Pretium Album

di MalfyWay65
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 

capitolo 1






«non ho voglia di andare domani» dissi, rivolta a mia madre, mentre che guardavo i cartoni con mia sorella, sedute sul divano. Mi bruciò con lo sguardo «tu vai. Sarà il tuo primo giorno li» si sedette anche lei con noi.

Sbuffai.

Non avevo per niente voglia di andare in una scuola, della quale non ricordavo manco il nome. «come si chiama?» chiesi, con Erika in braccio che cercava di dormire.

«Beacon Hills mi pare» mi rispose distrattamente.

 Erano le 23 quando mi misi a letto. Ero abituata ad andare a dormire alle 4, dormire adesso sarebbe stato impossibile, ma la speranza è l'ultima a morire.

Impostai la sveglia alle 6 del mattino, con una canzone dei My Chemical Romance come suoneria, poi iniziai a pensare. In che classe finirò? Mi troveranno strana, come succede di solito? Si, di sicuro... Per fortuna non era metà anno ma soltanto la fine di ottobre. "mi mancano le mie amiche"  pensai, con una lacrima agli occhi, alle giornate che avevo vissuto con tutte loro.

Svegliarmi fu dura. Uscii dal caldo del mio letto per vestirmi. Mi misi una delle mie solite felpe larghissime e dei leggings, il tutto nero. Dopo essermi truccata, presi lo zaino e mi avviai verso la scuola.

La prima cosa che feci appena arrivai davanti alla mia nuova scuola fu far passare le cuffiette all'interno della felpa, nel caso la giornata andasse a rilento.

Aspettai di entrare seduta su un muretto, quindi presi un libro che lasciavo sempre nello zaino. Aveva all'incirca 800 pagine, l'avevo acquistato tre giorni fa, ma dire che l'avevo divorato è poco.

   La musica si fermò e sentii il telefono vibrare, di scatto lo presi dalla tasca e vidi la chiamata in arrivo da parte di una mia cara amica «Julie? Stai andando a scuola?»

 Era da un po' che non ci sentivamo per cellulare, di solito preferivamo vederci, ma siccome per adesso era impossibile non avevamo molta scelta.

  «Si sono sull'autobus, ma ascolta» parlava velocemente come al solito, ma avevo capito dove voleva arrivare  «Come facciamo senza di te?»  mi chiese. "eh, bella domanda"  mi domandai tra me e me.


  «Eh, Juli... Non lo so, qualcosa ci inveteremo, vedrai» le risposi, per poi vedere un uomo che veniva verso di me «devo andare, è arrivato l'insegnante che mi scorta»

Seguii il signore, un po' intimidita, mentre mi spiegava alcune cose basilari che c'erano in tutte le scuole.  


«Ecco, questa è la tua prima lezione, è di storia con l'insegnante Ken Yukimura» annuì, in silenzio mi fece entrare. Mi feci avanti, con la sguardo basso. Alzai il capo e accennai un sorriso.

«Bene ragazzi» iniziò a dire Yukimura, per presentarmi «lei è Carol Way, si è appena trasferita, cercate di metterla a suo agio» poi mi fece segno di andare a sedermi in un banco, a metà dell'aula, dalla parte della finestra.

Non seguii molto la lezione, anzi, pensai agli affari miei, con una cuffietta all'orecchio, mentre i Nirvana suonavano in sottofondo.

Dopo un po' tolsi le cuffie e mi resi conto che due ragazzi dietro di me stavano parlando di qualcosa di interessante e, presa dalla noia, li ascoltai.

«Scott,ti ho già detto che Lydia non lo ha trovato.» disse uno dei due, con la faccia un po' pallida, mentre che gesticolava con le mani.

«Hai un altro piano in mente? Non abbiamo neanche una pista» sussurrò l'altro, rivolto al suo amico, quasi esasperato. «Non ancora, ma se mi dai un po' di tempo...»

«Stiles» lo fermò il ragazzo con la mascella un po' storta «Non abbiamo più tempo, la Luna Nera arriverà tra due settimane. Non abbiamo più tempo.»

La campanella suonò, facendomi sussultare, e i miei compagni di classe smisero di discutere,per poi alzarsi mentre che raccoglievano la loro roba e uscirono di corsa dall'aula.

 

La giornata trascorse tranquillamente, anche se continuai a pensare alla conversazione che avevo origliato poco prima. La Luna Nera?

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2






Corsi in biblioteca, o almeno, cercai di muovermi il più velocemente possibile senza dare nell'occhio. Presi il cellulare e scrissi un messaggio veloce a Alice, con su scritto:

STA SUCCEDENDO ANCHE QUI.

Poi lo rimisi via. “Dove cavolo è?” pensai. Mi arresi quasi subito e chiesi indicazioni a un ragazzo molto alto, con i capelli chiari e una sciarpa attorno al collo.
«Scusa» dissi. Si notava parecchio la differenza dall'altezza tra me e lui, ora che gli ero vicina.
Si voltò e abbassò un po' lo sguardo per guardarmi «Si dimmi»
Maledizione, era bello, i suoi occhi azzurro chiaro mi fecero arrossire subito  «Sono nuova, non trovo la biblioteca, mi potresti dire dove si trova?» gli chiesi, timidamente.
«Basta che svolti alla fine del corridoio e vai a sinistra, quando sei nel cortile, la grande porta» mi spiegò facendo dei segni su come dovevo svoltare.
«Okay, grazie mille!» e poi me ne andai.
Nel breve tragitto, prima della svolta, incrociai lo sguardo con Scott, che andava dalla direzione diversa della mia.
«Isaac!» sentii dire ad alta voce e mi voltai, e il ragazzo a cui avevo chiesto aiuto prima si stava unendo con Scott, Stiles e una ragazza che non conoscevo, dai capelli color rosso fragola.

Cercai ovunque in quella maledetta biblioteca, saltai anche le lezioni del pomeriggio per andare avanti nella mia ricerca. «Sotto la parola Luna non c'è, sotto a categoria soprannaturale no, mistero manco... Dove cavolo è? L'hanno già preso?» mormorai tra me e me, innervosita.
Girai tra gli scaffali, per vedere se, magari, intravedevo qualcosa che poteva anche minimamente avere a che fare con la Luna Nera.
E infatti ecco li, Astronomia. Presi un'enciclopedia che parlava di eclissi e quelle cose li e lo sfogliai.

“Luna Nera: una Luna che si posiziona davanti a quella conosciamo già, coprendola per 12 ore notturne. È un evento che succede ogni 900 anni, nelle civiltà passate si credeva che, grazie a questo avvenimento, le creature soprannaturali non pure perdessero i loro poteri, mentre quelle di sangue puro, quindi nate con questi poteri, acquistano forza. Si narra che esiste un modo per ritardare questo avvenimento, ma pochi sono riusciti a far arrivare la Luna Nera con più di 100 anni di ritardo. Il modo in cui, le vecchie civiltà, posticiparono questo evento viene tramandato da generazioni, ma a noi resta sconosciuto ”

Lessi, per vedere se era la definizione giusta e poi strappai la pagina che parlava di quello che interessava a me, e anche a loro, sperando che non l'avessero già letto.
Riuscii ad uscire da quel posto infernale soltanto alle cinque del pomeriggio, quando ormai c'erano poche persone per la scuola.
Attraversai i cortile per andarmene dalla scuola, mentre altri alunni stavano giocando a LaCross, o almeno, quello che credevo fosse La Cross, non sono mai stata brava negli sport quindi non li distinguevo più di tanto.

Il giorno dopo, mentre che arrivavo a scuola, pensai a quell'argomento che avevo tanto evitato il giorno prima.
Se sapevano della Luna, vuol dire che ne avevano a che fare, ma in che modo? E perché, più che altro.

Arrivai al mio armadietto e, con un marker nero, ci disegnai il segno della pace all'interno, assieme a una foto John Lennon e dei My Chemical Romance, che avevo portato da casa.
La prima ora era quella di chimica, e la cosa mi terrorizzava alquanto, non sapendo manco fosse la formula dell'acqua tra poco.
L'insegnante mi fece sedere a un banco da lavoro, con sopra le provette e quelle cose li brutte che non sapevo usare.
Mi avvicinai molto lentamente, mentre che arrivarono anche gli altri alunni, poi mi sedetti, con qualche difficoltà, allo sgabello, e  iniziai a guardare male, il più lontana possibile da loro, gli oggetti disposti sul banco.
«L'hai trovata la biblioteca ieri alla fine?» mi sentii chiedere. Mi voltai e vidi seduto vicino a me Isaac, che mi guardava con un mezzo sorriso.
«Ah. Si, grazie mille» risposi,  un po' in soggezione. «Io sono Isaac Lahey.» si presentò, tendendomi la mano, che io strinsi subito in risposta «Carol Way, piacere mio.»
Parlammo su un po' di cose durante quell'ora, mi chiese come mai ci eravamo trasferiti e gli risposi per il lavoro del compagno di mia mamma. Una balla come un'altra, no?

 


Ehi! Grazie di essere arrivati al secondo capitolo! ^^
volevo ringraziare Vulpina, per aver recensito il capitolo 1, mi ha fatto davvero molto piacere! Ti ringrazio tantissimo per avermi fatto notare gli errori di battitura, non me ne ero davvero accorta, quindi grazie mille, davvero! Appena ho letto la tua recensione li ho corretti subito, spero che la mia storia continuerà a piacerti e ti invito di continuare a dirmi cosa ne penserai dei futuri capitoli! ^^

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 
Capitolo 3






Prima che Alice rispose al mio messaggio arrivò sera del giorno in cui Isaac si presentò a me, anche se non aveva risposto lei ma Julie, che mi aveva chiamata appunto per parlare meglio di tutta questa storia.
Almeno aveva visto il messaggio.
«Ma fammi capire» mi disse, dopo che le avevo spiegato filo per segno cosa avevo sentito da loro, di come avevo trovato quel foglio e il fatto che l’avessi nascosto in camera.
 «Ve ne siete andati da qui per non avere a che vedere con la Luna Nera e anche li cercano di farci qualcosa?» la ascoltai, seduta sugli scalini davanti casa mentre che fumavo.
«A quanto pare» feci un tiro e buttai fuori il fumo «Tanto cerco di essere il più invisibile possibile, spero di riuscirci a sto giro.»
Julie rise. La sua era la tipica risata “asmatica”, come la chiamavo io, ma era anche la mia preferita, siccome era contagiosa.
 «Carol, volevi essere invisibile anche quando eri qui ma invece guarda com’è finita?» mi disse, quando riprese fiato.
Continuammo a parlare, a raccontarci gli ultimi avvenimenti, io della mia nuova scuola, lei di come le cose si erano stabilizzate dopo che me ne ero andata da li. Mi mancano tutte, Julie, Alice, Jade… il mio amato gruppo…
Dopo mezz’ora di chiamata, tra vecchi ricordi e nostalgia,  ci salutammo, poi mi alzai dal gradino e feci per entrare in casa, quando notai una Jeep tutta rovinata che andava velocissimo, con dietro una figura nera, ma non riuscì a capire la sua forma, ma sapevo di averla già vista da qualche parte.
La figura si fermò e si voltò verso di me.
Quei puntini rossi, che immaginai fossero i occhi, mi fissarono intensamente, sentii dei brividi su per tutta la schiena e le gambe si fecero deboli.
Cercai di urlare, ma la mia voce fu come scomparsa, non uscì nessun suono.
Corsi dentro casa il più velocemente possibile, non so con quale forza, ma l'adrenalina fa miracoli, alla ricerca di un riparo.
Mi chiusi la porta dietro alle mie spalle.
 Come se una porta di legno potesse fermare quella cosa.  
Sentii il petto farsi sempre più pesante e iniziai a respirai a fatica.
Corsi in cucina, aprii un cassetto, dove tenevamo le spezie e altre erbe utili, di cui si occupava il compagno di mia mamma.
Udii la porta spalancarsi e sbattere contro qualcosa, quindi presi lo Strozza Lupo di scatto e tracciai un cerchio sul pavimento in ceramica, sperando che almeno così sarei stata al sicuro.
Vidi quell’essere entrare nella stanza, lentamente, come se stesse giocando al gatto con il topo.
Ormai aveva raggiunto il perimetro del cerchio.
Trattenni il respiro e chiusi gli occhi, mentre che quell’affare mi respirava a pochi centimetri di distanza.
“Ovvio.” Pensai “A loro non fa nulla il Strozza Lupo.”
«Presto, è qui!» qualcuno urlò. Mi voltai, con la schiena rivolta a quell’Essere.
 Riaprii gli occhi e mi volta, davanti a me vidi Isaac, Stiles e Scott.
“Questi sono sempre ovunque?”
«Tranquilla, va tutto bene.» mi parlò Scott, con fare calmo e avvicinandosi lentamente a me.
Sospirai. «No, non va tutto bene.» risposi con fare scazzato.
Ruppi il cerchio e iniziai a girare per la mia cucina, con le mani tra i capelli.
«Cosa avete fatto?» dissi, alzando la voce. Loro mi guardarono con fare interrogatorio, probabilmente non si aspettavano che io sapessi di tutta questa storia.
«Scott, mi sa che lei sa qualcosa…» mormorò Stiles, al suo amico.
«Wow. C’è un genio tra di noi!» ero esasperata «Ripeto, cosa avete fatto? Perché vi stava inseguendo?» domandai, questa volta più calma.
«Tu sai cos’è?» chiese Scott. Mi appoggiai con una mano al bancone e li fissai.
«Si, ma non serve che lo sappiate voi. Cosa siete? Lupi mannari? Chimere? Kanima?»
«Lupi mannari» disse Isaac, indicando se stesso e Scott «e un umano.» indicando Stiles mi rispose Isaac. Mi passai una mano sul volto, rassegnata. «Perfetto…» dissi sospirando. Perché doveva finire così?
«Siete solo voi?» domandai ancora, andando verso di loro e oltrepassandoli, per guardare in che condizioni era la porta di ingresso.
Era caduta a terra, spaccata a metà. Imprecai, a bassa voce e tirai un calcio al muro, per poi sedermi a gambe incrociate sul pavimento.
Loro mi seguirono, Scott si abbassò vicino a me.
«Va… va tutto bene? Ti ha fatto male?»
Lo fissai. «Si sto bene, voi? Vi ha fatto male? Il Quod dico.» mi alzai da terra e guardai la porta, esausta da tutte quelle emozioni.
«Il Quod? Si chiama così?» chiese Stiles, avvicinandosi a me.
 «Si, è latino, significa “essere”. Il suo vero nome deriva dal tebano, ma nessuno lo sa quindi si usa il nome tradotto in latino.» risposi distrattamente.
«La vera domanda è: perché ce l’ha con voi?» 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4




 
Eravamo seduti tutti e quattro in salotto, attorno al tavolo da pranzo.
 Io mi tenevo la testa fra le mani, mentre pensavo alla maledetta porta distrutta, e come spiegare il tutto a quei tre senza espormi troppo, ma anche cercando di fargli capire qualcosa.
Capivo pienamente il loro stato di confusione. Poi mi tornò di nuovo in mente la porta, e a quanto mia madre si incazzerà.
«Ci potresti spiegare?» disse Isaac, con tono abbastanza arrogante.
Lo ignorai, adesso ero più impegnata alla porta di casa mia. «Non c’è niente da spiegare…» risposi dopo qualche minuto di silenzio, e lui sbuffò. Potevo sentire anche che aveva alzato gli occhi.
Alzai il viso e lo guardai torva.
«Vuoi una spiegazione? Bene. Quel coso è un demone. Torna ogni 900 anni per uccidere più gente possibile, in una determinata area.» iniziai a spiegare, alzandomi dalla sedia sulla quale ero seduta e gesticolando parecchio con le mani «E se inizia da qui, beh, avete fatto qualcosa!» continuai, buttandomi di peso sul divano.
Mi fissarono, tutti e tre con un’espressione assai confusa, addirittura più di prima
«Tu molto probabilmente non lo sai, ma qui succedono spesso molte cose strane…» riferì Scott.
“Di bene in meglio…” pensai, alzando gli occhi nell’udire la sua frase.
«Cosa potremmo aver fatto? Perché ho formulato delle teorie su come si muovono e…» Stiles iniziò a tirare fuori dal suo zaino tanti, troppi, fogli, ma fermai subito lui e il suo entusiasmo.
«No ehi, non hanno schemi. Non li hanno mai avuti e mai li avranno. Attaccano in base a una persona che seguono.» mi sembrò fin deluso dalla mia affermazione, ma almeno non avrebbe perso tempo.
Stavo cercando di addossare loro la colpa, ma lo sapevo benissimo che non centravano, ma questo non dovevano saperlo.
«Chi altro sa di tutta questa storia?» domandai, dopo alcuni attimi di silenzio e di riflessione.
Mi stavo comportando da stronza, ma quella situazione non mi piaceva per niente.
«Noi, Lydia e Kira»
«… e non ho idea di chi siano, perfetto.» dissi, passandomi una mano dietro la testa.
«Se vuoi possiamo farle venire qui.» Propose Scott, titubante.
«Sanno riparare una porta?» domandai, sarcasticamente.
Mi fissarono tutti, poi, mormorarono di no. Scrollai le spalle, come mio solito.
Stavo cercando un’idea, ma maledizione a me, ero troppo in ansia e ancora troppo spaventata per pensare lucidamente.
Poi, all’improvviso, mi venne un lampo di genio.
Mi alzai di scatto, alla ricerca del mio cellulare.
«Cosa stai facendo?» mi domandò Isaac, che mi aveva seguita in cucina.
«Spargo povera magica, mi pare ovvio.» risposi, alzando le mani al cielo.
Guardai sui banconi, dove potevo averlo lasciato, ma nulla. Mi toccai la tasca della felpa, ma vuoto anche li. Dove potevo averlo messo?
«Davvero Carol? Davvero?» dissi a me stessa. Isaac era ancora lì, appoggiato alla parate, con gli occhi puntati su di me.
Mi passai una mano tra i capelli, quasi all’esasperazione.
Va bene essere distratta, ma cosi era troppo.
«Cosa stai cercando?» chiese ancora, avvicinandosi un po’ a me. «Il mio cellulare» gli risposi, sospirando «me lo fai squillare per favore?»
Prese il cellulare dalla tasca dei jeans che stava indossando e me lo passò.
Lo presi e composi il mio numero a memoria, poi lo avvicinai all’orecchio e iniziai a girare per casa, per riuscire a sentire la mia suoneria, sperando che non fosse in silenzioso.
Mi fermai di colpo. Qualcuno aveva accettato la chiamata. Sentivo delle urla, fruscii di foglie, poi silenzio all’improvviso.
«C-chi è?» domandai, con la voce che tremava. Mi bloccai nel corridoio, iniziai a sudare freddo. Quei altri tre mi raggiunsero, ma restarono a distanza.
Mi voltai verso di loro e deglutii.
Non era una persona quella che aveva il mio cellulare, lo sentivo.
Sentivo ansimi, addolorati «Nous protégons ceux qui ne peuvent» disse, una voce femminile, con tono asciutto e fermo, poi chiuse la chiamata.









heya! grazie per aver letto il nuovo capitolo! viv volevo chiedere scusa per il ritardo, ma la scuola mi sta tenendo parecchio impegnata, e scusate se è anche leggermente più corto, ma mi piaceva l'idea di finire il capitolo con un po' di suspance!
vorrei ringraziare ancora una volta Vulpinia, che sta recensendo tutti miei capitoli, grazie, lo appresso moltissimo!
al prossimo capitolo!
 

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Capitolo 5








 
«Allison?» disse Scott, sorpreso «Ma è impossibile…Lei è…» non riuscii manco a finire la frase, aveva gli occhi lucidi e la voce spezzata.
Tutti e tre a dire la verità erano sorpresi da sentire la sua voce, mentre io, che stavo sudando a sangue freddo, tornai in salotto, oltrepassando i ragazzi in stato di shock.
«Scusate il poco tatto, me è morta giusto? Chi l’ha uccisa?» chiesi schiettamente. Mi guardarono, palesemente alterati. «Capisco che non sia un bell’argomento, ma devo capire. Se ha il mio telefono non posso parlare con una persona…magari c’è un collegamento…»
«Ma per favore.» mi interruppe Isaac «Quella che ti ha chiamata è stata una persona importante, per tutti noi.» si fermò un attimo, per guardare in particolare Scott, in suo Alpha, che stava guardando in basso. «Potresti avere un minimo di cuore?»
Questo era troppo, non stavano capendo cosa stesse succedendo, la gravità della situazione.
Respirai, per calmare i nervi «Quel cellullare» iniziai a spiegare «mi serve per comunicare con una mia cara amica, che non c’è più, a causa di un determinato essere. Voglio soltanto capire se tutte le persone che non ci sono più per mano loro possono comunicare oppure no. Lo capisci questo, tesoro bello?» mi avvicinai a lui e posai una mano sul suo petto, mentre stavo usando un tono infantile, quello che usi con i bambini piccoli.
Vidi i suoi occhi cambiare colore, le zanne uscire e il pelo sul viso crescere.
Lupo innescato baby.
Ruggì e io di scatto mi distanziai.
Fece per venire contro di me, mentre che me ne stavo immobile, con le braccia incrociate al petto, a distanza di sicurezza.
Scott si mise in mezzo, scagliandolo contro la parete con soltanto una mano.
Contro la MIA parete. Come se una porta rotta non bastasse.
Caddero tutte le cornici, e i miei quadri per terra.
Spalancai gli occhi e la bocca, e allungai le mani contro, quello che sembrava, Isaac, senza riuscire a dire nulla.
«Non ti preoccupare, non si è fatto nulla.» si avvicinò Stiles.
«Ma chi se ne frega!» esclamai «Le foto! I quadri! Il muro!» corsi verso la parete per controllare i danni, preoccupata come non mai.
«No grazie, sto bene» disse Isaac, alzandosi. Lo guardai storto «ma se va bene sei già guarito, la mia parete invece no!» rimasi in silenzio per qualche secondo, poi appoggiai la testa al muro e mi rassegnai.
«Devo riavere il mio telefono. Capisco che possa essere stato un colpo per voi quella chiamata, ma senza non riesco, devo sentire Julia…» mormorai, con le lacrime agli occhi e le voce tremolante.
Non ci tenevo a farmi vedere piangere da loro.
«Come è morta?» mi domandò dolcemente Scott, che nel mentre si era inginocchiato vicino a me e mi aveva posato una mano sulla spalla.
«Non è morta, l’hanno portata via. I Cavalieri Fantasma.» spiegai, lentamente «Catturano le persone, poi tu te ne dimentichi. L’avevo dimenticata, sai?» sorrisi, malinconicamente.
«Non sa di essere scomparsa, è tipo in un mondo parallelo, dove vive la vita di tutti i giorni, tranne che le persone che si ricordano di lei non ci sono, si sono traferite. Infatti è convinta così, ma alla fine me ne sono andata veramente soltanto io. Oltre me e alcune mie amiche nessuno si ricorda di lei, manco i suoi genitori.» feci una pausa «Quello era l’unico modo che avevo per parlarle…»
Calò il silenzio in casa. Mi sedetti con le gambe incrociate a terra, sempre con la testa contro il muro e Scott vicino a me, perplesso.
«Restitutio…» sussurrai, alzandomi.
Tutti i quadri, i vetri, la porta, i quadri… tutto tornò al proprio posto, intatto.
Mi fissarono, increduli.
«Carol… sei una strega?»
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6







Avevo gli occhi stanchi, lo sentivo. Troppe emozioni in una volta sola, troppe cose nuove, troppe persone nuove.
«Circa, una mia nonna lo era, mi ha tramandato i suoi poteri.» mi alzai nuovamente dal pavimento e mi voltai verso di loro.
«Quindi…quindi è per questo che sai tutte queste cose?» mi domandò Stiles, io annuii, ma non spiegai altro, sapevano fin troppo.
«Immagino non abbiate mai avuto a che fare con una strega… ma vi assicuro che non siamo come nei libri-» dissi, spostandomi per la stanza.
«Una nostra amica è una Banshee, se ti può interessare.» mi interruppe Isaac.
«Una Banshee… le acerrime nemiche di noi streghe… perfetto.» mi passai una mano tra i capelli, per metterli un minimo in ordine, mentre che pensavo come comportarmi con lei.
Come avrebbe voluto mia mamma, donna piena di pregiudizi, o come volevo io, ovvero sbattendomene?
 «Le Banshee, in antichità, erano usate per trovare noi streghe, guidate dagli umani, naturalmente. Era contro il loro volere, ma molte streghe bigotte ancora le odia, perché credono che fossero le Banshee stesse a volerci uccidere, per gelosia del nostro potere.» spiegai, gesticolando come al solito.
Rimasero zitti. Probabilmente non si aspettavano nulla di tutto ciò, lo capivo anche, siccome non era una cosa da tutti i giorni incontrare una strega.
«Bene, andatevene ora. È quasi l’una di notte e vorrei dormire. Domani c’è scuola per tutti noi.» mi sforzai di sorridere, per fingermi simpatica.
«Non ci puoi mandare via dopo tutto questo!» ribatté Stiles.
«Voi qui non ci dormite eh, che sia chiaro.»
«Domani Carol ci spiegherà meglio, andiamo Stiles.» disse Scott tirandolo via e Isaac che lo seguiva ubbidiente.
Mi coricai a letto, immersa in quei pensieri che cercavo di dimenticare… in quel momento mi avrebbe fatto piacere essere normale, una ragazza umana che non attirava a sé i Quod.
Che per carità, poter mettere apposto camera con un incantesimo era molto comodo, ma rischiare non solo la mia vita, ma anche quella di altre persone non ne valeva la pena.
“Carol, muoviti!” mi sentii chiamare, da una voce familiare. Ero più leggera dell’aria, potevo toccare le nuvole… era bellissimo, indossavo un vestito leggero, bianco, l’unica cosa scura, oltre ai miei capelli, era la mia collana con il simbolo della pace.
Guardai in basso e vidi Alice, con il suo solito sguardo da pesce lesso, vestita colorata e i dilatatori con la galassia, i capelli al vento, che mi faceva le smorfie, vicino a lei Jade, vestita sobria come sempre, i capelli, scuri e lunghi, legati in una mezza coda, seduta sul prato con le gambe stese, anche lei che mi sorrideva. Poi Julia, i capelli rossi, tinti, gli occhi chiari agitati, emozionati forse, che mi chiamava ridendo di scendere.
Mi aspettavano in una raduna, il prato verde chiaro, il cielo azzurro pastello, senza neanche una nuvola.
Le raggiunsi, sorridente e felice.
Felice di vederle, dopo tanto, troppo, tempo che non eravamo tutte assieme
Appena mi avvicinai di più il prato fu risucchiato in un vortice, i colori pastello di prima furono rimpiazzati dall’oscurità. Rimanemmo sospette, tutte confuse. Dall’oscurità comparve un Quod, grande quanto un gigante. Delle mani scheletriche uscirono dall’ombra e presero Julie.
Mi voltai verso Alice e Jade, si erano già trasformate in lupi, alice con gli occhi rossi.
Mi guardai le mani.
Le unghie si erano allungate e annerite, portando il nero a espandersi su per le braccia, effetto fumo. Iniziai a urlare, ma al posto della mia voce uscii un urlo straziante, del liquido nero fuoriuscì dai miei occhi, un tempo verdi.
Mi alzai in aria e balzai addosso a quell’essere, nel tentativo di salvare la mia amica.
Caddi a terra. Prima di perdere i sensi vidi Jade e Alice distese a terra, che chiedevano il mio aiuto.
Mi svegliai tutta sudata.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7







Una cosa che non sopportavo molto era la privazione di sonno, quindi dormire solo 3 ore non era stata esattamente un'ottima cosa. Le occhiaie era quasi del tutto coperte dal correttore, felpa larga e leggings per essere comoda in ogni situazione, ovvero: dormire in classe.
Varcai l'entrata della scuola, con ancora le cuffie alle orecchie, i Attila per provare a svegliarmi un minimo.
Mi diressi al mio armadietto, con le cuffie ormai in tasca, ma le persone della sera prima che, per puntualizzare, mi avevano privato del mio amato sonno, erano li ad aspettarmi. Isaac fu il primo a vedermi, o a odorarmi, non lo so. Feci inversione a “U”, per evitare di dover parlare di argomenti troppo seri.
«Ehi.» mi chiamò Stiles, con un gesto della mano per farmi segno di raggiungerlo. Lo ignorai e svoltai l'angolo, dirigendomi alla prima classe della giornata, quella di chimica. “è illegale sta cosa però” pensai tra me e me.
Sentii afferrarmi un braccio e mi bloccai, in mezzo al corridoio.
«… Sei scemo per caso?» domandai a Isaac, forse un po' irritato che mi hanno dovuta seguire.
«Ti sei dimenticata che ci devi spiegare… quelle cose?» mi rispose, non mollando la presa.
«Allora, prima di tutto non si risponde a una domanda con un'altra domanda.» rimarcai, togliendomi dalla sua presa «secondo, se non ve ne fosse accorti, siamo a scuola, un minimo di contegno per favore» continuai, adesso rivolta anche agli altri dietro di lui.
Bello ma antipatico il tipino.
«Ci vediamo boh, nel bosco nel tardo pomeriggio.»
Prima di lasciarmi libera mi chiesero se potevano trovare dei libri, o qualcosa di simile su di noi, nelle biblioteche. Non risposi. Come potevo dirgli che li avevo distrutti tempo fa?





La giornata scolastica passò tranquilla, con Isaac che mi ignoró per la maggior parte del tempo, perché mi rifiutavo di dover spiegare due volte gli stessi concetti.
«Ti rendi conto di essere infantile?» mi disse di punto in bianco.
Lo guardai sbilenca, non sapendo come ribattere. «Io?!» mi indicai, cercando di tenere un tono di voce basso. «Sei te che fai il bambino perché non ti voglio fare spoiler!» gli puntai l'indice al petto, per poi voltarmi dall'altra parte, dandogli le spalle finché mi era possibile. Cercò di controbattere, ma la mia unica risposta fu «Parla alla mano.»


Prima di andare al luogo di incontro, passai da casa, per prendere delle erbe utili, il libro di incantesimi, un altro libro e una felpa in più, che legai in vita.
Effettivamente, cosa dovevo dirgli? Come facevo a fare gli incantesimi? Magari si aspettavano come su Harry Potter…
Quando arrivai erano già li, c'era anche una ragazza dai capelli rossicci, che immaginai essere la Banshee.
Li salutai, con la sigaretta in bocca ormai finita.
Mi sedetti a terra, con la schiena appoggiata a un tronco di un albero. Tirai fuori dalla borsa un libro rilegato in pelle bruciata, con su scritto sopra delle lettere ormai illeggibili, lo aprii e iniziai a sfogliarlo.
Alzai lo sguardo, essendo gli altri ancora in piedi. «Vi sedete o fate i timidi?» dissi, facendo il segno di raggiungermi per terra. Mi presentai a quella che scoprii essere Lydia, poi iniziai a spiegare, con il bestiario aperto sul capitolo dei Quod, senza che loro chiedessero o iniziarono a fare domande, quelle spettavano a dopo.
Iniziai a spiegare, con la testa china sul libro, per indicare i vari riferimenti.
«Allora, questi esseri non sono umani, ma lo erano okay? Erano anime tormentate, di esseri sovrannaturali.»
Mi interruppi, per alzare il viso e vedere le loro espressioni, se mi stessero seguendo oppure no, più che altro.
«Perché tornano? Voglio dire… Questioni irrisolte o altro? » Mi domandò Stiles.
«No. Lydia, te senti solo i morti giusto? Ecco. » risposi facendo un gesto verso di lei, capendomi da sola.
«Sono anime, gelose che avete aiutato altre anime rispetto a loro, o che le avete trovate, dipende dai casi ovviamente. Basta davvero poco per far alterare uno spirito.» Continuai, per spiegarmi meglio.
«Li hai già visti vero? Perché?» Domandò Isaac.
Trattenni il respiro. Ebbi un flashback, orribile, di tutte le cose e persone che avevo perso l'anno scorso, per colpa di quei esseri avidi di attenzioni.
Rimasi in silenzio, con il volto basso, per nascondere le lacrime.
«Isaac, lascia stare.» gli disse Scott.
Il telefono mi vibró nella tasca interna. Mi ricomposi il più possibile e, sempre in silenzio, lo presi e lessi un messaggio da Alice
Parlane.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 7






Appoggiai il telefono sulle mie gambe.

Come. Come poteva aver fatto ciò. Tenni il viso rivolto al suolo.

«Tutto bene?» mi chiese Scott, palesemente preoccupato, probabilmente per la mia espressione in volto.

«Questi... esseri, hanno ucciso due mie amiche.» dissi, con voce ferma, con lo sguardo fisso su Isaac, che non riuscì a reggerlo per molto.

«Mi... mi dispiace» disse Scott, portandosi vicino a me, per poi appoggiarmi una mano sulla spalla. Mi voltai verso di lui, e vidi nei suoi occhi, la mia stessa malinconia che mi portavo dentro da tanto tempo. Rimanemmo in silenzio per qualche istante, poi ripresi a parlare, con il tono di voce più calmo possibile.

«Come stavo dicendo.» sollevai il libro, per far vedere l'immagine tipo del Quod: una testa, se così si può chiamare, più lunga del normale, dal quale era disegnata una nube nera che fuoriusciva da dei punti indistinguibili, il volto inesistente. Il corpo ricurvo, una grande gobba deforme sulla schiena, che sembrava avere dei visi giusto accennati. Una specie di tunica, bruciata, lo ricopriva, una mano ossuta, con le dita estremamente lunghe.

«Questo, signori, è un essere con il quale spero non abbiate mai più a che fare.» continuai, posando il libro al centro.

«Queste sulla sua gobba sono anime. Tutte le persone o spiriti che ha inghiottito.»

«Aspetta.» mi bloccò Stiles «Può mangiare anche i morti?» mi domandò, palesemente perplesso in volto.

«Si... Ho visto quando lo ha fatto, ma non sono molto sicura ci some sia avvenuto. Gli spiriti, se non sono tranquilli, hanno qualche questione da risolvere diciamo, tendono a tornare, no?» li guardai tutti mentre che andavo avanti con la spiegazione. «Ecco, c'era una specie di fantasma credo- non ne ho mai visti tanti in vita mia- e il Quod si è presentato e lo ha tipo... mangiato?» il tono della voce era titubante: non sapevo manco io cosa stavo stesse accadendo in quel momento, e i ricordi erano anche sbiaditi tra l'altro.

«Come fai a capirci? È tutto incasinato.» disse Isaac, prendendo il libro in mano e iniziando a sfogliarlo, facendo attenzione a non rovinarlo e soffermandosi in alcuni punti.

«Beh molte parti le ho scritte io.»

Sollevò il capo dal libro e mi guardò con gli occhi spalancati, incredulo.

«Davvero?» chiese ancora, guardando anche verso gli altri, per vedere la loro reazione.

«Mi offendi nell'orgoglio.» controbattei, fingendomi offesa. «I miei genitori si passano questo bestiario di generazione in generazione. Adesso è il mio turno.» continuai.

Presi una sigaretta nella mia borsa e me la portai alle labbra, alla ricerca nel mentre del mio accendino, che come al solito, sembrava scomparso.

Mi voltai, a un certo punto, per osservare dietro di me. Bloccai la mano, e per qualche istante non dissi più nulla. Iniziai a sentire pressione al petto e freddo.

Il respiro divenne irregolare.

Un canto in una lingua sconosciuta, forse tebano, ma non lo avevo mai sentito parlare. La canzone riusciva a trasmettermi inquietudine, senza manco capirne le parole.

Mi voltai, e vidi una figura nera.

Gli altri a quanto pare se ne accorsero, perchè Scott mi chiese se fosse tutto okay.

Voltai il capo di colpo, verso di lui, con gli occhi spalancati

«Si.» risposi distrattamente, senza manco guardarlo, per poi riprendere a frugare nella borsa, ma dopo essermi voltata un'altra volta, per controllare: la figura non c'era più.

«Il fatto è questo: non ho la minima idea di come fermarlo. Ergo, siamo fottuti.» finì di dire, accendendomi finalmente la sigaretta, per poi fare un lungo tiro da essa.

«Non siamo soli.» Lydia si alzò di colpo, con paura, e iniziò a guardarsi intorno, noi tutti facemmo lo stesso, poco dopo.

Eravamo tutti in ascolto, io con le spalle contro l'albero a cui ero appoggiata, Scott e Isaac con gli artigli e le zanne di fuori, pronti ad attaccare e sull'attenti, anche loro in piedi. Mi alzai anche io, lentamente e guardai in alto, fra i rami sopra di noi.

La figura di una ragazza era seduta, sorridente, che ci guardava dall'alto.

Nessuno di noi disse nulla, rimasero a guardarsi Isaac e gli altri, mentre io la fissai, con un misto di felicità e malinconia dentro di me.

«Ciao Jade.» le dissi, ricambiando il sorriso.

Si lasciò cadere, ma senza causare un tonfo o comunque qualsiasi di rumore sul terriccio, finendo a pochi metri da me.

Era vestita come nel mio sogno, esattamente identica a come la ricordavo, o almeno, dell'ultimo ricordo che avevo di lei.

«Come va dall'altra parte?» le domandai. Sentii le lacrime iniziare a salire, ma non potevo piangere davanti a lei. Quella morta era lei, non io, non avevo motivo di piangere.

«Noioso. Ma non ci posso fare nulla.» non si avvicinò, e non lo feci manco io, ma in compenso Lydia si portò leggermente avanti rispetto alla mia posizione, fece come per parlare, ma forse non sapeva manco lei cosa dire. Mi guardò, come per chiedere il permesso di avvicinarsi di più alla mia amica. Annuii, di risposta.

Venni strattonata per un braccio, finendo contro il petto qualcuno.

«Che cosa sta succedendo?» Isaac si abbassò verso di me, parlandomi all'orecchio. Quasi gli diedi una testata quando mi voltai per capire chi mi aveva afferrata così malamente. Mi allontanai il più possibile da lui, anche se ancora non aveva mollato il mio braccio.

«Una Banshee e un fantasma stanno parlando, direi.» gli risposi semplicemente, guardando davanti a me.

«Si, capitan ovvio, questo lo vedo, ma perchè c'è un fantasma qui?»

Scrollai le spalle, come se non fosse importante, un dettaglio insignificante. «Si vede che aveva voglia di fare un saluto.»

Ma le cose erano ben diverse; se c'era Jade, c'era il Quod.

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