mandaloriano a lasciare andare la preda della sua vita.
Ho la faccia di uno che caccia via le rane?”
Fjo’ona mi fissa incerta, dapprima cercando di cogliere i tratti somatici del cacciatore di rane e poi francamente incredula di fronte al fatto che evidentemente non ho intenzione di attivarmi per risolvere il suo problema.
Finalmente Lawrence esce dal bagno. Io mi infilo dentro al posto suo e vado sotto la doccia, che peraltro è fredda gelata, tanto per non farci dimenticare che qui siamo in una base militare. Chissà che sorpresona per la twi’lek, che sta già pensando al bagno caldo di mezz’ora con schiuma e sali.
Quando ho finito, Fjo’ona si infila in bagno sdegnosa, decisa a punire con l’indifferenza il mio atteggiamento poco cavalleresco.
Il soldato, nel frattempo, sta lottando con il suo zaino, che non ne vuole sapere di chiudersi. Mi avvicino incuriosito, sul letto sono disseminati gli oggetti più strani: fra gli altri abbiamo un asciugacapelli agli infrarossi, mascherine antibatteriche sterili, uniforme di gala, un assortimento di medicinali per ogni patologia nota alla scienza medica, equipaggiamento da roccia, un certo numero di manuali d’uso di attrezzature militari e un ewok di peluche. “E con questo che ci fai, soldato,” chiedo prendendo in mano il pupazzetto, “il tiro a segno?”
Io… ecco… Ora mi prenderà in giro anche lei, signore?”
No, ma te lo meriteresti. Cos’è tutta questa roba che ti sei portato dietro? Il novanta per cento di quello che hai lì è completamente inutile, ti appesantisce e basta.”
Ma Lawrence non si vuole separare da nessuno dei suoi oggetti, unica testimonianza di un mondo civile e rassicurante lontano da questa giungla irta di pericoli, per cui gli ordino di sedersi sul suo zaino strapieno mentre io cerco di chiudere le cerniere. Con qualche sforzo ce la faccio, ma spero di non essere presente quando verrà aperto.
Completate tutte queste operazioni, andiamo in sala mensa a fare colazione. Fuori c’è un primo assaggio di monsone tropicale: piove a catinelle col sole.
Sanders ci raggiunge dopo un po’ e ci chiede quale sarà la nostra prossima destinazione.
Dovremmo arrivare ad Aukana verso mezzogiorno e spero che questa notte riusciremo a pernottare a Polonnaruwa.”
Il capitano tira fuori una mappa della zona e mi mostra alcune strade. “Questa è bloccata, stanotte c’è stata un’inondazione,” mi dice indicandomi quella che sembra più grossa, “e non proverei neppure questa. Di solito diventa impraticabile per via del fango, e allora i tam-hil ne approfittano, se capisce cosa intendo. Le consiglierei la pista che costeggia il lago di Kala Weva, di solito è quella meno rischiosa.”
Lo ringrazio e mi annoto le informazioni, al che Sanders mi chiede: “Senta un po’, Veers, ma davvero ha intenzione di andare a cercare quel maniaco omicida di Kurtz?”
Gli ordini si eseguono e non si discutono, no?”
Sarebbe un sì?”
Affermativo, è un dannatissimo sì. Un giorno, magari, ci troveremo a bere una birra e le racconterò come mai io, un ufficiale pilota della flotta imperiale, sono finito in mezzo a questa fottuta giungla con l’ordine di recuperare Kurtz e somministrargli la terapia o un colpo letale di blaster, ma adesso non ho tutto questo tempo.”
Vede quelle macchie che traspaiono sotto la tempera bianca, Veers?” mi chiede distrattamente Sanders indicando una parete della mensa, “Quando Kurtz era qui diceva di essere il Censore Supremo dell’universo e voleva che ci purificassimo dai cattivi pensieri. L’ufficiale medico ebbe l’idea di proporgli un’iniezione di sedativo. Kurtz ha scritto sulla parete non prenderò più farmaci.”
E allora?”
L’ha scritto usando il cervello del capitano medico. Vede che ci sono ancora le tracce di grasso? Gli ha fracassato il cranio proprio sull’angolo del tavolino dove lei è seduto.”
Appoggio la fetta di pane imburrata che stavo per azzannare.
Sanders aggiunge: “Prima di scomparire con i suoi sgherri ha donato alla posterità questa frase: Mi ha detto di usare il cervello. Be’, l’ho fatto. Solo che ho usato il suo!
Mi è passata la fame…” mormoro. Kurtz inzaccherato di sangue e materia cerebrale fino ai gomiti che ride con aria spiritata dicendo quella battuta assurda è una scena che penso ricorrerà d’ora in poi nei miei peggiori incubi alcolici.
Mentre siamo impegnati in questa piacevole conversazione entra Waxen a braccetto con la Du Bal. “Ho trovato questa affascinante signora che passeggiava qui fuori,” mi dice tutto contento. Poi, rivolto a Sanders, con aria galante aggiunge: “Se mi avesse detto che in questa base c’erano dame così graziose mi sarei organizzato per restare più a lungo, capitano!”
Il comandante della base mi fissa esterrefatto.
Mai visto un caso di demenza senile?” gli chiedo.
Capitano, la sua missione mi sembra sempre più strana,” risponde scuotendo la testa.
Non lo dica a me. Fino a due giorni fa io non sapevo neppure chi fosse Kurtz, sono passato direttamente da una sbronza leggendaria ad una missione nella giungla. Per diverse ore sono stato convinto che quello che stava succedendo fosse un incubo dovuto all’alcool. È veramente brutto pensare di essersi presi la sbronza peggiore della propria vita e poi scoprire che quello che si sta vivendo non è dovuto alla sbronza ma è la cruda realtà.”
Poco dopo ci prepariamo alla partenza. Nel frattempo ha smesso di piovere, ma il cielo è coperto e promette di farci avere il resto quando saremo in qualche posto particolarmente impervio e privo di ripari.
Fjo’ona è già seduta a gambe accavallate a bordo dello sprinter e si sta depilando accuratamente le sopracciglia. Hyaskon osserva che probabilmente con questo tempo rimarremo bloccati da qualche parte e suggerisce di caricare provviste di cibo e acqua potabile. “Se poi dovessimo cadere nelle mani dei tam-hil non deve preoccuparsi,” mi dice, “ho un cocktail di mia invenzione che procura una morte indolore ed istantanea, così non ci tortureranno per giorni e giorni.”
Che culo…” rispondo toccandomi parti che non sta bene nominare.
Le tre reclute si presentano ordinatamente in fila, con l’uniforme stirata e degli zaini che sembrano cuccioli di bantha, con la differenza che non camminano da soli.
Wolfen.”
Comandi?”
Hai il berretto alla rovescia.”
Mi scusi, signore.” E si sistema goffamente.
Larsen.”
Signore?”
Chiudi meglio la borraccia che hai appesa alla cintura, sembri un incontinente.”
Sissignore.”
Lawrence.” Sospiro.
Signor capitano?”
Non è che stamattina hai chiuso dentro lo zaino anche il blaster, alle volte?” gli chiedo soavemente, notando che nella fondina ha un giornalino a fumetti arrotolato.
Signorsì, certo, signore!” mi risponde la recluta con aria volenterosa, “così è più protetto e non rischia di impolverarsi!”
E se arrivano i tam-hil che fai, Lawrence, li prendi a sputi?”
I tam-hil?” mormora il soldato sbiancando, “oh, santo cielo…”
Sali a bordo, dai.”
Lothar salta su con un grugnito e va a sistemarsi nel sedile in fondo. Ha preso la pioggia e fa il tipico tanfo di wookiee bagnato, che è una via di mezzo tra il tappeto ammuffito e il tritarifiuti intasato.
Si inerpica anche la Du Bal, che si siede senza degnare nessuno di uno sguardo e si mette a leggere.
Da ultimo, con passo ginnico e scattante, zompa su il colonnello, che subito comincia a dire: “Che magnifica giornata! Non le pare, giovane capitano? Mi ricorda le paludi di Kaafu, quando finito il servizio si andava a caccia di dianoghe nei canali. Bei tempi! Dove siamo diretti oggi?”
Aukana e poi Polonnaruwa, signor colonnello.”
Molto bene, molto bene. Non so davvero che farei senza di lei, figliolo! Anche durante la battaglia di Thali mi è stato prezioso, del resto. Lei ha un notevole senso pratico, lo ricordo perfettamente.”
E non ricordi altro, penso, ormai rassegnato al fatto che Waxen è convinto che io sia mio zio.
Con ampi saluti al capitano Sanders varchiamo i cancelli della base di Anuradhapura e ci addentriamo nel fitto della giungla, percorrendo una pista dissestata. I sullustiani che abbiamo in dotazione discutono fra loro indicandosi l’un l’altro la strada e non sembrano molto soddisfatti di ciò che vedono. Naturalmente evito di chiedere alla Du Bal cosa si stanno dicendo, penso che otterrei informazioni sicuramente fantasiose ma non certo utili.
Procediamo in questo modo per un paio d’ore. Fjo’ona ha smesso di depilarsi le sopracciglia perché a causa degli scossoni del mezzo si è già infilata un paio di volte le pinzette in una narice rischiando di farsi una lobotomia. Non che si noterebbe una qualche differenza rispetto alle sue attuali capacità intellettive, ma magari asportando determinate aree cerebrali perde la coordinazione motoria necessaria a fare le pompe con l’ingoio e ci crepa soffocata alla prima occasione. Dovrò chiedere a Hyaskon se corriamo questo rischio.
Le tre reclute stanno guardando fuori con gli occhi tondi come se ancora non riuscissero a capacitarsi di quello che sta succedendo. Felsen decide di impiegare proficuamente il tempo e tira fuori il blaster con l’intento di smontarlo e pulirlo, Wolfen e Lawrence lo guardano pieni di interesse. Io mi accerto da lontano che non ci sia il colpo in canna poi li lascio fare, sarà uno spettacolo il trio che cerca di ricomporre la salma dell’arma dopo averla coscienziosamente smontata su un veicolo malfermo e traballante.
Il wookiee russa in maniera devastante lungo disteso pancia all’aria sul sedile in fondo.
La professoressa Du Bal è stata intercettata dal colonnello, che nell’arco di un’ora le ha già fornito cinque versioni diverse dello stesso aneddoto di guerra e le fa di tanto in tanto domande a trabocchetto per vedere se sta seguendo la narrazione senza distrarsi.
Arriviamo poco dopo a un lago, che dev’essere senza dubbio Kala Weva. Ci fermiamo per sgranchirci un po’ le gambe.
Tutti scendono dallo sprinter e passeggiamo lì intorno. Chi ha l’olocamera ne approfitta per immortalare qualche scorcio particolarmente pittoresco.
Felsen si avvicina con aria imbarazzata. In mano ha un fazzoletto annodato per i quattro angoli. Ci guardo dentro: un assortimento di viti, molle e rotelle.
Soldato, abbiamo appurato che sei in grado di smontare un blaster. Ora sorge spontanea la domanda: sai anche rimontarlo?”
Felsen va in confusione e comincia a balbettare.
No, aspetta,” lo interrompo, “forse è meglio che ti fai aiutare da qualcuno.” Mi guardo intorno desolato: escludo immediatamente Fjo’ona e la Du Bal, Hyaskon non deve aver mai tenuto un blaster in mano in vita sua, Waxen è capace di prendere i pezzi e tirarci fuori un trapano a percussione, le altre due reclute non sono neppure in grado di capire che quelli sono i pezzi di un blaster e io non mi ci metto, ho già abbastanza da fare senza improvvisarmi armiere.
Idea: generalmente i wookiee ne sanno a tronchi di cose tecniche.
Lothar!”
Preceduto da una zaffata di tappeto ammuffito, arriva il cameriere personale di Waxen.
Sei capace di rimettere insieme questo blaster?” gli chiedo mostrandogli il mucchietto di meccanismi assortiti.
L’altro guaisce si mette le mani sulla testa con aria disperata. Nella sua lingua ciò significa: “Cos’è questo casino?”
Suvvia, Lothar, dà una mano al ragazzo,” insisto, “non vedi che non sa più cosa fare?”
Gli wookiee non sanno resistere ad un cucciolo umano in difficoltà, è più forte di loro. Siccome Felsen ha l’aria talmente spaurita che intenerirebbe anche un commerciante di organi rodiano, Lothar prende il fazzoletto con la salma smembrata del blaster, si carica in spalla anche il soldato e sale sullo sprinter, dove comincia un seminario in shriiwook strettissimo sulla manutenzione dell’armamento individuale.
Facciamo ancora qualche giretto lì intorno, contempliamo la popolazione locale che svolge le proprie attività quotidiane poi ripartiamo. Io tengo d’occhio le condizioni meteorologiche. Adesso non piove, ma ci sono dei bei cirrocumuli pronti per scaricarci addosso l’inferno idrico, e questa è una cosa per nulla rassicurante.
Procediamo verso Aukana. Sanders ci ha consigliati bene e la strada è dissestata ma percorribile. Rani, la nostra pleonastica guida, mi spiega che Aukana è un tempio con una gigantesca statua scolpita direttamente nella parete di una montagna.
Percorriamo un altro po’ di giungla poi cominciamo ad arrampicarci lungo un’impervia strada in salita. Poco dopo arriviamo alla base imperiale, situata su un’altura dalla quale si ha una buona vista della pianura circostante.
Ci fermiamo davanti ad un cancello di filo spinato che peraltro sembra non avere la minima intenzione di aprirsi.
Approfittando del fatto che Waxen è assopito, scendo dal mezzo e mi guardo intorno alla ricerca di militari imperiali. Ai lati del cancello ci sono due torrette dalle quali noto che mi stanno tenendo sotto tiro, il che è sempre una cosa simpatica e rilassante.
Sto per rinculare verso lo sprinter quando si avvicinano due soldati che mi squadrano diffidenti. Mi presento e chiedo di parlare col comandante della base.
Prima mi dia i documenti relativi alla sua missione,” mi intima bruscamente uno dei due, “per quanto ne sappiamo lei potrebbe anche essere un terrorista travestito da imperiale.”
I terroristi da queste parti hanno i bargigli e sono alti un metro e mezzo, soldato, non essere ridicolo.”
L’altro toglie la sicura al blaster.
OK, non ti scaldare, ecco i documenti!”
Gli tendo i fogli attraverso il cancello. Il soldato me li strappa di mano e si allontana lasciandomi lì come un idiota.
Mentre sto meditando sul da farsi arriva un ufficiale in mimetica e anfibi: un metro e novanta, palestrato, maniche rimboccate sugli avambracci nerboruti, capelli a spazzola, occhi spiritati, blaster grosso come la mia coscia a tracolla.
Capitano Niedermeier,” si presenta salutandomi militarmente, “mi scusi per tutte queste procedure, ma quei bastardi sono dappertutto.”
Scusi, quali bastardi?” chiedo, guardandomi intorno preoccupato.
Ma i Sally, naturalmente, i sullustiani. Quegli schifosi figli di puttana sono qui intorno che strisciano!” si interrompe intimandomi il silenzio con un gesto, poi rimane in posizione di ascolto per qualche secondo e sussurra: “Non li sente? Sono dappertutto, ci spiano, ci tengono d’occhio…”
Niedermeier, da quanto tempo è che non va in licenza?” mi viene spontaneo di chiedere.
In licenza?” ribatte l’altro con un guizzo negli occhi gelidi, “qui non si va in licenza, quei maledetti circondano tutta la base. Sono sempre qui intorno, giorno e notte. Vogliono entrare nel loro fottuto tempio! Si sono incazzati perché ci abbiamo fatto una base imperiale, dicono che vogliono venerare quella!” e indica una statua di almeno venti metri scolpita direttamente nel fianco della montagna.
Bella…”
Bella? Io la distruggerei con un turbolaser! Fottuti bastardi, maledetti! L’unico sullustiano buono è un sullustiano morto!” Nel dire questo imbraccia il blaster e spara una scarica in un cespuglio. Si sente un grido.
Vede?” mi dice, “Sono ovunque. Ovunque!”
Deglutisco a vuoto. Niedermeier si rimette l’arma in spalla e ringhia: “Li odio, maledetti schifosi…”
Sto per dire qualcosa quando il capitano si gira fulmineo verso di me e fissandomi con uno sguardo agghiacciante sibila: “So che sta cercando Kurtz.”
Faccio un involontario passo indietro. Sto sudando e non è per il caldo. “È così,” rispondo.
Kurtz è un ottimo ufficiale,” ribatte, “ha tutta la mia stima. Lui aveva capito come si devono trattare questi bastardi. Dicevano che era pazzo, ma lasci che le dica una cosa: quei cervelloni dello Stato Maggiore dovrebbero venire un po’ a farsi il culo negli avamposti in mezzo alla giungla e le garantisco che cambierebbero idea! Dicevano che faceva le stragi! Stronzate! Radere al suolo qualche villaggio è l’unico modo per far capire a quegli schifosi chi è che comanda, e le garantisco che Kurtz ci era riuscito! La sua zona era la più tranquilla, ci potevi andare a passeggio anche disarmato…”
Tace, un sorriso ferino gli stira le labbra sottili.
E come mai sta cercando il comandante Kurtz?” mi chiede poi, trapanandomi con uno sguardo diffidente.
Rifletto rapidamente. Riferirgli il vero scopo della missione sarebbe decisamente inopportuno, quindi rispondo: “Ehm… il comandante ha ricevuto una decorazione, ma poiché risulta irreperibile non c’è modo di fargliela avere. Io mi sono offerto volontario per trovarlo e consegnargliela.”
L’altro mi squadra con occhio critico. “Lei? Un damerino da circolo ufficiali con l’uniforme su misura? Scommetto che è pure della flotta imperiale.” Nota di disprezzo nella voce.
Proprio io. Diciamo che ero un po’ stanco della vita sedentaria. Come ha fatto a capire che sono della flotta?”
Dal salto che ha fatto quando ho steso quel bastardo nel cespuglio. Voialtri non siete abituati ad ammazzare da vicino.”
Volevo far riposare un po’ i ragazzi, ma mi sembra il caso di partire con una certa urgenza, anche perché se Niedermeier non si beve la storia della decorazione stiamo per piombare in un mare di merda.
Capitano, devo proseguire per Polonnaruwa,” gli dico cercando di avere un tono di voce più normale possibile.
Vuole già andarsene?” mi chiede diffidente.
Vorrei arrivare là prima che venga buio. Non mi piace rischiare di trovarmi in questa giungla di notte.”
Da qui a Polonnaruwa ci sono tre ore scarse, capitano. Mi meraviglio che lei non lo sappia.”
Lo sguardo che mi rivolge è tutt’altro che amichevole. Sicuramente fiuta qualcosa di strano, ma per fortuna non deve avere ancora capito cosa c’è che non va.
Il comandante di Anuradhapura mi ha detto che ci sono state delle inondazioni,” rispondo mentre un brivido freddo mi percorre la spina dorsale, “ritengo sia più prudente partire adesso. Già non mi piace la giungla di notte, ma la giungla di notte e allagata dev’essere una vera schifezza.”
Certo. Forse ha ragione,” dice lentamente, fissandomi dritto negli occhi. Accompagnandomi verso lo sprinter aggiunge: “Mi saluti Kurtz, se lo trova.”
Faccio cenno di sì con la testa, ma il capitano mi appoggia una mano pesante sulla spalla e ringhia: “E veda che non gli capiti nulla di male, se vuole tornare a fare il damerino nel suo circolo ufficiali.”
Alcuni secondi di silenzio opprimente, poi rispondo: “Gli suggerirò di fare anche un bel check-up, già che ci sono, così saremo ancora più sicuri che rimanga in buona salute.”
Niedermeier sta per rispondere quando vede il mio gruppo di sfigati che si fa vento seduto all’ombra. Mi guarda come se mi vedesse per la prima volta e fa: “Capitano, è venuto con quelli?”
Affermativo.”
Lei è più cazzuto di quanto immaginassi.”
E questo è niente, dovrebbe venire a fare una gara di birra con me per vedere qualcosa di veramente cazzuto!”
Io non bevo mai alcool, rallenta i riflessi.”
Contento lei…”
Ci muoviamo rapidamente per arrivare prima possibile fuori tiro, quei soldati sulle torrette hanno l’aria di essere bastardi dentro come il loro comandante.
Ma come, andiamo via?” protesta costernata la twi’lek, “io dovevo fare la pipì…”
Resisti, cazzo! Questa è una missione militare, non una gita di piacere.”
Ma anch’io devo fare la pipì, signore,” si lamenta Wolfen.
Tu la puoi fare fuori dal finestrino!”
In questo momento avrei disperatamente bisogno di una birra gelata. Gli idioti non hanno la più pallida idea del rischio che abbiamo corso e pensano solo alla loro stupida vescica. Io, invece, penso che se Niedermeier non si è ancora bevuto il cervello completamente capirà entro pochi minuti che la storia della decorazione conferita a Kurtz è una cagata pazzesca: sarebbe più facile vedere Tarkin in bermuda e camicia hawaiana.
E quando lo capirà comincerà ad inseguirci con tutte le intenzioni di usare i miei organi interni come esche per la caccia al nexu.
Niente birra, comunque. Ci fermiamo giusto in un paesucolo per comprare qualche genere alimentare, principalmente frutta da anoressiche, e per dare il tempo ai nostri annessi sullustiani di alimentarsi secondo le modalità della loro specie.
Ripartiamo poi dopo aver scongiurato la morte per inedia ma con le budella tutt’altro che appagate. Chi doveva mingere l’ha fatto e quindi speriamo di poter proseguire senza ulteriori rotture di palle fino a Polonnaruwa.
Ma naturalmente le mie speranze sono vane. Neanche un’ora dopo la strada scompare in un acquitrino con rane e piante acquatiche del quale non si riesce a vedere la fine. Qua e là spuntano alberi dai cui rami pendono liane. Tutta la superficie dell’acqua è ricoperta di foglie tonde larghe circa un palmo tra le quali spuntano fiori bianchi.
Lo sprinter si ferma. I nostri indigeni parlamentano fra loro poi Rani mi dice: “Grande palude. Prima c’era un sentiero, ma le piogge l’hanno cancellato. Sprinter non può proseguire.”
La notizia mi fa inorridire. “Cosa? Lo sprinter non può proseguire? E noi come cazzo ci arriviamo a Polonnaruwa, mandiamo la twi’lek a fare lo sprinter-stop mostrando la coscia?”
Imperturbabile, il sullustiano mi risponde: “Acqua fangosa non buona per motore. Se sprinter andare, sprinter finire in scarico di cesso. Usare bantha.”
Bantha? E che ci dovremmo fare con i bantha?”
Acqua buona per bantha. Tirare zattera con sprinter e portare di là persone.”
Vada per i bantha,” sospiro rassegnato, “dove li troviamo?”
Io portare.”
Dice qualcosa al conducente e ripartiamo prendendo un sentiero che costeggia la palude. Poco dopo arriviamo ad uno spiazzo dove alcuni bestioni pelosi pascolano con aria pacifica.
Sto per spiegare al gruppo cosa dobbiamo fare quando Waxen esce dallo sprinter, si guarda intorno e fa: “Oggi è una magnifica giornata per la caccia alla dianoga, giovane capitano! Del resto, qui su Kaafu non c’è altro da fare, finito il servizio. Sono pronte le barche?”
Sospiro disperato. Vagli a spiegare adesso che non siamo su Kaafu e che non si va a caccia di dianoghe.
Con aria astuta, Waxen mi confida: “In uno dei canali principali ce n’è una particolarmente grossa e di colore scuro. Il Bastardo Nero, la chiamano. Nessuno è ancora riuscito a catturarla. Noi dobbiamo riuscirci, voglio farne un trofeo per il circolo ufficiali!”
Signore, non siamo su Kaafu. E non stiamo partendo per una battuta di caccia alla dianoga.”
Il colonnello mi fissa torvo. “Figliolo,” mi fa, “io sono piuttosto preoccupato. Non è la prima volta che la vedo confuso sui luoghi e sui nomi e devo purtroppo constatare che la sua memoria lascia alquanto a desiderare. Se fossi in lei mi farei vedere.”
Adesso sarei io quello che si deve far vedere…” mormoro tra me e me mentre seguo la nostra guida per andare a noleggiare i bantha.
Dopo contrattazioni toydariane e grazie ancora una volta alla Imperial Platinum di Vader, otteniamo quattro animali, due per trainare lo sprinter e due per caricarci sopra la truppa. Con quella carta di credito il bahout* me li avrebbe anche venduti, ma ho già un cucciolo di rangkor a casa, poi magari litigano e mi fanno casino tutto il giorno.
Lascio i sullustiani ad occuparsi del trasporto dello sprinter. A me spetta un compito ben più sottile e diplomatico: convincere il branco di deficienti a salire sui bantha per attraversare la palude.
Per prima cosa chiamo il colonnello e gli dico: “Signore, non ci sono barche, cacceremo la dianoga coi bantha. Vuole prendere il comando del primo?”
Magnifica prova di spirito d’iniziativa, figliolo! Mi ricorda quando nella battaglia di Thali fece avanzare quegli AT-AT sul fianco destro per coprire l’artiglieria! Molto bene, molto bene!” e sale tutto contento sulla sua bestia.
Cerco poi il capitano medico. “Hyaskon, gli vada dietro. Se fa casino lo stenda con una delle sue vaccinazioni. Se insiste per mettere giù una canna da dianoghe lo lasci fare, si accerti giusto che non ne prenda una per sbaglio.”
Vedrò quello che posso fare,” mi risponde il cupo ufficiale medico.
Ora è la volta della Du Bal. “Professoressa, bisogna salire sui bantha.”
Come sarebbe a dire che bisogna salire? Che bisogno ce n’è? Posso benissimo rimanere sullo sprinter.”
Prof, se i locali dicono di salire sui bantha significa evidentemente che non si può rimanere a bordo dello sprinter.”
La sua mi sembra una deduzione piuttosto arbitraria. Inoltre, giovanotto, lei gli ordini li darà ai suoi soldati, se crede, non certo a me. E ora mi siedo sullo sprinter, così finalmente possiamo partire.”
E si dirige con sussiego al veicolo.
Di fronte a tale insubordinazione mi viene un vorticoso giramento di palle. Forse per colpa del colonnello mi sto immedesimando troppo in mio zio Max. Agguanto la docente per la collottola e do ordine alla zattera con lo sprinter di prendere il largo, poi dico: “Ora, professoressa, lei ha due simpatiche opzioni: o resta qui fino alla stagione secca e poi raggiunge Coruscant con mezzi suoi, oppure si rassegna a salire su quel bantha. Anzi, ne ha anche una terza: ci può seguire a nuoto. Si decida, però, non abbiamo tutto il giorno.”
Rivolgendomi un’occhiata che incenerirebbe Mandalor il persona, fremente di fiero sdegno, la Du Bal mi gira indignata le terga e si dirige alla bestia, sulla quale sale con l’aria della martire al patibolo.
A questo punto chiamo la twi’lek e le dico: “Tesoro, ora facciamo una bella gita sul bantha.”
Io e te, Roy?” mi chiede sfarfallando gli occhioni.
Negativo, tu devi tenere compagnia alla professoressa.”
Fjo’ona fa il broncio. “Io con Ophelia non ci vado!” protesta.
Reprimo un’imprecazione. Per fortuna non ho un blaster a portata di mano, altrimenti rischierei di ridurre drasticamente i nostri effettivi.
Da vero bastardo, approfitto sconciamente della psicologia della twi’lek zoccola e con tono falsamente comprensivo le dico: “Ti capisco, la Du Bal non avrà le tue curve, ma è molto più affascinante di te.”
Cosa? Come? È più affascinante di me?”
Sai, la professoressa ha la cultura, i modi sofisticati, l’esperienza. Del resto, inconsciamente ne devi essere convinta anche tu, perché temi il confronto con lei…”
Ora ti faccio vedere io!” mi ammonisce Fjo’ona. Si dà una passata di rossetto, si aggiusta il push-up e sale sul bantha come se salisse sul ring.
E uno è pieno. Lo spedisco attraverso la palude prima che i gitanti ci ripensino.
Ora il secondo.
Lothar non è un gran problema, lo mando a bordo e lui obbedisce senza tante storie.
Poi chiamo i tre soldatini.
Io non avevo mai visto un bantha…” mormora Felsen.
Come si fa a tenersi stretti?” chiede Lawrence.
Io ho paura,” si lamenta Wolfen.
Ma tu guarda che razza di imbranati. “Attraversare una palude a bordo di un bantha non è una cosa naturale, ragazzo,” dico al fifone, “cerchiamo di farlo bene e godiamoci il panorama.”
Terminato anche il secondo carico, cominciamo a guadare le acque torbide. Spero che questi bahout sappiano quello che fanno, perché dopo poco l’acqua inizia a lambirci i piedi. Le signore si mettono a squittire, Wolfen impallidisce e si avvinghia al mio braccio, il wookiee mugola innervosito. Volevamo andare a caccia di dianoghe, ma può darsi che tra breve saranno le dianoghe a cacciare noi.
La traversata dura un’ora, ma è come se durasse una settimana. Il caldo soffocante, gli insetti e il casino dei miei simpatici compagni di viaggio sono veramente terribili.
Ma per fortuna, dopo aver turbato gli equilibri ecologici della zona spaventando a morte diverse specie animali con grida e clamori vari, giungiamo infine sulla terraferma.
Scendiamo dai bantha, lo sprinter è pronto e ci aspetta già in moto.
Waxen mi raggiunge deluso e dice: “Queste paludi non sono più come una volta! Le dianoghe sono poche, piccole, non c’è più soddisfazione. E poi ne stavo per prendere una ma il capitano medico me l’ha fatta scappare! Dannazione!”
Se ne va incazzato a bordo dello sprinter e per un bel po’ si rifiuta di dare udienza.
La Du Bal mi passa davanti col culo dritto senza degnarmi di uno sguardo, tutti gli altri seguono in ordine sparso. Ripartiamo alla volta di Polonnaruwa.
Giungiamo sul posto un paio d’ore dopo stanchi, affamati, desiderosi di fare la doccia e tutti col culo quadrato a forza di stare seduti sugli inospitali sedili del nostro mezzo.
La base si trova in mezzo ad imponenti rovine, vestigia di una qualche civiltà ormai scomparsa. Attraversiamo quella che doveva essere una grande città, con palazzi dei quali ormai rimangono solo i basamenti ornati di bassorilievi e qualche colonna che sta venendo lentamente ricoperta dalla vegetazione lussureggiante.
Il campo imperiale è stato costruito includendo nel perimetro anche qualche antico muro e a prima vista pare circondato da tre giri di sensori multipli: movimento, vibrazioni, calore, attività bioelettrica corporea.
Il recinto principale è elettrificato e ad intervalli regolari dotato di torrette dalle quali soldati con visori SAD** ci stanno già tenendo d’occhio. “Ragazzi, non fate mosse brusche,” raccomando ai miei.
Capitano, la vuole smettere una buona volta con i suoi atteggiamenti autoritari?” protesta acida la Du Bal.
Ovviamente questo non vale per lei, professoressa,” ribatto, “se ha voglia di farsi impallinare non ho nulla in contrario.”
Non si degna neppure di rispondermi.
Il colonnello guarda fuori e dice: “Una bellissima base, perdiana! Molto ben organizzata! Mi compiaccio!” scende con il consueto balzello ginnico, si stira e prima che io riesca ad intercettarlo comincia ad avanzare con piglio risoluto verso il cancello.
Lo fissiamo impotenti, già preoccupati al pensiero dei casini che riuscirà a combinare, ma ad un tratto lo vediamo irrigidirsi e abbattersi al suolo come un albero tagliato. “Infarto?” chiedo speranzoso a Hyaskon.
Seguito da Lothar che sbraita lamentazioni in shriiwook, il capitano medico va ad esaminare Waxen. Lo raggiungo e mi chino su quella che spero essere la salma del colonnello.
Allora?…”
Tramortito dai dispositivi neuro-umorali ad infrasuoni. Li vede? Sono alternati ai rilevatori. Non vada oltre quella linea che vede per terra, se non vuole fare la stessa fine.”
Quindi non è morto?”
No.”
Peccato.”
Alzo gli occhi, il cancello dista ancora più di duecento metri. Ci sono rilevatori, aggeggi come quelli che hanno steso Waxen, filo spinato e anche un bel fossato pieno d’acqua. Oltre naturalmente alle torrette e al recinto elettrificato. Mi chiedo come faremo ad entrare.
Come in risposta alla mia domanda inespressa, sbuca dal terreno proprio di fronte a noi un globo montato su un supporto che si orienta in modo che il suo visore ottico ci possa inquadrare. Una voce metallica mi chiede l’identificazione.
Capitano pilota Roy Veers della flotta imperiale.”
Controllo incrociato caratteristiche somatiche in corso…”
Si ode un ronzio, poi la voce artificiale dice: “Controllo somatico positivo. Test retinico positivo. Disattivazione in corso. Passaggio al controllo manuale.”
Mentre mi chiedo se disattivazione in corso significa che verremo smaterializzati da un disintegratore, una voce – questa volta umana – mi ordina: “Capitano Veers, dichiari il numero degli effettivi e lo scopo della sua missione.”
Sei militari e tre civili più tre accompagnatori locali. Missione con priorità uno, sono autorizzato a rivelare l’obiettivo unicamente al comandante della base.”
Ma ovviamente ciò non basta. Sono costretto a snocciolare all’occhio elettronico nome e cognome di tutti i membri del gruppo, razza di appartenenza, qualifica, professione. Devo discutere lungamente sui miei sullustiani cercando di convincere il mio invisibile interlocutore che mi sono stati assegnati direttamente dal comando logistico di Pettah e non parliamo di wookiee e twi’lek, sui quali si apre un dibattito estenuante.
Infine, la voce mi dice di attendere mentre vengono controllati i dati che ho fornito.
Dopo una buona decina di minuti, l’occhio si attiva nuovamente e la voce mi dice: “Capitano Veers, autorizzazione numero 662348/bis, vettore d’avvicinamento attivato, disattivazione sistemi di sicurezza in corso, ha novanta secondi da adesso.”
Tutti a bordo!” ordino, fiondandomi sullo sprinter. Hyaskon e Lothar con Waxen ancora collassato in spalla mi seguono di corsa. Agguantiamo Fjo’ona che stava per andare a fare un giretto nei dintorni e partiamo a tutta manetta. Varchiamo il terzo cancello, quello con la blindatura in titanio, proprio allo scadere del tempo. Non voglio pensare a quello che sarebbe successo se ci fossimo trovati un po’ più indietro.
Ci guardiamo intorno piuttosto straniti. Siamo all’interno di una base linda come una sala operatoria, ma dove non si vede nessuno. Ci sono solo alcune telecamere a circuito chiuso che ci stanno tenendo d’occhio.
Finalmente una persona in carne ed ossa esce da quello che a pare un centro di controllo. È un ufficiale dall’uniforme impeccabile, con gli occhiali cerchiati d’oro e l’aria a metà tra il burocrate e l’ingegnere.
Maggiore Kerr,” si presenta.
Attimo di irresoluto silenzio. Il nuovo arrivato ha l’aria amichevole come una ginocchiata nelle palle. E soprattutto si capisce lontano un miglio che gli stiamo dando un orrendo fastidio.
Sono il capitano Veers,” mi presento a mia volta.
Lo so. Ma in base ai dati in mio possesso non è lei il comandante della missione. Dov’è il colonnello Waxen?”
Waxen è ancora fuori servizio a causa di un incontro ravvicinato con uno dei vostri dispositivi neuro-umorali ad infrasuoni, maggiore. Mi duole informarla che finché lui non rinviene il comandante della missione sono proprio io.”
Capisco. Farò inviare il colonnello in infermeria. Nel frattempo, capitano, mi comunichi l’obiettivo della missione, prego.”
Trovare il colonnello Kurtz e ricondurlo sulla Morte Nera. Qualora opponesse resistenza, i miei ordini sono di eliminarlo.”
Kerr mi fissa con un vago barlume di approvazione e dice: “Auspicavo da tempo un provvedimento del genere. Quel Kurtz usa metodi malsani, sospetto non sia in possesso delle proprie facoltà mentali.”
Non è che sia l’unico matto da queste parti, mi viene da pensare. Comunque rispondo: “Intendiamo proseguire domattina per Sigiriya, l’ultimo accampamento noto di Kurtz. Se non ha nulla in contrario, questa notte ci fermiamo qui.”
Certo, naturalmente…” mi risponde Kerr con una punta di fastidio. Non so se avesse programmato un’orgia leather con match di lotta nel fango e gara di scoregge infiammate che noi gli abbiamo appena mandato a monte, ma comunque gli dobbiamo aver rovinato qualcosa, tanto che mi sento in dovere di chiedergli: “Maggiore, la nostra permanenza qui le crea qualche problema?”
Francamente, capitano, qui a Polonnaruwa non amiamo gli imprevisti. La base è gestita da un computer centrale i cui sensori sono stati tarati in maniera molto sofisticata. Basta che usciate dalle zone delimitate che c’è il rischio di un crash di sistema.”
Staremo attenti. Come mai ha fatto una cosa così complicata?”
È l’unico programma affidabile per il controllo totale del territorio. Traccia i movimenti di un sullustiano a cinque chilometri di distanza. Abbiamo anche un sistema di puntamento satellitare.”
E che ve ne fate?”
Il maggiore è esterrefatto di fronte alla mia domanda. “Ovviamente ci serve per controllare chi si avvicina alla base,” risponde, ancora indeciso se considerare il mio atteggiamento stupido, provocatorio o entrambe le cose.
Discutiamo ancora qualche particolare logistico, poi Kerr ci fa accompagnare alle stanze che ci ha assegnato. Per qualche cazzo di motivo finisco di nuovo in camera con Fjo’ona, solo che stavolta non ho neppure il conforto di una recluta, dal momento che i tre imbranati vogliono stare tutti insieme.
La camera è carina, linda, con una bella vista. C’è il divieto assoluto di aprire la finestra perché altrimenti il termostato va in tilt. C’è anche un sensore che scatta attivando un allarme se si sta in due nel bagno o sullo stesso letto. Quel Kerr dev’essere un bel bacchettone.
Comunque a me va bene, così evito il problema della twi’lek. È vero che se uno fosse motivato troverebbe altri sistemi che non implicano l’uso del letto o del bagno, ma io non sono motivato.
Come vorrei una bella birra gelata,” sospiro appoggiando lo zaino sull’asettico letto.
Ci sono qui io, Roy…” mormora Fjo’ona sfarfallando gli occhioni.
Magnifico! Proprio quello che speravo. Mi andresti a prendere una birra mentre faccio la doccia?”
E poi?”
Resta nei paraggi, perché magari quando l’ho finita ti mando a prenderne un’altra.”
Quindi vuoi dire che tra una bella ragazza e una birra preferisci una birra?”
Ovvio.”
Poi mi infilo in bagno di corsa evitando il lancio di scarpa con tacco e zeppa dorata.
Ci prepariamo e andiamo nella sala mensa per cenare. Kerr è già seduto a capotavola, rigido come se gli avessero infilato un bastone nel culo. Non ha un barlume di vita neppure alla vista della nostra scosciatissima gnocca twi’lek, il che mi fa sospettare che la sua libido sia ridotta come il deserto dello Jundland. Del resto, solo uno sfigato cosmico con spiccati tratti ossessivi e gravi deficit erettili avrebbe potuto inventarsi una complicazione perversa come quella che vige in questa base.
Il maggiore, in uniforme di servizio, mi fissa alzando un sopracciglio e dice: “Capitano, ove possibile ritengo opportuno un abbigliamento che sia consono al contesto nel quale ci si trova.”
Ho già capito dove vuole andare a parare, ma faccio lo gnorri e rispondo: “In effetti, signore, direi che mi sono adeguato perfettamente a questo principio: sono in mezzo alla giungla e indosso l’uniforme tropicale.”
Silenzio gelido e carico di riprovazione.
E comunque,” aggiungo prevenendo ulteriori lezioni di vita, “non mi sono certo tirato dietro l’uniforme di servizio in missione, quindi se questa divisa non le piace dovrò prendere parte alla cena in mutande.”
Il maggiore si mette a mangiare senza più rivolgermi la parola. Noi lo imitiamo. Solite porcate locali. Anche qui, con tutta questa organizzazione, non sono riusciti ad evitare il protervo cuoco sullustiano, che sforna schifezze immangiabili.
Mentre sono alle prese con il solito riso repellente e relative salse noto un capitano che mi fissa con aria compiaciuta e mi strizza l’occhio. Visto che sono un ragazzo educato, gli sorrido a mia volta.
Frattanto arriva di corsa un piantone che si avvicina al maggiore e gli dice qualcosa a bassa voce. Kerr appoggia il tovagliolo e si fionda verso la porta. Sulla soglia si ferma un attimo e mi dice: “Il suo superiore, il colonnello Waxen, è nella sala controllo e sta toccando tutto!” Ha l’aria di pensare che sia tutta colpa mia
Auguri…” gli rispondo senza neppure smettere di mangiare.
Il maggiore sparisce a gran velocità. Ora ha l’occasione di parlare col comandante della missione, se ci tiene così tanto.
Finiamo la cena con calma e usciamo per goderci un po’ di fresco. Kerr non ricompare, segno che la devastazione compiuta da Waxen è di notevole portata. Trovo un posto per sedermi e mi metto a contemplare tranquillamente le stelle.
Una birra, Veers?”
Mi volto: c’è il capitano della mensa con due bottiglie in mano. “Volentieri,” rispondo facendogli cenno di sedersi accanto a me.
Capitano Lessing,” mi dice, tendendomi la mano.
Io sono Veers, ma lo sapeva già, mi pare.”
Sì, ho guardato il suo file,” risponde. Poi, dopo una pausa, mi fa: “Kerr avrà gli incubi stanotte, lo sa? Quel rompicoglioni! Era ora che arrivasse qualcuno a mettere del casino nel suo ordine ossessivo!”
Rompe molto?”
Un disastro. Ha il pallino delle procedure, pretende che applichi la procedura anche per pulirti il culo.”
Mi racconta qualche aneddoto divertente e ce la ridiamo al pensiero di Waxen che sta devastando il santuario informatico del maggiore. Nel frattempo secchiamo un paio di birre e passiamo senza soluzione di continuità ad un liquore tipico del luogo che si chiama Arak. Non è un gran che, a dire la verità, ma dopo un paio di bicchierini di quello cominciamo a darci del tu e ad essere molto allegri.
Senti, ma davvero vuoi andare a cercare Kurtz?” mi chiede Lessing.
Tutti mi fanno la stessa domanda. Sì, ho l’ordine di cercare e possibilmente trovare Kurtz.”
Allora lascia che ti racconti una storiella per farti dormire meglio: qualche mese fa Kurtz è passato di qua e si è fermato con i suoi esattamente come avete fatto voi. Durante la notte è saltato addosso ad un soldato, l’ha stuprato, l’ha ucciso con un morso alla gola, l’ha sbuzzato e gli ha mangiato il cuore e il fegato ancora caldi.”
Ma perché ha fatto una cosa del genere?” chiedo inorridito.
Ha detto che gli ricordava sua madre. Abbiamo cercato di catturarlo, ma ha ucciso altri quattro soldati a mani nude e poi è scomparso nella giungla assieme alla sua banda di rinnegati. Mi risulta che sia andato verso Sigiriya, ma non so se sia ancora là. I tam-hil lo venerano come un dio e gli offrono in sacrificio sullustiani e umani. Pare che lui e i suoi banchettino con la carne delle vittime.”
All’edificante racconto segue un lungo silenzio. Se Kurtz è ancora a Sigiriya, domani farò la sua conoscenza e saranno tutti cazzi miei. Meglio non pensarci.
Penso che me ne andrò a dormire,” dico alzandomi in piedi.
Lessing mi dice: “Lo sai, prima di incontrarti pensavo che il mio fosse il servizio più di merda della galassia. Grazie a te ho scoperto che in fondo non mi va così male: paragonato a Kurtz, il nostro maggiore Kerr è solo un rompicoglioni con alcune manie fastidiose. Ma almeno non si mangia i suoi subalterni, non li stupra e non li tortura per giorni e giorni.”
Felicissimo di esserti stato d’aiuto,” rispondo incamminandomi verso la camera.
Quando vi arrivo, Fjo’ona sta già dormendo equipaggiata di mascherina, tappi e baby-doll peccaminoso, per cui ho modo di meditare a lungo e in solitudine sulle parole del mio simpatico collega.







* Conduttore del bantha in sullustiano

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Capitolo 5
*** Rapporto 01 sulla missione ***


Rapporto 01

Furibondo, il governatore Tarkin camminava su e giù per il ponte principale della Morte Nera. I suoi subalterni lo fissavano di sottecchi in silenzio mentre continuavano a sbrigare le loro faccende. Quando il governatore era così arrabbiato diventava imperativo evitare a tutti i costi di attirare la sua attenzione. L’ultimo comandante della guarnigione di Kessel era stato scelto proprio con questo criterio: l’aveva disturbato in un momento critico.
L’unico che assisteva alla scena con calma olimpica era Darth Vader. Il respiro calmo e regolare faceva capire che non era minimamente turbato dall’ira del suo collega.
Tarkin, intanto, come sempre quando era fuori di sé dalla rabbia, esprimeva i suoi pensieri a voce alta.
È inaudito, è inconcepibile!” diceva, passeggiando nervosamente come un nexu in gabbia, “Quel debosciato! Quel delinquente! Questa volta ha veramente passato ogni limite, sfacciato!”
L’hai detto anche l’ultima volta. E la penultima. E anche quella prima,” intervenne Vader.
Ma questa volta è andato oltre ogni possibile tolleranza! Gli avevo ordinato di mandare dei rapporti!”
Mi risulta che l’abbia fatto.”
Mi ha mandato… questa!” gridò Tarkin con voce strozzata dall’ira. Buttò sul tavolo una cartolina. Vader la osservò: rappresentava una sullustiana nuda e procace su uno sfondo composto dalle immagini dei principali monumenti di Sullust. Una scritta in sullustiano e in galattico base recitava: Non sai cosa ti sei perso non venendo su Sullust.
Dietro c’era scritto: Stiamo bene, qui, stiamo tutti bene. Voi come state?
Quel Veers mi farà venire l’esaurimento nervoso!”, sospirò Tarkin.
Già, certo. Ora devo andare. Hai per caso visto la mia carta di credito Imperial Platinum da qualche parte? Non riesco a trovarla.”
Tarkin scosse la testa. Aveva già abbastanza problemi per conto suo senza quella dannata carta di credito. Diede un’ultima occhiata alla cartolina, dalla quale la sullustiana ammiccava lasciva, e si fece portare un bicchiere d’acqua. Prese la solita compressa per la pressione. La compressa di Veers, la chiamava.

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Capitolo 6
*** Giorno 4 - Primi contatti ***


Giorno 4 – Primi contatti

Il mattino è radioso e assolato, ma noi ci svegliamo praticamente surgelati: dopo il passaggio di Waxen in sala di controllo il sistema di climatizzazione è andato in tilt e per tutta la notte c’è stata un’alternanza di caldo torrido e gelo siderale, con gran finale di freddo assassino verso l’alba.
Sono andati in tilt anche diversi altri sensori e dappertutto è un fischiare di avvisatori acustici. Non so quanto ci metterà Kerr per sistemare tutto come prima, ma dal casino che c’è penso che faccia prima a disfare tutto e rifare da capo.
Tanto per ristabilire una temperatura tollerabile, apro la finestra. Il sensore anti-intrusione si mette a suonare come una sirena, ma uso un trucco di cui mi servivo già in Accademia: un po’ di chewing-gum masticato appiccicato nel punto giusto e la fotoelettrica registra le imposte come perfettamente chiuse. Sistema utilissimo per rientrare dopo il contrappello, fra l’altro.
Fjo’ona si alza e va in bagno. Dalla porta fa: “Che dici, Roy, sarà il caso di lavare le scarpe?”
È vero che è mattina e sono ancora rincoglionito, ma la domanda mi sembra un po’ strana.
Prego?”
Le scarpe! Sono tutte sporche, ieri ho camminato a piedi scalzi in camera e poi le ho indossate. Non vorrei che ci fosse andata dentro della polvere.”
Fjo’ona, hai notato che la camera è praticamente sterile?”
La twi’lek fissa pensosa il pavimento, probabilmente sta cercando di valutare l’area semantica dell’aggettivo ‘sterile’. Infine rinuncia all’ingrato compito e tanto per lavare qualcosa va a farsi un’altra doccia.
Io aspetto pazientemente che la mia compagna di stanza abbia terminato la sua lunghissima e particolareggiata vestizione. Avrei una mezza voglia di pisciare in una fioriera e andare a fare colazione, ma scommetto che quel bastardo di Kerr le ha riempite di sensori anti-piscia che si metterebbero a suonare come matti in caso di minzione impropria.
Finalmente Fjo’ona esce ed allinea sul davanzale un certo numero di capi di abbigliamento che ha lavato. Non so davvero come abbia fatto a sporcare tutta quella roba in tre giorni, comunque comincio a pensare che la psicologia delle twi’lek sia troppo complessa per cercare di interpretarla sulla base di criteri razionali e mi infilo in bagno per prepararmi.
Arriviamo in sala mensa, dove le vivande si stanno scaldando su fornelli da campo perché i forni sono andati in tilt assieme al resto e qualsiasi cosa gli si infili dentro espellono unicamente scorie di fusione.
I ragazzi sono già a tavola e stanno parlando del tipico argomento da quarto giorno di missione: la cacca. Discutono animatamente delle rispettive evacuazioni descrivendone quantità e consistenza con grande ricchezza di terminologia. Hyaskon, cupo e pessimista come al solito, dispensa consigli igienici e compresse antidiarroiche.
La professoressa Du Bal mantiene un gelido riserbo, ma evita accuratamente latte e derivati. Wolfen, che ha avuto la disgrazia di capitare in camera con lei, mi confida che ha praticamente passato la nottata appollaiata sulla tazza del cesso in preda ad un torcibudella devastante e si è potuta sdraiare solo verso l’alba, sudata, esausta e con le gambe gelatinose.
Lothar, che ha un certo tropismo per qualsiasi cosa commestibile, deve aver esagerato coi cibi indigeni e anche lui durante la notte ha praticamente intonacato il cesso. Non la tazza, quella è roba da dilettanti, si parla di tutte le pareti fino al soffitto.
Gli altri due soldatini, che si trovavano in camera col capitano medico, sono stati miracolosamente salvati da quest’ultimo con adeguata somministrazione di farmaci.
Giunge a questo punto della discussione anche il colonnello, come sempre ginnico e scattante. “Ragazzi, mi sento leggero come un mynock!” ci confida, “mi scusino le signore presenti, ma con rispetto parlando la mattina è il momento migliore per la defecazione!”
Sono colto da un brivido di orrore al pensiero del cesso intonacato dalle precedenti evacuazioni del wookiee, ma Waxen aggiunge: “E la cosa più bella è farla a contatto con la natura! Quando posso vado sempre nel verde, è una cosa più sana, più naturale e sicuramente favorisce la digestione molto più di quegli oscuri bugigattoli piastrellati dove la si fa di solito!”
Mentre ascolto inorridito la descrizione delle abitudini evacuatorie del mio superiore entra Kerr e mi saluta con sussiego, poi nota che Waxen è in piedi, si disinteressa di me e va da lui.
Colonnello Waxen? Ieri sera non ho avuto occasione di parlarle, ero troppo indaffarato a cercare di rimediare a quel piccolo incidente della sala controllo. Mi permetta di presentarmi, sono il maggiore Kerr, comandante della base di Polonnaruwa.” E saluta militarmente.
Polonnaruwa?” fa eco l’altro stupito, “e cosa diavolo sarebbe questo posto dal nome ridicolo? Qui siamo al campo d’addestramento delle truppe speciali di Rangal!”
Rangal? Ma no, signore, questa è Polonnaruwa,” protesta ingenuamente il maggiore.
Giovanotto, non si dia delle arie con me! Questa è Rangal. L’ho comandata per degli anni, vuole che non la riconosca?”
Kerr mi fissa completamente sbalordito.
Ha detto lei che voleva parlare col comandante della missione,” dico imperturbabile, sorseggiando il caffè.
Ma lei non mi ha detto che… che era pazzo!”
Non è pazzo, ha la demenza senile, come il nostro capitano medico le potrà facilmente confermare.”
Ma lei non me l’ha detto!” insiste Kerr.
Lei non me lo ha chiesto.”
Le pare che a qualcuno possa venire in mente di fare una domanda del genere?” ruggisce il maggiore, che sta cominciando a perdere il suo contegno impeccabile.
Le do atto che ci vuole una bella fantasia.”
Kerr assume un colorito rosso porpora royal guard e stringe i pugni. “Insubordinato arrogante che non è altro,” mi dice minaccioso, mentre le giugulari gli si gonfiano come camere d’aria, “lei non mi piace, glielo dico chiaro e tondo! Se fosse uno dei miei ufficiali le farei passare la voglia di comportarsi in questo modo inqualificabile! Lei non ha alcun senso dell’ordine e della disciplina, è un cialtrone debosciato senza spirito militare!”
Tace ansimando, a corto di epiteti irrispettosi.
Io sospiro, poso il caffè e gli rispondo: “La sua analisi è molto acuta. In effetti, è ciò che mi sono sentito dire dai miei superiori fin dal primo giorno di Accademia.” E gli esibisco il più radioso dei miei sorrisi disarmanti, quello che generalmente fa venire una crisi isterica a Tarkin.
Kerr mi fissa come se volesse farmi a fette con un’ascia gamorreana.
Io continuo a fissarlo con il distacco dalle cose terrene di un maestro Jedi.
L’altro smette pian piano di sbuffare come un reek, per quanto lo sguardo gli rimanga iniettato di sangue. Respira lentamente e distogliendo gli occhi con ostentato disinteresse, dice: “Andrò a rilassarmi nel mio giardino di piante rare, forse la vicinanza con i fiori esotici che ho personalmente coltivato con tanta fatica e abnegazione riuscirà a farmi dimenticare la presenza della sua truppa di mentecatti, capitano.”
Non è mia, è del colonnello Waxen,” gli rispondo.
Ma il maggiore esce a culo dritto senza degnarmi di ulteriori attenzioni.
Passano forse trenta secondi, poi sentiamo un urlo agghiacciante provenire dal giardino: “Branco di delinquenti! Chi ha defecato sui miei rarissimi esemplari di Orchis Fragillima Vitrea?!”
Mi volto verso il colonnello.
Erano così belli bianchi ed invitanti quei fiorellini…” dice stringendosi nelle spalle.
La prima cosa giusta che ha fatto Waxen da quando siamo partiti.
Poco dopo ci apprestiamo a partire alla volta di Sigiriya. Nel frattempo, ho sentito il bisogno di lasciare anch’io un mio piccolo ricordo: non ho fatto la cacca in qualche punto strategico, mi sono solo infilato in sala controllo e ho sostituito tutti gli screen saver dei monitor con una compilation delle immagini più bestialmente volgari che sono riuscito a trovare nelle versioni on-line di Playtwi’lek, Gammoreane vogliose, Supertette, Grasse & Pelose, Klito Ride e altre pubblicazioni del genere. Penseranno a me nei prossimi giorni, garantito.
Kerr non viene neppure a salutarci. Si presenta al suo posto quel gran paraculo di Lessing, che ci dà le ultime raccomandazioni e ne approfitta per descrivermi altre due o tre orrende efferatezze perpetrate da Kurtz, giusto per mettermi di buon umore.
Mentre stiamo parlando vede passare la twi’lek e mi chiede: “E quella chi è, la tua ragazza?”
Di nuovo con la storia della ragazza. Con un sospiro, gli dico: “No. Non so a che titolo, ma fa parte della missione. Se vuoi te la lascio, così ti fa compagnia.”
Guardandomi dritto negli occhi, Lessing mi risponde: “Ti ringrazio, ma non è lei che mi interessa.”
Comincio ad avere un orrendo sospetto. La birra, i complimenti, l’atteggiamento amichevole…
Ehm… si è fatto tardi…” dico, indietreggiando verso lo sprinter.
È un vero peccato che tu debba già andartene, Roy,” mi dice l’altro avvicinandosi con aria da marpione, “mi sarebbe piaciuto conoscerti più approfonditamente…
Se senti uno sgocciolio è il mio cuore che sanguina,” gli rispondo, zompando in tutta fretta a bordo dello sprinter. L’avevo giudicato male: ieri sera ho rischiato grosso, maledizione! E pensare che zio Max me l’ha sempre detto di non dare confidenza agli estranei.
Questo episodio mi rende leggermente meno sgradevole la giungla intricata e soffocante che ricominciamo a percorrere. Rani mi racconta nel suo approssimativo galattico base che Sigiriya è un monolite di seicento metri che si innalza solitario sulla pianura. Già in tempi antichi un qualche re ci aveva fatto costruire sopra una fortezza perché dall’alto di quella roccia si domina tutta la zona. Sarà simpatico avvicinarsi di nascosto mentre gli scherani di Kurtz vigilano sul territorio.
Mi spiega inoltre che la salita è estremamente difficoltosa a causa del caldo torrido, del vento e della ripidezza delle scale di ferro, unico sistema per arrivare in cima. “Non bene soffrire di vertigini,” mi ammonisce, “uomo debole non deve salire. Grande sole, grande caldo. E quando guardare giù, vedere solo vuoto!”
Ma secondo te c’è ancora Kurtz?” gli chiedo.
Possibile. Si si, possibile. Nessuno andare più là, nessuno sapere. Può darsi che noi arrivare e trovare uomini di Kurtz che ci catturano.”
Guardo il gruppo, che sta cazzeggiando ignaro in tutta tranquillità: c’è Waxen che come sempre massacra i testicoli degli astanti con uno dei suoi aneddoti, la Du Bal che legge uno dei suoi testi in linguaggi alieni, Fjo’ona che si liscia sulle indescrivibili curve un abitino di lamé blu con una scollatura che sembra l’abisso del peccato, i tre soldati che parlano con nostalgia della loro caserma sulla Morte Nera, Hyaskon che ronfa dopo aver ingerito una delle sue solite compresse e Lothar che bramisce come un eopie in amore. Sarà bellissimo andare alla conquista di una rocca imprendibile abitata da un pazzo omicida e sadico con queste truppe.
Sto così meditando quando mi sento battere sulla spalla. È Wolfen che mi dice: “Signore, io… ehm… dovrei fare la pipì…”
Ma è mai possibile che questo debba sempre pisciare e che soprattutto la debba fare nei momenti più inopportuni?
Mi scappa…” insiste vedendo che non mi sto dando da fare per risolvere il suo problema.
Io mi farei vedere da Hyaskon, se fossi in te,” gli dico, facendo cenno a Rani di far fermare lo sprinter, “pisci come un mon calamari. Non è mica normale, sai?”
Appena il veicolo apre il portellone la recluta si fionda giù come un razzo e sparisce nella boscaglia. Siccome è timido suppongo che si addentrerà un bel po’. Speriamo che non si perda, sarebbe una gran rottura di palle andarlo a cercare con questo caldo.
Passa una decina di minuti abbondante. Sta a vedere che l’idiota si è perso davvero. Gli altri, nel frattempo, ignari della tragedia che si sta consumando si dedicano ad attività varie. Fjo’ona si depila le sopracciglia.
Io guardo Rani che si stringe nelle spalle e scuote la testa.
Che sia il caso di andare a vedere dove è finito?” azzardo.
Molto pericoloso. Qui bantha selvatici!”
Cazzo! E me lo dici adesso?”
In quel momento balza fuori dalla boscaglia ululando il nostro soldato. Rumore di rami spezzati e barriti tremendi non lasciano dubbi sulla natura dell’incontro ravvicinato che deve aver fatto mentre mingeva.
Uno dei sullustiani apre il portellone e Wolfen arriva di corsa bruciando ogni record galattico dei cento metri piani. Dietro di lui ci sono almeno quattro bantha che corrono pancia a terra con tutte le intenzioni di caricarci.
Fjo’ona strilla e lascia cadere le pinzette, il wookiee latra e tutti gli altri si agitano variamente. Solo Hyaskon permane nel suo stato di coma farmacologico. Io agguanto Wolfen e lo tiro su, poi partiamo a tutta manetta, con i bestioni che ci tengono dietro mugghiando a testa bassa.
Dei bantha selvatici!” grida Waxen tutto contento. Poi, rivolto a Felsen: “Attendente, il mio fucile di precisione! Voglio mettere la testa di quel grosso maschio sul camino del circolo ufficiali!”
Mentre il soldato si guarda intorno irresoluto, il colonnello si rivolge a me: “Un magnifico safari, giovane capitano. Veramente emozionante! Mi ricorda le battute di caccia al nexu su Tatooine. No… è impossibile, i nexu non stanno su Tatooine. Allora forse era Thai. Be’, mi verrà in mente prima o poi. Comunque eravamo io e il maggiore… il maggiore… non ricordo. So solo che era un eccezionale cacciatore…”
Il racconto si perde nel nulla così come i bantha feroci, che rimangono a barrire all’orizzonte.
Wolfen è ancora nella posizione in cui l’abbiamo buttato quando l’abbiamo issato a bordo di peso e sta ansimando con gli occhi pallati. Ci vorrebbe qualcosa di forte da fargli bere. Lo faccio mettere seduto e gli chiedo: “Come va, soldato?”
“…Bantha…” mormora dopo una decina di secondi di latenza.
Sì, ho capito che c’erano i bantha,” rispondo soavemente, “ma tu stai bene? Sei ferito?”
“…Bantha…”
Cazzo, sta a vedere che gli è venuto il blocco psicologico e da ora in poi dirà solo bantha per tutta la durata della missione.
Poiché mi sembra un caso di emergenza, strappo Hyaskon ai suoi paradisi artificiali e gli chiedo di visitare la recluta traumatizzata.
Il capitano medico studia accuratamente il soldato, lo osserva, lo palpa, lo ausculta, lo percuote, ne valuta i parametri vitali, gli prova la pressione e infine dice: “Già, certo. Un caso tipico.”
È grave?”
Disturbo post traumatico da stress. Normalmente sono necessarie diverse sedute di psicoterapia ad indirizzo espressivo associate ad una terapia farmacologica ansiolitica ed antidepressiva.”
E come facciamo a curarlo in missione?” gli chiedo preoccupato.
Oh, non è un problema. Useremo un sistema empirico ma efficace.” E molla al soldato due sberle talmente potenti che per poco non lo spedisce per terra a gambe all’aria.
Ti senti meglio, ragazzo?” gli chiede poi premurosamente.
“…Bantha…”
Altre due sberle.
E ora come va, figliolo?”
Mi gira la testa…” mormora Wolfen un po’ stranito.
Fatti una dormita.” Poi, rivolto a me, aggiunge: “Ha visto? È guarito. I vecchi sistemi sono sempre i più efficaci. Torno a dormire, mi chiami se avesse ancora bisogno di me.”
Poco dopo ci fermiamo in una piccola radura. Rani mi spiega che se vogliamo avere qualche probabilità di arrivare ai piedi di Sigiriya senza che ci vedano da dieci chilometri di distanza dobbiamo rimanere il più possibile nascosti nel fitto della giungla.
Faccio parcheggiare lo sprinter in mezzo a delle frasche.
Waxen scende col consueto balzello ginnico e mi chiede: “Che si fa, giovane capitano? Perché siamo di nuovo fermi?”
Dobbiamo avvicinarci al monolite di Sigiriya a piedi, signore.”
E perché mai facciamo questa escursione al monolite? Abbiamo forse tutto questo tempo da perdere? Noi siamo in missione, giovanotto, non in vacanza!”
Signore, è questo l’obiettivo della missione,” sospiro.
Non faccia il furbo con me, figliolo! So perfettamente che siamo qui su Chitwan per compiere una delicata missione diplomatica.”
Il solito problema: come glielo spiego che questo pianeta non è Chitwan e che non dobbiamo compiere una missione diplomatica?
Idea. “Colonnello, un gruppo di ribelli asserragliato su quel monolite terrorizza la popolazione locale. Pensavo che sarebbe stato un gesto degno del suo leggendario coraggio stanarli e restituire la tranquillità agli indigeni.”
Waxen mi fissa diffidente lisciandosi i baffi, mi sa che stavolta l’ho sparata troppo grossa.
Dei ribelli, ha detto?”
Signorsì. Ma del resto, capisco che sia quanto meno avventato attaccarli con le forze di cui disponiamo. Probabilmente i più capiranno che la sua non è codardia ma razionalità.”
Capitano, le proibisco di fare queste insinuazioni!”
Non sto insinuando nulla, signore. Certo che immagino già quello che diranno quando rientreremo alla base: aveva la possibilità di attaccare e sgominare dei terroristi ribelli e non l’ha fatto. Sa com’è la gente…”
Waxen mi fissa paonazzo per l’ira.
Ma sicuramente i veri strateghi capiranno la sua scelta tattica. Peccato per tutti gli altri, che la chiameranno Waxen il Codardo fino alla fine dei suoi giorni…”
Basta!” grida il colonnello, “Ora andremo a conquistare quel monolite! E poi vedremo se oseranno ancora chiamarmi codardo!” si calca il berretto sulla fronte si incammina risolutamente lungo un sentiero nella boscaglia.
Gli spedisco dietro dapprima la guida indigena e poi tutti gli altri, chiude la fila Fjo’ona, piagnucolante e traballante su un paio di sabot pitonati.
Avanziamo nella giungla, con il sole a picco e un caldo soffocante. Io sto cercando di elaborare un piano che mi permetta di interagire con Kurtz senza questa zavorra di cretini a mano. Non che io sia molto meglio, ma almeno se riesco a lasciarli da qualche parte dovrò preoccuparmi solo di me stesso.
Sto ancora elaborando intensamente quando arriva Waxen e fa: “Ebbene, figliolo, siamo pronti per un rapido colpo di mano? Propongo di sfruttare la copertura della vegetazione e sorprendere i lestofanti quando meno se lo aspettano!”
Signore, forse sarebbe meglio lasciare al sicuro almeno i civili,” azzardo sperando di togliermi dalle palle almeno la Du Bal, Fjo’ona e lo wookiee.
Neppure per sogno!” risponde il colonnello, “qui nessun posto è sicuro, giovane e sventato capitano! I civili vengono con noi, lei è responsabile della loro incolumità!”
Proferisco un paio di sentite imprecazioni, che mi valgono immediatamente un’aspra reprimenda da parte del mio attempato superiore.
Veers! Ci sono delle signore presenti!”
È proprio per questo che impreco, colonnello. Non stiamo andando a fare una scampagnata.”
Attimo di smarrimento da senescenza sinaptica.
Ah no? Ma questa non è l’escursione culturale Antiche Pietre e Civiltà Sepolte? Che altro dovremmo andare a fare fin lassù?”
Sospiro affranto e dico: “Ci sono i ribelli lassù, signore.”
I ribelli? Impossibile.” E parte con passo spedito. La Du Bal lo segue rivolgendomi uno sguardo sdegnoso, Fjo’ona non ha capito bene cosa sta succedendo ma si incammina a sua volta scortata dall’enorme massa pelosa di Lothar.
Io controllo che il mio DL-44 sia carico, non sarebbe la prima volta che mi dimentico i caricatori di riserva da qualche parte e poi mi trovo senza munizioni in momenti altamente critici. Già che ci sono do un’occhiata anche ai blaster E-11 dei tre imbranati, soprattutto a quello di Felsen, che è stato recentemente rimesso insieme da un cameriere wookiee.
Anche Hyaskon ha con sé qualcosa che somiglia a un blaster, un oggettino leggero di piccolo calibro. Lo tiene in mano con la disinvoltura di un ewok analfabeta che si appresta a calcolare delle coordinate iperspaziali.
Piuttosto diffidente gli chiedo: “Doc, lo sa usare quel coso?”
Be’, io… non dovrebbe essere particolarmente difficile, direi…”
Lasci perdere i congiuntivi e i condizionali. Lo sa usare o no?”
No.”
Gli do due dritte, giusto per evitare che mi spari nel culo in un momento critico, poi proseguiamo dietro agli altri. Rani ci accompagna con la consueta aria pacifica, sembra che l’eventualità di un incontro ravvicinato col pazzo omicida non lo emozioni più di tanto.
Abbiamo un piano, Veers?” mi chiede il capitano medico mentre ci facciamo strada faticosamente tra la vegetazione.
Andiamo là e lo prendiamo. Non so ancora come, ma qualcosa mi inventerò.”
Non ce la faremo mai.” Asserisce categorico l’altro. Poi, dopo una pausa meditativa, soggiunge: “per fortuna mi sono portato dietro il mio cocktail farmacologico per la morte istantanea, così almeno non sarò seviziato per giorni e giorni. Ce l’ho anche per lei, se vuole.”
Sono commosso da una tale premura,” rispondo toccandomi al solito parti anatomiche irriferibili.
Dopo un po’ arriviamo ad uno spazio aperto con pochi alberi e grandi vasche rettangolari di mattoni.
Questi essere Giardini dell’Acqua Splendente,” ci spiega Rani, “un tempo molta acqua, ma ora abbandonati.”
C’è un silenzio innaturale e in lontananza si vedono delle strane forme scure che si stagliano sotto il sole. “Che piante sono quelle là in fondo, Rani?” chiedo incuriosito.
Non sono piante,” risponde Hyaskon dopo averle osservate col binocolo, “sono cadaveri di sullustiani impalati.”
Lancio una fugace occhiata alla roccia di Sigiriya, che ora ci domina con tutta la sua mole, e dico: “Facciamo presto, qui siamo allo scoperto.”
Attraversiamo velocemente i giardini, disseminati di carogne rinsecchite di animali vari e pezzi di cadaveri umani e sullustiani. Nessuno apre bocca, sembra che lo spettacolo abbia fatto ammutolire anche Waxen.
Sorprendiamo il wookiee mentre cerca di appropriarsi di una coscia di eopie semiputrefatta.
Che schifo, butta via quella roba!” gli dico, “Possibile che devi sempre pensare con lo stomaco?”
Mi risponde con un bramito.
Le tre reclute si stringono l’una all’altra come dewback infreddoliti.
Fjo’ona è impallidita per l’orrore divenendo azzurrino chiaro tendente al livido, ha la pelle d’oca persino ai lekku.
La professoressa avanza sussiegosa con un fazzolettino premuto sulla bocca. “Davvero di cattivo gusto portarci qui,” mi dice acida, “ma da lei non potevo certo aspettarmi altro.” E si allontana a culo dritto distanziandomi di alcuni metri. Comincio a pregare che lassù ci sia almeno un cecchino che si occupi di lei.
Giungiamo infine ad una spaccatura tra due grandi rocce larga abbastanza da farci passare in fila jawas.
Questa essere Entrata del Bantha,” spiega Rani, “passare di qui se volere salire. Ora cominciare scale.”
Ci fermiamo un attimo per riprendere fiato, il sole picchia e l’aria è umida e soffocante. Per fortuna ogni tanto c’è un po’ di vento, altrimenti suderemmo come tusken. Il capitano medico si assicura che beviamo a sufficienza. Vuole per forza controllare che io abbia scorte di acqua, benché io gli ripeta che non ho la benché minima intenzione di lavarmi in una situazione così impegnativa.
Cominciamo a macinare rampe e rampe di scale scavate direttamente nella roccia.
Mentre andiamo, Hyaskon mi raggiunge e chiede: “Capitano, quando abbiamo attraversato quella specie di giardino ha osservato i corpi?”
Meno possibile, in verità. Erano piuttosto schifosi.”
Io invece sì.”
Necrofilo.”
Questo non è il momento di pensare a divertirsi. Volevo solo segnalarle che quei corpi sono lì da parecchio tempo. Secondo me Kurtz è andato da qualche altra parte. Oppure gli piacciono le carcasse ben frollate.”
Hyaskon, che schifo!”
Continuiamo a camminare. Frattanto rifletto sulle parole del capitano medico e penso due cose: la prima è che non voglio sapere come trascorre il tempo libero, la seconda è che probabilmente ha ragione e Kurtz se n’è andato da Sigiriya. Non posso negare che questa eventualità mi procuri un certo sollievo. Mi scoccerebbe parecchio ingoiare la famosa morte istantanea di Hyaskon, non ho ancora esaurito le attrattive di questa vita.
Così ragionando arriviamo alla fine delle scale, ora comincia una specie di corridoio delimitato da pareti alte e lisce. Rani mi spiega che si tratta del Muro degli Specchi. In effetti, l’intonaco è talmente lucido che riflette le nostre immagini. “Usavano questo per vedere nemici,” ci racconta, “corridoio molte curve, loro dietro curve ma vedere nemici che arrivare!”
Che cosa simpatica,” rispondo, aspettandomi un colpo di mannaia ad ogni giravolta del tortuoso percorso.
Da lì passiamo direttamente alle Scale del Terrore. In realtà non hanno nome, ma sono due scale a chiocciola di ferro a strapiombo su un baratro di quattrocento metri, e l’appellativo mi sembra appropriato. Tutt’intorno c’è una reticella che dovrebbe impedire eventuali cadute, ma mi dà lo stesso affidamento di un droide riparato da un jawas.
Rivolto in particolare alle reclute, severamente dico: “Ragazzi, non fate scherzi del cazzo! Che nessuno mi tiri fuori che soffre di vertigini, abbiamo già abbastanza casini da risolvere senza metterci di mezzo anche le fobie!”
Io lì sopra non ci salgo!” proclama la Du Bal, con un tono a metà tra il categorico e il provocatorio.
Non aspettavo altro. “D’accordo, prof. Ci attenda pure qui.”
Pur di non darmi soddisfazione, la docente si fa forza e si inerpica sulla traballante scaletta. Praticamente striscia lungo i gradini come un lumacone di Degobah evitando accuratamente di guardare in basso, ma sale.
Tutti gli altri, con più o meno disinvoltura, la seguono.
Arriviamo a uno spiazzo piuttosto largo. Anche qui, carogne a man bassa, patiboli, graticole, catene e tutta una serie di strumenti di tortura talmente complessi che a volte non riusciamo neppure a capirne il funzionamento. Deglutisco a vuoto e mi guardo intorno preoccupato. Se per disgrazia questa rocca non è abbandonata stiamo per fare un corso accelerato di tortura applicata. No, non accelerato, mi correggo: di estenuante lentezza.
Waxen da un’occhiata in giro e perplesso dice: “Ma che razza di posto è questo, giovane capitano? Si direbbe un covo di ribelli!”
Infatti è così, signor colonnello,” rispondo, felice che almeno abbia di nuovo in mente cosa stiamo andando a fare.
Vuol forse dire che quei maledetti hanno preso possesso di un insediamento archeologico del tour Antiche Pietre e Civiltà Sepolte? Lestofanti!”
Ci rinuncio e gli do ragione. Non posso gestirmi due menti bacate alla volta, ne ho già abbastanza di Kurtz.
Hyaskon passeggia imperturbabile tra i corpi smembrati; talvolta si china per osservarne qualcuno più da vicino. Spero solo che stia procedendo a rilevamenti scientifici e non ad appagamento di libidini inconfessabili.
Le mie feroci truppe, Lawrence, Wolfen e Felsen, si aggirano tremanti e color verde pallido. Credo che Felsen, il più delicato dei tre, abbia già vomitato anche quello che aveva mangiato tre anni fa. Agguanto al volo Wolfen che sta per collassare su un cadavere semidecomposto con grande assortimento di budella in bella mostra. Lawrence piange sommessamente e dice che vuole la sua mamma. Lo affido a Fjo’ona, così almeno si consolano a vicenda.
Lothar mugola come un cucciolo di rangkor rimasto orfano.
Dopo aver attraversato lo spiazzo ci troviamo ai piedi dell’ultima parete di roccia. Le scale per arrivare in cima passano tra due enormi zampe di pietra, uniche vestigia di quella che anticamente doveva essere una statua immensa. Rani ci spiega che si tratta della Porta del Nexu e ci raccomanda di stare attenti nel salire, perché le scale sono strette e traballanti e tira un vento che non si sta dritti. Ci rende inoltre noto che lui non ha la più lontana e vaga intenzione di accompagnarci su e si siede all’ombra. La Du Bal e Fjo’ona gli tengono immediatamente compagnia.
Guardo in alto. O Kurtz ci sta aspettando sornione da qualche parte, o qui davvero non c’è più nessuno. È vero che è pazzo, per cui si comporta per definizione in maniera imprevedibile, ma comincio a pensare che ormai avrebbe già dovuto dare segno di sé.
Decido di andare a vedere cosa c’è in cima alla roccia di Sigiriya. Devo fare una cosa tattica però, perché il gruppo è un mix micidiale di imbranati e rompicoglioni, quindi se lo lascio seduto all’ombra assieme a Rani è meglio.
Però francamente non sono tranquillissimo all’idea di salire completamente da solo. In fin dei conti, potrei aver bisogno di aiuto. Faccio un rapido esame delle risorse umane e aliene disponibili: Waxen è fuori come un balcone, per cui è meglio se resta dov’è; la Du Bal non mi sarebbe di alcun aiuto, potrei portarmela su unicamente per tentare di buttarla giù; Fjo’ona, in miniabito di lamé e sabot pitonati, avrebbe una caviglia rotta già alla prima rampa di scale e dei miei tre soldati il più eroico sta dicendo che vuole la mamma. Rimangono un wookiee uggiolante e il capitano medico, cupo, pessimista e in odore di necrofilia.
Come se stessi dicendo la cosa più ovvia e normale del mondo, dico a Waxen: “Signore, vado a controllare cosa c’è in alto. Lei non si disturbi, stia pure seduto all’ombra. Porterò Il capitano Hyaskon e Lothar con me.”
Interrotto nel bel mezzo di un aneddoto di guerra, il colonnello mi fa un cenno di assenso con la mano e poi non mi presta più attenzione.
Seguito dagli altri due, attacco i traballanti gradini. Come aveva detto Rani, tira un vento bastardo e le scale sono fatiscenti e malferme. Siccome sono di ferro traforato abbiamo anche una magnifica visione dello spiazzo da cui siamo partiti che man mano diventa sempre più piccolo.
Do un’occhiata verso il basso: il primo che mette un piede in fallo diventa una polpetta. Una polpetta pelosa, casomai si trattasse di Lothar. Mormoro fra me e me alcune sentite imprecazioni e valuto quanto sarà bello quando dovremo scendere.
Arriviamo in cima dopo una salita improba e ci sediamo in un posto al coperto per riprendere fiato. Si ode solo il sibilo del vento, per il resto c’è un silenzio opprimente. Non una sola forma di vita in giro.
Ne approfitto per guardarmi intorno: ci troviamo su una superficie grande più o meno come una piazzola d’atterraggio per navi di medie dimensioni. Lo spazio disponibile è occupato per tre quarti da un grande edificio. Un palazzo, o un tempio, a giudicare dall’aspetto monumentale e dagli ornamenti. Non so di che epoca sia, ma dev’essere molto antico. L’impatto è piuttosto spaventoso, ha un’aria tetra e decisamente poco accogliente.
Ci guardiamo irresoluti. Nessuno di noi ha una voglia prepotente di andare a scoprire se il comandante Kurtz è in casa oppure no.
Mi viene in mente (meglio tardi che mai) che nel mio equipaggiamento personale ho anche un rilevatore di movimento e lo tiro fuori. Non che questi oggetti siano affidabilissimi – una volta il display mi dava ‘dewback che pascola’ e mi sono trovato davanti dieci hutt che stavano facendo un’orgia in una radura – comunque lo attivo e lo punto verso l’edificio.
L’apparecchio rimane silente.
È sicuro che quel coso funzioni?” mi chiede Hyaskon dubbioso.
No. Da quando ce li hanno dati in dotazione non ne ho mai visto uno dare una lettura corretta. Però generalmente il movimento lo rilevano. Questo adesso non sta leggendo nulla, neppure una miserabile scimmia-lucertola.”
Provi con gli infrarossi.”
Niente. Se c’è qualcosa è immobile e freddo.”
Sul volto cupo di Hyaskon aleggia un inquietante sorriso.
Potrebbe essere anche un trandoshan in agguato,” aggiungo, tanto per moderare il suo necrofilico entusiasmo, “i rettili hanno il sangue freddo e possono stare perfettamente immobili.”
Già, peccato. Che dice il rilevatore di energia bioelettrica?”
Zero anche quello. Niente forme di vita qui in giro, a quanto pare.”
Saliamo la scalinata del palazzo.
I muri sono molto grossi,” osserva il capitano medico, “magari è per questo che il suo strumento non ha dato letture positive.”
Cazzo, non ci avevo pensato,” rispondo, “quindi lì dentro potrebbe anche esserci Kurtz con tutta la sua ghenga che magari non ci ha sentiti arrivare perché stava facendo la riunione di staff settimanale?”
Non è escluso,” dice Hyaskon. Poi, dopo una pausa, aggiunge: “Ah, volevo darle questo.” E mi porge una fiala con dentro un liquido incolore.
Cos’è?”
Morte Istantanea. Stia attento che non le si apra in tasca, agisce anche per contatto con la cute.”
Che bel pensiero…” rispondo un po’ preoccupato.
Entriamo lentamente in un salone semibuio. Per terra ci sono alcuni oggetti alla rinfusa commisti come al solito a parti anatomiche variamente mummificate. Sul tutto c’è uno strato di polvere e ragnatele.
Deglutisco a vuoto. La sensazione che sto provando è terribile. Una paura fottuta, tanto per cominciare, ma anche orrore, disgusto e una voglia prepotente di girare il culo e fuggire a gambe levate da questo luogo spettrale.
Tiro fuori il blaster e tolgo la sicura. Le mani mi tremano che è una bellezza.
Il wookiee emette un grugnito che nella sua lingua significa più o meno “che schifo di posto”.
Procediamo con cautela addentrandoci nel palazzo deserto. Dappertutto segni di riti tribali e cruenti, simboli esoterici tracciati sui muri col sangue, idoli mostruosi, feticci di organi umani.
Arriviamo infine in una stanza senza finestre. Facendo luce con la torcia vedo una specie di altare dal quale pendono ancora dei drappi di stoffa mezzi strappati. Sopra c’è un trono di pietra. Lungo le pareti ci sono sostegni per le fiaccole e al soffitto sono appese gabbie di ferro con dentro delle ossa.
Faccio un passo nella stanza. Si ode all’improvviso una risata spettrale e una figura imponente si materializza sul trono. Io lancio un grido, cerco di indietreggiare, inciampo su Hyaskon, cado travolgendolo, mi sfugge la torcia che rotola via spegnendosi e vuoto mezzo caricatore sull’apparizione. Rimango poi immobile al buio, ansimante, in fibrillazione parossistica, completamente terrorizzato. Alzo gli occhi e vedo la figura sempre immobile sul trono. Concludo che ho una mira di merda e mi dispongo tremante ad aspettare le reazioni dell’individuo misterioso.
Ma ancora non succede nulla. Allora mi alzo lentamente in piedi e osservo meglio la figura. “È un ologramma,” mormoro, “ho rischiato di morire d’infarto per un ologramma.”
Recupero la torcia e ci avviciniamo incuriositi. Si tratta di un uomo corpulento e calvo, di mezza età. È seduto a testa china, praticamente ripiegato su sé stesso. L’immagine è molto scura, per cui i lineamenti quasi non si vedono. Si nota solo il bagliore di occhi grifagni dallo sguardo penetrante.
È Kurtz,” dico agli altri, “ha voluto lasciare un messaggio prima di sparire.”
La figura comincia a parlare lentamente, la sua voce è bassa e roca, fa venire i brividi. Solennemente, dice: “Non ci sono più le mezze stagioni. La gente va tutta di fretta.”
Pausa.
Corrono, corrono, corrono. Ma dove vanno?”
Altra pausa. Noi ascoltiamo piuttosto basiti.
Kurtz riprende: “Si stava meglio quando si stava peggio. Non avevamo niente però avevamo tutto.”
Pausa.
E la gente cantava sempre. Adesso invece non canta più nessuno.”
Lunga pausa.
Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno.”
Ci guardiamo negli occhi piuttosto perplessi. Non riusciamo dare un senso a queste frasi esoteriche.
Con un guizzo, l’ologramma di Kurtz si raddrizza e ci mostra un pugno talmente stretto che le nocche sono bianche. A voce più alta, prosegue: “Rimpiango un mondo adulto!”
Pausa. Gli si gonfiano le giugulari.
Io sono il Supremo Censore! Io sono l’Aurek e il Besh! Io sono il Prescelto che porterà ordine nella galassia!”
Un tipico caso di delirio mistico-megalomanico,” interviene Hyaskon.
Ma il Grande Nemico mi osserva,” riprende Kurtz dardeggiando occhiate diffidenti,”il Grande Maestro degli Inganni che vuole rubarmi i pensieri. E tu… tu cosa stai facendo? Tu hai l’Occhio, mi stai rubando l’anima, maledetto! Ma non ci riuscirai, ti ucciderò prima che tu possa entrarmi nel cervello con la tua sonda mentale!”
Estrae un blaster e spara. Si sente un grido, l’immagine scompare.
Cazzo, ha abbattuto quello che lo stava riprendendo con l’olocamera,” constato con una certa preoccupazione.
Lothar emette un brontolio.
Hai ragione, è proprio suonato,” gli rispondo.
Usciamo dal palazzo e ci disponiamo a raggiungere il resto del gruppo.
Io sono piuttosto pensieroso. È vero che mi sono risparmiato la degustazione di Morte Istantanea, ma siamo punto e da capo, il problema è solo rinviato.
Kurtz non c’è, possiamo rientrare alla base,” dice Hyaskon con espressione meno cupa del solito.
Col cazzo. La missione è trovare Kurtz, non trovare delle scuse. Non si rientra finché non l’abbiamo beccato, quindi è opportuno che ci spremiamo le meningi per cercare di scoprire dov’è andato.”
Lei è davvero zelante, Veers.”
Negativo. Ho il senso del dovere di una dianoga in calore, ma so perfettamente che i miei superiori non si accontenteranno di un ologramma. Vogliono Kurtz o dei motivi plausibili per cui non glielo posso portare. E siccome non ho voglia di passare la vita su Sullust, prima lo troviamo e meglio è.”
Scendiamo imprecando per via delle scale squinternate, raccogliamo gli altri e torniamo al nostro veicolo.
Saliamo sullo sprinter. Mi lascio cadere su un sedile: sono distrutto. L’apparizione di quel fottuto ologramma deve avermi tolto cinque anni di vita.
Ho approfittato del tragitto a piedi per conferire con Rani. Sembra che l’unico posto dove possiamo riuscire a sapere qualcosa di Kurtz sia una città che si chiama Kandy situata ad alcune ore da qui. Lungo la strada troveremo una base imperiale che si chiama Dambulla dove potremo fare tappa per risposarci.
Ci mettiamo in movimento, nessuno ha voglia di rimanere a Sigiriya un secondo di più del necessario: io ho già dato, la Du Bal è ancora convinta che l’abbia portata qui per farle un dispetto, Fjo’ona ha appena finito di singhiozzare in un lungo pianto liberatorio e siccome ha tutto il mascara sciolto sembra che abbia preso dei pugni negli occhi; le reclute probabilmente riporteranno danni permanenti al loro delicato equilibrio psichico, Waxen vuole scrivere una lettera al ministero dei Beni Culturali di Sullust per segnalare lo stato di incuria nel quale si trova il sito archeologico di Sigiriya e Lothar mugola. L’unico che si volta verso la rocca con una vaga nostalgia è quel pervertito di Hyaskon.

Mi sveglio quando lo sprinter rallenta e si ferma davanti al cancello di Dambulla. Devo essermi addormentato subito dopo la partenza. Ho fatto un incubo orrendo: ho sognato che Kurtz mi arrostiva a fuoco lento.
Nel riprendere i contatti con la realtà, che dopo tale prestazione onirica mi sembra bellissima e rassicurante, mi accorgo di essere sudato fradicio. Constato che ho addosso una coperta.
“…Ma cosa…?”
Sono stata io,” dice la twi’lek tutta soddisfatta, “ho visto che dormivi e non volevo che prendessi freddo!”
Ma Fjo’ona, qui dentro ci saranno trentacinque gradi.”
Uffa! Mi critichi sempre!” e fa il broncio.
Hyaskon si avvicina e con un ghigno inquietante mi fa: “Dormiva proprio bene, capitano. Sembrava morto. Però adesso sarà meglio che scenda, perché il colonnello sta già andando a parlare con il comandante della base.”
Sento un brivido corrermi lungo la spina dorsale. “Grazie, Doc,” rispondo alzandomi in fretta. Vorrei sbagliarmi, ma lo sguardo del mio collega mi sembrava diretto verso la mia giugulare.
Balzo giù dal veicolo all’inseguimento di Waxen, riuscendo a catturarlo prima che possa interagire con altri militari imperiali.
Ci penso io, signore. Non si disturbi,” gli dico.
Grazie, Maximilian, lei è veramente gentile!”
E dai con Maximilian. Se zio Max viene a sapere che c’è qualcuno nella galassia convinto che io sia lui si evira per la disperazione.
Il comandante della base, tale maggiore Powell, è un personaggio piuttosto anonimo, decisamente poco amichevole, che per prima cosa mi chiede se abbiamo compilato il modulo AS-73/bis per l’accesso alla base.
Non è la prima cosa che chiederei a chi è uscito incolume da uno dei covi di Kurtz,” gli rispondo infastidito.
Ha ragione, le priorità vanno rispettate. Ha applicato la procedura di disinfezione sulla base di quanto stabilito nel manuale dei regolamenti alla voce Allontanamento da luogo a probabile contaminazione batteriologica?”
Negativo.”
Allora non posso autorizzare l’accesso. Inoltre, noto che ha con sé degli NHA, Non Human Aliens. Devo vedere il certificato di compatibilità con la specie umana.”
Ma sono un wookiee e una twi’lek,” rispondo con un certo crescente fastidio, “le twi’lek ce le scopiamo a man bassa nei bordelli per le forze armate, vuole che non siano compatibili?”
Quello che lei si scopa, capitano, non mi riguarda. Io devo vedere un certificato di compatibilità con la specie umana, altrimenti non posso autorizzare l’ingresso,” risponde l’altro con imperturbabile caparbietà.
Faccio un tentativo: “Ma non può chiudere un occhio?”
Il maggiore Powell comincia a snocciolare una litania di procedure, ed è a questo punto che mi viene un’idea assolutamente diabolica. “Signor colonnello,” chiamo, “sembra che ci siano alcuni problemi. Potrebbe venire lei a parlare col signor maggiore?”
E adesso beccati il vecchio rincoglionito, penso, così vediamo se riuscirai a farti dare da lui il fottuto modulo AS-73/bis, bastardo.
Torno allo sprinter.
Che succede, non entriamo?” chiede Fjo’ona, “io ho la pipì…”
Tra un quarto d’ora, tesoro. Powell non riuscirà a resistere di più.”
Dopo tredici minuti, vediamo Waxen che ci fa cenno di avanzare. La mezza sega ha tenuto meno del previsto. Gli passiamo accanto mentre il colonnello gli sta raccontando di un incidente di caccia verificatosi sulla luna di Than-Zan. Il perché gli stia raccontando proprio quell’episodio è un mistero che a quanto pare neppure Hyaskon, con la sua profonda conoscenza del cervello sia sano che patologico, è in grado di svelare.
Passiamo accanto ai due con grande disinvoltura. Lo sguardo di Powell rimane vacuo e perso all’infinito anche quando lo saluto con la mano.
Ci riposiamo per un po’, ci sgranchiamo le gambe e mangiamo un po’ di frutta da anoressiche. Speravo che la mania delle procedure di Powell fosse giunta fino a farsi assegnare un cuoco umano, ma ciò non si è verificato e anche qui purtroppo c’è un cuoco indigeno. Nessuno di noi ha voglia di porcate locali.
Poco dopo, piuttosto insoddisfatti ma comunque appagati nelle necessità vitali, ripartiamo alla volta di Kandy. Uscendo recuperiamo il colonnello, che sta ancora parlando con Powell. Mi chiedo se il maggiore riuscirà a riprendersi dopo questa devastante esperienza.
Sempre piuttosto stanchi, maciniamo le ultime ore di strada. Il gruppo dorme variamente sbragato sui sedili.
Giungiamo infine alla nostra destinazione. Dopo alcuni giorni di giungla fa una certa impressione trovarsi in mezzo a case, negozi e migliaia di sullustiani indaffarati.
Attraversiamo il caos vociante della città ed arriviamo poi ad una zona residenziale, situata su una collina che domina tutta la zona. Qui c’è la caserma della Guarnigione Imperiale di Kandy, ricavata da un vecchio palazzo coloniale e relativo parco.
Faccio parcheggiare lo sprinter e scendiamo. Fjo’ona si aggira con aria svagata e anche un po’ ebete; le tre reclute si guardano intorno stranite; Lothar bramisce stirandosi ed emettendo sonori peti come è usanza della sua specie dopo una lunga e forzata immobilità; la professoressa, che si trova del tutto accidentalmente sulla traiettoria dello sfintere wookiano, fa un aerosol alla merda che le fa venire i sudori freddi; il lugubre Hyaskon osserva cupo la villa e dice: “Non ci apriranno mai. Ci conviene cercare un alloggio in città.”
Doc, so di soldati imperiali che sono entrati nei mercati di Kandy interi e ne sono usciti a dadini come pastura per dianoghe, secondo me è meglio che in questo posto evitiamo i contatti con gli indigeni.”
Mentre mi sto intrattenendo con il capitano medico, Waxen si dirige risoluto verso l’entrata del parco. Gli sbarrano la strada due ceffi che farebbero accapponare la pelle a un rodiano: brutti, grossi e tatuati, con addosso un’approssimativa uniforme imperiale e un assortimento di armi fuori ordinanza.
Il colonnello li saluta militarmente e prosegue imperterrito.
Per qualche secondo i due rimangono completamente basiti, poi si riscuotono e si lanciano all’inseguimento con tutte le intenzioni di fare della pelle di Waxen un paralume per il circolo sottufficiali.
Si parano nuovamente davanti all’attempato ufficiale, questa volta con i blaster in mano. L’altro li guarda, osserva le armi e fa: “Apprezzo l’idea di formare un picchetto d’onore, in fin dei conti sono un ufficiale superiore, ma devo purtroppo constatare che i vostri blaster sono in uno stato di trascuratezza che non esiterei a definire del tutto inopportuno per dei militari imperiali. Mi duole informarvi che dovrò fare rapporto al vostro superiore diretto.”
Le guardie, due orrendi tagliagole reclutati con ogni probabilità in una bettola di Mos Eisley, si fissano l’un l’altra senza capacitarsi di ciò che sta accadendo. In effetti, sono abituati ad incutere terrore con la loro sola presenza.
Prima che nei loro torpidi cervelli da picchiatori si faccia strada l’idea di porre fine all’inusitato episodio stendendo Waxen con un colpo di blaster, mi intrometto dicendo: “Capisco la vostra legittima diffidenza, forse il signor colonnello ha dimenticato di spiegare il motivo della nostra presenza qui: siamo in missione con obiettivo a priorità uno.”
Veramente, non è che sia proprio una priorità uno, ma la pubblicità è l’anima del commercio.
E sarebbe?” chiede il più sveglio dei due.
Ovviamente possiamo rivelare certe cose solo al comandante della base, soldato.”
Il comandante sta lavorando, non può essere disturbato.”
Che combinazione, anche noi stiamo lavorando.”
Attimo di silenziosa tensione.
Come li tenete lontani i bog-wing da queste parti?” interviene Waxen molleggiandosi sulle ginocchia con le mani a brocca sui fianchi.
I bog-wing?” chiede basito lo sgherro che non sta parlando con me.
Bestiacce malefiche! Ricordo che quando eravamo di stanza su Weligama ce n’erano a migliaia. Quelle dannate bestie si infilavano nelle prese d’aria dei reattori e creavano un sacco di problemi. Il tenente Saxon, un ottimo ufficiale in verità, fu costretto a fare un atterraggio fuori campo proprio per colpa di una di quelle bestiacce che si era infilata nell’ugello di scarico della navetta di classe Lambda. Quella navetta del resto era piuttosto sfortunata, bisogna ammetterlo, perché anche qualche mese prima era stata danneggiata durante un passaggio a bassa quota…”
Waxen continua a parlare, le due guardie mi fissano attonite. Vorrebbero chiedere cosa c’entrano i bog-wing, chi è Saxon, di quale navetta stiamo parlando, perché il colonnello sta raccontando tutto questo, ma non riescono a stabilire la priorità delle domande.
Allora, questo comandante?” chiedo ancora una volta.
Forse è meglio che la accompagni, capitano,” dice uno dei due, probabilmente nella vana speranza che il colonnello venga con me.
Lo seguo all’interno della villa, che è molto grande e sfarzosamente arredata. Sono un po’ stupito: generalmente le installazioni imperiali sono molto più sobrie.
Ci fermiamo davanti ad una porta chiusa. Lo sgherro bussa. Da dentro giunge la seguente risposta: “Che cazzo c’è? Ti avevo detto di non disturbarmi!”
Un tipo che dice di far parte di una spedizione importante.”
Che vada affanculo! Sono impegnato!”
Affanculo ci va lei, se non sta attento,” intervengo, “non vorrei dover riferire a Tarkin come lei accoglie i suoi ufficiali.”
Anche qui, la pubblicità è l’anima del commercio.
Attimo di silenzio, poi: “Porca troia! Sempre nei momenti peggiori. E va bene, fallo entrare, Rolf, così sentiamo che cazzo vuole.”
Vengo introdotto in una grande stanza ingombra di mobilio prezioso. Proprio di fronte a me, sbragato su una poltrona dietro ad una monumentale scrivania, c’è un orrendo panzone in canottiera con la barba di due giorni, il pelo sulle spalle e i capelli sudati incollati alla fronte. Affogati nelle occhiaie lardose, i suoi occhietti da gamorreano laido mi scrutano con fastidio.
Sto per presentarmi quando da sotto la scrivania spunta una twi’lek verde che si pulisce la bocca. L’uomo la congeda con una pacca sul culo e si sistema i pantaloni.
Così lei sarebbe uno dei ragazzi di Tarkin,” dice lentamente, con voce strascicata, “quello è troppo teso. Non sa godersi la vita. Non sa sfruttare le occasioni che i territori occupati sanno offrire.”
Io lo fisso in silenzio, ho la sensazione che stiano per arrivare delle rivelazioni interessanti.
Quella cosiddetta strage è stata tutta una montatura,” prosegue infatti il laido ciccione, “i sullustiani sono talmente bastardi che si attaccano a qualsiasi cosa pur di passare per vittime. Ne abbiamo ammazzati una decina, è vero, ma solo per dare un esempio agli altri.”
Faccio passare qualche secondo poi chiedo: “Domando scusa, di cosa stiamo parlando?”
L’altro mi guarda stupito e poi fa: “Ma come, non è qui per…?” si interrompe rendendosi conto dell’errore commesso.
Capitano Veers della flotta imperiale,” mi presento approfittando dell’attimo di smarrimento del mio interlocutore.
Quindi non è della polizia militare?”
Ho paura di no.”
Bah. Dovevo immaginarlo, con quella faccia,” risponde rilassandosi. Si versa da bere, mi passa la bottiglia e dice: “Io sono il maggiore Randall, mando avanti la baracca.”
Molto piacere.”
Alcuni secondi di imbarazzante silenzio, poi l’altro prosegue: “Se non ci si arrabatta un po’, qui la vita è insopportabile. Quei sullustiani bastardi cercano sempre di fregarti, per farli rigare dritto bisogna avere la mano pesante. Ieri sera ne abbiamo ammazzato un gruppo che ci stava rubando del materiale. Figli di puttana. Gli ho sempre detto che quando si fregano qualcosa mi spetta la percentuale! E non la vogliono capire!”
Prego?” chiedo stupito.
La percentuale, cazzo! la fottuta percentuale!” risponde Randall appoggiandosi all’indietro sulla poltrona, “come fanno quelli del bordello di minorenni e quelli del giro di spacca-cervello!”
Mi verso da bere e butto giù una buona bicchierata di alcool.
Con aria compiaciuta, il trippone sudato prosegue: “Questa città è mia. Controllo tutto. Droga, prostituzione, ricettazione, racket degli organi. Non si fa nulla senza che io lo sappia. Hanno paura, quei sullustiani bastardi, perché sanno che chi sgarra… zac! Fa una brutta fine.” E si passa la mano sulla gola a simulare una decapitazione.
Ma non aveva detto che non rigano dritto?” chiedo.
Infatti. Hanno paura, ma non abbastanza. Ogni tanto ne dobbiamo ammazzare qualcuno per dare una lezione agli altri, poi lo facciamo passare per un incidente, oppure per un attentato dei ribelli. Funziona, sa?”
Non ne dubito,” rispondo, pensando alle decine di rapporti di incidente o rappresaglia verso la popolazione dei territori occupati che arrivano giornalmente sulla Morte Nera.
Di fianco a me ci sono due poltroncine. Ne scelgo una e faccio un passo per sedermici sopra.
No, su quella no,” dice Randall precipitosamente. Poi, con un sorrisetto lascivo, spiega: “Io e Bo’ona ci abbiamo fatto dei giochetti. È un po’… ehm… appiccicosa.”
Osservo attentamente l’altra, che però non sembra contaminata. Mi siedo e mi verso di nuovo da bere. Non so cosa sia questa roba, e fra l’altro non voglio neppure saperlo, ma direi che con un po’ di ghiaccio potrebbe quasi essere decente.
Grattandosi pensosamente un’ascella, il mio laido interlocutore mi chiede: “Ma se non è venuto per quella questione dei sullustiani morti, capitano, che ci fa qui a Kandy?”
Gli descrivo brevemente l’obiettivo della mia missione.
Kurtz,” dice pensoso Randall dopo un lungo silenzio, appoggiandosi nuovamente all’indietro e mettendo i piedi su un angolo della scrivania, “Quello sì che era uno svitato. Veramente un brutto soggetto, pazzo e pericoloso. Anche Rolf ne aveva una paura fottuta.”
Rievoco la figura dell’orrendo scherano tatuato e il mio sacro terrore nei confronti del maniaco omicida aumenta ulteriormente.
Quel Kurtz mi ha combinato un bel casino, sa?” riprende il maggiore distogliendomi da ulteriori meditazioni, “Siccome coi giochetti sadomaso ci sapeva fare un bel po’, ci eravamo portati qui la mia twi’lek e una recluta, un bel biondino tenero tenero di quelli che sembrano fatti apposta per essere brutalizzati …” e si lecca le labbra laidamente, con una lingua che farebbe venire un conato di vomito a uno hutt.
Bevo un altro sorso. Randall prosegue: “Insomma, sono uscito giusto un attimo e quando sono tornato li aveva fatti a pezzi, tutti e due. E li aveva mischiati. E quando siamo andati per separarli ne mancavano anche.”
Cazzo, che storia spaventosa,” mormoro francamente inorridito.
Può dirlo forte. In primo luogo, mi sono dovuto comprare un’altra twi’lek. Lei non ha idea dei prezzi che hanno raggiunto. Per quella verde che ha visto prima, Bo’ona, che poi alla fin fine non è quel gran che, mi hanno chiesto una cifra assurda. Stavo quasi per ripensarci e comprarmi una tusken. Sono delle gran gnocche sotto quei paramenti, lo sa?”
Così dicono.”
È la pura verità. Dei gran figoni in guepiére leopardata.” Fa una pausa densa di fantasie erotiche, poi prosegue: “Per non parlare del casino con la recluta. Ha idea dei moduli che ho dovuto compilare e soprattutto di quello che mi sono dovuto inventare per giustificare il fatto che il pezzo più grande fosse lungo dieci centimetri? Finché crepa un sullustiano passi, nessuno ci fa caso più di tanto, ma se per sbaglio ci lascia le penne un soldato imperiale ci massacrano di carte, mi creda.”
E come l’ha risolta?”
Ho le mie conoscenze nei posti giusti.”
Non ne dubitavo,” rispondo convinto. Passa qualche secondo, Randall mi fissa con aria compiaciuta. Io decido che ne ho abbastanza di sentire i suoi intrallazzi e vorrei portare la discussione su un piano più concreto. Dopo un po’ gli dico: “Ma forse è meglio che le spieghi più approfonditamente il motivo della mia presenza qui: Kurtz non è più a Sigiriya e lo stiamo cercando. Mi hanno detto che qui a Kandy possiamo trovare informazioni su di lui. Fino a che non le abbiamo trovate ci fermeremo in questa base.”
L’altro mi lancia un’occhiata che sembra leggere direttamente quanti crediti ho nelle tasche. Mi scruta pensoso e alla fine dice: “Capitano, lei mi è simpatico, ma gli affari sono affari.”
Questa è una base imperiale, lei non si può rifiutare di darci alloggio.”
Certo, ma si può alloggiare molto bene o molto male, se capisce cosa intendo.”
Mi torna in mente l’attività di commercio di organi che il mio interlocutore ha menzionato prima e rispondo: “D’accordo. Cosa vuole?”
Spero che non si accorga della twi’lek, peraltro molto più gnocca di Bo’ona, e dei tre soldatini, teneri e indifesi come cuccioli di ewok. Dovrò organizzarmi per introdurli nella base chiusi dentro a dei sacchi, altrimenti questo schifoso marpione se li fa con tutti i calzoni.
Lei che ha da offrire, capitano?” chiede l’altro con voce lasciva, mentre il suo sguardo si fa torbido come quello di uno hutt in calore.
Gli porgo immediatamente la Imperial Platinum, non vorrei che chiedesse altre cose per me molto più sacre.
Randall osserva la tessera di plastica, poi mi lancia uno sguardo allusivo e dice: “Questa è la carta di credito di Darth Vader. Strano che ce l’abbia lei, dicono che ne sia molto geloso…”
Se non le interessa possiamo anche andare a cercare un albergo in centro.”
Non sia ridicolo, finireste fatti a tocchi e sareste venduti al mercato come pastura per dianoghe in meno di ventiquattro ore.”
Sto cominciando a perdere la pazienza, questo marpione laido e sudato ha già ampiamente esaurito il suo bonus. “Senta, se non le va bene me la restituisca, ma tenga presente che non ho intenzione di proporle altro, spero di essermi spiegato.”
Lunga pausa carica di tensione, poi il maggiore risponde: “D’accordo. Sono diecimila crediti. Poi mi spiegherà anche come mai ha lei la carta di credito di Vader.”
Non sono fatti che la riguardano.”
Vorrà dire che me lo farò raccontare direttamente da Darth.”
Lo spudorato bluff mi lascia freddo come un culo di wampa.
Lei gioca a sabacc, maggiore?” gli chiedo alzandomi.
No.”
Meglio per lei.”
Sempre accompagnato dallo sgherro, raggiungo nuovamente lo sprinter e per prima cosa mi assicuro che le tre reclute e Fjo’ona non siano visibili dall’esterno. La Du Bal la posso anche lasciare in vista, penso che nessuno sia interessato al suo stantio fascino. Waxen dev’essere in giro a rompere i coglioni, se domani lo ritrovo me lo caricherò sullo sprinter, altrimenti lo lascio qui e ci penserà poi Randall a spiegare dov’è finito a chi di dovere. Per quanto riguarda Lothar e Hyaskon, c’è un limite anche alla perversione, quindi direi che non corrono rischi.
Nel breve tragitto fino ai nostri alloggi infiliamo dentro a dei sacchi i membri “appetibili” della nostra spedizione. “Ce ne portiamo in camera uno per uno,” spiego, “Lothar che è grosso se ne porterà due. Per chi lo volesse sapere, questi sono i nostri bagagli.”
Secondo me non se la berranno mai,” sentenzia cupo il capitano medico.
Sarà meglio che risultiamo convincenti,” rispondo, “in questo posto meno attiriamo l’attenzione e meglio è. Domani andiamo in cerca di informazioni e ce la filiamo appena possibile.”
Ma cosa le ha detto il comandante della base?”
Poi glielo spiego,” dico, agguantando un sacco e trascinandolo giù dal mezzo. Si ode un gemito soffocato.
Sotto gli occhi stupiti dei militari della base, entriamo nelle nostre camere. La Du Bal in testa con ombrello e trolley mastodontico, Lothar con un sacco in spalla e uno trascinato a mano, io e Hyaskon tirandoci dietro un sacco per uno. Queste reclute sembravano delle mezze seghe ma pesano, accidenti a loro.
Waxen è tuttora irreperibile.
Finalmente in stanza, chiudo la porta e mi siedo sul letto sbuffando. Apro il sacco: porca troia, è Fjo’ona, che salta fuori come se uscisse da una torta di compleanno.
Mi hai salvato la vita, Roy,” mormora sfarfallando gli occhioni, “cosa posso fare per sdebitarmi?”
Se non fosse che devi stare nascosta, ti direi di andarmi a prendere lo zaino.”
Evito di stretta misura il lancio di un sabot pitonato infilandomi in bagno.
Poco dopo scendiamo per la cena. Waxen permane irreperibile, Randall non c’è e quando chiedo dov’è mi vengono fornite risposte evasive. Meglio non approfondire.
Mangiamo con calma. La conversazione è piuttosto fiacca, anche perché ho a disposizione un wookiee che si esprime a muggiti, una professoressa acida e il lugubre capitano medico, al quale passa un barlume di vita negli occhi unicamente quando si parla di cadaveri.
Raccolgo qualcosa per Fjo’ona e torno in camera.
La twi’lek è una creatura godibilissima, ma quando ha fame si ricorda improvvisamente di avere in bocca una chiostra di denti che farebbe venire i complessi di inferiorità a un wampa. Appena entro in stanza Fjo’ona si appropria con gesto rapace del piatto che le ho portato e si mette a mangiare con foga gamorreana. L’ultima visione che ho prima di piombare in un sonno lapideo è la pitonata che spolpa una coscia staccandone dei brani ed ingoiandoli interi. Si vedono i bocconi che le scendono lungo il gargarozzo.

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Capitolo 7
*** Rapporto 02 sulla missione ***


Rapporto 02

Il governatore Tarkin entrò nel proprio alloggio con un sospiro di soddisfazione. Era stata una giornata perfetta: una base ribelle era stata identificata e distrutta, nessuno gli aveva rotto le palle con i soliti problemi idioti di logistica e soprattutto quel dannato capitano era dall’altra parte della galassia assieme all’altro rompicoglioni.
Si sedette sulla sua poltrona con l’intento di mettere i piedi sulla scrivania e rilassarsi fino all’ora di cena.
La spia luminosa lo avvertì che c’era qualcuno alla porta. Aprì col comando a distanza.
Entrò un soldato che si mise sull’attenti e disse: “C’è un messaggio per lei, governatore.”
Metta pure lì,” disse Tarkin con una vaga ombra di affabilità, indicando un angolo della scrivania.
Il soldato posò ciò che aveva in mano, salutò e uscì.
Il governatore si adagiò più comodamente nella poltrona e si fece portare del caffè. Poi tirò fuori un buon holo-libro e si mise a leggere.
Qualche tempo dopo si ricordò del messaggio, che frattanto era rimasto negletto sull’angolo della scrivania. Lo prese in mano e il caffè gli andò di traverso minacciando di soffocarlo: era una cartolina tutta nera con una scritta diagonale in rosso che recitava: Sullust by night.
Dietro, vergato in caratteri frettolosi e alquanto irregolari, c’era il seguente messaggio: Il cibo fa schifo, c’è un caldo bastardo. Non abbiamo ancora trovato Kurtz. Firmato: Veers.
Quel dannato insolente!” ringhiò Tarkin a denti stretti, mentre la mano che reggeva la cartolina gli tremava d’ira trattenuta.
Pigiò un bottone dell’interfono. “Vader!” gridò, “vieni qui immediatamente!”
Ho da fare, Tarkin.”
Adesso!”
Uffa, che pal…” Il governatore troncò la comunicazione prima che Vader potesse finire la frase. Subito dopo si alzò e cominciò a camminare in su e in giù come un nexu in gabbia.
Il gigante nero arrivò poco dopo.
Cosa c’è stavolta?”
Veers! Riesce a farmi impazzire anche quando si trova a sei giorni di iperspazio da qui, maledetto! Tu gli devi parlare! Gli devi dare il fatto suo!”
L’altro fissò imperturbabile Tarkin che ansimava di rabbia come un reek e lentamente rispose: “I problemi disciplinari non sono di mia competenza.”
Qui non si tratta solo di disciplina,” ribatté prontamente il governatore, “quel Veers è un delinquente debosciato, è uno svergognato senza principi morali, è un cialtrone irriverente e ubriacone che combina solo disastri! Da quando lo conosco ho l’ulcera e la pressione alta!”
È così pericoloso?”
Non è affatto pericoloso,” precisò l’altro con voce tagliente, “magari lo fosse, almeno servirebbe a qualcosa. È solo un insolente senza nessun senso della gerarchia e della disciplina. Non sa stare al suo posto, non ha rispetto per i superiori. Guarda cos’ha mandato stavolta!” e gli tese la cartolina.
Vader la prese in mano, la osservò e infine disse: “Notevole, veramente notevole.”
Ti sembrerà notevole perché non devi averci a che fare tutti i giorni,” rispose acido Tarkin.
Tirò fuori le compresse per la pressione.
Prendi di nuovo dei farmaci?” gli chiese l’altro.
Esatto! La compressa di Veers, la chiamo. Vuoi sapere perché la chiamo cosi?”
Un’altra volta, magari. Ora ho da fare.”
Detto questo, l’inquietante signore dei Sith salutò e uscì.
Tarkin rimase a fissare l’imponente figura che si allontanava solennemente lungo il corridoio. Infine sospirò affranto e andò a vedere se nel bricco era rimasto del caffè.

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Capitolo 8
*** Giorno 5 - Alla ricerca di informazioni ***


Giorno 5 – Alla ricerca di informazioni

Sveglia alle 07:00. Ho dormito come un sasso. In verità, mi ero ripromesso di vegliare, perché questa cosiddetta caserma mi ispira la stessa tranquillità di un covo di hutt, ma gli stress di ieri hanno avuto il sopravvento e ho ronfato di brutto in barba ai possibili pericoli notturni.
A onor del vero, verso le cinque ho sentito delle urla agghiaccianti provenire dai meandri del palazzo, ma francamente non saprei dire se è stato un sogno o la realtà. So solo che quando si è trattato di andare a controllare ho pensato che in fondo non era il caso di mettersi a curiosare in casa d’altri e mi sono riaddormentato.
Fjo’ona comincia a girare per la camera con il consueto baby-doll da infarto. Ieri sera era in chiacchiera, ha provato disperatamente a raccontarmi di quanto si era divertita con i suoi amici durante una vacanza su 6/Schel, ma io non le ho dato udienza perché ero stanco morto, quindi ci riprova stamattina mentre si prepara e si veste. Si interrompe unicamente per mostrarmi orgogliosa un pareo decorato a ysalamiri colorati. Io manifesto grande apprezzamento per la raffinatezza dell’indumento, insistendo soprattutto sulla sobrietà della fantasia. La scosciata lo indossa e conviene che in effetti si tratta di un disegno alquanto fine. “In fondo non sembra che quelle lucertole rosse e gialle siano lunghe un palmo, no?” mi chiede, “E poi lo sfondo blu elettrico armonizza fra loro i colori, vero?”
Io sono indeciso se guardarla indossando gli occhiali da sole, ma mi dichiaro assolutamente d’accordo con la sua acuta analisi.
La lascio a strapparsi sopracciglia mentre vado a mangiare. Prima le ho astutamente spiegato che tutta la base pullula di stupende modelle senza un filo di cellulite con minigonne da paura e questo ha fatto subito comparire un bel mal di testa tattico con necessità assoluta di riposo in camera.
Poi dovrò trovare un’altra scusa per convincerla ad infilarsi nuovamente nel sacco, ma intanto non rischia di essere intercettata da quel laido di Randall.
In sala mensa ci sono alcuni dei suoi scherani tatuati che si stanno abbuffando rumorosamente. In un angolo vedo anche Hyaskon, Lothar e la Du Bal, quest’ultima con aria profondamente disgustata. Mi avvicino e li saluto. La professoressa si volta dall’altra parte con sussiego. Reprimo una potente imprecazione. Prima che finisca la missione voglio trovare il modo di lasciare a questa stracciapalle acida e fastidiosa un ricordo indelebile di me, così finalmente avrà un buon motivo per detestarmi.
Mentre sono assorto in queste meditazioni sopraggiunge con il consueto passo ginnico il colonnello Waxen. Ha l’aria piuttosto ciancicata, sembra che si sia rotolato in una discarica.
Strani letti da queste parti,” constata togliendosi una buccia dalla tasca.
Signore, dov’era finito? È da ieri sera che la stiamo cercando.”
In verità, non è che ci siamo sbattuti molto per cercarlo, comunque sarei curioso di sapere cos’ha combinato durante la notte.
Curiosa questa domanda da parte sua, giovane capitano,” risponde l’altro, “come lei sa ero l’ospite d’onore alla festa per la vittoria di Katagama organizzata da suo padre, il generale di corpo d’armata Leopold Veers. Ci siamo chiesti tutta la sera che fine avesse fatto lei, figliolo. Poi abbiamo pensato che fosse da suo fratello Norman. Anche se so che siete molto diversi. Nevvero, Maximilian?”
Scuoto la testa disperato.
Ha visto che memoria?” insiste soddisfatto il colonnello, “Tutto! Mi ricordo tutto!”
Sissignore,” sospiro. Leopold Veers è mio nonno e Norman Veers è mio padre. E Maximilian Veers è mio zio, ma su questo proprio non ci capiamo.
Quindi, ricapitolando, probabilmente non saprò mai cos’ha combinato stanotte il vecchio fossile. Suppongo comunque che abbia girovagato evitando chissà come le bande di delinquenti, tagliagole e ribelli che a quanto pare pullulando in queste zone e sia finito a dormire in una qualche discarica a cielo aperto pensando che fosse il parco della residenza coloniale di mio nonno Leopold.
Lo lascio a raccontare agli altri i particolari della bellissima festa e vado a scambiare due parole con il laido marpione che comanda la base.
Randall è come sempre sbragato in una poltrona. Quest’oggi ha la twi’lek verde e una rodiana con tette giganti che, una da una parte e una dall’altra, gli stanno facendo un massaggio alle spalle.
Una terza aliena, suppongo dalla guepiére leopardata che si tratti di una tusken senza paramenti, lo imbocca frattanto con frutti tropicali e altre delicatezze.
Ah, Veers!” mi apostrofa l’orrido individuo, dopo aver emesso un rutto devastante e mollato una pacca sul culo alla tusken, “Ha dormito bene?”
Sì, certo. Anche se verso le cinque mi è sembrato di sentire delle strane urla…”
Quei dannati idioti!” tuona Randall con energia, “Vogliono torturare gli ostaggi di notte perché dicono che fa più fresco e se ne fregano se col casino che fanno sbrandano mezza caserma. In queste condizioni non si può dormire! Ma io mi sono stancato, sa? Gliel’ho detto: o la piantano e torturano di giorno come tutti, o gli faccio passare io la voglia di fare i furbi!”
Oppure potrebbero tagliare le corde vocali agli ostaggi,” interviene Hyaskon, sopraggiunto nel frattempo senza alcun rumore alle mie spalle.
Sarebbe una buona idea,” osserva Randall, “ma d’altra parte è anche un bene che i bastardi là fuori sentano cosa succede a chi non rispetta le regole. Così imparano a versarmi la percentuale nei tempi stabiliti e non quando pare a loro, maledetti figli di puttana!”
Noi lo fissiamo in silenzio. Io sono anche un po’ allibito, Hyaskon invece sembra solo seccato perché il suo suggerimento non ha avuto successo.
Con aria grave, Randall spiega: “Una volta uno di quei bastardi ha cercato di rifilarmi una partita di spacca-cervello tagliata con il tybanio.”
Silenzio carico di costernazione, poi prosegue: “Due dei miei uomini l’hanno provato e sono ancora in un recinto là fuori che si credono dewback nella stagione degli amori. Sempre ad ingropparsi a vicenda facendo dei muggiti, una vera schifezza. Ci pensa a cosa sarebbe successo se quello fosse riuscito a fregarmi?”
Avrebbe avuto una mandria di dewback arrapati al posto della sua guarnigione?” azzardo.
La concorrenza mi avrebbe portato via un sacco di affari!” strilla il trippone laido dando un pugno sul tavolo. “Ma io li ho beccati e non gliel’ho fatta passare liscia,” aggiunge compiaciuto, “e da allora gli altri rigano dritto che è un piacere.”
Direi che vale la pena di sopportare qualche urlo di notte per ottenere dei risultati così,” osserva Hyaskon con un sorrisetto sadico che metterebbe i brividi a un mandaloriano, “tanto più che io ho dormito benissimo lo stesso.”
Lei mi piace,” ribatte Randall, “ha molto spirito pratico. Si sieda, si sieda!” e gli indica una sedia accanto alla sua. “Ah, si sieda anche lei Veers! Non vorrà rimanere lì in piedi.” e mi indica un’altra sedia. La controllo, ma non mi sembra appiccicosa, per cui mi accomodo.
Il nostro laido interlocutore ci fa portare la colazione.
Mentre ci alimentiamo gli dico: “Maggiore, a noi servono delle informazioni. La mia missione è di trovare Kurtz.”
Auguri. La maggior parte delle torture che usano i ragazzi me le ha insegnate lui. Ma non sono le peggiori. Ha provato a descriverne qualcuna di quelle toste, ma Rolf si è messo a piangere come un bambino. Tenete presente che la mia guardia del corpo è condannata a morte su dodici sistemi astrali per genocidio, strage, disastro doloso, vilipendio di cadaveri, stupro di minorenni, contrabbando di schiave twi’lek, ricettazione e altri reati minori, quindi non è esattamente un'educanda. Questo dovrebbe darvi una vaga idea del tipo che state andando a cercare.”
OK. Ora mi dice dove lo trovo, per favore?” insisto.
Capitano, ha una così gran voglia di finire bollito vivo nell’olio motore a cominciare dalle palle e risalendo lentamente in un estenuante abisso di sofferenza che può durare anche dei giorni?”
Questa è una delle torture che hanno fatto piangere Rolf?”
Niente affatto. Questa lo ha fatto sbragare dal ridere e l’ha voluta subito mettere in pratica con un ricettatore che aveva cercato di fregarlo. Quelle toste sono molto peggio. Non gliele racconto perché sta mangiando.”
Con grande disappunto di Hyaskon, non insisto per avere ugualmente una descrizione.
Io comunque non lo so dov’è Kurtz,” riprende poi il maggiore a bocca piena, sputacchiando pezzetti di cibo e grattandosi nel contempo le palle, “e le dirò, non voglio neppure saperlo. L’unico che le può dire qualcosa, sempre se ne ha voglia, è il Secco.”
Chi è il Secco?”
Lo chiamano anche Faccia di Titanio. È uno che sta nella città vecchia. Non l’ho mai visto di persona. Qualche volta ci ho fatto affari, meccanica di precisione e materiale elettronico, perlopiù. Un dannato osso duro, non gli andava mai bene niente. Però sa tutto di tutti. Se lo becca in buona può darsi che le venda qualche informazione. Si prepari a sborsare un bel mucchio di crediti, però.”
In questa città andate tutti a gettoni?”
Ma tu guarda che mi tocca di fare anche la parte del moralista. Questa missione è veramente assurda. Ed è assurdo soprattutto che io mi stia dando da fare come un idiota per trovare un pazzo sanguinario con l’hobby di praticare le torture più abominevoli che una mente perversa possa concepire. E fra l’altro lo devo andare a cercare in una giungla fetente e gremita di indigeni di crudeltà leggendaria, dove vive circondato dalle sue guardie, in confronto alle quali gli indigeni di cui sopra sembrano dei jawas con la fobia sociale. Che farò se per disgrazia lo trovo? O meglio, cosa mi farà lui se per disgrazia capito fra le sue grinfie?
Che brutto modo di definire un po’ di sano commercio,” depreca Randall costernato, distogliendomi dalle mie angosciose meditazioni. “Qui cerchiamo solo di dare il giusto valore alle cose.” E mi osserva di sottecchi tamburellando sul piano del tavolo con le dita a salsiccia.
Mi astengo dal fare commenti e gli chiedo di spiegarmi come raggiungere Faccia di Titanio.
Randall mi fornisce alcuni dati approssimativi.
Maggiore, come faccio ad arrivare là se l’unica indicazione che riesce a darmi è che il posto è una stanza sopra a un night club?”
Ero sbronzo…” si giustifica l’altro emettendo un rutto che fa tremare i vetri. O almeno spero che sia solo un rutto, perché non ho la maschera antigas a portata di mano.
Ma non ha detto che ci ha fatto degli affari?”
Contratto meglio quando ho bevuto.”
Segue un lungo silenzio. Con questo non ho speranze di ottenere qualcosa di utile.
OK, grazie lo stesso,” rispondo infine. Raccolgo la mia simpatica comitiva, che nel frattempo ha finito di mangiare, prelevo la colazione per la twi’lek e vado in cerca di Rani. Se è vero che Faccia di Titanio è così famoso lo conoscerà anche lui, che diamine.
Poco dopo, siamo tutti sullo sprinter diretti verso il centro. Abbiamo portato a bordo anche Fjo’ona e i soldati usando lo stratagemma dei sacchi. Li abbiamo un po’ sbatacchiati, è vero, ma è sempre meglio qualche spigolo delle bavose attenzioni di un pervertito laido e sudato come Randall. O almeno suppongo che sia così.
Chiamo a rapporto la guida e gli chiedo se sa qualcosa del misterioso informatore.
Il sullustiano mi ascolta attentamente, poi dice: “Io so dove lui stare. Io portare. Ma poi lasciare e tornare a prendere quando finito, se voi chiamare.”
Come sarebbe a dire se voi chiamare?”
Voi forse morti, prigionieri, drogati per asportare organi…”
Lo fermo con un gesto, non voglio sentire altro. In confronto a questo bel posticino la colonia penale di Kessel sembra un luogo di villeggiatura per mogli di ufficiali in congedo.
Ci addentriamo in una zona piuttosto caotica e ricca di svariati alieni dall’aria equivoca. Col consueto tono da guida turistica, Rani mi spiega che si tratta del quartiere dei contrabbandieri, situato proprio accanto a quello dei bari, non molto lontano da quello dei trafficanti di schiavi.
Lo sprinter si ferma. “Tutti scendere, presto!” ci dice il sullustiano.
Guardo fuori. Se mi perdo Waxen in questo posto non lo troverò mai più. Lo stesso dicasi per le tre reclute imbranate, per la Du Bal, per il tappeto ambulante e per Fjo’ona. Hyaskon mi da già più affidamento, ma pensavo di tirarmelo dietro. Mi scoccia un po’ andare proprio da solo.
Negativo, scendiamo solo io e il capitano medico,” rispondo.
La professoressa si mette le mani a brocca sui fianchi e dice: “Capitano, lei non può dare ordini a me! Io scendo finché voglio!” e zompa giù.
Fuori uno.
Waxen guarda fuori. “Ah, il buon vecchio odore dei mercati ughnaught,” dice inspirando profondamente, “Era dai tempi di… di… be’ mi verrà in mente. Io vado a farmi un giro!”
Fuori due.
Fjo’ona si affaccia con cautela deponendo la pinzetta per le sopracciglia. Mi guarda e fa: “Mi scappa la pipì, devo andare alla toilette.”
Fuori tre.
Lothar scende mugolando e sbuffando. Ha lo stesso problema di Fjo’ona ed ha appena adocchiato un albero.
Fuori quattro.
Non scende più nessuno.
Guardo dentro e vedo le tre reclute ammassate l’una sull’altra nel più oscuro e nascosto recesso dello sprinter, tremanti come jawas buttati nella fossa di un rangkor.
E voi non scendete?”
Dobbiamo proprio, signore?” chiede Lawrence con voce sommessa.
No, potete anche rimanere lì. Sapete come rientrare alla base nel caso noi non facessimo ritorno, vero?”
I tre si guardano indecisi ma non osano muoversi. Meglio così, tre imbranati in meno da controllare.
Rani mi chiama e con tono concitato dice: “Presto! Uomo saggio andare, non buono restare a cazzeggiare in vie malfamate.”
I miei accompagnatori frattanto si sono già dispersi ai quattro punti cardinali. Alzo le spalle e mi metto a seguire la guida. Chissà se ne ritroverò qualcuno al mio ritorno.
Percorriamo una serie di viuzze sordide sulle quali si affacciano locali dall’aria equivoca. La sensazione di essere scrutati fino ai precordi da occhi malevoli è fastidiosamente intensa. Hyaskon mi sta alle costole con un’espressione particolarmente lugubre. “Non usciremo vivi di qui,” sentenzia cupo.
Giungiamo infine ad uno scantinato nel quale si trova un locale a metà fra il postribolo di ultimo livello e il bar di periferia, con dentro qualche ubriaco di varie specie aliene, due o tre battone sgangherate e un oste laido dall’aria truce. La comparsa di due ufficiali imperiali sulla porta mette tutte queste stimabili persone di pessimo umore e ci vengono rivolti degli sguardi in confronto ai quali quelli di prima erano addirittura affettuosi. Cala un silenzio siderale.
Vorrei essere amichevole, ma quello che mi compare sul viso dev’essere qualcosa a metà fra il sorrisino di circostanza e il trisma tetanico.
Gli sguardi si fanno ancora più ostili.
Evito accuratamente di cedere all’impulso di mettere la mano sul blaster, non vorrei far avverare prematuramente la profezia di Hyaskon.
Presto! Venire, uomo saggio non perdere tempo!” Rani mi tira per la manica e mi fa cenno di seguirlo.
Ci incamminiamo lungo un corridoio stretto e fiocamente illuminato, che sembra fatto apposta per un agguato ribelle. Devo dire che non mi sento molto a mio agio: è proprio in posti come questi che gli imperiali finiscono fatti a tocchi per essere venduti come pastura da dianoghe.
Dal corridoio passiamo ad una scala ripida e angusta e poi ad una specie di anticamera, Rani ci fa cenno di attendere e scompare dietro ad una porta.
Io e Hyaskon ci guardiamo perplessi.
Passa qualche angoscioso minuto, poi la porta si apre lentamente.
Tu venire,” dice la guida indicando me, “altro aspettare. Lui vedere solo uno.”
Lo seguo senza esitare, non voglio perdere tempo a dare l’estremo saluto a Hyaskon o a pensare alla possibile cazzata che sto facendo.
Mi trovo in una stanza piuttosto piccola, spoglia, con due sedie e una scrivania alla quale è seduto un droide scheletrico dalla faccia piatta, con due occhietti luminosi ai lati della testa.
Lui 8T-88, Faccia di Titanio,” dice Rani.
Solo 88 andrà bene,” interviene il droide. La voce artificiale ha un timbro di glaciale cortesia.
Prego, si accomodi,” prosegue, indicandomi una delle due sedie.
Aspetta che io mi sia sistemato, poi mi scannerizza con i suoi occhi sintetici, tamburella con le dita metalliche sul piano della scrivania e dice: “Un capitano della flotta imperiale, quale insperato onore. A cosa devo una visita così importante?”
Ho bisogno di informazioni che a quanto pare solo lei può darmi.”
Il droide fa un cenno accondiscendente con la testa e risponde: “Ahimè, temo proprio che sia così. Generalmente, capitano, ci si rivolge a me quando ogni altra possibilità è esaurita.”
Si interrompe per qualche secondo, ma prima che io possa intervenire, prosegue: “Io so tutto di tutti, ho trecentomila terabyte di memoria. Per questo motivo, le mie informazioni sono molto preziose. Capisce cosa intendo, capitano?”
Sono alquanto infastidito dall’ennesimo show di onnipotenza narcisistica che mi sta venendo propinato. Decido quindi di tagliare corto, questo posto mi piace poco e il droide ancora meno.
Se ne fa una questione di soldi, si risparmi la contrattazione e usi questa. Non ho tempo di stare a tirare sul prezzo.” E gli porgo la consueta Imperial Platinum.
Non che mi aspettassi da un droide delle manifestazioni di emotività particolarmente intense, ma 88 inquadra rapidamente la tessera di plastica, poi fa uno zoom sul mio viso e dice: “Tutto qui?”
Mi sento anche un po’ offeso. “Come, tutto qui?” ribatto sdegnato, “questa è la Imperial Platinum Super Deluxe di Darth Vader in persona!”
E con ciò? Se non fosse che la fatica supera ampiamente il risultato, gliela potrei clonare in dieci minuti.”
Sono a dir poco annichilito. E adesso? Lo fisso inerme. Temo di non avere assolutamente null’altro che possa interessare ad un droide.
Allora, capitano Veers, penso che questo ponga fine alla nostra trattativa,” conclude 8T-88, con la glaciale cortesia del suo apparato vocale.
Come fa a conoscermi?”
Ho in memoria le schede personali di ogni militare imperiale che abbia ricevuto un codice di identificazione. Lei è un ufficiale piuttosto anticonformista, oserei dire.”
Faccia di Titanio, questi non sono cazzi tuoi,” rispondo bruscamente. La mia missione è appena andata affanculo, non ho la minima voglia di sopportare anche i sarcasmi di questo mucchio di ferraglia indisponente.
Il droide emette un sinistro cigolio e lentamente sibila: “Veers, lei dovrebbe stare più attento quando parla. La libertà con cui si esprime potrebbe avere per lei conseguenze estremamente spiacevoli.”
La scheletrica mano metallica si allunga inesorabilmente verso un pulsante, suppongo si tratti di un comando per far arrivare un gruppetto di gamorreani pronti a farmi a fette con l’ascia.
A questo delicato punto della trattativa, si ode un tramestio su per le scale. Una vocetta melodiosa chiama: “Roy! Rooy! Dove sei finito?”
È Fjo’ona, naturalmente, che non so per quale imperscrutabile motivo è arrivata fin quassù.
Vede il capitano medico che è rimasto fuori ad aspettarmi e fa: “Evan, dov’è Roy? È da mezz’ora che lo sto cercando…”
Hyaskon evidentemente le indica la stanza, perché dopo qualche secondo si sente bussare e la porta si apre. Nel riquadro compare la spettacolare gnocca twi’lek che dice: “Roy, quand’è che andiamo via? Io ho la pipì…”
L’episodio ha conseguenze a dir poco inaspettate: le membra metalliche del droide hanno una contrazione e si stecchiscono come le zampe di uno scurrier che sta tirando gli ultimi, l’autofocus dell’occhio bionico quasi va in avaria nel percorrere le curve mozzafiato dell’anatomia di Fjo’ona. 8T-88 comincia a balbettare frasi prive di senso.
C’è qualcosa che non va?” mi informo con cortese interesse.
Una twi’lek azzurra…” mormora l’altro.
Sì, e allora?”
Com’è bella…”
Faccia di Titanio, solo mezzo minuto fa rigido e sussiegoso, si sbraga ignobilmente di fronte alle tette celesti della scosciata e se potesse si metterebbe anche a sbavare. Intravedo una nuova possibilità di contrattazione.
Roy, io ho la pipì,” insiste Fjo’ona, al solito serenamente ignara di ciò che sta accadendo.
Il droide la scannerizza ancora una volta con estenuante e morbosa lentezza poi dice: “Come sarebbe bello farsi irrorare di pioggia dorata da una creatura così soave…”
Sospiro. Cosa sono ridotto a fare per l’Impero.
Si può organizzare,” rispondo, “guarda caso ho proprio una twi’lek a disposizione. Certo, le costerà qualcosa…”
Tutto quello che vuole, capitano,” ansima il droide, che tremando di eccitazione fa il rumore di un sacchetto di bulloni scrollato.
Le dico dov’è Kurtz, se vuole le do anche il suo numero di com-link, ma la prego, non mi faccia aspettare oltre, o andrò in cortocircuito!”
Chiamo la twi’lek e le spiego cosa si aspetta da lei l’Impero.
Capitano Veers, io non sono quel genere di ragazza!” protesta sdegnata l’aliena.
Sospiro di nuovo, stavolta con una certa esasperazione. Ci sono momenti nella vita in cui anche un uomo singolarmente tranquillo ed accondiscendente può perdere la pazienza.
Bruscamente, le rispondo: “Ma piantala, che come minimo prima di diventare segretaria avrai fatto la cubista in un locale fetish!”
Era un locale sadomaso, per tua norma e regola! E comunque io quella roba lì non la faccio!”
Fjo’ona,” le sussurro delicatamente all’orecchio, “Il laido e bavoso comandante della base di Kandy sta cercando una twi’lek da comprare e paga anche molto bene. Tu cosa pensi che mi impedisca di svenderti a lui a prezzo di realizzo e poi andarmi a fare una vacanza nel sistema 6/Schel?”
Ma tu sei un ufficiale imperiale, non faresti mai una cosa del genere!”
Spiritosa. Dai, piscia su questo droide e andiamo a casa.” Poi, rivolto a 8T-88, aggiungo: “Le notizie che mi aveva promesso, prego. Non vorrei che l’esperienza della pioggia dorata le mandasse in corto la memoria centrale.”
Senza un attimo di esitazione, il droide mi porge un supporto laser. “Qui c’è tutto quello che ho in memoria su Kurtz. Ma ora… presto…”
Si sdraia per terra e prende a contorcersi come un tentacolo di sarlacc emettendo cigolii e rumori di ferraglia. Faccio un cenno a Fjo’ona.
Con aria decisamente professionale, l’aliena gli si posiziona sopra a gambe larghe, in modo da potergli mingere addosso stando in piedi.
Faccia di Titanio vibra come un frullatore impazzito emettendo suoni inarticolati.
Con studiata lentezza, Fjo’ona si solleva l’aderente minigonna facendola scorrere sulle cosce. Noto che non porta mutandine, per quanto nel suo bagaglio personale vi sia un’ampia collezione di tali indumenti.
Incuriosito da questo fatto, le chiedo: “Ehi, come mai giri con la passera al vento?”
Lo faccio sempre,” mi risponde disinvolta, “la biancheria intima mi fa un gran caldo…”
Rievoco il suo tanga, praticamente un francobollo tenuto insieme da tre fili, e alzo le spalle rinunciando a comprendere i misteri della termoregolazione twi’lek.
Uno spettacolo a dir poco inquietante mi distoglie dai miei pensieri: Fjo’ona comincia con la pioggia dorata, 8T-88 si mette a guaire, a squittire, a grugnire, giungendo infine ad emettere suoni che solo un apparato vocale sintetico è in grado di proferire.
Tali vocalizzazioni aumentano di frequenza fino a diventare un ultrasuono trapanante. A questo punto, le membra metalliche del droide entrano in risonanza e prendono a vibrare in maniera parossistica. Ad un tratto, si ode un sonoro scoppio, dai lati della testa di 8T-88 sprizzano fuori delle scintille e dopo un’ultima contrazione la carcassa metallica si immobilizza. Un fumo biancastro comincia a salire lentamente filtrando dalle fessure del rivestimento di titanio.
Oddio, l’ho ucciso!” strilla Fjo’ona, mentre i lekku le si stirano dall’orrore.
Io do un’occhiata al droide in avaria e rispondo: “Tanto ci aveva già dato tutte le informazioni che ci servivano. Dai, adiamo.”
Roy, ma sei senza cuore!”
L’ho barattato con un pezzo di fegato. Con tutto quello che bevo mi serve di più.”
Usciamo dalla stanzetta e troviamo Hyaskon più cupo del solito. “Nel locale da basso stanno parlando di noi,” mi informa con tono lugubre, “dicono che a loro non piacciono gli imperiali e che appena torniamo giù sono cazzi nostri.”
Che notiziona,” rispondo ascoltando preoccupato i clamori provenienti dalla scala, “e non abbiamo neanche la nostra guida a disposizione.”
Per quello che serve…” ribatte il capitano medico.
In effetti, Rani non serve a un cazzo in situazioni normali, figuriamoci cosa sarebbe in grado di combinare nel corso di una trattativa con trenta delinquenti di varie specie aliene decisi a farsi uno scendiletto con le nostre pelli.
Mi guardo intorno ansiosamente. “Ma non c’è un’uscita posteriore?” mormoro speranzoso, “c’è sempre un’uscita posteriore nei covi degli informatori…”
Nei racconti di serie B, forse, non nella cruda realtà,” risponde Hyaskon scuotendo la testa.
Cerco un altro po’, ma riesco a trovare solo una specie di guardaroba con dentro alcuni abiti.
Ehi, guardate che cappotto strano!” non posso fare a meno di constatare, tirando fuori un’enorme palandrana col collo di pelliccia.
Roba da pappone gamorreano,” dice Hyaskon sprezzante dopo avergli dato un’occhiata.
Mi si accende la lampadina.
Ragazzi, ho trovato il modo di andarcene!” esclamo, “Io mi metto quest’affare con il colletto tirato su fino alle orecchie e faccio il magnaccia, Fjo’ona fa la bagascia che tanto le viene bene e lei capitano… lei si mette quell’abito da femmina tusken!”
Prego?”
L’abito da tusken, così non la vedono in faccia! Ci scambieranno per un pappa con le sue puttane!”
Veers, le ha dato di volta il cervello?”
Idee migliori?”
Le grida aumentano di intensità e si sentono anche rumori di stoviglie che vengono frantumate. Giurerei che stanno preparando colli di bottiglia scheggiati per le nostre carotidi.
Ma non posso fare io il magnaccia?” azzarda Hyaskon.
Ma tu guarda il deficiente. Fa rischiare la pelle a se stesso e a noi solo perché si vergogna a mettersi l’abito da donna tusken.
Insensibile al suo imbarazzo, rispondo: “Nah, non avrebbe l’aria disinvolta. E ora si vesta, non abbiamo molto tempo.”
Sconfitto, Hyaskon si infila nell’ufficio del droide e chiude la porta. Ricompare dopo un paio di minuti. Avevo dimenticato che le puttane tusken hanno il viso coperto ma girano in minigonna: complimenti per le gambe pelose. A parte i wookiee, non avevo mai visto una cosa del genere.
Fjo’ona ha immediatamente un accesso di riso isterico, cosa che non contribuisce certo a mettere a suo agio il capitano medico.
La richiamo bruscamente e lei si ricompone chiocciando.
A questo punto comincia lo show: mi calco un cappellaccio sulla fronte, mi riempio di monili pacchiani e vistosi, sbottono la scollatura della twi’lek in modo che trabocchi come una cornucopia e cerco di nascondere come posso le ipertricotiche estremità di Hyaskon. Poi cingo entrambi per la vita – Fjo’ona da una parte e capitano medico dall’altra – e mi dirigo verso la sala ostentando la più totale sicurezza. Se mai mi dovessero accoppare in questa situazione, riporteranno a bordo della Morte Nera le mie spoglie in abito da pappone gamorreano e la famiglia Veers farà un suicidio collettivo per il disonore.
Gli alieni vocianti interrompono le minacce all’indirizzo degli imperiali bastardi per fissarci meravigliati. Cadono parecchie mascelle mentre sguardi libidinosi cominciano a percorrere avidamente le curve delle mie ragazze.
Strabuzzando gli occhi peduncolati, un gungan grida: “Ehi! Tu hai fighe maxi-belle! Tettona blu e donna tusken! Quanto money tu vuole?”
Faccio un cenno di diniego per fargli capire che non se le potrebbe permettere neppure smerciando la totalità delle sue interiora ai trafficanti di organi e continuo a camminare verso l’uscita.
Guardate la tusken!” grida qualcuno in fondo al locale. Io sento un brivido ghiacciato lungo la schiena, ma la voce prosegue: “La tusken è uno schianto! Ehi, bellezza, fatti vedere bene!”
Si scatena un coro di apprezzamenti da caserma punitiva sulle villose grazie del capitano medico. Ignorando completamente la spettacolare gnocca twi’lek, tutti sbavano allupati all’indirizzo della tusken. Fjo’ona è talmente costernata che i lekku le pendono come dianoghe morte.
Tanto per darle un po’ di attenzione e al tempo stesso per interpretare al meglio il pappone gamorreano, le do una bella manata piena sul culo, ma la twi’lek è talmente avvilita che se ne accorge a mala pena. Ottimo culo, comunque.
La tusken, intanto, è oggetto di attenzioni sempre più morbose: braccia, zampe e tentacoli, a seconda della specie aliena considerata, si allungano bramosi al suo passaggio e qualcuno riesce anche a palpeggiarla. Hyaskon si schermisce emettendo grugniti e mollando sberle qua e là come una vera tusken incazzata. Ogni manrovescio scatena un coro di acclamazioni altamente irriferibili nella folla di maschi allupati.
Alla meno peggio, schivando fili di bava e schizzi di altri liquidi organici, attraversiamo la sala giungendo in prossimità dell’uscita. Con sollievo comincio a pensare a come sarà bello varcare quella soglia.
Sono così concentrato sulla contemplazione della salvezza che non mi accorgo del fremito di fiero sdegno che attraversa le curvacee membra di Fjo’ona.
A denti stretti, la twi’lek mormora: “Non è possibile, io sono una cubista e una olomodella, il mio corpo è perfetto e questa lurida gentaglia mi ignora per guardare questa… questa…”
Non riesce neppure a finire la frase, indecisa se scoppiare a piangere o mettersi a pestare i piedi dalla rabbia.
Un secondo dopo, cogliendomi completamente alla sprovvista, si svincola bruscamente dalla mia presa e rientra con un balzo nel sordido locale dal quale eravamo abilmente usciti. Si ferma con aria spavalda di fronte agli avventori del locale e dice: “Branco di segaioli laidi, mi fate pena! Non sapete neppure riconoscere una bella ragazza quando la vedete!”
Subito dopo, con gesto repentino si strappa la camicetta. Ne escono un paio di tette inaudite, che dopo un molle rimbalzo rimangono a sfidare la forza di gravità come due remoti.
Che cazzo fai, deficiente!” grido inorridito.
E queste cosa sono, eh?” chiede Fjo’ona senza neppure darmi ascolto, “Cosa sono? Non avrete il coraggio di dirmi che la tusken ce le ha più belle delle mie…”
Una marea grugnente e sbavante ci piomba addosso prima che possiamo anche solo pensare di fuggire in qualche modo. L’ultima cosa che vedo prima di essere sommerso è la cretina che strilla mentre alcuni gungan superdotati se la contendono.
Ad un tratto, mi sento afferrare per la collottola. Vengo issato di peso e gettato in uno sprinter, subito dopo mi raggiungono la twi’lek ancora a tette fuori e Hyaskon senza il copricapo ma in minigonna. Una voce baritonale ci chiede in shriiwook cosa cazzo abbiamo combinato.
Mi guardo intorno: ci sono i tre soldatini come al solito ammucchiati in un angolo con aria tremebonda, Lothar che barrisce, la Du Bal che mi fissa con riprovazione e Rani con la consueta aria tranquilla.
Lentamente ci ricomponiamo ansimando mentre il nostro mezzo si allontana a tutta velocità. Frattanto racconto quello che è successo al wookiee. “Avevo tutto sotto controllo finché quella scema non ha deciso di fare il suo numero,” dico alla fine, “è proprio vero che bellezza per intelligenza è uguale a costante.”
Fjo’ona cerca di intenerirci scoppiando in lacrime, ma io e Hyaskon, che abbiamo appena rischiato la vita o peggio per colpa sua, la fissiamo indifferenti come dewback che pascolano.
Lothar emette un bramito con intonazione interrogativa.
Io gli rispondo: “Negativo, non ho la più pallida idea di dove sia Waxen. È uscito quando ci siamo fermati dicendo che voleva fare un giro nel mercato.”
Nessuno l’ha visto,” aggiunge arcigna la docente.
Oh, povero Polly,” singhiozza la twi’lek, “chissà dov’è finito!”
Polly?” chiediamo all’unisono io e Hyaskon basiti.
Gli piace tanto quando lo chiamo così…”
Io e Hyaskon ci guardiamo sempre più basiti.
I soprannomi sono molto belli,” prosegue con aria compunta la pitonata, “noi twi’lek abbiamo tutti un soprannome che descrive una nostra caratteristica particolarmente spiccata. Volete sapere il mio?”
Non stiamo nella pelle,” risponde sarcastico il capitano medico.
Rigatone.” Proclama Fjo’ona trionfante. E ci fissa sorridendo, con la dentatura appuntita in bella evidenza.
Se mai ve ne fosse stato bisogno, ecco un motivo in più per evitare coinvolgimenti affettivi con la scosciata azzurra.
Ma torniamo alla situazione contingente: Waxen è scomparso.
Tiro un sospiro di sollievo, finalmente sembra che ce lo siamo tolto dalle palle.
Sarà perso da qualche parte. O morto. Poco importa. Troppo stantio per cadere vittima dei cacciatori di organi, forse ben tritato va ancora bene come pastura per dianoghe.
L’importante è che non ci massacrerà più le gonadi. A parte la cretina finché non trova un altro vecchio fossile da vezzeggiare e lo wookiee, nessuno in tutto l’Impero sentirà la sua mancanza, questo è poco ma sicuro.
Sembra che ci siamo liberati del vecchiaccio,” dico soddisfatto a Hyaskon.
Poi mi rivolgo agli altri e solennemente proclamo: “Il colonnello Waxen non è più tra noi.”
Varie esclamazioni costernate.
Ma del resto,” proseguo, “chi muore per l’Impero vissuto è assai, dice il poeta, ed egli è caduto da prode nel corso di una pericolosa missione, lasciando a noi il compito di onorare la sua memoria…”
La professoressa mi interrompe dicendo: “Capitano, ci risparmi questo sfoggio di retorica militarista e fallocratica.”
Non glielo risparmio no, cara la mia docente,” le rispondo con vaga soddisfazione, “questa è una missione militare e quindi è proprio il posto giusto per fare sfoggio di retorica militarista e fallocratica.” E le esibisco uno dei miei sorrisi disarmanti, di quelli che fanno imbestialire Tarkin.
Siamo impegnati in queste fini schermaglie verbali quando vediamo un capannello di sullustiani basiti intorno ad un individuo che si agita come un forsennato in piedi su una cassetta.
Mi viene un orrendo sospetto. Non può essere, eppure…
Quando ci avviciniamo abbiamo la reale misura della tragedia: Waxen, baffo fremente e molleggio ginnico delle ginocchia, sulla cassetta di cui sopra sta proferendo reboanti esortazioni a quelle che probabilmente ha scambiato per truppe schierate.
Con sommo sdegno della Du Bal, mi lancio in una sequela di complicate imprecazioni.
Non ho idea di come cazzo abbia fatto ad arrivare fin qui dal mercato eludendo malfattori e criminali assortiti, ma sta di fatto che è proprio lui, e al momento mi sembra anche fuori come un balcone. Più del solito, intendo dire.
Lo guardo afflitto e d’un tratto mi viene l’idea di ignorarlo e proseguire. Perché no, dopotutto? Poi mando un olomessaggio alla base e dico che ce lo siamo perso da qualche parte ma non sappiamo dove. Magari sono così contenti che perdono interesse al ritrovamento di Kurtz e io posso finalmente tornare al bar del circolo ufficiali a bere birra.
Come se mi avesse letto nel pensiero, a bassa voce Hyaskon fa: “Ci sono un po’ troppi testimoni, non crede?”
In effetti, il gruppo nella sua totalità è affacciato ai finestrini dello sprinter e fissa le evoluzioni del vecchio rincoglionito.
A malincuore rinuncio ai miei propositi e faccio fermare il veicolo. Parte la solita squadra, io, Hyaskon e il wookiee, per effettuare il recupero del nostro comandante.
Già da lontano sentiamo Waxen raccontare agli astanti la storia della battaglia di Little Big Bantha su Tatooine: “…Ed eravamo rimasti io e un manipolo di cosi… come si chiamano… quelli che si vestono tutti allo stesso modo e portano le armi…”
Soldati?” suggerisce qualcuno.
Certo, naturalmente! Soldati! Insomma, eravamo io e un coso di cosi e… che stavamo dicendo?”
Facendoci largo tra i sullustiani basiti, raggiungiamo il colonnello.
Il vecchiaccio malefico mi vede e fa: “Ah, eccola lì, giovanotto! Cominciavo ad essere preoccupato, credevo che vi fosse successo qualcosa.”
Sospiro afflitto: l’imbecille credeva che fosse successo qualcosa a noi.
Comunque sono contento che lei, nonostante l’inesperienza tipica della sua giovane età, non si sia cacciato in qualche guaio!” prosegue poi con un sorrisetto indulgente, “ma vedo che c’è anche il nostro bravo capitano medico. E quella grossa creatura pelosa che cos’è?”
Signore, quello è il suo cameriere personale.”
Perfetto. Adesso non riconosce più lo wookiee, che peraltro, rendendosi conto della faccenda, comincia a gemere e piagnucolare in shriiwook cercando di avvicinarsi al rincoglionito.
Via, bestiaccia! Sciò, sciò!” grida Waxen, cercando invece di tenerlo lontano, “Veers, intervenga! Questo grosso tappeto ambulante mi vuole assalire!”
Signore, ma è il suo cameriere, si chiama Lothar!”
Sciocchezze! Nessuna persona di buon senso sarebbe tanto stupida da prendere un essere di questo genere come cameriere, lascerebbe peli ovunque!”
Dopo un po’ di tentativi inutili mi rivolgo a Hyaskon chiedendo: “C’è modo di resettarlo?”
Il capitano medico prepara la solita siringa da bantha, ma stavolta Waxen nota la manovra e dice: “E non faccio nessuna vaccinazione! La mia salute è perfetta, non ho bisogno di sostanze nocive che turberebbero l’equilibrio del mio sistema immunitario! Del resto, ricordo che anche quando ero su Neisseria l’allora colonnello medico… coso… be’, mi verrà in mente… insomma, il colonnello medico non ci fece fare la vaccinazione.”
E allora?” chiedo sperando di mandarlo in cortocircuito neuronale con la mia domanda.
Ci prendemmo tutti lo scolo. Era pieno di meretrici in quel dannato posto! Mi ricordo che ce n’era una, la chiamavano… Diamine, non ricordo! Ha a che fare con le righe, Righetta, Righella…”
Rigatone?” azzarda Hyaskon.
Esatto! Rigatone! Ma chi è che si chiama Rigatone? Che razza di nome assurdo!”
Dal che si evince in primo luogo che la demenza senile del nostro superiore è giunta ormai a livelli critici, casomai ci fosse ancora bisogno di conferme in tal senso, e poi che Fjo’ona non è un caso isolato.
Testimoni o no, ad un certo punto esaurisco il bonus. Che si fotta questo dannato colonnello, mi ha già fatto scendere la catena, ora andiamo e se non vuole seguirci sono cazzi suoi.
Chiamo Hyaskon e Lothar, poi mi dirigo risolutamente verso lo sprinter.
Dove va, giovane irresponsabile?” mi grida dietro Waxen.
È ora di partire, signore. Lasci perdere quel gruppo di sullustiani e salti sullo sprinter.”
Se mi fossi rivolto in questi termini a qualsiasi altro superiore mi avrebbe come minimo infilato un ombrello nel culo e poi lo avrebbe aperto. Il vecchiaccio, invece, rimane piuttosto indifferente. Uno dei pochi vantaggi della sua demenza senile.
Si ferma per qualche secondo a fissarci mentre ci dirigiamo al veicolo, poi fa: “Non posso lasciarvi da soli, avete bisogno di una guida esperta.”
Sfiga nera, salta giù dalla sua cassetta e viene con noi.
E ora dove si va?” chiede soddisfatto dopo essersi accomodato nel suo solito sedile.
Torniamo alla guarnigione di Kandy, signor colonnello.”
Allora dobbiamo fare un bel po’ di strada, figliolo. Sarà meglio che ci fermiamo per fare un po’ di approvvigionamento.”
Signor colonnello, la guarnigione di Kandy è praticamente dietro l’angolo.”
Waxen sospira con aria indulgente. “Se non ci fossi io, giovanotto, lei si perderebbe in un bicchier d’acqua,” mi dice, “Qui siamo a Taxa, praticamente dall’altra parte di Sullust! Che faceva durante le lezioni di topografia all’Accademia, giovane capitano, pensava alle belle ragazze?”
Faccio un cenno d’intesa a Hyaskon e chiedo: “Signor colonnello, da cosa deduce che ci troviamo a Taxa?”
Quel bantha là in fondo! Quello con la macchia bianca sul muso. Lo hanno lasciato lì alcuni tusken prima che cominciasse la battaglia.”
Di quale battaglia stia parlando non è dato saperlo. Nessun tusken, che io sappia, ha mai messo piede su Sullust e quello che mi sta indicando come bantha è un mucchio di rifiuti. Ma questi sono dettagli.
Quale bantha, signore?” domando con aria innocente.
Ma come fa a non vederlo? Quello là in fondo!” e si sporge dal finestrino per indicarmelo.
Non appena è con la testa fuori, la siringa di Hyaskon cala inesorabile sulla sua legnosa chiappa, e in pochi secondi il colonnello si affloscia profondamente addormentato.
È andato,” dico sospirando di sollievo, “credevo di non riuscire più a liberarmene.”
Lo… lo ha ucciso, signore?” chiede timidamente Wolfen.
Ma no, idiota! L’ho solo fatto dormire.”
Possibile che questi tre soldatini scemi rimangano sempre ammucchiati in un angolo e si attivino solo per proferire cazzate?
Felsen interviene dicendo: “Se avessi saputo che saremmo arrivati fino a Taxa mi sarei portato dietro lo zaino.”
Possibile, evidentemente.
Spiego ai ragazzi che Taxa è un luogo che esiste unicamente nel cervello bacato del nostro comandante e che siamo a meno di dieci minuti di strada dalla guarnigione di Kandy, poi mi disinteresso di loro e mi metto a guardare fuori, anche solo per distogliere lo sguardo da Fjo’ona, che sta ancora cercando un sistema per contenere le tette nei brandelli della sua camicetta. Paragonato allo spettacolo che ci offre con i suoi infruttuosi tentativi, il pornazzo che ho visto l’altra sera da Hoynk lo Sbronzo è un documentario di economia domestica per educande.
Come a sottolineare questo concetto, Lothar emette un mugolio e prende a fissare la twi’lek con aria sognante. Le tre reclute la contemplano con gli occhi sgranati e un’espressione di profonda meraviglia sul volto. La Du Bal, invece, si volta dall’altra parte commentando: “Che volgarità! Certi spettacoli sono veramente tristi.”
Lasci perdere, prof, qui l’unica cosa triste è la sua espressione invidiosa,” le risponde Hyaskon, con tipica spietatezza medica.
La docente sdegnata punisce con l’indifferenza l’irrispettoso ufficiale.
Poco dopo giungiamo nuovamente ai cancelli della caserma di Kandy. Mi sovviene con una certa preoccupazione che tra una cosa e l’altra ho dimenticato di infilare nei sacchi i membri appetibili della mia squadra, ma sembra che questo non sia un problema: in giro non c’è nessuno. Davanti ai portoni non ci sono neppure le cosiddette sentinelle, abilmente sostituite da un paio di droidi da combattimento alti due metri abbondanti e blindati come mezzi d’assalto. I loro occhietti elettronici sono fissi su di noi, ma quello è il meno. Il problema è che sono fisse su di noi anche le molteplici canne delle due vulcan che i droidi imbracciano.
E adesso che facciamo?” chiede Hyaskon preoccupato.
Tanto per cominciare, ragazzi, non fate mosse brusche,” rispondo, “quei cosi si attivano col movimento e vi garantisco che sono pochissimo inclini al dialogo e al confronto pacifico.”
E poi?”
Temevo questa domanda. Se come credo siamo già entrati nel loro raggio d’azione la cosa più ragionevole è rimanere immobili finché Randall o qualcuno dei suoi sgherri non spengono quegli accidenti.”
Potremmo aspettare finché non esauriscono le batterie,” propone Felsen speranzoso.
Figliolo, i prossimi quindici anni preferirei passarli al bar del circolo ufficiali a bere birra,” gli rispondo senza neppure voltarmi.
Ho paura, voglio la mia mamma…” piagnucola Lawrence.
Mi scappa la pipì,” si lamenta Wolfen.
Passano alcuni angosciosi secondi poi, con molto senso pratico, Hyaskon chiede: “Qualcuno ha modo di avvertire quelli là dentro che ci troviamo in questa scomoda situazione?”
Sarebbe un’ottima idea, a parte il piccolissimo particolare che chi ci dovrebbe rispondere risulta irreperibile. Facciamo svariati tentativi, ma abbiamo un bel da lanciare accorati appelli nei più inusitati codici imperiali: l’etere rimane silente.
Ci guardiamo sconsolati. La prospettiva è quella di rimanere qui immobili finché da dentro non si accorgeranno di noi. Rimpiango di non essere all’entrata della base di Polonnaruwa, almeno il tutto sarebbe durato non più di trenta secondi. Qui, invece, rischiamo di passarci la notte, davanti a questo fottuto cancello.
Con il consueto tono tra l’acido ed il sarcastico, la Du Bal mi chiede: “Capitano, ha intenzione di obbligarci a rimanere ancora a lungo a contemplare quei due insulsi macchinari?”
Quegli insulsi macchinari, professoressa, aspettano solo una sua mossa per crivellarla di proiettili,” le rispondo, “Il che a dire il vero non mi toglierebbe il sonno se non fosse che al momento mi trovo a mezzo metro di distanza da lei.”
Io non credo affatto che sia come dice lei,” ribatte la docente.
Non crede che la sua eliminazione fisica non mi toglierebbe il sonno?”
Lasci perdere le sue battute di pessimo gusto. Io non credo che quei droidi-sentinella si attiveranno per colpirci. Di sicuro il comandante della base li ha programmati affinché ci riconoscano e quindi noi stiamo solo perdendo tempo qui davanti a causa della sua ristrettezza mentale.”
Una dubbio che non ho intenzione di togliermi.”
Passano altri lunghissimi secondi. Ci guardiamo irresoluti. Non sappiamo dove siano finiti tutti, perché ci siano quei due droidi, perché da dentro non vengano a recuperarci. Rimaniamo lì immobili mentre le più fantasiose ipotesi si affollano nelle nostre menti.
Alla fine, all’esimia docente scende la catena. “Ora basta!” proclama solennemente, “Io mi sono stufata. Visto che qui nessuno si muove, andrò io a chiamare il comandante della base, così forse riusciremo finalmente ad andare nelle nostre camere!”
Si alza per scendere dal veicolo.
Immediatamente, i droidi da combattimento si attivano e una cavernosa voce sintetica ci informa che abbiamo trenta secondi per lasciare la zona.
Cazzo! via di qui!” urlo all’autista.
Il sullustiano mi fissa imperturbabile. Avevo dimenticato che non parla la lingua corrente.
Secondo tentativo. Urlo a Rani: “Ordina all’autista di spostare lo sprinter immediatamente!”
Fedele al suo ruolo di rompicoglioni, la Du Bal interviene dicendo: “Capitano, il suo gretto autoritarismo è davvero insopportabile! Io scendo dallo sprinter!”
Lei non fa un cazzo!” urlo agguantandola per un braccio. Poi, rivolto a Rani: “E tu fa spostare questo bidone, porca troia!”
Prego, cosa significare troia? Io curioso di sapere parola nuova,” dice la nostra guida, con il consueto sorriso ebete sul faccione.
Intanto Fjo’ona strilla, le reclute frignano disperate certe che moriremo tutti, lo wookiee si agita mandando bramiti strazianti e Hyaskon ci descrive l’orrendo spettacolo di un corpo crivellato di proiettili. Per una volta, l’unico che non fa casino è Waxen, opportunamente messo in coma farmacologico dal capitano medico.
Veicolo non autorizzato. Ora avete dieci secondi per lasciare la zona…
Rani! Fa spostare lo sprinter, maledizione!”
Finalmente, il torpido sullustiano sembra rendersi conto dell’urgenza della situazione. Conferisce brevemente con l’autista il quale, con grandissima calma, mette in moto e si allontana di qualche centinaio di metri.
Appena in tempo. Sul punto dove ci trovavamo un attimo prima si abbatte un uragano di fuoco che dura un mezzo minuto abbondante. Se fossimo stati lì sarebbero stati acidissimi cazzi per tutti.
Ci guardiamo sconcertati. Nel silenzio spettrale che è calato si sentono solo i piagnucolii di Fjo’ona, che nel trambusto si è rotta un’unghia.
Merda! Cos’è questo casino?” una voce irata proveniente dall’esterno ci fa trasalire.
Mi affaccio e si offre ai miei occhi il seguente spettacolo: tra i fumi che si levano dalle due vulcan, fiancheggiato dai suoi sgherri si erge Randall, gambe larghe e mani a brocca sui fianchi. Ha il berretto da ufficiale in testa, ma indossa solo un gilet di latex nero lucido dal quale l’immonda trippa pelosa deborda ignobilmente. Le pudenda sono coperte da un tanga di pelle con vistosa cerniera sul pacco. Calza gli stivali d’ordinanza e dal polso gli penzola un frustino.
Vorrei dire qualcosa, ma non mi viene in mente nulla. Mi limito a fissarlo con aria ebete.
Che cazzo c’è, capitano?” mi apostrofa bruscamente, “ha visto un fottuto fantasma?”
Magari…”
Insomma, la smetta di dire cazzate. Che accidenti è successo qui?”
Me lo spieghi lei, maggiore. Al posto delle sentinelle c’erano questi due cosi che ci hanno sparato addosso. Abbiamo rischiato di finire come dei colabrodo.”
Randall appare pensoso. Dopo una pausa risponde: “Già… ehm… quei due affari mi sono costati una fortuna, ma non c’è niente di meglio per tenere lontano i curiosi quando facciamo l’orgia.”
Si gratta distrattamente una chiappa. Il lardo del suo corpaccio obeso tremola come un budino.
L’orgia?…” ripeto basito.
Infastidito dalla mia scarsa perspicacia, Randall fa schioccare il frustino con un movimento nervoso e spiega: “Qui ci si annoia di brutto, Veers, per cui ogni tanto per passarci il tempo facciamo un’orgia leather-fetish. Ci procuriamo da bere, qualche ragazza, qualche giocattolo e ci divertiamo un po’. Un innocente svago per far sfogare gli uomini quando sono su di giri.”
Ora mi spiego perché non c’era nessuno di sentinella e alla radio. Erano tutti a trombare di brutto vestiti di pelle nera.
Stiamo così ragionando quando la Du Bal decide che si sente poco considerata e ci raggiunge per partecipare alla discussione. Vede Randall in tenuta sadomaso e quasi le casca la mandibola dallo stupore. Contempla basita l’ufficiale per alcuni secondi, poi chiede: “E questo personaggio abbigliato in maniera oscena chi sarebbe?”
Il maggiore di rimando mi chiede: “Veers, questa vecchia befana sta cercando guai?”
Oh, è la sua specialità, signore,” gli rispondo compitamente. Poi, rivolto alla docente, proseguo: “Professoressa, le presento il maggiore Randall, comandante della guarnigione di Kandy.”
I due si squadrano diffidenti per qualche secondo. Stanno per riprendere lo scambio di piacevolezze quando, sempre reggendosi le tette debordanti, sopraggiunge Fjo’ona.
Roy, io mi sto annoiando,” protesta facendo il broncio, “quand’è che mi porti in camera?”
La Du Bal mi fissa con sdegno, certa che io sia solo un volgare marpione che si approfitta delle fanciulle ingenue, Randall mi strizza l’occhio con aria complice. Non provo neppure a chiarire l’equivoco, otterrei solo di peggiorare la mia posizione.
È sua questa twi’lek?” si informa Randall percorrendone l’anatomia con sguardo bramoso.
Negativo, è del colonnello Waxen,” spiego, “è una specie di segretaria.”
Sì, e io sono un jawa,” risponde il mio interlocutore, “comunque complimenti, è veramente una gran gnocca.”
Roy, mi porti in camera?” insiste la scosciata, lungi dall’offendersi per il greve apprezzamento.
E dai, se la porti in quella benedetta camera, Veers,” mi esorta il maggiore.
Sentendosi finalmente presa in considerazione, Fjo’ona rivolge a Randall il suo sorriso più accattivante.
Grattandola sotto il mento, l’ufficiale dice: “Che c’è, piccola, il capitano qui non ti fa divertire?”
Di nuovo il broncio. “No. Io cerco di fare la carina, ma non mi guarda nemmeno. Siamo come fratello e sorella.”
Dopo la grattatina sotto il mento scatta la manata sul culo. Squittio divertito della twi’lek. Con aria comprensiva, il maggiore le dice: “Poverina. Quel rammollito non sa apprezzare il tuo talento. Vieni, ti presento i ragazzi.”
Le cinge la vita con un braccio e se ne va disinteressandosi di noi.
Io mi assicuro che i droidi da combattimento siano disattivati, poi mando lo sprinter al parcheggio e faccio scendere i ragazzi. Lothar si dirige nella sua camera con Waxen ancora collassato su una spalla. Spedisco in stanza i tre imbranati, lascio che la Du Bal si aggiri dove le pare nella speranza che finisca in un pozzo artesiano, poi mi prendo dietro Hyaskon e vado in cerca di un computer per dare un’occhiata al materiale che mi ha fornito 8T-88.
Ne troviamo uno nell’ufficio di Randall, tra riviste porno, bottiglie vuote e altri reperti.
Lo accendiamo e cominciamo a scorrere i dati contenuti nel laser-disc. Si tratta di testimonianze di civili, copie di rapporti e trasmissioni imperiali, immagini perlopiù agghiaccianti delle efferatezze perpetrate da Kurtz, mappe dei suoi spostamenti.
L’ultima notizia in ordine cronologico è uno spezzone di comunicazione imperiale ad alta priorità nella quale un ufficiale riferisce che la sua unità è stata attaccata e praticamente annientata da indigeni tam-hil e imperiali rinnegati che portavano ornamenti tribali fatti di membra umane. Il luogo del massacro è una zona selvaggia detta dagli abitanti del luogo la Fine di Tutto, situata a nord della città di Nuwara Eliya.
Ha letto, Veers?” mi chiede Hyaskon con un inquietante ghigno sadico, “qui dice che dopo averli ammazzati hanno banchettato con i cadaveri. Guardi, c’è anche una foto…”
È senza dubbio Kurtz,” rispondo inorridito, “domani partiamo.”
Non ne vuole proprio sapere di lasciar perdere, eh?”
Andiamo solo a vedere se è ancora là. Se c’è lo lasciamo in pace e ripassiamo poi con alcune divisioni di truppe d’assalto, non ci tengo a finire nello stomaco dei tam-hil.”
Non sarebbe più pratico mandare dei droidi-sonda?”
Qui non ce ne sono, Randall deve esserseli venduti. Oppure li usa per controllare che i suoi spacciatori non cerchino di fregarlo. Non abbiamo il tempo di farcene mandare altri.”
È così urgente questa missione?”
Direi proprio di sì. Ho a mano la Du Bal che non si regge da quanto è pesa, Waxen che combina un casino dietro l’altro, tre reclute imbranate che sembrano evase da un asilo infantile, una twi’lek ninfomane che gira sventolando tette e culo ovunque e un wookiee che puzza come un dewback morto e lascia pelo dappertutto. Non vedo l’ora di mollare tutta questa gente e tornare al bar del circolo ufficiali e bere birra.”
Il dewback morto non puzza poi tanto,” osserva Hyaskon dopo un po’.
Avevo dimenticato il capitano medico necrofilo,” gli rispondo.
Solo di tanto in tanto,” ribatte l’altro leccandosi le labbra con aria nostalgica.
È proprio sicuro di non voler conoscere Kurtz? Avete un sacco di cose in comune…”
Hyaskon non risponde. Si limita a fissare con interesse la mia giugulare.
Sarà meglio andare,” dico precipitosamente, “i ragazzi si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto.”
In quel momento, sentiamo un urlo agghiacciante provenire dalle profondità dai sotterranei. Dopo alcuni secondi di silenzio si odono altre urla inframmezzate da bestemmie e imprecazioni. La voce è quella di Randall.
Seguendo i clamori, giungiamo ad uno stanzone dove uomini, donne e alieni di vari sessi, tutti vestiti di cuoio, borchie, latex e catene, si avvinghiano sul pavimento in accoppiamenti che sfidano ogni legge della fisica e della biologia. Dappertutto frustini, manette e giocattoli erotici dalle forme più inusitate. Una musica metal rodiana spacca le orecchie.
Randall sta ancora bestemmiando con le mani premute tra le gambe, Fjo’ona si guarda intorno con aria estremamente imbarazzata.
Fottuta puttana cannibale!” urla il maggiore.
Capiamo subito cos’è successo: ‘Rigatone’ ha colpito ancora.
Un po’ di garza e due cerotti e tornerà come nuovo, signore,” gli dice il capitano medico con aria professionale.
Il ferito risponde con una salva di vituperi e contumelie all’indirizzo di Hyaskon, mio, di tutta la mia squadra e soprattutto della twi’lek.
Fjo’ona si mette a piangere, ma come al solito nessuno la caga.
Io e Hyaskon ci guardiamo irresoluti, poi decidiamo che è più opportuno togliere il disturbo.
Allora, noi andremmo…” comincio.
Sì, vada, maledizione, vada!” rantola il maggiore a denti stretti, “si levi dai coglioni. E già che c’è, si porti via il suo branco di sfigati e questa dannata troia carnivora! Da quando è arrivato non ha fatto altro che darmi problemi, mi ha rotto le palle in ogni modo possibile e come se questo non bastasse, quella bagascia maledetta mi ha quasi staccato l’uccello con un morso!”
Vorrei dirgli qualcosa, ma forse non è il caso. Seguiti dalla twi’lek ancora in lacrime, io e Hyaskon ci incamminiamo lentamente su per le scale.
L’ha presa male,” osserva il capitano medico, “era incazzato nero.”
Già, proprio male. Andiamo a mangiare? Ho voglia di una birra.”
Ma pensa sempre alla birra, lei?”
No, qualche volta anche ai cocktail.”
Sempre discorrendo amabilmente, andiamo a recuperare il resto della comitiva e ci dirigiamo verso la mensa per la consueta cena di schifezze indigene.

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Capitolo 9
*** Giorno 6 - Verso la Fine di Tutto ***


Giorno 6 – Verso la Fine di Tutto

Apro un occhio verso le 06:30 e vedo Fjo’ona, con il suo solito baby-doll peccaminoso, che rassetta l’enorme ammontare dei suoi vestiti. Li ha tirati tutti fuori dalla valigia, poi li spiega, li scuote, li ripiega e infine li mette dentro un’altra volta. Non so che significato abbia questa pratica nella convoluta psiche twi’lek, sta di fatto che la ripete più o meno un giorno sì e uno no. Dovrò ricordarmi di chiederle perché lo fa, una volta o l’altra.
Buon giorno, Roy,” gorgheggia l’azzannatrice di membri virili notando che sono sveglio.
Io grugnisco cercando di tirarmi la coperta sulla testa, ma Fjo’ona è incontenibile: mentre rassetta, incurante del mio più che evidente desiderio di continuare a dormire, comincia a raccontarmi di quando faceva l’olomodella per un catalogo di biancheria intima sexy.
Ciarlando vanamente mi descrive le scene di delirio collettivo che si scatenavano al suo apparire vestita di succinti completini di pizzo, gli agguerriti branchi di talent-scout che se la contendevano e la terribile fatica delle sedute olografiche e dei rapporti con gli ammiratori.
A questo punto, io le chiedo: “Sessuali?”
Cosa?” fa la twi’lek colta alla sprovvista.
I rapporti con gli ammiratori. Mi hai descritto oceani di gente che ti idolatrava, mi immagino lo sbattimento di scoparseli tutti.”
Uffa, Roy! Non mi prendi mai sul serio!” protesta la scosciata facendo il broncio.
Ma non mi da un gran gusto infierire sulle miserrime capacità intellettive di Fjo’ona, tanto ormai mi ha già sbrandato, sono di pessimo umore, fuori c’è freddo e il cielo è coperto e ho una gran voglia di tornare al bar del circolo ufficiali a bere birra. Porconando, mi infilo in bagno per fare la doccia e tutte quelle cose che una persona fa di prima mattina.
Mi dirigo poi a fare colazione. La twi’lek dice che deve fare una cosa molto ma molto importante e che quindi mi raggiungerà dopo. Prima di uscire vedo con la coda dell’occhio che sta tirando fuori la solita pinzetta da sopracciglia.
Quando arrivo in mensa si offre ai miei occhi uno spettacolo desolante: i miei effettivi sono stati decimati da patologie assortite. Wolfen ha la febbre e la tosse, Lawrence ha la febbre e si è storto una caviglia e Felsen tanto per cambiare ha la febbre ma anche il vomito. Lothar deve aver mangiato qualche porcata indigena di troppo ed è stato confinato in bagno in preda ad una diarrea devastante. Hyaskon è rannicchiato sulla sedia con la faccia di uno che caga noccioli di pesca, mi sa che non è tanto in forma neanche lui.
Gli unici che stanno benissimo sono Waxen e la Du Bal. La mia solita fortuna.
Voglio la mia mamma…” geme Lawrence con lo sguardo del cucciolo di ewok morente.
Giovane capitano!” mi accoglie Waxen, ginnico e scattante più che mai, “I ragazzi sono andati in libera uscita ieri sera, e guardi che guaio! sono tutti ubriachi!”
Signor colonnello, stiamo parlando di tre imberbi astemi e di un wookiee. Non sono sbronzi, hanno la febbre.”
Giovane e sventato capitano, le devo proprio insegnare tutto? Questi tre bricconi l’hanno abilmente ingannata e sono andati a bere in un locale di malaffare, è evidente.”
Lancio un’occhiata ai tre sfigati ammucchiati, tremebondi e adesso anche febbricitanti. “Voglio la mamma…” ripete flebilmente Lawrence. Gli altri due piangono in silenzio come orfanelli poveri di fronte ad una vetrina di giocattoli.
Che meraviglia, oggi si va alla Fine di Tutto con un lazzaretto ambulante.
Mi rivolgo al capitano medico, che stamattina è più cupo del solito. “Non li può rimettere in piedi in qualche modo, Hyaskon?”
Impossibile,” risponde l’altro categorico.
Quando un medico dice “Impossibile” sento sempre un brivido giù per la schiena.
Come, impossibile? Perché?”
Flogosi diffusa dell’orofaringe con blocco della clearance muco-ciliare ed edema secondario dei tessuti. Presenza di rantoli a grosse bolle ad entrambe le basi polmonari e leucocitosi reattiva.”
Deglutisco a vuoto. Ho capito un 5% di quello che ha detto, ma mi sembra una cosa piuttosto cazzuta. Forse i soldatini stanno male veramente. E chi se lo immaginava?
È… è grave?” chiedo esitante.
Una banale influenza.”
E che cazzo, doc! Mi ha fatto venire un accidente,” rispondo sollevato, “non moriranno mica per un’influenza, no?”
Non si sa mai.”
Dal gruppetto di sfigati salgono lamentazioni strazianti.
Sospiro infastidito e dico: “Ecco! Li ha fatti spaventare. Adesso ce li dobbiamo tirare dietro tutto il giorno in queste condizioni.”
Ho fatto solo il mio dovere di medico,” risponde cupamente l’altro, “è inutile illudere il paziente.”
Altra salva di lamentazioni. Quel necrofilo bastardo mi ha appena creato un bel casino.
Come se tutto ciò non bastasse, interviene il colonnello dicendo: “Signori, vi invito a non essere così accondiscendenti nei confronti di quel gruppetto di furbacchioni. Tutto ciò di cui hanno bisogno è una bella doccia fredda. Impareranno a loro spese che non si esagera con le bevande alcoliche in missione!”
E dai con la leggenda metropolitana della doccia fredda come terapia dell’ebbrezza etilica.
Signore, non sono ubriachi, hanno l’influenza,” spiego pazientemente. “Vero, Hyaskon, che hanno l’influenza?”
Flogosi delle alte vie aeree con rialzo febbrile, sì. È quella che viene comunemente definita influenza.” Conferma il capitano medico.
Dunque anche lei li sta coprendo?” ribatte imperterrito il colonnello. Poi, dopo una pausa, con aria comprensiva aggiunge: “Del resto la capisco: sono stato giovane anch’io e anch’io tenevo le parti dei miei soldati quando alzavano un po’ il gomito.”
Interviene a questo punto la professoressa Du Bal, che effettivamente mancava all’appello. Mi scruta con sussiego e fa: “Devo purtroppo constatare che sta cominciando a trasmettere le sue abitudini da depravato anche a questi ragazzi. Lei è privo del benché minimo barlume di senso morale!”
In che senso, scusi?” odio chi fa discorsi troppo complicati di prima mattina.
Ha lasciato che questi giovani andassero ad ubriacarsi fino a stare male. Io mi vergogno per lei.”
Faccio un lungo sospiro e rispondo: “Professoressa, non ha sentito il capitano medico? Si tratta di influenza.”
Che il capitano medico tenga le sue parti è veramente una sconcezza. Dovrebbe cercare di preservare la salute, non di distruggerla con un veleno come l’alcool.”
Oh, che palle!” sbotto, “le ho già detto che è influenza. Se non è convinta si faccia dare un termometro dal capitano medico, lo infili nel culo di uno dei tre a scelta e controlli se la temperatura è superiore a 37 gradi Celsius o no. E adesso la finisca di rompere i coglioni perché ha già esaurito il bonus!”
Mentre la docente inorridita indietreggia, Waxen severamente mi dice: “Giovanotto, cos’è questo linguaggio mentre si rivolge ad una signora? Mi meraviglio di lei. La ricordavo molto più educato.”
Per un attimo vedo rosso come un reek infuriato e sto per lanciarmi alla gola del colonnello o della Du Bal a scelta, poi ci penso, mi calmo e decido di fottermene. Tanto oggi andiamo alla Fine di Tutto, localizziamo Kurtz, gli mandiamo un paio di divisioni di truppe d’assalto e fine della fiera. Se poi va di lusso, tra un paio di giorni sarò di nuovo all’agognato bar del circolo ufficiali e non vedrò mai più in tutta la mia vita né Alzheimer Waxen né la docente rompicoglioni.
Sopraggiunge a questo punto anche Fjo’ona, come sempre scosciatissima e pitonatissima, che passa ancheggiando davanti a tutta la compagnia e si siede ad un tavolino accavallando le gambe fino a che non si offre ai nostri occhi uno sconvolgente abisso di perdizione. Sul volto di Waxen compare un sorriso vagamente ebete.
Prima o poi bisogna che ti decidi a mettere qualcuna delle innumerevoli mutande che ti sei portata dietro,” le dico, notando che ad eccezione della Du Bal tutti la stanno contemplando con gli occhi vitrei e la mandibola appoggiata allo sterno.
Sono perizomi, non mutande!” ribatte Fjo’ona sdegnata.
Tu mettiteli lo stesso,” rispondo, “così evitiamo possibili scompensi ormonali nelle truppe combattenti.”
Perché si scompensano?” chiede la twi’lek spalancando gli occhioni.
Gentilissimamente, le spiego: “Tesoro, perché tu vai in giro sventolando la passera di prima mattina. L’umano di sesso maschile in età riproduttiva è generalmente piuttosto turbato da questa pratica.”
Perché l’umano… quello che hai detto tu… è turbato?”
Mia cara, perché gli viene voglia di saltarti addosso e scoparti fino a farti diventare ancora più blu di quello che sei.”
Salta su a questo punto la Du Bal dicendo: “Voi uomini siete tutti un branco di sporcaccioni e lei, Veers, è il peggiore di tutti.”
Con aria rassicurante, le rispondo “Stia tranquilla, professoressa, lei può girare anche nuda, se ne ha voglia. Non corre assolutamente nessun pericolo.”
La docente mi lancia uno sguardo inceneritore e mi gira sdegnata le spalle.
Io mi disinteresso di lei e mi verso un caffè. Facciamo colazione in silenzio, mogi come dei wampa su Tatooine. Fuori c’è un tempo di merda, tira vento e pioviggina.
Lasciamo poco dopo la graziosa villa coloniale che dà alloggio alla guarnigione di Kandy. Randall, tuttora incazzato nero per il rigatone di ieri sera, non è neppure venuto a salutarci. Probabilmente sarà intento ad avvolgersi rotoli di garza intorno al pisello malconcio.
Con l’aiuto di Rani, carico a bordo le febbricitanti truppe, la gnocca azzurra, la docente, il sempre più ginnico Waxen e il lugubre capitano medico, che ha già provveduto a rimpinzarsi di compresse di vari colori. Da ultimo sale faticosamente anche il wookiee, che presenta inequivocabilmente la triade sintomatologia dell’animale malato: prostrazione, pelo opaco e sguardo spento. Per inciso, fa anche una puzza che stenderebbe le mosche di una discarica a cinquanta metri. In effetti, avere la diarrea con il culo così peloso dev’essere un problema non da poco.
Gemendo e mugolando va ad accucciarsi in un sedile in fondo. Al suo passaggio la Du Bal ha un mancamento e la twi’lek impallidisce assumendo una tonalità azzurrino-livido. Hyaskon valuta la possibile durata della patologia che affligge le budella di Lothar, ci pensa un po’ su poi ingoia una delle sue compresse e pochi secondi dopo sta già ronfando beatamente, i tre soldatini subiscono in silenzio, troppo avviliti e timidi per protestare. Solo Waxen non sembra particolarmente turbato. Inspira a pieni polmoni e fa: “Ah, l’odore della campagna! Era dai tempi della battaglia di Vohs che non lo sentivo più. O era la battaglia di Holta? Diamine, non mi ricordo più… Maximilian, lei che è sempre così preciso, mi sa dire… mi sa dire…” si interrompe perplesso, poi grida: “Ehi! Cos’è questo ributtante fetore di escrementi?”
Signore, non ha detto che era l’odore della campagna?”
Che sciocchezze, giovane capitano! Questo tanfo vomitevole non ha nulla a che vedere con l’odore della campagna, mi meraviglio di lei.”
Signore, è stato lei a tirare fuori questa storia,” rispondo aprendo il finestrino, “a me sembrava normalissima puzza di merda wookiee.”
E la smetta con questo linguaggio! È un’indecenza!”
Mi allontano prima di macchiarmi di un crimine da corte marziale.
Con questo carico di sofferenza, ci dirigiamo verso Nuwara Eliya attraversando una zona montagnosa e piena di vegetazione. Ogni tanto ci sono anche dei campi con i sullustiani al lavoro, un quadretto bucolico che spezza la monotonia della giungla.
Cosa coltivano qui?” chiedo a Rani.
L’autoctono proferisce un irripetibile fonema nella sua madrelingua.
E sarebbe?”
Ripete il suono di prima più lentamente, poi aggiunge: “Erba buona per fare spacca-cervello!” e mi guarda compiaciuto.
Guardo di nuovo fuori. Altro che scenette bucoliche, questi sono narcotrafficanti al lavoro!
Buona per spacca-cervello!” ripete Rani, “Ottima qualità, sballo lungo, viaggio buono, niente mostri!”
Mostri?”
Se la sostanza non è pura si rischiano allucinazioni estremamente realistiche di creature mostruose. C’è gente che ha perso la ragione in seguito allo shock.”
Mi volto con gli occhi pallati: chi ha parlato è la Du Bal.
E lei come lo sa, prof?”
Ma… ma è ovvio. Tutti lo sanno,” risponde la docente imbarazzata.
Non è che durante le contestazioni universitarie si è fatta qualche canna con i suoi studenti?” le chiedo con aria complice.
È assolutamente ridicolo,” sbuffa indignata la professoressa, “le sue basse insinuazioni non mi sfiorano neppure!” Dopo una pausa sdegnosa aggiunge: “E poi lo sanno tutti che lo spacca-cervello non si fuma ma si ingerisce.”
Ne sa più di un pusher rodiano, vedo.”
Lei è uno screanzato ed uno zoticone,” conclude con sussiego la Du Bal, quindi cessa di darmi udienza e si dedica ad una delle sue letture in una qualche lingua aliena.
Procediamo per un po’, poi mi si avvicina Wolfen che timidamente mormora: “Signor capitano, mi… mi scappa la pipì…”
Mi avrebbe stupito il contrario,” rispondo con un sospiro.
Troviamo un bello spiazzo e ci fermiamo in mezzo alla natura ubertosa, ai piedi di una graziosa cascata. Già che ci siamo, faccio scendere tutti e ordino un quarto d’ora di pausa.
Wolfen sparisce in mezzo ai cespugli; Fjo’ona si aggira svagata raccogliendo fiori. Senza allontanarsi troppo dal mezzo, Felsen e Lawrence osservano incuriositi alcuni trafficanti di spacca-cervello al lavoro in un campo; Lothar va a bere alla cascata uggiolando pietosamente; Waxen salta giù dal mezzo, fa due o tre molleggi sulle gambe, inspira a pieni polmoni con le mani sui fianchi quindi si mette a mingere contro la fiancata dello sprinter. Non so se abbia capito che sta pisciando contro il suo finestrino, comunque lo lascio fare: se lo distraggo è capace di girarsi di colpo con l’uccello in mano e farmi la doccia.
Non si vedono Hyaskon e la Du Bal. Il capitano medico dev’essere a bordo che ronfa. Per quanto riguarda la docente, spero si stia già incamminando verso il duodeno di un nexu.
Sto così ragionando tra me e me quando vedo Wolfen avvicinarsi con passo malfermo. Ha gli occhi pallati ed è bianco come un cadavere.
Ehi, che ti succede?” gli chiedo preoccupato.
Mi fissa con aria assente, apre la bocca per rispondere ma prima di poter emettere un suono cade in deliquio e se non ci fossi io a prenderlo al volo si abbatterebbe al suolo come un albero tagliato. Fjo’ona strilla come se le avessero piantato un forchettone da grigliata nel culo. Lawrence e Felsen si precipitano sul compagno caduto, ma siccome sono due inetti non sanno bene che fare e mi fissano irresoluti.
Come sempre, strappo Hyaskon ai suoi paradisi artificiali e gli ingiungo di accertarsi delle condizioni cliniche di Wolfen.
Con aria annoiata, il capitano medico esamina il paziente, lo palpa, lo ausculta, lo scruta e infine dice: “Già, certo. Un caso singolare ma abbastanza semplice.”
Cos’ha?”
Episodio lipotimico legato ad atteggiamento fobico in personalità immatura.”
Me lo traduca in imperiale, doc.”
Mentre pisciava gli è andata una sanguisuga sul pisello e lo shock lo ha fatto svenire,” risponde l’altro. Dopodiché tira fuori un paio di pinzette, traffica un po’ sul corpo del caduto e mi mostra trionfante un vermiciattolo nero che dev’essere lungo a occhio e croce un centimetro e mezzo e largo non più di tre millimetri.
E quel deficiente è svenuto per un affarino così piccolo?” chiedo incredulo. Ma non ho bisogno di attendere la risposta affermativa del dottore: Lawrence e Felsen stanno fissando l’anellide con gli occhi dilatati dal terrore e il loro colorito sta virando verso il bianco cadaverico. Li spedisco sul mezzo prima di doverli caricare su a braccia.
Hyaskon fa rinvenire Wolfen con la consueta somministrazione di schiaffazzi, poi fa salire anche lui a bordo dello sprinter e ripartiamo.
Ricomincia il susseguirsi di foreste e campicelli.
Vista la monotonia del paesaggio, mi sistemo comodamente sul sedile e chiudo gli occhi con l’intenzione di farmi una dormita. Passa qualche minuto poi sento la voce della Du Bal che esitante chiama: “Dottor Hyaskon…”
Che c’è?”
La docente esita e tra le palpebre socchiuse la vedo lanciarmi una rapida occhiata. Probabilmente vuole accertarsi che io stia dormendo. Siccome odio deludere il prossimo, mantengo un’immobilità totale e attendo lo svolgersi degli eventi.
Ecco, vede…” comincia a bassa voce, “quando ci siamo fermati mi è occorso un incidente alquanto spiacevole…”
E sarebbe?”
Io sono andata… insomma, ho fatto… lei mi capisce…”
Veramente non tanto,” la interrompe Hyaskon insensibile al suo imbarazzo.
La docente lo fulmina con lo sguardo e prosegue: “Ho avuto necessità di appartarmi per un’impellenza fisiologica e… mi sono pulita con delle foglie...”
Il capitano medico la fissa con aria di cortese interesse.
Io… spero che non sia nulla,” prosegue la Du Bal, “ma ora sento pizzicare e avendo assistito all’episodio della sanguisuga non vorrei che…”
Tutto qui?” la interrompe Hyaskon, “faccia vedere, forza!” E tira fuori le pinzette.
Cosa? Qui davanti a tutti?” grida la docente inorridita.
Vede dei separé, per caso?”
Ma io… ma io non posso mostrare le pudenda a un uomo e per di più davanti a dei militari!”
Se vuole chiamiamo Fjo’ona.”
Il sessantanove è la mia specialità,” interviene la twi’lek, sicura che le stiamo per chiedere un duetto lesbo. “Preferisci stare sotto o sopra, Ophelia?” si informa cortesemente.
La Du Bal boccheggia come un quarren. “Non se ne parla nemmeno,” ansima infine, “io non mostro le mie parti intime a chicchessia e non mi presterò alle sudice perversioni di un’aliena dalla dubbia moralità. Esigo un medico donna!”
A questo punto intervengo io dicendo: “Prof, sia seria. Dove diavolo la troviamo una dottoressa in mezzo a questa foresta?”
La docente assume un colorito rosso porpora royal guard. “Lei ha sentito tutto!” grida con voce strozzata.
Sì. È stato uno spasso.” Rispondo col consueto sorriso disarmante.
Lei… lei è un pervertito senza principi morali!…” ansima la Du Bal al colmo dello sdegno.
Già. Non è la prima che me lo dice. Comunque ribadisco che secondo me sarà impossibile trovare un medico donna qui in mezzo.”
Lei lo deve trovare!” grida la professoressa. Dal tono di voce direi che è pericolosamente vicina all’attacco isterico.
Fortunatamente, interviene Rani dicendo: “Io sa dove medico femmina. Io portare!”
OK, portaci dalla dottoressa,” rispondo, “così vediamo se la nostra esimia docente si calma.”
L’esimia docente mi lancia uno sguardo che incenerirebbe una paratia antilaser.
Lo sprinter fa una piccola deviazione e ci addentriamo per un viottolo sterrato fino a raggiungere un grande edificio seminascosto tra gli alberi. Davanti c’è uno spiazzo dove alcuni sullustiani scaricano sacchi pieni di foglie e poi li portano all’interno della costruzione. Mi sorge un dubbio.
Rani, è quello che penso io?”
L’indigeno fa un sorriso che mostra tutti i denti posseduti dalla sua specie (ovvero pochi) e trionfante risponde: “Sissignore! Questa grande fabbrica di spacca-cervello! Qui entrare foglie, là uscire belle pillole colorate. In mezzo, luuunga lavorazione!” Si sbraccia cercando di darmi un’idea della lunghezza della suddetta lavorazione.
Sospiro. Ci mancava anche la fabbrica di spacca-cervello. Cerco di immaginare Waxen dopo l’assunzione di una dose e con un brivido di orrore decido di pensare ad altro.
Qui c’è una dottoressa?” chiedo basito a Rani.
Tu seguire. Da lei ti porterò.” Ed entra nella fabbrica.
Attraversando tutte le fasi di lavorazione della droga, io e la docente gli teniamo dietro fino ad una stanzina che evidentemente funge da ambulatorio. Dentro c’è un ayuboa ithoriano, con un immacolato camice bianco.
Ecco dottora!” proclama trionfante la nostra guida.
In effetti, dei sei sessi ithoriani l’ayuboa è quello che si avvicina maggiormente al nostro concetto di femmina.
Se è uno scherzo, è davvero di pessimo gusto…” mormora speranzosa la docente. Segue un silenzio inquietante.
Il lumacone di due metri e quindici fissa la paziente con sguardo mite e proferisce qualche vibrazione a bassa frequenza, il che, in ithoriano, corrisponde ad un saluto.
Io esibisco alla Du Bal il consueto sorriso disarmante e dico: “Ora noi ci assentiamo e lasciamo voi signore a discutere per conto vostro. Visto che è docente di lingue aliene, spieghi pure alla dottoressa che ha una sanguisuga nella passera e veda cosa le consiglia. La torniamo a prendere tra una mezz’oretta.”
Mi allontano ghignando. Dalla porta la docente mi lancia lo sguardo del naufrago che vede sparire all’orizzonte l’ultima scialuppa di salvataggio.
Mi dirigo allo sprinter, dal quale spero ardentemente che nessuno nel frattempo si sia allontanato.
Giunto là trovo Hyaskon che dorme, Lothar che guaisce e i tre soldati intenti a parlare tra loro con aria concitata. Di tanto in tanto si indicano a vicenda Fjo’ona, che sta vagando con andatura malferma e sguardo perso all’infinito e intanto canterella a bassa voce una specie di nenia nella sua lingua.
Non vedo Waxen da nessuna parte, ma al momento è un problema posticipabile: ora ho un orrendo sospetto a proposito della nostra twi’lek.
Ragazzi, che ha Fjo’ona?” chiedo ai tre imbranati.
Non lo sappiamo, signore,” risponde Felsen cercando maldestramente di mettersi sull’attenti, “ha mangiato una caramella rosa e poi ha cominciato a fare cose strane.”
Il sospetto comincia a concretizzarsi.
E dove l’ha presa la dannata caramella rosa?”
Gliel’ha data uno degli operai, signore.”
Proferisco alcune sentite imprecazioni. Come immaginavo, la caramella rosa è la temutissima varietà di spacca-cervello detta ‘laguna di sogno’, che dà una sensazione di immenso benessere, pace interiore e armonia col cosmo. La cretina se l’è mangiata e adesso è in fattanza come un balosar.
Raggiungo la pitonata e le chiedo come sta.
“…Benissimo…” mi risponde con aria sognante, “… sto benissimo… qui è tutto così bello… è meraviglioso vedere la natura… i sullustiani che lavorano… le piante… i fiori…” si interrompe e dopo alcuni secondi di contemplativo silenzio ricomincia a cantare la sua nenia a bassa voce.
Torno sacramentando verso lo sprinter. Adesso ce la dobbiamo ciucciare in versione amore universale per almeno un giorno, poi andrà in down e per altri due giorni sarà intrattabile, acida, rompicoglioni, polemica e sarcastica. Tutto le farà schifo, tutti le staranno sul culo e starle vicino sarà piacevole come avere una scimmia-lucertola kowakiana attaccata alle palle.
Mi volto verso le tre reclute e con aria severa chiedo: “Voialtri non avrete mica mangiato caramelle strane, vero?”
Sussultano e deglutiscono a vuoto.
Le avete mangiate?”
No… nossignore.” Risponde Wolfen con voce tremula.
Avanti, date qua quelle che avete!” ordino.
Con aria colpevole mi consegnano una quantità di spacca-cervello in grado di ribaltare un bantha adulto per una settimana.
E queste dove le avete prese?”
Si guardano irresoluti.
Non dovreste accettare caramelle dagli sconosciuti,” li ammonisco, “non ve l’ha spiegato la mamma?”
Altro scambio di sguardi preoccupati.
Forse è meglio che glielo dici,” consiglia Lawrence a Felsen dopo un silenzio imbarazzato.
Non era uno sconosciuto, signore. Era il signor colonnello,” si decide a dire quest’ultimo, “ha detto che i ragazzini devono mangiare le caramelle e non andare fuori a sbronzarsi. Perché ha detto così, signore? Noi non beviamo alcolici…”
Perfetto. Adesso il vecchio fossile si mette a fare anche il pusher.
Con un sospiro di esasperazione rispondo: “È una questione un po’ lunga, figliolo. Non mangiate quelle caramelle, altrimenti andate fuori di testa come dei gundark in calore. Anzi, andate a bordo dello sprinter e aspettatemi lì.”
È arrabbiato con noi, signore?” chiede Felsen preoccupato.
Abbiamo fatto qualcosa di male?” insiste Wolfen.
Negativo, non ce l’ho con voi,” rispondo con l’ennesimo sospiro. Non è colpa vostra se siete scemi.
Con animo funestato dai più cupi presentimenti, vado alla ricerca del colonnello.
Lo trovo subito: nudo come una dianoga, sotto una cascata, in acqua fino alle anche, sta cantando a pieni polmoni l’inno del suo reggimento.
Quelle caramelle sono fantastiche!” mi grida fra una strofa e l’altra, “le ho provate tutte: rosse, gialle, verdi, rosa, blu, viola… sono buonissime! Mi hanno addirittura fatto andare via quel fastidioso mal di schiena che mi portavo dietro da… quella volta che… Diamine! Non mi ricordo, ma che importa? Mi verrà in mente!” E ricomincia a cantare a squarciagola.
Mi siedo su un sasso lì vicino. OK, Roy, esaminiamo la situazione: il capitano medico è collassato nello sprinter in fattanza da ansiolitici, il wookiee ha il torcibudella, le tre reclute, già di loro disperatamente idiote, sono febbricitanti, Fjo’ona si sta facendo un trip da Laguna di Sogno e tra un po’ arriverà anche la Du Bal incazzata per lo scherzetto dell’ayuboa ithoriano. Inoltre, come se tutto ciò non bastasse, quel rincoglionito globale di Waxen si è mangiato tanto di quello spacca-cervello che se non gli si schiantano gli ultimi neuroni rimasti entro breve comincerà a emettere luce.
Mentre sono immerso in queste dolorose meditazioni sopraggiunge proprio la Du Bal, con la passera finalmente disinfestata. Ha le mani a brocca sui fianchi ed è incazzata come se un rangkor le avesse morsicato il culo.
Com’è andata, prof?” le chiedo con un sorrisino di circostanza.
Andiamo via,” è l’unica risposta che si degna di fornirmi.
Impossibile.”
Impossibile? Come sarebbe a dire?”
Senza aggiungere altro le indico Waxen, che intanto è passato dall’inno del reggimento alle canzoni sconce e nella fattispecie sta sbraitando una strofa di inaudita volgarità su Ilona la Tettona che apre le cosce all’arrivo di Zorano il Gamorreano.
Cos’è, uno dei suoi scherzi di pessimo gusto?”
Magari…”
Rimaniamo entrambi in silenzio a contemplare l’agghiacciante spettacolo. Evidentemente, il cocktail di vari spacca-cervello che il colonnello si è mangiato gli ha per prima cosa fottuto i circuiti inibitori e poi lo ha reso libidinoso come uno hutt nella stagione degli amori. Cose molto tristi.
Dopo un po’ l’esimia docente decide che ne ha abbastanza e con tono perentorio mi dice: “Capitano, io esigo di andare via!”
Lo dica al colonnello. Stiamo aspettando lui, appena ha finito di fare il bagnetto ce ne andiamo.”
Io lo dicevo a scopo provocatorio, ma la Du Bal mi prende in parola, si rimbocca la sottana e si dirige risolutamente verso lo specchio d’acqua.
Colonnello, esigo di andare via!” gli dice con tono perentorio.
Bella gnocca, vieni qui che ti do del salamino!” risponde Waxen accompagnando le irrispettose parole con gesti inequivocabili.
La professoressa ha un attimo di smarrimento, il colonnello ne approfitta per farle avere anche la seconda salva: “Levati quei vestiti, culona, che ti spalmo di panna montata e ti lecco tutta come un gelato!”
L’esimia docente gli volta le terga e fugge a gambe levate. “Quell’uomo è un orribile pervertito e non è in possesso delle sue facoltà mentali!” si sente in dovere di informarmi passandomi accanto.
Rimango solo a contemplare lo sfacelo neuronale del mio superiore e di nuovo mi sovviene che alla fine non sarebbe poi così male mollarlo qui in fattanza e darlo per disperso.
Intanto che io valuto questa possibilità, il colonnello segue con uno sguardo di nostalgia il deretano della professoressa in fuga poi fa: “Vieni a lavarmi la schiena, biondino?”
Ma signor colonnello!” protesto, colto alla sprovvista.
Ogni buco è trincea, diciamo dalle nostre parti. Non sarai una ballerina twi’lek, ma io sono uno che si accontenta!”
Non so se prenderlo come un complimento, comunque mi fa venire un’idea. “Non si muova,” rispondo, “visto che è un estimatore del genere, le mando una ballerina twi’lek!” e vado in cerca di Fjo’ona.
Essendo la nostra aliena in pieno trip da amore universale, è ancora più facile del solito convincerla a fornire prestazioni sessuali. Le spiego ciò che deve fare e finalmente, qualche tempo dopo, possiamo ripartire alla volta di Nuwara Eliya. Nel corso dell’operazione il colonnello dev’essere andato pericolosamente vicino all’infarto del miocardio, ma almeno adesso è esausto e non rompe i coglioni.
Giungiamo alla nostra destinazione nel primo pomeriggio. È una cittadina piuttosto cupa, con case in stile coloniale. Nulla di ciò che vediamo ci evoca una ‘Città della Luce’, che a quanto mi ha spiegato Rani sarebbe il significato in sullustiano di Nuwara Eliya. Ci sono nuvole basse, tira vento e pioviggina. Indigeni poco amichevoli ci rivolgono occhiate torve.
Che allegria,” commenta Hyaskon con tono lugubre.
Credevo che questo tempo le piacesse,” rispondo.
Mi fa cagare. Sarò anche un necrofilo, ma tra le mie perversioni non c’è quella di andare in giro bagnato fino alle ossa con un freddo bastardo che ti fa diventare le palle come prugne secche.”
Hyaskon, per caso si è mangiato anche lei dello spacca-cervello?” mi informo stupito.
Negativo, ma forse non sarebbe stata una cattiva idea.”
Ogni lasciata è persa,” commento con un sospiro. Nello sprinter cala nuovamente il silenzio.
La base imperiale, che raggiungiamo dopo aver attraversato la ridente cittadina, è accogliente come un convento B’Omarr durante il digiuno rituale: si tratta di un caseggiato grigio dall’aria slavata e fatiscente circondato da alcuni giri di filo spinato arrugginito. Una bandiera imperiale pende miseramente, floscia e bagnata, dalla sua asta.
Che posto romantico…” sospira Fjo’ona guardando fuori con espressione trasognata e anche vagamente beota.
Non facciamo in tempo a risponderle che il portone della caserma si socchiude e ne sguscia fuori con circospezione un omettino macilento dall’aria dimessa. Dato l’aspetto da derelitto, sulle prime pensiamo che sia una specie di impiegato civile, poi lo guardiamo meglio e ci accorgiamo che non solo ha un’uniforme imperiale, ma ha anche i gradi di capitano.
Sta a vedere che ‘sto sfigato è il comandante della base,” fa Hyaskon.
Addossato alla porta dalla quale è appena uscito, l’omino ci guarda strizzando occhi da miope e si intuisce chiaramente che ha una gran voglia di fiondarsi di nuovo dentro e chiudersi a chiave.
Mi sa che ha ragione, doc,” rispondo costernato. Poi, dopo’lcuni secondi aggiungo: “Chissà come cazzo ha fatto questo derelitto a diventare un ufficiale imperiale. In ogni caso, sarà meglio che vada a parlargli.”
Dopo il trattamento della nostra twi’lek il colonnello è ancora in stato soporoso, quindi vado a conferire col tizio senza dover perdere tempo a distrarre il mio superiore.
Visto da vicino, l’omiciattolo è di una tristezza sconfortante: sono indeciso se somiglia più ad un ewok spelacchiato o a un jawa coi capelli (pochi, peraltro). Ha le spalle spioventi, il colorito malsano e lo sguardo sfuggente, sembra evaso da un opuscolo sulle conseguenze nefaste della masturbazione.
Capitano Roy Veers della flotta imperiale,” mi presento, “ho una missione di priorità uno.”
L’altro sussulta e risponde con voce tremula: “Priorità uno? Santo cielo, cosa potrà mai essere? Cosa potranno volere da noi? Siamo solo una piccola base, abbiamo pochi uomini, gli approvvigionamenti arrivano con difficoltà, noi non possiamo…”
Calma,” lo interrompo, “stiamo solo cercando una persona.” Non aggiungo altro. Qualcosa mi dice che se nomino Kurtz questo tizio mi crepa d’infarto senza passare dal via.
Una persona?,” ripete l’altro costernato, “una persona? Ossignore, oh santo cielo, poveri noi! E se poi questa persona non si trova? Che succederà? Manderanno sicuramente un’ispezione, vorranno interrogarci sulla nostra inefficienza. E poi chi glielo spiega che qui facciamo quello che possiamo, che siamo solo una piccola base che a stento riesce a sopravvivere? Non ci crederanno mai, saremo deportati tutti alle miniere di Kessel…”
Tace, a corto di fiato e di argomenti. Mi fissa ansioso con la faccia di uno che sta cagando noccioli di pesca.
Ma perché fa tutto questo casino?” gli chiedo con sincera curiosità, “Ci serve solo un alloggio per stanotte, non siamo mica ispettori.”
Un alloggio, dice lei, un alloggio!” ribatte l’altro, “Come se fosse facile! Lei non ha idea dei problemi che abbiamo qui!” E ricomincia per la terza volta con l’elenco delle sue disgrazie.
Contrattiamo per un po’ e alla fine, tirando in ballo Tarkin in persona e bluffando spudoratamente su una sua eventuale ispezione alla base di Nuwara Eliya, ottengo ciò che mi serve: il capitano Feige ci cede a malincuore quattro stanze, nonostante l’idea che una twi’lek e un wookiee scorrazzino nella sua base sia sufficiente a riempirlo di terrore. “Non dormirò stanotte, capitano Veers,” mi confida con aria afflitta, “E se quel bestione morde qualcuno? E se gli uomini perdono la testa per colpa di quella ballerina in abiti sconci? E se i suoi novellini combinano qualche guaio? per non parlare di quella docente! Una civile! Se le succede qualcosa di chi è la responsabilità?”
Anche la twi’lek è una civile.”
La mia banale osservazione lo manda in un parossismo di ansia, tanto che sono indeciso se chiamare Hyaskon.
Mentre sto ancora valutando questa eventualità, Feige mi chiede: “A proposito: dov’è la persona che state cercando, capitano?”
Il posto si chiama La Fine di Tutto. A quanto ne so dev’essere qua intorno.”
Il mio collega sbianca in viso, fa gli occhi pallati, spalanca la bocca e si porta una mano al petto indietreggiando. Adesso cade stecchito, penso. Immagino già la mia comunicazione a Tarkin: Governatore, abbiamo avuto un problemino qui a Nuwara Eliya, il comandante della base è morto d’infarto quando gli ho rivelato l’obiettivo della nostra missione. Che faccio?
Ma Feige non cade stecchito. Ansimando, mi dice: “Capitano, lei dev’essere impazzito! Lei non può andare là, è pericolosissimo!”
Cercando di apparire disinvolto, gli rispondo: “Via, che ci sarà mai?”
La risposta è un grido strozzato: “Kurtz! C’è Kurtz! Quello è il suo covo!”
E allora?”
Sa almeno di cosa sto parlando?”
Direi. È proprio lui che stiamo cercando.”
Forse se l’avessi preparato con un po’ più di tatto alla sconcertante rivelazione sarebbe stato meglio. Incurante dello stupore che il suo comportamento mi suscita, l’omino mi gira le spalle, si mette le mani sulle orecchie e rivolto a qualche misterioso interlocutore a me ignoto, comincia a dire: “Alla Fine di Tutto! Vuole andare alla Fine di Tutto, questo qua. Si presenta con la sua faccia tosta nella nostra base che già di suo ha i suoi problemi e sopravvive a stento e mi dice che vuole andare alla Fine di Tutto. Così, come uno direbbe che va a fare shopping in centro. Vuole andare da Kurtz. E che ci va a fare da Kurtz? E se poi Kurtz si arrabbia e decide di venire qui a fare una rappresaglia? Chi lo ferma? Io non voglio finire squartato da quattro gundark o bollito vivo! Moriremo tutti! No, non voglio. No…” la voce gli si affievolisce in un mormorio confuso.
Io alzo le spalle perplesso e faccio cenno allo sprinter di avvicinarsi. Credevo che il corpo ufficiali dell’Impero avesse raschiato il fondo del barile con il sottoscritto, ma evidentemente non c’è limite al peggio.

Ci sistemiamo nella base, che è di uno squallore infinito, e subito dopo ci prepariamo alla spedizione. Ho dovuto lasciare in branda Wolfen e il wookiee perché sono in condizioni pietose, ma gli altri me li tiro dietro. Se troviamo Kurtz posso sempre lasciare indietro la Du Bal e Waxen per coprire la nostra ritirata, così prendo due bog-wing con uno scurrier.
Quando sente che abbiamo effettivamente intenzione di partire, Feige quasi ha un collasso. “Oh no, capitano, lei non può andare là, lei non ha la più pallida idea di quanto sia pericoloso! Senza contare che espone noi tutti al rischio di una terribile rappresaglia…” si interrompe e mi fissa speranzoso, ma io rimango impassibile.
L’altro riprende: “E poi… il tempo è troppo brutto! Sì, certo. Troppo brutto. La strada non è percorribile.”
Io guardo fuori e rispondo: “Sia serio, collega. Vengono giù si e no due gocce di pioggia.”
Ma c’è il pantano, la nebbia, le frane, le inondazioni…”
Senta,” lo interrompo, “io ne ho le palle piene di Kurtz e di questo pianeta di matti e ho un desiderio morboso di allontanarmi da tutto ciò e tornare al bar del circolo ufficiali – dove la temperatura è confortevole e non ci sono insetti, peraltro – a bere birra. Quindi, in sintesi, o lei mi spiega come faccio a raggiungere la dannata Fine di Tutto, oppure accendo il navigatore satellitare dello sprinter e ci vado per conto mio.”
Non con quello sprinter,” cede infine l’omiciattolo, “è troppo pesante. Le darò il nostro mezzo di servizio. Mi farà venire le palpitazioni, Veers.”
Poco dopo partiamo alla volta della Fine di Tutto stipati all’interno di una specie di AT-ST leggermente più grande del modello standard. Io ho Fjo’ona sulle ginocchia, la Du Bal da una parte e Hyaskon dall’altra e va di lusso che non c’è il wookiee, se no me lo trovavo sdraiato addosso tipo pelliccia.
Waxen, Felsen e Lawrence sono alle mie spalle. Il colonnello, purtroppo non più collassato, sta raccontando un complicato aneddoto di guerra alle due reclute superstiti. Anche se si è mangiato una quantità di spacca-cervello che avrebbe steso un plotone di sandrtrooper in assetto di guerra non sembra molto diverso dal solito, segno che neppure la potente droga riesce ad intaccare la sua perniciosa demenza di Alzheimer.
Il mezzo procede con sobbalzi e scossoni per un tempo indefinibile (in queste condizioni anche un minuto diventa lunghissimo) e poi si ferma. Uno dei piloti si gira e mi dice: “Da qui in poi dovete andare a piedi, signore, il terreno è troppo cedevole. Rischieremmo di ribaltarci.”
Un’altra bellissima notizia.
È lontano?” chiedo cercando di scrutare fuori dalle feritoie.
Non lo sappiamo, signore. Nessuno è mai stato nel covo di Kurtz ed è tornato indietro per dire dov’era. Comunque c’è un sentiero.”
Con qualche difficoltà scendiamo dal mezzo. Il posto è a dir poco spettrale: siamo in una specie di brughiera ondulata e coperta di erbe alte. Bestiacce gracchiano in lontananza. C’è un vento che non si sta dritti, ma nonostante ciò l’atmosfera è piuttosto nebbiosa. Misteri del clima di Sullust.
Noi vi aspettiamo qui, signore,” mi dice uno dei due piloti prima di sprangare il portello dell’AT-ST, “non ci teniamo a finire scorticati vivi o a trovarci un cavo dell’alta tensione infilato nel culo.”
Sentito, prof?” dico rivolgendomi alla Du Bal, “corrente elettrica nel deretano. Scommetto che con un trattamento del genere si metterebbe a ballare persino lei.”
La docente tace sdegnata e tutti ci incamminiamo sotto il cielo cupo. L’unica che non è di umore plumbeo è Fjo’ona, tuttora in fattanza da Laguna di Sogno.
Durante la marcia assistiamo all’ultima stravaganza del cervello bacato di Waxen: il colonnello si mette a raccogliere funghi. Si è procurato un sacchetto e ci mette dentro oggetti vagamente rotondeggianti che trova per terra: sassi, tuberi, cacche di dewback e così via. Il che va benissimo, perché si allontana dal gruppo per cercare i suoi funghi e non rompe le palle. Basta solo che poi non si metta in testa di farli in umido stasera.
Fjo’ona passeggia con aria svagata e sguardo perso all’infinito, talvolta aiuta il colonnello nella sua raccolta, talaltra annusa un fiore o insegue creaturine colorate che svolazzano ridendo come una scema.
La Du Bal, che arranca ansimando, trova il modo di fissarmi severamente e di dirmi che è uno scandalo che questo sentiero sia così dissestato, come se fosse colpa mia.
Lawrence e Felsen, orbati del loro compagno, hanno l’aria ancora più spaurita e derelitta del solito, il che significa che impietosirebbero un gundark affamato.
Al mio fianco, cupo e pessimista come sempre, Hyaskon fa: “Ci prenderanno e ci faranno a pezzi, vedrà.” Poi, dopo una lunga pausa, aggiunge: “A proposito, ce l’ha ancora quella fiala di morte dolce che le diedi a Sigiryia?”
Come potrei separarmene?” gli rispondo toccandomi parti irriferibili. In realtà si tratta di una menzogna immonda. La fiala l’ho buttata via con orrore non appena sono riuscito ad eludere la sorveglianza dell’ufficiale medico.
Vedrà che la dovrà usare.”
Negativo. Non intendo esporre la squadra – o peggio la mia persona – a inutili rischi. Arriviamo in vista del campo di Kurtz, guardiamo col binocolo se c’è formicolio di gente e in caso affermativo ci segniamo le coordinate per un attacco aereo. Fine della trasmissione.”
Veers, anche un capitano medico come me capisce che il suo piano fa acqua da tutte le parti.”
Devo dire che qualche dubbio mi era venuto, comunque chiedo: “E cosa ci sarebbe che non va nel mio piano, secondo lei?”
E se non formicola nessuno perché sono tutti a fare la siesta pomeridiana? E se quelli che vediamo formicolare non sono gli scagnozzi di Kurtz ma degli innocenti civili? E se Kurtz si accorge che arriviamo e ci cattura?”
Insomma, basta!” rispondo seccato, “ci avvicineremo di soppiatto e guarderemo con attenzione quelli che formicolano nella base. E se non vediamo nessuno tanto peggio per loro. Ordineremo l’attacco aereo ugualmente, così imparano!”
Così discorrendo arriviamo a un bivio. Un sentiero si addentra nella brughiera e si perde nelle nebbie, l’altro, contrassegnato da un cartello con scritto “Fine di Tutto”, si infila in una foresta e sembra ricavato dal letto di un torrente in secca.
Pare che ci siamo,” dico, “da adesso in poi fate silenzio e non allontanatevi.”
Incontro lo sguardo scettico del mio collega e mi rendo conto della cazzata che ho appena detto: la Du Bal si sente immediatamente in dovere di spiegarmi che lei va esattamente dove le pare nel momento in cui le pare di farlo, Fjo’ona vaga qua e là canticchiando e raccogliendo fiori e Waxen percorre le colline piegato a novanta borbottando fra sé e sé. Gli unici che mi stanno orribilmente appiccicati sono Lawrence e Felsen, che si sentono abbandonati e hanno tanta paura.
Come non detto,” proseguo, “andiamo a vedere dov’è questo dannato Kurtz. Ogni minuto che mi separa da lui mi separa anche dal bar del circolo ufficiali.”
Procediamo con cautela. Dopo un bel po’ di strada in salita la foresta termina bruscamente: di fronte a noi si apre uno spiazzo con alcuni edifici malandati e subito dopo c’è un agghiacciante strapiombo che a prima vista direi sui settecento metri.
Ci acquattiamo tra i cespugli, anche se il posto sembra non solo completamente deserto, ma anche abbandonato da tempo.
È la Fine di Tutto,” dice Hyaskon alle mie spalle.
Sicuro?”
Non si può andare oltre.” E indica il burrone.
Segue un inquietante silenzio.
Metto in azione i rilevatori di movimento, calore corporeo e balle varie, ma gli strumenti rimangono silenti.
Non c’è nessuno,” osserva l’ufficiale medico.
Sembra di no,” rispondo. Poi mi volto verso i due soldatini tremebondi e dico: “Ragazzi, che ne direste di andare a fare un bel sopralluogo? Se trovate Kurtz ci avvertite con il com-link.”
I due sbiancano e mi fissano con occhi pallati dall’orrore.
Scherzavo, dai! L’ho detto solo per scuotervi un po’. Rimanete qui e non fate casino, andiamo io e il capitano medico.”
Le reclute, che se la sono quasi fatta addosso dalla paura, annuiscono con aria sollevata e strisciano sotto un arbusto dove si raggomitolano diventando praticamente invisibili. Spero di ricordami dove li ho lasciati, perché altrimenti ritrovarli sarà un bel casino.
Io e Hyaskon ci incamminiamo con circospezione, anche se non mi sembra ce ne sia particolare bisogno, dal momento che il posto è frequentato come le serate di aggiornamento organizzate dal capitano Piett.
Gli edifici hanno l’aria di essere stati abbandonati in gran fretta, il mobilio è ribaltato e mezzo rotto, il pavimento e i muri sono schizzati di sangue.
Una battaglia?” mi chiedo perplesso.
Direi piuttosto una festa un po’ movimentata,” risponde il mio collega scovando un mucchio di bottiglie vuote.
Alla faccia della festa,” mormoro. Poi, guardandomi intorno, proseguo: “I covi di Kurtz sono sempre pieni di cadaveri, ma qui non ce n’è neppure uno…”
Li hanno buttati tutti giù per il burrone,” mi risponde Hyaskon con un sospiro.
Che spreco. Vero, doc?”
Già.”
Proseguiamo fino ad una costruzione più grande ornata di feticci e porcherie anatomopatologiche. Il vento fa sbatacchiare alcune ossa penzolanti producendo un inquietante suono di xilofono.
Qui ci stava Kurtz,” afferma con sicurezza il capitano medico.
Come fa a dirlo?”
È quella che avrei scelto io.”
Hyaskon, che schifo!” protesto. Entrando nell’edificio cedo il passo al mio collega, averlo alle spalle comincia a darmi una certa inquietudine.
Guardiamo un po’ in giro, ma il posto è vuoto e abbandonato come gli altri. L’unico mobile intero che troviamo è una scrivania coperta di polvere. In un cassetto semiaperto c’è un’autentica stranezza: dépliant di agenzie di viaggi. Il primo ha in copertina una kaminoana sorridente con gonna di rafia, collana di fiori e ukulele. Una scritta di traverso recita: Kamino – Life’s a Beach. Un altro mostra una splendida veduta di atolli con spiagge bianche, palme e capanne di paglia. Lo slogan è: Kamino tropical paradise.
Ce ne sono anche altri, tutti riguardanti Kamino e tutti ciancicati come se fossero stati sfogliati centinaia di volte. Mi sorge un dubbio.
Sta a vedere che se n’è andato su Kamino,” dico frugando nei cassetti alla ricerca di qualche altro indizio.
Via, capitano, quello è un luogo di villeggiatura,” ribatte Hyaskon, “a un pazzo sanguinario come Kurtz non piacerebbe.”
Già. Dimenticavo che voi due avete un sacco di cose in comune,” rispondo pensoso. Fuori si sentono il sibilo del vento e lo xilofono osseo, il tempo fa merda e la prospettiva per la serata è di mangiare una cena schifosa in una caserma di guarnigione di uno squallore inimmaginabile. Questi sono i momenti in cui un ufficiale deve prendere una decisione.
La base è abbandonata,” dico gravemente, “Kurtz se n’è andato e l’unico indizio che abbiamo a proposito della sua destinazione sono questi dépliant. Per come la vedo io, è nostro dovere di militari imperiali andare su Kamino per vedere se il pazzo omicida è là.”
Nella mia mente si materializzano immagini di tramonti tropicali, cocktail colorati e spiagge coralline lambite da onde turchesi.
E se poi non c’è?” chiede Hyaskon dubbioso.
A questo punto pazienza, noi ci abbiamo provato.”
Kamino costa un sacco e non ci sono basi imperiali…”
Ma no, qualche base imperiale c’è. E poi non è così costoso, ora siamo in bassa stagione.”
Non è che si vuole fare una vacanza a spese delle forze armate imperiali, Veers?”
In ogni caso, non sarebbe una vacanza,” ribatto ostentando un fiero sdegno, “bensì normale attività ricreativa per le truppe combattenti. Lei che è un medico dovrebbe sapere che lo stress da battaglia è sempre in agguato.”
Hyaskon borbotta qualcosa di incomprensibile e poi tace.
Cerchiamo un altro po’ negli edifici spettrali, ma si sta facendo buio ed è opportuno tornare alla base. L’idea di passare la notte tra una foresta piena di bestie assortite e uno strapiombo di settecento metri mi alletta pochissimo.
Recuperiamo quindi i nostri soldatini e ci accingiamo a rientrare, ma c’è un problema: né Waxen, né Fjo’ona, né tanto meno la Du Bal sono in vista.
Sulle prime proferisco una consistente salva di imprecazioni, poi mi calmo, ragiono e valuto gli aspetti positivi della faccenda: con un po’ di fortuna, i tre idioti si sono persi nella brughiera. Il che significa che noi ce ne torniamo alla base, segnaliamo la scomparsa e mentre domani proseguiamo alla volta di Kamino le truppe del capitano Feige setacceranno la zona alla ricerca dei dispersi, i quali verranno poi spediti indietro liberandoci in tal modo della loro molesta presenza. Inoltre, devo confessare che l’idea della Du Bal che passa una notte all’addiaccio mi fa godere come un mynock.
Andiamo,” dico, “si sta facendo tardi.” E mi incammino risolutamente.
Fissandomi con espressione piuttosto eloquente, Hyaskon chiede: “E gli altri?”
Sono grandi e vaccinati. Visto che hanno preferito andarsene in giro per i fatti loro adesso si arrangiano e tornano all’AT-ST autonomamente. Io non sono una bambinaia.”
Senza perdere altro tempo ci mettiamo in marcia e ripercorriamo più velocemente possibile l’impervio sentiero.
La pia speranza di aver perso il colonnello in mezzo alla brughiera svanisce non appena arriviamo a portata di voce dal mezzo. “Professoressa, le ho mai raccontato di quella battuta di caccia grossa nella quale catturai un coso… come si chiama… ha le squame…” sentiamo da lungi.
Maledizione.” Ringhio a denti stretti. Come cazzo abbiano fatto quei tre a ritrovare l’AT-ST essendo uno demente, una in fattanza e l’altra nata e vissuta unicamente su Coruscant è e rimarrà un mistero, fatto sta che adesso sono lì che ci aspettano e la Du Bal ha anche il coraggio di redarguirmi perché siamo tornati tardi.
Ci pigiamo tutti nuovamente sul mezzo e tra scossoni e rumore di ferraglia torniamo alla base prima del coprifuoco.
Giunti sul posto, il nostro veicolo arranca fino ad un parcheggio fangoso e lì si ferma. Non faccio in tempo a mettere i piedi per terra che mi piomba addosso il capitano Feige in un parossismo di ansia libera fluttuante. “Capitano, è tornato per fortuna! Mi stavo già chiedendo che fine aveste fatto, ero preoccupatissimo! E il mezzo? È intatto? Deve esserlo, altrimenti sarò obbligato a segnalare gli eventuali danni al centro riparazioni e là diranno che non lo curo adeguatamente e me lo toglieranno e io non saprò più come fare, perché abbiamo solo questo, siamo una piccola base che sopravvive a stento, abbiamo problemi di ogni sorta…”
Il suo AT-ST è intatto, non si preoccupi,” riesco a dire approfittando dell’istante in cui l’altro si ferma per riprendere fiato.
E Kurtz?” prosegue il capitano, “Kurtz vi ha visti? Vi avrà visti sicuramente, lui vede tutto! E starà già venendo qui! Dobbiamo andarcene, dobbiamo evacuare la base, moriremo tutti!!”
Calma!” gli dico con decisione, agguantandolo per una spalla mentre si sta girando per scappare, “Kurtz non c’è, la base è abbandonata.”
Non c’è? Oh santo cielo! E dov’è? Se n’è andato! Ora ci toglieranno anche quei pochi approvvigionamenti che ci hanno mandato finora, diranno che non c’è più bisogno di una base a Nuwara Eliya, ci manderanno ai quattro angoli della galassia, finiremo alle miniere di Kessel…”
Sospiro sconsolato, con questo qui non c’è speranza.
Abbandoniamo il capitano Feige al suo attacco di panico e ce ne andiamo nelle rispettive camere. Io sono di nuovo con Fjo’ona e ciò comincia ad essere seccante, anche perché la twi’lek non fa in tempo a mettere piede in camera che ha già sparso sul suo letto e su metà del mio il contenuto del beauty case e intende riordinarlo per l’ennesima volta. Io contemplo basito l’ammontare di boccette, profumi e cosmetici vari in dotazione alla pitonata ed esco per andare a vedere se Wolfen e il wookiee sono ancora vivi.
Li trovo confinati in infermeria nella zona a rischio biologico, ma mi sembra che stiano abbastanza bene, per cui li faccio uscire e li mando nelle rispettive camere.
Feige ci troverà di sicuro qualcosa da ridire, probabilmente è convinto che quella che gli ho spacciato per banale influenza sia in realtà un orrendo morbo subdolo e mortale, ma non posso certo star dietro a tutte le sue paturnie.
Mi dirigo poi a mia volta in camera, dove Fjo’ona sta alacremente riordinando i suoi effetti personali. Come un ectoplasma pizzuto e luccicante, l’enorme ammontare dei suoi possedimenti sta lentamente pervadendo ogni piano d’appoggio presente nella stanza. La twi’lek si interrompe brevemente, mi saluta e si rimette a rassettare gorgheggiando una canzoncina nella sua lingua natia. Io provo a farle presente che non mi dispiacerebbe stendermi un po’, ma la scosciata mi spiega che non può as-so-lu-ta-men-te mettere in valigia il beauty case (che è sul mio letto) prima dei body di lamè (che sono sul suo) e si meraviglia che io non mi renda conto di una cosa tanto ovvia. Rinuncio a discutere e vado a farmi una doccia calda, che comunque è pur sempre una consolazione.
Dopo un po’, io docciato e lei con la valigia in ordine, andiamo a cenare.
Feige sarà anche un ignobile scarto dell’umanità, un omiciattolo misero e repellente, un derelitto dall’aria malsana, ma rispetto a tutti i comandanti di guarnigione che ho finora incontrato su questo pianeta assurdo ha un enorme pregio: il suo cuoco non è sullustiano. E chi non ha mai provato la cucina sullustiana non può capire la gioia che questo fatto mi procura.
Ci mettiamo a mangiare molto soddisfatti e nel frattempo si parla del più e del meno. Waxen insiste per raccontarci di quando su Tatooine cadde una granata sulla cucina da campo sterminando tutti gli addetti al rancio. “L’unico cuoco che trovammo era un tusken,” dice. Poi fa una pausa ad effetto e prosegue: “Per prima cosa, si arrabbiò perché gli proibimmo di cucinare i caduti, poi si intestardì che voleva fare il piatto tipico della sua tribù: interiora di bantha fermentate al sole!”
La Du Bal fa una smorfia di disgusto e allontana il piatto.
Quella roba schifosa puzzava da morire,” continua imperterrito l’attempato ufficiale, “era un ammasso viscido e grigiastro…”
Il colonnello descrive con agghiacciante dovizia di particolari l’orrore del piatto tusken e le devastanti tragedie gastroenteriche che seguirono alla sua assunzione. Con feroce stillicidio, uno dopo l’altro allontaniamo schifati il piatto. Alla fine l’unico che continua a mangiare tranquillamente è il lugubre Hyaskon, il quale non sembra minimamente turbato e anzi si informa cortesemente del perché di colpo siamo tutti inappetenti. La nostra risposta lo lascia alquanto perplesso.
Waxen nel frattempo si è dimenticato di cosa stava parlando. Ci vede tentennanti di fronte al mangiare e fa: “Senza offesa per le signore, ma voialtri siete troppo schizzinosi! Dei veri soldati non arriccerebbero il naso come state facendo voi. Pensate che una volta, quando ero di guarnigione su Tatooine, cadde una granata sulla cucina da campo, e che io sia dannato se non sterminò tutti gli addetti al rancio! L’unico cuoco che trovammo era un tusken, per mille bantha! Il quale per prima cosa si arrabbiò perché gli proibimmo di cucinare i caduti…”
Ricomincia da capo tutta la storia. A parte Hyaskon, che lo ascolta con aria sognante, noi tutti ci alziamo e ci trasferiamo in una specie di salotto.
Poco dopo, con movimenti assai circospetti, ci raggiunge anche il comandante della base, che si informa delle nostre intenzioni.
Sorseggiando una birra (nessuna descrizione schifosa riuscirà mai a farmi abbandonare una birra), gli rispondo: “Il nostro uomo si è probabilmente trasferito su Kamino. Andiamo a cercarlo.”
Vuole dire che intende andare su Kamino?” chiede Feige con voce tremula.
Dicono che sia un gran bel posto.”
Oh, ma… ma lei non può andare là! È pericolosissimo, è un pianeta d’acqua, ci sono delle tempeste terribili, uragani, tifoni, maremoti…”
Solo ogni tanto. Però ci sono anche le spiagge bianche, il mare trasparente, i tramonti tropicali…”
Con l’aria di non aver neppure sentito quello che ho detto, Feige risponde: “Oh santo cielo, ma dove vuole andarsi a cacciare, capitano? Kurtz se n’è andato, no? Lo lasci dov’è, non vada a disturbarlo, torni alla base finché è ancora tutto d’un pezzo. Lei non ha idea di ciò che è capace di fare quel maniaco omicida…”
Quello che fa Kurtz non lo so, ma in compenso ho un’idea molto precisa di quello che mi farebbe Tarkin se rientrassi alla base senza Kurtz.”
Che le farebbe?”
Mi manderebbe a cercarlo su Kamino senza neanche darmi il tempo di andare al cesso. Il mio personale obiettivo è finire in fretta questa dannata missione per tornare al bar del circolo ufficiali, quindi meno tempo perdo meglio è. Spero solo che quando finalmente ci tornerò abbiano della menta fresca.”
Per fare che?”
Un mojito, ovviamente.”

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Capitolo 10
*** Giorno 7 - Alla ricerca di un trasporto per Kamino ***


Giorno 7 – Alla ricerca di un trasporto per Kamino

Ci svegliamo di buon mattino. La camera è fredda, si sente l’ululato del vento contro i vetri e per quanto posso vedere il cielo è grigio.
Come se tutto ciò non fosse largamente sufficiente a mettermi di pessimo umore, Fjo’ona si trova in pieno down da Laguna di Sogno ed è talmente odiosa da far rimpiangere la Du Bal.
Finalmente ti sei svegliato,” mi dice acida, “credevo di dover aspettare i tuoi comodi fino a domani. Casomai non l’avessi notato, il tempo fa schifo.”
Mi giro dall’altra parte con un grugnito, ma la pitonata insiste: “Guarda che posto di merda! Questa camera fa schifo, ed è tutta colpa tua!”
Fa tutto schifo stamattina?” le chiedo stirandomi.
Sì! Non ci voglio più stare qui, voglio tornare a Coruscant, in un posto dove i bagni hanno la vasca con l’idromassaggio e dove si può fare una lampada integrale! Non ne posso più di basi militari, di soldati e di posti pieni di insetti!” Si mette a singhiozzare istericamente.
Fjo’ona,” le dico soavemente, “cerca di calmarti, su.”
E tu lasciami stare! Non mi hai mai voluto bene, mi hai sempre tenuta a distanza anche quando io cercavo di fare la carina! Mi disprezzi!”
Ma no, Fjo’ona, non è vero.”
Invece è vero! Tu non mi vuoi bene e mi disprezzi!” Pianto isterico.
Sospiro esasperato e rispondo: “D’accordo, non ti voglio bene e ti disprezzo. Adesso ti dispiace smettere di fare casino?”
Ecco! Lo vedi che lo ammetti anche tu? Sei un insensibile che preferisce una birra a una bella ragazza! E non provare a negare, l’hai detto tu stesso!” Altro pianto isterico.
Comincio a valutare l’eventualità di stendere la twi’lek con un colpo di blaster.
Ora vado in bagno,” riprende Fjo’ona, “e ci sto quanto mi pare! Tanto tu non meriti niente!”
Si infila nel cesso e sbatte la porta talmente forte che dal soffitto viene giù un calcinaccio. Questa sarà una giornata molto lunga.
Non passano cinque minuti che la pitonata esce dal bagno dicendo: “È impossibile stare in un posto così piccolo, non riesco neppure a darmi la crema rassodante guardandomi allo specchio. Non so davvero chi me l’ha fatto fare di venire su questo maledetto pianeta!”
Già, chi te l’ha fatto fare?” le chiedo incuriosito, sperando che finalmente mi sveli un mistero che mi tormenta dall’inizio della missione.
Non sono affari tuoi,” risponde bruscamente la twi’lek, “e ora lasciami in pace, sono già abbastanza nervosa senza che tu ti metta a rendermi la vita impossibile!” Voltandomi sdegnosamente le terga, si siede su uno sgabello e si mette a depilarsi freneticamente le sopracciglia.
Io alzo le spalle con indifferenza, vado in bagno, mi lavo, mi vesto e vado a fare colazione.
Quando arrivo in sala mensa vi trovo il resto del gruppo. La Du Bal sorbisce un caffè con aria sussiegosa mentre Waxen le assicura, come fa più o meno tutte le mattine, che non si sarebbe mai aspettato di trovare una signora tanto graziosa in una base militare. Allo scopo di corteggiarla si mette a raccontarle aneddoti di guerra.
Hyaskon, cupo e imbronciato come al solito, è seduto ad un tavolino per conto suo e si sta preparando un cocktail farmacologico per affrontare la giornata.
Seduti ad un altro tavolino, le tre reclute e il wokiee, tutti quanti evidentemente ristabiliti, stanno mangiando i soliti toast con la marmellata, che non saranno quel gran ché ma sono pur sempre una valida alternativa alle porcate locali.
Mentre mangiamo sopraggiunge il comandante della base.
Capitano, al pensiero che lei vuole andare su Kamino non ho dormito per tutta la notte,” mi confida sedendosi al mio tavolo.
Ma guarda un po’,” rispondo con cortese interesse, “e mentre vegliava ha mica trovato un momento per guardare dov’è lo spazioporto più vicino?”
Ma è proprio sicuro che vuole andare fin là?”
Sicurissimo. Che mi dice dello spazioporto?”
L’unica è tornare a Pettah.”
Non esiste proprio. Pettah è a più di quattro giorni di marcia da qui. Voglio qualcosa di più vicino, non posso mica passare la vita a girare nelle giungle di questo fottuto pianeta, io ho da fare.”
Altri quattro giorni di viaggio a stretto contatto con questo branco di devastati e la mia salute mentale finirà nello scarico del cesso, direi che non posso proprio permettermelo.
Feige insiste che l’unica opzione disponibile è Pettah. Si premura inoltre di farmi sapere che comunque lui sconsiglia decisamente un trasferimento su Kamino.
A questo punto tiro fuori una cartina della zona in cui ci troviamo e la stendo sul tavolo. Non che io sia mai stato gran ché a leggere le carte, all’Accademia in navigazione facevo cagare, comunque ho imparato che generalmente i tondini rossi con un nome accanto sono centri abitati e i tondini blu con il simbolino dell’astronave sono spazioporti. “Ci sarebbe Galle,” dico dopo attento studio della mappa. È un tondino rosso bello grande con accanto un tondino blu, ciò mi fa supporre che si tratti di un grosso centro abitato con annesso spazioporto.
Galle?” fa eco Feige sconcertato, “Oh no, capitano, se lo tolga dalla testa, lei non può andare là!”
Che palle la gente ansiosa. “Scommetto che è pericolosissimo,” gli dico con tono sarcastico.
Pericoloso? Lei vuole sapere se è pericoloso? Ma lo sa a che cosa rischia di andare incontro?”
Scuoto la testa. In effetti non ne ho idea.
Con voce ansante e occhi pallati, il capitano spiega: “L’unica strada per arrivare a Galle passa per la foresta di Pinnewala,” e nel dire questo mi indica con un dito tremante una macchia scura sulla cartina, “lì ci sono centinaia e centinaia di bantha selvatici!”
Sospiro. Ansioso del cazzo. Probabilmente una volta che ha fatto la strada per Galle avrà visto un bantha impagliato nella vetrina di un rigattiere e l’innocente visione si sarà trasformata nel suo inconscio devastato dagli attacchi di panico in branchi di bantha selvatici.
Saremo prudenti, allora,” gli assicuro con aria di sufficienza.
Sarete morti, allora!” ribatte l’altro con foga, “Quei bestioni maledetti vi assaliranno e vi faranno a pezzi, non vi salverete! Tutta la foresta ne è infestata e sono ferocissimi!”
Certo, lo terremo presente.”
Feige tace sconfitto, noi finiamo di mangiare e carichiamo la nostra roba sullo sprinter. Rani, la nostra inutile guida, ci mostra tutto soddisfatto un incursore anale che ha acquistato ieri sera in una bancarella del mercato. “Quasi nuovo, usato poco poco,” ci confida compiaciuto, “questo buono per moglie.” Si rivolge alla Du Bal che lo sta fissando con riprovazione: “Tu provare, signora? Amore lungo-lungo! Tu dopo non più arrabbiata. Dopo sempre ridere!” Le porge l’ordigno, accessoriato con un fallo verde e bitorzoluto di dimensioni apocalittiche.
Metta via subito quell’orrore!” strilla inorridita la docente.
Non piace cazzone verde?” chiede il sullustiano perplesso. Poi, con l’aria di chi ha avuto un’illuminazione, fa: “Pugno gamorreano! Tu vuoi pugno gamorreano! Io te lo darò…” e comincia a rovistare in uno scatolone dal quale escono oggetti che verrebbero rifiutati con orrore da un pornoshop rodiano.
Lo fermo prima che la docente abbia un collasso e lo convinco a mettere via il suo nuovo acquisto, cosa che lui fa a malincuore.
Poco dopo partiamo alla volta di Galle. Chiedo delucidazioni a Rani per la storia dei bantha, ma lui è talmente preso dall’incursore anale che mi presta si e no attenzione. Dice qualcosa a proposito di alcuni bantha che girerebbero nella zona e poi canticchiando si rimette ad allineare su un sedile gli accessori dello strumento di piacere.
Procediamo verso la nostra meta. Il tempo si è frattanto messo al bello ed è venuto fuori un caldo feroce con un sole che pela il sedere ai gundark. Tutti sono immobili sotto i bocchettoni dell’aria condizionata.
Dopo un po’ che viaggiamo in questo clima di sbrago generale, Wolfen si alza, guarda fuori, fa gli occhi pallati e mormora: “Bantha…”
Sulle prime penso che abbia una ricaduta della sindrome che gli era presa a Sigiriya, poi butto l’occhio all’esterno e mi si rizzano i capelli in testa: stiamo per infilarci in un avvallamento letteralmente coperto di bantha: piccolini che sembrano dei peluche, giovani che si prendono simpaticamente a cornate, matrone dall’aria solenne e grandi maschi che sembrano degli AT-AT col pelo. Ce n’è a perdita d’occhio. L’aria rimbomba dei loro muggiti.
Bantha!” urlo inorridito, “Rani, ferma tutto!”
Lo sprinter si arresta con uno scossone.
Ecco cos’era questa puzza disgustosa,” dice Fjo’ona con aria infastidita, dopodiché torna a depilarsi le sopracciglia con impegno.
Le reclute si rintanano tremebonde sotto un sedile certe di essere prossime alla morte, la Du Bal si affaccia al finestrino, constata che si tratta di stupidi animali e non li degna di un secondo sguardo, Hyaskon sta esplorando le potenzialità di un nuovo ipnoinducente quindi non è accessibile al colloquio, il wookiee bramisce. In tutto questo rimescolio, Waxen si attiva, guarda fuori e non crede ai suoi occhi. “Bantha!” esclama al colmo della soddisfazione, “branchi di bantha selvatici! A me il fucile di precisione! Voglio le corna di quel grosso maschio da mettere sul caminetto del circolo ufficiali!”
Signor colonnello,” azzardo con ben poche speranze di essere ascoltato, “non abbiamo tempo di metterci a cacciare.”
Che sciocchezze, giovane capitano!” risponde l’altro, “siamo qui apposta! Questa tenuta appartiene ad un mio caro compagno d’Accademia, il generale… il generale… diamine, non ricordo. Comunque appartiene ad un mio compagno di cosa… di… in cosa eravamo compagni, figliolo?”
Se non lo sa lei, signore…”
Non sia impertinente con me, giovanotto! E mi dia subito il mio fucile da caccia grossa!”
Qui non ci sono fucili da caccia grossa, signore.”
Il colonnello mi ascolta perplesso, ci pensa su per alcuni secondi poi gli viene l’ideona: “Lei se l’è venduto!” strilla, “l’ha smerciato a qualche trafficante d’armi per…” esita “per pagarsi quella!” e indica Fjo’ona, sempre intenta a depilarsi le sopracciglia con aria sdegnosa. “Con tutti i soldi che le avranno dato per quella mirabile arma poteva anche procurarsi una meretrice meno volgare,” considera con spregio.
La twi’lek si rende conto dell’affronto e la sorpresa è tale che le sfugge una tetta dall’ampio decolleté.
Come ti permetti, vecchio rimbambito!” protesta sistemandosi nervosamente il reggipetto.
Volgare nell’aspetto e anche sboccata come un facchino trandoshan,” insiste caparbio Waxen, “decisamente nulla a che vedere con una vera signora.”
Oggi Fjo’ona è in modalità odiosa, per cui i due iniziano a litigare furiosamente dicendosene di tutti i colori. Sulle prime cerco di separarli, poi mi rendo conto che la situazione offre indubbi vantaggi: Waxen e la scosciata azzurra sono talmente impegnati ad insultarsi che non prestano attenzione a nient’altro.
Bisogna saper cogliere l’attimo fuggente. “Avanti piano, Rani,” ordino all’inutile sullustiano.
Tu vuoi andare?” mi chiede perplesso il nostro accompagnatore.
Sì, mi sembra che quei bestioni non stiano facendo molto caso a noi.” E il vecchio rincoglionito non mi rompe le palle con la sua fottuta caccia grossa – questo lo penso senza dirlo.
Bantha… - esita per cercare la parola – dispettosi. Sì, loro dispettosi. Non piace sprinter. Non piace rumore. Se noi passare, loro incazzati neri.”
Il mio entusiasmo si raffredda alquanto. In effetti, un bantha incazzato nero è una cosa che non desidero assolutamente vedere se non nel corso di un documentario sulla fauna in via di estinzione. “Che facciamo allora?” chiedo a Rani, sperando che possieda qualche atavico rimedio derivante dalla saggezza millenaria della sua specie.
Noi tornare a Nuwara Eliya?” suggerisce la guida con l’aria di avere avuto un’ideona.
Non possiamo andare avanti?”
Bantha bastardi dentro! Loro prendono a cornate finché sprinter tutto rotto e noi polpette sanguinolente!”
Vorrei chiedergli come mai si è astenuto dal rivelarci questi aspetti caratteriali del bantha selvatico quando eravamo ancora a Nuwara Eliya, ma qualcosa mi dice che otterrei solo risposte non pertinenti.
Sospiro al pensiero di altri quattro lunghissimi giorni di giungla con il gruppo di rincoglioniti e rievoco i vari squinternati che avrò la fortuna di rincontrare nelle basi imperiali da qui a Pettah: Feige che avrà immediatamente un attacco di panico, Randall che sarà ancora incazzato per il rigatone, Kerr che sarà imbestialito per i salvaschermo porno che gli ho lasciato andando via, Niedermeier che ormai avrà saputo il vero obiettivo della mia missione e vorrà fare un paralume con il mio scroto e infine Sanders con la base gremita di nexu e insetti velenosi. C’è di che spararsi nelle palle.
Dietro-front,” ordino tristemente.
Dietro-front un cazzo. Al culmine della lite con la pitonata, il colonnello salta in piedi e grida: “Ora basta, meretrice di infima categoria! Non ho intenzione di tollerare oltre la tua presenza! Me ne vado!”
Prima che io possa anche solo realizzare quello che sta succedendo, il vecchio idiota allontana con una spinta il nostro guidatore sullustiano, si piazza ai comandi e dà tutto gas. Lo sprinter balza in avanti rombando come uno star destroyer in decollo.
Colonnello, ma che sta facendo?” chiedo aggrappandomi al sedile per non cadere.
Me ne vado! Non voglio vedere mai più quest’aliena dalla dubbia moralità!”
I bantha si avvicinano.
Ma colonnello, non vede che l’aliena dalla dubbia moralità è sul trasporto con noi?”
Sfrontata!” e dà gas.
Stiamo andando ad infilarci in un branco di bantha selvatici, torni indietro!”
Macché bantha, quelli sono dewback che pascolano!” Via a tutta manetta.
In pieno attacco di demenza senile, Waxen non è accessibile al colloquio. Nel frattempo, il capitano medico se la dorme della grossa, le reclute sono un unico mucchio terrorizzato sotto un sedile, la pitonata inveisce perché nel casino le sono cadute le pinzette da sopracciglia, Lothar emette ululati strazianti e la Du Bal ci ingiunge infastidita di stare zitti perché non riesce a concentrarsi.
Cerco di impadronirmi dei comandi, ma il vecchiaccio è caparbio e non li molla.
Con una prima sterzata seminiamo il panico in un gruppetto di cuccioli e forse ne stiriamo anche un paio. La mamma, una specie di sandcrawler peloso, comincia ad inseguirci a testa bassa emettendo muggiti.
Con la seconda sterzata facciamo la fiancata ad un grosso maschio e ciuffi del suo pelo ispido entrano dai finestrini aperti. Comincia ad inseguirci anche quello.
Alla terza obblighiamo un altro maschio di ragguardevoli dimensioni ad un coitus interruptus. Anche quello si incazza come un nexu e si mette a inseguirci con impegno.
Quando finalmente riesco ad allontanare il vecchio fossile dal volante abbiamo svariati bantha incazzati neri che ci inseguono mugghiando a testa bassa.
A parte andare a tavoletta evitando gli alberi più grossi, non so bene che fare. Sul manuale delle forze armate imperiali c’è un intero capitolo dedicato al bantha e alle sue abitudini, ma dev’essere verso la fine. Il che vuol dire che non so neppure come si intitola, perché l’unica volta che ho provato a leggere quel dannato manuale mi è scesa la catena verso pagina dodici, l’ho piantato lì e sono andato a bermi una birra.
Rani! Queste dannate bestiacce ci stanno inseguendo, che facciamo?”
Il sullustiano mi fissa con la consueta flemma. “Io non so.” E mi rivolge un sorriso ebete aggrappandosi al sedile per non cadere durante le brusche sterzate.
Dandomi mentalmente dell’idiota per avere pensato che la nostra guida potesse avere qualche suggerimento utile da fornire, continuo a filare a tutta manetta sperando che ad un certo punto i bantha si stanchino di correrci dietro.
Lo sa che si dice dalle nostre parti, giovane capitano?” interviene a questo punto Waxen, “nessuno è più caparbio di un bantha che carica. Diamine, una volta ne vidi uno inseguire uno sprinter per almeno venti chilometri. Eravamo ad una battuta di caccia su Pardash con il generale… il generale… come si chiamava il generale, figliolo?”
E io che ne so?”
Stiamo andando talmente veloci che mi sembra di essere su una speeder bike. Gli alberi che sto cercando di evitare hanno lo stesso diametro di quelli di Endor e di certo non ho né il tempo né la voglia di interagire con la squinternata memoria del mio superiore.
Dov’è il mio fucile da caccia grossa?” chiede a questo punto il colonnello.
Oh, che palle! Non c’è nessun fucile da caccia grossa!”
Impossibile! Mi dica subito dov’è!”
Non c’è, dannazione!”
Capitano, le ho detto mille volte di non permettere alle reclute di toccare le mie armi di precisione! Sicuramente uno di quei birboni l’avrà voluto provare, l’avrà danneggiato e poi nascosto nella vana speranza di evitare una giusta punizione.” Poi, rivolto al mucchio tremebondo formato dai tre soldatini, con aria severa chiede: “Avanti, chi è stato di voi tre?”
Il delirio del fucile da caccia grossa mi farà diventare matto. “Li lasci in pace, colonnello, le pare che quei tre si metterebbero a toccare un fucile?”
E allora chi è stato?” ribatte caparbio l’attempato rompicoglioni.
C’è un bantha grosso come uno star destroyer affiancato allo sprinter, così vicino che se allungo la mano fuori dal finestrino gli palpo il muso bavoso. Sto per rispondergli in maniera altamente irrispettosa quando arriva Lothar a trarci d’impaccio: con un grugnito si avvicina al colonnello e gli porge un blaster.
Ah, magnifico!” strilla il fossile, “ecco dov’era finito! La mia mirabile arma di precisione, fatta completamente a mano dai più abili armaioli ugnaught. Vuole vedere com’è precisa, figliolo?” e prima che io possa rispondere spara una blasterata in pieno al bantha che ci sta galoppando di fianco. Il colpo non è sufficiente a produrre danni gravi, tuttavia il bestione si allontana infastidito scrollando il testone e muggendo. Cerco di fuggire prima che l’animale ritorni più incazzato di prima.
Il colonnello, nel frattempo, si è fiondato al finestrino posteriore e da lì sta bersagliando i nostri numerosi inseguitori con un uragano di fuoco. Siccome spara ancora peggio di me, la maggior parte dei colpi finisce in aria o per terra, ma almeno il rumore e il fumo sembrano fare una certa paura ai bantha, tanto che riusciamo a prendere qualche metro di vantaggio.
L’orrendo casino sveglia anche Hyaskon, che si guarda intorno stranito, sbadiglia, si stira e mi chiede: “Che succede, collega?”
Gli faccio un concitato riassunto della situazione.
Il capitano medico mi ascolta con attenzione, poi guarda indietro e fa: “Stanno nuovamente guadagnando terreno.”
Lo so. Già di mio come pilota sono un cesso. Inoltre, guidare a tutta manetta in mezzo a questi alberi è un vero casino.”
Noto con la coda dell’occhio che Hyaskon sta frugando nella sua borsa, ma la cosa mi lascia del tutto indifferente finché non lo vedo tirare fuori una siringa. Prima ancora che io abbia il tempo di realizzare quello che sta succedendo, me la pianta in una spalla con la camicia e tutto. “Questo dovrebbe migliorare i riflessi e i tempi di reazione,” mi spiega imperturbabile.
Io vorrei protestare, divincolarmi, imprecare, rifiutare il punturone, ma ogni mia iniziativa in tal senso viene troncata sul nascere da una botta di calore che mi vaporizza tutte le sinapsi comprese quelle del sistema nervoso autonomo. Il Fuoco Malvagio trandoshan, uno dei liquori più potenti della galassia, in confronto a questa roba è sciroppo per la tosse…

Come va, capitano?” questa dovrebbe essere la voce di Hyaskon, che però mi giunge distorta e ovattata.
Una merda. Che cazzo è successo?”
Ignorando la mia pur legittima domanda, l’ufficiale medico mi chiede: “Vuole qualcosa da bere, Veers?”
Con qualcosa da bere allude a una birra gelata?”
Ovviamente no,” risponde l’altro con aria quasi offesa.
Allora lasciamo perdere.”
Mi guardo intorno. Siamo in una specie di radura, lo sprinter sembra intatto, Rani se la dorme beatamente sui sedili assieme ai suoi due tirapiedi, la Du Bal dipinge seduta su un sasso proteggendosi dal sole con un ombrellino di pizzo, la Twi’lek si depila le sopracciglia con aria infastidita. Tutt’intorno a me ci sono le tre reclute che mi fissano afflitte, Lothar che mugola e Waxen che sta raccontando a tutti di quando perse il suo aiutante di campo in seguito allo scoppio di una granata. “Il pezzo più grande era così,” dice mostrando con aria grave un sassolino, “le esequie più lunghe che io ricordi, per trovarli tutti ci mettemmo una settimana.”
Cos’è successo?” chiedo di nuovo, sperando che questa volta qualcuno si degni di fornirmi delucidazioni in merito.
Non credevo che quel farmaco sperimentale funzionasse così bene sugli esseri umani,” dice Hyaskon, “finora l’avevamo provato solo sulle cavie da laboratorio. Una cosa spettacolare, ha guidato come un dio!”
Se penso a come sfiorava quei tronchi a tutta velocità ho ancora la pelle d’oca, signore,” mi assicura Wolfen rabbrividendo.
Non ricordo nulla…” mormoro cercando di alzarmi. Tutto ciò che mi circonda gira come dopo una sbronza di birra gamorreana.
Hyaskon mi aiuta a rimettermi in piedi e nel frattempo mi spiega potenzialità ed effetti collaterali del farmaco sperimentale che mi ha iniettato. “Per fortuna che ce l’avevo con me,” dice infine tutto soddisfatto, “altrimenti quei bestioni maledetti ci avrebbero tritati come hamburger.”
Avevo sentito dire che i ricercatori coscienziosi provano su sé stessi le sostanze sperimentali. Se è un composto così efficace, non poteva iniettarselo lei e mettersi ai comandi dello sprinter?”
Ma scherza? Quell’affare brucia i neuroni peggio di una fiamma ossidrica! Non ci tengo a finire come Waxen,” risponde con disinvoltura il segaossa.
Hyaskon, se non fosse che faccio fatica a mantenere la stazione eretta la piglierei a calci in culo.”
Mentre sto discutendo col capitano medico arriva la Du Bal, che ha finito di immortalare il paesaggio. “Spero che si senta appagato dopo la sua esibizionistica dimostrazione di capacità di guida,” mi dice acida, “credevo che solo gli adolescenti problematici sentissero il bisogno di affermare la propria personalità con bravate di questo genere. Evidentemente mi sbagliavo.” Poi mi gira il culo e se ne va sdegnosa.
Subito dopo tocca alla Twi’lek: “Con la tua stupida guida sportiva mi hai veramente fatto rivoltare lo stomaco,” protesta, “del resto, da te dovevo aspettarmelo, vista l’attenzione che hai per le esigenze degli altri. Sei un bastardo egoista!” E anche lei se ne va sdegnosa.
Lei guida in maniera eccessivamente spericolata, giovanotto,” si sente in dovere di comunicarmi il colonnello, “uno di questi giorni ci lascerà le penne, vedrà! Senza contare che per colpa delle sue sterzate brusche non sono riuscito a prendere di mira neppure uno di quei bestioni!”
L’orrendo intruglio di Hyaskon mi avrà anche lasciato mezzo rincoglionito, ma di certo non mi ha tolto la capacità di reagire alle angherie gratuite, per cui mando affanculo i miei tre interlocutori senza mezzi termini.
Ehm… è ancora intontito dal farmaco che gli ho somministrato,” dice con aria di scusa Hyaskon al colonnello, che al vaffa si è voltato verso di me con occhi di bragia.
Non sono affatto intontito,” protesto, “anzi, sono lucidissimo. E proprio per questo certi atteggiamenti mi fanno incazzare come un gundark. Se non ci fossi stato io, quei bantha bastardi ci avrebbero tritati con tutto lo sprinter!”
Non si dia delle arie solo per aver guidato uno stupido veicolo, giovane capitano!” mi ammonisce Waxen, “tutto il lavoro sporco l’ho fatto io sparando a quegli animali dal sedile posteriore col mio fucile di precisione!”
E basta con questo fucile di precisione, cazzo!”
Cautamente, il capitano medico mi chiede: “Veers, non è che con tutto questo casino le è un po’ scesa la catena?”
E anche se fosse?” ringhio fissandolo con aria di sfida.
Ci guardiamo negli occhi per alcuni secondi. Se il mio collega dice un’altra mezza sillaba sono pronto a saltargli alla gola. Tutti gli altri assistono basiti alla scena. Del resto li capisco: quando un cialtrone pressappochista e indolente si incazza offre se non altro uno spettacolo inaspettato.
Hyaskon, che probabilmente nella sua carriera di medico militare ha già visto ben altro, non si scompone e aspetta che io mi calmi, poi mi dice: “Non è che ha voglia di farsi una dormita mentre andiamo a Galle, capitano?”
Incrocio lo sguardo spaventato dei tre soldatini e sospiro: “Già, mi sembra il caso.”
Se vado dietro a dormire lascerò la spedizione in balia del vecchio rincoglionito, ma al momento direi che la cosa mi interessa pochissimo. Ci penserò quando saremo a Galle, se riusciremo ad arrivarci.

Probabilmente il capitano medico ha vegliato anche sul colonnello, perché dopo qualche ora di viaggio riusciamo effettivamente ad arrivare a Galle. La base imperiale è un po’ fuori dal centro abitato e si trova in un albergo di super mega lusso totale che è stato requisito in quanto situato in posizione strategica favorevole. O almeno questa è la scusa che è stata fornita al proprietario.
La costruzione, una prestigiosa dimora patrizia del luogo, è circondata da palme, si trova in riva all’oceano ed è dotata di un’enorme piscina. Quando arriviamo è in corso un tramonto da romanzo rosa che fa quasi perdere il controllo degli sfinteri alla Du Bal. Fjo’ona invece, in pieno down da Laguna di Sogno, sbuffa infastidita e chiede dov’è il bagno.
Viene ad accoglierci il comandante della base, un piacione palestrato in costume da bagno con una tavola da surf sotto il braccio.
Salve a tutti,” ci dice disinvolto, “sono il capitano Ransome, ma potete chiamarmi Kyle.”
Sto per presentarmi a mia volta quando si fa avanti Waxen, squadra il nostro interlocutore dalla testa ai piedi e fa: “Veers, chieda a questo giovanotto coi calzoncini ridicoli dov’è il comandante della base.”
Attimo di gelo.
Ehm… colonnello, questo è il comandante della base. È il capitano Kyle Ransome.”
Impossibile. Nessun ufficiale imperiale avrebbe un aspetto così assurdo. Costui mi sembra proprio uno di quegli stupidi perdigiorno che passano il loro tempo a correre dietro alle ragazze in spiaggia.” Poi, rivolto a Ransome: “Avanti, giovanotto, veda di rendersi utile una buona volta e mi dica dove trovo il comandante della base.”
Per quanto Kyle non mi dia l’idea di essere di intelligenza prontissima, alla terza volta che il vecchio rincoglionito gli dà più o meno velatamente dell’idiota e gli chiede di presentargli il comandante della base, anche lui realizza l’affronto. “Ehi, nonno, ma perché non te ne vai all’ospizio?” gli dice gonfiando gli scolpiti pettorali con aria di sfida.
Waxen si erge a sua volta in tutta la sua persona e si pone con le mani a brocca sui fianchi e le gambe leggermente divaricate. Arriva sì e no alla spalla del suo interlocutore, ma ciò non gli impedisce di mettersi ad inveire come un sergente istruttore.
Prima che scatti la rissa, intervengo dicendo: “Ehm… è una Kamino Extreme quella?”
Il capitano Ransome si disinteressa immediatamente del colonnello urlante, mi mostra orgoglioso la sua tavola da surf e risponde: “Cazzo, è esatto! L’hai riconosciuta al primo colpo. Fai surf per caso?”
Un po’, quando vado in licenza su 6/Schel.”
Su 6/Schel c’è l’onda lunga, è un posto cazzuto. Io non mi trovo tanto bene con l’onda lunga.”
Oh, è solo questione di abituarsi.”
Kyle Ransome,” si presenta solennemente tendendomi la mano, “sono il comandante della base e adoro fare surf. Di solito io e i ragazzi usciamo di pomeriggio inoltrato, ci piace sfruttare la calma della sera.”
Roy Veers.”
Fantastico, uno che fa surf! Vieni, Roy,” prosegue prendendomi per un braccio, “vieni che ti faccio vedere le onde! Sono un vero spettacolo! Ti faccio portare una tavola, scommetto che non vedi l’ora di entrare in acqua!”
Veramente, nella scala delle attività sgradevoli pongo l’entrata in acqua in questo momento appena prima della sodomizzazione a secco, però non vorrei guastare l’atmosfera amichevole che sono riuscito ad instaurare e cerco di guadagnare tempo fornendo al capitano risposte evasive.
Guarda che onde!” mi dice, orgoglioso come se le avesse inventate lui, “guarda che meraviglia! Hai visto come si infrangono sulla spiaggia?”
Mentre mi sta mostrando l’oceano sopraggiunge con aria più che mai infastidita Fjo’ona. “Uffa che rottura,” sbuffa, “si può avere una camera da letto in questo posto? Io non ne posso più…”
Immediatamente, il piacione si disinteressa di me e del surf e si fionda a fare il cascamorto con la twi’lek.
Ma chi è questa bella signorina?” le dice con aria da marpione cercando di farle il baciamano.
Mi lasci in pace immediatamente, specie di maniaco sessuale!” protesta la scosciata, “non si è mai mangiato il budino insieme, io e lei!”
Normalmente, alla vista di un tale fusto palestrato Fjo’ona si sarebbe sciolta come un gelato su Tatooine, ma oggi è in modalità detestabile, quindi si dimostra addirittura infastidita. Kyle mi guarda con aria interrogativa, probabilmente è la prima volta in vita sua che una twi’lek gli volta le terga con le mutande ancora indosso e senza piegarsi a novanta gradi.
Non farci caso,” gli dico in tono rassicurante, “ieri si è fatta una dose di Laguna di Sogno e oggi è in down. Le fa schifo tutto.”
Per prima cosa, non c’è bisogno che vai in giro a raccontare i fatti miei,” interviene Fjo’ona, “e poi non è perché sono una twi’lek che voialtri maschi sempre arrapati potete permettervi di pensare che vada in giro a darla a chiunque!”
La scosciata sta diventando francamente imbarazzante. Decido di portarmela via prima che combini altri casini.
Dai Fjo’ona,” le dico, “raccogli la tua roba che andiamo in camera.”
Vorrei sapere sulla base di quale presupposto dai per scontato che io stia in camera con te! E se non ci volessi stare?”
Magari! Scegli pure chi ti pare.”
È perfettamente inutile che adesso fai finta di non volermi per non fare brutta figura!”
Sospiro affranto. “Fjo’ona, va con chi vuoi basta che non rompi le palle.”
Con fiero sdegno, la pitonata va a mettersi accanto al capitano medico. “Questa sera sto con Evan,” mi dice con aria provocatoria, “forse lui mi darà la considerazione che merito!”
Ne dubito, finché sei ancora calda.”
Mi volto di nuovo verso Ransome. “Dove eravamo rimasti?”
Hai della gente davvero strana con te, Roy,” non può fare a meno di dirmi.
E non hai ancora visto niente.” Poi, rivolto al gruppo di sfigati: “Avete già stabilito la disposizione delle camere?”
Le tre reclute sono in una camera tripla. Nelle doppie ci sono Hyaskon e la scosciata, Lothar con il vecchio fossile e… io con la Du Bal. Io che già mi rallegravo per l’assenza di Fjo’ona, mi trovo in camera con l’esimia docente. Sono cose molto tristi.
La Du Bal mi fissa con aria severa. “Spero che si comporterà da gentiluomo,” mi dice con sussiego.
Con un sospiro rispondo: “Le ho già detto che non corre alcun pericolo.” E mi avvio lentamente in camera. La professoressa mi segue trascinando il suo immenso trolley.
La stanza è molto grande, con vista sull’oceano. Per fortuna ha due letti, altrimenti mi sarebbe toccato di dormire nel catino della doccia. La docente si sistema, appoggia gli effetti personali e mi dice: “Andrò a fare una passeggiata sulla spiaggia, spero che il contatto con la natura mi aiuti ad eliminare lo stress di questi giorni.”
OK, a dopo.”
Non appena la porta si chiude alle spalle della professoressa, mi libero di bagagli e vestiti e mi sbrago sul letto in mutande. Dormo, faccio la doccia, riordino un po’ la mia roba e infine realizzo che ormai è buio e la Du Bal non è ancora rientrata. Almeno di questa mi sarò liberato, penso.
Ma come al solito non sono così fortunato. Poco dopo la porta si apre lentamente ed entra la professoressa sporca, ciancicata e grondante d’acqua. Ha la sottana tutta strappata, i capelli ridotti a una matassa informe e le manca una scarpa.
Ehi, prof! Si può sapere che accidenti ha combinato?” le chiedo non appena riesco a parlare senza ridere.
Voi militari non siete mai presenti quando servite!” è la secca risposta.
Nella fattispecie?”
Con l’aria di considerare tutto l’avvenimento una mia precisa responsabilità, la docente mi racconta che stava passeggiando tranquillamente sulla spiaggia quando è stata assalita da un branco di worrt. Poiché in giro non c’era nessuno a cui chiedere aiuto, ha dovuto fuggire verso le scogliere, dove si è presa in pieno tutte le ondate mentre i worrt le si attaccavano ai vestiti. Nei suoi tentativi di fuggire dalle bestiacce è caduta, è rotolata nella sabbia, è finita in acqua e infine ha anche perso una scarpa.
Alla fine del racconto mi devo infilare in bagno di corsa perché non riesco più a stare serio.
Voi militari non sapete comportarvi!” mi grida dietro la Du Bal.
Dopo lo spassoso episodio andiamo a cenare. Ci accoglie Ransome in pantaloni militari e camicia hawaiana aperta sul petto a mostrare i soliti pettorali scolpiti.
Appena mi vede comparire, mi chiama e dice: “Roy, vieni a mangiare! Ho mandato uno speeder a prendere un quarto di dewback alla compagnia comando, il cuoco lo sta facendo alla griglia!”
Mi avvicino e Kyle comincia a parlare di tavole da surf, descrivendomi con toni reboanti le prestazioni della sua Kamino Extreme e informandosi discretamente sul tipo di tavola che io preferisco. Gli rispondo che la mia tavola preferita è quella su cui stanno appoggiate le birre e ci mettiamo a discutere amabilmente anche di malto fermentato.
Mentre ci intratteniamo passa Fjo’ona con una minigonna da infarto.
Ehi, bellezza! Sono tutte tue quelle gambe?” le chiede Ransome.
Senza rispondere, la pitonata passa oltre mostrando al capitano il dito medio alzato.
Io lo so di cosa avrebbe bisogno quella,” dice Kyle seguendola con lo sguardo libidinoso, “di un bel sandwich!”
Lawrence, che ha assistito all’episodio, alza gli occhi su di me e chiede: “Allora Fjo’ona è antipatica perché ha fame, signore?”
Il capitano Ransome alludeva ad un altro tipo di sandwich, figliolo.”
Lascio il soldato a chiedersi quanti tipi di sandwich esistano nella galassia e andiamo a tavola.
Il tanto decantato barbecue in realtà non è un gran ché. Il dewback di suo non è eccezionale fatto alla griglia, inoltre il cuoco di Ransome è un autentico cesso e la maggior parte dei pezzi sono o duri o carbonizzati, tanto che ad un certo punto ho anche la tentazione di impadronirmi della griglia, strumento il cui uso rappresenta assieme alle gare di birra il totale delle mie abilità.
Ma prima che io possa tentare l’ardito colpo di mano, Kyle mi blocca dicendomi: “A proposito, Roy: non mi hai ancora detto cosa fate da queste parti.”
Siamo in missione. L’obiettivo è trovare Kurtz.”
Sono talmente abituato alle scene di terrore panico che la reazione di Ransome mi lascia completamente esterrefatto: il capitano scoppia a ridere e prima che sia possibile interagire nuovamente con lui passano cinque minuti buoni.
Cos’è che vuoi fare?” mi chiede poi tra i singulti.
Trovare Kurtz.”
Altro accesso di ilarità incontenibile.
Kyle, sei sicuro di stare bene?” gli chiedo preoccupato.
E tu chiedi a me se sto bene?”
Mi sembrava una domanda pertinente.”
OK, non scherziamo,” ansima Ransome, “dimmi qual è la tua missione.”
Che palle, devo trovare Kurtz e se ti metti a ridere di nuovo uso la tua fottuta tavola da surf per fare il tiro al bersaglio!”
Ma hai una vaga idea del guaio in cui ti stai andando a cacciare?”
Affermativo, ce l’ho. Conosco per filo e per segno ogni efferatezza commessa da Kurtz negli ultimi dieci anni.”
Veers, quelli che sono andati a cercare Kurtz prima di te avevano dietro due divisioni di truppe d’assalto. Gli unici che sono riusciti a tornare sono stati quelli che Kurtz ha lasciato vivere perché raccontassero che fine avevano fatto i loro compagni. E ti garantisco che non è stato bello ascoltarli. Ora, non per sminuire le tue capacità guerresche, ma tu cosa credi di fare con quelli?” e indica il branco di sfigati.
Finora ce la siamo cavata abbastanza bene.”
Anche perché finora vi siete trovati su un pianeta diverso da quello su cui sta Kurtz.”
Sai dov’è Kurtz?”
Puoi scommetterci, bello. È su Kamino. È partito proprio dallo spazioporto di Galle.”
Segue il solito racconto: strage di civili, devastazione della città, idee mistiche e persecutorie, atti di crudeltà inimmaginabile, esecuzioni, stupri, cannibalismo e balle varie. Non manca nulla.
Forse è il caso che mi faccia un’altra birra,” dico alla fine.
L’idea di andare su Kamino, fare una rilassante vacanza e poi riferire a Tarkin che Kurtz è sparito chissà dove si concretizza sempre più nella mia mente. Tanto non credo che il governatore si prenderebbe la briga di andare a controllare personalmente ogni singolo atollo del pianeta.
Finiamo di cenare. Nel frattempo Ransome ha fatto portare un’ampia scelta di bevande alcoliche, per cui le malefatte di Kurtz lasciano il posto agli aneddoti divertenti.
Hai fatto l’Accademia di Carida?” mi chiede dopo un po’ il palestrato.
Annuisco.
Che corso?”
Ne sono molto fiero: sessantanove.”
Ma dai, allora dovresti conoscere un tale che ogni tanto passa di qui a fare del contrabbando. Quando di ubriaca dice sempre che ha fatto Carida e dovrebbe avere più o meno la tua età. Ha con sé un wookiee che non sta mai zitto.”
Vuoto la birra, ne prendo un’altra e chiedo: “Come si chiama questo tale?”
Han Solo.”
Mi sfugge una risata. “Ma certo che lo conosco. Il vecchio Han. Pensa che devo proprio a lui il fatto di essere diventato ufficiale.”
Ransome pare interessato. “Ti ha aiutato in qualche modo?”
No, faceva talmente schifo in tutte le materie che persino io al confronto sembravo un genio. L’hanno cacciato con ignominia.”
Il palestrato alza un sopracciglio, anche lui dà fondo alla sua bottiglia di birra. “Lui dice sempre che se n’è andato per salvare il wookiee,” butta lì.
Sorrido fra me e me: tipico di Solo inventarsi queste cazzate per fare il ganzo. “È una storia che ha messo in giro per darsi un tono. In realtà quando c’era l’ora di dewback gli istruttori parlavano alla bestia e non a lui, dicevano che capiva di più.”
Dopo queste sconcertanti rivelazioni intacchiamo la scorta di superalcolici e ci raccontiamo qualche altra cazzata, poi il capitano Ransome mi spiega come fare ad arrivare allo spazioporto di Galle e mi da il nome di un tizio al quale devo dire che mi manda lui se non voglio essere messo in lista d’attesa dietro le navette degli indigeni e i cargo di guano.
Io gli spiego che in quanto spedizione militare ci serviremo di un trasporto imperiale, che conto di ottenere con estrema facilità al solito tirando in ballo la priorità uno della missione. Quando sarò rientrato sulla Morte Nera dovrò poi ricordarmi di chiedere a Tarkin se la missione era veramente a priorità uno o no, a questo punto sono curioso di saperlo.
Comunque di’ che ti manda Ransome,” insiste Kyle, “a meno che tu non abbia intenzione di passare una settimana a fare surf su questo magnifico oceano.”
Mi volto verso la vetrata. Fuori è buio e si sente il rumore cupo delle onde che si infrangono sulla spiaggia. “Negativo,” gli rispondo, “l’unico liquido per il quale in questo momento provo un’insana attrazione è la birra che servono al bar del circolo ufficiali.”
Visto che a forza di cazzate si è fatto tardi, a questo punto mi alzo per andare a letto. La Du Bal è già in camera da un bel po’ e spero che stia dormendo il sonno dei giusti, così non mi romperà i coglioni. Saluto e mi incammino lungo i corridoi.
Ho fatto bene a bere, perché appena apro la porta della stanza mi accorgo di un’altra gradevolissima caratteristica dell’esimia docente: russa come un gamorreano ubriaco.
Grazie all’alcool previdentemente ingerito riesco con qualche sforzo ad addormentarmi lo stesso. Sogno di essere nel bel mezzo di una segheria di Endor.

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Capitolo 11
*** Rapporto 03 sulla missione ***


Rapporto 03

Immobile nella Camera di Meditazione, Darth Vader rifletteva intensamente.
Io sono il Prescelto, colui che porterà ordine nella Forza.
Sì, ma come? E cosa significa poi portare ordine nella Forza?
L’Impero, forse essendo a capo dell’Impero. Se solo riuscissi a… No. Lui legge i miei pensieri. Ma ha previsto che sarò io a distruggerlo. E allora cosa succederà, sarò Io l’Imperatore? Sarà questo il modo in cui porterò ordine nella Forza? Strano, non riesco a vedere chiaramente. Ci sono troppe cose che mi disturbano, che mi distraggono. I ribelli, ma anche presenze che non sentivo da tanto tempo. E un tremito nella Forza che…
Il corso dei suoi pensieri fu interrotto bruscamente da una serie di lievi ma insistenti colpi metallici. Soffocando un’imprecazione, il signore dei Sith rimase in ascolto. Il suono si ripeté e questa volta egli poté identificarlo: qualcuno stava bussando sulla superficie esterna della Camera di Meditazione, e lo faceva anche con una certa nervosa impazienza. Non ebbe neppure bisogno di usare la Forza: c’era una sola persona in tutta la galassia che avrebbe osato fare una cosa del genere. “Cosa c’è, Tarkin?” chiese mentre la metà superiore della Camera di Meditazione veniva sollevata.
Livido di rabbia, il governatore gli tese una cartolina.
Vader la osservò. Raffigurava una sullustiana obesa in abiti succinti. C’era scritto ‘Grossi’ saluti da Sullust. Alcune righe vergate frettolosamente sul retro dicevano qualcosa a proposito di un trasferimento su Kamino. Alzò sul suo interlocutore uno sguardo interrogativo.
Veers!” ringhiò l’altro con voce tagliente, “sempre lui, maledizione! Hai visto cosa si permette di mandare al posto dei rapporti imperiali standard? Io vorrei proprio sapere chi si crede di essere, accidenti a lui!”
Ci furono alcuni secondi di silenzio durante i quali Vader dovette combattere l’impulso di mandare a cagare il suo irato interlocutore.
Infine gli restituì la cartolina e disse: “Tutte le volte la stessa storia? Non è mica la prima che ti manda, ormai dovresti essere preparato.” E prima che Tarkin potesse rispondere aggiunse: “Ora, se vuoi scusarmi, avrei da fare.”
Il governatore fissò impotente la Camera di Meditazione che si richiudeva con un lieve tonfo metallico. Rimase fermo con aria irresoluta, la cartolina nella mano tremante, una filza di insulti irriferibili all’indirizzo di Veers che gli ronzava in mente. Andò alla ricerca delle compresse per la pressione.

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Capitolo 12
*** Giorno 8 - Questa sera dormiamo su Kamino ***


Giorno 8 – Questa sera dormiamo su Kamino

Per fortuna che ieri sera avevo bevuto con dovizia, perché tra il fragore delle onde e il russare della Du Bal c’è stato un casino tremendo per tutta la notte.
La prima cosa che vedo quando mi sveglio è che il letto accanto al mio è vuoto. Poi mi accorgo che la porta del terrazzo è spalancata. Mi alzo a sedere, mi guardo intorno sbadigliando e nel fare ciò rimango annichilito: la Du Bal è sul terrazzo e sta facendo ginnastica a tette nude.
Lo spettacolo è talmente inusitato che per realizzarne la portata ci metto alcuni secondi, durante i quali mi assale anche il dubbio di avere veramente esagerato con l’alcool ieri sera.
Ehi, prof! Ma le ha dato di volta il cervello?” le chiedo dopo averla osservata per un po’.
La docente sussulta, strilla e si copre alla meglio con un asciugamano, dopodiché si volta verso di me con sguardo omicida. “Avevo sperato che lei si comportasse da gentiluomo, ma ovviamente ciò non è accaduto,” constata mostrando somma indignazione.
Abbia pazienza, Du Bal,” le rispondo, “non è che lei possa stare a tette fuori sul balcone e pensare che nessuno ci faccia caso.”
Lei è un maniaco, mi stava fissando,” insiste la professoressa.
Sospiro. “L’avrei fissata se si fosse trattato di Fjo’na, nel suo caso mi è solo caduto l’occhio e sono rimasto basito.”
Seguono alcuni secondi di silenzio carico di tensione.
Se spera che io dorma ancora in camera con lei si sbaglia di grosso, giovanotto!” mi ammonisce infine la mia interlocutrice. Dopodiché mi passa davanti a culo dritto certa di avermi inferto un colpo dal quale difficilmente mi riprenderò.
Io vorrei tanto pisciarle nella valigia, ma non si decide a lasciarla incustodita.
Dopo questo simpatico episodio scendiamo a fare colazione.
Ransome non si vede, probabilmente starà ancora smaltendo gli effetti della mistura di porcate alcoliche che ci siamo scolati ieri sera. Sarà anche un asso del surf, ma come bevitore non vale una cacca di scurrier.
Scende frattanto dalle scale, procace e svampita, la nostra twi’lek, finalmente uscita dal tunnel della droga e quindi non più odiosa. Si è messa in una gamba una calza lilla e nell’altra una verde e ci chiede quale delle due si intona maggiormente al reggicalze rosa. Si alza la minigonna e ci mostra il suddetto capo di biancheria intima per far sì che il nostro giudizio sia il più obiettivo possibile.
Ignorando le vibranti proteste della professoressa, io e il capitano medico apriamo un dibattito sull’argomento. Cerchiamo di coinvolgere anche le tre reclute, ma gli imbranati assistono alla nostra discussione con la faccia del bantha che pascola, quindi dopo un po’ ci disinteressiamo di loro.
Stabiliamo infine, dopo attenta disamina, che ci piace di più con la configurazione attuale, cioè con una calza lilla e una verde. La twi’lek rimane perplessa. Si guarda le gambe, guarda noi e infine chiede: “E adesso cosa me ne faccio delle altre due calze?”
Stamattina ci sentiamo bastardi dentro, per cui le forniamo vari oculati suggerimenti: buttarle via, usarle per fare bondage, metterci dentro le conchiglie che trova in spiaggia, infilarsele in testa e andare a fare una rapina, metterne una in ogni lekku per vedere che effetto fanno e così via. Fjo’ona ci ascolta attenta. Ci prega di parlare lentamente perché ha paura di dimenticare qualcuna delle idee che le stiamo dando.
Sulle prime ci divertiamo perfidamente, ma dopo un po’ il gioco ci annoia: è come sparare sul carrozzone dei jawas.
Ci disinteressiamo quindi anche della scosciata e ci rimettiamo a fare colazione.
Mi tormenta un po’ l’eventualità paventata da Ransome ieri sera, ovvero di essere messi in lista d’attesa dietro i cargo di guano e le navette indigene.
Una volta finito di mangiare, i nostri scarsamente utili sullustiani cominciano a caricare i bagagli sullo sprinter.
Siamo in questa delicata fase delle operazioni, con la pitonata e la professoressa che sorvegliano la sistemazione dei loro preziosissimi trolley imbottiti di cianfrusaglie, quando ci raggiunge il comandante della base.
Il piacione è un po’ sbattuto, abbiamo già appurato che regge l’alcol come io reggo la compagnia del capitano Piett, ma indossa l’immancabile camicia hawaiana aperta sul pettorale scolpito.
Sottobraccio ha la preziosa Kamino Extreme, debitamente incerata.
Io vado a fare surf,” mi annuncia. “Sicuro che non vuoi venire?”
Lo farò su Kamino, se mi capita l’occasione,” gli rispondo.
Ransome mi fissa critico. “Allora non eri sbronzo ieri sera?”
Sì, lo ero, ma che c’entra?”
Intendo: vuoi andare davvero su quel pianeta del cazzo? Ti avviso: è un posto dove le onde fanno schifo. E poi c’è Kurtz.”
Mi sa che eri più sbronzo di me, se non ti ricordi che è proprio Kurtz che sto andando a cercare.”
L’altro si stringe nelle spalle con l’aria di chi prende tristemente atto che il suo interlocutore è un cretino, poi mi fa: “Se proprio ci tieni, ti conviene andare a cercare il bastardo.”
Ti ho già detto che ci sto andando,” replico vagamente spazientito.
Non quel bastardo,” precisa Kyle. “Quello non avrai bisogno di andare a cercarlo, sarà lui a trovare te.” (toccata fugace di attributi da parte mia). “Intendo Chandra il burlone, quello che gestisce i voli dallo spazioporto di Galle. Suo padre possiede tutto lo spazioporto ed è ricco sfondato. Lui avrebbe l’ambizione di fare cabaret, ma il suo vecchio gli fa smistare le navette nella speranza di insegnargli un mestiere. Uno strazio.”
Dove lo trovo?”
Al vecchio forte. Digli che ti mando io e ridi più che puoi alle sue battute, se non vuoi finire in lista dopo i cargo di guano.”
Quali battute?”
Per tutta risposta, Ransome mi dice: “Io vado a fare surf, ci si becca in giro.”
E se ne va piantandomi lì come un tubero di solanacea.
Io rimango a chiedermi che genere di battute potrà mai fare questo famigerato Chandra. Dopo la collezione di devastati che ho incontrato nel corso di questa missione, dovranno essere decisamente strane per suscitarmi più di un’alzata di sopracciglio.
Come a confermare la mia ipotesi, si presenta il colonnello, al solito ginnico e vivace. Si molleggia sulle ossute ginocchia, quindi mi chiede: “Stava parlando col fattorino, giovane capitano?”
Rimango perplesso. “Con chi?”
Quel tizio con la camicia ridicola e l’asse da stiro sottobraccio. Abbiamo poi scoperto dov’è il comandante di questa base? Ci terrei a salutarlo.”

Mezz’ora dopo siamo in viaggio diretti a Galle. L’inutile Rani, da me interpellato sulle presunte battute di Chandra il burlone, non mi ha saputo fornire alcun ragguaglio, cosa che peraltro non mi ha affatto stupito. Si è limitato ad aprire le braccia e a rivolgermi un amabile sorriso.
Io continuo a trovare strano che le navette imperiali vengano gestite da un civile, ma ci sono misteri nell’Universo che probabilmente non sta a me risolvere.
Il forte, al quale arriviamo dopo poco, è una costruzione di qualche epoca in cui mura spesse e torri con feritoie rappresentavano ancora un modo intelligente per tenere lontano i cattivi.
Osservo perplesso l’edificio, quindi mi guardo intorno alla ricerca di Hyaskon, che in tutto il gruppo di sfigati è l’unico che mi dia un minimo di affidamento.
Scopro con disappunto che il capitano medico è collassato su un sedile in stato di morte apparente, spero a seguito dell’ingestione di uno dei suoi cocktail di farmaci.
La Du Bal si è già sistemata con tanto di sedia pieghevole e cavalletto a immortalare la vetusta costruzione, Waxen è sparito chissà dove. Rimangono i tre sfigati, il wookiee e...
Vengo io con te, Roy!” esclama la pitonata con voce melodiosa. “Devo anche andare a fare la pipì.”
Ma Fjo’ona, non credo sia il caso...”
Mi scappa!” proclama categorica la twi’lek, e per quanto la riguarda il discorso è chiuso. Si mette al mio seguito senza la più piccola intenzione di allontanarsi da me fino a che non avrà trovato un bagno.
Consapevole dell’inutilità della resistenza, preceduto da Rani e con la scosciata al seguito, varco la soglia del forte.
All’interno c’è l’ormai consueto assortimento di scagnozzi e tirapiedi che ci guardano male. Io rivolgo sorrisi di circostanza a destra e a manca, pensando che se proprio le cose si mettono al peggio posso sempre proporre a tutti questi stimabili signori una bella gangbang con la twi’lek.
Fjo’ona ignara si aggiusta il push-up.
Arriviamo infine ad una porta chiusa dietro la quale si percepiscono stralci di musica. Ai lati di essa si trovano due ceffi che fanno sembrare tutti gli scherani di prima dei jawas rachitici.
Parola d’ordine!” ringhia il più grosso, tatuato e muscoloso dei due.
Pur consapevole che sia un’idea del cazzo, mi volto verso Rani. Il sullustiano apre le braccia con espressione disarmante. “Io non sa,” proferisce, tranquillo come se gli avessi chiesto l’ora.
Rivolgo al guardiano l’espressione innocente di un cucciolo di ysalamiri. “Cosa potrebbe succedere nel caso uno non la sapesse?”
Il tizio imbraccia il blaster e me lo punta contro. “Ti sparo in faccia,” mi informa.
A quella vista mi congelo come gli attributi di un wampa. Di colpo l’idea di rimanere qui a fare surf per una settimana intanto che si libera qualche posto in una navetta diretta a Kamino non mi sembra poi così malvagia.
Beh, allora noi andremmo...” dico cominciando cautamente a rinculare, ma alle mie spalle la torma degli scagnozzi si è nel frattempo compattata in un ostacolo invalicabile. Qualcuno sta già soppesando tirapugni e mazze chiodate, altri hanno in mano oggetti decisamente più inquietanti, di forma cilindrica e con una sovrabbondanza di bitorzoli, che spero siano destinati alla mia accompagnatrice.
Insensibile al dramma che si sta svolgendo, Fjo’ona piagnucola: “Ma perché andiamo via? Io ho la pipì...”
È meglio se la tieni,” le rispondo.
Ma mi scappa!”
Siamo a questo preoccupante punto della discussione quando ad un tratto la porta in fondo al corridoio si spalanca facendomi sussultare. Ne esce un balosar che indossa un tuxedo di lustrini azzurri e strilla in un microfono: “Ta-daaaaa!”
Applausi in sottofondo.
Passano almeno dieci secondi di silenzio. Io guardo Rani, che al solito fa un sorriso ebete, guardo la twi’lek, che invece stringe le gambe nel tentativo di evitare la minzione, poi mi volto verso il tizio. “Ta-daaa?” ripeto perplesso.
Il balosar mi dà una pacca sulla spalla e mi fa: “Sorridi! Sei su Galactic Camera!”
Ma sorridi un cazzo!” protesto infuriato. “Stavano per farmi fuori!”
No, macché farti fuori. Sono blaster finti! È per fare un po’ di scena!” E se la ride di gusto. “La vita è uno show, no?” Gli scherani si disperdono ridacchiando.
Altri applausi, che provengono da un altoparlante appeso alla parete.
Comincio a capire perché Ransome mi aveva messo in guardia sulle battute di costui. Dieci a uno che adesso tira fuori la stretta di mano con la scossa e il fiore all’occhiello che spruzza l’acqua.
Ma Chandra fa di meglio: si rivolge alla twi’lek e le chiede: “Ehi, signorina, che belle gambe! A che ora aprono?”
La scosciata, però, causa una deplorevole carenza di materia grigia, rimane a guardarlo con la faccia del dewback che pascola. Solo dopo alcuni secondi di latenza, perplessa proferisce: “In che senso?”
Il balosar si volta verso di me con l’aria di chiedermi spiegazioni.
Io mi stringo nelle spalle. “Con questa qui non c’è speranza,” gli dico con fare rassegnato.
Il tizio la fissa un attimo perplesso, poi riprende il microfono e fa: “Comunque, venite di là, ragazzi, così mi dite quello che vi serve!”
Ci sospinge verso la porta.
Quando entriamo ci troviamo su una specie di passerella con delle luci che dal basso si dirigono precisamente contro le nostre facce. Alle nostre spalle c’è una tenda con nappe e lustrini. Realizzo che siamo su un palcoscenico, e quando ho fatto più o meno l’abitudine alle lampade puntate in faccia noto che siamo all’estremità di una sala con tavolini e poltrone, peraltro più vuota della testa del mio superiore.
Dal soffitto pende una palla di specchi che sembra l’abitacolo di un TIE fighter.
Torna nel frattempo alla carica il balosar. Mi dà una seconda pacca sulla spalla, suscitando in me istinti omicidi degni di un signore dei Sith, e poi mi fa: “E così sei un militare. Io nell’esercito ero il tecnico incaricato di far brillare le mine inesplose. Le lustravo talmente bene che il sergente ci si poteva specchiare sopra!”
Io sto già pensando di mandarlo in posti irriferibili quando mi tornano in mente le fatidiche parole di Ransome: Digli che ti mando io e ridi più che puoi alle sue battute, se non vuoi finire in lista dopo le navette di guano.
Mi sto ancora concentrando su questo imperativo categorico quando Chandra a bruciapelo mi chiede: “Cosa fanno due militari in frigorifero?”
Eh?” faccio, colto alla sprovvista.
E lui, trionfante: “La guerra fredda!”
Poi, senza nemmeno darmi il tempo di abituarmi: “Come si dice di un sergente che corre? Urgente!”
A ogni battuta segue un rullo di tamburo con percussione finale di piatto.
Serenamente insensibile a questo strazio, la twi’lek si lamenta: “Roy, io ho la pipì...”
Ci sono momenti nella vita in cui un uomo deve dimostrare di possedere i giusti attributi. “Basta così,” dico con autorevolezza. Poi, rimanendo miracolosamente serio, soggiungo: “Chandra, noi staremmo volentieri tutto il giorno ad ascoltarti, ma ho due problemi da risolvere: il primo è che Fjo’ona deve andare alla toilette, e il secondo è che ho bisogno di una navetta che mi porti su Kamino.”
Ti posso dare una bella canna da pesca,” risponde lui. “È perfetta per i pescatori in erba!”
Io lo guardo con la faccia da Fjo’ona.
Il balosar mi viene in soccorso: “Canna… erba… Capisci?”
A questo punto dovrei ridere. Sarebbe molto opportuno che lo facessi, così ci liberiamo di questo ennesimo idiota e partiamo per Kamino.
Comincio a pensare a quando ho mandato in onda nella sala riunioni un porno sadomaso con le gamorreane obese, oppure a quando ho liberato un cucciolo di rangkor nel circolo ufficiali superiori della Morte Nera.
Dopo un excursus di tutte le idiozie da me commesse negli ultimi tre anni, faticosamente rispondo: “Oh, ehm. Ahahah. Molto spassoso. Del resto Ransome me l’aveva detto che eri un tipo divertente.”
Divertente come una rettoscopia.
Chandra si illumina. “Mister Pettorali? Se si gonfia un altro po’ comincerà a levitare, eh?” Gomitata nelle costole.
Poi, di nuovo a bruciapelo: “Che cos’è il culturismo? È una supposta che va in vacanza!”
Rullo di tamburo e piatto.
La situazione suscita più lacrime di un documentario sul massacro dei cuccioli di ewok. Comincio ad augurarmi un interrogatorio dei ribelli, piuttosto che questo.
La navetta, Chandra,” gli ricordo.
E la toilette!” fa la twi’lek alle mie spalle, peraltro con una certa concitazione.
Il nostro simpatico interlocutore tira fuori tre buste, di colori assortiti e piene di lustrini. “In una c’è la navetta, in una ci sono le indicazioni per andare al gabinetto.” Si interrompe e ci guarda sornione.
Ho già capito com’è l’antifona. “E nella terza?” chiedo diffidente.
Un mezzo plotone di gamorreani superdotati e in astinenza forzata da tre mesi.”
Chandra…”
Su, scegli! Cos’è la vita senza un po’ di suspense?”
Mi porge le tre buste.
A questo punto, però, la mia pur temprata pazienza si rifiuta di servirmi oltre. Estraggo il DL-44 e lo punto verso gli attributi del mio interlocutore, quindi gli spiego: “Chandra, ora proveremo un po’ di humour imperiale: questo blaster non è finto come quelli dei tuoi scagnozzi alla porta. O salta fuori una navetta per Kamino entro dieci secondi o ti sparo nelle palle.”
L’altro risponde con una risata ed esclama: “Buona questa!”
Io rimango immobile col DL-44 puntato contro le sue pudenda.
Il sorriso di Chandra evapora come neve su Tatooine nel momento in cui il suddetto si rende conto che lo humour imperiale tende ad avere risvolti pericolosi per l’incolumità personale.
Quindi non ti interessano le tre buste?” si informa ad ogni buon conto.
Solo se te le infili nel culo. La navetta per Kamino, forza.”
E un bagno!” strilla Fjo’ona disperata.

Usciamo dopo un po’ con le nostre necessità soddisfatte. Chandra, al quale l’interazione col blaster ha conferito una pacatezza da maestro Jedi, ci ha consigliato di procurarci una sistemazione su Kamino prima di arrivare là, dal momento che sul posto c’è in corso un magnifico monsone, e quindi la maggior parte degli alloggi sulla terraferma sarà inagibile.
L’idea che il pianeta d’acqua sia funestato da una pioggia torrenziale mi getta nello scoramento: le immagini di tramonti e spiagge coralline che fluttuavano nella mia mente vengono brutalmente sostituite da nuvoloni grigi, freddo umido e onde gelide.
Assumo l’espressione afflitta di un ewok depilato.
Si avvicina Rani, che nel frattempo aveva tatticamente abbandonato il vecchio forte, e mi fa: “Tu trovato trasporto?”
Vorrei tanto rispondergli ‘non grazie a te’, ma temo che non capirebbe nemmeno di cosa sto parlando. Opto per un più neutro: “Sì, tutto a posto.”
Molto bene!” mi risponde, con il consueto sorriso ebete sul faccione, “Ora noi va a sprinter!”
Mi guardo intorno: in effetti il nostro potente mezzo non c’è.
Messo in posto migliore,” mi spiega, in risposta alla mia muta domanda. “Ombra. Fresco.” Mima le fronde di un albero. “Tu vieni.”
Ci incamminiamo per un viottolo sterrato, con Fjo’ona che piagnucola traballando sui sabot pitonati. Ai lati del sentiero c’è erba alta, e qua e là si vede qualche albero stentato, le cui foglie probabilmente non farebbero ombra nemmeno a uno scurrier.
Rani, dove ci stai portando?” chiedo poco convinto, ben consapevole delle scarse capacità raziocinanti del soggetto.
Sprinter!” risponde lui prontamente. “Da lui ti porterò. Tu vieni. Senza pestare cacche.”
Immediatamente si sente lo strillo della twi’lek: “Oh, no! Che schiiiiiiiii-foooo!!”
Mi giro e la vedo saltellare su un piede solo. L’altro piede è nudo, e il sabot che calzava è piantato quasi completamente in un mucchio di merda che sembra una torre geonosiana.
La prima cosa che mi viene in mente contemplando questo dramma è che spero non chieda a me di recuperare la sua scarpa.
Fjo’ona frattanto emette un grido di agonia e rovina al suolo, fortunatamente evitando altre cacche. Lì rimane a piangere e a strofinarsi il piede scalzo con salviette disinfettanti.
Io mi volto verso Rani, che si stringe nelle spalle e dice: “Dewback. Loro fare questo.”
Vuoi dire che hai portato lo sprinter in un pascolo di dewback?”
Buono per ombra.”
A questo punto mi guardo intorno e localizzo il nostro veicolo sotto la stentata ombra di un alberello. Al suo interno sono asserragliati i tre soldatini in preda al terrore, Lothar che emette bramiti e la Du Bal che agita un fazzoletto fuori dal finestrino e strilla: “Sciò! Sciò!”
Non vedo Hyaskon, ma suppongo che sia su un sedile in coma farmacologico. Waxen è tanto per cambiare irreperibile.
Intorno allo sprinter, decisi a sfruttare la stessa macchia d’ombra, ci sono cinque o sei dewback pigramente sdraiati, che ruminano con filosofia.
Schivando le deiezioni mi avvicino al trasporto.
Voi militari non ci siete mai quando c’è bisogno di voi!” mi accoglie la professoressa, continuando ad agitare il fazzolettino all’indirizzo dei dewback.
Rivolgo alla docente uno di quei sorrisi che hanno il potere di mandare la pressione di Tarkin fuori scala e le dico: “Madame, non ha notato che proprio accanto a lei ci sono ben quattro valorosi militari imperiali?”
Le tre reclute sono sotto altrettanti sedili. Lawrence ha addirittura scavato fuori dai recessi del suo bagaglio l’ewok di peluche e lo sta stringendo come io stringerei l’ultima bottiglia di birra rimasta sulla Morte Nera.
Hyaskon, altro rappresentante delle forze armate imperiali, è collassato in un angolo.
Non faccia lo spiritoso!” protesta la Du Bal, “qui ci sono animali feroci che girano intorno al nostro trasporto e lei non fa niente per allontanarli!”
Il dewback sta alla ferocia come io sto alla serietà, prof.”
Intende dire, con questa battuta di dubbio gusto, che queste bestie orribili non sarebbero pericolose?”
Secondo lei?”
Un dewback emette da una parte un muggito e dall’altra un peto, poi si gira pigramente pancia all’aria e rimane così.
Si avvicina a questo punto la twi’lek, che nel frattempo ha recuperato la calzatura contaminata, però continua a piagnucolare perché ha esaurito la scorta di fazzolettini disinfettanti ma il sabot è ancora sporco.
Vede l’assortimento di dewback che circonda lo sprinter e i lekku le si stirano per l’orrore. “Ci sono gli animali feroci!” strilla.
Non ho voglia di ripetere tutta la questione della ferocia dei dewback, per cui mi limito a salire a bordo.
Una volta sullo sprinter mi guardo intorno con una certa soddisfazione: il vecchio fossile non c’è. Interrogo i presenti, ma nessuno l’ha più visto da quando siamo arrivati al forte.
Mi sento pervadere da un cauto ottimismo. Posso mandare un messaggio a Ransome, che magari lo farà cercare se non è troppo impegnato a fare surf, e io intanto proseguo per Kamino senza di lui. Ci sarà Kurtz, ma almeno non avrò fra le palle il devastato.
Sto per l’appunto fluttuando sulla mia nuvoletta rosa quando mi si palesa dinnanzi la rotondeggiante figura di Rani. Sono colto da un orrendo sospetto.
Sospetto che purtroppo si concretizza in cupa realtà quando il nefasto sullustiano mi dice: “Tu cerchi omino con baffi? Da lui ti porterò.”
Per un attimo valuto se rispondergli ‘ma no, non è il caso’, poi il mio celeberrimo senso del dovere e la presenza di troppi testimoni mi spingono a replicare in altro modo.
Per recuperare Waxen ci dirigiamo verso il mercato locale evitando carretti e civili con fagotti in testa. Giunti sul posto, troviamo il vecchiaccio che come al solito sta arringando gli indigeni convinto che si tratti delle sue truppe.
I sullustiani lo guardano basiti.
Mando la gente a comprare derrate alimentari, ma Fjo’ona ha ancora la scarpa fuori uso, i tre soldatini sono tuttora rintanati sotto i sedili e sopra i sedili c’è Hyaskon in stato di coma farmacologico. Gli unici che scendono sono la Du Bal e il wookiee, che si addentrano nella folla vociante e vi scompaiono rapidamente.
Io nel frattempo mi avvicino a Waxen e attiro la sua attenzione.
L’ottuagenario mi zittisce con un gesto nervoso della mano e fa: “Dopo, giovanotto. Non vede che sono impegnato?”
Sospiro. “Signor colonnello, dobbiamo partire. Rischiamo di perdere il trasporto per Kamino.”
Il fossile mi squadra con fiero cipiglio. “Capitano,” mi apostrofa, “devo forse ricordarle il suo posto?”
Sarei tentato di rispondergli che il mio posto lo conosco perfettamente ed è il bar del circolo ufficiali, ma in quel momento succede un miracolo: comincia a piovere. Non una di quelle leggere pioggerelline che si annunciano dapprima con qualche timida goccia e poi man mano vanno intensificandosi e frattanto bruiscono leggiadre.
Nossignore: un attimo prima non pioveva, un attimo dopo viene giù un muro d’acqua che riduce la visibilità a tre metri. Il rombo che produce è così forte che per parlarsi bisogna alzare la voce.
I pochi indigeni che stavano ascoltando le farneticazioni del mio superiore si disperdono a raggiera alla ricerca di un riparo. Rimaniamo in mezzo alla piazza io e Waxen, entrambi fradici come aquariani, a guardarci nelle palle degli occhi. “Secondo me è meglio andare allo sprinter, signore,” propongo.
Stavolta, nemmeno lui può darmi torto.
Ripariamo dunque nel nostro potente veicolo. Lì ci raggiungono con mezzi di fortuna anche la professoressa e Lothar, che sono sì completamente bagnati, ma nel frattempo sono riusciti a fare la spesa, acquistando un assortimento di granitiche noci di cocco e ovviamente nulla per aprirle.
La Du Bal, capelli penzoloni e scarpe grondanti, si strizza la gonna. “Sarà contento, immagino,” dice, con un tono che fa sembrare l’acido fluoridrico una crema emolliente.
Le rivolgo lo sguardo mite di un eopie che sta pascolando. “Per cosa?”
Lasci perdere.”
Lothar si scuote vigorosamente, infradiciando anche chi aveva avuto la fortuna di rimanere asciutto.
Ripartiamo con mestizia mentre la pioggia frusta i finestrini ed entra a rivoli da quelli chiusi male.
Arriviamo così ad un cortile sordido, disseminato di rottami. Da una parte c’è un edificio intorno al quale girano, incuranti delle precipitazioni, numerosi individui armati.
Ma com’è che su questo cazzo di pianeta non c’è neanche un cesso pubblico senza almeno dieci scagnozzi che lo pattugliano?
Una domanda destinata a rimanere probabilmente senza risposta. Mi volto comunque verso Rani e chiedo: “Cos’è questo posto? Non mi dà l’idea di essere uno spazioporto.”
Infatti non è,” mi risponde la nostra guida, “questo posto di Mister Amandeep. Lui lavorare per Mister Beruwela. Tu ricorda Mister Beruwela?”
Difficile dimenticarselo. Cosa ci facciamo qui?”
Lasciare sprinter. Prendere posto di dormire per Kamino. E poi salutare.” Allarga le braccia come per suggerirmi di abbracciarlo. Considerato che i sullustiani sono più bavosi dei lumaconi di Dagobah, io faccio amabilmente finta di non capire.
Portiamo il veicolo sotto una tettoia e mentre viene giù il monsone tropicale i due aiutanti di Rani cominciano a scaricare la roba. Alla fine c’è un mucchio che sembra un bantha adulto.
Mentre io mi sto chiedendo perplesso da dove diamine possa essere venuta fuori una montagna del genere, una voce alle mie spalle fa: “Non possibile tutto questo su nave per Kamino. Non possibile.”
Vedo Rani e i suoi aiutanti prosternarsi come adepti al cospetto del Capo Eremita di Maryx Minor. Mi giro e vedo un sullustiano obeso, con una tunica simile a quella di Mister Beruwela, un assortimento di anelli alle dita e una generica aria sdegnosa che mi guata critico.
Lui Mister Amandeep,” mi sussurra la mia guida.
Salve,” lo saluto.
Questa troppa roba,” dice il tizio per tutta risposta. “Metà lasciare qui.”
E poi come facciamo a recuperarla?”
Noi vendere.”
Aggrotto le sopracciglia. “No, un attimo, qui non ci siamo capiti. Voi non vendere proprio un cazzo della nostra roba. Non senza il nostro permesso, almeno.” E già penso al coro di lamentazioni che una notizia del genere susciterebbe tra i miei accompagnatori.
Allora voi non andare su Kamino.”
Sto già pensando di scatenare il colonnello addosso a questo borioso grassatore quando mi viene in soccorso Rani: “Trasporto piccolo, non possibili grandi bagagli.”
E non si può avere un trasporto più grande?”
Interviene il grassatore di cui sopra, che con tono da trafficante di organi toydariano mi fa: “Pagare.”
Tutto qui? Tiro fuori la Imperial Platinum di Darth Vader e gliela mostro. “Può bastare?”
A quella vista, Mister Amandeep tende la grinfia rapace, ma ormai sono diventato rapidissimo e gli sottraggo abilmente l’oscuro oggetto del desiderio. “Allora, può bastare?” ripeto.
Il sullustiano mi rivolge un sorriso untuoso, e in un Galattico Base assolutamente forbito, mi dice: “Caro capitano, purtroppo la nostra interazione è partita con il piede sbagliato. Ne sono davvero desolato e faccio ammenda per il comportamento decisamente inurbano che ho tenuto poco fa.”
Mi prende per una spalla e mi sospinge verso l’edificio. “Ma venga ad asciugarsi un po’,” prosegue, “e anche la sua famiglia, ovviamente. Sua madre, suo nonno, i nipotini, la sua bella fidanzata...” Lo fermo precipitosamente prima che possa proferire altro.

Poco dopo siamo in viaggio verso lo spazioporto di Kolumbus, quello delle navette di lusso, con uno sprinter-limousine completamente cromato. Il veicolo deve essere stato usato di recente per qualche festino, perché a seconda delle curve rotolano qua e là sul pavimento bottiglie vuote e in mezzo ai sedili rinvengo anche un reggipetto abbandonato. Non posso fare a meno di sogghignare al pensiero di quando Vader riceverà l’estratto conto della sua carta, dove fra le altre cose figurerà la voce ‘limousine cromata a diciotto posti con moquette e sedili antimacchia’.
A questo punto si è fatta anche l’ora di mangiare, e tutti sogguardano con aria cupida e vorace il sacchetto con le noci di cocco.
Roooy...” fa la Twi’lek, sfarfallando le ciglia.
Hm?”
Li apri per noi?”
Questi frutti hanno una simpatica caratteristica: ci potrebbe camminare sopra un AT-AT e non farebbero una piega.
Io considero sconsolato le palle marroni, che in effetti hanno l’aria di essere dure come tungsteno, ma in tutto l’abitacolo dello sprinter, pur lussuosissimo, non c’è nulla che potrebbe fungere alla bisogna.
Idea. Mi rivolgo a Rani, che ha deciso di accompagnarci nell’ultimo tratto del viaggio per poterci salutare con comodo allo spazioporto: “Ci sono templi Jedi da queste parti?”
Ci pensa. Rumore di ingranaggi nella testa.
Infine trionfante risponde: “Grande tempio qui vicino!”
Ecco, facciamo tappa lì. Hai mica dei vestiti borghesi sottomano?”
Eh? Per fare?”
Non devo sembrare imperiale.”
A questo punto si intromette il vecchiaccio, che nella mia ingenuità credevo dormiente: “Cosa sarebbe questa sciatteria, giovane capitano? Un ufficiale è l’immagine stessa dell’Impero. Non va attorno con ridicoli paludamenti borghesi.”
Io assumo l’espressione neutra del giocatore incallito di sabacc. “È una missione in incognito, signor colonnello,” rispondo compunto.
E chi l’avrebbe ordinata questa missione?” replica il fossile indispettito. “Qui l’ufficiale in comando sono io, mi pare.”
Una comunicazione del governatore Tarkin sul canale riservato, mentre lei dormiva.”
Io non dormo mai, al massimo medito sulle tattiche da adottare nel corso della missione.”
Mentre lei meditava, mi correggo.”
Gli rivolgo un sorriso innocente come un cocktail analcolico. Il colonnello mi fissa critico. “E cosa dovremmo fare nel tempio Jedi, giovane e sconsiderato capitano?”
Andrò io signore. Non è necessario che lei si disturbi.”
Il baffo ha un inquietante fremito d’ira. “Capitano! Esigo di sapere cosa andrà a fare nel tempio Coso… come si chiama...”
Tiro fuori una noce di cocco. “Vado a spargere qua e là detonatori termici.”
La faccia di Waxen si distende. “Ah, molto bene! Un’ottima iniziativa, figliolo. Del resto mi ricordo che anche nella battaglia di Thali diede prova di essere temerario e immaginoso.”
Grazie, signore.” rispondo compunto. “Ah,” aggiungo poi alzandomi, “La professoressa Du Bal adorerebbe ascoltare qualche suo aneddoto di guerra, colonnello.”
Ma io devo venire a compiere la missione!”
Vuole deludere una signora?”
E mi eclisso ghignando.
Il tempio Jedi, nel quale entro con addosso un camicione di Rani e la sacca di noci di cocco in spalla, è il solito assortimento di sale colonnate, fontanelle mormoreggianti, zone di addestramento e sobri alloggiamenti. Qualche tizio col saio gira qua e là.
Attiro l’attenzione di quello che mi sembra il più giovane e scemo. “Ehm, scusi...”
Il ragazzotto si gira verso di me con una certa sicumera. “Sì?”
Gli rivolgo un sorriso disarmante. “Ecco, vede, io sono un missionario delle Venticinque Personificazioni della Virtù. In questo momento ho tanti bambini poveri a cui dare da mangiare, ma ho solo queste.” Gli mostro desolato le inespugnabili noci di cocco.
Il tizio mi guarda con l’aria di non capire.
E io, volonteroso: “Non so come aprirle. Non è che me le taglierebbe in due con la spada laser?”
Il giovane Jedi si gratta la testa perplesso. Dieci a uno che durante il suo addestramento non gli è mai stato prospettato un caso del genere.
La prego,” lo incalzo accorato, “I bambini hanno fame...”
Tolto quello che poi è diventato Darth Vader, Non c’è Jedi che possa resistere a dei poveri bambini sofferenti. Il tizio mi raccomanda di stare indietro, estrae la spada laser e in men che non si dica i miei cocchi sono pronti per la consumazione.
Me ne vado profondendomi in ringraziamenti. “Che le Venticinque Virtù discendano su di te una dopo l’altra!” gli auguro eclissandomi. E la prima di esse sia l’intelligenza, penso appena fuori dal perimetro del tempio.
Ripartiamo alla volta dello spazioporto. Io ho una certa premura di allontanarmi, perché se per caso in effetti la virtù dell’intelligenza piomba davvero in testa al mio Jedi, tra un po’ ce ne troveremo una frotta alle calcagna incazzati come rangkor.
Tutti nel frattempo mangiano cocchi e disquisiscono della temperatura dell’acqua su Kamino. Fjo’ona, assolutamente convinta che si vada a fare una vacanza balneare, ci narra con dovizia di particolari quali e quanti costumi da bagno si è portata.

Allo spazioporto ci dirigiamo verso l’area vip. La navetta che la Imperial Platinum ha noleggiato è una Tydirium nuova di zecca taroccata e smarmittata, con le fiamme dipinte sugli scarichi e i bordi d’uscita delle ali cromati.
Nella parte inferiore ha un assortimento di LED blu.
Gli interni sono tutti di velluto rosso fuoco, da una parte c’è un secchiello per il ghiaccio, il soffitto è sostituito da un enorme specchio. Adocchio subito una scatola piazzata in posizione strategica: sollevo discretamente il coperchio e scopro una collezione di preservativi praticamente per qualsiasi specie aliena in grado di accoppiarsi. Mi affaccio nella cabina di pilotaggio e noto due dadi di peluche che penzolano da un lato del vetro anteriore. Il pomello della manetta del gas è un teschio dorato con dei brillantini rossi al posto degli occhi.
Com’è fine!” esclama la twi’lek salendo a bordo. “Sembra di essere nella reggia di Naboo.”
Ci sei stata?” le chiedo.
E lei: “Certo, quando facevo la olomodella. Una volta dopo la sfilata ci hanno portate tutte alla reggia. Solo che non ho capito cos’era quell’insegna al neon con una donna nuda a cavallo di un gamorreano che c’era all’entrata...”
Probabilmente un’allegoria,” le rispondo.
Ah, certo. Porta allegria,” fa lei, e annuisce più volte come a significare che condivide l’idea.
Gli altri intanto stanno salendo a bordo. Hyaskon, brutalmente strappato al suo sonno farmacologico, si guarda intorno e fa: “Cos’è, un bordello?”
La Du Bal, che era già sulla rampa, arretra precipitosamente. “Io non entro in un postribolo!” esclama.
Magnifico. Mi affaccio al portello e le dico: “Ottima idea. Sappia che in cabina ci sono anche profilattici sparsi e macchie dall’aspetto strano. Fossi in lei rimarrei qui, pensi a quanta ginnastica a tette nude potrà fare.”
Potrebbe avere il buon gusto di non alludere a certe cose!” protesta la professoressa, quindi, col solo intento di farmi dispetto, sale sdegnosa a bordo.
I tre soldatini entrano stupefatti, con l’aria di un ewok che improvvisamente si trova nel centro di Coruscant.
Indifferente agli arredi, Lothar sale a bordo emettendo bramiti.
Da ultimo arriva su il colonnello, che si guarda intorno, poi mi strizza l’occhio e mi dice: “Ha trovato un posticino con delle donnine allegre, giovanotto? Molto ben fatto, un soldato deve anche svagarsi ogni tanto, se capisce cosa intendo. Quella bella figliola azzurra è molto carina, ma l’altra è un po’ troppo stagionata, non le pare?”
Per fortuna, prima che l’esimia docente abbia modo di farsi venire una crisi isterica, salgono a bordo anche i due piloti, che sono un weequay e un rodiano. I due ci riassumono brevemente le procedure di sicurezza: “Niente sborrate sui sedili, i fazzoletti sono in quell’armadio, da bere lo trovate nell’altro. Il cesso è in quella porta. Se la navetta cade attaccatevi alle palle.”
Perché alle palle?” chiede ingenuamente Wolfen
Perché non vi rimane altro posto dove attaccarvi.”
Poi si chiudono in cabina.
Salutiamo la nostra inutile guida sullustiana sventolando fazzolettini e agitando mani, quindi la rampa si alza, il portello si chiude e decolliamo alla volta di Kamino.

Il viaggio ce lo dormiamo. Nonostante l’aspetto evocativo dell’arredamento, a nessuno del gruppo viene voglia di darsi a copule pro o contro natura.
È il weequay a svegliarci quando stiamo uscendo dall’iperspazio nei dintorni del pianeta d’acqua, e lo fa spruzzando dappertutto un insetticida pestilenziale.
Alle mie rimostranze, il tizio replica: “È la regola dei B’omarr. Nessuna nave può atterrare se prima non è stata disinfestata.”
B’omarr?” chiedo basito. “Non ci avrete mica portati a Tatooine?”
Con mio indescrivibile orrore, il pilota risponde: “La maggior parte dei kaminoani ha adottato la regola B’omarr.”
Vengo assalito dallo sgomento. I B’omarr sono una setta di monaci nemica di qualsiasi stimolo, piacere, soddisfazione e simili, che per liberarsi dalle tentazioni si fanno addirittura espiantare il cervello e lo mettono a mollo in una boccia che pende da un droide semovente. La vita dei B’omarr è quindi di una tristezza sconfinata, e ovviamente lo diventa anche la vita di chiunque abbia la sfortuna di risiedere in un territorio dove si segue quella religione.
Non si può tornare indietro?” azzardo.
Il Carburante non basterebbe.” E giù un’altra spruzzata di insetticida.
Poco dopo ci posiamo sulla pista principale di Timira, che è una delle poche città sulla terraferma di Kamino. Appena vengono aperti i portelli della nostra navetta ci assale un caldo devastante, talmente umido che in breve abbiamo i vestiti appiccicati addosso e il sudore che gronda ovunque. La twi’lek ha le ciglia finte penzoloni e il trucco che le cola giù per le guance.
Si affacciano dall’esterno un paio di kaminoani che dapprima ci squadrano diffidenti, poi estraggono uno strumento rilevatore di qualche genere e lo attivano. Il coso fa ‘bip-bip’ ed emette luci verdi.
I nuovi arrivati appaiono piuttosto scontenti del risultato. Tirano fuori un altro strumento, più grande.
Neanche a dirlo, dopo un po’ questa procedura mi genera una certa irritazione nelle gonadi.
Questa è una missione a priorità uno!” li ammonisco severamente, “State ostacolando l’Impero.”
I tizi mi guardano con la faccia del dewback che pascola e attivano il secondo strumento, che di nuovo fa ‘bip-bip’ e luci verdi.
Sentite, qui si sta facendo tardi,” ritento. “Siamo una missione imperiale a priorità uno.”
Rimangono atarassici.
Poco dopo viene fatto salire a bordo anche un worrt addestrato, che annusa coscienziosamente ognuno di noi ma deve andarsene deluso.
I kaminoani non si capacitano.
Si rassegnano a farci scendere dalla Tydirium. Sulla pista il caldo è ancora più devastante. È buio pesto, ma si intuisce che il cielo è pesantemente coperto e ci troviamo nell’intervallo tra una pioggia monsonica e l’altra.
Io sogguardo di tanto in tanto il colonnello sperando che perda la pazienza e faccia una delle sue scenate, ma ovviamente quando servirebbe il vecchio fossile rimane in stato comatoso.
Veniamo condotti all’interno dello spazioporto, dove la temperatura è perlomeno leggermente più confortevole che all’esterno.
Ci accoglie una kaminoana simpatica come una scimmia-lucertola appesa allo scroto, bardata con una mascherina sterile, che comincia a rivolgerci domande insulse.
La prima di esse è: “Come si chiama la nave su cui alloggerete?”
Io la fisso imperturbabile. “E secondo lei come faccio a saperlo?”
Avete con voi i documenti?”
Se ci hanno fatti uscire dallo spazioporto di Kolumbus e non li abbiamo buttati fuori bordo durante il volo, direi che li abbiamo, no?”
Glieli esibisco.
La stronza vorrebbe replicare, ma un timbro imperiale rosso largo un palmo è una cosa che rende decisamente inclini al dialogo. Mi restituisce i documenti con fare schifato, poi tira fuori un altro aggeggio e passa anche quello su ognuno di noi. Nel frattempo, però, il wookiee si è stufato di tutte queste procedure (come noi, del resto) e ha solo voglia di andare a dormire. All’arrivo dello strumento le fa un ruggito tonante ed esibisce una chiostra di zanne che sembra quella di un nexu.
La kaminoana decide che si può soprassedere con la rilevazione.
Ci congeda.
Nel frattempo, fuori si è scatenato l’inferno meteorologico: viene giù una pioggia torrenziale e tira un vento che rovescerebbe un bantha. Ci scambiamo un’occhiata, guardiamo fuori, guardiamo anche la kaminoana odiosa, e tutti di comune accordo ci sediamo sulle rispettive valigie in attesa che uscire non comporti un serio rischio di annegamento.
Tanto per fare qualcosa di utile, tiro fuori il com-link e chiamo il corrispondente locale, sperando ardentemente che il contatto che mi ha fornito Mister Amandeep sia attendibile.
Passa un tempo di lunghezza angosciante, nel quale riesco a figurarmi gli scenari più foschi che la mia psiche sia in grado di elaborare, poi finalmente una voce assonnata dice qualcosa in una lingua incomprensibile.
Parla il galattico base?” mi informo.
Poco.”
Cominciamo bene.
Sono Veers. Dovrebbe esserci una nave prenotata a mio nome.”
Ha perso nave? Che nave?”
Sillabando attentamente, ripeto: “Sono Veers. C’è una prenotazione a mio nome.”
Una postazione?”
Penso ai massimi sistemi.
Manda. Uno. Sprinter. Allo. Spazioporto.”
Ma lei chi è?”
Massimi sistemi, motori primi e fini ultimi.
Mandare. Sprinter. Spazioporto. Adesso.”
Uno sprinter?”
Sì. Allo spazioporto.”
Va bene.”
Chiudo la comunicazione. Hyaskon, che nel frattempo si è svegliato, si guarda intorno stranito e mi fa: “Veers, ma com’è che tutt’a un tratto e diventato afasico?”
Parlare. Con. Indigeni.” gli spiego.
Ah, ecco. Pensavo che le fosse venuto un ictus.”
Ad ogni buon conto, mi tocco gli attributi.
Poco dopo arriva anche lo sprinter, che per fortuna è coperto. Fuori sta ancora infuriando la tempesta. Pur con la sua deplorevole carenza di materia grigia, la twi’lek ha capito che il tempo fa schifo, e da mezz’ora sta frignando disperata perché non potrà indossare nessuno dei centodue costumi da bagno che si è portata dietro.
La Du Bal sospetta che questo tempo abbia a che fare con qualche mia capacità di manipolare, ovviamente a suo svantaggio, le condizioni meteorologiche. Lothar, che intanto è riuscito a infradiciarsi, puzza come un tappeto marcio.
Le eroiche truppe, nel senso di Wolfen, Lawrence e Felsen, sono ammucchiate in un angolo con aria derelitta.
Non più comatoso, il colonnello, mustacchio fremente e mani a brocca sui fianchi, guarda fuori ed esclama: “Magnifico tempo, nevvero giovane capitano? Mi ricorda Aquaris. Quando ci fu la battaglia di… Coso… come si chiama?”
Si volta verso di me in cerca di ispirazione, ma io mi stringo nelle spalle.
Lei deve farsi vedere,” sentenzia allora l’attempato ufficiale. “Non ricorda mai niente, ragazzo mio. Non è normale.”
Per fortuna l’arrivo dello sprinter (nel quale a onor del vero non speravo) distoglie il mio superiore dalle sue considerazioni e instilla in ogni membro del gruppo una nuova speranza.
Dal mezzo smonta un kaminoano dinoccolato, che viene verso di noi e con voce soave chiede: “Chi Veers?”
Sperando ardentemente che il colonnello non scelga questo decisivo momento per mettersi a rompere le palle, mi faccio avanti.
L’indigeno mi squadra, poi fa girare lo sguardo sul resto del gruppo e finalmente chiede: “Nave? Mister Amandeep di Sullust?”
Io annuisco energicamente.
Venire con me.” dice il kaminoano.
Non mi pare vero: qualcosa che funziona.
Raccogliamo i bagagli, la twi’lek come al solito frigna perché nessuno le porta la valigia, la Du Bal si guarda intorno indispettita ma non la considera neanche Lothar, per cui, ognuno con il proprio bagaglio, raggiungiamo lo sprinter.
Dal cielo sta venendo giù una cosa che definire pioggia sarebbe penosamente riduttivo: è come se fosse stata aperta una diga e noi fossimo sotto. Il kaminoano, totalmente indifferente a ciò, ci indica con gesto ieratico il vano bagagli.
Sacramentando carichiamo la roba e ci accomodiamo fradici e incazzati sui sedili.

Dopo un po’ arriviamo a una specie di molo, sul quale stanno aspettando altri due kaminoani, a loro volta perfettamente insensibili alla devastazione idrica che sta venendo giù. Uno anzi solleva una mano in un lento gesto di saluto.
Scendiamo io e Hyaskon per andare a conferire con gli indigeni. Mentre io grondando mi intrattengo, il capitano medico si allontana per controllare il mezzo che ci è stato assegnato.
Dopo un po’ torna con la faccia di uno che ha visto Tarkin in calze a rete e minigonna. Con voce atona mi fa: “Veers, è una nave.”
Sì, beh, è quello che abbiamo chiesto, no?”
Ma questa è una nave-nave, mi capisce?”
Lo guardo perplesso. “In che senso?”
Una nave. Va sull’acqua.”
Come, sull’acqua? Non ha ali? Deriva? Reattori?”
Niente di tutto questo.”
Emetto un sospiro sconsolato. Oh, merda. Una nave. Un’umida, maleodorante e traballante nave. L’unico lato positivo della faccenda sarà dirlo alla Du Bal.
Con mia soddisfazione, infatti, appena vede il natante la professoressa categorica dice: “Io non salgo su quella cosa!”
Magnifico! Più spazio per noi,” le rispondo.
Spazio in realtà ce n’è finché vogliamo, perché essendo una nave kaminoana è stata fatta per esseri alti due metri e mezzo ed è grande come una rimessa per AT-AT.
Allora, professoressa, lei si organizza per restare qui a Timira?” mi informo. “Da quello che ho letto sulla guida, pare che ci sia anche qualche albergo decente, ovviamente non tenendo conto degli insetti.”
Gli insetti?”
Zecche kaminoane, più che altro. Qui sono endemiche. Ma stia tranquilla, Hyaskon dice che con frizioni di zolfo, sterco di dewback e pesce marcio si staccano e muoiono.”
Mentre siamo impegnati in questa discussione si avvicina la twi’lek, che ormai tra la disperazione del non poter indossare i costumi, la stanchezza e la valigia infradiciata ha i freni inibitori di un gungan ubriaco.
Vede la docente con la gonna grondante, le mani a brocca sui fianchi e i capelli che le ricadono scomposti sulla faccia e ha immediatamente un accesso di riso isterico.
Cerco di richiamarla all’ordine, ma la pitonata, in piena crisi, è insensibile a qualsiasi stimolo. Continua a ridere sotto la pioggia battente con tale frenesia che persino gli ieratici kaminoani le rivolgono uno sguardo perplesso.
Mentre Fjo’ona è in queste deplorevoli condizioni, si fa avanti uno dei tre soldatini. A occhio deve essere Wolfen, che paragonato agli altri due è quello dotato di un adamantino coraggio. Il ragazzo mi guarda, poi lancia una fugace occhiata alla nostra nave che sobbalza sulle onde trattenuta a stento dagli ormeggi. “Signor capitano, sarà pericoloso dormire lì dentro?” mi chiede timidamente.
Siamo militari,” gli rispondo fissandolo con severità, “Il pericolo è il nostro mestiere.”
A questa frase, Fjo’ona ha un accesso di risa particolarmente incontenibile, strilla, singulta, saltella un po’ con le gambe serrate, infine lentamente si seda e mormora: “Mi sono fatta la pipì addosso...”


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Capitolo 13
*** Giorno 9 - E il gioco ricomincia... ***


Giorno 9 – E il gioco ricomincia…

Secondo l’ora locale dovrebbero essere le sette di mattina. Pur senza l’ausilio di alcol (e soggiungerei purtroppo), ieri sera ero talmente steso che non ho fatto molto caso a come si sono sistemate le eroiche truppe a bordo della nostra nave.
Poco male, farò un controllo più tardi.
Ora ho un momento di beatitudine da assaporare: nessuno che mi rompe le palle con ginnastiche naturiste o biancherie da rassettare. Pace. Penombra. Vago sciabordio di onde proveniente dall’esterno. Mi stiro pigramente e mi rigiro fra le coltri. Ora ci vorrebbe qualcosa da bere e poi potremmo quasi rasentare la perfezione.
Sono in questa piacevole fase della mia esistenza quando mi rendo conto che da fuori proviene anche un altro rumore: è qualcosa di simile ad alcune ventose sturalavandini utilizzate contemporaneamente e con veemenza. In contrappunto a tale orribile suono si odono gemiti e lamenti. Colgo un flebile ma inconfondibile ‘voglio la mia mamma...’
Proferisco un’orrenda sequela di imprecazioni, poi scendo cautamente dal letto a castello, che essendo kaminoano è a tre metri da terra, mi rendo presentabile ed esco in coperta: di traverso sulla murata, stesi come pelli di ewok, ci sono i tre soldatini, fortunatamente con la faccia rivolta dalla parte dell’acqua, che vomitano come dei posseduti.
Problemi?” mi informo cortesemente.
Tra un conato e l’altro, Wolfen riesce a balbettare: “La nave...”
Felsen, che dei tre è il più devastato, soggiunge: “Il movi...” ma si deve interrompere precipitosamente. Il mare di Kamino accoglie un altro po’ dei suoi più intimi contenuti.
Lawrence non dice niente, è solo collassato sulla ringhiera che singulta e ogni tanto ripete con voce flebile che vuole la sua mamma.
E non simo nemmeno salpati.
Mi guardo intorno: le onde sono di un’accattivante tonalità azzurro-cartolina, ma il cielo è grigio e piatto come l’esistenza di un monaco B’omarr.
A parte me e i tre sfigati, in coperta non si vede nessuno. Parimenti, il molo al quale siamo tuttora attraccati è vuoto come lo scroto di un eunuco.
Dove sono le vostre cabine?” chiedo genericamente ai tre.
Uno alza un braccio tremulo e mi indica una scala che scende verso il basso.
C’è anche il capitano medico là sotto?”
Conati. Mi sa che dovrò scoprirlo da solo.
Scendo sottocoperta e subito mi imbatto in Hyaskon, che sta correndo fuori con l’occhio pallato e una mano sulla bocca. Ho come l’idea che dovrò tentare di risolvere il problema dei tre soldatini autonomamente.
A questo punto si apre un’altra porta e ne esce Fjo’ona, costume da bagno di lamè, sandali con zeppa di plastica trasparente, telo da bagno, flacone di crema, occhiali scuri e cappello di paglia fucsia largo un metro. “Vado a prendere il sole,” mi annuncia, e scompare su per le scale.
Si spalanca una terza porta. Ne esce la Bu Dal, che mi addita e strilla: “Lei!”
Lui, veramente,” mi sento in dovere di correggerla.
Ma la docente sembra non aver neppure sentito. “Lei è un delinquente!” bercia, “Avevo già capito che era un depravato senza moralità e senza educazione, ma non avrei mai creduto che riuscisse ad arrivare a questi livelli!”
Io faccio la faccia a punto interrogativo. “Prego?”
Le e-sa-la-zio-ni!” sillaba la professoressa, probabilmente pensando di avere a che fare con qualche alieno che ha difficoltà con il galattico base. “Esalazioni di carburante, mio caro. Tutta la notte ho dovuto subire le esalazioni. Lei voleva uccidermi!”
Non dico di non averci pensato, prof, ma se mai decidessi di farlo userei senza dubbio un sistema più sicuro.”
La Du Bal mi sorpassa indignata e se ne va a culo dritto. “Mi dispiace per lei, ma io là dentro non ci dormo!” la sento inveire mentre a sua volta scompare su per le scale. Come se ce l’avessi mandata io, peraltro. Dovrò informarmi di cosa è successo ieri sera, mi sa che è capitato un po’ di casino con l’assegnazione delle cuccette.
Ad ogni buon conto mi affaccio nella cabina della professoressa, ma le uniche esalazioni che contiene sono quelle da lei stessa prodotte, in effetti piuttosto impegnative.
Torno in coperta anch’io. Incontro per prima cosa la twi’lek, che sta piangendo come se l’avessero buttata nella fossa di un rangkor. “Non c’è il sole!” si lamenta.
Il che è sacrosantamente vero. Il cielo si è ulteriormente incupito. Un venticello umido si insinua negli interstizi.
I vomitanti nel frattempo sono diventati quattro, sembra che nemmeno al capitano medico piaccia il movimento della nave, e la professoressa, tuttora convinta (non del tutto a torto) che io la voglia uccidere, è a prua con le braccia conserte e mi gira sdegnosamente le terga.
In questo sfacelo, si apre la porta della cabina di fianco alla mia e ne esce il colonnello scortato dalla sua fedele montagna di pelo. Indossa come unico indumento una tutina da bagno a righe orizzontali bianche e nere con tanto di simbolo imperiale sul petto e ha un asciugamano sul collo.
Eccola qui, giovane capitano!” mi accoglie ginnico e scattante. “Ottima idea questo periodo di addestramento natatorio su Aquaris, le truppe ne saranno entusiaste. Vogliamo fare il primo tuffo della giornata?”
Un brivido di orrore mi percorre la schiena. Per quanto azzurra, ad un’osservazione più attenta l’acqua del porto è piuttosto torbida e ricoperta da chiazze di schiuma marroncina. Qua e là galleggia qualche rifiuto. Senza contare i quattro che ci stanno vomitando dentro da mezz’ora. Il tempo, poi, invoglia ancora meno.
Veramente dovremmo salpare, signore,” tento.
Sciocchezze, giovane e apprensivo capitano!” ribatte il fossile, “un po’ di sano e corroborante nuoto non rallenterà di certo le operazioni. Anzi, dica agli uomini di prepararsi, mi aspetto che entro due minuti siano tutti in coperta con l’equipaggiamento adeguato.”
Io immagino i tre sfigati e Hyaskon, ma soprattutto me stesso, in quest’acqua e con questo clima, e di colpo gli interrogatori dei ribelli cominciano a non sembrarmi poi così terribili.
Per mia fortuna, mentre sto pensando a un sistema che mi consenta di buttare a mare il mio superiore senza essere visto, si palesa con movenze dinoccolate un kaminoano. Questi si avvicina, squadra perplesso il colonnello in tenuta balneare, quindi si rivolge a me e con voce soave annuncia: “Io sono Tani Du, secondo di bordo.”
Non appena il mio superiore realizza l’affronto, i mustacchi fremono di fiero sdegno ed egli si erge in tutta la sua statura, arrivando più o meno all’ombelico del nuovo arrivato. “Senta un po’, lei, specie di molleggiato spilungone!” lo apostrofa, “Non le hanno insegnato che ci si presenta al più alto in grado?”
Il kaminoano non batte ciglio. Si guarda intorno come chi ha tutto il tempo dell’universo e poi fa: “Chiedo scusa. Dov’è?”
Dov’è chi?” replica il vegliardo.
Il più alto in grado. Di nuovo chiedo scusa per l’errore.”
Waxen mette le mani a brocca sui fianchi. “Sono io, maledizione! Non vede che sono un colonnello?”
Tani Du si piega per osservarlo meglio. “Veramente no,” conclude infine. “Sono desolato.”


Ponendomi strategicamente tra i due, mi rivolgo al mio superiore e gli ricordo discretamente che non è in uniforme.
Come sarebbe a dire che non sono in uniforme?” strilla Waxen. “E questa che ho addosso cosa sarebbe allora?”
Ehm… un costume da bagno, signore?”
Maximilian, le ho già detto che nonostante sia un ottimo aiutante di campo, non gradisco che lei si prenda certe libertà nei miei confronti!”
Nel bel mezzo di questo scambio, attirata dai clamori, si presenta con sussiego la Du Bal, che infastidita ci redarguisce: “Abbassate la voce, per favore. Sto cercando di rilassarmi.”
Il colonnello si accorge della professoressa e subito un sorriso gli si allarga sulla faccia rugosa. “Ma chi è questa affascinante signora?” chiede rivolgendole un galante inchino. “Se avessi saputo che a bordo c’erano dame così graziose, di certo mi sarei organizzato per riceverle in modo adeguato.” Poi prende familiarmente sottobraccio la Du Bal e dice: “Ma venga con me, mia cara. Venga, le voglio mostrare tutte le particolarità di questa potente nave imperiale. Le ho mai raccontato di quando mi trovai a comandare un incrociatore stellare perché tutti gli ufficiali in comando erano caduti in combattimento? Si trattava della battaglia di Soth… o era quella di Tal’hai? Beh, fa lo stesso. Allora, stavamo dicendo...” scompare nei recessi del natante con la professoressa a braccetto.
I kaminoani non sono famosi per la ricchezza e la complessità delle loro espressioni facciali, ma questo qui ha l’aria totalmente basita.
Il signor colonnello ha qualche problema di demenza senile,” gli spiego.
Ma...” comincia Tani Du, poi si interrompe. Come succede puntualmente di fronte a certi spettacoli, l’interlocutore non riesce a stabilire la priorità delle domande da rivolgermi e va in confusione.
Ci sono basi imperiali qui?” gli chiedo per riportarlo alla realtà contingente.
Sì, una.”
Bene, andiamoci. Quando possiamo salpare?”
Il kaminoano, che nel frattempo ha recuperato la sua compostezza, mi risponde: “Quando arriverà il comandante.”
E quando arriverà il comandante?”
Presto.”
Senta, su Kamino non avete sistemi per misurare il tempo?”
Ci pensa. “Sì, li abbiamo.”
Non saprò mai quali sono. All’improvviso comincia a piovere furiosamente e non volendo infradiciarmi per l’ennesima volta mi fiondo nella mia cabina.
Da lì guardo fuori attraverso l’oblò mentre l’inferno idrico si abbatte sul ponte di coperta. I vomitanti in qualche modo sono riusciti a portarsi al riparo, la twi’lek passa stillando e si infila giù per le scale che portano alle cabine, il secondo di bordo svolge le sue faccende con la massima tranquillità. Nel cielo plumbeo volano con lenti battiti d’ala degli aiwha con dei kaminoani in groppa.
In questa tristezza sconfinata tiro fuori dai recessi del mio equipaggiamento il palmare con i dati e comincio a spulciarlo alla ricerca dell’identificativo della base di Kamino. Dopo un po’ trovo solo un vecchio codice e qualche scarna informazione.
Sfidando le intemperie raggiungo la plancia e convinco il secondo di bordo a mandare una comunicazione alla base, ma non riceviamo alcuna risposta.
Nel frattempo sale a bordo un secondo kaminoano, che scopro essere Atama So, il comandante. Facciamo le debite presentazioni, poi si scusa per il ritardo: “Un commerciante Toydariano ci doveva consegnare trenta bottiglie di Tusken-Cola pagate in anticipo e si era reso irreperibile.”
Tusken-cola, bleah. Poco male se non arriva.
E a birra come siamo messi?” mi informo.
Il comandante è addirittura stupefatto. “Ma perché vuole bere acqua sporca?” mi chiede.
Lo sgomento si impadronisce di me. “Niente birra?”
Una missione con la pioggia, su una nave galleggiante, con la gente che ho al seguito, alla ricerca di Kurtz e niente birra? Vi prego, uccidetemi subito.
Niente birra?” ripeto, col tono di ‘dai, non scherziamo’.
Noi siamo devoti della regola B’omarr,” mi informa Atama So, col tono di voce soave tipico della sua specie.
La notizia mi getta in una mestizia sconfinata, e se mai rende ancora più imperativo portare a termine questa missione nel più breve tempo possibile.
Approfittando del fatto che il mio ottuagenario superiore è ancora chissà dove con la Du Bal, spiego ai due il motivo della mia presenza sul loro umido pianeta.
La prima cosa che noto è una totale indifferenza all’esecrato nome di Kurtz. I due si guardano perplessi, poi guardano me come a dire ‘e quindi?’
La seconda è che i kaminoani esibiscono una flemma che fa sembrare iperattivi persino i torpidi sullustiani che ci hanno accompagnati per la prima parte della missione.
Possiamo salpare?” sollecito i miei interlocutori.
Gentilissimo, il comandante mi chiede: “Per dove?”
Penso a cose molto rilassanti. “Per la base imperiale.”
Oh, lei vuole andare là.”
Già. Sì. È quello che avrei intenzione di fare.”
Ma certo, naturalmente.” China la testa in segno di assenso. “Ora facciamo arrivare la nave cisterna per il carburante, poi pranziamo e poi salperemo per la base.”
Non si potrebbe salpare subito?”
Mi guarda come se gli avessi chiesto se sua sorella esercita la professione di meretrice.

Mentre vengono compiute le lunghe operazioni preparatorie alla partenza, vado alla ricerca dei sofferenti di chinetosi, giusto per controllare che siano ancora vivi.
Trovo le tre reclute ammucchiate nella stessa cabina, evidentemente la sofferenza ama la compagnia. I poveretti hanno vomitato fuori bordo anche le interiora e adesso giacciono allo stremo delle forze buttati alla rinfusa nell’enorme ammontare dei loro bagagli.
Come va, ragazzi?” chiedo.
Dal mucchio sale un coro di lamenti. Con voce flebile, Felsen invoca la sua mamma.
Wolfen alza lo sguardo spento su di me e mormora: “Signor capitano, moriremo?”
Nessuno è mai morto per un po’ di mal di mare,” gli assicuro, anche se a vedere lo stato pietoso dei tre qualche dubbio mi viene.
Lawrence è direttamente collassato e giace floscio e verdognolo, con ancora il peluche di ewok sottobraccio.
Vado alla ricerca del capitano medico e lo trovo qualche cabina dopo, più o meno nelle stesse condizioni.
Lo chiamo: “Hyaskon?”
Attendo serenamente la morte,” è la pacata risposta.
Prego?”
Sì, sono rassegnato. Ma non sia triste per me, sono in pace con me stesso. Peccato solo che non potrò vedere il mio cadavere. Sia gentile, mi prenda la fiala di morte istantanea che ho in tasca, io non ho nemmeno la forza di alzare un braccio.”
Hyaskon, in quella borsa piena di intrugli che si porta sempre dietro avrà qualcosa per il mal di mare, no?”
Nessuna risposta.
Afferro la suddetta borsa e la apro. Dentro c’è un assortimento di roba misteriosa, che io osservo perplesso mentre il mio collega giace inerte sul pavimento.
Tiro fuori una fiala e gliela mostro. “Questo potrebbe andare bene?”
Apre un occhio. “No.”
La metto da una parte.
Questo?”
No.”
Questo?”
No.”
Questo?”
No.”
Andiamo avanti così per un po’, poi finalmente Hyaskon mormora qualcosa di inintelligibile.
Prego?” chiedo cortesemente.
Bantha.”
Sulle prime temo che abbia un attacco della malattia che aveva colpito Wolfen, poi mi viene l’ispirazione: “Quello che mi ha iniettato quando eravamo inseguiti dai bantha? Il farmaco sperimentale che brucia i neuroni peggio della fiamma ossidrica ma fa fare cose spettacolari?”
Sì.”
Perfetto.” Spero che fare le punture non sia troppo difficile.
Tiro fuori una siringa, aspiro la fiala e gliela inietto nella prima parte molle che trovo.
La reazione è immediata. Hyaskon salta in piedi con sguardo spiritato, poi mi rivolge un’occhiata lasciva e fa: “Ehi, biondino...”
Orrore e raccapriccio. “No, no, no, calma un attimo!” rispondo indietreggiando. Ci manca solo che in piena fattanza il capitano medico tenti di saltarmi addosso.
Lui mi rivolge un ghigno predatorio. “Perché fai tutte queste storie? È un semplice sfogo tra commilitoni. È normale.” E avanza inesorabile.
Io mi sposto strategicamente verso la porta. “Hyaskon, se vuole sfogarsi c’è la twi’lek!” dico precipitosamente.
La cosa sembra interessarlo. “La twi’lek?” ripete.
Fjo’ona. È zoccolissima, puttanissima, ha appetiti sessuali insaziabili! È lei la persona giusta.”
Dov’è?” mi chiede con sguardo iniettato di sangue.
Rinculo rapidamente in corridoio e gli indico una porta. “Lì dentro.”
Hyaskon parte soffiando a testa bassa tipo reek che carica, entra nella cabina di Fjo’ona e si chiude la porta alle spalle con un tonfo.
Da dentro giunge dapprima uno strillo, poi clamori che sarebbero considerati indecenti persino in un bordello di Mos Eisley.
Sospiro di sollievo.
Dopo un bel po’ il capitano medico esce sudato, spettinato e con gli abiti discinti, fumando una sigaretta. “Se sono vive è molto più divertente,” proclama convinto.
Adesso che ha fatto questa bella scoperta, collega, ci sarebbero le tre reclute.”
No, grazie, sono già a posto,” mi risponde con aria appagata.
Non li deve scopare, li deve curare. Sono stesi come tavole, non hanno nemmeno la forza di stare in piedi.”
Hyaskon recupera una parvenza di compostezza. “Ah, certo. Naturalmente. Mi porti da loro, capitano.”
Se non altro, non mi ha chiamato ‘biondino’, mi sembra un buon segno.
Lo spedisco a occuparsi dei tre sfigati e vado alla ricerca di Waxen, sperando di scoprire che lui e la Du Bal sono stati divorati da qualche mostro marino.
Incontro nel corso della mia esplorazione Tani Du, il quale mi informa cortesemente che il pranzo è servito e mi conduce in una sala con una tavola apparecchiata.
Lì ci sono già l’ottuagenario, la docente e il wookiee, tutti seduti intorno al desco. Arriva dopo un po’ anche Fjo’ona canticchiando una nenia nella sua lingua. Mi vede e fa: “Dov’è Evan?”
Si sta occupando dei soldati.”
Vado ad aiutarlo, avrà sicuramente bisogno di un’infermiera.” Fa dietro-front e scompare.
Quando dicevo che le twi’lek poi diventano appiccicose…
Qui su Kamino ci sono dei rangkor?” chiedo a Tani Du, che si sta avvicinando con un vassoio.
Il dinoccolato alieno scuote la testa. “Sono desolato, non abbiamo animali così feroci qui.” Appoggia al centro del tavolo quello che teoricamente sarebbe il pranzo, e che con il suo solo aspetto è in grado di farmi rimpiangere la pur ignobile cucina sullustiana. Questa è roba che dovrebbe uscire dal mio corpo, non entrarci.
Ci serviamo comunque, pur senza capire cosa stiamo per mangiare, e il primo assaggio conferma senz’altro che i kaminoani sono degli esperti di manipolazione genetica ma decisamente non di cucina.
E il tutto senza nemmeno l’ombra di una birra. Solo lurida e dolciastra Tusken-Cola. La vita a volte sa essere veramente ingrata.
L’unico lato positivo di tutto ciò è che appena terminato il tristo desinare finalmente salpiamo.
Il nostro imperturbabile equipaggio, composto a quanto pare solo dal comandante e dal suo secondo, molla gli ormeggi e la nave si mette in movimento.

Arriviamo dopo un paio d’ore in vista di un atollo da cartolina, con tanto di palme e sabbia candida. Ci sono alcune costruzioni e un traliccio con delle antenne. Non si vedono altri movimenti a parte quelli delle foglie agitate dal vento, visto che c’è in corso una specie di fortunale.
Dalla plancia controllo con un binocolo, ma non riesco a vedere nessuno.
Mentre sto osservando la base, compare Waxen alle mie spalle. “Che sta facendo, Maximilian?” si informa.
Io, compunto, rispondo: “Signore, sto ispezionando il territorio prima di sbarcare.”
Qui su Mon Cala non è decisamente consigliabile sbarcare al di fuori delle basi imperiali, giovane e avventato capitano. Non lo sa che i mon calamari e i quarren sono ostili all’Impero? Vuole forse ritrovarsi ostaggio di quei mascalzoni?”
Quella che sto osservando è una base imperiale, signore,” rispondo, sperando che ciò sia sufficiente a placare il mio squinternato superiore.
Waxen si fa consegnare il binocolo, osserva a sua volta. “Impossibile,” sentenzia infine. “Quello è un covo di ribelli. Avvisi gli artiglieri di tenersi pronti, faremo loro una sorpresa che non dimenticheranno tanto facilmente.”
Perfetto. E adesso chi glielo spiega che le uniche armi presenti a bordo sono i nostri blaster e le flatulenze della Du Bal?
Infastidito dalla mia scarsa prontezza, il fossile mi sollecita: “Allora, capitano, devo forse ricordarle che stiamo combattendo una guerra?”
Signore,” ritento, “forse è meglio fare prima una ricognizione.” Poi, con tono eroico: “Mi offro volontario.”
L’ottuagenario emette un sospiro. “Se non ci fossi io a starle dietro, giovane e irruente capitano, non so davvero che fine farebbe. Faccia cannoneggiare quella base di ribelli, non c’è nessun bisogno di ricognizioni rischiose e tatticamente inutili.”
Mi guardo intorno alla ricerca di ispirazione, ma non c’è neanche la Du Bal nei paraggi, per cui sono abbandonato a me stesso.
Nel frattempo piove furiosamente, rivoli d’acqua scorrono lungo i vetri. Alzate dal vento, le onde fanno ballare la nostra pur robusta nave come Samyra la danzatrice dei ventri quando è particolarmente ubriaca.
Allora, vogliamo allertare questi artiglieri?” mi richiama il colonnello con voce perentoria.
Mi viene l’ispirazione: “Intende usare la stessa tattica di cui si servì nella battaglia della Miniera di Troniium?”
Il vegliardo ha un attimo di smarrimento. “Miniera di Troniium?” mormora fra sé e sé. Poi, illuminandosi in viso: “Ma certo! Quella sì che fu una battaglia. Da una parte c’eravamo noi imperiali, con tre compagnie di Stormtrooper,” raggiunge il tavolo del comandante e comincia disinvoltamente ad allinearvi oggetti per riprodurre la situazione tattica, “dall’altra c’erano i cosi… come si chiamavano? Ah, ecco: i ribelli. c’erano i ribelli con dei cosi… quelli coi cingoli… Ricordo che quello che all’epoca era il mio comandante, lo stimatissimo generale Maxir Tane, aveva uno scurrier ammaestrato, al quale aveva insegnato a fare il saluto militare e… di cosa stavamo parlando, Maximilian?”
Con la massima disinvoltura rispondo: “Mi ha appena ordinato di scendere su quell’isola e fare una ricognizione, signore.”
Quale isola?”
Gliela indico. “Quella là.”
Waxen osserva col binocolo e fa: “Ah, perbacco. Sembra una base imperiale. Beh, scenda subito a terra e dica ai nostri che li raggiungeremo in men che non si dica. Giusto il tempo di far virare questo cacciatorpediniere e portarlo verso il molo!”
Certo, signore.”
In realtà ho più di un motivo per scendere a terra. Anche se, poniamo, il personale presente non fosse in grado di darci un trasporto per raggiungere Kurtz, nelle basi imperiali non si segue ovviamente la regola B’omarr, ci mancherebbe altro. Ci sono gli spacci e negli spacci c’è la birra. Ne compro una cassa e me la porto a bordo, e se Atama So ha qualcosa da dire lo butto a mare assieme al suo tirapiedi.
Vado alla ricerca di qualcuno che mi possa accompagnare. Il wookiee non lo voglio perché poi si bagna e puzza di tappeto marcio, la Du Bal me la porto dietro solo se poi la posso lasciare là, le tre reclute sono stese come stuoini da cesso e Fjo’ona ha l’utilità di un droide guasto. Come al solito, il meno peggio è Hyaskon.
Scendo sottocoperta a chiamarlo.
Lo trovo nella sua cabina che sta cercando di riordinare la borsa dei medicinali che io avevo disinvoltamente sparso sul pavimento per salvarlo. Ha la twi’lek in braccio, e mentre lui lavora la procace aliena giocherella coi suoi capelli, gli dà bacetti e fa risatine idiote.
Collega, dobbiamo scendere a terra,” gli dico.
Fjo’ona mi fissa sbattendo le ciglia e fa: “A terra? Ma certo, ho un completino perfetto. Ora lo indosso.”
Prima che io possa ribattere scompare nella sua cabina. Ne torna poco dopo con top e minigonna a disegni mimetici tutti di paillettes. “Sono pronta!” annuncia.
Faccio un lungo sospiro. “Fjo’ona, tu non scendi a terra. Tu rimani qui coi civili.”
Oh, no, no. Io vengo con Evan.” Prende il capitano medico sottobraccio. “Prometto che me ne sto buona buona.”
Tu rimani qui.”
La twi’lek fa il broncio. Senza abbandonare il braccio di Hyaskon protesta: “Voglio venire anch’io! Perché non mi fate venire? Cosa c’è laggiù? Delle ragazze? Volete fare qualcosa fra di voi e non mi volete fra i piedi? Che schifo!”
L’ho riconosciuta: è la tipica sindrome da adesività twi’lek. Te le scopi una volta e ti si appiccicano addosso tipo zecche kaminoane. E sfortunatamente non abbiamo nemmeno un rangkor a cui buttarla…
Nel frattempo la scosciata si rivolge sensuale al capitano medico: “Lascialo andare. Rimaniamo qui noi due, soli soli, a guardare la pioggia che cade...”
Hyaskon, le ricordo che lei è un ufficiale,” dico al mio collega, tanto per ristabilire le gerarchie.
Dopo un po’ di insistenze riesco finalmente a scollare la pitonata dal braccio del capitano medico e mi trascino il collega in coperta.
Piove e tira vento. Alla faccia del clima tropicale, c’è un freddo che sembra di essere su Hoth, solo che è più umido.
La prospettiva è quella di calare una scialuppa e arrivare alla spiaggia. Da lì, dopo esserci destreggiati dapprima tra i frangenti e poi sulla sabbia fradicia, attraversare una fangosa e grondante giungla e raggiungere la base. E poi naturalmente conferire col solito devastato psichico dimenticato dall’Impero che mi troverò davanti. Pensando alle casse di birra che mi procurerò, stoicamente do ordine che venga approntato il necessario.
Con movimenti ieratici, i nostri due kaminoani calano lentamente una specie di canotto argentato. Io lo guardo con disgusto: le onde lo stanno già riempiendo d’acqua e ha la stabilità di un gungan ubriaco. “Chi lo porta?” chiedo, fissando alternativamente il comandante e il secondo.
Gentilissimo, Atama So mi spiega: “Ci sono i comandi su quel pannello,” cortesemente me lo indica. “È molto semplice.”
Quindi andiamo da soli?”
Certo.”
Mi viene un dubbio atroce. “Lothar!” chiamo.
Il cameriere di Waxen si fa avanti con un grugnito.
Lothar, non mi interessa se poi puzzi di tappeto marcio. Sta qui e accertati che non ripartano mentre noi siamo a terra.” Faccio una pausa cercando di fissarlo negli occhi attraverso gli strati di pelo, poi lentamente aggiungo: “Nemmeno se lo ordina il fos… ehm… il colonnello.”
Capace che il vecchiaccio in una botta di Alzheimer dia l’ordine di proseguire e noi rimaniamo qua come due cretini.
Ci caliamo dunque con qualche difficoltà nell’instabile scialuppa e partiamo verso la terraferma. Il capitano medico, particolarmente cupo per i postumi del punturone, brontola funesto: “Ci rovesceremo e annegheremo, vedrà.”
Io non rispondo e calcolo mentalmente quante casse di birra si possono caricare su questo malfermo natante.
Sono ancora impegnato nei miei calcoli quando tocchiamo la spiaggia, ovviamente fradici, infreddoliti e imprecanti. Tiriamo in secca il canotto argentato e ci guardiamo intorno. “Non c’è nessuno,” constata Hyaskon.
Già.”
Senta, io sono un capitano medico e non mi intendo molto di protocolli di sorveglianza, ma mi sembra una cosa piuttosto strana.”
In effetti lo è.”
Attivo i sensori di movimento, attività bioelettrica, cazzi e mazzi, ma nessuno di essi mi dà una lettura positiva.
A parte il sibilo del vento e lo scrosciare delle onde, c’è un silenzio siderale.
Io e Hyaskon ci guardiamo perplessi.
C’è un sentiero che si addentra nella vegetazione, stretto e ingombro di erbacce. Lo percorriamo sfidando fango e sterpi e sbuchiamo in uno spiazzo occupato da una serie di edifici circondati da un recinto.
Scopro a questo punto perché nessuno aveva mai risposto alle mie chiamate: la base è desolatamente abbandonata.
Niente birra,” è la prima cosa che mi viene in mente.
Dopo questa avvilente constatazione, osservo meglio ciò che ci troviamo davanti: il traliccio dell’antenna, visto da vicino, è arrugginito e danneggiato in più punti. Una parabolica è caduta e si trova a qualche metro di distanza. L’asta della bandiera è tristemente vuota e il vento fa sbattere la sagola contro il palo di metallo producendo un tintinnio irregolare.
Gli edifici portano i segni delle intemperie, qualcuno sta venendo lentamente ricoperto dalla vegetazione.
Notando che il cancello è socchiuso, propongo: “Andiamo a dare un’occhiata.”
E se c’è Kurtz?”
Se i miei strumenti leggono correttamente, qui non c’è nemmeno una scimmia-lucertola kowakiana.”
Sono attendibili?”
Di solito sì.”
È quel ‘di solito’ che mi preoccupa. Vuole una fiala di morte istantanea? Ne ho un paio in tasca.”
Grazie, sto cercando di smettere,” gli rispondo, toccandomi con discrezione gli attributi.
A una prima osservazione, sembra che la base sia stata abbandonata in modo marziale, efficiente e organizzato. Non ci sono tracce di devastazioni, rituali demoniaci ed esecuzioni sommarie, né troviamo feticci, pezzi di corpi o altre porcherie.
Tutto è stato portato via con ordine, apparentemente senza fretta. A ogni buon conto faccio un giro nelle cucine per vedere se fosse mai rimasta una cassa di birra, ma ovviamente non sono così fortunato.
Entriamo nell’edificio del Comando, ma anche lì c’è il vuoto totale: vecchi schedari, cartacce sparse, una sedia rotta.
Raccolgo qualche documento, ma non è nulla che abbia a che fare con Kurtz.
Dà l’idea che qui non sapessero nemmeno della sua esistenza,” dico.
È possibile che arrivi uno che si mette a fare esecuzioni sommarie e sacrifici umani e l’Impero non ne sappia niente?” mi chiede Hyaskon.
Tenga conto che nell’Impero c’è anche gente come me, non sono tutti soldati massicci come mio zio.”
Già, è vero.”
Gironzoliamo un altro po’, ma invano. La base è vuota, tutto ciò che poteva avere un valore è stato portato via e le strutture rimaste stanno lentamente disfacendosi.
A un certo punto, Hyaskon mi chiede: “Senta Veers, ma secondo lei perché tutt’a un tratto la twi’lek mi sta così appiccicata?”
Lo fisso stupito. “Ma come, non si ricorda?”
Cosa?”
Gli faccio un riassunto: mal di mare, punturone, proposte a me, dirottamento verso la scosciata. “Mi ha persino detto che se sono vive è molto più divertente,” concludo.
Dovevo essere proprio fuori di me,” è la risposta.

Torniamo a bordo avviliti come wampa su Tatooine. Nel frattempo ha smesso di piovere e il nefasto Waxen si sta aggirando su e giù sul ponte di coperta. Quando mi vede arrivare si mette le mani a brocca sui fianchi e fa: “Credevo di averla persa, giovane capitano. Qui su Cholganna le giungle sono infestate di nexu, non lo sa?” Poi si guarda intorno e soggiunge: “Certo che dev’essere piovuto un bel po’ ultimamente. Non mi ricordavo che ci fosse tutta quest’acqua quando facevamo le battute di caccia con il generale Kelen.”
Ovviamente non avrebbe alcun senso cercare di spiegargli che non siamo su Cholganna e che su tutto Kamino non c’è neppure un nexu che non sia frutto di esperimenti genetici, per cui mi limito a rispondere “Sissignore” e vado nella mia cabina a togliermi i vestiti bagnati.
Hyaskon mi tiene dietro. Ho un attimo di terrore pensando che voglia ritirare fuori la storia del biondino, ma il capitano medico si limita a chiedermi: “E adesso cosa pensa di fare, Veers?”
Sospiro. “Temevo questa domanda. Al momento non lo so.”
Si potrebbe rientrare,” propone. “Kurtz non c’è, fine della storia.” Poi, dopo una pausa: “Così almeno mi scollo di dosso quella là.”
Non è così semplice. Io verrei rimandato a cercare Kurtz senza avere nemmeno il tempo di bere un paio di birre in pace, e lei se non trova un rangkor affamato o qualche gamorreano superdotato può scordarsi di togliersi di torno la twi’lek.”
Come a confermare la mia funesta previsione, sentiamo una vocetta argentina che canticchia: “Tesoooro! Dove sei? Ho messo la biancheria intima sexy per te.”
Poi si affaccia Fjo’ona. La pitonata ha un baby doll di pizzo e niente sotto, una tenuta che sarebbe in grado di far rimpiangere a un monaco B’omarr di essersi liberato del corpo fisico.
Facciamo una cosa a tre?” propone vedendomi mezzo spogliato.
Questa è una missione militare, Fjo’ona!” la riprendo severamente.
E Lei: “Ah, certo.” Pausa. “Vado a mettermi il completino mimetico di prima?”
Io assumo l’espressione di un vecchio maestro Jedi che ha a che fare con venti padawan di otto anni urlanti e scalmanati.
Rintuzzo comunque in qualche modo le libidini dell’aliena, la chiudo fuori assieme a Hyaskon e mi raccolgo in meditazione. Punto primo: questo pianeta non mi piace, i miei compagni di missione non mi piacciono, voglio tornare al circolo ufficiali a bere birra. Punto secondo: per ottenere ciò devo trovare Kurtz. Punto terzo: se Kurtz sta facendo su Kamino quello che ha fatto su Sullust, qualcuno da qualche parte deve essersene accorto.
Forte di questa consapevolezza, vado alla ricerca del comandante della nave.
Atama So mi accoglie come sempre cortesissimo. Mi fa accomodare su uno sgabello di dimensioni kaminoane, quindi mi trovo appollaiato con le gambe penzoloni come un bambino di sette anni, e tanto per aumentare la somiglianza col suddetto infante mi offre un bicchiere di lurida Tusken-Cola. Fatto questo, si siede leggiadramente di fronte a me.
Gli chiedo se ha mai sentito dire che su Kamino siano state instaurate monarchie teocratiche basate sul terrore, effettuati sacrifici umani (o kaminoani, in questo caso), praticato cannibalismo, ordinate esecuzioni sommarie e cose del genere, ma ogni volta il mio interlocutore scuote la testa.
Neanche qualche rituale demoniaco?” chiedo speranzoso.
Altro cenno di diniego.
Gli rivolgo lo sguardo del cucciolo di ewok morente.
Il fatto che io non ne sappia nulla non significa che non possa essere accaduto,” mi suggerisce incoraggiante.
Chi può saperlo?”
Atama So pondera con grande flemma la faccenda, infine suggerisce: “Si potrebbe andare a Derem. Lì si incontrano i piloti commerciali di tutto il pianeta e c’è un grande ufficio informazioni.”
Proviamo anche questa,” sospiro.
Nel frattempo si è fatta ora di cena, per cui Tani Du ci fa accomodare nel locale adibito a mensa. Trovo la Du Bal sussiegosamente seduta a capotavola e Waxen che per l’ennesima volta le sta assicurando che mai avrebbe immaginato di incontrare una signora tanto elegante e sofisticata su una nave di contrabbandieri corelliani. Il wookiee è lì di fianco che mugola.
Si presentano a questo punto le tre reclute, pallide e barcollanti, ma non appena vedono arrivare le pur tristi vivande fanno l’occhio pallato ed escono precipitosamente con una mano sulla bocca.
Buon ultimo sopraggiunge il capitano medico, si accomoda tranquillamente e si mette persino il tovagliolo sulle ginocchia. Mi siedo accanto a lui e gli chiedo: “Dov’è Fjo’ona?”
Dorme,” è la laconica risposta.
E Io, ingenuamente: “Non viene a cena?”
Non credo proprio.”
Mal di mare?”
Hyaskon fa un ghigno diabolico e risponde: “Ha presente la vaccinazione che ho fatto al colonnello il primo giorno?”
Capisco.”
Stava diventando eccessivamente appiccicosa.”
Io annuisco e mi annoto mentalmente che non è il caso di dare le spalle a Hyaskon con troppa disinvoltura.
Nel frattempo sta di nuovo piovendo con impegno e il moto ondoso fa rotolare qua e là tutto ciò che non è fissato a superfici solide.



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Capitolo 14
*** Rapporto 04 sulla missione ***


Rapporto 04

Sul ponte principale della Morte Nera, il capitano Piett si voltò verso il capitano Needa e lo fissò con fare grave. “Ha sentito la notizia, collega?” gli chiese. “Sembra che il Governatore Tarkin sia stato colto da un malore.”
Needa assunse un’espressione allarmata. “Davvero? Quando?”
Poco fa. Dicono che sia successo per colpa di una comunicazione che ha ricevuto.”
Il collega si fece ansioso. “Un attacco in forze dei ribelli?” ipotizzò.
Piett si strinse nelle spalle. “Non si sa. Certo dev’essere qualcosa di molto grave, se addirittura un uomo della tempra del Governatore si è sentito male.”

Un paio di livelli più in basso, nell’infermeria 27/B, un ufficiale medico pazientemente ripeté: “Resti sdraiato, Governatore. Le succede spesso di avere questi sbalzi di pressione?”
Veers!” strillò Tarkin, cercando per l’ennesima volta di alzarsi dal lettino e subito dopo rinunciando all’improbo compito.
Signore?”
Quel maledetto debosciato, delinquente, cialtrone e depravato del capitano Roy Veers! Ma questa volta ha passato il limite! Questa volta lo mando dritto dritto a tirare i carrelli nelle miniere di Kessel al posto dei dewback!”
Il medico annuì pazientemente, poi col tono che si userebbe con un bambino di cinque anni, disse: “Cerchiamo di non agitarci, Governatore, altrimenti dovrò aumentare il dosaggio del farmaco.”
Tarkin lo fulminò con lo sguardo e ruvidamente ribatté: “Si agiterebbe anche lei se al posto dei rapporti militari le arrivasse roba di questo genere!” Tirò fuori dalla tasca un dépliant glitterato e con gesto brusco lo porse all’ufficiale.
Questi lo osservò: raffigurava una navetta Tydirium con le fiamme dipinte intorno agli scarichi e i bordi d’uscita delle ali cromati. Il mezzo aveva nella parte inferiore un assortimento di LED blu.
Sotto l’immagine c’era una scritta: Pussy Spaceship, le migliori scopate nello spazio! E ancora sotto, più in piccolo: Mille crediti ogni ora, capienza massima venti umani. Altre razze a seconda delle dimensioni. La pulizia dei sedili è inclusa nel prezzo, l’alcool no.
Voltò il foglio: c’erano alcune foto degli interni, tutti di velluto rosso fuoco, la cabina di pilotaggio con dadi di peluche penzolanti e pomello della manetta fatto a teschio con gli occhi di brillantini rossi e qualche altra immagine che mostrava simpatiche orge interspecie, come suggerimento d’uso per potenziali noleggiatori. In un angolo, vergata a mano, la seguente scritta: Non disponibili trasporti imperiali per Kamino. Ci siamo arrangiati. Firmato: Veers.
P.S.: Non abbiamo ancora trovato Kurtz.

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Capitolo 15
*** Giorno 10 - Di nuovo alla ricerca di informazioni ***


Giorno 10 - Di nuovo alla ricerca di informazioni

Nonostante la nave abbia rollato e beccheggiato tutta la notte con grande impegno, mi sono fatto una magnifica dormita, senza gente che russava, senza pitonate con la pretesa di riordinare il trolley all’alba e senza reclute tremebonde da accompagnare in bagno perché timorose del buio.
Mi stiro pigramente ponderando l’ipotesi di ronfare fino a mezzogiorno, comunque si misuri il mezzogiorno su questo cazzo di pianeta, e tanti saluti a tutti.
Sono lì che mi rivolto fra le coltri quando, come sempre accade nei miei momenti di (forzata) sobrietà, si fa udire perentoria la voce della Coscienza. Roy! Mi richiama severamente, col tono acido dell’istruttrice di Educazione Sociale che avevo all’Accademia di Carida.
Comandi! Non posso fare a meno di rispondere.
Del resto si sa: quando la Coscienza chiama, chi è che da sobrio riesce a fare finta di niente?
Roy, riprende la voce, sempre più severa, ti rendi conto di quello che stai facendo?
Questa è una domanda che ha il potere di mandarmi in confusione più delle prodezze di Waxen: non riesco mai a capire a quale delle mie numerose malefatte si faccia di volta in volta riferimento.
Ehm… possiamo essere più precisi? Chiedo infatti, giusto per sapere che genere di reprimende devo aspettarmi.
La voce della Coscienza assume una vaga nota di tristezza, direi quasi di delusione, come se non si capacitasse della mia domanda. Roy, quanto tempo vuoi rimanere su un pianeta senza birra?
La folgorazione.
Non nel senso che mi sono per sbaglio sparato in un piede con il blaster. Intendo che la voce della Coscienza interviene per rimettermi in modo brutale ma efficace sulla retta via. Non un minuto di più dello stretto necessario! Rispondo mentalmente con veemenza.
E allora alzati e va a fare il tuo dovere, Roy!
Dopo questo severo monito la Coscienza si dilegua, è piuttosto evidente che non si trova particolarmente a suo agio nel mio cervello. Io però nel frattempo ho capito che poltrire fino a mezzogiorno non farebbe altro che prolungare inutilmente la mia sofferenza psicofisica, quindi abbandono le coltri, mi calo con circospezione giù dalla smisurata cuccetta e in un attimo sono operativo.
Sono lanciatissimo: ora si salpa, si va al dannato spazioporto di Derem e scopro dove si nasconde questo maledetto Kurtz, poi mando le coordinate alla Morte Nera e fine della faccenda. Arrivano un paio di star destroyer e al posto della monarchia teocratica basata sul terrore rimane un cratere fumante.
Forte di questa mia nuova risolutezza, vado alla porta della cabina e la spalanco: mi trovo davanti il deserto dello Jundland.
Sul ponte non c’è nessuno. Il tempo è più uggioso che su Dagobah. Il cielo è coperto, nubi plumbee si perdono all’orizzonte, l’acqua ha il colore della roba che mettono sugli AT-ST per mimetizzarli da giungla.
Spira il solito venticello umido, che fa sbattere tristemente le sagole sulle aste delle bandiere.
A parte questo, il silenzio è perfetto. Non si sente nemmeno il russare di Lothar.
E che cazzo...” proferisco basito.
Poi comincio a elaborare le possibili ipotesi: che i nostri due flemmatici kaminoani abbiano tagliato la corda durante la notte? Che del cibo avariato abbia sterminato tutti tranne me? E perché me no, poi?
Inoltre le reclute ieri sera non hanno mangiato, quindi neppure loro dovrebbero aver subito gli effetti dell’eventuale avvelenamento. Saranno morte durante la notte a forza di vomitare? Magari mentre erano piegate fuori bordo qualche bestia sottomarina le ha ghermite, va a sapere…
Così cogitando mi aggiro alla ricerca dell’equipaggio, che peraltro risulta irreperibile.
La plancia è vuota, la cambusa pure. La sala macchine è silente come un deposito di droidi in avaria. Non vado a controllare nelle cabine per decenza, un kaminoano nudo dev’essere uno spettacolo tutt’altro che piacevole, tuttavia appoggiando l’orecchio alle porte non percepisco alcun rumore provenire dall’interno.
Se c’è una cosa poco simpatica nella vita di un ufficiale imperiale, a parte trovarsi faccia a faccia con Kurtz, è essere nel bel mezzo di un oceano a bordo di un natante che ha la strumentazione esclusivamente in kaminoano stretto.
Peraltro, se per andarcene di qui dobbiamo fare affidamento sulle mie conoscenze di navigazione, direi che siamo messi piuttosto male.
Per non pensare a questa sgradevole eventualità, scendo sottocoperta alla ricerca degli altri membri della spedizione.
Sento per prima cosa il russare devastante di Lothar: mi guardo intorno e realizzo che proviene dalla cabina della professoressa. Busso ma non ottengo risposta. Mi affaccio già preparato a ignobili copule interspecie, ma il wookiee è solo.
Busso anche alla porta di Fjo’ona, ma di nuovo non ottengo risposta. Socchiudo l’anta con discrezione e vedo la twi’lek, stesa come uno stuoino, che ronfa pancia all’aria. Hyaskon dev’esserci andato giù pesante con la vaccinazione.
Mi affaccio nella cabina delle reclute. I tre sono allineati tipo fossa comune, da una parte c’è Hyaskon seduto su una sedia nella penombra che mi fa: “Ha visto quanto sono carini? Sembrano morti.”
Ehm… che cosa fa in quell’angolo, collega?” gli chiedo mentre un brivido mi percorre la spina dorsale.
Con un ghigno diabolico, l’altro risponde: “Controllo le condizioni cliniche dei pazienti.”
E come stanno?”
L’altro sospira. “Sembrano morti, ma stanno solo dormendo,” dice in tono di rimpianto.
Perché non andiamo un po’ in coperta a vedere che fine ha fatto l’equipaggio?”gli chiedo, ritenendo opportuno distoglierlo da quella inquietante contemplazione.
Hyaskon alza gli occhi su di me. “Perché, dov’è l’equipaggio?”
È quello che vorrei scoprire.”
Ci hanno abbandonati a noi stessi?”
Per ora sembra di sì.”
Alla peggio moriremo qui,” sospira alzandosi. “Nel caso rimanessimo isolati e fossimo condannati a morire di sete e di fame, sappia che non soffriremo: ho fiale di morte istantanea per tutti.”
Ora mi sento molto più tranquillo,” gli rispondo, al solito toccandomi i gioielli di famiglia.
Saliamo in coperta, io davanti e Hyaskon a qualche passo di distanza. Non faccio in tempo a fare il primo metro sul ponte che qualcosa mi piomba addosso facendomi rotolare a terra e imprecare come un facchino gamorreano.
Giovane capitano, è così che si sta all’erta?” mi rimprovera una fin troppo nota voce. “È così che si fa la guardia contro i nemici dell’Impero? Andando a spasso come se si fosse in vacanza?”
Il fossile, le consuete mani a brocca sui fianchi e il baffo ispido, mi sta fissando con disapprovazione. “Non la ricordavo così distratto nella battaglia di Thali,” aggiunge scontento.
È stato lei a saltarmi addosso, signor colonnello?” chiedo, rimettendomi faticosamente in piedi. Waxen appartiene a buon diritto alla categoria ‘mezze seghe’, ma sono pur sempre cinquanta chili spigolosi che mi sono arrivati di peso sulla schiena.
Certo, dal ponte panoramico. Dovrebbe ringraziarmi, l’ho fatto per lei, per evitare che si imborghesisca.”
Il ponte panoramico è a tre metri abbondanti di altezza. Il vecchio idiota è saltato giù, col rischio di fracassare le sue e le mie ossa, col dichiarato scopo di evitare il mio imborghesimento.
Proferisco alcune orrende imprecazioni. Il colonnello, che come di consueto si accinge a redarguirmi per il mio linguaggio scurrile, viene intercettato da Hyaskon, il quale deve essersi accorto che la situazione sta per evolvere verso la tragedia. Cose del tipo: ufficiale con stress da battaglia strangola superiore nel corso della missione.
Colonnello,” dice il capitano medico con fare ossequioso, “sarebbe così gentile da donare alla Scienza un campione della sua urina?”
Waxen lo fissa stupefatto. “Oh, bella!” proferisce poi. “E per farne che?”
Siero anti-imborghesimento da somministrare alle truppe.” risponde pronto Hyaskon.
Con l’urina?”
E lui, serissimo: “Certo.” Poi aggiunge: “Ora, se volesse gentilmente seguirmi nella mia cabina, ho il contenitore all’uopo preposto...” Nel frattempo lo sospinge giù per le scale.
Tempo cinque minuti, e Hyaskon risale da solo. “L’ho vaccinato,” mi informa.
Grazie. Stavolta stavo davvero per annegarlo.”
Il mio collega si appresta a rispondere quando notiamo che sopraggiunge dalle immensità oceaniche il canotto argentato con sopra i due kaminoani e la Du Bal. Al traino del primo c’è un secondo canotto più piccolo.
La docente siede con le braccia conserte fissando ostentatamente l’orizzonte mentre i due kaminoani portano imperturbabili il piccolo natante.
Noi rimaniamo a guardare in silenzio, e sempre senza proferire verbo assistiamo alle manovre di avvicinamento, al trasferimento della professoressa sul ponte di coperta e all’aggancio delle due scialuppe ai rispettivi paranchi.
A questo punto, in un silenzio da monastero B’omarr, la docente mi fissa con sussiego e mi fa: “Volevo immortalare l’alba in un acquerello. È proibito, forse?”
Probabilmente dovrei farle presente che in effetti la pratica è altamente proibita, che non si prende una scialuppa senza permesso, che non ci si avventura in mare aperto senza sapere dove si sta andando, che non si scompare nel corso di una missione senza avvisare nessuno e faccende del genere, ma l’unica cosa che mi viene da dire è: “E dove la andava a pescare l’alba? Non vede che il cielo è completamente coperto?”
Lei non capisce niente di arte,” è la risposta, dopo la quale, come di consueto, la Du Bal se ne va a culo dritto.
Sto ponderando l’idea di farle lo sgambetto e spedirla a ruzzolare giù per le scale quando con andatura molleggiata si avvicina Atama So, che con grande flemma mi augura il buon giorno.
Io rispondo compitamente, quindi mi permetto di suggerire che forse non sarebbe una cattiva idea salpare per Derem.
Ormai si sarà fatta una certa ora...” aggiungo, sperando di ispirare con questa frase sibillina il mio interlocutore.
Questi alza la testa a scrutare il cielo plumbeo, pondera un po’ non si sa bene cosa e poi con la massima calma risponde: “Ma certo, come desidera. Ora prepariamo la nave, facciamo colazione, rassettiamo tutto e poi si può salpare.”
Comincio a capire come sia possibile che persone miti e buone, note ovunque per la loro gentilezza e generosità, scelgano tutt’a un tratto, in modo apparentemente inspiegabile, la via del Lato Oscuro.
A questo punto arriva sul ponte Lothar e mi bramisce di scendere sottocoperta.
Lo seguo preparato al peggio, ovvero che Waxen sia sveglio e intenzionato a rompere i coglioni, ma gli unici tre che non stanno dormendo sono gli sfigati. Sono pallidi, smunti e stanno in piedi a stento, ma perlomeno hanno smesso di vomitare.
Allora, come va, ragazzi?” chiedo.
Felsen mi informa che vuole la sua mamma, gli altri due mi rivolgono lo sguardo del cucciolo di ewok orfano, storpio e abbandonato nel deserto.
Faccio un passo indietro e, pronto a fiondarmi in corridoio se le cose si mettessero male, chiedo: “Ve la sentite di venire su a mangiare qualcosa?”
Conati a man bassa. Fortunatamente hanno già da tempo vomitato tutto quello che avevano in corpo, quindi non c’è neanche bisogno di pulire il pavimento della cabina. “D’accordo, vi mando il capitano medico,” dico ai tre.
Faticosamente, Wolfen singulta: “Signornò… il capitano medico no, per favore.”
Veniamo su a mangiare,” mi assicura Lawrence, prima di accasciarsi di nuovo deliquescente al suolo.
Perché? Cos’ha che non va Hyaskon?” chiedo ingenuamente.
Nonostante la devastazione gastrica, i tre si scambiano un’occhiata, infine Felsen, con voce tremula, proferisce: “È strano...”
Ci fa stendere allineati uno di fianco all’altro e dice che sembriamo morti,” soggiunge Lawrence.
Possiamo venire a dormire nella sua cabina, signore?” chiede Wolfen. Altro sguardo da cucciolo di ewok, stavolta rachitico, indigente, con la mamma malata e malmenato sadicamente da una banda di gamorreani ubriachi.
Io penso alla splendida quiete che finalmente ho conquistato e ruvidamente rispondo: “Ma non se ne parla neanche! Siete soldati imperiali, che diamine!”
Pianto collettivo.
E basta frignare!”
Pianto dirotto.
Ora basta, se no chiamo il capitano medico e gli dico che vi siete offerti volontari per i suoi esperimenti sul sesso post-mortem.”
Silenzio istantaneo. Felsen mi fissa inorridito e con voce incerta mormora: “Oh, lei non lo farebbe mai, signore, vero?”
Un sacco di gente pensa che non farei mai quello che invece sto proprio per fare,” gli rispondo criptico. “E ora, muovere il culo e su in coperta, marsch!”
Rassegnati, i tre abbandonano la cabina e si incamminano su per la scala.

Finalmente, dopo estenuanti preparativi, salpiamo in direzione di Derem. Mentre siamo in navigazione, le nubi pian piano si diradano, facendo comparire un sole al confronto del quale quelli gemelli di Tatooine sembrano due lampadine sporche.
I nostri kaminoani si fiondano immediatamente all’ombra, e senza muoversi da lì mi spiegano che sarebbe decisamente opportuno che noi facessimo lo stesso.
Hyaskon fissa con odio l’astro e scompare sottocoperta brontolando, le tre reclute si rifugiano nella sala mensa e il wookiee, in quanto peloso, corre al massimo il rischio di avere caldo.
Waxen è tuttora non pervenuto, ma credo che un’eventuale insolazione non turberebbe particolarmente la sua situazione neurologica.
Con gridolini di gioia, sorgono dalle profondità del natante la twi’lek rediviva e la Du Bal, entrambe con il tipico armamentario da spiaggia: telo da bagno, cappello, occhiali da sole e libro.
Scompaiono su per le scale della terrazza panoramica. Affacciandosi alla ringhiera, la professoressa ci ammonisce severamente che da quel momento e fino a nuovo ordine il luogo deve considerarsi interdetto al genere maschile.
Rispondo che ce ne faremo una ragione, la Du Bal sceglie di punirmi con la sua indifferenza.
La navigazione procede. Io mi sto godendo la brezza all’ombra quando sento l’ormai odiata voce proferire: “Che magnifica dormita!”
La prima idea che mi viene è quella di buttare giù per le scale che portano sottocoperta un detonatore termico e sbarrare la porta, poi valuto che questo probabilmente porterebbe all’affondamento di tutta la nave con me sopra e con la fortuna che ho mi ritroverei sull’unica scialuppa disponibile con la sola compagnia di Waxen. È vero che a questo punto potrei finalmente annegarlo senza testimoni, ma non so se il gioco varrebbe il LED.
Si presenta il malefico ometto e per prima cosa si stira facendo scrocchiare le ottuagenarie giunture. “Una magnifica dormita,” ripete, “come non mi capitava da tanto. Anche se non capisco come mai sono tutto ammaccato. Devono essere state le onde che mi hanno sballottato di qua e di là.” Poi, rivolto a me: “Allora, giovane capitano, li abbiamo seminati questi ribelli?”
Tra le possibili risposte a una domanda del genere, cerco di trascegliere quella che mi comporterà i minori problemi: “Certo, signore. La velocità di questo natante kaminoano non teme rivali.”
Il colonnello alza un sopracciglio e mi scruta arrotolandosi un baffo intorno all’indice. Per un attimo penso di averla sparata troppo grossa, ma subito dopo il fossile mi fa: “Con quella gentaglia non si può mai sapere. Andrò a controllare di persona!” Si dirige verso la plancia con l’impeto di un reek che carica, arraffa un binocolo e subito dopo imbocca le scale che portano alla terrazza panoramica.
No, signor colonnello!” gli dico precipitosamente, “non salga!”
Come prevedibile, il fossile si indispettisce. “Giovane e insolente capitano, come si permette? Devo forse ricordarle il mio grado?”
Sogghigno fra me e me. “Mi scusi, signore,” rispondo facendo la faccia contrita, “vada pure.”
Ragazzaccio!” mi redarguisce affettuosamente Waxen, quindi sale sulla terrazza panoramica.
Tempo cinque secondi e si ode un concerto di strida orrende. Il colonnello scende di corsa inseguito dal lancio di sabot pitonati e romanzi rosa.
Ma cos’è mai questo?” bercia indignato, massaggiandosi la nuca colpita dall’anzidetta calzatura, “un postribolo galleggiante? Ci sono femmine con le nudità esposte lassù!”
Signore, sono Fjo’ona e la professoressa Du Bal. Stanno prendendo il sole.”
Chi? È stato lei a farle salire a bordo, Veers?”
Veramente sono con noi dall’inizio della missione, signore.”
Ancora peggio!” sbraita il vecchiaccio. “Questo da lei non me lo sarei mai aspettato, Maximilian. Portare donne compiacenti in una missione di guerra. Io non so davvero cosa mi trattenga dal deferirla alla corte marziale.”
E dopo questa spaventosa minaccia mi abbandona per andare a conferire con Atama So, che è comparso sulla soglia della plancia attirato dai clamori.
Seguo la conversazione – più che altro una lunga requisitoria del colonnello – da lungi. Il kaminoano ascolta perplesso, infine si stringe nelle spalle e dice qualcosa a Tani Du nel frattempo sopraggiunto. Anche il nuovo arrivato si stringe nelle spalle poi scompare in sala comando.
La rotta subisce una brusca variazione.
Io aspetto che Waxen si sia tolto dalle palle, poi vado dal comandante a chiedere lumi. Soavemente, Atama So mi risponde: “Il colonnello vuole nuotare. Facciamo una deviazione per l’atollo di Baran Wu.”
Il colonnello vuole che?” chiedo incredulo.
Nuotare,” mi soccorre l’altro, gentilissimo. “Ha detto che le truppe devono tenersi in esercizio.”
Perfetto. A questo gli si è resettato il cervello un’altra volta e adesso pensa di nuovo di essere su Aquarian a fare addestramento.
Mi faccio mostrare dal comandante la posizione di questo atollo, che rispetto a noi si trova praticamente in Culonia.
Penso con orrore a giorni e giorni di navigazione persi a inseguire l’Alzheimer di un vecchio squinternato.
Non c’è niente di più vicino?” chiedo.
Atama So si raccoglie in meditazione. “Ci sarebbe un isolotto a qualche miglio da qui.” dice infine.
Perfetto.”
Ma è solo una lingua di sabbia con qualche palma, non c’è nulla sopra.”
Meglio, così le truppe non si rammolliscono a causa delle eccessive comodità.”

Arriviamo a destinazione poco dopo. Trattasi di tipico paradiso tropicale da cartolina (a proposito, se ne trovassi una…): il sole splende con impegno, l’acqua è turchese, la spiaggia è bianchissima, le palme si protendono sul mare. Ora ci vorrebbero una sdraio all’ombra e una birra ghiacciata e tutto sarebbe perfetto.
Ma in questo pianeta di merda non c’è birra, e di sdraio, con questo branco di decerebrati da badare, neanche a parlarne. La vita sa essere veramente infame, a volte.
Tanto per ribadire questo concetto, si presenta Waxen di nuovo in costume da bagno e asciugamano. “Forza, giovane capitano!” bercia, “scommetto che non vede l’ora di tuffarsi!”
Subito dopo si odono una serie di squittii e gridolini: le due signore hanno scoperto che siamo presso una spiaggia e stanno sgomitando per essere le prime a scendere a terra. Si sono debitamente costumate per l’occasione, e non posso fare a meno di notare che la Du Bal ha già una tonalità magenta piuttosto intensa.
Già pensando alle lamentazioni con cui ci massacrerà le palle se si ustiona, propongo: “Non si mette un po’ di crema, prof?”
E lei, sdegnosa: “Non ne ho bisogno.”
Assieme alla twi’lek salta nel canotto argentato e Tani Du le traghetta. Un attimo dopo le due sono stese pancia all’aria sui rispettivi teli e non danno più udienza a nessuno.
Waxen, in compenso, stavolta non si resetta. “Tutti con la tenuta regolamentare!” sbraita correndo su e giù per la coperta, “Entro due minuti allenamento di nuoto!”
Faccio del mio meglio per tergiversare, ma l’ottuagenario è irriducibile. “Forza, Maximilian, dia il buon esempio ai ragazzi!”
Ora, tralasciando il fatto che io non mi chiamo Maximilian, c’è da dire che sono di pelle chiara, e normalmente mi basta pensare al sole per avvertire i primi sintomi dell’eritema. Per uscire dalla mia cabina con nient’altro che un paio di bermuda addosso dovrò ungermi come uno hutt.
Il colonnello, frattanto, continua a imperversare. Spinge in acqua i tre soldatini, che cominciano ad annaspare e devono essere ripescati da Tani Du, quindi ordina anche al wookiee di tuffarsi. Fatto ciò si guarda intorno perplesso: ha il dubbio che ci sia qualche altro membro della spedizione, ma non riesce a ricordarsi chi. Io taccio scrupolosamente.
Il vegliardo si volta infine verso di me con l’intenzione di interrogarmi in proposito, ma lo sguardo gli cade inesorabilmente sul mio costume da bagno a fiori di ibisco e pappagalli.
E quello cosa sarebbe?” chiede.
Assumo un’espressione di rara innocenza. “Cosa, signore?”
Quella… cosa che ha addosso.”
Oh, questa. È il costume che uso per fare surf, signore. Me lo sono portato nel caso capitasse l’occasione.”
Se lo tolga immediatamente!”
Mi stringo nelle spalle. “Signore, mi sentirei in imbarazzo.”
Non faccia lo gnorri con me, giovanotto. Lo cambi con qualcosa di più sobrio!”
Questo è il più sobrio che ho, signore. Volendo, ho quello con i tramonti tropicali, gli ananas e le twi’lek nude. Certo avrei preferito evitarlo per rispetto a Fjo’ona, ma se insiste...”
Il colonnello non insiste.
Nonostante ciò, ci tocca di sorbirci la rottura di coglioni del nuoto. Fortunatamente il fossile è ottuagenario, per cui dopo un po’ si addormenta all’ombra di una palma e noi possiamo finalmente uscire dall’acqua.
Io ho anche una certa premura di tornare a bordo, perché la voce della Coscienza continua a ricordarmi con fastidiosa pedanteria che su questo pianeta non c’è birra, e che devo abbandonarlo il più presto possibile.
Raccolgo la gente. Lothar si carica in spalla Waxen e procede a piedi verso la nave, tutti gli altri vengono riportati a bordo dal canotto argentato.
Dopo ore sotto il sole cocente, la twi’lek è di un colore azzurro lievemente più scuro del solito e non sembra aver risentito in altro modo del trattamento. La Du Bal invece ha un colorito cinabro tendente all’amaranto e una temperatura corporea piuttosto vicina a quella della fusione del piombo.
Sto benissimo!” asserisce categorica, quindi si infila nella sua cabina, dimenticando che adesso è abitata da Lothar e dalla sua puzza di tappeto marcio. Esce inorridita.
Nel frattempo viene approntato il pranzo. Mentre ci alimentiamo con la tristezza tipica di Kamino, noto di sfuggita che la fosforescente professoressa sta parlando con Atama So. I due sembrano impegnati in una conversazione piuttosto animata e vedo il comandante della nostra nave annuire più volte con aria consapevole.
Infine le fa cenno di attendere, scompare nella sua cabina e torna dopo un po’ con un contenitore che sembra una tanica. Lo consegna alla docente, che con qualche difficoltà lo solleva e si dirige con il suddetto sottocoperta.
Io considero che quando la Du Bal non condivide il mio spazio vitale le mie gonadi sono felici, quindi mi guardo bene dall’andarla a cercare.
Interrogo piuttosto Atama So, il quale soavemente mi spiega che la docente voleva un rimedio per le bruciature. “In effetti aveva la pelle un po’ arrossata,” soggiunge.
Decisamente, i kaminoani sono un popolo che ama la sobrietà.

Siamo in navigazione per Derem da circa due ore quando mi imbatto in un essere basso di culo e di statura, con le tette a sacco di farina, completamente bianco e con un costume da bagno come unico abbigliamento. Una kaminoana nana, penso inorridito, poi guardo meglio e mi rendo conto che è la Du Bal, su cui apparentemente qualcuno ha steso una mano di vernice.
Booh!” mi fa la docente, come per spaventarmi, quindi fa una risata e corre via. Io rimango a guardare la direzione in cui è scomparsa con la faccia a punto interrogativo.
La Du Bal che fa ‘booh’ e scappa ridacchiando? Pondero infine. Qui c’è qualcosa di molto strano.
Vado alla ricerca di Hyaskon.
Trovo il capitano medico nella sua cabina, steso sulla cuccetta tipo bara, nel buio più completo.
Collega?” lo chiamo.
Si volta verso di me. “Spero per lei che sia importante,” ringhia.
La Du Bal fa cose strane,” gli rispondo, ignorando il suo ammonimento.
Hyaskon non sembra impressionato. “Ha sempre fatto cose strane,” sentenzia.
Tipo correre per la nave dipinta di bianco ridendo in modo incoerente?”
La sconcertante descrizione spinge il capitano medico a mettersi seduto e ad accendere la luce. “Cosa fa?” chiede stupefatto.
Spiego dettagliatamente il fenomeno cui ho assistito. Il mio interlocutore mi fa da contrappunto con interiezioni sempre più allarmate. Alla fine, solennemente proferisce: “Veers, abbiamo un problema.”
Un altro?” non posso fare a meno di chiedergli.
Lui sospira con l’aria di chi prende atto dell’ineluttabile e sa che è inutile opporvisi. “I farmaci kaminoani sono neurotossici per gli umani,” spiega poi in tono lugubre.
E quindi?”
E quindi non so in che modo si manifesterà la neurotossicità in quella vecchia ciabatta, ma di sicuro adesso di squinternati ne abbiamo due da gestire.”
Potrebbe morire?” chiedo speranzoso.
No,” è la cupa risposta.
Lascio passare qualche secondo di raggelato silenzio, quindi chiedo: “Non si può fare niente?”
Buttarla fuori bordo quando nessuno sta guardando. Non saprei consigliarle altro.”
Per fortuna, mentre sto pensando di buttare fuori bordo me stesso onde porre fine alle mie sofferenze, Tani Du ci avvisa discretamente che lo spazioporto di Derem è in vista.
Saliamo sul ponte. Il cielo, simpaticamente, è di nuovo coperto. Il fottuto sole è rimasto fuori giusto quel tanto che bastava per mandare la Du Bal fuori di testa e ustionarmi la schiena nonostante gli otto strati di crema a protezione totale che mi ero spalmato, poi ci ha ripiombati in una deprimente uggiosità.
Lo spazioporto è un’enorme isola artificiale quasi interamente occupata da una costruzione dalle forme morbide e tondeggianti, color alluminio satinato, molto minimal chic. Tutt’intorno a raggiera si dipartono i moli per i natanti, e sul tetto ci sono le piazzole di atterraggio per astronavi di piccole e medie dimensioni. Sulla terraferma ci sono quelle più grandi, per i cargo iperspaziali.
Nonostante la flemma degli indigeni c’è un gran viavai di mezzi di ogni genere e grado, tant’è che dobbiamo aspettare parecchio incrociando su e giù prima che si liberi un posto in un molo.
Sulla nostra testa, nel frattempo, entrano ed escono dalla coltre di nubi navicelle provenienti da tutta la galassia.
Quando finalmente riusciamo ad attraccare, chiamo Atama So e gli chiedo di accompagnarmi a terra. Ora che non c’è più il sole, Hyaskon è tornato preda delle libidini della twi’lek, e fare affidamento sulle capacità di interpretariato della Du Bal mi sembra ancora meno auspicabile del solito, viste le condizioni in cui versa.
Che cosa cerca esattamente, capitano?” mi domanda cortesissimo il comandante mentre mi accompagna lungo uno degli ampi e luminosi corridoi dello spazioporto.
Il colonnello Kurtz. O informazioni su di lui.”
Interessante. È per caso un suo amico questo colonnello?”
Mi viene da piangere. Cercando di mantenere un’impassibilità confacente del mio grado, inspiro profondamente e con misurata calma rispondo: “Il colonnello Kurtz è un disertore e i miei ordini sono di trovarlo. Ho il fondato sospetto che si trovi qui su Kamino ma non so dove, e considerato che il vostro pianeta ha un diametro di ventimila chilometri, qualche informazione in più restringerebbe perlomeno l’ambito delle ricerche.”
Atama So annuisce con gesto sobrio. “Capisco.” risponde. Segue un silenzio siderale.
Quindi?” lo sprono dopo un po’.
E lui, gentilissimo: “Che cosa intende, capitano Veers?”
Come facciamo a sapere qualcosa su Kurtz?”
Io credevo che lei volesse andare all’ufficio informazioni.”
Non so come sia punito l’omicidio su Kamino, ma potrebbe cominciare a valerne la pena.
Non c’è un bar da queste parti?” gli chiedo.
Si piega addirittura verso di me assumendo una forma che ricorda vagamente un bastone da passeggio. “Un bar?” ripete perplesso.
Dove la gente beve,” chiarisco.
Oh, ma certo. Certamente. Le chiedo scusa per la mia scarsa perspicacia. Venga con me.”
Si incammina languido.
Raggiungiamo in questo modo un luogo di una tristezza incommensurabile: una sala bianca come un ambulatorio, con arredamento più che mai minimal chic e giochi di luce soffusa. Alle pareti ci sono immagini di sassi impilati su sfondi indefiniti e foglie dai colori improbabili roride di rugiada. Nell’aria depurata e microfiltrata risuona una rivoltante musica chill out a basso volume. Alieni di ogni specie siedono mesti con davanti bicchieri dal contenuto simile al passato di verdura.
Sono morto e sono finito all’inferno,” non posso fare a meno di mormorare.
Il kaminoano si piega di nuovo verso di me. “Vuole un succo di frutta o uno di verdura?”
Niente di tutto ciò,” rispondo inorridito.
Preferisce un infuso rilassante?”
Mi astengo dal rispondere. Mi avvicino comunque al bancone e mi rivolgo al mescitore di analcolici: “Parla il galattico base?”
E lui, con tono da hostess: “Ma certamente, signore.”
Molto bene. Ha mai sentito nominare un certo Kurtz?”
Il tizio esita, si concentra e infine chiede: “Sta parlando di quel frullato depurante che si fa con le verdure arancioni e le radici del kurtron?”
Un brivido di orrore mi percorre la schiena. “Ehm… no. Grazie lo stesso.”
Rinculo verso la mia guida, che nel frattempo è rimasta sulla porta ad aspettarmi. “Ha trovato quello che cercava, capitano Veers?” domanda premuroso l’indigeno.
No. Come fate da queste parti a raccogliere informazioni su qualcuno?”
Come sempre cortesissimo, Atama So mi risponde: “Gliel’ho detto: c’è l’ufficio informazioni per queste cose.”
Io non ho bisogno degli orari dei voli per Coruscant,” replico, “Mi servono notizie su uno psicopatico omicida che ha instaurato una monarchia teocratica basata sul terrore.”
Qui su Kamino?” mi chiede stupefatto l’indigeno.
Comincio a capire Kurtz e i suoi metodi.
Senza rispondere mi raccolgo in meditazione: d’accordo che su questo pianeta sono rincoglioniti, ma come è possibile che arrivi un pazzoide con idee messianiche seguito da una torma di tagliagole, cominci a massacrare indiscriminatamente, instauri un regno dove si compiono rituali di abominevole crudeltà e nessuno lo noti?
Avete un esercito da queste parti?” chiedo.
Sono desolato, capitano. Li produciamo solo per l’esportazione.”
Polizia?”
Che cos’è la polizia?”
Gendarmi? Milizia?” L’altro si stringe nelle spalle.
Esasperato insisto: “Insomma, come fate quando qualcuno commette un crimine? Chi se ne occupa?”
La disarmante risposta è: “Qui nessuno commette crimini. Perché dovremmo?”
Ho capito perché la base imperiale è abbandonata: si sono suicidati per la noia.
La forza della disperazione mi fa accendere la lampadina: “È possibile che una nave arrivi su Kamino senza essere rilevata?”
Atama So scuote la testa. “Abbiamo un sistema di controllo molto efficace.”
Andiamo all’ufficio informazioni.”
Alla buon’ora!” approva il mio accompagnatore.
Presentandomi come ufficiale imperiale, tirando in ballo la solita faccenda della missione a priorità uno, Tarkin e tutta la panoplia riesco, con grande pazienza e abnegazione, a scoprire alcune notizie interessanti. Primo, nessuna nave ha effettuato atterraggi al di fuori degli spazioporti negli ultimi mesi. Secondo, allo spazioporto di Addu è stato registrato il passaggio di un tale J. Kurtz proveniente da Sullust un paio di mesi fa, ma era su un volo di linea, da solo e in borghese, possedeva dei documenti validi e non manifestava alcun sintomo di squilibrio mentale.
Un normale turista,” conclude la voce sintetica del droide addetto all’ufficio.
Cosa aveva con sé?” gli chiedo.
Rumore di criceti nella ruota. “Attrezzatura da pesca e abiti,” giunge infine la risposta.
Non aveva armi?”
No di certo!”
Vorrei chiedere se aveva feticci, pezzi di organi interni disseccati, ossa forate da usare come flauti o cose del genere, ma già il sobrio vocabolo ‘armi’ è stato in grado di evocare sguardi di costernata riprovazione in tutti i presenti, per cui decido di soprassedere.
C’è un’immagine di questo tizio?”
Di nuovo criceti.
Noi attendiamo con pazienza.
Dopo un bel po’ che i criceti corrono, la voce assume un’inflessione sinteticamente desolata. “Mi dispiace. Deve essersi cancellata durante l’ultima tempesta magnetica. Sa, le immagini lo fanno, alle volte.”
Mentalmente rivolgo bestemmie irriferibili a tutte le divinità di cui sono a conoscenza, quindi creo sul momento alcuni pantheon e bestemmio coscienziosamente anche quelli.
Bene, grazie per le informazioni. Ora torniamo a bordo,” ordino una volta terminato l’intermezzo mistico.
Atama So annuisce in segno di garbato assenso. “Non vuole nemmeno fermarsi per un frullato energetico di frutti rossi?”propone cortesemente.
Negativo, è roba troppo salutare. Mi farebbe stare male.”
Perplesso dal misterioso ossimoro, il mio accompagnatore non replica.
Torniamo quindi al nostro simpatico natante, che nel frattempo ho scoperto chiamarsi Iiaa. Faccio qualche tentativo di pronunciarlo, ma Atama So con somma gentilezza ogni volta mi corregge: o non allungo bene le vocali, o le modulo nel modo sbagliato, o non ci metto la giusta intonazione. Dopo un po’ che miagolo come uno scurrier, stabilisco che il mio apparato vocale non è in grado di emettere questi suoni e rinuncio. Per consolarmi, il mio accompagnatore mi spiega che l’Iiaa è una specie di topo di mare con le pinne. Ecco che la vita mi sorride di nuovo.
A bordo ci imbattiamo per prima cosa nella Du Bal ancora coperta di crema. Schiacciata contro una parete bianca tipo ysalamiri su un tronco sta cercando con scarsi risultati di mimetizzarsi. Appena ci vede ci soffia contro posizionando le mani ad artiglio e scappa via ridacchiando.
Non faccio in tempo a voltarmi verso il mio accompagnatore che sentiamo il tonfo di qualcosa di pesante che piomba in acqua.
Subito dopo, la voce di uno dei tre sfigati chiede: “Signora, è caduta?”
Dal basso proviene qualcosa che somiglia a ‘fanculo’.
Vado a vedere e trovo la professoressa che sta nuotando a dorso nelle acque oleose dell’attracco. Controllo se nelle vicinanze c’è qualche grosso natante che sta per mettersi in moto, ma come al solito non ho fortuna. Ci tocca di ripescarla.
Pongo il problema ad Atama So.
Il kaminoano guarda giù e per un po’ rimane a contemplare la docente che con gran starnazzi tenta di fare figure del nuoto sincronizzato, poi chiama il secondo, che si presenta con una rete.
Berciante e scalciante, la professoressa viene issata a bordo come un blutfish. Sto già per chiamare Hyaskon per metterla a tacere quando noto che Tani Du prende in consegna tutta la rete con il suo rabbioso contenuto e si allontana. Mi disinteresso della faccenda sperando che il kaminoano stia andando a dare alla Du Bal il colpo di grazia.
Una vocina mi distrae dai miei pensieri: “Signore...”
Mi volto: i tre soldatini mi stanno fissando con gli occhi pallati.
Io li fisso a mia volta. “Beh?” chiedo poi, visto che nessuno dei tre si decide a prendere la parola.
Wolfen, che paragonato agli altri due è dotato di un indomito coraggio, con voce tremula mi domanda: “Signore, ma che cos’ha la…?” Si interrompe imbarazzato, scambia sguardi fugaci con gli altri due. Felsen lo incoraggia: “Chiediglielo, forza.”
Cosa, soldato?” mi informo con la soavità di Atama So.
Ecco, signore, è che il colonnello ha detto che…” deglutisce, assume l’espressione di uno che sta per essere buttato dentro un sarlacc.
Ha detto che…?”
Che la signora Du Bal ha il morbo bianco, che è contagiosissimo e incurabile, e che moriremo tutti fra atroci sofferenze.”
Io non voglio morire,” pigola Lawrence alle sue spalle.
Sospiro. Dannato vecchio fossile. “Nessuno morirà, ragazzi,” assicuro ai tre sfigati. “La professoressa si è solo spalmata addosso un po’ troppa crema kaminoana e questo non le ha fatto bene. Dov’è il colonnello, a proposito?”
Felsen lo indica col dito. L’ottuagenario è seduto nel canotto argentato, opportunamente messo a traino con una cima. “La nave è spacciata, giovanotto!” annuncia vedendomi, “per il morbo bianco non c’è cura e noi ufficiali abbiamo il dovere di non esporci al contagio. Venga qui con me.”
Visualizzo l’immagine di me stesso e Waxen confinati nell’angusta bagnarola e sono colto da sudori freddi. Per salvarmi sono costretto a mentire spudoratamente: con fare mesto, scuoto la testa. “Ahimè, signore, purtroppo seguirò lo stesso fato,” sospiro. “Ho limonato tutto il pomeriggio con Ophelia, quindi anch’io ho preso il morbo bianco.”
Al colonnello si drizzano i baffi per l’orrore. “Cos’ha fatto?”
Mi stringo nelle spalle. “Sa, la guerra… la missione...”
Ma potrebbe essere sua madre, giovane pervertito! Non si vergogna?”
E poi ho limonato anche con le tre reclute,” aggiungo, “sono condannate anche loro.”
Waxen è scandalizzato. “Ma come ha potuto fare una cosa del genere, specie di depravato irresponsabile? Lei è una vergogna per le truppe imperiali! Non si azzardi ad avvicinarsi!”
Io assumo l’espressione di chi si piega sotto il peso della colpa e mi allontano con aria afflitta.
Solo quando sono fuori vista del fossile mi concedo un’esultanza da tifoso che vede la sua squadra vincere il campionato intergalattico: Waxen a traino e la Du Bal avvolta in una rete e chiusa in una cabina dell’equipaggio. Direi che stasera staremo in pace.
Molto soddisfatto della mia performance teatrale, vado a cercare il mio collega. Scendo sottocoperta e nel corridoio mi imbatto in Fjo’ona, che sta accarezzando con movenze lascive la porta della cabina di Hyaskon e nel frattempo sussurra promesse di prestazioni erotiche inenarrabili.
Dov’è il capitano medico?” le chiedo con aria innocente.
Lei fa il broncio. “Qui dentro. Non vuole aprire.”
Starà dormendo.”
No, è sveglio. Evan?”
Da dentro giunge una voce furibonda: “Brutta troia, se non te ne vai da lì entro dieci secondi giuro che ti stendo di nuovo, e stavolta per sempre!”
Hyaskon?” chiamo.
Me la tolga di torno, Veers!” sbraita lui da dentro. La voce ha un inquietante tono di esasperazione.
Mi faccia entrare un attimo.”
Non si azzardi a portare dentro quella!”
Fisso Fjo’ona, che immediatamente si mette a piangere in modo straziante, e rispondo: “Tranquillo, entro solo io.”
Ho delle siringhe e non ho paura di usarle!”
D’accordo, Hyaskon, stia tranquillo. Ho detto che entro solo io.”
La porta si socchiude. Ovviamente la twi’lek cerca di infilarsi nel varco, ma riesco a bloccarla in tempo. Appena sono dentro, il capitano medico fa scattare la serratura. Da fuori, tra singhiozzi e gemiti, Fjo’ona continua a ripetere: “Roy, digli di aprire, facciamo una cosa a tre. Facciamo il sandwich, facciamo anche il girarrosto se volete...”
Mi volto verso il mio collega, che scuote la testa e mi fa: “È così da quando è tornata a bordo. Va a finire che la ammazzo davvero.”
Dall’altra parte della porta, la pitonata strilla: “Allora lo vedi che mi ami? Mi vuoi uccidere perché a te piacciono morte! Ma io so stare fermissima, vedrai, non ti accorgerai nemmeno che sono ancora viva. Posso stare anche un po’ in frigo, se vuoi, così sono fredda.”
A quest’ultima uscita, Hyaskon prende la sua borsa e comincia a frugarci dentro. Tira fuori una fiala, la aspira e poi mi sibila: “Apra.”
Io lo fisso con sguardo interrogativo e mi passo la mano sul collo nel tipico gesto di tagliare la gola.
Lui scuote la testa. “Nah, questa non me la scoperei nemmeno se fosse morta da una settimana. È solo un sonnifero.”
Una volta stesa la pervicace aliena, racconto a Hyaskon l’esito delle mie ricerche e la tristezza del bar intergalattico che ho avuto la disgrazia di vedere. Il capitano ascolta con crescente orrore la mia narrazione, infine cupo proferisce: “Gliel’avevo detto che questa missione sarebbe stata terribile.”
Un po’ di sostegno non guasterebbe.”
Moriremo tutti.”
Perfetto,” rispondo sarcastico, “proprio quello che mi serviva.”
Kurtz ci torturerà per giorni e giorni, vedrà. Ce l’ha ancora la sua fiala, vero?”
Quello che mi piace di lei, Hyaskon, è che è un ottimista,” rispondo alzandomi. “Ci pensa lei a spostare Fjo’ona?”
L’aliena giace ancora com’è caduta, di traverso sulla soglia. Sospirando, il capitano medico la prende per i piedi e la trascina fuori giusto quel tanto da permettere alla porta di chiudersi. “Fatto,” mi dice, poi si ritira nelle profondità del suo alloggio.
Io scavalco la pitonata e salgo in coperta alla ricerca degli indigeni.
Trovo solo Atama So, che è in plancia a cosare cosi. “Quanto dista da qui Addu?” gli chiedo.
L’altro consulta brevemente il computer di bordo, quindi con soavità mi risponde: “Un giorno di navigazione.”
Bene, andiamoci.”
Altra consultazione del computer di bordo, poi il kaminoano, come sempre gentilissimo, mi avvisa: “Non ci arriveremo entro oggi.”
Non si può navigare di notte?”
Mi guarda come se gli avessi chiesto se è possibile navigare con uno scurrier infilato nel culo.
Possiamo metterci in rotta, perlomeno?”
Ulteriore consultazione. Infine giunge la risposta: “Ma certamente. Però non c’è niente di interessante da vedere là, è solo un piccolo spazioporto.”
Se fossi venuto su Kamino per ammirare le bellezze locali sarei in bermuda e camicia hawaiana e avrei una tavola da surf sottobraccio.”
Capisco.” Accende i motori.
Dopo un po’ siamo in navigazione. Waxen è sempre al traino, la Du Bal permane irreperibile così come il secondo di bordo Tani Du, tanto che a servire la cena è Atama So in persona.
Non deve faticare molto, comunque, perché a tavola ci siamo solo io, Hyaskon e le tre reclute. Fjo’ona è in qualche paradiso chimico a sognare gamorreani superdotati e Lothar è a poppa che bramisce con la più cupa disperazione rivolto a Waxen. Il vecchiaccio, tuttora timoroso del contagio, lo insulta e gli tira oggetti nel tentativo di farlo allontanare.
Noi superstiti ci alimentiamo, al solito con cibi di assoluta tristezza, e beviamo ignobile e dolciastra Tusken-Cola, in grado di strappare un sorriso di apprezzamento unicamente ai tre imberbi.
Fuori nel frattempo il cielo è limpido e si vedono persino le stelle.
Peccato che abbia steso la twi’lek,” dico a Hyaskon, “si immagina? Voi due a tenervi la manina, sulla terrazza panoramica...”
Spiritoso,” ringhia il capitano medico fissandomi torvo.
Non insisto, certi sguardi di Hyaskon di solito preludono ad azioni che sono certo di non voler vedere concretizzate. Anzi, per stare sul sicuro vado nella mia cabina e mi di chiudo dentro, disponendomi a dormire il sonno dei giusti.


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Capitolo 16
*** Giorno 11 - Finalmente qualche informazione ***


Giorno 11 – Finalmente qualche notizia

Una scoperta interessante che ho fatto nel corso della notte: con la schiena ustionata e un caldo bastardo in cabina è impossibile dormire il sonno dei giusti. Si dorme quello degli sfigati, al massimo, a periodi di circa trenta minuti intervallati da lunghe ore di veglia a pancia in giù e bestemmie.
Forte di questa consapevolezza, mi calo con circospezione giù dal letto, mi rendo operativo e mi affaccio all’esterno.
Fuori c’è Fjo’ona, che appoggiata al parapetto guarda l’orizzonte con l’espressione del dewback che pascola.
La saluto e le chiedo come mai si è alzata così presto.
Lei aggrotta le curatissime sopracciglia e fa: “Non lo so, è da quando siamo su questa nave che non sto bene, sono sempre intontita...”
Sto per rispondere quando ad un tratto comincia a risuonare nell’aria una strana nenia: somiglia alle cadenze che ci facevano cantare in Accademia durante gli allenamenti. Rimango perplesso in ascolto e le mie incolpevoli orecchie sono aggredite da quanto segue:

Sesso alieno, sesso alieno
non ne posso fare a meno!

Della twi’lek la foresta
mi fa perdere la testa!

E del gungan la gran mazza
mi fa scender la sbavazza!

Fjo’ona si volta basita verso di me. L’unica cosa che dice, con tono indignato, è: “Io non ce l’ho la foresta!” E poi si alza la minigonna, sotto la quale ovviamente è nuda come una lumaca acquatica di Merakai, per dimostrarmi che non sta mentendo. Io constato e le faccio cenno di riabbassare l’indumento.
Intanto il ritmo della cadenza cambia, e ci viene elargita un’altra strofa:

Su e giù, su e giù!
Dammene sempre di più!

La voce che canta è femminile. Ora, considerato che a bordo ci sono solo due femmine e una è di fianco a me, il cerchio si restringe.
La canzone frattanto riprende col ritmo di prima:

Se il gamorreano è brutto,
il suo cazzo sfonda tutto!

Niente sesso oral col wookiee
con lui faccio altri giochi.

Di Kamin non dico niente,
ma il sorriso mio non mente!

Mi viene un orrendo sospetto: cos’ha combinato la Du Bal nella cabina di Tani Du?
Mentre sto cercando di non pensarci, mi raggiunge anche Hyaskon, che mi chiede: “Veers, per caso c’è un artigliere ubriaco a bordo?”
Non che io sappia,” gli rispondo.
E allora chi è che fa questo casino?”
Ci spostiamo con cautela verso la provenienza degli orrendi vocalizzi e scorgiamo la professoressa, non più bianca ma ancora decisamente squinternata, che sta facendo ginnastica a tette nude e nel frattempo canta a squarciagola.
A ogni passaggio di Tani Du, la docente si interrompe e gli rivolge apprezzamenti di inaudita grevità, peraltro ricambiati con calore dall’altrimenti compassato indigeno.
Fjo’ona ascolta per un po’ e poi mettendosi le mani sui fianchi proclama scandalizzata: “Io con quella sporcacciona non voglio avere più niente a che fare!”
Il proverbio dice: se anche la bagascia twi’lek chiama qualcuno sporcaccione, è segno che stiamo annaspando nella volgarità più becera.
Persino il sole, di fronte a questa scena ignominiosa, sceglie di scomparire dietro una coltre di nubi e il cielo si fa come di consueto grigiastro.
Mi domando cosa possano trovarci i kaminoani (o chiunque altro) nella Du Bal, ma la voce della Coscienza interviene ancora una volta comunicandomi perentoria che non lo voglio sapere.
Rinuncio alla mia curiosità, ma rimango comunque a chiedermi che cazzo di problema abbiano questi repellenti antropoidi astemi e biancastri, estimatori di vecchie carampane, a loro agio su un pianeta la cui disgustosa umidità è seconda solo all’odio per la vita che riesce ad instillare in qualsiasi creatura senziente dopo soli tre giorni di permanenza.
A questo punto, un urlo belluino fa tremare l’aria: “Veers!”
La voce è quella del fossile. Ci spostiamo a poppa, sperando che l’ottuagenario stia urlando perché la cima del canotto si è rotta e il suddetto sta andando alla deriva.
Ciancicato e spettinato, i baffi più frementi che mai, Waxen è in piedi a gambe larghe, con le consuete mani a brocca sui fianchi. “Maledetto pirata!” mi apostrofa non appena entro nel suo campo visivo, “Specie di delinquente di infimo livello, le garantisco che questo ammutinamento le costerà caro!”
Io lo guardo esterrefatto. “Prego?”
Non faccia finta di non capire, ignobile canaglia! Lei si è ammutinato e mi ha confinato per tutta la notte su questo ridicolo natante, senza cibo, esposto al freddo e agli assalti delle creature marine! Ma non finisce qui, sa? Questa storia andrà a finire dall’Imperatore in persona!”
Emetto un sospiro esasperato. Naturalmente non avrebbe alcun senso ricordare al colonnello che si è rifugiato lui stesso nel canotto per sfuggire al cosiddetto morbo bianco.
Ora mi faccia tornare a bordo!” sbraita il vecchiaccio, “E perlomeno pretendo una cella degna di questo nome, visto che sono un ufficiale superiore!”
Scambio un’occhiata con Hyaskon e capisco che anche lui sta pensando quello che penso io: ma sai che non sarebbe per niente male tenerlo in cella fino alla fine della missione?
Il capitano medico raffredda subito il mio entusiasmo. “Non servirebbe a niente,” dice in tono cupo, “tanto fra mezz’ora si sarà già dimenticato del cosiddetto ammutinamento.”
Non potremmo ricordarglielo di tanto in tanto? Giusto per tenerlo fuori dalle palle?”
Non servirebbe.”
Veers!” sbraita frattanto il fossile, sempre in piedi e con le mani a brocca, “Infame pirata, disonore della sua famiglia! Esigo di tornare a bordo!”
Dopo un po’, ovviamente, i clamori attirano i tre soldati, che si presentano scortati dal wookiee. Alla vista del fossile che sacramenta, tutti rimangono basiti.
Sottovoce dico a Lothar: “Sta al gioco.” Poi, con tono di comando, alle perplesse reclute: “Tirate qui il canotto.”
Alla buon’ora!” esclama Waxen, dando prova di un equilibrio da surfista mentre il suo natante viene trainato dagli imbranati.
Appena arriva sottobordo, ordino al wookiee di tirarlo su. Waxen si ritrae inorridito e strilla: “Che cos’è questo ammasso di pelo?”
Con gran cortesia gli spiego: “È il mio secondo, che ha ordine di staccarle le braccia se lei non collabora.”
Cedo alla violenza,” replica allora l’ottuagenario, sempre fremendo di fiero sdegno, e si lascia issare.
Fatto questo, lo scortiamo alla sua cabina ricordandogli che è agli arresti e facendogli presente che il wookiee, noto appassionato dell’amputazione traumatica di arti altrui, è sempre in giro per la coperta.
Una volta conclusa la scenetta, comincio ad avvertire il pizzicore di sguardi intensi sulla nuca. Mi volto e ci sono le tre reclute che mi stanno fissando con una via di mezzo tra sbalordimento e terrore.
Beh?” li apostrofo.
I tre fanno un passo indietro.
Ma dai, non ci avrete mica creduto?”
Silenzio assoluto da parte dei tre sfigati.
Sospiro. “Ragazzi, era una recita. Non c’è nessun ammutinamento.”
I soldatini non sono molto convinti, ma hanno evidentemente paura di contraddirmi, per cui rimangono in silenzio a parte un flebile sissignore mormorato da Wolfen, che ricordiamo essere dei tre quello dotato di indomito coraggio.
Io a questo punto mi rivolgo a Hyaskon e noto una cosa che nel casino di Waxen mi era sfuggita: non ha più la twi’lek appesa agli attributi. Gli chiedo il motivo del misterioso fenomeno.
Lui mi rivolge un ghigno diabolico. “Nontromb Forte,” mi spiega, “Per fortuna che ce l’avevo con me. Lo usano per sedare i maschi di gundark quando le femmine vanno in calore. Una fiala e ti viene voglia di scopare dopo un mese. Io per sicurezza gliene ho fatte tre.”
Chi è in grado di intendere e di volere va a fare colazione, il che significa che la Du Bal rimane a strisciare lungo le pareti facendo finta di essere un Ysalamiri e Waxen se ne sta pervicacemente confinato nella sua cabina convinto di essere agli arresti.
Noi superstiti ci alimentiamo con tristezza kaminoana, serviti da un assonnato Tani Du.
Fjo’ona guarda fuori speranzosa, ma la coltre di nubi si è addirittura ispessita e spira l’ormai consueto venticello umido. Ci fissa come se fosse tutta colpa nostra, quindi imbronciata proclama che andrà nella sua cabina ad applicarsi una maschera rilassante. Si alza e si allontana beccheggiando sulle zeppe dorate.
Lothar bramisce qualcosa che nella sua lingua potrebbe corrispondere a ‘che palle’, quindi raccoglie nel suo piatto tutto ciò che è rimasto di commestibile, compreso quello che noi abbiamo lasciato lì, e comincia a mangiare dimentico di tutto il resto.
Io raggiungo Atama So in plancia e gli suggerisco che forse non sarebbe una cattiva idea salpare per lo spazioporto di Addu.
Il kaminoano pondera attentamente la faccenda, quindi con la massima calma risponde: “C’è mare grosso.”
Ottimo, così non ci annoieremo.”
Ma i suoi soldati soffrono il mal di mare.”
Sono guariti.”
Non c’è il sole.”
Ce ne faremo una ragione.”
Quando Atama So ha esaurito la lista delle scuse, io sono ancora inamovibile nel mio proponimento di salpare per Addu. Rassegnato, il comandante chiama il secondo per le manovre, ma esso risulta irreperibile. Dopo vari tentativi, Tani Du arriva trascinando i piedi e con vistose borse sotto gli occhi. Dietro di lui compare per un attimo nel vano della porta la Du Bal a quattro zampe, ci soffia facendo il gesto di graffiare e poi si allontana sghignazzando.
Spero che la neurotossicità delle medicine kaminoane sia irreversibile, sai le risate quando la riporterò sulla Morte Nera?
La nave, comunque, nonostante la tenace resistenza passiva dell’equipaggio, si mette alla fine in movimento alla volta dello spazioporto.
Ci sono in effetti delle onde piuttosto alte, ma Hyaskon deve aver somministrato a se stesso e ai tre imbranati qualche intruglio bello potente, perché li vedo tutti tranquilli e impegnati nelle loro faccende.
Quello che non trova pace è il wookiee. Si aggira muggendo per la coperta e non sta fermo un secondo. Dopo un po’ che si agita, gli chiedo qual è il problema.
La risposta mi giunge immediata, ed è di disarmante semplicità: albero. Va bene anche una palma. Anche un bastone piantato per terra.
I wookiee non la fanno spesso, la possono tenere anche un paio di giorni, ma quando scappa, scappa.
Espongo la questione al comandante.
Atama So la pondera attentamente mentre Lothar saltella da un piede all’altro come una versione pelosa e alta due metri e venti di Fjo’ona.
Ma se la flemma dei kaminoani irrita me, si può immaginare quanto riesca a esasperare uno che si sta pisciando addosso e sente ovunque rumore di acqua sciabordante. Lothar si appropinqua ruggendo al mio serafico interlocutore e ciò lo convince ben più di qualsiasi mia argomentazione a trovare una lingua di sabbia con palme in tempi possibilmente brevi.
Dopo poco, in effetti, compare all’orizzonte il tipico profilo di palmizi. L’acqua si fa più chiara, segno che il fondale si sta alzando.
Non appena arriviamo nei pressi dell’atollo, Lothar comincia a mugolare come un forsennato, sperimentando sulla sua pelle, o meglio sul suo pelo, quanto sia lungo un minuto quando devi disperatamente pisciare.
L’equipaggio sta ancora ultimando le manovre per calare i canotti, ma il wookiee, con decine di palme fruscianti sotto gli occhi, non ha alcuna intenzione di aspettare. Salta in acqua come un blutfish e si dirige a nuoto verso la battigia.
Una volta arrivato a terra si scuote vigorosamente e corre come un razzo verso la macchia di vegetazione, dalla quale sentiamo salire dopo un po’ il tipico ululato di sollievo del wookiee che è riuscito finalmente a trovare un albero.
Io penso già alla puzza di dewback morto che farà asciugandosi.
Mentre sono immerso in queste meditazioni, la Du Bal parte a testa bassa, si butta in acqua con il tipico stile ‘hutt obeso’ e pagaiando scompostamente arriva in qualche modo a terra. Muovendosi più o meno a quattro zampe si dà alla macchia.
Io rimango basito a osservare gli arbusti nei quali la docente si è infilata e come al solito non so se proseguire dimenticandomi che l’abbiamo persa da qualche parte o raccattarla perché se no mi troverei a dover uccidere troppi testimoni.
Non si preoccupi, è un’isola,” mi rassicura dall’alto la voce soave di Atama So.
Mi guardo intorno: tutti in coperta, maledizione, compresa Fjo’ona che si chiede perché Ophelia sia andata sulla spiaggia, visto che non c’è il sole*.
A questo punto schizza fuori dalla vegetazione, correndo come se avesse un sigaro acceso nel culo, il nostro wookiee, che muggendo e bramendo si butta in acqua, brucia tutti i record galattici di cento metri stile libero e salta a bordo. Sotto gli strati di pelo ha l’occhio totalmente pallato.
Lo fisso con aria interrogativa.
Lothar si scuote energicamente, facendo sì che chiunque sia nel raggio di cinque metri imprechi con la stessa energia, poi mugola qualcosa che nella sua lingua significa: “Quella là ha cercato di saltarmi addosso!”
Può solo peggiorare,” è il costruttivo commento di Hyaskon, sopraggiunto nel frattempo.
Lo fisso inorridito: “Sarebbe a dire?”
Bisognerà abbatterla.”
Non dico che mi dispiacerebbe,” gli rispondo, “ma poi cosa mi invento con i miei superiori?”
In una missione militare possono succedere un sacco di cose, no?”
In effetti...”
A questo punto però interviene Tani Du, che con tutto l’entusiasmo che la sua specie gli consente, ovvero quello che per noi corrisponderebbe ad una tiepida approvazione, mi dice: “Vado a prendere la signora.”
Salta nel canotto argentato e parte a razzo verso la spiaggia.
Mi volto verso il capitano medico e sospiro: “Per questa volta pazienza, aspetteremo un’occasione buona.”
E lui: “Peccato, ci avrei tenuto a sezionare il suo cervello. Chissà che danni ha fatto la neurotossina kaminoana sul suo sistema nervoso...” Si lecca le labbra come io farei di fronte a un boccale da un litro colmo di bionda e spumeggiante Imperial Lager.
Passa un po’ di tempo, poi il Tani Du esce dalla vegetazione con la docente attaccata addosso tipo balano. Tornano a bordo con il canotto come se fossero sulla barchetta dell’amore dei luna park. Vista l’espressione di entrambi, direi che manca solo la sigaretta.
L’appagamento delle libidini ci consente comunque di ripartire e per un po’ mette anche tranquilla la rincoglionita professoressa, quindi la navigazione procede senza altri ostacoli fino allo spazioporto di Addu.
Già da lontano vediamo che è un posticino molto più dimesso di Derem: la struttura è piccola e non ha nulla di minimal chic, dà anzi l’idea di una costruzione tirata su alla meglio con i tronchi delle palme.
Ci sono alcune piazzole di atterraggio piccole e medie nei dintorni, una sola per grossi cargo, e qualche molo per i natanti. Ci sono pochissimi mezzi parcheggiati, praticamente tutti locali.
Il posto ha un’aria sonnolenta, quasi dimenticata.
Ethnic chic,” osserva il capitano medico, “caruccio.”
Attracchiamo senza difficoltà, vista la penuria di traffico, quindi scendo a terra portandomi dietro Atama So.
All’interno dell’edificio c’è la solita triste mescita di succhi, frequentata perlopiù da kaminoani. Qualche alieno di altri pianeti siede avvilito in compagnia di orrendi bicchieroni di frullato.
Stavolta non perdo tempo a interrogare il cosiddetto barista, vado direttamente all’ufficio informazioni chiedendo notizie del famigerato J. Kurtz che dovrebbe essere atterrato qui alcune settimane fa.
Solita storia, missione a priorità uno, Tarkin incazzato, l’Impero in tutta la sua sinistra potenza, indegnamente rappresentato dal sottoscritto.
Veniamo a sapere che il nostro J. Kurtz è in effetti atterrato, col volo settimanale da Sullust, due mesi fa, che aveva con sé vestiti e attrezzature da pesca e che non ha avuto nessun tipo di comportamento strano per tutta la sua permanenza all’interno dello spazioporto. Siamo al punto di prima.
Qualcuno ha parlato con costui?” chiedo al droide dell’ufficio informazioni.
Si ode il consueto rumore di criceti, poi giunge la risposta: “Un funzionario doganale ha controllato il suo bagaglio.”
Perfetto! Aveva armi di distruzione di massa e feticci confezionati con organi interni?”
Il droide accoglie la domanda con distacco. Controlla i suoi database e risponde: “No, il funzionario voleva controllare che non avesse con sé bevande proibite.”
E le aveva?”
Una, ma gliel’ha prontamente sequestrata.”
Mentre io e Atama So ci allontaniamo per andare a conferire con il funzionario, penso che non vorrei essere nei panni di un doganiere che va a sequestrare una bottiglia di birra a Kurtz. Non può trattarsi del nostro Kurtz, perché quello l’avrebbe come minimo scuoiato vivo e si sarebbe fatto una valigia con la sua pelle, per riempirla poi di birre.
Con la mia solita fortuna, sarà un banale turista che ha lo stesso cognome, e io mi dovrò passare la vita a girare su e giù per questo pianeta deprimente e privo di alcol, dal quale magari il vero Kurtz se ne sarà andato con disgusto dopo tre giorni.
Arriviamo finalmente dal doganiere, che ci accoglie con la consueta flemma kaminoana. Parla il galattico base, e questa è già una gran cosa. Gli chiedo di Kurtz.
Si ricorda l’episodio, anche perché da queste parti arrivano pochi umani. Una tenue luce di speranza comincia a brillare nel deserto della mia mestizia.
Me lo può descrivere?” gli chiedo.
Apodittica, giunge la risposta: “Era un umano.”
D’accordo, un umano come?”
Lei distingue i kaminoani uno dall’altro?”
Solo dal colore dei vestiti.”
Ecco, appunto. Se le interessa, posso dirle che il Kurtz in questione indossava una camicia dai colori molto sgargianti.”
Il deserto della mia mestizia ripiomba inesorabilmente nell’oscurità.
Faccio un ultimo tentativo: “Sa dov’è andato dopo?”
Lui annuisce. “Sì, anche perché vanno tutti lì. È andato da Ko Paini.”
Chi o cosa sarebbe Ko Paini?”
Un’agenzia turistica.”
Ringrazio e me ne vado. Sono avvilito come un toydariano che riesce a vendere uno sprinter di sottomarca taroccato e appena l’acquirente è sparito scopre di essere stato pagato con crediti falsi.
Andiamo da Ko Paini?” mi propone Atama So incoraggiante.
Emetto un sospiro da rangkor morente. “Proviamo anche questa.”
L’agenzia turistica, sempre in stile ethnic chic, ci accoglie nella persona di una graziosa hostess kaminoana, che ci saluta e ci chiede su quale atollo di sogno vogliamo trascorrere la nostra luna di miele.
Ci sono rimaste poche cose in grado di imbarazzarmi nella Galassia, ma mi sono appena imbattuto in una di esse.
Mi giro basito verso il mio accompagnatore, che si stringe nelle spalle e spiega: “Questo è un posto dove vengono spesso le coppie in viaggio di nozze.”
Capisco.”
Chiarisco l’equivoco alla solerte hostess, che ovviamente si scusa innumerevoli volte rendendo ancora più profondo e cupo l’imbarazzo, poi spiego il vero motivo della mia presenza lì.
Ansiosa di riparare alla gaffe di poco prima, la nostra simpatica interlocutrice si appropria di uno dei terminali e lo consulta.
Ma certo,” risponde dopo un po’, “il signor Jerec Kurtz. Me lo ricordo perché era da solo.”
Il nome corrisponde.
Da solo?” ripeto perplesso, “Non c’era nessuno con lui? Sullustiani? Umani brutti, grossi e tatuati?”
La hostess scuote la testa. “Ha affittato una piccola isola a Pheli Doo.”
Sono sempre più perplesso. “Un’isola intera?”
Ha detto che gli piaceva la tranquillità. Ha noleggiato anche una barca per andare a pescare.”
Ci facciamo dare tutti gli estremi del caso. L’isola è assolutamente sperduta, a ore di navigazione da qualsiasi cosa. Non c’è neppure una misera piazzola d’atterraggio, a malapena un molo per i natanti.
Approfitto dell’agenzia turistica per mandare la solita cartolina a Tarkin e poi torno a bordo nel più cupo sconforto.
Questo non può essere il nostro Kurtz, penso frattanto, sarà un Kurtz qualsiasi, che per qualche strano caso si chiama esattamente come il nostro. Arriverò a Pheli Doo dopo essermi frantumato le gonadi su questa maledetta bagnarola e mi troverò davanti un impiegato del catasto di Coruscant che si vuole godere le meritate ferie in pace. Dovrò ricominciare tutto da capo, senza indizi e senza birra.

Durante la nostra assenza, Tani Du ha preparato da mangiare. Ha fatto un po’ come poteva, perché con la Du Bal costantemente attaccata a un arto ha avuto qualche difficoltà logistica, ma più o meno riusciamo ad alimentarci.
Mentre stiamo tristemente pranzando, il sole ha la cattiva idea di fare capolino tra le nubi. Immediatamente, la twi’lek molla le posate, salta in piedi come un mandaloriano che ha azionato il jetpack e si fionda in cabina. Prima ancora che possiamo realizzare cosa sta succedendo, torna fuori con una bracciata di armamentario da spiaggia, zompa giù dalla nave e traballando sui sabot corre a stendere l’asciugamano sulla derelitta lingua di sabbia che circonda lo spazioporto, incurante di rottami e meduse morte.
È andata,” dice Hyaskon.
Appena finito di mangiare ripartiamo,” replico, cercando di mostrare il tipico cipiglio del rigido ufficiale imperiale.
Sa cosa mi piace di lei, Veers? Che è un ottimista.”
Credevo di piacerle per il mio fascino.”
Adesso non si allarghi troppo. Primo, è ancora caldo, e poi…”
Non sapremo mai cos’altro mi manca per far colpo sul capitano medico. La porta della cabina di Waxen si spalanca e sentiamo l’aborrita voce esclamare: “Che magnifica dormita! E che splendido sole!”
L’ottuagenario esce con il consueto molleggio ginnico, si affaccia alla murata e soggiunge: “E chi è quella vezzosa signorina dal delicato colore celeste che ci sta mostrando le sue grazie?”
Nella mestizia che mi affligge, ho appena deciso di rinunciare alle spiegazioni. “Secondo lei chi è, signor colonnello?” gli domando, ben deciso a dargli ragione qualunque cosa dirà.
E lui: “Ma per tutti i bantha, è chiaramente una povera fanciulla sperduta che ha bisogno del nostro aiuto! Veers, dia ordine di approntare la scala, devo scendere a terra per salvarla!”
Perché in una scosciata che prende il sole Waxen veda una fanciulla bisognosa di aiuto è un mistero che solo Hyaskon, se ne avesse voglia, potrebbe chiarire. Io, più prosaicamente, chiamo Atama So e gli espongo il problema.
La scaletta viene abbassata in men che non si dica e il fossile la discende con altrettanta rapidità.
C’è da fare a questo punto un’altra precisazione sulla convoluta psiche twi’lek: prendere il sole in spiaggia con costumini ridicoli è un’improrogabile esigenza della loro specie, un po’ come per i wookiee fare la pipì contro un supporto solido. Ogni tentativo di distogliere la twi’lek da tale attività comporta gravissimi rischi per l’incolumità personale.
Io rimango a seguire le mosse del colonnello per vedere se questa è la volta buona che riesco a prendere due bog-wing con uno scurrier.
Waxen scende sul molo. Per prima cosa si arriccia i baffi, poi si sistema il costume a righe orizzontali bianche e nere e tira in dentro la pancia. “Gentile signorina!” proclama, raggiungendo la scosciata con passo aitante.
Fjo’ona, tanga a filo interdentale, reggipetto inesistente e occhiali da sole da Mon Calamari, unta come un gamorreano sudato, non gli dà udienza.
Mi chiedevo, graziosa fanciulla, se avesse bisogno d’aiuto, tutta sola su questa spiaggia ostile.”
La twi’lek finalmente si volta verso di lui. Si abbassa gli occhiali da sole per poterlo guardare in faccia. “Cos’avrebbe che non va il mio stile?” ringhia, ignorando che nel galattico base esistano vocaboli complessi come ‘ostile’.
Il suo stile è perfetto, mia cara,” le assicura Waxen, facendo un altro passo nella sua direzione. Nel movimento proietta la sua ombra sulla pancia della pitonata.
Fjo’ona afferra d’acchito la prima cosa che si trova a portata di mano, ovvero una medusa morta, e la lancia contro l’importuno colonnello. “Vada via, brutto sporcaccione!” strilla. “Non vede che sto prendendo il sole?”
Il colonnello, i cui circuiti inibitori assomigliano allo spirito d’iniziativa dei kaminoani, così brutalmente respinto nelle sue avances si inalbera immediatamente. “Come ti permetti, specie di meretrice da cinque crediti?”
Recupera la medusa morta e gliela restituisce con gli interessi. Il celenterato si spiaccica su una tetta della twi’lek con il rumore di un suicida dal terzo piano.
Brutalmente distolta dalla sua attività elioterapica e convinta che si stia mettendo in dubbio il suo stile, Fjo’ona si inalbera a sua volta. “Vattene subito, sto prendendo il sole!” strilla, quindi recupera un paio di meduse, manciate di sabbia, un pezzo di legno e probabilmente una cacca di worrt e tira tutto all’ottuagenario, che a sua volta si improvvisa artigliere e bersaglia la scosciata con altrettanto pattume.
Io seguo la scena appoggiato alla murata, guardandomi bene dall’intervenire.
Prima o poi si stancheranno,” fa Hyaskon, appoggiato di fianco a me.
È quello che penso anch’io.”
Rimaniamo assorti nella contemplazione, pensando ai massimi sistemi, ai motori primi e ai fini ultimi. Manca solo una birra.
Man mano che la lite procede, sempre più gente si appoggia alla murata per seguire la scena. Il wookiee dopo un po’ comincia a fare il tifo per il colonnello, sottolineando con lunghi barriti e un gran mulinare di braccia ogni colpo che va a segno. Ci spostiamo per evitare di beccarci qualche sberla.
I tre imbranati seguono la rissa con espressione stupefatta.
La Du Bal si affaccia per un attimo, poi miagola qualcosa e gattona via sghignazzando.
Alla fine, la pur tenace tempra dei due contendenti deve cedere alla stanchezza. Ansanti, sporchi e sudati, i due si fissano torvi, ma l’incazzatura ormai è sbollita e non hanno più la forza di riprendere a lanciarsi roba. Ostentando sussiegosa indifferenza, la twi’lek recupera il suo telo da bagno, lo scuote per liberarlo dalla sabbia e lo stende con cura. Fa per sdraiarsi di nuovo, ma miracolosamente il sole scompare. “Guarda che cosa hai fatto!” protesta esasperata, ma probabilmente è l’unica situazione da quando siamo partiti in cui il colonnello non ha assolutamente alcuna colpa.
Reputandolo vincitore della contesa, il wookiee dapprima lo acclama, poi lo raggiunge festante e lo solleva di peso, portandolo a bordo in trionfo. Waxen si dimena e sacramenta urlando di togliergli di dosso il tappeto ambulante.
Il sole è rimasto fuori mezz’ora scarsa, che però è stata largamente sufficiente per ustionarmi ogni centimetro di pelle non protetto dai vestiti.
Hyaskon mi fissa con interesse e mi propone: “Che ne direbbe di darsi anche lei la crema kaminoana? Così posso studiare il fenomeno della neurotossicità su due campioni invece che su uno solo.”
E lei che ne dice di un cazzotto, Hyaskon?”
Il capitano medico pondera la faccenda. “Dipende dove,” dice poi.
Prego?”
Farsi colpire i genitali in condizioni di moderata ipossia è molto eccitante. Sono lusingato dalla sua offerta. Poi se ci tiene lo faccio provare anche a lei.”
Mi ritraggo un passo per volta, senza dargli le spalle. “Come se avessi accettato, eh?” gli dico quando sono a distanza di sicurezza, poi vado alla ricerca di Atama So per far ripartire la maledetta bagnarola alla volta di Pheli Doo.
Quando arriviamo in mare aperto, si comincia a ballare parecchio. Nemmeno i più potenti farmaci di Hyaskon riescono a contrastare un moto ondoso così violento, con il risultato che lui e i tre soldati scompaiono nelle rispettive cabine.
Fjo’ona, che si trova su un atollo tropicale ma non può prendere il sole, stabilisce che la sua vita è un orribile abisso di sofferenza. Annuncia che andrà a cambiarsi d’abito e a truccarsi per suicidarsi con stile e scompare a sua volta in cabina.
Il colonnello mi racconta una complicata storia su una battaglia in cui avrebbe combattuto contro un branco di gundark inferociti col solo ausilio di qualche medusa morta e di un pezzo di legno trasportato dalle correnti. Essendo completamente spossato dalla lunga lotta, mi spiega, se ne andrà a dormire un po’. Mi cede il comando suggerendomi di chiamarlo in caso di bisogno. Gli assicuro che non mancherò di farlo e penso frattanto se ci sia qualche sistema per inchiodare la porta della sua cabina una volta che è dentro.
Il wookiee è alla ricerca di un corpo contundente. Scendendo a recuperare Waxen ha trovato in un mucchio di pattume una noce di cocco e ha tutte le intenzioni di mangiarsela.
Non avendo Lothar trovato nulla di compatibile con le sue esigenze, lo sorprendo mentre con tipica delicatezza wookiee sta sbattendo la noce di cocco sulla capottatura del navigatore. Lo cazzio orribilmente e lui se ne va mugolando.
In tutto questo, rimane irreperibile la Du Bal, pur essendoci Tani Du nei paraggi.
Stabilisco che non me ne può fregare di meno e salgo sulla terrazza panoramica per vedere se Pheli Doo compare all’orizzonte.
Non appena sporgo con la testa sulla terrazza, si para dinnanzi ai miei occhi una visione a dir poco raccapricciante: l’orrenda Du Bal si è appropriata di una sdraio e ci si è abbandonata sopra a pancia in su, lasciando pendere braccia e gambe. È vestita come Fjo’ona quando è scesa sulla spiaggia, ma con molto più lardo. Per ripararsi dal sole tiene un telo sul viso tipo cadavere.
Trippa e tette dondolano a seconda del moto ondoso.
Torno immediatamente sul ponte facendo finta di non aver visto nulla.
Non sapendo bene che fare (la navigazione di superficie, soprattutto se il veicolo è portato da qualcun altro, è noiosissima), scendo sottocoperta a controllare come stanno le varie vittime del clima di Kamino.
Hyaskon è di nuovo steso a terra in posizione anatomica, sembra che aspetti l’autopsia. Mi accoglie con l’ormai consueta frase: “Attendo serenamente la morte.” Poi di nuovo, con tono rassicurante, soggiunge: “Ma non si preoccupi, non ho paura.”
E io: “Peccato solo che non potrà vedere il suo cadavere, non è vero, doc?”
Lui sospira. “È quello che mi cruccia di più.” Fa una pausa densa di fantasie che non voglio indagare, quindi con tono sognante fa: “Chissà come sarebbe scopare con se stessi da morti? Ma se scopassi con me stesso morto, sarei morto anch’io?” Si gratta la testa. “Eh sì, perché se no come farebbe ad esserci il mio cadavere, se non fossi morto? Ma se sono morto, come faccio a scopare? E come faccio a rendermene conto?” Si volta verso di me con l’aria di chiedermi consiglio.
Non guardi me, Hyaskon,” gli rispondo, “più che ammazzarla non posso fare. Al resto deve pensare da solo.”
Sarebbe già qualcosa.”
Sto per rispondere quando con la consueta andatura gommosa si appropinqua Atama So. “Siamo in vista di Pheli Doo, capitano,” mi annuncia con tono da hostess.
Finalmente!”
Salgo in coperta, dove nel frattempo le nubi hanno ceduto il posto a un sole spaccapietre. La mia già rosolata carnagione mi comunica che stare all’aperto è una pessima idea, e lo fa virando verso il rosso bandiera. Premuroso, Atama So mi chiede se ho bisogno di crema, e per la prima volta mi sento di dover ringraziare la Du Bal, che con il suo eroico sacrificio mi ha evitato di finire fuori di testa come un dewback in calore.
In tutto ciò, cominciano a susseguirsi atolli da agenzia di viaggi, quelli con palme, sabbia bianca, acqua turchese, cazzi e mazzi.
Attirata dalla ricomparsa dell’astro, Fjo’ona rinuncia ai suoi propositi autolesivi e si fionda in coperta con tutto l’armamentario da spiaggia. Comincia a saltellare e a indicare le spiagge dicendo: “Voglio quella! Voglio quella là! No, voglio questa!”
I clamori attirano anche la professoressa, che senza fare né tanto né quanto scende dalla terrazza panoramica, vede una lingua di sabbia a distanza compatibile e salta direttamente in acqua per raggiungerla.
Dovrò ricordarmi di legarla per un piede,” dico fra me e me seguendola con lo sguardo mentre approda sulla secca.
La twi’lek la vede e considera che sul nudo isolotto non c’è nulla che potrebbe proiettare ombra su di lei. “Voglio andare anch’io con Ophelia!” esclama.
Viene calata giù.
A questo punto, visto che comunque siamo già a Pheli Doo, stabilisco che possiamo anche fermarci un po’ in un’isoletta. Ne scelgo una con palme e sedie a sdraio e faccio dirigere là il natante.
Scendiamo tutti, compreso Waxen in tenuta balneare, che immediatamente comincia a rompere i coglioni con le esercitazioni in acqua.
Siccome stavolta c’è anche Hyaskon, che non ama che gli si rompano le gonadi quando vuole rilassarsi, in men che non si dica l’ottuagenario ronfa della grossa sotto una palma.
Passa del tempo, cazzeggiamo, ci facciamo portare della Tusken-cola fresca, che è schifosa ma pur sempre meglio dell’acqua.
Il sole si avvia lento verso il tramonto.
A un certo punto Lawrence, con la voce dell’innocenza, chiede: signor capitano, dove sono Fjo’ona e la signora Du Bal?
Mi batto la mano sulla fronte come la nonna della barzelletta quando la nipotina le chiede cos’è un amante.
Facendomi ombra con la mano guardo in direzione dell’isolotto e vedo due zecche kaminoane che saltano come matte. Poi guardo meglio e mi accorgo che sono Fjo’ona e la Du Bal, in preda a un attacco isterico.
Sospiro. So che appena andrò a recuperarle cominceranno a far su un casino tremendo. Non si accontenteranno di scuoiarmi vivo e bollirmi nell’olio motore come farebbe Kurtz. No, andranno avanti con un estenuante lavoro di lima genitale per ore, e ore, e ore… fino a che io non mi trasformerò in un mandaloriano incazzato e cercherò di strozzarle, o finché non sarò costretto al suicidio.
Pondero seriamente l’eventualità di lasciarle lì.
In fin dei conti, a chi interessa nella Galassia se quelle due squinzie rimangono lì qualche ora in più? Noi intanto andiamo da quel simpaticone di Kurtz, si fanno due chiacchiere e poi mando qualcuno a prenderle. Non sono mica una bestia. Quasi mai, almeno. Il problema è che adesso sono troppo sobrio.
Ma naturalmente non avevo fatto i conti con Tani Du, che vedendo la procace docente e quella racchia della pitonata blu che strillano e si agitano, parte immediatamente al salvataggio.
Torniamo a bordo rassegnati.
Si cominciano a sentire le strida quando il canotto è a circa cento metri di distanza. Divise in tutto nella vita, pitonata e professoressa sono finalmente unite nelle rampogne al sottoscritto e a chiunque abbia la sfortuna di attraversare il loro campo visivo. Persino le tre reclute vengono ricoperte di insulti e tacciate di ogni nefandezza.
L’incolpevole wookiee viene inviato in posti irriferibili, così come il colonnello, che prova a inveire di rimando, ma deve battere in ritirata davanti al fronte compatto delle signore.
Io spero che decidano di punirci con la loro assenza e si ritirino nelle rispettive cabine, o in alternativa spero che almeno la Du Bal decida di ripetere un’applicazione di crema kaminoana, ma purtroppo in nessuno dei due casi sono fortunato. La scosciata e la più o meno rinsavita docente continuano a rompere i coglioni con alacrità.
Data la situazione, prendo una decisione drastica. Fermo le lamentazioni con un gesto autorevole e dico: “Ragazze, adesso avete esaurito il bonus.” Giro il culo e me ne vado nella mia cabina, chiudendomi la porta alle spalle.
Da fuori si sente ancora qualche bercio, ma poiché tutti imitano il mio buon esempio, dopo un po’ il ponte di coperta assomiglia al deserto dello Jundland e le due simpatiche amiche, se vogliono litigare, devono fare come i carcerati, ovvero arrangiarsi fra di loro.
Sulla bagnarola cala un silenzio celestiale, rotto solo dal lieve sciabordio delle onde e dal tintinnare lieve delle sagole sui pali delle bandiere.
Mi concedo un gustoso sonnellino.
Al mio risveglio, la cena è pronta e non devo fare altro che sedermi al mio posto. Noto che ci siamo tutti, compresa l’oltraggiata Fjo’ona, ma manca la Du Bal. Sto per chiedere dov’è quando la vedo comparire con andatura più o meno quadrupede. Si siede al suo posto e comincia a leccare le posate, senza peraltro fare troppa distinzione tra le sue e quelle degli altri. Con aria da nulla, faccio discretamente sparire le mie sotto la tavola.
Poi Atama So porta un piatto con sopra un intero blutfish. Io, che credevo di aver già visto il peggio della squinternata docente con l’imitazione dell’ysalamiri e le cadenze sconce, devo assolutamente ricredermi: la nostra ex-sussiegosa, rigida e scostante professoressa afferra la testa del pesce a due mani e comincia a succhiarla come un gelato, emettendo rumori che fanno pallare l’occhio anche al wookiee.
Che classe...” mormora Fjo’ona, ascoltando rapita.
Ma non è tutto qui. Una volta succhiato il succhiabile, la docente fa il dito indice a rampino e comincia a scavare all’interno della testa del pesce, tirando fuori e mangiando ogni frustulo che riesce a raccattare.
Il tocco di classe ce l’ha estraendo un occhio del blutfish, lanciandolo in aria e ingoiandolo al volo.
Poi si pulisce alla meglio le mani, un po’ sul vestito e un po’ sul tovagliolo, che le rimane attaccato alle dita. Lei lo guarda, ride e trionfante esclama: “Colla di pesce!”
E scappa ridacchiando.
In un silenzio da obitorio, i superstiti si lanciano occhiate intorno alla tavola. Colgo il ghigno di Hyaskon e mi viene un dubbio. “Mi sembrava che la Du Bal fosse meno squinternata oggi pomeriggio...” butto lì.
Infatti,” mi risponde il capitano medico.
Ma non era irreversibile l’azione neurotossica dei farmaci kaminoani?”
Lui si stringe nelle spalle. “Lo credevo anch’io. Quando l’ho vista migliorare ho sostituito la sua crema doposole con quella kaminoana, così ha ripetuto l’applicazione. Sono proprio curioso di vedere come reagirà il suo sistema nervoso.”
Lo fisso basito. “Hyaskon, ha avvelenato deliberatamente la Du Bal?” Non so se ridere o essere spaventato.
Lui, tranquillo come pochi, mi risponde: “La Scienza esige dei sacrifici.”
Dalla terrazza panoramica, la squinternata docente ulula alle lune (intorno a Kamino ne girano un certo numero) come se non ci fosse un domani.








* Nella psiche Twi’lek la spiaggia ha la sola e unica funzione di fornire un supporto per prendere l’abbronzatura.

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Capitolo 17
*** Rapporto 05 sulla missione ***


Rapporto 05

Governatore, da Kamino è arrivato un messaggio per lei.”
Tarkin fissa l’incolpevole piantone con uno sguardo che incenerirebbe gli scudi di uno Star Destroyer. “Lo porti da Lord Vader,” sibila.
Il povero militare deglutisce a vuoto. Nonostante la simpatica abitudine del signore dei Sith di strozzare i subalterni a distanza quando è di cattivo umore, il gracile e scavato Tarkin lo spaventa molto di più.
Batte i tacchi, fa dietro-front e si dilegua più in fretta che può.
Quando è fuori dalla vista del tremendo Governatore, però, lo Spirito Pratico della Truppa interviene a consigliarlo: ma perché andare a disturbare Vader, che si arrabbierà perché questo messaggio non è diretto a lui e se la prenderà con te? Se va bene, te lo farà riportare a Tarkin, che si incazzerà ancora di più e ti manderà a fare da reggi-sputacchiera per i trandoshan alle miniere di Kessel, se no va a finire che ti tira il collo finché non assomigli a un gungan con l’esoftalmo. Dammi retta: trova una soluzione per non rimetterci il culo.
Sebbene non sia una persona particolarmente mistica, il piantone non trova argomenti per contraddire lo Spirito.

Il fosco signore dei Sith si sta aggirando solitario nella sua stanza. Il suo camminare solenne e il suo cadenzato respiro sono gli unici suoni che si sentono, accompagnati brevemente dal frusciare del mantello quando il gigante nero si volta per tornare sui suoi passi.
Di tanto in tanto, egli lascia indugiare lo sguardo sulle immensità silenti del cosmo, che si offrono a lui attraverso il grande oblò che si apre sulla camera.
Un lieve rumore raschiante colpisce i suoi sviluppatissimi sensi. Si gira brusco verso la porta e vede che un foglietto viene spinto dentro dalla fessura sottostante. Passi precipitosi si allontanano.
Potrebbe bloccare il misterioso fuggiasco con la Forza, ma percepisce che è un semplice piantone e non si dà pena di occuparsene. È molto più incuriosito dallo strano messaggio.
Si china e raccoglie il cartoncino.
È una cartolina. Mostra un deretano nudo che emerge dal mare come una gobba di cetaceo. La similitudine è accentuata da un getto verticale tipo soffio di sfiatatoio. Sotto c’è scritto: Kamino! Rilascia lo stress, abbassa la pressione!
Sul retro, nell’ormai ben nota grafia, legge: Non si faccia ingannare dalla cartolina, è un posto di m… Abbiamo trovato un Kurtz, ma secondo me è solo un impiegato del catasto di Coruscant che si chiama uguale. Mando notizie appena le ho. Saluti. Veers.
Lord Vader sente un tremito nella Forza. Una presenza perduta, che non sentiva da tempo… la Imperial Platinum…
È tutto molto indistinto.
Pigia un bottone dell’interfono. “Tarkin!” chiama brusco.
Il Governatore appare nel monitor. “Sono impegnato, Vader.” Il signore dei sith giurerebbe di cogliere un ghignetto soddisfatto nei lineamenti altrimenti impassibili dell’ufficiale.
Tarkin, guarda qua!” ruggisce, voltando la cartolina nella sua direzione.
L’altro alza un sopracciglio. “Notevole, veramente notevole,” proferisce poi con distacco.
Non è il momento di scherzare!”
Perché? Sembrava che ti divertissero tanto i messaggi di Veers… A proposito: ti faccio mandare un paio di compresse per la pressione?”

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Capitolo 18
*** Giorno 12 - Kurtz! ***


Giorno 12 – Kurtz!

Durante la notte dev’essere piovuto, perché a un certo punto ho sentito provenire dalla terrazza panoramica, dove la Du Bal stava per così dire ammirando le stelle con Tani Du, un tramestio che non aveva nulla a che fare con accoppiamenti interspecie, ma ricordava piuttosto passi precipitosi lungo le scale.
Peraltro, per non farci perdere l’abitudine alle brutture e ai fastidi, il cielo è coperto. Il malefico venticello umido che ormai ben conosciamo si infila negli interstizi.
Come al solito, non c’è nessuno. Passano ogni tanto degli ahiwa sulla linea dell’orizzonte, con tristi battiti d’ala.
Mi appoggio alla murata e lascio vagare lo sguardo sulla desolazione che mi circonda, chiedendomi perché mai ci sia gente disposta a pagare fior di crediti per venire in vacanza in questo posto senza birra e con questo tempo merdoso. Chissà che cazzo gli è preso, a Kurtz. Posto che sia lui, ovviamente.
Poi alle volte ci sarà anche il sole, non lo metto in dubbio, ma la birra continua a mancare.
Mentre sono assorto nella contemplazione, un muggito del wookiee turba la calma. Mi volto e vedo spalancarsi la porta della cabina di Waxen. Dall’interno si sente la voce dell’ottuagenario che fa: “Pussa via, bestiaccia! Sciò, sciò!”
Lothar, che non ha ancora ben capito il concetto di demenza senile, come capita una mattina sì e una no non si capacita di venire cacciato e si lamenta in modo straziante. Il problema è che lo fa in shriiwook, visto che come tutti i membri della sua specie è geneticamente incapace di parlare altro. Emette barriti di intensità proporzionale al suo scoramento, che in questo frangente è enorme.
Dopo un po’ tutti sono in coperta, compreso Hyaskon. “Quest’affare peloso ha già rotto le palle,” proferisce scocciato il capitano medico.
Io mi volto verso la twi’lek, ma dopo la somministrazione di una dose massiccia di Nontromb la sua libido è scomparsa forse per sempre, facendo di lei una cretina con tette enormi ma spregiatrice di qualsiasi approccio sessuale. Visto che ormai le passa un barlume di vita negli occhi solo quando c’è da prendere il sole, non possiamo sperare in lei per calmare il wookiee.
Waxen intanto ha serrato la porta e da dentro inveisce. “Veers!” si sente sbraitare, “mi tolga di torno questa specie di grosso tappeto ambulante!”
Nel frattempo arriva la Du Bal, il cui cervello, al pari della libido di Fjo’ona, sembra essere finito nello scarico del cesso in maniera irreversibile. Vede il wookiee che sbraita e batte contro la porta e per qualche misterioso motivo comincia a imitarlo, col risultato che dopo un po’ abbiamo un coro di ululati.
Il colonnello assediato inveisce più che mai, promettendo corti marziali ed esecuzioni sommarie.
Massaggiandosi il mento con fare pensoso, Hyaskon studia la faccenda e ogni tanto alza le sopracciglia dicendo: “Ma pensa un po’. Curioso...”
Lei non è un ufficiale medico?” gli chiedo esasperato dopo un po’.
Fra le altre cose,” risponde lui con fare sibillino.
Allora trovi il modo di sedare questi due!”
Hyaskon estrae il blaster e toglie la sicura. Lo punta verso gli urlatori.
Ma che cazzo sta facendo?” esclamo, afferrandogli il braccio appena in tempo. Il colpo buca la bandiera imperiale issata sul pennone.
L’altro si volta piccato verso di me: “Insomma, vuole che li faccia smettere o no?”
Non così!”
E come faccio, gli canto la ninna-nanna?”
Veda lei, ma si ricordi che per abbatterli ha bisogno dell’autorizzazione imperiale, e in questo momento non l’abbiamo.”
Hyaskon rimette via il blaster brontolando qualcosa di incomprensibile.
Gli ululati però continuano. Dopo un po’ si apre la porta della cabina e nel riquadro compare il vegliardo inferocito, con il blaster in mano e lo sguardo omicida.
Ora basta, ignobile bestiaccia!” strilla. Vista la mala parata, il wookiee si gira di centottanta gradi e se la dà a gambe. La Du Bal, non si sa se per qualche residuo barlume di facoltà cognitive o per spirito di emulazione, lo imita.
L’ottuagenario li insegue sparacchiando.
Incrocio lo sguardo di Hyaskon. “A lui non dice niente, però,” protesta offeso. “Lui può inseguire la gente col blaster finché vuole.”
Le ricordo che Waxen è mio – e anche suo, fra l’altro – superiore.”
E siccome è un superiore può fare quel che vuole?”
Io lo fisso con riprovazione. “Senta un po’, per caso ha trovato i gradi nelle sorprese delle patatine?”
Accademia di Geona a pieni voti.”
E là c’erano capitani che davano ordini ai colonnelli?”
Brontola di nuovo cose incomprensibili ma indubbiamente poco gentili, poi si disinteressa del dramma, mi volge le terga e torna nelle profondità della sua cabina.
La traiettoria dei due fuggitivi, frattanto, incrocia quella di Atama So. Il kaminoano paga cara la sua flemma: in un attimo viene investito dal wookiee, carambola in aria, ricade sul colonnello e i due rotolano per qualche metro prima che l’inerzia si esaurisca.
Seguono alcuni secondi di immobilità assoluta, nel corso dei quali formulo le più ottimistiche ipotesi sul destino del colonnello. È vecchio, è incartapecorito, ha le ossa fragili, l’alieno è alto due metri e mezzo…
Si può sapere cosa credeva di fare, specie di maldestro spilungone?”
Niente. Neanche stavolta ho fortuna.
Il kaminoano, per contro, è steso a pelle di dewback.
Mi avvicino, sollevo un arto di Atama So e lo lascio ricadere: fa il rumore di una bistecca buttata sul tagliere. Lo chiamo, ma l’indigeno non dà segni di vita. “Qualcuno mi porti qui il capitano medico,” dico.
Fjo’ona parte alla ricerca.
Il colonnello frattanto, già in piedi e più vispo di prima, con la caduta si è resettato e sta cercando ovunque il suo cameriere. “Dove sarà quella specie di fannullone?” si chiede, guardandosi intorno con le mani a brocca sui fianchi.
Torna la twi’lek, che era andata a chiamare Hyaskon, e desolata fa: “Ha detto che non viene.”
Cosa?”
Ha detto che visto che i suoi metodi non ti vanno bene, puoi fare da solo.”
Perfetto, il capitano medico permaloso mi mancava. Mi guardo in giro alla ricerca di ispirazione e vedo i tre soldatini, che come loro abitudine mi stanno fissando perplessi. “Voi! Andate a chiamare il dottor Hyaskon!” ordino.
I tre si guardano, poi Wolfen balbetta: “Ma… dobbiamo proprio, signore?”
Respiro profondamente. “Soldato, lascia che ti chiarisca il concetto di ordine: un superiore ti dice di fare una cosa e tu la fai. Ora, una domanda difficile: tra un soldato semplice e un capitano, chi è superiore?”
Il capitano, signore,” risponde diligente Lawrence.
Molto bene, vedo che sei preparato. Io sono un capitano e ordino a voi soldati di fare una cosa. Questo non vi suggerisce niente?”
Prende la parola Felsen: “Che dobbiamo farla?”
Perfetto. Con soldati così l’Impero non avrà mai nulla da temere. Ora vi ripeto l’ordine, e vediamo se questa volta andrà meglio: andate a chiamare il capitano Hyaskon.”
Vanno. È già qualcosa.
Dopo un po’ arriva il capitano medico. “E adesso che c’è?”
Abbiamo un problema con Atama So. Gli è arrivato addosso Lothar di corsa, poi è caduto addosso a Waxen ed è rimasto così.”
L’ufficiale si china e lo osserva. Ripete l’esperimento dell’arto, che una volta mollato fa di nuovo rumore di bistecca buttata sul tagliere.
D’accordo,” dice dopo aver concluso la visita, “mi dia una mano a tirarlo su.”
Lo portiamo nella sua cabina?”
No, lo buttiamo a mare.”
Hyaskon!”
L’altro mi rivolge un’espressione esasperata. “Allora, la bestia pelosa no, questo qui no, la twi’lek no. Ma che cazzo, siamo in una fottuta oasi faunistica? È diventato un esperto di biodiversità? Si interessa di specie protette?”
Oggi dev’essere il giorno delle domande pleonastiche. “Hyaskon,” gli chiedo soavemente, “lei sa portare una nave kaminoana?”
Lui mi fissa quasi offeso dalla richiesta. “Certo che no.”
Le dirò una cosa interessante, allora,” proseguo con sempre maggiore soavità, “non so farlo nemmeno io. Adesso comincia a capire perché mi interessa che questo tizio si rialzi sulle sue molleggiate gambe e continui a svolgere i suoi doveri?”
Il collega ci medita un po’ su. “Non avevo considerato questo punto di vista,” conclude alla fine. Poi, a voce più alta: “Tu, Zuccherino! Vammi a prendere la borsa.”
Si fa avanti Wolfen. Hyaskon scuote la testa. “Ma no, tu sei Biscottino. Zuccherino è il biondo.”
Mi scusi, signore,” dice Biscottino contrito.
Non preoccuparti, caro. Sta qui con Pasticcino mentre papà rimette in piedi questa seppia troppo cresciuta.”
Sì, signore.”
Io fisso Hyaskon, che mi rimanda un’espressione di perfetta tranquillità. “Chissà che graziosi organi interni devono avere...” mormora. Poi, tornando alla normalità (per così dire, naturalmente): “Va bene, mi faccia vedere questo kaminoano incidentato.”
Si china di nuovo sul caduto, stavolta con aria professionale.

Rimesso in piedi alla meglio Atama So, andiamo tutti a fare colazione. La Du Bal si è appropriata di un trancio di blutfish e se lo sta rosicchiando in un angolo. Tani Du cerca di stanarla, ma l’unica risposta che ottiene è il lancio di una ciabatta nella sua direzione.
Waxen sta spiegando al suo peloso cameriere che stamattina si è trovato un estraneo in camera e l’ha dovuto cacciare a colpi di blaster perché l’importuno scocciatore non voleva saperne di lasciarlo in pace. “Probabilmente era uno di quei tizi che vendono le enciclopedie porta a porta,” conclude. “Davvero fastidioso, lui e la sua assistente. Certo che avresti anche potuto intervenire e mandarlo via, un cameriere personale deve saper fare anche e soprattutto queste cose.”
Il wookiee è contrito.
Mentre stiamo finendo di alimentarci, le nuvole si disperdono ed esce il sole. Immediatamente la twi’lek molla qualsiasi cosa, salta in piedi e si dirige come un fulmine nella sua cabina. Ne esce poco dopo con la consueta bardatura da spiaggia, e poiché non ci sono isolotti in vista si fionda sulla terrazza panoramica.
Pur squinternata, nemmeno la Du Bal riesce a resistere al richiamo dell’abbronzatura, quindi segue Fjo’ona, butta via tutti i vestiti e si sdraia sul nudo pavimento a pancia in su. Per farsi ombra alla faccia agguanta il primo indumento che le viene a portata di mano, ovvero le mutande, e se lo mette in testa. Comincia a russare subito dopo.
Come al solito, tette e trippa oscillano spinte dal rollio.
Mentre le signore si rosolano, io penso alla missione. Oggi dovremmo arrivare dal famoso Kurtz. Nulla di questo apparentemente inoffensivo Jerec Kurtz sceso allo spazioporto di Addu corrisponde a quello che ho letto sul Kurtz che spaventava persino gentaglia come le guardie del corpo di Randall. Sarà un omonimo? Sarà lo stesso ritiratosi a vita privata? Arriverò sull’isola e troverò bande di tagliagole che i bravi kaminoani hanno interpretato come un avvicendarsi di gite scolastiche?
Capacissimi, del resto, questi alieni gommosi e ignari dell’universo, di arrivare nel covo di Kurtz e scambiarlo per un centro benessere dove si fanno fanghi e ginnastica correttiva. O magari pensano che sia l’ultima edizione di Giochi Senza Frontiere Galattico.
Mi pongo anche il problema, visto che sono in argomento, di cosa fare se mai il tizio dell’isoletta fosse veramente quel Kurtz.
Perché se lo fosse, e io putacaso arrivassi a disturbarlo in un momento sbagliato, quello mi prenderebbe, mi farebbe a cubetti e mi metterebbe in un secchio per usarmi come pastura la prossima volta che va a pesca.
Ora, io capisco che chi muore per l’Impero vissuto è assai, ma proprio schiattare così, senza neanche un’ultima birra, mi darebbe un po’ noia.
Una voce mi distrae: “Signore...”
Mi volto. “Tu devi essere Zuccherino, giusto?”
Felsen mi fissa imbarazzato e non proferisce verbo.
Dopo un po’ decido di incoraggiarlo: “Ebbene, soldato, dovevi dirmi qualcosa?”
Ecco… perché il signor capitano medico ci chiama così, signore?”
Da giovane faceva il pasticcere. Altre domande?”
Nossignore.”
Congedo il dolcetto e torno alle mie elucubrazioni.
Mentre sto amabilmente ponderando, con la piacevolezza che lo contraddistingue, il clima di Kamino subisce una brusca variazione, e da sole orribile passa nell’arco di tre minuti a pioggia torrenziale con vento di uragano.
La nave comincia a ballare mentre le signore, sorprese nel bel mezzo della elioterapia, strillano a pieni polmoni raccattando gli effetti personali.
Si sentono i passi precipitosi giù per la scaletta, poi il ponte di coperta rimane deserto e silenzioso. Dalla mia cabina guardo la distesa di acqua grigio-piombo e impreco.
Passa una buona oretta e le precipitazioni si mantengono sul livello ‘doccia dimenticata aperta’, che non è ‘tubo dell’acquedotto bombardato’, ma ci si avvicina. Nemmeno i kaminoani, specie notoriamente poco sensibile alla pioggia, si avventurano fuori.
Dopo un po’ compare all’orizzonte una macchia grigiastra. Sulle prime lucido l’oblò scambiandola per una ditata di qualcosa, poi mi rendo conto che si tratta di un’isola.
Sfidando il monsone, mi metto una cerata addosso e raggiungo la plancia. “Eccola qui, capitano,” mi accoglie il flemmatico Atama So.
Mi stava aspettando?”
No, eccola qui MAL-47, l’isola che stava cercando.” Mi indica con gesto ieratico dapprima l’isolotto all’orizzonte, poi qualche sua immagine satellitare che ha in memoria.
Sebbene siamo ancora a rispettosa distanza dal luogo, sono colto da un certo scoramento: là c’è un Kurtz, resta solo da vedere se è il mio o no.
Ecco che nella mia mente lo scurrier del Senso del Dovere si trova a dover fronteggiare il rangkor della Cialtronaggine.
Munita di pop corn e bibita, la mia Coscienza siede in prima fila decisa a non perdersi una sola mossa dell’epico scontro.
La vocettina dello scurrier pigola: “Dobbiamo portare a termine la missione, dobbiamo controllare se quel Kurtz è il vero colonnello Jerec Kurtz, e poi dobbiamo fare rapporto e chiedere ordini.”
Risponde il vocione del rangkor: “Ma sei scemo? Quello ci mette nel tritacarne a partire dai piedi. E poi me ne voglio andare da questo posto di merda senza birra e pieno di stronzi.”
Ma non possiamo! Siamo ufficiali imperiali!”
Vuoi un cazzotto, specie di mostriciattolo?”
Siamo a questo punto della contesa quando del tutto casualmente passa per di lì il Senso Pratico, che si ferma ad ascoltare le ragioni dei due e infine dice: “Lo sapete cosa succede se torniamo senza Kurtz, vero? Niente birra e veniamo rispediti qui a cercarlo finché non salta fuori.”
Ma dai, ci inventiamo una balla qualsiasi!” protesta il rangkor.
E poi quando viene scoperta finiamo tutti alle miniere di Kessel.”
Ma figurati. Abbiamo combinato di tutto e non ci siamo ancora finiti. Noi siamo nipoti di Maximilian Veers, e questa è una cosa che ha il suo peso.”
Anche Maximilian Veers si romperà le palle di pararci il culo, prima o poi,” ammonisce il Senso Pratico. Fissa con aria grave il rangkor della Cialtronaggine, che ritira la testa fra le spalle.
È meglio andare, date retta a me.”
Io l’avevo detto da subito!” interviene con la sua vocetta a sega da ferro lo scurrier del Senso del Dovere.
Tu sta zitto, 3P.”
3P?” fa eco lo scurrier.
Piccolo pitale peloso,” grugnisce il rangkor prima di andarsene brontolando.
La Coscienza annuisce sobriamente.

Al concludersi della contesa, il sottoscritto è a bordo di un canotto argentato che sacramenta e si chiede per quale cazzo di motivo sia lì e non nelle asciutte comodità della sua cabina.
Questa volta sono da solo, Hyaskon oggi mi dà poco affidamento e ho deciso di lasciarlo a importunare le reclute. A onor del vero, Biscottino ha cercato in extremis di salire sul canotto, al grido di ‘meglio Kurtz del capitano medico’, ma gli ho risposto che questa non è una gita adatta ai pargoli e l’ho lasciato a bordo.
Prendo terra su una spiaggia battuta dalle onde e tiro in secca il mio grazioso natante, poi lo occulto alla meglio sotto un cespuglio.
Attraverso un breve tratto di foresta e arrivo a un giardino ben curato, con pareti di rampicanti, aiuole bordate di sassi bianchi e ghiaia per terra. Più avanti c’è una casetta assai graziosa, fresca di vernice, con le tendine alle finestre e il tetto di paglia. Arrischio uno sguardo all’interno e vedo cimeli di pesca e arredamento in bambù. Alle pareti c’è qualche foto di tramonti tropicali che indubbiamente, visto il tempo che c’è di solito qui, verranno da un altro pianeta.
C’è anche un molo con un attracco per una barca da pesca e una rimessa per gli attrezzi. La porta del magazzino è socchiusa, quindi do un’occhiata all’interno: mi aspettavo di trovare feticci, strumenti di tortura e altre porcherie, ma rimango estremamente deluso. Dentro ci sono solo una canoa, un banco degli attrezzi, reti e galleggianti da pesca.
Poi vedo qualcosa che mi fa letteralmente mancare il respiro: dietro un pannello di legno, nascoste agli indiscreti occhi kaminoani, ci sono svariate casse di birra.
Festaaaaaa!!!!’ grida nel mio cervello il rangkor della Cialtronaggine, e coinvolge in una conga sfrenata lo Scurrier del Senso del Dovere, il Senso Pratico, la Coscienza e altri ammennicoli come la Diplomazia, il Senso dell’Opportunità e l’Horror Vacui che passava per di lì.
Le mie strutture psichiche sono messe a trenino e stanno cantando ‘Peppé peppeppeppé!’ quando alle mie spalle una voce profonda chiede: “E lei chi è, giovanotto?”
Mi giro di scatto e mi trovo davanti l’incarnazione di tutti gli incubi che mi hanno devastato la mente nelle ultime dieci notti: in piedi nel riquadro della porta c’è un uomo erculeo col cranio completamente rasato, grondante di pioggia e con la faccia coperta di tinta mimetica verde.
Kurtz.
Ma non un impiegato del catasto di Coruscant che si chiama uguale. Proprio il nostro Kurtz, quello vero.
Mi faccio precipitosamente indietro, inciampo in qualche suppellettile, rovino a terra in mezzo a canne da pesca e galleggianti. Da lì rimango a fissare con occhi pallati il terribile Kurtz, ancora più incombente adesso che lo sto guardando dal basso.
Mentre sono in questa scomoda situazione mi passa tutta la vita davanti agli occhi: la prima sbronza, l’Accademia di Carida, quando ho messo i dadi da brodo nel liquido di raffreddamento del laser della Morte Nera, quando ho distrutto il TIE-Fighter di Baron Fel cercando di pilotare un AT-AT da ubriaco…
Ha perso la lingua, giovanotto?” mi apostrofa il nuovo arrivato.
Sussulto. “Signorsì! Cioè, no… ma non si senta in dovere di strapparmela per questo...”
Via, che esagerazione. Vuole una birra?”
Io… veramente...” Il terrore travalica a tal punto le mie capacità raziocinanti che nemmeno la parola magica riesce a riscuotermi. Mi rialzo adagio.
Lei è il garzone del droghiere?” chiede allora pazientemente Kurtz. “È venuto per incassare i sospesi?”
Signornò. Io sono un ufficiale imperiale.”
Mi scruta più attentamente, piegandosi appena verso di me. “Ah, già. È vero. Avrei dovuto capirlo dall’uniforme.” Poi, dopo una pausa: “Anch’io sono un ufficiale Imperiale: Colonnello Jerec Kurtz.” Mi afferra la mano con una stretta poderosa e me la scuote.
Capitano Roy Veers della flotta imperiale,” mi presento a mia volta mentre mi sta ancora shakerando.
Allora, questa birra?”
Sissignore.” Una birra non si rifiuta nemmeno in punto di morte.
Ah, molto bene. Venga in casa, così le prendo dal frigorifero.”
Fa strada con l’aria più tranquilla dell’universo.
Io lo seguo senza ribattere. Dopo lo shock iniziale sto cominciando a rendermi contro che non sono in immediato pericolo di vita, o perlomeno non rischio sevizie, mutilazioni o altre angherie. Mi guardo intorno: una tipica casetta da vacanze, piccola e accogliente.
Si sieda, Veers,” mi giunge la voce di Kurtz dalla cucina.
Prendo posto su un divano con l’aria di accomodarmi su una fresatrice in funzione. L’altro ricompare con due bottiglie in mano e porgendomene una mi chiede: “E cosa ci fa un ufficiale della flotta imperiale qui?”
Cerco di tergiversare, almeno fino alla fine della birra. “Sono in missione segreta.”
Mi scruta con lo sguardo grifagno che tante volte è comparso nei miei incubi astemi. “Ma adesso non è più tanto segreta, non le pare?”
Mi hanno inviato dalla Morte Nera. Dicono che lei usa metodi malsani.”
Usavo, al massimo,” mi corregge Kurtz. Beve un lungo sorso.
Lo fisso basito, mi sembra di essere Biscottino che guarda Hyaskon. “Cosa?”
Mi sono ritirato a vita privata,” risponde tranquillamente. “Alla fine essere adorato come un dio è piuttosto stancante, sa? Le urla delle torture non conciliano certo il sonno, non le dico il fumo dei roghi che effetto faceva sulla mia allergia. E poi tutti quei sacrifici umani… uno alle volte ha anche voglia di mangiare un piatto di pastasciutta, no? E invece fegati e cuori tutti i giorni. Dopo un po' vengono a noia, mi creda.”
Mi affretto ad annuire.
Quindi mi sono creato questo piccolo rifugio,” prosegue, sempre con il tono dell’impiegato che racconta cos’ha fatto dopo il pensionamento. “Tranquillità, solitudine, una barchetta per pescare, qualche birra...”
Le birre,” vuole sapere il rangkor della Cialtroneria, e lo chiede per bocca mia. “Come fa a procurarsele?”
Un bravo toydariano me le recapita ogni settimana in un punto convenuto dell’oceano. Io vado lì a pescare, lui emerge con il suo mezzo e il gioco è fatto.” Si interrompe un attimo, poi mi fa: “Ma dica, Veers, come mai ha quella faccia? Non le piace la birra, per caso?”
Io mi berrei tutta la sua riserva in meno di dodici minuti, signore, ma ecco… sono un po’ turbato dalla sua fama.”
Capisco. Le hanno detto che quando comincio a parlare non smetto più, vero?”
Deglutisco. “Non esattamente.”
Kurtz aggrotta le sopracciglia. “Senta, se è quella stupida storia delle scoregge silenziose, le dico subito che è una balla messa in giro da Tarkin. È lui che molla le loffe durante i consigli di guerra, non certo il sottoscritto.”
Ora mi sento molto più tranquillo, signore,” rispondo.
Passa un po’ di tempo, poi il colonnello mi chiede: “È qui da solo, Veers?”
Signornò. Sono arrivato con una nave kaminoana. La spedizione imperiale è composta da nove membri tra militari e civili. In più c’è l’equipaggio locale.”
Beh, li faccia venire qui, forza! Questa sera facciamo una bella grigliata sulla spiaggia!” Prende il com-link e chiama qualcuno, cominciando a ordinare ogni ben di dio da cucinare in graticola. Almeno sembra che l’intenzione non sia quella di fare alla griglia il sottoscritto.
Una bella grigliata!” ripete dopo aver chiuso la comunicazione. La prospettiva sembra rallegrarlo alquanto.
Si alza e annuncia che andrà a lavarsi la faccia. Mi abbandona lì con la mia birra.
Io la bevo, perlomeno se devo crepare accadrà con una birra in pancia, poi passo in rassegna con orrore i membri della mia spedizione e li immagino nell’interazione con Kurtz.

Mezz’ora dopo sono di nuovo a bordo della nave kaminoana. Pensavo che il resoconto del mio incontro con il famigerato Kurtz avrebbe scatenato episodi di isteria collettiva, ma mi sbagliavo di grosso.
I due indigeni si limitano ad alzare un sopracciglio. Waxen fa la faccia assorta poi dice: “Kurtz… Kurtz… dove ho già sentito questo nome? Ah, ma certo! Era un impiegato civile della base di Kaloo che sapeva fare il ventriloquo. Alla fine del servizio ci facevamo di certe risate! Peccato che poi fu centrato in pieno dal piede di un AT-AT e fu ridotto peggio di una frittella. Facemmo una bella fatica a scrostarlo, sa? Tutto negli interstizi, una faccenda davvero complicata.”
La Du Bal e Fjo’ona, visto che nel frattempo è tornato il sole, sono a rosolarsi e la faccenda di Kurtz non fa alzare loro nemmeno un sopracciglio, i tre sfigati e la montagna di pelo fanno la faccia del dewback che pascola.
L’unico vagamente interessato è Hyaskon, che ascolta attentamente, si fa scuro in viso e dice: “Che delusione.”
Le dispiace che non mi abbia fatto secco, collega?”
Tutto quel talento, quell’arte...” continua, apparentemente senza neppure prestarmi attenzione. “Tutto sprecato, rovinato per sempre. Che tristezza.” Poi, col tono di chi prende una decisione drastica e irremovibile: “Non verrò a terra con voi. Preferisco ricordarlo com’era.”
Hyaskon, non faccia il melodrammatico.”
È inutile che insista, Veers. Sarebbe troppo doloroso assistere al degradante spettacolo di un Kurtz bolso e imborghesito che fa grigliate sulla spiaggia.”
D’accordo,” rispondo con distacco. “Allora lei ci aspetterà qui, giusto?”
Lo spettacolo sarebbe di una tristezza assoluta.”
E questo l’ho capito. Io invece ho scoperto che in quell’isola c’è birra, quindi vado finalmente a berne un bel po’.”
Non è turbato dalla caduta del titano?” s’informa Hyaskon ancora incredulo.
Francamente no. Anzi, direi che mi fa quasi piacere sapere che non rischierò di essere la portata principale del banchetto.”
Dopo una mezz’ora siamo tutti pronti per scendere a terra. Torvo, le braccia incrociate sul petto, Hyaskon ci guarda passare con disapprovazione.
Per l’occasione il colonnello si è messo la sua migliore uniforme, Lothar gli ha arricciato i baffi e per farli stare a posto glieli ha fissati con un po’ di supercolla resistente a qualsiasi solvente conosciuto, col risultato che sono diventati simili alle zanne dei gamorreani.
Se Waxen si gira troppo in fretta rischia di fare seriamente male a qualcuno.
La Du Bal è nella fase balano e Tani Du se la porta in giro come un arto affetto da elefantiasi, cosa che perlomeno la rende abbastanza inoffensiva.
I tre sfigati sembrano al primo giorno di scuola. Sono convinto che non abbiano nemmeno ben capito dove stiamo andando e a fare cosa. Il solito Biscottino mi chiede se c’è pericolo.
Al massimo di indigestione,” gli rispondo. “Andiamo a cena sulla spiaggia.”
I tre sono assaliti dal terrore al pensiero delle innumerevoli forme di vita che sono in grado di formicolare su una spiaggia dopo il tramonto.
Avendo sentito le parole ‘festa’ e ‘spiaggia’, Fjo’ona ha tirato fuori il meglio dal suo guardaroba, col risultato che ha un pareo di lamè che manda riflessi abbacinanti e un push-up che le fa arrivare le tette sotto il mento. Per l’occasione ha indossato un paio di elegantissimi sabot in finto pelo di nexu con finiture in oro.
Prima di scendere con il gruppo di squinternati cerco Hyaskon e gli dico: “Nel caso succedesse qualcosa, comunichi lei con la Morte Nera. Il codice della trasmissione è Onnipotente.”
Il capitano medico alza un sopracciglio. “Onnipotente mi sembra banale,” replica. “Che ne direbbe di Apodittico?”
Scuoto la testa. “Il codice è ‘Onnipotente’, se ne faccia una ragione.”
Io credo che non renda adeguatamente la drammaticità del momento. Capisce, se devo fare quella chiamata significa che contrariamente alle aspettative Kurtz vi ha uccisi e fatti a pezzi (espressione sognante), quindi ci vorrebbe qualcosa di più tragico. Apoplessia?”
Hyaskon...”
Va bene, va bene. Onnipotente. Qui la borghesia impera, vedo. Ci siamo ridotti a dei miseri passacarte senza un minimo di iniziativa personale, senza fantasia. Pensi a quel Kurtz, per esempio: una volta era adorato come un dio, e adesso...”
Lascia cadere la frase e se ne va scuotendo la testa.
Onnipotente!” gli grido dietro, tanto per essere sicuro che abbia recepito il concetto.
Siete dei borghesucci!” fa in tempo a replicare Hyaskon, prima di scomparire nelle profondità della sua cabina.
Scendiamo finalmente a terra. Kurtz ci viene ad accogliere sul pontile, che per l’occasione è stato decorato con fiaccole e composizioni floreali. Sono comparsi anche dei sullustiani grossi e tatuati, ma probabilmente devono essere pensionati come lui, perché non ci degnano di un’occhiata.
Veniamo condotti nel giardino, anch’esso illuminato da fiaccole e da un bel fuoco centrale, sul quale sono già pronte le graticole in attesa che si formino le braci.
Con il sicuro intuito per l’alcol etilico che mi caratterizza, individuo subito il secchio con le birre in fresco.
Presento la forza al colonnello, che osserva basito il gruppo di squinternati e mi fa: “Non mi aveva parlato di una spedizione militare?”
Ecco, non proprio,” cerco di spiegare, ma il colonnello Waxen salta su e a pieni polmoni fa: “Ma guarda chi si rivede: ‘Polpetta’ Kurtz!”
Maggiore Paul Waxen?”
Adesso sono colonnello, ragazzo mio. Ma mi dica un po’, cos’ha fatto dopo che l’hanno trasferita alla guarnigione di Brettna?”
Oh, le solite cose. Qualche missione operativa, qualche rastrellamento quando gli indigeni non volevano collaborare...”
Si scambiano aneddoti, si stringono calorosamente la mano, si danno pacche sulle spalle. Infine Waxen scuote la testa e dice: “Il vecchio ‘Polpetta’, chi se lo immaginava di trovarlo qui?”
Domando scusa, signore,” gli chiedo, “lei conosce il colonnello Kurtz?”
Si capisce,” risponde il vegliardo, con l’aria di dirmi la cosa più ovvia dell’universo. “Era uno dei miei ufficiali durante la battaglia di… aspetti, ce l’ho sulla punta della lingua… quando ero comandante della guarnigione di...”
In quel momento gli passa di fianco la twi’lek scosciata e lui dimentica immediatamente di cosa stava parlando. “Insomma, fu una bellissima festa,” conclude, “ci ubriacammo dal primo all’ultimo con il vino semovente di Koria.”
Annuisco con fare consapevole, ho già capito che è l’unico sistema per interagire con il vecchio fossile.
Ci accomodiamo tutti intorno a leggiadri tavolini illuminati da candele. La cena è a base di creature marine locali, ma per fortuna il cuoco non è un indigeno e le portate sono commestibili. Poi c’è anche la birra, quindi io ho risolto la totalità dei miei problemi alimentari.
Rimango a considerare che è davvero strano che la prima birra che ho bevuto su questo ignobile pianeta me l’abbia offerta proprio Kurtz.
Dopo aver formulato questo pensiero cerco il padrone di casa, ma non lo vedo da nessuna parte. Mi guardo intorno mentre la mai sopita diffidenza comincia a paventarmi scenari dei più terribili. La cenetta, il lume di candela, la birra… sta a vedere che tra un po’ i sullustiani smettono la veste da camerieri e ritirano fuori quella da scherani ammazzatori di inermi.
Sono immerso in queste ansiogene elucubrazioni quando vedo Kurtz in persona avvicinarsi al tavolo dove io e le birre ci stiamo godendo la serata. Si sta trascinando dietro qualcuno per la collottola.
Veers, questo deve essere un suo collega,” mi fa, poi butta Hyaskon su una sedia.
Io guardo perplesso il capitano medico, poi guardo lui. “Ma...” comincio, non sapendo bene cosa chiedere.
La timidezza va combattuta. Anch’io ero timido da giovane, sa? Me ne stavo sempre per conto mio, nessuno mi chiamava alle feste.” Si rivolge a Hyaskon: “Non si preoccupi, so cosa si prova.”
Il capitano medico, che dev’essere stato convinto a vincere la sua fobia sociale con metodi piuttosto energici, si limita ad annuire. Si siede più comodo e con aria sognante fa: “Che classe...”
Di cosa sta parlando?”
È salito su, mi ha agguantato e mi ha portato qui. Capisce?” Pausa densa di rimembranze. “Magnifico!”
Abbandono Hyaskon alle sue innominabili fantasie erotiche e faccio scorrere lo sguardo sulle eroiche truppe. Depauperata delle sue libidini, la twi’lek guarda le lune, ma non sa più perché. Ha la confusa idea che una volta questa cosa avesse uno scopo, ma adesso l’unico effetto che ha è farle venire male al collo.
In vena di trasgressioni, i tre sfigati si sono spartiti una bottiglia di birra, con il risultato che si sono ubriacati ignobilmente. Pendono dalle rispettive sedie come le vittime di un attacco col gas nervino, serenamente ignari di tutto ciò che li circonda.
Il wookiee è nella tipica ‘fase pattume’, un tratto distintivo della specie: raccoglie qualsiasi cosa gli sembri commestibile, compresi gli scarti lasciati dagli altri commensali, e felice la ingerisce.
Il nostro colonnello si è addormentato. Per fortuna mentre crollava uno dei baffi gli si è agganciato a qualcosa, conferendogli l’inconfondibile aspetto di uno strofinaccio da cucina appeso a un gancio.
Nè la Du Bal né Tani Du sono in vista, ma i clamori che si odono fanno chiaramente capire in che genere di attività siano impegnati.
Io e Hyaskon, seduti a lume di candela, meditiamo in silenzio, lui perché si aspettava di trovare il parco giochi dei simpatici torturatori e invece è stato accolto da un tranquillo pensionato che si è anche preso cura della sua timidezza, io perché ho davanti un bel po’ di bottiglie di birra e sto mentalmente dialogando con loro.
La notte kaminoana, con le sue lune sovrabbondanti, veglia su di noi.







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Capitolo 19
*** Giorno 13 - L'Orrore... l'Orrore... ***


Scusate se posto con questo ignobile ritardo, ma il 20 ero in coma etilico per il festeggiamento di una certa ricorrenza, e il 21 non ho avuto un attimo di tempo^^






Giorno 13 – L’orrore… l’orrore...

Il mattino dopo mi sveglio e scopro di essere in una foresta i cui alberi hanno il tronco trasparente. Per un po’ rimango a meravigliarmi della faccenda, poi realizzo che ho la testa sul tavolo e che davanti ai miei occhi non ci sono tronchi d’albero ma bottiglie di birra vuote.
Mi compare sul volto un sorriso ebete: finalmente si ritorna alla normalità. Non ne potevo più di sveglie alle zero-sette-zero-zero e altre eccentricità militari. Conto i cadaveri, ovvero le bottiglie di birra vuote, e realizzo che queste due settimane di angherie, rotture di palle e astensione dall’alcol non hanno affatto rovinato la mia media.
Certo non sono ai livelli delle gare con gli artiglieri della Morte Nera, ma il buon vecchio fegato continua a fare il suo dovere.
C’è il sole, il che su Kamino è una stranezza non da poco, e c’è un silenzio siderale. Solo qualche stormire di fronde di quando in quando, o il tintinnio delle bottiglie vuote quando mi muovo.
Lo scurrier del senso del dovere, notoriamente astemio e salutista, fa udire nel mio cervello la sua vocetta lima-gonadi: “Dove sono tutti gli altri?”
Risponde per me il rangkor della Cialtronaggine: “Chi se ne frega.”
Mi alzo dal mio tavolino e mi aggiro un po’ per l’isola. L’unica forma di vita che scorgo a parte le palme è Lothar, che probabilmente per coazione a ripetere ha in mano un sacco e sta raccogliendo il pattume lasciato dalla festa. Mi saluta con un bramito e mi chiede se so dove sono i contenitori della raccolta differenziata.
Lo ignoro, mio peloso amico,” gli rispondo. “Forse lo sa Kurtz, ma eviterei si svegliarlo dopo una notte di libagioni con una domanda del genere. Come a te è venuto l’istinto di riordinare, non vorrei che a lui tornasse quello di massacrare.”
Lo wookiee grugnisce un: “In effetti...” e torna a raccogliere roba.
Continuo la mia svagata ispezione. Sdegnosi come tutti i devoti dell’odiosa regola B’omarr, i nostri due kaminoani hanno rifiutato con spregio di unirsi ai festeggiamenti (a parte Tani Du quando c’è stato da alesare gli orifizi della squinternata professoressa, ovviamente. Lì pare che la regola B’omarr contempli eccezioni).
Li trovo in plancia a culo per aria e fronte a terra che salmodiano. Per un po’ pondero l’idea di andare a chiamare Hyaskon e sguinzagliarlo su tutto quel ben di dio (del dio B’omarr, per la precisione), ma non sapendo in che condizioni psicofisiche si trovi il mio collega decido di lasciar perdere. Capace che me lo devo portare sulla nave a braccia e una volta arrivato là gli venga l’orribile idea di rivolgere a me le sue lubriche attenzioni.
Arrivo alla spiaggia. Al largo c’è un tizio che sta pagaiando con impegno su una specie di canoa. Da lontano si vede solo la sagoma, ma due pseudo-zanne gamorreane ai lati della testa mi fanno subito capire di chi si tratti. Mi occulto rapidamente dietro il tronco di una palma onde evitare che al mio squinternato superiore venga voglia di coinvolgermi nelle sue esercitazioni di canottaggio. Frattanto mi chiedo se ci siano creature marine gigantesche e carnivore, su questo scipito pianeta, e nel caso quale sia il modo per attirarle.
Vedendo che Waxen sta prendendo il largo, decido di lasciarlo andare. Chissà, magari scomparirà nelle vastità oceaniche di Kamino e quando lo troveremo sarà già morto disidratato.
Arrivato in prossimità della casetta leggiadra, comincio a sentire un incalzante cicalare. Mi sposto con discrezione verso la terrazza che dà sul mare, ovvero l’epicentro del casino, e si offre ai miei occhi la seguente scena: vestita da camerierina sexy, la twi’lek sta per l’appunto facendo la camerierina: ha un vassoio con tazze di caffè e altre cose e volteggia con grazia da un commensale all’altro. I commensali, nella fattispecie, sono Kurtz, la Du Bal e i tre soldatini.
Un altro po’ di marmellata, Buddy?” gorgheggia l’aliena rivolta a Biscottino. Poi, a Zuccherino: “Ross, tesoro, ora Fjo’ona ti dà una bella cioccolata calda, d’accordo? Così ci mettiamo a posto il pancino.” Poi, minacciandolo con un indice ammonitore: “Quante birre abbiamo bevuto ieri sera, ometto?”
E lui, facendosi piccolo: “Cento...”
Cento birre?” lo interrompe Fjo’ona, mettendosi le mani sui fianchi con fare indignato. “Meriteresti proprio che ti facessi tò-tò sul culetto!” Chiaramente l’aliena non è consapevole delle più elementari norme della fisica e della biologia, che rendono incompatibile qualsiasi organismo umano con la quantità di birre menzionata.
Veramente sono cento millilitri, signorina Fjo’ona,” chiarisce il soldato, il cui colorito sta virando verso il porpora Royal Guard.
Pasticcino, che sperava di averla scampata, viene catturato in extremis: “E noi abbiamo bevuto, piccolo Victor?” lo interroga la twi’lek.
Poco poco, signorina Fjo’ona,” balbetta il soldato.
Poco poco,” fa lei, imitando il tono del ragazzino, “E allora perché ci hanno trovati sdraiati a pancia in su sulla spiaggia? Volevamo prendere il sole?” Poi, dopo una pausa pregna di riprovazione: “Meriteresti che ti mettessi in castigo.”
Si allontana ancheggiando sui tacchi e va al fornello, dove canticchiando comincia ad aprire barattoli a caso. “E comunque non voglio vedere quelle facce scure!” proferisce. “È una bellissima giornata e ora andremo tutti al mare. Ce li abbiamo i costumini, ometti?”
Io mi guardo bene dal palesarmi. Una volta uccise le sue libidini, l’istinto di darsi agli altri tipico della twi’lek non si esplica più in troiaggine ma di volta in volta in infermieraggine, camerieraggine e stucchevole mammismo. Quest’ultimo in effetti è il più pernicioso, perché la porta a una tremenda alternanza di tenerezza e rimbrotti che farebbe montare l’incazzatura a una segreteria telefonica.
Intanto Fjo’ona torna dalla cucina. “Opheliuccia, vuoi un bel caffè?” cinguetta alla squinternata docente.
Caffè...” risponde la Du Bal, come se non avesse mai sentito prima il vocabolo.
Ma certo che lo vuoi, non è vero?” E le mette davanti una tazza fumante. La professoressa se la rovescia in testa e ride con aria ebete.
In tutto ciò, l’espressione di Kurtz si sta facendo preoccupante. “Perché non si siede un po’ con noi, signorina?” propone alla twi’lek con voce minacciosamente calma. “Io al mattino ho bisogno di tranquillità.”
A me invece la tranquillità mette una gran tristezza,” risponde ignara l’aliena. “Anzi, vogliamo intonare una bella canzoncina?”
No, non vogliamo intonare nessuna canzoncina,” risponde Kurtz.
Oh, per favore. Quella dei jawa! Quella dei jawa è bellissima!” E poi, muovendo l’indice per dare il tempo intona: “Ho visto un jawa che si dondolava sopra un filo dell’alta tensione. Trova il gioco molto interessante...”
Non sapremo mai cosa fece il jawa dopo aver trovato il gioco interessante. Con un’imprecazione irripetibile, Kurtz si alza, agguanta la twi’lek a mezzo corpo e prima che la scosciata possa dire bah la defenestra, dalla parte degli scogli.
Dal basso giungono strida, il colonnello si limita a chiudere i vetri.
Stavamo dicendo?” chiede all’uditorio.
Segue un silenzio siderale.
La colazione prosegue in un’atmosfera da convento B’omarr. Io, chiaramente, evito di palesarmi. Procedo alla ricerca del capitano medico, che è l’unico che manca all’appello.
L’ultimo ricordo che ho di lui è che era seduto di fianco a me mentre io bevevo birre e dialogavo dei massimi sistemi coi vuoti.
Visto che non mi va di perdere tempo aggirandomi vanamente, attivo i sensori di ricerca e li taro su ‘umano’, sperando che per una volta mi diano una lettura corretta. Cominciano subito a fare bip-bip. Sul display compare un puntino luminoso decisamente lontano dalla leggiadra casetta di Kurtz.
Vado a vedere.
Dopo un’improba camminata nella giungla, schivando rampicanti e proferendo bestemmie, arrivo dall’altra parte dell’isola.
Seduto su uno scoglio, lo sguardo perso all’infinito, c’è Hyaskon. Per un po’ rimango a guardarlo, ma il capitano medico è più immobile di un TIE-fighter in avaria. L’unico movimento che si concede, di tanto in tanto, è un sospiro che sembra l’ultima esalazione di uno hutt morente.
Mi avvicino con cautela. “Beh?” gli chiedo appena arrivo accanto a lui.
Silenzio.
Collega?”
Alza le spalle. Senza mutare la sua posizione, come se stesse parlando alle inutili immensità oceaniche di Kamino, comincia: “Io ci avevo sperato, sa? Un pazzo sanguinario che ammazzava indiscriminatamente, che squartava, torturava e scuoiava. Quando lei mi ha letto quei file su Kurtz non credevo alle mie orecchie.” Tace, emette un altro sospiro di inaudita tristezza. “Ma io gliel’avevo detto fin dall’inizio che questa missione sarebbe finita tragicamente, no?”
Beh, per tragicamente, io intendevo essere catturati e seviziati da Kurtz, non scoprire che è un tranquillo pensionato.”
Lei, Veers, non ha idea di cosa vuol dire vedere i sogni di una vita infrangersi.”
Perché, secondo lei come ci sono rimasto io arrivando su Kamino e scoprendo che c’era da bere solo della Tusken-Cola? Mi crede così insensibile?”
Per un po’ rimaniamo a contemplare le onde.
Trascorrono così lunghi minuti. Ahiwa passano sull’orizzonte con lenti battiti d’ala.
Contemplare le onde, però, oltre ad essere orribilmente noioso, mette una gran sete, perlomeno a me, per cui dopo un po’ propongo: “Collega, che ne direbbe di una birra?”
Ma certo,” replica lui col tono amaro di un eroe tragico che fa l’ultimo discorso alle truppe prima di una battaglia con sproporzione di forze di dieci a uno a favore del nemico. “Lei risolve tutto con le birre. Molto comodo. Qualcosa non va? Una birra e via, non ci si pensa più.” Poi, fissandomi negli occhi: “Io credevo in quell’uomo.”
Sospiro con aria paziente. “Dunque, Hyaskon,” chiarisco, “io risolverei tutto con le birre se ce ne fossero. Ma visto che finora c’è stata abbondanza di qualsiasi cosa, compresa la merda di scurrier liofilizzata, ma non di birra, trovo questa sua semplificazione della mia complessa personalità a dir poco insultante e fuori luogo. Ora le propongo due opzioni: la prima è di restare qui a dolersi del pensionamento di Kurtz con davanti agli occhi la tristezza di una distesa di acqua salata. La seconda è quella di fare la stessa cosa, ma con davanti agli occhi una birra. O un mojito, se preferisce.”
Che senso ha la vita?” è l’unica risposta che mi giunge.
Non essendo preparato ad affrontare argomenti di tale portata da sobrio, decido di lasciarlo al suo destino e raggiungo la casetta di Kurtz.
Quando avrà fame tornerà da solo, suppongo.
Nella leggiadra casetta, intanto, le cose stanno procedendo. La Du Bal non è più in vista, la twi’lek, incerottata, zoppicante e con un occhio nero, si è fatta passare in tempi brevissimi gli afflati materni e sta ben attenta a non entrare nemmeno per sbaglio nel raggio d’azione del colonnello Kurtz. I tre soldatini, ancora con qualche postumo delle immani libagioni della sera prima, sono seduti sul molo, ognuno con una canna da pesca in mano, ma a giudicare dall’espressione sembrano totalmente ignari del funzionamento dell’oggetto.
Il nostro tranquillo pensionato sta armando la barca da pesca. “Vado a recuperare Culosecco,” mi accoglie, “Altrimenti chissà dov’è capace di andarsi a cacciare.”
Lo fisso stupefatto. “Culosecco?”
Era come chiamavamo Waxen alla guarnigione di Brettna. Aveva il culo talmente ossuto che bucava i sedili degli AT-ST. Viene con me, Veers?”
Ecco, io...”
Ho una cassa di birra fresca.”
Volevo dire che sono pronto, signore. Se c’è da salvare Culosecc… ehm… Waxen non sarò certo io a tirarmi indietro.”
Non siamo ancora salpati che già abbiamo stappato la prima bottiglia. Io mi accomodo sul sedile imbottito che mi è stato offerto e penso all’assurdità della situazione: sono su una barca a tu per tu con il terribile Kurtz, uno che ha trucidato, squartato, devastato, compiuto genocidi, si è fatto adorare come un dio, ha effettuato sacrifici umani e praticamente ha gettato nel terrore un intero pianeta. E io sono qui che ci bevo una birra insieme.
Cominciamo a cercare lo squinternato colonnello. Ormai è mattina inoltrata e l’oceano è una tavola blu con qualche vaga increspatura. Dovunque possa spaziare la vista, non c’è assolutamente nulla.
Io comincio a immaginare mostri orribili che emergono e fanno un solo boccone della canoa, malori, improvvisi groppi di vento…
Proviamo al resort,” mi fa Kurtz. “Di solito quando trovano qualcuno disperso lo riportano là.”
C’è un resort da queste parti?”
Più d’uno, in realtà. Dove pensa che vadano a finire tutte le coppiette che arrivano su Kamino per trascorrere la luna di miele?”
Nei resort?” propongo.
Esatto, anche se a volte mi fanno venire la tentazione di tornare alle vecchie abitudini. Non c’è niente di più fastidioso di quelle coppiette che stanno sempre appiccicate a tubare.”
Sissignore.”
Le scioglierei nell’acido, le scioglierei.” Poi mi fissa. “Beva la sua birra, se no si scalda.”
Sissignore.”
Dopo un’oretta di navigazione arriviamo al famoso resort, che porta l’evocativo nome di Tropical Paradise.
Guardi un po’ che schifo,” mi fa Kurtz. “E pensare che mi ero anche procurato il dépliant di questo posto.” Poi, dopo una pausa: “C’è da dire che dopo un po’ che si sta nella base di Nuwara Eliya comincia a sembrare bello anche il deserto dello Jundland.”
Io osservo il villaggio vacanze: il primo spettacolo, per la verità abbastanza triste, che si offre ai miei occhi è una compagine di alieni assortiti in acqua fino alle anche (chi possiede gambe, se no in acqua fino a metà corpo). I suddetti sono rigorosamente a coppie, tranne gli Ithoriani, che come è noto hanno sei sessi diversi e regole complicatissime per abbinarli, e quindi sono in gruppi di dieci o quindici individui. Non voglio pensare al costo di una luna di miele ithoriana.
Gli alieni, dicevamo, sono in acqua e guardano tutti verso lo stesso punto, ovvero una gentile signorina kaminoana con tanto di collana di fiori e gonna di rafia che sta facendo fare aqua-gym al gruppo. Data la flemma degli indigeni, la seduta somiglia più che altro a un corso di mobilizzazione per la terza età.
Io mi volto verso Kurtz. Con un sospiro, il colonnello mi dice: “Lo sa che fine avrei fatto fare a questo branco di idioti ai miei tempi?”
Posso immaginare, signore,” gli rispondo.
Lui scuote la testa mentre sul viso gli compare un inquietante ghigno. “No, Veers, non può immaginare, si fidi.”
Qualcosa mi suggerisce che sia meglio non approfondire.
Stappo un’altra birra mentre la nostra barca si avvicina lentamente alla spiaggia. Lo squallore del posto si palesa sempre più man mano che ci avviciniamo. L’acqua sembra lo scarico di un cesso gamorreano, inoltre vi brulicano forme di vita dall’aspetto decisamente poco invitante. Coppie aliene vanno su e giù lungo la spiaggia mano nella mano (o tentacolo nel tentacolo, chela nella chela, ventosa nella ventosa. Sempre che non siano miste, e allora c’è ogni possibile combinazione di appendici che di intersecano con altre appendici). Ci sono addirittura, tristezza somma, due mandaloriani. Costoro, guerrieri terribili, sterminatori di nemici e assassini temuti da chiunque nella galassia, girano tenendosi per manina, lei in bikini coi coniglietti e lui in boxer coi cuoricini ma entrambi con l’elmo in testa.
Di che fargli una foto e ricattarli per il resto della loro vita.
Attracchiamo in un nugolo di battellini da pesca rosa e azzurri, poi scendiamo a terra. La tristezza del posto aumenta esponenzialmente a ogni passo: ci sono il centro massaggi, il ristorante, la spa, i giardini e persino la birra, ovviamente tutto a profumato pagamento. Se no, noia mortale.
Ci stiamo così aggirando quando sentiamo l’inconfondibile voce raccontare: “...Ed eravamo tutti nell’acqua fino al collo! Quella dianoga miserabile, il Bastardo Nero, era riuscita a farci rovesciare la barca e quindi stavamo sguazzando nel bel mezzo della palude, con i bog-wing che ci svolazzavano intorno alla testa e le sanguisughe che ci si infilavano nei pantaloni. Quand’ecco che...” In quel momento passa la mandaloriana in bikini, dotata di addominale scolpito e culo di tungsteno. “Oh, buon giorno gentile signora!” La segue con lo sguardo assumendo l’espressione ebete. “Quand’ecco che… che...”
La dianoga?” propone qualcuno.
La dianoga? Che c’entrano adesso quelle bestiacce viscide e puzzolenti? Stavamo parlando della battaglia di Surak, dove c’era un gruppo di cosi… come si chiamano? I cosi che sparano...”
Cannoni?”
Ecco, sì. I cannoni. Ma cosa c’entrano poi i cannoni con le dianoghe?”
Io mi volto verso Kurtz. “Provi un po’ a immaginare dodici lunghi giorni agli ordini di uno così...”
Io l’avrei fatto fuori a metà del secondo,” mi risponde.
Ci ho provato disperatamente, ma o c’erano troppi testimoni, o non avevo le armi giuste sottomano. E comunque capitava sempre qualcosa che al momento giusto mi mandava tutto a monte.”
Peccato che non ci siamo conosciuti prima, Veers. Le avrei insegnato un paio di trucchi.” Poi si avvicina al colonnello e fa: “Waxen, è giunto l’ordine di evacuare la zona. Tra un po’ ci sarà un attacco di calamariani e lei come ufficiale superiore ha il dovere di preservare la sua vita per la controffensiva.”
Il baffo del colonnello, tuttora in stato di rigor cadaverico, riesce comunque a fremere. “Un attacco!” esclama il fossile, “Lo dicevo, io! Quei maledetti dei calamariani scelgono sempre i posti dove ci sono più civili inermi per attaccare! Specie di luridi cefalopodi senza onore né moralità!” Poi, con voce stentorea, rivolto alle coppiette dell’aqua-gym: “Avete sentito? Tra un po’ ci sarà un attacco da parte di navi di Mon Calamari! Lo sapete cosa fanno i calamariani ai prigionieri? Per vendicarsi di essere sempre trattati da seppie li tagliano ad anelli e li friggono!”
Ovviamente la frase scatena il panico. L’acqua comincia a ribollire di alieni in fuga, che si calpestano gli uni con gli atri per allontanarsi prima. L’animatrice kaminoana viene senza tanti complimenti travolta, coppiette smielose, unite da eterno amore, si sgomitano in bocca (o nel becco, nella proboscide, etc etc), maritini e mogliettine si prendono a pugni, i più grossi menano i più piccoli senza tanti complimenti. Un mandaloriano (non quello coi boxer a cuoricini) agguanta un ugnaught per i piedi e comincia a mulinarlo per tenere lontani gli astanti.
La scena di follia collettiva dilaga nel centro massaggi, nel giardinetto rilassante e nella spa. Approfittando del casino, i più furbi prendono d’assalto il bar e fanno man bassa delle costosissime bevande alcoliche. Un monaco B’omarr che passava per di lì non trova altro modo per salvarsi che arrampicarsi sul soffitto e far finta di essere un’applique.
In questo pandemonio, in piedi su un tavolo e miracolosamente illeso, Waxen ulula: “Dove andate, codardi! Dobbiamo organizzare le difese, dobbiamo arruolare i maschi abili! Approntare un’infermeria di emergenza per le innumerevoli mutilazioni e ferite devastanti che ci saranno! Recuperare armi di fortuna!”
Un brulichio di alieni di varie forme prende d’assalto le graziose barchette e cerca con quelle di allontanarsi, non si sa dove né perché. Nell’appropriarsi dei piccoli natanti, maritini scazzottano mogliettine, giovani spose danno colpi di remo nel plesso solare degli altrettanto giovani mariti, attempate coppie che festeggiano nozze di vari metalli preziosi vengono senza tanti complimenti affogate da chi è più giovane e vigoroso.
Kurtz porta debitamente al largo la barca da pesca, stappa una birra e si siede su una sdraio a contemplare l’apocalisse. “Mi sembra di tornare ai bei tempi,” mi confida.
Io rimango per un po’ a fissare la devastazione, poi ricordo al colonnello che forse sarebbe meglio raccattare Waxen.
Ah, già. Culosecco. Con tutto questo cinema me n’ero dimenticato. Vada a prenderlo, Veers.”
Mi volto basito verso di lui. “Eh?”
Lo prenda e lo porti qui. Io sto bevendo una birra.”
Ah, sì? Stappo a mia volta una bottiglia, mi siedo su una sdraio e gli rispondo: “Anch’io sto bevendo una birra.”
Kurtz mi fissa con sguardo inceneritore. “Rifiuta di eseguire i miei ordini?”
Ci può giurare. Lei non è più un colonnello, è un tranquillo pensionato molto simpatico col quale si fanno piacevolissime bevute, ma non ha più alcuna autorità su un ufficiale imperiale quale io immodestamente mi pregio di essere.” Lo fisso con espressione serafica.
Sull’isoletta del resort, frattanto, è in corso una specie di rivoluzione. Qua e là cominciano a balenare i primi incendi, si approntano barricate di fortuna.
Sempre in piedi sulla sua cassetta, Waxen arringa le folle.
Per fortuna, dopo un po’ è il vecchio fossile che ci cava d’impaccio. Vede la nostra barchetta, contempla un’ultima volta l’enorme casino in corso sull’isoletta e si butta con elegante tuffo, cominciando a pagaiare nella nostra direzione con il tipico stile detto ‘a worrt’.
Lo ripeschiamo.
Sono impazziti tutti!” ansima. “A un certo punto qualcuno ha detto che stavano arrivando delle navi dei Mon Calamari e la gente ha cominciato a comportarsi in modo strano. Io vorrei proprio sapere chi è stato.”
Sicuramente qualcuno che si era fatto una dose di troppo di spacca-cervello,” dice impassibile Kurtz.
L’ottuagenario si volta, riconosce il mio accompagnatore e a pieni polmoni esclama: “Ma guarda chi si rivede: ‘Polpetta’ Kurtz! Ma che bella sorpresa ritrovarla qui, ragazzo mio! Non era alla guarnigione di Brettna?”
Veramente è stato vent’anni fa, signore,” risponde Polpetta, che forse non ha ancora ben chiari i sintomi dell’Alzheimer.
Vent’anni? Impossibile! Me lo ricordo come se fosse ieri. Lei comandava un gruppo di AT-ST. E mi dica, adesso dov’è assegnato? Non sapevo che qui su Aquarian ci fossero basi imperiali. E come sta ‘Cerotto’ Janrand? Non c’era esercitazione in cui non si facesse male da qualche parte, deve aver consumato più bende lui di un intero battaglione di assaltatori!”
Kurtz mi fissa con l’aria di chiedermi aiuto.
Mi rivolgo a Waxen: “Signore, che ne dice di tornare alla base? L’abbiamo lasciata incustodita per troppo tempo, i nexu sono sempre in agguato.”
L’ometto mi fissa con un brillio cupido negli occhi. “I nexu?”
E i bantha, signore. Dicono che qui pascoli un maschio enorme, che nessuno è mai riuscito ad abbattere.”
Un bantha che nessuno è mai riuscito ad abbattere? È mio! A me il fucile di precisione! Voglio appendere la sua testa sul caminetto del circolo ufficiali!”
Io rivolgo lo sguardo all’esterrefatto Kurtz e gli dico: “Tanto tra mezz’ora si sarà già dimenticato.”

Rientriamo a MAL-47. Nel frattempo è arrivato il consueto monsone e sta venendo giù l’inferno idrico. In giro non c’è nessuno a parte la Du Bal, che incurante della pioggia siede su una sdraio declamando versi in lingue aliene che preferisco non approfondire (a meno che non stia semplicemente dando sfogo a un’eccessiva aerofagia).
Considerato che ha l’aria di trovarsi perfettamente a suo agio dov’è, la lasciamo scrupolosamente in pace.
Rintanati in casa ci sono Fjo’ona incerottata ma in tenuta da cameriera sexy, i tre soldatini e il wookiee. Non si vede Hyaskon.
Chiedo lumi alla twi’lek.
È andato a suicidarsi,” mi spiega lei, tranquilla come se mi stesse dicendo che è andato a fare la pipì, “ha detto che la vita non aveva più senso.”
E tu non l’hai fermato?”
Gli ho detto che il pranzo era quasi pronto, ma non mi ha dato retta.” Ha anche il coraggio di fare il broncio.
Da che parte è andato?”
Ha detto che andava sulla nostra nave a preparare la roba. Non so che roba volesse, poi. Qui non c’è nessuna festa.”
Mi viene un dubbio: “Fjo’ona, lo sai cosa vuol dire suicidarsi?”
E lei: “Certo, per chi mi prendi? Vuol dire andare a una festa con dei vestiti completamente fuori moda e col trucco sbagliato, e dopo tutti ti prendono in giro e non puoi più fare l’olomodella. Non sapevo che Evan fosse un olomodello, però.”
Tralascio la risposta. Sfidando i monsoni vado sulla nave a controllare che ne è stato del capitano medico. Con tutta la roba che ha nella sua borsa, sarà morto stecchito. Comincio a ragionare su quale sia il modo migliore per disfarmi del cadavere.
Mentre sono immerso nelle mie necroforiche meditazioni, comincio a sentire delle vocette infantili provenire dalla scala che porta alle cabine. Alle vocette è associata una musichetta, il diminutivo è d’obbligo in quanto trattasi di canzoncina da asilo.
Basito vado a vedere, scoprendo che i rumori provengono nientemeno che dalla cabina di Hyaskon. Mi affaccio e vedo quanto segue: sdraiato sulla cuccetta, il capitano medico sta guardando sul suo laptop una puntata degli Astrotubbies, un orrendo programma per bambini ritardati dove quattro alieni nani dicono cazzate con voce infantile.
Al mio apparire, ieratico Hyaskon mi ammonisce: “Un po’ di rispetto, Veers: mi sto suicidando.”
Con gli Astrotubbies?”
Lei conosce forse un modo che causi maggiore sofferenza?”
Mi raccolgo in meditazione. “Un palo rovente su per il culo?” propongo. Forse la vicinanza con Kurtz mi sta facendo male.
Il capitano medico prende in considerazione la cosa e un vago sorriso gli aleggia sul volto cupo. “Lei sa sempre come sollevarmi il morale, Veers,” mi dice.
Quindi non si suicida più?”
Alza le spalle. “Posso sempre farlo più tardi. A pagare e a crepare c’è sempre tempo, no?”
Ecco, allora spenga quella roba se no tra un po’ mi suicido io.”
Scendiamo a terra. Strada facendo gli chiedo: “Ma perché poi voleva suicidarsi, collega?”
Hyaskon mi guarda con riprovazione. “Veers, se io non fossi un eminente ed entusiasta anatomopatologo, parlando con lei dovrei concludere che la demenza di Alzheimer è contagiosa. Non più tardi di stamattina le ho spiegato dettagliatamente i motivi del mio stato depressivo.”
Insistevo, Hyaskon, perché i suoi motivi di stamattina mi sono sembrati – e continuano a sembrarmi, peraltro – idioti dal primo all’ultimo. Volevo vedere se per caso era rinsavito.”
Il capitano medico sta per prendermi a male parole quando Zuccherino, in tutta la sua fanciullesca grazia, ci raggiunge e ci annuncia che il pranzo è pronto. Hyaskon fa un sorriso ebete, dà un buffetto sulla guancia al soldato, lo guarda andare via e con un sospiro mi fa: “Cosa stavamo dicendo?”
E poi sarei io quello con l’Alzheimer,” brontolo.
Oggi, cucina twi’lek.
Devastata da afflati di economia domestica, la nostra inutile cubista-olomodella-segretaria-meretrice de-bagascizzata dall’iniezione di Hyaskon, ha pensato bene di cucinare un bel pranzetto.
Ora, bisogna citare un assioma fondamentale: la twi’lek non sa cucinare. Niente, nemmeno far bollire l’acqua.
La twi’lek sa prendere parte a un’apericena, sa andare a un brunch, sa mangiare gli stuzzichini, ma non possiede altre abilità collegate al cibo.
Se siamo fortunati, avrà cercato di cuocere una ciabatta della Du Bal dentro la catinella del bucato.
Ho fatto da mangiare!” ci annuncia trionfante. In tavola c’è una massa nera e fumigante che assomiglia a un residuo di fusione. “Alla fine non è affatto difficile. Basta prendere la roba e infilarla in quell’armadietto là.” Indica il forno.
Che cos’era quando l’hai messo dentro?” le chiedo, non riuscendo a cogliere nell’agglomerato alcuna forma conosciuta.
Scatolette.”
Scatolette di cosa?”
Fa il broncio. “Uffa, una si impegna per fare un bel pranzetto e questo è il ringraziamento!” Va via a culo dritto.
Dall’indagine necroscopica compiuta sul residuo di fusione scopro che Fjo’ona ha infilato in forno dei barattoli di pastura per blutfish senza nemmeno toglierli dall’involucro di cartone.
Questa missione ha una particolarità: ogni cucina, per quanto pessima, fa rimpiangere la precedente.
A parte l’offesissima scosciata e la squinternata docente, partiamo tutti in delegazione verso la nostra nave, dove Atama So e il suo socio hanno approntato una tavola che perlomeno offre cose commestibili.
Nel raccapriccio dei due indigeni faccio portare dal wookiee una cassa di birra, il che rende il pranzo decisamente più piacevole del solito.

Nel pomeriggio torna il sole e la twi’lek abbandona ogni velleità domestica per fiondarsi su una spiaggia. Il colonnello è riuscito a incantonare Kurtz e gli sta massacrando le gonadi con sconclusionati aneddoti di guerra. Generalmente si rivolge a lui chiamandolo ‘Polpetta’, ma ogni tanto vengono anche fuori soprannomi come ‘Blaster Pazzo’, ‘Insaccato’, ‘Due Crediti’ e altri che chissà in quali meandri della squinternata memoria del fossile si trovavano.
Stufi delle attenzioni di twi’lek e capitano medico, i tre soldatini si sono rintanati nella loro cabina e come da antichissima tradizione militare fanno abilmente finta di non esserci.
Il wookiee ha trovato la dispensa e non dà udienza a nessuno.
Ostentando un’aria di stoica sopportazione, i due kaminoani raccolgono le bottiglie di birra vuote con le pinze che si usano nelle fonderie per maneggiare le siviere incandescenti, quindi le buttano in un contenitore contrassegnato dal simbolo della contaminazione biologica. Fatto questo, sigillano il recipiente e lo spingono fuori bordo come se si trattasse di una testata nucleare.
Non paghi di ciò, recuperano una sonda a emissione di raggi gamma, ultravioletti, argento attivo e cazzi & mazzi (quelli non mancano mai) e la passano su tutta la sala da pranzo, per eliminare ogni molecola di alcol rimasta.
Una volta che il luogo è adeguatamente disinfestato, si prosternano a culo all’aria e fronte a terra e salmodiano lungamente.
Io osservo tutta la procedura e concludo che la religione B’omarr è nemica di ogni libidine e può piacere solo a dei masochisti dalla vita avara di soddisfazioni come i kaminoani.
Scendo dalla nave alla ricerca di birre, con tutte le intenzioni di replicare l’effetto foresta di stamattina.
Vado alla ricerca del frigo portatile, lo riempio adeguatamente di birre, lo trasporto vicino a una graziosa sedia sdraio collocata all’ombra e mi accomodo nella più grande tranquillità.
Do di piglio alla prima bottiglia, pensando come al solito ai massimi sistemi, ai motori primi e ai fini ultimi.
Passano le ore e le bottiglie.
Mentre penso a vari concetti filosofici, trovo anche il tempo per ragionare sul simpatico Kurtz. Teoricamente, avendolo trovato e avendo egli orgogliosamente confermato tutte le sue malefatte, dovrei comunicare le sue coordinate alla Morte Nera e chiamare qui un certo numero di Star Destroyer per radere al suolo, o meglio per vaporizzare, trattandosi di acqua, un raggio di cento chilometri intorno a questa isoletta.
In pratica, però, la faccenda è un po’ più complessa. Primo, è una buona idea far arrivare un nugolo di Star Destroyer sul pianeta che ci fornisce la metà degli eserciti? Tipo, magari se la prendono e ci fanno arrivare eserciti di jawas rachitici invece di spedirci cloni dell’atletico Jango Fett.
Secondo, Kurtz è un tranquillo pensionato che va a pescare e quando è in animo di grandissime trasgressioni fa arrivare un sottomarino con un toydariano che gli recapita una o più casse di birra. Ha un senso muovere mezza flotta per una cosa del genere?
Quasi quasi mi sento di dare ragione a Hyaskon: fa una profonda tristezza vedere il terribile Kurtz col cappellino alla cretina e la canna da pesca in mano.
Continuo a bere, nella speranza che l’Oracolo del Malto e la Sibilla del Luppolo si degnino di portarmi consiglio.
Alla fine, com’era prevedibile, è il Guru dell’Alcol che ha la parola definitiva. Pondera accuratamente tutta la situazione e mi fa: tu dì che non c’è alcun bisogno di intervenire perché Kurtz ha smesso di essere un problema.
In effetti, Kurtz non è più un problema, e direi che intervenire qui causerebbe più casino che altro. Come sempre, do ragione al Guru dell’Alcol, e per dimostrargli il mio apprezzamento gli faccio un’altra generosa offerta.
Il Guru dell’Alcol si dimostra soddisfatto e già che c’è mi fornisce un paio di consigli di economia domestica, così, tanto per farmi capire quanto è felice delle mie offerte. Apprendo i segreti della cottura del sugo di Ysalamiri e il modo di stirare le uniformi senza bisogno dell’asse.
Dopo queste due perle di cultura, salgo sulla nostra nave e serenamente incurante delle occhiate di orrore che i kaminoani rivolgono alla mia birra chiedo: “C’è modo di comunicare con la Morte Nera da questa nave?”
Atama So fissa la mia bottiglia come se fosse l’incursore anale di Rani che io mi appresto a usare su di lui.
Io gli rivolgo lo sguardo pacifico del dewback che pascola e gli ripeto la domanda.
Sì, ma… quella bottiglia...” mormora il kaminoano, con l’atteggiamento di chi teme che dal suddetto recipiente possano uscire da un momento all’altro gas venefici, o tentacoli pronti a strangolarlo.
Questa bottiglia è la mia birra,” gli spiego cortesemente, “e non si allontanerà da me fino a che non sarà vuota. Ora, per favore, sia gentile: mi metta in contatto con la Morte Nera. Al resto penserò io.”
Mi accerto che la camicia hawaiana si veda bene e mi dispongo a salutare il simpatico Governatore Tarkin.



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Capitolo 20
*** Rapporto 06 sulla missione ***


Rapporto 06

Governatore, un messaggio per lei sul canale a priorità uno,” annunciò un piantone.
Meccanicamente, Tarkin si sistemò l’uniforme. La priorità uno era riservata all’Imperatore, a Vader e a poche altre personalità, oppure a messaggi urgentissimi provenienti da zone d’operazione particolarmente pericolose.
Si spostò davanti al monitor.
Sullo schermo comparvero delle righe orizzontali, poi degli ananas, delle twi’lek nude e dei tramonti tropicali.
Lo sfondo arretrò rivelandosi la fantasia di una camicia. Una mano che stava regolando qualcosa di fianco al monitor si abbassò.
Sono in onda?” chiese una voce che Tarkin avrebbe riconosciuto fra mille.
Ma certamente, capitano,” rispose con tono da hostess qualcuno fuori campo.
Perfetto!” Il padrone della voce si sistemò meglio su una poltrona. Aveva una camicia hawaiana che sembrava un brutto viaggio da LSD, gli occhiali da sole e una birra nella mano sinistra. Salutò portandosi due dita della destra alla fronte.
Salve,” fece. Poi, al protrarsi del silenzio di Tarkin: “mi riceve, governatore?”
La ricevo, Veers,” ringhiò l’altro.
Ah, perfetto. Sa, le comunicazioni da Kamino non sono proprio il massimo. Volevo dirle che Kurtz non sarà più un problema.”
Come sarebbe a dire che non sarà più un problema? È un pazzo furioso.”
Lo era, direi. Adesso non vi darà più alcun fastidio.” Pausa. “Possiamo rientrare?”
Di nuovo silenzio da parte di Tarkin.
No, perché qui è piuttosto palloso, per sua informazione. Non c’è birra, tanto per cominciare.” Mostra la bottiglia: “Questa me la sono procurata di contrabbando, per esempio, e non è stato mica uno scherzo, sa? Su questo pianeta di maniaci dei B’omarr è più facile trovare delle Ewok Lolite che delle banali birre.”
Il governatore strinse i pugni. “Ha altro di militare da dirmi, Veers, o si è fatto sentire solo per parlare di birre e Lolite?”
Negativo, volevo solo farle sapere che Kurtz non sarà più un problema per l’Impero.” Si interruppe un attimo, poi, con l’aria di chi si è ricordato una cosa importante all’ultimo momento, soggiunse: “Il colonnello Waxen sta benissimo, signore, casomai fosse preoccupato per la sua salute. È ansioso di farle rapporto sulla missione. Allora noi possiamo rientrare, vero?”
Negativo! Non potete affatto rientrare. Non finché non mi porterà delle prove di quello che sta dicendo.”
La trasmissione è disturbata. Ha detto che dobbiamo rientrare con il gatto alle nove? E dove lo trovo un gatto?”
Ho detto che non potete rientrare! Negativo! Rimanga dov’è fino a nuovo ordine!”
Veers si mise una mano a coppa dietro il padiglione auricolare e gli fece segno che non c’era l’audio. Si strinse nelle spalle e salutò. La comunicazione si chiuse sul primo piano della birra.

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Capitolo 21
*** Giorno 14 - Saluti & Baci ***


Giorno 14 – Saluti & baci

Veniamo svegliati nel corso della notte da un tifone che imperversa sull’isoletta. La nostra nave rolla e beccheggia come il deretano di Samyra quando invece di fare la danza dei ventri fa la danza delle natiche.
Mi alzo dopo essere stato shakerato nella cuccetta peggio di un Cosmopolitan e stando ben attento ai tre metri di dislivello scendo per scrutare attraverso un oblò.
Fuori è buio pesto. All’incerta luce di un alogeno vedo i due kaminoani darsi da fare con ancore sussidiarie e altri mezzi per evitare l’affondamento del nostro simpatico natante. La Du Bal, aggrappata come sempre al braccio di Tani Du, fa del suo meglio per rallentare le manovre e intanto ride come un’ebete sotto la pioggia battente.
Come se la squinternata professoressa non bastasse a rompere i coglioni all’equipaggio, esce dalla sua cabina anche Waxen, che immediatamente si mette a stracciare a sua volta le palle fornendo oculati consigli sul modo migliore di gestire una nave in preda ai marosi. Peccato che sia un ufficiale di fanteria e finora abbia visto il mare solo in qualche audiovisivo didattico.
Io faccio un paio di calcoli: controllo la distanza dalla terraferma e l’accessibilità delle uscite, dopodiché stabilisco che in caso di affondamento non sarà un problema abbandonare la nave e raggiungere la costa. Torno a dormire il sonno dei giusti.
Fuori c’è un po’ di tramestio, a onor del vero, ma col cuscino sulla testa la cabina diventa quasi silenziosa. L’unica cosa di cui mi rammarico è di non essermi portato dietro due birre, perché adesso sarebbe il momento perfetto per berle. Anche se obiettivamente non conosco un momento che non sia perfetto per bere una birra.
Il mattino dopo stiamo ancora galleggiando, il che è una gran cosa, dal momento che dovremmo anche usare la nave per raggiungere un trasporto che ci faccia rientrare sulla Morte Nera.
Dopo tutta l’attività notturna i kaminoani sono un po’ stazzonati, ma in fin dei conti tenerci a galla è il loro lavoro, esattamente come il mio è badare al branco di rincoglioniti. Io non mi sono mai andato a lamentare con loro del mio sporco dovere, quindi mi aspetto che nemmeno loro lo facciano con me.
Scendo a terra e trovo Kurtz già bardato da pesca. “Viene con me, capitano?” mi chiede sventolando la cassetta delle esche.
Negativo, signore. Oggi ce ne torniamo sulla Morte Nera, Tarkin non vede l’ora di riabbracciarmi.”
Le è così affezionato?”
Più o meno...” rispondo evasivo.
Il colonnello finisce di caricare la sua barca, poi mi chiede: “Quando intende partire, Veers?”
Il tempo di bere un caffè e andiamo. In questo posto ci sono troppi insetti, troppa pioggia, troppo caldo e poca birra. Non fa per me.”
Le mancano le ragazze?”
Negativo.”
Mi fissa un po’ stupito dal mio risoluto diniego, poi chiede: “I ragazzi?”
Di nuovo negativo,” rispondo senza scompormi.
A questo punto, Kurtz si toglie il tipico cappellino alla cretina da pescatore, si gratta la testa e mi chiede: “Nè ragazze né ragazzi? Allora cosa le piace, Veers?” Dalla faccia è chiaro che si sta aspettando risposte tipo ‘i jawas albini’, oppure ‘gli ayuboa ithoriani’.
Veramente non sarebbero affari suoi,” rispondo, “comunque sono bisessuale: mi piacciono sia la birra che i cocktail.”
Kurtz si rimette in testa il cappellino e considera chiuso l’argomento.
Nel frattempo il resto del gruppo sta scendendo a terra. Confuso da tanta abbondanza, il wookiee peregrina di albero in albero lasciando poche gocce sul tronco di ogni pianta per non far torto a nessuno.
Chiaramente, dopo un po’ che effettua questa complicata manovra gli va in blocco la vescica e comincia a lamentarsi cercando invano di mingere.
Quando gli ululati hanno raggiunto il livello ‘amplesso collettivo di dodici hutt in calore dentro a una caverna con l’eco’, impossibilitato ad abbattere il wookiee vado alla ricerca di Hyaskon. Il capitano medico ascolta il problema, prepara uno dei suoi punturoni e mi fa: “Si metta un impermeabile, Veers.”
Un impermeabile? Perché?”
È un appassionato di blue shower?*”
Mai sentito. Non mi pare un cocktail.”
Le confermo che non lo è, a meno che lei non abbia delle perversioni decisamente inconsuete. Allora, questo impermeabile?”
Per fare?”
Hyaskon sospira e comincia a parlare come se avessi la sindrome di Down: “Quando fare grande punturone a wookiee, wookiee pisciare peggio di irrigatore da giardino. Impermeabile: a posto. Niente impermeabile: annegato. Chiaro?”
L’unica cosa che non mi è chiara, Hyaskon, è perché devo andare io a fare il punturone al wookiee. Io le ho mai chiesto di pilotare il TIE fighter al posto mio?”
Solo perché qui non ci sono TIE fighter,” brontola il capitano medico.
Mi defilo con eleganza lasciandolo alle prese con il suo dovere.
Nel frattempo, tanto per impiegare proficuamente il tempo, vado alla ricerca di Atama So. Non perché la sua compagnia sia chissà che raffinato piacere, ma perché vorrei cercare di prenotare un trasporto che ci faccia arrivare in qualche posto meno umido di Kamino ma più ricco di alcol.
Il languido indigeno sta togliendo da un gancio quel che resta di un casco di banane. Io osservo incuriosito, sia perché fino ad ora avevo visto i caschi di banane solo in ologramma e poi perché mi chiedo a cosa possa servire (a parte mangiare le banane, cosa che non ho mai visto fare né ad Atama So, né a Tani Du).
Visto che se lo chiedo a me non ottengo risposta, giro la domanda al comandante.
Questi mi fissa come se gli avessi chiesto a cosa serve il culo. Scopro finalmente come si misura il tempo su Kamino: in banane.
Atama So mi elargisce una complicata disamina il cui sunto, alla fine, è che quando un kaminoano deve fare qualcosa si procura un casco di banane e ne stacca (e mangia, se è un vizioso) una ogni tot. Quando le banane sono finite, è finito anche il tempo per fare quella determinata cosa.
Noto che le nostre banane stanno volgendo al termine, il che non è certo un male.
Culturalmente arricchito, chiedo ad Atama So di procurarci dei posti su un trasporto.
Per dove?” mi chiede cortesissimo il gommoso alieno.
Perché girarci intorno? “La Morte Nera o qualsiasi pianeta non B’omarr,” rispondo.
Temo di non poterla accontentare, capitano,” sospira desolato il mio interlocutore. “Ai seguaci della regola B’omarr è proibito andare in posti dove non si segue la regola.”
Scusi, e se uno non segue la regola B’omarr ed è ospite del vostro pianeta come fa?”
Mi rivolge un sorriso. “Potrebbe convertirsi, capitano,” mi propone.
Senza offesa, piuttosto mi taglio le palle e le metto in formalina,” rispondo, mentre un brivido d’orrore mi gira su e giù per la schiena. Poi mi viene un’ideona. “Tatooine?” propongo.
A Tatooine seguono la regola B’omarr come io seguo la disciplina militare, potremmo anche sfangarla.
Mi accenna di sì con la testa. “Quello va bene,” approva. Io sorrido fra me e me già pensando alle bettole di Mos Eisley e ai cocktail gamorreani che colà vengono serviti.
Tramite il terminale della nave kaminoana mi procuro i biglietti. Per fortuna che ho la Imperial Platinum qui con me, altrimenti sarei stato costretto a vendere la twi’lek per pagare il trasporto.
Torno a terra. Probabilmente i miei simpatici compagni di viaggio percepiscono l’aria di partenza, perché tutto sta lentamente tornando alla normalità: per fortuna Fjo’ona ha smesso di fare la camerierina e giace sulla spiaggia in pieno sole unta come una cotoletta. Il wookiee, finalmente libero di mingere come vuole, ha smesso di emettere ululati e sta sistemando il tostapane di Kurtz.
Hyaskon sta bevendo un caffè nero con lo sguardo perso nel vuoto. Quando mi vede arrivare, con tono cupo dice: “Vedrà che la nostra nave si schianterà da qualche parte.”
Anch’io sono contento di rientrare,” gli rispondo, prendendo posto dall’altra parte del tavolo. Guardo il caffè con poca convinzione, poi mi dico che da qualche parte nell’universo saranno le cinque di pomeriggio e prendo una birra dal frigo.
Arrivano a questo punto i tre soldatini, che si fermano a un metro dal tavolo e rimangono a guardarsi con aria irresoluta. Capisco subito il problema: a uno dei tre toccherà sedersi accanto al capitano Hyaskon, e Zuccherino, Pasticcino e Biscottino non ne vogliono sapere.
Il lugubre dottore però li ha già puntati. “Chi è che viene a sedersi sulle ginocchia di papà?” chiede con un sorriso inquietante.
Ma prima che uno dei fanciulli possa eroicamente immolarsi, entra la Du Bal scarmigliata e ansante, emette qualcosa che potrebbe essere tanto un saluto in geonosiano quanto un’aerofagia fuori controllo e salta a piè pari in braccio al capitano medico. “Papà!” bercia, poi gli stampa due bavosi baci sulle guance.
Veers, me la tolga di dosso!” esclama Hyaskon, cercando senza successo di arginare gli slanci affettivi della regredita docente.
A me pareva che lei avesse degli afflati paterni,” rispondo. Sorseggio tranquillamente la mia birra.
Via, se ne vada!” protesta il capitano medico.
E lei, imperterrita: “Papà! Papà!” Continua a sbaciucchiarlo come se non ci fosse un domani.
Zuccherino!” urla lui disperato, “La mia borsa!”
Intanto che il soldato va a recuperare l’unica speranza di salvezza di Hyaskon, la Du Bal gli si mette cavalcioni sulle ginocchia e comincia a saltellare. “Fammi il dewback, papà!” esclama. “Corri, corri, dewback!”
Veers!” ulula di nuovo il mio collega. “Questa carampana pesa come un bantha! Me la tolga di dosso!” Annaspa disperatamente nella mia direzione.
Dal momento che ho finito la birra, decido di fare la mia buona azione quotidiana. Mi alzo, raggiungo la saltellante professoressa e la agguanto a mezzo corpo con l’intento di tirarla indietro.
Appena si sente afferrare, la Du Bal rinsalda la presa sul capitano medico e comincia a strillare imitando le bizze della tipica bambina che scioglierei volentieri nell’acido.
La faccenda va avanti per qualche minuto, poi attirato dai clamori si affaccia Waxen, e ai suoi occhi si offre il seguente spettacolo: Hyaskon seduto sulla sedia, con la Du Bal in braccio che va sue e giù e io dietro, cavalcioni a mia volta sulle sue ginocchia, abbracciato alla professoressa. Tutti e tre stiamo variamente urlando e grugnendo.
Visto da fuori, è un perfetto sandwich.
Poco importa, naturalmente, che nessuno di noi abbia la minima voglia di approfittare delle grazie della squinternata Du Bal, il quadro è quello di un threesome (siamo in tre) granny, fat (la Du Bal) uniform (io e Hyaskon) e ci metterei anche anal, visto che nel sandwich è contemplata la frequentazione di entrambi gli accessi al piacere.
Il colonnello dapprima rischia seriamente l’infarto. Poi, non appena si è ripreso dallo shock si mette le mani a brocca sui fianchi e comincia a sbraitare: “Veers! Che lei fosse un pervertito senza principi morali l’avevo capito, ma adesso ha veramente passato ogni limite! Copule a tre e contro natura davanti a dei ragazzini!”
I ragazzini sono Pasticcino e Biscottino, che in effetti stanno seguendo la scena piuttosto basiti.
Con una signora che potrebbe essere sua madre, poi! Si vergogni!” Poi, dopo una pausa impiegata a scrutare Hyaskon: “E chi è quel suo laido complice con la faccia da beccamorto? Provo disgusto per entrambi, sappiatelo!”
Mentre Waxen inveisce con tutto il fiato che ha in corpo, riesco finalmente a estirpare la Du Bal. Per quanto il colonnello abbia finalmente davanti agli occhi la prova della nostra innocenza, ovvero patte dei calzoni perfettamente chiuse e membri rintanati nelle profondità più segrete delle mutande, la faccenda non smuove di un millimetro la sua determinazione: continua a berciare imperterrito minacciando corti marziali e battaglioni punitivi.
La docente, però, cui nel frattempo non è passato l’afflato parentale, tende le braccia verso di lui e urla: “Nonno!” Dopodiché lo carica a testa bassa, lo agguanta sollevandolo letteralmente da terra e anche a lui stampa due bavosi baci sulle guance.
A questo punto è Waxen che comincia a ululare di essere salvato.
Vado a prendermi un’altra birra, e siccome in cucina c’è un po’ troppo casino mi trasferisco all’aperto, su una delle sdraio del giardino.
Dalla casa giungono le strida, ma fortunatamente non disturbano poi più di tanto.
Dopo un po’ che sto bevendo in tutta tranquillità arriva Kurtz. “Chi è che sta urlando?” mi chiede.
La nostra docente di dialetti alieni,” gli rispondo, “si è data la crema solare kaminoana e pare che abbia avuto effetti neurotossici. Si è rincoglionita.”
Capisco.” Prende posto a sua volta su una sdraio, noto che ha anche lui una birra. “Non sarebbe meglio un colpo in testa e via?” propone.
Ci avevo pensato, ma credo che sarà più divertente sguinzagliarla nella sala riunioni quando Tarkin sta facendo il briefing con gli ufficiali superiori.”
Ci riflette un po’ su. “In effetti...”
Continuiamo a bere in silenzio. Nei rari momenti in cui Waxen e la Du Bal non sbraitano come ossessi, la risacca e il vento tra le palme ci accarezzano le orecchie.
Ci vorrebbe un buon bar e poi questo posto diventerebbe persino accettabile,” dico dopo un po’. Poi, guardandomi intorno alla ricerca d un’altra birra: “Seriamente, colonnello: ma che ci è venuto a fare in questo posto?”
Si pesca bene,” è la laconica risposta.
E…?” lo incoraggio, ben lontano dal pensare che uno possa stare in questo posto di merda solo perché si prendono dei pesci.
Kurtz mi fissa. “Capitano, ricorda cosa ha letto di me quando era su Sullust?”
Sissignore.”
E secondo lei, cosa mi impedisce di tornare alle vecchie abitudini con lei?”
Deglutisco a vuoto. “La mia simpatia?” propongo.
E…?” fa lui con lo stesso tono che ho usato io prima.
La mia rara sensibilità nell’evitare di insistere su determinati argomenti?”
Vedo che ci capiamo.”
Messaggio ricevuto. Non saprò mai se Kurtz prende una tangente sugli ordini di eserciti che vengono fatti ai kaminoani o se ha una tratta di alcol di contrabbando, ma penso che alla fine non sia compito mio svelare tutti i misteri dell’Universo. A me basta solo sapere cosa c’è in fondo a ogni le bottiglia di birra che mi capita in mano, poi al resto ci penserà qualcun altro.
In ogni caso, a prescindere dalle informazioni riservate o meno che potrei apprendere, il proverbio dice: non svegliare il ragnkor che dorme. Credo che sia opportuno ripartire verso lidi meno pericolosi e lasciare ‘Polpetta’ Kurtz alle sue attività, qualsiasi esse siano.
Comincio a caricare gente sulla nave. Con i tre soldatini è facile, basta dire loro di salire su e sono addirittura felici di abbandonare questo luogo arcano, misterioso e pieno di bevante inebrianti.
La tw’lek è ancora sulla spiaggia. Dopo breve contrattazione e minaccia di chiamare Kurtz (di cui da ieri ha un sacro terrore), si trasferisce sulla terrazza panoramica e riprende la cura del sole da dove l’aveva interrotta.
Hyaskon è sempre seduto al tavolo esattamente come l’ho lasciato, però senza la Du Bal in braccio. Essendosi nel frattempo riappropriato della sua borsa, sta costruendo uno dei suoi cocktail farmacologici per affrontare il viaggio. “Sarebbe troppo triste morire e non poter vedere il mio cadavere smembrato,” mi spiega. “Meglio non rendersi conto di niente.”
Capisco,” gli rispondo. “Quindi il suo piano è salire sulla nave, ingollarsi quella manciata di pastiglie e dormire fino a nuovo ordine?”
Esatto.”
E come conta di essere trasferito dalla nave kaminoana al trasporto per Tatooine?”
Supponevo che qualcuno mi avrebbe portato.”
Lo sa cosa si dice, Hyaskon? La supposizione è la madre di tutte le cazzate. Se non vuole aprire un ambulatorio qui su Kamino, le consiglierei di aspettare un po’ prima di drogarsi.”
Il capitano medico lancia un’occhiata di nostalgia al mucchietto di farmaci, poi alza di nuovo lo sguardo su di me e mi fa: “Lei sa essere decisamente sgradevole quando vuole, Veers.”
Detto da un tossicodipendente necrofilo e con un insano appetito per i ragazzini è quasi un complimento, Hyaskon.”
Abbandonato il collega al suo destino, vado alla ricerca degli ultimi e più disastrati membri della spedizione, ovvero Waxen e la Du Bal. Non tanto perché sia affezionato a loro, quanto piuttosto per fare cosa gradita al caro governatore Tarkin. Lui mi ha mandato a fare questa missione di merda nel buco del culo dell’universo sperando che io ci rimanessi secco insieme a Waxen, il minimo che posso fare è riportargli Waxen sano e salvo e sguinzagliarlo per la Morte Nera assieme alla rincretinita Du Bal.
La coppia di squinternati sta passeggiando sulla spiaggia. Vorrei dire mano nella mano, ma l’esimia docente si sta muovendo con la sua ormai consueta andatura pseudo-quadrupede e ogni tanto scava buche nella sabbia, mentre il colonnello le sta raccontando un aneddoto composto da spezzoni di ricordi relativi a cinque diversi episodi. Sembra non abbia notato nulla di strano nella docente, anzi le assicura come al solito che se avesse saputo che su questa sperduta isola di Aquarian c’erano signore così affascinanti si sarebbe organizzato per rimanere di più.
Signore, siamo attesi sulla Morte Nera,” gli dico, sperando che il richiamo al dovere lo distolga dal fare il cicisbeo con la squinternata.
Ovviamente, ciò non accade. Il colonnello mi fissa costernato e mi fa: “Lei non ha un minimo di classe, giovanotto. Non vede che sono in compagnia di una signora?”
La Du Bal sta grufolando in una delle sue buche a culo per aria.
Freddo come gli attributi di un wampa, replico: “Colonnello, quando il dovere chiama, non c’è signora che tenga.”
Scattano le mani a brocca sui fianchi. “Ma guada un po’ questo ragazzino con la bocca ancora bagnata di latte che si permette di venirmi a insegnare come si fa l’ufficiale!”
Alzo gli occhi al cielo.
E non faccia quell’espressione di sufficienza, sa?” mi rampogna Waxen. “Quando avrà la mia esperienza potremo parlare da pari a pari, giovane capitano, ma fino ad allora le consiglio di mostrare più rispetto!”
Mi guardo intorno. Non ci sono testimoni, a parte la Du Bal, e l’idea di portare il pestifero vecchietto a Tarkin sta prepotentemente venendo soppiantata da un’altra idea. La mano scivola verso il blaster…
Signor capitano,” fa una voce da hostess alle mie spalle.
Porca puttana. Atama So non ha mai messo piede, o qualsiasi appendice abbiano i kaminoani sotto quella specie di sottana, a terra da quando lo conosco, e quale perfetto momento sceglie per farlo? Questo.
Ma ce l’hanno un pregio, questi alieni del cazzo? Uno, eh. Non ne voglio mica duecento. Me ne basta uno.
Dica, comandante.”
Mi chiedevo, capitano Veers, cosa preferirebbe per il pranzo di addio.”
Sospiro. “L’unica cosa che vorrei, comandante, è anche l’unica che lei non toccherebbe nemmeno con una gaffa.”
L’acqua sporca?” chiede il perspicace alieno.
Già.”
Non so davvero cosa ci trovi di così gradevole,” replica stringendosi nelle spalle.
Non perdo tempo a spiegarglielo. Gli dico di affidarsi al suo estro culinario, il che è un po’ come dire a me di affidarmi alla mia puntigliosità, e poi lo congedo. Mi rivolgo di nuovo a Waxen: “Quindi, signore, io torno sulla Morte Nera da solo e quando Tarkin mi chiede di lei riferisco che ha preferito restare su un atollo tropicale a tubare con una tardona?”
Ma certo che no! Cosa le viene in mente?”
Mi stringo nelle spalle con aria innocente. “È stato lei a dirmi di non disturbarla con questioni di servizio perché era in compagnia di una signora...”
La sua grettezza da burocrate, capitano, mi colpisce negativamente. Non riesce nemmeno a riconoscere l’attimo di romantico abbandono che coglie un guerriero alla vista delle grazie muliebri.”
Io lo guardo con la faccia da droide e non favello.
Lei è il tipo peggiore di militare: quello freddo, attaccato al regolamento, che non vede altro che il dovere...”
Pur faticando per rimanere serio, continuo a fissarlo impassibile. Sta per partire con un’altra requisitoria, ma io lo fermo perentoriamente con un gesto. “Ora basta, signore. La partenza è alle zero-nove-zero-zero ora locale. Adesso sono le zero-otto-tre-zero. Veda lei che esempio sta dando ai suoi subalterni, che dovrebbero vedere in lei un modello a cui conformarsi.”
Gli giro il culo e me ne vado col passo rigido di un sodomita che ha avuto un incontro a pi greco mezzi con un gungan superdotato.
Nonostante lo sdegno e il fastidio, il colonnello si risolve a tenermi dietro, e così fa la squinternata docente. Visto da lontano assomiglio al volontario di un’organizzazione benefica che porta a spasso due rincoglioniti.

La simpatica nave kaminoana parte alla volta di Addu dopo baci e abbracci con il colonnello Kurtz. L’ex delirante, genocida, stupratore di inermi e antropofago rimane sul pontile a sventolare il fazzolettino bianco mentre noi ci allontaniamo.
Io saluto con ampi gesti, poi me ne torno in cabina a rimirare la cassa di birra che mi ha regalato per il viaggio. La contemplo per un po’, poi un’orribile verità mi afferra le gonadi e le torce come uno strofinaccio bagnato: appena arrivo a uno spazioporto più grande di un foruncolo sul culo di un jawas, queste birre mi verranno sequestrate!
Già ho davanti agli occhi l’agghiacciante visione del doganiere che ghermisce schifato le bottiglie e le vuota nel cesso…
No! questo non deve accadere.
Deciso come un mandaloriano, mi dirigo da Atama So e gli chiedo: “C’è un atollo da bagno qui in giro?”
Da bagno?” fa eco stupito.
Sì, palme, spiaggia, quella roba lì. Voglio fermarmi un po’.”
Ma capitano, rischiamo di perdere il trasporto!”
Al massimo prenderemo quello dopo,” replico noncurante.
Dovrà ricomprare i biglietti.”
Alzo le spalle con indifferenza. Ormai l’ho talmente usata, la Imperial Platinum, che biglietto più biglietto meno…
Trovi un atollo, Atama So,” gli ingiungo, dopodiché vado alla ricerca del capitano medico.
Hyaskon è rintanato nella sua cabina. Essendogli stato vietato il paradiso artificiale, è incazzato nero e più odioso di Fjo’ona in down da Laguna di Sogno. “Cosa vuole adesso, capitano?” mi accoglie acido, “vuole proibirmi anche si dormire?”
Scuoto la testa. “Voglio che venga a bere qualche birra con me.”
Il necrofilo, che era già pronto a lanciarmi un’altra bordata, di fronte all’invito si commuove. “Davvero?”
Sì, ne ho una cassa intera. Troviamo una bella spiaggia con le palme e la finiamo prima di andarcene a casa.”
Che pensiero carino.” Poi, dopo una pausa, con aria pensosa: “Potrei ubriacare uno dei ragazzini e portarmelo da qualche parte...” altra pausa, densa di fantasie inconfessabili. “Oppure un paio. O anche tutti e tre.”
Hyaskon...”
Che c’è, ne vuole uno anche lei? Il biondino no, però. È il mio preferito.”
No, grazie. Anzi, ora uso la Forza e la convinco che nemmeno lei vuole uno dei ragazzini.” Gli faccio delle mosse suggestive davanti agli occhi. “Funziona?” mi informo poi, vedendolo in stato di perplessità.
Negativo. Anzi, non si giri, Veers, perché lei non è affatto male da dietro.”
Ah, ehm… buono a sapersi,” gli rispondo, rinculando con cautela verso la porta. “La aspetto su, eh?”
Mi fiondo in coperta prima che a Hyaskon possano venire idee strane.
Nel frattempo abbiamo scovato un bell’atollo da bevuta, con tanto di palme fruscianti, spiaggia candida e onde cristalline. Pur non capendo la nostra predilezione per l’acqua sporca, fedele alla consegna Atama So sta già ormeggiando la nave.
Ovviamente in coperta c’è già la twi’lek che saltella con tutto l’armamentario da spiaggia pronto. I tre ragazzini, ignari del pericolo, stanno ascoltando Hyaskon che descrive loro i rischi derivanti dalle ustioni solari. Alla fine della concione, come prevedevo, si offre di spalmarli di crema solare, soprattutto nelle parti più delicate. Meno male che stiamo rientrando alla base, altrimenti tra un po’ dovrò cominciare a frugare io nella sua borsa per sedarlo con dei cocktail di farmaci.
Portiamo fuori la cassa di birra e la carichiamo sul canotto argentato, poi caliamo in acqua il natante. Mentre siamo impegnati nella delicata manovra, si presenta Waxen e chiede: “Che sta facendo, giovane capitano?”
Stavolta mi sono preparato la risposta. “Signore, esercitazione di nuoto,” gli rispondo compunto.
Il vecchiaccio aggrotta la fronte. “Giovane capitano, ma possibile che sia così sprovveduto?” sospira. “Dobbiamo prendere un trasporto per rientrare sulla Morte Nera. Non le pare prioritario rispetto a un’esercitazione?”
Ma com’è che con questo vecchio fossile non ci prendo mai? Ben deciso a bere le mie birre in pace, insisto: “Signore, c’è tutto il tempo. Un po’ di nuoto prima di un lungo volo iperspaziale fa molto bene alle truppe, è ben noto. Vuole sentire il parere del capitano medico?”
Subito Hyaskon, che ha già sottomano un bel flacone di crema solare (che per la verità somiglia in modo sospetto a un lubrificante), conferma. “È la recente procedura per evitare trombosi venose profonde,” spiega dottamente.
Mi volto verso il capitano medico: “Cioè, per evitare la trombosi alle reclute vorrebbe trombarsele? Non mi sembra una cosa molto sensata.”
Profano,” è l’unica cosa che ritiene di rispondermi, poi mi volta le spalle con sdegno.
Hyaskon, non si giri così che mi fa venire certe idee,” gli dico, sperando di farlo fuggire come lui ha fatto prima con me.
Senza neanche guardarmi, il capitano medico si limita a rispondere: “Non a secco, nel caso,” e mi passa il flacone di cosiddetta crema solare. Io rimango lì come un cretino con il lubrificante Kul-Rott al muschio di Endor in mano e probabilmente anche con la faccia da scemo.
Waxen mi guarda, scuote la testa e fa: “Non sapevo che avesse certi gusti, Maximilian. Ora si spiegano molte cose.”
Si spiega cosa? Naturalmente non è dato saperlo.
Rinuncio a rispondere, peggiorerei solo la mia situazione. La mia unica fortuna è che probabilmente fra mezz’ora il fossile si sarà dimenticato tutto.
Il lato positivo di tutta la faccenda è che scendiamo a terra. La twi’lek si fionda a prendere il sole, la Du Bal ricomincia a scavare buche nella sabbia, Lothar si accinge a una delle sue peregrinazioni di albero in albero.
Io trovo un bel posticino all’ombra e finalmente riesco a godermi un atollo con la prescritta fornitura di birre.
Passa qualche tempo, poi un po’ tutti cominciano a venire all’abbeverata. Dapprima il wookiee, che dopo tutto quello che ha pisciato ha una gran sete, poi la Du Bal, che tanto peggio di così non si può ridurre. Anzi, magari con un po’ di birra migliora.
Alla fine, sotto lo sguardo sdegnato dei kaminoani siamo tutti con una bottiglia in mano.
Siccome la tolleranza alla birra del gruppo è in generale molto bassa, dopo un quarto d’ora c’è un’ondata di ubriachezza molesta generalizzata. Stavolta ai soldatini ha preso la sbronza divertente e i tre ridono a crepapelle di qualsiasi cosa, persino delle lubriche spalmate di crema di Hyaskon.
Persino la pitonata abbandona il telo da bagno in favore di una bottiglia di birra.
Si susseguono interessanti momenti ludici collettivi: la foto dei culi, la piramide umana e la partita a football con una noce di cocco trovata sulla spiaggia, il tutto sotto gli occhi stupefatti degli autoctoni.
Quando torniamo a bordo, ridacchiando e dandoci spinte l’un l’altro, la cassetta di bottiglie è desolatamente vuota e il sole si sta già avviando verso l’orizzonte.
Merda, è tardissimo!” esclamo tornando brutalmente alla triste e analcolica realtà.
Il colonnello ridacchia. Si è appeso un paio di collane di fiori ai baffi tuttora irrigiditi e scrolla la testa facendole ondeggiare. Sdraiata sul fondo del canotto, la Du Bal rutta soddisfatta anche mentre il piccolo natante viene issato dal paranco.
Partiamo pancia a terra alla volta di Addu, sperando di riuscire a beccare il trasporto nonostante i cazzeggiamenti.
Mentre la nave procede a tutta velocità sollevando tsunami di spuma, nelle varie cabine vengono recuperati i bagagli, che per qualche misterioso motivo sono aumentati ancora di dimensioni. Fjo’ona, pitonata e leopardata in vista della partenza, trascina in coperta un trolley fucsia dalle cerniere pericolosamente vicine al collasso, grondante di orpelli e lustrini. Le tre reclute hanno altrettanti zaini militari, stipati di ciarpame inutile fino alla massa critica. Lothar spinge fuori dalla cabina di Waxen una specie di sacco da cadaveri gonfio come se contenesse otto salme dimenticate al sole per una settimana. La Du Bal, che aveva a sua volta un trolley grosso come un bantha, si presenta a piedi nudi, con addosso una specie di vestito bianco che somiglia molto a un sottanone kaminoano e in mano un sacchetto di un supermercato locale. Alle sue spalle scorgo con orrore Tani Du con addosso un suo vestito.
Non voglio sapere cosa facevano questi due nel corso dei loro incontri erotici.
Arriva infine anche Hyaskon, tirandosi dietro un contenitore da trapianto di organi utilizzato come valigia e l’immancabile borsa delle meraviglie che tante volte ha salvato (o devastato) qualcuno.
Io non ho gran che da portare, secondo il principio che tutto ciò che pesa e non è alcol serve a poco. Tolte alcune cose di immediata necessità come le camicie hawaiane, bastano i documenti e la carta di credito, meglio ancora se altrui come in questo caso.
Nel frattempo compare all’orizzonte lo spazioporto. Atama So abbandona per un attimo il timone e dice qualcosa in un comunicatore.
Con grande flemma, un’altra hostess gli risponde qualcosa.
L’indigeno si volta verso di me e dice: “Dovete fare più presto possibile, il trasporto sta aspettando voi.”
Lo fisso basito. “Aspetta noi?”
Certo. Sarebbe stato molto scortese da parte del comandante del volo partire e lasciarvi qui.”
Kaminoani. E non me lo poteva dire prima, cazzo? Avrei bevuto più in fretta.
Sbarchiamo allo spazioporto con tutta l’orrenda mole di bagagli e subito guardiamo il tabellone con indicati i trasporti in partenza. Nel nostro campeggia la dicitura ‘rimandato causa passeggeri in ritardo’, così, giusto per non farci sentire in colpa.
Dopo sommari saluti ai nostri due kaminoani nautici, sospingo il branco di rincoglioniti verso il nostro gate. La Du Bal naturalmente si attarda in strazianti addii col suo gommoso amante, poi ci raggiunge alla meglio inciampando nell’orlo del sottanone kaminoano, che essendo fatto per esseri alti circa un metro più di lei le risulta un po’ lungo.
Fjo’ona arranca sui sabot con la zeppa tirandosi dietro il mostruoso trolley, che emette suoni di campanellini e sbrilluccica tutte le volte che sobbalza su qualche asperità del terreno.
Dei tre soldatini si vedono solo le gambe sotto altrettante mostruosità debordanti di ciarpame militare.
Waxen è accomodato sul sacco da cadaveri con tanto di baffo irto e braccia incrociate sul petto. Lothar se lo tira dietro tipo slittino.
Il capitano medico se ne va con la sua borsa di porcherie e la cassetta termica da organo e io ho un modestissimo zaino militare, nel quale non ho nemmeno occultato una birra.
Chiaramente alle guardie doganali non pare vero di vedersi passare davanti tutta l’abbondanza rappresentata dai nostri bagagli. Immediatamente fermano la comitiva e pretendono di rovistare in ogni singola valigia.
Cominciano da quella di Fjo’ona e incautamente aprono la lampo che la teneva serrata. Assistiamo a un’esplosione di reggipetti, bikini, scarpe col tacco, cosmetici, boa di piume, baby doll, reggicalze, pizzi e paillettes. Di fronte a quel disastro, l’aliena è colta dal panico e comincia a strillare mentre raccoglie freneticamente tutta la sua roba. Per inseguire i rossetti rotolati per ogni dove si mette a quattro zampe e comincia a girare su e giù così, con la minigonna che le sale a metà chiappa e le tette che strabordano fuori dalla scollatura. In breve tutte le sottane dei kaminoani e anche parecchie patte di viaggiatori non indigeni cominciano ad assomigliare a delle tende da campeggio. Qualcuno tira fuori lo smart-comlink e filma la scena. Fjo’ona piagnucola raccogliendo cosmetici, ignara di aver appena causato circa duecento erezioni.
Per evitare una gangbang aiutiamo la pitonata a recuperare la roba, poi io mi siedo sulla valigia e Lothar la chiude. Il doganiere, nel frattempo, avrebbe la pretesa di frugare nel sacco da cadaveri di Waxen, ma un ringhio del wookiee lo convince che si tratta di una pessima idea.
Riusciamo a passare.
Sul tabellone il nostro trasporto sta lampeggiando come il conto alla rovescia di un detonatore termico. Ormai anche la pur tenace pazienza dei kaminoani si sta sfaldando e siamo a rischio di sfanculamento da un momento all’altro.
Frusto il gruppo di rincoglioniti come se non ci fosse un domani, fregandomene dei sabot pitonati, dei piedi nudi e degli zaini pesanti. Saliamo sulla rampa in ordine sparso, chi lamentandosi e chi imprecando, e ci lasciamo cadere sui nostri sedili con un sospiro di soddisfazione.
Subito sentiamo un ruggito del wookiee e la voce di una hostess kaminoana (quindi praticamente una hostess al quadrato) che soavissimamente dice: “Oh, mi dispiace tanto, sono desolata...”
Comincia a picchiettarlo sulla testa con un fazzoletto.
Lotahr grugnisce qualcosa che si potrebbe tradurre come ‘Tusken-Cola di merda’ e recupera il bicchiere che la hostess gli ha appena versato in testa.
Sebbene l’aria condizionata sia gelida, il trasporto sia di una tristezza analcolica indicibile e il mio posto sia tra il finestrino e la squinternata Du Bal, non posso fare a meno di sentirmi assai sollevato: basta con Kamino, con i B’omarr e con Kurtz. Sebbene poi Kurtz avesse anche una bella collezione di birre, in fin dei conti…










* Come è ben noto, l’urina del wookiee è azzurra (la usano per fare la pubblicità degli assorbenti al posto di quella umana, che essendo gialla è antiestetica).

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Capitolo 22
*** Rapporto 07 (che però proviene dal Credito Coruscano) ***


Rapporto 07 (che però proviene dal Credito Coruscano)

Tarkin!” La voce irata del signore dei Sith fece tremare chiunque. Tutti quelli che si trovavano sul ponte di comando della Morte Nera divennero immediatamente impegnatissimi nei rispettivi compiti.
L’unico a mantenere la tranquillità fu proprio il Governatore, che con la massima calma replicò: “Avevi bisogno, Vader?”
Se avevo bisogno? Guarda qua!” Mostrò all’interlocutore il palmare, sul quale stava scorrendo una fila di cifre, tutte di colore rosso.
Tarkin osservò i numeri con distacco, poi chiese: “Cosa sono? Gli elenchi delle vittime di qualche pianeta ribelle distrutto?”
Magari lo fossero. È l’estratto conto della mia Imperial Platinum.”
L’altro diede una seconda occhiata, sollevò le sopracciglia e disse: “Però. Per fortuna che hai credito illimitato, eh. Ma si può sapere cos’hai comprato con cinquantamila crediti?”
Non ho comprato niente, io. Qualcuno deve avermela rubata!”
Il Governatore diede un’altra occhiata. Di nuovo sollevò le sopracciglia al passare di una cifra particolarmente importante. “Uhm. È chi è stato?”
E come cazzo faccio a saperlo?”
Tarkin sogghignò, erano anni che sognava di dirlo: “Il deprecabile attaccamento che professi alla tua religione non ti dà la chiaroveggenza necessaria a capire queste cose?”
Vaffanculo,” gli rispose spiccio il signore dei Sith, che di fronte alle questioni finanziarie diventava sempre assai nervoso.
L’altro fece spallucce. “Se non ci arrivi con la Forza, prova con la logica. Hai visto dove sono state fatte le spese più grandi?”
Vader si costrinse a distogliere l’attenzione dalla mera immanenza delle cifre e la spostò ai luoghi ove tali cifre erano state spese: Sullust e Kamino.
Sullust e Kamino… Sullust e Kamino…
Veers!” sbraitò infine il gigante nero. “Maledetto cialtrone bastardo infame ladro profittatore e schifoso!”
Tarkin gli rivolse uno sguardo serafico. “Dà fastidio, vero?” s’informò pacato.
Quell’ignobile, disgustoso e lurido truffatore. Vado io, signore, non si alzi. E mi ha sostituito la Imperial Platinum con la tessera dell’olonoleggio! Ma non finisce qui, lascia che quel figlio di una meretrice tusken metta piede qui sulla Morte Nera e vedi che fine gli faccio fare!”

Nello stesso momento, sul trasporto per Mos Eisley:
Che c’è Veers, non si sente bene?”
Non lo so, Hyaskon. Un tremito nella Forza.”
Nel senso che deve andare al cesso?”
Ma no. Non sia sempre così prosaico, dannazione. È come se ad un tratto ci fosse qualcuno nell’Universo che inveisce contro di me e mi minaccia di cose orribili.”
Ormai non dovrebbe averci fatto l’abitudine alla gente che inveisce contro di lei? E poi cos’è questa storia della Forza tutto a un tratto? Sarà mica una specie di Jedi? Nel caso, posso prelevare un campione del suo tessuto cerebrale?”
No, niente tessuto, e non sono nemmeno un Jedi. Però è stata una sensazione terribile, glielo assicuro. È come se sapessi che qualcuno mi sta aspettando sulla Morte Nera con pessime intenzioni nei miei confronti.”
Detto così non mi sembra nulla di diverso dal solito.”

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Capitolo 23
*** Fine della fiera (degli imbecilli) ***


Fine della fiera (degli imbecilli)

Mos Eisley è sempre il solito casino. Scendiamo dal trasporto in mezzo a un caos di alieni di ogni specie. Ci sono i tusken che si aggirano fra i viaggiatori nella speranza di isolare qualcuno, pestarlo e depredarlo di ogni avere, i jawas sempre alla ricerca di qualche pezzo meccanico da rubacchiare, gli hutt che con tracotanza cercano di fermare qualche ingenuo, farsi passare per guardie o personaggi importanti del luogo e compiere sul malcapitato ogni genere di abusi, e insomma tutto il colore locale con il caldo soffocante, i fetori, il clamori e soprattutto la birra in vendita ovunque alla faccia dei B’omarr.
Qualche pattuglia di Sandtrooper controlla che i vari ladri, manutengoli, scippatori e truffatori rimangano nei limiti non tanto della legge, quanto piuttosto delle regole non scritte dello spazioporto.
Raggiungo un gruppetto di soldati imperiali e mi qualifico.
Il capo della squadra, un sergente, mi guarda con la massima tranquillità. Probabilmente, l’unica cosa strana ai suoi occhi è che sono un ufficiale della flotta e qui non ci sono basi di TIE fighter o Star Destroyer. Il resto del mio gruppetto, ovvero il vecchio rincoglionito, i tre scemi, il necrofilo e i civili, qui sono banale routine. “Cosa posso fare per lei, capitano?” mi chiede, con la tipica deferenza informale del soldato che ha passato anni in zone di servizio ‘calde’.
Mi servono un trasporto per la Morte Nera e un toydariano, sergente.”
Un toydariano? Se deve comprare qualcosa sono meglio i jawas, signore. Fregano lo stesso, ma perlomeno non tentano di narcotizzare i potenziali clienti per venderli come schiavi agli hutt.”
Come se non lo sapessi. “Non mi serve un toydariano qualsiasi. Cerco il vecchio Qirra Nabb, mi deve un favore.”
Il sergente inclina la testa da una parte, tipico movimento del sandtrooper o dello stormtrooper perplesso. Immagino che il bravo sottufficiale abbia una gran voglia di chiedermi perché conosco Nabb e come faccio a trovarmi nelle condizioni di avere un credito presso di lui, ma sa anche molto bene che ci sono domande che è meglio non porre, se non si è preparati a determinate risposte. Si consulta con uno dei suoi uomini, poi mi dice: “Sta nella parte vecchia del mercato, ha un magazzino di parti di ricambio.” Poi, dopo una pausa: “Non serve che le dica di stare attento, vero, capitano?”
Non si preoccupi, sergente, conosco il posto,” gli rispondo disinvolto.
Il sergente, al contrario, si preoccupa. Non credo per buon cuore nei miei confronti, ma in previsione delle montagne di moduli e rapporti che dovrebbe compilare nel caso il sottoscritto, ai suoi occhi un azzimato damerino della flotta ignaro di qualsiasi cosa, si volatilizzasse nelle profondità del mercato vecchio senza lasciare traccia.
Le mando dietro un paio di ragazzi?” propone.
Figurarsi, poi Nabb scompare come un droide se ci sono in giro dei jawas. Conosco i miei bog-wing, sergente.” Indico la zavorra dei miei nefasti accompagnatori. “Piuttosto, se nel frattempo potessi lasciare questi qui nella vostra postazione sarebbe una gran cosa.”
Non posso vedere la faccia del sandtrooper, ovviamente, ma lo sguardo che si scambia con il suo caporale la dice lunga. “Veramente...” comincia.
Per fortuna la twi’lek, che alla vista di tanta balda soldataglia era già a fare sfoggio di push-up e giarrettiere, al profilarsi della possibilità di finire in una bella caserma saluta con la manina adorna di Coruscant manicure e sfarfalla le ciglia.
Ci lascia anche quella, capitano?” si informa il sergente.
Certo.”
Affare fatto.”
Parcheggiati gli inutili, mi addentro con libidine nei postacci più luridi di Mos Eisley.
Fa un po’ strano, in effetti, un grigioverde ufficiale della flotta che si aggira in mezzo a bettole e botteghe di cianfrusaglie, tanto che i numerosissimi grassatori sempre in attesa di vittime da depredare non osano nemmeno avvicinarsi, temendo chissà quale raffinata trappola. Probabilmente pensano che io sia una specie di esca, oppure che sia un soldato talmente massiccio che se si avvicinassero li ospedalizzerei tutti quanti con mosse di arti marziali o roba del genere.
Ancora una volta, la pubblicità è l’anima del commercio.
Mi infilo nel mercato. Man mano che mi avvicino alla parte vecchia i vicoli diventano più stretti e più tortuosi, le botteghe più sordide e i venditori più insistenti. Il clima torrido di Tatooine, non più mitigato da climatizzatori o altro, si fa sentire in tutta la sua pesantezza. Nell’aria aleggiano odori di cibi alieni e dei cumuli di rifiuti nei quali razzolano gruppetti di ugnaught.
Finalmente arrivo al magazzino di Nabb, che è un enorme capannone stipato di pezzi meccanici di ogni genere, dalle paratie antilaser glitterate per navi di lusso alle guarnizioni usate degli scarichi dei gabinetti iperspaziali.
Vari droidi vanno su e giù trasportando cose.
Qirra Nabb svolazza in giro imprecando all’indirizzo dei droidi, delle cose trasportate, dei clienti, del clima, della sabbia, dell’Impero, dei ribelli e anche degli ugnaught che grugniscono contendendosi il pattume.
Ehi, vecchio filibustiere,” lo saluto.
Il toydariano si gira verso di me, stringe gli occhi scrutandomi con diffidenza. “Io conosco te, ufficiale?” mi chiede.
Un dubbio che non riuscirò mai a togliermi: perché i toydariani non sono in grado di parlare una forma grammaticalmente corretta di Galattico Base? In ogni caso, gli rispondo: “Certo che mi conosci: sono Roy Veers.”
L’alieno rimane per un po’ in silenzio, di nuovo mi scruta con attenzione, facendosi addirittura comparire una ruga di intenso lavorio mentale sulla fronte. La sua tozza proboscide si muove nella mia direzione per fiutarmi. Alla fine arretra come se fossi radioattivo. “Oh! Ah!” esclama inorridito, “Tu ‘disgrazia’ Veers. Tu stai lontano da me!” Fa segni che nella sua cultura equivalgono a scongiuri potentissimi contro malocchio, voodoo e peste nera.
Che brutto modo di accogliere un vecchio amico,” depreco.
Tu amico come attacco di emorroidi,” replica lo svolazzante manutengolo, “tu ricordi cosa successo tua ultima volta qui?”
Ero ubriaco. E poi non sapevo che il tybanio esplodesse così facilmente.”
Ah, tu non sapevi? Mio magazzino scoppiato, pezzi sparsi per tutto il deserto dello Jundland, povero Qirra rovinato come un rovista-pattume ugnaught.”
Il povero Qirra si è preso anche un bell’indennizzo dall’Impero, se non sbaglio,” replico, insensibile al tipico piagnisteo toydariano come Boba Fett alle implorazioni delle sue vittime. “Inoltre ricordo bene, nonostante la sbronza, che nel magazzino scoppiato del povero Qirra sono venute fuori certe cose, e un simpatico ufficiale imperiale ha fatto finta di non vederle, dico bene?”
Tu simpatico come attacco di diarrea quando hai appuntamento con femmina più bella della galassia,” risponde il mio interlocutore.
Noto che comunque ti ricordi l’episodio.”
Segue un momento di teso silenzio. Il toydariano mi scruta di nuovo stringendo gli occhi, infine dice: “Vecchio Qirra non nato ieri. Cosa vuoi tu da me, ‘disgrazia’ Veers?”
Ora ti spiego.”

Espletata la funzione toydariana, percorro il mercato in senso inverso, passando dai posti più sordidi a quelli più chic, di nuovo senza venire nemmeno avvicinato dai vari ladri, scippatori, rapinatori, stupratori di orifizi a prescindere e commercianti di organi. Torno alla mia simpatica pattuglia di Sandtrooper.
Fjo’ona sta tenendo banco. La squadra con cui ho parlato ha finito il turno, quindi sono tutti in uniforme grigia ad acclamare l’aliena, che sta facendo un numero di lap dance intorno al palo che consente la discesa rapida dal primo piano.
Il colonnello Waxen sta raccontando un aneddoto di guerra a un’armatura collocata sull’apposito supporto, ed è molto compiaciuto della sua educazione e della sua pazienza.
I tre soldatini, nonnizzati dai più anziani come si suole fare in ogni caserma dell’universo, sono chiusi dentro altrettanti armadietti a fare i juke-box, con la soldataglia da deserto (notoriamente la peggiore dell’Impero) che butta dentro crediti attraverso le fessure e chiede i brani più disgustosamente volgari di tutto il già trucido sottogenere delle canzoni soldatesche.
Hyaskon finalmente è riuscito a ingerire la sua manciata di farmaci ed è steso in un angolo in stato di morte apparente.
Manca la Du Bal.
Che non è un gran problema, obiettivamente. L’unica cosa che mi dispiacerebbe, casomai si fosse persa da qualche parte, è che non potrò sguinzagliarla in giro per la Morte Nera.
Cerco il sergente di prima, che sta compilando un rapporto su una vecchia tastiera. L’ufficio in cui sta lavorando ha le pareti intonacate di color deserto e un ventilatore a pale che pende dal soffitto. La temperatura evoca un altoforno a pieno regime di lavoro.
Si prenda una birra, capitano,” mi accoglie senza neanche girarsi. “Là, nel droide guasto.”
In un angolo c’è un R2-D2 di cui è rimasto praticamente solo l’involucro esterno, debitamente isolato e riempito di ghiaccio secco.
Alzo la calotta a semisfera ed estraggo una lattina.
Sergente Arvid,” si presenta il sottufficiale. “Tasti di merda,” prosegue poi. “Se deve comprare qualcosa, capitano, non vada mai dai jawas. Sono dei piccoli bastardi.”
Ma non avete le forniture imperiali?” chiedo perplesso.
Si gira verso di me. “Ha mai provato a far funzionare un cf-19 in mezzo a questa sabbia? Vanno in avaria dopo tre giorni.”
Capisco.”
Chi inventa quella roba è gente abituata a starsene sul ponte di comando di uno Star Destroyer con l’aria condizionata e microfiltrata. Cosa vuole che ne sappiano? Senza offesa, eh.”
Non pervenuta.”
Passa qualche minuto di un silenzio rotto solo dal lento ticchettare dei tasti e da qualche imprecazione del sergente Arvid, poi il sottufficiale termina il rapporto, lo spedisce e mi fa: “Sbaglio o mi aveva detto che le serve un trasporto per la Morte Nera?”
Non sbaglia, sergente. Devo fare rapporto sulla mia missione a Lord Vader e al Governatore Tarkin.”
Auguri. Dicono che da ieri Vader sia inavvicinabile.” Poi, dopo una pausa: “È sicuro che lo vuole subito il trasporto? Magari, sa come vanno queste cose, ci potrebbe essere un’avaria, una carenza di personale… e intanto lassù si calmano le acque.”
Comincia a trafficare col terminale, bestemmiando di tanto in tanto per i tasti che non vanno.
Pondero l’eventualità: un po’ di Mos Eisley, qualche cocktail gamorreano, magari mi faccio prestare un’armor e me ne vado un po’ in giro con questi tizi, che mi sembrano simpatici…
Ah, però.” La voce di Arvid mi distoglie dai miei pensieri. “Lei fa Veers di cognome, vero?”
Affermativo.”
Prenda un’altra birra, vedo che la sua sta finendo. C’è un trasporto a priorità uno per lei.”
Cosa? priorità uno? Cioè, tipo l’Imperatore o cose del genere?”
Nella mia mente comincia a lampeggiare un’enorme scritta rossa: cazzi orribili.
Non vanno in avaria le navette a priorità uno?” mi informo speranzoso.
Arvid scuote la testa. “Negativo, signore. P1 significa che il primo trasporto che va sulla Morte Nera è il suo, a prescindere dal tipo di navetta e dal carico che porta, fosse anche pattume liofilizzato.”
Stappo la seconda birra. “Pattume liofilizzato?”
Per la serra dell’ammiraglio Ozzel, signore. Concime naturale, credo.”
Faccio mente locale. Mi devo giocare bene la faccenda, altrimenti mi sa che divento io il concime naturale della serra di Baffetto.
Mi servono almeno due posti sulla navetta,” dico dopo un po’.
Arvid mi fissa perplesso. “Due posti?” Poi, con l’aria di quello a cui è sfuggita una cosa assolutamente logica: “Ah, il colonnello, certo.”
No, niente colonnello. Quello me lo mandate col trasporto dopo.”
Il sergente è sempre più perplesso. “Temo di non capire, signore.”
Lo so, non è per niente facile da capire. Ora io e lei andiamo a fare un’ispezione alla Dianoga in Piedi, se c’è ancora, e mentre ci beviamo un paio di pinte di Imperial Stout le spiego due cosette.”
Come fa a conoscere la Dianoga in Piedi?”
Io ne ho viste, cose…”

§ § §

Vader passeggiava su e giù nervosamente. Arriverà, quel maledettissimo figlio di una bagascia tusken, pensava furibondo. Arriverà, prima o poi.
Gli addetti al pontile di atterraggio XR-44 si scambiarono uno sguardo preoccupato, poi tornarono a fissare con estrema intensità i monitor che mostravano il vettore di avvicinamento.
Torre da Due Sette Sierra Bravo.”
Sierra Bravo, avanti.”
Sierra Bravo, decollato da Mos Eisley, in bound a pontile Xray Romeo quattro quattro che stima ai tre cinque.”
Avvisate quando pronto per la procedura di atterraggio, Sierra Bravo.”
Roger.”
Il signore dei Sith, che in gioventù era stato un abile pilota, seguì con attenzione la manovra di avvicinamento. Lui era lì, lo sentiva.
Lui e la Imperial Platinum, naturalmente.
Finalmente comparve all’orizzonte il puntino di una Tydirium in avvicinamento. La navicella arrivò al limitare della rampa, abbassò i pannelli alari e si dispose all’atterraggio. Vader fece fatica a trattenersi mentre sulla piattaforma veniva ripristinata l’atmosfera.
Con un leggero ronzio si aprì il portellone, subito dopo uscì la scaletta, poi non successe più nulla.
Sierra Bravo, qualche problema?” chiese la torre dopo un po’.
Negativo, torre. I passeggeri stanno per scendere.”
Passarono altri secondi. Continuava a non succedere nulla.
Sierra Bravo?”
Dal portello uscì svolazzando un toydariano, che si guardò intorno con un’occhiata che sembrava direttamente calcolare il valore di ognuna delle strutture che lo circondavano. “Ah, bella roba,” constatò soddisfatto. “Questa vale molto money.” Sogghignò e con due delle tre dita che aveva in dotazione per ogni mano fece il gesto di contare banconote.
Sulla piattaforma era calato frattanto un silenzio siderale, rotto solo dal lento respiro del signore dei Sith.
L’alieno si girò verso l’inquietante personaggio e frullò nella sua direzione. “Bel posto!” apprezzò facendo un movimento ampio e circolare con il braccio. “Bello. Roba di prima classe. First qualità. Tu signore Darth Vader, sì?” E senza aspettare risposta, soggiunse: “Io toydariano, con me trucchi di mente non funzionano. Quindi tu non muovere tua manina per strozzare.” Mimò il gesto nell’aria, casomai non fosse chiaro. “Va buono?”
Subito dopo si tolse da una delle borse che aveva in cintura un generatore di ologrammi e lo attivò.
Comparve il capitano Roy Veers, che si portò due dita della destra alla fronte in un informale saluto e disse: “Salve.”
Vader fissò l’ologramma, che sembrava seduto al tavolo di una bettola di Mos Eisley e aveva davanti una pinta di birra. Alle sue spalle lampeggiava un neon con una dianoga stilizzata e sotto la scritta ‘in piedi’.
Mi riceve, signor Vader?” chiese l’ologramma. Poi, dopo una pausa: “Beh, consideriamo di sì. Allora, le spiego un paio di cosette sulla Imperial Platinum, d’accordo? È vero, sì, diciamo che l’ho presa in prestito per un po’. Ma avevo intenzione di ridargliela, giuro. Volevo solo comprare una bambola gonfiabile di gamorreana obesa per Tarkin e fargliela recapitare durante un briefing, tutto lì. Solo che prima che potessi riprendermi dalla sbronza qualcuno mi ha agguantato, infilato dentro un’uniforme tropicale e spedito a cercare Kurtz. E io, del tutto accidentalmente, mi sono ritrovato la sua carta di credito in tasca.”
Fece una pausa, vuotò il bicchiere con un rispettabile sorso da mezza pinta, quindi disse: “Un’altra, cara.”
Una twi’lek verde depose un bicchiere pieno sul tavolo.
Grazie, tesoro.”
Veers tornò a voltarsi verso il registratore di ologrammi. “Stavamo dicendo? Ah, sì: la carta. Meno male che l’avevo con me, signore. Ha presente Sullust? Ecco, di basi imperiali non ce n’è una che funzioni per il verso giusto. Ci siamo dovuti pagare tutto. Lei ha mai sentito parlare di un nostro contatto locale che si fa chiamare Mister Beruwela? Ecco, cinquantamila crediti tutti anticipati per trasporti ed equipaggiamento, se no si andava a dorso di bantha.”
Altro sorso di birra.
E diciamo due parole anche della guarnigione di Kandy, già che ci siamo,” riprese l’ologramma. “Diecimila crediti per alloggiare nella caserma, mi spiego? O diecimila o dormire in città col rischio di essere trasformati in pastura per dianoghe. Veda lei.”
Altro sorso, fine del bicchiere, la twi’lek ne depose un altro.
Potrei andare avanti. Trasporti per Kamino, trasporti – molto più importanti – da Kamino, e così via. In ogni caso, alla fine di tutto questo casino abbiamo anche trovato Kurtz. Simpatico da parte vostra, fra l’altro, farmi scoprire che razza di personaggio stavo andando a cercare solo quando sono arrivato su Sullust.” Fece una pausa, che utilizzò per vuotare il bicchiere, quindi in tono grave concluse: “Ora, se dopo aver sentito tutto questo ha ancora voglia di tirarmi il collo, devo pensare che abbia ragione Tarkin quando la definisce un permaloso iracondo che sfoga la sua frustrazione sugli altri perché…” Fece un gesto soldatesco ed inequivocabile sostenendosi un avambraccio con l’altro e lasciando penzolare la mano del primo.
L’ologramma tremolò e scomparve lasciandosi dietro un silenzio in cui si sarebbe sentita una twi’lek pensare.

Nell’unanime costernazione, il toydariano raccolse il generatore di ologrammi, se lo infilò in saccoccia e disse: “Vecchio Qirra Nabb ha fatto sua parte. Ora ‘disgrazia’ Veers fa da solo. Saluti.”
Svolazzò verso la navetta in attesa e vi scomparve dentro.
Passarono altri lunghi secondi, il silenzio permaneva inviolato.
Infine il signore dei Sith vide una testa con tanto di berretto da ufficiale che si affacciava circospetta dal portello della tydirium.
Signor Vader, posso uscire?” si informò Veers. “È rimasto convinto dal mio messaggio?”
Nessuna risposta.
Lo prendo come un sì, signore?”
Mentre i negoziati erano in questa delicata fare del loro svolgimento, si presentò sulla piattaforma XR-44 il Governatore Tarkin in persona.
Questi apostrofò da lungi il circospetto capitano: “Veers! La pianti di giocare a nascondino e venga fuori. Pensa che possiamo permetterci di perdere la giornata dietro le sue cialtronerie?”
Beh, ecco, cialtronerie fino a un certo punto, signore. Se posso permettermi, naturalmente. Si tratta della mia pellaccia.”
Venga fuori immediatamente!”
Il capitano uscì dalla tydirium.
Subito Vader tese una mano verso di lui. Il capitano fece un passo indietro con l’aria di chi è allergico alle rose e tutt’a un tratto si trova nel bel mezzo di un vivaio in piena fioritura. “La Imperial Platinum,” ordinò il gigante nero. “E poi discuteremo di quello che mi ha detto nel messaggio olografico.”
Veers tirò fuori di tasca la targhetta di plastica, ma arretrò fino al bordo della piattaforma e da lì passò al supporto dell’antenna, una sottile passerella che si protendeva su un abisso profondo più di mille metri. Si passò un dito nel colletto dell’uniforme. “Se lei mi strozza, Vader, la carta di credito finisce con me nel reattore principale.”
Venga qui, capitano.”
Allora che fa, mi strozza o no?” Allungò la mano che reggeva la Imperial Platinum sull’orrendo baratro. Dal basso proveniva una corrente d’aria che gli faceva sventolare le falde della giacca e l’irriverente ciuffo biondo.
A questo punto intervenne Tarkin: “Vader, lascialo stare!”
Il capitano circondò l’antenna con un braccio. Guardò giù per un attimo e fece l’espressione di uno che ha appena addentato un limone, poi però disse: “Morto per morto, almeno lei non si gode nemmeno i punti Imperial Rewards.”
Vader, basta così! Ci deve ancora dire dov’è Kurtz.”
Il signore dei Sith abbassò il braccio. “Se così desideri.” Poi, dopo una pausa: “E comunque, tu ed io dobbiamo parlare di certe cose che vai dicendo su di me.”
Eh?”
Chiedilo a quel tipetto là in fondo.” Indicò il capitano, che stava ritornando sulla piattaforma d’atterraggio con l’aria di uno cui è appena passata tutta la vita davanti agli occhi.
Che cosa dovrei chiedergli?”
E Vader, di rimando: “E tu che cosa vai dicendo di me?”
Non so di che parli.” Poi, rivolto all’ufficiale: “Veers, venga qui!”
Al tempo, signore. Un altro po’ e finivo per assomigliare a un gungan stitico.”
Veers!”
Mi scusi, Governatore, ma il signore dei Stih, qui, ha la manina piuttosto pesante.”
Non mi interessa la mano del signore dei Sith.”
Veers fece un sorrisetto e sollevò un sopracciglio, tutti fecero finta di non notare.
Tarkin insisté: “Mi dica subito quello che ha scoperto su Kurtz. Cosa intendeva quando ha detto che non sarà più una minaccia per l’Impero? È morto, forse?”
Beh, proprio morto morto no, signore. Ecco, non ancora. Ma magari, con un po’ di pazienza...”
Si spieghi meglio.”
Il colonnello Kurtz vive da solo su un’isoletta e passa le giornate a pescare, signore. Niente più monarchia teocratica, genocidi e altro. Solo pesca d’altura quando è in vena di trasgressioni.”
E lei come fa a saperlo?”
Me l’ha detto lui, signore.”
Passarono lunghi secondi di silenzio. Tarkin e Vader si scambiarono un’occhiata.
Infine, con voce tagliente il Governatore disse: Io non so come lei sia venuto in possesso di queste informazioni, capitano. Posto che siano vere, naturalmente. Ma conoscendola sono certo che avrà usato dei metodi indegni di un ufficiale imperiale. Voglio un rapporto completo sulla mia scrivania entro un’ora!”
Un rapporto completo sulla sua scrivania?” fece eco Veers, che un volta scongiurata la morte era di nuovo tranquillo come se stesse parlando del tempo. “Decisamente ha dei gusti inconsueti, signore. E poi non le sembra un po’ prematuro? In fondo non ci conosciamo poi così bene…”
Non quel tipo di rapporto!” si affrettò a rispondere Tarkin. Era certo di essere arrossito. Dannato Veers, lui e le sue battute idiote.
Non si deve sentire in imbarazzo se ha certi gusti, signore,” rispose il capitano imperturbabile, “tantissime persone molto a modo hanno tendenze particolari.”
Veers, la smetta! Io non ho tendenze particolari di nessun tipo!” ribatté il governatore, con voce forse un po’ troppo stridula.
Mi scusi se lo dico, signore, ma accettare se stessi è il primo passo per una vita serena…”
Insomma, basta! Io non devo accettare proprio nulla…” cominciò Tarkin, ma in quel frangente si avvicinò un piantone e si fermò davanti a lui sull’attenti.
Ebbene?” chiese il Governatore.
Signore, un messaggio per lei sulla frequenza prioritaria,” annunciò il soldato.
Tarkin si avvicinò a un monitor e lo attivò. Comparve la faccia rugosa di un vecchietto con un bel paio di baffi all’insù. “Wilhuff, vecchio mio!” disse l’immagine, “Che piacere rivederti!”
Colonnello Waxen,” fu la gelida risposta dell’altro.
Come te la passi?” proseguì l’attempato ufficiale, del tutto indifferente al tono glaciale dell’altro. “Hai visto che siamo pieni di navi nemiche?”
Navi nemiche, colonnello?”
Ah ah, sei proprio distratto! Tutti questi Mon Calamari che girano qui intorno dove li vogliamo mettere? Li vogliamo lasciare liberi di fare i loro comodi? Ma non ti preoccupare, ho già attivato il laser: non andranno lontano, quei lestofanti!” Ghignò compiaciuto al pensiero di quello che stava per succedere.
Tarkin sbiancò. “Cos’ha fatto?”
Il laser, quello grosso. Tempo due minuti e facciamo piazza pulita.”
Per la prima volta da quando era ufficiale dell’Impero, Tarkin proferì un’imprecazione che lasciò basito chiunque si trovò ad ascoltarla. Persino dal bunker degli artiglieri, che si vedeva alle spalle di Waxen, una voce commentò: “Sticazzi.”
Subito dopo il Governatore si buttò sul blocco di emergenza e attivò l’allarme generale. Sempre imprecando in maniera orribile partì di corsa lungo un corridoio.
Da un passaggio laterale saltò fuori una donna scarmigliata con addosso un’approssimativa sottana bianca, berciò qualcosa che poteva somigliare a “Nonno!” e lo placcò mandandolo a rotolare sul pavimento.
Furono necessari quattro stormtrooper per ridurla all’impotenza. Nel frattempo una specie di azzurra estetista twi’lek piagnucolava che aveva bisogno di un bagno e non riusciva a trovarlo.

Nell’improvviso casino, Veers e Darth Vader rimasero soli sulla piattaforma. “Tutto questo è opera sua, non è vero?” chiese il signore dei Sith dopo un lungo silenzio.
Il capitano si strinse nelle spalle.
È qui da nemmeno venti minuti ed è già riuscito a far partire un allarme generale.”
Non ho fatto tutto io, signore,” si schermì l’ufficiale. Il tono era quello di chi è stato trovato su una pila di rangkor morti con in mano un temperino e si trova impropriamente attribuiti tutti gli abbattimenti.
Ci fu un altro lungo silenzio. Infine, Vader disse: “Io credo, capitano, che lei abbia un talento per creare problemi, scardinare gerarchie e suscitare confusione dove non ce ne dovrebbe essere.”
Signore, lei mi lusinga.”
È riuscito a far bestemmiare Tarkin.”
Solo una grazie all’intervento del signor colonnello.”
Il Sith tacque di nuovo. Nel cupo silenzio si udivano fievoli le pittoresche imprecazioni di Qirra Nabb, che era nella tydirium e protestava perché la navetta non stava decollando alla volta di Tatooine.
Alla fine Veers alzò lo sguardo per fissare il suo interlocutore. “Allora… io andrei?” propose. Esibì uno dei suoi celebri sorrisi disarmanti, in particolare la versione ‘OK, è stato bello. Allora ciao, eh?’
Non così in fretta, capitano,” disse però Vader.
Il sorriso disarmante si raffreddò alquanto, assumendo le connotazioni di un trisma tetanico. “Ehm… c’è altro, signore?”
Lei cosa ne dice, Veers?”
Beh, signore, lei è di Tatooine, se non ricordo male, quindi conosce il proverbio: non chiedere a Chalmun se la sua birra è buona.”
Vader si piegò sull’ufficiale sovrastandolo con la sua mole. L’altro avrebbe volentieri fatto un passo indietro per sottrarsi a quella nefasta influenza, ma era sul bordo della piattaforma e non poteva.
Con tono minacciosamente basso, il signore dei Sith gli disse: “Lei si è impadronito della mia carta di credito e l’ha usata a suo piacimento, ha lasciato vivo un pericoloso criminale che le era stato espressamente ordinato di uccidere, ha sbeffeggiato il suo superiore in tutti i modi possibili, si è ubriacato ripetutamente in servizio e di certo mi sono dimenticato qualcosa. Se volessimo vedere la sua situazione da una prospettiva strettamente militare, Veers, lei adesso dovrebbe andare sotto processo per almeno diciotto crimini diversi.”
L’ufficiale deglutì. Aveva alle spalle un baratro di mille metri, davanti Darth Vader incazzato e come prospettiva la corte marziale.
Nel silenzio siderale propose: “Immagino che non servirebbe a niente invitarla a riconsiderare la questione davanti a una birra?”
L’altro abbandonò la posizione di minaccia ed emise un sospiro. “Io devo ancora capire, Veers, se lei è molto coraggioso o molto stupido.”
Il capitano sospirò a sua volta e si passò il dorso della mano sulla fronte imperlata di sudore freddo. “Ah, non lo so, signore. Io propenderei per la seconda. Ora posso spostarmi da qui, per favore? Incomincio ad avere le chiappe un po’ strette, con rispetto parlando.”
Vader si fece da parte per permettergli di passare e in un fugace attimo si sorprese a rimpiangere di non poter più bere birra. “Quando è stato l’ultima volta al bar di Chalmun?” gli chiese.
Ci ho fatto un salto proprio ieri, signore. Sa che ha cambiato il bancone?”
Ah, non è più quello in resina di sarlacc?”
Nossignore. Adesso ne ha uno di pietra di Kashi. Quello prima gliel’ha sfasciato uno hutt ubriaco che ci è caduto sopra.”
Sull’altro c’erano le mie iniziali…”
Davvero, signore?”
Già. Nell’angolo in fondo. Ha presente dove Chalmun teneva quel punch schifoso che smerciava ai contrabbandieri rodiani?”
Ah, ora ho capito. A e S, giusto?”
Vader annuì. “Bei tempi.”
Eh, sì. Non si offenda, temo di averci anche vomitato sopra una volta. Ero sbronzo.”
Cose che succedono.”
È vero.”
Si avviarono lungo il corridoio fianco a fianco. L’allarme continuava a suonare come impazzito, raggi laser senza controllo fendevano lo spazio. Sotto i potentissimi colpi, ignari sistemi astrali venivano disintegrati uno dopo l’altro.









PICCOLO ANGOLO DELL’AUTORE:
Cari lettori, care lettrici,
e così abbiamo finito anche questa storia. Basta con imperiali squinternati e avventure demenziali su e giù per le galassie.
Un enorme grazie a tutti coloro che mi hanno seguito, a chi mi ha commentato, a chi mi ha messo in qualcuna delle sue liste ma anche a chi è passato, ha dato un’occhiata e se n’è andato, sperabilmente dopo aver fatto una risata.
Grazie davvero a tutti, e ora vado a devastarmi di birra con Veers!

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